Il Poeta

di LaCantastorie
(/viewuser.php?uid=835506)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incipit ***
Capitolo 2: *** Isobel ***
Capitolo 3: *** Il Poeta e la Strega ***
Capitolo 4: *** Faccia a faccia ***



Capitolo 1
*** Incipit ***


  Passeggiare tra i campi di lavanda della Provenza offriva un momentaneo sollievo dalle pene d'amore: Guillaume Daniel lo stava provando in quel momento, inspirando a pieni polmoni il profumo che si levava dai fiori purpurei.
   Malinconicamente, il giovane poeta si adagiò tra i cespugli odorosi, incurante delle piccole api bottinatrici affaccendate intorno al suo corpo disteso... Nessuno di quegli instancabili insetti l'avrebbe potuto ferire di più: più di quanto fosse stato ferito da lei.
   Il momento d'incanto era passato: l'immagine di Isobel tornò prepotente, imperatrice: i suoi versi d'innamorato l'avevano fatta scoppiare a ridere, ma non era stato soltanto il suo scherno a lacerargli l'anima; avrebbe sopportato che la sua arte incontrasse il disprezzo della musa che la ispirava, ma non poteva, non riusciva ad accettare che i componimenti appassionati in cui gettava il cuore venissero derisi, sì, per un secondo, e poi repentinamente ignorati, con speciale crudeltà. Avrebbe accettato una critica, un rimprovero, un motteggio! Avrebbe accolto gli sberleffi di quella dama algida, ma non era in grado di ascoltare il silenzio che faceva seguito all'irrisione della sua Calliope. 
   Sospirando, pensò a che cosa si sarebbe potuto inventare per catturare l'attenzione, se non l'apprezzamento, della castellana: così, ripensò ai momenti più fulgidi della vita di corte cui ella aveva presenziato, scegliendo uno tra i ricordi più vivi e recenti per iniziare a comporre. 
Si trattava di un ballo.
La nobildonna vi aveva partecipato poche settimane prima, accompagnata da un cavaliere che certo doveva essere il suo pretendente: ella gli aveva fatto dono di un prezioso nastro rosso che portava al collo, e di un sorriso tanto dolce da strappare un gemito a tutti coloro cui non era mai stato rivolto... Lui per primo.
Come ridestato dal torpore in cui era ricaduto, il giovane si levò da terra spaventando una coppia di calabroni e, correndo a perdifiato, si precipitò nei suoi appartamenti, sentendosi scorrere fra i pensieri i versi di una ballata che si preannunciava incantevole. 

Davvero, davvero incantevole, certo: ma quali orecchie, oltre alle sue, l'avrebbero trovata tale?

   Ecco cos'avrebbe fatto! Avrebbe elogiato la bellezza e la bravura del giovane rivale, prodigandosi in lodi per entrambi i danzatori; la sua dama, allora, avvedendosi che in lui non v'era gelosia ma soltanto il sincero, disinteressato desiderio di compiacerla, di renderla felice, ecco che l'avrebbe accettato per amico, e non l'avrebbe più guardato con quell'astiosa, dolorosa aria di sufficienza!
   Intinse la piuma d'oca nell'inchiostro, posandola gentilmente sulla pergamena:

<< Ti guardo, lontano miraggio, 
Sei vera, oh pura visione?
Non oso batter le ciglia
Per tema di farti svanire:

Tu bella, tu fulgida dea
M'abbagliasti col tuo apparire.
Come posso, io servo, omaggiarti?
Leggiadra padrona, perdona
Il misero che non sa poetare -

La mente invano ragiona
Se il cuore comanda d'amare.
Al tuo volere m'inchino,
Obbedisco, sia morte il comando!
Traggo da te, mia regina,
Ogni mia pena ed ogni mio vanto.
Parla, fa' cenno! Io t'odo, ti seguo!
In me hai vassallo e scudiero,
Uomo d'arme che china la chioma
Innanzi alla propria patrona
Ed offre una spada fedele
Alla sola cui trepido dona
L'anima sua... >>

Ciò che il giovane non sapeva, tuttavia, era che la fanciulla dei suoi sogni aveva già uno sposo, e non era a lui che aveva concesso una danza, un sorriso ammiccante e un nastro di velluto rosso: ignoranza che avrebbe presto scontato, di lì a pochi giorni.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Isobel ***


<< Voi non capite >>.
Una lucciola girovaga si fece da parte, allontanandosi tra gli steli d'erba; un leggero soffio di vento percorreva il prato, scompigliando nel contempo le ciocche angeliche di una giovane donna.
<< Non capisco molte cose, mia signora >>, mormorò Sebastien, tenendo lo sguardo basso e continuando a camminarle lentamente al fianco, nel silenzio della notte.
<< Perché mi concedete il vostro tempo, ad esempio. Perché rischiate l'ira di vostro marito... >>
<< La sua ira?! >> 
Isobel si era voltata di scatto, guardandolo ad occhi spalancati: la sua vestaglia di pizzo bianco rifletteva la luce della luna piena, e anche la sua carnagione di porcellana sembrava brillare sotto i raggi delle stelle... 
<< La sua ira? Voi rischiate la vostra testa, l'avete dimenticato? >>
<< Ho già perso la testa, madame: il mio amore per voi è stata la mia ghigliottina >>, rispose lui, serio.
Isobel sorrise, scuotendo il capo: << Pensate a voi stesso, prima di consigliarmi su ciò che sarebbe meglio per me, cavaliere. So badare a me stessa, ve lo garantisco >>.
Si sedettero al riparo di un piccolo pergolato, ad osservare alcune raganelle giocare ai bordi di una polla d'acqua: fu l'uomo a parlare per primo.
<< La prima volta che vi ho vista ho pensato di avere di fronte una dea, sapete? Una dea pagana... Sicuramente somigliate a Diana, la vergine cacciatrice: ne avrete attirato l'invidia, con la vostra bellezza! >>
<< Spiate anche le mie lezioni di lettere classiche, Bastien? >>
Risero insieme, spaventando le raganelle: non era stata certo un'antica divinità, a farle sposare un vecchio barone, né d'altra parte Isobel biasimava il Dio dei cristiani per quel destino. Sarebbe stato assurdo, dare la colpa al cielo: quella distesa indifferente era, al contrario, l'unico rifugio in cui cercava e trovava un po' di pace, facendone il soffitto dei suoi incontri segreti...
<< A proposito di classicità, nel tempo libero ho costruito... Questo >>
Isobel l'occhieggiò di sottecchi, incredula: il cavaliere di cui si era innamorata a prima vista durante un torneo, dopo averlo visto imbracciare la lancia e sferrare un colpo preciso e diretto all'avversario, facendolo cadere di sella; il vassallo che più di una volta aveva ingaggiato battaglia a servizio del suo signore, guadagnandosi il rispetto dei propri pari e del nemico per la sua prodezza, la sua lealtà, il suo coraggio e la sua clemenza; l'uomo che l'aveva stregata imbracciando la spada, ora impugnava e le mostrava un aulòs, un flauto greco intagliato di sua mano...
La musica si sprigionò leggera nel giardino del castello, circondandoli con il suo impalpabile abbraccio: era una melodia soave, ma vi erano note di profonda tristezza, in quel brano, e qualcosa nel cuore di Isobel le fece capire che la loro storia era intessuta nel suono che si levava dallo strumento. Interruppe l'esecuzione con un comando perentorio, rivolgendo lo sguardo alla parte del pergolato immersa nella più fitta oscurità:
<< E' meglio che andiate, ora >>
Fu solo quando il rumore dei passi di Sebastien si fu spento del tutto che Isobel si permise di piangere.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il Poeta e la Strega ***


Il rettile la squadrò da lontano, sospettoso; restio ad abbandonare la pozza di luce che aveva trovato dopo tanto girovagare, saggiò di nuovo l'aria con la lingua biforcuta, innervosito dall'attenzione che gli dedicava la ragazzina.
"Vattene, sciocca lucertola", pensò la giovane, e di scatto si alzò dalla sedia, spaventando l'animale.
Rahab avanzò verso il davanzale, seguendo il rapido fuggire dell'ospite indesiderato: spinse lo sguardo verso il basso, verso l'esterno della prima cerchia muraria del castello, adocchiando le bancarelle del mercato settimanale, i venditori, i tessuti esposti all'aria marina di Istres, la libertà dei passanti che andavano e venivano, ignari del loro futuro.
La porta di quella stanza, della sua prigione, era sprangata notte e giorno.
Un tuffo al cuore l'avvertì che il momento era vicino: l'unica sua gioia, in quella gabbia, era ascoltare i versi di un poeta di rione, le sue rime e il ritmo delle sue ballate, ma era scritto nel suo destino non poter strappare nemmeno una manciata di secondi di gioia alla maledizione che l'accompagnava dalla nascita.
Uno schiocco, due: al terzo, la serratura del portone che dava accesso alla sua camera si dissigillò, lasciando entrare un uomo di mezz'età dal fiero portamento, il suo aguzzino.
L'aveva salvata dal Tribunale dell'Inquisizione quando aveva appena cinque anni: aveva visto sua madre bruciare sul rogo, aveva respirato il fumo della sua pira, e un po' di quelle fiamme ora le aveva nel cuore...
<< Sire >>
Salutò con un leggero inchino, un movimento quasi impercettibile. Era grata a quell'uomo per averle salvato la vita, lo odiava per avergliela resa un inferno: giorno dopo giorno, l'odio non faceva che aumentare, mentre la gratitudine scemava sempre più.
<< Non sono più un padre, per te, mia piccola strega? >>
Le labbra del barone si incurvarono in un sorriso canzonatorio, ma Rahab non se ne curò: le bastò stringere gli occhi verdi come la giada e alzare il mento, per far scomparire quell'espressione di superiorità dal viso del nobile. L'aveva capito da tempo: i segreti che si tengono sottochiave... Si temono. E lei era il più grande segreto del barone di Istres, così come la sua più grande paura.
<< Nessuno vi chiamerà padre, mio signore. Voi non avrete eredi >>, affermò, calma come il mare nell'occhio di un ciclone.
<< Questo me l'hai già detto, vip... >>
<>
Rahab alzò un dito, camminando veloce verso il suo interlocutore: << Isobel, la vostra consorte, non sarà sterile. Non siete voi l'uomo che ama, non lo sarete nel tempo che verrà, e fino alla morte lei vi detesterà, anche se il suo odio non sarà mai eguale al mio >>, concluse, ormai a pochi passi di distanza dal "padre" adottivo.
Lo schiaffo la colse di sorpresa: fino ad allora, lui l'aveva costretta a privazioni alimentari, a non vedere mai la luce del sole, a indossare abiti che detestava, a predire il futuro contro la propria volontà, scatenando le sue doti profetiche nonostante il dolore... il dolore...
Ma non aveva mai alzato un dito contro di lei.
<< Uccidetemi, se volete. La verità non cambierà, poiché il solo futuro che mi si rivela è quello già scritto nei piani d'Iddio! >>
<< Del Demonio, vorrai dire! >>
Una mano le si agganciò al collo, premendole la giugulare: quando sentì di non riuscire più a respirare, Rahab si aggrappò a quelle dita troppo forti e tentò di strapparsele di dosso, senza riuscirvi; annaspò in cerca di ossigeno, ma soltanto quando le sue labbra assunsero una colorazione purpurea il barone la lasciò crollare a terra, a rantolare l'anima sul pavimento.
<< Prego solo che... >>
Il nobile signore d'Istres le voltò le spalle e uscì dalla stanza con uno svolazzo del ricco mantello, l'unica parte di lui che rimanesse nel campo visivo di Rahab.
<< ...quando morirai... >>
La chiave girò nuovamente tre volte nella toppa, sigillando l'ingresso per l'ennesima volta.
<< ...io potrò assistere, da viva... o da fantasma >>.

Guillaume, in quel momento, terminò di declamare la "Ballade d'Isobel", sorridendo all'ampio pubblico raccoltosi intorno a lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Faccia a faccia ***


Non ci poteva credere.
Nonostante avesse fatto di tutto per allontanare da sé quel poeta idealista, eccolo tornare ancora una volta alla ribalta, con nuovi versi e nuove rime pronte a focalizzare l'attenzione dell'intera Istres su di lei, la principessa del castello, la regina del baronato, la damigella più graziosa del creato...
"La sposa fedifraga di un uomo che ha scelto di venerarla come una dea, a patto che la sua dea non sfugga alle catene".
Avevano un patto: un patto legato ad una porta chiusa, l'unica stanza alla quale le era negato l'accesso; così come a lei non era concesso oltrepassare quella soglia, nonostante fosse la baronessa della tenuta, a lui non era permesso averla al fianco durante la notte, dal tramonto al sorgere del sole, perché anch'ella avrebbe avuto un posto in cui rifugiarsi fino a che non avesse infranto il divieto che riguardava quell'uscio sigillato così segretamente... Isobel rabbrividì, ricordando le sensazioni orribili che aveva provato nell'attraversare quell'ala del castello: il clima che vi si respirava era opprimente, spettrale, ogni elemento architettonico congiurava con il vicino per spaventare e cacciar via chiunque vi si addentrasse. La servitù non metteva mai piede in quei corridoi, mentre il barone aveva preso a frequentarli molto spesso, negli ultimi tempi.
"Chissà chi altri starà torturando, lì dentro", si chiese, stringendosi la testa fra le mani e soffocando ogni accenno di preoccupazione per il destino delle vittime del marito. Viveva nel lusso, ma avrebbe rinunciato a qualsiasi comodità pur di poter scappare... Di potersene andare con Bastien, lontano da quella prigione! Se nemmeno lei credeva di avere qualche possibilità di riuscita, pur con la sua relativa libertà di movimento, le speranze degli abitanti di quelle sale gremite dai ragni e dalle ombre erano inesistenti.
<< Eletta, accompagnami al mercato >>, sussurrò, e lasciò appena che la dama di compagnia le gettasse sul capo un leggerissimo foulard, prima di uscire.

La mattina era frizzante: l'aria le accarezzava il viso senza infastidirla, ma non era uscita per il semplice piacere di respirare quella brezza; cercava qualcuno, qualcuno che aveva deciso di affrontare viso a viso, stavolta.
"Vuoi la mia attenzione? Mostrati, allora, sciagurato di un cantore..."
Finalmente, adocchiò una figura sorridente e spensierata, più allegra del solito: gli ultimi versi che aveva scritto, infatti, gli avevano fatto guadagnare un discreto gruzzoletto... alle sue spalle. Poco male: si diresse spedita verso il giovanotto, quasi incurante delle proteste di Eletta, che non riusciva a tenerle dietro tra la calca.
<< TU! >>, urlò, facendo sussultare Guillaume: passandogli accanto, gli afferrò un braccio e lo tirò in disparte, facendo attenzione a non scostare troppo il foulard dal viso; lo trascinò in un vicoletto che si apriva sulla sinistra, mentre finalmente la dama di compagnia li raggiungeva.
<< Eletta, controlla che nessuno ci disturbi >>, le ordinò, rivolgendo di nuovo lo sguardo d'ambra verso il poeta.
<< Ti racconterò una storia, bardo. Ti racconterò una storia che starai a sentire molto attentamente, e che non scriverai mai, sono stata chiara? >>
Basito, il giovane annuì con foga, spaventato dall'espressione irata della sua musa: con un sospiro, quest'ultima si tranquillizzò, iniziando a parlare.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3565567