Francesca

di Layla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1)Su come l'impresa eccezionale sia essere normale ***
Capitolo 2: *** 2) Su Come I Miracoli Talvolta Non Siano Bene Accetti ***
Capitolo 3: *** 3)Su Come Un Concerto Possa O Meno Cambiare Tutto ***
Capitolo 4: *** 4)Su Come Certe Volte Sia Opportuno Farsi Gli Affari Propri. ***
Capitolo 5: *** 5)Su Come Sia Devastante Un Pomeriggio Di Studio ***
Capitolo 6: *** 6)Su Come Dalla Merda Talvota Nascano I Fiori ***
Capitolo 7: *** 7)Su Come Tutte Le Cose Belle Finiscano ***
Capitolo 8: *** 8)Su Come , Talvolta, Dopo Anni Non si Riesca A Dimenticare Certe Persone. ***
Capitolo 9: *** 9)Su Come Il Passato Non Ci Stia A Farsi Seppellire E Ritorni. ***
Capitolo 10: *** 10)Su come Francesca Girardi abbia seppellito l’ascia di guerra ***
Capitolo 11: *** 11)Su Come Certe Ciliegie Risultino Velenose. ***
Capitolo 12: *** 12)Su Come Il Tempo Sia Ormai Agli Sgoccioli Per Tom Kaulitz ***
Capitolo 13: *** 13)Su Come La fine Non Sia Altro Che L'Inizio. ***



Capitolo 1
*** 1)Su come l'impresa eccezionale sia essere normale ***



'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei componenti Tokio Hotel, nè offendere il gruppo o i suoi componenti singoli in alcun modo'

1))SU COME L’IMPRESA ECCEZIONALE SIA ESSERE NORMALE

 

Francesca ha gli anni che ha
capisce quello che capisce
capisce che qui non va
e a me mi basta.


Ho sempre odiato la sveglia, faccio parte di quella categoria di persone che la prenderebbero volentieri a martellate e poi salterebbero sopra i pezzi con la gioia primitiva che segue all’annientamento di un nemico, ma tra le tante sfortune che costellano la mia vita c’è anche quella di doverla sopportare ogni santa mattina.

Un gallo smette di cantare se minacci di tirargli una ciabatta, una sveglia..no…

Spero sempre che sparisca durante la notte ma c.v.d inizia un altro giorno ed è scandito dal suono dell’aggeggio infernale.

È un  suono che odio se non lo si fosse capito, ma è sempre meglio della scossa poco amichevole di mia madre se non darò segni di vita nei prossimi cinque minuti.

Tyson è un gentiluomo al suo confronto

Mi alzo di malavoglia, apro la finestra nella speranza che il paesaggio sia cambiato durante la notte, ma come la sveglia ha continuato ad esistere qui non è cambiato nulla, come cantava il Liga “anche se il mondo cambia
qualche mondo non cambia mai”.

Ieri sera ho lasciato un cortile anonimo e lo ritrovo esattamente uguale questa mattina, forse ha solo qualche sacchetto di spazzatura in più.

Detesto questo posto e detesto mia madre che mi ha trascinato qui, capisco che non poteva agire in modo diverso, ma questo non cambia la sostanza delle cose, io qui non riesco a viverci.

Trascinata in un paese straniero contro la mia volontà, non che in Italia stessimo bene  ma almeno ero a casa, tra le cose che conoscevo da una vita e in cui la  lingua non mi era totalmente estranea.

Tedesco…non l’ho mai capito ne mai lo capirò fino in fondo, nemmeno ora che le circostanze mi hanno obbligata a farlo con il trasferimento in Germania.

Sento la porta aprirsi, mia madre entra come una furia pronta a sbrandarmi.

“Sei sveglia! Muoviti Francesca, la scuola non aspetta te che guardi dalla finestra!”

Esce come è entrata, io sbuffo appena la porta si chiude dietro di lei.

Non è mai stato facile avere a che fare con mia madre, fin dove arrivano i miei ricordi l’ho sempre vista scontenta, frustrata, nervosa, scattava sempre per un nonnulla.

Da piccola non capivo perché, ma poi ci sono arrivata.

Non era questa la vita che avrebbe voluto e mio padre non era l’uomo che avrebbe sposato se non fossi arrivata io, ma io  ero nata  e lei non aveva più potuto tirarsi indietro.

Da qui la sua rabbia e…quella di mio padre.

Per anni si sono urlati di tutto, incuranti di me e dei miei due fratelli più piccoli, in litigi che scoppiavano come bombe per motivi assurdi e finivano con porte sbattute e piatti rotti.

A volte li sogno ancora la notte, sogno quella fottuta paura che provavo, una paura da fine del mondo, un senso di instabilità che mi faceva letteralmente mancare l’aria e che mi lasciava in lacrime stordita in un angolo con le mani sulle orecchie per non sentirli.

La nostra era una casa piena di macerie, in un certo senso, le macerie della nostra famiglia e io ero quella  a cui toccava consolare i più piccoli, la mamma non l’ha mai fatto.

Ci ha sempre lasciato soli a vagare come superstiti  della loro guerra personale.

Inizio a vestirmi con gesti lenti, i ricordi fanno male, mi intorpidiscono.

È finito tutto qualche mese fa con mio padre che ha fatto il botto, arrestato per rapina a mano armata.

La mamma aveva vinto.

Forse.

Aveva ottenuto il divorzio e se ne era andata da quella cittadina in riva al mare che odiava e che diceva la soffocasse,  ma nessuno di noi era felice, ne io, ne i miei fratelli, ne tantomeno lei.

Pesco qualcosa dall’armadio e controllo cosa il fato ha deciso che indossi stamattina:Jeans strappati, un foulard come cintura, una maglia colorata e un maglione.

Accettabile.

Mi lavo, mi pettino i capelli neri e ondulati, mi trucco pesantemente di nero i miei occhi scuri.

Sono i soliti gesti meccanici che finiscono solo quando lo specchio mi comunica che la mia personale armatura,  la mia maschera è pronta e non necessita di altro.

Sono Francesca quella sempre strana, l’italiana che  non parla una mazza della lingua del posto e che non la vuole imparare, sono diventata quello che gli altri credono che io sia.

Dimenticavo, sono anche complicata e formulo spesso pensieri e teorie comprensibili solo a me, questo è uno di questi ovviamente.

Esco dal bagno, sorrido ai miei fratelli seduti al tavolo a fare colazione.

 “Ciao Fra!”

Questo è Luca ha dieci anni, sei meno di me.

“Ciao Francyyy!”

Questo invece è Andrea che mi salta in braccio con la spensieratezza dei suoi sei anni, gli scompiglio i capelli.

“Fai colazione?”

“No piccolo, sono in ritardo!”

Lo metto a terra, lui fa il broncio, poi mi porta una brioche, non la posso rifiutare anche se non ho fame.

“Grazie ometto, non so cosa farei senza di te!”

Sorride con’aria di importanza, gli do un buffetto.

“Vado.”

Il tono freddo è per mia madre, lei annuisce senza ascoltarmi davvero.

Non mi perdona per la guerra che le sto facendo , anche a scuola dove faccio di tutto per non inserirmi, forse in fondo non mi perdona per essere nata.

Scuoto la testa, questa mattina i brutti pensieri non mi danno tregua.

Prendo la cartella e la giacca, finalmente sono fuori, alleluia!

Alì mi aspetta in cortile con la sua solita aria placida, invidio la sua calma, la sua accettazione zen degli avvenimenti, io non sarò mai così.

Per sempre condannata a essere consumata da una rabbia che non mi lascia in pace.

Melodramma allo stato puro, ripigliati Fra!

“Ciao Frankie!”

Mi fa dono di uno dei suoi sorrisoni migliori, mentre io bofonchio un “Ciao”appena udibile mentre cerco le sigarette.

“Non possiamo saltare oggi?”

“C’è l‘interrogazione di tedesco!”

“Appunto!”

“Non potrai scappare in eterno!”

“Mi accontento di andarmene da questo posto di merda!”

Fa una faccia perplessa, credo non abbia capito l’ultima parola.

“Lascia perdere…

Gli sorrido per non offenderlo, non voglio giocarmi l’unico amico che ho qui, nonché l’unico che parli la mia lingua.

Alì è turco, ma è stato in italia per un po’, quindi mi capisce…almeno lui.

“Non ti capisco.”

“Tu hai una bella famiglia, è per questo che non capisci…

Il tono è amaro, lo fa zittire per tutto il tragitto.

Mi tirerei una manata in faccia, perché rovino sempre tutto?

“Scusa.”

Accettate…ma non potrai essere in guerra con il mondo per sempre…

Sospiro, vorrei che fosse così ma al momento non vedo spiragli nel buio che mi avvolge, vorrei solo andarmene, ma purtroppo devo rimanere fino alla fine del liceo.

Se mai lo finirò, non è così scontato.

Io e Alì siamo in una classe speciale dove si occupano di inserirci nella scuola, attraverso corsi di lingua e lezioni che ci mettano a pari con gli altri, ma di fatto siamo nel ghetto.

No, la frase giusta è:”Io sono nel ghetto”.

L’unica lezione che frequento con la classe “normale” è quella di inglese, ovviamente nella solitudine più totale a cui  mi sono autocondannata.

Alì tra poco se ne andrà tra i normali, il mio tedesco invece non fa progressi, io non socializzo,i professori sono scontenti, il che mi fa temere che ci rimarrò a lungo e che mi bocceranno a fine anno.

Fantastico.

Com’è il detto? Le disgrazie sono come le ciliegie, arrivano sempre a due a due.

Arriviamo ai cancelli della scuola, c’è una massa insolita che non lascia passare nessuno.

Cosa diavolo sta succedendo? Una rivolta?

Naaa… sarebbe troppo bello, sono sicura che c’è una spiegazione più razionale e che forse Alì ne è a conoscenza, forza Francè chiediglielo!

Alì…

“Si?”

“Perché c’è così casino?”

“In che mondo vivi? Oh già…è vero, non vuoi sapere nulla di quello che succede in questo posto…

Comunque oggi tornano a scuola degli alunni famosi..”

Inarco un sopracciglio perplessa, questa scuola ha ospitato dei personaggi famosi?

“Sono un gruppo di ragazzi che hanno all’incirca la nostra età…bhe solo due, a essere sinceri.

Hanno una band abbastanza famosa qui…””

Il mio silenzio perplesso lo scoraggia, se Alì non fosse il santo che è si schiafferebbe una mano in faccia e mi manderebbe a fanculo e io non potrei biasimarlo visto che me lo merito, invece continua paziente.

Ti voglio bene, socio.

“Si chiamano Tokio Hotel.”

Il nome mi evoca il vuoto più assoluto.

“Fra, sei senza speranza!”

“Già, ma intanto per colpa di ‘sti illustri sconosciuti mi tocca fare a botte per entrare!

EHI! FATEMI PASSARE!”

Alì sgrana gli occhi, ho urlato come un muratore incazzato, ma in tedesco.

Sorpresa! Ho assorbito  più di quello che voglio far credere! Ah Ah!

La folla, composta per la maggior parte da ragazze, mi gela , io sorrido spavalda, mentre i ragazzi ridacchiano divertiti per un motivo ignoto.

“Zitta tu!”mi urla un’assatanata.

“Zitta tu e fammi passare, poi potrai riprendere a sbavare e urlare senza me tra i piedi!”

Mi manda al diavolo, stringo i pugni pronta a passare alle mani, ma sbuffando si sposta e fa spostare le sue degne compari.

Con le buone maniere si ottiene sempre tutto, almeno con certa gente regredita allo stato di branco.

Il mio amico è senza parole,così parlo io, qualcuno dovrà  pur  tenere viva la conversazione!

“Perché i ragazzi ridacchiavano?”

“Perché è raro trovare una ragazza capace di affrontarle così…

“Sono solo ragazzine.”

“Ma tu come fai?”

“Io? Io non ho nulla da perdere, quindi posso fare la pazza finché voglio.”

Scuote la testa pensieroso, non credo mi capisca fino in fondo nemmeno lui, ma neanche io a volte ci riesco.

“Io voglio una vita mia.

Non voglio che siano altre persone a decidere per me, persone a cui non importa nulla di me, ma che fingono che io gli interessi.

Lo so che è complicato, ma io non mi fido di nessuno.

Non più”

Il discorso è vecchio, frutto di un altro pensiero contorto a cui lui non replica nemmeno più, mi lascia andare verso l’angolo dei fumatori ad affumicarmi i polmoni, scuotendo la testa sconsolato,buon vecchio socio.

I ragazzi continuano a guardarmi con un misto di rispetto e ammirazione, spero di non diventare una celebrità, ma non posso negare che questo sentirmi per un attimo parte di un posto  mi faccia stare bene.

Peccato che questo non sia il mio posto…

Mi appoggio al muro con aria indifferente e mi accendo una sigaretta.

Il fumo sale lento, mi perdo incantata a guardarlo, vorrei sparire anch’io.

Disperdermi nel cielo, non avere un corpo, essere effimera, senza peso e preoccupazioni.

Sogni.

Fottuti sogni.

La realtà è questa però, io ho un corpo e devo tirare avanti qui dove sono.

Fanculo.

Un’ombra mi sovrasta, togliendomi la luce del sole, torno bruscamente alla realtà strappata alle mie farneticazioni

da un ignoto osservatore.

Alzo gli occhi, un tizio dai lunghi rasta biondo scuro e dal sorriso sbilenco mi guarda come se fossi un pezzo di carne succulento.

Lo trucido con un’occhiata, sperando che capisca che non ho voglia di playboy scocciatori attorno, ma lui non se ne va e attacca a parlare.

Non capisco una sola parola, accidenti!

Alì dove sei quando ho bisogno di te?

Provo a mugugnare qualcosa, ma lui appoggia le mani al muro dietro di me e prova a baciarmi.

Questo è troppo!

“Sei un barabba!”urlo in italiano un insulto assurdo che rimarrà incomprensibile per lui nei secoli a venire, ma non basta ovviamente.

Gli mollo un cinquino sulla guancia che lo lascia stordito, il rumore risuona come una fucilata nel angolo di cortile.

Sento delle risate e dei commenti su di lui , mi accorgo che dietro il Don Giovanni crucco ci sono altri due ragazzi che hanno seguito con interesse la scena.

Bella li! La mia prima figuraccia del giorno!

Lui mi lancia un occhiata di fuoco e se ne va, sibilando con ogni probabilità degli insulti.

Credo si chiami Tom, almeno tra il groviglio di parole mi è parso di sentire questo nome, a essere sinceri un pochino mi dispiace per lo smacco cha ha subito davanti agli amici, ma io non sono una persona facile, a cui bastano quattro stronzate per capitolare soprattutto se dette in una lingua che per me è quasi aliena.

Osservo i suoi amici, un ragazzo biondo non molto alto che mi guarda interessato, forse si chiede chi è la pazza che ha osato dare un ceffone al suo amico Casanova e uno con i capelli maniacalmente piastrati piegato in due dalle risate.

Il piastrato, che sembra il più grande della combriccola se ne va dopo avermi fatto presumibilmente un complimento e un “ciao”con la mano con delle lacrime grandi come olive che gli solcano le guance , lo seguo stranita con lo sguardo.

È un pazzo, non c’è altra spiegazione e questa mattina sta prendendo una piega strana senza ombra di dubbio.

Rimaniamo io e il biondino che mi scruta in silenzio mettendomi a disagio, non mi piace essere fissata a lungo,di solito mando al diavolo la gente che fa così ma con lui non ci riesco.

“Perché?” Chiede una vocina dentro di me.

Bho!”risponde un’altra.

Ho le idee chiare, molto chiare.

In ogni caso mi chiede qualcosa che io non capisco, sospiro, maledicendo per la prima volta la mia testardaggine che mi ha portato a ignorare la possibilità che  un giorno avrei voluto parlare con qualcuno che reputavo interessante.

È tardi per i rimpianti ormai ,con il mio miglior tedesco e sperando di non sembrare una ritardata gli chiedo di ripetere più piano.

“Sei straniera?”

“Italiana.”

“Ok, come ti chiami?”

“Francesca. Tu?”

Si gratta perplesso la testa.

“tu non sai come mi chiamo?”

Lo conosco da nemmeno cinque minuti, come faccio a  saperlo?

La domanda mi si legge in faccia, inspiegabilmente lui ne è sollevato e mi fa un sorrisone luminoso che mi ricorda quelli di Alì per gli eventi speciali o particolarmente felici.

Anche lui deve avere qualche rotellina fuoriposto, gli scombinati li attiro tutti io.

“Gustav.”

“Ok, ciao Gustav.

Perché parli con me?”

Scoppia a ridere, non sapevo di avere doti da clown, da psicotica lo sospettavo ma da clown no.

Non appena si riprende, inizia a scandire lentamente la risposta.

“Perché non capita tutti i giorni che qualcuna non cada ai piedi di Tom.

Volevo sapere perché.”

Do un tiro alla sigaretta per schiarirmi le idee, il mio tedesco traballa più di un castello di carte esposto alla bora ne sono acutamente consapevole purtroppo.

Prendo fiato come se dovessi fare una confessione dolorosa e comincio a parlare, sperando che non mi giudichi una cretina per come parlo,

Questo è il secondo pensiero che mi stupisce non poco in nemmeno cinque minuti, scuoto la testa sotto il suo sguardo perplesso,

Ok, mi avrà scambiato per una mattoide.

Come sempre quando sono nervosa gesticolo e in un misto allucinante di tedesco, italiano ed inglese, gli spiego che non mi piace la gente che ci prova così spudoratamente nemmeno se sono bei ragazzi come il suo amico.

Lui annuisce sorridendo, comprensivo.

Chissà cosa pensa del mio atroce patois di lingue?

Non voglio saperlo, è meglio per la mia autostima che non lo sappia…

Il suono della campanella mi salva dal continuare la mia prima disastrosa conversazione con un abitante della Tedeschia da due mesi a questa parte.

“Devo andare.”

“Ok, ciao!”

Butto la cicca e corro verso il ghetto.

Sta per iniziare un altro noioso giorno di scuola o almeno cerco di convincermene.

 

A memoria d’uomo non ho mai vissuto una mattinata così lunga e stressante, non me ne è andata bene una e manca ancora un’ora alla fine delle lezioni.

Non oso pensare a cosa potrebbe succedere d’altro, forse solo l’apocalisse ormai.

Sono arrivata in ritardo alla prima ora per colpa di quel Gustav e della  mia sfortuna nera che mi porta a fare la mia prima conversazione con un indigeno a cavallo dell’inizio della lezione.

Sfiga number one.

Quello di tedesco mi ha letteralmente martellata in un interrogazione distruggi neuroni che mi lasciata talmente sconvolta da non sapere articolare più nemmeno una frase in italiano.

Sfiga number two.

Last but not least, all’intervallo non ho fumato e questo mi rende nervosa il doppio, visto che è successo a causa della band ignota e delle loro seguaci oche che presidiavano i corridoi come gendarmi.

Non li conosco nemmeno e già mi stanno appesi per i casini che mi hanno creato….

No..

Non è vero, non li odio, odio quelle dementi  che mi hanno impedito di raggiungere il mio agognato e adorato cortile e di fumare la sigaretta antistress di metà mattina.

Maledette!Le strozzerei!

Sospiro a bassa voce, il professore di matematica non ama chi si distrae e ovviamente non ama me che guardo più volentieri fuori dalla finestra che la lavagna piena di formule incomprensibili.

Girardi!!”

Come non detto la iena mi ha sgamato in pieno, arrossisco, per poi mi riconcentrarmi sul quaderno.

Sono stanca di stare qui!

Che Qualcuno mi salvi!

Che Gli alieni mi rapiscano!

Che arrivi la fine del mondo….Questo forse è eccessivo…

 La campanella mi salva dal continuare a fingere che la lezione mi interessi, raccatto le mie cose, la prossima lezione è quella di inglese e ho l’onore di seguirla con i normali.

Saluto Alì, sfreccio nei corridoi ancora insolitamente animati e mi fiondo nella classe al mio posto in prima fila vista lavagna.

Incredibilmente il posto accanto al mio è occupato, non è mai successo in due mesi ed è una faccia nuova, chissà chi è?

Lo guardo meglio, ha i capelli neri, corti, dietro sono irti e davanti ha un lungo ciuffo a coprirgli un occhio, ha anche un piercing al sopracciglio.

Tossicchio imbarazzata.

Lui mi nota, perplesso, non ha idea di chi sia io e sembra a metà tra il preoccupato e lo scocciato.

“Chi sei?”

“Sono Francesca….Sto al banco accanto al tuo.”

Inarca un sopracciglio ed attacca un monologo di cui non  capisco nulla, come faccio a fermarlo?

Sberla o sbraito?

Sbraito.

 “ASPEEETTAA!”

L’urlo mi esce spontaneo, in italiano, forse per questo si zittisce e mi guarda sconvolto.

“sei italiana…””

Annuisco e gli spiego nel mio tedesco zoppicante che vengo dalla classe speciale per seguire la lezione di inglese, solo allora si calma e mi fa passare.

Decido di iniziare una conversazione, giusto per sapere con chi ho l’onore di dividere la fila.

“come ti chiami?”

“Non lo sai?”

Ma sono tutti pazzi oggi? Mi hanno preso per una veggente?.

“Ti vedo oggi per la prima volta.”rispondo piccata.

Sgrana gli occhi, sembra davvero un bambino….Un bambino con gli occhioni truccati di nero.

“Sono Bill.”

“Piacere Bill, Francesca!”

Mi siedo sorridendo, con me attaccano bottone solo gli strani, ma come il biondino di stamattina questo Bill mi sta simpatico a pelle.

La lezione si snoda lenta, ma sono di buon umore, per uno strano scherzo del destino io l’inglese lo parlo e lo capisco benissimo, non posso dire lo stesso del mio compagno di banco.

Ogni tanto lo sbircio, non ha l’aria di capire molto, ha un repertorio di smorfie buffe e strane , probabilmente su di  lui l’inglese ha lo stesso effetto del tedesco su di me.

Ha tutta la mia solidarietà.

Kaulitz!”

Sobbalza, la professoressa l’ha puntato con una domanda abbastanza facile, ma lui inizia a sudare copiosamente, come se gli avessero chiesto una traduzione en passant dal inglese antico.

Sbarra gli occhi, boccheggia, deglutisce, tra poco gli colerà il trucco, praticamente è annientato dalla megera davanti a lui e dall’oscurità dell’inglese.

Non posso lasciarlo così, so benissimo cosa si provi e quanto sia gratificante avere un’anima pia che ti suggerisce la frase giusta, così gli suggerisco la risposta che balbetta incerto.

La professoressa alza un sopracciglio dubbiosa, ma decide di lasciare perdere e continua a spiegare

Salvato in corner.

“Grazie.”Sussurra”MI hai salvato la vita.”

“Esagerato.”

“No, davvero!”

Mi fa un sorriso splendente, degno della pubblicità di un dentifricio suggerisce la parte da ragazzina smielata che c’è in me e che mi fa sorridere di rimando.

È la giornata dei miracoli e delle cose impossibili, prossimamente questa cittadina si ritroverà alle prese con un metro di neve verde, ne sono certa.

La lezione continua normalmente, deliri miei a parte, fino al suono della campana che accolgo sorridendo come una scema, ignara che il peggio stia per arrivare.

Mai abbassare la guardia Girardi, ormai dovresti saperlo.

Tornando a bomba la scena è all’incirca questa:io  me ne sto per andare scialla  scialla , moderatamente felice per la fine di un’altra giornata in questo postaccio insieme al mio nuovo compagno di banco, strano ma all’apparenza simpatico quando la professoressa Mayer ci richiama.

Iniziano i sintomi da ansia precolloquio, è una fenomenologia diffusa e conosciuta.

Panico che sale dalle viscere che inizia a farmi sudare di nuovo e mi fa sgranare gli occhi come fari.

Imprecazione di rito, il classico “merda”che va bene un po’ per tutte le situazioni,.

E la domanda retorica che si pone ogni studente alle prese con i professori:”Perché?”.

 Girardi…Vorrei affidarle un incarico.”

“Si professoressa. Di che genere?”

E cosa c’entra il tizio accanto a me?

“Darà ripetizioni a Kaulitz, non creda che non mi sia accorta che è stata lei a suggerirgli la risposta.”

La mascella rischia di staccarsi dalla mia faccia allucinata.

  “Lui forse imparerà un po’ di inglese e lei forse un po’ di tedesco e socializzerà.”

Ma…

“non discuta signorina, il mio è un ordine!”

Lancio un’occhiata disperata alla pertica muta che è alla mia destra, ma lui sembra contento della situazione.

Traditore!

Sono furente ed indignata, credevo di avere un alleato, accidenti!

Dov’è finita la solidarietà tra gli esseri umani?

ok…

“Iniziate oggi!”

Spero che adesso non si metta a dettarmi anche gli orari perché potrei mettermi a urlare.

“Va bene.”

“ora potete andare!”

Ci allontaniamo, io incavolata come una biscia, lui serafico.

Perché non sono stata zitta?

Sono talmente immersa nelle mie elucubrazioni su come scantonare questa scocciatura che non mi accorgo che per un pelo non siamo finiti tra  la massa furente delle invasate.

Lui si pietrifica.

Biiill!!”

“Le conosci?”

Mi afferra per un braccio e mi trascina verso l’uscita di sicurezza, senza dire una parola.

Cosa diavolo sta succedendo?

Cosa mi sono persa?

“Ehi! Mollami!”

“Sta zitta! Ti spiego dopo!”

Siamo nel cortile, poi in una strada laterale accanto alla scuola dove c’è parcheggiata una macchina con i vetri scuri su cui mi fa segno di salire.

È troppo, non ho intenzione di assecondare la follia di uno che per quanto ne so potrebbe essere un maniaco!

“io lì non ci salgo!”

“ti spiego dentro!”

Mi fa salire senza complimenti, sono al limite dell’esplosione.

“Siamo dentro. Parla.”

“Sono Bill Kaulitz.”

“Questo lo so!”

“Sono il cantante dei Tokio Hotel.”

Sgrano gli occhi come una demente, tutti i tasselli stanno andando al loro posto, lui è quello che cercavano le invasate, è per colpa sua non ho fumato!!

Sto per dirgliene quattro, quando la portiera si apre e fa capolino l’ultima persona che mi aspetto di vedere:il casanova con i dreadlock di stamattina.

“Cosa cazzo ci fai qui?”

Gentile.

“Lui è Tom, il mio gemello.

Temo dovrai aiutare anche lui.”

Il colpo shocca e ammutolisce tutti e due, non ci scorderemo facilmente il 28 ottobre del 2005.

Ne io ne lui.

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Salve, eccomi di ritorno con una nuova storia, non ho molto da dire a parte questo…

1)     Mi scuso infinitamente con chi seguiva “Un fantasma per amico”, la fiction è stata tolta perché non avevo idea di come continuarla ed ero disperata, così per il momento ho lasciato perdere.

Non è detto che in futuro non ci ritorni sopra e la finisca, ma futuro è una parola ampia e fumosa e non è affatto detto che lo faccia: in parole povere?

Non sperateci troppo potreste rimanerne delusi (MI dispiace Lady Cassandra e Broken 93 ^^’’)

2)    Detto questo, ho bisogno di pareri e critiche.
Ditemi qualsiasi cosa ne pensiate, soprattutto se qualcuno ha suggerimenti sul titolo della fiction migliore
del mio mi fa un favore grande come un grattacielo e verrà ricompensato XD

Soprattutto commentate, qualsiasi cosa è meglio del silenzio, anche sentirmi dire che farei meglio a darmi alla coltivazione di patate nel mio orticello o che se si vedrà ancora una mia storia pubblicata verrete a casa mia e mi prenderete a randellate XD.

Ok?

        3) Le frasi in corsivo all'inizio sono l'attacco di "Francesca ha gli anni che ha" dei Tre Allegri Ragazzi Morti che è un po’ il filo conduttore di tutta la storia.
            La Frase di Liga che cita Fra fa parte della canzone "Walter il mago".
            Il titolo del primo capitolo cita un verso di "L'impresa eccezionale"degli Articolo 31.

Non credo di avere altro da dire.

Al prossimo capitolo . . . Se troverò commenti ^^.

 

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Capitolo 2
*** 2) Su Come I Miracoli Talvolta Non Siano Bene Accetti ***


2) SU COME I MIRACOLI TALVOLTA NON SIANO BENE ACCETTI.

 

Francesca ha gli anni che ha                          
capisce quello che capisce
capisce che qui non va
e a me mi basta.

Miracoli,

Fenomeni straordinari che avvengono al di fuori delle normali leggi della natura e che possono verificarsi in oggetti naturali o persone, almeno così recita il dizionario.

Miracoli.

C’è gente che aspetta tutta la vita di vederne qualcuno e gente che quando se ne ritrova inconsapevole protagonista maledice Dio per averlo fatto e si chiede perché proprio a lei e non ad altri.

Io ovviamente faccio parte della seconda categoria.

Sono conscia del fatto che più o meno tre quarti delle ragazze della mia scuola vorrebbero essere al mio posto, ma io, io non vorrei essere al mio posto, io vorrei essere altrove.

Mi sta quasi bene dare ripetizioni a Bill, anche se mi suona strano che io dovrò dare ripetizioni a qualcuno, ma all’altro assolutamente no.

A giudicare dalla faccia sconvolta nemmeno lui è d’accordo, infatti appena si riprende un cinque minuti buoni dopo aver ricevuto la buona novella trucida suo fratello con lo sguardo.

“Cosa cazzo stai dicendo?”

“Che la tua media in inglese è uno schifo e mamma vuole mandarti a ripetizioni, ma visto che c’è lei che le fa a me ti obbligherà a seguirle.

Ti stavo preparando al colpo.”

MI stavi facendo un favore?”

Il tono è ironico, ma l’altro non raccoglie.

“si, ringraziami.”

Il suono del mio cellulare impedisco al rasta di manifestare la sua gratitudine al fratello, chi sarà?

Il display dice Alì, così rispondo titubante.

Fraaa!!! Ma dove sei???”

“Oddio, mi stai aspettando fuori scuola?”

“Si scema!”

“Scusa ma per una serie di sfortunate coincidenze mi portano a casa dei miei compagni.

Poi ti spiego bene, tu intanto vai.”

Chiudo la chiamata, mi ero dimenticata di avvisarlo, fortunatamente i miei fratelli sono a scuola tutti e due e non vengono a casa a mangiare.

Impreco per conto mio per la stranezza della situazione,mi guardano tutti e due perplessi.

“parli da sola?”

Perché il rastone è sempre il primo a ripigliarsi?

“Si”

Ed è meglio per te che non sappia cosa abbia detto.

“Oggi sei ospite a pranzo da noi, comunque.”

Guardo Tom male, lo sento, anche se non lo conosco da molto che nasconde un secondo fine e io odio la gente così.

“Non posso essere gentile con te?”

Alzo un sopracciglio, si sta arrampicando sugli specchi, è palese…

Lo scruto negli occhi secondo il mio metodo consolidato da anni di test su quelle anime candide dei  miei fratelli( i quali si sono convinti che io sia una specie di strega che legge nella mente), ma lui è impermeabile e inoltre agisce un elemento di disturbo: suo fratello che si è illuminato alla prospettiva di avermi a pranzo.

Ok…C’è qualcosa che non va….Una forza sconosciuta mi ha trascinato in un altro universo mentre ero persa in qualche elucubrazione, quando arriverò a casa stasera scoprirò di vivere  in una casetta ordinata con una famiglia integrata e un cane…

“Francesca!!”

Ritorno drasticamente sulla terra richiamata dalla voce del mio compagno di banco che mi guarda perplesso con i suoi occhioni enormi.

“Si?”

“Dicevo che sarebbe carino, così possiamo conoscerci meglio!”

Lui non dovrebbe avere secondi fini, la frase sarebbe suonata più preoccupante in bocca a quel tizio alla mia destra che sogghigna divertito, vero?

Vero?

“Non c’è molto da dire su di me.

Mi chiamo Francesca, sono italiana, ho sedici anni e due fratelli .”

 “Come si chiamano?”

“Luca ed Andrea, hanno dieci  e sei anni.”

“Dove abitavi in Italia?”

“In Sicilia, in un paesino vicino al mare, dove c’era il sole a faceva caldo…

Ma perché stiamo parlando di me? La mia vita non è interessante!”

Non posso certo dire che mio padre è un carcerato e mia madre una despota casalinga!

È sempre stato così, Cristo! La mia famiglia, io stessa, erano un argomento tabu, non potevo parlarne ad altri o rischiavo di farli fuggire a gambe levate non appena scoperto chi fossi.

Non potrei mai raccontarlo a gente come loro che ha un’immagine pubblica da mantenere, come sempre il silenzio è d’oro.

Come sempre devo cavarmela da sola, me la sono sempre cavata tutte le volte che in passato sono stata male, in fondo sono ancora qui.

First thing you learn: you got to make it in this world alone Rancid docet.

[C´è una bambina un po´ più sola degli altri
che comunque sorriderà
e una madre disperata che altro non sa fare
che la guerra al suo papà.
Questo è il mondo(*)]

 Uffa…ma io voglio conoscerla.”

“posso fumare?”

La domanda lo spiazza, ma poi annuisce e abbassa il finestrino.

“Fa male! Quando hai iniziato?”

“L’anno scorso.”

“posso averne una?”

“Ma non fa male?”

“Dai! Solo una!”

È una contraddizione ambulante, ma gli allungo la stizza sospirando, suppongo sia impossibile negargli qualcosa e non ho voglia di fare la rompiscatole.

“Perché hai iniziato?”

Guardo Mr Antipatia che sogghigna ancora in cerca di aiuto, come si spegne questo?

“Non mi va di parlarne!”

Dio, fa che capisca il concetto, prego, mentre mi guarda perplesso e  l’altro intanto ride .

“Bill piantala! La stai sottoponendo a un interrogatorio!

Potrebbe tirarti una sberla…

La frecciatina è per me, l’umiliazione è ancora troppo recente perché mi lasci stare e io dovrei fare la superiore, ma non ci riesco.

Il mio maledetto orgoglio mi fa fare una risatina forzata ed inquietante che fa voltare verso di me Bill a occhi spalancati, che l’abbia spaventato?

“Sei tu la famosa ragazza che ha dato uno schiaffo a mio fratello?”

Famosa? Io?

“Ehm si…

“Me l’ha raccontato Gustav e non ci volevo credere.

Sei tu!!”

Si ero io e in un attimo mi ritrovo stritolata in un abbraccio spacca costole che mi lascia senza parole e mi fa arrossire come un pomodoro maturo.

Oddio, questo è tutto strano…

Quando si stacca, contento come un bambino che si ha trovato un regalo inaspettato, metto insieme i pezzi, Gustav non può che essere il biondo con cui ho parlato questa mattina e parrebbe essere anche lui un membro della band.

Vai Francesca Holmes indaga!

“Gustav è per caso un tipo biondo non tanto alto?”

“Se vuoi sapere se è il tizio con cui ha parlato stamattina la risposta è si!”

Mi ha risposto il gemello sbagliato.

“grazie e cosa suona? E quanti anni ha?”

“Cosa ti importa? Vuoi prendere a sberle anche lui, magari aiutata dai parenti?”

“Hai rotto le palle! Stai zitto!

Di solito non sono manesca, tu sei stato l’eccezione che conferma la regola e se non chiudi quella fogna entro cinque minuti l’eccezione potrebbe ripetersi, chiaro?”

Sgrana gli occhi, boccheggia, diventa rosso,lo so che vorrebbe insultarmi glielo leggo negli occhi scuri ,ma sembra non abbia il coraggio di farlo, alla fine si chiude in un silenzio offeso.

È il turno di Bill ghignare.

“Gustav ha un anno più di noi, è il batterista.”

“è simpatico…lui…

Frecciatina per Tom che mi fa un elegantissimo medio.

“Non dovreste avvisare vostra madre?”

“Non è un problema!”

“è gentile…lei…

“Siamo arrivati!”

L’autista mi salva dalla risposta acida del rasta, ottimo tempismo direi, si merita un monumento questo ignoto armadio a muro che ci ha scarrozzati fin qui.

La casa è una villetta piuttosto comune, non so cosa mi aspettassi, ma non è per niente una villa hollywoodiana.

“Ehi?”

“si arrivo.”

Entro in casa, sembra deserta, non so perché ma credo di iniziare a capire perché Simpatia Portami Via insistesse tanto per avermi a pranzo.

“Ma vostra madre è a casa?”

Dovrebbe…

Bill è perplesso quanto me, ma Tom sogghigna e sento che è un brutto segno.

Cosa nasconde?

Andiamo in cucina, sul frigorifero c’è attaccato un biglietto che recita più o meno questo: la madre dei gemelli non è a casa e si devono arrangiare.

Ok, ora è tutto chiaro!

“Ehi figlio degenere del Profeta del reggae! Vieni qui!”

“Non sei a  casa tua, Pescivendola!”

Arriva con passo strascicato, ridacchiando come lo stregatto di Alice.

Quanto lo detesto!

“Adesso capisco perché mi hai invitata! Mi hai preso per la tua cuoca?”

Naa…potresti avvelenarmi…ma volevo vendicarmi per lo schiaffo e gustare la cucina italiana.

Perché non unire l’utile al dilettevole?”

Gli faccio dono di uno sguardo di puro odio, se non fosse che non voglio giocarmi l’amicizia di Bill come compagno di banco l’avrei già menato questo stronzo borioso!

“Senza parole?”

Non tirare troppo la corda, bello.

I miei occhi gli telegrafano il messaggio, lui lascia la cucina fischiettando, io invece mi attacco al piano di lavoro per calmarmi e impedirmi di inseguirlo con un mattarello.

“Mi dispiace…

La voce del moro mi arriva da lontano, la rabbia mi avvolge come una coperta soffocante.

“Non fa niente.

Dimmi dove è la roba che inizio a cucinare.”

Ho qualche altra scelta?

Ovviamente non ne ho, perché mi sono  lasciata convincere a venire qui?

Perché il destino di merda ha voluto così, mi dico mentre metto l’acqua per la pasta sul fuoco per poi buttarci il sale come se lo dovessi buttare addosso a Tom versione zombi, borbottando maledizioni come faceva mia nonna quando era arrabbiata con qualcuno.

Bill si allontana silenzioso, forse ha capito che non è aria.

Buon per lui, così io posso riprendere le operazioni eseguite con i gesti secchi, furibondi tipici di quando sono arrabbiata, nonché intrise di un certo automatismo: misurare la quantità di pasta, iniziare a mettere il sugo sul fuoco, il tutto continuando a mugugnare.

Da lontano mi pare di sentire un litigio, ma lo ignoro, che si scannino pure!

L’acqua bolle, metto la pasta.

Aspetto, vado in sala per dire loro di apparecchiare, ma ci stanno già pensando.

Torno in cucina.

Sembro un automa, un automa con un diavolo per capello che è meglio non disturbare.

La pasta è pronta, la scolo, la schiaffo in due piatti e la porto nell’altra sala, l’automa ha terminato con successo il suo compito.

“Tu non mangi?”

“Mi è passata la fame.”

“Non è che è avvelenata?”

Questo è decisamente troppo, senza dire un parola me ne vado, non ho intenzione di farmi prendere in giro tutto il giorno da un deficiente egocentrico.

Una grande uscita di scena, vero?

Peccato che sia rovinata da un capogiro che mi fa barcollare come un’ubriaca, se non fosse stato per Bill che mi ha acchiappata al volo ora sarei tatuata sul pavimento di casa loro, cosa diavolo mi sta succedendo?

Mi ritrovo sul divano in uno stato di confusione mentale, persino il gemello cattivo sembra preoccupato per me, io invece mi sento un verme, so perché stavo per svenire e tra poco lo capiranno anche loro.

È questione di attimi e arriverà la domanda fatale.

“hai mangiato all’intervallo?”

Il mio silenzio è eloquente ed indica un no come risposta.

“Ma allora sei scema!”

Ecco mr Sensibilità, ma perché sono venuta qui?

Non ho il coraggio di guardarli in faccia, vorrei sparire, essere altrove.

Non è facile essere me a volte, non è facile dare risposte a domande non dette, non è facile dare spiegazioni delle cose che fai o non fai.

Odio i momenti della verità, quando sei con le spalle al muro e non puoi scappare, soprattutto se avvengono con due che sono quasi dei perfetti estranei.

“Dovresti mangiare qualcosa.”

Si, forse dovrei, giusto per non farli preoccupare, ammesso che lo siano.

“Dai, vieni a tavola.”

Una mano dalle unghie smaltate di nero spunta davanti ai miei occhi e io vorrei accettarla, ma non so se fidarmi, li conosco da poco in fondo.

“Non preoccuparti, ce la faccio da sola.”

Mi rimetto in piedi piuttosto insicura, provo a fare qualche passo, purtroppo se il moro non mi afferrasse di nuovo al volo sarei di nuovo per terra.

Bel tentativo, Fra!

Bill sospira e mi scorta fino al tavolo, posso leggere nei suoi pensieri senza sforzo, mi avrà bollata come un’arrogante o qualcosa del genere.

Mi fa sedere davanti a un piatto di pasta, che rimango a fissare indecisa.

“Qual è il tuo problema?”

“Nessuno.”

Inizio a mangiare di malavoglia, non ho assolutamente voglia di parlare, all’improvviso mi sento parecchio nervosa, come se dovessi proteggermi da qualcosa, ma nemmeno io so da cosa.

In ogni caso perché dovrebbero interessarsi a me?

Io non sono nessuno e loro i miei problemi non possono risolverli.

“Forse dovresti parlarne.”

“Siamo qui per fare inglese no?”

Senon svieni di nuovo, si.”

“ho mangiato adesso.”

“Potresti svenire perché hai avvelenato la pasta…

Che persona adorabile che è questo Tom.

“Se fosse avvelenata tu saresti stato il primo a morire e invece sei ancora qui.”

“Avrai sbagliato le dosi.”

“Sei pesante.”

“E tu sei noiosa, nonché un’ingrata.”

È ufficiale, voglio solo andarmene, sento il terreno che scotta sotto i miei piedi.

Aiuto.

“Perché non hai mangiato?”

“è successo, è stato un caso.

Mi dispiace.”

Non ci crede, ma decide di lasciar perdere, forse tornerà alla carica più tardi, non sembra  uno che  molla.

La voglia di scappare si fa più intensa, spero di non farmi beccare a guardare la porta…

“Francesca?”

Come non detto, mi ha sgamata in pieno e sento che sto arrossendo come una cretina.

Po-posso uscire a fumare?”

Ma perché balbetto?

Chi è questa tizia che c’è al mio posto? Quella che si è fatta trascinare come un’ameba in una casa in cui è palesemente a disagio?

Devo andarmene!

“Si certo.”

Prendo il mio zaino, la giacca ed esco forse troppo velocemente  da quella casa, ma non vedo l’ora di lasciarmela alle spalle.

È per questo che mi tengo separata dai miei coetanei, non voglio che sappiano dei miei problemi perché non voglio che qualcuno si ficchi in testa di dovermi salvare per forza.

Non voglio crocerossine attorno, ne salvatori della patria perché sono solo illusori, quando davvero hai bisogno di qualcuno perché stai annegando nella merda più nera, si voltano tutti dall’altra parte.

Smetti di esistere per gli amici e l’esercito della salvezza che avevi attorno fino a qualche mese prima è a dare una mano a qualcuno che ne ha più bisogno di te.

Tu sei forte no, Fra?

Puoi farcela da sola! Una pacca amichevole sulla spalla e chi si è visto si è visto.

La fottuta verità è che nessuno vuole condividere la sofferenza con te, tutti hanno paura di soffrire e non vogliono accollarsi del dolore inutile.

Sento una presa sul polso, qualcuno mi ferma e mi fa voltare.

Bill.

“Perché stai scappando?”

Potrei negare clamorosamente, vorrei farlo, tuttavia farlo vorrebbe dire fare di me la bugiarda che non sono.

“Forse sono stato troppo impiccione, ma ero preoccupato.

Sei caduta come una pera cotta.”

“Ti ho già detto che non succederà più e poi perché dovresti preoccuparti per me?

Chi sono io per te?”

Silenzio.

“Tu hai una vita fantastica, cosa ti importa dei miei problemi?

Non puoi risolverli, sei come tutti i buoni samaritani; quando davvero si ha bisogno di voi scappate via.”

“Perché pensi che io abbia una vita fantastica?”

“Perché hai una famiglia che ti vuole bene e fai quello che migliaia di persone sognano di fare come lavoro forse?”

“Ma non ho più una vita privata! Un’adolescenza!

Le hai viste quelle di oggi a scuola?”

“Non sei l’unico ad avere un’ adolescenza! Ci sono persone che non l’hanno per motivi infinitamente peggiori dei tuoi!

Pensa a tutto quello che hai ricevuto!Ti sembra poco?”

Mi sono arrabbiata, senza volerlo ho esagerato, inaspettatamente sorride mollandomi il polso.

“Almeno ti sei sfogata un po’.

Dentro sembravi una pentola pressione.

Davvero ti fidi così poco della gente?”

“Ho i miei buoni motivi…

…che fanno parte dei tuoi segreti, un giorno li saprò tienilo a mente.”

“Ne dubito.”

“Un giorno avrò anche la tua fiducia.”

“Non contarci troppo…

Si mette a ridere, mentre mi scompiglia i capelli, maledetta pertica che non è altro!

“Perché non ce la fumiamo insieme questa sigaretta?”

“Non è un calumet della pace!”

“Potrebbe diventarlo.”

“E io potrei ancora andarmene”

“Sono il tuo compagno di banco, se non è oggi sarà domani.

Non ti libererai così facilmente di me.”

Lo guardo stranita, è di una serietà così  mortale e assurdamente comica che gli scoppio a ridere in faccia.

Altro sorrisone, sa di aver segnato un altro punto a suo favore.

“Va bene.

Fumiamocela questa sigaretta, poi però andiamo a fare inglese.”

Non ho idea di come finirà questa storia, sono curiosa e preoccupata allo stesso tempo, contenta ma con un brutto presentimento.

Una contraddizione ambulante come mio solito.

 

Perché le sigarette non durano in eterno?

Questa è stata troppo breve per i miei gusti, adesso devo rientrare ed affrontare Mocio Vileda, che mi sfotterà a vita per questa uscita da regina delle sfigate.

Sarebbe stata ok se suo fratello non mi avesse fermata, sarebbe stata indice di dignità o più probabilmente di codardia ma almeno non avrei rivisto la sua faccia.

“Devo rientrare?”

“Tranquilla non morde…

“Ma abbaia troppo per i miei gusti.”

Ridacchia divertito, io invece sbuffo contrariata come quando non mi sento presa sul serio.

Lo so che sono solo elucubrazioni e paranoie le mie, ma perché nessuno mi fa mai il favore di darmi retta senza trattarmi da lesa?

Sto degenerando, qualcuno mi fermi e faccia tacere il mio unico neurone scriteriato.

Respiro ed entro in casa.

Lui è svaccato sul divano con il telecomando in mano a guardare  la televisione, se avesse una birra da qualche parte sarebbe la perfetta incarnazione della trasandatezza.

“Finita la sceneggiata?”

Non ho voglia di raccogliere la sua ennesima provocazione, così mi limito a sbuffare.

“Dobbiamo fare inglese.”

“Voi dovete fare inglese, io non ancora.”

“Ma la mamma ha detto…

“La mamma non è qui e io non ho voglia di trascorrere altro tempo con lei.”

Sprizza simpatia da tutti i pori, non ho voglia di litigarci, meglio lasciarlo bollire nel suo brodo.

Ok…Continua a fare la muffa sul divano, a Natale verrai utile.”

Questa volte è lui a tacere,un punto per me.

Tiriamo fuori i libri con calma inizio a spiegare a Bill i misteri del present  continuous.

Francesca…

Fra…se preferisci.”

“Non l’ho capito.”

“’k”

Rispiego.

“Va meglio?”

“Un po’…”

“Facciamo qualche esercizio?”

“Si.”

Si concentra, scribacchia qualcosa che poi cancella di nuovo, si gratta la testa perplesso.

I sintomi indicati fanno parte della sindrome

“NonHoCapitoUnEmeritoCazzoMaNonVoglioPassarePerDeficienteChiedendotiL’EnnesimaSpiegazione.” Abbastanza diffusa tra gli studenti zoppicanti una materia e che si manifesta verso professori e compagni che la suddetta materia la masticano meglio di loro.

Abbastanza stupida direi, visto che io non ho mai ucciso nessuno perché non ha capito una mia spiegazione

“Finito.”

In ogni caso mi passa il quaderno, è speranzoso ma ha fatto lo stesso un disastro, così rispiego tutto per l’ennesima volta, sperando che sia quella buona.

“Perché non l’hai ancora preso a sberle?”

Avevo nostalgia della sua voce soave…Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che l’avevo sentita….

“Perché lui è stato carino con me.”

“Carino?”

“Non ha provato a fare il cretino subito, capisci?”

“Forse perché ti trova orribile.”

Sbianco.

“Nana.”

Mi alzo di scatto dalla sedia.

“Grassa.”

Marcio verso il divano.

“Acida.”

Mi piazzo davanti a lui, con le braccia appoggiate ai fianchi e il fumo in uscita dalle orecchie, ma lui, troppo impegnato a tessere le mie lodi, non lo nota.

“Un mostro di donna praticamente.”

“Stronzo!”

La mia mano scatta da sola verso la sua guancia, nella sala scende un silenzio tombale mentre lui si tocca perplesso la guancia sui cui sono stampate le mie cinque dita.

Per la seconda volta in un giorno.

“Sei un bastardo insensibile!”Urlo con tutto il fiato che ho in gola, abbastanza forte da farmi temere che mi abbia sentito persino mia nonna in Sicilia.

Sgrana gli occhi, ancora più sconvolto.

Ma come fa a essere così?

Una domanda che si potrebbe applicare al genere maschile e che probabilmente rimarrebbe senza risposta fino alla fine del tempo.

Una domanda retorica in effetti, nonché inutile.

Che me la sono fatta a fare?

In attesa che mi arrivi una risposta altrettanto retorica dal mio neurone raccatto le mie cose e me vado, senza che nessuno mi rincorra questa volta.

Sono riuscita a pietrificare persino Bill.

Sono un genio…del male.

 

Tom si toccò perplesso la guancia sinistra, ancora vagamente incredulo per l’accaduto, in un giorno era stato preso a sberle due volte dalla stessa ragazza.

Prima su una guancia e poi sull’altra, senza che lui potesse farci nulla.

Cose da pazzi.

Si guardò intorno e notò che era sparita, solo suo fratello era rimasto in piedi accanto al tavolo ingombro di libri, quaderni e penne.

Dove cazzo era?

“Perché?

Perché prende a sberle sempre me?”

“Perché l’hai trattata da stronzo per il tuo stupido orgoglio e lei ti ha dato una lezione.

Ecco perché.”

Suo fratello ovviamente aveva capito tutto,lo dimostrava quell’aria saccente che aveva assunto, avrebbe voluto alzarsi per insultarla, ma un’occhiata perentoria di Bill lo fece afflosciare nuovamente sul divano.

“Te lo sei meritato, Tomi.”

E come al solito Bill, la bocca della verità aveva ragione.

 

ANGOLO DI LAYLA.

 

(*)”Questo è il mondo”Tre Allegri Ragazzi Morti.

 

Ho perso le risposte alle recensioni, mentre sistemavo la grafica…

 

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Capitolo 3
*** 3)Su Come Un Concerto Possa O Meno Cambiare Tutto ***


3))SU COME UN CONCERTO POSSA O MENO CAMBIARE TUTTO

 

Francesca ha gli anni che ha
capisce quello che capisce
capisce che qui non va
e a me mi basta.

 

Sceneggiate.

Ossia reazioni eccessive, fatte di urla, rabbia e gesti isterici a volte violenti, a volte inquietanti.

Sceneggiate.

Saperle fare è un dono di natura, non è da tutti ad esempio avere il coraggio di reagire vomitando insulti e minacciando il proprio fidanzato di morte dopo averlo innaffiato di champagne solo perché si è stati piantati.

C’è gente che si strappa i vestiti o i capelli prendendo a modello le tragedie classiche, altri si incatenano a tavoli o a cancelli, altri gridano fino a perdere la voce e si cimentano nel lancio di oggetti.

Sceneggiate, insomma.

Io sono una persona calma, tendenzialmente apatica per difendermi  dal mondo, non sono tipa da sceneggiate.

Solo lui è riuscito a tirare fuori il mio lato peggiore.

Solo lui è riuscito a farmi arrabbiare talmente tanto da esplodere in un tempo brevissimo, non so come sia possibile, nessuno ci era mai riuscito.

Forse sta pagando tutte le colpe di quelli che ci sono stati prima di lui, ma è più probabile che il suo sia un talento naturale.

C’è chi è bravo negli sport, chi nella danza, chi nello studio e chi nel far incazzare le persone.

Avrei preferito incontrare un campione di ballo, scacchi, dama o dadi , purtroppo ho incontrato lui.

Che sfiga.

Sono persa nei miei pensieri, che vorticano senza un senso preciso, rimbalzano persi in una spirale di rabbia, indignazione e voglia di scoppiare a ridere come una pazza.

Non hanno mai troppo senso ne ordine i miei pensieri, si accavallano, svaniscono e riappaiono dopo ore a tormentarmi su quesiti che ormai hanno perso la loro ragione d’essere e di cui la risposta non ha nemmeno più importanza.

Quando sono in questo stato non mi accorgo di nulla, potrei finire tranquillamente sotto un treno senza nemmeno realizzarlo o investire una persona.

L’esperienza del treno non l’ho ancora messa in pratica, ma investire un poveretto si.

È successo adesso mentre svoltavo l’angolo della via dei due svitati, senza prestare la minima attenzione a ciò che mi circondava, sono finita a terra come un sacco di patate. Ahia.

“Chi cavolo è il bisonte?”

Tralasciando il fatto che la parola”bisonte” si adatti più a me che al poveretto che adesso è in parte a me e che impreca,se continuerò a parlare in italiano non mi capirà mai nessuno.

Pensiero stupefacente.

“Ehi! Ma sei tu!”

Alzo la testa, chi diavolo sarà?

“Gustav?”

“Come mai da queste parti?”

“Ero a casa dei tuoi degni compari per dare loro lezioni d’inglese…batterista dei Tokio Hotel.”

Non ho talento per le sceneggiate, ma le battute fulminanti mi vengono particolarmente bene, soprattutto quando trovo le vittime giuste, lui ad esempio che adesso mi guarda con la bocca aperta e gli occhi sgranati.

“Tu lo sai?”Boccheggia a corto di fiato.

“Adesso si, ma tranquillo starò zitta.”

“Sarebbe meglio.”

Un’altra voce si inserisce nella conversazione, è il piastrato di questa mattina, quello che suppongo essere il bassista.

“Tranquillo.”

“Io sono Georg comunque.”

Mi allunga una mano per aiutarmi ad alzarmi.

“Grazie, Francesca. Piacere.”

“Sei italiana?”

“Si.”

“Ecco perché hai un accento strano e…

“Lo parlo male e stamattina non ti ho capito.”

Finisco con un sorriso che lui ricambia perplesso.

“Lo so che non sono un genio in tedesco.”

“Come mai stavi scappando?”

Si è rialzato anche il biondo.

“Ho litigato con Tom…Suo fratello vi spiegherà i dettagli, tanto state andando da lui no?”

“Tu ovviamente non vieni.”

“Ovviamente no.”

“Conosci le nostre canzoni?”

“Sono qui da troppo poco…

“Magari domani ti passo qualcosa…

“Magari.”

“Si.”

“Io vado, a…domani?”

È una frase banale, l’ho pronunciata miliardi di volte in Italia, rivolta a gente che sopportassi o meno, ma qui sembra diversa, sembra assumere un altro significato.

Sembra quasi un segnale di accettazione di questo posto.

Mi sono imbambolata di nuovo, così mi allontano con un sorriso incerto, sennonché qualcuno mi  richiama.

Gustav.

“Ehi, devi dirmi qualcosa?”

Arrossisce,deve essere timido.

“Tra un paio di giorni suoniamo in un locale qui in città.”

“Sono contenta per voi.

È bello.”

Bella stronzata, sicuramente sono abituati ad altro.

 Ecco…Non è che verresti a vederci?

Ti facciamo avere tutto noi, tranquilla!

Biglietto, pass per il backstage.

Possiamo invitare delle gente se vogliamo.”

Rimango spiazzata, senza fiato ne parole.

“Ecco..io…ci penserò.”

Farfuglio rossissima , sventolo un “ciao” con la mano e scappo via.

Oddio, che figura.

Non ho il coraggio di guardarmi indietro mentre  marcio verso il mio quartiere a velocità insolita rischiando di venire travolta dalle auto e dalle bici.

Non so cosa mi sia preso, non ero io quella che esitava nel comunicare un sicuro rifiuto poco fa, era una parte sconosciuta della mia personalità assurda.

Non avrei dovuto illuderlo, è ovvio che non ci andrò, non sarebbe il mio posto.

Arrivo a casa senza fiato, barcollando e rantolando come una vecchietta sotto lo sguardo divertito di Alì che gioca in cortile con i miei fratelli.

“Ehi Frankie! Hai fatto la maratona?”

Quasi…

Mi accascio in un angolo, mentre quei tre ridacchiano come dementi.

“Lu’ va a prenderle un bicchiere d’acqua…

E tu non fumare! Stai per perdere un polmone!”

Sbuffo, mi accendo lo stesso la sigaretta nonostante gli strepiti del mio bizzarro angelo custode.

“Se continui così non arrivi a vent’anni sorellina!”

“Grazie Luca!”

Bevo il bicchiere d’acqua come se avessi attraversato il Sahara, il mio amico sogghignando fa segno ai miei fratelli di riprendere a giocare.

È il momento di sputare il rospo, conosco troppo bene Alì per non sapere che è quello che vuole.

“Allora?”

Allora…Tieniti forte perché non so se crederai a quello che ti sto per raccontare.

Hai presente i Tokio Hotel di cui mi parlavi stamattina?”

Annuisce.

“E hai presente il ragazzo che ho preso a sberle stamattina?”

“Si”

“ Quello era il chitarrista del gruppo e oggi a inglese sono finita seduta accanto al cantante.”

Spalanca la bocca.

“Non è tutto. La Mayer mi ha obbligato a dare ripetizioni a Bil, il cantante e ho pranzato da loro.

Quel infame di un chitarrista mi ha obbligata a cucinare, quanto lo odio!

Mi ha anche riempito di insulti e l’ho ripreso a sberle.

Me ne sono andata da casa loro e nel farlo ho investito il batterista, con cui avevo già parlato questa mattina.”

Alì mi guarda spaesato, incredulo mi fa ripetere e rispiegare tutto e io eseguo docilmente.

“Fammi capire, Fra…Tu hai schifato le tue compagne e fai amicizia con quattro rockstar?

“Non dipingermi come una stronza!

È successo per caso, Cristo!”

“Non c’è solo questo, Girardi.”

NO…Bhe dopo che ho buttato a terra Gustav….Lui mi ha invitata a un loro concerto.

Suoneranno tra un paio di giorni in un locale della città.”

“E tu che hai fatto?”

“Ho detto che ci avrei pensato.”

“Si Fra, ma tu in realtà non ci andrai.

Lo so.”

Lo guardo stranita.

“Ti conosco Francesca Girardi, lo conosco quello sguardo che mi stai rifilando.

E sai cosa dice?

Che non ci andrai perché quello non è il tuo posto, perché non vuoi che la gente sappia di tuo padre e sparisca dalla tua vita.

Tu hai paura Fra.”

Sto in silenzio, ha colpito nel segno.

“Frankie dà una possibilità alla gente per una volta.

Potrebbero ferirti o potresti scoprire che sono ok e in ogni caso ti divertiresti a quel concerto.

Quando ti ricapiterà un’occasione del genere?”

Già..Quando?

“Io non sono come tutte le altre.”

Mi alzo stancamente, il mio appartamento mi sembra troppo lontano.

Fra…

“Alì io non posso stare con loro, non posso farci amicizia, capisci?

Cosa diranno quando sapranno di mio padre?

Bhe te lo dico io, faranno una faccia afflitta, mormoreranno un contrito e falso”Mi dispiace” e poi spariranno.

Sai quanta gente ha fatto così in Italia?

Tutta la mia classe, quando l’ha saputo.

Improvvisamente non ero più gradita alle feste e alle uscite collettive, la gente smetteva di parlare con me nei paraggi etc..

E lo sai perché?

Perché sono la figlia di un delinquente e quindi una delinquente a mia volta.

È questo che pensa alla gente, nonostante tu possa essere la migliore delle persone, sarai marchiata a vita.”

Giro i tacchi, lo stomaco è chiuso per il dispiacere di avere trattato male Alì, l’unico che mi sta accanto.

Perché sbaglio tutto?

Il quesito mi accompagna durante tutta la sera, fino alla mattina del giorno dopo, nemmeno i musi lunghi di mia madre mi distraggono dalla sensazione di essere un danno vivente.

Alì se ne accorge al volo, pietosamente sorvola sulla mia tetraggine, adoro questo ragazzo.

Fra…Forse ho esagerato ieri…

Che tenero! Si scusa lui, non io che l’ho aggredito vomitandogli addosso tutto il mio rancore solo perché ero arrabbiata con me stessa.

“No, sono io che ho esagerato e che mi devo scusare.

Tu avevi ragione, io torto, punto.

Scusa”

“Tranquilla, scuse accettate.

Siamo pari.”

Ci sorridiamo  a vicenda.

“Oggi la massa di furie non c’è.”

“Allora ne ho approfitto…Stizzaaaa!”

“Sei matta Girardi!”

Battiamo il cinque, poi io mi rifugio nel mio angolo, sperando di stare da sola.

Fumare è sempre stato il mio rifugio, nonostante sia conscia che faccia male, non posso farne a meno.

Forse è da vigliacchi e da deboli essere così attaccata a qualcosa di così stupido, ma mi fa stare bene, mi calma, mi rassicura.

Succede da quando mio padre è in carcere e mia madre lo sa, è un altro motivo di attrito tra di noi.

Uno dei tanti a essere sinceri.

A volte mi chiedo se c’è qualcosa che ci leghi ed accumuni.

“Francesca?”

Alzo gli occhi e vedo Gustav davanti a me.

“Ohi!”

Devo parlargli e non vorrei.

“Ciao.”

“Ciao.”

Heem…Per ieri…

“Scusa se sono scappata, ma la proposta mi ha sorpreso…

Prendo fiato.

“In ogni caso…Non dovresti avere a che fare con me…

È meglio per te se mi lasci perdere…

“Ma perché?”

Mi faccio i complimenti da sola, io e la delicatezza abitiamo su due pianeti diversi.

“Perché ci sono cose di me che non sai ed è meglio che tu non sappia.

Mi dispiace.”

Lo lascio imbambolato, vigliacca fino in fondo, non appena la sigaretta è finita.

Perché ho l’impressione di sbagliare sempre?

[Ti brucerai
Piccola stella senza cielo.
Ti mostrerai
Ci incanteremo mentre scoppi in volo
Ti scioglierai
Dietro a una scia un soffio, un velo
Ti staccherai
Perche' ti tiene su soltanto un filo, sai]

 

 

Non poteva dire che non l’avessero messo in guardia, Tom gli aveva fatta una predica da Guinnes dei primati non appena gli aveva esposto l’idea di invitare Francesca al concerto.

Tra i due non correva decisamente  buon sangue, entrambi erano troppo orgogliosi e testardi per  mettere da parte le incomprensioni e darsi un’altra possibilità.

Georg si era astenuto dal commentare e Bill aveva detto che probabilmente sarebbe scappata, era una ragazza in qualche modo rotta al suo interno, a suo parere, con delle ferite che non mostrava a nessuno.

Come sempre il “piccoletto” aveva avuto ragione, chiedersi come facesse era fatica pressoché sprecata, il suo era un mix di fortuna, sensibilità ed empatia.

Sospirò sconsolato, si sentiva un cretino con quei biglietti in mano.

“Non è colpa tua, è fatta così.”

Fece un balzo e si voltò verso il ragazzo che aveva parlato.

Aveva la pelle olivastra, gli occhi e i capelli neri e lo guardava amichevole.

Cercò di ricordare chi fosse, ma il suo cervello si rifiutò di collaborare.

“Sono Alì. Un amico di Francesca.

Tu sei Gustav.”

“Si...Dici che non è colpa mia?”

Si…Fra Non è facile da capire e ha un passato che la condiziona.

Tu le stai simpatico, ma ha paura di legarsi alle persone.”

Il moro fece una pausa.

“Più che legarsi, ha paura di sentirsi rifiutata e abbandonata dalle persone a cui tiene.

Quelli sono i biglietti del concerto?”

Annuì.

“Dammeli, glieli consegnerò io.”

“Non verrà.”

Forse…o forse verrà…

In qualche modo l’avete colpita e forse cambierà idea.”

Gli tese i biglietti, in qualche modo rincuorato, quella strana morettina dallo sguardo perso chissà dove gli piaceva, ma un dubbio lo logorava.

Chi era quel ragazzo per lei?

“Ma tu e lei…

“Non stiamo insieme…

Sospirò di sollievo.

“Per un attimo mi era sembrato…

“Io tengo molto a lei, ma solo come amica.”

Altro sorriso zen, quel ragazzo sarebbe stato un ottimo amico.

Forse.

E lei…

Lei per ora sperava di vederla al concerto.

Sorridente e senza quel alone cupo di chi si vergogna di se stesso che le aveva visto attorno oggi.

Chissà se qualcuno aveva mai provato a toglierglielo?

Oppure erano state le delusioni  che aveva ricevuto da persone a cui teneva a crearlo?
[Tanti ti cercano
Spiazzati da una luce senza futuro.
Altri si allungano
Vorrebbero tenerti nel loro buio]

 

Vorrei sapere cosa frulla nella testa di Alì.

Vorrei avere il potere di leggere nella sua mente, mi sarebbe infinitamente utile, soprattutto in questo momento in cui mi sembra così strano.

E’ dall’inizio delle lezioni che sogghigna come un’ebete guardandomi, se non fosse che è di Alì, il saggio e leale Alì, che si parla, penserei che stia architettando qualcosa.

Questo dilemma mi fa contorcere come un’anguilla sulla sedia, sommandosi al fatto che mi sento un verme per come ho trattato Gustav questa mattina.

Mi sono accorta che ci è rimasto male, ma non so cosa fare.

Davvero.

Questa indecisione mi uccide, ho bisogno di un segno, un qualsiasi segno che mi aiuti.

Girardi alla lavagna!

Risolva quest’equazione!”

Le religioni sono una fregatura, i segni divini anche.

Raggiungo la lavagna come un condannato il patibolo, il mio amico non mi toglie gli occhi di dosso ne smette di ridacchiare.

Sono forse diventata un clown senza accorgermene?

Girardi l’equazione!”

Si, mein Führer , la risolvo stia tranquillo.

Inizio a far scorrere il gesso sulla superficie nera, cercando di concentrarmi sul misterioso percorso che porta alla risoluzione di questo enigma matematico, lasciando fuori tutti i miei problemi.

Sembra la soluzione esatta per distrarmi peccato che non funzioni, non con la matematica almeno.

I numeri mi confondono, sono infidi, traditori, ti sorridono per poi fregarti subito dopo, in parole povere non li capisco,

Quando non voglio pensare prendo in mano una matita e mi concentro solo sul disegno che voglio fare, sulle linee, sul tratteggio, ma questo non è una cosa che posso dire a quel nazista di matematica.

Girardi,  ha finito?”

Sono paralizzata con il gesso a mezz’aria.

“No vero?

Lo sa qual è il suo problema?

La distrazione! Lei all’improvviso inizia a seguire una sua stupida idea e si interessa del mondo esterno.

Non andrà mai lontano, Girardi  se continua a perseverare con questo atteggiamento!

Ovviamente il voto è un otto”

Vado a posto pensando che perfino i voti tedeschi sono beffardi, in Italia se avessi preso un otto avrei acceso un cero alla madonna, qui devo pensare a come presentare la cosa a mia madre, sperando di sopravvivere.

Fanculo.

Suona la campana, è il momento di affrontare Alì, devo sapere cosa gli è preso!

Passo tra i banchi, i miei compagni con l’aria furiosa delle peggiori occasioni, lui continua a mantenere quel sorrisino irritante.

Sbatto le mani sul banco, facendo voltare tutti, Alì è più popolare di me, i suoi amici maschi non capiscono come possa frequentare una strana occidentale come me.

“Vuota il sacco! Cosa cazzo stai progettando?”

“Tieni Fra…

Mi allunga qualcosa, spero non siano quello che penso o potrei ucciderlo seduta stante.

Li guardo spaventata, sono loro, i biglietti del fottuto concerto.

“Alì, cosa ci fanno qui questi?” 

La mia voce ha un’inconfondibile sfumatura isterica, sento gli occhi di tutti puntati addosso e non  mi stupirei se sentissi il rumore dei sacchetti di popcorn aperti dietro di me.

“Parla e levati dalla faccia quel sorriso alla Monnalisa!”

“Per andare al concerto, no?”

“Io non ci andrò!”

“Mai dire mai, tu tienili, al massimo li butti.”

Li arraffò furiosa.

“Perché non ti fai i fatti tuoi?

Perché dovrei andarci? Tanto quel figlio degenere di Bob il Magno non saprà nemmeno  suonare!”

“Grazie della fiducia, non so perché Gustav sprechi il suo tempo con te!”

Non ci posso credere, l’unica volta che parlo in tedesco a quel deficiente di un amico che ho, mi sente l’unica persona che non avrebbe dovuto sentirmi!

Questa è sfortuna!

Io arrossisco come un peperone, lui si allontana furioso e i miei compagni sono senza fiato e per tutto questo devo ringraziare Alì.

“Giuro su Dio che questa me la paghi, hai capito?”

Prendo i biglietti come se scottassero, mi rifugio al mio banco masticando rabbia e trattenendo le lacrime, che mattinata schifosa!

“Francesca!”

Alzo la testa, è arrivata la ciliegina sulla torta disastrata che è questa mattinata ossia il gemello buono, che mi osserva preoccupato.

So perché è qui, vuole convincermi anche lui, è una cazzo di persecuzione!

“Per favore, vattene che non è aria!”

Ma…

“NON VERRò AL CONCERTO! E MI DISPIACE SE HO OFFESO TUO FRATELLO, CONTENTO?

ORA VAI!”

“Ma io volevo solo chiederti quando vieni la prossima volta per inglese…

“Oddio scusa!!! Facciamo domani ok?”

“OK, ora vado.”

Striscia via sconvolto, io invece vorrei tirare una testata al banco.

Ho fatto strike completo, ho offeso praticamente tutti quelli che conosco e i miei compagni pensano che io sia una folle bianca che si è fottuta le amicizie cosiddette importanti.

Fantastico!

Avrei potuto far di meglio?

 

Il giorno dopo Bill non sapeva cosa aspettarsi o forse lo sapeva e tentava di convincersi che si stesse sbagliando clamorosamente.

Il giorno prima aveva segnato la rottura definitiva di ogni possibile rapporto tra suo fratello e Francesca, Tom detestava chiunque lo criticasse per la sua abilità o meno alla chitarra senza prima averlo sentito, almeno quanto la mora detestava chi si impicciava troppo nei suoi affari.

Quei due si sarebbero ammazzati e lui avrebbe finito per raccogliere i loro cadaveri.

Si strinse di più nella giacca di pelle,improvvisamente si era alzato il vento a scuotere le fronde degli alberi del parco in cui aveva appuntamento con Fra, se fosse stato una persona normale non l’avrebbe scelto di sicuro.

Se fosse stato una persona normale l’avrebbe aspettata fuori scuola e sarebbero andati insieme al Mac Donald, invece di doverlo progettare come se fosse stato un complotto per conquistare il mondo.

Lui era schizzato via al suono della campanella per salvarsi dalle furie e lei avrebbe dovuto aspettare che tutti se ne fossero andati prima di raggiungerlo.

Era peggio di 07, ma lui, d’altronde non era persona normale, purtroppo e come punizione per questa celebrità adesso si ritrovava a congelare in un parco.

Eccomiii!

Scusa ma le cretine non se ne andavano più!”

Tranquilla…. Non fa niente!”

Si avviarono insieme verso il locale, entrambi in religioso silenzio.

“Per ieri…Scusa, ma non era giornata.

Alì ha tentato di convincermi a venire al concerto e poi è arrivato lui.”

E cosa l u i pensasse di Fra era stato il suo tormento per tutto il pomeriggio, alla faccia di tutti quelli che pensavano che il logorroico fosse lui e che non sapevano che nemmeno Tom scherzava in quanto a loquacità se qualcuno lo faceva irritare.

Mangiarono in relativa calma, lei non era mai stata in un Mac a casa sua, così chiamava  l’Italia perché aveva un’amica che li odiava per le sue convinzioni politiche, almeno così gli aveva raccontato tra un morso e l’atro ai loro panini.

Era indicativo quel chiamare casa l’Italia, in tre mesi non si era ambientata minimamente e sembrava intenzionata a non provarci nemmeno, come se fosse stata la Germania a farle un torto e non chi aveva deciso quel trasferimento.

“Ti è dispiaciuto lasciare l’amica che avevi in Italia?”

“No, abbiamo rotto prima che io partissi.”

“Perché?”

“A volte succede che ci si allontani.”

Non ci credeva che fosse stata una rottura senza motivo,ma il perché doveva rimanere uno dei misteri di Fra, così come la sua famiglia.

Non ne parlava mai o meglio parlava volentieri dei suoi fratelli, ma non dei suoi genitori.

Che non avesse un buon rapporto con loro?

Arrivarono a casa sua, la casa della mora era per qualche motivo off limits, Tom era già sul piede di guerra.

Francesca e suo fratello non si parlarono per tutto il pomeriggio, Bill in compenso riuscì a capire un po’ di più l’inglese.

“Verrai al concerto?”Le chiese poco prima che se ne andasse, mentre frugava nella cartella alla ricerca di un pacchetto di sigarette.

Doveva questo tentativo a Gustav e alla sua pazienza, ma non aveva fatto i conti con la bomba a orologeria che era il suo gemello.

“Per carità no, non venire Girardi.

Non vorrei che diventassi nostra fan, non ti perderemmo più.”

La mora lo fulminò con un’occhiata assassina.

“Non temere, non verrò.”

Se ne andò rigida.

“Stare zitto mai, eh?”

L’unica risposta che ottenne fu un’alzata di spalle.

 

È arrivato il giorno fatidico, sono riuscita a scantonare tutti, ma non me stessa o meglio quella parte di me stessa che guarda quei biglietti con desiderio e vorrebbe usarli.

Non posso, non posso.

Me lo ripeto mentre guardo i miei fratelli e mia madre seduti sul divano a guardare la tv, me lo ripeto come se potessi convincermene in qualche modo.

Ce l’ho sempre fatta, non so cosa ci sia di diverso questa volta, forse il fatto che sento tutti contro o che sto dispiacendo delle persone.

Non lo so.

Forse a queste persone nemmeno importa davvero di me, non riesco a dipanare la confusione che ho in testa.

Mi chiudo in camera, sperando di capire cosa voglio fare e come al solito il letto è il mio pensatoio preferito.

Mi ci butto sopra a peso morto, rimbalzando perfino un paio di volte, dovrei essere contenta, ma tutto ciò che riesco sentire è una sensazione di freddezza, come se tutto ciò non mi riguardasse.

Questo strano umore persiste e finisco per cadere in un sonno agitato, pieno di sogni strani.

Vedo una donna davanti alla tv, una donna che somiglia amia madre, incattivita dalla vita, nervosa.

Mi avvicino, con un senso di panico crescente, sto sudando.

Piano, con passi incerti.

Sono sempre più vicina.

Tremo.

Sono davanti a lei.

Non è mia madre, non più. Sono io.

IO.

Vecchia.

Furiosa.

Sola.

Mi sveglio di colpo, sono nella mia camera, nella mia tana rassicurante, ma ho il fiato mozzo come dopo una corsa.

Mi guardo le mani, sono le mie solite mani, pallide, con le unghie corte, ma mi sembrano diverse.

Non so spiegare cosa mi stia succedendo, forse quel sogno mi ha mostrato il mio futuro o forse solo la mia paura  più grande: svegliarmi un giorno ed essere come lei.

Non posso permetterlo!

I biglietti mi guardano dalla scrivania, sembrano volermi dire che forse non è già tutto scritto e che qualcosa potrei cambiare, se solo lo volessi.

Non sono sicura di potermi fidare di quei due, ma almeno posso provarci, almeno stasera posso provare a divertirmi.

Ora so cosa fare e questo mi rende più serena e i residui del sogno lentamente stanno scivolando via, come dei gas che evaporano nell’aria, lasciandomi più decisa.

Mi cambio, prendo i biglietti ed esco di casa,a mia madre dico che vado da una cugina di Alì, lei non indaga.

Non penso le importi molto di dove vada o se mi dovessi cacciare nei guai.

Busso alla porta del mio amico come una forsennata,come se fosse questione di vita o di morte.

“Ehi Fra…

Si affaccia alla porta sorpreso, con i capelli arruffati e una mano davanti alla bocca per coprire uno sbadiglio

“Alì prestami il tuo motorino.”

“Si, ma…

Mi porge le chiavi.

“Grazie!”

Corro come una scheggia , lui mi guarda perplesso, non credo abbia capito molto di quello che è successo o del perché io abbia praticamente buttato lui e la sua famiglia giù dal letto, ma non importa.

Ciò che importa è che io abbia capito quello che voglio fare, a lui lo spiegherò domani, sono sicura che approverà.

 Arrivo al locale dopo aver rischiato la morte un numero imprecisato di volte,  nella guida non sono mai stata un asso e quando mi agito peggioro  proporzionalmente alla mia ansia, è un miracolo che non sia morta e ne sono consapevole mentre parcheggio il motorino.

C’è una folla allucinante nonostante il concerto sia già iniziato da un pezzo, fortunatamente riesco ad entrare, chissà cosa troverò all’interno?

Chissà come andrà la serata?

È giusto che io sia qui?

I miei dubbi svaniscono non appena sento la musica, non è il genere che ascolto di solito , ma ha qualcosa che mi attira, che mi fa decidere di rimanere e di non fuggire per l’ennesima volta.

Cerco di concentrarmi sui testi, vorrei capire cosa tentino di comunicarmi, purtroppo non ci riesco, per adesso è chiedere troppo al mio zoppicante tedesco, mi accontenterò di seguire la melodia  in omaggio al Liga del “chi si accontenta gode”.

Interessante filosofia di vita, è quel “così e così” aggiunto come una clausola in piccolo che mi preoccupa e non poco.

In ogni caso il concerto  ora è finito, devo farmi coraggio ed andare a scusarmi con po’ di persone, forza Fra abbandona la tua amica Paranoia almeno per un po’, di sicuro non si sentirà sola.

Nervosa come non mai, mi avvio verso il backstage, inciampando nei miei stessi piedi.

Non si era detto di mettere da parte la paranoia?

Faccio un respiro profondo, loro sono davanti a me, io ovviamente non ho il coraggio di guardarli in faccia, mi vergogno  da morire per tutti i casini che il mio caratteraccio orgoglioso mi ha fatto fare.

“FRAA!”

Una furia mi travolge con un abbraccio spaccaossa che mi toglie il respiro e mi fa barcollare pericolosamente.

b-bill…m-muoio…

“Oh scusa….”

“Mi servo viva se voglio scusarmi.”

Mi guarda perplesso.

“Voglio scusarmi per come mi sono comportata.”

Guardo Gustav.

“Scusa, ma…

Mi mancano le parole per poterglielo spiegare senza tirare in ballo la mia famiglia.

“Scuse accettate.”

Arrossisco e vorrei sparire da questo mondo, ma non posso ancora farlo, adesso arriva la parte più difficile.

“Tom.”

I disegni del pavimento mi sembrano la cosa più interessante del mondo,

Ecco…Scusa, io ti ho giudicato senza nemmeno averti sentito suonare.

Sono stata un’idiota.

Scusa.”

Gli tendo la mano, sperando di essermi cosparsa abbastanza il capo di metaforica cenere per i suoi gusti.

La accetta, ma è scettico.

“Ok, scuse accettate.

Nana.”

Ok, non saremo mai migliori amici, ma forse un rapporto civile con lui riuscirò a costruirlo?

Vero?

Vero?

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Aloha! Siamo arrivati al terzo capitolo, giusto per farvelo sapere questa storia dovrebbe durare sui 12 capitoli^^.

Passiamo alle precisazioni, non vi dico ancora a che canzone appartengono i corsivi all’inizioXD.

Poi… Le strofe nelle due parentesi quadre fanno parte di “Piccola Stella Senza Cielo” di Ligabue.

“Chi si accontenta gode” fa parte di “Certe Notti” sempre di Ligabue.

Altro da dire?

Leggete anche “Lo strano caso della maledizione zingara”…si, mi sto facendo pubblicità XD.

Passiamo alle recensioni e ai ringraziamenti.

 

TokioHotelFurImmer: Diciamo che va, mi accontento XD! Sono contenta che t piaccia e di averli resi bene^_^-

In quanto a Tom, ci sono un sacco di persone che non sanno che a volte il silenzio è d’oro ^^.

Spero ti piaccia anche questo.

Alla prossima.

PS: anche a me piace molto Ai deiner seite, ma quando voglio capirci qualcosa ascolto “By your side” il tedesco non lo mastico =_=....

 

Hana Turner: Nyaaa! Sono contenta che ti piaccia quella strofa, io adoro “Questo è il mondo” e i Tre Allegri Morti (li voglio alla festa dell’unità >_

Sono contenta che Fra ti piaccia e cosa vuoi farci, a volte succede che la gente non si tappi la bocca, è per questo che arriva Suor Nausicaa con le parabole XD!

Che altro dire? *si gratta la testa*…AH1 Ricordami che devo chiederti una cosa!

Io sono stordita, confido in te, ricordami di ricordare XD!

Vabhhe basta dai... alla prossima Hana-nee-chan!

PS: Econ il “Nyaaa!” ho contagiato altre 2 persone…yeppa!

 

Black Down TH. Ciao socia, ieri ti ho lasciato una recensione alquanto …cattiva… Non la rinnego, ma ci tengo a precisare che tutto quello che ho detto non indica il fatto che la tua storia sia brutta, ma semplicemente che odio la protagonista e generalmente non riesco a leggere qualcosa in cui desidero prendere a sberle dalla mattina alla sera uno dei protagonisti.

Spero che tu non ti sia offesa.

Passando a questo capitolo, spero ti piaccia e ….non pensare a Tom con i rasta neri (e Francesca ha detto no XD).

Alla prossima.

Ciao

 

Lady Cassandra:Ho appena ricevuto una chiave su una nocca della mano destra, Ahia! Non c’entra nulla lo so. Sono contenta che questo capitolo ti sia piaciuto e non posso dirti se il detto valga o meno per Tom, svelerei il finale.

Alla prossima^^

Ciaooo

 

Ringrazio Miki 483 per aver aggiunto la storia tra i preferiti.

 

Ringrazio chi la segue, ossia:

 

Hana Turner

 

Lady Cassandra

 

TokioHotelFurImmer

 

TokiToki.

 

 

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Capitolo 4
*** 4)Su Come Certe Volte Sia Opportuno Farsi Gli Affari Propri. ***


AVVISO:QUESTO POTREBBE ESSERE LULTIMO CAPITOLO CHE PUBBLICO.

SONO IN CRISI PER QUESTA STORIA . MI SONO ACCORTA CHE IL FINALE CHE AVEVO PENSATO ERA UNA CAVOLATA E NON SO CHE SANTO CHIAMAREPER SISTEMARLA .

POTREBBE SUBIRE RITARDI O ESSERE CANCELLATA .

 

4))SU COME CERTE VOLTE SIA OPPORTUNO FARSI GLI AFFARI PROPRI.

 

Il perche' del sangue rosso
il perche' del fumo nero


Imbarazzo.

Chi non si è mai trovato dove non avrebbe mai voluto essere?

In una situazione che procura disagio e desiderio impellente di fuga?

Tatuato contro un muro, sperando di potersi fondere con il cemento e sparire?

Imbarazzo.

È l’unica parola che mi viene in mente per descrivere questa situazione, loro che si sistemano  e io in un angolo a desiderare di essere altrove, rossa come un peperone.

Il suono del mio cellulare mi distrae, rispondo senza nemmeno guardare chi è, convinta come sono che sia Alì.

Non so ancora quanto mi stia sbagliando, come al solito io realizzo le cose quando ormai è troppo tardi per poterle modificare o almeno opporsi.

Tesoro…

È mio padre, il mondo attorno a me si ferma per un attimo, erano mesi che non lo sentivo.

Mesi in cui mi ero quasi convinta che fosse sparito,come uno di quei pupazzi a molla che spaventano i bambini, ritirato per sempre in una scatola riposta nell’angolo più oscuro della mia vita.

Tu…

Scambio poche parole dopo questo inizio fulminante di conversazione con lui, poi riattacco, sconvolta e pallida come un cencio.

I fantasmi non dovrebbero ripresentarsi nella vita dei vivi per sconvolgerla.

I fantasmi dovrebbero stare nel posto che è stato destinato loro.

“Francesca?”

Sobbalzo, è Gustav.

“Si?”

“Hai un orario di ritorno?”

No…Mia madre non sa nemmeno che sono qui.

Crede che sia da una cugina di Alì.”

Ah…Verresti a fare un giro con me?

Poi ti accompagno a casa.”

Bhe…Ecco si dai, così possiamo parlare.”

Poco dopo arrivano anche gli altri, tutti sorridenti, felici.

Beati loro che non hanno una famiglia disastrata come la mia, che non hanno fantasmi da cui fuggire.

“Ti siamo piaciuti?”

“Si, Siete bravi.”

“Ehi, tutto bene?”

Bill si è accorto che c’è qualcosa che non va, ma purtroppo non posso dirgli cosa.

“Si, sono solo un po’ stanca.”

“La accompagno a casa io.”

Gustav precede Bill che stava per dire che mi avrebbe accompagnata a casa  lui, il moro e Georg sorridono, ma Tom mi lancia un’occhiataccia.

Perché? Ho fatto ancora qualcosa di sbagliato?

“Ok.”

Gli altri si limitano a un “ciao”Bill invece mi abbraccia.

“Ci vediamo domani a scuola e…trattamelo bene.”

L’ultima frase è un sussurro al mio orecchio.

“Piantala!”

Non posso fare a meno di arrossire ed imprecare sottovoce mentre mi allontano con il biondo al mio fianco.

“cosa ti ha detto Bill?”

“Niente, è un cretino.”

Siamo davanti al motorino di Alì.

“Sono venuta con questo.”

“Ok, però guido io.”

Sgrano gli occhi e mi do mentalmente dell’imbecille, non avevo considerato che avrebbe potuto vedere il luogo dove abito e casa mia è tutto fuorché presentabile.

“Ma..”

“Non ti fidi?”

No… è che…

“Che?”

Abbasso gli occhi, non mi piace quello che sto per dire.

“Non avrei voluto che vedessi dove abito… non è un bel posto.

Tutto qui.”

“Rinnegare dove vivi non è rinnegare le tue origini e quello che sei?”

“Le mie origini non sono qui, quindi non rinnego me stessa no?”

“Ma tu adesso vivi qui,non sei più la stessa persona di tre mesi fa.

E in ogni caso ormai ho promesso di accompagnarti.”

Il suo ragionamento segue una logica a cui io non posso oppormi, a cui avrei dovuto pensare prima di accettare e così eccomi in viaggio verso casa mia.

Tra noi c’è un silenzio imbarazzante, sembriamo due estranei che si sono conosciuti per caso in una certa circostanza e una volta esaurita quella non sanno cosa dirsi.

Forse è quello che siamo noi, due persone senza un legame e senza argomenti di conversazione.

Sono tornata al regime paranoico, non riesco a starci lontano, prima o poi ci ricasco sempre.

“Siamo arrivati.”

“Grazie.”

Scendo dal motorino, rimango a guardarlo incerta, senza sapere cosa fare, in cerca di qualcosa da dire che non arriva e che mi fa optare per la sigaretta prendi tempo che accendo immediatamente.

Nella speranza che la nicotina in circolo nel sangue mi aiuti a pensare.

“Cosa vuol dire* Non dovresti avere a che fare con me…

È meglio per te se mi lasci perdere…”?”

Le poche parole che avevo faticosamente arrabattato nella mia testa svaniscono come se non fossero mai esistite, sono di nuovo con le spalle al muro e con un’unica patetica possibilità:arrampicarmi sugli specchi.

“Che sarebbe meglio che non mi frequentassi.”

“Perché?”

Ha un dono per le domande giuste questo ragazzo, inizio a sudare probabilmente con lo sguardo vile del fuggiasco.

“Bevi?”

“Una birra ogni tanto, ad Alì non piace che lo faccia.”

“Ti droghi?”

“No.”

“Rubi?”

“No!”

“Sei una troia?”

“NOOO!”

Arrossisco, sento che ci stiamo avvicinando al terreno minato, è testardo .

“Allora cos’è? Ti vergogni di questo posto?

Pensavi che sarei scappato non appena l’avessi visto?”

Boccheggio, ci è andato molto vicino, troppo vicino.

“Diciamo che non sono felice di stare qui, diciamo che dove stavo prima era meglio e diciamo che quel giorno ho detto una grande cazzata perché ero in paranoia.

La gente non ama avere contatti con me e mi sono chiesta perché proprio tu avessi voluto parlare con me.

Non so forse temevo la fregatura, come quelle clausole scritte in piccolo nei contratti.”

Il silenzio che ho creato non ha eguali.

“Sei strana…

Altra pausa di silenzio.

“E ti sbagliavi, non sono scappato.”

Gli va riconosciuto l’onore al merito, è ancora qui e non mi ha mandato al diavolo come credevo sarebbe successo.

Lo guardo finalmente in faccia, sorride, come se sentisse più leggero.

Forse sapere che la paranoica sono io lo ha liberato dalle preoccupazione di essere lui quello sbagliato per qualche motivo.

Forse.

Mentre mi perdo nei miei eterni rovelli mentali, mi bacia.

Un bacio a stampo che mi fa sgranare gli occhi e a cui sono totalmente impreparata.

Si stacca confuso, biascica un”ciao               “ a cui io rispondo con un altrettanto imbambolato “A domani”e se ne va.

E adesso?

Adesso, io Francesca Girardi, cosa faccio?

 

 

Suo fratello aveva qualcosa di strano quella mattina, Bill avrebbe potuto giurarlo in tribunale se gli fosse stato richiesto, sebbene apparentemente fosse tutto come al solito.

Solita svogliatezza nel quasi quotidiano“Dobbiamo proprio andare a scuola?”Detto mentre si stiracchiava come un gatto.

Solita scarsa gentilezza mattutina.

“Bill ti sei imbambolato davanti alla armadio, Cristo? Spostati che così prendo quei cazzo di cereali e faccio colazione!”

Niente di strano, eppure qualcosa si agitava sotto la superficie, ne era certo e gliel’avrebbe fatto sputare.

-Ammesso che io sopravviva- si disse mentre si massaggiava il braccio dove Tom lo aveva spintonato per avere libero accesso alle sue amate granaglie mattutine.

Fratello, cos’hai?

Hai un’espressione inquietante!”

Il rasta lo guardò perplesso.

“Tu devi dirmi qualcosa.”

“Tipo?”

“Tipo come mai sei così strano.”

“Qui l’unico strano sei tu!”

“No sei tu!”

Iniziarono una lotta che si concluse solo con l’arrivo della loro madre attirata dal baccano.

“Tom parla o ti annego nel latte!”

LA donna sospirò davanti alla sua buffa minaccia e mormorò stancamente:“Bill non annegare tuo fratello, Tom parla!”

“Ma io non devo dirgli niente!!!”

“Digli qualcosa lo stesso!”

“la tua amica italiana è una bugiarda!”

Ecco il nocciolo della questione, finalmente era emerso e si poteva iniziare una sana conversazione.

“Perché?”

“Perché prende in giro Gustav!”

“Lo dici perché non la sopporti o cosa?”

“Perché ieri sera l’ho sentita fare una strana telefonata e sono convinta che ci nasconda qualcosa.”

“Qualcosa cosa?”

“Un ragazzo ad esempio.

È  bassa e grassa, ma magari qualche ragazzo italiano mezzo cieco potrebbe trovarla carina.”

“La troveresti carina anche tu se non ci avessi litigato.

Ti dice nulla la storia della volpe e dell’uva?”

“Non sviare il discorso!”

Gli puntò un dito accusatore all’altezza del petto.

“Gustav va avvisato!”

“Aspetta prima di tirare conclusioni affrettate e sbagliate.

Fammi parlare con lei!”

“parlaci, ma io lo dirò al mio amico.”

“Te lo impedirò e sai che lo farò!”

Il fratello lo guardò scettico, come al solito le sue minacce non erano mai prese troppo sul serio, ma questa volta era deciso ad applicarle.

Tenne fede alla promessa, assestando due energiche gomitate a suo fratello ogni volta che tentava di aprire l’argomento “Francesca”con un Gustav più silenzioso del solito.

Una volta che il biondo e Georg, che si era divertito un mondo a spiarli, si diressero verso le loro classi Tom si decise ad affrontarlo.

“Bill, che cazzo ti è preso?

Mi stavi bucando lo stomaco!

Hai visto Gustav? Che aveva? Che gli ha fatto?”

“In ordine:te l’avevo detto che ti avrei impedito di parlare a Gustav di Fra, se tu non mi hai creduto fatti tuoi

Non preoccuparti per il tuo stomaco, mi pare sia ancora al suo posto.

Ho visto che Gustav è strano, sono truccato ma ho ancora una vista perfetta.

Non so che avesse, non so se c’entri Fra.

Lo scoprirò, tu non fare danni o la prossima volta lo stomaco te lo buco davvero.”

Il gemello rimase un attimo in silenzio.

“Stare con lei ti fa male, fratè…

Se ne andò borbottando sottovoce, lui invece mandò un messaggio alla mora chiedendole di incontrarsi all’intervallo.

La resa dei conti stava per arrivare.

 

Guardo il cellulare con una punta di preoccupazione, improvvisamente il mio vecchio 3330, il compagno di tante battaglie, mi sembra il peggiore dei traditori, un nemico.

Il messaggio di Bill mi ha scombussolato, perché vuole parlare con me?

C’entra il suo amico?

E il suo amico perché ieri sera si è comportato così per poi darsi alla macchia stamattina?

La condizione umana è probabilmente un porsi continuamente delle domande, il più delle volte destinate a rimanere senza risposta, ma a volte farebbe piacere avere delle certezze.

Sarebbe bello sarebbe sapere i motivi delle azioni delle persone, cosa pensano mentre ti gettano in uno stato di confusione mentale di cui faresti volentieri a meno.

“Andata al concerto, vero?”

Una voce dal nulla mi sorprende, non avevo sentito Alì arrivare alle mie spalle.

“Idiota!”

“Buongiorno Frankie, ora rispondimi.”

Non molla il socio, accidenti a lui.

“si Alì. È per questo che ti ho praticamente sbrandato.”

“Lo sapevo Fraaa!

Ti sei divertita?”

“Si.”

Meglio non dirgli troppo, ho una confusione in testa e non voglio che lui aggiunga ulteriore caos.

“Cosa non mi stai dicendo?”

“Una cosa che devo ancora capire.

Il resto alla prossima puntata, fratello.”

“Non ti capisco.”

Gli sorrido.

“Tranquillo non sei l’unico…Dai andiamo in classe.”

Con questa frase è definitivamente sconvolto, ma dovrà aspettare dopo la scuola per rimettere insieme i pezzi della mia personalità dissociata, quando anch’io avrò più chiaro il quadro della situazione.

Le lezioni trascorrono lentamente, come sempre quando si attende qualcosa il tempo sembra rallentare la sua corsa in modo inesorabile per lasciarti preda dei dubbi più assurdi.

Mi avvio verso i bagni delle ragazze incerta, come se fossi stata convocata dal preside e da questo dipendesse una parte importante della mia vita futura, a riprova che la paura ingigantisce tutto.

Apro la porta, il locale è deserto, lui non è ancora arrivato e il mio nervosismo mi fa sentire fuori posto e colpevole nonostante io abbia tutte le ragioni per stare qui.

I minuti trascorrono uno dopo l’altro, tra poco l’intervallo sarà finito, dov’è?

La porta si apre con uno scatto, per poi richiudersi, facendolo apparire trionfante con una chiave in mano.

La chiave dei bagni.

O d d i o.

“Perché l’hai presa?”

“Per non essere disturbati.”

Chiude, è di buon umore lui, io invece vorrei solo scappare.

“Fra, devi dirmi qualcosa?”

Rimango senza parole, Gustav non gli ha detto nulla?

Ecco…bhe

“Va bene, parlo io.

Tom crede che tu ci nasconda qualcosa, ti ha sentito fare una telefonata ieri sera e vuole dirlo a Gustav.

Crede che tu abbia una ragazzo.”

Maledetta bertuccia con i dread!

Io non nascondo un fidanzato, ma un padre, il che forse è ancora peggio…

Sono a un bivio, potrei mentire a Bill o dirgli la verità, cosa devo fare?

Se gli dirò la verità è probabile che io lo perda, come ho perso tutte le altre persone che l’hanno saputo, ma se mentissi…

SE mentissi, sarei una bugiarda come mia madre.

 Da quando ci siamo trasferiti qui lei dice di essere una vedova, ha completamente rimosso mio padre dalla sua vita e quando l’ho scoperto mi sono sentita sporca.

Io sono quella che l’ha fatto entrare stabilmente nella sua vita, se io non ci fossi stata lei non avrebbe avuto bisogno di cancellarlo.

Poi è arrivata la rabbia, io non ho colpa e non è giusto che lei si comporti così.

Lui è comunque parte della sua vita e della nostra e questa scelta denota solo il suo enorme egoismo.

Voglio anch’io essere così egoista?

…Bill…

Eh…

“Qualcosa è successo ieri sera, Gustav mi ha baciato e poi è scappato…

Apre la bocca per dire qualcosa, ma gli faccio segno di tacere, non ho ancora finito, la parte difficile arriva adesso.

“E la telefonata che ho ricevuto ieri sera….Non era il mio ragazzo…

….era…

È più difficile di quanto avessi creduto, le parole sono incastrate nella mia gola, senza alcuna intenzione di uscire.

“Era?”

“Era mio padre… lui è in carcere.”

La bomba è esplosa, sono in attesa delle conseguenze, chissà che parole userà per dirmi che non vuole avere a che fare con me?

Approccio morbido o diretto?

“Tutto qui?”

Alzo gli occhi sorpresa.

“Come tutto qui?”

“Lo so che per te non deve essere stata una passeggiata, ma dalla prospettiva di Gustav è meglio un padre che un fidanzato no?”

Scoppio in una lunga e folla risata, amara al punto giusto.

“Lo sai che da quando mio padre è in carcere ho avuto il vuoto attorno  in Italia?

Come fai a dire tutto qui?

Mi sono quasi vergognata di lui e…di me stessa.”

Mi abbraccia all’improvviso e mi scompiglia i capelli.

“Non ne hai motivo! È lui che ha sbagliato non tu.”

“lo so, ma quando non c’è nessuno disposto a difenderti e persino i tuoi migliori amico ti fanno sorrisi palesemente falsi, inizi a pensare che forse anche tu hai qualcosa che non va.”

Rimane in silenzio.

“A me non interessa chi sia tuo padre, a me interessi tu.

E anche a Gustav…

“Glielo dovrei dire, ma non mi sento pronta, ma ora dovrò farlo per forza…

“Non preoccuparti per mio fratello, gli parlerò e lo convincerò a non farlo senza dirgli di tuo padre…

“E se gliel’avesse già detto?”

“Parlerò anche a Gustav, non ti preoccupare.

Non devi continuare a nasconderti , non hai nulla da temere e comunque non potrai farlo per sempre.”

“Grazie .”

Grazie per non avermi voltato le spalle.

Grazie per non essere scappato.

Grazie per avermi incoraggiato.

“sei una brava persona…

“Anche tu, nonostante i musi lunghi e il caratterino che ti ritrovi.”

Sorrido e mi rilasso nel suo abbraccio.

Il mondo non diventerà migliore perché ho trovato una persone che forse crede in me, ma quantomeno è un inizio e un inizio è meglio di niente.

“Accidenti! Devo tornare in classe!”

Guardo l’orologio disperata, sono passati dieci minuti dalla fine dell’intervallo e tra le tante cose che quel nazista di matematica odia ci sono i ritardatari.

Io  sono l’incarnazione di ciò che odia, se potesse mi sparerebbe a vista, sfortunatamente non può cosicché cerca ogni singola cosa che possa farmi bocciare.

“Non puoi saltare?”

“Quello di matematica mi odia, se lo facessi reclamerebbe la mia testa dal preside!”

Sto diventando isterica, mi avvento sulla maniglia, senza ricordarmi che è chiusa a chiave.

“Ehi, calma! Se ti sposti la apro!”

“Oddio! Che idiota che sono!”

Finalmente la porta del bagno è aperta, schizzo via , agitando la mano e lasciandolo perplesso.

Penserà che sono pazza, questo è certo, soprattutto dopo quello che sto per fare ossia tornare indietro e stampargli un bacio sulla guancia per poi scappare di nuovo.

Schizzata fino in fondo.

 

Quel giorno la fortuna non era decisamente dalla sua parte, era impegnata a prendersi cura della vita di qualcun altro, sicuramente non di quella di Tom Kaulitz.

Prima ci si era messo suo fratello, impedendogli di parlare con Gustav e candidandolo a un prossimo trapianto dello stomaco e poi Gustav stesso.

Quel ragazzo era un abitudinario, che si rifugiava da sempre negli stessi posti all’intervallo, ma proprio nel giorno in cui desiderava disperatamente parlare con lui come se fosse questione di vita e di morte, lui spariva con l’abilità del trucco ben riuscito del prestigiatore.

Desaparecido.

Era incredibile, semplicemente fuori da ogni regola.

Gironzolava irritato nei corridoi deserti dopo l’intervallo, cercando qualcosa da fare che non implicasse il tornare in classe o il fumare un’altra sigaretta(le aveva finite.) quando vide suo fratello fuori dai bagni delle ragazze.

Alzò un sopracciglio, non era un ragazzo dal look molto maschile , ma era suo fratello nel senso più pieno del termine, si divertiva solo a giocare con la sua presunta ambiguità.

Era piantato come un gendarme accanto allo stipite, una mano sulla guancia e l’espressione a metà tra il cretino e il sornione.

Si era perso una puntata della telenovela e l’aveva l’impressione di essersi perso proprio quella più importante, quella in cui una parte dei misteri viene svelata agli ignari protagonisti.

“Bill?”

“Oh, ti stavo giusto cercando…

Era una palese bugia, anzi era frase detta a caso per nascondere a lui che era partito per Billandia, come se fosse possibile…

“Cosa volevi?”

Fece finta di credergli, presagendo che non sarebbe stata una conversazione facile come tutte quelle del fratello in fase  post risveglio dal mondo delle elucubrazioni.

“Devo parlarti!”

Dalla faccia seria da novello paladino della giustizia, intuì che c’entrava Girardi , desiderò schiaffarsi una mano in faccia.

“Parlami fratello, ti ascolterò.

“Tu non hai parlato a Gustav, veeroo?”

Sottolineò con una cura inquietante l’ultima parola.

“No, non sono riuscito a beccarlo…

Eccellente…

Sentì un brivido di paura, in cosa si stava trasformando il suo gemellino?

Billi ci nasconde qualcosa! Bisogna avvisare Gustav, è preso troppo bene!”

“Non ti preoccupare di questo fratellino…

“Uno dei tuoi migliori amici sta per prendersi una batosta allucinante e non mi devo preoccupare?”

Gli mise una mano sulla spalla, come se fosse il Padrino e lo guardò dritto negli occhi.

“Non ti p r e o c c u p a r e!”

“Bill sei fuori come una mina scoppiata! Non sai quello che stai dicendo!”

 Bill sospirò stancamente.

“Si che lo so, a te rode il fatto di non saperlo.”

“sai cosa nasconde quella e non me lo dici???”

“Tomi ti fidi di me?”

“Mi stai mentendo, cretino, come faccio a fidarmi?”

“Ti fidi di me?”

“è un complotto tuo e di quella , ammettilo!”

“Ti fidi di me?”

“Si, piaga!”

“E allora in nome dell’affetto che nutri per me, ti chiedo di fidarti di me e di non dire nulla a Gustav!”

Boccheggiò come un pesce trascinato a forza fuori dal suo habitat e si sentì arrossire  con sua grande rabbia, detestava quando suo fratello tirava in ballo l’affetto perché era impossibile negargli qualcosa.

“Bill ti odio quando fai così, lo sai, vero?

Si che lo sai, stronzo e non sorridere!

D’accordo non gli dirò nulla, ma tu prega gli dei che sia una cosa per cui valga la pena di stare zitti perché è con te che verrò a prendermela se il nostro batterista avrà una crisi depressiva!”

“Non preoccuparti.

Quando Fra sarà pronta lo saprai anche tu…

O Forse no, considerato che finisci per trattarla sempre male!”

“Don Bill, fai paura!”

Come mi hai chiamato?”

Don Bill!”

“Tom inizia a correre!!!”

Il moro era furente, in uno dei suoi repentini cambi di umore era passato dal ragazzo rilassato a quello litigioso e quando succedeva c’era solo una cosa da fare: correre.

 

Non so come sia riuscita a sopravvivere a questa fine lezione, non lo so davvero, visto che da quando sono tornata in classe  gli avvenimenti hanno preso una piega da incubo.

Sono stata interrogata.

Di nuovo.

Ho preso otto.

Di nuovo.

Sono ufficialmente morta,  quando mia madre lo verrà a sapere sarà più inflessibile del Sommo ,finirà per negarmi anche l’ultima sigaretta, un colpo dritto in fronte e sarà tutto finito.

Tutto.

Non mi dovrò più preoccupare di parlare a Gustav, ne di cosa Tom gli abbia detto, non è meraviglioso in fondo?

Non importa se morirò a sedici anni per mano di mia madre, è del tutto ininfluente!

Mi trascino a casa, faccio da mangiare ai miei fratelli e trascorro il mio ultimo pomeriggio da essere umano facendo i compiti per il giorno dopo, totalmente concentrata,

“Fra!”

“Si Luca?”

“Hanno suonato  alla porta. È per te.”

“Chi è?”

“Un biondo.”

Gustav.

“Ok.”

Non avrò l’ultima sigaretta, ma sicuramente adesso avrò l’ultima grana da sistemare, la fortuna è dalla mia parte!

Esco dall’appartamento e lo trovo in simbiosi con il muro, come se lo stesse sostenendo e non potesse staccarsi nemmeno un attimo.

Respira, stai calma.

Fai la disinvolta.

“Ciao.”

“Ciao!”

“Come va?”

Grugnisce.

“Ti va se andiamo a fare un giro?”

“Si.”

Scendiamo le scale, attraversiamo il cortile in silenzio, ci siamo solo noi persino i soliti ragazzini che giocano sono altrove.

Camminiamo ancora un po’, fino a raggiungere un parco giochi con uno scivolo e due altalene che è oltremodo squallido, triste.

Sembra abbandonato a se stesso, come se a nessuno importasse se questo parchetto sia in ordine o meno o cosa ne pensino i bambini che lo frequentano, se lo odino o no.

Inevitabilmente ripenso a casa mia e alla spiaggia facendomi sfuggire un sospiro, oggi per la prima volta l’ho sentita davvero lontana, parte di un’altra vita, di un’altra Francesca.

Mi siedo su un’altalena, mi dondolo piano, lui rimane in silenzio.

Sono brava a scappare io, e tu?

“Dobbiamo parlare.”

Mi fermo e lo guardo negli occhi.

Già…senti , io ecco vorrei che rimanessimo solo amici.”

Pronunciamo l’ultima frase insieme in perfetta sincronia, per poi scoppiare a ridere.

“Non è che tu non mi piaccia, è che ti conosco ancora poco.”

“E io non sono ancora pronta a dei legami.

Amici?”

“Amici! “

Gli sorrido e mormoro un “se son rose fioriranno” in italiano.

“Che?”

Traduco con qualche difficoltà, lui sogghigna.

“Direi che adesso siamo a posto…

Ho solo un’ultima cosa da chiederti poi posso invitarti al cinema domenica.”

“ossia?”

“Cosa è successo ieri sera?“

Sento un senso di freddo all’improvviso, smetto di sorridere e di guardarlo, concentrandomi sulla ghiaia del parco.

“Mi ha telefonato mio padre.”

“Vuoi parlarne?”

“Non oggi, ti prego.”

Sento che si avvicina, mi prende per il mento e me lo alza, siamo di nuovo occhi negli occhi.

C’è un attimo di silenzio che si dilata per un secolo o giù di lì in cui sostenere il suo sguardo è più difficile che recitare a memoria tutta la divina commedia, poi finalmente sorride.

“Quando vuoi puoi parlarmene.”

“Grazie.”

Sorrido a mia volta,vorrei dirgli che mi fido di lui e che presto saprà tutto, ma il suono del mio cellulare interrompe la magia.

È Tom.

“Cosa vuole?”

“Chi?”

“Tom.”

“Tom?”

“Purtroppo.”

Rispondo scocciata, ci scambio due parole prima di riattaccare furiosa.

“Cosa vuole?”

“Che ci vediamo in un bar del centro!”

“Perché?”

“Non lo so! Non lo capisco io quello!”

“Nemmeno io!”

Il mio è un lamento esasperato ed acuto, il suo un ringhio basso, stranamente sembra che ci completiamo a vicenda.

“Dai, ti accompagno.”

MI guardo, sono in tuta e all star.

“ Grazie, non vale la pena che io mi cambi!”

Ride e ce ne andiamo, cosa dovrà dirmi l’ incubo rasta?

 

Era inquieto, picchiettava le lunghe dita sul tavolo guardando l’orologio, era in ritardo.

Quella dannata italiana era in ritardo e lui detestava aspettare!

“Ma tra poco me ne vado!”

Il rumore della porta aperta lo fece desistere, lei entrò insieme a Gustav, con addosso una tuta orribile e delle All Stars all’ultimo stadio della loro esistenza.

Stava per dire qualcosa in proposito, ma un’occhiata dell’amico lo blocco, era cristallina e lo invitava poco gentilmente al silenzio e a non provarci con Fra.

Come se lui potesse essere interessato a quell’isterica!

“Io vado.

Ciao Tom, ciao Fra!”

Lo salutarono entrambi distrattamente, il loro duello era già iniziato con lo sguardo.

“Allora Kaulitz?”

“Ieri sera ti ho sentito fare una certa telefonata…

Ma mio fratello mi ha fatto giurare di non dire nulla a Gustav…

Io voglio bene al mio fratellino, ma non mi basta, voglio una conferma da te, Girardi.”

Fece una pausa studiata volta a intimorirla, ma la faccia di lei rimase una maschera di pietra.

Non traspariva alcuna emozione.

“Era il tuo ragazzo ieri sera?”

“No.”

Fredda, decisa, sincera.

Sogghignò soddisfatto.

“mi basta Girardi…

Avrai il mio silenzio…

Grazie….Io vorrei anche un’altra cosa, sempre se tu sia d’accordo.”

Alzò un sopracciglio malizioso,anche lei era caduta ai suoi piedi alla fine…

“No no Kaulitz, non voglio te, levati quel sorriso dalla faccia.

Vorrei fare pace con te, credo di aver esagerato con quello schiaffo, ma questo non ti autorizza a riprovarci.

Capito?”

“Vorresti la pace?”

“Si.”

“E sia, forse e sottolineo forse anch’io devo farti le mie scuse.”

“Siamo pari kumpà!”

Gli tese una mano,lui  la strinse.

Aveva delle unghie corte, un po’ smangiucchiate, forse non era la tosta che voleva far credere.

Si diede dell’idiota per quel pensiero, che importanza aveva per lui che lei fosse o meno forte come diceva di essere?

Lui non era interessato a lei…o no?

 

ANGOLO DI LAYLA

 

L’avviso dice tutto, sono stanca di queste crisi, un giorno o l’altro mollo tutta la baracca.

Spero vi piaccia.

Ringrazio:

 

Hana Turner

 

Lady Cassandra

 

_Pulse_

 

 

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Capitolo 5
*** 5)Su Come Sia Devastante Un Pomeriggio Di Studio ***


AVVISO: DOPO QUESTO CAPITOLO AVRETE ALTRI DUE CAPITOLI CON AGGIORNAMENTE ABBASTANZA REGOLARI, POI NON LO SOHO UN DUBBIO DA RISOLVERE CHE POTREBBE CAUSARE DEI RITARDI. . CERCHERODI NON CANCELLARLA.

.

 

5))SU COME SIA DEVASTANTE UN POMERIGGIO DI STUDIO

 

Stare male e' un desiderio
E un'opportunita'

 

Dopo un mese potevo dire con sicurezza con le rose non fossero fiorite.

Io e Gustav ci eravamo frequentati per un po’, ma non era successo nulla, almeno da parte mia.

Lui era rimasto criptico, non mi aveva fatto capire molto se ci fosse rimasto male o no e io, che non brillo per empatia, sono rimasta con i miei dubbi.

Sopraviverò.

Quando frequenti qualcuno metti in conto che non possa scattare nulla o che una persona si affezioni più di un’altra come è successo a noi.

A me ovviamente è  stato destinato il ruolo della stronza, non che io non gli voglia bene , ma con molta probabilità il suo affetto per me è maggiore di quello che io ho per lui.

Siamo rimasti amici, ma mi sento un po’ a disagio a parlare con lui, forse anche perché nonostante l’insistenza di Alì e di Bill non gli ho mai detto di mio padre.

Non so perché, davvero.

Ho tante domande e zero risposte su questa storia.

La parte peggiore è stata spiegare a quell’adorabile impiccione del mio compagno di banco che non stavamo insieme e vedere la delusione allargarsi nei suoi occhi, constatando che aveva fallito come agenzia matrimoniale.

Sentiva già il profumo dei fiori d’arancio , lui è un tipo anche troppo fantasioso,

Alì invece ha mugugnato un “Se sono rose fioriranno” senza dirmi a chi si riferisse, ci ho rimuginato per un po’ ed ho escluso che si riferisse al biondo o a Georg.

L’unico che rimane è Bill , quell’altro non è nemmeno da prendere in considerazione.

“Sbagli a non prenderlo in considerazione!”

Questo è il parere di Mariam, la cugina di Alì, che si è appassionata a quest’assurda telenovela, mi sono trattenuta dal mandarla al diavolo lei e il suo sorriso saccente.

Gli altri sembrano sempre conoscere la tua vita meglio di te che la stai vivendo e saperla agire meglio di te e questo non l’ho mai sopportato.

Le persone che si mettono in cattedra mi hanno sempre dato il voltastomaco, perché a parte sputare sentenze inutili non sanno fare altro.

Mariam è una cretina di prima categoria, perché dovrei prendere Tom in considerazione?

In questo mese ha alternato periodi in cui mi salutava e faceva il simpatico ad altri in cui era acido come un limone e in ogni caso da quando ha capito che io e Gustav non avremo una storia si è arrabbiato con me  e ha ritroncato i rapporti.

Dice che non ho fatto altro che prendere in giro il suo amico e che sono una delle tante idiote che si avvicina alle persone perché è interessata solo alla fama.

Non lo capisco, nemmeno quella buon’anima di Freud ci riuscirebbe o forse solo Alì che ha  il sorriso inquietante dell’innocenza che sfoggia quando ha capito una cosa prima degli altri.

Posso assicurare che fa paura vederlo girare per i corridoi con un ghigno degno di una sfinge e non riuscire a capire o a cavargli cosa gli gira per la testa.

“Alì che hai?”

“Non te lo dico Fra!”

“Alì parla o ti apro quel cranio pieno di riccioli in due!”

“Non lo faresti Fra e poi secondo ti arrabbi così tanto perché lo sai cosa sto pensando.”

No che non lo so, razza di cretino, altrimenti non te lo chiederei.

“Ciao Fra! Sorridi un po’ di più o ti verranno le rughe!”

Questo è Bill, ossia un altro incubo di questo periodo terrificante.

Anche lui ha capito qualcosa, solo che non sembra particolarmente felice di essere stato illuminato.

In ogni caso anche lui  ha la bocca cucita, come se con le lesioni mentali come me sia consigliabile non parlare.

Chissene! Tu piuttosto non devi dirmi nulla?”

“Tipo?”

“Tipo cosa hai capito che non vuoi dirmi che è connesso al perché questo scemo sorride come la Gioconda e tu sei strano!”

“Oh ciao Alì!

Avete vinto ieri?”

C.V.D preferisce parlare con Alì di calcio, argomento in cui è ferrato come lo sono io in fisica quantistica, piuttosto che affrontare me.

“No, quei bastardi ci hanno stracciato!

Si sono comprati l’arbitro, i loro falli non li ha mai fischiati!”

Sono la donna invisibile.

“Ehi?”

“Davvero?”

“Certo!Il nostro attaccante si è quasi rotto una caviglia dopo lo scontro con il loro difensore!”

“Ragazzi?”

“Non ha fischiato?”

“NO! Però ha dato un rigore su un fuorigioco che ha visto solo lui!”

“BIILL!”

“Si Fra?”

“Perché mi ignori?”

“Io non ti ignoro!”

“Preferisci parlare ad Alì di c a l c i o!”

“è uno sport interessante!”

“Si, Bill.

E gli asini volano, non sono scema, cosa non vuoi dirmi?”

“Oggi vengo da te a fare ripetizione, anzi veniamo.

Io e Tom.”

“CHE COOOSAAA???!!”

“Si, veniamo a  casa tua.

Oggi non possiamo a casa nostra e dopodomani c’è il compito in classe!”

Ma…io…ecco…non ho avvisato!”

Sono patetica mentre mi arrampico sugli specchi e non inganno nessuno, tanto meno lui.

“I tuoi fratelli non sono a casa e avremo finito quando arriverà tua madre!”

Non ho vie di scampo e lo sa, lo odio per questo.

“Se proprio ci tieni, va bene!”

Me ne vado con un diavolo per capello, lasciandolo con il mio amico a discutere del loro amato calcio, ignorando palesemente gli strilli con cui mi chiede di tornare indietro.

Oggi non ho voglia di essere accondiscendente con nessuno, soprattutto con quelli che sembrano prendermi in giro.

 

Bill si sbracciava per il corridoio, attirando l’attenzione di tutti in quell’ala della scuola in cui le oche non mettevano piede, tranne quella della mora che continuava a marciare verso l’ignoto.

“Ma che gli è preso?”

Chiese al turco.

“Non le piace che la gente la ignori così palesemente, si sente presa per il culo.”

“Io volevo solo non risponderle!”

 “Hai sbagliato metodo…

Cosa hai capito tu di questa situazione?”

 “Tu, cosa hai capito?”

 “Dimmelo prima tu!”

 “No tu!”

“Ok amico, facciamo così, non ce lo diciamo e vediamo chi ha ragione…

Anche se io credo che non dovresti fantasticare troppo su Fra.”

“Io non ci fantastico, è un’amica!”

“Ok, allora mi sono sbagliato.”

“Si, direi!

Perché non vuole farci venire a casa sua?”

“Troppo complicato e non sono così infame da sputtanarla!”

“Io volevo solo capire!”

“Queste sono cose che può spiegarti solo lei, non io.

Cavolo, devo andare a lezione!”

“Si, scappa bravo…

“No guarda!”Alì sollevò la manica della felpa e gli mostrò un vecchio orologio che segnava quasi le otto.

Aveva ragione, tra poco sarebbe iniziata un’altra noiosa giornata tra i banchi di scuola e il pomeriggio minacciava di trasformarsi in un’incognita spaventosa.

Suo fratello e Francesca quando soffrivano di sbalzi d’umore presi singolarmente potevano essere sopportabili, ma insieme sarebbe stato difficile tenerli a bada, per un nemmeno tanto arcano motivo finivano per litigare sempre.

Sarebbe sopravvissuto al pomeriggio?

 

Il tempo è una fregatura, quando serve che scorra più velocemente rallenta inesorabilmente condannandoti alla tortura dell’Ansia e della Paranoia, quando serve che  rallenti accelera paurosamente e ti trasporta senza pietà esattamente dove pagheresti pur di non esserci.

La campanella della fine delle lezioni oggi è suonata  troppo alla svelta per i miei gusti, in sprezzo di tutte quelle mattine passate a sperare che suonasse, vorrei poter rimanere a scuola, ma Alì e Mariam mi spintonano fuori senza tanti complimenti.

I due magici cugini.

Gli altri due mi stanno già aspettando, il rasta battendo i piedi a tenere il ritmo della sua impazienza, il moro tentando di calmare il fratello.

Potrei provare a girare i tacchi e tornare indietro…Ma mi scontro contro Alì che mi scorta fuori come se fosse un poliziotto.

“Alla buon’ora Girardi! Volevi aiutare il bidello?

Ciao Alì!”

Vaffanculo Tom, Ciao Bill!”

“Ciao ragazzi!”

“Hai tentato di scappare Nana?”

Sghignazza il biondo, indicando il mio amico che sorride serafico.

“Si,ma ve l’ho riportata!”

“Tom  te ne è grato!”

“Per me potevi disperderti nell’iperspazio, carina.”

“Disperditi tu per me!”

“Io mancherei a qualcuno se lo facessi, tu non credo proprio!”

Sto per stampargli un’ altra sberla, ma un urlo mi ferma.

“RAGAAAZZIII!”

È Bill, che ci guarda irritato e ci fulmina.

“Smettetela che stiamo dando spettacolo!”

Ci allontaniamo , per scongiurare un’altra lite il moro si piazza al mio fianco come un gendarme Alì inizia a discutere con Tom su un qualsiasi sport.

Iniziano a esserci troppi gendarmi nella mia vita!

Il silenzio che c’è tra me e Bill è inquietante, nessuno osa parlare, io non mi scuso, lui nemmeno e così sembra si stia tenendo una manche de “Il gioco del silenzio.”

Qui nessuno vince nulla, però , non ci saranno maestre a premiarci, ma forse solo dei pentimenti futuri.

Ormai stiamo per arrivare al quartiere, inizio ad agitarmi leggermente, non ho idea di come possa reagire quella medusa che confabula con Alì.

All’improvviso sento una mano che stringe la mia, è Bill.

“Perché?”

“Perché mi sembravi agitata.”

“Lasciami per favore, è meglio.”

“Perché? Ti vergogni?”

“No, ma potrebbe succedere un casino se ti vedessero.

Te lo spiegherò!”

“Hai troppi misteri, ragazza!”

Ritira la mano triste.

“Non tutti sono fortunati come te.”

La mia voce ha un tono amaro che lo fa tacere e mi dispiace.

Vorrei non essere la donna dei misteri, vorrei semplicemente non essere me ed avere un’altra vita, un’altra casa, un’altra famiglia.

Arriviamo davanti al casermone dove abito, i due gemelli non dicono nulla, io saluto stancamente Alì, ci vedremo domani a scuola.

“Vivi qui?”

“No vi ci ho portato per fare un tour del orrore!”

Il rasta non ha il coraggio di replicare questa volta e suo fratello gli assesta una gomitata nella costole a scanso di equivoci.

“Mi hai fatto male Bill!”

“Te lo sei meritato!”

Rido, se non fosse che è un’idiota potrei intenerirmi per la faccia pucciosa che sta facendo ad uso e consumo del fratello ormai insensibile.

“Cosa ridi?”

“Niente, cosa bevete voi?”

“Cosa c’entra?”

“Nulla, era un diversivo!

Questo è il mio appartamento.”

Sorrido come una psicopatica prima di aprire la porta e farli entrare.

“Carina.”

“I salamelecchi non ti vengono bene figlio degenere del Magno.”

“Nemmeno a te. Cosa si mangia?”

“Scusi il ristorante non ha ancora deciso il menù, se intanto si vuole accomodare…fuori dalla finestra!”

“Non vedo un tavolo.”

“è invisibile!”

“Io non ti sopporto!”

“è reciproco!”

“Nana!”

….palo della luce!”

“Non è un insulto!”

“Ne ho altri più seri, li vuoi sentire?”

“ZIIIITTIIII!”

Bill ha urlato per l’ennesima volta, dividendoci e impedendoci di risolvere la questione con una rissa, ha gli occhi fuori dalle orbite e un dito accusatore puntato verso di noi.

“Non voglio farvi da baby sitter! State zitti!

Tu cucina!

Tu prepara la tavola!”

“E tu cosa fai fratello?”

“Mi rilasso, mi avete esaurito!

Qualcuno deve controllare che voi lavoriate!”

Lascio che sia Tom a insultarlo, sono fratelli, sa farlo meglio di me, che intanto mi occupo del pranzo e della tavola.

Mangiamo in silenzio, loro si lanciano delle occhiatacce e occasionalmente qualche pallina di pane, ho un brutto presentimento.

Non so cosa sia, forse il destino, forse preveggenza, sta di fatto che sento che accadrà qualcosa.

Non so quando, ma so che accadrà.

Sembra tutto normale, nulla lascia presagire che succederà qualcosa di strano, io e Tom litighiamo per tutto il pomeriggio tra di noi, Bill invece litiga con l’inglese, ma ha il buon gusto di farlo in silenzio.

Sia io che lui perdiamo le nostre battaglie, ma abbiamo la remota speranza di vincere la guerra.

“Che palle!”

In tutto il pomeriggio ha detto una sola frase, me non sapremo mai perché si sia lamentato, visto che la porta si spalanca ed entrano i miei fratelli.

“Ciao Fraa!!”

“Ciao sorellina!”

Andrea mi salta in braccio.

“Chi sono?”

Il rasta li guarda curioso.

“I figli del vicino che hanno sbagliato casa….

Sono i miei fratelli!”

“Poverini!”

“Cattivo!”

Tom guarda basito Andrea che lo sta incenerendo con lo sguardo.

“Si, è tuo fratello, mi odia già.”

“Mi chiamo Andrea!”

“IO sono Tom!”

“Ti sfido alla play!”

“Sei capace di giocare?”

“Si, mi ha anche battuto più volte.”

Questo è Luca, che si è interessato alla questione.

“Davvero? Allora vi va una sfida?

IO e mio fratello contro voi due.”

“Lui è tuo fratello?

È simpatico Bill, magari insegna a mia sorella a truccarsi.”

Gli allungo una pedata cercando di non farmi vedere con scarsi risultati.

“Sei forte….”

“Luca e ci sto!”

Si sorridono, sembrano andare d’accordo, Bill sembra essere entusiasta di lasciar perdere inglese, sembra un condannato a cui hanno accordato un permesso speciale.

Ok, Fra…Pessima metafora.

Andre salta a terra e da piccolo ometto che difende la sorella, marcia verso il televisore e aiutato da Luca inizia ad armeggiare con quell’’aggeggio a me sconosciuto che si chiama playstation.

Io cosa faccio?

Cercando di fare meno rumore possibile mi avvio verso la mia camera e sembro riuscirci,ma mi tradisce l’inciampare nella sedia vicino alla scrivania che fa accorrere tutti.

Sono tutti nel mio caos, fatto di poster, oggetti etnici, vestiti ovunque e murales sui muri che causeranno le proteste della padrona di casa quando li vedrà, come mi rinfaccia mia madre tutti i giorni.

Bella…

Bill è perplesso,forse non del tutto sincero, infatti va fuori insieme ai miei fratelli, rimane solo il Tom che guarda incuriosito gli scarabocchi sul muro.

Si avvicina, li studia e mi innervosisce parecchio con quell’aria da critico d’arte in erba.

“Li hai fatti tu?”

“si.”

“Sono belli, Girardi.”

Credo che la mascella mi si sia staccata dal cranio, ma sono abile a ricompormi.

“Grazie!”

Arrossisco senza un motivo preciso, forse solo perché nessuno mi aveva mai detto che erano carini quei quattro sgorbi che avevo disegnato in una notte insonne.

“Sei carina quando arrossisci…Sembri quasi una ragazza!”

“E tu mi eri sembrato un uomo poco fa!”

Lascio la camera, con lui imbambolato al centro.

“sei acida!”

“E tu sei cretino, chi è messo peggio?”

Il silenzio indica un punto a mio favore.

Franzy! Ci porti le patatine per favore?”

“Si, che volete da bere!”

Si alza un nugolo di risposte scoordinate che faccio tacere con un gesto della mano.

“Andre?”

“Coca.”

“Bill?”

“Idem.”

“Tom?”

“Red Bull.”

“Non c’è.”

“uffa! Coca anch’io.”

“’k.”

“Lu?”

Biirraa!”

“Sei piccolo!”

“Uffa!”

“allora?”

“The!”

“va meglio.”

Porto quanto mi hanno chiesto, poi scappo in terrazza a meditare in compagnia di una birra e di una sigaretta, lasciandoli alla loro sfida più interessante di inglese.

Fuori c’è un tramonto infuocato, talmente arancione e abbagliante da risultare fastidioso, penso mentre alzo una mano davanti agli occhi per proteggerli dalla luce.

Non ho mai visto un tramonto così qui, l’ultima volta che ne ho visto uno simile è stato il giorno in cui ho saputo che mio padre era finito in galera, a casa, in Sicilia.

Un brivido mi scorre lungo la schiena, non so perché ho paura, ripenso a un vecchio racconto di Stephen King in cui l’angoscia della sparizione è accompagnata da un cielo del genere.

Il vento fa volare via la brace dalla mia sigaretta, questa sensazione non se ne va e si mischia ai presentimenti di prima, cosa accadrà?

Come al solito cerco una risposta che non c’è.

“Fra!”

Una voce conosciuta e fastidiosa mi richiama alla realtà.

“Che vuoi Kaulitz?”

“Fossi in te mollerei la sigaretta e nasconderei la birra.

È arrivata tua madre.”

Merda.

Lei odia vedermi bere o fumare, potrebbe diventare una furia se vedesse le due attività combinate, così nascondo la bottiglia dietro un vaso e mollo la sigaretta in mano a Tom.

“Ma..”

Forse vorrebbe aggiungerci una domanda o una protesta, purtroppo non fa in tempo, mia madre irrompe in terrazza e si guarda attorno sospettosa.

Conclusa la sua ispezione si ricorda che ha davanti due esseri umani, degnandoci della sua attenzione.

“Ciao.”

“Ciao.”

“Chi è? E cosa ci facevi in terrazza?”

“è un mio amico, il fratello dell’altro ragazzo, l’ho accompagnato in terrazza a fumare.”

“Farò finta di crederti.”

Il dialogo tra noi è a muso duro e in italiano, quello con lui tutto sorrisi e ovviamente in tedesco.

“Ciao, io sono Anna, la madre di Francesca.”

“Io sono Tom, piacere.”

“Sono contenta che Francesca si sia trovata degli amici, vorreste fermarvi a cena?”

“Penso non ci siano problemi.”

“Ti faccio vedere dove è il telefono?”

“I miei non sono a casa oggi.”

“Chiedo a tuo fratello.”

Se ne va, lasciandoci da soli, non riesco a trattenere un sospiro amaro pur sapendo che ho due occhi  puntati nella schiena.

“Simpatica tua madre.”

“Per te che non la sopporti tutti i giorni.”

“Non capisco, sembra gentile.”

“Lascia perdere, vado ad aiutarla con la cena.”

Non ho voglia di parlargli del nostro brutto rapporto, ne del fatto che mi odi o di come girino le cose a casa nostra se qualcosa non va come dovrebbe.

Ho l’impressione che voglia dire qualcosa, ma lascia perdere e continua a fumarsi la mia sigaretta.

Maledetto.

Mia madre sta facendo la simpatica con Bill, vorrei vomitare o meglio ficcare i miei quattro stracci in uno zaino ed andarmene via da questa casa che mi soffoca.

Se non l’ho ancora fatto è solo per i miei fratelli che in qualche modo contano su di me, Andrea soprattutto.

[Va senza tempo, senza età
C’è un cielo immenso via di qua(*)]

“La mamma li ha incantati?”

“Come suo solito.”

Luca mi guarda un attimo e poi pronuncia una frase che non avrei mai creduto di sentire dalla bocca di un bambino di dieci anni, di mio fratello.

“Sopporta Fra, massimo tre anni e te ne potrai andare.”

“Si vede così tanto?”

“A volte, ma ti capisco.

In fondo papà se ne è andato per lei, no?”

È perspicace, anche troppo, mio fratello, ha già capito una parte dei motivi per cui la nostra famiglia è andata a pezzi, ossia nostra madre.

La donna per cui nulla era mai abbastanza, che chiedeva a mio padre ciò che non poteva permettersi e non accettava un rifiuto come risposta.

Ricordo le innumerevoli volte che lei gli aveva urlato che ciò che chiedeva il minimo, dato che lei aveva rinunciato alle sue grandi prospettive di vita futura per stare con un pezzente come lui, che aveva sbagliato a farsi convincere a non abortire.

Già.

Alla fine il problema ero io, ero io quella per cui aveva dovuto lasciare Medicina, costretta a rinunciare alla sua agognata carriera di chirurgo plastico.

Suona cinico, ma è indubbio che mia madre abbia sempre mirato ai soldi, ma che abbia scommesso sul cavallo sbagliato con la storia con mio padre.

“Perché non mi rispondi?

Non vuoi dirlo?”

“Fra aiutami in cucina.”

La voce di mamma interrompe il nostro discorso, sorrido a mio fratello e gli sussurro:”Non posso dirtelo.” Mentre vado in cucina.

Arrangiamo la cena in silenzio, non abbiamo molto da dirci, io sono la ribelle che ancora adesso rovina i suoi piani.

La negata in matematica.

Quella che non proseguirà il suo sogno, ma ha in testa i grilli del disegno.

Quella che è destinata a essere una morta di fame se non si darà una calmata.

[Voglio una vita mia
Assoluta bugia
Non sugli schemi degli altri
Sui passi piccoli degli altri…
Voglio una vita mia…(**) ]
A volte mi pesa questa incomunicabilità, vorrei essere la Francesca che desidera lei, ma mi chiedo se ne sarei felice dopo.

La risposta? Probabilmente no, non posso anestetizzare i miei sogni, le mie speranze, ciò in cui credo, così come lei non può ancora farlo con i suoi e così finiamo per essere come due treni che non si incontreranno mai.

Come due estranee.

Triste? Forse, ma è un dato di fatto, ci sono troppi anni di errori tra di noi, nonostante io abbia solo sedici anni, per poter pensare a un rapporto diverso, è più comodo per lei.

Non so come potrebbe riorganizzare se stessa e la sua vita se perdesse me come capro espiatorio, così io continuo a essere quello che sono e in fondo ne sono felice.

Tra i miei mille problemi, almeno non ho perso me stessa.

[Come mi vuoi
Come mi vuoi
Avrei voluto essere come mi vuoi
Come mi vuoi
Come mi vuoi
Ma in questa vita sono come mi piace a me(**)]

Bella conclusione Fra, ma non negare che adesso vorresti essere altrove, come poco fa.

Mia madre sta trattando Bill con tutta la cortesia di cui è capace, come se fosse la figlia che io non sono, io mi sento di troppo.

Non spiccico una parola e non tocco cibo,è come se fossi un’estranea miracolosamente ammessa a questa cena e non parte integrante di questa casa, una che dopotutto vive qui.

Fantasma.

Sparecchio come faccio tutte le sere, poi Francesca il fantasma va a rifugiarsi nella sua soffitta in cui gemere e mugugnare in santa pace, la terrazza del palazzo, che ormai è diventata il mio rifugio.

 

Quella casa era strana, era sicuro che avesse qualcosa che non andasse.

Forse era stata la solita frase acida di Girardi, ma  aveva iniziato a notare che la madre della ragazza non aveva un comportamento del tutto corretto, non con loro, ma con Fra.

Se con loro era uno zuccherino, con sua figlia era acida come un limone, ma forse le due avevano solo litigato e considerato il caratteraccio di Fra era molto probabile.

Suo fratello sorrideva come un’idiota alle lusinghe della signora Anna, un spettacolo alquanto penoso, doveva riconoscerlo, visto che sembrava non accorgersi che quella donna molto probabilmente mentiva.

Si guardò attorno annoiato, solo allora notò che dalla mora non c’era più traccia.

Desaparecida.

Nessuno sembrava preoccuparsene in quella famiglia bizzarra, si alzò dalla sedia inquieto  e adocchiò Luca in un angolo vicino al divano, decise di raggiungerlo.

“Ehi, dov’è tua sorella?”

Il bambino lo guardò in modo indecifrabile, era come se lo stesse rivalutando sotto una nuova luce.

“è di sopra, sulla terrazza del tetto del palazzo.”

“Che ci fa lì?”

“ è il suo pensatoio.”

“Ah.”

“Esci dall’appartamento, fai le scale fino in cima, poi entri nell’unica porta che c’è.”

“Grazie.”

Lasciò quella casa vagamente sollevato e stordito, come se avesse respirato dell’aria viziata per tutto il tempo, percorse le scale e aprì la porta.

Perché si interessasse a quell’acida era un mistero, al massimo se fosse finita male si sarebbe fumato una sigaretta in santa pace, senza lo sguardo invidioso del fratello addosso.

Si guardò intorno, la terrazza sembrava deserta ed era spazzata da un vento gelido, che si fosse buttata di sotto o fosse scappata di casa?

Mosse qualche passo incerto e finalmente la vide in un angolo, seduta a gambe incrociate, probabilmente con una sigaretta in mano.

“Avresti potuto avvisare Girardi, si sono preoccupati di sotto.”

“Pietosa bugia.”

Il tono era freddo, studiatamente freddo per far credere che non le importasse che la sua famiglia la snobbava.

“Se fossi meno acida e scostante e fredda forse a qualcuno la sotto importerebbe di te.”

“Bravo! Giudichi senza nemmeno conoscermi!

Conosci la mia storia o pensi che io sia la solita stronza che se la tira?

Bhe, non è così e visto che è da quando mi conosci che mi insulti senza sapere un cazzo di me, adesso saprai tutto, così almeno ci penserai prima di aprire quella fogna!

Contento? Saprai il finale della telenovela.”

Contento?

Era accettabile un bho come risposta?

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Queste sono le canzoni nelle parentesi quadre.

(*)”Cielo immenso”Timoria

(**)”Come mi vuoi” Tre Allegri Morti

Altro da dire? Credo che l’avviso come al solito dica tutto, passo alle recensioni^_^.

 

Lady cassandra:non credo la mollerò, però mi sembra scontata e mi scoccia parecchio.

Più o meno hanno intuito tutti come andrà a finire =_=….

Non so che dirti, spero ti piaccia.

Alla prossima.

 

_Pulse_: ti ho spiegato cosa ho in mente, continua a non convincerti, ma se dovessi fare la prima opzione tu ed altri mi lincerebbero.

Uffa1 spero che questo capitolo ti piaccia, le cose si stanno schiarendo…

Alla prossima.

 

Hana Turner: Ti ho già stressato abbastanza in msn, ti risparmio lo stress via recensione.

Sappi solo che sono ancora indecisa…e che pall!

Non so cosa dirti…spero ti piaccia.

Ah! Il padre di Fra non voleva niente, solo sentirla, erano mesi che non la sentiva…

 

Black_Down TH: ti ho già detto tutto in msn, alla fine pubblicherò il finale che ti ho detto.

Forse. Bho @_@

Sono contenta che ti piaccia e grazie dei complimenti.

Otto dovrebbe essere due a quanto mi hanno detto.

Ciao…(Scusa sono in come profondo)

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Capitolo 6
*** 6)Su Come Dalla Merda Talvota Nascano I Fiori ***


6)) SU COME DALLA MERDA TALVOLTA NASCANO I FIORI

 

Spegni adesso la tua noia
Sopra il dorso della mano

E addormentati serena
Davanti alla tv

 

Non si può fuggire per sempre, arriva un momento in cui ti senti messa con le spalle al muro o peggio in cui tu esplodi senza considerare le conseguenze, come un vulcano, vomitando tutto quello che non ti sta bene su persone spesso innocenti o prendendotela con chi ti ha irritato quando in realtà sono altre le persone a cui vorresti far sapere quanto sei stanca e scoraggiata.

Non avrei mai pensato di raccontare buona parte della mia vita a una persona con cui non ho fatto altro che litigare fin dalla prima volta in cui siamo incontrati, eppure sono qui ad incenerire Tom con  lo sguardo.

Mi guarda perplesso, si chiede cosa abbia fatto o detto di diverso dal solito in grado di farmi arrabbiare così tanto, non sa che non è a lui che vorrei dire queste cose.

Vorrei dirle in faccia a mia madre, dirle che la odio per come mi ha rovinato la vita, per come mi ha sempre trattato come una pezza da piedi, ma non posso e così mi accontento di lui.

[E pensare a quante volte
l'ho sentita lontana
E pensare a quante volte…
Le avrei voluto parlare di me
chiederle almeno il perché
dei lunghi ed ostili silenzi
e momenti di noncuranza(*)]

Stasera il fantasma si sfogherà.

Il mio interlocutore si guarda i piedi imbarazzato, li sposta continuamente avanti ed indietro, vorrebbe essere altrove, vorrebbe non avere mai aperto bocca, ma purtroppo l’ha fatto e adesso deve affrontarne le conseguenze.

Non la si può sfangare sempre, troppo facile e troppo comodo, volevi sapere chi fossi?

Il tuo desiderio sarà accontentato.

Preparati, adesso saprai chi è Francesca Girardi.

“La prima cosa da sapere sulla mia vita è che non sarei dovuta nascere, eh si.

Sono nata per una scopata che doveva essere senza conseguenze e che invece ha rovinato la vita e la brillante carriera di Anna Santagata, futuro chirurgo plastico, unendola a quella di Antonio Girardi, studente dell’accademia di Belle Arti.

Un mix vincente.

Fu necessario l’intervento di mio nonno materno per non farla abortire, non perché  tenesse particolarmente a me, ma solo perché una figlia che abortiva per un cattolico convinto come lui era una vergogna peggiore di una incinta di un morto di fame.

Alla fine si sposarono ed io venni al mondo, non voluta, in mezzo alle loro liti.

Finita la passione si detestavano, sai?

Avrebbero voluto essere da tutt’altra parte, in un’altra vita,ma non potevano separarsi o mio nonno ci avrebbe tagliato i viveri.

È ricco mio nonno, sai?

Un riccone di merda, ipocrita e ottuso con il mito della famiglia perfetta.

Arrivarono i miei fratelli dopo un po’ di anni, forse i miei speravano di ricucire le cose, forse non sapevano sottrarsi alle pressioni di mio nonno che voleva altri nipoti.

Io non lo so, quello che so è che le cose non cambiarono di molto tra di loro ne per me.

Io continuavano a essere poco considerata, ma allo stesso tempo ero la persona  perfetta a cui delegare le loro responsabilità:ero la primogenita che doveva badare ai fratelli  più piccoli e che doveva consolarli, perché mia madre non aveva tempo,

Non ha mai tempo per nessuno lei, solo per se stessa .

I miei litigavano di brutto, lei voleva la bella vita a cui era stata abituata dalla sua famiglia, ma mio padre non poteva, non ce la faceva.

Lavorava nell’azienda di mio nonno come grafico, mio nonno ci passava dei soldi per aiutarci, ma non poteva fare i miracoli con tre figli da mantenere.

E mia madre pretendeva e lui sclerava.

Liti e piatti che volavano, quando non succedeva qualcosa di peggio.

Sono avanti un po’ così.”

[The anger hurts my ears, been running strong for seven years
Rather then fix the problem, they never solve them, it makes no sense at all
I see them everyday, we get along so why can't they?
If this is what he wants, and its what she wants,then whys there so much pain?(**)]

Mi fermo per riprendere fiato, senza guardarlo negli occhi.

“Per anni, fino a sei mesi fa.

Poi sei mesi fa mio padre ha fatto il botto, ha provato a fare una rapina e l’hanno preso.

Mia madre sapeva tutto, io so che aveva capito cosa diavolo avesse in mente e non l’ha fermato.

Ha lasciato che si fottesse la vita, credo che fosse quello che voleva.

Voleva la scusa per mollare la Sicilia e l’ha trovata.

Mio nonno ha fatto il diavolo a quattro,dopo, quando l’hanno trovato, ma non ha mosso un dito per aiutarlo, non poteva o forse non voleva sprecare la sua influenza per aiutare un genero ingrato che si era dimostrato un fallimento.

Mia madre invece era la statua della compostezza,niente lacrime versate, niente tentativi di nasconderci la cosa o di farci sentire meno male.

Noi eravamo i figli del carcerato ma, mentre la gente ci faceva il vuoto attorno, lei faceva i suoi piani.

Ha chiesto il divorzio, ha fatto in modo di trovare lavoro qui e si è trascinata dietro noi, senza chiederci niente.

Ci ha avvisato giusto una settimana di partire, che ci avrebbe buttato all’aria la vita di nuovo.

Andre si è adattato bene, ma lui è piccolo ed è ancora abbastanza ingenuo per vivere questo trasferimento come se fosse un’avventura, io e Luca un po’  meno.

Noi dopotutto in Sicilia avevamo i nostri amici, la nostra vita, suppongo che questo fosse un elemento ininfluente nei suoi piani.

Siamo arrivati qui e lei ha iniziato la sua bella vita, facendo credere a tutti che mio padre fosse morto.

La vedova allegra, sarebbe comico, ma chissà perché mi viene da piangere.

Questa è la mia vita, questa è la mia famiglia.

Sei contento adesso?

Ho appagato la tua curiosità?”

Gli ho vomitato addosso tutta la mia rabbia e la mia vita schifosa, ma sento solo silenzio, sarà sicuramente scappato come tutti.

Sto per alzare il viso per vedere se ci sia ancora o meno, quando mi sento abbracciare.

Non ci credo.

Non è possibile.

Non è scappato e io ancora non ci credo.

Sono paralizzata in un abbraccio inaspettato, a cui non riesco a sottrarmi, perché ci sono delle volte in cui nemmeno il mio orgoglio riesce a tenermi in piedi, lasciando uscire mio bisogno di appoggiarmi a qualcuno.

È in momenti come questi che mi sento debole, come se fossi un cane che ha bisogno di un paio di carezze distratte per stare bene e io odio sentirmi così.

È come se non fossi me stessa, ma devo ammettere che in questo momento sto bene.

Lo spintono via a fatica, lo guardo negli occhi battagliera, sono già pronta a mandarlo al diavolo, certa che ci troverò compatimento o derisione, ma ancora una volta mi sbaglio.

Non vuole prendermi per il culo, non adesso almeno.

Quello che leggo adesso nei suoi occhi è dispiacere e una scintilla di comprensione, come se capisse quello che ho provato.

Io…bhe….ecco. ti capisco.

Cioè i miei hanno divorziato, non è stato così…

Ma ci siamo stati male lo stesso…Insomma….eh …eh.”

È una frana con le parole, ma apprezzo la buona volontà e mi scappa un sorriso, che nascondo subito,l’imbarazzo ha preso il sopravvento su di me e sto arrossendo.

Alza un sopracciglio perplesso, io vorrei sotterrarmi insieme al mio orgoglio, visto che quello che sto per chiedergli, nella speranza che non mi prenda in giro.

Senti…n-non è che potresti..’”

Balbetto e gesticolo imbarazzata, ma qualcuno lassù ha pietà di me, visto che lui mi riabbraccia senza dire nulla.

Se qualcuno mi vedesse ora stenterebbe a riconoscere la solita Francesca, quella dura e cinica, nella ragazza di adesso, quella che è praticamente ceduta nelle sue braccia come un patetico burattino a cui hanno tagliato i figli.

Se solo fosse possibile piangerei, ma dai miei occhi non esce una lacrima come al solito, sono qui a farmi cullare con la faccia assente delle bambole di pezza.

[Vorrei Piangere Senza Fingere Che Sia Facile Per Me(***) ]
All’improvviso sento qualcosa che bagnarmi le guance, dopotutto ho pianto, solo per questa sera ho sotterrato l’ascia di guerra, ovviamente domani negherò di averlo fatto.

Stasera però va bene così.

Non so quanto tempo rimango su questa terrazza deserta a inondare la felpa di questo povero cristo, che  si limita ad accarezzarmi la testa e a stare zitto, non potendo fare altro.

Domani dovrò ringraziarlo.

Buffo.

C’è un atmosfera sospesa, fuori dal tempo, non siamo i  soliti noi stessi, quelli che si prendono a male parole ogni volta che si vedono.

Ironicamente stasera siamo altro.

È quasi una magia, rotta dalla porta che sbatte con violenza.

Rotta da mia madre.

 

Quando l’aveva seguita non si sarebbe aspettato che finisse così, avrebbe preferito il solito ed abusato copione delle urla che si beccava quando tentava di indagare un po’ di più sulla vita di quella stramba ragazza, in un certo senso era rassicurante.

Non era pronto per una confessione e decisamente non sapeva cosa fare, ma alla fine doveva supporre di essersela cavata in modo accettabile, se lei era rannicchiata tra le sue braccia a piangere.

Era una cosa incredibile, che sconvolgeva parecchio l’idea mentale che si era fatto di lei.

Credeva che fosse una dura e lo era, ma era anche fragile.

Troppo fragile.

Non credeva potesse avere una storia del genere alle spalle, avrebbe voluto insultare la donna che l’aveva trattata così, chiamarla madre era troppo a suo parere, che stava incensando suo fratello al piano di sotto.

Ipocrita.

Mentre le accarezzava piano i capelli si chiese se quella sera avrebbe cambiato qualcosa tra loro o avrebbero continuato a farsi la guerra,ma poi concluse che per il momento non aveva nessuna importanza.

Al momento andava tutto andava bene così, ne più ne meno.

Domani si sarebbe preoccupato di come trattare Francesca Girardi e di fare i conti con le sue rivelazioni, ora bastava che lei si sfogasse, probabilmente erano secoli che non lo faceva.

Strana.

Era una ragazza, nessuno l’avrebbe biasimata se avesse pianto, ma lei era una di  quelle orgogliose e lo sapeva.

Strana due volte.

All’improvviso la porta si spalancò e la madre della ragazza fece irruzione seguita da Bill che tentava di trattenerla, era fuori di sé.

Si mise a urlare qualcosa in italiano, non sapeva cosa, forse era un semplice “Che cosa stai facendo?” forse erano insulti, ma questo bastò a far irrigidire Francesca.

Era diventata un pezzo di legno tra le sue braccia, istintivamente la strinse più forte  a sé.

Cosa voleva quella donna?

Perché si avvicinava?

Soprattutto perché lei aveva paura?

“Molla quella puttana di mia figlia!”

“Cosa?”

“Ti ho detto di mollarla!

Francesca! Ti ordino di venire con me!

Sei sempre la solita, non fai che intralciarmi!”

La ragazzina iniziò a tremare impercettibilmente mentre la donna alzava una mano per afferrarla e trascinarla via, ma lui fu più svelto di lei e le afferrò un polso.

“La smetta.

Non alzi una dito su di lei o la denuncio.

So cosa ha fatto a Francesca.”

Non lo sapeva, ma i bluff avevano un’alta probabilità di funzionare.

“Non dovresti credere a quello che ti dice, è pazza!”

“La smetta o chiamo la polizia!”

La donna si allontanò furiosa urlando che se ne sarebbe pentito.

Lui credeva di no.

“Tom che cazzo facciamo adesso?”

Questo era suo fratello con gli occhi spiritati, in ansia come l’aveva visto poche volte nella sua vita.

“Cosa vuoi che facciamo?

Non possiamo farla tornare a casa da quella, la ammazzerebbe!

Lei viene via con noi”

Il fratello fece una smorfia.

“Vado a vedere se almeno ci danno le sue cose!”

“Fermati, cretino! BIIILL!”

Non lo ascoltò, sperò non si facesse male, adesso doveva badare a Francesca.

La staccò da se, era pallida, con gli occhi assenti.

Cazzo.

La scosse un paio di volte, ma non successe nulla.

“Fra! Hai sentito quello che ho detto a Bill?”

“Lei è andata via?”

Sussurrò con una vocina da bambina, era ovvio che non avesse ascoltato niente di quello che aveva detto e forse non si era nemmeno resa conto di cosa fosse accaduto dopo che la madre era arrivata, le sorrise per rassicurarla.

“Si, adesso ci sono io.”

Si ributtò tra le sue braccia, completamente partita per un mondo tutto suo.

La porto in braccio all’entrata del condominio, poco dopo arrivò suo fratello, fortunatamente tutto intero(spiegare al manager le circostanze della sua sparizione sarebbe stato terribile), si fermò davanti a lui e alla ragazza e le accarezzò la testa.

“Mi dispiace!Io non volevo che succedesse questo.”

“Non può sentirti.”

Lo guardò dritto negli occhi.

“Bravo Tomi.”

Arrossì, suo fratello sorrise sornione.

 

Mi sveglio in un letto che non è il mio, in una stanza che non è la mia, in una che evidentemente non deve essere casa mia.

Ho cambiato vita senza rendermene conto?

Sono morta?

No, non esiste un Dio così pietoso da esaudire preghiere del genere, deve  esserci un’altra spiegazione, che al momento mi sfugge.

Se solo non avessi quel dannato buco di memoria, che mi colpisce ogni volta che mia madre va fuori di testa, lo saprei, ma al momento non lo so.

Mi guardo intorno, è una stanza vagamente disordinata, di quel caos tenuto sotto controllo da una madre che ti rifà spesso la camera, piena di poster di cantanti hip hop o rapper, con una chitarra in un angolo.

Sono intorpidita, non riesco a ragionare rapidamente come vorrei, questi elementi mi dicono qualcosa, ma non riesco a capire cosa.

Come per svelare il mistero di chi sia il proprietario la porta si apre, rivelando un sollevato Bill che si illumina non appena mi vede sveglia e apparentemente cosciente, io invece  involontariamente sobbalzo quando lo vedo.

È il mio istinto o i miei nervi, non lo so, so solo che lui si blocca in mezzo alla stanza.

“Dai vieni.”

Gli faccio segno di sedersi su quello che deve essere il letto di suo fratello, lui si avvicina piano, come se temesse di farmi male.

Mamma deve avere fatto uno dei suoi show con me come coprotagonista, uno di quelli che risultano traumatizzanti ad occhi estranei.

“Mi avete portato a casa vostra?”

Annuisce mentre si siede e mi guarda negli occhi, per cercare di capire come sto, ma io lo abbraccio di slancio, cogliendolo di sorpresa.

“Grazie, grazie per tutto!”

“Tu non ti ricordi quello che è successo, vero?”

“Si, spesso quando succedono queste cose io le….rimuovo.

Come fai a saperlo?”

Mi scosta dolcemente e mi sorride.

“Se te lo ricordassi ringrazieresti Tom non me.”

Tom?

Sono sorpresa, ma dei brevi flashback mi colpiscono come scosse, ero con lui in terrazza e gli ho detto tutto .

Merda.

I ricordi proseguono, vedo arrivare mia madre che urla e lui che mi stringe più forte, poi di nuovo c’è solo il buio.

Mi prendo la testa tra le mani, ci pensa Bill a disincastrami e a riabbracciarmi, forse gli faccio pietà, ma al momento la cosa ha poca importanza.

Ho paura, sento che quello che è successo non sarà privo di conseguenze a casa mia.

“Io non riesco a ricordarmi tutto!”

Sbotto frustrata, lui non sa cosa dire.

“Non adesso almeno, poi riapparirà tutto nei miei incubi, credo.”

“Mi dispiace.”

“Non puoi farci niente.

La vita è fatta a scale, c’è chi scende e c’è chi sale(****).

IO scendo, tu sali.

Punto.”

Una smorfia deturpa il suo viso, quella di chi non capisce il mio cinismo misto a rassegnazione, tuttavia decide di soprassedere e mi tira in piedi.

“Andiamo a mangiare.

Cucina mio fratello, così magari lo ringrazi e fate pace.”

“è dalla merda che nascono i fiori.”

Alza un sopracciglio, non può sapere cosa significhi questa frase di De Andre detta in italiano, ma io gli faccio cenno di non preoccuparsi.

“Sei strana….”

“è una delle mie caratteristiche migliori.”

Scendiamo le scale insieme, lui si dirige verso il mobile in cui ci sono tovaglie e tovaglioli , lo aiuterei volentieri se non fosse per il deciso segno di diniego che mi rivolge.

Senza tante cerimonie mi spintona in cucina, mi verrebbe da ridere se non fosse che questi due si stanno prendendo cura di me e sarebbe scortese offenderli.

Scuoto la testa, mi massaggio un braccio.

Lui è in cucina con addosso un vecchio grembiule a fiori, presumibilmente di sua madre, ridicolo come non mai  e se non fosse che questa serata non è una serata normale, avrei finalmente il Pretesto per prenderlo in giro a vita.

La sorte ha un’ironia che noi comuni mortali non possiamo capire .

Mi appoggio allo stipite, momentaneamente senza parole, senza riuscire del tutto a seppellire il mio orgoglio o ad abbassare le mie difese, sebbene sappia che arrivati  a questo punto ormai sarebbe inutile continuare a fare la dura.

Ormai sa tutto, purtroppo.

Si volta e mi vede.

“Ehi! Stai meglio?”

“Si, bhe abbastanza…

C’è una pausa di silenzio interminabile.

“Sei arrivata in tempo, è pronto.”

“Bene e….una cosa….

Grazie, per tutto.

Dopotutto dovrò ricredermi sul tuo conto…

Hai l’anima da eroe…

“Non ti preoccupare.

Non c’è bisogno che mi ringrazi, stai diventando sentimentale!”

“Stiamo diventando sentimentali.

Credi che non abbia visto l’accenno di sorriso che hai nascosto non appena ti ho ringraziato?”

“Sei sempre la solita.”

Sbuffa a metà tra il divertito e lo scocciato, ma questa frase suona come un “Bentornata” alle mie orecchie.

Scappo in sala,Tom poco dopo arriva con un piatto di pasta, su cui mi butto con voracità, li vedo sorridersi con la coda dell’occhio.

La situazione è alquanto surreale, io che mangio come uno di ritorno dal Sahara, loro svaccati a guardare la tv, litigando sul programma da vedere,come se fosse normale avermi tra i piedi o ci conoscessimo da una vita.

“Vero che sono un genio in cucina, Girardi?”

“La pasta è buona dopotutto…

“Dopotutto? Bhe potresti darmi lezioni, no?”

Si lecca il piercing che ha al labbro e ammicca con aria sa seduttore in erba, mentre Bill si schiaffa la mano in faccia.

“No, potresti ritrovarti con un’altra impronta della mia mano.”

“Ci avrei giurato.”

Sparecchio e sto per lavare i piatti, ma Bill mi blocca.

“Sei ospite, qui.”

“Grazie, ma…

“Niente ma! Vuoi andare a letto? Farti una doccia?”

“Se non disturbo doccia e poi a nanna…

Mi guardo i piedi, lui mi trascina davanti al bagno di casa sua, mi schiaffa in mano delle salviette pulite, dei vestiti e sogghigna.

“Fa come se fossi a casa tua…

Ah dormirai nella camera di Tom, ha il doppio letto.”

“Oddio.”

Entro in bagno in stato di shock, mi ficco sotto la doccia.

Lascio che l’acqua che mi scorre addosso mi rilassi, ne ho bisogno dopo tutto quello che mi è successo.

Hanno scoperto la mia famiglia nel peggiore dei modi, se potessi tornare indietro….

“indietro non si torna Fra…Affronta tutto.”

Esco, mi asciugo, mi vesto ed esco.

La televisione al piano di sotto trasmette della musica hip hop, a passo malfermo mi dirigo nella camera in cui dormirò.

“Quale sarà il mio letto?”

“Quello a destra sotto la finestra.”

Mi giro di scatto, il rasta mi guarda serio.

“Stai bene?”

“Non lo so, ma intanto grazie.

Davvero.

Sono poche le persone che si sono preoccupate per me.”

“capisco, per quello che può servire comprendo una piccola parte di quello che provi.”

Mi avvicino a lui senza dire una parola e gli do un bacio a fior di labbra, che lo lascia a occhi spalancati.

“è un grazie speciale da parte mia.”

Sorride e mi riattira se e questa volta ci scambiamo un bacio più profondo.

“Era un prego?”

“Era quello che vuoi tu, Nana.”

Mi da un bacio sulla fronte e mi lascia lì, perplessa e sorridente come un’idiota.

“Chi lo capisce è bravo…Vabbhe adesso è il momento di dormire…

Scuotendo la testa mi metto a letto, penserò domani a quello che è successo, adesso lascio solo che la stanchezza mi trascini in un sonno agitato.

 

Era la serata delle stranezze, se lo disse mentre si rigirava nel letto senza riuscire a prendere sonno, aveva baciato quella nanerottola acida di Francesca Girardi e la cosa assurda era  che gli era piaciuto.

Oh mio Dio.

La sentì agitarsi nel letto accanto al suo, mormorare qualcosa nel sonno e poi urlare, fino a che non si svegliò di colpo, spalancando gli occhi, ansimante, mentre lui era già a pronto ad alzarsi e scuoterla.

“Cosa succede?”

“Un in-incubo…

Succede a volte dopo…

“Cosa fai quando sei a casa?”

“Di solito arriva Luca a calmarmi e finiamo per dormire insieme.”

Senza dire una parola si alzò e si sedette sul suo letto, lei arretrò fino alla parete spaventata.

“Cosa vuoi fare?”

Bhe ecco, pensavo che se vuoi posso dormire io con te.”

“Ci vuoi provare ancora?”

Alzò le mani in segno di resa, l’aveva spaventata.

“No, te lo giuro.

Ti fidi di me?”

“Dovrei?”

“è perché tua madre ti picchia vero?

È per anche per questo che erigi muri tra te e gli altri?

Lo so che non mi sono sempre comportato bene con te, ma questa volta non ho cattive intenzioni, ti fidi?”

Lo guardò dritto negli occhi a lungo, nella stanza c’era un silenzio sospeso, sentiva tutti i rumori della casa, tutti gli scricchiolii e i borbottii nel sonno di suo fratello che dormiva nella stanza accanto.

“Tuo fratello parla nel sonno…

“non sta mai zitto…

“Si, mi fido di te.”

Gli permise di stendersi sul letto, lei si lasciò cadere e si portò verso il muro, il più lontano possibile da lui, per quanto lo consentisse lo spazio esiguo.

“Mi dispiace che abbiate visto mia madre comportarsi così.”

“A me dispiace che lei si comporti così, ti picchia?”

Abbassò gli occhi.

“A volte.”

La attirò a se e la abbracciò.

“Avevi detto che non ci avresti provato!”

“Posso provare a consolarti?”

“sei strano tu, sei tanto stronzo e poi ti metti a fare il dolce…

“si potrebbe dire la stessa cosa di te.”

Sbuffò ma non si mosse, al contrario si accoccolò meglio, lui sorrise impercettibilmente e la accarezzò.

Rimasero in silenzio per un po’.

“Grazie.”

Mormorò insonnolita.

“Per cosa?”

“Per avermi difesa da mia madre, nell’incubo me ne sono ricordata.”

“Di niente Fay..”

La senti irrigidirsi.

“Non ti piace?”

No…è che era il nomignolo che mi dava mio padre….”

“Non lo sapevo.”

“Non fa niente, se ti piace usalo, ma non davanti a tutti.

Grazie lo stesso in ogni caso.”

Sorrise ormai mezz’addormentata

“Prego.”

Mugugnò lui anche lui quasi tra le braccia di Morfeo.

Quando la mattina dopo Bill fece irruzione nella camera del fratello per sbrandarlo visto il compito di inglese che avevano quel giorno, strabuzzò gli occhi e sentì la sua mascella cedere.

Lui e Francesca dormivano abbracciati, decise di non svegliarli, era uno spettacolo insolito vederli in pace(Cosa diavolo avevano combinato quella notte? Sussurrò una voce maliziosa nella sua mente), considerò per un attimo l’ipotesi di fotografarli.

Era tentato, parecchio tentato, ma decise di lasciare perdere.

Quel giorno poteva andarsene al diavolo il compito di inglese, era più importante che quei due avessero fatto pace e che lei stesse bene.

A passi piccoli arretrò verso la porta e se la chiuse delicatamente alle spalle.

Era la giornata dei miracoli se lo sentiva e quel giorno avrebbe preso un bel voto in inglese, anche senza Fra o suo fratello.

 

ANGOLO DI LAYLA

 

(*)*In bianco e nero” Carmen Consoli

(**)*Stay together for the kids” Blink 182

(***)”Viola” Shandon

(****)è una strofa di “La pace sul pianeta”di PornoRiviste

 

Ed ecco il sesto, anche se sapevo di doverlo scrivere, non credevo che l’avrei scritto così >////

Spero non sia troppo diabetico.

Alla prossima.

Ringrazio per i commenti:

 

Hana Turner

 

Black Down TH

 

_ Pulse _

 

Lady Cassandra

 

Blue Soul 95

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** 7)Su Come Tutte Le Cose Belle Finiscano ***


7) SU COME TUTTE LE COSE BELLE FINISCANO

 

E poi restare sola
intorno agli occhi della gente
e innamorarsi sempre
di chi non ha capito

 

Quella sera mi ero chiesta spesso se qualcosa sarebbe cambiato nel nostro rapporto, non trovando una risposta e avevo avuto la sensazione che qualcosa a casa mia sarebbe stato diverso .

Sono passati due giorni e ora mi è tutto chiaro, cristallino come un cielo dopo essere stato spazzato dalla bora, il “rapporto” tra me e Tom è cessato.

Non riusciamo più a insultarci, ma nemmeno a parlare, meraviglioso, vero?

In quanto alla situazione a casa mia, mia madre mi tratta peggio di prima, mi critica per  ogni cosa e ogni occasione è buona per riversare il mio astio su di me,

Pesante, ma ordinaria amministrazione.

Lo straordinario sono Bill e Alì, che sono più curiosi di due bertucce, soprattutto Alì, dopo che la pertica ha avuto la pessima idea di raccontargli che ha beccato me e suo fratello abbracciati a letto.

Sinceramente?

Non mi va di dare spiegazioni, anche perché non so cosa dire visto come si è evoluta la situazione.

“Frankie!!! Mi vuoi dire cosa è successo?”

Bill torna alla carica in questo intervallo, dove siamo nascosti come clandestini in un angolo io  a fumare e lui a tormentare me.

“Niente.”

Ma….”

“Niente Ma… Qualunque cosa fosse si è dissolta, Tom non mi parla più!”

“Allora lo hai sconvolto!”

Lo guardo dubbiosa, dubito che possa bastare una notte a far addormentare  una povera ragazza difficile, per farlo andare fuori di testa.

“Dammi retta, lo conosco.

Sono suo fratello!”

“E allora spiegami perché non mi parla!”

Do un lungo tiro alla mia sigaretta, poi sento qualcuno che me la sfila dalla bocca.

Butto fuori il fumo irritata e fulmino con un’occhiata l’autore di quel gesto.

“Bill! Chiedere prima no, eh?

Ti fa  male, tra l’altro!”

“Anche a te, cara!”

“Io non ho una carriera da cantante che può andare a farsi fottere!”

“E io non ho bisogno di una baby sitter, ho già una madre, un patrigno e un manager!”

“Scusa se mi preoccupo per te!

E in ogni caso mister”IoVoglioEssereLibero” non mi hai risposto!”

“Tu perché non gli parli?”

Alzo gli occhi al cielo, cosa posso dirgli?

Perché mi vergogno di avergli raccontato tutto, perché è peggio che mi abbia vista nuda?

Perché il fatto che mi eviti mi ferisce e mi fa sentire rifiutata?

“Perché mi vergogno.”

“Anche lui.”

“Grande.:.

Si vergogna di me.”

“No , non hai capito.”

Non lo lascio parlare, ho avuto la conferma che anche lui è come tutti gi altri, uno dei tanti che sono fuggiti non appena hanno saputo la verità, solo che lui ha avuto il pessimo gusto di illudermi con una finta comprensione.

Vorrei piangere, ma sarebbe sprecato per uno come lui, così me ne vado, ignorando Bill che mi richiama indietro.

Sono abituata alle delusioni eppure fa male ogni volta e non ho nemmeno voglia di tornare in classe dopo questo intervallo rivelatore, così mi metto a girovagare per i corridoi.

Non credo che a qualcuno verrà in mente di cercarmi…

Lo vedo nei corridoi, quello che non vorrei vedere.

“Ciao.”

Guarda per terra.

“Ciao.”

Se ne va, che conversazione fulminante…

“Perché fai così?”

Mormoro cercando di non farmi sentire.

“Così come?”

“Evitandomi, come se quel che ti ho detto mi avesse messo addosso un marchio!”

“Non è vero!”

“Sono due giorni che mi giri al largo!”

Io…

“Non la trovi una risposta!

Credi che non me ne sia accorta?

Sei solo uno stronzo come tutti!”

“Cosa vuoi da me?”

“Niente. Hai ragione.

Me ne vado.”

Lo mollo lì in mezzo al corridoio, stupito.

Idiota!

 

“Tom Kaulitz! Sei un idiota!”

La voce di suo fratello gli risultò fastidiosa come lo stridio delle unghie sulla lavagna, non bastava il suo senso di colpa.

No.

Dio aveva pensato bene di appioppargli anche il biasimo di suo fratello, che lo veniva a pungolare dopo una sessione di prove non proprio esaltante.

Tutti sembravano avercela con lui, a partire da suo fratello che l’aveva evitato per tutto il pomeriggio, immerso in una nuvola di malumore e dai suoi amici che lo avevano praticamente trucidato a forza di occhiate assassine.

“Quando devi dire cazzate, riesci a parlare…

Ci riesci benissimo…Com’è che per le cose più serie hai problemi?”

“Ho solo litigato con Girardi, non sarà la prima  ne l’ultima volta che succede!”

Il suo tenero, adorabile fratellino lo stordì con una botta sulla nuca.

“Ma ce la fai?

Ti rendi conto delle circostanze?

All’improvviso ti metti a fare l’eroe e poi la ignori.

Ti sembra un comportamento logico?”

 “Cosa dovevo fare? Lasciarla nelle grinfie di sua madre?”

“Ti sfugge il concetto!”

“Illuminami o sommo Bill!”

“Poca ironia con me, mononeurone!”

“EHI!”

“Te lo meriti, Tom!”

“Georg non dargli corda!”

“Si Georg, Non dare corda a Bill, dalla a Tom così ci si impicca e forse raggiungendo la sapienza degli spiriti realizza cosa ha combinato!”

Guardò Gustav a occhi spalancati, il taciturno Gustav, il comprensivo Gustav.

“Cosa ho combinato?

Me lo spiegate, si o no?”

“L’hai ignorata dopo che ti ha raccontato tutta la sua vita.

L’hai resa fragile e poi l’hai ferita con il tuo silenzio, ecco cosa hai fatto!”

Spiegò succintamente Gustav puntandogli addosso una bacchetta.

“Andiamo è di Girardi che si parla, non di una ragazzina frignona.

È una tosta lei.”

Suo fratello si schiaffò una mano in faccia, Gustav sbuffò sonoramente.

“Tu non capisci!

Ti ha raccontato quello che considera il suo segreto, ti ha mostrato quello che teme possa far allontanare gli altri da lei, quello che non ha mi detto ad altre persone.

Ha avuto fiducia in te e tu cosa hai fatto?

Prima fai l’eroe,il tenero, quello che la consola.

E dopo?

La molli come una scarpa vecchia,come se ti facesse schifo e lo so che lo fai perché ti vergogni di aver fatto il dolce con lei, ma lei questo non l’ha capito.

In pochi lo capirebbero, forse solo io che sono tuo fratello, come ha detto Gus l’hai ferita quando era più fragile.”

Ora iniziava a vedere le cose dalla giusta prospettiva, aveva sbagliato ad agire così, il che significava scusarsi con lei, praticamente era chiedere un miracolo.

“Devo scusarmi con lei, dite?”

“Non lo diciamo solo noi, lo dice anche la tua coscienza, quindi alza il telefono e chiamala oppure parlale domani a scuola!”

“Ma io…Non so come dirglielo!”

“Prova con la bocca!”

“Siate seri, cazzo! E se si arrabbia?”

“Non ti arrampicare sugli specchi!

Affronta le conseguenza delle tue azioni!”

Sospirò,suo fratello aveva ragione, non poteva scantonare, tanto valeva farlo subito.

“Va bene, la chiamo.”

Stava per prendere il suo cellulare quando quello di Bill si mise a suonare e decise di aspettare che rispondesse alla chiamata, stava temporeggiando.

“Pronto?”

“Ciao Bill, sono Alì…

Il moro mise in vivavoce.

Tu sai dove possa essere  Fra?”

“No. Perché?”

“Dovevamo vederci e non è venuta.

Sono preoccupato.”

“Perché?”

“Perché da quando ha dormito a casa vostra, diciamo che sua madre le fa la guerra peggio di prima.”

“Quindi?”

Il rasta strappò il cellulare dalle mani di suo fratello.

“Di quanto è in ritardo?”

“Un’ora…”

“Ti daremo una mano a cercarla.”

Si fece spiegare dove dovevano vedersi e poi chiuse la chiamata.

“Ma come faremo?

Ci riconosceranno!!”

“Ci travestiremo.”

“è solo un ritardo!”

Il moro e gli altri due ragazzi non capivano perché Tom e Alì si agitassero tanto, era normale o quasi che le ragazze arrivassero in ritardo, non sapevano che la madre di Fra la picchiasse, era l’unico dettaglio che lei aveva omesso quando aveva raccontato della conversazione sul terrazzo.

“Sua madre la picchia.”

Suo fratello lo guardò sconvolto.

“Tom esageri, quando vi ha visti insieme ha reagito male, ma aveva frainteso il vostro atteggiamento.

Per un attimo mi sono chiesto anch’io cosa steste facendo.”

“Ti chiedi  troppe cose, fratello e in ogni caso me l’ha raccontato lei e penso che di lei ci si possa fidare no?”

Bill sgranò ancor di più gli occhi, poi lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori dalla sala prove, gli altri due lo seguirono.

“Muoviti!

Ho un brutto presentimento.”

Lui si fidava dei brutti presentimenti di suo fratello, troppo spesso si rivelavano corretti.

 

Questa sera c’è una strana atmosfera a casa mia, tesa eppure apparentemente calma, come quella che precede i temporali in cui senza troppo rumore le forze distruttrici si preparano a colpire.

È qualcosa di palpabile che si espande per tutta la casa e che persino i miei fratelli riescono a percepire.

“Stai attenta.”

È’il sussurro di Luca.

Starò attenta, ma a cosa?

“Luca, Andrea oggi andrete a giocare dai cugini di Alì, vi accompagno.

Tu sparecchia la tavola.”

I cugini di Alì abitano sotto di noi e mia madre li ha sempre odiati, un brivido freddo mi corre lungo la schiena, ma cerco di calmarmi, devo resistere ancora mezz’oretta e poi andrò a fare un giro con il mio amico.

Calma.

Inizio a togliere i resti della cena dal tavolo, pochi minuti e lei tornerà e per la prima volta ho paura di rimanere sola con lei in questa stanza, da quella sera è come se qualcosa nell’equilibrio di questa casa si fosse rotto.

Nessuno aveva mai contraddetto mia madre o si era decisamente opposto a una sua azione, forse sente che il suo regime dispotico è  in pericolo.

Non lo so, quello che so è che ho paura.

Le bottiglie sono in frigo, posate e tazzine sono sul lavandino, ordinatamente impilate, pronte per essere lavate.

Ho portato in cucina quasi tutto tranne i bicchieri, così mi avvio a prenderli.

Mezz’ora e me ne andrò, è questo il ritornello che mi girà in testa come un mantra rassicurante, che fallisce miseramente il suo lavoro.

Ho i bicchieri in mano quando si apre la porta, non ho il tempo di impedire che uno spasmo involontario me li faccia sfuggire di mano, che già sono per terra accompagnati da un tintinnio amplificato che esplode come una bomba nell’appartamento silenzioso.

Vorrei scusarmi, dire che non ho fatto apposta, ma come quando ero piccola lei non me ne dà il tempo.

“Sei sempre la solitaimbranata, non cambierai mai, Francesca.

Quante volte ti dovrò ripetere la stessa lezione?”

Si avvicina minacciosa, con negli occhi quella luce che conosco bene e che mi fa paura.

Sta per arrivare

[Hey sister do you know what time it was
when you finally seen all your broken dreams come crashing down your door
they demand an answer and they demand it quick
or the questions fade and the wasted days come crawling back for more(*) ]
Alzo la mani per proteggere il volto appena in tempo, la prima scarica di pugni mi piega in due.

È furba mia madre, non mi picchia mai in faccia, dove gli altri possono  vedere i lividi, ma sempre sulle braccia, sulle gambe o sulla pancia, dove la scusa del “ho urtato un mobile” è comoda sia per me che per chi chiede il perché dei lividi.

Non potrei mai dire che è mia madre a picchiarmi, anche se è vero e fa male.

Mi rannicchio per terra, un dolore si allarga all’altezza dello stomaco, credo mi abbia rifilato un calcio per completare l’opera e sfogarsi per bene, gli insulti che ha vomitato non le sono bastati...

Stronza.

Sento la porta sbattere, se ne è andata, forse in qualche bar a bere o a lamentarsi della figlia ribelle.

Che vada a farsi fottere.

Rimango un bel po’ sdraiata a terra, ad ascoltare la tv dei miei vicini, i loro litigi e le loro smancerie  da famiglia normale, senza accorgermi che sto piangendo.

La odio.

Mi alzo dolorante, mi medico a qualche modo, mi cambio ed esco di casa.

La prima cosa che faccio è accendermi una sigaretta, la seconda è tirare un calcio ad una lattina con tutta la rabbia che ho in corpo, vorrei che quel pezzo insulso di alluminio fosse la testa di mia madre.

Sento un rumore sordo, la lattina deve avere urtato contro qualcosa o qualcuno, forse contro la figura poco illuminata dai lampioni che avanza verso di me.

È un ragazzo sui venticinque anni con la cresta e l’aria da punk, deglutisco.

“Scusa.”

Mormoro a bassa voce, lui ride.

“Arrabbiata bambina?”

“Abbastanza!”

“Un bel visino come il tuo dovrebbe solo sorridere.”

Mi alza il volto con una mano, che io allontano scocciata ed indifferente al fatto che potrei ricevere un’altra dose di botte.

“Uno: cosa ne sai tu della mia vita?

Due: non toccarmi.”

Calmina, piccola.

Ho io qualcosa per te.”

Mi allunga una pasticca.

È un pusher,accidenti.

“Non uso quella roba.”

“Provala!”

Mi prende una mano, ci appoggia quella merda chimica sopra , la chiude e sogghigna.

Mi sta a sfidando, se la rifiutassi le prenderei di nuovo e io ne ho abbastanza di essere trattata come un punch ball, così la metto in tasca, la butterò via nel primo cassonetto.

“Brava bambina, questa è omaggio.

Alla prossima.”

Non ci contare, bello.

“Ciao!”

Se ne va ridacchiando, io mi avvio verso l’appuntamento con Alì, ma quella pasticca mi pesa in tasca, è come se scottasse.

Non ho mai cercato di consolarmi nella droga, nemmeno in Sicilia quando sapevo chi contattare per avere il mio bel pezzo di fumo, l’ho sempre considerata una debolezza, un’altra schiavitù e io mi sentivo già abbastanza incatenata di mio.

Questo è quello che ho sempre pensato, ma stasera è diverso….

Stasera esito, piena di dubbi davanti a un cassonetto.

C’è una parte di me che mi urla di buttarla via senza esitare, ricordandomi tutte  le persone che si sono bruciate la vita con la droga e l’altra mi chiede impietosamente se valga la pena che io la conservi intatta la mia di vita.

Ma che vita ho io?

Un padre in carcere che  è stato cancellato dalla mia vita, una madre che mi picchia quando è storta e che se fosse dipeso da lei non mi avrebbe nemmeno partorito, due fratelli che dopotutto possono tirare avanti senza di me e degli amici con una vita da star famose che sono solo di passaggio nella mia vita.

È poco, troppo poco stasera.

Sospiro.

Mi pesa anche l’ultimo fallimento, quello di credere di aver trovato qualcuno che mi avesse ascoltato quando invece era solo l’ennesimo ipocrita.

La inghiotto, sentendomi una perdente priva di carattere.

Chiedo perdono, ma al momento non ho la forza di comportarmi come si dovrebbe fare, anche se questo significa farmi del male.

[She wants to go home, but nobody's home.
I's where she lies, broken inside.
With no place to go, no place to go to dry her eyes.
Broken inside.(**)]

Mi dirigo verso il luogo dove ho appuntamento con Alì senza sentire nessun effetto particolare,almeno per  primi dieci minuti.

Non faccio in tempo ad uscire dal quartiere che le cose iniziano a cambiare senza che io possa controllare nulla,hanno colori e forme diversi dal solito e lentamente un’ansia indefinita sale.

Guardo le facce delle persone, hanno perso i loro lineamenti in favore di quelli di animali, ratti, lucertole, mosche.

Ho paura.

Inizio a tremare, vagamente consapevole che gli altri mi reputeranno sotto allucinazioni, senza poterne fare a meno.

Vorrei che tutto questo finisse adesso.

Vorrei non avere mai preso quella maledetta pasticca.

Perché l’ho fatto?

Perché?

Mi prendo la testa tra le mani, come se questo gesto potesse proteggermi da quello che c’è dentro la mia testa e che ora sto proiettando nel mondo esterno.

Aiuto.

Sento delle persone che si avvicinano, sono un branco di facce di ratto e non voglio parlare con loro, mi fanno paura.

“Stai bene ragazzina?”

Ha una voce roca, ma in modo sgradevole.

“Si.”

Mi allontano di corsa, sperando che non mi seguano, dove posso andare?

Arrivo in un vicolo senza fiato dopo aver fatto pochi metri di corsa, inoltre la testa inizia a girarmi.

Merda oh merda!

Mi accascio per terra di nuovo con le mani sopra la testa, mentre tutto inizia a farsi sfuocato.

Cosa cazzo ho fatto?

La risposta a questa domanda non arriva, arriva solo un buio spesso e denso che mi trascina con se.

Sola.

[It's a wounded dove and the hawks are above
blood splattered on a reel to reel and I said
I was almost over my world was almost gone(*) ]

Sembrava sparita nel nulla, Alì e Bill erano disperati, suo fratello in particolare iniziava  sragionare in preda al delirio d’ansia.

“E se non la trovassimo Tom?

E se fosse scappata di casa?”

“Stai calmo! Così non ci aiuti!”

“Sei un insensibile!”

Tom riteneva l’accusa eccessiva, visto che cercava solo di essere razionale, ma decise di lasciar perdere, Bill era evidentemente sconvolto.

Erano arrivati al quartiere di Alì e Francesca, stava per dire che sarebbe stato meglio tornare indietro quando sentì due anziani parlare e si fermò ad origliare.

Parlavano di una ragazzina dai capelli neri in stato confusionale che si aggirava per le strade e che si era infilata da un bel po’ in un vicolo non troppo lontano.

Poteva essere Francesca?

Rimase fermo in mezzo al marciapiede, indeciso se controllare o meno.

-Bhe se fosse lei la ritroveresti e se non fosse lei, sarebbero solo cinque minuti per guardare in un vicolo!-

Corse verso il vicolo in questione, sordo ai richiami di Alì che gli urlava di stare attento e che avrebbe potuto essere pericoloso, non gli importava molto al momento, si sentiva responsabile di quello che era successo.

La trovò svenuta accanto a dei bidoni della spazzatura, si precipitò da lei e provò a scuoterla.

“Fra?”

Nessuna risposta.

Ragazziii!!! L’ho trovata!”

La scosse ancora.

“Che cazzo hai combinato eh, Nana?”

Arrivarono gli altri, provarono ancora a svegliarla, poi finalmente Gustav si decise a chiamare un’ambulanza.

“Che ha fatto?”Mormorò suo fratello.

“Non lo so, ma deve essere successo qualcosa…

Non disse al fratello che si era chiesto cosa sarebbe successo  se lui non si fosse comportato così, ma lui lo capì lo stesso, ne era certo eppure non gli disse niente.

Forse era sconvolto o forse lo riteneva colpevole, da qualunque punto la si guardasse rimaneva una brutta situazione.

Arrivò l’ambulanza, i paramedici fecero delle domande a cui non seppero rispondere, poi qualcuno di loro avanzò l’ipotesi che lui e i suoi amici avevano rifiutato di prendere in considerazione:la droga.

Eppure…eppure lei non sembrava la ragazza che potesse drogarsi.

“è anche piena di lividi.”

Aggiunse uno dei paramedici.

Ora era tutto più chiaro, era stata sua madre a picchiarla e poi, mentre lei era sconvolta qualcuno doveva essersene approfittato per venderle o farle provare quella roba.

Bastardi !

“E adesso?”

Bill era spaesato, alle prese con una situazione decisamente più grande di lui non sapeva cosa fare.

“IO vado all’ospedale per vedere come sta!”

Scattò Gustav,seguito da Alì e da Georg, solo Bill rimase fermo con un’espressione indecifrabile in volto.

“Hai paura?”Chiese al suo gemello.

No…è che vorrei aiutarla, ma non vedo il modo.

Adesso sarà sua madre ad avere il coltello dalla parte del manico.”

Puoi…”Occhiataccia.”Possiamo solo starle vicino.”

Si…Grazie…Anche se qui credo che l’unico che abbia paura sia tu.”

“Io?”

“Tu. Hai paura di lei o dei tuoi sentimenti verso di lei?”

“Bill, non è il momento, cazzo!”

“Invece lo è…Hai pensato che questa potrebbe essere la tua ultima occasione?”

“Cazzo, non sta morendo.

Smettila!”

“Cosa credi che dirà il nostro manager ? Credi che sua madre ci lascerà vederla quando vogliamo?

E i tour? E tutto il resto?”

“STAI ZITTO! NON VOGLIO PENSARCI!”

“E DOVRESTI INVECE! SMETTILA DI FARE L’ORGOGLIOSO! FALLO PER LEI…SE..”

“SMETTETELA!!!”

L’urlo del biondo li fece voltare verso di lui, aveva gli occhi fuori dalle orbite e l’aria di chi li avrebbe potuti picchiare da un momento all’altro se non si fossero zittiti.

“è inutile adesso litigare su di chi sia la colpa!!!

Muovete quel culo e raggiungeteci, cazzo!”

Lo seguirono obbedienti, consapevoli di essersi meritati quella predica da una delle persone più pazienti che conoscessero.

Quella fu una delle notti più lunghe che ricordò , quando finalmente all’alba un medico si decise ad avere pietà di loro, avvisandoli che la ragazzina stava bene, il cellulare di Bill iniziò a suonare.

Dalla telefonata secca e coincisa capì che doveva essere il loro manager.

Brutta storia.

“Ragazzi, ci ha convocati  in studio….”

Abbassarono tutti gli occhi, come se fossero in qualche modo colpevoli, perché sapevano che ben presto, dopo quella bravata avrebbero dovuto abbandonare Francesca.

Raggiunsero gli studi della casa discografica quando le strade erano illuminate solo dalla debole luce dell’alba, chissà perché sentivano di essere arrivati all’epilogo.

Percorsero i corridoi deserti, fino ad arrivare all’ufficio del loro manager, l’uomo li aspettava con aria torva seduto dietro alla scrivania.

Era in arrivo una predica.

Ragazzi….Voi siete personaggi pubblici,i lo sapete vero?”

Annuirono tutti senza guardarlo in faccia.

“Come tali avete un’immagine da mantenere e deve essere sgombra da scandali.”

L’uomo prese fiato.

“Per questo dovete evitare di frequentare cattive compagnie, gente che potrebbe danneggiarvi, capite.”

No, non volevano capire.

“Sarò più esplicito, mi è giunta voce che una ragazza che voi definite amica stasera è finita in ospedale per overdose.

Capisco che stiate male, ma io non posso permettervi di frequentare gente simile.

Ora mi odierete, ora protesterete, ma questo non cambierà ciò che sto per dirvi…

Vi vieto di frequentarla.”

Sentì le proteste di suo fratello arrivare da molto lontano, non le stava ascoltando, sapeva che era tutti finito.

Finito.

[Non è facile lo so ma sento che
(Questo è) è un addio
Non è facile per me ma sento che
(Questo è) è il mio addio
Non potrò piangere
non potrò fingere
Sento che questo è
è un addio
il mio addio(***)]

 

 

Le prime cose che inizio a percepire di nuovo sono gli odori, quello pungente del disinfettante e quello sgradevole della malattia.

Dove sono?

Mi sforzo di aprire gli occhi, ma tutto ciò che incontro è un soffitto bianco con una vecchia lampada al neon che mi acceca, mentre tento di alzare una mano per proteggermi capisco.

Sono in ospedale.

Istintivamente volto la testa verso destra sperando di trovarci un volto amico, ma rimango fregata:  la persona che mi guarda è tutto fuorché mia amica.

E’ mia madre.

“Ciao Francesca.”

Inizio a tremare.

“Vattene, questa volta posso denunciarti!”

“Non credo proprio....Sei sempre stata stupida, figlia mia.

Non hai mai colto le occasioni.

Avresti potuto farlo se non ti trovassi qui….schedata come tossica o quantomeno soggetto a rischio…

Impallidisco, realizzando l’immensa cavolata che ho fatto qualche ora fa.

Se lei non fosse qui davanti a me, con quel ghigno malefico in volto, quello di chi sa che ha vinto mi metterei  a piangere.

“Quei lividi, sui cui hai fatto affidamento, stando così le cose potrebbe averteli fatti qualche tuo amico spacciatore o drogato, non quella santa donna di tua madre che è caduta dalle nuvole alla chiamata dell’ospedale e ha pianto vedendoti passare esanime.”

Ho paura di lei.

Dio, cosa posso fare? Sono fottuta.

Merda merda merda.

Arretro, cercando di allontanarti da lei, che si alza e finge di accarezzarmi la testa solo per riuscire ad afferrarmi una ciocca di capelli e tirarla.

Lo sa che fa male, lo sa che mi fa male, ma non piangerò.

Niente lacrime o segni di debolezza.

Si avvicina ancora di più, fino all’orecchio dove mi sussurra qualcosa sorridendo, qualcosa che mi gela il sangue.

“E il tuo principe azzurro con i rasta e i suoi amici…bhe non li vedrai più, cara…

E nemmeno quel pezzente di Alì….Ce ne andiamo a Berlino, sei felice?”

Felice? Felice, mentre stava distruggendo di nuovo la mia vita?

Perché? Perché lo fa?

Mi molla la ciocca, sorride, si alza, perfetta nella sua recita della madre amorosa.

“Ciao tesoro.”

Vaffanculo  mamma.

La porta si chiude nascondendo la sua figura alla mia vista, mi abbandono a un pianto lungo e liberatorio, ora che la stanza è vuota.

Non so per quanto tempo io abbia continuato, l’unica cosa in grado di farmi smettere è stato il rumore della porta che si è riaperta, mi asciugo le lacrime.

Sono loro, così cerco di sorridere.

“Bel casino che ho fatto!”

“Si, abbastanza!”

Georg.

“Stai bene?”

No grazie, Gustav, non sto affatto bene.

Bill invece mi guarda e basta e mi asciuga l’ultima lacrima che è riuscita a sfuggire, ne manca uno.

Mi guardo intorno sperando di vederlo apparire, ma dopo qualche minuto ho capito che non verrà.

“è stupido.”

“Troppo.”

“Tu come stai?”

“Qui, in un letto d’ospedale.”

“Potrai denunciare tua madre.”

“E i miei fratelli? Senza contare che visto che sono una tossica per tutti le mie accuse sarebbero aria.”

“Già.”

“Devo dirvi una cosa.”

“Devo dirti una cosa.”

Questa sincronia mi riempie di un’angoscia leggera.

“Cosa?”

“Dilla prima tu Fra.”

“no, tu.”

Ok…Ecco è un po’ difficile….

Dopo quello che è successo ieri sera qualcuno ha raccontato tutto al nostro manager e….

Tra poco partiremo anche….”

“Vieni al punto!”

La mia frase è solo un convenevole, lo sappiamo tutti e due qual è il punto in questione.

“Non vuole che ci vediamo.”

Scoppio a ridere.

Bhe, allora è il destino!

Mia madre ci porta a Berlino….”

Le mie risate diventano stridule, rabbiose, per poi spegnersi in un sussurro.

“è stato bello finche è durato, perché questo è un addio no?”

Mi sento abbracciare.

“Sbagli.

Ti fidi di noi?”

“Non tirare il ballo la fiducia, sii realista!

Tra poco io me andrò e voi farete lo stesso, che rapporto rimarrebbe?

E poi come la mettiamo con il vostro manager che mi odia?”

“Se ti fidassi di noi, sapresti che un modo lo troveremmo.

Cellulari, e-mail, msn.

E in quanto al nostro manager gli passerà, ma il punto è :ti fidi di noi?”

Guardo lui, poi gli altri ed esclamo un”Si.” prima di poterlo censurare.

Bill mi sorride, mi mancherà quel sorrido nel futuro schifoso che mi si prospetta esattamente come mi mancheranno gli altri due e persino il grande l’assente.

L’imperdonato ed imperdonabile Tom.

“Ti ha trovato lui.”

“Forse avrebbe fatto meglio a lasciarmi là e in ogni caso dove è adesso?”

Arrossiscono tutti.

“Ok non fa niente. Non roviniamoci questo addio!”

“Giusto! Partita a carte?”

Quel piastrato è un genio a sdrammatizzare!

Trascorriamo così l’ultima mattinata insieme, con loro che tentano di insegnarmi a giocare a poker.

Io sono negata ovviamente, ma non so come riesco a divertirti e a ricacciare indietro le lacrime che minacciano di uscire da un momento all’altro.

Reggo bene, fino agli abbracci finali e allo scambio di contatti, riesco persino a sorridere ed agitare gioiosa una mano mentre escono.

Ma quando si chiude la porta….crollano le mie difese e piango.

Di nuovo a lungo.

È già la seconda volta che succede e, anche se io mi fido di loro, sento che è un addio.

Sono qualcuno che ho in un certo senso perso.

[Ma il bello e' quello, e' il duello che ogni minuto ho fatto con la vita
e quando la sorte mi si e' accanita contro e pronto
dovevo trovare veloce una via d'uscita procurandomi qualche ferite
che non si chiude e ancora brucia,
ma fa niente e' solo un'altra cosa persa
o qualche volta un'altra cosa data e dopo tolta
all'improvviso, senza preavviso(****)]

 

Era ufficialmente un’idiota.

Tom Kaulitz era ufficialmente un’idiota, se lo disse mentre guardava qualcosa in tv per non pensare a tutto quello che suo fratello gli aveva detto sul fatto che quella potesse essere l’ultima occasione per scusarsi con Francesca.

Avrebbe potuto telefonarle no?

Cambiò canale svogliatamente, alla ricerca di qualcosa di più coinvolgente, tuttavia il suo cervello non collaborava pienamente a quella strategia di fuga, lo testimoniava l’immagine di una conversazione telefonica troncata da una certa persona.

L’ipotesi della telefonata era quindi scartata, non rimaneva altro che andarla a trovare, anche se avrebbe preferito affrontare un leone che il senso di colpa che lei gli provocava.

Uscì senza avvisare nessuno, travestito e raggiunse di nuovo l’ospedale, era sinceramente dispiaciuto per tutto quello che le era successo.

Poteva sembrare ipocrisia, ma si sentiva davvero un po’ colpevole perché dopo lo spavento di ieri sera aveva capito innanzitutto quanto l’avesse ferita e quanto lui ci tenesse a lei.

Era una rompiscatole nata, ma era un dato di fatto che si divertisse durante quei litigi, purtroppo destinati a finire, ricordò a se stesso.

Era venuto per scusarsi, ma anche per dirle in un certo senso addio.

Oh, lo sapeva cosa le avevano promesso suo fratello e gli altri, ma lui in tutta onestà non si sentiva di farlo,era certo che lei avrebbe preferito un addio a delle promesse destinate a essere infrante.

Il rasta era ormai arrivato alla porta della sua camera, senza aver incontrato qualche infermiera o qualche medico sufficientemente curioso per fermarlo o peggio ancora quell’arpia di sua madre.

Era stato davvero un colpo di fortuna, eppure lui esitava ancora davanti a quella porta e solo dopo diversi minuti si decise ad entrare.

Stava dormendo, rannicchiata su di un fianco, con i segni delle lacrime ancora sulle guance.

Si sentì uno stronzo, forse era rimasta male anche per il fatto che lui non si fosse fatto vivo.

“Mi dispiace.”

Mormorò mentre le accarezzava una guancia, lei fece una strana smorfia nel sonno.

Vedendola gli mancò del tutto il coraggio di svegliarla e dirle quello che doveva dirle, cosa doveva fare?

Forse il silenzio era il modo migliore per andarsene,con ogni probabilità l’avrebbe odiato, ma era anche altamente probabile che non si fossero visti mai più.

“Scusa Fay, mi dispiace di essermi comportato così.

Non volevo ferirti ignorandoti…

Pausa di silenzio.

“Almeno non intenzionalmente…

È stata tutta una stupida questione di orgoglio, se fossi stata sveglia mi avresti già riempito di insulti o di botte, ma per fortuna stai dormendo.

Insomma, la solita stronzata della reputazione da mantenere  che al momento non avresti capito, ma poi, dato che l’orgoglio non ti manca, avresti compreso.”

Altro sospiro.

“Non volevo che succedesse tutto questo, un pochino mi sento colpevole anch’io.

Mi dispiace.

Mi dispiace.

Non so cos’altro dire,visto che tra poco ce ne andremo.

Mi mancherai, Nana.”

Le accarezzo i cappelli un’ultima volta,non credeva si sarebbe sentito così triste nel salutarla, si alzò dalla sedia e stava per andarsene quando una mano lo afferrò.

Era lei, semicosciente, con gli occhi spiritati.

“Non te ne andare!”

“Devo farlo, lo sai Fay .”

“Sei un’allucinazione?”

“Se non lo fossi sarei così gentile?

Torna a dormire…

Si…

Gli lasciò la mano, si ridistese di nuovo sul letto per crollare di nuovo nel mondo dei sogni.

Si avvicinò a lei per controllare che dormisse, quella vicinanza gli fece ricordare un’altra sera e un grazie speciale, sorrise e questa volta fu lui a lasciarle un bacio a fior di labbra.

Era un addio.

Uno dei tanti che aveva affrontato nella sua vita, ma perché quello gli pesava di più?

Perché aveva quel magone tipico del senso di perdita?

[Sei un'altra cosa che ho perso,
che mi e' scivolata, che mi e' caduta
io c'ho provato ma non ti ho tenuta(****)]

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

E se vi dicessi che qui è finita XD?

 

(*)”The 11th hour” Rancid

(**)”Nobody’s home” Avril Lavigne

(***)”Addio”Finley

(****)”Un’altra cosa che ho perso” Articolo 31

 

Ringrazio

 

Hana Turner(Forza per gli esami! Ce la farai !!)

 

Black Down TH (Cosa facciamo con la roundrobin?)

 

_Pulse_

 

Lady Cassandra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** 8)Su Come , Talvolta, Dopo Anni Non si Riesca A Dimenticare Certe Persone. ***


8))SU COME , TALVOLTA  , DOPO ANNI NON SI RIESCA A DIMENTICARE CERTE PERSONE.

 

Francesca ha gli anni che ha
capisce quello che capisce
capisce che qui non va
e a me mi basta.

Sei anni.

Sono passati sei anni da quel pomeriggio in cui mia madre con un colpo da maestro  aveva di nuovo distrutto la mia vita.

Sei anni.

A volte credo che la mia vita sia ancora ferma lì, a quella rabbia,  a quella sensazione di sconfitta che avevo provato, a volte invece credo  di essere andata avanti pur avendo  lasciato dei pezzetti di me stessa lungo la strada.

A volte mi chiedo cosa fosse  rimasto di me  nel periodo immediatamente successivo a quell’addio e a volte me lo chiedo ancora adesso riferito al mio presente, in cui ho cercato di costruire un mio equilibrio.

Spesso mi accorgo che sono sensazioni ancora troppo vivide, per credere di averle superate, forse mi sono solo limitata ad aggirarle per sopravvivere.

Sono diventate fantasmi che vengono a bussare nelle sere in cui non riesco a dormire, come sono diventati fantasmi i ricordi di quello che è successo prima.

Sono i fantasmi dei miei ricordi felici, dove c’era una Francesca sorridente e non lo zombie apatico e privo di sentimenti di Berlino dell’ultimo periodo.

Berlino…

Berlino per me ormai è sinonimo di inferno, un inferno lungo tre anni e che sembrava non dovesse finire mai,  tra le  botte di mia madre e silenzi per coprirle se non volevo essere sputtanata da lei.

Una madre dovrebbe proteggere i figli, la mia si ingegnava per rovinarmi la vita con successo.

Quando abitavo in quel buco di paese tedesco credevo di avere poco, ma ancora dovevo sperimentare cosa fosse davvero avere poco.

Non sapevo ancora come fosse difficile tirare avanti senza avere l’appoggio di nessuno, tra persone che volevano vederti cadere a pezzi per liberarsi di te e del problema che rappresentavi e persone che egoisticamente desideravano trascinarti con loro all’inferno per sentirsi meno soli , e fare i conti con il senso di colpa per non aver saputo aiutare quelli a cui tenevo veramente.

Questa era ed è Berlino per me.

Berlino…

Mia madre aveva vinto ancora una volta ovviamente, ci aveva fatti traslocare senza che io potessi oppormi in alcun modo , sotto la minaccia di rivelare ai miei fratelli perché fossi finita in ospedale quella notte.

Andrea e Luca erano ormai diventati gli unici a cui tenessi davvero, l’unico vero motivo per cui non avevo ancora posto fine alla mia vita.

Andrea reagì male, troppo piccolo per sospettare i ricatti di mia madre, Luca invece in qualche modo riuscì a capire che io non mi opponevo perché non potevo, non perché volessi quel trasferimento e lo accettò.

Quel :”Non è colpa tua, Frankie, è lei che dovrebbe vergognarsi.” ancora oggi mi procura un’ondata di affetto verso di lui, che non poteva sapere quanto bene mi avesse fatto con quella frase.

Arrivammo a Berlino in una sera piovosa, le gocce che rigavano il finestrino della macchina mi ricordavano tante lacrime, anche se sapevo che erano solo una stronzata melodrammatica la storia del cielo che piange per me.

Adattarsi a quella città risultò molto difficile per me, vivevamo in un casermone che detestavo, pieno di gente che perfino una persona aperta come mi ritenevo io avrebbe definito pericolosa.

Non era il posto adatto per far crescere due bambini, ma mia madre sembrava fregarsene, non capivo e non capisco tutt’ora cosa avesse in testa.

Aveva sogni di gloria, voleva una vita luccicante e favolosa da telefilm americano eppure per uno strano scherzo del destino finivamo sempre per finire in luoghi in cui al massimo avrebbero potuto ambientarci un film di Eminem o roba del genere.

In ogni caso, quello era il posto dove avrei vissuto per un bel po’, ma ero ben lungi dall’accettarlo serenamente.

Non mi ero opposta, ma non avrei dato la soddisfazione a mia madre di soccombere senza lottare, non sarei mai stata un burattino nelle sue mani, ne avrei mai recitato le battute che lei aveva scritto per me.

La prima scuola che frequentai a Berlino era un inferno, decisamente troppo piena di fighetti perché io potessi starci bene, ero costantemente in lite con le ragazze della mia classe e i ragazzi mi scansavano perché facevo paura, solo una persona mostrò di interessarsi a me.

Josh era il tipico punk emarginato, che  se ne sbatteva di tutto e di tutti, al quale stranamente  stavo simpatica, finimmo per diventare inseparabili e scoprii che dietro la cresta biondo pannocchia, le borchie e le bestemmie c’era una delle persone più dolci che conoscessi.

Quando stavo con lui, sentivo meno la loro mancanza, mi ricordava Bill a volte.

All’epoca mi sentivo ancora con tutti e tre, Tom non si era più fatto vivo, ma questo era scontato, in qualche modo me lo aspettavo che finisse così.

Avevo sempre avuto un sesto senso che mi permetteva di capire cosa sarebbe successo, non era infallibile o sempre presente, ma se dava segnali forti erano solitamente anche giusti.

Istinto?

Qualunque cosa fosse, da una parte mi diceva che sarebbe finita così, dall’altra che non era finita per niente, ma questo era ovvio, per quanto facessi la dura a lui ci pensavo.

Mi chiedevo perché non si fosse fatto vivo, perché mi avesse dato una luce di speranza per poi spegnerla crudelmente, ma non trovavo risposta e fingevo che non me importasse.

Bill diceva che ero troppo testarda, ma non lo ascoltavo e suppongo che lo stesso facesse Tom, se mai quei due avessero parlato di me.

Ero piena di dubbi su tutta la storia che aveva portato al nostro trasferimento , la sua conclusione mi aveva lasciato l’amaro in bocca e li sentivo lontani, come se in qualche modo avessero tradito le promesse che mi avevano fatto,anche se sapevo che era irrazionale e che soprattutto non era colpa loro.

Non potevo però fare a meno di pensarci, è inutile girarci intorno, in quel periodo non riuscivo a sopportare il passaggio da una vicinanza quotidiana a contatti sporadici e mi sentivo frustrata e furiosa con mia madre.

La detestavo, non ero mai a casa la sera, dormivo molto spesso da Jo che era ben felice di ospitarmi visto che frequentemente si lamentava che nel superattico di merda dei suoi lui si sentiva solo.

I suoi genitori non stavano spesso a casa e lui si sentiva soffocare la dentro, in parte lo capivo, eravamo entrambi in prigione, la sua era più confortevole della mia, ma la sostanza non cambiava affatto, entrambi non avevamo libertà ne eravamo dove avremmo voluto  essere .

Adoravo quell’appartamento, non perché fosse lussuoso o enorme, ma perché li mi sentivo più protetta che ha casa mia.

Buffo.

Ancora adesso ripenso con affetto a quel posto, nonostante li siano successe che non volevo accadessero, è comunque lì che ho preso alcune decisioni importanti.

Li per la prima volta decisi che mi sarei ribellata apertamente a mia madre per lottare per il mio futuro, ero stufa di stare in quella scuola, ma non osavo dirglielo, così continuavo  a sprecare tempo inutilmente su materie in cui non riuscivo ad applicarmi.

Fu Jo a darmi la forza di prendere in mano la mia vita, proponendomi di frequentare una scuola d’arte a cui si sarebbe iscritto di li a poco, lasciandomi senza parole.

Ricordo ancora oggi il silenzio che si creò in quella stanza, solo i Sex Pistols cantavano , mentre lui mi guardava in attesa di una risposta.

“Francesca pensaci, tu sei sprecata in quella scuola con il tuo talento…

Rimasi a lungo in silenzio, poi finalmente risposi.

“Si! Verrò anch’io…

Venni investita da lui che mi abbracciava, arrossii e gli dissi di smetterla, ma lui non mi diede retta, credo che avesse capito da molto tempo che la mia era solo una recita e che lo adoravo.

Vorrei che fosse finita in modo diverso, ma in fondo non posso lamentarmi, sarebbe potuta andare in modi infinitamente peggiori.

Annunciarlo a mia madre non fu per niente facile, lei reagì male, urla, strepiti e botte, ma  io non cedevo.

Quella fu l’unica volta in cui osò alzare le mani su di me davanti ai miei fratelli, tuttavia si rese conto che era inutile, in quel momento capì che era davanti a due possibilità: ammazzarmi di botte o cedere.

Decise di cedere, mi firmò i documenti per l’iscrizione, per poi chiudersi in camera sua furiosa a sfogarsi lanciando oggetti.

“Fra, ma sei sicura?”

“Si.”

Accarezzai i miei fratelli  e schizzai fuori casa, volevo subito dirlo a Jo, ero esaltatissima, mi sentivo come se avessi vinto una battaglia e non vedevo l’ora di dirlo a qualcuno.

Fu lì che lo incontrai per la prima volta, quello che avrebbe sconvolto e quasi distrutto la vita  di Jo, lo travolsi per la precisione come mio solito, finimmo tutti e due a terra.

Lo conoscevo di vista, era il figlio del bar tabacchi del quartiere, sapevo che si chiamava Farid , che aveva un anno meno di me e con quei dread un po’ me lo ricordava, l’unica differenza era che quelli di Fari erano neri.

“Tutto bene?”

Alzai gli occhi da terra e mi resi conto che aveva lo stesso sorriso storto di Tom, arrossii odiandomi per quello e corsi via sperando di non incontrarlo mai più.

Non sapevo che in quel momento avevo colpito in qualche modo il pusher playboy del quartiere e che danni avrebbe causato questa cotta a senso unico che lui si era preso per me.

Quella sera ero troppo esaltata per il mio prossimo cambio di scuola, non mi vergognai nemmeno del fatto che Jo mi avesse visto in quello stato.

Quella fu la prima sera che prima di festeggiare a base di birra e schifezze, tirò fuori la cassetta del pronto soccorso per medicarmi.

Non mi chiese nulla, era certo che prima o poi avrei vuotato il sacco io.

[Our little group has always been
And always will until the end (*) ]


 

 

Erano passati sei anni da quando aveva visto Francesca Girardi per l’ultima volta in quel letto d’ospedale ed era patetico che fosse proprio da lei che si ritrovasse ad andare, ma dopo quello che era successo dopo il ritorno dal tour non sapeva più dove sbattere la testa.

Era nei casini più totali, non sapeva più come aiutare suo fratello, quell’anno appena trascorso era stato una progressione verso il disastro, che puntualmente si era verificato.

[E' buio ormai
non mi frega se piangi o no...ohh
Io come te
confusione (**)]

Era scoppiata una lite furibonda dopo che aveva trovato quella roba tra i trucchi del suo gemello, ancora una volta si era sentito preso in giro e aveva reagito male, urlandogli tutta la sua rabbia  in faccia, solo che questa volta anche Bill aveva reagito.

Erano volate parole grosse e  qualche soprammobile del loro appartamento, ma in fondo era ordinaria amministrazione, in quel ultimo anno era accaduto spesso.

“Vattene! Mi hai rovinato la vita! Ti odio!”

Era stata quella frase pronunciata da un Bill con le lacrime agli occhi a ferirlo profondamente e a farlo praticamente scappare da quella casa.

Dentro di se sapeva che non era davvero Bill a parlare, ma era quella roba a mettergli in bocca frasi che non pensava, ma non era riuscito a impedire che tutto quello gli facesse male.

Terribilmente male.

[Ora lo so,
non mi sento più bene da un po' (**) ]
Aveva riempito una valigia al volo, preso la sua chitarra preferita e se ne era andato verso dove credeva abitasse Fra, quella Fra che dopo un anno in cui le aveva scritto regolarmente non aveva ancora risposto a una sola lettera.

Non lo faceva per orgoglio o cosa?

A conti fatti non importava, aveva bisogno di aiuto e sperava che lei glielo avesse concesso, anche se era più probabile  che avrebbe ricevuto una porta in faccia.

Non se ne sarebbe stupito, sapeva di meritarsela.

Non si era fatto sentire per cinque anni, poi riappariva all’improvviso con delle lettere per asfissiarla con i sui problemi, era ovvio che fosse furiosa.

Era sempre stata una tosta lei, una delle poche persone che aveva avuto il coraggio di contrastarlo.

Si ricordava ancora di quello schiaffo nel cortile della scuola e delle sue risposte acide, ma si ricordava anche di una sera, dove quella stessa ragazzina aveva lasciato cadere la maschera per un attimo piangendo.

Buffo.

Quel ricordo non l’aveva mai davvero abbandonato, così come il senso di colpa per come si era comportato, rispuntava ogni tanto nella sua mente, ma se prima non gli aveva concesso alcuno spazio facendolo sparire immediatamente, ora lasciava che emergesse con la stessa forza dei primi tempi.

I primi tempi aveva pensato spesso a lei,  suo fratello gli aveva detto Un’infinità di volte che era stato troppo testardo a non farsi vivo con Fay, che due scuse non avevano mai ucciso nessuno, ma lui non ce l’aveva mai fatta.

Aveva preso una decisione e non poteva tornare indietro, nonostante sempre più spesso nelle ragazze che vedeva cercasse lei.

“Tom, cazzo sei solo uno stupido orgoglioso.

Il tuo orgoglio ti seppellirà!”

“Verrete tutti al mio funerale, allora.

Cos’è il tuo problema, Bill?”

“Che tu stai male e non vuoi ammetterlo e poi anche il fatto che per risolvere tutto questo basterebbe che tu alzassi la cornetta!”

“Bill, io non sto male, smettila di farti film!”

“Si? E perché l’ultima che ti sei fatto mi ricordava pericolosamente Fra?”

“Cazzi tuoi no, eh?

In ogni caso, io credo di essere più onesto di voi!”

“Eh?!”

“Dai Bill quanto può durare questa storia?”

“Cosa vuoi dire?”

“Ti stancherai, vi stancherete di lei dopo che avremo fatto il botto e per lei sarà peggio.

Io almeno non l’ho illusa!”

Vaffanculo Tom, tu e il tuo orgoglio che ti fa dire queste cazzate!”

Suo fratello aveva ragione, ovviamente, ma allora non aveva la maturità necessaria per ammetterlo e continuava a dire che non la pensava, quando in realtà  il suo ricordo era un tomento, e a cercarla in altre persone.

Era stato così fino all’operazione di suo fratello sebbene non avesse confessato  a nessuno che avrebbe voluto averla accanto quando Bill era sotto i ferri.

Quella era stata un’altra lunga notte in cui si era sentito impotente, in cui non aveva fatto altro che agitarsi sulle poltroncine di una sala d’aspetto, pensando che non poteva fare niente per Bill.

Erano presenti anche sua madre e il patrigno, ma lui avrebbe voluto anche un’altra persona, qualcuno che anche Bill avrebbe gradito vedere al suo risveglio.

Era stato vicinissimo a chiamarla, aveva persino composto il suo numero pronto ad accettare le conseguenze del caso, sennonché era intervenuto il suo orgoglio e si era bloccato.

Aveva perso interminabili minuti a guardare quel cellulare, fino a far spegnere la luce del display, poi l’aveva chiuso con uno scatto secco.

Non poteva chiamarla, non poteva.

[E' buio ormai
Ovunque sei
Ovunque sei ci sei
Ovunque sei
Ovunque(**)]

Aveva rimesso con rabbia l’oggetto nella tasca dei pantaloni, sotto lo sguardo perplesso di sua madre.

Suo fratello aveva ragione, l’orgoglio avrebbe finito per seppellirlo.

Sapeva che lei poi era venuta a trovare Bill, nonostante questo aveva accuratamente evitato di presentarsi quando era sicuro ci fosse lei, fedele fino in fondo a quello che aveva deciso.

Le aveva chiesto mentalmente perdono, poi era uscito con la ragazza che frequentava in quel periodo.

Era stato un vigliacco, se lo disse mentre guidava verso Berlino, con le parole di suo fratello ancora incise nella mente e forse anche adesso si stava comportando da vigliacco.

Forse.

O forse era solo disperato, non avrebbe saputo dirlo, così come non avrebbe saputo dire se quello che stava facendo fosse giusto o sbagliato.

Ma aveva importanza?

Probabilmente no se nemmeno il suo orgoglio questa volta aveva sollevato obbiezioni e così eccolo imbarcato in un viaggio per affrontare l’ignoto in compagnia dei ricordi.

Quegli stessi ricordi da cui era scappato per sei anni.

[Mi spazzi via
e mi vedo volare lontano
che male fa
rivedermi in me(**)]

 

Non so perché sto ripensando alla mia vita, forse è per il lavoro che faccio che a volte mi porta a staccarmi dalla realtà o forse semplicemente ogni tanto tutti sentono la necessità di guardare indietro.

Che lavoro faccio?

Dipingo maschere in una bottega a Venezia, quindi a volte posso distrarmi trasportata dalla magia dei colori, sebbene sia discretamente soddisfatta della Francesca di adesso.

Mi sento come qualcuno che dopo aver girovagato a lungo senza sapere cosa fare, abbia trovato quella cercava, eppure…

Avverto la mancanza di qualcosa, una  cosa che non mi può essere ridata dal ritorno in Italia, ne dall’allontanamento da mia madre.

Ancora una volta è inutile girarci intorno e fingere che i propri demoni non esistano, la verità è che mi mancano e che soprattutto mi manca.

Lui.

Quello che ho odiato, ma che alla fine è stato il più onesto perché non mi ha promesso cose che non poteva mantenere.

Buffo che lo giustifichi, quasi assurdo, ma forse tra loro è stato quello più lungimirante.

La distanza logora qualsiasi rapporto tra persone che hanno banali vite normali, figuriamoci se le persone in questione sono delle giovani star.

Intingo il pennello in un barattolino pieno di vernice blu e inizio a stendere piano il colore sotto lo sguardo di Sakura, la mia collega che non sa a cosa siano dovuti i mie sbalzi d’umore.

Crede di sapere tutto della mia vita quando ne conosce ben poco, crede che sia per Jo che io stia male, crede che io sia innamorata di lui, quando è a un altro che penso.

Jo è un amico, quasi un fratello e sono felice che adesso stia bene anche se siamo lontani, io a Venezia, lui a New York, mi accontento di vederci due volte l’anno e di sentirci poi via msn quasi ogni sera.

Non è facile, ma se questo è il prezzo da pagare perché lui stia bene lo accetto.

Jo.

Lui è da molto uno dei miei punti di riferimento, nonostante tutte le sue fragilità, imperfezioni e debolezze, lui è una di quelle persone per cui senza la mia vita sarebbe inutile.

Da quando iniziai la scuola d’arte, lui è sempre stato lì al mio fianco, a volte lui mi tirava fuori dai guai, ma la maggior parte delle volte sono stata io a sostenerlo perché era anche per me che tutto per lui era andato in merda.

Ci sono sere in cui, quando sono sola nel mio buco all’ultimo piano di una vecchia casa all’incrocio di due canali, mentre sul terrazzo guardo la luna riflessa nell’acqua, penso che sono io a portare sfortuna alle persone, che non faccio altro che rovinare la vita di chi mi sta attorno.

[Dipingimi distorto come un angelo anormale che cade (***) ]

In ogni caso io e lui eravamo sempre insieme, quando lo presentai ad Alì, lui ne fu felice, ma allo stesso tempo mi mise in guardia, come sempre lui aveva capito cosa sarebbe successo prima di me.

Mi disse che io e lui eravamo entrambi troppo fragili per stare in piedi da soli ed era molto bello che ci sostenessimo a vicenda , tuttavia era allo stesso tempo pericoloso sia per me che per lui.

Se uno dei due fosse crollato, era molto probabile che avesse trascinato con sé anche l’altro con conseguenze disastrose.

All’epoca mi arrabbiai parecchio, non potevo sapere quanto ci fosse di vero in quelle parole o forse lo sapevo ma era più comodo liquidare il tutto come la gelosia di un amico lontano che si vede il proprio posto rubato.

Lo presentai anche ai miei fratelli, veniva a casa mia quando non c’era mia madre, io ne ero felice,ma qualcun altro no, lo vedeva come una minaccia alla riuscita dei suoi piani.

Farid continuava a ronzarmi intorno da quando l’avevo travolto, non so cosa ci trovasse di interessante in me visto che ero nettamente al di sotto degli standard delle tizie che frequentava di solito.

Non mi importava nemmeno in fondo, trovavo seccante averlo sempre tra i piedi e lo odiavo per il modo in cui squadrava Josh, sapevo che il mio amico detestava quello sguardo.

Ripensandoci adesso avrei dovuto capire prima cosa girasse nella zucca piena di dread del bulletto del quartiere e agire di conseguenza,se avessi reagito prima forse tutto non sarebbe degenerato o forse si.

Credo che almeno le linee guida della vita di una persona siano già scritte nel carattere e forse quello che successe a Jo sarebbe successo indipendentemente o meno dalla mia presenza nella sua vita.

O forse questa è una giustificazione che mi do per mettere a tacere almeno un po’ il senso di colpa.

“Fra, il tizio con i dread è cotto di te!”

Jo diede un lungo tiro alla sua sigaretta dopo questa affermazione.

“Merda, dovrò risolvere questa cosa.”

“Si o lui finirà per menarmi.”

Sbuffai, circa una settimana dopo lo affrontai e litigammo.

Lui non prese affatto bene l’essere rifiutato da me, dovette intervenire un suo amico a separarci e così incontrai Dave quello che sarebbe stato il mio primo ragazzo.

La mia vita si stava di nuovo incasinando senza che io potessi fare nulla per evitarlo.

Non seppi mai in che termini Fari raccontò in giro quel che successe quella sera, ma all’improvviso la sua cricca diventò ostile, soprattutto Leila.

Leila era sua sorella, tredici anni appena e lo stesso sguardo di suo fratello, che per lei era un modello, la persona che dettava legge nella sua vita.

Me lo ricordo ancora il loro sguardo, stessi occhi un po’ verdi un po’ dorati, felini e pieni di una rabbia distruttiva, odiavano il fatto che la vita li avesse scaricati in quello che consideravano un cesso di quartiere e si sentivano in guerra contro il mondo.

Dave era diverso, non aveva quell’apparenza della mina pronta ad esplodere di quei due.

Fu l’inizio di un periodo strano, fu l’inizio della fine.

Come si manifestò l’inizio della fine?

Nel modo più innocente possibile ovviamente.

Ero a casa di Jo, fuori tirava un vento freddo e forte abbastanza da far tremare persino il palo della luce che si intravvedeva dalla finestra.

Rabbrividivo, avvolta in una coperta, stranamente senza lividi addosso, lui era in cucina che trafficava, dopo la cena preparata da me, lui rimediava sempre della birra.

Quella sera c’erano i Nirvana a farci compagnia, a pensarci Kurt Cobain somigliava a Jo, entrambi si sentivano forse poco amati e cercavano quell’affetto in altro.

Non lo so, ma avrei dovuto notare quanto lui fosse fragile, Alì aveva avuto ragione.

Sentì qualcuno sedersi accanto a me, deporre le bottiglie e qualcos’altro sul tavolo, mi voltai di scatto,era Jo ovviamente e il qualcos’altro ero un pezzo di fumo.

Con il senno di poi, avrei dovuto mollargli un ceffone e buttare quella robaccia via, ma allora ero incerta, non sapevo cosa fare.

Ricordavo perfettamente l’esperienza con gli allucinogeni, ma mettere in guardia lui era come ammettere un episodio che mi procurava vergogna.

“Che ci fa qui quella roba?”

“Me l’ha data un amico, per provare qualcosa di diverso, dai Fra, non fare storie!

La provo una volta e basta!

Non diventerà un vizio.”

Questo discorso non mi convinceva, ma decisi di accettarlo e sbagliai.

Poteva essere vero per altre persone, ma non per lui, sapevo che carattere avesse e che con molta probabilità avrebbe finito per attaccarsi troppo a quella roba, avrei dovuto fermarlo, purtroppo non lo feci.

Questo è uno dei miei rimpianti, nonostante Josh stesso mi abbia detto più volte che allora non avrebbe accettato di essere fermato da nessuno, io continuo a credere di aver fatto un errore quella sera.

Lo guardai in silenzio mentre preparava una canna, concentrato come su una tavola di scuola e arrivai perfino a fare qualche tiro per accontentarlo.

Smisi quando la testa iniziò a girarmi, lui invece continuò finché non rimase più nulla, quella fu la prima sera in cui lo portai a letto a braccia.

Mi svegliai più volte durante la notte, il sonno disturbato da incubi forse prodotti dalla droga, per poi tornare a dormire, fu verso l’alba che mi accorsi che non ero sola a letto, quel cretino mi stava abbracciando sorridendo beato.

Doveva essersi infilato nel mio letto durante la notte, lo spedii per terra con una pedata, ero  furiosa, lui mi guardò spaesato mentre si massaggiava il di dietro.

“Cazzo fai? Per chi m i hai preso? Per il tuo peluche, eh Josh?”

Abbassò gli occhi, imbarazzato.

Scusa…è che mi sentivo solo.

A volte credo che a nessuno importi di me e di rappresentare un problema e basta.”

Mi sporsi verso di lui e vidi le lacrime che cercava di ricacciare indietro, era dura andare avanti quando chi dovrebbe amarti non si cura di te e io lo sapevo bene.

Nessuno picchiava Jo, ma lui si sentiva ferito lo stesso,all’improvviso era sparita tutta la mia aggressività.

“Vieni qui.”

Si sedette sul letto a disagio, per stemperare quel clima triste gli diedi un frontino abbastanza forte da farlo tornare sdraiato.

“Sei scema, Girardi?”

Mi accoccolai accanto a lui e lo abbracciai, ricordandomi di quanto mi fossi sentita bene dopo che una certa persona aveva fatto lo stesso con me in una notte in cui ero in  preda a sensazioni del genere.

“Stai zitto, cretino o ti risbatto di sotto!

Mi tocca anche curare le tue carezze d’affetto!”

“Grazie.”

Mormorò serio, ricambiando il mio abbraccio.

Prego…Solo avvisami la prossima volta.

Sai, giusto per evitarti altri ematomi su quelle chiappe scheletriche che ti ritrovi.”

Lo sentii ridere e poi sorridere, lo cullai come avrebbe fatto una madre fino a che non si addormentò con un sorriso fanciullesco dipinto su quel volto da finto duro.

Forse perdonare quella debolezza e assecondarla fu uno sbaglio, ma allora come oggi avrei fatto di tutto pur di vederlo sorridere di nuovo.

Siamo ed eravamo come fratelli e questo, visto il mio caratteraccio, è quasi un miracolo.

[I'm so happy. Cause today I found my friends.
They're in my head. I'm so ugly. But that's ok.
'Cause so are you. We've broke our mirrors.
(****)]
 “Hai messo abbastanza blu, Francesca.”

“Scusa Sakura.”

“Dove hai la testa oggi?”

“Non scocciare Cherry.”

La rossa mi guarda male, Sakura è una giapponese che vive in Italia da quando era piccola, ha la mia età ed è stata assunta quando hanno assunto me.

Forse dovrei considerarla un’amica, vista la cordialità che dimostra nei mie confronti, ma non ci riesco, non riesco a fidarmi totalmente di lei.

Non le ho mai raccontato che conosco la band che dice di odiare, non li ho mai difesi ne attaccati, sa solo di Jo perché l’ha incontrato e ha preteso una spiegazione d e t t a g l i a t a su chi fosse.

Sakura è curiosa, è anche gentile e kawaii come urla lei, ma ha il vizio di sputare troppe sentenze e a volte è un filino troppo acida anche per me, soprattutto verso Tom.

A volte credo perfino che lo conosca, ne parla con troppo astio e con una dovizia di particolare allucinante per essere una semplice anti, ma  non le ho mai chiesto nulla.

Pulisco il pennello, cambio colore, riprendo a lavorare.

Lascio che i miei ricordi tornino a fluire, riportandomi all’estate del 2006, quella in cui ero stata promossa a pieni voti alla scuola d’arte e a Jo e a Dave.

Durante quell’anno avevo riportato molte volte il mio amico a letto completamente fatto e me l’ero ritrovato appiccicato addosso come una cozza la mattina dopo.

Non lo rimproveravo più e avrei dovuto farlo, credevo alle sue promesse che la volta dopo si sarebbe almeno moderato perché ero presa da altro.

David era il mio chiodo fisso, dalla sera della lite con il suo amico ci eravamo visti spesso, non so perché mi piacesse, fisicamente somigliava a Farid, stessi dread neri, entrambi abbronzati,solo gli occhi differivano, i suoi erano scuri, quelli del suo amico verdi.

Adoravo perdermi in quel nero, ne avevo parlato anche a Gustav, descrivendogli il carattere di quel ragazzo come una stupida ragazzina innamorata, lui aveva ridacchiato, poi aveva detto due frasi che mi avevano sconvolto.

La prima era che sarebbero venuti a trovarmi di lì a tre giorni, la seconda era che avevo scelto David perché era l’opposto di Tom, ergo per lui provavo ancora qualcosa.

Ero rimasta in silenzio con il cellulare in mano, non volevo dargli dell’idiota, ma a parere della Francesca di allora se lo sarebbe meritato, oggi sapevo che lui come Alì avevano visto più lontano di me.

Era una questione di carattere, io molto spesso attaccavo per difendermi, scrutavo gli altri sempre alla ricerca della fregatura ed ero poco propensa a guardare dentro me stessa, Alì e Gustav invece riuscivano a farlo e quindi finivano per prevedere quello che sarebbe successo.

In ogni caso tre giorni dopo erano arrivati come avevano promesso, qualcuno aveva suonato il campanello ed erano loro, avevo quasi travolto Bill dalla gioia, gli ero praticamente saltata in braccio visto che era stato il primo che mi ero trovata davanti.

“Lo so che sono irresistibile, ma se continui così cadremo per terra!”

“Mi sei mancato cretino!”

Avevo avuto la sensazione che volesse aggiungere qualcosa, ma non gliene avevo dato il tempo, mi ero staccata ed ero corsa ad abbracciare e salutare gli altri due.

“Non c’è…

“No.”

Amen…

Eravamo scoppiati a ridere per l’assurdità del discorso, sebbene mi rendessi conto quanto suonasse falsa la mia risata, non ci davo peso.

Ero ancora convinta che Gustav si sbagliasse.

In ogni caso quel pomeriggio fu splendido,Bill ci trascinò tutti a fare shopping e nonostante avesse tentato di comprarmi più volte qualcosa contro la mia volontà mi divertii molto.

Forse ero solo contenta di riaverli vicini, di riportare parzialmente le cose come erano una volta, non mi accorsi nemmeno del cambiamento che era avvenuto in Bill .

Se me ne fossi accorta….Avrei risparmiato a me e a lui tanto dolore.

Allora non  mi  ero mai chiesta perché mi stesse sempre addosso dato che mi era sembrato il solito Bill impiccione che ricordavo .

Quello di cui mi  resi conto è che fu molto dura salutarli di nuovo, non mi ero ancora abituata a rapporti del genere.

Quella sera non andai da Jo, uscii a fare un giro, incurante del pessimo quartiere in cui vivevo, avevo bisogno di aria.

Girovagai per un po’, fino a che incontrai Dave seduto su una delle panchine del parchetto del quartiere, stranamente senza Farid o qualcun altro del suo gruppo.

“Ehi, Francesca!”

“Ciao!”

Mi fece segno di sedermi accanto a lui, io eseguì metà felice e metà titubante.

Stava fumando guardando il cielo e non mi degnava di un’occhiata, così mi accesi anch’io una sigaretta, forse per riempire il vuoto che si era creato, più probabilmente per darmi un tono e non fargli notare che non capivo perché mi avesse chiamata e poi ignorata.

“Fumare ti farà morire prima o poi.”

“Stai fumando anche tu.”

“Io morirò in questo quartiere prima o dopo non ha molta importanza.

Tu invece te ne andrai da qui.”

“Si, all’inferno….Che cazzata è?”

Ridacchiò divertito.

“Un punto a tuo favore, ecco perché hai sistemato Farid e te ne andrai da qui.”

Stavo per rispondergli quando mi baciò, sotto le stelle opache di una fredda estate berlinese.

Non gli dissi mai che mentre lui mi baciava, il flash back di un altro bacio mi era tornato alla mente devastante, ne mi  chiesi se se ne fosse accorto.

Non era importante.

Da quel giorno diventai  la sua ragazza.

 

Quante probabilità c’erano che stesse facendo una cazzata?

Moltissime, rispose una vocina nella sua testa, ma ormai era in ballo e doveva ballare, non sarebbe tornato a casa ne avrebbe affrontato di nuovo suo fratello senza prima aver parlato con quella ragazza.

Non era molto logico, ma dopotutto in quell’ultimo anno c’era stato ben poco di logico e quindi lui poteva permettersi di andare a riallacciare i rapporti con Fay senza troppi problemi.

C’era stato un periodo in cui suo fratello aveva insistito a lungo perché lo facesse, senza che lui gli desse particolarmente ascolto, c’era dell’ironia in questo.

Suo fratello…

Ultimamente sentiva di non riuscire a stabilire un rapporto con lui, sapeva che era colpa di quella roba,solo in un’altra occasione aveva avvertito una barriera tra lui e Bill.

Era avvenuto poco dopo l’operazione quando Fay era venuta a trovare il gemello,si accese una sigaretta mentre i ricordi tornavano a quel periodo.

Ora che erano passati anni da quell’inverno e sfogliava con più distacco i ricordi, era ovvio che fosse successo qualcosa tra loro due, ma allora non ci era arrivato.

Chissà cos’era successo?

L’unica cosa in grado di rendere suo fratello così acido nei suoi confronti era una ragazza, che fosse stata Fra?

Era altamente probabile, si era sempre chiesto se suo fratello provasse davvero solo amicizia o qualcosa di più verso di lei, tuttavia ogni tentativo di far confessare Bill su questo versante si era rivelato inutile.

Ci aveva provato un pomeriggio dell’inverno del 2008, quello del’intervento, mentre erano nella loro vecchia casa dell’adolescenza.

Il gemello era sdraiato sul divano, apatico.

Da quando era tornato dall’ospedale non parlava, allora credeva che fosse per l’intervento che aveva visto come una ingiusta punizione e cercava di distrarlo in qualche modo.

Senza saperlo aveva probabilmente peggiorato la situazione di Bill e si era fatto male due volte, evocando un’ipotesi che lo infastidiva da morire e causando una lite.

“Ti è venuta a trovare Fa..Fra?”

“Si.”

“Come sta?”

“Bene. Quest’anno dà la maturità, poi è libera di andarsene di casa.”

“Buon per lei, no?”

Fece una studiata pausa di silenzio.

“Magari potresti invitarla a seguirti nel tour, ti farebbe piacere, no?”

“Sei un cretino, credi che lo farebbe?”

“Prova a chiederglielo invece di attaccare me!”

“Tom , stai zitto per favore!”

Se fosse stato più attento, si sarebbe accorto del dolore nascosto dietro alla rabbia che c’era negli occhi del fratello, ma all’epoca non era ancora abituato a scrutare davvero a fondo gli occhi di Bill per capire se stesse mentendo o no.

“Bill ammettilo che per te è più di un’amica.

Non è mai stata un’amica per te!”

Bill non aveva urlato, non gli era consentito dopo l’operazione, ma l’aveva guardato con un tale odio che l’aveva gelato su quella poltrona, era rimasto impietrito per cinque minuti buoni con il suo solito sogghigno divertito stampato in faccia, mentre svaniva anche l’eco della porta sbattuta con violenza dal gemello.

Dopo quel litigio avevano ripreso a parlarsi, sebbene qualcosa si fosse incrinato tra di loro, Bill sembrava ritenerlo colpevole di qualcosa che lo faceva soffrire molto.

Lui all’epoca aveva rinunciato a capire cosa fosse, ma mentre ci ripensava quella mattina ormai vicino a Berlino forse aveva compreso, se la sua intuizione era esatta suo fratello si era dichiarato a Fay…

E quel comportamento così insolito in Bill indicava solo una cosa, che lei lo aveva rifiutato.

Deglutì.

Non aveva il coraggio di finire quel ragionamento, anche se il suo cervello lo aveva già fatto, perché la conclusione che temeva era che Francesca avesse rifiutato suo fratello perché in qualche modo pensava ancora a lui, Tom.

Quella sarebbe stata una cosa in grado di ferire davvero il suo gemello, non era mai riuscito ad accettare fino in fondo che le ragazze a volte gli preferissero lui, la paura più profonda di Bill era essere rifiutato per il suo aspetto.

Era una cosa che l’aveva sempre terrorizzato.

Era comunque  impossibile a suo parere che quella nanerottola provasse ancora qualcosa per lui diverso dall’odio.

Riprese ad immergersi nel passato, forse per capire quell’assurdo presente.

Erano partiti in tour una volta che il moro si era ripreso, nelle interviste e nelle uscite pubbliche mostravano a tutti la solita sintonia, ma nel privato il moro continuava ad essere di umore strano, continuava ad avercela con lui.

Georg e Gustav avevano da tempo imparato a non impicciarsi nei loro litigi, aspettavano che si risolvessero da soli temendo sempre di peggiorare la situazione o di rompere l’equilibrio della band.

Lentamente era poi tornato tutto al suo posto, tuttavia, sebbene avesse notato che durante quel periodo di umori tetri aveva diminuito i contatti con l’italiana non ne aveva mai fatto parola con lui.

Perché?

Prima per vigliaccheria, per non litigare di nuovo con lui a causa di quella ragazza che si rifiutava di uscire dalla sua testa, poi perché era stato travolto dal successo.

Quell’anno era stato devastante, si erano fatti conoscere in tutta Europa, avevano masse di ragazzine adoranti ai loro piedi e sarebbero partiti alla conquista dell’America.

Era troppo esaltato, fu da quel momento che lei se ne andò via quasi del tutto dalla sua mente, era solo vagamente consapevole dell’esistenza di Fay  per il fatto che i 2 G ancora si tenevano in contatto con lei.

Solo loro.

In America Bill aveva smesso di mandarle messaggi e telefonarle, confusamente aveva formulato un”L’avevo detto io.”  Poi aveva lasciato perdere tutto, deciso a godersi quel successo.

Dimenticandosela.

Si diede dell’idiota, poteva non pensarla, stordirsi con la fama e le ragazze, ma c’erano sere quando era da solo nella sua stanza in cui avvertiva che gli mancava qualcosa.

Se solo fosse stato più attento….

Avrebbe capito cosa gli mancava e si sarebbe chiesto perché suo fratello aveva infranto una promessa, conoscendone la testardaggine leggendaria.

Bill era una di quelle persone che raggiungeva i suoi obbiettivi e se faceva una promessa la manteneva, ma non quella fatta a Francesca.

E lui, il gemello, non se ne era quasi nemmeno accorto, troppo preso da altro.

In ogni caso, in America Bill stava bene, frequentava persino delle ragazze, aveva superato da solo il suo dolore e adesso che ci ripensava lo vedeva chiaramente.

Vedeva chiaramente come avesse ignorato già una volta il malessere del fratello perché era più facile e come in quella storia ci fossero già tutte le premesse di quello che sarebbe successo dopo.

Si maledì per la sua disattenzione, ma rivangare il passato adesso era inutile, doveva sperare che adesso sarebbe riuscito a rimettere tutto a posto.

E nel profondo di se stesso sperava disperatamente di non essere da solo a fronteggiare quella situazione.

Sperava ci fosse Fay.

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Aloha, eccomi di ritorno ^_^.

In realtà questo capitolo avrebbe dovuto essere più lungo, ma ho deciso di spezzarlo a metà e di pubblicarlo.

Se l’avessi pubblicato tutto insieme , sarebbe stato mooolto lungo e un po’ denso…na botta sui denti.

Spero vi piaccia, alla prossima.

Anyway, ecco le canzoni che ho usato.

(*)”Smells like teen spirit” Nirvana.

(**)”Ovunque” Verdena.

(***)”Luna”  Verdena.

(****)”Lithium” Nirvana.

 

Ringrazio:

 

_Pulse_

 

Lady Cassandra

 

Black Down TH

 

Hana Turner.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** 9)Su Come Il Passato Non Ci Stia A Farsi Seppellire E Ritorni. ***


9)) SU COME IL PASSATO NON CI STIA  A  FARSI SEPPELLIRE E RITORNI.

 

Francesca ha gli anni che ha
capisce quello che capisce
capisce che qui non va
e a me mi basta.

È strano come il tempo mentre lavoro e sono immersa nei miei pensieri si dilati fino a sembrare infinito e come ogni sentimento che provo si rifletta nelle stesure di colore che do e nelle maschere che finisco per dipingere.

Non so perché oggi sono così malinconica, perché permetto a tutti i miei ricordi di emergere, quando solitamente li relego in un angolo della memoria ed evito di riflettere su cosa avrei potuto o non potuto fare.

Forse è la pioggia che scende fuori e forse è il tardo pomeriggio, che mi ha riportato a quando a Berlino spendevo ore a pensare alla mia splendida vita futura, ai miei amici, a Jo.

A Lui.

Una volta arrivata in Italia mi sono lasciata un po’ tutto alle spalle, i miei se, i miei ma, i miei però per non soffrire, per ricominciare da capo.

Sono stata una stupida, ricominciare da zero senza avere affrontato i propri fantasmi è impossibile ed è anche arrogante in una certa misura. 

Si può andare avanti per un po’ e credere di stare bene, ignorando quel senso di vuoto o quell’angoscia che prende ogni tanto, come ho fatto io in questi anni, ma non lo si può fare a lungo.

Prima o poi tutto viene a galla e viene a cercarti, sia con ricordi, sia con le persone stesse che tu hai tentato di rimuovere disperatamente.

Io spero che oggi siano solo i ricordi, anche se ho una sensazione vaga ed indefinita che mi fa stare in campana.

Ho paura che oggi rivedrò qualcuno che appartiene al mio passato e che non mi farà piacere vedere, sbuffo.

Sakura alza gli occhi al cielo, detesta ricevere le mie rispostacce  e poi vedermi immersa nei miei pensieri, si sente esclusa, ma ci sono cose che non posso raccontarle.

Il  mio passato non è limpido come il suo, anche quello che sa di Jo è una versione con molti fatti omessi, non sa del perché sia andato in America  e del perché anche adesso evita di tornare a Berlino.

È fuori dal giro da molto tempo, ma dice che quel posto gli evoca solo brutti ricordi e io non posso che essere d’accordo con lui, li abbiamo solo sofferto.

Sia io che lui.

In ogni caso Dave è stato il mio unico ragazzo, visto la fine della nostra storia oserei dire per fortuna, però stare con lui mi faceva stare bene.

Durò circa sei mesi, mi accompagno fino a metà del secondo anno della scuola d’arte di Berlino,in quel lasso di tempo fui una della ragazze più rispettate della scuola, forse tutti pensavano che fosse figo stare con uno che aveva la reputazione da teppista o forse avevano paura di lui.

Non mi importava, credevo di stare bene e di avere abbastanza nonostante la mia vita non fosse rose e fiori fino a quando tutto crollò di nuovo, senza che nessuno fosse lì a sostenermi.

Fu nel gennaio 2007, il 21 gennaio del fottuto 2007 e fu tutta colpa mia.

Non mi faccio sconti nemmeno oggi per quel che accadde, anche se Jo giura di avermi perdonata, io non posso farlo.

Quel giorno rischiai di perderlo solo perché ero troppo distratta, presa da altro  non avevo ascoltato quanto fosse stato male prima di allora e non avevo prestato attenzione al fatto che c’era qualcuno che lo stava distruggendo.

Non potevo nemmeno immaginare che ci fosse una persona così rancorosa, era fuori dai miei canoni mentali, così andavo avanti, ignara di tutto.

Mi sono data mille della stupida quella sera, avrei voluto cambiare il passato quella sera, ma non potevo e pregavo.

Pregavo che lui  avesse un futuro per poterlo cambiare.

Iniziò come una serata normale, come una delle tante cene passate a casa sua a parlare di quello che avremmo fatto e delle persone che avremmo visto una volta finita la scuola.

Era in occasioni come quelle che gli avevo parlato della mia vita, di mio padre, di mia madre, di loro e di Lui e del suo gesto eroico, Jo aveva raccolto pazientemente tutti gli sfoghi, come io avevo raccolto dopo i suoi.

Lui poteva sembrare il solito ragazzino viziato, ma io avevo intuito che era solo una persona fragile, sensibile e che aveva bisogno di qualcuno semplicemente in grado di ascoltarlo senza emettere giudizi, visto che i suoi genitori pretendevano  molto da lui  senza dargli molto sul piano affettivo.

Quella sera  me ne dimenticai, non gli lasciai alcuno spazio nella conversazione, riempiendogli la testa dei racconti di quanto fosse forte  Dave e di come mi piacesse, nonostante lui avesse più volte tentato di dirmi qualcosa .

Non ascoltai il suo grido di aiuto perché ero troppo impegnata a far tacere quella voce nella mia mente che mi diceva che non era il moro che volessi, ma un altro rasta, fui egoista.

Io detesti gli egoisti e per questo non mi perdono.

Dopo la cena iniziò al rollarsi una canna, quella volta non mi lasciò nemmeno un tiro, avrei dovuto notare che era strano perché offrire ormai faceva parte di quello che ormai era come un rito per lui, come se condividendo lo stesso errore lui si sentisse liberato da una sorta di peso.

Non ci feci caso, così come non feci caso al fatto che crollò sul divano come un sacco di patate, quella ormai era la normalità non era la prima volta che succedeva che una volta fumato tutto quello che aveva si addormentasse di botto come un narcolettico.

La ripetitività mi rassicurava e così come una deficiente infilai l’errore che avrebbe potuto rivelarsi fatale, chiamai il mio ragazzo e lascai lì il mio amico.

Ricordò che uscii di casa sorridendo.

Sorridendo.

Idiota, idiota, idiota! È ciò che urlo anche adesso in bottega se ripenso alla mia aria ebete, Sakura continua a scuotere la testa.

Trascorsi una mezz’ora a parlare e a baciarmi con lui, poi  all’improvviso mi staccai come se mi avesse dato la scossa e lo mollai senza una spiegazione plausibile, avevo il presentimento che fosse successo qualcosa in mia assenza.

Avevo paura, sentivo il mio cuore pulsare mentre attraversavo le porte a vetri di quel condominio elegante e avevo il fiato corto per l’ansia.

Mi sentivo come in un incubo, le scale erano diventate infinitamente lunghe e l’appartamento al terzo piano irraggiungibile , avevo il con il batticuore e non sapevo perché.

Aprii la porta piano, l’abitazione era illuminata e in un silenzio irreale come l’avevo lasciata,deglutii, era successo qualcosa, ormai ne ero certa.

Josh era ancora sul divano così come l’avevo lasciato,deglutii di nuovo, nebulosamente il mio cervello stava iniziando a capire cosa stesse succedendo.

Mi avvicinai piano, a passi incerti, timorosi  e lo scossi spaventata, mentre aspettavo che mi mandasse al diavolo per averlo svegliato provai una paura che allora considerai assurda ed irrazionale.

Non si svegliò ovviamente.

Io sbiancai e mi sentii venire meno pur sapendo che a costo di prendermi a schiaffi da sola non avrei dovuto svenire.

Quello che feci dopo è avvolto in una nebbia densa e spessa in cui emergono solo flash al rallentatore, come se la mia mente l’avesse in qualche modo rifiutato.

Lo scossi ancora, senza ottenere risposta, poi lo buttai nella doccia

Ero disperata,non sapevo cosa fare,ne come aiutarlo, ero impotente.

Piangevo, bestemmiavo e lo scuotevo, sotto il getto continuo della doccia che scandiva come una colonna sonora monotona e non richiesta quello che per me era un incubo troppo fottutamente reale.

Mi stavo bagnando, i vestiti ormai erano come una seconda pelle, ma non me ne fregava nulla, l’unica cosa che desiderassi era vederlo aprire gli occhi e imprecare per quel brusco risveglio.

Non so quanto tempo rimasi la sotto, aggrappata a lui,  a un certo punto smisi anche di scuoterlo, solo l’acqua scorreva, portandosi via le mie lacrime.

Lacrime inutili.

Era inutile che piangessi, ma non riuscivo a smettere, poi sentii un leggero movimento accanto a me.

Era lui.

“JOOOO!”

Era intontito, lo aiutai a tirarsi in piedi ancora con lacrime agli occhi.

“Così è successo?”

“è successo che sei un coglione!”

Mi buttai addosso a lui e lo abbracciai, affondando la testa nel suo petto, lui rispose impacciato ed ancora vagamente incredulo, non si rendeva nemmeno conto di quello che aveva rischiato quella notte.

Ero contenta che fosse vivo ma consapevole dei miei errori, non potevo continuare a così.

Non più.

Non avrei retto a un’altra notte come quella, a un’ altra ansia del genere e non volevo nemmeno pensare a cosa sarebbe successo se non fossi arrivata.

Ci trascinammo fuori da quel box doccia, ci vestimmo , lui divorò un altro piatto di pasta mentre io lo guardavo per imprimermi nella mente quelle immagini familiari a cui aggrapparmi nei momenti duri che sarebbero arrivati in seguito.

Sapevo che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui ci saremmo visti da amici, quello che avevo intenzione di fare mi avrebbe fatto odiare, ma se fosse servito a salvarlo non me ne importava nulla.

Il giorno dopo avrei parlato con i suoi,erano gli unici in grado di fare concretamente qualcosa, quella notte sarebbe stato il nostro arrivederci.

Quella notte fui io ad invitarlo a dormire con me,si addormentò subito,abbracciato a me sorridendo, io mi limitavo a guardarlo, accarezzarlo e a scusarmi mentalmente con lui.

-Perdonami, ma l’infame la faccio per aiutarti…-

Quel che successe dopo fu prevedibile, i suoi sclerarono, Jo si arrabbiò e mi vomitò addosso le accuse più disparate che io subii in silenzio.

“Sarai Contenta! Adesso i miei mi schiaffano in una clinica per ricconi drogati in America!”

Non ero felice, ma sapevo che quella era l’unica soluzione.

Alì aveva avuto ragione, se non avessi fatto così Jo avrebbe finito per trascinare anche me con lui e se fossi crollata io, nessuno di noi si sarebbe salvato.

L’aveva capito anche lui, ma era troppo arrabbiato e ferito per accettarlo senza insultarmi.

“Cazzo fra! Sei una stronza!

Stronza doppia!

Chissà quanto avrai riso alle mie spalle visto che è stato il tuo amato David a passarmi quella merda!!”

Rimasi paralizzata, lui rise e mi spintonò  fuori da casa sua impietoso, sbattendo violentemente la porta.

“VAFFANCULOO!”

Fu l’ultima cosa che mi disse prima di partire, mentre io ero in trance davanti a quella porta chiusa, con la lacrime agli occhi.

Stavo pagando per tutti i miei errori, sarebbero passati mesi prima di risentire di nuovo quella voce allegra che adoravo.

Mesi .

[Offendimi, se odiare è un crimine il prezzo è uguale e fa male(*)]

Rimasi a lungo in quello stato, incurante dei condomini che dopo avermi indicato scuotevano la testa, come davanti a una pazza, non mi importava.

Elaboravo a modo mio uno shock,quando mi ripresi ero in preda a una rabbia feroce verso il mio ragazzo.

Lui mi aveva ingannata, mi aveva in un certo senso tradita.

Volevo fargliela pagare, non mi rendevo nemmeno conto che dietro tutto questo c’era Farid perché ormai era Dave che odiavo.

La Francesca ingenua di allora credeva che fosse stato lui a rubarle l’amico e non poteva perdonarlo, non in quel momento in cui si sentiva ferita e vulnerabile.

Per arrivare a capire come fossero andate veramente le cose e di conseguenza riconciliarmi con lui almeno come amico ci sarebbero voluti anni.

Quel pomeriggio sfrecciai verso il mio quartiere, senza fermarmi , fino a che non trovai Dave e gli altri, in cerchio per il rito della cannetta collettiva.

Lui capì dalla mia faccia che era successo qualcosa, così lasciò i suoi amici con un cenno e mi raggiunse preoccupato.

“Cosa è successo?”

“è successo che tu sei uno stronzo! Ecco cosa è successo!”

“Perché Fra?”

“Perché? Perché hai venduto della roba a Jo, al mio migliore amico, cazzo!

Dopo tutto quello che ti ho detto su di lui, dopo che ti avevo detto che ero preoccupata per lui!!”

Abbassò gli occhi.

“Non è come credi…

Provò ad accarezzarmi una guancia, lo bloccai furiosa.

Vaffanculo! Non voglio più vederti!”

Corsi via in lacrime, lui rimase a guardarmi, avrebbe voluto dirmi che era stato Fari a dirgli di fare quella consegna senza accennare a chi fosse il cliente, avrebbe voluto scusarsi forse, ma io non gliene diedi il tempo.

Quella corsa avrebbe voluto essere una fuga dalla mia vita che odiavo, avrei voluto prendere il primo treno ed andarmene via, per un attimo presi perfino in considerazione l’idea di andare da Alì per un po’.

Ci rinunciai, ero sconfitta.

Senza amici, senza un ragazzo, ero di nuovo condannata all’inferno.

[Illumina annulla le paure oh luna nulla è uguale(*) ]

L’inferno.

Una volta avevo sentito un detto che recitava più o meno così, che chi avesse vissuto abbastanza l’inferno su questa terra si sarebbe guadagnato sicuramente il paradiso.

Non sapeva se fosse vero  o no, ma se lo fosse stato  una parte di paradiso se l’era già guadagnata in quell’ultimo anno.

Era innegabile che la vita gli avesse concesso tanto, ma in cambio aveva preteso tanto allo stesso modo, una parte importante di loro stessi, come nelle vecchie leggende dei patti con il diavolo.

Essere in tour era esaltante, molto bello ma anche molto faticoso, così come subire le manifestazioni di affetto delle fans, perché ciò li costringeva a ridurre al minimo la loro vita privata.

Spesso aveva notato come suo fratello fosse stanco o bisognoso di un attimo di pace che lo steccasse da tutto, ma non ci aveva dato peso, succedeva a tutti loro.

Era il prezzo da pagare per essere riusciti a realizzare il loro sogno e anche se a volte risultava un po’ oneroso, in passato erano sempre riusciti a reggerlo.

Lui era riuscito a reggerlo.

Qualcosa doveva essere cambiato nell’ultimo anno, qualcosa doveva essersi incrinato.

Più ci rifletteva  mentre guidava per le vie di Berlino e più era certo che semplicemente suo fratello avesse raggiunto il limite di sopportazione per quella vita e che si fosse tragicamente reso conto che non c’era nessuno che  potesse aiutarlo.

Lui, i suoi amici potevano sostenerlo, ma non potevano vivere la vita al suo posto quando essa richiedeva troppo da lui e così si era rifugiato in quella roba.

Avrebbe dovuto notare che girava gente strana attorno a lui e che Bill stesso era strano, ma con tutte le cose che avrebbe dovuto fare o notare avrebbe potuto costruirci una casa immaginaria, la realtà dei fatti era che lui aveva preferito ignorare tutto perché era più facile così.

[Muore l'idea di me che c'è nella tua mente
Perciò è meglio che tu non pensi a niente
Mentre ti uccido l'anima(**) ]
Quei ragazzi e quelle ragazze non erano gente dello staff, non avrebbero dovuto essere lì e non sembravano il genere di compagnia che il fratello potesse gradire, eppure Bill li proteggeva,

Impediva ai bodyguards di allontanarli, allo stesso tempo non dava spiegazioni riguardo alla loro presenza quando Tom gliele aveva chieste.

“Chi sono Bill?”

“Fatti i cazzi tuoi! Io non ti chiedo chi siano le tue puttane.”

A quella risposta acida chinava invariabilmente il capo e lasciava perdere, si sentiva disarmato davanti a lui.

Erano risposte inconsuete per il fratello, ma credeva che fosse una crisi passeggera dovuta allo stress, alla pressione  che avvertiva su di lui, preferiva allontanare da sé la sensazione di innaturalità che gli davano.

Non era pronto ad accettare una spiegazione diversa dagli sbalzi d’umore, non ancora.

La verità l’avrebbe poi colpito con la forza devastante di un fulmine quando meno se lo aspettava, quando credeva andasse tutto relativamentebene.

Non era mai stata sua abitudine spiare suo fratello, quello era stato un caso, aveva bussato più volte alla porta del bagno del loro appartamento senza ottenere risposta e trovandola chiusa a chiave e con la luce accesa.

Doveva esserci Bill all’interno, solo non capiva perché si fosse barricato la dentro, inoltre Tom  aveva bisogno di recuperare il cappellino che si era dimenticato dentro per poter uscire.

Era rimasto incerto sul da farsi, poi si era ricordato che per uno strano caso del destino la chiave della sua camera riusciva ad aprire anche il bagno ed era corso a prenderla, imprecando contro il fratello.

Per molto tempo dopo aveva pensato che avrebbe preferito uscire senza cappello e venire sbranato da un branco di oche che vedere quello che aveva visto.

In ogni caso aveva infilato la chiave nella toppa e l’aveva girata molto lentamente, poi la porta si era aperta lasciando intravedere il fratello chino sul lavandino davanti a due strisce di polvere bianca.

Cocaina.

E tutto era diventato chiaro nella sua mente, come un puzzle improvvisamente ricomposto, ecco il perché di quella strana gente degli sbalzi d’umore che portavano il fratello da stati di cupa apatia all’iperattività.

Era rimasto paralizzato, senza nemmeno la forza di muovere un muscolo, a guardarlo, come se fosse caduto in trance.

Perché?

Solo questo riusciva a chiedersi senza trovare nessuna risposta.

All’improvviso la voce gli era tornata,mentre suo fratello si stava alzando, aveva urlato con tutta la sua rabbia.

“CHE  CAZZO STAI FACENDO?”

Il fratello si voltò a guardarlo con un espressione vagamente divertita, lui era entrato nel locale l’aveva scosso per le spalle fragili.

Si era fermato alla sua risata, lunga, divertita e derisoria, assolutamente non da lui.

Le braccia gli erano ricadute contro il corpo, era di nuovo svuotato di qualsiasi energia, la persona che gli stava davanti non sembrava più nemmeno Bill.

“Perché ti sei fermato, fratellino ?

Ti faccio paura?

TI faccio s c h i f o?”

Rimase in silenzio, non sapeva cosa replicare, non gli faceva schifo, solo pena e se provava paura era solo per Bill stesso che si era ridotto in quel modo.

“Non mi rispondi?

Te ne accorgi solo adesso che sto male?

Dov’eri prima?

Eri troppo preso dalla tua vita per pensare a me, al fatto che non reggessi più e visto che non c’eri ho pensato di aiutarmi da solo.

Questo e quanto, ti ho liberato da una seccatura.

Non sei felice?”

[Questa è la mia vita, questa è la mia famiglia.

Sei contento adesso?

Ho appagato la tua curiosità?”]

Non era per niente contento, si sarebbe preso a schiaffi mille volte per tutte le volte in cui era stato egoista o assente, ma era certo che non sarebbe servito a nulla, non poteva tornare indietro, ma poteva aiutare suo fratello.

Avrebbe voluto dirglielo, ma lui non c’era più, era uscito di casa sbattendo la porta.

[Mentre ti uccido
Mentre ti uccido l'anima
Proprio come tutto il resto ha fatto già(**) ]

Quella era stato il primo litigio, la rivelazione e l’aveva lasciato annichilito.

Senza sapere perché era andato in camera del fratello, forse sperava di trovarci qualcosa che lo aiutasse a capire perché fosse successo, ma tutto ciò che aveva trovato era stato il solito caos.

Non erano mai stati ordinati, ma Bill era andato fuori controllo nell’ultimo periodo, un’altra delle cose che non aveva notato.

Mosse qualche passo nella stanza e si accorse di qualcosa sulla scrivania che era in un angolo relativamente sgombro, come se fosse stato tenuto volutamente più libero degli altri.

Era un vecchio album di fotografie, forse Bill l’aveva sfogliato per ricordarsi del passato, di com’era bella vita prima che il Successo arrivasse a incasinargliela, decise di prenderlo in mano e una foto uscì.

Svolazzò pigramente per qualche secondo prima di cadere a terra, lui la raccolse e la guardò sorpreso.

Francesca.

Francesca e Bill.

Erano abbracciati in una vecchia foto del 2005.

Guardare quella foto gli fece un effetto strano, fu come un pugno nello stomaco che lo riportò ai tempi in cui suo fratello era felice e in cui lui era felice.

Aveva percorso tanta strada da allora, ma forse non era migliorato, se non si era accorto che suo fratello stava così male da cercare conforto in quella roba.

Gli ritornarono in mente tutte le volte che altre volte aveva ignorato Bill volutamente per dare ascolto solo a se stesso, quella ragazza ne era la prova vivente.

Un sacco di volte suo fratello gli aveva detto di chiamarla senza ottenere risultati e lui  non l’aveva fatto credendo di fare la cosa migliore, così come non aveva fatto domande al fratello credendo fosse meglio non opprimerlo.

Aveva sbagliato in entrambi i casi.

[I geniali progetti che sono tutti uguali
Ed i geniali discorsi diventano banali(**) ]
Se avesse dato ascolto a Bill forse quella nanerottola si sarebbe accorta che lui stava esagerando con i suoi atteggiamenti, nessuno come lei sapeva rimetterlo al suo posto, e l’avrebbe obbligato a fare qualcosa per Bill.

Idiota.

Si alzò di scatto, prese un block notes dall’ammasso di roba che si trovava sulla scrivania del gemello, dubitava che se ne sarebbe accorto in quel caos e si diresse in cucina.

Aveva riempito di getto quei fogli che sarebbero diventate la prima delle tante lettere che gli avrebbe mandato, scrivendoci di tutto, spiegando com’era la sua vita, scusandosi per tutto quello che aveva fatto e soprattutto non fatto e soprattutto parlandogli di Lui.

Dei suoi problemi, di come fosse cambiato, ma  non aveva avuto il coraggio di parlare di quella roba.

Nemmeno adesso sapeva dire cosa l’avesse spinto a farlo, forse solo il bisogno di sfogarsi, visto che ultimamente i rapporti con Georg e Gustav erano ridotti al minimo indispensabile per non far crollare la band.

Altro errore.

Sbuffò, forse voleva solo qualcuno che lo trattasse come meritava, che lo cazziasse e poi gli tendesse una mano, se non per aiutare lui per aiutare Bill.

Voleva Fay perché era certo che l’avrebbe fatto, almeno per suo fratello.

Parcheggiò davanti a un caseggiato popolare, tra poco l’avrebbe vista e le avrebbe parlato e l’epilogo a quella faccenda iniziata anni prima sarebbe arrivato.

Non sapeva cosa sarebbe successo, forse l’avrebbe ascoltato o forse l’avrebbe buttato fuori casa e basta, ma almeno ci avrebbe provato.

Per Bill e per se stesso.

[Ma la cosa più strana della nostra vita
E' che scivola fra le nostre dita
Mentre ci uccide l'anima(**)]

 

L’inferno…

Non so se esista un inferno dopo la morte, ma se c’è credo sia molto simile a quello che ho vissuto io dopo la partenza di Jo, me lo dico mentre noto che la pioggia non accenna a smettere e io sono senza ombrello.

Accidenti.

Non era mai stato facile per me stare a Berlino, ma con Jo riuscivo a farlo, quindi una volta sparito lui era come se parte della mia voglia di vivere se ne fosse andata insieme a quell’adorabile zucca vuota bionda.

Jo era lontano, forse non mi avrebbe rivolto mai più la parola.

Loro erano lontani.

Lui era lontano ed era un gigantesco punto di domanda come Josh.

Dave era fuori dalla mia vita.

Cosa potevo fare io?

[Cerca e troverai
spegniti e vedrai
per adesso ti hanno perso Tutto quel che sai
Sopravviverai(***) ]
Mi sentivo apatica, stanca, trascorrevo la maggior parte delle giornate sdraiata a letto guardando il muro e facendo preoccupare Luca.

Trascorsi i rimanenti mesi di scuola in uno stato di apatia, cercando di scansare la banda di Fari che mi era ostile e quelli che una volta conosciuta la  mia cosiddetta overdose tentavano di trascinarmi nel loro  gruppo di cannaoioli.

Ero strana, ero una punk, ascoltavo musica non commerciale,  la maggior parte italiana, ma non volevo diventare come loro.

Non volevo un’altra etichetta addosso, un’altra prigione che mi soffocasse.

Le droghe non avevano fatto altro che portarmi guai, rubandomi possibilità  di cambiare qualcosa nella mia vita e la gente a cui tenevo eppure…

Eppure c’erano sere in cui vergognandomi come una ladra cercavo uno degli amici del mio ex e mi facevo vendere un po’ di fumo.

Non so cosa cercassi, forse solo un po’ di oblio, qualsiasi cosa fosse non la trovai.

La pace non potevo raggiungerla così, non facevo altro che fare brutti trip che mi lasciavano stordita, credo che persino Gustav che era quello che di loro  sentivo più assiduamente  fosse preoccupato per me.

Passò anche quel periodo, lasciandomi altri lividi addosso, metaforici e non, ma finì

Ero riuscita a non rimanere sotto, forse ero forte dopotutto.

A maggio di quell’anno avevo capito una cosa:che me ne sarei andata dalla Germania per tornare in Italia, non sapevo bene dove, la Sicilia era esclusa, ne a fare cosa, ma avevo tutta l’estate per pensarci e per raccogliere i soldi e anche tutto il successivo anno scolastico.

Quell’anno accolsi la fine della scuola come una benedizione, per tre mesi buoni non avrei più rivisto nessuno di quei finti alternativi che si atteggiavano a poveracci e decadenti con il papi ricco che pagava i loro sfizi, ne i professori, ne i bidelli.

Ero esasperata.

Al suono della campanella schizzai via senza salutare nessuno in particolare e feci il giro delle biblioteche per affiggere nelle loro bacheche un foglio in cui mi davo disponibile per aiutare i bambini e i ragazzini a fare i compiti e un altro in cui mi offrivo come dog-sitter.

Dopo qualche giorno iniziarono a chiamare, organizzai gli impegni, pregando che mia madre non sospettasse niente, ero certa che m avrebbe piantato delle grane.

I bambini erano contenti di me, con due fratelli sapevo come trattarli e come impormi senza risultare una dittatrice, in quanto alle madri mi apprezzavano i primi tempi e basta.

Una volta scoperto dove vivessi, chi avessi frequentavo  e che passato avessi storcevano il naso, iniziavano a essere diffidenti e finivano per dirmi che preferivano essere loro a far svolgere i compiti ai figli.

Ipocrite.

Fortunatamente come dog-sitter funzionavano e nuove madri mi chiamavano.

Sembrava andare tutto alla grande, finchè mia madre non scoprì tutto.

Una sera arrivò a casa più arrabbiata del solito, non ci diedi molto peso, al lavoro trovava sempre qualcuno che era incompetente, idiota o qualcos’altro e quando era con noi si sfogava.

Notai che mi guardava, era in arrivo una sfuriata probabilmente, così mi preparai mentalmente.

“Francesca!”

“Si.”

“Ho saputo che lavori. Consegnami i soldi.”

“No.”

“Ti ho mantenuto per diciotto anni senza pretendere nulla, è mio diritto avere quei soldi.”

“Sono maggiorenne, decido io come gestire i soldi che guadagno.”

“Sei maggiorenne, posso buttarti fuori casa!!”

Non sapevo come replicare, non volevo darle i frutti sudati del mio lavoro,tuttavia ero certa che se non l’avessi fatto avrebbe messo in pratica la sua minaccia, mia madre non era una donna che aprisse la bocca solo per darle aria.

Era una di quelle persone che mantengono ciò che promettono o minacciano a seconda dei casi, senza fermarsi davanti a nulla, incuranti del dolore che avrebbero potuto provocare, solo per appagare il loro orgoglio e il loro egoismo.

Ero in un vicolo cieco.

Fu Andrea a salvarmi, sentendo mia madre che ipotizzava di sbattermi  fuori casa scoppiò a piangere e l’unico modo per calmarlo risultò essere la promessa che almeno fino alla fine del liceo avrei vissuto ancora in quella casa.

“No tesoro, stai calmo!

Francesca rimarrà con noi fino a quando vorrà lei.”

Guardò me.

“Con la metà dei soldi che guadagna le prenderò i libri di scuola dell’anno prossimo 

Era un compromesso, il massimo che avrei potuto ottenere da lei, così mi rassegnai e le consegnai metà di quello che avevo guadagnato.

Qualche giorno dopo venne a trovarmi Gustav, forse per sincerarsi che stessi bene, forse perché era quello che teneve di più a me tra tutti i miei lontani.

Mi raggiunse al parco dove mi stavo facendo trascinare da tre cani e vedendomi scoppiò a ridere, doveva essere piuttosto assurdo vedere una ragazzina ossuta, con delle meches verde acido  tra i capelli ondulati, con dei jeans cortissimi e stracciati, una canottiera a righe  tagliuzzata e soprattutto con gli anfibi visto che eravamo quasi a luglio.

Fraaa! Ma come sei messa?”

Mi voltai di scatto.

Guuustav?!”

Mi sarei lanciata ad abbracciarlo se solo uno dei cani, un alano per la precisione, non si fosse messo a correre dall’altra parte, portandomi con sé, il biondo fu costretto a rincorrermi.

Una volta fermata la bestia, gli chiesi dove fossero gli altri due.

“Georg è da sua madre, sta passando un periodo un po’ così e Bill è a casa malato.”

“Ancora?”

Mi guardò perplesso.

“L’ho sentito settimana scorsa e mi ha detto che era malato.”

Avrei voluto chiedergli  altro mi ero resa conto che non mi stava dicendo tutta la verità, ma la sua domanda mi tolse le parole di bocca.

“Come va?”

Rimasi in silenzio.

“Jo è in America per disintossicarsi, io arranco come al solito.

Faccio due lavori per avere il grano per andarmene appena do quei cazzo di esami di maturità, ma mia madre mi ha scoperto e mi ha fatto consegnare metà dei soldi.

Una meraviglia.”

Continuammo a parlare di Jo e di tutto quello che gli era successo, più che altro io finii per piangere sulla spalla di Gustav e non chiesi più nulla dei malori di Bill.

Quell’estate finì troppo presto per i miei gusti, a settembre non avevo raccolto che metà dei soldi che mi servivano per la mia partenza e trasferimento In Italia, ero nei guai.

Il due settembre rividi Bill per il suo compleanno, era più magro di quando me lo ricordassi e più pallido, ma tutto sommato lo trovai bene,

Era sempre il solito ragazzo adorabilmente impiccione che avevo incontrato nei primi tempi in Germania e che mi aveva  aiutato notevolmente a inserirmi.

“Ehi, ma mangi?”

“Perché Fra?”

“Sei troppo magro!”

Gli strizzai la pelle del braccio, lui se la massaggiò indispettito.

“Ahia scema!”

“Scusa! Come posso fare a farmi perdonare?”

“Dammi un bacio, eretica!”

Scoppiai a ridere e lo guardai perplessa.

“E dove scusa?”

“Sulla guancia, però se vuoi anche sulla…

“Guancia Kaulitz. Non ti allargare troppo.”

Lo baciai sulla guancia, lui arrossì, ancora una volta forse voleva dirmi qualcosa  e forse ancora una volta gli mancò il coraggio.

Io non ci feci caso, stavo pensando ai miei problemi, precisamente a come raccogliere i soldi e a che lavoro avrei potuto fare dopo la scuola, senza che mia madre mi sgamasse.

Alla fine, per una sorta di ironia del destino, finii per lavorare al bar tabacchi del padre della persona che più odiavo al mondo, e che  avevo scoperto aveva tentato di rovinare la vita a Jo, Farid.

Fu un periodo duro,  che coronò con l’intervento alle corde di Bill a marzo del 2008, quella fu la ciliegina sulla torta perché dopo quello che successe i contatti con lui diminuirono fino a sparire.

Non sono mai stata diplomatica e allora come oggi non avevo esperienza con i ragazzi, nessuno mi aveva mai considerata e quindi non avevo mai respinto nessuno.

In ogni caso, quando Gustav mi avvisò scatenai il finimondo a casa pur di andarlo a trovare, mia madre voleva impedirmelo a tutti costi detestando entrambi i gemelli, io la spuntai.

Arrivai in una costosa clinica spaesata e ansiosa, temevo che con il mio aspetto non mi avrebbero fatto nemmeno entrare, ma mi sbagliavo.

Alla reception furono tutti piuttosto gentili, così come le infermiere del reparto, probabilmente Gustav aveva avvisato che sarei arrivata e di non preoccuparsi se una ragazza con l’aspetto da barbona chiedeva del famoso Bill Kaulitz.

Era sdraiato a letto, stava guardando la tv discretamente annoiato.

“Ehi debosciato!”

Si illuminò non appena mi vide  e mi fece segno di sedermi sul letto, io eseguii gli ordini sorridendo, mi era mancato una cifra.

“Che bello vederti! Come stai? L’infermiera dice che non devo parlare….”

Gli accarezzai i capelli ridacchiando.

“Hai appena subito un intervento alle corde vocali, stordito!”

Si imbronciò.

“Perché mi insulti sempre?”

“Perché ti voglio bene, cucciolo.”

Arrossi di botto e mi guardò dritto negli occhi.

“Tu mi piaci, Francesca.”

Spalancai gli occhi, lui fece per baciarmi, ma lo scansai, lui abbassò gli occhi ferito, io…

Io non sapevo cosa fare, mi sentivo triste, non avrei voluto ferirlo, ma non immaginavo minimamente che lui si fosse preso una cotta per me.

MI dispiace….ma…

“Io non ti piaccio, vero?

Pensi che io sia un’idiota?”

“No!”

Gli presi le mani.

“Sei una delle persone più importanti della mia vita, ti devo tantissimo.

Ti voglio molto bene, ma sei solo un amico purtroppo e io non volevo ferirti.

Scusami…io…

Mi mise un dito sulle labbra.

“Ok, ho capito.

Dispiace anche a me.

Pensi ancora a mio fratello?”

“Io non lo so.”

Ero confusa, lui fece un sorriso amaro.

L’avevo ferito.

Avevo ferito un’altra delle persone a cui tenevo, avrei voluto sparire, mi veniva da piangere ed ero certa che anche lui fosse nelle mie stesse condizioni.

“Se vuoi me ne vado…

Mi ero già alzata, quando lui mi afferrò per un polso e mi fece risedere.

“No, rimani….per favore!”

Sorrisi triste.

“Abbracciami Fra…è dura tirare avanti.”

“Lo so.”

Mi stesi accanto a lui e lo abbracciai.

MI dispiace.

Davvero, vorrei che fosse tutto diverso.”

“Anch’io”

Rimanemmo in silenzio,  io lo abbracciavo e sentivo che stavo solo facendogli più male.

Ero solo una dannata egoista.

“Per favore, non sparire….”

“Ci proverò ….”

Si addormentò accoccolato a me, fino a che non arrivò un’infermiera a dirmi che l’orario di visite era finito e che dovevo andarmene.

Lo scostai delicatamente da me per non svegliarlo, ma fallii nel mio intento, mi ritrovai i suoi occhi tristi puntati addosso.

“Devo andarmene.”

“Lo so.”

MI dispiace.

MI mancherai e…guarisci…spaccali tutti…

Io ho fatto solo danni.”

Mi fece un ultimo sorriso triste, agitò la mano e  io uscii da quella porta con le lacrime agli occhi, le sento pungere ancora oggi.

Per quel che può valere non avrei voluto che finisse così.

[Where did I go wrong, I lost a friend
Somewhere along in the bitterness
And I would have stayed up with you all night
Had I known how to save a life (****)]

Era davanti alla porta dell’appartamento dei Girardi senza sapere cosa fare, il coraggio di poco prima era del tutto sparito, forse stava solo perdendo tempo, sarebbe stato più giusto tornare da Bill e parlargli.

Sospirò.

No, non avrebbe funzionato parlare con suo fratello.

Era un copione che si era ripetuto troppe volte oramai e che aveva dolorosamente imparato a memoria.

Periodicamente suo fratello lo supplicava di perdonarlo ed aiutarlo, voleva smettere con quella roba, ma da solo non ce l’avrebbe fatta così chiedeva al suo adorato Tomi.

Le prime volte lui gli aveva creduto, aveva fatto frugato tra le cose del gemello e fatto sparire la sua scorta di polvere bianca, dato disposizioni alla sorveglianza perché nessun estraneo entrasse nel backstage dei concerti e negli alberghi, soprattutto quelli che si proclamavano amici di Bill.

Il moro lo ringraziava, giurava che si sarebbe ripulito e lui gli credeva.

Quella pace durava un giorno o due, poi Bill iniziava a essere inquieto e a scattare per un nonnulla, finiva per scappare a rimediare una dose, mentre lui si sentiva impotente e preso in giro.

Non riusciva ad aiutarlo per quanto volesse, era frustrato e allora scoppiavano le liti, violente, distruttive che non risolvevano nulla e che inasprivano il clima.

Teneva distanza anche Georg e Gustav, voleva farcela da solo.

E non ci riusciva.

La volta dopo era ancora uguale, pentimento, pace, lite.

Pentimento, pace, lite.

Fino all’ultima lite, quella aveva segnato una rottura, lui non ce l’aveva più fatta a reggere ed ora eccolo qui a guardare una porta chiusa, codardo fino in fondo.

 “La vuoi aprire quella porta o aspetti che si apra per magia?”

Si voltò, Luca Girardi era davanti a lui, sei anni dopo il bambino tosto era diventato un sedicenne alto e magro, con una cresta di capelli neri e disordinati e lo sguardo penetrante della sorella.

Fay.

“Luca?”

“No babbo natale, Tom Kaulitz! Che vuoi?”

“Come siamo gentili…

“Tu hai fatto del male a Frankie, non ho nessun motivo per stendere un tappeto rosso per il tuo arrivo.”

“Io non volevo…

“Troppo comodo. È come se le avessi fatto una promessa e l’hai infranta senza nemmeno rendertene conto.

Mia sorella è diversa dalle altre ragazze che conosci.”

“Lo so e …vorrei parlarle.”

“Meglio tardi che mai, ma ti è andata male.

Non abita più qui.”

“Cosa?”

“Non abita più qui, se ne è a n d a t a!”

Scandì con cura l’ultima parola.

“Ecco perché non rispondeva alle mie lettere….”

Già…

“Tu lo sapevi e non le hai detto nulla?!”

“Stai calmo, le ho scoperte l’altro ieri frugando tra la roba di mia madre.

Avevo bisogno di soldi e invece ho trovato loro.

Non sapevo cosa fare, mia sorella ci è rimasta molto male per come ti sei comportato e non volevo farla soffrire ancora, così le ho lette per decidere meglio.”

“Le hai lette?”

Iniziava a sentirsi irritato, quel ragazzino aveva letto le sue confessioni più intime per poterlo giudicare meglio.

“è mia sorella, Tom. Non mi diverto a leggere le lettere degli altri, ma la devo proteggere capisci?

Non ha avuto una vita bella come si sarebbe meritata.”

“Lo so.”

“Gliele avrei mandate comunque, era giusto che le  leggesse, ma tu sei arrivato prima.”

“posso avere l’indirizzo?”

“Non lo so. Tu cosa vuoi da lei?

Hai bisogni di una barella e basta?”

Io…io non lo so.

Sono confuso, mio fratello sta male e io non so più come aiutarlo.

Lui e Fay er…

Fay?”

“Francesca! Erano amici e mi chiedevo se lei avesse potuto aiutarlo, visto che io ho fallito e non so come fare.

Lei è sempre stata più brava di me in queste cose.”

“E tu cosa vuoi da lei?”

“Io? Io vorrei almeno scusarmi e so che non vale un cazzo.”

Il ragazzino lo guardò a lungo negli occhi, poi mormorò :”Siete più simili di quanto crediate…l’orgoglio vi seppellirà…

La sua voce tornò normale.

“Hai vinto, sta a Venezia.

Entra che ti do l’indirizzo.”

Entrarono insieme in quel vecchio appartamento, il ragazzo prese un foglio di carta e scribacchiò un indirizzo, poi glielo porse.

“Se non sei sicuro….non illuderla…ha già perso troppe persone.

È forte, ma non è indistruttibile!”

Lui annuì e prese il foglio piegato quattro volte, lo mise in tasca.

“Lo so. Questa volte lo so e lo terrò a mente.

Grazie Luca. “

“Non farmene pentire. Ciao “

“Ciao”.

Uscì da quell’appartamento più triste di quanto era entrato, un’altra persona a cui aveva voluto bene aveva sofferto a casa sua.

Lo attendeva un altro viaggio in macchina, avrebbe potuto prendere un aereo e arrivare prima, ma sentiva di avere bisogno di altro tempo per pensare.

Pensare…

E  capire.

 

Il mio turno è finito, finalmente.

Piove e sono senza ombrello, Sakura non mi offre un passaggio sotto il suo fino a casa, fila via rapida senza salutarmi, ma anche se lo facesse non lo accetterei.

Stasera voglio stare per i fatti miei, voglio finire di raccontarmi il mio passato.

E l’unica cosa che manca è che Bill non si è più fatto sentire, non posso biasimarlo, ma allo stesso tempo mi sento tradita.

Sono una contraddizione.

Gustav e Georg li sento ancora,ma li sento…strani.

Non so spiegarlo, ma ho l’impressione che mi stiano nascondendo qualcosa, non mi stiano raccontando come va davvero la band.

Non so cosa pensare e illogicamente Lui continua a mancarmi.

A volte credo che sia come una ferita aperta, nascosta, ignorata ma che continua a fare male.

[Ovunque guardi no,non posso più scappare
Ovunque inciampo no,non chiedermi perchè
Mi trovo a riderci oppure a bestemmiare
Questa ferita aperta continua a fare male ancora(*****)]

A volte vorrei averlo davanti agli occhi e urlargli la mia rabbia, Jo dice che mi farebbe bene e che dovrei essere io a chiamarlo.

Io credo sia inutile, sono passati anni, mi avrà dimenticata e non ne vale la pena.

Cammino, infradiciandomi per bene.

Ha importanza? No.

Casa mia mi appare come un miraggio, non so perché ma rivangare il mio passato mi ha portato a credere di essere ancora a Berlino.

Povera me.

All’improvviso mi fermo, una figura staziona davanti al portone, se fossi un’eroina romantica sverrei, io invece mi limito a sgranare gli occhi e a sperare in un’ allucinazione.

La figura è alta e infagottata in abiti grandi il doppio della sua taglia, se non fosse che è impossibile e contro ogni legge della natura, giurerei che è una certa figura del mio passato.

Mi avvicino titubante, sono certa che sia lui, ma spero di sbagliarmi.

Mi vede, tira giù il cappuccio che gli copre la testa.

È lui e io mi perdo in quegli occhi, come una vera cretina che non ha ancora fatto i conti con il passato.

Tom.

[E vedo te, io e te, niente conta e crolla, crolla
E vedo te, io e te, niente conta in fondo(*)]

 

ANGOLO DI LAYLA.

 

E siamo arrivati alla seconda parte della botta sui denti, spero vi piaccia ^_^

I capitoli che seguiranno questo non sono chiarissimi nella mia testa, ma si chiariranno mentre scrivo…spero.

Spero di non farvi aspettare troppo.

Passiamo alle canzoni:

(*)”Luna” Verdena

(**)”Pop (una canzone pop)”Afterhours

(***)”Il compleanno di Andrea” Afterhours

(****)”How to save a life” The Fray

(*****)”Liquido”Shandon

 

Passiamo alle recensioni ^_^

 

HAna turner : Grazie cara XD! Jo è troppo carino, non dovrei dirlo (sono l’autrice) ma è uno dei personaggi che adoro di più.

Ihihihi…Su Tom non so cosa dirti, spero che questo capitolo renda più chiaro, nyaaa!!!

E spero che ti piaccia!

Forza con gli esami, lunedì sei libeeeraa!

Ciaoo

 

_Pulse_:Grazie ^^!Sono contenta che ti piaccia, io ero del tutto incerta su questo capitolo.

Come al solito ihihihi.

Spero che questo ti piaccia e, lo dico per te, non ti conviene prendermi ad esempio XD!

Ciao.

 

Big Angel Dark: Sono contenta che ti piaccia e spero che Fra continuerà stupirti…le insegnerò anche un paio di trucchi da prestigiatore finiti i colpi di scena XD.

Si, ok…me ne vado…

 

Degah : Grazie dei complimenti. Per l’operazione di Bill, premettendo che non li seguo da molto e non sono comunque una fan esaltata, mi pare di ricordare che nel 2008 ha subito un’operazione alle corde vocale e che per questo sono state rimandate della date del tour, anche in Italia, a marzo se non mi sbaglio.

In ogni caso spero che con questo capitolo sia più chiaro. Grazie.

Ciaoo ^^.

 

Evnychibi:Grazie, sono molto contenta che ti piaccia^^. Per gli aggiornamenti…Una volta riuscivo ad aggiornare tutti i giorni, adesso mi è impossibile, ma cerco di aggiornare almeno una vola alla settimana (Bel salto XD).

Spero che ti piaccia anche questo capitolo.

Ciaooo.

 

Black Down TH: più che al lieto fine ci avviciniamo alla fine e basta… Anche a me dispiace per Bill, sembra che in tutte le mie fiction uno di questi quattro poveretti verrà colpito da disgrazie varie , sfighe e maledizioni….

E Gustav…è il miglioreXD.

Spero che questo capitolo ti piaccia…e per msn, dispiac anche a me, ma come cantano gli Afterhours”non è per sempre”, prima o poi torneremo a sentirci ^_^.

Ciao!

 

Schwarz Nana:Ecco il nuovo capitolo, anche se mi dispiace colpire Bill(mi sento una iettatrice =_=) , sono contenta che questo giro di boa ti piaccia, io non ne ero del tutto convinta.

Non avrebbe dovuto essere così tragica, ma l’idea iniziale in corso d’opera è risultata…banale.

Il complicare le cose non aiuta nemmeno a me, che a ogni capitolo ho l’impressione di camminare su un campo minato e di poter esplodere ogni volta, spero di arrivare alla fine.

Che altro dire?

Nulla. Spero ti piaccia anche questo e prepara i fazzoletti..

Ciao^^.

 

Lady Cassandra: tranquilla, non c’è problema per il ritardo. Confesso che aspettavo la tua recensione con un po’ più di ansia rispetto alle altre, perché ci tenevo al tuo parere.

Non ero molto sicura di questa virata tragica, mi sembra anche adesso un po’ eccessiva.

Che dire…spero che questo capitolo chiarifichi tutto e spero di riuscire a vedere la fine di questa storia balorda….

Alla prossima e grazie per la recensione ^_^.

Spero di non averti deluso con questo capitolo.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** 10)Su come Francesca Girardi abbia seppellito l’ascia di guerra ***


10)) Su come Francesca  Girardi abbia seppellito l’ascia di guerra

 

Chi l'ha detto che non devi
innamorarti di una foto
di quel fesso che canticchia
la sua liberta'

Non posso crederci, sono davanti a lui e ancora lo considero una stramaledetta allucinazione.

Non so cosa dire, ne cosa fare, rimango impalata davanti al portone di casa mia, mentre i passanti mi scansano e si picchiettano l’indice sulla fronte.

No, veneziani cari, non sono pazza.

Non lo sono affatto, provate a mettervi nei miei panni, dopo sei anni ho davanti a me una figura del mio passato che credevo ormai morta e sepolta.

Ciao…

Il fantasma mi parla.

“Come va?”

Il fantasma si aspetta una risposta?

Tu….”

Punto un indice contro di lui, sfoggiando la mia peggior faccia da psicotica.

“Tu riappari dopo sei anni di ostinato silenzio.

Dopo sei anni in cui non ti sei minimamente interessato a me , in cui avrei potuto essere morta o qualcosa del genere e mi chiedi:”Come va?”?

Come se ci fossimo visti solo il giorno prima? Ma sei scemo o cosa???

Che cazzo vuoi?

Vattene! “

Fay…

Fay un cazzo! Non mi chiamare così!

Hai perso quel diritto, fammi pensare….SEI ANNI FA!

INFAME!

Vattene!”

“Fammi spiegare!”

“No, non ti faccio spiegare niente! Vattene!”

Inizio a urlare insulti, facendo voltare i rari passanti, lui inizia a preoccuparsi, si guarda intorno freneticamente forse temendo di essere riconosciuto.

Io sto andando fuori testa, la rabbia repressa sta uscendo nel modo peggiore, non riesco a calmarmi per quanto lo voglia.

Lui si avvicina, mi prende per i polsi, cosa vuole fare?

Credevo volesse tirarmi una sberla, ma visto che ha le mani occupate, dubito sia così.

Sono confusa e un po’ spaventata, mi agito ancora di  più, come se avessi il ballo di San Vito.

“Mollami!”è il mio ultimo grido isterico, poi lo vedo avvicinarsi sempre più alla mia faccia, distorta in un ghigno satanico.

Mi sta baciando, forse per farmi stare zitta e basta, ma prendendomi in contropiede lo stesso come una quindicenne alla prima esperienza.

Sono paralizzata, senza capacità motorie, completamente in balia del mio istinto.

Tanto che quando la sua lingua chiede il permesso, io dischiudo le labbra e lo lascio fare.

Idiota.

Torno in me solo quando sento la porta sbattere e realizzo che siamo nell’androne della casa, mi stacco violentemente e alzo una mano pronta a colpirlo con uno schiaffo.

Sono arrabbiata, non può comportarsi così come se avessimo ancora sedici anni e non ci fossero stati di sei anni di vuoto tra noi.

La mia mano si paralizza a mezz’aria all’improvviso quando incrocio i suoi occhi, sono tristi, totalmente diversi da quelli dell’idiota di cui mi ricordavo.

Sono quelli di un’altra persona, mi ricorda me quando ci siamo incontrati, perché sono quelli di chi è disperato ma non riesce ad ammettere di avere bisogno di aiuto.

Abbasso la mano, invece di schiaffeggiarlo gli accarezzo una guancia.

“Cosa ti è successo?”Mormoro in italiano.

Lui sgrana gli occhi, di sicuro non si aspettava una reazione del genere e nemmeno io a essere sinceri.

Ripigliati Fra!

Mi volto di scatto e mi incammino verso le scale.

Seguimi medusa…

Se ci tieni tanto a parlare con me, lo faremo a casa mia.

Almeno avrò il piacere di sbatterti fuori dalla porta.”

“Grazie, Fay…Fra.”

“Chiamami pure come preferisci.

Quella di prima era una crisi isterica e non credo che tu possa biasimarmi per questo.”

Arriviamo davanti al mio appartamento, sono ancora furiosa, ma allo stesso tempo decisa a sentire cosa diavolo abbia da dirmi e anche un po’ curiosa.

Se saranno solo cazzate almeno mi libererò di lui e del fantasma che rappresenta per sempre, vomitandogli addosso tutta la mia rabbia e tutto ciò che ho pensato di lui in questi sei anni.

Siamo alla resa dei conti e non so come possa finire.

Sono in conflitto con me stessa, c’è una parte di me che vorrebbe buttargli le braccia la collo o insultarlo amichevolmente e poi farsi raccontare tutto quello che è successo, talmente contenta di rivederlo da ignorare come si sia comportato e un’altra che vorrebbe menarlo e basta senza nemmeno ascoltarlo.

Apro la porta, spalanco le braccia nella parodia di un benvenuto, lui deglutisce e muove qualche passo incerto.

Noto adesso che non ha più i dread, ma delle specie di treccine nere, inarco un sopracciglio senza dire nulla.

“Carino qui….”

“Te l’ho già detto una volta, i salamelecchi non ti vengono bene.

Lascia perdere.”

Lui sospira.

“Guarda che penso veramente che qui sia carino!”

“Si certo!”

Mi avvio verso il bagno, lui mi segue perplesso, senza dire una parola gli allungo un asciugamano e ne prendo uno per me.

“Grazie.”

“Prego. N on vorrei ti beccassi una polmonite a causa di una come me, cara la mia superstar.”

Non replica, prende l’asciugamano in silenzio e si strofina la testa, io lo guardo, come in attesa di qualcosa.

“Scusa.”

“Scusa per cosa?

Non basta una semplice parolina, è troppo facile, voglio LA spiegazione completa.”

Fay, cazzo non è facile.

Ci sono molte cose che devo dirti e non so organizzarle.”

“Fai con calma” mi siedo appoggiandomi al mobiletto del bagno.”Ho tutto il tempo del mondo.”

Una grande uscita ad effetto rovinata dal mio stomaco che brontola,lui ridacchia, io lo fulmino con un’occhiata, lui smette subito.

“Forse dovresti mangiare prima…

“E magari vorresti che ti cucinassi qualcosa?”

Fay lo so che mi sono comportato da merda, ma dammi due minuti di tregua.

Mangiamo, mi ascolti, mi mandi a cagare e non ci vedremo mai più.”

Sbuffo, mi rialzo e impreco contro il mio stomaco che reclama cibo dopo il lavoro, non potevo avere una soglia di sopportazione della fame più alta?

“Sei magra. Mangi?”

“Fatti i cazzi tuoi, non ho bisogno di una madre, ne basta una a rovinarmi la vita.

Tu riordina le idee, io cucinerò, visto che sembra non si possa fare diversamente.”

Marcio verso la cucina, inizio ad arrangiare la cena con una pasta scialla scialla, alle prese con i miei pensieri, in ansia.

Fuori dalla finestra, la pioggia cade e fa freddo, forse domani ci sarà l’acqua alta, io ho i brividi, forse domani avrò il raffreddore .

Dal bagno non giungono segnali di vita, se non fossi così incredula e furiosa allo stesso tempo andrei a controllare che non sia morto la dentro invece rimango in cucina ad alternare il guardare la pasta che cuoce,con il guardare fuori dalla finestra.

Perché è tornato?

Anni fa pregavo per quest’eventualità, adesso non so cosa fare e vorrei che non fosse mai successo perché non mi sento pronta ad affrontarlo.

Ho costruito un mio equilibrio e non so se pronta ad accettare che sia sconvolto di nuovo.

Scuoto la testa, cercando di scacciare quest’ansia che non mi vedere le cose chiaramente e mi lancia in un roveto di pensieri contradditori.

Ho ventidue anni, non sedici, non posso permettermi di comportami come una ragazzina isterica, me lo dico mentre preparo la tavola.

La cena è pronta, dal bagno non si affaccia ancora nessuno, così vado a controllare per scrupolo.

Lo trovo esattamente dove l’ho lasciato, non si è mosso di un millimetro, la mia ansia aumenta, indecisa tra due opzioni: mi sta prendendo in giro alla grande, organizzando una recita da Oscar o è successo un casino di proporzioni epiche.

Che ha combinato di così grave? In che guai giganteschi e disastrosi si è ficcato?

Se è così preoccupato è sicuramente nei guai, oppure è Bill a esserlo, ma mi rifiuto di prendere in considerazione quest’ipotesi, è un ragazzo troppo assennato lui.

“Ehi, è pronta la cena.”

“Grazie Fay.”

Cosa è successo, eh Medusa?

Mi segue in sala in silenzio, cosa darei per essere meno orgogliosa ed arrabbiata e chiedergli cosa gli passi per quella testa.

“Pasta.”

“Si.”

“La cucinavi bene una volta.”

“Anche adesso.”

“Vedremo!”

Fa un sorriso tirato nella parodia di quelli di scherno di una volta,la mia ansia rischia di esplodere.

Non è lui, non è più lui.

Ripenso alle mie conversazioni con i due G e mi chiedo cosa cavolo non mi stiano dicendo, che segreto terribile sia.

“Vuoi una birra? Qualcosa?”

“Non ti preoccupare…

“Devo alzarmi per prenderne una anche per me.”

“No grazie, Francesca.”

Il mio nome pronunciato per intero da lui suona strano e non fa che agitarmi ulteriormente.

Il fantasma porta cattive notizie, ormai ne sono certa, spero solo che non siano catastrofiche, anche se una sensazione sgradevole alla bocca dello stomaco mi dice che sarà così.

 

Dopo sei anni la ragazzina era diventata una  ragazza con delle meches viola tra i lunghi capelli neri  ed ondulati con gli occhi scuri eccessivamente truccati di nero e  forse un po’ troppo magra, ma indubbiamente  era bella.

Era come se la ricordava, un filo più matura, ma sempre tosta e dolce allo stesso tempo, in grado di passare dalla rabbia alla carezza per poi ritornare sulla difensiva.

Aveva il diritto di buttarle addosso tutti i suoi problemi?

Si diede del codardo, doveva farlo per Bill, non per se stesso ma per il fratello.

La Francesca che si ricordava avrebbe voluto essere informata di cosa fosse successo  a suo fratello, qualsiasi cosa fosse successa tra di loro.

Peccato che lui non avesse il coraggio di dirle nulla, vederla l’aveva come paralizzato, i suoi buoni propositi si erano distrutti baciandola.

Voleva farla stare zitta per paura che qualcuno lo riconoscesse, invece suo malgrado quel bacio l’aveva preso più di quanto credesse fosse possibile.

I battibecchi poi l’avevano riportato dritto ai suoi sedici anni, a quando aveva quella rompiscatole intorno praticamente ogni giorno ed era stato come un pugno nello stomaco.

Cosa sarebbe successo se lui non fosse stato così testardo e se lei non fosse stata così testarda?

Probabilmente adesso non sarebbe stato così complicato, Bill aveva avuto ragione e lo sapeva lui come lo sapeva lei a giudicare dalla faccia che aveva.

Quella di chi si è reso conto che per il proprio orgoglio si è chiuso una possibilità che avrebbe potuto rendere più felici, Luca Girardi non s i era sbagliato, erano più simili di quanto credessero.

Sospirò.

Anche un’altra persona aveva avuto ragione:Bill ,le innumerevoli volte che aveva detto che l’orgoglio l’avrebbe seppellito.

Lo stomaco gli si strinse  abbassò gli occhi e allontanò impercettibilmente il piatto, lei se ne accorse.

“Non è buona?”

No…è perfetta.”

Lei non disse nulla, forse aveva intuito che non era per la pasta che si era intristito.

Finirono di mangiare in silenzio, lei sparecchiò e lui tentò vanamente di riordinare le idee, era tutto troppo fottutamente complicato perché potesse riuscirci con successo.

Si sentiva incerto, non era nemmeno sicuro fosse giusto essere lì, sarebbe stato meglio se fosse tornato dal fratello a tentare di ricucire lo strappo.

Errore.

Lo sapeva che se l’avesse fatto non avrebbe risolto niente, sarebbe ricominciato tutto da capo, ma lui non aveva voglia di giocare a quel gioco.

Non più.

Non quando in palio c’era la vita di suo fratello.

Sentì una sedia muoversi davanti a lui, Fay era tornata a sedersi al tavolo davanti a lui con le braccia incrociate.

Ci fu un’altra interminabile pausa di silenzio che lui non seppe riempire adeguatamente, lei sospirò, si alzò e prese un pacchetto di sigarette dalla borsa arancione buttata sul divano.

Lo aprì e glielo porse.

“Sigaretta?”

La accettò.

“Grazie.”

“Prego, magari ti metti a tuo agio.

Posso essere molto dura, ma non ho mai ammazzato nessuno, non voglio iniziare da te,

Basta un carcerato in famiglia.”

Gli venne da ridere, l’ombra di un sorriso apparve sul suo volto, lei sogghignò soddisfatta, buttando fuori una boccata di fumo.

“Avanti, inizia a raccontare. E sii sincero.

Odio i bugiardi”

“Non so da dove partire.”

“Dall’inizio. Da quando io e te non ci siamo più parlati.”

Allora…se la metti così, ti dico che mi dispiace averti ignorata dopo la storia della terrazza. Non sapevo cosa fare e il silenzio mi sembrava la soluzione migliore.

Avrei dovuto immaginare che non avresti reagito bene, Bill ha detto che ti avevo resa fragile.”

“Aveva ragione, ma è acqua passata.

Forse e sottolineo forse ho sbagliato anch’io a essere così impaziente nel giudicarti.

Povero Bill , ha tentato di farmelo capire, ma io non l’avevo  ascoltato quel giorno.”

“E te la sei presa con me, la solita Nana acida.”

“Eri tu la causa della mia rabbia, avrei dovuto tirare un pugno a tuo fratello forse?”

Un punto per lei.

“Poi dopo l’incidente, sai….loverdose…Avrei voluto scusarmi, anche se non ci crederai mi sentivo colpevole di quello che ti era successo.”

Gli sembrò di vederla allargare gli occhi sorpresa, poi mormorò.

“Non ti devi scusare, è stato un mio errore, una mia debolezza.

Mia madre aveva ragione, non ne azzeccavo una.”

“Tua madre dovrebbe solo cucirsi la bocca e tu non dovresti darle retta, sa sputare solo veleno.”

Questa volta fu lei a rimanere in silenzio, sembrava una ben congegnata partita a ping pong, uno dei loro vecchi botta e risposta senza quel brio che li aveva sempre contraddistinti.

“Perché non l’hai fatto?”

“Perché il nostro manager ci aveva appena vietato di frequentarci, tu già non mi parlavi e mi odiavi e io credevo fosse la soluzione migliore tacere.

Io non avrei sofferto nel salutarti e tu nel dirmi addio.

Mi avresti odiato, ma saresti sopravvissuta.

È così che hai fatto no?”

“Tu avresti sofferto nel dirmi addio?”

“Certo. Mi ero affezionato a te, dopotutto.”

“Dopotutto?”

Bhe ammettilo, con me eri sempre stronza e con mio fratello uno zuccherino!”

“Avevo i mie motivi!”

“Si, il tuo orgoglio del cavolo.”

“Io orgoglio del cavolo?

E tu allora? Dici che dopotutto ti eri affezionato a me e poi sparisci?

La verità è che di me non te ne fregava niente e appena hai capito che non avresti ottenuto quello che volevi mi hai mollata!

Te ne sei fottuto perfino del fatto che fossi in ospedale! Sono venuti tutti, cazzo, tutti, tranne  te! Avresti potuto fingere di interessarti almeno!”

“Sei ingiusta!”

“No! Sono realista e domattina te ne vai da qui!

Non mi lascerò ingannare un’altra volta da te, caro mio!”

“Perché non stasera, allora? “

“Perché finiresti per dormire all’aperto…Ma se vuoi farlo accomodati!”

“Oh Grazie Girardi!Te ne sono grato!

Però sappi che ti sbagli, di te mi importava qualcosa o non mi sarei scusato ne sarei venuto, ne avrei iniziato a scriverti un anno fa!”

Sgranò gli occhi.

“Si, ti ho scritto e non chiedermi perché l’ho fatto.

Leggi le lettere prima, o bruciale o fai quello che vuoi!”

Gliele sbatté sul tavolo, lasciandola senza parole.

Stava perdendo il controllo, ma quella ragazza stava esagerando, non era nelle condizioni di sopportare che qualcun altro gli buttasse addosso il suo rancore.

Lo stava attaccando, questo gli dava fastidio pur sapendo che lei ignorava cosa stesse passando e voleva andarsene da quella casa e da quegli occhi che lo stavano guardando furibondi e… scrutatori.

Con sorpresa si accorse che lei lo stava guardando come se volesse capire cosa le stesse nascondendo, l’aveva provocato e basta allora?

Era in confusione, me doveva fare l’incazzato fino in fondo.

Gliel’avrebbe detto il giorno dopo, quando lei avrebbe già letto le lettere e sarebbe stata meno furiosa.

“Le ho spedite a Berlino, ma tua madre le ha imboscate, me le ha date Luca.

e…

Giusto per amore della verità, io sono venuto a trovarti in ospedale, ma tu dormivi , ma ti ho parlato lo stesso… e ora vado a farmi una doccia, posso?”

Senza aspettare un risposta si avviò verso il bagno.

“Aspetta!”

Si voltò, lei era ferma davanti al tavolo, al tavolo, pallidissima, aveva esagerato?

“Giurami che non stai scherzando!”

“ Non sto scherzando, tu mi avevi chiesto se fossi in allucinazione e io ti ho detto:” “Se non lo fossi sarei così gentile?

Torna a dormire…”.”

“Tu sei…lascia perdere…

Mormorò a bassa voce, all’improvviso tutta la sua rabbia e la sua baldanza sparirono davanti a quello sguardo perso,perplesso, forse ferito che gli ricordò suo fratello.

Corse precipitosamente in bagno.

Cosa aveva fatto? Era venuto fin lì solo per insultarla?

Solo per litigare?

Tirò un pugno al muro, era colpa dei loro caratteracci, dovevano darsi entrambi una calmata.

Non sarebbe stato facile ,ma avrebbe dovuto provarci, per Bill ne valeva la pena e in fondo anche per provare a riavere quegli anni di silenzio che avevano affrontato per il loro orgoglio.

Era venuto lì sia per chiedere aiuto per fronteggiare la situazione del gemello sia  per provare a  ricucire qualcosa tra di loro, quindi doveva impegnarsi per non farsi travolgere dagli eventi.

Quella doccia gli sembrò fin troppo breve per i suoi gusti, chissà come avrebbe reagito Fay?

Forse avrebbe dovuto scusarsi? O avrebbe dovuto farlo lei?

In ogni caso non poteva rimanere barricato in bagno da lì all’eternità, non con quello che stava succedendo a Bill, così prese fiato ed uscì.

Il salotto era deserto, lei gli aveva preparato il divano per la notte e gli aveva lasciato il telecomando a portata di mano,  si guardò intorno, un po’ di luce proveniva da una camera.

Doveva essersi barricata a leggere le lettere o chissà, semplicemente non voleva incontrarlo, non poteva dirlo.

Le avrebbe poi lette quelle lettere?

Sarebbero riusciti a intavolare un dialogo decente?

[“Vattene! Mi hai rovinato la vita! Ti odio!”]

Scosse la testa, cercando di scacciare l’eco delle parole di suo fratello e si sedette sul divano vecchio e non molto comodo.

All’improvviso si sentì stanco,senza forze.

Spense la televisione, si avvolse in una delle coperte e si sdraiò.

Aveva infilato un altro errore?

Gli occhi gli si fecero pesanti e cadde in un sonno senza sogni, solo incubi con un solo protagonista.

Bill.

 

È tornato e mi ha sconvolto di nuovo, facendomi andare fuori di testa e facendomi perdere il controllo.

Non avrei voluto reagire così, urlandogli di andarsene, ma non sono riuscita a trattenermi da vera idiota.

Dovrei bere camomilla invece del caffè, sarebbe meglio per tutti.

Se non avessi reagito così non mi avrebbe urlato brutalmente una verità che non ero del tutto pronta ad accettare perché fa crollare le mie certezze.

In questi anni ero certa che lui non fosse venuto all’ospedale e non lo perdonavo per quello, per avermi mollata quando stavo più male, non per avermi mollato dopo.

Nei primi tempi lo odiavo anche per quello, ma poi visto quello che mi era successo e che anche gli altri avevano diradato i contatti avevo capito ed accettato il suo punto di vista.

Non so cosa mi sia successo questa sera, vedermelo davanti mi ha trasportato ai miei sedici anni, a quella ragazzina un po’ ingenua e troppo idealista, facendomi comportare come non volevo.

Mettendomi in bocca rancori morti e sepolti o forse rancori che erano solo in attesa di essere seppelliti dalla sua vista.

Non lo so.

Adesso non provo più rabbia.

Sono solo preoccupata, è strano, mi nasconde qualcosa e quelle lettere ne sono la prova.

Non è mai stato un tipo da scrivere a qualcuno, per quel poco che ho conosciuto di lui mi sembra una persona da confronto diretto.

Cos’ha?

Le lettere giacciono ancora sul tavolo, mentre sento scorrere l’acqua della doccia io gli preparo il divano per la notte.

Domani mattina mi scuserò con lui.

Adesso voglio solo leggerle e a dirla tutta non mi sento pronta, sento un’ansia che mi sale dalle viscere piena di cattivi presentimenti.

Quando ho finito le prendo, le porto con me in camera e le appoggio sul comodino, vigliaccamente non riesco a guardarle subito, sebbene b r u c i dalla voglia di farlo.

Sono come in trance, persa ad osservarle, come se ne avessi paura.

Mi sveglio solo quando sento la porta del bagno aprirsi e la tv spegnersi dopo un po’, deve essere crollato.

Mi faccio una doccia, cercando di prendere ancora tempo.

Tempo.

Maledetto tempo.

È una vita che scappo vanamente dal tempo, che arrivo sempre in ritardo per aiutare le persone a cui tengo, che mi ribello sempre nell’attimo sbagliato.

Sulla mia pelle, insieme all’acqua scorrono anche questi pensieri amari, questi rimpianti eterni e la volontà inutile di cambiare il passato.

E sono consapevole che non è possibile, ma non posso farne a meno da vera insicura cronica.

Gli altri mi credono forte,ma io so di non esserlo, tentenno in continuazione.

Mi asciugo ed esco dal bagno, lo sento dormire, così mi affaccio in salotto e lo vedo svaccato sul divano, mezzo scoperto .

Fa tenerezza, lo copro e me ne torno in camera.

È il momento di affrontare i miei fantasmi e quelle lettere.

Mi siedo sul letto e leggo la prima, sono in ansia, nonostante sia novembre sto sudando copiosamente e  mi tremano le mani.

Inizia con una sorta si lungo prologo in cui mi dice in forma più articolata e gentile quello che mi ha buttato addosso prima, sorrido, mi fa tenerezza.

Se me le avesse scritte prima queste cose o io gli avessi telefonato…

È in momenti come questi che prenderei a sberle sia me che lui per la nostra stupidità, ma devo andare avanti.

Mi racconta della sua vita, di quanto possa essere soffocante, di come Bill faccia fatica a reggerla e di come abbia allontanato persino i 2 G.

Orgoglioso.

Non so se provare pietà o arrabbiarmi, non riesco nemmeno a capire cosa voglia dirmi.

È solo alla fine che mi dice perché si sia deciso a farsi vivo, dice che qualcosa con cui entrato in contatto e che gli è piombata addosso devastante e inaspettata gli ha fatto capire i suoi errori.

Non si è accorto di parecchie cose e ha fatto soffrire delle persone a cui teneva, così mi ha scritto senza sapere bene nemmeno lui perché.

Il mio sorriso diventa triste, la conosco questa sensazione di impotenza, quella che ti fa guardare attorno e notare che non c’è nessuno intorno a te.

Sono preoccupata, molto preoccupata e il resto  delle lettere non fa che aumentare la mia preoccupazione.

Non si discostano molto dalla prima, parla logorroicamente di tutto per non parlare di niente, per tenere a distanza il problema che lo assilla e che emerge solo a sprazzi, grazie a piccoli accenni.

Mi accorgo che non riesco a deglutire, cosa sarà successo?

Deve essere qualcosa di molto grave se non riesce nemmeno a scriverlo e adesso non credo più che riguardi lui, queste lettere mi hanno fatto capire che non è lui direttamente a essere nei guai, ma qualcuno a cui tiene.

Le appoggio sul comodino, spengo la luce, mi metto a letto sotto le coperte.

C’è solo una persona in grado di far preoccupare Tom in questo modo, tanto da fargli seppellire l’orgoglio e portarlo a bussare alla mia porta ed è Bill.

Il mio cervello va in tilt, non riesce più a formulare alcuna ipotesi coerente, vorrei alzarmi, andare da Tom, scusarmi per come l’ho trattato, per come l’ho forse ferito e farmi raccontare tutto.

Vorrei fare qualcosa per lui e aiutare Bill se è davvero lui quello a essere nei casini.

Fanculo il mio orgoglio.

Sto per alzarmi quando mi rendo conto che dorme ed è meglio che continui a farlo,per lui non deve essere stata facile questa giornata e non è il caso che io vada a mettere il dito nella piaga.

Devo rispettare il suo silenzio, i suoi tempi.

Se è così grave me ne parlerà quando si sentirà pronto, non voglio spaventarlo o farlo chiudere in se stesso con la mia impazienza o la mia ostilità

Mi lascio ricadere sul letto, dandomi della scema per come mi sono comportata in passato.

Tutta la stanchezza della giornata mi piomba addosso, nel mio cervello vorticano mille immagini, mille ipotesi su quello che possa essere successo e nessuna è bella.

Sono una peggio dell’altra, tuttavia alla fine riesco a cadere in un sonno agitato che non mi riposa per niente.

Continuo a svegliarmi e a riaddormentarmi, sudata, perseguitata da sogni frammentari che non riesco a ricordare ma che mi lasciano una cupa angoscia addosso.

Decido di alzarmi a bere un bicchiere d’acqua nella speranza di conciliarmi il sonno, anche lui si sta agitando sul divano, temo che domani si sveglierà sul pavimento.

Bevo il mio inutile sorso d’acqua, per poi riavviarmi verso la mia camera rintronata, desiderosa di dormire, ma consapevole che probabilmente non ci riuscirò.

Passo di nuovo davanti al divano, mi fermo per guardarlo, è di nuovo scoperto, così faccio il giro per portarmi davanti al divano e raccogliere la coperta.

Dovrei coprirlo e tornarmene a letto , ma mi perdo a guardarlo dormire Dio solo sa perché.

Mi do dell’idiota, lo copro, rimboccandogli le coperte come se lui fosse Andrea  e sto per andarmene quando mi sento afferrare per il polso e tirare verso di lui.

Che cazzo fa?

Mi sbilancio e gli cado addosso, lui mi stritola in un abbraccio ancora perso nel mondo dei sogni.

“Mollami, mi manca l’aria!”

Boccheggio, rossa per l’imbarazzo e la mancanza di ossigeno.

Lui mugugna, allenta un po’ la presa, ma non abbastanza da consentirmi di andarmene da questa posizione scomoda e vagamente ambigua.

Cosa devo fare?

Rimango per un po’ ad ascoltare i suoi lamenti in cui colgo spesso il nome del fratello e ogni volta per me è un colpo al cuore che mi devasta sentendo  con quanta dolorosa intensità lo pronunci.

Alla fine la presa si allenta così riesco ad alzarmi, non vedo l’ora di tornare a  letto, sono decisamente scombussolata, pensando a quello che è appena successo, a cosa mi nasconda e a cosa mi dirà domani mattina.

Sto per andarmene quando lo sento.

È poco più di un sussurro,ma potrei giurare in tribunale che ci sia stato.

Non mi sto sbagliando, ha appena detto:”Non lasciarmi anche tu.”.

La mia parte razionale è certa che non si stia riferendo a me, ma a qualcuno facente parte del suo sogno, ma la mia parte istintiva è in disaccordo.

Sono ferma davanti al divano di casa mia senza sapere cosa fare e che significato dare a quella che potrebbe essere stata benissimo un’allucinazione.

All’improvviso mi sento un verme a tornare in camera e lasciarlo lì su un divano più vecchio di noi in preda agli incubi, gli passo una mano sulla fronte e decido una cosa di cui mi pentirò in futuro.

In qualche modo lo tiro in piedi e lo trascino nella mia tana dotata di letto matrimoniale, almeno starà più comodo e così forse avrà meno incubi.

Sono in pieno delirio notturno, sono conscia che non fa incubi perché il divano è paragonabile ad un letto da fachiro, ma allo stesso tempo  non voglio darmi una spiegazione del mio gesto.

Sono in una confusione pazzesca che mi fa rimanere impalata davanti al mio letto .

Ancora una volta senza saperlo è lui a togliermi dal mio stato di catalessi, svegliandosi e spalancando gli occhi di scatto, appena mi  vede e realizza dov’è si drizza a sedere come se avesse ricevuto una scossa elettrica.

“Dove sono?

Cosa ci faccio qui? E perché?”

Sospiro e mi siedo sulla mia porzione di letto.

“Calmo. Non ti voglio violentare, anche se forse è più probabile che avvenga il contrario dati la tua fama  e i precedenti.”

“Stronza. Non dovevi buttarmi fuori casa?”

“Sono ancora in tempo”Rispondo piccata.

Lui sbuffa.

“In ogni caso,il divano è scomodo e tu non hai fatto altro che agitarti disturbandomi e io devo lavorare domani, quindi dormi qui.

Sia chiaro: io nella mia parte, tu nella tua.”

Mi guarda a lungo negli occhi, poi sospira e si ristende, stiracchiandosi sotto le coperte.

“Non so cosa sia successo, ma grazie Fay.”

Rimane un attimo in silenzio mentre io mi infilo sotto le coperte dalla mia parte.

“E Fay…Scusa per prima…Sono stato un po’ aggressivo.”

“Scuse accettate, io ho fatto lo stesso.

Pari e patta.”

Si crea un’altra pausa di silenzio.

Lo sento teso, come se fosse più a disagio adesso che prima, non so perché allungo una mano verso la sua e gliela stringo.

Sobbalza perplesso, è la notte delle stranezze e dei miracoli, sono io la prima  stupirmene, ma forse è giusto così.

Forse è giusto seppellire almeno per un po’ l’ascia di guerra per capire cosa stia succedendo.

L’orgoglio mi ha tenuta in piedi, ma non voglio che mi uccida allo stesso modo.

Guardo il soffitto su cui si proiettano vaghe ombre e giochi di luce  provenienti da fuori,mentre lui guarda me.

“Ho letto le lettere.”

Ricambia la mia stretta convulsamente, ho toccato un tasto dolente.

Il silenzio riempie di nuovo la camera, opprimente come un sudario e so che tocca a me riempirlo.

“Che cos’è Tom?”

Silenzio.

“Con cosa ti sei scontrato?

Cosa ti ha fatto talmente male da venire a cercare me come ultima spiaggia?”

Deglutisce, forse ho esagerato.

Il silenzio è diventato ancora più pesante, mi volto verso di lui, ora è Tom a guardare il soffitto, sembriamo  così uguali a volte …

Scuoto la testa.

Lui è concentrato, come se stesse raccogliendo le idee, ma non ci riuscisse, non sapesse cosa dire e come dirlo, mi fa tenerezza.

“Mi dispiace, forse sono stata  troppo invadente.”

“No, hai ragione.

Devi saperlo, solo che è difficile dirlo.”

Prende fiato, si volta verso di me, ora ci guardiamo negli occhi e forse, a parte Jo, è l’unica persona a cui mi stia mostrando senza difese, pronta ad ascoltare.

“è Bill, lui….lui sta male.

Lui a un certo punto non è più riuscito a reggere la vita che facevamo e ha iniziato a fare qualcosa che non doveva.

Sta male, Fay.

Non lo riconosco più e non riesco ad aiutarlo.

Non pensare che non ci provi, è che …cazzo! È difficile!”

Inizia ad agitarsi e a stringere sempre di più la mia mano.

Io deglutisco, non mi sono mai sentita così impotente, non l’ho mai visto così agitato, così privo di maschere.

“Lui mi chiede aiuto, ma poi …se io ci provo, se io lo aiuto, lui mi rifiuta.

Io non so perché sono qui.

Non so cosa cerco da te, forse solo pareggiare i conti con una persona a cui tengo e  a cui non l’ho dimostrato o forse solo aiuto.

Tu gli eri amica, magari puoi riuscire dove io ho fallito.

Io….non lo so.

Sono confuso.

Impotente.”

[This place is so empty
My thoughts are so tempting
I don’t know how it got so bad
Sometimes it’s so crazy
That nothing can save me
But it’s the only thing that I have(*) ]

L’ultima parola è un sussurro sconfitto, io vorrei piangere e so che lui prova lo stesso, ma che non lo farà.

Mi guarda in attesa di qualcosa, un cenno, una parola, tuttavia io non riesco a fare niente.

I miei sospetti hanno preso corpo e io non sono pronta avendo sperato fino in fondo che fossero un cumulo di paranoie, così rimango paralizzata.

Annichilita.

È arrivato il momento di seppellire l’ascia di guerra e nascondere l’armatura come ho fatto tanti anni fa su una terrazza di un piccolo paese tedesco.

“Vieni qui.”

Fa come gli ho detto in silenzio, io lo attiro a me strappandogli un verso indefinito, lui seppellisce la testa nell’incavo del mio collo, tra i capelli.

Lo stringo incerta e lui ricambia insicuro,mentre sento che finalmente piange e singhiozza, io rimango in silenzio accarezzandogli la testa.

Rimaniamo un po’ così, come se ci stessimo abituando a questa situazione nuova e strana per noi, che è , ancora come sei anni fa, una bolla fuori dal tempo.

Fay….”

La sua voce è debole e ci ritrascina alla realtà.

“Perché lo stai facendo Fay?

Perché mi consoli? Perché non mi insulti?”

“Perché sto cercando di seppellire la mia ascia di guerra…

Io non ti odio e ….Ti consolo perché so cosa provi quando sei impotente davanti alle persone a cui vuoi bene che si distruggono.

È come se morissi anche tu con loro, non sapendo come reagire ne aiutarli.

A cosa servirebbe insultarti? A  ferirti e basta credo.

So che non mi hai detto tutto, ma quello che mi hai detto per adesso mi basta.

Il resto alla prossima puntata.”

Lo sento sorridere e rilassarsi.

“Dormi Medusa, ne hai bisogno tu e ne ho bisogno io.”

“Grazie Fay.

Grazie, non sai che bene mi stai facendo.”

Arrossisco e rimango in silenzio.

“Buonanotte Fay.”

“’Notte Tom.”

Riprendo ad accarezzarlo piano, si riaddormenta subito sorridendo quasi sereno nonostante abbia pianto poco prima.

Sorrido a mia volta, sembra un bambino così rilassato e io mi chiedo cosa sia successo a Bill e quanto c’entri io, ma nonostante tutto sento finalmente le palpebre farsi pesanti.

Mi sento un po’ meno angosciata e forse il merito è del tizio che ronfa usandomi praticamente come cuscino.

Perché?

E cosa succederà domani?

Non lo so, quello che so e che finalmente abbracciata a lui mi addormento.

Tranquilla.

 [I tried to be perfect
It just wasn’t worth it
Nothing could ever be so wrong
It’s hard to believe me
It never gets easy
I guess I knew that all along (*)]

 

Angolo di Layla

 

Scusate per il ritardo, ma ho avuto un esame leggermente fastidioso che darò domani da preparare.

Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento e non sia troppo schizzato/ sdolcinato.

Ho faticato a trovare delle canzoni che lo accompagnassero, me ne è venuta in mente solo una ossia:

(*)”Pieces” Sum 41.

Se qualcuno avesse qualche canzone da suggerirmi ne sarei felice ed eventualmente modificherei il capitolo^^.

Ringrazio:

 

_Pulse_

 

Hana Turner

 

Lady Cassandra

 

Tushi Und Dark

 

Black Down Th

 

Schwarz Nana

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** 11)Su Come Certe Ciliegie Risultino Velenose. ***


11)) SU COME CERTE CILIEGIE RISULTINO velenose.

 

Se la forma del tuo corpo
non coincide con il niente
puoi fare a meno di mangiare
almeno fino a quando puoi

La mattina arriva sempre dopo la notte e di mattina, tranne la domenica, non si scappa al fatto che devo lavorare, che io lo voglia o meno, che sia stanca o no.

Questa mattina non fa eccezione, anche  se mi porto addosso tutta l’angoscia delle rivelazioni notturne, così quando la sveglia suona la prima cosa che realizzo è l’esistenza di quel suono fastidioso, la seconda è che ho un peso addosso che mi impedisce di muovermi come vorrei per spegnerla.

Fayyy…spegnila!”

Biascica nel sonno senza spostarsi di un millimetro, il mio dolce peso.

“Se tu ti spostassi potrei anche provarci, cazzo!”mugugno io, indispettita.

Lo sento sbuffare, per poi alzarsi finalmente  e lasciarmi neutralizzare l’aggeggio infernale.

“Nemmeno di prima mattina riesci a essere gentile.”

“Uno: zitto che ti ho lasciato dormire usandomi come cuscino senza dirti nulla.

Due:trovami una persona di buon umore al mattino e ti darò altri soldi aumentando il tuo già considerevole patrimonio.

Tre: ho seppellito non distrutto l’ascia di guerra, ricordatelo.”

“Sei sempre la solita!”Ridacchia divertito e mi ritrascina a letto, qualcuno mi aiuti, cosa ha in mente?

“Che stai facendo?

Devo andare a lavorare! Non punto la sveglia per hobby!”

“Dai, ancora cinque minuti!

Dobbiamo festeggiare che ci siamo ritrovati.”

“Dobbiamo festeggiare anche il perché ci siamo ritrovati?”

Ok Fra, pessima battuta, morditi la lingua la prossima volta che stai per dire simili boiate.

Questo è quello che borbotta la mia coscienza, ma ormai è tardi, lui abbassa gli occhi ferito, mi molla, poi decisamente furioso si volta dall’altra parte

Abbasso gli occhi anch’io e mi volto verso di lui, cercando di rimediare alla mia idiozia.

“Mi dispiace, non volevo.

Sono stata un’idiota, a volte dovrei cucirmi quella boccaccia che mi ritrovo.

Mia madre non è l’unica che dovrebbe farlo.”

Il silenzio è l’unica risposta che mi arriva, all’improvviso il lavoro non mi sembra più così importante.

“Mi dispiace davvero, io non volevo prenderti in giro…scherzare su quello che ti sta succedendo.

Ci tengo a tuo fratello.”

Mi prendo la testa tra le mani, vorrei tanto tornare indietro e dirgli qualcosa di diverso da una delle mie solite battute acide e stupide.

Sento qualcuno che mi accarezza la testa.

“Ieri sera qualcuno ha detto:” Scuse accettate, io ho fatto lo stesso. Pari e patta.”. Dici che posso rubarle la battuta?”

“Certo, non credo proprio che quell’idiota si offenda.”

Ride e mi abbraccia, sento una battuta che vorrebbe uscire dalla mia bocca, ma la ricaccio in gola, non voglio interrompere questo momento, non di nuovo.

“Dilla Girardi.”

“Cosa?”

“La battuta che vuoi dire.”

“Ah”

Arrossisco, mentre lui ridacchia, che lo sappia?

Non lo so e mi chiedo come faccia a essere così con quello che sta succedendo al fratello, ma forse la risposta è semplice.

Non si può sempre piangere, a volte si cerca una boccata d’aria da quello che ti assilla accantonandolo per un momento, cercando la compagnia delle persone di cui ti fidi e distraendoti con loro.

Per un attimo penso ad altre risate con un’altra persona, penso a Jo.

Il sorriso mi passa, tuttavia mi faccio forza.

Lui sta bene adesso, lui ce l’ha fatta e piangere adesso non ha più senso.

Un giorno gli racconterò di Jo, non adesso che si aspetta una battuta .

“Stiamo diventando sentimentali…

“Ci stiamo evolvendo, Nana acida.”

“Si come i Pokemon.”

“Ti ci vedo a fare pikachu…

E non possiamo nemmeno ringraziare la persona che ci ha fatto evolvere così.”

“Possiamo aiutarlo però.”

“Non sai ancora tutta la storia.”

“Questo è vero, ma forse non è tanto importante.”

Rimaniamo in silenzio, adesso le parole sono superflue, siamo noi e i nostri rimpianti, i nostri fantasmi.

Non so quanto duri questo momento, ma mi fa cadere di nuovo in un sonno pesante e temo che per lui sia lo stesso.

Buffo, terribilmente ironico, a pensarci bene, ma va bene così.

Non abbiamo più sedici anni, non possiamo a farci la guerra per delle cazzate, soprattutto adesso che c’è qualcosa che lo preoccupa così e forse…

Forse la guerra non ce la siamo mai fatta davvero, era solo il nostro modo di dimostraci affetto, sarebbe stato troppo semplice dirlo a voce per due testardi come noi.

Nel dormiveglia sento la porta di casa mia aprirsi e qualcuno sbraitare con una voce fastidiosamente acuta,  cerco di fare mente locale, ma il torpore del mio stato e la medusa abbarbicata a me non aiutano.

La rivelazione su chi sia mi colpisce come un fulmine, facendomi divincolare.

È Sakura e sarà complicatissimo spiegarle la presenza di Tom data la sua indole da comare.

Dannata pettegola italo giapponese!

Fay, cosa c’è?”

“Sta arrivando Sakura, sarà un casino, mollami!”

Non riesco ad alzarmi dal letto prima che lei arrivi in camera con un’irruzione a regola d’arte, spalancando la porta pimpante.

Fraaa è ora di lavorare! C’mon!!

Alzatiii!”

Quando vede Lui la sua espressione muta di colpo, si fa fredda e rabbiosa, come se Tom Kaulitz le avesse un torto mortale e lei volesse cogliere l’occasione per eliminarlo ma allo stesso tempo non si capaciti di come sia finito nel mio letto.

“Scusa, volevo avvisarti che sei in ritardo.

Non sapevo fossi i m p e g n a t a!”

Sibila con odio l’ultima parola, fulmina il rasta un ultima volta e se ne va.

“Cazzo Sakura, aspetta!”

Perché è così ostile?

Fay dove vai?”

Non gli rispondo, ora il mio problema è quella giapponese isterica.

Lo so che avrebbe voluto chiedermi cosa ci facesse lui qui e non l’ha fatto, perché s’ è trattenuta e ha reagito così?

Balzo fuori dal letto, la inseguo e la blocco sulla porta di casa mia.

“Cos’ è il tuo problema Ishikawa?”

“Tu Girardi.

Sei una fessa di prima categoria se credi di poter contare qualcosa per lui, ti ritroverai a piangere tra un po’.”

“Non sai un cazzo Ishikawa piano con le sentenze!”

“Fottiti Guirardi! Ti facevo più intelligente.

Nemmeno tu con i  tuoi meravigliosi capelli neri, la carnagione diafana da emo fallita e il fascino dell’eroina maltrattata dal destino riuscirai a farlo capitolare!”

Se ne va sbattendo la porta.

“Ma che cazzo vuole questa?

Eh?

Kaulitz!”

Urlo verso la camera, lui si affaccia perplesso ed intontito, mi farebbe tenerezza se Sakura non mi avesse appena rovesciato addosso due tonnellate di veleno a causa sua senza che io sappia perché.

“La conosci?”

Bho…

“Come bho?

Ah già la carriera da play boy! Sorry me l’ero dimenticata!”

Vado in bagno a lavarmi e vestirmi, poi faccio colazione, lui credo sia tornato a letto.

Mi affaccio alla porta della mia camera, in effetti lui è sdraiato sul letto con le braccia ripiegate sotto la testa.

“Vieni qui.”

Mi fa segno di sedermi accanto a lui e io eseguo.

“Buon lavoro nana, che fai di bello?”

“Dipingo maschere.”

“Ti si addice….”

Sorrido.

“Grazie!

Buona dormita!”

“Oh Mamma Fay mi dai il bacio della buonanotte?”

Rido, gli accarezzo il volto.

“Certo bambino cretino, però sappi che dobbiamo parlare.”

Si fa serio.

“Non me ne dimentico,  nemmeno per un attimo.

Solo cerco di prendere coraggio facendo lo spiritoso.”

“Lo so.

Scusa”

Mi chino per dargli un bacio sulla guancia, ma lui si volta improvvisamente e mi ritrovo a baciarlo sulle labbra, mentre lui sogghigna.

Maledetto.

Mi stacco a metà tra l’indispettito e il divertito.

“Questo cosa sarebbe?”

“Il bacio della buonanotte no?”

Ceeerto!

Non cambi mai tu!”

“Nemmeno tu, buon lavoro!”

“Grazie! Ciao!”

Esco dal mio appartamento più serena, persino la portiera se ne accorge, perché mi saluta e mi sorride.

“Finalmente sorridi, bambina.

E hai un sorriso bellissimo, cosa è successo?”

“è venuta a trovarmi una persona, signora.”

“Il ragazzo biondo che viene ogni estate?”

“No, un’altro, ma adesso devo andare sono in ritardo!”

“Si, ciao!”

“Buongiorno.”

Che sia merito di quell’idiota?

Dopotutto averlo attorno mi fa bene, mi dico divertita.

Il suono del cellulare mi fa tornare alla realtà, è Gustav, chissà cosa vorrà?

“Pronto?”

“Ciao Fra.”

“Ciao. Come mai questa chiamata improvvisa?”

“Tu sai dove possa essere Tom?

Bill è strano.”

“Lo sta cercando?”

“No..ma..Non riusciamo a dargli un freno, è iperattivo e solo lui riesce a calmarlo.”

“Perché lo chiedi a me?”

Silenzio dall’altra parte.

“è qui da me, Gustav e non so nemmeno io il perché preciso.”

“Quel testone…Ok grazie Fra.

Tu come l’hai presa?”

“Stiamo facendo pace…

Giurerei che stia sorridendo.

“Bravi ragazzi.”

“Gustav, tu sai cosa sia successo a Bill?”

“Faccio delle ipotesi, ma finchè Tom o lui non mi diranno nulla non mi sbilancio.”

“Lui è venuto per parlarmi di suo fratello, ma non riesce a parlarmene.

Fa una fatica assurda, quindi deve essere una cosa grave e…io sono preoccupata da morire.”

“Si aprirà Fra, non c’è molto tempo per tentennare, credo.”

“Si, lo credo anch’io.

Adesso devo andare o non arriverò mai al lavoro.

Alla prossima.

Ciaoo!”

“Ciao e trattalo bene, questa volta se lo merita.”

“Lo so, ciao.”

“Ciao.”

Arrivo al lavoro giusto in tempo, Sakura sta sulle sue, non mi saluta nemmeno.

Sarà una lunga giornata.

[what a waste of time
the thought crossed my mind
cant explian this thing or what i mean
im trying to let go(*)]

Era sdraiato a letto guardando il soffitto, era dipinto di bianco, luminoso per il sole del mattino che entrava dalla porta finestra, la casa era silenziosa, non c’era nessun rumore a fargli compagnia.

Troppo silenzio.

La nana acida se ne era appena andata e già si sentiva che mancava qualcosa, ossia il discreto casino che sapeva produrre.

Ridacchiò, poi smise di colpo al perché fosse lì, non era riuscito a dirglielo e sapeva di non avere tempo da perdere, ma si era rivelato più difficile del previsto vuotare il sacco.

Era come ammettere una sconfitta.

Sospirò, doveva darsi tempo, non troppo, ma necessitava di averne altro.

Si rigirò nel letto, doveva ammettere che lei si era comportata meglio di come aveva previsto la sera prima, l’aveva persino consolato.

Consolato.

Lui che di solito era piuttosto restio a mostrare i propri sentimenti a qualcuno di diverso dal fratello, aveva finito per piangere tra le sue braccia.

E la cosa più strana, era che ci era stato bene quella notte, si era sentito capito e meno solo, come se lei comprendesse davvero quello che  stesse passando, tanto che quando si era addormentato si era sentito più sereno, forse perché in fondo erano fatti della stessa pasta e lo sapevano.

Aveva fatto la scelta giusta venendo lì, ora ne era certo, doveva solo trovare il coraggio di parlarle di Bill, come aveva aiutato lui senza nemmeno accorgersene avrebbe aiutato il gemello.

Piccola nana acida e rompiscatole, ma sempre o quasi presente nel momento del bisogno.

Fay.

Un nome corto che aveva inventato al momento sei anni prima e che la calzava a pennello.

Fata a volte maligna e più simile a una pixie (riusciva ad immaginarsela senza difficoltà e con qualche risatina divertita  vestita di stracci e sbragata su una coccinella), ma fondamentalmente buona.

Stava per addormentarsi di nuovo, quando ripensò alla voce della giapponesina dai capelli rossi, Sakura l’aveva chiamata Fay, gli sembrava di averla già sentita da qualche parte, ma non ricordava assolutamente dove.

Era importante?

Non lo sapeva, ma l’odio che aveva letto negli occhi di quella ragazza l’aveva spaventato, sembrava conoscerlo e detestarlo come se lui fosse un essere indegno.

Era un anti?

Una domanda destinata  rimanere senza risposta fino al ritorno di Francesca.

“Sai Tom io ti stimo veramente e mi piace un casino la vostra musica!”

Quella frase riemerse da un ricordo di almeno tre anni prima, gli sembrava la voce di Sakura, ma aveva sentito troppe frasi del genere per poterne essere certo e non riusciva ad associarci un volto.

Stava di nuovo per riaddormentarsi quando il vibrare del cellulare lo costrinse a rimandare.

Si alzò per andarlo a prendere e guardò il numero, era Gustav.

Inarcò un sopracciglio e rispose.

“Pronto?”

“Ciao Tom.

Dove sei?”

Silenzio.

“Perché?”

“Perché sono preoccupato per Bill.”

“Cosa gli è successo?”

Il sonno era sparito all’improvviso per lasciare il posto a una sottile angoscia

“Nulla di grave, è iperattivo.

Stamattina ha buttato giù tutti dal letto perché ha composto un nuovo pezzo e pretendeva di provarlo.

Georg ha sclerato e si sono presi a male parole, io ho cercato di riappacificarli, ma …”

“Bill si calma solo quando ci sono io.”

“Esatto.”

“Sono in Italia, da Fay.”

“Perché?”

“Per chiarire con lei.”

“Complimenti per la velocità, ci hai messo sei anni!”

“E poi per un altro motivo….”

“Quale?”

“Bill sta male e io vorrei, anche se suona piuttosto egoista una mano da lei.”

“Che cos’ha Tom?

Lo avevamo notato tutti che era strano da un po’.”

Sospirò.

“non sono cose da dire al telefono, te lo dirò al mio ritorno.

Lo so che non dovrei chiedertelo visto come ti ho trattato, ma….mi faresti un favore?”

“Spara Tom.”

“Tienimelo d’occhio per favore.”

“Va bene, Fay è preoccupata per te.”

“Lo sapevo che vi eravate sentiti…

Mi manca il coraggio per dirle la verità, ma lo sto raccogliendo.”

“Lo immaginavo…Mi dispiace.

Io non vorrei che succedesse, davvero,

In Generale non vorrei che accadesse quello che sta succedendo a lui e farvi preoccupare.

A volte mi chiedo se non sia tutta colpa mia e del fatto che l’ho lasciato a sé stesso, ma poi mi dico che ormai è inutile speculare sul passato e su chi sia il colpevole.

L’unica cosa utile che posso fare è aiutarlo nel presente.”

“E ti sei accorto che da solo non ci riesci.”

“Esatto.”

“Capisco. Buona Fortuna Tom.”

“Non sai quanto ne abbia bisogno “ mormorò.

“Ciao Gustav, adesso devo andare.”

“Si, buonanotte Tom.”

Ridacchiò.

“ciao.”

“ciao.”

Si rimise a letto, sperando che non succedesse altro, tutto il buonumore se ne era andato sostituito da una sensazione  indefinita di ansia.

Stava perdendo tempo a causa delle sue paure, doveva muoversi.

Possedeva tante cose, ma l’unica di cui avesse veramente bisogno, il tempo, scarseggiava.

Purtroppo.

 

Lavorare fianco a fianco con una persona che ti odia è una delle esperienze più esaltanti, dopo l’aver ricevuto una martellata sui piedi o l’avviso che la cugina iena si sposa prima di te con gran gioia del parentado.

Sakura Ishikawa mi odia, non ci sono dubbi, se potesse mi lancerebbe addosso tutti i barattolini di colore della bottega, per poi picchiarmi ed insultarmi a dovere, non potendolo fare mi riserva un silenzio glaciale e un’aria di scocciata sufficienza.

Da far saltare i nervi, i miei almeno.

Sarà per lei,sarà per tutto questo mistero  ansiogeno che si è creato intorno a Bill, fatto sta che passo quasi metà mattina a tamburellare le unghie sulla mia porzione di tavolo, in preda al nervosismo.

Non ho idea di che cosa stia passando nella testa rosso ciliegia della mia collega, ho un’ipotesi ma non ha prove o elementi che la possano spiegare decentemente.

Ci rimugino sopra, il suo sguardo mi ricorda quello che si riserva al bastardo che ti ha portato via senza pietà qualcuno a cui tenevi, tuttavia non capisco perché lo riservi a me.

Chi le ho portato via?

E perché Tom sembra avere qualcosa a che fare con questo?

Che sia lui quello che gli ho “rubato”?

Scuoto la testa, è impossibile, a ventidue anni non ho ancora imparato a dare un freno ai miei deliri…

Dopo un tempo infinito arriva la pausa pranzo, Sakura infila svelta la porta per andarsene, io mi lancio al suo inseguimento, sotto lo sguardo sbalordito dei miei colleghi abituati a ben altre scene.

Oggi i ruoli sono capovolti, di solito sono io a sgattaiolare sperando che quella non mi veda ed evitare così un terzo grado e l’ordine perentorio travestito da gentile richiesta di pranzare insieme.

Non può pensare di cavarsela così Sakura Ishikawa!

Non può vomitarmi addosso le accuse più disparate e poi  credere di poter evitare le mie meritate spiegazioni,  non lascio che mi si insulti senza nemmeno sapere il perché.

“Fermati Ishikawa!

Io e te dobbiamo parlare!”

“Non credo, io ti ho detto tutto quello che dovevo stamattina!”

“Ma che cazzo dici eh?

Tra me e lui non c’è una storia, cosa vuoi precisamente?

Non ti ho affatto capita stamattina.”

“Non prendermi in giro,Girardi.

Facevi tanto la snob e la superiore, non ti facevi mai avvicinare da nessuno e poi ti becco con uno che ha la fama da puttaniere.

Cosa credi di fare?

Di redimerlo?”

“Ma tu sei sicura di stare bene Ishikawa?”

All’improvviso spalanca gli occhi, mi guarda come se mi vedesse per la prima volta, poi scoppia in una lunga e folle risata che mi lascia disorientata.

Cosa sta succedendo a Sakura?

Non siamo mai state amiche, ma ammetto di essere preoccupata per la sua salute mentale, temo stia impazzendo…

Deglutisco e tento di farfugliare qualcosa, senza riuscirci.

“Dio Girardi è buffo e terribilmente crudele che io abbia sofferto cercando di farmi amica per anni la persona che di più ho odiato al mondo.

Tu sei Fay non è vero?”

Io….”

Come cazzo ha fatto a scoprirlo?

“Si, lui ti chiama così , l’ho sentito stamattina.

E io per anni ho odiato quella Fay, avrei voluto persino vederla morta per poi scoprire…

Scoprire che eri tu…quella Francesca burbera e scostante che volevo disperatamente fosse mia amica.

Cazzo, se è odiosamente ironica la vita!

Non capisci vero, Girardi?

Ovvio,ma io non ti illuminerò…Lo farà il tuo a m i c o

E il modo acido in cui calca la parola” amico” sottintende che lui sia più di un amico.

“Ammesso che lui abbia le palle par farlo..

Bye bye Girardi, la piccola e sciocca Sakura ha smesso di importunarti.”

Se ne va scuotendo la mano, io sono pietrificata.

[In this farewell
There’s no blood
There’s no alibi
‘Cause I’ve drawn regret
From the truth
Of a thousand lies(**) ]

Non ho idea di cosa sia successo, ma qualsiasi cosa sia ha posto fine al rapporto che c’era tra me e lei e so che in qualche modo c’entra Tom.

Cosa c’è stato tra quei due e perché lei ha frainteso così?

E soprattutto, domanda da un milione di dollari, perché ho una voglia irrefrenabile di picchiare Sakura”Cherry”Ishikawa?

EhI Francy, cosa  successo?”

Questo è Marco, ha qualche anno più di me e un debole, probabilmente non corrisposto per la giapponese.

“Non lo so.

A Sakura è scoppiato il cervello, credo di aver combinato un casino senza volerlo.”

“Tipo?”

“Tipo che stamattina ha trovato a casa mia un ragazzo e ha frainteso tutto.

Quel ragazzo deve avere avuto a che fare con lei in passato, ma in che modo e come sia finita non ne ho idea.”

Si intristisce.

“Bel casino.”

“Si, ma non importa Marco.

Quello che mi scoccia sono le accuse che mi ha rovesciato addosso senza conoscere  ne me ne lui, forse ho un nemico in più.”

“Perché non ti importa?

Cazzo, Francesca, lei ci teneva a te! Ci è sempre rimasta male ogni volta che l’hai trattata male o respinta!”

“Lo so, ma la cosa non era reciproca!

Marco, io non amo gli impiccioni  e chi sputa sentenze e Sakura lo è,  ha sempre cercato di forzarmi a raccontare qualcosa sul mio passato nonostante fosse evidente che non volessi.

Non fraintendere, mi dispiace di averla trattata male, ma non sapevo cosa fare.

Io sapevo di starle simpatica, ma di non trovarla simpatica a mia volta e speravo che trattandola con freddezza si sarebbe stufata di rincorrermi.”

Come riecheggia la frase di una certa Medusa la mia, siamo davvero simili io e lui…

Bhe, ora hai raggiunto il tuo scopo.”

“Non era così che speravo andasse…

Lui sbuffa e  se ne va, io cerco un bar in cui pranzare in relativa tranquillità, cercando di non pensare a quello che è successo…

Sono sempre più convinta che mio fratello avesse ragione quando diceva che io e Tom finivamo per assomigliarci più di quanto fossimo disposti ad ammettere…

Buffo.

 

Si svegliò alle due del pomeriggio, quando il pallido sole novembrino era alto nel cielo, si stiracchiò come un gatto e per l’ennesima volta si disse che quella camera era troppo bianca per essere davvero di Fay.

Fece un giretto per la stanza, era troppo ordinata e poco colorata e per quanto l’avesse cercato non trovò nemmeno un murales alle pareti, l’unica nota di vivacità era data da una bacheca piena di foto.

Si avvicinò curioso per guardarle meglio, c’erano foto di quella che supponeva fosse la Sicilia e di un uomo che doveva essere suo padre data la somiglianza, poi ovviamente c’erano i suoi fratelli da piccoli, Luca sembrava  già un piccolo uomo in Italia, mentre Andrea sembrava più ingenuo e coccolone, scovò anche Bill, Georg, Gustav ,Alì e Mariam, la cugina del turco.

Bei tempi quelli….

Ce n’era una molto bella dove c’erano tutti e sette e notò ridendo che la cugina di Alì guardava adorante Georg e il diretto interessato nemmeno la notava.

L’hobbit aveva spezzato un cuore.

Spostò lo sguardo, c’era una copia della foto in cui lei e Bill erano abbracciati, non aveva mai visto quel sorriso addosso a suo fratello…

Si sentì stringere il cuore.

Cosa aveva sprecato?

Proseguì, si passava a Berlino, alle foto dei fratelli sempre più grandi, a quelle fatte quando gli altri erano andati a trovarla e lei insieme a una ragazzo alto e biondo vestito come un punk.

Chissà chi era?

C’era anche una  foto solo di lui che sembrava essere stata staccata spesso, era il suo ragazzo?

L’idea gli provocò una fitta di gelosia inimmaginabile e soprattutto inaspettata, la nana era libera di stare con tutti i ragazzi che voleva , o no?

Non sapeva perché ma l’idea gli dava ai nervi e desiderava spaccare la faccia al biondo se fosse stato il suo attuale ragazzo o se l’avesse fatta soffrire.

Scosse la testa, erano sicuramente i residui del sonno a non farlo ragionare lucidamente, lui era venuto per Bill.

Bill.

-Ma anche per lei-Mormorò un’odiosa vocina dentro di lui che cercò di mettere a tacere con scarsi risultati.

C’erano ovviamente foto di Venezia, c’era Sakura e c’erano altre persone, forse colleghi.

Sua madre e i suoi nonni erano i grandi assenti per ovvi motivi, dubitava che Fay li potesse perdonare dato quello che c’era stato tra di loro e lui la capiva.

Un altro punto a favore di Luca Girardi, che dovesse iniziare a considerarlo come un possibile futuro cognato?

Scosse di nuovo la testa, stare sotto lo stesso tetto di quella ragazza stava iniziando a farlo comportare come lei, era incredibile.

L’ultima foto lo lasciò senza parole.

Era lui a…quanti anni? Sedici?

Lui con i suoi vecchi rasta biondi e non quelle strane treccine nere, lui e il suo sorriso storto che usava spesso con lei, perché l’aveva conservata?

Lo squillo del cellulare non gli permise di rispondersi, era un numero sconosciuto, rispose comunque.

“Pronto?”

“Ciao Tom Kaulitz, ti ricordi di me?”

Era la voce della collega giapponese di Fay, Sakura.

“Come hai fatto ad avere il mio numero?”

“L’ho rubato dal cellulare di Girardi, ma non cambiare discorso.

Ti ricordi di me?”

“Tu per me sei solo la collega giapponese di Francesca che stamattina l’ha buttata giù dal letto.

Chi dovresti essere?”

“Sono Sakura Ishikawa, la fan giapponese a cui hai tolto la verginità quattro anni fa dopo un concerto.

Ora ti ricordi o hai avuto troppe puttane?”

“Non mi ricordo e vacci piano, tipa!”

La sentì ridere.

“Non sperarci bello mio, mi hai scaricato senza nemmeno lasciarmi un cazzo di biglietto o avere il coraggio di dirmelo, semplicemente sei sparito come se un’allucinazione.

Avevo diciott’anni e ci avevo fantasticato per mesi o anni su questa cosa per poi svegliarmi da sola con l’amaro in bocca dopo averti sentito lamentarti tutta la notte chiamando il nome di una certa Fay.

L’ho odiata quella ragazza, ma non sapevo chi fosse fino a stamattina…

Le hai dette queste cose a Girardi?

No vero?

Non mi importa, non sono affari miei quello che dici o non dici alla tua ragazza.”

“Cosa vuoi?”

“Diecimila euro per iniziare…

È una vecchia storia, ma la merda d’artista non perde valore vero?

Ai giornali interessa comunque…

Rise.

“Che silenzio…

Ci vediamo domani alle 18:00 in piazza san Marco e porta i soldi.

Non fare scherzi o vendo tutto ai giornali….

E un consiglio…di tutto alla tua Fay o potrei decidere di farlo io.

Bye bye bastardo!”

Chiuse la comunicazione, lasciandolo basito, ancora una volta avrebbe dovuto dare retta a suo fratello quando lo ammoniva dal non portarsi a letto le fan e  di non illuderle.

Bravo Tom, complimenti, ti mancava solo questa grana!Esclamò sarcastica la sua coscienza.

Cosa doveva fare?

Pagare o non pagare?

Non lo sapeva, ma forse l’indomani avrebbe potuto incontrarla comunque e vedere se riusciva a convincerla a desistere, anche se dubitava fortemente che ciò accadesse, non aveva mai sentito una voce così carica di rancore nei suoi confronti.

Avrebbe dovuto dirlo a Fay?

Sarebbe stato meglio, ma non sapeva perché non avrebbe sopportato di vedere il biasimo o peggio ancora il disprezzo nei suoi occhi.

[Take me back to yesterday
Rollin' dice and getting laid
Everything was a.o.k. oh...
But now and then a cloud rolls in
Rains on my parade and then
Talkin' this and that again, go(***) ]

 

Finalmente questa terribile giornata lavorativa è arrivata a una conclusione, lavorare accanto a Sakura è praticamente impossibile, la sua rabbia influisce negativamente sul clima generale della bottega.

Dovrei sentirmi in colpa e non ci riesco, non sapendo nemmeno io il perché debba farlo.

Cosa è successo tra lei e Tom?

Me lo farò spiegare da lui, ammesso e non concesso che se lo ricordi.

Raggiungo casa mia contenta, al momento mi appare come un rifugio che mi protegge dai miei problemi,  l’androne e le scale non mi sembrano vecchi ma accoglienti e mentre mi avvicino al mio appartamento giurerei di sentire il profumino di qualcosa che viene cucinato.

Ok, questa è un’allucinazione olfattiva Fra.

Non è possibile che le medusa che ospito abbia cucinato qualcosa.

Spalanco la porta teatralmente e il profumino si fa più forte e invitante.

“Sono a casaaa!”

“Ciao Fay! Ma tu sei in grado di non far casino?”

“A casa mia faccio casino quanto  mi pare…Tu piuttosto, ti sei dato alla cucina?”

Mi lancio nel locale, giusto in tempo per vederlo trafficare davanti ai fornelli.

“Si Nana, non avevo molto da fare…

Wa! Che bello! Arrivo a casa dal lavoro e trovo la cena pronta!

“Ricompensa Girardi, ricompensa!”

Mi avvicino a lui e gli schioccò un bacio a stampo sulle labbra, lui rimane perplesso, poi scoppia a ridere.

“Sei vendicativa Nana.”

“Certo Medusa, anche se non mi sembra una vendetta così terribile o che ti sia dispiaciuta!”

Rido beffarda.

“Vado a farmi una doccia.”

Mi barrico in bagno, quando torno ha perfino apparecchiato la tavola.

“Cavolo Kaulitz! Che lusso! Ti senti buono o hai fatto qualcosa che non dovevi in mia assenza?”

“Cretina!”

“Grazie!”

Mangiamo in silenzio, devo dire che la pasta cucinata da lui non è poi così male.

“Allora è buona?”

Si….

Ma tu hai qualcosa a che fare con Sakura, la conosci?”

“Non lo so…Forse è una delle fans che mi sono portato a letto, non ricordo.”

Mente, posso giurare che stia mentendo.

“Oggi al lavoro mi ha fatto una piazzata.”

“Mi dispiace, lavo io i piatti.”

“Cosa non mi stai dicendo?”

Fay, tranquilla. Per favore.”

“Ok , ci provo.”

Mi schiaffo davanti al televisore, rimuginando sul perché non mi voglia dire di essersi ricordato di Sakura, che si vergogni di esseri comportato male con lei?

Di averla considerata una scopata e basta?

Non mi sembra il tipo, che altro c’è sotto?

Esiste la possibilità che lei si sia fatta dei film su di loro all’epoca e adesso voglia fargliela pagare?

Potrebbe essere, la rossa sotto la patina superficiale della dolcezza e della simpatia è molto vendicativa.

“Fatto.”

Si siede accanto a me, immediatamente cala un silenzio imbarazzante, ci sono troppe cose non dette tra di noi.

“Che mi racconti della tua vita da superstar?”

Mi sorride e inizia a  parlare, tra aneddoti vari la serata passa discretamente bene .

“Ok, è il momento di dormire.

Vuoi il divano o il letto?”

“Il letto….E grazie.”

“Per cosa?”

“Per non forzarmi, lo so che sei preoccupata per me e per Bill, ma ti sforzi lo stesso di rispettare i miei tempi.”

Sospiro.

“Se fai così fatica a raccontarmelo non deve essere una cosa facile da dire e quindi credo nemmeno bella e io non voglio forzarti e farti chiudere in te stesso.

Se.. se sei venuto da me è perché vuoi parlarmene, quindi io cerco di rispettare i tuoi tempi, per quanto questo  mi costi.”

Mi abbraccia.

“Sei maturata Nana.”

Ha un tono semiserio, che mi ricorda Jo e la tristezza torna a farsi sentire.

“Ho dovuto maturare.”

Mi lascia andare e  mi scruta.

“Cosa è successo Fay?”

“Ho appena pensato a una persona …. Mi rendo conto che tu mi hai raccontato un buona parte della tua vita e io sono stata zitta come al solito.”

“Forse non te la senti nemmeno tu, quando vorrai sono qui.”

Sorrido, lui si butta a letto e io lo seguo, con una differenza tra di noi, lui si addormenta subito, io rimango a fissare il soffitto.

Non so quanto tempo passi, so solo che ad un certo punto mi risulta intollerabile rimanere lì, così mi alzo ed esco sul terrazzo a fumarmi una sigaretta.

Guardo la luna e il suo riflesso nei canali, i giochi di luce mi ipnotizzano impendendomi di pensare a Jo, ma poco dopo sento la porta finestra aprirsi.

Mi volto e lo vedo davanti a me,mentre si gratta perplesso la testa.

“Mi sono svegliato e non c’eri….”

Sogghigno.

“Pensavi  mi fossi buttata dal balcone?”

“Cretina, sei strana questa sera… più strana del solito.”

Mi accorgo che il pacchetto giace ancora sul tavolo insieme all’accendino, lui si è spaparanzato su una sedia.

“Prendi pure una sigaretta se vuoi.”

Io tiro un sedia accento lui e accendo la mia.

“Si stasera sono strana…

È che sto pensando a una persona….a Josh.

Sono sicura che mentre io ero al lavoro tu abbia curiosato nella mia camera e abbia notato le foto.”

Annuisce.

“Jo è il ragazzo biondo che era abbracciato a me.

È stato il mio unico amico a Berlino, ma adesso sta in America ed è colpa mia.”

“Colpa tua?”

“Si, se non avesse incontrato me…

Andiamo con ordine…

Lui è stato la prima persona che ho conosciuto a Berlino, ci eravamo beccati e trovati simpatici a scuola e ben presto eravamo diventati inseparabili.

Ero spesso a casa sua,a cucinare per lui, a cazzeggiare, a guardare film, a parlare e spesso dormivo da lui.

Dormivo e basta, pervertito.

Grazie a lui mi sono iscritta alla scuola d’arte e ho preso in mano la mia vita.

Lui grazie a me se l’è rovinata.”

Deglutisce.

“Il quartiere dove vivevo non era un bel posto e tra tutti i disgraziati che abitavano lì io sono andata a colpire il bulletto del quartiere che spacciava droga e si credeva figo facendo soldi facili.

E lui….lui ha cominciato a vendere marijuana a Jo, senza che lo sapessi.

Questa è una cosa che ho scoperto dopo, quando ormai era troppo tardi.”

Non alzo lo sguardo,  adesso arriva la parte più difficile.

“Quando lui ha iniziato a fumare quella roba, io…

Io non l’ho fermato, mi vergognavo  a raccontargli del mio…incidente e credevo alle sua bugie…

Sai, quelle cose tipo “lo faccio per provare etc…”?

Ecco, quelle erano cose che potevano essere valide per altre persone , ma non per Jo, lui era fragile, lui ci sarebbe aggrappato.

Io lo sapevo e non l’ho fermato.

E sai perché?

Perché ero presa da altro, all’epoca mi piaceva un ragazzo e io pensavo a lui.

Alla fine quel ragazzo è diventato il mio ragazzo, ma non importa, è durata un po’ e ci siamo lasciati.

Quello che importa è che una sera Jo è stato male per quella roba e io non sapevo aiutarlo.

È allora che mi sono decisa a dirlo ai suoi che l’hanno spedito in America a disintossicarsi, essendo ricchi.

Ovviamente mi ha odiato, per fortuna ci siamo riappacificati.

Io sto male ogni volta anche se so che è stupido visto che ormai sta bene , ma…

Non finisco la frase , lui mi soffoca in un abbraccio come se capisse alla perfezione ciò che ho provato e questo mi stupisce non poco.

Sono senza parole e vagamente rigida.

Mi lascio andare all’improvviso, quando capisco che ormai queste resistenze, questi tentativi di mettere una corazza sono inutili.
[So let mercy come And wash away
What I’ve done

I'll face myself
To cross out what i’ve become
Erase myself
And let go of what i’ve done(**) ]
“Mi dispiace Fay, davvero

Pensa che io credevo fosse il tuo ragazzo…

“L’avevo immaginato che tu lo credessi, ma lui non lo è…

È solo il mio migliore amico, il mio fratello non di sangue.”

Rimaniamo in silenzio per un altro po’ mentre la sigaretta si consuma inutile nel posacenere.

“Fa freddo, fay.”

Rientriamo intirizziti, mi trascina sotto le coperte e io non mi ribello.

Mi fa stare bene stare così.

Grazie…

“Per cosa Nana?”

“Per esserci Medusa.”

“Lo so che sono insostituibile!”

Ridacchio, senza spostarmi dalla sua stretta e così finiamo per addormentarci insieme un’altra sera.

Strano.

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Eccoci all’undicesimo, la fine si avvicina, credo che dopo questo farò ancora solo due capitoli, e farò un seguito incentrato sulla faccenda di Bill, mi sembrava corretto darle lo spazio che si meritava^^.

Detto questo, spero che vi piaccia.

Queste sono le canzoni.

(*)”I’m not over” Carolina Liar

(**)”What I’ve done”Linkin park

(***)”Creamer (radio is dead)” Limp Bizkit.

OH…In giapponese il nome Sakura,significa fiore di ciliegio, al momento non lo ricordo precisamente^^.

 

Grazie a

 

Schwarz Nana

 

TushiUndDark

 

Hana Turner

 

_Pulse_

 

Lady Cassandra

 

Black Down TH

 

Per le splendide recensioni^^.

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Capitolo 12
*** 12)Su Come Il Tempo Sia Ormai Agli Sgoccioli Per Tom Kaulitz ***


12)) SU COME IL TEMPO SIA  ORMAI AGLI SGOCCIOLI PER TOM KAULITZ

 

E poi restare sola
intorno agli occhi della gente
e innamorarsi sempre
di chi non ha capito

 

Ci sono certe mattine che ti alzi con il presentimento della catastrofe senza un motivo preciso, appena apri gli occhi sai che qualcosa succederà, senza che ti sia dato sapere cosa.

Questa mattina è una di queste,mi sveglio subito(Miracolo!), spengo la sveglia del cellulare che ho diligentemente puntato per non disturbare la Medusa che è in coma accanto a me e mi sento inquieta, vagamente ansiosa.

È assurdo, dovrei sentirmi meglio dato che per la prima volta ho raccontato di Jo a una persona che non sia Luca, eppure non è così.

Sguscio in bagno, mi lavo e mentre mi trucco davanti allo specchio so che oggi non sarà una giornata normale, questa calma apparente è come quella illusoria e traditrice prima della tempesta.

La tempesta, suggerisce il mio istinto, potrebbe chiamarsi Sakura Ishikawa ed essere legato a quello che c’è stato o meno tra lei e Tom e a quello che lui non vuole dirmi su di lei, nonché su Bill.

Troppi segreti non sono mai positivi, prima o poi esplodono con la potenza devastante delle bombe e io sono un’esperta in questo campo.

Faccio colazione, controllo la situazione in camera, lui dorme ancora il sonno dei giusti abbarbicato al cuscino, per niente disturbato dai miei movimenti, devo farmi violenza per non controllare che non sia morto.

-è solo invidia, Fra.

Esci da tuo appartamento, schiaffati una stizza in bocca e realizza che non sei preoccupata per lui adesso, sei solo invidiosa del fatto che lui possa dormire tutta mattina e tu no.-

Saggia la mia coscienza….

Più saggia di me a volte e così le do retta e me ne vado al lavoro, chissà la minaccia giapponese come si comporterà?

Mi ficco una sigaretta in bocca, l’accendo e cerco di non pensare a quella concentrandomi sugli andamenti del fumo che si disperde nell’aria.

Fortunatamente oggi lavoro solo fino a mezzogiorno, essendo sabato e quindi me la becco solo mezza giornata, ma credo che questa basterà a guastarmi l’umore per tutto il pomeriggio.

Richiamo tutte le mie scarse scorte di pazienza, mi stampo in faccia un sorriso cordiale , mi dico che posso farcela, quindi entro in bottega,

Apparentemente è tutto normale.

Saluto tutti, sorrido, qualche collega mi dice che sembro più bella e che ho la pelle più luminosa.

Mha.

Credo che abbiano bisogno di una visita collettiva dall’oculista, io sono la solita Francesca,non ho  nulla di diverso .

Poso la mia roba, di Sakura non c’è traccia, non ancora.

Arriva poco dopo, con un’espressione normale che si trasforma in un sogghigno divertito non appena mi vede, che ovviamente lei cerca di mascherare, se potesse si porterebbe elegantemente davanti al volto un ventaglio.

Crede di essere furba la rossa, ma non sa con chi ha a che fare, lei pensa che io sia una strana tipa che dalla Germania è tornata in Italia per una specie di capriccio, non ha idea di cosa abbia affrontato nella mia vita.

Crede di potermi ingannare, senza sapere che lei non è niente in fondo, che ho rimesso al suo posto gente peggiore di lei.

La scruto mentre lavoro, senza farmi notare, sono diventata un’esperta nello spiare le persone senza che se accorgano, fa parte della teoria”Conosci il tuo nemico per poterlo attaccare meglio” e Sakura per una parte di me è un nemico da abbattere.

Ha l’espressione soddisfatta di chi ha compiuto qualcosa di appagante, ma non esattamente benigno, dunque devo dedurre, sommandolo all’atteggiamento di Tom, che lei abbia già fatto una mossa per vendicarsi o almeno si sia fatta sentire.

Qualcosa si muove, le nuvole corrono, il temporale si sta addensando sopra le nostre teste, chi verrà colpito dai fulmini?

Calma,Fay, calma.

Sorrido spontaneamente al sentire che anch’io mi chiamo Fay adesso, quel nomignolo per la prima volta dopo anni non mi ferisce ne mi fa pensare a mio padre che ancora paga i suoi debiti con la giustizia italiana, ma a qualcun altro.

Non devo distrarmi, devo capire cosa bolle in pentola, ma la mattinata scivola via troppo velocemente perché io possa afferrare appieno il tutto.

È in momenti come questi che davvero vorrei saper leggere nel pensiero, potrei evitare tante cose…

Scuoto la testa, è incredibile come ancora adesso mi perda in pensieri simili, cercando qualcosa oltre questa realtà che quasi sicuramente non esiste.

Non si smette mai del tutto di credere alle favole e ai tuoi miti della tua infanzia, sono il posto in cui ci si rifugia quando tutto va male.

Cammino svelta verso casa, fermandomi in un negozio di alimentari che sembra uscito da un’altra epoca a prendere qualcosa per il pranzo, non è la prima volta che noto come la scelta di Venezia come città in cui stabilirmi  non sia casuale.

È un posto sospeso,un po’ fuori dal tempo, magico, in cui io mi sono rifugiata rifiutando il resto del mondo, tagliando con mia madre, diradando i rapporti con i miei fratelli e parlando solo con Jo.

Forse volevo ignorare la vita reale, ma lei è venuta a cercarmi attraverso Tom e ora sono pronta ad affrontare tutto, credo.

Mi sono data il tempo di leccarmi e far guarire le ferite e ora sono o forse spero di essere pronta.

Salgo al mio appartamento, apro piano la porta, mi accoglie il silenzio, lui sta ancora dormendo, mi ritrovo di nuovo a sorridere come in fondo non ho mai fatto davvero in questi anni.

Sto scadendo nel patetico.

Fra, datti una regolata.

Dopo la doccia, inizio a cucinare delle cotolette alla milanese e delle patatine, ma lui ancora non si fa vivo.

Che sia caduto in letargo?

Mha.

Apparecchio, lascio le cotolette e le patatine  in forno al caldo  e mi accingo a controllare lo stato del mio ospite, vivo , morto o x?

Apro cautamente la porta della mia camera, vedendolo opto per una bella x, quella del letargo, del coma, della morte apparente.

Lo scuoto piano, poi sempre più forte, sto per andare in cucina, meditando di svegliarlo rovesciandogli un bicchiere di acqua gelida addosso, quando si sveglia.

Guarda me perplesso, poi la sveglia e realizza che razza di ora sia.

“Ben svegliato Bella Addormentata!

Il pranzo è pronto se vuole farmi il piacere di accomodarsi a tavola.”

“Buongiorno Fay….

Dall’acidità deduco che hai lavorato stamattina.

Niente bacio del buongiorno?”

Sogghigna con la voce rauca post risveglio.

“Ma guarda questo!”

Esclamò divertita in italiano, lui mi guarda stranito.

“Ti do una mano e ti prendi o pretendi di prendere il braccio.

Tra poco dovrò darti anche il bacio del buon pomeriggio?”

“Ho capito, Sakura ti ha rotto le palle!”

Gli schiocco un bacio sulla guancia, approfittando della sua incredulità  lo tiro in piedi.

“Tu sei pazza!”

“Indubbiamente, soprattutto perché ti ho preparato il pranzo.”

“L’argomento cibo mi interessa, con cosa mi avveleni oggi?”

“Code di rospo ed occhi di tritone.”

“Buoni.”

“Li ho cucinati io.

Fatti una doccia, risveglia i neuroni e vieni a mangiare prima che si raffreddi tutto.”

“Si, mamma!”

Fa come gli dico e poi finalmente mangiamo, in silenzio.

Mi nasconde qualcosa questo è certo, un paio di volte apre bocca per dire qualcosa per poi rinunciare.

Parla, dimmi qualcosa!

“Buone Fay, saresti quasi da sposare!”

Rischio di soffocarmi, ben mi sta, devo imparare ad appezzare il silenzio!

Oddio…è un complimento?”

“Forse si…

Finiamo di mangiare, lavo i piatti, sistemo la cucina, lui sento che ha acceso la tv e l’ha sintonizzata su Mtv.

Che cosa trama Sakura alle sue spalle?

Per riempire il silenzio lo coinvolgo nelle pulizie del mio appartamento aspettandomi proteste e una rappresaglia, ma non succede nulla, accetta tutto di buon grado.

Sono definitivamente preoccupata.

Preferisce fare la casalinga disperata che dirmi cosa cavolo vuole quella iena da lui, che creda che lo mandi al diavolo?Che lo disprezzi?

Si sbaglia, potrei aiutarlo!

Forse si vergogna e vuole risolvere tutto da solo, anche ieri sera mi ha detto di stare tranquilla e forse mi conviene dargli retta o almeno provarci.

Il pomeriggio trascorre così, senza che accada nulla di particolare, io gli parlo, lui finge di ascoltarmi, ogni tanto guarda l’orologio, cercando di non farsi vedere.

Non mi fai fessa Medusa, cosa non mi stai dicendo?

“Cosa mangiamo stasera?”

Lui mi abbraccia da dietro, io arrossisco.

“Che hai??”

Lui mi molla di botto, datemi un libretto di istruzioni..

“Non ho niente.”

Certo, allora inizia a chiamarmi Cleopatra, lo guardo eloquente.

“Davvero Fra!”

Va bene, farò finta di credergli, tanto so già cosa fare.

Alle cinque e mezza borbotta che deve uscire.

“Sei sicuro di riuscire ad orientarti?”

“Si, grazie, non ti preoccupare!”

Sorride tirato.

“Va bene, a dopo allora.”

“Ciao Nana, mi fido di te per la cena!”

Infila rapido la porta, io mi fiondo in camera a prendere un giubbino, mi metto gli anfibi e mi lancio al suo inseguimento.

Non vuole dirmi cosa ha in mente? Bene!

Lo scoprirò da sola.

Cammina titubante tra le calli,non è per niente convinto di quello che sta facendo, ma allo stesso tempo sembra non voglia tornare indietro.

Arriva in piazza San Marco e Sakura si avvicina a lui, nessuno dei due sembra felice, che sia una trattativa per qualcosa?

Non lo so, poco dopo si allontanano in una calle laterale, io riprendo a seguirli, rabbrividendo, non ho mai sopportato il freddo, ma fortunatamente almeno non è umido.

Divago per non pensare.

Stanno trattando per qualcosa ne sono certa, altrimenti sarebbero rimasti in piazza senza problemi, ma per che cosa?

Si fermano, io mi nascondo dentro una rientranza, Sakura si volta verso di lui con una luce dura negli occhi, come se dopo anni stesse buttando fuori una rabbia che credeva di aver superato.

“Allora Kaulitz, ce li hai i soldi?”

“Sono qui per parlare.”

“Di cosa?”

“Del fatto che dopo quattro anni la tua storia ha il valore che ha, io non rischio, l’unica che rischia qui sei tu.”

“Carino lui, si preoccupa per me.”

“Cosa ti ho fatto, ragazzina?

Cosa?

Siamo finiti a letto insieme,ma eri consenziente no?”

“Si, ma io ero innamorata di te.”

“Io no e credevo lo sapessi!”

“Io credevo nell’amore a prima vista, mi sono cullata almeno due anni in questa illusione e tu l’hai distrutta!

Per anni ho odiato quella ragazza che chiamavi mentre dormivi.

Per anni.

Perché lei aveva qualcosa che a me era stato negato e ora non posso sopportare che sia Girardi, quella che  ha tutto!

Io devo vendicarmi!”

Se non fosse che io dovrei essere a casa a fare la calza uscirei e la prenderei a sberle.

Non si può essere così stronzi, vendicativi e arroganti!

“Tu non la conosci minimamente!”

Bravo Medusa!

Da qui in poi iniziano una discussione a base di soli insulti che dura un bel po’.

Si stanno scannando e io non posso intervenire, purtroppo o per fortuna o sarebbe un disastro per Ishikawa.

“Sei solo uno senza palle!

Non hai il coraggio di parlare alla ragazza per cui sei perso da anni.

Sei un omuncolo!

Quella notte ti lamentavi nel sonno e chiamavi il suo nome e ora sei a casa sua! Scommetto che lei nemmeno lo sa!

Tu sei cotto di Girardi!”

A questo non posso non intervenire, mi lancio verso di loro, senza nemmeno sentire la risposta di lui, ora voglio chiarezza!

 

Il giorno era arrivato, doveva affrontare la giapponese e quello che il fratello aveva sempre previsto, che qualcuna gli presentasse il conto delle sue azioni.

Aveva pranzato con Fay, aveva persino accettato di fare il casalingo pur di non dirle nulla, il suo orgoglio non era ancora del tutto seppellito, quello era un guaio in cui lui si era cacciato e che lui doveva risolvere.

Questa volta non voleva e non doveva coinvolgere Francesca.

La guardava sistemare il suo appartamento, serena, ignara di quello che lui doveva dirle e si chiedeva ancora una volta se avesse o no il diritto di coraggio di farlo.

I vecchi dubbi erano duri a morire.

Lei parlava e lui non l’ascoltava nemmeno, preso dai suoi pensieri incoerenti ed angosciati, ancora scossi per la telefonata di Gustav del giorno prima.

Era bravo a mascherare, era bravo a fare il cretino per nascondere le sue preoccupazioni e questo lei lo sapeva, l’aveva forse sempre saputo, troppo simili per non capire cosa ci fosse dietro i comportamenti in apparenza insensibili dell’altro.

All’improvviso l’aveva abbracciata solo per sentirla più vicina, ma non erano cose che lui potesse ammettere così facilmente, nemmeno con lei.

Non appena aveva realizzato la sua debolezza, l’aveva lasciata andare perdendo un’altra occasione.

Scusa Fay.

[I’m walking on broken glass
From the wreckage of my past
I’m locked up in a cage
Cause I’m a prisoner of my ways
(*)]
Lo sapeva che sospettava qualcosa, lo stesso pregò che lei non si impicciasse nella faccenda di Sakura sebbene sapesse che era praticamente inutile sperarlo.

Uscì di casa sentendosi un vigliacco, raggiunse la ragazza e per la seconda volta si ritrovò a pregare per un po’ di comprensione, sapendo che Sakura era un osso duro.

Accidenti!

“Buona sera….”

“’sera. Sbrighiamoci.”

“La tua dama ti attende al castello?”

Represse l’istinto di mandarla al diavolo, certo che non l’avrebbe aiutato nelle trattative.

“Si.”

Seguimi.”

Lo condusse in una via laterale, poi in un’altra che costeggiava un canale, poi finalmente si fermò.

Allora Kaulitz, ce li hai i soldi?”

“Sono qui per parlare.”

Deciso, senza tentennamenti, doveva mostrarle che non c’erano margini ne argomenti per trattare.

“Di cosa?”

“Del fatto che dopo quattro anni la tua storia ha il valore che ha, io non rischio, l’unica che rischia qui sei tu.”

“Carino lui, si preoccupa per me.”

“Cosa ti ho fatto, ragazzina?

Cosa?

Siamo finiti a letto insieme,ma eri consenziente no?”

“Si, ma io ero innamorata di te.”

“IO no e credevo lo sapessi!”

“Io credevo nell’amore a prima vista, mi sono cullata almeno due anni in questa illusione e tu l’hai distrutta!

Per anni ho odiato quella ragazza che chiamavi mentre dormivi.

Per anni.

Perché lei aveva qualcosa che a me era stato negato e ora non posso sopportare che sia Girardi, quella che  ha tutto!

Io devo vendicarmi!”

Stronza e pure bastarda! Era solo invidia la sua!

E solo per un po’ di invidia, giudicava una persona senza conoscerla, senza sapere che pesi si portasse dietro, che passato avesse.

“Tu non la conosci minimamente!”

Lei fece una risata di scherno,lui ci vide rosso ed iniziarono ad insultarsi pesantemente, poi lei lanciò la stoccata finale, quello che probabilmente si preparava da ieri.

“Sei solo uno senza palle!

Non hai il coraggio di parlare alla ragazza per cui sei perso da anni.

Sei un omuncolo!

Quella notte ti lamentavi nel sonno e chiamavi il suo nome e ora sei a casa sua! Scommetto che lei nemmeno lo sa!

Tu sei cotto di Girardi!

Detestava quando qualcuno tirava in ballo i suoi sentimenti a casaccio, non era mai riuscito a non reagire e tutto stava degenerando, ancora non sapeva fino a che punto.

Non aveva notato la figura che era spuntata da dietro una rientranza della calle e si stava portando verso di loro, ora vedeva solo Sakura e, al diavolo la diplomazia, voleva solo litigarci per bene.

“Stai zitta Ishikawa!

Non sai niente di me o di lei, non ti impicciare della mia vita!

Io sarò senza palle, ma tu sei solo una ricattatrice bastarda ed invidiosa.

Ti rode che Fra sia meglio di te, vero?

Ti rode il fatto che lei non debba fingere per essere accettata?

Brutta bestia l’invidia!”

Lei fece per schiaffeggiarlo, ma lui le bloccò la mano, ce l’aveva in pugno.

Lei iniziò a divincolarsi sputando insulti in italiano, nella lotta finirono per trovarsi in posizioni opposte rispetto a prima e pericolosamente vicini al canale,così quando lei si mosse di nuovo per poter essere libera di attaccare colpì qualcuno dietro di lei.

Fay.

Cazzo.

Voleva mollare Sakura, ma era come paralizzato, così la vide perdere l’equilibrio sorpresa, tentare di aggrapparsi al nulla e infine cadere sul selciato, sbattendo la testa.

Questo avvenne in un tempo che a lui parve lunghissimo , ma non doveva essere durato che qualche secondo, perché la rossa non la notò nemmeno.

Forse si accorse che aveva colpito qualcuno, decidendo poi di ignorarlo, troppo presa dal tentare di liberarsi di lui, non sapeva se fosse spaventata o desiderosa di scatenare una rissa.

Continuò a divincolarsi, senza volerlo spinse Fay dentro al canale, fu allora che la mollò, sibilando furioso”Chiama un’ambulanza, idiota!”

Lei si guardò intorno perplessa,mentre si massaggiava un polso.

Lui iniziò a  togliersi, scarpe, giubbino e felpa, sotto gli occhi sorpresi di lei, che non si raccapezzava più nella piega che aveva preso la situazione.

Avrebbe voluto scuoterla, darle una sberla e poi insultarla per quello che aveva fatto, invece era troppo preoccupato per la sua nana acida per curarsi della giapponese, se non per far si che lei collaborasse.

“HAI BUTTATO FAY NEL CANALE! CHIAMA UN’AMBULANZA CHE IO PROVO A RIPESCARLA!”

La ragazza trasalì, lui si buttò in acqua, era fredda, il suo corpo lanciò un grido di protesta, ma lo ignorò.

Lui aveva coinvolto Fay in quella situazione e lui doveva tirarla fuori, anche se non riuscì a reprimere un fiotto di puro odio verso Sakura, una volta che tutto fosse finito non avrebbe più voluto vederla.

Fece qualche bracciata, tentò di abituarsi al buio del canale e finalmente la vide.

Era a qualche metro di distanza da lui, in balia della corrente, del tutto priva di volontà come una marionetta a cui avessero staccato i fili.

Tentò di avvicinarsi a lei per poterla portare in superficie, ma l’acqua lo spingeva inesorabilmente in senso contrario.

Cazzo!

Era la quarta volta che si sentiva impotente davanti alle persone a cui teneva quando stavano male.

La prima volta era stata quando Fay era sparita e lui l’aveva ritrovata svenuta in quel vicolo, ricordava perfettamente che avrebbe voluto prendere a sberle la madre di lei e poi se stesso.

Poi c’era stata l’operazione di Bill ed era stata una delle altre lunghe notti in cui aveva fatto i conti con se stesso, in ultimo c’era stato quando aveva scoperto il suo adorato fratello chino su una striscia di coca.

Fay e Bill, sembravano sempre intrecciati nella sua vita e nel suo destino.

Buffo.

Avrebbe dovuto continuare a essere sempre così, non poteva lasciarsi scappare uno dei due elementi proprio adesso che l’aveva capito.

[I’m reckless
So reckless
God save me
From this madness
(*)]
Richiamò le ultime energie,  con uno scatto si portò verso di lei e riuscì ad afferrarla.

Sperò che quella giapponese avesse chiamato l’ambulanza o dopo averla trucidata, sarebbe stato capace di affittare una gondola pur di riavere Francesca Girardi integra intorno a rompergli le scatole e a sostenerlo nella sua prossima battaglia.

Destino infame.

Finalmente fu fuori, nuotò verso il bordo, trascinando  la ragazza con sé,la issò a Sakura che adesso era pallidissima, in altre occasioni le avrebbe fatto pena, ma al momento era troppo fuori di se per accordagliela.

“Hai chiamato l’ambulanza?”

Domandò mentre usciva a sua volta, battendo i denti per il freddo intenso,.

“Ma stai bene?”

“TI HO CHIESTO SE HAI CHIAMATO L’AMBULANZA!

CHI SE NE FOTTE DI COME STO IO! NON FARMI PERDERE TEMPO!”

“Si!Arrivano tra poco!”

“Posso farle la respirazione bocca a bocca?”

“Si, ma non spostarla potrebbe avere un trauma cranico e peggioreresti le cose.”

“Ok.”

Aveva iniziato a rianimarla, lei aveva sputato acqua, ma non si era svegliata, ma quanto meno respirava.

“Coprila con la mia giacca.”

“Si.”

Tra di loro cadde un silenzio imbarazzato, non sapevano cosa dirsi,lui doveva trattenersi dall’insultarla e sperava che lei si sentisse in colpa.

La notte stava calando, si era alzato un vento gelido, lui stava congelando senza volerlo dare a  vedere.

“Prendi la mia giacca.”

“Non voglio niente da te, Ciliegia.”

“Stai congelando!”

“Ti ho già detto che non te ne deve fregare niente.”

Gliela lanciò addosso.

“In tasca ci sono le sigarette!”

Se ne accese una.

Ishikawa, se a Fay dovesse succedere qualcosa, sappi che non ti perdonerò mai e che te la farò pagare. Potrei metterci mesi, anni, secoli, ma lo farò. Stanne certa.

Da me non vedrai neanche un euro, ovviamente.”

Io…io…

“Tu cosa?

Non volevi forse? Troppo facile, carina!

Se avessi conosciuto almeno un po’ Fra, avresti saputo che lei si sarebbe impicciata  in tutto questo perché odia i bugiardi e perché sarebbe disposta a tutto pur di aiutare le persone a cui tiene.

Sicuramente anch’io ho una parte di responsabilità in tutto questo, se gliel’avessi detto non saremmo finiti così o forse sarebbe stato lo stesso, ma tu…tu,,,

Io non voglio più niente a che fare con te e in ogni caso adesso non è il momento di fare conversazione con te.”

Lei aprì bocca, forse voleva replicare, ma decise di tacere.

Il silenzio fu l’unica cosa tra di loro, fino all’arrivo dell’ambulanza che si rivelò essere un motoscafo, dubitava che la nana l’avrebbe apprezzata da cosciente.

Un gruppo di paramedici si occupò di Fra, uno venne da loro a informarsi sulle circostanze dell’incidente.

“Buonasera, adesso ci occuperemo noi della ragazza.

Come si chiama?”

Quando vide la sua faccia perplessa mormorò qualcosa e passò istantaneamente all’inglese.

“Francesca Girardi.”

“Come è successo?”

“è scivolata, ha battuto la testa ed è caduta nel canale.”

L’uomo, sui quarant’anni aveva la faccia di uno abituato a riconoscere un bugiardo,lo guardò a lungo.

“Va bene.”

Parlò con i suoi compagni , li aiutò a caricare la ragazza sul mezzo, poi tornò da loro.

“Adesso la porteremo all’ospedale.

Sapete se deve essere avvertito qualcuno?”

“NO.”

“Lei, che si è tuffato venga con noi.

Vuole venire anche lei, signorina?”

“No, lei non vuole venire, andiamo.”

Per la seconda volta si sentì lo sguardo dell’uomo addosso, alzò le spalle, come a voler dire che non doveva impicciarsi e di preoccuparsi solo di Fay.

Poteva intuire cosa stesse pensando, che era la classica di corna, con la legittima fidanzata che si ritrova tradita e ha la sfortuna di scoprire il bastardo con l’altra.

Lo sguardo sornione quello diceva e raccontava anche il seguito che si era immaginato, ovvero della successiva lite e dell’inavvertita caduta in acqua della poveretta.

Strinse i pugni,allo stesso tempo una parte di lui era felice che qualcuno avesse pensato a Fay come alla sua possibile ragazza.

Non era il momento di analizzare simili pensieri!

Il motoscafo sfrecciava sopra l’acqua, in un’altra occasione si sarebbe incantato a guardarlo , per poi chiedere informazioni e pensare che era una figata,

Ora non ne aveva il tempo ne la voglia.

Ora voleva solo arrivare all’ospedale il più presto possibile,sperare che lei si riprendesse alla svelta e raccontarle tutto.

Sentiva che il tempo che aveva a disposizione si era esaurito.

Altri ricordi si affacciarono alla sua mente,tutti i momenti che aveva evocato prima.

Quando Fay era stata male per quell’overdose l’ospedale gli era sembrato  lontanissimo durante quel tragitto in macchina con accanto suo fratello insolitamente silenzioso.

Troppi parallelismi.

Troppe cose che non aveva imparato dal passato.

Non aveva saputo interpretare i silenzi come doveva, si prese la testa tra le mani, i pensieri ora stavano diventando confusi.

Vorticavano senza senso, senza tregua.

“Stai bene, ragazzo?”

L’uomo di prima lo guardò.

“Sono confuso.”

“è normale, è lo shock.

Tieni a lei, vero?”

“Si.”

“Allora non preoccuparti ce la farà.

Sei stato fortunato.”

[Thank god I’ve got a woman
With my name acrossed her heart
Loving me aint easy
Loving me is hard(*) ]
Fortunato? Si , avrebbe potuto andargli molto peggio, avrebbe potuto finire peggio quella storia, ma avrebbe potuto finire meglio o non esserci affatto se lui avesse dato ascolto a certe persone, invece che solo a se stesso.

Solo adesso ricordava una conversazione con Gustav una sera in cui il biondo batterista l’aveva beccato a fumare sulla terrazza del hotel dove stavano.

Questo era all’incirca quello che si erano detti.

“Ehi, come mai qui tutto solo?”

“Mi annoiavo…

“Niente compagnia, stasera?”

“No, non ero in vena.”

“Incredibile...”

“Ma vero….Tu che ci fai qui?”

“Sono venuto a riflettere, ma il posto era già occupato.”

“Riflettere su cosa?”

“Su quanto siate testardi e simili tu e Francesca.”

“Non è vero!”

“Lei dice la stessa cosa.”

Pausa di silenzio.

“Perché non ti sei più fatto vivo?”

“Perché mi vergognavo e pensavo che visto che stavamo per partire, sarebbe stato meno doloroso per lei se io fossi sparito.”

Stupido! Così l’hai delusa il doppio, lei ha creduto fino all’ultimo che saresti arrivato!”

IO…Credo che andrò a letto.

Buonanotte!”

“Pensa  a quello che ti ho detto, non è troppo tardi per rimediare!”

Non ci aveva pensato, forse adesso era davvero diventato troppo tardi?

[I’m sorry about the madness
But that’s the way it’s got to be
Cause it takes a crazy women
To love a reckless man like me ]

Finalmente arrivarono in ospedale, lo trattennero per accertamenti mentre lei veniva portata via.

Non aveva niente, gli diedero una coperta e un bicchiere di thè caldo delle macchinette, poi gli comunicarono dove avevano portato Fra.

Si trascinò al reparto stremato, tremante e confuso, ancora non si capacitava di che razza di piega avesse preso la giornata mentre si lasciava cadere con poca grazia su una delle sedie del corridoio.

Poco dopo arrivò la giapponese reggendo una borsa di plastica.

“Ti ho portato i vestiti asciutti e le scarpe.”

“Grazie.”

Cercò un bagno e si cambiò, che Sakura si sentisse in colpa?

-Avrebbe le sue buone ragioni…-

Tornò a sedersi senza rivolgerle la parola.

“Mi dispiace Tom, io non volevo finisse così.”

La pregò mentalmente di tacere, non era in grado di sopportare la sua voce.

La ragazza iniziò a camminare avanti ed indietro, era un attrice nata o era davvero dispiaciuta?

Non gli interessava la risposta.

Solo l’arrivo di un medico pose fine a quella tortura.

“Siete qui per Francesca Girardi?”

“Si.”

“Sta bene!”

“Ha un trauma cranico, ma si sta riassorbendo.

La terremo in osservazione questa notte, poi potrà essere dimessa.

Potete andarla a trovare tra poco, un’infermiera vi avviserà quando sarà possibile.”

Il suono del cellulare interruppe la conversazione, il medico gli lanciò un’occhiataccia.

“I cellulari sono vietati.”

“Scusi.” 

“Lo spenga o esca per rispondere!”

“Si.”

Corse via, quando fu abbastanza lontano lo aprì.

Era Gustav.

Deglutì.

Perché quella telefonata?

[Io non tremo
E' solo un di me che se ne va
Giù nella città, dove ogni strada sa
Condurre sino a te e io no(**) ]


ANGOLO DI LAYLA

 

Aloha! Incredibilmente siamo giunti al penultimo capitolo di “Francesca”….Spero che questo capitolo vi piaccia, purtroppo mi sono trovata nella spiacevole situazione di avere troppo materiale per un capitolo solo e troppo poco per due e questo è il risultato -______-!

La fine si avvicina e ….il seguito…

Ah! Sakura in giapponese significa fiore di ciliegio XD.

Passo alle canzoni:”

(*)”Reckless” Papa Roach

(**)”Bye Bye Bombay” Afterhours

 

Passo alle recensioni:

 

Black Down Th:la cinese non è una piovra, è una spaccap***e!

Invidiosa pure, che rosica!

Povero Bill(ovviamente è a lui che Tom pensa quando eli gli parla di Jo) si, ma tranquilla non diventerà anche piromane XD!

Ci sono molte cose in sospeso,.. fortunatamente esistono i seguiti…

Spero ti piaccia.

Alla prossima! Ciaoo

 

_Pulse_:Grazie! Sakura sta un po’ appesa a tutte temo…

Purtroppo esistono iene del genere.

Non posso dirti come reagirà Fra quando Tom le dirà di Bill, un capitolo e lo saprai.

Alla prossima!

 

Schwarz Nana: Sakura è di sicuro idiota e dopo questa Tom non le darà neanche mezza lira, che è inutile e fuori corso tra l’altro XD!

Sto delirando @_@!

Spero che questo ti piaccia^^.

Alla prossima^^

 

Tushi Und Dark: sakura fa un po’ pena, ma solo un po’…

Tra poco sarà il turno di Tom purtroppo.

Il tempo si è esaurito.

Spero ti piaccia.

Alla prossima!

 

Big Angel dark: Tranquilla, ti perdono, non c’è problema^^.

Sono contenta che ti piaccia, grazie dei complimenti.

Per i nomi: diciamo che mi tengo a mente quelli che mi piacciono e che trovo in un libro o in un fumetto, sennò…vocabolarioXD!

 

Schrei Kris: Una nuova lettrice *_*! Che bello! Sono contenta che ti piaccia^^.

Grazie dei complimenti.

Alla prossima^^.

 

Lady Cassandra:Ciaooo! Sono contenta di trovare la tua recensione! In effetti Sakura è proprio la ciliegina finale -____-!

Sono contenta che apprezzi i cambiamenti di Fra, mi sono impegnata per costruire il suo personaggio, che è maturato attraverso l’esperienza di Jo e di sua madre.

Spero che questo capitolo ti piaccia^^.

Poi il seguito….su cui sono ancora un po’ confusa, ma ci sto pensando ^^.

(se tu sei ritardataria, io sono troppo troppo caotica!)

Alla prossima! Ciaooo!

 

 

 

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Capitolo 13
*** 13)Su Come La fine Non Sia Altro Che L'Inizio. ***


13))Su Come La  Fine Non Sia  Altro Che L’inizio.

 

Francesca ha gli anni che ha
capisce quello che capisce
capisce che qui non va
e a me mi basta.

Non avrei dovuto intervenire.

A ventidue anni dovrei sapere quando stare al mio posto e lasciare che siano gli altri a cavarsela da soli, non sempre è giusto impicciarsi.

A ventidue anni dovrei essere in grado di tenere a freno il mio istinto, Tom poteva cavarsela benissimo da solo e sistemare Sakura Ishikawa senza problemi.

Avrei dovuto rimanermene nascosta ed aspettare che il mio bizzarro cavaliere facesse giustizia a suo modo.

Questo è quello che avrei dovuto fare , quello che faccio è ben diverso.

Mi lancio verso di loro senza accorgermi che le loro posizioni sono cambiate e che arrivo alle spalle di Sakura, una posizione piuttosto pericolosa data la piega che ha preso la situazione.

Me ne rendo conto quando un colpo della rossa mi arriva in pieno stomaco, il dolore non è forte, ma è abbastanza per farmi perdere l’equilibrio.

Merda!

Sono troppo vicina al canale!

Barcollo pericolosamente, mi aggrappo all’aria, guardo Tom che è come pietrificato.

Mi ha vista, ma non accenna a muoversi per via dello shock e di Sakura che è attaccata a lui come una cozza,maledetta giapponese!

I miei occhi gli telegrafano varie cose come” Aiutami”e”Non stare lì impalato!”, tuttavia lui non li recepisce o non ha il tempo materiale per farlo probabilmente per uno dei solito scherzi della percezione del tempo ciò che a me sembra eterno non dura che pochi secondi.

Cado a rallentatore, mi piego senza potermi fermare, fino a quando sento un dolore sordo alla testa, ho raggiunto il selciato.

Il buio inizia ad avanzare verso di me, il mondo diventa sfuocato, le voci distorte, sono vagamente consapevole del fatto che qualcuno mi ha colpito di nuovo e che sto cadendo.

È  solo un attimo.

Un fottuto attimo che dura in eterno, poi il buio mi prende definitivamente e inizio a cadere davvero.

[Cade

Sprofondando lento il corpo, cade(*)]

Mi sento come se stessi precipitando in un lungo tunnel buio, nel pozzo di Alice di cui non riesco a vedere la fine, troverò il bianconiglio ad accogliermi?

La mia ansia cresce, sento di non avere il controllo della situazione, così chiudo gli occhi sperando di non ritrovarmi a fare compagnia a San Pietro o al demonio.

Quando li riapro sono su una spiaggia bianca, debolmente illuminata dalla luce soffusa dell’alba, davanti a me il mare, con i capelli scossi leggermente dal vento.

Immobile.

Non riuscirei a muovere un passo nemmeno se volessi.

Riconosco il posto solo dopo un po’, era la spiaggia che si trovava davanti al mio paese in Sicilia, quella dove spesso e volentieri mi rifugiavo.

Sorrido o meglio il mio corpo sorride, io sono perplessa.

Cosa ci faccio qui?

Voglio tornare a Venezia!

La luce si fa sempre più decisa, il cielo più colorato, il sole come una palla di fuoco sorge dal mare regalandomi un alba rosso sangue bellissima ed inquietante ed in qualche modo conosciuta.

Un ricordo spunta dritto dai miei tredici anni, ero su questa stessa spiaggia in un’alba fresca di agosto dopo averci trascorso tutta la notte per non sentire l’ennesimo litigio fra i miei.

Quest’alba, questi colori mi avevano fatto rimanere a bocca aperta, come se fossero un tesoro mandato da Dio per me e mi ero ripromessa che avrei mostrato quest’alba alla persona di cui mi sarei innamorata un giorno.

L’immagine di Tom si fa più forte, voglio andarmene via da questo posto che mi tiene prigioniera, ma sono ancora condannata all’immobilità.

“Francesca!”

La voce mi libera dall’incantesimo, mi volto,è  mio padre,  i capelli neri lunghi ed ondulati come i miei raccolti in una coda.

“Papà?”

“Cosa c’è di strano tesoro? Pensavi alla mamma?”

“Eh?”

“Quando vieni qui è perché pensi a tua madre, le volevi così tanto bene e hai sofferto così tanto quando lei è morta in quell’incidente stradale….”

Ok…questa non è la mia vita, è una telenovela orribile, ridatemi la mia!

[Sto bene io

Senza di me(*) ]

 “Per fortuna è arrivato Bill ad aiutarti, da quando si è trasferito in Italia tu sei rifiorita…

Qualcuno mi aiuti!

“Sei strana, tesoro. “

“Scusa, ma non mi sento molto bene.”

Mi batte la mano sulla spalla.

“Non preoccuparti, adesso arriva Bill.”

Deglutisco e mi volto nella direzione indicata da mio padre.

Il moro cammina tranquillo verso di me, mi abbraccia e mi da un bacio in fronte.

“Ciao Piccola!”

“Vi lascio soli. Ciao Fay!”

Lo guardo.

“Voglio tornare indietro.”

“Non ti piace questa realtà?”

“Non è la mia e poi…

“Poi tu ami Tom non è vero?”

Io…si….”

“L’hai sempre amato.”

“Forse.”

“No Fay….L’hai sempre amato.

Sei certa di voler tornare indietro?”

“Si. Ti prego aiutami!!”

Mi sorride, mi prende per mano e mi porta verso il mare.

“Sei sicura? Non ti piace qui?”

“Mi sarebbe piaciuto, ma in altra vita.

Non adesso.

Mi dispiace!”

“Ti capisco.”

[Dormirò per esserci, meglio così(*)]

Mi dà un altro bacio in fronte e mi spinge in mare, il contatto con l’acqua fredda mi fa urlare, ma poi….

Poi…

Tutto vortica, sparisce in qualcosa di indefinito.

Sto tornando.

Non so da dove derivi questa mia certezza, ma so che è così, se solo fossi una persona diversa avrei un motivo per andare in televisione a parlare della luce che si vede oltre il tunnel, della vita che ti richiama indietro e che ti scorre davanti come un film.

O forse potrei parlare di come conosco Tom Kaulitz e di come sia finita in un canale per essermi intromessa nelle sue liti, forse questo risulterebbe più interessante al pubblico.

Possono essere coerenti i pensieri di quando stai tornando nel tuo corpo dopo aver rischiato la morte o qualcosa del genere?

Si, possono esserlo, c’è gente che ha capito quanto fosse stata infame e una volta risvegliata è cambiata in modo talmente radicale da spaventare i parenti e rendersi irriconoscibile ai loro occhi.

Quindi, potrebbe esserci speranza anche per, ma ne dubito fortemente, io rimarrò la solita pazzoide, chiusa in sé stessa che inquieta per la maggior parte del tempo.

Chiudo gli occhi di nuovo, tutto è buio attorno a me, tutto  è pace.

Per un solo attimo penso che vorrei rimanere per sempre così, fluttuante, senza preoccupazioni, protetta e confortata da questa oscurità densa che mi ha accolto materna.

Non posso.

Devo fare altre cose prima di tornare qui.

Capisco di essere di nuovo in me quando un odore pungente si fa strada tra il buio, un odore che conosco e che mi riporta a un passato non troppo lontano.

Odore di disinfettante forte , a tratti fastidioso, tipico dell’ospedale.

Cerco di aprire gli occhi, un soffitto bianco si mostra tremolante e sfuggente, accecante.

Li richiudo, conto fino a cinque per poi riaprirli di nuovo e questa volta il soffitto sta fermo, ne mi acceca, bentornata Francesca.

Percepisco una presenza accanto a me, spero intensamente che sia la Medusa come ho fatto sei anni e rimango ancora una volta delusa, è Sakura.

Dov’è?

[Non sei più qui

Dimmi perché(*)]

“Ben svegliata Girardi!”

Vaffanculo Ishikawa! È per colpa tua che sono qui.

Cosa volevi fare? L’infame?

Non sei tagliata, manchi di palle.

Dov’è Tom?”

Faccio per alzarmi, sebbene sappia che sia debole, lei mi ferma.

“Non c’è Girardi.

Credevi davvero che sarebbe venuto a rischio di essere riconosciuto?

Pensi di essere così importante per lui?

Ti ha mollata al tuo destino, chi credi abbia chiamato l’ambulanza e ti abbia fatto arrivare qui?

Lui?”

Dio dammi la pazienza, perché se mi dai la forza la uccido e non credo sia auspicabile un omicidio in un ospedale, se non altro perché la vittima ha alte possibilità di cavarsela.

Cosa crede di fare?

Di prendere in giro me? Sono in ospedale ma non sono scema!

“Sakura piantala di prendermi per il culo, finora sono sta paziente ma non lo sarò ancora per molto.

Dov’è lui?”

Girardi,  cosa vuoi fare?

Picchiarmi forse?”

Non provocarmi, odio chi mena, ma per te potrei fare un’eccezione.

“No Sakura, potrei denunciarti.

Cosa ne dici?

Primo perché ricattavi Kaulitz, secondo per quest’incidente.

Vuoi essere coinvolta in una bella battaglia di avvocati? Vuoi che ti rovini la vita?”

“Non ne avresti il coraggio.”

“Non mettermi alla prova , sei solo un’oca che si crede figa, niente di più.

Hai ventidue anni , cazzo, non quattordici, dovresti essere in grado di accettare quando un ragazzo ti porta solo a letto.

Io non ho niente più di nessuno, non sai nemmeno che vita abbia avuto e mi hai giudicata!

Chi cazzo ti credi di essere?

Pensi che sia montata?

Tu sei montata, credi che il mondo giri attorno a te e per il tuo egoismo hai messo me e lui nei casini.

Sai quanti anni è che “aspetto” di rivederlo?

Sei e non mi lascerò rovinare tutto da te!

Non ho avuto una bella vita prima di Venezia, lui e i suoi amici sono stati uno dei rari momenti felici, quindi sono forse più di una parentesi e so che questo ti rode.

Vorresti essere al mio posto?

Accomodati, ma sei sicura di volere un padre carcerato e una madre violenta?

No, vero?

Quindi adesso dimmi dov’è e non farmi  alzare da questo letto per farti sputare la verità!”

L’ho spaventata, non mi ha mai vista così’ decisa e forse pericolosa da ricordami persino mia madre, non importa.

Io  d e v o  sapere!

Lui…Lui si è buttato per ripescarti, poi io ho chiamato l’ambulanza .

Tom ti ha accompagnata qui e poi se ne è andato dopo….”

Dopo cosa?

Mi metto a sedere, riservandole un altro sguardo torvo, in questo momento la sto odiando come non ho mai odiato nessun’altro.

È troppo dannatamente egoista!

“Dopo cosa?”

Io…no, niente!”

“Non vuoi o non puoi dirmelo?

Non vuoi!”

Mi scosto le coperte, mi alzo in piedi leggermente barcollante, lei è stupita e questo mi permette di agganciarla e sbatterla al muro.

“Dimmelo, non costringermi a chiudere così la questione.

È una cosa che odio!”

Deglutisce, cerca di divincolarsi, ma non ce la fa.

“Lui è rimasto fino a quando il medico non ci ha detto come stavi, poi….

Ha ricevuto una chiamata al cellulare, non ha nemmeno risposto, ma solo vedere il mittente lo ha fatto sbiancare!

Ti prego mollami, Girardi!”

La lascio andare, lei è ansante, si tocca il petto, cercando di riprendere fiato.

In altre occasioni avrei provato pena, ma ora dentro di me c’è solo disprezzo verso di lei e una preoccupazione crescente.

Il temporale è iniziato.

“Chiamami un medico, voglio andarmene!”

“No, hai un trauma cranico!

Devi startene buonina adesso!”

“NON ME NE FOTTE UN CAZZO DEL TRAUMA CRANICO!

IO DEVO ANDARMENE! QUELLA TELEFONATA NON è UNA TELEFONATA A CASO …è IMPORTANTE!”

“Ma..”

“Niente ma! Non vuoi farlo? Lo faccio io!”

Prendo fiato ed urlo con tutta la rabbia che ho in corpo, come una pazza, come un animale, richiamando tutta la frustrazione di ventidue anni di vita di merda.

Un infermiera accorre immediatamente, richiamata dal casino che produco, la guardo con occhi dilatati dalla mescolanza di sentimenti negativi che ancora non si è placata.

“Cosa succede, signorina?”

“Voglio essere dimessa, è urgente che io torni a casa!”

“Lei ha un trauma cranico, è importante che rimanga qui!”

“Non ha capito infermiera, io non ho intenzione di calmarmi e tirerò in piedi un casino allucinante se non  mi lasciano uscire di qui!”

La donna mi scruta a lungo, so che mi crede una pazza, con i capelli spettinati e gli occhi spiritati non posso che dare questa impressione.

“Chiamo il dottor Santini.”

Spera o crede che basti  un medico a convincermi?

In ogni caso arriva un uomo sulla cinquantina in camice bianco, mi sorride accomodante, la mia risposta è una smorfia, non riesco a fare di meglio.

Quel sorriso avrebbe sciolto un iceberg e probabilmente mi avrebbe calmato in altre occasioni, ma non in questa, in cui ho un’ansia che mi divora dentro.

C’è solo una persona in grado di far correre Tom a quel modo e di costringerlo a lasciarmi qui dopo quello è successo ed è Bill.

Bill che non so cos’ abbia.

Bill e il mistero che lo circonda.

Ho un brutto presentimento, vorrei essere la fuori con lui, non qui, per questo ho urlato istericamente, per questo non posso farmi incantare da un medico dal sorriso affascinante.

“Buonasera signorina…Girardi.”

“Buonasera.”

“Vorrebbe essere dimessa, non è vero?”

“Si, è urgente che io torni a casa.”

“Capisco, ma nel suo stato è consigliabile una notte di degenza per accettarsi che il suo trauma si riassorba correttamente!”

“Lo immagino, ma non mi importa.

È estremamente importante che io esca di qui e sono pronta ad assumermi tutte le responsabilità.”

“è mio dovere tentare di dissuaderla.”

“L’ha già adempiuto.”

“è decisa, signorina, suppongo che sia impossibile farle cambiare idea.”

“Esattamente.”

“Va bene, mi segua, le faccio le carte per dimetterla.”

Eseguo, mi fa accomodare in una stanza per provare a giocarsi l’ultima carta per dissuadermi, quella dell’autorità, mista a quella della paura della morte.

“Signorina , se il suo trauma cranico  dovesse peggiorare, potrebbe essere pericoloso, potrebbe addirittura morire.”

“Non importa devo andare, mi dia le carte.”

“Non pensa alla sia famiglia? A chi soffrirebbe se dovesse morire?”

“L’unica persona che al momento mi interessi è la fuori, da sola.

Mi dia le carte!”

L’uomo sospira, mi passa dei fogli che io firma senza nemmeno guardare.

“Se nota un peggioramento dei sintomi, come vedere doppio o sfuocato, sonnolenza eccessiva, cefalea, ronzii all’udito, confusione mentale, leggerezza alla testa, letargia o problemi di concentrazione , di memoria, o nel formulare pensieri torni IMMEDIATAMENTE qui.

Raggiunga questa persona,la avvisi di quello che le ho detto e per questa notte eviti di dormire.”

Mi consegna un altro foglio.

“Tra due giorni torni qui per accertare che tutto sia a posto.

Mi raccomando, signorina Girardi.

Mi raccomando.”

Annuisco.

“Grazie dottore, grazie.”

“Non me ne faccia pentire.

Buonasera.”

“Buonasera.”

Me ne torno in camera, Sakura è la dove l’ho lasciata, assolutamente pietrificata, quando percepisce la mia presenza si volta di scatto.

“Mi dimettono.”

Sono….no niente, va bene Girardi.

Ma non penserai di uscire così?”

Mi guardo, effettivamente il pigiama non è il massimo, ma non importa, l’importante è andarmene.

“Si.”

“Non ci pensare!

Vieni in bagno che ti do i miei vestiti, Marco mi porterà un cambio e prendi anche la giacca.”

“Grazie.”

“Prego.”

Bizzarro che io debba ringraziare proprio lei, ma è così.

Forse non è così stronza come vuole far credere, forse è solo spaventata dal mio comportamento, in ogni caso esco dall’ospedale con addosso i suoi vestiti.

Sono un po’ grandi, però ci sto comoda e soprattutto calda, che è il massimo per una persona freddolosa come me.

Fuori è buio, tira un vento gelido, il cielo è coperto e c’è poca gente in giro.

Dove sarà andato?

Barcollando inizio la mia ricerca, sono intontita, deve essere normale, credo.

Cerco di convincermi disperatamente che sia per lo shock, il freddo, l’ansia e non per il mio trauma.

Mi accendo una sigaretta, è il gesto abituale che compio prima di iniziare a raccogliere le idee e in questo caso è fondamentale che il mio povero cervello funzioni a dovere.

Devo trovarlo, se io sono così agitata, lui deve stare mille volte peggio di me, visto che si sentirà anche in colpa per avere lasciato Bill da solo.

Torno in piazza san Marco, credo abbia tentato di tornare al mio appartamento e che forse si sia perso tra le calli, Venezia può risultare un labirinto se non la si conosce, io stessa ci ho messo tre anni a conoscerla quasi tutta.

Svolto in calli conosciute , analizzando dove possa aver sbagliato strada, poi torno indietro e seguo la mie elucubrazioni, ho sempre avuto un buon istinto, spero di non sbagliarmi.

Vago, persa in una città che ho sempre amato e che oggi mi sembra ostile, senza trovarlo.

Dove potrà essere?

Mi appoggio al muro, accendo un’altra sigaretta, tuttavia non mi rasserena, sputo fuori il fumo con una fastidiosa tosse catarrosa.

Alzo gli occhi al cielo, non ci sono nemmeno le stelle e vorrei piangere.

Dove sei?

Cosa è successo a Bill?

All’improvviso lo vedo, seduto per terra, appoggiato con la schiena contro un muro con le braccia conserte e la testa appoggiata sopra.

Deglutisco, mi avvicino all’inizio timorosa, spaventata da questa fragilità, da questo dolore che non gli ho mai visto, per poi correre e inginocchiarmi davanti a lui.

Vorrei abbracciarlo, fargli capire che ci sono anch’io per qualsiasi cosa di cui abbia bisogno.

Lui alza la testa, ha gli occhi vuoti, persi in qualche pensiero angosciante, non resisto e lo attiro a me.

Lui inizialmente si lascia andare, come sollevato dal vedermi, poi mi stacca e mi guarda dritto negli occhi.

“è arrivato il momento.

Ora ti dirò la verità.”

Vuole mostrarsi forte, ma i suoi occhi tradiscono la paura che io lo rifiuti una volta saputo tutto, sta come stavo io sei anni fa, schiacciato da pesi troppo grandi per lui e che crede lo rendano indegno.

So come ci si sente e mi fa male sapere che anche lui stia così, in passato ci sono state delle incomprensioni tra di noi, ma non auguro nessuno questo dolore.

So anche che devo reprimere il mio desiderio di abbracciarlo, al momento non è questo che vuole come non lo volevo io allora, ora devo solo ascoltare e non sarà facile.

[Non si può giocare con il cuore della gente
Se non sei un professionista, ma ho la cura
Io non tremo
E' solo un po’ di me che se ne va(**) ]

Correva fuori dall’ospedale con un senso di ansia crescente, aumentato dalla suoneria del cellulare, a cui rispose solo quando era ormai in prossimità dell’ingresso.

“Pronto?”

Aveva il fiatone.

“Tom, sono Gustav.

Che ti è successo? Perché non rispondevi?”

“Ero in ospedale, la Nana è caduta in un canale.

Cosa succede Gustav?”

Dall’altra parte ci fu un silenzio che gli fece perdere un battito cardiaco, la paura gli toglieva il respiro.

“Gustav?”

Boccheggiò sconvolto.

“Io non so come dirtelo Tom, vorrei che ci fosse un modo per…

“Dimmelo e basta, l’ansia mi sta uccidendo.”

L’altro sopirò.

“Sono andato da tuo fratello per portargli la cena e lui….non c’era, come parte della sua roba e la sua macchina…

Tom lui è….scappato.

Ci fu un attimo terribile di sospensione in cui lui assimilò la notizia, poi il suo mondo andò in frantumi.

Sentiva le sue illusioni cadere a pezzi, reali nella sua percezione come il rumore delle schegge di un specchio rotto, mentre la voce di Gustav era poco meno che un brusio lontano.

Suo fratello l’aveva abbandonato, lui aveva perso.

Perso.

Ora doveva solo comunicare la resa e la cronaca della battaglia a Fay e sperare che lei riuscisse in qualche modo a rovesciare le sorti della guerra.

Una flebile speranza, ora tutto quello che sentiva era un vuoto all’altezza del cuore.

“TOOM!”

La voce spaventata del suo amico lo riportò alla realtà, era ancora al cellulare con lui.

“Si, ci sono.

Cazzo Gustav, sono stato un coglione, avrei dovuto fare prima quello che sto facendo adesso.”

La voce gli si incrinò pericolosamente, ma si trattenne

“Arriverò il prima possibile,appena so qualcosa di Fay le parlo e poi parto.”

“D’accordo Tom, ma non fare cazzate, ok?

Non farmi preoccupare, ti prego.

Adesso io e Georg andiamo  a cercarlo, ti faremo sapere non appena scopriamo qualcosa.”

“Grazie Gus…

Io non so come sdebitarmi.”

“Siamo amici, gli amici a questo servono.”

“Grazie..”

“Prego.

Ciao e non farmi preoccupare.”

“Si. Ciao.”

Non fare preoccupare Gustav apparentemente era un promessa semplice da mantenere, sarebbe bastato tornare dentro l’ospedale e poi in sala d’attesa, ma lui non si mosse.

La gente lo scansava, qualcuno lo insultava probabilmente in italiano, tuttavia rimase lì, perso nei suoi ricordi, nei suoi pensieri, tutti ovviamente connessi al fratello.

Non era strano che dei gemelli avessero un forte rapporto, ma il loro era stato davvero speciale, a volte , soprattutto da bambini, riuscivano quasi a leggersi nel pensiero, allora era impossibile che Bill gli nascondesse qualcosa.

Oggi…

Qualcosa si era incrinato, una barriera si era alzata e lui non faceva altro che maledire il successo e i cambiamenti che può apportare a una persona per renderla così apparentemente sorda alle esigenze altrui.

Echi di risate di loro due bambini, , i loro sogni e i loro desideri che avevano ingenuamente espresso quando si ritrovavano a casa da soli o quando qualcuno prendeva in giro Bill per come era vestito tornarono alla sua mente.

Loro sarebbero stati famosi, loro avrebbero trionfato su chi li derideva, ma a che prezzo?

Non se l’era mai chiesto prima di allora,lui era quello delle sparate un po’ megalomani.

Ne aveva dette tante durante l’adolescenza, soprattutto quando non erano ancora famosi, durante le loro prove fatte nel garage insonorizzati dei suoi.

“I Devilish spaccheranno, saremo famosissimi!

Avrò una macchina enorme e stuoli di donne ai miei piedi!”

“Zitto Tom, non dire cazzate e riprendiamo a provare!”

Aveva realizzato i suoi desideri, ma stava rischiando la persona più importante della sua vita e un’altra aveva rischiato per i suoi comportamenti.

[Tutto ciò che hai sempre amato giace in una fossa

Che han scavato le tue stesse ossa(***)]

Iniziò a camminare, senza sapere bene dove si dirigesse, ciondolando come uno zombie, insensibile al vento freddo.

Riconobbe piazza S .Marco, alzò gli occhi al cielo, non c’erano le stelle,le divinità o chiunque ci fosse lassù lo avevano lasciato solo.

Solo.

E Fay?

Era confuso, non sapeva cosa fare, si  inoltrò in un calle, poi in un’altra, fino a smarrirsi, per poi sedersi appoggiato a un muro.

Bill avrebbe detto che somigliava a un randagio in attesa di qualcuno, ma Bill non c’era e la persona che avrebbe potuto trovarlo stava male per colpa sua.

Avrebbe voluto piangere, invece le lacrime rimasero ostinatamente ferme nei suoi occhi, quindi rimase lì, immobile con lo sguardo assente in attesa di qualcuno che forse non sarebbe arrivato mai.

Faceva sempre più freddo, se avesse alzato ancora gli occhi al cielo si sarebbe accorto che il cielo prometteva neve, ma lui non lo fece.

[Sii perfetto se precipiti

Sii perfetto quando cadi(***)]

Si accorse solo all’ultimo persino dell’arrivo di Fay, molto tempo dopo quando ormai era intirizzito e l’aveva vista davanti a lui, preoccupata, gli occhi scuri resi più grandi dall’ansia.

Non si erano parlati, lei lo aveva abbracciato senza dire una parola e il suo calore, anche solo per un attimo lo riscaldò e lo fece sentire meglio.

Era una meravigliosa prospettiva rimanere così per sempre, ma allo stesso tempo era ingiusto, lei doveva sapere tutto o solo allora avrebbe potuto provare davvero il conforto dei suoi abbracci.

L’aveva staccata a fatica, facendosi male, poi l’aveva guardata dritta negli occhi

“è arrivato il momento.

Ora ti dirò la verità.”

Doveva sembrare forte, non voleva che lei si rendesse conto che lui aveva una dannata paura di essere respinto, di essere lasciato solo, allo stesso tempo era consapevole che probabilmente lei l’aveva già intuito e lo stava assecondando.

Prese fiato ed iniziò a parlare.

“Non saprei di preciso quando sia iniziato tutto questo, Bill è sempre riuscito a sopportare il peso della fame, non è stato facile, ma in qualche modo ce l’ha fatta.

Forse è iniziato dopo l’operazione, quando ha visto che di colpo tutto quello che aveva poteva dissolversi da un momento all’altro .

Io credo sia iniziata da li e da qualcos’altro che lo faceva stare male, non ho mai capito cosa, sembrava persino ce l’avesse con me perché ogni volta che provavo a farlo parlare lui si richiudeva.

Poi è arrivato il successo, quello vero, travolgente, che ti fa avere milioni di persone di persone ai tuoi piedi da ogni parte del globo.

Eravamo tutti esaltati, io più degli altri e non badavo alle malinconie e ai malumori di mio fratello, che si dissolvevano lentamente.

Io avevo le mie storie, lui le sue, c’era ancora un rapporto fra noi, ma eravamo lontani, come se ci fosse una frattura tra di noi creatasi senza sapere bene come e perché.

Ad un certo punto notai che intorno a lui girava della gente strana, me ne preoccupai, tuttavia non feci nulla, bollai come esagerati i campanelli di allarme del mio istinto, in fondo anche noi in passato eravamo stati definiti, strani, diversi, quindi pericolosi.

Il nostro management era tollerante, finche Bill avesse continuato a essere quel che era: energico e pulito ; e i paparazzi non avessero ficcanasato troppo a loro sarebbe andato bene così, lui era stato per un certo periodo una gallina dalle uova d’oro.

È stato quando ho iniziato a scriverti che il mondo mi è crollato addosso la prima volta, perché….”

Trattene le lacrime e continuò, la voce spezzata.

“Perché l’ho beccato chino su un striscia di coca nel bagno di casa nostra”

Rimase un attimo in silenzio.

“è stato uno shock, io sono rimasto immobile finché non ha finito di fare quello che stava facendo,  poi l’ho scosso, ho urlato.

Lui è rimasto freddo, le sue parole mi si sono conficcate dentro come coltelli, mi aveva accusato di averlo lasciato solo, di non averlo aiutato quando stava male perché ero preso da altro e che la droga  che usava mi aveva liberato dal peso di aiutare mio fratello.

Lui credeva che la droga fosse un aiuto per andare avanti.

Da allora mi sono chiuso in me stesso, ho allontanato Georg e Gustav perché mi vergognavo, volevo aiutare Bill da solo, credevo ingenuamente di potercela fare e intanto ti scrivevo.

Ero un’egoista, agivo solo per me con quelle lettere, mi liberavano da un peso, senza aiutare Bill o permettere a te di farlo.

Periodicamente Bill provava schifo per se stesso, mi chiedeva aiuto, voleva che lo tirassi fuori dal casino in cui si era messo e io accorrevo.

Nascondevo la droga, dicevo alla security di non far passare gente strana amici di mio fratello, lui mi ringraziava, resisteva un giorno o due in cui era intrattabile, poi tornava allegro.

Aveva sniffato di nuovo.

Io non sapevo cosa fare, mi sentivo inutile,litigavo con lui per scuoterlo, nemmeno io so perché credevo servisse.

Non cambiava mai nulla, fino a tre giorni fa.

 Prima di venire da te abbiamo litigato per l’ennesima volta, ma in un certo senso è stato diverso.”

Prese di nuovo fiato, senza guardarla negli occhi.

Mi ha detto di andarmene che gli avevo r o v i n a t o la vita.

Avrei voluto morire, sono solo riuscito a scappare come un codardo e a venire qui, perdendo tempo prezioso perché non riuscivo a parlarti, avevo paura.

Avevo paura di perdere quello che avevo appena ritrovato dopo sei anni, avevo paura di affrontare un tuo giudizio, forse avevo paura di tornare a combattere.

Ora il tempo è scaduto, prima mi ha telefonato Gustav, Bill è scappato di casa.

Io l’ho lasciato solo ancora una volta, mentre stava male.

Georg e Gus o stanno cercando, ma io devo partire tra poco.

Lo so che non nessun diritto di chiedertelo, ma ti prego aiutami, fallo per Bill.”

Rimase in silenzio, non aveva più nulla da dire, o meglio avrebbe voluto dire mille altre cose, ma non riusciva più a parlare, lei rimaneva ferma.

Pregava per una reazione qualsiasi, tutto tranne quel silenzio.

All’improvviso lei lo tirò di nuovo a sé senza dire nulla, solo accarezzandolo, coccolandolo, mentre sentiva che anche lei piangeva.

Si abbandonò a quel calore, accorgendosi solo ora che aveva iniziato a nevicare, leggeri fiocchi che si infrangevano su di loro.

[E ricorda che è la fine quella più importante(***)]

Per la seconda volta si sentì libero di piangere, confortato da quella strana ragazza che riusciva a farlo sentire bene ed accettato come nessun’altra.

“Mi dispiace.” Mormorò lei.”Ora capisco perché sembravi comprendere perfettamente cosa avessi passato con Jo, non volevo rigirare il coltello nella piaga.

“Smettila Fay, tu non lo sapevi.”

“Nevica Tom, forse…

La senti agitarsi,la strinse più forte.

“Per favore, rimaniamo qui ancora un attimo.

Ti prego.”

La guardò dritta negli occhi, ancora non se la sentiva di tornare nell’appartamento della mora.

“Scusa .”

Gli diede un bacio in fronte e tornò nella stessa posizione di prima.

Aveva la sensazione che si stessero consolando a vicenda e sebbene se ne vergognasse, visto quello che era appena successo a Bill, era felice di averla accanto.

Rimasero abbracciati ancora a lungo, fino a quando lei iniziò a tremare e lui si ricordò che non era consigliabile che una persona che già aveva subito una caduta nelle acque gelide di un canale rimanesse al freddo e al gelo.

Si spostò, l’aiuto ad alzarsi, era pallida e gelida.

Un piccolo vampiro con i segni delle lacrime sul volto che lo osservava sorridendo triste, la abbracciò per scaldarla e in quel modo, con lei che lo guidava arrivarono all’appartamento.

La fece sedere sul divano, prese una coperta e gliela avvolse intorno, preparò per sé e per lei un the caldo e poi si sedette accanto a Fay.

La ragazza parve riprendersi al primo sorso di thè, lui sorrise.

“Stai meglio?”

“Si, Tom io voglio aiutare Bill, quindi verrò in Germania con te. Lui per me ha fatto molto, glielo devo.”

“Sono contento che tu mi dica questo, ma ti prego, pensaci bene.

Non prendere decisione affrettate, non è una battaglia facile quella per Bill e tu lo sai meglio di me.”

“D’accordo Tom, te lo dirò domattina.

Io a Bill tengo molto.”

“Bill, Bill, sempre Bill.

Tutti pensano a Bill, tutti tengono a Bill.

E io?

Nessuno pensa mai a Tom, corrono e si preoccupano tutti per il fragile Bill.”

Non appena finì di pronunciare quella breve invettiva se ne pentì immediatamente, cosa stava dicendo?

Perché faceva così?

Da dove gli veniva quella rabbia e perché sentiva di essere geloso del fatto che Fay si preoccupasse di Bill?

Non avrebbe dovuto attaccarla, visto che l’aveva ascoltato, consolato e coccolato fino a poco prima, si era dimostrato un ingrato, doveva scusarsi.

Fay, scusami, io non so cosa mi sia preso.

Non volevo dire quelle cose,io voglio bene a mio fratello.

Io…io non so cosa fare.”

Si prese la testa tra le mani, sentì Fay avvicinarsi a lui, spostare le mani e alzargli il volto.

Si perse in quegli occhi neri che lo fissavano seri.

“Non ti devi scusare.

Capisco che tu stia passando un brutto momento, se fosse capitato a Luca io starei già distruggendo l’appartamento per sfogarmi, però…

Tu hai qualcos’altro che ti tormenta legato a Bill, lo sento.

Sfogati, svuotati completamente, poi forse potrai far ripartire un rapporto con lui.

Io sono qui, sempre se tu vuoi ovviamente, quello di prima era un consiglio, non un obbligo.”

La guardò, forse aveva ragione lei.

Forse era bene sfogarsi

“La verità è che tante volte ho invidiato mio fratello, non so come spiegarlo, ma lui….lui sentivo che era più ascoltato e amato di me.

Tante volte mi hanno considerato il buffone playboy che dice solo cazzate o quello forte che non aveva bisogni di farsi proteggere, mentre lui era quello intelligente ma fragile da trattare con riguardo.

Io quando sono stato male tante volte ho dovuto cavarmela da solo, lui invece aveva gente che spontaneamente accorreva, a volte avrei voluto essere al suo posto.

In ogni caso, lui rimaneva e rimane mio fratello e non l’ho mai invidiato con quella cattiveria che porta ad augurare alle persone di stare male, solo a volte avrei voluto provare a essere lui per vedere come fosse.”

Rimase un attimo in silenzio, lei si accese una sigaretta e immediatamente iniziò a tossire.

“Non dovresti fumare in queste condizioni.”

“Lo so, ma mi calma….

Non è ancora finita la serata sfogo, vero?”

No…adesso arriva la parte più difficile e ridicola in una certa misura, a cui tu non crederai mai, ma ci sono certe volte che ho invidiato mio fratello anche in fatto di ragazze.

Non che a me mancassero, non che non mi sia andato bene avere la fama di play boy o non avere un legame stabile, in fondo era quello che avevo scelto io, però…

Però certe volte avrei voluto anch’io una ragazza che mi cercasse per qualcosa di diverso che una semplice scopata, ma tutte finivano inevitabilmente per amare mio fratello e fare sesso con me.

Anche tu non sei diversa.

Anche tu ti sei preoccupata sempre e solo di mio fratello, con lui eri uno zuccherino, con me fredda come il ghiaccio.

Sei accorsa da lui dopo l’operazione, ti ho visto anche a un paio di concerti dopo.

Di la verità, tu sei innamorata di lui vero?”

La verità era emersa, lui era sempre stato geloso del rapporto tra lei e Bill e Fra, sempre sulla stessa lunghezza d’onda o quasi e pur nella loro diversità sembravano capirsi al volo, lui avrebbe voluto essere al posto di suo fratello.

Il silenzio che seguì non aveva uguali, Fay lo guardava torva, gli occhi fiammeggianti e la bocca serrata in una piega dura.

“Tom Kaulitz, tu non hai mai capito un cazzo!”

Sgranò gli occhi.

“Sai perché ti trattavo a pesci in faccia e ti tenevo lontano?

Perché non volevo affezionarti a te, dato che ti trovavo simpatico, insomma una volta fatto pace la prima volta, non eri male.

Ma sarebbe durata?

Non ci credevo, avevo paura e non lo ammettevo,così mi nascondevo dietro la corazza e questo Bill lo aveva capito.

Lui aveva già capito tutto temo, ma non io.

Poi è successo quello che è successo, ti avrei dovuto odiare e  non ci riuscivo.

Dicevo che ti odiavo e mentivo a tutti, anche a me stessa, la tua immagine non se ne andava mai dalla mia testa e continuava a farmi male.

Nel profondo, nei sogni che non confessavo nemmeno a Luca(ma lui l’aveva capito lo stesso) desideravo solo che tornassi e che tutto fosse come prima.

Avrei fatto un po’ di casino, ma ti avrei perdonato.

Ci credi?

No suppongo, per te ero la strana tipa acida, con una vita di merda che ti prendeva a sberle quando facevi troppo il coglione, credevo mi avessi dimenticato e non sai quanto mi facesse male.

Bill mi diceva di mettere da parte l’orgoglio e non ci riuscivo, Bill voleva il tuo bene!

Bill… Ti sei mai chiesto perché non mia abbia più contattata dopo l’operazione?

Perché si era dichiarato a me e io l’avevo respinto, ferendolo come mai avrei voluto fare, non perché fossi innamorata di lui, ma perché era una dei pochi veri amici che avessi.

E sai perché l’ho respinto?

Perché mi piaceva un altro! Mi piacevi tu!

Mi piacevi ancora tu!”

Questa volta fu lui a rimanere in silenzio, sentiva l’ansimare di Fay per la foga crescente con cui aveva pronunciato quel discorso, come se quelle parole se le fosse tenute dentro per anni.

Deglutì, ogni piccolo rumore giungeva amplificato alle sue orecchie.

“Taci, vero?

Non hai niente da dirmi?”

Non sapeva cosa dire, più che altro non riusciva a mettere in ordine le mille cose che voleva dirle, come scusarsi per non avere capito nulla e della gelosia assurda verso Bill o la sua testardaggine e ottusità, ma non riuscì ad aprire bocca.

Così decise di rispondere a suo modo, avvicinandosi a lei, che lo guardava senza accennare nessun movimento, rimase immobile persino quando le accarezzò dolcemente una guancia, rimase immobile persino mentre la baciava.

Un perplessa bambola di pezza.

Non ricambiava quel bacio, eppure sembrava che volesse farlo, non riusciva a capirci più nulla, la mora lo staccò da sé.

“Troppo facile rispondere solo così, non credere che non abbia capito cosa vuoi dirmi, ma per una volta voglio la versione estesa.

Mi piacerebbe che tu faccia uno sforzo e mi dica tutto…

Lui arrossì, lei lo baciò a tradimento, lui questa volta rispose, perplesso per il suo comportamento.

Non voleva cadere nel patetico, ma era stato bello ritrovarla, anche se di lei ricordava un solo bacio, dato per caso, così si staccò a malincuore, imbarazzato.

Le confessioni non erano mai state il suo forte, raramente entravano nel suo repertorio o ne faceva a qualcuna alle sue ragazze.  

Bhe…partendo dall’inizio, anche a me stavi simpatica, dopo la riappacificazione del concerto mi piaceva avere intorno una ragazza che non mi idealizzasse, anche se questo non l’avrei mai ammesso con nessuno.

Non ti ho mai capita molto fino a non mi hai raccontato del tuo passato, è stato allora, quando ti ho protetto da tua madre che ho realizzato appieno quanto ci tenessi a te.

Non era una cosa che potessi accettare facilmente, così l’ho ignorata, come ho ignorato te non sapendo cosa fare….

Ma mi mancavi, avrei voluto parlarti e non ci riuscivo.

Ero anche geloso di mio fratello, con te un po’ lo sono sempre stato.

Poi…

C’è stato l’incidente, lo sai anche tu come è andata.”

Abbassarono entrambi gli occhi,rimanendo in silenzio per un po’, fino a che lei alzò una mano e gli accarezzò una guancia.

“è passata ok?

Ha fatto male ma è passata.”

Ne approfittò per baciarla ancora, quella confessione si rivelava più difficile del previsto.

“Puoi crederci o meno, Nana, ma continuavo a pensarti, anche quando sei uscita dalla vita di mio fratello,anche nel bel mezzo del successo travolgente quando avevo tutte le ragazze che avevo sempre voluto, tu ogni tanto spuntavi.

Eri come un pupazzo a molla, io ero lì in camera, con la tipa di turno che mi ronfava accanto sdraiato sul letto a guardare il soffitto per  non pensare, ma tu arrivavi lo stesso e mi sentivo come se mi mancasse qualcosa…

Avrei continuato ad ignorarlo per anni, se non ci fosse stato Bill e quello che gli è successo.

Buffo, vero?

Devo ringraziare lui se adesso sono qui a dirti che non ti ho mai dimenticata e che per te provo ancor qualcosa…

[Believe me, it's alright

It's so easy after all(****)]

Questa volta fu lei a baciarlo con passione, sembrava che quello che le aveva detto le bastasse per  fidarsi, almeno per il momento.

Continuarono a baciarsi, lui le accarezzava la schiena, i capelli,lei ricambiava incerta, non del tutto convinta.

“Non voglio obbligarti…Io…

Gli mise un dito sulla bocca.

“Va bene così, per adesso va bene così.

Ripresero a baciarsi, quando lei scese a baciargli il collo, capì che non sarebbe scappata.

Era felice, stava per realizzare quello che aveva inconsciamente desiderato per anni, finalmente Fay sarebbe stata sua.

Sua.

[Seguimi e così
che non c'è più un posto dove andare solo un altro
che ha perso e tu sei mia(*****)]

 

Dovrei essere felice, nei limiti del possibile vista la notizia sconvolgente di prima, quello che speravo senza confessarlo mai  a nessuno è appena successo.

Ho fatto l’amore con Tom ed è stato… bellissimo.

Non ho altre parole per descriverlo, incredibilmente è stato anche dolce, cosa mi manca?

Perché sono così triste?

Lui è felice, lo sento, se mi girassi lo vedrei sorridere soddisfatto, ma non lo faccio.

Rimango ostinatamente rannicchiata su di me stessa, voltandogli le spalle e sentendomi fredda, la spavalderia ormai è sparita.

La verità è che io, come Sakura, non voglio essere quella di una notte e basta,ma credo che è di  questo che mi dovrò accontentare.

Saremo amici, come dicono in francesi intendendo quelli che hanno  un rapporto di amicizia con scopate occasionali, il conforto della sua lotta per il fratello.

Non credo mi ami, forse l’ha fatto perché sono l’unica ragazza su cui appoggiarsi, per cui crede di provare  qualcosa che svanirà non appena Bill starà meglio.

Sono ancora una volta di passaggio e fa male, ma devo accettarlo.

O questo o niente.

Si volta verso di me, appoggiandosi sui gomiti, sento che sta ancora sorridendo.

“Ehi Fay, tutto bene?”

“Verrò con te, ti aiuterò con tuo fratello e se vorrai ti conforterò ancor così.

Una storia di sesso, senza complicazioni.

È quello che vuoi no?”

Mi sento male mentre pronuncio queste parole, il silenzio che segue indica che l’ho ferito, in qualche modo sono riuscita a spegnere quel sorriso che era solo per me.

Mi costringe a voltarmi a pancia in su, lui  è sporto sopra di me, guardandomi con quegli occhi scuri e lucidi, tristi, increduli e…feriti.

Non mi ero sbagliata, cosa ho fatto?

“Credi davvero che io ti farei questo?”

Sono ancora in tempo a riparare i danni, tuttavia la voce non mi esce, una parte di me lo crede davvero possibile e lui l’ha intuito.

L’ha intuito in quei lunghi minuti che ha perso a guardarmi sempre più sconsolato, in attesa di una smentita che non è arrivata.

“Si lo pensi…e fa male.”

Si tira a sedere appoggiato alla testiera del letto, mettendosi lontano da me, come se gli facesse male starmi accanto.

“Sei come tutte le altre Fay. Che cretino che sono stato a illudermi..”

Il tono è amaro, le sue parole mi si conficcano dentro come lame, scuotendomi, cosa sto facendo?

Perché lo sto trattando così?

Non voglio che stia male per me, così mi alzo, gattono fino ad arrivare davanti a lui e mi inginocchio, devo riparare ai miei errori, non posso permettere al mio orgoglio di trionfare.

Mi guarda, triste, poi si volta dall’altra parte.

“Non sono stato la migliore delle persone con certe ragazze, Fay, non lo nego, alcune le ho proprio trattate come pezze da piedi e mi dispiace, ma tu….tu sei diversa.

Pensi davvero che ti userei e basta sapendo come sei fatta?

Che carattere hai e cosa hai subito?

Pensi davvero che sia così stronzo?

Tu sei diversa dalle altre, in bene e in male, con te non si gioca o almeno io non voglio giocare.

Abbiamo comunque un rapporto, chiamalo amicizia, chiamalo come vuoi ma c’è , credi che lo rovinerei per una scopata e basta?”

Rimane un attimo in silenzio.

“Forse sei davvero come tutte le altre….”

Voglio davvero che finisca così?

No, non lo voglio, è ora di agire, non posso sempre buttare gli altri fuori dalla mia vita, forse mi pentirò di quello che sto per fare o dire, ma non mi importa.

Voglio essere sincera.

Prendo il suo mento tra le mi dita e lo faccio delicatamente voltare verso di me, certe cose è necessario dirle guardando le persone negli occhi e raccogliendo tutto il proprio coraggio.

I suoi occhi sono decisamente sorpresi, non si aspettava che reagissi o smentissi, gli accarezzo una guancia e prendo fiato.

“Io non volevo dire quello che ho detto, non volevo ferirti.

Davvero.

Era l’ultima delle mie intenzioni, mi dispiace se l’ho fatto.

Ti chiederai se c’è un motivo per quella frase e in effetti c’è…

Io….io volevo solo difendermi da te.”

“Da me?”

“Si, sarebbe più corretto dire che mi difendo da quello che provo per te.

Prima non ti ho detto tutta la verità, non mi piacevi soltanto, ero cotta di te, innamorata, anche se non l’avrei ammesso e lo sono anche adesso….

Mi faceva male pensare che io potessi essere stata una tra tante o il tuo appoggio/ conforto  in questa storia, quella da cui cerchi consolazione per sfogarti e ho cercato di mettere distanza tra me e questa cosa, mostrandomi più forte di quella che sono nel ventilare un’ipotesi che faceva stare me per prima.

Lo so che è strano e affrettato…ma io io…

Ti amo.”

[Believe me, it's alright

It's so easy after all(****)]

Abbasso gli occhi, ormai ho raggiunto una sfumatura viola inquietante, lui tace, io pagherei oro per sapere cosa stia pensando e come andrà a finire.

Dopo un tempo che a me sembra interminabile mi alza il mento, mi mette le braccia intorno al collo, sorride e mi bacia.

Chiudo gli occhi, abbandonandomi totalmente alle sensazioni che provo, ormai non ho più nulla da perdere, ho messo le carte in tavola e gliele ho mostrate,ora tocca a lui.

Sono senza difese e per la prima volta nella mia vita non me ne importa nulla.

Quando ci stacchiamo, mi accarezza una guancia.

“Non posso dirti “Anch’io” Fay.

Non so il perché mi stia avvicinando a te, forse hai ragione tu forse sei solo la mia stampella in questa storia, ma so che con te sto meglio.

Non dimentico mio fratello, ma riesco a sentirmi meno angosciato.

In ogni caso se tu sia solo una stampella o qualcosa di più sarà il tempo a dirlo e io sono curioso di sentire quel verdetto. Tu?”

“Mi stai proponendo una storia quasi seria?”

Strofino il mio naso contro il suo, felice, con una sensazione di calore che mi si allarga all’altezza del petto.

“Si.”

“D’accordo, proviamoci.”

Sorride e si avvicina al mio orecchio.

“Spero di riuscire a dirtelo un giorno “anch’io””

Arrossisco, lui ride, poi mi bacia trascinandomi sul letto, io sorrido davvero felice.

Ora c’è di nuovo silenzio, lui è appoggiato sopra di me, io gli accarezzo i capelli,lui apprezza, ha la faccia del gatto soddisfatto delle coccole e  accarezza me ogni tanto.

Voglio rimanere così per sempre.

“Domani sera partiamo Nana, dopo che avrai sistemato il lavoro…

Sospiro.

“No, io posso partire solo tra due giorni.

Si alza appoggiandosi ai gomiti.

“Perché?”

Perché….per venire a  cercarti ho fatto il diavolo a quattro in ospedale per farmi dimettere, nonostante il mio leggero trauma cranico.

Il dottore voleva tenermi una notte in osservazione, ma io sono riuscita ad andarmene solo a condizione di tornare a  farmi visitare tra due giorni e teoricamente non potrei nemmeno dormire.”

Rotola via da me, mettendosi a sedere  qui accanto, con la testa tra le mani, borbottando qualcosa tra i denti.

“Sei pazza Girardi, sei pazza!”

Lo abbraccio da dietro, appoggiando la mia testa sulla sua spalla.

“Mi dispiace, io…

“Non ti devi scusare, sei pazza si, ma sei una buona pazza.

Non ce ne sono molte di ragazze che avrebbero agito così, senza nemmeno farlo pesare.”

Si volta verso di me e mi dà un bacetto in fronte, non mi abituerò mai a queste cose che mi fanno stare bene.

Sono una sorpresa continua che mi rende felice, accantonando il pensiero di Bill per un attimo, quasi mi vergogno a sentirmi così con lui in quelle condizioni.

Fay, esco a fumare!”

“Ti accompagno…

Ci rivestiamo, acchiappiamo sigarette ed accendino, lui si siede su una sedia, facendomi segno di sedermi sulle sue gambe.

Accendiamo insieme le sigarette, la neve continua a scendere dal cielo, dovrei avere freddo e non ne ho, non con lui accanto.

Bello.

“Grazie Fay.”

“Di niente…Insieme ce la faremo.”

Quando torniamo dentro, di nuovo a letto, di nuovo a coccolarci, mi sento davvero fortunata.

Ho vagato molto e ho trovato la mia strada, in parte proprio grazie a quel ragazzino che nemmeno sopportavo.

Quel ragazzino, adesso ragazzo che cerca di stare sveglio per farmi compagnia, raccontandomi cazzate, accarezzandomi, baciandomi, quando è palese che ha talmente sonno che gli si chiudono gli occhi.

Lo adoro.

Lo adoro e basta, per il suo preoccuparsi di me quando suo fratello è nella merda e per cui io non posso fare a meno di sentirmi un po’ colpevole per averlo respinto, e lo adoro per mille altre cose, difetti compresi.

Alla fine crolla addormentato, io gli accarezzo quelle treccine lunghe e nere che ha adesso, anche se per me  rimarranno sempre dreadlock biondo scuro.

Sono felice, ma sono incompleta e so che lo è anche lui, senza Bill  che sta bene non potrà mai esserlo del tutto, devo impegnarmi seriamente ad aiutarlo.

C’è una parte di me, quella più irrazionale,  che crede che lui abbia buttato Tom fuori casa per aiutarlo a chiarirsi le idee e per fargli avere qualcuno a cui appoggiarsi se lui non dovesse farcela a uscire dal casini in cui si è messo, ma forse sono solo deliri notturni.

In ogni caso sento che lui sarebbe felice di quello che è successo.

[Sento che sei con me in quest’alba fragile

Io lo so tu sarai

Giovane per sempre(******)]

Io grazie a Bill ho trovato la mia strada, la persona che amavo e desidero che la trovi anche lui.

La notte scolora in un’alba soffusa.

Lo aiuterò

Giuro.

[“E a croucendchin fondo noè chuntranquillperiferia londinese. continuanad accadere cosstrandi tanto in tanto e ssente dpersonche hanno perso la stradaAlcunl'hannpersa per sempre"]

Non lascerò che sia una delle tante persone che si perdono nella vita, ne per me, ne per Tom.

Lo giuro. 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

E siamo all’ultimo e non ci credo…

Non ero nemmeno certa di finirla questa storia.

Spero vi piaccia, soprattutto la parte finale e il racconto di Tom, sono i punti che ho fatto più fatica a trattare.

E adesso? Il seguito^^.

Non è ancora pronto, ma inizierò presto a lavorarci.

Alla prossima e grazie per avermi seguito fino a qui^^.

Queste sono le canzoni:

(*)”Febbre” Timoria

(**)”Bye Bye Bombay” AfterHours

(***)”è la fine quella più importante.”AfterHours

(****)”Some say”Sum 41

(*****)”Il Compleanno di Andrea”AfterHours

(******)”Alba Fragile”Timoria

Ringrazio per le recensioni:

 

Schwarz Nana

 

Schrei_Kris

 

Big Angel Dark

 

Black Down TH

 

_Pulse_

Tushi Und Dark

 

Lady Cassandra

 

Ringrazio per aver messo questa storia tra i preferiti:

 

bambolina elettrica

Big Angel Dark

Black_DownTH

BlueSoul 95

degah

FrancescaKaulitz

marty sweet princess

outsider

Ramona 37

Schrei_kris

schwarznana

selina 89

TokiettinaChan

tokiohotelfurimmer

ViViEtTa

Yumi_chan

_Pulse_

 

Ringrazio per averla messa nelle seguite:

 

Fee 17

Giulia 504

Hana Turner

LadyCassandra

miky 483

tokiohotelfurimmer

tokitoki

TushiUndDark

_Pulse_

 

 

 

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