Crazy in love

di Blue_Passion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Stregatto; Confettino ***
Capitolo 3: *** There's a demon inside that asks to be freed ***
Capitolo 4: *** Little Game ***
Capitolo 5: *** Gift ***
Capitolo 6: *** Christmas dance ***
Capitolo 7: *** Past and Blood kiss ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
Fisso i suoi occhi, due bellissime pozze cobalto notturno, scintillanti, divertite ma soprattutto pazze.
"He’s crazy", mi dice la mia coscienza; perché parlo inglese?
Si, è pazzo, qualche problema? No.
Lo sapevi dal primo momento che l'hai visto che una volta entrata non ne saresti più uscita, ti avevano avvertita piccola stagista Amulet, tu non gli hai creduto.
"Jolly", così ti chiama lui, per la tua (s)fortuna con le carte, per il tuo carattere, e perché il Jolly sorride, come Stregatto, come te.
Una psicologa; era quello per cui stavo studiando, ma ora non so da che parte mi dovevo trovare; sulla sedia con penna e blocco in mano o sulla sedia incatenata e bloccata?
Non lo hai mai saputo piccola, e tu lo sai.
Capisci i pazzi, non perché tu sei normale o con una mente superiore, ma perché sei come loro.
Capisci tutti perché li leggi in modo contorto, come ami quest'uomo.
Basta! Sono stufa della mia maschera, basta fare la brava ragazza, dolce e normale no, da oggi sarò io, solo io.
-Si kitty, proteggimi e portami via, fa di me il tuo giullare-
E lui ride, come solo lui sa fare, facendomi sorridere a mia volta e ignorare i miei compagni, i suoi nemici (ora anche miei) e i cadaveri.
E come i pazzi che siamo, come ci sappiamo amare in modo malato, continueremo a ignorare tutto e tutti, sempre.
 
Angolo autrice (morta):
Ahahahah! Ho fatto anche la faccina triste, buahahahah!
Okay, prima cosa: la storia prende spunto dalla storia di “The Joker and Harley Quinn”, si, ho usato l’inglese perché c’ho voglia.
Chi non conosce la storia tra Joker e Harley consiglio vivamente di informarvi, perché fa ridere ed è carina.
E magari molti di voi pensano pure che io adoro la coppia solo grazie al nuovo film, Suicide Squad, perché lì hanno “stravolto” la coppia, NO! È vero, non la conoscevo prima del film la coppia, ma prima che lo andassi a vedere al cinema mi sono informata e l’ho amata sin da quando Harley è apparsa la prima volta nel cartone, e poi Joker è sempre stato il mio cattivo preferito, in assoluto, non solo della DC comics, no, in assoluto.
Quindi vedrete magari cose famigliari, simili a quello che capita negli episodi del cartone con loro, magari nel film (non cosa capita nei fumetti/videogiochi perché lì non mi sono informata e non lo farò MAI), e avverto che il reatings (ora arancione) potrebbe diventare rosso con l’avanzare dei capitoli, perché ovviamente ci sarà parecchia violenza, soprattutto da parte di Ikuto verso Amu, capite…no non la fa volare giù da una finestra.
 
 
Lo so, lo so che probabilmente direte: “ma Blue, hai già duecento storie in corso, perché un’altra?!” con quella vocina fastidiosa fatta per rompere, perché è così che si fanno notare queste cose (scherzo! Ma nella mia mente è così!), vi rispondo immediatamente: avete presente quando dovete fare per forza una cosa, e se non la fate impazzire, cioè, letteralmente? Ecco, stessa cosa con il postare questa storia.
Quindi eccovi il prologo! Anche regalino per alleggerirvi il rientro a scuola (spero), si, perché io domani ci torno, e quindi…fan brodo ad aggiornamenti vari, magari uno o due ma massimo, non ci riuscirò molto, quest’anno sarò impegnatissima! TT_TT
Sono disperata!
(Pensa, pensa, pensa, pensa, pensa, pensa…), sto facendo mente locale di cose, tipo notizie o altri avvisi che devo dare e no! Solo uno: il secondo cappy (il primo) è già in lavorazione, non l’ho ancora finito ma in settimana lo dovrei finire.
 
P.S: scusate tantissimo se ci sono errori di battitura e avverto, non sono così pazza, quindi il personaggio che verrà meglio sarà Amu, che è a metà tra l’essere pazza e normale, i normali saranno come al solito e Ikuto che è il pazzo pazzo, diciamo “Joker” solo che a modo mio, non ho mai scritto una storia con un pazzo del genere quindi inizialmente non sarà delle cose migliori, scusate.
Ora la pianto, che qui ho fatto un papiro!
 
Baci Blue!

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Capitolo 2
*** Stregatto; Confettino ***


Stregatto; Confettino

Corro, corro senza sosta nel buio. So dove devo andare, ma con questo buio non vedo nulla! Ed eccola, una luce, una porta: la scuola!
-Su Amu! Diluvia, corri, corri! –
Mi incita Utau dall’altro lato della porta asciutta e perfetta come al solito; il contrario di me.
Mi ci fiondo dentro, sospirando di sollievo quando non sento più la pioggia battermi addosso e mi strizzo la gonna e i capelli, lasciando giù una cascata d’acqua.
-Sei fradicia-
-Lo so, dai portami in classe-
Stride saltellando e mi prende la mano, trascinandomi a lezione di psicologia.
Appena entriamo sospiriamo, notando l’assenza della prof che ci toglie un peso di dosso e una punizione la prima ora.
-Niente sgridata-
Appena ci sediamo l’una accanto all’altra la osservo, un po’ gelosa del suo aspetto.
Ha un viso angelico, con lunghi capelli biondi sistemati in due code alte laterali fino ai fianchi, due occhi ametista e un fisico a dir poco perfetto.
La divisa le sta d’incanto, la camicia bianca sistemata perfettamente dentro la gonna a pieghe nera che arriva fino a metà coscia, le gambe fasciate da un paio di collant color carne, e i piedi coperti dagli stivaletti neri scolastici.
Sulle spalle il giacchino nero, e attorno al colletto della camicia il fiocco dello stesso colore.
Utau Hoshina, la mia migliore amica e idolo della scuola di psicologia (o almeno la parte di psicologia dato che la “Seyo Accademy” è un insieme di indirizzi).
Io al contrario sono pessima, un granello di sabbia in mezzo a granelli d’oro e argento.
Sto zitta, fissando la porta e sentendo distintamente la voce di Utau che parla con altri due o tre tizi, uno dei quali le chiede di uscire -di nuovo-.
La porta si apre ed entra la prof Wright, una fissata con la puntualità e con le regole; eppure oggi è in ritardo, sembra pure agitata.
Mi guarda, in volto uno sguardo che mai le avevo visto prima dipinto sul viso leggermente rugoso -e non per l’età dato che ha trentacinque anni-.
I suoi capelli argentati con un ciuffetto nero sul davanti lasciati sciolti e arruffati, non più nello chignon che probabilmente aveva stamane, gli occhi verdi chiaro preoccupati e agitati, le mani che si intrecciano e giocano con la gonna, la camicia stropicciata all’altezza del colletto, le gambe tremanti; in mano non ha la sua solita borsa: qui c’è qualcosa che non va, e centro io.
Alzo la mano e la prof tremante mi fa un cenno del capo, incitandomi a parlare.
-Ho fatto qualcosa? –
-Cos’? No! Solo…complimenti, e che dio l’aiuti-
-Perché? –
Mi si avvicina, mentre noto che tutti in classe ci fissano e hanno smesso di parlare.
Mi porge un foglio, o meglio, una cartella giallina con sopra una grande scritta in rotto grassetta: “Top Secret”
-Non lo faccia leggere a nessuno, vada in biblioteca e lo legga, da sola, nascosta, in silenzio, e non ne parli ad anima viva-
Annuisco e mi alzo, prendendo il fascicolo e lo zaino correndo in biblioteca.
Seguo le istruzioni della Wright e inizio a leggere, deglutendo.
 
Paziente: n° 228 presso il “Seyo Madhouse"
Nome: sconosciuto
Cognome: sconosciuto
Soprannome: Stregatto
Proprietà di: stagista Hinamori Amulet
Sintomi: non presenta schizofrenia, non sente voci; bipolare; sadico/masochista: ama il dolore, soprattutto se inflitto agli altri da lui, si diverte in quello che fa, nelle vittime che provoca e nelle persone che uccide; isteria e irascibilità; altri sintomi e disturbi non identificati, tra cui il motivo dell’uccisione del suo precedente psicologo, il Dr. Jack Ride, per l’essere stato poco divertente, “delicato” e troppo “invasivo”.
Crimini: attentati, omicidio, rapina a mano armata, torture, abusi…
 
Troppo da leggere” vado avanti leggendo tutti le centinaia di crimini e sospirando, rabbrividendo leggermente.
 
Parenti: sconosciuti/nessuno
Passato: sconosciuto
Causa della follia: sconosciuto
Catturato: cinque volte
Scappato: quattro volte con la scusa che si annoiava, e tutte in meno di cinquantadue ore.
 
Uff…certo che non sanno proprio niente di Stregatto, una foto almeno?
Continuo a leggere, stupendomi delle cose scritte e incuriosendomi sempre di più.
“Stregatto”, il psicopatico cattivo più ricercato del…mondo, credo.
Ho un po’ paura ma non molta.
Non so molto di lui (dato il mio non guardare la TV), l’ho sentito nominare dai miei compagni, ma non ci ho mai badato, Yaya ne sa tanto, chiederò a lei.
Anche se…sono appena una stagista, perché l’hanno dato a me?!
Probabilmente per sacrificarti, non vogliono mica far uccidere un altro dei loro migliori psicologi
Zitta! Ma possibile che quando parli tu devi sempre essere così? Amu impazzirà!
Lo è già!
Piantatela mi date fastidio! Dove sono le altre due?
Boh
Sospiro, maledicendo le voci nella mia testa.
Chiudo il fascicolo, lo infilo dentro lo zaino e prendo il cellulare.
-Pronto?
-Mamma, oggi non torno a casa al solito orario, inizio lo stage di quarta-
-Che bello! Dove sarai?
-Al Seyo Madhouse-
-E chi hai come paziente?
-Mi hanno detto di non dirlo, mi spiace-
-Va bene, a dopo!
Chiudo la chiamata e metto via il cellulare, guardando l’ora.
Faccio un salto dal preside che così mi rimane un’ora di lezione di psicologia giusta.
Di corsa mi dirigo verso il suo ufficio, bussando poi piano alla porta.
-Avanti-
Apro e stringo la camicia ancora bagnata, per poi starnutire piano.
-Hinamori, cosa la porta qui? –
-Volevo chiederle cosa dovrò fare con il paziente n° duecentovent’otto-
-Sia lei stessa e cerchi di capire il suo nome, il suo passato, il perché è impazzito, i suoi problemi, tutto di lui-
Faccio un cenno del capo e mormoro “grazie”, girandomi.
-Ah, la prego faccia attenzione, è pericoloso-
Annuisco, uscendo e dirigendomi a passo di carica in classe.
Entro, stupendo tutti e affrettandomi ad andare al mio posto.
-Tutto okay? Ah capito? –
Guardo la prof e faccio un cenno del capo
-E non ha paura? –
-Lei non sa quanta-
 
-Allora, chi è? –
-Chi? –
-Il tuo paziente! Dove ti hanno spedita? Chi è lui o lei? –
-A Seyo Madhouse; mi presto l’ombrello? –
-Stai schivando la domanda, chi è? –
Mi domanda di nuovo Utau passandomi il suo ombrello viola.
-Utau io…non posso dirlo, immagino tu abbia letto il “Top Secret” a caratteri cubitali in rosso, non posso proprio-
-Ma è pericoloso? –
-Si-
Corro via prima di potermi sorbire tutte le preoccupazioni di Utau ed esco, aprendo l‘ombrello e avviandomi di corsa verso il manicomio/prigione.
Ogni edificio importante di questa città ha “Seyo” (grazie fondatore, grazie!) dentro, come il “Seyo Hospital”, la “Seyo Accademy”, dove vado, il “Seyo Center”, il “Seyo Museum”, il “Seyo Madhouse” e così via, l’originalità non è il loro forte, ma li capisco…quando il direttore di ogni santo edificio discende dalla famiglia del fondatore e quindi in pratica tutte le persone più importanti hanno il cognome “Seyo” è ovvio la poca originalità e la megalomania in tutto questo.
Dopo trenta minuti di corsa sono finalmente davanti al manicomio; faccio sbucare il mio visino dall’ombrello mostrandolo alla guardia, che strabuzza gli occhi e apre il cancello, facendomi entrare.
Appena dentro trovo un tizio ad accogliermi, piuttosto vecchio con il camice da infermiere e accanto una dottoressa.
-Hinamori Amulet? –
Si stupidi! Avete pure visto la foto! A meno che non mi sia rifatta la faccia ovvio che sono io!
-Si-
-Ci segua, le sarà mostrato il suo provvisorio ufficio e i vestiti che dovrà indossare d’ora in poi in questo edificio-
Annuisco, seguendoli e non fiatando.
La struttura è spoglia, solitaria e macabra; fuori è un enorme edificio a tre piani (senza contare quelli sotterranei), di un grigio fumo terribile, con due enormi porte in ferro all’entrata e minimo venti finestre per piano in una facciata (quindi circa sessanta in ogni facciata), il tutto circondato da uno spoglio giardino (causa dell’inverno) recintato da un’alta staccionata in metallo elettrica, tappezzato di guardie ovunque.
Dentro forse è anche peggio; i vecchi muri una volta dipinti di bianco ormai ingrigito/ingiallito e ammuffiti, gli uffici chiusi, le porte blindate delle camere dei detenuti/ricoverati, o di quelle per le sedute, le urla dei pazienti, le varie voci, ma comunque un silenzio persistente e pesante.
Ovunque odore di farmaci, muffa, polvere, pazzia e paura; un quadro davvero macabro.
Mi ritrovo davanti ad una porta in legno scuro lucido, piuttosto vecchia e con il pomello d’orato incrostato.
Mi fanno entrare e noto l’essere spoglio della stanza, una scrivania, una sedia, un’armadio/libreria, un lampadario abbastanza rotto e due finestre, più quattro pareti bianche stranamente immacolate.
Sulla scrivania un camice e altri vestiti, probabilmente quelli che dovrò indossare.
-La aspettiamo fuori, si cambi-
Li guardo uscire, e prendo in mano i vestiti.
Sono una gonna nera fino al ginocchio attillata con uno spacco quasi fino alle mutande di lato, camicia bianca e camice, più scarpe nere con tacco.
Mi cambio, mettendo la divisa dentro lo zaino e uscendo, fissando i due.
-Parleremo prima noi con il paziente per vedere come sta e per informarla della sua situazione, lei entrerà dopo-
Faccio un cenno del capo e li seguo fino ad una stanza isolata nei sotterranei, con una porta molto più che blindata.
Entrano prima loro, rimanendo circa due minuti e poi escono.
Le guardie davanti alla porta mi fanno deglutire; fanno molta più paura di un pazzo.
-È strano oggi, non ha ancora riso, state pronti ad intervenire voi due; Hinamori se dovesse succedere qualcosa sotto il tavolo dal suo lato c’è un pulsante per l’allarme, se lo premerà la seduta verrà interrotta e il bastardo portato via, sia prudente-
-Va bene-
Apro la porta lentamente ed entro, senza guardarmi intorno e chiudendo piano la porta alle mie spalle.
Osservo il “panorama”, rimanendo colpita dalla scena davanti a me.
Un uomo piuttosto giovane in una camicia di forza e la solita tuta grigia dei pazienti in questo posto con aggiunte quelle strane scarpe bianche, chino sul tavolo in mezzo alla stanza chiara cosicché non possa vedere il suo viso; sull’altro lato della stanza un’altra porta, probabilmente quella da cui entrano i pazienti.
Ha degli spettinatissimi capelli blu notte con sfumature nere, immagino tutto naturale ovviamente, dato che è qui da cinque giorni e il nero è sulle punte o su intere ciocche, ma non alla radice.
Respira piano, quasi non si sente, e muove i piedi facendo tintinnare le catene che lo bloccano.
Mi sedio sulla sedia di fronte alla sua, stando attenta a non fare troppo rumore.
-Signor Stregatto, può alzare la testa? –
Inizia a mormorare cose strane e senza senso, facendomi agitare di più.
-Tu, odore, uccidere, paura, timore, dolore, agitazione, DIVERTIMENTO-
Alza la testa di scatto e sobbalzo, un po’ sorpresa da quello che ho davanti.
Un volto con una pelle diafana, quasi totalmente bianca con solo delle sfumature grigio/nero intorno agli occhi, due biglie color cobalto scuro, brillanti, pazze.
Le labbra nere piegate in un sorriso totalmente esteso da sembrare disumano, i denti bianchi con i canini inferiori e superiori simili a zanne, un’espressione folle sul viso.
Mi studia, mi osserva, guarda ogni parte di me, mi legge dentro parlando con le mie voci.
E improvvisamente tira su il busto, butta indietro la testa e spalanca la bocca, iniziando a ridere maniacalmente e in modo malvagio ma divertito, un mix di risate folli che fanno risultare questa unica e inimitabile.
Si calma, respirando per un attimo pesantemente e mettendosi dritto, facendomi notare quanto larghe sono le sue spalle e facendomelo mettere a confronto con tutti i ragazzi/maschi che conosco: unico, bellissimo e pericoloso.
Tira di nuovo le labbra in quel ghigno di poco fa e fa un profondo respiro.
-Piacere, confettino-
 
 
Buio, tanto buio.
Cos’è successo? Ho giocato con King’s, quel bastardo, ci siamo riempiti di pugni e poi un dolore al collo: HA PREFERITO RINCHIUDERMI AL GIOCARE CON ME?!
Ringhio, aprendo gli occhi e tirandomi a sedere; la cara vecchia cella duecentovent’otto, sempre questa camera mi danno in ‘sto hotel.
Mi alzo, ridacchiando alla sensazione di intorpidimento alle braccia a causa della camicia di forza.
Guardo la porta e mi ci avvicino, annusandola e iniziando a sbatterci la testa contro.
-Si è svegliato! Dr. Seyo si è svegliato! –
Un paio di minuti, minuti divertenti.
-Chiamate Kara, scambieremo un paio di parole col bastardo-
Smetto di tirare testate alla porta quando sento del sangue in bocca e lo ingoio.
La soglia si apre e io scatto in avanti con l’intento di mordere il primo che mi capita a tiro, ma mi ritrovo a terra in poco tempo.
Rido, rido come adoro fare iniziando a giocare con le catene che mi tengono le caviglie e il busto.
-Vi siete dati da fare questa volta, complimenti, ma sapete che scapperò lo stesso, a meno che voi non mi portiate un gioco, VOGLIO UN GIOCO! MI ANNIO! –
Grido piagnucolando.
Fisso il Dr. Seyo, un vecchio che discende dai fondatori di questo sputo di paese enorme.
Ha il solito camice bianco con pantaloni neri e scarpe uguali, divisa di merda dei tizi in questo posto.
Sposto lo sguardo sulla psicologa Chiara Kara, una troia a metà italiana e a metà giapponese e la guardo male.
Chika ricambia lo sguardo, ma spaventata e inizia a fissare Jey Joy; sono migliori i loro nomi così!
-Ci sono i soliti vecchi dottori? Eh Jey Joy? Mi annoio! Oppure mi date una cagna? IO ODIO LE CAGNE! –
-Avrai quella nuova-
Mi si illuminano gli occhi e mi sporgo in avanti, ancora sul pavimento, proprio come farebbe un bambino piccolo curioso.
-Una cagna nuova? O magari è un topolino? Interessante, chi è? –
-Una stagista di diciassette anni, una figlia di papà che studia alle Seyo Accademy ed è tra le prime della classe- Risponde Jey Joy.
-Una stupida fastidiosa che di sicuro non sa fare nulla da sola, puoi pure giocarci e ucciderla- Dice in più Chika.
-Un sacrificio che non sa di esserlo? La date in pasto ad una pantera e non vi pesa sulla coscienza? –
-Mi peserebbe se fosse il mio migliore psicologo, ma non lo è, quindi non mi importa-
Rido, buttando indietro la testa per poi guardarli spaventosamente mettendomi seduto dritto a gambe incrociate.
-NOME! –
-Hinamori Amulet-
-Numeri! –
-Fra tre giorni, circa alle diciassette-
-A proposito: da quanto sono qui? –
-Due giorni-
Mi metto disteso e mi guardo i capelli, ridendo ancora.
-Ahahahahahah, non vedo l’ora-
Dare una diciassettenne ad uno di ventitré anni come me è una cazzata, ma…non la ucciderò, per ora.
 
-Catene, catene, catene, catene, catene, catene, catene, catene, uff…DATEMI UN GIOCO! –
-Zitto feccia-
Mi scaglio verso la porta, rimendo però fermo a guardarla.
-Meno tre, fra sole tre piccole ore mi divertirò…il tempo è prezioso, tre ore sono tante, non sottovalutare, lei sarà educata? Delicata? Non invasiva? –
Mi stendo in mezzo alla piccola stanza, rotolandomi da una parte all’altra facendo sì che le catene mi avvolgano e svolgano ogni volta.
Mi annoio, e la voglia di ridere non c’è…lei mi farà ridere? Se si mi sarà simpatica.
Quanto è passato? Boh, non ho fatto altro che rotolare, rotolare, e rotolare…
-Feccia si va-
Mi metto a sedere e mi faccio togliere le catene, per poi essere accompagnato alla stanza dove si tengono di solito le mie sedute, come quelle che ho fatto in precedenza, lasciandomi poi solo e incatenato alla sedia.
Vedo Jey Joy entrare con Chika ma non vedo altri.
-Pronto? –
-Mi annoio-
-Non la uccidere subito-
Sbatto la testa sul tavolo e sbuffo, piegando anche il busto sulla tavola di metallo, sbuffando per nulla contento della situazione.
-Non ridi? –
-Non voglio, non ce n’è motivo-
-Paziente n° 228: sta male-
Li sento uscire dalla porta che sta dall’altra parte della stanza, quella da dove entrano gli psicologi, e circa un minuto dopo la porta si riapre e si richiude con molta leggerezza.
È lei…c’è odore di, fragole!
Sta ferma per un po’ e poi si siede davanti a me, senza fare troppo rumore.
Mi piacciono le persone silenziose e calme.
-Signor Stregatto, può alzare la testa? –
Voglio mi dia del tu!
Che voce carina. Che voce fastidiosa. La adoro. La odio!
Annuso l’aria: è spaventata, ma più agitata, interessante; strano che riesca a sentire così bene le sue emozioni dal suo solo odore, di solito devo guardare tutti anche negli occhi.
-Tu, odore, uccidere, paura, timore, dolore, agitazione, DIVERTIMENTO-
Mi diverto con lei.
Alzo la testa sorridendole e lei sobbalza, sorpresa.
È vestita come tutte, ma ha un che di…diverso.
Ha dei lunghi e spettinati capelli rosa, lunghi fino ai fianchi, due occhi oro che nascondono mille segreti (che riesco a leggere), le labbra carnose e rosse, un viso fatto di porcellana; una bambola.
Ha delle curve morbide e seducenti, vita sottile ed è piccolina.
Troppo perfetta.
Le labbra dovrebbero essere rosse sangue, gli occhi più scuri e il corpo…più scoperto.
Voglio portare la pazzia rinchiusa in lei a galla, espandendola e liberandola.
È chiusa in una teca di vetro, nata e introdotta nel mondo sbagliato, del tutto diverso da lei: superiore, bellissima e pericolosa, ma bisognosa di aiuto a far uscire tutto questo, e sarò io ad aiutarla.
No, lei non è la figlia di papà che non sa fare nulla da sola come avevano detto quei due troppo normali per gente come noi, lei è assolutamente…imperfetta.
Tiro su il busto, butto indietro la testa e rido, la mia vera risata, quella che raramente faccio, quella che -a quanto pare- riesce farmi produrre solo lei, e quando King’s ne viene fuori molto, molto distrutto.
Mi calmo, respirando pesantemente per un attimo e rizzandomi sulla sedia; lei mi guarda, mi studia meglio con quei suoi occhi oro folli e calmi, con quella maschera di diamante che ha addosso, mettendomi a confronto con qualcosa, qualcuno.
Sorrido di nuovo, con una nuova voglia in corpo, con il mio divertimento ricaricato e prendo un profondo respiro.
-Piacere, confettino-
 
 
Angolo autrice fuori di testa:
Eccomi, mi sono sbrigata? Avevo praticamente tutto il cappy pronto, spero solo non sia venuta fuori una schifezza altrimenti mi dispero.
Piaciuto? Ikuto è piuttosto pazzo? Amu l’ho fatta troppo…non so, strana?
 
Allora, le parole così: “Ciao” tra virgolette sono pensieri, quelle in corsivo e basta invece marcature o parole magari un po’ più particolari/importanti, e si, sì Amu è schizofrenica.
 
Nel prossimo capitolo (che sinceramente non so quando posterò ma cercherò al più presto) ci sarà la seduta (tutta dal punto di vista di Amu e capirete il perché) e magari non so, un paio di parti che ora non ho in mente ma con Ikuto o con “King’s”, voglio vedere se indovinate chi è! Dai provate, chi è?
 
Scusate, scusate, scusate tanto se con certe ci metto la vita e con questa no, ma ho così tante idee!
E no, Amu non impazzirà, lo è già, Ikuto tira solo fuori quella parte.
 
Grazie per chi ha recensito o recensirà e spero che il capitolo non sia totalmente orribile o non si capisca, e vi avverto solo di una cosa: a volte Ikuto avrà un “piccolo” problema con le frasi, ad esempio ne dirà certe che a malapena Amu riuscirà a capire (non chiedetemi da che angolo malato della mia testa le tirerò fuori, ma se non riuscite a capire nemmeno una virgola di una certa frase particolare detta da Ikuto chiedete pure a me).
 
Baci Blue!
 
P.S: scusate ancora se ci sono errori (ad esempio se confondo “li” con “gli” e quindi sbaglio tantissimo, ma sinceramente ho notato che ci sta meglio “li” anziché “gli” su certe frasi, e quindi metto quello, se però la grammatica non lo prevede vi prego di avvertirmi; vi avevo detto che con questo non ci mettevo molto! In realtà sono tentata di iniziare già il prossimo ma forse lo farò forse no, dato che c’è chi (caro onii-tan!) vuole che io aggiorni prima altre storie, e hanno ragione, quindi per ora vi dico: alla prossima!
 

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Capitolo 3
*** There's a demon inside that asks to be freed ***


There's a demon inside that asks to be freed

Stai calma, non ti ha chiamata confettino, no.
-La prego di non chiamarmi così signor Stregatto, per lei sarà Dr.ssa. Hinamori, la prego di rispettare il mio volere-
-Mah…potrei chiamarti fragolina dato che odi confettino, che ne dici? E non chiamarmi signor Stregatto! –
Si, è bipolare.
-La prego mi dia del lei, non siamo amici e non lo diventeremo, io sono solo la sua psicologa e lei è il mio paziente; comunque come vuole che la chiami? –
-Potrebbe smettere di darmi del lei? ODIO quando la gente mi dà del lei, sarebbe molto più comodo un bel tu; puoi chiamarmi S fragolina-
Sospiro, decidendo di accontentarlo a metà.
-Mr.S, immagino che non abbia capito cosa le ho detto: non le darò del tu, però posso chiamarla come vuole se la fa sentire più a suo agio-
-Ti ringrazio…però vorrei sul serio che mi dessi del tu, mi fa sentire ancora meglio-
-Non glie lo darò, ora vediamo di incominciare-
-Okay: no, non ti dirò il mio passato, no, non ti dirò come sono impazzito…-
-Non voglio sapere questo-
Stregatto amplia gli occhi, ma cambia subito espressione facendo spuntare il suo sorriso, anche se ha uno sguardo incazzato.
-Non interrompermi! Ma dato che sembra interessante ti lascerò parlare, però non sprecare il mio tempo! –
-Qui è lei quello che spreca il mio tempo se si comporta così tutta la seduta, anche se per ora non importa: partirò con calma e con la domanda che mi chiedo da quando ho letto il suo fascicolo e da quando l’ho vista; perché ha così tanti tatuaggi? –
-Mi piacciono-
-E cosa rappresentano? –
-Non lo so, appena mi viene in mente un’immagine interessante me la tatuo nel punto in cui potrebbe starci meglio, mi diverte-
Rimango confusa ma in poco elaboro, sorridendo.
-Quindi si fa i tatuaggi da solo? È piuttosto bravo vedendo dove se li è fatto, anche sul viso-
-Esempio fragolina? –
-Quello che ha sotto l’orecchio; è una S, l’iniziale del suo nome, è fatta davvero bene, eppure le persone di solito non riescono a farseli in punti del genere da soli e così bene-
-Sono pazzo, riesco a fare tutto quello che la gente normale non sa fare-
-Interessante-
Scrivo gli appunti nel mio blocco, mentre faccio un piccolo sorriso; questo pazzo è sicuramente interessante.
-E mi dica, come mai si diverte in quello che fa? Immagino sia per una qualche vendetta o odio che prova verso il mondo-
-Confettino tu mi sorprendi ogni secondo di più, c’hai azzeccato. Posso solo dirti che non capiscono per nulla il mio senso dell’umorismo, non sanno ridere! Chi non riderebbe davanti ad un viso dipinto di puro terrore? Chi? Ah…giusto, le persone SENZA UMORISMO! Tu rideresti, rideresti ai miei scherzi? –
Credo che sono io quella che ora ha il viso dipinto dalla paura, ma lo nascondo.
-Non devi avere paura, non posso farti nulla, NULLA! Sono incatenato e bloccato come una pericolosa pantera, è inutile temermi-
-Cazzate-
Rispondo schietta.
-Come scusa? Oh, quindi anche il confettino ha il suo lato oscuro…non credevo sapessi dire certe parole-
-Lei potrebbe alzarsi benissimo anche ora e in un qualsiasi modo uccidermi, del resto le catene alle sue caviglie non ci sono più da un pezzo, no? Le ha tolte cinque minuti dopo che io sono entrata-
-Arguta la ragazza-
Fa di nuovo quel suo sorriso e si alza in piedi, dirigendosi verso di me.
-Dimmi: hai paura? –
Respiro profondamente, annuendo.
-E perché? Non posso mica usare le mani, con la bocca o con le gambe è molto improbabile uccidere qualcuno-
-Lo so bene, eppure…lei non è così stupido, no? Lo faccia, se poi mi ucciderà lo accetterò, potevo anche rifiutare di fare lo stage con lei, ma sa, la vita senza rischi non la si può godere a pieno-
Ride, ride di nuovo nel modo che sa fare e mi fa rabbrividire.
In poco mi ritrovo stesa sul tavolo con le sue mani al collo, mentre continua a ridere.
-Dimmi: hai paura?
-Si, molta-
-Perché me lo dici? Nessuno direbbe a qualcuno come me la verità sul suo stato, perché?!
-Perché è inutile mentirle, lei mi capirebbe lo stesso Mr.S, meglio dire la verità di mia spontanea volontà invece di farla arrabbiare per il mio mentire; lei è stato sincero con me, io sarò sincera con lei-
Continua a ridere, lasciando il mio collo e spostando le sue mani all’altezza delle mie spalle, afferrando il tessuto in una morsa di ferro e tirandolo giù in modo violento e senza delicatezza, lasciandomi in solo reggiseno e la parte inferiore dei vestiti, mentre sento la camicia e il camice mezzi strappati coprirmi la pancia e lasciando scoperta tutta la parte superiore.
Inizio a tremare leggermente, mantenendo un’espressione indifferente mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime.
Si china ancora di più su di me, raggiungendo con il suo viso il mio collo, sorridendoci contro.
-Dimmi: perché hai paura? –
-Perché so chi sei, so cosa hai fatto, e so che saresti capace di tutto-
Le lacrime iniziano a scorrere libere sul viso, ed è ora che mi accorgo di non aver realmente paura.
Il viso mi sta andando a fuoco, e tremo ancora di più di prima, ma…non sento per nulla paura, Stregatto mi dà un senso di sicurezza, protezione.
-Così liscia, così morbida…così perfetta. Sei una piccola bambola nuova di zecca, devi, devi, devi...romperti-
Spalanco gli occhi, mentre il mio viso si scalda ancora di più quando lui inizia ad avanzare verso il seno, respirandoci contro.
-C-come scusa? Non sono perfetta, non sono una bambola, non ho bisogno di rompermi, lo sono già-
-No, no, no, no! Sbagliata, tu non puoi essere qui! Gli altri…ti vedono come la piccola e timida ragazzina che NON sei, perfetta, educata e gentile…NO! Tu sei…diversa, troppo da loro. Cambia, liberati, non vai bene lì…sei fuori luogo, sbagliata, in un posto dove non dovevi essere, perché tu non sei normale! E quando diventerai imperfetta per gli altri, quando sarai uscita, lo saprò, e finalmente tu sarai al tuo posto, dove dovresti davvero stare, giusta-
Perché? Perché lui deve essere così pazzo? Mi fa stare male, mi fa vedere tutti gli errori che ho commesso nella vita, io non dovrei essere qui! Il problema è che non lo avrei mai conosciuto, ma sono sbagliata! Sbagliata! Mi sento assolutamente imperfetta dove sto, ma con lui sto bene, con lui so di essere sul serio me stessa, non mento, e lui vede dentro di me, cosa che nessuno sa fare.
-È normale sentirsi fuori luogo in questo modo Mr.S? È normale vivere ogni giorno in un mondo che non ti appartiene? Introdotta nella scala sociale sbagliata, fuori dal comune e totalmente da resettare…eppure con lei, con lei mi sento finalmente a casa, finalmente libera; mi dica: è normale? –
-Forse sì, forse no, tu che dici? È normale per te? È normale essere chi non si è ed esserlo con una persona che appartiene al tuo mondo? Dimmi…è normale? –
-Si! Non ha senso f-fingere…i-io, non riesco a f-fermarle-
Le lacrime escono senza ritegno, buttandosi a capofitto fuori dai miei occhi, mentre lui inizia ad accarezzarmi piano i fianchi, fermandosi per fare pressione, ferendomi, segnandomi, per poi continuare.
-Le tue lacrime sono normali? Tu piangi? Tu vuoi piangere? –
-N-no, ma non riesco a fermarle, c’è qualcosa dentro di me che preme per uscire-
Toglie il viso dal mio petto, chinandosi poi sul mio orecchio, mordendolo dolorosamente.
-E c’è un demone dentro che sta chiedendo di essere liberato; non mi farò problemi ad accontentarlo, perché loro chiedono di uscire, di liberarsi e di farti sparire, di renderti quella che dovresti essere dalla nascita, lo vuoi? Vuoi liberarti? –
-Si-
-Allora ti avverto, farà male, più di ora-
Mi afferra i fianchi ancora più strettamente, trapassandomi la pelle con le unghie, tagliandomi e affondando in me, riempiendo totalmente i tagli, facendomi percepire la sua presenza contro la mia carne.
Trattengo un grido, afferrando il tessuto della sua tuta grigia e alzando di poco le gambe, stringendo i denti e guardandolo intensamente.
-Hai una resistenza sul serio impressionante, ma te l’ho detto, non sarà così il dolore, sarà molto peggio-
-Sono pronta ad affrontarlo, Mr.S, purché tu sia con me-
Ride di nuovo, arrivando poi ad un centimetro dal mio volto, ghignando.
-Ah! Finalmente confettino, allora immagino che siamo amici-
-Forse, S-
Toglie le unghie dai miei fianchi, accarezzandomi poi il viso e riempendolo di sangue, il mio sangue.
-Lo vedi? Ecco cosa succederà, cosa ti farò, cosa farai tu un giorno-
Incredibile ragazzo! Lui sì che mi piace!
Oh ma sta zitta, deve piacere ad Amu, non a noi
Noi siamo Amu, ve lo devo ricordare a tutte e due?
Già, e state calme, questo è pericoloso, non bisogna giocare col fuoco
Ragazze…no, no non commentate, lui va bene, lui mi fa sentire a casa, vi sente, mi rende quella che dovrei essere e mi fa totalmente dimenticare la mia paura
-Ci parli spesso? –
Guardo Stregatto, che ora ha un sorriso enorme e mi fa vedere i denti.
-Si-
-State parlando di me? Vero? DIMMI CHE PARLATE DI ME! –
-Calmati S…sì parliamo di te! È colpa loro, non riescono a stare zitte, mi fanno impazzire! –
-Più di quello che sei già-
-Giusto-
Mette a contatto le nostre fronti e i nostri nasi, respirando pesantemente, scoppiando poi a ridere.
-Tu sei divertente! Non mi sono mai divertito tanto mia cara…dimmi, chi è che sa far ridere? –
-Un pagliaccio, un comico, un…-
-Jolly, tu sei questo, tu sei il mio Jolly…non negare! Non dire di no, non dire di sì, solo zitta! –
Chiudo gli occhi, assaporando il nome che mi ha dato e lottando dentro di me con le voci che mi dicono che è sbagliato, che è giusto, che non dovrei accettarlo, che dovrei solo farlo continuare e non dire nulla.
Ho una tale confusione in testa, mi sembra di scoppiare, voglio solo allentare la presa dalla sua tuta e lasciare che le mie mani facciano quello che vogliono, ma non riesco, non posso, non voglio davvero.
Mi manca il fiato, per il suo peso, per la sua presenza, per tutto, ma non posso riprenderlo, perché c’è questa cosa dentro di me che cerca di uscire, e ora mi accorgo di non aver mai fatto nulla di davvero giusto, nulla nel mio interesse, tutto in base a cosa diceva mia madre, mio padre, mia sorella, e le lacrime scorrono, non si fermano e continuano, perché è troppo tempo che le tengo.
Lui continua a fissarmi con degli occhi diversi da prima, più scuri ma più luminosi, più pazzi ma più euforici, diversi e uguali.
Piano mi lecca le lacrime, assaporando il gusto salato di queste goccioline d’acqua, godendosi il mio dolore, la mia confusione e la mia decisione.
-Perché ti hanno portata qui? Perché non potevano lasciarti andare? Perché a me? Sei troppo perfetta per me, devo distruggerti, non posso tenerti così Jolly-
E le lacrime si fermano, fermano la loro caduta, appena lui pronuncia il mio nome, o almeno, quello con cui d’ora in poi mi chiamerà, quello con cui crescerò d’ora in poi.
-Fuori piove, c’è il sole; dentro c’è una tempesta, un tornado; rimettimi la camicia di forza, non vogliamo mica che capiscano tutto, no? –
Mi accarezza le clavicole, arrivando ai seni poggiandoci tutte e due le mani, ed io arrossisco, di nuovo e senza trattenermi.
Si alza, si guarda le mani e guarda me.
-Stoffa-
Respiro piano, alzandomi e frugando nella tasca del camice mezzo rotto.
Ne tiro fuori un piccolo fazzolettino di stoffa, avviandomi poi verso di lui bagnandolo leggermente con la saliva.
-Le mani S-
Mi porge le mani e deglutisco.
Le dita sono sporche di sangue su tutta l’unghia, che è piuttosto lunga e affilata per un uomo, eppure sono così perfette su di lui.
Inizio a pulirle, stando attenta a non lasciare nemmeno una piccola goccia del mio sangue, perché altrimenti se lo scoprono con le dita sporche siamo fritti entrambi.
-Dammi-
Gli porgo il fazzoletto, che piega e bagna di nuovo.
Me lo mette sulla guancia, iniziando a togliere il sangue che mi aveva sparso prima sul volto, passando alle clavicole e alla parte scoperta dei seni, fermandosi poi arrivato ai fianchi.
-Sono profonde-
Annuisce, premendo rudemente il fazzoletto sul mio fianco sinistro, facendomi gemere di dolore.
-Ci vorrà un po’ prima che si fermi, vedi di non far vedere a nessuno cosa ho fatto-
Passa all’altro fianco, ripetendo la stessa cosa di prima e sorridendo tutto il tempo.
Che bello…lui i sorrisi normali non li sa fare.
-Che ne dici, ora riusciamo a smetterla? –
Annuisco, mentre lui mi tira su la camicia e il camice con forza, spingendomi verso di sé.
-E ricorda…non far ridere qualcun altro se non me, Jolly-
Mi chino a prendere la sua camicia di forza, guardandolo poi timidamente.
Tende le braccia verso di me con quel sorriso ancora sul volto, incitandomi a infilargli la camicia.
Faccio come in silenzio mi chiede, stringendo le cinghie al massimo, come erano messe prima, sentendomi male per lui; lo trattano come un’animale, è una persona per l’amor di dio!
Come faccio a rincatenarlo alla sedia?
-E-e la sedia? –
-Tranquilla, segui le mie istruzioni confettino-
Torna a sedersi, facendomi cenno col capo di avvicinarmi, mentre rimane calmo e tranquillo.
-Basta che chiudi quelle stupide catene, tanto hanno uno scatto automatico, per aprirle ci vuole la chiave per forza-
-E allora come hai fatto a liberarti? –
-Segreto; dopo tanti anni che vieni rinchiuso qui dentro senza un minimo divertimento inventi nuovi giochi, come togliersi queste cavigliere o la camicia di forza…diverte! –
Ora che lo noto…quando è seduto mi arriva al collo, quando è in piedi io gli arrivo a malapena al petto; è sul serio alto.
-Sai una cosa? –
-Cosa? –
-È la prima volta che rimango più di due giorni in questo schifo di posto…e tutto grazie a te, forse mi troverai ancora qui alla tua prossima visita, dimmi, quando sarà? –
-Credo domani S; ora dovremmo finire, abbiamo altri cinque minuti-
Si china sul tavolo, annuendo e sorridendo.
-Ti piace essere diventato pazzo? –
-Ovvio, sai, prima ero in trappola, non potevo dire una parola che venivo subito criticato, ma ora, ora chi mi interrompe muore, chi mi sfida finisce male, e la mia pazzia mi ha fatto capire dove dovevo stare, qual era il mio vero posto e qual è tutt’ora; voglio fare così anche con te Jolly; gli amici ti chiamano Amu? –
-Si, ma non tu, vero? –
-Affatto, Jolly-
La porta si apre ed entrano le due guardie, che mi guardano preoccupati e guardano lui incazzati.
-Sta bene Amulet? –
-Si, tranquilli, allora a domani Signor Stregatto-
-A domani confettino; dimmi, sai qualcosa di me oltre a quello che hai letto sul fascicolo? –
Gli tolgono le catene e lo prendono bruscamente dalle spalle, iniziando a trascinarlo fuori.
-Avevo a malapena sentito il tuo nome, quindi non so nulla di te-
E ride, di nuovo ride, facendo ridacchiare anche me.
-Smettila, sei fastidiosa! Continua! Ti adoro! –
Mi metto una mano sulla bocca, cercando di trattenere la risata che ho voglia di fare, facendomi venire mal di gola e i crampi, ma riuscendoci.
 
-Sono a casa! –
-Amu cara, come va? La seduta è stata bella? –
-Interessante, il paziente è molto…particolare-
-Va bene, tesoro cambiati, sei ancora con i vestiti del manicomio; dopo vieni subito di sotto che la cena è pronta-
-Va bene! –
Corro di sopra, buttando il mio zaino sul letto, prendendo di fretta il pigiama e correndo in bagno.
Mi spoglio, guardando i miei fianchi e sospirando.
Ci sono quattro profondi tagli che perdono ancora sangue, con un quindi un po’ più dietro e leggermente più grande; il pollice.
Li tocco, guardando il sangue un po’ secco e quello ancora caldo, che continua a sgorgare piano.
Sospiro, prendendo del cotone, il disinfettante e due cerotti piuttosto grandi rettangolari.
Inizio a disinfettarmi e a togliere il sangue, mettendo poi i due cerotti, fasciandomi i fianchi con delle bende per bloccare il circolo sanguigno e far chiudere prima i tagli, togliendomi un po’ il respiro.
Mi metto il pigiama, prendendo poi reggiseno, camicia e camice iniziando a togliere le macchie di sangue, buttandoli poi insieme al mucchio di roba da lavare dentro le ceste.
Esco, correndo di sotto e trovando la mia adorabile sorella maggiore ad aspettarmi, più grande di me di un anno, che mi prende per il braccio e mi trascina a tavola.
-Mamma devi lavarmi in fretta la camicia e il camice che troverai sopra il mucchio, servono per domani-
-Va bene tesoro, te li verrò a portare a scuola; come mai già in pigiama? –
-Appena finita la cena vado a dormire, il mio paziente mi ha fatta stancare-
-Amu, chi è? Chi è? –
-Ami non te lo dico, non posso, mi hanno vietato di parlarne ad anima viva-
-Ma tanto ci verrò anche io domani a lavorare in quel cavolo di posto, a me hanno dato un tizio che si chiama Ice, domani vedrò pure il tuo paziente quindi! –
-C-certo-
E c’è un demone dentro che sta chiedendo di essere liberato; è quello che mi ha detto, ed è quello che sento anche io.
Chi sono? Cosa devo fare? Voglio stargli accanto, farlo ridere ed essere il suo Jolly, ma…no! Non voglio, non posso farlo! Buttare via una vita di studio, tutto, eppure lo voglio.
Inizio a mangiare, litigando con le voci dentro di me ma mantenendo un sorriso fuori, mentre dentro muoio.
-Finito! –
Io finisco subito un attimo dopo mia sorella, salutando i miei genitori e avviandomi di sopra, seguita da mia sorella.
Davanti alla mia porta mi trovo spinta dentro e cado a terra, guardando male mia sorella.
-Ma sei matta? –
-No! Dai, chi è? Non riesco ad aspettare domani, devi dirmelo ora! –
Sospiro, trascinando mia sorella sul letto e sedendomi accanto a lei.
-Ami, è pericoloso-
-Ti hanno assegnato qualcuno di pericoloso? –
-Molto, quindi non ne parlare a nessuno; te l’avrebbero detto domani ma dato la tua curiosità ti dirò tutto io-
Inizio a sbottonarmi la maglia del pigiama, ignorando mia sorella che diventa un pomodoro e cerca di fermarmi.
-M-ma che fai?! Amu chiudi quella maglia! –
-Siamo sorelle, sta zitta-
Finisco di sbottonarla, lasciando chiusi solo i primi due bottoni cosicché non mi si vedano tutti i seni e faccio vedere i miei fianchi a mia sorella.
-Che ti è successo?! Chi l’ha fatto? Sei piena di sangue! –
-Lo so, è stato lui. Non mi ha voluto spiegare come ha fatto, ma si è tolto le catene e la camicia di forza come se nulla fosse, me lo sono ritrovato addosso senza nemmeno accorgermene-
Sorrido leggermente al ricordo, mentre mia sorella mi riempie di domande, guardando fuori dalla finestra.
-Ma chi è? Un pazzo normale non sa fare queste cose, non può-
-È il più pericoloso, il più pazzo e l’unico che è riuscito ad evadere: chi è? –
-Non sarà Stre…no, Amu non possono averti affidato lui-
-Stregatto? Si mia cara, carissima sorella, ma sono sincera quando ti dico che non vuole uccidermi, solo farmi male-
-E non hai paura? –
-Non più, mi ha fatta ridere sai? E io ho fatto ridere lui, ha una bella risata, così unica, e i suoi occhi…così pazzi eppure così coscienti; un pazzo a caso non diventa il criminale più ricercato di sempre, lui ha qualcosa di…speciale, e riesce a vedere! Lui sa tutto, senza che io abbia aperto bocca lui sapeva già chi ero, e credo che lui mi aiuterà-
-Sei tu che devi aiutare lui Amu. È cattivo, e sembra come se fosse tuo amico! –
-Lo è! Lui è l’unico, l’unico che ci è riuscito, mi ha fatta ridere! E mi ha letta, mi ha letta come nessun’altro ha fatto, è pazzo ma riesce a vedere, lui vede dove altri non arrivano, forse sarà lui a darmi la felicità di cui ho bisogno-
Mi prende le mani, sorridendomi.
-Avvertimi se ti fa troppo male, e io ti auguro tutto il bene del mondo sorellina, ma lui è pericoloso. Tadase ti fa la corte da parecchi mesi, dovresti accettare, lui ti renderebbe sul serio felice e non ti farebbe male-
-Il dolore che mi infligge è nulla in confronto al dolore che provo ogni giorno, quello di sentirmi sbagliata, e Tadase non mi sa far ridere, nessuno può, nessuno tranne lui-
Mi bacia la fronte, per poi abbracciarmi.
-Ti sosterrò sempre, ma ti prego non morire, non potrei sopportarlo-
-Non accadrà, Ami-
Si alza, baciandomi un’ultima volta sulla guancia e lasciandomi le mani.
-Buona notte rosellina, vedi di vivere al meglio la tua vita-
Annuisco, dando la buona notte alla mia sorellona e guardando fuori dalla finestra.
-Stregatto…lui sì che sa divertirti-
 
 
-Jolly, Jolly, Jolly, confettino, fragolina…rosellina! Bel nome…Jolly! La odio…occupa troppo spazio nella mia mente, mi tiene troppo bloccato, me ne devo sbarazzare; ma fa ridere, e quegli occhi, quella pazzia nascosta…io la devo tenere, è roba mia; ho bisogno di Somy, deve darmi un paio di cosine. HEY GUARDIE! NON È CHE POSSO VEDERE UNA PERSONA? –
-La puoi sentire al telefono, ma la tua telefonata sarà ascoltata-
-Va bene, l’importante è sentirla! –
Rido ancora, pensando alla gioia che avrà Somy nel risentirmi.
La porta si apre e appaiono due guardie con un telefono in mano.
-I numeri li schiaccio col piede, non scomodatevi! –
-Sta zitto feccia, ti togliamo la camicia solo per ora-
Mi tolgono l’arnese bianco che ho indosso e mi passano il telefono, che mi affretto a prendere digitando il numero di Somy.
-Pronto?
-Somy! Da quanto tempo, te la stai spassando?! –
-C-capo, c-come ha fatto a telefonarmi? E’ evaso?
-No! Ma hey, mi tengono in trappola ma delle telefonate le posso fare, tanto le ascoltano! –
-Quindi non vuole evadere?
-Evadere? NO! Ma che te lo fa pensare? Voglio solo chiederti un…FAVORE! –
-Quale capo?
-Ahahahah…AHAHAHAH! Quale? Molto facile, capisci cosa faccio e guardala, osservala per me, Somy-
-Chi capo?
-Te l’ho detto, capisci cosa faccio, Somy-
-Intende in manicomio?
-Capiscilo! Addio Somy! –
-Aspetti cap…bip, bip, bip, bip
Chiudo la chiamata con una risata, facendo rabbrividire le guardie che mi guardano con diffidenza.
-Ci hanno detto che non vuoi evadere, allora che vuoi? –
-Un Jolly…un piccolo, delicato Jolly che mi farà ridere per sempre-
Non capiscono, lo vedo dallo sguardo, ma loro non hanno bisogno di capire, mentre mi rimettono la camicia di forza, mentre se ne vanno, mentre mi odiano, non hanno bisogno di capire che io voglio il mio Jolly.
 
 
-Capito Prince? Vedi di stare attento okay? –
-Si King’s, che strada sorveglio? –
-Parti da quelle meno affollate, di solito lì c’è sempre chi ha bisogno d’aiuto-
-Va bene-
Vedo Prince andare via, sparendo dalla mia vista e sospiro.
Inizio a correre velocemente, fermandomi sul tetto di una casa, osservando una ragazza che sta guardando fuori dalla finestra dalla casa davanti con sguardo perso.
-Oh Stregatto, perché lei? Perché proprio lei? Mi spiace piccola, cercherò di tenerti fuori dai guai, ma con Stregatto è impossibile-
E vado via, pensando a come fare per aiutare quella piccola ragazza a non morire, a non sparire del tutto e a non marcire, come ha fatto lui.
-È colpa tua! Sei tu che mi hai ridotto così! Ora gioca con me, GIOCA CON ME! –
-Non è colpa mia, eri lì, non dovevi esserci-
-Chi mi ha buttato di sotto senza pensarci? Senza pensare che io potessi volere una vita normale senza mio padre? Non te a quanto pare-
-Mi dispiace okay? Non ho pensato che tu non centrassi nulla in quel momento, ero troppo incazzato per pensare che qualcuno lì dentro effettivamente non avesse scelto quella vita! –
-Beh troppo tardi per le scuse! Sono così ora, quindi…GIOCA CON ME E PAGA PER I TUOI CRIMINI! –
Rabbrividisco ancora quando ci penso, ed è vero, è colpa mia, sono io che l’ho scaraventato di sotto senza nemmeno starlo a sentire, mentre quel ragazzo si agitava e cercava di dirmi che non centrava, che non voleva seguire il padre, ed ora sono gli altri a pagarne le conseguenze.
-Lo fermerò, ci riuscirò, sia l’ultima cosa che faccio-
 
 
Angolo autrice da uccidere:
Okay, uccidetemi ma credo che gli aggiornamenti di ‘sta storia saranno settimanali, ho troppe idee!
Domanda: Ikuto l’ho fatto chiamare Mr.S/S, ditemi, che nome volte che gli dia Amu oltre a Kitty (che gli darà più avanti)?
 
Ho fatto il capitolo troppo incasinato? Si capisce? Non ho capito nemmeno io bene se devo dire la verità, e avverto che inizialmente il cappy si chiamava “Seduta”, ma preferisco il titolo che c’ho dato.
 
Ditemi, è giusto?! Cioè, Ikuto non l’ho stravolto di nuovo? È difficile tenere il suo carattere in ogni capitolo senza sbagliare qualcosa.
 
Bum! Avete capito chi è King’s? E secondo voi chi è Prince?
 
Si inizia a capire qualcosina di Ikuto, pochissimo, solo piccoli problemi e quel flash che ha King’s…che cosa è successo? Cosa centra il padre? Cosa ha fatto quel re da strapazzo a Stregatto per farlo diventare quello che è ora? E Somy chi è? Cosa deve fare perfettamente, cosa vorranno dire certe frasi di Ikuto? (che sinceramente ho fatto fatica a capire pure io, anche essendo l’autrice).
 
Ripeto, ho il cervello fritto, è difficile fare compiti, scrivere un capitolo del genere, con un pazzo, spremersi le meningi per mezza giornata (perché l’ho fatto in mezza giornata) e farlo sembrare decente, quindi se è venuto di merda avvertitemi, perché io lo rileggo UNA volta e poi BASTA! Se ho sbagliato qualche lettera lo correggo tra 5 giorno (come ho fatto con il precedente) perché ho voglia di farlo e mi sono letta il cappy in tranquillità e con attenzione, e domani ho inglese cazzo! A proposito, il titolo è giusto? Per chi sa bene l’inglese è giusto?
La traduzione dovrebbe essere “C’è un demone dentro che chiede di essere liberato”, però non so se l’ho tradotto dall’italiano all’inglese giusto.
 
Sono stanca! Okay, Amu! Ikuto!
Amu/Ikuto: si?
Io: ho voglia di chiacchierare!
Amu: su cosa?
Io: qualsiasi argomento! Sono stanca!
Ikuto: *le porge una coperta e un cuscino* tieni; parliamo della storia?
Io: e va bene, ma solo le vostre domande, via!
Ikuto: PERCHÈ CAVOLO SONO PAZZO?
Io: ho spiegato il perché, dato che prende spunto dalla storia di Joker e Harley Quinn ‘sta roba, tu devi essere pazzo.
Amu: ed io mi sto già innamorando?
Io: vedrai, comunque credo di no…non so se farti innamorare in tre capitoli o in più tempo.
Amu/Ikuto: decidui tu! Sei tu l’autrice! Ora salutiamo?
Io: si!
Ikuto: e quando posso baciarla? Perché le ho fatto male? Quando me la porto a letto?!
Io: cavolo…Ikuto zitto! Sei pazzo, non pensi a questo adesso!
Ikuto: uff
Io: ora salutiamo!
Tutti e tre: bene, alla prossima settimana gente, e grazie di seguire questa cosa pazza!
 
Baci Blue.
 
P.S: scusate la lunghezza, e scusate errori eventuali di battitura, e se non avete capito qualcosa alzate la manina e chiedete (l’ho già detta questa cosa? Si? No? Vabbè, la ridico!)

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Capitolo 4
*** Little Game ***


Little Game

Ma che…? Uffa! È sempre così misterioso e pazzo.
Ma non potevo scegliere un capo più normale? Beh, lui mi ha salvato la vita, quindi…no, no, no! Non era lui, lo so, non era lui, adesso se faccio qualcosa di troppo sbagliato come minimo mi tira un ceffone! Non è più lui.
Okay, Soma Kukai calmati, sei sempre freddo, calmo e pacato quando si tratta di svolgere un lavoro per il capo, e anche se in manicomio devo eseguire gli ordini.
Ma perché non vuole scappare? Sarà che la telefonata era intercettata? O magari si sta divertendo? Ma gli scorsi anni odiava stare lì…immagino non mi resti che scoprire cosa fa come ha detto lui.
-Teddy! Ho bisogno che tu e la tua piccola squadretta di tecnici mi facciate entrare nel sistema di sicurezza del Seyo Madhouse, ho bisogno di vedere i filmati, tutto di questi ultimi giorni, da quando il capo è stato messo dentro ad oggi, intesi? –
-Cero Soma-
Teddy era un tizio che era nel girone da molto più tempo di me, più affidabile e più esperto, eppure ero io il braccio destro del capo…forse è perché Teddy è un tizio con un costume da orso tutto il tempo? Lui e la sua squadra non si sono mai fatti beccare, pur essendo degli enormi personaggi particolari…
Sospiro, scuotendo la testa e uscendo dalla stanza, chissà chi dovrò seguire, toccherà a me inventare tutto, il capo è solo colui che sparge la voce, noi siamo i suoi burattini; si sporca le mani? Ma ovvio, però i lavoretti minori, quelli più noiosi, li facciamo noi, oppure, come in questo caso, li faccio io perché il capo non può.
 
-Immagino sia lei, quindi devo seguirla, dire al capo che combina quella piccoletta solo perché a lui interessa? Bah, non lo trovo sensato, questa ragazza…è come tutte le altre! Per di più è la sua psicologa…e mi pare così innocente e carina! Ma che ha che interessa al capo? –
Sospiro, chiudendo finalmente il PC dopo tre giorni di lavoro e guardandomi.
Ho una camicia spiegazzata, sono in boxer e nel complesso faccio schifo.
Mi farò una doccia.
Mi alzo, andando verso la porta del bagno e aprendola, guardandomi attorno.
Non mi capacito della casa che mi ha dato il capo, però poco importa.
È una piccola villetta ai confini della città, tra i quartieri più malfamati del luogo, ma comunque tranquilla.
Il bagno è un’enorme stanza piastrellata di marmo verde acqua, con delle lucette infilate nel soffitto coperte da una sottile lastra di vetro, facendo in modo che la luce fredda delle lampadine a led illumini ancora di più.
Sul lato destro della stanza un lavandino bianco con venature nere, contornato da vetrinette e un enorme specchio davanti, sul lato sinistro della stanza un armadio verde leggermente scuro, ma comunque chiaro pieno di porte con dentro i medicinali e vari prodotti, con qualche munizione e pistola sparse qui e lì.
Alla fine dell’enorme stanza, una vasca da bagno con vano doccia aggiunto, diciamo due in uno, anche se io di solito preferivo usare solo la doccia, formata da dei vetri sfocati che andavano a collegarsi giusto con i bordi della vasca grigia.
Mi spoglio, entrando nella vasca e aprendo la porta in vetro del box doccia, fissando l’enorme telefono in acciaio appeso alla parete.
Passo la mano davanti al pannello di accensione, facendo partire l’acqua e buttandomici sotto, insaponandomi velocemente corpo e capelli, uscendo dopo nemmeno dieci minuti.
Afferro un asciugamano nero, legandolo in vita e prendendone uno bianco per i capelli, piazzandomi davanti allo specchio e stringendo il pugno.
Corro in salotto, dove prima stavo lavorando e apro il PC, iniziando a cercare la Seyo Accademy, il settore psicologia.
Non che possa, ma quando hackeri tutti i sistemi in meno di un minuto non ci vuole niente per vedere tutte le informazioni.
Inizio a cercare la ragazza che interessa al capo, leggendo informazioni private e pubbliche, i voti degli scorsi anni, le valutazioni e il comportamento, un po’ tutto, informandomi anche degli anni precedenti, quando era alle medie, alle elementari, alle materne…tutto.
Dio, sul serio non capisco perché al capo interessi così tanto, è parecchio comune, forse anche troppo.
Sento bussare alla porta, così mi affretto a vestirmi e mi avvicino all’uscio, guardando a terra e trovando una lettera.
La prendo girandola e spalancando gli occhi.
A caratteri cubitali, in una scrittura ordinata ma macabra, c’è scritto “Somy”, nome con cui mi chiama solo il capo.
Apro la busta leggermente tremante, stringendo i bordi alla vista e alle parole scritte sopra.
Hey Somy, ti stai impegnando sì? Hai scoperto tutto? Si, ovvio che si! Lo fai sempre! Senti, voglio mi informi anche se qualcuno le fa del male, e in caso tu non l’abbia capito, stupido ragazzo, stupido, stupido, devi seguirla anche a scuola, inventati qualcosa!
Ciao!
Stregatto.
Ma cosa diavolo?!
Capo! Sei un caso perso!
 
Cerchiamo posto nella scuola della cara piccola ragazza che interessa al capo.
Uffa…non ci credo, non c’è nemmeno un posto vacante come prof! Nessuno che ha bisogno di essere sostituito…nulla di nulla!
Leggo tutte le informazioni che riguardano i professori della piccoletta, ghignando poi quando trovo il prof che mi serve…il professore di ginnastica.
Adoro fare sport, quindi insegnare quella materia non dovrà essere difficile, il problema è convincere il tizio ad andarsene.
Potrei inviargli una lettera per un posto di lavoro migliore ma in qualche modo lo scoprirebbe e succederebbero casini, potrei inviare la moglie da qualche altra parte, magari in qualche modo farli trasferire, oppure si parte di minacce.
Si, credo che userò il secondo metodo…sarà divertente.
Non approvo i metodi del capo, ma le torture e le minacce mi divertono ed eccitano, sono…forti.
Va bene, iniziamo, sono circa le tre del pomeriggio, quindi tra un’ora circa quel prof dovrebbe uscire da scuola, hmn, credo lo aspetterò sotto casa sua, o magari vicino alla scuola, si, credo proprio che lo farò.
 
Dio, i miei studenti sono dei veri pigri…pochi mi soddisfano, e una di queste è Hinamori Amu.
Ragazza che si dedica anima e corpo al lavoro scolastico, una delle poche che cerca di coprirsi il più possibile alle lezioni di ginnastica, usando scaldamuscoli e dei manicotti, tranne nei giorni caldi, anche se ultimamente mi sembra piuttosto assente, e tutto da quando le hanno dato quel mostro come paziente.
Sospiro, pensando al fatto che per lei ritornerei giovane donando l’anima al diavolo molto volentieri, giusto per proteggerla, e diciamocelo, anche se i suoi compagni sono scemi i prof più giovani (tra cui io) non sono mica cechi, vedono la sua bellezza e sensualità nascosta.
Però mi basterebbe anche essere suo padre, la persona che amo di più al mondo la ho, con lei ho anche tre bellissimo figli, però sul serio vorrei proteggere Amu.
Metto le mani in tasca, cercando il cellulare e continuando a camminare, sentendo improvvisamente dei passi dietro di me, bah, studenti.
Mi ritrovo una mano sulla bocca che mi preme un panno al naso, facendomi respirare qualcosa e piano sento gli occhi chiudersi, anche se i miei unici pensieri in testa sono se la mia famiglia starà bene, e se Amu non si farà coinvolgere troppo da quel mostro.
 
Apro gli occhi, guardandomi intorno e tossendo.
Sono legato ad una sedia in una stanzetta buia con una sola luce nel centro, tipo film americano stupido.
-Bene bene, il prof di ginnastica della Seyo Accademy, dimmi, come ti trovi lì? –
-Chi sei? Cosa vuoi da me? –
-Da te? Hm, solo che lasci il tuo lavoro e ti trovi un’altra scuola-
-Non lo farò, perché dovrei? E cosa avrebbe da offrirti il mio lavoro, ci sono così tante scuole che danno più soldi dove potresti andare a lavorare-
-Oh, ma io non lo faccio per i soldi, mi interessa solo per una certa studentessa, una studentessa modello, direi la più brava, educata, quella usata come sacrificio con un certo paziente-
-Cosa vuoi da Amu?! Lurido bastardo che le vuoi fare?! –
-Siamo protettivi. Cosa sei, suo padre? Il suo ragazzo? Ah! I professori di oggi-
-La considero come una figlia va bene?! Non osare toccarla nemmeno con un dito, e non cederò mai il mio lavoro ad uno come te! –
-Tranquillo, non la voglio toccare io, è il mio capo che mi ha chiesto di tenerla d’occhio, chi lo sa, forse è interessato o qualcosa di simile, è difficile da capire, come pazzo può essere capito solo da chi è al suo livello, e non c’è nessuno come lui, quindi sai, io non la toccherò, però se non mi darai il tuo lavoro di tua spontanea volontà ci saranno un paio di morti che tu non vorresti-
Spalanco gli occhi, individuando subito il tizio per cui lavora questo ragazzo.
-T-tu lavori per Stregatto vero? La vuole uccidere? Ti prego dimmi che non la vuole uccidere, quelli del manicomio la stanno solo usando come sacrificio, lei non centra nulla! –
-Tranquillo, al massimo le farà male, ma ucciderla? Quella sa farlo ridere, lui uccide chi sa farlo ridere solo in determinati casi, quindi no, non la ucciderà-
-Comunque non ti lascerò il mio lavoro! –
-Ah no? E va bene, Teddy! –
Dopo poco mi si piazza davanti un tablet, e sullo schermo ci sono quattro persone, legate e con dei coltelli puntati alla gola…mia moglie e i miei figli!
-Lasciali! –
-Non finché tu non mi prometti che mi lascerai il posto, intesi? Richiedi il trasferimento, in fretta, lo puoi chiedere anche al settore cucina, tanto è nella stessa scuola ed è sempre ginnastica, non cambia nulla! Altrimenti qui qualcuno morirà.
-Ti prego, ti prego tesoro fallo, fa tutto quello che vogliono, ti prego! Fallo per me e i nostri figli! –
Guardo mia moglie, di certo è spaventata e disperata, il che mi fa sospirare.
Mi spiace, ma la mia famiglia è più importante di una studentessa come un’altra, ce ne saranno di certo di uguali più avanti, non importa per ora, la mia famiglia invece è insostituibile.
-E va bene, e va bene lo faccio subito-
-Bravo-
-Prima però ditemi: è tutto un gioco per voi? –
-Un gioco? Cazzo si, almeno, per il capo, è tutto un fottutissimo, piccolo gioco-
 
 
-Amu, Amu sei in ritardo! –
Sbadiglio, alzandomi piano e guardando mia sorella.
Questi altri sei giorni di sedute mi hanno uccisa, oggi ne ho un’altra.
Mr.S è sul serio simpatico, mi fa ridere e ogni volta fa qualcosa per ferirmi, ma sinceramente ho notato che non mi interessa, anzi, forse mi piace.
Oggi ho un’altra seduta, come ogni giorno, e beh…S mi ha chiesto di mettermi qualcosa di rosso, non so perché, però lo voglio fare.
Significa che devo cambiare la camicia con una rossa…terrò il camice chiuso.
Mi alzo, infilando i piedi nelle ciabatte blu a forma di gatto che ho e sorrido.
Mi ricordano così tanto lui, però non sorridono…vabbè provvederò.
Pensando a gatti, oggi devo per forza iniziare con le domande più serie, e…wow! Tra poco è Natale! Farò un regalino a Mr.S.
Non mi ha ancora detto che nome preferisce, però mi è venuto in mente un nomignolo sul serio carino per lui, però non so se posso usarlo, e se si arrabbia?
Non succederà. Hai notato no? Si, ti fa male, però adora quando lo chiami in modo…diverso
Si ma è un nome strano quello che gli ho dato
Non resta che provare
Già
Prendo la vestaglia morbidosa con orecchie da coniglio rosa, infilandomela velocemente sopra il pigiama e corro di sotto, salutando mia madre e mia sorella.
Mio padre è sempre fuori la mattina…uffa!
-Ciao tesoro, come va oggi? –
-Stanca! Non ho fatto che sentire la voce fastidiosa del mio paziente per tutta la notte, voglio dormire! –
Dio, ho sentito quella voce stupenda tutta la notte…che sogni!
-Vorresti rimanere a casa? I tuoi voti sono impeccabili, un giorno di malattia non guasterebbe-
Mia madre mi guarda preoccupata ed io scuoto la testa, sorridendo.
-Ma no, ma no, non è nulla, è che…ho bisogno del fine settimana-
-Il problema è che siamo solo a martedì-
Mia sorella deve sempre rovinare tutto vero?
-Vero…che barba! Quanto mancano alle vacanze di Natale? –
Inizio a mangiare di fretta, ingozzandomi con il pane e marmellata e bevendo di fretta il succo.
-Due settimane-
Pompo il pugno in aria, saltando dalla sedia.
-Si! Fan brodo alla scuola per un mese, ah ah! –
Inizio a fare uno stupido balletto, fermandomi quando mi viene in mente che forse nelle settimane di festa lui non lo vedrò…oggi devo chiedere!
-È meno di un mese, sono due settimane-
Di nuovo quella guasta feste! Ma non può stare zitta?
-Non mi interessa! Io voglio dormire-
-Fa come vuoi, sbrigati che farai tardi! –
Annuisco, correndo di sopra e afferrando la cartella, buttandoci dentro i libri di oggi e il cambio, mettendolo accuratamente piegato nella parte dello zaino dove di solito non si spiegazza, sorridendo alla camicia.
Prendo la divisa, correndo in bagno e cambiandomi in tutta fratta, pettinandomi i capelli e mettendoli in una coda alta, guardandomi la spalla.
C’è un segno violaceo con un piccolo taglietto a lato, e intorno ci sono altri segni rossi.
Mi tiro due schiaffi sulle guance e scuoto la testa, mentre arrossisco.
Ieri mi ha fatto meno male del solito, però al contrario mi ha riempita di segni…che imbarazzo!
-No, no non pensarci! –
Con te ci sta giocando cara!
Beh ovvio, è il suo Jolly!
Zitte e fatemi sognare!
Ma ti sei già innamorata?
No! Solo…lui mi attrae, sono ossessionata!
Prendo un profondo respiro, coprendomi la spalla e sistemando il fiocco blu che ho sopra la coda perfettamente, in modo che si veda bene.
Scendo di corsa le scale, prendendo le scarpe e salutando, correndo fuori e guardandomi intorno.
Mia sorella non si vede, il che significa che mi ha abbandonata al mio cellulare di nuovo, ahhh.
Prendo le cuffiette e la tavoletta nera, collegando il cavo e facendo partire una canzone a caso.
Oh, la adoro questa!
Little Game di Benny.
In poco mi ritrovo a scuola, e appena varco la porta finisce la canzone, così mi tolgo le cuffiette, metto in pausa e butto il cellulare dentro lo zaino.
-Amu! –
Alzo lo sguardo, incontrando quello di Utau, Rima e Yaya.
Rima è una ragazza piuttosto bassa con capelli biondo cenere che arrivano fino a dietro le ginocchia, occhi caramello da cerbiatta e viso da bambolina, Yaya invece è più alta, un anno in meno di tutte noi, con dei capelli ramati/nocciola legati in due code laterali tenute da due enormi fiocchi rossi, occhi marroncini e viso ancora infantile.
Quanto le adoro…ma anche le invidio! Sono sempre così felici!
-Che c’è? –
-Nel tuo armadietto! C’è una lettera che sbuca! –
Spalanco gli occhi, correndo di fretta verso il mio armadietto e verificando l’autenticità di quella affermazione.
Dal lato del mio armadietto sbuca una busta bianca, giusto un lato, però si vede bene.
La sfilo, girandola e controllando se c’è scritto il mittente: nulla, bianco assoluto.
La apro, tirandone fuori il contenuto e aprendo il foglio.
Ma ciao! Attenta alle spine!
Apro l’armadietto, ritrovandomi a guardare una rosa rosata con sfumature rosse, posizionata perfettamente nel mezzo, con un nastro blu legato sul gambo.
La prendo, fissandola ammaliata e stupita, chiedendomi chi la può aver messa.
Guardo il nastro, trovandoci incisa sopra una lettera prima da un lato, e poi un’altra su un altro.
S” e “J”.
Lui. È stato lui…ma come ha fatto ad uscire?!
-Ahia! –
Faccio cadere la rosa, fissandomi il palmo e vedendo chiaramente tre puntine rosse spuntare, espandendosi sempre di più e andandomi a sporcare il palmo di quel colore intenso.
Le strofino, dipingendo la mia pallida pelle di un rosso cremisi incredibile, come le sfumature della rosa o come la camicia che ho dentro lo zaino.
-Amu! Stai bene? –
Continuo a guardare la mano, avvicinandola alla bocca e leccando via il sangue, sentendo il gusto ferroso caratteristico del liquido cremisi in bocca.
Raccolgo la rosa, continuando a fissarla e sorridendo, annusandola di nuovo.
-Amu, AMU?! –
Guardo le tre ragazze davanti a me, totalmente disorientata e sento la testa girarmi.
-Ahah! Ma guardati Jolly, non riesci nemmeno a reggerti in piedi…non voglio una persona così debole, non ti voglio. Uccidi, uccidi per me, fallo per te, diventa forte e sarai mia, diventa forte e lo saprò, crolla, implodi, collassa, fa quel che vuoi, non mi interessa, ma smettila, ragazzina! Togli quella faccia da bambola, metti su quella da mostro, tanto lo sai, lo sai cosa sei!
Mi accovaccio su me stessa, ignorando la voce e la figura di lui davanti a me, che ride, che mi sfotte, che mi fa male, che mi fa uscire di testa.
-Smettila, sta zitto! –
-Ma come faccio? Sei pazza mia cara, non sono io, sei TU! Se non mi pensi magari riusciamo a trovare un accordo, un piccolo innocente accordo, che ne dici? La smetti? LA SMETTI!? Mi dai fastidio, sui nervi…però ti adoro, oh dio se ti adoro! Dai, su…esci, smettila di mentire a tutti, tanto lo sai cosa sei, una rosa rosa che sfuma piano in un rosso cremisi, pian piano si appassisce, sparisce e nasce nuova e diversa, speciale. Quindi muoviti, perché non voglio più aspettare!
Apro gli occhi, togliendomi le mani dalle orecchie e guardando la figura di Mr.S sparire, mentre al suo posto appaiono le figure di Yaya, Utau e Rima, con anche altri studenti fermi nei corridoi a guardarmi.
Ridacchio, in un modo inquietante, prendendo la rosa più strettamente e la bacio, ridendo più forte.
-Amu! Amu smettila, stai bene? Amu?! –
Guardo quelle tre, sorridendo loro in un modo contorto, quasi…mostruoso, mentre spalancano gli occhi.
-Ma si care, cosa dovrei avere che non va? Solo che lui mi ha dato una rosa. Una rosa! Capite che vuol dire? Ci tiene…credo, ahahah! –
-D-dai Amu, smettila, chi è il mittente? –
-Non lo so…-
-Vieni, andiamo in infermeria-
Mi prendono per le braccia, alzandomi e trascinandomi in infermeria.
-Dolce, qui Amu sta male, parecchio! –
-Cosa è successo? –
-Non lo sappiamo, solo ha ricevuto una lettera e una rosa, ed ora sembra pazza! –
-Stendetela-
Mi stendono, mentre io continuo a guardare assorta la rosa, sorridendo e ridacchiando di tanto in tanto.
- No one ever listens, this wallpaper glistens
don't let them see what goes down in the kitchen.

Places, places get in your places
Throw on your dress and put on your doll faces.
Everyone thinks that we're perfect
please don't let them look trough the curtains.

Picture, picture smile for the picture
pose with your brother won't you be a good sister.
Everyone thinks that we're perfect
please don't let them look trough the curtains.

D-O-L-L-H-O-U-S-E I see things that nobody else see's.
(D-O-L-L-H-O-U-S-E I see things that nobody else see's) –
Tutte mi guardano spaventate e ricambio lo sguardo, curiosa.
-Che c’è? –
-Che cos’era quella? –
-Una canzone! Dollhouse, non vi piace? –
Sento la testa girare e lascio la rosa, mentre sento per un’ultima volta la sua voce, che
piano mi sussurra una parola, accompagnandomi nell’oblio.
Arrivederci”
 
Mi alzo di scatto, respirando pesantemente e guardandomi attorno.
-Amu! Ti sei svegliata! –
Mi ritrovo Utau addosso, che mi stringe come se fossi sua figlia perduta.
-Utau, s-sto bene-
-No! Hai iniziato a dire, a fare cose strane; ti sei messa a cantare una canzone inquietante improvvisamente e poi sei svenuta, e tutto a causa di quella rosa! Ma che succede? –
Succede che il paziente 228 mi sta resettando?
Sospiro, staccandomi malamente Utau di dosso e tirando su una gamba, poggiandoci sopra il mento.
-Non lo so, solo…ora non ne ho voglia di parlare, il mio paziente mi sta facendo impazzire, sono così stanca-
È stato come…una fiammata improvvisa, fan culo alle cose graduatorie, no, questa è arrivata all’improvviso e mi ha incendiata.
-Dai, starai bene, sei sempre stata la migliore, in qualche modo lo aiuterai-
O lui aiuterà me.
-Che ore sono? –
-Circa le tre di pomeriggio-
-Andiamo a ginnastica, andiamo-
Annuisce, tirandosi in piedi e aspettando che io faccia lo stesso.
Piano poggio i piedi a terra, stringendomi il bracco sinistro.
Fa malissimo, perché? Ah…l’altro giorno S mi ha impiantato la penna nel braccio, giusto.
Raggiungo in fretta Utau, uscendo in corridoio e avviandoci verso la nostra classe.
-Amu! Stai bene? –
Guardo i miei compagni, preoccupati più che mai e internamento ghigno.
Quando uno muore dentro non fate nulla, però appena fa vedere una parte di lui che esce senza volerlo, accorrete tutti, e non di certo per vedere come sta…cavie, ecco cosa siamo.
-Bene, tranquilli, ero solo stanca e mi è tornato in mente l’incubo di questa notte-
-Deve essere stato un incubo terribile, sul serio-
-Si…era un gioco, terribile, ma solo un piccolo gioco-
Sorrido, prendendo la tracolla da ginnastica e uscendo.
-Sai vero che è arrivato un nuovo prof? Quello vecchio ha voluto cambiare scuola, nessuno ne sa il motivo, ma si è trasferito al culinario-
Annuisco, chiedendomi il perché quel prof volesse cambiare, mi stava piuttosto simpatico.
Scrollo le spalle, iniziando a correre verso lo spogliatoio in modo contenuto, giusto per non farmi riprendere ma per non arrivare nemmeno ultima.
Mi cambio in fretta, non lasciando vedere a nessuno i cerotti e le ferite; il primo giorno cerotti, quello dopo…no! Adoro queste ferite.
-Amu, mi aspetti? –
Fisso Utau, annuendo e vedendola togliersi la camicia rimanendo in un reggiseno in pizzo push-up viola, molto carino direi, ma preferisco il rosso come biancheria!
Si mette la maglia velocemente, togliendosi poi la gonna e rimanendo in maglia e mutandine viola, infilandosi di fretta i pantaloncini.
La nostra tuta da ginnastica? Una maglia bianca a maniche corte con i bordi neri, e pantaloncini al culo neri.
Io in più ho una felpa nera, degli scaldamuscoli e…beh una garza sul ginocchio!
Usciamo, aspettando fuori dalla porta le altre nostre compagne e vedendo arrivare Rima e Yaya già cambiate.
-Cos’è, abbiamo terze e seconde tutte insieme oggi? –
-No, solo quella di Rima, la nostra, quella di Yaya, e la seconda C-
Utau annuisce, mentre io rimango zitta e rannicchiata in un angolino.
-Amu, ora stai bene? –
-Si ragazze, si, era solo che stavo ricordando un incubo-
Mi fanno un cenno, al che inizio ad avviarmi fuori.
Appena arrivata in cortile mi siedo a terra, sospirando e strofinandomi le braccia.
-Freddo? –
Guardo Tadase Hotori, un ragazzo dai capelli biondi parecchio femminili, occhi fucsia, e…beh, molto mingherlino.
Al suo confronto Stregatto è sul serio un colosso, quando mi sovrasta non lascia nemmeno mezzo centimetro del mio corpo fuori dal suo peso.
E se mi stringe, facendomi male come solo lui sa fare, ci starei due o tre volte dentro alle sue braccia.
-Si, ma non è nulla, sul serio-
-Se vuoi ti do la mia giacca-
-No, davvero Hotori, non serve, mi sto già riscaldando-
Jolly, Jolly, Jolly, Jolly, Jolly, Jolly, Jolly, Jolly, Jolly, Jolly, Jolly, Jolly
Sento la sua voce ovunque, impossibile.
-Posso sedermi qui? –
-V-va bene-
Si siede accanto a me, continuando a sorridere calorosamente tutto il tempo e mi viene in mente il sorriso contorto di Mr.S.
-Hey amica mia, vieni? –
Guardo Rima, che ha uno sguardo malefico sul volto e annuisco, girandomi poi vero il biondo.
-Scusa, devo andare-
-N-non importa, a dopo! –
Raggiungo Rima, mentre Utau e Yaya mi stanno accanto.
-Allora cos’era con Tadase? –
-Cosa? –
-Cavolo amica, certo che non capisci proprio nulla, eppure mi pareva che tua sorella te l’avesse detto, a lui piaci, era ovvio che ci provasse! –
-Beh…a me non interessa, in realtà lui non è proprio il mio tipo! –
-Quindi non ti piacciono i principi azzurri? –
-No, sono solo persone che non servono a nulla, e poi non sono una principessa, perché avrei bisogno di un principe? –
-Ecco, perché voi…-
Sentiamo un fischio altissimo e ci tappiamo le orecchie, sospirando di sollievo quando finisce.
-Sentite piccoli inutili esseri, sono il nuovo prof di ginnastica e vi avverto che so quello che pensava di voi lo scorso professore e vi posso giurare che il quarantacinque percento di voi è un inutile ammasso di ossa pigro fino al midollo, ma se credete che con me non si lavorerà vi sbagliate di grosso! –
Il nuovo prof è un uomo sui vent’anni, con spettinati capelli rame e occhi smeraldo spento, freddo; hm, gli occhi hanno quella punta di dolore che c’è in chi ha subito qualcosa che non avrebbe voluto subire e si è cacciato nei guai per questo, un po’ come gli occhi di S.
-Mi chiamo Kukai Soma, e no, non so perché il vostro vecchio prof se ne sia andato, l’ha fatto ed ora ci sono io, quindi preparatevi per l’inferno-
È così freddo, così…
-Tu! –
Il nuovo prof mi indica, cosa che faccio anche io per confermare i miei sospetti.
-Si tu rosetta, vieni qui! –
Piano mi avvicino a lui, che mi prende per un braccio e mi trascina lontana.
-H-ho fatto qualcosa di sbagliato? –
Sospira, porgendomi una lettera.
-No, nulla; leggila-
Il suo tono è diverso da prima, meno freddo e con più calore, però anche disperazione e un po’ di…rammarico.
Prendo la busta, aprendola e sobbalzando.
Hey Jolly, che ne dici di farmi un favore? Pensa ad una canzone che conosci, inventala, basta che sia una canzone, e canta il ritornello appena ti viene voglia; deve solo far sentire quello che provi e cosa pensi di me, va bene? TI PREGO FALLO, MI ANNOIO! Quando vieni a giocare? Presto vero? Presto…?
E no…come sono uscito non te lo dico, hai ascoltato il biglietto vero? Lo hai fatto? Stupida, stupida ragazza, ti sei punta no? Non ascolti mai, dovresti iniziare ad essere più obbediente!
Ciao Jolly!
S.
Stringo la lettera al petto, guardando il prof Soma.
-Immagino tu non sia un prof-
-Per ora sì, ma di solito sono il suo braccio destro-
-Capisco…devo fare cosa? Beh va bene!
 Call the doctor, Call the doctor
 Must be something wrong with me (Oh-h)
 He's a monster, Why do I want ya?
 Please tell me, Please tell me
 He's a monster (Aye)
 He's a monster (Oh)
 That boy, He's a motherfucking monster
 But I love him, Yeah I love him
 Ooh ah ooh ah ah-
Soma spalanca gli occhi, indietreggiando leggermente e spalancando gli occhi, mentre io mi canto il continuo di He’s a monster in testa.
-Che c’è? –
-Nulla, nulla; il capo ti raccomanda di mettere rosso oggi-
-Lo so, Somy! –
-C-chi ti ha detto quel nome? –
-Nessuno, l’ho appena pensato! –
Lo vedo imprecare sotto voce e lo sento mormorare cose, tra cui una che mi piace davvero molto.
-Uguali, letteralmente, ora capisco tutto-
Sorrido, salutando il prof e tornando con calma verso il gruppo, lasciando Somy stupito da solo.
-Che hai fatto? –
-Nulla, ha chiesto il perché ero la preferita dello scorso prof…lo sai no?! Ero tanto calma…e sportiva-
-Già…è carino questo prof-
-Si, ma non ti conviene innamorarti di lui-
-Piace a te? –
-A me? No…però non ti conviene, non conosci i suoi amici-
-Bene sacchi di pigrizia, per prima cosa giocherete a dogeball-
Annuiamo tutti, dividendoci in più squadre, ma essenzialmente maschi contro femmine in ogni classe.
-Amu, attenta! –
Vengo colpita al fianco, proprio dove ho ancora le ferite (a metà rimarginate) del primo giorno di seduta, e altre due o tre a causa della solta penna…quella del braccio.
Cado a terra, stringendomi il fianco a cui sono stata colpita sentendo un paio di buchi ricominciare a perdere di nuovo sangue, macchiandomi la maglia e la giacca.
Tolgo la giacca subito per evitare che si sporchi troppo e stringo ancora più forte le mani sulla ferita, mentre la maglietta bianca diventa piano rossa.
-Amu va tutto bene? –
Ma vi pare coglioni?! Sto perdendo sangue brutti idioti, certo che non va bene! Però…le ferite sono inflitte da lui, è una meraviglia sentire questo dolore
Guardo l’idiota biondo davanti a me e le mie amiche, preoccupati a morte, così sorrido per rassicurarli.
-Sto bene tranquilli-
Tolgo piano la mano dal fianco, vedendola piena di rosso e la macchia di cremisi che si espande lentamente.
-Amu quello è sangue! –
-Una pallonata non può farti quello, avevi già dei tagli?! –
-Scusa Amu, non volevo-
Guardo il mio compagno, probabilmente quello che mi ha tirato la palla, e faccio un cenno del capo.
-Tranquillo le ferite le avevo già, devo solo mettere una garza-
-Che è successo? –
Chiede il prof.
-Amu perde sangue! –
Vedo Somy avanzare verso di me e chinarsi, guardandomi attentamente mani e maglia.
-È stato lui vero? –
Mi sussurra piano all’orecchio, senza farsi sentire.
Annuisco, tutta felice e orgogliosa di poterlo affermare, ma una fitta lancinante mi fa piegare in due e schiaffeggiare via fortemente la mano che mi ha toccato la ferita.
-Hotori non mi toccare! –
Grido con voce stridula.
-A-Amu? –
-Scusa, solo…fa male, non toccare-
-S-scusa Amu-
Coglione.
-Fammi vedere-
Tolgo del tutto le mani, lasciando alzare a Somy la maglia, che rivela i cinque segni delle sue dita e altri due della penna, tutti piuttosto profondi.
-Non credevo potesse arrivare a tanto-
-Oh, può eccome, e non hai ancora visto tutto-
-Amu! Chi ti ha fatto…quello?! –
-Tranquilla Utau, non è nulla…ora devo solo chiudere le ferite, va bene? –
-Chi. È. Stato-
-Il mio paziente-
Farfuglio, facendo inarcare un sopracciglio ad Utau e facendo spalancare gli occhi a Rima che ha sentito meglio.
-Chi? –
-Il mio paziente! Uffa…ha qualche problemino, okay? Ma…ah, lasciate stare, non lo conoscete, non potete dire perché lo fa-
-J-J-J…-
-Non chiamarmi così! -
-E va bene…Amu, quindi mi vuoi dire che lo capisci? –
-D-dire di sì, almeno, mi sembra-
-Incredibile, solo chi è al suo livello lo capisce…beh ho visto prima la dimostrazione-
-Non era tutto prof…tu non lo conosci nemmeno per metà, vero? Te lo giuro, non hai idea di cosa sa fare; domanda-
Mi stendo a terra, guardando Somy intensamente.
-Si? –
-Cosa adora? –
-Perché? –
-Mi ha chiesto un piccolo favore, sai, giocare ad un piccolo gioco, tutto qui, quindi dimmi una delle cose che preferisce di più-
-La comicità-
Sto zitta, non fiato, però sorrido, sorrido così tanto che le gote mi fanno male, che socchiudo gli occhi e faccio spaventare qualcuno, perché ora so a cosa giocare.
 
 
-Ahahahah! Allora ha cervello quella ragazza! Dio Jolly…-
Mi butto all’indietro, sbattendo la testa sul muro e agitando le braccia nella camicia di forza, respirando pesantemente.
-…vedi di capire tutto, non tralasciare nemmeno un passaggio, perché altrimenti ti troverai indietro, perché questo è solo un piccolo gioco, eh sì. Torna presto, Jolly-
 
 
Angolo autrice:
Eccomi, scusate il ritardo ma…i compiti mi hanno occupata un casino, se non aggiorno è colpa della scuola!
 
Avete capito tutto? Tutto perfettamente limpido? Perché non so se avete capito bene il senso del “torna presto Jolly”.
 
Lo so, lo so, si capisce ancora meno dell’altra volta…perché cavolo Kukai è lì? Come c’è finito? E soprattutto…qual è il passato di Ikuto?!
Beh, lo scoprirete fra un paio, o più capitoli, vedrete il perché.
 
Amu è masochista! No, semplicemente le piace pensare che il dolore che le infligge è il suo modo di dimostrarle quanto tiene a lei/quanto la ama.
 
Non ho molto da dire, solo: vi prego avvertitemi se ci sono errori che correggo SUBITO, e forse l’ho fatto troppo corto e con meno dialoghi degli altri…ma si, questa storia è fatta così.
 
Ikuto: tu non stai bene
Io: no, affatto, ma nemmeno tu
Ikuto: interpreto una parte, tu no! E perché ho fatto male ad Amu?!
Io: capirai
Amu: quindi sono già innamorata?
Io: ma sai chiedere solo questo?! Comunque gneee…ni, so, e che cavolo, diciamo che sei più ossessionata che altro! Ed ora zitti tutti e due e fatemi salutare che qui devo postare!
 
Ciao allora, alla prossima.
Baci Blue.

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Capitolo 5
*** Gift ***


Gift

Entro nella stanza, guardando Stregatto piegato sul tavolo che guarda la sedia davanti a lui intensamente e sorrido.
-Mr.S? –
Alza la testa, sorridendo ampiamente quando mi vede e ridacchia.
-Allora Jolly, il regalo ti è piaciuto? –
-Si grazie; come hai fatto ad uscire? Ad entrare a scuola? A sapere qual era il mio armadietto? –
-La mano destra-
Schiva le domande, facendomi sospirare mentre mi siedo davanti a lui, allungando la mano con le tre piccole ferite a causa della rosa.
-Lo sapevo! LO SAPEVO! –
Mi ritrovo in pochissimo con lui seduto a cavalcioni su di me sulla sedia, che mi passa le mani ai lati del viso e mi graffia, con uno sguardo incazzato.
-Ti avevo detto attenta alle spine! Non mi ascolti, devi imparare a fare la brava! Ascoltami okay?! ASCOLTAMI! Non puoi sempre fare di testa tua perché comoda a te, no, no, no, no, no! Non aprire bocca. Dimmi, sei lì? –
Il mio sguardo -da perso e rapito, ma anche colpevole- diventa confuso, il che mi fa piegare la testa di lato.
-Ah! No, no che non ci sei! Beh ti aspetto, so che tanto sei uscita già due volte cara Jolly, ed ora dimmi, hai fatto quello che ho chiesto? –
In che senso “no che non ci sei”? Che vuol dire che mi aspetta?
Annuisco, mentre i suoi occhi si illuminano di una luce felice e divertita e inizia a sbottonarmi il camice, rivelando la camicia.
-E brava piccola! Allora sai ascoltare-
-Se posso chiedere perché il rosso? –
-È il colore del sangue-
Si alza, trascinandomi in piedi e torreggiando su di me, mentre sorride malignamente.
-Dimmi, che punizione sarebbe migliore? –
Inizia a girare intorno a me, piegandosi leggermente qualche volta per osservarmi meglio, ringhiando.
-Punizione; quale punizione andrebbe meglio per me? Mi sono comportata da bambina cattiva, devi decidere tu la punizione-
Ride, mentre mi prende per i fianchi da dietro, attirandomi a sé con prepotenza, stringendomi fortemente, mordendomi la clavicola.
-Ah! –
Sento del sangue uscire dal punto in cui mi ha morso, per poi essere sbattuta al muro.
-Allora, dovreste mettermi una museruola ora, no? –
-Dubito, S, sei un gatto, non un cane-
-Hai ragione child…decidi, morire o vivere? –
-Con chi? Con cosa? Perché? –
-Tu rispondi! –
-Vivere…però dopo essere morta! –
Ride, buttando la testa all’indietro e prendendomi poi per il colletto della camicia, alzandomi da terra.
-Ricorda una cosa: l’unico qui che può farti male sono io, va bene? Se qualcuno osa toccarti, dimmelo-
Annuisco, felice di questa dimostrazione di possessività.
-Allora: hai deciso a cosa giocare? –
-Certo…-
 
Cammino lentamente, del tutto persa nel mio mondo del tutto felice.
Oggi Stregatto ha dimostrato una possessività che non mi aspettavo da parte sua, è stato, come dire? Pazzo, in modo molto più particolare del solito.
Una singola cosa mi preme, riesco a fargli dire ogni volta solo poche cose, ad esempio gli ho già chiesto se aveva parenti: si. Se voleva diventare così: no, però ora sta bene. Se si sente in trappola: no. Se si annoia: no. Se adora prendere in giro la gente: si. Se mi fa male per un motivo: si.
Non ho toccato l’argomento “passato” o “vero nome”, dato che credo si arrabbierebbe molto, Stregatto è un paziente che va preso con le pinze, bisogna andare con calma. Lo tocchi con un dito prima che si sia raffreddato e rischi di non poterlo più usare per un bel po’, se non persino perderlo per la scottatura troppo grave.
Ridacchio ai paragoni che sto facendo e fisso casa mia. Questa sera ho voglia di fare un giro fuori, ma dopo mangiato.
-Ciao! –
Grido entrando dalla porta, guardando mia madre intenta a ricucire uno strappo su una mia camicia (disintegrata da lui) e mia sorella che messaggia, con tutta probabilità col suo ragazzo, mentre mio padre fotografa fuori dalla finestra degli uccelli.
-Oh ciao tesoro, come è andata oggi? Ami non ha tutti i giorni come hai tu, quindi non può accompagnarti ogni volta, tutto bene? –
-Si mamma, tranquilla-
-Amu, e la cartella? –
Spalanco gli occhi, mettendomi una mano sulla bocca e spalancando gli occhi, gemendo.
-L’ho dimenticata in ufficio! Devo correre e riprenderla! Vado subito, non aspettatemi! –
-Aspetta! Ami accompagnala-
-E va bene, stai più attenta la prossima volta, andiamo sorellina-
Mi imbroncio, seguendo mia sorella fuori dalla porta e piano avviandomi con lei verso il Seyo Madhouse.
-Ami, un po’ più veloce? –
-Ma siamo arrivate! –
Alzo la testa, guardando il manicomio e sospiro.
Mi avvicino silenziosamente alla guardia, toccandole la spalla e facendola girare di scatto, mentre imbraccia il fucile.
-S-scusi! Ho dimenticato la mia cartellina scolastica nell’ufficio, potrei entrare a riprenderla? –
La guardia si calma, abbassando il fucile e guardandomi intensamente.
-E lei? –
Chiede, indicando mia sorella con un gesto del capo.
-È con me-
-Va bene, ma fate in fretta, non potreste nemmeno restare-
-La ringrazio, devo fare i compiti, scrivere la relazione sulla seduta di oggi, grazie! –
-A proposito Amulet-
Mi giro, guardando la guardia con curiosità.
-Lui dice spesso il tuo nome-
Arrossisco un po’, chinando il capo per non farlo vedere.
-Ho capito, starò attenta-
Prendo la mano di mia sorella, entrando e andando a passo di carica nell’ufficio.
Mi guardo intorno, individuando la cartella e prendendola, aprendola per controllare se c’è tutto.
Manca il quaderno di psicologia, dove cavolo può essere? Dovevo prendere appunti della seduta…Stregatto!
Deglutisco, guardando mia sorella, che è piuttosto annoiata.
-Abbiamo finito? –
-Manca il quaderno di psicologia-
-E chi lo può avere?! Dio Amu, devi stare più attenta-
-I-il problema è che lo ha S-Stregatto-
Ami spalanca gli occhi, prendendomi per le spalle e scuotendomi.
-Vuoi dirmi che devi andare da lui per farti ridare il quaderno?! Nella sua cella? Faccia a faccia con lui? –
-Si-
-Sarebbe la prima volta che lo vedo di persona…Amu ti prego, se è così importante, sbrigati-
Annuisco, mentre esco e inizio a correre, sentendo mia sorella dietro di me.
Arrivo davanti alla porta del piano sotterraneo, l’unico non sorvegliato (per via che l’unico che è presente su quel piano è Stregatto, e dal piano sotterraneo non riesce a uscire, o così credono), digitando il PIN d’accesso.
La porta si apre con un momento di sirena e un suono metallico, così mi affretto a prendere la tessera per uscire anche da dentro, aspetto mia sorella -che ne ha presa un’altra- e chiudo la pesante porta.
Stanza duecentovent’otto, Stregatto.
Mi avvicino, prendendo le chiavi che sono accanto alla porta -usando sempre la tessera- e osservando la porta aprirsi.
-Jolly, Jolly, Jolly…ho visite? –
Alza la testa, spalancando gli occhi appena mi vede con sincero stupore, cambiandolo subito con divertimento e…felicità?
-Jo…Confettino? Che ci fai qui? Hai visto che ore sono? Non dovresti andare in giro a quest’ora di notte, potresti farti male, e ripeto, sono l’unico che lo può fare. La tua amica si fa vedere oppure no? A PROPOSITO! Grazie per il quaderno! GRAZIE MILLE! Hai scritto un sacco di cazzate, sul serio, MA CHE VI INSEGNANO? Le uniche cose giuste sono…le tue osservazioni su di me! Ahahahah! –
Sospiro, entrando nella stanza e sedendomi accanto a lui, che è poggiato sul letto (se così si può chiamare) e incatenato.
-Sai, mi è venuta in mente una canzone, la conosci? LA CONOSCI? –
-Fammela sentire-
-Ahahah! Okay, grazie confettino!
 
 Spirits supernatural
 Are shy, what's all the fuss
 But bags of bones seem so unsafe
 It's semi-serious!
 
 Spooky scary skeletons
 Are silly all the same
 They'll smile and scrabble slowly by
 And drive you so insane!
 
 Sticks and stones will break your bones
 They seldom let you snooze
 Spooky scary skeletons
 Will wake you with a "boo"! –
Sorrido, annuendo e riproducendo la canzone cantata dalla sua splendida voce nella mia testa, più e più volte.
-Spooky scary skeletons, vero? Non mi aspettavo ti piacesse cantare-
-Mamma cantava sempre, diceva che metteva gioia, a me fa ridere! E quando non ci sei lo faccio, perché è l’unica cosa che non mi annoia; tieni! –
Mi passa il quaderno con un piede, facendomi ridere.
-CHE C’È? –
-N-nulla, solo…con tutte le volte che ti togli la camicia non lo puoi fare anche ora invece di prendere il quaderno con il piede? Ahahah! –
-Hai una risata sul serio fastidiosa, eppure la continuo a sentire, ad ammirare e a desiderarla; perché? –
-A-Amu dovremmo andare-
Guardo mia sorella, ricordandomi solo in quel momento che è lì, che ha visto tutto, e in un lontano angolo del mio essere vorrei ucciderla, cancellare le tracce di quello che c’è tra me e S, mantenendolo un segreto.
-Un attimo-
Allungo una mano, mentre Mr.S mi guarda dubbioso.
Si sposta un po’ indietro e io rimango ferma, aspettando che lui si fidi.
È come un gattino, deve fidarsi prima di farsi accarezzare.
Si sposta in avanti, facendosi sfiorare e sobbalzando al contatto.
-Sono solo io, tranquillo-
Rilassa le spalle precedentemente tese, i muscoli del viso e il corpo, lasciando che io passi la mano tra i suoi capelli e sul suo viso, trascinandolo lentamente giù, con la testa poggiata sulle mie cosce.
-Hai sonno? –
-Non riesco a dormire, è da anni che non dormo…e questo mi permette di pensare, di vedere e divertirmi! –
-Non dormi mai? –
-Non posso, ho provato, il primo anno mi sono bevuto ben tre boccette di sonnifero, di quelli forti, non ha funzionato-
Continuo ad accarezzarlo, vedendolo sempre più rilassato.
-Ora devo andare Mr.S…non posso restare-
-Nemmeno cinque minuti in più? –
-No, scusami-
-Cattiva ragazza! Prometti, prometti una cosa: tra poco è Natale, non mi abbandonare-
-Mai…cioè, no-
Si alza, poggiando la sua fronte sulla mia e sorridendo.
-Bene, perché ho un regalino per te-
 
 
-Quindi in questa scuola si fanno balli per ogni festività? Cioè Halloween, Natale, Carnevale e cose simili? –
-Esatto Soma, il prossimo è il ballo di Natale che ci sarà tra nove giorni, quindi il prossimo venerdì; il consiglio studentesco preparerà la sala, il buffet e tutto il necessario per un ballo, noi insegnanti dobbiamo solo controllare che i ragazzi non si facciano male, che non ci sia alcol, e non facciano cose che non dovrebbero-
Alzo le spalle, annuendo con la testa.
-E spiegatemi, l’unica che non c’è è quella di arte? –
-Si, si sposa il giorno di Natale e ha preso le ferie per organizzare il matrimonio e fare la luna di miele-
Sospiro, pensando ad un matrimonio il giorno di Natale.
Deve essere interessante, ma non mi sposerei mai in un giorno del genere, in realtà non ho mai pensato al matrimonio prima.
Guardo tutti i professori, scuotendo la testa.
Ma perché dovevo finire proprio qui? Non c’è assolutamente niente di divertente, l’unica cosa un po’ interessante è vedere quel biondo cercare di conquistare Jolly, mentre lei pensa solo al capo.
Abbasso il capo, chiedendomi come fa una ragazza ad innamorarsi di uno come lui, lo rispetto sia chiaro, ma se fossi una ragazza non me ne innamorerei mai, è troppo…diverso e pazzo, finirei molto male, mi farebbe solo dolore.
Non la capisco proprio Jolly.
 
 
-Come lo sognate il vostro matrimonio? –
Guardo la prof, del tutto confusa e scioccata.
Alzo la mano, prendendo un profondo respiro.
-Amulet-
-Cosa intende? –
-Chi vorreste come consorte, come vorreste la cerimonia, che caratteristiche dovrebbe avere la vostra metà, come dovrebbe essere la luna di miele; cose del genere-
-E scusi, dobbiamo scrivere? –
-Ma certo! Però prima magari parlatene con il compagno di banco-
Mi guardo intorno, sospirando.
Siamo a…socializzazione? Bah, non so, altro programma psicologico in questa scuola.
Vicino a me c’è Utau, davanti Rima e vicino a Rima Yaya.
-Già, Amu come vorresti il tuo matrimonio? –
-Iniziate voi magari? Sapete che odio parlare per prima-
-Okay: il mio lo vorrei in riva al mare, con un bellissimo ed elegante vestito bianco e un sacco di invitati, una splendida cerimonia e il meglio, la festa, balli e balli; di sicuro il mio consorte dovrebbe essere uno come…il nuovo prof di ginnastica, se non lui! E la luna di miele alle Hawaii! –
Ridacchio, fissando Utau che non è stata mai così eccitata. Ha sempre amato i matrimoni, al contrario di me, e ne ha sempre voluto avere uno molto elegante e bello.
-Rima tocca a te-
Rima sospira, osservandoci.
-Io mi sposerò con il figlio di uno degli amici dei miei genitori, ha circa venti anni e andava a questa scuola prima di noi, quando finirò anche io lo sposerò; lo porterò anche al ballo di Natale-
-Quindi tu sei promessa in sposa? –
-No, abbiamo deciso io e lui che ci sposeremo, ci amiamo e quindi…i miei genitori ne sono molto felici, e lui è uno dei pochi che non mi fa da servetto o cose simili; vorrei sposarmi in una chiesetta, avere un bell’abito ma semplice, con giusto amici e parenti più stretti e cerimonia non troppo complessa; una cosa da poco e vera, non esagerata, la luna di miele decideremo al momento-
Sorrido, annuendo.
-Yaya-
-Io voglio sposarmi con Kairi, il mio ragazzo! –
-Stai con il presidente del consiglio studentesco? –
-Lo sanno tutti Amu! Comunque voglio farlo in un grande giardino, avere un bel vestito gonfio con delle caramelle rosa sopra, una torta al cioccolato enorme e un sacco di dolci e cibo! La cerimonia deve essere carina e i balli dolci…adoro i dolci!
La luna di miele…non lo so! –
Tutte e tre mi guardano, scrutandomi per bene.
-Tocca a te Amu! –
-Si, il tuo faccino da bambola sarebbe perfetto con un bel velo che lo contorna! –
Sospiro, sorridendo al nome “faccino da bambola”; lui mi chiama bambola a volte, sottolineando il fatto che sto in posa, e se gli altri non mi muovono io non faccio nulla.
Gli occhi più di tutto, schermati, senza vita e senza emozioni, che guardano ma non guardano: mi animo solo con lui.
Sposarmi eh? Con lui…sarebbe bello.
Sposarsi? Ma sei scema? Vuoi morire vero?! TI SEMBRA CHE UNO COME ME TI TIENE SOLO PER POI SENTIRTI DIRE “tesoro ma ci sposeremo?”?! COS’HAI CHE NON VA? Senti Jolly…io, tu, noi, non possiamo essere normali, sposarci e cazzate varie, okay? Sarebbe STUPIDO! E poi non voglio avere vincoli stupidi, inutile donna! Ed ora vieni da papino che ci divertiamo
Sorrido, pensando a come la mia vita sarà se rimarrò con lui. Niente matrimonio, niente amore, solo ossessione e passione, niente delicatezza, romanticismo o cazzate simili: no, nulla, solo noi, pazzi come siamo.
-Amu! Allora? –
-Io non voglio sposarmi-
Spalancano gli occhi, piegando la testa di lato e incitandomi ad andare avanti.
-Perché? –
-La persona che mi…attira, non ci sposeremo mai, lui odierebbe farlo, importa solo l’attaccamento l’uno all’altro, basta, niente vincoli, niente patti, solo fiducia-
-È bello, ma così non hai nessuna, ecco, certezza-
-In qualche modo avremo un matrimonio, a modo nostro, ma lo avremo-
Spara. Dimostrami chi sei, cosa sei e chi vuoi essere. Dimostrami che sei mia, dimostrami che sei fedele, come io l’ho mostrato a te” Si, si mi piace.
-Bene, ora potete scrivere! –
Smetto di sorridere, scrivendo bello grande “non mi sposerò” in mezzo al foglio, ridacchiando.
 
 
-Un ballo? DIVERTENTE! Fai preparare quello che ti consegnerà la piccola Jolly entro il giorno prima di quella stupida festa…se sbagli ti faccio uccidere-
-Certo signore-
-Somy? –
-Si? –
-Per caso qualcuno ha intenzione di chiederle di andare lì? –
-Si, ma solo un ragazzino che lei non calcola nemmeno-
-Bene; non perderla di vista, ballaci se possibile, l’importante è non farla toccare da altri, intesi Somy? –
-Certo capo-
Metto giù il telefono malamente, ridendo.
-Hey tizio?! –
-Che vuoi merda umana? –
-Questa è nuova…un foglio, dei pastelli e una matita! –
-Perché? –
-Devo disegnare! –
-Sei strano forte, però ti avverto, sarai sempre incatenato e con quattro guardie in più-
-Va bene! –
Mi tolgono la camicia di forza, consegnandomi un foglio, dei pastelli e una matita, come richiesto.
In grande sopra scrivo il titolo: attenti non so disegnare! Scherzo…fatelo in tempo o morite.
Inizio a lavorare, sorridendo al primo regalo concreto; spero le piaccia…io ne vado matto.
 
 
-E-elettro-shock? Ma Stregatto non è come gli altri pazienti, non servirebbe a nulla se non ad aumentare la sua pazzia! Vi prego non lo fate! –
-Capisco le sue preoccupazioni dottoressa, ma è la procedura; non siamo mai stati in grado di farglielo a causa delle sue fughe lampo, ma questa volta, solo questa che l’abbiamo a portata di mano, alla nostra mercé, lo faremo, proveremo anche con lui questo metodo-
-D-devo assistere per forza? –
-È la sua dottoressa, deve-
Sento le lacrime agli occhi, ma le trattengo, non facendo vedere a nessuno quanto m piange il cuore: ora vedono solo una dottoressa preoccupata per il proprio paziente, nulla di più.
Sospiro, annuendo.
-Fatemici almeno parlare; lo potrò vedere nelle vacanze di Natale? –
-Se lo ritiene necessario si-
-Ovvio! S-scusate, io vado-
Inizio a camminare di fretta verso il mio ufficio, entrando e accasciandomi a terra.
Elettro-shock, una cazzata a mio parere, serve solo per fonderti il cervello.
-Dottoressa, adesso-
Annuisco, alzandomi e seguendo le due guardie che -senza bussare- sono entrate nel mio ufficio.
Arriviamo ad una delle stanze dell’elettro-shock, dove lui è già legato al tavolo e ride.
-S-Stregatto? –
Gira di poco la testa verso di me, per quel che riesce, e mi guarda malissimo; mai, mai nel periodo che l’ho conosciuto ha fatto così, mai mi ha odiata così tanto, mai ha voluto punirmi più di ora.
-Fatemici parlare, da sola-
Escono tutti senza fiatare, mentre io mi avvicino a S e mi siedo accanto a lui.
-Dottoressa? Lei mi odia? È per questo che lo fa? –
-Io non voglio, ma è la procedura; cazzate, vi friggono dieci volte di più il cervello così, tu sappi solo che non vorrei, Kitty-
Mi guarda stranito, per poi ridere.
-Bel nome! Allora stai imparando cara, stai uscendo; non mi chiamare più così! –
Che sbalzi d’umore, che belli.
Sospiro, facendo cenno a quelli fuori di entrare e subito azionano la macchina.
Vedo Stregatto fissare i due elettrodi di metallo e guardare me, che ho tutta la vogli di fermare tutto qui e subito.
Ha uno sguardo turbato, come se ricordasse qualcosa e non volesse assolutamente ripetere; gli hanno già fatto questa tortura?
-Bene stronzo, si inizia-
Stringo il pugno appena quelle cose di metallo di poggiano sulle sue tempie e lui tira un urlo, ridendo successivamente.
-E questo che è?! COSI’ POCHI VOLT? NON MI FATE NULLA, NULLA! AHAHAHAH! –
Continuano, indisturbati dalle urla di Stregatto, dalle parole offensive, dalla sua risata o dal suo dimenarsi sul tavolo con gli occhi spalancati.
Dopo non so quanto finiscono finalmente, sospirando di sollievo; erano un po’ agitati sì?
Mi alzo di scatto, avvicinandomi a S e accarezzandogli le tempie ustionate.
-Mi spiace, mi spiace molto Kitty, non volevo accadesse-
-Tranquilla Amulet! Tieni questo, nella mia mano destra-
Guardo la sua mano destra, vedendo un fogliettino piegato tra le dita, così mi allungo per prenderlo, facendolo sembrare un semplice controllo.
-S-sembra stare bene, però è pazzo come prima; lo dicevo che non funzionava, ascoltatemi la prossima volta; vi lascio, vedrò Stregatto domani-
Esco di corsa, rifugiandomi nel mio ufficio e leggendo quello che c’è scritto sul bigliettino.
Jolly, non aprirlo nemmeno per sogno, muori se lo fai! Dallo a Somy domani, e non sbirciare! Ah…se ti chiedi cosa farmi per regalo nulla di materiale, può essere qualcosa che metti tu e fa felice anche me, però non osare fare qualcosa di materiale a me! Mr.S.
P.S: se disubbidisci di nuovo questa volta ti torturo per davvero mia cara
Okay, a Somy domani, si può fare; chissà, magari è un regalo.
 
 
-Somy! –
Oh no, lei no.
-S-si Jolly? –
Mi giro verso Jolly, guardandola esitante.
-Ecco, questo è da parte di Kitty, oh scusa, S, a domani! –
Prendo il foglio bianco che mi ha consegnato e lo stringo un po’, per poi aprirlo.
N-no! Il capo non può averlo fatto…ma è qui, la scrittura e il tratto sono sue.
Sospiro, ripiegando il foglio e mettendomelo in tasca, osservando Jolly saltellare via per poi calmarsi, scuotere la testa e tornando “normale”, raggiungendo le sue amiche dietro l’angolo.
Mi incammino verso la mia prossima classe, ma qualcosa mi fa fermare sui miei passi.
-H-Hoshina Utau, verresti con me al ballo di Natale? –
Fisso la coppietta davanti a me, soffermandomi su Utau; lei mi incuriosisce e interessa, ma nulla di più, eppure se la vedo con un qualsiasi ragazzo ho voglia di fare un buco in testa a chiunque ci parli e tenerla tutta per me.
-Mi spiace ma lo ripeto, non verrò accompagnata da un cavaliere, ci vado con le mie amiche, scusami-
-N-non importa! Grazie per avermi parlato! –
Sospira, allontanandosi da quel damerino e sparendo dalla mia vista; probabilmente si annoia a ricevere tutti questi inviti mentre lei a malapena conosce quella persona.
Scuoto la testa, guardando l’ora e maledicendo tutto.
Non importa quella studentessa. Non importa chi è. Non importa. Io sono qui per il capo. Io sono qui per Jolly. Io sono qui perché ho qualcosa da fare. Io sono qui perché è quello che faccio sempre, eseguire gli ordini. Ordini, ordini e solo ordini.
 
 
-Con chi andate al ballo? –
-Al ballo? È fra sei giorni se non erro-
-Esatto! Io ci vado con Kairi! –
Guardo Yaya che saltella felice e sorrido, pensando al prof di ginnastica.
-Utau tu con chi vai? Hai così tanti ammiratori che avrai di certo un cavaliere! –
-In realtà ho deciso di andare con voi, ma dato che Yaya è con Kairi e Rima con il suo fidanzato ci andrò con Amu; Amu, non hai un accompagnatore vero? –
-No, e non ho intenzione di averlo, serata tra amiche? –
-Serata tra amiche! –
Amu è così diversa ultimamente, così…distante, persa e immersa in mondi dove noi non guarderemo mai; che le sta facendo il suo paziente? Sembra la stia facendo impazzire, ma Amu non può impazzire, non deve.
-Amu, hai già un vestito? –
Mi guarda spaesata, scuotendo poi la testa.
-No, non trovo nulla che mi soddisfi e quindi credo che arriverò all’ultimo, di nuovo-
-E ti prenderai un vestito terribilmente semplice e orribile? Mai amica mia, ti aiuto io! –
-Utau non serve, tu hai già un vestito, come al solito, non devi aiutare anche me-
-Ed invece sì! Rima, Yaya, voi avete già il vestito? –
-Kairi mi ha accompagnato a prenderne uno l’altro giorno! –
-I miei me ne hanno fatto fare uno a posta-
Sospiro, prendendo Amu per un braccio e tirandola verso di me.
-Allora rimaniamo io e te amica mia, mancano solo le scarpe a me, un po’ di sano shopping ti ci vuole a volte-
-Utau non oggi, ho una seduta, facciamo domani che è sabato-
-E va bene, che barba però-
Prende troppo sul serio questo stage, io non l’ho nemmeno ancora richiesto!
-Utau se non ci sbrighiamo faremo tardi! Muoviti! –
Mi prende lei il braccio ora, iniziando a trascinarmi in classe.
-Ciao ragazze, a dopo! –
-A dopo! –
Okay, Amu…cos’hai?
 
 
-Utau, è inutile! –
-Qualcosa troveremo, ne sono contenta, ed ora a fare compere! –
Utau è mezz’ora che mi trascina verso il centro commerciale per comprare quello stupido vestito che non troveremo mai, ed ora eccoci davanti a questo imponente edificio.
-Di che colore lo vuoi? –
-Rosso scuro-
Sospira, sorridendo e trascinandomi davanti ad un negozio con la vetrina tutta agghindata con palline rosse e un paio di vestiti fuoco esposti.
-Qui! Dai entriamo! –
Utau mi trascina dentro, iniziando a farmi provare diversi tipi di vestiti eleganti rossi, larghi, stretti, corti, lunghi, brillanti, opachi, a più tinte, tinta unica, con varie fantasie e varie cuciture, con e senza maniche, ma nulla mi va bene.
-Okay, qui nulla, andiamo avanti! Ci sarà qualcosa! –
Iniziamo a girare per ogni negozio che possa avere qualcosa per la festa di Natale a scuola di rosso scuro, non trovando mai nulla che mi vada bene o che mi accontenti.
Alla fine, quando abbiamo finito i negozi, ci sediamo stremate su una panchina e sospiriamo.
-Scusa Utau, mi spiace molto ma sono incontentabile, i miei gusti sono complicati e non troverò mai nulla! –
-Ma ci deve essere un modo, se te lo fai fare? –
-In una settimana e un giorno? E poi non ho idee! Che devo dire?! –
-Scusa Amu-
-No, qui quella che si deve scusare sono io; Utau, andiamo a prendere le tue scarpe? –
Le si illuminano gli occhi, e mi guarda subito sollevata.
-Se a te non dispiace-
-No, andiamo-
Andiamo nel negozio più grande e fornito di tutto il centro commerciale, e Utau va subito sui decolté con un bel tacco alto e brillanti.
Cerca, prova, si lamenta e storce il naso, fino a che non trova qualcosa che la interessa un po’.
-Utau, e queste? Mi sembrano ancora meglio di quelle-
Le faccio vedere un paio di decolté con la punta aperta, rosse e brillantinate, con un tacco non grosso ma nemmeno a spillo, semplici e comode, e a mio parere perfette per Utau.
-Sono meravigliose! Ci staranno benissimo con il vestito! Fammele provare! –
Le consegno la scatola con il suo numero, osservandola mentre eccitata si mette le scarpe, camminandoci.
-Stupende, le prendo! Amu sei una benedizione! –
-Mi spiace solo non aver trovato nulla-
-Tranquilla, qualcosa troverai…-
 
È martedì sera…e non ho ancora trovato uno straccio di vestito.
Stregatto mi sta risollevando il morale, dicendo che di sicuro avrò fortuna e lo troverò, ma non ci credo molto.
Quel ficcanaso è riuscito a farmi dire tutto sul mio recente cruccio, per poi ridere…questo mi ha sul serio alleggerita, però ora sono di nuovo giù, non averlo davanti è una tortura.
-Amu, ciao! –
-Ciao Ami, che hai? –
-Prima è arrivato un pacco per te, è piuttosto grande e pesante, l’ho portato in camera tua; hai ordinato qualcosa? –
-Affatto-
Vado al piano di sopra, aprendo la porta della mia stanza e guardando il letto, dove c’è un enorme scatola nera.
Sopra c’è una grande “S” e basta.
Sbatto gli occhi più volte, chiudendo la porta dietro di me e andando verso il pacco.
Mi siedo sul letto, toccando la scatola esitante, per poi scoperchiarla.
Centro c’è un vestito rosso accuratamente piegato, così piano lo prendo e lo sistemo, facendolo vedere tutto.
È meraviglioso!
Ha un corpetto con la scollatura a cuore senza maniche, una gonna molto ampia e gonfia in un tessuto molto morbido e leggermente lucido, seta; sopra la gonna un paio di strati di morbido e trasparente velo rosso chiarissimo, con vari brillantini mediamente grandi oro e argento, che arriva giusto un centimetro o due sopra la fine della gonna.
La seta che compone tutta la gonna è rosso cremisi, un rosso piuttosto scuro, e sotto all’intera gonna c’è una sottogonna gonfia e morbida rosso cremisi, quasi nero.
Il corpetto è rigido e con un reggiseno interno, un paio di brillanti argento sparsi per la parte iniziale, quasi sistemati per formare un cuore, e il rimanente con un po’ di brillanti oro.
In vita un nastro morbido e stretto nero che fa una punta verso il basso, con una “J” in oro al centro.
Il contorno del corpetto è praticamente nero, dando così sfumature incredibili, come le pieghe del vestito danno all’intero capo da altre parti.
Il dietro per la gonna è uguale al davanti, tranne che non c’è il nastro legato in vita.
Il vestito lascia scoperta la schiena, formando un cuore quando non lo si indossa per il fatto del vedere il davanti e del nastro nero che fa la punta del cuore dietro, uguale al nastro davanti ma che parte dalle ascelle e si ferma a metà schiena.
Dalla punta parte una strisciolina di tessuto, a cui è appesa una “S” in oro.
Davvero stupendo, meraviglioso.
Lo poggio delicatamente sul letto, facendo attenzione a non rovinarlo o a farlo toccare terra.
Prendo una strisciolina rossa che era subito sotto il vestito e la fisso.
Un girocollo, un girocollo rosso sangue con una S e un J in argento proprio al centro.
Fisso le due fasce nere e le prendo.
Okay, queste vanno messe sulle braccia, proprio a metà del bicipite.
Li sistemo tutti e tre sopra il vestito, osservando poi la scatola che ha un’altra scatola dentro.
Nera anche questa e con la stessa S di prima, ma molto più piccola.
La apro, spalancando gli occhi e sorridendo.
Un decolté con un bel tacco alto, rosse con del pizzo nero che le ricopre del tutto, e un piccolo fiocco dietro che richiama lo spirito natalizio.
Fisso la scatola, trovandola leggermente più profonda per quello che conteneva, eppure le cose erano assolutamente sistemate perfettamente dentro, senza avanzare spazio.
Sul fondo c’è un biglietto, che prendo subito.
Primo regalo mia cara…bah, non proprio! Guarda più in fondo Confettino! Ci vediamo. S
Metto giù il biglietto, dandomi della stupida.
Chi poteva mandarmelo se non lui?
Tocco il fondo della scatola, trovandolo stranamente troppo morbido, così infilo le unghie ai lati e tiro.
Il fondo si leva, lasciando spazio ad una visione meravigliosa.
Due pistole molto particolari poggiate con cura sul vero fondo, due fondine per gambe…e anche un altro fogliettino.
Prendo una delle due pistole, togliendola dal fermo che avevano per non farle muovere per tutto il pacco e la osservo.
È piuttosto piccola ma meravigliosa, con giochi di oro e argento che si intrecciano e l’impugnatura verde scuro, con sfumature che lo fanno sembrare liquido.
Intorno parecchi brillantini blu e argento, con altri disegni astratti.
Al centro dell’impugnatura un cavallo che si impenna fatto d’argento brillantinato, con sopra la parola “Carousel”.
Sul grilletto sembra ci sia stampata una foglia, e la canna ha immagini astratte che sembrano onde, verdi e blu, con brillanti dello stesso colore e in più argento.
È sul serio particolare per una pistola, nel mio stile, ma assolutamente bellissima.
La ripongo con cura, prendendo l’altra e osservandola.
È leggermente più semplice dell’altra, tutta argentata tranne l’impugnatura, che sembra fatta d’osso con incisioni nere a tema astratto sul fondo.
È una di quelle pistole piccole che hanno il caricatore cilindrico a rotazione, con una grossa, corta canna, dove c’è scritto “Jolly”, e sotto in più piccolo “magnum CTG”
L’intera parte in argento è a tema floreale, dipinto in nero e molto femminile, con una stella in un cerchio vicino all’impugnatura.
Le amo!
La ripongo, prendendo il biglietto e aprendolo.
Vero regalo, vedi di farne buon uso e non spararti! Se non le sai usare…si chiama apprendimento autonomo e sul campo! S.
Rido, mettendo via anche il bigliettino e chiudendo il doppiofondo, riponendo le scarpe dentro la scatola che rimetto dentro il pacco, piegando il vestito e riponendolo insieme a collana e cosi neri.
Chiudo il pacco, lasciandolo sul letto e andando al piano di sotto.
-Amu che era? –
Guardo mia sorella e mia madre, che probabilmente sapeva già tutto.
-La mia piccola ha ricevuto qualcosa da un ragazzo?! –
Sorrido, guardando la mia famiglia.
-Tranquilli, era solo un regalo, un meraviglioso regalo-
 
 
Angolo autrice:
Eccomi gente! Tornata con un nuovo capitolo che è più incasinato dello scorso, almeno credo.
Lo so, cambiano un sacco di persone e in questa storia gli eventi passano in fretta, le settimane volano, però guardate, siamo al sesto capitolo e sono passate solo due settimane dal primo cappy, non credo vada così veloce la storia, alla fine di questo capitolo è iniziata solo la terza!
E se va troppo veloce…tranquilli che tra un paio di capitoli gli eventi inizieranno ad essere più tranquilli, beh non proprio, ma ad esempio un capitolo sarà concentrato su un solo giorno, o al massimo due o tre.
 
Come vi è sembrato? Le pistole di Amu sono carine? Il vestito? L’ho ideato totalmente io quindi scusate se è pessimo e se non posso mettere l’immagine, comunque queste sono quelle delle scarpe di Amu e delle pistole (prese a caso da internet, lasciate stare scritte varie):
 
 
Modificate la scritta incomprensibile con Carousel.


Mettete Jolly sulla canna


Immaginatele rosse con pizzo ugule e fiocco dietro.
 
E queste quelle delle scarpe di Utau, il vestito verrà più avanti:
 

Rosse
 
Allora…domande? Curiosità? Magari volete sapere se Utau e Kukai si metteranno mai insieme? Non ve lo dico, leggete e scoprite, perché è il bello di una storia!
Spero non vi abbia annoiati, e dato che Amu e Ikuto (come gli altri personaggi) non hanno voglia di parlare per via della depressione -la causa è la storia- vi saluto qui io!
Ciao, alla prossima domenica.
Baci Blue!

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Capitolo 6
*** Christmas dance ***


Christmas dance

-Hai trovato un vestito?! –
-Non è che l’ho trovato, me l’ha mandato un mio…conoscente, forse sapeva del mio problema e voleva farmi un favore; lo ringrazierò fino alla fine dei miei giorni comunque, il vestito è meraviglioso e anche le scarpe! –
E non solo…le due pistole erano una vera favola, mi dispiaceva solo non saperle usare, ma come aveva detto S avrei imparato sul campo, perché ormai ero dentro il giro no? Ci sarebbero state molte occasioni per provarle, di questo ne sono certa.
Già, ormai ci sono dentro…non mi posso più tirare indietro, avrei potuto premere quello stupido pulsante rosso il primo giorno che tutto questo ha avuto inizio, la prima volta che l’ho visto senza camicia di forza, ma ho deciso di rischiare, e alla fine mi sono ritrovata a casa.
-E andrai alla festa con lui allora? –
-Cosa? – Chiedo con voce stridula, facendo tappare le orecchie ad Utau e facendo una smorfia.
-Scusa, comunque no, è bloccato a casa, non mi può accompagnare, però gli ho promesso di non ballare con nessun altro-
-Non è che ti piace? –
Inizio a scuotere la testa convulsamente, agitando le mani freneticamente.
-No no! Ma che vai a dire? Non mi piace! –
Lo amo!” Maledetta me!
-AMU! –
Mi tappo le orecchie, girandomi e acchiappando Rima che sta cadendo a terra dopo aver sbattuto su di me.
-Che c’è? –
Guardo lei e Yaya, che sono eccitatissime ma agitate.
-Tadase, Tadase sta per chiederti di andare con lui al ballo di Natale! –
Stringo gli occhi al nome di Hotori, mentre mi vengono in mente le parole di Stregatto “L’unico qui che può farti male sono io, va bene?”; annuisco, sorridendo al ricordo e perdendomi nei ricordi e pensieri.
-Sei felice? –
Sbatto gli occhi disorientata, guardando confusa Rima, Yaya e Utau.
-Cosa? –
-Tadase sta per chiederti di uscire! È uno tra i ragazzi più belli della scuola! Sei di sicuro felice-
Giusto, quella feccia. Sospiro, scuotendo la testa e immaginandomi di uccidere quel ragazzino più tardi, maledicendolo e indurendo lo sguardo.
-No, ragazze ho promesso al mio amico che non sarei andata con nessun maschio, e poi devo andare con Utau! Ve ne siete scordate? –
-Ah già! Allora immagino che rifiuterai; devi essere triste-
“Affatto
-Non tanto, sarà per un’altra volta-
Che palle!
-Amu! –
Mi viene un tic all’occhio e mi giro verso testa di platino, sorridendo ampiamente da risultare stomachevole.
-Si? –
Che voce smielata! Blhea!
Le mie amiche si fanno da parte, lasciandomi tutto lo spazio per essere scambiata per una qualche nobile che sta per ricevere una dichiarazione da un principe…che orribile cosa!
-E-ecco, volevo chiederti…- Si, mettiti in ridicolo davanti a tutti, tanto non avrai MAI il mio “si” -ti va di venire con me al ballo di Natale?! –
Sospiro silenziosamente, guardando storto Tadase per poi sorridere in segno di scusa.
-Mi spiace, ma vado già con Utau, glie lo avevo promesso, non posso rompere proprio ora una promessa fatta ad una amica-
Si guarda intorno, mentre tutti spalancano gli occhi o esclamano sorpresi dal mio rifiuto; è così disorientato e confuso! Da uccidere ora! Chissà, potrei fare delle decorazioni o dei regali al mio Kitty con le sue interiora e il suo sangue, un bel dipinto a muro! Si, direi di sì…
È molto in imbarazzo, rifiutato davanti a quasi tutta la scuola…affari suoi, io rimango fedele a Kitty!
-Arrivederci-
Mi giro, dirigendomi verso le mie amiche e prendendo sotto braccio Utau.
La trascino via, seguita da Rima e Yaya che sono agitate più che mai, mentre si guardano nervosamente.
-Amu sembrava lo volessi uccidere con lo sguardo-
-Ma no! È solo che sono un po’ stanca ultimamente, il mio paziente mi tiene molto impegnata e quindi…-
-Ti fa ancora male? –
-No, le prime volte lo faceva solo perché non si fidava, ma ora andiamo d’accordo-
Cazzate. Lo fa ancora più di prima, motivo per cui sono super felice, lui tiene a me più di quanto immaginassi!
-Mancano due giorni al ballo, siete eccitate? –
-Si, potrei dire di sì, una delle cose che preferisco però è di sicuro il non andare con Tadase-
-E come mai? –
-Perché sinceramente: mi infastidisce quel suo modo di fare gentile e principesco-
 
 
Mi stravacco sulla sedia, sospirando e guardando il preside.
-Mi scusi, ma i professori possono ballare con gli studenti? –
-Si, ma solo ballarci, non si può accompagnarli, non si può infastidirli e se lo studente non vuole lo deve lasciare in pace-
-E mi spieghi…perché avete mandato Hinamori a occuparsi del paziente duecentovent’otto? –
-Non è stata una nostra decisione, noi abbiamo spedito tutti gli stagisti che volevano provare al manicomio lì, era il direttore del Seyo Madhouse che ha deciso chi affidare ad ogni studente…probabilmente hanno visto il visino dolce e delicato della signorina Hinamori e hanno pensato di usarla come sacrificio, giusto per intrattenere il paziente e distrarlo; cercheranno di ucciderlo, questo è certo, e probabilmente incolperanno Amu: inesperta, dubitante e confusa “a quanto pare ha sbagliato metodo di cura”, diranno “si è confusa ed il paziente è morto, non è colpa sua, è solo una stagista”…e così se lo saranno tolti dai piedi, ovviamente solo dopo averlo utilizzato come cavia per tutti i nuovi farmaci e metodi di cura; anche se è un criminale sadico e senza cuore nessuno dovrebbe essere trattato così, è comunque un umano-
-Lei somiglia molto ad Amu, sa? Anche lei la pensa così…forse si salverà-
Il preside mi guarda confuso ed io sorrido solo, pensando alle mille informazioni…a quanto pare Amu dovrà consegnare un piccolo biglietto al capo.
 
 
-Sbrigati Amu, Rima e Yaya ci aspettano! –
Guardo fuori dalla finestra e vedo Utau in piedi accanto ad una limousine nera.
Maledetta lei e le sue esagerazioni, maledetta la sua ricca famiglia…ma una macchina meno elegante no vero?!
Corro allo specchio, finendo di mettermi il collarino e le scarpe, sistemando la semi coda meglio e scuotendo i capelli rosa ondulati, girando su me stessa.
Bene…posso andare, le pistole ce le ho, quindi direi che è tutto okay.
Corro di sotto, salutando mia madre che sta aiutando mia sorella a finire di prepararsi e mio padre, che rimane atterrito (quasi quanto mia sorella) quando mi vede.
-Amu e quello…? –
-Questo? –
Prendo la gonna del vestito e la alzo un po’, piegando la testa di lato.
-Si quello! –
-Era nel pacco, vi ricordate il regalo? Ecco quello, ora ciao! –
Corro fuori, dove raggiungo subito Utau che non manca di far notare il suo stupore.
-Amu sei…divina! Nulla a che fare con le cose degli anni scorsi! Questo sì che è un vestito, ma è firmato? –
Fisso la cintura e penso alle J sul collarino e dietro, sorridendo.
-Diciamo che si può dire così; il tuo invece? –
Si guarda e annuisce, facendomi vedere il lato della scollatura per dentro, dove c’è una scritta in oro.
Il suo vestito è semplice quanto stupendo, e su di lei sta divinamente.
Un vestito aderente a sirena rosso luccicante, a maniche lunghe con scollatura davvero trattenuta che fa a malapena vedere le clavicole e ha le scarpe che ha comprato con me; però sembra tenere poco caldo il vestito.
-Non hai freddo? –
-Ora sì, ma lì ci saranno minimo venticinque gradi ricordi? –
-Ah già-
Sale in auto, mentre io la seguo e mi guardo attorno.
Certo che è enorme qui dentro.
È tutto rivestito in pelle, i sedili sono larghissimi, c’è cibo, una TV e persino un…camerino?
-Utau, ma qui ti cambi? –
-A volte quando sono di fretta-
Annuisco sbuffando e aspettando per quindici minuti (minuti in cui non lascio con lo sguardo Utau), fino a che non siamo davanti alla scuola.
-Su Amu, scendiamo-
La seguo, aggrappandomi al suo braccio e scendendo dall’auto.
Appena siamo fuori tutti i presenti si fermano a guardarci, soffermandosi su di me e squadrandomi dalla testa ai piedi.
Mi stringo ad Utau, non guardando nessuno.
-Amu, guarda ci sono Yaya e Kairi! –
Alzo lo sguardo e sbatto gli occhi, rimanendo confusa da quello che vedo davanti a me.
Yaya ha uno stupendo abito rosso vivace con il corpetto piuttosto stretto e la gonna vaporosa più lunga dietro, tutto coperto da vari strati di tulle, avente due maniche che rimangono sotto le spalle e un fiocco legato in vita posizionato davanti, facendola sembrare un po’ un regalo di Natale.
I suoi soliti codini alti sono sistemati in basso e sono molto più voluminosi, tenuti fermi da due fiocchi più eleganti del solito rossi.
Le scarpe sono delle decolté piuttosto alte con tacco non proprio sottile con una cinghia che si lega sul davanti della caviglia e con un fiocco piuttosto grande sopra, rosse ma leggermente più scure del vestito.
L’insieme è molto semplice, ma al tempo stesso strepitoso.
Kairi invece (come quasi ogni ragazzo in questa sala) ha uno smoking nero con camicia bianca e cravatta nera, sguardo serio nascosto dietro gli occhiali e aspetto molto elegante.
Ha dei capelli pettinatissimi verde scuro, occhi azzurri/verdi coperti -appunto- da un paio di occhiali ovali e sottili, quasi trasparenti.
-Ciao ragazze! Questo è Kairi, il mio ragazzo! –
-I miei ossequi-
-Piacere- Risponde Utau sorridendo.
-Piacere Kairi- Allungo una mano verso Kairi con fare professionale, cosa che lui non manca di notare e la stringe subito, mentre in volto ha uno sguardo un po’ confuso.
-Amu…non mi ero accorta del tuo vestito, è strepitoso! È di marca? Firmato? –
-Stessa cosa che mi ha chiesto Utau…in un certo senso si, però non proprio-
Yaya piega la testa di lato, guardandomi confusa per poi guardare dietro di me, mentre le si illuminano gli occhi.
-Yaya che hai? –
-RIMA! –
Mi giro, vedendo Rima in compagnia di un altissimo uomo -o almeno, rispetto a lei-, stupenda come al solito.
Ha un vestito rosso scuro senza maniche con il corpetto mediamente stretto, gonna molto ampia con grandi pieghe su tutta la gonna e con un piccolo strascico dietro.
È abbellito da fantasie in stile natalizio dorate, sparse per il corpetto e sistemate ordinatamente alla fine della gonna, che raggiungono quasi la vita salendo e formando una specie di catena montuosa.
I capelli sono come al solito, solo che al contrario di tutti i giorni ha un fiorellino rosso ad abbellirli e sembrano arricciati un po’ di più.
Ai piedi ha delle decolté alte con tacchi a spillo, cinghia sul davanti e quasi totalmente rosse, tranne la parte posteriore e il laccetto, coperte da brillanti oro che sfumano sul tacco.
Elegante come sempre.
L’uomo accanto a lei, uomo alto con lunghi capelli viola scuri fino a sotto la schiena, occhi nocciola ed espressione calma, ha uno smoking nero con una camicia viola scuro simile al cremisi e un fiocco piuttosto maschile intorno al collo dello stesso colore della camicia, ma non un papillon.
-Ciao ragazze, Utau, Yaya, state d’incanto…Amu il regalo di quel tuo amico è meraviglioso, credo proprio tu sia la più bella qui-
-N-non esagerare; chi è il tuo accompagnatore? –
-Lui è Nagihiko Fujisaki, il mio fidanzato-
Nagihiko allunga una mano che stringo subito, e così fa Utau dopo di me, al contrario di Yaya che lo abbraccia e si presenta.
-Io sono Amu Hinamori, piacere-
-Hoshina Utau-
-Yaya l’hai appena conosciuta! –
Ridiamo tutti, fino a che non sentiamo una risata piuttosto strana provenire dal nostro lato destro.
È Saaya Yamabuki, chi volevi che fosse Amu?
La fisso, domandandole con lo sguardo: “ma che vuoi?”
-Vedo che Hinamori Amu quest’anno ha un vestito decente, è firmato? Quanto l’hai pagato? –
-In un certo senso è firmato Saaya, ed è un regalo-
Si avvicina a me, prendendomi per il braccio e controllando meglio il vestito.
Tocca la fascia nera stretta in vita e la solleva un po’, rivelando una scritta in oro piuttosto carina.
-Questa…questa è la firma del più famoso stilista di tutto il Giappone, ma come fai ad aver un vestito così?! –
-Te lo ripeto, è un regalo, comunque sei stupenda, non hai nulla da invidiarmi-
Alza la testa stizzita e si gira, facendo un sonoro “TSK”.
-Come se fossi gelosa, è vero, stai meglio delle altre volte ma non mi supererai mai, tu non hai nemmeno un accompagnatore, mentre io sì! –
La osservo meglio, e noto che effettivamente ha uno splendido abito.
Un abito rosso attillato a sirena, con scollatura a cuore e maniche più collo in velo bianco sottile, con decorazioni formate da brillanti argento e rossi disposti un po’ a salice piangente.
In vita una cintura argento carinissima che si intreccia con varie spirali e motivi molto particolari, donando al vestito semplicità ma eleganza.
Le scarpe sono (come quelle di quasi tutte le ragazze oggi) delle decolté con tacco a spillo, rosse un po’ scuro con un laccio intorno alla caviglia e due che formano una X nel centro del piede.
Non ha esagerato…strano da parte di Saaya.
-E chi sarebbe? –
-Arriverà a momenti, ora è impegnato, ma almeno arriverà; sono meglio di te in tutto, vestire, modo di fare, fidanzati, e soprattutto pazienti, me ne hanno dato uno matto come un cavallo, probabilmente a te invece hanno dato una mezza calzetta-
Stringo il pugno, con la voglia di impugnare la magnum CTG che mi ha regalato S.
Se ne va ridendo, mentre mi calmo e tutti scuotono la testa e Nagihiko e confuso.
-Ma chi era? –
-Una che frequenta la scuola di psicologia con noi; Amu non le dare ascolto, scommetto che anche il tuo paziente è piuttosto impegnativo-
Le guardo male, girandomi e andandomene, mentre continuo a voler fare un buco in testa a Saaya.
Sospiro, guardando il gruppo piuttosto confuso ma che si riscuote presto, mentre Rima e Nagihiko vanno a ballare, seguiti a ruota da Yaya e Kairi e Utau con un tizio che le ha appena chiesto di ballare.
Esco fuori, vagando un po’ per il giardino dell’istituto e fermandomi sul parapetto di un piccolo balconcino che dà su un laghetto…la mia scuola è bella solo per il giardino, enorme e simile a quello di una reggia.
Guardo la luna, sfiorando attraverso il vestito le pistole e sorridendo.
Chissà come deve essere ballare con lui, chissà se mai potrò farlo, lo spero molto, a lui voglio dedicare il mio ballo preferito e quello più bello della vita, a lui voglio dedicare la vita in realtà.
-Signorina Jolly? –
Mi giro, incontrando lo sguardo di Somy.
-Che ci fai qui Somy? –
-In realtà…la cercavo, il capo mi ha dato l’ordine di non farla toccare da nessun ragazzo e di non farla ballare con nessuno, quindi, dato che sembra annoiarsi e solo io posso ballare con lei, potrei avere questo ballo? –
Ridacchio, inchinandomi e avvicinandomi a Somy, facendomi prendere delicatamente per iniziare a farmi condurre in una lenta danza.
-Signorina Jolly, hanno intenzione di usarla-
-Chi? –
-Quelli del manicomio, la incolperanno della morte del capo, dicendo che per via del fatto che lei è una stagista ha sbagliato a prescrivere un metodo di cura e lui non ha reagito bene; nessuno ci andrà di mezzo, nessuno finirà nei guardi e il capo verrà usato come cavia, deve dirglielo la prossima volta che lo vede-
Sospiro, mentre Somy mi fa girare e incontro nuovamente il suo sguardo.
-Lo sapevo che sarebbe successo, ma tranquillo, non credo ci voglia rimanere così a lungo da permettergli di fare questo errore, quasi del tutto sono Jolly ora, devo solo stabilizzarmi, poi sarà tutto sistemato, e so già chi è la prima persona che lui prenderà di mira-
-Signorina…lei lo ama? –
Sbatto gli occhi, annuendo e scuotendo la testa.
-Si e no, è più ossessione, ma anche amore e ammirazione; è un uomo davvero strepitoso-
Lo vedo fissare la sala da ballo, dove ci sono Utau e Rima che parlano, mentre Yaya mangia e Kairi e Nagi discutono di cose parecchio singolari, sembra; in particolare fissa Utau, ogni suo movimento e ogni volta che la vede sistemarti il vestito sussulta di poco.
-Somy…ti interessa Utau? –
Mi guarda sorpreso, sbattendo gli occhi confuso.
-Perché lo dici? –
-La guardi, la fissi e non la lasci, la studi come S studia me, so che non è cotta né amore, solo interesse, quindi: ti interessa? –
-Si, si direi proprio di sì. Ora capisco perché il capo la vuole a tutti i costi; cosa dovrei fare? –
-Invitala a ballare-
-Cosa?! –
-Vai! –
Lo prendo per mano, correndo dentro e fermandomi davanti al gruppo.
Utau ci guarda con una punta di tristezza negli occhi, che sparisce appena sposto Somy davanti a me.
-Ecco…Hoshina ti va di accompagnarmi in questo ballo? –
Utau annuisce, andando da lui e facendosi accompagnare in pista.
Sospiro, sorridente.
Mi siedo, con accanto Nagi che accanto ha Rima, e sull’altro lato Yaya e Kairi.
-Sono così carini! –
Esclama Yaya.
-Già-
Sospira Rima.
Rido, mentre Utau e Somy si fermano tornando da noi.
-Sei Kukai Soma? –
Guardiamo Nagihiko, che ora è in piedi e sta davanti a Somy.
-Si, e tu…un secondo, Nagihiko Fujisaki?! È dai tempi delle superiori che non ci vediamo! Come stai? –
-Bene, e tu? –
-Da favola, solo il lavoro mi impegna molto, tu che fai? –
-Tra poco prenderò l’azienda di mio padre; senti Kukai, tu hai più sentito quell’altro? –
Somy si fa teso, mentre scuote la testa.
-Affatto, in terza superiore è sparito e nessuno ha più saputo nulla di lui…e quello che balla insieme e Yamabuki chi è? –
Guardo chi intende Somy e piego la testa di lato. È un tizio alto e possente, molto rude pare e con…delle fondine sotto la giacca dello smoking? Perché ha delle fondine dietro?
-Non lo sappiamo, ha detto che è il suo ragazzo-
Somy mi afferra per un braccio, trascinandomi a parte e facendomi fermare davanti a lui; stranamente non mi ha fatto nulla, nessun dolore o cose simili.
-Che c’è ora?! –
-Quello lì, è uno dei principali nemici del capo! Altro boss molto influente che ha cercato di fregare più di una volta Stregatto trovandosi a perdere metà dei suoi soldi e uomini, per questo vuole vendetta…vedi di non farti vedere né prendere da quello-
-Bah, come se mi spaventasse, che ore sono? –
-Le dieci circa, perché? –
-Bene, io devo andare! –
Corro verso il gruppo, salutando e avviandomi verso l’uscita.
-Amu e non torni con me?! –
-No Utau, voglio sgranchirmi le gambe! Ci vediamo a gennaio! –
-Ma è pericoloso…-
-Tranquilla no! –
Inizio a incamminarmi verso casa, passando dalla zona malfamata della città.
Mi fermo, sistemandomi il collarino e sorridendo.
-Ma chi abbiamo qui-
Mi giro, vedendo un tizio enorme spuntarmi davanti; ha tutta l’aria di essere un’idiota.
-Che c’è? –
-Ora vieni con me senza dire nulla, al mio capo farai molto piacere-
-Mi spiace ma nulla da fare; chi sarebbe il tuo capo? –
-Black Wlof, nemico giurato di Stregatto e uno dei boss più famosi di tutto il Giappone, ed ora seguimi senza fare storie! –
Mi afferra per il braccio, ritrovandosi dopo poco a un braccio di distanza da me con la magnum puntata alla fronte.
-Tu sei una troia-
-E lo sono ancora di più se dico di questo piccolo incidente al mio paparino-
-Dai, chi sarebbe uno dei Seyo? Non mi stupirei con un vestito del genere-
Gli tiro il lato della pistola sulla guancia, una gomitata sotto il mento e un bel calcio nei paesi bassi ben assestato.
Si accascia a terra, dolorante.
-Oh mio caro, non dovevi, ora papino si arrabbia…vediamo, inizia con S e finisce con O, ha a che fare con il tuo capo e in questo momento è al Seyo Madhouse, anche se molto influente pure da lì…allora sai chi è? –
-S-Stregatto?! –
-Ma certo! –
Sparo, beccando la spalla di questo idiota e mettendo via la pistola, incominciando a rincamminarmi verso casa.
Arrivo, sedendomi sul divano e sospirando.
-Mamma, papà?! –
-Amu sei già a casa? –
-Eh sì, mi annoiavo…io vado a letto okay? –
-V-va bene…a domani-
Mi fiondo a letto, ignorando i volti confusi dei miei genitori, spogliandomi e mettendo accuratamente via pistole e vestito, scarpe e tutto il resto, mettendomi il pigiama e andando a letto.
-Kitty sarà molto fiero di me…il mio primo ferito, e nemmeno molto male! Però lo voglio uccidere…ma non ancora, solo quando lo dirà lui. Domani gli devo dare il regalo! –
E con ciò mi addormento.
 
 
-Buon giorno! –
Mi stropiccio gli occhi, fissando male mia sorella.
-Che vuoi? –
-Calma sorellina! Sai vero che oggi hai un incontro speciale con il tuo paziente, si? –
-Puoi non dire “si” alla fine delle tue frasi? –
-Non se riesco, si-
La guardo male, sparandole uno sguardo di morte, facendola zittire.
Dopo un po’ ridacchia, prendendomi le guance tra il pollice e l’indice.
-Ma che tenera che sei quando ti arrabbi! Dai su muoviti! –
Esce fuori velocemente, facendomi scuotere la testa e reprimere l’impulso assassino che sento.
Mi alzo pigramente, vestendomi velocemente e prendendo il regalo per lui.
Spero gli piaccia…ho seguito solo l’istinto.
Scendo di corsa le scale, comportandomi come al solito, mentre dentro sto impazzendo lentamente sempre di più.
 
-Ciao-
-Ciao signorina Hinamori…da questa parte-
-Avete cambiato stanza? –
-Si…il paziente sta reagendo piuttosto bene alle sedute con lei, quindi abbiamo deciso di non lasciarlo incatenato e metterlo in una stanza più ampia-
-E la sua stanza normale? Avete cambiato anche quella o solo quella per le sedute? –
-Solo quella per le sedute, però non è più incatenato al muro nella sua stanza-
Annuisco, seguendo il colosso davanti a me e arrivando davanti ad una nuova porta blindata…è blindata quanto l’altra, ma è più larga.
-A dopo-
-A dopo- Rispondo, entrando e guardandomi attorno.
È quasi uguale all’altra, solo che più ampia, il tavolo è in legno e la sedia sembra più comoda, mentre dal mio lato c’è una piccola poltrona.
Fisso S che sta respirando pesantemente mentre si guarda attorno e alle volte si ferma sul pavimento, contorcendosi nella camicia di forza.
-S, tutto bene? –
Alza la testa di scatto, e appena lo vedo meglio spalanco gli occhi.
Ha uno sguardo disperato, pupille dilatate e respiro affannoso, mentre continua a contorcersi sempre di più nella camicia di forza…la manica destra all’altezza del bicipite è sporca di rosso…sangue.
-S! –
Corro da lui, inginocchiandomici di fronte e sfiorandogli il viso.
Tenta di mordermi, emettendo un sibilo arrabbiato che piano si trasforma in un leggero ringhio.
Si alza, incombendo su di me e continuando a guardarmi disperato.
-Tu…che hai fatto? –
Lo guardo stranita, non capendo per nulla.
-Cos’hai…fatto? –
Inclino la testa di lato, confondendomi sempre di più.
-Non capisco S…cosa intendi? –
-Esci, mi stai confondendo, cos’hai fatto? CHE MI HAI FATTO?! –
Cerca di nuovo di liberarsi dalla camicia ma non ci riesce, finendo per buttarsi in avanti e rimanere con la testa china davanti a me, ancora inginocchiata a terra.
Spalanca improvvisamente gli occhi, guardandomi in un modo folle e sadico, con un ghigno stampato in faccia e una voglia di uccidere che supera ogni sentimento negativo.
Si mette dritto, invitandomi con lo sguardo a fare lo stesso.
Mi alzo in piedi, guardandolo dal basso all’alto, senza ben capire le sue intenzioni.
-Jolly, Jolly…fai qualcosa per me-
Mi chiede, mi domanda, ed io esaudisco. Non ha detto che vuole, ma io lo so. Lo so e basta.
Lentamente mi sposto dietro di lui, iniziando a slacciare tutte le cinghie che tengono ferma la camicia di forza e piano aiutarlo a togliersela.
Sospira, stiracchiandosi e in poco afferrarmi il collo con la mano sinistra, guardandomi in modo più dolce di prima.
-Ciao child, come va? L’hai fatto finalmente? –
Annuisco, frugando in tasca e stringendo il regalo.
Mi lascia, permettendomi di mostrargli il suo regalo.
-Ecco! –
In poco lego il cinturino al collo, sorridendo felice.
Lui mi squadra, squadra il collarino e poi avvicina il dito indice al mio collo, facendo risuonare il campanellino d’orato.
-Bene…hai capito quindi-
Annuisco, toccando il collarino rosa con la scritta “propriety of” in nero e “Kitty” in blu molto più grande, in lettere metalliche su una targhetta argento.
Dal collarino pende un campanello oro, che fa un leggero suono ogni volta che mi muovo.
-Questo fa capire a chi appartengo! –
-Certo Jolly…brava-
Continuo da scema a sorridere, ricordando la festa di ieri.
-Kitty…vogliono ucciderti-
-Cosa? –
Mi guarda confuso, così inizio lentamente a spiegargli tutto quello che mi ha detto Somy ieri sera, sbuffando parecchie volte.
-Oh ma cara, non mi accadrà nulla…stanno abbassando la guardia, non devono, solo…non voglio rimanere qui ancora per molto, mi annoio-
Sporgo il labbro, diventando mogia e abbassando lo sguardo, afflitta.
-Che hai ora? –
-Quindi io non ti diverto nemmeno un po’? Mi spiace, sono un Jolly terribile-
Ride, tirandomi poi un ceffone, chinandosi su di me.
-Tu mi diverti, ma ti posso vedere solo due ore al giorno…di meno, e il fine settimana posso solo immaginarti; sicuri che tu non sia un’allucinazione? Il sabato non dovresti essere qui-
-È uno straordinario...-
Annuisce, sedendosi e invitandomi a fare lo stesso.
-Comunque sbaglio o ti avevo promesso un altro regalo? –
-Si, ma non serve, mi va benissimo quello che già mi hai fatto! –
-Zitta! Questo regalo…è solo perché tu non l’hai fatto, sei stata buona e in silenzio, schivando l’argomento, quindi devo premiarti-
-Che ho fatto? Se è per l’idiota che lavorava per Black Wolf a cui ho sparato ieri non ce n’è bisogno…-
Si rianima, guardandomi con una luce negli occhi piuttosto particolare.
-Hai ucciso uno degli scagnozzi di B?! –
-No…gli ho sparato alla spalla, non voglio uccidere a meno che non me lo ordini te-
-Bene…brava, motivo in più per premiarti, ma comunque non è per questo che voglio premiarti…sei la prima che lo saprà, e se oserai solo parlare ad anima viva…giuro che ti taglio la lingua! –
Annuisco, facendo segno di chiudermi la bocca con una cerniera e chiuderla poi con un lucchetto.
-Perfetto, perché tu sei la prima a cui parlerò di questo, a cui dirò il mio passato, il mio nome e come sono diventato Stregatto, quindi tieniti pronta per il tuo secondo regalo-
Spalanco gli occhi, portandomi le mani alla bocca spalancata e sorridendo.
S mi dirà il suo passato, mi dirà com’è diventato il mio Kitty e come mai ha cambiato nome…sì confiderà con me!
 
 
Angolo autrice:
Hey ragazzi...scusate il ritardo! Dovevo aggiornare una cosa come 2/3 settimane fa, ma non avevo idee per la parte iniziale (la terribile parte con Tadase) e non riuscivo mai a toccare il capitolo a causa dei compiti e dello studio…questo anno scolastico mi impegna seriamente!
Spero non risulti troppo corto rispetto al precedente, perché ci sono 2/3 facciate in meno…ma hey, non avevo più nulla da scrivere, se scrivevo ancora vi spoileravo tutto!
 
A tutti i lettori: cercherò di riprendere gli aggiornamenti settimanali, ma se salto una settimana sapete il perché…scuola, e come si dice: prima il dovere e poi il piacere; o: la scuola prima di tutto.
Vi prego ditemi che non è penoso come capitolo, vi prego!
A me sinceramente piace solo la parte finale e quella dove Amu balla con Somy e spara al tizio…poi il resto lo trovo troppo, ecco, normale per questa storia!
 
Quindi Saaya sta con il peggior nemico di S? (Non proprio dato che il peggior nemico di S è King’s, ma dettagli) Interessante, credo.
Come si evolverà questa storia? E ditemi, secondo voi Ikuto come ci è arrivato a questo punto? Qual è il suo passato e cosa centra Kukai in tutto questo? Perché è così fedele ad Ikuto, pur non essendo cattivo?
Se siete curiosi vi prego leggete il prossimo capitolo perché si capiranno parecchie cose, e quando dico parecchie intendo parecchie.
 
Bene, vi metto le immagini dei vestiti:

Utau:


Rima:
(quello in centro)

Yaya:




Saaya:




Allora alla prossima.
Baci Blue!

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Capitolo 7
*** Past and Blood kiss ***


Past and Blood kiss


Lo fisso, estasiata e quasi impaziente, ma tenendo lo stesso una certa calma.
Non dico niente, la frase “allora? Cos’è successo?” potrebbe farlo incazzare a addio passato.
Si siede sul tavolo, per poi distendersi e girarsi verso di me, squadrandomi con gli occhi.
-Avvicinati confettino-
Piano faccio come mi ha detto, e stringo le mani a pugno per non toccarlo.
-Siediti-
Lo faccio, non staccando mai il mio sguardo da quello di lui e con la voglia di baciarlo.
-Allora, sei pronta a morire dentro? –
Annuisco, poggiando i gomiti sul tavolo e tendendomi un po’ verso di lui.
-Allora bene, cazzo-
 
 
La vedo, effettivamente riesco a vederla. Non capisco nulla quando ci ripenso, quando ho solo voglia di cancellare il passato e ringraziare il fato per quello che sono.
Merda, sembro uno normale…MA CHE CAZZO MI PRENDE?! È colpa tua, lo so, piccola e inutile ragazzina, giuro che quando sarò uscito da questo buco ti ammazzerò, si, e lo farò baciandoti, stringendoti il cuore e legandoti a me.
-Merda, è vivido come se fosse ieri-
-Cosa? –
-Il ricordo, innocente e piccola Jolly, il ricordo di tutto, io…ero un bambino, il piccolo e innocente Ikuto Tsukiyomi, quello era il mio nome quando è iniziato, vita monotona, normale, famiglia unita e felice, mente sana e pulita, senza tracce di quello che sono. Avevo un sogno, ricordo che volevo diventare violinista, come quello scemo di mio padre, e…tanti amici, ne volevo così tanti che alla fine gli ho allontanati tutti. Mia madre era bella, con dei lunghissimi capelli biondi e occhi ametista, sempre sorridente e vivace, felice-
Mi metto a sedere, osservando Jolly che sembra curiosa come un gatto: non sai che la curiosità lo uccide, il gatto?
-Lei era come una luce nelle nostre vite, quella che mi capiva, quella che mi stava accanto, quella che mi consigliava cosa fare nei momenti di buio e colei che non mi lasciava mai senza amore, sotto forma di cibo, di tocchi o semplicemente di sguardi. Ricordo un sentimento lontano, vagamente, le volevo bene, immagino. L’ho perso, ho perso tutto quel dannatissimo pomeriggio! –
Sbatto il pugno sul tavolo, ricordando, questa merda di vita chi cazzo me l’ha fatta fare?! Ma si, lui, la causa di tutto è sempre e solo LUI!
 
-Ikuto, cosa vuoi fare da grande? –
-Il violinista! –
-Ahahah, tale e quale a tuo padre, mio piccolo gattino-
La donna dai capelli biondi mi diede un buffetto sulla guancia, facendomi sorridere e ridere; ero felice di averla come madre.
-Dov’è papà? –
-Impegnato, sta lavorando ad una nuova canzone-
-Ma non c’è mai! –
-Lo so, ma tesoro è il suo lavoro, lui ci ama, ricorda, e le canzoni le compone tutte per noi, non scordare mai-
Annuii, non convinto, ma annuii lo stesso, perché mamma non mentiva, non mentiva mai.
-Mamma? –
-Si tesoro? –
-Mi prometti che non mi lascerai mai? -
-Prometto-
Mai.
 
-Ikuto! Il pranzo! –
Mi girai, osservando mia mamma corrermi incontro, in mano una scatola con del bento dentro, racchiusa in un fazzolettino blu scuro.
-Scusa, cercherò di ricordarmene-
Lei sorrise, mi strinse a sé e mi passò il pranzo, dandomi poi un bacio sulla guancia e salutandomi.
Quelli erano i momenti che adoravo di più, quando mia mamma mi trattava ancora come un bambino nonostante avessi già quattordici anni; sarei andato al liceo a poco.
 
-Figliolo-
-Si papà? –
-Cosa vuoi fare? –
-Di scuola? –
-Certo, tua madre vorrebbe saperlo ed anche io-
-La scuola di psicologia-
Mi padre strabuzzò gli occhi, guardandomi confuso.
-Ma non volevi diventare un violinista? –
-Si, ma chi l’ha detto che non posso fare entrambi? Il violino lo so suonare, ho avuto un ottimo insegnante, e il cervello umano mi incuriosisce così tanto! La mente, il perché a volte viene deviata, cause e conseguenze, tutto! –
Mio padre rimane interdetto ancora per qualche istante, prima di scoppiare a ridere e scompigliarmi i capelli.
 
-È stata una delle poche volte che il vecchio ha effettivamente riso, rideva raramente, e di solito succedeva quando mia madre scivolava su una delle parti che lasciavo in giro per casa, atterrando sempre sul divano e facendo volare tutto il cibo che portava, sgridandoci poi perché ridavamo e lasciavamo in disordine la casa, scoppiando a ridere anche lei appena noi ci mettevamo ad aiutarla a pulire e si calmava. Lui era un uomo molto simili a me…no fragolina, non di carattere, ma di aspetto, solo che sembrava un po’ un emo in riposo, con quei capelli che apparivano stirati, e quell’espressione troppe volte così seria, ma sorrideva, capitava, e poi tutto è precipitato, in un solo istante lui ha smesso di essere lui ed io mi sono ritrovato all’inferno. Sai, al tempo frequentavo la prima superiore, la tua stessa scuola, la tua stessa classe, e la tua stessa voglia di scoprire-
 
-A dopo tesoro! –
Mia mamma mi strinse a sé, dandomi un bacio sul naso per poi lasciarmi andare, mentre barcollavo all’indietro per la forza con cui mi ero spinto via da lei che improvvisamente mi aveva rilasciato.
Finni con il sedere per terra, scoppiando a ridere.
-Scusami piccolo! –
-Mamma, non ho più due anni, tra poco ne compirò quindici! –
-Già…come passa il tempo, ma per me tu rimarrai per sempre il piccolo Ikuto, il mio gattino-
Mi alzai, andando da lei e abbracciandola forte, dandole un bacio sulla guancia.
La sovrastavo già di cinque centimetri buoni, mia madre non era mai stata una tipa troppo alta, al contrario di mio padre, e io avevo preso proprio da lui.
-Ti voglio bene Ikuto, allora a dopo, buona giornata-
-Ti voglio bene anche io mamma, passa una buona giornata anche tu-
E con questo la lasciai e mi avvia a scuola, come ogni altra mattina.
 
-Che vuoi? –
-Hey Tsukiyomi, siamo un po’ scontrosi oggi, no? –
-Sta’ zitto e lasciami in pace Akihiro…sul serio, oggi non è il caso-
Il ragazzo davanti a me sbatté la mano sul tavolo, facendo sobbalzare il mio vicino e alzare un sopracciglio a me.
-No, ho deciso che oggi giocherò con te e allora lo farò-
Sospirai, alzandomi e guardando da tutta la mia altezza l’idiota davanti a me.
Aveva dei capelli nocciola spettinati e occhi marroncini, un ragazzo nella norma si direbbe a prima vista, ma in realtà era solo l’idiota più grande di tutti i tempi.
Suo padre possedeva la società che cooperava con mio padre, che da qualche anno aveva ereditato la società del padre di mia madre, e da allora questo idiota non faceva altro che rompermi le palle.
-Akihiro, seriamente, non è giornata, smettila di rompermi e pensa a studiare per il compito di dopo invece, mi dispiacerebbe se prendessi un brutto voto di nuovo-
-Non capisco, hai un sacco di ragazze che ti corrono dietro, un sacco di ragazzi che vorrebbero essere tuoi amici e tu rimani da solo, non degnando nessuno di uno sguardo, tra cui me che sono il figlio del collega di tuo padre, e non fai altro che studiare…qual è il tuo problema? –
-Essere stanco di gente comune a cui interessano solo le apparenze e sono qui solamente perché vogliono farsi notare…al contrario di te io sono qui per studiare la mente umana, non per cazzeggiare-
Akihiro si stizzì, girandosi e andandosene, mentre mormorava dei sacramenti.
Scuotei la testa, sospirando e ridacchiando, per poi risedermi aspettando l’ora della verifica; avevo mal di testa, ma non mi importava, e anche se mia madre mi aveva consigliato di rimanere a casa quel giorno avevo deciso di andare a scuola lo stesso: il dovere prima di tutto.
 
-Non l’avessi mai fatto, tutto, tutto. Non avessi mai attraversato il portone di casa quella mattina, non avessi mai detto NO a mia madre, andando a scuola lo stesso, magari adesso sarebbe diverso, sarei…diverso-
 
-Sono a casa mamma! –
Entrai dal portone, guardandomi intorno e sospirando.
Strano, la casa era troppo silenziosa e non c’era l’ardente suono dell’olio che sfrigola nella padella il mercoledì sera, quando tornavo a casa solitamente.
-Mamma? –
Mi guardai intorno, poggiando la tracolla all’entrata e andando in cucina, trovandola vuota.
Percorsi tutto il piano inferiore, non trovando mia madre, così decisi di andare di sopra; probabilmente era in camera sua, forse non si sentiva bene.
Raggiunta la porta della camera dei miei mi fermai, sentendo uno strano odore provenire da dentro, in più la porta era socchiusa, molto particolare dato che mia mamma la teneva sempre chiusa quando ci era dentro.
Bussai piano, e non ricevendo risposta decisi di entrare a controllare…al centro della stanza, stesa accanto al letto c’era mia madre, inerte e con uno sguardo vuoto, un buco in mezzo al petto da cui sgorgava ancora a fiotti il sangue che andava a sporcare il pavimento e il letto, colorando il candido vestito di mia madre e i suoi biondi capelli.
Mi avvicinai cautamente, sbarrando sempre di più gli occhi man mano che mi avvicinavo per poi farmi cadere accanto al suo corpo, prendendolo tra le braccia e osservandolo.
-Mamma…-
Le accarezzai il viso, la strinsi a me, le baciai le guance e la fronte, cullandola, sussurrandole parole dolci…inutile, lo sapevo come funzionava, non sarebbe tornata da me, e in questi casi avrei dovuto rimanere forte.
Strinsi gli occhi, accorgendomi solo allora di avere la vista appannata e le lacrime che scorrevano libere sulle mie guance, bagnando quelle già umide di mia madre.
La poggiai a terra, mettendola come era prima e scesi di sotto, chiamando gli idioti che dopo avrebbero portato via mia madre per vedere che era successo, e prendendo poi il nastro adesivo.
Velocemente tornai in camera, segnando i bordi del corpo di mia madre con il nastro giallo, riprendendo il corpo di mia madre e portandolo al piano inferiore, posandolo sul divano.
Lì scoppiai, stringendola a me, gridando, imprecando e piangendo.
Chi aveva potuto fare una cosa del genere a mia madre? Chi?
Sentii bussare, e subito collegai le voci preoccupate alla porta come quelle dei vicini…probabilmente stavano ascoltando la mia straziante disperazione.
Non mi mossi, non ne avevo la voglia e avevo paura che se avessi lasciato andare mia madre lei sarebbe sparita, per sempre.
Sentii la porta aprirsi con un tonfo, e la voce del marito della vicina di casa si propagò per la casa.
-Ikuto, Ikuto cosa è successo? –
Avevo mal di testa, e il sangue di cui ero ricoperto non aiutava, ma non riuscivo a finire di piangere, di stringere mia madre, ancora leggermente calda.
Ascoltai i passi sempre più vicini al salotto arrivare di corsa, ascoltai le esclamazioni dei miei vicini quando mi videro, accettai il tocco delle loro mai sulle spalle, e accettai il fatto che tutti erano orripilati dalla verità davanti a loro: mia madre era stata assassinata.
Mi staccai da lei, tenendola con un braccio mentre con quello libero recuperavo il mio cellulare, chiamando tremante mio padre.
Uno squillo, due squilli, tre squilli…finalmente rispose.
-Ikuto, che vuoi? Lo sai che sono a lavoro…-
-Mamma-
-Ikuto? –
-Mamma non c’è-
-Che vuoi dire, Ikuto? –
-Mamma è…andata-
-Ikuto, cosa vuoi dire, Ikuto?! –
-Mamma è morta…-
E a quel punto, la prima volta che lo dissi, quando dissi finalmente che mia madre era morta svenni, accasciandomi sul corpo della donna che tanto mi aveva amato e che mi aveva cresciuto, ormai spento e privo di quella sua vivacità che la caratterizzava.
 
-Qualche domanda piccola? –
Lei alza lo sguardo, guardandomi calma, come se la storia non l’avesse presa così tanto, come se…si aspettasse qualcosa di più.
-Non sei impazzito così, vero? Di solito ti fa cadere in depressione una cosa del genere…chi l’ha fatto, chi l’ha uccisa? –
-Ahahahah! Tu sì che sei brava intelligente…no, non sono impazzito così, è stato quello svitato di mio padre che l’ha fatto, troppo rotto dalla morte del suo amore da accorgersi che aveva il suo frutto davanti, per accorgersi che la vendetta non era tutto, troppo cieco, troppo…tutto, è uscito fuori strada, ha smesso di essere lui ed è diventato un’altra persona. È lui che mi ha guidato alla follia, inizialmente era poco, ma dopo due, tre, quattro mesi che non riuscivano a trovare un singolo indizio sulla morte di mia madre lui esplose. Elettroshock. Mia cara, perché pensi che non ne soffra? Io ho visto il tuo sguardo “l’ha già subito”, diceva questo. Beh si, ed è stato proprio il mio vecchio a farlo la prima volta! Prima leggero, e man mano avanzando negli anni sempre più forte, appena mi rifiutavo di fare qualcosa ZZZZZZZ! Lui mi puniva! E questo è stato solo l’inizio, child-
 
-Papà? –
-Si Ikuto? –
-Cosa fai ogni giorno? Sei sempre meno presente…ti vorrei accanto in questo periodo-
-Ikuto sono impegnato, non chiedermi l’impossibile-
-Non te lo sto chiedendo! Sto solo cercando di passare un po’ più di tempo con te! Da quando è morta mamma ti sei rinchiuso in quello studio e quando esci non mi degni di uno sguardo! Che ho fatto di male? Incolpi me per la sua morte?! –
Una mano sulla bocca mi fece zittire, e mi ritrovai a fissare lo sguardo furioso di mio padre.
-Non la nominare, non nominare quella donna Ikuto! E già che ci siamo, per la tua insolenza lo testerò su di te-
Cercai di divincolarmi, di liberarmi da quell’uomo tanto forte e tanto diverso da mio papà, che piano mi trascinava in una stanza sconosciuta della casa, nella parte inferiore, quella che di solito preferivo evitare per via dei rumori molesti e il rimbombo piuttosto inquietante.
In poco mi ritrovai legato ad una sedia con un bavaglio in bocca, mentre fissavo con le lacrime agli occhi mio padre che trafugava di qua e di là prendendo vari pezzi di un macchinario.
In poco mi mise davanti agli occhi due strani cilindri, metallici e collegati a due cavi. Li teneva con due guanti di gomma blu, e mentre non ne capivo affatto il motivo accese qualcosa, qualcosa che fece fare uno strano rumore ai due cilindri.
In poco si avvicinò alle mie tempie, e nel momento in cui poggio gli affari su di esse sentii come se la vita mi abbandonasse, come se il mio cervello non avrebbe retto, e nemmeno il mio cuore. Emettevo grida strozzate a causa della benda in bocca, mentre lacrime uscivano a fiotti dalle mie orbite spalancate; fra non molto mi sarebbero partiti i bulbi oculari, me lo sentivo.
Non fu così, la tortura continuò per minuti, ore, e quando finì io non capivo quasi più nulla, ero diventato simile ad un vegetale; no, la mia mente non si era fritta, mio padre aveva usato diverse potenze di elettricità per far in modo di farmi soffrire di più ma di non friggermi il cervello del tutto, quindi ragionavo perfettamente, ma a quanto pare il sistema nervoso si era momentaneamente fottuto.
Lui uscì dalla stanza mormorando qualcosa che non capii, lasciandomi riprendere lentamente, e facendomi realizzare che effettivamente quella cosa qualcosa mi aveva fatto: era scattato un interruttore, un cavo si era scollegato e al suo posto se ne era aggiunto un altro…mi ero appena rotto.
 
-Ti ho detto di ubbidirmi, ragazzo! –
-Scusi padre…io ho pensato fosse meglio così, non ne è uscito nessuno ferito e le informazioni le ho-
-Prendetelo-
Mi ritrovai dopo poco legato per i polsi al soffitto, quasi come se fossi un salame. Sapevo che mi aspettava, e l’altra parte non vedeva l’ora.
NO, NON ASPETTARLO! SE LO CHIEDI LUI LO FARA’…NO, NON LO FARA’, O FORSE SI? IKUTO!!! SMETTILA!!!
Questa CAZZO DI VOCE! La mia, MIA! Mi stava uccidendo, mi sembrava di essere pazzo, schizofrenico. Chi sente le voci? Beh, non io, io ne sentivo solo una, ed era l’opposto di me…bipolare, ecco cosa ero.
Da quanto andava avanti così? Giorni? Mesi? Anni? Mio padre era uscito di senno, non avevano trovato l’assassino, così lui aveva deciso di entrare a far parte della malavita e cercalo per conto suo.
-Allora ragazzo, che ti ho detto? –
-Di ascoltarti-
Non lo guardai, tanto sapevo che sguardo aveva in volto: crudele, sadico e truce, deluso.
Nessun briciolo dell’uomo che era un tempo risiedeva ancora all’interno del suo animo, nemmeno un po’, ed io lo odiavo, lo detestavo per questo.
Ridacchiai, alzando la testa e guardandolo. Merda.
-Che hai da ridere? –
Non rispondei, solo continuai a ridacchiare, come uno scemo, come un’idiota.
-Ragazzo, che cazzo hai?! –
-Ti odio, ecco cosa ho! Sai che ti dico? Sono stufo, stufo di ascoltarti sempre e venire punito se cerco di non uccidere…da quando è morta mamma sei uscito di testa! Lei non avrebbe voluto che tu finissi così, secondo te io sono felice? Non voglio vendetta?! Eppure non mi sono arreso, perché mamma voleva che inseguissi i miei sogni, al contrario di te…-
Un ceffone mi fermò, facendomi ridere e invitare quel vecchio a fare quello che mi spettava, che non tardò ad arrivare.
Una scossa, due per l’esattezza, all’altezza delle tempie si espansero per tutta la testa, causando un mio grido, un grido prima profondo, che piano si trasformò in un verso acuto sempre più strozzato, fino a che non divenne una risata stridula, macabra e del tutto anormale.
-Smettila di ridere, ogni volta che ti faccio questo trattamento ridi sempre di più, ma che hai che non va?! –
-Ahahahah! Ed io che ne so, sei tu che me lo fai, SEI TU! AHAHAHAH! –
-Basta! –
Staccò gli arnesi dalle mie tempie, e in poco mi ritrovai a perdere sangue dalla schiena…non credevo fossimo ritornati nel medioevo, davvero la gente frustava ancora i prigionieri? Ahahah…esilarante.
Venni lasciato così, appeso, senza nessun supporto e sanguinante, con la testa che pulsava e le mie risate che si espandevano per tutto l’edificio, facendo rabbrividire tutti i galletti che giravano da quelle parti, facendosi grandi solo per le pistole.
 
-Tsukiyomi! Sta’ più attento! Ma che hai? In prima eri così attento, sempre a prendere appunti, ora è già tanto se non ti vedo con lo sguardo perso-
Guardai distrattamente la professoressa, ridacchiando mentalmente e alzandomi, uscendo dall’aula incurante degli sguardi increduli dei miei compagni e di quello incazzato della prof.
Mi diressi in giardino, dove ridendo mi buttai a terra, stringendomi la pancia e iniziando quasi a rotolarmi.
-Amico, ma che hai? –
A sentire quella voce mi calmai, guardando chi aveva parlato -apparentemente- con me, incontrando lo sguardo divertito di due ragazzi di prima.
-E a voi che importa? Non è che andate in giro a chiedere “cha hai” al primo pazzo che vedete che ride a terra, vero? –
-Beh non se ne vedono molti in questa scuola, siamo noi i dottori, non i pazienti, quindi che hai? –
-Niente, solo che la mia prof di psicologia fa certe facce…-
-Capisco! A proposito, io sono Kukai! –
Quello dai capelli nocciola e gli occhi verdi mi porse la mano, che non tardai a stringere.
-Io sono Nagihiko, piacere-
Strinsi anche la mano del ragazzo dai lunghi capelli viola e gli occhi nocciola, per poi tirarmi in piedi.
-Io sono Ikuto, e credo che da oggi voi sarete i miei nuovi migliori amici-
 
-Bene, per la prossima settimana voglio una relazione dettagliata sul Cappellaio Matto e su Stregatto, con una relazione a parte su Alice nel paese delle meraviglie e i suoi personaggi; ditemi, perché il Cappellaio è impazzito? Cos’ha che non va la sua mente? E Stregatto come mai sorride sempre, cosa lo spinge a farlo? Voglio anche sapere il perché sono stati creati e cosa rappresentano, potrebbero essere due punti di riferimento per il cervello umano, li studierete e di sicuro capirete qualcosa di più sui matti del manicomio di cui vi occuperete questo anno-
Il mio film preferito. Un misto di pazzia allo stato puro e macabri ambientamenti, Alice nel paese delle meraviglie. Quello originale, ovvio, quello nuovo è meno…pazzo.
-Allora amico, che fate di speciale questa settimana? –
Kukai arriva insieme a Nagi e subito mi dà un pugno sulla spalla, facendomi storcere le labbra e stringere la spalla già ferita.
-Nulla, tu Ikuto? –
-Io…nulla di speciale; ragazzi, vi piace Alice nel paese delle meraviglie? –
-Beh, ecco, si e no. È troppo strano, ma Alice è troppo tenera! A te piace? E il tuo personaggio preferito? –
Abbassai lo sguardo, ghignando.
Lo rialzai, sorridendo felice e in un modo un po’ inquietante.
-Si che mi piace, il punto di vista psicologico è meraviglioso e…Stregatto, lui sorride di più di tutti-
 
-Muori bastardo! Meriti solo di morire, sei tu che hai ucciso mia moglie! –
-Non è colpa mia se tuo figlio non degnava di uno sguardo il mio! Akihiro voleva solo averlo come amico e lui non ci parlava quasi per nulla…un’offesa terribile! –
-E mia moglie cosa centrava?! –
-Era solo un avvertimento-
Mio padre era furibondo, guardava quell’idiota che si era messo contro di lui con odio e una voglia omicida negli occhi pazzesca…da non credere, peggio di quando io lo facevo arrabbiare.
Lo vidi tirare fuori una pistola, sparando senza pensarci due volte a quello davanti a lui, che si accasciò a terra morto. Un buco in mezzo al petto. Morto. Proprio come mia madre.
-Ragazzo! –
Mi avvicinai di poco, guardandolo.
-Si? –
-Sbarazzatene-
-No! Non lo farò! Fallo da so…-
Un forte rumore ci fece tappare le orecchie e chiudere gli occhi, e nel momento in cui li riaprii mio padre veniva tenuto da un tizio travestito da un re leggermente particolare sospeso a mezz’aria per il colletto, che intanto lo fissava furibondo.
-Aruto, sei sul serio tu?! Come hai potuto farlo?! –
-Tu lo sai, tu lo sai stupido…tutto per Souko, tutto!!! –
-Beh mi spiace ma non posso permetterti di continuare, scusami-
In poco mio padre fece la fine dello stupido di prima, ma al contrario morì a causa di un forte CRAK nell’aria…il suo collo si era rotto.
Il tizio travestito poi si girò verso di me, guardandomi truce e avanzando a grandi falcate verso di me.
-Tu! –
Mi indicai, confuso.
-I-io? –
-Si! Tu devi fare la sua stessa fine! –
Spalancai gli occhi, alzandomi di scatto dalla mia precedente posizione accovacciata a terra e tentando di fuggire, venendo però ripreso da quello strano individuo.
Mi prese per il colletto, alzandomi e sporgendomi oltre la balaustra della passerella principale della fabbrica, mentre inutilmente tentavo di liberarmi.
-Lasciami, io non centro, voglio solo ricominciare ed avere una vita normale! Ti prego! –
-Perché dovrei lasciare andare il figlio di quel mostro?! Dell’ex uomo che una volta era il mio migliore amico? Sei marcio pure tu, quindi devi solo sparire! –
-No, ti prego! Voglio solo andarmene, lasciami! –
-Accontentato-
Il tizio che mi teneva mi lasciò andare, facendomi precipitare verso le vasche di acido/colorante che c’erano di sotto, e mentre quella piena del colore della morte si avvicinava pensavo che sarei finito con il colore che più preferivo: il nero.
 
Tossii, sentendo la gola in fiamme e il viso prudere, la pelle mi bruciava e avevo voglia di urlare, ma non ne avevo la forza.
Mi presi il viso tra le mani, strofinandomi con le unghie la pelle ustionata, guardandomi le mani.
Bianche, bianche come il latte e con le unghie nere. Non mi pare di essere andato a carnevale o ad una festa in maschera.
Mi alzai piano, togliendomi quello che era rimasto della camicia della divisa scolastica.
-Ma che è?! –
Mi guardai intorno, appoggiandomi ad un muro e notando un bagno non troppo distante da dove ero.
Ci corsi subito, aprendo il getto d’acqua e lavandomi il viso, sentendo giusto un po’ più di sollievo.
Arpionai il lavandino, sentendo conati di vomito salirmi in gola, e a quel punto osservai la mia immagine riflessa nello specchio.
Avevo i capelli con varie striature fantasia nere, le labbra color pece, la pelle pallidissima e gli occhi quasi incavati, con una specie di ombra che li contornava.
Sentivo la pelle più elastica, e appena spalancai la bocca notai i miei denti.
Bianchi, proprio come prima, ma…stranamente al posto dei canini avevo quelle che sembravano zanne, e l’insieme faceva ricordare un po’ un gatto.
Sorrisi, estendendo il mio già presente sorriso in un sorriso enorme e spaventoso, molto più largo di quelli che facevo di solito, da cui uscì una risata silenziosa, che poi si trasformò in un vero e proprio concerto.
In quel momento solo un nome mi venne in mente, solo uno: Stregatto.
 
-Ahahahahah! Che merda, non trovi? Ahahahah! –
-Quindi da quel momento tu sei sparito dalla circolazione normale? Ihihihih, frequentavi la mia scuola? –
-Si, si e si…lo puoi fare, del resto la biblioteca a scuola non chiude mai, vero? Ahahahah! Tranne di notte…hanno paura di qualche visitina…ahahah! –
-Avevi la mia prof di psicologia? –
-Beh…è una, quindi credo di si…salutala da parte mia sai! –
-Certo! –
Mi tiro in piedi, prendendola per il collo e fissandola. Rosate. Rosse. Torturate. Labbra.
La porto quasi alla mia altezza, rimanendo immobile. E in un attimo la attacco, senza pensarci due volte tentando di farle male in ogni modo possibile. Stranamente le mie labbra sono sulle sue, le mordono, le rompono e i miei denti tentano di staccarle la lingua, mentre la mia cerca di soffocarla, eppure sentire come si agita stranamente è la cosa più divertente della giornata.
Mi stacco, gustando ancora un po’ il gusto del suo sangue e guardandola. Bocca violacea, spaccata e sanguinante, sguardo stupito e perso, devoto. Una bambolina di cera che deve essere finita.
-Bene Jolly, sistemiamoci, la seduta è praticamente finita-
-S? –
-Mh? –
-Il braccio, che ti hanno fatto? –
Rido, rido come se avessi appena strappato l’occhio ad una delle guardie e la fisso, portandola di nuovo accanto a me.
-Piccola cara, sai quanto amo le catene io? Sai quanto amavo quelle della mia cella? Le guardie non erano felici delle mie lamentele sul fatto di non avere più quei giocattolini, così hanno fatto quello che fanno ad ogni prigioniero qui, mi hanno punito, come io farò con te molte, molte volte-
La vedo sorridere e la sento accarezzarmi il braccio ferito, ma non mi importa, perché sono perso, perso nella mia pazzia e nei suoi occhi, nella sua anima ormai crepata. Perché se gli occhi sono lo specchio dell’anima allora io riesco a prendere tutte le anime del mondo, le riesco a vedere e leggere, come sto facendo con quella di questa bambola. Una bambola matta, matta da legare.
 
 
Mi tocco le labbra, traballando e rischiando di sbandare con tutto il peso del corpo verso diversi pali della luce. Bacio, lui mi ha baciata. Il mio primo bacio. Mi aveva detto cose che non erano mai uscite dalla sua bocca, io ero definitivamente sua.
Non mi bastava che rimanere “stabile” e chiedere a Somy come cazzo faceva ad essere il suo braccio destro. Ma quando? Al ritorno dalle vacanze? No…no prima, alla festa di capodanno, la organizzava il sindaco e ci andava tutta la città. Roba da matti. Ihihihihih! Matti!
Si, chiederò a capodanno a Somy che è successo, e finalmente io conoscerò cose che nessuno, nessuno sa sul mio Kitty.
 
 
Angolo pazza:
Ragazzi sto uscendo di testa! Okay, anche se è vero passiamo alla storia.
Lo so, ho una settimana di ritardo ma ripeto: scuola.
Dovreste essere felici però, ho scritto quasi tutto il passato di Ikuto.
Scusate se i tempi verbali variano dal presente al passato, però era necessario per i flash che aveva Ikuto, utili per far capire meglio tutto.
 
E finalmente hanno avuto il loro primo bacio, un bacio violento, veloce e pieno di sangue, poco descritto, semplice direi, ma lo hanno avuto. E questo è solo il primo, rendetevene conto. Sono tremendamente pazzi e Ikuto dimostra il suo “amore” per Amu attraverso questi gesti unici nel loro genere ma con un significato enorme alle spalle, anche se sembra che ad accorgersene sia solo Amu.
Sinceramente non so ancora se fare il prossimo capitolo già con la festa di capodanno o meno, ma probabilmente lo dividerò in due parti, anche se non saranno proprio due parti, direi più tutti e due ambientati lì ma con argomenti totalmente diversi.
 
Beh, che dire? Spero il capitolo vi sia piaciuto, che la fine non sia penosa e che Ikuto non abbia perduto troppa pazzia qui.
 
Capite che ormai Amu è proprio agli sgoccioli no? Jolly la possiede la maggior parte del tempo, e nei prossimi cappy Ikuto spiegherà qualcosa che farà capire il perché di questa Amu, ma non vi spoilero più nulla ;)
 
Okay, sulla copertina immaginatevi Ikuto che dopo un po' che pienge ridacchia, ecco, quella è l'immagine che vorrei dare ma che non c'è quindi metto questa.
Spero non sia penosa!

Cosa posso aggiungere? Grazie a tutti quelli che mi seguono continuamente e alla prossima!
Baci Blue!
 
P.S: vi prego avvertitemi se non capite qualcosa, se ci sono errori terribili di tempi verbali (dato che non sono un’esperta con il passato) e se ci sono errori nelle frasi.
Mi scuso anche se il titolo è sbagliato, vi prego di avvertirmi se non vuol dire “Passato e bacio di sangue” mettendomi la traduzione corretta in una recensione perché io giuro non so bene come si traduce questa cavolo di frase!
Grazie ancora!

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