I passi della nostra Vita

di BrokenSmileSmoke
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Intestazione
I passi della nostra Vita

Prologo

Sin da quando era piccola sua madre le aveva insegnato che le donne non erano affatto il sesso debole, erano forti, e nessun uomo aveva il diritto di trattarle come più voleva.
E così Anita era cresciuta con l'obiettivo di farsi rispettare. Si era imposta di non cedere mai a nessuna persona, tantomeno se fosse di genere maschile.
Odiava quando le sue amiche, le sue coetanee, si disperavano perché qualche ragazzo le faceva stare male. Non le riusciva proprio a capire.
Era solita dire «Nessun uomo merita le tue lacrime, figurati se merita la tua disperazione» e poi incoraggiare ad essere più forte e a fregarsene di ciò che un ragazzo possa pensare.
Nessuno le aveva mai risposto "Tu non puoi capire, non sei mai stata in questa situazione", tutti sapevano che anche Anita, nei suoi ventun anni, avesse avuto diverse relazioni.
Poi un giorno, di punto in bianco, aveva realizzato che il genere maschile non valeva nemmeno metà del tempo che si passava solo a parlarci.
Così quella mattina si era svegliata, era andata in cucina dove c'era sua madre e le aveva detto «Forse essere lesbica darebbe più soddisfazioni sia in campo sentimentale che in quello fisico, non credi?»
Sua madre l'aveva guardata perplessa. Che fosse colpa sua? Che avesse esagerato nell'insegnarli che una donna doveva essere forte da sola?
Fino a qualche mese prima, l'ultimo ragazzo fu catalogato come "Si fa trattare da zerbino, è stupido, pensa sempre che quello che dico io è giusto, non sembra avere una propria opinione su qualcosa ed io non voglio sprecare tempo con un manichino, con uno specchio che riflette solo me stessa.
«Ma non ci tieni a lui?» le aveva domandato.
Anita era quasi sul punto di scoppiare a ridere.
Come poteva piacerle una persona senza un proprio ideale? Per lei era come se fosse solo un involucro vuoto. Guardava il ragazzo negli occhi e non trovava nulla che le dava motivo per continuare.
Eppure all'inizio non era così, era stata attratta da lui perché sembrava una persona in gamba, forte davanti agli amici, ma nemmeno due giorni dopo si era dimostrato così, come se fosse un bambino. E lei non aveva di certo voglia di fargli da madre.
E se quindi questa era una scelta della figlia, perché ostacolarla? Lei le aveva dato le basi, ma ora era compito di Anita continuare come più voleva.

Anita aveva conosciuto una ragazza alla metro di Westiminister, erano andate a prendersi un caffè, e un mese dopo stavano per mettersi insieme, se non fosse che lei avesse notato che effettivamente non provava alcuna attrazione verso il suo stesso genere, ed il carattere di Abbey, così si chiamava, era quasi inesistente.
Per quanto quella ragazza fosse carina, capelli lunghi e blu, e fisico alto e slanciato, il suo carattere era più povero di quello dell'ultimo ragazzo con il quale era stata, e la cosa peggiore era che non voleva darle quello che voleva: la libertà.

In una mattina di fine gennaio fece una scelta che mai avrebbe pensato di fare.
Si era svegliata presto con un'improvvisa voglia di andare a correre, e così fece.
Alle otto del mattino lei era appena scesa alla fermata di fronte al parco dove sarebbe andata.
La città a quell'ora era già molto trafficata, ma nel parco l'unico rumore che si udiva era quello dei passi delle persone che, come lei, erano andate lì per correre o per fare una semplice passeggiata mattutina.
Mise le cuffie nelle orecchie, e la voce di Mika l'accompagnò per tutto il tragitto.
Stava andando verso un percorso dove c'erano solo alberi che quasi non permettevano il passaggio dei raggi del sole, non c'era nessuno.
Fu in quel momento che le arrivò una notifica sul telefono, non era altro che una richiesta d'amicizia su Facebook. Da parte di un certo Kevin Pearson.
Le sembrava avesse un volto famigliare, ma non ci aveva mai parlato.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Intestazione
I passi della nostra Vita

Capitolo 1

Avrebbe mai potuto sapere che quella mattinata avrebbe cambiato ciò che credeva essere la sua esistenza?

Nella metro di Londra qualsiasi passante sembrava un fantasma, nessuno calcolava minimamente l'altro. Sembrava un luogo freddo, ostile nonostante le centinaia di persone che c'erano.
Stava tornando a casa, era stanca e oltre questo nella sua mente si proiettava sempre il volto del ragazzo che aveva visto in foto.
Le sembrava vagamente di conoscerlo, ma era sicuramente solo un'impressione. Non sapeva nemmeno della sua esistenza fino a quando lui le aveva mandato la richiesta d'amicizia su Facebook.
Non ci aveva mai parlato, lo aveva visto da qualche parte, questo forse sì, ma nient'altro.
Lui le aveva scritto dopo nemmeno mezz'ora, e ad ogni messaggio lei si sentiva le farfalle nello stomaco. Sì.. avrebbe descritto la sensazione così.
Era una cosa nuova per lei, non le era mai successo con nessuno, si sentiva strana.
Una tipica persona che crede nell'amore avrebbe detto probabilmente che si era innamorata follemente, ma lei non credeva in queste cose.

Anita entrò nell'appartamento che aveva comprato due mesi prima e si gettò a peso morto sul divano.
Le piaceva quell'abitazione, l'aveva trovata ad un prezzo bassissimo anche se valeva molto di più.
Sua madre le aveva dato una mano a comprarlo, aiutandola anche con i traslochi.
Anita non ricordava l'esatto motivo per il quale aveva fatto quell'acquisto, ma non le dispiaceva affatto vivere da sola.
Accese il televisore e guardò MasterChef, consapevole che lei non sarebbe mai arrivata a cucinare ai livelli dei concorrenti che partecipavano a quel programma.
Sapeva cucinare, sì, ma non era nulla di speciale, giusto le basi per chi vive solo e non vuole passare la vita a mangiare cibi d'asporto.
Passata nemmeno mezz'ora calò in un sonno profondo.
Ultimamente le capitava di sognare sempre un ragazzo che però giurava di non conoscere, ma questa volta seppe chi era.
Kevin Pearson.
Ma perché lo sognava sempre?

Si risvegliò che fuori pioveva a dirotto, e la mattinata soleggiata che l'aveva portata ad andare a correre sembrava solo un lontano ricordo.
Ma quello era il tempo di Londra, e in una stagione invernale le volte in cui c'era il sole si potevano contare sulle dita di una mano.
Nonostante il brutto tempo decise di uscire lo stesso, aveva letto per caso su un giornale che quel pomeriggio ci sarebbe stata una fiera al coperto, e lei non aveva alcun motivo di restare chiusa in casa.
Indossò un vestito che le arrivava leggermente sopra il ginocchio ed un cappotto, ormai il freddo non le faceva effetto, ci era abituata a quel clima.
Prese la Jubilee Line, la fiera distava giusto una centinaia di metri da quella fermata.

Quando arrivò rimase sorpresa nel vedere che c'erano poche persone, solitamente le fiere erano stracolme di visitatori curiosi, ma non se ne fece un problema.
La tranquillità era parte del suo essere, come poteva non apprezzarla?
Si fermò ad alcune bancarelle, c'erano souvenir per turisti, prodotti tipici ed anche una bancarella dedicata interamente al Fish&Chips.
«Ehi, ciao» si sentì da dietro di lei, si voltò immediatamente e rimase quasi paralizzata.
Era proprio lui.
Capelli corti e neri, occhi marroni, alto e magro.
«Anita DeVitto?» le domandò insicuro.
«S..Sì, ma tu.. Tu sei il ragazzo dei miei sogni»
Si accorse troppo tardi di ciò che aveva detto, che Kevin adesso l'avesse presa per una pazza?
Invece sorrise beffardo «Abbiamo solo chattato per mezz'ora e già sei pazza di me?»
Anita si fece rossa in volto.
«Credo tu abbia frainteso, non intendevo in quel senso, cioè sì, ma.. Oddio, è imbarazzante» si coprì il volto con le mani ridendo nervosamente.
«Sì, lo è decisamente ahahah»
«Vedi, il punto è che.. ecco, ogni volta che mi addormento tu appari nei miei sogni.»
Il ragazzo si fece serio, per poi farle l'occhiolino.
«Beh, allora sarà destino, non credi?»
«Niente affatto, ti avrò visto da qualche parte e mi sarai rimasto in mente»
«E quindi è destino.»
Anita sbuffò. Era testardo, molto testardo. E si capiva anche che era abituato che le ragazze gli andassero dietro.
Si vede che non mi conosce, si disse.
«Ora.. Che ne dici di dare ascolto al nostro destino ed andare a prenderci qualcosa alla bancarella dei caldi?» le propose Kevin.
Effettivamente non l'aveva considerata una pazza, e probabilmente avrebbe voluto saperne un po' di più di lei.
«Posso prendermi un thè English Breakfast o poi sembrerà un po' troppo alla Cinquanta Sfumature di Grigio?»
«Bhe direi di no, visto che io non sono nemmeno lontanamente un Cristian Grey» le sorrise.

«Ma non mi dire.. E poi che è successo?» chiese curiosa sorseggiando il thè.
«Sono stato espulso anche da lì, ed una volta uscito fuori c'era uno del gruppetto che ha cercato di menarmi, l'ho sbattuto contro al muro della scuola stessa e da lì ho capito che fare arti marziali e cose del genere non faceva per me» concluse ridendo.
Rideva anche Anita, quel ragazzo non le sembrava tanto male infondo. Era abbastanza interessante, aveva di cosa parlare senza dire sempre "Io sono, io faccio, io ho", ne parlava come se fosse una cosa del passato di cui ridere, ma non si vantava affatto.
«Immagino che anche tu abbia fatto qualche bravata da giovane, racconta» la incitò bevendo il suo caffè.
«Beh sì.. In terza media facevo danza classica» si fermò perché Kevin aveva iniziato a ridere «Cosa c'è di tanto divertente?»
«Niente, è solo che.. Tu, danza classica. Non mi sembrano due cose che possano andare d'accordo»
«E invece sì, ascolta. I miei mi impedirono di andarci, e sai perchè? C'era una ragazza, che oltre tutto mi era compagna di classe, che non faceva altro che cercare di deridermi davanti a tutti, così un giorno eravamo rimaste solo io e lei negli spogliatoi e lei aveva iniziato a prendermi in giro, così mi sono incazzata e l'ho picchiata con le scarpette con la punta in gesso, ha avuto dei lividi che sono durati per settimane, la madre mi voleva denunciare, e così la maestra di danza mi aveva detto che per poco non rischiava un'emorragia a livello celebrale, visto che poi l'ho sbattuta contro un muro, ero un po' vivace diciamo.»
«Sì, decisamente, ma diciamo che se dobbiamo paragonare i tuoi racconti ai miei, o sono sullo stesso piano oppure i miei sono leggermente più terribili dei tuoi»
Anita concordò «Ma c'è anche da riconoscere che io sono una ragazza, sono decisamente molto più delicata, è ovvio che non potrei mai fare quello che hai fatto tu»
Il ragazzo guardò l'orologio, per poi dirle «Beh, il tempo è volato, ora purtroppo ho degli impegni, ci possiamo vedere un'altra volta?»
La ragazza rimase stupita. Le stava dicendo che voleva uscire insieme a lei?
«Sì, certo, fammi sapere quando così vedo se ho impegni o meno.»
Sapeva di mentire, ma non voleva mostrarsi disponibile sin da subito.
«Tieni pure il mio numero»
Le porse un biglietto da visita.
«Sei un architetto?» domandò Anita, sul biglietto c'era scritto "Kevin Pearson, specializzato in design di interni ed esterni".
Aveva fatto l'affare della sua vita.
«Più o meno, mi occupo solo di arredare e dare sistemate ai locali, chiamami quando decidi se vuoi uscire con me o meno, anche se, da come ti vedo, non vorrai sembrarti troppo disponibile, sbaglio? Alla prossima» la salutò con un bacio sulla guancia, lasciandola lì immobile.
Come aveva fatto a capirla? Giravano già voci su come lei si comportava con gli individui di sesso maschile?
Prese la sua borsa e tornò a casa, non prima di andare alla bancarella e comprare un involucro di giornale con Fish&Chips, non aveva affatto voglia di cucinare.

Mentre era sul divano intenta a mangiare la sua cena sentì girare la serratura della porta.
Si spaventò, il suo primo pensiero fu "Oddio i ladri", visto che nemmeno sua madre aveva la chiave dell'appartamento.
Subito dopo prese un vaso da sopra il tavolino e si avvicinò alla porta.
Fu questione di attimi.
La porta si aprì, entrò una figura alta e lei, da dietro le spalle, gli scaraventò il vaso in testa.
L'uomo, sì, era decisamente un uomo, si accasciò a terra, con un forte dolore alla testa, poi si voltò verso il suo aggressore.
«Tu? Oh, altro che non sei Cristian Grey, tu non sei MINIMAMENTE Cristian Grey, sei solo un maniaco! Uno stalker! Che ci fai qui? Chi ti ha dato le chiavi di casa mia?» gli urlò contro Anita.
Il ragazzo le fece segno di abbassare la voce, la testa gli faceva male, e tanto. Era un miracolo che non fosse svenuto.
La guardò stralunato.
«Tu cosa ci fai in questo appartamento?» le domandò a bassa voce.
«Cosa ci faccio? Io qui ci abito, non hai visto il cognome sul campanello? È il mio, vieni a vedere» lo prese da un braccio e lo strattonò fuori alla porta e gli indicò la scritta sul campanello, poi rimase stupita.
Su quel campanello c'era il suo cognome, sì.. Ma accanto c'era anche quello del ragazzo.
Kevin la guardò serio. Non capiva se quello fosse solo uno stupido scherzo o se magari si fosse confuso, sì, si era sicuramente confuso.
Magari aveva fatto un piano in più o uno in meno e aveva sbagliato appartamento, magari la ragazza che aveva di fronte viveva con qualcuno col suo stesso cognome.
Ma risultava anche impossibile.
La chiave di Kevin aveva aperto quella porta, lui viveva lì da due mesi circa. E sapeva che il suo appartamento era il numero 6, e quello che aveva di fronte era proprio l'appartamento numero 6.
Ma allora perchè Anita DeVitto era lì dentro e gli aveva rotto un vaso in testa? Ci era entrata di nascosto?

«Ed anche tu dici che vivi qui da due mesi, perciò o vivevamo senza vederci mai, che quando c'eri tu ero fuori io e viceversa, oppure non lo so. Magari tu sei solo ubriaca o fatta e qui ci sei capitata per caso.»
Anita lo guardò male. Come si permetteva a dirle quelle cose?
Certo, aveva fumato e bevuto qualche volta, ma di certo non era una cosa di dominio pubblico.
Uno schiaffo arrivò sulla faccia del ragazzo, che la guardò come se fosse pazza.
«Io non sono fatta, ubriaca, o chissà cosa, mi hai capito? Magari lo sarai tu, ma non io!» detto questo riprese il cartoccio che conteneva la sua cena «Anzi, facciamo così se ti va bene. Io ti ospito qui, a casa mia, fin quando non capiremo cos'è successo, magari ci sarà stata una frode con quelli dell'agenzia delle vendite, o fino a quando non troverai un altro posto in cui stare» propose infine.
Certo, l'idea di avere uno sconosciuto in casa non la convinceva molto, ma in un certo senso lei lo conosceva.
In fin dei conti lui era il ragazzo dei suoi sogni.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Intestazione
I passi della nostra Vita

Capitolo 2

«Quelli dell'agenzia non mi rispondono proprio, sto chiamando ogni mezz'ora, vai a vedere cos'avranno combinato, vendere la stessa casa a due persone, mah..» disse Anita amareggiata lanciando il cellulare sul divano dove c'era Kevin.
Era una situazione davvero assurda. Come avevano fatto a non accorgersi l'uno dell'altra per due mesi?
Non era un'abitazione grande, ci stavano massimo tre persone, aveva due camere da letto, un bagno abbastanza grande, un salotto ed una cucina. Come facevi a non accorgerti che c'era qualcuno oltre a te?
Aveva passato buona parte della notte insonne, erano entrambi sul divano a parlare di come fosse stata possibile una frode di questo genere.
Nessuno dubitava più che l'altro fingeva di vivere lì. I documenti che attestavano la residenza c'erano, e non erano falsi.
«Cosa potremmo fare?» aveva domandato Anita.
«Beh, innanzitutto domattina chiameremo all'agenzia per saperne di più, poi si vedrà» aveva detto Kevin.
Poi, come se nulla fosse successo, avevano iniziato a parlare delle loro vite, di quello che facevano, di quello che avevano fatto.
Anita aveva scoperto cose di Kevin che non si sarebbe mai immaginata, amava suonare, dipingere e anche scrivere, non le sembrava affatto come gli altri.
Sembrava che tutti gli altri avessero un solo interesse, lo stesso poi, il calcio.
Se chiedevi cose che non riguardavano il calcio la maggior parte di loro faceva scena muta, altri iniziavano a balbettare parole scomposte. Poteva essere più imbarazzante di così? Anita ne dubitava fortemente.
Avevano chiacchierato del più e del meno, dall'elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti agli attentati in tutto il mondo.
Anita si chiedeva come poteva Kevin, più grande di lei di solo un anno, avere una mentalità così diversa da tutti gli altri ventiduenni.
Non le era mai capitato di poter parlare di attualità con i ragazzi della sua età, e ciò le fece venire un dubbio.
«Ma sei proprio sicuro di avere ventidue anni?» aveva domandato interrompendo così la discussione su quanto i social disturbassero la vita quotidiana.
Kevin cercò il portafogli nelle sue tasche, e poi ne estrasse la patente.
«Guarda la data di nascita se non ci credi, non è falsa» le aveva detto tranquillamente.
«È solo che è strano parlare di quotidianità con persone che abbiano meno di trent'anni»
«Mi dicono che ho una mentalità diversa dai miei coetanei, vorrà pur dire qualcosa no?»
Anita sorrise «Certo»
Innamorata follemente o no, la cosa sicura era che quel ragazzo le interessava. E parecchio.

«Senta, sono Anita DeVitto e credo che voi abbiate fatto un grosso errore quando avete venduto..»
Per alcuni secondi ci fu solo silenzio «È uno scherzo?» domandò una voce femminile.
«Senta, avete venduto il MIO appartamento ad un ragazzo, semmai dovrei essere io a sentirmi presa in giro» sbraitò.
«Guardi signorina, io non ho voglia minimamente di scherzare, se ha intenzione di fare scherzi telefonici allora li faccia ai suoi vicini di casa!»
Dopo questo si sentì un BIIP proveniente dal telefono.
L'Agente immobiliare aveva chiuso la chiamata.
«Ma sbaglio o mi sta prendendo per il culo?» domandò Anita sbalordita.
Il ragazzo si sdraiò sul divano mettendosi una mano sul viso.
«È una situazione assurda»
«Decisamente, secondo te cosa possiamo fare?» chiese Anita.
«Potremmo sporgere denuncia, ma c'è il cinquanta percento della possibilità che non vogliano crederci, i documenti non sono contraffatti, le firme mie e tue nemmeno, potrebbero credere semplicemente che siamo una coppia che vuole solamente guadagnarci qualcosa facendo finti reclami»
«La cosa più assurda è che noi non siamo una coppia, ci conosciamo a malapena e di sicuro, almeno io, non ho voglia di ricavare soldi in questo modo.»
«E quindi? Vuoi fare come se nulla fosse?»
La ragazza rimase a riflettere per alcuni secondi mangiandosi le unghie dal nervoso.
«La settimana prossima farò qualche chiamata ad una mia amica che si occupa di queste cose, ora è in Australia con suo marito, potrebbe aiutarci in qualche modo.»
Kevin annuì.
«Ascolta, io fra un po' dovrò andare alla libreria, finirò il turno per le sei di stasera tu.. fai come se fosse casa tua, visto che a quanto pare lo è, vado a prepararmi.»

Giusto il tempo per una doccia veloce ed Anita era già fuori alla metro per andare a Piccadilly.
Aveva iniziato a lavorare in quella libreria quasi subito dopo il diploma, e guadagnava abbastanza da potersi permettere il mutuo della casa, le bollette, il cibo e i suoi sfizi, e quindi non aveva problemi ad andare a fare shopping quando voleva.
Nonostante questo però la sua vita non era affatto monotona, anzi.
Nel tempo libero faceva più di quanto avrebbe fatto una normale ragazza della sua età, e oltre lei e Claire tutte le sue amiche ed ex compagne di scuola vivevano ancora a spese dei propri genitori, senza un lavoro in quanto «siamo troppo giovani per iniziare una vita fatta di casa e lavoro, meglio divertirsi adesso, no?»
Ma Anita si divertiva più di qualunque altra sua coetanea, o almeno la pensava così.
La mattina solitamente la passava in casa ad ordinare vestiti o oggetti su Amazon, a volte capitava che andasse a correre al parco, oppure a leggere qualcosa, il pomeriggio seguiva qualche serie tv, usciva se ne aveva voglia e poi andava a lavorare giusto quelle quattro o cinque ore, rientrata a casa poteva scegliere se uscire con qualcuno o rimanere sul divano a bere cioccolata calda guardando un film.
In fin dei conti era single con una vita davanti, era libera ed aveva la possibilità di fare ciò di cui più aveva voglia.
Il lavoro alla libreria non la occupava mentalmente ne tantomeno la stancava fisicamente, in fin dei conti doveva solo consigliare libri, e lei amava leggere, e al massimo doveva passare qualche oretta con gruppi di bambini venuti lì a studiare a richiesta degli insegnanti se il suo datore di lavoro glielo chiedeva, ma lei amava i bambini ed amava il suo lavoro, quindi non le dispiaceva più di tanto.
Amava essere consapevole di essere libera, ma una parte di lei aveva anche voglia di iniziare a mettere su famiglia.. E perché no? Non le mancava nulla.

Una volta davanti alla Book's for Life constatò che era chiusa. Era arrivata in anticipo?
Controllò l'orario sul display del cellulare, ma erano le due di pomeriggio in punto, lei arrivava sempre o in anticipo o puntuale, ma mai le era capitato di trovarla chiusa.
Trovò sul portone un foglio con su scritto "Chiuso per lutto", e rimase perplessa.
Era strano che David, il suo capo, non la chiamasse in caso non doveva lavorare.
Gli sarà sfuggito di mente, si disse.
Cercò di fermare un taxi che la portasse da Harrods, ma nessuno pare volesse fermarsi.
«Che giornata di merda!» disse sottovoce, poi decise che ci sarebbe andata in metro. Non era di certo colpa sua se i tassisti non volevano fermarsi.

Arrivata davanti Harrods si sorprese di trovarlo lì.
«Kevin! Che ci fai qui?» domandò stupefatta e.. felice?
Sì, forse era leggermente felice di trovarlo lì, ma nulla di che.
«Il mio ufficio oggi è chiuso, non mi hanno avvisato e quindi ho deciso di farmi una passeggiata qui»
«Ma non mi dire.. Anche a me è successo lo stesso»
A vederli sembravano due amici dai tempi del liceo, lui faceva qualche battuta stupida e lei rideva come se fosse la cosa più divertente del mondo.
Ed anche questo non le era mai capitato, che si stesse.. Innamorando?
Innamorata io? Ma quando mai, si disse Anita guardandolo negli occhi.
Ha il sorriso più bello del mondo, si ritrovò a pensare lui.
Erano piombati in un silenzio imbarazzante, nessuno sapeva cosa dire o cosa fare.
«Se vieni con me ti compro una scatola di cioccolatini» le propose sorridendo.
«Uuuh, è proprio una proposta interessante» sorrise di rimando lei.
All'improvviso scoppiò un temporale, Anita alzò lo sguardo verso il cielo, nessun meteo aveva previsto pioggia per quel giorno, si meravigliò.
Ma a volte capitava di sbagliarsi, no?
Si guardarono negli occhi, poi scoppiarono entrambi a ridere.
«Entriamo o aspettiamo che ci venga un raffreddore?» chiese Kevin porgendole il braccio.
«Ahahah entriamo» rispose lei prendendolo sottobraccio, allegra.
Era da tanto tempo che non rideva così, di cuore.
Quel ragazzo da un lato sembrava complicato, ma dall'altro era la persona più semplice e piacevole del mondo. Poteva quasi dire che non le dispiaceva la sua compagnia.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Intestazione
I passi della nostra Vita

Capitolo 3

«Non mi hai parlato molto di te»
«Come?»
«Insomma.. Non mi hai detto che tipo di persona sei, cosa ti piace fare, quello che ti colpisce di più delle persone»
Kevin era sempre più intento a scoprire se avevano qualcosa in comune, tipo il loro film preferito, il passatempo.
Certo, avevano passato la notte precedente a scoprire qualcosa l'uno dell'altro, ma Anita non sembrava particolarmente interessata a farsi scoprire, e non faceva altro che dargli l'impressione di essere sotto sotto una persona insicura.
Leggermente insicura ma forte, altrimenti la sera precedente sarebbe scoppiata nel panico più totale dopo aver saputo della faccenda dell'appartamento.
«Che dire, io adoro leggere, mi piace fare sport, cose così»
Kevin si meravigliò, e si infastidì nel sentir dire quelle cose. Anita si sottovalutava troppo, e lui avrebbe dato l'anima per avere accanto una come lei.
«Cose così? Stai scherzando? La maggior parte delle ragazze che conosco vanno solo da piste da ballo a shopping sfrenato! Non hanno una minima considerazione delle difficoltà della vita, delle cose che possono fare se solo si impegnassero ad essere più donne, o se solo aprissero un po' più la loro mente invece di limitarsi a pensare di essere nel periodo più bello della propria vita e quindi di poter fare solo questo.»
La ragazza annuì, si trovava perfettamente d'accordo con lui.
«Sai, è per questo che sinceramente ti adoro, sai essere realista, di questi tempi è difficile conoscere persone con i tuoi stessi principi»
Kevin sorrise.
«Almeno adesso so come la pensi su queste cose, non è molto ma è un buon punto da cui partire»

Anita si sentiva strana, provava talmente tante nuove emozioni e sensazioni che non riusciva nemmeno a descriverle. Forse una sì.
Casa. La sensazione di sentirsi a casa quando era vicina a lui.
Si sentiva accettata, capita, e potè giurare che fosse una delle sensazioni migliori del mondo.
Kevin, il ragazzo dei suoi sogni, poteva magari essere veramente il ragazzo dei suoi sogni? Quello che tutte le donne, o almeno da bambine, sognavano? Il sentirsi a casa indipendentemente da dove si trovassero, bastasse solamente quella persona accanto a loro.
Ed ora lo sapeva, sì.
Si era davvero innamorata follemente di Kevin Pearson. Ma come uscirne fuori?
Erano solo due estranei che si trovarono per caso, o che si ritrovarono?
Ne era pienamente convinta adesso.
In qualsiasi luogo, tempo o spazio in cui lei sarebbe rinata, non avrebbe mai dimenticato di aver provato qualcosa di così forte, magico, con lui. Ovunque fosse stata, non avrebbe mai e poi mai smesso di cercarlo, di provare di nuovo qualcosa di così bello.

«Ehi, ci sei ancora?»
Anita si scosse.
«Stavi sognando ad occhi aperti?»
«No no, stavo solo pensando ad una cosa, nulla di importante» disse in tono sbrigativo la ragazza.
«Va bene.. I cioccolatini come li vuoi?» domandò avvicinandosi alla cassa.
«Cosa? No no, prima stavo solo scherzando»
«Ma io te li avevo promessi, quindi ecco qua» le disse porgendogli una scatola di cioccolatini quadrata dopo aver pagato.
«Vedi, ci sono tutti i gusti, nocciola, caffè, liquore..»
Anita gli sorrise, non era una novità per lei che i ragazzi per farsi belli le offrissero qualcosa, ma stavolta era diverso, era Kevin a farlo.
Si sentiva.. Amata?
«Oh.. Grazie davvero»

«Sai, un'altra cosa che mi piace, che la maggior parte della gente vede più come una mancata serietà nei rapporti di coppia, è l'essere libera. Dover rinunciare a qualcosa che voglio con tutta me stessa perché all'altra persona non va bene, o essere ostacolata in cose che potrebbero aiutarmi a crescere non mi piace, lo vedo come un impedimento e come una cosa egoista da parte dell'altra persona»
«Beh.. L'amore è anche rinunciare a cose che vorremmo, non credi?»
Amore.. perché quella parola sembrava così bella e carica di significato se detta da lui?
Oddio, ha veramente detto quella parola? si allarmò mentalmente Anita.
Le aveva per caso letto nella mente? Aveva capito ciò che lei sentiva verso di lui?
Si sentì improvvisamente piccola e indifesa.
Sì, era decisamente l'amore a farla sentire così. È l'amore che ti fa sentire indifesa e allo stesso tempo forte.
Indifesa, perché quella persona ha il tuo cuore e può farne quello che vuole, e forte, perché anche tu hai il suo. È come avere due cuori. Uno il tuo, da trattare come più vuoi, l'altro della persona che ami, ma bisogna stare attenti a non fargli del male.
E il cuore della persona che ami, una volta che lo ottieni, è tuo per sempre.
«Io.. Non lo so. Non la penso come te, ma molto probabilmente solo perché non sono mai arrivata ad amare così tanto da chiedermi se sia meglio rinunciare o rovinare il rapporto»
«L'amore ti cambia»
«Ti prosciuga»
«Ti fa rinascere»
«Ti ammala e ti uccide lentamente»
«Solo se la persona che ami non sa quanto l'amore può essere delicato»
«Non ho mai conosciuto persone che potessero sapere com'è l'amore»
«Ce l'hai davanti»

Anita lo guardò con gli occhi lucidi, senza rendersi conto aveva confessato tutto ciò che provava, tutto ciò di cui aveva paura, a lui.
Adesso il cuore di Anita era anche suo. Sarebbe riuscito a prendersene cura?
«Anita, io.. Oddio, lo so che è troppo presto per dirtelo, è.. È imbarazzante, non so come dirtelo, vedi..»
Lei lo interruppe.
«Kevin, tu saresti troppo restrittivo, io e te non potremmo mai andare d'accordo!»
«Ecco, vedi, tu.. io.. Non so se dirtelo o meno»
«Ti amo, Kevin. Ci conosciamo da poco, è assurdo. Ma.. mi fai provare sensazioni nuove, mi fai sentire rinata, mi fai sentire spaventata, mi.. mi fai sentire innamorata»
Il ragazzo non riuscì a resisterle.
Le prese il volto tra le mani e la attirò a sè.
La guardò negli occhi per un tempo che a lei sembrò infinito, ma erano solo millesecondi.
Poi la baciò.
Ed il mondo intorno a loro scomparve.

Il mattino seguente Anita si svegliò pensando che la sera precedente e gli altri giorni fossero solo un sogno.
Non le era apparso il ragazzo dei suoi sogni quella notte.
E capì perché.
Il ragazzo dei suoi sogni era proprio accanto a lei che la abbracciava mentre dormiva beatamente.
I giorni precedenti non erano affatto un sogno. Erano stati reali.
Così come lo era il sentimento che adesso provava, l'amore.
Non capiva come fosse arrivata a provare una cosa del genere. Aveva paura.
Ma adesso la sua paura era diversa.
Aveva paura ad amare Kevin, aveva paura di sbagliare, di fare qualcosa che potesse ferirlo.
E così è questo l'amore, si disse, vivere con la paura di far del male alla persona che ami, ma allo stesso tempo cercare di amarla con tutto te stesso cercando di farla star bene.
Ricordò di non aver mai sognato da bambina di trovare il suo principe azzurro, ma ce l'aveva proprio accanto, così come non aveva mai sognato di avere una persona che potesse farla star bene, e adesso ce l'aveva proprio accanto.
Da bambina sognava di essere sola e indipendente.
Ma adesso si rendeva conto di avere lui, e lui era la sua dipendenza più grande.
Non era lei ad essere sbagliata, non sarebbe dovuta essere lesbica o etero per trovare l'amore, erano gli altri ad essere sbagliati.
Ma lei aveva inconsapevolmente trovato la persona giusta.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Intestazione
I passi della nostra Vita

Capitolo 4

Quella mattina Anita si svegliò con un pensiero che non la lasciava in pace.
Erano già passati due mesi dal suo primo bacio con Kevin, da quando dormivano insieme, mangiavano insieme e facevano più attività possibili insieme.
Ma non si era accorta di una cosa in quel lasso di tempo, inconsapevolmente stava abbandonando ogni attività che prima era solita fare.
Se ne accorse quando vide sul tavolino del salotto un libro che non aveva ancora finito di leggere e lo ignorò.
Due mesi prima sarebbe corsa a prenderlo e finirlo tutto d’un fiato, non le piaceva aspettare troppo per saperne il finale.
Ma con Kevin sembrava tutto diverso.
E non le piaceva affatto.
Ma, cosa peggiore di tutte, non capiva come fosse successo.
Lo amava, si, ma non poteva annullarsi in lui, era una cosa che si era giurata di non fare mai.
E se un giorno tutto questo loro Amore fosse finito? Che ne sarebbe stato di lei se la sua vita dipendesse da lui?
Non poteva assolutamente diventare così.
Lei lo amava, di questo era certa, ma ciò non voleva dire che la sua vita aveva perso importanza per mettere su un piedistallo quella di Kevin.
Kevin.
Il ragazzo stava ancora dormendo beatamente in camera da letto, così Anita ne approfittò per cambiarsi ed uscire di casa senza dire nulla.
Sapeva che era sbagliato, ma sapeva anche che non doveva tener conto a nessuno di cosa facesse o di dove andasse. Due mesi prima era così e le andava bene, e se Kevin non l’avesse pensata in quel modo…
Ma che m’importa! Se non gli va bene ciò che faccio può anche andarsene, si disse.
Una vocina nella sua testa continuava a ripeterle che era sbagliato, ma lei non ne voleva a che sapere.
La sera prima avevano litigato pesantemente, non ricordava nemmeno il motivo, ma era qualcosa di serio.
Kevin aveva scoperto tutti i ragazzi, e la ragazza, con cui Anita aveva avuto una relazione.

«E quindi?» aveva urlato contro in un momento di rabbia «Qual è il problema? Non te l’ho mica nascosto! Anzi, mi stupisce che tu ci abbia impiegato tre settimane per saperlo!»
«E quindi qual è il problema? Ma ti rendi conto? 15 ragazzi in.. In solo quattro anni! Non ti sembra esagerato?»
A quel punto Anita non riuscì più a trattenersi, come poteva lui dirle che esagerava? Nessuno si era mai permesso.
«Beh, saranno problemi miei, non credi? Non si è mai permessa mia madre a dirmi che esageravo, e ora me lo dici tu? Ma chi ti credi di essere?»

Avevano continuato a litigare per altre due ore, poi Kevin preso dalla rabbia era uscito di casa, e stamattina lei se lo era ritrovato nel letto accanto a lei.
Quella litigata fu un campanello d’allarme per lei.
Stava dando troppa importanza a Kevin, non che fosse un male, ma lui stava iniziando ad approfittarne.
Uscì di casa per poi salire su un taxi che l’avrebbe condotta in uno dei più grandi centri commerciali della città.
Nel tragitto si ritrovò a constatare che stava diventando patetica quanto le sue coetanee e che forse era meglio tornare a condurre la vita di prima, quella in cui era sola, indipendente, e in cui non prestava attenzione a ciò che la gente pensasse di lei.
Perché era questo che più le dava fastidio, il fatto che del giudizio di Kevin le importava molto, e si sentiva in colpa per le sue relazioni passate.
Ma come potevo mai immaginare che poi sarebbe apparso lui dal nulla? Si domandò.
Visto il quoziente intellettivo delle persone con cui aveva avuto a che fare, ormai la prospettiva di Anita si era stabilizzata sull’essere sola, con dei gatti da accudire e con qualche relazione passeggera giusto per mantenere attiva la sua vita sessuale.
Decise di non pensarci più, è inutile piangere sul latte versato le ripeteva sempre sua zia quando Anita da piccola combinava qualcosa e poi si sentiva in colpa, e così avrebbe fatto.
Avrebbe discusso con il ragazzo sull’accaduto, facendogli capire che forse non era il caso di stare a ripensare al passato, che comunque non sarebbe cambiato nulla.
Poi gli avrebbe anche detto che lo amava, che non le era mai successo di provare un sentimento così forte, e forse le cose si sarebbero sistemate.
All’improvviso i suoi sensi di colpa sparirono, per fare spazio al rimorso di essere uscita di casa senza lasciare nemmeno un post-it con scritto dove andava.
Chissà cosa penserà Kevin.
«Signorina, sono 22 sterline, siamo arrivati»
La voce del tassista la interruppe dai suoi viaggi mentali.
«Ah, sì mi scusi» rispose lei prendendo il portafoglio dalla borsa, contò alcune banconote e poi le porse al tassista «tenga pure il resto, arrivederci»
Fece qualche passo e si ritrovò nel centro commerciale, e passando davanti un negozio di elettronica pensò che magari il giusto modo per farsi perdonare fosse quello di fargli un regalo.

Infilò piano la chiave nella serratura della porta, quasi come se in caso non avesse fatto rumore Kevin non si sarebbe accorto che aveva passato la mattinata fuori casa.
Ma a quanto pare poteva stare tranquilla.
In quell’appartamento c’era un silenzio di tomba.
Lui non c’era.

Entrò dentro casa e poggiò le buste sul divano, e sul tavolino il suo regalo per Kevin, sperando che lo apprezzasse, andò a farsi una doccia e poi si mise a cucinare il suo piatto preferito, sperando che almeno lui si presentasse per l’ora di cena.

Erano almeno 45 minuti che teneva d’occhio il cellulare, un po’ per rispondere immediatamente ad un’eventuale chiamata o un messaggio, e un po’ cercando di resistere alla voglia irrefrenabile di chiamare Kevin.
Aveva iniziato a preoccuparsi in quanto lui non aveva fatto rientro per cena, ed era solito avvisarla se c’erano stati degli inconvenienti al lavoro.
Ma quella sera non fu così.
Erano già le undici di sera, Anita era stanca ma avrebbe voluto aspettarlo, per non fargli pensare che se ne fregasse di lui.
Così mise da parte la cena, aprì Netflix per continuare a guardare le sue serie tv, si preparò una cioccolata calda, poi un’altra, poi un’altra ancora, e cercò di restare sveglia il più a lungo possibile.
Alle due di notte passate, cercò di contattare Kevin mandandogli dei messaggi, per poi accorgersi il mattino dopo, quando si svegliò sul divano con in mano il cellulare, che lui si era limitato a visualizzarli, senza degnarla di una risposta.
Mise da parte comprensione, preoccupazione e altruismo e decise di fare qualcosa per se stessa.
Lei la sua parte l’aveva fatta, aveva chiamato, si era preoccupata per lui, gli aveva persino preparato la cena, ma se lui aveva deciso di non farsi vivo.. se ne sarebbe fregata.
Le parole di sua madre le tornarono in testa, aveva già fatto la parte della disperata, perché continuare?
Kevin non era tornato.. Peggio per lui.
La sua vita sarebbe tornata ad essere come lo era prima di conoscerlo.
Si cambiò e andò a prepararsi la colazione, era affamata visto che la sera prima, in attesa del ritorno di Kevin, non aveva cenato.
Fare colazione da sola, senza scherzare con il ragazzo, abitudine che aveva preso da ormai due mesi, la rendeva malinconica.
Si alzò da tavola, lavò le poche stoviglie che aveva utilizzato e si distese sul divano, pronta a divorare quel libro che stava su quel dannato tavolino da settimane.
Lo sguardo le cadde sul regalo che aveva fatto a Kevin, ancora lì, intatto. E si chiese se lui sarebbe mai tornato.
Non mi deve importare, era la frase che continuava a ripetersi da quando si era svegliata, ma per quanto ci provasse non riusciva a smettere di pensarlo.
Da quando si erano messi insieme avevano avuto molte litigate, ma nessuna come quella avvenuta quella sera.
La cosa positiva era che in un modo o nell’altro facevano sempre pace, poi ci scherzavano su, e la maggior parte delle volte concludevano la discussione in camera da letto.
Ma quella volta era diverso.
Kevin, per quanto dolce, comprensivo e diverso da tutti gli altri, era anche orgoglioso e alle volte meschino se gli veniva fatto un torto.
E Anita.. Lei non era molto diversa su queste cose, eppure da quando stava con lui si sentiva cambiata.
Cercò di finire di leggere il libro, ma si immedesimava in ogni riga. In ogni riga non faceva che pensare a lui e a quanto erano felici insieme, e si chiese se quella era da catalogare come rottura definitiva o semplice litigata.
Sperò per la seconda.
«Oh, al diavolo tutte le belle cose che si dicono per superare la fine di una relazione, lo devo chiamare!» disse infuriata prima di agguantare il cellulare e cercare il suo numero in rubrica.
Uno squillo, due squilli..

E Kevin aveva chiuso la chiamata.
Riprovò altre cinque volte, quando stava per effettuare la sesta chiamata si chiese se forse era il caso di aspettare che si facesse vivo lui.
Ma non lo era assolutamente.
Loro due dovevano rivedersi, riappacificarsi, lui doveva tornare a casa, aprire il regalo, dirle quanto era fantastica e quanto lui la amasse, poi avrebbero dovuto fare l’amore e ordinare del cibo a domicilio perché nessuno dei due avrebbe voluto cucinare.
Quel pensiero le dette la giusta carica per correre a cambiarsi, uscire e vedere se magari lui era al lavoro o in qualche posto che erano soliti frequentare.
Indossò un paio di jeans ed una felpa che aveva comprato insieme a lui, lui diceva che le stava benissimo e che quando la indossava aveva solo voglia di riempirla di baci.
Pensò che quello fosse un motivo in più per farlo rientrare a casa.
Mise velocemente le chiavi di casa ed il cellulare nella borsa, poi uscì di casa.

I posti che frequentavano erano molti, e non le sarebbero bastate due ore per vederli tutti.
Prima era passata al posto di lavoro di Kevin, dove i colleghi le avevano riferito che lui era andato via la mattina.
Poi passò in rassegna di tutti i pub, i bar e i ristoranti.
E lui non era in nessuno di quei posti.
Camminare da sola in mezzo a quella folla le fece capire quanto sentiva la mancanza del suo ragazzo, del tenerlo per mano e chiacchierare con lui di progetti per il futuro.
E più camminava e più si rendeva conto di quanto lui la facesse sentire bene.
Quando ormai si era rassegnata a non rivederlo nemmeno per quella sera lo intravide dentro un Bistrot.
Ma non era da solo.
C’era una bionda con un fisico da urlo a tenergli compagnia.

Immediatamente capì tutto.
Se lui non era tornato a casa da lei era perché aveva trovato qualcuno che gli tenesse compagnia, che ridesse alle battute che faceva e che magari era più facile da tenere a bada.
Si girò e tornò sui suoi passi, nonostante una parte di lei voleva entrare in quel locale e prenderlo a schiaffi.
Si doveva trattenere.
Non doveva risultare pazza o disperata.
Se lo era giurata sin da bambina, se lo era giurata quando vedeva le sue amiche che pur di non stare da sole perdonavano i tradimenti dei rispettivi fidanzati.
Ma lei non era così.
Non voleva annullarsi in lui.
Lei amava se stessa, lei non voleva disperarsi per un uomo che non la meritava.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Intestazione
I passi della nostra Vita

Capitolo 5

Il tragitto per tornare a casa le sembrava non finire mai e, come se non bastasse, c’erano coppiette felici ovunque.
Sembrava come se l’universo la stesse punendo mostrandole la felicità che le era stata negata.
Da quando era piccola ai suoi ventun anni avrebbe giurato che mai aveva visto tante coppie felici quanto ne aveva viste solo facendo il tragitto verso casa.
Il pensiero fu subito eliminato in quanto lei non credeva nel destino o in tutte quelle cazzate che cercano di infilarci in testa, il karma e tutto il resto, se lo ripeteva sempre.
Se è successa una cosa bella, tanti auguri, se è successa una disgrazia.. È successa, perché continuare a interrogarsi sul motivo?
Quell’aria di spensieratezza, dolcezza e romanticismo iniziava a soffocarla.
Aumentò il passo per arrivare prima a casa, buttarsi nel letto e dimenticare i brutti accaduti.
Ma sembrava che non dovesse.
Una volta arrivata alla metro dovette aspettare più di trenta minuti affinché arrivasse quella che l’avrebbe portata a destinazione, oltre, questo una volta arrivata, la chiave di casa sembrava essere magicamente sparita.
«Aaah, maledette borse grandi» imprecò mentre controllava la borsa da cima a fondo.
«Hai perso qualcosa?»
Non aveva sentito i passi dietro di lei, così non appena sentì la voce le venne un colpo al cuore.
«Allora?»
Anita cercò di sembrare il più neutra possibile, non voleva fargli capire che aveva visto, che sapeva e che non lo voleva mai più vedere.
«Sì, non trovo le..»
«Queste?» domandò Kevin sventolandole davanti agli occhi un mazzo di chiavi, il suo.
«Come fai ad avercele tu?»
«Le ho trovate a terra e ho visto che erano tue. Sai, infatti è un po’ strano visto che erano davanti al miglior Bistrot di Londra» rispose tranquillo lui aprendo la porta ed entrando dentro.
«Cosa? Come hanno fatto a..»
«Che ci facevi lì?» le domandò con voce profonda e guardandola negli occhi.
«Di certo non ero venuta lì a vedere la bionda con cui ci provavi» rispose lei con strafottenza.
Kevin rimase impietrito.
«Beh, comunque ringraziami. Se fossi arrivato alla metro un secondo più tardi tu avresti dovuto aspettare un bel po’ di tempo prima di rientrare in casa»
«Se tu non fossi arrivato avrei fatto cambiare la serratura.»
«E chi ti cambia la serratura alle dieci di sera?»
«Avrei trovato un posto dove stare, a proposito, cosa ci fai qui? La bionda non può ospitarti?»
«Lo sai che mi piaci un casino quando sei incazzata?»
Quelle poche parole fecero sbroccare Anita.
Incazzata? E perché mai sarebbe dovuta esserlo? Solo non capiva come le sue chiavi fossero cadute davanti al Bistrot, e come lei non si sia accorta di Kevin una volta scesa dalla metropolitana. In fin dei conti erano sulla stessa metro.
«E perché mai dovrei essere incazzata?»
«Vediamo… Perché sai che mi puoi perdere» a quelle parole Anita alzò gli occhi al cielo «Perché mi ami e ti da fastidio che altre ragazze ci provino con me»
«Quindi stai ammettendo che quella ci stesse provando con te»
Kevin sorrise.
«Quindi stai ammettendo che sei gelosa»
Anita sbuffò «Senti, non mi importa, va bene? Fai come vuoi, sei già sparito per un giorno e mezzo, ormai puoi fare quello che vuoi, solo.. Lasciami in pace, va bene? Buonanotte»
Cercò di andare in camera da letto il più veloce possibile, le lacrime iniziavano a bagnarle il volto, e lei non voleva che qualcuno la vedesse piangere.
Così richiuse la porta alle sue spalle, lasciò Kevin seduto sul divano nel salotto e si buttò nel letto, cercando di addormentarsi.
Aveva avuto una giornata abbastanza pesante, non sapeva cosa farne con Kevin ne tantomeno aveva voglia di parlarci e di sapere le sue patetiche scuse.
Era in dormiveglia quando sentì la porta chiudersi e un corpo che saliva nel letto per poi stendersi accanto a lei e abbracciarla.
«Sono state giornate lunghe senza di te» si sentì sussurrare all’orecchio.
«E allora perché non sei tornato?» domandò voltandosi, era assonnata ma riusciva ancora a capire.
«Non sapevo come comportarmi»
«Non mi hai risposto ai messaggi, alle chiamate.. Ero.. preoccupata»
«Lo ero anche io quando mi sono svegliato e tu non c’eri, non sapevo cosa avevi in testa» le disse dolcemente dandole un bacio sulla fronte.
«Avevo solo bisogno di stare un po’ da sola, tutto qui»
«Sei andata a chiacchierare con qualche ex?»
«Hai davvero pensato quello che mi hai appena detto?» disse faticando a trattenere le lacrime.
«Senti.. Lo sai come sono»
«Ovvero? Geloso, permaloso? E tu sai come sono io invece» rispose girandosi verso di lui.
«Ma tesoro.. Stai piangendo»
Il modo di fare di Kevin la lasciò stupita.
Non le era mai successo di piangere davanti a qualcuno, e il fatto che lui le stesse asciugando le lacrime la tranquillizzava, la faceva sentire protetta.
Come solo lui sapeva fare.
«Shh… Tranquilla, ci sono io qui con te, sono tornato» cercò di farla smettere di piangere.
«Sì sì, sta’ tranquillo che ne parliamo domani» rispose lei per poi addormentarsi.
Kevin non replicò, ma l’abbracciò come era solito fare in quei due mesi.

La mattina fu tranquilla, ma carica di tensione fra i due.
Qualsiasi parola di troppo avrebbe scatenato un tornado.
Kevin non fece alcuna battuta sulle scarsi doti culinarie di Anita, e l’unica parola che lei disse quando lui arrivò in cucina fu un semplice buongiorno.

«Bene, ora questo pollo al forno è solo da buttare»
«Mi.. mi avevi preparato il pollo al forno?» chiese stupito Kevin.
Le aveva detto in più occasioni che quello era il suo piatto preferito, ma mai si sarebbe aspettato che lei riuscisse a cucinarglielo.
«Già, ma la prossima volta sarà quella bella biondona a preparartelo, sarà più brava di me in cucina vero?»
Kevin provò a controbattere.
«Ma tesor...»
«Ah ma certo! Chiunque è meglio di me ai fornelli!»
«Beh, ahahah, questo si sapeva g..» un’occhiata furente da parte di Anita bastò a zittirlo e a fargli capire che stava camminando in un campo minato.
«Bene, allora vai a fare colazione con la bionda visto che io non so cucinare!» detto questo prese la padella in cui stava facendo friggere il bacon e la gettò nell’immondizia.
Questo bastò a far sbroccare anche Kevin.
«Se è quello che vuoi ti accontento visto che nemmeno vuoi sapere tutta la storia!»
«Ah sì? E cosa ci sarebbe da sapere visto che è palese che dopo un giorno in cui abbiamo litigato, un litigio che potevi benissimo evitare visto che fra tutti i ragazzi con cui ho avuto una relazione, finita perché non ci trovavo nulla in comune, tu sei solo il secondo con cui vado a letto, tu hai iniziato a vederti con un’altra!»
«Ma cosa cazzo dici? Quella “bella biondona” non era altro che una semplice cameriera!» urlò Kevin.
«Beh, allora ti avrà servito abbastanza bene, no?»
«Ascoltami bene, quella cameriera stravede per me, ed io..»
«E tu cosa? Ah, sì, bella questa. Sa che la cameriera è pazza di lui, e Kevin Pearson che fa? Va a mangiare nel suo locale! Questa come me la spieghi?»
«Non è colpa mia se in quel Bistrot fanno l’hamburger più buono della città!»
Anita non seppe più cosa dire.
Qualsiasi cosa avrebbe detto sarebbe stata sicuramente smentita o giustificata, e in più a primo mattino aveva esaurito la voglia di lanciare frecciatine.
Concluse il discorso con un “Io vado a fare colazione da Starbucks”.
«Come sarebbe a dire? Tu odi quel locale, dici sempre che fanno le bevande peggiori di sempre!»
«Sì, ma c’è un cameriere che stravede per me, chissà che non mi offra qualcosa!» disse andando a prendere la borsa pronta per uscire.
Odiava Starbucks, questo era vero, e non c’era nessun ragazzo che le andasse dietro visto che lei non frequentava mai il locale.
Ma doveva fargliela pagare a Kevin. Forse era stato un gesto infantile e stupido, ma la rendeva felice.
Ci stava prendendo gusto nel vederlo sclerare.
Lui l’aveva seguita fino al salotto.
«No no tu ora resti qui, terminiamo il discorso e poi vai dove cazzo vuoi visto che con te non ci si può parlare» le disse afferrandola da un polso e facendola girare verso di lui.
«Che c’è? Ti da fastidio che io vada dove c’è qualcuno che STRAVEDE per me? Non farmi ridere.»
Lui era abbastanza serio, e questo la fece preoccupare.
«Sai una cosa? Fai cosa vuoi, non me ne importa più.»
«Ah a te non importa più nulla? Sapessi a me! Sei sparito per due giorni e mi sono addirittura preoccupata per te, ma a quanto pare non ne è valsa la pena visto che sei più stronzo di prima!»
Non pensava veramente ciò che disse, ma le dette abbastanza carica per uscire vincitrice dalla conversazione.
«Ah, quel regalino sul tavolo è per te, se non lo apri quando rientro lo getto nella spazzatura insieme alla colazione, visto che non sai mai apprezzare nulla!» dette queste parole uscì di casa sbattendo la porta, sicura che il suo ragazzo non l’avrebbe fermata.
Quelle parole fecero riflettere Kevin, che si chiese se quella relazione potesse continuare nel tempo o fosse meglio troncarla in quel modo, in fin dei conti ormai la spensieratezza, la gioia e la felicità dei giorni che si susseguirono al loro primo bacio sembravano svaniti.
Però doveva ammettere che c’era una cosa che non era svanita.. l’amore.
Tra un litigio e l’altro c’era la dimostrazione che si amavano, e l’atteggiamento di Anita gli aveva fatto capire che anche lei ci teneva, anche se cercava di mascherarlo.
Se non lo avesse amato non avrebbe mai fatto una sceneggiata come quella mattina.
Non le avrebbe fatto quel regalo che giaceva sul tavolino in attesa di essere aperto.
Ma era anche vero che una relazione non poteva continuare in quel modo, prima o dopo avrebbe portato entrambi alla disperazione. Ne era sicuro.
C’era una cosa che lo aveva colpito quella mattina, il fatto che Anita aveva ammesso che, fra tutti i ragazzi con cui aveva avuto una relazione lui fosse soltanto il secondo ad andare più in la di un semplice bacio.
E più tempo passasse più si rendeva conto che quella ragazza era unica.
Non dimostrava molto a parole, ma lo faceva con i gesti.
Con gli altri poteva essere fredda, cinica, distante, ma con lui diventava una migliore amica, una sorella, una moglie, un’amante.
Già dal giorno in cui l’aveva conosciuta aveva capito che sotto la maschera della ragazza che non credeva nell’amore, nelle relazioni, nelle persone, in realtà si celava una donna che guardava il mondo con gli occhi di una bambina, che, anche se non voleva ammetterlo a se stessa, sognava la sua favola felice.
E lui in questa favola sarebbe stato il principe o l’antagonista?
Si sentì in colpa per il fatto che mano a mano che il tempo passava la ragazza metteva da parte i suoi  hobby, le sue abitudini, pur di restargli accanto, di mantenere il suo passo.
E lui cosa faceva? La giudicava, l’abbandonava.
Ma non sarebbe più successo.
Lui sarebbe cambiato, l’avrebbe fatto per il forte sentimento che nutriva verso di lei.
E l’avrebbe aiutata a migliorare, non per lui, quanto per lei stessa.

Mentre aveva questi pensieri per la testa decise di aprire il regalo, e rimase piacevolmente meravigliato da quello che si trovò sotto gli occhi.

In onore di quello che è volato in cielo quando ci siamo conosciuti, spero che questo sia migliore. PS: è resistente all’acqua :P , c’era scritto sul bigliettino.
Era uno SmartWatch di ultima generazione, e alla lettura del bigliettino gli tornò in mente un ricordo che lo rese felice.

«Ehi ma che stai facendo? Sei pazza!» esclamò guardandola felice in quel modo.
«E beh? Vieni anche tu, dai!» rispose lei tirandolo a sé sotto la pioggia.
Lui la guardava sollevare lo sguardo al cielo mentre sorrideva, e sorrideva anche lui.
Il suo sorriso era la sua arma segreta contro ogni imprevisto.
Poco importava che il giorno dopo si sarebbero svegliati con la febbre, lei era felice.

Infatti la febbre fu inevitabile, ed il suo SmartWatch non diede più cenni di vita da quel momento.
Ma non era importante.
Si era appena reso conto che, quel sorriso che amava tanto, glielo aveva tolto lui stesso.
E chissà se lo avrebbe mai più rivisto.
Ma una cosa era certa, non si sarebbe lasciato sfuggire una ragazza come Anita.

Anita si trovò a passeggiare affamata senza una meta.
Non era sua intenzione uscire di casa, ma ormai l’aveva fatto, e non sarebbe tornata indietro.
All’improvviso si sentì chiamare, riconobbe la voce ma non aveva minimamente l’intenzione di voltarsi.
Sentì un rumore di passi che velocemente si avvicinava a lei.
«Non credi che dovremmo chiarire?» le domandò Kevin dopo averla fermata.
«Chiarire cosa? Ci abbiamo provato stamattina, e non è andata come doveva.»
Iniziò a piovere piano piano, poi a dirotto.
Loro due erano al riparo sotto una tettoria di un qualche negozio, c’era un silenzio imbarazzante fra di loro.
«Ascoltami.. Io ho sbagliato, ma anche tu..»
«Io cos’avrei sbagliato?» domandò Anita «Dai, sono curiosa. Mi hai detto che ero stata con tutti quei ragazzi, siamo andati a dormire e il giorno dopo io sono uscita. Cosa c’è di sbagliato? Io prima di conoscerti facevo così, ti va bene? Non mi viene facile dover spiegare tutti i motivi delle mie azioni, visto che non ho mai dovuto render conto a nessuno!»
«Ma credevo che in due mesi tu avresti capito che non si fa così quando si ha una relazione con una persona!» sbottò Kevin.
«Ma lo vedi allora che non possiamo chiarire? È inutile riprovarci!»
Il ragazzo la prese da un polso delicatamente e la portò sotto la pioggia.
«Allora?»
«Allora cosa?» domandò Anita «Non puoi pretendere che torni tutto come prima»

Forse rivedere quel sorriso sarebbe stato più difficile del previsto.

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