I passi della nostra Vita di BrokenSmileSmoke (/viewuser.php?uid=190851)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Intestazione
Prologo
Sin
da quando era piccola sua madre le aveva insegnato
che le donne non erano affatto il sesso debole, erano forti, e nessun
uomo
aveva il diritto di trattarle come più voleva.
E così Anita era cresciuta con l'obiettivo di farsi
rispettare. Si era imposta
di non cedere mai a nessuna persona, tantomeno se fosse di genere
maschile.
Odiava quando le sue amiche, le sue coetanee, si disperavano
perché qualche
ragazzo le faceva stare male. Non le riusciva proprio a capire.
Era solita dire «Nessun uomo merita le tue lacrime, figurati
se merita la tua
disperazione» e poi incoraggiare ad essere più
forte e a fregarsene di ciò che
un ragazzo possa pensare.
Nessuno le aveva mai risposto "Tu non puoi capire, non sei mai stata in
questa situazione", tutti sapevano che anche Anita, nei suoi ventun
anni,
avesse avuto diverse relazioni.
Poi un giorno, di punto in bianco, aveva realizzato che il genere
maschile non
valeva nemmeno metà del tempo che si passava solo a parlarci.
Così quella mattina si era svegliata, era andata in cucina
dove c'era sua madre
e le aveva detto «Forse essere lesbica darebbe più
soddisfazioni sia in campo
sentimentale che in quello fisico, non credi?»
Sua madre l'aveva guardata perplessa. Che fosse colpa sua? Che avesse
esagerato
nell'insegnarli che una donna doveva essere forte da sola?
Fino a qualche mese prima, l'ultimo ragazzo fu catalogato come "Si fa
trattare da zerbino, è stupido, pensa sempre che quello che
dico io è giusto,
non sembra avere una propria opinione su qualcosa ed io non voglio
sprecare
tempo con un manichino, con uno specchio che riflette solo me stessa.
«Ma non ci tieni a lui?» le aveva domandato.
Anita era quasi sul punto di scoppiare a ridere.
Come poteva piacerle una persona senza un proprio ideale? Per lei era
come se
fosse solo un involucro vuoto. Guardava il ragazzo negli occhi e non
trovava
nulla che le dava motivo per continuare.
Eppure all'inizio non era così, era stata attratta da lui
perché sembrava una
persona in gamba, forte davanti agli amici, ma nemmeno due giorni dopo
si era
dimostrato così, come se fosse un bambino. E lei non aveva
di certo voglia di
fargli da madre.
E se quindi questa era una scelta della figlia, perché
ostacolarla? Lei le
aveva dato le basi, ma ora era compito di Anita continuare come
più voleva.
Anita
aveva conosciuto una ragazza alla metro di
Westiminister, erano andate a prendersi un caffè, e un mese
dopo stavano per
mettersi insieme, se non fosse che lei avesse notato che effettivamente
non
provava alcuna attrazione verso il suo stesso genere, ed il carattere
di Abbey,
così si chiamava, era quasi inesistente.
Per quanto quella ragazza fosse carina, capelli lunghi e blu, e fisico
alto e
slanciato, il suo carattere era più povero di quello
dell'ultimo ragazzo con il
quale era stata, e la cosa peggiore era che non voleva darle quello che
voleva:
la libertà.
In
una mattina di fine gennaio fece una scelta che mai
avrebbe pensato di fare.
Si era svegliata presto
con un'improvvisa voglia di andare a correre, e così
fece.
Alle otto del mattino
lei era appena scesa alla fermata di fronte al parco dove
sarebbe andata.
La città a
quell'ora era già molto trafficata, ma nel parco l'unico
rumore che
si udiva era quello dei passi delle persone che, come lei, erano andate
lì per
correre o per fare una semplice passeggiata mattutina.
Mise le cuffie nelle
orecchie, e la voce di Mika l'accompagnò per tutto il
tragitto.
Stava andando verso un
percorso dove c'erano solo alberi che quasi non
permettevano il passaggio dei raggi del sole, non c'era nessuno.
Fu in quel momento che
le arrivò una notifica sul telefono, non era altro che
una richiesta d'amicizia su Facebook. Da parte di un certo Kevin
Pearson.
Le sembrava avesse un
volto famigliare, ma non ci aveva mai parlato.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Intestazione
Capitolo
1
Avrebbe mai potuto sapere che
quella mattinata avrebbe cambiato ciò che credeva essere la
sua esistenza?
Nella
metro di Londra qualsiasi
passante sembrava un fantasma, nessuno calcolava minimamente l'altro.
Sembrava
un luogo freddo, ostile nonostante le centinaia di persone che c'erano.
Stava tornando a casa, era stanca e oltre questo nella sua mente si
proiettava
sempre il volto del ragazzo che aveva visto in foto.
Le sembrava vagamente di conoscerlo, ma era sicuramente solo
un'impressione.
Non sapeva nemmeno della sua esistenza fino a quando lui le aveva
mandato la
richiesta d'amicizia su Facebook.
Non ci aveva mai parlato, lo aveva visto da qualche parte, questo forse
sì, ma
nient'altro.
Lui le aveva scritto dopo nemmeno mezz'ora, e ad ogni messaggio lei si
sentiva
le farfalle nello stomaco. Sì.. avrebbe descritto la
sensazione così.
Era una cosa nuova per lei, non le era mai successo con nessuno, si
sentiva
strana.
Una tipica persona che crede nell'amore avrebbe detto probabilmente che
si era innamorata
follemente, ma lei non credeva in queste cose.
Anita
entrò nell'appartamento che
aveva comprato due mesi prima e si gettò a peso morto sul
divano.
Le piaceva quell'abitazione, l'aveva trovata ad un prezzo bassissimo
anche se
valeva molto di più.
Sua madre le aveva dato una mano a comprarlo, aiutandola anche con i
traslochi.
Anita non ricordava l'esatto motivo per il quale aveva fatto
quell'acquisto, ma
non le dispiaceva affatto vivere da sola.
Accese il televisore e guardò MasterChef, consapevole che
lei non sarebbe mai
arrivata a cucinare ai livelli dei concorrenti che partecipavano a quel
programma.
Sapeva cucinare, sì, ma non era nulla di speciale, giusto le
basi per chi vive
solo e non vuole passare la vita a mangiare cibi d'asporto.
Passata nemmeno mezz'ora calò in un sonno profondo.
Ultimamente le capitava di sognare sempre un ragazzo che
però giurava di non
conoscere, ma questa volta seppe chi era.
Kevin Pearson.
Ma perché lo sognava sempre?
Si
risvegliò che fuori pioveva a
dirotto, e la mattinata soleggiata che l'aveva portata ad andare a
correre
sembrava solo un lontano ricordo.
Ma quello era il tempo di Londra, e in una stagione invernale le volte
in cui
c'era il sole si potevano contare sulle dita di una mano.
Nonostante il brutto tempo decise di uscire lo stesso, aveva letto per
caso su
un giornale che quel pomeriggio ci sarebbe stata una fiera al coperto,
e lei
non aveva alcun motivo di restare chiusa in casa.
Indossò un vestito che le arrivava leggermente sopra il
ginocchio ed un
cappotto, ormai il freddo non le faceva effetto, ci era abituata a quel
clima.
Prese la Jubilee Line, la fiera distava giusto una centinaia di metri
da quella
fermata.
Quando
arrivò rimase sorpresa nel
vedere che c'erano poche persone, solitamente le fiere erano stracolme
di
visitatori curiosi, ma non se ne fece un problema.
La tranquillità era parte del suo essere, come poteva non
apprezzarla?
Si fermò ad alcune bancarelle, c'erano souvenir per turisti,
prodotti tipici ed
anche una bancarella dedicata interamente al Fish&Chips.
«Ehi, ciao» si sentì da dietro di lei,
si voltò immediatamente e rimase quasi
paralizzata.
Era proprio lui.
Capelli corti e neri, occhi marroni, alto e magro.
«Anita DeVitto?» le domandò insicuro.
«S..Sì, ma tu.. Tu sei il ragazzo dei miei
sogni»
Si accorse troppo tardi di ciò che aveva detto, che Kevin
adesso l'avesse presa
per una pazza?
Invece sorrise beffardo «Abbiamo solo chattato per mezz'ora e
già sei pazza di
me?»
Anita si fece rossa in volto.
«Credo tu abbia frainteso, non intendevo in quel senso,
cioè sì, ma.. Oddio, è
imbarazzante» si coprì il volto con le mani
ridendo nervosamente.
«Sì, lo è decisamente ahahah»
«Vedi, il punto è che.. ecco, ogni volta che mi
addormento tu appari nei miei
sogni.»
Il ragazzo si fece serio, per poi farle l'occhiolino.
«Beh, allora sarà destino, non credi?»
«Niente affatto, ti avrò visto da qualche parte e
mi sarai rimasto in mente»
«E quindi è destino.»
Anita sbuffò. Era testardo, molto testardo. E si capiva
anche che era abituato
che le ragazze gli andassero dietro.
Si vede che non mi conosce, si disse.
«Ora.. Che ne dici di dare ascolto al nostro destino ed
andare a prenderci
qualcosa alla bancarella dei caldi?» le propose Kevin.
Effettivamente non l'aveva considerata una pazza, e probabilmente
avrebbe
voluto saperne un po' di più di lei.
«Posso prendermi un thè English Breakfast o poi
sembrerà un po' troppo alla
Cinquanta Sfumature di Grigio?»
«Bhe direi di no, visto che io non sono nemmeno lontanamente
un Cristian Grey»
le sorrise.
«Ma
non mi dire.. E poi che è
successo?» chiese curiosa sorseggiando il thè.
«Sono stato espulso anche da lì, ed una volta
uscito fuori c'era uno del
gruppetto che ha cercato di menarmi, l'ho sbattuto contro al muro della
scuola
stessa e da lì ho capito che fare arti marziali e cose del
genere non faceva
per me» concluse ridendo.
Rideva anche Anita, quel ragazzo non le sembrava tanto male infondo.
Era
abbastanza interessante, aveva di cosa parlare senza dire sempre "Io
sono,
io faccio, io ho", ne parlava come se fosse una cosa del passato di cui
ridere, ma non si vantava affatto.
«Immagino che anche tu abbia fatto qualche bravata da
giovane, racconta» la
incitò bevendo il suo caffè.
«Beh sì.. In terza media facevo danza
classica» si fermò perché Kevin aveva
iniziato a ridere «Cosa c'è di tanto
divertente?»
«Niente, è solo che.. Tu, danza classica. Non mi
sembrano due cose che possano
andare d'accordo»
«E invece sì, ascolta. I miei mi impedirono di
andarci, e sai perchè? C'era una
ragazza, che oltre tutto mi era compagna di classe, che non faceva
altro che
cercare di deridermi davanti a tutti, così un giorno eravamo
rimaste solo io e
lei negli spogliatoi e lei aveva iniziato a prendermi in giro,
così mi sono
incazzata e l'ho picchiata con le scarpette con la punta in gesso, ha
avuto dei
lividi che sono durati per settimane, la madre mi voleva denunciare, e
così la
maestra di danza mi aveva detto che per poco non rischiava un'emorragia
a
livello celebrale, visto che poi l'ho sbattuta contro un muro, ero un
po'
vivace diciamo.»
«Sì, decisamente, ma diciamo che se dobbiamo
paragonare i tuoi racconti ai
miei, o sono sullo stesso piano oppure i miei sono leggermente
più terribili
dei tuoi»
Anita concordò «Ma c'è anche da
riconoscere che io sono una ragazza, sono
decisamente molto più delicata, è ovvio che non
potrei mai fare quello che hai
fatto tu»
Il ragazzo guardò l'orologio, per poi dirle «Beh,
il tempo è volato, ora
purtroppo ho degli impegni, ci possiamo vedere un'altra
volta?»
La ragazza rimase stupita. Le stava dicendo che voleva uscire insieme a
lei?
«Sì, certo, fammi sapere quando così
vedo se ho impegni o meno.»
Sapeva di mentire, ma non voleva mostrarsi disponibile sin da subito.
«Tieni pure il mio numero»
Le porse un biglietto da visita.
«Sei un architetto?» domandò Anita, sul
biglietto c'era scritto "Kevin
Pearson, specializzato in design di interni ed esterni".
Aveva fatto l'affare della sua vita.
«Più o meno, mi occupo solo di arredare e dare
sistemate ai locali, chiamami
quando decidi se vuoi uscire con me o meno, anche se, da come ti vedo,
non
vorrai sembrarti troppo disponibile, sbaglio? Alla prossima»
la salutò con un
bacio sulla guancia, lasciandola lì immobile.
Come aveva fatto a capirla? Giravano già voci su come lei si
comportava con gli
individui di sesso maschile?
Prese la sua borsa e tornò a casa, non prima di andare alla
bancarella e
comprare un involucro di giornale con Fish&Chips, non aveva
affatto voglia
di cucinare.
Mentre
era sul divano intenta a
mangiare la sua cena sentì girare la serratura della porta.
Si spaventò, il suo primo pensiero fu "Oddio i ladri", visto
che
nemmeno sua madre aveva la chiave dell'appartamento.
Subito dopo prese un vaso da sopra il tavolino e si avvicinò
alla porta.
Fu questione di attimi.
La porta si aprì, entrò una figura alta e lei, da
dietro le spalle, gli
scaraventò il vaso in testa.
L'uomo, sì, era decisamente un uomo, si accasciò
a terra, con un forte dolore
alla testa, poi si voltò verso il suo aggressore.
«Tu? Oh, altro che non sei Cristian Grey, tu non sei
MINIMAMENTE Cristian Grey,
sei solo un maniaco! Uno stalker! Che ci fai qui? Chi ti ha dato le
chiavi di
casa mia?» gli urlò contro Anita.
Il ragazzo le fece segno di abbassare la voce, la testa gli faceva
male, e
tanto. Era un miracolo che non fosse svenuto.
La guardò stralunato.
«Tu cosa ci fai in questo appartamento?» le
domandò a bassa voce.
«Cosa ci faccio? Io qui ci abito, non hai visto il cognome
sul campanello? È il
mio, vieni a vedere» lo prese da un braccio e lo
strattonò fuori alla porta e
gli indicò la scritta sul campanello, poi rimase stupita.
Su quel campanello c'era il suo cognome, sì.. Ma accanto
c'era anche quello del
ragazzo.
Kevin la guardò serio. Non capiva se quello fosse solo uno
stupido scherzo o se
magari si fosse confuso, sì, si era sicuramente confuso.
Magari aveva fatto un piano in più o uno in meno e aveva
sbagliato
appartamento, magari la ragazza che aveva di fronte viveva con qualcuno
col suo
stesso cognome.
Ma risultava anche impossibile.
La chiave di Kevin aveva aperto quella porta, lui viveva lì
da due mesi circa.
E sapeva che il suo appartamento era il numero 6, e quello che aveva di
fronte
era proprio l'appartamento numero 6.
Ma allora perchè Anita DeVitto era lì dentro e
gli aveva rotto un vaso in
testa? Ci era entrata di nascosto?
«Ed
anche tu dici che vivi qui da
due mesi, perciò o vivevamo senza vederci mai, che quando
c'eri tu ero fuori io
e viceversa, oppure non lo so. Magari tu sei solo ubriaca o fatta e qui
ci sei
capitata per caso.»
Anita lo
guardò male. Come si permetteva a dirle quelle cose?
Certo, aveva fumato e
bevuto qualche volta, ma di certo non era una cosa di
dominio pubblico.
Uno schiaffo
arrivò sulla faccia del ragazzo, che la guardò
come se fosse
pazza.
«Io non sono
fatta, ubriaca, o chissà cosa, mi hai capito? Magari lo
sarai tu,
ma non io!» detto questo riprese il cartoccio che conteneva
la sua cena «Anzi,
facciamo così se ti va bene. Io ti ospito qui, a casa mia,
fin quando non
capiremo cos'è successo, magari ci sarà stata una
frode con quelli dell'agenzia
delle vendite, o fino a quando non troverai un altro posto in cui
stare»
propose infine.
Certo, l'idea di avere
uno sconosciuto in casa non la convinceva molto, ma in
un certo senso lei lo conosceva.
In fin dei
conti lui era il ragazzo dei suoi sogni.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Intestazione
Capitolo
2
«Quelli
dell'agenzia non mi
rispondono proprio, sto chiamando ogni mezz'ora, vai a vedere
cos'avranno
combinato, vendere la stessa casa a due persone, mah..» disse
Anita amareggiata
lanciando il cellulare sul divano dove c'era Kevin.
Era una situazione davvero assurda. Come avevano fatto a non accorgersi
l'uno
dell'altra per due mesi?
Non era un'abitazione grande, ci stavano massimo tre persone, aveva due
camere
da letto, un bagno abbastanza grande, un salotto ed una cucina. Come
facevi a
non accorgerti che c'era qualcuno oltre a te?
Aveva passato buona parte della notte insonne, erano entrambi sul
divano a
parlare di come fosse stata possibile una frode di questo genere.
Nessuno dubitava più che l'altro fingeva di vivere
lì. I documenti che
attestavano la residenza c'erano, e non erano falsi.
«Cosa potremmo fare?» aveva domandato Anita.
«Beh, innanzitutto domattina chiameremo all'agenzia per
saperne di più, poi si
vedrà» aveva detto Kevin.
Poi, come se nulla fosse successo, avevano iniziato a parlare delle
loro vite, di
quello che facevano, di quello che avevano fatto.
Anita aveva scoperto cose di Kevin che non si sarebbe mai immaginata,
amava
suonare, dipingere e anche scrivere, non le sembrava affatto come gli
altri.
Sembrava che tutti gli altri avessero un solo interesse, lo stesso poi,
il
calcio.
Se chiedevi cose che non riguardavano il calcio la maggior parte di
loro faceva
scena muta, altri iniziavano a balbettare parole scomposte. Poteva
essere più
imbarazzante di così? Anita ne dubitava fortemente.
Avevano chiacchierato del più e del meno, dall'elezione del
nuovo presidente
degli Stati Uniti agli attentati in tutto il mondo.
Anita si chiedeva come poteva Kevin, più grande di lei di
solo un anno, avere
una mentalità così diversa da tutti gli altri
ventiduenni.
Non le era mai capitato di poter parlare di attualità con i
ragazzi della sua
età, e ciò le fece venire un dubbio.
«Ma sei proprio sicuro di avere ventidue anni?»
aveva domandato interrompendo
così la discussione su quanto i social disturbassero la vita
quotidiana.
Kevin cercò il portafogli nelle sue tasche, e poi ne
estrasse la patente.
«Guarda la data di nascita se non ci credi, non è
falsa» le aveva detto
tranquillamente.
«È solo che è strano parlare di
quotidianità con persone che abbiano meno di
trent'anni»
«Mi dicono che ho una mentalità diversa dai miei
coetanei, vorrà pur dire
qualcosa no?»
Anita sorrise «Certo»
Innamorata follemente o no, la cosa sicura era che quel ragazzo le
interessava.
E parecchio.
«Senta,
sono Anita DeVitto e credo
che voi abbiate fatto un grosso errore quando avete venduto..»
Per alcuni secondi ci fu solo silenzio «È uno
scherzo?» domandò una voce
femminile.
«Senta, avete venduto il MIO appartamento ad un ragazzo,
semmai dovrei essere
io a sentirmi presa in giro» sbraitò.
«Guardi signorina, io non ho voglia minimamente di scherzare,
se ha intenzione
di fare scherzi telefonici allora li faccia ai suoi vicini di
casa!»
Dopo questo si sentì un BIIP proveniente dal telefono.
L'Agente immobiliare aveva chiuso la chiamata.
«Ma sbaglio o mi sta prendendo per il culo?»
domandò Anita sbalordita.
Il ragazzo si sdraiò sul divano mettendosi una mano sul viso.
«È una situazione assurda»
«Decisamente, secondo te cosa possiamo fare?»
chiese Anita.
«Potremmo sporgere denuncia, ma c'è il cinquanta
percento della possibilità che
non vogliano crederci, i documenti non sono contraffatti, le firme mie
e tue
nemmeno, potrebbero credere semplicemente che siamo una coppia che
vuole
solamente guadagnarci qualcosa facendo finti reclami»
«La cosa più assurda è che noi non
siamo una coppia, ci conosciamo a malapena e
di sicuro, almeno io, non ho voglia di ricavare soldi in questo
modo.»
«E quindi? Vuoi fare come se nulla fosse?»
La ragazza rimase a riflettere per alcuni secondi mangiandosi le unghie
dal
nervoso.
«La settimana prossima farò qualche chiamata ad
una mia amica che si occupa di
queste cose, ora è in Australia con suo marito, potrebbe
aiutarci in qualche
modo.»
Kevin annuì.
«Ascolta, io fra un po' dovrò andare alla
libreria, finirò il turno per le sei di
stasera tu.. fai come se fosse casa tua, visto che a quanto pare lo
è, vado a
prepararmi.»
Giusto
il tempo per una doccia
veloce ed Anita era già fuori alla metro per andare a
Piccadilly.
Aveva iniziato a lavorare in quella libreria quasi subito dopo il
diploma, e
guadagnava abbastanza da potersi permettere il mutuo della casa, le
bollette,
il cibo e i suoi sfizi, e quindi non aveva problemi ad andare a fare
shopping
quando voleva.
Nonostante questo però la sua vita non era affatto monotona,
anzi.
Nel tempo libero faceva più di quanto avrebbe fatto una
normale ragazza della
sua età, e oltre lei e Claire tutte le sue amiche ed ex
compagne di scuola
vivevano ancora a spese dei propri genitori, senza un lavoro in quanto
«siamo
troppo giovani per iniziare una vita fatta di casa e lavoro, meglio
divertirsi
adesso, no?»
Ma Anita si divertiva più di qualunque altra sua coetanea, o
almeno la pensava
così.
La mattina solitamente la passava in casa ad ordinare vestiti o oggetti
su
Amazon, a volte capitava che andasse a correre al parco, oppure a
leggere
qualcosa, il pomeriggio seguiva qualche serie tv, usciva se ne aveva
voglia e
poi andava a lavorare giusto quelle quattro o cinque ore, rientrata a
casa
poteva scegliere se uscire con qualcuno o rimanere sul divano a bere
cioccolata
calda guardando un film.
In fin dei conti era single con una vita davanti, era libera ed aveva
la
possibilità di fare ciò di cui più
aveva voglia.
Il lavoro alla libreria non la occupava mentalmente ne tantomeno la
stancava
fisicamente, in fin dei conti doveva solo consigliare libri, e lei
amava
leggere, e al massimo doveva passare qualche oretta con gruppi di
bambini
venuti lì a studiare a richiesta degli insegnanti se il suo
datore di lavoro
glielo chiedeva, ma lei amava i bambini ed amava il suo lavoro, quindi
non le
dispiaceva più di tanto.
Amava essere consapevole di essere libera, ma una parte di lei aveva
anche
voglia di iniziare a mettere su famiglia.. E perché no? Non
le mancava nulla.
Una
volta davanti alla Book's for
Life constatò che era chiusa. Era arrivata in anticipo?
Controllò l'orario sul display del cellulare, ma erano le
due di pomeriggio in
punto, lei arrivava sempre o in anticipo o puntuale, ma mai le era
capitato di
trovarla chiusa.
Trovò sul portone un foglio con su scritto "Chiuso per
lutto", e
rimase perplessa.
Era strano che David, il suo capo, non la chiamasse in caso non doveva
lavorare.
Gli sarà sfuggito di mente, si disse.
Cercò di fermare un taxi che la portasse da Harrods, ma
nessuno pare volesse
fermarsi.
«Che giornata di merda!» disse sottovoce, poi
decise che ci sarebbe andata in
metro. Non era di certo colpa sua se i tassisti non volevano fermarsi.
Arrivata
davanti Harrods si
sorprese di trovarlo lì.
«Kevin! Che ci fai qui?» domandò
stupefatta e.. felice?
Sì, forse era leggermente felice di trovarlo lì,
ma nulla di che.
«Il mio ufficio oggi è chiuso, non mi hanno
avvisato e quindi ho deciso di
farmi una passeggiata qui»
«Ma non mi dire.. Anche a me è successo lo
stesso»
A vederli sembravano due amici dai tempi del liceo, lui faceva qualche
battuta
stupida e lei rideva come se fosse la cosa più divertente
del mondo.
Ed anche questo non le era mai capitato, che si stesse.. Innamorando?
Innamorata io? Ma quando mai, si disse Anita
guardandolo negli occhi.
Ha il sorriso più bello del mondo, si
ritrovò a pensare lui.
Erano piombati in un silenzio imbarazzante, nessuno sapeva cosa dire o
cosa
fare.
«Se vieni con me ti compro una scatola di
cioccolatini» le propose sorridendo.
«Uuuh, è proprio una proposta
interessante» sorrise di rimando lei.
All'improvviso scoppiò un temporale, Anita alzò
lo sguardo verso il cielo,
nessun meteo aveva previsto pioggia per quel giorno, si
meravigliò.
Ma a volte capitava di sbagliarsi, no?
Si guardarono negli occhi, poi scoppiarono entrambi a ridere.
«Entriamo o aspettiamo che ci venga un
raffreddore?» chiese Kevin porgendole il
braccio.
«Ahahah entriamo» rispose lei prendendolo
sottobraccio, allegra.
Era da tanto tempo che non rideva così, di cuore.
Quel ragazzo da un lato sembrava complicato, ma dall'altro era la
persona più
semplice e piacevole del mondo. Poteva quasi dire che non le dispiaceva
la sua
compagnia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Intestazione
Capitolo
3
«Non
mi hai parlato molto di te»
«Come?»
«Insomma.. Non mi hai detto che tipo di persona sei, cosa ti
piace fare, quello
che ti colpisce di più delle persone»
Kevin era sempre più intento a scoprire se avevano qualcosa
in comune, tipo il
loro film preferito, il passatempo.
Certo, avevano passato la notte precedente a scoprire qualcosa l'uno
dell'altro, ma Anita non sembrava particolarmente interessata a farsi
scoprire,
e non faceva altro che dargli l'impressione di essere sotto sotto una
persona
insicura.
Leggermente insicura ma forte, altrimenti la sera precedente sarebbe
scoppiata
nel panico più totale dopo aver saputo della faccenda
dell'appartamento.
«Che dire, io adoro leggere, mi piace fare sport, cose
così»
Kevin si meravigliò, e si infastidì nel sentir
dire quelle cose. Anita si
sottovalutava troppo, e lui avrebbe dato l'anima per avere accanto una
come
lei.
«Cose così? Stai scherzando? La maggior parte
delle ragazze che conosco vanno
solo da piste da ballo a shopping sfrenato! Non hanno una minima
considerazione
delle difficoltà della vita, delle cose che possono fare se
solo si
impegnassero ad essere più donne, o se solo aprissero un po'
più la loro mente
invece di limitarsi a pensare di essere nel periodo più
bello della propria
vita e quindi di poter fare solo questo.»
La ragazza annuì, si trovava perfettamente d'accordo con lui.
«Sai, è per questo che sinceramente ti adoro, sai
essere realista, di questi
tempi è difficile conoscere persone con i tuoi stessi
principi»
Kevin sorrise.
«Almeno adesso so come la pensi su queste cose, non
è molto ma è un buon punto
da cui partire»
Anita
si sentiva strana, provava
talmente tante nuove emozioni e sensazioni che non riusciva nemmeno a
descriverle. Forse una sì.
Casa. La sensazione di sentirsi a casa quando era vicina a lui.
Si sentiva accettata, capita, e potè giurare che fosse una
delle sensazioni
migliori del mondo.
Kevin, il ragazzo dei suoi sogni, poteva magari essere veramente il
ragazzo dei
suoi sogni? Quello che tutte le donne, o almeno da bambine, sognavano?
Il
sentirsi a casa indipendentemente da dove si trovassero, bastasse
solamente
quella persona accanto a loro.
Ed ora lo sapeva, sì.
Si era davvero innamorata follemente di Kevin
Pearson. Ma come uscirne
fuori?
Erano solo due estranei che si trovarono per caso, o che si ritrovarono?
Ne era pienamente convinta adesso.
In qualsiasi luogo, tempo o spazio in cui lei sarebbe rinata, non
avrebbe mai
dimenticato di aver provato qualcosa di così forte, magico,
con lui. Ovunque
fosse stata, non avrebbe mai e poi mai smesso di cercarlo, di provare
di nuovo
qualcosa di così bello.
«Ehi,
ci sei ancora?»
Anita si scosse.
«Stavi sognando ad occhi aperti?»
«No no, stavo solo pensando ad una cosa, nulla di
importante» disse in tono
sbrigativo la ragazza.
«Va bene.. I cioccolatini come li vuoi?»
domandò avvicinandosi alla cassa.
«Cosa? No no, prima stavo solo scherzando»
«Ma io te li avevo promessi, quindi ecco qua» le
disse porgendogli una scatola
di cioccolatini quadrata dopo aver pagato.
«Vedi, ci sono tutti i gusti, nocciola, caffè,
liquore..»
Anita gli sorrise, non era una novità per lei che i ragazzi
per farsi belli le
offrissero qualcosa, ma stavolta era diverso, era Kevin a farlo.
Si sentiva.. Amata?
«Oh.. Grazie davvero»
«Sai,
un'altra cosa che mi piace,
che la maggior parte della gente vede più come una mancata
serietà nei rapporti
di coppia, è l'essere libera. Dover rinunciare a qualcosa
che voglio con tutta
me stessa perché all'altra persona non va bene, o essere
ostacolata in cose che
potrebbero aiutarmi a crescere non mi piace, lo vedo come un
impedimento e come
una cosa egoista da parte dell'altra persona»
«Beh.. L'amore è anche rinunciare a cose che
vorremmo, non credi?»
Amore.. perché quella parola sembrava
così bella e carica di significato
se detta da lui?
Oddio, ha veramente detto quella parola? si
allarmò mentalmente Anita.
Le aveva per caso letto nella mente? Aveva capito ciò che
lei sentiva verso di
lui?
Si sentì improvvisamente piccola e indifesa.
Sì, era decisamente l'amore a farla sentire così.
È l'amore che ti fa sentire
indifesa e allo stesso tempo forte.
Indifesa, perché quella persona ha il tuo cuore e
può farne quello che vuole, e
forte, perché anche tu hai il suo. È come avere
due cuori. Uno il tuo, da
trattare come più vuoi, l'altro della persona che ami, ma
bisogna stare attenti
a non fargli del male.
E il cuore della persona che ami, una volta che lo ottieni,
è tuo per sempre.
«Io.. Non lo so. Non la penso come te, ma molto probabilmente
solo perché non
sono mai arrivata ad amare così tanto da chiedermi se sia
meglio rinunciare o rovinare
il rapporto»
«L'amore ti cambia»
«Ti prosciuga»
«Ti fa rinascere»
«Ti ammala e ti uccide lentamente»
«Solo se la persona che ami non sa quanto l'amore
può essere delicato»
«Non ho mai conosciuto persone che potessero sapere
com'è l'amore»
«Ce l'hai davanti»
Anita
lo guardò con gli occhi
lucidi, senza rendersi conto aveva confessato tutto ciò che
provava, tutto ciò
di cui aveva paura, a lui.
Adesso il cuore di Anita era anche suo. Sarebbe riuscito a prendersene
cura?
«Anita, io.. Oddio, lo so che è troppo presto per
dirtelo, è.. È imbarazzante,
non so come dirtelo, vedi..»
Lei lo interruppe.
«Kevin, tu saresti troppo restrittivo, io e te non potremmo
mai andare
d'accordo!»
«Ecco, vedi, tu.. io.. Non so se dirtelo o meno»
«Ti amo, Kevin. Ci conosciamo da poco, è assurdo.
Ma.. mi fai provare
sensazioni nuove, mi fai sentire rinata, mi fai sentire spaventata,
mi.. mi fai
sentire innamorata»
Il ragazzo non riuscì a resisterle.
Le prese il volto tra le mani e la attirò a sè.
La guardò negli occhi per un tempo che a lei
sembrò infinito, ma erano solo
millesecondi.
Poi la baciò.
Ed il mondo intorno a loro scomparve.
Il
mattino seguente Anita si
svegliò pensando che la sera precedente e gli altri giorni
fossero solo un
sogno.
Non le era apparso il
ragazzo dei suoi sogni quella notte.
E capì
perché.
Il ragazzo dei suoi
sogni era proprio accanto a lei che la abbracciava mentre
dormiva beatamente.
I giorni precedenti non
erano affatto un sogno. Erano stati reali.
Così come lo
era il sentimento che adesso provava, l'amore.
Non capiva come fosse
arrivata a provare una cosa del genere. Aveva paura.
Ma adesso la sua paura
era diversa.
Aveva paura ad amare
Kevin, aveva paura di sbagliare, di fare qualcosa che
potesse ferirlo.
E così
è questo l'amore, si disse, vivere con la paura di far del
male alla persona che ami, ma allo stesso tempo cercare di amarla con
tutto te
stesso cercando di farla star bene.
Ricordò
di non aver mai sognato da bambina di trovare il suo principe
azzurro, ma ce l'aveva proprio accanto, così come non aveva
mai sognato di
avere una persona che potesse farla star bene, e adesso ce l'aveva
proprio
accanto.
Da bambina sognava di
essere sola e indipendente.
Ma adesso si rendeva
conto di avere lui, e lui era la sua dipendenza più
grande.
Non era lei ad essere
sbagliata, non sarebbe dovuta essere lesbica o etero per
trovare l'amore, erano gli altri ad essere sbagliati.
Ma lei aveva
inconsapevolmente trovato la persona giusta.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Intestazione
Capitolo
4
Quella
mattina Anita si svegliò con
un pensiero che non la lasciava in pace.
Erano già passati due mesi dal suo primo bacio con Kevin, da
quando dormivano
insieme, mangiavano insieme e facevano più
attività possibili insieme.
Ma non si era accorta di una cosa in quel lasso di tempo,
inconsapevolmente
stava abbandonando ogni attività che prima era solita fare.
Se ne accorse quando vide sul tavolino del salotto un libro che non
aveva
ancora finito di leggere e lo ignorò.
Due mesi prima sarebbe corsa a prenderlo e finirlo tutto d’un
fiato, non le
piaceva aspettare troppo per saperne il finale.
Ma con Kevin sembrava tutto diverso.
E non le piaceva affatto.
Ma, cosa peggiore di tutte, non capiva come fosse successo.
Lo amava, si, ma non poteva annullarsi in lui, era una cosa che si era
giurata
di non fare mai.
E se un giorno tutto questo loro Amore fosse finito? Che ne sarebbe
stato di
lei se la sua vita dipendesse da lui?
Non poteva assolutamente diventare così.
Lei lo amava, di questo era certa, ma ciò non voleva dire
che la sua vita aveva
perso importanza per mettere su un piedistallo quella di Kevin.
Kevin.
Il ragazzo stava ancora dormendo beatamente in camera da letto,
così Anita ne
approfittò per cambiarsi ed uscire di casa senza dire nulla.
Sapeva che era sbagliato, ma sapeva anche che non doveva tener conto a
nessuno
di cosa facesse o di dove andasse. Due mesi prima era così e
le andava bene, e
se Kevin non l’avesse pensata in quel modo…
Ma che m’importa! Se non gli va bene
ciò
che faccio può anche andarsene, si disse.
Una vocina nella sua testa continuava a ripeterle che era sbagliato, ma
lei non
ne voleva a che sapere.
La sera prima avevano litigato pesantemente, non ricordava nemmeno il
motivo,
ma era qualcosa di serio.
Kevin aveva scoperto tutti i ragazzi, e la ragazza, con cui Anita aveva
avuto
una relazione.
«E
quindi?» aveva urlato contro in
un momento di rabbia «Qual è il problema? Non te
l’ho mica nascosto! Anzi, mi
stupisce che tu ci abbia impiegato tre settimane per saperlo!»
«E quindi qual è il problema? Ma ti rendi conto?
15 ragazzi in.. In solo
quattro anni! Non ti sembra esagerato?»
A quel punto Anita non riuscì più a trattenersi,
come poteva lui dirle che
esagerava? Nessuno si era mai permesso.
«Beh, saranno problemi miei, non credi? Non si è
mai permessa mia madre a dirmi
che esageravo, e ora me lo dici tu? Ma chi ti credi di
essere?»
Avevano
continuato a litigare per
altre due ore, poi Kevin preso dalla rabbia era uscito di casa, e
stamattina
lei se lo era ritrovato nel letto accanto a lei.
Quella litigata fu un campanello d’allarme per lei.
Stava dando troppa importanza a Kevin, non che fosse un male, ma lui
stava
iniziando ad approfittarne.
Uscì di casa per poi salire su un taxi che
l’avrebbe condotta in uno dei più
grandi centri commerciali della città.
Nel tragitto si ritrovò a constatare che stava diventando
patetica quanto le
sue coetanee e che forse era meglio tornare a condurre la vita di
prima, quella
in cui era sola, indipendente, e in cui non prestava attenzione a
ciò che la
gente pensasse di lei.
Perché era questo che più le dava fastidio, il
fatto che del giudizio di Kevin
le importava molto, e si sentiva in colpa per le sue relazioni passate.
Ma come potevo mai immaginare che poi
sarebbe apparso lui dal nulla? Si domandò.
Visto il quoziente intellettivo delle persone con cui aveva avuto a che
fare,
ormai la prospettiva di Anita si era stabilizzata sull’essere
sola, con dei
gatti da accudire e con qualche relazione passeggera giusto per
mantenere
attiva la sua vita sessuale.
Decise di non pensarci più, è
inutile piangere
sul latte versato le ripeteva sempre sua zia quando Anita da
piccola
combinava qualcosa e poi si sentiva in colpa, e così avrebbe
fatto.
Avrebbe discusso con il ragazzo sull’accaduto, facendogli
capire che forse non
era il caso di stare a ripensare al passato, che comunque non sarebbe
cambiato
nulla.
Poi gli avrebbe anche detto che lo amava, che non le era mai successo
di
provare un sentimento così forte, e forse le cose si
sarebbero sistemate.
All’improvviso i suoi sensi di colpa sparirono, per fare
spazio al rimorso di
essere uscita di casa senza lasciare nemmeno un post-it con scritto
dove
andava.
Chissà cosa penserà
Kevin.
«Signorina,
sono 22 sterline, siamo
arrivati»
La voce del tassista la interruppe dai suoi viaggi mentali.
«Ah, sì mi scusi» rispose lei prendendo
il portafoglio dalla borsa, contò
alcune banconote e poi le porse al tassista «tenga pure il
resto, arrivederci»
Fece qualche passo e si ritrovò nel centro commerciale, e
passando davanti un
negozio di elettronica pensò che magari il giusto modo per
farsi perdonare
fosse quello di fargli un regalo.
Infilò
piano la chiave nella serratura della porta, quasi come se in caso non
avesse
fatto rumore Kevin non si sarebbe accorto che aveva passato la
mattinata fuori
casa.
Ma a quanto pare poteva stare tranquilla.
In quell’appartamento c’era un silenzio di tomba.
Lui non c’era.
Entrò
dentro casa e poggiò le buste sul divano, e sul tavolino il
suo regalo per
Kevin, sperando che lo apprezzasse, andò a farsi una doccia
e poi si mise a
cucinare il suo piatto preferito, sperando che almeno lui si
presentasse per
l’ora di cena.
Erano
almeno 45 minuti che teneva d’occhio il cellulare, un
po’ per rispondere
immediatamente ad un’eventuale chiamata o un messaggio, e un
po’ cercando di
resistere alla voglia irrefrenabile di chiamare Kevin.
Aveva iniziato a preoccuparsi in quanto lui non aveva fatto rientro per
cena,
ed era solito avvisarla se c’erano stati degli inconvenienti
al lavoro.
Ma quella sera non fu così.
Erano già le undici di sera, Anita era stanca ma avrebbe
voluto aspettarlo, per
non fargli pensare che se ne fregasse di lui.
Così mise da parte la cena, aprì Netflix per
continuare a guardare le sue serie
tv, si preparò una cioccolata calda, poi un’altra,
poi un’altra ancora, e cercò
di restare sveglia il più a lungo possibile.
Alle due di notte passate, cercò di contattare Kevin
mandandogli dei messaggi,
per poi accorgersi il mattino dopo, quando si svegliò sul
divano con in mano il
cellulare, che lui si era limitato a visualizzarli, senza degnarla di
una
risposta.
Mise da parte comprensione, preoccupazione e altruismo e decise di fare
qualcosa per se stessa.
Lei la sua parte l’aveva fatta, aveva chiamato, si era
preoccupata per lui, gli
aveva persino preparato la cena, ma se lui aveva deciso di non farsi
vivo.. se
ne sarebbe fregata.
Le parole di sua madre le tornarono in testa, aveva già
fatto la parte della
disperata, perché continuare?
Kevin non era tornato.. Peggio per lui.
La sua vita sarebbe tornata ad essere come lo era prima di conoscerlo.
Si cambiò e andò a prepararsi la colazione, era
affamata visto che la sera
prima, in attesa del ritorno di Kevin, non aveva cenato.
Fare colazione da sola, senza scherzare con il ragazzo, abitudine che
aveva
preso da ormai due mesi, la rendeva malinconica.
Si alzò da tavola, lavò le poche stoviglie che
aveva utilizzato e si distese
sul divano, pronta a divorare quel libro che stava su quel dannato
tavolino da
settimane.
Lo sguardo le cadde sul regalo che aveva fatto a Kevin, ancora
lì, intatto. E
si chiese se lui sarebbe mai tornato.
Non mi deve importare, era la frase
che continuava a ripetersi da quando si era svegliata, ma per quanto ci
provasse non riusciva a smettere di pensarlo.
Da quando si erano messi insieme avevano avuto molte litigate, ma
nessuna come
quella avvenuta quella sera.
La cosa positiva era che in un modo o nell’altro facevano
sempre pace, poi ci
scherzavano su, e la maggior parte delle volte concludevano la
discussione in
camera da letto.
Ma quella volta era diverso.
Kevin, per quanto dolce, comprensivo e diverso da tutti gli altri, era
anche
orgoglioso e alle volte meschino se gli veniva fatto un torto.
E Anita.. Lei non era molto diversa su queste cose, eppure da quando
stava con
lui si sentiva cambiata.
Cercò di finire di leggere il libro, ma si immedesimava in
ogni riga. In ogni
riga non faceva che pensare a lui e a quanto erano felici insieme, e si
chiese
se quella era da catalogare come rottura definitiva o semplice litigata.
Sperò per la seconda.
«Oh, al diavolo tutte le belle cose che si dicono per
superare la fine di una
relazione, lo devo chiamare!» disse infuriata prima di
agguantare il cellulare
e cercare il suo numero in rubrica.
Uno squillo, due squilli..
E
Kevin aveva chiuso la chiamata.
Riprovò altre cinque volte, quando stava per effettuare la
sesta chiamata si chiese
se forse era il caso di aspettare che si facesse vivo lui.
Ma non lo era assolutamente.
Loro due dovevano rivedersi, riappacificarsi, lui doveva tornare a
casa, aprire
il regalo, dirle quanto era fantastica e quanto lui la amasse, poi
avrebbero
dovuto fare l’amore e ordinare del cibo a domicilio
perché nessuno dei due
avrebbe voluto cucinare.
Quel pensiero le dette la giusta carica per correre a cambiarsi, uscire
e
vedere se magari lui era al lavoro o in qualche posto che erano soliti
frequentare.
Indossò un paio di jeans ed una felpa che aveva comprato
insieme a lui, lui
diceva che le stava benissimo e che quando la indossava aveva solo
voglia di
riempirla di baci.
Pensò che quello fosse un motivo in più per farlo
rientrare a casa.
Mise velocemente le chiavi di casa ed il cellulare nella borsa, poi
uscì di
casa.
I
posti che frequentavano erano molti, e non le sarebbero bastate due ore
per
vederli tutti.
Prima era passata al posto di lavoro di Kevin, dove i colleghi le
avevano
riferito che lui era andato via la mattina.
Poi passò in rassegna di tutti i pub, i bar e i ristoranti.
E lui non era in nessuno di quei posti.
Camminare da sola in mezzo a quella folla le fece capire quanto sentiva
la
mancanza del suo ragazzo, del tenerlo per mano e chiacchierare con lui
di
progetti per il futuro.
E più camminava e più si rendeva conto di quanto
lui la facesse sentire bene.
Quando ormai si era rassegnata a non rivederlo nemmeno per quella sera
lo
intravide dentro un Bistrot.
Ma non era da solo.
C’era una bionda con un fisico da urlo a tenergli compagnia.
Immediatamente
capì tutto.
Se lui non era tornato a
casa da lei era perché aveva trovato qualcuno che gli
tenesse compagnia, che ridesse alle battute che faceva e che magari era
più
facile da tenere a bada.
Si girò e
tornò sui suoi passi, nonostante una parte di lei voleva
entrare in
quel locale e prenderlo a schiaffi.
Si doveva trattenere.
Non doveva risultare
pazza o disperata.
Se lo era giurata sin da
bambina, se lo era giurata quando vedeva le sue amiche
che pur di non stare da sole perdonavano i tradimenti dei rispettivi
fidanzati.
Ma lei non era
così.
Non voleva annullarsi in
lui.
Lei amava se stessa, lei
non voleva disperarsi per un uomo che non la meritava.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Intestazione
Capitolo
5
Il
tragitto per tornare a casa le sembrava non finire mai e, come se non
bastasse,
c’erano coppiette felici ovunque.
Sembrava come se l’universo la stesse punendo mostrandole la
felicità che le
era stata negata.
Da quando era piccola ai suoi ventun anni avrebbe giurato che mai aveva
visto
tante coppie felici quanto ne aveva viste solo facendo il tragitto
verso casa.
Il pensiero fu subito eliminato in quanto lei non credeva nel destino o
in tutte quelle cazzate che cercano di
infilarci in testa, il karma e tutto il resto, se lo ripeteva
sempre.
Se è successa una cosa bella, tanti auguri, se è
successa una disgrazia.. È
successa, perché continuare a interrogarsi sul motivo?
Quell’aria di spensieratezza, dolcezza e romanticismo
iniziava a soffocarla.
Aumentò il passo per arrivare prima a casa, buttarsi nel
letto e dimenticare i
brutti accaduti.
Ma sembrava che non dovesse.
Una volta arrivata alla metro dovette aspettare più di
trenta minuti affinché
arrivasse quella che l’avrebbe portata a destinazione, oltre,
questo una volta
arrivata, la chiave di casa sembrava essere magicamente sparita.
«Aaah, maledette borse grandi» imprecò
mentre controllava la borsa da cima a
fondo.
«Hai perso qualcosa?»
Non aveva sentito i passi dietro di lei, così non appena
sentì la voce le venne
un colpo al cuore.
«Allora?»
Anita cercò di sembrare il più neutra possibile,
non voleva fargli capire che
aveva visto, che sapeva e che non lo voleva mai più vedere.
«Sì, non trovo le..»
«Queste?» domandò Kevin sventolandole
davanti agli occhi un mazzo di chiavi, il
suo.
«Come fai ad avercele tu?»
«Le ho trovate a terra e ho visto che erano tue. Sai, infatti
è un po’ strano
visto che erano davanti al miglior Bistrot di Londra» rispose
tranquillo lui
aprendo la porta ed entrando dentro.
«Cosa? Come hanno fatto a..»
«Che ci facevi lì?» le
domandò con voce profonda e guardandola negli occhi.
«Di certo non ero venuta lì a vedere la bionda con
cui ci provavi» rispose lei
con strafottenza.
Kevin rimase impietrito.
«Beh, comunque ringraziami. Se fossi arrivato alla metro un
secondo più tardi
tu avresti dovuto aspettare un bel po’ di tempo prima di
rientrare in casa»
«Se tu non fossi arrivato avrei fatto cambiare la
serratura.»
«E chi ti cambia la serratura alle dieci di sera?»
«Avrei trovato un posto dove stare, a proposito, cosa ci fai
qui? La bionda non
può ospitarti?»
«Lo sai che mi piaci un casino quando sei
incazzata?»
Quelle poche parole fecero sbroccare Anita.
Incazzata? E perché mai sarebbe dovuta esserlo? Solo non
capiva come le sue
chiavi fossero cadute davanti al Bistrot, e come lei non si sia accorta
di
Kevin una volta scesa dalla metropolitana. In fin dei conti erano sulla
stessa
metro.
«E perché mai dovrei essere incazzata?»
«Vediamo… Perché sai che mi puoi
perdere» a quelle parole Anita alzò gli occhi
al cielo «Perché mi ami e ti da fastidio che altre
ragazze ci provino con me»
«Quindi stai ammettendo che quella ci stesse provando con
te»
Kevin sorrise.
«Quindi stai ammettendo che sei gelosa»
Anita sbuffò «Senti, non mi importa, va bene? Fai
come vuoi, sei già sparito
per un giorno e mezzo, ormai puoi fare quello che vuoi, solo.. Lasciami
in
pace, va bene? Buonanotte»
Cercò di andare in camera da letto il più veloce
possibile, le lacrime
iniziavano a bagnarle il volto, e lei non voleva che qualcuno la
vedesse
piangere.
Così richiuse la porta alle sue spalle, lasciò
Kevin seduto sul divano nel
salotto e si buttò nel letto, cercando di addormentarsi.
Aveva avuto una giornata abbastanza pesante, non sapeva cosa farne con
Kevin ne
tantomeno aveva voglia di parlarci e di sapere le sue patetiche scuse.
Era in dormiveglia quando sentì la porta chiudersi e un
corpo che saliva nel
letto per poi stendersi accanto a lei e abbracciarla.
«Sono state giornate lunghe senza di te» si
sentì sussurrare all’orecchio.
«E allora perché non sei tornato?»
domandò voltandosi, era assonnata ma
riusciva ancora a capire.
«Non sapevo come comportarmi»
«Non mi hai risposto ai messaggi, alle chiamate.. Ero..
preoccupata»
«Lo ero anche io quando mi sono svegliato e tu non
c’eri, non sapevo cosa avevi
in testa» le disse dolcemente dandole un bacio sulla fronte.
«Avevo solo bisogno di stare un po’ da sola, tutto
qui»
«Sei andata a chiacchierare con qualche ex?»
«Hai davvero pensato quello che mi hai appena
detto?» disse faticando a
trattenere le lacrime.
«Senti.. Lo sai come sono»
«Ovvero? Geloso, permaloso? E tu sai come sono io
invece» rispose girandosi
verso di lui.
«Ma tesoro.. Stai piangendo»
Il modo di fare di Kevin la lasciò stupita.
Non le era mai successo di piangere davanti a qualcuno, e il fatto che
lui le
stesse asciugando le lacrime la tranquillizzava, la faceva sentire
protetta.
Come solo lui sapeva fare.
«Shh… Tranquilla, ci sono io qui con te, sono
tornato» cercò di farla smettere
di piangere.
«Sì sì, sta’ tranquillo che
ne parliamo domani» rispose lei per poi
addormentarsi.
Kevin non replicò, ma l’abbracciò come
era solito fare in quei due mesi.
La
mattina fu tranquilla, ma carica di tensione fra i due.
Qualsiasi parola di troppo avrebbe scatenato un tornado.
Kevin non fece alcuna battuta sulle scarsi doti culinarie di Anita, e
l’unica
parola che lei disse quando lui arrivò in cucina fu un
semplice buongiorno.
«Bene,
ora questo pollo al forno è solo da buttare»
«Mi.. mi avevi preparato il pollo al forno?» chiese
stupito Kevin.
Le aveva detto in più occasioni che quello era il suo piatto
preferito, ma mai
si sarebbe aspettato che lei riuscisse a cucinarglielo.
«Già, ma la prossima volta sarà quella
bella biondona a preparartelo, sarà più
brava di me in cucina vero?»
Kevin provò a controbattere.
«Ma tesor...»
«Ah ma certo! Chiunque è meglio di me ai
fornelli!»
«Beh, ahahah, questo si sapeva g..»
un’occhiata furente da parte di Anita bastò
a zittirlo e a fargli capire che stava camminando in un campo minato.
«Bene, allora vai a fare colazione con la bionda visto che io
non so cucinare!»
detto questo prese la padella in cui stava facendo friggere il bacon e
la gettò
nell’immondizia.
Questo bastò a far sbroccare anche Kevin.
«Se è quello che vuoi ti accontento visto che
nemmeno vuoi sapere tutta la
storia!»
«Ah sì? E cosa ci sarebbe da sapere visto che
è palese che dopo un giorno in
cui abbiamo litigato, un litigio che potevi benissimo evitare visto che
fra
tutti i ragazzi con cui ho avuto una relazione, finita
perché non ci trovavo
nulla in comune, tu sei solo il secondo con cui vado a letto, tu hai
iniziato a
vederti con un’altra!»
«Ma cosa cazzo dici? Quella “bella
biondona” non era altro che una semplice
cameriera!» urlò Kevin.
«Beh, allora ti avrà servito abbastanza bene,
no?»
«Ascoltami bene, quella cameriera stravede per me, ed
io..»
«E tu cosa? Ah, sì, bella questa. Sa che la
cameriera è pazza di lui, e Kevin
Pearson che fa? Va a mangiare nel suo locale! Questa come me la
spieghi?»
«Non è colpa mia se in quel Bistrot fanno
l’hamburger più buono della
città!»
Anita non seppe più cosa dire.
Qualsiasi cosa avrebbe detto sarebbe stata sicuramente smentita o
giustificata,
e in più a primo mattino aveva esaurito la voglia di
lanciare frecciatine.
Concluse il discorso con un “Io vado a fare colazione da
Starbucks”.
«Come sarebbe a dire? Tu odi quel locale, dici sempre che
fanno le bevande
peggiori di sempre!»
«Sì, ma c’è un cameriere che
stravede per me, chissà che non mi offra
qualcosa!» disse andando a prendere la borsa pronta per
uscire.
Odiava Starbucks, questo era vero, e non c’era nessun ragazzo
che le andasse
dietro visto che lei non frequentava mai il locale.
Ma doveva fargliela pagare a Kevin. Forse era stato un gesto infantile
e
stupido, ma la rendeva felice.
Ci stava prendendo gusto nel vederlo sclerare.
Lui l’aveva seguita fino al salotto.
«No no tu ora resti qui, terminiamo il discorso e poi vai
dove cazzo vuoi visto
che con te non ci si può parlare» le disse
afferrandola da un polso e facendola
girare verso di lui.
«Che c’è? Ti da fastidio che io vada
dove c’è qualcuno che STRAVEDE per me? Non
farmi ridere.»
Lui era abbastanza serio, e questo la fece preoccupare.
«Sai una cosa? Fai cosa vuoi, non me ne importa
più.»
«Ah a te non importa più nulla? Sapessi a me! Sei
sparito per due giorni e mi
sono addirittura preoccupata per te, ma a quanto pare non ne
è valsa la pena
visto che sei più stronzo di prima!»
Non pensava veramente ciò che disse, ma le dette abbastanza
carica per uscire
vincitrice dalla conversazione.
«Ah, quel regalino sul tavolo è per te, se non lo
apri quando rientro lo getto
nella spazzatura insieme alla colazione, visto che non sai mai
apprezzare
nulla!» dette queste parole uscì di casa sbattendo
la porta, sicura che il suo
ragazzo non l’avrebbe fermata.
Quelle parole fecero riflettere Kevin, che si chiese se quella
relazione
potesse continuare nel tempo o fosse meglio troncarla in quel modo, in
fin dei
conti ormai la spensieratezza, la gioia e la felicità dei
giorni che si
susseguirono al loro primo bacio sembravano svaniti.
Però doveva ammettere che c’era una cosa che non
era svanita.. l’amore.
Tra un litigio e l’altro c’era la dimostrazione che
si amavano, e
l’atteggiamento di Anita gli aveva fatto capire che anche lei
ci teneva, anche
se cercava di mascherarlo.
Se non lo avesse amato non avrebbe mai fatto una sceneggiata come
quella
mattina.
Non le avrebbe fatto quel regalo che giaceva sul tavolino in attesa di
essere
aperto.
Ma era anche vero che una relazione non poteva continuare in quel modo,
prima o
dopo avrebbe portato entrambi alla disperazione. Ne era sicuro.
C’era una cosa che lo aveva colpito quella mattina, il fatto
che Anita aveva
ammesso che, fra tutti i ragazzi con cui aveva avuto una relazione lui
fosse
soltanto il secondo ad andare più in la di un semplice bacio.
E più tempo passasse più si rendeva conto che
quella ragazza era unica.
Non dimostrava molto a parole, ma lo faceva con i gesti.
Con gli altri poteva essere fredda, cinica, distante, ma con lui
diventava una
migliore amica, una sorella, una moglie, un’amante.
Già dal giorno in cui l’aveva conosciuta aveva
capito che sotto la maschera
della ragazza che non credeva nell’amore, nelle relazioni,
nelle persone, in
realtà si celava una donna che guardava il mondo con gli
occhi di una bambina,
che, anche se non voleva ammetterlo a se stessa, sognava la sua favola
felice.
E lui in questa favola sarebbe stato il principe o
l’antagonista?
Si sentì in colpa per il fatto che mano a mano che il tempo
passava la ragazza
metteva da parte i suoi hobby,
le sue
abitudini, pur di restargli accanto, di mantenere il suo passo.
E lui cosa faceva? La giudicava, l’abbandonava.
Ma non sarebbe più successo.
Lui sarebbe cambiato, l’avrebbe fatto per il forte sentimento
che nutriva verso
di lei.
E l’avrebbe aiutata a migliorare, non per lui, quanto per lei
stessa.
Mentre
aveva questi pensieri per la testa decise di aprire il regalo, e rimase
piacevolmente meravigliato da quello che si trovò sotto gli
occhi.
In
onore di quello che è volato in cielo
quando ci siamo conosciuti, spero che questo sia migliore. PS:
è resistente
all’acqua :P ,
c’era scritto sul
bigliettino.
Era uno SmartWatch di ultima generazione, e alla lettura del
bigliettino gli
tornò in mente un ricordo che lo rese felice.
«Ehi
ma che stai facendo? Sei pazza!» esclamò
guardandola felice in quel modo.
«E beh? Vieni anche tu, dai!» rispose lei tirandolo
a sé sotto la pioggia.
Lui la guardava sollevare lo sguardo al cielo mentre sorrideva, e
sorrideva
anche lui.
Il suo sorriso era la sua arma segreta contro ogni imprevisto.
Poco importava che il giorno dopo si sarebbero svegliati con la febbre,
lei era
felice.
Infatti
la febbre fu inevitabile, ed il suo SmartWatch non diede più
cenni di vita da
quel momento.
Ma non era importante.
Si era appena reso conto che, quel sorriso che amava tanto, glielo
aveva tolto
lui stesso.
E chissà se lo avrebbe mai più rivisto.
Ma una cosa era certa, non si sarebbe lasciato sfuggire una ragazza
come Anita.
Anita
si trovò a passeggiare affamata senza una meta.
Non era sua intenzione uscire di casa, ma ormai l’aveva
fatto, e non sarebbe
tornata indietro.
All’improvviso si sentì chiamare, riconobbe la
voce ma non aveva minimamente
l’intenzione di voltarsi.
Sentì un rumore di passi che velocemente si avvicinava a lei.
«Non credi che dovremmo chiarire?» le
domandò Kevin dopo averla fermata.
«Chiarire cosa? Ci abbiamo provato stamattina, e non
è andata come doveva.»
Iniziò a piovere piano piano, poi a dirotto.
Loro due erano al riparo sotto una tettoria di un qualche negozio,
c’era un
silenzio imbarazzante fra di loro.
«Ascoltami.. Io ho sbagliato, ma anche tu..»
«Io cos’avrei sbagliato?»
domandò Anita «Dai, sono curiosa. Mi hai detto che
ero stata con tutti quei ragazzi, siamo andati a dormire e il giorno
dopo io
sono uscita. Cosa c’è di sbagliato? Io prima di
conoscerti facevo così, ti va
bene? Non mi viene facile dover spiegare tutti i motivi delle mie
azioni, visto
che non ho mai dovuto render conto a nessuno!»
«Ma credevo che in due mesi tu avresti capito che non si fa
così quando si ha
una relazione con una persona!» sbottò Kevin.
«Ma lo vedi allora che non possiamo chiarire? È
inutile riprovarci!»
Il ragazzo la prese da un polso delicatamente e la portò
sotto la pioggia.
«Allora?»
«Allora cosa?» domandò Anita
«Non puoi pretendere che torni tutto come prima»
Forse
rivedere quel sorriso sarebbe stato
più difficile del previsto.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3574067
|