Pictures Of Us di Padme Undomiel (/viewuser.php?uid=45195)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Instinctively (Takeru-Hikari) ***
Capitolo 2: *** You can't exist without me (Digimon Kaiser) ***
Capitolo 3: *** Do you remember our old bet? (Daisuke-Miyako) ***
Capitolo 4: *** You were lying (Taichi-Sora) ***
Capitolo 5: *** Strangers (Yamato-Takeru) ***
Capitolo 6: *** Knock knock (Osamu-Ken) ***
Capitolo 7: *** Stylish (Takeru-Koushiro) ***
Capitolo 8: *** Out Of Character (Daisuke-Ken) ***
Capitolo 1 *** Instinctively (Takeru-Hikari) ***
Instinctively
Pictures of us
Instinctively (Takaishi Takeru; Yagami Hikari)
Certe volte Hikari era davvero buffa.
Dietro di lui, che era seduto sull’erba, la brezza pomeridiana
scuoteva le foglie degli alberi, filtrando e nascondendo periodicamente
la luce del sole, come in una danza. Davanti a lui, circondata da un
giardino fiorito, una cascata rombava piano, e le sue acque erano
così sfavillanti che sembravano aver rubato alcuni frammenti di
luce per nasconderli sotto la superficie. Il cielo era semplicemente
magnifico, terso e azzurro.
Ogni cosa era splendida, in quell’angolo di paradiso a Digiworld.
Eppure Hikari andava ancora avanti e indietro, indecisa, con la
macchina fotografica al collo, voltando la testa da un lato
all’altro senza riuscire mai a fissare lo sguardo in una sola
direzione.
Takeru rise ancora, chinandosi verso la sua direzione e alzando la
voce. “Andiamo, Hikari-chan! Neanche qui trovi un soggetto
adatto?”
Hikari si voltò, una piccola smorfia scontenta sul viso.
“E’ che è tutto troppo bello”, si
lamentò. “Come posso scegliere io i soggetti più significativi che ritraggano Digiworld dopo la sconfitta di BelialVamdemon?”
Lei era adorabilmente semplice. Era questa la cosa che gli piaceva di
più di lei, in assoluto. Con un sospiro, il ragazzo si mise in
piedi, avvicinandosi a grandi passi verso di lei.
“Ma se devo scrivere davvero un memorandum delle nostre
avventure, credo che ai lettori piacerebbe vedere qualcosa della
Digiworld del dopoguerra”,
le disse, fermandole il viso con le mani per impedirle di guardarsi
ancora intorno, preoccupata. “Ascolta, Hikari-chan. Tu hai
salvato questo mondo, e conosci la sua magia. Sei la fotografa
più indicata.”
Le sorrise, mentre Hikari si arrendeva. “Dimmi cosa vuoi che fotografi, per favore. Mi sembra un delitto scegliere.”
Takeru si strinse semplicemente nelle spalle. “Io non voglio
nulla”, chiarì, e gli occhi castani di lei lo fissarono,
scettici. “Devi solo pensare che questo posto ti appartiene,
perché ti ha dato cose che altrimenti non avresti mai
conosciuto. Fotografa i doni più grandi che ti ha donato
Digiworld, così che tutti ne avvertano il calore come te.”
Hikari sorrise, incredula. “Esigente, signor scrittore?”
Takeru annuì. “Certo”, disse, e poi rise, lasciando
andare il suo viso. “Dai, provaci. Una cosa istintiva.”
Si allontanò di qualche passo, e mise le mani in tasca,
osservandola curioso. Hikari si fece seria, con un sospiro, e riprese
la sua fedele macchina fotografica, con piglio deciso.
Tutto ricominciò daccapo, ma questa volta la ragazza sembrava
guardare tutto con aria più critica. Più di una volta si
girò a scrutarlo, dapprima per pochi istanti, poi per sempre
più tempo, finché la sua espressione non si fece
pensierosa e quella di Takeru perplessa.
“Ehi, cosa stai …” Fece per dire, ma un flash lo abbagliò per un momento.
Hikari, le guance infuocate, stringeva la macchina fotografica con una
foto in più, osservandolo timida. “Fatto”, gli disse.
Takeru sbatté le palpebre. “Ma hai preso anche me”, obiettò, confuso.
Lei distolse lo sguardo, arrossendo anche di più. “Ho preso intenzionalmente te”, gli rispose piano.
Non gli ci volle molto per capire cosa intendesse.
L’imbarazzo lo colse all’improvviso, ingarbugliandogli i
pensieri.”Ma” balbettò, a disagio. “Ma non
posso inserire una mia foto nel …”
“Una cosa istintiva, Takeru-kun”, ribatté lei con un sorriso dolce, per poi girarsi in tutta fretta e allontanarsi.
La fissò a occhi sgranati per qualche istante, incredulo.
“Il dono più grande …” Si disse, grattandosi
la nuca. Poi sorrise, e spiccò una corsa per raggiungerla,
più leggero che mai.
“Ehi, Hikari-chan! Non avrai intenzione di tenerla, vero?”
Ma quanto possono essere carini questi due insieme **
Dunque, a voi che vi siete apprestati a leggere questo nuovo progetto:
ben trovati :) era da un po' che contavo di tenere una raccolta in
questa categoria, ma solo adesso posso presentarvi il progetto in
concreto. Come avrete capito dall'introduzione, altro non è che
un insieme di flash-fic assolutamente prive di legame cronologico: ogni
personaggio, rapporto, situazione o spunto della prima e della seconda
serie potrebbe essere utilizzato liberamente e in modo del tutto
casuale. Riguardo a un limite di capitoli... ancora non ho un'idea
chiara! Suppongo finché l'ispirazione non mi abbandonerà
xD
Ora, questa flash-fic in particolare è collocata largamente dopo
la fine della seconda serie, e quindi dopo la definitiva sconfitta di
BelialVamdemon (Malomyotismon). E' un ipotetico momento in cui Takeru
ha già scelto e abbozzato qualcosa del memorandum riguardo ile
sue avventure a Digiworld. E ovviamente, Takari :D semplicemente
perché avrei voluto davvero che alla fine della serie la loro
situazione sentimentale fosse stata stabilita ufficialmente
(ç_ç), o perché non scrivo tante Takari come
vorrei :)
Fatevi sentire se avete commenti, critiche o -perché no? Suggerimenti per le prossime flash-fic! Vi aspetto :)
Padme Undomiel
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** You can't exist without me (Digimon Kaiser) ***
You Can't Exist Without Me
Pictures of us
You can’t exist without me (Digimon Kaiser/Ichijouji Ken)
Perenne presenza, ovunque tu sia.
Nella tua fortezza, sotto
il sontuoso trono che ti sei costruito, tra le pieghe del tuo ampio
mantello sulle tue spalle, sul tuo volto nascosto dietro spessi
occhiali.
Nelle Dark Towers che costruisci, nel potere dei tuoi Evil Rings o Spirals.
Cammini per le strade del tuo mondo, e sono con te.
Ridi, soddisfatto, sicuro, autoritario, e sono nella gelida voce da cui proviene quel suono.
Colpisci, impietoso, con
la tua frusta da sovrano indiscusso, e sono nella soddisfazione
perversa che ti invade quando osservi quei patetici esseri inferiori
piegarsi, soffrire, gemere.
Senti di dominare, finalmente, i territori che hai designato come tuoi, e sono nel crudele sorriso che quasi ti deforma il viso.
Ti senti capo.
E non capisci.
Nulla può scalfire il tuo animo arrogante, certo della vittoria, sprezzante: nemmeno la luce del sole.
Perché sono nella tua mente, nel tuo animo. In ogni parte di te.
Sinuosa, striscio nei
pensieri del tuo passato. Letale, come un serpente, affondo i miei
denti avvelenati nelle ferite che ti hanno colpito più
profondamente.
E sibilo al tuo orecchio, perennemente.
Sono io a dirti quanto
nessuno abbia mai compreso il tuo genio, il tuo potenziale. Sono io a
farti notare con quali esseri infimi tu abbia dovuto trascorrere
l’intera esistenza.
Sono io a ricordarti che
ti hanno limitato, umiliato, reso una nullità senza ritegno,
riguardo, rispetto o giustizia alcuna.
E ti mostro
l’allettante, soddisfacente via della vendetta. Ti guido davanti
ad un sentiero asfaltato, facile, veloce, in cui non ci sarà
posto per quegli insetti che tanto ti hanno ostacolato. E ti sorrido, malevola, certa che mi ascolterai.
Quanto più ripensi
a quanto hai passato, tanto più io mi rafforzo. Quanto
più vieni ostacolato, tanto più io ti mostro il viso di
quel fratello morto, che tanto ti ha fatto soffrire inutilmente,
ingiustamente, e ti sprono alla rivincita. Alla crudeltà senza
confini.
Nel tetro buio della tua sala del trono, nel silenzio della notte, sono io a farti compagnia.
Amante, seduttrice, unica tua compagna, unico tuo sostegno.
Ti sfioro con le
attraenti arti della rabbia, dell’impulsività, e tu ti
abbandoni a me, come un bambino disperato alla cieca, furiosa,
insostenibile ricerca della tua giustizia.
E so di averti in pugno.
Sono io ad averti creato,
Digimon Kaiser. Sono io ad averti plasmato dal nulla, ad averti trovato
sanguinante al suolo, incatenato da una limitata, patetica idea di
bontà, di luce.
Io ho fatto nascere dal corpo inutile di Ichijouji Ken quello che ora sei.
E puoi illuderti. Credi
pure di essere l’imperatore. Credi pure di aver ottenuto il
potere supremo, di aver vinto le tue battaglie contro i digimon che
tentano di opporsi a te, di aver colpito definitivamente quella banda
di stupidi che ti dichiara guerra, che non vuole lasciarti vincere ed
essere il legittimo sovrano di tutte quelle terre.
Ridi pure dei tuoi successi, se vuoi. Spera di essere imbattibile, di essere superiore, di comandare.
Ma sappi che c’è qualcuno più grande di te.
Io sono l’oscurità. E, laddove ti sembrerò strumento di vittoria, sarò padrona indiscussa.
Tu mi appartieni, Digimon Kaiser. E non sei altro che una marionetta.
Sono io a dominarti.
E nulla potrà mai cambiare questa verità.
Ho
sempre provato un grande interesse verso il Digimon Kaiser (Imperatore
Digimon), anche se inizialmente l'interesse era più rivolto alla
stravaganza del suo look e alle sue manie di protagonismo xD solo
ultimamente l'ho considerato sotto un'altra ottica. E' un personaggio
davvero triste, pensandoci bene. La sua estrema insicurezza lo
porta a cercare con tutto se stesso il dominio, il potere decisionale
su qualcosa che lo riguarda, quando in realtà finisce solo per
arrampicarsi sugli specchi, e cercare di gestire qualcosa troppo
più grande di lui. Come l'oscurità, per l'appunto :) in
qualunque modo vogliate considerarla in questa flash-fic, dove l'ho
personificata!
Un grazie doveroso a chi ha letto, commentato e messo tra seguite/preferite questa raccolta ;) a risentirci!
Padme Undomiel
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Do you remember our old bet? (Daisuke-Miyako) ***
Do you remember our old bet
Pictures of us
Do you remember our old bet? (Motomiya Daisuke, Inoue Miyako)
“Devi essere davvero impazzito. Che vuol dire, diventerai il cuoco di ramen più bravo al mondo?”
Una
lunga battaglia terminata, un mondo seriamente danneggiato ma non
distrutto, ma una serenità nuova che accende ogni cuore.
Eppure, due eroi di questo mondo e dell’altro bisticciano. Come sempre.
“Quello che ho detto. Ti sembra così strano?” è la risposta spavalda del giovane. “Pensa al tuo,
di desiderio, donnetta romantica! Come se non l’avessi capito,
che vuoi che il tuo sogno d’amore con Ken si coroni!”
Un
violento rossore sul viso di lei, ma la risposta è altrettanto
sicura. “E anche se fosse? Ti giuro che ti dimostrerò che
è possibile, futuro cuoco da strapazzo!”
“Bene! E quel giorno avrai davanti a te un cuoco eccezionale, garantito!”
“Bene!”
“Bene!”
Una scommessa, accentuata dagli sguardi fiammeggianti dei due.
“Allora? Non dirmi
che hai perso la lingua!” La stuzzica quello che ormai è
un uomo, osservando la donna sedere in completo silenzio, a testa
bassa, la ciotola con un piatto di ramen fumante in mano.
Lei mangia in silenzio,
attenta a non lasciar trapelare alcuna emozione, ma Daisuke nota
perfettamente la velocità con la quale gli spaghetti scompaiono, e le verdure vengono portate alla bocca, e i
pezzi di carne vengono masticati.
E già sorride, il
novello cuoco. Sorride, perché il ramen che ha preparato
è semplicemente troppo buono per poterne dubitare in alcuna
maniera. E contare sull’autocontrollo di Miyako è come
contare sulla lucidità per un ubriacone: sa che cederà.
Conquisterà quel dannato invito.
“Io credo che la
scommessa sia vinta, tu che dici?” ghigna lui, guadagnandosi
un’occhiataccia da parte di lei. “Non puoi negare la
prelibatezza del mio piatto, cara mia.”
“Stai cantando
vittoria troppo presto, Daisuke” lo rimbecca Miyako, piccata.
“Non ti ho ancora detto nulla!”
“E allora spara, avanti” la incita, sghignazzando.
Lei arrossisce, abbassando gli occhi. “Non è male” ribatte, ma non ne sembra convinta.
Sta solo fingendo per
orgoglio, come suo solito. Da tempo Daisuke ha affinato le sue tecniche:
il suo sogno giovanile è ormai una realtà. Ha lottato e si è
impegnato a fondo per ottenere ciò che voleva.
Resta solo da capire se quella testa dura della sua rivale deciderà di considerarlo degno di ricevere il premio.
Le bacchette sono lasciate nella ciotola: il piatto è finito. Lui è rapido ad incalzare.
“Sai una cosa? Si
vede lontano un miglio che lo hai adorato” la prende in giro.
“Ammettilo! Avanti, ammettilo che era squisito! Non avevo forse
ragione, anni fa?”
“Oh,
d’accordo!” sbotta alla fine la donna, e Daisuke esulta,
vittorioso. “Era il piatto di ramen più buono che io
avessi mai assaggiato, contento?”
“Ovvio!”
Daisuke tende una mano, impaziente. “Ora non hai più scuse
per negarmi l’invito al matrimonio del mio migliore amico, no?
Da’ qua!”
Miyako alza gli occhi al
cielo, estraendo un invito dalla borsa. “Spero di non pentirmene”
risponde, mal celando la luce nello sguardo. “Sappi che ti invito
solo perché Ken-kun lo vuole.”
Daisuke sorride,
innocente. “No, perché avete un disperato bisogno di un
cuoco eccellente per le vostre nozze! Sono praticamente
indispensabile.”
Miyako è sempre
stata una persona generosa. Per questo, oltre ad una vittoria e ad un
invito, Daisuke riceve da lei anche uno scappellotto, quel giorno.
Stavolta
sono tornata con una sciocchezza xD questa flash-fic è nata dopo
l'ennesima visione dell'ultima puntata della seconda serie, e tra le
altre cose mi sono chiesta: 'che strano, per un ragazzo irruento ed
esuberante come Daisuke, fare un mestiere preciso come quello del
cuoco'. E così, ecco cosa ne è uscito xD oltre al fatto
che non poteva mancare uno dei sani bisticci con Miyako :P
Non so quando tornerò con un aggiornamento -in questo periodo mi
è un po' difficile essere regolare-, ma posso dire quasi con
certezza che la prossima sarà ambientata nella prima serie,
tanto per cambiare :)
Un saluto a tutti ^^
Padme Undomiel
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** You were lying (Taichi-Sora) ***
You were lying
Pictures of us
You were lying (Yagami Taichi, Takenouchi Sora)
Aveva i capelli pieni di foglie.
Foglie che un vento
troppo impetuoso aveva strappato dai rami quasi spogli che si ergevano,
scheletrici, sulle vie di ritorno per casa. Foglie troppo deboli per
potersi opporre alla furia devastatrice di quel soffio incurante e
determinato a portare rovina.
Desolazione.
Ne afferrò una
dalla sua folta chioma castana, osservando un lato di Yagami Taichi in
quel marrone sbiadito, tastando la sua fragilità nella
consistenza ruvida di quella foglia.
E sorrise tra sé alla morte dei sogni.
Dei suoi sogni.
Perché il soffio
del vento aveva scombinato i suoi ricordi, costringendoli a
galleggiare, sospesi, in quel cielo plumbeo. E le foglie ingiallite,
cadute come coriandoli, avevano festeggiato la nascita di un briciolo
di realismo nella sua mente.
“Sul serio non ti interessa?”
Il piccolo calciatore è incredulo, e addita la bambina a occhi spalancati.
Lei
sembra tranquilla. “No. Tutti i bambini mi scambiano per un
maschio perché gioco a calcio e perché odio i vestiti
eleganti. Nessuno si innamorerà di me, quindi il fidanzamento
non mi interessa!”
“Invece
secondo me ti interessa, Sora-chan. E ti innamorerai di un bambino
bello e misterioso che ti renderà distratta e che ti farà
dimenticare di me! Credimi.”
Sora scuote la testa, sorride. “Non sarà così! Come faccio a dimenticarmi di te?”
Gli porge il dito mignolo, solenne. Taichi lo stringe, curioso.
“Ti
voglio troppo bene per dimenticarti. Anzi, se mi sposerò,
sarà con te, perché mi conosci più di tutti!”
Il piccolo arrossisce. “Ma io non voglio sposarti! Che schifo!”
Ma quelle dita intrecciate sono pur sempre una promessa.
Quella foglia era rossastra.
Come le labbra di Sora, sulle quali altre labbra –non le sue- si erano posate.
E quell’altra, che
volteggiava pigramente davanti ai suoi occhi, era dorata. Come la
chioma del proprietario di quelle labbra fortunate, che mai come quel
giorno aveva odiato.
Perché tutto sapeva di menzogna. Di distruzione. Di crescita crudele.
Non era Yamato il destinatario di quella promessa. Non lui!
Doveva esserci Taichi al suo posto.
Ma le sue verdi speranze
erano durate finché avevano potuto. Finché
l’impetuosa forza devastatrice del tempo non aveva attaccato, con
tutta l’eloquenza di sguardi di sfuggita tra Sora e lui, con rossore sulle guance di lei quando i suoi occhi azzurri si posavano sulla sua persona, con distrazione di lui quando Taichi gli parlava di lei.
E con quella canzone che lui aveva composto per lei, e che Taichi, accecato dal verde della promessa di lei, aveva deciso di non vedere.
Finché l’autunno implacabile non aveva ingiallito le foglie. Non le aveva fatte morire.
Con quel bacio maledetto dal sapore di quel cielo plumbeo che li sovrastava.
E la morte di quel sogno
variopinto portava con sé il gelo di un vento che sferzava
contro le labbra di Taichi, distese in un sorriso amaro.
“Quel giorno mentivi, Sora-chan.”
E il rumore di un tuono
in lontananza rimbombò nel suo petto come il gemito disperato
del suo cuore per quelle dita strette che per anni avevano significato
ogni cosa.
Quelle dita che non avrebbero mai più stretto in quel modo le sue.
Avevo
promesso una flash-fic ambientata nella prima serie, e invece quello
che ne è uscito fuori è una flash-fic con i personaggi
della prima serie in un contesto da seconda serie. Quella che si
può chiamare ispirazione capricciosa ^^' Ma arriveranno anche
quelle promesse, statene certi :)
E ora, due parole per questo
aggiornamento. Sora e Yamato sono una coppia canon, impossibile e
inutile negarlo. Funzionano bene insieme, hanno molte affinità,
ed è giusto per entrambi che le cose vadano così. Ma come
spiegarlo a chi ha sperato, fin dalla prima serie, che Taichi potesse
essere l'uomo per lei? Io, purtroppo, sono in quella lista xD ho
supportato il Taiora, ho visto la nascita del Sorato, sono stata -lo
ammetto- profondamente delusa, poi ho compreso e accettato quasi
completamente. Ma sotto sotto, una parte di me ancora rivendica le sue
speranze... la stessa parte che si è espressa con la delusione
cocente di Taichi in questa flash-fic.
Qui ho voluto parlare di Taichi non
come del ragazzo eroico che mette da parte il suo amore per i suoi
amici, ma principalmente come ragazzo con speranze irrealizzabili a cui
la realtà ha giocato un brutto scherzo. Nel primo momento in cui
si capisce che il proprio amore è a senso unico, c'è
davvero qualcuno che possa essere 'eroico'?
Detto questo, al prossimo aggiornamento -questa volta senza pronostici perché sono ancora indecisa xD
Padme Undomiel
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Strangers (Yamato-Takeru) ***
Strangers
Pictures of us
Strangers (Ishida Yamato, Takaishi Takeru)
Quando aprì la porta venne investito da un forte odore di zuppa.
“Yamato!” Sua madre era ai fornelli, raggiante quando si
voltò, appena una traccia di esitazione nello sguardo.
“Hai fame? Cinque minuti ed è pronto.”
“Chiudi in fretta, fa freddo.” Fece suo padre a mo’ di saluto, disteso sul divano davanti alla tv.
Yamato mugugnò un saluto, posando l’ombrello ed evitando
lo sguardo di entrambi. Aprì il frigo e afferrò una
bottiglia d’acqua, bevendo a grandi sorsi. E fu allora che
posò gli occhi sulla sedia.
Si pietrificò.
Richiuse il frigo, afferrò ciò che era posato sulla sedia
e si diresse a grandi passi verso la sua stanza. Aveva le mani
occupate, così spalancò la porta con un piede.
E Takeru era lì, seduto sul letto a leggere un fumetto, mentre
Patamon giocava con Gabumon sul pavimento. Al suo ingresso
sollevò gli occhi, e sghignazzò.
“Delicato come sempre, fratellone.”
Yamato chiuse la porta col tallone, buttando sul letto quello che aveva
portato. “Le ha di nuovo stirate.” Esordì.
“Guarda.”
Takeru ghignò, osservandole. “Almeno adesso hanno
l’aspetto di camicie, non di stracci che mamma ha trovato per
terra.”
“Beh, io sono abituato agli stracci. Perché mamma si
ostina a stirare le mie cose? Non deve.” Yamato si
accasciò sulla sedia più vicina. “E’
inquietante.”
E forse qualcosa nel suo tono rivelò troppo, perché Takeru si fece serio, lo osservò.
“Ieri sera”, disse infine, “ho trovato una lattina di birra vuota vicino al divano, a casa mia.”
“Quindi papà era da voi, come sospettavo.” Concluse Yamato piatto.
Takeru si strinse nelle spalle. “Avere quella lattina in casa
è stato come accogliere un estraneo che si conosce troppo bene.
Per un attimo … ho desiderato di farla volar via dalla
finestra.”
Takeru aveva capito. Era ingiusto –era un sollievo- che condividessero lo stesso turbamento, di nuovo. Yamato tacque.
E poi Takeru sorrise, esitante, incoraggiante. “Poi però
ho deciso di conservarla. Ora fa ancora paura, ma con un po’ di
fortuna lattine e ferro da stiro smetteranno di essere estranei per noi
due. D’altronde, non è quello che volevamo? I nostri
genitori che si riavvicinano, intendo.”
Certo che era quello che voleva. Lo ha sempre voluto, e sempre saputo.
Ma permettere a se stesso di ammetterlo, e pagare in seguito il prezzo
di aver sperato, sarebbe stato troppo doloroso.
Yamato sospirò. “Spero solo che sappiano quello che fanno.”
Perché rivivere tutto, di nuovo, sarebbe stato troppo per lui -loro.
“Non commetteranno lo stesso errore due volte, Yamato. Fidati.”
Yamato decise di fidarsi.
“Finché la cosa non sarà definitiva, però, continuerò a stropicciarmi le camicie.”
“Vergognati.” Takeru alzò gli occhi al cielo, mettendosi in piedi. “Dai, andiamo a cena.”
E lasciando una marea di fumetti sul materasso.
Yamato inarcò le sopracciglia. “Quello sarebbe il mio letto, sai.”
“Andiamo, non dirmi che anche quelli sono estranei per te!” Fece Takeru innocentemente.
Yamato, sul punto di aprire la porta, si fermò.
“No”, disse sicuro.
Perché Takeru scaldava, Takeru non faceva paura.
Gli sorrise. “No, quelli mai.”
Ebbene
sì. A volte ritornano. Dopo due anni e passa mi sono finalmente
decisa ad aggiornare. Sono un'autrice pessima, lo so ç_ç
Per quelli che ancora sono qui a leggere, bentrovati! Sapevo che prima
o poi avrei scritto qualcosa su Yamato e Takeru -li ho sempre adorati,
fin da bambina. Perché hanno sofferto tantissimo, perché
si sono sempre voluti bene, perché Yamato ha sempre cercato di
proteggere Takeru e Takeru ha sempre cercato di avvicinarsi a Yamato.
Perché, alla fine, sono riusciti a conoscersi di nuovo e a
legarsi l'uno all'altro ancora di più dopo tantissime
difficoltà :)
Quanto al riavvicinamento di Hiroaki e Natsuko... beh, è una
cosa che ho sempre sperato, sinceramente xD e poi quei due non mi hanno
mai convinta. Come mai Hiroaki continua a portare con sé una
foto della sua famiglia, tanto per dirne una? Magari sono io ingenua,
magari era un semplice rimpianto il suo, magari alla fine i due si sono
solo riavvicinati perché hanno recuperato un rapporto
'amichevole'... ma si chiameranno fanfiction per un motivo, quindi io
interpreto così la cosa xD e mi sono sempre chiesta come
l'avrebbero presa i due fratelli nel vedere i genitori, dopo tanti
anni, tornare insieme. Non si può semplicemente cancellare tutti
gli anni di distanza, tutti gli sforzi di abituarsi a vivere con un
solo genitore, ogni istante in cui si è soffocata a forza la
speranza che le cose potessero aggiustarsi, con un colpo di bacchetta.
Per quanto sia ciò che entrambi volevano -è il desiderio
di Takeru alla fine della seconda serie, tra l'altro-, solo il tempo e
l'affetto reciproco ricuciranno quella ferita mai rimarginata. E
nessuna delle due cose mancherà loro, nella mia ottica :)
Detto questo, a presto, spero!
Padme Undomiel
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Knock knock (Osamu-Ken) ***
Knock Knock
Pictures of us
Knock Knock (Ichijouji Osamu, Ichijouji Ken)
La prima volta quasi non si accorse dello strano picchiettare contro la finestra.
Era abituato alla luce della lampada, per questo si sorprese della luce naturale che intensa veniva dalla terrazza.
E poi vide Ken.
Il viso contro il vetro,
un sorriso largo e speranzoso sulle labbra, lui lo salutò con la
mano, e poi gli indicò il bicchiere e la cannuccia tagliata
all’estremità che stringeva.
Facciamo le bolle di sapone? La sua voce gli arrivò soffocata.
Osamu sorrise, un sorriso di scusa. Sollevò il libro di matematica. “Ho da fare”.
Ken, mogio, si allontanò dalla finestra.
La prima volta non ebbe difficoltà a ritornare alle sue operazioni.
La seconda volta, il
picchiettare fu deciso, concitato, e Osamu saltò sulla sedia. Si
voltò e vide le bolle di sapone. Erano grandi, tonde, belle, e
scintillavano dei colori dell’arcobaleno.
Ken sorrideva orgoglioso, gli occhi luminosi. “Ho imparato a fare l’acqua saponata!” E la sua espressione lo pregava. “Vieni a giocare, Osamu-niisan!”
Le giornate cominciavano
ad allungarsi. Chissà com’era bello, stare lì fuori
a quell’ora, nella luce calante del crepuscolo.
Ma Osamu aveva promesso alla mamma che si sarebbe preparato per quelle gare di logica. Non poteva mica giocare.
Sospirò profondamente. “Ho da fare, Ken”.
La seconda volta si
voltò prima di vedere l’espressione triste del fratellino.
Sentiva che l’avrebbe fatto solo innervosire.
Le gare di logica non riescono bene se sei nervoso.
La terza volta aveva un
mal di testa martellante, ed era chiuso in camera da ore. Il
picchiettio alla finestra fu timido, esitante.
Osamu guardò suo fratello premuto contro il vetro. Sembrava supplichevole.
“Osamu-niisan”, fece. “Solo un pochino. Per piacere.”
Ken aveva gli occhi lucidi, Osamu si sentì male.
Gli esercizi nemmeno gli riuscivano.
La terza volta Osamu si
alzò in piedi, scostò la sedia rumorosamente, aprì
la finestra. La ribellione gli diede le vertigini, ma il vento fresco
della sera gli scompigliava i capelli, gli dava aria da respirare.
Ken sorrise così tanto che Osamu scoppiò a ridere.
“Solo cinque minuti, ok?”
Il libro lo aspettava sulla scrivania, ma Osamu gli diede le spalle.
Prese la cannuccia, la intinse nell’acqua, soffiò. Ken lo guardava con aspettativa.
La bolla scoppiò.
Silenzio.
“Soffia piano”, suggerì Ken, senza capire perché Osamu avesse quella faccia sconvolta.
Osamu riprovò, e la bolla scoppiò ancora. E ancora, e ancora, e ancora.
“Perché non
ci riesco?” Esplose alla fine, gli occhi che gli si inumidivano.
Non voleva piangere davanti a Ken. Non voleva piangere e basta.
Voleva buttare quel bicchiere per terra.
“Perché non sono bravo a giocare come a studiare?”
Ken non rispose, non conosceva la risposta giusta.
E poi si affacciò la mamma.
“Osamu-chan! Ma che
stai facendo?” Lo guardò ferita, e Osamu si sentì
un figlio cattivo. “Non devi perdere tempo!”
Ken guardò a terra. Osamu si sforzò di non piangere.
Diede il bicchiere a Ken con sprezzo.
“Tanto questo gioco fa schifo.”
Tornò dentro senza voltarsi.
I suoi esercizi lo accolsero come un abbraccio.
Non ci fu mai una quarta volta.
Bella gente, come state?
Non aggiorno questa raccolta da
una vita, e me ne dispiace un sacco. Ho un po' di flash fic già
scritte in archivio, ma hanno bisogno di una bella revisione
perché le ho scritte tempo fa, e lo stile deve essere
migliorato. Non ho intenzione di mollare questa raccolta però :)
Vi ho lasciati con un capitolo sui
fratelli Ishida-Takaishi, stavolta torno con qualcosa sui fratelli
Ichijouji. Chi mi segue sa che questi due bimbi problematici mi stanno
molto a cuore, perciò era solo questione di tempo... ma mentre
Ken trova spesso spazio nelle ff, c'è un certo silenzio riguardo
Osamu. Comprensibile, naturalmente, lo vediamo solo per una puntata e
sempre attraverso gli occhi parziali di un Ken troppo piccolo e ferito,
e di genitori troppo distratti. Ma il poco che traspare di lui in
quell'unica puntata mi stringe sempre il cuore. Sì, a dispetto
della rabbia ingiusta che rivolge a Ken, a dispetto della sua
freddezza. Forse perché mi chiedo quale bambino possa vivere
bene, se i suoi genitori non fanno che vantarlo come un genio,
allontanarlo dal suo fratellino, e riempirlo di libri invece che di
giocattoli. Forse perché non riesco a scordare il suo sorriso
triste mentre rivela a Ken che non sarà mai 'gentile' come lui.
Forse perché non riesco a non vederlo come un bimbo solo, solo
in modo desolante.
Non so quando tornerò ad
aggiornare, ma ho in mente qualcosina sui fratelli Yagami per la
prossima volta. Così completiamo questo filone 'fratelli' come
si deve ;) e, naturalmente, prima o poi scriverò qualcosa su
Tri. Ci spero proprio.
Ah, ultima notizia: ho aperto da poco una pagina autore su facebook, che trovate qui. C'è ancora poco perché la sto ancora organizzando, ma se vi va passateci :)
Padme Undomiel
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Stylish (Takeru-Koushiro) ***
Stylish
Pictures of us
Stylish (Takaishi Takeru, Izumi Koushiro)
“Un’aragosta?”
“Sì.”
“Un’aragosta.”
Koushiro
sospirò, finalmente sollevando lo sguardo dal suo portatile,
osservandolo con la calma pazienza di chi parla con un individuo
incomprensibile. “Non ti piacciono le aragoste, forse?”
Questa volta
Takeru fece molta fatica a trattenere le risate. “Più che
altro”, riuscì a dire con la voce strozzata, “la
domanda giusta è: com’è possibile pensare
lucidamente di travestirsi da aragosta, se non ci sono feste in
maschera di mezzo?”
Koushiro
sembrò sinceramente spiazzato dalla domanda. Osservò lo
schermo del pc e il programma da lui inventato per fabbricarsi abiti ad hoc, come se cercasse di individuare la stranezza della cosa.
Takeru, intanto, cercava disperatamente di non concentrarsi sugli altri costumi lì presenti - quello lì in fondo non era da coniglio, vero?
“Ci pensi
eccome, se dai un’occhiata alle statistiche”,
ribatté sorprendentemente il genio informatico.
Takeru batté le palpebre ripetutamente. “Cosa?” Articolò.
“Statistiche”,
ripeté Koushiro. “A quanto pare, personaggi famosi e
considerati attraenti dalle ragazze indossano spesso costumi
stravaganti nelle trasmissioni televisive. Nonostante ciò, il
parere delle ragazze resta sempre lo stesso: citando testualmente, Che carino!”
Fece una pausa, aggrottando le sopracciglia. “Non riesco proprio
a capire come questo fenomeno sia possibile, ma la deduzione è
ovvia: costumi di animali sono considerati carini. Quindi questo
dovrebbe andar bene, suppongo …”
Forse fu la
serietà con la quale imitò gli entusiasmi facili delle
ragazze, forse l’assoluta convinzione nelle sue parole, o forse
quel maledetto costume da aragosta che continuava a catturare la sua
attenzione ogni volta che abbassava lo sguardo sul pc, ma Takeru non ce
la fece più: scoppiò a ridere fragorosamente, rischiando
di cadere a terra.
“Quello
che si vede in tv non conta!” Disse tra le lacrime, tenendosi la
pancia. “Se indossassi una cosa simile passeresti per pervertito
e basta.”
“Pervertito?” Esclamò scandalizzato Koushiro.
“O per svitato!”
Questo sembrò offenderlo. “Guarda che è una cosa accuratamente studiata, e-”
“Certo,
con quel costume addosso potresti avere ogni ragazza per te.”
Takeru sapeva che avrebbe dovuto avere più tatto, che Koushiro
gli aveva chiesto un parere perché era un mondo tutto nuovo per
lui e non sapeva bene come muovercisi con naturalezza; ma non riusciva
a darsi un contegno. “Ti basterebbe catturarle con le chele, e il
gioco sarebbe fatto!”
Ne avrebbe
avuto ancora per molto: aveva un sacco di battute in testa, e non
facevano che aumentare ogni volta che immaginava Koushiro indossare
quel coso. Ma Koushiro si incupì d’un tratto, voltandosi
verso il pc.
“Sempre meglio di quei tuoi cappelli ridicoli”, borbottò.
Takeru si pietrificò.
“Ridicoli, ha detto! Ti sembrano ridicoli? Ma se sono così alla moda!”
“Takeru …”
“E poi piacciono a tutti. Hikari-chan ha detto che I cappelli fanno molto Takeru-kun, vuol dire che senza non sarei io, no?”
“Takeru. Ma santo cielo.”
“A te piacciono, vero?”
“Ma cosa
c’entro io?” Yamato alzò le braccia al cielo,
esasperato. “Perché vieni a lamentarti con me di una cosa
simile?”
“Perché sei mio fratello!” Ribatté ostinatamente Takeru.
“Posso appellarmi al cognome diverso?”
“No, non puoi.”
“Diamine.”
E' tanto che non ci si sente, eh?
In
questo bel clima di sofferenza e perdita da Kokuhaku, io ho pensato bene di inaugurare le mie produzioni di Tri
con una flash-fic idiota, ispirata a Saikai. In ritardo come sempre, ma
pazienza.
Seriamente: in preda a quali trip mentali Koushiro può aver progettato quegli outfit orripilanti? Più faccio
fermo immagine, più i miei occhi sanguinano. Non che il resto
della combriccola sia chissà quanto alla moda... ma lasciamo
credere a Takeru di essere strafigo, visto che è diventato un
adolescente con una faccia di bronzo invidiabile.
(Detto tra noi: io amo i suoi cappelli. Ma potrei essere di parte.)
Miracolosamente,
posso promettervi aggiornamenti tempestivi: ho una flash-fic già
pronta che vedrà presto la luce!
Padme Undomiel
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Out Of Character (Daisuke-Ken) ***
Out Of Character
Pictures of us
Out Of Character (Motomiya Daisuke, Ichijouji Ken)
In pochi lo sapevano, ma Ichijouji Ken era davvero un ingrato.
“Andrà
bene!” Lo incoraggiò Daisuke vivacemente. “E’
andato tutto come previsto, no? La tua squadra ha vinto, tu hai fatto
un rigore da paura, e Miyako si è spolmonata per te in tribuna
col suo tifo da camionista.”
Invece che
rasserenarsi, Ken nascose il viso nella tovaglietta con la quale si
stava detergendo il sudore. “Non posso farcela”, si
lamentò miseramente.
“Sì
che puoi!” Daisuke gli passò in fretta una bottiglietta
d’acqua, un occhio alle tribune: i loro amici si stavano
avvicinando in fretta, tutti chiacchiere e sorrisi. “Se davvero vuoi
parlare con Miyako devi scioglierti un po’, e fare come ti ho
detto. Fai finta di essere me, ok? Io ci parlo sempre, con lei!”
Ken
sollevò lo sguardo dalla tovaglietta, un’espressione
atterrita negli occhi. Daisuke gli fece il segno della vittoria,
sollevando il pollice.
“Mi ringrazierai!”
L’altro prese a tracannare la sua acqua, come se volesse strozzarcisi e cadere morto sul posto.
Daisuke
alzò gli occhi al cielo. Non aveva passato ore a fingersi
un improbabile Cupido in Occhialetti solo per vedere il suo amico
mandare tutto a monte per colpa di una timidezza eccessiva.
Ma non c’era più tempo per spronarlo ulteriormente.
“Ken-kun!”
Mentre Ken
sussultava come un uomo sui tizzoni ardenti, una Miyako entusiasta gli
buttava le braccia al collo, stritolandolo in modalità koala.
Daisuke avrebbe provato pena per la vittima, sul serio, se solo
suddetta vittima non se la fosse cercata, prendendosi una tremenda
sbandata per quella matta.
“Nessuno
sul campo ti stava dietro!” Esclamò lei, staccandosi da
lui e sorridendogli a trentadue denti. Ken arrossì vistosamente.
“Sei stato bravissimo, lo dicevo anche agli altri! Un vero
portento!”
Iori, Takeru e
Hikari echeggiarono i suoi complimenti, Miyako continuò a
sorridergli come se lui fosse un dio in terra, ma Ken non guardò
nessuno di loro. Invece, lanciò uno sguardo significativo a
Daisuke.
Poi si schiarì la voce, curiosamente solenne.
“Te
… te …” Quel balbettio quasi sussurrato
sembrò mandarlo in iperventilazione, ma non si arrese. Ormai
violaceo, strizzò gli occhi e praticamente strillò:
“Te ne accorgi solo ora?”
Avrebbe dovuto
essere un successo, provocare una risata, farlo apparire spavaldo e
assolutamente irresistibile. Invece, a rispondergli fu un silenzio
tombale.
Miyako,
interdetta, fissò Ken come se fosse un marziano. Takeru e Iori,
sbalorditi, si fissarono l’un l’altro.
Hikari, invece, fissò Daisuke.
Daisuke volle improvvisamente sprofondare.
“Mi ringrazierai, eh? Che grande idea. Perché ti ho dato retta?”
“Eddai,
Ken, mi dispiace!” Daisuke lo inseguiva da dieci minuti buoni,
ormai, tremendamente in colpa. “Che ne sapevo che avresti fatto
la figura del pollo?”
Forse non avrebbe dovuto usare quelle esatte parole, ripensandoci.
Ken gli lanciò un’occhiata terrificante, e improvvisamente Daisuke si ricordò del Digimon Kaiser.
“Ora che ci penso. Tu neanche ce l’hai, la ragazza, Motomiya.”
E poi, del tutto insensibile all’orgoglio distrutto del ragazzo che definiva suo migliore amico, voltandosi lo piantò in asso.
In pochi lo sapevano, ma Ichijouji Ken era davvero un crudelissimo ingrato.
Ve lo avevo detto che l'aggiornamento sarebbe stato rapido!
E
niente, sentivo troppo la mancanza di quelli di 02 per non scriverci di
nuovo su: se Tri li snobba, io non farò certo lo stesso, i miei
bimbi chiedono di essere considerati.
... forse non chiedevano di essere maltrattati, ma ehi, dettagli. L'amore è anche questo.
Ci vediamo alla prossima!
Padme Undomiel
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=656101
|