Afterlife

di Fluke
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lily e James ***
Capitolo 2: *** Colin ***
Capitolo 3: *** Cedric ***



Capitolo 1
*** Lily e James ***


-Sto per morire.

Lily sussura quelle parole stringendo contro le labbra la nuca del figlio.

Sente l'odore dei suoi capelli, fini e morbidi e non può fare a meno di pensare al pomeriggio appena passato, James sulla vasca da bagno che gli faceva il bagnetto.

James...

Le lacrime iniziano a scorrerle liberamente sulle guance.

-Sto per morire. Sto per morire. Sto per morire.

È stato tutto inutile, alla fine.

L'Ordine della Fenice, la guerra, gli amici morti, i funerali di ragazzi troppo, troppo giovani per morire...

Le scale stanno scricchiolando.

...tutto il tempo trascorso in casa, nascosti come animali, a un passo dall'esaurimento nervoso...

A un tratto Lily si ricorda dell'Incanto Fidelius. Dell'unico modo in cui può essere infranto.

Un peso le sfonda lo stomaco.

"Peter. L'hanno preso. L'hanno torturato. È morto pure lui."

Harry strilla, spaventato quasi quanto lei dal rumore delle porte spalancate e sbattute. Lily si morde la lingua per evitare di singhiozzare e culla piano il figlio.

Sente che sta per crollare. Sta per lasciarsi prendere dal panico.

Peter. Morto.

I passi sono sempre più vicini.

James. Morto. Il cadavere dev'essere in salotto.

C'è silenzio, ora. I passi si sono fermati.

Lily trema come una bambina, e all'improvviso si sente bambina, perché ha così paura...sta morendo di paura e vuole la sua mamma e il suo papà che le dicano che andrà tutto bene, vuole Tunia che la abbracci...e James...

Perde un battito quando lo sente trafficare con la serratura.

Lily. Morta. Nel giro di un minuto.

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Lussemburgo, 2002

 

La signora finisce il proprio racconto con un respiro profondo, intrecciando le mani in grembo.

Nonostante ormai sia abituata a rivelare tutto quanto anche nei minimi dettagli, le ci vuole sempre un istante per recuperare totalmente il controllo.

Alza lo sguardo verso la giornalista, e nota con sorpresa che ha il volto sepolto tra le mani. Un tremito le scuote le spalle. 

-Mia cara?

La ragazza alza di scatto lo sguardo, rivolgendole uno sguardo sconvolto.

-Mi scusi, è sicura di sentirsi bene?

Lily non sa cosa rispondere. Si accorge solo in quel momento delle lacrime che minacciano di scenderle dal volto.

 

James inizia a tamburellare annoiato le dita sul tavolo. Lily potrebbe giurare che il motivetto è una canzone di Britney Spears, ma non è dell'umore per scherzarci sopra.

Entrambi sono seduti al tavolo della cucina, uno di fronte all'altro, in un silenzio dato dall'assenza di Harry (che fortunatamente passa il pomeriggio dal bambino dei Baldwin, Josh) e reso ancora più teso dal fatto che James non schioda nemmeno per un secondo lo sguardo dal volto di Lily, che tenta di ignorarlo giocherellando con la bustina di thé ancora immersa nella tazza.

-Sai, puoi anche chiuderti nel tuo sciopero della parola, ma come minimo potresti ringraziarmi per lo sforzo che ho fatto a preparare il thé.

-Hai messo dell'acqua in un pentolino, Potter.

-E se non l'avessi fatto, non avresti quel meraviglioso thé davanti agli occhi!

Lily rivolge uno sguardo seccato al marito prima di tornare a guardare la propria tazza, torva, cercando di cogliere il proprio riflesso.

Quasi sobbalza quando sente la mano di James coprire la sua.

-Com'è andata l'intervista?

Lei lo guarda un attimo, tentata di dirgli tutto. Finisce con l'alzare le spalle.

-Era con una sopravvissuta all'Olocausto, giusto?

-Non sono sicura di volerne parlare.

-Non penso tu abbia molta scelta, considerando che sei scoppiata a piangermi addosso non appena sei entrata a casa.

Lily sospira.

Non può parlarne. Non saprebbe neanche come farlo, senza sembrare un'idiota..

James le stringe la mano, incoraggiante.

-Okay, andiamo per gradi, va bene?

Lily alza le spalle, indifferente.

-Allora...oggi avevi la Grande Intervista per il tuo Primo Articolo Importante, giusto? 

Lily annuisce.

-Bene. Era una sopravvissuta all'Olocausto, da quello che mi ricordo. Conoscevi già la sua storia?

-Più o meno...ho letto un paio di articoli sul suo conto e basta.

-E lei si è arrabbiata?

Lily schiocca la lingua, irritata.

-Certo che no...mica sono andata senza sapere il suo nome, diamine...

-Sto andando per tentativi! Quindi...vi sedete e..cosa? Non le sono piaciute le domande?

-No, no...per quello, mi ha solo chiesto di lasciarle carta bianca...voleva parlare a ruota libera...

James sospira.

-Insomma, la tizia non è il problema.

Lily scuote la testa.

-Assolutamente. Lei è stata...fantastica. Sono io che...che...

Sbuffa, irritata, iniziando a ruotare nervosamente la tazza di thé che ha davanti agli occhi.

-Non...non lo so, okay? Non ho la più pallida idea di quello che è successo. Non so più nemmeno se il giornalismo è davvero il mio campo, James. C'è, l'ho dovuta salutare in tre secondi per poter scappare in bagno a piangere! Ti sembra...professionale? Normale?

James la fissa, serio.

-Dipende tutto da che tipo di storia ha appena ascoltato.

Aspetta un secondo prima di andare avanti.

-Di cosa avete parlato?

Lei fa un gesto con la mano, come a scacciare una mosca molesta.

-Un mucchio di cose... il periodo subito dopo le leggi razziali, il trasferimento nel ghetto, le retate dei nazisti..in una dei quali suo padre è stato ucciso. E poi...boh, altro.

-E suppongo che sia quell'altro ad averti scossa.

Lentamente Lily annuisce.

-È stato un aneddoto particolare. Dopo la morte di suo padre...qualche mese dopo, sono iniziati i primi sequestri, le prime deportazioni, e una notte hanno bussato alla loro porta. Volevano svuotare il ghetto una volta per tutte. Sua madre ha preso lei, insieme ai suoi due fratellini, e li ha nascosti tutti sotto il letto. Quando i nazisti sono entrati ha raccontato di essere la sorella della proprietaria della casa, che era scappata insieme ai figli qualche giorno prima. L'hanno interrotta a metà racconto sparandole in testa. Uno dei fratellini si è messo a gridare...a piangere, e i nazisti hanno trovato anche loro.

-E...li hanno deportati?

-Non quello che piangeva. Era troppo rumoroso e troppo piccolo. Hanno ucciso pure lui e hanno preso lei e il fratello di dodici anni.

James la guarda con gli occhi spalancati, passandosi una mano sulla bocca.

-Cristo...

-E da lì...diciamo che la storia non è migliorata, ecco. Ha voluto insistere sui particolari del viaggio in treno, sulle baracche del campo, sulle torture, sugli odori che c'erano...

Lily si passa stancamente una mano sugli occhi.

-Dio, James. Credevo di esserci, tanto era minuziosa. Era come se ci fossi stata...

Lui le stringe più forte le dita.

-E...per un attimo mi sono vista fare la stessa cosa...nascondere Harry, proteggerlo, senza poter fare affidamento su di te..ho sentito quel panico, James...

Non riesce a fermare le lacrime che iniziano a scorrerle sul viso.

-Va tutto bene, Lily.

-E..adesso c-capisci? Era la mia prima storia importante! La prima! E n-non riesco neanche a-ad assumere il controllo della situazione, dannazione...

James la lascia sfogare un po', poi si alza dalla sua sedia e si avvicina a lei.

La stringe forte contro di sé.

-Lily?

La voce di lei, tra la faccia premuta contro il petto di lui e il pianto, suona attutita.

-Mmh.

-Sei una giornalista fantastica, Lily. Davvero...i tuoi articoli sono delle bombe. Te lo giuro, e anche questo sarà una bomba, soprattutto perché ti sei lasciata prendere tanto...è solo stata una storia pesante, ed è la tua prima esperienza con qualcosa di questa portata. Ti ha toccata, è normale...insomma, sei umana! Mi sarei sorpreso se fossi rimasta indifferente!

Finito di parlare, si stacca da lei e le si inginocchia davanti.

-Sta di fatto che ora sei a casa. E passeremo una serata fantasticamente normale. Vado a riprendere Harry da casa di Josh, ordiniamo una pizza e poi ci guardiamo per l'ennesima volta Il Matrimonio del Mio Migliore Amico. E vedo di comprare un pacchetto gigante schifose patatine al formaggio che mi fanno dubitare del mio amore per te.

Di fronte all'espressione stoicamente drammatica di James, Lily non può fare a meno di sorridere.

Solo ora sente il peso della giornata alleggerirsi un po'.

Sente il sollievo di avere il marito accanto, la mano intrecciata alla sua.

Di avere la certezza di poter abbracciare Harry, non appena tornerà a casa.

Casa.

Per un attimo si sente gli occhi gonfiarsi ancora di lacrime.

Le ricaccia indietro con un respiro profondo, e preme con forza le proprie labbra su quelle del marito.

-Ti amo. 

-...se solo avessi saputo al liceo che Julia Roberts ti rendeva così zuccherosa, Evans..

Lei lo spinge bonariamente e lui ridacchia, perdendo per un attimo l'equilibro.

-Anch'io ti amo. Tanto. Tantissimo. Così tanto che a volte non riesco neanche a crederci.

Si rialza e le prende il viso, delicatamente. La osserva con uno sguardo serissimo, quasi critico.

-Certo che però sei davvero orrenda quando piangi.

Lei gli tira un pugno sulla coscia, senza riuscire a trattenere un ghigno.

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Capitolo 2
*** Colin ***


Dennis è al sicuro, Dennis è al sicuro, Dennis è al sicuro...

Colin sta correndo a perdifiato per Hogwarts, ripetendosi mentalmente quelle tre parole all'infinito.

Dennis sta bene. È al sicuro, fuori da Hogwarts, o da quello che ne rimane. Il castello è praticamente ridotto in macerie.

Colin ce la deve mettere tutta per scacciare dalla testa l'immagine del fratello, in singhiozzi mentre Colin gli ruggiva di tornare da Aberforth, di andarsene da lì. Non l'avrebbe mai lasciato, se non fosse stato per un Corvonero che, avendo intuito la situazione, l'ha afferrato per un braccio, trascinandolo via. Le urla isteriche di Dennis gli riempiono ancora le orecchie.Tenta piuttosto di concentrarsi su quello che sta succedendo ora.

Hogwarts è in piena guerra. Ovunque si giri ci sono maledizioni che volano, esplosioni che echeggiano.

Sembra tutto un enorme spettacolo pirotecnico.

E Colin...Dio. Colin sta per morire, se ne rende conto solo ora.

Corre a perdifiato, ma il Mangiamorte dietro di lui non molla.

Stava duellando su una rampa di scale con Colin, e poi...poi è intervenuto un suo compagno.

Senza riflettere, Colin l'ha Schiantato e questo si è afflosciato sulla rampa di scale su cui stava, senza poter fare niente per evitare di precipitare nel vuoto quando questa ha deciso di spostarsi.

Colin stringe i denti, corre più veloce che può, schivando tutte le maledizioni che il Mangiamorte gli sta tirando addosso.

O meglio, quasi tutte.

L'ultima cosa di cui Colin si accorge è di una botta fortissima sulla schiena. Tutto precipita, tutto scompare.

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Londra, 2007

È maggio e Adam rimpiange di essere andato a letto solo in boxer.

Il vento sibila fastidiosamente, la pioggia batte forte e le mani di Julie sui suoi fianchi gli sembrano uscite dal freezer.

Almeno i bambini stanno dormendo. Almeno i bambini dormono e stanno zitti e posso provare a riaddormentarmi e...

Un tuono esplode con un ruggito.

Adam sente dall'altra stanza Colin che scoppia in lacrime. 

Cazzo.

Come non detto.

Grazie al cielo, almeno Dennis continua a dormire con un ghiro, e una volta tanto non imita il fratello maggiore.

Nel sentire Julie svegliarsi, muovendosi tra le coperte e sbuffando, Adam cerca disperatamente di far finta di dormire. 

-Adam?

Adam si sforza di non emettere il minimo rumore. È immobile. Come pietrificato.

-Adam, lo so che sei sveglio.

-Julie, no. No.

-Tocca a te.

-Chi è che ha cambiato Dennis nei suoi attacchi di diarrea tutto il pomeriggio? Tu?

-Abbiamo fatto i turni per i pianti notturni. Tocca a te.

-Mi rifiuto.

Colin piange più forte di prima. Inizia a chiamare i genitori.

Julie sbuffa di nuovo, irritata.

-Adam, se non ti muovi subito, io ti giuro...

Lui si tira la coperta fin sopra la testa, raggomitolandosi cercando un briciolo di calore corporeo.

-Va da tuo figlio e lasciami in pace, donna.

Julie sta stranamente zitta, e per un istante Adam pensa che sua moglie si sia arresa e sia sul punto di alzarsi.

Ovviamente, si sbaglia. Julie si limita a spostare le coperte, a tirargli su maglietta e canottiera e a piantargli per bene i piedi sulla schiena.

Adam sussulta e trattiene a stento un urlo (non devo svegliare Dennis, non devo svegliare Dennis): sono congelati..

Si alza con quanta più violenza possibile, fulminando con lo sguardo la moglie, sorridente e trionfante.

-Voglio il divorzio.

-Va da tuo figlio e lasciami in pace, uomo.

Adam, che si sente all'improvviso molti più anni addosso dei trentaquattro che ha compiuto due giorni prima, strascica i piedi fino alla camera del figlio maggiore e la apre piano. Tutto d'un tratto è caduto un silenzio perfetto.

-Colin?

Suo figlio è una massa indistina, tutta raggomitolata sotto la trapunta del letto: Adam nota come, al sentire la voce del padre, il bambino abbia smesso di tremare, quasi come se si fosse messo sull'attenti.

-Papà?

-Cole, sono qui. Dai, esci fuori.

Colin tira giù le coperte con uno scatto secco e fissa il padre per un secondo, con gli occhioni spalancati e il visetto pallido.

-Papà!

Piagnucola nell'allungare disperatamente le braccine verso il padre, che non riesce a trattenere un sorriso: si avvicina al letto e se lo prende in braccio.

-Va tutto bene, ometto.

Colin gli si aggrappa con tutta la forza che ha, nascondendo la faccia nell'incavo tra la spalla e il collo del padre.

Adam si alza in piedi e cammina avanti e indietro per la stanza, cullando lentamente il figlio.

-Cole, è solo un temporale...

-N-non è per quello...

-Incubo?

La testa di Colin, ancora seppellita nella sua spalla, fa segno di sì. Ultimamente fa un sacco di incubi.

Adam si siede sul letto minuscolo del bambino, senza staccarlo dalla propria spalla.

-Dev'essere stato davvero brutto, eh?

Il bambino tira su col naso prima di iniziare a raccontare.

-Ero in un brutto palazzo, tutto vecchio e rotto. C'erano i fuochi dentifricio...

-..d'artificio, amore.

-...e c'erano delle scale altissime che se cadevi morivi...e un cattivo mi inseguiva, e poi qualcosa mi ha picchiato sulla schiena e sono caduto anche io...

L'ultima parte della storia è un piagnucolio non troppo comprensibile che si trasforma in un pianto stanco, e Adam non può fare altro che appoggiare il mento sulla testolina del figlio e lasciarlo sfogare: sente i pugnetti del bambino contrarsi, stringendogli la maglietta tanto forte da poterla strappare.

Quando Colin si calma e la sua presa è più rilassata, suo padre gli picchietta una spalla.

-Va un po' meglio?

Colin annuisce senza staccarsi: Adam lo separa da sé con dolcezza, facendolo sedere sul letto.

-Era solo un incubo, Cole. Non è successo niente..stai bene. Tu sei sul tuo letto e io sono qui accanto...e mamma e Den sono di là che dormono...è tutto okay.

Colin guarda il padre con gli occi acquosi, minacciando di rimettersi a piangere presto.

-Faceva paura, però...

-Lo so, tesoro...faceva paura perché papà e mamma non erano lì accanto e non ti hanno potuto dare una mano con il cattivo...però è finita!

Adam tocca con la punta dell'indice la tempia del figlio.

-Il brutto sogno nasce qui, e qui ci deve rimanere. Okay?

Colin si mette a tirare il cordino della felpa, senza staccare gli occhi di dosso dal padre. Annuisce piano, con attenzione.

Adam lo guarda e qualcosa dentro di lui gli impedisce anche solo di pensare di lasciare Cole dormire solo nella sua stanza.

È così grande...

-Ti va di dormire nel lettone stanotte, Colin?

Cole continua a giocherellare con il cordino della felpa, ma i suoi occhi si illuminano. Accenna un sorrisetto.

-Ah ha!

-A una condizione, però. Le mani fredde non le devi riscaldare sulle mie guance, okay?

Il bambino aggrotta leggermente le sopracciglia.

-Ma ce le ho fredde già ora.

-Tienile pronte per la Mamma, allora.

Colin lo guarda sempre più confuso. Sembra stia dubitando della sanità mentale del padre.

-Ma non le piace quando lo faccio!

Adam ridacchia allegro, riprendendosi in braccio il figlio.

-Lo so bene, ometto.

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Capitolo 3
*** Cedric ***


-Uccidi l'altro.

Il tipo basso e tarchiato alza lo sguardo dal fagotto che tiene tra le mani.

Guarda Cedric negli occhi, per un solo istante.

In quell'istante, Cedric si dimentica di tutto quello che gli sta succedendo attrono.

Del fatto che la Coppa fosse una Passaporta.

Del fatto che ora si trovi in un cimitero che sembra lontanissimo da Hogwarts.

Del fatto che Harry è a un paio di metri da lui, in ginocchio, e che sta strillando come se qualcuno lo stesse torturando.

Si limita a fissare l'uomo di rimando, vacuo, come ipnotizzato.

C'è qualcosa nel suo sguardo che gli fa effetto: è la faccia di una persona che è a metà tra il riluttante e l'orripilato, qualcuno totalmente arreso all'evidenza che la vita non gli offrirà mai più alcuna prospettiva di felicità .

Si tratta di un millesimo di secondo, perché subito dopo il senso di quelle parole colpisce Cedric come uno schiaffo.

Non ha comunque il tempo di reagire, perché l'uomo gli ha già puntato addosso la bacchetta.

Nel momento in cui Cedric si rende conto di quanto sia terrorizzato, l'uomo sta gridando due parole.

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Boston, 2014

Cedric nasconde l'ennesimo sbadiglio nella sciarpa enorme avvolta intorno al collo. 

In lontananza, riesce a distinguere il treno per Riverside. Il che significa che il suo arriverà tra circa cinque minuti.

Che palle.

Dire che è esausto è dire poco.
Il tirocino in ospedale è molto più stancante di quanto avesse pensato: sveglia alle 5.30, alle 7.30 deve aver già timbrato il cartellino e la pausa pranzo per ora sembra un lusso che si potrà guadagnare solo tra qualche mese. E poi, fuori alle 19.30.

Cedric fissa vacuo i passeggeri del treno, che sta chiudendo le porte dopo aver raccolto nuovi pendolari, e inizia a organizzare mentalmente le cose che farà una volta arrivato a casa.

È una sua maniera per liberarsi momentaneamente dallo stress e dalla stanchezza, a cui contribuisce l'aria gelida che gli pizzica la faccia: pensare al suo minuscolo appartamentino, tanto piccolo che a stento ci stanno lui e il gatto, riesce sempre a sollevargli il morale.

Doccia, prima di tutto. Poi devo dare da mangiare a Chuck. Poi cena, ma non se ne parla di cucinare. Dev'essere rimasto qualcosa della pasta al forno di Mamma....poi The Walking Dead. Poi devo stendere la bian-

-PERMESSO, PERMESSO, PERMESSO!

La sua lista mentale si interrompe di colpo quando si sente sbalzare in avanti.

Si gira appena in tempo per vedere un uomo, piccolo e tarchiato, inciampare in una corsa disperata nel tentativo di prendere il treno, che ormai è partito. Nella caduta, un enorme plico di fogli che teneva in mano si sparge per la banchina

-Cazzo..

L'uomo si spolvera le ginocchia del pantalone e si rimette in piedi, continuando ad imprecare rabbioso sottovoce.
Cedric non può fare a meno di sentire un moto di solidarietà per l'uomo e la sua rabbia così priva di filtri. Gli si avvicina, gli accenna un sorriso e inizia a darsi da fare per raccogliere i fogli a terra.

-No, ragazzo, lascia stare, fa niente...

-Si figuri, è il minimo.

Cedric raduna a casaccio le carte, tentando di organizzarle in un mazzo ordinato, e le porge all'uomo. Coglie l'occasione per dargli un'occhiata.

Non può avere molto più di quarant'anni, ma è già quasi praticamente calvo.
Ha un viso appuntito e una pancia molto tesa, che Cedric associa automaticamente a una grande devozione per il bere.

L'uomo accenna un sorrisetto, allungando il braccio per prendere i fogli.

-Mi spiace, credo siano in disordine...

-Figurati, ragazzo! Grazie mille, davvero.

L'uomo prende dalle mani di Cedric i propri documenti. Nel farlo, gli sfiora la mano.

Si tratta di un momento, solo di un istante, ma Cedric sente di ricevere una sorta di scarica elettrica lungo la schiena: nella sua mente scatta automaticamente una sensazione intensa di disagio, del tutto inspiegabile.

È angoscia...quasi paura.

Cedric si sente all'improvviso  vagamente stordito, nauseato. Sente, come da molto lontano, il rumore di un treno in avvicinamento.

Ma che diamine...?

-Ehi...ragazzo? Tutto bene?

La vocetta acuta dell'uomo lo riporta alla realtà.

Di colpo, Cedric si accorge di essere esattamente dov'era prima: sulla banchina della metropolitana, l'uomo davanti a sé. Il suo treno sta arrivando.

-C-cosa..?

L'uomo lo guarda vagamente turbato. Cedric vorrebbe solo chiedergli di allontanarsi, gli stanno venendo le vertigini. Dev'essere un calo di pressione, niente di più.

-Sei un po' pallido...sicuro di stare bene?

C'è un qualcosa di inquietante nella sua faccia. Inquietante e patetico.

-S-sì...è solo stanchezza...

L'uomo lo guarda, corrucciato. È sinceramente preoccupato.

-Sicuro?

Cedric si sforza di accennare un sorriso, guardando distrattamente il treno, che sta rallentando. Si sente vagamente in colpa nel non voler altro che scrollarsi quest'individuo di dosso.

-Sì, sì...è solo stata una giornata pesante al lavoro. Niente di che.

L'uomo ridacchia, rivolgendogli un sorriso solidale.

-Come non capirti, eh?

Cade per un secondo un silenzio strano: l'uomo continua ad accennare un sorriso, Cedric sente il proprio scivolare dalla faccia.

Dopo un momento, torna a pensare con un attimo di lucidità. Le porte del treno si stanno aprendo, la folla inizia a radunarcisi attorno.

-Ah...devo...il treno, sa...

-Sì, sì...scommetto che non vedi l'ora di tornare a casa.

Cedric annuisce e sale rapidamente sul treno.

Si assicura di dare le spalle al finestrino per evitare un ulteriore contatto visivo.

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