By the will of The Death

di WarOnMars
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Prologo ***
Capitolo 2: *** I. Prepare for the start ***
Capitolo 3: *** II. Fool me ***
Capitolo 4: *** III. Fool me pt.2 ***
Capitolo 5: *** IV. It's just the start ***



Capitolo 1
*** -Prologo ***


  Avete presente quando, la mattina, vi svegliate carichi e pronti ad affrontare una giornata, riposati da quella precedente?
Ecco, la nostra protagonista no... specialmente in quell'istante.
Un dolore lancinante la colpì improvvisamente al basso ventre risalendo dall'addome fino allo sterno, come se la ruota di un grosso tir le fosse passata sopra con tutto il suo peso; un sapore metallico le risalì per la gola riempiendole poi la bocca costringendola ad espellerlo con un colpo di tosse, facendo così aumentare il dolore e lasciando fuoriuscire dalle sue labbra un impercettibile gemito.
Spostò il suo peso sugli avambracci nel tentativo di alzarsi, ma questi cedettero poco dopo rigettandola al suolo come se il terreno bramasse trattenere il suo corpo, costringendolo al suo volere.
Dopo innumerevoli tentativi riuscì finalmente a sollevare le sue pesanti palpebre riacquistando una buona visione, questo fece sì che l'unica cosa che fu in grado di scorgere fosse una folta nube che imperterrita continuava ad offuscarle la vista e riempirle i polmoni. Tossì nuovamente espellendo un'altra volta quello che percepì come sangue. Una macchia cremisi... l'unico colore che riuscì a distinguere nell'inferno intorno a sé. Probabilmente i suoi organi interni si erano arresi ad una forza superiore. Un forte fischio le annullò l'udito facendola sentire come all'interno di una bolla, estranea a tutto ciò che la circondava. Quasi sicuramente una bomba era esplosa a pochi metri da lei.
Volse lo sguardo alla ricerca di quel disturbo e intravide uno scudo incastonato nell'asfalto, un rosso così familiare unito ad un blu così patriottico, al suo fianco un uomo tra le macerie che si contorceva in preda al dolore finché le energie non abbandonarono il suo corpo lasciandolo inerme al suolo.
Poco lontano una chioma scarlatta ricadde tra i detriti schiacciata da un peso maggiore del suo, costringendola a voltare nuovamente lo sguardo al cielo per interrompere quell'enorme fitta al cuore e alla bocca dell'anima.
Non sapeva però che si sarebbe ritrovata davanti uno spettacolo ben peggiore di quello precedente; tra le nubi notò una flebile luce di un azzurro celestiale. L'avrebbe riconosciuta tra mille. Le sue speranze svanirono però quando la vide precipitare ad una velocità sempre maggiore affievolendosi durante la caduta, finché, finita la sua corsa, non si spense preceduta da un leggero tremolio.
Piccole gocce d'acqua bagnarono il viso della ragazza, una lieve pioggia diradò le nubi esprimendo la sua malinconia.
I suoi pensieri vennero interrotti alla vista del Mjolnir che stava per piombare sul suo viso, così, raccogliendo le ultime forze che aveva in corpo, rotolò quanto bastava per evitarlo, difatti, poco dopo, uno schianto le fece intuire il raggiungimento della sua meta. Quello che non si aspettava era di vedere un mantello al suo seguito e un uomo fare la sua stessa fine. Al suo fianco, un viso sempre sorridente la scrutava stavolta con un'espressione angosciata addosso.
Interruppe quel contatto visivo volgendo lo sguardo altrove. Voleva chiudere gli occhi. Voleva finirla. Voleva spezzare quella catena di dolore. Lo scintillio di due occhi azzurri, però, glielo impedirono. Quegli occhi che conosceva fin troppo bene penetrarono nei suoi. Un tonfo le riempì le orecchie, come se le urla, i fischi, i frastuoni fossero improvvisamente svaniti. L'eco del rumore prodotto dalla caduta di quell'arco rimbombò all'interno del suo corpo, un suono impercettibile e assordante al contempo. Quel bagliore si spense proprio mentre rivolse il suo ultimo sguardo a lei. Quell'azzurro ritornò al suo mare. Un lago di sangue si espanse attorno alla sua figura, poi... silenzio. Un silenzio che sentì solo lei. Un silenzio squarciato da un urlo.
Urlo che catturò la sua attenzione distogliendola dai pensieri. Una grossa figura verde venne scagliata verso uno dei grattacieli ancora intatti distruggendone la vetrata, all'impatto venne sostituita da un uomo che crollò insieme a migliaia di schegge di vetro, producendo un suono quasi piacevole. Il corpo nudo finì dritto su un'auto per poi scivolare esangue sull'asfalto. Adesso, la sua tanta bramata pace era stata trovata. Forse era per questo che se n'era andato con un lieve sorriso, quasi soddisfatto, sul volto. Un sorriso che lei, invece, non credeva di poter più mostrare. Non in quel momento che, voltandosi verso la figura al suo fianco, sentì un impercettibile "È davvero finita?".

Già. È davvero finita? È così che finirà tutto? È questo che succede quando si cerca di fare del bene? Allora che senso ha? Si potrebbe lasciare che le cose vadano semplicemente per la loro strada e fregarsene di tutto ciò che ci circonda. Lasciare che il fato compia il suo corso. Lasciare che la linea della vita scorra senza fare il minimo sforzo per avere un futuro migliore. Si dovrebbe smettere di insegnare ai bambini che c'è sempre un lieto fine. Smetterla di illuderli per convincere se stessi che sia così e non il contrario. No, non è così. Non è così semplice. Se lo fosse adesso non saremmo qui a sprecare le nostre vite per un popolo che attende solamente che qualcuno li salvi ripetendosi continuamente che tutto andrà per il meglio vivendo in una bolla, che tanto alla fine non succederà nulla di brutto e forse avrei dovuto fare anch'io così. Restare nella mia bolla. Aggrapparmi alla vita e lasciare che essa facesse tutto al mio posto. Non lottare per qualcosa di meglio. Qualcosa per cui valesse davvero la pena di vivere. Io, però, ho lottato. Ho cercato di avere il meglio. Ho forse sbagliato? È sbagliato cercare la felicità? Perché? Perché tutto è così ingiusto? Perché è finita così? Forse nessuno risponderà mai a queste domande. Terminerà tutto così. A questo punto... sì, è davvero finita.

Quando stava per esalare il suo ultimo respiro, qualcosa la colse alla sprovvista, come una voce nella sua testa. Un eco che le si ripercorse nella mente.

"Vieni con me."


Welcome to my first story!
Lo so, lo so... ha un inizio un po' tragico, ma giuro che poi migliora.
Sta a voi seguire la protagonista in questa fantastica avventura!
Ringrazio 
BishamonYG per il suo contributo.

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Capitolo 2
*** I. Prepare for the start ***


Hell's Kitchen, Midgard.
1:03 AM

  Un uomo rivolse i suoi occhi azzurri ad un cielo costellato di stelle, dal tetto di quell'edificio malmesso pensava di non aver mai visto uno spettacolo simile, ma la sua mente venne presto soggiogata da altri pensieri. Sapeva che nell'ultimo secolo la scienza aveva fatto passi da gigante. Sapeva di altri mondi. Sapeva di esseri diversi. Aveva lui stesso incontrato una divinità. Rifletteva, in quell'attimo di lucidità, a quanto la Terra fosse insulsa e i suoi abitanti infimi, mentre il resto dell'Universo così infinitamente immenso. Si sentì una nullità. Un puntino nero al centro di uno sconfinato foglio bianco. Quell'uomo, dallo sguardo vitreo, osservava intensamente la volta celeste come se volesse raggiungerla, vagare in quello spazio immane. Ormai i suoi occhi vagavano tra i pianeti. Vagavano senza meta, quando all'improvviso iniziarono a girovagare alla ricerca di qualcosa, la stella più luminosa, un pianeta così familiare quanto sconosciuto. Senza rendersene conto, quasi meccanicamente, stava cercando Asgard.
 



Il regno di Asgard è un luogo mistico e antico posto sotto la protezione del dio Odino, le sue terre sono spazzate da un vento gelido costante. La gente vive sia in piccole comunità isolate che nella grande città ai piedi del palazzo del Celebrante ove si trova la statua di Odino.
Proprio tra le strade di quella città c'è Siham. Camminava tra la classica folla del mercato asgardiano. Le venditrici urlavano tra di loro aggiornandosi sulle vendite, altre, invece, ingannavano i clienti con parole suadenti per vendere loro qualche prodotto scadente, alcune di loro la salutarono, altre le concedettero un semplice cenno di capo. Una strana signora la attirò. Pur passando tutti i giorni tra quelle bancarelle non l'aveva mai notata. Si avvicinò a lei sorridendole e curiosando tra la sua merce. Vendeva una vastità di cianfrusaglie e ciondoli vari, ma qualcosa catturò la sua attenzione più del resto, una qualunque moneta all'apparenza.
La guardò incuriosita avvicinando il viso all'oggetto.

« Qualcosa ti incuriosisce, ragazza? »

Alzò subito il volto in direzione della donna per poi annuire. Prese la moneta in mano osservandola meglio: una faccia aveva un leggero rilievo raffigurante la testa di una capra all'interno di una stella capovolta, in basso inciso il nome "Morning Star" e in alto la frase: In God we're Damned; sul retro era inciso un crocifisso all'interno di un triangolo, in corrispondenza del davanti lo stesso nome e in alto la frase: In God we Trust. Tutto ciò la attrasse e la incuriosì e allo stesso modo la affascinò tanto da spingerla a domandarne il significato.

« Che significa? »
« Non è importante saperlo quanto lo è il suo potere, ma questo lo scoprirai da sola. »
« Come sai che lo comprerò?»
« Lo farai. In un modo o nell'altro tu otterrai quella moneta.»

Nel sentire quella frase le mostrò un sorriso di sfida, poggiò la moneta al suo posto per poi voltarle le spalle alzando una mano in segno di saluto e ritornando sulla sua strada. Durante il tragitto inserì le mani nelle tasche dei suoi pantaloni a causa di una lieve brezza gelida che da poco aveva iniziato a soffiare e sentì un oggetto rigido e freddo al tatto all'interno di una delle due. Incredula lo estrasse prendendolo in mano e, con grande stupore, notò che si trattava proprio di quella moneta. Si voltò di colpo verso il mercato indecisa se tornare indietro o meno, dopo averci riflettuto un attimo si accorse di essere in ritardo e Timeless ODIA aspettare. In fondo che sarà mai una semplice moneta? Decise di non pensarci e riprese a camminare intenta solo ad arrivare in tempo.

 

Dopo pochi minuti si ritrovò faccia a faccia con la sua mentore non molto contenta del solito ritardo.

« Sei sempre in ritardo, stupida mocciosa. Quante volte ti detto che il tempo è prezioso?! »
« Ho perso solo un minuto! »

A quell'affermazione le rivolse una delle sue occhiatacce gelide che la facevano rabbrividire, ma a cui era ormai abituata.

« Una donna mi ha fatto perdere tempo. Giuro che sono anche partita in anticipo.»

Alzò le mani in segno di difesa.

« Che non accada mai più. Ora prepara l'arco.»

Già... l'arco. Sfoderò le due estremità e le congiunse a creare un unico arco per poi osservarlo in silenzio.

 

« Coraggio, mocciosetta, vuoi essere allenata? Scegli la tua arma. »

Si trovavano all'interno dell'armeria. Aveva insistito tanto per convincerla del fatto che fosse pronta ad utilizzare un'arma. Girava per la stanza piena di armi di ogni tipo. Era molto disorientata ed eccitata al contempo. Fu subito attratta da un arco messo in un angolo, in disparte rispetto a tutti gli altri. Si avvicinò e lo prese in mano per poi mostrarlo a Timeless in cerca di consenso.

« È tua l'arma. Sei tu a decidere. »

A quella risposta sorrise e mise l'arco in spalla dirigendosi poi verso l'uscita insieme alla sua mentore.

 

« Che aspetti?! Ti ho appena fatto un discorso sul tempo e tu... tu perdi tempo?!»

Presa alla sprovvista alzò lo sguardo su di lei per poi ricomporsi subito posizionandosi di fronte al suo corpo metallico.

« Attenta a non far rimbalzare le frecce, il mio bel faccino ne risen...» non fece in tempo a terminare la frase che la vide sparire e poi riapparire proprio davanti al suo viso sul quale sferrò un destro abbastanza forte da farle sanguinare il naso. « Hey! Non ero ancora pronta!»

Si allontanò con un balzo per evitare i successivi attacchi. Impugnò l'arco tendendo una freccia nella sua direzione, ma, poco prima che la scoccasse, Timeless scattò verso di lei così velocemente da far sì che colpisse uno dei pilastri della stanza; a quel punto si rese conto che un arco era inutile nel combattimento corpo a corpo. Schivando gli attacchi della mentore divise la sua arma in due spade perfettamente simmetriche partendo finalmente al contrattacco. Da lì, iniziò una danza che vedeva come protagonisti i pugni di Timeless e le lame di Siham. Il suo sparire e riapparire altrove la metteva non poco in difficoltà, ma ormai sapeva leggere quasi ogni sua mossa così come conosceva i suoi punti deboli, tanto da prevedere la sua apparizione alle sue spalle e tirarle una gomitata sul ventre, una delle poche parti di lei ancora umane. Sapeva che si sarebbe piegata in due dal dolore, d'altronde la sua armatura era stata costruita con i metalli più resistenti e forti di Asgard. Sfruttò il suo attimo di debolezza per sferrarle un calcio in pieno volto in modo tale da farla cadere supina al suolo. Prontamente ricongiunse l'arco per scagliare una freccia contro l'orologio incastonato nel suo petto. La vide scomparire per poi sentire una strana presenza alle sue spalle. Cercò di voltarsi per potersi proteggere, ma un braccio attorno al collo la bloccò e glielo impedì. Timeless le stava puntando la sua stessa freccia al collo.
La donna lasciò cadere a terra l'oggetto allontanandosi.

« Per oggi abbiamo finito.»

La ragazza si girò e la guardò interdetta. In qualche modo riusciva sempre a stupirla e a prenderla alla sprovvista. La vide sedersi su una panchina e decise di raggiungerla. Restarono in silenzio per un breve lasso di tempo per poter avere la possibilità di riprendere le forze.
Siham interruppe quel momento di quiete solo per soddisfare una sua curiosità.

« Da dove vieni? Non ho mai visto ne sentito parlare qualcuno di un essere simile a te.»

Timeless non parlò, lo sguardo rivolto verso il basso. Si alzò facendo piccoli passi per poi fermarsi voltando leggermente il viso verso di lei.

« Vengo dalla crudeltà e dalla stupidità dei terrestri.»

La guardò allontanarsi per poi alzarsi sentendo la sua curiosità crescere maggiormente.

« Conosci Midgard?!»

In risposta ricevette semplicemente un « Torna a casa, mocciosa.» 

Siham si avviò sulla strada del ritorno mentre il sole pian piano svaniva all'orizzonte donando il suo ultimo saluto e baciando Asgard con i suoi raggi che resero i palazzi dorati ancora più splendenti. Il mercato era stato sgomberato e ognuno ritornava alla propria abitazione, pochi si aggiravano ancora per le strade. Imboccò una via sterrata che la portò ad una grotta buia, afferrò la torcia spenta all'ingresso per poi accenderla con un fiammifero e si addentrò nell'oscurità. Un piccolo lamento le fece capire di aver trovato chi stava cercando, puntò la luce verso di esso e un grande lupo le venne incontro buttandola giù. Gli accarezzò il muso e gli lasciò il suo pasto per poi accorgersi, dall'uscita della grotta, che qualche stella iniziava a costellare il cielo, si stava facendo notte. Salutò Fenrir lasciandogli un bacio sul capo e ritornò sul suo cammino per compiere gli ultimi metri rimasti, dopo alcuni minuti le luci dei lampioni le fecero capire di essere arrivata. 
Eccolo lì, illuminato da un semplice bagliore in grado di renderlo più divino di com'era già. La sua sola vista fece svanire ogni fatica e andar via ogni stanchezza, era come se un coro di angeli si fosse riunito in un'orchestra armoniosa proprio dentro di lei ed il suo cuore, con il suo battito, ne era lo strumento portante. Era lì, proprio sotto la sua abitazione con i suoi capelli di un biondo angelico e i suoi occhi blu come il mare in tempesta. Lui che a vederla si illuminò mostrando uno dei sorrisi più belli mai visti. È proprio lui, l'uomo al centro dei suoi pensieri: l'unico ed inimitabile Thor, suo zio. Ebbene sì, l'uomo più affascinante di Asgard, dio del Tuono e il centro delle fantasie di ogni donna era suo zio.
Poggiò una mano sul suo capo scompigliandole i capelli.

« Ciao piccola guerriera. Dove sei stata? »
« Ciao Tuono! Vengo da un lungo, interminabile e stancante allenamento con Timeless... ma per fortuna ci sei tu zietto, vero? »

Disse dandogli un buffetto affettuoso sul petto. Lui, in tutta risposta, rise di gusto mentre le circondava le spalle con un braccio e la stringeva a sé mentre lei apriva la porta. Una volta dentro la guardò sorridendo divertito.

« Puzzi di sudore! Vai a fare una doccia, ci penso io alla cena. »

Disse dandole una pacca sul sedere. Un gesto che la lasciò profondamente stupita, guardò l'uomo con gli occhi spalancati restando in silenzio per poi mostrargli un sorriso malizioso e saltargli addosso facendolo sbilanciare e girare un attimo prima di cadere sul divano sopra di lei. 
Un grande CRACK riempì la stanza, si guardarono in silenzio, entrambi con gli occhi sgranati, poi un rumore strano, come se qualcosa stesse strisciando sul pavimento, lo sguardo di Thor andò verso il marmo seguito subito dopo da quello di Siham. 
Uno dei piedi del divano rotolava indisturbato sotto i loro occhi. Nell'attimo in cui i due si resero conto di ciò che stava per accadere, un tonfo li spaventò a morte, poi il divano toccò il suolo dando ai due una sensazione di vuoto. Siham conficcò le unghia nelle braccia dello zio che la fissò per poi scoppiare a ridere prendendola in giro. Lei stanca della derisione del biondo iniziò a picchiarlo inutilmente e goffamente, costringendolo a dimenarsi e a farle il solletico. Afferrò un cuscino colpendolo poi ripetutamente al che lui lo prese dalle mani della ragazza piantandoglielo in faccia.

« Zio! Non respiro! »

Lui, allarmato, interruppe la sua tortura e lei, approfittando della situazione, lo colpì in pieno volto con un secondo cuscino finito poco prima sul pavimento a causa del forte impatto, da esso iniziarono a sprigionarsi centinaia di piume che li inondarono riempiendo l'aria; il colpo inaspettato gli fece voltare il capo e lei scoppiò in una fragorosa risata sotto lo sguardo tradito dell'uomo, dopodiché, non riuscendo più a resistere, scoppiò a ridere anche lui. Dopo alcuni minuti trascorsi tra risate uno strano rumore interruppe entrambi: lo stomaco di Siham. La risata del Dio aumentò di un'ottava.

« Okay okay... tu inizia a cucinare, io vado a lavarmi. »

La ragazza cercò di spingerlo via e lui, notando la sua fatica, si alzò da sopra di lei per poi andare in cucina a preparare la cena mentre lei si recò in bagno.

 

Durante la cena le ritornarono in mente le parole di Timeless dette alla fine dell'allenamento.

« Zio, tu sei stato a Midgard, vero? »

Lui, portando un pezzo di carne alla bocca, la guardò incuriosito.

« Sì... beh è sotto la mia protezione. Come mai questa domanda? »
« Timeless ha detto che gli umani sono crudeli, dice il vero? »

Thor poggiò le posate sul tavolo assumendo un'espressione seria.

« Siham, gli umani sono crudeli tanto quanto noi. Nessuno nasce cattivo, lo si diventa in base alle scelte che la vita ci pone davanti, sta a noi decidere quale strada prendere. »
« Quindi sono come noi? »
«Sono solo più deboli e strani. »
Lo guardò confusa. « Strani? Che intendi? »

Lui la guardò come sicuro di ciò che stava per dire.

« Non lanciano i bicchieri a terra quando desiderano altro da bere! »
Siham corrugò la fronte. « Zio, quello non lo faccio neanche io... »

Riprese a mangiare, ma un'altra domanda irruppe nella sua testa.

« E com'è Midgard? Voglio dire... l'ho studiata, ma com'è viverla? »
« Ci sono creature diverse dalle nostre, più deboli anch'esse. Le città più grandi e per le strade girano strani contenitori con le ruote che sputano fumo dal retro. »
« Contenitori di umani? »
« Sì, ce ne sono di diverso tipo: alcuni attraversano la terra ferma, altri sono in grado di stare negli abissi dell'Oceano e altri ancora sono in grado di volare! »

Con occhi sognanti cercò di immaginare ciò di cui parlava suo zio.

« E poi? Cos'altro hanno? »
« Scatole con all'interno immagini, umani in miniatura e riescono a comunicare con uno strano rettangolo di vetro. »
« Wow. Sarei curiosa di vedere tutte queste invenzioni. »
«Siham, potresti venire con me domani, Loki è fuggito, devo solo recuperarlo. Che ne pensi? »

Ci pensò su, ma in poco tempo aveva già la risposta.

« E me lo chiedi anche?! Quando partiamo? »
« In mattinata. »
« Perfetto, corro subito a prepararmi. Buonanotte, Nuvolina! »

Si alzò subito in piedi e corse in camera prima che Thor le potesse dare la buonanotte.
Dall'altra parte della casa lui mostrò un sorriso e dopo aver sistemato il disordine lasciato dalla giovane sussurrò un buonanotte lasciando l'abitazione.

 

« SVEGLIAAA!!! »

Quasi cadde giù dal letto andando ad aprire la porta, dopo essermi coperta con le lenzuola, ritrovandosi difronte Thor spazientito e al tempo stesso divertito dall'aspetto di Siham.

« Dovresti essere già pronta! »
« Va bene! Due minuti e arrivo! »

Qualche minuto dopo erano fuori dalla porta pronti a raggiungere Midgard per quella nuova avventura.

« Mi raccomando, tieniti forte. »
« Con piacere! »

Lui iniziò a roteare il martello e lei si aggrappò più forte che poté alla sua vita pronta a partire. Un attimo dopo stavano sorvolando i cieli di Asgard.


 

Lo so, questi asgardiani sono proprio stupidi 
Ringrazio 
BishamonYG per il suo contributo!
Se vi è piaciuto lasciate una recensione che sia critica o meno. Accetto tutto, anche un biscotto!

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Capitolo 3
*** II. Fool me ***


  Siham era aggrappata a Thor nel buio della notte stellata di Midgard, sorvolavano la vastità terrestre mentre un braccio dell'uomo le cingeva la vita, l'altro invece puntava il Mjolnir verso la meta a lei ancora sconosciuta, meta che raggiunsero poco dopo. Il cielo si liberò in un boato illuminando i loro visi con uno spettacolo fatto di fulmini e saette. Il biondo la lasciò andare facendo nascere in lei un gran panico, ma, prima che lei potesse dire qualcosa, i suoi piedi toccarono il suolo stranamente in movimento. Perse l'equilibrio e un vento persino più forte di quello di Asgard la investì, perciò si vide costretta a sostenersi a suo zio.

« Zio, non mi avevi informata di questo aspetto di Midgard! » gli urlò in un orecchio.
« Resta qui e tieniti pronta a gettarti quando sentirai il tuo nome. »

Restò interdetta a quelle parole, si voltò offesa per poi fare qualche passo e mettersi a cavalcioni per aggrapparsi a quello strano metallo. Sentì i passi pesanti dell'uomo allontanarsi e, subito dopo, lo vide con la coda dell'occhio lanciarsi nel vuoto facendo salire in lei un pizzico di angoscia che svanì quando sentì un tonfo metallico provenire da sotto di lei. Si sollevò spostandosi verso l'estremità di quella piattaforma, portò un braccio davanti alla fronte, tenendo il viso chino per deviare quel forte vento e per riuscire a scorgere qualcosa nel buio: un mantello rosso catturò la sua attenzione, Thor si era appena buttato tenendo qualcuno tra le braccia, probabilmente suo zio Loki.

« Siham! »

All'udire il suo nome, la ragazza si lasciò andare in picchiata verso la sua direzione, durante la caduta due voci giunsero alle sue orecchie.

« Stark, ci occorre un piano d'attacco! »
« Io ho un piano. Attacco. »

Interessanti questi umani. Pensò mentre raggiungeva i due e si aggrappò alla caviglia di Thor per poi lasciare la presa un attimo prima di toccare terra, rotolando fino al ciglio del precipizio. Si alzò in piedi passando le mani sull'armatura per levare la polvere, avvicinandosi poi ai due uomini giusto in tempo per vedere Loki ridere steso al suolo e per sentire le parole di Thor.

« Dov'è il Tesseract? »

In risposta ricevette una risata dolorante e poche semplici parole. 

« Anche tu mi sei mancato. »
Thor divenne scuro in volto. « Ti avverto che non sono di buon umore. »
« Oh, dovresti ringraziarmi. Ora che il Bifrost è andato, quanta energia oscura ha raccolto Padre Tutto per farti manifestare qui, sulla tua preziosa Terra insieme al tuo fedele cagnolino? »
Sentendosi tirata in causa disse anche lei la sua. « Pensa per te, piccolo cervo. »

Il Dio del Tuono, innervosito, mollò il Mjolnir a terra sollevando poi il fratello per le vesti e poggiando una mano sull'incavo del suo collo, per poi guardarlo intensamente negli occhi.

« Ti credevo morto. »

Lei distolse lo sguardo ripensando a quei giorni di pura malinconia.

« Eri in lutto? »
« Lo eravamo tutti. » a quelle parole Siham annuì silenziosamente. « Nostro padre... »
« Tuo padre. Ti ha rivelato le mie vere discendenze, è vero? »
« Siamo stati allevati insieme. Abbiamo giocato insieme, abbiamo combattuto insieme. Non ricordi nulla di questo? »

Loki si diresse verso un masso accanto al luogo su cui era stesa la ragazza poco prima, voltandosi poi verso Thor.

« Ricordo un'ombra. Una vita all'ombra della tua grandezza. Ricordo che tu mi hai scaraventato nell'abisso. Io che ero e dovrei essere re! »

Sentendo ciò lei non poté fare a meno di esprimere nuovamente il suo pensiero.

« Anche io dovrei governare un regno, eppure non creo guerre e non muovo eserciti. »

L'uomo le rivolse il suo sguardo ridendo.

« Stolta, non ti rendi conto? Vietano anche a te il potere, dovresti unirti a me e non stare con chi ti impedisce di compiere il tuo destino. »

Prima che lei potesse rispondere, le parole di Thor la bloccarono.

« Prendi il mondo e le persone che amo come ricompensa per una tua visionaria inferiorità? No. La Terra è sotto la mia protezione, Loki e lo è anche Siham. »

La risata del Dio degli Inganni riecheggiò nella notte.

« E ammetto che stai compiendo un lavoro egregio. Gli umani si uccidono tra loro in massa mentre tu ti agiti pigramente. Io intendo governarli, e per una giusta causa. »
« Ti ritieni superiore a loro? »
« Beh, sì. »
Il viso di Thor si accigliò. « Ti sfugge il vero significato del governare, fratello. Il trono non è adatto a te. »

Loki lo spinse dal petto ritornando in cima al precipizio e lei lo seguì con lo sguardo.

« Io ho visto mondi che tu nemmeno conosci. Sono cresciuto, figlio di Odino, nel mio esilio. Ho visto il vero potere del Tesseract e quando lo esercito... »
« Chi ti ha mostrato questo potere? Chi controlla il mancato re? »
« Io sono un re! »

Il biondo afferrò le sue braccia avvicinando nuovamente il viso al suo.

« Non qui! Devi rinunciare al Tesseract! Devi rinunciare a questo delirio venefico! » i suoi occhi si fecero lucidi mentre poggiava una mano sul suo collo. « E tornartene a casa. »

Una risata gelida investì il viso del Dio del Tuono.

« Non è qui con me! » Il Mjolnir tornò nelle mani del proprietario mentre il corvino continuava il suo discorso. « Serve il cubo per riportarmi a casa, ma l'ho spedito lontano, e non so dov'è. »
Il viso di Thor si rilassò come a prepararsi per un lungo monologo. « Ascoltami bene, fratello. » Monologo che venne interrotto sul nascere da una strana figura di un rosso metallico che lo portò via in volo.
« Ascolto. »
« Avrei voluto ascoltare anche io. »

Loki le rivolse un sorriso beffardo mentre lei si avvicinava sull'orlo del precipizio per osservare meglio la scena, ma riuscì solo a sentire poche parole.

« Ti rendi conto con che cosa hai a che fare? »

Alla domanda di Thor, una voce robotica rispose provocatoria.

« Shakespeare in estiva? Vostra madre sa che indossate le sue vesti? »

Chiunque fosse Shakespeare, la ragazza non poté fare a meno che lasciarsi sfuggire una lieve risata.
Siham sospirò lievemente per poi girare lo sguardo in direzione dell'uomo che la fissava con un piccolo sorriso sulle labbra che ricambiò con uno malizioso e provocatorio al contempo. Loki stava studiando attentamente ogni sua mossa, ogni piccolo dettaglio, preparandosi ad attaccare, ma lei lo precedette.

« Loki, credi che io non ti capisca? È stata sempre lì, quell'ombra a sovrastarmi, a impedirmi di raggiungere il mio obbiettivo, a cercare di cambiare il mio destino. Siamo stati illusi, traditi... ci hanno estirpato dal trono! » Si avvicinò sempre più a lui. « Dovremmo essere al loro posto adesso, un passo più avanti. Siamo stati respinti perché diversi. Tenuti in gabbia e temuti per il nostro potere. » Le loro labbra si sfiorarono, il sospiro dell'uomo soffiava sulla sua pelle mentre gli occhi si perdevano nell'azzurro dei suoi. « Non siamo poi così diversi, infondo. »

Lei azzerò la distanza che li separava unendosi finalmente a lui in un bacio. Lo sguardo dell'uomo vagava sul suo viso, incerto e spaesato, tuttavia non si allontanò permettendole di soffiare lievemente sulle sue labbra un'allettante proposta.

« Vieni con me. Governa al mio fianco il Regno di Morte che mi spetta. »

Udendo quelle parole un sorriso si aprì sul suo volto mentre premeva nuovamente le labbra contro le sue, stavolta chiedendo l'accesso per un bacio più passionale e focoso che lei non negò. Le sue mani vagavano sulla schiena di lei scendendo fino ai fianchi stringendola a sé così da far aderire il suo seno al proprio petto. Quando la ragazza stava per allontanarsi lo sentì catturarle il labbro inferiore con un piccolo morso, lei curvò gli angoli della bocca avvicinandosi al suo orecchio per poi sfiorargli il lobo con la punta della lingua.

« Ma ci serve il Tesseract per raggiungerlo. Portami da lui, solo così potremmo... »

Un forte vento improvviso li investì facendoli separare bruscamente, poco dopo una figura ad entrambi familiare apparve al loro fianco insieme ad un soldato con una strana uniforme e con un enorme scudo tra le mani. Quest'ultimo le si avvicinò tendendole una mano come ad aiutarla, lei non esitò ad afferrarla e a ringraziare con un lieve cenno di capo, al che l'uomo si presentò con un sorriso gentile.

« Piacere di conoscerla, sono Steve Rogers. »

La ragazza ricambiò la stretta, presentandosi a sua volta.

« Siham Tyrson, da Asgard. »
Il ragazzo si voltò dando un semplice ordine. « Bene. Torniamo al Quinjet. »

 

« Perché Loki si è lasciato arrestare? Da qui non può guidare eserciti. »

Sentir nominare quel nome da parte del soldato la destò dai suoi pensieri. Si trovavano all'interno di una sala, circondati da tecnologie umane e seduti attorno ad un tavolo a discutere dell'accaduto. Da ciò che aveva potuto comprendere durante il viaggio verso quella strana nave volente, chiamata dai midgardiani Helicarrier, coloro che erano al suo fianco non erano altro che un gruppo di persone, dotate di poteri o abilità più sviluppate del normale, riunite per affrontare le più grandi minacce, in quel caso proprio suo zio Loki.

« Non credo che dovremmo concentrarci su Loki. Ha un cervello completamente fuori fase. Basta guardarlo per capire che è pazzo. »

Siham smise immediatamente di pensare ai recenti avvenimenti per dedicare tutta la sua attenzione al resto del gruppo, in particolare al dottor Bruce Banner, non importava quale abilità avesse, avrebbe dovuto imparare a tenere la bocca chiusa. Rivolse uno sguardo più che serio nei suoi confronti poggiando lentamente le mani sulla superficie fredda del tavolo.

« Modera le tue parole. Loki è incapace di ragionare, ma è un Asgardiano, ed è mio zio. »
La spia dalla chioma scarlatta decise di intromettersi nel dialogo. « Ha ucciso ottanta persone in due giorni. »

Prima che Siham potesse rispondere, Thor la precedette.

« È adottato. »

A quel punto le scappò un'occhiata piena di delusione e contraddizione. Nello stesso momento in cui si stava per alzare, un uomo in giacca e cravatta irruppe nella stanza e si avvicinò subito allo zio di lei dandogli una leggera pacca sulla spalla.

« Nessun rancore, Point Break. Hai una bella sventola. »

Qualunque cosa avesse detto le scappò una leggera risata, la ragazza attribuì quella voce alla stessa che aveva sentito durante il lancio dal Quinjet e prima della battaglia.
Tornò a sedersi compiaciuta mentre colui che dedusse essere Tony Stark ricambiò il suo sorriso dedicandole un impercettibile occhiolino, che non passò di certo inosservato a Mr. Fulmini e Saette alle spalle di lei; da quel momento in poi la conversazione si concentrò su eserciti, guerre e supposizioni di cui poteva benissimo fare a meno. Arrivati ad un punto della discussione, Stark compì un movimento inavvertito a tutti meno che a lei, malgrado lei fosse più concentrata nel giocherellare con la collana attaccata alla sua cintura, notò la sua mano immettere uno strano dispositivo su uno dei computer della sala, ma decise di non prestarci attenzione.

 

Stavano camminando per i corridoi intricati dell'eliveivolo, davanti a lei suo zio discuteva di una certa Jane Foster con un uomo di colore con una benda sull'occhio. Affianco alla ragazza l'agente Coulson, con il suo impeccabile completo, le raccontava di quella volta in cui uno strano martello venne ritrovato nel cuore del Messico e proprio lui era stato incaricato, insieme allo S.H.I.E.L.D., di verificarne la provenienza.

« C'è una cosa che ancora non mi è chiara, figlio di Coul. » Il suo sguardo incuriosito la invitò a continuare. « Cos'è esattamente lo S.H.I.E.L.D.? »
« Vuole la risposta semplice o quella più complessa? »
« Quella più comprensibile non sarebbe male. »
« Ci preoccupiamo di nascondere agli occhi della gente tutto ciò che è inspiegabile e che li farebbe entrare in uno stato di panico e agitazione costringendoli a far scoppiare inutili rivolte. »

Siham si voltò verso di lui poco convinta.

« Mi scusi, qual era la spiegazione complessa? » 

Lui la guardò accennando un sorriso compiaciuto, come se aspettasse soltanto quella domanda.

«Beh, avrei iniziato con il dire che S.H.I.E.L.D. non è altro che l'acronimo di Strategic Homeland Intervention Enforcement and Logis... »
« Okay okay, faccia finta che non gliel'abbia chiesto. Rimarrò nella mia beata ignoranza. »

Accelerò il passo ghignando dirigendosi verso la grande vetrata della stanza appena raggiunta, sotto lo sguardo di un Phil Coulson ancora fermo e basito dalle sue parole che non esitò a sospirare divertito e allo stesso tempo rassegnato per poi raggiungerla sotto le luci di milioni di stelle.
Il sentir pronunciare il nome del pianeta da cui proveniva la distrasse da quella vista, portandola ad osservare poco lontano suo zio e il direttore Fury.

« Noi su Asgard fingiamo di essere più avanzati, ma veniamo... veniamo qui combattendo come i Pentapalmi. »
« Come chi? »

Thor rivolse lo sguardo stupito al suo interlocutore.

« Pentapalmi. Sono enormi, squamosi, grosse corna. Non li avete qui? »
«Non credo. »

Siham rivolse lo stesso sguardo a Coulson che si trovava di fronte a lei.

« Davvero non avete i Pentapalmi? »
Lui finse di rifletterci su per poi negare semplicemente. « Non penso di averne mai visto uno. »

Lei spostò lo sguardo verso un punto indefinito della stanza provando a mettersi nei loro panni.

«Mh... che culo! »

Al sentire le sue parole, l'agente spalancò gli occhi preso alla sprovvista per poi scoppiare in una risata trattenuta, cercando di nascondersi voltandosi verso la vetrata e volgendo lo sguardo all'opposto del suo, provocandole un lieve sorriso.
Osservando il vetro a cui era poggiata, scorse il riflesso del Dio norreno che si avvicinava a loro particolarmente serio in volto iniziando un breve monologo.

« Quando arrivai sulla Terra la rabbia di Loki mi rincorse e il vostro popolo ne pagò il prezzo. Ora, di nuovo. » La ragazza rivolse lo sguardo verso il basso sospirando. « In gioventù, io adulavo la guerra. »
Le sue parole vennero interrotte da Fury. « La guerra non è ancora cominciata. Riuscirai a convincere Loki a dirci dove si trova il Tesseract? »

Le sfuggì un lieve ghigno che venne intercettato da Coulson.

« Questo non lo so. La mente di Loki ormai è smarrita, non è solo il potere che desidera. Vuole vendetta, su di me. La sua brama non sarebbe carpita neanche dal dolore. »
« Questo lo pensano in molti, finché il dolore non comincia. »
« Cosa mi stai chiedendo di fare? »
« Ti chiedo cosa tu sei disposto a fare... »

Thor si voltò verso l'uomo con uno sguardo tra l'incuriosito e il confuso mentre lei incrociava le braccia al petto guardando il biondo con aria di sfida.

« Loki è un prigioniero. »
« E perché ho la sensazione che l'unico che desideri trovarsi su questa nave sia lui? »

 

« Vorrei sapere perché lo S.H.I.E.L.D. utilizza il Tesseract per fabbricare armi di distruzione di massa. »

Appena Siham entrò nel laboratorio le parole di Bruce la investirono seguite da quelle del direttore Fury che puntò il dito proprio contro di lei e Thor.

« Per causa loro. »
Quasi all'unisono, la ragazza e suo zio spalancarono gli occhi rispondendo. « Nostra?! »
« L'anno scorso, un visitatore da un altro pianeta ha scatenato uno scontro tra rivali che ha raso al suolo una cittadina. Abbiamo imparato che, oltre a non essere soli, siamo miseramente, ridicolmente, inadeguati. »
Siham aggrottò le sopracciglia per poi dire la sua. « Il nostro popolo vuole la pace con il vostro pianeta. »
« Ma voi non siete l'unico popolo, vero? E non siete l'unica minaccia. Il mondo si sta riempiendo di esseri fuori dal comune che non possiamo controllare. »
Il capitano Rogers si intromise nella loro conversazione. « Come controllate il cubo? »
Thor rispose alla sua domanda. « Il vostro lavoro con il Tesseract ha attirato qui Loki e i suoi alleati. È un segnale a tutti i regni che la Terra è pronta per nuove forme di guerra più evolute. »
Un'espressione confusa si fece strada sul viso di Steve. « Più evolute? »
Mr. BendaSullOcchio trovò una scusa valida. « Dovevamo inventarci qualcosa. Tu ci hai forzato la mano. »
Stark, che finora era stato stranamente in silenzio, si strinse nella sua giacca punzecchiando l'uomo con una delle sue frasi, a parer mio, geniali. « Un deterrente nucleare. Perché quello calma sempre tutto all'istante. »
« Mi ricordi come hai guadagnato la tua fortuna, Stark? »
Il soldato decise di esprimere nuovamente la sua opinione per poi essere facilmente interrotto da Tony. « Se fabbricasse ancora armi, Stark sarebbe sommerso sino... »
« Un momento, sono io al centro dell'attenzione? »
« Perché, non lo sei sempre? »

A Siham scappò un leggero sorriso e Thor esternò il suo pensiero sugli umani, costringendola a fare lo stesso.

« Pensavo che gli umani fossero migliorati. »
« A parer mio, invece, sono molto divertenti. » Il suo sguardo si spostò verso Stark. « E interessanti. »

Al sentire le sue parole, Thor le lanciò un'occhiata di sconcerto e disapprovazione, mentre tra i restanti del gruppo scoppiava una lite che vedeva come protagoniste frecciatine e minacce, finché Banner non esordì con un brillante giudizio.

« Vi credevate una squadra? No, no, no, siamo una mistura chimica che produce il caos. Siamo pronti ad esplodere. »

Fury tentò di calmarlo intimandogli di allontanarsi, ma Tony irruppe nella conversazione con i suoi soliti modi di fare per ottenere l'esatto opposto, poggiando una mano sulla spalla di Rogers e costringendolo a ribattere.

« Perché non dovrebbe scaricarsi un po'? »
« Sai benissimo il perché. Toglimi di dosso le mani! »
« Oh, ti è venuto per caso qualche livido? »
« Già. Sei grosso con l'armatura. Tolta quella, che cosa sei? »
« Un genio, miliardario, playboy, filantropo. »
Sentendo ciò, alla ragazza scappò una leggera risata. « Mica male il midgardiano. »

Captain America le rivolse uno sguardo di disprezzo che ritornò poi su un Tony compiaciuto.

« Conosco uomini modesti che valgono dieci volte te. Ho visto i filmati. L'unica cosa per cui combatti è te stesso. Non sei il tipo votato al sacrificio che si stende sopra un filo spinato perché gli altri lo scavalchino. »
« Io il filo spinato lo taglierei. »
Siham si voltò verso suo zio. « Perché non abbiamo qualcuno come lui ad Asgard? »
Il biondo la squadrò sempre più confuso. « Siham... »
« Sei un esperimento di laboratorio, Rogers. Quello che hai di speciale è uscito da un'ampolla. »

Lanciò un'occhiata eloquente al suo interlocutore, come a sottolineare quanto detto prima. Lui, in risposta, spostò l'attenzione nei confronti degli altri presenti.

« Siete veramente meschini... e ridicoli. » Esordì Thor.
Banner decise di dargli manforte, per poi mettere proprio Siham al centro dell'attenzione.
« Sì, una vera squadra! E in tutto ciò... chi diavolo è lei?! »

Indicò la ragazza con un dito e lei lo fissò stupita.

« Chi? Io? »

Un rumore improvviso e assordante fermò la lite, subito dopo la vista le venne completamente offuscata da un bianco accecante e venne travolta da un'ondata di calore e detriti tanto forte da sollevarla e spingerla via.

 

Ve l'avevo detto che migliorava!!
Ringrazio 
BishamonYG per il suo contributo!
Se vi è piaciuto lasciate una recensione che sia critica o meno. Accetto tutto, anche un biscotto!

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Capitolo 4
*** III. Fool me pt.2 ***


     Sentì solo un fischio assordante che la costrinse a portare le mani alle orecchie. Riaprì gli occhi attendendo che quel bagliore sarebbe svanito, non appena riacquistò i sensi provò a muovere gli arti iniziando a tastare la superficie sotto di sé, quando sentì qualcosa di simile ad un battito cardiaco tentò anche di sollevare la testa per poi scorgere il volto del direttore Fury. La sorpresa lasciò presto spazio all’imbarazzo, così la ragazza scostò le mani dell’uomo dalla propria schiena, si alzò facendo leva sul suo petto offendendosi quando sentì un sospiro di sollievo provenire dalle sue labbra. Lo vide alzarsi con non poca fatica per poi osservarlo con un sopracciglio alzato mentre cercava di rimuovere la polvere dalla sua lunga giacca scura.


 

« Signorina Tyrson, ho bisogno che lei vada… »
« Aspetti, aspetti, aspetti… prima di tutto, quando parliamo quale occhio devo guardare? »

Le labbra del direttore si schiusero pronte a dire qualcosa, ma vennero chiuse poco dopo dallo stesso Fury ormai rassegnato che si voltò e, senza dire nulla, andò per la sua strada. Quella reazione inaspettata la spinse a seguirlo non sapendo cosa fare. Una volta sul ponte di comando lo sentì dare ordini ai suoi agenti, ma l’unica cosa che arrivò alle orecchie della ragazza fu la perdita di uno dei motori dell’Helicarrier, poi una donna, colei che Nick chiamava agente Hill, urlò una semplice parola.


« Granata! »
« Due esplosioni nel giro di qualche minuto, è così che date il benvenuto qui? »

Fury le lanciò un’occhiata spazientita, ma prima che lei potesse rispondere una serie di soldati irruppero nella stanza scagliando proiettili ovunque. La sua attenzione venne catturata da qualcosa di inusuale: una freccia con una strana punta si andò a conficcare in una delle tante tecnologie umane lì presenti; incuriosita ne seguì la traiettoria e con la coda dell’occhio riuscì a scorgere, appena in tempo, un uomo armato di arco e frecce. In quell’attimo fuggente i suoi occhi si piantarono in quelli di lei. Un azzurro fin troppo familiare, quell’uomo era stato soggiogato da Loki. Ancor prima che lei potesse inseguirlo la notizia dell’abbandono di un altro motore arrivò alla base e finalmente dalla bocca di Fury fuoriuscì un ordine.

« È Barton. Ha fatto fuori i nostri sistemi. » ed ecco l’utilità di quella strana freccia. « È diretto al livello detenzione. Qualcuno mi riceve? »

Senza sentire altro Siham si mise all’inseguimento dell’arciere, arrivando al livello indicato dal direttore.
Lo scorse di spalle tra le grate, il famoso Clint Barton, l’arciere.

« E quindi tu sei Barton, chissà come ci si sente ad andare contro la propria squadra. » si avvicinò leggermente squadrandolo dal basso verso l’alto. « Certo che lo zietto ha fatto un’ottima scelta. » lo vide voltare appena il capo e impugnare saldamente l’arco per poi posarlo sulle sue spalle. « Peccato che io debba rovinare il tuo bel faccino. »

Udendo le sue parole l’uomo si girò completamente verso di lei dandole così la possibilità di sferrare un pugno dritto sul suo addome, facendolo piegare su se stesso ma non abbastanza da permetterle di assestargli una ginocchiata in pieno volto; per cui approfittò della situazione per accompagnarlo nella sua movenza con entrambe le mani sul suo capo fino a farlo scontrare con forza sul proprio ginocchio. Dopo aver recuperato l’equilibrio lo osservò compiere degli strani movimenti con la mascella per poi rimanere immobile come se tutto ciò che era appena accaduto non lo avesse scalfito minimamente. Il suo sguardo perso contrastava con la sua bocca serrata come se stesse lottando con se stesso per non reagire e quello le dava sui nervi.

« Un cagnolino fin troppo fedele. »
« Mi è stato proibito di attaccarti. »

La donna scattò in avanti mollandogli un destro sul viso costringendolo a voltare il capo e in pochi secondi il suo sguardo tornò su di lei con un’aria di sfida. Sfida che accettò colpendolo sul mento con un calcio e facendolo poi cadere.
Soddisfatta allargò le braccia sorridendo e invitandolo a colpirla mentre faceva qualche passo indietro per consentirgli di rialzarsi.

« Dai, divertiamoci un po’. »

Non appena si resse nuovamente sulle sue gambe l’ampiezza del sorriso sulle labbra di lei crebbe, ma si smorzò nel vederlo sputare letteralmente sul pavimento mentre un rivolo di sangue scivolava sul suo mento. Quando tornò alla posizione originaria, era già pronta a colpirlo ancora, ma, inaspettatamente, un pugno centrò in pieno il suo viso, con una forza tale da farle perdere l’equilibrio e spingerla con la schiena contro il parapetto. Il contatto con il freddo del metallo la fece rabbrividire, si scostò velocemente per ricomporsi e con inaudita sorpresa un sapore metallico risvegliò le sue papille gustative.

« Allora anche gli dei sanguinano. »

Lei portò la mano destra al livello della bocca pulendosi con non-chalance il labbro inferiore utilizzando la pelle del guanto. La risata di Siham ruppe il silenzio.

« Finalmente si fa sul serio. »

Senza neppure ascoltare le sue ultime parole, l’arciere si lanciò all’attacco scattando prima con un montate destro, che la ragazza evitò indietreggiando con il busto, poi con un sinistro che la costrinse a fare qualche passo instabile all’indietro e ad alzare entrambe le mani quasi a cercare di calmarlo.

« Okay, okay, okay… calmati, bellezza. » Dicendo ciò estrasse entrambe le lame con un movimento deciso facendole roteare un paio di volte su se stesse per poi fermarsi in posizione d’attacco come ad invitarlo a ritentare. « Vediamo di cosa sono capaci i midgardiani. »

Barton senza farsi intimidire afferrò un coltello dalla fondina sulla gamba destra. Siham, prima di essere colta nuovamente di sorpresa, tentò di colpirlo con l’elsa della spada sulla guancia sinistra, ma prontamente lui si abbassò per schivare il colpo e al contempo avere via libera per il contrattacco, difatti, con un movimento veloce del braccio, le lacerò la pelle all’altezza dell’addome. L’asgardiana indietreggiò on un piccolo balzo a causa del colpo subito e portò istintivamente la mano sul ventre lasciando cadere una delle due spade. Senza perdere tempo l’agente avanzò nel tentativo di tagliarle la gola “non perde tempo il biondino eh.”, lui portò indietro il busto sbilanciandosi per sferrargli un calcio sul viso, tentativo vano dato che nuovamente sparì dalla sua visuale giusto in tempo per allungare la gamba e farle uno sgambetto, in pochi secondi, Siham, si ritrovò sulle grate d’acciaio a terra. Vedendolo avvicinarsi cercò una via di fuga, ma il suo braccio era bloccato sotto la ringhiera, l’altro invece, era libero di muoversi così cercò di non farsi sfuggire l’occasione per colpirlo, ma il suo attacco andò a vuoto e si ritrovò nuovamente bloccata al suolo.
Quando lo vide chinarsi su di lei le scappò un sorriso di sfida che crebbe nel momento in cui Barton le bloccò il polso preparandosi ad ucciderla.

« Paparino ti ha dato il permesso? »

Sfruttò l’attimo di esitazione per liberare il braccio dalla sua prigionia e per afferrare la lama caduta in precedenza, giusto in tempo per bloccare l’attacco dell’uomo. In quell’attimo di coesione i suoi occhi incontrarono quelli dell’uomo ed era quasi certa che una scintilla era apparsa nei suoi, senza aspettare oltre sferrò una ginocchiata dritta sui suoi genitali, un’espressione di sorpresa seguita da una di enorme sofferenza si fece strada sul suo volto, l’attimo dopo stava per crollare addosso a lei, ma prontamente la ragazza scivolò tra le sue gambe senza dimenticarsi di restituirgli il favore, perciò lasciò che le due spade graffiassero con malcelata dolcezza le caviglie del biondo. Una volta in piedi si avvicinò al suo corpo dolorante allontanando il suo coltello con un calcio, dopodiché si chinò su di lui bloccando il suo petto con il ginocchio. Puntò lo sguardo nel suo non potendo fare a meno di scorgere l’azzurro della manipolazione mentale di suo zio, un lungo sospiro fuoriuscì dalle sue labbra, chiuse lentamente gli occhi portando la mano tra i capelli dell’agente e avvicinando il viso al suo per poi sussurrare al suo orecchio, sfiorandolo con le labbra.

« Sssh… sta’ tranquillo, la tua mente è libera, devi solo ascoltarmi, segui la vo… »

Un urlo la interruppe, alzò subito la testa per guardarsi intorno, ma si rese conto che proveniva dalla sua mente… Thor.
Dopo aver sussurrato un flebile “mi dispiace” a quell’uomo così sconosciuto, si alzò in piedi e iniziò a correre verso il luogo dal quale proveniva quella voce. Corse tra i corridoi, non contò nemmeno quanti angoli aveva svoltato o quanti agenti le avevano urlato contro, la sua preoccupazione era solo una e si trovava oltre quella porta. Con entrambe le mani spalancò le due porte irrompendo nella stanza, con gli occhi sbarrati riuscì solo a scorgere Thor, mentre un secondo dopo lo vide precipitare nel vuoto totale. Spostò lo sguardo altrove disperata, ma l’unica cosa che intravide fu il corpo dell’agente Coulson ricoperto di sangue, incredula si precipitò verso di lui, ma il volto beffardo di Loki la bloccò.
La sua figura dava le spalle alla cella nella quale era rinchiuso Thor fino a pochi secondi prima, lentamente le si avvicinò fino a posarle una mano sulla guancia, lei ricambiò il suo sguardo con un finto sorriso.

« Ora che Thor è morto il regno è nelle nostra mani. » Le labbra dell’uomo sfiorarono il lobo del suo orecchio. « Finalmente ciò che abbiamo bramato per anni sarà nostro e tu… tu mia.»
« Che bisogno c’era di ucciderlo? Il tuo piano non era forse strappargli Midgard dalle mani? »
« Quale modo migliore per farlo, se non questo? »
« Si tratta di tuo fratello! »

Il suo sguardo si abbassò e un leggero  sorriso illuminò il suo volto seguito da una risata tanto cristallina quanto inquietante.

« I miei complimenti! Sei riuscita a ingannare il Dio degli inganni. »
L’amara consapevolezza di chi ha miseramente fallito si fece strada in lei. « Ho avuto il migliore dei maestri. »
« Hai ancora tempo per seguirmi. Non hai più nulla. Lui è morto! »

Con il crescere della rabbia sorgeva anche un dubbio. “E se fosse ancora vivo?” Tentò di connettersi a Thor telepaticamente e un sorriso increspò le sue labbra.

«No… lui è vivo. »
« Anche se fosse, ti fidi davvero di lui? Ti ha strappata dal tuo destino per crearte uno nuovo. Sei creta nelle sue mani! »
« Tu non sai quel che dici! Non ho mai avuto un destino, me l’hanno strappato alla nascita. Lui, invece, mi ha dato qualcosa in cui credere. »

Per la prima volta notò una scintilla di rabbia nei suoi occhi indecifrabili.

« Non capisci! Ti ha rubata dalle loro mani! »
« Loro mi hanno abbandonata! Non glien’è mai importato nulla! »

Un'altra risata riecheggiò nella stanza.

« Lei ti sta cercando. Sei la cosa più importante che abbia mai avuto. »
«Che assurdità stai dicendo… lei… »
« Sei la sua migliore creazione, ma la più grande distruzione. Ovunque tu andrai la morte ti seguirà, è la tua maledizione e quella di chi ti circonda. »
Le sue mani iniziarono a tremare mentre faceva qualche passo indietro, incredula. « Che vuoi dire…? »

Ancora prima che Loki potesse rispondere alla sua domanda un fascio di luce accecante lo avvolse, la ragazza si voltò di scatto verso la fonte di quello strano fenomeno. Appoggiato alla parete, Coulson, imbracciava quella che sembrava a tutti gli effetti un’arma con espressione soddisfatta.

« Ecco che cosa fa. »

Il suo sguardo tornò alla cella mentre innumerevoli domande le inondarono la mente. Intorno a lei ogni cosa continuava il suo corso, gruppi di persone compivano un via vai per la stanza curarsi minimamente di lei. Le parole del direttore nei confronti dell’agente la destarono dal suo temporaneo stato di shock.

« Rimani sveglio. Occhi su di me. »
« No, timbro il cartellino. »
« Opzione non valida. »

Non ascoltò altro, non finché dalle labbra dell’agente non sentì fuoriuscire il suo nome. Coulson aveva infatti interrotto lo sproloquio di Fury per dire qualcosa di preoccupante per la ragazza.

« Siham è… »

L’uomo sbarrò l’occhio mentre Siham faceva lo stesso, iniziò a riempire Coulson di domande, ma quando si accorse di non poter più ricevere risposta i suoi pensieri andarono ad altro, aveva perso il suo più fidato agente. La ragazza si avviò verso l’uscita e poco prima di abbandonare la stanza un ovattato “È deceduto.”  la raggiunse, per questo si fermò volgendo lo sguardo ai due.

« Mi dispiace. Avrei potuto salvarlo. »

Senza attendere risposta imboccò il corridoio pronta a perdersi tra le stanze dell’enorme veivolo… dopo numerosi vicoli ciechi si ritrovò ad osservare l’uomo con cui aveva combattuto poche ore prima.
Aldilà della vetrata, seduto su un lettino, l’uomo era intento a fissare le proprie mani chino su se stesso, silenziosamente l’asgardiana congiunse le lame impugnando l’arco per poi scattare all’interno e puntargli una freccia contro.

«Dobbiamo recitare ancora una volta il copione o possiamo passare all’atto successivo? »

 

 

Ringrazio BishamonYG per il suo contributo!
Se vi è piaciuto lasciate una recensione che sia critica o meno. Accetto tutto, anche un biscotto!
 

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Capitolo 5
*** IV. It's just the start ***


« Dobbiamo recitare ancora una volta il copione o possiamo passare all’atto successivo? »
 
L’uomo alzò la testa in direzione della voce, che tanto sconosciuta non era; uno sguardo duro si fece spazio sul suo viso.

« Abbassa l’arco, il tuo amichetto non mi controlla più. »

Nel sentire quelle parole, Siham gli si avvicinò per poi afferrare il suo viso e sollevarlo in direzione del proprio. Dopo aver guardato da varie angolazioni le sue iridi fu certa che l’agente non mentiva, così ripose l’arco di fianco a quello dell’uomo per poi sedercisi accanto.

« Come ti hanno liberato dal controllo di mio zio? »
« Di certo non con una ginocchiata sulle palle. »

Sputò Barton truce, la ragazza sbuffò.

« Riguardo a quello, perdona il mio gesto sleale, mi stavi mettendo in difficoltà e non volevo ucciderti. Voi midgardiani siete così fragili. »

L’arciere spostò lo sguardo verso l’alto con un sorriso di consapevolezza.

« Ah già, sei come lui, dopotutto volevi controllarmi anche tu la mente. »

Si voltò colpita verso di lui.

« Stolto, la mia intenzione era liberarti. »
« Perché non l’hai fatto? »
« Ho ritenuto più importante salvare mio zio. »

Intendendo male l’uomo si alzò dirigendosi verso la stanza lì accanto.
La solitudine della ragazza fu temporanea perché dalla porta entrò il capitano Rogers.

« È ora di andare. »
Siham scattò in piedi in segno di rispetto. « Dove? »
« Te lo dico per strada. Sai pilotare un jet? »
Aggrottò le sopracciglia squadrandolo meglio. « Un jet… »

Clint uscì da quello che si rivelò essere un bagno con un asciugamano tra le mani.

« Lei no, ma io sì. »
« Hai un’armatura? »
« Sì. »
« Allora indossala. »



Mentre il gruppo attraversava New York sul jet, Tony era già arrivato alla Stark Tower. Stava avendo una “piacevole” discussione con Loki, il Dio degli Inganni.

« Ti prego, dimmi che farai appello alla mia umanità. »

Stark, intento a scendere le scale per raggiungere l’angolo bar, lo guardò con un sorriso.

« Ah, in realtà, intendo minacciarti. »
« Avresti dovuto indossare l’armatura. »
« Si. Ha fatto qualche chilometro di troppo, e tu hai la bacchetta del destino. Ti va un drink? »

Dalle labbra del dio uscì un sorriso di superbia.

« Prendere tempo non cambierà niente. »

Il miliardario agitò la mano con convinzione indicando prima Loki e poi le bevande.

« No, no. Minaccio. Niente drink? Sicuro? Io lo prendo. »

In risposta, il diretto interessato si avvicinò alla vetrata squadrando il cielo.

« I Chitauri stanno arrivano. Nulla può cambiare. » Si voltò verso l’uomo intento a versarsi un drink. « Cosa dovrei temere? »
« Gli Avengers. Ci facciamo chiamare così. Una specie di squadra. Gli eroi più forti della Terra, roba simile. »
« Si, li ho conosciuti. »
« Già. Ci mettiamo un po’ a riscaldarci, questo te lo concedo. Ma facciamo la conta dei presenti. » Mentre pronunciava queste parole, lasciò per un momento il bicchiere e senza farsi notare indossò dei bracciali legati al Mark VII. « Tuo fratello, il semidio; sua nipote, che credo sia un’arciera; un super soldato, una leggenda vivente che vive nella leggenda; un uomo con grossi problemi nel gestire la propria rabbia; un paio di assassini provetti, e tu, bellimbusto, sei riuscito a far incazzare tutti quanti.»
« Era questo il piano. »

Stark, con il bicchiere tra le mani, mosse qualche passo verso Loki, dando ogni tanto un sorso al liquido.

« Non è un granché. Quando verranno, e lo faranno, verranno per te. »
« Ho un esercito. »
« Noi un Hulk. »
« Ti sfugge il punto. Non c’è nessun trono. Non esiste una versione in cui tu ne uscirai trionfante. Forse verrà il tuo esercito e forse sarà troppo forte per noi, ma ricadrà su di te. Se non riusciremo a proteggere la Terra, stai pur certo che la vendicheremo.»
« E come potranno i tuoi amici pensare a me, mentre combattono te?»

Nel dire ciò puntò lo scettro contro il reattore ARC toccandolo con convinzione, ripetendo l’azione più volte sotto lo sguardo soddisfatto del genio.

« Di solito funziona. »
« Può capitare di fare cilecca. Sai, non è così raro. Una volta su cinque … »

Il dio, sentendosi preso in giro, afferrò l’uomo per il collo e lo scaraventò contro il freddo pavimento.

« Jarvis, quando vuoi! »
Ignorando deliberatamente le sue parole, lo riprese per la maglia gettandolo con forza contro la vetrata che finì per rompersi. « Vi piegherete tutti al mio cospetto! »

Durante la caduta, Tony chiamò a sé l’armatura che non tardò ad arrivare o, almeno, gli evitò un incontro ravvicinato con l’asfalto. Pochi secondi dopo eccolo di nuovo, in volo, di fronte a Loki.

« C’è anche un altro che hai fatto incazzare. Si chiamava Phil. »

Mentre si apprestava a colpirlo, un raggio di energia attraversò il cielo su cui si aprì uno squarcio dal quale fuoriuscì un’orda di Chitauri. La città di New York era ora ricoperta da un’infinità di mostri che non avevano buone intenzioni. L’aria venne tagliata dal jet appartenente allo S.H.I.E.L.D., su di esso Siham si guardava intorno tenendosi forte alle sbarre d’acciaio. Uno dei motori del veicolo fu colpito da un’esplosione causata proprio dal Dio degli Inganni, che proprio in quel momento stava combattendo col fratello; un senso di angoscia attraversò la ragazza. In qualche minuto Clint si ritrovò a dover fare un atterraggio improvvisato che non fu molto dolce.

Mentre scendevano dal mezzo ormai distrutto decise di fare una precisazione. « Sono salita tre volte su questi aggeggi volanti e in due di esse abbiamo perso questi strani motori. Credo che in futuro cercherò di andare a- »

Lo sguardo di tutti era rivolto verso l’alto, il portale si era improvvisamente allargato e nessuno stava realmente ascoltando l’arciera. Spazientita voltò anche lei gli occhi in quella direzione e, al contrario degli altri, non era per niente stupita.

« Ah, anche i Leviathan? Lo zio si è impegnato. »

Rivelò con finta ammirazione sotto lo sguardo curioso di Steve e … schifato di Clint. La ragazza fece spallucce e, afferrando le lame, iniziò ad affettare qualche Chitauro, vedendola gli altri fecero lo stesso.


Combatterono senza sosta cercando di eliminarne il più possibile, facendo a meno di una disposizione ben precisa. Proprio dopo aver trapassato con una lama una di quelle creature, uno strano rumore estraneo a tutto quel marasma fece voltare Siham. Bruce Banner, a bordo di un veicolo a due ruote, si era apprestato a raggiungerli. Ciò che pensò la ragazza nel vederlo fu che fosse davvero inutile in quella situazione uno scienziato, ma si dovette ricredere quando, sotto richiesta del team, si trasformò in un enorme mostro verde. “Inizio a credere di essere io l’unica normale qui in mezzo.”
Gli Avengers si disposero in un cerchio perfetto, alla sua destra Steve iniziò a dettare ordini.

« Ascoltatemi. Finché non chiuderemo il portale, faremo contenimento. Barton, ti voglio sul tetto. Occhi su tutto, schemi e azioni isolate. Stark, a te il perimetro. Ogni cosa oltrepassi i tre isolati, la incenerisci o la rimandi indietro. Thor, bisogna restringere quel portale. Rallentali. Hai i fulmini. Brucia quei bastardi. Noi tre invece resteremo a terra. Combatteremo qui. E Hulk... Spacca. »

Non appoggiava pienamente l’idea del capitano di tenerla in prima linea, d’altronde con l’arco avrebbe potuto fare molto di più. Ma decise di non opporsi e mentre gli altri raggiungevano le loro postazioni, lei seguì i suoi due compagni alla lotta. Andarono avanti per un po’ coprendosi le spalle a vicenda, più di una volta aveva sfruttato lo scudo di Cap per vari attacchi aerei mentre Natasha si destreggiava con eleganza tra quei mostri utilizzando le loro stesse armi. Dopo aver trafitto l’ennesimo Chitauro, intento proprio a colpire alle spalle il Capitano, si ritrovò in un attimo di calma apparente.

« Non servirà a niente se non chiudiamo quel portale. »
« Le nostre armi non lo scalfirebbero, Siham. »
« Non è una questione di armi, forse. »

La rossa si intromise nella conversazione offrendo il suo aiuto.

« Andrò io. Mi serve solo un passaggio. »
« Ti raggiungo a piedi. »

Dopo aver visto Rogers annuire iniziò a farsi strada tra i mostri utilizzando soltanto le sue lame. Si era allontanata fin troppo quando un gruppetto di quegli alieni la circondò, non fu difficile abbatterli tutti, ma avevano catturato per troppo tempo la sua attenzione, perché uno di quei Leviathan era ad un passo dall’investirla in pieno. Nel voltarsi fu presa da una quantità indecifrabile di panico, mosse qualche passo indietro e nella sua visuale si intromise una chiazza rossa e oro. Quell’uomo che tanto descrivevano come egoista ed egocentrico era appena entrato all’interno della creatura passando dalle fauci e sfondandone, pochi secondi dopo, il retro; una quantità indefinita di esplosioni investì l’aria circostante. Tony, subito dopo, le passò accanto sornione e la sua mente corse subito alla Stark Tower, “Quale modo migliore per raggiungerla se non utilizzare lo stesso Stark?”. Così pensando si aggrappò appena in tempo alla caviglia di Tony che, colto di sorpresa, fece cedere un momento il propulsore della gamba sinistra iniziando così a sbandare.

« L’armatura è in vibranio, se ti interessava tanto saperlo! »
« Cosa?! Scusa, mi serviva un passaggio. »
« La giostra Stark ti dà il benvenuto. Tieniti forte. »

Siham si sistemò meglio sulla sua schiena per poi sollevare il corpo e stringere le ginocchia attorno il suo busto, colse l’occasione per impugnare il suo arco e tirare giù un paio di Chitauri. Stark, infatti, non si diresse subito verso la torre, ma ne aveva approfittato per sfruttare al meglio le abilità della ragazza.

« Di fronte a te, puoi ammirare l’imponente, maestosa, innovativa e immutabile Stark Tower! »

Nel momento esatto in cui finì di pronunciare quelle parole, la stessa A appartenente all’enorme insegna che sovrastava l’edificio, cadde quasi colpendo entrambi. Un improvviso silenzio di impadronì dell’uomo che accompagnava sul tetto la ragazza che stava ancora ridendo.

« Ehi Tony! Stai cadendo a pezzi! »
« Però il giretto ti è piaciuto. »

Roteando gli occhi si alzò in piedi sulla sua schiena per poi lanciarsi verso la meta, si voltò verso il suo accompagnatore mostrando un sorriso e ringraziandolo mentalmente, mentre si allontanava.
Un uomo mai visto prima, probabilmente la causa della creazione del portale, stava discutendo con Natasha sulle teorie riguardo la chiusura dello squarcio.

« Lo scettro... »
« Dottore. »
« Lo scettro di Loki. L'energia. Il Tesseract… »

Ma l’attenzione di Siham, come sempre, fu catturata da altro. Iron Man, a pochi chilometri da lì, era stato sovrastato da una decina di Chitauri che non gli lasciavano spazio neanche per volare. Si avvicinò al cornicione del tetto preparando tre frecce sotto lo sguardo della rossa convinta che stesse per colpire qualche alieno a pochi metri, d’altronde stava mirando non proprio in direzione di Stark. Si posizionò meglio attendendo qualche secondo il momento giusto; quando finalmente scoccò le frecce, ne preparò subito delle altre che in meno di un secondo seguirono la stessa traiettoria di quelle precedenti. L’agente Romanoff trattenne una risata nel vedere che aveva decisamente mancato le creature, ma rimase stranita di fronte a Siham che continuò a seguire con lo sguardo le frecce. Quando, pochi attimi dopo, la vide mostrare un sorriso soddisfatto e compiaciuto, lasciò  Selvig alle sue teorie avvicinandosi alla donna, curiosa. Rimase stupita nel vedere che, sì, aveva mirato a dei Chitauri, ma non erano esattamente a pochi metri da lì, difatti a non poca distanza da dove si trovavano loro, Stark si voltò nella loro direzione, intorno a lui sei Chitauri erano stesi al suolo con una freccia conficcata nella testa, altri quattro nella stessa situazione, ma vittime di una morte differente.
La rossa poggiò una mano sulla spalla scoperta dell’asgardiana.

« Bel colpo. » poi, portando una mano all’auricolare, si rivolse a qualcun altro. « Clint, hai visto? » pochi secondi dopo riprese a parlare. « Già. Qualcuno qui ti ha battuto. »
Siham sembrò non prestarci troppa attenzione, bensì si rivolse telepaticamente al miliardario. « Non ringraziarmi, ti dovevo un favore. »
« Tecnicamente me ne devi ancora uno. »

Natasha, sentendo soltanto la frase di Tony, iniziò a farsi un paio di domande.

« Stark, con chi stai parlando? »
« Con Siham, ti vuoi unire? »
« Stark… Siham non ha aperto bocca. »

Nel dirlo si voltò verso la ragazza al suo fianco che rise leggermente dirigendosi verso lo scienziato.

« Hai detto che serve lo scettro? »
L’agente riprese la sua serietà. « Sì, vado a recuperarlo. »
« Non c’e bisogno. Ci penso io. »

Allungò la mano verso l’oggetto che si trovava al piano inferiore e che, in pochi secondi, la raggiunse fluttuando nell’aria.

« Ci sono altre cose che dobbiamo sapere di te? »

Sorrise misteriosa mentre allungava la punta dello scettro verso il campo di energia che circondava il Tesseract; fece per chiuderlo, ma la Romanoff la fermò indicando il cielo.

« Il consiglio ha mandato una testata nucleare su New York e Stark è stato incaricato di deviarlo… »

La ragazza seguì lo sguardo della compagna e vide Iron Man guidare quella che doveva essere la testata nucleare all’interno dello squarcio. Aggrottò le sopracciglia, un silenzio ricolmo d’ansia riempì l’aria, la situazione stava peggiorando, il missile per esplodere e orde di Chitauri continuavano ad invadere la città.

« Chiudilo. »

La guardò contrariata, ma eseguì gli ordini. Tutti avevano lo sguardo speranzoso rivolto verso il cielo, gli alieni ricaddero inermi su se stessi, poi la voce del Capitano. “Incredibile”.
L’uomo, quella macchia rossa, era uscito dal portale l’attimo prima che si chiudesse. Un sorriso si fece strada nei volti di ognuno, poi, l’amara consapevolezza. Non era lui a controllare la discesa, stava precipitando senza controllo. Quasi senza rendersene conto, Siham arpionò una freccia all’edificio gettandosi verso l’asfalto, imitando lo stesso movimento di Clint diversi minuti prima. Con piacevole sorpresa vide Hulk afferrarlo al volo per poi gettarlo al suolo sbuffando. Lei si precipitò dall’uomo, steso tra i detriti, un senso di angoscia le attanagliò lo stomaco, non apriva gli occhi e la luce del reattore ARC continuava a non accendersi. Un urlo catturò l’attenzione di tutti, Hulk aveva tentato di risvegliare l’uomo in uno stato d’ingenuità e, stranamente, pochi secondi dopo Stark riaprì gli occhi tirando un lungo respiro.

« Uh! Che paura! Cos’è successo? Ditemi che nessuno mi ha baciato… eccetto Siham. »

La ragazza lo maledisse mentalmente mentre il Capitano annunciava la vittoria.

« Ah. Oh, sì, evviva! Beh, ottimo, ragazzi. Domani non andiamo a lavoro. Prendiamoci una giornata. Avete mai provato lo shawarma? C’è un posto che fa lo shawarma a due isolati da qui. Non so cosa sia, ma voglio provarlo. »

Siham, vedendo la situazione risolversi, mosse qualche passo indietro con l’intento di allontanarsi.

« Dove credi di andare? Verrai anche tu. »
« Scusa, ma ho una questione da risolvere. »



« Loki, abbiamo un discorso in sospeso. »

Dal basso del pavimento l’uomo spostò lo sguardo verso la ragazza.

« Ha più importanza? Hai deciso da che parte stare. »
« No, voglio sapere. »
« Cosa? Ti ho già detto che lui ti ha strappata dalle loro mani, lei aspetta solo te. »
« E perché non viene a prendermi? »
« Perché lui glielo impedisce, devi essere tu a raggiungerla. »
« Significherebbe… »

La sala fu presto invasa dagli Avengers mentre lei andava verso il lato opposto al loro.

« Sì. »

Si fermò ancor prima di aver percorso qualche metro, di fronte a lei Thor la squadrò duro, la ragazza annuì verso Loki per poi lasciare la stanza in silenzio.



Si trovavano all’interno di una shawarmeria nella periferia di New York, stranamente il locale era quasi del tutto intatto e i proprietari, non appena avevano saputo che la battaglia era terminata si erano precipitati a controllare quanti danni avesse causato.
Erano rimasti sorpresi nel ritrovarsi di fronte tutti e sette gli Avengers, essi infatti attendevano soltanto di gustare dello shawarma, che a detta di Tony doveva essere davvero squisito.
Li avevano fatti entrare subito, orgogliosi del fatto che gli eroi di New York avevano scelto proprio il loro fast food. Così, una volta dentro, si erano messi a lavoro nonostante lo stato del locale non fosse dei migliori, e nel giro di qualche minuto erano tutti seduti attorno ad un tavolo a gustare il famoso shawarma.
Ad un certo punto, Siham, seduta tra Steve e Natasha, alzò lo sguardo che andò a finire proprio sul petto di Stark. I suoi occhi si illuminarono come di fronte a qualsiasi tipo di meraviglia esistente, nel giro di pochi secondi aveva mollato il cibo sul piatto e si era lanciata letteralmente verso quella strana luce salendo addirittura sul tavolo. Le sue mani si protraevano verso il reattore quando si sentì afferrare per i fianchi e tirare giù fino a poggiare i piedi sul pavimento; iniziò a dimenarsi colpendo involontariamente il capitano, che in quel momento si avvicinò più che poteva alla spia rossa che sorrideva impercettibilmente. Continuò così per qualche secondo finché non si rese conto che quelle braccia possenti che la stavano stringendo appartenevano a suo zio Thor, ormai in piedi; con espressione seria si scostò bruscamente per poi sedersi al posto del dio che ora la osservava confuso. Siham si voltò verso Tony, che adesso sedeva al suo fianco, ignorando completamente il biondo che aveva preso posto tra Steve e l’agente Romanoff.
La ragazza, rubando un paio di patatine dal piatto del milionario, intraprese un dialogo.

« Cos’hai al petto? »

L’asgardiana aveva infatti ricondotto l’ARC reactor all’orologio che la sua mentore, Timeless, aveva incastonato sul petto, ma dovette presto ricredersi.

« L’ho avuto a seguito di un incidente, mi mantiene in vita. » Spostò lo sguardo sul suo piatto con le labbra dischiuse in un’espressione di finto stupore. « Rubare le patatine a Stark? Ti sei messa nei guai signorina. »

In tutta risposta, la donna prese un’altra patatina portandola alla bocca e masticandola apertamente sotto lo sguardo attonito di Tony.

« E adesso cosa fai? Mi uccidi? »

Con espressione ferita incrociò le braccia al petto voltando il volto dalla parte opposta e alzando il viso offeso, Siham per nulla toccata da quel gesto si concentrò nuovamente sulla batteria luminosa sopra le braccia dell’uomo. Si avvicinò lentamente ad essa con un dito per poi picchiettare in attesa di qualche reazione, ciò che ottenne fu lo sguardo stupito di Stark seguito da quello dei presenti che, eccetto Barton e Thor, scoppiarono a ridere.


« Zio, non verrò con te, non aspettarti che afferri anch’io il Tesseract per tornare ad Asgard dove è evidente che mi tenete sotto stretta sorveglianza, ho deciso di restare su Midgard, gli umani non sono poi tanto male, al contrario, con loro sarò più libera, anche di scoprire le mie origini. »

Il viso di Thor si incupì, gettò un’occhiata veloce al fratello che di fronte a lui mostrava un sorriso beffardo. Strinse il Mjolnir con forza puntando lo sguardo negli occhi di Siham.

« Non ti vieterò la libertà, non l’ho mai fatto. Non cacciarti nei guai, un giorno riparleremo, sappi che non ti ho mai mentito. »

La ragazza ignorò le sue parole per far solo una richiesta.

« Porta i miei saluti a Timeless e dì a Fenrir che tornerò. Dillo anche a Odino, ne sarà felice. O forse no. »

Detto ciò si voltò avvicinandosi a Tony e a Bruce e, salendo sulla vettura del miliardario,  lo scienziato le poggiò una mano sulla spalla annuendo; in seguito i due zii sparirono in un fascio di luce blu.

« Benvenuta sulla spasso-mobile, direzione Stark Tower… o quel che ne rimane. »


« Umani. Non sono i codardi e vili che ci avevano assicurato. Combattono. Insorgono, pertanto non possono essere governati. Sfidarli è lusingare la morte. 

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