Unsteady. A love that consumes you.

di Fab_7
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Freddo... Nero... Tempestoso... Sono questi gli aggettivi che accomunavano ogni mio sogno ultimamente. Ero sveglia da diverso tempo ormai, girai leggermente la testa verso l'orologio, 6.30. Anche quel giorno risveglio all'alba. La tenda della finestra aperta ondeggiava insieme al vento ed i primi raggi di luce illuminavano la mia piccola stanza, rendendola più spaziosa agli occhi. Scostai le coperte dal letto con tutta la lentezza di cui ero capace e rimasi seduta a fissare il vuoto per qualche secondo. La sera prima non riuscii a sistemare la stanza per quanto ero stanca, ed infatti la sedia della scrivania di fronte al letto era piena di vestiti. La guardai per poi sbadigliare spostando i capelli indietro. Solitamente di prima mattina ero sempre solare e felice di cominciare la giornata, ma non negli ultimi mesi.

Potevo definirmi la classica ragazza acqua e sapone, grintosa, piena di voglia di fare. Non mi consideravo bella, anche se per alcune persone potevo esserlo. Ma non credo che queste persone facessero tanto testo, visto che erano di parte. Comunque decisi di scendere da quel letto e di andare al bagno. Mi guardai allo specchio e non vidi me stessa riflessa, ma un volto bianco, stanco e incavato... Quella non ero io, non dopo quel fatto successo una sera di qualche mese prima. Scossi la testa per cacciare via ogni minimo ricordo e iniziai a sciacquare il viso per darmi una rinfrescata. Dopo qualche minuto di preparazione sembravo quasi presentabile.

La voce di mia madre giunse alle mie orecchie come spilli appuntiti. Dopo aver preso le ultime cose scesi di corsa le scale di legno che portavano dritte all'ingresso e mi precipitai in salotto, dove un bellissimo ragazzo moro mi stava aspettando con un meraviglioso sorriso in volto appoggiato all'arco che collegava il salone con la piccola cucina in muratura, il mio migliore amico.

Mi chiese sorridendo ed iniziando a scaldarsi facendo una corsetta sul posto e guardando l'orologio.

Risposi a mia volta facendomi una coda di cavallo e ricambiai il sorriso. Salutai mia madre ed uscimmo di casa pronti per cominciare la giornata.

Ormai erano anni che io e Bruce ogni mattina facevamo la nostra corsa. Nel nostro paesino non c'era granchè. Era un piccolo agglomerato di case in pietra e niente più, ma vicino casa c'era una piccola stradina ricoperta di terriccio e nascosta tra alcuni alberi altissimi le cui foglie ricadevano leggermente sopra le nostre teste, e cosa importantissima era praticamente sempre deserta quindi perfetta per andare a correre. Ad entrambi piacevano le attività fisiche, di ogni genere. In realtà avevamo davvero tanto in comune, stesse passioni, stessi gusti e quasi stessi lineamenti. A volte venivamo scambiati per fratello e sorella, ed effettivamente tutti i torti non c'erano, eravamo tutti e due castani con gli occhi color ghiaccio ed esattamente con la stessa tipologia di viso. Peccato però che Bruce era almeno trenta centimetri più alto di me e con una ventina di chili di muscoli in più. Per il resto eravamo praticamente uguali.

Chiese Bruce, mentre la nostra corsa era cominciata da almeno una decina di minuti, voltandosi verso di me e correndo all'indietro per guardarmi meglio.

Storsi il naso in segno di disapprovazione, ecco forse l'unica cosa che non piaceva ad entrambi. Bruce era un tipo da feste, da alcool e da uscite in gruppo. Io ero molto più riservata e solitaria. Preferivo starmene a casa a leggere un bel libro, oppure a guardare un bel film piuttosto che stare in mezzo a gente del genere. Non per niente lui era il più popolare della scuola ed io no. Ero semplicemente quella che aveva l'onore di scambiare parola con uno come lui.

Quella mattina faceva particolarmente freddo, la stradina era leggermente bagnata e l'aderenza delle nostre scarpe lasciava un po a desiderare, ma la nostra corsa prosegui senza problemi tra chiacchierate varie e tante risate. Tornai a casa un'oretta dopo, esausta come ogni giorno ma piena di energie per cominciare l'ennesima monotona giornata. Correre al mattino mi ricaricava fortunatamente. Appena entrai a casa la trovai vuota perché sia mia madre che mio padre erano già a lavoro. Andai in cucina e presi dal frigorifero il cartone del succo di frutta bevendone un sorso, lo riposai dentro e mi diressi in camera mia. Una volta entrata mi buttai qualche secondo sul letto per rilassarmi un attimo, sul soffitto c'erano ancora attaccate le stelline adesive che mia madre mi comprò quando avevo più o meno sei anni, ci ero andata in fissa soprattutto perché si illuminavano al buio. A dire il vero era cambiato ben poco della mia stanza negli ultimi 19 anni. Sembrava ancora la camera di una bambina. Il letto era perennemente ricoperto di peluche, anche quando dovevo andare a letto, mi limitavo ad ammucchiarli tutti verso il bordo. Sotto la finestra c'era una piccola scrivania in legno piena di figurine appiccicate ovunque, che usavo principalmente per studiare, infatti era piena di libri, tanto che era persino difficile andare a ritrovare il mio portatile sotto tutta quella roba. Ed infine accanto al mio letto c'era un armadio che conteneva di tutto e di più.

Finito questo piccolo riposo mi alzai dal letto e mi diressi in bagno, feci scorrere l'acqua della doccia mentre mi spogliavo e posai i vestiti sopra il cesto dei panni sporchi. Scostai la tendina azzurra con i fiorellini della doccia e mi diedi una rapida lavata. Una volta finito tornai in camera e tirai fuori dall'armadio le prime cose che mi ritrovai davanti, una camicetta azzurra e dei jeans chiari a sigaretta, preparai la borsa per i miei corsi estivi e mi avviai verso la porta dell'ingresso. Ero sempre andata alla grande a scuola e durante l'estate non volevo perdere il ritmo.

Il mio telefono squillò proprio prima di uscire di casa, era mia madre.

-Pronto mamma? Tutto ok?- Chiesi sorpresa della sua chiamata, di solito quando era in ufficio non chiamava mai.

-Si, va tutto bene. Volevo soltanto chiederti se volevi venire con me e tuo padre ad un pranzo di lavoro che i suoi superiori hanno organizzato. Sicuramente gli farebbe piacere- il tono di mia madre era pieno di aspettative, peccato che gliele avrei infrante di li a poco.

-Mamma non ho intenzione di partecipare ad un pranzo solo per far fare bella figura a mio padre. Sono sicura che gli basti tu, anche perché io non sarei per niente d'aiuto credimi. E poi a pranzo devo vedermi con Natasha.- Dissi praticamente tutto d'un fiato sperando che mia madre capisse. Nel frattempo che eravamo al telefono ero uscita di casa.

-D'accordo tesoro, ci ho provato. Goditi il pranzo e salutami Nat. Ci vediamo dopo.- Purtroppo mi accorsi che mia madre ci rimase male ma non potevo fare altrimenti. Chiusi la chiamata e misi il telefono in borsa.

Non avevo una grandissima stima di mio padre, ed ero certa che neanche lui mi tollerava troppo. Non aveva fatto praticamente nulla nella vita, aveva sempre vissuto sulle spalle di mia madre senza dare un minimo aiuto, perché non riusciva a tenersi nessun tipo di lavoro. Poi un giorno ebbe la fortuna di riuscire a trovarlo nel campo edilizio come capo cantiere, e da allora non si vedeva spesso in giro, si sentiva un uomo in carriera ormai, frequentava solo gente di un certo livello e non aveva di certo tempo per la famiglia. E proprio quel giorno aveva un pranzo importante con i suoi superiori per parlare di un progetto di grande rilievo che sperava di ottenere.

Nel frattempo mi stavo avvicinando alla fermata dell'autobus poco distante da casa.

Il mio era un piccolo paese situato praticamente nel nulla, ci conoscevamo tutti per quanti pochi abitanti eravamo. E per raggiungere qualsiasi punto d'interesse ci serviva l'autobus o per i più fortunati bastava la macchina... Io purtroppo non ero automunita e per ogni cosa dovevo ricorrere al bus, peccato però che c'erano poche corse, quindi se ne perdevi una dovevi aspettare almeno una quarantina di minuti per quella dopo. La scuola era a mezz'ora dal paese, quindi durante il tragitto avevo sempre il tempo di ripassare un po' le lezioni e di volare con la mente. Una delle mie passioni era la scrittura, avevo un mio diario personale da quando avevo più o meno 10 anni e non avevo mai smesso di scrivere. Ogni avvenimento della mia vita, bello o brutto che fosse, era impresso in quelle pagine gialle che custodivo con la massima gelosia nell'unico cassetto chiuso a chiave della mia scrivania. Facevano parte di me ormai e nessuno aveva il permesso di leggerle, neanche Bruce che mi conosceva dall'età di 5 anni. Riflettendoci era davvero tanto tempo, forse lui era l'unica persona che mi conosceva a fondo e che non mi giudicava per com'ero fatta. E credetemi, una persona complicata come me non esisteva. A volte mi chiedevo come aveva fatto Bruce a non mandarmi ancora a quel paese dopo tutti quegli anni.

Trasportata da quei numerosi pensieri non mi ero resa conto che l'autobus stava facendo la sua ultima fermata, proprio di fronte la mia scuola. Presi al volo la mia borsa e scesi dirigendomi a passo svelto verso la prima lezione di quella mattinata, letteratura inglese, il mio corso preferito. La mia scuola si trovava giusto al centro della città ed era completamente circondata da verde, la struttura sorgeva su delle antiche rovine ed esteticamente parlando era bellissima. Comunque, dopo la prima ora, il resto delle lezioni volarono velocemente ed io finalmente potevo prepararmi per il mio pranzo con la mia migliore amica. Il ristorante si chiamava "The Inn" ed era un piccolo ma grazioso locale tutto completamente in legno ed arredato in stile anni '80.

Io e Natasha ci conoscevamo da 5 anni più o meno ed era l'unica persona, che dopo Bruce, aveva questo privilegio di far parte della mia vita. Come avevo detto prima ero un tipo piuttosto solitario e solo loro due riuscivano ad entrarmi dentro come nessun altro sapeva fare, erano come fratelli per me. Però dovevo ammettere che un po' la invidiavo Natasha, era sempre circondata da ragazzi e ragazze. Adorata da tutti quanti. Dopo tutto come biasimarli, aveva un corpo da urlo, lunghi capelli biondi e degli occhi di un verde smeraldo da fare invidia a chiunque. Era sempre solare e sicura di se, praticamente era la ragazza perfetta.

Vidi sventolare una mano smaltata di rosso nella mia direzione, e quando posai lo sguardo su di lei mi stava sorridendo con quei suoi denti bianchissimi. A volte pensavo che fosse davvero troppo bella per essere vera.

Dissi con un po' di fiatone dato che il tragitto scuola-ristorante me l'ero fatto di corsa. Non era molto distante, ma a piedi ci volevano comunque almeno venti minuti per arrivare.

Sorrise sedendosi di fronte a me e scostandosi dal viso una ciocca di capelli biondi. < Allora cosa si dice nel grande paese?> Chiese Nat ironicamente mentre dava un'occhiata al menu. Lei a differenza di Bruce ed io non abitava in paese con noi, ma li in città e l'avevo sempre considerata molto fortunata per questo. Almeno faceva parte della civiltà, non come noi che praticamente eravamo dimenticati da dio per quanto fosse anonimo il nostro paese.

Chiusi il menu e sorseggiai un po' d'acqua.

Come gia detto il mio era un piccolo paese dove davvero tutti conoscevano tutti senza nessun problema. Quindi quella mattina quando vidi le luci della casa accese mi venne un pizzico d'ansia e di curiosità, visto che erano praticamente 19 anni che quella casa era disabitata.

Nat mi fece tornare sulla terra e scacciai ogni pensiero.

Il tono della mia voce era diventato leggermente ostile, ma davvero non riuscivo a trattenermi dal dire qualche cosa su di lui. Era più forte di me, sapevo che era sbagliato, dopotutto era sempre mio padre.

Fece lei alzando leggermente le spalle e fermando un cameriere con un dito. Era sempre molto spontanea Nat, qualsiasi cosa le passasse per la testa la diceva. Giusta o sbagliata.

Sbuffai ordinando una fettina di carne. Forse dovevo darmi una calmata, tutta quella rabbia non mi faceva bene.

Le si illuminarono gli occhi. Era tutta contenta nel darmi quella notizia che a me sembrava un po' strana.

Addentai un pezzo di carne che nel frattempo era arrivata.

Mi sorrise piena di fiducia ed io le ricambiai il sorriso con uno sguardo colmo di scetticismo.

Dissi decisa. Sul serio, trovavo la cosa davvero allucinante. Ma ultimamente non mi sorprendeva più niente. Speravo solo che il discorso finisse lì.

Dopo pranzo decidemmo di andarci a fare un giro in un piccolo parchetto situato giusto fuori città. Ci andavo spesso lì quando avevo voglia di stare un po sola, o semplicemente per pensare. Non era mai un posto affollato, anzi ero convinta che la gente evitasse di andare li proprio per quanto fosse deserto. C'era giusto qualche panchina qua e la per sedersi, per il resto c'era solamente la natura. Verso la sera diventava parecchio fitto e sembrava che si facesse notte prima quando si stava li dentro.

Disse Nat guardandosi intorno. Infilò le mani in tasca e si strinse nelle spalle.

Ed era vero. Ogni volta che avevo un problema quello era il mio posto sicuro, che solo Bruce e Nat conoscevano.

Nat era una corda di violino ogni volta che veniva li. Saltava ad ogni minimo rumore intorno a lei ed era sempre in allerta, pronta per scappare all'evenienza. Mi rivolse un sorriso forzato.

Tirai fuori dalla borsa la mia scatola di pillole e ne presi una bevendo un sorso d'acqua dalla bottiglietta che mi portavo sempre dietro.

Dopo un'oretta Natasha arrivò al suo limite di sopportazione verso quel piccolo parco e tornò a casa. Io decisi di rimanere li ancora un po' per godermi quel silenzio assordante che mi circondava. Tirai fuori il telefono e trovai due messaggi, uno di mia madre:

-Tesoro, il pranzo è andato benissimo e papà ha ottenuto quel progetto. Stasera si festeggia e non voglio sentire scuse. Ci vediamo a casa. TI voglio bene, mamma.

Mi era bastato leggere quel messaggio per farmi salire la nausea. Subito dopo visualizzai il secondo che per mia gioia era di Bruce:

-FESTA IN SPIAGGIA. Stasera ti voglio assolutamente con me. Ti prometto che ci divertiremo e che non berrò come mio solito. Passo da te alle 20.00.

Da una parte ero sollevata nel leggere il messaggio di Bruce perché avevo una scusa per non festeggiare quello stupido progetto che mio padre aveva ottenuto. Ma allo stesso tempo non ero per niente entusiasta di andare alla festa in spiaggia. D'altronde però cos'era meglio? Una cena dalla quale ne sarei uscita estremamente esaurita o una banale festa? Optai senza ombra di dubbio per la seconda opzione. Diedi il mio ok a Bruce ed infilai il telefono in tasca, presi un bel respiro e decisi di alzarmi da quella panchina dove mi ero seduta con Nat per dirigermi verso la fermata dell'autobus che era poco distante da li. Non mi ero accorta che erano quasi le sei e sarei dovuta essere pronta per le otto, quindi presi una stradina che portava dritta sulla strada principale del centro città per fare prima, certo non era proprio il massimo dato che si stava facendo buio e non c'era neanche un lampione. Forse Natasha aveva ragione ad avere l'ansia per quel posto, quindi mi misi gli auricolari e feci partire la musica del mio Ipod, la prima canzone della playlist era Unsteady degli XAmbassadors, una delle mie canzoni preferite in assoluto. Misi le mani in tasca e pensierosa accelerai il passo. Mi stavo facendo condizionare troppo dalla mia migliore amica. Qualche metro dopo, vicina ormai alla fine di quella stradina deserta, fui costretta a fermarmi di colpo dato che un faro di una moto puntava dritto ai miei occhi. Scostai la testa di lato con gli occhi chiusi e mi scansai dalla sua traiettoria togliendomi gli auricolari. Ecco, mi ritornò subito in mente il discorso degli stupratori e dei serial killer di Nat. Quel tipo spense la sua moto e scese con una classe non indifferente, era vestito completamente di nero e si avviava con passo lento verso di me. Il mio corpo non riusciva a muovere un muscolo per quanto ero tesa, quindi mi limitai ad osservarlo mentre si avvicinava sempre di più a me, finche non me lo ritrovai proprio a pochi passi. Si tolse il casco lasciando ricadere i capelli biondi e per mia grande sorpresa il mio cuore perse un battito per quanto era bello. Avevo sempre creduto che non avrei mai trovato un ragazzo più bello di Bruce.... Fino a quel momento. I suoi occhi azzurri erano fissi sui miei e nessuno dei due sembrava intenzionato ad aprire bocca fino a quando posò il casco per terra ed incrociò le braccia al petto. Sarà stato alto almeno un metro e novanta, quindi se avesse voluto farmi del male non mi sarei potuta certo difendere da un colosso del genere. Nat mi stava contagiando senza ombra di dubbio, ma più che altro il ricordo di quella lontana serata era ancora vivo nei miei pensieri e nonostante questo mi ostinavo ancora a girare in posti così isolati da sola.

Sobbalzai al suono della sua voce, ero talmente avvolta nei miei pensieri che non mi ero neanche resa conto che mi stava parlando.

La sua voce calda ed i suoi occhi così penetranti mi stavano destabilizzando quasi del tutto. Non riuscivo a tirar fuori la mia voce, ero troppo presa a fissarlo e mi rendevo conto che sembravo io la psicopatica.

Stavo balbettando come una ragazzina mentre il suo sguardo era ancora fisso su di me, ma in quel momento un angolo della sua bocca si alzò in un sorrisetto quasi strafottente. Quindi tutta la mia agitazione scomparve in un secondo. Più che minacciosa sembravo una bambina arrabbiata, quindi logicamente lui si fece una bella risata. E che risata aggiungerei, da pelle d'oca. Aveva i denti persino più bianchi di quelli di Nat.

Il suo sorriso si allargò ancora di più, ed io avevo le gambe che tremavano, ma non per la paura. Era talmente bello da togliere il fiato, ma allo stesso tempo era così presuntuoso da farmi venire i nervi.

Cercai di tirar fuori il mio sguardo più cattivo, ma non ci riuscii più di tanto. Dovevo andarmene il prima possibile da li, non avrei retto un secondo di più il suo sorriso e poi si stava facendo sempre più buio.

Disse con un finto tono ferito mentre riprese in mano il suo casco. Mi lanciò un sorriso mentre si infilava il suo casco. Prese in mano di nuovo la sua moto e Sali in sella. La moto emise un rombo assordante e dopo qualche secondo sparì nel buio.

Erano passati dieci minuti ma ancora non riuscivo a muovermi da li, pensavo a quel rapido incontro con quel ragazzo misterioso. A quanto era bello e a quanto era strafottente. Ma rimaneva comunque bellissimo. Scossi la testa e ricominciai il mio cammino verso la fermata dell'autobus, per il momento meno ci avrei pensato e meglio era, il mio orologio segnava le 18.40. Maledizione. Era tardissimo, e forse avrei dovuto accettare il suo passaggio. Ma che stavo dicendo, era un perfetto sconosciuto. Però non riuscivo proprio a togliermelo dalla testa.

Arrivata a casa mi precipitai in camera, feci una doccia lampo, mi misi un vestitino floreale che arrivava poco sopra il ginocchio, infilai le mie inseparabili vans grigie e asciugai i miei lunghi capelli castani. Una volta soddisfatta del mio aspetto decente presi la borsa e mi fiondai giù dalle scale oltrepassando mia madre che stava uscendo dalla cucina.

Disse mia madre piena di gioia. Io mi bloccai, cavolo. Mi ero dimenticata di avvertirla che sarei andata alla festa con Bruce, stavo per aprire bocca quando qualcuno suonò al campanello. Ovviamente era il mio migliore amico.

Mi sorrise e mi venne incontro per posarmi un bacio sulla guancia non appena andai ad aprire la porta. Bruce era sempre stato un gentiluomo, e mia madre lo adorava in tutto e per tutto. Però in quel momento gli rivolse uno sguardo confuso e poi guardò me. Le avevo spezzato nuovamente il cuore. Sapevo quanto lei ci tenesse al rapporto tra me e mio padre. Ma purtroppo io ero quasi arrivata al limite.

Disse con voce tagliente lanciandomi uno sguardo durissimo. Ormai la sua voce era passata dall'essere dolce, all'essere nervosa, al diventare completamente furiosa. Io guardai immediatamente Bruce per avere un supporto morale, ma già sapevo che non si sarebbe mai permesso di mancare di rispetto a mia madre e ne ero felice... in parte.

No avevo molto da dire in mia difesa purtroppo, ma speravo che il mio sguardo supplichevole potesse suscitare in lei un minimo di comprensione.

Quelle parole furono come un getto d'acqua gelida. Ma si era resa conto di quello che aveva detto? Diedi un'altra occhiata a Bruce e notai che anche lui era teso. Cercai di prendere un bel respiro profondo prima di dire qualcosa di cui mi sarei sicuramente pentita.

Non mi resi conto che il tono della mia voce era estremamente più alto del solito. Feci appena in tempo a finire la frase che la mano di mia madre risuonò violentemente sul mio viso facendomi fare un leggero passo indietro. Mi coprii la guancia con la mano e guardai mia madre esterrefatta. Negli ultimi anni ci capitava spesso di discutere a causa di mio padre, ma non aveva mai alzato un dito su di me. Bruce raggelò a quella scena, e mia madre si rese conto di aver esagerato troppo tardi. Fece un passo verso di me con uno sguardo mortificato. Ma io presi il braccio del mio migliore amico e lo trascinai fuori casa senza guardarmi indietro. Io e mia madre ci adoravamo, ma non sarei passata sopra quell'episodio tanto facilmente.

(Ciao a tutti, questo è il primo capitolo di una lunga e bellissima storia, o almeno spero sia così! Non vedo l'ora di leggere i vostri commenti ed accettare ogni critica, positiva o negativa. Nei prossimi capitoli non scriverò più l'angolo dello scrittore. Grazie a chiunque leggerà la mia storia. Un bacio.)

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Capitolo 2
*** 2. ***


La serata non iniziò nel migliore dei modi, visto che per l'ennesima volta litigai con mia madre, ma addirittura che finisse così... Purtroppo ultimamente non ero molto brava nel ruolo di figlia. La cosa che mi faceva più rabbia era che la colpa di tutto questo era solo di mio padre. Io e mia madre avevamo sempre avuto un rapporto meraviglioso, lei era la mia complice per ogni cosa, l'astio nei confronti di mio padre non ci aveva mai ostacolato. Ma nell'ultimo anno ne erano successe di cose e purtroppo sentivo che quel legame si stava spezzando, lei cercava in ogni modo di tapparmi le ali non per egoismo, ma per paura. Dopotutto quella notte di quattro mesi prima aveva sconvolto la vita della mia famiglia, mio padre sembrava aver già dimenticato, mia madre faceva finta, io ce l'avevo impresso nella mente.

Sobbalzai ricordandomi di essere in macchina con Bruce, mi capitava spesso ultimamente di distrarmi e quindi di non ascoltare quello che la gente mi diceva.

Mi rivolse uno dei suoi sorrisi più belli cercando sicuramente di mettermi di buon umore. Mi diede un buffetto sul braccio mentre era alla guida della sua audi ed io gli risposi con un sorriso appena accennato cercando di sembrare serena nonostante tutto. Ecco una delle cose che adoravo di Bruce, nel bene o nel male lui era sempre al mio fianco, e sapeva benissimo come farmi tornare il sorriso. Non per niente era la persona più importante della mia vita.. Ed era anche il mio autista quando necessario, si perché lui era uno dei pochi fortunati a potersi permettere una bella macchina e mi aveva dato il permesso di approfittarne quando ne avevo bisogno. Ma non lo facevo sempre, mi faceva sentire in colpa dover dipendere sempre da lui per un passaggio..

Erano ormai quasi le nove e noi ci stavamo avvicinando sempre di più alla spiaggia. La strada per arrivarci era proprio nel centro città, passammo accanto alla scuola e poco dopo al ristorante dove ero stata con Nat. Io ero piena d'ansia, era la prima volta che andavo ad una festa in vita mia. Di solito preferivo starmene a casa a leggere un bel libro sotto le coperte bevendo una buona tisana, oppure passare le ore al telefono con Nat a sparlare di tutta quella gente che in quel momento era proprio li in spiaggia ad aspettarci. Ero uscita solo per evitarmi quella stupida cena organizzata da mio padre, e quasi quasi me ne stavo pentendo dato com'era andata la discussione con mia madre.

La piccola spiaggia spuntò proprio davanti ai nostri occhi, era sempre pulitissima, la sabbia era di un colore beige chiaro e nel punto di contatto con il mare c'erano sassi di ogni tipo e colore. I tre piccoli stabilimenti erano pieni di gente ad ogni ora del giorno e della notte. Non era grandissima nonostante costeggiasse gran parte della città, eppure era incredibile la quantità di gente che poteva ospitare. Quando arrivammo trovammo subito posto vicino ad un suv nero, una volta parcheggiato Bruce spense la macchina e scese. Mi ci vollero un paio di minuti per prendere coraggio. Alla fine scesi anche io e mi guardai subito intorno. Ero circondata da bellissime ragazze super abbronzate ed in costume, la maggior parte ubriache, e altrettanto bellissimi ragazzi sempre in costume, anche loro ubriachi. Per un secondo posai lo sguardo sul mio vestito, che per carità era bello, ma non adeguato ad una serata del genere.

disse Bruce, e quel complimento mi fece diventare viola in viso. Se ne usciva spesso fuori con queste frasi ed io puntualmente avvampavo di vergogna. Nat più di una volta mi disse che secondo lei era innamorato segretamente di me, ovviamente era un'idiozia, non potevo pensare che il mio migliore amico che conoscevo da praticamente una vita potesse essere interessato anche minimamente a me. Avevo condiviso troppe cose imbarazzanti con lui, era come un fratello per me. Ci avviammo verso lo stabilimento pieno di gente e solo in quel momento mi resi conto che anche Bruce era in costume... I pensieri di prima scomparvero e che voi ci crediate o no in quindici anni di amicizia non mi ero mai fermata a guardarlo più di tanto. Ma più che altro quell'anno era proprio cambiato fisicamente, ed era un vero schianto. Dovevo sembrare matta perché lo stavo fissando e lui se ne accorse e sorrise mettendomi nuovamente in imbarazzo. Tra i due quella che in quel momento provava interesse potevo sembrare proprio io..

Disse guardandomi dritto negli occhi quasi fosse contento.

Il mio cervello purtroppo non stava connettendo quindi non ero in grado di affrontare un discorso decente con lui in quel momento e decisi di starmene zitta.

Mi prese la mano e ci andammo a sedere al bancone del bar che dava proprio sulla spiaggia. Bruce si prese una birra ed io una coca cola che il ragazzo mi servì con tre cubetti di ghiaccio, due fette di limone ed un paio di ombrellini. Lo ringraziai gentilmente e lo riconobbi, faceva con me il corso di letteratura. Praticamente c'era tutta la scuola quella sera, tranne Nat che purtroppo aveva avuto un imprevisto e non era potuta venire, l'avevo odiata per questo.

Mi rivolsi a Bruce che mi chiese se ero sicura di voler rimanere li sola visto che il mio umore era sotto i piedi, e quando gli diedi l'ok mi baciò sulla guancia e si avviò verso la folla. Mi guardai intorno sorseggiando la mia coca cola, non conoscevo nessuno, o meglio conoscevo tutti ma non parlavo con nessuno. La gente preferiva evitarmi piuttosto che spendere due minuti del loro tempo a parlare con me. Ero considerata strana da molti, ma non ne ero offesa, ci avevo fatto l'abitudine. All'improvviso mentre studiavo ogni viso che mi circondava, un sorso di coca cola mi andò di traverso quando il mio sguardo incrociò quello di un ragazzo, QUEL ragazzo. Lo sconosciuto di quel pomeriggio era li in mezzo alla gente che mi fissava divertito, come sempre a braccia incrociate ed appoggiato ad una colonna di legno del piccolo stabilimento. Anche lui indossava solamente il costume ed un paio di infradito. Distolsi immediatamente lo sguardo, posai il mio bicchiere sul bancone e scesi dallo sgabello intenzionata a trovare Bruce. Non ero del tutto convinta che quel tipo avesse delle buone intenzioni e il fatto che stava a quella festa nonostante non venisse a scuola nostra mi fece pensare. Presa dalla distrazione durante la fuga non mi resi conto di essere finita addosso a qualcuno, finché non mi ritrovai per terra.

mi massaggiai una coscia con una smorfia dolorante, ero caduta di peso sul duro pavimento di legno.

Quel tono sarcastico non lo avrei mai potuto dimenticare, per nessun motivo al mondo. Alzai lo sguardo sul tipo con cui mi ero scontrata e non mi sorprese nel vederlo li in piedi, proprio sopra di me.

Mi alzai in fretta rifiutando la sua mano tesa per aiutarmi. Sembrava così gentile e disponibile ma allo stesso tempo sapevo che era uno stronzo a cui piaceva prendersi gioco delle altre persone.

Mi sorrise divertito e incrociò le braccia al petto nuovamente, senza mai staccare gli occhi da me.

Non sapevo cosa ci facesse li, ma io ci volevo avere poco a che fare nonostante una minima parte di me si sentisse attratta da lui. Aveva uno sguardo così enigmatico da incutere abbastanza timore. Tornai a guardarmi intorno alla disperata ricerca del mio migliore amico, senza alcun successo.

Disse senza smettere di fissarmi, il che era fastidioso e non poco.

Gli feci un sorriso forzatissimo e con un cenno della mano mi girai e mi mischiai alla folla. Inutile dire che essendo piuttosto bassa venivo sbattuta da una persona all'altra, quella traversata sarebbe stata piuttosto difficile, fino a quando una mano mi afferrò per il braccio e mi tirò fuori da tutta quella gente. Con la convinzione che fosse Bruce tirai un sospiro di sollievo quando finalmente arrivammo in un punto della spiaggia dove non c'erano molte persone. Alzai lo sguardo sul suo viso e mi raggelai quando vidi che non era il mio migliore amico, ma ancora quel tipo.

Dissi furiosa.

Sembrava divertito ma allo stesso tempo sinceramente preoccupato.

Lo guardai tirando fuori il mio sguardo più glaciale. E per mia sorpresa sembrò fare un certo effetto su di lui.

Sorrise tirando fuori una sigaretta ma senza accenderla. Mi soffermai un attimo a guardarlo. Il suo fisico era slanciato ed asciutto, ogni muscolo del suo corpo era perfettamente delineato. La sua pelle non era ambrata come quella di Bruce, ma molto più pallida e i suoi occhi azzurri erano messi in risalto dal riflesso della luna che in quel momento aveva deciso di fare capolino proprio sul suo viso.

Disse alzando un sopracciglio. Qualsiasi cosa facesse risultava estremamente sexy, ma allo stesso tempo anche estremamente fastidioso. 

Sfilò un accendino dalla tasca e si accese la sigaretta. Per farlo contrasse leggermente i bicipiti, delineando ancora di più il fisico slanciato. .

Feci dietro front pronta per andarmene ma lui mi afferrò nuovamente per il braccio.

Fui costretta a rigirarmi e mi ritrovai davvero molto vicina a lui. I nostri occhi si trovarono immediatamente e dentro di me esplose qualcosa, ma cercai di non dare troppo retta ai segnali che il mio corpo mi stava mandando, altrimenti sarei stata persa e non potevo permettermelo.

Disse lasciando il mio braccio e ispirando molto lentamente il fumo della sua sigaretta.

Quel nome non mi diceva proprio niente, la città non era grandissima quindi bene o male di vista li avevo visti un po tutti, ma lui ero davvero sicura di non averlo mai visto in vita mia. Ed io ero una abbastanza brava a ricordare le facce, poi soprattutto una faccia come la sua non avrei mai potuto scordarla.

Sembrava quasi a disagio a parlare di se, cosa che mi insospettì ancora di più, quindi decisi di voler indagare oltre.

Sembravo una giornalista, o peggio ancora una stalker.

Sorrise vedendo la mia espressione di stupore in viso. Finì la sua sigaretta, la spense sotto la suola dell'infradito e se la mise in tasca per non buttarla per terra. Non potevo credere alle mie orecchie. Non solo quel tipo me lo ritrovavo spesso in mezzo ai piedi, ma era anche un grandissimo maleducato pieno di se.

Mi stupii del tono autoritario che avevo usato. Non balbettai neanche una volta, ero sembrata quasi sicura di me stessa nonostante quel ragazzo mi incutesse non poco timore. Però purtroppo le mie parole non lo scalfirono minimamente, anzi sembrava divertito.

Si fece una piccola risata e si avvicinò a me per guardarmi meglio negli occhi. Dovetti alzare di più la testa data la sua altezza. Mentre diceva quelle parole aveva un sorriso inquietante stampato sul viso che mi fece venire la pelle d'oca. Mi aggiustò una ciocca di capelli come se stesse facendo la cosa più naturale al mondo e se ne andò, sparì in mezzo alla folla. Mi ci vollero una decina di secondi per realizzare quello che era successo. Forse ero davvero io la psicopatica ma comunque quel Caleb mi aveva mancato di rispetto, e mi aveva convinta ancora di più sul fatto che fosse un bastardo. Ma a che gioco stava giocando? Sembrava una persona completamente diversa.

Sentì la voce preoccupatissima del mio migliore amico e non potei che sorridere sollevata, nonostante lui era diretto verso di me a passo svelto e seriamente preoccupato. Disse in pensiero e mi strinse in un abbraccio non appena fu abbastanza vicino a me.

. Dissi godendomi quel caldo contatto con la sua pelle che mi fece dimenticare per un attimo lo spiacevole secondo incontro con quel ragazzo. Non potevo dirgli che avevo passato l'ultima mezz'ora con Caleb, che neanche conoscevo, per di più da soli.

Ok, era davvero troppo preoccupato e potevo capirlo. Mi stava facendo sentire in colpa per non averlo avvisato.

Dissi ridendo per cercare di smorzare un po la situazione, ma notai che la sua espressione era ancora seria. Cercai di buttarla sullo scherzo, ma non ci stavo riuscendo molto bene.

Si pentì quasi subito di ciò che aveva detto, più che altro potevo giurare di averlo visto arrossire.

Tornò a sorridere e mi cinse nuovamente in un forte abbraccio. Adoravo starmene stretta in quelle possenti braccia. Bruce era una delle poche persone, se non l'unica, che mi trasmetteva una sicurezza incredibile. Anche se mi fossi trovata in mezzo ad una sparatoria non avrei mai potuto avere paura se al mio fianco c'era lui. La sua voce per l'ennesima volta mi distolse dai miei pensieri.

Alzai il viso per guardarlo negli occhi. Lui ridacchiò quando si accorse che come sempre non lo stavo ascoltando.

Indicò con un'alzata di mento una figura dall'altra parte della spiaggia che guardava proprio nella nostra direzione. Non appena il mio sguardo si alzò oltre la folla lo vidi, i suoi occhi trovarono immediatamente i miei. L'ingenuità di Bruce era a dir poco disarmante.

Dissi secca e lanciandogli uno sguardo truce. Con quale coraggio si stava comportando in quel modo? Non sapevo se in quel momento provavo più rabbia o odio. Fatto stava che la sfacciataggine di quel ragazzo raggiungeva livelli epici.

Guardò l'orologio sbuffando senza dare troppa importanza a Caleb, sembrava che si stesse annoiando quanto me a quella festa, il che era strano da parte sua. Disse guardandosi intorno per poi posare lo sguardo su di me. Mi spostò una ciocca dal viso e le sue dita mi sfiorarono la guancia sinistra. Provai un leggero brivido lungo tutta la schiena e sorrisi timidamente.

Sorrisi nuovamente guardandolo negli occhi. Sentivo ancora su di me lo sguardo di Caleb, il che mi metteva molto a disagio. Ma cosa diavolo voleva quel misterioso ragazzo da me? Bruce non se lo fece ripetere due volte, tirò fuori le chiavi della macchina dalla tasca posteriore dei suoi jeans e mi prese la mano guidandomi lontano da tutto quel caos. Un punto preciso dietro la mia testa stava ribollendo, Caleb aveva sicuramente il suo sguardo fisso ancora su di me. Decisi di non farci caso.

Ci eravamo messi in viaggio già da qualche minuto, ma senza una meta precisa. Bruce abbassò leggermente il volume della radio. Disse ridendo, la canzone era Unsteady.

Dissi chiudendo gli occhi e godendomi la meravigliosa melodia e la stupenda voce del cantante. Quella canzone suscitava in me delle emozioni ogni volta diverse.

Disse sorridendo.

Risi guardandolo.

Ridemmo insieme mentre la musica riempiva l'abitacolo della macchina. Passare il tempo con Bruce mi metteva sempre di buon umore, era come se il tempo si fermasse, era come se al mondo c'eravamo solo noi. A volte avrei voluto mettere in pausa la mia vita e godermi ogni minimo secondo con lui, perché era davvero il meglio di me. Era più che un fratello, sangue del mio sangue. Quella notte se non ci fosse stato lui forse non sarei sopravvissuta...

La sua dolce voce interruppe i miei pensieri.

Gli rivolsi un timido sorriso ma sapevo che quella risposta non gli sarebbe bastata. Abbassai lo sguardo sulle mie mani per evitare il suo. A quelle parole Bruce accostò la macchina e mise le quattro frecce.

Il suo tono da dolce era diventato nervoso ed io non potei fare a meno di rattristarmi, lui lo notò e mi prese il viso tra le mani Le sue parole erano così rassicuranti che riuscirono a rasserenare il mio cuore.

________________________________________________________________________

Passammo almeno mezz'ora fermi in macchina a parlare della nostra infanzia riportando alla luce vecchi bellissimi ricordi, quindi alla fine non andammo più a cena ma Bruce mi riportò direttamente a casa. Quella sera la città era stranamente vuota, buia e silenziosa, riuscivo a sentire il suono del vento e delle foglie che si strusciavano tra di loro. Quando arrivammo a Sunnyfalls invece era tutto il contrario, il paesino era illuminato dalla piccola luce dei lampioncini lungo le strade, le persone ancora giravano per le vie ed il piccolo bar stava per chiudere. Paesino più semplice non c'era, eravamo tutti una piccola famiglia. Appena passammo davanti la vecchia casa abbandonata notai che c'erano di nuovo delle luci accese, solo che la mattina prima non ero riuscita a vedere bene se dentro ci fosse qualcuno. Ma era praticamente scontato visto che c'era parcheggiata una macchina nel grande viale, un suv nero, lo stesso suv che era parcheggiato di fianco a noi alla festa.

Dissi a Bruce non appena accostò lungo la strada.

Il suo tono era come sempre pieno di premura.

Lo rassicurai con il più bel sorriso che avevo e lui parve tranquillizzarsi, anche se io non lo ero molto.

Dopo essermi assicurata che Bruce fosse tranquillo scesi dalla macchina e chiusi lo sportello. L'auto fece inversione ad U e ripartì lasciandosi una piccola scia di fumo alle sue spalle. Rimasi li ferma e mi guardai intorno, tutto taceva, si sentivano delle voci lontane di persone che rientravano nelle proprie case. Un paio di cani randagi gironzolava tra le vie e le foglie volavano ovunque trasportate dal vento. Ero abbastanza indecisa sul da farsi, guardai l'orologio e vidi che erano le 23.50, sarei dovuta rientrare a breve ma non avevo per niente voglia. Mi incamminai sulla strada opposta con le mani in tasca e con lo sguardo di chi era alla ricerca di qualcosa, anche se non sapevo ancora cosa. Sunnyfalls era completamente in pietra, la sua creazione risaliva ai tempi del medioevo ed ogni edificio era ancora quello originale. Pensai a quanto fossi fortunata a vivere in un paese così bello e con un aria così piena di romanticismo.

Mentre la mia mente vagava le mie gambe si muovevano senza alcuna logica, o forse un pò di logica c'era.. I miei occhi si soffermarono sulla grande casa abbandonata che mi ritrovai di fronte, con o senza coscienza ero proprio dove volevo essere. In 19 anni l'avevo vista sempre da lontano, quando eravamo bambini avevamo il terrore anche solo di guardarla, credevamo che fosse infestata dai fantasmi. Eppure era di uno splendore unico, la pietra di cui era fatta si era annerita nel tempo e le mura erano completamente ricoperte da rami pieni di rose rosse sbocciate da poco. Sembrava uscita da un film di altri tempi per quanto era bella.

Una vocina dentro di me mi stava dicendo di andarmene da li perché non era sicuro, ma decisi di non ascoltarla ed entrai nel grande viale. Ero sempre stata una persona molto curiosa, e a volte questa mia curiosità non sempre mi aveva ripagata. Volevo assolutamente sapere chi era venuto ad abitare in quella vecchia casa. Di solito qui in paese si sapeva sempre tutto, per questo la mia curiosità era ancora di più, perché sembrava quasi che quella presenza fosse invisibile al resto del mondo.

Mentre mi avvicinavo immersa nei miei ragionamenti la luce della veranda si illuminò, il panico mi avvolse e mi andai subito a nascondere dietro al primo albero che trovai e attesi che qualcuno spuntasse sulla soglia della porta d'ingresso con la speranza di non essere stata vista. Non si fece attendere molto, infatti dopo neanche un minuto una splendida ragazza uscì in veranda accompagnata da un tipo subito dietro di lei. Ero completamente ammaliata dalla bellezza di quella giovane donna. Aveva dei capelli color corvino che le arrivavano fino al bacino, indossava un vestito che lasciava intravedere praticamente ogni cosa e aveva dei lineamenti quasi alieni, in senso buono.

Chiese la ragazza al tipo di fronte a lei che non riuscivo a vedere da li.

Quella voce così calda e sexy mi ricordò qualcosa che in quel momento mi sfuggiva, o forse qualcuno.

I due si diedero un bacio molto appassionato prima di salutarsi. La ragazza salì sulla bmw che era parcheggiata li di fronte e che poco prima non avevo notato, e quel tipo rimase in piedi sulla veranda a salutarla. Non mi ero resa conto che le mie gambe erano completamente bloccate per il terrore di trovarmi in un posto che in quel momento sentivo completamente a me sconosciuto. Ma fu in quell'istante che riconobbi quel ragazzo. Alto, biondo, occhi azzurri e vestito di nero. Non poteva essere lui, poco prima l'avevo lasciato in spiaggia, eppure... Beh le mie gambe scelsero il momento sbagliato per sbloccarsi, perché per indietreggiare calpestai un qualcosa che fece molto rumore. Non servì neanche controllare. Eccoli lì. I suoi enigmatici occhi posati su di me, anzi che di enigmatico in quel momento non avevano proprio niente. Era molto chiaro ciò che stava provando.

Rabbia.

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Capitolo 3
*** 3. ***


Sarei dovuta andarmene via da li, ma ogni muscolo del mio corpo era bloccato e non riuscivo a fare neanche un altro passo. Iniziò a tirare un vento gelido e con quel vestitino mi stavo praticamente congelando, pessima idea andare a curiosare. Soprattutto perché avevo scoperto chi era il misterioso tipo che era andato ad abitare nella vecchia casa. Motivo in più per stare lontana da lui.

La sua voce sembrava di ghiaccio per la rabbia che aveva in corpo. Ottimo lavoro Denise, non solo quello era una specie di psicopatico che mi perseguitava, era anche diventato furioso. Non mi resi conto che si stava avvicinando a passo svelto quando me lo ritrovai davanti, mi afferrò un braccio con una mano e mi tirò in piedi abbastanza bruscamente, tanto che ci mancava poco che la testa mi girasse.

Mi guardo con una rabbia mai vista prima. Come dargli torto. Prima l'avevo accusato di essere uno psicopatico e poi mi ero fatta beccare a casa sua nascosta dietro un albero mentre lo spiavo. Gran bel piano direi, forse ero davvero io la psicopatica.

Non riuscì a pronunciare un'altra parola, aumentò la presa sul mio braccio e praticamente mi trascinò dentro casa senza neanche darmi il tempo di ribellarmi. Ero quasi terrorizzata, per quanto ne sapevo poteva davvero essere una persona squilibrata di mente. E se mi avesse picchiata? O anche peggio? In quel momento quei ricordi ritornarono nella mia mente ed il terrore fece completo spazio ad ogni altro tipo di sentimento. Cercai di divincolarmi immediatamente dalla sua presa ma senza alcun successo, era molto più forte di me ovviamente.

Forse si rese conto del terrore che avevo in viso quindi lasciò la presa e sembrò calmarsi un po.

Ripeté, questa volta con meno rabbia e un po più di apprensione forse. Mi massaggiai il punto dove mi aveva stretto con la mano, mi faceva abbastanza male.

Iniziai a balbettare come mio solito quando mi trovavo in una situazione a dir poco spiacevole. Presi un bel respiro e lo guardai negli occhi, tutta la rabbia di poco prima sembrava svanita. In quel momento era lo stesso sconosciuto che avevo visto nel bosco, sfacciato, apparentemente gentile e pieno di sé. Mi sorrise guardandomi profondamente negli occhi.

Incrociò le braccia al petto come suo solito.

Dissi rifacendogli il verso. Quel ragazzo riusciva a farmi provare una miriade di sentimenti, uno diverso dall'altro. In quel momento per esempio la paura aveva lasciato il posto al nervosismo puro. D'altronde era davvero odioso.

Sorrise divertito e si andò a sedere sul divano in salotto. Solo dopo che se ne andò mi fermai ad osservarmi intorno. Quella casa era meravigliosa sia fuori che dentro. Era tutta completamente in pietra e i pavimenti di un legno sicuramente super costoso, c'erano diversi quadri qua e la e delle tende rosse ad ogni finestra. L'ingresso dove mi trovavo io era lungo e costellato di piante di vario tipo. Mi feci coraggio e lo seguii in salotto dove mi ritrovai davanti una stanza enorme, casa mia forse era grande quanto il suo intero salotto. Chiese ridendo.

Sfacciato.

Dissi sinceramente meravigliata di tutta quella bellezza. Sul serio li dentro ce ne entravano tre di case come la mia. Sicuramente la sua famiglia non aveva problemi di soldi. Dato anche l'enorme suv parcheggiato nel vialetto.

Dissi ansiosa e guardando l'orologio. Effettivamente era tardi, sarei dovuta tornare a casa da venti minuti ormai, e poi c'era ancora quella piccola parte di me che mi diceva di stare lontana da lui e da quella casa. Quindi prima me ne andavo e meglio era per tutti.

Si alzò dal divano per venirmi incontro. I battiti del mio cuore accelerarono di colpo. Si stava avvicinando troppo e non sapevo se poteva essere una bella cosa o meno. D'istinto quando alzò la mano verso di me io indietreggiai, quasi spaventata. Mi accorsi che lui si sorprese della mia reazione ed abbassò subito la mano.

Dissi scuotendo la testa e rivolgendogli un piccolo sorriso. Abbassai lo sguardo per non incrociare i suoi occhi e mi resi conto che avevo le gambe sporche di terra con qualche foglia attaccata. Dovevo essermi ridotta così quando mi ero nascosta dietro all'albero. Quella sera c'era tanta umidità e qualsiasi cosa mi si sarebbe appiccicata addosso.

Il suo tono voleva essere quasi scherzoso, ma a me vennero i brividi senza alcun motivo.

Dissi infastidita dal suo tono.

Si stava divertendo il bastardo. Che faccia tosta che aveva.

Sembravo una bambina che stava facendo i capricci. Non riuscivo mai ad affrontare un discorso con lui senza che me la prendessi per qualcosa. Era irritante quell'uomo e mi rendeva nervosa la sua presenza. Tornai a guardare l'orologio, mia madre mi avrebbe fatto una bella ramanzina se non fossi tornata subito. Forse era meglio mentire a quella piccola parte di me che invece sarebbe rimasta a vita li con lui. Si alzò dal divano e mi superò dirigendosi verso la porta d'ingresso, prese le chiavi di casa per poi rivolgermi lo sguardo.

Non riuscii a dire di no, anche se non era positivo che Caleb venisse a sapere dove stava casa mia. Non me lo sarei tolto più di mezzo, ne ero sicura. E avrei avuto l'ansia di trovarmelo di nuovo davanti.

Una volta usciti da quel lungo viale ci ritrovammo in strada ed iniziammo a camminare l'uno vicino all'altro senza dire una parola. L'aria era diventata davvero gelida ed io mi stavo congelando. Era incredibile la differenza di temperatura che c'era qui a Sunnyfalls, a volte sembrava che il paese si trovasse in una differente dimensione per quanto facesse freddo di notte, e solitamente insieme al freddo arrivava sempre una nebbia fittissima che trasformava quel bellissimo paese in un panorama a dir poco spettrale. Assorta come sempre non mi accorsi che Caleb mi mise sulle spalle la sua giacca nera di pelle, gli rivolsi uno sguardo di gratitudine ma lui non sembrò notarlo e si accese una sigaretta infilandosi la mano libera in tasca. Non avrei voluto essere così scortese con lui, non ero fatta così. Ma davvero lui metteva a dura prova la mia pazienza, eppure sembrava un bravo ragazzo. Quella sera la luna era piena e non ci servivano i lampioni per illuminare la strada, per tutto il tragitto non avevo smesso di guardarlo e lui se ne era sicuramente accorto, ma in quel momento me ne importava poco. La luce della luna rendeva i suoi capelli ancora più d'orati ed i suoi occhi di un azzurro incredibile. Con gli occhi seguii i lineamenti del suo viso, aveva un naso perfetto, molto fine per essere il naso di un uomo e leggermente all'insù al contrario per esempio di Bruce che aveva comunque un bel naso ma con una piccola gobba al centro. Si ok, sembrava strano ragionare sui nasi, comunque tornando a noi, aveva degli zigomi alti e le guance erano piene ma non troppo. La parte più bella però erano le labbra, carnose e sicuramente morbidissime, in quel momento ebbi uno strano istinto di baciarlo ma ci ripensai immediatamente.

Mi disse Caleb riportandomi sulla terra e facendomi arrossire violentemente. Lo odiavo.

Girai immediatamente il viso per non fargli vedere il rossore sul mio volto e non feci caso che davanti a me c'era un piccolo bidone della spazzatura. Caleb mi afferrò per il braccio tirandomi leggermente a se per farmi evitare una caduta che sarebbe stata a dir poco esilarante e catastrofica se fossi finita nella sporcizia. Finii praticamente addosso a lui e la cosa non mi dispiacque affatto.

Il suo tono era sorprendentemente dolce mentre mi guardava sorridendo. Mi dovetti fermare in quel momento, purtroppo il mio cervello non riusciva a capacitarsi del comportamento di quel ragazzo. Mi chiese con tono abbastanza interrogativo.

Dissi quasi esasperata. Non mi resi conto che dissi tutto d'un fiato quindi fui costretta a prendere un bel respiro. Lui mi guardò serio per poi fare un lieve sorriso.

Si passò una mano sui capelli biondi mentre buttò la sigaretta consumata dal vento. Lo guardai con i miei occhi color ghiaccio spalancati. Sembrò quasi una supplica la sua. Ero completamente spiazzata da questa sua uscita. Quello sconosciuto era entrato nella mia vita quello stesso giorno e l'aveva già stravolta. Se fosse rimasto me l'avrebbe cambiata per sempre.

Rimasi in silenzio, grata che anche a lui andasse bene così. Quando arrivammo sotto casa mi fermai e mi girai a guardarlo.

Gli sorrisi gentilmente mentre buttai un occhio su casa mia. La luce del salotto era ancora accesa, sicuramente mia madre mi stava aspettando sveglia e pronta per farmi una bella ramanzina.

Ricambiò il sorriso infilandosi le mani in tasca. Mi tolsi la giacca dalle spalle e gliela porsi, lui fece cenno di no con la testa ed indietreggiò pronto ad andarsene. Mi fece l'occhiolino e si voltò. Lo ringraziai sorridendo e mi diressi anche io verso casa, quando fui sulla soglia mi girai verso di lui che fortunatamente era ancora nei paraggi.

Lo chiamai a voce un po alta per farmi sentire e lui si girò all'istante a guardarmi incuriosito. Lo vidi sorridere e senza dire niente si girò per andarsene, prima di girare l'angolo alzò la mano per salutare, senza voltarsi, ed io d'istinto scossi la testa e ridacchiai. Presi le chiavi di casa e le infilai nella serratura aprendo la porta, richiusi a chiave e le posai su un piccolo mobiletto all'ingresso. Casa mia a differenza di quella di Caleb era molto più piccola, c'era l'essenziale ma era ben arredata grazie al buon gusto di mia madre. Mi diressi in salotto pronta ad affrontarla, ma mi sorpresi nel vedere che non c'era lei sul divano ma mio padre. Erano diversi giorni che a malapena riuscivo a salutarlo dato che non aveva mai tempo per noi.

Disse in tono secco senza neanche degnarmi di uno sguardo. Era ancora vestito elegante per la cena che aveva avuto con mia madre. . Aveva bevuto. Senza ombra di dubbio. Strascicava le parole e aveva due occhi abbastanza rossi. Mi faceva sempre più schifo quell'uomo.

Dissi gelida e mi girai pronta per andare verso le scale, ma mio padre si alzò dal divano e mi sentii in dovere di fermarmi e ascoltare qualche altra cavolata che stava per sparare.

Era davvero poco credibile e tanto ignorante a fare un discorso del genere.

Un tono più sprezzante di quello non lo potevo usare. Mi voltai nuovamente per dirigermi verso le scale. Poi mi bloccai di colpo e voltai la testa nuovamente verso di lui. Salii al piano di sopra dove trovai mia madre sulla porta della sua camera in pigiama, aveva ascoltato sicuramente ogni parola e prima di richiudere la porta mi sorrise fiera e grata per averla difesa, ma senza dire una parola. Mi sentii sollevata nel vedere che l'arrabbiatura di mia madre nei miei confronti era passata, Bruce aveva ragione, come sempre. Appena entrai in camera tirai fuori dal cassetto della mia scrivania il diario e mi buttai sul letto a pancia in sotto, pronta per trascrivere gli avvenimenti di quella giornata, come tutte le sere. Scrissi di Nat, scrissi di Bruce e del suo atteggiamento a volte strano nei miei confronti, scrissi come sempre dell'odio per mio padre, del litigio con mia madre ed infine di lui, Caleb. Non tralasciai un minimo particolare, descrissi ogni cosa che lo caratterizzava fisicamente e caratterialmente. Poi chiusi il diario e mi girai sulla schiena a fissare le piccole stelline illuminate sul soffitto, dopo pochi secondi stavo già dormendo.

[-No, vi prego. Non ho fatto niente, vi giuro che non parlerò con nessuno.

-Si hai ragione, non parlerai con nessuno perché adesso ci pensiamo noi a te, ragazzina.]

Mi misi a sedere sul letto tutta sudata. L'ennesimo incubo su quella schifosa serata. Ogni volta sognavo un dettaglio in più. Potevo ancora sentire le loro mani toccarmi ovunque, e il loro alito sul collo. Mi passai una mano sul viso e mi accorsi che stavo piangendo. [-Ragazzina...] Sobbalzai al suono di quella voce mettendomi una mano sul petto e cercando di riprendere fiato. Ragazzina.. Pensai immediatamente a Caleb, ma non poteva essere, quei tre uomini non avevano niente a che vedere con lui, eppure stavo dimenticando sicuramente qualcosa o non riuscivo a capire. Guardai immediatamente l'orologio, ormai era d'abitudine. Le 4.30 del mattino. Mi scompigliai i capelli lamentandomi, non era possibile che non riuscissi a dormire una notte intera senza fare incubi o senza svegliarmi nel cuore della notte sudata e con il cuore in gola. Quella storia doveva finire, ma come? Decisi di andarmi a sciacquare il viso, tanto non avrei preso sicuramente sonno e la sveglia sarebbe suonata per i corsi estivi un paio di ore dopo. Mi ero quasi pentita di essermi iscritta, dopotutto quei corsi erano un di più, non mi sarebbero serviti praticamente a niente, giusto per tenere la mente un po allenata. Mi chiusi in bagno e feci scorrere l'acqua, mi fissai allo specchio per qualche secondo prima di insaponarmi bene il viso per poi sciacquarlo abbondantemente, asciugarmi e tornare in camera. Presi il cellulare dalla borsa e mi sorpresi nel vedere tre nuovi messaggi a quell'ora di notte, decisi di visualizzarli per vedere se magari c'era qualche emergenza. Il primo era di Nat.

-Tesoro non riesco a dormire, lo so sono le due di notte quindi magari tu stai già a letto, però nella speranza che tu stia sveglia per parlare ti ho scritto. Se così non fosse ci vediamo domani a pranzo, ti devo raccontare delle cose su un tipo che ho conosciuto ieri, bacioni.

Storsi il naso una volta letto quel messaggio, e quando mai Nat non conosceva un ragazzo nuovo. Tutto il mondo le va dietro! Scossi la testa sbuffando e aprii l'altro messaggio, Bruce.

-Piccola tutto bene? Sei a casa? Non mi hai scritto quindi volevo sapere se era tutto apposto. Domani mattina ti passo a prendere per portarti ai corsi, tanto ho delle faccende da fare in città per quell'ora. Sogni d'oro.

Sorrisi nel leggere quelle parole, Bruce era sempre così disponibile, anche se non avesse dovuto fare niente mi avrebbe accompagnata lo stesso. Mi concentrai sull'ultimo messaggio, numero sconosciuto, ricevuto qualche minuto fa.

-La mela marcia non cade mai troppo lontano dall'albero.

Mi raggelai, le mani mi tremavano ed iniziai a sudare. Chi era quel numero? E quelle parole... Perché a me? E come aveva fatto ad avere il mio numero chiunque fosse? D'istinto digitai il numero di Bruce diverse volte ma non rispose, aveva un sonno pesantissimo quel ragazzo, quindi non avrebbe mai sentito il telefono squillare. Mi andai a sedere sulla scrivania e notai che fuori dalla finestra c'era una sagoma nera appoggiata addosso all'albero del nostro piccolo giardino e fissava proprio me, mi alzai di colpo facendo cadere la sedia sul pavimento e mi accorsi di aver urlato solo quando mia madre entrò in camera spalancando la porta.

Chiese spaventata e con il fiatone per la fretta con cui si era precipitata.

La mia voce era incrinata a causa dei singhiozzi che stavano percuotendo il mio corpo. Mia madre si fiondò in finestra ma quella figura nera era già sparita, si girò verso di me e mi venne ad abbracciare forte. Io posai il viso sulla sua spalla senza smettere di piangere. Non le avrei detto del messaggio, non aveva bisogno di preoccuparsi ulteriormente per me. Me lo sarei tenuto dentro per il momento, dopotutto preferivo prima capirci qualcosa da sola. 

Non ci credeva neanche lei alle parole che aveva appena detto, però in un certo senso poteva essere vero, no? 

Sospirai restando abbracciata a lei. 

Mi accarezzò dolcemente il viso e mi diede un bacio in fronte. Prima di uscire dalla camera si andò ad assicurare che la finestra fosse ben chiusa, quindi chiuse anche le tende. Quel gesto mi rassicurò tantissimo, però in quel momento volevo solo Bruce. Solo con lui mi sarei potuta sentire realmente sicura e serena.

__________________________________________________________________________

La voce di Nat quella mattina era quasi fastidiosa. Non avevo più chiuso occhio ovviamente ed avevo deciso di non andare alle lezioni. Bruce era passato lo stesso e gli raccontai tutto, gli feci leggere anche il messaggio che mi era arrivato, aveva una rabbia in corpo che non avevo mai visto. Restammo tutta la mattinata insieme, ero molto più tranquilla in quel momento grazie a lui. 

A pranzo ci eravamo visti con Nat al solito ristorante, e ci stava raccontando da almeno un'ora l'incontro con questo tipo misterioso che l'aveva corteggiata. Bruce sembrava annoiato più che mai ed ogni tanto annuiva guardandola per sembrare interessato, io ascoltavo ma non ero molto presente. Avevo un mal di testa allucinante ed il mio viso non doveva essere tutto questo granchè visto che Nat appena mi vide si spaventò per quanto fossi pallida.

Disse Bruce esasperato e a me scappò un sorriso divertito, meno male che c'erano loro due sempre pronti a strapparmi un sorriso anche senza volerlo.

Disse Nat profondamente offesa. Poi tornò a guardare me ignorando Bruce che la stava fulminando con gli occhi. Batté le mani come una bambina a cui la mamma aveva appena comprato una busta piena di caramelle. Ero davvero felice per lei, non l'avevo mai vista così elettrizzata per un ragazzo visto che lei non sopportava la razza maschile. Bruce escluso ovviamente. E quindi si meritava il meglio.

Bruce si grattò il petto mentre sbadigliava. Da fuori poteva sembrare che si odiassero, ma invece solo io li conoscevo abbastanza bene da sapere che avevano una grandissima stima l'uno dell'altra e che sotto sotto si adoravano.

Lo disse con così tanto entusiasmo che fui costretta a sputare quella poca acqua che avevo in bocca se non volevo farmela andare per traverso. Caleb. Non ci potevo credere. Ancora lui. Ma com'era possibile? La scorsa sera era alla festa con noi, e dopo era stato con me. A meno che non fosse uscito dopo dato che Nat aveva avuto un imprevisto e magari si era liberata solo per una certa ora. 

Avevo l'amaro in bocca, ma tanto amaro. Mi asciugai l'acqua che mi era finita addosso con un fazzoletto.

Mi rivolse un bellissimo sorriso di incoraggiamento che io non ricambiai, Bruce mi guardava stupito per il fatto che conoscessi quel ragazzo. E avrei potuto giurare che era anche molto infastidito dalla cosa.

I loro sguardi erano sbalorditi, dovevo aver detto tutto con troppo odio. Ma in quel momento ero davvero sconvolta. Quel ragazzo che la sera prima mi aveva portata a casa sarebbe uscito con la mia migliore amica.. Per la seconda volta.

Non mi resi conto fino a quel momento che Caleb mi stava rubando qualcosa di più oltre al cuore. Ed io non ci avrei potuto fare niente.

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Capitolo 4
*** 4. ***


In televisione quel pomeriggio non c'era niente. Stavo facendo zapping da almeno un'oretta buona senza nessun risultato. Ultimamente in tv non facevano proprio nulla di interessante. Ero ancora nervosa per il pranzo di poco prima, ed ero ancora più nervosa per il fatto che questo mio sentimento dipendeva proprio da quel ragazzo. Sbuffai, spensi la tv e gettai il telecomando sul divano a pochi centimetri da me, chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi un po'. Fuori pioveva a dirotto, mia madre era ancora a lavoro e mio padre sinceramente poteva essere dove voleva. Ero indecisa se mettermi a cucinare qualcosa per ingannare il tempo oppure leggere, avevo una libreria piena zeppa di libri, alcuni letti e riletti un migliaio di volte e altri mai sfogliati. Mi alzai dal divano e mi avvicinai alla finestra scostando la tendina, la pioggia batteva sul vetro incessante riuscendo a distendere ogni nervo teso del mio corpo. Alla fine presi una decisione, abbastanza stupida, ma che in quel momento mi sembrò ottima. Corsi in camera mia per spogliarmi, il letto era ancora sfatto e sulla sedia vicino al piccolo armadio c'erano i vestiti del giorno prima insieme alla giacca di pelle di Caleb, glie l'avrei restituita al più presto, non la volevo. Di solito ero una maniaca dell'ordine, ma negli ultimi giorni non avevo proprio la testa per mettere apposto. Comunque, mi misi un reggiseno sportivo che riuscisse a contenere il mio seno prosperoso che non sopportavo, dei leggins neri lunghi fino alla caviglia, le mie nike rosse ed un top nero che mi lasciava la pancia scoperta facendo intravedere il mio piercing fatto l'anno prima di cui mi ero un po' pentita sinceramente. Mi legai i capelli in una coda alta e presi la mia giacca a vento. Scesi di corsa le scale diretta nell'ingresso, afferrai le chiavi di casa ed il cellulare che misi in una tasca interna della giacca. Me la infilai e tirai su il cappuccio pronta per uscire. Posai una mano sulla maniglia della porta che in quell'istante si aprì facendomi indietreggiare. Era mio padre che entrò sgrullandosi i capelli dalla pioggia per poi guardarmi con aria stupita stava rientrando sicuramente dal lavoro.

La sbronza della sera prima sembrava essergli passata del tutto.

Mi infilai gli auricolari con la musica che collegai al telefono nel taschino ed uscii di casa correndo senza neanche ascoltare cosa stava dicendo mio padre.

Ovviamente appena uscì di casa la pioggia peggiorò bruscamente, non si vedeva quasi niente ma conoscevo praticamente tutte le strade a memoria. Dovevo solo cercare di evitare gli oggetti che mi trovavo davanti o qualche persona folle come me che era uscita lo stesso con quel brutto tempo. Avevo un bel ritmo di corsa e più passava il tempo e meno facevo caso alla pioggia che lentamente mi stava entrando da ogni parte. Nonostante quel temporale stavo riuscendo nel mio intento, rilassarmi. Correre mi era sempre stato d'aiuto, era come se correndo riuscissi a cancellare tutto e ricominciare da capo. Ogni nervo e muscolo che prima avevo tesi per la rabbia ora erano completamente sciolti, il buon umore mi era tornato ed ero anche sicura che sarebbe arrivato un bel raffreddore quella sera, ma non mi importava niente perché in quell'istante ero serena finalmente. In quel momento stavo correndo sul marciapiede ed una macchina che non avevo mai visto mi si accostò facendomi allertare. Feci finta di non notarla continuando a correre senza mai fermarmi.

Sentì la voce proveniente dalla macchina urlare per sovrastare il suono violento della pioggia. Quando mi girai per cercare di vedere chi ci fosse alla guida mi stupì di vedere proprio Caleb. Ero sollevata ma allo stesso tempo furiosa che ancora una volta me lo trovavo tra i piedi. Decisi di ignorarlo e continuai a correre attraversando un punto della strada pedonale, ma la sua Mercedes nera inchiodò proprio a pochi centimetri da me facendomi fermare di colpo. Mi strappai le cuffie dalle orecchie riprendendo un attimo fiato.

Dissi con il fiatone dovuto alla corsa, guardai l'orologio, stavo correndo da un'oretta circa e neanche me n'ero resa conto.

Disse come sempre sicuro di se. Gli piaceva dare ordini alla gente, sicuramente era abituato ad avere i domestici in casa quindi credeva di poterlo fare con tutti.

Sorrisi in modo freddo e ripresi a correre cercando di non badare al fatto che la sua macchina mi stava praticamente pedinando. Ero completamente bagnata e la stanchezza si stava facendo sentire dato che la pioggia aveva appesantito ogni mio indumento, specialmente la giacca. Ma non volevo accettare un passaggio da lui. Non dopo aver scoperto che stava uscendo con la mia migliore amica. Non dopo che piano piano mi stavo innamorando di lui. Assurdo uno penserebbe, ci conoscevamo da quanto? Due o tre giorni? Eppure...

Continuò ad urlare per farsi sentire. Com'era melodrammatico. Ogni scusa era buona per farmi salire in macchina, anche se a me non dispiacque per niente. Feci un enorme sospiro prima di aprire lo sportello della macchina per salirci. Sbattei più forte possibile la portiera e mi girai a guardarlo sorridendo forzatamente.

Mi abbassai il cappuccio ed incrociai le braccia al petto mettendo il muso.

Disse ridendo e partendo con la macchina. Mi guardò con la coda dell'occhio.

Mi slacciai la giacca e mi sgrullai leggermente i capelli. Già avevo scelto degli indumenti abbastanza aderenti per correre meglio, ma dopo quella pioggia erano diventati una seconda pelle praticamente, e Caleb aveva avuto la sfacciataggine di indugiare qualche minuto in più per fissare il mio corpo. Gliela indicai ma lui mi ignorò completamente tirando dritto. Dissi irritata.

Mise la freccia a sinistra e si immise in una stradina che portava proprio a casa sua. Non finivo di stupirmi per quanto fosse prepotente, ma sinceramente non avevo proprio le forze per rispondere e ricominciare una nuova discussione. Quindi mi arresi e mi appoggiai allo schienale aspettando di entrare nel grande viale. Speravo che spiovesse in fretta così sarei potuta andarmene il più possibile lontano da lui. Una volta parcheggiata la macchina scesi immediatamente e andai dritta sulla veranda della casa, lui mi raggiunse correndo subito dopo con le mani in tasca per cercare le chiavi di casa. Mi appoggiai ad una colonna nell'attesa, la testa mi girava un pochino, forse avevo corso troppo, o forse era la pioggia. Entrammo due minuti dopo chiudendoci la porta alle nostre spalle.

Buttò le chiavi sul tavolo del salotto e salimmo entrambi al piano di sopra. Sicuramente aveva i vestiti di tutte le donne con cui era uscito, ma decisi di non pensarci visto che ero già nervosa di mio. L'altro giorno non ero salita al piano di sopra e mi stupì nel vedere che era quasi più grande del piano di sotto, ci saranno state almeno una decina di stanze tra bagni e camere. Quella casa era praticamente una reggia. Iniziò ad aprire le ante di un armadio enorme e subito pensai invece al mio di armadio, forse un quarto del suo. Mi tolsi la giacca e la posai su un termosifone li vicino tirando fuori il telefono. Stavo tremando per il freddo e non me ne ero resa neanche conto, mi strofinai forte le braccia per riscaldarmi un po' e guardai istintivamente Caleb, che a sua volta mi stava fissando. I suoi occhi erano voraci, mi stava studiando dalla testa ai piedi senza alcun pudore.

Dissi leggermente infastidita, anche se non ero sicura che fosse proprio quello il sentimento che stavo provando in quel momento.

Si rigirò e tornò a cercare i vestiti. Io entrai in bagno accostando la porta e rimasi imbambolata a guardarmi intorno. Era tutto completamente in marmo, c'era uno specchio enorme attaccato al muro, due lavandini, una doccia gigantesca e per finire in bellezza anche una vasca con l'idromassaggio. Giusto per non farci mancare niente. Mi dispiaceva quasi farmi la doccia perché non volevo sporcare, ma dovevo visto che stavo diventando piano piano un pezzetto di ghiaccio. Aprii l'acqua della doccia per far scorrere quella calda e mi iniziai a spogliare posando i vestiti in un angolino per terra. Appena l'acqua era della temperatura giusta entrai e mi chiusi la porta a vetro dietro. Fortunatamente era fatta di un vetro opaco che da fuori non lasciava intravedere niente, almeno non mi avrebbe vista nuda per portarmi i vestiti.

Mi misi sotto il getto caldo dell'acqua godendomi quella bellissima sensazione, piano piano il mio corpo si stava scaldando tornando alla temperatura normale. Mi guardai intorno per cercare il sapone, c'erano piccole mensole in acciaio attaccate all'interno della doccia con sopra ogni tipo di shampoo o bagnoschiuma possibile. Ne presi uno qualsiasi ed iniziai ad insaponarmi velocemente. La porta del bagno si aprì lentamente e sentii il rumore delle scarpe di Caleb sul marmo. Fui colta dall'ansia ed involontariamente arrossii al solo pensiero che mi vedesse in quelle condizioni.

Notai dal tono della sua voce che stava sicuramente sorridendo, depravato.

Dissi chiudendo l'acqua e dopo essermi assicurata di essere completamente sola uscii dalla doccia e mi avvolsi un asciugamano intorno al corpo. Buttai uno sguardo ai vestiti che mi aveva lasciato sul cesto della biancheria. Aveva detto che erano della sorella, non credevo ne avesse una visto che fin'ora avevo sentito parlare solo del padre. Non che avessimo avuto chissà quante occasioni per parlare. Una volta asciugata andai a prendere i vestiti e notai che mi aveva portato anche un paio di mutandine di pizzo con annesso reggiseno. Rimasi qualche istante a fissarli prima di metterli. Il reggiseno era un po' stretto ma poteva andare bene per il momento. Poi infilai dei jeans chiari a sigaretta che sorprendentemente mi andavano alla perfezione ed una camicetta a maniche corte. Presi un asciugamano piccola e andai davanti allo specchio per tamponarmi i lunghi capelli, giusto per asciugarli un minimo. Finalmente avevo un aspetto decente, prima sembravo un cadavere per quanto ero congelata e notai anche che quella camicia metteva incredibilmente in risalto i miei occhi color ghiaccio. Quasi mi piacevo vestita così. Quando uscì dal bagno trovai Caleb a torso nudo intento a cercare sicuramente una maglietta. Mi dava le spalle e non mi sentì arrivare quindi rimasi a fissarlo quasi incantata. Senza maglietta era ancora più grosso, ad ogni movimento che faceva la schiena gli si riempiva di fossette per quanto era muscoloso. Più lo guardavo e più risultava perfetto ai miei occhi, aveva due spalle enormi e si assottigliava verso la vita. La sua pelle chiara sembrava quasi splendere sotto ogni tipo di luce. Sarei potuta rimanere a fissarlo per ore ma dovetti distogliere lo sguardo quando finalmente trovò la maglietta e si girò. Il suo sguardo trovò subito il mio, era sorpreso di non essersi accorto della mia presenza, quindi mi sorrise.

Si infilò la maglietta per mia sfortuna, coprendo quel meraviglioso petto.

Dissi cercando di tornare in me per non fare altre figure. Caleb mise in ordine dei vestiti che aveva sul suo letto e tornò a guardarmi.

Mi rassicurò, come se fossi in pena di ritornare. Annuii comunque guardandomi intorno mentre lui finiva di mettere apposto le ultime cose. Mi sentivo molto debole e la testa mi girava più di prima, all'improvviso avevo una stanchezza addosso spaventosa. Dovevo sedermi o sarei sicuramente svenuta. Mentre mi stavo poggiando sul letto andai con la mano nelle tasche a cercare la mia pasticca, ma ovviamente non ce l'avevo visto che non erano i miei vestiti quelli quindi entrai totalmente nel panico.

Sussurrai mentre mi misi una mano sulla fronte cercando di fare dei respiri profondi. Era tanto che non avevo un attacco quindi le pasticche non le prendevo così spesso. Pessima idea quella di uscire a correre sotto la pioggia. Chiusi gli occhi tentando di placare quell'orribile sensazione di giramento di testa.

La voce di Caleb mi arrivò lontana nonostante me lo ritrovai in ginocchio ai piedi del letto proprio di fronte a me. Era preoccupatissimo, potevo sentirlo. Annuii debolmente con la testa per tranquillizzarlo ma non ero neanche io sicura di stare bene.

Dissi in un sussurro mentre ormai tutto intorno a me stava girando.

Stava urlando, eppure la sua voce era sempre più lontana. Mi afferrò il viso con entrambe le mani e continuò a ripetere il mio nome svariate volte, ma io dovevo essere già assente perché all'improvviso tutto diventò nero e c'erano solo i suoi occhi azzurri che mi guardavano spaventati.

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Aprii lentamente gli occhi con molta difficoltà, dovetti battere più volte le palpebre prima di vederci meglio. Ero stesa sul letto... Non il mio. Avevo una fitta alla testa fortissima però gli altri sintomi erano scomparsi e fisicamente mi sentivo meglio, anche se ancora un po' debole. Cercai di mettermi a sedere senza preoccuparmi di capire dove mi trovavo. Appena tentai di alzarmi con le braccia ricaddi immediatamente sul letto dolorante.

La voce di Bruce mi arrivò alle orecchie meravigliandomi, visto che il mio ultimo ricordo erano gli occhi di Caleb. Lui notò la mia espressione interrogativa e si sedette sul letto accanto a me prendendomi una mano. L'ultima domanda la fece a voce piuttosto bassa strappandomi un sorriso. Gli tesi la mano per farmi tirare su a sedermi.

Sospirai premendomi una mano sulla fronte delicatamente. La feci molto semplice come storia.

Bruce era in pieno momento analisi. Stava fissando Caleb, forse per trarre qualche sua conclusione azzardata come sempre. Non so se disse quella frase con così tanta amarezza per gelosia nei confronti di Nat o per semplice invidia nei confronti della bellezza di Caleb. Con una mano massaggiai una delle tempie mentre i miei occhi erano presi a guardare Lui che era qualche metro più distante, preso in una conversazione al telefono chissà con chi. Forse con il padre, o con la sorella. Oppure ha chiamato Nat per disdire l'appuntamento... Scossi leggermente la testa ma me ne pentii immediatamente visto che mi fece malissimo, quindi chiusi gli occhi aspettando che il dolore passasse.

La voce preoccupata di Caleb mi fece riaprire gli occhi che come sempre trovarono immediatamente i suoi. Sembrava davvero provato per quanto successo. Non degnò Bruce di uno sguardo e lui se ne rese conto perché strinse la mia mano più forte in segno di protezione, io lo guardai per tranquillizzarlo.

Sussurrò Bruce infastidito per la presenza di quel meraviglioso ragazzo e prima di andarsene mi diede un bacio in fronte. Oltrepassò Caleb urtandogli la spalla di proposito senza preoccuparsene ed uscì dalla stanza accostando leggermente la porta. Solo in quel momento Caleb si avvicinò finalmente al letto senza però sedervisi, infilò le mani in tasca guardandosi intorno. Sembrava a disagio per qualcosa a me sconosciuto, non era così sicuro di se come lo era stato poco prima e la cosa mi stupì e non poco.

Dissi con calma. Lui alzò lo sguardo su di me senza dire una parola. Non sapevo cosa fare, forse me ne sarei dovuta andare da li. Avevo dato abbastanza disturbo. Cercai di posare i piedi per terra per alzarmi da quel letto ma Caleb cominciò a camminare avanti ed indietro pensieroso. Lo guardai chiedendomi cosa gli stesse passando per la testa, finché si avvicinò finalmente a me sedendosi sul letto.

Disse tutto d'un fiato senza rivolgermi lo sguardo. Era infastidito per la presenza di Bruce, ed era altrettanto infastidito per tutto quello che era successo. Dopo tutto come poteva interessargli la mia salute? Non avevo intenzione di rispondergli. Raccolsi tutte le forze che avevo in corpo e mi misi in piedi barcollando leggermente. Si alzò di scatto dal letto mettendosi proprio di fronte a me.

Cercai di superarlo ma il mio corpo non aveva tanta intenzione di collaborare, visto che praticamente gli finii addosso cercando un appiglio per non cadere a terra. Le sue forti braccia mi strinsero la vita per non farmi cadere, io d'istinto posai le mani sulle sue spalle per avere un appoggio più sicuro e stabile.

Spalancai gli occhi per la sorpresa. Disse quasi con rabbia. Era sempre più enigmatico, sembrava che si pentisse di comportarsi bene nei miei confronti ogni santissima volta.

Mi scostai da lui, ero quasi sicura di poter riuscire a camminare senza finire per terra, quindi lo oltrepassai per raggiungere la porta della sua camera ed uscire. Ma all'improvviso una mano si posò sul mio braccio delicatamente.

Il nervoso nei suoi confronti stava aumentando sempre di più. Tolsi il braccio dalla sua presa e mi voltai per guardarlo meglio negli occhi.

Ripresi a camminare concentrandomi per non perdere quel poco equilibrio che mi era tornato. Lo guardai quasi addolorata anche se non volevo fargli capire quanto la cosa mi ferisse. Ed il suo sguardo mi fece capire che lo avevo colpito per bene.

Bruce mi venne incontro e mi cinse la vita con un braccio. La sua voce profonda mi diede un senso di pace e serenità e piano piano ci avviammo verso l'uscita di quella casa che speravo di non vedere mai più.

Disse ridendo mentre mi apriva la porta dell'ingresso. Una volta fuori respirai quell'aria fresca, per non dire gelida, che puntualmente avvolgeva tutto il paese dopo la pioggia. Salii in macchina e aspettai che Bruce mettesse in moto, Caleb non ci seguì ma avrei potuto giurare di averlo visto in finestra con uno sguardo perso nel vuoto.

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La famiglia di Bruce era meravigliosa, dentro quella casa c'era sempre un'aria allegra, cosa che non c'era per niente nella mia. La madre mi adorava ed io sinceramente adoravo lei, mi aveva sempre trattata come se fossi un membro della loro famiglia e tra l'altro era un'ottima cuoca. Poi c'era il compagno della madre che era davvero straordinario, lavorava in un piccolo studio legale in città, aveva sempre il sorriso sul volto ed era di una dolcezza incredibile. Anche lui mi aveva sempre accolta a braccia aperte. Per ultimo c'era il fratellino di Bruce, Tom, aveva dieci anni e lo adoravo. Per la sua età era incredibilmente intelligente e andava a dire in giro che ero la sua ragazza, ed io stavo al suo gioco ovviamente.

Quel pensiero mi fece sorridere e due minuti dopo Bruce aveva parcheggiato la macchina di fronte la porta del suo garage.

Scesi dalla macchina con molta calma e chiusi lo sportello. Bruce venne dalla mia parte per aiutarmi e mi accompagnò alla porta di casa aspettando che qualcuno ci aprisse. Quando la madre mi vide fece un sorriso enorme venendomi subito ad abbracciare.

Mi diede un bacio sulla guancia sinceramente felice e mi strinse in un forte abbraccio.

Le sorrisi ed entrammo in casa. Nonostante io e Bruce abitavamo vicini e ci vedevamo tutti i giorni era davvero tanto tempo che non andavo da loro. Quando fummo dentro Tom mi venne subito incontro urlando contento. Io mi abbassai di poco per abbracciarlo forte, aveva 10 anni ed era quasi alto quanto me, se aveva ripreso dal fratello mi avrebbe superato in breve tempo.

Gli scompigliai i capelli e lui si mise a ridere salutandomi a sua volta. Il patrigno era ancora a lavoro e la madre era intenta a cucinare la cena perché la casa era avvolta da un profumo squisito. Mi guardai intorno e vidi praticamente lo stesso ambiente dove vivevo io, ma con un'atmosfera del tutto diversa purtroppo. Sospirai debolmente e seguii Bruce al piano di sopra in camera sua. Ogni volta che entravo in quella camera mi scappava un sorriso, era uguale a quando era piccolo, piena di poster di cartoni animati d'azione e statuine qua e là, fatte di lego. L'unica cosa che fino ad un paio d'anni prima non c'era, era uno scaffale in legno accanto alla sua scrivania colpo di trofei, foto, magliette e palloni, tutto riguardante il football ovviamente dato che lui era il capitano della squadra della scuola. 

Mi accarezzò un braccio e andò alla ricerca della scatolina. Io gli sorrisi e mi sedetti sulla sedia della scrivania. Era disarmante la sua dolcezza, avrei potuto contare su di lui ad occhi chiusi. Ci sarebbe sempre stato per me di quello ne ero certa. Eppure più pensavo a lui e più mi veniva in mente Caleb, quell'odioso e misterioso ragazzo che aveva conquistato il mio cuore e che odiavo proprio per quello. Tornò trionfante nella stanza e mi posò la scatola sulla scrivania. Mi venne da ridere guardandolo. Bruce aveva sempre tutto a portata di mano, avevi bisogno di qualcosa? Lui ce l'aveva di sicuro. Anche la più particolare.

Gli sorrisi e presi una pasticca mettendomela in bocca. Aspettai che Bruce trovasse la bottiglietta e poi mandai giù con un sorso d'acqua.

Ci rimase davvero male per Caleb, come non capirlo d'altro canto, io e lui ci dicevamo sempre tutto, non c'erano segreti tra noi. Eppure mi ero sentita in dovere di nascondergli questo ragazzo, o meglio nascondergli il fatto che lo conoscevo.

Ed era vero, non mi fidavo per niente di lui. Ed era vero anche il fatto che non volevo che Nat ci uscisse, ma non perché non mi fidassi, semplicemente perché mi dava fastidio l'idea di loro due insieme.

Domandai stupita.

Guardava dalla finestra mentre pronunciava amaramente quelle parole. Mi sentii in dovere di andargli incontro.

Dissi ridendo. Cercai più di convincere me stessa che lui.

Il tono della sua voce fece intendere che con quella frase avevo risposto ai suoi dubbi. Che idiota.

Cercai di essere il più convincente possibile.

Mi sorrise. Scosse la testa ridendo ma io non stavo già più ascoltando. Cosa aveva appena detto? Mi accorsi che stavo trattenendo il respiro quando ne sentii il bisogno. Buttai tutto fuori. Non potevo credere a ciò che avevo appena sentito. Nat aveva ragione, ma era quasi come se lo avessi sempre saputo anche io, solo che non ci volevo credere. Ogni suo gesto, ogni sua parola, come avevo fatto a non capirlo da sola? Chissà quante volte lo avevo ferito senza rendermene conto... Non riuscivo a spiccicare parola in quel momento e lui era li che mi fissava aspettandosi qualcosa forse. Ad un certo punto abbassò lo sguardo sorridendo.

In quell'istante era come se il mio cervello non fosse collegato alla bocca ed iniziai a parlare senza pensare a ciò che dicevo. La mia voce era abbastanza alta.

Urlava facendo avanti ed indietro senza mai togliere lo sguardo da me, sapevo che non intendeva sul serio ciò che aveva detto, ma li per li mi diede piuttosto fastidio il suo tono.

Lo guardai con dolore.

Si avvicinò talmente tanto che i nostri corpi si sfiorarono. Alzai lentamente il viso per guardarlo negli occhi. Detto questo uscì dalla stanza chiudendosi la porta dietro ed io mi ritrovai li, sola con i miei pensieri. Le lacrime mi rigavano il viso ininterrottamente. Avevo appena spezzato il cuore del mio migliore amico, e facendo così spezzai anche il mio.

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Capitolo 5
*** 5. ***


Era passata circa una settimana da quando era successa tutta quella storia con Bruce, e sempre da quel giorno non avevo visto neanche Caleb. Le mie giornate erano trascorse tra corsi estivi, chiacchierate con Nat, corse mattutine da sola e tanta scrittura. Quella settimana avevo scritto davvero tanto, e non mi ero resa conto fino a quel momento di quanto complicata fosse la mia vita. Fisicamente stavo finalmente meglio ed avevo ripreso a correre a piccole dosi, per non sovraccaricare troppo il cuore. Purtroppo soffrivo di pressione bassa, ereditata da mia madre, fortunatamente non cronica, mi bastava una pasticca al giorno per tenerla sotto controllo e quando non la prendevo ero a rischio "crisi", soprattutto se mettevo a dura prova il mio fisico. Nei miei diciannove anni di vita ne avevo avute solo tre abbastanza brutte da finire addirittura all'ospedale, quindi quella della settimana prima era praticamente niente. Ma tornando a noi.

Era un venerdì sera di Agosto, tra tre settimane sarebbe ricominciata la scuola. Ero fissa davanti lo specchio da almeno dieci minuti a guardare la mia figura riflessa.

Il tono di voce di Nat era un po' troppo esuberante per i miei timpani, ma la adoravo proprio per quello.

Era riuscita a convincermi ad andare ad una festa in città, che puntualmente ogni primo di Agosto festeggiava la quasi fine dell'estate. Non aveva molto senso, ma non mi dispiaceva andarci, almeno mi sarei distratta un pochino. Il punto era che Nat mi aveva costretta a mettere uno dei suoi mini vestiti perché intenzionata a farmi fare conquiste. Ancora non si rassegnava quella ragazza al mio totale disinteresse nei confronti del mondo della moda, però più fissavo la mia immagine allo specchio e più mi stavo convincendo di piacermi. Indossavo un semplice tubino nero, ricoperto da una leggerissima polvere argentata che dava tanta luce al vestito, che mi arrivava piuttosto sopra le ginocchia e che lasciava scoperta la schiena, dei sandali con la zeppa sempre neri e avevo lasciato i capelli sciolti che ricadevano sulle spalle in lunghi boccoli castani. Al trucco ci aveva pensato Nat, ma mi conosceva bene ormai e sapeva che non mi piacevano i trucchi pesanti quindi mi stupii nel vedere che nonostante il trucco leggerissimo che mi aveva fatto ero davvero bellissima. Sembravo quasi un'altra persona, e mi sarebbe potuto piacere questo lato di me.

Disse in una smorfia, io scoppiai subito a ridere mettendomi una mano all'altezza dello stomaco. Charlotte era la ragazza più popolare della scuola, nonché reginetta del ballo da quattro anni ovviamente. Era la classica barbie, alta, bionda, occhi azzurri e fisico scheletrico. Tutto il mondo le andava dietro, forse per l'immagine che si portava appresso, perché io personalmente non mi sarei mai cambiata per una come lei. Soprattutto non quella sera. Prima di uscire dalla stanza il mio sguardo cadde sulla giacca di pelle di Caleb, ancora posata sulla sedia. Non avevo avuto modo di dargliela ancora, ma lo avrei sicuramente fatto.

Arrivammo alla festa verso le 21.00 e la città era piena di gente, non si riusciva a capire più niente e per trovare un parcheggio avevamo dovuto fare quasi il giro di tutta la città. Che fortunatamente era piccola.

Le strade erano tutte illuminate e piene di piccoli stand lungo i marciapiedi. Ogni anno c'era sempre più gente e l'atmosfera era davvero incredibile. Ci incamminammo tra la folla intenzionate ad arrivare agli stand gastronomici per mangiarci qualcosa prima di cominciare il nostro giro. Purtroppo la fila anche per un semplice panino era immensa, ma d'altronde non c'erano molte alternative quindi decidemmo di aspettare il nostro turno.

Spalancai gli occhi, mi ero completamente dimenticata di Caleb e Nat, ero stata talmente presa con la storia di Bruce che sul serio mi era passato di mente. Tra l'altro non avevo avuto modo di parlare con lei nell'ultima settimana, visto che avevo evitato un po' tutti. Un piccolo sorriso mi si formò sulle labbra ma lo nascosi immediatamente cercando di sfoggiare l'espressione più esterrefatta che possedevo.

A volte avrei potuto fare l'attrice.

Mosse il collo insieme al braccio sembrando una di quelle ragazze di colore dei video rap. Mi strappò una risata a vederla.

Dissi più convinta che mai. Dopotutto era vero, Caleb non si meritava una ragazza straordinaria come Nat. Anche perché aveva trovato pane per i suoi denti, lei non era la tipa da farsi mettere i piedi in testa da nessuno, soprattutto non da uno sconosciuto.

Non mi ero accorta di essere arrivata alla fine di tutta quella fila. Buttai un'occhiata al menù per vedere quali tipologie di panini c'erano e decisi per uno con stracchino e prosciutto crudo, insieme ad una bottiglietta di coca cola. Nat si prese invece un mega cheeseburger con dentro di tutto, se me lo fossi preso io avrei preso tre kg anche solo guardandolo, invece lei non ingrassava neanche di un grammo. Come facesse non lo sapevo.

Scoppiammo entrambe a ridere e ci avviammo verso un grande parco, dove avevano allestito diverse zone pic-nic e tanti tavolini in legno per potersi sedere e mangiare. Ci guardammo intorno con aria completamente persa.

Disse Nat quasi esterrefatta al solo pensiero. Per lei quello sarebbe stato un omicidio bello e buono. Quindi optammo per mangiarci i panini camminando. Era la soluzione più logica, e poi così avremmo fatto un bel giro tra i vari stand.

Iniziammo a camminare tra la folla mentre mangiavamo i nostri panini. C'erano così tante cose meravigliose da rimanere senza fiato. In neanche cinque minuti Nat aveva già due buste in mano, e nell'altra il panino, che io nel frattempo avevo già finito.

Urlai facendo spaventare a morte la mia migliore amica. La presi per un braccio e la trascinai barcollando qua e là verso un piccolo chiosco. Maledetti tacchi.

Nat aveva il fiatone per aver fatto neanche due minuti di corsetta, non era proprio il tipo di ragazza da attività fisica, eppure a guardarla non sembrava.

La guardai ridendo e poi indirizzai subito il mio sguardo su quel piccolo banchetto di legno, pieno di oggetti antichi e meravigliosi. Eccola un'altra mia passione, l'antiquariato. Collezionavo oggetti antichi da diversi anni, questo interesse me lo aveva trasmesso mia madre che con il tempo lo perse. Ma io continuai. Ogni articolo era appartenuto a qualcuno in passato, aveva un significato importante, e a me piaceva l'idea di poter custodire un qualcosa di così tanto valore. Mi sentivo fortunata ad avere quella possibilità.

Disse Nat mentre continuava a mangiarsi il panino. Io la guardai ridendo alzando gli occhi al cielo, per poi tornare a posare lo sguardo su tutta quella meraviglia. Il proprietario del chiosco era un signore anziano gentilissimo che vedevo ogni tanto in un piccolo bar vicino scuola. Mi guardò dolcemente ed io ricambiai lo sguardo con altrettanta dolcezza ed ammirazione. Chissà se tutti quegli oggetti erano suoi. Un secondo dopo il mio sguardo si posò su una collana a dir poco meravigliosa. La catenina lunga, completamente in argento lavorato brillava su quel tavolino, come se si volesse far notare. Un cuore estremamente particolare, pieno di piccoli rami con rose rosse ne ricoprivano l'intera superficie in argento, mi ricordò la casa di Caleb. Non riuscivo a dire una parola.

La dolce voce anziana del signore mi fece sorridere e ringraziandolo con lo sguardo presi quella meravigliosa collana, rigirandomela tra le mani. Sorrise guardandomi ed io non mi resi conto di essermi quasi commossa, semplicemente per aver ascoltato le sue parole riguardanti la collana. Più la guardavo e più l'adoravo.

Gli dissi ancora stupefatta. Ma non potevo permettermela purtroppo, e poi con un così importante valore sentimentale... Gli chiesi titubando.

Sorrise guardando nel vuoto, come se stesse ricordando qualcosa. Ero sconvolta dalla bontà e dalla dolcezza di quell'uomo. Amava sua moglie più di qualsiasi cosa.

Stavo per dire che proprio non avrei potuto data l'importanza che aveva, ma una voce mi precedette. 

Sussultai non appena lo sentii. Caleb era improvvisamente al mio fianco, con un braccio teso verso il vecchio signore, pronto per pagare la collana che avevo ancora in mano. Il mio sguardo stupito incontrò il suo senza proferire parola.

Ci guardò entrambi sorridendo. Guardai il signore senza parole. Il suo gesto fu qualcosa di così sincero da mettere quasi paura in quel mondo di cattiverie.

Caleb prese in mano un piccolo angioletto di cristallo completamente lavorato a mano. Oggetti così non se ne vedevano più in giro ormai, era meraviglioso ed anche costosissimo. Ma ero sicura che lui non avesse di certo problemi di soldi. Ma quel gesto sembrava una sorte di ringraziamento verso il vecchio per il dono che mi aveva fatto. Si sorprese nel vedere che Caleb pagò in contanti e ci ringraziò diverse volte facendoci i migliori auguri. Ci allontanammo da quel chiosco insieme. Io ancora non proferivo parola perché successe tutto così in fretta che ancora dovevo capirci qualcosa. Nat sembrava scomparsa nel nulla. Quel vecchio era stato estremamente gentile con noi, e Caleb era comparso all'improvviso per comprarmi quella collana. Troppe cose per la mia testa in quel momento. Ce l'avevo ancora in mano non avendo avuto tempo di realizzare il tutto. Mi chiese Caleb guardandomi negli occhi.

Risposi tutt'altra cosa, ignorando la sua domanda. Non mi capacitavo di quel suo comportamento a dir poco assurdo.

Disse con totale naturalezza. La mia testa era sempre più confusa in quel momento.

Chiesi ormai arresa al suo comportamento.

Mi diede il piccolo angioletto che aveva comprato poco prima. E dopo quelle parole si allontanò, sparendo tra la folla. Senza neanche darmi qualche secondo per realizzare la sua strafottenza.

Dovevo sembrare matta visto che ero immobile in mezzo alla gente con in una mano una collana e nell'altra un angelo di cristallo.

Mi guardò confusa e mi passò più volte la mano davanti al viso. Ridacchiò vedendomi in quello stato. Chiese curiosa.

Rivolsi il mio sguardo su di lei e poi sulle mie mani. Dissi con molta disinvoltura sorridendole e sperando che non indagasse oltre. O meglio ancora, sperando che lei non vedesse Caleb nei dintorni.

Nat era stranamente interessata per essere una a cui queste cose davvero non piacevano per niente. Però aveva pienamente ragione, la collana era meravigliosa. Mi aiutò ad agganciarla al mio collo e rimasi qualche istante a guardare il ciondolo nelle mie mani. Poi misi l'angioletto nella mia borsa e continuammo il nostro giro. Chiese Nat sorseggiando la sua bibita dopo aver finalmente finito il panino.

Scossi la testa guardando altrove. Feci spallucce rassegnata. Sicuramente avrebbe avuto bisogno di tempo per riappacificarsi con me, o almeno me ne volevo convincere.

Mi sorrise per incoraggiarmi.

Il mio tono era molto scettico e anche infastidito. A quanto pare avevo sopravvalutato la mia amicizia con lui. Però era anche vero che gli avevo spezzato il cuore, quindi non avevo molto il diritto di prendermela con lui. Eppure non riuscivo a fare il contrario, perché io ci avevo provato a rimediare ma lui non me ne aveva dato la possibilità. Dissi molto dispiaciuta.

Mi prese sotto braccio dandomi un bacio sulla guancia e io le sorrisi, felice di avere almeno lei sempre al mio fianco.

Gli stand erano quasi finiti, la gente piano piano se ne stava andando ed era mezzanotte passata. Sarei dovuta tornare a casa a breve. Oltre a quella collana non avevo preso nulla, non c'era stato niente che avesse attirato la mia attenzione. Al contrario, Nat si era riempita di buste e bustine. Incredibile quanti soldi spendesse quella ragazza per cose a volte davvero inutili. Per ogni stand mi chiedeva sempre di scegliere tra due cose, e puntualmente lei prendeva quella che non avevo scelto. La cosa mi faceva ridere, era fatta così lei.

Non mi piaceva fare la guastafeste, però se non fossi tornata mi sarei dovuta sorbire l'ira funesta di mia madre.

Nat stava parlando con la signora su quale portafoglio sarebbe stato bene con la sua borsetta color Tiffany comprata poco prima. Alzai gli occhi al cielo, era incorreggibile non c'era niente da fare. Mi appoggiai con la mano sul bancone mentre aspettavo che facesse una decisione e nel frattempo mi guardavo intorno. Tutte facce più o meno già viste, in fondo tra tutti spiccava la bionda chioma di Charlotte. Mi sembrava strano di non averla ancora vista, lei non si perdeva neanche una festa. Feci una smorfia di disgusto, indossava un vestito rosa attillatissimo, anzi più che vestito era una maglietta visto che aveva praticamente il sedere scoperto. La sua risata si sentiva da li, sembrava un'oca quando rideva. Fastidiosissima. Il ragazzo di turno le stava posando una mano sul sedere, era di spalle e non riuscivo a vederlo in volto. D'altra parte che importanza aveva, ogni settimana ne aveva uno diverso, cambiava più ragazzi che scarpe. Le sue mani smaltate perennemente di rosa si notavano anche da la giù, ed in quel momento il ragazzo si girò senza lasciare la presa sul sedere della sua barbie, mi prese quasi un colpo quando lo riconobbi. Caleb. I miei occhi rimasero fissi su di loro, un misto tra odio e disgusto allo stesso tempo. Non avevo parole in quel momento, ma solo parolacce sinceramente, come avrebbe detto Nat. Lui incrociò il mio sguardo, più sconvolto di me. Tolse subito la mano dal sedere di Charlotte, come se non si volesse far vedere in quegli atteggiamenti. Notai che aprì leggermente la bocca, come se volesse dire qualcosa, ma io mi voltai immediatamente verso Nat. Non volevo dargli alcun modo di entrare in contatto con me.

Chiesi ansiosa di andarmene subito da li. Nat pagò quello che aveva comprato e venne da me tutta contenta.

Disse tutta trionfante. Ed iniziammo ad avviarci verso la macchina che purtroppo era molto distante da dov'eravamo noi ed io avevo male ai piedi. Non ero abituata a stare con le scarpe alte per tutto quel tempo.

Borbottai sotto voce togliendomele ed infilandole in una delle buste di Nat.

Disse seriamente preoccupata.

Il mio tono era piuttosto nervoso ma Nat sembrò non accorgersene.

Da una bustina tirò fuori dei semplici sandali bassi neri, che sicuramente aveva comprato li alla festa. Li accettai molto contenta e li infilai subito visto che avevamo lo stesso numero, mi sentii sollevata di camminare finalmente come al solito e non su quei trampoli.

Durante il tragitto ogni stand stava chiudendo e notai che il piccolo chiosco in legno già non c'era più. Avrei salutato volentieri il gentile signore. Distratta da quel pensiero andai a sbattere contro qualcosa, ma solo dopo mi resi conto che era qualcuno.

Dissi mortificata all'uomo che mi trovai di fronte. Quest'ultimo mi guardò dritto negli occhi per poi sorridere appena, sorpreso di vedermi. Era piuttosto alto, aveva dei capelli color corvino corti, occhi chiari come il ghiaccio e aveva una lunga cicatrice lungo tutto il viso.

Sussurrò appena il mio nome. Io spalancai gli occhi sussultando violentemente. Come faceva a sapere il mio nome? Non riuscivo più a muovermi, avevo il fiato molto corto ed il cuore che mi martellava nel petto. 

Chiesi titubando, il signore mi guardò un'ultima volta prima di sparire nel nulla, mi guardai intorno per cercare di vedere dov'era andato ma fu tutto inutile. Dovevo andarmene anche io da li, immediatamente. Mi guardai intorno rendendomi conto che Nat era sparita, doveva essere andata avanti senza rendersi conto che io non stavo dietro di lei. Quindi accelerai il passo senza smettere di controllare se qualcuno mi seguisse. Bruce. Avevo bisogno assolutamente di Bruce. Provai a chiamarlo ma ovviamente non rispose. Quindi decisi di chiamare Nat che mi disse che era già arrivata in macchina e che mi stava per chiamare visto che si era spaventata per la mia assenza. L'avrei raggiunta io li. Sicuramente avrà parlato per tutto il tragitto credendo che io fossi li con lei. La paura si stava insinuando in tutto il mio corpo, anche se effettivamente non era successo nulla, quel tizio sembrava quasi come se mi conoscesse, ed anche lui mi era familiare. Quegli occhi... In quel momento avevo l'impressione di vedere ombre ovunque che mi seguissero. Mi voltai di nuovo per vedere se c'era qualcuno alle mie spalle e fortunatamente non vidi nessuno, mi stavo facendo prendere da un panico inutile. Quando mi rigirai per riprendere a camminare per poco non lanciai un urlo. Urlai nel vedere che davanti a me c'era Caleb.

Disse, notando la mia tensione.

Lo oltrepassai e ripresi a camminare cercando di mantenere la calma. Ogni volta che mi trovato in qualche situazione strana spuntava sempre lui, la ciliegina sulla torta.

Iniziò a camminare all'indietro davanti a me per guardarmi in faccia. Io lo fulminai con il mio sguardo assottigliando gli occhi.

Si fermò di colpo facendo fermare anche me.

Strinsi i pugni per cercare di contenere la rabbia.

Disse sorridendo sfacciatamente.

Mi fermai incrociando le braccia. Dalla mia voce si poteva benissimo intuire il tono acido.

Mi guardò ridendo. Sembrava davvero convinto che io lo fossi. Ed era vero.

Avevamo ripreso a camminare ma si fermò di nuovo venendomi incontro e costringendomi a fare qualche passo indietro. Mi prese per il braccio per bloccarmi e costringermi a guardarlo negli occhi. Dissi a denti stretti.

Fece una smorfia infastidita.

Tolsi il braccio dalla sua presa guardandolo negli occhi.

Disse quasi ferito dalle mie parole, ma sicuramente stava fingendo come suo solito. La mano mi prudeva, avrei voluto stampargli un bello schiaffo sul viso. Mi odiavo. Odiavo me stessa per quelle stupide emozioni che mi faceva provare anche solo guardandolo.

Mi voltai senza dargli modo di parlare e ripresi a camminare, il parcheggio fortunatamente non distava molto da li. Come l'ultima volta non dovetti controllare per sapere che il suo sguardo era ancora li.

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Capitolo 6
*** 6. ***


Urlai dalla camera mia, presa a cercare tra tutti i panni dell'armadio e quelli posati qua e là. Quando mia madre faceva la lavatrice mi spariva sempre qualcosa. Ecco perché me la facevo da sola ogni volta. Sentii mia madre salire le scale ed entrare poco dopo in stanza con in mano i miei pantaloni neri. Sorrisi prendendoli.

Chiese mia madre venendosi a sedere sul letto, scansando una piccola montagna di vestiti, che subito rimisi a posto. In quei giorni camera mia era un disastro e stranamente mia madre non aveva nulla da ridire a riguardo, visto che entrambe eravamo felici di aver fatto pace.

Ridemmo entrambe, lei adorava Nat. Dissi mentre stavo piegando una maglietta, sospirai. Era vero, alla festa mi era mancato da morire.

Mi sorrise e si alzò per darmi una mano a sistemare tutto quel caos che c'era. Chiese mia madre mentre si stava rigirando tra le mani una pesante giacca in pelle. La guardai stupita, mi ero dimenticata di averla ancora li. 

Cercai di essere convincente, non era davvero il caso di aprire l'argomento Caleb con mia madre, anche se ne ero fortemente tentata. Forse lei era l'unica che mi avrebbe dato un buon consiglio. Era tanto che non uscivo da sola con mia madre e mi mancava, almeno mi sarei distratta un po'.

Il suo sorriso mi fece capire quanto la mia richiesta la rese felice. Sparì dalla mia stanza in due secondi facendomi sfuggire un sorriso. Mia madre era una bellissima donna di quarant'anni, qualche centimetro più alta di me, capelli del mio stesso identico colore ma portati molto più corti dei miei. Aveva gli occhi verdi ed un sorriso meraviglioso, anche lei come me amava l'attività fisica ma dato il suo duro lavoro alla libreria in città che la teneva occupata dalle 8 la mattina fino alle 7 di sera, non riusciva più a dedicarsi a se stessa. Ma credetemi se vi dico che fisicamente stava messa molto meglio di me che correvo tutti i giorni. Dopo circa cinque minuti tornò felice nella mia camera.

Quel sabato mattina in paese non c'era molta gente, eppure era una giornata meravigliosa di sole. Non faceva caldissimo ma si stava bene. La piccola piazza da casa nostra non distava molto, a piedi ci mettevamo una decina di minuti, quindi avremmo avuto un po di tempo per chiacchierare. Con mia madre parlavo spesso di libri, lei amava leggere quanto me. Ma restando sul vago decisi di aprire l'argomento che fino a pochi minuti prima ero convinta di non aprire.

Disse felice di poter essere utile.

Volevo avere un suo sincero parere.

Scoppiammo tutte e due a ridere come due sceme. Poi tornò più o meno seria. Fece una pausa guardandomi.

Dissi sbuffando.

Mi fece l'occhiolino sorridendo. Ero felice di avere lei al mio fianco. Soprattutto in questi momenti in cui non sapevo davvero cosa fare.

Non era da me una cosa del genere, fino a quel momento non mi ero mai innamorata in vita mia. Si, qualche piccola cotta ma niente di più.

Sospirò sorridendo a quei ricordi. Si spostò una ciocca di capelli dal viso. Parole sante. Come aveva ragione. Fino a prima di parlare con mia madre mi sentivo un'idiota ad essermi innamorata di un bastardo sconosciuto. Invece ora mi sentivo un po' più serena, quello che aveva detto mia madre era vero. Caleb mi era entrato dentro, e sarebbe stato un bel guaio.

Nel frattempo eravamo arrivate in piazza pronte per andarci a divorare tutti i dolci della pasticceria. La piazzetta del paese non era grandissima, eppure c'era un bar, una pasticceria, un piccolo ristorante ed un paio di negozietti qua e là. Tutto era in pietra, e più lo si guardava e più ci si innamorava. Sembrava uno di quei paesini antichi francesi. A dir poco meraviglioso e non sempre ne apprezzavo la bellezza.

Ecco l'unica cosa che odiavo di mia madre, il vizio del fumo.

Le sorrisi e mi avviai verso la piccola palazzina, di fianco all'entrata c'era una panchina quindi mi sedetti li nell'attesa. Accavallai le gambe e mi sistemai la coda, ogni tanto sorridevo a qualcuno che mi salutava, finché al mio fianco si sedette un ragazzo. Mi girai giusto per curiosità e spalancai gli occhi nel vedere che era Bruce. Il mio Bruce.

Non avevo quasi fiato. L'istinto mi diceva di saltargli addosso per quanto mi era mancato, ma non potevo visto quello che era successo e magari lui non voleva.

Non mi guardò neanche in faccia.

Dissi con un nodo alla gola.

Si girò finalmente a guardarmi.

Sospirai scuotendo la testa e guardando da un'altra parte, sentivo le lacrime che stavano salendo piano piano, ma non potevo permettermi di piangere, non davanti a lui. Lo avrei fatto sentire ancora peggio.

Non feci neanche in tempo a farlo finire che mi ero già fiondata tra le sue braccia. Lo strinsi così forte sperando di fargli mancare l'aria. Dio come mi era mancato il suo calore.

Lo strinsi ancora più forte e sentii le sue possenti braccia stringermi a sua volta. Sarei potuta rimanere così per sempre. Non volevo che fraintendesse, ma di quel contato ne avrei avuto bisogno sempre. Non riuscivo a viverne senza, e mi rendevo conto che il mio era puro egoismo. Ed eccole lì, le lacrime uscirono senza sosta. Ma non erano lacrime di tristezza, ma di gioia.

Alzò il mio viso mettendomi un dito sotto il mento e mi sorrise asciugandomi le lacrime.

Alzai le spalle guardando nella direzione del piccolo bar proprio di fronte a noi dall'altra parte della strada. Aveva sicuramente incontrato qualcuno e si era fermata a parlare.

Mi chiese Bruce premurosamente.

Ridacchiai facendogli la linguaccia ed attraversammo la piccola piazza, dirigendoci verso il bar. Mi era mancato ridere con lui. Una volta dentro ci guardammo intorno, ma il locale non era grande quindi non si poteva essere nascosta.

Disse Bruce dandosi un'occhiata in giro.

Buttai li la mia supposizione. Decidemmo di tornare in pasticceria ed aspettarla lì, le avrei mandato un messaggio per avvisarla.

Stavamo per attraversare la piazzetta quando sentii la sua voce proprio dietro di me, ma era lontana, non stava parlando con me. Mi voltai e notai due persone in un vicoletto poco lontano da noi. Assottigliai gli occhi per mettere meglio a fuoco e riconobbi mia madre che stava parlando animatamente con un uomo. Solo dopo mi resi conto che era lo stesso uomo con cui mi ero scontrata alla festa. Spalancai gli occhi. Perché mia madre stava parlando con quel tipo? Come faceva a conoscerlo? O forse le stava dando fastidio ma lei non lo conosceva. Stavo per fare dietro front ed andare in suo soccorso, ma ad un certo punto senza capirne il motivo si stavano abbracciando, ma non era un abbraccio qualsiasi. Sembravano piuttosto affiatati.

Mi chiese Bruce vedendomi in quello stato. Io mi voltai immediatamente sperando che lui non avesse visto nulla.

Iniziai a balbettare. Non sapevo cosa dire, dovevo andare li per capire cosa mi stava nascondendo mia madre e soprattutto capire chi era quell'uomo.

Purtroppo Bruce la vide. Ero inchiodata al terreno e scrutavo quella scena. Sembravano molto in confidenza e da mia madre una cosa del genere non me l'aspettavo. Però quell'uomo mi sembrava famigliare, e non solo perché lo avevo visto alla festa, anche in quel caso mi era sembrato già di conoscerlo.

  Iniziai a camminare a passo svelto verso di loro senza ascoltare Bruce che mi diceva di stare ferma dove stavo e aspettare che fosse mia madre a spiegarmi come stavano le cose. Svoltai il vicolo e me li ritrovai proprio di fronte. Si girarono entrambi nella mia direzione, mia madre restò impietrita e a bocca aperta. Quell'uomo incrociò il mio sguardo, anche lui non sapeva cosa dire.

La voce di mia madre risultò intimorita quasi.

li guardai entrambi aspettando delle spiegazioni. 

Bruce fece un cenno con il capo senza dire parola.

Chiesi un po stupita. Erano forse amanti? Poi mi girai verso il tipo. Lui si immobilizzò guardando mia madre, in seria difficoltà.

Mia madre guardò prima me e poi l'uomo. In qualche modo le credevo, però volevo solo capire cosa stava succedendo. Insomma chi diavolo era quell'uomo? Qualcosa mi diceva che era importante saperlo.. 

Sospirai passandomi una mano tra i capelli. Mi volevo seriamente fidare di lei. Anche se non avrei potuto biasimarla se tradiva mio padre, un uomo del genere non lo augurerei a nessuno. Mia madre mi ringraziò con lo sguardo, io non sapevo se ricambiare il sorriso quindi mi allontanai da li con Bruce subito dietro di me. 

La voce di Bruce giunse premurosa come sempre alle mie orecchie e mi fece sorridere.

lui mi sorrise e mi strinse in un abbraccio.

si girò dandomi le spalle ed io ridendo gli saltai sulla schiena ed entrammo in pasticceria come se nulla fosse successo.

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Quella specie di colazione andò piuttosto bene. Misi da parte quello che avevo visto e feci finta di niente. Quando uscimmo dalla pasticceria io e Bruce ci andammo a fare un giro insieme, dovevamo rimediare a quella settimana in cui eravamo stati lontani. Parlammo un po' di tutto, di quello che aveva fatto lui e di quello che avevo fatto io. Sorvolai di parlargli di ciò che era successo alla festa, non l'avrebbe presa bene ne per Caleb e ne per i due regali che mi aveva fatto.

Mi chiese lanciando dei piccoli sassi davanti a lui che aveva raccolto poco prima. Eravamo leggermente fuori dal piccolo paese, nei pressi del laghetto. Anche quello un posto molto speciale e meraviglioso.

Calciai un po di ghiaia con le scarpe mentre mi guardavo intorno.

Disse lui ridendo e mi rivolse uno sguardo complice facendomi l'occhiolino.

Gli sorrisi incrociando le braccia al petto, faceva più fresco lì rispetto al paese. La posizione del lago era leggermente più esposta all'insolito freddo che attanagliava Sunnyfalls di tanto in tanto.

Ci dirigemmo nella piccola casetta di pietra abbandonata che si affacciava proprio sul lago, il comune aveva deciso di rimetterla apposto nonostante fosse abbandonata, così la gente poteva tranquillamente andarci senza avere il terrore che qualche pietra potesse franare. Appena entrammo ci andammo a sedere su alcune sedie posizionate proprio all'entrata, e non appena mi sistemai mi squillò il telefono. Era Nat.

Girai lo schermo del telefono per farlo vedere a Bruce, se avessi risposto mi avrebbe tenuta al telefono le ore e lo sapevamo entrambi. Però magari era importante e se non avessi risposto mi sarei sentita in colpa. Nel rifletterci non feci in tempo a prendere la chiamata, ma Nat non si diede per vinta e mi inviò immediatamente un messaggio, che aprii.

-Denise devo vederti subito. Ho incontrato Caleb. Cioè non proprio incontrato, ma meglio vederci così ne parliamo meglio. E' urgente!!!

Quando c'entrava Caleb mi veniva sempre l'ansia. Sospirai mettendomi il telefono in tasca.

MI grattai la testa ancora leggermente confusa da quel messaggio.

Iniziammo ad incamminarci.

Mi sorrise facendomi nuovamente l'occhiolino e dopo poco le nostre strade si divisero visto che dovevo raggiungere Nat. Arrivata alla fermata dell'autobus le mandai un messaggio dicendole che in una mezz'oretta sarei stata da lei. Mi sedetti sulla panchina in attesa guardandomi intorno. Ormai quando ero sola avevo ogni senso allertato, non riuscivo a stare tranquilla. Avevo sempre l'ansia che qualcuno mi seguisse, fortunatamente però arrivó  l'autobus poco dopo quindi mi rilassai e salii andandomi a sedere all'ultimo posto in fondo, come al solito.

Dovettero passare almeno cinque minuti prima che mi rendessi conto che tre sedili accanto a me c'era lui, Caleb.

Dissi praticamente a me stessa alzando gli occhi al cielo.

Un sorriso beffardo era stampato sul suo viso mentre le sue braccia erano incrociate come al solito. Si alzò per venirsi a sedere proprio di fianco a me.

Ringhiai praticamente, senza degnarlo di uno sguardo.

Più passava il tempo e più era strafottente con me.

Non volevo che nessuna emozione o sentimento uscisse fuori. Preferivo che pensasse che lo odiassi piuttosto che farmi prendere in giro per non essere ricambiata. Ripensai alle parole giuste di mia madre, ma ogni volta che lo incontravo ero sempre più dell'idea che nonostante fossi innamorata di lui, Caleb si sarebbe semplicemente divertito con me, distruggendo ogni mio sentimento. Era questo il gioco a cui stava giocando, altrimenti come potevo spiegare il suo comportamento? E come potevo spiegare anche il via vai di donne che aveva?

Gli sorrisi gelida.

Indicò la catenina della collana che si intravedeva da sotto la giacca. Me l'aveva regalata alla festa, anche se tecnicamente non l'aveva pagata visto che il gentile signore credeva che stessimo insieme e aveva voluto farci questo regalo.

Mi disse dolcemente guardandomi negli occhi. Ecco che ricominciava a farmi confondere con le sue belle frasi. Non lo sopportavo quando faceva così.

Chiesi evitando la frase appena detta.

Disse tranquillo, ma non ero così stupida. Aveva due macchine e una moto e voleva farmi credere che doveva prendere l'autobus per venire in città?

Sorrise e mi sentii presa in giro. Dovevo scendere subito e fortunatamente eravamo già in città quindi dovevo solo aspettare la mia fermata.

Dissi ironicamente, anche se non lo ero più di tanto visto che in parte ero davvero felice di averlo rivisto. Ecco nuovamente, pensieri e sentimenti ingarbugliati più di prima.

Mi fece l'occhiolino sapendo benissimo quanto odiassi che mi chiamasse così. Mi alzai salutandolo con un gesto quasi timido della mano e scesi alla fermata. Ne uscivo sempre sconvolta da ogni incontro con lui, era più forte di me. Scacciai i miei pensieri ed iniziai a cercare Nat li intorno, doveva essere proprio la vicino alla fermata perché mi aveva detto che mi avrebbe aspettata li, ma non la vedevo affatto. Dopo un po' sentii urlare il mio nome da un tavolino di un piccolo bar poco distante da me, mi voltai e la vidi seduta li che agitava freneticamente il suo braccio per farsi vedere. La raggiunsi poco dopo sedendomi di fronte a lei. Il bar dava proprio sulla strada però era molto carino nella sua semplicità.

Mi sistemai i capelli spettinati per il vento ed ordinai un bicchiere di coca al cameriere che nel frattempo era passato per prendere l'ordine.

Parlò a bassa voce come se qualcuno potesse sentirci. Disse il tutto in modo molto teatrale come suo solito. Dovevo ammettere però che la cosa mi disturbò un pochino, insomma per quale motivo stava indagando su di me? Per conoscermi meglio o c'era dell'altro? Quel ragazzo la coerenza non la conosceva proprio. Diceva una cosa e ne faceva un'altra, poi ovviamente c'era anche Nat che fraintendeva sempre tutto, quindi dovevo assicurarmene bene di questa storia perchè poteva benissimo essere un altro film che si era fatta.

Scossi la testa ancora leggermente allucinata dalle parole di Nat. Voltai leggermente la testa sovrappensiero mentre la mia migliore amica non la smetteva di fare supposizioni da film, e lui era proprio lì, dall'altra parte della strada. Che mi fissava, appoggiato al suo suv nero.

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Capitolo 7
*** 7. ***


Dovevo fare finta di niente, non volevo che Nat si accorgesse che Caleb fosse li, sarebbe andata in tilt. Purtroppo in quel momento già era presa a fare discorsi assurdi, quindi era meglio evitare equivoci.

A volte credevo che scherzasse quando diceva cose del genere, invece era piuttosto seria. Aveva già tirato fuori il cellulare per mandare un messaggio a Bruce.

Dissi in fretta, forse troppo in fretta e lei si insospettì un po', ma lasciò perdere e si rimise il telefono in borsa. Sapevo quanto Bruce detestasse Caleb, non gli serviva un motivo in più per farlo, e poi non mi andava di metterlo in mezzo in queste situazioni.

Mi puntò il dito contro mentre finivo il mio ultimo sorso di coca cola. Disse sorridendo ed ammiccando come solo lei poteva fare.

Non c'era niente da fare, Nat aveva sempre i migliori ragazzi.

Sbuffò accavallando la gamba, nonostante facesse freschetto Nat andava in giro con la minigonna, del tutto normale per lei.

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Tornai a casa che era ormai sera, le otto si stavano avvicinando ed io non ero minimamente pronta. Mi ero persa con Nat a chiacchierare del suo nuovo spasimante che non mi ero accorta dell'ora. Salutai al volo i miei genitori non appena entrai in casa, dissi a mia madre che sarei uscita con Bruce e che avremmo potuto parlare al mio ritorno, e mi fiondai in camera mia. Non avevo proprio intenzione di cominciare quel discorso con lei in quel momento. Strada facendo mi iniziai a togliere i vestiti che buttai nel cesto dei panni sporchi una volta arrivata in bagno. Aprii l'acqua calda della doccia e la feci scorrere prima di entrarci dentro. Restai sotto il suo getto caldo per un bel po', ma a malincuore dovetti sbrigarmi visto che Bruce sarebbe arrivato da un momento all'altro. Uscii dalla doccia poco dopo e avvolgendomi un asciugamano intorno al corpo andai in camera ed aprii l'armadio. Non mi volevo vestire troppo elegante o troppo carina, altrimenti poteva pensare ad un potenziale appuntamento. Quindi optai per un paio di jeans stretti che arrivavano poco sopra alla caviglia, degli stivaletti bassi neri ed una camicetta a maniche lunghe a righe bianche e nere. Nel complesso non ero per niente male ma comunque restavo molto semplice, decisi di farmi due trecce alte e mi misi un po' di mascara. Ero indecisa se mettermi o no il rossetto che Nat mi aveva dato dopo avermi truccata per la festa dell'altra sera, optai per metterne una leggera passata. Dopo aver contemplato la mia immagine completa allo specchio ed esserne soddisfatta presi d'istinto la collana e la infilai al collo, poi afferrai la mia borsa ed uscii dalla camera, chiudendola alle mie spalle. Mentre scendevo le scale il campanello di casa suonò, quindi andai io ad aprire e mi ritrovai un bellissimo Bruce davanti. Indossava una camicia nera che risaltava i suoi occhi color ghiaccio e dei jeans strappati. Nella sua semplicità riusciva ad essere sempre bellissimo. Restammo entrambi a fissarci per qualche secondo, poi fu lui a spezzare il silenzio.

Mi sorrise radioso, guardandomi dalla testa ai piedi. Quella specie di analisi mi stava mettendo non poco a disagio e lui se ne accorse, quindi distolse lo sguardo immediatamente. .

Scossi la testa sorridendogli. Salutai i miei e uscimmo di casa. La sua splendida audi era parcheggiata di fronte al mio garage. Una volta vicini mi aprì lo sportello e mi fece salire, poi fece il giro dell'auto e mise in moto uscendo dal piccolo vialetto in retromarcia.

Mi chiese sorridendo mentre accendeva la radio. Subito l'abitacolo della macchina si riempì di musica pop. Ed io mi rilassai.

Lo guardai sorridendo aspettando una sua risposta.

Sorrise senza distogliere lo sguardo dalla strada. Ogni tanto i suoi occhi incontravano i miei in uno scambio di sguardi continuo. E tra un silenzio imbarazzante e l'altro Bruce cercava sempre di non farmi sentire a disagio e ci riusciva molto bene fortunatamente. Ringraziai il fatto che non aprí il discorso di mia madre, sapeva bene che non era il caso farlo.

Una mezz'oretta dopo eravamo in città e stavamo parcheggiando di fronte alla migliore paninoteca della zona. Io e Bruce ci andavamo spesso li, ormai conoscevamo tutta la famiglia proprietaria. Non avevo mai mangiato panini così buoni e non era affatto un'esagerazione la mia.

Una volta entrati andammo al bancone dove c'era Robert che ci salutò felice di vederci dopo diverso tempo. Robert era un papà di famiglia, di origini italiane che aveva deciso di aprire la sua attività nella cittadina più sperduta d'America, ed era stato un grande affare per lui. Ci fermammo a parlare un pochino, chiedendogli della famiglia e degli affari in generale. Prima di andarcene ci preparò i due soliti panini che ormai sapeva a memoria. Bruce prendeva sempre una piccola baguette con tonno, mozzarella, insalata, funghi e tartufo, un'accoppiata che lasciava parecchio a desiderare. Io invece rimanevo sul classico prendendo stracchino, pomodoro e prosciutto cotto. Uscimmo di li con i panini e due bibite nella bustina e salutammo calorosamente Robert.

Propose Bruce.

Gli sorrisi battendo le mani e cominciando a camminare, non era molto distante e quella sera si stava benissimo a parte un leggero venticello fresco.

Domandò tirando fuori dalla busta i due panini e mi porse il mio. Rimasi un attimo bloccata non sapendo cosa dire.

Addentai il mio panino, non sapevo se era il caso di dirgli che Caleb, il ragazzo che tanto odiava, mi stalkerava. Ma non riuscivo neanche a dirgli una cavolata. Cercai di dire immediatamente, giusto per far sembrare la cosa un po' più normale. A Bruce per poco non andò di traverso un boccone.

Il suo tono era cambiato, era diventato più duro.

Si sfogò sul povero panino divorandolo velocemente.

Il mio tono era carico di scetticismo.

Sorseggiò un po' della sua birra guardando dritto davanti a se. Non dovevo aprire quel discorso, sapevo che se la sarebbe presa sicuramente per Caleb. Sospirai e finii con calma il mio panino mentre ci avvicinavamo alla spiaggia. Non parlammo finché non arrivammo in riva al mare. Bruce posò la sua birra sulla sabbia e mi guardò negli occhi. Mi avvicinai a lui e lo abbracciai fortissimo.

Alzai il viso per guardarlo e tirai fuori il mio cellulare Gli chiesi sorridendo e lui annuendo prese il telefono visto che io ero troppo bassa, ed allungò il braccio in alto per scattare la foto. Eravamo stretti ed io posavo la testa sul suo petto sorridendo, nella foto. Noi cercavamo sempre di immortalare quello che facevamo insieme, per avere in futuro tanti ricordi su cui poter parlare e ridere.

Mentre pubblicavo la foto sul mio profilo Facebook alzai lo sguardo su di lui.

Mi fece quella domanda senza guardarmi, ero completamente spiazzata. Ma che domanda era? Insomma non se ne poteva uscire così, anche perché non volevo di certo baciarlo visto che era il mio migliore amico. Ma non ero neanche così tanto sicura che mi sarei tirata indietro. Quindi preferivo che si risparmiasse una cosa del genere.

Non sapevo davvero cosa rispondere, mi trovavo in grossa difficoltà. Nella mia testa balenarono tantissimi pensieri e mi resi conto troppo tardi che le sue mani tenevano il mio viso ed in pochi secondi le sue labbra erano sulle mie. Calde, morbide e delicate. Con movimenti molto lenti Bruce mi baciò prendendomi alla sprovvista completamente. All'inizio cercai di divincolarmi, ma durò poco, visto che subito dopo mi stavo facendo trasportare dalla passione. Una passione che non credevo di poter avere, quel contatto era bellissimo, mi faceva sentire a casa ed il suo tocco delicato mi tranquillizzava. Posai le mani sulle sue senza lasciare le sue labbra, mi stavo odiando da morire in quel momento perché non volevo illuderlo, ma proprio non riuscivo a staccarmi da lui. Lentamente insinuò la lingua nella mia bocca, sempre con molta delicatezza. Con una mano mi accarezzava il viso e con l'altra scendeva ad accarezzarmi un fianco, provocandomi un leggero brivido. Ansimai staccandomi da lui.

La sua voce ansimante era piena di angoscia quando vide nei miei occhi la paura di quello che era appena successo e si passò una mano tra i capelli leccandosi le labbra.

Una voce ci interruppe dalla nostra conversazione. Quella voce. Mi girai lentamente trovandomi davanti Charlotte ed il suo gruppetto di cagnolini che la seguivano ovunque. Mi dimenticavo che lei viveva in spiaggia le sera. Perfetto, ci voleva proprio. Disse battendo le mani.

Ringhiai io non appena la vidi. Non c'era essere umano più inutile di lei. Con una mano si spostò di lato la sua lunga chioma bionda guardandoci.

Rise in maniera così fastidiosa che ci era mancato poco che i miei timpani scoppiassero. Si divertiva a rovinare la vita alla gente, o comunque era così poco intelligente da non capire di essere una persona insopportabile, peccato che con me cascava molto male, perché ci avrei messo due secondo ad azzittirla.

Bruce mi prese per mano e mi trascinò via, purtroppo per andarcene dovevamo oltrepassarli visto che erano nella direzione dell'uscita. Strinsi la mano a Bruce e non feci caso alle varie occhiate di quei poveri imbecilli che erano li. Poi però il mio sguardo si posò su un ragazzo in particolare a cui non avevo fatto ancora caso, e che mi stava guardando con rabbia.

Sussurrai senza volerlo e Bruce si bloccò all'istante girandosi nella direzione in cui stavo guardando.

Bruce lo fulminò con lo sguardo avvicinandosi a passo svelto verso di lui. Il sangue mi si raggelò nelle vene. Che intenzione aveva?

Cercai di fermarlo ma ovviamente senza risultato. Raggiunse Caleb con poche falcate e si fermò a qualche centimetro da lui. Erano praticamente alti uguali, due colossi, forse Caleb era leggermente più alto ed io stavo iniziando ad avere paura per come si stava mettendo la situazione.

Disse a denti stretti cercando di mantenere la calma, ma sapevo che sarebbe esploso a breve e non era un bello spettacolo.

Dio il suo tono era sempre così fastidioso.

Incrociò le braccia sorridendo beffardo.

La mia era praticamente una supplica, non volevo che finisse male. Quell'oca giuliva di Charlotte se la stava dando a gambe insieme a quegli idioti che si portava dietro, da aspettarselo.

Fu in quel momento che si sentì lo schianto del pugno di Bruce sullo zigomo di Caleb e quest'ultimo cadde a terra spiazzato. Io spalancai gli occhi guardando prima Bruce e poi Caleb preoccupata. Lui si alzò da terra massaggiandosi il viso e pulendosi dalla sabbia.

Bruce ormai era andato, lo avevo visto solo un'altra volta in quello stato e non mi era piaciuto lo spettacolo.

Lo sguardo ed il tono di Caleb non erano mai stati così freddi e duri come lo erano in quel momento. Era uno scontro tra titani quello, metteva i brividi. Provai a fare un passo verso di loro ma mi dovetti fermare perché Caleb aveva appena tirato un pugno sul naso di Bruce, che dovette indietreggiare leggermente per incassare il colpo con una smorfia di dolore. Non volevo assistere a quella scena, non tra loro due. Ma la situazione non faceva altro che peggiorare, Bruce andando avanti aveva già un occhio leggermente gonfio ed il sangue che gli usciva dal naso, mentre Caleb aveva uno zigomo sanguinante e basta. Sapeva incassare benissimo i colpi. Io urlavo cercando di farli smettere e loro mi ignoravano continuando a darsele di santa ragione. Ad un certo punto Bruce era steso a terra con Caleb sopra di lui pronto a sferrare l'ennesimo pugno. Decisi di intervenire in quel momento, non ce la facevo più, era assurdo il motivo per cui era scoppiata quella rissa. Posai le mani su quella di Caleb per cercare di fermarlo, ma quest'ultimo preso dal momento il pugno invece di darlo a Bruce lo diede a me. Dritto in faccia, ed io mi ritrovai a terra con una fitta lancinante all'altezza della guancia. Il dolore mi aveva fatto uscire le lacrime, mi sentivo il viso completamente dolorante e gonfio. Respiravo velocemente per cercare di controllarmi o sarei scoppiata a piangere per tutta quella situazione. Sentii un liquido caldo scivolarmi sul viso e solo dopo averci passato delicatamente la mano mi resi conto che era sangue. Immediatamente alzai lo sguardo verso entrambi che si erano pietrificati, Caleb era paralizzato, il suo sguardo trovò subito il mio ed era non mortificato, di più. La sua voce uscì quasi spezzata dalla sua bocca, stava per fare un passo nella mia direzione ma  Bruce lo oltrepassò e si fiondò da me.

Mi accarezzò il viso e analizzò il danno abbastanza preoccupato. Punti? Addirittura? Possibile che era stato così forte quel colpo? Bruce mi aiutò ad alzarmi e mi sorresse reggendomi da un braccio.

Dissi dolorante. Eccome se mi faceva male.

Non avevo mai sentito Bruce cosi infuriato. Caleb non rispose, si limitò a restare immobile senza smettere di guardarmi. Non lo aveva fatto apposta, lo sapevo. Sarei voluta andare da lui per dirgli che non era successo niente, ma purtroppo non era così. Qualcosa era successo.

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Per arrivare all'ospedale Bruce aveva avuto una guida a dir poco spericolata. Avevo quasi avuto più ansia durante il tragitto che durante la rissa. Scherzi a parte, una volta arrivati non avevamo dovuto aspettare molto. Mi avevano portata in una piccola stanza, dove un chirurgo mi stava visitando. Ero seduta sul letto con i vestiti sporchi del mio sangue, mentre il medico controllava la situazione.

Sorrise gentilmente ed uscì dalla stanza, aveva un aria familiare. Ma ultimamente mi sembrava che tutti avessero un aria familiare, quindi non gli diedi peso.

Io e Bruce restammo li a guardarci, entrambi mortificati.

Lo interruppi immediatamente.

Dissi cercando di risollevargli il morale. Sapevo quanto ci stava male per quello che era successo.

Quella frase mi fece rabbrividire. Il medico entrò qualche secondo dopo fortunatamente interrompendo i miei pensieri.

Disse il chirurgo rivolto a Bruce.

Ci guardammo entrambi dopo aver detto in coro la stessa frase. Il dottore si fece una risata e Bruce uscì dalla stanza, lanciandomi un ultimo sguardo prima di chiudersi la porta dietro.

il chirurgo mi sorrise per cercare di tranquillizzarmi un pochino. Ecco quello mi rassicurava parecchio.

Alzai le spalle sospirando, il dottore aveva disinfettato tutto ed ora stava cominciando a mettere i punti. Mi aveva anestetizzato la guancia con una piccola iniezione.

una volta che finí il tutto mi mise un cerotto abbastanza grande sulla guancia.

Gli sorrisi davvero grata e aspettai che fece il prelievo al mio braccio sinistro. Mi sentivo la guancia addormentata. Non appena lo fece uscí dalla stanza ed io rimasi li da sola in attesa. Non potevo ancora crederci a quello che era successo, il mio migliore amico e Caleb si erano menati per colpa mia. Scossi la testa nell'istante in cui la porta si aprí e mi ritrovai davanti proprio Caleb. Lo guardai meravigliata di vederlo li e anche stupita per il fatto che Bruce lo avesse fatto entrare, ma forse si era allontanato un attimo e non l'aveva visto.

Mi domandò preoccupatissimo. Mi raggiunse vicino al letto e notai che gli si erano formati diversi lividi sul viso ed aveva un taglio sul sopracciglio sinistro. Anche Bruce picchiava bene nonostante non avesse dato il meglio di sé, per fortuna di Caleb.

Lo guardai accennando in sorriso.

Non lo avevo mai visto così abbattuto. Mi si spezzava il cuore.

Cercai in qualche modo di tranquillizzarlo.

Mi accarezzò il viso guardandomi. Mi tornò in mente il suo sguardo.

Erano le stesse parole che gli Dissi io tempo prima.

Gli sorrisi e lui ricambió. Mi prese la mano stringendola.

Ridacchió guardandomi, io stavo per ribattere ma lui mi azzittí. Lo guardai ridendo. Aveva ragione, non era sgradevole.

Lo guardai dritto negli occhi mettendomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Mi stupii di quella domanda. Ma ne ero piacevolmente sorpresa. Quindi scesi dal letto sorridendo e alzai la testa per guardarlo meglio.

Lui mi sorrise sinceramente felice per la prima volta.

Ci stringemmo la mano sorridendo e in quello stesso istante entrò il medico con le mie analisi. Quando ci vide rimase stupito.

Si conoscevano?

Sussurrò lui.

Chiese in tono autoritario.

Papá? Quel chirurgo era il padre di Caleb? Beh ecco perché mi sembrava familiare. Riflettendoli erano praticamente uguali.

Ammonì il figlio duramente e poi tornò a guardare me.

Dissi guardandoli entrambi.

Puntò il dito contro Caleb e poi mi sorrise affettuoso. Mi fece l'occhiolino esattamente come lo faceva Caleb, poi uscí dalla camera. Ci guardammo per qualche secondo prima che lui parlasse.

Sì passò una mano tra i suoi capelli dorati e mi guardò. Per quanto volessi dire di sì sapevo che fuori c'era Bruce che mi aspettava preoccupato.

Lo Dissi quasi a malincuore, volevo stare ancora un po con lui ma non volevo neanche lasciare Bruce da solo.

Mi prese alla sprovvista con quella domanda. Non ero mai andata oltre la città, quindi ero sinceramente incuriosita dalla sua proposta.

Gli sorrisi e si avvicinò a me. Mi bloccai perché credevo che mi stesse per baciare in bocca ma invece posò un piccolo bacio sulla fronte accarezzandomi i capelli.

Mi sorrise ed uscí dalla camera.

Avrei potuto giurare di sentire il mio cuore fare capriole di gioia. Quel misterioso ragazzo si stava rivelando una meravigliosa scoperta. E non vedevo l'ora di andare fino in fondo, anche se mi sarebbe costato tanto farlo.

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