Orange Flowers

di ma_rya76
(/viewuser.php?uid=296598)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte ***
Capitolo 3: *** Terza Parte ***
Capitolo 4: *** Quarta Parte ***
Capitolo 5: *** Quinta Parte ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


Sono le 21:20 di un lunghissimo venerdì che sembrava non volere arrivare alla fine, quando scendo dal bus e mi costringo a trascinare le gambe doloranti a causa della lunga giornata lavorativa verso casa. Quella casa che mi ha visto crescere e in cui mia madre ormai da anni convive con il suo ultimo compagno,un uomo insignificante che si è intrufolato in quello che era stato il mio regno indiscusso. Quella casa che dista giusto 457 passi da quando scendo dalla linea 107. Si perché ormai quello che era stato un gioco da adolescente, l'ho continuato a ripetere di giorno in giorno fino a fare passare gli anni e farne un abitudine. Da quel giorno che mia madre per colazione mi informò che la sera sarebbe venuto a farci visita un amico e che sarebbe rimasto per la notte, io iniziai a contare i passi che mi separavano da casa,sperando che qualcosa o qualcuno cambiasse quella realtà di cui non ero affatto felice. "457" penso "e anche oggi nulla è cambiato" mi dico mentre estraggo le chiavi dalla borsa, ma quando ne provo ad infilare una nella toppa per cercare di aprire, questa non va,proprio non ne vuole sapere di entrare. Controllo per vedere se è quella giusta e riprovo, ma nulla. Allora inizio a bussare e poi a suonare il campanello,mia madre non risponde né tantomeno il suo compagno che a quest'ora sta sempre in casa. Provo a telefonare prima al numero fisso, senza ricevere risposta. "Possibile siano usciti?" mi chiedo stranita. Primo,perché escono raramente. Secondo, perché di solito mi avvisano. Terzo e la cosa mi preoccupa, perché cavolo non riesco ad entrare in casa? Mi decido a chiamare al cellulare di mia madre e lo sento squillare. "Ma allora sono in casa!" lei non uscirebbe mai senza il suo cellulare. Inizio a bussare ripetutamente alla porta e a chiamare a gran voce fino a quando finalmente la porta si apre di poco e mia madre si affaccia appena con alle spalle l'uomo che aveva preso il posto di mio padre a sostenerla. Un padre che ricordavo appena dato che aveva avuto la bella idea di lasciarci e sparire nel nulla senza neppure una spiegazione. "Mamma...le mie chiavi non funzionano, non riuscivo ad aprire" dico incerta nella spiegazione. "Non sono le chiavi,ho cambiato la serratura" spiega. "Ah davvero e perché?" chiedo cercando di farmi strada ed entrare,ma mia madre fa resistenza impedendomi di mettere anche un solo piede in casa. "Si può sapere che ti prende?" chiedo stavolta infastidita,sono troppo stanca per fare questo tipo di giochetti. "Da oggi in poi questa non è più casa tua,vivi la tua vita come e dove credi ma non farti più vedere qui" dice fredda e mi spinge fuori una valigia e il mio zaino. "Questa è tutta roba tua" aggiunge prima di sbattermi la porta in faccia. Rimango un attimo pietrificata. "È uno scherzo?" mi chiedo. "Beh non mi piace per niente...chi cazzo fa questo tipo di scherzo alla propria unica figlia?" torno a bussare e suonare il campanello, ma né mia madre né il suo compagno vengono ad aprirmi,anzi abbassano le tapparelle delle finestre e spengono le luci. Due lacrime di frustrazione mi rigano le guance. Cosa diavolo era appena successo? Buttata fuori dalla mia stessa casa senza neppure una spiegazione logica. Quello non era più il luogo sicuro dove tutte le sere tornavo a rifuggiarmi. Ma perché? Cos'era successo? Con le gambe tremanti mi siedo sui gradini davanti alla porta e abbraccio le ginocchia cercando di regolare il respiro e tornare lucida. Ma più penso a questa assurda situazione e più tremo,un po' per la paura che sia tutto vero, un po' perché questa sera la temperatura sta scendendo di parecchi gradi e io non ho un cavolo di posto dove potermi andare a riparare dal freddo. Penso e ripenso a dove poter andare, a chi poter chiedere aiuto ma non mi viene in mente nulla,ho la sensazione che la mia mente sia stata avvolta da una spessa nube. Alla fine decido che rimanere lì seduta non è certo una soluzione e così mi costringo a rimettermi in piedi e con zaino in spalla e trascinando la mia grossa valigia, inizio a ripercorrere i 457 passi a ritroso, finché non arrivo di nuovo alla fermata del bus. "Dove vado?" mi chiedo di nuovo mentre do un occhiata alla tabella delle fermate. Intanto arriva il 107 che si ferma proprio davanti a me e l'autista apre le porte in attesa che io mi decida a salire. "Siria questa è l'ultima corsa, che vuoi fare?" mi chiede l'uomo alla guida che mi ha riconosciuta. Mi affretto e salgo sul bus ovviamente con tutto il mio bagaglio. "Dove vai a quest'ora? Vai in vacanza?" chiede curioso con la solita confidenza di chi ti conosce da una vita. Scuoto il capo. "E allora?" chiede ancora. "Veramente non so neanche io dove andare...sono stata cacciata di casa in malo modo,non so neppure se ho fatto o meno qualcosa di sbagliato o semplicemente mia madre è impazzita" provo a spiegare. Luigi,questo è il nome dell'autista, mi guarda sconcertato e io gli rivolgo un sorriso sforzato. "Io... Io davvero non capisco.." provo a dire ma un singhiozzo mi sfugge tra le parole,ormai sto per scoppiare. "Forza forza...vedrai che è solo un malinteso e presto si risolverà tutto" mi incoraggia. "Ma non so dove andare e non è ancora fine mese,non ho neppure abbastanza soldi per affittare una stanza" dico più a me stessa che a lui. "Se per te non è scomodo puoi rimanere al deposito dei bus" mi propone senza pensarci troppo. Lo guardo fisso come a chiedere se sta parlando seriamente. "Ma se sei un tipo pauroso non te lo consiglio, è un luogo buio e solitario" spiega. Ma il mio pensiero in quel momento è rivolto solo alla possibilità di stare al caldo per quella fredda notte e senza dover spendere un soldo. "Se non le creo problemi con il lavoro per me va bene" dico sicura. Così arriviamo al capolinea, Luigi parcheggia il bus e mi aiuta con la valigia. "Questo è il deposito" mi dice accendendo una luce al neon. "Prima ci dormiva il custode ma adesso non si usa più dato che tutto è sorvegliato dalle telecamere di sicurezza." spiega. Do un occhiata in giro,la stanza non è grandissima ma come già detto l'importante è stare al caldo, c'è un divanetto dove già programmo di andare a stendermi non appena sola, qualche sedia vicino un tavolino e degli armadietti a muro,c'è anche un piccolo bagno dietro un altra porta e sembra tutto anche abbastanza pulito per essere in disuso. Luigi mi saluta e mi augura la buonanotte,io mi chiudo dentro con due mandate di chiave e poi inizio a frugare nella valigia cercando qualcosa con cui coprirmi,ovviamente non c'è nulla di utile. "Grazie davvero mamma" penso e mi avvicino agli armadietti sperando in troppa fortuna. Il primo è bloccato. Il secondo è pieno solo di polvere e ragnatele e così anche il terzo. Ormai priva di speranze provo con il quarto che anche se a fatica riesco ad aprire ed ecco finalmente quello che ormai disperavo di trovare. Un plaid chiuso in un sacchetto di plastica. Lo tiro fuori e lo annuso,sembra un po' logoro ma pulito e così dopo averlo scosso un po' per far cadere possibili insetti decido di usarlo, anche perché non ho nulla di meglio ed è cosi che finalmente mi stendo sul divanetto avvolta in quella vecchia coperta e con le lacrime che mi ritornano ad inondare gli occhi al pensiero di quel improvviso rifiuto da parte di mia madre, provo a dormire la mia prima notte senza più casa e famiglia.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Seconda Parte ***


Il cielo stava iniziando a schiarire lasciando spazio ai caldi colori dell'alba quando mi sveglio di soprassalto, ancor prima che suoni la sveglia. A quanto pare non era un sogno e stavo dormendo veramente nel deposito dei bus,dove gentilmente mi era stato offerto di passare la notte. Ormai non riuscirei più a dormire e quindi decido mi darmi una sistemata prima che inizino ad arrivare gli autisti. Non vorrei che anche se in disuso, a qualcuno di loro venga la felice idea di venire a farsi un giro proprio oggi,sarebbe alquanto imbarazzante farmi trovare a dormire,si che la mia attuale situazione non è già delle più allegre. Rimetto tutto in ordine e chiudo la valigia pensando di doverla portare con me a lavoro,quando qualcuno bussa alla porta. "Siria sei sveglia?" sento. È Luigi che come promesso arriva prestissimo e una volta che gli apro e lo saluto mi dice che ha parlato con un responsabile della compagnia e posso stare lì finché non avrò trovato una sistemazione migliore. Quasi mi mancano le parole per ringraziarlo e gli getto le braccia al collo saltellando. "Su su... vedrai che si sistema tutto" mi ripete come la sera precedente dandomi qualche pacca sulla spalla. Poi è ora per Luigi di iniziare il turno e anche se per me è ancora presto decido di andare con lui. Quando stiamo per arrivare alla fermata vicino casa mi lancia un occhiata, capisco cosa vuol dire e dato che per il lavoro ho ancora tempo, scendo e con un nodo in gola arriva davanti la porta che la sera prima mi era stata sbarrata. Faccio un bel respiro e busso. "Mamma? Mamma lo so che sei in casa,ti prego apri! Mamma parliamone,se ho sbagliato in qualcosa me lo puoi dire,proverò a rimediare... Mamma? Mamma ti preg... " un singhiozzo mi spezza le parole. "Non hai niente a cui rimediare,devi solo andare per la tua strada e non rimettere piede qui... Vattene!!!" mi dice dura da dietro la porta. Quell'ultima parola detta così freddamente mi raggela fino alle ossa. Era veramente mia madre a parlare così? Come un automa giro su me stessa e torno a percorrere quei dannati 457 passi fino alla fermata. Salgo sul primo bus che passa senza neppure controllare quale linea sia e mi vado a sedere in fondo. Rivolgo lo sguardo fuori al finestrino e mi perdo nei colori della città che lentamente si sta svegliando. Non so quanto tempo sono rimasta a fissare il nulla,ma il suono del mio cellulare mi riporta alla realtà. Guardo il display è riconoscendo il nome della mia collega mi affretto a rispondere. "Siria ma che fine hai fatto,hai dimenticato che dovevi aprire tu?" mi dice Karin agitata. A quel punto mi rendo conto che non solo sono in ritardo,ma sono persino sul bus sbagliato. Scatto in piedi e grido all'autista di aprire le porte. Salto giù e di corsa torno in dietro fino all'ultima fermata. "Merda merda merdaaaa" impreco cercando di capire tramite la tabella quale sia il tragitto più veloce per arrivare a lavoro. Bene, per fortuna non mi sono allontanata troppo e se il prossimo bus arriva in orario riesco ad arrivare in circa venti minuti. Guardo ripetutamente l'ora e la strada da dove deve arrivare il bus,ma nulla non arriva. La mia dose di fortuna l'ho esaurita tutta la sera prima,quando Luigi mi ha trovato un posto dove dormire. Intanto Karin mi informa con un SMS di aver chiamato la responsabile,la quale si è precipitata ad aprire il negozio al posto mio. Se riuscirò ad arrivare a lavoro chissà quale lavata di capo mi toccherà subire. Ho la sensazione di essere perseguita da una nuvola nera piena di sfortuna e per un attimo rabbrividisco a quella stupida idea. Finalmente il bus arriva e rassegnata ad affrontare un'altra lunga terribile giornata rimango in piedi vicino alla porta. Tanto devo scendere tra poche fermate. Ma questa mattina c'è un traffico incredibile. Un ingorgo ad ogni incrocio, clacson che suonano e gente impaziente che si manda molto finemente a quel paese. Sembra che tutto sia contro di me. "Non arriverò neppure per la pausa pranzo" penso demoralizzata mentre picchio la fronte al vetro davanti a me. Decido che faccio prima a piedi. Per la seconda volta questa mattina chiedo che mi vengano aperte le porte e scendo al volo in mezzo alla corsia centrale. Passo pericolosamente davanti alcune auto che giustamente mi suonano e una volta sul marciapiede inizio a correre evitando gli altri pedoni. "Ci sono quasi" penso superando un altro isolato. Adesso mi manca solo attraversare la strada più ricca e trafficata della città ed eccomi arrivata. Impaziente guardo a destra e sinistra e mi butto nel traffico. BHEEEEEEEEEP.....Il suono assordante del clacson di un tir che si avvicina pericolosamente mi stordisce. Di riflesso chiudo gli occhi ed ecco che un attimo dopo quando li provo a riaprire, mi ritrovo il viso affondato nella camicia bianca immacolata di un uomo il cui profumo mi inebria. D'istinto mi allontano bruscamente da colui che dovrebbe essere il mio salvatore e che prontamente mi riafferra per le braccia evitando che cada all'indietro. "Sta bene?" chiede preoccupato. Faccio segno di sì con il capo e lui annuisce sollevato. "È impazzita? Voleva farsi ammazzare o cosa?" dice stavolta arrabbiato e finalmente rivolgo lo sguardo verso di lui. Alto, dal fisico perfettamente scolpito che i jeans neri e la camicia bianca aderente lasciano facilmente immaginare. Mentre i miei occhi si posano sul suo viso, rimango quasi senza fiato. Moro,occhi scuri e profondi,labbra carnose e barba di tre giorni. Mi fissa a sua volta aspettando una risposta alla sua domanda. "Sono in ritardo mostruoso...Volevo solo arrivare a lavoro,non volevo di certo morire" spiego. La sua espressione cambia e sul suo viso affiora un sorriso tra il divertito e il contrariato. Adesso che ho visto così tanta perfezione in un unica persona posso davvero morire. "Santo cielo quanto è bello" penso. " Può andare a lavoro senza farsi uccidere e rovinare la vita a qualche povero cristo che va per la sua strada?valuti cos'è più importante la prossima volta, non giochi con il destino altrui,la vita è più preziosa di uno stupido lavoro"dice. Le sue parole di rimprovero mi arrivano come un secchio di acqua gelida. "Stupido lavoro? Lei forse è ricco e non lo sa che la povera gente fatica a trovare e mantenere un lavoro...non giudichi senza sapere e per quanto riguarda prima...beh, MI DISPIACE TANTO...di certo non voglio morire,né creare guai ad altra gente" dico d'un fiato piena di rabbia. Cosa ne sa lui,come può giudicarmi con così tanta leggerezza. "Grazie per avermi salvata" dico secca e grazie al semaforo che scatta in quell'istante, veloce mi giro e attraverso evitando così che mi veda con gli occhi lucidi. La pietà di quello sconosciuto egocentrico era l'ultima cosa che desideravo in quel momento. Di filato, senza neppure girarmi un ultima volta a vedere se quel tizio stava ancora fermo a guardarmi allontanare, entro in negozio dalla porta posteriore e facendo un gran respiro mi preparo a scusarmi e a subire la questa volta meritata ramanzina. "Chissà se riesco a sopravvivere a questa giornata?" mi chiedo sistemando la targhetta col mio nome sulla divisa. "Buongiorno a tutti!" esclamo una volta in negozio ed ecco che la mia superiore mi punta e mi raggiunge a passo di carica. Karin da lontano mima un buona fortuna e la sua faccia buffa mi fa sfuggire un sorriso. Forza,andrà bene anche oggi!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Terza Parte ***


Dagma mi ordina di seguirla nell'ufficio del personale e ovviamente eseguo senza fiatare. Entriamo e mentre io chiudo la porta, lei si siede sul bordo della scrivania e incrocia le braccia al petto. "Sei impazzita per caso? Ti do fiducia, ti chiedo di aprire il negozio e tu con una responsabilità simile mi arrivi addirittura a quest'ora? Sei fortunata che ancora non è arrivata la direttrice..." mi dice alquanto seccata. A quel punto non posso far altro che scusarmi e promettere che la cosa non si ripeterà, ma lei mi dice che è sicura che non accadrà ancora perché al momento non avrò un'altra occasione. Adesso che ha fatto il suo dovere di superiore e si è rilassata, mi chiede come mai la più puntuale in assoluto tra il personale ha finito per ritardare il primo giorno che le era stato affidato un compito più importante. Decido di raccontare tutta la vicenda a partire dal mio rientro a casa la sera precedente e mi ritrovo stretta nel suo abbraccio. "Oh santo cielo non ho parole per dire quanto mi dispiace...perché non hai chiamato me o Karin, in qualche modo ti avremmo aiutato"dice rammaricata. Faccio spallucce. "Ormai è andata come doveva andare" dico. La questione "ritardo vergognoso" per fortuna è stata chiarita nel modo meno indolore possibile e finalmente torno in negozio ad iniziare la mia giornata lavorativa. All'apertura era arrivato il corriere che aveva lasciato 6 palette di nuova merce,così tra il personale ci siamo divisi i compiti. Qualcuno avrebbe servito i clienti e qualcun altro avrebbe sistemato i nuovi articoli. Io e Karin facciamo squadra e iniziamo ad occuparci della prima paletta che fortunatamente è stata lasciata nel reparto giusto. Munirsi di buona volontà e l'unico metodo per non stancarsi ancor prima di aver aperto i primi pacchi e così di gran lena passiamo tutta la mattinata saltando persino la pausa pranzo a sistemare oggetti di lusso per la casa. Verso le 15 finalmente decidiamo che è ora di una meritata pausa, Karin si offre di andare a prendere un paio di snack e qualcosa di fresco da bere al bar vicino e io prima di tornare nello spogliatoio a causa di un lieve giramento di testa mi appoggio un attimo allo scaffale che poco prima avevamo finito di sistemare. "È solo la stanchezza,devo riposare un attimo e mangiare qualcosa e starò di nuovo bene." dico a me stessa rimettendo il peso sulle gambe doloranti e mi dirigo verso l'interno del locale dove c'è l'uscita che porta al magazzino e gli spogliatoi. Ma ovviamente la giornata non è ancora finita, così come la mia grande dose di sfortuna e sbadatamente passo di fronte ad una ricca cliente di quelle che non perdono occasione per ostentare il loro potere e infastidire il prossimo,specie se di una classe sociale inferiore. "Quella signorina è un impiegata di qui vero?" chiede la cliente fermandosi di colpo e sorprendendo le persone che come cagnolini la seguivano. "Si signora Erdogan" afferma la direttrice che era una tra quelle persone. "Mi è passata davanti senza neppure scusarsi, che tipo di accoglienza usate per i clienti VIP? Sono stata volutamente ignorata dai vostri impiegati o cosa?" chiede altezzosa. Dagma stava per intervenire, ma preferisco che non si metta nei guai anche lei,così torno sui miei passi e mi presento davanti alla donna che mi guarda dall'alto in basso. "Sono davvero spiacente per esserle sembrata maleducata e le assicuro che non era mia intenzione ignorarla signora Cliente, purtroppo ero sovrappensiero e non ho fatto caso a chi stavo intralciando il cammino" dico. Quando voglio so essere anche molto diplomatica. "Per farmi perdonare se le può far piacere posso offrirle i miei servigi" dico cordiale. "Ma che ragazza sveglia!" sento esclamare da dietro alla donna che ancora mi guarda in modo scettico e una donnina anziana e minuta si fa largo tra le altre persone avvicinandosi a me. "Mia nuora ed io siamo venute per scegliere l'arredamento per la casa nuova di mio nipote,ci vorresti consigliare?" chiede dolce. Le sorrido dicendole che ne sarei onorata e la nonnina mi prende il braccio per appoggiarsi e continuare il tour del grande negozio. "Posso chiedere se avete già pensato su che stile basare l'arredamento? Così vi posso guidare nel reparto giusto ed evitare di camminare inutilmente" dico. La nonnina mi ringrazia con lo sguardo,sembra che in fin dei conti l'idea di dover stare troppo in piedi non le vada a genio. "Deve essere sobrio e confortevole, possibilmente di manifattura italiana" dice la donna. "Ovviamente ci deve essere anche la qualità,altrimenti mi basta andare all'Ikea" aggiunge poi piena di se. "Certamente signora!" esclamo sicura e le indico la direzione per arrivare al reparto che le interessa. Inizio a mostrare diversi pezzi di arredamento ma pare che la donna non ne sia convinta. A quel punto mi fa segno di aspettare ed estrae il suo cellulare ultimo modello,facendo partire una chiamata. "Dove sei?" domanda secca e dopo aver ascoltato la risposta del suo interlocutore,spiega di essere nel nostro negozio e gli impone di venire almeno a scegliersi la camera da letto. Intanto la nonnina si aggrappa con più forza al mio braccio. "Signora vuole riposarsi?" chiedo notando la sua espressione affaticata e senza che mi dia risposta la faccio accomodare su una poltroncina. Alla nuora invece indico diversi divani di pelle che potrebbero essere adatti alla casa che deve arredare e poi mi scuso un momento e mi allontano, ritornando poco dopo con un piccolo vassoio fornito di due bicchieri e una bottiglietta d'acqua. Lo poggio sopra uno sgabello vicino a dove è seduta la nonnina, verso dell'acqua frizzante in entrambi i bicchieri e ne porgo uno alla signora più anziana che mi ringrazia con un sorriso e poi chiedo alla donna più giovane se anche lei gradisca. Ovviamente rifiuta, perché lei beve solo un certo tipo di acqua e così ignorando la cosa ritorno a parlare dei magnifici divani rigorosamente in pelle e firmati da designer famosi. La signora Erdogan finalmente ne sceglie uno e io mi abbasso per prendere il codice del pezzo in modo che venga riportato nel buono d'ordine. Ma quando mi rialzo,forse un po troppo velocemente, ecco che un altro forte capogiro mi sorprende. "Serkan, finalmente sei arrivato tesoro" dice la donna rivolgendosi a qualcuno che sta giungendo alle mie spalle ma che purtroppo faccio fatica a mettere a fuoco perché tutto sta girando attorno a me ed io sto di nuovo per cadere all'indietro. Mi ritrovo ancora una volta sorretta da forti braccia e un profumo che non mi è nuovo mi invade facendomi riprendere da quel leggero stordimento. "SEI IMPAZZITA?! COME PUO UNA COMMESSA QUALUNQUE BUTTARSI TRA LE BRACCIA DEL MIO PREZIOSO FIGLIO!!!" grida. "Nuora ma cosa dici,stava per svenire non si è buttata proprio sopra nessuno e poi puoi evitare di gridare e attirare occhi indiscreti?" la riprende calma la nonnina che intanto mi aveva lasciato sedere al suo posto e mi porgeva il secondo bicchiere pieno di acqua. La ringrazio. "Stai bene piccola?" mi chiede dolce. La rassicuro e anche se a fatica mi alzo e provo a scusarmi per l'inconveniente, ma la donna più giovane mi si avvicina con uno sguardo sprezzante. "Sei incinta vero?" domanda. "Come scusi?" chiedo stupita. "Sicuramente sei incinta e questa creatura non ha un padre così stai cercando di incantare il figlio di una buona famiglia" grida indicando il mio ventre piatto. Non ho parole da ribattere,sono assolutamente sbalordita dall'egocentrismo di quella donna. Pensandoci un attimo le vorrei rispondere che non so neppure che faccia abbia il suo prezioso figlio,che non so perché continua a stare alle mie spalle non permettendo ai miei occhi di dargli un volto e che comunque già conoscendo la madre me la farei alla larga anche da lui. Ma Karin arriva con passo di carica e dopo di lei Dagma. "Una signora del suo rango dovrebbe pensare bene a moderare le accuse che rivolge a chi non conosce" dice secca. "La mia collega lavora ininterrottamente da questa mattina senza mangiare e bere e si è offerta di servirla personalmente per non rovinare la quiete del negozio che lei stava destabilizzando solo perché non le era stato rivolto un saluto,non è incinta, è sfinita, ecco perché si è sentita male" spiega e senza aggiungere altro o aspettare risposta mi trascina via lasciando a Dagma l'arduo compito di calmare e accontentare i capricci di quella ricca maleducata. "Sei impazzita?" chiedo sottovoce mentre Karin mi continua a tirare verso gli spogliatoi. "La pazza sei tu! Ti offri di servire una cliente di quel calibro e non mangi da ieri,come ti vuoi tenere in piedi? Inoltre,perché non mi hai detto niente? Me lo doveva dire Dagma?" mi rimprovera per poi fermarsi e abbracciarmi. "Tua madre deve essere impazzita,come ti ha potuto cacciare di casa a quel modo,senza neppure una spiegazione" mi dice triste. Non so cosa risponderle. "Avresti potuto chiamare me invece di andare a dormire nel deposito dei bus" mi riprende ancora. "Sei sempre la solita incosciente" dice dandomi un leggero pugno sulla spalla, così riprendiamo il cammino verso l'uscita mentre qualcuno a cui non avevamo fatto caso si era preso la briga di ascoltare i nostri discorsi.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Quarta Parte ***


Un sandwich al tonno,una mela ed ecco che riprendo finalmente colore. "Ti senti meglio?" domanda Karin. Le sorrido e dico di essere pronta per tornare a lavoro,ma lei non contenta mi costringe a bere anche un integratore, neppure dovessi correre la maratona di New York. "Ora si che possiamo riprendere il lavoro" mi dice e dopo essere passate dal bagno a darci una rinfrescata torniamo in negozio dove inaspettatamente la signora Erdogan, continua a discutere un po' con la suocera un po' con quello che dovrebbe essere il figlio. Dagma sembra stia cercando di farli ragionare ma a quanto pare con scarsi risultati e quando ci intravede,ci fa segno di andare in un altro reparto per poterci risparmiare quella patetica scena. Purtroppo il suo gesto viene notato e il giovane uomo si gira verso di me e mi viene incontro. "Adesso stai meglio?" chiede. Finalmente lo vedo in faccia e lo riconosco. "Tu..lei" farfuglio. "Oggi ti ho salvato già due volte, adesso tocca a te!" esclama. "P-prego?" chiedo senza capire. "Stia tranquilla io non sono come mia madre,la tratterò bene" assicura a Karin e mi ritrovo praticamente trascinata via. "Dov'è il reparto notte?" chiede passando davanti la madre e la nonna con passo di carica,indico una direzione e lui la segue deciso. Si ferma solo quando di fronte si presenta il primo modello di camera da letto. "Questo sicuramente non fa per me" dice dandogli un occhiata sbrigativa per poi riprendere a camminare velocemente . "Se si ferma un attimo e mi spiega cosa desidera, forse posso aiutarla davvero,ma se continua così decisamente non posso" dico cercando di frenare la sua corsa. Sembra che le mie parole funzionino,si blocca su due piedi,tira un bel respiro e si gira verso di me serio. "Sembra che in vista del mio compleanno il vecchio notaio nonché amico di famiglia, si sia ricordato di aprire un vecchio testamento del suo migliore amico,non che il defunto marito di quella vecchina a cui sembra tu piaccia tanto e mio nonno paterno..." dice e io ovviamente non vedo quale sia il problema,ma quando continua rimango sbalordita e non vorrei essere davvero nei suoi panni. "Si legge in quel pezzo di carta che mi debba sposare con una tizia che ovviamente non ho la più pallida idea di chi sia e come sia fatta altrimenti perderò il mio diritto ad ereditare il patrimonio di famiglia"aveva continuato. "Capisco" mi limito a dire. "No, non puoi capire...io me ne frego dell'eredità, posso benissimo vivere lavorando con la laurea che ho,ma mia madre insiste e ha deciso di preparare la casa per i futuri sposi,poco fa addirittura mi ha detto che se non mi sposo sarò la causa della sua morte...è impazzita capisci?" dice nervoso. "Posso immaginare" provo a dire "..ma comunque non capisco cosa centro io in tutto questo" dico e lui mi rivolge un sorriso diabolico. "Semplicemente ho notato l'antipatia che mia madre prova nei tuoi confronti e dato che ci tiene così tanto che io scelga quella che dovrebbe essere la stanza più importante per una coppia,ho deciso di farla scegliere a te per farle un piccolo dispetto" spiega. "Mi sta usando per una cosa così meschina? Non pensa che anche questa ragazza dovunque sia, non starà passando un bel momento? Magari ha già qualcuno che ama,oppure un sogno da raggiungere...." dico infastidita. Lui fa cenno di no con la testa. "Dovrebbe solo dire no,come sto facendo io e facendolo mi farebbe un gran favore" Dice convinto. "Perché perdere questo tempo allora?" chiedo. "Per accontentare una ricca cinquantenne capricciosa" dice e mi fa segno di proseguire. Questa situazione non mi piace affatto,mi sento usata e odio esserlo,ma rifiutandomi a questo punto rischierei altri problemi e sinceramente la giornata ne è stata piena. Cerco di tornare professionale e chiedo la grandezza della stanza dove devono essere adattati i mobili e lo stile che preferisce. Mi dice a grandi linee la grandezza e si ferma a pensare allo stile. "Mia nonna ha sempre detto che la camera da letto è il posto dove si coltiva e cresce l'amore di una coppia e che quindi deve avere il calore e i colori dell'amore...mi chiedo che temperatura ha l'amore e quali siano i suoi colori..." dice con un filo di malinconia. "Tu lo sai?" mi chiede poi. Alzo le spalle. "Sua nonna deve aver amato molto per pensare così di una camera da letto,ma io non ne ho ancora idea" ammetto. "Ti dispiace aiutarmi comunque?" chiede gentile. "Sono qui per questo"affermo con un sorriso e penso a cosa poter suggerire per questo arredamento in modo che diventi almeno un po' desiderato. "Hmm...come immagina il suo futuro di coppia,ha mai pensato a una persona al suo fianco? A come potrebbe essere? Se si, in quale ambiente l'ha immaginata,come vorrebbe fosse il guardaroba di sua moglie?" domando cercando di capire almeno cosa piace a lui. Sembra prendere le mie domande seriamente,ci sta pensando attentamente. "È luminoso,profumato,accogliente...." poi si ferma e alza le spalle come a dire non so che altro. Con questi pochi indizi provo ad attirare il suo interesse con un immagine che abbozzo sul tablet. "Qualcosa di simile?" chiedo mostrandola. "Mi piacciono le tende pesanti,il letto vorrei vederlo personalmente se l'avete montato,ma l'armadio è piccolo,preferisco un guardaroba separato deve essere molto spazioso" dice. Così lo guido prima a vedere un prototipo di guardaroba che avevo personalmente ricreato e di cui sembra entusiasta e poi al letto. Prima lo osserva da ogni angolatura,poi si stende su una piazza e si rigira su un fianco e poi sull'altro. Stende un braccio in direzione dell'altra piazza. "È questa la parte dove dovrebbe dormire la donna della mia vita?"si chiede pensieroso. Poi mi invita a riempire quel posto vuoto e non riesco a dirgli di no. Rimango supina e tesa come non mai e in un attimo mi ritrovo avvolta in un abbraccio. "Non posso sposare una sconosciuta ed abbracciarla in questo modo" sussurra con la voce più mielosa che abbia mai sentito. Giro lo sguardo verso di lui e lo ritrovo a fissarmi a pochi centimetri dal viso che come un prospero si infiamma in un attimo. Di scatto mi libero da quella stretta e balzo in piedi. "P-penso sia abbastanza comodo per due" dico impacciata. Lui accenna un sorriso e piano si tira su. "Prendo questo,ma i comodini devono essere rotondi e non troppo bassi" dice . Prendo nota di tutto e segno anche una grande specchiera,un tavolo sempre rotondo con due comode poltrone e un piccolo sofà. "Vuole mettere anche un mobile per la TV?" chiedo. "In camera da letto? No, li si fa l'amore non serve altro intrattenimento" dice malizioso e quelle parole fanno riaccendere nuovamente il mio colorito, che ormai dovrebbe essere arrivato alla soglia del rosso scarlatto a giudicare dal calore che percepisco. Mi guarda morire di imbarazzo e sorride. "Santi numi quel sorriso dovrebbe essere un reato" penso frastornata. "Direi che abbiamo fatto un buon lavoro di squadra, la signora Erdogan ne sarà felicissima" dice dandomi una pacca sulla spalla come a complimentarsi e così ritorniamo sui nostri passi fino a raggiungere il salottino dove le due signore stavano attendendo il figliol prodigo. "La camera per l'inferno è stata scelta ora puoi dormire tranquilla" dice alla madre una volta vicino,la donna lo fredda con lo sguardo,ma la nonnina,noto che si rattrista per quelle parole e la cosa mi dispiace. Finalmente confermano l'ordine e la famiglia Erdogan va via,poco dopo anche la mia giornata lavorativa giunge al termine e anche io uscendo dal negozio posso tirare un sospiro di sollievo. Saluto Karin e Dagma che vanno in direzione opposta alla mia,cercando di tranquillizzarle riguardo la mia situazione e mi avvio alla fermata del bus considerando se sia più opportuno aspettare la corsa con Luigi o prendere un bus qualunque che mi porti verso il capolinea. Giusto per finire la serata in bellezza decido di aspettare come sempre la linea 107,quella che passa a 457 passi da quella che era casa mia e guardando l'ora mi accorgo che dovrò aspettare quasi mezz'ora. Mi siedo sulla panchina, ma un crampo allo stomaco mi ricorda che non ho mangiato quasi nulla tutto il giorno e così dopo aver dato un'occhiata al portafoglio mi alzo e mi dirigo al bar vicino a prendere almeno qualche rustico e una zero. Ritorno in fretta alla fermata addentando una pizzetta che quasi mi va di traverso e fatico ad aprire la cola per berne un sorso. "Ci manca che mi strozzo e completo la giornata" mi dico. Intanto il tempo è passato e Luigi arriva con il suo bus come sempre a quell'ora quasi vuoto. Lo saluto e mi siedo al primo sedile dal lato opposto del guidatore così da poterci scambiare qualche parola e infatti l'uomo, gentile come sempre mi chiede com'è andata la giornata e se mi va bene tornare a dormire al deposito dei bus. Ovviamente non ho altra scelta,sono troppo orgogliosa per pesare sulle mie colleghe e amiche e le mie finanze sono disastrose più della mia stessa esistenza. "Si si va benissimo" rispondo convinta e così anche quella sera mi ritrovo a salutare Luigi e rimanere sola in quella piccola stanza che mi offre riparo dal freddo notturno. "Chiuditi bene dentro,ho visto che una macchina si è parcheggiata non molto lontano,non vorrei venga qualcuno a darti fastidio" si raccomanda l'uomo prima di andare e mi ricorda di poterlo chiamare per ogni evenienza. Purtroppo quella raccomandazione contribuisce a mettermi ansia e così passo la notte quasi in bianco chiedendomi ad ogni piccolo rumore se ci sia qualcuno fuori da lì. La sveglia suona troppo presto ed io ho dormito troppo poco,non ho le forze ma mi costringo a tirarmi su dal divanetto e mi preparo per andare a lavoro. Mi trucco raramente, ma quella mattina guardandomi allo specchio decido che se non voglio far spaventare qualcuno è meglio mettere su un po di colore. Così quando sento arrivare i primi autisti e tra le voci riconosco quella di Luigi esco, gli do il buongiorno e poco dopo salgo con lui sul bus che mi porterà a lavoro. "La macchina di ieri è ancora lì avrà avuto qualche guasto" dice indicando un Audi color ghiaccio che mi volto ad ammirare e sarà stata la notte insonne a farmi vedere lucciole per lampioni ma credo di riconoscere l'uomo che il giorno prima mi ha tenuta impegnata quasi tutto il pomeriggio. Scuoto il capo,"non è possibile sia lui" mi dico e cerco di pensare ad altro, ma la sua immagine e soprattutto il suo sorriso tornano prepotenti a scombussolare i miei pensieri. Un SMS di Karin mi riporta alla realtà. "Spero oggi tu sia puntuale e ricordati il caffè freddo,tocca a te passare dal bar...buongiorno tesoro ^^" leggo e sorrido per la sua diplomazia. "Ultimamente c'è troppo traffico, gli automobilisti sembrano impazziti" si lamenta Luigi e penso abbia ragione,considerando l'esperienza del giorno prima. Quando arrivo alla mia fermata saluto e salto giù,andando direttamente verso il bar. Anche quello è già affollato di prima mattina e mi tocca fare una fila interminabile prima di poter avere la mia ordinazione. Uscendo penso alla colazione che ogni mattina mi faceva trovare pronta mia madre e in un attimo prendo il telefono e faccio partire la chiamata verso il numero di casa. "Pronto?" risponde. "Mamma...mamma come stai,possiamo parlare?" chiedo d'un fiato temendo riagganci senza ascoltarmi. "Siria...forse non sono stata abbastanza chiara,dimentica questa casa e qualsiasi cosa la riguarda e inizia una nuova vita...non chiamare più!" mi dice fredda per poi interrompere la chiamata. "Ma perché?" mi chiedo non le lacrime a gli occhi e senza che me ne renda conto anche oggi sto per finire sotto un auto. I clacson assordanti di due auto,freni che stridono e le voci di due automobilisti che litigano e poi ancora una volta quelle braccia forti che prima mi avvolgono e secondariamente mi scuotono per farmi tornare in me. "Stai bene? Ma mi senti?" domanda preoccupato ed io come una pazza che mi continuo a chiedere perché, per quale motivo mia madre ha deciso di tagliarmi fuori dalla sua vita così all'improvviso. Mi accorgo che anche il caffè è andato versato , mi guardo le mani vuote e singhiozzo peggio di prima. "Tu sei pazza,ti stavi facendo ammazzare e piangi per un caffè?!" mi dice agitato. "Perché mi ha cacciato di casa?Cosa ho fatto di male? Perché la donna che mi ha messo al mondo non mi vuole più? Perché a me? Perché tutto questo?" mi dispero continuando a piangere come una bambina e mi ritrovo il viso stretto tra le sue mani. "Non so di cosa parli" mi dice asciugando le lacrime con i pollici. "Ma questo non è il momento nè il posto adatto per trovare le risposte che cerchi" mi dice. "Devo togliere la macchina!" aggiunge dopo e mi trascina con se, vicino all'auto color ghiaccio che ancora intralcia il traffico,mi fa salire dal lato passeggero e poi gira attorno la macchina per salire anche lui. Veloce mette in moto e parte. "Parcheggio più avanti così puoi riprendere i caffè" dice, ma io non rispondo. Non so cosa dire e lui intanto si è già parcheggiato ed è sceso per conto mio a prendere altro caffè. Sto pensando seriamente di chiamare a lavoro e darmi malata. Sto pensando che quella in cui sto seduta è esattamente l'auto che c'era ferma vicino al deposito degli autobus e mille domande fanno breccia nella mia mente già troppo confusa. Cosa vuole?Perché mi ha seguita? Sarà mica un maniaco? Non può essere una coincidenza vero? Ho una brutta sensazione e senza pensarci troppo scendo dall'Audi e mi avvio. "Aspetta,il tuo caffè!" mi dice rincorrendomi, ma non lo ascolto. "Lo beva lei" dico senza rallentare il passo,ma ovviamente con le gambe lunghe che si ritrova mi riesce a raggiungere e si para davanti. "Dovrei bere sei caffè?" mi chiede divertito. "Allora lo butti via ,ma per favore mi stia alla larga" dico e le mie parole lo lasciano sorpreso o forse lo offendono a tal punto che mi mette il caffè tra le mani e senza aggiungere altro torna sui suoi passi lasciandomi nuovamente sola. "È giusto così" cerco di convincermi, faccio un bel respiro e mi avvio al negozio. Per fortuna stavolta non sono troppo in ritardo e mi giustifico dicendo che al bar c'era una fila assurda. Divido i caffè ai colleghi e mi preparo ad iniziare una nuova giornata di lavoro sfoggiando il più falso dei sorrisi e andando avanti così per tutta la giornata che pare proprio non voler finire. Quando la sera finalmente torno al deposito, sfinita mi butto sul divanetto e ripensando a gli eventi disastrosi degli ultimi giorni, subito dopo mi addormento, liberando la mente e lasciando spazio ai sogni più sereni.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Quinta Parte ***


Da quell'ultima mattinata iniziata in modo burrascoso i giorni erano passati quasi tutti uguali,quella monotonia iniziava a stancarmi e soprattutto la solitudine che mi stringeva il cuore ogni sera quando entrano nel vecchio ufficio del deposito bus. Poi finalmente arriva fine mese e grazie allo stipendio sempre puntuale e alla dritta di Dagma che mi ha informata di una stanza libera in una palazzina del suo quartiere dove affittano camere, la vado a vedere e senza pensarci troppo scrivo il contratto.. Una stanza di circa venti metri quadri con balcone,più un piccolo bagno con box doccia. Il posto è carino e soprattutto già ammobiliato dell'essenziale. Letto a doppia piazza, un piccolo armadio,ma tanto non ho molto da metterci,una mini cucina a scomparsa già provvista di utensili vari e qualche elettrodomestico come ad esempio microonde e tostapane, un divanetto,un tavolino con due comode sedie e persino internet e smart TV ,tutto incluso nel prezzo d'affitto. Non avrei potuto chiedere di meglio e quella sera dopo il lavoro vado finalmente a dormire in quella che sarà la mia nuova casa a tempo indeterminato. Una doccia, una vaschetta di gelato e mi butto sul lettone,dove dopo aver fatto un po di zapping mi fermo su un canale dove la trasmissione sembra interessante e mi ritrovo accanita a guardare le scene di un thriller. Mi prende tardi,ma per fortuna è fine settimana e comunque non avrei nulla da fare,dato che non c'è mia madre a svegliarmi all'alba a dirmi di sistemare camera o andare a fare spesa. Già,mia madre...chissà cosa sta facendo, se vive bene o litiga sempre con il compagno. Quella notte sembra non voler finire,continuo a fare sogni strani e a non dormire tranquilla,ho perso il conto di tutte le volte che mi sono svegliata di soprassalto e menomale che doveva essere la mia prima notte serena.,dato che finalmente avevo trovato una sistemazione decente. Alla fine stanca di non riuscire a dormire come si deve, mi vesto in tenuta sportiva ed esco a correre,almeno scarico un po di tensione. In pomeriggio Dagma e Karin vengono a trovarmi e portano un dolce per festeggiare la mia nuova sistemazione, quelle ragazze sono le miglior amiche che potrei mai desiderare. Chiacchierando,passiamo anche la serata insieme,ma non facciamo tardi dato che il giorno dopo si lavora e una volta che rimango sola vado a lavarmi i denti e mi metto a letto. Questo mese voglio iniziarlo come si deve. Arrivo in negozio poco dopo l'apertura, con i soliti sei caffè che passiamo a prendere a turno. "Menomale che sei arrivata" mi dice Karin non appena mi vede entrare. "Perché?" chiedo stranita. Sapeva benissimo che oggi toccava a me passare dal bar e quindi sarei arrivata qualche minuto in ritardo. Mi indica Dagma che sta aspettando impaziente nel salottino e mi dice di raggiungerla. "Buongiorno" dico una volta vicina. "Eccoti!" esclama e non capisco perché tutto questo nervosismo di prima mattina. "La signora Erdogan ha chiesto espressamente di te,stava aspettando già da prima dell'apertura" mi spiega e così mi giro alla mia sinistra dove su un basso divanetto è seduta la nonnina dal sorriso gentile,ma che questa mattina sembra tutt'altro che felice. La saluto gentilmente,mi scuso per il ritardo e le chiedo in cosa posso esserle utile. L'anziana donna,per prima cosa congeda Dagma,dicendo di essere in buone mani e poi mi chiede di fare due passi per il negozio perché ha bisogno di trovare un regalo personalmente. Le porgo la mano e l'aiuto ad alzarsi. "Tu si che sai come trattare le persone anziane" mi dice grata per il mio gesto. "Le tue colleghe non mi hanno offerto neppure un bicchiere d'acqua, sembravano spaventate" continua. "Saranno state sorprese della sua visita" le giustifico. "È un negozio,perché sorprendersi per la visita di un cliente?" mi chiede scettica. "Che caratterino anche lei" penso. "Probabilmente il fatto che abbia atteso l'apertura, poi una signora anziana in giro da sola..." cerco ogni scusa possibile,ma nulla ormai ha preso Karin e Dagma di punta. Sarà un vizio delle donne di quella famiglia prendere in antipatia la gente senza neppure conoscerla. Ma ammetto che anche io a volte lo faccio. Mentre le porgo il braccio per aiutarla a camminare ci avviamo molto lentamente tra i vari reparti."Che tipo di regalo sta cercando?" chiedo per sviare il discorso dalle mie amiche. "Qualcosa che porti armonia nella casa di una nuova coppia" dice. Bella risposta,peccato che io non abbia la più pallida idea di cosa possa essere. "Come mai non è venuta con sua nuora,forse l'avrebbe consigliata meglio" dico. "Lei gli ultimi giorni è stata molto impegnata e non sta molto bene,non volevo gravare anch'io su di lei sembrando una vecchia capricciosa" mi spiega. "Posso chiedere per chi è il regalo?" domando. "Per mio nipote,se mai riuscirà a sposarsi" dice leggermente preoccupata. "Non doveva sposarsi a breve?" chiedo giusto per. "Vedi bambina...purtroppo non riusciamo a rintracciare la persona designata,sembra sparita senza lasciare traccia o siamo noi incapaci di trovarla,questo non mi è dato sapere" mi spiega stringendosi al mio braccio. "Mi dispiace!" dico. "Ma la cosa che più mi preoccupa è che mentre mia nuora fa di tutto per ritrovare questa persona, a causa di questo matrimonio il mio adorato nipote sembra abbia perso la voglia di tutto,non va a lavoro,non esce,beve più del dovuto,i suoi occhi così luminosi e piedi di vita sembra si siano spenti all'improvviso" lamenta la nonnina e i suoi occhi lucidi parlando del nipote mi fanno male. Stavolta sono veramente dispiaciuta e non so che dire per tirarla su. "Vedrà che si risolverà tutto per il meglio" dico poi per incoraggiarla e le mostro dei quadri e qualche oggetto che potrebbe adattarsi allo stile dei mobili che aveva scelto la signora Erdogan la volta precedente. Passo quasi tutta la mattinata ad occuparmi di quella dolce nonnina che ha già speso più di quanto io possa guadagnare in tre anni per comprare regali ad una persona che probabilmente non riuscirà a conoscere. Ormai è ora di pranzo e siccome l'anziana signora ha deciso di trasgredire e rimanere fuori tutto il giorno senza occhi familiari che le girano intorno,mi chiede di farle compagnia e accompagnarla in qualche locale a mangiare qualcosa. Non posso rifiutare dato che il suo era più che altro un ordine e così mi giustifico con la mia responsabile che per fortuna capisce che non posso fare altrimenti ed esco a mangiare in un locale che la nonnina dice di amare. Ci andava sempre con il marito mi spiega mentre si accomoda ad un tavolo e mi invita a fare altrettanto. Do un occhiata al menù e ingoio a vuoto,accidenti che prezzi che hanno. "Ordina cosa preferisci" mi dice intuendo il mio disagio,ma anche volendo non conosco quasi nessuna di quelle pietanze e così mi lascio consigliare da lei. La nonnina sembra essere davvero una buona forchetta,ha ordinato di tutto e devo ammettere che ogni cosa era deliziosa. "Se permette il dessert lo offro io,conosco un posto dove vendono il gelato più buono della zona" le dico e lei non si fa pregare e dopo aver dato una carta gold per pagare il conto e aver salutato lo chef si appende nuovamente al mio braccio e lentamente ci avviamo verso il parco. "Non sapevo ci fosse un posto così carino da queste parti,saresti dovuta venire con il tuo ragazzo anziché con una vecchia signora come me" mi dice osservando qua e là. "Io ci vengo spesso a passare la pausa pranzo, ma senza ragazzo" spiego. "Non hai un fidanzato?"chiede quasi sconvolta. "Ecco quello è il posto di cui le parlavo" dico pronta a cambiare discorso dopo aver intravisto il piccolo chiostro vicino al laghetto. Ma la nonnina mi sembra affaticata e così preferisco farla sedere e riposare su una panchina vicina e andare io sola a prendere due coni rigorosamente cioccolato e panna. Non ci metto molto a tornare,ma quando sono ad una decina di passi da lei vedo che ha la testa rivolta all'indietro e una strana espressione sul viso. Lascio andare i gelati e corro al suo fianco. "Signora Erdogan? Nonnina la prego non faccia scherzi..." dico agitata mentre la scuoto per un braccio. "Oddio che faccio?" mi chiedo nel panico cercando di controllare se sia almeno ancora viva e dopo che a fatica la stendo sulla panchina mi accerto che il cuore batta ancora. Intanto il telefono nella sua borsetta inizia a squillare e maldestramente butto tutto a terra e rispondo sperando che sia un suo famigliare. "P pronto?" dico. "Nonna?" dice. "Signor Erdogan la nonnina sta male la prego mi dica cosa fare" dico in lacrime. "Ma chi sei? E cos'ha mia nonna?"chiede duro. " Sono la commessa del Vip Shop, ho lasciato un momento sua nonna per comprarle un gelato ,ma al ritorno stava priva di sensi,mi dica cosa fare la prego,stava bene fino a poco fa" spiego d'un fiato. "Mia nonna è diabetica la vuoi uccidere comprandole un gelato?" mi urla. "Diabetica? Ma se ha mangiato più di me" penso."Dove siete?"chiede. "In un parco vicino al negozio" spiego. "Ascolta bene, nella sua borsa deve esserci un kit salvavita trovalo e usalo mentre ti mando un ambulanza" mi ordina. Così passo a rassegna gli oggetti che avevo sparso per terra. Afferro una scatola rivestita in pelle e la apro. "C'è una siringa qui!" esclamo ancora più nel panico. "Muoviti e usala" grida. "Io non ho mai fatto un iniezione in vita mia,come faccio ad usarla" gli urlo a mia volta. "Non è difficile,basta che raccogli un po di pelle dove ci sono piu muscoli, sul braccio oppure anche lo stomaco andrà bene, infili l'ago sotto pelle e inietti il liquido,ma per favore fallo adesso,non voglio perdere mia nonna" mi dice ritornando stranamente calmo. Così con mano tremante tolgo il beccuccio all'ago sottilissimo e buco la pelle rugosa del braccio della nonnina. "L'ho fatto" dico in lacrime. "Brava,i medici arriveranno presto" mi assicura. "E anche io sono già in viaggio" aggiunge. Io annuisco e mi siedo li per terra pregando che non accada nulla di ancora più grave. Dopo pochi minuti ecco che sento le sirene avvicinarsi,neppure a farlo apposta ci fosse stato un passante ad aiutarmi,gli vado incontro sbracciandomi per farmi notare dai tre paramedici che arrivano di corsa portando con loro una lettiga e due zaini con le attrezzature. Si avvicinano e dopo avermi chiesto da quando tempo stava in quello stato,iniziano a misurare i parametri vitali. Spiego che la signora è diabetica e mostro l'iniezione che mi è stato detto di farle. Mi tranquillizzano dicendo che non è in pericolo di vita e che adesso penseranno a tutto loro e mentre la assicurano sul piccolo lettino per trasportarla in ambulanza raccolgo le sue cose e le mie e li seguo. Non ci mettiamo molto ad arrivare in ospedale e quando la stanno portando nella stanza per pronto soccorso mi dicono di rimanere fuori. Nell'attimo in qui chiudono le porte ecco arrivare il nipote come una furia che mi prende per le spalle e mi scuote gridando che gli stavo per ammazzare la nonna e che questa non me l'avrebbe perdonata. Penso che la preoccupazione lo faccia straparlare,solo per questo evito di urlargli in faccia che sono una famiglia di pazzi e che mi devono stare alla larga. Come potevo sapere che la nonna era diabetica se la conoscevo appena? Doveva essere lei stessa meno incosciente ma a quanto pare il dispiacere per il nipote depresso l'aveva fatta reagire in uno strano modo. La rabbia mi fa riempire gli occhi di lacrime e per non dargli soddisfazione distolgo lo sguardo. Non mi farà sentire in colpa per qualcosa di cui non ho responsabilità,penso e mi vado a sedere il più lontano possibile da lui. Nell'attesa,ormai quasi un ora mi sono ricordata di chiamare a lavoro e spiegare l'accaduto, menomale che conoscono la signora e non rischio il lavoro a causa dell'ennesimo ritardo. Poi finalmente si aprono le porte e si affaccia un medico sulla cinquantina. Subito il giovane Erdogan si presenta come nipote della paziente,ma il medico dopo averlo tranquillizzato sulle condizioni della nonna,mi chiama ,mi avvicino e lui mi invita ad entrare perché la nonnina chiedeva di me. "Sta bene?" domando dispiaciuta per l'accaduto. Lei mi fa segno di andare più vicino e non so come mi ritrovo seduta sul bordo del letto con lei che mi tiene per mano. La sua stretta è debole,non vigorosa come la mattina quando giravamo per il negozio e quella sensazione mi rende così triste che gli occhi mi si riempiono di nuovo di lacrime. "Mi dispiace tanto" dico lasciandomi sfuggire un singhiozzo. "Stupida ragazzina di cosa ti dovresti dispiacere, ho fatto tutto io.... ci scommetto che questo idiota ha scaricato la colpa del mio malessere su di te" dice guardando dietro le mie spalle. "Non credi sia troppo meschino chiamare idiota il tuo unico nipote,mentre stringi la mano ad un estranea?!" le dice offeso e si avvicina a lei dall'altra sponda del letto. "Lo sai che mi hai fatto prendere un bello spavento?" la rimprovera ma con tono gentile. "Te lo sei meritato,dovevo rischiare la vita per farti uscire da quella maledetta stanza?!" si agita la nonna e io dato che la discussione sta cadendo sul personale sento il dovere di togliere il disturbo. "Rimani,non è nulla che non puoi ascoltare!" dice la signora e non è certo una richiesta. "Nonna!" protesta il nipote. "Ti rifiuti di sposare la sconosciuta nominata nel testamento? Benissimo parlerò io con tua madre,ma voglio che riprendi a vivere, rivoglio mio nipote Serkan e voglio che trovi qualcuna che ti piace e ti sposi al più presto così potrò essere finalmente tranquilla" dice risoluta. "Dottore credo che mia nonna non si sia del tutto ripresa,sta delirando" dice parlando al dottore che si era avvicinato a controllare la flebo. "Sto benissimo e non sto scherzando ragazzino...perché non corteggi lei,è una persona gentile e a modo e pure una bellezza" dice convinta mentre mi indica e a quel punto il discorso non mi piace proprio più. "Mi dispiace ma a questa cosa rifiuto io ancora prima di suo nipote" dico. "Signora Erdogan lei è una nonnina molto cara ma la prego non mi metta in mezzo ai vostri conflitti famigliari, ho già abbastanza problemi di mio" dico secca e senza aspettare risposta e perdere altro tempo esco da lì più in fretta che posso. "Non ti sembra di aver esagerato?" chiede il nipote alla donna la quale la mia reazione l'aveva rattristata. "Lei è perfetta per te,ti tiene testa come nessuna" gli dice sicura. "Non hai intenzione di seguirla? Pensi che ho fatto tutto questo perché mi annoiavo? Muoviti!" gli ordina e afferra la borsa per prendere il suo cellulare. "Qui me la cavo benissimo da sola" gli assicura mentre lo spinge via. Intanto io ero già arrivata alla fermata del bus,se avevo fortuna potevo tornare a lavoro e fare chiusura pensavo. Ma alla fine invece che in negozio decido di tornare al parco e mi siedo su quella panchina dove poche ore prima piangevo terrorizzata per dover fare un iniezione. Devo fare un corso di pronto soccorso e anche per saper fare le siringhe senza uccidere nessuno,penso. Poi un ombra alla mia destra cattura la mia attenzione ed alzo lo sguardo. Non ci credo,come ha fatto a trovarmi? Anzi,correggo il mio pensiero, per quale altra ragione è venuto a cercarmi? "Non mi dica che ha preso in parola quanto detto da sua nonna?" chiedo infastidita lanciandogli un occhiataccia. "Non ci penso proprio!" esclama. "Ma sai,mia nonna si è molto dispiaciuta,non era sua intenzione offendere o farti sentire usata,cercava più che altro di fare rinsavire il suo idiota nipote" spiega sedendosi al mio fianco. "Spero davvero tu possa perdonarla... sono venuto a cercarti per questo in realtà" mi dice serio. "Ho capito, non c'è l'ho con lei" taglio corto. "Ma con me vero? Mia madre ti accusa,mia nonna ti usa e tutto per causa mia....mi dispiace" ammette "è ti chiedo scusa anche per averti gridato contro io stesso" aggiunge lasciandomi stupita. "Non importa è acqua passata" dico per chiudere il discorso. Pessima idea dato che in seguito cade un silenzio imbarazzante. Mi alzo e lo guardo dall'alto in basso, sembra davvero stanco un giovane uomo estenuato dal destino avverso. "Ormai è ora di cena, ma le andrebbe un gelato?" chiedo. Alza lo sguardo verso di me e mi sorride entusiasta,così gli indico il chiosco poco distante e insieme ci avviamo. "Potresti farmi un favore?" chiede mentre camminiamo fianco a fianco. "Mi dica" rispondo. "Potresti evitare di continuare a darmi del lei?mi fai sentire un vecchio" dice. "È una persona di un rango superiore e per di più non la conosco, come la potrei chiamare diversamente?" dico sicura per poi ordinare lo stesso gusto di gelato di quel pomeriggio. Anche lui prende cioccolato e panna e dopo aver pagato i due coni c'è li gustiamo, mentre ci allontaniamo camminando verso il laghetto. "Buonasera signorina,mi permetta di fare le presentazioni...il mio nome è Serkan Erdogan,posso chiederle il suo?" domanda con tono da damerino e mimando un goffo inchino mi porge la mano. Non posso fare a meno di sorridere per quel modo impacciato che sta usando per prendere confidenza. "Siria!" esclamo. "Solo Siria? Senza cognome?" chiede. Annuisco e sto ancora valutando se stringere o meno quella mano tesa,quando lui stesso con uno slancio afferra la mia. "Piacere di conoscerti Siria senza cognome" dice serio. Ogni volta che alzo lo sguardo verso di lui mi perdo in quelle pozze scure e profonde che sono i suoi occhi. "Ti auguro di trovare presto un cognome importante che accompagni il tuo bel nome"aggiunge poi. Ma quel l'augurio lo avverto come pericolo e istintivamente ritiro la mano. "Non intendevo il mio" se stai tornando sulla difensiva per quello" dice come se avesse intuito il mio timore. Bene,mi torno a rilassare,finiamo il gelato e intanto la temperatura quella sera si è abbassata di nuovo e inizio a sentire freddo. "È meglio che vada" dico,d'altra parte non è che avevamo molto da dirci,pur conoscendo i nostri nomi restiamo comunque due estranei. "Ti accompagno!"si offre e non mi da neppure il tempo per rifiutare l'offerta che mi ritrovo spinta verso la sua macchina. "Non serve,la fermata è proprio all'angolo" dico. "È tardi,almeno tu fammi stare tranquillo per una volta" insiste. Un momento! Cosa vuole dire con quelle parole? Si è forse preoccupato per me? Bah meglio non sapere. Salgo in auto con lui e come volevasi dimostrare senza che io gli abbia detto l'indirizzo,mi accompagna esattamente fino all'entrata del palazzo di casa. "Come faceva a saperlo?" chiedo cercando di controllare il mio stato d'animo. "Cosa?" chiede lui innocentemente. "Mi sono trasferita qui da poco,quasi nessuno lo sa" dico indicando il palazzo. "Adesso mi dice come diavolo sapeva dove accompagnarmi senza che io le dicessi l'indirizzo?" chiedo nervosa alzando la voce. Lui colto in flagrante sgrana gli occhi stupito. "Aspetta non è come credi" cerca di poggiare le mani sulle mie spalle per calmarmi ,ma lo spingo via e liberandomi dalla cintura scendo dall'auto. "Mi stia lontano signor Erdogan o la denuncio" dico furiosa e corro in casa lasciandolo a giustificarsi da solo .

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3573949