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Lista capitoli: Capitolo 1: *** 1)Su come l'impresa eccezionale sia essere normale *** Capitolo 2: *** 2) Su Come I Miracoli Talvolta Non Siano Bene Accetti *** Capitolo 3: *** 3)Su Come Un Concerto Possa O Meno Cambiare Tutto *** Capitolo 4: *** 4)Su Come Certe Volte Sia Opportuno Farsi Gli Affari Propri. *** Capitolo 5: *** 5)Su Come Sia Devastante Un Pomeriggio Di Studio *** Capitolo 6: *** 6)Su Come Dalla Merda Talvota Nascano I Fiori *** Capitolo 7: *** 7)Su Come Tutte Le Cose Belle Finiscano *** Capitolo 8: *** 8)Su Come , Talvolta, Dopo Anni Non si Riesca A Dimenticare Certe Persone. *** Capitolo 9: *** 9)Su Come Il Passato Non Ci Stia A Farsi Seppellire E Ritorni. *** Capitolo 10: *** 10)Su come Francesca Girardi abbia seppellito l’ascia di guerra *** Capitolo 11: *** 11)Su Come Certe Ciliegie Risultino Velenose. *** Capitolo 12: *** 12)Su Come Il Tempo Sia Ormai Agli Sgoccioli Per Tom Kaulitz *** Capitolo 13: *** 13)Su Come La fine Non Sia Altro Che L'Inizio. ***
Capitolo 1 *** 1)Su come l'impresa eccezionale sia essere normale ***
'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei componenti Tokio Hotel, nè offendere il gruppo o i suoi componenti singoli in alcun modo'
1))SU COME L’’IMPRESA ECCEZIONALE SIA ESSERE NORMALE
Francesca ha gli anni che ha
capisce quello che capisce
capisce che qui non va
e a me mi basta.
Ho sempre odiato la sveglia, faccio parte di
quella categoria di persone che la prenderebbero volentieri a martellate e poi
salterebbero sopra i pezzi con la gioia primitiva che segue all’annientamento
di un nemico, ma tra le tante sfortune che costellano la mia vita c’è anche
quella di doverla sopportare ogni santa mattina.
Un gallo smette di cantare se minacci di
tirargli una ciabatta, una sveglia..no…
Spero sempre che sparisca durante la notte
ma c.v.d inizia un altro giorno ed è scandito dal
suono dell’aggeggio infernale.
È unsuono che odio se non lo si fosse capito, ma è sempre meglio della
scossa poco amichevole di mia madre se non darò segni di vita nei prossimi
cinque minuti.
Tyson è un gentiluomo al suo confronto
Mi alzo di malavoglia, apro la finestra
nella speranza che il paesaggio sia cambiato durante la notte, ma come la
sveglia ha continuato ad esistere qui non è cambiato nulla, come cantava il
Liga “anche se il mondo cambia
qualche mondo non cambia mai”.
Ieri sera ho lasciato un cortile anonimo e
lo ritrovo esattamente uguale questa mattina, forse ha solo qualche sacchetto
di spazzatura in più.
Detesto questo posto e detesto mia madre
che mi ha trascinato qui, capisco che non poteva agire in modo diverso, ma
questo non cambia la sostanza delle cose, io qui non riesco a viverci.
Trascinata in un paese straniero contro la
mia volontà, non che in Italia stessimo benema almeno ero a casa, tra le cose che conoscevo da una vita e in cui
lalingua non mi era totalmente
estranea.
Tedesco…non l’ho mai capito ne mai lo capirò fino in fondo, nemmeno ora che le
circostanze mi hanno obbligata a farlo con il trasferimento in Germania.
Sento la porta aprirsi, mia madre entra
come una furia pronta a sbrandarmi.
“Sei sveglia! Muoviti Francesca, la scuola
non aspetta te che guardi dalla finestra!”
Esce come è entrata, io sbuffo appena la
porta si chiude dietro di lei.
Non è mai stato facile avere a che fare
con mia madre, fin dove arrivano i miei ricordi l’ho sempre vista scontenta,
frustrata, nervosa, scattava sempre per un nonnulla.
Da piccola non capivo perché, ma poi ci
sono arrivata.
Non era questa la vita che avrebbe voluto
e mio padre non era l’uomo che avrebbe sposato se non fossi arrivata io, ma
ioero natae lei non aveva più potuto tirarsi indietro.
Da qui la sua rabbia e…quella
di mio padre.
Per anni si sono urlati di tutto,
incuranti di me e dei miei due fratelli più piccoli, in litigi che scoppiavano
come bombe per motivi assurdi e finivano con porte sbattute e piatti rotti.
A volte li sogno ancora la notte, sogno
quella fottuta paura che provavo, una paura da fine del mondo, un senso di
instabilità che mi faceva letteralmente mancare l’aria e che mi lasciava in
lacrime stordita in un angolo con le mani sulle orecchie per non sentirli.
La nostra era una casa piena di macerie,
in un certo senso, le macerie della nostra famiglia e io ero quellaa cui toccava consolare i più piccoli, la
mamma non l’ha mai fatto.
Ci ha sempre lasciato soli a vagare come
superstitidella loro guerra personale.
Inizio a vestirmi con gesti lenti, i
ricordi fanno male, mi intorpidiscono.
È finito tutto qualche mese fa con mio
padre che ha fatto il botto, arrestato per rapina a mano armata.
La mamma aveva vinto.
Forse.
Aveva ottenuto il divorzio e se ne era
andata da quella cittadina in riva al mare che odiava e che diceva la
soffocasse,ma nessuno di noi era
felice, ne io, ne i miei fratelli, ne tantomeno lei.
Pesco qualcosa dall’armadio e controllo
cosa il fato ha deciso che indossi stamattina:Jeans strappati, un foulard come
cintura, una maglia colorata e un maglione.
Accettabile.
Mi lavo, mi pettino i capelli neri e
ondulati, mi trucco pesantemente di nero i miei occhi scuri.
Sono i soliti gesti meccanici che
finiscono solo quando lo specchio mi comunica che la mia personale
armatura,la mia maschera è pronta e non
necessita di altro.
Sono Francesca quella sempre strana,
l’italiana chenon parla una mazza della
lingua del posto e che non la vuole imparare, sono diventata quello che gli
altri credono che io sia.
Dimenticavo, sono anche complicata e
formulo spesso pensieri e teorie comprensibili solo a me, questo è uno di
questi ovviamente.
Esco dal bagno, sorrido ai miei fratelli
seduti al tavolo a fare colazione.
“Ciao Fra!”
Questo è Luca ha dieci anni, sei meno di
me.
“Ciao Francyyy!”
Questo invece è Andrea che mi salta in
braccio con la spensieratezza dei suoi sei anni, gli scompiglio i capelli.
“Fai colazione?”
“No piccolo, sono in ritardo!”
Lo metto a terra, lui fa il broncio, poi
mi porta una brioche, non la posso rifiutare anche se non ho fame.
“Grazie ometto, non so cosa farei senza di
te!”
Sorride con’aria di importanza, gli do un
buffetto.
“Vado.”
Il tono freddo è per mia madre, lei
annuisce senza ascoltarmi davvero.
Non mi perdona per la guerra che le sto
facendo , anche a scuola dove faccio di tutto per non inserirmi, forse in fondo
non mi perdona per essere nata.
Scuoto la testa, questa mattina i brutti
pensieri non mi danno tregua.
Prendo la cartella e la giacca, finalmente
sono fuori, alleluia!
Alì mi aspetta in cortile con la sua
solita aria placida, invidio la sua calma, la sua accettazione zen degli
avvenimenti, io non sarò mai così.
Per sempre condannata a essere consumata
da una rabbia che non mi lascia in pace.
Melodramma allo stato puro, ripigliati
Fra!
“Ciao Frankie!”
Mi fa dono di uno dei suoi sorrisoni migliori, mentre io bofonchio un “Ciao”appena
udibile mentre cerco le sigarette.
“Non possiamo saltare oggi?”
“C’è l‘interrogazione di tedesco!”
“Appunto!”
“Non potrai scappare in eterno!”
“Mi accontento di andarmene da questo
posto di merda!”
Fa una faccia perplessa, credo non abbia
capito l’ultima parola.
“Lascia perdere…”
Gli sorrido per non offenderlo, non voglio
giocarmi l’unico amico che ho qui, nonché l’unico che parli la mia lingua.
Alì è turco, ma è stato in italia per un po’, quindi mi capisce…almeno
lui.
“Non ti capisco.”
“Tu hai una bella famiglia, è per questo
che non capisci…”
Il tono è amaro, lo fa zittire per tutto
il tragitto.
Mi tirerei una manata in faccia, perché
rovino sempre tutto?
“Scusa.”
“Accettate…ma
non potrai essere in guerra con il mondo per sempre…”
Sospiro, vorrei che fosse così ma al
momento non vedo spiragli nel buio che mi avvolge, vorrei solo andarmene, ma
purtroppo devo rimanere fino alla fine del liceo.
Se mai lo finirò, non è così scontato.
Io e Alì siamo in una classe speciale dove
si occupano di inserirci nella scuola, attraverso corsi di lingua e lezioni che
ci mettano a pari con gli altri, ma di fatto siamo nel ghetto.
No, la frase giusta è:”Io sono nel
ghetto”.
L’unica lezione che frequento con la
classe “normale” è quella di inglese, ovviamente nella solitudine più totale a
cuimi sono autocondannata.
Alì tra poco se ne andrà tra i normali, il
mio tedesco invece non fa progressi, io non socializzo,i professori sono
scontenti, il che mi fa temere che ci rimarrò a lungo e che mi bocceranno a
fine anno.
Fantastico.
Com’è il detto? Le disgrazie sono come le
ciliegie, arrivano sempre a due a due.
Arriviamo ai cancelli della scuola, c’è
una massa insolita che non lascia passare nessuno.
Cosa diavolo sta succedendo? Una rivolta?
Naaa… sarebbe troppo bello, sono sicura che c’è una spiegazione più razionale e
che forse Alì ne è a conoscenza, forza Francè
chiediglielo!
“Alì…”
“Si?”
“Perché c’è così casino?”
“In che mondo vivi? Oh già…è
vero, non vuoi sapere nulla di quello che succede in questo posto…
Comunque oggi tornano a scuola degli
alunni famosi..”
Inarco un sopracciglio perplessa, questa
scuola ha ospitato dei personaggi famosi?
“Sono un gruppo di ragazzi che hanno
all’incirca la nostra età…bhe solo due, a essere
sinceri.
Hanno una band abbastanza famosa qui…””
Il mio silenzio perplesso lo scoraggia, se
Alì non fosse il santo che è si schiafferebbe una mano in faccia e mi
manderebbe a fanculo e io non potrei biasimarlo visto
che me lo merito, invece continua paziente.
Ti voglio bene, socio.
“Si chiamano Tokio Hotel.”
Il nome mi evoca il vuoto più assoluto.
“Fra, sei senza speranza!”
“Già, ma intanto per colpa di ‘sti illustri sconosciuti mi tocca fare a botte per entrare!
EHI! FATEMI PASSARE!”
Alì sgrana gli occhi, ho urlato come un
muratore incazzato, ma in tedesco.
Sorpresa! Ho assorbitopiù di quello che voglio far credere! Ah Ah!
La folla, composta per la maggior parte da
ragazze, mi gela , io sorrido spavalda, mentre i ragazzi ridacchiano divertiti
per un motivo ignoto.
“Zitta tu!”mi urla un’assatanata.
“Zitta tu e fammi passare, poi potrai
riprendere a sbavare e urlare senza me tra i piedi!”
Mi manda al diavolo, stringo i pugni
pronta a passare alle mani, ma sbuffando si sposta e fa spostare le sue degne
compari.
Con le buone maniere si ottiene sempre
tutto, almeno con certa gente regredita allo stato di branco.
Il mio amico è senza parole,così parlo io,
qualcuno dovràpurtenere viva la conversazione!
“Perché i ragazzi ridacchiavano?”
“Perché è raro trovare una ragazza capace
di affrontarle così…”
“Sono solo ragazzine.”
“Ma tu come fai?”
“Io? Io non ho nulla da perdere, quindi
posso fare la pazza finché voglio.”
Scuote la testa pensieroso, non credo mi
capisca fino in fondo nemmeno lui, ma neanche io a volte ci riesco.
“Io voglio una vita mia.
Non voglio che siano altre persone a
decidere per me, persone a cui non importa nulla di me, ma che fingono che io
gli interessi.
Lo so che è complicato, ma io non mi fido
di nessuno.
Non più”
Il discorso è vecchio, frutto di un altro
pensiero contorto a cui lui non replica nemmeno più, mi lascia andare verso
l’angolo dei fumatori ad affumicarmi i polmoni, scuotendo la testa
sconsolato,buon vecchio socio.
I ragazzi continuano a guardarmi con un
misto di rispetto e ammirazione, spero di non diventare una celebrità, ma non
posso negare che questo sentirmi per un attimo parte di un postomi faccia stare bene.
Peccato che questo non sia il mio posto…
Mi appoggio al muro con aria indifferente
e mi accendo una sigaretta.
Il fumo sale lento, mi perdo incantata a
guardarlo, vorrei sparire anch’io.
Disperdermi nel cielo, non avere un corpo,
essere effimera, senza peso e preoccupazioni.
Sogni.
Fottuti sogni.
La realtà è questa però, io ho un corpo e
devo tirare avanti qui dove sono.
Fanculo.
Un’ombra mi sovrasta, togliendomi la luce
del sole, torno bruscamente alla realtà strappata alle mie farneticazioni
da un ignoto osservatore.
Alzo gli occhi, un tizio dai lunghi rasta
biondo scuro e dal sorriso sbilenco mi guarda come se fossi un pezzo di carne
succulento.
Lo trucido con un’occhiata, sperando che
capisca che non ho voglia di playboy scocciatori attorno, ma lui non se ne va e
attacca a parlare.
Non capisco una sola parola, accidenti!
Alì dove sei quando ho bisogno di te?
Provo a mugugnare qualcosa, ma lui
appoggia le mani al muro dietro di me e prova a baciarmi.
Questo è troppo!
“Sei un barabba!”urlo in italiano un
insulto assurdo che rimarrà incomprensibile per lui nei secoli a venire, ma non
basta ovviamente.
Gli mollo un cinquino sulla guancia che lo
lascia stordito, il rumore risuona come una fucilata nel angolo di cortile.
Sento delle risate e dei commenti su di
lui , mi accorgo che dietro il Don Giovanni crucco ci sono altri due ragazzi
che hanno seguito con interesse la scena.
Bella li! La mia prima figuraccia del
giorno!
Lui mi lancia un occhiata di fuoco e se ne
va, sibilando con ogni probabilità degli insulti.
Credo si chiami Tom, almeno tra il groviglio
di parole mi è parso di sentire questo nome, a essere sinceri un pochino mi
dispiace per lo smacco cha ha subito davanti agli amici, ma io non sono una
persona facile, a cui bastano quattro stronzate per capitolare soprattutto se
dette in una lingua che per me è quasi aliena.
Osservo i suoi amici, un ragazzo biondo
non molto alto che mi guarda interessato, forse si chiede chi è la pazza che ha
osato dare un ceffone al suo amico Casanova e uno con i capelli maniacalmentepiastrati piegato
in due dalle risate.
Il piastrato,
che sembra il più grande della combriccola se ne va dopo avermi fatto
presumibilmente un complimento e un “ciao”con la mano con delle lacrime grandi
come olive che gli solcano le guance , lo seguo stranita con lo sguardo.
È un pazzo, non c’è altra spiegazione e
questa mattina sta prendendo una piega strana senza ombra di dubbio.
Rimaniamo io e il biondino che mi scruta
in silenzio mettendomi a disagio, non mi piace essere fissata a lungo,di solito
mando al diavolo la gente che fa così ma con lui non ci riesco.
“Perché?” Chiede una vocina dentro di me.
“Bho!”risponde
un’altra.
Ho le idee chiare, molto chiare.
In ogni caso mi chiede qualcosa che io non
capisco, sospiro, maledicendo per la prima volta la mia testardaggine che mi ha
portato a ignorare la possibilità cheun
giorno avrei voluto parlare con qualcuno che reputavo interessante.
È tardi per i rimpianti ormai ,con il mio
miglior tedesco e sperando di non sembrare una ritardata gli chiedo di ripetere
più piano.
“Sei straniera?”
“Italiana.”
“Ok, come ti chiami?”
“Francesca. Tu?”
Si gratta perplesso la testa.
“tu non sai come mi chiamo?”
Lo conosco da nemmeno cinque minuti, come
faccio asaperlo?
La domanda mi si legge in faccia,
inspiegabilmente lui ne è sollevato e mi fa un sorrisone luminoso che mi
ricorda quelli di Alì per gli eventi speciali o particolarmente felici.
Anche lui deve avere qualche rotellina
fuoriposto, gli scombinati li attiro tutti io.
“Gustav.”
“Ok, ciao Gustav.
Perché parli con me?”
Scoppia a ridere, non sapevo di avere doti
da clown, da psicotica lo sospettavo ma da clown no.
Non appena si riprende, inizia a scandire
lentamente la risposta.
“Perché non capita tutti i giorni che
qualcuna non cada ai piedi di Tom.
Volevo sapere perché.”
Do un tiro alla sigaretta per schiarirmi
le idee, il mio tedesco traballa più di un castello di carte esposto alla bora
ne sono acutamente consapevole purtroppo.
Prendo fiato come se dovessi fare una
confessione dolorosa e comincio a parlare, sperando che non mi giudichi una
cretina per come parlo,
Questo è il secondo pensiero che mi
stupisce non poco in nemmeno cinque minuti, scuoto la testa sotto il suo
sguardo perplesso,
Ok, mi avrà scambiato per una mattoide.
Come sempre quando sono nervosa gesticolo
e in un misto allucinante di tedesco, italiano ed inglese, gli spiego che non
mi piace la gente che ci prova così spudoratamente nemmeno se sono bei ragazzi
come il suo amico.
Lui annuisce sorridendo, comprensivo.
Chissà cosa pensa del mio atroce patois di
lingue?
Non voglio saperlo, è meglio per la mia
autostima che non lo sappia…
Il suono della campanella mi salva dal
continuare la mia prima disastrosa conversazione con un abitante della Tedeschia da due mesi a questa parte.
“Devo andare.”
“Ok, ciao!”
Butto la cicca e corro verso il ghetto.
Sta per iniziare un altro noioso giorno di
scuola o almeno cerco di convincermene.
A memoria d’uomo non ho mai vissuto una
mattinata così lunga e stressante, non me ne è andata bene una e manca ancora
un’ora alla fine delle lezioni.
Non oso pensare a cosa potrebbe succedere
d’altro, forse solo l’apocalisse ormai.
Sono arrivata in ritardo alla prima ora
per colpa di quel Gustav e dellamia
sfortuna nera che mi porta a fare la mia prima conversazione con un indigeno a
cavallo dell’inizio della lezione.
Sfiga numberone.
Quello di tedesco mi ha letteralmente
martellata in un interrogazione distruggi neuroni che mi lasciata talmente
sconvolta da non sapere articolare più nemmeno una frase in italiano.
Sfiga numbertwo.
Last butnotleast, all’intervallo non ho
fumato e questo mi rende nervosa il doppio, visto che è successo a causa della
band ignota e delle loro seguaci oche che presidiavano i corridoi come
gendarmi.
Non li conosco nemmeno e già mi stanno
appesi per i casini che mi hanno creato….
No..
Non è vero, non li odio, odio quelle
dementiche mi hanno impedito di
raggiungere il mio agognato e adorato cortile e di fumare la sigaretta
antistress di metà mattina.
Maledette!Le strozzerei!
Sospiro a bassa voce, il professore di
matematica non ama chi si distrae e ovviamente non ama me che guardo più
volentieri fuori dalla finestra che la lavagna piena di formule
incomprensibili.
“Girardi!!”
Come non detto la iena mi ha sgamato in
pieno, arrossisco, per poi mi riconcentrarmi sul quaderno.
Sono stanca di stare qui!
Che Qualcuno mi salvi!
Che Gli alieni mi rapiscano!
Che arrivi la fine del mondo….Questo
forse è eccessivo…
La
campanella mi salva dal continuare a fingere che la lezione mi interessi,
raccatto le mie cose, la prossima lezione è quella di inglese e ho l’onore di
seguirla con i normali.
Saluto Alì, sfreccio nei corridoi ancora
insolitamente animati e mi fiondo nella classe al mio posto in prima fila vista
lavagna.
Incredibilmente il posto accanto al mio è
occupato, non è mai successo in due mesi ed è una faccia nuova, chissà chi è?
Lo guardo meglio, ha i capelli neri,
corti, dietro sono irti e davanti ha un lungo ciuffo a coprirgli un occhio, ha
anche un piercing al sopracciglio.
Tossicchio imbarazzata.
Lui mi nota, perplesso, non ha idea di chi
sia io e sembra a metà tra il preoccupato e lo scocciato.
“Chi sei?”
“Sono Francesca….Sto
al banco accanto al tuo.”
Inarca un sopracciglio ed attacca un
monologo di cui noncapisco nulla, come
faccio a fermarlo?
Sberla o sbraito?
Sbraito.
“ASPEEETTAA!”
L’urlo mi esce spontaneo, in italiano,
forse per questo si zittisce e mi guarda sconvolto.
“sei italiana…””
Annuisco e gli spiego nel mio tedesco
zoppicante che vengo dalla classe speciale per seguire la lezione di inglese,
solo allora si calma e mi fa passare.
Decido di iniziare una conversazione,
giusto per sapere con chi ho l’onore di dividere la fila.
“come ti chiami?”
“Non lo sai?”
Ma sono tutti pazzi oggi? Mi hanno preso
per una veggente?.
“Ti vedo oggi per la prima volta.”rispondo
piccata.
Sgrana gli occhi, sembra davvero un bambino….Un bambino con gli occhioni
truccati di nero.
“Sono Bill.”
“Piacere Bill, Francesca!”
Mi siedo sorridendo, con me attaccano
bottone solo gli strani, ma come il biondino di stamattina questo Bill mi sta
simpatico a pelle.
La lezione si snoda lenta, ma sono di buon
umore, per uno strano scherzo del destino io l’inglese lo parlo e lo capisco
benissimo, non posso dire lo stesso del mio compagno di banco.
Ogni tanto lo sbircio, non ha l’aria di
capire molto, ha un repertorio di smorfie buffe e strane , probabilmente su
dilui l’inglese ha lo stesso effetto
del tedesco su di me.
Ha tutta la mia solidarietà.
“Kaulitz!”
Sobbalza, la professoressa l’ha puntato
con una domanda abbastanza facile, ma lui inizia a sudare copiosamente, come se
gli avessero chiesto una traduzione en passant dal inglese antico.
Sbarra gli occhi, boccheggia, deglutisce,
tra poco gli colerà il trucco, praticamente è annientato dalla megera davanti a
lui e dall’oscurità dell’inglese.
Non posso lasciarlo così, so benissimo
cosa si provi e quanto sia gratificante avere un’anima pia che ti suggerisce la
frase giusta, così gli suggerisco la risposta che balbetta incerto.
La professoressa alza un sopracciglio
dubbiosa, ma decide di lasciare perdere e continua a spiegare
Salvato in corner.
“Grazie.”Sussurra”MI
hai salvato la vita.”
“Esagerato.”
“No, davvero!”
Mi fa un sorriso splendente, degno della
pubblicità di un dentifricio suggerisce la parte da ragazzina smielata che c’è
in me e che mi fa sorridere di rimando.
È la giornata dei miracoli e delle cose
impossibili, prossimamente questa cittadina si ritroverà alle prese con un
metro di neve verde, ne sono certa.
La lezione continua normalmente, deliri miei
a parte, fino al suono della campana che accolgo sorridendo come una scema,
ignara che il peggio stia per arrivare.
Mai abbassare la guardia Girardi, ormai dovresti saperlo.
Tornando a bomba la scena è all’incirca
questa:iome ne sto per andare sciallascialla , moderatamente felice per la fine di un’altra
giornata in questo postaccio insieme al mio nuovo compagno di banco, strano ma
all’apparenza simpatico quando la professoressa Mayer ci richiama.
Iniziano i sintomi da ansia precolloquio, è una fenomenologia diffusa e conosciuta.
Panico che sale dalle viscere che inizia a
farmi sudare di nuovo e mi fa sgranare gli occhi come fari.
Imprecazione di rito, il classico
“merda”che va bene un po’ per tutte le situazioni,.
E la domanda retorica che si pone ogni
studente alle prese con i professori:”Perché?”.
“Girardi…Vorrei affidarle un incarico.”
“Si professoressa. Di che genere?”
E cosa c’entra il tizio accanto a me?
“Darà ripetizioni a Kaulitz,
non creda che non mi sia accorta che è stata lei a suggerirgli la risposta.”
La mascella rischia di staccarsi dalla mia
faccia allucinata.
“Lui forse imparerà un po’ di inglese e lei forse un po’ di tedesco e
socializzerà.”
“Ma…”
“non discuta signorina, il mio è un
ordine!”
Lancio un’occhiata disperata alla pertica
muta che è alla mia destra, ma lui sembra contento della situazione.
Traditore!
Sono furente ed indignata, credevo di
avere un alleato, accidenti!
Dov’è finita la solidarietà tra gli esseri
umani?
“ok…”
“Iniziate oggi!”
Spero che adesso non si metta a dettarmi
anche gli orari perché potrei mettermi a urlare.
“Va bene.”
“ora potete andare!”
Ci allontaniamo, io incavolata come una
biscia, lui serafico.
Perché non sono stata zitta?
Sono talmente immersa nelle mie
elucubrazioni su come scantonare questa scocciatura che non mi accorgo che per
un pelo non siamo finiti trala massa
furente delle invasate.
Lui si pietrifica.
“Biiill!!”
“Le conosci?”
Mi afferra per un braccio e mi trascina
verso l’uscita di sicurezza, senza dire una parola.
Cosa diavolo sta succedendo?
Cosa mi sono persa?
“Ehi! Mollami!”
“Sta zitta! Ti spiego dopo!”
Siamo nel cortile, poi in una strada
laterale accanto alla scuola dove c’è parcheggiata una macchina con i vetri
scuri su cui mi fa segno di salire.
È troppo, non ho intenzione di assecondare
la follia di uno che per quanto ne so potrebbe essere un maniaco!
“io lì non ci salgo!”
“ti spiego dentro!”
Mi fa salire senza complimenti, sono al
limite dell’esplosione.
“Siamo dentro. Parla.”
“Sono Bill Kaulitz.”
“Questo lo so!”
“Sono il cantante dei Tokio Hotel.”
Sgrano gli occhi come una demente, tutti i
tasselli stanno andando al loro posto, lui è quello che cercavano le invasate,
è per colpa sua non ho fumato!!
Sto per dirgliene quattro, quando la
portiera si apre e fa capolino l’ultima persona che mi aspetto di vedere:il
casanova con i dreadlock di stamattina.
“Cosa cazzo ci fai qui?”
Gentile.
“Lui è Tom, il mio gemello.
Temo dovrai aiutare anche lui.”
Il colpo shocca e ammutolisce tutti e due,
non ci scorderemo facilmente il 28 ottobre del 2005.
Ne io ne lui.
ANGOLO DI LAYLA
Salve, eccomi di ritorno con una nuova
storia, non ho molto da dire a parte questo…
1)
Mi scuso infinitamente con chi
seguiva “Un fantasma per amico”, la fiction è stata tolta perché non avevo idea
di come continuarla ed ero disperata, così per il momento ho lasciato perdere.
Non è detto che in futuro non ci ritorni
sopra e la finisca, ma futuro è una parola ampia e fumosa e non è affatto detto
che lo faccia: in parole povere?
Non sperateci troppo potreste rimanerne
delusi (MI dispiace Lady Cassandra e Broken 93 ^^’’)
2)
Detto questo, ho bisogno di pareri e critiche.
Ditemi qualsiasi cosa ne pensiate, soprattutto se qualcuno ha suggerimenti sul
titolo della fiction miglioredel mio mi fa un favore grande come
un grattacielo e verrà ricompensato XD
Soprattutto commentate,
qualsiasi cosa è meglio del silenzio, anche sentirmi dire che farei meglio a
darmi alla coltivazione di patate nel mio orticello o che se si vedrà ancora una
mia storia pubblicata verrete a casa mia e mi prenderete a randellate XD.
Ok?
3)Le frasi in corsivo all'inizio sono
l'attacco di "Francesca ha gli anni che ha" dei Tre Allegri Ragazzi
Morti che è un po’ il filo conduttore di tutta la storia. La Frase di Liga che cita Fra fa
parte della canzone "Walter il mago". Il titolo del primo capitolo
cita un verso di "L'impresa eccezionale"degli Articolo 31.
Non credo di avere altro da dire.
Al prossimo capitolo . . . Se troverò commenti
^^.
Capitolo 2 *** 2) Su Come I Miracoli Talvolta Non Siano Bene Accetti ***
2) SU COME I
MIRACOLI TALVOLTA NON SIANO BENE ACCETTI.
Francesca
ha gli anni che ha
capisce quello che capisce
capisce che qui non va
e a me mi basta.
Miracoli,
Fenomeni straordinari che avvengono al di fuori delle
normali leggi della natura e che possono verificarsi in oggetti naturali o
persone, almeno così recita il dizionario.
Miracoli.
C’è gente che aspetta tutta la vita di vederne qualcuno e
gente che quando se ne ritrova inconsapevole protagonista maledice Dio per
averlo fatto e si chiede perché proprio a lei e non ad altri.
Io ovviamente faccio parte della seconda categoria.
Sono conscia del fatto che più o meno tre quarti delle
ragazze della mia scuola vorrebbero essere al mio posto, ma io, io non vorrei
essere al mio posto, io vorrei essere altrove.
Mi sta quasi bene dare ripetizioni a Bill, anche se mi
suona strano che io dovrò dare ripetizioni a qualcuno, ma all’altro
assolutamente no.
A giudicare dalla faccia sconvolta nemmeno lui è
d’accordo, infatti appena si riprende un cinque minuti buoni dopo aver ricevuto
la buona novella trucida suo fratello con lo sguardo.
“Cosa cazzo stai dicendo?”
“Che la tua media in inglese è uno schifo e mamma vuole
mandarti a ripetizioni, ma visto che c’è lei che le fa a me ti obbligherà a
seguirle.
Ti stavo preparando al colpo.”
“MI stavi facendo un favore?”
Il tono è ironico, ma l’altro non raccoglie.
“si, ringraziami.”
Il suono del mio cellulare impedisco al rasta di manifestare
la sua gratitudine al fratello, chi sarà?
Il display dice Alì, così rispondo titubante.
“Fraaa!!! Ma dove sei???”
“Oddio, mi stai aspettando fuori scuola?”
“Si scema!”
“Scusa ma per una serie di sfortunate coincidenze mi
portano a casa dei miei compagni.
Poi ti spiego bene, tu intanto vai.”
Chiudo la chiamata, mi ero dimenticata di avvisarlo,
fortunatamente i miei fratelli sono a scuola tutti e due e non vengono a casa a
mangiare.
Impreco per conto mio per la stranezza della situazione,mi
guardano tutti e due perplessi.
“parli da sola?”
Perché il rastone è sempre il
primo a ripigliarsi?
“Si”
Ed è meglio per te che non sappia cosa abbia detto.
“Oggi sei ospite a pranzo da noi, comunque.”
Guardo Tom male, lo sento, anche se non lo conosco da
molto che nasconde un secondo fine e io odio la gente così.
“Non posso essere gentile con te?”
Alzo un sopracciglio, si sta arrampicando sugli specchi,
è palese…
Lo scruto negli occhi secondo il mio metodo consolidato
da anni di test su quelle anime candide deimiei fratelli( i quali si sono convinti che io sia una specie di strega
che legge nella mente), ma lui è impermeabile e inoltre agisce un elemento di
disturbo: suo fratello che si è illuminato alla prospettiva di avermi a pranzo.
Ok…C’è
qualcosa che non va….Una forza sconosciuta mi ha
trascinato in un altro universo mentre ero persa in qualche elucubrazione,
quando arriverò a casa stasera scoprirò di viverein una casetta ordinata con una famiglia
integrata e un cane…
“Francesca!!”
Ritorno drasticamente sulla terra richiamata dalla voce
del mio compagno di banco che mi guarda perplesso con i suoi occhioni enormi.
“Si?”
“Dicevo che sarebbe carino, così possiamo conoscerci
meglio!”
Lui non dovrebbe avere secondi fini, la frase sarebbe
suonata più preoccupante in bocca a quel tizio alla mia destra che sogghigna
divertito, vero?
Vero?
“Non c’è molto da dire su di me.
Mi chiamo Francesca, sono italiana, ho sedici anni e due
fratelli .”
“Come si chiamano?”
“Luca ed Andrea, hanno diecie sei anni.”
“Dove abitavi in Italia?”
“In Sicilia, in un paesino vicino al mare, dove c’era il
sole a faceva caldo…
Ma perché stiamo parlando di me? La mia vita non è
interessante!”
Non posso certo dire che mio padre è un carcerato e mia
madre una despota casalinga!
È sempre stato così, Cristo! La mia famiglia, io stessa,
erano un argomento tabu, non potevo parlarne ad altri o rischiavo di farli
fuggire a gambe levate non appena scoperto chi fossi.
Non potrei mai raccontarlo a gente come loro che ha
un’immagine pubblica da mantenere, come sempre il silenzio è d’oro.
Come sempre devo cavarmela da sola, me la sono sempre
cavata tutte le volte che in passato sono stata male, in fondo sono ancora qui.
First thing you learn:
you got to make it in this world alone Rancid docet.
[C´è una bambina un po´ più sola degli altri
che comunque sorriderà
e una madre disperata che altro non sa fare
che la guerra al suo papà.
Questo è il mondo(*)]
“Uffa…ma io voglio conoscerla.”
“posso fumare?”
La domanda lo spiazza, ma poi annuisce e abbassa il
finestrino.
“Fa male! Quando hai iniziato?”
“L’anno scorso.”
“posso averne una?”
“Ma non fa male?”
“Dai! Solo una!”
È una contraddizione ambulante, ma gli allungo la stizza
sospirando, suppongo sia impossibile negargli qualcosa e non ho voglia di fare
la rompiscatole.
“Perché hai iniziato?”
Guardo Mr Antipatia che
sogghigna ancora in cerca di aiuto, come si spegne questo?
“Non mi va di parlarne!”
Dio, fa che capisca il concetto, prego, mentre mi guarda
perplesso e l’altro intanto ride .
“Bill piantala! La stai sottoponendo a un interrogatorio!
Potrebbe tirarti una sberla…”
La frecciatina è per me, l’umiliazione è ancora troppo
recente perché mi lasci stare e io dovrei fare la superiore, ma non ci riesco.
Il mio maledetto orgoglio mi fa fare una risatina forzata
ed inquietante che fa voltare verso di me Bill a occhi spalancati, che l’abbia
spaventato?
“Sei tu la famosa ragazza che ha dato uno schiaffo a mio
fratello?”
Famosa? Io?
“Ehm si…”
“Me l’ha raccontato Gustav e non ci volevo credere.
Sei tu!!”
Si ero io e in un attimo mi ritrovo stritolata in un
abbraccio spacca costole che mi lascia senza parole e mi fa arrossire come un
pomodoro maturo.
Oddio, questo è tutto strano…
Quando si stacca, contento come un bambino che si ha
trovato un regalo inaspettato, metto insieme i pezzi, Gustav non può che essere
il biondo con cui ho parlato questa mattina e parrebbe essere anche lui un
membro della band.
Vai Francesca Holmes indaga!
“Gustav è per caso un tipo biondo non tanto alto?”
“Se vuoi sapere se è il tizio con cui ha parlato
stamattina la risposta è si!”
Mi ha risposto il gemello sbagliato.
“grazie e cosa suona? E quanti anni ha?”
“Cosa ti importa? Vuoi prendere a sberle anche lui,
magari aiutata dai parenti?”
“Hai rotto le palle! Stai zitto!
Di solito non sono manesca, tu sei stato l’eccezione che
conferma la regola e se non chiudi quella fogna entro cinque minuti l’eccezione
potrebbe ripetersi, chiaro?”
Sgrana gli occhi, boccheggia, diventa rosso,lo so che
vorrebbe insultarmi glielo leggo negli occhi scuri ,ma sembra non abbia il
coraggio di farlo, alla fine si chiude in un silenzio offeso.
È il turno di Bill ghignare.
“Gustav ha un anno più di noi, è il batterista.”
“è simpatico…lui…”
Frecciatina per Tom che mi fa un elegantissimo medio.
“Non dovreste avvisare vostra madre?”
“Non è un problema!”
“è gentile…lei…”
“Siamo arrivati!”
L’autista mi salva dalla risposta acida del rasta, ottimo
tempismo direi, si merita un monumento questo ignoto armadio a muro che ci ha
scarrozzati fin qui.
La casa è una villetta piuttosto comune, non so cosa mi
aspettassi, ma non è per niente una villa hollywoodiana.
“Ehi?”
“si arrivo.”
Entro in casa, sembra deserta, non so perché ma credo di
iniziare a capire perché Simpatia Portami Via insistesse tanto per avermi a
pranzo.
“Ma vostra madre è a casa?”
“Dovrebbe…”
Bill è perplesso quanto me, ma Tom sogghigna e sento che
è un brutto segno.
Cosa nasconde?
Andiamo in cucina, sul frigorifero c’è attaccato un
biglietto che recita più o meno questo: la madre dei gemelli non è a casa e si
devono arrangiare.
Ok, ora è tutto chiaro!
“Ehi figlio degenere del Profeta del reggae! Vieni qui!”
“Non sei acasa
tua, Pescivendola!”
Arriva con passo strascicato, ridacchiando come lo stregatto di Alice.
Quanto lo detesto!
“Adesso capisco perché mi hai invitata! Mi hai preso per
la tua cuoca?”
“Naa…potrestiavvelenarmi…ma volevo vendicarmi per lo schiaffo e gustare
la cucina italiana.
Perché non unire l’utile al dilettevole?”
Gli faccio dono di uno sguardo di puro odio, se non fosse
che non voglio giocarmi l’amicizia di Bill come compagno di banco l’avrei già
menato questo stronzo borioso!
“Senza parole?”
Non tirare troppo la corda, bello.
I miei occhi gli telegrafano il messaggio, lui lascia la
cucina fischiettando, io invece mi attacco al piano di lavoro per calmarmi e
impedirmi di inseguirlo con un mattarello.
“Mi dispiace…”
La voce del moro mi arriva da lontano, la rabbia mi
avvolge come una coperta soffocante.
“Non fa niente.
Dimmi dove è la roba che inizio a cucinare.”
Ho qualche altra scelta?
Ovviamente non ne ho, perché mi sonolasciata convincere a venire qui?
Perché il destino di merda ha voluto così, mi dico mentre
metto l’acqua per la pasta sul fuoco per poi buttarci il sale come se lo
dovessi buttare addosso a Tom versione zombi, borbottando maledizioni come
faceva mia nonna quando era arrabbiata con qualcuno.
Bill si allontana silenzioso, forse ha capito che non è
aria.
Buon per lui, così io posso riprendere le operazioni eseguite
con i gesti secchi, furibondi tipici di quando sono arrabbiata, nonché intrise
di un certo automatismo: misurare la quantità di pasta, iniziare a mettere il
sugo sul fuoco, il tutto continuando a mugugnare.
Da lontano mi pare di sentire un litigio, ma lo ignoro,
che si scannino pure!
L’acqua bolle, metto la pasta.
Aspetto, vado in sala per dire loro di apparecchiare, ma
ci stanno già pensando.
Torno in cucina.
Sembro un automa, un automa con un diavolo per capello
che è meglio non disturbare.
La pasta è pronta, la scolo, la schiaffo in due piatti e
la porto nell’altra sala, l’automa ha terminato con successo il suo compito.
“Tu non mangi?”
“Mi è passata la fame.”
“Non è che è avvelenata?”
Questo è decisamente troppo, senza dire un parola me ne
vado, non ho intenzione di farmi prendere in giro tutto il giorno da un
deficiente egocentrico.
Una grande uscita di scena, vero?
Peccato che sia rovinata da un capogiro che mi fa
barcollare come un’ubriaca, se non fosse stato per Bill che mi ha acchiappata
al volo ora sarei tatuata sul pavimento di casa loro, cosa diavolo mi sta
succedendo?
Mi ritrovo sul divano in uno stato di confusione mentale,
persino il gemello cattivo sembra preoccupato per me, io invece mi sento un
verme, so perché stavo per svenire e tra poco lo capiranno anche loro.
È questione di attimi e arriverà la domanda fatale.
“hai mangiato all’intervallo?”
Il mio silenzio è eloquente ed indica un no come
risposta.
“Ma allora sei scema!”
Ecco mr Sensibilità, ma perché
sono venuta qui?
Non ho il coraggio di guardarli in faccia, vorrei
sparire, essere altrove.
Non è facile essere me a volte, non è facile dare
risposte a domande non dette, non è facile dare spiegazioni delle cose che fai
o non fai.
Odio i momenti della verità, quando sei con le spalle al
muro e non puoi scappare, soprattutto se avvengono con due che sono quasi dei
perfetti estranei.
“Dovresti mangiare qualcosa.”
Si, forse dovrei, giusto per non farli preoccupare,
ammesso che lo siano.
“Dai, vieni a tavola.”
Una mano dalle unghie smaltate di nero spunta davanti ai
miei occhi e io vorrei accettarla, ma non so se fidarmi, li conosco da poco in
fondo.
“Non preoccuparti, ce la faccio da sola.”
Mi rimetto in piedi piuttosto insicura, provo a fare
qualche passo, purtroppo se il moro non mi afferrasse di nuovo al volo sarei di
nuovo per terra.
Bel tentativo, Fra!
Bill sospira e mi scorta fino al tavolo, posso leggere
nei suoi pensieri senza sforzo, mi avrà bollata come un’arrogante o qualcosa
del genere.
Mi fa sedere davanti a un piatto di pasta, che rimango a
fissare indecisa.
“Qual è il tuo problema?”
“Nessuno.”
Inizio a mangiare di malavoglia, non ho assolutamente
voglia di parlare, all’improvviso mi sento parecchio nervosa, come se dovessi
proteggermi da qualcosa, ma nemmeno io so da cosa.
In ogni caso perché dovrebbero interessarsi a me?
Io non sono nessuno e loro i miei problemi non possono
risolverli.
“Forse dovresti parlarne.”
“Siamo qui per fare inglese no?”
“Senon svieni di nuovo, si.”
“ho mangiato adesso.”
“Potresti svenire perché hai avvelenato la pasta…”
Che persona adorabile che è questo Tom.
“Se fosse avvelenata tu saresti stato il primo a morire e
invece sei ancora qui.”
“Avrai sbagliato le dosi.”
“Sei pesante.”
“E tu sei noiosa, nonché un’ingrata.”
È ufficiale, voglio solo andarmene, sento il terreno che
scotta sotto i miei piedi.
Aiuto.
“Perché non hai mangiato?”
“è successo, è stato un caso.
Mi dispiace.”
Non ci crede, ma decide di lasciar perdere, forse tornerà
alla carica più tardi, non sembrauno
che molla.
La voglia di scappare si fa più intensa, spero di non
farmi beccare a guardare la porta…
“Francesca?”
Come non detto, mi ha sgamata in pieno e sento che sto
arrossendo come una cretina.
“Po-posso uscire a fumare?”
Ma perché balbetto?
Chi è questa tizia che c’è al mio posto? Quella che si è
fatta trascinare come un’ameba in una casa in cui è palesemente a disagio?
Devo andarmene!
“Si certo.”
Prendo il mio zaino, la giacca ed esco forse troppo
velocemente da quella casa, ma non vedo
l’ora di lasciarmela alle spalle.
È per questo che mi tengo separata dai miei coetanei, non
voglio che sappiano dei miei problemi perché non voglio che qualcuno si ficchi
in testa di dovermi salvare per forza.
Non voglio crocerossine attorno, ne salvatori della
patria perché sono solo illusori, quando davvero hai bisogno di qualcuno perché
stai annegando nella merda più nera, si voltano tutti dall’altra parte.
Smetti di esistere per gli amici e l’esercito della
salvezza che avevi attorno fino a qualche mese prima è a dare una mano a
qualcuno che ne ha più bisogno di te.
Tu sei forte no, Fra?
Puoi farcela da sola! Una pacca amichevole sulla spalla e
chi si è visto si è visto.
La fottuta verità è che nessuno vuole condividere la
sofferenza con te, tutti hanno paura di soffrire e non vogliono accollarsi del
dolore inutile.
Sento una presa sul polso, qualcuno mi ferma e mi fa
voltare.
Bill.
“Perché stai scappando?”
Potrei negare clamorosamente, vorrei farlo, tuttavia
farlo vorrebbe dire fare di me la bugiarda che non sono.
“Forse sono stato troppo impiccione, ma ero preoccupato.
Sei caduta come una pera cotta.”
“Ti ho già detto che non succederà più e poi perché
dovresti preoccuparti per me?
Chi sono io per te?”
Silenzio.
“Tu hai una vita fantastica, cosa ti importa dei miei
problemi?
Non puoi risolverli, sei come tutti i buoni samaritani;
quando davvero si ha bisogno di voi scappate via.”
“Perché pensi che io abbia una vita fantastica?”
“Perché hai una famiglia che ti vuole bene e fai quello
che migliaia di persone sognano di fare come lavoro forse?”
“Ma non ho più una vita privata! Un’adolescenza!
Le hai viste quelle di oggi a scuola?”
“Non sei l’unico ad avere un’ adolescenza! Ci sono
persone che non l’hanno per motivi infinitamente peggiori dei tuoi!
Pensa a tutto quello che hai ricevuto!Ti sembra poco?”
Mi sono arrabbiata, senza volerlo ho esagerato,
inaspettatamente sorride mollandomi il polso.
“Almeno ti sei sfogata un po’.
Dentro sembravi una pentola pressione.
Davvero ti fidi così poco della gente?”
“Ho i miei buoni motivi…”
“…che fanno parte dei tuoi segreti,
un giorno li saprò tienilo a mente.”
“Ne dubito.”
“Un giorno avrò anche la tua fiducia.”
“Non contarci troppo…”
Si mette a ridere, mentre mi scompiglia i capelli,
maledetta pertica che non è altro!
“Perché non ce la fumiamo insieme questa sigaretta?”
“Non è un calumet della pace!”
“Potrebbe diventarlo.”
“E io potrei ancora andarmene”
“Sono il tuo compagno di banco, se non è oggi sarà
domani.
Non ti libererai così facilmente di me.”
Lo guardo stranita, è di una serietà così mortale e assurdamente comica che gli scoppio
a ridere in faccia.
Altro sorrisone, sa di aver segnato un altro punto a suo
favore.
“Va bene.
Fumiamocela questa sigaretta, poi però andiamo a fare
inglese.”
Non ho idea di come finirà questa storia, sono curiosa e
preoccupata allo stesso tempo, contenta ma con un brutto presentimento.
Una contraddizione ambulante come mio solito.
Perché le sigarette non durano in eterno?
Questa è stata troppo breve per i miei gusti, adesso devo
rientrare ed affrontare MocioVileda,
che mi sfotterà a vita per questa uscita da regina delle sfigate.
Sarebbe stata ok se suo fratello non mi avesse fermata,
sarebbe stata indice di dignità o più probabilmente di codardia ma almeno non
avrei rivisto la sua faccia.
“Devo rientrare?”
“Tranquilla non morde…”
“Ma abbaia troppo per i miei gusti.”
Ridacchia divertito, io invece sbuffo contrariata come
quando non mi sento presa sul serio.
Lo so che sono solo elucubrazioni e paranoie le mie, ma
perché nessuno mi fa mai il favore di darmi retta senza trattarmi da lesa?
Sto degenerando, qualcuno mi fermi e faccia tacere il mio
unico neurone scriteriato.
Respiro ed entro in casa.
Lui è svaccato sul divano con il telecomando in mano a
guardarela televisione, se avesse una
birra da qualche parte sarebbe la perfetta incarnazione della trasandatezza.
“Finita la sceneggiata?”
Non ho voglia di raccogliere la sua ennesima
provocazione, così mi limito a sbuffare.
“Dobbiamo fare inglese.”
“Voi dovete fare inglese, io non ancora.”
“Ma la mamma ha detto…”
“La mamma non è qui e io non ho voglia di trascorrere
altro tempo con lei.”
Sprizza simpatia da tutti i pori, non ho voglia di
litigarci, meglio lasciarlo bollire nel suo brodo.
“Ok…Continua a fare la muffa
sul divano, a Natale verrai utile.”
Questa volte è lui a tacere,un punto per me.
Tiriamo fuori i libri con calma inizio a spiegare a Bill
i misteri del presentcontinuous.
“Francesca…”
“Fra…se preferisci.”
“Non l’ho capito.”
“’k”
Rispiego.
“Va meglio?”
“Un po’…”
“Facciamo qualche esercizio?”
“Si.”
Si concentra, scribacchia qualcosa che poi cancella di
nuovo, si gratta la testa perplesso.
I sintomi indicati fanno parte della sindrome
“NonHoCapitoUnEmeritoCazzoMaNonVoglioPassarePerDeficienteChiedendotiL’EnnesimaSpiegazione.”
Abbastanza diffusa tra gli studenti zoppicanti una materia e che si manifesta
verso professori e compagni che la suddetta materia la masticano meglio di
loro.
Abbastanza stupida direi, visto che io non ho mai ucciso
nessuno perché non ha capito una mia spiegazione
“Finito.”
In ogni caso mi passa il quaderno, è speranzoso ma ha
fatto lo stesso un disastro, così rispiego tutto per l’ennesima volta, sperando
che sia quella buona.
“Perché non l’hai ancora preso a sberle?”
Avevo nostalgia della sua voce soave…Era
passato così tanto tempo dall’ultima volta che l’avevo sentita….
“Perché lui è stato carino con me.”
“Carino?”
“Non ha provato a fare il cretino subito, capisci?”
“Forse perché ti trova orribile.”
Sbianco.
“Nana.”
Mi alzo di scatto dalla sedia.
“Grassa.”
Marcio verso il divano.
“Acida.”
Mi piazzo davanti a lui, con le braccia appoggiate ai
fianchi e il fumo in uscita dalle orecchie, ma lui, troppo impegnato a tessere
le mie lodi, non lo nota.
“Un mostro di donna praticamente.”
“Stronzo!”
La mia mano scatta da sola verso la sua guancia, nella
sala scende un silenzio tombale mentre lui si tocca perplesso la guancia sui
cui sono stampate le mie cinque dita.
Per la seconda volta in un giorno.
“Sei un bastardo insensibile!”Urlo con tutto il fiato che
ho in gola, abbastanza forte da farmi temere che mi abbia sentito persino mia
nonna in Sicilia.
Sgrana gli occhi, ancora più sconvolto.
Ma come fa a essere così?
Una domanda che si potrebbe applicare al genere maschile
e che probabilmente rimarrebbe senza risposta fino alla fine del tempo.
Una domanda retorica in effetti, nonché inutile.
Che me la sono fatta a fare?
In attesa che mi arrivi una risposta altrettanto retorica
dal mio neurone raccatto le mie cose e me vado, senza che nessuno mi rincorra
questa volta.
Sono riuscita a pietrificare persino Bill.
Sono un genio…del male.
Tom
si toccò perplesso la guancia sinistra, ancora vagamente incredulo per
l’accaduto, in un giorno era stato preso a sberle due volte dalla stessa
ragazza.
Prima
su una guancia e poi sull’altra, senza che lui potesse farci nulla.
Cose
da pazzi.
Si guardò
intorno e notò che era sparita, solo suo fratello era rimasto in piedi accanto
al tavolo ingombro di libri, quaderni e penne.
Dove
cazzo era?
“Perché?
Perché
prende a sberle sempre me?”
“Perché
l’hai trattata da stronzo per il tuo stupido orgoglio e lei ti ha dato una
lezione.
Ecco perché.”
Suo fratello
ovviamente aveva capito tutto,lo dimostrava quell’aria saccente che aveva
assunto, avrebbe voluto alzarsi per insultarla, ma un’occhiata perentoria di
Bill lo fece afflosciare nuovamente sul divano.
“Te lo sei meritato,
Tomi.”
E come al solito Bill,
la bocca della verità aveva ragione.
ANGOLO DI LAYLA.
(*)”Questo è il mondo”Tre Allegri Ragazzi Morti.
Ho perso le risposte alle recensioni, mentre sistemavo la grafica…
Capitolo 3 *** 3)Su Come Un Concerto Possa O Meno Cambiare Tutto ***
3))SU COME UN CONCERTO POSSA O MENO CAMBIARE TUTTO
Francesca ha gli anni che ha
capisce quello che capisce
capisce che qui non va
e a me mi basta.
Sceneggiate.
Ossia reazioni eccessive, fatte di urla,
rabbia e gesti isterici a volte violenti, a volte inquietanti.
Sceneggiate.
Saperle fare è un dono di natura, non è da
tutti ad esempio avere il coraggio di reagire vomitando insulti e minacciando
il proprio fidanzato di morte dopo averlo innaffiato di champagne solo perché
si è stati piantati.
C’è gente che si strappa i vestiti o i
capelli prendendo a modello le tragedie classiche, altri si incatenano a tavoli
o a cancelli, altri gridano fino a perdere la voce e si cimentano nel lancio di
oggetti.
Sceneggiate, insomma.
Io sono una persona calma, tendenzialmente
apatica per difendermidal mondo, non
sono tipa da sceneggiate.
Solo lui è riuscito a tirare fuori il mio
lato peggiore.
Solo lui è riuscito a farmi arrabbiare
talmente tanto da esplodere in un tempo brevissimo, non so come sia possibile,
nessuno ci era mai riuscito.
Forse sta pagando tutte le colpe di quelli
che ci sono stati prima di lui, ma è più probabile che il suo sia un talento
naturale.
C’è chi è bravo negli sport, chi nella
danza, chi nello studio e chi nel far incazzare le persone.
Avrei preferito incontrare un campione di
ballo, scacchi, dama o dadi , purtroppo ho incontrato lui.
Che sfiga.
Sono persa nei miei pensieri, che
vorticano senza un senso preciso, rimbalzano persi in una spirale di rabbia,
indignazione e voglia di scoppiare a ridere come una pazza.
Non hanno mai troppo senso ne ordine i
miei pensieri, si accavallano, svaniscono e riappaiono dopo ore a tormentarmi
su quesiti che ormai hanno perso la loro ragione d’essere e di cui la risposta
non ha nemmeno più importanza.
Quando sono in questo stato non mi accorgo
di nulla, potrei finire tranquillamente sotto un treno senza nemmeno
realizzarlo o investire una persona.
L’esperienza del treno non l’ho ancora
messa in pratica, ma investire un poveretto si.
È successo adesso mentre svoltavo l’angolo
della via dei due svitati, senza prestare la minima attenzione a ciò che mi
circondava, sono finita a terra come un sacco di patate. Ahia.
“Chi cavolo è il bisonte?”
Tralasciando il fatto che la
parola”bisonte” si adatti più a me che al poveretto che adesso è in parte a me
e che impreca,se continuerò a parlare in italiano non mi capirà mai nessuno.
Pensiero stupefacente.
“Ehi! Ma sei tu!”
Alzo la testa, chi diavolo sarà?
“Gustav?”
“Come mai da queste parti?”
“Ero a casa dei tuoi degni compari per
dare loro lezioni d’inglese…batterista dei Tokio
Hotel.”
Non ho talento per le sceneggiate, ma le
battute fulminanti mi vengono particolarmente bene, soprattutto quando trovo le
vittime giuste, lui ad esempio che adesso mi guarda con la bocca aperta e gli
occhi sgranati.
“Tu lo sai?”Boccheggia a corto di fiato.
“Adesso si, ma tranquillo starò zitta.”
“Sarebbe meglio.”
Un’altra voce si inserisce nella
conversazione, è il piastrato di questa mattina,
quello che suppongo essere il bassista.
“Tranquillo.”
“Io sono Georg comunque.”
Mi allunga una mano per aiutarmi ad
alzarmi.
“Grazie, Francesca. Piacere.”
“Sei italiana?”
“Si.”
“Ecco perché hai un accento strano e…”
“Lo parlo male e stamattina non ti ho
capito.”
Finisco con un sorriso che lui ricambia
perplesso.
“Lo so che non sono un genio in tedesco.”
“Come mai stavi scappando?”
Si è rialzato anche il biondo.
“Ho litigato con Tom…Suo
fratello vi spiegherà i dettagli, tanto state andando da lui no?”
“Tu ovviamente non vieni.”
“Ovviamente no.”
“Conosci le nostre canzoni?”
“Sono qui da troppo poco…”
“Magari domani ti passo qualcosa…”
“Magari.”
“Si.”
“Io vado, a…domani?”
È una frase banale, l’ho pronunciata
miliardi di volte in Italia, rivolta a gente che sopportassi o meno, ma qui
sembra diversa, sembra assumere un altro significato.
Sembra quasi un segnale di accettazione di
questo posto.
Mi sono imbambolata di nuovo, così mi
allontano con un sorriso incerto, sennonché qualcuno mirichiama.
Gustav.
“Ehi, devi dirmi qualcosa?”
Arrossisce,deve essere timido.
“Tra un paio di giorni suoniamo in un
locale qui in città.”
“Sono contenta per voi.
È bello.”
Bella stronzata, sicuramente sono abituati
ad altro.
“Ecco…Non è che verresti a vederci?
Ti facciamo avere tutto noi, tranquilla!
Biglietto, pass per il backstage.
Possiamo invitare delle gente se
vogliamo.”
Rimango spiazzata, senza fiato ne parole.
“Ecco..io…ci
penserò.”
Farfuglio rossissima , sventolo un “ciao”
con la mano e scappo via.
Oddio, che figura.
Non ho il coraggio di guardarmi indietro
mentremarcio verso il mio quartiere a
velocità insolita rischiando di venire travolta dalle auto e dalle bici.
Non so cosa mi sia preso, non ero io
quella che esitava nel comunicare un sicuro rifiuto poco fa, era una parte
sconosciuta della mia personalità assurda.
Non avrei dovuto illuderlo, è ovvio che
non ci andrò, non sarebbe il mio posto.
Arrivo a casa senza fiato, barcollando e
rantolando come una vecchietta sotto lo sguardo divertito di Alì che gioca in
cortile con i miei fratelli.
“Ehi Frankie! Hai fatto la maratona?”
“Quasi…”
Mi accascio in un angolo, mentre quei tre
ridacchiano come dementi.
“Lu’ va a prenderle un bicchiere d’acqua…
E tu non fumare! Stai per perdere un
polmone!”
Sbuffo, mi accendo lo stesso la sigaretta
nonostante gli strepiti del mio bizzarro angelo custode.
“Se continui così non arrivi a vent’anni
sorellina!”
“Grazie Luca!”
Bevo il bicchiere d’acqua come se avessi
attraversato il Sahara, il mio amico sogghignando fa segno ai miei fratelli di
riprendere a giocare.
È il momento di sputare il rospo, conosco
troppo bene Alì per non sapere che è quello che vuole.
“Allora?”
“Allora…Tieniti
forte perché non so se crederai a quello che ti sto per raccontare.
Hai presente i Tokio Hotel di cui mi
parlavi stamattina?”
Annuisce.
“E hai presente il ragazzo che ho preso a
sberle stamattina?”
“Si”
“ Quello era il chitarrista del gruppo e
oggi a inglese sono finita seduta accanto al cantante.”
Spalanca la bocca.
“Non è tutto. La Mayer mi ha obbligato a
dare ripetizioni a Bil, il cantante e ho pranzato da
loro.
Quel infame di un chitarrista mi ha
obbligata a cucinare, quanto lo odio!
Mi ha anche riempito di insulti e l’ho
ripreso a sberle.
Me ne sono andata da casa loro e nel farlo
ho investito il batterista, con cui avevo già parlato questa mattina.”
Alì mi guarda spaesato, incredulo mi fa
ripetere e rispiegare tutto e io eseguo docilmente.
“Fammi capire, Fra…Tu
hai schifato le tue compagne e fai amicizia con quattro rockstar?
“Non dipingermi come una stronza!
È successo per caso, Cristo!”
“Non c’è solo questo, Girardi.”
“NO…Bhe dopo che
ho buttato a terra Gustav….Lui mi ha invitata a un
loro concerto.
Suoneranno tra un paio di giorni in un
locale della città.”
“E tu che hai fatto?”
“Ho detto che ci avrei pensato.”
“Si Fra, ma tu in realtà non ci andrai.
Lo so.”
Lo guardo stranita.
“Ti conosco Francesca Girardi,
lo conosco quello sguardo che mi stai rifilando.
E sai cosa dice?
Che non ci andrai perché quello non è il
tuo posto, perché non vuoi che la gente sappia di tuo padre e sparisca dalla
tua vita.
Tu hai paura Fra.”
Sto in silenzio, ha colpito nel segno.
“Frankie dà una possibilità alla gente per
una volta.
Potrebbero ferirti o potresti scoprire che
sono ok e in ogni caso ti divertiresti a quel concerto.
Quando ti ricapiterà un’occasione del
genere?”
Già..Quando?
“Io non sono come tutte le altre.”
Mi alzo stancamente, il mio appartamento
mi sembra troppo lontano.
“Fra…”
“Alì io non posso stare con loro, non
posso farci amicizia, capisci?
Cosa diranno quando sapranno di mio padre?
Bhe te lo dico io, faranno una faccia afflitta, mormoreranno un contrito e
falso”Mi dispiace” e poi spariranno.
Sai quanta gente ha fatto così in Italia?
Tutta la mia classe, quando l’ha saputo.
Improvvisamente non ero più gradita alle
feste e alle uscite collettive, la gente smetteva di parlare con me nei paraggi
etc..
E lo sai perché?
Perché sono la figlia di un delinquente e
quindi una delinquente a mia volta.
È questo che pensa alla gente, nonostante
tu possa essere la migliore delle persone, sarai marchiata a vita.”
Giro i tacchi, lo stomaco è chiuso per il
dispiacere di avere trattato male Alì, l’unico che mi sta accanto.
Perché sbaglio tutto?
Il quesito mi accompagna durante tutta la
sera, fino alla mattina del giorno dopo, nemmeno i musi lunghi di mia madre mi
distraggono dalla sensazione di essere un danno vivente.
Alì se ne accorge al volo, pietosamente
sorvola sulla mia tetraggine, adoro questo ragazzo.
“Fra…Forse ho
esagerato ieri…”
Che tenero! Si scusa lui, non io che l’ho
aggredito vomitandogli addosso tutto il mio rancore solo perché ero arrabbiata
con me stessa.
“No, sono io che ho esagerato e che mi
devo scusare.
Tu avevi ragione, io torto, punto.
Scusa”
“Tranquilla, scuse accettate.
Siamo pari.”
Ci sorridiamoa vicenda.
“Oggi la massa di furie non c’è.”
“Allora ne ho approfitto…Stizzaaaa!”
“Sei matta Girardi!”
Battiamo il cinque, poi io mi rifugio nel
mio angolo, sperando di stare da sola.
Fumare è sempre stato il mio rifugio,
nonostante sia conscia che faccia male, non posso farne a meno.
Forse è da vigliacchi e da deboli essere
così attaccata a qualcosa di così stupido, ma mi fa stare bene, mi calma, mi
rassicura.
Succede da quando mio padre è in carcere e
mia madre lo sa, è un altro motivo di attrito tra di noi.
Uno dei tanti a essere sinceri.
A volte mi chiedo se c’è qualcosa che ci
leghi ed accumuni.
“Francesca?”
Alzo gli occhi e vedo Gustav davanti a me.
“Ohi!”
Devo parlargli e non vorrei.
“Ciao.”
“Ciao.”
“Heem…Perieri…”
“Scusa se sono scappata, ma la proposta mi
ha sorpreso…”
Prendo fiato.
“In ogni caso…Non
dovresti avere a che fare con me…
È meglio per te se mi lasci perdere…”
“Ma perché?”
Mi faccio i complimenti da sola, io e la
delicatezza abitiamo su due pianeti diversi.
“Perché ci sono cose di me che non sai ed
è meglio che tu non sappia.
Mi dispiace.”
Lo lascio imbambolato, vigliacca fino in
fondo, non appena la sigaretta è finita.
Perché ho l’impressione di sbagliare
sempre?
[Ti brucerai
Piccola stella senza cielo.
Ti mostrerai
Ci incanteremo mentre scoppi in volo
Ti scioglierai
Dietro a una scia un soffio, un velo
Ti staccherai Perche' ti tiene su soltanto un filo, sai]
Non poteva dire che non l’avessero messo in guardia, Tom gli aveva fatta
una predica da Guinnes dei primati non appena gli
aveva esposto l’idea di invitare Francesca al concerto.
Tra i due non correva decisamentebuon sangue, entrambi erano troppo orgogliosi e testardi permettere da parte le incomprensioni e darsi
un’altra possibilità.
Georg si era astenuto dal commentare e Bill aveva detto che probabilmente
sarebbe scappata, era una ragazza in qualche modo rotta al suo interno, a suo
parere, con delle ferite che non mostrava a nessuno.
Come sempre il “piccoletto” aveva avuto ragione, chiedersi come facesse era
fatica pressoché sprecata, il suo era un mix di fortuna, sensibilità ed
empatia.
Sospirò sconsolato, si sentiva un cretino con quei biglietti in mano.
“Non è colpa tua, è fatta così.”
Fece un balzo e si voltò verso il ragazzo che aveva parlato.
Aveva la pelle olivastra, gli occhi e i capelli neri e lo guardava
amichevole.
Cercò di ricordare chi fosse, ma il suo cervello si rifiutò di collaborare.
“Sono Alì. Un amico di Francesca.
Tu sei Gustav.”
“Si...Dici che non è colpa mia?”
“Si…Fra Non è facile da capire e ha un passato
che la condiziona.
Tu le stai simpatico, ma ha paura di legarsi alle persone.”
Il moro fece una pausa.
“Più che legarsi, ha paura di sentirsi rifiutata e abbandonata dalle
persone a cui tiene.
Quelli sono i biglietti del concerto?”
Annuì.
“Dammeli, glieli consegnerò io.”
“Non verrà.”
“Forse…o forse verrà…
In qualche modo l’avete colpita e forse cambierà idea.”
Gli tese i biglietti, in qualche modo rincuorato, quella strana morettina
dallo sguardo perso chissà dove gli piaceva, ma un dubbio lo logorava.
Chi era quel ragazzo per lei?
“Ma tu e lei…”
“Non stiamo insieme…”
Sospirò di sollievo.
“Per un attimo mi era sembrato…”
“Io tengo molto a lei, ma solo come amica.”
Altro sorriso zen, quel ragazzo sarebbe stato un ottimo amico.
Forse.
E lei…
Lei per ora sperava di vederla al concerto.
Sorridente e senza quel alone cupo di chi si vergogna di se stesso che le
aveva visto attorno oggi.
Chissà se qualcuno aveva mai provato a toglierglielo?
Oppure erano state le delusioniche
aveva ricevuto da persone a cui teneva a crearlo? [Tanti ti cercano
Spiazzati da una luce senza futuro.
Altri si allungano
Vorrebbero tenerti nel loro buio]
Vorrei sapere cosa frulla nella testa di
Alì.
Vorrei avere il potere di leggere nella
sua mente, mi sarebbe infinitamente utile, soprattutto in questo momento in cui
mi sembra così strano.
E’ dall’inizio delle lezioni che sogghigna
come un’ebete guardandomi, se non fosse che è di Alì, il saggio e leale Alì,
che si parla, penserei che stia architettando qualcosa.
Questo dilemma mi fa contorcere come
un’anguilla sulla sedia, sommandosi al fatto che mi sento un verme per come ho
trattato Gustav questa mattina.
Mi sono accorta che ci è rimasto male, ma
non so cosa fare.
Davvero.
Questa indecisione mi uccide, ho bisogno
di un segno, un qualsiasi segno che mi aiuti.
“Girardi alla
lavagna!
Risolva quest’equazione!”
Le religioni sono una fregatura, i segni
divini anche.
Raggiungo la lavagna come un condannato il
patibolo, il mio amico non mi toglie gli occhi di dosso ne smette di
ridacchiare.
Sono forse diventata un clown senza
accorgermene?
“Girardi
l’equazione!”
Si, mein Führer
, la risolvo stia tranquillo.
Inizio a far scorrere il gesso sulla
superficie nera, cercando di concentrarmi sul misterioso percorso che porta
alla risoluzione di questo enigma matematico, lasciando fuori tutti i miei
problemi.
Sembra la soluzione esatta per distrarmi
peccato che non funzioni, non con la matematica almeno.
I numeri mi confondono, sono infidi,
traditori, ti sorridono per poi fregarti subito dopo, in parole povere non li
capisco,
Quando non voglio pensare prendo in mano
una matita e mi concentro solo sul disegno che voglio fare, sulle linee, sul
tratteggio, ma questo non è una cosa che posso dire a quel nazista di
matematica.
“Girardi,ha finito?”
Sono paralizzata con il gesso a mezz’aria.
“No vero?
Lo sa qual è il suo problema?
La distrazione! Lei all’improvviso inizia
a seguire una sua stupida idea e si interessa del mondo esterno.
Non andrà mai lontano, Girardise continua a perseverare con questo
atteggiamento!
Ovviamente il voto è un otto”
Vado a posto pensando che perfino i voti
tedeschi sono beffardi, in Italia se avessi preso un otto avrei acceso un cero
alla madonna, qui devo pensare a come presentare la cosa a mia madre, sperando
di sopravvivere.
Fanculo.
Suona la campana, è il momento di
affrontare Alì, devo sapere cosa gli è preso!
Passo tra i banchi, i miei compagni con
l’aria furiosa delle peggiori occasioni, lui continua a mantenere quel
sorrisino irritante.
Sbatto le mani sul banco, facendo voltare
tutti, Alì è più popolare di me, i suoi amici maschi non capiscono come possa
frequentare una strana occidentale come me.
“Vuota il sacco! Cosa cazzo stai
progettando?”
“Tieni Fra…”
Mi allunga qualcosa, spero non siano
quello che penso o potrei ucciderlo seduta stante.
Li guardo spaventata, sono loro, i
biglietti del fottuto concerto.
“Alì, cosa ci fanno qui questi?”
La mia voce ha un’inconfondibile sfumatura
isterica, sento gli occhi di tutti puntati addosso e nonmi stupirei se sentissi il rumore dei
sacchetti di popcorn aperti dietro di me.
“Parla e levati dalla faccia quel sorriso
alla Monnalisa!”
“Per andare al concerto, no?”
“Io non ci andrò!”
“Mai dire mai, tu tienili, al massimo li
butti.”
Li arraffò furiosa.
“Perché non ti fai i fatti tuoi?
Perché dovrei andarci? Tanto quel figlio
degenere di Bob il Magno non saprà nemmenosuonare!”
“Grazie della fiducia, non so perché
Gustav sprechi il suo tempo con te!”
Non ci posso credere, l’unica volta che
parlo in tedesco a quel deficiente di un amico che ho, mi sente l’unica persona
che non avrebbe dovuto sentirmi!
Questa è sfortuna!
Io arrossisco come un peperone, lui si
allontana furioso e i miei compagni sono senza fiato e per tutto questo devo
ringraziare Alì.
“Giuro su Dio che questa me la paghi, hai
capito?”
Prendo i biglietti come se scottassero, mi
rifugio al mio banco masticando rabbia e trattenendo le lacrime, che mattinata
schifosa!
“Francesca!”
Alzo la testa, è arrivata la ciliegina
sulla torta disastrata che è questa mattinata ossia il gemello buono, che mi
osserva preoccupato.
So perché è qui, vuole convincermi anche
lui, è una cazzo di persecuzione!
“Per favore, vattene che non è aria!”
“Ma…”
“NON VERRò AL
CONCERTO! E MI DISPIACE SE HO OFFESO TUO FRATELLO,
CONTENTO?
ORA VAI!”
“Ma io volevo solo chiederti quando vieni
la prossima volta per inglese…”
“Oddio scusa!!! Facciamo domani ok?”
“OK, ora vado.”
Striscia via sconvolto, io invece vorrei
tirare una testata al banco.
Ho fatto strike completo, ho offeso
praticamente tutti quelli che conosco e i miei compagni pensano che io sia una
folle bianca che si è fottuta le amicizie cosiddette importanti.
Fantastico!
Avrei potuto far di meglio?
Il giorno dopo Bill non sapeva cosa aspettarsi o forse lo sapeva e tentava
di convincersi che si stesse sbagliando clamorosamente.
Il giorno prima aveva segnato la rottura definitiva di ogni possibile
rapporto tra suo fratello e Francesca, Tom detestava chiunque lo criticasse per
la sua abilità o meno alla chitarra senza prima averlo sentito, almeno quanto
la mora detestava chi si impicciava troppo nei suoi affari.
Quei due si sarebbero ammazzati e lui avrebbe finito per raccogliere i loro
cadaveri.
Si strinse di più nella giacca di pelle,improvvisamente si era alzato il
vento a scuotere le fronde degli alberi del parco in cui aveva appuntamento con
Fra, se fosse stato una persona normale non l’avrebbe scelto di sicuro.
Se fosse stato una persona normale l’avrebbe aspettata fuori scuola e
sarebbero andati insieme al Mac Donald, invece di
doverlo progettare come se fosse stato un complotto per conquistare il mondo.
Lui era schizzato via al suono della campanella per salvarsi dalle furie e
lei avrebbe dovuto aspettare che tutti se ne fossero andati prima di
raggiungerlo.
Era peggio di 07, ma lui, d’altronde non era persona normale, purtroppo e
come punizione per questa celebrità adesso si ritrovava a congelare in un
parco.
“Eccomiii!
Scusa ma le cretine non se ne andavano più!”
“Tranquilla…. Non fa niente!”
Si avviarono insieme verso il locale, entrambi in religioso silenzio.
“Per ieri…Scusa, ma non era giornata.
Alì ha tentato di convincermi a venire al concerto e poi è arrivato lui.”
E cosa l u i pensasse di Fra era stato il suo tormento per tutto il
pomeriggio, alla faccia di tutti quelli che pensavano che il logorroico fosse
lui e che non sapevano che nemmeno Tom scherzava in quanto a loquacità se
qualcuno lo faceva irritare.
Mangiarono in relativa calma, lei non era mai stata in un Mac a casa sua, così chiamaval’Italia perché aveva un’amica che li odiava
per le sue convinzioni politiche, almeno così gli aveva raccontato tra un morso
e l’atro ai loro panini.
Era indicativo quel chiamare casa l’Italia, in tre mesi non si era
ambientata minimamente e sembrava intenzionata a non provarci nemmeno, come se
fosse stata la Germania a farle un torto e non chi aveva deciso quel
trasferimento.
“Ti è dispiaciuto lasciare l’amica che avevi in Italia?”
“No, abbiamo rotto prima che io partissi.”
“Perché?”
“A volte succede che ci si allontani.”
Non ci credeva che fosse stata una rottura senza motivo,ma il perché doveva
rimanere uno dei misteri di Fra, così come la sua famiglia.
Non ne parlava mai o meglio parlava volentieri dei suoi fratelli, ma non
dei suoi genitori.
Che non avesse un buon rapporto con loro?
Arrivarono a casa sua, la casa della mora era per qualche motivo off limits, Tom era già sul piede di guerra.
Francesca e suo fratello non si parlarono per tutto il pomeriggio, Bill in
compenso riuscì a capire un po’ di più l’inglese.
“Verrai al concerto?”Le chiese poco prima che se ne andasse, mentre frugava
nella cartella alla ricerca di un pacchetto di sigarette.
Doveva questo tentativo a Gustav e alla sua pazienza, ma non aveva fatto i
conti con la bomba a orologeria che era il suo gemello.
“Per carità no, non venire Girardi.
Non vorrei che diventassi nostra fan, non ti perderemmo più.”
La mora lo fulminò con un’occhiata assassina.
“Non temere, non verrò.”
Se ne andò rigida.
“Stare zitto mai, eh?”
L’unica risposta che ottenne fu un’alzata di spalle.
È arrivato il giorno fatidico, sono
riuscita a scantonare tutti, ma non me stessa o meglio quella parte di me
stessa che guarda quei biglietti con desiderio e vorrebbe usarli.
Non posso, non posso.
Me lo ripeto mentre guardo i miei fratelli
e mia madre seduti sul divano a guardare la tv, me lo ripeto come se potessi
convincermene in qualche modo.
Ce l’ho sempre fatta, non so cosa ci sia
di diverso questa volta, forse il fatto che sento tutti contro o che sto dispiacendo
delle persone.
Non lo so.
Forse a queste persone nemmeno importa
davvero di me, non riesco a dipanare la confusione che ho in testa.
Mi chiudo in camera, sperando di capire
cosa voglio fare e come al solito il letto è il mio pensatoio preferito.
Mi ci butto sopra a peso morto,
rimbalzando perfino un paio di volte, dovrei essere contenta, ma tutto ciò che
riesco sentire è una sensazione di freddezza, come se tutto ciò non mi
riguardasse.
Questo strano umore persiste e finisco per
cadere in un sonno agitato, pieno di sogni strani.
Vedo una donna davanti alla tv, una donna
che somiglia amia madre, incattivita dalla vita, nervosa.
Mi avvicino, con un senso di panico
crescente, sto sudando.
Piano, con passi incerti.
Sono sempre più vicina.
Tremo.
Sono davanti a lei.
Non è mia madre, non più. Sono io.
IO.
Vecchia.
Furiosa.
Sola.
Mi sveglio di colpo, sono nella mia
camera, nella mia tana rassicurante, ma ho il fiato mozzo come dopo una corsa.
Mi guardo le mani, sono le mie solite
mani, pallide, con le unghie corte, ma mi sembrano diverse.
Non so spiegare cosa mi stia succedendo,
forse quel sogno mi ha mostrato il mio futuro o forse solo la mia paurapiù grande: svegliarmi un giorno ed essere
come lei.
Non posso permetterlo!
I biglietti mi guardano dalla scrivania,
sembrano volermi dire che forse non è già tutto scritto e che qualcosa potrei
cambiare, se solo lo volessi.
Non sono sicura di potermi fidare di quei
due, ma almeno posso provarci, almeno stasera posso provare a divertirmi.
Ora so cosa fare e questo mi rende più
serena e i residui del sogno lentamente stanno scivolando via, come dei gas che
evaporano nell’aria, lasciandomi più decisa.
Mi cambio, prendo i biglietti ed esco di
casa,a mia madre dico che vado da una cugina di Alì, lei non indaga.
Non penso le importi molto di dove vada o
se mi dovessi cacciare nei guai.
Busso alla porta del mio amico come una
forsennata,come se fosse questione di vita o di morte.
“Ehi Fra…”
Si affaccia alla porta sorpreso, con i
capelli arruffati e una mano davanti alla bocca per coprire uno sbadiglio
“Alì prestami il tuo motorino.”
“Si, ma…”
Mi porge le chiavi.
“Grazie!”
Corro come una scheggia , lui mi guarda
perplesso, non credo abbia capito molto di quello che è successo o del perché
io abbia praticamente buttato lui e la sua famiglia giù dal letto, ma non
importa.
Ciò che importa è che io abbia capito
quello che voglio fare, a lui lo spiegherò domani, sono sicura che approverà.
Arrivo al locale dopo aver rischiato la morte
un numero imprecisato di volte,nella
guida non sono mai stata un asso e quando mi agito peggioroproporzionalmente alla mia ansia, è un
miracolo che non sia morta e ne sono consapevole mentre parcheggio il motorino.
C’è una folla allucinante nonostante il
concerto sia già iniziato da un pezzo, fortunatamente riesco ad entrare, chissà
cosa troverò all’interno?
Chissà come andrà la serata?
È giusto che io sia qui?
I miei dubbi svaniscono non appena sento
la musica, non è il genere che ascolto di solito , ma ha qualcosa che mi attira,
che mi fa decidere di rimanere e di non fuggire per l’ennesima volta.
Cerco di concentrarmi sui testi, vorrei
capire cosa tentino di comunicarmi, purtroppo non ci riesco, per adesso è
chiedere troppo al mio zoppicante tedesco, mi accontenterò di seguire la
melodiain omaggio al Liga del “chi si
accontenta gode”.
Interessante filosofia di vita, è quel
“così e così” aggiunto come una clausola in piccolo che mi preoccupa e non
poco.
In ogni caso il concertoora è finito, devo farmi coraggio ed andare a
scusarmi con po’ di persone, forza Fra abbandona la tua amica Paranoia almeno
per un po’, di sicuro non si sentirà sola.
Nervosa come non mai, mi avvio verso il
backstage, inciampando nei miei stessi piedi.
Non si era detto di mettere da parte la
paranoia?
Faccio un respiro profondo, loro sono
davanti a me, io ovviamente non ho il coraggio di guardarli in faccia, mi
vergognoda morire per tutti i casini
che il mio caratteraccio orgoglioso mi ha fatto fare.
“FRAA!”
Una furia mi travolge con un abbraccio spaccaossa
che mi toglie il respiro e mi fa barcollare pericolosamente.
“b-bill…m-muoio…”
“Oh scusa….”
“Mi servo viva se voglio scusarmi.”
Mi guarda perplesso.
“Voglio scusarmi per come mi sono
comportata.”
Guardo Gustav.
“Scusa, ma…”
Mi mancano le parole per poterglielo
spiegare senza tirare in ballo la mia famiglia.
“Scuse accettate.”
Arrossisco e vorrei sparire da questo
mondo, ma non posso ancora farlo, adesso arriva la parte più difficile.
“Tom.”
I disegni del pavimento mi sembrano la
cosa più interessante del mondo,
“Ecco…Scusa, io
ti ho giudicato senza nemmeno averti sentito suonare.
Sono stata un’idiota.
Scusa.”
Gli tendo la mano, sperando di essermi
cosparsa abbastanza il capo di metaforica cenere per i suoi gusti.
La accetta, ma è scettico.
“Ok, scuse accettate.
Nana.”
Ok, non saremo mai migliori amici, ma
forse un rapporto civile con lui riuscirò a costruirlo?
Vero?
Vero?
ANGOLO DI
LAYLA
Aloha! Siamo arrivati al terzo
capitolo, giusto per farvelo sapere questa storia dovrebbe durare sui 12
capitoli^^.
Passiamo alle precisazioni, non vi dico ancora a che canzone appartengono i
corsivi all’inizioXD.
Poi… Le strofe nelle due parentesi quadre fanno parte di
“Piccola Stella Senza Cielo” di Ligabue.
“Chi si accontenta gode” fa parte di “Certe Notti” sempre di Ligabue.
Altro da dire?
Leggete anche “Lo strano caso della maledizione zingara”…si, mi sto facendo pubblicità XD.
Passiamo alle recensioni e ai ringraziamenti.
TokioHotelFurImmer: Diciamo che va, mi accontento
XD! Sono contenta che t piaccia e di averli resi bene^_^-
In quanto a Tom, ci sono un sacco di persone che non sanno che a volte il
silenzio è d’oro ^^.
Spero ti piaccia anche questo.
Alla prossima.
PS: anche a me piace molto Ai deinerseite, ma quando voglio capirci
qualcosa ascolto “Byyour side” il tedesco non lo mastico
=_=....
Hana Turner:Nyaaa! Sono contenta che ti piaccia quella strofa, io adoro “Questo è il mondo”
e i Tre Allegri Morti (li voglio alla festa dell’unità >_
Sono contenta che Fra ti piaccia e cosa vuoi farci, a volte succede che la
gente non si tappi la bocca, è per questo che arriva Suor Nausicaa con le parabole XD!
Che altro dire? *si gratta la testa*…AH1 Ricordami
che devo chiederti una cosa!
Io sono stordita, confido in te, ricordami di ricordare XD!
Vabhhe basta dai... alla prossima Hana-nee-chan!
PS: Econ il “Nyaaa!” ho contagiato altre 2 persone…yeppa!
Black Down TH. Ciao socia, ieri ti ho lasciato
una recensione alquanto …cattiva… Non la rinnego, ma ci tengo a
precisare che tutto quello che ho detto non indica il fatto che la tua storia
sia brutta, ma semplicemente che odio la protagonista e generalmente non riesco
a leggere qualcosa in cui desidero prendere a sberle dalla mattina alla sera
uno dei protagonisti.
Spero che tu non ti sia offesa.
Passando a questo capitolo, spero ti piaccia e ….non pensare a Tom con i rasta neri (e Francesca ha detto no XD).
Alla prossima.
Ciao
Lady Cassandra:Ho appena ricevuto una chiave su una nocca della mano
destra, Ahia! Non c’entra nulla lo so. Sono contenta che questo capitolo ti sia
piaciuto e non posso dirti se il detto valga o meno per Tom, svelerei il
finale.
Alla prossima^^
Ciaooo
Ringrazio Miki483per aver aggiunto la storia tra i preferiti.
Capitolo 4 *** 4)Su Come Certe Volte Sia Opportuno Farsi Gli Affari Propri. ***
AVVISO:QUESTO POTREBBE ESSERE L’ULTIMO CAPITOLO CHE PUBBLICO.
SONO IN CRISI PER QUESTA STORIA . MI
SONO ACCORTA CHE IL FINALE CHE AVEVO PENSATO ERA UNA CA…VOLATA E NON SO CHE SANTO
CHIAMAREPER SISTEMARLA .
POTREBBE SUBIRE RITARDI O ESSERE CANCELLATA .
4))SU COME CERTE VOLTE SIA OPPORTUNO FARSI GLI AFFARI PROPRI.
Il perche' del sangue rosso
il perche' del fumo nero
Imbarazzo.
Chi non si è mai trovato dove non avrebbe mai voluto
essere?
In una situazione che procura disagio e desiderio
impellente di fuga?
Tatuato contro un muro, sperando di potersi fondere
con il cemento e sparire?
Imbarazzo.
È l’unica parola che mi viene in mente per descrivere
questa situazione, loro che si sistemanoe io in un angolo a desiderare di essere altrove, rossa come un
peperone.
Il suono del mio cellulare mi distrae, rispondo senza
nemmeno guardare chi è, convinta come sono che sia Alì.
Non so ancora quanto mi stia sbagliando, come al
solito io realizzo le cose quando ormai è troppo tardi per poterle modificare o
almeno opporsi.
“Tesoro…”
È mio padre, il mondo attorno a me si ferma per un
attimo, erano mesi che non lo sentivo.
Mesi in cui mi ero quasi convinta che fosse
sparito,come uno di quei pupazzi a molla che spaventano i bambini, ritirato per
sempre in una scatola riposta nell’angolo più oscuro della mia vita.
“Tu…”
Scambio poche parole dopo questo inizio fulminante di
conversazione con lui, poi riattacco, sconvolta e pallida come un cencio.
I fantasmi non dovrebbero ripresentarsi nella vita dei
vivi per sconvolgerla.
I fantasmi dovrebbero stare nel posto che è stato
destinato loro.
“Francesca?”
Sobbalzo, è Gustav.
“Si?”
“Hai un orario di ritorno?”
“No…Mia
madre non sa nemmeno che sono qui.
Crede che sia da una cugina di Alì.”
“Ah…Verresti a
fare un giro con me?
Poi ti accompagno a casa.”
“Bhe…Ecco si
dai, così possiamo parlare.”
Poco dopo arrivano anche gli altri, tutti sorridenti,
felici.
Beati loro che non hanno una famiglia disastrata come
la mia, che non hanno fantasmi da cui fuggire.
“Ti siamo piaciuti?”
“Si, Siete bravi.”
“Ehi, tutto bene?”
Bill si è accorto che c’è qualcosa che non va, ma
purtroppo non posso dirgli cosa.
“Si, sono solo un po’ stanca.”
“La accompagno a casa io.”
Gustav precede Bill che stava per dire che mi avrebbe
accompagnata a casalui, il moro e Georg
sorridono, ma Tom mi lancia un’occhiataccia.
Perché? Ho fatto ancora qualcosa di sbagliato?
“Ok.”
Gli altri si limitano a un “ciao”Bill invece mi
abbraccia.
“Ci vediamo domani a scuola e…trattamelo bene.”
L’ultima frase è un sussurro al mio orecchio.
“Piantala!”
Non posso fare a meno di arrossire ed imprecare
sottovoce mentre mi allontano con il biondo al mio fianco.
“cosa ti ha detto Bill?”
“Niente, è un cretino.”
Siamo davanti al motorino di Alì.
“Sono venuta con questo.”
“Ok, però guido io.”
Sgrano gli occhi e mi do mentalmente dell’imbecille,
non avevo considerato che avrebbe potuto vedere il luogo dove abito e casa mia
è tutto fuorché presentabile.
“Ma..”
“Non ti fidi?”
“No… è che…”
“Che?”
Abbasso gli occhi, non mi piace quello che sto per
dire.
“Non avrei voluto che vedessi dove abito… non è un bel posto.
Tutto qui.”
“Rinnegare dove vivi non è rinnegare le tue origini e
quello che sei?”
“Le mie origini non sono qui, quindi non rinnego me
stessa no?”
“Ma tu adesso vivi qui,non sei più la stessa persona
di tre mesi fa.
E in ogni caso ormai ho promesso di accompagnarti.”
Il suo ragionamento segue una logica a cui io non
posso oppormi, a cui avrei dovuto pensare prima di accettare e così eccomi in
viaggio verso casa mia.
Tra noi c’è un silenzio imbarazzante, sembriamo due
estranei che si sono conosciuti per caso in una certa circostanza e una volta
esaurita quella non sanno cosa dirsi.
Forse è quello che siamo noi, due persone senza un
legame e senza argomenti di conversazione.
Sono tornata al regime paranoico, non riesco a starci
lontano, prima o poi ci ricasco sempre.
“Siamo arrivati.”
“Grazie.”
Scendo dal motorino, rimango a guardarlo incerta,
senza sapere cosa fare, in cerca di qualcosa da dire che non arriva e che mi fa
optare per la sigaretta prendi tempo che accendo immediatamente.
Nella speranza che la nicotina in circolo nel sangue
mi aiuti a pensare.
“Cosa vuol dire* Non dovresti avere a
che fare con me…
È meglio per te se mi lasci perdere…”?”
Le poche parole che avevo faticosamente arrabattato
nella mia testa svaniscono come se non fossero mai esistite, sono di nuovo con
le spalle al muro e con un’unica patetica possibilità:arrampicarmi sugli
specchi.
“Che sarebbe meglio che non mi frequentassi.”
“Perché?”
Ha un dono per le domande giuste questo ragazzo,
inizio a sudare probabilmente con lo sguardo vile del fuggiasco.
“Bevi?”
“Una birra ogni tanto, ad Alì non piace che lo
faccia.”
“Ti droghi?”
“No.”
“Rubi?”
“No!”
“Sei una troia?”
“NOOO!”
Arrossisco, sento che ci stiamo avvicinando al terreno
minato, è testardo .
“Allora cos’è? Ti vergogni di questo posto?
Pensavi che sarei scappato non appena l’avessi visto?”
Boccheggio, ci è andato molto vicino, troppo vicino.
“Diciamo che non sono felice di stare qui, diciamo che
dove stavo prima era meglio e diciamo che quel giorno ho detto una grande
cazzata perché ero in paranoia.
La gente non ama avere contatti con me e mi sono
chiesta perché proprio tu avessi voluto parlare con me.
Non so forse temevo la fregatura, come quelle clausole
scritte in piccolo nei contratti.”
Il silenzio che ho creato non ha eguali.
“Sei strana…”
Altra pausa di silenzio.
“E ti sbagliavi, non sono scappato.”
Gli va riconosciuto l’onore al merito, è ancora qui e
non mi ha mandato al diavolo come credevo sarebbe successo.
Lo guardo finalmente in faccia, sorride, come se
sentisse più leggero.
Forse sapere che la paranoica sono io lo ha liberato
dalle preoccupazione di essere lui quello sbagliato per qualche motivo.
Forse.
Mentre mi perdo nei miei eterni rovelli mentali, mi
bacia.
Un bacio a stampo che mi fa sgranare gli occhi e a cui
sono totalmente impreparata.
Si stacca confuso, biascica un”ciao“ a cui io rispondo con un
altrettanto imbambolato “A domani”e se ne va.
E adesso?
Adesso, io Francesca Girardi, cosa faccio?
Suo
fratello aveva qualcosa di strano quella mattina, Bill avrebbe potuto giurarlo
in tribunale se gli fosse stato richiesto, sebbene apparentemente fosse tutto
come al solito.
Solita
svogliatezza nel quasi quotidiano“Dobbiamo proprio andare a scuola?”Detto
mentre si stiracchiava come un gatto.
Solita
scarsa gentilezza mattutina.
“Bill
ti sei imbambolato davanti alla armadio, Cristo? Spostati che così prendo quei
cazzo di cereali e faccio colazione!”
Niente
di strano, eppure qualcosa si agitava sotto la superficie, ne era certo e
gliel’avrebbe fatto sputare.
-Ammesso
che io sopravviva- si disse mentre si massaggiava il braccio dove Tom lo aveva
spintonato per avere libero accesso alle sue amate granaglie mattutine.
“Fratello,
cos’hai?
Hai
un’espressione inquietante!”
Il
rasta lo guardò perplesso.
“Tu
devi dirmi qualcosa.”
“Tipo?”
“Tipo
come mai sei così strano.”
“Qui
l’unico strano sei tu!”
“No
sei tu!”
Iniziarono
una lotta che si concluse solo con l’arrivo della loro madre attirata dal
baccano.
“Tom
parla o ti annego nel latte!”
LA
donna sospirò davanti alla sua buffa minaccia e mormorò stancamente:“Bill non
annegare tuo fratello, Tom parla!”
“Ma
io non devo dirgli niente!!!”
“Digli
qualcosa lo stesso!”
“la
tua amica italiana è una bugiarda!”
Ecco
il nocciolo della questione, finalmente era emerso e si poteva iniziare una
sana conversazione.
“Perché?”
“Perché
prende in giro Gustav!”
“Lo
dici perché non la sopporti o cosa?”
“Perché
ieri sera l’ho sentita fare una strana telefonata e sono convinta che ci
nasconda qualcosa.”
“Qualcosa
cosa?”
“Un
ragazzo ad esempio.
Èbassa e grassa, ma magari qualche ragazzo
italiano mezzo cieco potrebbe trovarla carina.”
“La
troveresti carina anche tu se non ci avessi litigato.
Ti
dice nulla la storia della volpe e dell’uva?”
“Non
sviare il discorso!”
Gli
puntò un dito accusatore all’altezza del petto.
“Gustav
va avvisato!”
“Aspetta
prima di tirare conclusioni affrettate e sbagliate.
Fammi
parlare con lei!”
“parlaci,
ma io lo dirò al mio amico.”
“Te
lo impedirò e sai che lo farò!”
Il
fratello lo guardò scettico, come al solito le sue minacce non erano mai prese
troppo sul serio, ma questa volta era deciso ad applicarle.
Tenne
fede alla promessa, assestando due energiche gomitate a suo fratello ogni volta
che tentava di aprire l’argomento “Francesca”con un Gustav più silenzioso del
solito.
Una
volta che il biondo e Georg, che si era divertito un mondo a spiarli, si
diressero verso le loro classi Tom si decise ad affrontarlo.
“Bill,
che cazzo ti è preso?
Mi
stavi bucando lo stomaco!
Hai
visto Gustav? Che aveva? Che gli ha fatto?”
“In
ordine:te l’avevo detto che ti avrei impedito di parlare a Gustav di Fra, se tu
non mi hai creduto fatti tuoi
Non
preoccuparti per il tuo stomaco, mi pare sia ancora al suo posto.
Ho
visto che Gustav è strano, sono truccato ma ho ancora una vista perfetta.
Non
so che avesse, non so se c’entri Fra.
Lo
scoprirò, tu non fare danni o la prossima volta lo stomaco te lo buco davvero.”
Il
gemello rimase un attimo in silenzio.
“Stare
con lei ti fa male, fratè…”
Se ne
andò borbottando sottovoce, lui invece mandò un messaggio alla mora chiedendole
di incontrarsi all’intervallo.
La
resa dei conti stava per arrivare.
Guardo il cellulare con una punta di preoccupazione,
improvvisamente il mio vecchio 3330, il compagno di tante battaglie, mi sembra
il peggiore dei traditori, un nemico.
Il messaggio di Bill mi ha scombussolato, perché vuole
parlare con me?
C’entra il suo amico?
E il suo amico perché ieri sera si è comportato così
per poi darsi alla macchia stamattina?
La condizione umana è probabilmente un porsi
continuamente delle domande, il più delle volte destinate a rimanere senza
risposta, ma a volte farebbe piacere avere delle certezze.
Sarebbe bello sarebbe sapere i motivi delle azioni
delle persone, cosa pensano mentre ti gettano in uno stato di confusione
mentale di cui faresti volentieri a meno.
“Andata al concerto, vero?”
Una voce dal nulla mi sorprende, non avevo sentito Alì
arrivare alle mie spalle.
“Idiota!”
“Buongiorno Frankie, ora rispondimi.”
Non molla il socio, accidenti a lui.
“si Alì. È per questo che ti ho praticamente sbrandato.”
“Lo sapevo Fraaa!
Ti sei divertita?”
“Si.”
Meglio non dirgli troppo, ho una confusione in testa e
non voglio che lui aggiunga ulteriore caos.
“Cosa non mi stai dicendo?”
“Una cosa che devo ancora capire.
Il resto alla prossima puntata, fratello.”
“Non ti capisco.”
Gli sorrido.
“Tranquillo non sei l’unico…Dai andiamo in classe.”
Con questa frase è definitivamente sconvolto, ma dovrà
aspettare dopo la scuola per rimettere insieme i pezzi della mia personalità
dissociata, quando anch’io avrò più chiaro il quadro della situazione.
Le lezioni trascorrono lentamente, come sempre quando
si attende qualcosa il tempo sembra rallentare la sua corsa in modo inesorabile
per lasciarti preda dei dubbi più assurdi.
Mi avvio verso i bagni delle ragazze incerta, come se
fossi stata convocata dal preside e da questo dipendesse una parte importante
della mia vita futura, a riprova che la paura ingigantisce tutto.
Apro la porta, il locale è deserto, lui non è ancora
arrivato e il mio nervosismo mi fa sentire fuori posto e colpevole nonostante
io abbia tutte le ragioni per stare qui.
I minuti trascorrono uno dopo l’altro, tra poco
l’intervallo sarà finito, dov’è?
La porta si apre con uno scatto, per poi richiudersi,
facendolo apparire trionfante con una chiave in mano.
La chiave dei bagni.
O d d i o.
“Perché l’hai presa?”
“Per non essere disturbati.”
Chiude, è di buon umore lui, io invece vorrei solo
scappare.
“Fra, devi dirmi qualcosa?”
Rimango senza parole, Gustav non gli ha detto nulla?
“Ecco…bhe”
“Va bene, parlo io.
Tom crede che tu ci nasconda qualcosa, ti ha sentito
fare una telefonata ieri sera e vuole dirlo a Gustav.
Crede che tu abbia una ragazzo.”
Maledetta bertuccia con i dread!
Io non nascondo un fidanzato, ma un padre, il che
forse è ancora peggio…
Sono a un bivio, potrei mentire a Bill o dirgli la
verità, cosa devo fare?
Se gli dirò la verità è probabile che io lo perda,
come ho perso tutte le altre persone che l’hanno saputo, ma se mentissi…
SE mentissi, sarei una bugiarda come mia madre.
Da quando ci
siamo trasferiti qui lei dice di essere una vedova, ha completamente rimosso
mio padre dalla sua vita e quando l’ho scoperto mi sono sentita sporca.
Io sono quella che l’ha fatto entrare stabilmente
nella sua vita, se io non ci fossi stata lei non avrebbe avuto bisogno di
cancellarlo.
Poi è arrivata la rabbia, io non ho colpa e non è
giusto che lei si comporti così.
Lui è comunque parte della sua vita e della nostra e
questa scelta denota solo il suo enorme egoismo.
Voglio anch’io essere così egoista?
“…Bill…”
“Eh…”
“Qualcosa è successo ieri sera, Gustav mi ha baciato e
poi è scappato…”
Apre la bocca per dire qualcosa, ma gli faccio segno
di tacere, non ho ancora finito, la parte difficile arriva adesso.
“E la telefonata che ho ricevuto ieri sera….Non era il mio ragazzo…
….era…”
È più difficile di quanto avessi creduto, le parole
sono incastrate nella mia gola, senza alcuna intenzione di uscire.
“Era?”
“Era mio padre… lui è in carcere.”
La bomba è esplosa, sono in attesa delle conseguenze,
chissà che parole userà per dirmi che non vuole avere a che fare con me?
Approccio morbido o diretto?
“Tutto qui?”
Alzo gli occhi sorpresa.
“Come tutto qui?”
“Lo so che per te non deve essere stata una
passeggiata, ma dalla prospettiva di Gustav è meglio un padre che un fidanzato
no?”
Scoppio in una lunga e folla risata, amara al punto
giusto.
“Lo sai che da quando mio padre è in carcere ho avuto
il vuoto attornoin Italia?
Come fai a dire tutto qui?
Mi sono quasi vergognata di lui e…di me stessa.”
Mi abbraccia all’improvviso e mi scompiglia i capelli.
“Non ne hai motivo! È lui che ha sbagliato non tu.”
“lo so, ma quando non c’è nessuno disposto a
difenderti e persino i tuoi migliori amico ti fanno sorrisi palesemente falsi,
inizi a pensare che forse anche tu hai qualcosa che non va.”
Rimane in silenzio.
“A me non interessa chi sia tuo padre, a me interessi
tu.
E anche a Gustav…”
“Glielo dovrei dire, ma non mi sento pronta, ma ora
dovrò farlo per forza…
“Non preoccuparti per mio fratello, gli parlerò e lo
convincerò a non farlo senza dirgli di tuo padre…”
“E se gliel’avesse già detto?”
“Parlerò anche a Gustav, non ti preoccupare.
Non devi continuare a nasconderti , non hai nulla da
temere e comunque non potrai farlo per sempre.”
“Grazie .”
Grazie per non avermi voltato le spalle.
Grazie per non essere scappato.
Grazie per avermi incoraggiato.
“sei una brava persona…”
“Anche tu, nonostante i musi lunghi e il caratterino
che ti ritrovi.”
Sorrido e mi rilasso nel suo abbraccio.
Il mondo non diventerà migliore perché ho trovato una
persone che forse crede in me, ma quantomeno è un inizio e un inizio è meglio
di niente.
“Accidenti! Devo tornare in classe!”
Guardo l’orologio disperata, sono passati dieci minuti
dalla fine dell’intervallo e tra le tante cose che quel nazista di matematica
odia ci sono i ritardatari.
Iosono
l’incarnazione di ciò che odia, se potesse mi sparerebbe a vista,
sfortunatamente non può cosicché cerca ogni singola cosa che possa farmi
bocciare.
“Non puoi saltare?”
“Quello di matematica mi odia, se lo facessi
reclamerebbe la mia testa dal preside!”
Sto diventando isterica, mi avvento sulla maniglia,
senza ricordarmi che è chiusa a chiave.
“Ehi, calma! Se ti sposti la apro!”
“Oddio! Che idiota che sono!”
Finalmente la porta del bagno è aperta, schizzo via ,
agitando la mano e lasciandolo perplesso.
Penserà che sono pazza, questo è certo, soprattutto
dopo quello che sto per fare ossia tornare indietro e stampargli un bacio sulla
guancia per poi scappare di nuovo.
Schizzata fino in fondo.
Quel
giorno la fortuna non era decisamente dalla sua parte, era impegnata a
prendersi cura della vita di qualcun altro, sicuramente non di quella di Tom Kaulitz.
Prima
ci si era messo suo fratello, impedendogli di parlare con Gustav e candidandolo
a un prossimo trapianto dello stomaco e poi Gustav stesso.
Quel
ragazzo era un abitudinario, che si rifugiava da sempre negli stessi posti
all’intervallo, ma proprio nel giorno in cui desiderava disperatamente parlare
con lui come se fosse questione di vita e di morte, lui spariva con l’abilità
del trucco ben riuscito del prestigiatore.
Desaparecido.
Era
incredibile, semplicemente fuori da ogni regola.
Gironzolava
irritato nei corridoi deserti dopo l’intervallo, cercando qualcosa da fare che
non implicasse il tornare in classe o il fumare un’altra sigaretta(le aveva
finite.) quando vide suo fratello fuori dai bagni delle ragazze.
Alzò
un sopracciglio, non era un ragazzo dal look molto maschile , ma era suo
fratello nel senso più pieno del termine, si divertiva solo a giocare con la
sua presunta ambiguità.
Era
piantato come un gendarme accanto allo stipite, una mano sulla guancia e
l’espressione a metà tra il cretino e il sornione.
Si
era perso una puntata della telenovela e l’aveva l’impressione di essersi perso
proprio quella più importante, quella in cui una parte dei misteri viene
svelata agli ignari protagonisti.
“Bill?”
“Oh,
ti stavo giusto cercando…”
Era
una palese bugia, anzi era frase detta a caso per nascondere a lui che era
partito per Billandia, come se fosse possibile…
“Cosa
volevi?”
Fece
finta di credergli, presagendo che non sarebbe stata una conversazione facile
come tutte quelle del fratello in fasepost risveglio dal mondo delle elucubrazioni.
“Devo
parlarti!”
Dalla
faccia seria da novello paladino della giustizia, intuì che c’entrava Girardi , desiderò schiaffarsi una mano in faccia.
“Parlami
fratello, ti ascolterò.
“Tu
non hai parlato a Gustav, veeroo?”
Sottolineò
con una cura inquietante l’ultima parola.
“No,
non sono riuscito a beccarlo…”
“Eccellente…”
Sentì
un brivido di paura, in cosa si stava trasformando il suo gemellino?
“Billi ci nasconde qualcosa! Bisogna avvisare
Gustav, è preso troppo bene!”
“Non
ti preoccupare di questo fratellino…”
“Uno
dei tuoi migliori amici sta per prendersi una batosta allucinante e non mi devo
preoccupare?”
Gli
mise una mano sulla spalla, come se fosse il Padrino e lo guardò dritto negli
occhi.
“Non
ti p r e o c c u p
a r e!”
“Bill
sei fuori come una mina scoppiata! Non sai quello che stai dicendo!”
Bill sospirò stancamente.
“Si
che lo so, a te rode il fatto di non saperlo.”
“sai
cosa nasconde quella e non me lo dici???”
“Tomi
ti fidi di me?”
“Mi
stai mentendo, cretino, come faccio a fidarmi?”
“Ti
fidi di me?”
“è un
complotto tuo e di quella , ammettilo!”
“Ti
fidi di me?”
“Si,
piaga!”
“E allora in nome dell’affetto che nutri per me, ti chiedo di fidarti di me
e di non dire nulla a Gustav!”
Boccheggiò come un pesce trascinato a forza fuori dal suo habitat e si
sentì arrossirecon sua grande rabbia,
detestava quando suo fratello tirava in ballo l’affetto perché era impossibile
negargli qualcosa.
“Bill ti odio quando fai così, lo sai, vero?
Si che lo sai, stronzo e non sorridere!
D’accordo non gli dirò nulla, ma tu prega gli dei che sia una cosa per cui
valga la pena di stare zitti perché è con te che verrò a prendermela se il
nostro batterista avrà una crisi depressiva!”
“Non preoccuparti.
Quando Fra sarà pronta lo saprai anche tu…
O Forse no, considerato che finisci per trattarla sempre male!”
“Don Bill, fai paura!”
“Come mi hai
chiamato?”
“Don Bill!”
“Tom inizia a correre!!!”
Il moro era furente, in uno dei suoi repentini cambi di umore era passato
dal ragazzo rilassato a quello litigioso e quando succedeva c’era solo una cosa
da fare: correre.
Non so come sia riuscita a sopravvivere a questa fine
lezione, non lo so davvero, visto che da quando sono tornata in classegli avvenimenti hanno preso una piega da
incubo.
Sono stata interrogata.
Di nuovo.
Ho preso otto.
Di nuovo.
Sono ufficialmente morta,quando mia madre lo verrà a sapere sarà più
inflessibile del Sommo ,finirà per negarmi anche l’ultima sigaretta, un colpo
dritto in fronte e sarà tutto finito.
Tutto.
Non mi dovrò più preoccupare di parlare a Gustav, ne
di cosa Tom gli abbia detto, non è meraviglioso in fondo?
Non importa se morirò a sedici anni per mano di mia
madre, è del tutto ininfluente!
Mi trascino a casa, faccio da mangiare ai miei
fratelli e trascorro il mio ultimo pomeriggio da essere umano facendo i compiti
per il giorno dopo, totalmente concentrata,
“Fra!”
“Si Luca?”
“Hanno suonatoalla porta. È per te.”
“Chi è?”
“Un biondo.”
Gustav.
“Ok.”
Non avrò l’ultima sigaretta, ma sicuramente adesso
avrò l’ultima grana da sistemare, la fortuna è dalla mia parte!
Esco dall’appartamento e lo trovo in simbiosi con il
muro, come se lo stesse sostenendo e non potesse staccarsi nemmeno un attimo.
Respira, stai calma.
Fai la disinvolta.
“Ciao.”
“Ciao!”
“Come va?”
Grugnisce.
“Ti va se andiamo a fare un giro?”
“Si.”
Scendiamo le scale, attraversiamo il cortile in
silenzio, ci siamo solo noi persino i soliti ragazzini che giocano sono
altrove.
Camminiamo ancora un po’, fino a raggiungere un parco
giochi con uno scivolo e due altalene che è oltremodo squallido, triste.
Sembra abbandonato a se stesso, come se a nessuno
importasse se questo parchetto sia in ordine o meno o cosa ne pensino i bambini
che lo frequentano, se lo odino o no.
Inevitabilmente ripenso a casa mia e alla spiaggia
facendomi sfuggire un sospiro, oggi per la prima volta l’ho sentita davvero lontana, parte di un’altra vita,
di un’altra Francesca.
Mi siedo su un’altalena, mi dondolo piano, lui rimane
in silenzio.
Sono brava a scappare io, e tu?
“Dobbiamo parlare.”
Mi fermo e lo guardo negli occhi.
“Già…senti , io ecco vorrei
che rimanessimo solo amici.”
Pronunciamo l’ultima frase insieme in perfetta
sincronia, per poi scoppiare a ridere.
“Non è che tu non mi piaccia, è che ti conosco ancora
poco.”
“E io non sono ancora pronta a dei legami.
Amici?”
“Amici! “
Gli sorrido e mormoro un “se son rose fioriranno” in
italiano.
“Che?”
Traduco con qualche difficoltà, lui sogghigna.
“Direi che adesso siamo a posto…
Ho solo un’ultima cosa da chiederti poi posso
invitarti al cinema domenica.”
“ossia?”
“Cosa è successo ieri sera?“
Sento un senso di freddo all’improvviso, smetto di
sorridere e di guardarlo, concentrandomi sulla ghiaia del parco.
“Mi ha telefonato mio padre.”
“Vuoi parlarne?”
“Non oggi, ti prego.”
Sento che si avvicina, mi prende per il mento e me lo
alza, siamo di nuovo occhi negli occhi.
C’è un attimo di silenzio che si dilata per un secolo
o giù di lì in cui sostenere il suo sguardo è più difficile che recitare a
memoria tutta la divina commedia, poi finalmente sorride.
“Quando vuoi puoi parlarmene.”
“Grazie.”
Sorrido a mia volta,vorrei dirgli che mi fido di lui e
che presto saprà tutto, ma il suono del mio cellulare interrompe la magia.
È Tom.
“Cosa vuole?”
“Chi?”
“Tom.”
“Tom?”
“Purtroppo.”
Rispondo scocciata, ci scambio due parole prima di
riattaccare furiosa.
“Cosa vuole?”
“Che ci vediamo in un bar del centro!”
“Perché?”
“Non lo so! Non lo capisco io quello!”
“Nemmeno io!”
Il mio è un lamento esasperato ed acuto, il suo un
ringhio basso, stranamente sembra che ci completiamo a vicenda.
“Dai, ti accompagno.”
MI guardo, sono in tuta e all star.
“ Grazie, non vale la pena che io mi cambi!”
Ride e ce ne andiamo, cosa dovrà dirmi l’ incubo
rasta?
Era inquieto, picchiettava le lunghe dita sul tavolo guardando l’orologio,
era in ritardo.
Quella dannata italiana era in ritardo e lui detestava aspettare!
“Ma tra poco me ne vado!”
Il rumore della porta aperta lo fece desistere, lei entrò insieme a Gustav,
con addosso una tuta orribile e delle AllStars all’ultimo stadio della loro esistenza.
Stava per dire qualcosa in proposito, ma un’occhiata dell’amico lo blocco,
era cristallina e lo invitava poco gentilmente al silenzio e a non provarci con
Fra.
Come se lui potesse essere interessato a quell’isterica!
“Io vado.
Ciao Tom, ciao Fra!”
Lo salutarono entrambi distrattamente, il loro duello era già iniziato con
lo sguardo.
“Allora Kaulitz?”
“Ieri sera ti ho sentito fare una certa telefonata…
Ma mio fratello mi ha fatto giurare di non dire nulla a Gustav…
Io voglio bene al mio fratellino, ma non mi basta, voglio una conferma da
te, Girardi.”
Fece una pausa studiata volta a intimorirla, ma la faccia di lei rimase una
maschera di pietra.
Non traspariva alcuna emozione.
“Era il tuo ragazzo ieri sera?”
“No.”
Fredda, decisa, sincera.
Sogghignò soddisfatto.
“mi basta Girardi…
Avrai il mio silenzio…”
“Grazie….Io vorrei anche un’altra cosa, sempre se
tu sia d’accordo.”
Alzò un sopracciglio malizioso,anche lei era caduta ai suoi piedi alla fine…
“No no Kaulitz, non voglio te, levati quel
sorriso dalla faccia.
Vorrei fare pace con te, credo di aver esagerato con quello schiaffo, ma
questo non ti autorizza a riprovarci.
Capito?”
“Vorresti la pace?”
“Si.”
“E sia, forse e sottolineo forse anch’io devo farti le mie scuse.”
“Siamo pari kumpà!”
Gli tese una mano,luila strinse.
Aveva delle unghie corte, un po’ smangiucchiate, forse non era la tosta che
voleva far credere.
Si diede dell’idiota per quel pensiero, che importanza aveva per lui che
lei fosse o meno forte come diceva di essere?
Lui non era interessato a lei…o no?
ANGOLO DI
LAYLA
L’avviso
dice tutto, sono stanca di queste crisi, un giorno o l’altro mollo tutta la
baracca.
Capitolo 5 *** 5)Su Come Sia Devastante Un Pomeriggio Di Studio ***
AVVISO:DOPO QUESTO CAPITOLO AVRETE ALTRI DUE CAPITOLI CON AGGIORNAMENTE
ABBASTANZA REGOLARI, POI
NON LO SO…HO
UN DUBBIO DA RISOLVERE CHE POTREBBE CAUSARE DEI RITARDI. . CERCHERO’
DI NON CANCELLARLA.
.
5))SU COME
SIA DEVASTANTE UN POMERIGGIO DI STUDIO
Stare
male e' un desiderio
E un'opportunita'
Dopo un mese potevo dire con sicurezza con le rose non
fossero fiorite.
Io e Gustav ci eravamo frequentati per un po’, ma non era
successo nulla, almeno da parte mia.
Lui era rimasto criptico, non mi aveva fatto capire molto
se ci fosse rimasto male o no e io, che non brillo per empatia, sono rimasta
con i miei dubbi.
Sopraviverò.
Quando frequenti qualcuno metti in conto che non possa
scattare nulla o che una persona si affezioni più di un’altra come è successo a
noi.
A me ovviamente èstato destinato il ruolo della stronza, non che io non gli voglia bene ,
ma con molta probabilità il suo affetto per me è maggiore di quello che io ho
per lui.
Siamo rimasti amici, ma mi sento un po’ a disagio a
parlare con lui, forse anche perché nonostante l’insistenza di Alì e di Bill
non gli ho mai detto di mio padre.
Non so perché, davvero.
Ho tante domande e zero risposte su questa storia.
La parte peggiore è stata spiegare a quell’adorabile
impiccione del mio compagno di banco che non stavamo insieme e vedere la
delusione allargarsi nei suoi occhi, constatando che aveva fallito come agenzia
matrimoniale.
Sentiva già il profumo dei fiori d’arancio , lui è un
tipo anche troppo fantasioso,
Alì invece ha mugugnato un “Se sono rose fioriranno”
senza dirmi a chi si riferisse, ci ho rimuginato per un po’ ed ho escluso che
si riferisse al biondo o a Georg.
L’unico che rimane è Bill , quell’altro non è nemmeno da
prendere in considerazione.
“Sbagli a non prenderlo in considerazione!”
Questo è il parere di Mariam,
la cugina di Alì, che si è appassionata a quest’assurda telenovela, mi sono
trattenuta dal mandarla al diavolo lei e il suo sorriso saccente.
Gli altri sembrano sempre conoscere la tua vita meglio di
te che la stai vivendo e saperla agire meglio di te e questo non l’ho mai
sopportato.
Le persone che si mettono in cattedra mi hanno sempre
dato il voltastomaco, perché a parte sputare sentenze inutili non sanno fare
altro.
Mariam è
una cretina di prima categoria, perché dovrei prendere Tom in considerazione?
In questo mese ha alternato periodi in cui mi salutava e
faceva il simpatico ad altri in cui era acido come un limone e in ogni caso da
quando ha capito che io e Gustav non avremo una storia si è arrabbiato con
mee ha ritroncato
i rapporti.
Dice che non ho fatto altro che prendere in giro il suo
amico e che sono una delle tante idiote che si avvicina alle persone perché è
interessata solo alla fama.
Non lo capisco, nemmeno quella buon’anima di Freud ci
riuscirebbe o forse solo Alì che hail
sorriso inquietante dell’innocenza che sfoggia quando ha capito una cosa prima
degli altri.
Posso assicurare che fa paura vederlo girare per i
corridoi con un ghigno degno di una sfinge e non riuscire a capire o a cavargli
cosa gli gira per la testa.
“Alì che hai?”
“Non te lo dico Fra!”
“Alì parla o ti apro quel cranio pieno di riccioli in
due!”
“Non lo faresti Fra e poi secondo ti arrabbi così tanto
perché lo sai cosa sto pensando.”
No che non lo so, razza di cretino, altrimenti non te lo chiederei.
“Ciao Fra! Sorridi un po’ di più o ti verranno le rughe!”
Questo è Bill, ossia un altro incubo di questo periodo
terrificante.
Anche lui ha capito qualcosa, solo che non sembra
particolarmente felice di essere stato illuminato.
In ogni caso anche luiha la bocca cucita, come se con le lesioni mentali come me sia
consigliabile non parlare.
“Chissene! Tu piuttosto non
devi dirmi nulla?”
“Tipo?”
“Tipo cosa hai capito che non vuoi dirmi che è connesso
al perché questo scemo sorride come la Gioconda e tu sei strano!”
“Oh ciao Alì!
Avete vinto ieri?”
C.V.D
preferisce parlare con Alì di calcio, argomento in cui è ferrato come lo sono
io in fisica quantistica, piuttosto che affrontare me.
“No, quei bastardi ci hanno stracciato!
Si sono comprati l’arbitro, i loro falli non li ha mai
fischiati!”
Sono la donna invisibile.
“Ehi?”
“Davvero?”
“Certo!Il nostro attaccante si è quasi rotto una caviglia
dopo lo scontro con il loro difensore!”
“Ragazzi?”
“Non ha fischiato?”
“NO! Però ha dato un rigore su un fuorigioco che ha visto
solo lui!”
“BIILL!”
“Si Fra?”
“Perché mi ignori?”
“Io non ti ignoro!”
“Preferisci parlare ad Alì di c a l c i o!”
“è uno sport interessante!”
“Si, Bill.
E gli asini volano, non sono scema, cosa non vuoi dirmi?”
“Oggi vengo da te a fare ripetizione, anzi veniamo.
Io e Tom.”
“CHE COOOSAAA???!!”
“Si, veniamo acasa tua.
Oggi non possiamo a casa nostra e dopodomani c’è il
compito in classe!”
“Ma…io…ecco…non ho avvisato!”
Sono patetica mentre mi arrampico sugli specchi e non
inganno nessuno, tanto meno lui.
“I tuoi fratelli non sono a casa e avremo finito quando
arriverà tua madre!”
Non ho vie di scampo e lo sa, lo odio per questo.
“Se proprio ci tieni, va bene!”
Me ne vado con un diavolo per capello, lasciandolo con il
mio amico a discutere del loro amato calcio, ignorando palesemente gli strilli
con cui mi chiede di tornare indietro.
Oggi non ho voglia di essere accondiscendente con
nessuno, soprattutto con quelli che sembrano prendermi in giro.
Bill
si sbracciava per il corridoio, attirando l’attenzione di tutti in quell’ala
della scuola in cui le oche non mettevano piede, tranne quella della mora che
continuava a marciare verso l’ignoto.
“Ma
che gli è preso?”
Chiese
al turco.
“Non
le piace che la gente la ignori così palesemente, si sente presa per il culo.”
“Io
volevo solo non risponderle!”
“Hai sbagliato metodo…
Cosa
hai capito tu di questa situazione?”
“Tu, cosa hai capito?”
“Dimmelo prima tu!”
“No tu!”
“Ok
amico, facciamo così, non ce lo diciamo e vediamo chi ha ragione…
Anche
se io credo che non dovresti fantasticare troppo su Fra.”
“Io
non ci fantastico, è un’amica!”
“Ok,
allora mi sono sbagliato.”
“Si,
direi!
Perché
non vuole farci venire a casa sua?”
“Troppo
complicato e non sono così infame da sputtanarla!”
“Io
volevo solo capire!”
“Queste
sono cose che può spiegarti solo lei, non io.
Cavolo,
devo andare a lezione!”
“Si,
scappa bravo…”
“No
guarda!”Alì sollevò la manica della felpa e gli mostrò un vecchio orologio che
segnava quasi le otto.
Aveva
ragione, tra poco sarebbe iniziata un’altra noiosa giornata tra i banchi di
scuola e il pomeriggio minacciava di trasformarsi in un’incognita spaventosa.
Suo
fratello e Francesca quando soffrivano di sbalzi d’umore presi singolarmente
potevano essere sopportabili, ma insieme sarebbe stato difficile tenerli a
bada, per un nemmeno tanto arcano motivo finivano per litigare sempre.
Sarebbe
sopravvissuto al pomeriggio?
Il tempo è una fregatura, quando serve che scorra più velocemente
rallenta inesorabilmente condannandoti alla tortura dell’Ansia e della
Paranoia, quando serve cherallenti
accelera paurosamente e ti trasporta senza pietà esattamente dove pagheresti
pur di non esserci.
La campanella della fine delle lezioni oggi è
suonatatroppo alla svelta per i miei
gusti, in sprezzo di tutte quelle mattine passate a sperare che suonasse,
vorrei poter rimanere a scuola, ma Alì e Mariam mi
spintonano fuori senza tanti complimenti.
I due magici cugini.
Gli altri due mi stanno già aspettando, il rasta battendo
i piedi a tenere il ritmo della sua impazienza, il moro tentando di calmare il
fratello.
Potrei provare a girare i tacchi e tornare indietro…Ma mi scontro contro Alì che mi scorta fuori come
se fosse un poliziotto.
“Alla buon’ora Girardi! Volevi
aiutare il bidello?
Ciao Alì!”
“Vaffanculo
Tom, Ciao Bill!”
“Ciao ragazzi!”
“Hai tentato di scappare Nana?”
Sghignazza il biondo, indicando il mio amico che sorride
serafico.
“Si,ma ve l’ho riportata!”
“Tomte ne è
grato!”
“Per me potevi disperderti nell’iperspazio, carina.”
“Disperditi tu per me!”
“Io mancherei a qualcuno se lo facessi, tu non credo
proprio!”
Sto per stampargli un’ altra sberla, ma un urlo mi ferma.
“RAGAAAZZIII!”
È Bill, che ci guarda irritato e ci fulmina.
“Smettetela che stiamo dando spettacolo!”
Ci allontaniamo , per scongiurare un’altra lite il moro
si piazza al mio fianco come un gendarme Alì inizia a discutere con Tom su un
qualsiasi sport.
Iniziano a esserci troppi gendarmi nella mia vita!
Il silenzio che c’è tra me e Bill è inquietante, nessuno
osa parlare, io non mi scuso, lui nemmeno e così sembra si stia tenendo una
manche de “Il gioco del silenzio.”
Qui nessuno vince nulla, però , non ci saranno maestre a
premiarci, ma forse solo dei pentimenti futuri.
Ormai stiamo per arrivare al quartiere, inizio ad
agitarmi leggermente, non ho idea di come possa reagire quella medusa che
confabula con Alì.
All’improvviso sento una mano che stringe la mia, è Bill.
“Perché?”
“Perché mi sembravi agitata.”
“Lasciami per favore, è meglio.”
“Perché? Ti vergogni?”
“No, ma potrebbe succedere un casino se ti vedessero.
Te lo spiegherò!”
“Hai troppi misteri, ragazza!”
Ritira la mano triste.
“Non tutti sono fortunati come te.”
La mia voce ha un tono amaro che lo fa tacere e mi
dispiace.
Vorrei non essere la donna dei misteri, vorrei
semplicemente non essere me ed avere un’altra vita, un’altra casa, un’altra
famiglia.
Arriviamo davanti al casermone dove abito, i due gemelli
non dicono nulla, io saluto stancamente Alì, ci vedremo domani a scuola.
“Vivi qui?”
“No vi ci ho portato per fare un tour del orrore!”
Il rasta non ha il coraggio di replicare questa volta e
suo fratello gli assesta una gomitata nella costole a scanso di equivoci.
“Mi hai fatto male Bill!”
“Te lo sei meritato!”
Rido, se non fosse che è un’idiota potrei intenerirmi per
la faccia pucciosa che sta facendo ad uso e consumo
del fratello ormai insensibile.
“Cosa ridi?”
“Niente, cosa bevete voi?”
“Cosa c’entra?”
“Nulla, era un diversivo!
Questo è il mio appartamento.”
Sorrido come una psicopatica prima di aprire la porta e
farli entrare.
“Carina.”
“I salamelecchi non ti vengono bene figlio degenere del
Magno.”
“Nemmeno a te. Cosa si mangia?”
“Scusi il ristorante non ha ancora deciso il menù, se
intanto si vuole accomodare…fuori dalla finestra!”
“Non vedo un tavolo.”
“è invisibile!”
“Io non ti sopporto!”
“è reciproco!”
“Nana!”
“….palo della luce!”
“Non è un insulto!”
“Ne ho altri più seri, li vuoi sentire?”
“ZIIIITTIIII!”
Bill ha urlato per l’ennesima volta, dividendoci e
impedendoci di risolvere la questione con una rissa, ha gli occhi fuori dalle
orbite e un dito accusatore puntato verso di noi.
“Non voglio farvi da baby sitter!
State zitti!
Tu cucina!
Tu prepara la tavola!”
“E tu cosa fai fratello?”
“Mi rilasso, mi avete esaurito!
Qualcuno deve controllare che voi lavoriate!”
Lascio che sia Tom a insultarlo, sono fratelli, sa farlo
meglio di me, che intanto mi occupo del pranzo e della tavola.
Mangiamo in silenzio, loro si lanciano delle occhiatacce
e occasionalmente qualche pallina di pane, ho un brutto presentimento.
Non so cosa sia, forse il destino, forse preveggenza, sta
di fatto che sento che accadrà qualcosa.
Non so quando, ma so che accadrà.
Sembra tutto normale, nulla lascia presagire che
succederà qualcosa di strano, io e Tom litighiamo per tutto il pomeriggio tra
di noi, Bill invece litiga con l’inglese, ma ha il buon gusto di farlo in
silenzio.
Sia io che lui perdiamo le nostre battaglie, ma abbiamo la
remota speranza di vincere la guerra.
“Che palle!”
In tutto il pomeriggio ha detto una sola frase, me non
sapremo mai perché si sia lamentato, visto che la porta si spalanca ed entrano
i miei fratelli.
“Ciao Fraa!!”
“Ciao sorellina!”
Andrea mi salta in braccio.
“Chi sono?”
Il rasta li guarda curioso.
“I figli del vicino che hanno sbagliato casa….
Sono i miei fratelli!”
“Poverini!”
“Cattivo!”
Tom guarda basito Andrea che lo sta incenerendo con lo
sguardo.
“Si, è tuo fratello, mi odia già.”
“Mi chiamo Andrea!”
“IO sono Tom!”
“Ti sfido alla play!”
“Sei capace di giocare?”
“Si, mi ha anche battuto più volte.”
Questo è Luca, che si è interessato alla questione.
“Davvero? Allora vi va una sfida?
IO e mio fratello contro voi due.”
“Lui è tuo fratello?
È simpatico Bill, magari insegna a mia sorella a
truccarsi.”
Gli allungo una pedata cercando di non farmi vedere con
scarsi risultati.
“Sei forte….”
“Luca e ci sto!”
Si sorridono, sembrano andare d’accordo, Bill sembra
essere entusiasta di lasciar perdere inglese, sembra un condannato a cui hanno
accordato un permesso speciale.
Ok, Fra…Pessima metafora.
Andre
salta a terra e da piccolo ometto che difende la sorella, marcia verso il
televisore e aiutato da Luca inizia ad armeggiare con quell’’aggeggio a me
sconosciuto che si chiama playstation.
Io cosa faccio?
Cercando di fare meno rumore possibile mi avvio verso la
mia camera e sembro riuscirci,ma mi tradisce l’inciampare nella sedia vicino
alla scrivania che fa accorrere tutti.
Sono tutti nel mio caos, fatto di poster, oggetti etnici,
vestiti ovunque e murales sui muri che causeranno le proteste della padrona di
casa quando li vedrà, come mi rinfaccia mia madre tutti i giorni.
“Bella…”
Bill è perplesso,forse non del tutto sincero, infatti va
fuori insieme ai miei fratelli, rimane solo il Tom che guarda incuriosito gli
scarabocchi sul muro.
Si avvicina, li studia e mi innervosisce parecchio con
quell’aria da critico d’arte in erba.
“Li hai fatti tu?”
“si.”
“Sono belli, Girardi.”
Credo che la mascella mi si sia staccata dal cranio, ma
sono abile a ricompormi.
“Grazie!”
Arrossisco senza un motivo preciso, forse solo perché
nessuno mi aveva mai detto che erano carini quei quattro sgorbi che avevo disegnato
in una notte insonne.
“Sei carina quando arrossisci…Sembri
quasi una ragazza!”
“E tu mi eri sembrato un uomo poco fa!”
Lascio la camera, con lui imbambolato al centro.
“sei acida!”
“E tu sei cretino, chi è messo peggio?”
Il silenzio indica un punto a mio favore.
“Franzy! Ci porti le patatine
per favore?”
“Si, che volete da bere!”
Si alza un nugolo di risposte scoordinate che faccio
tacere con un gesto della mano.
“Andre?”
“Coca.”
“Bill?”
“Idem.”
“Tom?”
“Red Bull.”
“Non c’è.”
“uffa! Coca anch’io.”
“’k.”
“Lu?”
“Biirraa!”
“Sei piccolo!”
“Uffa!”
“allora?”
“The!”
“va meglio.”
Porto quanto mi hanno chiesto, poi scappo in terrazza a
meditare in compagnia di una birra e di una sigaretta, lasciandoli alla loro
sfida più interessante di inglese.
Fuori c’è un tramonto infuocato, talmente arancione e
abbagliante da risultare fastidioso, penso mentre alzo una mano davanti agli
occhi per proteggerli dalla luce.
Non ho mai visto un tramonto così qui, l’ultima volta che
ne ho visto uno simile è stato il giorno in cui ho saputo che mio padre era
finito in galera, a casa, in Sicilia.
Un brivido mi scorre lungo la schiena, non so perché ho
paura, ripenso a un vecchio racconto di Stephen King in cui l’angoscia della
sparizione è accompagnata da un cielo del genere.
Il vento fa volare via la brace dalla mia sigaretta,
questa sensazione non se ne va e si mischia ai presentimenti di prima, cosa
accadrà?
Come al solito cerco una risposta che non c’è.
“Fra!”
Una voce conosciuta e fastidiosa mi richiama alla realtà.
“Che vuoi Kaulitz?”
“Fossi in te mollerei la sigaretta e nasconderei la
birra.
È arrivata tua madre.”
Merda.
Lei odia vedermi bere o fumare, potrebbe diventare una
furia se vedesse le due attività combinate, così nascondo la bottiglia dietro
un vaso e mollo la sigaretta in mano a Tom.
“Ma..”
Forse vorrebbe aggiungerci una domanda o una protesta,
purtroppo non fa in tempo, mia madre irrompe in terrazza e si guarda attorno
sospettosa.
Conclusa la sua ispezione si ricorda che ha davanti due
esseri umani, degnandoci della sua attenzione.
“Ciao.”
“Ciao.”
“Chi è? E cosa ci facevi in terrazza?”
“è un mio amico, il fratello dell’altro ragazzo, l’ho
accompagnato in terrazza a fumare.”
“Farò finta di crederti.”
Il dialogo tra noi è a muso duro e in italiano, quello con
lui tutto sorrisi e ovviamente in tedesco.
“Ciao, io sono Anna, la madre di Francesca.”
“Io sono Tom, piacere.”
“Sono contenta che Francesca si sia trovata degli amici,
vorreste fermarvi a cena?”
“Penso non ci siano problemi.”
“Ti faccio vedere dove è il telefono?”
“I miei non sono a casa oggi.”
“Chiedo a tuo fratello.”
Se ne va, lasciandoci da soli, non riesco a trattenere un
sospiro amaro pur sapendo che ho due occhipuntati nella schiena.
“Simpatica tua madre.”
“Per te che non la sopporti tutti i giorni.”
“Non capisco, sembra gentile.”
“Lascia perdere, vado ad aiutarla con la cena.”
Non ho voglia di parlargli del nostro brutto rapporto, ne
del fatto che mi odi o di come girino le cose a casa nostra se qualcosa non va
come dovrebbe.
Ho l’impressione che voglia dire qualcosa, ma lascia
perdere e continua a fumarsi la mia sigaretta.
Maledetto.
Mia madre sta facendo la simpatica con Bill, vorrei
vomitare o meglio ficcare i miei quattro stracci in uno zaino ed andarmene via
da questa casa che mi soffoca.
Se non l’ho ancora fatto è solo per i miei fratelli che
in qualche modo contano su di me, Andrea soprattutto.
[Va senza tempo, senza età
C’è un cielo immenso via di qua(*)]
“La mamma li ha incantati?”
“Come suo solito.”
Luca mi guarda un attimo e poi pronuncia una frase che
non avrei mai creduto di sentire dalla bocca di un bambino di dieci anni, di
mio fratello.
“Sopporta Fra, massimo tre anni e te ne potrai andare.”
“Si vede così tanto?”
“A volte, ma ti capisco.
In fondo papà se ne è andato per lei, no?”
È perspicace, anche troppo, mio fratello, ha già capito
una parte dei motivi per cui la nostra famiglia è andata a pezzi, ossia nostra
madre.
La donna per cui nulla era mai abbastanza, che chiedeva a
mio padre ciò che non poteva permettersi e non accettava un rifiuto come
risposta.
Ricordo le innumerevoli volte che lei gli aveva urlato
che ciò che chiedeva il minimo, dato che lei aveva rinunciato alle sue grandi
prospettive di vita futura per stare con un pezzente come lui, che aveva sbagliato
a farsi convincere a non abortire.
Già.
Alla fine il problema ero io, ero io quella per cui aveva
dovuto lasciare Medicina, costretta a rinunciare alla sua agognata carriera di
chirurgo plastico.
Suona cinico, ma è indubbio che mia madre abbia sempre
mirato ai soldi, ma che abbia scommesso sul cavallo sbagliato con la storia con
mio padre.
“Perché non mi rispondi?
Non vuoi dirlo?”
“Fra aiutami in cucina.”
La voce di mamma interrompe il nostro discorso, sorrido a
mio fratello e gli sussurro:”Non posso dirtelo.” Mentre vado in cucina.
Arrangiamo la cena in silenzio, non abbiamo molto da
dirci, io sono la ribelle che ancora adesso rovina i suoi piani.
La negata in matematica.
Quella che non proseguirà il suo sogno, ma ha in testa i
grilli del disegno.
Quella che è destinata a essere una morta di fame se non
si darà una calmata.
[Voglio una vita mia
Assoluta bugia
Non sugli schemi degli altri
Sui passi piccoli degli altri…
Voglio una vita mia…(**) ] A
volte mi pesa questa incomunicabilità, vorrei essere la Francesca che desidera
lei, ma mi chiedo se ne sarei felice dopo.
La risposta? Probabilmente no, non posso anestetizzare i
miei sogni, le mie speranze, ciò in cui credo, così come lei non può ancora
farlo con i suoi e così finiamo per essere come due treni che non si
incontreranno mai.
Come due estranee.
Triste? Forse, ma è un dato di fatto, ci sono troppi anni
di errori tra di noi, nonostante io abbia solo sedici anni, per poter pensare a
un rapporto diverso, è più comodo per lei.
Non so come potrebbe riorganizzare se stessa e la sua
vita se perdesse me come capro espiatorio, così io continuo a essere quello che
sono e in fondo ne sono felice.
Tra i miei mille problemi, almeno non ho perso me stessa.
[Come mi vuoi
Come mi vuoi
Avrei voluto essere come mi vuoi
Come mi vuoi
Come mi vuoi
Ma in questa vita sono come mi piace a me(**)]
Bella conclusione Fra, ma non negare che adesso vorresti
essere altrove, come poco fa.
Mia madre sta trattando Bill con tutta la cortesia di cui
è capace, come se fosse la figlia che io non sono, io mi sento di troppo.
Non spiccico una parola e non tocco cibo,è come se fossi
un’estranea miracolosamente ammessa a questa cena e non parte integrante di
questa casa, una che dopotutto vive qui.
Fantasma.
Sparecchio come faccio tutte le sere, poi Francesca il
fantasma va a rifugiarsi nella sua soffitta in cui gemere e mugugnare in santa
pace, la terrazza del palazzo, che ormai è diventata il mio rifugio.
Quella
casa era strana, era sicuro che avesse qualcosa che non andasse.
Forse
era stata la solita frase acida di Girardi, maaveva iniziato a notare che la madre della
ragazza non aveva un comportamento del tutto corretto, non con loro, ma con
Fra.
Se
con loro era uno zuccherino, con sua figlia era acida come un limone, ma forse
le due avevano solo litigato e considerato il caratteraccio di Fra era molto
probabile.
Suo
fratello sorrideva come un’idiota alle lusinghe della signora Anna, un
spettacolo alquanto penoso, doveva riconoscerlo, visto che sembrava non
accorgersi che quella donna molto probabilmente mentiva.
Si
guardò attorno annoiato, solo allora notò che dalla mora non c’era più traccia.
Desaparecida.
Nessuno
sembrava preoccuparsene in quella famiglia bizzarra, si alzò dalla sedia
inquietoe adocchiò Luca in un angolo
vicino al divano, decise di raggiungerlo.
“Ehi,
dov’è tua sorella?”
Il
bambino lo guardò in modo indecifrabile, era come se lo stesse rivalutando
sotto una nuova luce.
“è di
sopra, sulla terrazza del tetto del palazzo.”
“Che
ci fa lì?”
“ è
il suo pensatoio.”
“Ah.”
“Esci
dall’appartamento, fai le scale fino in cima, poi entri nell’unica porta che
c’è.”
“Grazie.”
Lasciò
quella casa vagamente sollevato e stordito, come se avesse respirato dell’aria
viziata per tutto il tempo, percorse le scale e aprì la porta.
Perché
si interessasse a quell’acida era un mistero, al massimo se fosse finita male
si sarebbe fumato una sigaretta in santa pace, senza lo sguardo invidioso del
fratello addosso.
Si
guardò intorno, la terrazza sembrava deserta ed era spazzata da un vento
gelido, che si fosse buttata di sotto o fosse scappata di casa?
Mosse
qualche passo incerto e finalmente la vide in un angolo, seduta a gambe
incrociate, probabilmente con una sigaretta in mano.
“Avresti
potuto avvisare Girardi, si sono preoccupati di sotto.”
“Pietosa
bugia.”
Il
tono era freddo, studiatamente freddo per far credere che non le importasse che
la sua famiglia la snobbava.
“Se
fossi meno acida e scostante e fredda forse a qualcuno la sotto importerebbe di
te.”
“Bravo!
Giudichi senza nemmeno conoscermi!
Conosci
la mia storia o pensi che io sia la solita stronza che se la tira?
Bhe, non è così e visto che è da quando mi
conosci che mi insulti senza sapere un cazzo di me, adesso saprai tutto, così
almeno ci penserai prima di aprire quella fogna!
Contento?
Saprai il finale della telenovela.”
Contento?
Era
accettabile un bho come risposta?
ANGOLO DI LAYLA
Queste sono le canzoni nelle parentesi quadre.
(*)”Cielo immenso”Timoria
(**)”Come mi vuoi” Tre Allegri Morti
Altro da dire? Credo che l’avviso come al solito dica tutto, passo alle
recensioni^_^.
Lady cassandra:non credo la
mollerò, però mi sembra scontata e mi scoccia parecchio.
Più o meno hanno intuito tutti come andrà a finire =_=….
Non so che dirti, spero ti piaccia.
Alla prossima.
_Pulse_: ti ho
spiegato cosa ho in mente, continua a non convincerti, ma se dovessi fare la
prima opzione tu ed altri mi lincerebbero.
Uffa1 spero che questo capitolo ti piaccia, le cose si
stanno schiarendo…
Alla prossima.
Hana Turner: Ti ho già stressato abbastanza in msn,
ti risparmio lo stress via recensione.
Sappi solo che sono ancora indecisa…e
che pall!
Non so cosa dirti…spero ti
piaccia.
Ah! Il padre di Fra non voleva niente, solo sentirla, erano
mesi che non la sentiva…
Black_Down TH: ti ho già
detto tutto in msn, alla fine pubblicherò il finale
che ti ho detto.
Forse. Bho @_@
Sono contenta che ti piaccia e grazie dei complimenti.
Capitolo 6 *** 6)Su Come Dalla Merda Talvota Nascano I Fiori ***
6))
SU COME DALLA MERDA TALVOLTA NASCANO I FIORI
Spegni adesso la tua
noia
Sopra il dorso della mano
E addormentati serena
Davanti alla tv
Non si può fuggire per sempre, arriva un momento in cui ti
senti messa con le spalle al muro o peggio in cui tu esplodi senza considerare
le conseguenze, come un vulcano, vomitando tutto quello che non ti sta bene su
persone spesso innocenti o prendendotela con chi ti ha irritato quando in
realtà sono altre le persone a cui vorresti far sapere quanto sei stanca e
scoraggiata.
Non avrei mai pensato di raccontare buona parte della mia
vita a una persona con cui non ho fatto altro che litigare fin dalla prima
volta in cui siamo incontrati, eppure sono qui ad incenerire Tom conlo sguardo.
Mi guarda perplesso, si chiede cosa abbia fatto o detto di
diverso dal solito in grado di farmi arrabbiare così tanto, non sa che non è a
lui che vorrei dire queste cose.
Vorrei dirle in faccia a mia madre, dirle che la odio per
come mi ha rovinato la vita, per come mi ha sempre trattato come una pezza da
piedi, ma non posso e così mi accontento di lui.
[E
pensare a quante volte
l'ho sentita lontana
E pensare a quante volte…
Le avrei voluto parlare di me
chiederle almeno il perché
dei lunghi ed ostili silenzi
e momenti di noncuranza(*)]
Stasera il fantasma si sfogherà.
Il mio interlocutore si guarda i piedi imbarazzato, li
sposta continuamente avanti ed indietro, vorrebbe essere altrove, vorrebbe non
avere mai aperto bocca, ma purtroppo l’ha fatto e adesso deve affrontarne le
conseguenze.
Non la si può sfangare sempre, troppo facile e troppo
comodo, volevi sapere chi fossi?
Il tuo desiderio sarà accontentato.
Preparati, adesso saprai chi è Francesca Girardi.
“La prima cosa da sapere sulla mia vita è che non sarei
dovuta nascere, eh si.
Sono nata per una scopata che doveva essere senza
conseguenze e che invece ha rovinato la vita e la brillante carriera di Anna Santagata, futuro chirurgo plastico, unendola a quella di
Antonio Girardi, studente dell’accademia di Belle
Arti.
Un mix vincente.
Fu necessario l’intervento di mio nonno materno per non
farla abortire, non perchétenesse
particolarmente a me, ma solo perché una figlia che abortiva per un cattolico
convinto come lui era una vergogna peggiore di una incinta di un morto di fame.
Alla fine si sposarono ed io venni al mondo, non voluta, in
mezzo alle loro liti.
Finita la passione si detestavano, sai?
Avrebbero voluto essere da tutt’altra parte, in un’altra vita,ma
non potevano separarsi o mio nonno ci avrebbe tagliato i viveri.
È ricco mio nonno, sai?
Un riccone di merda, ipocrita e ottuso con il mito della
famiglia perfetta.
Arrivarono i miei fratelli dopo un po’ di anni, forse i miei
speravano di ricucire le cose, forse non sapevano sottrarsi alle pressioni di
mio nonno che voleva altri nipoti.
Io non lo so, quello che so è che le cose non cambiarono di
molto tra di loro ne per me.
Io continuavano a essere poco considerata, ma allo stesso
tempo ero la personaperfetta a cui
delegare le loro responsabilità:ero la primogenita che doveva badare ai
fratellipiù piccoli e che doveva
consolarli, perché mia madre non aveva tempo,
Non ha mai tempo per nessuno lei, solo per se stessa .
I miei litigavano di brutto, lei voleva la bella vita a cui
era stata abituata dalla sua famiglia, ma mio padre non poteva, non ce la
faceva.
Lavorava
nell’azienda di mio nonno come grafico, mio nonno ci passava dei soldi per
aiutarci, ma non poteva fare i miracoli con tre figli da mantenere.
E mia madre pretendeva e lui sclerava.
Liti e piatti che volavano, quando non succedeva qualcosa di
peggio.
Sono avanti un po’ così.”
[The anger hurts my ears, been running strong
for seven years
Rather then fix the problem, they never solve them,
it makes no sense at all
I see them everyday, we get along so why can't they?
If this is what he wants, and its what she wants,then whys there so much pain?(**)]
Mi fermo per riprendere fiato, senza guardarlo negli occhi.
“Per anni, fino a sei mesi fa.
Poi sei mesi fa mio padre ha fatto il botto, ha provato a
fare una rapina e l’hanno preso.
Mia madre sapeva tutto, io so che aveva capito cosa diavolo
avesse in mente e non l’ha fermato.
Ha lasciato che si fottesse la vita, credo che fosse quello
che voleva.
Voleva la scusa per mollare la Sicilia e l’ha trovata.
Mio nonno ha fatto il diavolo a quattro,dopo, quando l’hanno
trovato, ma non ha mosso un dito per aiutarlo, non poteva o forse non voleva
sprecare la sua influenza per aiutare un genero ingrato che si era dimostrato
un fallimento.
Mia madre invece era la statua della compostezza,niente
lacrime versate, niente tentativi di nasconderci la cosa o di farci sentire
meno male.
Noi eravamo i figli del carcerato ma, mentre la gente ci
faceva il vuoto attorno, lei faceva i suoi piani.
Ha chiesto il divorzio, ha fatto in modo di trovare lavoro
qui e si è trascinata dietro noi, senza chiederci niente.
Ci ha avvisato giusto una settimana di partire, che ci
avrebbe buttato all’aria la vita di nuovo.
Andre si è adattato bene, ma lui è
piccolo ed è ancora abbastanza ingenuo per vivere questo trasferimento come se
fosse un’avventura, io e Luca un po’meno.
Noi dopotutto in Sicilia avevamo i nostri amici, la nostra
vita, suppongo che questo fosse un elemento ininfluente nei suoi piani.
Siamo arrivati qui e lei ha iniziato la sua bella vita,
facendo credere a tutti che mio padre fosse morto.
La vedova allegra, sarebbe comico, ma chissà perché mi viene
da piangere.
Questa è la mia vita, questa è la mia famiglia.
Sei contento adesso?
Ho appagato la tua curiosità?”
Gli ho vomitato addosso tutta la mia rabbia e la mia vita
schifosa, ma sento solo silenzio, sarà sicuramente scappato come tutti.
Sto per alzare il viso per vedere se ci sia ancora o meno,
quando mi sento abbracciare.
Non ci credo.
Non è possibile.
Non è scappato e io ancora non ci credo.
Sono paralizzata in un abbraccio inaspettato, a cui non
riesco a sottrarmi, perché ci sono delle volte in cui nemmeno il mio orgoglio
riesce a tenermi in piedi, lasciando uscire mio bisogno di appoggiarmi a
qualcuno.
È in momenti come questi che mi sento debole, come se fossi
un cane che ha bisogno di un paio di carezze distratte per stare bene e io odio
sentirmi così.
È come se non fossi me stessa, ma devo ammettere che in
questo momento sto bene.
Lo spintono via a fatica, lo guardo negli occhi battagliera,
sono già pronta a mandarlo al diavolo, certa che ci troverò compatimento o
derisione, ma ancora una volta mi sbaglio.
Non vuole prendermi per il culo, non adesso almeno.
Quello che leggo adesso nei suoi occhi è dispiacere e una
scintilla di comprensione, come se capisse quello che ho provato.
“Io…bhe….ecco. ti capisco.
Cioè i miei hanno divorziato, non è stato così…
Ma ci siamo stati male lo stesso…Insomma….eh…eh.”
È una frana con le parole, ma apprezzo la buona volontà e mi
scappa un sorriso, che nascondo subito,l’imbarazzo ha preso il sopravvento su
di me e sto arrossendo.
Alza un sopracciglio perplesso, io vorrei sotterrarmi
insieme al mio orgoglio, visto che quello che sto per chiedergli, nella
speranza che non mi prenda in giro.
“Senti…n-non è che potresti..’”
Balbetto e gesticolo imbarazzata, ma qualcuno lassù ha pietà
di me, visto che lui mi riabbraccia senza dire nulla.
Se qualcuno mi vedesse ora stenterebbe a riconoscere la
solita Francesca, quella dura e cinica, nella ragazza di adesso, quella che è
praticamente ceduta nelle sue braccia come un patetico burattino a cui hanno
tagliato i figli.
Se solo fosse possibile piangerei, ma dai miei occhi non
esce una lacrima come al solito, sono qui a farmi cullare con la faccia assente
delle bambole di pezza.
[Vorrei
Piangere Senza Fingere Che Sia Facile Per Me(***) ] All’improvviso sento qualcosa che bagnarmi le guance, dopotutto ho pianto,
solo per questa sera ho sotterrato l’ascia di guerra, ovviamente domani negherò
di averlo fatto.
Stasera però va bene così.
Non so quanto tempo rimango su questa terrazza deserta a
inondare la felpa di questo povero cristo, chesi limita ad accarezzarmi la testa e a stare zitto, non potendo fare
altro.
Domani dovrò ringraziarlo.
Buffo.
C’è un atmosfera sospesa, fuori dal tempo, non siamo isoliti noi stessi, quelli che si prendono a
male parole ogni volta che si vedono.
Ironicamente stasera siamo altro.
È quasi una magia, rotta dalla porta che sbatte con violenza.
Rotta da mia madre.
Quando l’aveva seguita
non si sarebbe aspettato che finisse così, avrebbe preferito il solito ed
abusato copione delle urla che si beccava quando tentava di indagare un po’ di
più sulla vita di quella stramba ragazza, in un certo senso era rassicurante.
Non era pronto per una
confessione e decisamente non sapeva cosa fare, ma alla fine doveva supporre di
essersela cavata in modo accettabile, se lei era rannicchiata tra le sue
braccia a piangere.
Era una cosa
incredibile, che sconvolgeva parecchio l’idea mentale che si era fatto di lei.
Credeva che fosse una
dura e lo era, ma era anche fragile.
Troppo fragile.
Non credeva potesse
avere una storia del genere alle spalle, avrebbe voluto insultare la donna che
l’aveva trattata così, chiamarla madre era troppo a suo parere, che stava
incensando suo fratello al piano di sotto.
Ipocrita.
Mentre le accarezzava
piano i capelli si chiese se quella sera avrebbe cambiato qualcosa tra loro o
avrebbero continuato a farsi la guerra,ma poi concluse che per il momento non
aveva nessuna importanza.
Al momento andava
tutto andava bene così, ne più ne meno.
Domani si sarebbe
preoccupato di come trattare Francesca Girardi e di
fare i conti con le sue rivelazioni, ora bastava che lei si sfogasse,
probabilmente erano secoli che non lo faceva.
Strana.
Era una ragazza,
nessuno l’avrebbe biasimata se avesse pianto, ma lei era una diquelle orgogliose e lo sapeva.
Strana due volte.
All’improvviso la
porta si spalancò e la madre della ragazza fece irruzione seguita da Bill che
tentava di trattenerla, era fuori di sé.
Si mise a urlare
qualcosa in italiano, non sapeva cosa, forse era un semplice “Che cosa stai
facendo?” forse erano insulti, ma questo bastò a far irrigidire Francesca.
Era diventata un pezzo
di legno tra le sue braccia, istintivamente la strinse più fortea sé.
Cosa voleva quella
donna?
Perché si avvicinava?
Soprattutto perché lei
aveva paura?
“Molla quella puttana
di mia figlia!”
“Cosa?”
“Ti ho detto di mollarla!
Francesca! Ti ordino
di venire con me!
Sei sempre la solita,
non fai che intralciarmi!”
La ragazzina iniziò a
tremare impercettibilmente mentre la donna alzava una mano per afferrarla e
trascinarla via, ma lui fu più svelto di lei e le afferrò un polso.
“La smetta.
Non alzi una dito su
di lei o la denuncio.
So cosa ha fatto a
Francesca.”
Non lo sapeva, ma i
bluff avevano un’alta probabilità di funzionare.
“Non dovresti credere
a quello che ti dice, è pazza!”
“La smetta o chiamo la
polizia!”
La donna si allontanò
furiosa urlando che se ne sarebbe pentito.
Lui credeva di no.
“Tom che cazzo
facciamo adesso?”
Questo era suo
fratello con gli occhi spiritati, in ansia come l’aveva visto poche volte nella
sua vita.
“Cosa vuoi che
facciamo?
Non possiamo farla
tornare a casa da quella, la ammazzerebbe!
Lei viene via con noi”
Il fratello fece una
smorfia.
“Vado a vedere se
almeno ci danno le sue cose!”
“Fermati, cretino!
BIIILL!”
Non lo ascoltò, sperò
non si facesse male, adesso doveva badare a Francesca.
La staccò da se, era
pallida, con gli occhi assenti.
Cazzo.
La scosse un paio di
volte, ma non successe nulla.
“Fra! Hai sentito
quello che ho detto a Bill?”
“Lei è andata via?”
Sussurrò con una
vocina da bambina, era ovvio che non avesse ascoltato niente di quello che
aveva detto e forse non si era nemmeno resa conto di cosa fosse accaduto dopo
che la madre era arrivata, le sorrise per rassicurarla.
“Si, adesso ci sono
io.”
Si ributtò tra le sue
braccia, completamente partita per un mondo tutto suo.
La porto in braccio
all’entrata del condominio, poco dopo arrivò suo fratello, fortunatamente tutto
intero(spiegare al manager le circostanze della sua sparizione sarebbe stato
terribile), si fermò davanti a lui e alla ragazza e le accarezzò la testa.
“Mi dispiace!Io non
volevo che succedesse questo.”
“Non può sentirti.”
Lo guardò dritto negli
occhi.
“Bravo Tomi.”
Arrossì, suo fratello
sorrise sornione.
Mi sveglio in un letto che non è il mio, in una stanza che
non è la mia, in una che evidentemente non deve essere casa mia.
Ho cambiato vita senza rendermene conto?
Sono morta?
No, non esiste un Dio così pietoso da esaudire preghiere del
genere, deveesserci un’altra
spiegazione, che al momento mi sfugge.
Se solo non avessi quel dannato buco di memoria, che mi
colpisce ogni volta che mia madre va fuori di testa, lo saprei, ma al momento
non lo so.
Mi guardo intorno, è una stanza vagamente disordinata, di
quel caos tenuto sotto controllo da una madre che ti rifà spesso la camera,
piena di poster di cantanti hip hop o rapper, con una
chitarra in un angolo.
Sono intorpidita, non riesco a ragionare rapidamente come
vorrei, questi elementi mi dicono qualcosa, ma non riesco a capire cosa.
Come per svelare il mistero di chi sia il proprietario la
porta si apre, rivelando un sollevato Bill che si illumina non appena mi vede
sveglia e apparentemente cosciente, io inveceinvolontariamente sobbalzo quando lo vedo.
È il mio istinto o i miei nervi, non lo so, so solo che lui
si blocca in mezzo alla stanza.
“Dai vieni.”
Gli faccio segno di sedersi su quello che deve essere il
letto di suo fratello, lui si avvicina piano, come se temesse di farmi male.
Mamma deve avere fatto uno dei suoi show con me come
coprotagonista, uno di quelli che risultano traumatizzanti ad occhi estranei.
“Mi avete portato a casa vostra?”
Annuisce mentre si siede e mi guarda negli occhi, per
cercare di capire come sto, ma io lo abbraccio di slancio, cogliendolo di
sorpresa.
“Grazie, grazie per tutto!”
“Tu non ti ricordi quello che è successo, vero?”
“Si, spesso quando succedono queste cose io le….rimuovo.
Come fai a saperlo?”
Mi scosta dolcemente e mi sorride.
“Se te lo ricordassi ringrazieresti Tom non me.”
Tom?
Sono sorpresa, ma dei brevi flashback mi colpiscono come
scosse, ero con lui in terrazza e gli ho detto tutto .
Merda.
I ricordi proseguono, vedo arrivare mia madre che urla e lui
che mi stringe più forte, poi di nuovo c’è solo il buio.
Mi prendo la testa tra le mani, ci pensa Bill a
disincastrami e a riabbracciarmi, forse gli faccio pietà, ma al momento la cosa
ha poca importanza.
Ho paura, sento che quello che è successo non sarà privo di
conseguenze a casa mia.
“Io non riesco a ricordarmi tutto!”
Sbotto frustrata, lui non sa cosa dire.
“Non adesso almeno, poi riapparirà tutto nei miei incubi,
credo.”
“Mi dispiace.”
“Non puoi farci niente.
La vita è fatta a scale, c’è chi scende e c’è chi
sale(****).
IO scendo, tu sali.
Punto.”
Una smorfia deturpa il suo viso, quella di chi non capisce
il mio cinismo misto a rassegnazione, tuttavia decide di soprassedere e mi tira
in piedi.
“Andiamo a mangiare.
Cucina mio fratello, così magari lo ringrazi e fate pace.”
“è dalla merda che nascono i fiori.”
Alza un sopracciglio, non può sapere cosa significhi questa
frase di De Andre detta in italiano, ma io gli faccio
cenno di non preoccuparsi.
“Sei strana….”
“è una delle mie caratteristiche migliori.”
Scendiamo le scale insieme, lui si dirige verso il mobile in
cui ci sono tovaglie e tovaglioli , lo aiuterei volentieri se non fosse per il
deciso segno di diniego che mi rivolge.
Senza tante cerimonie mi spintona in cucina, mi verrebbe da
ridere se non fosse che questi due si stanno prendendo cura di me e sarebbe
scortese offenderli.
Scuoto la testa, mi massaggio un braccio.
Lui è in cucina con addosso un vecchio grembiule a fiori,
presumibilmente di sua madre, ridicolo come non maie se non fosse che questa serata non è una
serata normale, avrei finalmente il Pretesto per prenderlo in giro a vita.
La sorte ha un’ironia che noi comuni mortali non possiamo
capire .
Mi appoggio allo stipite, momentaneamente senza parole,
senza riuscire del tutto a seppellire il mio orgoglio o ad abbassare le mie
difese, sebbene sappia che arrivatia
questo punto ormai sarebbe inutile continuare a fare la dura.
Ormai sa tutto, purtroppo.
Si volta e mi vede.
“Ehi! Stai meglio?”
“Si, bheabbastanza…”
C’è una pausa di silenzio interminabile.
“Sei arrivata in tempo, è pronto.”
“Bene e….unacosa….
Grazie, per tutto.
Dopotutto dovrò ricredermi sul tuo conto…
Hai l’anima da eroe…”
“Non ti preoccupare.
Non c’è bisogno che mi ringrazi, stai diventando
sentimentale!”
“Stiamo diventando sentimentali.
Credi che non abbia visto l’accenno di sorriso che hai
nascosto non appena ti ho ringraziato?”
“Sei sempre la solita.”
Sbuffa a metà tra il divertito e lo scocciato, ma questa
frase suona come un “Bentornata” alle mie orecchie.
Scappo in sala,Tom poco dopo arriva con un piatto di pasta,
su cui mi butto con voracità, li vedo sorridersi con la coda dell’occhio.
La situazione è alquanto surreale, io che mangio come uno di
ritorno dal Sahara, loro svaccati a guardare la tv, litigando sul programma da
vedere,come se fosse normale avermi tra i piedi o ci conoscessimo da una vita.
“Vero che sono un genio in cucina, Girardi?”
“La pasta è buona dopotutto…”
“Dopotutto? Bhe potresti darmi
lezioni, no?”
Si lecca il piercing che ha al labbro e ammicca con aria sa
seduttore in erba, mentre Bill si schiaffa la mano in faccia.
“No, potresti ritrovarti con un’altra impronta della mia mano.”
“Ci avrei giurato.”
Sparecchio e sto per lavare i piatti, ma Bill mi blocca.
“Sei ospite, qui.”
“Grazie, ma…”
“Niente ma! Vuoi andare a letto? Farti una doccia?”
“Se non disturbo doccia e poi a nanna…”
Mi guardo i piedi, lui mi trascina davanti al bagno di casa
sua, mi schiaffa in mano delle salviette pulite, dei vestiti e sogghigna.
“Fa come se fossi a casa tua…
Ah dormirai nella camera di Tom, ha il doppio letto.”
“Oddio.”
Entro in bagno in stato di shock, mi ficco sotto la doccia.
Lascio che l’acqua che mi scorre addosso mi rilassi, ne ho
bisogno dopo tutto quello che mi è successo.
Hanno scoperto la mia famiglia nel peggiore dei modi, se
potessi tornare indietro….
“indietro non si torna Fra…Affronta
tutto.”
Esco, mi asciugo, mi vesto ed esco.
La televisione al piano di sotto trasmette della musica hip hop, a passo malfermo mi dirigo nella camera in cui
dormirò.
“Quale sarà il mio letto?”
“Quello a destra sotto la finestra.”
Mi giro di scatto, il rasta mi guarda serio.
“Stai bene?”
“Non lo so, ma intanto grazie.
Davvero.
Sono poche le persone che si sono preoccupate per me.”
“capisco, per quello che può servire comprendo una piccola
parte di quello che provi.”
Mi avvicino a lui senza dire una parola e gli do un bacio a
fior di labbra, che lo lascia a occhi spalancati.
“è un grazie speciale da parte mia.”
Sorride e mi riattira se e questa
volta ci scambiamo un bacio più profondo.
“Era un prego?”
“Era quello che vuoi tu, Nana.”
Mi da un bacio sulla fronte e mi lascia lì, perplessa e
sorridente come un’idiota.
“Chi lo capisce è bravo…Vabbhe
adesso è il momento di dormire…”
Scuotendo la testa mi metto a letto, penserò domani a quello
che è successo, adesso lascio solo che la stanchezza mi trascini in un sonno
agitato.
Era la serata delle
stranezze, se lo disse mentre si rigirava nel letto senza riuscire a prendere
sonno, aveva baciato quella nanerottola acida di Francesca Girardi
e la cosa assurda erache gli era
piaciuto.
Oh mio Dio.
La sentì agitarsi nel
letto accanto al suo, mormorare qualcosa nel sonno e poi urlare, fino a che non
si svegliò di colpo, spalancando gli occhi, ansimante, mentre lui era già a
pronto ad alzarsi e scuoterla.
“Cosa succede?”
“Un in-incubo…
Succede a volte dopo…”
“Cosa fai quando sei a
casa?”
“Di solito arriva Luca
a calmarmi e finiamo per dormire insieme.”
Senza dire una parola
si alzò e si sedette sul suo letto, lei arretrò fino alla parete spaventata.
“Cosa vuoi fare?”
“Bhe
ecco, pensavo che se vuoi posso dormire io con te.”
“Ci vuoi provare
ancora?”
Alzò le mani in segno
di resa, l’aveva spaventata.
“No, te lo giuro.
Ti fidi di me?”
“Dovrei?”
“è perché tua madre ti
picchia vero?
È per anche per questo
che erigi muri tra te e gli altri?
Lo so che non mi sono
sempre comportato bene con te, ma questa volta non ho cattive intenzioni, ti
fidi?”
Lo guardò dritto negli
occhi a lungo, nella stanza c’era un silenzio sospeso, sentiva tutti i rumori
della casa, tutti gli scricchiolii e i borbottii nel sonno di suo fratello che
dormiva nella stanza accanto.
“Tuo fratello parla
nel sonno…”
“non sta mai zitto…”
“Si, mi fido di te.”
Gli permise di
stendersi sul letto, lei si lasciò cadere e si portò verso il muro, il più
lontano possibile da lui, per quanto lo consentisse lo spazio esiguo.
“Mi dispiace che
abbiate visto mia madre comportarsi così.”
“A me dispiace che lei
si comporti così, ti picchia?”
Abbassò gli occhi.
“A volte.”
La attirò a se e la
abbracciò.
“Avevi detto che non
ci avresti provato!”
“Posso provare a
consolarti?”
“sei strano tu, sei
tanto stronzo e poi ti metti a fare il dolce…”
“si potrebbe dire la
stessa cosa di te.”
Sbuffò ma non si
mosse, al contrario si accoccolò meglio, lui sorrise impercettibilmente e la
accarezzò.
Rimasero in silenzio
per un po’.
“Grazie.”
Mormorò insonnolita.
“Per cosa?”
“Per avermi difesa da
mia madre, nell’incubo me ne sono ricordata.”
“Di niente Fay..”
La senti irrigidirsi.
“Non ti piace?”
“No…è
che era il nomignolo che mi dava mio padre….”
“Non lo sapevo.”
“Non fa niente, se ti
piace usalo, ma non davanti a tutti.
Grazie lo stesso in ogni
caso.”
Sorrise ormai
mezz’addormentata
“Prego.”
Mugugnò lui anche lui
quasi tra le braccia di Morfeo.
Quando la mattina dopo
Bill fece irruzione nella camera del fratello per sbrandarlo
visto il compito di inglese che avevano quel giorno, strabuzzò gli occhi e
sentì la sua mascella cedere.
Lui e Francesca
dormivano abbracciati, decise di non svegliarli, era uno spettacolo insolito
vederli in pace(Cosa diavolo avevano combinato quella notte? Sussurrò una voce
maliziosa nella sua mente), considerò per un attimo l’ipotesi di fotografarli.
Era tentato, parecchio
tentato, ma decise di lasciare perdere.
Quel giorno poteva
andarsene al diavolo il compito di inglese, era più importante che quei due
avessero fatto pace e che lei stesse bene.
A passi piccoli
arretrò verso la porta e se la chiuse delicatamente alle spalle.
Era la giornata dei
miracoli se lo sentiva e quel giorno avrebbe preso un bel voto in inglese,
anche senza Fra o suo fratello.
ANGOLO DI LAYLA
(*)*In bianco e nero” Carmen Consoli
(**)*Stay together for the kids” Blink 182
(***)”Viola”
Shandon
(****)è
una strofa di “La pace sul pianeta”di PornoRiviste
Ed
ecco il sesto, anche se sapevo di doverlo scrivere, non credevo che l’avrei scritto
così >////
Capitolo 7 *** 7)Su Come Tutte Le Cose Belle Finiscano ***
7) SU COME TUTTE LE COSE BELLE FINISCANO
E poi restare sola
intorno agli occhi della gente
e innamorarsi sempre
di chi non ha capito
Quella sera mi ero chiesta spesso se qualcosa sarebbe cambiato nel
nostro rapporto, non trovando una risposta e avevo avuto la sensazione che
qualcosa a casa mia sarebbe stato diverso .
Sono passati due giorni e ora mi è tutto chiaro, cristallino
come un cielo dopo essere stato spazzato dalla bora, il “rapporto” tra me e Tom
è cessato.
Non riusciamo più a insultarci, ma nemmeno a parlare,
meraviglioso, vero?
In quanto alla situazione a casa mia, mia madre mi tratta
peggio di prima, mi critica perogni
cosa e ogni occasione è buona per riversare il mio astio su di me,
Pesante, ma ordinaria amministrazione.
Lo straordinario sono Bill e Alì, che sono più curiosi di due
bertucce, soprattutto Alì, dopo che la pertica ha avuto la pessima idea di
raccontargli che ha beccato me e suo fratello abbracciati a letto.
Sinceramente?
Non mi va di dare spiegazioni, anche perché non so cosa dire
visto come si è evoluta la situazione.
“Frankie!!! Mi vuoi dire cosa è successo?”
Bill torna alla carica in questo intervallo, dove siamo
nascosti come clandestini in un angolo ioa fumare e lui a tormentare me.
“Niente.”
“Ma….”
“Niente Ma… Qualunque cosa fosse si è
dissolta, Tom non mi parla più!”
“Allora lo hai sconvolto!”
Lo guardo dubbiosa, dubito che possa bastare una notte a far
addormentareuna povera ragazza
difficile, per farlo andare fuori di testa.
“Dammi retta, lo conosco.
Sono suo fratello!”
“E allora spiegami perché non mi parla!”
Do un lungo tiro alla mia sigaretta, poi sento qualcuno che me
la sfila dalla bocca.
Butto fuori il fumo irritata e fulmino con un’occhiata l’autore
di quel gesto.
“Bill! Chiedere prima no, eh?
Ti famale, tra
l’altro!”
“Anche a te, cara!”
“Io non ho una carriera da cantante che può andare a farsi
fottere!”
“E io non ho bisogno di una baby sitter,
ho già una madre, un patrigno e un manager!”
“Scusa se mi preoccupo per te!
E in ogni caso mister”IoVoglioEssereLibero”
non mi hai risposto!”
“Tu perché non gli parli?”
Alzo gli occhi al cielo, cosa posso dirgli?
Perché mi vergogno di avergli raccontato tutto, perché è peggio
che mi abbia vista nuda?
Perché il fatto che mi eviti mi ferisce e mi fa sentire
rifiutata?
“Perché mi vergogno.”
“Anche lui.”
“Grande.:.
Si vergogna di me.”
“No , non hai capito.”
Non lo lascio parlare, ho avuto la conferma che anche lui è
come tutti gi altri, uno dei tanti che sono fuggiti non appena hanno saputo la
verità, solo che lui ha avuto il pessimo gusto di illudermi con una finta
comprensione.
Vorrei piangere, ma sarebbe sprecato per uno come lui, così me
ne vado, ignorando Bill che mi richiama indietro.
Sono abituata alle delusioni eppure fa male ogni volta e non ho
nemmeno voglia di tornare in classe dopo questo intervallo rivelatore, così mi
metto a girovagare per i corridoi.
Non credo che a qualcuno verrà in mente di cercarmi…
Lo vedo nei corridoi, quello che non vorrei vedere.
“Ciao.”
Guarda per terra.
“Ciao.”
Se ne va, che conversazione fulminante…
“Perché fai così?”
Mormoro cercando di non farmi sentire.
“Così come?”
“Evitandomi, come se quel che ti ho detto mi avesse messo
addosso un marchio!”
“Non è vero!”
“Sono due giorni che mi giri al largo!”
“Io…”
“Non la trovi una risposta!
Credi che non me ne sia accorta?
Sei solo uno stronzo come tutti!”
“Cosa vuoi da me?”
“Niente. Hai ragione.
Me ne vado.”
Lo mollo lì in mezzo al corridoio, stupito.
Idiota!
“Tom Kaulitz!
Sei un idiota!”
La voce di suo fratello
gli risultò fastidiosa come lo stridio delle unghie sulla lavagna, non bastava
il suo senso di colpa.
No.
Dio aveva pensato bene di
appioppargli anche il biasimo di suo fratello, che lo veniva a pungolare dopo
una sessione di prove non proprio esaltante.
Tutti sembravano avercela
con lui, a partire da suo fratello che l’aveva evitato per tutto il pomeriggio,
immerso in una nuvola di malumore e dai suoi amici che lo avevano praticamente
trucidato a forza di occhiate assassine.
“Quando devi dire
cazzate, riesci a parlare…
Ci riesci benissimo…Com’è che per le cose più serie hai problemi?”
“Ho solo litigato con Girardi, non sarà la primane l’ultima volta che succede!”
Il suo tenero, adorabile
fratellino lo stordì con una botta sulla nuca.
“Ma ce la fai?
Ti rendi conto delle
circostanze?
All’improvviso ti metti a
fare l’eroe e poi la ignori.
Ti sembra un
comportamento logico?”
“Cosa dovevo fare? Lasciarla nelle grinfie di
sua madre?”
“Ti sfugge il concetto!”
“Illuminami o sommo
Bill!”
“Poca ironia con me, mononeurone!”
“EHI!”
“Te lo meriti, Tom!”
“Georg non dargli corda!”
“Si Georg, Non dare corda
a Bill, dalla a Tom così ci si impicca e forse raggiungendo la sapienza degli
spiriti realizza cosa ha combinato!”
Guardò Gustav a occhi
spalancati, il taciturno Gustav, il comprensivo Gustav.
“Cosa ho combinato?
Me lo spiegate, si o no?”
“L’hai ignorata dopo che
ti ha raccontato tutta la sua vita.
L’hai resa fragile e poi
l’hai ferita con il tuo silenzio, ecco cosa hai fatto!”
Spiegò succintamente
Gustav puntandogli addosso una bacchetta.
“Andiamo è di Girardi che si parla, non di una ragazzina frignona.
È una tosta lei.”
Suo fratello si schiaffò
una mano in faccia, Gustav sbuffò sonoramente.
“Tu non capisci!
Ti ha raccontato quello
che considera il suo segreto, ti ha mostrato quello che teme possa far
allontanare gli altri da lei, quello che non ha mi detto ad altre persone.
Ha avuto fiducia in te e
tu cosa hai fatto?
Prima fai l’eroe,il
tenero, quello che la consola.
E dopo?
La molli come una scarpa
vecchia,come se ti facesse schifo e lo so che lo fai perché ti vergogni di aver
fatto il dolce con lei, ma lei questo non l’ha capito.
In pochi lo capirebbero,
forse solo io che sono tuo fratello, come ha detto Gus l’hai ferita quando era
più fragile.”
Ora iniziava a vedere le
cose dalla giusta prospettiva, aveva sbagliato ad agire così, il che
significava scusarsi con lei, praticamente era chiedere un miracolo.
“Devo scusarmi con lei,
dite?”
“Non lo diciamo solo noi,
lo dice anche la tua coscienza, quindi alza il telefono e chiamala oppure
parlale domani a scuola!”
“Ma io…Non
so come dirglielo!”
“Prova con la bocca!”
“Siate seri, cazzo! E se
si arrabbia?”
“Non ti arrampicare sugli
specchi!
Affronta le conseguenza
delle tue azioni!”
Sospirò,suo fratello
aveva ragione, non poteva scantonare, tanto valeva farlo subito.
“Va bene, la chiamo.”
Stava per prendere il suo
cellulare quando quello di Bill si mise a suonare e decise di aspettare che
rispondesse alla chiamata, stava temporeggiando.
“Pronto?”
“Ciao Bill, sono Alì…”
Il moro mise in vivavoce.
Tu sai dove possa
essereFra?”
“No. Perché?”
“Dovevamo vederci e non è
venuta.
Sono preoccupato.”
“Perché?”
“Perché da quando ha dormito
a casa vostra, diciamo che sua madre le fa la guerra peggio di prima.”
“Quindi?”
Il rasta strappò il
cellulare dalle mani di suo fratello.
“Di quanto è in ritardo?”
“Un’ora…”
“Ti daremo una mano a
cercarla.”
Si fece spiegare dove
dovevano vedersi e poi chiuse la chiamata.
“Ma come faremo?
Ci riconosceranno!!”
“Ci travestiremo.”
“è solo un ritardo!”
Il moro e gli altri due
ragazzi non capivano perché Tom e Alì si agitassero tanto, era normale o quasi
che le ragazze arrivassero in ritardo, non sapevano che la madre di Fra la
picchiasse, era l’unico dettaglio che lei aveva omesso quando aveva raccontato
della conversazione sul terrazzo.
“Sua madre la picchia.”
Suo fratello lo guardò
sconvolto.
“Tom esageri, quando vi
ha visti insieme ha reagito male, ma aveva frainteso il vostro atteggiamento.
Per un attimo mi sono
chiesto anch’io cosa steste facendo.”
“Ti chieditroppe cose, fratello e in ogni caso me l’ha
raccontato lei e penso che di lei ci si possa fidare no?”
Bill sgranò ancor di più
gli occhi, poi lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori dalla sala prove,
gli altri due lo seguirono.
“Muoviti!
Ho un brutto
presentimento.”
Lui si fidava dei brutti
presentimenti di suo fratello, troppo spesso si rivelavano corretti.
Questa sera c’è una strana atmosfera a casa mia, tesa eppure
apparentemente calma, come quella che precede i temporali in cui senza troppo
rumore le forze distruttrici si preparano a colpire.
È qualcosa di palpabile che si espande per tutta la casa e che
persino i miei fratelli riescono a percepire.
“Stai attenta.”
È’il sussurro di Luca.
Starò attenta, ma a cosa?
“Luca, Andrea oggi andrete a giocare dai cugini di Alì, vi
accompagno.
Tu sparecchia la tavola.”
I cugini di Alì abitano sotto di noi e mia madre li ha sempre odiati,
un brivido freddo mi corre lungo la schiena, ma cerco di calmarmi, devo
resistere ancora mezz’oretta e poi andrò a fare un giro con il mio amico.
Calma.
Inizio a togliere i resti della cena dal tavolo, pochi minuti e
lei tornerà e per la prima volta ho paura di rimanere sola con lei in questa
stanza, da quella sera è come se qualcosa nell’equilibrio di questa casa si
fosse rotto.
Nessuno aveva mai contraddetto mia madre o si era decisamente
opposto a una sua azione, forse sente che il suo regime dispotico èin pericolo.
Non lo so, quello che so è che ho paura.
Le bottiglie sono in frigo, posate e tazzine sono sul
lavandino, ordinatamente impilate, pronte per essere lavate.
Ho portato in cucina quasi tutto tranne i bicchieri, così mi
avvio a prenderli.
Mezz’ora e me ne andrò, è questo il ritornello che mi girà in
testa come un mantra rassicurante, che fallisce miseramente il suo lavoro.
Ho i bicchieri in mano quando si apre la porta, non ho il tempo
di impedire che uno spasmo involontario me li faccia sfuggire di mano, che già
sono per terra accompagnati da un tintinnio amplificato che esplode come una
bomba nell’appartamento silenzioso.
Vorrei scusarmi, dire che non ho fatto apposta, ma come quando
ero piccola lei non me ne dà il tempo.
“Sei sempre la solitaimbranata, non
cambierai mai, Francesca.
Quante volte ti dovrò ripetere la stessa lezione?”
Si avvicina minacciosa, con negli occhi quella luce che conosco
bene e che mi fa paura.
Sta per arrivare…
[Hey sister do you know what time it was
when you finally seen all your broken dreams come crashing down your door
they demand an answer and they demand it quick
or the questions fade and the wasted days come crawling back for more(*) ] Alzo la mani per proteggereilvoltoappena
in tempo, la prima scaricadipugni mi piega in due.
È furba mia madre, non mi picchia mai in faccia, dove gli altri
possonovedere i lividi, ma sempre sulle
braccia, sulle gambe o sulla pancia, dove la scusa del “ho urtato un mobile” è
comoda sia per me che per chi chiede il perché dei lividi.
Non potrei mai dire che è mia madre a picchiarmi, anche se è
vero e fa male.
Mi rannicchio per terra, un dolore si allarga all’altezza dello
stomaco, credo mi abbia rifilato un calcio per completare l’opera e sfogarsi
per bene, gli insulti che ha vomitato non le sono bastati...
Stronza.
Sento la porta sbattere, se ne è andata, forse in qualche bar a
bere o a lamentarsi della figlia ribelle.
Che vada a farsi fottere.
Rimango un bel po’ sdraiata a terra, ad ascoltare la tv dei
miei vicini, i loro litigi e le loro smancerieda famiglia normale, senza accorgermi che sto piangendo.
La odio.
Mi alzo dolorante, mi medico a qualche modo, mi cambio ed esco
di casa.
La prima cosa che faccio è accendermi una sigaretta, la seconda
è tirare un calcio ad una lattina con tutta la rabbia che ho in corpo, vorrei
che quel pezzo insulso di alluminio fosse la testa di mia madre.
Sento un rumore sordo, la lattina deve avere urtato contro qualcosa
o qualcuno, forse contro la figura poco illuminata dai lampioni che avanza
verso di me.
È un ragazzo sui venticinque anni con la cresta e l’aria da
punk, deglutisco.
“Scusa.”
Mormoro a bassa voce, lui ride.
“Arrabbiata bambina?”
“Abbastanza!”
“Un bel visino come il tuo dovrebbe solo sorridere.”
Mi alza il volto con una mano, che io allontano scocciata ed
indifferente al fatto che potrei ricevere un’altra dose di botte.
“Uno: cosa ne sai tu della mia vita?
Due: non toccarmi.”
“Calmina, piccola.
Ho io qualcosa per te.”
Mi allunga una pasticca.
È un pusher,accidenti.
“Non uso quella roba.”
“Provala!”
Mi prende una mano, ci appoggia quella merda chimica sopra , la
chiude e sogghigna.
Mi sta a sfidando, se la rifiutassi le prenderei di nuovo e io
ne ho abbastanza di essere trattata come un punch ball, così la metto in tasca,
la butterò via nel primo cassonetto.
“Brava bambina, questa è omaggio.
Alla prossima.”
Non ci contare, bello.
“Ciao!”
Se ne va ridacchiando, io mi avvio verso l’appuntamento con
Alì, ma quella pasticca mi pesa in tasca, è come se scottasse.
Non ho mai cercato di consolarmi nella droga, nemmeno in
Sicilia quando sapevo chi contattare per avere il mio bel pezzo di fumo, l’ho
sempre considerata una debolezza, un’altra schiavitù e io mi sentivo già
abbastanza incatenata di mio.
Questo è quello che ho sempre pensato, ma stasera è diverso….
Stasera esito, piena di dubbi davanti a un cassonetto.
C’è una parte di me che mi urla di buttarla via senza esitare,
ricordandomi tuttele persone che si
sono bruciate la vita con la droga e l’altra mi chiede impietosamente se valga
la pena che io la conservi intatta la mia di vita.
Ma
che vita ho io?
Un padre in carcere cheè stato cancellato dalla mia vita, una madre che mi picchia quando è
storta e che se fosse dipeso da lei non mi avrebbe nemmeno partorito, due
fratelli che dopotutto possono tirare avanti senza di me e degli amici con una
vita da star famose che sono solo di passaggio nella mia vita.
È poco, troppo poco stasera.
Sospiro.
Mi pesa anche l’ultimo fallimento, quello di credere di aver
trovato qualcuno che mi avesse ascoltato quando invece era solo l’ennesimo
ipocrita.
La inghiotto, sentendomi una perdente priva di carattere.
Chiedo perdono, ma al momento non ho la forza di comportarmi
come si dovrebbe fare, anche se questo significa farmi del male.
[She
wants to go home, but nobody's home.
I's where she lies, broken inside.
With no place to go, no place to go to dry her eyes. Broken
inside.(**)]
Mi
dirigo verso il luogo dove ho appuntamento con Alì senza sentire nessun effetto
particolare,almeno perprimi dieci
minuti.
Non
faccio in tempo ad uscire dal quartiere che le cose iniziano a cambiare senza
che io possa controllare nulla,hanno colori e forme diversi dal solito e lentamente
un’ansia indefinita sale.
Guardo
le facce delle persone, hanno perso i loro lineamenti in favore di quelli di
animali, ratti, lucertole, mosche.
Ho
paura.
Inizio
a tremare, vagamente consapevole che gli altri mi reputeranno sotto
allucinazioni, senza poterne fare a meno.
Vorrei
che tutto questo finisse adesso.
Vorrei
non avere mai preso quella maledetta pasticca.
Perché
l’ho fatto?
Perché?
Mi
prendo la testa tra le mani, come se questo gesto potesse proteggermi da quello
che c’è dentro la mia testa e che ora sto proiettando nel mondo esterno.
Aiuto.
Sento
delle persone che si avvicinano, sono un branco di facce di ratto e non voglio
parlare con loro, mi fanno paura.
“Stai
bene ragazzina?”
Ha
una voce roca, ma in modo sgradevole.
“Si.”
Mi
allontano di corsa, sperando che non mi seguano, dove posso andare?
Arrivo
in un vicolo senza fiato dopo aver fatto pochi metri di corsa, inoltre la testa
inizia a girarmi.
Merda
oh merda!
Mi
accascio per terra di nuovo con le mani sopra la testa, mentre tutto inizia a
farsi sfuocato.
Cosa
cazzo ho fatto?
La
risposta a questa domanda non arriva, arriva solo un buio spesso e denso che mi
trascina con se.
Sola.
[It's a wounded dove and the hawks are above
blood splattered on a reel to reel and I said
I was almost over my world was almost gone(*) ]
Sembrava sparita nel
nulla, Alì e Bill erano disperati, suo fratello in particolare iniziavasragionare in preda al delirio d’ansia.
“E se non la
trovassimo Tom?
E se fosse scappata di
casa?”
“Stai calmo! Così non
ci aiuti!”
“Sei un insensibile!”
Tom riteneva l’accusa
eccessiva, visto che cercava solo di essere razionale, ma decise di lasciar
perdere, Bill era evidentemente sconvolto.
Erano arrivati al
quartiere di Alì e Francesca, stava per dire che sarebbe stato meglio tornare
indietro quando sentì due anziani parlare e si fermò ad origliare.
Parlavano di una
ragazzina dai capelli neri in stato confusionale che si aggirava per le strade
e che si era infilata da un bel po’ in un vicolo non troppo lontano.
Poteva essere Francesca?
Rimase fermo in mezzo
al marciapiede, indeciso se controllare o meno.
-Bhe se fosse lei la ritroveresti e se non fosse lei,
sarebbero solo cinque minuti per guardare in un vicolo!-
Corse verso il vicolo
in questione, sordo ai richiami di Alì che gli urlava di stare attento e che
avrebbe potuto essere pericoloso, non gli importava molto al momento, si
sentiva responsabile di quello che era successo.
La trovò svenuta
accanto a dei bidoni della spazzatura, si precipitò da lei e provò a scuoterla.
“Fra?”
Nessuna risposta.
“Ragazziii!!!
L’ho trovata!”
La scosse ancora.
“Che cazzo hai
combinato eh, Nana?”
Arrivarono gli altri,
provarono ancora a svegliarla, poi finalmente Gustav si decise a chiamare
un’ambulanza.
“Che ha fatto?”Mormorò
suo fratello.
“Non lo so, ma deve
essere successo qualcosa…”
Non disse al fratello
che si era chiesto cosa sarebbe successose lui non si fosse comportato così, ma lui lo capì lo stesso, ne era
certo eppure non gli disse niente.
Forse era sconvolto o
forse lo riteneva colpevole, da qualunque punto la si guardasse rimaneva una
brutta situazione.
Arrivò l’ambulanza, i
paramedici fecero delle domande a cui non seppero rispondere, poi qualcuno di
loro avanzò l’ipotesi che lui e i suoi amici avevano rifiutato di prendere in
considerazione:la droga.
Eppure…eppure lei non sembrava la ragazza che potesse drogarsi.
“è anche piena di
lividi.”
Aggiunse uno dei
paramedici.
Ora era tutto più
chiaro, era stata sua madre a picchiarla e poi, mentre lei era sconvolta
qualcuno doveva essersene approfittato per venderle o farle provare quella
roba.
Bastardi !
“E adesso?”
Bill era spaesato,
alle prese con una situazione decisamente più grande di lui non sapeva cosa
fare.
“IO vado all’ospedale
per vedere come sta!”
Scattò Gustav,seguito da
Alì e da Georg, solo Bill rimase fermo con un’espressione indecifrabile in
volto.
“Hai paura?”Chiese al
suo gemello.
“No…è
che vorrei aiutarla, ma non vedo il modo.
Adesso sarà sua madre
ad avere il coltello dalla parte del manico.”
“Puoi…”Occhiataccia.”Possiamo
solo starle vicino.”
“Si…Grazie…Anche
se qui credo che l’unico che abbia paura sia tu.”
“Io?”
“Tu. Hai paura di lei
o dei tuoi sentimenti verso di lei?”
“Bill, non è il
momento, cazzo!”
“Invece lo è…Hai pensato che questa potrebbe essere la tua ultima
occasione?”
“Cazzo, non sta
morendo.
Smettila!”
“Cosa credi che dirà
il nostro manager ? Credi che sua madre ci lascerà vederla quando vogliamo?
E i tour? E tutto il
resto?”
“STAI ZITTO! NON
VOGLIO PENSARCI!”
“E DOVRESTI INVECE!
SMETTILA DI FARE L’ORGOGLIOSO! FALLO PER LEI…SE..”
“SMETTETELA!!!”
L’urlo del biondo li
fece voltare verso di lui, aveva gli occhi fuori dalle orbite e l’aria di chi
li avrebbe potuti picchiare da un momento all’altro se non si fossero zittiti.
“è inutile adesso
litigare su di chi sia la colpa!!!
Muovete quel culo e
raggiungeteci, cazzo!”
Lo seguirono
obbedienti, consapevoli di essersi meritati quella predica da una delle persone
più pazienti che conoscessero.
Quella fu una delle
notti più lunghe che ricordò , quando finalmente all’alba un medico si decise
ad avere pietà di loro, avvisandoli che la ragazzina stava bene, il cellulare
di Bill iniziò a suonare.
Dalla telefonata secca
e coincisa capì che doveva essere il loro manager.
Brutta storia.
“Ragazzi, ci ha
convocatiin studio….”
Abbassarono tutti gli
occhi, come se fossero in qualche modo colpevoli, perché sapevano che ben
presto, dopo quella bravata avrebbero dovuto abbandonare Francesca.
Raggiunsero gli studi della
casa discografica quando le strade erano illuminate solo dalla debole luce
dell’alba, chissà perché sentivano di essere arrivati all’epilogo.
Percorsero i corridoi
deserti, fino ad arrivare all’ufficio del loro manager, l’uomo li aspettava con
aria torva seduto dietro alla scrivania.
Era in arrivo una
predica.
“Ragazzi….Voi
siete personaggi pubblici,i lo sapete vero?”
Annuirono tutti senza
guardarlo in faccia.
“Come tali avete
un’immagine da mantenere e deve essere sgombra da scandali.”
L’uomo prese fiato.
“Per questo dovete
evitare di frequentare cattive compagnie, gente che potrebbe danneggiarvi,
capite.”
No, non volevano
capire.
“Sarò più esplicito,
mi è giunta voce che una ragazza che voi definite amica stasera è finita in
ospedale per overdose.
Capisco che stiate
male, ma io non posso permettervi di frequentare gente simile.
Ora mi odierete, ora
protesterete, ma questo non cambierà ciò che sto per dirvi…
Vi vieto di
frequentarla.”
Sentì le proteste di
suo fratello arrivare da molto lontano, non le stava ascoltando, sapeva che era
tutti finito.
Finito.
[Non è facile lo so ma sento che
(Questo è) è un addio
Non è facile per me ma sento che
(Questo è) è il mio addio
Non potrò piangere
non potrò fingere
Sento che questo è
è un addio
il mio addio(***)]
Le
prime cose che inizio a percepire di nuovo sono gli odori, quello pungente del
disinfettante e quello sgradevole della malattia.
Dove
sono?
Mi
sforzo di aprire gli occhi, ma tutto ciò che incontro è un soffitto bianco con
una vecchia lampada al neon che mi acceca, mentre tento di alzare una mano per
proteggermi capisco.
Sono
in ospedale.
Istintivamente
volto la testa verso destra sperando di trovarci un volto amico, ma rimango
fregata:la persona che mi guarda è
tutto fuorché mia amica.
E’
mia madre.
“Ciao
Francesca.”
Inizio
a tremare.
“Vattene,
questa volta posso denunciarti!”
“Non
credo proprio....Sei sempre stata stupida, figlia mia.
Non
hai mai colto le occasioni.
Avresti
potuto farlo se non ti trovassi qui….schedata come tossica
o quantomeno soggetto a rischio…”
Impallidisco,
realizzando l’immensa cavolata che ho fatto qualche ora fa.
Se
lei non fosse qui davanti a me, con quel ghigno malefico in volto, quello di
chi sa che ha vinto mi mettereia
piangere.
“Quei
lividi, sui cui hai fatto affidamento, stando così le cose potrebbe averteli
fatti qualche tuo amico spacciatore o drogato, non quella santa donna di tua
madre che è caduta dalle nuvole alla chiamata dell’ospedale e ha pianto
vedendoti passare esanime.”
Ho
paura di lei.
Dio,
cosa posso fare? Sono fottuta.
Merda
merdamerda.
Arretro,
cercando di allontanarti da lei, che si alza e finge di accarezzarmi la testa
solo per riuscire ad afferrarmi una ciocca di capelli e tirarla.
Lo
sa che fa male, lo sa che mi fa male, ma non piangerò.
Niente
lacrime o segni di debolezza.
Si
avvicina ancora di più, fino all’orecchio dove mi sussurra qualcosa sorridendo,
qualcosa che mi gela il sangue.
“E
il tuo principe azzurro con i rasta e i suoi amici…bhe
non li vedrai più, cara…
E
nemmeno quel pezzente di Alì….Ce ne andiamo a
Berlino, sei felice?”
Felice?
Felice, mentre stava distruggendo di nuovo la mia vita?
Perché?
Perché lo fa?
Mi
molla la ciocca, sorride, si alza, perfetta nella sua recita della madre
amorosa.
“Ciao
tesoro.”
Vaffanculomamma.
La
porta si chiude nascondendo la sua figura alla mia vista, mi abbandono a un
pianto lungo e liberatorio, ora che la stanza è vuota.
Non
so per quanto tempo io abbia continuato, l’unica cosa in grado di farmi
smettere è stato il rumore della porta che si è riaperta, mi asciugo le
lacrime.
Sono
loro, così cerco di sorridere.
“Bel
casino che ho fatto!”
“Si,
abbastanza!”
Georg.
“Stai
bene?”
No
grazie, Gustav, non sto affatto bene.
Bill
invece mi guarda e basta e mi asciuga l’ultima lacrima che è riuscita a
sfuggire, ne manca uno.
Mi
guardo intorno sperando di vederlo apparire, ma dopo qualche minuto ho capito
che non verrà.
“è
stupido.”
“Troppo.”
“Tu
come stai?”
“Qui,
in un letto d’ospedale.”
“Potrai
denunciare tua madre.”
“E
i miei fratelli? Senza contare che visto che sono una tossica per tutti le mie
accuse sarebbero aria.”
“Già.”
“Devo
dirvi una cosa.”
“Devo
dirti una cosa.”
Questa
sincronia mi riempie di un’angoscia leggera.
“Cosa?”
“Dilla
prima tu Fra.”
“no,
tu.”
“Ok…Ecco è un po’ difficile….
Dopo
quello che è successo ieri sera qualcuno ha raccontato tutto al nostro manager e….
Tra
poco partiremo anche….”
“Vieni
al punto!”
La
mia frase è solo un convenevole, lo sappiamo tutti e due qual è il punto in
questione.
“Non
vuole che ci vediamo.”
Scoppio
a ridere.
“Bhe, allora è il destino!
Mia
madre ci porta a Berlino….”
Le
mie risate diventano stridule, rabbiose, per poi spegnersi in un sussurro.
“è
stato bello finche è durato, perché questo è un addio no?”
Mi
sento abbracciare.
“Sbagli.
Ti
fidi di noi?”
“Non
tirare il ballo la fiducia, sii realista!
Tra
poco io me andrò e voi farete lo stesso, che rapporto rimarrebbe?
E
poi come la mettiamo con il vostro manager che mi odia?”
“Se
ti fidassi di noi, sapresti che un modo lo troveremmo.
Cellulari,
e-mail, msn.
E
in quanto al nostro manager gli passerà, ma il punto è :ti fidi di noi?”
Guardo
lui, poi gli altri ed esclamo un”Si.” prima di poterlo censurare.
Bill
mi sorride, mi mancherà quel sorrido nel futuro schifoso che mi si prospetta
esattamente come mi mancheranno gli altri due e persino il grande l’assente.
L’imperdonato
ed imperdonabile Tom.
“Ti
ha trovato lui.”
“Forse
avrebbe fatto meglio a lasciarmi là e in ogni caso dove è adesso?”
Arrossiscono
tutti.
“Ok
non fa niente. Non roviniamoci questo addio!”
“Giusto!
Partita a carte?”
Quel
piastrato è un genio a sdrammatizzare!
Trascorriamo
così l’ultima mattinata insieme, con loro che tentano di insegnarmi a giocare a
poker.
Io
sono negata ovviamente, ma non so come riesco a divertirti e a ricacciare
indietro le lacrime che minacciano di uscire da un momento all’altro.
Reggo
bene, fino agli abbracci finali e allo scambio di contatti, riesco persino a
sorridere ed agitare gioiosa una mano mentre escono.
Ma
quando si chiude la porta….crollano le mie difese e
piango.
Di
nuovo a lungo.
È
già la seconda volta che succede e, anche se io mi fido di loro, sento che è un
addio.
Sono
qualcuno che ho in un certo senso perso.
[Ma il bello e' quello, e' il duello che
ogni minuto ho fatto con la vita
e quando la sorte mi si e' accanita contro e pronto
dovevo trovare veloce una via d'uscita procurandomi qualche ferite
che non si chiude e ancora brucia,
ma fa niente e' solo un'altra cosa persa
o qualche volta un'altra cosa data e dopo tolta
all'improvviso, senza preavviso(****)]
Era ufficialmente
un’idiota.
Tom Kaulitz era ufficialmente un’idiota, se lo disse mentre
guardava qualcosa in tv per non pensare a tutto quello che suo fratello gli
aveva detto sul fatto che quella potesse essere l’ultima occasione per scusarsi
con Francesca.
Avrebbe potuto
telefonarle no?
Cambiò canale
svogliatamente, alla ricerca di qualcosa di più coinvolgente, tuttavia il suo
cervello non collaborava pienamente a quella strategia di fuga, lo testimoniava
l’immagine di una conversazione telefonica troncata da una certa persona.
L’ipotesi della
telefonata era quindi scartata, non rimaneva altro che andarla a trovare, anche
se avrebbe preferito affrontare un leone che il senso di colpa che lei gli
provocava.
Uscì senza avvisare
nessuno, travestito e raggiunse di nuovo l’ospedale, era sinceramente
dispiaciuto per tutto quello che le era successo.
Poteva sembrare
ipocrisia, ma si sentiva davvero un po’ colpevole perché dopo lo spavento di
ieri sera aveva capito innanzitutto quanto l’avesse ferita e quanto lui ci
tenesse a lei.
Era una rompiscatole
nata, ma era un dato di fatto che si divertisse durante quei litigi, purtroppo
destinati a finire, ricordò a se stesso.
Era venuto per
scusarsi, ma anche per dirle in un certo senso addio.
Oh, lo sapeva cosa le
avevano promesso suo fratello e gli altri, ma lui in tutta onestà non si
sentiva di farlo,era certo che lei avrebbe preferito un addio a delle promesse
destinate a essere infrante.
Il rasta era ormai
arrivato alla porta della sua camera, senza aver incontrato qualche infermiera
o qualche medico sufficientemente curioso per fermarlo o peggio ancora
quell’arpia di sua madre.
Era stato davvero un
colpo di fortuna, eppure lui esitava ancora davanti a quella porta e solo dopo
diversi minuti si decise ad entrare.
Stava dormendo,
rannicchiata su di un fianco, con i segni delle lacrime ancora sulle guance.
Si sentì uno stronzo,
forse era rimasta male anche per il fatto che lui non si fosse fatto vivo.
“Mi dispiace.”
Mormorò mentre le
accarezzava una guancia, lei fece una strana smorfia nel sonno.
Vedendola gli mancò
del tutto il coraggio di svegliarla e dirle quello che doveva dirle, cosa
doveva fare?
Forse il silenzio era
il modo migliore per andarsene,con ogni probabilità l’avrebbe odiato, ma era
anche altamente probabile che non si fossero visti mai più.
“Scusa Fay, mi dispiace di essermi comportato così.
Non volevo ferirti ignorandoti…”
Pausa di silenzio.
“Almeno non intenzionalmente…
È stata tutta una
stupida questione di orgoglio, se fossi stata sveglia mi avresti già riempito
di insulti o di botte, ma per fortuna stai dormendo.
Insomma, la solita
stronzata della reputazione da mantenereche al momento non avresti capito, ma poi, dato che l’orgoglio non ti
manca, avresti compreso.”
Altro sospiro.
“Non volevo che
succedesse tutto questo, un pochino mi sento colpevole anch’io.
Mi dispiace.
Mi dispiace.
Non so cos’altro
dire,visto che tra poco ce ne andremo.
Mi mancherai, Nana.”
Le accarezzo i
cappelli un’ultima volta,non credeva si sarebbe sentito così triste nel
salutarla, si alzò dalla sedia e stava per andarsene quando una mano lo
afferrò.
Era lei,
semicosciente, con gli occhi spiritati.
“Non te ne andare!”
“Devo farlo, lo sai Fay .”
“Sei
un’allucinazione?”
“Se non lo fossi sarei
così gentile?
Torna a dormire…”
“Si…”
Gli lasciò la mano, si
ridistese di nuovo sul letto per crollare di nuovo
nel mondo dei sogni.
Si avvicinò a lei per controllare
che dormisse, quella vicinanza gli fece ricordare un’altra sera e un grazie
speciale, sorrise e questa volta fu lui a lasciarle un bacio a fior di labbra.
Era un addio.
Uno dei tanti che
aveva affrontato nella sua vita, ma perché quello gli pesava di più?
Perché aveva quel
magone tipico del senso di perdita?
[Sei un'altra cosa che ho perso,
che mi e' scivolata, che mi e' caduta
io c'ho provato ma non ti ho tenuta(****)]
Capitolo 8 *** 8)Su Come , Talvolta, Dopo Anni Non si Riesca A Dimenticare Certe Persone. ***
8))SU COME , TALVOLTA,
DOPO ANNI NON SI RIESCA A DIMENTICARE CERTE PERSONE.
Francesca ha gli anni
che ha
capisce quello che capisce
capisce che qui non va
e a me mi basta.
Sei anni.
Sono passati sei anni da quel pomeriggio in cui mia madre
con un colpo da maestroaveva di nuovo
distrutto la mia vita.
Sei anni.
A volte credo che la mia vita sia ancora ferma lì, a
quella rabbia,a quella sensazione di
sconfitta che avevo provato, a volte invece credodi essere andata avanti pur avendolasciato dei pezzetti di me stessa lungo la
strada.
A volte mi chiedo cosa fosserimasto di menel periodo immediatamente successivo a quell’addio e a volte me lo
chiedo ancora adesso riferito al mio presente, in cui ho cercato di costruire
un mio equilibrio.
Spesso mi accorgo che sono sensazioni ancora troppo
vivide, per credere di averle superate, forse mi sono solo limitata ad
aggirarle per sopravvivere.
Sono diventate fantasmi che vengono a bussare nelle
sere in cui non riesco a dormire, come sono diventati fantasmi i ricordi di
quello che è successo prima.
Sono i fantasmi dei miei ricordi felici, dove c’era
una Francesca sorridente e non lo zombie apatico e privo di sentimenti di
Berlino dell’ultimo periodo.
Berlino…
Berlino per me ormai è sinonimo di inferno, un
inferno lungo tre anni e che sembrava non dovesse finire mai,tra lebotte di mia madre e silenzi per coprirle se non volevo essere
sputtanata da lei.
Una madre dovrebbe proteggere i figli, la mia si
ingegnava per rovinarmi la vita con successo.
Quando abitavo in quel buco di paese tedesco credevo
di avere poco, ma ancora dovevo sperimentare cosa fosse davvero avere poco.
Non sapevo ancora come fosse difficile tirare avanti
senza avere l’appoggio di nessuno, tra persone che volevano vederti cadere a
pezzi per liberarsi di te e del problema che rappresentavi e persone che
egoisticamente desideravano trascinarti con loro all’inferno per sentirsi meno
soli , e fare i conti con il senso di colpa per non aver saputo aiutare quelli
a cui tenevo veramente.
Questa era ed è Berlino per me.
Berlino…
Mia madre aveva vinto ancora una volta ovviamente,
ci aveva fatti traslocare senza che io potessi oppormi in alcun modo , sotto la
minaccia di rivelare ai miei fratelli perché fossi finita in ospedale quella
notte.
Andrea e Luca erano ormai diventati gli unici a cui
tenessi davvero, l’unico vero motivo per cui non avevo ancora posto fine alla
mia vita.
Andrea reagì male, troppo piccolo per sospettare i
ricatti di mia madre, Luca invece in qualche modo riuscì a capire che io non mi
opponevo perché non potevo, non perché volessi quel trasferimento e lo accettò.
Quel :”Non è colpa tua, Frankie, è lei che dovrebbe
vergognarsi.” ancora oggi mi procura un’ondata di affetto verso di lui, che non
poteva sapere quanto bene mi avesse fatto con quella frase.
Arrivammo a Berlino in una sera piovosa, le gocce
che rigavano il finestrino della macchina mi ricordavano tante lacrime, anche
se sapevo che erano solo una stronzata melodrammatica la storia del cielo che
piange per me.
Adattarsi a quella città risultò molto difficile per
me, vivevamo in un casermone che detestavo, pieno di gente che perfino una
persona aperta come mi ritenevo io avrebbe definito pericolosa.
Non era il posto adatto per far crescere due
bambini, ma mia madre sembrava fregarsene, non capivo e non capisco tutt’ora
cosa avesse in testa.
Aveva sogni di gloria, voleva una vita luccicante e
favolosa da telefilm americano eppure per uno strano scherzo del destino
finivamo sempre per finire in luoghi in cui al massimo avrebbero potuto
ambientarci un film di Eminem o roba del genere.
In ogni caso, quello era il posto dove avrei vissuto
per un bel po’, ma ero ben lungi dall’accettarlo serenamente.
Non mi ero opposta, ma non avrei dato la
soddisfazione a mia madre di soccombere senza lottare, non sarei mai stata un
burattino nelle sue mani, ne avrei mai recitato le battute che lei aveva
scritto per me.
La prima scuola che frequentai a Berlino era un
inferno, decisamente troppo piena di fighetti perché io potessi starci bene,
ero costantemente in lite con le ragazze della mia classe e i ragazzi mi
scansavano perché facevo paura, solo una persona mostrò di interessarsi a me.
Josh era il tipico punk emarginato, chese ne sbatteva di tutto e di tutti, al quale stranamentestavo simpatica, finimmo per diventare
inseparabili e scoprii che dietro la cresta biondo pannocchia, le borchie e le
bestemmie c’era una delle persone più dolci che conoscessi.
Quando stavo con lui, sentivo meno la loro mancanza,
mi ricordava Bill a volte.
All’epoca mi sentivo ancora con tutti e tre, Tom non
si era più fatto vivo, ma questo era scontato, in qualche modo me lo aspettavo
che finisse così.
Avevo sempre avuto un sesto senso che mi permetteva
di capire cosa sarebbe successo, non era infallibile o sempre presente, ma se
dava segnali forti erano solitamente anche giusti.
Istinto?
Qualunque cosa fosse, da una parte mi diceva che
sarebbe finita così, dall’altra che non era finita per niente, ma questo era
ovvio, per quanto facessi la dura a lui ci pensavo.
Mi chiedevo perché non si fosse fatto vivo, perché
mi avesse dato una luce di speranza per poi spegnerla crudelmente, ma non
trovavo risposta e fingevo che non me importasse.
Bill diceva che ero troppo testarda, ma non lo ascoltavo
e suppongo che lo stesso facesse Tom, se mai quei due avessero parlato di me.
Ero piena di dubbi su tutta la storia che aveva
portato al nostro trasferimento , la sua conclusione mi aveva lasciato l’amaro
in bocca e li sentivo lontani, come se in qualche modo avessero tradito le
promesse che mi avevano fatto,anche se sapevo che era irrazionale e che
soprattutto non era colpa loro.
Non potevo però fare a meno di pensarci, è inutile
girarci intorno, in quel periodo non riuscivo a sopportare il passaggio da una
vicinanza quotidiana a contatti sporadici e mi sentivo frustrata e furiosa con
mia madre.
La detestavo, non ero mai a casa la sera, dormivo
molto spesso da Jo che era ben felice di ospitarmi visto che frequentemente si
lamentava che nel superattico di merda dei suoi lui si sentiva solo.
I suoi genitori non stavano spesso a casa e lui si
sentiva soffocare la dentro, in parte lo capivo, eravamo entrambi in prigione,
la sua era più confortevole della mia, ma la sostanza non cambiava affatto,
entrambi non avevamo libertà ne eravamo dove avremmo volutoessere .
Adoravo quell’appartamento, non perché fosse
lussuoso o enorme, ma perché li mi sentivo più protetta che ha casa mia.
Buffo.
Ancora adesso ripenso con affetto a quel posto,
nonostante li siano successe che non volevo accadessero, è comunque lì che ho
preso alcune decisioni importanti.
Li per la prima volta decisi che mi sarei ribellata
apertamente a mia madre per lottare per il mio futuro, ero stufa di stare in
quella scuola, ma non osavo dirglielo, così continuavoa sprecare tempo inutilmente su materie in
cui non riuscivo ad applicarmi.
Fu Jo a darmi la forza di prendere in mano la mia
vita, proponendomi di frequentare una scuola d’arte a cui si sarebbe iscritto
di li a poco, lasciandomi senza parole.
Ricordo ancora oggi il silenzio che si creò in
quella stanza, solo i Sex Pistols cantavano , mentre
lui mi guardava in attesa di una risposta.
“Francesca pensaci, tu sei sprecata in quella scuola
con il tuo talento…”
Rimasi a lungo in silenzio, poi finalmente risposi.
“Si! Verrò anch’io…”
Venni investita da lui che mi abbracciava, arrossii
e gli dissi di smetterla, ma lui non mi diede retta, credo che avesse capito da
molto tempo che la mia era solo una recita e che lo adoravo.
Vorrei che fosse finita in modo diverso, ma in fondo
non posso lamentarmi, sarebbe potuta andare in modi infinitamente peggiori.
Annunciarlo a mia madre non fu per niente facile,
lei reagì male, urla, strepiti e botte, maio non cedevo.
Quella fu l’unica volta in cui osò alzare le mani su
di me davanti ai miei fratelli, tuttavia si rese conto che era inutile, in quel
momento capì che era davanti a due possibilità: ammazzarmi di botte o cedere.
Decise di cedere, mi firmò i documenti per
l’iscrizione, per poi chiudersi in camera sua furiosa a sfogarsi lanciando
oggetti.
“Fra, ma sei sicura?”
“Si.”
Accarezzai i miei fratellie schizzai fuori casa, volevo subito dirlo a
Jo, ero esaltatissima, mi sentivo come se avessi vinto una battaglia e non
vedevo l’ora di dirlo a qualcuno.
Fu lì che lo incontrai per la prima volta, quello
che avrebbe sconvolto e quasi distrutto la vitadi Jo, lo travolsi per la precisione come mio solito, finimmo tutti e
due a terra.
Lo conoscevo di vista, era il figlio del bar tabacchi
del quartiere, sapevo che si chiamava Farid , che
aveva un anno meno di me e con quei dread un po’ me
lo ricordava, l’unica differenza era che quelli di Fari erano neri.
“Tutto bene?”
Alzai gli occhi da terra e mi resi conto che aveva
lo stesso sorriso storto di Tom, arrossii odiandomi per quello e corsi via
sperando di non incontrarlo mai più.
Non sapevo che in quel momento avevo colpito in
qualche modo il pusher playboy del quartiere e che danni avrebbe causato questa
cotta a senso unico che lui si era preso per me.
Quella sera ero troppo esaltata per il mio prossimo
cambio di scuola, non mi vergognai nemmeno del fatto che Jo mi avesse visto in
quello stato.
Quella fu la prima sera che prima di festeggiare a
base di birra e schifezze, tirò fuori la cassetta del pronto soccorso per
medicarmi.
Non mi chiese nulla, era certo che prima o poi avrei
vuotato il sacco io.
[Our little group has always been
And always will until the end (*) ]
Erano passati sei anni da quando aveva visto Francesca Girardi per l’ultima volta in quel letto d’ospedale ed era
patetico che fosse proprio da lei che si ritrovasse ad andare, ma dopo quello
che era successo dopo il ritorno dal tour non sapeva più dove sbattere la
testa.
Era nei casini più totali, non sapeva più come aiutare suo fratello,
quell’anno appena trascorso era stato una progressione verso il disastro, che
puntualmente si era verificato.
[E' buio ormai
non mi frega se piangi o no...ohh
Io come te
confusione (**)]
Era scoppiata una lite furibonda dopo che aveva trovato quella roba tra i
trucchi del suo gemello, ancora una volta si era sentito preso in giro e aveva
reagito male, urlandogli tutta la sua rabbiain faccia, solo che questa volta anche Bill aveva reagito.
Erano volate parole grosse equalche soprammobile del loro appartamento, ma in fondo era ordinaria
amministrazione, in quel ultimo anno era accaduto spesso.
“Vattene! Mi hai rovinato la vita! Ti odio!”
Era stata quella frase pronunciata da un Bill con le lacrime agli occhi a
ferirlo profondamente e a farlo praticamente scappare da quella casa.
Dentro di se sapeva
che non era davvero Bill a parlare, ma era quella roba a mettergli in bocca
frasi che non pensava, ma non era riuscito a impedire che tutto quello gli
facesse male.
Terribilmente male.
[Ora lo so,
non mi sento più bene da un po' (**) ] Aveva riempito una valigia al volo,
preso la sua chitarra preferita e se ne era andato verso dove credeva abitasse
Fra, quella Fra che dopo un anno in cui le aveva scritto regolarmente non aveva
ancora risposto a una sola lettera.
Non lo faceva per
orgoglio o cosa?
A conti fatti non
importava, aveva bisogno di aiuto e sperava che lei glielo avesse concesso,
anche se era più probabileche avrebbe
ricevuto una porta in faccia.
Non se ne sarebbe
stupito, sapeva di meritarsela.
Non si era fatto
sentire per cinque anni, poi riappariva all’improvviso con delle lettere per
asfissiarla con i sui problemi, era ovvio che fosse furiosa.
Era sempre stata una
tosta lei, una delle poche persone che aveva avuto il coraggio di contrastarlo.
Si ricordava ancora di
quello schiaffo nel cortile della scuola e delle sue risposte acide, ma si
ricordava anche di una sera, dove quella stessa ragazzina aveva lasciato cadere
la maschera per un attimo piangendo.
Buffo.
Quel ricordo non
l’aveva mai davvero abbandonato, così come il senso di colpa per come si era
comportato, rispuntava ogni tanto nella sua mente, ma se prima non gli aveva
concesso alcuno spazio facendolo sparire immediatamente, ora lasciava che
emergesse con la stessa forza dei primi tempi.
I primi tempi aveva
pensato spesso a lei,suo fratello gli
aveva detto Un’infinità di volte che era stato troppo testardo a non farsi vivo
con Fay, che due scuse non avevano mai ucciso
nessuno, ma lui non ce l’aveva mai fatta.
Aveva preso una
decisione e non poteva tornare indietro, nonostante sempre più spesso nelle
ragazze che vedeva cercasse lei.
“Tom, cazzo sei solo
uno stupido orgoglioso.
Il tuo orgoglio ti
seppellirà!”
“Verrete tutti al mio
funerale, allora.
Cos’è il tuo problema,
Bill?”
“Che tu stai male e
non vuoi ammetterlo e poi anche il fatto che per risolvere tutto questo
basterebbe che tu alzassi la cornetta!”
“Bill, io non sto
male, smettila di farti film!”
“Si? E perché l’ultima
che ti sei fatto mi ricordava pericolosamente Fra?”
“Cazzi tuoi no, eh?
In ogni caso, io credo
di essere più onesto di voi!”
“Eh?!”
“Dai Bill quanto può
durare questa storia?”
“Cosa vuoi dire?”
“Ti stancherai, vi
stancherete di lei dopo che avremo fatto il botto e per lei sarà peggio.
Io almeno non l’ho
illusa!”
“Vaffanculo
Tom, tu e il tuo orgoglio che ti fa dire queste cazzate!”
Suo fratello aveva
ragione, ovviamente, ma allora non aveva la maturità necessaria per ammetterlo
e continuava a dire che non la pensava, quando in realtàil suo ricordo era un tomento, e a cercarla
in altre persone.
Era stato così fino
all’operazione di suo fratello sebbene non avesse confessatoa nessuno che avrebbe voluto averla accanto
quando Bill era sotto i ferri.
Quella era stata
un’altra lunga notte in cui si era sentito impotente, in cui non aveva fatto
altro che agitarsi sulle poltroncine di una sala d’aspetto, pensando che non
poteva fare niente per Bill.
Erano presenti anche
sua madre e il patrigno, ma lui avrebbe voluto anche un’altra persona, qualcuno
che anche Bill avrebbe gradito vedere al suo risveglio.
Era stato vicinissimo
a chiamarla, aveva persino composto il suo numero pronto ad accettare le
conseguenze del caso, sennonché era intervenuto il suo orgoglio e si era
bloccato.
Aveva perso
interminabili minuti a guardare quel cellulare, fino a far spegnere la luce del
display, poi l’aveva chiuso con uno scatto secco.
Non poteva chiamarla,
non poteva.
[E' buio ormai
Ovunque sei
Ovunque sei ci sei
Ovunque sei
Ovunque(**)]
Aveva rimesso con
rabbia l’oggetto nella tasca dei pantaloni, sotto lo sguardo perplesso di sua
madre.
Suo fratello aveva
ragione, l’orgoglio avrebbe finito per seppellirlo.
Sapeva che lei poi era
venuta a trovare Bill, nonostante questo aveva accuratamente evitato di
presentarsi quando era sicuro ci fosse lei, fedele fino in fondo a quello che
aveva deciso.
Le aveva chiesto
mentalmente perdono, poi era uscito con la ragazza che frequentava in quel
periodo.
Era stato un
vigliacco, se lo disse mentre guidava verso Berlino, con le parole di suo
fratello ancora incise nella mente e forse anche adesso si stava comportando da
vigliacco.
Forse.
O forse era solo
disperato, non avrebbe saputo dirlo, così come non avrebbe saputo dire se
quello che stava facendo fosse giusto o sbagliato.
Ma aveva importanza?
Probabilmente no se
nemmeno il suo orgoglio questa volta aveva sollevato obbiezioni e così eccolo
imbarcato in un viaggio per affrontare l’ignoto in compagnia dei ricordi.
Quegli stessi ricordi
da cui era scappato per sei anni.
[Mi spazzi via
e mi vedo volare lontano
che male fa
rivedermi in me(**)]
Non
so perché sto ripensando alla mia vita, forse è per il lavoro che faccio che a
volte mi porta a staccarmi dalla realtà o forse semplicemente ogni tanto tutti
sentono la necessità di guardare indietro.
Che
lavoro faccio?
Dipingo
maschere in una bottega a Venezia, quindi a volte posso distrarmi trasportata
dalla magia dei colori, sebbene sia discretamente soddisfatta della Francesca
di adesso.
Mi
sento come qualcuno che dopo aver girovagato a lungo senza sapere cosa fare,
abbia trovato quella cercava, eppure…
Avverto
la mancanza di qualcosa, unacosa che
non mi può essere ridata dal ritorno in Italia, ne dall’allontanamento da mia
madre.
Ancora
una volta è inutile girarci intorno e fingere che i propri demoni non esistano,
la verità è che mi mancano e che soprattutto mi manca.
Lui.
Quello
che ho odiato, ma che alla fine è stato il più onesto perché non mi ha promesso
cose che non poteva mantenere.
Buffo
che lo giustifichi, quasi assurdo, ma forse tra loro è stato quello più
lungimirante.
La
distanza logora qualsiasi rapporto tra persone che hanno banali vite normali,
figuriamoci se le persone in questione sono delle giovani star.
Intingo
il pennello in un barattolino pieno di vernice blu e inizio a stendere piano il
colore sotto lo sguardo di Sakura, la mia collega che non sa a cosa siano
dovuti i mie sbalzi d’umore.
Crede
di sapere tutto della mia vita quando ne conosce ben poco, crede che sia per Jo
che io stia male, crede che io sia innamorata di lui, quando è a un altro che
penso.
Jo
è un amico, quasi un fratello e sono felice che adesso stia bene anche se siamo
lontani, io a Venezia, lui a New York, mi accontento di vederci due volte
l’anno e di sentirci poi via msn quasi ogni sera.
Non
è facile, ma se questo è il prezzo da pagare perché lui stia bene lo accetto.
Jo.
Lui
è da molto uno dei miei punti di riferimento, nonostante tutte le sue
fragilità, imperfezioni e debolezze, lui è una di quelle persone per cui senza
la mia vita sarebbe inutile.
Da
quando iniziai la scuola d’arte, lui è sempre stato lì al mio fianco, a volte
lui mi tirava fuori dai guai, ma la maggior parte delle volte sono stata io a
sostenerlo perché era anche per me che tutto per lui era andato in merda.
Ci
sono sere in cui, quando sono sola nel mio buco all’ultimo piano di una vecchia
casa all’incrocio di due canali, mentre sul terrazzo guardo la luna riflessa
nell’acqua, penso che sono io a portare sfortuna alle persone, che non faccio
altro che rovinare la vita di chi mi sta attorno.
[Dipingimi distorto come un
angelo anormale che cade (***) ]
In
ogni caso io e lui eravamo sempre insieme, quando lo presentai ad Alì, lui ne
fu felice, ma allo stesso tempo mi mise in guardia, come sempre lui aveva
capito cosa sarebbe successo prima di me.
Mi
disse che io e lui eravamo entrambi troppo fragili per stare in piedi da soli
ed era molto bello che ci sostenessimo a vicenda , tuttavia era allo stesso
tempo pericoloso sia per me che per lui.
Se
uno dei due fosse crollato, era molto probabile che avesse trascinato con sé
anche l’altro con conseguenze disastrose.
All’epoca
mi arrabbiai parecchio, non potevo sapere quanto ci fosse di vero in quelle
parole o forse lo sapevo ma era più comodo liquidare il tutto come la gelosia di
un amico lontano che si vede il proprio posto rubato.
Lo
presentai anche ai miei fratelli, veniva a casa mia quando non c’era mia madre,
io ne ero felice,ma qualcun altro no, lo vedeva come una minaccia alla riuscita
dei suoi piani.
Farid continuava a ronzarmi intorno da
quando l’avevo travolto, non so cosa ci trovasse di interessante in me visto
che ero nettamente al di sotto degli standard delle tizie che frequentava di
solito.
Non
mi importava nemmeno in fondo, trovavo seccante averlo sempre tra i piedi e lo
odiavo per il modo in cui squadrava Josh, sapevo che
il mio amico detestava quello sguardo.
Ripensandoci
adesso avrei dovuto capire prima cosa girasse nella zucca piena di dread del bulletto del quartiere e agire di conseguenza,se
avessi reagito prima forse tutto non sarebbe degenerato o forse si.
Credo
che almeno le linee guida della vita di una persona siano già scritte nel
carattere e forse quello che successe a Jo sarebbe successo indipendentemente o
meno dalla mia presenza nella sua vita.
O
forse questa è una giustificazione che mi do per mettere a tacere almeno un po’
il senso di colpa.
“Fra,
il tizio con i dread è cotto di te!”
Jo
diede un lungo tiro alla sua sigaretta dopo questa affermazione.
“Merda,
dovrò risolvere questa cosa.”
“Si
o lui finirà per menarmi.”
Sbuffai,
circa una settimana dopo lo affrontai e litigammo.
Lui
non prese affatto bene l’essere rifiutato da me, dovette intervenire un suo
amico a separarci e così incontrai Dave quello che
sarebbe stato il mio primo ragazzo.
La
mia vita si stava di nuovo incasinando senza che io potessi fare nulla per
evitarlo.
Non
seppi mai in che termini Fari raccontò in giro quel che successe quella sera,
ma all’improvviso la sua cricca diventò ostile, soprattutto Leila.
Leila
era sua sorella, tredici anni appena e lo stesso sguardo di suo fratello, che
per lei era un modello, la persona che dettava legge nella sua vita.
Me
lo ricordo ancora il loro sguardo, stessi occhi un po’ verdi un po’ dorati,
felini e pieni di una rabbia distruttiva, odiavano il fatto che la vita li
avesse scaricati in quello che consideravano un cesso di quartiere e si
sentivano in guerra contro il mondo.
Dave era diverso, non aveva quell’apparenza
della mina pronta ad esplodere di quei due.
Fu
l’inizio di un periodo strano, fu l’inizio della fine.
Come
si manifestò l’inizio della fine?
Nel
modo più innocente possibile ovviamente.
Ero
a casa di Jo, fuori tirava un vento freddo e forte abbastanza da far tremare
persino il palo della luce che si intravvedeva dalla finestra.
Rabbrividivo,
avvolta in una coperta, stranamente senza lividi addosso, lui era in cucina che
trafficava, dopo la cena preparata da me, lui rimediava sempre della birra.
Quella
sera c’erano i Nirvana a farci compagnia, a pensarci Kurt Cobain somigliava a
Jo, entrambi si sentivano forse poco amati e cercavano quell’affetto in altro.
Non
lo so, ma avrei dovuto notare quanto lui fosse fragile, Alì aveva avuto
ragione.
Sentì
qualcuno sedersi accanto a me, deporre le bottiglie e qualcos’altro sul tavolo,
mi voltai di scatto,era Jo ovviamente e il qualcos’altro ero un pezzo di fumo.
Con
il senno di poi, avrei dovuto mollargli un ceffone e buttare quella robaccia
via, ma allora ero incerta, non sapevo cosa fare.
Ricordavo
perfettamente l’esperienza con gli allucinogeni, ma mettere in guardia lui era
come ammettere un episodio che mi procurava vergogna.
“Che
ci fa qui quella roba?”
“Me
l’ha data un amico, per provare qualcosa di diverso, dai Fra, non fare storie!
La
provo una volta e basta!
Non
diventerà un vizio.”
Questo
discorso non mi convinceva, ma decisi di accettarlo e sbagliai.
Poteva
essere vero per altre persone, ma non per lui, sapevo che carattere avesse e
che con molta probabilità avrebbe finito per attaccarsi troppo a quella roba,
avrei dovuto fermarlo, purtroppo non lo feci.
Questo
è uno dei miei rimpianti, nonostante Josh stesso mi
abbia detto più volte che allora non avrebbe accettato di essere fermato da
nessuno, io continuo a credere di aver fatto un errore quella sera.
Lo
guardai in silenzio mentre preparava una canna, concentrato come su una tavola
di scuola e arrivai perfino a fare qualche tiro per accontentarlo.
Smisi
quando la testa iniziò a girarmi, lui invece continuò finché non rimase più
nulla, quella fu la prima sera in cui lo portai a letto a braccia.
Mi
svegliai più volte durante la notte, il sonno disturbato da incubi forse
prodotti dalla droga, per poi tornare a dormire, fu verso l’alba che mi accorsi
che non ero sola a letto, quel cretino mi stava abbracciando sorridendo beato.
Doveva
essersi infilato nel mio letto durante la notte, lo spedii per terra con una
pedata, erofuriosa, lui mi guardò
spaesato mentre si massaggiava il di dietro.
“Cazzo
fai? Per chi m i hai preso? Per il tuo peluche, eh Josh?”
Abbassò
gli occhi, imbarazzato.
“Scusa…è che mi sentivo solo.
A
volte credo che a nessuno importi di me e di rappresentare un problema e
basta.”
Mi
sporsi verso di lui e vidi le lacrime che cercava di ricacciare indietro, era
dura andare avanti quando chi dovrebbe amarti non si cura di te e io lo sapevo
bene.
Nessuno
picchiava Jo, ma lui si sentiva ferito lo stesso,all’improvviso era sparita
tutta la mia aggressività.
“Vieni
qui.”
Si
sedette sul letto a disagio, per stemperare quel clima triste gli diedi un
frontino abbastanza forte da farlo tornare sdraiato.
“Sei
scema, Girardi?”
Mi
accoccolai accanto a lui e lo abbracciai, ricordandomi di quanto mi fossi
sentita bene dopo che una certa persona aveva fatto lo stesso con me in una
notte in cui ero inpreda a sensazioni
del genere.
“Stai
zitto, cretino o ti risbatto di sotto!
Mi
tocca anche curare le tue carezze d’affetto!”
“Grazie.”
Mormorò
serio, ricambiando il mio abbraccio.
“Prego…Solo avvisami la prossima volta.
Sai,
giusto per evitarti altri ematomi su quelle chiappe scheletriche che ti ritrovi.”
Lo
sentii ridere e poi sorridere, lo cullai come avrebbe fatto una madre fino a
che non si addormentò con un sorriso fanciullesco dipinto su quel volto da
finto duro.
Forse
perdonare quella debolezza e assecondarla fu uno sbaglio, ma allora come oggi
avrei fatto di tutto pur di vederlo sorridere di nuovo.
Siamo
ed eravamo come fratelli e questo, visto il mio caratteraccio, è quasi un
miracolo.
[I'm so happy. Cause today I found my friends.
They're in my head. I'm so ugly. But that's ok.
'Cause so are you. We've broke our mirrors. (****)] “Hai messo abbastanza blu, Francesca.”
“Scusa
Sakura.”
“Dove
hai la testa oggi?”
“Non
scocciare Cherry.”
La
rossa mi guarda male, Sakura è una giapponese che vive in Italia da quando era
piccola, ha la mia età ed è stata assunta quando hanno assunto me.
Forse
dovrei considerarla un’amica, vista la cordialità che dimostra nei mie
confronti, ma non ci riesco, non riesco a fidarmi totalmente di lei.
Non
le ho mai raccontato che conosco la band che dice di odiare, non li ho mai
difesi ne attaccati, sa solo di Jo perché l’ha incontrato e ha preteso una
spiegazione d e t t a g l i a t a su chi fosse.
Sakura
è curiosa, è anche gentile e kawaii come urla lei, ma
ha il vizio di sputare troppe sentenze e a volte è un filino troppo acida anche
per me, soprattutto verso Tom.
A
volte credo perfino che lo conosca, ne parla con troppo astio e con una dovizia
di particolare allucinante per essere una semplice anti, manon le ho mai chiesto nulla.
Pulisco
il pennello, cambio colore, riprendo a lavorare.
Lascio
che i miei ricordi tornino a fluire, riportandomi all’estate del 2006, quella
in cui ero stata promossa a pieni voti alla scuola d’arte e a Jo e a Dave.
Durante
quell’anno avevo riportato molte volte il mio amico a letto completamente fatto
e me l’ero ritrovato appiccicato addosso come una cozza la mattina dopo.
Non
lo rimproveravo più e avrei dovuto farlo, credevo alle sue promesse che la
volta dopo si sarebbe almeno moderato perché ero presa da altro.
David
era il mio chiodo fisso, dalla sera della lite con il suo amico ci eravamo
visti spesso, non so perché mi piacesse, fisicamente somigliava a Farid, stessi dread neri,
entrambi abbronzati,solo gli occhi differivano, i suoi erano scuri, quelli del
suo amico verdi.
Adoravo
perdermi in quel nero, ne avevo parlato anche a Gustav, descrivendogli il
carattere di quel ragazzo come una stupida ragazzina innamorata, lui aveva
ridacchiato, poi aveva detto due frasi che mi avevano sconvolto.
La
prima era che sarebbero venuti a trovarmi di lì a tre giorni, la seconda era
che avevo scelto David perché era l’opposto di Tom, ergo per lui provavo ancora
qualcosa.
Ero
rimasta in silenzio con il cellulare in mano, non volevo dargli dell’idiota, ma
a parere della Francesca di allora se lo sarebbe meritato, oggi sapevo che lui
come Alì avevano visto più lontano di me.
Era
una questione di carattere, io molto spesso attaccavo per difendermi, scrutavo
gli altri sempre alla ricerca della fregatura ed ero poco propensa a guardare
dentro me stessa, Alì e Gustav invece riuscivano a farlo e quindi finivano per
prevedere quello che sarebbe successo.
In
ogni caso tre giorni dopo erano arrivati come avevano promesso, qualcuno aveva
suonato il campanello ed erano loro, avevo quasi travolto Bill dalla gioia, gli
ero praticamente saltata in braccio visto che era stato il primo che mi ero
trovata davanti.
“Lo
so che sono irresistibile, ma se continui così cadremo per terra!”
“Mi
sei mancato cretino!”
Avevo
avuto la sensazione che volesse aggiungere qualcosa, ma non gliene avevo dato
il tempo, mi ero staccata ed ero corsa ad abbracciare e salutare gli altri due.
“Non
c’è…”
“No.”
“Amen…”
Eravamo
scoppiati a ridere per l’assurdità del discorso, sebbene mi rendessi conto
quanto suonasse falsa la mia risata, non ci davo peso.
Ero
ancora convinta che Gustav si sbagliasse.
In
ogni caso quel pomeriggio fu splendido,Bill ci trascinò tutti a fare shopping e
nonostante avesse tentato di comprarmi più volte qualcosa contro la mia volontà
mi divertii molto.
Forse
ero solo contenta di riaverli vicini, di riportare parzialmente le cose come
erano una volta, non mi accorsi nemmeno del cambiamento che era avvenuto in
Bill .
Se
me ne fossi accorta….Avrei risparmiato a me e a lui
tanto dolore.
Allora
nonmiero mai chiesta perché mi stesse sempre addosso dato che mi era sembrato
il solito Bill impiccione che ricordavo .
Quello
di cui miresi conto è che fu molto dura
salutarli di nuovo, non mi ero ancora abituata a rapporti del genere.
Quella
sera non andai da Jo, uscii a fare un giro, incurante del pessimo quartiere in
cui vivevo, avevo bisogno di aria.
Girovagai
per un po’, fino a che incontrai Dave seduto su una
delle panchine del parchetto del quartiere, stranamente senza Farid o qualcun altro del suo gruppo.
“Ehi,
Francesca!”
“Ciao!”
Mi
fece segno di sedermi accanto a lui, io eseguì metà felice e metà titubante.
Stava
fumando guardando il cielo e non mi degnava di un’occhiata, così mi accesi
anch’io una sigaretta, forse per riempire il vuoto che si era creato, più
probabilmente per darmi un tono e non fargli notare che non capivo perché mi
avesse chiamata e poi ignorata.
“Fumare
ti farà morire prima o poi.”
“Stai
fumando anche tu.”
“Io
morirò in questo quartiere prima o dopo non ha molta importanza.
Tu
invece te ne andrai da qui.”
“Si,
all’inferno….Che cazzata è?”
Ridacchiò
divertito.
“Un
punto a tuo favore, ecco perché hai sistemato Farid e
te ne andrai da qui.”
Stavo
per rispondergli quando mi baciò, sotto le stelle opache di una fredda estate
berlinese.
Non
gli dissi mai che mentre lui mi baciava, il flash back di un altro bacio mi era
tornato alla mente devastante, ne michiesi se se ne fosse accorto.
Non
era importante.
Da
quel giorno diventaila sua ragazza.
Quante probabilità
c’erano che stesse facendo una cazzata?
Moltissime, rispose
una vocina nella sua testa, ma ormai era in ballo e doveva ballare, non sarebbe
tornato a casa ne avrebbe affrontato di nuovo suo fratello senza prima aver
parlato con quella ragazza.
Non era molto logico,
ma dopotutto in quell’ultimo anno c’era stato ben poco di logico e quindi lui
poteva permettersi di andare a riallacciare i rapporti con Fay
senza troppi problemi.
C’era stato un periodo
in cui suo fratello aveva insistito a lungo perché lo facesse, senza che lui
gli desse particolarmente ascolto, c’era dell’ironia in questo.
Suo fratello…
Ultimamente sentiva di
non riuscire a stabilire un rapporto con lui, sapeva che era colpa di quella
roba,solo in un’altra occasione aveva avvertito una barriera tra lui e Bill.
Era avvenuto poco dopo
l’operazione quando Fay era venuta a trovare il
gemello,si accese una sigaretta mentre i ricordi tornavano a quel periodo.
Ora che erano passati
anni da quell’inverno e sfogliava con più distacco i ricordi, era ovvio che
fosse successo qualcosa tra loro due, ma allora non ci era arrivato.
Chissà cos’era
successo?
L’unica cosa in grado
di rendere suo fratello così acido nei suoi confronti era una ragazza, che
fosse stata Fra?
Era altamente probabile,
si era sempre chiesto se suo fratello provasse davvero solo amicizia o qualcosa
di più verso di lei, tuttavia ogni tentativo di far confessare Bill su questo
versante si era rivelato inutile.
Ci aveva provato un
pomeriggio dell’inverno del 2008, quello del’intervento, mentre erano nella
loro vecchia casa dell’adolescenza.
Il gemello era
sdraiato sul divano, apatico.
Da quando era tornato
dall’ospedale non parlava, allora credeva che fosse per l’intervento che aveva
visto come una ingiusta punizione e cercava di distrarlo in qualche modo.
Senza saperlo aveva
probabilmente peggiorato la situazione di Bill e si era fatto male due volte,
evocando un’ipotesi che lo infastidiva da morire e causando una lite.
“Ti è venuta a trovare
Fa..Fra?”
“Si.”
“Come sta?”
“Bene. Quest’anno dà
la maturità, poi è libera di andarsene di casa.”
“Buon per lei, no?”
Fece una studiata
pausa di silenzio.
“Magari potresti
invitarla a seguirti nel tour, ti farebbe piacere, no?”
“Sei un cretino, credi
che lo farebbe?”
“Prova a chiederglielo
invece di attaccare me!”
“Tom , stai zitto per
favore!”
Se fosse stato più
attento, si sarebbe accorto del dolore nascosto dietro alla rabbia che c’era
negli occhi del fratello, ma all’epoca non era ancora abituato a scrutare
davvero a fondo gli occhi di Bill per capire se stesse mentendo o no.
“Bill ammettilo che
per te è più di un’amica.
Non è mai stata
un’amica per te!”
Bill non aveva urlato,
non gli era consentito dopo l’operazione, ma l’aveva guardato con un tale odio
che l’aveva gelato su quella poltrona, era rimasto impietrito per cinque minuti
buoni con il suo solito sogghigno divertito stampato in faccia, mentre svaniva
anche l’eco della porta sbattuta con violenza dal gemello.
Dopo quel litigio
avevano ripreso a parlarsi, sebbene qualcosa si fosse incrinato tra di loro,
Bill sembrava ritenerlo colpevole di qualcosa che lo faceva soffrire molto.
Lui all’epoca aveva
rinunciato a capire cosa fosse, ma mentre ci ripensava quella mattina ormai
vicino a Berlino forse aveva compreso, se la sua intuizione era esatta suo
fratello si era dichiarato a Fay…
E quel comportamento
così insolito in Bill indicava solo una cosa, che lei lo aveva rifiutato.
Deglutì.
Non aveva il coraggio
di finire quel ragionamento, anche se il suo cervello lo aveva già fatto,
perché la conclusione che temeva era che Francesca avesse rifiutato suo
fratello perché in qualche modo pensava ancora a lui, Tom.
Quella sarebbe stata
una cosa in grado di ferire davvero il suo gemello, non era mai riuscito ad
accettare fino in fondo che le ragazze a volte gli preferissero lui, la paura
più profonda di Bill era essere rifiutato per il suo aspetto.
Era una cosa che
l’aveva sempre terrorizzato.
Era comunqueimpossibile a suo parere che quella
nanerottola provasse ancora qualcosa per lui diverso dall’odio.
Riprese ad immergersi
nel passato, forse per capire quell’assurdo presente.
Erano partiti in tour
una volta che il moro si era ripreso, nelle interviste e nelle uscite pubbliche
mostravano a tutti la solita sintonia, ma nel privato il moro continuava ad
essere di umore strano, continuava ad avercela con lui.
Georg e Gustav avevano
da tempo imparato a non impicciarsi nei loro litigi, aspettavano che si
risolvessero da soli temendo sempre di peggiorare la situazione o di rompere
l’equilibrio della band.
Lentamente era poi
tornato tutto al suo posto, tuttavia, sebbene avesse notato che durante quel
periodo di umori tetri aveva diminuito i contatti con l’italiana non ne aveva
mai fatto parola con lui.
Perché?
Prima per
vigliaccheria, per non litigare di nuovo con lui a causa di quella ragazza che
si rifiutava di uscire dalla sua testa, poi perché era stato travolto dal
successo.
Quell’anno era stato
devastante, si erano fatti conoscere in tutta Europa, avevano masse di
ragazzine adoranti ai loro piedi e sarebbero partiti alla conquista
dell’America.
Era troppo esaltato,
fu da quel momento che lei se ne andò via quasi del tutto dalla sua mente, era
solo vagamente consapevole dell’esistenza di Fayper il fatto che i 2 G ancora si tenevano in
contatto con lei.
Solo loro.
In America Bill aveva
smesso di mandarle messaggi e telefonarle, confusamente aveva formulato
un”L’avevo detto io.”Poi aveva lasciato
perdere tutto, deciso a godersi quel successo.
Dimenticandosela.
Si diede dell’idiota,
poteva non pensarla, stordirsi con la fama e le ragazze, ma c’erano sere quando
era da solo nella sua stanza in cui avvertiva che gli mancava qualcosa.
Se solo fosse stato
più attento….
Avrebbe capito cosa
gli mancava e si sarebbe chiesto perché suo fratello aveva infranto una
promessa, conoscendone la testardaggine leggendaria.
Bill era una di quelle
persone che raggiungeva i suoi obbiettivi e se faceva una promessa la
manteneva, ma non quella fatta a Francesca.
E lui, il gemello, non
se ne era quasi nemmeno accorto, troppo preso da altro.
In ogni caso, in
America Bill stava bene, frequentava persino delle ragazze, aveva superato da
solo il suo dolore e adesso che ci ripensava lo vedeva chiaramente.
Vedeva chiaramente
come avesse ignorato già una volta il malessere del fratello perché era più
facile e come in quella storia ci fossero già tutte le premesse di quello che
sarebbe successo dopo.
Si maledì per la sua
disattenzione, ma rivangare il passato adesso era inutile, doveva sperare che
adesso sarebbe riuscito a rimettere tutto a posto.
E nel profondo di se
stesso sperava disperatamente di non essere da solo a fronteggiare quella
situazione.
Sperava ci fosse Fay.
ANGOLO DI LAYLA
Aloha,
eccomi di ritorno ^_^.
In
realtà questo capitolo avrebbe dovuto essere più lungo, ma ho deciso di
spezzarlo a metà e di pubblicarlo.
Se
l’avessi pubblicato tutto insieme , sarebbe stato mooolto
lungo e un po’ denso…’na
botta sui denti.
Capitolo 9 *** 9)Su Come Il Passato Non Ci Stia A Farsi Seppellire E Ritorni. ***
9)) SU COME IL PASSATO NON CI STIAAFARSI SEPPELLIRE E RITORNI.
Francesca ha gli anni che
ha
capisce quello che capisce
capisce che qui non va
e a me mi basta.
È strano come il tempo mentre lavoro e sono immersa nei miei
pensieri si dilati fino a sembrare infinito e come ogni sentimento che provo si
rifletta nelle stesure di colore che do e nelle maschere che finisco per
dipingere.
Non so perché oggi sono così malinconica, perché permetto a
tutti i miei ricordi di emergere, quando solitamente li relego in un angolo
della memoria ed evito di riflettere su cosa avrei potuto o non potuto fare.
Forse è la pioggia che scende fuori e forse è il tardo
pomeriggio, che mi ha riportato a quando a Berlino spendevo ore a pensare alla
mia splendida vita futura, ai miei amici, a Jo.
A Lui.
Una volta arrivata in Italia mi sono lasciata un po’ tutto alle
spalle, i miei se, i miei ma, i miei però per non soffrire, per ricominciare da
capo.
Sono stata una stupida, ricominciare da zero senza avere affrontato
i propri fantasmi è impossibile ed è anche arrogante in una certa misura.
Si può andare avanti per un po’ e credere di stare bene,
ignorando quel senso di vuoto o quell’angoscia che prende ogni tanto, come ho
fatto io in questi anni, ma non lo si può fare a lungo.
Prima o poi tutto viene a galla e viene a cercarti, sia con
ricordi, sia con le persone stesse che tu hai tentato di rimuovere
disperatamente.
Io spero che oggi siano solo i ricordi, anche se ho una
sensazione vaga ed indefinita che mi fa stare in campana.
Ho paura che oggi rivedrò qualcuno che appartiene al mio
passato e che non mi farà piacere vedere, sbuffo.
Sakura alza gli occhi al cielo, detesta ricevere le mie
rispostaccee poi vedermi immersa nei
miei pensieri, si sente esclusa, ma ci sono cose che non posso raccontarle.
Ilmio passato non è
limpido come il suo, anche quello che sa di Jo è una versione con molti fatti
omessi, non sa del perché sia andato in Americae del perché anche adesso evita di tornare a Berlino.
È fuori dal giro da molto tempo, ma dice che quel posto gli
evoca solo brutti ricordi e io non posso che essere d’accordo con lui, li
abbiamo solo sofferto.
Sia io che lui.
In ogni caso Dave è stato il mio
unico ragazzo, visto la fine della nostra storia oserei dire per fortuna, però
stare con lui mi faceva stare bene.
Durò circa sei mesi, mi accompagno fino a metà del secondo anno
della scuola d’arte di Berlino,in quel lasso di tempo fui una della ragazze più
rispettate della scuola, forse tutti pensavano che fosse figo
stare con uno che aveva la reputazione da teppista o forse avevano paura di
lui.
Non mi importava, credevo di stare bene e di avere abbastanza
nonostante la mia vita non fosse rose e fiori fino a quando tutto crollò di
nuovo, senza che nessuno fosse lì a sostenermi.
Fu nel gennaio 2007, il 21 gennaio del fottuto 2007 e fu tutta
colpa mia.
Non mi faccio sconti nemmeno oggi per quel che accadde, anche
se Jo giura di avermi perdonata, io non posso farlo.
Quel giorno rischiai di perderlo solo perché ero troppo
distratta, presa da altronon avevo
ascoltato quanto fosse stato male prima di allora e non avevo prestato
attenzione al fatto che c’era qualcuno che lo stava distruggendo.
Non potevo nemmeno immaginare che ci fosse una persona così
rancorosa, era fuori dai miei canoni mentali, così andavo avanti, ignara di
tutto.
Mi sono data mille della stupida quella sera, avrei voluto
cambiare il passato quella sera, ma non potevo e pregavo.
Pregavo che luiavesse
un futuro per poterlo cambiare.
Iniziò come una serata normale, come una delle tante cene
passate a casa sua a parlare di quello che avremmo fatto e delle persone che
avremmo visto una volta finita la scuola.
Era in occasioni come quelle che gli avevo parlato della mia
vita, di mio padre, di mia madre, di loro e di Lui e del suo gesto eroico, Jo
aveva raccolto pazientemente tutti gli sfoghi, come io avevo raccolto dopo i
suoi.
Lui poteva sembrare il solito ragazzino viziato, ma io avevo
intuito che era solo una persona fragile, sensibile e che aveva bisogno di
qualcuno semplicemente in grado di ascoltarlo senza emettere giudizi, visto che
i suoi genitori pretendevanomolto da
luisenza dargli molto sul piano
affettivo.
Quella serame ne
dimenticai, non gli lasciai alcuno spazio nella conversazione, riempiendogli la
testa dei racconti di quanto fosse forteDave e di come mi piacesse, nonostante lui
avesse più volte tentato di dirmi qualcosa .
Non ascoltai il suo grido di aiuto perché ero troppo impegnata
a far tacere quella voce nella mia mente che mi diceva che non era il moro che
volessi, ma un altro rasta, fui egoista.
Io detesti gli egoisti e per questo non mi perdono.
Dopo la cena iniziò al rollarsi una canna, quella volta non mi
lasciò nemmeno un tiro, avrei dovuto notare che era strano perché offrire ormai
faceva parte di quello che ormai era come un rito per lui, come se condividendo
lo stesso errore lui si sentisse liberato da una sorta di peso.
Non ci feci caso, così come non feci caso al fatto che crollò
sul divano come un sacco di patate, quella ormai era la normalità non era la
prima volta che succedeva che una volta fumato tutto quello che aveva si
addormentasse di botto come un narcolettico.
La ripetitività mi rassicurava e così come una deficiente
infilai l’errore che avrebbe potuto rivelarsi fatale, chiamai il mio ragazzo e
lascai lì il mio amico.
Ricordò che uscii di casa sorridendo.
Sorridendo.
Idiota, idiota, idiota! È ciò che urlo anche adesso in bottega
se ripenso alla mia aria ebete, Sakura continua a scuotere la testa.
Trascorsi una mezz’ora a parlare e a baciarmi con lui, poiall’improvviso mi staccai come se mi avesse
dato la scossa e lo mollai senza una spiegazione plausibile, avevo il
presentimento che fosse successo qualcosa in mia assenza.
Avevo paura, sentivo il mio cuore pulsare mentre attraversavo
le porte a vetri di quel condominio elegante e avevo il fiato corto per
l’ansia.
Mi sentivo come in un incubo, le scale erano diventate
infinitamente lunghe e l’appartamento al terzo piano irraggiungibile , avevo il
con il batticuore e non sapevo perché.
Aprii la porta piano, l’abitazione era illuminata e in un
silenzio irreale come l’avevo lasciata,deglutii, era successo qualcosa, ormai
ne ero certa.
Josh era ancora sul divano così come
l’avevo lasciato,deglutii di nuovo, nebulosamente il mio cervello stava
iniziando a capire cosa stesse succedendo.
Mi avvicinai piano, a passi incerti, timorosie lo scossi spaventata, mentre aspettavo che
mi mandasse al diavolo per averlo svegliato provai una paura che allora
considerai assurda ed irrazionale.
Non si svegliò ovviamente.
Io sbiancai e mi sentii venire meno pur sapendo che a costo di
prendermi a schiaffi da sola non avrei dovuto svenire.
Quello che feci dopo è avvolto in una nebbia densa e spessa in
cui emergono solo flash al rallentatore, come se la mia mente l’avesse in
qualche modo rifiutato.
Lo scossi ancora, senza ottenere risposta, poi lo buttai nella
doccia
Ero disperata,non sapevo cosa fare,ne come aiutarlo, ero
impotente.
Piangevo, bestemmiavo e lo scuotevo, sotto il getto continuo
della doccia che scandiva come una colonna sonora monotona e non richiesta
quello che per me era un incubo troppo fottutamente reale.
Mi stavo bagnando, i vestiti ormai erano come una seconda
pelle, ma non me ne fregava nulla, l’unica cosa che desiderassi era vederlo
aprire gli occhi e imprecare per quel brusco risveglio.
Non so quanto tempo rimasi la sotto, aggrappata a lui,a un certo punto smisi anche di scuoterlo,
solo l’acqua scorreva, portandosi via le mie lacrime.
Lacrime inutili.
Era inutile che piangessi, ma non riuscivo a smettere, poi
sentii un leggero movimento accanto a me.
Era lui.
“JOOOO!”
Era intontito, lo aiutai a tirarsi in piedi ancora con lacrime
agli occhi.
“Così è successo?”
“è successo che sei un coglione!”
Mi buttai addosso a lui e lo abbracciai, affondando la testa
nel suo petto, lui rispose impacciato ed ancora vagamente incredulo, non si
rendeva nemmeno conto di quello che aveva rischiato quella notte.
Ero contenta che fosse vivo ma consapevole dei miei errori, non
potevo continuare a così.
Non più.
Non avrei retto a un’altra notte come quella, a un’ altra ansia
del genere e non volevo nemmeno pensare a cosa sarebbe successo se non fossi
arrivata.
Ci trascinammo fuori da quel box doccia, ci vestimmo , lui
divorò un altro piatto di pasta mentre io lo guardavo per imprimermi nella
mente quelle immagini familiari a cui aggrapparmi nei momenti duri che
sarebbero arrivati in seguito.
Sapevo che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui ci
saremmo visti da amici, quello che avevo intenzione di fare mi avrebbe fatto
odiare, ma se fosse servito a salvarlo non me ne importava nulla.
Il giorno dopo avrei parlato con i suoi,erano gli unici in
grado di fare concretamente qualcosa, quella notte sarebbe stato il nostro
arrivederci.
Quella notte fui io ad invitarlo a dormire con me,si addormentò
subito,abbracciato a me sorridendo, io mi limitavo a guardarlo, accarezzarlo e
a scusarmi mentalmente con lui.
-Perdonami, ma l’infame la faccio per aiutarti…-
Quel che successe dopo fu prevedibile, i suoi sclerarono, Jo si arrabbiò e mi vomitò addosso le accuse
più disparate che io subii in silenzio.
“Sarai Contenta! Adesso i miei mi schiaffano in una clinica per
ricconi drogati in America!”
Non ero felice, ma sapevo che quella era l’unica soluzione.
Alì aveva avuto ragione, se non avessi fatto così Jo avrebbe
finito per trascinare anche me con lui e se fossi crollata io, nessuno di noi
si sarebbe salvato.
L’aveva capito anche lui, ma era troppo arrabbiato e ferito per
accettarlo senza insultarmi.
“Cazzo fra! Sei una stronza!
Stronza doppia!
Chissà quanto avrai riso alle mie spalle visto che è stato il
tuo amato David a passarmi quella merda!!”
Rimasi paralizzata, lui rise e mi spintonòfuori da casa sua impietoso, sbattendo
violentemente la porta.
“VAFFANCULOO!”
Fu l’ultima cosa che mi disse prima di partire, mentre io ero
in trance davanti a quella porta chiusa, con la lacrime agli occhi.
Stavo pagando per tutti i miei errori, sarebbero passati mesi
prima di risentire di nuovo quella voce allegra che adoravo.
Mesi .
[Offendimi,
se odiare è un crimine il prezzo è uguale e fa male(*)]
Rimasi a lungo in quello stato, incurante dei condomini che
dopo avermi indicato scuotevano la testa, come davanti a una pazza, non mi
importava.
Elaboravo a modo mio uno shock,quando mi ripresi ero in preda a
una rabbia feroce verso il mio ragazzo.
Lui mi aveva ingannata, mi aveva in un certo senso tradita.
Volevo fargliela pagare, non mi rendevo nemmeno conto che
dietro tutto questo c’era Farid perché ormai era Dave che odiavo.
La Francesca ingenua di allora credeva che fosse stato lui a
rubarle l’amico e non poteva perdonarlo, non in quel momento in cui si sentiva
ferita e vulnerabile.
Per arrivare a capire come fossero andate veramente le cose e
di conseguenza riconciliarmi con lui almeno come amico ci sarebbero voluti
anni.
Quel pomeriggio sfrecciai verso il mio quartiere, senza
fermarmi , fino a che non trovai Dave e gli altri, in
cerchio per il rito della cannetta collettiva.
Lui capì dalla mia faccia che era successo qualcosa, così
lasciò i suoi amici con un cenno e mi raggiunse preoccupato.
“Cosa è successo?”
“è successo che tu sei uno stronzo! Ecco cosa è successo!”
“Perché Fra?”
“Perché? Perché hai venduto della roba a Jo, al mio migliore
amico, cazzo!
Dopo tutto quello che ti ho detto su di lui, dopo che ti avevo
detto che ero preoccupata per lui!!”
Abbassò gli occhi.
“Non è come credi…”
Provò ad accarezzarmi una guancia, lo bloccai furiosa.
“Vaffanculo! Non voglio più vederti!”
Corsi via in lacrime, lui rimase a guardarmi, avrebbe voluto
dirmi che era stato Fari a dirgli di fare quella consegna senza accennare a chi
fosse il cliente, avrebbe voluto scusarsi forse, ma io non gliene diedi il
tempo.
Quella corsa avrebbe voluto essere una fuga dalla mia vita che
odiavo, avrei voluto prendere il primo treno ed andarmene via, per un attimo
presi perfino in considerazione l’idea di andare da Alì per un po’.
Ci rinunciai, ero sconfitta.
Senza amici, senza un ragazzo, ero di nuovo condannata
all’inferno.
[Illumina
annulla le paure oh luna nulla è uguale(*) ]
L’inferno.
Una volta avevo sentito
un detto che recitava più o meno così, che chi avesse vissuto abbastanza
l’inferno su questa terra si sarebbe guadagnato sicuramente il paradiso.
Non sapeva se fosse
veroo no, ma se lo fosse statouna parte di paradiso se l’era già guadagnata
in quell’ultimo anno.
Era innegabile che la
vita gli avesse concesso tanto, ma in cambio aveva preteso tanto allo stesso
modo, una parte importante di loro stessi, come nelle vecchie leggende dei
patti con il diavolo.
Essere in tour era
esaltante, molto bello ma anche molto faticoso, così come subire le
manifestazioni di affetto delle fans, perché ciò li
costringeva a ridurre al minimo la loro vita privata.
Spesso aveva notato come
suo fratello fosse stanco o bisognoso di un attimo di pace che lo steccasse da
tutto, ma non ci aveva dato peso, succedeva a tutti loro.
Era il prezzo da pagare
per essere riusciti a realizzare il loro sogno e anche se a volte risultava un
po’ oneroso, in passato erano sempre riusciti a reggerlo.
Lui era riuscito a
reggerlo.
Qualcosa doveva essere
cambiato nell’ultimo anno, qualcosa doveva essersi incrinato.
Più ci riflettevamentre guidava per le vie di Berlino e più
era certo che semplicemente suo fratello avesse raggiunto il limite di
sopportazione per quella vita e che si fosse tragicamente reso conto che non
c’era nessuno chepotesse aiutarlo.
Lui, i suoi amici
potevano sostenerlo, ma non potevano vivere la vita al suo posto quando essa
richiedeva troppo da lui e così si era rifugiato in quella roba.
Avrebbe dovuto notare che
girava gente strana attorno a lui e che Bill stesso era strano, ma con tutte le
cose che avrebbe dovuto fare o notare avrebbe potuto costruirci una casa
immaginaria, la realtà dei fatti era che lui aveva preferito ignorare tutto
perché era più facile così.
[Muore
l'idea di me che c'è nella tua mente
Perciò è meglio che tu non pensi a niente
Mentre ti uccido l'anima(**) ] Quei ragazzi e quelle
ragazze non erano gente dello staff, non avrebbero dovuto essere lì e non
sembravano il genere di compagnia che il fratello potesse gradire, eppure Bill
li proteggeva,
Impediva ai bodyguards di allontanarli, allo stesso tempo non dava
spiegazioni riguardo alla loro presenza quando Tom gliele aveva chieste.
“Chi sono Bill?”
“Fatti i cazzi tuoi! Io
non ti chiedo chi siano le tue puttane.”
A quella risposta acida
chinava invariabilmente il capo e lasciava perdere, si sentiva disarmato
davanti a lui.
Erano risposte inconsuete
per il fratello, ma credeva che fosse una crisi passeggera dovuta allo stress,
alla pressioneche avvertiva su di lui,
preferiva allontanare da sé la sensazione di innaturalità
che gli davano.
Non era pronto ad
accettare una spiegazione diversa dagli sbalzi d’umore, non ancora.
La verità l’avrebbe poi
colpito con la forza devastante di un fulmine quando meno se lo aspettava,
quando credeva andasse tutto relativamentebene.
Non era mai stata sua
abitudine spiare suo fratello, quello era stato un caso, aveva bussato più
volte alla porta del bagno del loro appartamento senza ottenere risposta e
trovandola chiusa a chiave e con la luce accesa.
Doveva esserci Bill
all’interno, solo non capiva perché si fosse barricato la dentro, inoltre
Tomaveva bisogno di recuperare il
cappellino che si era dimenticato dentro per poter uscire.
Era rimasto incerto sul
da farsi, poi si era ricordato che per uno strano caso del destino la chiave
della sua camera riusciva ad aprire anche il bagno ed era corso a prenderla,
imprecando contro il fratello.
Per molto tempo dopo
aveva pensato che avrebbe preferito uscire senza cappello e venire sbranato da
un branco di oche che vedere quello che aveva visto.
In ogni caso aveva
infilato la chiave nella toppa e l’aveva girata molto lentamente, poi la porta
si era aperta lasciando intravedere il fratello chino sul lavandino davanti a
due strisce di polvere bianca.
Cocaina.
E tutto era diventato
chiaro nella sua mente, come un puzzle improvvisamente ricomposto, ecco il
perché di quella strana gente degli sbalzi d’umore che portavano il fratello da
stati di cupa apatia all’iperattività.
Era rimasto paralizzato,
senza nemmeno la forza di muovere un muscolo, a guardarlo, come se fosse caduto
in trance.
Perché?
Solo questo riusciva a
chiedersi senza trovare nessuna risposta.
All’improvviso la voce
gli era tornata,mentre suo fratello si stava alzando, aveva urlato con tutta la
sua rabbia.
“CHECAZZO STAI FACENDO?”
Il fratello si voltò a
guardarlo con un espressione vagamente divertita, lui era entrato nel locale
l’aveva scosso per le spalle fragili.
Si era fermato alla sua
risata, lunga, divertita e derisoria, assolutamente non da lui.
Le braccia gli erano
ricadute contro il corpo, era di nuovo svuotato di qualsiasi energia, la
persona che gli stava davanti non sembrava più nemmeno Bill.
“Perché ti sei fermato,
fratellino ?
Ti faccio paura?
TI faccio s c h i f o?”
Rimase in silenzio, non
sapeva cosa replicare, non gli faceva schifo, solo pena e se provava paura era
solo per Bill stesso che si era ridotto in quel modo.
“Non mi rispondi?
Te ne accorgi solo adesso
che sto male?
Dov’eri prima?
Eri troppo preso dalla
tua vita per pensare a me, al fatto che non reggessi più e visto che non c’eri
ho pensato di aiutarmi da solo.
Questo e quanto, ti ho
liberato da una seccatura.
Non sei felice?”
[Questa è la mia vita, questa è la mia famiglia.
Sei contento adesso?
Ho appagato la tua curiosità?”]
Non era per niente
contento, si sarebbe preso a schiaffi mille volte per tutte le volte in cui era
stato egoista o assente, ma era certo che non sarebbe servito a nulla, non
poteva tornare indietro, ma poteva aiutare suo fratello.
Avrebbe voluto dirglielo,
ma lui non c’era più, era uscito di casa sbattendo la porta.
[Mentre ti
uccido
Mentre ti uccido l'anima
Proprio come tutto il resto ha fatto già(**) ] Quella era stato il primo litigio, la
rivelazione e l’aveva lasciato annichilito.
Senza sapere perché era
andato in camera del fratello, forse sperava di trovarci qualcosa che lo
aiutasse a capire perché fosse successo, ma tutto ciò che aveva trovato era
stato il solito caos.
Non erano mai stati
ordinati, ma Bill era andato fuori controllo nell’ultimo periodo, un’altra
delle cose che non aveva notato.
Mosse qualche passo nella
stanza e si accorse di qualcosa sulla scrivania che era in un angolo
relativamente sgombro, come se fosse stato tenuto volutamente più libero degli
altri.
Era un vecchio album di
fotografie, forse Bill l’aveva sfogliato per ricordarsi del passato, di com’era
bella vita prima che il Successo arrivasse a incasinargliela, decise di
prenderlo in mano e una foto uscì.
Svolazzò pigramente per
qualche secondo prima di cadere a terra, lui la raccolse e la guardò sorpreso.
Francesca.
Francesca e Bill.
Erano abbracciati in una
vecchia foto del 2005.
Guardare quella foto gli
fece un effetto strano, fu come un pugno nello stomaco che lo riportò ai tempi
in cui suo fratello era felice e in cui lui era felice.
Aveva percorso tanta
strada da allora, ma forse non era migliorato, se non si era accorto che suo
fratello stava così male da cercare conforto in quella roba.
Gli ritornarono in mente
tutte le volte che altre volte aveva ignorato Bill volutamente per dare ascolto
solo a se stesso, quella ragazza ne era la prova vivente.
Un sacco di volte suo
fratello gli aveva detto di chiamarla senza ottenere risultati e luinon l’aveva fatto credendo di fare la cosa
migliore, così come non aveva fatto domande al fratello credendo fosse meglio
non opprimerlo.
Aveva sbagliato in
entrambi i casi.
[I geniali
progetti che sono tutti uguali
Ed i geniali discorsi diventano banali(**) ] Se avesse dato ascolto a
Bill forse quella nanerottola si sarebbe accorta che lui stava esagerando con i
suoi atteggiamenti, nessuno come lei sapeva rimetterlo al suo posto, e
l’avrebbe obbligato a fare qualcosa per Bill.
Idiota.
Si alzò di scatto, prese
un block notes dall’ammasso di roba che si trovava sulla scrivania del gemello,
dubitava che se ne sarebbe accorto in quel caos e si diresse in cucina.
Aveva riempito di getto
quei fogli che sarebbero diventate la prima delle tante lettere che gli avrebbe
mandato, scrivendoci di tutto, spiegando com’era la sua vita, scusandosi per
tutto quello che aveva fatto e soprattutto non fatto e soprattutto parlandogli
di Lui.
Dei suoi problemi, di
come fosse cambiato, manon aveva avuto
il coraggio di parlare di quella roba.
Nemmeno adesso sapeva
dire cosa l’avesse spinto a farlo, forse solo il bisogno di sfogarsi, visto che
ultimamente i rapporti con Georg e Gustav erano ridotti al minimo
indispensabile per non far crollare la band.
Altro errore.
Sbuffò, forse voleva solo
qualcuno che lo trattasse come meritava, che lo cazziasse
e poi gli tendesse una mano, se non per aiutare lui per aiutare Bill.
Voleva Fay perché era certo che l’avrebbe fatto, almeno per suo
fratello.
Parcheggiò davanti a un
caseggiato popolare, tra poco l’avrebbe vista e le avrebbe parlato e l’epilogo
a quella faccenda iniziata anni prima sarebbe arrivato.
Non sapeva cosa sarebbe
successo, forse l’avrebbe ascoltato o forse l’avrebbe buttato fuori casa e
basta, ma almeno ci avrebbe provato.
Per Bill e per se stesso.
[Ma la
cosa più strana della nostra vita
E' che scivola fra le nostre dita
Mentre ci uccide l'anima(**)]
L’inferno…
Non so se esista un inferno dopo la morte, ma se c’è credo sia
molto simile a quello che ho vissuto io dopo la partenza di Jo, me lo dico
mentre noto che la pioggia non accenna a smettere e io sono senza ombrello.
Accidenti.
Non era mai stato facile per me stare a Berlino, ma con Jo
riuscivo a farlo, quindi una volta sparito lui era come se parte della mia
voglia di vivere se ne fosse andata insieme a quell’adorabile zucca vuota
bionda.
Jo era lontano, forse non mi avrebbe rivolto mai più la parola.
Loro erano lontani.
Lui era lontano ed era un gigantesco punto di domanda come Josh.
Dave era fuori dalla mia vita.
Cosa potevo fare io?
[Cerca e
troverai spegniti e vedrai
per adesso ti hanno perso Tutto quel che sai Sopravviverai(***) ] Mi sentivo apatica, stanca, trascorrevo la maggior parte delle
giornate sdraiata a letto guardando il muro e facendo preoccupare Luca.
Trascorsi i rimanenti mesi di scuola in uno stato di apatia,
cercando di scansare la banda di Fari che mi era ostile e quelli che una volta
conosciuta lamia cosiddetta overdose
tentavano di trascinarmi nel lorogruppo
di cannaoioli.
Ero strana, ero una punk, ascoltavo musica non
commerciale,la maggior parte italiana,
ma non volevo diventare come loro.
Non volevo un’altra etichetta addosso, un’altra prigione che mi
soffocasse.
Le droghe non avevano fatto altro che portarmi guai, rubandomi
possibilitàdi cambiare qualcosa nella
mia vita e la gente a cui tenevo eppure…
Eppure c’erano sere in cui vergognandomi come una ladra cercavo
uno degli amici del mio ex e mi facevo vendere un po’ di fumo.
Non so cosa cercassi, forse solo un po’ di oblio, qualsiasi
cosa fosse non la trovai.
La pace non potevo raggiungerla così, non facevo altro che fare
brutti trip che mi lasciavano stordita, credo che persino Gustav che era quello
che di lorosentivo più
assiduamentefosse preoccupato per me.
Passò anche quel periodo, lasciandomi altri lividi addosso,
metaforici e non, ma finì
Ero riuscita a non rimanere sotto, forse ero forte dopotutto.
A maggio di quell’anno avevo capito una cosa:che me ne sarei
andata dalla Germania per tornare in Italia, non sapevo bene dove, la Sicilia
era esclusa, ne a fare cosa, ma avevo tutta l’estate per pensarci e per
raccogliere i soldi e anche tutto il successivo anno scolastico.
Quell’anno accolsi la fine della scuola come una benedizione,
per tre mesi buoni non avrei più rivisto nessuno di quei finti alternativi che
si atteggiavano a poveracci e decadenti con il papi ricco che pagava i loro
sfizi, ne i professori, ne i bidelli.
Ero esasperata.
Al suono della campanella schizzai via senza salutare nessuno
in particolare e feci il giro delle biblioteche per affiggere nelle loro
bacheche un foglio in cui mi davo disponibile per aiutare i bambini e i
ragazzini a fare i compiti e un altro in cui mi offrivo come dog-sitter.
Dopo qualche giorno iniziarono a chiamare, organizzai gli
impegni, pregando che mia madre non sospettasse niente, ero certa che m avrebbe
piantato delle grane.
I bambini erano contenti di me, con due fratelli sapevo come
trattarli e come impormi senza risultare una dittatrice, in quanto alle madri
mi apprezzavano i primi tempi e basta.
Una volta scoperto dove vivessi, chi avessi frequentavoe che passato avessi storcevano il naso,
iniziavano a essere diffidenti e finivano per dirmi che preferivano essere loro
a far svolgere i compiti ai figli.
Ipocrite.
Fortunatamente come dog-sitter
funzionavano e nuove madri mi chiamavano.
Sembrava andare tutto alla grande, finchè
mia madre non scoprì tutto.
Una sera arrivò a casa più arrabbiata del solito, non ci diedi
molto peso, al lavoro trovava sempre qualcuno che era incompetente, idiota o
qualcos’altro e quando era con noi si sfogava.
Notai che mi guardava, era in arrivo una sfuriata
probabilmente, così mi preparai mentalmente.
“Francesca!”
“Si.”
“Ho saputo che lavori. Consegnami i soldi.”
“No.”
“Ti ho mantenuto per diciotto anni senza pretendere nulla, è
mio diritto avere quei soldi.”
“Sono maggiorenne, decido io come gestire i soldi che
guadagno.”
“Sei maggiorenne, posso buttarti fuori casa!!”
Non sapevo come replicare, non volevo darle i frutti sudati del
mio lavoro,tuttavia ero certa che se non l’avessi fatto avrebbe messo in pratica
la sua minaccia, mia madre non era una donna che aprisse la bocca solo per
darle aria.
Era una di quelle persone che mantengono ciò che promettono o
minacciano a seconda dei casi, senza fermarsi davanti a nulla, incuranti del
dolore che avrebbero potuto provocare, solo per appagare il loro orgoglio e il
loro egoismo.
Ero in un vicolo cieco.
Fu Andrea a salvarmi, sentendo mia madre che ipotizzava di
sbattermifuori casa scoppiò a piangere
e l’unico modo per calmarlo risultò essere la promessa che almeno fino alla
fine del liceo avrei vissuto ancora in quella casa.
“No tesoro, stai calmo!
Francesca rimarrà con noi fino a quando vorrà lei.”
Guardò me.
“Con la metà dei soldi che guadagna le prenderò i libri di
scuola dell’anno prossimo“
Era un compromesso, il massimo che avrei potuto ottenere da
lei, così mi rassegnai e le consegnai metà di quello che avevo guadagnato.
Qualche giorno dopo venne a trovarmi Gustav, forse per
sincerarsi che stessi bene, forse perché era quello che teneve
di più a me tra tutti i miei lontani.
Mi raggiunse al parco dove mi stavo facendo trascinare da tre
cani e vedendomi scoppiò a ridere, doveva essere piuttosto assurdo vedere una
ragazzina ossuta, con delle meches verde acidotra i capelli ondulati, con dei jeans
cortissimi e stracciati, una canottiera a righetagliuzzata e soprattutto con gli anfibi visto che eravamo quasi a
luglio.
“Fraaa! Ma come sei messa?”
Mi voltai di scatto.
“Guuustav?!”
Mi sarei lanciata ad abbracciarlo se solo uno dei cani, un
alano per la precisione, non si fosse messo a correre dall’altra parte,
portandomi con sé, il biondo fu costretto a rincorrermi.
Una volta fermata la bestia, gli chiesi dove fossero gli altri
due.
“Georg è da sua madre, sta passando un periodo un po’ così e
Bill è a casa malato.”
“Ancora?”
Mi guardò perplesso.
“L’ho sentito settimana scorsa e mi ha detto che era malato.”
Avrei voluto chiederglialtro mi ero resa conto che non mi stava dicendo tutta la verità, ma la
sua domanda mi tolse le parole di bocca.
“Come va?”
Rimasi in silenzio.
“Jo è in America per disintossicarsi, io arranco come al
solito.
Faccio due lavori per avere il grano per andarmene appena do
quei cazzo di esami di maturità, ma mia madre mi ha scoperto e mi ha fatto
consegnare metà dei soldi.
Una meraviglia.”
Continuammo a parlare di Jo e di tutto quello che gli era
successo, più che altro io finii per piangere sulla spalla di Gustav e non
chiesi più nulla dei malori di Bill.
Quell’estate finì troppo presto per i miei gusti, a settembre
non avevo raccolto che metà dei soldi che mi servivano per la mia partenza e
trasferimento In Italia, ero nei guai.
Il due settembre rividi Bill per il suo compleanno, era più
magro di quando me lo ricordassi e più pallido, ma tutto sommato lo trovai
bene,
Era sempre il solito ragazzo adorabilmente impiccione che avevo
incontrato nei primi tempi in Germania e che mi avevaaiutato notevolmente a inserirmi.
“Ehi, ma mangi?”
“Perché Fra?”
“Sei troppo magro!”
Gli strizzai la pelle del braccio, lui se la massaggiò indispettito.
“Ahia scema!”
“Scusa! Come posso fare a farmi perdonare?”
“Dammi un bacio, eretica!”
Scoppiai a ridere e lo guardai perplessa.
“E dove scusa?”
“Sulla guancia, però se vuoi anche sulla…”
“Guancia Kaulitz. Non ti allargare
troppo.”
Lo baciai sulla guancia, lui arrossì, ancora una volta forse
voleva dirmi qualcosae forse ancora una
volta gli mancò il coraggio.
Io non ci feci caso, stavo pensando ai miei problemi,
precisamente a come raccogliere i soldi e a che lavoro avrei potuto fare dopo
la scuola, senza che mia madre mi sgamasse.
Alla fine, per una sorta di ironia del destino, finii per
lavorare al bar tabacchi del padre della persona che più odiavo al mondo, e
cheavevo scoperto aveva tentato di
rovinare la vita a Jo, Farid.
Fu un periodo duro,che
coronò con l’intervento alle corde di Bill a marzo del 2008, quella fu la
ciliegina sulla torta perché dopo quello che successe i contatti con lui
diminuirono fino a sparire.
Non sono mai stata diplomatica e allora come oggi non avevo
esperienza con i ragazzi, nessuno mi aveva mai considerata e quindi non avevo
mai respinto nessuno.
In ogni caso, quando Gustav mi avvisò scatenai il finimondo a
casa pur di andarlo a trovare, mia madre voleva impedirmelo a tutti costi
detestando entrambi i gemelli, io la spuntai.
Arrivai in una costosa clinica spaesata e ansiosa, temevo che
con il mio aspetto non mi avrebbero fatto nemmeno entrare, ma mi sbagliavo.
Alla reception furono tutti piuttosto gentili, così come le
infermiere del reparto, probabilmente Gustav aveva avvisato che sarei arrivata
e di non preoccuparsi se una ragazza con l’aspetto da barbona chiedeva del
famoso Bill Kaulitz.
Era sdraiato a letto, stava guardando la tv discretamente
annoiato.
“Ehi debosciato!”
Si illuminò non appena mi videe mi fece segno di sedermi sul letto, io eseguii gli ordini sorridendo,
mi era mancato una cifra.
“Che bello vederti! Come stai? L’infermiera dice che non devo parlare….”
Gli accarezzai i capelli ridacchiando.
“Hai appena subito un intervento alle corde vocali, stordito!”
Si imbronciò.
“Perché mi insulti sempre?”
“Perché ti voglio bene, cucciolo.”
Arrossi di botto e mi guardò dritto negli occhi.
“Tu mi piaci, Francesca.”
Spalancai gli occhi, lui fece per baciarmi, ma lo scansai, lui
abbassò gli occhi ferito, io…
Io non sapevo cosa fare, mi sentivo triste, non avrei voluto
ferirlo, ma non immaginavo minimamente che lui si fosse preso una cotta per me.
“MIdispiace….ma…”
“Io non ti piaccio, vero?
Pensi che io sia un’idiota?”
“No!”
Gli presi le mani.
“Sei una delle persone più importanti della mia vita, ti devo
tantissimo.
Ti voglio molto bene, ma sei solo un amico purtroppo e io non
volevo ferirti.
Scusami…io…”
Mi mise un dito sulle labbra.
“Ok, ho capito.
Dispiace anche a me.
Pensi ancora a mio fratello?”
“Io non lo so.”
Ero confusa, lui fece un sorriso amaro.
L’avevo ferito.
Avevo ferito un’altra delle persone a cui tenevo, avrei voluto
sparire, mi veniva da piangere ed ero certa che anche lui fosse nelle mie
stesse condizioni.
“Se vuoi me ne vado…”
Mi ero già alzata, quando lui mi afferrò per un polso e mi fece
risedere.
“No, rimani….per favore!”
Sorrisi triste.
“Abbracciami Fra…è dura tirare
avanti.”
“Lo so.”
Mi stesi accanto a lui e lo abbracciai.
“MI dispiace.
Davvero, vorrei che fosse tutto diverso.”
“Anch’io”
Rimanemmo in silenzio,io lo abbracciavo e sentivo che stavo solo facendogli più male.
Ero solo una dannata egoista.
“Per favore, non sparire….”
“Ci proverò ….”
Si addormentò accoccolato a me, fino a che non arrivò
un’infermiera a dirmi che l’orario di visite era finito e che dovevo andarmene.
Lo scostai delicatamente da me per non svegliarlo, ma fallii
nel mio intento, mi ritrovai i suoi occhi tristi puntati addosso.
“Devo andarmene.”
“Lo so.”
“MI dispiace.
MI mancherai e…guarisci…spaccalitutti…
Io ho fatto solo danni.”
Mi fece un ultimo sorriso triste, agitò la mano eio uscii da quella porta con le lacrime agli
occhi, le sento pungere ancora oggi.
Per quel che può valere non avrei voluto che finisse così.
[Wheredid I go wrong, I lost a friend Somewherealong in the bitterness
And I wouldhavestayed up withyouall night Had I knownhowtosave
a life (****)]
Era davanti alla porta
dell’appartamento dei Girardi senza sapere cosa fare,
il coraggio di poco prima era del tutto sparito, forse stava solo perdendo
tempo, sarebbe stato più giusto tornare da Bill e parlargli.
Sospirò.
No, non avrebbe
funzionato parlare con suo fratello.
Era un copione che si era
ripetuto troppe volte oramai e che aveva dolorosamente imparato a memoria.
Periodicamente suo
fratello lo supplicava di perdonarlo ed aiutarlo, voleva smettere con quella
roba, ma da solo non ce l’avrebbe fatta così chiedeva al suo adorato Tomi.
Le prime volte lui gli
aveva creduto, aveva fatto frugato tra le cose del gemello e fatto sparire la
sua scorta di polvere bianca, dato disposizioni alla sorveglianza perché nessun
estraneo entrasse nel backstage dei concerti e negli alberghi, soprattutto
quelli che si proclamavano amici di Bill.
Il moro lo ringraziava,
giurava che si sarebbe ripulito e lui gli credeva.
Quella pace durava un
giorno o due, poi Bill iniziava a essere inquieto e a scattare per un nonnulla,
finiva per scappare a rimediare una dose, mentre lui si sentiva impotente e
preso in giro.
Non riusciva ad aiutarlo
per quanto volesse, era frustrato e allora scoppiavano le liti, violente,
distruttive che non risolvevano nulla e che inasprivano il clima.
Teneva distanza anche
Georg e Gustav, voleva farcela da solo.
E non ci riusciva.
La volta dopo era ancora
uguale, pentimento, pace, lite.
Pentimento, pace, lite.
Fino all’ultima lite,
quella aveva segnato una rottura, lui non ce l’aveva più fatta a reggere ed ora
eccolo qui a guardare una porta chiusa, codardo fino in fondo.
“La vuoi aprire quella porta o aspetti che si
apra per magia?”
Si voltò, Luca Girardi era davanti a lui, sei anni dopo il bambino tosto
era diventato un sedicenne alto e magro, con una cresta di capelli neri e
disordinati e lo sguardo penetrante della sorella.
Fay.
“Luca?”
“No babbo natale, Tom Kaulitz! Che vuoi?”
“Come siamo gentili…”
“Tu hai fatto del male a
Frankie, non ho nessun motivo per stendere un tappeto rosso per il tuo arrivo.”
“Io non volevo…”
“Troppo comodo. È come se
le avessi fatto una promessa e l’hai infranta senza nemmeno rendertene conto.
Mia sorella è diversa
dalle altre ragazze che conosci.”
“Lo so e …vorrei parlarle.”
“Meglio tardi che mai, ma
ti è andata male.
Non abita più qui.”
“Cosa?”
“Non abita più qui, se ne
è a n d a t a!”
Scandì con cura l’ultima
parola.
“Ecco perché non
rispondeva alle mie lettere….”
“Già…”
“Tu lo sapevi e non le
hai detto nulla?!”
“Stai calmo, le ho
scoperte l’altro ieri frugando tra la roba di mia madre.
Avevo bisogno di soldi e
invece ho trovato loro.
Non sapevo cosa fare, mia
sorella ci è rimasta molto male per come ti sei comportato e non volevo farla
soffrire ancora, così le ho lette per decidere meglio.”
“Le hai lette?”
Iniziava a sentirsi
irritato, quel ragazzino aveva letto le sue confessioni più intime per poterlo
giudicare meglio.
“è mia sorella, Tom. Non
mi diverto a leggere le lettere degli altri, ma la devo proteggere capisci?
Non ha avuto una vita
bella come si sarebbe meritata.”
“Lo so.”
“Gliele avrei mandate
comunque, era giusto che leleggesse, ma
tu sei arrivato prima.”
“posso avere
l’indirizzo?”
“Non lo so. Tu cosa vuoi
da lei?
Hai bisogni di una
barella e basta?”
“Io…io
non lo so.
Sono confuso, mio
fratello sta male e io non so più come aiutarlo.
Lui e Fayer…”
“Fay?”
“Francesca! Erano amici e
mi chiedevo se lei avesse potuto aiutarlo, visto che io ho fallito e non so
come fare.
Lei è sempre stata più
brava di me in queste cose.”
“E tu cosa vuoi da lei?”
“Io? Io vorrei almeno
scusarmi e so che non vale un cazzo.”
Il ragazzino lo guardò a
lungo negli occhi, poi mormorò :”Siete più simili di quanto crediate…l’orgoglio
vi seppellirà…”
La sua voce tornò
normale.
“Hai vinto, sta a
Venezia.
Entra che ti do
l’indirizzo.”
Entrarono insieme in quel
vecchio appartamento, il ragazzo prese un foglio di carta e scribacchiò un
indirizzo, poi glielo porse.
“Se non sei sicuro….nonilluderla…ha già
perso troppe persone.
È forte, ma non è
indistruttibile!”
Lui annuì e prese il
foglio piegato quattro volte, lo mise in tasca.
“Lo so. Questa volte lo
so e lo terrò a mente.
Grazie Luca. “
“Non farmene pentire.
Ciao “
“Ciao”.
Uscì da
quell’appartamento più triste di quanto era entrato, un’altra persona a cui
aveva voluto bene aveva sofferto a casa sua.
Lo attendeva un altro
viaggio in macchina, avrebbe potuto prendere un aereo e arrivare prima, ma
sentiva di avere bisogno di altro tempo per pensare.
Pensare…
Ecapire.
Il mio turno è finito, finalmente.
Piove e sono senza ombrello, Sakura non mi offre un passaggio
sotto il suo fino a casa, fila via rapida senza salutarmi, ma anche se lo
facesse non lo accetterei.
Stasera voglio stare per i fatti miei, voglio finire di
raccontarmi il mio passato.
E l’unica cosa che manca è che Bill non si è più fatto sentire,
non posso biasimarlo, ma allo stesso tempo mi sento tradita.
Sono una contraddizione.
Gustav e Georg li sento ancora,ma li sento…strani.
Non so spiegarlo, ma ho l’impressione che mi stiano nascondendo
qualcosa, non mi stiano raccontando come va davvero la band.
Non so cosa pensare e illogicamente Lui continua a mancarmi.
A volte credo che sia come una ferita aperta, nascosta, ignorata
ma che continua a fare male.
[Ovunque
guardi no,non posso più scappare
Ovunque inciampo no,non chiedermi perchè
Mi trovo a riderci oppure a bestemmiare
Questa ferita aperta continua a fare male ancora(*****)]
A volte vorrei averlo davanti agli occhi e urlargli la mia
rabbia, Jo dice che mi farebbe bene e che dovrei essere io a chiamarlo.
Io credo sia inutile, sono passati anni, mi avrà dimenticata e
non ne vale la pena.
Cammino, infradiciandomi per bene.
Ha importanza? No.
Casa mia mi appare come un miraggio, non so perché ma rivangare
il mio passato mi ha portato a credere di essere ancora a Berlino.
Povera me.
All’improvviso mi fermo, una figura staziona davanti al
portone, se fossi un’eroina romantica sverrei, io invece mi limito a sgranare gli
occhi e a sperare in un’ allucinazione.
La figura è alta e infagottata in abiti grandi il doppio della
sua taglia, se non fosse che è impossibile e contro ogni legge della natura,
giurerei che è una certa figura del mio passato.
Mi avvicino titubante, sono certa che sia lui, ma spero di
sbagliarmi.
Mi vede, tira giù il cappuccio che gli copre la testa.
È lui e io mi perdo in quegli occhi, come una vera cretina che
non ha ancora fatto i conti con il passato.
Tom.
[E vedo
te, io e te, niente conta e crolla, crolla
E vedo te, io e te, niente conta in fondo(*)]
ANGOLO DI LAYLA.
E siamo
arrivati alla seconda parte della botta sui denti, spero vi piaccia ^_^
I capitoli
che seguiranno questo non sono chiarissimi nella mia testa, ma si chiariranno
mentre scrivo…spero.
Spero di
non farvi aspettare troppo.
Passiamo
alle canzoni:
(*)”Luna” Verdena
(**)”Pop
(una canzone pop)”Afterhours
(***)”Il compleannodi Andrea” Afterhours
(****)”How to save a life” The Fray
(*****)”Liquido”Shandon
Passiamo alle recensioni ^_^
HAnaturner:Grazie
cara XD! Jo è troppo carino, non dovrei dirlo (sono l’autrice) ma è uno dei
personaggi che adoro di più.
Ihihihi…Su Tom non so cosa dirti, spero che questo capitolo renda più
chiaro, nyaaa!!!
E spero che ti piaccia!
Forza con gli esami, lunedì sei libeeeraa!
Ciaoo
_Pulse_:Grazie ^^!Sono contenta che ti piaccia, io ero del tutto
incerta su questo capitolo.
Come al solito ihihihi.
Spero che questo ti piaccia e, lo dico per te, non ti
conviene prendermi ad esempio XD!
Ciao.
Big Angel Dark: Sono contenta che
ti piaccia e spero che Fra continuerà stupirti…le
insegnerò anche un paio di trucchi da prestigiatore finiti i colpi di scena XD.
Si, ok…me ne vado…
Degah: Grazie dei complimenti. Per l’operazione di Bill,
premettendo che non li seguo da molto e non sono comunque una fan esaltata, mi
pare di ricordare che nel 2008 ha subito un’operazione alle corde vocale e che
per questo sono state rimandate della date del tour, anche in Italia, a marzo
se non mi sbaglio.
In ogni caso spero che con questo capitolo sia più chiaro.
Grazie.
Ciaoo ^^.
Evnychibi:Grazie, sono molto contenta che ti piaccia^^. Per gli aggiornamenti…Una volta riuscivo ad aggiornare tutti i
giorni, adesso mi è impossibile, ma cerco di aggiornare almeno una vola alla
settimana (Bel salto XD).
Spero che ti piaccia anche questo capitolo.
Ciaooo.
Black
Down TH: più che al lieto fine ci avviciniamo alla fine e basta… Anche a me dispiace per Bill, sembra che in tutte le
mie fiction uno di questi quattro poveretti verrà colpito da disgrazie varie ,
sfighe e maledizioni….
E Gustav…è il miglioreXD.
Spero che questo capitolo ti piaccia…e
per msn, dispiac anche a
me, ma come cantano gli Afterhours”non è per sempre”,
prima o poi torneremo a sentirci ^_^.
Ciao!
Schwarz
Nana:Ecco il nuovo capitolo, anche se mi dispiace colpire
Bill(mi sento una iettatrice =_=) , sono contenta che questo giro di boa ti
piaccia, io non ne ero del tutto convinta.
Non avrebbe dovuto essere così tragica, ma l’idea iniziale
in corso d’opera è risultata…banale.
Il complicare le cose non aiuta nemmeno a me, che a ogni
capitolo ho l’impressione di camminare su un campo minato e di poter esplodere
ogni volta, spero di arrivare alla fine.
Che altro dire?
Nulla. Spero ti piaccia anche questo e prepara i fazzoletti..
Ciao^^.
Lady Cassandra: tranquilla, non c’è
problema per il ritardo. Confesso che aspettavo la tua recensione con un po’
più di ansia rispetto alle altre, perché ci tenevo al tuo parere.
Non ero molto sicura di questa virata tragica, mi sembra anche
adesso un po’ eccessiva.
Che dire…spero che questo capitolo
chiarifichi tutto e spero di riuscire a vedere la fine di questa storia balorda….
Capitolo 10 *** 10)Su come Francesca Girardi abbia seppellito l’ascia di guerra ***
10)) Su come FrancescaGirardi abbia seppellito l’ascia di guerra
Chi l'ha detto che non
devi
innamorarti di una foto
di quel fesso che canticchia
la sua liberta'
Non
posso crederci, sono davanti a lui e ancora lo considero una stramaledetta
allucinazione.
Non
so cosa dire, ne cosa fare, rimango impalata davanti al portone di casa mia,
mentre i passanti mi scansano e si picchiettano l’indice sulla fronte.
No,
veneziani cari, non sono pazza.
Non
lo sono affatto, provate a mettervi nei miei panni, dopo sei anni ho davanti a
me una figura del mio passato che credevo ormai morta e sepolta.
“Ciao…”
Il
fantasma mi parla.
“Come
va?”
Il
fantasma si aspetta una risposta?
“Tu….”
Punto
un indice contro di lui, sfoggiando la mia peggior faccia da psicotica.
“Tu
riappari dopo sei anni di ostinato silenzio.
Dopo
sei anni in cui non ti sei minimamente interessato a me , in cui avrei potuto
essere morta o qualcosa del genere e mi chiedi:”Come va?”?
Come
se ci fossimo visti solo il giorno prima? Ma sei scemo o cosa???
Che
cazzo vuoi?
Vattene!
“
“Fay…”
“Fay un cazzo! Non mi chiamare così!
Hai
perso quel diritto, fammi pensare….SEI ANNI FA!
INFAME!
Vattene!”
“Fammi
spiegare!”
“No,
non ti faccio spiegare niente! Vattene!”
Inizio
a urlare insulti, facendo voltare i rari passanti, lui inizia a preoccuparsi,
si guarda intorno freneticamente forse temendo di essere riconosciuto.
Io
sto andando fuori testa, la rabbia repressa sta uscendo nel modo peggiore, non
riesco a calmarmi per quanto lo voglia.
Lui
si avvicina, mi prende per i polsi, cosa vuole fare?
Credevo
volesse tirarmi una sberla, ma visto che ha le mani occupate, dubito sia così.
Sono
confusa e un po’ spaventata, mi agito ancora dipiù, come se avessi il ballo di San Vito.
“Mollami!”è
il mio ultimo grido isterico, poi lo vedo avvicinarsi sempre più alla mia
faccia, distorta in un ghigno satanico.
Mi
sta baciando, forse per farmi stare zitta e basta, ma prendendomi in
contropiede lo stesso come una quindicenne alla prima esperienza.
Sono
paralizzata, senza capacità motorie, completamente in balia del mio istinto.
Tanto
che quando la sua lingua chiede il permesso, io dischiudo le labbra e lo lascio
fare.
Idiota.
Torno
in me solo quando sento la porta sbattere e realizzo che siamo nell’androne
della casa, mi stacco violentemente e alzo una mano pronta a colpirlo con uno
schiaffo.
Sono
arrabbiata, non può comportarsi così come se avessimo ancora sedici anni e non
ci fossero stati di sei anni di vuoto tra noi.
La
mia mano si paralizza a mezz’aria all’improvviso quando incrocio i suoi occhi,
sono tristi, totalmente diversi da quelli dell’idiota di cui mi ricordavo.
Sono
quelli di un’altra persona, mi ricorda me quando ci siamo incontrati, perché
sono quelli di chi è disperato ma non riesce ad ammettere di avere bisogno di
aiuto.
Abbasso
la mano, invece di schiaffeggiarlo gli accarezzo una guancia.
“Cosa
ti è successo?”Mormoro in italiano.
Lui
sgrana gli occhi, di sicuro non si aspettava una reazione del genere e nemmeno
io a essere sinceri.
Ripigliati
Fra!
Mi
volto di scatto e mi incammino verso le scale.
“Seguimimedusa…
Se
ci tieni tanto a parlare con me, lo faremo a casa mia.
Almeno
avrò il piacere di sbatterti fuori dalla porta.”
“Grazie,
Fay…Fra.”
“Chiamami
pure come preferisci.
Quella
di prima era una crisi isterica e non credo che tu possa biasimarmi per
questo.”
Arriviamo
davanti al mio appartamento, sono ancora furiosa, ma allo stesso tempo decisa a
sentire cosa diavolo abbia da dirmi e anche un po’ curiosa.
Se
saranno solo cazzate almeno mi libererò di lui e del fantasma che rappresenta
per sempre, vomitandogli addosso tutta la mia rabbia e tutto ciò che ho pensato
di lui in questi sei anni.
Siamo
alla resa dei conti e non so come possa finire.
Sono
in conflitto con me stessa, c’è una parte di me che vorrebbe buttargli le
braccia la collo o insultarlo amichevolmente e poi farsi raccontare tutto
quello che è successo, talmente contenta di rivederlo da ignorare come si sia
comportato e un’altra che vorrebbe menarlo e basta senza nemmeno ascoltarlo.
Apro
la porta, spalanco le braccia nella parodia di un benvenuto, lui deglutisce e
muove qualche passo incerto.
Noto
adesso che non ha più i dread, ma delle specie di
treccine nere, inarco un sopracciglio senza dire nulla.
“Carino
qui….”
“Te
l’ho già detto una volta, i salamelecchi non ti vengono bene.
Lascia
perdere.”
Lui
sospira.
“Guarda
che penso veramente che qui sia carino!”
“Si
certo!”
Mi
avvio verso il bagno, lui mi segue perplesso, senza dire una parola gli allungo
un asciugamano e ne prendo uno per me.
“Grazie.”
“Prego.
N on vorrei ti beccassi una polmonite a causa di una come me, cara la mia
superstar.”
Non
replica, prende l’asciugamano in silenzio e si strofina la testa, io lo guardo,
come in attesa di qualcosa.
“Scusa.”
“Scusa
per cosa?
Non
basta una semplice parolina, è troppo facile, voglio LA spiegazione completa.”
“Fay, cazzo non è facile.
Ci
sono molte cose che devo dirti e non so organizzarle.”
“Fai
con calma” mi siedo appoggiandomi al mobiletto del bagno.”Ho tutto il tempo del
mondo.”
Una
grande uscita ad effetto rovinata dal mio stomaco che brontola,lui ridacchia,
io lo fulmino con un’occhiata, lui smette subito.
“Forse
dovresti mangiare prima…”
“E
magari vorresti che ti cucinassi qualcosa?”
“Fay lo so che mi sono comportato da merda, ma dammi due
minuti di tregua.
Mangiamo,
mi ascolti, mi mandi a cagare e non ci vedremo mai più.”
Sbuffo,
mi rialzo e impreco contro il mio stomaco che reclama cibo dopo il lavoro, non
potevo avere una soglia di sopportazione della fame più alta?
“Sei
magra. Mangi?”
“Fatti
i cazzi tuoi, non ho bisogno di una madre, ne basta una a rovinarmi la vita.
Tu
riordina le idee, io cucinerò, visto che sembra non si possa fare
diversamente.”
Marcio
verso la cucina, inizio ad arrangiare la cena con una pasta sciallascialla, alle prese con i miei pensieri, in ansia.
Fuori
dalla finestra, la pioggia cade e fa freddo, forse domani ci sarà l’acqua alta,
io ho i brividi, forse domani avrò il raffreddore .
Dal
bagno non giungono segnali di vita, se non fossi così incredula e furiosa allo
stesso tempo andrei a controllare che non sia morto la dentro invece rimango in
cucina ad alternare il guardare la pasta che cuoce,con il guardare fuori dalla
finestra.
Perché
è tornato?
Anni
fa pregavo per quest’eventualità, adesso non so cosa fare e vorrei che non
fosse mai successo perché non mi sento pronta ad affrontarlo.
Ho
costruito un mio equilibrio e non so se pronta ad accettare che sia sconvolto
di nuovo.
Scuoto
la testa, cercando di scacciare quest’ansia che non mi vedere le cose
chiaramente e mi lancia in un roveto di pensieri contradditori.
Ho
ventidue anni, non sedici, non posso permettermi di comportami come una
ragazzina isterica, me lo dico mentre preparo la tavola.
La
cena è pronta, dal bagno non si affaccia ancora nessuno, così vado a
controllare per scrupolo.
Lo
trovo esattamente dove l’ho lasciato, non si è mosso di un millimetro, la mia
ansia aumenta, indecisa tra due opzioni: mi sta prendendo in giro alla grande,
organizzando una recita da Oscar o è successo un casino di proporzioni epiche.
Che
ha combinato di così grave? In che guai giganteschi e disastrosi si è ficcato?
Se
è così preoccupato è sicuramente nei guai, oppure è Bill a esserlo, ma mi
rifiuto di prendere in considerazione quest’ipotesi, è un ragazzo troppo
assennato lui.
“Ehi,
è pronta la cena.”
“Grazie
Fay.”
Cosa
è successo, eh Medusa?
Mi
segue in sala in silenzio, cosa darei per essere meno orgogliosa ed arrabbiata
e chiedergli cosa gli passi per quella testa.
“Pasta.”
“Si.”
“La
cucinavi bene una volta.”
“Anche
adesso.”
“Vedremo!”
Fa
un sorriso tirato nella parodia di quelli di scherno di una volta,la mia ansia
rischia di esplodere.
Non
è lui, non è più lui.
Ripenso
alle mie conversazioni con i due G e mi chiedo cosa cavolo non mi stiano
dicendo, che segreto terribile sia.
“Vuoi
una birra? Qualcosa?”
“Non
ti preoccupare…”
“Devo
alzarmi per prenderne una anche per me.”
“No
grazie, Francesca.”
Il
mio nome pronunciato per intero da lui suona strano e non fa che agitarmi
ulteriormente.
Il
fantasma porta cattive notizie, ormai ne sono certa, spero solo che non siano
catastrofiche, anche se una sensazione sgradevole alla bocca dello stomaco mi
dice che sarà così.
Dopo sei anni la
ragazzina era diventata unaragazza con
delle meches viola tra i lunghi capelli neried ondulati con gli occhi scuri
eccessivamente truccati di nero eforse
un po’ troppo magra, ma indubbiamenteera bella.
Era come se la
ricordava, un filo più matura, ma sempre tosta e dolce allo stesso tempo, in
grado di passare dalla rabbia alla carezza per poi ritornare sulla difensiva.
Aveva il diritto di
buttarle addosso tutti i suoi problemi?
Si diede del codardo,
doveva farlo per Bill, non per se stesso ma per il fratello.
La Francesca che si
ricordava avrebbe voluto essere informata di cosa fosse successoa suo fratello, qualsiasi cosa fosse successa
tra di loro.
Peccato che lui non
avesse il coraggio di dirle nulla, vederla l’aveva come paralizzato, i suoi buoni
propositi si erano distrutti baciandola.
Voleva farla stare
zitta per paura che qualcuno lo riconoscesse, invece suo malgrado quel bacio
l’aveva preso più di quanto credesse fosse possibile.
I battibecchi poi
l’avevano riportato dritto ai suoi sedici anni, a quando aveva quella
rompiscatole intorno praticamente ogni giorno ed era stato come un pugno nello
stomaco.
Cosa sarebbe successo
se lui non fosse stato così testardo e se lei non fosse stata così testarda?
Probabilmente adesso
non sarebbe stato così complicato, Bill aveva avuto ragione e lo sapeva lui
come lo sapeva lei a giudicare dalla faccia che aveva.
Quella di chi si è
reso conto che per il proprio orgoglio si è chiuso una possibilità che avrebbe
potuto rendere più felici, Luca Girardi non s i era
sbagliato, erano più simili di quanto credessero.
Sospirò.
Anche un’altra persona
aveva avuto ragione:Bill ,le innumerevoli volte che aveva detto che l’orgoglio
l’avrebbe seppellito.
Lo stomaco gli si
strinseabbassò gli occhi e allontanò
impercettibilmente il piatto, lei se ne accorse.
“Non è buona?”
“No…è
perfetta.”
Lei non disse nulla,
forse aveva intuito che non era per la pasta che si era intristito.
Finirono di mangiare
in silenzio, lei sparecchiò e lui tentò vanamente di riordinare le idee, era
tutto troppo fottutamente complicato perché potesse riuscirci con successo.
Si sentiva incerto,
non era nemmeno sicuro fosse giusto essere lì, sarebbe stato meglio se fosse
tornato dal fratello a tentare di ricucire lo strappo.
Errore.
Lo sapeva che se l’avesse
fatto non avrebbe risolto niente, sarebbe ricominciato tutto da capo, ma lui
non aveva voglia di giocare a quel gioco.
Non più.
Non quando in palio
c’era la vita di suo fratello.
Sentì una sedia
muoversi davanti a lui, Fay era tornata a sedersi al tavolo
davanti a lui con le braccia incrociate.
Ci fu un’altra
interminabile pausa di silenzio che lui non seppe riempire adeguatamente, lei
sospirò, si alzò e prese un pacchetto di sigarette dalla borsa arancione
buttata sul divano.
Lo aprì e glielo porse.
“Sigaretta?”
La accettò.
“Grazie.”
“Prego, magari ti
metti a tuo agio.
Posso essere molto
dura, ma non ho mai ammazzato nessuno, non voglio iniziare da te,
Basta un carcerato in
famiglia.”
Gli venne da ridere,
l’ombra di un sorriso apparve sul suo volto, lei sogghignò soddisfatta,
buttando fuori una boccata di fumo.
“Avanti, inizia a
raccontare. E sii sincero.
Odio i bugiardi”
“Non so da dove
partire.”
“Dall’inizio. Da
quando io e te non ci siamo più parlati.”
“Allora…se
la metti così, ti dico che mi dispiace averti ignorata dopo la storia della
terrazza. Non sapevo cosa fare e il silenzio mi sembrava la soluzione migliore.
Avrei dovuto
immaginare che non avresti reagito bene, Bill ha detto che ti avevo resa
fragile.”
“Aveva ragione, ma è
acqua passata.
Forse e sottolineo
forse ho sbagliato anch’io a essere così impaziente nel giudicarti.
Povero Bill , ha
tentato di farmelo capire, ma io non l’avevoascoltato quel giorno.”
“E te la sei presa con
me, la solita Nana acida.”
“Eri tu la causa della
mia rabbia, avrei dovuto tirare un pugno a tuo fratello forse?”
Un punto per lei.
“Poi dopo l’incidente,
sai….l’overdose…Avrei
voluto scusarmi, anche se non ci crederai mi sentivo colpevole di quello che ti
era successo.”
Gli sembrò di vederla
allargare gli occhi sorpresa, poi mormorò.
“Non ti devi scusare,
è stato un mio errore, una mia debolezza.
Mia madre aveva
ragione, non ne azzeccavo una.”
“Tua madre dovrebbe
solo cucirsi la bocca e tu non dovresti darle retta, sa sputare solo veleno.”
Questa volta fu lei a
rimanere in silenzio, sembrava una ben congegnata partita a pingpong, uno dei loro vecchi botta e risposta senza quel
brio che li aveva sempre contraddistinti.
“Perché non l’hai
fatto?”
“Perché il nostro
manager ci aveva appena vietato di frequentarci, tu già non mi parlavi e mi
odiavi e io credevo fosse la soluzione migliore tacere.
Io non avrei sofferto
nel salutarti e tu nel dirmi addio.
Mi avresti odiato, ma
saresti sopravvissuta.
È così che hai fatto
no?”
“Tu avresti sofferto
nel dirmi addio?”
“Certo. Mi ero
affezionato a te, dopotutto.”
“Dopotutto?”
“Bhe
ammettilo, con me eri sempre stronza e con mio fratello uno zuccherino!”
“Avevo i mie motivi!”
“Si, il tuo orgoglio
del cavolo.”
“Io orgoglio del
cavolo?
E tu allora? Dici che
dopotutto ti eri affezionato a me e poi sparisci?
La verità è che di me
non te ne fregava niente e appena hai capito che non avresti ottenuto quello
che volevi mi hai mollata!
Te ne sei fottuto
perfino del fatto che fossi in ospedale! Sono venuti tutti, cazzo, tutti,
trannete! Avresti potuto fingere di
interessarti almeno!”
“Sei ingiusta!”
“No! Sono realista e
domattina te ne vai da qui!
Non mi lascerò
ingannare un’altra volta da te, caro mio!”
“Perché non stasera,
allora? “
“Perché finiresti per
dormire all’aperto…Ma se vuoi farlo accomodati!”
“Oh Grazie Girardi!Te ne sono grato!
Però sappi che ti
sbagli, di te mi importava qualcosa o non mi sarei scusato ne sarei venuto, ne
avrei iniziato a scriverti un anno fa!”
Sgranò gli occhi.
“Si, ti ho scritto e
non chiedermi perché l’ho fatto.
Leggi le lettere
prima, o bruciale o fai quello che vuoi!”
Gliele sbatté sul
tavolo, lasciandola senza parole.
Stava perdendo il
controllo, ma quella ragazza stava esagerando, non era nelle condizioni di
sopportare che qualcun altro gli buttasse addosso il suo rancore.
Lo stava attaccando,
questo gli dava fastidio pur sapendo che lei ignorava cosa stesse passando e
voleva andarsene da quella casa e da quegli occhi che lo stavano guardando
furibondi e… scrutatori.
Con sorpresa si
accorse che lei lo stava guardando come se volesse capire cosa le stesse
nascondendo, l’aveva provocato e basta allora?
Era in confusione, me
doveva fare l’incazzato fino in fondo.
Gliel’avrebbe detto il
giorno dopo, quando lei avrebbe già letto le lettere e sarebbe stata meno
furiosa.
“Le ho spedite a
Berlino, ma tua madre le ha imboscate, me le ha date Luca.
e…
Giusto per amore della
verità, io sono venuto a trovarti in ospedale, ma tu dormivi , ma ti ho parlato
lo stesso… e ora vado a farmi una doccia, posso?”
Senza aspettare un
risposta si avviò verso il bagno.
“Aspetta!”
Si voltò, lei era
ferma davanti al tavolo, al tavolo, pallidissima, aveva esagerato?
“Giurami che non stai
scherzando!”
“ Non sto scherzando,
tu mi avevi chiesto se fossi in allucinazione e io ti ho detto:” “Se non lo fossi sarei così gentile?
Torna a dormire…”.”
“Tu sei…lasciaperdere…”
Mormorò a bassa voce, all’improvviso tutta la sua rabbia e la sua baldanza sparirono
davanti a quello sguardo perso,perplesso, forse ferito che gli ricordò suo
fratello.
Corse precipitosamente in bagno.
Cosa aveva fatto? Era venuto fin lì solo per insultarla?
Solo per litigare?
Tirò un pugno al muro, era colpa dei loro caratteracci, dovevano darsi
entrambi una calmata.
Non sarebbe stato facile ,ma avrebbe dovuto provarci, per Bill ne valeva la
pena e in fondo anche per provare a riavere quegli anni di silenzio che avevano
affrontato per il loro orgoglio.
Era venuto lì sia per chiedere aiuto per fronteggiare la situazione del
gemello siaper provare aricucire qualcosa tra di loro, quindi doveva
impegnarsi per non farsi travolgere dagli eventi.
Quella doccia gli sembrò fin troppo breve per i suoi gusti, chissà come
avrebbe reagito Fay?
Forse avrebbe dovuto scusarsi? O avrebbe dovuto farlo lei?
In ogni caso non poteva rimanere barricato in bagno da lì all’eternità, non
con quello che stava succedendo a Bill, così prese fiato ed uscì.
Il salotto era deserto, lei gli aveva preparato il divano per la notte e
gli aveva lasciato il telecomando a portata di mano,si guardò intorno, un po’ di luce proveniva
da una camera.
Doveva essersi barricata a leggere le lettere o chissà, semplicemente non
voleva incontrarlo, non poteva dirlo.
Le avrebbe poi lette quelle lettere?
Sarebbero riusciti a intavolare un dialogo decente?
[“Vattene! Mi hai rovinato la vita! Ti odio!”]
Scosse la testa, cercando di scacciare l’eco delle parole di suo fratello
e si sedette sul divano vecchio e non molto comodo.
All’improvviso si sentì stanco,senza forze.
Spense la televisione, si avvolse in una delle coperte e si sdraiò.
Aveva infilato un altro errore?
Gli occhi gli si fecero pesanti e cadde in un sonno senza sogni, solo
incubi con un solo protagonista.
Bill.
È tornato e mi ha sconvolto di nuovo, facendomi
andare fuori di testa e facendomi perdere il controllo.
Non avrei voluto reagire così, urlandogli di
andarsene, ma non sono riuscita a trattenermi da vera idiota.
Dovrei bere camomilla invece del caffè, sarebbe meglio
per tutti.
Se non avessi reagito così non mi avrebbe urlato
brutalmente una verità che non ero del tutto pronta ad accettare perché fa
crollare le mie certezze.
In questi anni ero certa che lui non fosse venuto
all’ospedale e non lo perdonavo per quello, per avermi mollata quando stavo più
male, non per avermi mollato dopo.
Nei primi tempi lo odiavo anche per quello, ma poi
visto quello che mi era successo e che anche gli altri avevano diradato i
contatti avevo capito ed accettato il suo punto di vista.
Non so cosa mi sia successo questa sera, vedermelo
davanti mi ha trasportato ai miei sedici anni, a quella ragazzina un po’
ingenua e troppo idealista, facendomi comportare come non volevo.
Mettendomi in bocca rancori morti e sepolti o forse rancori
che erano solo in attesa di essere seppelliti dalla sua vista.
Non lo so.
Adesso non provo più rabbia.
Sono solo preoccupata, è strano, mi nasconde
qualcosa e quelle lettere ne sono la prova.
Non è mai stato un tipo da scrivere a qualcuno, per
quel poco che ho conosciuto di lui mi sembra una persona da confronto diretto.
Cos’ha?
Le lettere giacciono ancora sul tavolo, mentre sento
scorrere l’acqua della doccia io gli preparo il divano per la notte.
Domani mattina mi scuserò con lui.
Adesso voglio solo leggerle e a dirla tutta non mi
sento pronta, sento un’ansia che mi sale dalle viscere piena di cattivi
presentimenti.
Quando ho finito le prendo, le porto con me in
camera e le appoggio sul comodino, vigliaccamente non riesco a guardarle
subito, sebbene b r u c i dalla voglia di farlo.
Sono come in trance, persa ad osservarle, come se ne
avessi paura.
Mi sveglio solo quando sento la porta del bagno
aprirsi e la tv spegnersi dopo un po’, deve essere crollato.
Mi faccio una doccia, cercando di prendere ancora
tempo.
Tempo.
Maledetto tempo.
È una vita che scappo vanamente dal tempo, che
arrivo sempre in ritardo per aiutare le persone a cui tengo, che mi ribello
sempre nell’attimo sbagliato.
Sulla mia pelle, insieme all’acqua scorrono anche
questi pensieri amari, questi rimpianti eterni e la volontà inutile di cambiare
il passato.
E sono consapevole che non è possibile, ma non posso
farne a meno da vera insicura cronica.
Gli altri mi credono forte,ma io so di non esserlo,
tentenno in continuazione.
Mi asciugo ed esco dal bagno, lo sento dormire, così
mi affaccio in salotto e lo vedo svaccato sul divano, mezzo scoperto .
Fa tenerezza, lo copro e me ne torno in camera.
È il momento di affrontare i miei fantasmi e quelle
lettere.
Mi siedo sul letto e leggo la prima, sono in ansia,
nonostante sia novembre sto sudando copiosamente emi tremano le mani.
Inizia con una sorta si lungo prologo in cui mi dice
in forma più articolata e gentile quello che mi ha buttato addosso prima,
sorrido, mi fa tenerezza.
Se me le avesse scritte prima queste cose o io gli
avessi telefonato…
È in momenti come questi che prenderei a sberle sia
me che lui per la nostra stupidità, ma devo andare avanti.
Mi racconta della sua vita, di quanto possa essere
soffocante, di come Bill faccia fatica a reggerla e di come abbia allontanato
persino i 2 G.
Orgoglioso.
Non so se provare pietà o arrabbiarmi, non riesco
nemmeno a capire cosa voglia dirmi.
È solo alla fine che mi dice perché si sia deciso a farsi
vivo, dice che qualcosa con cui entrato in contatto e che gli è piombata
addosso devastante e inaspettata gli ha fatto capire i suoi errori.
Non si è accorto di parecchie cose e ha fatto
soffrire delle persone a cui teneva, così mi ha scritto senza sapere bene
nemmeno lui perché.
Il mio sorriso diventa triste, la conosco questa
sensazione di impotenza, quella che ti fa guardare attorno e notare che non c’è
nessuno intorno a te.
Sono preoccupata, molto preoccupata e il restodelle lettere non fa che aumentare la mia
preoccupazione.
Non si discostano molto dalla prima, parla logorroicamente di tutto per non parlare di niente, per
tenere a distanza il problema che lo assilla e che emerge solo a sprazzi,
grazie a piccoli accenni.
Mi accorgo che non riesco a deglutire, cosa sarà
successo?
Deve essere qualcosa di molto grave se non riesce
nemmeno a scriverlo e adesso non credo più che riguardi lui, queste lettere mi
hanno fatto capire che non è lui direttamente a essere nei guai, ma qualcuno a
cui tiene.
Le appoggio sul comodino, spengo la luce, mi metto a
letto sotto le coperte.
C’è solo una persona in grado di far preoccupare Tom
in questo modo, tanto da fargli seppellire l’orgoglio e portarlo a bussare alla
mia porta ed è Bill.
Il mio cervello va in tilt, non riesce più a
formulare alcuna ipotesi coerente, vorrei alzarmi, andare da Tom, scusarmi per
come l’ho trattato, per come l’ho forse ferito e farmi raccontare tutto.
Vorrei fare qualcosa per lui e aiutare Bill se è
davvero lui quello a essere nei casini.
Fanculo il mio orgoglio.
Sto per alzarmi quando mi rendo conto che dorme ed è
meglio che continui a farlo,per lui non deve essere stata facile questa
giornata e non è il caso che io vada a mettere il dito nella piaga.
Devo rispettare il suo silenzio, i suoi tempi.
Se è così grave me ne parlerà quando si sentirà
pronto, non voglio spaventarlo o farlo chiudere in se stesso con la mia
impazienza o la mia ostilità
Mi lascio ricadere sul letto, dandomi della scema
per come mi sono comportata in passato.
Tutta la stanchezza della giornata mi piomba
addosso, nel mio cervello vorticano mille immagini, mille ipotesi su quello che
possa essere successo e nessuna è bella.
Sono una peggio dell’altra, tuttavia alla fine
riesco a cadere in un sonno agitato che non mi riposa per niente.
Continuo a svegliarmi e a riaddormentarmi, sudata,
perseguitata da sogni frammentari che non riesco a ricordare ma che mi lasciano
una cupa angoscia addosso.
Decido di alzarmi a bere un bicchiere d’acqua nella
speranza di conciliarmi il sonno, anche lui si sta agitando sul divano, temo
che domani si sveglierà sul pavimento.
Bevo il mio inutile sorso d’acqua, per poi
riavviarmi verso la mia camera rintronata, desiderosa di dormire, ma
consapevole che probabilmente non ci riuscirò.
Passo di nuovo davanti al divano, mi fermo per
guardarlo, è di nuovo scoperto, così faccio il giro per portarmi davanti al
divano e raccogliere la coperta.
Dovrei coprirlo e tornarmene a letto , ma mi perdo a
guardarlo dormire Dio solo sa perché.
Mi do dell’idiota, lo copro, rimboccandogli le
coperte come se lui fosse Andreae sto
per andarmene quando mi sento afferrare per il polso e tirare verso di lui.
Che cazzo fa?
Mi sbilancio e gli cado addosso, lui mi stritola in
un abbraccio ancora perso nel mondo dei sogni.
“Mollami, mi manca l’aria!”
Boccheggio, rossa per l’imbarazzo e la mancanza di
ossigeno.
Lui mugugna, allenta un po’ la presa, ma non
abbastanza da consentirmi di andarmene da questa posizione scomoda e vagamente
ambigua.
Cosa devo fare?
Rimango per un po’ ad ascoltare i suoi lamenti in
cui colgo spesso il nome del fratello e ogni volta per me è un colpo al cuore
che mi devasta sentendocon quanta
dolorosa intensità lo pronunci.
Alla fine la presa si allenta così riesco ad
alzarmi, non vedo l’ora di tornare aletto, sono decisamente scombussolata, pensando a quello che è appena
successo, a cosa mi nasconda e a cosa mi dirà domani mattina.
Sto per andarmene quando lo sento.
È poco più di un sussurro,ma potrei giurare in
tribunale che ci sia stato.
Non mi sto sbagliando, ha appena detto:”Non
lasciarmi anche tu.”.
La mia parte razionale è certa che non si stia
riferendo a me, ma a qualcuno facente parte del suo sogno, ma la mia parte
istintiva è in disaccordo.
Sono ferma davanti al divano di casa mia senza
sapere cosa fare e che significato dare a quella che potrebbe essere stata
benissimo un’allucinazione.
All’improvviso mi sento un verme a tornare in camera
e lasciarlo lì su un divano più vecchio di noi in preda agli incubi, gli passo
una mano sulla fronte e decido una cosa di cui mi pentirò in futuro.
In qualche modo lo tiro in piedi e lo trascino nella
mia tana dotata di letto matrimoniale, almeno starà più comodo e così forse
avrà meno incubi.
Sono in pieno delirio notturno, sono conscia che non
fa incubi perché il divano è paragonabile ad un letto da fachiro, ma allo
stesso temponon voglio darmi una
spiegazione del mio gesto.
Sono in una confusione pazzesca che mi fa rimanere
impalata davanti al mio letto .
Ancora una volta senza saperlo è lui a togliermi dal
mio stato di catalessi, svegliandosi e spalancando gli occhi di scatto, appena
mivede e realizza dov’è si drizza a
sedere come se avesse ricevuto una scossa elettrica.
“Dove sono?
Cosa ci faccio qui? E perché?”
Sospiro e mi siedo sulla mia porzione di letto.
“Calmo. Non ti voglio violentare, anche se forse è
più probabile che avvenga il contrario dati la tua famae i precedenti.”
“Stronza. Non dovevi buttarmi fuori casa?”
“Sono ancora in tempo”Rispondo piccata.
Lui sbuffa.
“In ogni caso,il divano è scomodo e tu non hai fatto
altro che agitarti disturbandomi e io devo lavorare domani, quindi dormi qui.
Sia chiaro: io nella mia parte, tu nella tua.”
Mi guarda a lungo negli occhi, poi sospira e si
ristende, stiracchiandosi sotto le coperte.
“Non so cosa sia successo, ma grazie Fay.”
Rimane un attimo in silenzio mentre io mi infilo
sotto le coperte dalla mia parte.
“E Fay…Scusa per prima…Sono stato un po’ aggressivo.”
“Scuse accettate, io ho fatto lo stesso.
Pari e patta.”
Si crea un’altra pausa di silenzio.
Lo sento teso, come se fosse più a disagio adesso
che prima, non so perché allungo una mano verso la sua e gliela stringo.
Sobbalza perplesso, è la notte delle stranezze e dei
miracoli, sono io la primastupirmene, ma
forse è giusto così.
Forse è giusto seppellire almeno per un po’ l’ascia
di guerra per capire cosa stia succedendo.
L’orgoglio mi ha tenuta in piedi, ma non voglio che
mi uccida allo stesso modo.
Guardo il soffitto su cui si proiettano vaghe ombre
e giochi di luceprovenienti da
fuori,mentre lui guarda me.
“Ho letto le lettere.”
Ricambia la mia stretta convulsamente, ho toccato un
tasto dolente.
Il silenzio riempie di nuovo la camera, opprimente
come un sudario e so che tocca a me riempirlo.
“Che cos’è Tom?”
Silenzio.
“Con cosa ti sei scontrato?
Cosa ti ha fatto talmente male da venire a cercare
me come ultima spiaggia?”
Deglutisce, forse ho esagerato.
Il silenzio è diventato ancora più pesante, mi volto
verso di lui, ora è Tom a guardare il soffitto, sembriamocosì uguali a volte …
Scuoto la testa.
Lui è concentrato, come se stesse raccogliendo le
idee, ma non ci riuscisse, non sapesse cosa dire e come dirlo, mi fa tenerezza.
“Mi dispiace, forse sono statatroppo invadente.”
“No, hai ragione.
Devi saperlo, solo che è difficile dirlo.”
Prende fiato, si volta verso di me, ora ci guardiamo
negli occhi e forse, a parte Jo, è l’unica persona a cui mi stia mostrando
senza difese, pronta ad ascoltare.
“è Bill, lui….lui sta
male.
Lui a un certo punto non è più riuscito a reggere la
vita che facevamo e ha iniziato a fare qualcosa che non doveva.
Sta male, Fay.
Non lo riconosco più e non riesco ad aiutarlo.
Non pensare che non ci provi, è che …cazzo! È difficile!”
Inizia ad agitarsi e a stringere sempre di più la
mia mano.
Io deglutisco, non mi sono mai sentita così
impotente, non l’ho mai visto così agitato, così privo di maschere.
“Lui mi chiede aiuto, ma poi …se
io ci provo, se io lo aiuto, lui mi rifiuta.
Io non so perché sono qui.
Non so cosa cerco da te, forse solo pareggiare i
conti con una persona a cui tengo ea
cui non l’ho dimostrato o forse solo aiuto.
Tu gli eri amica, magari puoi riuscire dove io ho
fallito.
Io….non lo so.
Sono confuso.
Impotente.”
[This place is so empty
My thoughts are so tempting
I don’t know how it got so bad
Sometimes it’s so crazy
That nothing can save me
But it’s the only thing that I have(*) ] L’ultimaparola è un sussurrosconfitto, iovorreipiangere e so cheluiprova lo stesso,
ma che non lo farà.
Mi guarda in attesa di qualcosa, un cenno, una
parola, tuttavia io non riesco a fare niente.
I miei sospetti hanno preso corpo e io non sono
pronta avendo sperato fino in fondo che fossero un cumulo di paranoie, così
rimango paralizzata.
Annichilita.
È arrivato il momento di seppellire l’ascia di
guerra e nascondere l’armatura come ho fatto tanti anni fa su una terrazza di
un piccolo paese tedesco.
“Vieni qui.”
Fa come gli ho detto in silenzio, io lo attiro a me
strappandogli un verso indefinito, lui seppellisce la testa nell’incavo del mio
collo, tra i capelli.
Lo stringo incerta e lui ricambia insicuro,mentre
sento che finalmente piange e singhiozza, io rimango in silenzio
accarezzandogli la testa.
Rimaniamo un po’ così, come se ci stessimo abituando
a questa situazione nuova e strana per noi, che è , ancora come sei anni fa,
una bolla fuori dal tempo.
“Fay….”
La sua voce è debole e ci ritrascina
alla realtà.
“Perché lo stai facendo Fay?
Perché mi consoli? Perché non mi insulti?”
“Perché sto cercando di seppellire la mia ascia di guerra…
Io non ti odio e ….Ti consolo perché so cosa provi
quando sei impotente davanti alle persone a cui vuoi bene che si distruggono.
È come se morissi anche tu con loro, non sapendo
come reagire ne aiutarli.
A cosa servirebbe insultarti? Aferirti e basta credo.
So che non mi hai detto tutto, ma quello che mi hai
detto per adesso mi basta.
Il resto alla prossima puntata.”
Lo sento sorridere e rilassarsi.
“Dormi Medusa, ne hai bisogno tu e ne ho bisogno
io.”
“Grazie Fay.
Grazie, non sai che bene mi stai facendo.”
Arrossisco e rimango in silenzio.
“Buonanotte Fay.”
“’Notte Tom.”
Riprendo ad accarezzarlo piano, si riaddormenta
subito sorridendo quasi sereno nonostante abbia pianto poco prima.
Sorrido a mia volta, sembra un bambino così
rilassato e io mi chiedo cosa sia successo a Bill e quanto c’entri io, ma
nonostante tutto sento finalmente le palpebre farsi pesanti.
Mi sento un po’ meno angosciata e forse il merito è
del tizio che ronfa usandomi praticamente come cuscino.
Perché?
E cosa succederà domani?
Non lo so, quello che so e che finalmente
abbracciata a lui mi addormento.
Tranquilla.
[I tried to be perfect
It just wasn’t worth it
Nothing could ever be so wrong
It’s hard to believe me
It never gets easy
I guess I knew that all along (*)]
Angolo di Layla
Scusate per il
ritardo, ma ho avuto un esame leggermente fastidioso che darò domani da
preparare.
Spero che questo capitolo
sia di vostro gradimento e non sia troppo schizzato/ sdolcinato.
Ho faticato a trovare
delle canzoni che lo accompagnassero, me ne è venuta in mente solo una ossia:
(*)”Pieces” Sum 41.
Se qualcuno avesse
qualche canzone da suggerirmi ne sarei felice ed eventualmente modificherei il
capitolo^^.
Capitolo 11 *** 11)Su Come Certe Ciliegie Risultino Velenose. ***
11)) SU COME CERTE CILIEGIE RISULTINO velenose.
Se la forma del tuo
corpo
non coincide con il niente
puoi fare a meno di mangiare
almeno fino a quando puoi
La
mattina arriva sempre dopo la notte e di mattina, tranne la domenica, non si
scappa al fatto che devo lavorare, che io lo voglia o meno, che sia stanca o
no.
Questa
mattina non fa eccezione, anchese mi
porto addosso tutta l’angoscia delle rivelazioni notturne, così quando la
sveglia suona la prima cosa che realizzo è l’esistenza di quel suono
fastidioso, la seconda è che ho un peso addosso che mi impedisce di muovermi
come vorrei per spegnerla.
“Fayyy…spegnila!”
Biascica
nel sonno senza spostarsi di un millimetro, il mio dolce peso.
“Se
tu ti spostassi potrei anche provarci, cazzo!”mugugno io, indispettita.
Lo
sento sbuffare, per poi alzarsi finalmentee lasciarmi neutralizzare l’aggeggio infernale.
“Nemmeno
di prima mattina riesci a essere gentile.”
“Uno:
zitto che ti ho lasciato dormire usandomi come cuscino senza dirti nulla.
Due:trovami
una persona di buon umore al mattino e ti darò altri soldi aumentando il tuo
già considerevole patrimonio.
Tre:
ho seppellito non distrutto l’ascia di guerra, ricordatelo.”
“Sei
sempre la solita!”Ridacchia divertito e mi ritrascina
a letto, qualcuno mi aiuti, cosa ha in mente?
“Che
stai facendo?
Devo
andare a lavorare! Non punto la sveglia per hobby!”
“Dai,
ancora cinque minuti!
Dobbiamo
festeggiare che ci siamo ritrovati.”
“Dobbiamo
festeggiare anche il perché ci siamo ritrovati?”
Ok
Fra, pessima battuta, morditi la lingua la prossima volta che stai per dire
simili boiate.
Questo
è quello che borbotta la mia coscienza, ma ormai è tardi, lui abbassa gli occhi
ferito, mi molla, poi decisamente furioso si volta dall’altra parte
Abbasso
gli occhi anch’io e mi volto verso di lui, cercando di rimediare alla mia
idiozia.
“Mi
dispiace, non volevo.
Sono
stata un’idiota, a volte dovrei cucirmi quella boccaccia che mi ritrovo.
Mia
madre non è l’unica che dovrebbe farlo.”
Il
silenzio è l’unica risposta che mi arriva, all’improvviso il lavoro non mi
sembra più così importante.
“Mi
dispiace davvero, io non volevo prenderti in giro…scherzare
su quello che ti sta succedendo.
Ci
tengo a tuo fratello.”
Mi
prendo la testa tra le mani, vorrei tanto tornare indietro e dirgli qualcosa di
diverso da una delle mie solite battute acide e stupide.
Sento
qualcuno che mi accarezza la testa.
“Ieri
sera qualcuno ha detto:” Scuse
accettate, io ho fatto lo stesso. Pari e patta.”. Dici che posso rubarle la
battuta?”
“Certo, non credo proprio che quell’idiota si
offenda.”
Ride e mi abbraccia, sento una battuta che vorrebbe
uscire dalla mia bocca, ma la ricaccio in gola, non voglio interrompere questo
momento, non di nuovo.
“Dilla Girardi.”
“Cosa?”
“La battuta che vuoi dire.”
“Ah”
Arrossisco, mentre lui ridacchia, che lo sappia?
Non lo so e mi chiedo come faccia a essere così con
quello che sta succedendo al fratello, ma forse la risposta è semplice.
Non si può sempre piangere, a volte si cerca una
boccata d’aria da quello che ti assilla accantonandolo per un momento, cercando
la compagnia delle persone di cui ti fidi e distraendoti con loro.
Per un attimo penso ad altre risate con un’altra
persona, penso a Jo.
Il sorriso mi passa, tuttavia mi faccio forza.
Lui sta bene adesso, lui ce l’ha fatta e piangere
adesso non ha più senso.
Un giorno gli racconterò di Jo, non adesso che si
aspetta una battuta .
“Stiamo diventando sentimentali…”
“Ci stiamo evolvendo, Nana acida.”
“Si come i Pokemon.”
“Ti ci vedo a fare pikachu…
E non possiamo nemmeno ringraziare la persona che ci
ha fatto evolvere così.”
“Possiamo aiutarlo però.”
“Non sai ancora tutta la storia.”
“Questo è vero, ma forse non è tanto importante.”
Rimaniamo in silenzio, adesso le parole sono
superflue, siamo noi e i nostri rimpianti, i nostri fantasmi.
Non so quanto duri questo momento, ma mi fa cadere
di nuovo in un sonno pesante e temo che per lui sia lo stesso.
Buffo, terribilmente ironico, a pensarci bene, ma va
bene così.
Non abbiamo più sedici anni, non possiamo a farci la
guerra per delle cazzate, soprattutto adesso che c’è qualcosa che lo preoccupa
così e forse…
Forse la guerra non ce la siamo mai fatta davvero,
era solo il nostro modo di dimostraci affetto, sarebbe stato troppo semplice
dirlo a voce per due testardi come noi.
Nel dormiveglia sento la porta di casa mia aprirsi e
qualcuno sbraitare con una voce fastidiosamente acuta,cerco di fare mente locale, ma il torpore del
mio stato e la medusa abbarbicata a me non aiutano.
La rivelazione su chi sia mi colpisce come un
fulmine, facendomi divincolare.
È Sakura e sarà complicatissimo spiegarle la
presenza di Tom data la sua indole da comare.
Dannata pettegola italo giapponese!
“Fay, cosa c’è?”
“Sta arrivando Sakura, sarà un casino, mollami!”
Non riesco ad alzarmi dal letto prima che lei arrivi
in camera con un’irruzione a regola d’arte, spalancando la porta pimpante.
”Fraaa è ora di lavorare!
C’mon!!
Alzatiii!”
Quando vede Lui la sua espressione muta di colpo, si
fa fredda e rabbiosa, come se Tom Kaulitz le avesse
un torto mortale e lei volesse cogliere l’occasione per eliminarlo ma allo
stesso tempo non si capaciti di come sia finito nel mio letto.
“Scusa, volevo avvisarti che sei in ritardo.
Non sapevo fossi i
m p e g n a t a!”
Sibila con odio l’ultima parola, fulmina il rasta un
ultima volta e se ne va.
“Cazzo Sakura, aspetta!”
Perché è così ostile?
“Fay dove vai?”
Non gli rispondo, ora il mio problema è quella
giapponese isterica.
Lo so che avrebbe voluto chiedermi cosa ci facesse
lui qui e non l’ha fatto, perché s’ è trattenuta e ha reagito così?
Balzo fuori dal letto, la inseguo e la blocco sulla
porta di casa mia.
“Cos’ è il tuo problema Ishikawa?”
“Tu Girardi.
Sei una fessa di prima categoria se credi di poter
contare qualcosa per lui, ti ritroverai a piangere tra un po’.”
“Non sai un cazzo Ishikawa
piano con le sentenze!”
“Fottiti Guirardi! Ti
facevo più intelligente.
Nemmeno tu con ituoi meravigliosi capelli neri, la carnagione diafana da emo fallita e il fascino dell’eroina maltrattata dal
destino riuscirai a farlo capitolare!”
Se ne va sbattendo la porta.
“Ma che cazzo vuole questa?
Eh?
Kaulitz!”
Urlo verso la camera, lui si affaccia perplesso ed
intontito, mi farebbe tenerezza se Sakura non mi avesse appena rovesciato
addosso due tonnellate di veleno a causa sua senza che io sappia perché.
“La conosci?”
“Bho…”
“Come bho?
Ah già la carriera da play boy! Sorry
me l’ero dimenticata!”
Vado in bagno a lavarmi e vestirmi, poi faccio
colazione, lui credo sia tornato a letto.
Mi affaccio alla porta della mia camera, in effetti
lui è sdraiato sul letto con le braccia ripiegate sotto la testa.
“Vieni qui.”
Mi fa segno di sedermi accanto a lui e io eseguo.
“Buon lavoro nana, che fai di bello?”
“Dipingo maschere.”
“Ti si addice….”
Sorrido.
“Grazie!
Buona dormita!”
“Oh Mamma Fay mi dai il
bacio della buonanotte?”
Rido, gli accarezzo il volto.
“Certo bambino cretino, però sappi che dobbiamo
parlare.”
Si fa serio.
“Non me ne dimentico,nemmeno per un attimo.
Solo cerco di prendere coraggio facendo lo
spiritoso.”
“Lo so.
Scusa”
Mi chino per dargli un bacio sulla guancia, ma lui
si volta improvvisamente e mi ritrovo a baciarlo sulle labbra, mentre lui
sogghigna.
Maledetto.
Mi stacco a metà tra l’indispettito e il divertito.
“Questo cosa sarebbe?”
“Il bacio della buonanotte no?”
“Ceeerto!
Non cambi mai tu!”
“Nemmeno tu, buon lavoro!”
“Grazie! Ciao!”
Esco dal mio appartamento più serena, persino la
portiera se ne accorge, perché mi saluta e mi sorride.
“Finalmente sorridi, bambina.
E hai un sorriso bellissimo, cosa è successo?”
“è venuta a trovarmi una persona, signora.”
“Il ragazzo biondo che viene ogni estate?”
“No, un’altro, ma adesso devo andare sono in
ritardo!”
“Si,
ciao!”
“Buongiorno.”
Che
sia merito di quell’idiota?
Dopotutto
averlo attorno mi fa bene, mi dico divertita.
Il
suono del cellulare mi fa tornare alla realtà, è Gustav, chissà cosa vorrà?
“Pronto?”
“Ciao
Fra.”
“Ciao.
Come mai questa chiamata improvvisa?”
“Tu
sai dove possa essere Tom?
Bill
è strano.”
“Lo
sta cercando?”
“No..ma..Non
riusciamo a dargli un freno, è iperattivo e solo lui riesce a calmarlo.”
“Perché
lo chiedi a me?”
Silenzio
dall’altra parte.
“è
qui da me, Gustav e non so nemmeno io il perché preciso.”
“Quel
testone…Ok grazie Fra.
Tu
come l’hai presa?”
“Stiamo
facendo pace…”
Giurerei
che stia sorridendo.
“Bravi
ragazzi.”
“Gustav,
tu sai cosa sia successo a Bill?”
“Faccio
delle ipotesi, ma finchè Tom o lui non mi diranno
nulla non mi sbilancio.”
“Lui
è venuto per parlarmi di suo fratello, ma non riesce a parlarmene.
Fa
una fatica assurda, quindi deve essere una cosa grave e…io
sono preoccupata da morire.”
“Si
aprirà Fra, non c’è molto tempo per tentennare, credo.”
“Si,
lo credo anch’io.
Adesso
devo andare o non arriverò mai al lavoro.
Alla
prossima.
Ciaoo!”
“Ciao
e trattalo bene, questa volta se lo merita.”
“Lo
so, ciao.”
“Ciao.”
Arrivo
al lavoro giusto in tempo, Sakura sta sulle sue, non mi saluta nemmeno.
Saràunalungagiornata.
[what a waste of time
the thought crossed my mind
cant explian this thing or what i
mean im trying to let go(*)]
Era sdraiato a letto
guardando il soffitto, era dipinto di bianco, luminoso per il sole del mattino
che entrava dalla porta finestra, la casa era silenziosa, non c’era nessun
rumore a fargli compagnia.
Troppo silenzio.
La nana acida se ne
era appena andata e già si sentiva che mancava qualcosa, ossia il discreto
casino che sapeva produrre.
Ridacchiò, poi smise
di colpo al perché fosse lì, non era riuscito a dirglielo e sapeva di non avere
tempo da perdere, ma si era rivelato più difficile del previsto vuotare il
sacco.
Era come ammettere una
sconfitta.
Sospirò, doveva darsi
tempo, non troppo, ma necessitava di averne altro.
Si rigirò nel letto,
doveva ammettere che lei si era comportata meglio di come aveva previsto la
sera prima, l’aveva persino consolato.
Consolato.
Lui che di solito era
piuttosto restio a mostrare i propri sentimenti a qualcuno di diverso dal
fratello, aveva finito per piangere tra le sue braccia.
E la cosa più strana,
era che ci era stato bene quella notte, si era sentito capito e meno solo, come
se lei comprendesse davvero quello chestesse passando, tanto che quando si era addormentato si era sentito più
sereno, forse perché in fondo erano fatti della stessa pasta e lo sapevano.
Aveva fatto la scelta
giusta venendo lì, ora ne era certo, doveva solo trovare il coraggio di
parlarle di Bill, come aveva aiutato lui senza nemmeno accorgersene avrebbe
aiutato il gemello.
Piccola nana acida e
rompiscatole, ma sempre o quasi presente nel momento del bisogno.
Fay.
Un nome corto che
aveva inventato al momento sei anni prima e che la calzava a pennello.
Fata a volte maligna e
più simile a una pixie (riusciva ad immaginarsela
senza difficoltà e con qualche risatina divertitavestita di stracci e sbragata su una
coccinella), ma fondamentalmente buona.
Stava per
addormentarsi di nuovo, quando ripensò alla voce della giapponesina
dai capelli rossi, Sakura l’aveva chiamata Fay, gli
sembrava di averla già sentita da qualche parte, ma non ricordava assolutamente
dove.
Era importante?
Non lo sapeva, ma
l’odio che aveva letto negli occhi di quella ragazza l’aveva spaventato,
sembrava conoscerlo e detestarlo come se lui fosse un essere indegno.
Era un anti?
Una domanda
destinatarimanere senza risposta fino
al ritorno di Francesca.
“Sai Tom io ti stimo
veramente e mi piace un casino la vostra musica!”
Quella frase riemerse
da un ricordo di almeno tre anni prima, gli sembrava la voce di Sakura, ma
aveva sentito troppe frasi del genere per poterne essere certo e non riusciva
ad associarci un volto.
Stava di nuovo per
riaddormentarsi quando il vibrare del cellulare lo costrinse a rimandare.
Si alzò per andarlo a
prendere e guardò il numero, era Gustav.
Inarcò un sopracciglio
e rispose.
“Pronto?”
“Ciao Tom.
Dove sei?”
Silenzio.
“Perché?”
“Perché sono
preoccupato per Bill.”
“Cosa gli è successo?”
Il sonno era sparito
all’improvviso per lasciare il posto a una sottile angoscia
“Nulla di grave, è
iperattivo.
Stamattina ha buttato
giù tutti dal letto perché ha composto un nuovo pezzo e pretendeva di provarlo.
Georg ha sclerato e si sono presi a male parole, io ho cercato di
riappacificarli, ma …”
“Bill si calma solo
quando ci sono io.”
“Esatto.”
“Sono in Italia, da Fay.”
“Perché?”
“Per chiarire con
lei.”
“Complimenti per la
velocità, ci hai messo sei anni!”
“E poi per un altro motivo….”
“Quale?”
“Bill sta male e io
vorrei, anche se suona piuttosto egoista una mano da lei.”
“Che cos’ha Tom?
Lo avevamo notato tutti
che era strano da un po’.”
Sospirò.
“non sono cose da dire
al telefono, te lo dirò al mio ritorno.
Lo so che non dovrei
chiedertelo visto come ti ho trattato, ma….mi faresti
un favore?”
“Spara Tom.”
“Tienimelo d’occhio
per favore.”
“Va bene, Fay è preoccupata per te.”
“Lo sapevo che vi
eravate sentiti…
Mi manca il coraggio
per dirle la verità, ma lo sto raccogliendo.”
“Lo immaginavo…Mi dispiace.
Io non vorrei che
succedesse, davvero,
In Generale non vorrei
che accadesse quello che sta succedendo a lui e farvi preoccupare.
A volte mi chiedo se
non sia tutta colpa mia e del fatto che l’ho lasciato a sé stesso, ma poi mi
dico che ormai è inutile speculare sul passato e su chi sia il colpevole.
L’unica cosa utile che
posso fare è aiutarlo nel presente.”
“E ti sei accorto che
da solo non ci riesci.”
“Esatto.”
“Capisco. Buona
Fortuna Tom.”
“Non sai quanto ne
abbia bisogno “ mormorò.
“Ciao Gustav, adesso
devo andare.”
“Si, buonanotte Tom.”
Ridacchiò.
“ciao.”
“ciao.”
Si rimise a letto,
sperando che non succedesse altro, tutto il buonumore se ne era andato
sostituito da una sensazioneindefinita
di ansia.
Stava perdendo tempo a
causa delle sue paure, doveva muoversi.
Possedeva tante cose,
ma l’unica di cui avesse veramente bisogno, il tempo, scarseggiava.
Purtroppo.
Lavorare
fianco a fianco con una persona che ti odia è una delle esperienze più
esaltanti, dopo l’aver ricevuto una martellata sui piedi o l’avviso che la
cugina iena si sposa prima di te con gran gioia del parentado.
Sakura
Ishikawa mi odia, non ci sono dubbi, se potesse mi
lancerebbe addosso tutti i barattolini di colore della bottega, per poi
picchiarmi ed insultarmi a dovere, non potendolo fare mi riserva un silenzio
glaciale e un’aria di scocciata sufficienza.
Da
far saltare i nervi, i miei almeno.
Sarà
per lei,sarà per tutto questo misteroansiogeno che si è creato intorno a Bill, fatto sta che passo quasi metà
mattina a tamburellare le unghie sulla mia porzione di tavolo, in preda al
nervosismo.
Non
ho idea di che cosa stia passando nella testa rosso ciliegia della mia collega,
ho un’ipotesi ma non ha prove o elementi che la possano spiegare decentemente.
Ci
rimugino sopra, il suo sguardo mi ricorda quello che si riserva al bastardo che
ti ha portato via senza pietà qualcuno a cui tenevi, tuttavia non capisco
perché lo riservi a me.
Chi
le ho portato via?
E
perché Tom sembra avere qualcosa a che fare con questo?
Che
sia lui quello che gli ho “rubato”?
Scuoto
la testa, è impossibile, a ventidue anni non ho ancora imparato a dare un freno
ai miei deliri…
Dopo
un tempo infinito arriva la pausa pranzo, Sakura infila svelta la porta per
andarsene, io mi lancio al suo inseguimento, sotto lo sguardo sbalordito dei
miei colleghi abituati a ben altre scene.
Oggi
i ruoli sono capovolti, di solito sono io a sgattaiolare sperando che quella
non mi veda ed evitare così un terzo grado e l’ordine perentorio travestito da
gentile richiesta di pranzare insieme.
Non
può pensare di cavarsela così Sakura Ishikawa!
Non
può vomitarmi addosso le accuse più disparate e poicredere di poter evitare le mie meritate
spiegazioni,non lascio che mi si
insulti senza nemmeno sapere il perché.
“Fermati
Ishikawa!
Io
e te dobbiamo parlare!”
“Non
credo, io ti ho detto tutto quello che dovevo stamattina!”
“Ma
che cazzo dici eh?
Tra
me e lui non c’è una storia, cosa vuoi precisamente?
Non
ti ho affatto capita stamattina.”
“Non
prendermi in giro,Girardi.
Facevi
tanto la snob e la superiore, non ti facevi mai avvicinare da nessuno e poi ti
becco con uno che ha la fama da puttaniere.
Cosa
credi di fare?
Di
redimerlo?”
“Ma
tu sei sicura di stare bene Ishikawa?”
All’improvviso
spalanca gli occhi, mi guarda come se mi vedesse per la prima volta, poi
scoppia in una lunga e folle risata che mi lascia disorientata.
Cosa
sta succedendo a Sakura?
Non
siamo mai state amiche, ma ammetto di essere preoccupata per la sua salute
mentale, temo stia impazzendo…
Deglutisco
e tento di farfugliare qualcosa, senza riuscirci.
“Dio
Girardi è buffo e terribilmente crudele che io abbia
sofferto cercando di farmi amica per anni la persona che di più ho odiato al
mondo.
Tu
sei Fay non è vero?”
“Io….”
Come
cazzo ha fatto a scoprirlo?
“Si,
lui ti chiama così , l’ho sentito stamattina.
E
io per anni ho odiato quella Fay, avrei voluto
persino vederla morta per poi scoprire…
Scoprire
che eri tu…quella Francesca burbera e scostante che
volevo disperatamente fosse mia amica.
Cazzo,
se è odiosamente ironica la vita!
Non
capisci vero, Girardi?
Ovvio,ma
io non ti illuminerò…Lo farà il tuo a m i c o…”
E
il modo acido in cui calca la parola” amico” sottintende che lui sia più di un
amico.
“Ammesso
che lui abbia le palle par farlo..
Bye
byeGirardi, la piccola e
sciocca Sakura ha smesso di importunarti.”
Se
ne va scuotendo la mano, io sono pietrificata.
[In this farewell
There’s no blood
There’s no alibi
‘Cause I’ve drawn regret
From the truth
Of a thousand lies(**) ]
Non
ho idea di cosa sia successo, ma qualsiasi cosa sia ha posto fine al rapporto
che c’era tra me e lei e so che in qualche modo c’entra Tom.
Cosa
c’è stato tra quei due e perché lei ha frainteso così?
E
soprattutto, domanda da un milione di dollari, perché ho una voglia
irrefrenabile di picchiare Sakura”Cherry”Ishikawa?
“EhIFrancy, cosasuccesso?”
Questo
è Marco, ha qualche anno più di me e un debole, probabilmente non corrisposto
per la giapponese.
“Non
lo so.
A
Sakura è scoppiato il cervello, credo di aver combinato un casino senza
volerlo.”
“Tipo?”
“Tipo
che stamattina ha trovato a casa mia un ragazzo e ha frainteso tutto.
Quel
ragazzo deve avere avuto a che fare con lei in passato, ma in che modo e come
sia finita non ne ho idea.”
Si
intristisce.
“Bel
casino.”
“Si,
ma non importa Marco.
Quello
che mi scoccia sono le accuse che mi ha rovesciato addosso senza conoscerene me ne lui, forse ho un nemico in più.”
“Perché
non ti importa?
Cazzo,
Francesca, lei ci teneva a te! Ci è sempre rimasta male ogni volta che l’hai
trattata male o respinta!”
“Lo
so, ma la cosa non era reciproca!
Marco,
io non amo gli impiccionie chi sputa sentenze
e Sakura lo è,ha sempre cercato di
forzarmi a raccontare qualcosa sul mio passato nonostante fosse evidente che
non volessi.
Non
fraintendere, mi dispiace di averla trattata male, ma non sapevo cosa fare.
Io
sapevo di starle simpatica, ma di non trovarla simpatica a mia volta e speravo
che trattandola con freddezza si sarebbe stufata di rincorrermi.”
Come
riecheggia la frase di una certa Medusa la mia, siamo davvero simili io e lui…
“Bhe, ora hai raggiunto il tuo scopo.”
“Non
era così che speravo andasse…”
Lui
sbuffa ese ne va, io cerco un bar in
cui pranzare in relativa tranquillità, cercando di non pensare a quello che è successo…
Sono
sempre più convinta che mio fratello avesse ragione quando diceva che io e Tom
finivamo per assomigliarci più di quanto fossimo disposti ad ammettere…
Buffo.
Si svegliò alle due
del pomeriggio, quando il pallido sole novembrino era alto nel cielo, si
stiracchiò come un gatto e per l’ennesima volta si disse che quella camera era
troppo bianca per essere davvero di Fay.
Fece un giretto per la
stanza, era troppo ordinata e poco colorata e per quanto l’avesse cercato non
trovò nemmeno un murales alle pareti, l’unica nota di vivacità era data da una
bacheca piena di foto.
Si avvicinò curioso
per guardarle meglio, c’erano foto di quella che supponeva fosse la Sicilia e
di un uomo che doveva essere suo padre data la somiglianza, poi ovviamente
c’erano i suoi fratelli da piccoli, Luca sembravagià un piccolo uomo in Italia, mentre Andrea
sembrava più ingenuo e coccolone, scovò anche Bill, Georg, Gustav ,Alì e Mariam, la cugina del turco.
Bei tempi quelli….
Ce n’era una molto
bella dove c’erano tutti e sette e notò ridendo che la cugina di Alì guardava
adorante Georg e il diretto interessato nemmeno la notava.
L’hobbit
aveva spezzato un cuore.
Spostò lo sguardo,
c’era una copia della foto in cui lei e Bill erano abbracciati, non aveva mai
visto quel sorriso addosso a suo fratello…
Si sentì stringere il
cuore.
Cosa aveva sprecato?
Proseguì, si passava a
Berlino, alle foto dei fratelli sempre più grandi, a quelle fatte quando gli
altri erano andati a trovarla e lei insieme a una ragazzo alto e biondo vestito
come un punk.
Chissà chi era?
C’era anche unafoto solo di lui che sembrava essere stata
staccata spesso, era il suo ragazzo?
L’idea gli provocò una
fitta di gelosia inimmaginabile e soprattutto inaspettata, la nana era libera
di stare con tutti i ragazzi che voleva , o no?
Non sapeva perché ma
l’idea gli dava ai nervi e desiderava spaccare la faccia al biondo se fosse stato
il suo attuale ragazzo o se l’avesse fatta soffrire.
Scosse la testa, erano
sicuramente i residui del sonno a non farlo ragionare lucidamente, lui era
venuto per Bill.
Bill.
-Ma anche per
lei-Mormorò un’odiosa vocina dentro di lui che cercò di mettere a tacere con
scarsi risultati.
C’erano ovviamente
foto di Venezia, c’era Sakura e c’erano altre persone, forse colleghi.
Sua madre e i suoi
nonni erano i grandi assenti per ovvi motivi, dubitava che Fay
li potesse perdonare dato quello che c’era stato tra di loro e lui la capiva.
Un altro punto a
favore di Luca Girardi, che dovesse iniziare a
considerarlo come un possibile futuro cognato?
Scosse di nuovo la
testa, stare sotto lo stesso tetto di quella ragazza stava iniziando a farlo
comportare come lei, era incredibile.
L’ultima foto lo
lasciò senza parole.
Era lui a…quanti anni? Sedici?
Lui con i suoi vecchi
rasta biondi e non quelle strane treccine nere, lui e il suo sorriso storto che
usava spesso con lei, perché l’aveva conservata?
Lo squillo del
cellulare non gli permise di rispondersi, era un numero sconosciuto, rispose
comunque.
“Pronto?”
“Ciao Tom Kaulitz, ti ricordi di me?”
Era la voce della
collega giapponese di Fay, Sakura.
“Come hai fatto ad
avere il mio numero?”
“L’ho rubato dal
cellulare di Girardi, ma non cambiare discorso.
Ti ricordi di me?”
“Tu per me sei solo la
collega giapponese di Francesca che stamattina l’ha buttata giù dal letto.
Chi dovresti essere?”
“Sono Sakura Ishikawa, la fan giapponese a cui hai tolto la verginità
quattro anni fa dopo un concerto.
Ora ti ricordi o hai
avuto troppe puttane?”
“Non mi ricordo e
vacci piano, tipa!”
La sentì ridere.
“Non sperarci bello
mio, mi hai scaricato senza nemmeno lasciarmi un cazzo di biglietto o avere il
coraggio di dirmelo, semplicemente sei sparito come se un’allucinazione.
Avevo diciott’anni e ci avevo fantasticato per mesi o anni su
questa cosa per poi svegliarmi da sola con l’amaro in bocca dopo averti sentito
lamentarti tutta la notte chiamando il nome di una certa Fay.
L’ho odiata quella
ragazza, ma non sapevo chi fosse fino a stamattina…
Le hai dette queste
cose a Girardi?
No vero?
Non mi importa, non
sono affari miei quello che dici o non dici alla tua ragazza.”
“Cosa vuoi?”
“Diecimila euro per iniziare…
È una vecchia storia,
ma la merda d’artista non perde valore vero?
Ai giornali interessa comunque…”
Rise.
“Che silenzio…
Ci vediamo domani alle
18:00 in piazza san Marco e porta i soldi.
Non fare scherzi o
vendo tutto ai giornali….
E un consiglio…di tutto alla tua Fay o
potrei decidere di farlo io.
Bye bye bastardo!”
Chiuse la
comunicazione, lasciandolo basito, ancora una volta avrebbe dovuto dare retta a
suo fratello quando lo ammoniva dal non portarsi a letto le fan edi non illuderle.
Bravo Tom,
complimenti, ti mancava solo questa grana!Esclamò sarcastica la sua coscienza.
Cosa doveva fare?
Pagare o non pagare?
Non lo sapeva, ma
forse l’indomani avrebbe potuto incontrarla comunque e vedere se riusciva a
convincerla a desistere, anche se dubitava fortemente che ciò accadesse, non
aveva mai sentito una voce così carica di rancore nei suoi confronti.
Avrebbe dovuto dirlo a
Fay?
Sarebbe stato meglio,
ma non sapeva perché non avrebbe sopportato di vedere il biasimo o peggio
ancora il disprezzo nei suoi occhi.
[Take me back to yesterday
Rollin' dice and getting laid
Everything was a.o.k. oh...
But now and then a cloud rolls in
Rains on my parade and then Talkin' this and that again, go(***) ]
Finalmente
questa terribile giornata lavorativa è arrivata a una conclusione, lavorare
accanto a Sakura è praticamente impossibile, la sua rabbia influisce
negativamente sul clima generale della bottega.
Dovrei
sentirmi in colpa e non ci riesco, non sapendo nemmeno io il perché debba
farlo.
Cosa
è successo tra lei e Tom?
Me
lo farò spiegare da lui, ammesso e non concesso che se lo ricordi.
Raggiungo
casa mia contenta, al momento mi appare come un rifugio che mi protegge dai
miei problemi,l’androne e le scale non
mi sembrano vecchi ma accoglienti e mentre mi avvicino al mio appartamento
giurerei di sentire il profumino di qualcosa che viene cucinato.
Ok,
questa è un’allucinazione olfattiva Fra.
Non
è possibile che le medusa che ospito abbia cucinato qualcosa.
Spalanco
la porta teatralmente e il profumino si fa più forte e invitante.
“Sono
a casaaa!”
“Ciao
Fay! Ma tu sei in grado di non far casino?”
“A
casa mia faccio casino quantomi pare…Tu piuttosto, ti sei dato alla cucina?”
Mi
lancio nel locale, giusto in tempo per vederlo trafficare davanti ai fornelli.
“Si
Nana, non avevo molto da fare…”
“Wa! Che bello! Arrivo a casa dal lavoro e trovo la cena
pronta!
“Ricompensa
Girardi, ricompensa!”
Mi
avvicino a lui e gli schioccò un bacio a stampo sulle labbra, lui rimane
perplesso, poi scoppia a ridere.
“Sei
vendicativa Nana.”
“Certo
Medusa, anche se non mi sembra una vendetta così terribile o che ti sia
dispiaciuta!”
Rido
beffarda.
“Vado
a farmi una doccia.”
Mi
barrico in bagno, quando torno ha perfino apparecchiato la tavola.
“Cavolo
Kaulitz! Che lusso! Ti senti buono o hai fatto
qualcosa che non dovevi in mia assenza?”
“Cretina!”
“Grazie!”
Mangiamo
in silenzio, devo dire che la pasta cucinata da lui non è poi così male.
“Allora
è buona?”
“Si….
Ma
tu hai qualcosa a che fare con Sakura, la conosci?”
“Non
lo so…Forse è una delle fans
che mi sono portato a letto, non ricordo.”
Mente,
posso giurare che stia mentendo.
“Oggi
al lavoro mi ha fatto una piazzata.”
“Mi
dispiace, lavo io i piatti.”
“Cosa
non mi stai dicendo?”
“Fay, tranquilla. Per favore.”
“Ok
, ci provo.”
Mi
schiaffo davanti al televisore, rimuginando sul perché non mi voglia dire di
essersi ricordato di Sakura, che si vergogni di esseri comportato male con lei?
Di
averla considerata una scopata e basta?
Non
mi sembra il tipo, che altro c’è sotto?
Esiste
la possibilità che lei si sia fatta dei film su di loro all’epoca e adesso
voglia fargliela pagare?
Potrebbe
essere, la rossa sotto la patina superficiale della dolcezza e della simpatia è
molto vendicativa.
“Fatto.”
Si
siede accanto a me, immediatamente cala un silenzio imbarazzante, ci sono
troppe cose non dette tra di noi.
“Che
mi racconti della tua vita da superstar?”
Mi
sorride e inizia aparlare, tra aneddoti
vari la serata passa discretamente bene .
“Ok,
è il momento di dormire.
Vuoi
il divano o il letto?”
“Il
letto….E grazie.”
“Per
cosa?”
“Per
non forzarmi, lo so che sei preoccupata per me e per Bill, ma ti sforzi lo
stesso di rispettare i miei tempi.”
Sospiro.
“Se
fai così fatica a raccontarmelo non deve essere una cosa facile da dire e
quindi credo nemmeno bella e io non voglio forzarti e farti chiudere in te
stesso.
Se..
se sei venuto da me è perché vuoi parlarmene, quindi io cerco di rispettare i
tuoi tempi, per quanto questomi costi.”
Mi
abbraccia.
“Sei
maturata Nana.”
Ha
un tono semiserio, che mi ricorda Jo e la tristezza torna a farsi sentire.
“Ho
dovuto maturare.”
Mi
lascia andare emi scruta.
“Cosa
è successo Fay?”
“Ho
appena pensato a una persona …. Mi rendo conto che tu mi hai raccontato un
buona parte della tua vita e io sono stata zitta come al solito.”
“Forse
non te la senti nemmeno tu, quando vorrai sono qui.”
Sorrido,
lui si butta a letto e io lo seguo, con una differenza tra di noi, lui si
addormenta subito, io rimango a fissare il soffitto.
Non
so quanto tempo passi, so solo che ad un certo punto mi risulta intollerabile
rimanere lì, così mi alzo ed esco sul terrazzo a fumarmi una sigaretta.
Guardo
la luna e il suo riflesso nei canali, i giochi di luce mi ipnotizzano
impendendomi di pensare a Jo, ma poco dopo sento la porta finestra aprirsi.
Mi
volto e lo vedo davanti a me,mentre si gratta perplesso la testa.
“Mi
sono svegliato e non c’eri….”
Sogghigno.
“Pensavimi fossi buttata dal balcone?”
“Cretina,
sei strana questa sera… più strana del solito.”
Mi
accorgo che il pacchetto giace ancora sul tavolo insieme all’accendino, lui si
è spaparanzato su una sedia.
“Prendi
pure una sigaretta se vuoi.”
Io
tiro un sedia accento lui e accendo la mia.
“Si
stasera sono strana…
È
che sto pensando a una persona….aJosh.
Sono
sicura che mentre io ero al lavoro tu abbia curiosato nella mia camera e abbia
notato le foto.”
Annuisce.
“Jo
è il ragazzo biondo che era abbracciato a me.
È
stato il mio unico amico a Berlino, ma adesso sta in America ed è colpa mia.”
“Colpa
tua?”
“Si,
se non avesse incontrato me…
Andiamo
con ordine…
Lui
è stato la prima persona che ho conosciuto a Berlino, ci eravamo beccati e
trovati simpatici a scuola e ben presto eravamo diventati inseparabili.
Ero
spesso a casa sua,a cucinare per lui, a cazzeggiare, a guardare film, a parlare
e spesso dormivo da lui.
Dormivo
e basta, pervertito.
Grazie
a lui mi sono iscritta alla scuola d’arte e ho preso in mano la mia vita.
Lui
grazie a me se l’è rovinata.”
Deglutisce.
“Il
quartiere dove vivevo non era un bel posto e tra tutti i disgraziati che
abitavano lì io sono andata a colpire il bulletto del quartiere che spacciava
droga e si credeva figo facendo soldi facili.
E
lui….lui ha cominciato a vendere marijuana a Jo,
senza che lo sapessi.
Questa
è una cosa che ho scoperto dopo, quando ormai era troppo tardi.”
Non
alzo lo sguardo,adesso arriva la parte
più difficile.
“Quando
lui ha iniziato a fumare quella roba, io…
Io
non l’ho fermato, mi vergognavoa
raccontargli del mio…incidente e credevo alle sua bugie…
Sai,
quelle cose tipo “lo faccio per provare etc…”?
Ecco,
quelle erano cose che potevano essere valide per altre persone , ma non per Jo,
lui era fragile, lui ci sarebbe aggrappato.
Io
lo sapevo e non l’ho fermato.
E
sai perché?
Perché
ero presa da altro, all’epoca mi piaceva un ragazzo e io pensavo a lui.
Alla
fine quel ragazzo è diventato il mio ragazzo, ma non importa, è durata un po’ e
ci siamo lasciati.
Quello
che importa è che una sera Jo è stato male per quella roba e io non sapevo
aiutarlo.
È
allora che mi sono decisa a dirlo ai suoi che l’hanno spedito in America a
disintossicarsi, essendo ricchi.
Ovviamente
mi ha odiato, per fortuna ci siamo riappacificati.
Io
sto male ogni volta anche se so che è stupido visto che ormai sta bene , ma…”
Non
finisco la frase , lui mi soffoca in un abbraccio come se capisse alla
perfezione ciò che ho provato e questo mi stupisce non poco.
Sono
senza parole e vagamente rigida.
Mi
lascio andare all’improvviso, quando capisco che ormai queste resistenze, questi
tentativi di mettere una corazza sono inutili. [So let mercy come And wash
away
What I’ve done
I'll face myself
To cross out what i’ve become
Erase myself
And let go of what i’ve done(**) ] “Mi dispiace Fay, davvero…
Pensa
che io credevo fosse il tuo ragazzo…”
“L’avevo
immaginato che tu lo credessi, ma lui non lo è…
È
solo il mio migliore amico, il mio fratello non di sangue.”
Rimaniamo
in silenzio per un altro po’ mentre la sigaretta si consuma inutile nel
posacenere.
“Fa
freddo, fay.”
Rientriamo
intirizziti, mi trascina sotto le coperte e io non mi ribello.
Mi
fa stare bene stare così.
“Grazie…”
“Per
cosa Nana?”
“Per
esserci Medusa.”
“Lo
so che sono insostituibile!”
Ridacchio,
senza spostarmi dalla sua stretta e così finiamo per addormentarci insieme
un’altra sera.
Strano.
ANGOLO DI
LAYLA
Eccoci all’undicesimo, la fine si avvicina, credo che dopo questo farò
ancora solo due capitoli, e farò un seguito incentrato sulla faccenda di Bill,
mi sembrava corretto darle lo spazio che si meritava^^.
Detto questo, spero che vi piaccia.
Queste sono le canzoni.
(*)”I’m notover”
Carolina Liar
(**)”What I’ve done”Linkin
park
(***)”Creamer (radio is dead)” Limp Bizkit.
OH…In giapponese il nome Sakura,significa fiore di ciliegio, al momento non lo
ricordo precisamente^^.
Capitolo 12 *** 12)Su Come Il Tempo Sia Ormai Agli Sgoccioli Per Tom Kaulitz ***
12)) SU COME IL TEMPO SIA ORMAI AGLI
SGOCCIOLI PER TOM KAULITZ
E poi restare sola
intorno agli occhi della gente
e innamorarsi sempre
di chi non ha capito
Ci sono certe mattine che ti alzi con
il presentimento della catastrofe senza un motivo preciso, appena apri gli
occhi sai che qualcosa succederà, senza che ti sia dato sapere cosa.
Questa mattina è una di queste,mi
sveglio subito(Miracolo!), spengo la sveglia del cellulare che ho
diligentemente puntato per non disturbare la Medusa che è in coma accanto a me
e mi sento inquieta, vagamente ansiosa.
È assurdo, dovrei sentirmi meglio dato
che per la prima volta ho raccontato di Jo a una persona che non sia Luca,
eppure non è così.
Sguscio in bagno, mi lavo e mentre mi
trucco davanti allo specchio so che oggi non sarà una giornata normale, questa
calma apparente è come quella illusoria e traditrice prima della tempesta.
La tempesta, suggerisce il mio
istinto, potrebbe chiamarsi Sakura Ishikawa ed essere
legato a quello che c’è stato o meno tra lei e Tom e a quello che lui non vuole
dirmi su di lei, nonché su Bill.
Troppi segreti non sono mai positivi,
prima o poi esplodono con la potenza devastante delle bombe e io sono
un’esperta in questo campo.
Faccio colazione, controllo la
situazione in camera, lui dorme ancora il sonno dei giusti abbarbicato al
cuscino, per niente disturbato dai miei movimenti, devo farmi violenza per non
controllare che non sia morto.
-è solo invidia, Fra.
Esci da tuo appartamento, schiaffati
una stizza in bocca e realizza che non sei preoccupata per lui adesso, sei solo
invidiosa del fatto che lui possa dormire tutta mattina e tu no.-
Saggia la mia coscienza….
Più saggia di me a volte e così le do
retta e me ne vado al lavoro, chissà la minaccia giapponese come si comporterà?
Mi ficco una sigaretta in bocca,
l’accendo e cerco di non pensare a quella concentrandomi sugli andamenti del
fumo che si disperde nell’aria.
Fortunatamente oggi lavoro solo fino a
mezzogiorno, essendo sabato e quindi me la becco solo mezza giornata, ma credo
che questa basterà a guastarmi l’umore per tutto il pomeriggio.
Richiamo tutte le mie scarse scorte di
pazienza, mi stampo in faccia un sorriso cordiale , mi dico che posso farcela,
quindi entro in bottega,
Apparentemente è tutto normale.
Saluto tutti, sorrido, qualche collega
mi dice che sembro più bella e che ho la pelle più luminosa.
Mha.
Credo che abbiano bisogno di una
visita collettiva dall’oculista, io sono la solita Francesca,non honulla di diverso .
Poso la mia roba, di Sakura non c’è
traccia, non ancora.
Arriva poco dopo, con un’espressione
normale che si trasforma in un sogghigno divertito non appena mi vede, che
ovviamente lei cerca di mascherare, se potesse si porterebbe elegantemente
davanti al volto un ventaglio.
Crede di essere furba la rossa, ma non
sa con chi ha a che fare, lei pensa che io sia una strana tipa che dalla
Germania è tornata in Italia per una specie di capriccio, non ha idea di cosa
abbia affrontato nella mia vita.
Crede di potermi ingannare, senza
sapere che lei non è niente in fondo, che ho rimesso al suo posto gente
peggiore di lei.
La scruto mentre lavoro, senza farmi
notare, sono diventata un’esperta nello spiare le persone senza che se
accorgano, fa parte della teoria”Conosci il tuo nemico per poterlo attaccare
meglio” e Sakura per una parte di me è un nemico da abbattere.
Ha l’espressione soddisfatta di chi ha
compiuto qualcosa di appagante, ma non esattamente benigno, dunque devo
dedurre, sommandolo all’atteggiamento di Tom, che lei abbia già fatto una mossa
per vendicarsi o almeno si sia fatta sentire.
Qualcosa si muove, le nuvole corrono,
il temporale si sta addensando sopra le nostre teste, chi verrà colpito dai
fulmini?
Calma,Fay,
calma.
Sorrido spontaneamente al sentire che
anch’io mi chiamo Fay adesso, quel nomignolo per la
prima volta dopo anni non mi ferisce ne mi fa pensare a mio padre che ancora
paga i suoi debiti con la giustizia italiana, ma a qualcun altro.
Non devo distrarmi, devo capire cosa
bolle in pentola, ma la mattinata scivola via troppo velocemente perché io
possa afferrare appieno il tutto.
È in momenti come questi che davvero
vorrei saper leggere nel pensiero, potrei evitare tante cose…
Scuoto la testa, è incredibile come
ancora adesso mi perda in pensieri simili, cercando qualcosa oltre questa
realtà che quasi sicuramente non esiste.
Non si smette mai del tutto di credere
alle favole e ai tuoi miti della tua infanzia, sono il posto in cui ci si
rifugia quando tutto va male.
Cammino svelta verso casa, fermandomi
in un negozio di alimentari che sembra uscito da un’altra epoca a prendere
qualcosa per il pranzo, non è la prima volta che noto come la scelta di Venezia
come città in cui stabilirminon sia
casuale.
È un posto sospeso,un po’ fuori dal
tempo, magico, in cui io mi sono rifugiata rifiutando il resto del mondo,
tagliando con mia madre, diradando i rapporti con i miei fratelli e parlando solo
con Jo.
Forse volevo ignorare la vita reale,
ma lei è venuta a cercarmi attraverso Tom e ora sono pronta ad affrontare tutto,
credo.
Mi sono data il tempo di leccarmi e
far guarire le ferite e ora sono o forse spero di essere pronta.
Salgo al mio appartamento, apro piano
la porta, mi accoglie il silenzio, lui sta ancora dormendo, mi ritrovo di nuovo
a sorridere come in fondo non ho mai fatto davvero in questi anni.
Sto scadendo nel patetico.
Fra, datti una regolata.
Dopo la doccia, inizio a cucinare
delle cotolette alla milanese e delle patatine, ma lui ancora non si fa vivo.
Che sia caduto in letargo?
Mha.
Apparecchio, lascio le cotolette e le
patatine in forno al caldoe mi accingo a controllare lo stato del mio
ospite, vivo , morto o x?
Apro cautamente la porta della mia
camera, vedendolo opto per una bella x, quella del letargo, del coma, della
morte apparente.
Lo scuoto piano, poi sempre più forte,
sto per andare in cucina, meditando di svegliarlo rovesciandogli un bicchiere
di acqua gelida addosso, quando si sveglia.
Guarda me perplesso, poi la sveglia e
realizza che razza di ora sia.
“Ben svegliato Bella Addormentata!
Il pranzo è pronto se vuole farmi il
piacere di accomodarsi a tavola.”
“Buongiorno Fay….
Dall’acidità deduco che hai lavorato
stamattina.
Niente bacio del buongiorno?”
Sogghigna con la voce rauca post
risveglio.
“Ma guarda questo!”
Esclamò divertita in italiano, lui mi
guarda stranito.
“Ti do una mano e ti prendi o pretendi
di prendere il braccio.
Tra poco dovrò darti anche il bacio
del buon pomeriggio?”
“Ho capito, Sakura ti ha rotto le
palle!”
Gli schiocco un bacio sulla guancia,
approfittando della sua incredulitàlo
tiro in piedi.
“Tu sei pazza!”
“Indubbiamente, soprattutto perché ti
ho preparato il pranzo.”
“L’argomento cibo mi interessa, con
cosa mi avveleni oggi?”
“Code di rospo ed occhi di tritone.”
“Buoni.”
“Li
ho cucinati io.
Fatti una doccia, risveglia i neuroni
e vieni a mangiare prima che si raffreddi tutto.”
“Si, mamma!”
Fa come gli dico e poi finalmente
mangiamo, in silenzio.
Mi nasconde qualcosa questo è certo,
un paio di volte apre bocca per dire qualcosa per poi rinunciare.
Parla, dimmi qualcosa!
“Buone Fay,
saresti quasi da sposare!”
Rischio di soffocarmi, ben mi sta,
devo imparare ad appezzare il silenzio!
“Oddio…è un complimento?”
“Forse si…”
Finiamo di mangiare, lavo i piatti,
sistemo la cucina, lui sento che ha acceso la tv e l’ha sintonizzata su Mtv.
Che cosa trama Sakura alle sue spalle?
Per riempire il silenzio lo coinvolgo
nelle pulizie del mio appartamento aspettandomi proteste e una rappresaglia, ma
non succede nulla, accetta tutto di buon grado.
Sono definitivamente preoccupata.
Preferisce fare la casalinga disperata
che dirmi cosa cavolo vuole quella iena da lui, che creda che lo mandi al
diavolo?Che lo disprezzi?
Si sbaglia, potrei aiutarlo!
Forse si vergogna e vuole risolvere
tutto da solo, anche ieri sera mi ha detto di stare tranquilla e forse mi
conviene dargli retta o almeno provarci.
Il pomeriggio trascorre così, senza
che accada nulla di particolare, io gli parlo, lui finge di ascoltarmi, ogni
tanto guarda l’orologio, cercando di non farsi vedere.
Non mi fai fessa Medusa, cosa non mi
stai dicendo?
“Cosa mangiamo stasera?”
Lui mi abbraccia da dietro, io
arrossisco.
“Che hai??”
Lui mi molla di botto, datemi un
libretto di istruzioni..
“Non ho niente.”
Certo, allora inizia a chiamarmi
Cleopatra, lo guardo eloquente.
“Davvero Fra!”
Va bene, farò finta di credergli,
tanto so già cosa fare.
Alle cinque e mezza borbotta che deve
uscire.
“Sei sicuro di riuscire ad
orientarti?”
“Si, grazie, non ti preoccupare!”
Sorride tirato.
“Va bene, a dopo allora.”
“Ciao Nana, mi fido di te per la
cena!”
Infila rapido la porta, io mi fiondo
in camera a prendere un giubbino, mi metto gli anfibi e mi lancio al suo
inseguimento.
Non vuole dirmi cosa ha in mente?
Bene!
Lo scoprirò da sola.
Cammina titubante tra le calli,non è
per niente convinto di quello che sta facendo, ma allo stesso tempo sembra non
voglia tornare indietro.
Arriva in piazza San Marco e Sakura si
avvicina a lui, nessuno dei due sembra felice, che sia una trattativa per
qualcosa?
Non lo so, poco dopo si allontanano in
una calle laterale, io riprendo a seguirli, rabbrividendo, non ho mai
sopportato il freddo, ma fortunatamente almeno non è umido.
Divago per non pensare.
Stanno trattando per qualcosa ne sono
certa, altrimenti sarebbero rimasti in piazza senza problemi, ma per che cosa?
Si fermano, io mi nascondo dentro una
rientranza, Sakura si volta verso di lui con una luce dura negli occhi, come se
dopo anni stesse buttando fuori una rabbia che credeva di aver superato.
“Allora Kaulitz,
ce li hai i soldi?”
“Sono qui per parlare.”
“Di cosa?”
“Del fatto che dopo quattro anni la
tua storia ha il valore che ha, io non rischio, l’unica che rischia qui sei
tu.”
“Carino lui, si preoccupa per me.”
“Cosa ti ho fatto, ragazzina?
Cosa?
Siamo finiti a letto insieme,ma eri
consenziente no?”
“Si, ma io ero innamorata di te.”
“Io no e credevo lo sapessi!”
“Io credevo nell’amore a prima vista,
mi sono cullata almeno due anni in questa illusione e tu l’hai distrutta!
Per anni ho odiato quella ragazza che
chiamavi mentre dormivi.
Per anni.
Perché lei aveva qualcosa che a me era
stato negato e ora non posso sopportare che sia Girardi,
quella cheha tutto!
Io devo vendicarmi!”
Se non fosse che io dovrei essere a
casa a fare la calza uscirei e la prenderei a sberle.
Non si può essere così stronzi,
vendicativi e arroganti!
“Tu non la conosci minimamente!”
Bravo Medusa!
Da qui in poi iniziano una discussione
a base di soli insulti che dura un bel po’.
Si stanno scannando e io non posso
intervenire, purtroppo o per fortuna o sarebbe un disastro per Ishikawa.
“Sei solo uno senza palle!
Non hai il coraggio di parlare alla
ragazza per cui sei perso da anni.
Sei un omuncolo!
Quella notte ti lamentavi nel sonno e
chiamavi il suo nome e ora sei a casa sua! Scommetto che lei nemmeno lo sa!
Tu sei cotto di Girardi!”
A questo non posso non intervenire, mi
lancio verso di loro, senza nemmeno sentire la risposta di lui, ora voglio
chiarezza!
Il giorno era arrivato, doveva affrontare la
giapponese e quello che il fratello aveva sempre previsto, che qualcuna gli
presentasse il conto delle sue azioni.
Aveva pranzato con Fay,
aveva persino accettato di fare il casalingo pur di non dirle nulla, il suo
orgoglio non era ancora del tutto seppellito, quello era un guaio in cui lui si
era cacciato e che lui doveva risolvere.
Questa volta non voleva e non doveva coinvolgere
Francesca.
La guardava sistemare il suo appartamento, serena,
ignara di quello che lui doveva dirle e si chiedeva ancora una volta se avesse
o no il diritto di coraggio di farlo.
I vecchi dubbi erano duri a morire.
Lei parlava e lui non l’ascoltava nemmeno, preso dai
suoi pensieri incoerenti ed angosciati, ancora scossi per la telefonata di
Gustav del giorno prima.
Era bravo a mascherare, era bravo a fare il cretino
per nascondere le sue preoccupazioni e questo lei lo sapeva, l’aveva forse
sempre saputo, troppo simili per non capire cosa ci fosse dietro i
comportamenti in apparenza insensibili dell’altro.
All’improvviso l’aveva abbracciata solo per sentirla
più vicina, ma non erano cose che lui potesse ammettere così facilmente,
nemmeno con lei.
Non appena aveva realizzato la sua debolezza,
l’aveva lasciata andare perdendo un’altra occasione.
Scusa Fay.
[I’m walking
on brokenglass From the wreckageofmypast
I’m locked up in a cage
Cause I’m a prisonerofmyways (*)] Lo sapeva che sospettava qualcosa, lo stesso pregò che lei non si
impicciasse nella faccenda di Sakura sebbene sapesse che era praticamente
inutile sperarlo.
Uscì di casa sentendosi un vigliacco, raggiunse la
ragazza e per la seconda volta si ritrovò a pregare per un po’ di comprensione,
sapendo che Sakura era un osso duro.
Accidenti!
“Buona sera….”
“’sera. Sbrighiamoci.”
“La tua dama ti attende al castello?”
Represse l’istinto di mandarla al diavolo, certo che
non l’avrebbe aiutato nelle trattative.
“Si.”
“Seguimi.”
Lo condusse in una via laterale, poi in un’altra che
costeggiava un canale, poi finalmente si fermò.
Allora Kaulitz, ce li hai
i soldi?”
“Sono qui per parlare.”
Deciso, senza tentennamenti, doveva mostrarle che
non c’erano margini ne argomenti per trattare.
“Di cosa?”
“Del fatto che dopo quattro anni la tua storia ha il
valore che ha, io non rischio, l’unica che rischia qui sei tu.”
“Carino lui, si preoccupa per me.”
“Cosa ti ho fatto, ragazzina?
Cosa?
Siamo finiti a letto insieme,ma eri consenziente
no?”
“Si, ma io ero innamorata di te.”
“IO no e credevo lo sapessi!”
“Io credevo nell’amore a prima vista, mi sono
cullata almeno due anni in questa illusione e tu l’hai distrutta!
Per anni ho odiato quella ragazza che chiamavi
mentre dormivi.
Per anni.
Perché lei aveva qualcosa che a me era stato negato
e ora non posso sopportare che sia Girardi, quella
cheha tutto!
Io devo vendicarmi!”
Stronza e pure bastarda! Era solo invidia la sua!
E solo per un po’ di invidia, giudicava una persona
senza conoscerla, senza sapere che pesi si portasse dietro, che passato avesse.
“Tu non la conosci minimamente!”
Lei fece una risata di scherno,lui ci vide rosso ed
iniziarono ad insultarsi pesantemente, poi lei lanciò la stoccata finale,
quello che probabilmente si preparava da ieri.
“Sei solo uno senza palle!
Non hai il coraggio di parlare alla ragazza per cui
sei perso da anni.
Sei un omuncolo!
Quella notte ti lamentavi nel sonno e chiamavi il
suo nome e ora sei a casa sua! Scommetto che lei nemmeno lo sa!
Tu sei cotto di Girardi!”
Detestava quando qualcuno tirava in ballo i suoi
sentimenti a casaccio, non era mai riuscito a non reagire e tutto stava
degenerando, ancora non sapeva fino a che punto.
Non aveva notato la figura che era spuntata da
dietro una rientranza della calle e si stava portando verso di loro, ora vedeva
solo Sakura e, al diavolo la diplomazia, voleva solo litigarci per bene.
“Stai zitta Ishikawa!
Non sai niente di me o di lei, non ti impicciare
della mia vita!
Io sarò senza palle, ma tu sei solo una ricattatrice
bastarda ed invidiosa.
Ti rode che Fra sia meglio di te, vero?
Ti rode il fatto che lei non debba fingere per
essere accettata?
Brutta bestia l’invidia!”
Lei fece per schiaffeggiarlo, ma lui le bloccò la
mano, ce l’aveva in pugno.
Lei iniziò a divincolarsi sputando insulti in
italiano, nella lotta finirono per trovarsi in posizioni opposte rispetto a
prima e pericolosamente vicini al canale,così quando lei si mosse di nuovo per
poter essere libera di attaccare colpì qualcuno dietro di lei.
Fay.
Cazzo.
Voleva mollare Sakura, ma era come paralizzato, così
la vide perdere l’equilibrio sorpresa, tentare di aggrapparsi al nulla e infine
cadere sul selciato, sbattendo la testa.
Questo avvenne in un tempo che a lui parve
lunghissimo , ma non doveva essere durato che qualche secondo, perché la rossa
non la notò nemmeno.
Forse si accorse che aveva colpito qualcuno, decidendo
poi di ignorarlo, troppo presa dal tentare di liberarsi di lui, non sapeva se
fosse spaventata o desiderosa di scatenare una rissa.
Continuò a divincolarsi, senza volerlo spinse Fay dentro al canale, fu allora che la mollò, sibilando
furioso”Chiama un’ambulanza, idiota!”
Lei si guardò intorno perplessa,mentre si
massaggiava un polso.
Lui iniziò atogliersi, scarpe, giubbino e felpa, sotto gli occhi sorpresi di lei,
che non si raccapezzava più nella piega che aveva preso la situazione.
Avrebbe voluto scuoterla, darle una sberla e poi
insultarla per quello che aveva fatto, invece era troppo preoccupato per la sua
nana acida per curarsi della giapponese, se non per far si che lei
collaborasse.
“HAI BUTTATO FAY NEL CANALE! CHIAMA UN’AMBULANZA CHE
IO PROVO A RIPESCARLA!”
La ragazza trasalì, lui si buttò in acqua, era
fredda, il suo corpo lanciò un grido di protesta, ma lo ignorò.
Lui aveva coinvolto Fay in
quella situazione e lui doveva tirarla fuori, anche se non riuscì a reprimere
un fiotto di puro odio verso Sakura, una volta che tutto fosse finito non
avrebbe più voluto vederla.
Fece qualche bracciata, tentò di abituarsi al buio
del canale e finalmente la vide.
Era a qualche metro di distanza da lui, in balia
della corrente, del tutto priva di volontà come una marionetta a cui avessero
staccato i fili.
Tentò di avvicinarsi a lei per poterla portare in
superficie, ma l’acqua lo spingeva inesorabilmente in senso contrario.
Cazzo!
Era la quarta volta che si sentiva impotente davanti
alle persone a cui teneva quando stavano male.
La prima volta era stata quando Fay
era sparita e lui l’aveva ritrovata svenuta in quel vicolo, ricordava perfettamente
che avrebbe voluto prendere a sberle la madre di lei e poi se stesso.
Poi c’era stata l’operazione di Bill ed era stata
una delle altre lunghe notti in cui aveva fatto i conti con se stesso, in
ultimo c’era stato quando aveva scoperto il suo adorato fratello chino su una
striscia di coca.
Fay e Bill, sembravano sempre intrecciati
nella sua vita e nel suo destino.
Buffo.
Avrebbe dovuto continuare a essere sempre così, non
poteva lasciarsi scappare uno dei due elementi proprio adesso che l’aveva
capito.
[I’m reckless
So reckless Godsave me Fromthismadness (*)] Richiamò le ultime energie,con
uno scatto si portò verso di lei e riuscì ad afferrarla.
Sperò che quella giapponese avesse chiamato
l’ambulanza o dopo averla trucidata, sarebbe stato capace di affittare una
gondola pur di riavere Francesca Girardi integra
intorno a rompergli le scatole e a sostenerlo nella sua prossima battaglia.
Destino infame.
Finalmente fu fuori, nuotò verso il bordo,
trascinandola ragazza con sé,la issò a
Sakura che adesso era pallidissima, in altre occasioni le avrebbe fatto pena,
ma al momento era troppo fuori di se per accordagliela.
“Hai chiamato l’ambulanza?”
Domandò mentre usciva a sua volta, battendo i denti
per il freddo intenso,.
“Ma stai bene?”
“TI HO CHIESTO SE HAI CHIAMATO L’AMBULANZA!
CHI SE NE FOTTE DI COME
STO IO! NON FARMI PERDERE TEMPO!”
“Si!Arrivano tra poco!”
“Posso farle la respirazione bocca a bocca?”
“Si, ma non spostarla potrebbe avere un trauma
cranico e peggioreresti le cose.”
“Ok.”
Aveva iniziato a rianimarla, lei aveva sputato
acqua, ma non si era svegliata, ma quanto meno respirava.
“Coprila con la mia giacca.”
“Si.”
Tra di loro cadde un silenzio imbarazzato, non
sapevano cosa dirsi,lui doveva trattenersi dall’insultarla e sperava che lei si
sentisse in colpa.
La notte stava calando, si era alzato un vento
gelido, lui stava congelando senza volerlo dare avedere.
“Prendi la mia giacca.”
“Non voglio niente da te, Ciliegia.”
“Stai congelando!”
“Ti ho già detto che non te ne deve fregare niente.”
Gliela lanciò addosso.
“In tasca ci sono le sigarette!”
Se ne accese una.
“Ishikawa, se a Fay dovesse succedere qualcosa, sappi che non ti perdonerò
mai e che te la farò pagare. Potrei metterci mesi, anni, secoli, ma lo farò.
Stanne certa.
Da me non vedrai neanche un euro, ovviamente.”
“Io…io…”
“Tu cosa?
Non volevi forse? Troppo facile, carina!
Se avessi conosciuto almeno un po’ Fra, avresti
saputo che lei si sarebbe impicciatain
tutto questo perché odia i bugiardi e perché sarebbe disposta a tutto pur di
aiutare le persone a cui tiene.
Sicuramente anch’io ho una parte di responsabilità
in tutto questo, se gliel’avessi detto non saremmo finiti così o forse sarebbe
stato lo stesso, ma tu…tu,,,
Io non voglio più niente a che fare con te e in ogni
caso adesso non è il momento di fare conversazione con te.”
Lei aprì bocca, forse voleva replicare, ma decise di
tacere.
Il silenzio fu l’unica cosa tra di loro, fino
all’arrivo dell’ambulanza che si rivelò essere un motoscafo, dubitava che la
nana l’avrebbe apprezzata da cosciente.
Un gruppo di paramedici si occupò di Fra, uno venne
da loro a informarsi sulle circostanze dell’incidente.
“Buonasera, adesso ci occuperemo noi della ragazza.
Come si chiama?”
Quando vide la sua faccia perplessa mormorò qualcosa
e passò istantaneamente all’inglese.
“Francesca Girardi.”
“Come è successo?”
“è scivolata, ha battuto la testa ed è caduta nel
canale.”
L’uomo, sui quarant’anni aveva la faccia di uno
abituato a riconoscere un bugiardo,lo guardò a lungo.
“Va bene.”
Parlò con i suoi compagni , li aiutò a caricare la ragazza
sul mezzo, poi tornò da loro.
“Adesso la porteremo all’ospedale.
Sapete se deve essere avvertito qualcuno?”
“NO.”
“Lei, che si è tuffato venga con noi.
Vuole venire anche lei, signorina?”
“No, lei non vuole venire, andiamo.”
Per la seconda volta si sentì lo sguardo dell’uomo
addosso, alzò le spalle, come a voler dire che non doveva impicciarsi e di
preoccuparsi solo di Fay.
Poteva intuire cosa stesse pensando, che era la
classica di corna, con la legittima fidanzata che si ritrova tradita e ha la
sfortuna di scoprire il bastardo con l’altra.
Lo sguardo sornione quello diceva e raccontava anche
il seguito che si era immaginato, ovvero della successiva lite e dell’inavvertita
caduta in acqua della poveretta.
Strinse i pugni,allo stesso tempo una parte di lui
era felice che qualcuno avesse pensato a Fay come alla
sua possibile ragazza.
Non era il momento di analizzare simili pensieri!
Il motoscafo sfrecciava sopra l’acqua, in un’altra
occasione si sarebbe incantato a guardarlo , per poi chiedere informazioni e
pensare che era una figata,
Ora non ne aveva il tempo ne la voglia.
Ora voleva solo arrivare all’ospedale il più presto
possibile,sperare che lei si riprendesse alla svelta e raccontarle tutto.
Sentiva che il tempo che aveva a disposizione si era
esaurito.
Altri ricordi si affacciarono alla sua mente,tutti i
momenti che aveva evocato prima.
Quando Fay era stata male
per quell’overdose l’ospedale gli era sembrato lontanissimo durante quel tragitto in macchina
con accanto suo fratello insolitamente silenzioso.
Troppi parallelismi.
Troppe cose che non aveva imparato dal passato.
Non aveva saputo interpretare i silenzi come doveva,
si prese la testa tra le mani, i pensieri ora stavano diventando confusi.
Vorticavano senza senso, senza tregua.
“Stai bene, ragazzo?”
L’uomo di prima lo guardò.
“Sono confuso.”
“è normale, è lo shock.
Tieni a lei, vero?”
“Si.”
“Allora non preoccuparti ce la farà.
Seistatofortunato.”
[Thank god I’ve got a woman
With my name acrossed her heart
Loving me aint easy
Loving me is hard(*) ] Fortunato? Si , avrebbe potuto andargli molto peggio, avrebbe
potuto finire peggio quella storia, ma avrebbe potuto finire meglio o non
esserci affatto se lui avesse dato ascolto a certe persone, invece che solo a se
stesso.
Solo adesso ricordava una conversazione con Gustav
una sera in cui il biondo batterista l’aveva beccato a fumare sulla terrazza
del hotel dove stavano.
Questo era all’incirca quello che si erano detti.
“Ehi, come mai qui tutto solo?”
“Mi annoiavo…”
“Niente compagnia, stasera?”
“No, non ero in vena.”
“Incredibile...”
“Ma vero….Tu che ci fai
qui?”
“Sono venuto a riflettere, ma il posto era già
occupato.”
“Riflettere su cosa?”
“Su quanto siate testardi e simili tu e Francesca.”
“Non è vero!”
“Lei dice la stessa cosa.”
Pausa di silenzio.
“Perché non ti sei più fatto vivo?”
“Perché mi vergognavo e pensavo che visto che
stavamo per partire, sarebbe stato meno doloroso per lei se io fossi sparito.”
“Stupido!
Così l’hai delusa il doppio, lei ha creduto fino all’ultimo che saresti
arrivato!”
“IO…Credo che andrò a
letto.
Buonanotte!”
“Pensaa
quello che ti ho detto, non è troppo tardi per rimediare!”
Non ci aveva pensato, forse adesso era davvero
diventato troppo tardi?
[I’m sorry about the madness
But that’s the way it’s got to be
Cause it takes a crazy women
To love a reckless man like me ]
Finalmente arrivarono in ospedale, lo trattennero
per accertamenti mentre lei veniva portata via.
Non aveva niente, gli diedero una coperta e un bicchiere
di thè caldo delle macchinette, poi gli comunicarono
dove avevano portato Fra.
Si trascinò al reparto stremato, tremante e confuso,
ancora non si capacitava di che razza di piega avesse preso la giornata mentre
si lasciava cadere con poca grazia su una delle sedie del corridoio.
Poco dopo arrivò la giapponese reggendo una borsa di
plastica.
“Ti ho portato i vestiti asciutti e le scarpe.”
“Grazie.”
Cercò un bagno e si cambiò, che Sakura si sentisse
in colpa?
-Avrebbe le sue buone ragioni…-
Tornò a sedersi senza rivolgerle la parola.
“Mi dispiace Tom, io non volevo finisse così.”
La pregò mentalmente di tacere, non era in grado di
sopportare la sua voce.
La ragazza iniziò a camminare avanti ed indietro,
era un attrice nata o era davvero dispiaciuta?
Non gli interessava la risposta.
Solo l’arrivo di un medico pose fine a quella
tortura.
“Siete qui per Francesca Girardi?”
“Si.”
“Sta bene!”
“Ha un trauma cranico, ma si sta riassorbendo.
La terremo in osservazione questa notte, poi potrà essere
dimessa.
Potete andarla a trovare tra poco, un’infermiera vi
avviserà quando sarà possibile.”
Il suono del cellulare interruppe la conversazione,
il medico gli lanciò un’occhiataccia.
“I cellulari sono vietati.”
“Scusi.”
“Lo spenga o esca per rispondere!”
“Si.”
Corse via, quando fu abbastanza lontano lo aprì.
Era Gustav.
Deglutì.
Perché quella telefonata?
[Io non tremo
E' solo un pò di me che se ne va
Giù nella città, dove ogni strada sa
Condurre sino a te e io no(**) ]
ANGOLO DI
LAYLA
Aloha! Incredibilmente siamo giunti al penultimo capitolo di “Francesca”….Spero
che questo capitolo vi piaccia, purtroppo mi sono trovata nella spiacevole
situazione di avere troppo materiale per un capitolo solo e troppo poco per due
e questo è il risultato -______-!
La fine si avvicina e ….ilseguito…
Ah! Sakura in giapponese significa fiore di ciliegio XD.
Passo alle canzoni:”
(*)”Reckless” Papa Roach
(**)”Bye Bye Bombay” Afterhours
Passo alle recensioni:
Black Down Th:la cinese non è una piovra,è una spaccap***e!
Invidiosa pure, che rosica!
Povero Bill(ovviamente è a lui che Tom pensa quando eli
gli parla di Jo) si, ma tranquilla non diventerà anche piromane XD!
Ci sono molte cose in sospeso,.. fortunatamente esistono i seguiti…
Spero ti piaccia.
Alla prossima! Ciaoo
_Pulse_:Grazie! Sakura sta un po’ appesa a tutte temo…
Purtroppo esistono iene del genere.
Non posso dirti come reagirà Fra quando Tom le dirà di Bill, un capitolo
e lo saprai.
Alla prossima!
Schwarz Nana: Sakura è di sicuro idiota e
dopo questa Tom non le darà neanche mezza lira, che è inutile e fuori corso tra
l’altro XD!
Sto delirando @_@!
Spero che questo ti piaccia^^.
Alla prossima^^
Tushi Und
Dark: sakura
fa un po’ pena, ma solo un po’…
Tra poco sarà il turno di Tom purtroppo.
Il tempo si è esaurito.
Spero ti piaccia.
Alla prossima!
Big Angel dark: Tranquilla, ti perdono, non c’è problema^^.
Sono contenta che ti piaccia, grazie dei complimenti.
Per i nomi: diciamo che mi tengo a mente quelli che mi piacciono e che
trovo in un libro o in un fumetto, sennò…vocabolarioXD!
Schrei Kris: Una nuova lettrice *_*! Che bello!
Sono contenta che ti piaccia^^.
Grazie dei complimenti.
Alla prossima^^.
Lady Cassandra:Ciaooo! Sono contenta di trovare la tua
recensione! In effetti Sakura è proprio la ciliegina finale -____-!
Sono contenta che apprezzi i cambiamenti di Fra, mi sono impegnata per
costruire il suo personaggio, che è maturato attraverso l’esperienza di Jo e di
sua madre.
Spero che questo capitolo ti piaccia^^.
Poi il seguito….su cui sono ancora un po’ confusa,
ma ci sto pensando ^^.
(se tu sei ritardataria, io sono troppo troppo
caotica!)
Capitolo 13 *** 13)Su Come La fine Non Sia Altro Che L'Inizio. ***
13))Su Come LaFine Non
SiaAltro Che L’’inizio.
Francesca ha gli anni
che ha
capisce quello che capisce
capisce che qui non va
e a me mi basta.
Non
avrei dovuto intervenire.
A
ventidue anni dovrei sapere quando stare al mio posto e lasciare che siano gli
altri a cavarsela da soli, non sempre è giusto impicciarsi.
A
ventidue anni dovrei essere in grado di tenere a freno il mio istinto, Tom
poteva cavarsela benissimo da solo e sistemare Sakura Ishikawa
senza problemi.
Avrei
dovuto rimanermene nascosta ed aspettare che il mio bizzarro cavaliere facesse
giustizia a suo modo.
Questo
è quello che avrei dovuto fare , quello che faccio è ben diverso.
Mi
lancio verso di loro senza accorgermi che le loro posizioni sono cambiate e che
arrivo alle spalle di Sakura, una posizione piuttosto pericolosa data la piega
che ha preso la situazione.
Me
ne rendo conto quando un colpo della rossa mi arriva in pieno stomaco, il
dolore non è forte, ma è abbastanza per farmi perdere l’equilibrio.
Merda!
Sono
troppo vicina al canale!
Barcollo
pericolosamente, mi aggrappo all’aria, guardo Tom che è come pietrificato.
Mi
ha vista, ma non accenna a muoversi per via dello shock e di Sakura che è
attaccata a lui come una cozza,maledetta giapponese!
I
miei occhi gli telegrafano varie cose come” Aiutami”e”Non stare lì impalato!”,
tuttavia lui non li recepisce o non ha il tempo materiale per farlo
probabilmente per uno dei solito scherzi della percezione del tempo ciò che a
me sembra eterno non dura che pochi secondi.
Cado
a rallentatore, mi piego senza potermi fermare, fino a quando sento un dolore
sordo alla testa, ho raggiunto il selciato.
Il
buio inizia ad avanzare verso di me, il mondo diventa sfuocato, le voci distorte,
sono vagamente consapevole del fatto che qualcuno mi ha colpito di nuovo e che
sto cadendo.
Èsolo un attimo.
Un
fottuto attimo che dura in eterno, poi il buio mi prende definitivamente e
inizio a cadere davvero.
[Cade
Sprofondando lento il corpo, cade(*)]
Mi
sento come se stessi precipitando in un lungo tunnel buio, nel pozzo di Alice
di cui non riesco a vedere la fine, troverò il bianconiglio
ad accogliermi?
La
mia ansia cresce, sento di non avere il controllo della situazione, così chiudo
gli occhi sperando di non ritrovarmi a fare compagnia a San Pietro o al
demonio.
Quando
li riapro sono su una spiaggia bianca, debolmente illuminata dalla luce soffusa
dell’alba, davanti a me il mare, con i capelli scossi leggermente dal vento.
Immobile.
Non
riuscirei a muovere un passo nemmeno se volessi.
Riconosco
il posto solo dopo un po’, era la spiaggia che si trovava davanti al mio paese
in Sicilia, quella dove spesso e volentieri mi rifugiavo.
Sorrido
o meglio il mio corpo sorride, io sono perplessa.
Cosa
ci faccio qui?
Voglio
tornare a Venezia!
La
luce si fa sempre più decisa, il cielo più colorato, il sole come una palla di
fuoco sorge dal mare regalandomi un alba rosso sangue bellissima ed inquietante
ed in qualche modo conosciuta.
Un
ricordo spunta dritto dai miei tredici anni, ero su questa stessa spiaggia in
un’alba fresca di agosto dopo averci trascorso tutta la notte per non sentire
l’ennesimo litigio fra i miei.
Quest’alba,
questi colori mi avevano fatto rimanere a bocca aperta, come se fossero un
tesoro mandato da Dio per me e mi ero ripromessa che avrei mostrato quest’alba
alla persona di cui mi sarei innamorata un giorno.
L’immagine
di Tom si fa più forte, voglio andarmene via da questo posto che mi tiene
prigioniera, ma sono ancora condannata all’immobilità.
“Francesca!”
La
voce mi libera dall’incantesimo, mi volto,èmio padre,i capelli neri lunghi
ed ondulati come i miei raccolti in una coda.
“Papà?”
“Cosa
c’è di strano tesoro? Pensavi alla mamma?”
“Eh?”
“Quando
vieni qui è perché pensi a tua madre, le volevi così tanto bene e hai sofferto
così tanto quando lei è morta in quell’incidente stradale….”
Ok…questa non è la mia vita, è
una telenovela orribile, ridatemi la mia!
[Sto bene io
Senza di me(*) ]
“Per fortuna è arrivato Bill ad aiutarti, da
quando si è trasferito in Italia tu sei rifiorita…”
Qualcuno
mi aiuti!
“Sei
strana, tesoro. “
“Scusa,
ma non mi sento molto bene.”
Mi
batte la mano sulla spalla.
“Non
preoccuparti, adesso arriva Bill.”
Deglutisco
e mi volto nella direzione indicata da mio padre.
Il
moro cammina tranquillo verso di me, mi abbraccia e mi da un bacio in fronte.
“Ciao
Piccola!”
“Vi
lascio soli. Ciao Fay!”
Lo
guardo.
“Voglio
tornare indietro.”
“Non
ti piace questa realtà?”
“Non
è la mia e poi…”
“Poi
tu ami Tom non è vero?”
“Io…si….”
“L’hai
sempre amato.”
“Forse.”
“No
Fay….L’hai sempre amato.
Sei
certa di voler tornare indietro?”
“Si.
Ti prego aiutami!!”
Mi
sorride, mi prende per mano e mi porta verso il mare.
“Sei
sicura? Non ti piace qui?”
“Mi
sarebbe piaciuto, ma in altra vita.
Non
adesso.
Mi
dispiace!”
“Ti
capisco.”
[Dormirò per esserci,
meglio così(*)]
Mi
dà un altro bacio in fronte e mi spinge in mare, il contatto con l’acqua fredda
mi fa urlare, ma poi….
Poi…
Tutto
vortica, sparisce in qualcosa di indefinito.
Sto
tornando.
Non
so da dove derivi questa mia certezza, ma so che è così, se solo fossi una
persona diversa avrei un motivo per andare in televisione a parlare della luce
che si vede oltre il tunnel, della vita che ti richiama indietro e che ti
scorre davanti come un film.
O
forse potrei parlare di come conosco Tom Kaulitz e di
come sia finita in un canale per essermi intromessa nelle sue liti, forse
questo risulterebbe più interessante al pubblico.
Possono
essere coerenti i pensieri di quando stai tornando nel tuo corpo dopo aver
rischiato la morte o qualcosa del genere?
Si,
possono esserlo, c’è gente che ha capito quanto fosse stata infame e una volta
risvegliata è cambiata in modo talmente radicale da spaventare i parenti e
rendersi irriconoscibile ai loro occhi.
Quindi,
potrebbe esserci speranza anche per, ma ne dubito fortemente, io rimarrò la
solita pazzoide, chiusa in sé stessa che inquieta per la maggior parte del
tempo.
Chiudo
gli occhi di nuovo, tutto è buio attorno a me, tutto è pace.
Per
un solo attimo penso che vorrei rimanere per sempre così, fluttuante, senza
preoccupazioni, protetta e confortata da questa oscurità densa che mi ha
accolto materna.
Non
posso.
Devo
fare altre cose prima di tornare qui.
Capisco
di essere di nuovo in me quando un odore pungente si fa strada tra il buio, un
odore che conosco e che mi riporta a un passato non troppo lontano.
Odore
di disinfettante forte , a tratti fastidioso, tipico dell’ospedale.
Cerco
di aprire gli occhi, un soffitto bianco si mostra tremolante e sfuggente,
accecante.
Li
richiudo, conto fino a cinque per poi riaprirli di nuovo e questa volta il
soffitto sta fermo, ne mi acceca, bentornata Francesca.
Percepisco
una presenza accanto a me, spero intensamente che sia la Medusa come ho fatto
sei anni e rimango ancora una volta delusa, è Sakura.
Dov’è?
[Non sei più qui
Dimmi perché(*)]
“Ben
svegliata Girardi!”
“VaffanculoIshikawa! È per colpa
tua che sono qui.
Cosa
volevi fare? L’infame?
Non
sei tagliata, manchi di palle.
Dov’è
Tom?”
Faccio
per alzarmi, sebbene sappia che sia debole, lei mi ferma.
“Non
c’è Girardi.
Credevi
davvero che sarebbe venuto a rischio di essere riconosciuto?
Pensi
di essere così importante per lui?
Ti
ha mollata al tuo destino, chi credi abbia chiamato l’ambulanza e ti abbia
fatto arrivare qui?
Lui?”
Dio
dammi la pazienza, perché se mi dai la forza la uccido e non credo sia
auspicabile un omicidio in un ospedale, se non altro perché la vittima ha alte
possibilità di cavarsela.
Cosa
crede di fare?
Di
prendere in giro me? Sono in ospedale ma non sono scema!
“Sakura
piantala di prendermi per il culo, finora sono sta paziente ma non lo sarò
ancora per molto.
Dov’è
lui?”
“Girardi,cosa vuoi
fare?
Picchiarmi
forse?”
Non
provocarmi, odio chi mena, ma per te potrei fare un’eccezione.
“No
Sakura, potrei denunciarti.
Cosa
ne dici?
Primo
perché ricattavi Kaulitz, secondo per
quest’incidente.
Vuoi
essere coinvolta in una bella battaglia di avvocati? Vuoi che ti rovini la
vita?”
“Non
ne avresti il coraggio.”
“Non
mettermi alla prova , sei solo un’oca che si crede figa, niente di più.
Hai
ventidue anni , cazzo, non quattordici, dovresti essere in grado di accettare
quando un ragazzo ti porta solo a letto.
Io
non ho niente più di nessuno, non sai nemmeno che vita abbia avuto e mi hai
giudicata!
Chi
cazzo ti credi di essere?
Pensi
che sia montata?
Tu
sei montata, credi che il mondo giri attorno a te e per il tuo egoismo hai
messo me e lui nei casini.
Sai
quanti anni è che “aspetto” di rivederlo?
Sei
e non mi lascerò rovinare tutto da te!
Non
ho avuto una bella vita prima di Venezia, lui e i suoi amici sono stati uno dei
rari momenti felici, quindi sono forse più di una parentesi e so che questo ti
rode.
Vorresti
essere al mio posto?
Accomodati,
ma sei sicura di volere un padre carcerato e una madre violenta?
No,
vero?
Quindi
adesso dimmi dov’è e non farmialzare da
questo letto per farti sputare la verità!”
L’ho
spaventata, non mi ha mai vista così’ decisa e forse pericolosa da ricordami
persino mia madre, non importa.
Iod e v osapere!
“Lui…Lui si è buttato per ripescarti, poi io ho chiamato
l’ambulanza .
Tom
ti ha accompagnata qui e poi se ne è andato dopo….”
Dopo
cosa?
Mi
metto a sedere, riservandole un altro sguardo torvo, in questo momento la sto
odiando come non ho mai odiato nessun’altro.
È
troppo dannatamente egoista!
“Dopo
cosa?”
“Io…no, niente!”
“Non
vuoi o non puoi dirmelo?
Non
vuoi!”
Mi
scosto le coperte, mi alzo in piedi leggermente barcollante, lei è stupita e
questo mi permette di agganciarla e sbatterla al muro.
“Dimmelo,
non costringermi a chiudere così la questione.
È
una cosa che odio!”
Deglutisce,
cerca di divincolarsi, ma non ce la fa.
“Lui
è rimasto fino a quando il medico non ci ha detto come stavi, poi….
Ha
ricevuto una chiamata al cellulare, non ha nemmeno risposto, ma solo vedere il
mittente lo ha fatto sbiancare!
Ti
prego mollami, Girardi!”
La
lascio andare, lei è ansante, si tocca il petto, cercando di riprendere fiato.
In
altre occasioni avrei provato pena, ma ora dentro di me c’è solo disprezzo
verso di lei e una preoccupazione crescente.
Il
temporale è iniziato.
“Chiamami
un medico, voglio andarmene!”
“No,
hai un trauma cranico!
Devi
startene buonina adesso!”
“NON
ME NE FOTTE UN CAZZO DEL TRAUMA CRANICO!
IO
DEVO ANDARMENE! QUELLA TELEFONATA NON è UNA TELEFONATA A CASO …è IMPORTANTE!”
“Ma..”
“Niente
ma! Non vuoi farlo? Lo faccio io!”
Prendo
fiato ed urlo con tutta la rabbia che ho in corpo, come una pazza, come un
animale, richiamando tutta la frustrazione di ventidue anni di vita di merda.
Un
infermiera accorre immediatamente, richiamata dal casino che produco, la guardo
con occhi dilatati dalla mescolanza di sentimenti negativi che ancora non si è
placata.
“Cosa
succede, signorina?”
“Voglio
essere dimessa, è urgente che io torni a casa!”
“Lei
ha un trauma cranico, è importante che rimanga qui!”
“Non
ha capito infermiera, io non ho intenzione di calmarmi e tirerò in piedi un
casino allucinante se nonmi lasciano
uscire di qui!”
La
donna mi scruta a lungo, so che mi crede una pazza, con i capelli spettinati e
gli occhi spiritati non posso che dare questa impressione.
“Chiamo
il dottor Santini.”
Spera
o crede che bastiun medico a
convincermi?
In
ogni caso arriva un uomo sulla cinquantina in camice bianco, mi sorride
accomodante, la mia risposta è una smorfia, non riesco a fare di meglio.
Quel
sorriso avrebbe sciolto un iceberg e probabilmente mi avrebbe calmato in altre
occasioni, ma non in questa, in cui ho un’ansia che mi divora dentro.
C’è
solo una persona in grado di far correre Tom a quel modo e di costringerlo a
lasciarmi qui dopo quello è successo ed è Bill.
Bill
che non so cos’ abbia.
Bill
e il mistero che lo circonda.
Ho
un brutto presentimento, vorrei essere la fuori con lui, non qui, per questo ho
urlato istericamente, per questo non posso farmi incantare da un medico dal
sorriso affascinante.
“Buonasera
signorina…Girardi.”
“Buonasera.”
“Vorrebbe
essere dimessa, non è vero?”
“Si,
è urgente che io torni a casa.”
“Capisco,
ma nel suo stato è consigliabile una notte di degenza per accettarsi che il suo
trauma si riassorba correttamente!”
“Lo
immagino, ma non mi importa.
È
estremamente importante che io esca di qui e sono pronta ad assumermi tutte le
responsabilità.”
“è
mio dovere tentare di dissuaderla.”
“L’ha
già adempiuto.”
“è
decisa, signorina, suppongo che sia impossibile farle cambiare idea.”
“Esattamente.”
“Va
bene, mi segua, le faccio le carte per dimetterla.”
Eseguo,
mi fa accomodare in una stanza per provare a giocarsi l’ultima carta per
dissuadermi, quella dell’autorità, mista a quella della paura della morte.
“Signorina
, se il suo trauma cranicodovesse
peggiorare, potrebbe essere pericoloso, potrebbe addirittura morire.”
“Non
importa devo andare, mi dia le carte.”
“Non
pensa alla sia famiglia? A chi soffrirebbe se dovesse morire?”
“L’unica
persona che al momento mi interessi è la fuori, da sola.
Mi
dia le carte!”
L’uomo
sospira, mi passa dei fogli che io firma senza nemmeno guardare.
“Se
nota un peggioramento dei sintomi, come vedere doppio o sfuocato, sonnolenza
eccessiva, cefalea, ronzii all’udito, confusione mentale, leggerezza alla
testa, letargia o problemi di concentrazione , di memoria, o nel formulare
pensieri torni IMMEDIATAMENTE qui.
Raggiunga
questa persona,la avvisi di quello che le ho detto e per questa notte eviti di
dormire.”
Mi
consegna un altro foglio.
“Tra
due giorni torni qui per accertare che tutto sia a posto.
Mi
raccomando, signorina Girardi.
Mi
raccomando.”
Annuisco.
“Grazie
dottore, grazie.”
“Non
me ne faccia pentire.
Buonasera.”
“Buonasera.”
Me
ne torno in camera, Sakura è la dove l’ho lasciata, assolutamente pietrificata,
quando percepisce la mia presenza si volta di scatto.
“Mi
dimettono.”
“Sono….no niente, va bene Girardi.
Ma
non penserai di uscire così?”
Mi
guardo, effettivamente il pigiama non è il massimo, ma non importa,
l’importante è andarmene.
“Si.”
“Non
ci pensare!
Vieni
in bagno che ti do i miei vestiti, Marco mi porterà un cambio e prendi anche la
giacca.”
“Grazie.”
“Prego.”
Bizzarro
che io debba ringraziare proprio lei, ma è così.
Forse
non è così stronza come vuole far credere, forse è solo spaventata dal mio
comportamento, in ogni caso esco dall’ospedale con addosso i suoi vestiti.
Sono
un po’ grandi, però ci sto comoda e soprattutto calda, che è il massimo per una
persona freddolosa come me.
Fuori
è buio, tira un vento gelido, il cielo è coperto e c’è poca gente in giro.
Dove
sarà andato?
Barcollando
inizio la mia ricerca, sono intontita, deve essere normale, credo.
Cerco
di convincermi disperatamente che sia per lo shock, il freddo, l’ansia e non
per il mio trauma.
Mi
accendo una sigaretta, è il gesto abituale che compio prima di iniziare a
raccogliere le idee e in questo caso è fondamentale che il mio povero cervello
funzioni a dovere.
Devo
trovarlo, se io sono così agitata, lui deve stare mille volte peggio di me,
visto che si sentirà anche in colpa per avere lasciato Bill da solo.
Torno
in piazza san Marco, credo abbia tentato di tornare al mio appartamento e che forse
si sia perso tra le calli, Venezia può risultare un labirinto se non la si
conosce, io stessa ci ho messo tre anni a conoscerla quasi tutta.
Svolto
in calli conosciute , analizzando dove possa aver sbagliato strada, poi torno
indietro e seguo la mie elucubrazioni, ho sempre avuto un buon istinto, spero
di non sbagliarmi.
Vago,
persa in una città che ho sempre amato e che oggi mi sembra ostile, senza
trovarlo.
Dove
potrà essere?
Mi
appoggio al muro, accendo un’altra sigaretta, tuttavia non mi rasserena, sputo
fuori il fumo con una fastidiosa tosse catarrosa.
Alzo
gli occhi al cielo, non ci sono nemmeno le stelle e vorrei piangere.
Dove
sei?
Cosa
è successo a Bill?
All’improvviso
lo vedo, seduto per terra, appoggiato con la schiena contro un muro con le braccia
conserte e la testa appoggiata sopra.
Deglutisco,
mi avvicino all’inizio timorosa, spaventata da questa fragilità, da questo
dolore che non gli ho mai visto, per poi correre e inginocchiarmi davanti a
lui.
Vorrei
abbracciarlo, fargli capire che ci sono anch’io per qualsiasi cosa di cui abbia
bisogno.
Lui
alza la testa, ha gli occhi vuoti, persi in qualche pensiero angosciante, non
resisto e lo attiro a me.
Lui
inizialmente si lascia andare, come sollevato dal vedermi, poi mi stacca e mi guarda
dritto negli occhi.
“è
arrivato il momento.
Ora
ti dirò la verità.”
Vuole
mostrarsi forte, ma i suoi occhi tradiscono la paura che io lo rifiuti una
volta saputo tutto, sta come stavo io sei anni fa, schiacciato da pesi troppo
grandi per lui e che crede lo rendano indegno.
So
come ci si sente e mi fa male sapere che anche lui stia così, in passato ci
sono state delle incomprensioni tra di noi, ma non auguro nessuno questo
dolore.
So
anche che devo reprimere il mio desiderio di abbracciarlo, al momento non è
questo che vuole come non lo volevo io allora, ora devo solo ascoltare e non
sarà facile.
[Non si può giocare con il cuore della gente
Se non sei un professionista, ma ho la cura
Io non tremo
E' solo un po’ di me che se ne va(**) ]
Correva fuori
dall’ospedale con un senso di ansia crescente, aumentato dalla suoneria del
cellulare, a cui rispose solo quando era ormai in prossimità dell’ingresso.
“Pronto?”
Aveva il fiatone.
“Tom, sono Gustav.
Che ti è successo?
Perché non rispondevi?”
“Ero in ospedale, la
Nana è caduta in un canale.
Cosa succede Gustav?”
Dall’altra parte ci fu
un silenzio che gli fece perdere un battito cardiaco, la paura gli toglieva il
respiro.
“Gustav?”
Boccheggiò sconvolto.
“Io non so come
dirtelo Tom, vorrei che ci fosse un modo per…”
“Dimmelo e basta,
l’ansia mi sta uccidendo.”
L’altro sopirò.
“Sono andato da tuo
fratello per portargli la cena e lui….non c’era, come
parte della sua roba e la sua macchina…
Tom lui è….scappato.”
Ci fu un attimo
terribile di sospensione in cui lui assimilò la notizia, poi il suo mondo andò
in frantumi.
Sentiva le sue
illusioni cadere a pezzi, reali nella sua percezione come il rumore delle
schegge di un specchio rotto, mentre la voce di Gustav era poco meno che un
brusio lontano.
Suo fratello l’aveva
abbandonato, lui aveva perso.
Perso.
Ora doveva solo
comunicare la resa e la cronaca della battaglia a Fay
e sperare che lei riuscisse in qualche modo a rovesciare le sorti della guerra.
Una flebile speranza,
ora tutto quello che sentiva era un vuoto all’altezza del cuore.
“TOOM!”
La voce spaventata del
suo amico lo riportò alla realtà, era ancora al cellulare con lui.
“Si, ci sono.
Cazzo Gustav, sono
stato un coglione, avrei dovuto fare prima quello che sto facendo adesso.”
La voce gli si incrinò
pericolosamente, ma si trattenne
“Arriverò il prima
possibile,appena so qualcosa di Fay le parlo e poi
parto.”
“D’accordo Tom, ma non
fare cazzate, ok?
Non farmi preoccupare,
ti prego.
Adesso io e Georg
andiamo a
cercarlo, ti faremo sapere non appena scopriamo qualcosa.”
“Grazie Gus…
Io non so come
sdebitarmi.”
“Siamo amici, gli
amici a questo servono.”
“Grazie..”
“Prego.
Ciao e non farmi
preoccupare.”
“Si. Ciao.”
Non fare preoccupare
Gustav apparentemente era un promessa semplice da mantenere, sarebbe bastato
tornare dentro l’ospedale e poi in sala d’attesa, ma lui non si mosse.
La gente lo scansava,
qualcuno lo insultava probabilmente in italiano, tuttavia rimase lì, perso nei
suoi ricordi, nei suoi pensieri, tutti ovviamente connessi al fratello.
Non era strano che dei
gemelli avessero un forte rapporto, ma il loro era stato davvero speciale, a
volte , soprattutto da bambini, riuscivano quasi a leggersi nel pensiero,
allora era impossibile che Bill gli nascondesse qualcosa.
Oggi…
Qualcosa si era
incrinato, una barriera si era alzata e lui non faceva altro che maledire il
successo e i cambiamenti che può apportare a una persona per renderla così
apparentemente sorda alle esigenze altrui.
Echi di risate di loro
due bambini, , i loro sogni e i loro desideri che avevano ingenuamente espresso
quando si ritrovavano a casa da soli o quando qualcuno prendeva in giro Bill
per come era vestito tornarono alla sua mente.
Loro sarebbero stati
famosi, loro avrebbero trionfato su chi li derideva, ma a che prezzo?
Non se l’era mai
chiesto prima di allora,lui era quello delle sparate un po’ megalomani.
Ne aveva dette tante
durante l’adolescenza, soprattutto quando non erano ancora famosi, durante le
loro prove fatte nel garage insonorizzati dei suoi.
“I Devilish
spaccheranno, saremo famosissimi!
Avrò una macchina
enorme e stuoli di donne ai miei piedi!”
“Zitto Tom, non dire
cazzate e riprendiamo a provare!”
Aveva realizzato i
suoi desideri, ma stava rischiando la persona più importante della sua vita e
un’altra aveva rischiato per i suoi comportamenti.
[Tutto ciò che hai sempre amato giace in una fossa
Che han scavato le tue stesse ossa(***)]
Iniziò a camminare,
senza sapere bene dove si dirigesse, ciondolando come uno zombie, insensibile
al vento freddo.
Riconobbe piazza S .Marco,
alzò gli occhi al cielo, non c’erano le stelle,le divinità o chiunque ci fosse
lassù lo avevano lasciato solo.
Solo.
E Fay?
Era confuso, non
sapeva cosa fare, siinoltrò in un
calle, poi in un’altra, fino a smarrirsi, per poi sedersi appoggiato a un muro.
Bill avrebbe detto che
somigliava a un randagio in attesa di qualcuno, ma Bill non c’era e la persona
che avrebbe potuto trovarlo stava male per colpa sua.
Avrebbe voluto
piangere, invece le lacrime rimasero ostinatamente ferme nei suoi occhi, quindi
rimase lì, immobile con lo sguardo assente in attesa di qualcuno che forse non
sarebbe arrivato mai.
Faceva sempre più
freddo, se avesse alzato ancora gli occhi al cielo si sarebbe accorto che il
cielo prometteva neve, ma lui non lo fece.
[Sii perfetto se precipiti
Sii perfetto quando cadi(***)]
Si accorse solo
all’ultimo persino dell’arrivo di Fay, molto tempo
dopo quando ormai era intirizzito e l’aveva vista davanti a lui, preoccupata,
gli occhi scuri resi più grandi dall’ansia.
Non si erano parlati,
lei lo aveva abbracciato senza dire una parola e il suo calore, anche solo per
un attimo lo riscaldò e lo fece sentire meglio.
Era una meravigliosa
prospettiva rimanere così per sempre, ma allo stesso tempo era ingiusto, lei
doveva sapere tutto o solo allora avrebbe potuto provare davvero il conforto
dei suoi abbracci.
L’aveva staccata a
fatica, facendosi male, poi l’aveva guardata dritta negli occhi
“è arrivato il
momento.
Ora ti dirò la verità.”
Doveva sembrare forte,
non voleva che lei si rendesse conto che lui aveva una dannata paura di essere
respinto, di essere lasciato solo, allo stesso tempo era consapevole che
probabilmente lei l’aveva già intuito e lo stava assecondando.
Prese fiato ed iniziò
a parlare.
“Non saprei di preciso
quando sia iniziato tutto questo, Bill è sempre riuscito a sopportare il peso
della fame, non è stato facile, ma in qualche modo ce l’ha fatta.
Forse è iniziato dopo
l’operazione, quando ha visto che di colpo tutto quello che aveva poteva
dissolversi da un momento all’altro .
Io credo sia iniziata
da li e da qualcos’altro che lo faceva stare male, non ho mai capito cosa,
sembrava persino ce l’avesse con me perché ogni volta che provavo a farlo
parlare lui si richiudeva.
Poi è arrivato il
successo, quello vero, travolgente, che ti fa avere milioni di persone di
persone ai tuoi piedi da ogni parte del globo.
Eravamo tutti
esaltati, io più degli altri e non badavo alle malinconie e ai malumori di mio
fratello, che si dissolvevano lentamente.
Io avevo le mie
storie, lui le sue, c’era ancora un rapporto fra noi, ma eravamo lontani, come
se ci fosse una frattura tra di noi creatasi senza sapere bene come e perché.
Ad un certo punto
notai che intorno a lui girava della gente strana, me ne preoccupai, tuttavia
non feci nulla, bollai come esagerati i campanelli di allarme del mio istinto,
in fondo anche noi in passato eravamo stati definiti, strani, diversi, quindi
pericolosi.
Il nostro management
era tollerante, finche Bill avesse continuato a essere quel che era: energico e
pulito ; e i paparazzi non avessero ficcanasato troppo a loro sarebbe andato
bene così, lui era stato per un certo periodo una gallina dalle uova d’oro.
È stato quando ho
iniziato a scriverti che il mondo mi è crollato addosso la prima volta, perché….”
Trattene le lacrime e
continuò, la voce spezzata.
“Perché l’ho beccato
chino su un striscia di coca nel bagno di casa nostra”
Rimase un attimo in
silenzio.
“è stato uno shock, io
sono rimasto immobile finché non ha finito di fare quello che stava
facendo,poi l’ho scosso, ho urlato.
Lui è rimasto freddo,
le sue parole mi si sono conficcate dentro come coltelli, mi aveva accusato di
averlo lasciato solo, di non averlo aiutato quando stava male perché ero preso
da altro e che la drogache usava mi
aveva liberato dal peso di aiutare mio fratello.
Lui credeva che la
droga fosse un aiuto per andare avanti.
Da allora mi sono
chiuso in me stesso, ho allontanato Georg e Gustav perché mi vergognavo, volevo
aiutare Bill da solo, credevo ingenuamente di potercela fare e intanto ti
scrivevo.
Ero un’egoista, agivo
solo per me con quelle lettere, mi liberavano da un peso, senza aiutare Bill o
permettere a te di farlo.
Periodicamente Bill
provava schifo per se stesso, mi chiedeva aiuto, voleva che lo tirassi fuori
dal casino in cui si era messo e io accorrevo.
Nascondevo la droga,
dicevo alla security di non far passare gente strana amici di mio fratello, lui
mi ringraziava, resisteva un giorno o due in cui era intrattabile, poi tornava
allegro.
Aveva sniffato di
nuovo.
Io non sapevo cosa
fare, mi sentivo inutile,litigavo con lui per scuoterlo, nemmeno io so perché
credevo servisse.
Non cambiava mai
nulla, fino a tre giorni fa.
Prima di venire da te abbiamo litigato per
l’ennesima volta, ma in un certo senso è stato diverso.”
Prese di nuovo fiato,
senza guardarla negli occhi.
Mi ha detto di
andarmene che gli avevo r o v i n a t o la vita.
Avrei voluto morire,
sono solo riuscito a scappare come un codardo e a venire qui, perdendo tempo
prezioso perché non riuscivo a parlarti, avevo paura.
Avevo paura di perdere
quello che avevo appena ritrovato dopo sei anni, avevo paura di affrontare un
tuo giudizio, forse avevo paura di tornare a combattere.
Ora il tempo è
scaduto, prima mi ha telefonato Gustav, Bill è scappato di casa.
Io l’ho lasciato solo
ancora una volta, mentre stava male.
Georg e Gus o stanno
cercando, ma io devo partire tra poco.
Lo so che non nessun
diritto di chiedertelo, ma ti prego aiutami, fallo per Bill.”
Rimase in silenzio,
non aveva più nulla da dire, o meglio avrebbe voluto dire mille altre cose, ma
non riusciva più a parlare, lei rimaneva ferma.
Pregava per una
reazione qualsiasi, tutto tranne quel silenzio.
All’improvviso lei lo
tirò di nuovo a sé senza dire nulla, solo accarezzandolo, coccolandolo, mentre
sentiva che anche lei piangeva.
Si abbandonò a quel
calore, accorgendosi solo ora che aveva iniziato a nevicare, leggeri fiocchi
che si infrangevano su di loro.
[E ricorda che è la fine quella più importante(***)]
Per la seconda volta
si sentì libero di piangere, confortato da quella strana ragazza che riusciva a
farlo sentire bene ed accettato come nessun’altra.
“Mi dispiace.” Mormorò
lei.”Ora capisco perché sembravi comprendere perfettamente cosa avessi passato
con Jo, non volevo rigirare il coltello nella piaga.
“Smettila Fay, tu non lo sapevi.”
“Nevica Tom, forse…”
La senti agitarsi,la
strinse più forte.
“Per favore, rimaniamo
qui ancora un attimo.
Ti prego.”
La guardò dritta negli
occhi, ancora non se la sentiva di tornare nell’appartamento della mora.
“Scusa .”
Gli diede un bacio in
fronte e tornò nella stessa posizione di prima.
Aveva la sensazione
che si stessero consolando a vicenda e sebbene se ne vergognasse, visto quello
che era appena successo a Bill, era felice di averla accanto.
Rimasero abbracciati
ancora a lungo, fino a quando lei iniziò a tremare e lui si ricordò che non era
consigliabile che una persona che già aveva subito una caduta nelle acque
gelide di un canale rimanesse al freddo e al gelo.
Si spostò, l’aiuto ad
alzarsi, era pallida e gelida.
Un piccolo vampiro con
i segni delle lacrime sul volto che lo osservava sorridendo triste, la
abbracciò per scaldarla e in quel modo, con lei che lo guidava arrivarono
all’appartamento.
La fece sedere sul
divano, prese una coperta e gliela avvolse intorno, preparò per sé e per lei un
the caldo e poi si sedette accanto a Fay.
La ragazza parve
riprendersi al primo sorso di thè, lui sorrise.
“Stai meglio?”
“Si, Tom io voglio
aiutare Bill, quindi verrò in Germania con te. Lui per me ha fatto molto, glielo
devo.”
“Sono contento che tu
mi dica questo, ma ti prego, pensaci bene.
Non prendere decisione
affrettate, non è una battaglia facile quella per Bill e tu lo sai meglio di
me.”
“D’accordo Tom, te lo
dirò domattina.
Io a Bill tengo
molto.”
“Bill, Bill, sempre
Bill.
Tutti pensano a Bill,
tutti tengono a Bill.
E io?
Nessuno pensa mai a
Tom, corrono e si preoccupano tutti per il fragile Bill.”
Non appena finì di
pronunciare quella breve invettiva se ne pentì immediatamente, cosa stava
dicendo?
Perché faceva così?
Da dove gli veniva
quella rabbia e perché sentiva di essere geloso del fatto che Fay si preoccupasse di Bill?
Non avrebbe dovuto
attaccarla, visto che l’aveva ascoltato, consolato e coccolato fino a poco
prima, si era dimostrato un ingrato, doveva scusarsi.
“Fay,
scusami, io non so cosa mi sia preso.
Non volevo dire quelle
cose,io voglio bene a mio fratello.
Io…io non so cosa fare.”
Si prese la testa tra
le mani, sentì Fay avvicinarsi a lui, spostare le
mani e alzargli il volto.
Si perse in quegli
occhi neri che lo fissavano seri.
“Non ti devi scusare.
Capisco che tu stia
passando un brutto momento, se fosse capitato a Luca io starei già distruggendo
l’appartamento per sfogarmi, però…
Tu hai qualcos’altro
che ti tormenta legato a Bill, lo sento.
Sfogati, svuotati
completamente, poi forse potrai far ripartire un rapporto con lui.
Io sono qui, sempre se
tu vuoi ovviamente, quello di prima era un consiglio, non un obbligo.”
La guardò, forse aveva
ragione lei.
Forse era bene
sfogarsi
“La verità è che tante
volte ho invidiato mio fratello, non so come spiegarlo, ma lui….lui
sentivo che era più ascoltato e amato di me.
Tante volte mi hanno
considerato il buffone playboy che dice solo cazzate o quello forte che non
aveva bisogni di farsi proteggere, mentre lui era quello intelligente ma
fragile da trattare con riguardo.
Io quando sono stato
male tante volte ho dovuto cavarmela da solo, lui invece aveva gente che
spontaneamente accorreva, a volte avrei voluto essere al suo posto.
In ogni caso, lui
rimaneva e rimane mio fratello e non l’ho mai invidiato con quella cattiveria
che porta ad augurare alle persone di stare male, solo a volte avrei voluto
provare a essere lui per vedere come fosse.”
Rimase un attimo in
silenzio, lei si accese una sigaretta e immediatamente iniziò a tossire.
“Non dovresti fumare
in queste condizioni.”
“Lo so, ma mi calma….
Non è ancora finita la
serata sfogo, vero?”
“No…adesso
arriva la parte più difficile e ridicola in una certa misura, a cui tu non
crederai mai, ma ci sono certe volte che ho invidiato mio fratello anche in
fatto di ragazze.
Non che a me
mancassero, non che non mi sia andato bene avere la fama di play boy o non
avere un legame stabile, in fondo era quello che avevo scelto io, però…
Però certe volte avrei
voluto anch’io una ragazza che mi cercasse per qualcosa di diverso che una
semplice scopata, ma tutte finivano inevitabilmente per amare mio fratello e
fare sesso con me.
Anche tu non sei
diversa.
Anche tu ti sei
preoccupata sempre e solo di mio fratello, con lui eri uno zuccherino, con me
fredda come il ghiaccio.
Sei accorsa da lui
dopo l’operazione, ti ho visto anche a un paio di concerti dopo.
Di la verità, tu sei
innamorata di lui vero?”
La verità era emersa,
lui era sempre stato geloso del rapporto tra lei e Bill e Fra, sempre sulla
stessa lunghezza d’onda o quasi e pur nella loro diversità sembravano capirsi
al volo, lui avrebbe voluto essere al posto di suo fratello.
Il silenzio che seguì
non aveva uguali, Fay lo guardava torva, gli occhi
fiammeggianti e la bocca serrata in una piega dura.
“Tom Kaulitz, tu non hai mai capito un cazzo!”
Sgranò gli occhi.
“Sai perché ti
trattavo a pesci in faccia e ti tenevo lontano?
Perché non volevo affezionarti
a te, dato che ti trovavo simpatico, insomma una volta fatto pace la prima
volta, non eri male.
Ma sarebbe durata?
Non ci credevo, avevo
paura e non lo ammettevo,così mi nascondevo dietro la corazza e questo Bill lo
aveva capito.
Lui aveva già capito
tutto temo, ma non io.
Poi è successo quello
che è successo, ti avrei dovuto odiare enon ci riuscivo.
Dicevo che ti odiavo e
mentivo a tutti, anche a me stessa, la tua immagine non se ne andava mai dalla
mia testa e continuava a farmi male.
Nel profondo, nei
sogni che non confessavo nemmeno a Luca(ma lui l’aveva capito lo stesso)
desideravo solo che tornassi e che tutto fosse come prima.
Avrei fatto un po’ di
casino, ma ti avrei perdonato.
Ci credi?
No suppongo, per te
ero la strana tipa acida, con una vita di merda che ti prendeva a sberle quando
facevi troppo il coglione, credevo mi avessi dimenticato e non sai quanto mi
facesse male.
Bill mi diceva di
mettere da parte l’orgoglio e non ci riuscivo, Bill voleva il tuo bene!
Bill… Ti sei mai chiesto perché non mia abbia più contattata
dopo l’operazione?
Perché si era
dichiarato a me e io l’avevo respinto, ferendolo come mai avrei voluto fare,
non perché fossi innamorata di lui, ma perché era una dei pochi veri amici che
avessi.
E sai perché l’ho respinto?
Perché mi piaceva un
altro! Mi piacevi tu!
Mi piacevi ancora tu!”
Questa volta fu lui a
rimanere in silenzio, sentiva l’ansimare di Fay per
la foga crescente con cui aveva pronunciato quel discorso, come se quelle
parole se le fosse tenute dentro per anni.
Deglutì, ogni piccolo
rumore giungeva amplificato alle sue orecchie.
“Taci, vero?
Non hai niente da
dirmi?”
Non sapeva cosa dire,
più che altro non riusciva a mettere in ordine le mille cose che voleva dirle,
come scusarsi per non avere capito nulla e della gelosia assurda verso Bill o
la sua testardaggine e ottusità, ma non riuscì ad aprire bocca.
Così decise di
rispondere a suo modo, avvicinandosi a lei, che lo guardava senza accennare
nessun movimento, rimase immobile persino quando le accarezzò dolcemente una
guancia, rimase immobile persino mentre la baciava.
Un perplessa bambola
di pezza.
Non ricambiava quel
bacio, eppure sembrava che volesse farlo, non riusciva a capirci più nulla, la
mora lo staccò da sé.
“Troppo facile
rispondere solo così, non credere che non abbia capito cosa vuoi dirmi, ma per
una volta voglio la versione estesa.
Mi piacerebbe che tu
faccia uno sforzo e mi dica tutto…”
Lui arrossì, lei lo
baciò a tradimento, lui questa volta rispose, perplesso per il suo
comportamento.
Non voleva cadere nel
patetico, ma era stato bello ritrovarla, anche se di lei ricordava un solo
bacio, dato per caso, così si staccò a malincuore, imbarazzato.
Le confessioni non
erano mai state il suo forte, raramente entravano nel suo repertorio o ne faceva
a qualcuna alle sue ragazze.
“Bhe…partendo
dall’inizio, anche a me stavi simpatica, dopo la riappacificazione del concerto
mi piaceva avere intorno una ragazza che non mi idealizzasse, anche se questo
non l’avrei mai ammesso con nessuno.
Non ti ho mai capita
molto fino a non mi hai raccontato del tuo passato, è stato allora, quando ti
ho protetto da tua madre che ho realizzato appieno quanto ci tenessi a te.
Non era una cosa che
potessi accettare facilmente, così l’ho ignorata, come ho ignorato te non
sapendo cosa fare….
Ma mi mancavi, avrei
voluto parlarti e non ci riuscivo.
Ero anche geloso di
mio fratello, con te un po’ lo sono sempre stato.
Poi…
C’è stato l’incidente,
lo sai anche tu come è andata.”
Abbassarono entrambi
gli occhi,rimanendo in silenzio per un po’, fino a che lei alzò una mano e gli
accarezzò una guancia.
“è passata ok?
Ha fatto male ma è
passata.”
Ne approfittò per
baciarla ancora, quella confessione si rivelava più difficile del previsto.
“Puoi crederci o meno,
Nana, ma continuavo a pensarti, anche quando sei uscita dalla vita di mio
fratello,anche nel bel mezzo del successo travolgente quando avevo tutte le
ragazze che avevo sempre voluto, tu ogni tanto spuntavi.
Eri come un pupazzo a
molla, io ero lì in camera, con la tipa di turno che mi ronfava accanto
sdraiato sul letto a guardare il soffitto pernon pensare, ma tu arrivavi lo stesso e mi sentivo come se mi mancasse qualcosa…
Avrei continuato ad
ignorarlo per anni, se non ci fosse stato Bill e quello che gli è successo.
Buffo, vero?
Devo ringraziare lui
se adesso sono qui a dirti che non ti ho mai dimenticata e che per te provo
ancor qualcosa…”
[Believe me,
it's alright
It's so easy
after all(****)]
Questa volta fu lei a
baciarlo con passione, sembrava che quello che le aveva detto le bastasse
perfidarsi, almeno per il momento.
Continuarono a
baciarsi, lui le accarezzava la schiena, i capelli,lei ricambiava incerta, non
del tutto convinta.
“Non voglio obbligarti…Io…”
Gli mise un dito sulla
bocca.
“Va bene così, per
adesso va bene così.
Ripresero a baciarsi,
quando lei scese a baciargli il collo, capì che non sarebbe scappata.
Era felice, stava per
realizzare quello che aveva inconsciamente desiderato per anni, finalmente Fay sarebbe stata sua.
Sua.
[Seguimi e così
che non c'è più un posto dove andare solo un altro
che ha perso e tu sei mia(*****)]
Dovrei
essere felice, nei limiti del possibile vista la notizia sconvolgente di prima,
quello che speravo senza confessarlo maia nessuno è appena successo.
Ho
fatto l’amore con Tom ed è stato… bellissimo.
Non
ho altre parole per descriverlo, incredibilmente è stato anche dolce, cosa mi
manca?
Perché
sono così triste?
Lui
è felice, lo sento, se mi girassi lo vedrei sorridere soddisfatto, ma non lo
faccio.
Rimango
ostinatamente rannicchiata su di me stessa, voltandogli le spalle e sentendomi
fredda, la spavalderia ormai è sparita.
La
verità è che io, come Sakura, non voglio essere quella di una notte e basta,ma
credo che è diquesto che mi dovrò
accontentare.
Saremo
amici, come dicono in francesi intendendo quelli che hannoun rapporto di amicizia con scopate
occasionali, il conforto della sua lotta per il fratello.
Non
credo mi ami, forse l’ha fatto perché sono l’unica ragazza su cui appoggiarsi,
per cui crede di provarequalcosa che
svanirà non appena Bill starà meglio.
Sono
ancora una volta di passaggio e fa male, ma devo accettarlo.
O
questo o niente.
Si
volta verso di me, appoggiandosi sui gomiti, sento che sta ancora sorridendo.
“Ehi
Fay, tutto bene?”
“Verrò
con te, ti aiuterò con tuo fratello e se vorrai ti conforterò ancor così.
Una
storia di sesso, senza complicazioni.
È
quello che vuoi no?”
Mi
sento male mentre pronuncio queste parole, il silenzio che segue indica che
l’ho ferito, in qualche modo sono riuscita a spegnere quel sorriso che era solo
per me.
Mi
costringe a voltarmi a pancia in su, luiè sporto sopra di me, guardandomi con quegli occhi scuri e lucidi,
tristi, increduli e…feriti.
Non
mi ero sbagliata, cosa ho fatto?
“Credi
davvero che io ti farei questo?”
Sono
ancora in tempo a riparare i danni, tuttavia la voce non mi esce, una parte di
me lo crede davvero possibile e lui l’ha intuito.
L’ha
intuito in quei lunghi minuti che ha perso a guardarmi sempre più sconsolato,
in attesa di una smentita che non è arrivata.
“Si
lo pensi…e fa male.”
Si
tira a sedere appoggiato alla testiera del letto, mettendosi lontano da me,
come se gli facesse male starmi accanto.
“Sei
come tutte le altre Fay. Che cretino che sono stato a
illudermi..”
Il
tono è amaro, le sue parole mi si conficcano dentro come lame, scuotendomi,
cosa sto facendo?
Perché
lo sto trattando così?
Non
voglio che stia male per me, così mi alzo, gattono fino ad arrivare davanti a
lui e mi inginocchio, devo riparare ai miei errori, non posso permettere al mio
orgoglio di trionfare.
Mi
guarda, triste, poi si volta dall’altra parte.
“Non
sono stato la migliore delle persone con certe ragazze, Fay,
non lo nego, alcune le ho proprio trattate come pezze da piedi e mi dispiace,
ma tu….tu sei diversa.
Pensi
davvero che ti userei e basta sapendo come sei fatta?
Che
carattere hai e cosa hai subito?
Pensi
davvero che sia così stronzo?
Tu
sei diversa dalle altre, in bene e in male, con te non si gioca o almeno io non
voglio giocare.
Abbiamo
comunque un rapporto, chiamalo amicizia, chiamalo come vuoi ma c’è , credi che
lo rovinerei per una scopata e basta?”
Rimane
un attimo in silenzio.
“Forse
sei davvero come tutte le altre….”
Voglio
davvero che finisca così?
No,
non lo voglio, è ora di agire, non posso sempre buttare gli altri fuori dalla
mia vita, forse mi pentirò di quello che sto per fare o dire, ma non mi
importa.
Voglio
essere sincera.
Prendo
il suo mento tra le mi dita e lo faccio delicatamente voltare verso di me,
certe cose è necessario dirle guardando le persone negli occhi e raccogliendo
tutto il proprio coraggio.
I
suoi occhi sono decisamente sorpresi, non si aspettava che reagissi o
smentissi, gli accarezzo una guancia e prendo fiato.
“Io
non volevo dire quello che ho detto, non volevo ferirti.
Davvero.
Era
l’ultima delle mie intenzioni, mi dispiace se l’ho fatto.
Ti
chiederai se c’è un motivo per quella frase e in effetti c’è…
Io….io volevo solo difendermi da te.”
“Da
me?”
“Si,
sarebbe più corretto dire che mi difendo da quello che provo per te.
Prima
non ti ho detto tutta la verità, non mi piacevi soltanto, ero cotta di te,
innamorata, anche se non l’avrei ammesso e lo sono anche adesso….
Mi
faceva male pensare che io potessi essere stata una tra tante o il tuo
appoggio/ confortoin questa storia,
quella da cui cerchi consolazione per sfogarti e ho cercato di mettere distanza
tra me e questa cosa, mostrandomi più forte di quella che sono nel ventilare
un’ipotesi che faceva stare me per prima.
Lo
so che è strano e affrettato…ma io io…
Ti amo.”
[Believe me,
it's alright
It's so easy
after all(****)]
Abbasso
gli occhi, ormai ho raggiunto una sfumatura viola inquietante, lui tace, io
pagherei oro per sapere cosa stia pensando e come andrà a finire.
Dopo
un tempo che a me sembra interminabile mi alza il mento, mi mette le braccia
intorno al collo, sorride e mi bacia.
Chiudo
gli occhi, abbandonandomi totalmente alle sensazioni che provo, ormai non ho
più nulla da perdere, ho messo le carte in tavola e gliele ho mostrate,ora
tocca a lui.
Sono
senza difese e per la prima volta nella mia vita non me ne importa nulla.
Quando
ci stacchiamo, mi accarezza una guancia.
“Non
posso dirti “Anch’io” Fay.
Non
so il perché mi stia avvicinando a te, forse hai ragione tu forse sei solo la
mia stampella in questa storia, ma so che con te sto meglio.
Non
dimentico mio fratello, ma riesco a sentirmi meno angosciato.
In
ogni caso se tu sia solo una stampella o qualcosa di più sarà il tempo a dirlo
e io sono curioso di sentire quel verdetto. Tu?”
“Mi
stai proponendo una storia quasi seria?”
Strofino
il mio naso contro il suo, felice, con una sensazione di calore che mi si
allarga all’altezza del petto.
“Si.”
“D’accordo,
proviamoci.”
Sorride
e si avvicina al mio orecchio.
“Spero
di riuscire a dirtelo un giorno “anch’io””
Arrossisco,
lui ride, poi mi bacia trascinandomi sul letto, io sorrido davvero felice.
Ora
c’è di nuovo silenzio, lui è appoggiato sopra di me, io gli accarezzo i
capelli,lui apprezza, ha la faccia del gatto soddisfatto delle coccole eaccarezza me ogni tanto.
Voglio
rimanere così per sempre.
“Domani
sera partiamo Nana, dopo che avrai sistemato il lavoro…”
Sospiro.
“No,
io posso partire solo tra due giorni.
Si
alza appoggiandosi ai gomiti.
“Perché?”
“Perché….per venire acercarti ho fatto il diavolo a quattro in ospedale per farmi dimettere,
nonostante il mio leggero trauma cranico.
Il
dottore voleva tenermi una notte in osservazione, ma io sono riuscita ad
andarmene solo a condizione di tornare afarmi visitare tra due giorni e teoricamente non potrei nemmeno
dormire.”
Rotola
via da me, mettendosi a sederequi
accanto, con la testa tra le mani, borbottando qualcosa tra i denti.
“Sei
pazza Girardi, sei pazza!”
Lo
abbraccio da dietro, appoggiando la mia testa sulla sua spalla.
“Mi
dispiace, io…”
“Non
ti devi scusare, sei pazza si, ma sei una buona pazza.
Non
ce ne sono molte di ragazze che avrebbero agito così, senza nemmeno farlo
pesare.”
Si
volta verso di me e mi dà un bacetto in fronte, non mi abituerò mai a queste
cose che mi fanno stare bene.
Sono
una sorpresa continua che mi rende felice, accantonando il pensiero di Bill per
un attimo, quasi mi vergogno a sentirmi così con lui in quelle condizioni.
“Fay, esco a fumare!”
“Ti
accompagno…”
Ci
rivestiamo, acchiappiamo sigarette ed accendino, lui si siede su una sedia,
facendomi segno di sedermi sulle sue gambe.
Accendiamo
insieme le sigarette, la neve continua a scendere dal cielo, dovrei avere
freddo e non ne ho, non con lui accanto.
Bello.
“Grazie
Fay.”
“Di
niente…Insieme ce la faremo.”
Quando
torniamo dentro, di nuovo a letto, di nuovo a coccolarci, mi sento davvero
fortunata.
Ho
vagato molto e ho trovato la mia strada, in parte proprio grazie a quel
ragazzino che nemmeno sopportavo.
Quel
ragazzino, adesso ragazzo che cerca di stare sveglio per farmi compagnia,
raccontandomi cazzate, accarezzandomi, baciandomi, quando è palese che ha
talmente sonno che gli si chiudono gli occhi.
Lo
adoro.
Lo
adoro e basta, per il suo preoccuparsi di me quando suo fratello è nella merda
e per cui io non posso fare a meno di sentirmi un po’ colpevole per averlo
respinto, e lo adoro per mille altre cose, difetti compresi.
Alla
fine crolla addormentato, io gli accarezzo quelle treccine lunghe e nere che ha
adesso, anche se per merimarranno
sempre dreadlock biondo scuro.
Sono
felice, ma sono incompleta e so che lo è anche lui, senza Billche sta bene non potrà mai esserlo del tutto,
devo impegnarmi seriamente ad aiutarlo.
C’è
una parte di me, quella più irrazionale,che crede che lui abbia buttato Tom fuori casa per aiutarlo a chiarirsi
le idee e per fargli avere qualcuno a cui appoggiarsi se lui non dovesse
farcela a uscire dal casini in cui si è messo, ma forse sono solo deliri
notturni.
In
ogni caso sento che lui sarebbe felice di quello che è successo.
[Sento che sei con me in quest’alba fragile
Io lo so tu sarai
Giovane per sempre(******)]
Io
grazie a Bill ho trovato la mia strada, la persona che amavo e desidero che la
trovi anche lui.
La
notte scolora in un’alba soffusa.
Lo
aiuterò
Giuro.
[“E a crouch end, che in fondonon è che una tranquilla periferia londinese. continuano adaccadere cose strane di tanto in tanto e si sente di persone che hanno persola strada. Alcune l'hanno persa per sempre"]
Non lascerò che sia una delle tante persone che si
perdono nella vita, ne per me, ne per Tom.
Lo giuro.
ANGOLO DI
LAYLA
E siamo all’ultimo e
non ci credo…
Non ero nemmeno certa
di finirla questa storia.
Spero vi piaccia,
soprattutto la parte finale e il racconto di Tom, sono i punti che ho fatto
più fatica a trattare.
E adesso? Il
seguito^^.
Non è ancora pronto,
ma inizierò presto a lavorarci.
Alla prossima e grazie
per avermi seguito fino a qui^^.
Queste sono le
canzoni:
(*)”Febbre” Timoria
(**)”Bye Bye Bombay” AfterHours
(***)ӏ la fine quella
più importante.”AfterHours
(****)”Some say”Sum 41
(*****)”Il CompleannodiAndrea”AfterHours
(******)”Alba Fragile”Timoria
Ringrazio per le
recensioni:
Schwarz Nana
Schrei_Kris
Big Angel Dark
Black Down TH
_Pulse_
Tushi Und Dark
Lady Cassandra
Ringrazio per aver messo questa storia tra i preferiti: