Power of love

di Afterthestorm93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 ***
Capitolo 10: *** Cap.10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** Cap. 12 ***
Capitolo 13: *** Cap. 13 ***
Capitolo 14: *** Cap. 14 ***
Capitolo 15: *** Cap. 15 ***
Capitolo 16: *** Cap. 16 ***
Capitolo 17: *** Cap. 17 ***
Capitolo 18: *** Cap. 18 ***
Capitolo 19: *** Cap. 19 ***
Capitolo 20: *** Cap. 20 ***
Capitolo 21: *** Cap. 21 ***
Capitolo 22: *** Cap. 22 ***
Capitolo 23: *** Cap. 23 ***
Capitolo 24: *** Cap. 24 ***
Capitolo 25: *** Cap. 25 ***
Capitolo 26: *** Cap. 26 ***
Capitolo 27: *** Cap. 27 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


La sveglia mi stava implorando di alzarmi. Era già la quarta volta che suonava e la terza che la spegnevo con un colpo di mano.
Dopo qualche mugolio e svariati sbadigli, mi alzai dal mio comodo letto matrimoniale e mi diressi verso la cucina. 
La mia casa non era nulla di che, una semplice abitazione su un piano per una ragazza universitaria lontana dalla sua famiglia. Ebbene si, vivevo da sola. I miei li avevo lasciati a New York, il mio paese natale. Per poter studiare sociologia e psicologia, materie fondamentali per diventare assistente sociale, mi ero dovuta trasferire a Boston, accompagnata soltanto dalla mia Ford e da due valige. 

Mi preparai una tazza di yogurt bianco e müesli con fiocchi di cioccolato fondente che divorai in cinque/sei cucchiaiate. La sera prima non avevo mangiato granchè. Sistemai tutto nel lavandino e corsi in bagno a lavarmi e cambiarmi. Indossai un outfit comodo, giusto per stare ore e ore seduta ad un tavolo. Maglioncino bianco con scollo a V, jeans chiari, stivaletti beige e tracolla in cuoio con dentro tutti i miei libri.

Sulla strada che portava alla facoltà, ascoltai la musica sulla mia stazione radio preferita. 
Un quarto d'ora dopo, parcheggiai l'auto nel vasto spazio apposito e, a grandi falcate, imboccai il viale che conduceva all'entrata principale.
Appena in tempo Margaret.
Già, perché nello stesso momento in cui entrai io, entrò anche il professore di Scienze Sociali, Ramirez. 
"Buongiorno ragazzi, oggi come sapete, vi dirò ad uno ad uno dove inizierete il vostro tirocinio" 
Non stavo più nella pelle, il mio sogno di lavorare insieme ai bisognosi si stava finalmente realizzando. 
Ero talmente elettrizzata, che quando chiamò il mio cognome non me ne accorsi nemmeno, tanto ero presa a immaginare il primo giorno di lavoro. Chissà dove sarei finita. In un ospizio? O magari in un orfanotrofio? O forse...
"Price? Margaret Price?" tuonò la voce di Ramirez.
"Si, sono qui mi scusi" sussurrai timidamente alzando la mano. Mi alzai e mi avvicinai alla cattedra, tremante ed agitata, per ritirare i fogli con tutte le indicazioni. 
"In bocca al lupo signorina Price, la situazione che le è stata affidata non è delle più semplici" bisbigliò l'uomo di fronte a me, più a se stesso che alla sottoscritta. 
E dopo questa affermazione, devo dire che il mio entusiasmo scese sotto terra. 

Cercai di non pensare a quelle parole nelle ore seguenti; non valeva la pena agitarsi, dopo tutto era il lavoro che desideravo fare e sapevo bene che nessuna situazione sarebbe stata facile, altrimenti a cosa servivano gli assistenti sociali?

Mezzogiorno arrivò dopo ore che sembrarono mesi. Andai in cortile intenta a cercare una panchina libera, e non al sole, per poter gustare l'insalata di riso che avevo preparato la sera precedente. Non trovandola, mi misi seduta sotto un enorme cigliegio in fiore. 
Approfittai di quel momento di pausa per sfogliare le documentazioni per il tirocinio.
"22, Rosemunde Road" 
Non avevo idea di dove fosse, così decisi che, alla fine delle lezioni, sarei passata a dare un' occhiata per non rischiare di perdermi il primo giorno. 
Così, terminata l'ultima ora e recuperata la macchina, impostai il navigatore e mi diressi verso la mia meta. 
La strada che la voce meccanica mi suggeriva di percorrere, era tutta dossi e buche, tant'è che quando costeggiai immensi campi di girasoli e granoturco, pensai di aver sbagliato direzione. Stavo per imprecare e fare una folle e proibita inversione a U, quando il navigatore mi segnalò l'arrivo con una bandierina rossa a 200 metri di distanza. Proseguii quindi lentamente fino alla destinazione e arrestai l'autovettura. 
Ciò che mi si parava davanti era un'enorme villa coloniale. Impossibile fosse il posto giusto. 
Scesi dall'abitacolo per controllare se almeno la via fosse quella indicata sulla documentazione. Su di un palo, a pochi metri di distanza, si innalzava la targa che confermava il mio dubbio. Tornai indietro e notai che anche il numero civico, posto accanto al cancello, era esatto. 
Dunque, il mio "sfortunato paziente" era un riccone sfondato. 


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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Nei giorni seguenti, tornai a Rosemunde Road altre due volte. Magari avrei visto qualcuno uscire da lì per portare via la spazzatura, o prendere una Ferrari e schizzare via come il vento; invece nulla, deserto totale. 
Ero sempre più curiosa. L'idea di trascorrere parte del mio tempo tra quelle meravigliose mura mi allettava, ma allo stesso tempo avevo timore che il proprietario fosse un vecchietto scorbutico e altezzoso, pieno di arie e poco gentile. 

Il primo giorno di lavoro arrivò senza che me ne rendessi conto. 
Erano le 7,00 di un soleggiato giovedì di Aprile e io, come di consuetudine, mi alzai, mangiai, lavai e vestii. 
Il giorno prima avevo chiamato il numero di telefono scritto sulla documentazione, per chiedere l'orario in cui mi sarei dovuta presentare. Mi venne detto, da una signora credo abbastanza giovane, che potevo recarmi lì già alle 8,30 dell'indomani mattina. 
In macchina questa volta rimasi con la radio spenta. Mi stavo preparando mentalmente una frase di presentazione, come mi succedeva sempre quando dovevo conoscere persone nuove. 

Parcheggiai fuori dal cancello, anche se questo era aperto. Non volevo invadere troppo gli spazi, anche se di spazio ce n'era a sufficienza.
Presi la borsa, chiusi a chiave la Ford e mi incamminai lungo il vialetto d'entrata. La villa era di un color marroncino chiaro, tendente al beige, mentre una grande scalinata di marmo con la ringhiera bianca, portava al portone d'ingresso. Le finestre erano in vetro opaco rivestite da finiture candide. 
Salii i gradini a passi insicuri e, una volta arrivata davanti alla porta, inspirai profondamente e bussai con tre colpi. 
Non dovetti aspettare molto tempo, perchè all'incirca 20 secondi dopo, mi venne ad aprire una signora sulla sessantina che doveva essere la donna delle pulizie o una cosa simile. 
"Buongiorno, sono Margaret Price. Sono qui per il tirocinio da assistente sociale" dissi con tranquillità, senza lasciar trapelare l'agitazione che avevo dentro. 
"Oh sì, accomodati pure cara. La signorina McCarthy e il padrone ti stanno aspettando. Seguimi"
Almeno lei sembra gentile.
La seguii attraverso un lungo corridoio, poi attraverso due stanze. Quella casa era spettacolare. Era piena di quadri, non di quelli con parenti morti da secoli. Dipinti di Renoir, Monet, Van Gogh circondavano le pareti di quella immensa proprietà. 
"Su vieni, il giro della casa lo faremo più tardi" mi disse la donna davanti a me, probabilmente accorgendosi di quanto fossi stupefatta. 
Accennai un sorriso e continuammo ad avanzare fino ad arrivare davanti ad una porta di legno aperta. All'interno, seduta davanti ad un computer, c'era la donna con la quale avevo parlato al telefono il giorno prima. 
"Signorina McCarthy, la tirocinante è arrivata" proclamò l'anziana signora.
Colei che poco prima ho descritto, ora mi stava fissando impassibile da dietro le lenti dei suoi occhiali da vista. 
"Accomodati" disse rivolta a me.
Deglutii e mi andai a sedere di fronte a lei. 
Estrasse dei fascicoli da un cassetto accanto alle sue gambe e li guardò con attenzione. 
"Margaret Price, dico bene?"
Mi limitai ad annuire con un veloce cenno del capo. 
"Bene, benvenuta a villa Bieber. Io sono Amelia McCarthy la tua tutor, nonchè direttrice di questo luogo. Ti dirò quello che dovrai fare e decideremo insieme gli orari di assistenza."
La ascoltai con molta attenzione e concordai con lei sul da farsi. Mi stavo però anche chiedendo dove fosse il cosiddetto "padrone", ovvero il mio paziente. Ero desiderosa di vedere la sua faccia rugosa e la sua pelle cadente. Strano ma vero. Amelia continuava a parlare e parlare, mi fece firmare fogli e mi preparò una tabella di marcia con su scritte le medicine e i rispettivi orari. 
Non riuscivo ad aspettare oltre. 
Stavo per aprire bocca, decisa a domandare dove fosse il mio paziente, quando la signorina McCarthy mi precedette. 
"Justin, ti dispiace venire per favore? È arrivata la persona che si prenderà cura di te in questo periodo" disse con un tono di voce piuttosto alto, per farsi sentire. 
Justin. Quindi era quello il suo nome. Justin Bieber. 

Pochi istanti dopo, un rumore di ruote striscianti, mi fece voltare alle mie spalle. Ciò che vidi mi lasciò senza parole.



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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


Era senza dubbio il ragazzo più bello che avessi mai visto. Fino a quel momento della mia esistenza perlomeno. 
Aveva i capelli biondo cenere non troppo corti ma nemmeno troppo lunghi, con un bel ciuffo da un lato che copriva parte della fronte. 
Gli occhi erano di un colore mai visto prima, cioè, erano marroni ma non marroni e basta, erano color del caramello fuso ed erano terribilmente fissi nei miei, con una tale insistenza che mi fece presagire che non fosse poi così contento di vedermi. 
Ma la cosa fondamentale, la ragione per cui ero giunta fino a quella villa, era che il ragazzo era seduto su una sedia a rotelle.

"Ciao.." dissi io sorridendogli. Ero ancora scombussolata dall'idea di dover assistere un ragazzo, che, ad occhio e croce, doveva avere la mia età, ma non volevo sembrare scortese.
Cosa che invece era lui, infatti non rispose nemmeno. 
"Chi sarebbe questa?" domandò alla McCarthy in tono oserei dire schifato.
"Te l'ho già detto Justin. Lei si chiama Margaret e prenderà il posto della signora Johnson." 
La signora Johnson era l'infermiera di Justin, che, da quanto mi disse Amelia poco prima, era dovuta tornare in Argentina per un lutto famigliare. 
"Penserà lei a te ora, la sua università le ha offerto un tirocinio da assistente sociale e siccome noi eravamo a corto di personale che potesse aiutarti, eccola qua!" concluse.

Il biondino voltò la testa nella mia direzione e, dopo avermi studiato dalla testa ai piedi con sguardo privo di espressione, si decise a salutarmi. 
Si avvicinò facendo scivolare le mani sulle ruote della carrozzina e si fermò ad un passo da me. Eravamo sullo stesso piano. Non avevo avuto il coraggio di alzarmi, per non metterlo in imbarazzo. Ma prima o poi avrei dovuto farlo.
"Ti ha già detto cosa dovrai fare con me?" mi domandò riferendosi ad Amelia. 
I suoi occhi così da vicino erano ancora più belli. E potei notare meglio anche le sue labbra, che, chiuse, nella parte superiore, sembravano formare un cuore. 
"Beh no, non ancora" risposi. 
Indietreggiò fino a reggiungere l'uscio, ma prima di scomparire aggiunse con un sorriso beffardo "scommetto che non resisterai nemmeno due giorni."

L'ora successiva la passai con Amelia a discutere dell'orario di lavoro, di medicine e di molto altro. 
"La signora Johnson faceva il bagno a Justin il Lunedì, il Mercoledì e il Sabato alle sei. Per te sarà lo stesso, d' accordo?" 
Ho capito bene? Bagno? Cioè quel bagno in cui uno entra nudo nella vasca e si insapona, poi esce e si asciuga? Ok, si, quel bagno. E avrei dovuto farglielo io? 
Quel ragazzo aveva ragione. Non avrei resistito nemmeno due giorni. 
"Ehm, si.. D'accordo" risposi. Non avevo scelta. 
Certo non mi sarei mai aspettata una situazione così critica. Mi dispiaceva per Justin, non doveva essere facile vivere così, ma quella storia del bagno mi aveva messo agitazione. 
Non saprei se avrei preferito un ragazzo o un anziano a questo punto. 
"Ma.." 
Mi bloccai. Stavo per chiederle se in quell'ora di 'lavaggio' avrei avuto almeno un aiutante, ma mi risposi da sola. In quella casa, per aiutare Justin, c'ero solo io. 
"Nulla, mi scusi. Adesso devo tornare a casa" 
"Si certo vai pure a prendere la tua roba, tanto si cena alle otto" disse la signorina McCarthy porgendomi il programma che avevamo discusso fin'ora.
Come si cena alle otto? A quale roba si riferiva? 
Dall'espressione da ebete dipinta sul mio viso, capì che qualcosa non andava. 
"Oh cara, non te l'ho detto? Che sbadata! Rimarrai a vivere qui fino alla fine del tirocinio. Justin ha bisogno di te ventiquattro ore su ventiquattro"

Mi sentii svenire.

 

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Coraggio Meg, puoi farcela, devi farcela. È il lavoro a cui aspiri da anni, non puoi demoralizzarti così.

Ero demoralizzata, sì. Ma non perchè pensassi di non essere in grado di cavarmela; semplicemente per il fatto che vedere quel ragazzo, Justin, così giovane su di una sedia a rotelle, mi aveva creato un nodo nello stomaco.

Stavo preparando il borsone che mi sarei portata dietro durante la mia permanenza nella villa, quando il mio cellulare squillò. 
Sul display comparve la scritta 'Mamma'. 
"Finalmente" disse lei senza lasciarmi nemmeno il tempo di parlare. "Ti ho chiamato cinque volte, dov'eri?"
"Ciao anche a te mamma" risposi quando lei mi lasciò il tempo per replicare. "Ero impegnata a parlare con la tutor. Inizio domani il tirocinio" 
"Che bella notizia Meg! E dove lo farai? Chi assisterai? Per quanto?". 
Dio mio, ma quanto va avanti?
"Hai finito? Dunque vediamo, sto preparando la borsa perchè mi trasferisco per un breve periodo nella casa, o meglio, nell'immensa villa coloniale di Justin Bieber, il ragazzo che dovrò assistere perchè è sulla sedia a rotelle" spiegai, e dal tono della mia voce mi accorsi solo dopo che ebbi finito la frase che avevo parlato in modo scortese nel confronti di Justin. Avevo usato un tono sbagliato, quasi cattivo, per spiegare la sua situazione. 
Chiusi gli occhi e mi morsi il labbro inferiore per il nervoso. 
"Non mi sembri molto contenta" sussurrò mia madre dall'altro capo del telefono. 
Quanto sei idiota Meg, ma che ti prende? 
Mi buttai a peso morto sul letto e sospirai rumorosamente. 
"Mamma, ero stra felice di iniziare questo tirocinio fino a ieri, non vedevo l'ora.. ma adesso..". Sospirai nuovamente. "Il fatto è che non mi aspettavo di dover assistere un ragazzo della mia età, per di piú su una sedia a rotelle. Vederlo mi ha fatto stare male e non voglio che quando lavorerò al suo fianco lui noti in me agitazione, nervosismo o cose così. Non voglio metterlo in imbarazzo o farlo sentire diverso ed inferiore."
Mia madre mi rassicurò dicendomi che sarebbe andato tutto bene e che, grazie alla mia bontà e al mio cuore puro, me la sarei cavata alla grande. 
La conversazione terminò lì.

Alle sette e un quarto, montai in macchina, accesi il motore e partii verso la mia nuova casa temporanea. 
Senza dubbio sarebbe stata una figata vivere lì. Ero curiosa di fare il giro della villa accompagnata dalla signora delle pulizie, che appresi si chiamava Josephine. 
Mentre guidavo pensavo al viso di Justin, serio e corrucciato, e mi feci coraggio dicendomi che magari saremmo diventati amici. 
Otto meno cinque. Tempismo perfetto Price.
Parcheggiai la Ford dentro il cortile, come mi aveva detto gentilmente di fare Amelia. 
Mi misi il borsone su una spalla e andai a bussare. 
Josephine venne ad aprire e si offrí di prendermi il borsone e di accompagnarmi a quella che sarebbe diventata la mia stanza. 
"Oddio è stupenda!" esclamai appena varcai la soglia. Mi guardai in giro stupefatta. 
Il letto era enorme e a baldacchino, di fronte ad esso, si ergevano in tutto il loro splendore un tavolino dorato e uno specchio alto quanto me. Sulla destra vi era un armadio che copriva tutta la parete e a sinistra il bagno. 
"La cena è pronta signorina" disse la donna alle mie spalle. 
Annuii e la seguii senza dire una parola.
Giunte nella sala da pranzo vidi Justin e Amelia intenti a parlare, ma si interruppero subito appena mi videro. 
"Buonasera" sussurrai timidamente e presi posto di fronte al ragazzo. 
"Puntuale come un orologio svizzero" disse lui guardandomi con quegli occhi ipnotici. 
Non vorrei sbagliarmi, ma ebbi l'impressione che stesse sorridendo.

La cena procedette in maniera alquanto silenziosa. Forse troppo. 
Mi schiarii la voce e, appena ebbi finito di mangiare il dolce, dissi che sarei andata a dormire. 
"Sono solo le dieci, che razza di persona va a dormire a quest'ora?" 
Il biondo di fronte a me mi gurdava come se avesse visto un alieno. Il tono in cui pronunciò quella frase era abbastanza chiaro. Della serie "sei una sfigata". 
"Justin, non mi sembra il caso. Se vuole andare a dormire, lasciala andare" disse Amelia in mia difesa toccandogli il braccio per farlo stare calmo. 
Ragazzino mi dai già sui nervi.
Mi pulii la bocca col tovagliolo e, senza degnare nessuno di uno sguardo, uscii dalla stanza.

Cosa avevo detto prima? Che forse saremmo diventati amici? Bene. Cancellate quella frase dalla vostra mente.
 

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


La nottata stava procedendo tranquilla, se non fosse che alle 5.00 di mattina, un colpo di tosse, poi un altro e un altro ancora, mi svegliarono attraverso il walkie talkie che Amelia mi aveva consegnato. 
Era mediante questo strumento che io e Justin avremmo comunicato quando ci fossimo trovati in stanze diverse.

Continuava a tossire, così mi alzai dal letto, infilai le ciabatte e mi incamminai lungo il corridoio che conduceva alla sua camera. 
La casa era immersa nel buio, quindi dovetti appoggiare le mani alla parete per non andare a sbattere contro qualcosa. 
Arrivata davanti alla porta della stanza, bussai delicatamente con una sola nocca. Non ricevetti risposta, allorchè entrai cercando di non fare rumore. 
Le tende della finestra erano aperte e in tal modo i raggi della luna filtravano all'interno delle quattro mura illuminando a pieno il volto del ragazzo. Dormiva con un'espressione di dolore disegnata sul volto. 
Mi avvicinai piano e sussurrai delicatamente il suo nome. 
"Justin, Justin son Meg. Ti senti bene?" 
Un altro colpo di tosse e finalmente aprì gli occhi. Mi fisso talmente a lungo senza dire niente che pensai al peggio. 
"Vuoi un bicchier d'acqua? Ho sentito che tossivi" 
Detto ciò, il biondo fu così gentile da voltarmi la schiena e pregarmi di andarmene. 
Iniziamo bene.
Pensai allora di andare a svegliare Amelia per stare più tranquilla. Per fortuna era già sveglia, intenta a sistemare delle scartoffie sul suo letto. Le spiegai il problema e mi rassicurò dicendo che non era nulla di grave e che a quei colpi di tosse avrei dovuto abituarmi. 
Tornai nella mia stanza e mi ci volle qualche minuto prima di riaddormentarmi.

Il giorno seguente ci aspettava una bella passeggiata al parco. 
Dopo l'abbondante colazione preparata dalla signora Josephine, Justin, mi disse di andare. Era la prima volta che mi rivolgeva la parola quel giorno. 
Giunti all'esterno della villa, feci per mettere le mani sulla carrozzina in modo da poterla spingere, ma subito la sua voce acida bloccò i miei movimenti. 
"Sta ferma. Non sono paralizzato, posso spingermi da solo" ringhiò. 
Mamma mia che nervi mi fa venire. Ok Meg, stai calma e non agitarti.
Diedi un leggero colpo di tosse prima di iniziare a parlare. 
"Allora, Justin, in quale parco siamo diretti?" domandai per fare un minimo di conversazione lungo il tragitto. 
Lui sembrò assolutamente non avermi sentito, invece mi rispose con queste parole. 
"Appena arriviamo vedrai, voglio proprio vedere come sarà la tua faccia" 
Rise pronunciando quella frase, e, devo ammetterlo, la sua risata era davvero graziosa. 
"Come mai? Cos'ha di speciale questo parco?"
"Aspetta e vedrai Margaret, ci siamo quasi"
Sorrisi nel vedere come un momento prima era insulso e acido, mentre un attimo dopo spensierato e sorridente. 
Pensai che i suoi sbalzi d'umore dovessero dipendere dalla sua condizione, perciò erano più che comprensibili.

Camminavamo già da dieci minuti o un quarto d'ora, non saprei di preciso (avevo dimenticato l'orologio sul lavandino del bagno), quando finalmente un' ampia area verde si parò davanti ai miei occhi. Era il parco più bello che avessi mai visto, oserei dire anche più di Central Park per il semplice fatto che non c'era nessuno, mentre a New York ad ogni ora c'era gente che camminava o pedalava e bambini che correvano. 
I colori delle foglie sugli alberi, gialle, rosse e marroni, sembravano usciti da un dipinto. 
Il soffio del vento era l'unico suono presente insieme al cinguettio di un uccellino. 
"Wow! È.. Meraviglioso qui" esclamai guardandomi intorno. 
"Già.." sussurrò Justin che improvvisamente si fece serio.
I miei occhi finirono per incontrare i suoi, in quel momento tristi e spenti. 
Mi sedetti su una panchina li vicino. 
"Sai, se vuoi parlare di qualcosa.. puoi farlo. Non sono venuta qui per giudicarti" gli dissi dolcemente. 
Lui mi guardò per un breve lasso di tempo poi spostò lo sguardo sul viale di fronte a noi, iniziando a percorrerlo. 
"Cosa vorresti dire? Che sei venuta qui per assistere un handiccapato? Io non ho bisogno proprio di nessuno, nè di te, nè di Amelia. So badare a me stesso e non ho bisogno che qualcuno abbia pietà di me"
Pronunciò quella frase con una tale cattiveria e un tale odio da farmi venire le lacrime agli occhi. 
Era ovvio che non poteva badare a se stesso da solo, ma molto spesso chi è in difficoltà fa fatica ad ammetterlo per non sembrare inferiore agli altri. 
Mi alzai e lo raggiunsi, abbassandomi al suo livello, e lo guardai dritto negli occhi. 
"No, Justin tu non sei handicappato. Sei un ragazzo come molti altri, come me. Non permettere mai a nessuno di dirti che sei diverso perchè non è la verità. Solo perchè non puoi camminare non significa che tu non sia un ragazzo normale con ambizioni e desideri. Io sono qui per te, per aiutarti è vero, ma sono qui anche per me stessa"

Passammo il resto del tempo a fissare il vuoto davanti ai nostri occhi. 
Nessuno disse più nulla. 

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


Al ritorno, restammo in silenzio per tutto il tragitto. Justin percorreva la strada qualche metro davanti a me, come se la mia sola presenza nei paraggi gli fosse d'intralcio. 
Cosa avevo fatto di male? Ero stata gentile, gli avevo detto che non ero lì per giudicarlo ma per aiutarlo, e lui aveva reagito così. 
Mi morsi il labbro per la triatezza nel vederlo di schiena, seduto su quell'aggeggio, intento a spingere le ruote per arrivare a casa. Avrei potuto spingerlo io, ma me lo aveva proibito. 
La verità è che Justin aveva ragione. Provavo pena per lui. Vederlo in quelle condizioni mi lacerava il petto. 
Non conoscevo la causa dell'incidente ma mi era bastato guardarlo negli occhi mezz'ora prima per capire che aveva sofferto molto e che soffriva tutt'ora. In più non avevo avuto il coraggio di chiedere riguardo ai genitori.

Arrivati alla villa, Josephine ci accolse con un grande sorriso. 
"Eccovi tornati! Avete passato una bella mattinata al parco?" chiese prendendoci i cappotti. 
Stavo per rispondere che era andato tutto bene ma Justin mi precedette.
"Era meglio stare a casa" rispose in modo glaciale.
Josephine mi guardò sollevando le sopracciglia, come per chiedermi spiegazioni, ma mi limitai ad alzare le spalle e scuotere la testa. 
"Oh, beh.. Di sicuro ora un bel bagno ti farà bene" aggiunse poi, accarezzandogli i capelli. 
Merda, il bagno. Lo stavo proprio dimenticando. 
Inspirai ed espirai profondamente per poi seguire Justin in camera sua.

Sistemato l'occorente, che consisteva in bagnoschiuma, shampoo, asciugamano e due tipi di olio, su un carrello apposito, ci dirigemmo verso il bagno. 
Il biondo si fermò al centro dell'enorme servizio e prese a fissarmi. All'inizio non capii, ma poi mi accorsi di essermi imbambolata a guardare il vuoto. 
"Ehm, pensi di muoverti a spogliarmi o no?" chiese schioccando due dita per riportarmi alla realtà. 
Sussultai e annuii. Mi avvicinai a lui così tanto da poter sentire il suo profumo inebriarmi perfino il cervello. 
Oh mio dio che buono, indossa un profumo squisito.
Meg concentrati santo cielo.
Appoggiai le mani sui lembi della sua maglietta e la sollevai delicatamente, mentre lui dal canto suo, alzò le braccia per aiutarmi a sfilarla. 
Un fisico statuario si nascondeva sotto quella stoffa. I suoi addominali erano così accentuati che parevano essere stati scolpiti da Michelangelo. 
Bontà divina Margaret, vedi di non perdere la testa. 
Deglutii visibilmente, ma lui sembrò non accorgersene. Meglio. 
Proseguii abbassandogli i pantaloni della tuta e appoggiai sia questi che la maglia sul termosifone, in modo tale che più tardi, quando li avrebbe indossati nuovamente, sarebbero stati caldi. 
Okay ragazza ora fatti coraggio e levagli i boxer, cosa ci vuole? 
Si certo, cosa ci vuole a togliere le mutande a un ragazzo ventenne, con un fisico astronomico e per di più che conosci da due giorni? 
Basta, dovevo farlo e infatti lo feci. 
Con imbarazzo abbassai quell' ultimo indumento cercando di non puntare gli occhi dove non avrei dovuto, ma fu inevitabile.

JUSTIN POV
Okay, era visibilmente in imbarazzo e a dirla tutta, lo ero anche io. 
Non mi trovavo in una situazione facile, soprattutto se a togliermi i vestiti era una ragazza della mia età e per giunta carina; ma qualcuno, anche se mi costava ammetterlo, doveva aiutarmi.

Osservai le sue mani scivolare lentamente lungo le mie cosce e mi vennero i brividi. Si muoveva con una delicatezza disarmante, quasi sensuale. 
Provai vergogna nel farmi vedere nudo da lei, così distolsi lo sguardo per non mostrare il mio rossore e cercando di restare calmo, anche perchè se mi fossi agitato lo avrebbe ovviamente notato.
Lei non parlava, io nemmeno. Nel bagno regnava un silenzio tombale. 
Di colpo mi sentii toccare, sempre con estrema dolcezza, la schiena. 
Meg stava cercando di sollevarmi. 
Girai il viso e mi ritrovai a specchiarmi nei suoi occhi, due pietre ambrate. 
Mi sorrise e mi disse di afferrarle il collo con le braccia. Lo feci e lei con una smorfia mi sollevò per poi posarmi all'interno della vasca. 
L'acqua era calda a sufficenza e la schiuma copriva gran parte del mio corpo. Appoggiai la testa al bordo e chiusi gli occhi, rilassandomi.

_____

"Preferisci fare da solo o vuoi che lo faccia io?" domandai. 
Come mi aveva ricordato quella stessa mattina, non era paralizzato, quindi se avesse voluto avrebbe potuto insaponarsi da solo. 
"Fallo tu, sei molto delicata" rispose. Stranamente il suo tono di voce era calmo. 
Presi una spugna, vi versai sopra il bagnoschiuma e iniziai a sfregargli la schiena cercando anche di massaggiarlo. Feci lo stesso per le braccia, le gambe e il petto. Dopodichè versai lo schampoo sui suoi capelli dorati e iniziai a tastare la cute in modo da far venire un bel po di schiuma. Quando furono insaponati a sufficienza, mi sporsi verso il rubinetto per afferrare la doccetta ma scivolai e finii letteralmente con il busto nella vasca. 
Mi alzai in piedi alla velocità della luce e spalancai la bocca nel vedermi completamente fradicia. 
In quel preciso istante sentii Justin ridere di gusto. Lo guardai e non potei fare a meno di ridere con lui. 
 

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Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


Ormai erano passate due settimane dal mio arrivo alla villa, e io e Justin avevamo iniziato ad instaurare dialoghi che non fossero solo monosillabici o dal fine litigioso.

Era un freddo mercoledì di metà novembre; le nuvole, cariche di pioggia, coprivano il cielo con la loro leggerezza, tanto da far sembrare quella giornata ancora all'inizio. Invece era già ora di pranzo. 
Qualcuno, in quel preciso momento in cui ero assorta a guardare fuori dalla finestra, bussò alla mia porta. 
"Sì, è aperto" dissi sedendomi sul letto a gambe incrociate. 
Dalla soglia fece capolino il ciuffo biondo di Justin. 
Mi sorrise e chiuse la porta alle sue spalle. 
"Il pranzo è pronto. Indovina cosa si mangia?" disse ridendo. 
No ti prego, non dirmelo.
Feci una faccia disgustata e risposi "Minestrone, per l'ennesima volta"
"Dai, scendi con me?" chiese. 
Annuii e uscimmo dalla stanza diretti all'ascensore. 
Appena le porte si chiusero, Justin iniziò a guardarsi allo specchio, non con vanità, ma oserei dire con dispiacere. Guardò il suo riflesso negli occhi, poi le pupille scesero verso le sue gambe. 
Mi si formò un nodo alla gola. Gli misi le mani sulle spalle e lui, come speravo, distolse lo sguardo da ciò che poco prima era intento ad osservare. Mi sorrise dolcemente dopodichè, una volta giunti al piano terra, entrammo nella sala da pranzo.

Il mio orario di lavoro, prevedeva alle 15.00 un'ora di fisioterapia con Justin. 
Mi andai a preparare nella mia camera e indossai un camice bianco e i guanti in lattice; presi tutto l'occorrente e raggiunsi Justin nella stanza apposita, che era una sorta di ambulatorio medico. 
Come di consueto gli tolsi i pantaloni poichè l'unica parte che mi interessava manovrare erano le gambe. Mi chinai in modo tale che potesse afferrarmi al collo e lo sollevai con tutta la forza che avevo. 
Lo adagiai sul lettino, che alzai poco dopo per poter lavorare più comodamente. Mi legai i capelli in una coda e mi misi all'opera. 
Presi la crema apposta per affievolire gli spasmi e la spalmai sulla coscia con movimenti circolari, come mi avevano insegnato al corso di formazione all'università. Feci questo movimento finchè la crema non si assorbì del tutto, poi ripetei il gesto sull' altra gamba. 
Il ragazzo teneva gli occhi chiusi, doveva essersi rilassato. Ne approfittai per studiare meglio il suo volto. Aveva le ciglia lunghissime e un nasino perfetto, per non parlare di quelle labbra. 
Dio quanto mi piacerebbe morderle. 
Eh? Cosa? Ma cosa sto dicendo? 
Scossi la testa per scacciare via quell'assurdo pensiero e tornai con gli occhi fissi sulle mie mani.

"Parlami di te"
Justin aveva aperto gli occhi e mi stava guardando in modo serio. Ci misi un pò a replicare, ero molto concentrata. 
"Io.. Beh ecco mi chiamo Margaret.." non continuai la frase perchè venni interrotta dalla sua voce. 
"No, no, questo lo so già. Dimmi qualcosa che non so" precisò.
Qualcosa che non sai eh? Beh praticamente tutto Margaret, cosa stai lì a pensare? Digli qualsiasi cosa, non sa nulla di te, se non che ti fa schifo il minestrone. 
La mia vocina interiore, che io preferivo chiamare "coscenza", aveva ragione. 
"Sono nata a New York e sono figlia unica. Ho frequentato un liceo magistrale ad indirizzo sociale, mi sono dovuta trasferire da sola a Boston per continuare gli studi. I miei genitori mi mandano una volta al mese i soldi per pagare l'affitto perchè non ho il tempo di trovarmi un lavoro. Ho pochi amici e per di più nemmeno veri, sono abbastanza solitaria e direi che è tutto ciò che c'è da sapere su di me" dissi senza mai smettere di lavorare. 
"Tu invece?" domandai, ma subito dopo mi resi conto dell' interrogativo inadeguato che avevo posto. Cercai di rimediare. 
"Ehm, scusami, io non.. non volevo metterti a disagio. Sei libero di non rispondere" 
Dal suo silenzio pensai avesse accolto la mia richiesta. Ma poi iniziò a parlare. 
"Dunque.. Da dove parto? Sono nato a Toronto, poi per motivi di lavoro di mio padre ci siamo trasferiti qui. Ho frequentato un liceo scientifico, e nonostante questo faccio cagare in matematica" rise poi continuò. "Giocavo a basket poi ho smesso, ovviamente capirai da sola il perchè..." sussurrò distogliendo lo sguardo e dirigendolo fuori dalla finestra. 
Mi fermai, non solo perchè avevo terminato, ma anche perchè avevo capito che per lui era difficile parlarne. 
"Justin, ti prego io..." 
Mi interruppe di nuovo.
"L'unica cosa che ancora mi da forza di andare avanti è la musica. Suono la chitarra da quando ho sei anni" disse e sulle sue labbra si dipinse un sorriso leonardesco. Il più bello che gli avessi mai visto fare in due settimane.

POV JUSTIN
"Mi piacerebbe sentirti suonare" disse Margaret guardandomi negli occhi. 
Non avevo mai suonato per nessuno al di fuori di mia madre, quindi la sua frase mi fece piacere ma mi mise anche un pò di agitazione. 
"Rimettimi i pantaloni e ti farò sentire qualcosa" le risposi ridendo appena, alzandomi col busto dal lettino.

Giunti in camera mia, la feci accomodare sul letto. Andai verso la cassapanca ed estrassi la mia chitarra classica, la mia bambina, la mia migliore amica. 
"Che bella stanza che hai". La voce della ragazza ruppe il silenzio che si era creato. Si guardava in giro con aria sognante e la cosa mi fece tenerezza. 
Oh Justin perchè continui a sorridere ogni volta che la guardi? 
"L'ha fatta fare mio padre così, tutta questa casa è opera sua, ma sinceramente per me è troppo grande" ribattei. 
Fece spallucce. "A me piace. Allora, cosa mi suoni?" 
Non le risposi ma cominciai direttamente a pizzicare le corde. Le mie dita iniziarono a rincorrersi lentamente, aspettando solo che anche la mia voce le accompagnasse in quella danza. 
Intonai una canzone che avevo scritto da molto tempo, per la precisione da dopo l'incidente. 
Racchiudeva sentimenti, rimpianti ma anche speranze. Era un testo personale, in quelle parole c'era la mia vita, c'ero io. 
Non saprei dire perchè, tra tutte le canzoni che potevo farle sentire, scelsi proprio quella. 
O forse sì, lo sapevo. 
Sapevo che, come mi aveva detto lei, non mi avrebbe giudicato, e sapevo che quelle parole le avrebbe fatte sue per sempre.

__________

Non solo le sue dita si muovevano armoniose creando una melodia a dir poco straordinaria, ma aveva anche una bellissima voce. 
Avete capito benissimo, il ragazzo sapeva cantare in modo divino.

Rimasi imbambolata a fissarlo per tutta la durata di quella canzone meravigliosa che non conoscevo. Le sue pupille erano fisse nelle mie, come se quel testo fosse dedicato a me. 
No va beh ragazza, ora non montarti la testa. 
"Justin io.. non so cosa dire. Sei bravissimo. Non ho mai sentito nulla di simile, hai una voce pazzesca" dissi applaudendo sbalordita. 
"Vuoi provare?" mi chiese porgendomi lo strumento. 
Stavo per rispondere ma in quel momento Amelia mi chiamò.
"Un'altra volta, ora devo andare" 
Detto ciò abbandonai la stanza a passo spedito e ad essere sincera, a malincuore. 

 

 

SPAZIO AUTRICE

Buongiorno a tutti coloro che sono arrivati fin qui. Mi sembra doveroso presentarmi: mi chiamo Chiara,ho 23 anni e amo scrivere e leggere. Ho una pagina anche su Wattpad, infatti questa storia l'ho scritta anche lì, insieme ad altre che conto di pubblicare anche qui su Efp. Se volete cercarmi, mi chiamo Afterthestorm93 :)

Che dire? So che i capitoli sono molto corti, ma spero che la storia vi stia piacendo ugualmente. 

Kisses :* 

 

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Capitolo 8
*** Cap. 8 ***


"Nooo!!" 
Un urlo improvviso interruppe il mio sonno. Mi alzai di scatto dal letto e girai il viso a destra e sinistra cercando di individuare la fonte del suono. 
"Aaaaah, nooo, mammaa!"
Il walkie talkie. 
Justin.

Mi fiondai a piedi scalzi in camera sua, inciampando e colpendo mobili più volte. 
Spalancai la porta, e lo stato in cui si trovava il ragazzo mi fece rabbrividire.

_______

Aprii gli occhi lentamente, ancora pieni di sonno.
Di fronte a me una parete bianca come il latte mi mostrava le sue crepe. Mi inumidii le labbra sentendole secche e mi alzai lentamente, appoggiandomi allo schienale della sedia. Voltai il viso a destra e trovai Amelia accanto a me, in piedi. Di fianco a lei, steso su un lettino d'ospedale c'era Justin. 
Teneva gli occhi chiusi e alcuni fili gli circondavano il petto e le braccia. 
Mi stropicciai gli occhi e andai anche io vicino a lui, dall'altra parte rispetto alla donna. 
Quella notte aveva avuto una crisi piuttosto pesante.
Ero stata io ad accorgermene sentendolo urlare. Poi ricordo di aver chiamato Amelia più in fretta che potevo, dopodichè il vuoto totale.

Lo guardai dormire, alzando il petto su e giù in modo quasi invisibile. Presi la sua mano e la strinsi nella mia, accarezzandola. 
Ero preoccupata e allo stesso tempo spaventata. 
Amelia mi rivolse un sorriso amichevole. 
"Come ti senti Meg?" chiese. 
Come vuoi che mi senta cazzo? Sono preoccupata. 
Non risposi realmente a quella domanda. 
"Come sta?" domandai invece.
Amelia accarezzò la testa a Justin. 
"Adesso bene, il sedativo sta facendo effetto. Non è la prima volta che capita una cosa del genere, ma passerà presto" rispose. "Ti dispiace se vado a prendere un caffè?"
Le dissi che non c'era problema, sarei rimasta io con lui.

POV JUSTIN
Aprii gli occhi e la prima cosa che vidi furono le iridi nocciola di Meg fissare le mie. La testa mi girava terribilmente e avevo un senso assurdo di nausea addosso. 
Solo dopo pochi secondi mi accorsi di avere la mano destra stretta nella sua. Sorrisi sentendo il suo pollice accarezzarmi il dorso. 
"Come ti senti Justin?" chiese appena mi vide sveglio. 
Sospirai e appoggiai l'altra mano al petto. 
"Sto per vomitare" annunciai con una smorfia di disgusto.
Prontamente, Margaret mi allungò una bacinella e mi aiutò a sollevarmi. 
Nel giro di pochi secondi gettai l'anima fuori dalla mia bocca. 
"Dio.." sussurrai "Meg, mi dispiace tanto"
La ragazza si alzò e si mise accanto a me, prendendomi la testa tra le mani. Mi appoggiai a lei mentre i suoi polpastrelli erano intenti ad accarezzarmi capelli e viso. 
"Shh, non dirlo mai più. Non ti devi scusare, non è colpa tua" sussurrò. "Aspetta, ti prendo un fazzoletto così ti puoi pulire"
Era così gentile con me, ma ancora non capivo se lo faceva per il lavoro o se invece era proprio una sua caratteristica personale essere tremendamente dolce.

Nel giro di dieci minuti, la stanza si riempì di persone. Due medici mi stavano facendo le visite di routine, mentre Meg e Amelia parlavano in un angolo di come intensificare i lavori di fisioterapia a casa. 
"Passa un pò di tempo con lui, gli farà bene parlare con qualcuno della sua età". 
Amelia aveva ragione, soprattutto se quel qualcuno con cui passare il tempo era Margaret.

_______

Dopo che i medici ci diedero il via libera per tornare a casa, aiutai Justin a vestirsi. 
Avevo recuperato dal suo armadio, prima che arrivasse l'ambulanza alla villa, un paio di pantaloni elasticizzati e un maglioncino di lana color perla. 
Glielo infilai e non potei fare a meno di osservare quanto gli stesse bene. 
"Ti sta benissimo questo maglione" sussurrai arrotolandogli le maniche, un pò troppo lunghe. Non udendo risposta alzai il viso verso il suo. Siccome era seduto con le gambe a penzoloni, risultava essere più alto di me ed era la prima volta che lo guardavo dal basso. 
Il suo viso era contratto e i suoi occhi si rispecchiavano nei miei. Nessuno dei due disse niente, ma in quel momento non c' era bisogno di parole. Il suo viso si avvicinò sempre di più al mio. Potevo sentire il suo respiro sulle labbra e la cosa mi fece aumentare i battiti cardiaci. 
In pochi secondi le nostre labbra si toccarono e la magia che avvolse i nostri corpi fu impossibile da descrivere. 
 

 

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Capitolo 9
*** Cap. 9 ***


Passarono i giorni e tra me e Justin non ci fu più nessuno scambio affettivo. Non perchè non lo volessimo, perlomeno io avrei voluto, ma ogni momento era troppo imbarazzante o inadeguato per far ricombaciare le nostre labbra. E poi, io era venuta qui per lavorare, non per divertirmi.

Era il due di dicembre, il freddo si faceva sentire non poco. Mi rannicchiai sotto le coperte per stare più calda ma in quel preciso istante la sveglia suonò. 
Ma vaffanculo.
Mi alzai a fatica, mi stiracchiai, mi vestii e andai a svegliare il biondino. 
Entrata nella sua stanza, lo vidi dormire come un angioletto. Svegliarlo mi costava molto. Era così bello che non avrei voluto distruggere il sorriso dipinto sul suo viso, ma dovetti. 
Posai un palmo della mano sul dorso della sua e l'altro sulla sua guancia. Lo accarezzai dolcemente e aspettai una sua reazione, che non tardò ad arrivare.

POV JUSTIN
Aprii gli occhi a quel leggero tocco e lei era davanti a me, che mi osservava col suo sorriso più bello. Le sorrisi a mia volta e sussurrai un 'buongiorno' prima di appoggiare la mano dietro il suo collo e tirarla piano verso di me. Non le staccavo gli occhi di dosso, anche di prima mattina e struccata era comunque una favola. 
Lei arrossì appena per quella mia reazione, ma non si tirò indietro e la cosa mi allettò. Le sue labbra ad un soffio dalle mie. 
Non mi aveva mai svegliato così, accarezzandomi la guancia, quindi pensai fosse doveroso mostrarle la mia gratitudine. 
Ma chi vuoi prendere in giro amico? Tu vuoi baciarla e basta, lei ti piace. 
La vocina dentro di me mi urlava di farlo, così chiusi gli occhi e...

"Justin!" 
Una voce, al di là della porta mi fece sussultare. 
Margaret, presa dal panico, si allontanò di scatto appena la voce di Amelia giunse alle sue orecchie. 
"Posso entrare?" domandò la donna. 
Se proprio devi..
"Si, si certo" risposi alzandomi col busto, aiutato da Meg. 
Amelia entrò e, vedendo che la ragazza era già accanto a me, sorrise. 
"Scusa il disturbo, volevo avvisarti che oggi Julian arriverà alle quattro anzichè alle cinque" mi informò. 
Julian era il mio professore privato. Dopo l'incidente per parecchio tempo mi rifiutai di tornare a scuola, ma poi, su consiglio di psicologo, psichiatra e anche di Amelia e Josephine, decisi che seguire lezioni private non mi avrebbe fatto male. Non potevo rinunciare totalmente alla mia istruzione. I miei genitori non avrebbero voluto. E poi, a vent' anni avevo ancora molto da imparare. 
"D'accordo, va bene grazie"

Quando la donna uscì dalla stanza, Meg mi aiutò a vestirmi e mi portò in bagno in modo da potermi lavare il viso.
"Hai dormito bene stanotte?" mi domandò.
Io annuii soltanto e le ricordai che quella mattina avremmo dovuto svolgere fisioterapia nella piscina coperta della villa. 
"Ma si, me lo ricordo sciocchino!" disse lei ridendo appena. "Per chi mi hai preso?"
La sua risata era musica per le mie orecchie. 
Mi scompigliò i capelli e mi misi a ridere per quel gesto.

Quando anche Meg fu pronta, ci dirigemmo verso l'enorme vasca con l'acqua riscaldata. Lasciai, per la prima volta, che spingesse la carrozzina.

______

La piscina era fin troppo grande per quello che dovevamo fare, ma non obiettai, anzi era uno spettacolo. Mi tolsi i vestiti e rimasi col costume intero e sgambato che lasciava intravedere tutte le mie forme. 
Con la coda dell'occhio notai il biondo fissarmi il fondoschiena. Sorrisi senza farmi vedere, dopo di che lo aiutai a sedersi sul bordo. 
Entrai per prima e nuotai fino a recuperare un salvagente a forma di ciambella. 
"Ma se mi tenessi su tu, anzichè il salvagente?" 
Domanda interessante Bieber, peccato che io debba muoverti le gambe anche. 
"Mi dispiace, ma al momento non è possibile" risposi professionalmente.
Scoppiammo a ridere entrambi, poi gli infilai il salvagente e lo tirai in acqua con me. 
Lo feci mettere a pancia in su. 
"Ok, adesso Justin rilassati, se vuoi chiudi gli occhi" sussurrai afferrando le sue caviglie e iniziando a muoverle su e giù lentamente. 
"Questi movimenti ti faranno bene per la circolazione".
Lo vidi chiudere gli occhi e allargare le braccia. Sfiorava l'acqua coi polpastrelli come se fosse disteso su un prato d' erba. 
Mentre lo guardavo, camminavo all'indietro per tutta la piscina senza mai mollare la presa dalle sue gambe. 
"Sai, tra una settimana mi daranno la conferma, dopo ben tre anni". La sua voce mi risvegliò dai miei pensieri. 
"Quale conferma?" chiesi curiosa.
Lui sorrise, con un pizzico di speranza sulle labbra. 
"Mi diranno se tornerò a camminare oppure no"

Rimasi in silenzio. Non sapevo cosa dire. Pensavo fosse una cosa certa che avrebbe ripreso a camminare. Sospirai e pregai con tutto il cuore che gli dessero una risposta affermativa. 
"Non dici nulla?" disse lui riaprendo gli occhi e cercando di mettersi in posizione verticale. 
Lo spinsi piano fino a farlo appoggiare al bordo poi mi misi di fianco a lui. Gli tolsi piano il salvagente e lo lasciai scorrere via, lontano da noi.
"Io.. Justin io non sapevo che ci sarebbe stata la possibilità che tu non..". Non ebbi il coraggio di finire la frase. 
I miei occhi diventarono lucidi al solo pensiero.

In quel preciso istante, sentii il suo corpo mettersi dietro di me, ed abbracciarmi. Mi strinse forte, appoggiando il mento alla mia spalla. 
"Sai, da quando sei arrivata tu sono rinato. Prima ero depresso, ero solo. Ma ora, la tua sola presenza mi rende felice".
La sua voce così sensuale vicino al mio orecchio mi fece rabbrividire. E quelle parole dolci, dio mio, nessuno mi aveva mai sussurrato cose così, nemmeno Marc, il mio ex fidanzato. 
Mi voltai verso di lui. 
I nostri visi troppo vicini, le nostre labbra troppo attratte l'una dall'altra. 
"Dici sul serio?". Il mio respiro si fuse col suo. 
Lui annuì e si avvicinò a me pericolosamente, fino a far collidere le nostre labbra. 
Chiusi gli occhi sentendo la sua lingua toccarmi i denti, come a chiedermi il permesso per conoscere la mia. Non me lo feci ripetere due volte e quando finalmente si toccarono, non potei fare a meno di emettere un gemito. Le mie braccia lo tenevano sollevato, stringendolo al contempo sempre più a me, mentre quel bacio durava ormai da parecchi secondi.

JUSTIN POV
Julian arrivò puntuale come sempre. 
Appena mi vide mi diede il pugno sorridendomi da sotto quei baffoni che aveva. Era simpatico e coi ragazzi ci sapeva davvero fare. Spiegava talmente bene da riuscire a farti amare qualsiasi materia, anche la matematica che odiavo. 
"Allora, pronto per scoprire la funzione di protoni ed elettroni?" domandò con voce entusiasta. 
"Ehm.. Si prontissimo" risposi sorridendo.

Le nostre lezioni avvenivano nell'ex studio di mio padre, dove potevamo disporre di un' ampia scrivania e di una sorta di "lavagna fatta di fogli".
Julian iniziò a spiegare e rimasi concentrato per circa una mezz'ora, ma poi, appena mi inumidii le labbra (cosa che facevo spesso senza accorgermene nemmeno), mi venne in mente Margaret e il bacio in piscina. 
Da quel momento non ascoltai più una sola parola. 

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Capitolo 10
*** Cap.10 ***


Il giorno tanto atteso arrivò in un battibaleno. 
Quella mattina, Justin e Amelia, sarebbero andati in ospedale per conoscere il futuro del biondo. Avrebbe potuto tornare a camminare o sarebbe stato bloccato su una sedia a rotelle per il resto della vita? 
Non mi fu permesso accompagnarli. Nonostante avessi insistito, Amelia mi disse che questa faccenda doveva sbrigarla lei, e che sarebbe stata più pronta di me nel caso avessero ricevuto una risposta negativa. 
Ci rimasi male, quindi decisi di passare un po' di tempo con Justin prima che uscisse.

Dopo la colazione gli chiesi di uscire in giardino. Ci fermammo io sul dondolo e lui accanto a me. 
"Come ti senti?" azzardai a chiedere.
"Sei qui con me, non potrei stare meglio" rispose, ma sapevo che stava cercando di nascondere la paura e sviare l'argomento. 
Sorrisi e gli accarezzai il viso per poi sporgermi e lasciargli un bacio casto a fior di labbra. 
"Non preoccuparti, andrà tutto bene. Io sarò qui ad aspettarti". Cercai di rassicurarlo ma non so se riuscii nell'intento. 
Lui infatti accennò un sorriso che sparì subito dopo. Voltò lo sguardo altrove, fissando un punto imprecisato. 
"Ehi, Justin, vedrai che..". Non potei continuare perchè mi interruppe.
"Meg, non devi rassicurarmi. Va come deve andare, davvero, non c'è bisogno che mi diciate tutti che andrà bene. E se poi va male?" disse quasi urlando. 
Deglutii e lui se ne accorse.
"Scusa, è che sono agitato e.."
Non gli permisi di finire. Mi fiondai sulle sue labbra iniziando a baciarle con passione. Non volevo vederlo così, non si meritava tutto questo. Prima di staccarmi, gli morsi leggermente il labbro inferiore. 
Lui mi guardò, mi spostò una ciocca di capelli dal viso e mi lasciò un bacio sulla fronte. 
"Sei così dolce.." sussurrò.
Che significa? Perchè quel bacio in fronte? 
"Justin... Dimmi la verità, tu.. Sai già che non.. non..". 
Non riuscivo a parlare. Un maledetto nodo alla gola mi impediva di andare avanti. Justin voltò nuovamente il viso altrove. 
Mi prese la mano e la strinse forte tra le sue. 
"No, non lo so. Non so nulla" rispose.

JUSTIN POV
Nella sala d'attesa c'erano venti persone. Le osservai tutte, una ad una, mentre con le mani sfogliavo un giornale sportivo su cui non posai gli occhi nemmeno un istante.
Amelia mi accarezzò una spalla come per tranquillizzarmi, ma avrei preferito ci fosse Meg accanto a me. 
"Perchè Margaret non poteva venire? È lei che si prende cura di me, ne aveva tutto il diritto" esclamai all'improvviso. 
La donna mi osservò a lungo prima di incurvare le sue labbra rosso fuoco. 
"Ti piace, non è così?" mi chiese. 
Dico ma sei sorda o cosa? Ti ho fatto una domanda. 
"Non è affar tuo, e comunque ti ho fatto una domanda" risposi bruscamente. Avrei potuto sembrare scortese, e in effetti lo ero stato, ma avevo ragione. In fin dei conti, anche se ero più giovane di lei, era pur sempre alle mie dipendenze.
Stava per rispondere ma il dottore uscì dal suo studio. 
"Bieber?" 
Mi si gelò il sangue. Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata e la salivazione mi si azzerò. 
Amelia mi spinse dentro all'ufficio. 
Non ero pronto. Volevo uscire, avrei voluto alzarmi, correre e uscire da quel posto orribile che mi aveva privato della mia vita. 
Ma per ovvie ragioni, mi era impossibile.

_______

Ero seduta sul letto quando sentii il campanello suonare. 
Mi alzai di scatto pronta a correre incontro a Justin, ma mi bloccai. Non volevo essere troppo invadente.

Sentii le porte dell'ascensore aprirsi e i passi di qualcuno, insieme ad uno scricchiolio di ruote, dirigersi verso la stanza del ragazzo. Chiusi gli occhi e pregai che fosse andato tutto bene. 
Aprii la porta e, affacciandomi sulla soglia, notai Josephine scendere le scale. 
Mi incamminai fino alla camera di Justin. La porta era chiusa. Presi un respiro profondo e bussai. 
Nessuna risposta. 
Cazzo. Ti prego rispondi. 
Riprovai, ma nulla. 
Decisi di tornare in camera mia, quando finalmente la sua voce mi giunse alle orecchie. 
"Meg.. Se sei tu entra"

Abbassai la maniglia ed entrai. 
Lui era lì, seduto sulla carrozzina davanti alla finestra, e mi dava le spalle. 
In quel momento capii subito. 
Le lacrime iniziarono a uscirmi come cascate. Corsi verso di lui e lo abbracciai forte, più che potei. Con la guancia contro la sua avvertii la sua pelle bagnata. Stava piangendo. 
Mi staccai dall'abbraccio e lo guardai in quegli occhi caramellati che per me, in quel momento, erano il mondo. Gli asciugai le lacrime mentre le mie continuavano a rigarmi il viso. 
"Io.. io non ci credo Justin. Non voglio crederci. Non me ne frega un cazzo se ti hanno detto così, io starò con te finchè non muoverai quelle cazzo di gambe da solo" dissi con voce tremante ma sicura di me. 
Notai le sue labbra incurvarsi. Doveva avergli fatto piacere sentirmelo dire. 
"Non ti abbandonerò Justin, te lo prometto. Per nulla al mondo. Tu ce la farai, devi farcela". 
E mentre parlavo, lui avvicinò la fronte alla mia fino a farle combaciare. Le sue labbra semi aperte respiravano le mie parole. 
"Sai cosa voglio ora più di qualsiasi altra cosa?" mi disse prendendomi il viso tra le mani. 
Io lo guardai e scossi il viso. 
"Che smetti di piangere, mi sorridi e mi baci come se fosse l'ultima volta" 
L'ultima volta? Per quale motivo? 
Non era il momento di porsi domande. Sorrisi, cercando di pensare solo a noi in quel momento, mentre lui mi asciugava le guance coi pollici e, appena toccai le sue labbra, non le lasciai fino a che per entrambi non giunse il momento di riprendere fiato.

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Capitolo 11
*** Cap. 11 ***


Il giorno di Natale si stava avvicinando ed eravamo ancora un po' tutti scossi per la brutta notizia. Mia mamma, come sempre all'ultimo momento, mi chiamò chiedendomi se avrei passato le vacanze a New York. 
"Mamma qui la situazione è un pochino peggiorata. Io e Justin abbiamo legato e lasciarlo solo in un momento così.."
"Cosa è successo?" mi dimandò e con la voce tremante per l'angoscia e la tristezza le spiegai la notizia della settimana precedente.
"Oh santo cielo, povero ragazzo, mi dispiace tanto. Proprio per questo penso ti farebbe bene staccare un po' e venire qua, no? Mi avevi detto che a Natale saresti venuta. Avrai pure il diritto di riposarti un po' e rivedere la tua famiglia" disse mia madre dall'altro capo del telefono. La sua voce era triste. 
D'altronde non ci vedevamo da quattro mesi. Era più che comprensibile, ma non avrebbe mai capito a fondo la situazione.
Sospirai.
"Lo so mamma, hai ragione ma ti do la conferma domani, va bene?".
Riattaccò acconsentendo alla mia richiesta. 
La verità è che i miei genitori mi mancavano, avevo voglia di vederli, e poi avevo ricevuto messaggi innaspettati anche da alcuni amici che non sentivo da un pò di tempo. Forse sentivano la mia mancanza. 
Fatto sta che l'idea di lasciare Justin, anche se solo per una settimana, in quella villa enorme e solitaria mi dispiaceva. In più mi sarebbe mancato, terribilmente tanto. 
Okay, è vero, non era il mio ragazzo e all'inizio era solo colui di cui mi dovevo occupare, ma ora..
Erano già passati quasi due mesi dal mio arrivo, e il nostro rapporto si era intensificato non poco.
Ogni momento in cui eravamo soli, era buono per scambiarci baci e carezze. 
Non era più il ragazzo scorbutico del primo giorno, era cambiato. Era dolce, gentile e, anche se potrebbe sembrare assurdo, era protettivo in modo incondizionato nei miei confronti. Con lui potevo essere me stessa, non mi avrebbe giudicata e io non avrei mai giudicato lui.

Ma come mi disse mia madre avevo tutto il diritto di ricongiungermi alla mia famiglia, almeno per una settimana.

POV JUSTIN
Il sole splendeva alto nel cielo. Seduta sul dondolo e avvolta nel suo piumino, Meg fissava un pettirosso saltellare da un ramo all'altro di una quercia del giardino. 
Era così bella quando era assorta nei suoi pensieri, che le mie labbra non poterono far a meno di incurvarsi all'insù. 
Guardarla mi riempiva di vita, di gioia. 
Mi avvicinai a lei e intrecciai la mia mano con la sua. 
"Sei pensierosa.." sussurrai spostandole una ciocca che le ricadeva sul viso, dietro l'orecchio. "Tutto bene?" 
La vidi sospirare leggeremente. 
"Si si, io sto bene, è solo che stamattina mi ha chiamato mia mamma e vuole che passi il Natale a casa, con loro" rispose. Dal suo tono non sembrava così entusiasta.
"E perchè lo dici con quel tono? Dovresti essere felice di rivederli. Non sai cosa darei io per rivedere i miei" 
Mi accarezzò i capelli e il viso, poi appoggiò la schiena al dondolo. 
"Mi dispiace Justin, per tutto quello che ti è successo. Proprio per questo non voglio andare via da te. Mi mancheresti troppo"
Quella frase mi riempì di calore. Ma non potevo permetterle di rinunciare alla sua famiglia per me. 
La vidi abbassare il viso, così le presi il mento tra due dita e glielo alzai.
"Ehi, anche tu mi mancherai, ma non starai via per sempre. Tornerai, e quando lo farai io sarò qui ad aspettarti" 
Per rassicurarla al 100% mi avvicinai a lei e la baciai nel modo più dolce, ma anche sensuale, possibile. 
La sentii ricambiare, mentre con le dita nei miei capelli me ne tirava le punte. 
Le sue labbra, umide e sazie delle mie, si staccarono dopo poco. 
"Justin tu mi hai aperto un mondo. Sei così coraggioso, forte, non ti abbatti mai. Sei sicuro che vuoi che parta?" chiese.
Oh Margaret, non sai quanto ti sbagli. Se solo sapessi quante notti ho passato a piangere. 
Annuii sorridendo.
"Certo che voglio!" esclamai "e ricordati di portarmi un souvenir da New York". 
Lei rise e io con lei. 
Mi abbracciò, dopodichè rientrammo in casa.

La verità, è che lei non aveva idea di quanto, quando non eravamo insieme, dentro morissi.

_____

E quando tutto stava procedendo bene, il clue della situazione arrivò all' ora di cena. 
"Ma quindi Margaret, ora la tua non è questione solo di tirocinio.." intervenne Amelia. 
Non capii dove volesse andare a parare. 
"In che senso mi scusi?" domandai. Appoggiai la forchetta nel piatto con gli avanzi e attesi una risposta. 
Justin, di fronte a me, guardava la donna in cagnesco, con gli occhi ridotti a due fessure.
"Beh, è chiaro sia a me che a Josephine che tra voi due c'è del tenero" disse sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. 
Mi sentii avvampare. Ci avevano forse visti? Spiati? 
Frena Meg, non ti allarmare. Non è uno scandalo, in più nessuno ti vieta di provare affetto per lui. 
"Anche se fosse, non credo sia un problema anche perchè.."

All' improvviso Justin sbattè un pugno sul tavolo. 
"Adesso basta!" gridò rivolto ad Amelia "non sei tenuta a sapere certe cose. Se ci vogliamo bene e abbiamo legato non è affar tuo, come ti ho già detto in precedenza. Non puoi decidere sempre cosa sia meglio per me" 
La donna lo guardò con aria di superiorità. 
"Justin, so bene come al cuore non si comandi, e so altrettanto bene come gli ormoni di un ventenne siano abbastanza in subbuglio. Ma nonostante questo credo che Margaret si stia distraendo dal suo lavoro e..." non potè proseguire perchè il biondo la interruppe nuovamente. 
"Smettila! Meg si prende cura di me meglio di te e Josephine messe insieme. E poi, non eri stata tu a dirle di passare più tempo con me? Tu pensa al tuo di cuore, che al mio ci penso io. Non ho bisogno di una consulente. E ricordati bene" disse avvicinandosi alla mia sedia "come ti ho assunta posso anche licenziarti!"

Dopo questa sfuriata, mi chiese di seguirlo, e così feci. 
Salimmo nella mia stanza e lo aiutai a sedersi sul letto.
"Chiudi a chiave" sussurrò.
A chiave? Non vorrà..?! Oh dio santo Meg, sempre a pensare male. Fai come ti dice.
Andai a chiudere la porta come mi aveva chiesto, poi mi stesi al suo fianco. 
Mi mise un braccio attorno alla vita e appoggiò la testa alla mia. 
"Ti chiedo scusa, non so cosa le sia preso" bisbigliò.
"Credi davvero che mi importi la sua opinione? No. Non me ne frega proprio nulla di quello che pensa di me o di noi" replicai sussurrando vicino al suo viso. 
Mi diede un bacio casto a fior di labbra, per poi cadere addormentati uno di fianco all'altra.

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Capitolo 12
*** Cap. 12 ***


8.45
Merda. Perderò di sicuro il treno se non mi muovo. 
Alle 9.20 avevo il treno per New York e io, come al solito, non ero ancora pronta. 
Avevo già alzato e vestito Justin, e così ero rimasta indietro con le mie cose. 
La signora che mi avrebbe sostituito non era ancora arrivata, ma non potevo aspettare oltre. 
Mi infilai le prime cose che trovai nell'armadio e presi la valigia, che andai a caricare nella macchina di Amelia. Ebbene sì, mi avrebbe accompagnato lei alla stazione. Non mi fidavo a lasciare la mia Ford in un un parcheggio incustodito, così le avevo chiesto se gentilmente mi avrebbe potuto dare un passaggio.
Dopo aver chiuso il bagagliaio, vidi Justin sulla soglia del portone d'ingresso. 
Sorrisi nel vederlo.
"Te ne volevi andare senza salutarmi?" disse con un finto broncio sul viso. 
Mi misi a ridere e scossi la testa in segno di negazione.
"Non avrei mai potuto" dissi abbassandomi in ginocchio davanti a lui. Gli afferrai le mani tra le mie e lo guardai negli occhi. 
"Appena torno ti prometto che lavoreremo per farti tornare a camminare. Te lo giuro Justin, ce la faremo". 
E detto questo, misi una mano sotto il suo mento e mi sporsi verso le sue labbra. Le assaporai così intensamente che, quando Amelia tossì per richiamare la nostra attenzione, feci fatica a staccarmi. 
Quel sapore mi sarebbe mancato più di qualsiasi altra cosa. 
"Ciao Justin" sussurrai ancora sulle sue labbra.
"Ciao piccola" rispose lui e, siccome con il 'ciao piccola' non era risultato abbastanza figo, ci aggiunse anche un occhiolino che mi fece letteralmente squagliare.

Giunta in stazione, presi la valigia, salutai distrattamente Amelia e corsi verso il binario. 
Appena in tempo: il treno era in partenza.
Salii gli scalini e mi sedetti vicino a una signora anziana che stava lavorando a maglia, la quale alzò gli occhi per salutarmi e sorridermi, dopodichè tornò al suo lavoro. 
Mandai subito un SMS sia a mia madre che a Justin per dirgli che ero partita. 
La risposta di mia madre ero sicura sarebbe arrivata dopo un'ora o due, mentre quella di Justin non tardò nemmeno cinque minuti.

Da Justin:
Okay, quando arrivi dimmelo. Manchi già.

A Justin:
Manchi anche tu.

Aggiunsi un cuoricino, poi, stanca per aver fatto tutto di fretta, mi addormentai.

Fu la suoneria del mio cellulare a svegliarmi. 
Era mia madre. 
"Ciao Meg, dove ti trovi adesso?" mi chiese. La voce andava e veniva e io non sapevo minimamente dove fossimo. 
"Mmh.. Credo di essere quasi a casa" risposi, e in quel preciso istante un cartello con la scritta 'Bridgeport' apparve fuori dal finestrino. "Ah ecco sì, siamo a Bridgeport. La prossima fermata è la mia" aggiunsi. 
Mia madre disse che mi sarebbe venuta a prendere alla stazione e riagganciò. 
La signora di fianco a me era sparita e al suo posto era seduto un uomo sulla sessantina, vestito in modo molto elegante. 
Quando l'altoparlante annunciò la prossima fermata, chiesi gentilemente di lasciarmi passare. L'uomo elegante si alzò e si tolse il cappello per salutarmi. Sorrisi e lo salutai a mia volta. 
Il treno cominciò a rallentare e una volta aperte le porte balzai giù, tirandomi dietro la valigia.
Ahh, l'aria di casa.
Tutta quella gente che correva a perdi fiato, l'aria inquinata, le voci che si accavallavano una sopra all'altra. Sì, ero proprio a New York. 
"Meg! Meg, siamo qui!" 
La voce di mia madre mi giunse alle orecchie facendomi tornare alla realtà. 
Mi voltai e la vidi correre nella mia direzione agitando il braccio, seguita a ruota da mio padre. 
Ci fu un bellissimo abbraccio di gruppo e ovviamente le solite domande di routine: 'come è andato il viaggio?', 'sei stanca?', 'vicino a chi eri seduta?'
Dopo aver risposto a tutte queste domande con 'bene', 'un pò' e 'una signora poi un signore', ci dirigemmo alla macchina. 
E fu proprio lì che mio padre, che fino ad allora mi aveva salutata ed abbracciata soltanto, mi pose una domanda che mi lasciò stupita.
"Come sta Justin?"
All'inizio pensai di aver capito male, ma poi, vedendo i suoi occhi scrutarmi dallo specchietto retrovisore, dovetti ricredermi. 
"Beh.. Potrebbe stare meglio" risposi soltanto e appoggiai la testa al finestrino immaginandomi il suo volto.

_____

Da Simòne:
Ciao bellissimaaaaa! Allora sei tornata? Stasera ti va di uscire con i tuoi vecchi amici? Non si accettano risposte negative

Ero arrivata a casa da un'oretta. Avevo già mandato un SMS a Justin, fatto la doccia e ora ero spaparanzata sul letto a scorrere la bacheca di facebook quando mi arrivò quel messaggio. 
Simòne era la mia migliore amica, se così si può definire una persona che, dopo la mia partenza per Boston, si era fatta sentire sì e no sei volte in tre anni, giusto quando cadeva qualche festività. 
Ovviamente ero stata con lei per tutta l'estate ma da quando me ne ero andata, il nulla totale.

A Simòne:
Sono un po' stanca ma vedrò di esserci. Chi c'è?

La risposta arrivò subito.

Da Simòne:
Io, te, Julie, Christian e... Beh, abbiamo chiamato anche Marc. Sai, è il migliore amico di Christian, e lui ha insistito perchè ci fosse. Altrimenti sarebbe stato l'unico maschio.

Cosa?? Marc? Avevano chiamato il mio ex fidanzato? Benissimo. 
Non che avessimo rotto in condizioni tragiche, questo no anzi, quando ci vedevamo ci salutavamo lo stesso, però adesso, con Justin nella mia vita..
Non sarebbe stato facile rivederlo dopo quasi tre anni e mezzo.
Ci pensai un po' su, poi mi decisi a dare conferma. 
Tanto che sarà mai? Non stiamo più insieme, è finita.

A Simòne: 
Ci sarò. 20.30 solito posto?

Dopo aver ricevuto una risposta affermativa dalla mia amica, andai a grandi falcate in cucina. 
Il pranzo era servito.

_____

Alle 20.25 ero davanti al nostro punto di ritrovo: il Buster's. 
Era una sorta di pub con anche la sala biliardo, nonchè nostro passatempo preferito in quel luogo. 
Scesi dall'auto che gentilmente mio padre mi aveva prestato e mi avvicinai all'entrata. 
Christian e Simòne erano già lì, e vedendoli mano nella mano li guardai con un sorrisino malizioso. 
"Mi sono persa qualcosa?" chiesi abbracciandoli entrambi. 
"Ti sei persa un bel po' di cose cara mia" rispose la mora. 
Risi, dopodichè ci mettemmo a chiacchierare aspettando gli altri.

"Ecco Marc!" esclamò Christian dopo pochi minuti. 
Mi voltai nella direzione in cui stavano guardando i miei amici e vidi un ragazzo venire verso di me. 
Marc? Non può essere. 
Non poteva essere lui, era.. bellissimo. 
Gli erano cresciuti i capelli e i suoi muscoli si erano leggermente irrobustiti. Gli occhi invece, quelli erano gli stessi zaffiri di sempre. 
"Ciao Meg!" disse appena mi vide. 
Ricambiai il saluto e mi sentii avvampare. 
Oh no, no Meg, non puoi arrossire. Te lo proibisco.

Quando anche Julie fu in mezzo a noi, entrammo e ci sedemmo al nostro tavolo di sempre. Ordinammo da bere e da mangiare e passammo la serata a parlare del più e del meno. 
Mi chiesero dell'università e raccontai degli esami e del tirocinio che stavo facendo senza scendere troppo nei particolari. 
"È figo?" mi chiese Julie riferendosi a Justin.
"Beh.. non è brutto" risposi cercando di non far notare che avevo una cotta per lui, ma cercai subito di cambiare argomento. 
"Voi due invece? Da quanto state insieme?" domandai a Simòn e Christian. 
Mi raccontarono che stavano insieme ormai dalla fine dell'estate ed era successo tutto per caso. Un bel giorno erano a casa di Julie, durante una delle tante feste che organizzava, e Christian si era dichiarato.

La serata finì a mezzanotte, quando, stanchi e pieni di cibo, iniziammo a sbadigliare uno alla volta. 
Pagammo, uscimmo dal locale e ci salutammo, promettendoci che durante la settimana ci saremmo rivisti. 
Mi diressi alla macchina e non mi accorsi che anche Marc stava procedendo nella mia stessa direzione.
"Sai, sei sempre bellissima" 
La sua voce alle mie spalle mi fece sussultare. 
"Non volevo spaventarti" sussurrò avvicinandosi di più a me.
Sorrisi leggermente e mi appoggiai con la schiena alla macchina. 
"Grazie" risposi. 
Feci per girarmi ed entrare nell'abitacolo ma lui mi prese la mano, costringendomi a voltarmi. 
I suoi occhi erano fissi nei miei e solo Dio sapeva quanto avessi amato quegli zaffiri quando stavamo insieme. 
Il mio battito cardiaco divenne irregolare. 
"Non avrei mai dovuto tradirti". Il suo respiro si fuse col mio e in quel momento anche le nostre labbra si fusero l'una con l'altra. 
Istintivamente chiusi gli occhi e ricambiai, ma subito dopo il viso di Justin mi apparve davanti come a rimproverarmi.
No! Come ho potuto? Come ho potuto fargli questo? 
Presa dalla rabbia, spinsi Marc via da me con tutta la forza che avevo in corpo. 
Salii in macchina e, velocemente, mi diressi verso casa, mentre le lacrime iniziarono a scorrermi sulle guance come fiumi in piena. 
 

SPAZIO AUTRICE
Trallalààà :) 
Non odiatemi. Eheh la nostra Margaret ha baciato l'ex fidanzato.. Mmh.. Secondo voi come la prenderà Justin? 
Fatemelo sapere con un commento qui sotto, ci tengo tanto ai vostri pareri.

 

 

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Capitolo 13
*** Cap. 13 ***


Avevo ancora il viso bagnato. 
Quella notte la passai per la maggior parte del tempo a piangere sul cuscino pensando a cosa poter dire a Justin. 
Avevo paura. Paura di come potesse reagire, paura che mi allontanasse da lui. Con tutte le delusioni che aveva avuto dalla vita, ora subentravo anche io. 
Ero una stronza, ecco cos'ero. Un'emerita cretina. 
Come ho potuto? Con che coraggio? 
Continuavo a pormi queste domande senza trovare una risposta sensata. 
Mi ero lasciata prendere dal momento, dagli occhi di Marc, dal ritorno alla mia vecchia vita; ma non cambiava le cose. 
Devo dirglielo.

Erano le sei di mattina, ma non mi importava. Dovevo chiamarlo e spiegargli tutto. Lo so che per telefono non era il massimo, ma dovevo farlo subito, non potevo aspettare oltre. 
Composi il suo numero di cellulare e attesi. 
Nulla. 
Probabilmente lo aveva messo silenzioso. 
Riprovai, nessuna risposta. 
Cazzo. Ora come faccio? 
Alla fine, quando le lacrime finirono, riuscii ad addormentarmi con un grande senso di colpa addosso.

Quando mi svegliai, alle 11.00, la prima cosa che mi passò per l'anticamera del cervello fu afferrare il cellulare. 
Come sospettavo: due chiamate perse e un nuovo messaggio.

Da Justin:
Ciao piccola, tutto bene? Ho visto che mi hai chiamato alle 6 stamattina. Mi manchi.

Merda, merda, merda. E ora? No, non ce la faccio a dirglielo. Proprio adesso che ci eravamo così uniti, ho rovinato tutto. 
Imprecai mentalemente un'altra decina di volte.

A Justin:
Ehi! No, no, tutto bene. Deve essermi partita la chiamata.

Che risposta idiota Margaret.
Mi diedi un colpetto sulla nuca e attesi la sua risposta.

Da Justin: 
Ti sono partite due chiamate? Mmh..

Okay. Basta. Dovevo chiamarlo. Non potevo continuare a fingere. 
Composi il numero e appena sentii la sua voce mi salì un nodo alla gola. 
"Ciao Meg!" disse. Era felice di sentirmi. 
"C-ciao. Come stai?" chiesi un po' balbettante. 
" Mh, così. Mi manchi tanto, senza di te è una noia" rispose. 
Feci un mezzo sorriso, anche se lui non poteva vedermi. Poi mi ricordai perchè lo avevo chiamato. 
"Justin.." iniziai "ecco io, devo dirti una cosa. Voglio essere onesta con te. Tu mi piaci, e anche tanto, ma probabilmemte dopo quello che ti dirò non mi crederai"
"Che è successo Meg?". Il suo tono si fece più serio. 
"Ieri sera ho rivisto i miei amici, e tra loro c'era anche.." feci una pausa e sospirai. "Non so come dirtelo". 
Le lacrime iniziarono a fuoriuscire lente dai miei occhi, e la voce divenne roca. "C'era anche il mio ex e.. e ci siamo baciati" dissi tutto d'un fiato col cuore che batteva per il dolore e la tristezza. 
Riagganciai senza aspettare la sua risposta.

JUSTIN POV
E ci siamo baciati.
Quella frase mi risuonava nella mente come lo scoppio di una bomba ad orologeria. 
Posai il telefono sul comodino e abbassai il viso. 
E ci siamo baciati.
Lo sapevo. Sapevo che non sarebbe durato il nostro legame. Chi cazzo se lo prende un handicappato? Nessuno.
Credevo che lei fosse diversa, invece mi sbagliavo. Era come tutti gli altri. 
E io stupido a fidarmi di lei.
Con quel viso angelico c'era da aspettarselo che avrebbe preferito un altro a me. 
Che illuso che sei Justin.

Scossi il viso cercando di cacciare via quel pensiero orrendo, ma l'immagine di quel bacio di cui non sapevo i dettagli (e che non volevo sapere), mi balenava nella mente come portata dal vento. 
Misi le mani sul volto e scoppiai in un pianto di rabbia liberatorio. 
Presi con forza tutto quello che avevo a portata di mano sulla scrivania e lo gettai a terra urlando per sfogarmi. 
Il mio cervello passava da pensieri del tipo 'non voglio più vederla' a 'può darsi che sia stato lui a baciarla per primo e lei non volesse'. 
Ero confuso. 
Così tanto che decisi di richiamarla per cercare una vera spiegazione.

____

Erano le quattro di pomeriggio e io ero ancora distesa sul letto col cuscino tra le braccia. 
Mi ero alzata solo per pranzare. 
Non volevo vedere nè parlare con nessuno, ma in quel momento il mio smartphone squillò. 
Lo afferrai controvoglia e il nome sul display mi bloccò. 
Justin. Sarà furioso. 
Non potevo di certo ignorarlo, così premetti il tasto verde.
"Justin.." sussurrai.
Non sentii nulla, quindi ripetei il suo nome.
"Perchè?". Quella domanda mi spiazzò. 
Non lo so il perchè, so solo che non avrei voluto farlo.
"Io.. Io non lo so, è successo e basta. Lui mi si è avvicinato e io..". In quel momento scoppiai a piangere. Le lacrime mi scendevano calde sulle guance. "Justin, non volevo, mi sono staccata subito, te lo assicuro".
"Puoi fare quello che vuoi, non sei la mia ragazza" disse in tono freddo.
Quella frase mi uccise. 
Aveva ragione, in teoria non lo ero, ma in pratica? Quei baci, quelle carezze, me li ero sognati? No di certo. 
"Oh, sì, certo, non lo sono. E tu non sei il mio ragazzo allora!" dissi in tutta risposta.

Lo sentii riagganciare.
Ma che diavolo ci stava succedendo? Ci stavamo comportando come due bambini invece di risolvere la situazione. 
L'unica cosa che potei fare fu mandargli un messaggio.

A Justin 
Scusa. So che non sono la tua ragazza, ma mentre stavo con te mi sentivo tale. Ho sbagliato a ricambiare quel bacio ma sappi che io ci tengo a te. Anzi, VOGLIO te. Non avrei mai voluto ferirti, credimi. Non pensare che mi sia presa gioco di te perchè non è così. È stato solo un momento di debolezza. Non mi aspettavo che lui reagisse così. Justin ti prego, perdonami.

Aspettai una risposta, che però non arrivò.

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Capitolo 14
*** Cap. 14 ***


Il giorno di Natale arrivò con una velocità disarmante. 
Non ero pronta a festeggiare con tutta la famiglia e gli amici dei miei. In realtà, più che non essere pronta, non ne avevo voglia. 
Justin era nei miei pensieri in ogni minuto della giornata. Cercavo di sforzarmi per sembrare felice agli occhi dei miei genitori, ma appena ero fuori dalla loro visuale il mondo mi crollava addosso.

La nonna arrivò puntuale per preparare la cena. 
Erano le cinque e mezza e io vagabondavo come uno zombie per casa, avvolta da una morbida coperta di lana.
"Tesoro perchè non apri il regalo della nonna?" mi chiese mia madre vedendomi nullafacente e annoiata. 
Annuii e afferrai il pacco appoggiato al tavolino di vetro davanti al divano. 
Mio padre si sedette accanto a me, curioso come un bambino. 
Tolsi la carta colorata e una scatola comparve ai miei occhi. C'era scritto Prada. Sollevai il coperchio e per poco non gridai. Un vestito. Di Prada. 
"Nonna, ma sei matta? È.. stupendo ma anche decisamente troppo" esclamai tirandolo fuori dall'involucro. Era color azzurro pastello con una scollatura a V e un grande fiocco sul retro. In assoluto il regalo più bello ricevuto quel giorno. 
"Oh cara, per la mia nipotina questo ed altro. Per te non bado a spese" 
Le nonne! Tutte uguali. 
"Perchè non porti qualcosa a Justin da New York?"
La voce di mio padre ruppe quel momento magico di adorazione del vestito. 
Justin. 
Sì, avrei dovuto prendergli qualcosa, in fondo anche lui si era raccomandato di tornare con un souvenir. Anche se a parer mio, dopo tutto il casino che avevo combinato, ricevere un regalo da me era l'ultimo dei suoi desideri.

Mi fermai davanti alla vetrina di un negozio di antiquariato. Oggetti di legno, marmo, vetro riempivano gli scaffali di quella stanza stretta e buia. Spinsi la porta ed entrai. 
Chiesi al commesso di poter dare un'occhiata in giro ricevendo una risposta affermativa. 
I miei occhi vagarono tra carillon, statuette di legno, miniature in gesso e marmo della Statua della Libertà, finchè si posarono su una delle classiche palle di vetro con la neve all'interno. Dentro di essa due innamorati si scambiavano un bacio sotto al cielo newyorkese, seduti su una panchina di Central Park. 
La presi in mano e la capovolsi. Piccoli pallini bianchi iniziarono a cadere sui due piccioncini, facendomi stringere il cuore. 
Mi ricordavano me e Justin. 
Pagai e tornai a casa in metropolitana con il sacchetto tra le mani.

JUSTIN POV
"A tavola Justin" sussurrò Josephine aprendo leggermente la porta della mia camera. 
Ero steso sul letto con gli occhi aperti, intento a guardare qualcosa di non ben definito. 
Non le risposi nemmeno. Non avevo fame e di certo non ero in vena di festeggiare. 
"Qualcosa non va?" chiese la donna avvicinandosi. 
Scossi il viso senza dire una parola. 
"Sarà un'impressione, ma da quando la signorina Margaret se n'è andata mi sembri un po' giù" sussurrò e mi accarezzò i capelli. 
Adoravo Josephine, capiva tutto al volo senza che io dovessi spiegare nulla. 
Sospirai e annuii. 
"Non preoccuparti domani sarà di ritorno" disse per sollevarmi il morale. 
Cercai di alzarmi col busto. 
"Il problema non è la sua assenza, cioè anche, ma il fatto è che abbiamo litigato" dissi e lei mi guardò sorridendo appena. 
"È normale tra due che si amano" rispose. 
Amore? Chi ha parlato di amore? Ero davvero innamorato di lei? Io forse sì, ma lei...
"Dai, ora vieni, il tacchino con le patate ti aspetta".

______

La cena di Natale scorse tranquilla e in allegria, e per due ore riuscii a non pensare a Justin.

Il giorno seguente mi alzai di buon'ora. Avevo il treno di ritorno alle 8.40 e non potevo rischiare di arrivare all'ultimo secondo come alla partenza. 
Mangiai uno yogurt e mi vestii con i pantaloni della tuta e un maglioncino color grigio tortora. 
"Sei pronta?". Mio padre era già sulla porta ad aspettarmi. 
Presi la valigia con una mano e il sacchetto col regalo di Justin con l'altra, dopodichè salutai mia madre e salii in macchina.

Giunti in stazione, mio padre rimase con me fino all'arrivo del mio treno. 
"Buona fortuna tesoro, appena arrivi chiamaci" disse per poi stamparmi un bacio sulla testa. 
Lo abbracciai forte e salii, andandomi a sedere accanto al finestrino. 
Non erano passati nemmeno dieci minuti che il display dello smartphone, appoggiato sul tavolino davanti a me, si illuminò. 
Un nuovo SMS. 
Sperai con tutti il cuore che fosse Lui.

Da Marc
Ciao Meg, sei già partita? Volevo chiederti se stasera ti andrebbe di venire al cinema con me..

Ma dico sta scherzando? Dopo quel fottutissimo bacio, ha anche il coraggio di.. Oh no, questo è troppo.

A Marc 
Penso che tu l'abbia già combinata grossa baciandomi l'altra sera. Non avresti dovuto, quindi no, al cinema con te non ci vengo e comunque sono già di ritorno per Boston. Addio.

Scrissi il messaggio con una rabbia tale da farmi scorrere le dita sui tasti da sole. 
Spensi il telefono e mi misi a leggere una rivista che mi ero portata dietro per passare il tempo. 
Quando l'altoparlante annunciò la mia fermata, mi si formò un nocciolo di pesca in gola. 
Ero arrivata. Tra pochi minuti avrei rivisto Justin. 
Mi immaginavo già la sua faccia corrucciata e scontrosa nel vedermi varcare la soglia. 
Sospirai e andai a chiamare un taxi.

"Margaret, sei arrivata! Potevo venirti a prendere io senza problemi invece di chiamare un taxi" mi disse Amelia appena mi vide. Entrai nella villa trascinandomi dietro la valigia e salii nella mia stanza. 
All'interno vi era Josephine che la stava rassettando. 
"Oh cara, finalmente sei qui!" esclamò, lasciandomi dubbiosa su quel 'finalmente'.
"Ciao Josephine, tutto bene durante la mia assenza?" chiesi. 
Lei si strofinò le mani nel grembiule e sorrise. 
"Justin vuole vederti" sussurrò superandomi per uscire e ignorando completamente la mia domanda.
Sorrisi però sentendoglielo dire, così mi diedi una sistemata ai capelli, afferrai il regalo e andai verso la sua stanza.

Bussai tre volte e quando sentii la sua voce dire 'avanti' non potei fare a meno di deglutire. 
Ero nervosa. 
Aprii la porta e lo vidi seduto sulla carrozzina con il viso rivolto verso la finestra, dandomi le spalle. 
"Ciao Justin.." sussurrai flebilmente.
Quando si voltò, il suo viso non era corrucciato nè tanto meno scontroso, piuttosto era triste e sciupato. 
I suoi occhi erano rossi e con un viola tenue sotto le ciglia inferiori. 
"Oh, sei tu" disse come se non fosse sorpreso di vedermi.
Mi avvicinai lentamente a lui e mi fermai accanto alla finestra, ritrovandomelo alla mia sinistra. 
"Questo.." dissi guardando l'involucro che tenevo tra le mani "questo è per te, da New York, come ti avevo promesso" dissi posandoglielo sulle gambe. 
Detto ciò pensai bene di togliere il disturbo, non mi sembrava affatto che volesse vedermi, così girai i tacchi e mi allontanai. 
"Aspetta.." 
Il mio cuore perse un battito. 
Mi voltai nello stesso momento in cui lo fece lui e i nostri occhi si incrociarono per secondi che sembrarono infiniti. 
"Puoi mettermi sul letto, per favore?" 
Non mi aspettavo una richiesta del genere, ma fui ben felice di farlo. In fin dei conti dovevo farmi perdonare. 
Lo presi in braccio meglio che potei e lo distesi sul morbido materasso. 
"Grazie" sussurrò e io non potei fare a meno che sorridergli. 
"Siediti accanto a me e raccontami tutto quello che è successo. Scusa se non ho risposto al tuo messaggio, ero troppo nervoso e confuso. Ma voglio crederti. Mi fido di te" disse poi. 
Finalmente! Allora non era arrabbiato, voleva solo che io gli dessi una spiegazione più chiara e così feci. Gli dissi tutto per filo e per segno, gli raccontai del bacio, delle notti insonni che avevo passato a pensare a lui, del fatto che avevo paura che non volesse più vedermi. 
Mi misi a piangere, fu inevitabile. 
"Te lo giuro Justin, non volevo ferirti. Sei molto meglio tu di qualsiasi altro ragazzo sulla faccia della terra e io non voglio farti andare via da me"
Lo vidi sorridere e avvicinarsi verso le mie labbra, mentre una lacrima iniziò a segnargli la guancia destra. 
Le sue labbra di nuovo sulle mie furono una scarica di adrenalina pazzesca. Non avrei voluto staccarmi, ma dovevo. Dovevo dirgli cosa provavo per lui, quali erano i miei sentimenti. 
Gli presi il viso tra le mani e lo guardai negli occhi intensamente. 
"Ti amo Justin" sussurrai per poi ricominciare a baciarlo senza dargli il tempo di rispondere. 

 

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Capitolo 15
*** Cap. 15 ***


JUSTIN POV 
"Ti amo Justin" sussurrò per poi riprendere a baciarmi senza darmi il tempo di rispondere. 
Con quella frase, Margaret mi aveva provocato un' esplosione di emozioni nel petto. Ero felice, spensierato, non mi ricordavo nemmeno più del suo bacio con Marc, e mentre muovevo le mie labbra sulle sue, non potei fare a meno di provare anche eccitazione. 
Quando entrambi facemmo una sosta per riprendere fiato, le accarezzai il viso col dorso della mano. 
I suoi occhi mi scrutavano con dolcezza e timidezza, e il tutto la rendeva terribilmente irresistibile. Così tanto che, come se fossi ipnotizzato da lei, mi leccai più volte il labbro inferiore per poi morderlo leggermente. 
La vidi ridere appena e abbassare lo sguardo imbarazzata. 
Dio mio, Meg, se continui ad arrossire ne esco pazzo.
Tornò con gli occhi fissi su di me e mi lasciò un bacio casto sulla guancia. 
"Perchè mi guardi così Justin? Mi fai arrossire" bisbigliò al mio orecchio. 
Sentire la sua voce sottile e delicata così vicina, mi fece rabbrividire di piacere. 
"Ti guardo così, perchè anche io ti amo" le dissi dolcemente, stringendo la sua mano nella mia. 
Le si illuminarono gli occhi e io provai gioia nel vederli luccicare. 
Mi disse che era felice di sentirmelo dire e, un istante dopo, mi mise una mano dietro il collo e riprese a baciarmi, questa volta con malizia. 
Si spostò leggermente sopra di me con una gamba e con la mano che prima era dietro al mio collo scese sensualmente fin sopra il mio petto. 
Mi stavo eccitando, non potevo più nasconderlo, e anche nei miei jeans, proprio in quel punto, si poteva intravedere un leggero gonfiore. 
"Voglio fare l'amore con te Meg, voglio farlo ora".
Quella frase mi uscì di getto, ma era realmente quello che desideravo di più in quel momento.

______

Non dissi nulla, rimasi in silenzio a contemplare quel viso perfetto dalle cui labbra era appena uscita la frase che mi fece venire i brividi lungo la schiena.
Mi alzai dal letto e, dandogli le spalle, andai a chiudere la porta della stanza a chiave. 
Dopodichè, tornai da lui e mi misi in ginocchio sopra il suo bacino. 
Mi guardava con quell'espressione innocente, ingenua e allo stesso tempo nervosa. 
Annuii con il capo, facendogli intendere che era ciò che volevo anche io, provocandogli una leggera risata compiaciuta.
Gli alzai lentamente il maglioncino che portava così divinamente, e mi imbattei in quel fisico statuario mozzafiato. 
Santo basket.
Lasciai cadere l'indumento per terra e dolcemente raggiunsi il suo petto con le labbra. Era caldo, nonostante ci fossero cinque gradi, e così tonico che chiusi gli occhi per assorbire tutta quella magnificenza alla perfezione. 
Lo sentii accarezzarmi i capelli, mentre scendevo sempre più verso il suo ventre. 
Quando mi staccai per abbassargli i jeans, notai che teneva gli occhi chiusi. 
Dio, quanto sei bello Justin.
Allentai la zip e vidi subito la sua eccitazione. Rimasi calma, senza scompormi, e lo guardai nuovamente. Era rosso in viso e la cosa mi fece molta tenerezza. 
"Sei nervoso?" domandai, anche se suonò più come un'affermazione.

JUSTIN POV
Deglutii annuendo leggermente. 
Era ovvio che fossi un minimo nervoso. Era la prima volta, dopo quattro anni, che stavo per avere nuovamente un rapporto sessuale. 
Era passato tanto tempo e avevo il timore che, nelle condizioni in cui ero, non sarebbe stato facile per me e soddisfacente per lei. 
Scacciai quel pensiero e le tolsi con delicatezza il pullover grigio che indossava. 
Il suo petto era ricoperto da un misero reggiseno, tanto che non mi fu difficile immaginare la parte nascosta.

Quando anche i nostri pantaloni furono fuori portata, appoggiai le mani sulla sua schiena, e con un piccolo sforzo le tolsi l'indumento intimo. 
Il mio sguardo cadde, ovviamente, sul suo seno. Non era nè troppo piccolo nè troppo grande, a mio parere: perfetto. 
Margaret, che fino a quel momento era rimasta a guardare la mia espressione da ebete, mi prese entrambe le mani e se le appoggiò proprio lì. Aveva il seno caldo e sodo e mentre lo strinsi, lei iniziò a baciarmi con più passione di prima. 
Sentivo la sua lingua premere contro la mia e la mia intimità fece un sussulto. 
Ti prego, fa che non se ne sia accorta.
E invece se ne accorse benissimo, perchè la sentii ridere sulle mie labbra.

Le sue guance presero nuovamente colore quando, con estrema lentezza, mi abbassò i boxer. Mi aveva già visto nudo parecchie volte durante i momenti del cambio e del bagno, ma non era mai arrossita. 
"Tranquilla.." sussurrai cercando di metterla a suo agio. 
Sorrise e, alzandosi poi in piedi sul letto, fece lo stesso con le sue mutandine. 
Vi prego datemi un calmante, non resisto più. 
Inconsapevolmente, mi morsi il labbro così forte da farlo sanguinare. Era bellissima, sembrava una dea scesa dall' Olimpo solo per me. 
La dea Meg. 
Si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio guardandomi dall'alto, poi si sedette di nuovo sul mio bacino.

Dopo averle chiesto il permesso attraverso lo sguardo, a avendo ricevuto come risposta un lieve cenno del capo, entrai finalmente dentro di lei.

_____

Una raffica di emozioni e di piacere mi avvolse nel momento esatto in cui sentii la sua intimità penetrarmi. 
Appoggiai le mani al suo petto e cominciai, piano, a muovermi sopra di lui. 
Sentivo il suo cuore battere all'impazzata, e d'altronde il mio non era da meno. Chiusi gli occhi mordendomi il labbro e mi lasciai scappare qualche gemito di piacere ad ogni movimento.

Quando, passato qualche minuto, il piacere continuò a salire maggiormente, appoggiai la fronte all'incavo della sua spalla. 
"Oh, Justin". Non potei trattenermi dal pronunciare il suo nome con il piacere nella voce. 
Stavo per raggiungere l'orgasmo e la sua espressione di godimento mista alle gocce di sudore che gli colavano dalla fronte, non mi aiutarono a rallentarne l'arrivo.

"Ti amo amore" mi disse abbracciandomi, dopo che mi fui sdraiata al suo fianco. 
Stavo per rispondere, quando bussarono alla porta. 
"Justin, Margaret, il pranzo è pronto" .
La voce di Josephine, ignara di cosa fosse appena successo in quella stanza, ci fece sorridere. 
"Non hai ancora aperto il mio regalo" borbottai fingendomi arrabbiata. 
"Oh c'è tempo per quello, prima fatti baciare ancora un po'".
Detto ciò, mi lasciai cullare dal mio nuovo paradiso.

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Capitolo 16
*** Cap. 16 ***


Il giorno seguente mi svegliai euforica e sorridente. 
Il mio primo pensiero quella mattina fu per Justin, ovviamente, e non vedevo l'ora di andarlo a svegliare. 
Indossai dei vestiti comodi e pesanti, e uscii dalla mia stanza. Mentre percorrevo il corridoio, guardai attraverso una delle finestre. Il tempo all'esterno era veramente pessimo, ma i fitti fiocchi di neve che cadevano leggeri al suolo e la leggerezza che provavo dentro di me, mi rendevano felice. 
Quando aprii la porta della sua camera lo trovai seduto sul letto ad osservare la palla di vetro che gli avevo regalato. 
"Buongiorno" dissi con un gran sorriso sul volto, sedendomi accanto a lui. 
Mi stampò un bacio sulle labbra e ricambiò il saluto. 
"Non posso fare a meno di guardarla" disse rivolto alla sfera. "È bellissima, e quei due che si baciano mi ricordano noi" aggiunse capovolgendola. 
I pallini bianchi scesero, proprio come stava succedendo fuori.

Lo guardavo estasiata, ogni sua parola, ogni suo gesto mi faceva accelerare i battiti. 
Ero pazza di lui, non c'era niente da fare. 
"Dai, andiamo!" dissi poi balzando giù dal letto allegramente. 
"Dove?" domandò curioso. 
Non gli risposi, ma iniziai a vestirlo con abiti caldi e pesanti. 
Avevo intenzione di andare al parco.

JUSTIN POV
"Posso?" chiese Meg appoggiando una mano sulla sedia a rotelle. 
Sapevo che voleva spingermi perchè mi amava e perchè le faceva piacere, quindi annuii. 
Percorremmo la stradina che conduceva al parco ridendo e scherzando come una coppia felice di adolescenti alle prime uscite.
Appena fossimo arrivati a destinazione glielo avrei chiesto. 
Volevo che fosse la mia ragazza, mia e di nessun altro. Era perfetta. Dolce, allegra, simpatica, leale. Quella giusta insomma. 
Con lei potevo essere me stesso, potevo essere Justin, il ragazzo che dopo un incidente d'auto era finito sulla sedia a rotelle. 
Aveva il mio cuore e io avevo il suo.

"Eccoci qui! Pronto a fare a pallate?" disse ridendo. 
Mi misi a ridere anche io e presi un po' di neve caduta su una panchina mentre lei mi saltellava attorno. 
Vederla così felice rendeva felice anche me. 
"Arriva!" urlai lanciando la palla che avevo formato verso di lei. 
La schivò per un pelo e me ne rimandò indietro una che mi colpì dritto sul collo. 
Rimasi a bocca aperta. La neve, che si era sciolta, mi entrò dal collo della giacca e raggiunse i pettorali. 
Margaret scoppiò a ridere a crepapelle e approfittai di quel suo momento di debolezza per colpirla in pieno viso. 
Rimase impietrita e questa volta fui io a scoppiare a ridere.

_____

Mi precipitai correndo verso di lui e mi sedetti sulle sue ginocchia. 
"Come hai osato?" sussurrai in finto tono minaccioso. 
Le sue labbra si incurvarono all'insù prima di combaciare con le mie. 
Nonostante ci fossero all'incirca tre gradi centigradi, le nostre labbra erano infiammate. 
La sua lingua che leccava la mia e la sua mano che accarezzava il mio fianco destro, in quel momento erano il mio termosifone. 
Lo sentii allontanarsi e interrompere il bacio con un gemito. 
Due iridi color caramello mi fissavano intensamente appena riaprii gli occhi. 
"Vorrei che fossi la mia ragazza Meg" sussurrò Justin. 
Se il bacio di prima era un termosifone, questa frase era un incendio vero e proprio. 
"Anche io lo voglio Justin" risposi entusiasta e ripresi a baciarlo.

Ad un certo punto, mentre stavamo contemplando il silenzio del parco innevato, mi venne un'idea. 
"Vuoi provare a fare un passo?" domandai alzandomi. 
Lui mi guardò con un'espressione tra lo stupito e lo spaventato. 
"Non preoccuparti, ci sono io" lo rassicurai, e sembrò funzionare perchè mi tese le mani. 
Lo tirai verso di me, aiutandolo a mettersi in piedi e quando fu in posizione eretta, gli dissi di provare a muovere un piede. 
Abbassò la testa per guardarsi le gambe poi la rialzò verso di me. 
Lo vidi sforzarsi, ma senza alcun risultato. 
Era troppo presto, avrei dovuto immaginarlo. 
"Non ce la faccio" disse dispiaciuto lasciandosi cadere a peso morto sulla carrozzina. 
Mi abbassai e gli presi il viso tra le mani. 
"Ce la farai"

JUSTIN POV
Il tempo era peggiorato e i fiocchi iniziarono a cadere più velocemente. 
Meg stava spingendo la mia sedia il più velocemente possibile per tornare a casa in tempo, ma la neve già a qualche centimetro dal suolo iniziava ad ostacolare lo strisciare delle ruote, specialmente in salita.

"Oh poverini, avete bisogno di una spinta?" 
Una voce cupa e profonda ci fece arrestare. 
Un uomo sulla trentina con una grossa bottiglia di birra in mano ci stava guardando con aria minacciosa. 
"Forse questa bambolina vuole una spintarella, magari da dietro" esclamò, mettendosi subito a ridere per la porcata appena detta. 
Il sangue cominciò a ribollirmi nelle vene. Come si permetteva quell'ubriacone di parlare cosi alla mia ragazza? 
Il problema era che, anche se mi fossi mostrato arrabbiato, anzi furioso, c'era ben poco che potessi fare. 
Voltai il viso verso Meg, mentre quello cominciò ad avanzare nella nostra direzione. 
"Amore, vattene via, corri a chiamare qualcuno" sussurrai. 
Non potevo fare niente e la cosa mi fece incazzare. 
"Non ti lascio da solo Justin, scordatelo!" disse lei.

"Ma che carini che siete" grugnì l'uomo avvicinandosi a lei. 
"Non ti avvicinare a lei" urlai colpendolo più volte alla gamba con la sedia a rotelle. 
Non si mosse nemmeno, anzi scoppiò in una grassa risata. 
"Sennò cosa fai? Mi dai un calcio? Non penso tu ne sia capace, mezza sega" 
Quella frase mi ferì profondamente. Stavo già immaginando come sarebbe andata a finire, quando la voce di Margaret mi riportò alla realtà. 
"Lui non potrà darti un calcio, ma io sì brutto stronzo" disse e con fare deciso lo colpì dritto in mezzo alle gambe. 
Il bestione fece un verso di dolore accasciandosi a terra. 
"E se torni a dare della mezza sega al mio ragazzo, la prossima volta ti do un calcio anche nel culo!" urlò.

Mi abbracciò forte e io feci altrettanto. 
"Ho avuto paura" disse accarezzandomi i capelli. 
"Beh, mi piacerebbe avere paura come te allora" dissi io ridendo leggermente. "Grazie piccola, senza di te.. Mi dispiace di non aver potuto.." 
"Shh.. Non dire nulla" rispose, e detto questo tornammo alla villa mano nella mano.

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Capitolo 17
*** Cap. 17 ***


Era il 31 di Dicembre e quel giorno volevo passare la serata con Justin, io e lui da soli. 
Volevo fargli una sorpresa, portarlo a cena fuori e poi magari passare la notte in macchina a guardare i fuochi d'artificio in collina. 
Doveva essere tutto perfetto.

"Stasera usciamo" gli dissi mentre eravamo in piscina a fare l'ora di fisioterapia. 
Mi guardò perplesso. 
"Non penso che Amelia accetterà" rispose dandomi un bacio sulla guancia.
Amelia? Che cavolo c'entra lei?
"Amelia non verrà. Saremo solo io e te". Lo guardai dolcemente per poi avvicinarmi alle sue labbra, ma la sua voce mi fermò.
"Ancora peggio, non ci lascerà mai uscire insieme, sai come la pensa su..."
"Justin non mi importa come la pensa, e non dovrebbe importare nemmeno a te" borbottai delusa. 
Adesso gli importava cosa pensava quella donna? 
"Infatti è così, ma dico solo che non ci lascerà mai andare soli. Anche se lo vorrei tanto" rispose. 
I suoi occhi non mentivano. Lo sapevo. 
"Beh, vorrà dire che non la avvertiremo" dissi decisa e ripresi a muovergli le gambe su e giù lentamente e con delicatezza. 
Lo vidi sospirare senza dire più nulla.

_____

"Dove andate?" 
La voce sbigottita di Amelia, dietro le nostre spalle mi fece roteare gli occhi all'insù.
"Usciamo, è l'ultimo giorno dell'anno. Penso che a Justin faccia piacere vedere i fuochi d'artificio non dalla finestra".
Sentivo sarebbe scoppiata una discussione. Infatti..
"Oh no, non se ne parla. Voi rimanete qui dove posso tenervi d'occhio" rispose incrociando le braccia. 
Okay, cosa? Tenerci d'occhio? 
"Amelia, ti prego, non torneremo tardi.." disse Justin supplichevole "Non sono mai uscito da questa villa per nessuna occasione e ora..."
"Ora cosa? Pensi che solo perchè adesso c'è Margaret non succederà più nulla? Là fuori è pieno di pericoli, e non lascerò che una ragazzina ventenne guidi un'auto con te sopra". Il suo tono di voce era decisamente troppo alto. 
Vidi la faccia di Justin contrarsi e i suoi occhi luccicare. Non avrei permesso a quella megera di dire un'altra sola parola a riguardo. 
Afferrai il pomello della porta d'ingresso e la aprii girando i tacchi. 
"Con permesso" dissi, e spinsi la carrozzina di Justin verso le scale.

JUSTIN POV
"Meg, aspetta.. Le scale.." sussurrai. 
La vidi abbassarsi davanti a me, dandomi le spalle. 
"Afferrami le spalle" disse in tono fermo. 
"Ti farai male, cadremo". Non ce l'avrebbe mai fatta da sola. 
"Justin non ti preoccupare, fai come ti ho detto dai" sussurrò lei dolcemente. 
Guardai i suoi capelli acconciati in uno chinon alto. Era bellissima, e con quel vestito bordeux sembrava una damigella. 
Sorrisi e feci come mi disse. Mi sollevò un po' barcollando e scese i gradini lentamente, dopodichè, giunta all'ultimo, mi fece sedere. 
"Vado a prendere la sedia e andiamo"

Dopo avermi caricato in macchina, mise in moto e guidò fino ad un locale molto carino. 
Dall'ingresso si vedevano i lampadari di brillanti e le candale su ogni tavolo. 
Wow. È stupendo cavolo, chissà quanto costa! 
Quando fummo seduti, le presi la mano da sopra il tavolo e gliela accarezzai guardandola dritto negli occhi.
"Amore, vorrei pagare io stasera. Non accetto risposte negative. Stai facendo tanto per me, e vorrei poterti ringraziare in qualche modo" 
Le sue labbra rosse e carnose si incurvarono. 
"Non hai bisogno di ringraziarmi, fai già tanto per me senza nemmeno accorgertene". 
Quella ragazza era la dolcezza in persona. Mi diventarono gli occhi lucidi e dovetti cacciare la testa indietro per non fare uscire le lacrime. 
Mi accarezzò la guancia ridendo appena. 
"Dove sei stata in questi anni?" sussurrai, e in quel momento il cameriere ci portò il menù.

_____

Avevamo entrambi la pancia piena. Decisamente ci eravamo rimpinzati troppo tra primo, secondo, dolce e spumante. 
Era stato così gentile da pagare lui, anche se avrei voluto farlo io, che appena salimmo in macchina presi a baciarlo lasciandolo sorpreso. 
Cercai la sua lingua tra le labbra e lo sentii gemere appena si toccarono. 
"Meg.." 
Ansimava, così rallentai il bacio e mi staccai controvoglia. 
"Se continui così..." sussurrò malizioso mordendosi il labbro inferiore. 
"Cosa?" chisi accendendo il quadro della Ford. 
Rise appena e girò il viso verso il finestrino. 
"Hai capito.." 
Mi misi a ridere. I maschi erano proprio tutti uguali.

Guidai per circa mezz'ora. 
Ero stanca ma non potevo permettermi di cedere proprio adesso che la nostra serata era appena iniziata. 
Ci fermammo in uno spiazzo all'inizio di un bosco. Il panorama era splendido e i fuochi in quel punto si sarebbero visti benissimo. 
Dopo aver steso una coperta, che mi ero fortunatamente ricordata di portare, aiutai Justin a sedersi e mi misi tra le sue gambe, con la schiena contro il suo petto. 
Lo sentii appoggiare le labbra contro la mia pelle e iniziare a baciarmi il collo. 
Era tutto così romantico e perfetto.

"Mancano due minuti alla mezzanotte" sussurrò al mio orecchio continuando a baciarmi collo e spalla.
"Mmh.. Sì. Vorrei stare qui con te per sempre" risposi chiudendo gli occhi e appoggiando la testa contro la sua. 
"Ti amo" disse, poi mi baciò in quel suo modo che mi faceva venire la pelle d'oca. 
In quello stesso momento si sentì il fischio del primo fuoco d'artificio e successivamente un'esplosione di colori luccicanti piovve sulle nostre teste. 
Ero felice come mai prima d'ora. Il mio ragazzo mi stringeva tra le braccia ed io non potevo desiderare nient'altro di più bello.

JUSTIN POV
Tornammo a casa alle due di notte. Avevo passato la serata più bella di sempre, grazie a Margaret. 
Le dissi di andare subito a dormire, anche perchè per portarmi su dalle scale aveva fatto una fatica tremenda e ora aveva il fiatone. 
"Si amore, ora ci vado. Sono stata bene con te stasera, grazie di tutto" mi disse lasciandomi un ultimo bacio a fior di labbra. 
Stavo per risponderle, ma la luce che improvvisamente si accese in salotto mi fece sobbalzare. 
Amelia fece capolino dalla porta con un foglio in mano. 
"Avete passato una buona serata?" chiese fingendo interesse.
La guardai alzando un sopracciglio, contrariato. Quella donna stava iniziando a darmi sui nervi. 
Nessuno di noi due rispose. 
"Chi tace acconsente. In ogni caso, Margaret questo è il foglio firmato per il tuo tirocinio. So che dovresti finirlo tra un mese, ma chiuderò un occhio. Non puoi più restare" 
Questo è troppo. 
"Senti cara, questa non è casa tua, non decidi tu chiaro? Mandala via e verrai licenziata!" sbottai incazzato nero. 
Margaret mi superò, strappò il foglio dalle mani di Amelia e mi guardò. 
"Non preoccuparti Justin, il mio tirocinio l'ho fatto e ho incontrato te. A me va bene così, posso anche andarmene" disse. 
Voleva sembrare sicura di se ma era palese che ci fosse rimasta male. 
Cosa? Non puoi andartene così.. 
"N-no.. E la nostra storia? Che ne sarà di noi?" sussurrai balbettando. 
"Verrò a trovarti" disse. Poi, siccome si era abbassata per guardarmi meglio, si alzò di scatto. "Anzi, ho un'idea migliore. Verrai a vivere con me"

 

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Capitolo 18
*** Cap. 18 ***


"Questo non lo prendi?" chiesi a Justin mostrandogli un maglioncino beige. 
Stavamo facendo le valige. Io me ne tornavo a casa e lui aveva accettato entusiasta di venire a vivere con me. 
Ovviamente Amelia aveva dovuto controbattere e alzare la voce, ma Justin la licenziò su due piedi. Come le disse anche lui, aveva vent'anni, era il padrone di casa, ed era libero di fare quello che voleva nonostante la sua condizione fisica. 
La donna aveva raccolto la sua roba in fretta e furia e se n'era andata il giorno stesso in preda alla rabbia e alla disperazione. 
Un po' la cosa mi faceva ridere.

Josephine invece aveva avuto il permesso di continuare a vivere lì, magari insieme alla sua famiglia, se lo desiderava. 
Accettò soltanto dopo che Justin insistette più volte. Non credeva di essere all'altezza di una villa del genere e soprattutto di meritarsi di viverci. 
"Sei una persona buona, e sei stata come una tata per me. Non finirò mai di ringraziarti per questo" le aveva detto il biondino. 
Quel ragazzo aveva tutte le qualità immaginabili ed ero fiera di averlo come fidanzato.

POV JUSTIN
"Sono emozionato!" esclamai voltando il viso verso Margaret. Sorrise senza staccare gli occhi dalla strada. 
"Non aspettarti una villa come la tua" disse ridendo. 
"Descrivimela! Non ce la faccio ad aspettare". 
Ero entusiasta da morire all'idea di cambiare casa e di andare a vivere insieme a lei. Noi due, da soli.
"Beh, allora è disposta su un solo piano, non è tanto grande, ha un salotto, una cucina, una camera matrimoniale, un bagno e un piccolo stanzino dove posso studiare. E ha il cortile sul retro. È grigia e si vedono i mattoni. Niente di speciale" 
Per lei forse non era nulla di speciale ma per me lo sarebbe stato senz'altro. Avevo sempre vissuto in quella villa enorme, troppo grande per tre sole persone, e ora andarmene e iniziare una nuova vita con la persona che amavo era qualcosa che mi dava un'adrenalina pazzesca. In quel momento ero talmente euforico da pensare addirittura di riuscire ad alzarmi in piedi da solo.

____

Arrestai la macchina davanti a casa e lo guardai. 
Si voltò a destra e a sinistra. Osservò ogni minimo dettaglio che catturava la sua attenzione.
"Siamo arrivati? È questa?" mi chiese indicando il complesso alla sua destra. 
Annuii avvicinandomi al suo collo e gli lasciai un leggere bacio umido sotto l'orecchio. 
Lo vidi sorridere e prendermi il volto tra le mani per poi iniziare a baciarmi con foga. 
Avevo voglia di lui, terribilemente.

Per fortuna la casa non aveva gradini; essendo a piano terra non avrei dovuto faticare con la sedia a rotelle di Justin. 
Aprii la porta e lo feci accomodare per primo. 
Si guardò intorno meravigliato e allo stesso tempo curioso come un bambino. 
Non potei fare a meno di sorridere e mi sedetti sulle sue ginocchia.
"Andiamo, ti mostro la casa" mormorai appoggiandomi al suo petto.
Gli feci strada nelle varie stanze, lasciando per ultima la camera matrimoniale. 
Quando entrammo, si avvicinò al letto e accarezzò le lenzuola bianche con un sorrisino malizioso. 
Mi alzai dalle sue gambe, gli afferrai le mani e lo feci alzare per poi farlo cadere delicatamente supino sul letto. Mi misi a cavalcioni sopra di lui e presi a baciarlo con passione, sentendolo ricambiare con la mia stessa intensità. 
Le sue mani finirono subito sotto il vestito panna che indossavo, e risalirono fino alle spalle lasciandomi la schiena completamente scoperta. Tremavo, avevo brividi ovunque per il freddo, ma ero sicura che da lì a poco lui mi avrebbe scaldata. 
E avevo ragione.

JUSTIN POV
Il calore dei nostri corpi uniti e sudati avevano fatto appannare i vetri. 
Era stata un'ora di puro amore, simile a quello dei film, se non fosse che il nostro era un amore reale. 
Margaret, accanto a me, coperta solamente dal lenzuolo di seta, si era addormentata beatamente. 
Rotolai su un fianco e la strinsi con un braccio per riscaldarla. Faceva freddo, erano i primi di Gennaio e le coperte erano ancora quelle leggere di settembre, quando lei era venuta a vivere alla villa. 
Accarezzai i suoi morbidi capelli castani, le lasciai alcuni baci dolci sulla guancia e sul collo e in quel momento mi venne un'idea: volevo provare ad alzarmi dal letto. Da solo. 
Non volevo più aver bisogno sempre di qualcuno. I medici avevano detto che non avrei più ripreso a camminare? Beh, si sbagliavano. Ci avrei messo tutto me stesso per muovere di nuovo le mie cazzo di gambe. 
Così, piano piano raggiunsi il bordo del letto e lasciai le gambe penzolare giù. Feci un respiro profondo e appoggiai al muro prima una mano, poi l'altra e infine mi misi in piedi. 
Il cuore mi batteva a mille, sia per la paura di cadere sia per la voglia di riuscire, e le gambe tremavano sotto il mio peso. 
Mi girai a fatica e appoggiai la schiena al muro. Ero in piedi ormai da un minuto buono così chiamai Meg a bassa voce cercando di svegliarla. 
Dovetti ripetere il suo nome più volte prima che aprisse gli occhi e mi vedesse. 
"J-Justin, oh mio dio" sussurrò con voce strozzata alzandosi di scatto. Le lacrime presero a rigarle il viso come cascate. Si mise le mutandine per poi correre ad abbracciarmi e io ricambiai stringendola al mio petto con tenacia.
Eravamo alla stessa altezza ora, e potei ammirare i suoi occhi lucidi incatenarsi ai miei che, con grande soddisfazione, la guardavano finalmente dall'alto.

______

Mi staccai dall'abbraccio e mi asciugai le lacrime. Ero felice da morire, vederlo lì davanti a me, in piedi, era una gioia immensa. 
Mi misi a saltare come una deficente, non riuscivo più a contenermi. 
"Cazzo Justin sono stra felice, ti rendi conto? Tu.. Dio non ci credo" esclamai quasi urlando e gli volai al collo per la seconda volta. 
Lo sentii ridere e sorrisi. 
"Amore però adesso devo sedermi, sono stanco" mormorò e lo aiutai a sedersi sulla carrozzina. 
Gli accarezzai i capelli dolcemente e gli dissi che sarei andata a preparare l'acqua per un bel bagno caldo.

Giunta in bagno aprii il rubinetto della vasca e scoppiai a piangere. Di gioia. Di nuovo. 

 

 

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Capitolo 19
*** Cap. 19 ***


Era passato un mese da quell'episodio. Dopo quel giorno, alla vista di Justin in piedi accanto al letto che si reggeva sulle sue stesse gambe, ero decisa a fare del mio meglio per farlo tornare a camminare e a correre come un tempo.
Avevo preparato un calendario con orari ed esercizi prestabiliti. 
Al lunedì saremmo andati nella piscina della villa a fare un'ora e mezza di fisioterapia in acqua, al mercoledì avremmo svolto riabilitazione in casa e al venerdì di nuovo in piscina. Il week-end lo lasciai libero per poterlo dedicare solo a noi due. 
In più, siccome il mio tirocinio era finito in anticipo a causa dei problemi cerebrali di Amelia, avevo ricominciato a frequentare le lezioni all'università, e Justin era costretto a restare a casa da solo per più di due ore. Avrei dovuto trovare una soluzione a questo problema al più presto.

"Forse la signora Johnson è tornata dall'Argentina!" disse lui mentre ne stavamo parlando. 
"Grande! Ottima idea, hai il suo numero cosi la chiamo?" domandai. 
"Si si, il numero lo ho. La chiamo io." rispose, e subito dopo si diresse in soggiorno cercando il numero della donna nella rubrica.

POV JUSTIN
Il telefono squillava. 
"Si pronto?". La voce di una donna rispose all'altro capo del cellulare. 
"Buongiorno, cercavo Carmen Johnson. Sono Justin Bieber" dissi girando il viso verso la finestra. 
"Si, gliela passo, solo un momento"
Ringraziai e attesi di sentir comparire la voce della signora Johnson, che non tardò ad arrivare. 
"Justin?" 
"Salve signora Johnson! Come sta?" chiesi per cortesia. 
Parlammo del più e del meno. Le dissi che avevo licenziato Amelia e lei si mise a ridere dicendomi che avevo fatto proprio bene. 
"Già, e quindi ora sono a casa della mia fidanzata" 
Era felice per me, e a quel punto le domandai se fosse tornata a Boston. 
"No Justin, sono ancora a Buenos Aires. Ci sono tante cose da sistemare ancora, mi dispiace".
Sospirai un po' dispiaciuto e la salutai augurandole buona fortuna.

____

Lo vidi tornare in cucina scuotendo la testa.
"Ma amore, io sto benissimo anche a casa da solo. Se fosse venuta la signora Johnson sarei stato felice, ma una persona che non conosco non la voglio. Non mi serve una badante" borbottò. 
Che razza di discorso. Sapeva benissimo che non avrebbe resistito ancora per molto senza un aiuto durante la mia assenza, in più non avevo assolutamente voglia di lasciarlo a casa da solo. 
"E se prendessimo un cane? Di quelli addestrati per..." non riuscii a terminare il mio discorso perchè venni bruscamente interrotta. 
"Frena! Meg non mi serve nè una badante nè tanto meno un cane per disabili. Chiaro?" ringhiò guardandomi male. 
Alzai un sopracciglio, sorpresa e allibita dal tono con cui aveva osato ribolgersi a me. 
"Stavo solo cercando di aiutarti" sussurrai dispiaciuta andando in camera. 
Mi misi a rifare il letto e lo vidi poco dopo fare capolino dalla porta. 
"Ehi, mi dispiace. Non volevo trattarti in quel modo" disse abbassando il viso. 
Feci spallucce senza dire nulla. 
"Wow, fai sul serio?" chiese quasi ridendo. "Solo perchè ti ho detto che non voglio aiuto da un cane ti incazzi?" 
Le cose non stavano procedendo come avrei sperato. In un mese avevamo già discusso due volte. Bisognava darci un taglio. 
"Senti Justin" iniziai "io lo sto facendo per te, okay? Volevo cercare qualcuno che potesse farti compagnia o essere al tuo servizio se avessi avuto bisogno di qualcosa mentre non c'ero, tutto qua. Scusa se mi dispiace lasciarti a casa da solo e scusa se lo sto facendo perchè ti amo" conclusi per poi continuare a fare il letto. 
Lo vidi aprire la bocca per rispondere, ma in quel momento suonarono il campanello.

Andai ad aprire la porta, e mai mi sarei aspettata di trovarmi faccia a faccia con Marc. 
"Ciao Meg! Sorpresa di vedermi?" disse lui sorridendo. 
Voltai il viso verso l'interno della casa e vidi comparire Justin. 
Benissimo.
"Che ci fai qui?" domandai mentre ormai Justin era al mio fianco e mi accarezzava la schiena. 
La vedo male.
Marc incrociò lo sguardo di Justin.
"Ah, ciao tu devi essere..." 
"Il suo ragazzo" rispose prontamente il biondo facendomi sorridere. 
Marc sembrò molto sorpreso. 
"Ah.. Beh, ero passato per sapere se stavi bene ecco, te ne sei andata a tutta velocità da New York" si giustificò il moro. 
Come cavolo faceva a sapere dove abitavo? 
Ma certo, mia madre. 
Feci segno a Justin di rientrare in casa e spinsi piano Marc verso il cancello. 
"Marc senti, quello che è successo a New York rimane a New York, okay? Justin è il mio ragazzo e..." 
All'improvviso mi cinse i fianchi con le mani e si avvicinò a me. 
"Lo so che è il tuo ragazzo, siete anche carini insieme e ammetto che lo invidio un casino" sussurrò guardando le mie labbra con quegli occhi color del cielo. "Ma... Io non riesco a dimenticarti". 
Stava per baciarmi, di nuovo, quando la voce di Justin venne a salvarmi. 
"Toglile le mani di dosso" disse riaggiungendoci. 
Marc guardò prima lui, poi me, e alzando le mani in segno di resa si allontanò dalla nostra casa e dalla nostra vita.

JUSTIN POV
Rientrammo in casa ma nessuno dei due disse nulla. Era ancora palesemente arrabbiata. 
Mi inumidii le labbra e presi la parola. 
"Beh, forse un cane potrebbe andare" 
Margaret, intenta a cucinare il pranzo, alzò il viso dalla pentola incontrando i miei occhi. 
Sorrise e corse ad abbracciarmi. 
"Finalmente ti sei deciso!" esclamò dopo avermi stampato un bacio sulle labbra. 
"Dopo pranzo andiamo a vedere al centro quale è meglio per te, okay?" 
Annuii sorridendole. Ero stato troppo duro, ma la verità era che facevo fatica ad ammettere di aver bisogno di aiuto.

______

Alla fine ci fu affidato un Pastore Tedesco di nome Balto. Ci dissero che era abituato con le persone disabili e che era già addestrato alla perfezione per stare in casa.

Giunti a casa lo mettemmo subito alla prova. 
"Balto, mi porti il telefono?" chiese Justin. Il cane corse in salotto, e tornò in camera con il cordless tra le fauci. 
"Wow, mi divertirò un casino mentre tu non ci sei!" disse ridendo.
Lo guardai ridere e accarezzare il cagnolone che nel frattempo si era sdraiato in mezzo a noi. 
Mi sentivo fortunata ad averlo incontrato. 
"Justin.." sussurrai accarezzandogli il viso dolcemente. I suoi occhi si fissarono nei miei. "Ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo" 
Dissi queste parole e lui mi strinse tra le braccia, iniziando a coccolarmi come fossi la sua principessa.
 

 

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Capitolo 20
*** Cap. 20 ***


Le giornate stavano passando nel migliore dei modi. Con l'arrivo di Balto nella nostra casa, e anche nella nostra vita, tutto stava procedendo per il meglio. 
Justin era felice e spensierato. Giocava in cortile con lui per la maggior parte del tempo e nelle ore di fisioterapia e riabilitazione si impegnava al massimo pur di riuscire a fare qualche progresso. 
Purtroppo non era ancora arrivato a muovere le gambe e compiere un passo, ma ero sicura che di lì a poco ce l'avrebbe fatta.

Quel giorno infatti era mercoledì ed io ero in salotto, intenta a spostare il divano in modo tale da avere più spazio per muoverci. 
"Sei pronto amore?" dissi sorridendo vedendolo entrare seguito dal cane. 
Annuì e ordinò a Balto di mettersi seduto e non muoversi, dopodichè mi avvicinai a lui, bloccai le ruote della sedia a rotelle e afferrai le sue mani. 
Lo tirai verso di me con tutta la forza che avevo finchè non si mise in piedi. 
Con tutta la massa muscolare che si ritrovava, sollevarlo, spostarlo e prenderlo in braccio, stava diventando un po' complicato per me. Ma non ci feci caso, dovevo resistere per lui.

"Okay, ci siamo Justin. Oggi sono sicura che ce la farai!" esclamai sicura di me. 
Gli diedi un bacio sulle labbra per fargli coraggio, poi essendo di fronte a lui, feci un passo indietro tenedogli le mani, nella speranza che lui si avvicinasse a me. 
Lo vidi abbassare lo sguardo verso il pavimento. 
"Amore, guarda me. Sono più carina delle mattonelle" sussurrai sorridendo appena. 
Volevo farlo concentrare su di me per il semplice motivo che, più si fosse guardato i piedi, minori erano le probabilità che riuscisse nell'intento. 
"Indubbiamente" rispose fissando finalmente le sue pupille nelle mie.

JUSTIN POV
Feci un respiro profondo e strinsi di più le mie mani attorno a quelle di Margaret. 
"Coraggio amore mio" disse lei.
Okay Justin, puoi farcela.
Sentivo la gamba destra, quella che avrei voluto muovere, tremare senza spostarsi di un millimetro. 
Mi morsi il labbro inferiore continuando a sforzarmi ma nulla. 
Scossi il viso sbuffando e Meg mi fece sedere di nuovo sulla carrozzina. 
"Justin tranquillo, riposati un attimo e riproviamo"
Si abbassò al mio livello e mi accarezzò i capelli sfiorando le mie labbra con le dita. 
Ce la fai Justin. 
La mia coscenza aveva ragione. Ce l'avrei fatta. 
"No, voglio riprovare subito" dissi prendendo di nuovo ben salde le sue mani. 
Mi alzai in piedi e lei mi alzò di poco la gamba destra. 
"Prova ora" disse guardandomi.
Il mio piede era a pochi centimetri dal pavimento e io mi stavo reggendo su una sola gamba. 
Con tutte le mie forze allungai il piede verso di lei e questo, con nostra grande sorpresa, si mosse di qualche millimetro. 
"Bravo! Così, ce la fai" esclamò lei sorridendo entusiasta. 
Non persi la concetrazione e appoggiai piano il piede a terra, ma appena entrai in contatto con le fredde mattonelle di marmo, la gamba iniziò a cedere facendomi perdere l'equilibrio. 
Finii completamente sopra a Margaret, la quale cadde di peso sul pavimento, sbattendo la schiena e la testa. 
"Ahi!" 
Alzai il viso e vidi quello di Meg con un rivolo di sangue sulla guancia. 
"Oddio! Amore sanguini cazzo" esclamai spaventato.
Si passò una mano sulla ferita e cercò di alzarsi mentre io scoppiai in una crisi isterica. 
"Che razza di idea idiota! Guarda cosa hai fatto! Hai messo in pericolo sia te che me" urlai cercando di spostarmi da lei. Le lacrime iniziarono a uscire dai miei occhi senza che me ne accorgessi nemmeno. 
"I medici avevano detto che non sarei più riuscito a camminare, ma tu no, non ci hai creduto! Credi di essere più furba di un dottore?" 
Continuavo a gridare in preda alla disperazione, mentre lei cercava di tranquillizarmi accarezzandomi il viso. 
"Justin calmo, è tutto okay. Io sto bene, hai avuto un momento di debolezza ma ci stavi riuscendo" sussurrò un po' intomirita dal mio tono di voce alto. 
La guardai torvo. "Hai anche il coraggio di parlarmi di momenti di debolezza? Come se avessi avuto solo questo! Ormai sono mesi che provi a farmi camminare senza alcun risultato. Rassegnati Margaret, io non camminerò mai!" urlai, e in preda al panico, alla rabbia e chissà cos'altro la spinsi violentemente via da me.

Non ne potevo più, ero stanco di vivere su una sedia a rotelle. Stanco di vivere e basta.

_____

"Justin non sai quello che dici. Parli così solo perchè ora sei caduto e hai fatto cadere anche me. Ti senti responsabile della mia ferita ma sai che mi importa?"
Stavolta anche io alzai il tono di voce.
"Non mi credo certo un medico, ma ho visto coi miei occhi che quel piede l'hai mosso, e non venirmi a dire che sono stata io a metterti in testa di provare a camminare perchè te l'ho letto più volte in faccia di quanta voglia hai di riuscire a farlo". 
Non mi guardava nemmeno più in faccia. Era per terra appoggiato al divano con il viso tra le mani, intento a piangere a dirotto.

Deglutii vedendolo così. Non era quella la mia intenzione. Non volevo che andasse a finire così, ma quando è troppo è troppo. 
Lo lascai lì a sfogarsi e andai in bagno a disinfettarmi il graffio. 
Mi guardai allo specchio. I miei occhi erano lucidi e la testa mi stava scoppiando. 
Non potevamo continuare a quel modo, tuttavia non mi sarei arresa. Col cazzo che avrei lasciato perdere. 
Tornai in salotto, lo misi a sedere sul divano e lo coprii con una coperta pesante, lasciando che piano piano si addormentasse.
______

Durante la cena, nessuno dei due proferì parola. 
Non mi aveva mai urlato contro in quel modo e ci ero rimasta parecchio male. 
Scossi il viso pensando a ciò che mi aveva detto. Io lo avevo messo in pericolo? Io mi credevo un dottore? 
Scusa tanto Justin se non voglio arrendermi. 
Mi alzai di scatto col piatto tra le mani e lo posai nel lavandino. 
"Me ne vado a letto" mormorai passandogli accanto. "Ti serve qualcosa?" 
Appoggiò la forchetta sul tovagliolo. "Se mi serve qualcosa la chiederò a Balto" rispose senza nemmeno curarsi di guardarmi in faccia. 
Ah, ora anche il cane ha preso il mio posto? Ma certo.

JUSTIN POV
Non stavo bene, di conseguenza non avevo più fame. Lasciai il piatto sul tavolo e andai in camera da letto con un peso enorme sullo stomaco. 
Margaret stava leggendo un libro e appena mi vide entrare spostò lo sguardo da me, al cane, al libro. 
Siccome la carrozzina era più alta del letto, riuscii da solo a passare da questa al materasso. 
Mi distesi accanto a lei e girai il viso verso il suo. 
Lei chiuse il libro e spense la luce, dandomi le spalle. 
Sospirai e appoggiai una mano alla sua spalla. 
"Meg.." bisbigliai. 
"Chiama Balto, siccome ora la tua anima gemella è lui" rispose la ragazza.
"Dai Meg, è stata una giornata del cazzo per entrambi. Non avrei mai dovuto urlare a quel modo" 
Finalmente si girò verso di me. La luce della luna che filtrava dalla finestra le illuminava gli occhi ambrati. 
"Justin, se vuoi smettere di provare okay. Io lo facevo solo per te, per noi. Non posso vederti così, ti giuro che non ce la faccio, mi si spezza il cuore ogni volta, ma questo mi fa capire che ciò che provo per te è vero. Ti amo come non ho mai amato nessuno. Mi credi?". La sua voce era una bellissima ninna nanna. 
"Ti credo" risposi dandole il bacio della buonanotte.

 

 

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Capitolo 21
*** Cap. 21 ***


La mattina seguente mi alzai quasi all'alba. Avevo lezione alle 8.00 precise e se avessi fatto anche un solo minuto di ritardo, non avrei trovato posto a sedere. 
Prima però, dovevo preparare la colazione per quando Justin si fosse svegliato, poi dovevo aiutarlo a cambiarsi, e infine prepararmi io.

Quando in tavola tutto fu pronto, mangiai il mio solito yogurt coi cereali e andai a svegliare il biondino.
Mi sedetti accanto a lui e gli toccai una spalla. 
"Justin, svegliati.. La colazione è già pronta" dissi guardando il suo profilo appoggiato al cuscino.
Nessuna risposta. 
"Dai amore, mi viene tardi" mormorai e lo presi sotto le ascelle per sollevarlo. Fu in quel momento che finalmente mi rispose. 
"Ma che ore sono Meg? Dio santo" borbottò con la voce impastata per il sonno. 
Sorrisi appena nel vederlo tutto spettinato e ad occhi chiusi.
"Sono quasi le sette e io sono in ritardo" risposi iniziando a sollevargli la maglietta. 
Improvvisamemte, mi bloccò le mani e aprì lentamente le palpebre. 
"Voglio provare io, tu guardami" sussurrò. 
Lo lasciai fare e rimasi stupita per come riuscì a togliersi i vestiti velocemente. 
Mi stavo per commuovere. Lui sorrideva, era soddisfatto e io pure. 
Gli passai gli indumenti puliti e lo aiutai soltanto ad infilare i pantaloni ai piedi. Per il resto fece tutto da solo. 
"Sono fiera di te" sussurrai avvicinandomi alle sue labbra quando si sedette, sempre senza il mio aiuto, sulla sedia a rotelle. 
Lo baciai dolcemente e gli sistemai un pochino i capelli.

"Allora io vado, Balto è in salotto, mi raccomando se hai bisogno chiamami subito".
Detto ciò lo baciai a stampo due volte, uscii, attraversai il giardino e montai in macchina diretta all'università.

JUSTIN POV
Si prospettava una bella giornata. Per la prima volta avevo provato a vestirmi da solo ottenendo risultati positivi. 
Ero raggiante, così decisi di chiamare Julian, il mio insegnante privato, per fare un'ora di lezione. Era troppo tempo che non prendevo in mano un libro.

"Ehi, Justin, come va? Che fine hai fatto?" esclamò l'uomo, probabilmente vedendo il mio nome sul display. 
"Ciao Julian! Sto bene, grazie. Scusa se non mi sono più fatto sentire, ma sono andato a vivere con Margaret, te la ricordi?" 
"Ma certo! La pollastrella della villa, ottima scelta ragazzo!" esclamò dall'altro capo del telefono l'isegnante.
Ci mettemmo a ridere entrambi, dopodichè gli domandai se avesse un'oretta a disposizione per me. 
"Si certo, arrivo subito. Indirizzo?"
Glielo diedi e riagganciai.

Dopo nemmeno mezz'ora sentii suonare il campanello. 
Balto iniziò ad abbaiare ed andai ad aprire la porta. 
"Ehilà! Chi si rivede?" Indossava un maglioncino di lana verde e dei jeans strappati neri. "E questo bestione?" 
Sorrisi accarezzando il cane. "Lui è Balto, ed è a mia disposizione" esclamai con aria fiera.

Dopo aver fatto una breve chiacchierata parlando del più e del meno, ci dedicammo ad un'intensa ora di letteratura.

_______

Il tempo fortunatamente volò. 
Erano le 10.30 e sarei dovuta tornare a casa, ma il professore di psicologia ci aveva consigliato un libro per approfondire meglio lo studio, così decisi di fare un salto in biblioteca, la quale non era molto distante dalla struttura. 
Mi incamminai ed estrassi il cellulare dalla borsa. 
Due nuovi messaggi.

Da Justin
Amore, ho chiamato Julian per fare un'ora di lezione. Mi manchi.

Da Justin
Sono uscito a fare un giro con Balto. Se quando torni non ci sono, non preoccuparti. Ti amo.

Sorrisi leggendo i messaggi. Ero felice che non fosse più triste come il giorno precedente. 
Iniziai a digitare sulla tastiera intenta a rispondere, quando, all'improvviso, sentii una brusca frenata proprio accanto a me. 
Alzai la testa spaventata, ma non feci in tempo a capire cosa stesse succedendo perchè, con un colpo sul fianco, venni scaraventata a terra.

Quando riaprii gli occhi, la prima cosa che vidi fu Justin accanto a me. 
Girai piano il viso verso di lui. 
"Amore! Come stai? Come ti senti?" chiese in tono preoccupato.
Perchè mi guardi così Justin? Dove siamo?
"Che è successo?" mormorai con un filo di voce. 
Mi accarezzò i capelli e il viso riempiandomi di baci. 
"Tranquilla, è tutto finito. Una macchina ti ha investito, ma non è nulla di grave" disse. "Mi hanno chiamato dall'ospedale e mi sono precipitato qua insieme a Balto" 
Guardai in basso alla ricerca del cane e lo vidi accucciato vicino alla porta. 
Cercai di mettermi seduta, ma un dolore al fianco mi bloccò. 
"Non è rotto, hai solo preso una botta e ora è livido. Per quello ti fa male" spiegò. 
In quel momento entrò anche un'infermiera che mi raccontò meglio l'accaduto. 
"L'uomo che l'ha investita, dice di averla vista attraversare col rosso e il cellulare in mano". La donna usò quasi un tono di rimprovero e io divenni rossa per la vergogna. 
"Ti stavo rispondendo, non ho visto il semaforo" bisbigliai rivolta a Justin

JUSTIN POV
Passarono due ore prima che la dimettessero.
Tornammo a piedi a prendere la Ford perchè con la mia carrozzina sarebbe stato scomodo usare i mezzi pubblici.

Giunti a casa, Margaret si mise seduta sul divano con una coperta sulle gambe. 
"Ti sei spaventato?" mi chiese.
Annuii. "Un po' sì, è normale. Ma ora stai bene ed è tutto okay"
Le raccontai della lezione con Julian, di come mi fossi innamorato pazzamente di Shackespeare e del fatto che avessimo concordato d'ora in poi un' ora di lezione al martedì e al giovedì. 
"Mi sembra un'ottima idea Justin, così non rimarrai indietro" disse afferrandomi la mano.

"Che dici? Riproviamo? Oggi mi sento fortunato!" esclamai e dalla sua espressione capii subito che aveva afferrato il concetto. 
Si alzò in piedi un po' dolorante e mi prese le mani. 
"Forza campione!" mi incitò.
Mi alzai, e con un respiro profondo mossi lentamente il piede di qualche centimetro. Feci lo stesso con l'altro.
"Amore! Oddio ce la stai facendo" urlò lei perforandomi un timpano. 
Risi appena, felice di quel grande progresso e continuai a passettini piccoli fino alla finestra. 
"Visto? Non sarò un medico, ma ne capisco più di loro eccome!". Margaret sorrise sulle mie labbra, per poi spingermi piano contro il muro e baciarmi in quel modo che tanto amavo. 
"Sai Meg..." mormorai sulle sue labbra "se non fosse stato per te, se tu non ti fossi presentata quel giorno di quasi quattro mesi fa a casa mia, io sarei ancora seduto su quella sedia a rotelle a piangere come un disperato con la consapevolezza di non riuscire mai più a camminare. Quindi grazie, grazie dell'amore che mi hai dimostrato e che mi dimostri, grazie di rendere ogni mio giorno migliore e grazie per aver creduto in me da subito"
Le mie parole la commossero a tal punto che si mise in ginocchio, con le mani sul viso, e scoppiò a piangere. Ovviamente di gioia. 


 

 

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Capitolo 22
*** Cap. 22 ***


Marzo arrivò con una velocità disarmante. 
Io ero tutta presa dagli ultimi esami e il tempo per stare con Justin, che nel frattempo aveva sostituito la carrozzina con due stampelle, era davvero poco. In più dovevo muovermi a scrivere la tesi, altrimenti non mi sarei mai laureata in tempo. 
Per fortuna quel giorno non avevo lezione, nè nessun altro tipo di impegno; era Sabato e potevo godermi la giornata al massimo.

Mi rigirai nel letto più volte prima di aprire gli occhi e vedere lo sguardo di Justin posato su di me. 
"Buongiorno piccola" sussurrò rubandomi un bacio. 
Sorrisi al tocco delle sue labbra e mi avvicinai al suo corpo per abbracciarlo. 
"C'è il sole?" mormarai io strofinando le labbra sul suo petto nudo. 
Lui scostò leggermente la tenda, che si trovava dietro le nostre teste, e annuì. 
"Vuoi andare a fare un giro più tardi?" domandò accarezzando i miei capelli lunghi ormai fino a metà schiena. 
"Mmh.. Più tardi" sussurrai maliziosamente mettendomi a cavalcioni su di lui e cominciando a baciargli il collo. 
"Wo-oh, ti sei svegliata col piede giusto stamattina?". La sua voce era sensuale e dal tono si capivano benissimo le sue (e anche le mie) intenzioni. 
Risi leggermente continuando a baciarlo, scendendo sempre più giù sul suo petto, quando il campanello tutto d'un tratto suonò. Erano solo le 10.00 di un Sabato primaverile, chi poteva mai essere?
Mi staccai dal suo corpo e lo guardai perplessa. 
"Aspettavi Julian?" domandai scendendo dal letto e infilandomi i primi vestiti che mi vennero in mano.
Scosse la testa in segno di negazione e si alzò anche lui.

Andai ad aprire la porta, seguita da Justin. 
"Ehi baby!"
Sgranai gli occhi. Non potevo crederci. 
"Madison! Che ci fai qui?" esclamai emozionata abbracciando la ragazza che avevo di fronte. 
Aveva i capelli mossi, una canotta piuttosto scollata sotto ad una camicia a quadri, dei Jeans marcati Armani e un paio di enormi occhiali da sole bianchi. 
"Sono passata a trovarti. Mi sono iscritta all' università a Toronto e sto andando là. Ero di strada" spiegò la bionda guardando oltre le mie spalle. 
Università, tu? Questa è bella! 
Il suo sguardo languido si posò su Justin.
"Lui sarebbe?" chiese entrando in casa bellamente.
"Ehm, già perdonami non vi ho presentati. Maddy lui è Justin, il mio ragazzo. E Justin lei è Maddy, mia cugina" 
"Molto piacere" disse la ragazza guardandolo negli occhi un po' troppo a lungo.
Si strinsero la mano, dopodichè ci sedemmo in salotto a chiacchierare.

JUSTIN POV
Ma quanto parla questa? 
Dio mio, non la smettava più di parlare di se stessa, dei ragazzi che si era fatta al liceo e che poi aveva buttato via come scarpe vecchie, di trucchi ecc, ecc. 
Non ne potevo più di starla a sentire. 
Era la tipica puttanella da liceo, quella popolare, una di quelle che io avevo sempre odiato ma che allo stesso tempo una botta gliela avrei data volentieri. 
Era carina, anzi bella, non vi era dubbio, ma si dava troppe arie. 
Mentre parlava, non faceva altro che scoppiare la chewingum in faccia a noi e arrotolarsi una ciocca di capelli intorno al dito. 
"Va beh, io vi lascio alle vostre chiacchiere, penso che andrò a fare un giro con Balto" esclamai alzandomi in piedi. 
Non l'avessi mai detto. 
"Chi è Balto?" domandò subito la nostra ospite tutta impettita. 
Tranquilla, non è un mega fusto con un mega serpente nei jeans, mi spiace. 
"È il nostro cane" rispose Margaret precedendomi. 
La biondina svampita si alzò di scatto, facendomi venire un mezzo infarto.
"Oddio, adoro i cani! E dov'è? Dove sei cucciolo?" 
Scoppiai letteralmente a ridere e Meg mi fulminò con lo sguardo, costringendomi a tornare serio. 
Chiamai il cane, il quale comparve trotterellando dalla cucina. 
"Oh.. Non è poi così cucciolo" mormorò Madison intimorita dalla massa muscolare dell'animale. 
"In ogni caso penso che ti accompagnerò a fare un giro con lui" aggiunse. 
Meraviglioso.
La mia faccia sprizzava ironicamente gioia da tutti i pori e questa volta fu Margaret a ridere.

______

Tornammo a casa verso le 16.30. Il sole era ancora alto nel cielo, così decisi di approfittare di quelle ultime ore di luce per andare a fare la spesa.
"Ragazzi, io devo assolutamente andare a fare la spesa" dissi prendendo la borsetta dal guardaroba e le chiavi della Ford. 
"Ti accompagno!" esclamò Justin entusiasta. 
"Oh no amore, vuoi lasciare la nostra ospite da sola?" sussurrai in modo che lei, intenta a guardare la tv in soggiorno, non sentisse. 
"Ne sarei felice" rispose. "È insopportabile, lo sai vero?
Sorrisi leggermente e gli lasciai un bacio a stampo prima di uscire dalla porta e lasciarlo lì imbambolato come un gufo sul suo ramo. 
Arrivata al supermercato iniziai a girare ogni reparto per cercare qualcosa di sfizioso da mangiare quella sera.

JUSTIN POV 
Era passata solo mezz'ora da quando Meg era uscita, ma fortunatamente Madison non parlò più di tanto. 
"Vuoi qualcosa da bere?" chiesi solamente per educazione. 
"Si grazie, quello che vuoi, è indifferente" rispose la ragazza continuando a guardare lo schermo.
Andai in cucina, versai due bicchieri di aranciata e li portai nell'altra stanza su di un vassoio argentato. 
"Che classe" disse lei vedendomi arrivare. 
Feci un sorriso e presi il mio bicchiere. 
"Da quant'è che non vedevi Meg?" chiesi. 
Spense la televisione per poi rivolgermi la parola. 
"Penso sia passato un anno dall'ultima volta. È una brava ragazza, davvero. Sono contenta che abbia trovato un ragazzo come te".
Bevve un sorso di liquido arancione tenendo i suoi occhi profondi fissi nei miei, per poi posare il recipiente di vetro sul tavolino. 
"In che senso scusa?". 
Come se sapessi che tipo di ragazzo sono. Pff. 
"Sembri un ragazzo serio, sbaglio?". Mentre parlava si avvicinava sempre di più a me. Si spostò i lunghi capelli tutti da una parte lasciando scoperto il lato sinistro del collo.
Non risposi. Mi limitai ad ossrvare le sue movenze da gattina arrapata. 
"Dio, ho un male al collo... devo aver preso troppa aria venendo in qua. Avevo il finestrino abbassato per via dal caldo" mi informò massaggiandosi la parte dolorante. "Ti dispiacerebbe farmi un massaggio?" domandò. I suoi occhi blu penetrarono i miei così violentemente da farmi cedere. 
"D'accordo" risposi, e detto ciò iniziai a muovere i polpastrelli sulla sua pelle morbida ed abbronzata.

_____

Rincasai dopo circa un'oretta e quello che vidi quando entrai dalla porta mi lasciò perplessa. 
Justin stava massaggiando il collo di Maddy, la quale, appena percepì la mia presenza, non perse tempo. 
Si fiondò sulle labbra del MIO ragazzo e iniziò a baciarlo. 
Vidi Justin restare impalato mentre i labbroni di mia cugina risucchiavano le sue delicate. 
"Wow" mormorai posando le borse di plastica sul tavolo, un po' troppo forte. 
"Complimenti ragazzi, se volevate un po' di privacy bastava dirlo. Sarei rimasta fuori più a lungo" esclamai applaudendo la loro performance in modo svogliato. 
Sentendomi, il biondo si staccò di scatto e corse, come potè, verso di me. 
"Non è come pen..."
Non lo lasciai neanche finire perchè gli puntai il dito contro. 
"Non ti azzardare a dormire con me stanotte!" dissi seria contraendo la mascella. "Ho visto che è stata lei, ma ho visto come tu non hai mosso un solo dito per allontanarla!" urlai fissando i suoi occhi. 
Iniziai a mettere via la spesa mentre i miei occhi divennero lucidi sia per la delusione che per la rabbia. 
Perchè quando tutto stava procedendo per il meglio dovevano succedere sempre casini? 
In quel momento sentii Justin cacciare Madison fuori di casa, dicendole parole che mai avrei pensato potessero uscire dalla sua bocca, ma ormai il danno era fatto.

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Capitolo 23
*** Cap. 23 ***


"Sparisci!" dissi vedendolo comparire sulla soglia della camera. 
"Meg.. fammi spiegare" sussurrò avvicinandosi a me, che ero intenta ad infilare i pantaloni del pigiama. 
"Non c'è proprio nulla da spiegare Justin!" gridai. "Dopo tutto quello che ho fatto per te, appena arriva una bella gnocca in casa, che per di più ti sta anche antipatica, ti lasci baciare come un burattino? Sei davvero patetico"
Mi avvicinai a lui e, posando una mano sul suo petto marmoreo, lo spinsi piano fuori dalla stanza. 
"Sono davvero stanca" dissi guardando un punto impreciso oltre le sue spalle. "Non facciamo altro che litigare per poi fare l'amore da quando siamo venuti qui" 
Feci per chiudere la porta ma lui mi bloccò afferrandomi il polso. 
"Che significa questo?" chiese in tono fermo, quasi minaccioso. 
Lo guardai. "Secondo te che significa Justin?" dissi mettendomi le mani sulla testa in preda ad una crisi nervosa. "Significa che così non può continuare" 
Lo vidi indietreggiare lentamente, andando a sbattere contro la porta del bagno.

JUSTIN POV
"Mi stai lasciando Margaret?" 
La voce mi uscì dalle labbra a intervalli. Non volevo pensare una cosa simile ma fui costretto; la sua frase non lasciava ad intendere. 
Portai le mani al viso e per pochi secondi rimasi in quella posizione, finchè lei non rispose. 
"Non lo so.." sussurrò per poi scomparire dietro la porta. 
Non potevo crederci. Non potevo credere di aver rovinato tutto. 
Un momento. Io però ti ho perdonato quando tu hai baciato quel cesso di Marc. 
Mi feci coraggio e riaprii la porta della stanza. 
"Senti" iniziai, per poi bloccarmi nel vederla in reggiseno davanti allo specchio. 
Continua a parlare coglione.
"Senti, lo so che sei furiosa con me e lo so che non vuoi sentire ragioni per quello che è successo. E hai ragione, perchè di spiegazioni da darti non ne ho, ma volevo dirti che mi dispiace, scusa" sussurrai avvicinandomi a lei, che nel frattempo si era coperta. 
"Okay, accetto le tue scuse" disse "ma questo non significa che ti perdono" aggiunse. 
Detto ciò, si infilò nel letto e spense la luce.

Dovevo fare qualcosa. Ero stato uno stupido e Meg aveva perfettamente ragione a trattarmi così. Ma prima o poi avrebbe dovuto perdonarmi, o avrebbe buttato tutti i mesi passati insieme nel cesso? 
Oh no, non glielo avrei permesso. 
Mi sedetti sul divano a cercare un modo per farmi perdonare. 
Fiori? No, troppo banale. Cena fuori? Troppo lecca culo. 
All'improvviso ebbi un'illuminazione. 
Afferrai il portatile che si trovava proprio di fronte a me, sul tavolino di vetro, e cercai il sito dell'agenzia di viaggi a cui si affidavano i miei genitori per i loro spostamenti di lavoro. 
"Bene, ora pensiamo ad una bella meta" mormorai tra me e me, e per fortuna mi ricordai di quella volta in cui Meg mi disse che avrebbe tanto voluto andare ad Amsterdam. 
È geniale. Le piacerà sicuramente. 
Prenotai un volo per quella stessa estate e feci mandare un'email di conferma sulla sua posta elettronica, che non tardò ad arrivare. 
Dopodichè mi alzai e andai a bussare alla porta della camera.

______

Mi ero appena addormentata, quando sentii dei rumori vicino alla porta. 
"Meg.." 
Sbuffai sentendo la voce di Justin chiamarmi. 
"Justin, lasciami in pace ti prego" dissi infilando la testa sotto al cuscino. 
"Ero al computer ed è comparsa una notifica riguardante la tua e-mail. Ho controllato, è di tua madre. Forse è importante" disse.
Mia madre? Ma che ore sono? 
Guardai la sveglia sul comodino e mi allarmai vedendo che segnava l'una. 
Mi alzai di scatto e mi precipitai fuori dalla stanza. 
Il biondo era tornato in salotto e appena mi vide correre mi fece spazio sul divano. 
Afferrai il computer e guardai le mie e-mail. 
"Qua non c'è nessuna mail di mia... Aspetta cos'è questa?" esclamai vedendo un indirizzo sconosciuto. 
Cliccai col cursore su quella scritta a me ignota e aprii il messaggio.
'Gent.ma signora Price, le confermiamo la prenotazione di due biglietti per Amsterdam con partenza il 13/07 e ritorno il 23/07...' 
Rimasi stupita. 
"Dev'esserci un'errore, io non ho prenotat..." 
In quel momento, con la coda dell'occhio vidi Justin sorridere. 
Non può essere. 
La mia espressione da stupita divenne speranzosa e felice. 
"Andiamo ad Amsterdaaaam" disse il ragazzo affianco a me allargando le braccia. 
Mi fiondai sul suo petto e lo strinsi forte. Aveva il potere di risolvere tutto nel migliore dei modi e per questo lo amavo anche se a volte mi faceva incazzare. Non perdeva mai la speranza e cercava sempre il modo per far tornare la pace. 
"Grazie amore, sei fantastico. Non me lo aspettavo proprio" sussurrai guardando il suo viso. 
"Mi perdoni adesso?" chiese con la faccia da cucciolo. 
Mi morsi il labbro avvicinandomi a lui. "Mmh.. No!"
Mi misi a ridere sulle sue labbra per poi baciarlo intensamente mettendomi a cavalcioni sul suo bacino. 
"Andiamo ad Amsterdam" sussurrai ancora sognante. "Non vedo l'ora" 
"Pensavo fosse il modo migliore per scusarmi" bisbigliò baciandomi il collo e costringendomi a chiudere gli occhi. 
Da quel momento nessuno disse più nulla. 
Le mani di entrambi iniziarono a toccare i nostri corpi ardenti di passione con una tale sensualità, che bastarono pochi minuti per far sì che ci ritrovassimo completamente nudi sul divano. 
Le mie dita tiravano le punte dei suoi capelli dorati, mentre la sua lingua scorreva dal mio lobo alla mia spalla. 
Il mio corpo sotto al suo fece un sussulto al momento della nostra unione. 
Ad ogni movimento lo sentivo ansimare e il suo respiro si fondeva col mio in un vortice di lussuria erotica.

JUSTIN POV
Esausti, eravamo tornati in camera da letto. 
Stavo per addormentarmi quando la voce della ragazza mi fece aprire gli occhi. 
"Amore, posso chiederti una cosa un po'... personale?" chiese accarezzandomi il petto con l'indice. 
"Certo, dimmi pure" risposi curioso. 
"Quando sono arrivata alla villa sei mesi fa, Amelia non mi aveva detto nulla dei tuoi genitori. Io non ti ho mai chiesto niente per rispetto nei tuoi confronti.. ma ora, ecco io.. " 
"Sono morti in un incidente d'auto. Lo stesso incidente in cui avevo perso l'uso delle gambe" risposi, e ripensando a quella scena ebbi un tuffo al cuore. 
Si strinse più a me, come a farmi capire che lei c'era e ci sarebbe sempre stata, ma io questo già lo sapevo. 
"Mi dispiace Justin" sussurrò dolcemente. 
Quella frase fu l'ultimo suono che sentii prima di entrare nel regno di Morfeo.

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Capitolo 24
*** Cap. 24 ***


"Amore scusa, starei preparando la tesi, non è che potresti abbassare il volume?" 
Mancava poco ormai, solo un mese e sarei diventata dottoressa. O meglio, assistente sociale. 
Avevo faticato tanto per arrivare fino a lì, e gradino dopo gradino stavo finalmente per raggiungere il mio obiettivo. 
In più, il mio percorso verso la laurea mi aveva fatto incontrare Justin, il quale al momento sembrava stesse facendo apposta ad ascoltare la musica a volume esageratemente alto.

Non udendo nè una risposta, nè un calo di suono, mi alzai stizzita e mi diressi a passo deciso verso la camera. 
"Pronto? Mi hai sentito?" urlai spalancando la porta e guardandolo, mentre se ne stava tutto beato sul letto. 
"Cosa?" gridò a sua volta.
Strinsi i pugni e andai a spegnere la radio.
"Justin santo cielo, lo sai che sono in pieno studio. Vuoi farmi esaurire?" sussurrai lasciandomi cadere sul letto accanto a lui. 
Da qualche giorno avevo dei forti giramenti di testa, e restare concentrata sui manuali stava diventando complicato. 
"Scusa amore, hai ragione. Vado a farmi un giro con Balto allora, così non ti disturbo" disse.
Mi diede un bacio sulle labbra per poi uscire dalla stanza.

_____

Tornata nel mio studio e ripresi a scrivere le ultime righe dell'elaborato finale. 
Lessi e rilessi il tutto, dopodichè spensi il computer appena in tempo prima di svenire con il viso sulla scrivania. 
Riaprii gli occhi qualche minuto più tardi e, dal silenzio che regnava, capii che Justin non era ancora tornato. 
Mi alzai debolmente, con la testa che girava come una trottola, ed entrai in cucina per bere un bicchier d'acqua.
Fu proprio mentre stavo versando il liquido trasparente nel recipiente di vetro, che mi sentii mancare, di nuovo. 
I miei occhi si posarono sul calendario attaccato alla parete. 
No, non può essere. 
Afferrai il cellulare, controllai la data di quel giorno e sbiancai. 
L'ultima X rossa sul calenderio, con la quale contrassegnavo l'inizio dei giorni di ciclo mestruale, risaliva a più di un mese e mezzo fa. 
Iniziai a sudare freddo. 
Portai entrambe le mani sul ventre e mi sedetti sul divano.

POV JUSTIN
Rincasai circa due ore dopo. 
Appena entrai, vidi Margaret distesa sul divano intenta a dormire. 
La raggiunsi e mi sdraiai accanto a lei. Amavo guardarla dormire, era così pura e tremendamente bella che ogni volta l'avrei riempita di baci fino a seccarmi le labbra.
Le lasciai un bacio sul nasino e uno sulla fronte. 
"Amore, sei tu?" chiese ad occhi chiusi facendomi sorridere. 
"No, sono Marc" dissi, facendola sobbalzare di scatto. 
Appena si rese conto dello scherzo sorrise. 
"Quanto sei scemo!" esclamò dandomi una leggera spinta. 
Mi misi a ridere e mi infilai sotto il panno insieme a lei, iniziando a tempestarla di baci dolci sul viso e sul collo. 
La sentii ricambiare con entusiasmo, finchè, di punto in bianco, si alzò e andò in camera.
"Amore, io devo uscire un attimo. Ehm, vado.. vado a comprare un block notes perchè quello che stavo usando è finito" disse. 
Annuii. "Va bene, ti accompagno" risposi. 
"No! Cioè, vorrei tanto, ma mi devo vedere anche con una compagna di università. Mi ero scordata di dirtelo" spiegò dandomi un bacio appena fu pronta. "Torno presto" 
In men che non si dica, più veloce di un fulmine, era già uscita dalla porta d'ingresso.

_____

Al volante della mia Ford, mille e più pensieri mi offuscavano la mente. 
Per prima cosa era molto probabile che fossi incinta, e per avere conferma, mi stavo dirigendo per l'appunto alla farmacia più vicina a comprare un test di gravidanza. Ciò che però mi preoccupava di più, era la reazione di Justin nel caso in cui avessi dovuto dirglielo.
Di sicuro si incazzerà, non è pronto. E nemmeno io, cazzo.
A quel pensiero, una lacrima mi rigò la guancia.

Parcheggiai davanti alla vetrina con l'insegna verde a forma di croce e scesi dall'auto tirando su con il naso. 
Mi asciugai velocemente gli occhi ed entrai. 
Siccome non vi era nessuno, mi feci avanti verso il bancone. 
Un signore dal camice bianco mi sorrise in modo cordiale e mi domandò di cosa avessi bisogno. 
"Vorrei un test di gravidanza" mormorai. "Anzi, me ne dia tre" 
L' uomo mi guardò e, accennando un sorriso, me li porse. 
"A rivederci, e buona fortuna" mi disse, prima di servire la cliente appena entrata. 
Si, grazie. Ne ho davvero bisogno di fortuna.

Tornata a casa, lasciai la borsina in macchina ed entrai. Non volevo che Justin scoprisse cosa ero andata a fare. 
"Sei già tornata?" chiese vedendomi comparire.
"Si, ho trovato chiuso e la mia amica ha avuto un contrattempo" dissi mentendo e facendo un sorriso forzato. 
"Mi spiace. Comunque ho preparato una cenetta per noi, spero ti piaccia" 
Mi prese per mano e mi portò in cucina. 
Rimasi strabigliata per come aveva preparato la tavola. Aveva messo i piatti e le posate più belle, due calici da champagne e una candela al centro. 
"Amore.. Che dolce che sei!" esclamai saltandogli al collo. 
Mi tolse il cappotto sorridendomi e mi fece sedere di fronte a lui. 
Cenammo chiacchierando del più e del meno, ma non riuscii del tutto a distrarmi da quel piccolo segreto che, forse, stavo nascondendo.

______

Una volta a letto, aspettai che Justin si addormentasse per uscire e andare a recuperare i test di gravidanza. 
Entrai in bagno e aprii la prima confezione.
Seguii le istruzioni ed attesi per poi leggere il risultato. 
Dovetti sedermi per non svenire nuovamente come quel pomeriggio. 
"No.." 
Le lacrime iniziarono a scendere come cascate, non saprei dire se per l'emozione o per la paura. 
In un batti baleno mi immaginai una vita insieme a Justin e ad un bambino che correva per casa sgambettando. 
Mi asciugai le lacrime e un sorriso comparve sul mio viso. 
Decisi di provare a fare anche gli altri, rimanendo così sveglia tutta la notte.

Positivi. Tutti e due.

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Capitolo 25
*** Cap. 25 ***


Devo dirglielo. O oggi, o mai più. È già passato un mese, non posso aspettare oltre o se ne accorgerà da solo.
Guardai la mia immagine riflessa nello specchio del bagno, cercando di trovare il modo di dire a Justin, e successivamente ai miei, cosa era successo. 
Feci un respiro profondo. 
"Amore..."No, amore no, meglio Justin. 
"Justin, sono incinta". No, così gli viene un infarto. 
Uffa, accidenti. 
Stavo per scoppiare in un pianto a dirotto, ma non potevo permettermelo, non oggi. 
Mi guardai dritta negli occhi e mi dissi che ce l'avrei fatta. Glielo avrei detto senza tanti giri di parole, nella speranza che la prendesse bene.
Mi rinfrescai il viso con il cuore in subbuglio. 
Calmati Margaret cazzo, altrimenti sarà tutto un disastro. 
"Tesoro, sei pronta?" 
La voce di mia madre al di là della porta mi fece sussultare. 
Contai fino a tre prima di risponderle. 
"Si, arrivo" dissi con un tono di voce simile a un bisbiglio. 
"Sbrigati, non vorrai fare tardi il giorno della tua laurea!"

Laurea. 
Tanto bramata e ora tanto spaventevole. 
Coraggio Meg, ora vai dai tuoi genitori e dal tuo ragazzo e tutto andrà bene. 
Sorridendo, uscii dal bagno. 
Mi stavano tutti aspettando in salotto, seduti sul divano. 
Justin, seduto vicino a mio padre, sembrava un damerino. 
Aveva un bellissimo completo blu scuro con sotto una camicia bianca. Dio mio, gli sarei saltata addosso se fossimo stati soli. 
Concentrati dannazione. 
"Sono pronta!" dissi sforzandomi di non sembrare ansiosa e agitata. 
Il biondo fu il primo ad alzarsi e a venire verso di me. I miei occhi si riflessero nei suoi e per un attimo mi sentii davvero felice. 
"In bocca al lupo piccola" sussurrò al mio orecchio prima di lasciarmi un tenero bacio sulle labbra. 
"Crepi" risposi, per poi afferrare la borsa e le stampelle di Justin da caricare in macchina.

JUSTIN POV
Era bellissima, come sempre del resto, ma mi sembrava particolarmente agitata. Troppo per lei. 
Ovvio, il giorno della laurea chiunque è agitato, ma la Margaret che conoscevo era forte, decisa, volenterosa; qualità che invece quel giorno in lei non trasparivano affatto.
Aveva lo sguardo perso e il sudore le imperlava la fronte più del dovuto.
"Amore, ti senti bene?" azzardai a chiedere mentre eravamo in macchina da soli. 
"Mm, mm" rispose annuendo senza mai staccare lo sguardo dalla strada. 
Era pallida, sembrava stanca, ma non volevo infierire ulteriormente. Non volevo che si agitasse ancora di più.

Arrivati davanti all'università, mi guardai in giro. Era davvero una struttura enorme. 
"Ma non vi perdete qua dentro?" domandai, provocandole una leggera risata. 
Sentendola ridere mi sentii molto più tranquillo. 
La sala discussioni era grande all'incirca quanto una palestra. Alcuni studenti avevano già preso posto con le loro famiglie sulle sedie messe a disposizione. 
Siccome non vi erano cinque sedie vicine, io e Margaret ci sedemmo vicini mentre i suoi genitori e la nonna si sparpagliarono per la sala. 
Mentre il rettore dell'università parlava, le afferrai la mano. Era fredda, gelata, e tutta sudata. La guardai in faccia e le accarezzai una guancia. 
"Meg, guardami. Devi stare tranquilla, andrà tutto bene, okay? Fidati di me" 
Lei annuì facendo un respiro profondo.

______

Era passata ormai mezz'ora. Tra poco, appena la ragazza che stava parlando in quel momento lavesse finito, sarebbe toccato a me. 
Non vedevo l'ora di discutere la mia tesi e dire a Justin che ero incinta. 
Volevo, e dovevo, togliermi questi due pesi enormi che mi stavano affliggendo. 
"Price Margaret" 
La voce del rettore mi destò dai miei pensieri. 
"Coraggio amore". La voce di Justin mi rilassò quel poco per trovare la forza di alzarmi e andare sul palco, davanti a tutti.

Ingoiai la saliva, inesistente in quanto avevo la bocca completamente disidratata, e iniziai a parlare. 
"Salve a tutti, mi chiamo Margaret Price e oggi discuterò la mia tesi di laurea riguardante il tirocinio che ho svolto nei mesi da settembre a gennaio" iniziai. 
Mi sorpresi di come riuscii a parlare senza problemi e in modo molto sciolto. 
Ogni tanto, mentre discutevo, il mio sguardo si posava su Justin, il quale mi sorrideva compiaciuto. 
"È stata molto dura all'inizio perchè colui che dovevo assistere era un ragazzo della mia età, costretto alla sedia a rotelle. Appena l'ho visto mi si è stretto il cuore. Sarei scoppiata a piangere all'istante, ma mi sono trattenuta per non metterlo in imbarazzo e per rispetto nei suoi confronti. Confesso però che una volta sola, ho riempito la camera di fazzoletti"
Tra i presenti si sollevò un coro di risa. 
"Credevo di non farcela, pensavo che davanti ai suoi occhi sarei crollata.. invece, stare con lui mi ha fatto solo bene, mi ha fatto capire che questo è il lavoro che voglio fare davvero, che non bisogna mai porsi dei limiti, mai dire 'non ce la faccio', mai arrendersi" dissi guardando Justin, il quale si stava asciugando le lacrime con l'orlo della manica. 
"Questo tirocinio è stata un'esperienza educativa, un'esperienza di vita. Mi ha fatto superare paure ed incertezze, permettendomi di conoscere un ragazzo buono, gentile, coraggioso e che amo più della mia stessa vita" escalami con voce tremante per l'emozione. 
L'intero pubblico iniziò ad applaudirmi, mentre le lacrime cominciarono a rigarmi le guance. Non le asciugai, ma andai avanti. 
"E come ultima cosa, ma non meno importante, lasciatemi dire che questo ragazzo, a cui i dottori avevano detto che non sarebbe mai più riuscito a camminare, è qui in mezzo a voi e sarei molto grata se adesso mi raggiungesse". 
Detto ciò, Justin si alzò in piedi, attirando tutta l'attenzione su di lui. Prese le stampelle e piano piano mi raggiunse. Lo aiutai a salire sul palco e lo abbracciai così forte da togliergli quasi il respiro. 
Applausi e fischi riusuonarono intorno a noi, ma non ci feci caso. 
Le sue braccia mi circondavano ed io non avevo bisogno di altro.

_____

Una volta tornati a casa, nel bel mezzo della festa, presi Justin da parte e lo portai in camera. 
"Justin ti devo parlare" dissi sorridendo appena. Ero felice, almeno per ora, e speravo che lo fosse stato anche lui. 
"Cosa succede?" chiese lui sedendosi sul letto e guardandomi con un'espressione eterea.
Mi sedetti accanto a lui e presi la sua mano sinistra tra le mie. 
Deglutii.
"Justin, io.. Non so come dirtelo, penso che non servano tanti giri di parole, quindi andrò dritta al sodo. So che non siamo pronti, che siamo giovani e ancora mi chiedo come sia succeso ma.. aspettiamo un bambino" sussurrai fissando i suoi occhi color miele. 
"Sono incinta" 

 

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Capitolo 26
*** Cap. 26 ***


Cinque mesi dopo...

Seduta sul letto appoggiata allo schienale, Margaret era intenta a leggere una rivista di immobili. 
Avevamo deciso di cambiare casa e, siccome a breve la famiglia si sarebbe allargata, necessitavamo di più spazio.
La dimora di Meg era molto carina e accogliente arredata col suo stile vintage, ma aveva una sola stanza da letto, un solo bagno ed era troppo piccola per tre persone. 
"Hai trovato qualcosa di bello amore?" domandai entrando nella stanza e avvicinandomi a lei. 
"Sì, due o tre casette vicino al parco. Certo che se tu collaborassi faremmo prima" disse sbuffando in tono brontolone, cosa che ultimamente succedeva spesso. 
Sospirai rassegnato senza risponderle. Le avevo già spiegato mille volte che, siccome avevo trovato un lavoro, non avevo molto tempo per cercare con lei la nuova casa; in più ero io che ora andava a fare la spesa, a comprarle i cioccolatini per toglierle le voglie e tutti i giri possibili immaginabili. 
"Si bravo Justin, non rispondere. Col silenzio non si risolvono i problemi lo sai?" disse rimproverndo il mio comportamento. 
Problemi? 
"E sentiamo, che problemi avremmo noi?" domandai guardandola torvo. 
"Lo sai benissimo" rispose fredda. 
Stava per venirmi un attacco di 'incazzatura pesante'. 
Ero un ragazzo davvero poco paziente, soprattutto se sapevo di non essere io quello in torto. 
Inspirai ed espirai per calmarmi, per poi sedermi vicino a lei. 
"Amore, ascolta, io sto facendo il possibile per te, per accontentarti, ma col lavoro il tempo che ho a disposizione è poco, lo sai. Quindi sai cosa ti dico?". Le sorrisi, facendole alzare il viso dalla pagina che era intenta a leggere. 
Mi guardò coi suoi occhioni da gatta e, incurvando le labbra, mi chiese "cosa?"
"Che questo sabato e questa domenica andremo a vedere le case che hai trovato. Ti piace l'idea?"

MARGARET POV
Lo abbracciai d'istinto e gli lasciai un leggero bacio su quelle labbra che ormai erano diventate la mia droga.
"Grazie amore" sussurrai senza staccarmi da esse. 
Ero consapevole di come stessi trattando Justin ultimamente, ma era più forte di me. Avere il pancione e sentire la bimba scalciare, mi metteva agitazione, nervosismo ma anche felicità e spensieratezza. Dipendeva dai momenti. 
"Scusa se ti tratto male a volte, lo so che tu per me ci sei sempre e che devi lavorare. Mi dispiace, è un periodo così. Dopo il parto tornerò la dolce Meg di sempre" mormorai guardando le sue iridi color miele. 
Mi accarezzò il viso come a dirmi di non preoccuparmi e, dopo avermi baciato la fronte, lasciò la stanza.

_____

"Deve essere questa. Si guarda, ecco il venditore" esclamai tutta esaltata. 
La villetta che avevamo di fronte era a due piani, con finestre dalle finiture color legno e la porta d'ingresso del medesimo colore. Le pareti esterne invece erano color pesca, proprio come rappresentata sulla rivista. 
Speriamo che dentro ci soddisfi.
"Salve, i signori Bieber?" chiese l'uomo in giacca e cravatta. 
Annuimmo entrambi e il signore ci disse di seguirlo. 
Appena fummo entrati, un profumo di arancia e cannella mi pervase le narici. Mi guardai intorno incuriosita e l'arredamento che mi si parava dinnanzi era meraviglioso. 
"Amore è stupenda" dissi prendendo il biondo per mano. Lo guardai cercando un segno di approvazione sul suo volto. 
"Mm, si dentro non è male ma amore non ha il giardino" 
Che sbadata. Ha ragione. Non possiamo di certo tenere nostra figlia sempre in casa. 
Il mio iniziale buon umore finì sotto le suole delle scarpe. 
"Hai ragione, non va bene"

Salutammo e ringraziammo il venditore, per poi tornare alla macchina. 
Dopo essermi allacciata la cintura, mi venne in mente una cosa a cui non avevo mai pensato prima. 
Justin ora era in grado di camminare abbastanza bene, si tirava solamente un po' dietro un piede, ma nulla di grave. 
Era giunto il momento che prendesse la patente. 
"Amore, stavo pensando una cosa" dissi avviando il motore. 
Il ragazzo mi guardò con aria interrogativa. 
"Non è sicuro per me guidare in queste condizioni, sarebbe meglio che iniziassi il corso alla scuola guida". 
Justin mi sorrise e si avvicinò a me per baciarmi. 
"Certo piccola, ci avevo già pensato. Mi andrò ad informare Lunedì stesso" 
Detto questo, siccome con la prima casa eravamo stati piuttosto rapidi, ci diregemmo verso la seconda che avevo notato.

JUSTIN POV
La seconda villetta mi rapì decisamente in modo maggiore. Era di un bellissimo celeste, i bordi delle finestre erano bianchi come del resto il portone principale. 
Era a due piani con una piccola mansarda, disponeva di un garage con due posti auto e di un ampio cortile sul retro.
L'interno era arredato in stile moderno, tutto sui toni del panna e del grigio. 
"Amore mi piace!" strillò Meg entusiasta. 
Strano, ti piacciono tutte. 
"Sì, questa mi sembra meglio dell'altra effettivamente" risposi continuando a guardarmi intorno.
"Quanto costa?" domandai alla donna che ci aveva accompagnati nella visita. 
"Se la comprate già arredata sono 360.000 dollari, se invece la prendete vuota sono 295.000" spiegò. 
Guardai Margaret in cerca di un parere. 
"Justin i miei possono pagarcela, lo sai. Non pensare ai soldi" 
Si certo, la fai facile, come se costasse due soldi. 
"È meglio se ne parliamo prima con i tuoi. Mi piace molto ma ho paura che sia troppo cara" 
Sul suo volto comparve la solita espressione. Della serie: che due palle non ti va mai bene niente. 
Ci risiamo.

Tornati alla macchina, iniziò la sfuriata. 
"Se ti ho detto che i soldi non sono un problema.. Justin tra due mesi partorisco okay? Quando nascerà nostra figlia voglio già essere in una casa nuova, chiaro?" disse agitando le mani così velocemente da concentrarmi su di loro anzichè su di lei. 
"Mi hai sentito?" urlò. 
"Sì cazzo! Smettila di essere così nervosa e prepotente. Siamo in due in questa storia va bene? Non puoi decidere tutto tu solo perchè sei incinta! Merda!" sbottai tutto d'un fiato lasciandola di sasso.
La vidi deglutire e afferrare il volante per poi partire. 
"Siamo in due sì, ma sei stato tu ad avermi messo incinta" sussurrò e a quel punto non ci vidi più. 
"Ah, ora è colpa mia?" esclamai picchiando il pugno contro il cruscotto. "Margaret guarda, finiamola qua perchè se no perdo le staffe, e non è il caso"

Stavamo per diventare genitori e l'unica cosa che eravamo in grado di fare, invece di riempirci di coccole e parole dolci, era litigare. 
E questo perchè non eravamo pronti. Non ancora.

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Capitolo 27
*** Cap. 27 ***


Un mese dopo...

La mattinata era iniziata nel peggiore dei modi. Avevo una nausea pazzesca e avevo spedito Justin in farmacia a prendermi qualcosa che mi facesse placare ogni sintomo. 
Stesa sul divano con un panno caldo, cercavo di proteggermi dalla fredda temperatura di Febbraio.
Ancora un mese e tutto sarebbe finito. Niente più nausea, niente più voglia di cibo a dismisura, niente più attacchi isterici. 
"Dai piccolina, resisti ancora un pochino" sussurrai accarezzandomi il pancione. 
In quel momento il display del mio cellulare si illuminò, iniziando subito dopo a vibrare. 
"Ciao mamma!" esclamai rispondendo. 
"Come stai tesoro?" domandò la voce dall'altro capo del telefono. 
Mi portai una mano alla bocca. Maledetta nausea. 
"Non benissimo. Ho la nausea da quando mi sono svegliata" risposi con la bocca impastata. 
"Se hai bisogno di qualcosa chiama, arriviamo da te il prima possibile" disse cercando di farmi stare tranquilla. 
Sì certo, se stessi per morire ci mettereste più di due ore ad arrivare qui da Boston. 
La conversazione terminò poco dopo, proprio quando la porta di casa si spalancò, lasciandomi intravedere i capelli dorati del mio uomo.
"Amore, sei arrivato. Trovato qualcosa?" dissi facendogli spazio sul divano. 
Lui annuì mostrandomi gli acquisti. 
"La farmacista mi ha detto che questi due sono i migliori. Come ti senti?" chiese avvolgendomi le spalle con un braccio. 
Appoggiai la testa al suo petto e lo guardai con gli occhi languidi.
"Non ce la faccio più. Sto da merda" borbottai, finendo poi in un pianto a progressione.

JUSTIN POV
Vederla soffrire e piangere mi dispiaceva tantissimo e non sapere cosa fare per aiutarla mi faceva sentire inutile. 
L'unica cosa che potevo fare era coccolarla e consolarla. 
"Amore non piangere, tra un mese finirà tutto. Saremo in tre in questa bellissima casa nuova, ed io non vedo l'ora" sussurrai sulle sue labbra mentre con il dorso della mano le accarezzavo la guancia rosea e paffuta. 
Finalmente smise di piangere e mi sorrise come solo lei sapeva fare. 
"Non vedo l'ora di conoscerla" bisbigliò afferrandomi le mani e poggiandole sulla sua pancia. 
Accarezzai quel ventre enorme contenente la nostra piccola vita e la guardai negli occhi. 
Mi morsi il labbro nel vederla così bella, in carne. 
"Amore, perchè mi guardi così? Non avrai mica intenzione di..." 
Lasciò la frase in sospeso, lasciandomi immaginare la fine. 
"Beh, se proprio devo dirti la verità, questa camicetta over size ti dona molto" sussurrai con la voce più sensuale possibile accarezzandole delicatamente un seno. 
Senza aggiungere altro, mi afferrò il collo della maglietta e mi tirò sopra di lei iniziando a baciarmi con una foga a dir poco fuori dal normale.

______

Avevo voglia anche io, c'era poco da fare. 
In nove mesi avevamo fatto l'amore sì e no dieci volte, per non parlare del pancione che impediva i movimenti. 
Justin incominciò a sbottonarmi la camicia mentre io gli sollevai la maglietta, lasciandola cadere per terra. 
"Quanto mi mancava il tuo corpo, non te lo immagini nemmeno" sussurrai al suo orecchio accarezzandogli i pettorali.

Eravamo quasi sul punto di rimanere nudi entrambi, quando un dolore lancinante al ventre mi assalì. 
Urlai per il male, spaventando a morte il biondo. 
"Che hai? Che succede?" chiese alzandosi, e nello stesso momento iniziai a sentirmi bagnata, troppo. 
"Cazzo! Mi si sono rotte le acque Justin!" urlai disperata. 
Lo vidi sbiancare e rimanere immobile di fronte a me. 
"Muoviti merda, chiama un taxi!" sbraitai rimanendo immobile sul divano. "Anzi no, chiama l'ambulanza!" 
Lo vidi correre in salotto e tornare con il cordless in mano. 
Parlava a raffica e dovette ripetere le cose due volte a causa dell'agitazione. 
Io intanto inspiravo ed espiravo lentamente cercando di mantenere la calma. 
"Sono passati solo otto mesi, come è possibile che.." 
"Sarà prematura, che razza di discorso. E prendi una borsa con tutta la roba invece di stare lì impalato". 
Lo stavo trattando da culo, ancora una volta. Era più forte di me, ero agitata, ansiosa e terrorizzata. 
Anche io mi stavo chiedendo come mai mi si erano rotte le acque un mese prima e speravo fortemente che non ci fossero problemi seri.

JUSTIN POV
Quando finalmente l'ambulanza arrivò, gli infermieri caricarono Meg su una barella, mentre io salii accanto a lei tenendole la mano. 
Giunti in ospedale, l'ostetrica ci informò che sarebbe stato necessario fare un cesareo. 
"Nascerà prematura, ma non ci sarà alcun problema. Avrete la vostra bambina in anticipo" disse sorridendoci. 
Sorrisi a Margaret e le lasciai un bacio sulle labbra prima di vederla sparire in sala parto.

Pensai fosse giusto chiamare i suoi genitori per informarli. 
"Oddio! John, nostra figlia sta partorendo" urlò la donna appena le spiegai la situazione.
Allontanai il cellulare dall'orecchio per evitare di rompermi un timpano. 
"Partiamo subito" disse poi, e la salutai riagganciando. 
Mi sedetti quindi in sala d'aspetto e senza sapere cosa fare, attesi fissando il vuoto. 
Dopo circa un'ora e mezza, un infermiere sbucò nel corridoio tenendo in braccio un neonato urlante. 
"Bieber?" 
Il mio cuore perse un battito per poi acquistarne altri cento. Il petto stava per esplodermi per l'emozione. 
Mi alzai deglutendo pur non avendo nemmeno un goccio di saliva. 
L'uomo venne verso di me e mi mise quel fagottino tra le braccia. 
"Congratulazioni, è una bellissima bambina" 
Guardai la piccola avvolta in un asciugamano bianco e sorrisi con le lacrime agli occhi. 
Sei bellissima amore.
Le accarezzai le guanciotte cullandola e piano piano si tranquillizzò, smettendo di piangere. 
"Se vuole può entrare dalla madre, è sveglia".
Annuii ed entrai nella stanza in cui l'avevano portata. 
Appena entrai, Margaret scoppiò a piangere vedondomi con la bambina e si portò le mani al viso.
Mi avvicinai a lei e gliela misi in braccio. 
"È stupenda" sussurrò guardandola. "Proprio come te amore. Ha i tuoi occhi" mormorò alzando il viso verso il mio. 
La baciai dolcemente e mi sedetti accanto a lei. 
"Come vuoi chiamarla?" le chiesi.
Lei la guardò ancora un po' come per coglierne tutti i dettagli del viso.
"Joy.." rispose sorridendo felice. 
"Joy Bieber, mi piace!" dissi per poi abbracciare le mie due bellissime creature.

Da quel momento, capii che la mia vita era cambiata, nel migliore dei modi s'intende, e che senza Margaret probabilmente sarei ancora in quella villa di Rosemund Road, su una sedia a rotelle. 
Come si dice in casi come questi... 
Le devo la vita. 

 

 

 

SPAZIO AUTRICE

Ho una brutta notizia, cioè in realtà dipende: se la storia vi è piaciuta è brutta, altrimenti no. 

La storia si è conclusa. Spero che comunque non ci siate riamasti troppo male per il finale, anche se finisce positivamente. E' stata la mia prima fanfiction su Wattpad quindi è per questo che è un po' così, spoglia e con poche descrizioni e articolazioni. 

Mi auguro che le altre storie che metterò siano di vostro gradimento. 

Un saluto a tutti xD

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