Don't Leave Me Alone

di Dreamcatcher96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Sono ancora qui, distesa su questo letto vuoto ad aspettare. Aspettare che tu mi scriva o mi chiami. Ma passa il tempo e di te nessuna notizia.
Eppure pensavo che il nostro primo appuntamento fosse andato bene. Erano mesi che tentavo di chiederti di uscire quando ti incontravo in quel bar nel campus, ma la paura mi aveva sempre bloccata.
Se solo avessi saputo prima che anche tu condividevi i miei timori e desideri, forse ora staremmo già uscendo da un po’.
Non mi sarei mai aspettata di provare ancora questi forti sentimenti per qualcuno, non dopo che il mio ex ragazzo mi aveva umiliata davanti a tutti, facendosi scoprire a letto con la prima che aveva incontrato.
Credevo mi amasse come io amavo lui, ma a volte bisogna solo fare i conti con la realtà. Da quel momento feci fatica a fidarmi e a iniziare qualcosa di serio con qualcuno.
Poi sei arrivata tu e tutto è cambiato. Tutto ha acquistato di nuovo un senso. Tu che mi hai conquistata con i tuoi sguardi e i tuoi mezzi sorrisi.
È stato strano come ci siamo incontrate in quel bar quasi sei mesi fa. Era un pomeriggio piovoso e avevo appena terminato le mie lezioni. La giornata era iniziata male e non era proseguita meglio. Avevo decisamente bisogno di un caffè e così mi ritrovai in quel bar poco distante dall’edificio in cui avevo i miei corsi. Nonostante i miei sforzi arrivai completamente fradicia. Aspettai in coda il mio turno e quando finalmente stavo per ordinare una voce mi sovrastò.
‘Un caffè macchiato, per favore.’
Era la voce di una ragazza, ma il suo tono era così rassicurante e dolce che feci fatica quasi ad arrabbiarmi. Quasi. Mi girai per protestare, ma ad attendermi c’erano due occhi verdi che mi tolsero qualunque parola stesse per uscire dalla bocca. Rimasi incantata dalla profondità di quegli occhi. Mi ricordavano vagamente le foreste che avevo visto quando viaggiavo con mio padre. Come poteva esistere qualcosa di così bello?
Ad un tratto anche lei si girò per incontrare i miei occhi fissi nei suoi. Quello che notai fu confusione.
‘Oh, era il tuo turno? Scusa è che ho fretta. Mi dispiace di esserti passata avanti. Ti prego permettimi di offrirti qualcosa per rimediare.’
Ancora quella voce. Ancora quella sensazione. Qualcosa dentro di me si mosse e mi lasciò un calore che non avevo mai provato.
‘Un caffè anche io, grazie. Sono Clarke comunque.’ Le porsi la mano, sperando con tutto il cuore che decidesse di afferrarla a sua volta.
‘Alexandria, ma tutti mi chiamano Lexa. Scusa ma ora devo proprio andare, se no farò tardi a lezione. Ci si vede in giro Clarke.’
Corse via, subito dopo aver stretto la mia mano. Lexa. Era un nome davvero bello e soprattutto si addiceva a te. Te ne eri appena andata eppure, senza sapere nulla di te, sentivo la tua mancanza.
E proprio come avevi detto ci incontrammo ancora, sempre in quel bar, che divenne il nostro rifugio e ritrovo. Ogni giorno, dopo le lezioni, ci incontravamo e parlavamo per ore, senza mai stancarci. Era così bello scoprire sempre di più di te e rendermi conto di che persona fantastica tu fossi.
Fu così che con il tempo iniziai a provare forti sentimenti per te, anche maggiori di quelli che provavo per il mio ex. Credevo di aver già sperimentato cosa fosse l’amore, ma solo ora mi rendevo conto che non era così. Solo quello che sentivo per te potevo definirlo amore.
In quei sei mesi avevo provato tante volte, durante i nostri incontri, a chiederti di uscire, senza successo. Fu solo quando un giorno vidi una ragazza provarci con te, in modo anche evidente, che decisi che era arrivato il momento di darmi una mossa e farmi avanti. Non avrei mai sopportato l’idea di perderti per la mia codardia.
Pensai a vari modi, infiniti direi, ma nessuno mi sembrava mai quello giusto. Optai per il più semplice. Venire da te e chiedertelo.
Ricorderò sempre la mia paura di un tuo rifiuto, i battiti del cuore accelerati, il tuo sorriso quando te lo chiesi e la mia felicità quando mi dicesti di si. Fu decisamente un giorno che rimarrà per sempre nei miei ricordi.
Mi dicesti che avresti pensato tu a tutto, anche se la proposta era arrivata da me. Io fui più che felice di lasciartelo fare. La sola idea che tu avessi a cuore il nostro appuntamento mi fece battere il cuore così forte che avevo paura potesse esplodere da un momento all’altro.
Provai tante volte ad immaginarmi dove mi avresti portato. Essendo un primo appuntamento pensai che avresti cercato qualcosa per stupirmi. Ma non ce n’era il bisogno. Avevi già fatto colpo su di me tanto tempo prima. Il solo pensare a te mi faceva sentire così bene.
Mi portasti in questo locale bellissimo, pieno di libri che si potevano consultare a piacimento. Fui davvero felice che ti fossi ricordata della mia passione per i libri e che avessi scelto quel locale. Polis si chiamava. Un nome insolito per un locale, ma per me era perfetto, come del resto tutto di te. Questo mi portò ad amarti ancora di più, si perché dovevo essere decisamente innamorata di te e sperai con tutto il cuore che tu lo fossi di me.
Trascorremmo il nostro tempo come eravamo solite fare, parlando, ridendo e guardandoci senza dire una parola. A noi bastavano pochi sguardi fugaci per capirci e parlarci. Quando poi sfiorai la tua mano, mentre cercavo di prendere la mia tazza di tè, il mio cuore perse un battito. Ci guardammo negli occhi qualche secondo, prima che decisi di intrecciare le nostre dita insieme, in una muta richiesta di contatto. Tu mi sorridesti, con quel tuo adorabile e fantastico sorriso e ti avvicinasti ancora di più a me, permettendomi di appoggiare la mia testa sulla tua spalla.   
La serata passò in fretta, troppo in fretta, il tempo sembrava scorrere in maniera diversa quando ero con te, ma non rimpiansi nemmeno un momento passato insieme o una parola che dissi.
Quando mi riaccompagnasti al mio alloggio mi sentivo in paradiso, ma lo raggiunsi veramente solo quando ti chinasti verso di me e mi baciasti. Fu talmente bello e indescrivibile che mi lasciò senza fiato. Tu mi toglievi il respiro ogni volta. Le tue labbra erano così morbide e invitanti, tanto da non volermi più staccare da esse. Tante volte avevo immaginato questo momento, ma la realtà era decisamente migliore della fantasia.
Te ne andasti dicendomi che ci saremmo sentite non appena fossi tornata a casa. Ora è passata più di mezz’ora e di te nessuna traccia. Eppure il tuo appartamento dista circa un quarto d’ora dal mio.
Ogni minuto che passa la mia ansia sale e mi tormenta. La mia mente non smette di porsi domande e a pensare al peggio. Perché non ti sei ancora fatta sentire? Perché? Ti sei forse pentita di tutto?
Improvvisamente il mio telefono squilla. Mi avvento su di esso, convinta che sia tu, ma le mie speranze sono vane. Il numero che appare sullo schermo è quello della tua coinquilina, Anya. Dopo l’iniziale delusione che mi aveva colpita mi chiedo perché mi abbia chiamato. Presumo sapesse che uscissimo insieme questa sera, ma non capisco il motivo della sua telefonata. Solo rispondendo lo saprò, così è quello che faccio.
‘Pronto, Anya che succede?’
‘Clarke’ dice solo con la voce rotta dal pianto.
Un brivido percorre la mia schiena e non è affatto come quelli che mi fai provare tu ogni volta che siamo insieme. No questo mi congela dal terrore.
‘Anya. Anya dimmi che succede. Mi stai facendo preoccupare.’ Le urlo in preda al panico.
‘Le-Lexa. Ha avuto un incidente, Clarke. Ora è in ospedale.’ La sua voce viene interrotta da continui singhiozzi.
Ed è in quel preciso istante, dopo quelle parole, che il mondo mi crolla addosso. Hai avuto un incidente. Quelle parole continuano a ripetersi nella mia mente, senza tregua. I miei occhi iniziano a riempirsi di lacrime, automaticamente. No, Lexa non posso perderti, non ora che ti ho appena trovata.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Non ricordo neanche di essermi vestita, aver preso le chiavi della macchina ed essere uscita. L’unica cosa che ricordo è la corsa che ho fatto per le scale, dopo che ho chiesto di te alla reception dell’ospedale. Arrivata al piano trovo Anya, che come me ha il terrore dipinto in volto.

Non ha bisogno che le dica nulla, poiché appena mi avvicino mi abbraccia e non mi lascia andare finché entrambe non smettiamo di piangere.

‘Co-come sta? Hai saputo qualcosa?’ chiedo in un sussurro.

‘No. Sono arrivata anche io da poco, ma non mi hanno voluto dire nulla. Solo alla famiglia, hanno detto.’ Risponde lei sconsolata.

Fanculo. Fanculo queste maledette procedure. Fanculo i medici. Fanculo tutti. Io voglio sapere come stai. E nulla mi impedirà di farlo, dovessi anche urlare contro a tutti.

‘Mi hanno chiamato. I soccorritori mi hanno chiamato dal suo cellulare. Devono averlo trovato e il mio numero è tra i contatti da chiamare in caso di emergenza.’  Dice con un filo di voce, smorzata dal pianto.

‘Che-che ti hanno detto?’ anche la mia voce esce in un sussurro. Ho ancora il fiato corto, ma non per la corsa che ho fatto.

‘Non molto a dire il vero. Sospettano che sia stato un qualche ubriaco che andava troppo veloce e in contromano. Dicono anche che fortunatamente Lexa lo abbia evitato, altrimenti non ci sarebbe stato nulla da fare, ma facendo ciò è finita fuori strada.’ 

Una rabbia immensa si impossessa di me a quelle parole e in men che non si dica mi ritrovo a pensare a come farla pagare a chiunque ti abbia fatto questo. Maledico quella persona con ogni genere di insulto che mi passa per la testa, finché rimane solo un vuoto insostenibile. Maledico anche me stessa per averti trattenuta quei minuti in più nel locale solo per passare altro tempo in tua compagnia. Se ti avessi lasciata andare via prima, forse ora saresti nel tuo appartamento, magari staresti pensando a noi, alla nostra serata insieme, fantasticando su un possibile futuro insieme, perché questo è quello che ho fatto io appena ho chiuso la porta alle mie spalle dopo che te ne sei andata. Invece sei qui in ospedale, non so neanche in che condizioni e questo mi sta divorando l’anima.

Solo quando riacquisto un po’ di lucidità capisco che tu non vorresti questo e che nemmeno io lo voglio. Ora voglio solo che tu stia bene.

Mi volto a guardare Anya che ha lo sguardo rivolto nel vuoto. Non la conosco bene, perché non abbiamo mai avuto l’occasione di organizzare uscite con i nostri amici. A noi bastava la compagnia dell’altra. È vero non la conosco, ma so per certo quello che le passa per la testa. Ha il terrore di perderti. Di perdere quell’unica persona di cui le importa davvero, che è quasi una sorella per lei.

D’istinto le prendo una mano e la stringo per farle vedere che sono con lei, nonostante tutto io e lei siamo insieme in questo dolore.

Poco dopo prendiamo posto nella piccola sala d’aspetto, rimanendo nel più totale silenzio.

Passiamo delle ore in quel dannatissimo ospedale senza avere tue notizie. Il via vai di medici e infermieri assomiglia ad una danza perfetta, dalla quale nessuno sembra volersi fermare per fare caso a noi.

Il senso d’impotenza che ho in questo momento mi sta letteralmente divorando. Mi sento inutile perché non so come sostenere questa situazione. Anya sembra chiusa nel suo mondo, chissà in quali pensieri, tu sei qui da qualche parte, che lotti per superare tutto questo e io sono seduta su questa poltrona da un’eternità senza sapere cosa fare.

Dopo un po’ non sopporto più di rimanere ferma e devo assolutamente fare qualcosa. So che per la privacy non possiamo avere tue informazioni, ma ancora non conoscono l’uragano Griffin. Quando mi metto in testa una cosa nessuno è in grado di farmi cambiare idea o fermarmi. E questo non sarà di certo un caso diverso.

Aspetto impaziente finché non vedo un medico passare di fronte a noi e subito lo fermo.

‘Mi scusi.’ Lo vedo fermarsi e voltarsi verso di me, così continuo ‘Una mia amica ha appena avuto un incidente ed è stata ricoverata qui. Lo so che non può dare informazioni se non alla famiglia, ma la prego noi abbiamo bisogno di sapere come sta.’ La mia era quasi una supplica.

‘Ma signorina…’

‘La prego’ non lo lascio terminare che lo imploro nuovamente. Deve essermi scesa una lacrima perché improvvisamente sento la mia guancia bagnarsi.

Il mio sguardo deve essere davvero sconvolto, poiché lo vedo osservarmi per qualche istante prima di emettere un sospiro.

Subito dopo mi rivolge un sorriso. Tutto ciò è molto incoraggiante. Forse ora riusciremo a sapere qualcosa. L’emozione che provo è davvero immensa.

‘Mi dica signorina, come si chiama la sua amica?’

Ringrazio il cielo di aver trovato qualcuno di così collaborativo, ma sono ancora più felice di poter avere notizie di te. Se avessi aspettato ancora probabilmente il mio stomaco mi avrebbe fatto vedere le stelle.

‘Alexandria, Alexandria Woods’ dico tutto d’un fiato.

‘Controllo subito e torno da lei appena saprò’

‘La ringrazio infinitamente’ e non so per quale motivo ma lo abbraccio come se fosse la mia ultima speranza.

Torno da Anya che è ancora immobile, nella stessa posizione di prima. La informo della conversazione avvenuta con il medico e, non riuscendo più a contenere la felicità, mi salta al collo abbracciandomi e urlando come una pazza.

Ci vollero circa cinque minuti prima di veder ricomparire lo stesso medico.

‘La signorina Woods è appena uscita dalla sala operatoria. L’intervento è stato lungo e per nulla facile. Le sue condizione non erano delle migliori quando è arrivata. Ora è stabile, ma ha bisogno di riposo. È ancora sotto l’effetto dell’anestesia, ma se quando si sveglierà sarà tutto apposto, potrà essere dimessa entro qualche giorno.’ Ci spiega con tutta calma, nell’intento di rassicurarci sulle tue condizioni.

‘Oh mio Dio. Grazie, grazie mille. Non ci sono parole per ringraziarla. È possibile vederla ora?’ pregai con tutte le mie forze perché potessi vederti. Non avrei retto neanche un secondo in più lontana da te.

Erano bastati pochi mesi poiché tu diventassi così indispensabile nella mia vita. Non potevo ancora credere alla tua capacità di entrami dentro, fino alle profondità della mia anima. Ora, in quel corridoio d’ospedale, ero davvero certa di amarti, con tutta me stessa.

‘È possibile vederla, ma solo uno alla volta. È nella stanza 316’ E detto questo si congedò, lasciandoci di nuovo sole.

Non faccio in tempo a voltarmi, che sento la voce di Anya.

‘Vai tu.’ mi dice con un sorriso appena accennato.

Vedo la sua voglia di venire da te, ma deve aver capito che la mia è maggiore. Probabilmente le hai parlato di me, in fondo siete anche amiche oltre che coinquiline. Avrà sicuramente capito il legame e i sentimenti che condividiamo ancora prima che lo capissimo noi.

La ringrazio con un cenno del capo, per poi sparire dietro l’angolo in cerca della tua camera. 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ed ora eccomi qui. Sono proprio davanti alla porta che mi divide da te. Non so perché, ma sono letteralmente bloccata. Il solo pensiero di vederti in quel letto mi distrugge. Non so ancora quando ti risveglierai, ma spero presto. Ho bisogno dei tuoi occhi. Ho bisogno di te.
Finalmente mi decido ad entrare. Una lacrima mi bagna la guancia, seguita da molte altre. Sembri così fragile e debole in quel letto, ma la tua bellezza rimane sempre intatta.
Mi avvicino lentamente cercando di non disturbarti. So che probabilmente non mi sentiresti, nemmeno se facessi tanto rumore, ma la sola idea di darti fastidio ora mi fa essere cauta in tutto.
Ti osservo mentre dormi. In realtà ti osservo da sempre, penso tu già l’abbia notato questo, ma non mi hai mai detto nulla, forse per paura di imbarazzarmi troppo. Hai il labbro inferiore spaccato, quello che sembra essere un taglio sulla fronte, ora coperto da una garza e diversi graffi su tutto il viso.
Il tuo respiro regolare mi dà un senso di pace, finalmente direi. Mi accosto al letto, prendendo una sedia e sedendomi ormai senza forze. Avvicino una mano alla tua e la stringo leggermente. Solo ora noto che anche le tue mani portano i segni dell’incidente.
Non ho mai smesso di piangere da quando sono entrata. Ho questo senso di angoscia che mi attanaglia lo stomaco e credo se ne andrà solo quando tu ti sveglierai e mi dirai che va tutto bene. Se tu potessi vedermi ora mi sgrideresti per le mie lacrime. Hai sempre odiato vedere gli altri tristi o piangere e so per certo che con me saresti ancora più dura, solo perché sono io e non accetteresti le mie lacrime. In fondo chi vorrebbe vedere tristi le persone a cui vuole bene? Sono certa che mi diresti 'perché cavolo stai piangendo? Non vedi che ora sto bene?’ con il tuo solito tono scherzoso.
‘ Hey. Da quando le promesse non vanno mantenute?’ la mia voce trema un po’, ma contiene comunque quel pizzico di ironia necessaria. Un lieve sorriso compare sulle mie labbra, per sparire subito dopo quando ricordo la situazione che stiamo vivendo.
‘Credevo di averti persa stanotte. Quando Anya mi ha chiamata per dirmi dell’incidente ho pensato al peggio e mi dispiace. Mi dispiace di aver anche solo creduto che non avresti saputo affrontare tutto questo. Sei una persona così forte Lexa e a volte me ne dimentico, ma poi puntualmente me ne dai prova.’
A queste parole stringo maggiormente la tua mano, stando sempre attenta a non farti male.
‘Non è incredibile come cambino in fretta le cose? Un attimo prima sei felice mentre ripensi agli splenditi momenti condivisi con la persona che ami e l’attimo dopo sei seduta di fronte a quest’ultima pregando che si risvegli e che stia bene.’
Sento di nuovo le lacrime farsi largo nei miei occhi.
‘Ti prego Lexa torna da me. Io ho bisogno di te. Non puoi lasciarmi da sola.’
I miei singhiozzi riempiono il silenzio della stanza. Gli unici altri suoni sono quelli delle macchine che controllano i tuoi segni vitali.
Non puoi nemmeno immaginare che enorme sforzo io stia facendo per non mettermi ad urlare il mio dolore. L’unica cosa che mi rimane da fare è osservare i tratti del tuo volto e contemplarne l’incredibile bellezza. Non ho mai creduto al concetto di perfezione, lo credevo qualcosa di troppo grande, irraggiungibile ed effimero. Nulla nella mia esistenza è mai stato perfetto, seppur io abbia goduto di una vita soddisfacente. Genitori incredibilmente amorevoli, amici unici, esperienze incredibili, eppure niente di tutto ciò lo ritenevo perfetto.
Poi ho visto te e per la prima volta ho capito di cosa le persone parlassero. Tutto in te si poteva definire perfetto. Il tuo aspetto da togliere il fiato, la tua determinazione, la tua voglia di sapere e anche quelle tue piccole manie per le candele e i fiori. Potrei star qui ad elencare ad uno ad uno tutti i tuoi lati fantastici, ma non finirei più perché ogni volta che ci penso riesco a trovare svariati altri motivi per definirti tale
Il mio sguardo si posa sulle tue labbra, quelle tue incredibili labbra carnose e subito dopo immagini del nostro bacio di qualche ora fa mi tornano alla mente. Posso ancora sentire il tuo sapore sulle labbra e i brividi per tutto il corpo. La voglia di baciarti ora è irrefrenabile, tant’è che faccio l’unica cosa ovvia. Mi alzo dalla sedia e inizio ad abbassarmi verso di te così da poter catturare le tua labbra in un bacio.  Sono ad un soffio dalle tue labbra quando qualcuno bussa alla porta.
Mi volto di scatto, allontanandomi da te velocemente come a voler proteggere questo momento solo nostro. Vedo la testa di Anya che sbuca dalla porta, ma rimane ferma in attesa. Solo dopo un po’ parla.
‘Uhm scusa Clarke, posso?’ è titubante. Avrà capito di aver interrotto qualcosa.
Guardo l’orologio posto sopra l’entrata e mi accorgo di essere rimasta con te per più di mezz’ora. Cavolo come è passato in fretta il tempo, mi sembra di essere qui da soli cinque minuti. Con te però è sempre così. Un’ora passa come fossero pochi minuti e io non ne ho mai abbastanza.
Solo ora mi accorgo di non aver ancora risposto ad Anya, così le sorrido e le rivolgo un semplice ‘certo’ prima di darti un bacio sulla fronte e dirigermi verso l’uscita.
Rimanere seduta in questa sala d’aspetto è una vera tortura. Vorrei esserti accanto ora, ma capisco che anche Anya ha bisogno di stare con te e così mi rassegno a rimanere qui.
Ho lo sguardo fisso e sono persa nei miei pensieri tant’è che non mi accorgo della figura davanti a me. Un leggero colpo di tosse mi fa tornare alla realtà e noto che il medico che ci ha aiutate prima mi sta fissando.
‘Mi scusi, ha detto qualcosa?’
La sua risata mi fa capire che aveva già notato la mia assenza.
‘Non si preoccupi. Comunque le ho chiesto come sta la sua amica’
Sospiro, abbassando lo sguardo. Il suo tono speranzoso mi rende ancora più triste, poiché già so che dovrò illuderlo.
‘Sono appena uscita dalla sua stanza. Al momento non si è ancora risvegliata spe-‘
Non finisco la frase che il medico mi interrompe.
‘Cosa? Non si è ancora svegliata? Non è possibile?’ Mi chiede preoccupato quanto scioccato.
Un senso di ansia mi attanaglia lo stomaco alle sue parole. Non capisco tutta questa sua agitazione. Aveva detto che eri stabile. Come mai ora tutta questa preoccupazione?
‘C’è qualcosa che non va? La prego mi dica che sta succedendo.’
Sono ad un passo dall’avere un attacco di panico. Ho il respiro corto e la vista sta iniziando ad annebbiarsi. Poche altre volte mi era capitato di averne uno e le situazioni non erano mai state delle migliori. Probabilmente stavo per svenire perché sento due braccia afferrarmi al volo e tenermi stabile, prima di condurmi verso una sedia libera.
‘Signorina sta bene?’
Sento una voce chiamarmi, ma è troppo lontana per comprenderne le parole. Mi sembrano solo un eco distante, nelle mie orecchie solo il rumore del mio cuore che batte all’impazzata.
Credo di star tornando alla realtà perché questa volta le parole mi giungono forti e chiare.
‘Signorina, signorina mi sente?’
‘Io- io n-non, lei- lei dovrebbe star bene.’
Sto farfugliando parole incomprensibili anche a me, ma lo shock è troppo grande.
‘Si calmi signorina. Mi dispiace se l’ho allarmata, non era mia intenzione. È solo che è strano che non si sia ancora svegliata. A quest’ora l’anestesia dovrebbe essere finita, ma può darsi che l’effetto duri di più, quindi per ora non si preoccupi. Adesso faremo degli esami per accertarci che non sia nulla di che.’ Conclude lui con un sorriso sulle labbra.
Questo mi solleva un po’. Tutta l’ansia accumulata svanisce nel nulla come se questo momento non fosse mai avvenuto. Ora non mi resta che aspettare.
Il medico se n’è andato da qualche minuto quando Anya torna da me. Decido che è meglio non raccontarle nulla di quello che è appena successo, non mi sembra il caso di allarmarla senza motivo.
‘Vuoi andare da lei?’
‘Si, ora vado.’
Non ho nemmeno bisogno di pensarci. Sono già in piedi per venire da te quando Anya mi afferra per un braccio.
‘È tutto okay?’ mi chiede schietta.
Deve aver notato la mia faccia ancora sconvolta, ma rimango della mia idea di non farla preoccupare così le dico che sto bene. Non vedo l’ora di essere di nuovo con te. Seppur per poco questa distanza mi ha distrutta, so che non posso fare molto, ma anche solo essere al tuo fianco mi permette di essere tranquilla.
Il tempo con te passa ancora in un lampo e di nuovo Anya bussa alla porta per darmi il cambio. Non vorrei proprio lasciarti, soprattutto ora che la tua situazione è un’incognita, ma alla fine mi rassegno.
Per l’ennesima volta in questa infinita giornata mi ritrovo in questa sala d’attesa. Mi sento come intrappolata in un limbo, in cui il tempo si diverte a prendermi in giro.
In lontananza vedo ancora lui, il medico di prima, accompagnato da un altro dottore. Si stanno avvicinando a grandi falcate. Con uno scatto mi alzo dalla sedia e vado incontro loro.
‘Salve. Ci sono novità, dottore?’
‘Si, ho appena parlato con lui che è il medico della sua amica ed è della mia stessa idea, quindi abbiamo optato per sottoporre la signorina Woods a degli esami di accertamento, per escludere ogni rischio.’
‘Certamente. Vi ringrazio entrambi per tutto.’
‘Non si preoccupi. Siamo qui apposta.’ Mi risponde l’altro medico, il sig. Jones da quanto dice la sua targhetta.
Dopo un ultimo saluto si allontanano in direzione della tua porta. Vedo uscire Anya e dopo un po’ anche te.
‘Clarke ma che sta succedendo?’ mi chiede Anya.
Solo ora ricordo che lei non sa nulla di quello che ti sta succedendo. Mi do dell’idiota per averlo dimenticato.
‘Scusa Anya avrei dovuto dirtelo prima, ma non volevo allarmarti inutilmente. Parlando con il medico è uscito che è strano che non si sia ancora svegliata, ma secondo lui in alcuni casi può succedere. Ora le faranno delle analisi per escludere rischi.’ Dico tutto d’un fiato per paura che fraintenda la situazione.
‘Tranquilla Clarke. Capisco il tuo punto di vista. Ci sono rimasta un po’ male che tu me l’abbia nascosto, ma va tutto bene. Sai ho così paura per lei.’
E non è la sola. Anche io in fondo ho paura, anche se cerco di non mostrarlo.
Annuisco solo perché se dovessi parlare ora scoppierei a piangere di nuovo.
Fortunatamente Anya capisce il mio stato e mi stringe a se per un lungo abbraccio.
Alla fine quelle lacrime che cercavo di trattenere le ho versate tutte. Da quando ti hanno portato via sono caduta in uno stato di isolamento in cui sto ripensando a tutti i nostri momenti insieme. Ancora non mi capacito che tutto questo sia successo proprio a noi, nemmeno nei miei peggiori incubi ho mai immaginato questo.
Sembra passare un’eternità prima di vederti tornare nella tua camera. Sono in piedi in un secondo appena ti vedo voltare l’angolo accompagnata dagli infermieri. Niente è cambiato rispetto a prima. Mi avvicino al tuo letto e ti prendo la mano. Almeno per un secondo è come se sentissi un po’ di conforto da parte tua e allo stesso tempo io riuscissi ad infonderlo a te.
Sento Anya dietro di me mettermi una mano sulla spalla e quando mi volto vedo che fuori i medici ci aspettano per parlare.
‘Abbiamo fatto diversi esami per escludere qualsiasi cosa, ma per i risultati ci vorrà un po’. Appena sapremo qualcosa ve lo faremo sapere. Per ora non mi preoccuperei troppo.’
Nelle ore successive, in attesa dei risultati dei tuoi esami, io e Anya ci siamo alternate a starti vicino. Ormai non so più da quanto tempo sono qui in questo ospedale. Il tempo di un pasto veloce e sono subito tornata da te. L’idea di starti lontana non mi piaceva, ma anche vederti in quel letto immobile e indifesa mi fa lo stesso effetto.
Poco fa Anya mi ha raggiunta in camera. Mi sono accorta della sua presenza solo quando mi ha toccato una spalla.
‘Clarke ci sono i medici.’
Mi alzo e insieme raggiungiamo i dottori fuori dalla stanza.
‘Abbiamo i risultati. Dalla tac è emerso che il suo cervello non risponde adeguatamente agli stimoli ed è per questo che non si è ancora svegliata. Da quello che abbiamo potuto capire il suo cervello è ancora convinto di essere sotto anestesia e…’
Non so esattamente quando le mie ginocchia hanno iniziato a cedere e mi sono aggrappata ad Anya per sostenermi. Nonostante tutto voglio sapere di più.
‘Tutto bene Clarke?’
‘Si, si sto bene Anya. Ed ora? A cosa va incontro?’
‘Beh ora le possibilità sono tre. Nel migliore dei casi potrebbe svegliarsi e tutto andrebbe per il meglio. Nel peggiore potrebbe non svegliarsi e finire in coma perenne, ma questa la escluderei poiché c’è una remota possibilità che accada. Infi-‘
‘Co-cosa?’ dico scioccata da quello che ho appena sentito. Potresti non svegliarti più? No, no non voglio accettarlo e non lo farò. Tu tornerai da me. Ti sveglierai da un momento all’altro, mi guarderai con i tuoi meravigliosi occhi e mi dirai che va tutto bene.
‘Stia tranquilla, è davvero raro che questo avvenga. Piuttosto è più frequente che lei si svegli, ma riporti dei danni al cervello.’
‘Danni di che tipo?’ chiede titubante Anya. Non sono sicura di volerlo sapere.
‘Potrebbe verificarsi una perdita della memoria permanente o temporanea, non saprei dire con certezza quale delle due poiché ogni caso è a sé. Nel peggiore dei casi, se il danno è esteso, potrebbe riportare una paralisi totale o parziale. Mi dispiace.’  Ci dice per poi andarsene, lasciandoci sole ad elaborare quelle notizie.
Mi sento come se il mondo mi fosse crollato addosso. Mi sento impotente di fronte a questo destino incerto. Ti sveglierai? Oppure mi lascerai sola a raccogliere i pezzi del mio cuore?
Sono ancora immersa nei miei pensieri quando sento un rumore sordo alle mie spalle. Guardo Anya e anche lei è confusa quanto me. Vedo diversi medici correre nella nostra direzione portando con sé una macchina, un rianimatore sembrerebbe. Quando sono vicini a noi uno di loro mi urta nella corsa. Quasi perdo l’equilibrio, ma riesco a rimanere in piedi. Quando alzo lo sguardo vedo i medici entrare nella tua stanza. È un momento. Ora capisco che quella da rianimare sei tu. Mi si gela il sangue.
Anya mi afferra al volo prima che io posso correre verso la tua camera. Sto urlando e piangendo come una disperata. Vorrei correre da te, ma la troppa emozione mi sta bloccando in questo punto. Un instante dopo sono a terra in ginocchio con Anya che mi stringe forte a sé. So che se mi lasciasse andare ora crollerei.  
Sembrano minuti interminabili quelli che passano. Sono trascorsi pochi minuti o infinite ore? Questo non so dirlo per certo, so solo che quando i medici escono dalla tua stanza io sono ancora qui sul pavimento.
Mi divincolo dalla presa di Anya più veloce che posso e con passo incerto mi avvicino a loro. Sono ancora in lacrime, ma ho la forza di chiedere che cosa ti è successo.
‘Un infarto. L’abbiamo rianimata in tempo dopo che ha avuto un arresto cardiaco. Per ora sembrerebbe essere stabile.’ Mi informa uno di loro.
La disperazione di prima si trasforma in rabbia e senza motivo inizio a urlare loro contro.
‘Sembrerebbe essere stabile? Seriamente? Mi prende in giro? Anche prima mi avevano detto che era stabile e sarebbe andato tutto bene e guardi dove siamo ora. Pensa sia divertente illudere così le persone?’
Non so nemmeno io perché stia urlando loro queste cose, neanche le penso in fondo, ma ho bisogno di sfogare tutte le emozioni represse dell’ultimo giorno.
Abbiamo discusso a lungo io e il medico, finché Anya stremata non mi ha chiesto di lasciar perdere. Ho solo annuito. In fondo anche lei è distrutta quanto me. Ci hanno anche proibito di entrare nella tua camera ora che le tue condizioni sono peggiorate.
Siamo di nuovo in questa sala d’aspetto. Entrambe non abbiamo proferito parola. Non ho mai creduto che pregare in questi casi servisse a qualcosa, ma mi ritrovo comunque a farlo ora.
‘Uhm scusate, siete voi i familiari di Lexa?’
Sollevo lo sguardo che finora era puntato verso il pavimento a quelle parole. Di fronte mi ritrovo un giovane, credo sia un infermiere poiché indossa un camice diverso dai medici di prima.
Anya mi anticipa e conferma la sua domanda.
‘Volevo solo informarvi che abbiamo fatto degli accertamenti e le condizioni della paziente rientrano nella norma, quindi ora potete di nuovo farle visita.’ Ci dice lui.
Non credo alle sue parole. Finalmente posso di nuovo starti accanto e questa volta non ho intenzione di andarmene più da quella camera.
Entro lentamente nella tua stanza, attenta a non fare rumore. Tu sei lì, distesa sul quel letto e sembri serena. Un sorriso appare sulle mie labbra e subito un senso di tranquillità si impossessa di me.
Anya mi dà il cambio. Ho notato che questa volta mi ha lasciato a lungo con te e la ringrazio per questo. La dovrò ringraziare per tutto quello che ha fatto per me.
Decido di andare di sotto al bar per prendere un bel caffè caldo. Ne ho davvero bisogno in questo momento. Ho pensato di portarne uno anche ad Anya, in fondo farebbe bene anche a lei.
Sono a pochi passi dalla porta quando sento Anya parlare. Sembra nel mezzo di una conversazione con qualcuno poiché la sento ridere e dal tono sembra stia piangendo di gioia.
Decido di entrare, ma nel momento in cui apro la porta sento un’altra voce. Mi sembra la tua, ma non può essere. Sono rimasta al bar circa un quarto d’ora, com’è possibile che tu ti sia svegliata così in fretta.
Voglio togliermi ogni dubbio. In un secondo il caffè di Anya è per terra. Entrambe vi girate verso di me. Ho gli occhi spalancati e una mano a coprirmi la bocca. Sei sveglia e sembri star bene. Non so spiegare la felicità che provo ora. Nuove lacrime mi bagnano le guance, ma questa volta sono belle lacrime.
Mi avvicino in fretta al letto superando la macchia di caffè sul pavimento.
‘Hey’ ti dico guardandoti negli occhi.
Con la coda dell’occhio vedo Anya assumere un’espressione strana, ma non capisco cosa sia. In questo momento poco importa. La cosa fondamentale è averti qui, sveglia.   
Tu continui a guardami senza dire una parola.
‘Lexa sono io, Clarke’
Vedo il suo sguardo spaventato e confuso e non posso fare a meno di provare un senso di vuoto. Non capisco perché mi guardi così, con occhi quasi indifferenti e questo mi fa male. Nemmeno al nostro primo incontro mi hai guardata così. Continuo a fissarti negli occhi sperando di trovarci dentro un barlume di speranza, ma vengo subito trafitta dalle parole che pronunci subito dopo.
‘Io-io non so chi sei’
E il mio mondo cade a pezzi.


note dell'autrice

innanzitutto mi scuso per l'enorme ritardo, ma ho fatto davvero fatica a scrivere questo capitolo. Diverse volte ho cambiato idea su come doveva finire e ho optato per questa. Per la scelta del finale è stata mia complice kimsara96 che mi ha aiutata durante tutto il capitolo. Ebbene si siamo giunti alla fine di questa avventura. Spero che il capitolo piaccia come piace a me. Ci risentiamo per un'altra avventura.    

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