Duke Master: Sacrificio di Donna

di Antonio Militari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pedone di Re ***
Capitolo 2: *** Partita semichiusa ***
Capitolo 3: *** Difesa Francese ***
Capitolo 4: *** Cavallo in e6 ***
Capitolo 5: *** Donna in h5 ***



Capitolo 1
*** Pedone di Re ***


ATTENZIONE: La storia si pone dopo gli eventi narrati in Duke Master e ne contiene un piccolo spoiler.
I
«Ma è impazzito o cosa? Se mette la regina in quella posizione la perderà... E dire che stava giocando così bene...»
«Guardi attentamente la scacchiera, tenente, prima di criticare il mio gioco»
«Vedo... E concludo che posso mangiarla in ben tre modi differenti»
«Giusto, ma due di essi portano allo scacco matto, uno invece mi lascia in una situazione di grosso vantaggio materiale, e se dovesse scegliere di ignorare la presa» Il ragazzino sollevò appena gli occhi dal grosso libro che stava leggendo «Sarebbe scacco matto comunque»
«Ma come, se io mangio col cavallo...»
«Avanzo con la torre»
«Si ovviamente, ma... Oh...» un'improvvisa illuminazione colpì l'uomo seduto di fronte alla scacchiera. Sollevò il bicchiere ancora pieno di alcool e puntò un dito contro il giovane seduto parecchio più in là su una poltrona, a leggere «Comunque non si può giocare contro di lei... non guarda neanche la scacchiera!»
«Inutile. Distrae soltanto la mia mente dal movimento dei pezzi»
«Distrae la sua mente?»
L'altro sospirò, sollevando nuovamente gli occhi dal libro: «quando gioco cerco di prevedere le mosse in anticipo, ma il vedere i pezzi al loro posto mi confonde... Se nella mia mente li sposto, perché loro restano fermi?»
«Sono oggetti inanimati...» Cercò di spiegare il detective...
«Appunto» Rispose tornando a leggere «Non mi interessano»
«Comunque... Che cosa sta leggendo?»
«Etica Nicomachea, di Aristotele»
«Lei che legge di etica?»
«Farò finta di non aver sentito...»
«Ma lei è un bambino, dovrebbe leggere cose da bambini...»
«Quelle scemenze mi annoiano»
«Scemenze? Mi vuol dire che lei non ha mai letto, che so... Cappuccetto rosso?»
«Mai»
L'uomo si alzò dalla scacchiera, si mosse con pochi passi rapidi e strappò il libro di mano al ragazzo «Ehi!»
«Ah, no, non prima che mi abbia ascoltato con attenzione» Esclamò Il tenente alzando il tomo sopra la propria testa, per evitare le mani tese del bambino, che cercava di riprenderlo.
«Tenente Frank! Non è divertente!»
«C'era una volta una dolce bambina, che viveva con la madre al limitar del bosco»
«La smetta, e mi restituisca il libro!»
«Un giorno la madre le disse: vai dalla nonna, e portale questo paniere pieno di cose buone da mangiare, ma attenta a non lasciare il sentiero, attraversando il bosco! La bambina prese la mantellina rossa che amava, e che le dava il soprannome di cappuccetto rosso, e uscì»
«Al diavolo!» Esclamò il ragazzino, ripiombando sulla poltrona, cercando di assumere un aria contrariata.
«ma, per raccogliere dei fiori, si allontanò dal sentiero, addentrandosi nei boschi. Qui incontrò il lupo, che la vide camminare sola soletta, così le si avvicinò e le chiese: 'Ciao bella bambina, dove vai così di fretta?' 'Dalla nonna, caro lupo, perché è malata'»
«Si risparmi le vocine da idiota, per lo meno!» Cercò di fare lo scontroso, ma ormai si vedeva che era interessato alla storia.
«Tenente! Abbiamo ricevuto la lettera!»

«Esattamente come diceva lei» Camminavano per le strade sporche uno a fianco all'altro. Erano una strana coppia: un uomo grosso vestito elegante ed un bambino piccolo con mantello e bastone nobiliare.
«I miei informatori non mentono mai»
«Nutre fiducia, nella sua rete» lo stuzzicò Frank, per divertirsi.
«Non conosco il significato di questa parola!» Fece stizzito l'altro.
Si ritrovarono sulla scena del delitto senza neanche accorgersene: Quella grossa strada era stata chiusa al traffico, ma ora era gremita di persone, con i camici della scientifica, più che altro.
«Scientifici. Disapprovo totalmente questa nuova forma di indagine» sputò tra i denti Il Duca, senza curarsi del fatto che i dottori presenti potevano benissimo sentirlo.
«Deve ammettere che ci aiutano tanto, nello scovare i criminali»
«Questo perché voi della polizia siete, senza offesa, ignoranti. Informazioni! Ѐ con questo che si risolvono le indagini»
«E sono informazioni, quelle che noi ricaviamo» a parlare era un giovane poliziotto con il camice, che si era alzato a quelle parole, sovrastandolo di non poco in altezza «Ora del decesso, causa della morte, possiamo perfino stabilire quante persone erano presenti sul luogo del delitto»
«A bene!» Esclamò fintamente contento il ragazzo, togliendosi il mantello e consegnandolo insieme al bastone al maggiordomo «Allora ditemi: quante persone erano presenti qui? A che ora? e come è morta la vittima?»
«Ecco... In questo caso il luogo del delitto è una strada, quindi...»
«Tredici»
«Come scusi?»
«Tredici persone: escluso il mio testimone, ovviamente. Alle dieci e dieci di questa mattina con tre colpi di arma da fuoco. La vostra scientifica... non mi serve» Le ultime parole le pronunciò allontanandosi, verso il cadavere, ancora steso sulla strada.
Gli stivaletti del ragazzo si fermarono solo quando lambirono il sangue della ragazza, riversa con il viso verso il cielo e gli occhi spalancati. Si spostò fino a quando non ebbe quegli occhi puntati contro, come se gli trapassassero l'anima. Rimase a guardarla per un attimo trattenendo le lacrime, che non voleva far vedere in pubblico, quindi fece qualche passo indietro, per raggiungere il punto dove l'uomo aveva sparato. Chiuse gli occhi.

Aveva poco su cui lavorare: solo la testimonianza di un informatore, tese il braccio davanti a se e, tenendo gli occhi chiusi, fece finta di sparare.
L'ho colpita, ma rimango a guardarla per qualche momento, poi mi rimetto la pistola in tasca, senza distogliere lo sguardo, solo dopo mi giro e me ne vado, tranquillamente. Ho il sangue freddo tipico di chi ha già ucciso. Sono un professionista.
Si girò e iniziò a camminare, lasciando una serie di orme rosse alle proprie spalle.
Cammino con tranquillità, mentre tutti scappano... Quindi non devo andare lontano...
I poliziotti della scientifica si spostavano davanti a lui per evitare di essere travolti, ma lui non si fece fermare dalle loro male parole.
Lo so che arriveranno i poliziotti, è già successo tante volte, eppure non corro, ma raggiungo l'angolo e...

«Che cosa diavolo pensi di fare!» Fu strattonato e costretto a riaprire gli occhi, con sua enorme sorpresa, l'uomo che lo aveva afferrato perla spalla era il tipo della scientifica con cui aveva discusso prima. Rimase per un attimo perplesso «Non puoi andartene in giro così!»
Il tenente Frank li raggiunse in fretta, proprio mentre il ragazzino, ripresosi, si scrollava di dosso la mano dell'agente «Mi tolga le mani di dosso, razza di insolente! Sono il Gran Duca di Verdebosco e lei non ha nessun diritto di toccarmi!»
«Io sono un pubblico ufficiale e lei sta contaminando tutta la scena con il sangue della vittima!»
Si guardò gli stivaletti sporchi e represse vistosamente un conato di vomito «Comunque non le serviva più» Rispose freddo, nascondendo la voce tremante.
«Non ha capito, lei sporca il territorio che dobbiamo analizzare»
«Le vostre analisi sono poco più che giochetti divertenti per chi ne ha tempo... Io cerco un assassino»
«Qualche problema?» chiese il tenente, vistosamente in imbarazzo.
«Perché questo bambino è qui?»
«Gran Duca! Se non le spiace» urlò con rabbia, rimettendosi il mantello che gli veniva passato dal maggiordomo.
«Il Gran Duca ci aiuta nelle indagini particolarmente delicate come questa, ispettore»
«Ispettore» Il ragazzino si sistemò i capelli sul capo, cercando di riprendere la calma «Entro domani avrò ricavato abbastanza informazioni su di lei da poterla cacciare dal corpo dell'arma»
L'ispettore sorrise scuotendo la testa «Mi stai forse minacciando, ragazzino?»
«Milord.» Sussurrò a denti stretti «Per le leggi vigenti in questo stato lei si deve rivolgere a me chiamandomi milord»
L'altro alzò le mani, fingendosi spaventato «Mi scusi... Milord».

«La prego di scusarlo, l'ispettore è nuovo, e non conosce il suo ruolo nell'ultimo caso e...»
«Come si chiama?»
Il tenente Frank si fermò, mentre l'altro continuava a camminare a lunghe falcate «Non avrete intenzione di farlo cacciare realmente»
«Il nome, Frank!»
Il tenente riprese a camminare «Vi prego: ragionate! Se lo fate veramente, farete la figura del bambino»
Una risata sadica uscì dalla bocca del ragazzo «Non siete voi che continuate a ricordarmi in continuazione che io SONO un bambino?» raggiunsero la carrozza continuando a discutere, ma nel momento di salire il Duca si fermò sul gradino.
Una carrozza! Cammino lentamente perché dispongo di una carrozza!
 
Angolo dell'autore: Buongiorno a tutti! Spero che questa storia vi risulti interessante. I capitoli sono tutti pronti, quindi usciranno regolarmente, tranne che nel week-end, quindi il prossimo lo caricherò lunedì. L'ultimo capitolo, però, non è ancora scritto, questo perché voglio prima sentire i vostri pareri: chi è il colpevole? Qual'è il movente? Come ha fatto? Se riceverò una risposta migliore del mio piano originale, l'ultimo capitolo verrà cambiato, ovviamente citando l'autore dell'idea. Grazie mille a tutti!

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Capitolo 2
*** Partita semichiusa ***


II
«Non voleva forse conoscere i miei metodi di indagine?»
«Questo si, ma girare a quest'ora della notte»
Il ragazzino alzò le spalle «è a quest'ora che i topi migliori escono dalle tane» vestito come un garzone del popolo faceva uno strano effetto. Certo sotto il risvolto della camicia portava cucito il simbolo della casata, ma per chi non poteva saperlo appariva come un qualsiasi ragazzino che si incontra per strada. Anche l'espressione stessa, riusciva a mascherarla per nascondere quel suo ciglio scorbutico che lo accompagnava costantemente, nelle vesti nobiliari.
«Io comunque non mi sento tranquillo»
Il sorriso del ragazzo lo umiliò moltissimo «Se vuole tornare a casa faccia pure, non lo dirò a nessuno»
L'omone mosse il braccio con un gesto scocciato «Per piacere»
Finalmente raggiunsero il locale prescelto. Era un piccolo pub dall'aspetto minaccioso, pieno di omoni grossi e omini viscidi. Il ragazzo entrò come se niente fosse e si diresse al bancone, seguito dall'ispettore.
«Buona sera Jorge, come te la passi?» Sentendolo parlare in questa maniera sembrava proprio un monello di strada.
«Non male, devo ammetterlo, e chi ti porti dietro, Tom? Non mi piace l'aspetto» Frank si sistemò la giacca colpito nell'orgoglio.
«Chi è lui non ha importanza... Sai cosa voglio, non è vero?»
Jorge sospirò, rigirando il bicchiere di alcool che teneva in mano...
«è una richiesta strana quella che mi hai fatto, te ne rendi conto?»
«Suvvia... Non mi è mai capitato di ritrovarti a mani vuote, in tutti questi anni»
L'altro sospirò nuovamente, buttando giù d'un fiato il bicchiere pieno che aveva davanti. A Frank bruciò la gola solamente guardandolo.
«Effettivamente ho qualcosa... Ma cosa ci ricavo io?»
Il ragazzino si alzò sulle punte dei piedi per sussurrargli qualcosa all'orecchio, dando l'impressione di essere uno scolaretto che sussurra una cosa alquanto imbarazzante ad un professore. Frank era però convinto che, qualsiasi cosa gli stesse rivelando, certamente non sarebbe venuta in mente a nessuno scolaretto... probabilmente a nessun ragazzino in generale.
Jorge reagì in maniera strana: si ritirò sulla sedia, mentre il ragazzo lo osservava sorridendo angelicamente, e iniziò a torcere il lembo della giacca con le mani. La faccia era disgustata, come se stesse considerando una situazione alquanto spiacevole, sapendo di non avere nessuna via di fuga.
«Sei solo un piccolo bastardo... Come sempre» sputò tra i denti, senza muovere le labbra.
«Puoi credermi o verificare le fonti: tanto sai che è la verità»
L'uomo, a disagio, cercò di scolare il bicchiere già vuoto davanti a se, quindi lo sbatté con forza contro il legno del bancone.
«Sei solo un piccolo bastardo» Ripeté nuovamente, con le lacrime agli occhi.

«Posso sapere che cosa avete ottenuto da questa visita notturna?» La strana coppia stava tornando verso la casa del Duca, cercando di non dare troppo nell'occhio.
«Informazioni generali riguardo la vita della vittima, ma comunque nessuna informazione che già non possedessi» Il ragazzino sembrava già essersi dimenticato della scena a cui il povero ispettore Frank aveva dovuto assistere.
«Nessuna informazione? L'avevo detto che era meglio restare a casa» sospirò l'omone, felice di aver avuto ragione.
«Voi mi fraintendete, Frank. Non ho mai detto di non aver ricavato nessuna informazione»
«Ma voi...»
«Nessuna informazione che già non possedessi. Le ho già spiegato i rischi nel riporre la fiducia in qualcuno. Se le mie fonti non vengono confermate da almeno due o tre informatori non mi ritengo soddisfatto»
L'uomo sembrava stizzito dall'affermazione
«Dunque cosa avete scoperto da quell'uomo?» Le uniche parole del fantomatico Jorge erano state: 'è tutto vero'.
«La vittima era una serva di villa Marshall, addetta alla compagnia della signora, con cui andava molto d'accordo, si recava tutti i giovedì al mercato dove, però, non acquistava mai niente, faceva sesso tutti i sabati con un garzone della terza strada, ancora inesperto, ed era incinta»
Frank si fermò in mezzo alla strada, stupito «Incinta?»
«Cosa c'è? I vostri 'scientifici' non sono riusciti a capirlo?»
L'ispettore riprese a seguire il giovane «Oh, andiamo... Non dite sciocchezze, l'unico modo per scoprire se la vittima è incinta o meno sarebbe quello di aprirla!»
«E perché no? Si potrebbero capire tante cose aprendo un morto...»
L'ispettore fece un gesto infastidito con la mano, rabbrividendo al pensiero «Suvvia! Non diciamo fesserie»

Erano seduti nel salotto, evidentemente aspettando qualcuno. Il ragazzino aveva ripreso il grosso tomo dell'etica nicomachea, seduto sulla poltrona accanto al caminetto, ma aveva un'espressione accigliata sul volto, come se fosse infastidito da qualcosa. Improvvisamente il maggiordomo entrò, senza far rumore, nella stanza «è arrivato» Si limitò a dire, per poi farsi da parte e far passare il nuovo arrivato: era, con somma sorpresa del tenente, un garzone!
«Ehilà, ragazzi! State bene?» Doveva avere più o meno l'età del duca, ma vestiva abiti alquanto semplici e sgualciti, era sporco in viso e i capelli arruffati erano di un colore indecifrabile. L'aspetto solare e gioioso, però, compensavano perfettamente l'aspetto sciatto.
«Sei in ritardo» Si limitò a dire il duca, alzandosi dal divanetto e chiudendo con un gesto secco e rumoroso il libro «è inaccettabile»
«Dovete scusarmi» Il ragazzo si esibì in un esagerato e ironico inchino «Milord, ma impegni di strada mi hanno trattenuto in... Beh, in strada» concluse sollevando le spalle, e rinfilandosi il berretto consumato in testa «Mi aspettavi con ansia, Mon chere?»
Per tutta risposta il nobile rabbrividì di rabbia.
«Suvvia, non ti scaldare o ti esploderà la testa. Ho con me quello che ti serviva»
«Allora dimmi il prezzo» Rispose secco l'altro
«Lo conosci, due bignè alla crema di frutti di bosco e... una partita a scacchi»
«Non ho tempo per queste sciocchezze» Cercò di scapparne il duca
«Niente partita, niente premio»
«Ma sei incredibilmente lento! E poi non sai giocare!» Per una volta il nobile dimostrava gli anni che aveva veramente.
«Guarda che sono molto migliorato, che credi?»
«No! Non se ne parla nemmeno!»

Frank si ritrovò a pensare che, effettivamente, il ragazzo era lento e maldestro: dopo poche mosse il duca vantava il possesso del centro e teneva inchiodati due dei pezzi forti dell'avversario.
Il ragazzo si impegnava con tutte le sue forze, spremendosi letteralmente le meningi, mentre il nobile sedeva sulla poltroncina, davanti alla scacchiera, sfogliando il solito libro. Dopo che la mossa era eseguita, alzava un momento gli occhi, dava un rapido sguardo e rispondeva immediatamente. Dopo qualche interminabile minuto Frank si trovò ad intervenire «No aspetta! Il Cavallo non può muovere così!»
Senza alzare lo sguardo il nobile rispose annoiato «No, lasciate fare... Se non bara un paio di volte a partita non è contento»
«Io non sto barando! è l'ispettore che si sta sbagliando!» Rispose l'altro, simulando perfettamente un sincero stupore.
«Sono un tenente, e voi avete...»
«Lasciate  fare, Frank. Non preoccupatevi» Con quella mossa illegale, però, il conte perdeva Donna e, probabilmente, anche la Torre.

«Uffa, non è giusto»
Il duca richiuse il libro e osservò la scacchiera, con il piccolo capolavoro che aveva creato «Te l'avevo detto che non sapevi giocare» poi gettò un'occhiata al pendolo «E mi hai fatto perdere tutto il pomeriggio»
«Eppure riuscirò a batterti, prima o poi»
Il duca sospirò «Non credo che questo succederà mai»
«Lo vedremo!»
«Ora puoi darmi ciò che mi spetta?»
Il garzone lo fulminò con lo sguardo, strappò dalle mani del cameriere il piatto con i due dolci grossi e pieni e, solo dopo, estrasse dalla tasca un piccolo involucro, che lanciò contro il coetaneo. Se Frank non avesse messo la mano in mezzo all'ultimo momento, lo avrebbe probabilmente colpito in faccia.
Dopo un attimo di smarrimento, il ragazzino fece per rincorrere l'altro, che però, ormai, era già fuggito lontano «Bastardo!» sussurrò piano, cogliendo di sorpresa Frank, che non lo aveva mai sentito esprimersi in questa maniera.

«Che ragazzino insolente» disse Frank, per cercare di spezzare l'atmosfera pesante che si era venuta a formare.
«purtroppo è uno dei migliori ladruncoli in circolazione, è il capo di tutti i monelli di almeno tre quartieri diversi e gestisce anche un piccolo spaccio di sigarette di contrabbando» Il duca stava riprendendo il proprio contegno, sistemandosi il vestito.
«Ma non è possibile! ha solo... quanti anni saranno?»
«è nato e cresciuto per strada, Frank. Si cresce in fretta o si muore» Il tono del ragazzino era triste, il che stupì Frank più dell'espressione di rabbia precedente. Per distrarre l'attenzione e dare al duca un momento privato aprì il pacchetto che ancora teneva in mano. Si trattava di un portagioie, di piccole dimensioni ma di bell'aspetto, completamente rivestito in oro e madreperla; sollevò il coperchio lentamente, sotto, la foto della vittima e un piccolo ciuccio, evidentemente destinato al bambino che doveva nascere.
«Ma cosa...»
Il ragazzo si voltò vedendo il tenente con il piccolo oggetto in mano, si mosse rapido e, con ferma dolcezza, glielo tolse «Questo serve a me, grazie»
«Ma in che modo può aiutarvi? Contiene qualche indizio importante?» Il tenente non sapeva più che pensare... Stavano capitando troppe cose strane quella sera
«No. Non può aiutarmi in nessuna maniera ma, paradossalmente, è proprio ciò di cui ho bisogno» Rimase a guardare il portagioie con fare triste, contemplandone ogni singolo dettaglio «Sa qual'è la parte più difficile delle mie indagini?» Frank spalancò gli occhi: gli stava confidando qualcosa? «Quando mi immedesimo in un assassino, riesco a ragionare come lui, a provare ciò che prova lui, a sentire rabbia, disgusto, follia. Cosa mi distingue da loro? Che cosa mi trattiene dalla parte dei buoni?»
Frank capì improvvisamente cosa voleva dire, sollevò una mano verso di lui, sentendola pesante e impacciata «Il portagioie»
Il duca non spostò lo sguardo dall'oggetto, con le lacrime ferme sul ciglio dell'occhio «Il portagioie» ripeté con la voce rotta.

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Capitolo 3
*** Difesa Francese ***


III
Erano tornati sul luogo del delitto, nonostante la notte stesse scendendo lentamente, perché dopo il momento di apertura del duca, Frank non era riuscito a dirgli di no. Sulla carrozza, per spezzare l'imbarazzante silenzio, cercò di fare qualche domanda «Dunque come vuole procedere, nelle indagini?»
«Non ne ho ancora idea. L'assassino disponeva probabilmente di una carrozza, e non era la prima volta che uccideva; le conclusioni più probabili sono che sia un nobile che abbia affrontato la guerra o un assassino di professione pagato da qualche nobile. In ogni caso credo che la nostra indagine si sposterà nei salotti dell'alta nobiltà, prima di procedere ho bisogno di conferme»
«Capisco» Frank guardò fuori dal finestrino, da quando aveva conosciuto il Gran Duca era stato un continuo stupirsi per tutto ciò che quel ragazzino poteva fare. A volte si scordava della giovane età del nobile che aveva di fronte.
«Per quanto riguarda quello che è successo ieri» la voce del giovane era pacata e serena, il che spaventò molto il tenente «Dica all'ispettore Levitsky che le sfere alte dell'arma verranno presto a sapere del suo piccolo segreto» e schiacciò la schiena contro il sedile, con un'espressione soddisfatta sul volto
«Sta scherzando, spero» ma ormai il ragazzo aveva chiuso gli occhi, immerso nei suoi pensieri.

La scientifica non c'era più e l'intera strada era deserta, limitata dai nastri della polizia. Il ragazzo lasciò mantello e bastone al maggiordomo e si recò versò il centro della strada. Al posto del corpo c'era una sagoma tracciata con un gessetto, che già iniziava a scolorirsi. Il Duca si mise in piedi nel punto dove doveva trovarsi l'assassino e chiuse gli occhi.

Frank lo aveva già visto immedesimarsi nell'assassino in quella maniera, ma non poté fare a meno di stupirsi nuovamente per come il ragazzo sapeva fare il proprio lavoro. Sapeva che prima di arrivare sulla scena il giovane la studiava attentamente, in modo da poter tenere gli occhi chiusi per tutto il tempo, ma quando lo vide spostarsi per evitare uno dei lastroni della strada leggermente  incrinato, e girare l'angolo con naturalezza, fece fatica a credere che tenesse veramente gli occhi chiusi.
Lo seguì cercando di non far rumore, ritrovandosi in una piccola stradina secondaria; il duca era chino a terra, analizzando il terreno con un'espressione assorta sul viso «riconosce queste tracce?» chiese senza alzare lo sguardo
Al tenente bastò uno sguardo veloce «Una carrozza, ruote sottili, poco peso, probabilmente un piccolo Coupé»
«Esattamente. In una strada stretta come questa direi che è una stranezza, non crede?»
«Ma perché nascosta qui? Più avanti c'è una strada più larga, con molte carrozze, si sarebbe confusa meglio, qui avrebbe dato nell'occhio»
Il conte, dopo aver rimesso il mantello, indicò il fondo della strada con la punta del bastone «Dove porta questa strada?»
«Villa Marshall» I due si voltarono stupiti ad osservare il giovane garzone che aveva appena svoltato l'angolo. Frank mise istintivamente la mano sulla spalla del duca per trattenerlo.
«Tu» Si limitò a dire il ragazzino, senza nascondere un espressione di profondo disgusto.
«Butta bene, Mon chere?» Il giovane monello dai capelli indefiniti si avvicinò sorridendo, senza risparmiarsi una pacca sulla spalla del nobile coetaneo «Ti vedo scuro in volto... Non avrai mica le tue cose!»
Frank impallidì alla pessima battuta, e dovette trattenersi dal dargli un ceffone. Come risposta, il duca si limitò a fissare la mano del giovane finché l'altro, con un sorrisetto ironico, la tolse, simulando un profondo inchino togliendosi il berretto «Va meglio, ora?» chiese, con il naso che quasi toccava terra.
«Che diavolo ci fai tu qui?» chiese con aria infastidita il ragazzino
«Se ti do fastidio me ne vado» fece l'altro, iniziando a girarsi
«Non ho detto che puoi andartene» Il tono autoritario sorprese anche Frank
«Perché, ho bisogno del tuo permesso per andarmene?» Il duca si trattenne in maniera vistosa dall'urlare, mentre l'altro, alzando le mani in segno di resa ritornò al proprio posto «Ok, ok, non agitarti. Caspita, prima o poi la testa ti esploderà davvero...»
«Vuoi dirmi, di grazia, cosa sei venuto a fare?» Probabilmente il duca stava sfiorando una crisi nervosa
«Ho con me il tuo articolo preferito» sorrise il ragazzino «informazioni».

«Non dovreste verificare le informazioni, prima di procedere?» stava praticamente correndo per stare dietro al duca, che a sua volta arrancava dietro il ragazzino col berretto, che evidentemente si divertiva a correre per lasciarli indietro.
«Non disponiamo di tempo per verificarle, ma non ce ne sarà bisogno»
«Come?»
«Boka è un mercante di prima qualità, non mi è mai successo di scoprire falsa una sua informazione»
«Boka?»
«è il suo nome d'arte... Credo che sia il personaggio di un qualche libro»

Arrivarono in fretta in un quartiere povero, che il tenente conosceva bene per l'alto tasso di crimini minori che si svolgevano: contrabbando, furti, prostituzione...
Boka li portò davanti ad una piccola baracca malmessa e isolata dalle altre «La mia informazione è qui dentro» sorrise, con un sorriso che non piacque per niente a Frank, ma non avevano scelta. Il Duca entrò nella casa seguito dal tenente e, solo dopo, dal giovane monello. La casa era buia e spoglia, salvo un tavolo in un angolo, un paio di sedie buttate a terra e una piccola credenza poco riempita e con uno sportello aperto; in fondo a destra, una porta semiaperta lasciava trapelare un raggio di luce, che illuminava un piccolo sgabello vuoto. Se l'atmosfera non fosse stata tanto inquietante, Frank avrebbe trovato l'effetto quasi artistico.
Si spostarono lentamente verso l'altra stanza, quasi in processione, finché non arrivarono davanti alla porta. Il Duca, quasi a voler tenere le distanze, usò il bastone per spingere il legno verso l'interno della camera, allargando il fascio di luce e rivelando, al contempo, la seconda stanza; passarono un paio di secondi prima che, realizzato cosa stesse succedendo, il corpo del Duca cadesse a terra, esanime.

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Capitolo 4
*** Cavallo in e6 ***


IV
«Boka, bastardo!» Urlò il Duca riprendendo improvvisamente i sensi, ponendosi a sedere sul grosso letto che lo ospitava. Di tutta risposta, Frank, che sonnecchiava sulla poltrona, sobbalzò aprendo gli occhi.
«Calmatevi, signorino, se vi alzate di scatto la pressione ne risentirà» borbottando oscenità che sorpresero il tenente, il Duca posò nuovamente la schiena contro il materasso.
Fece qualche respiro profondo e quindi riprese a parlare, quasi calmo «Dove si trova, ora, quel... quell'idiota?»
«In salotto... Si gusta due bignè ai frutti di bosco e prepara la scacchiera» rispose Frank non senza un pizzico di fastidio nel parlare del ragazzino
«Bene» disse l'altro, alzandosi lentamente dal letto «Per una volta ne sono contento»

La partita durò meno del previsto. Il duca, diversamente dal suo solito, non perse mai, neanche per un momento, di vista la scacchiera. Dopo pochissime mosse minacciava il matto, ma non si limitò a quello.
«Ti sei arrabbiato davvero così tanto?» chiese Boka con una smorfia di dolore sul viso, mentre il Duca toglieva dalla scacchiera l'ultimo Pedone bianco, il suo Re si ritrovava ad affrontare l'intero schieramento avversario da solo.
«Dimmi tu: avrei dovuto?» chiese il nobile, contento di aver potuto umiliare il coetaneo in maniera così schiacciante; Frank, lì dietro, ridacchiava sotto i baffi, ammirando la potenza del duca sul campo bicolore.
Boka sospirò «Va bene, me lo sono meritato, ma devo dire che la faccia che hai fatto è stata fantastica, direi che non aveva prezzo»
«Allora sei stato pagato due volte, in fin dei conti. Ora voglio le mie informazioni» Il Duca sembrava già essersi sciolto e più disponibile, evidentemente la partita a scacchi lo aveva soddisfatto parecchio.
Boka sospirò nuovamente, quindi iniziò a parlare, quasi sussurrando e piegato in avanti, come un cospiratore in miniatura «Il ragazzo è un garzone della terza strada, ma questo scommetto che lo sapevi già, come scommetto che sapevi già che aveva degli incontri segreti con la vostra vittima, e che era il padre del bambino che la donna portava in grembo»
«Qualcosa che non so?» Chiese annoiato il Duca
«Hai visto la situazione in cui si trovava?» al solo ricordo le facce del tenente e del duca impallidirono vistosamente.
«Avrei preferito di no» disse freddamente il ragazzo
«Dai, non te la prendere... Un esperienza del genere ti aiuterà a crescere e a maturare il tuo 'Io' personale»
«E da quando saresti uno psicologo?»
Il ragazzo alzò le spalle, con aria superficiale «Da sempre, credo... Comunque, non è stato un lavoro che potevano fare in molti, se è riuscito a far svenire l'impassibile e glaciale Duca»
«Aspetta, tu non lo hai visto?» Il Tenente non riusciva a crederci
«Ovviamente no! Dopo che me lo hanno raccontato ho rischiato di rimettere il pranzo, non sarei entrato in quella stanza neanche sotto minaccia!» Il Duca si trattenne vistosamente davanti a quel sorrisetto innocente «In ogni caso... quel tipo ha sofferto moltissimo prima di tirare le cuoia, è stata ovviamente una vendetta, o una punizione per qualcosa, guarda caso, poco dopo che la sua fidanzatina è stata fatta fuori in pieno giorno. Cosa ti fa pensare?»
«Non voglio ipotesi, solo informazioni» rispose duro il Duca...
L'altro sospirò... «Ecco la mia informazione: sono stato pagato per attirare la tua attenzione su Villa Marshall, e sono stato pagato mooolto bene»
«Come scusa?»
«Non capisci? Qualcuno mi ha chiesto di sviare le tue indagini verso villa Marshall... Pensaci: il conte ammazza l'amante e l'amante dell'amante. Sembra logico, e qualcuno vuole farti credere che sia vero, e lo fa tramite me»
«E perché mi stai dicendo questo se ti hanno pagato bene?»
Il ragazzo prese il proprio Re dalla scacchiera e lo mostrò all'altro «Se perdessi la tua fiducia non potrei più venire a giocare a scacchi con te»
«Io non ho fiducia in nessuno» si tirò indietro sulla poltrona il Duca, scontroso. E per la prima volta Boka e il tenente si guardarono sorridendo, complici.

«Sto decisamente rivalutando quel ragazzo» il tenente sembrava ora di buon umore, mentre tornava in salotto dopo aver accompagnato il monello alla porta, per non scomodare il maggiordomo ai fornelli.
«Fate male» il Duca era ancora accoccolato nella grossa poltrona, le ginocchia strette al petto «è un manipolatore senza alcun rispetto per le regole sociali, pensa solo a se stesso ed è più furbo di una maledetta volpe»
«Mi ricorda qualcuno di mia conoscenza» fece il tenente alzando le spalle
Il duca si limitò a grugnire, assorto nei suoi pensieri.
«A cosa pensate?» chiese il tenente, versandosi un buon whisky dal tavolino messo lì solo per bellezza.
«A colui che ha voluto darci un'informazione simile»
«Boka ha detto che non ne conosce l'identità, vero?»
«Così pare. Ma perché farci avere una pista del genere?»
«Perché sarebbe semplice: spiegherebbe molte cose»
«Appunto»
«Non capisco» concluse il tenente, agitando il bicchiere ancora mezzo pieno... «Cosa c'è che non vi convince?»
«Chi ci ha dato quell'informazione mi conosce, quindi sa che sono abbastanza intelligente per arrivare a Marshall e alla sua relazione con la vittima... Che bisogno c'è di attirare la mia attenzione?»
«Forse ha paura che scopriate il vero assassino»
«Ma allora sarebbe inutile indirizzarmi verso Marshall, lo troverei innocente lo stesso»
«E quindi?»
Il Duca rimase in silenzio per qualche attimo, poi continuò «Per ora ci concentreremo su Marshall, come se avessimo abboccato all'esca, ma non chiudiamoci alle altre piste»
Frank sorrise «Allora Boka è riuscito nel suo intento?»
Il Duca rispose «Ve l'ho detto che è un bastardo manipolatore»

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Capitolo 5
*** Donna in h5 ***


V
«Cavallo in e3 scacco, e così mi prenderò la donna» Il Tenente sorrise soddisfatto, dopo aver messo in difficoltà il giovane duca per la prima volta dopo mesi che giocavano insieme.
«State diventando bravo Frank, ma vi fissate sull'attacco tralasciando la difesa: non riuscirete a prendere la donna» Rispose il ragazzo, senza alzare gli occhi dal libro.
«Ma cosa dite? Siete costretto a spostare il re, e questo mi darà il tempo di mangiare»
«Sarebbe così normalmente, avete ragione, ma avete visto la mia torre?»
«La torre?»
«Re in h2, scacco matto di scoperta» finì il giovane, chiudendo contemporaneamente il libro.
Il tenente rimase a fissare la scacchiera, sulla quale era lui solo a muovere i pezzi, compresi quelli dell'avversario, e si maledisse per non aver visto la trappola nella quale si era andato ad impigliare «Che mi sapete dire di Villa Marshall, milord?» Cercò di cambiare discorso.
Il ragazzo prese dei fogli dal tavolino che aveva accanto e li sfogliò rapidamente «Nulla fuori dall'ordinario, eccetto l'assunzione di una nuova sguattera, la contessa ha rimandato alcuni suoi viaggi ma niente di più. La loro vita scorre normale come al solito» sembrava annoiato da quello che diceva.
«E sulla carrozza nel vicolo?» Chiese ancora il tenente.
«Un piccolo Coupé, come sospettavate, i simboli coperti da sfarzosi drappi rossi, pare che chi lo usasse lo governasse da solo. E indovini quali erano i colori?» Chiese come se fosse ovvio.
«Rosso e oro» i colori della nobiltà.
«Non è una prova, ovviamente, dal momento che i simboli e lo stemma erano coperti, ma è un elemento interessante: perché usare la propria carrozza sfarzosa invece che il calesse dei propri servi?»
«Avete qualche idea?»
«Prima qualcuno ci spinge ad indagare su Marshall, poi questo particolare sulla carrozza. Sembra che qualcuno stia attirando l'attenzione sulla nobiltà»
«Ma se Marshall fosse il colpevole svierebbe i sospetti da se, non li attirerebbe certo!»
«Quindi voi lascereste questa pista?» Il duca sembrava sovrappensiero
«Certamente! Il conte sarebbe uno stupido!»
«Oppure un genio. Voi non vedete l'ora di togliere i sospetti da lui: se fosse il colpevole avrebbe raggiunto il suo scopo, non credete?»
Frank si sentì improvvisamente uno sciocco «Come uno scacco di scoperta».
Il giovane duca sorrise sorpreso «Esatto, ottima metafora: Qualcuno ha appena sacrificato la propria donna, bisogna procedere con i piedi di piombo, prima di fare qualsiasi mossa»

«Per ricapitolare la situazione» Frank faticava a stare dietro al duca, nonostante la differenza di altezza «chi ci sarebbe sulla nostra lista di sospettati?»
«Non mi piace avere una lista di sospettati, chiude la mente e impedisce di tenere sott'occhio tutta la situazione» Stava praticamente correndo, bardato di tutte le vesti nobili d'ordinanza: mantello, cilindro, bastone, doppiopetto... Sembrava un ragazzino pronto per una festa in maschera.
«Eppure ci deve essere qualcuno di cui sospettate in maniera particolare!»
Sospirò «Diciamo che i colpevoli più probabili sono il conte Marshall, il suo maggiordomo, il capo del garzone morto, il padre della ragazza e la contessa Marshall»
«La contessa?» Era sorpreso a dir poco «Ma l'uomo che cerchiamo è, per l'appunto, un uomo!»
«Un uomo che può avere benissimo un mandante, un mandante donna»
«Ma una donna non può...» si fermò a metà frase.
«non può cosa? Non può uccidere? Sa bene meglio di me che cosa è capace di fare una donna»
Frank pensò alla moglie, ancora sotto processo per quello che era successo quasi un anno prima. Era da quella volta che non la vedeva.

Raggiunsero il portone della villa in silenzio, e Frank suonò il campanello per poi sistemarsi il cravattino. Furono introdotti nell'ingresso, dove furono spogliati dei soprabiti e cappelli, per poi essere accompagnati in un salottino caldo e accogliente. Su un tavolino finemente intarsiato, Frank non poté fare a meno di osservare un'elegante scacchiera d'osso e marmo: che gli scacchi fossero di moda tra la nobiltà?
«Granduca, quanto tempo che non venite a farci visita!» A parlare era un omone imponente appena entrato nel salotto, indossava un leggero vestito da camera, coperto da una calda vestaglia rossa, e teneva tra le labbra una pipa dall'aspetto costoso, che fumava mentre parlava, dando uno strano effetto alla voce. Si precipitò ad abbracciare il giovane nobile, che ricambiò malvolentieri.
«Conte, mi dispiace essermi precipitato qui senza alcun preavviso, ma l'idea di passare mi è venuta in mente mentre passeggiavo con il tenente» Era una bugia, ovviamente, perché il duca non usciva mai a passeggiare, non cambiava mai idea a metà strada e non visitava le case altrui, neanche quelle degli 'amici', senza una valida ragione pratica.
Il conte sembrava averlo capito «Posso offrirvi qualcosa?» Il tè era già pronto su un tavolo lì vicino, nella teiera bella con le tazzine e la zuccheriera di servizio. Rifiutarono tutti e due con gentilezza, mentre il conte si versava una tazza della calda bevanda «è una vita che non venite a trovarmi» Proferì, sistemando una zolletta di zucchero nel proprio tè «Da quando vi insegnai a giocare a scacchi se non ricordo male»
Se Frank avesse accettato il tè, probabilmente ora si sarebbe strozzato. Non aveva mai considerato che il duca avesse imparato gli scacchi da qualcuno: stupidamente lo aveva considerato bravo dalla nascita.
«Vi esercitate ancora nel gioco alla cieca?»
Il duca sorrise dolcemente, e per un attimo il suo essere bambino superò il suo essere geniale e nobile al tempo stesso «Non posso più fare a meno di giocare senza scacchiera, da quando ho imparato».

La discussione procedette tranquilla e senza troppi intoppi. Non arrivarono mai a parlare direttamente del caso della povera serva uccisa, ne accennarono all'amante orribilmente trucidato, ma ogni tanto un qualche commento senza apparente importanza usciva dalla bocca del duca, e il conte rispondeva prontamente.
«Conte, ho sentito che la vostra nuova serva è molto simpatica, forse meglio della prima che avete avuto»
«Avete ragione, duca, ma devo ammettere che rimpiango quella povera ragazza. Sapeva svolgere bene il suo lavoro»
Oppure «Questa casa sembra sicura, nessuno si introdurrebbe qui, giusto?»
«La casa è ben difesa, io stesso dormo con un arma nel comodino»
Frank si rendeva conto di assistere ad un interrogatorio tra nobili, dove l'etichetta e l'apparenza va mantenuta anche nelle situazioni più spiacevoli, anche a costo di allungare terribilmente quell'elenco di domande che, in questura, avrebbe potuto porre in pochi secondi, senza alcuno scrupolo o decorazione.

Dopo qualche tempo, mentre già il tenente faceva fatica a trattenersi dallo sbadigliare, La contessa fece il suo ingresso in sala, era riccamente vestita di un leggero abito rosa con cuciture in filo d'oro, i lunghi capelli raccolti in un'acconciatura alta, elegante e austera, i guanti dello stesso colore del vestito le coprivano il braccio fino al gomito, ai piedi delle ballerine color pesca dall'aspetto comodo e un un piccolo girocollo di seta nera, con un piccolo diamante ad abbellirlo.
Frank rimase un attimo incantato nell'osservare per la prima volta quella bellissima musa. Non era più giovanissima, ma le rughe che portava in volto, leggere e poco marcate, non rovinavano l'effetto totale, se non addirittura lo miglioravano, aggiungendoli un retrogusto di saggezza e maturità. Se quella fosse stata sua moglie, pensò Frank, non l'avrebbe tradita per nulla al mondo.
«Chiedo scusa per l'interruzione, milord» si rivolse al marito «so che non dovrei intervenire davanti ad altri uomini, ma vi prego di scusarmi, manca poco allo spettacolo»
«Non disturbate affatto Milady» I due nobili si erano alzati, e il tenente si affrettò a seguirne l'esempio, mentre il giovane duca continuò «Noi stavamo per lasciare la casa, sicché arrivate al momento più opportuno»
«Il duca ha ragione, amore» il conte si avvicinò alla dama baciandole delicatamente la mano «La vostra immagine non potrebbe disturbare nessuno» si voltò verso gli ospiti «Vi prego di scusare la nostra maleducazione, signori, ma lo spettacolo non può essere rimandato, e mia moglie ci tiene particolarmente a questa 'Traviata'»

«Fatemi capire» Il tenente si tolse la giacca dandola al maggiordomo, gustandosi il caldo del caminetto acceso «Il conte avrebbe un alibi per l'ora del delitto, giusto? Con più di un testimone a confermarlo»
«Avete notato il mezzo con cui sono andati all'opera?» Il duca si sistemò sulla sua solita poltrona, aprendo il portagioie posato sul tavolino al suo fianco.
«Non ditemi che...»
«Un Coupé rosso-dorato, con ruote sottili e la possibilità di coprire i simboli, probabilmente con dei pesanti drappi rossi» continuava a fissare il contenuto del portagioie, senza cambiare espressione.
«Ma allora...»
«Ma allora nulla, Tenente. Dovrebbe aver imparato, ormai, che indizi e prove sono due cose totalmente differenti. è facile fabbricare un indizio, ed è facile scambiarlo per una prova, ma è impossibile fare una prova dal nulla»
«D'accordo, ma nella mia esperienza di poliziotto ho imparato qualcosa: un indizio è quasi sempre involontario, non sono in molti a fabbricare indizi»
Il Duca rimase un minuto in silenzio, quindi chiuse il portagioie, si spinse in avanti sulla sedia e iniziò «Cerchiamo di fare il punto della situazione, va bene?
«Una giovane ragazza, che va al mercato tutti i giovedì senza comprare niente si trova un amante, un giovane inesperto, che la mette in cinta. La ragazza compra un ciuccio che tiene in un ricco portagioie in camera sua. Poco dopo vengo informato di un omicidio in pieno giorno, e a morire è proprio quella donna. La lettera d'incarico passa il caso a lei, nonostante non sia di sua competenza. L'uomo le ha sparato a bruciapelo, poi si è allontanato tranquillamente fino ad una carrozza nobiliare, con cui si è allontanato verso villa Marshall. Vuol tradurre questi dati, per favore?»
Il tenente si accese una sigaretta e lo assecondò «Parliamo di una ragazza strana, che non nasconde il fatto di essere incinta, anzi, probabilmente i Marshall lo sapevano, dal momento che quel portagioie non poteva comprarlo lei; lei, inoltre, conosceva il suo aggressore, che non si è spaventato dell'omicidio, ma ha cercato invece di farsi notare, in tutti i modi, mentre si recava a villa Marshall»
«Bene, adesso le chiedo, prima di andare avanti: che cosa c'è di oscuro in questa analisi?»
Ci pensò un momento «Perché non nascondesse la gravidanza?»
«No»
«Allora il perché il caso è stato passato a me»
«Neanche. La vera domanda è: che cosa faceva la vittima, tutti i Giovedì, al mercato?»
 
Angolo dell'autore: allora, che ne pensate? Abbiamo raggiunto l'ultimo capitolo scritto, e il prossimo conterrà la soluzione del caso. Secondo voi chi è il colpevole? E perché la vittima si recava al mercato ogni Giovedì? Per quale motivo lei e il giovane amanti sono stati uccisi? Proponetemi nuove idee per commento o messaggio privato e, forse, verranno inserite nella storia, ovviamente con il vostro nome citato.
Per dare a voi il tempo di pensare e a me il tempo di scrivere il prossimo capitolo uscirà tra una settimana precisa... Aspettatemi!

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