Night in Girl

di kuro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ragazzo del posto accanto ***
Capitolo 2: *** Il volantino ***



Capitolo 1
*** Il ragazzo del posto accanto ***


1. Il ragazzo del posto accanto

 

 

Tutto iniziò un poco importante giorno dei miei diciassette anni. La giornata era iniziata come sempre, in altre parole nel modo più banale possibile. Spesso dopo che il suono della sveglia irrompeva nella mia stanza riempiendola ed entrando nel mio sonno, adoravo rimanere sotto la trapunta solo per il senso di torpore e di infinita estraneità che sentivo nei confronti del mondo, tanto da sentirmi quasi un anima vagante in un mare di nuvole troppo candide e soffici. Rimanevo a pensare molte cose e visto che la maggior parte del tempo lo facevo senza rendermene conto, passavo intere ore a perdermi in pensieri a volte più grandi di me e che spesso non fruttavano altro che inutili preoccupazioni. Sognavo, come ogni diciassettenne, anche se non lo volevo ammettere ed amavo perdermi in romantiche idee da ragazzine al primo amore.

Ero solita alzarmi in ritardo perché odiavo la troppa folla per le strade, quindi mi pregustavo la scena di persone affannate in divisa o in giacca e cravatta alla finestra mentre bevevo una dolce tazza di the alla vaniglia. Finita la colazione, mi spostavo con calma verso la toilette, dove mi aspettava la pulizia del viso e un leggero strato di trucco. Non ero come la maggior parte delle ragazze giapponesi ossessionata dall’aspetto fisico, però diciamo che m’interessava come a una normale persona. Insomma, ero una ragazza nei limiti della normalità, con lunghi capelli neri ed occhi cioccolato non più alta del metro e sessanta. Bello vero?

- Buongiorno Sacchycchan!


- Ran ti ho già detto di non chiamarmi in quel modo! Non farmi arrabbiare!


- Ahahahahah! Perché te la prendi cosi tanto Sachiko? E' così carino Sacchy!


- Non puoi capire Kumiko... io vi chiamo senza dei vezzeggiativi fastidiosi da bambine mongole e pretendo altrettanto!


- Povera Sacchycchan catapultata in questo mondo d’incoerenza infantile! Penso che prima o poi si annienterà da sola per il suo troppo cinismo!

- Ah Ah Ah simpatica davvero Ran.


- Tesorino ti sei svegliata male?


-No sei tu che rovini la giornata è diverso! 


- Ahahahah su Ran lascia la povera Sachiko nei suoi pensieri, se no poi sai che le viene la luna storta! A dopo tesoro!

Mi manda un bacio con la mano e scende dal treno trascinandosi dietro Ran.

 

 

Io, la matta dalle problematiche mentali, ovvero Ran e Kumiko, la perdonabile fighetta intelligente, siamo amiche fin da quando eravamo piccole. Non ho la minima idea di come sia potuto nascere questo legame tra di noi e, di come nel tempo abbia potuto continuare, ma siamo rimaste sempre unite qualunque cosa sia successa a me o a loro. Sono uno di quei legami che non mi so spiegare e per questo lo accetto e basta. Il nostro rapporto è iniziato tutto alle elementari. Io stavo litigando con un bambinetto cretino, come spesso tutti sono alle elementari, che mi aveva fregato i pastelli e Kumiko, che fin da quei tempi era un piccolo genio ed, essendo di buona famiglia, vestiva già tutta per bene, intervenne in mio aiuto con una battutina che io definisco "viperina" (già allora si faceva sentire) le quali testuali parole sono le seguenti: 
"Senti pezzo di idiota, ridalle i pastelli visto che è presumibile che a te, dato il tuo grado intellettivo, non servano a niente"
al che il bambino, come logico che tutti i bullli facciano, sollevò una mano per darle un bel e sonoro cazzotto in faccia. 
"Non si picchiano le ragazze, svergognato!!" era intervenuta Ran fermando il braccio del tipetto dal sangue caldo con un altrettanto sonoro cazzotto in piena faccia, perché anche se non sembra può sembrare stupida, ma quando deve sa essere seria e anche molto matura.
Finite le medie e le elementari passate insieme nello stesso complesso scolastico, alle superiori ci dovemmo separare poiché decidemmo tutte e tre di frequentare scuole superiori diverse. Kumiko entrò nel liceo più da secchioni e figli di papà, però anche se lei non lo è per niente lo ha fatto per volere dei suoi e complicatezze in "casa", ovvero le solite questioni senza senso dei ricchi. Ran invece con la sua voglia di non far niente, è entrata nella scuola più facile e vicina a casa che a detta sua non lo è per niente. Io con la mia voglia di lontananza più possibile dal luogo chiamato casa, ho scelto un istituto in un altro quartiere di Tokyo di media difficoltà. Nonostante questo continuiamo a vederci molto e ad uscire insieme: la mattina prendiamo lo stesso treno che coincide più o meno con gli orari di tutte e tre, al pomeriggio anche e spesso usciamo insieme o andiamo una a casa dell'altra.

 

 

A due fermate dopo quella di Ran e Kumiko, il treno di solito inizia a svuotarsi dandomi così la possibilità di sedermi fino all'ultima fermata, ovvero quella dove devo scendere io. Vago fra i vagoni cercando un posto libero e al primo avvistamento mi ci fiondo sopra senza badare alle persone che mi stanno intorno. Dopo essermi seduta e sistemata, noto che vicino a me c'è un ragazzo di cui non riuscivo a identificare l'età dato i capelli color azzurrino chiaro, probabilmente resi così dai lavaggi e con un piercing al labbro collegato all'orecchio da una catenella, vestito in modo decisamente punk. Visto il movimento del suo volto verso di me, penso, ma non ne sono sicura dato quanto ero intenta a perdermi nei miei pensieri sul suo aspetto, di essermi messa a fissarlo con uno sguardo un po’ curioso e sorpreso abbastanza insistentemente da farlo girare. Fino ad allora non lo avevo ancora visto negli occhi poiché li teneva chiusi mentre ascoltava la musica nelle cuffiette di un vecchio lettore cd, ma quando si girò notai quelle incredibili pozze azzurre comparirmi davanti. I suoi occhi erano pieni di sentimenti che allora non avrei saputo individuare e tranne quel misto di tristezza che si intersecava con le sfumature azzurre intorno all'iride, non ero stata capace di percepire altro. Era molto carino e dovetti ammettere che l'insieme di tutto il suo viso risultava molto grazioso. Trasmetteva un senso di tenerezza assoluta, tanto che mi venne voglia di toccarlo o in qualche modo accarezzarlo. Sul mio volto doveva essere comparsa un'altra qualche strana espressione che gli provocò un piccolo sorriso che appena vidi, mi provocò un blocco al cuore: era di una bellezza inesprimibile.

Non saprei neanche io raccontare il perché mi apparve così fantastico in quel momento, e di come mi appaia sempre fantastico in qualunque momento, forse sarà per l'instancabile aura di tristezza che lo circonda, per la tenerezza che provoca ogni cosa che fa o semplicemente perché è lui...

-Ciao


Mi dice con quel sorrisino, interrompendo il flusso dei miei pensieri e guardandomi strano. Alzo li occhi sorpresa, senza riuscire a capire bene il tempo che passava e quello che stava succedendo.

- Ciao

Rispondo piano dandomi mentalmente dell’ idiota mentre lui scoppia a ridere.

- Ti piaccio?

- Eh?


Arrossisco e penso che in tutta la mia vita non l’ho mai fatto. Il treno si ferma, lui prende la chitarra e si alza al che il mio cuore fa un salto, ma mentre si avvia per uscire le sue labbra si dischiudono e proprio quando ero intenta a osservarle parlano.

- Shin


- Cosa?


Anche questa risposta non era prevista, posso sempre aggiungerla alle figure di merda però. Si gira e sorride di nuovo ridicendomi:


- Shin


Solo allora comprendo e vergognandomene rispondo:

- Sachiko

Mi fa l'occhiolino commentando che è un bel nome dopo di che esce dalle porte ormai prossime alla chiusura del treno.

 

 

Quell'incontro mi aveva talmente sconvolta che per il resto della giornata non pensai ad altro. Solitamente sono una persona con i piedi per terra, seria e realista, ma non mi era mai capitato nulla del genere. Ero stata presa contropiede. Non riuscire a concentrare i miei pensieri su nient’altro che non fosse lui, tanto da non rispondere sul treno alle battutine di Ran, era una cosa che non mi era mai capitato di affrontare.

Quello è stato il giorno più importante della mia vita, il giorno in cui nella mia vita iniziarono tutta una serie d’eventi che non mi sarei mai aspettata. Il giorno in cui la mia vita conobbe te e l’amore Shinichi.

 

 

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Capitolo 2
*** Il volantino ***


2

2. Il volantino

 

 

 

Spesso, da quel giorno, il mio sguardo non fece altro che cercare la sua figura nella folla che camminava come un mare in piena: cercavo la sua siluette dalle spalle non troppo larghe, dai capelli azzurri sparati e con la chitarra in spalla. Da per tutto. I miei occhi cercavano solo quella ormai sfuocata figura dovunque andassi, sia mentre camminavo per strada sia dentro i negozi o i bar, a volte mi sembrava persino di scorgerla a scuola, ma era solo una vana illusione, quella figura non c’era… non c’era da nessuna parte. Oramai il mio ricordo di quel sorriso iniziava a sbiadire, come la presenza di quelli occhi color cielo, però la speranza di vederlo ricomparire tra la gente per strada, entrare in un bar o in un negozio continuava ad esserci, così io ininterrottamente lo cercavo come una bambina che aveva perso la madre per strada. La voglia di rivederlo, di potergli parlare e di quelli occhi, quelle pozze d'azzurro chiaro in cui perdersi, era troppa, volevo rivedere quell’ ombra di stanchezza e tristezza che li copriva, affondarci dentro e non uscirne più. Volevo accarezzare il suo dolce viso e non staccarne più la mano.

 

 

La musica era forte nelle orecchie tanto da non farmi neanche sentire i suoni della città che, insistenti, risuonavano intorno a me. Molte volte, ascoltavo la musica forte apposta per estraniarmi dal mondo che mi circondava e mettevo il mio brano preferito a ripetizione come qualcosa che ritornava, come una routine troppo adatta a quel momento della mia vita. Camminavo senza una meta, vagavo persa per Tokyo osservandola come se fossi stata una turista alla prima visita, come se in realtà non facessi parte delle persone che ci vivono. Studiavo le vetrine dei negozi, i bar affollati e le persone per strada da un anonima panchina spesso analizzandoli come facevo con i composti durante le ore di chimica. Si potevano notare atteggiamenti e comportamenti di una persona che spesso non saresti capace di immaginare ed era per questo che a volte, durante le serate libere, uscivo di casa compiendo questo tour turistico di Tokyo. Non si smette mai d’imparare diceva una persona saggia. Qualche volta mi capitava di stancarmi dei giri turistici e quando ciò succedeva non facevo altro che camminare. Provavo un senso di bisogno di vuoto ed assenza totale di tutto in quelle circostanze, ed il mio cervello interrompeva per un po’ di tempo quel flusso infinito di preoccupazioni, pensieri, speranze e sogni che lo riempivano lasciandomi libera da tutto. Quando avevo qualche problema di troppo, mi era spesso necessario questo giretto extra turistico. Ognuno ha il suo modo di affrontare le cose, c’è chi va in crisi, chi le prende di petto e chi ha bisogno di tempo, e io appartenevo a quest’ ultima categoria. Sarò stata strana, ma ero fatta così e non mi andava di cambiare a quel tempo, perché anche se allora non ne ero a conoscenza, nei giorni che susseguirono un vortice mi travolse trasformandomi in una persona molto diversa da quella che ero.

 

 

-Allora Sachiko che ti succede?

-Eh?

-Su chi vuoi prendere per il culo? Che cosa hai combinato biricchina?

Kumiko mi squadra con sguardo furbo accompagnato da un sorrisino per niente convincente.

-Non voglio prendere per il culo nessuno Kumiko, non sto combinando niente, non mi è successo niente e non sto facendo nulla.

Rispondo continuando a camminare fra le strade di Shibuya fermandomi qualche volta a vedere qualche vetrina.

-Ma la vuoi smettere carina? Ti ho appena detto chi credi di prendere per il culo. Spara tutto.

Dice Kumiko mettendomisi davanti.

La guardo esasperata rispondendo:

-Uffa! Certo che sei assillante, eh? Cosa vuoi sapere?

-Annn!! Ecco che avevo ragione e la testarda Sachiko è costretta a confessare!

-Confessare cosa ragazze?

Ran spunta fuori dal nulla mentre io mi metto una mano sulla fronte scuotendo la testa e Kumiko commenta a bassa voce che non cambierà mai.

-Allora che succede? La nostra Sachiko ha confessato il fatto e si è concessa alle forze dell'ordine?

-Ran ma che cavolo spari! Tienitele per te certe cose.

-Ma perchè fai sempre l'antipatica con me Sachiko? Uff... quando riuscirò a capire cosa faccio di male sarà sempre troppo tardi.

-Esatto sarà sempre troppo tardi Ran.

Kumiko arriva mettendonsi in mezzo tra me e Ran.

-Che ne dite di andare al bar?

Propone con un sorriso centocinquanta denti sforzato. Gli occhi di Sastu si illuminano e io do il mio assenso con un cenno affermativo del capo mentre ci avviamo verso il nostro bar preferito: il "Cherry bar". Sedute al tavolino, Kumiko parte a razzo con un sorrisino serie masochista:

-Allora vecchiaccia, raccontaci tutto.

Guardo prima lei, poi guardo Ran, faccio un sospiro, mi preparo psicologicamente e mi metto in una buona posizione sulla sedia:

-Allora... tutto è iniziato due settimane fa mentre ero in treno. Quando voi siete uscite sono andata a cercare posto e l'ho trovato vicino ad un ragazzo punk.

-Oddio un punk! Puzzava?

-Era drogato?

Le guardo con uno sguardo del tipo "ma vaffanculo".

-Allora per te: no non puzzava..

Indico Kumiko.

-...e no. Non Ë un drogato Ran.

-Bene allora vai avanti.

Mi dicono con sguardo angelico al che io le guardo mezza finta arrabiata.

-Se mi interrompete sempre!

-Si si ok! Vuoi andare avanti?

- Argg! Allora... non so come sia successo ma in qualche modo aveva qualcosa di strano... beh... mi sono messa a fissarlo... ci siamo mezzi parlati. Insomma, scambiati i nomi... era bellissimo sul serio. Se lo vedeste lo capireste anche voi.

-Oddio Ran!!!

Esclama Kumiko guardando sconvolta Ran.

-Oddio Kumy!!!

La guarda sconvolta Ran.

-Siamo in pericolo!! Non ci credo!! Sachiko si è innamorata!! E di un punk per giunta!!

Dice Kumiko abbracciando Ran che facendo finta di avere i brividi esclama una cosa:

-Vuol dire solo una cosa!...

-Guai in vista!!

Concludono insieme. Le guardo ancora più scocciata.

-Ah Ah Ah che ridere sul serio ragazze. Potrei cadere per terra dalle risate..

Loro scoppiano in un unica e fragorosa risata al che mi sarebbe venuto da strangolarle.

- ... ho voglia di rivederlo... non so spiegarvi cosa sia e perchè sia così... lo sapete non sono tipo da cose del genere… non penso neanche sia amore magari... ma... mi ha colpito così tanto. Non so neanche cosa ma so che ho bisogno di rivederlo... si chiama Shin.

Aggiungo con sguardo perso. Loro si fanno serie.

-Sei sicura che il nome Shin non sia un’abbreviazione? A me suona tanto di Shinichi...

-Non lo so, lui mi ha detto che si chiama così..

Intravidi con la coda dell’occhio lo sguardo di Ran farsi pensieroso mentre si toccava con una mano il mento, gesticolava in modo strano, come da lei fare quando sta pensando, prese la borsa e tirò fuori un volantino.

-So io cosa fare! Guarda, mi hanno dato la pubblicità di un concerto punk! Magari il tuo amico suona con un gruppo di loro o andrà al concerto...

Dice con gli occhi illuminati.

-Ma le probabilità sono pochissime…

-L'importante è provare!

Esclama Ran.

-Non lo so..

Dico stringendo le mani. Kumiko mi guardò con uno sguardo dolce.

-Beh, adesso per me si è fatto tardi. Devo andare a casa.

Commenta.

-Si anche io devo andare Sachiko..

Dice Ran.

-Sta solo a te decidere Sachiko.

Aggiunge Kumiko prima di lasciare insieme a Ran sul tavolo i soldi delle consumazioni e dirigersi verso la stazione mentre io  rimango là… volantino in mano, sguardo perso e un milione di domande in testa. Sarebbe servito? Ne sarebbe valsa veramente la pena? Se lui ci fosse stato, ma magari ci fossimo trovati ad orari diversi? E se fosse stato presente all’evento, ma dopo avermi notata facesse finta di niente? Se in realtà in treno stesse solamente scherzando? Cosa avrei dovuto fare?

Ero assillata da così tanti dubbi che penso, rimasi ferma su quella sedia almeno per un'altra ora. Quando finalmente mi ripresi, ormai era arrivato l’imbrunire e il sole stava calando. Chiamai il cameriere per pagare il conto e finalmente uscii dal Cherry con direzione casa.

 

 

Lo dicono sempre in molti o forse lo dico solo io, ma pensare troppo fa male. In treno non feci altro che ragionare su ciò che dovevo fare… in fondo che mi costava andare a quel fottuto concerto? Lo avrei fatto per divertirmi, non per lui, ma per passare un sabato sera diverso dal solito. Insomma, non mi costava niente, ma come e soprattutto cosa avevo intenzione di fare se mai lo avessi visto? Aveva una chitarra sulla spalla... e se avesse suonato? Magari era proprio lui uno dei membri della band. Persa in questi pensieri arrivai alla mia fermata e quando scesi dal treno quasi non mi accorsi del gradino rischiando una pericolosa e per di più ridicolissima caduta a pesce.

 

 

Aprii la porta di casa senza neanche accorgermene e sempre come se niente fosse, mi tolsi le scarpe infilandomi le pantofole prima di salire le scale verso camera mia. La casa era silenziosa come al solito d'altronde, dato l’assenza di mio padre, sempre via per lavoro, e la mancanza di una madre fin da piccola mai conosciuta. La cosa non mi pesava molto però a volte avevo voglia di tornare a casa e vedere le luci accese da fuori per sentire poi, una volta entrata, l’odore della cena sul fuoco con la mamma davanti ai fornelli e il papà che le fa compagnia mentre legge il giornale.

Appena entrai nella mia stanza mi diressi verso lo stereo e misi su il cd dei Trapnest facendo si che la voce di Reira riempisse la camera vuota. Non saprei definire perchè Reira mi piacesse così tanto e perchè la sua voce su di me sorbisse quel effetto così strano, ma ogni volta che la sentivo faceva esplodere dentro me un insieme di emozioni uniche e le sue parole mi entravano in testa. Non la conoscevo, ma mi piaceva moltissimo: sia come donna sia come persona e, nel mio modo la stimavo.

Mi buttai di peso sul letto sospirando e chiudendo li occhi, lasciandomi trasportare da quella dolce melodia riuscendo finalmente a dimenticare l’oggetto dei miei pensieri fino a che non mi addormentai. Non sognai niente se non due pozze azzurre che mi scrutavano dentro l'anima. 

 

 

Mi svegliai abbastanza rintontita senza riuscire a capire dov’ero e perché ero là e, solo dopo un po’ capii che ero distesa sul mio letto. Mi misi a sedere sul bordo della struttura mentre una leggera brezza mi accarezzava facendomi così notare la finestra leggermente aperta. Cercai con gli occhi l’orologio: erano le 19 ed avevo dormito per ben un ora. Senza rendermene conto mi precipitai nell'armadio e mi misi addosso le prime cose decenti che trovai dopo di che corsi a mettermi le scarpe e dopo aver infilato la giacca uscii di casa veloce: non pensavo a niente, l'unica cosa era correre.

 

 

Sapevo che il concerto era nel quartiere di Harajuku, infatti quando arrivai davanti al locale c'era gente anche fuori, ma a me questo non importava, così continuai a cercare di entrare mentre in giro cercavo solo due pozze azzurro cielo. Una volta entrata provai a farmi avanti fra tutta la calca di persone presenti finché il mio corpo si bloccò e il mio volto rifiutò ogni genere d’espressione. In mezzo ad un boato d’urla la band era comparsa sul palco e lui era lì, basso in mano e espressione beffarda. Tutto in quel momento mi sembrò fermarsi immobile, le urla si mutavano in parole senza suono mentre ogni movimento rimaneva interrotto, tutto al di fuori di me era deserto mentre io, io ero dinamite. Il mio cuore si fermò, probabilmente perdendo un battito, non riuscivo a vedere altro che lui, solo lui sopra il palco... era luminoso e tremendamente bello. Finito il concerto, quasi non me ne resi conto data la mia trance momentanea. Ci misi un po’ a riprendermi, ma dopo esserci riuscita, mi resi conto che anche il resto della band non era affatto male e al momento stavano ringraziando per il bel concerto. Quando il suo sguardo passò sul pubblico, si fermò su di me e dopo avermi osservato per un attimo che a me parve infinito, mi sorrise leggermente mentre io incapace di muovere anche solo un muscolo, restavo a fissarlo incantata. Solo alla fine della serata mi resi conto che quel sorriso era diretto a me, che era per me e per nessun altro in quella sala. Per non esagerare dovrei dire che la cosa mi avesse reso felice, tuttavia definire felice lo stato d’animo in cui mi trovai quando capii il senso di quel sorriso, sarebbe stato come paragonare una mela ad una pera o un pesce rosso ad uno squalo.

 

 

Ancora oggi a pensare a quel concerto non riesco a spiegarmi come in mezzo a tutta quella folla io fossi riuscita a rimanere ferma immobile, ma presumo che in realtà io non fossi stata per nulla immobile trasportata dalle persone che erano presenti. Di una cosa però sono sicura, in quel marasma di gente era come se fossimo presenti solo io e te Shin. Le emozioni che provai quella sera, ancora oggi per me sono indescrivibili. Penso che mai riuscirò ad esprimere il mio stato d'animo tanto era confuso in quel momento, ma una cosa me la ricorderò sempre, vero Shin? Quella tua felicità, quel tuo fantastico sorriso, quante altre volte mi capiterà di vederlo? Adesso Shin... in questo preciso momento, puoi dirmi di essere felice come a quel tempo?

Sai Shin, molte volte mi ritrovo a pensare a come sarebbe stata la mia vita se non ti avessi incontrato e subito scherzando mi rispondo che sarebbe stata di sicuro migliore, ma la verità Shin è che senza di te, probabilmente, non sarei manco lo schizzo di quello che sono adesso, ma tu Shin sei contento di quello che sei adesso?

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