Mattoni rossi a vista di slytherin_sev (/viewuser.php?uid=825704)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bottoni neri su sfondo bianco ***
Capitolo 2: *** Carlini depressi ***
Capitolo 3: *** C'è un dottore in sala? ***
Capitolo 4: *** Nella testa ho un suono che fa Hogsmeade ***
Capitolo 5: *** Basta gufi ***
Capitolo 6: *** Tutto così vero ***
Capitolo 7: *** Cappello, cappello delle mie brame ***
Capitolo 8: *** Calcoli errati ***
Capitolo 9: *** Cerbero ***
Capitolo 10: *** Bruce Lee scansati ***
Capitolo 1 *** Bottoni neri su sfondo bianco ***
1 - Bottoni neri su sfondo bianco
Era da un paio di mesi che lavorava in quel pub come cameriera.
Ormai aveva imparato a conoscere la fauna locale, la maggior parte
erano signori sui quaranta cinquanta dai vestiti strambi, alcuni erano
cupi e le mettevano soggiezione mentre la maggior parte di essi era per
lo più stravagante e basta.
Era pomeriggio inoltrato quando entrò un uomo che le
sembrò essere sulla trentina, era completamente abbottonato in
una giacca nera e per non farsi mancare nulla aveva sotto di essa una
camicia bianca il tutto corredato da un mantello nero, e per finire dei pantaloni lunghi dello stesso nero dei vestiti.
Era una bella novità visto gli habitué, "salve cosa le
porto?" disse lei sorridendogli "lui alzò a malapena il
naso da ciò che stava leggendo "una burrobirra e la
specialità del giorno".
Era proprio un bel tipo penso, cioè non bello esteticamente, uno
shampoo non avrebbe guastato e diciamo che anche il giallognolo della
sua pelle non sembrava particolarmente salubre ma c'era qualcosa in lui
che l'affascinava anche se non capiva cosa fosse di preciso.
Forse i capelli che nonostante non fossero un esempio di pulizia erano
di un nero meraviglioso, e lunghezza era perfetta, sopra le spalle ed
erano completamente lisci, o forse erano gli occhi di un castano
così intenso che quasi non si riusciva a cogliere dove iniziava
la pupilla, però c'era anche quel naso aquilino che dava un non
so che di particolare a quel viso e poi il modo in cui gesticolava, si
scioglieva al sol pensiero.
In un attimo fece la burrobirra e gliela portò fece per
andarsene quando l'uomo l'afferrò per un polso "che ci fa una
bella ragazza come te da queste parti?" e iniziò a baciarle la
mano salendo lentamente fino ad arrivare al colo, poi di colpo la prese
e la fece sdraiare sul tavolo.
Lei era sorpresa non sapeva come reagire, poi lui la baciò e in
quel momento lei capì che lo voleva e si lasciò andare,
fecero l'amore sul tavolo quando a un certo punto senti un rumore
metallico risuonarle nelle orecchie.
Venne richiamata all'ordine dal campanello del burbero cuoco, purtroppo
quello era solo un sogno ad occhi aperti e lei era lì appoggiata
al bancone della cucina mentre l'uomo era seduto al suo posto, si
fermò a prendere la comanda e la burrobirra e
andò dall'uomo in nero posando l'ordine sul suo tavolo "buon
appetito" disse sorridendo, ma non ricevette risposta.
Lei era al bancone a fare quattro chiacchiere con Rubeus che era un
cliente abituale quando vide l'uomo alzarsi e interrompendo ciò
che stava facendo disse "vado un attimo in pausa a fumarmi una
sigaretta", si tolse il grembiule e si mise il cappotto e in men che
non si dica era fuori dal locale con la sigaretta in mano.
In realtà era una scusa ovviamente, voleva solo vedere dove
l'uomo stesse andando e chissà, magari farci quattro chiacchiere
con una scusa.
Era però troppo tardi, l'uomo non c'era più, pensò
che fosse strano, non era uscita al più tardi un minuto dopo di lui, doveva
essere veramente atletico e allenato se anche così conciato era
così svelto.
Finì di fumare e tornò dentro delusa, Rubeus era ancora
la e si mise a scherzare con quell'uomo che era veramente enorme,
avrebbe detto che era un gigante se non fosse che i giganti non
esistono.
Dopo poco il suo turno finì e lei fece per uscire se non che
vide che l'uomo in nero aveva dimentico il mantello- che poi chi
è portava ancora con se il mantello?- al tavolo, lo prese e lo
mise in un cassetto insieme ad altre cianfrusaglie dimenticate nel
tempo, sperava che l'uomo tornasse e che lo facesse nel suo turno
così da poterglielo restituire di persona.
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Capitolo 2 *** Carlini depressi ***
2 - carlini depressi
No
pensò più molto a quel mantello ne al suo possessore, ogni tanto
buttava un occhio fugace sulle cose smarrite, ma il capo era sempre
la, quindi pensò che l'uomo fosse di passaggio o che si fosse abituato
all'idea di averne in meno.
Una sera decise di andare al pub in veste di cliente e non di
cameriera, in fondo quel posto le dava un senso di calore e
appartenenza che non sapeva spiegare, si sedette a un tavolo con
davanti un tea e un libro, quando eccolo entrare nel locale.
Si stava dirigendo spedito verso il bancone e si mise a parlare con il
cameriere di turno che si limitò a stringere le spalle davanti alle
sue domande così con una faccia rassegnata l'uomo uscì
dal locale
Questa
volta non se lo sarebbe fatto scappare e corse immediatamente fuori
"stavi cercando un mantello per caso?" urlò la ragazza verso la
sua schiena, lui stava camminando e si fermò per poi girare a
malapena la
testa "si, perchè?", lei si strinse le braccia per il freddo
"l'ho
trovato al tuo tavolo l'altra sera, se mi segui te lo restituisco".
Le
si voltò sui suoi passi e girò lievemente la testa accertandosi che
l'uomo la seguisse, andò dietro il bancone ed estrasse il mantello dal
cassetto rendendoglielo "comunque piacere, Alya" e gli porse la
mano dove sul polso vi era appoggiato il mantello.
Lui guardò prima la
mano, poi lei, poi di nuovo la mano "Severus" disse ricambiando il
gesto, aveva un'espressione che era un misto tangibile tra
sbigottimento e
confusione e rimase con la mano a mezz'aria stretta in quella della
ragazza per qualche secondo.
Lei capì che non stava andando troppo bene così gli
restituì il
mantello e tornò al suo tavolo cercando di trovare il segno del
libro che stava leggendo, fece appena in tempo a farlo che la
sedia di fronte alla sua si mosse "posso?", era l'uomo!
Non voleva fargli notare che fosse emozionata così sorrise
leggermente "certamente" e riprese a leggere, i due non si parlarono ma
lessero silenziosamente i rispettivi libri fino a orario di chiusura.
Appena lei arrivò a casa si buttò sul letto e sorrise,
pensò che stare in silenzio con qualcuno fosse una cosa
maledettamente intima, non era servito riempire un vuoto con parole
imbarazzate, era bastato a entrambi quel rilassante eppure così
eloquente piccolo silenzio.
Si mise a dormire ancora felice di quel passo, non sapeva se
l'avrebbe rivisto, ma quella serata era stata speciale per lei.
Al mattino venne svegliata da un bussare tediante e si diresse verso la
porta, quando l'aprì però non c'era nessuno dietro che
stava bussando, così la richiuse e corse di fianco al suo letto
dove aveva una pesante mazza da baseball.
I fantasmi non esistono ma le mazze da baseball sì
pensò, non curante del fatto che se veramente ci fosse stata una
presenza del genere, la mazza gli sarebbe passata attraverso.
Era vicino alla finestra quando sentì di nuovo bussare, ma
questa volta si accorse che il rumore veniva da dietro di lei e non
dalla porta così si girò di scatto, brandendo ancora la
mazza, cercando di fare un espressione feroce, somigliava più a
un carlino con una giornata no che a qualcosa che incutesse anche solo vagamente timore ma
lei non poteva vedersi, quindi andava bene così.
Dietro la finestra c'era una civetta che aveva una lettera nel becco, lei e l'animale piegarono la testa simultaneamente poi la
ragazza aprì la finestra e il volatile delicatamente si poso
sopra la sua spalla.
Lei non sapeva bene che pensare, voglio dire, pieno giorno, civetta che
bussa alla finestra per poi posarsi sulla sua spalla, era basita da
tutto questo fino a che l'uccello non si diresse verso la sua mano
lasciandogli la lettera e volò via dopo aver preso una di quelle
strane monete che teneva sul comodino.
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Capitolo 3 *** C'è un dottore in sala? ***
2 - C'è un dottore in sala?
Lei rimase come un ebete a fissare la lettera
per cinque minuti buoni dopo che la civetta era sparita, fino a che si
decise a leggerla.
Girandola vide che a mandarla era stato Tom, il capo del paiolo magico,
così ruppe il sigillo e lo aprì, le aveva cambiato il
turno, e iniziava fra cinque minuti, ci mise qualche secondo a realizzare, si vestì alla bell'e meglio e uscì di
casa a stomaco vuoto per essere la non dico in tempo ma il prima possibile.
Era spettinata e assonata ma di certo sarebbe stata la più
normale la dentro, quindi corse a perdifiato fino ad arrivare al pub,
arrivò che aveva il fiatone e si mise il grembiule poi si
diresse da Tom, "per via di avvisarmi prima? E soprattutto questa tua
passione per le civette da dove nasce?".
Lui era basso e gobbo e fece fatica ad alzare lo sguardo "l'altro
ragazzo se ne è andato quindi da oggi lavori a tempo pieno. E di
che passione per le civette parli?" disse, la ragazza stava
già sistemando piatti e bicchieri "bhe devi essere molto
appassionato di quei volatili per usarli al posto di un comune
messaggio".
Lui rimase interdetto "ripetimi un po' in che anno sei nata?" disse
aggrottando le sopracciglia "nel ottantasette perchè?", "ah,
vero" disse lui muovendo la mano dall'alto in basso "a volte me ne
scordo, comunque si, sono molto appassionato di civette ma non ne parlo".
Lei era rimasta un po' così per quella conversazione surreale,
strinse le spalle e con una faccia dubbiosa torno a lavorare, la
giornata passò particolarmente tranquilla e così i giorni
a seguire.
La sua sera settimanale libera la trascorreva là a leggere, le piaceva
quel posto, era bello essere circondati da persone variopinte ed
eccentriche, aveva gli occhi sul libro da buoni quindici minuti ma era
intenta più a pensare che a leggere, quando tornando alla
realtà vide che Severus era infondo alla stanza, anche lui con
un libro in mano.
Alzò lievemente la mano per salutarlo e lui rispose con un cenno
del capo, la ragazza allora si alzò decisa ad invitarlo, e passo dopo
passo si avvicinava sempre di più all'uomo e più si
avvicinava più la sua sicurezza crollava, fino a che, invece di
fermarsi da lui, virò verso il bagno.
Appena chiuse la porta alla sue spalle vi si appoggiò
sospirando, cosa le era saltato in mente? Aveva letto un paio di pagine
con una persona e ora erano compagni di lettura? Si appoggiò al
lavandino si guardò allo specchio e abbassò il capo.
Uscì da li dopo essersi accuratamente lavata mani e volto,
quando aprì la porta però Severus non c'era più,
'è andata così' penso lei stringendo le spalle e
dirigendosi al suo posto.
Si era appena seduta e aveva sollevato il libro quando "ti ho preso un
tea alla menta va bene?" lei fece un sobbalzo e il libro le cadde dalle
mani "oh, santo dio si va bene ma senza infarto sarebbe stato meglio"
disse lei ricomponendosi.
Lui dopo poco tornò con le due bevande e si sedette di fronte a
lei e rideva sotto i baffi "non c'è niente da ridere, a
quest'ora saresti potuto essere condannato per omicidio" disse lei non
alzando gli occhi dal libro.
"Pensavo che il tuo fosse un modo per invitarmi al tavolo" lei lo
guardo abbassandosi leggermente gli occhiali sul naso "veramente nella
società civile si chiama saluto. Comunque potevi avvisarmi
quando mi hai vista uscire dal bagno".
Lui scoppiò a ridere "davo per scontato che non vedendomi
avresti pensato che ti avrei raggiunto", "ma veramente no. Ho letto
qualche pagina con te mica ti ho psicanalizzato" disse la ragazza sorridendo.
"Allora prendi quel tea alla menta come un segno di pace" lei bevve
rumorosamente "ci vorrà ben più di un tea per essere in
pace con me", detto questo i due ripresero silenziosamente a
leggere nelle loro postazioni.
Quando fu ora di andarsene l'uomo la fermò "settimana prossima
stessa ora stesso posto? Così magari non ti viene un infarto la
prossima volta", lei lo guardò di sottecchi "è per caso
un appuntamento questo?" aveva un sorriso beffardo sul volto.
Lui si sollevò orgoglioso "ma sei matta? è solo un
incontro di lettura" lei sorrise "va bene, va bene. Ci vediamo al
nostro non appuntamento", si girò fece qualche passo e voltò leggermente la testa per vedere se lui la stesse
osservando, ma come da copione non era più la.
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Capitolo 4 *** Nella testa ho un suono che fa Hogsmeade ***
4 - Nella testa ho un suono che fa Hogsmeade
Stava aspettando il suo non appuntamento da una settimana, puliva i
tavoli sempre con il sorriso ed era felice di farlo, Severus non era
mai passato prima del giorno in cui aveva dimenticato il mantello,
né era passato altre volte oltre a quelle in cui erano insieme.
Del resto nemmeno quella settimana passò, fino al giorno del
loro appuntamento, lei sarebbe dovuta essere la per le nove, ma decise
di andarci prima così da poter anche cenare.
Si sedette al solito posto e ordinò una bistecca al sangue e
delle patatine, si mise a mangiare e, poco dopo, arrivò anche
l'uomo "non dovevamo vederci alle nove?" disse Severus sedendosi di
fronte alla ragazza.
"Certo, avremmo dovuto vederci alle nove, ma il mio stomaco voleva
vedere del cibo prima" disse mangiando un boccone, "allora, se non ti
dispiace, mi unirei a te" anche lui allora ordinò, il loro
non-appuntamento si trasformò rapidamente in una cenetta
tranquilla.
Non solo mangiarono insieme, ma parlarono tutta la sera, non la
sfiorò nemmeno l'idea di estrarre il libro, era piacevole stare
insieme a parlare, avrebbe voluto continuare per sempre e sperava che
nemmeno Severus avesse voglia di leggere.
No, Severus non aveva voglia di leggere evidentemente, perchè
nemmeno sfiorò il libro che aveva nella tasca della giacca a
favore di una tranquilla e divertente chiacchierata insieme, ma venne
purtroppo il momento di salutarsi.
"Settimana prossima stesso giorno, stessa ora?" disse lei con un
sorriso , "certamente" fu la risposta dell'uomo, si voltò e la
ragazza fece lo stesso, "anzi no" entrambi si voltarono a guardarsi,
"no... in che senso?" lei aveva una paura fottuta, quel no era un
addio? Poteva sentire il suo cuore martellarle nelle orecchie, temette
che fosse così forte che anche lui potesse sentirlo.
"Non vorrei vederti qui, vediamoci lo stesso giorno a Hogsmeade alle
otto; va bene?", lei finalmente tornò a respirare "questo mi
sembra un vero appuntamento", disse lei beffarda, "e anche se fosse?",
lui non aveva espressioni sul viso "niente, constatavo; comunque direi
che è perfetto, a mercoledì", i due si salutarono e lei
tornò a casa.
Era felice e rise per tutto il resto della nottata, fino a che non
realizzò che non aveva la minima idea di dove fosse il posto
dell'appuntamento, per prima cosa andò a chiedere alla sua
famiglia se lo conoscessero, ma per tutti era la prima volta che
sentivano nominare quel posto.
Scartabellò un po' al computer ma non uscì niente nemmeno
da lì, e ora? Come avrebbe fatto a trovarlo? Non poteva nemmeno
contattarlo, non sapeva come o dove trovarlo e iniziò a
preoccuparsi.
Come avrebbe fatto a dire a Severus che in realtà non aveva la
minima idea di cosa fosse questa 'Hogsmeade'? Non era una via, non era
un quartiere e non era nemmeno un negozio, quindi dove gli aveva dato
appuntamento? Era forse uno scherzo il suo? Probabilmente quello era il
suo modo per dirle che non voleva più vederla...
Sì rassegnò quando vide che l'uomo non la cercò al
Pub nemmeno nei giorni successivi, doveva essere proprio come aveva
sospettato, la rassegnazione arrivò presto, infondo una cena non
era niente.
Fino a che, la settimana dopo, l'uomo tornò al pub, la ragazza
era intenta a leggere e fece finta di non vederlo, ma lui andò a
sedersi di fronte a lei al suo solito posto, la ragazza raccolse le sue
cose, si mise la giacca e uscì dal locale senza dirgli una
parola.
"Perchè mi stai evitando?" disse l'uomo, era sul ciglio della
porta e per quanto lo nascondesse, il suo tono e la sua espressione
erano tristi "io ti eviterei?! Tu mi dai appuntamento in un luogo che
non esiste e sono io quella che si comporta male? Se non volevi
più vedermi bastava dirlo".
Severus aveva un'espressione stupita sul volto, alzò un
sopracciglio "di cosa stai parlando?", "mi prendi anche in giro ora?
Cosa se non Hogsmeade? Non esiste niente del genere in tutta Londra",
l'uomo era sempre più sorpreso "ma di cosa stai parlando? Certo
che esiste".
Lei lo guardò perplessa "forse nella tua testa, sicuramente non
nella realtà", l'uomo stava per replicare quando si
fermò, "tu nel novantotto quanti anni avevi scusa?", lei
allargò le braccia, cosa aveva questo a che fare con tutto il
resto?!
"Undici perchè?", l'uomo allora scoppio a ridere "per forza non
esiste Hogsmeade, vieni dentro, dobbiamo parlare" lei era dubbiosa ma
lo seguì, Severus le aprì la porta e la condusse al loro
solito posto vicino al caminetto, quello che stava per dirle non poteva
essere detto al freddo, soprattutto bisognava essere seduti per
sentirselo dire.
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Capitolo 5 *** Basta gufi ***
5 - basta gufi
Severus la fece sedere, ordinò una cioccolata per lei e un tea
per se e rimase in silenzio fino a che non arrivò la comanda,
lui prese la sua tazza, allargò le gambe e abbassò la
testa, aveva la bevanda calda all'altezza delle ginocchia e fissava il
pavimento in silenzio, "tu sei una strega".
Lei alzò il sopracciglio piccata "non è che tu sia un
mostro di simpatia comunque", l'uomo continuava a guardare il pavimento
"non hai capito, tu sei veramente una strega" e così dicendo
l'uomo iniziò un lunghissimo discorso sulla magia e su un mondo
parallelo di maghi e streghe.
Lei era li, seduta di fronte a lui, aveva bevuto nemmeno un dito di
cioccolata e non riusciva che a stare immobile mentre l'uomo
blaterava di magia, di segretezza, di Voldemort qualsiasi cosa fosse,
della guerra magica e di una lettera che non lei era mai stata
recapitata perchè nata... com'è che l'aveva chiamata? Ah
sì, babbana.
Lui stava ancora parlando quando l ragazza appoggiò la
cioccolata sul tavolo si vestì e andò da Tom a dirgli che
domani non sarebbe andata a lavorare, uscì dalla porta senza
dire nient'altro, fece qualche metro fuori dal locale quando lui la
raggiunse "devi fidarti di me, non sto mentendo, è tutto vero e
posso dimostrartelo".
Lei si fermò "io dovrei fidarmi di uno che mi da appuntamenti in
posti che non esistono e che poi per giustificarsi mi dice che anche se
sono nata babbiona sono una strega dentro? Oh si, molto probabile. Ti
prego, torna dal manicomio da cui sei venuto".
"Non è babbiona è babbana e sei veramente una strega nel
senso magico del termine", le strinse i pugni così forte che se
non fosse stata sua abitudine mangiarsi le unghie se le sarebbe
conficcate qualche centimetro nella carne "non farti vedere mai
più, sei malato" e continuò a camminare per la sua strada.
Lui era ormai lontano quando lo sentì urlare "ti
dimostrerò tutto, vedrai", rincasò e si mise a sedere sul
letto, aveva gli occhi lucidi e continuava a ripensare alle parole di
quell'uomo completamente pazzo, veramente le stava iniziando a provare
qualcosa per un mitomane del genere?
Piccole gocce trasparenti iniziarono a rigarle la guancia, scendevano
dai suoi occhi tutte perfettamente in fila, sembrava non si fermassero
più, si asciugò il viso con una manica della felpa, si
alzò e andò in bagno a cambiarsi, perchè diavolo
dovevano capitare tutte a lei? Anche se in effetti vedendo che andava
in giro con un mantello le si sarebbe dovuta accendere una lampadina.
Quando uscì dal bagno si sdraiò nel letto a guardare il
soffitto, non riusciva a smettere di piangere, aveva aperto i rubinetti
e si addormentò che ancora piangeva.
Venne svegliata da un bussare ripetitivo e andò istintivamente
ad aprire la finestra, rimase qualche attimo a osservare il panorama
poi scosse la testa e fece per chiudere quando un gufo le andò a
sbattere dritto in faccia, dallo spaventò cadde sul pavimento e
urlò.
Il volatile pazzo le lasciò una lettera e fece per prendere una
moneta "non te lo meriti bestiaccia" disse aprendo la finestra, il gufo
allora la guardò male e andò via senza prendere il suo
bottino.
La ragazza si sedette sul letto e aprì svogliatamente la busta, la lesse si arrabbiò come poche volte in vita sua.
La lettera era di una scuola, 'Hogwarts' o qualcosa del genere; la
preside, una certa Minerva McGonagall, la informava che lei era una
strega e che avendo compiuto undici anni avrebbe iniziato quell'anno la
scuola di magia e stregoneria, si vestì e come una furia
andò da Tom.
A parte che ormai avevano perso il treno, undici anni li aveva fatti da
un pezzo, e poi chi era quest'altra invasata che seguiva i deliri
dell'uomo?
Il proprietario della locanda era seduto a chiacchierare con un cliente
quando lei lo girò di colpo e gli urlò in faccia "tu
vecchio squinternato, sei dalla parte di quell'altro pazzo? Che razza
di scherzo è questo?" e gli sbatte sul naso la lettera ricevuta
poco prima.
Lui si scusò con il cliente e la prese in disparte "ma dico, sei
diventata pazza?! Cosa sono questi comportamenti? Io non so di cosa tu
stia parlando", lo guardò in cagnesco "ah non lo sai? Immagino
la grande quantità di addestratori di gufi da posta da queste
parti".
L'uomo solo allora lesse la lettera "ah, ma è la lettera di
Hogwarts. Aspettami qui un secondo", l'uomo andò d Hagrid, un
cliente fisso del locale e lo portò da lei, gli spiegò la
storia in breve e gli chiese di accompagnarla, gli disse anche che la
ragazza aveva undici anni quando scoppiò la guerra magica.
L'omone la prese sotto braccio "tieniti forte signorina, stiamo per
entrare nel mondo magio", ormai iniziavano a essere troppe le persone
che sapevano di cosa stavano parlando per essere solo un trucco di
Severus.
Andarono nel retro e Hagrid estrasse un vecchio ombrello e lo fece
scorrere sul muro, lei lo guardò strano, cosa sperava di
ottenere? Non finì nemmeno di pensare la frase che i mattoni
iniziarono a spostarsi per creare un passaggio.
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Capitolo 6 *** Tutto così vero ***
5
La ragazza oltrepasso il varco, non aveva mai visto quel posto prima
d'ora, era pieno di uomini e donne vestiti in modo strano, avevano
tuniche di una moltitudine di colori, cappelli di ogni forma e colore,
sembravano quei maghi ciarlatani che sono sempre in tv.
Non capiva cosa stesse succedendo, aveva uno sguardo stranito
"benvenuta a Diagon Alley" disse Hagrid incamminandosi, era un paese
variopinto pieno di piccoli vicoli, sembrava magico per davvero ma non
poteva esserlo, i maghi e la magia non esistono.
L'omone la condusse in un negozio, era piuttosto buio e polveroso ed
era pieno di scaffali che a loro volta erano pieni di scatole di
cartone rettangolare tutte più o meno uguali di colori scuri dal
vinaccia al verdone e via dicendo.
"Signor Olivander" disse Hagrid dondolando sui piedi e tenendo le mani
sul petto "lei è nuova di queste parti. Aveva undici anni nel
novantotto e non ha mai ricevuto la lettera, hai qualcosa per lei?", il
vecchio dall'altra parte del bancone annuì e Hagrid la fece
avvicinare al bancone dietro il quale c'era un vecchio dai capelli
bianchi e arruffati.
L'uomo poi si girò e prese una di quelle tante scatole,
l'aprì e dentro c'era avvolto un pezzo legno lavorato e lucido,
l'uomo lo prese, lo sollevò porgendolo alla ragazza "scuotila"
lei la prese per il manico e la mosse su e giù velocemente,
dalla bacchetta uscirono mille scintille, il vecchio dietro al bancone
sgrano gli occhi e si abbassò, di colpo un sacco di scatole si
aprirono volavano in ogni direzione.
Lei mollò il pezzo di legno e si rannicchio per terra con le
mani intrecciate sopra la testa, che diavolo era appena successo?!
Quando le esplosioni finirono lei mise le mani sul bancone e
alzò la testa, l'uomo era già in piedi e aveva già
sistemato il disordine.
Lei strabuzzò gli occhi "oh, è normale, non è la
prima volta che succede. Ora te ne darò un altra ma muovila
così, guarda" prese un'altra bacchetta dalla tasca e la
smosse appena e da lì uscì un piccolo coniglietto di luce
che sparì quasi immediatamente correndo e l'uomo tirò fuori
un'altra scatola.
Lei prese la bacchetta e la scosse delicatamente ma non successe niente "no,
nemmeno questa. Ma forse..." sparì tra gli scaffali e riemerse
con un scatola color rubino stretta tra le mani e la poggiò
sul bancone.
La ragazza si innamorò di quella scatola e l'aprì, dentro
c'erano due lembi di tessuto quasi trasparente color verde scuro era un
contrasto perfetto con il rosso scuro della scatola, il vecchio la
estrasse "legno di pino, cuore in crine di unicorno, undici pollici,
abbastanza flessibile. Prendila, è tua" la strinse in mano e la
mosse appena, uscirono piccole luci colorate .
"Grazie mille Signor Olivander" disse Hagrid andando verso la porta
"è stato un piacere" rispose l'uomo con un sorriso e la ragazza
seguì l'omone al di fuori del locale con la sua bacchetta chiusa
in quella bellissima scatola.
La stringeva forte a se al petto e camminava ma il suo sguardo era
perso nel vuoto e non era attenta a dove stava andando, finì per
sbattere "s-scusi, n-non volevo. M-mi dispiace", la persona che aveva
di fronte le strinse le braccia "tranquilla, ti stavo cercando".
Ci mise un po' a metabolizzare ma poi capì le parole e alzò lo sguardo, era Severus.
"Finalmente anche tu ora sei a pieno titolo una strega", lei non sapeva
che fare, a cosa credere a che pensare, ma non aveva altra scelta se
non quella di dargli fiducia "facciamo così, vieni con me. Ti
aiuterò a metabolizzare il tutto" fece segno ad Hagrid e i due
andarono via insieme.
Camminarono fino a che non raggiunsero una panchina il più
appartata possibile e la fece sedere, la ragazza stava ancora
stringendo la scatola, sembrava che da quello ne dipendesse la sua vita
"è la tua bacchetta quella? Ti va di mostrarmela?", lei
lentamente mollò, la presa e aprì la scatola estraendola
delicatamente.
L'uomo dalla tasca prese la sua "vedi? Anche io ne ho una, la mia
è in betulla da dodici pollici e mezzo con cuore di crine di
unicorno" lei era ancora seduta a guardare per terra, lui le prese una
mano e la ragazza si voltò a guardarla.
"So che sei sconvolta, anche io lo ero la prima volta che ho scoperto
tutto. Ci sono potenti magie e concordati tra il ministero della magia
e quello babbano per non far scoprire questa realtà parallela.
Dopo i processi per stregoneria abbiamo dovuto difenderci e nascondere
il più possibile tutto ciò che è magico per paura.
Se vorrai ti porterò a Hogwarts, che è una scuola per
maghi, dove imparerai a gestire la tua magia".
Lei annuì "ti prego, ho paura, è tutto così nuovo.
N-non sapevo nemmeno che esistesse tutto questo fino a qualche ora fa.
I-io...", l'uomo la strinse forte a se "non preoccuparti, andrà
tutto bene ti aiuterò io" e lei iniziò a piangere sulla
sua spalla.
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Capitolo 7 *** Cappello, cappello delle mie brame ***
7
Severus le fece fare quattro passi per tranquillizzarla, "ti va di
andare ad Hogwarts quindi?" le disse, lei si prese un attimo per
pensare "ormai siamo qui, tanto vale andare fino in fondo".
Lui allargò le braccia "stringiti a me" lei lo guardò
perplessa "non siamo così tanto intimi sai?", l'uomo scosse la
testa "fidati di me e stringimi forte" lei andò la e lo
abbracciò.
Mille emozioni le vennero a galla in quel momento, era tra le braccia
di Severus, poteva sentire il suo cuore era una sensazione meravigliosa
tutto sembrava girare, anzi no, tutto stava girando le sembrò
che tutto si muovesse velocemente e un attimo dopo era per terra.
Il posto però era cambiato, non era più a Diagon Alley ma
in un altro paesino che anche questo doveva essere magico in base ai
costumi degli abitanti, si alzò in piedi e si girò,
dietro di lei c'era Severus.
"Dovremmo farlo più spesso" disse lei mentre si toglieva la
polvere "così ho una scusa per stringerti a me", l'uomo
diventò immediatamente paonazzo "eh si bhe dobbiamo andare a
scuola ora, seguimi.
L'uomo stava andando verso un enorme e vecchissimo castello, era
stupendo, avrebbe vissuto in un castello magico, andava oltre ogni
aspettativa, la paura aveva lasciato il posto alla felicità e al
voler esplorare ogni angolo di questo nuovo mondo.
Erano arrivati poco fuori l'enorme porta del cancello quando l'uomo la
fermò, "la cosa più importante che succederà
appena verrai a Hogwarts sarò lo smistamento. Il cappello
parlante, è un cappello magico molto antico e potente che ti
legge nella mente, deciderà a che casa appartieni. Come ti ho
già detto ci sono quattro case Serpeverde, grifondoro,
tassorosso e corvonero ricorda che non si possono cambiare casa a
piacimento. Io appartengo alla prima, che poi è l'unica a
portare onore a quella scuola, ma in qualunque casa tu sarai io
sarò il tuo insegnante di pozioni".
Lo guardò dritto negli occhi "pozioni?", "sì, le pozioni
sono molto utili e versatili, è un'arte antica e difficile da
gestire", la ragazza sorrise "io so mescolare il brodo va bene uguale?"
lui la guardò serio "guarda che qui sono un insegnante
rispettato e temuto e non avrò problemi a darti voti bassi se li
meriti", lei sorrise "oh, non ti preoccupare farò la brava", gli
diede un bacio sulla guancia ed entrò nel castello.
L'uomo rimase immobile sulla porta per qualche minuto a metabolizzare
ciò che era appena successo poi entrò e le prese un polso
"seguimi, andiamo dalla preside", la portò davanti a due
Gargoyle a cui sussurrò qualcosa, questi ultimi si fecero da
parte mostrando una scala a chiocciola, Severus la precedette e lei lo
seguì.
Presto arrivarono in un ufficio che era pieno di quadri e oggetti
strani, lei si soffermò parecchio su in ritratto in particolare
che le sembrava muoversi e avvicino la mano per toccarlo se non che il
quadro la rimproverò "signorina non le hanno mai insegnato che
le opere d'arte non si toccano?".
Lei fece un urlò e corse dietro a Severus "quel quadro ha
parlato", lui se la scrollò di dosso "certo che ha parlato,
tutti i quadri si muovono e parlano qui", lei sbuffò "ti ricordo
che io 'qui' non ci sono mai stata e che da me i quadri stanno fermi e
zitti".
Erano da soli in quella stanza fino a che non entrò una donna,
era anziana ma aveva comunque fascino, era anche lei vestita da strega
ma su sobrie tinte verdi, andò poi a sedersi dietro la scrivania.
"Salve signorina lei è?" la prese alla sprovvista "mi chiamo
Alya" si affrettò a rispondere "oh, benvenuta, Severus mi ha
parlato molto di te" la ragazza si girò a guardare l'uomo che
arrossì "io sono Minerva McGonagall e sono la preside di questa
scuola. Ti ha parlato dello smistamento lui vero?".
La ragazza annuì "molto bene" la donna allora si alzò e
prese un vecchi cappello marrone scuro, era logoro e aveva anche
qualche toppa "prego, si sieda" e la preside la fece sedere sulla sedia
di fronte a quella dietro la scrivanie le mise il cappello sulla testa.
"Mmh sei una bella gatta da pelare tu" disse il cappello, lei lo sapeva
ma fece comunque un sobbalzo "oh, stai tranquilla, non sono pericoloso"
disse il cappello per rassicurarla "tu andresti bene sia come
Serpeverde che come corvonero, è una scelta difficile questa".
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Capitolo 8 *** Calcoli errati ***
8
Il cappello parlante rimase in silenzio per qualche minuto "ma certo!
Come ho potuto avere dubbi, Serpeverde!", come un lampo un'espressione
compiaciuta comparve sul volto di Severus e così come era
com'era venuta se ne andò, non voleva dimostrare di avere
sentimenti al di fuori della cattiveria.
"Molto bene", disse lui "io qui ho finito andrei a correggere i
compiti" era dritto con le mani dietro alla schiena e si voltò
verso le scala, il martellò si mosse seguendo movimenti
armoniosi, era quasi ipnotico, tanto che lei rimase incantata, l'uomo
aveva già un piede
sul primo gradino quando venne richiamato all'ordine.
"Severus, rimani qui, io e te dobbiamo parlare. Tu invece signorina
puoi aspettarci fuori dalle scale, davanti ai gargoyle", lei
eseguì gli ordini, si fermò davanti alla porta tirando un
lungo sospiro,
dopo alcuni minuti suono la campanella della fine lezione e una mandria
imbizzarrita di ragazzini correva da tutte le parti, quando veniva
notata riceveva sguardi strani, li era lei il pesce fuor d'acqua
vestito in modo assurdo.
Dopo mezz'ora buona i gargoyle si aprirono, era Severus che stava
camminando velocemente, la ragazza era seduta per terra "che aspetti?
Seguimi" lei si tirò su di fretta quasi cadendo e assunse un
passo veloce per poter stargli dietro.
Lui la condusse in una stanza, su tutte le pareti aveva ampolle di ogni
forma e colore immaginabile, contenevano strani liquidi e chissà che
animali sotto formalina era un ambente freddo non aveva niente da dire
ma per lei era un bel posto in cui stare.
Non so se vi sia mai capitato di percepire della bellezza dallo
squallore, di voler provare sulla vostra pelle il vivere in uno di
quei tristi e decadenti palazzoni, lei la provava e la provava anche
per quella stanza non riuscendo a staccare gli occhi dalle pareti
ricoperte di vetro, le ricordavano le vetrate multicolore di una chiesa.
"Puoi sederti" Severus era dietro una scrivania con le dita intrecciate
poggiate leggermente su di essa, le sue parole la riportarono alla
realtà "eh? Ah, no no, grazie. Sto bene qui".
Lui prese fiato, "ho parlato con la preside. L'anno scolastico è
già a metà e tu sei troppo grande, non puoi entrare
insieme a dei ragazzini di undici anni", il morale le andò
subito per terra, aveva appena iniziato ad abituarsi a quel mondo e
già le veniva strappato di prepotenza dalle mani, non voleva
andarsene.
"Ma" lei si girò a guardarlo "se io ti facessi da insegnante
unico fuori corso potresti rimanere", lei era ferma, non sapeva che
dire o cosa pensare, non se lo sentiva di chiederglielo ma voleva
restare con tutte le sue forze in quel posto.
Rimase lì, in piedi a fissarlo, stringeva i pugni così
forte che stava lentamente perdendo sensibilità alle dita "io ti
ho fatto conoscere questo mondo, ti ho spinto a prendere quella
bacchetta e conoscere questa scuola. Sei una mia responsabilità
e non ti abbandonerò ora".
La ragazza fece salti di gioia strilli e strepiti, piangeva per quanto
fosse felice, fino a qualche giorno fa non credeva esistesse nemmeno la
magia e ora era diventata una strega in carne e ossa.
Severus le diede la camera affianco alla sua stanza così in caso
di bisogno avrebbe saputo immediatamente dove cercarla e lo stesso
poteva fare lei in ogni momento, tornarono poi in paese, lei avrebbe
iniziato la settimana prossima.
Non poteva rimanere, doveva avvisare la sua famiglia, e salutare i suoi
amici, a loro non poteva dire niente, c'era un patto di segretezza da
rispettare, non poteva certo dirgli la verità, ma
nemmeno sparire come se nulla fosse.
Questo era un duro contraccolpo a cui non aveva pensato, avrebbe dovuto
dire addio a tutto ciò che aveva e amava per quella scuola e
quel mondo e d'un tratto tutte le sue certezze iniziarono a venire meno.
Lei aveva una vita già avviata, avrebbe perso lavoro, amici e
famiglia in un sol colpo, lei non aveva undici anni, per lei non
iniziava tutto ora, andò al pub e chiese un gufo a Tom, scrisse
una lettera per Severus e la consegnò al gufo che l'aveva
spaventata qualche settimana prima.
Sperava che lui potesse raggiungerla per esporgli tutti i dubbi che aveva.
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Capitolo 9 *** Cerbero ***
9
La risposta arrivò il mattino seguente, 'stesso posto, stessa ora, sta sera'.
Lei rimase tutto il giorno immobile a fissare il soffitto, non sapeva
che fare, era felice di essere una maga ma non sapeva come affrontare
tutto il resto delle cose, un attimo prima era felice l'attimo dopo
pensava alle conseguenze della sua felicità.
Arrivò la sera e lei aveva due occhi così gonfi che
nemmeno lei sapeva come facesse a vederci, si mise cose a caso e decise
ce avrebbe mangiato al Paiolo, così svogliatamente ma per forza
di cose si ficco a forza nella fredda notte inglese.
La strada le sembrò infinita, che dopo ogni passo che compiva la
meta di allontanasse di due, quando vide le luci e sentì odore
di cibo sapeva che finalmente era arrivata.
Ora gli avventori avevano un aspetto diverso per lei, non erano
più bizzarri e folcloristici, avevano perso il loro fascino, si
sedete al solito posto vicino al camino e ordinò la solita cena
aspettando l'uomo.
Lui non tardò ad arrivare e si mise davanti a lei, ordinò
anche lui e iniziò a parlare, "cosa succede? Perchè non
sei sicura di voler venire a Hogwarts? Sembravi entusiasta ieri", lei
gli raccontò tutti i suoi dubbi e le preoccupazioni fino a che
non arrivarono i loro piatti.
Calò il silenzio, era una cena mesta e triste, il clima era ben
diverso rispetto a qualche sera prima, era stato bello chiacchiera ma
ora tutto era diverso, i loro rapporti sarebbero stati diversi e
così ogni altra cosa.
Finita la cena lui si mise affianco alla ragazza, e la strinse a se,
"non ti preoccupare, la troveremo una soluzione. Ma dimmi, tu vuoi
venire a Hogwarts?", lei scosse appena la testa, poteva sentirgli il
cuore e si accorse che le era mancato nonostante fosse un giorno che
non lo vedeva.
"Visto che vuoi venire farai così: dirai ai tuoi amici che ti
hanno preso a lavorare in un collegio che la paga non è tanta ma
è pur sempre lavoro, e che non potrai uscire dal collegio
eccetto il sabato e la domenica e ovviamente non puoi ospitare nessuno.
Così dovrebbe andare no?".
Annuì nuovamente dal suo petto, non aveva intenzione di lasciare
quel posto tanto presto e facilmente, Severus le poggiava di quando in
quando le labbra sulla testa mentre la stringeva a se, lei alzò
la testa per guardarlo "devo proprio aspettare una settimana per
rivederti?".
Lui scosse la testa divertito "ma come? Qualche ora fa non volevi
più venire e ora una settimana è troppa?", lei si
alzò "ah ma non è per Hogwarts che ho fretta, è
per te" disse abbottonandosi, "in che senso?" rispose lui con aria
perplessa "non riesco a starti così tanti tempo lontana".
Si portò una mano alla fronte per fare la melodrammatica,
nonostante fosse seria non voleva che lui lo sapesse, si sarebbero
visti probabilmente ogni giorno la e questo la rendeva felice.
Finito di vestirsi si diresse verso la porta, "dove stai andando?"
disse lui girando il busto, lei sorrise "dove stiamo semmai, forza
muoviti che ti mostro la mia casa" lui si alzò velocemente per
raggiungerla.
"Sta sera non c'è nessuno, i miei sono via per lavoro,
così ho deciso di mostrarti la mia stanza" non sapeva nemmeno
lei perchè lo facesse ma l'idea di portarlo a casa sua non le
dispiaceva "se non ti va puoi sempre tornare indietro", in fondo era
sempre una mossa azzardata e lui poteva non gradire.
Severus non aprì bocca e si limitò a seguirla, fino a che
non arrivarono nei pressi di un complesso di villette vittoriane dove
lei aprì un cancelletto "spero tu non abbia paura dei cani, ne
ho due", lui sorrise "a meno che non abbiano tre teste sto tranquillo",
la ragazza si girò a guardarlo non capendo la battuta.
Entrarono in casa, era calda e accogliente, si vedeva che chi viveva li
amava quella casa e anche chi ci viveva, era pieno di foto di famiglia
e tutto era stato scelto e gustato, era come se l'uomo, nonostante non
conoscesse nessuno oltre lei, si sentisse a casa propria avvolto dal
calore delle persone a lui care.
Salirono le scale e si diressero nella stanza della ragazza, era una
stanza grande e spaziosa, la prima cosa che lo colpì fu una
bacheca, strabordava di foto, braccialetti, spillette, dépliant
di musei e vi dicendo.
Notò però che fra le varie cose c'era uno scontrino con sopra un piccolo cuore.
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Capitolo 10 *** Bruce Lee scansati ***
10
Era tutto accartociatto e un po' sbiadito ma doveva tenerci per
metterlo la "cos'è successo di così importante da
spingerti a tenere quello scontrino?" chiese Severus, i suoi occhi
continuavano a vagare fra le altre cose fissate sul sughero.
"Il tè con infarto, pochi hanno avuto il privilegio di sapere
quando srebbero morti" lei guardò fuori dalla finestra, lui si
girò a guardarla ma visto che non lo guardava tornò alla
bacheca, "perchè è stata una delle cose più belle
che mi siano mai successe" aggiunse la ragazza.
Lei arrossì e andò alla finestra a fumare una sigaretta,
non lo faceva spesso, solo quando era particolarmente nervosa e questo
era uno di quei casi, l'uomo non girò la testa ma non stava
fissando niente era solo fisso davanti a quella parete di ricordi.
"Cosa dovrei fare ora?" disse lui, era impacciato e lo si poteva
percepire, probabilmente, pensò lei, non prova niente per me e
l'ho messo in imbarazzo "assolutamente niente, ti ho solo detto che per
me sei un bel ricordo".
Ne era uscita e senza perdere troppo la faccia, lui allora
iniziò a frugare nelle tasche estraendo un piccolo pezzetto di
carta un po' strappato sbiadito e stropicciato, prese una puntina nera
e lo appuntò di fianco all'altro scontrino.
Lei lo vide con la coda dell'occhio "che hai messo?", sempre con la
coda dell'occhio vide un delicato sorriso sorgere su quel viso duro,
non pensava sapesse farlo, "la prima cena che abbiamo fatto insieme"
disse Severus.
Entrambi si girarono e si guardarono, lei andò da lui e quando
fu vicina "posso?" l'uomo annuì, la ragazza poso la testa e le
braccia sul suo petto, lui rimase immobile "i-io" lei non disse niente
e prese le sue braccia mettendole sulla sua schiena.
Era una bella sensazione, un caldo abbraccio da parte dell'uomo che le
aveva fatto perdere la testa, non glielo avrebbe detto così
facilmente, non sapeva se lui sentisse anche solo affetto e non
voleva perderlo, per ora le sarebbe bastato stargli al fianco, tutto
poi si sarebbe sistemato.
Si staccò imbarazzata di lui "suppongo che tu debba tornare a
Hogwarts, ti accompagno se vuoi", l'uomo guardò l'ora "ormai
è tardi, le passaporte non funzionano a quest'ora. Ci
andrò domattina" la ragazza guardò in basso, si sentiva
terribilmente in colpa "vuoi rimanere qui per la notte?",
sorprendentemente Severus annuì.
Lei era felice aveva il cuore a mille nonostante sapesse che non
avrebbero dormito insieme lui sarebbe rimasto qui "ti lasciò il
mio letto, io dormirò nella stanza dei miei genitori", "non ti
preoccupare, questo letto va benissimo, è abbastanza grande per
entrambi".
Destinazione luna e ritorno in un batter d'occhio, il cuore le batteva
così forte che non stentava a credere che lui potesse sentirlo
"ti porto un pigiama" non fece in tempo a girarsi che l'uomo era
già in tenta da notte, che poi, era identica a quella da giorno
solo più comoda e senza mantello.
"Vedo che hai un guardaroba variopinto" disse lei sarcastica, lui non
rispose si limitò ad entrare nel letto, mettersi sul fianco e
tentare di dormire, dalla luna si era passati a un pugno nello stomaco
a velocità imbarazzante, pensò lei.
Andò a cambiarsi e si mise nel letto insieme a Severus,
guardò tutto il tempo il soffitto, ora era colta da una
disperazione sorda, era così in ansia che le sembrava di sentire
ogni rumore prodotto dal suo corpo ed era un frastuono assordante,
decise di alzarsi.
Scese le scale e si mise sul divano, era seduta e scoppiò in un
pianto silenzioso, aveva voglia di tornare indietro e di non
preoccuparsi di quel mantello dimenticato, di non fare quella cena
insieme di non fare assolutamente niente, di stare immobile nel corso
degli eventi.
Bhe stare immobile nel corso degli eventi era bello, se lo sarebbe
segnato da riutilizzare, si sentì melodrammatica, infondo una
stecca nella vita ci può stare e poi il mondo era pieno di
pesci, per quanto stesse andando in un posto che aveva una popolazione
media dai dodici ai diciannove anni.
Tutti troppo piccoli per risultare interessanti, poi lei aveva una
strana predilezione per i trentenni che avevano un fascino tutto loro
che non riusciva a spiegasi, si addormentò pensando a come
sarebbe stata la scuola.
Si svegliò e non pensò nemmeno che lui potesse ancora
essere in quella stanza casa così fece colazione con calma e
andò a vestirsi, aprì la porta e vide che invece Severus
era ancora la così decise di svegliarlo, non voleva fargli fare
tardi per colpa sua.
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