Antithesis

di niebo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Se sei nella m***a fino al collo, forse è ora di lavarsi. O levarsi..? ***
Capitolo 2: *** Cap 1 ***
Capitolo 3: *** Cap 2 ***
Capitolo 4: *** Cap 3 ***
Capitolo 5: *** Cap 4 ***
Capitolo 6: *** Cap 5 ***
Capitolo 7: *** Cap 6 ***
Capitolo 8: *** Cap 7 ***
Capitolo 9: *** Cap 8 ***
Capitolo 10: *** Cap 9 ***
Capitolo 11: *** Cap 10 ***
Capitolo 12: *** Cap 11 ***
Capitolo 13: *** Cap 12 ***



Capitolo 1
*** Se sei nella m***a fino al collo, forse è ora di lavarsi. O levarsi..? ***


Un passo a destra… due a sinistra… un giro su sé stessi e un calcio in aria..!!!

Questa è la mia mossa vincente.
Oh sì.
Sono un dio ahahahah..!!!
Non mi fermerà NESSUNO ora.
Or.. AH.
“Arrivo mam..!!” a sentire il suono improvviso del campanello, mi alzai per aprire…
…ma inciampai nel filo del mio joystick e ruzzolai a terra come un salame, mentre la console ebbe un atterraggio morbido sulle mie chiappe.
“Ahia che cacchio…” alzai la testa e vidi l’ombra minacciosa di mia madre che stava entrando nella mia stanza.
“Schizzettino di sperma della mammaaa!!!”
“MAMMA, TI PREGO SMETTILA, DI CHIAMARMI COSI’!!!” gridai ancora ingarbugliato nei fili.
Silenzio.
Due secondi dopo, quasi sputai un polmone al sentire qualcosa di estremamente pesante atterrare sulla mia schiena.
“E io ti ho detto di non chiamarmi mamma.
Ancora poco e il suo piede avrebbe raggiunto la mia colonna vertebrale.
“Coff..!! M..ma tu SEI mia ma….”
Sentii il peso aumentare. Ma cosa...
Mi voltai un poco e vidi che stava facendo equilibrismo sulla mia schiena, con una gamba che volteggiava libera in aria.
“Ok ok..!! COFF.. Madre mia signora padrona dell’universo..!!!!”
……
Un attimo dopo, con un balzo da finta ballerina, era ritornata con entrambi i piedi sul pavimento.
“Bravo il mio cucciolotto!” disse inginocchiandosi vicino a me e dandomi un bacino sulla fronte, dopo avermi alzato la frangia. “Ricordati di venire subito ad aprirmi la porta però la prossima voltaaa..!!”
Gridò mentre correva in cucina a sistemare la spesa, che aveva portato in casa poco prima.
Mmmh…
Ci misi un attimo a realizzare che mi trovavo ancora arrotolato tra i fili.
Poteva almeno aiutarmi quella..!!!
Strinsi i denti.

Rotola a destra… rotola a sinistra… giravolta su sé stess…

No, ok non avrebbe mai funzionato.

Sospirai e mi alzai in piedi un po’ barcollante, come avrebbe fatto qualsiasi persona normale.
Mi levai tutto di dosso e andai dalla madre signora padrona bla bla (tra di noi posso semplicemente chiamarla “mamma” vero..?) per vedere se avesse bisogno d’aiuto.
“Hai bisogno di una man…”
Non feci in tempo a finire la frase (e mi scuso perché probabilmente, da quando ho iniziato a raccontare, non ne ho ancora finita una) che si voltò verso di me in lacrime.
“No… Non dirmelo… Non ANCORA.”
Mamma fece segno di sì con la testa.
Mi spiattellai la mano sulla faccia con rassegnazione.
“Ho capito, HO CAPITO. Vado.”
Il suo viso si illuminò subito con un radioso sorriso.
“Grazie patatino!”
“Ngh… ti preferivo quando mi davi dello schizzo di sperma….”
Mugugnai incredulo delle mie stesse parole.
“A dopo allora!!”
Presi le chiavi e richiusi la porta dietro di me.
La solita recita…
Come se non sapessi che mamma fingeva sempre di dimenticarsi di prendere la frutta per far uscire più spesso me di casa….
So che lo faceva per il mio bene ma… da quando papà se n’era andato, attraversare quella porta per me era diventato sempre più difficile.

 

Camminare in mezzo alle folle cittadine non era mai stato il mio forte…
Caos, fretta, gente che ti squadra come se fossi un alieno… e stress.
TANTO stress.
Avevo cambiato punto di vista nel corso degli anni… una volta facevo parte di quella categoria di persone che voleva farsi notare, avere un qualcosa di diverso che potesse fungere da segnaletica in mezzo a tutto quel grigiore e a quella monotonia.
In quel periodo mi ero tinto i capelli di questo rosso fuoco. Ammetto che ora io mi ci senta un po’ a disagio, ma non mi dispiacciono troppo, anzi… ormai fanno parte della mia personalità eccentrica ed estremamente figa..!!
……ok, chi voglio prendere in giro?
Sono una persona piena di insicurezze, catapultata in un mondo che non comprendo e in una famiglia che mi ha lasciato a me stesso.
Beh…
Mamma cerca di prendersi cura di me come può… Mi rendo conto di quanto si sforzi di tenere quella maschera così esagerata per fa star bene me, e al contempo per non far ricadere quella…come dire… atmosfera lugubre in casa…
Papà…
Oh sì papà.
Lui semplicemente se n’era andato. Quando si era accorto che la situazione in casa si stava facendo difficile, e che con mamma era ormai alle strette, aveva deciso di partire per l’Amazzonia per riflettere sulla sua vita… o boh qualcosa del genere.
E beh… chi l’ha più visto poi.
In cuor mio spero sempre che sia stato impalato da qualche indigeno o che sia finito in un grosso pentolone come nei cartoni animati… lui, le palle che non ha mai avuto, e quella sua lingua conta balle di merda.
Continuo a ripetermi che non me ne frega più niente di lui… come a lui non è fregato più nulla di me e mamma… Ma sia io che lei, nonostante tutto, non riusciamo a distaccarci da quella testa di….
Eh insomma, io esco di casa ancora meno di prima, probabilmente temendo che spunti all’improvviso in mezzo a questa folla caotica e mi dica “Disegni ancora gli alberi tondi e le nuvole sorridenti, ragazzino?”
Gh….
Quell’uomo… se n’è pure andato lasciandomi la sua maledizione.
Il disegno.
Lui dipingeva in realtà… a me piace molto di più inchiostrare… però… quanta fatica, quanti pianti e quanti sacrifici dietro questa passione.
Se non fosse che non posso farne a meno ormai, potrei tenere anche in considerazione l’idea di smettere.
Grrrr… dannato vecchio nnnngh… rimbambito..!!!!

Il suono di un clacson mi riportò alla realtà.
Che cavolo, di nuovo..!!
Devo smetterla di pensarci.
Sai meglio che mi goda questa città… questa bellissima città.
Londra.
La amavo una volta, ma ora è diventata decisamente invivibile.
Quello che a voi parrà strano, ma che in cuor mio ho sempre saputo, è che l’evoluzione non fa solo passi avanti… ma anche indietro. Siamo tornati ad usare vecchi treni… ma i cui binari sono sospesi in aria per mancanza di spazio. Ci arrampichiamo sugli alberi come scimmie solo per trovare punti di raccordo satellitari o cavi per ricaricare i nostri aggeggi elettronici. Muoversi a piedi è ritornata un abitudine, in quanto non c’è più spazio per la circolazione di veicoli, che ormai non hanno più nulla con cui funzionare come una volta… e trasporti pubblici lenti, ahimè, non li vuole nessuno. Siamo ritornati a mangiare il cibo nato direttamente dalla terra, tanta frutta, tanta verdura… ma tutta geneticamente modificata per soddisfare le nostre esigenze… esigenze che ormai sono tornate ad essere pura e semplice sopravvivenza, nulla più.…
Insomma…. è tutto un enorme paradosso.

Tutto è decisamente un grande paradosso…

Argh di nuovo…!!!
Mi guardai attorno risvegliandomi dallo stato comatoso dei miei pensieri.
Mh… sì di qua.
Mi sembrava di aver percorso miglia e miglia, ma in realtà ero semplicemente arrivato al fruttivendolo sotto casa.
Riflettere tra sé e sé rende una traversata decisamente molto, molto più epica.
Entrai accompagnato dal suono di un campanellino.
“Salve…” bofonchiai sotto voce.
“Buon pomeriggio!” mi rispose il commesso dall’altra parte.
Un tipo davvero, davvero molto strano. E quando dico strano, intendo strano forte..!!!
Innanzitutto aveva sempre il sorriso stampato in faccia. Un sorriso rilassato… di quelli che ti farebbero sentire a tuo agio, se non fossero decisamente TROPPO inquietanti.
E così mi stava fissando proprio in quel momento.
D..dev’essere un monaco zen o cosa..?? Non è possibile essere perennemente in quello stato di Nirvana da film horror di serie B..!!
Ok no poi i suoi capelli… vogliamo parlare dei suoi capell..??
“Desidera?” mi disse sorridendo.
“E..eh sì!! Allora, due pesche uhmmm quattro arance, tre mele e un paio di banane….”
Allora i capelli sono una cosa troppo aliena cioè son lil..!!!
“E’ tutto?” chiese levando la borsa dalla bilancia.
“C..cos..?? Di già..?!” sussurrai tra me e me “Sì sì è tutto è tutto!! Dia qua..!!” presi il sacchetto, pagai e uscii stizzito dal locale.
“Arrivederci!” mi disse con la sua voce gentile.
Senza neanche voltarmi, perché sapevo il modo in cui mi stava guardando, risposi farfugliando un “a mai più” e me ne andai.
Tre… due… uno…
“HA I CAPELLI LILLA CAZZO..!!!” gridai in mezzo alla folla.
Come se il tempo si fosse frizzato per una manciata di secondi, la gente intorno a me si fermò a squadrarmi, manco fossi io quello strano.
Baaaaaaah…!!
Mi grattai un po’ la testa e ripresi il cammino verso casa.
In realtà da una parte… il fatto che quel commesso avesse i capelli di quel colore, un po’ mi faceva piacere… era pur sempre più strano di me!
…peccato che nessuno lo avrebbe mai saputo.
Insomma diciamocela il problema non è che fossero proprio quei capelli da cartone animato…. Ma aveva un’aria strana!! E sospetta..!! E anche inquiet..!!
Mentre ravanavo nel sacchetto per tirare fuori una banana, la mia mano urtò qualcosa.
Qualcosa  che non doveva essere lì dentro.
“Un’albicocca..? Di nuovo???”
Un’altra abitudine strana di quel tizio era quella di mettermi SEMPRE un’albicocca tra la spesa che facevo. E io non ne chiedevo mai!! Non mi piacciono le albicocche..!!
…a mamma sì, ma non è questo il punto.
Perché?
E vi starete chiedendo anche perché non andassi mai a reclamare… beh perché nello scontrino non era conteggiata! Quindi errore suo, pancia mia!
….o della mamma.
In ogni caso all’inizio pensavo fosse una svista… ma ogni santissima volta, l’errore si ripeteva.
Pensavo potessero essere avvelenate. Da un tipo come quello mi sarei aspettato di tutto!!
Ma le prime volte (e anche le successive) la mamma le aveva mangiate senza nessuna drammatica conseguenza.
Tzk…
Non lo so… non ho idea di cosa sia ma qualcosa in quel tipo non va.
Proprio n….
All’improvviso la vista di un anziano mi riportò alla realtà. Più o meno.. se così si poteva definire.
Ma cosa…
Stava infatti camminando con legati al grembo due palloncini, uno blu e uno rosso.
Quasi volesse prendere il volo.
“Questa sì che è bella….”
Passatomi vicino, continuai a fissarlo anche dopo che mi ebbe sorpassato di un paio di metri.
Mi ritrovai a camminare all’indietro ancora per qualche passo pur di godere il più possibile di quello spettacolo bizzarro.
Mentre non prestavo attenzione a dove stavo mettendo i piedi, però, pestai una cacca di cane fresca fresca.
“Aaaaaah che sfiga..!!”  imprecai.
Appoggiai un attimo la borsa ai miei piedi e scrutai la suola della mia scarpa.
Il verdetto: COLPEVOLE.
….di aver pestato una cacca che lì non doveva stare.
In mezzo al marciapiede poi..!!
“Ma quando cazzo impareranno i padroni a non far cagare i loro cani in mezzo alle palle??? O comunque a liberarsene..!!”
Iniziai a strisciare il piede per terra, neanche stessi facendo un’imitazione decisamente scadente del moonwalk di Michael Jackson.
Mmh.. può andare…
Raccolsi il sacchetto e ripresi a camminare ma…
SPLAT.
……
E’ uno scherzo, vero…?
“N..non posso averne pestata un’altra..!!!!” gridai ai quattro venti.
Ma, dopo aver abbassato lo sguardo, potei  constatare con grande rammarico che fosse proprio così.
“Nnnnnnh..!!” strinsi i denti per evitare sonore bestemmie “Come cavolo è possib..???”
Alzai lo sguardo allargando le braccia, e ciò che vidi mi lasciò letteralmente a bocca aperta.
La strada era piena, anzi, stracolma di altre cacche sparse per la strada.
“M…ma non è possibile… neanche una mandria di bufali riuscirebbe a riempire così tutta la….”
……..
Meglio che io ritorni sui mie passi e cambi vi….
….AH.
Non feci in tempo a voltarmi che sbattei la testa contro un palo.
(Abbiamo poca sfiga oggi, eh?)
Ma un attimo prima non c’era, ne sono sicuro, cacchio..!!
Se sono venuto da lì non potevo avere un palo alle spalle!! M..mi credete, no?!
Fatto sta che, dopo quella botta, persi i sensi.
Mi sentii cadere vuoto e leggero,  ed ebbi come la sensazione che il mio corpo stesse attraversando il cemento sotto di me.

Non ho la minima di idea di quali fossero state le dinamiche successive alla caduta… fatto sta che, a darmi un caloroso benvenuto all’Altro Mondo, c’erano quelli che, probabilmente, erano gli occhi di Satana in persona.

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Capitolo 2
*** Cap 1 ***


Il ragazzo riaprì gli occhi al contatto di uno sbuffo di cenere col suo naso.
Li stropicciò un paio di volte prima di accorgersi che qualcuno lo stava tenendo con forza a terra fissandolo, al contempo, con uno sguardo decisamente…  spiritato.
Un passo falso e una sigaretta era pronta a bruciargli la pelle, da quanto era ravvicinata al suo viso. Inoltre, poteva sentire chiaramente il suono di denti che digrignavano e laceravano un povero bocchino che reggeva la suddetta pericolosissima fonte di fumo.
“COME CAZZO TI PERMETTI DI CADERMI ADDOSSO.” disse una voce, che pareva quasi ovattata dato che Syu non aveva ancora ripreso del tutto i sensi.
Un sorriso inquietante si allargò sul viso dello sconosciuto, facendola quasi fare nei pantaloni al nostro protagonista.
In realtà neanche troppo… quasi...
Era un povero pisciasotto.

“C..caderti addosso ma che stai….?” mugugnò l'altro in risposta cercando di alzarsi.
“FORSE NON HAI CAPITO BENE CON CHI HAI A CHE FARE.”
“Esatto, è proprio questo il punt…”
Ma non fece in tempo a finire la frase che l’altro lo aveva già preso per il collo.
“TI FARO’ PASSARE LA VOGLIA DI FARE IL GRADASSO, PEZZO DI MERDA.”
“Eddai basta mia madre con gli appellativi gentili, ci manca solo riceverne altri dal primo che pass…!!”
Evidentemente davvero non aveva ben capito la gravità della situazione.
Perdonatelo…
…anzi no,  potete incazzarvi tranquillamente.
“A…aspetta che vuoi fare??? E che cos’è quella roba??? N..non scherziamo..!!!!”
Lo sconosciuto mostrò improvvisamente la propria mano destra, che stava reggendo una spessa catena.
Che fosse un banale trucco da prestigiatore, di quelli che si vedono in quei canali dispersi nelle numerazioni più alte del televisore…?
Non proprio, anche se di un qualche trucco doveva trattarsi per forza.
Perché al termine di quella catena, fluttuante in aria come un palloncino, c’era un’ENORME cassaforte.
Il panico cominciò a pervaderlo in ogni centimetro del suo corpo.
Ed era ora.
“MUORI!!!!!”
Dopo aver lanciato Syu poco distante da lui, con un velocissimo movimento del polso, lo sconosciuto fece roteare la cassaforte, per poi farla schiantare davanti a sé.
Rigido come un pezzo di ghiaccio, Syu riuscì solo a stringere gli occhi, aspettando la propria fine imminente.
Anche  se….
Mh…? S..sono ancora vivo…?
Pensò aprendo un occhio, incerto.
Senza la minima spiegazione logica, si ritrovò improvvisamente sul ramo di un albero.
“W..wah..!!!” preso un attimo di spavento dovuto al cambio di collocazione, si aggrappò saldamente alla dura corteccia che aveva sotto il sedere.
“Cosa diavolo sta succedendo?! D..Dio santissimo….”
Diavolo, dio…
Insomma, ora era letteralmente TERRORIZZATO.
Tra un respiro affannoso e l’altro, cerco di calmarsi. Decise poi di chiudere gli occhi e di concentrarsi nel fare un bel respiro profondo.
“Cosa cazzo. Oddio. Come. Cosa. DOVE….”
….si trovava?
Tutto intorno a sé vedeva solo strade sterrate, montagne boscose e una città fatta di case che parevano… in vecchio stile giapponese, quello tradizionale.
E lì, poco lontano da lui, il tizio di prima (quello con la cassaforte fluttuante) si muoveva a destra e a sinistra con nervosismo, probabilmente alla ricerca della vittima che gli era sfuggita… lui.
“Eheheheh q..quindi quel tizio mi sta ancora cercando per fare di me una mar…marmel..lata…?” disse con un sorriso tirato, muovendosi nel contempo verso un gruppo di foglie che potessero nasconderlo meglio.
Piano.. Piano…
STUCK.
Improvvisamente urtò contro qualcosa. Il tronco forse?
Si voltò ma ciò che vide era tutt’altro che un pezzo di legno.
Era un… ragazzino?
“M..ma cos..????”
Il ragazzo gli tappò subito la bocca per evitare che alzasse troppo la voce e, con l’altra mano, gli fece segno di fare silenzio.
Syu, superato lo spavento iniziale, fece un cenno di assenso con la testa e tornò ad avvicinarsi molto lentamente alle foglie, mentre l’altro gli faceva un po’ di spazio.
Il suo salvatore - sì, non era dotato di teletrasporto o poteri strani, al contrario di quello che lui stesso aveva per un attimo pensato - non avrà avuto più di quattordici anni. Aveva una foltissima chioma di capelli lunghi e biondi, occhi blu intenso e un ciondolo al collo, con un motivo strano, circolare, ma con all’interno alcuni disegni geometrici astratti.
Era piuttosto singolare.
L’occhio, però, gli cadde subito sul suo abbigliamento. Se così si poteva definire.
Gli sembrò istintivamente il figlio perduto di Tarzan.
Era infatti tutto nudo, se non per un panno colorato ma ormai quasi sbiadito, che portava legato alla vita. Le braccia erano piuttosto robuste per la sua età, e anche il resto del fisico.
Si chiese per un attimo se non stesse sognando, se fosse finito in coma o PEGGIO se non fosse finito in qualche strano rave party o simile.
Il ragazzino gli tolse la mano dalla bocca.
Syu lo scrutò per un attimo ancora, prima di parlare.
“Scusa ma… sapresti dirmi dove siamo…? P..perchè io stavo tornando a casa dopo aver comprato la frutta e….”
E…?
Cos’era successo dopo..?
Si massaggiò un attimo le tempie per cercare di ricordare.
Vuoto.
Più si sforzava di pensarci, più vedeva solo il nero totale.
Improvvisamente il pensiero andò a sua madre.
“S..Signora padrona..!! Cioè MAMMA..!! Devo assolutamente tornare a casa, si starà preoccupando per m..!!”
Di nuovo però, non fece in tempo a finire la frase, che l’altro lo strinse veloce a sé tappandogli nuovamente la bocca.
Syu lo guardò con aria mezza interrogativa e mezza rassegnata, e il ragazzino gli rispose con lo stesso sguardo che gli stava rivolgendo da quando lo aveva notato la prima volta.
Non lo aveva cambiato neanche per un brevissimo secondo.
Era completamente impassibile e non sembrava voler far trasparire alcuna emozione.
A quel punto non fece in tempo a chiedersi se non fosse anche lui un tipo poco affidabile, che in lontananza sentì giungere un chiaro rumore di passi. Pareva un gruppo di persone che si stava avvicinando tenendo tutte lo stesso andamento, come dei soldati.
E infatti così era.
O almeno, riuscì ad intuirlo. Gli individui che comparvero nella sua visuale non erano vestiti come dei comuni militari. Avevano delle strane divise color blu notte e giallo acceso. Doveva per forza trattarsi di divise o simili, in quanto tutti portavano la stessa uniforme…  a parte uno.
Quello doveva essere il capo.
Stava infatti davanti al plotone, e la forma della sua divisa era leggermente diversa, nonostante riprendesse lo stesso motivo delle altre. Era anche più robusto, poteva essere un degno lottatore di wrestling, sia per costume che per stazza. E per quei capelli... viola...
VIOLA.
Di nuovo quel colore….

Il suo viso terminava con un bel mento massiccio e le mascelle squadrate; non parliamo poi degli spaventosi canini che gli spuntavano dalle labbra.
Tutto sommato non era poi così.. canini???
Spalancò gli occhi tentando di non farsi scappare un altro urlo, ma dimenandosi un po’. Per fortuna la stretta del ragazzo era salda, o sarebbero caduti entrambi, da quell’altezza.
Al sentire il rumore proveniente dall’albero, il presunto capo alzò lo sguardo, come se stesse fiutando qualcosa nell’aria.
Si guardava attorno, comportandosi proprio come se stesse cercando qualcuno.
Dopo qualche minuto, però, sembrò convincersi che ciò che stava cercando non doveva essere lì attorno, e continuò la sua marcia, seguito dal resto dei compagni.

Le due scimmiette sul ramo rimasero ferme ancora per un attimo, prima di poter tirare un sospiro di sollievo. Il ragazzino biondo sciolse la sua morsa, e Syu si allontanò un po’.
“Ma cosa sta succedendo?? Chi erano quelli?? E soprattutto DOVE SIAMO????” esplose il rosso additandolo.
L’altro, in risposta, continuò a fissarlo con la sua faccia da poker, senza proferire parola.
“Ho capito, ho capito… non avrò risposta da te, vero?”
Silenzio.
Sospirò rassegnato.
“Beh… allora lascia almeno che ti ringrazi… Senza di te quel tipo laggiù mi avrebbe fatto fuor...”
Ma non fece tempo a finire la frase -daje- che il ragazzino lo prese per il bacino e, alzatosi in piedi, lo sollevò sopra di sé.
Syu era abbastanza scricciolo, ma dove la trovava tutta quella forza??
E soprattutto…
“Cosa stai facendo?!?!?” gridò.
Non ebbe nessuna risposta, ma fu invece scaraventato ancora a terra. Beh… a terra non era propriamente esatto. Il piccolo Tarzan lo aveva letteralmente lanciato di nuovo addosso a… LUI.
Non è ben chiaro quale fu la velocità con cui accadde ciò che sto per raccontarvi… in caso provate ad immaginarlo con un rallenty, ok?
Il pazzo assassino era stato atterrato DI NUOVO dal peso morto di Syu… Il che avrebbe dovuto renderlo ANCORA PIU’ nervoso. Quindi, in ordine cronologico…
Si alzò, schioccò un paio di volte il collo, ed iniziò a roteare di nuovo la cassaforte, talmente agilmente che quasi l’occhio umano non sarebbe stato in grado di percepirla.
Syu si ritrovò di nuovo completamente terrorizzato ma, per non si sa quale divinità fortuita (leggasi botta di culo), riuscì ad alzarsi ancora più velocemente del suo carnefice, e a correre via in direzione non definita... Ovvero a caso.
Figuriamoci però se QUEL nemico si sarebbe lasciato sfuggire una preda così succulenta.
Infatti, si mise anche lui a corrergli dietro e a roteare quella dannata cassaforte con tutta la forza che aveva, incurante delle cose che, nel frattempo, stava distruggendo ogni qual volta vi entrava in contatto.
Dio… dio... fa che non mi raggiunga per favore PER FAVORE….
Ma sfiga volle che, corri corri senza tener conto di dove si stia andando (da buon clichè), finì in una strada a fondo chiuso.
OK. Ora era ufficialmente MORTO.
“Ahahahah….” Si mise con le spalle al muro e iniziò a ridere
nervosamente, preso dal panico “R..ragioniamo… i..insomma possiamo sistemarla a parole no..? O..oppure posso fare qualcosa per rimediare..?? T..ti assicuro che qualsiasi cosa io abbia fatto non era voluta..!!!”
“LURIDO PEZZO DI MERDA….” mugugnò l’altro avvicinandosi lentamente a lui, avvolto da quella che sembrava decisamente essere un’aura malefica.
Tipo… quella viola ed inquietante che circonda i cattivi nei cartoni animati, per intenderci!
“T..ti prego ragioniamo.. Ah..!! Ti chiedo scusa!!!! N..non te l’avevo ancora detto eheh, che scemo..!!!” continuò sempre più nervoso, nascondendosi dietro al suo sorriso forzato.
“QUESTA E’ LA FINE.”
Già… Questa volta era davvero la fine. Si era giocato la carta della botta di culo pochi minuti prima… era improbabile che se la sarebbe cavata una seconda volta. Lo diceva anche la legge di Murphqualcosa…. Se può accadere qualcosa di brutto beh, accadrà di cer…
Signori…”

Chi l’avrebbe mai detto che la seconda volta sarebbe stato salvato da una voce suadente e un sorriso scintillante..?

 

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Capitolo 3
*** Cap 2 ***


Un forte vento si alzò intorno a loro.
La sensazione di un lieve peso sul petto lo pervase improvvisamente.
Abbassò istintivamente lo sguardo e notò che una mano era appoggiata proprio all'altezza del suo sterno. Ma fu solo quando allargò la visuale che si accorse che un individuo sconosciuto era entrato nel suo campo visivo, e non solo stava toccando il suo petto, ma lo stesso stava facendo con il pazzoide della cassaforte. In pratica... si era messo in mezzo per dividerli..?
Il losco figuro si girò e gli fece un occhiolino sorridendo, mentre i lacci di una fascia che gli avvolgeva la fronte si libravano nel vento che lui stesso aveva creato.
Un'espressione interrogativa si dipinse sul volto di Syu.
Eh...?
"...non mi sembra il caso di distruggere mezza città per qualche scaramuccia da nulla!" disse rimanendo a bloccarli ancora per qualche minuto.
Dopo aver flirtato (si fa per dire) con il nostro sfigatissimo protagonista, si voltò anche verso il pazzoide, ammiccando.
Ma l'altro, in tutta risposta, lo fissò digrignando i denti.
"Uh tu non devi essere un tipo molto alla mano... sei uno con cui è meglio… non fare i conti!!" disse alzando le sopracciglia indicando la cassaforte.
E si mise a ridere da solo.
Syu spalancò gli occhi e un tic nervoso gli comparve, insieme ad un sorriso disagiante, a lato della bocca.
Questo voleva decisamente farsi ammazzare. Altro che botta di culo, qui ci sarebbe voluto un esorcista...
Il tizio con la cassaforte inspirò così forte da fargli venire i brividi. O forse era ancora il vento... in ogni caso non era una sensazione piacevole, e non prometteva nulla di  buono. Quello infatti, un secondo dopo, stava già per spiattellare la nuova comparsa con un ghigno e un colpo secco di cassaforte.
"E..ehi spostati è pericolos..!!!" gridò Syu.
"Eh...?" rispose l'altro interrompendo la sua risata sul più bello.
SBAM..!!!
Era stato schiacciato. Sicuro. Non c'era modo che il novellino potesse essere sopravvissuto ad un colpo del genere.
Syu chiuse istintivamente gli occhi per evitare di vedere quello che doveva essere uno spettacolo raccapricciante. Se l'era un po' andata a cercare eh... però cavol...
"Cu cu!!"
Si voltò.
Il giovane con la fascia si trovata ora dietro di loro, su una piccola altura che dava sulla città, vicino ad un vecchio albero con la chioma ad ombrello.
"Ci è mancato poco eh..?" urlò sorridendo di nuovo, neanche dovesse impressionare qualche bella ragazza.
Il nostro protagonista malcapitato non fece in tempo a raccogliere la sua mascella da terra per lo stupore, che...

"C'è una bella vista lassù, che ne dici di venire con me?"

....si sentì sussurrare nell'orecchio, mentre due mani gli si appoggiavano sulle spalle.

Un secondo dopo era vicino al vecchio albero sull'altura.
Un altro soffio di vento gli scompigliò i capelli, mentre si ritrovò a fissare tutto dall'alto della collina.
In un battito di ciglia si era ritrovato in un posto diverso, mentre il ragazzo con la fascia alla fronte ora era laggiù che lo salutava e gli faceva segno di "ok" con la mano.
Non sapeva cosa dire.
Io sì… ma, visto che non voglio fare spoiler, andiamo per ordine miei cari compagni!

Continuò ad osservare per qualche secondo lo strano latin lover, notando ora dei particolari che prima gli erano sfuggiti: aveva i capelli arancioni, tirati su in modo strano, probabilmente con gel o colla di pesce, che gli davano un effetto a "gravità invertita". Indossava una canottiera bianca, che pareva una di quelle che si portano normalmente attillate, per mettere in evidenza i propri muscoli, ma che a lui cadeva particolarmente larga. Non che non fosse muscoloso... ma per riempire una canotta come quella ce ne sarebbero voluti almeno il triplo!
Portava poi un costume da bagno a pantaloncini, di quelli che andavano di moda nei primi anni duemila... e noi lo sappiamo bene.
Questi ultimi erano poi avvolti ai fianchi da una grossa... coperta? Poncho?
Non saprei come definirlo... uno strano involucro voluminoso dai motivi incomprensibili ed i colori accesi.
Tra le gambe, invece, gli spuntava una verde coda...
No aspetta.
Alzando a poco a poco lo sguardo si accorse che la coda non era sua in realtà... ma di un grosso coccodrillo gonfiabile che portava sulla schiena, come uno zaino, infilato in uno di quei portantini per neonati che si tengono al petto.
"M..ma cosa..?" gli ritornò momentaneamente il tic.
Perchè quel tizio si portava in spalla un enorme coccodrillo gonfiabile? Stava forse andando in spiaggia o simile...?
Scrutò il paesaggio, girando su sè stesso. Era completamente circondato da MONTAGNE.
"E sbrigati scansafatiche!!! Non abbiamo tempo da perdere ed io mi sento nudo e violato...!!!" disse una voce maschile vagamente effemminata.
"Lo so, lo so un attimo di pazienza!!!!" gridò il nuovo arrivato in risposta.
Ma l'altra voce...
Scosse la testa. Poteva anche essere schizofrenico ed essersela fatta da solo, non era il caso di preoccuparsene. Già troppe informazioni fuori dal mondo stavano affollando il suo povero cervello, meglio non surriscaldarsi.
"Ora tocca a te..!!"
In un nanosecondo il giovane con il finto alligatore aveva afferrato il tizio della cassaforte sotto le ascelle, e se lo stava trascinando con sè.
Apparentemente.
Subito dopo che il ragazzo si era messo a correre sul posto, i due si erano ritrovati dentro una buca, entrambi con un mucchietto di terra sulla testa, e un'espressione di disapprovazione dipinta sul viso.
Si fissarono.
"Quella dannata cassaforte.... se fossi stato ancora ai miei tempi d'oro l'avrei sollevata senza probl..!!!" una gomitata allo stomaco interruppe il flashback del povero mal capitato.
"Cofff..!! E..ehi!! Torna qui..!!"
Gridò al pazzoide che stava uscendo dalla fossa.
"HAI SBAGLIATO GIORNATA PER ROMPERMI I COGLIONI, SPEEDY GONZALES."
"Che??" disse l'altro mentre veniva lentamente sollevato fuori da quella buca, fluttuando in aria come se non pesasse nulla.
"Ah allora è così!!! Ecco come fai..! La tua antitesi è il controllo della gravità, vecchia volp..!!"
Ma, mentre con una mano lo stava sollevando da terra, lo psicopatico dal caps lock perenne mosse l'altra a destra e a sinistra, come per scacciare una mosca.
In quel momento, come se un tornado lo avesse investito, il giovane fu scaraventato lontano.
Riuscì però ad ammortizzare con i piedi la caduta, affondandoli per terra più che poté.
"Ahi ahi ahi qualcuno qui ha mollato la cassaforte..."

Ed un secondo dopo i due si ritrovarono sull'altura a fianco a Syu, che era caduto a terra preso dallo spavento, e ora li stava indicando tremolante.
"T..tu... V..voi..." balbettò.
Ok ok... secondo quello che aveva visto... uno controllava a suo piacimento gli oggetti, alzandoli e abbassandoli come se non pesassero nulla... e l'altro... l'altro...
"Sono veloce, vero..?" gli disse sorridendo con aria da figo.
" VUOI FINIRE DI TIRARTELA??" sbottò improvvisamente una voce dal nulla.
Di nuovo quella voce sospetta...? O meglio.. EFFEMINATA e sospetta..?
"Sì sì dammi un sec..."
Ma un pugno dritto in faccia lo interruppe a metà frase.
Il pazzo della cassaforte lo aveva atterrato più forte che potette, sottolineando lo sforzo col suo respiro affannoso.
"....FASTIDIOSO." concluse con sguardo disgustato mentre si risistemava la camicia e i capelli color del vino. Un rosso tanto intenso quanto le sue espressioni minacciose, ed entrambi difficili da dimenticare. Si rigirò al gomito le maniche, tirò indietro le bretelle e si avvicinò al ragazzo, che ora stava a terra, sdraiato sopra il suo coccodrillo gonfiabile, a pancia in su come un bacarozzo a zampe all'aria.
Gli schiacciò il petto appoggiandoci sopra, con ben poca delicatezza, uno dei suoi piedi nascosti nelle scarpe nere tirate a lucido.
Fece un tiro dal bocchino della sua sigaretta e lo soffiò in faccia al mal capitato.
"..."
Aprì la bocca per aggiungere dell'altro, ma non disse nulla. Si girò dalla parte opposta e se ne andò silenziosamente. A recuperare la propria cassaforte, probabilmente.
"A..aspetta..!!"
"SPARISCI." concluse l'altro senza nemmeno girarsi.
Il ragazzo, ancora sdraiato a terra sospirò.
Syu, che finora aveva osservato tutto senza intervenire, si chiese se dovesse dare una mano al poveretto, o se fosse meglio non fidarsi. In effetti sembrava decisamente malconcio... forse era il caso...
"Aaaaaaah si sta così comodi qui!" fece l'altro ciondolando a destra e a sinistra per posizionarsi meglio sul suo coccodrillo.
"MA-CHE-STAI-FACENDO-LEVATI..!!!!!!!!!!!!!!"
La voce.
Il pel di carota  fece roteare gli occhi e si alzò.
"E' stato bello finché è durato..."
"FIN TROPPO DIREI."
"Ho capito, ho capito alligatore dei miei stivali... Con quella voce da donnetta che ti ritrovi poi, pensi pure di essere credibile..." si fece passare una mano tra i capelli, risistemandosi la fascia, per poi punzecchiare pensieroso il suo pizzetto arancione.
"Questo verrà detratto dalla tua paga bipede..."
"Mamamama..!!" balbettò l'altro.
"E non solo..!! Guarda come mi hai ridotto atterrando su me! Stasera voglio che mi lavi e mi scrosti tutto.  Magari anche un massaggino alle zampe non ci starebbe male..." rispose il coccodrillo addolcendo il tono.
"SCORDATEL..!!!"
"BASTAAAAA..!!!!!!!"
Una terza voce si alzò sopra le altre due.
Si era decisamente stancato di non capire più nulla della situazione, e l'aggiunta di sempre nuovi inquietanti particolari, lo stava facendo impazzire.
Pure il coccodrillo gonfiabile parlante?? Ma stiamo scherzando???
"Oh scusami piccolo... di certo non starai capendo un tubo..."
"ESATTO. E vi pregherei di spiegarmi SUBITO cosa sta succedendo qui, prima che io mi butti giù da questa collina per disperazione!!!"
Il ragazzo dai capelli arancioni ridacchiò e lo scrutò per un attimo, fino a che il suo guardo non si pose sulla sua mano sinistra.
"Ahahah... avevi ragione, vecchio..." disse al rettile "...è un umano."
"Io non sbaglio MAI."
I due si avvicinarono al povero esasperato.

"Piacere, straniero. Io sono Erai... e da oggi sarò la tua guida nel mondo di Antithesis"

 


"....E NON MI HAI NEANCHE PRESENTATO, IMBECILLE..!!!" gli gridò l'alligatore nell'orecchio.

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Capitolo 4
*** Cap 3 ***


 
"...e poi vecchio a CHI???"
Da quando lo aveva appoggiato a terra, quel dannatissimo coccodrillo non aveva smesso mai di lamentarsi, neanche per un singolo secondo.
"E piantala ho capito, ho capito!!" disse Erai frustrato, pulendosi l'orecchio col mignolo.
"Perchè invece di lagnarti non vai a prendermi i vestiti??"
"L..lagnarmi io?! Ma se sei tu..!!"
"La parrucca bionda, mi raccomando."
"Seh seh..." farfugliò il ragazzo in risposta e, in un attimo, era già scomparso.
Syu e l'alligatore si "fissarono" in silenzio.
Era davvero possibile reggere lo sguardo ad un... rettile di gomma...?
"Ehmmm... quindi..."
"Tranquillo, testa calda, ci penso io a spiegarti tutto ora!"
"Ehi, ma che...!!"
"Zitto e ascolta, ragazzo. Per te non sarà di immediata comprensione, quindi presta MOLTA attenzione."
Syu sbuffò, ma non aggiunse altro.
"Come già anticipato, il posto in cui ti trovi ora si chiama Antithesis. Non sentirti preso alla sprovvista, è normale che tu non ne sia a conoscenza. Antithesis è una sorta di... mondo parallelo rispetto alla terra. Qui, vivono tutte le capacità che gli uomini non sono ancora stati in grado di acquisire. Ed esse... popolano questo luogo sotto forma di persone, che hanno quelle determinate capacità. Guarda Erai ad esempio: lui si muove ad una velocità improbabile per un comune essere umano, non è così?"
Il giovane lo stava guardando, ora aggrottando le sopracciglia, ora tenendo gli occhi spalancati per lo stupore.
"No... n..non prendermi in giro... è uno scherzo vero...? Tutto ciò è razionalmente impossibile!!!"
"Queste capacità si chiamano antitesi." continuò l'altro ignorandolo "Quando un'antitesi, grazie all'evoluzione, al progresso e a cose del genere... viene scoperta e acquisita dall'uomo... l'antithesiniano che ha quella capacità muore... per poi ricomparire sulla terra sotto forma di tesi, ovvero di essere umano, senza più alcun potere particolare. Umano,  che non sarà in grado di ricordare nulla della sua vita passata."
Il ragazzo si era ammutolito per tutta la durata della spiegazione, per poi iniziare a farfugliare una volta terminato il discorso.
"Vuoi... vuoi dire che per voi... ehmmm... antitesiani... morire... N...non che io creda a tutte queste sciocchezze!!!" concluse, correggendo subito il tiro.
"Già... morire non è proprio il termine corretto... è più uno... scomparire nel nulla, perdendo tutto, senza che tu possa fare nulla per arrestare la cosa.
Per questo motivo, moltissimi antitesiniani odiano gli esseri umani. Non che voi abbiate colpa delle leggi che governano questo meccanismo... ma sì sa, quando una persona deve liberarsi da un grande dolore, prima lo trasforma in rabbia, e poi lo getta addosso alla persona più atta ad addossarsi la colpa. E' un sistema di autodifesa. Un tentativo di star meglio. Ma non comunque giustificabile..."
In quel momento il coccodrillo gli sembrava totalmente un'altra ecco... persona...?
Ovviamente il ghigno di plastica era lo stesso... ma... boh. Poteva seriamente essere diventato d'un tratto più affidabile e convincente?
"NO. NONONONO..!!!! TUTTO QUESTO E' IMPOSSIBILE..!! NON CERCARE DI PRENDERMI PER IL CULO. PENSI CHE IO SIA TALMENTE SCEMO DA CREDERTI????"
"Stai parlando con un coccodrillo gonfiabile. Quanta credibilità credi che ti sia ancora rimasta?"
".........N..NON CENTRA!!!!" sbottò dopo una pausa imbarazzante.
In zona non c'era nessun'altra persona che potesse sentirli. Quella piccola cittadina pareva estremamente silenziosa e disabitata. La cosa non faceva altro che aggiungergli ulteriore inquietudine.
"Voglio delle prove!!! Dammi delle prove di quello che mi stai dicendo!!!"
"La mano sinistra."
"C..cosa..??"
"Guarda la mano sinistra degli antithesiniani. Vedrai un tatuaggio... Una A intrecciata con una T. Quello è il simbolo di Antithesis.
Lo hanno tutti dalla nascita, finchè non passano sulla Terra. Infatti, quando arriva per loro il momento della dipartita, esso scompare a poco a poco, in una sorta di... countdown. Non posso darti altre prove, per ora."
Syu lasciò cadere le spalle.
"Davvero queste tu le ritieni prove...?" puntalizzò alzando il sopracciglio.
"Abbi fiducia, più di così non ho da dirti."
Fiducia...
Aveva smesso di averne anni fa. Da quando sua padre aveva deciso di andarsene e lasciarlo lì da solo, non era più riuscito a fidarsi di nessuno, se non di sua madre.
Se non era degno di fiducia un padre, chi altro poteva esserlo? Un amico? Uno sconosciuto? Il primo che passava per strada?
...figuriamoci poi un coccodrillo gonfiabile!!
"NNNNh Dio se ne hai di roba inutile!!!"
Erai si palesò dal nulla.
Era carico di cianfrusaglie, più di un cammello in mezzo al deserto. Tra la braccia teneva quelli che parevano essere vestiti da donna. Un abitino rosa nello specifico. Poi dei trucchi, accessori per manicure, pedicure ed una... parrucca...?
"Inutile sarai tu..!! Anzi, LO SEI PROPRIO. Inizia a vestirmi, muoviti..."
"Grrrr...." digrignò i denti l'altro.
"Caro, puoi scusarci?" se ne uscì di punto in bianco l'alligatore, rivolgendosi a Syu con una vocina da donnetta.
"Oooooh andiamo, PIANTALA." sbottò Erai prendendolo di peso e portandoselo con sè dietro un albero.
L'umano rimase lì, a fissarli allontanarsi e nascondersi di soppiatto. Tra un "uhuhuh", un "ohohoh" e un "PIANTALA FROCIO DI UN RETTILE", si sforzò di trovare il punto di tutto quello che gli stava capitando.
E' vero, adesso gli avevano spiegato tutto... ma gli sembrava quasi di avere le idee più confuse di prima. La sua tendenza prettamente caratteriale a voler dare ad ogni costo una spiegazione ragionevole a qualsiasi cosa lo stava facendo impazzire.
"Ufff..." lo sbuffo di Erai lo riportò alla realtà.
Si portò entrambe la mani alle tempie. Non vedeva l'ora di mettere fine a tutto quello che gli stava succedendo. Se solo fosse riuscito a cavare almeno UN ragno dal buco...
Tatuaggio.
Lo sguardo gli scappò improvvisamente sulla mano sinistra di Erai.
Eccolo.
Proprio sul dorso di essa capeggiava un simbolo...
Inizialmente gli erano sembrati solo ghirigori confusi, ma poi capì che lo stava semplicemente osservando al contrario.
Lo capovolse mentalmente, isolandosi dal mondo circostante, e così intravide una A ed una T; proprio come gli aveva detto il coccodrillo svitato, poco prima.
M..ma questo non vuol dire... ha solo preso come esempio qualcosa che sapeva già e che io avrei notato facilmente..!!
"HAI DIMENTICATO IL MIO CERCHIETTO!!!"
"E CHI CAZZO SE NE FOTTE DEL TUO CERCHIETTO!!!!"
I loro toni di voce decisamente ALTI dei due litiganti lo scossero .             
"ORA ME LO VAI A PRENDERE!!"
"STAI SCHERZANDO VERO???"
"....devo ricordarti che cosa potrei farti?"
Erai rimase in silenzio. Non so a cosa stesse alludendo il coccodrillo (e probabilmente non lo voglio sapere), ma sembrò essere particolarmente convincente.
"Okok... Ma poi basta, chiaro??? Se c'è dell'altro e ti viene in mente a posteriori, sono cazzi tuoi!!!"
"Umpf.. sì sì VAI ORA."

Erai si allontanò di nuovo.
Questa volta, però, la sua attenzione fu distolta da una presenza familiare.
"Ehi, machoman!! Che ne diresti se ti facessi una proposta interessante...?"

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Capitolo 5
*** Cap 4 ***


"MOSCA ROMPICOGLIONI, NON HAI ANCORA FINITO DI RONZARMI ATTORNO?!?"
Dal caps lock credo che abbiate già intuito di chi si trattasse.
"Ahahah MOSCA non mi aveva ancora chiamato nes...!!"
L'altro lo interruppe strattonandolo a sè, afferrandolo per la larga canotta.
"
SpAriSci..." gli sussurrò digrignando i denti come un cane dalle zanne ed il temperamento particolarmente rognosi.
"Non vuoi nemmeno sentire che ho da dirti, Yokubari...?" aggiunse Erai ammiccando, sicuro di sè. Sapeva di aver colto nel segno.
Il losco individuo lo fissò per un momento, in silenzio.
Solo fruscio delle foglie ed il rumore dell'acqua di un fiumiciattolo che si trovava poco lontano accompagnavano quella strana suspence, mentre un leggero venticello si fece sentire d'un tratto, spettinando loro i capelli e contornando le loro espressioni, differenti, ma entrambe molto risolute.
"Come sai il mio nome, moscerino." gli chiese col tono che pareva più quello di un'amara constatazione.
"Mh... sono regredito nella catena alimentare. Lunga storia comunque, amico..." rispose appoggiandogli una mano sulla spalla.
SCELTA SBAGLIATA.
Yoku lo ribaltò nel giro di due secondi, sollevando una nube di terra che nascose quei pochi riferimenti che avevano attorno a sé.
"OKOK SCUSA, TIME OUT, TIME OUT, LASCIAMI PARLARE PERO' ORA..!!!!" urlò il ragazzo mentre Yoku lo spingeva ancora di più verso il terreno polveroso con entrambe le mani, reggendo nel contempo la dannata cassaforte che gli impediva di essere sollevato con facilità.
"Q..quel ragazzo... il bimbetto... Deve essere portato da Bora Bora..!"
Yoku mollò la presa.
Cosa...?
"Insomma... Perchè non lo aiuti a tornare a casa...? Non vorrai mica che..." puntualizzò vagamente alzandosi da terra.
Ora sì che aveva toccato un tasto dolente.
Non ci poteva credere.
Il suggerimento dato da quel vecchio pervertito di un alligatore aveva colto nel segno. In realtà non sapeva cosa legasse quel tizio al nome che aveva appena pronunciato, ma il saggio rettile ne era di certo a conoscenza.
E doveva essere qualcosa di particolarmente sconcertante per farlo reagire così...
Alzò la testa, aspettandosi di incrociare lo sguardo scioccato di Yoku dopo tale rivelazione.
L'altro, però, lo stava invece fissando con disprezzo, gli occhi spalancati come suo solito in un impeto d'ira.
Evidentemente il colpo di scena non aveva funzionato come sperava.
"QUELLA DONNA... NNNNGH."
....o forse sì?
Yoku girò subito i tacchi, allontanandosi da lui senza aggiungere altro. Anzi, Erai notò che si era anche portato una mano alla bocca, sbiancando improvvisamente.
Ma che ha? Non si sente bene...?
"Ehi, tutto ok?" gridò, mentre l'altro si stava già perdendo in lontananza.
Non si fermò, nè rispose.
Si limitò ad aumentare il passo per trovare il posto migliore dove poter rimettere di stomaco.

"Sei davvero crudele... quel nome l'ha scioccato, credevo svenisse da un momento all'altro." disse porgendo il cerchietto al coccodrillo.
"SEI ANNI in mia compagnia, e ancora non ti ricordi che non posso muovermi...?" sentenziò l'impassibile gioco da spiaggia.
"Okok te lo metto, CHE PALLE!!"
Syu nel frattempo si era appisolato, seduto ai piedi dell'albero.
Il teporino del primo pomeriggio lo aveva cullato subito dopo che Erai se n'era andato.
Il vecchio coccodrillo, invece, si era messo a prendere un po' di sole.
A suo dire.
E lì immobile era rimasto finora, canticchiando ogni tanto, dando vita a quel corpo inanimato con l'unico mezzo che aveva a disposizione: la voce.
Il nostro protagonista, d'altro canto, stava continuando a raccapezzarsi sulla situazione. Su cosa ci fosse di vero, cosa di falso, se si potesse fidare o meno, e come avrebbe eventualmente fatto per tornare dalla madre. E così, nel ricapitolare il tutto, si era addormentato, sfinito per l'eccessivo sforzo mentale.
Ora si era ritrovato a stropicciare un po' gli occhi in dormiveglia, svegliato da un chiasso che, ormai, aveva imparato a conoscere fin troppo bene.
Il fatto che fosse qualcosa di familiare, in cuor suo, un po' lo rassicurava.
Insomma, facciamo due conti: era finito in un mondo parallelo, abitato da persone che avevano una specie di super poteri; aveva già incontrato gente strana, come un tizio che se ne andava in giro con una cassaforte volante neanche fosse un palloncino, un ragazzo in tenuta da spiaggia che correva come Flash ed un coccodrillo inanimato, ma parlante, che sapeva il fatto suo e a cui piaceva vestirsi da... donna...?
Ma c'era dell'altro...
Dell'altro...
Ah!!
Il ragazzino biondo che stava sull'albero!!
Si svegliò del tutto di soprassalto, e lanciò un'occhiata verso il punto in cui lo aveva visto l'ultima volta.
Non c'era più nessuno.
Possibile che nel trambusco se ne fosse andato...?
Non lo aveva nemmeno ringraziato per bene alla fine...
No aspetta.
Ringraziare di che?! Quel bambinetto mi ha lanciato addosso al pazzo schizzato..!!
"Davvero quella zozzona di Bora Bora gli fa la corte? E' proprio messo male allora, mi viene da compatirlo!"
La voce di Erai interruppe i suoi pensieri.
"Con Bora... intendete forse l'isola...? O il vento...?" disse rialzandosi mezzo intontito.
"Ha preso un colpo in testa mentre non c'ero, per caso?" fece il latin lover con aria interrogativa
"Ignorante di un sottoposto, sono cose terrestri quelle!!!" lo rimproverò l'alligatore per  poi rivolgersi a Syu "No caro, Bora Bora è un'antithesiniana molto influente..."
"...e RACCHIA."
"ZITTO!!!! Sì, decisamente brutta, vecchia, grassa e... racchia. Il problema è la sua antitesi, ovvero quella di poter giocare con gli ormoni delle persone a proprio piacimento... capacità che usa per far cadere ai suoi piedi ogni uomo che la aggradi. Il resto lo lascio alla tua immaginazione, ragazzo..."
A Syu cascarono la mascella, le braccia e qualsiasi altra cosa possa cascare. Iniziò ad immaginare una sorta di Ursula de "La Sirenetta", con fior fiore di uomini ai suoi piedi, tenuti ad un guinzaglio come bestie da sadomaso.
E poi ne avrebbe abusato fino allo sfiniment...
"BASTA!!!!! MA DI COSE NORMALI NON NE AVETE QUI???" sbottò per evitare di continuare ad immaginare quella scena raccapricciante.
Non aveva fatto nemmeno in tempo a rilassarsi che già ricominciavano!
"Hai ragione... meglio evitare di riempirti di altre informazioni... soprattutto così oscene..." constatò l'alligatore disgustato "Pensiamo piuttosto ai nuovi vestiti da farti indossare per rimanere in incognito, e al tatuaggio che dovrai farti sulla mano..."
"T-TATUAGGIO????"

Gongteo, così chiamavano quella città silenziosa.
"Terra abbandonata".
Rimasta semidisabitata perchè il caso aveva deciso che molte persone di quella zona dovessero passare sulla Terra.
Mentre la maggioranza dei sopravvissuti si erano trasferiti pensando che la zona fosse legata ad una particolare negatività. Le solite sciocche superstizioni, insomma...
E quello in cui si trovava ora era forse il posto più silenzioso di tutti.
Sbuffò fuori un po' di fumo della sua sigaretta, pendente dal solito bocchino sofisticato, appoggiato con la schiena ad una roccia nei pressi di un piccolo albero, unica zona in ombra di tutta la radura.
L'erba aveva cominciato a crescere alta da quando quel posto non era più stato custodito da nessuno. Erano passati tanti anni ormai...
Un' altra boccata di fumo.
Che fare...?
Guardò quei segni familiari sulla corteccia dell'albero.
Forse c'era davvero qualcosa che lo legava a quel bamboccio... era il caso di accettare?
No di certo.
Ma qualcosa...
Il venticello leggero frusciava ancora tra le fronde.
Magari, ascoltandolo, avrebbe potuto dargli una risposta... magari gli avrebbe suggerito qualcosa tra i capelli, sussurrandogli la decisione giusta nell'orecchio, risvegliando lo spirito che si celava nel suo cuore e che l'avrebbe spinto a fare un gesto di misercordia...

"Duecento mila AUL.*"
"COSAAAA?????"
"ACCETTO."
"EEEEEEEH???? Mamamama vecchio di un rettile è una FOLLIA!!!! Doveva cedere alla nostra proposta GRATUITAMENTE, dove pensi di prendere tutti questi soldi per pagarlo????"
Lo sguardo fisso del coccodrillo si incrociò con quello di Yoku, ma fu come se si fosse spostato su quello di Erai.
"E me lo chiedi?"



*moneta antithesiniana


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Capitolo 6
*** Cap 5 ***


“Ora, veniamo a cose più importanti… l’abito.”
Ed eccolo lì.
Vestito con una gonnella bianca di pizzo ed una camicettina a fiori azzurri e rosa. La testa gli penzolava di lato, con rassegnazione. L’espressione vuota di chi aveva ormai perso la voglia di opporsi da molto MOLTO tempo.
“Ahah carino!!” esclamò Erai sghignazzando “Ora sei pronto per una appuntamento con un bel fustacchione tutto gel e brillantina!”
Syu divenne rosso come un peperone. Anzi, rosso come il colore dei suoi stessi capelli.
“Non è male, vero?” sottolineò il vecchio coccodrillo.
“Ahahahah no dai seriamente… possibile che tu abbia da prestargli solo abiti da donna??”
Già.
Era giusto un pochino imbarazzante la cosa.
Ma facciamo un passo indietro.
Eravamo fermi a quando il nostro protagonista era stato praticamente venduto per essere riportato a casa. L’accordo era stato finalmente fatto.
Subito dopo, Erai era tornato portando una sfilza degli abiti che l’alligatore era solito portare, il tutto per  trovarne uno adatto a Syu.
E così…
“M…ma è davvero necessario…?” chiese a testa bassa e denti stretti.
“Ovviamente!! Vuoi forse farti riconoscere subito?! I tuoi vestiti hanno addosso l’odore di umano!! Per non parlare poi del tuo pessimo gusto estetico… Ugh…”
Il ragazzo fisso i suoi vecchi abiti, che giacevano lì a terra scomposti e senz’anima. Non che fossero niente di speciale… Era semplicemente una vecchia tuta nera, larga, con le classiche tre strisce verticali bianche sulle braccia e ai lati delle gambe.
Tutto qua.
Ma gli piacevano i suoi vestiti comodi e vissuti… gli dispiaceva cambiarli.
A maggior ragione vedendo le alternative che gli venivano proposte…
Si passò una mano sulla faccia, ed iniziò ad invidiare Yoku che, silenzioso ed assorto, stava seduto sotto l’albero che dominava la collina. Fumava la sua solita sigaretta, mentre ignorava tutti senza alcun ritegno. Ecco forse l’unico segno di scomposizione poteva essere il piede che batteva ogni tanto, probabilmente impaziente di portare a termine il lavoro il prima possibile ed intascarsi tutti i soldi che gli spettavano.
E come dargli torto?
“Mi arrendo, vecchio…  qui non c’è niente di decente per lui…” puntualizzò il nostro velocista mentre rovistava tra la roba sparsa a terra “Possibile che tu non abbia nemmeno un paio di pantaloncini??”
“Certo che no. Perché non gli presti i tuoi a questo punto, signor intenditore??”
“Non scherzare rettile, SAI BENISSIMO che io non ho vestiti che bastino nemmeno me, dato che pretendi di riempire i bagagli ESCLUSIVAMENTE con le tue frivolezze..!!! Ancora un po’ e mi toccava andare in giro in mutande!!!”
“Susu zitto e cerca… vai con il “meno peggio” a questo punto… tanto non credo che possa esserci un vestito che doni a questo ugh…”
“Ehi io sarei qui.”
Syu, Syu… e siamo appena all’inizio del viaggio…
“Mh… questo potrebbe andare…”
Erai tirò fuori dal mucchio un abito da giapponesina in damascato. Era mezzo bianco e mezzo nero, con alcuni ricami in verde acceso. Carino… per una donna.
Soprattutto per lo stacco di gamba dato che, una volta provato, si accorsero subito che il vestito a malapena gli copriva il sedere.
Le gambe magre e storte, tremolanti e con i peletti ritti dal freddo, non erano di certo un bello spettacolo sotto un abito del genere.
“Perfetto!!!”
“No.”
“Ti dico che è perfetto.”
“NO.”
“Magnifico.”
“N-O.”
“Potrei decidere IO di grazia, dato che dovrò portarlo io???” sbottò Syu d’improvviso “Allora io trovo sia… raccapricciante.”
“Sì!!!!” esultò Erai.
“Oh bene bene miei cari ribellini… quindi preferirete ripiegare su… quelli?” rispose il coccodrillo alludendo alla montagna di pizzo e merletti lì accanto.
Syu ed Erai si guardarono, recependo entrambi il messaggio.
“I miei pantaloni!” gridò Syu dopo un momento di riflessione “Fatemi mettere sotto i pantaloni della tuta… così non sarà troppo disagiante!!”
“Ottima idea!!” lo seguì Erai.
“Eeeeeh…” fece invece l’alligatore.
“Aaaah che c’è vecchio…? Solo quelli non emaneranno un odore umano intenso, dai! Oppure non è abbastanza… alla moda…?”
“Eeeeeeh...”
“Senti Syu ignoralo perché ‘sto qua non ha tutte le rotelle a posto… preferisce vedere dei pelazzi sulle gambe che coprirli con dei pantaloni, di qualsiasi tipo siano.”
“EH!” concluse il coccodrillo all’idea di un bel paio di gambe nude.
“Ora ti lancio giù da un burrone, dannato frociettile.”
Nel frattempo, il buon vecchio Syu si era già provato i pantoloni.
Sì.
Decisamente meglio.
Si sentiva molto più comodo e meno in imbarazzo rispetto a poco prima. Era pur sempre un abito da donna ma, piuttosto degli altri, ad un compromesso del genere poteva tranquillamente scendere.
Mentre gli altri due continuavano a battibeccare come loro solito, si allontanò un poco, per avvicinarsi a quel tizio poco raccomandabile che stava sotto l’albero.
“Credo che… possiamo andare…” disse un po’ titubante.
Yoku, voltando quasi impercettibilmente la testa per intendere che aveva sentito, buttò via la sigaretta e si alzò.
Si avvicinò poi ai due litiganti senza proferire parola seguito, a sua volta, da Syu. Non che quest’ultimo ora si fidasse ciecamente del pazzoide… ma, a quanto pare, non aveva altra alternativa.
Erai ed il coccodrillo si ammutolirono.
“Sì, direi che è ora di andare… Anzi, rifocillatevi un po’ per stasera, d’altronde il ragazzo ha avuto una giornata pesantina… Domani mattina si potrà pensare alla partenza!”
Yoku, alle parole del vecchio saggio, girò i tacchi ed iniziò ad avviarsi verso un luogo ben preciso, ma che solo lui sembrava sapere.
Syu si ritrovò un attimo spiazzato, indeciso se seguirlo o se rimanere con gli altri due.
“Vai vai!” lo incoraggiò Erai.
“Ci rincontreremo domattina!” aggiunge il compare.
E così li saluto con un’alzata di mano e un mezzo inchino, per poi correre dietro al suo bodyguard.
Molte cose ancora lo turbavano… lo stesso tizio a fianco a lui, ad esempio. Non lo trovava per nulla affidabile. Anzi, gli incuteva proprio timore… ora che era diventato silenzioso poi, ancor più di prima.
E adesso… cosa doveva fare?
Parlare? Stare in silenzio? Limitarsi a rispondere?
Dopo una serie interminabile di minuti nel più completo silenzio, si decise ad aprire bocca.
“Io…”
“Zitto.”
OK.
Mossa sbagliata, decisamente sbagliata.
Si ritrovava internamente combattuto tra la paura per la violenza di quel tipo, e l’indignazione per la sua completa maleducazione.
Ma di certo, non si sarebbe permesso di fargli lezioni di galateo.
Continuarono a camminare e camminare e camminare, nel più completo silenzio. Stava iniziando a stancarsi e a sentire dolere le gambe, quando improvvisamente si ritrovarono di fronte ad un edificio, di dimensioni abbastanza modeste, ma che pareva comunque abbastanza grande a causa dello stile architettonico piuttosto imponente. Riprendeva il motivo di tutte le case che vi erano lì attorno, in vecchio stile giapponese tradizionale. Per entrare bastava scostare una piccola tenda, mentre ciò che da fuori già ti accoglieva, era un profumo irresistibile di cibo. Dalla carne, agli stufati… dal riso, alla pasta…
Tutto sembrava una prelibatezza ancor prima di essere visto.
Si lasciò guidare da quegli aromi, talmente incantato che quasi si ritrovò ad entrare nel locale prima di Yoku.
Un volta dentro si accorse, guardandosi attentamente attorno, che non era un posto molto illuminato. Molti tavoli riempivano un salone, mentre al banco si servivano drink e si cucinava. In fondo alla sala si poteva scorgere un pianoforte, affiancato da una piccolo palco vuoto. Mentre girava su sé stesso affascinato da quella piccola ma accogliente taverna, l’atmosfera orientale fu dipinta dalle note di una musica alquanto familiare, ma decisamente inadatta ad un posto del genere.
E fu così che, mentre lo swing aleggiava nell’aria… scorse nell’ombra una delle donne più fighe che avesse mai visto.

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Capitolo 7
*** Cap 6 ***


Aveva dei vaporosi capelli color lime che le coprivano le spalle e le si adagiavano delicatamente sul seno prosperoso. Le gambe lunghe e snelle si muovevano su dei vertiginosi tacchi, e un vestito nero le cadeva sui fianchi a clessidra come una cascata. Le sue labbra piccole e carnose erano messe in risalto da un rossetto rosa molto acceso. Si aggirava con movenze sinuose tra un tavolo e l’altro, anche se il locale era presso che vuoto. Quell’aria da vamp che aleggiava attorno a lei avrebbe fatto cadere ai suoi piedi ogni uomo ed anche lui, a maggior ragione,  da bravo adolescente non ne era certo rimasto immune.
La osservava imbambolato da lontano, la bavetta che stava per scendergli a lato della bocca semiaperta.
Nel frattempo, Yoku era passato oltre ed era andato prendere posto ad un tavolo poco distante.
L’ombra minacciosa che gli passò accanto lo costrinse a riprendersi, e così lo seguì subito a ruota.
Più si avvicinava a lei, però, più si sentiva le gambe molli come un budino. Per questo motivo, decise di scostare immediatamente una sedia e di sedercisi altrettanto velocemente.
Non sapendo esattamente cosa fare, lasciò cadere la testa sul tavolo.
Rimase così per un po’, come un fantoccio messo lì per far numero.
Yoku scosse la testa e fece roteare gli occhi.
L’unico modo che aveva per evitare di percepire la presenza di quel marmocchio era… evitare di percepire la presenza di quel marmocchio.
Evidentemente non aveva molte alternative…
Purtroppo doveva scarrozzarselo dietro come mamma cigno col brutto anatroccolo, ma ehi… almeno un bel gruzzoletto di soldi lo aveva ricavato.
Una nuova figura si avvicinò al loro tavolo proprio in quel momento.
“Salve Yoku” disse l’individuo asciugandosi le mani in uno straccio “…il solito?”
“Sì.” concluse in fretta, incrociando le gambe e svaccandosi sulla sedia, ma in un modo che aveva comunque un non so che di elegante.
“Oh! Ma chi abbiamo qui, un nuovo giovane?”  aggiunse l’altro appoggiando una mano sulla spalla di Syu “Ehi, piccolo caro, ti senti bene…?”
“Eh…?” fece il rosso alzando la testa un po’ intontito. Accidenti, si era quasi addormentato in quella posizione…
Ciò che gli comparve davanti fu un giovane (che avrà avuto sui trent’anni) dai lunghi capelli lisci e neri, e i lineamenti tipicamente orientali. Giapponese? Cinese? Boh, per lui erano un po’ tutti uguali…
Doveva essere giapponese però, si corresse mentalmente vedendo gli abiti che stava indossando: un lungo kimono i cui colori andavano dal lilla al viola più intenso, che era stretto forte sul ventre e scendeva giù con un’ampia… come si chiama? Gonna? Sottana? Quella parte lì insomma…
La forma con cui gli cadeva lungo i fianchi era così ampia che sembrava avesse un grande pancione in stile “Babbo Natale”. Non riusciva a capire bene il perché, ma questo suo abbigliamento gli dava un’ aria piuttosto materna… non nel senso che fosse incinto eh, però era come se fosse una sorta di mamma chioccia, pronta a prendersi cura di chi avesse bisogno. Anche il suo sguardo non aveva tradito questo pensiero: pulito e leggermente inclinato di lato, sembrava sinceramente preoccupato per lui.
“Tieni bevi un bicchiere d’acqua!” aggiunse improvvisamente, tirando fuori da sotto l’ampio vestito un bicchiere di vetro ed una bottiglia di acqua.
“M..ma cosa..??” Syu ne rimase un po’ di stucco. Passi la borsa di Mary Poppins, ma tirare fuori oggetti da sotto il vestito era una cosa al limite della decenza. Non fatemi andare nello specifico, ma non sapendo da dove ESATTAMENTE le tirasse fuori…
“G..Grazie…” fece Syu osservando leggermente disgustato il bicchiere che l’altro stava già riempiendo d’acqua.
“E tu…? Non ordini niente?”
“Ah…” Syu lo guardò per un momento, per poi rivolgere lo sguardo a Yoku, il quale stava bellamente ignorando tutta la scena.
“Ehmmm…”
“Ooooh…” fece il giapponese spostando anch’egli lo sguardo su Yoku “Ho capito. Tranquillo offre la casa!”
E sorridendo si congedò, sparendo dietro il bancone del bar e poi in quella che probabilmente era la cucina del locale.
Beh… insomma… acqua a parte, questo tizio sembrava un tipo a posto… e tra poco avrebbe pranzato… Pancia mia fat…
“Chi si aspettava di vederti qui…” una calda voce femminile giunse d’un tratto alle sue orecchie, innescando un brivido che lo percorse lungo tutta la schiena, e in un attimo era già rigido come un palo della luce.
…non in quel senso.
La ragazza - leggasi la bomba sexy - di prima  era giunta al loro tavolo, ed ora era a non più di un metro da lui. Lo sguardo provocante, il suono lascivo di ogni sua parola, lo stavano mandando in tilt.
Si sentiva accaldato e, probabilmente, era diventato rosso come un peperone, peggio del classico compagno di classe sfigato e frigido di quando frequentavi ancora le scuole medie…
“Mgh…” Yoku mugugnò qualcosa, evidentemente per nulla intenzionato a darle una risposta.
“Ufff… sei sempre il solito testone…” aggiunse iniziando a massaggiargli un po’ le spalle “Quando ti scioglierai un po’…?”
E poi.
La fine.
La ragazza alzò di poco lo sguardo, INCROCIANDO IL SUO.
Il tempo gli sembrò sospeso per un’eternità, scandito solo dal battere all’impazzata del suo cuore.
Mamma mia, ma era messo così male??
Riuscì solo a mandare giù la saliva e a spalancare un po’ la bocca, giusto per ricordarsi di respirare.
A quel punto lei, probabilmente disagiata dalla visione, si voltò subito per andarsene.
In quel preciso istante, fu però fermata dell’incontro-scontro con un altro soggetto che, se non vado errato, doveva essere il pianista che prima stava suonando lo swing.
Portava infatti un vestito un po’ retro, il classico abito che gli uomini portavano negli anni venti, color marroncino. In testa, un vecchio berretto da motociclista, con una piccola visiera e un paio di occhialetti tondi appoggiati su di essa. Aveva proprio l’aria di un uomo di classe, se non fosse stato per i suoi ciuffi di capelli neri, raccolti in tante piccole treccine, decorate con perline rigorosamente disposte s tre a tre: una rossa, una gialla, ed una azzurra. A questa pettinatura un po’ reggae si sommava lo sguardo sicuro, orchestrato da due occhi chiarissimi.
“Ma guarda chi c’è, la mia baldracca preferita!”
“Ci baci tua madre con quella bocca?”
“Madre Natura dici…? Andiamo, lo sai che sono un affascinante vagabondo...”
“E allora vaga via di qui.” concluse l’altra spingendolo via in malo modo per farsi spazio ed allontanarsi da lì il prima possibile.
“Lo sai che non potrei vivere senza di te…!!” le urlò dietro con un tono che però aveva un che di sarcastico.
Scostò poi una sedia per sedersi lì, a fianco a Yoku.
“Ehi Yokulino, come va…? Da un po’ che non ci si vede! Allegro come sempre, mi raccomando!”
L’altro OVVIAMENTE digrignò i denti, mugugnando qualcosa in risposta.
“Ahaha tranquillo capo, scherzo. Sei sempre il migliore qui.”
Lo “conosceva” da pochi minuti e già aveva capito che quel tipo doveva essere molto avvezzo alle leccate di culo.
“Mh… e questo chi è?” disse poi spostando lo sguardo su Syu che, preso alla sprovvista, lo fissò di rimando senza ben realizzare cosa stesse succedendo.
Lo sconosciuto  lanciò poi un’occhiata alla sua mano.
“Ooooh… capisco… da quando ti occupi della carne da macello, eh?” disse rivolgendosi a Yoku “Stai diventando più caritatevole di una suora...”
A quel punto l’altro scattò in piedi, prendendo il ragazzo per il bavero.
Stava ringhiando come un bastardo.
“Ahah ho capito, ho capito capo… Vado da Ryoko a farmi perdonare, che è meglio!”
Il ragazzo  si allontanò, lanciando uno sfacciato occhiolino a Syu prima di levare effettivamente le tende.
Yoku allora si risedette, cercando di riprendere la calma perduta.
Era evidente. Qualcosa lo stava trattenendo dall’esplodere come un vulcano. Chissà cosa…
Ed ecco che non si fa in tempo ad aggirare lo spoiler che il cuoco giunse al tavolo, portando con sé le sue prelibate pietanze.
“Ecco a voi!!” in una mano teneva una padella contenente del riso saltato con carne e verdure, nell’altra un grosso piatto con dentro qualcosa di imponente, ma di poco riconoscibile.
Cavolo deve mangiare proprio tanto quel Yoku…
Ma si stupì quando vide che l’enorme portata era stata invece messa davanti a lui. E si stupì ancora di più quando vide cosa c’era dentro. Un grosso polpo ancora intero, ma fortunatamente morto (non si sa mai), capeggiava al centro del piatto, i tentacoli ancora tutti al loro posto, come anche la parte superiore. A parte…
Osservò meglio.
Si accorse così che la testa del polipo era completamente cava. Come se fosse diventato lui stesso un contenitore, l’animale aveva, proprio al centro dove starebbe un cervello, un patè color… beh… cervello.
“Per te ecco il nostro piatto tipico!! Il Tako-nou!!*”
Syu ebbe un accenno di conati di vomito.
Poteva anche essere un piatto prelibato, ma la vista nell’insieme dava il voltastomaco.
“Buon appetito!!”
“Grazie…” rispose con un sorriso tirato, continuando ad osservare quella… COSA.
Nel frattempo il cuoco si spostò accanto a Yoku. Lì, tenendo la padella appoggiata sul palmo della mano, si mise in posa per qualche minuto, come se stesse attendendo qualcosa.
Ma cosa?
Improvvisamente si sentì il riso friggere nel poco olio che, evidentemente, c’era sul fondo della padella.
Eh…? Non starà mica??
La mano su cui il piatto stava friggendo era sempre più rossa, talmente tanto da rasentare l’incandescente.
Ehi, ma questa era una cosa da ricovero ospedaliero IMMEDIATO!!!
Fece per alzarsi di scatto dalla sedia per avvisare del pericolo, ma poi si ricordò di una cosa. Non era più a casa. Ora era in un posto strano. Un posto strano dove accadevano cose strane.
Rimase a riflettere per qualche secondo.
Che fosse…?
“Un’antitesi!!” sbottò a gran voce.
Yoku ed il cuoco si voltarono verso di lui. Fortunatamente il locale era quasi vuoto, o ci avrebbe fatto davvero una pessima PESSIMA figura. Ancora non si era ambientato, e direi che l’ultima cosa che voleva era farsi riconoscere…
“Mh…? Intendi la mia mano? Certo, è la mia antitesi!” fece il cuoco sorridendo per l’ingenuità del ragazzo “Aumento la temperatura del corpo a mio piacimento. Quindi posso permettermi di fare tante cose, come cucinare un piatto qui sul momento!”
Poteva cucinare usando la mano come piastra?
Iniziò ad osservarlo con curiosità.
Una volta che il riso fu pronto, il cuoco lo versò nel piatto e Yoku iniziò a mangiare, sempre con fare composto e raffinato. Si stava creando un’immagine di lui che era in netto contrasto con quella che aveva avuto nel pomeriggio. La rabbia, le urla, la cassaforte…
Bah…
Si accasciò sul tavolo, sinceramente troppo stanco (e nauseato) per mangiare il suo polipo. Nel frattempo il tizio giapponese se n’era andato, augurando loro buon appetito.
Brutti pensieri iniziarono a presentarsi nella sua testa…
La maggior parte erano rivolti alla madre ed una gran nostalgia, mista a preoccupazione, lo pervasero con un caldo abbraccio, che di rassicurante però non aveva nulla.
Nella sua testa iniziò a palesarsi uno scenario. Lei preoccupata, aveva chiamato la polizia, che probabilmente sarebbe accorsa subito e l’avrebbe trovata in lacrime. Lei, che aveva l’abitudine di mostrarsi sempre forte e contenta, sarebbe stata disperata, pervasa anch’ella dai peggiori presentimenti su un chissà quale incognito destino. Lei, che già una perdita aveva subito, ora ne avrebbe dovuta sopportare un’altra.  Lei, che lo canzonava ogni secondo per farlo stare bene. Lei, che in questi anni tanto aveva fatto per lui.
Non potè resistere a tutto il dolore che queste riflessioni gli trasmettevano.
Si fece scappare qualche lacrima, ben nascosto tra le braccia racchiuse intorno alla propria testa, e attento a non far udire neanche il minimo singhiozzo.
Stai tranquilla mamma, tornerò presto… Te lo prometto…

 

 

*letteralmente “cervello di polipo”

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Capitolo 8
*** Cap 7 ***


“Ehi… che succede qui?”
Una voce amica, ma ancora non abbastanza familiare giunse al suo orecchio.
“Mh…?” alzò un poco la testa, anche se avrebbe preferito non farsi vedere in quelle condizioni.
Il cuoco gentile di prima scostò la sedia e si sedette vicino a lui.
“Ti manca la tua famiglia?” chiese con tono paterno e comprensivo.
“Ngh… sono un po’ preoccupato… per mia madre…” rispose Syu ricomponendosi più che potè.
“E’ normale piccino… ti capisco… vedrai che presto tornerai da lei e non si sarà nemmeno accorta di nulla. Sarà come se nemmeno tu fossi partito…”
Il suo tono era così rassicurante... ma nello stesso tempo aveva un che di malinconico.
“Poi sei stanco, e oggi avrai preso un sacco di spaventi, ti avranno racontato un sacco di cose strane e sarai come minimo un po’ spaesato.”
Il ragazzo lo guardò stupito.
“Ma tu come fai…”
“Il tatuaggio, bamboccino! Non hai il tatuaggio, non sei di Antithesis!” sentì dire d’un tratto dal nulla.
Anzi “dal nulla” non era del tutto corretto, dato che si accorse in un istante che a proferire parola era stato il pianista di prima. Scostò anch’egli una sedia e si sedette con loro.
Vedrai che presto tornerai…? Ma fammi il favore. Prima di uscire da qui ne dovrai passare…”
“Iro chiudi il becco!” lo interruppe il cuoco decisamente indispettito.
Il pianista lo guardò inarcando il sopracciglio, e con un piccolo tocco del dito rovesciò la saliera ce c’era al centro del tavolo.
“Sta a guardare.” sussurrò poi a Syu.
Scusa cosa ci poteva essere di interessante in un po’ di sale versat….
“OH NO. Nonononono..!!!! Che hai fatto, scellerato??? Monello di un ragazzetto, lo sai che porta sfortuna..!!!!”
Il cuocherello tanto tranquillo andò letteralmente in panico, e si mise a correre a destra e a sinistra con le mani nei capelli.
Sembrava una trottola che non riusciva a star ferma.
Prese poi una manciatina di sale e incominciò a buttarselo alle spalle, sempre percorrendo tutto il locale, manco fosse un sacerdote che lancia benedizioni.
“Ahahahahahah..!!!” rideva di gusto Iro, il pianista, tenendosi la pancia per i crampi dal troppo ridere.
“M..ma perché..??” balbettò Syu guardandolo stranito.
“Fukigen è parecchio superstizioso, ahah, devi vedere come va in crisi quando nel locale entra un gatto nero!!”
“N..no intendevo perché l’hai fatto…? Povero..” disse grattandosi la testa. Ma dovette ammettere a sé stesso che non riusciva a trattenere un piccolo sorriso sghembo, che si stava facendo strada sul suo viso.
“B..bene!! E… e ora vado a prendere una scopa e pulisco tutto..!!!” disse Fukigen il cuoco mentre si allontanava, ancora agitato.
Ufff…
Pace e silenzio avvolsero il locale.
“Quindiii… esattamente… come sei arrivato qui…?” chiese Iro mentre stava svaccato sul tavolo, col mento appoggiato su una delle sue mani.
Non gli ispirava molta fiducia quel ragazzo… anzi gli creava un certo disagio. Si guardò attorno sperando di trovare qualcuno, o comunque una distrazione per sviare il discorso su un altro tema.
Ma non c’era anima viva.
Anche Yoku che prima era lì seduto…
Mh…?
Dov’era finito Yoku?
Probabilmmente si era alzato e se n’era andato quando Syu aveva iniziato il suo piagnisteo.
Effettivamente non era tipo da reggere certi comportamenti, o in generale non era uno di buona compagnia.
In quel momento però poteva andare bene anche il pazzo con la cassaforte. Chiunque. Non voleva farsi fare un’intervista da uno che pareva tutt’altro che raccomandab…
“Ahah non devi rispondere per forza, sai? Mi piaci comunque… sembri un tipo in gamba…” continuò l’altro dicendo forse la verità per una volta.
Forse.
“Beh io…”
“Non sopravviverai neanche un secondo qui se continui a fare il “tipo in gamba”, sia chiaro.”
“Riassettiamo tutto lalalaaa!!!”
Fukigen entrò canticchiando nella stanza con una vecchia scopa in mano.
Fiuuuu….
Sano e salvo eh?
Mentre il cuoco spazzolava in giro, il pianista gli tirò un’occhiata furtiva.
“Il Kengah…”
E si fece passare da parte a parte del collo il dito indice, in quello che doveva sembrare un presagio tutt’altro che rassicurante.

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Capitolo 9
*** Cap 8 ***


Fukigen finì di raccattare tutto il sale che aveva sparso in giro per evitare che la sventura si accanisse su di lui. Era buffo come un ragazzo così giovane (avrà avuto una trentina d’anni) avesse atteggiamenti e credenze che, spesso, si possono invece ricollegare a persone più anziane… ma alla fine questo era proprio ciò che lo rendeva un tipo particolare. A proposito di individui singolari, Iro se n’era andato poco prima, lasciando nell’aria una certa tensione e, nella testa di Syu, un tarlo che continuava a farlo pensare e preoccupare più del necessario.
Il cuoco, che pareva avere un certo sesto senso verso le difficoltà altrui, si avvicinò di nuovo a lui dicendo:
“Allora… ti hanno spiegato cosa dovrai fare ora…?”
Sorrise sperando di rassicurarlo un po’.
“In verità no… non so nemmeno perché sono qui e come ci sono finito… Non ho idea di dove sono diretto, né con chi… non so nulla di nulla…” rispose l’altro laconico.
“Ti spiego tutto io. In realtà non so esattamente quale sia il vostro piano, ma credo di poterlo intuire… Domani dovrete partire alla volta della città dove abita il dottor Irezumi…”
“Cosa, cosa, COSA?!? Hai detto dottore??? Perché dovrei farmi visitare?!?”
Gli occhi gli si erano sbarrati e il tono di voce si era alzato improvvisamente. Era evidentemente agitato fino al midollo.
“Non è una visita piccino… E’… insomma… andare via di qui non sarà così immediato come speri… quindi sarebbe meglio salvaguardarti per tutto il tempo che trascorrerai qui…”
“E…?”
Non gli piaceva che lasciasse il discorso cosi in sospeso. Era indice che la cosa non prometteva nulla di buono.
“…bisogna farti il tatuaggio.”
COSA?????
E di nuovo.
Ma in fin dei conti questa volta era piuttosto giustificato, cioè… cosa credevano di poter fare, sequestrarlo, fargli il lavaggio del cervello e poi riempirlo di segni indelebili come un chissà quale criminale???
“State scherzando vero? Dev’essere davvero uno scherzo ahahah!!!” rise nervoso tenendo alta la voce per sottolineare il suo disagio.
“Purtroppo no… non so se te l’hanno già anticipato, ma gli umani non sono molto ben visti dalla maggior parte della popolazione qui…”
Il tono sconsolato di Fukigen e le sue parole poco rassicuranti fecero interrompere la sua risata, mentre un flash attraversò d’improvviso la sua mente.
“Centra forse il… Kengah…?” domandò esitante. Non era sicuro né di averlo pronunciato nel modo giusto, né di ricordarsi correttamente il nome in sé.
Inoltre probabilmente non voleva nemmeno esserne al corrente.
Le premesse non erano state delle più rosee, quindi una spiegazione più estesa non poteva avere di certo una sviluppo positivo.
“Sì. Come fai a saperlo, ragazzo?”
Syu rivolse lo sguardo verso la porta in cui era entrato Iro poco prima, e  da cui ancora non era uscito.
“L’ho sentito…”
“E sai anche di cosa si tratta?” il cuoco si fece più serio di quel che già era.
L’altro scosse la testa. Ancora una volta aveva bisogno di chiarimenti. E si rese conto che probabilmente molte altre volte sarebbe stato necessario averne da lì in avanti…
“Vediamo da dove posso cominciare…  il Kengah è un’organizzazione non governativa… una sorta di forza bellica del paese. Teoricamente si occupa solo di addestrare militari, ma nella pratica è l’unica istituzione ad avere una certa importanza collettiva qui ad Antithesis… Spesso, quindi, le decisioni che vengono prese lì si riflettono poi sul benessere di tutta la popolazione. Credo che tu sia già al corrente di come avviene il nostro passaggio sulla Terra, vero?”
“La cosa della conferma dell’antitesi?”
“Esatto. Il punto è che, con l’andare del tempo, sempre più antithesiniani sono dovuti passare da voi, perché l’uomo sta progredendo ad una velocità spaventosa. Non eravamo abituati a tutto ciò… già dover vedere partire i propri cari così, senza preavviso, era doloroso… ora si è anche accorciato il tempo che loro stessi trascorrono qui. Il malcontento è iniziato a crescere tra gli antithesiniani che sostengono, in maggioranza, che sia necessario fare una crociata contro gli umani per bloccare questa specie di genocidio. E per questo la popolazione si affida al Kengah, la forza militare che prepara i soldati ad una futura spedizione di rivalsa…”
Syu lo stava ascoltando con attenzione. “Era davvero possibile tutto questo?” si ritrovò a chiedersi di nuovo. In ogni caso, più continuava ad ascoltarlo, più i brividi incominciavano a percorrergli la schiena. Che fosse vero o no, non importava. Voleva andarsene di lì il prima possibile, senza guardare in faccia a nessuno. Non poteva permettersi di rimanere bloccato in quel luogo, né di rimetterci le penne.
Un’irrefrenabile voglia di partire lo assalì.
Doveva.
Andarsene.
Subito.
“E’ meglio che io vada a cercare Yoku. Dobbiamo prepararci e...” iniziò Syu deciso, con i pugni stretti e gli occhi lucidi.
“Ehi ehi calma giovane, dove pensi di andare così di fretta? Partirete domani mattina, stasera è meglio che riposiate… specialmente tu.” concluse Fukigen, socchiudendo gli occhi e sorridendogli.
“Ma io…!!”
“Stai qui e calmati. Mmmmh… possiamo fare insieme una cosa che può farti rilassare un po’! Mi dispiace averti scosso a tal punto… Ma lascia fare a me!”
E così mise la mano sotto il grosso kimono per cercare qualcosa, nello stesso modo ridicolo in cui aveva estratto la bottiglia non molto tempo prima. Questa volta, però, estrasse una piccola scatola legata con un elastico rosso, e la poggiò sul tavolo. Questa voltaQUetsa
“Cos’è?” fece Syu mentre la osservava incuriosito. Ormai aveva imparato ad aprire la mente a qualsiasi cosa, anche la più strana ed improbabile.
“Le mie carte!” rispose l’altro levando elastico e coperchio al contenitore logoro e vecchio “Sono tipo mmmmh… come li chiamate voi…? Ah! Tarocchi! Ti leggerò i tarocchi prima del tuo viaggio!”
“Oh. Ok…”
Syu era troppo razionale per credere a quella roba. Era nella sua natura dover dare necessariamente una spiegazione logica alle cose… Però va beh… ne stava vedendo talmente tante di cose strane, che quello sarebbe stato il minimo.
“Vediamo vediamo..! Ora chiederò cosa ti riserverà il tuo viaggio!”
Mischiò le carte per qualche secondo, prima di appoggiarne sul tavolo quattro in fila orizzontale, tutte coperte.
Voltò la prima.
Su di essa era disegnato un piccolo cucciolo di cane che rincorreva una farfalla nella prateria.
“Ooooh… Mmmmh…” il cuoco analizzò la carta attentamente.
“Che carta è questa…?” domandò Syu incuriosito. Questa volta non era intimorito, d’altronde pareva un’immagine del tutto pacifica…
“LE FAUCI.”
“Eh..??”
“Le fauci! Le vedi…? Quelle del cagnolino! In questo caso… indicano un pericolo particolarmente sanguinario che ti inseguirà per tutta la durata della tua spedizione… Tu sei questa farfallina qui vedi? Guarda sta proprio per papparsela quel cucciolotto!” disse Fukigen quasi gioioso nell’indicargli tale presunta atrovità.
“S..sei serio..?”
“Le carte parlano! E sono sempre veritiere! Ma vedrai andrà tutto bene! Finora niente di grave!!”
Niente di grave, dice…
“Controlliamo la prossima!” fece voltando la successiva.
Questa volta rappresentava una tramonto su una spiaggia, dai colori aranciati ed il mare piatto e calmo.
“Aaaah mi piace moltissimo questa carta! Mi ricorda tanto la mia cultura!”
“Presumo perché i giapponesi sono persone tranquille…”
“TSUNAMI: indica la calma prima della tempesta. Ti sta consigliando di fare sonni tranquilli stanotte che ne avrai bisogno!” fece sempre sorridendo.
“N..ngh non so se voglio andare avanti con queste cavolate…” constatò Syu che, nonostante tutto, un po’ di tremarella l’aveva eccome.
“Ehi ehi non mettere in dubbio il potere delle carte!! Potrebbe rivoltartisi contro!!”
“Tanto peggio di così…” fece roteando gli occhi.
“Ecco!! E’ uscito L’OFFESO. Le carte se la sono presa!” lo rimproverò mostrando il tarocco che rappresentava un mazzo di carte buttate casualmente su un tavolo.
“Ma non possono offendersi!! Sono solo delle stupide car…!!”
Ma Fukigen non lo stava a sentire.
Si era improvvisamente zittito.
Stava osservando con attenzione l’ultima carta che aveva voltato.
“Mh…? Che succede?” chiese il ragazzo avvicinandosi al cuoco.
Riuscì così a scorgere l’ultimo dei quattro tarocchi che stavano analizzando… era completamente NERO.
Nessuna figura lo riempiva, nulla che potesse essere interpretato in qualche maniera improbabile, com’era successo finora.
“E questa che significa…?”
Fukigen si voltò a guardarlo.
“Questo…” fece una pausa e sospirò.
“Questo significa morte.”

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Capitolo 10
*** Cap 9 ***


Poco dopo la lettura dei tarocchi si era ritrovato ad essere incredibilmente stanco. In realtà era una cosa piuttosto logica, ma che avvenisse così tutto di un colpo non se lo aspettava proprio.
Non dormì molto.
Anche questo era piuttosto logico, data la giornatina che aveva passato precedentemente.
Riuscì a prendere sonno solo alle prime luci dell’alba…
Dormiva dentro una minuscola camera allestita nella soffitta del locale. Era tutta in legno, ricordava la mansarda di una baita. Nel complesso era calda ed accogliente, nonostante la massiccia presenza di scatoloni sparsi dappertutto. La poca luce che c’era filtrava da un piccolo lucernario impolverato, posto sopra la sua testa. Anche il letto pareva non fosse usato da parecchio tempo, ma in qualche modo risultava comunque confortevole.
Non sognò molto… solo qualche vaga immagine della mamma che lo intimava di uscire a fare la spesa, come sempre. Lui usciva e poi… poi…
“Sveglia, dormiglione.” fece una voce amica, mentre una mano gli scuoteva leggermente la spalla.
“Mgh… mamma…?” disse ancora in dormiveglia.
“Ahah no… quella semmai può farla il vecchio…” rispose Erai alzando gli occhi al cielo rassegnato.
Era seduto su una pila di scatoloni, lì vicino al letto. Le gambe larghe, e le mani a ciondoloni tra di esse. Il coccodrillo non c’era… doveva averlo lasciato da qualche parte, probabilmente per evitare che facesse più chiasso del dovuto.
“Ancora cinque minuti… tre… due…”
“Su…” fece l’altro picchiettando un pochino sulla sua spalla “E’ tardi.”
Ci volle ancora una mezzora di tira e molla prima che Syu riuscisse ad alzarsi e a prepararsi, in modo da rendersi almeno presentabile per la partenza.
Scese le scale un po’ ciondolando. Nel locale ancora chiuso c’erano tutti: Yoku, Fukigen, Iro, il coccodrillo e la ragazza misteriosa, più qualche tazza appoggiata sul tavolone a cui erano seduti, ed un inebriante profumo di caffè nell’aria…

“Buongiorno!” disse per primo il coccodrillo, forse l’unico davvero interessato al nuovo arrivato.
“Ehi…” rispose Syu stiracchiandosi e grattandosi la testa.
Il fatto che fossero tutti lì non stava ad indicare automaticamente ci fosse automaticamente un’atmosfera allegra, anzi. Sembravano tutti mezzi addormentati, o comunque ancora intontiti.
“Bene ciurma, è ora di salpare!” fece Iro appoggiando una mano sulla spalla di Yoku che grugnì in risposta.
“TU NO.”
“Ma certo che no, ho cose ben più importanti da fare che seguire pollicino e l’orco!” aggiunse con un occhiolino.
“Ti ho preparato un tè bianco aromatizzato al gelsomino ed albicocca e qualche biscottino per darti la carica. E’ sempre un bene iniziare la giornata con una buona colazione!” fece invece Fuki rivolgendosi a Syu, senza riuscire a trattenere uno sbadiglio. Doveva essere andato a letto tardi per sistemare il locale, o forse si era svegliato prima del solito per preparare i dolcetti.
“Grazie…”
Uno dei suoi piedi era ancora nel mondo dei sogni, ma riuscì a sedersi e a gustarsi la colazione senza riaddormentarsi sul tavolo come gli era capitato, più volte, il giorno prima.
Improvvisamente un pensiero, come un fulmine a ciel sereno, gli attraversò la mente. La ragazza..!!
Si guardò attorno.
Era proprio lì, accanto a Yoku a giocherellare con i suoi capelli chiaccherando con lui che invece, scocciato, la ignorava deliberatamente.
Non fece in tempo a pensare a quanto fosse graziosa nonostante l’orario infausto, che l’altro si alzò e, senza troppa delicatezza, gli si parò davanti.
“Andiamo.” fece lapidario a Syu, prendendolo per un braccio.
“Ma…!!”
Si liberò dalla stretta. Che lo facesse almeno salutare!
“Beh io…” disse a quel punto il nostro protagonista voltandosi verso gli altri “Vi ringrazio tutti. Ehm, non vogliatemene ma… spero che non ci rivedremo mai più.” Puntualizzò sorridendo.
“Ahah me lo auguro per te!”
Erai palesò, più o meno, il pensiero di tutti.

 

E finalmente fuori.
Perfetto.
Siamo ad un punto di non ritorno. Ora si può solo andare avanti. Quanto ci vorrà…? Giorni? Settimane? Mesi?
Si voltò verso la figura che gli camminava a fianco e che, al solito, sembrava non aver la minima voglia di intrattenere una conversazione. Però doveva levarsi il dubbio… o ci avrebbe pensato in continuazione. E sarebbe impazzito. Forse. Beh di certo la sua stabilità mentale era stata decisamente messa alla prova nelle ultime ore… non era necessario aggiungere un altro cruccio. Dopotutto si trattava solo di chiedere una distanza, no?
“Yoku…”
“ZITTO.”
“Ma…!!” un’espressione sconsolata gli comparve sul viso, seguita da uno sbuffo. Era lecito che volesse informarsi..! Che razza di situazione era quella, avrebbe dovuto reggere tale atmosfera di tensione all’infinito?!
Improvvisamente un sonoro rumore di passi, seguito da alcune grida, interruppe i suoi pensieri. Poco dopo un gruppo di soldati li sorpassò correndo, e quasi rischiò di venire scaraventato a terra. Alzò lo sguardo e si accorse che si trattava esattamente degli individui che aveva visto il giorno precedente.
Dove andavano così di corsa?
Guardò meglio e subito sgranò gli occhi. Da un albero all’altro, da un tetto all’altro, il ragazzo che una manciata di ore prima lo aveva salvato da Yoku stava fuggendo a quattro zampe come un animale.
Lo seguì con lo sguardo.
Cosa stava succedendo?
Rimase lì imbambolato a fissarli, finchè uno strattone lo levò dal mezzo della strada. L’indispettito compagno di viaggio lo aveva appena levato di torno. Si voltò un attimo verso di lui per realizzare cosa stesse accadendo, ma allo stesso tempo dovette subito ritornare a posare lo sguardo sul ragazzo dalla leoncina chioma bionda. Ora il comandante di quel gruppo di soldati stava per sferrare un attacco a sorpresa sul ragazzino, che era a sua volta intendo ad evitare le sferrate degli altri nemici.
Ma cosa volevano da lui? Aveva fatto qualcosa di male?
Non ebbe la mente fredda per pensare che forse stava commettendo un grosso errore, che non doveva immischiarsi in questioni altrui, e così, forte ancora del fatto che quel ragazzo il giorno prima gli aveva, in qualche modo, salvato la pellaccia, gridò forte:
“DIETRO DI TE!!!!”
Il biondo si voltò di scatto e, grazie al suggerimento arrivato da lontano, riuscì ad evitare con un salto l’attacco più pericoloso che stava per colpirlo. Quello che seguì dopo fu abbastanza confuso. Ricordava solo il generale che, con uno sguardo che ricordava più quello di una bestia inferocita, si era voltato a fissarlo, con negli occhi una voglia animalesca di sbranarlo. Ma cos’era una specie di lupo mannaro?!
Fatto sta che in quel momento sentì, per la ennesima volta da quando era arrivato, che sopravvivere gli sarebbe stato molto difficile. Infatti, di lì a poco, il generale assetato di vendetta gli fu davanti. Lo sovrastava in stazza, in peso, in tutto. Sperava che almeno il suo intervento fosse servito a qualcosa. Si guardò rapidamente attorno: il ragazzo non c’era più. Era fuggito, inseguito dagli altri soldati.
Tirò un sospiro di sollievo. Ma durò poco. Qualcosa sbuffò già sopra di lui, pronto a non farsi mettere i piedi in testa da nessuno, figurarsi da un individuo insignificante come lui.
“Come osi, moscerino.” Disse il colosso tra uno sbuffo e l’altro.
Non riuscì ovviamente a rispondere. Il suo sguardo era fisso sui terribili canini dell’animale che aveva di fronte. Così bianchi, così spessi, tanto da poter sbranare con un morso un intero cavallo.
Un altro lampo gli percorse improvvisamente il cervello.
Il Kengah. Questa è la potenza del Kengah?
Cosa aveva fatto. Sarebbe dovuto fuggire, perché aveva invece attirato l’attenzione su di sé??
Si ricordò il gesto di Iro, che recideva a metà la propria gola.
Deglutì, ma non fu nemmeno sicuro di esserci riuscito, data la morsa che gli stringeva il collo. Era stanco di trovarsi in queste situazioni. Stanco di subire la realtà che lo stava sopraffacendo, facendolo affondare e perdere qualsiasi forza di cavarsela da solo. Se doveva rimetterci tanto valeva provare a darsi una spinta.
Al massimo si sarebbe risvegliato accorgendosi che in realtà era stato solo un brutto sogno fin da principio.
Alzò un braccio, non sapendo con precisione cosa farci. Tirare un punto? Uno schiaffo? Dare uno strattone?
Fatto sta che il suo braccio si librò nell’aria come una bandiera alzata, verso il nemico.
Qualcosa, però, fece improvvisamente cambiare lo scenario in cui si trovava.
La scenografia mentale che si era costruito in quei pochi secondi fu squarciata da una mano, che lo afferrò e lo buttò in un altro contesto. Scaraventato in un nuovo atto, contro un muro, a gambe all’aria. Lo aveva colpito? Una zampata ed era finito tutto?
Sentiva che i sensi lo stavano abbandonando ma ne ebbe ancora abbastanza per poter aprire leggermente le palpebre e vedere cosa stava succedendo. E così scorse Yoku che stava prendendo a colpi di cassaforte il generale del Kengah che, a sua volta, rispondeva con ringhi e zampate di una potenza inaudite.
Se fosse stato colpito da una di quelle, non sarebbe di certo sopravvissut… un momento. Che fosse quindi stato Yoku a spingerlo via…?
Non fece in tempo a pensarlo che lo vide avvicinarsi a lui di corsa, sollevarlo e fuggire con un’agilità senza pari. Il controllo che aveva della gravità doveva renderlo particolarmente abile negli spostamenti, o almeno così gli pareva; il vento gli soffiava forte in faccia e si sentiva sballonzolato a destra e a sinistra.
Yoku lo aveva salvato.
Davvero?
No ma, sul serio?
E tra poco si sarebbe finalmente trovato al sicuro?
Una sensazione di pace e di sollievo cominciò a pervaderlo. A breve avrebbe potuto rimettersi in sesto e rifocillar…
Ma fu scaraventato a terra con violenza.
“C..cos….?”
Yoku si avvicinò a lui con passi pesanti, si abbassò e lo afferrò per il collo.
“TI RENDI CONTO DI QUELLO CHE HAI FATTO, BRUTTO STRONZO?!”
I suoi occhi assetati di sangue facevano quasi più paura di quelli del generale da cui erano appena fuggiti.
Non rispose. E probabilmente, pensò, nemmeno Yoku si sarebbe spiegato meglio.
Ma ci volle un attimo per arrivarci. Ora che aveva realizzato di essersi messo contro uno dei capi del Kengah, era come se, in poche parole, non solo si fosse buttato tra le braccia del leone, ma si fosse anche portato appresso una gigantesca freccia al neon con scritto “MANGIAMI”.
Ed era decisamente un male, dato che già loro gli sarebbero probabilmente stati alle calcagna anche senza che si facessero notare in tale maniera.
Cazzo.
Cosa aveva fatto.
Aveva segnato il loro destino a vita.
Destino da fuggitivi.
Ecco cosa erano appena diventati.
Una coppia di ricercati.

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Capitolo 11
*** Cap 10 ***


E così l’incontro iniziò. Al segnale di “VIA” del maestro un ragazzo piuttosto alto con i capelli corvini e alcune sfumature bianche, si avvicinò ad un altro ben piazzato e muscoloso, dai corti capelli biondo cenere. Erano così differenti in corporatura ma, in una disciplina del genere, questo non garantiva una prevedibilità del risultato. Tra le mani stringevano due lunghi bastoni, che si preparavano a roteare ed usare l’uno contro l’altro nel momento più opportuno.
Un inchino.
Il primo a muoversi fu poi il ragazzo dai capelli scuri, più veloce e agile. Partì subito all’attacco, il bastone alto sembrava voler colpire il petto; si abbassò invece sulle gambe, con l’intento di far perdere l’equilibrio all’altro, che però riuscì in qualche modo a rimanere in piedi. Quest’ultimo rispose a sua volta con una serie  di movimenti lenti ma piuttosto precisi, che furono però schivati senza troppa difficoltà. Anche dopo pochi minuti dall’inizio dell’incontro, era evidente che il più piccolo era propenso ad andare all’attacco, mentre l’altro a rispondere stando sulla difensiva e limitandosi a parare i suoi colpi.
Ancora una volta, il primo tornò ad infierire sulle sue gambe. E ancora quell’altro non cadde, ma era chiaro a tutti che, prima o poi, a furia di ricevere colpi veloci nella stessa zona, anche la quercia più possente sarebbe crollata.
Calcolatore come al solito…
Pensò il maestro del proprio alunno.
Lo teneva sotto stretto controllo. Sapeva che era piuttosto difficile da gestire quel ragazzo, perché mai nulla faceva trasparire delle sue intenzioni, sia in combattimento che non.
Si perse un attimo nelle sue riflessioni e non si accorse delle grida che venivano dagli altri alunni presenti, e che indicavano all’unisono il centro del campo; molti di loro si erano anche avvicinati ai due lottatori.
Il ragazzo dai capelli corvini aveva appena atterrato il colosso, e stava infierendo su di lui, colpendolo col bastone più e più volte.
“HENKA..!!!!” gridò il maestro accorrendo “Finiscila subito, infierire così non è necessario! L’hai già messo a terra!”
“Un nemico non è mai a terra… finchè non le offre il suo corpo senza vita.” Rispose calmo, guardando con insolenza dall’alto l’altro ragazzo che, per quanto fosse grande e grosso, tremava come una foglia.


“Non so cosa fare con lui…”
Il sole splendeva ancora, e l’aria primaverile imponeva maggiormente la sua presenza sotto il porticato buio in cui si trovavano.
“Omida, devi avere pazienza… sai com’è fatto, l’importante è che non faccia del male a nessuno.” disse Yorokobi al vecchio amico d’infanzia.
“Oggi ha quasi preso a botte un compagno! Senza motivo! Sta diventando sempre più indomabile.” sospirò. Henka, il giovane ragazzo che la mattina stessa aveva colpito l’avversario con il bastone, era diventato suo alunno proprio l’autunno precedente.
“Tu lo conosci meglio di me! Dammi indicazioni, ti prego!” chiese all’altro supplichevole.
“Mi spiace ma non ho consigli utili da darti…” sorrise “Io, dopo aver avuto a che fare con lui, sono diventato medico.”
Suonava come una battuta, e in effetti lo era, ma in verità Yorokobi era diventato davvero dottore qualche anno prima. Lui e Omida avevano iniziato gli studi insieme poi uno si era specializzato in medicina, mentre l’altro nelle arti marziali, diventando a sua volta insegnante, non molto tempo dopo.
“E’ vero che il Kengah ha bisogno di elementi del genere…” continuò Omida rivolgendo uno sguardo al ragazzo, che ancora si allenava in mezzo al campo nonostante la lezione fosse finita “…ma è importante che mantengano un certo autocontrollo. Altrimenti rischia di finire come Akuma.”
“Akuma…” riprese la frase Yorokobi “L’ho visto tornare oggi, carico di disappunto. Deve aver perso il giovane che stavano cercando.”
“Meeeeeh che noia, non capisco perché si ostinino ad inseguirlo!”
Omida si stiracchiò un poco, sgranchendosi le braccia. Mosse un po’ il naso come un coniglio, era un tic che Yorokobi ricordava di avergli visto da sempre. Gli capitava spesso di farlo, soprattutto quando diventava nervoso. In virtù di questo, guardarlo mentre ci provava con le ragazze quando era giovane (e a volte anche ora, dato che era rimasto un provolone nonostante l’età) era davvero uno spasso.
Peccato per la mascherina che gli copriva sempre gli occhi; nascondeva di molto il suo imbarazzo, e lui sfruttava sempre questa cosa a suo vantaggio. Ma ormai Yorokobi lo conosceva da talmente tanto tempo, che era certo di poter vedere davvero i suoi occhi oltre il tessuto, e di intuire ogni singola reazione che avevano nelle diverse situazioni.
Yorokobi sorrise tra sé al palesarsi nitido di questi ricordi nella sua mente.
“Ce la farai, comunque.” gli disse col suo solito sguardo che trasmetteva tranquillità e pace interiore.
“Come sempre, la tua calma mi illumina, Yoro!” rispose l’altro entusiasta ricambiando con un radioso sorriso.
Gli poggiò poi una mano sulla spalla, e si allontanò trotterellando.
 
Poco dopo il campo doveva essere liberato per una breve riunione, che avrebbe visto il capo del Kengah confrontarsi con gli esploratori mandati in avanscoperta nelle terre del Nord.
Henka sbuffò e si diresse nel giardino sul retro, oltre la mensa e le cucine. Lì, di nuovo solo, poté continuare ad allenarsi all’ombra degli alberi, accarezzato del vento che si era fatto più leggero e gradevole.
Primo kata… secondo… parata… presa…
La sua concentrazione era incrollabile, i movimenti agili e leggeri, nonostante la corporatura mediamente robusta. I lunghi capelli seguivano i suoi movimenti come acqua, ancora più fluidi del movimento delle sue mani.
Terzo kata… quarto… parata… presa…
Improvvisamente sentì dei movimenti sospetti di foglie calpestate, non più semplicemente mosse dall’aria primaverile. Si fermò per una manciata di secondi, guardandosi attorno. Non vedendo nessuno, però, riprese la sua serie.
Quinto kata… sesto… parata… pres…
E subito mise a terra il malcapitato, voltandosi di scatto.
L’intruso mugugnò qualcosa, evidentemente non contento del gentile benvenuto.
“Buon pomeriggio Henka!” disse però poi, sorridendo e cercando di rimettersi in sesto.
“Tzk.” Fece l’altro allontanandosi in risposta, sedendosi quindi ai piedi dell’albero più vicino.
“Che fai? Ti alleni?” aggiunse seguendolo e accucciandosi ai suoi piedi come un cagnolino impaziente.
“Evidentemente.”
L’ospite indesiderato gonfiò le guance “Sempre ad allenarti tu! Io passavo di qui per caso e…”
“Non ci crede nessuno.”
Lapidario.
Come sempre.
“Ufff…” sbuffò l’altro allungando le braccia e le mani sul terreno, stiracchiandosi come un micio.
“Sai Rita, Anita e Tabita oggi erano particolarmente fastidiose. Mi hanno preso i capelli e mi hanno riempito di codini cosììì!!” aggiunse prendendosi due ciocche di capelli con le mani, imitando l’infausta pettinatura che gli era stata fatta, contornando la recita con un lungo sospiro.
I suoi capelli erano color castagna, ma al sole quasi estivo parevano rossicci. Mossi, lunghi fin sotto il mento, gli contornavano la testa e i lati del viso con una forma pomposa.
“Sono delle bambine.”
“Lo soooo… ma poi tutti mi prendono in giro..!!”
“Levateli, no?”
“Eh?” Nelson, con molta naturalezza, parve non capire.
Sì, così si chiamava. O meglio così si “era chiamato”.
“Sì così.” Henka fece scivolare giù le mani del ragazzo, in modo che non tenesse più alcuna ciocca tra di esse.
L’altro si illuminò.
“Ahah! Hai ragione!” ma si rabbuiò subito dopo “Gli altri arrivano prima che io faccia in tempo a farlo!”
Henka sbuffò. Un sbuffo pesante e stanco.
“Non ho più voglia di sentire i tuoi futili problemi.”
“Ma.!!”
“Va’ via.”
“Sei sempre il solito!! Non devi per forza combattere per dimostrare a te stesso di valere qualcosa!!”
A quel punto Henka, silenzioso come un serpente, si voltò di scatto e colpì forte il polso dell’altro con il bastone. La mano di Nelson cadde a terra, tra tremiti e scintille. I fili rotti sporgevano come vene recise, pronte a dare facilmente una scossa a chiunque non fosse abituato ad evitare i punti di contatto.
“Henkaaaa!! E’ la quarta volta volta questa settimana!” si lamentò raccogliendola.
“Impara a stare zitto.” rispose l’altro senza un minimo segno di emozione o risentimento.
“Meh, il dottore il arrabbierà un sacco…”
Abbassò la testa e si allontanò pian piano mentre l’amico, o almeno così aveva a cuore di considerarlo, riprese ad allenarsi senza sosta.
“Ci vediamo più tardi!” gli promise recuperando, in men che non si dica, l’entusiasmo che caratterizzava la sua fragile corazza di metallo.

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Capitolo 12
*** Cap 11 ***


“Scacco.” disse atono Kaizoku.
“Cosa?? Di nuovo?!” fece Kaito mettendosi le mani nei capelli “Non è possibile che tu mi batta sempre!!”
“Devi coltivare la virtù della pazienza. Agendo di impulso non avrai mai la mente abbastanza fredda per essere lucido nei ragionamenti.
“Aaaaah balle!!! Sei il maggiore, nostro padre ti allenato per più tempo!”
“Nostro padre non amava questo genere di giochi. Era una testa calda quanto te.”
Il fratello ringhiò in risposta.
“Ancora!!”
Kaizoku sorrise. Sarà pure un tipo irruento, ma la tenacia e la determinazione non gli mancano. Fece un cenno di assenso ed iniziò a risistemare i pezzi della scacchiera. Erano entrambi inginocchiati a terra e giocavano su un tavolo molto basso. La luce filtrava tenue dalle finestre attraverso delle spesse tende marroncine. Il vento primaverile muoveva i lunghi capelli neri di Kaizoku; così profondi… così perfetti… lisci come la seta. Quando non era a compiere uno dei suoi soliti doveri o delle pratiche burocratiche che ogni giorno lo attanagliavano, li portava sciolti e liberi su tutta la schiena, tanto lunghi da cadere a cascata e spargersi poi sul pavimento, riversati come acqua placida, ogni volta che si sedeva.
La maggior parte delle volte, invece, li teneva raccolti dietro la testa, più composti, come si addiceva al suo ruolo.
Dal canto suo Kaito, il fratello più giovane, aveva i capelli bianchi e puri, come la neve appena scesa. Li portava corti fino ad un terzo del collo, ad eccezione di una lunga e cospicua ciocca sul retro della testa, che scendeva dritta e rigida perchè avvolta più volte da una serie di nastri colorati.
Stavano quindi per riprendere il gioco, quando uno dei servitori aprì improvvisamente la porta.
“Mio signore sono giunti i messaggeri. E’ ora di tenere l’incontro.”
Il maggiore rispose con un cenno di assenso.
Il minore, invece, spostò lo sguardo prima sull’uno poi sull’altro, a bocca aperta.
“No!! Non andrai!!”
“Kaito non essere infantile, sai che è mio dovere…”
“Me ne sbatto del tuo dovere! Mi avevi promesso che avresti passato il pomeriggio con me, e ora stavamo per iniziare un’altra partita!!”
“Fratello, ti dimostri immaturo e capriccioso, cosa non consona per un ragazzo della tua età. Ormai non sei più un bambino.”
Vero. Non lo era. Dimostrava vent’anni anche se per tanti parevano molti meno. Kaizoku sette in più di lui. Anch’egli, nonostante i lineamenti più adulti e maturi, non dimostrava comunque i presunti anni che aveva.
Da quando il padre era morto quando erano ancora in tenera età, avevano convissuto insieme.
Kaito era sempre stato irragionevole, da quando aveva memoria. Purtroppo il primogenito era stato nominato capo del Kengah quando era appena maggiorenne, e questo lo aveva tenuto costantemente impegnato, impedendogli di dedicare al minore il tempo necessario a coltivare un rapporto più stabile e solido. E tuttora la situazione non era cambiata.
Forse l’altro era ancora troppo giovane ed immaturo, e nella sua testa non riusciva ad accettare l’importanza degli impegni del fratello, che vedeva egoisticamente come un tradimento affettivo. Fatto sta che questo era un copione che si ripeteva più e più volte nell’arco della giornata… delle settimane… dei mesi.
Kaizoku si alzò piano, non proferendo altra parola.
“Ehi fermati!! Dai ascoltami!!” ma non ebbe risposta.
“E tu osi definirti fratello??” continuò velocemente prima che se ne andasse, tirandogli la veste insistente.
L’altro non disse nulla e se ne andò, silenzioso come un fantasma.
Tra sé, però, sentiva ogni volta una stretta al petto, che si faceva più forte ad ogni grido alzato nel tentativo di richiamare la sua attenzione.
Egli prendeva la propria posizione molto seriamente. Sapeva che dalle sue scelte dipendeva il destino di gran parte della popolazione. Non si sentiva sotto pressione, quello no. Era sempre stato una persona calma e riflessiva. Ogni sua decisione era sempre attentamente ponderata, e nessuno sbaglio aveva commesso da quando aveva iniziato il suo mandato. Silenzioso e composto, aveva il favore della gran parte della gente. Solo una piccola minoranza si lamentava del fatto che non avesse abbastanza pugno di ferro, cosa per cui era stato invece famoso il padre.
Kaizoku era un capo tollerante, sempre aperto al dialogo e alle vie diplomatiche, mentre il suo genitore aveva sempre avuto la tendenza a risolvere tutto con la forza e con ogni mezzo, pur di difendere il proprio popolo. Molti abitanti, soprattutto i maschi più anziani, erano favorevoli a questa linea più dura.
Ma erano ormai altri tempi.
La cosa importante era che il suo mandato fu un periodo di pace e tranquillità costante, e per questo motivo nessuno se ne era mai apertamente lamentato.
E così si ritirò un attimo nella sua stanza per raccogliersi i capelli ed indossare l’armatura. Non combatteva mai, ma la utilizzava negli incontri ufficiali, in ricordo di suo padre. Era nera e bordeaux e si sposava perfettamente con i suoi capelli e i suoi lineamenti duri, dandogli un tono ancora più solenne.
Uscì fuori nel cortile della sede principale del Kengah dove, un paio di ore prima, si stavano esercitando gli allievi del maestro Omida. Salì su un piccolo palco improvvisato, dove una sontuosa sedia lo attendeva. Gli esploratori, nervosi ed impazienti, si inchinarono al suo passaggio, in segno di rispetto.
“Vi porgo i miei saluti, umili viaggiatori. Mi portate novità?” chiese con la solita calma che lo contraddistingueva.
Intorno a lui si erano radunati anche tutti i generali presenti in sede, ovvero quelli che non erano stati assegnati ad alcun incarico particolare.
La presenza di tutte queste massicce figure aveva intimorito un po’ gli esploratori, che però si tranquillizzarono ,paradossalmente, al sentire la voce calda e composta del loro superiore.
“C’è stata un’altra apertura di un portale nella zona sud est del paese, signore.”
“Nella zona sud est…” ripetè tra sé prendendosi il mento con la mano “Se non sbaglio uno di noi si trovava proprio in quei paraggi stamattina…”
“Io capitano.”
Un voce cavernosa e roca si fece sentire, e un attimo dopo Akuma fece un passo in avanti. Le mani incrociate dietro la schiena e il petto in fuori, come doveroso per ogni generale che si rispetti.”
“Pattugliavo alcune città limitrofe con i miei uomini. Ci siamo messi sulle tracce di quel ragazzo bastardo che avevamo avvistato la scorsa settimana.”
“Il bambino intendi…? Il mezzo figlio di uomini?” puntualizzò Kaizoku, quasi correggendolo. Non gli piacevano i termini che potevano suonare così fortemente dispregiativi.
“Sì, signore.”
“Capisco…” continuò “E non avete notato altro di strano?”
“Solo qualche trambusto da parte di un individuo poco ragionevole che si è messo in mezzo. Ma ho provveduto.”
Silenzio.
“Provveduto a fare cosa?”
“A fargli abbassare le arie, signore. Ma nessuno ne è rimasto mortalmente ferito.”
Kaizoku tirò un sospiro di sollievo.
Akuma era un mezzo demone e spesso faceva molta fatica a controllare la sua vera natura. Più di una volta aveva ucciso innocenti o distrutto case e villaggi solo perché preso da troppa ira. Per molti anni era stato tenuto prigioniero nei sotterranei del Kengah e trattato come un animale, proprio perché venisse addomesticato. Questo negli anni di governo del padre dei due fratelli.
Come già detto, Kaizoku era invece un capo magnanimo, e avava deciso di concedergli un’altra possibilità in cambio dei suoi servigi. E così Akuma fu nominato kigen, ovvero generale. Finora nulla era più successo che avesse reso necessario rimetterlo in gattabuia. Tutti però, conoscendolo, rimanevano sempre in allerta e, soprattutto, si guardavano bene dal dargli ordini o minare alla sua indipendenza.
“Ho capito. La situazione è piuttosto chiara. Nei prossimi giorni organizzeremo altre truppe che facciano una ricognizione. Per ora non è necessario allarmarsi dato che nessun umano è stato ancora avvistato. Potrebbe anche esserci la possibilità che il portale si sia aperto senza portare nessuno ad Antihtesis.”
Fece una piccola pausa, che sfruttò per guardare indistintamente tutti i presenti con lo stesso sguardo buono e comprensivo.
“La cosa importante è non avere mai la presunzione di essere a prescindere dalla parte della ragione.”
Le sue parole erano, come sempre, sagge e giuste e nessuno ebbe nulla da ridire.

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Capitolo 13
*** Cap 12 ***


“Chiuso per imprevisto, tornerò appena possibile.
Dott. Irezumi.”

“Eeeeeh?? Abbiamo fatto tutta questa strada per nulla?” sbuffò Syu lasciandosi cadere a terra rassegnato. “Che facciamo ora? Proseguiamo?”
Alzò lo sguardo verso il rosso che, con espressione scura in volto, stava aprendo e chiudendo nervosamente la mano in un pugno.
“ASPETTEREMO.”
Concluse con un ringhio.
E così fecero.
Si sedettero lì e aspettarono finchè il sole non fu calato. Quella ridente cittadina era in realtà molto tranquilla, la gente cordiale. Spesso alcuni passanti chiedevano loro se avessero bisogno di aiuto o qualcosa da mangiare, scambiandoli per mendicanti.
D’altronde l’uscio davanti al quale attendevano pareva sporco e losco; non doveva essere molto conosciuto dato che tutto quello che faceva il dottor Irezumi era completamente illegale. Garantire agli umani di avere vita facile ad Antithesis andava contro l’interesse della maggior parte della popolazione… e soprattutto del Kengah.
Ma di clienti ne aveva comunque parecchi.
Anche tra gli antithesiniani, chiunque avesse dei problemi non risolvibili alla luce del sole andava alla sua ricerca. Dicevano tutti che fosse un po’ matto e che usasse metodi non convenzionali… quali, però, non era dato sapere.
Beh, loro lo avrebbero scoperto presto…
A poco a poco i passanti scomparvero. La gente cominciò a rintanarsi nelle proprie case, per consumare un pasto caldo e passare del tempo con la famiglia dopo un’estenuante giornata di lavoro.
Anche Syu e Yoku sentivano un certo languorino ma… non potevano andarsene dal loro appostamento.
“Yoku ho fameee…” piagnucolò il ragazzo a suo rischio e pericolo, rotolando per terra lamentoso.
L’altro lo prese per il vestito e se lo portò vicino al viso.
“STAI. ZITTO.”
Non aveva la minima intenzione di muovere il sedere di lì per andare da un’altra parte. Conosceva la fama di quel dottore. Era imprevedibile, irresponsabile e seguiva i propri comodi e le proprie esigenze, anche le più improbabili. Quindi farselo sfuggire una volta, poteva voler dire non riuscire a ribeccarlo per giorni e giorni….

Arrivarono alla locanda a notte fonda.
Lo stomaco di Syu aveva iniziato a fare versi osceni, talmente osceni da spingere Yoku a desistere.
Bussato un paio di volte, la porta fu aperta da un individuo piuttosto panzuto e dall’aria amichevole.
“Prego prego! Chi sta sull’uscio, la morte l’accoglie!”
La sala da  pranzo che gli si presentò davanti era completamente fatta in legno e ricordava vagamente, all’occhio di Syu, le atmosfere marinaresche tipiche di località da spiaggia di isole dimenticate dal mondo. Nessuna luce ad illuminarla ma poche candele semisciolte sui tavoli.
Mentre per lui ogni cosa era un’esperienza nuova e degna di fascino, al contrario Yoku la viveva con totale indifferenza. Senza nemmeno guardarsi attorno, si diresse al bancone ad ordinare un bicchierino di whisky, chiedendo poi se si potesse anche cenare, nonostante l’ora tarda.
Il gioviale proprietario annuì.
“Certo! Che taverna saremmo altrimenti? La fame colpisce ad ogni ora!”
E in seguito a questa risposta si mise a chiaccherare instancabilmente del più e del meno, nonostante Yoku non lo stesse per nulla ascoltando. Le risate che faceva tra sé, però, rendevano l’ambiente meno lugubre e silenzioso, quindi nessuno se ne lamentava.
Syu, nel frattempo, si aggirava tra i tavoli a curiosare tra le cianfrusaglie appese alle pareti ed appoggiate sulla mobilia. Vi erano dipinti, pergamene, incisioni, ma a volte anche semplici oggetti vecchi ed impolverati. Qualcosa di marinaresco in effetti c’era, come corde, reti e ami ormai piegati e ossidati dal tempo. Le lanterne erano quasi tutte spente e, per un attimo, si chiese come potesse essere l’ambiente più illuminato o eventualmente dolcemente accarezzato dai raggi del sole. Non che lo volesse vedere veramente, in realtà… preferiva di gran lunga l’atmosfera che si creava quando stava solo nel buio della propria stanza, accendendo solamente la lampada da scrivania, in quelle notti in cui l’ispirazione bussava alla sua porta in orari improponibili.
Ah… che nostalgia…
Mentre stava per raggiungere il compagno di viaggio, però, non si accorse di un’altra persona che gli stava passando accanto e ci si scontrò poco elegantemente.
“Guarda dove metti i piedi, imbecille….”
“Maliar….” fece il locandiere da dietro il bancone.
“Guarda dove metti i piedi, CLIENTE.”
E con uno sbuffo si allontanò, salendo al piano di sopra con passo pesante.
Che tipo…
Pensò Syu tra sé.
Ma il suo stomaco, interruppe quei pensieri a gran voce, e ciò lo spinse a raggiungere subito Yoku al bancone del bar. I piatti che il compagno aveva ordinato erano prelibatissimi, ed uno più invitante dell’altro: anatra all’arancio, caviale, una zuppetta dal profumo speziato e una cheesecake all’amarena. Rimase incantato a fissarli, tirando su con la bocca una goccia di saliva che stava per scappargli dalle labbra. L’istinto e la fretta lo portarono ad ordinare altrettanti prelibate portate: primi, secondi, antipasti e un dolce per finire.
Insomma, tutto quello stress lo aveva messo ko…
Mentre Yoku assaggiava la propria cena con calma e compostezza, lui si abbuffò senza sosta, e quasi finì ogni piatto prima del compagno, nonostante lo svantaggio di partenza.
“Aaaaah che scorpacciata!” esordì poi toppicchiandosi la pancia tutto scomposto e provato dal pasto infinito “Non pensi anche tu Yoku?”
Voltatosi verso di lui rimase però imbambolato per un attimo.
Non solo l’altro era seduto dritto e composto come se avesse avuto una scopa tra le chiappe, ma sembrava pure brillare di luce propria da quanto fosse pulito e minimamente affaticato dal quantitativo di cibo ingurgitato che, per inciso, si era spazzolato via completamente.
“M..ma come…”
“Ecco il conto, signori!” intervenne l’oste sempre sorridendo gioviale e srotolando quello che pareva un lungo papiro.
Yoku lo fissò, senza scomporsi, e tirò fuori dalla tasca una mazzetta di banconote di grande taglio. Ne poggiò tre sul tavolo e si rimise il resto in tasca.
“Mh… queste non bastano…” fece il locandiere dopo aver fatto due veloci calcoli a mente.
“Pago solo la mia parte.”
A quelle poche e semplici parole, l’animo di Syu si raggelò.
“C..cosa…?” balbettò con il suo ultimo soffio di vita.
“PAGO. SOLO. LA. MIA. PARTE.” Scandì l’altro lapidario e del tutto menefreghista.
Il ragazzino voltò piano piano la testa verso il proprietario, con un sorriso che trasmetteva un misto di disagio ed imbarazzo, come in una richiesta immediata di indulgenza.
Insomma, in poche parole, non aveva un soldo.
Ed ora come avrebbe fatto a…
“Se non hai soldi per pagare rimarrai qua come inserviente finchè non avrai saldato il tuo debito.” Concluse l’oste portando con sé i piatti vuoti.
“I..inserviente…? M..ma io..!!”
Un’occhiata minacciosa del suo interlocutore lo fece zittire all’istante. E’ vero aveva fretta di andarsene da quel posto, ed era altrettanto vero che non sarebbe stato in grado di fare nulla data la sua limitata esperienza. Poteva però dire di essere ancora vivo, no...?
O almeno, così aveva ancora l’ardire di pensare.

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