Quei ricordi che mi diedero la forza

di Luke_Skyline
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ricordo di quella notte ***
Capitolo 2: *** La Dea dai capelli scarlatti ***



Capitolo 1
*** Il ricordo di quella notte ***


Capitolo 1
-
Il ricordo di quella notte
 
Così chiusi gli occhi, nell'attesa di quel colpo che avrebbe messo fine a tutto, ma per quanto potesse essere triste ciò, sorrisi. Avrei potuto rivedere lei.
 
Mi chiamo Elsword, ho 19 anni e sono un cavaliere di Belder. Dopo l'esplosione del grande cristallo di eldrit, decisi che sarei entrato nella squadra di ricerca, sulle orme di mia sorella Elesis, ormai famosa in tutto il continente di Elios per la sua bravura con la claymore. Iniziai così ad allenarmi, giorno dopo giorno, per affinare la mia tecnica con la spada.
Nel grande bosco dell'albero di El, nel quale mi allenavo, mi capitava spesso di incappare in gruppi di banditi, contro i quali mi battevo; fu in una di quelle occasioni che conobbi Rena e Aisha, che diventarono le mie prime compagne di avventura.
Rena è un'elfa dai lunghi capelli verdi; non avevo mai incontrato un elfo prima, mi chiesi se tutti quelli del suo popolo fossero alti e se tutti fossero dannatamente calmi come riusciva ad esserlo lei in ogni occasione. Non ci raccontò mai molto di sè, ma parlò del suo villaggio, il quale, nella mia mente, veniva plasmato dalle sue parole sempre più in un paradiso immerso nella natura.
Aisha pareva essere tutto l'opposto di Rena, ha 2 anni in più di me, è una maga dai capelli viola scuro, bassa e antipatica; quando la conobbi passava le giornate a lamentarsi di quanto fosse grande il seno dell'elfa rispetto al suo e ogni scusa era buona per attaccare lite con me; non la sopportavo, ma quella sua antipatia era solo una maschera per nascondere la fragilità del suo carattere, lo capii la notte prima della nostra missione al Reliquiario del Tempio dell'acqua.
 
Sapevamo tutti quanto Ran potesse essere forte e quella sera non riuscivo a chiudere occhio per l'ansia, avevo troppi pensieri per la testa:
Sarei riuscito a fronteggiare un avversario di tale livello?
Mi ero allenato abbastanza?
La città sarebbe stata libera dai demoni con la sua dipartita?
Assillato da mille domande, mi alzai e uscii dalla locanda, nella speranza che la calma della città di Hamel potesse alleggerire i pensieri che mi affliggevano.
Hamel era una città costruita interamente sull'acqua, i grandi edifici bianchi emergevano imponenti dalla superficie, le strade erano grandi ponti in pietra; cascate e grandi laghi la circondavano, rendendola incantevole. 
Ma tale bellezza era prossima alla rovina: con la scomparsa di Herik, il paladino della città, i demoni non avevano tardato ad attaccare, così venimmo inviati in missione noi della squadra di ricerca dell'eldrit per liberarla da quella minaccia.
Quella notte l'unico suono nell'aria era lo scrosciare dell'acqua e il rumore dei miei passi mentre mi dirigevo in periferia, al lago di Lysia. Ricordo il cielo di quella notte, ricamato da centinaia di stelle; da quando avevo iniziato la mia avventura non mi ero mai fermato a guardarle: quando non ero in battaglia, ero ad allenarmi, la mia foga di diventare più forte mi aveva privato di quei piccoli momenti.
La luce della luna, quella notte, illuminava la riva del lago lungo la quale camminavo, mentre il mio sguardo si perdeva sulla superficie calma dell'acqua, dove si riflettevano i bagliori che quella notte regalava.
Osservai il mio riflesso sulla superficie, ero tutto spettinato, i miei capelli rossi erano ribelli almeno quanto me. Non avevo mai badato molto al mio aspetto, quanto a quello della mia spada, che al contrario di me era perfetta; pensai a quel ragazzino che ero a 13 anni e a come ero cambiato in tutto quel tempo, o meglio, a come le battaglie mi avevano cambiato.
Cominciai a chiedermi se davvero quel cammino che avevo scelto fosse quello che davvero desideravo, ma i miei pensieri furono interrotti da una luce che si unì a quella della luna, una luce che conoscevo bene.
Alzai lo sguardo, abbandonando lo spettacolo di riflessi sulla superficie dell'acqua, voltandomi verso la luce; proveniva da una grande roccia sulla riva del lago, non molto distante da dove ero io. 
La luce svanì, ma non avevo dubbi, quel bagliore era stato insieme a me in praticamente tutte le mie battaglie. Mi incamminai, consapevole di chi avrei incontrato: forse quella notte non ero l'unico che non aveva ancora chiuso occhio.
 
"Ehi, Aisha" la chiamai, sbucando da dietro la grande roccia sulla quale era seduta.
"Elsword?" rispose stupita, chiudendo il suo inseparabile libro di magia.
"Che ci fai qui?" aggiunse, mentre con un gesto teatrale faceva scomparire la sua bacchetta magica. 
Mi fissò dall'alto, in attesa di una mia risposta, così spiegai che avevo troppi pensieri per la testa, quindi non riuscivo a dormire e che avevo deciso di fare una passeggiata per tranquillizzarmi.
Sul suo viso si disegnò un sorriso malefico "E così il nostro cavaliere se la sta facendo sotto" ridacchiò.
Antipatica come sempre, cavolo.
"E tu invece? Come mai ancora sveglia?"
La sua risata si spense e la sua espressione mi sembro imbarazzata, dalla sua bocca non uscì una frase di senso compiuto.
"Beh..S-stavo provando..ecco ..mmh".
"Forse non sono l'unico ad essere in ansia" la interruppi, prendendola in giro.
Lei sbuffò. La cosa mi dava sollievo, trovare qualcuno che provasse quello che stavo provando io in quel momento, poter condividere la stessa ansia in due la rendeva più sopportabile.
"Dai, sali" mi invitò.
Mi arrampicai sulla roccia, che sarà stata alta due volte me, mi sedetti e calò il silenzio, nessuno dei due sapeva cosa dire. Nonostante ci conoscessimo da alcuni anni, era la prima volta che ci trovavamo soli, noi due, in piena notte, sotto quel cielo stellato che si rifletteva sul lago.
"Senza l'armatura sembri proprio un ragazzino" scherzò.
"So essere forte anche senza l'armatura!" replicai con una smorfia.
"Se vuoi posso dimostr-" volli aggiungere altro, ma fui interrotto da parole che non mi sarei aspettato, almeno, non da Aisha.
"Lo so, tu sei forte, Elsword".
Uscite dalle sue labbra, avevano un che di strano. Che stava succedendo? Ero abituato a sentirmi dire da lei che ero uno stupido, una testa calda, che non ascoltavo nessuno, ecc..
Continuò.
"Sai, non è la prima volta che provo paura prima di una battaglia, è così per tutti, siamo consapevoli di quello a cui potremmo andare in contro ogni volta. Però quando sono insieme a voi è tutto diverso: la vostra forza d'animo cancella la mia paura e riesco a dare il meglio di me..e alla fine di ogni combattimento sentirti dire -Non è bastato nemmeno come riscaldamento- anche quando sei ridotto un colabrodo, mi fa davvero ridere. Cavolo, quanto sei baka!"
Scoppiò a ridere divertita. In quel momento trovai che il suo sorriso fosse il più bello che io avessi mai visto; forse per via della luce lunare che le illuminava il viso, non lo so, ma in quel momento ero felice di esserle accanto.
"Ehi, ha un senso quella frase!" dissi in tono allegro.
Continuai "Mi piace pensare di aver combattuto una battaglia semplice, così so che potrò dare di più in quella successiva".
Mi guardò con aria perplessa, sapevo che stava per criticare ciò che avevo appena detto.
"Che filosofia stupida; basata sull'illudersi di poter fare di più fingendo che il combattimento sia stato facile, bah..".
"Se non pensi di poter fare di più, come puoi diventare più forte?" a queste mie parole, la sua espressione fu di stupore, forse non si aspettava tale risposta.
"È sfidando i propri limiti che si diventa più forti!" pronunciai quelle parole con lo stesso tono con cui le pronunciava mia sorella Elesis durante i nostri allenamenti, io credevo in lei e in queste sue parole.
Aisha non disse nulla. Restò a guardarmi in silenzio.
Presi un sassolino che avevo accanto e lo tirai nell'acqua, infrangendo il riflesso delle stelle, non so perchè lo feci, forse per distogliere il mio sguardo dal suo.
Sospirai.
"Però a volte i propri limiti non si possono superare da soli: che sia paura, debolezza, dolore..non ce la possiamo fare..".
Rivolsi il mio sguardo al cielo.
"Ma noi non siamo soli, vero?".
"Non lo siamo.." fu la sua risposta.
Mi avvicinai a lei e appoggiai la mia spalla alla sua.
"Allora supereremo tutto. Insieme".
Nessuno dei due disse più nulla, non ce n'era bisogno.
Le nostre mani si trovarono, nel silenzio di quella notte e restarono unite per un tempo che sembrò non finire mai.
 
Si fece tardi, così ci alzammo e ci incamminammo verso le nostre locande, ma prima di lasciare la riva del lago ci voltammo a guardare quella grande roccia in lontananza; entrambi sapevamo che non l'avremmo rivista molto presto.
Ci facemmo forza e ci voltammo, lasciandoci alle spalle la bellezza che il lago di Lysia regalava a chi, come noi, si avventurava lungo le sue sponde.
Per quella notte, le nostre strade dovettero dividersi, ma per qualche motivo Aisha rimase ferma davanti a me, con lo sguardo rivolto verso il basso, illuminata solo dalla luce della luna che faceva brillare il suo fermacapelli a forma di pipistrello.
"G-grazie.." disse sottovoce, quasi da non volersi far sentire neppure da me.
Non risposi. Non avrei saputo cosa dire.
La abbracciai.
Restammo uniti in quell'abbraccio per alcuni secondi, finchè sentii le sue labbra posarsi sulla mia guancia, in un leggero bacio.
Quando la lasciai andare si voltò subito, dandomi le spalle, forse per nascondere le sfumature rossicce che le sue guance avevano preso.
"Buonanotte" sussurrò, incamminandosi.
Le presi la mano, fermandola.
Aisha si girò, con la sua espressione di ragazza orgogliosa che voleva nascondere l'imbarazzo.
Mi avvicinai a lei e a mia volta le diedi un bacio sulla guancia, seguito da un "Buonanotte" sussurrato.
Rimase immobile per qualche secondo. Quando si riprese, si voltò, pronunciando esattamente le parole che mi aspettavo di sentire dalle sue labbra.
"Pff. Stupido."
Detto ciò, se ne andò; lasciandomi un sorriso disegnato in viso.
Prima di entrare alla locanda lanciai un'ultima occhiata a quel cielo stellato. Quella notte, qualcosa era cambiato. Quell'antipatia verso Aisha, si era trasformata in un tepore nel mio petto.
 
Il giorno successivo, al tramonto, la battaglia contro Ran, il conte degli abissi, giunse al termine.
Ce l'avevamo fatta, tutti insieme.
Mi voltai verso Aisha, che stava sorridendo.
"Non è bastato nemmeno come riscaldamento" disse.
Tra le risate di tutti, impugnai la mia spada e gliela puntai contro.
"Bene, allora che inizi la battaglia vera e propria, ladra di frasi!"
E scoppiò una delle nostre solite risse.
 

 
 
Angolo dell'autore:
Ciao a tutti! Questa è la mia prima fan fiction, spero di essere partito con il piede giusto in questo primo capitolo.
Inizialmente volevo fare un racconto unico, però mi sono fatto prendere la mano e sono finito col discostarmi troppo da quello che stavo raccontando; ho deciso quindi di fare più capitoli utilizzando i ricordi del nostro protagonista, fino ad arrivare al presente, ovvero la frase con cui ho  voluto iniziare questa storia.
Non starò qua a dire: pubblicherò ogni tot..Sarò sincero, pubblicherò quando avrò l'ispirazione per continuare!
Detto questo, vi ringrazio per essere arrivati a leggere fin qui~

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Capitolo 2
*** La Dea dai capelli scarlatti ***


Capitolo 2
-
La Dea dai capelli scarlatti


La mia spada era al mio fianco, anche in quel momento, non mi aveva mai abbandonato, sembrava che essa possedesse lo stesso spirito di colei che me la diede in dono anni prima.


Nella fredda sera di autunno in cui i demoni giunsero alle porte di Belder, avevo desiderato di poter combattere al fianco di mia sorella, avrei voluto dimostrarle quanto il ragazzino di 12 anni, che ero quando lei lasciò il nostro villaggio, fosse diventato forte.
Non fu così, quella sera lei non era su quel campo di battaglia.

L'aria era gelida e i fuochi sulle grandi mura della città illuminavano la via principale, dove eravamo noi. I soldati di Belder erano schierati per file ordinate dietro di noi, in difesa dell'imponente cancello in acciaio che segnava il confine che i demoni non avrebbero dovuto oltrepassare. A comando di quell'esercito vi era Vanessa, la grande condottiera della capitale, nota per la sua forza e carisma, armata di un'alabarda, sulla quale vi erano incise rune per tutta la sua lunghezza; lo sguardo freddo di quegli occhi blu, come i suoi capelli, avrebbe paralizzato chiunque si fosse messo sulla sua strada.
Io mi trovavo in prima linea, davanti alle schiere di soldati, affiancato da Rena, Aisha, Raven ed Eve; questi ultimi si erano uniti alla nostra squadra pochi mesi prima e non si erano ancora adattati all'atmosfera del nostro gruppo, forse per via dell'oscuro passato che li aveva segnati.
Raven, un veterano della guerra dai capelli scuri come la notte, venne salvato da una rovinosa battaglia e tenuto in vita dal popolo dei Nasod, ovvero macchine dotate di intelligenza, i quali tentarono di unire l'essere umano alla loro tecnologia. Raven fu il prototipo nato da quell'esperimento: un uomo il cui braccio sinistro era stato sostituito con uno meccanizzato, che, fuso insieme al potere dell'eldrit, bramava distruzione.

La sua forza di volontà gli permise di sopprimere ciò che il suo braccio cercava, riuscendo a sfruttare la forza che quella tecnologia offriva in battaglia, mentre il suo odio verso i Nasod crebbe senza fine, a causa della lotta interiore che era costretto a vivere, finchè la loro razza non si estinse, per mano nostra. Un solo Nasod rimase: Eve.
Eve era l'ultimo dei Nasod, aveva le sembianze di una ragazza dai capelli color platino, raccolti in graziose trecce, unite in un'acconciatura simile a quella di una regina; era proprio così che si definiva lei: la regina dei Nasod.
Durante i suoi combattimenti era circondata dalle luci che i suoi computer olografici emanavano, mentre digitando combinazioni di tasti, che solo lei sapeva, evocava aiutanti nasod programmati da lei stessa: Oberon, un umanoide mascherato armato di affilatissime lame, e Ophelia, dalle sembianze femminili, dotata di un cannone incorporato al suo braccio, dal quale sparava diverse tipologie di granate.
Mai capii se quella ragazza così aggrazziata potesse provare emozioni: le sue parole erano prive di sentimento, fredde; fredde come il vento che si alzò quando i demoni furono illuminati dalla fioca luce dei nostri fuochi.
Le prime schiere di demoni erano barricate dietro grandi scudi che bloccavano le prime frecce, scagliate da qualche arciere incauto; non era ancora il momento.
La regina dei Nasod si fece avanti, affiancata dai suoi aiutanti; i suoi passi erano decisi, privi di esitazione. Inutili furono le frecce avversarie scoccate verso di lei, la rapidità di Oberon non aveva eguali: teletrasportandosi attraverso portali dimensionali rese vani tutti gli attacchi verso la sua padrona.
I suoi passi si fermarono, a metà strada tra noi e l'esercito dei demoni, mentre i suoi computer olografici si illuminavano, permettendole di digitare un codice. Un messaggio di conferma comparve e subito dopo quelle luci si spensero.
La Regina stese il braccio verso lo schieramento avversario: "Manifestazione del campo dimensionale: Pugno del cielo!"
Con un lampo celeste un enorme portale si aprì sopra le teste dei nostri nemici; Eve abbassò il braccio con un rapido movimento e allo stesso tempo un imponente pugno nasod si scagliò sulle fila dei demoni. Indescrivibile la forza con la quale impattò al suolo; dovetti ripararmi il viso con un braccio per proteggermi dai detriti che l'onda d'urto aveva scaraventato in tutte le direzioni, mentre i nemici circostanti vennero sbalzati, ricadendo a terra.
"Avanti!" gridò Vanessa.
Sfoderai la mia spada, la battaglia era iniziata.



Ci lanciammo contro lo schieramento avversario, ormai disordinato, schivai un primo colpo di lancia, rispondendo con un fendente alla gola del demone, il quale si accasciò al suolo, digrignando i denti che sporgevano dalla mandibola di quel suo volto simile a quello di un cinghiale, mentre la pelle scura e l'armatura in lamine venivano percorsi dal suo sangue nero, e i suoi occhi gialli si spegnevano. Voltandomi parai un colpo d'ascia; nonostante quelle armi fossero potenti e ogni colpo mortale, erano pesanti e rendevano i movimenti lenti e prevedibili; con un calcio al petto feci indietreggiare il mio nemico e lo trafissi con una stoccata. Senza perdere tempo estrassi la mia spada dal suo ventre con un rapido movimento e continuai ad abbattere coloro che mi si ponevano davanti, uno ad uno.
Piantai la punta della mia spada nel terreno e con un movimento circolare la sollevai in avanti con forza:"Uragano di sabbia". Coloro che vennero travolti da quell'uragano vennero spazzati via; mi si aprì così un varco che mi permise di avanzare.
"Lancia della valchiria!": una pioggia di giavellotti piovve dall'alto, esplodendo al suolo; in mezzo a quelle fiamme combatteva Raven, combinando colpi di mano nasod e fendenti di scimitarra. Per lui questa era una battaglia come tante altre; nel suo volto cupo si scorgeva la rabbia che gli permetteva di scagliare colpi tanto potenti da infrangere le corazze degli avversari. Un demone armato di lancia riuscì a ferirlo ad un fianco, ma il veterano di guerra si limitò ad una smorfia e afferrando la lancia con la mano sinistra riuscì a frantumarla, mentre sul suo viso compariva un sorriso compiaciuto, ed in un colpo di scimitarra, il nemico venne squarciato a metà. La crudeltà con la quale gli avversari persero la vita sotto il suo braccio sinistro era indescrivibile, qualunque cosa finisse in quella morsa di metallo veniva tranciata o carbonizzata. Fu uno spettacolo raccapricciante.

"Lama sibilante!". Con un rapido fendente circolare generai un'onda d'urto che mi liberò dei nemici circostanti.
Nei pochi secondi di tregua mi guardai attorno; nei pressi del cancello vi era un'enorme cascata di frecce provenienti dal cielo; a quanto pareva, Rena era stata costretta alla sua leggendaria Lancia di Odino, che non si limitava ad annientare gli avversari nel raggio d'azione, ma aveva una forza tale da lasciare un enorme cratere dove essa colpiva; non mi sarei aspettato di vederla così presto nella battaglia. Ero avanzato molto insieme all'esercito di Belder e i demoni dovevano aver attaccato su due fronti: il fronte sud, sulla quale mi trovato io e la maggior parte dei nostri uomini, e lateralmente, passando attraverso il bosco e colpendo le poche forze rimaste a guardia della città, aggirandoci ed evitando così la nostra resistenza.
"Dannazione! Sono stato uno stupido!" Dissi tra me e me stringendo i pugni.
Mi voltai in direzione del cancello; ero furioso. Lo ero con me stesso, per aver commesso un errore tanto sciocco. Presi a combattere con rabbia contro i demoni che nuovamente mi avevano circondato, ma fu proprio quella rabbia a farmi perdere la concentrazione durante il combattimento.
Un colpo di spada mi sfiorò la testa. Avvertii il sibilo della lama che mi passò vicina, mentre una ciocca dei miei capelli veniva tagliata da quel colpo e dalla mia fronte iniziava a scendere sangue.
Indietreggiai. Cercai di riprendere la guardia, ma un colpo di scudo mi scaraventò a terra.
Il mio occhio destro era coperto di sangue, non riuscivo a vedere bene, ma ero ancora lucido.
Istintivamente rotolai di fianco, cercando di alzarmi rapidamente, ma inciampai su un corpo; non so se di un demone o un umano, ma inciampai e caddi nuovamente; pensai che forse qualcuno lassù in alto, quella sera, mi voleva morto.
Non so se fu la caduta o semplicemente perchè avrei voluto che lei fosse a combattere quella battaglia insieme a me, ma la sua immagine prese forma nella mia mente. I capelli scarlatti, gli occhi di fuoco e...le sue parole: "Quando sarai abbastanza forte, ci rivedremo, fratello mio".
In quel momento realizzai che non avrei potuto permettermi di morire, non lì. Mia sorella mi stava aspettando.
Feci un profondo respiro e nonostante la mia vista sfocata, avvertii ciò che mi circondava: sentivo lo stridere delle armi, le urla di battaglia dei nostri nemici e il respiro di coloro che avevo dinnanzi. Erano in quattro.
Con uno scatto fulmineo balzai in piedi, sferrando un colpo di spada ascendente, che sollevò dal suolo scintille, scagliando una tempesta di fuoco in direzione dei miei avversari; avvertii il calore dei corpi in fiamme e poi il loro silenzio, me la ero cavata, per il momento.
Tirai un sospiro di sollievo quando una voce familiare si fece vicina: "Elsword! Cavolo, hai deciso di morire qua?"
Mi pulii l'occhio dal sangue e la mia vista si fece di nuovo nitida; era Aisha, con i capelli più scompigliati del solito e la fronte sudata; aveva un taglio sul braccio, ma sembrava superficiale. Mi rallegrai vedendo che stava bene.
"Aisha, dobbiamo tornare al cancello, credo che i demoni ci abbiano attaccati dal lato est, passando attraverso il bosco! Rena e gli altri rimasti potrebbero essere in-".
"Lo so, sono venuta qua per cercarti, abbiamo bisogno di te. Gli Unohound sono al cancello, ma sono in troppi" disse scagliando una miriade di palle di fuoco ad un nemico che cercava di passare, il quale, urlando, cadde circondato dalle fiamme.
Unohound, demoni colossali che non utilizzano nessun tipo di arma, la loro forza fisica è più che sufficiente a sbaragliare un esercito; una montagna di muscoli con catene ai polsi per poterli legare come cani quando non sono in battaglia. La loro armatura è composta da una pesante corazza in acciaio scuro che copre solo la parte superiore del petto, dotata di lunghe spine sulle spalle e un elmo che lasciava intravedere solo i loro occhi; affrontare più di uno di loro contemporaneamente era considerata pazzia, ma quella sera non avevamo scelta.
Continuò.
"Probabilmente questa battaglia è persa ormai, ma abbiamo bisogno di tempo, dobbiamo evaquare la città. Mi spiace ammetterlo, ma siamo stati sconfitti" il tono di quella sua ultima frase calò fino a diventare un sussurro.
Le sue parole mi sembravano senza un senso: io ero ancora lì, in piedi, potevo ancora combattere. Come era possibile che avessi perso?

"Non abbiamo perso! Guardami, Aisha!" mi rivolsi a lei per rimproverarla di ciò che aveva detto.
"Ho ancora le forze per combattere. Combatterò finchè non cadrò. Io sono un cavalier-!" Uno schiaffo mi colpì il viso, lasciandomi senza parole.
"Elsword..Perdere non significa morire, sei uno stupido a pensarlo..guardati intorno".
Feci ciò che mi disse e sotto i piedi di coloro che ancora stavano combattendo vi era una vasta distesa di cadaveri, centinaia, forse migliaia e compresi quella triste verità: diversi uomini avevano perso la vita, molti dei quali probabilmente avevano una famiglia ad aspettarli nella capitale, una famiglia che non li avrebbe più rivisti. I demoni sembravano non finire mai, mentre noi venivamo sopraffatti dal loro numero.
"Capisci? Ormai è finita. Se anche noi perdessimo la vita, chi lotterà per le persone più deboli? Elsword, ora la speranza di Belder siamo noi". Quelle sue parole furono seguite da una lacrima che le scese lungo la guancia.
"Ritiriamoci!! Concentriamo le forze al cancello, ci serve tempo per evaquare la città!" furono gli ordini di Vanessa, mentre assestava colpi di alabarda con una forza tale da squartare due demoni con un sol fendente.
Non risposi ad Aisha, mi limitai ad un "Andiamo.." lasciandomela alle spalle, mentre mi dirigevo alle porte della città.
Non riuscivo a convincermi che sarebbe finita in quel modo; non vedevo il cancello dalla mia posizione, i demoni ci stavano attaccando da entrambi i lati, sarebbe stata dura arrivarci facendoci largo tra i nemici.

"Abisso del dio dei demoni!" Seguito da uno schiocco di dita.
Un pipistrello enorme, dalle piccole ali e gli occhi che parevano gemme, apparì accanto ad Aisha, che puntò la bacchetta magica in direzione del nostro obiettivo; una sfera di luce si creò sulla bocca della creatura evocata, in pochi secondi divenne accecante, ma quando quella bocca si schiuse, un enorme raggio viola venne lanciato, annientando tutto ciò che ci ostacolava, diventando sempre più sottile, fino a scomparire, insieme al pipistrello.
Ora vedevo il cancello e insieme ad esso 3 Unohound intenti a combattere contro i nostri compagni; iniziai a correre in quella direzione, staccando lo spallaccio sinistro, ormai distrutto, della mia armatura; mi liberai anche del fodero della mia spada, volevo essere più veloce possibile per quell'ultimo combattimento che mi aspettava e quei pezzi mi erano di troppo.
Fui il primo ad arrivare in soccorso dei nostri alleati, ormai stremati. Mi lanciai all'attacco del primo Unohound che trovai sulla mia traiettoria, era girato di spalle, intento a scagliare un potente pugno contro Rena, che lo schivò, scoccando 3 frecce contemporaneamente che si conficcarono nel suo ventre, ma che non ebbero alcun effetto.
Saltai, arrivando sulla schiena del colosso, mi diedi lo slancio per salire più in alto, oltre la sua spalla, dove, mentre mi trovavo ancora a mezz'aria, tirai un potente fendente alla cinghia che teneva allacciata la sua corazza, facendola cadere da un lato e lasciando scoperto il suo petto.
Con una capriola atterrai proprio sotto il gigante e puntai i miei piedi nel terreno, deviando un colpo della catena che pendeva dal suo polso, che ruppe la strada in pietra accanto a me.

Caricai la spada sul mio lato destro e chiusi gli occhi.
"Spero che ovunque tu sia, possa vedere quanto io sono diventato forte, sorella" .
"Lama dell'apocalisseee!"
L'arma che impugnavo si trasformo in una imponente spada di luce, che come un lampo di speranza illuminò quella notte, trapassando il cuore del nemico che avevo dinnanzi.
Con un colpo netto squarciai il corpo del demone, estraendo la spada; non aspettai che cadesse a terra, mi voltai verso il prossimo e andai a combattere al fianco di Raven.
"Assalto selvaggio!". Caricando il nemico con una forza impressionante, il mezzo nasod scagliò un potente pugno contro quello del Unohound, bloccandolo e facendolo indietreggiare, mentre a sua volta venne buttato a terra.
Con un veloce scatto intervenni, la mia lama colpì il demone ad una gamba, facendolo cadere in ginocchio. Caricai il colpo successivo, ma fu un movimento troppo lento, riuscii a rompere la sua pesante corazza, ma allo stesso tempo fui colpito da una sua manata che mi gettò contro il mio compagno.
Dannazione, quella spada di luce era troppo anche per me, non ero ancora in grado di padroneggiarla come avrei voluto; quella era l'amara verità.
Mentre ci rialzavamo da terra, il gigante aveva già unito le mani in un unico pugno che ci avrebbe colpiti con una forza immane, ma Aisha era arrivata insieme all'esercito di Belder.
"Invecchiamento!" una sfera densa di oscurità, dal colore grigio, si scaglio contro il demone, esplodendo.
Quando la nube dell'incantesimo svanì, la montagna di muscoli non si muoveva, o meglio, si muoveva davvero lentamente; Raven mi spinse via e con un salto si portò davanti al colosso.
"Colpo del protettore!!". L'esplosione generata dal nucleo nasod del suo braccio fece divampare fiamme in tutte le direzioni con una tale intensità che del Unohound non rimase altro che cenere.
Ne restava uno.
Mi voltai verso Eve e Rena, che assieme a Vanessa stavano avendo la meglio sulla bestia.
A colpi di alabarda, la condottiera tagliò i tendini di achille del demone, che cadde, mentre l'arciera, pervasa da un'aura che mi ricordava l'inverno, caricò una luminosa freccia.
"Frecciaaa ghiacciataaa!": con una precisione impeccabile, quella freccia lo colpì alla testa e uno strato di ghiaccio si estese su tutto il suo corpo, bloccandolo.
Il colpo di grazia lo diede la regina dei Nasod, inserendo con rapidità un codice nei suoi computer: una enorme lancia prese forma nel cielo, Oberon e Ophelia saltarono, impugnandola insieme e con una forza che mai mi sarei aspettato da due normali Nasod, la scagliarano contro l'ultimo degli Unohound, trapassandogli il corpo ed esplodendo all'impatto col suolo, dando vita a centinaia di esplosioni celesti.

Una speranza sembrava essersi riaccesa nei nostri animi, avremmo potuto resistere e salvare la capitale; mi feci forza, mentre la mia spada di luce scomparve; quella tecnica mi aveva consumato parecchie energie e avrei dovuto conservarle per la fine della nostra battaglia.
Ci disponemmo a mezza luna, insieme ai soldati di Belder che avevano respinto i demoni durante il nostro combattimento contro i 3 colossi. A occhio ci saranno stati 400 metri tra noi e il cancello e mantenendo la nostra formazione, non indietreggiammo; continuammo a mietere le vite di coloro che entravano nel nostro raggio d'azione, mentre un fiume nero scorreva sotto i nostri piedi.
Rimanemmo un centinaio quando il numero dei demoni diminuì drasticamente; ce l'avevamo fatta, avevamo resistito e di lì a poco tutto sarebbe finito.
Questo era ciò che pensai, prima che la terra prendesse a tremare e gli attacchi da parte dei demoni cessassero.
Un potente ruggito irruppe nel silenzio che era calato pochi attimi prima, mentre in lontananza intravidi una luce violacea che si avvicinava, una luce dalla quale partirono due grandi colpi, simili a meteore, che si scagliarano su di noi, rompendo la nostra formazione e trafiggendo alcuni dei pochi soldati rimasti.
Vidi lo sguardo terrorizzato di Vanessa quando gridò "Nephiiil!!! Chiudete il cancello!! Tutti quanti, ritiriamoci! Usciremo dal lato opposto della città, svelti!!"

Nephil. Quel nome riecheggiò nella mia testa, avevo letto di quella creatura solo su un vecchio libro nella biblioteca di Elder quando ero più piccolo: un enorme demone dotato di 4 possenti zampe con lunghi artigli, privo di occhi, ma con al posto di essi due lembi di pelle nei quali vi erano incastonati 10 eldrit oscuri; un enorme corno sulla sua testa e lunghe zanne che spuntavano dalla sua bocca, nella quale vi era il nucleo del suo oscuro potere, un enorme cristallo dal quale la bestia traeva una forza che non era possibile controllare.
Indietreggiammo velocemente, ma non abbastanza, la creatura dal colore viola sfumato prese a correre verso di noi. Non saremmo a metterci in salvo tutti, mi serviva più tempo.
Smisi di indietreggiare.
Respirai profondamente e rievocai la spada che speravo mi avrebbe permesso di mettere in salvo i miei compagni.
"Lama dell'apocalisseee!" Quel lampo di luce infranse l'oscurità di quella notte per la seconda volta.
"Ehi! Che vuoi fare?!"
"Che stai facendo??"
I miei amici si erano voltati verso di me.
Diedi loro una rapida occhiata: nessuno era più in grado di combattere, l'uso delle loro speciali tecniche e i danni della battaglia li avevano stremati, tanto da riuscire a stento a correre.
"Andate al cancello, io lo fermerò per il tempo necessario, poi vi raggiungerò" non ero sicuro che li avrei davvero raggiunti, avrei dovuto scontrarmi con una creatura colossale e le mie condizioni non erano delle migliori, ma volli credere in me stesso.
"Combatterò con te" disse Aisha con voce soffocata.
"Sapete anche voi di non poter più combattere e che non avremmo il tempo di raggiungere il cancello! Andate!". La verità era quella, nessuno di loro poteva combattere al mio fianco in quel momento e se qualcuno non avesse rallentato la creatura, raggiungere l'ingresso della città sarebbe stato impossibile.
Un incantesimo mi colpì, lanciato da Aisha, prima che le sue gambe cedessero, facendola cadere; era uno scudo protettivo, un'aura blu mi aveva circondato.
"Appena avremo oltrepassato il cancello, raggiungici, Rosso". Il modo in cui mi chiamava Raven mi faceva davvero arrabbiare, ma in quel momento lo trovai confortante.

"Stai attento, Elsword" furono le parole dell'arciera, prima voltarsi, insieme ad Eve.
Oberon raccolse Aisha, e i miei compagni, insieme ai pochi superstiti dell'esercito di Belder, si diressero verso la città.
La bestia dell'oscurità non ci mise molto prima di arrivare a me. Mi preparai ad incassare il colpo della sua carica, mi barricai dietro la mia spada di luce, tenendola a due mani con il piatto della lama rivolto nella sua direzione, mentre cercavo di puntare al meglio i miei piedi al suolo.
Con un balzo il Nephil si scagliò su di me con una incornata. Indietreggiai violentemente, mentre i miei piedi scivolavano sulla strada di pietra, ma mantenni la posizione difensiva, fino ad arrestare l'avanzata di quel suo primo assalto; cambiai la mia guardia passando all'offensiva, il mio primo colpo fu su una zampa della creatura, seguito da un secondo contro il suo muso, nascosto dai lembi di pelle dove vi erano gli eldrit oscuri, ma le sue squame durissime resero vani quei tentativi.
Rotolai lateralmente, schivando un suo colpo di artigli che sprofondarono nel terreno, diedi un rapido sguardo dietro di me, i miei compagni erano ormai a pochi metri dal cancello.
Il Nephil ruggì, aprendo la bocca, mostrando l'enorme cristallo, dal quale partirono altre due meteore, balzai indietro, schivando quei colpi, ma non passai al contrattacco, presi a correre verso la città.
La mia corsa verso il cancello si rivelò inutile; con un salto incredibile per le sue dimensioni, il Nephil mi si piazzò davanti, ma non mi fermai, gli corsi incontro e mentre apriva la bocca per colpire nuovamente mi gettai in scivolata sotto di lui, mentre un suo morso rabbioso mi mancava; ebbi l'occasione di vedere nuovamente quel cristallo nella sua bocca. Capii in quel momento che avrei potuto sconfiggere quella creatura, se avessi riposto le mie ultime energie nel colpo successivo.
Mi rialzai dietro il Nephil, che si girò di scatto, assalendomi nuovamente con una zampata, che schivai.
Tra me e il cancello la distanza non era molta e i miei amici ormai avevano varcato quel confine, ma non diedi le spalle al demone, alzai la spada di luce al cielo, mentre la sua bocca si aprì, pronta per l'ennesimo colpo.
Fu allora che attaccai.

"Doppio colpoooo!" Gridai con una prima spadata al cristallo nella bocca del Nephil e caricando la successiva.
Il secondo mio fendente fu seguito da una meteora di fuoco, la quale, insieme alla mia spada, si scontrò con il nucleo del demone.
"Aaaaaaahh!!". Usai tutte le mie forze per quel colpo.

Avrei sconfitto la creatura, avrei raggiunto i miei compagni...e mia sorella.
Una crepa percorse il cristallo del Nephil, lo avrei frantumato.
Ma quella sul cristallo non fu l'unica crepa. La mia spada si spezzò e la meteora di fuoco svanì, insieme alla imponente spada di luce e alla speranza che avrei raggiunto i miei amici.
Fui travolto da un raggio oscuro, che mi scaraventò lontano; pensai che sarei morto, ma l'incantesimo della maga aveva attutito quel colpo mortale.

Alzai gli occhi, il cancello sembrava vicino, ma allo stesso tempo troppo lontano per poterlo raggiungere nel mio stato; con le ultime forze mi alzai in piedi, ma le mie gambe mi tradirono e caddi in ginocchio, mentre la mia vista si faceva sfocata.
Era finita, la mia avventura sarebbe terminata su quel campo di battaglia.
Udii le voci dei miei compagni gridare il mio nome, ero riuscito a dare loro il tempo di mettersi in salvo dietro le mura. Sorrisi tristemente, mentre mi lasciai cadere al suolo.
Ma in quella notte, prima che tutto finisse, un fulmine rosso carminio infranse il cielo e la spada più splendente che io avessi mai visto venne scagliata sulla creatura che avevo dinnanzi, frantumandola in un'esplosione di luminose scintille, mentre una figura femminile emergeva da quel bagliore.
Una ragazza dai lunghi capelli, rossi come il fuoco, alta e ricca di grazia, impugnava una lunga spada, una claymore. Si inginocchiò accanto a me, inerme, mi tirò a sè e mentre la sua delicata mano mi accarezzava il viso, udii il suo sussurro: "Sei stato coraggioso, Elsword".

I miei pensieri viaggiarono attraverso le leggende che avevo sentito nei villaggi in cui ero stato, leggende che parlavano di quella ragazza: la spadaccina dai capelli scarlatti, capace di far piovere spade di luce dal cielo; colei che a capo dei Mercenari Rossi, avrebbe riportato la pace nel continente di Elios.
Quella era mia sorella: la leggenda nelle parole delle persone, la Dea che in quella notte mi salvò la vita: Elesis.



Mi svegliai due giorni dopo, in una locanda a Belder.
"Ehi". Furono le prime parole che udii non appena aprii gli occhi. Non capii subito di chi era quella voce.
"D-dove sono?" chiesi, voltando la testa verso la persona che avevo accanto. Era Rena.
Un raggio di sole entrava dalla tenda, leggermente aperta, della finestra, illuminando il mio letto; a giudicare dall'intensità di quella luce doveva essere tardo pomeriggio.

Provai ad alzarmi per mettermi seduto, ma un dolore che mi attraversò tutti i muscoli del corpo me lo impedì.
"Resta sdraiato, non fare troppi sforzi finchè non ti sarai ripreso".
"Mia sorella. Dov'è lei ora?". Ero impaziente di incontrarla, avevo aspettato anni, allenandomi ogni giorno pur di poterla rivedere.
"È in viaggio verso Ranox, è partita questa mattina all'alba...mi dispiace, so che ci tenevi a poterla incontrare" pronunciò quelle parole con un'aria sconfitta, come se avesse combattuto perchè lei restasse fino al mio risveglio.
Guardai il soffitto di quella stanza, mentre le lacrime bagnavano i miei occhi.
Avevo fallito di nuovo, per l'ennesima volta non ero riuscito ad incontrarla.
"L-lei è stata qui, vero?" singhiozzai.

"Si. Si è presa cura di te, è rimasta al tuo fianco per tutta la notte"
Avevo avvertito il suo profumo nell'aria, era lo stesso di anni prima.
L'elfa continuò: "Questa mattina, prima di partire, ti ha lasciato un dono" indicando una spada appoggiata al muro, accanto al mio letto.
Mi feci forza e provai nuovamente ad alzarmi, sfidando il dolore del mio corpo per la seconda volta e riuscendo a mettermi seduto.
Allungai il braccio destro, ancora fasciato, verso l'arma donatami da mia sorella Elesis, ma un forte dolore alla spalla mi impedì di sollevarla.
Rena mi aiutò, mettendomi la spada sulle ginocchia.
Era bellissima.
Il fodero era di un rosso intenso, mentre i bordi e gli ornamenti, ben curati, erano argentati. L'elsa era anch'essa argentata, ma al centro vi era una gemma di colore giallo, che brillava luminosa sotto il raggio di sole che la illuminava.
Impugnai la spada con la mano sinistra e la estrassi. Era leggera. La luce venne riflessa nella stanza da quella lama, sulla quale vi erano delle incisioni, che non riuscii a decifrare.
Mi specchiai nell'acciaio dell'arma che avevo in mano, sembrava che essa possedesse lo stesso spirito di colei che me l'aveva donata.
La rinfoderai e la posai dov'era stata lasciata da mia sorella.
"Rena...canteresti per me?" chiesi un po' imbarazzato.
"Con molto piacere". Rispose con un sorriso, quasi non stesse aspettando altro.
Mi rimisi sotto le coperte, chiudendo gli occhi, mentre la voce soave e dolce dell'arciera invadeva la stanza, infondendomi tranquillità.
Lentamente scivolai nel sonno, accompagnato dalle parole elfiche di quella melodia e dalla speranza che un giorno avrei rivisto Elesis.









Angolo dell'autore:
Eccomi qua con questo secondo capitolo!
Devo dire che è stata un po' un'impresa scriverlo, descrivere una battaglia non è stato per nulla semplice e spero di non avervi annoiato.
Questa volta ho voluto parlare dell'importanza di Elesis per il nostro protagonista, vista come una meta irraggiungibile, che lo spinge ad andare avanti nelle sue battaglie.
Con questo capitolo ho introdotto anche Raven ed Eve, devo dire che inizialmente il nostro tipaccio della guerra l'avevo pompato troppo, rileggendo la storia ho dovuto nerfarlo un po' ahahah!
Vi ringrazio per aver letto questo capitolo e spero lo abbiate apprezzato, ci si vede al successivo!

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