Bloodborne: La Setta Dei Calici

di ten12
(/viewuser.php?uid=951461)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** incontrollabile ***
Capitolo 2: *** Confusione ***
Capitolo 3: *** Traditori ***
Capitolo 4: *** Alba ***
Capitolo 5: *** Rimorso ***
Capitolo 6: *** Oltre il limite ***
Capitolo 7: *** Bestie ***
Capitolo 8: *** Notte in bianco ***
Capitolo 9: *** Problemi ***
Capitolo 10: *** Fuga ***



Capitolo 1
*** incontrollabile ***


Le immagini, i luoghi e l'ambiente descritti sono proprietá intellettuale, protetta da copyright, di Sony entertainment e FromSoftwer games. Nessuna violazione é voluta. Questo testo di finzione é da intendere come tale. I personaggi descritti nella storia sono, principalmente, creati dall'autore. Nel caso appaiano personaggi non creati dall'autore è un avvertimento non sia presente mi scuso, nessuna violazione era intesa.

"Quanti sono oggi?" Pensò, instupidito dalla stanchezza, cercando di ignorare il dolore dietro gli occhi e la difficoltà a vedere in modo chiaro. Non si doveva far vedere dagli altri mentre si stropicciava le palpebre: gli avrebbero tolto quell' orario di ronda e di esaminazione ed, a quel punto, nè lui nè la moglie avrebbero avuto il denaro per comprare altre fiale, e niente fiale voleva dire litigare per esse invece di rilassarsi accanto al fuoco. L'alba eruppe dalle guglie acuminate davanti a lui e ferì i suoi occhi marrone scuro leggermente venati di sangue. Viggo si ritrovò costretto ad allontanarsi e scendere le scale per quanto gli facevano male. Gota aveva appena dato l'ordine di aprire i cancelli sul grande ponte. Le torce illuminavano i battenti in ferro scuro. Dall' altro lato dei cancelli una marmaglia senza fine di poveri, ricchi, stranieri, cacciatori ed artigiani del sangue piangevano, morivano di fame, mangiavano o guardavano tristi il selciato sporco. Le barricate, improvvisate con bare, pezzi di legno e statue, che i profughi avevano imparato ad odiare insieme all'attesa. Se quella non era giá abbastanza li aspettavano anche due plotoni di cacciatori bianchi e sette plotoni di cacciatori neri della chiesa. Sei per esaminare, ventuno per "purificare" nel caso si presentasse qualche segno. I solitari cacciatori del sogno dall'altro lato del cancello sarebbero stati i più veloci da esaminare. Viggo li vedeva già passare velocemente, silenziosi e tetri, tra la folla fino a loro. Sapevano che nessuno avrebbe osato avanzare lamentele. I cacciatori bianchi avrebbero esaminato le pupille dei cacciatori del sogno ed un po' del sangue nelle loro vene, dopodichè li avrebbero lasciati passare con il rispetto nel cuore mentre i loro cugini più violenti avrebbero guardato i sognatori con disprezzo e timore, nella loro tipica meschinità pura. I cacciatori del sogno li avrebbero ignorati come di consueto, inoltrandosi tra le viuzze strette della città ad affilare le armi e leccarsi le ferite, osservando occasionalmente dalle torri in attesa. I ricchi ed i nobili, con le loro carrozze, sarebbero prepotentemente avanzati verso le barricate, si sarebbero lamentati per l'igiene degli strumenti con cui li esaminavano e sarebbero corsi poco dopo a rintanarsi nelle case di alleati, amici, rappresentanti del coro o della chiesa. Infine sarebbero avanzati tutti gli altri. I poveri avrebbero guardato con terrore i cacciatori neri, gli artigiani avrebbero pragmaticamente offerto il braccio per l'esaminazione. Gli stranieri erano l'unico dilemma.

Gota, capitano della ronda ordinò ad Hectar ed allo stanco Viggo di aprire. I cancelli stridettero, i cardini cigolarono e la marmaglia si mosse come un tutt'uno, eccezzion fatta per... i cacciatori del sogno. I ricchi ed i nobili occuparono subito i cancelli con le carrozze lasciando degli spiragli ai lati sufficienti forse per un bambino. Gota sospirò. Viggo era tornato a guardare il ponte dalla sua postazione in cima. I bagliori dell' alba non accennavano a diventare niente di più. Un dubbio sorse nella mente di Viggo mentre osservava. I cacciatori bianchi guardavano preoccupati i sognatori. Era successo qualcosa di inaspettato e molto spiacevole. I minuti passarono insieme ai fuggiaschi di rango elevato che non fecero, sorprendentemente, proteste. I cacciatori neri, su pressione dei loro cugini, costrinsero i ricchi e nobili a spostare le carrozze prima di passare le barricate. I sognatori erano rimasti, stoici, nei loro angolini ad osservare la fine del ponte e la folla, alla ricerca di anomalie. Le persone continuavano ad arrivare come formiche fuori dal nido. Gota notò uno straniero e lo indicò con l' indice ad un cacciatore bianco. L'uomo avanzava debole, il cappuccio tirato, ingobbito, con la spalla destra cadente verso l'interno. Era vestito di stracci sporchi e consumati, con un disegno esotico ed una fantasia floreale di colore scuro sul fondo. Quell' uomo era di Loran. Il cacciatore bianco lo prese gentilmente per il braccio con una mano e lo condusse tra le cure dei cacciatori neri che lo guardavano sogghignanti. Il povero viandante secolare inizio a gridare " NOOOOOOOO!!! LASCIATEMI!!! LASCIATEMI ANIMALI! LORAN MI MANDA!!!! LORAN HA BISOGNO DI AIUTO!!!!" Si divincolò con tutto se stesso mentre il plotone di tre cacciatori neri lo portava in uno delle viuzze e gli altri profughi guardavano lo spettacolo senza fermarsi.

 

Gaenoph era un sognatore da due cicli. La sua prima arma era stata la mannaia dentata e non l'aveva mai cambiata. Ne adorava la velocità in rapporto all'efficacia. Contrariamente al suo amico Finch, un cacciatore polveriera che impazziva per il suo cannone, lui aveva sempre preferito usare il lanciafiamme: così da rimanere più vicino alla preda. Strinse la mano intorno all'impugnatura fino a far diventare le nocche bianche . Il ricordo, fresco come le ferite alla gamba, si fece strada prepotentemente. Chiuse gli occhi. "Una fila di torce su entrambi i lati dell'androne illuminava gli interni in pietra ruvida e porosa. Le urla del sacrificio riecheggiavano fino alle sue orecchie mentre strappava la mannaia dal petto del contadino impazzito. Il corrdoio che aveva davanti gli permetteva una visuale ridotta dell'androne ma quello che vedeva bastava a farlo infuriare." Finch lo scosse "Più ci pensi più lascerà il segno. Lascia perdere." disse conciliante. Gaenoph riaprì le palpebre senza guardare l'amico ne proferire parola. "Sangue antico! La caccia è appena cominciata e tu già mi perdi la testa?" disse scuotendolo dinuovo con una mano sola gentilmente . Gaenoph sorrise e riuscì ad allontanare il ricordo. Finch glì offri una fiaschetta evidentemente costruita con i resti di una canna d'archibugio. Gaenoph la prese e chiese "Sangue d'annata?" il viso di Finch si contorse in una smorfia di disappunto mentre ingurgitava la sua parte. "Per amor del coro no! È delizioso liquore. Per chi mi hai preso!" Gaenoph ridacchiò e rispose "Per un contadino con un cannone".Finch ghignò "Da quando in qua i contadini sono diventati amanti del sangue" Gaenoph ingurgitò il liquore e si scoprì ad apprezzarne il gusto fruttato, poi guardò Finch "Da quando è stato scoperto" Sul suo volto s'ebbe l'accenno di un sorriso. "E invece no. Borghese ignorante"."Come sta la famiglia?" chiese Gaenoph "Stanno bene. Tesia ti saluta e il piccolo Kivo è cresciuto. Chiede di te di tanto in tanto." Gaenoph capì cosa stava per chiedergli e lo anticipò "Mi dispiace non essere più venuto a trovarvi negli ultimi tempi. Io ero... impegnato" Finch lo guardò in silenzio per qualche secondo "Va be'. Non ti preoccupare. Avrai modo di vedrli dopo questa caccia" Gaenoph sorrise ed annui. Le labbra di Finch si curvarono in risposta. Si staccarono entrambi dalla staccionata in pietra di due metri che delimitava i bordi del ponte e proteggeva dalla caduta. Si alzarono ed iniziarono a prepararsi per passare. Gaenoph si coprì il volto dal naso in giù con la classica bandana in pelle e rimise il tricorno tipico dei cacciatori. Alzò lo sguardo sulla folla e notò che un piccolo gruppo di stranieri incappucciati si teneva lontano dalle carrozze dei ricchi, posizionate li vicino, le quali emanavano un forte odore di incenso.

 

L' alba non sembrava giungere ed i cacciatori sembravano sempre più nervosi. Viggo scese le scale per andare a riferire a Gota.

 

Gaenoph si avvicinò ad un gruppo di tre viandanti incappucciati. Finch fu la sua ombra. La mannaia era pronta nella destra. "Stranieri abbassate i cappucci per favore." Disse. I tre si fermarono. Uno di loro si avvicinò a passi lenti e disse mellifluo " Certo sognatore." Geanoph attivo la prolunga della sua mannaia e gridò in posizione di combattimento con le gambe divaricate "FERMO!" Finch notò del movimento sulla sinistra. Piccoli gruppi di incappucciati venivano avanti sempre più numerosi sul ponte ed altri sognatori si erano fatti avanti per fermarli. "Gaenoph guarda" disse Finch indicando i colleghi. Il trio di incappucciati si mosse felino credendo i due cacciatori distratti. Il più vicino puntava alla gola con le mascelle aperte ed i denti in vista. Gaenoph fu fulmineo. Schivò a destra tirando un fendente con la mannaia che decapitò il più vicino e quello direttamente dietro. Finch fu altrettanto veloce e, mentre i corpi deformi e flosci dei due cadevano a terra con fiotti di sangue infetto che schizzavano fuori dai colli finendogli addosso, lanciò in avanti il braccio destro attivando la funzione secondaria del suo perforatore e fracassando, grazie alla propulsione, il cranio della bestia. Gli altri gruppi di incappucciati attaccarono. La folla impazzì, iniziando a correrre verso i cancelli se sufficentemente vicina o disperdendosi nelle viuzze di vecchia Yharnam altrimenti. Nella foga alcuni finirono compressi contro le transenne ai bordi del ponte o sotto i piedi della marmaglia. Gaenoph perse l'equilibrio a causa delle spallate e cadde all' indietro. Piedi frenetici e odori nauseabondi lo assalirono. Sentì le costole scricchiolare. Finch sparò un colpo del cannone di avvertimento e le persone intorno a lui ed al suo amico si diradarono spaventate, in alcuni casi fermandosi terrorizzate ed incerte ma riprendendo a correre poco dopo. Uno dei viandanti incappucciati al centro del ponte eruppe in un ruggito furioso e si trasformò in una bestia oscura enorme iniziando a prendere manciate di profughi ed a sbatterli contro il primo cacciatore che vedeva. Finch aiutò Gaenoph ad alzarsi e chiese urlando sopra il frastuono di urla ed esplosione di colpi al mercurio " CHE FACCIAMO??!"

 

I cacciatori bianchi si mossero per primi. Estrassero i lanciafiamme ed avanzarono sparando a zero. I cacciatori neri alle calcagna dei primi estrassero gli archibugi e coprirono i buchi della prima linea dei cugini. Gota, Viggo ed Hector guardarono allibiti mentre i cacciatori bianchi uccidevano ricchi e poveri, artigiani e nobili per poi chiudere i cancelli.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Confusione ***


Le immagini, i luoghi e l'ambiente descritti sono proprietá intellettuale, protetta da copyright, di Sony entertainment e FromSoftwer games. Nessuna violazione é voluta. Questo testo di finzione é da intendere come tale. I personaggi descritti nella storia sono, principalmente, creati dall'autore. Nel caso appaiano o vengano menzionati personaggi non creati dall'autore è un avvertimento non sia presente mi scuso, nessuna violazione era o é intesa.

Tossì e sputò sangue. La mannaia era ancora fermamente nella mano destra. Mentre gli passavano sopra uomini, donne e bambini terrorizzati, naso e mano e ginocchio sinistri si erano rotti. Finch sorreggeva Gaenoph tenendo il braccio dell'amico sulle spalle con entrambe le mani. Guardavano tutti e due la situazione preoccupati. Una bestia oscura di quattro metri schiacciava e lanciava persone contro i cacciatori più vicini(quelli che, nella sua furia dissennata, riusciva a riconoscere come tali) e piccoli gruppi di ibridi come quelli che li avevano appena attaccati assalivano chiunque opponesse resistenza. "I CANCELLI SONO ANCORA APERTI?" urlò Gaenoph sovrastando il frastuono. Finch guardò indietro mentre l'amico cercava delle fiale nella saccoccia per curarsi. Centinaia di persone si accalcavano ai cancelli. "SI!" rispose il cacciatore polveriera "CE LA FAI A CAMMINARE?" Gaenoph scosse la testa "NO E NON HO PIU' FIALE. SONO RIMASTE SCHIACCIATE!" Finch tirò fuori una delle sue e piantò la punta di vetro sulla cima del contenitore nella gamba sinistra del sognatore. Gaenoph grugnì per il dolore ed ebbe una serie di capogiri. Finch lo sostenne e iniziò a camminare verso il cancello. Avanzava ritmicamente, quasi saltellando, ed ad ogni passo il cannone, a tracolla sulla schiena, oscillava e sbatteva contro la zona lombare. Gaenoph era diventato un peso morto. Finch sentì i cardini del cancello cigolare ed accellerò. Iniziò a guardare per terra temendo di inciampare in qualche cassa. Il sole eruppe dalle guglie sostituendo la tenue penombra dell'alba ed illuminando la carneficina sul ponte. I cadaveri si accumulavano dalla metà del ponte in giù e schizzi di sangue si espandevano sulle staccionate in pietra e sulle carrozze, rovesciate dalla fuga della folla. Cadaveri mutilati di uomini o ibridi erano sparsi sul selciato ed alcuni di essi erano addirittura volati sulla cima dei bordi del ponte: lanciati dalla bestia oscura. Cinque cacciatori, due del sogno, uno di Yharnam e due neri della chiesa, erano bloccati da un orda di venti ibridi che ne impediva la fuga verso il cancello ed un centinaio di metri più indietro dieci cacciatori tenevano a bada cinquanta ibridi privi di senno. La bestia oscura continuava a sfogarsi sui i pochi profughi rimasti al centro del ponte i quali si erano nascosti dietro o sotto alle due tre carrozze lì bloccate. Finch si blocco ed indietreggiò scompostamente mentre le fiamme generate dalle armi dei cacciatori bianchi della chiesa avviluppavano  la massa di persone davanti a lui facendosi strada tra di loro fino al suo naso. Le sopracciglia corvine del cacciatore polveriera bruciarono all'istante. Le persone accalcate ai cancelli iniziarono ad indietreggiare in massa nel panico più totale e le ultime fila rimasero schiacciate sotto i piedi delle più avanzate. Mentre Finch arretrava per portarsi ad una distanza sufficente dai lanciafiamme la massa compatta di profughi si sfaldò del tutto e cominciò a correre forsennatamente in direzione della bestia oscura e torce umane sciamarono tra di loro urlando di dolore. Finch vide un paio di uomini in fiamme inciampare, cadere e tacere mentre altri individui, sotto shock, rimasero a fissare i cancelli inebetiti e furono falciati dai lanciafiamme o dalle gragniole di colpi degli archibugi. Due cacciatori bianchi della chiesa avanzarono e chiusero i cancelli davanti ad un selciato ricoperto di cadaveri calpestati o in fiamme. Finch rimase a guardare la scena inorridito. Era un colpo durissimo. Fin da quando era nato, vent'anni prima di Gaenoph, si narravano storie di pietà e comprensione che avevano come protagonista un cacciatore bianco ed uno o più infetti della piaga. I benedetti del coro erano rinomati per essere rispettosi nei confronti degli ammalati e per essere la prima linea di difesa difronte all'esplosione di un epidemia che sarebbe stata curata e non "purificata".  "ASSASSINI!!!" Finch lo gridò con tutto il cuore e senza pensare.

 

 

 

 

Gota, Hector e Viggo rimasero attoniti a fissare il gruppo di cacciatori della chiesa mentre si allontanavano dai cancelli. Non erano, ovviamente, colpiti dall'operato dei cacciatori neri, rinomati per essere reclutati anche tra i criminali e gli assassini nei momenti più duri della caccia, ma bensì da quello dei cugini in bianco. I tre guardiani della ronda si guardarono vicendevolmente con sgomento. I cacciatori della chiesa si allontarono con calma dai cancelli mentre alle loro spalle le grida continuavano. "ASSASSINI!!!" Il grido arrivò da oltre il cancello. Un cacciatore del sogno che ne sorreggeva un altro incosciente guardava con disprezzo, attraverso le sbarre, i colleghi in bianco. "MI SENTITE PEZZI DI MERDA!!! SIETE DEGLI ASSASSINI!!!!" I cacciatori neri della chiesa scoppiarono a ridere sguaiatamente ed uno dei cacciatori bianchi controllò a malapena un sorriso. Lo stereotipo che i cacciatori del sogno fossero salvatori della città tanto quanto bestie brutali e folli da evitare era molto comune a yharnam. Il capitano dei guardiani della ronda, Gota, chiese ai due colleghi di seguirlo alla postazione di Viggo.  "Non possiamo lasciarli lì" disse di punto in bianco.Hector lo guardò come se fosse impazzito. "No non possiamo, ma mettersi contro i cacciatori è un suicidio." rispose Viggo. "Voi siete pazzi. Quelli sono cacciatori della chie..." Gota lo interrupe "Anche quelli dall'altra parte sono cacciatori" "Non della chiesa. Per amor del coro! Quelli ci possono dare in pasto alle belve e nessuno direbbe niente, tutti sarebbero troppo impegnati a spararsi nelle vene il sangue curativo dato "in dono" e, apparte quello, che ce ne frega!!" il tono della voce di Hector divenne più forte e veemente alla fine della frase "shhh, parla piano" Disse Gota guardandosi alle spalle e scuotendo la mano rigida verso il basso. "Viggo ha notato che nessuno di loro è passato. Sono rimasti a sorvegliare la folla." continuò il capitano.  Hector, visibilmente spaventato prese il suo superiore per le spalle e cominciò a scuoterlo dicendo "Ma che te ne importa! sangue di Caryll!! Che te ne frega!!" Viggo lo allontanò da Gota prendendolo per le braccia ed iniziando a tentare di calmarlo. "Ci sono altri quattro ponti da cui altri cacciatori sono sicuramente passati!!" continuò Hector ricominciando ad alzare il tono della voce. "NO HECTOR!!!" disse deciso e a bassa voce Gote " Ne hanno chiusi due e gli altri li hanno abbattuti inviando cercatori di tombe attraverso i labirinti ad avvertire le carovane della situazione. Ho parlato pochi minuti con Jogo" " E chi cazzo è...!?" "Il capitano dei cacciatori della chiesa della cura!" tagliò corto Gota. Hector ammutolì. Iniziava a capire. Guardò sotto di lui. Il ponte era un autentica carneficina. Una quarantina di corpi erano riversi gli uni sugli altri, bruciati o lividi, davanti ai cancelli. Duecento metri più in là, a metà del ponte, altri corpi erano ammassati o sparsi, alcuni mutilati. Infine, all' inizio del ponte uno sparuto gruppetto di cacciatori di vario tipo combatteva schiena contro schiena bloccato tra due fronti. Il gruppo di infetti rimasto era composto da un gruppo di ibridi, tra i venti ed i trenta, e da un enorme, pelosa, elettrica e brutale bestia oscura.

 

 

 

 

Finch smise di urlare contro i cacciatori della chiesa. Doveva muoversi. Non poteva più portare Gaenoph alle barricate quindi o lo svegliava o lo lasciava indietro sperando in un miracolo. Si avvicinò al bordo del ponto e fece sedere l'amico in un punto pulito. Cercò nella saccoccia un qualcosa con cui punzzechiarlo per svegliarlo. Niente. Cominciò a prendere Gaenoph a schiaffi con riluttanza. Il primo colpo fu leggero e fece reclinare leggermente la testa del sognatore "Gaenoph svegliati!" Un urlo di dolore raggiunse le sue orecchio. Guardò alla sua sinistra dove stavano combattendo. Uno dei due cacciatori neri rimasti aveva messo nella traiettoria della zampa della bestia oscuro il cacciatore di Yharnam. Era servito a poco visto che la creatura li aveva afferrati entrambi stritolandoli fino a spaccargli la cassa toracica e li aveva lanciati addosso ad un cacciatore del sogno il quale aveva schivato. Erano rimasti sette cacciatori ancora in vita. Finch doveva sbrigarsi. Tirò un violento ceffone a Gaenoph che non fece una piega ma crollò, velocemente, con la testa verso il pavimento. Finch lo bloccò prima che si fracassasse il cranio e lo rimise dritto, appoggiato alla staccionata. Finch lo guardò bianco come un lenzuolo e disse "Mi dispiace Gaenoph" Poi si accertò che la mannaia fosse accanto all'amico. Controllò che fosse tutto in ordine una seconda volta, poi caricò il cannone e corse verso la bestia oscura.

 

Salve a tutti! Io sono Ten. Scusate se il cambio di prospettiva dei personaggi non è più indicato da uno spazio ma sono nuovo alle pubblicazione con l'html. Spero vi sia piaciuto sia il primo che il secondo capitolo di questa serie. Fatemi sapere che ne pensate nella sezione delle recensioni(le critiche soprattutto sono molto ben accette). Ditemi se ho sbagliato qualcosa riguardo alla lore di Bloodborne o degli ordini a cui appartengono i personaggi e grazie mille per i feedback. Scusate ancora per le difficoltà con gli spazi.

 

Ten12

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Traditori ***


Le immagini, i luoghi e l'ambiente descritti sono proprietá intellettuale, protetta da copyright, di Sony entertainment e FromSoftwer games. Nessuna violazione é voluta. Questo testo di finzione é da intendere come tale. I personaggi descritti nella storia sono, principalmente, creati dall'autore. Nel caso appaiano o vengano menzionati personaggi non creati dall'autore è un avvertimento non sia presente mi scuso, nessuna violazione era o é intesa. In questo racconto é menzionato Gherman, personaggio appartenente al gioco originale e, pertanto, proprietà intellettuale di Sony Entertainment.
 

“Arriva il contadino con il cannone, stronzo peloso” disse a se stesso Finch mentre correva verso lo scontro all’inizio del ponte, e verso la bestia oscura alta quattro metri che si ergeva in tutta la sua furia. Non poteva lasciar passare nessuno, anche a costo della vita. Non l’aveva detto a Gaenoph, ma aveva smesso di sognare. Se fosse morto lì sarebbe scomparso per sempre, o forse inghiottito in un incubo. Avrebbe preferito di gran lunga la prima opzione. I lacci al suo braccio sinistro erano attaccati alla base a cui si fissava il cannone. Il gancio che connetteva e bloccava l’arma da fuoco all’arto era in un acciaio raro, prodotto ovviamente al di fuori della giurisdizione dell’officina della chiesa della cura. Era quella la cosa che apprezzava di più dell’essere un “eretico del officina”: la libertà. Mezzo secolo prima nessuno avrebbe sospettato uno sviluppo così violento. Finch ripensò al volto di Gherman, il fondatore dei cacciatori, mentre l’intera città che aveva amato e protetto, per cui aveva dato il suo piede destro, per cui aveva sacrificato la sua allieva migliore si lasciava fagocitare dalla chiesa e permetteva che lui venisse decapitato nella pubblica piazza insieme ai pochi fratelli rimastigli. Era dimenticabile quella maschera di dolore e costernazione? All’epoca Finch era un diciottenne armaiolo dell’allora settantenne chiesa della cura e non aveva mai condiviso il punto di vista del “primo cacciatore”. Aveva sempre pensato che il suo approccio alla caccia fosse troppo morbido per le bestie e che si adattase più ad i cacciatori impazziti. Vent’anni dopo la sua esecuzione Finch aveva rivisto Gherman nel sogno del cacciatore. Aveva parlato a lungo con lui ma, soprattutto, ne aveva compreso ed abbracciato la filosofia. Fu durante quella stessa caccia che conobbe per la prima volta i cacciatori polveriera o “eretici dell’officina”. Il suo matrimonio con la chiesa era morente e Finch capiva che non solo la sua consorte limitava volutamente lo sviluppo delle tecnologie, ponendolo sotto costanti controlli, ma impediva che altri avanzassero in tal senso. “Divorziò” senza pensarci troppo e consapevole del divenire un criminale nel farlo ma, vista la sua indole concreta e diretta, non se ne preoccupò fino a quando non mise su famiglia.  Finch si fermò ad un centinaio di metri, piantò il piede sinistro per terra, con la punta in avanti, ed il destro perpendicolare rispetto al primo per assorbire il rinculo. Guardò le tacche sulla faccia superiore del cannone regolando la distanza secondo quelle. Tirò la maniglia nella mano sinistra verso l’interno innescando Thoggart, il suo cannone. Il colpo partì violentemente. Cannone e braccio vibrarono in egual modo facendo digrignare i denti a Finch per lo sforzo di articolazioni e muscoli. Il proiettile raggiunse la schiena della bestia oscura e la trapassò all’altezza della scapola per poi cadere sulle teste del gruppo di ibridi qualche metro più avanti, alle spalle dei cacciatori circondati, ed esplodere in schegge avvolgendo l’area dello scontro in un denso fumo nero. Golia cadde in avanti, morente e senza fiato per urlare. “ATTENTI!” gridò un cacciatore del sogno all’interno della coltre di fumo. La massa pelosa acquistò velocità e rovinò violentemente sul terreno causando uno spostamento d’aria sui lati. Un rumore di ossa rotte si propagò da sotto il mastodontico cadavere per tutto il ponte, terribilmente silenzioso. Finch guardò la scena a bocca aperta con sorpresa e terrore. Il proiettile avrebbe dovuto esplodere sulla schiena della bestia ferendola gravemente e non oltrepassarla. Se in un primo momento poteva fingere che quella che aveva ferito la gigantesca creatura era una molotov, senza causare sospetti, ora, chiunque fosse sopravvissuto, avrebbe potuto denunciarlo ed incassare la ricompensa. Delle fiamme proruppero dalla nuvola di fumo ed inghiottirono tutti e sette gli ibridi rimasti. Tre dei cinque cacciatori del gruppo circondato uscirono dal fumo coperti di sangue e polvere con uno sguardo indagatore.

 

Il piano era di Gota, era perciò giusto che fosse lui a compiere il crimine più grave. Il vino e gli alcolici in generale sono una bevanda poco comune a Yharnam. Poco comune: non rara. Questo è dovuto al fatto che la bevanda più prediletta è il sangue raffinato. Di alcool, però, se ne fa un uso molto più frequente durante la caccia. Dopo tutto le bestie odiano il fuoco e le ferite vanno disinfettate. Gota era nascosto, insieme ad Hector, alla base della scaletta coperta che portava al punto di osservazione e teneva in mano una molotov ed una lanterna per innescare la miccia. Erano tutti e tre nervosi. Viggo uscì dal piccolo androne ed avanzò verso la decina di cacciatori neri ed i sei bianchi rimasti a guardia dei cancelli. Vide attraverso le sbarre il sognatore di prima correre verso lo scontro più avanti. Si avvicinò al gruppo di cacciatori della chiesa e prese fiato.

 

Erano due cacciatori del sogno( o sognatori) ed un cacciatore nero della chiesa. I due sognatori avevano entrambi il volto coperto con una bandana in pelle nera ed indossavano il classico tricorno scuro. Portavano entrambi una palandrana, una nera ed una bianca, aperta che lasciava intravedere una veste in lino grezzo a cui erano attaccati due rinforzi spessi di pelle all’altezza dei pettorali e degli addominali. Stivali, rinforzati con parastinchi in metallo decorato ad impressione, coprivano dal ginocchio in giù i pantaloni del colore del lungo cappotto. Il cacciatore nero della chiesa, invece, portava una bombetta sopra ad un cappuccio scuro, cucito insieme, che lasciava vedere solo il volto del cacciatore coprendo orecchie e fronte. Poco più in basso delle ginocchia si fermava una pesante e spessa tunica nera   Lo guardavano tutti e tre. Finch rimase immobile, fissandoli a sua volta impassibile nell’irrazionale tentativo di non sembrare colpevole. Si sentiva soffocare dal silenzio che aleggiava sul ponte. Avrebbe potuto estrarre la pistola a ripetizione, che portava alla cintola, con la destra e sparare contro i due sognatori per poi liquidare il cacciatore nero con facilità. Il sognatore che fu un tempo fu disgustato da quel pensiero. Era fuori questione. L’idea di fuggire si fece strada nella sua mente. Gaenoph era, d’altro canto, un sognatore ferito nella confusione e niente di più. Non poteva abbandonarlo al nulla così però, ma nemmeno farsi arrestare era molto utile, anzì era controproducente per l’amico tanto quanto per lui. Uno dei due cacciatori del sogno, quello con il cappotto nero, si inchinò. Un gesto di gratitudine. Finch tirò un sospiro di sollievo. Gli altri due guardarono il primo un po’ interdetti poi capirono cosa aveva rischiato il cacciatore polveriera per aiutarli e si unirono al primo esibendosi in altri due inchini. Finch sorrise di rimando, esausto dopo tutti gli avvenimenti di quella notte.

 

“GOTA!!!” Viggo si blocco terrorizato. Come avevano fatto a scoprirli! Si voltò, razionalizzando i suoi timori e sperando di sbagliarsi. Un uomo dai capelli rossi alto due metri, dal volto smunto, muscoloso e dalla costituzione asciutta vestito con una tunica azzurrina con decorazioni dorate si stava avvicinando seguito da due rappresentanti del coro. Viggo divenne un lenzuolo e deglutì. Quello era Jogo, il comandante dei cacciatori della chiesa. “TU!” disse puntando il dito su Viggo. “Io,io,io…aaaaaaaaah…io…” Balbettò Viggo “DOVE CAZZO È IL TUO CAPITANO, VOLONTARIO!” Urlò Jogo avvicinandosi con ferocia ed a passo di carica fermandosi a tre centimetri dal volto di Viggo. Gota sbucò dalle scale e ,facendo finta di non riconoscere la voce del suo comandante, chiese, avvicinandosi alle tre cariche della chiesa “Che succede?” Jogo si voltò con uno sguardo degno di una bestia “PER QUALE MOTIVO MI È STATO RIFERITO CHE AVETE APERTO IL FUOCO SUI CIVILI!” Sputò per la ferocia con cui disse quelle parole. Gota rimase perfettamente calmo con la saliva del superiore sul volto. Non era nuovo alle sfuriate del suo superiore. “Noi non abbiamo dato alcun ordine signore” Rispose “Gli esaminatori hanno agito in autonomia” Jogo si girò verso i suoi cacciatori con un feroce sguardo interrogativo. Il gruppetto di assassini era silenzioso e si era posizionato sull’attenti in una fila, spalla a spalla. Hector uscì dalle scale e si fermò a guardare in silenzio e da qualche metro di distanza il colloquio insieme ed accanto a Viggo.  “Tu dov’eri?” Chiese Jogo posando di nuovo lo sguardo su Gota il quale perse un po’ del suo smalto, pensando ad una risposta plausibile, e disse dopo qualche secondo “Ero alla postazione di osservamento a guardare…” Un boato si propagò in tutto il ponte. Il proiettile di Thoggart aveva appena colpito terra. Tutti si voltarono a guardare verso l’origine dell’esplosione. “…quello” terminò Gota. Jogo si avviò verso i cancelli ed i cacciatori della chiesa si sbrigarono ad aprirli.

“CACCIATORI!” Finch ed i tre colleghi si voltarono verso la voce che aveva appena urlato quel sostantivo. Lo riconobbero tutti e tre. Era Jogo, il comandante dei cacciatori della chiesa della cura, conosciuto per la sua intransigenza e per il suo odio nei confronti dei nemici della istituzione che rappresentava. Finch staccò il cannone dal braccio e lo nascose sotto il mantello da viaggio che gli copriva la schiena. Si avviarono tutti e quattro verso i cancelli aperti, silenziosamente. Jogo rimase a guardarli avvicinarsi con il viso contratto in una smorfia di rabbia. Alle sue spalle i cacciatori che avevano massacrato la folla era tutti sull’attenti con le braccia sui fianchi. Finch vide alcuni di loro deglutire. Superarono la massa di cadaveri bruciati e o contorti all’entrata dei cancelli. Finch si impose di non guardare verso Gaenoph, non erano ancora al sicuro. Nella sua mente si fece strada la filastrocca contadina che la madre gli aveva insegnato quando vivevano ancora in campagna. Quella l’aveva sempre calmato e rilassato. Il movimento fu fulmineo. Lo stesso sognatore che si era inchinato dando l’esempio agli altri aveva estratto una pistola da sotto il lungo cappotto da cacciatore tenendola per la canna per poi colpire Finch alla testa con il calcio. Il vecchio cacciatore polveriera cadde in avanti.  Jogo rimase a guardare sorpreso e turbato. Il cacciatore nero della chiesa e l’altro sognatore si bloccarono ed il secondo gridò rabbioso “CHE CAZZO FAI!” Finch si toccò il retro della testa e vide con frastornata confusione che la punta delle sue dita callose era rossa di sangue. Il cacciatore del sogno guardò Jogo negli occhi e disse “Quest’uomo è un powder keg(cacciatore polveriera). Può trovare un cannone sotto il suo mantello”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Alba ***


La luce del mattino passò attraverso le palpebre di Gaenoph svegliandolo. Apri gli occhi e per qualche secondo la vista fu sfuocata. Sbattè le palpebre cercando di focalizzare ciò che aveva davanti. Non funzionò. Si stropicciò gli occhi con la mano destra e li sbattè di nuovo, più volte. Nel distendere di nuovo il braccio sul fianco passò la mano sul naso e tastò un qualcosa di rigido, probabilmente un tutore, che teneva ferma la cavità nasale. Percepì con la mano sinistra delle lenzuola  grezze sotto di se. Era su di un letto. Si alzò a sedere velocemente senza ricordarsi delle costole rotte che si fecero subito sentire, ma in modo estremamente blando. L’orecchio sinistro iniziò a fischiargli e si tappò. Ebbe l’impulso di togliersi la fasciatura al naso ed avvicinò la mano sinistra per farlo. Un leggero dolore, accompagnato da una serie di sonori schiocchi delle articolazioni, lo bloccò. Guardò la mano. La fasciatura era improvvisata con garza pulita e stecchetti di legno per tenere ogni dito ben disteso. I ricordi riaffiorarono e lui sì agitò per scendere giù dal letto e capire dove fosse e dove trovare Finch. Si alzò in piedi e barcollò per qualche secondo. La stanza era spoglia ed illuminata da un lucernario poco distante dal letto. Il giaciglio su cui aveva dormito era un materasso foderato con della paglia secca posizionato a metà tra l’entrata e la finestra ed attaccato alla parete sinistra. La stanza era rettangolare con il pavimento, in pietra a spina di pesce, scheggiato in alcuni punti. Sul lato destro della stanza un cassettone medievale, in legno, impolverato e tarlato era l’unico pezzo di mobilio. Gaenoph aveva ancora i vestiti da cacciatore addosso e la manica destra rimboccata verso l’alto con il polso scoperto che mostrava molteplici segni di iniezioni.  Tirò giù la manica e cercò la sua mannaia. Era sulla destra del cassettone. Afferrò il manico dell’arma e si diresse verso la porta. Apri uno spiraglio, cercando di vedere l’ambiente dall’altra parte. Scale. Aprì la porta con circospezione e scese velocemente ed in silenzio i gradini in legno, graffiati da innumerevoli stivali. Raggiunse il piano inferiore alla soffitta in cui aveva dormito.  Si fermo davanti all’entrata della nuova stanza. La porta era in legno con del vetro colorato che le scale con raggi blu. La spinse leggermente, testando i cardini ed il rumore che facevano. Sbirciò l’interno della stanza.

Un paio di poltrone di cui vedeva lo schienale, coperte con delle lenzuola contro lo sporco, erano rivolte verso una finestra da cui passava una luce mattutina. I raggi ferirono leggermente gli occhi di Gaenoph  facendoglieli socchiudere. Cercò di capire se poteva vedere altro della stanza senza esporsi. Inutile. Spinse la porta per entrare, sperando non cigolasse troppo. L’appartamento era deserto. Alla sua sinistra, dopo un paio di tavolini impolverati per ciascuna parete e la porta di ingresso, c’era un piano cucina in pietra con coltelli e qualche piatto sporco. Alla sua destra, oltre un muro divisorio ed una porta in legno laccata, un letto a due piazze disfatto era illuminato dai raggi di una seconda finestra che Gaenoph non vedeva. Il cacciatore si avvicinò alla finestra davanti a lui. Yharnam, con le sue guglie, le sue viuzze, l’architettura gotica leggermente decadente e contorta era baciata da un sano sole giallo che si stagliava alla destra di Gaenoph. L’uomo rimase a guardare la città, con un sorriso sulle labbra. In quanto figlio di una ricca famiglia borghese aveva visto poco la città del sangue curativo durante la sua infanzia ed adolescenza. Yharnam ed i suoi cittadini erano ciò che permetteva a lui ed ai suoi genitori di vivere in campagna mangiando e dormendo in tranquillità, e a lui andava bene così durante quella fase della sua vita. Gli yharnamiti odiavano i nobili ed i ricchi con i loro modi pomposi e le loro tradizioni sul sangue e la dittatoriale chiesa della cura aveva sempre incitato quest’odio vista la guerra sotterranea che infuriava con Cainhurst. Dal canto loro i pochi aristocratici ed imprenditori che avevano ancora contatti con la città erano più che felici di non dover vivere tra gli ignoranti e le strette e malsane viuzze sotto il giogo della chiesa. Una cosa che stonava in quel quadro era il fatto che il padre di Gaenoph, Erebrus, fosse di tutt’altro registro. Il padre aveva più volte elogiato, difronte ad amici ed alleati durante le serate mondane, la “bellezza viscerale e gutturale di Yharnam”. Gaenoph aveva sempre sofferto per questo motivo poiché, al di là delle prese in giro che Erebrus attirava su se stesso e sull’intera famiglia, il padre desiderava mandarlo a studiare in città. Il sognatore l’aveva detestato per quello fino a quando non era morto, ed a quel punto aveva disprezzato se stesso per essere stato tanto sciocco da non rimanere nemmeno in contatto con i genitori. Era già diventato un cacciatore a quel punto ed il padre era morto durante una delle prime notti di caccia. Aveva visceralmente sperato di andarsene da Yharnam, poi aveva visceralmente sperato che il padre non fosse morto. Era lì che aveva capito cosa intendeva suo padre Erebrus.Una feroce genuinità caratterizzava l'architettura della città ed i suoi abitanti. Diversamente da ricchi e nobili gli yahrnamiti non nascondevano la loro dipendenza dal sangue curativo ed ammettevano che la necessità di riceverne ancora era tutt'altro che salutare o elevato. Gaenoph capì in seguito che alcuni aristocratici avevano tentato di dire il contrario e da quello era nato tutto. Dopotutto, da quando in qua desiderare l'immortalitá è un desiderio così tanto umanizzabile. Guardò la città con dolcezza, inspirando l’aria fresca autunnale che passava attraverso la finestra.Diversamente dal padre apprezzava solo l'architettura disordinata della città che rendeva ogni angolo qualcosa di unico, facendo dell'insieme un essere vivo e con una personalità cupa, cinica ed antica. Quella era, ovviamente, una cosa che aveva imparato ad apprezzare solo dopo aver cacciato a lungo tra le mura di Yharnam.

 

“Non si è accorto di me” pensò Viggo. Chiuse la porte sperando che il cacciatore del sogno non lo sentisse. Fece attenzione a girare la chiave nella toppa in modo tale che la serratura non cozzasse con i fermi provocando rumore. Estrasse la chiave e mise in tasca il mazzo lentamente fissando Gaenoph preoccupato. Quello era un cacciatore del sogno. Questo in teoria significava solo che era indipendente dalla chiesa, ma se aveva un qualche contatto effettivo con il sogno voleva dire che una volta ucciso il suo corpo sarebbe svanito in una nuvola e Viggo avrebbe avuto un pugno di mosche in mano. Duecento pezzi d’oro per il cacciatore, vivo o morto, e la taglia era di oggi. Viggo però, in quanto neo-capitano della ronda di Yharnam, al massimo poteva farsi tirare una stivalata sulla faccia da quel sognatore senza riuscire nemmeno lontanamente ad avvicinarsi alla possibilità di tramortirlo e lo sapeva. Aveva ragione il padre di Viggo quando diceva “meglio una bestia in casa che un cacciatore. La prima alla peggio ti ammazza soltanto”. Lo sguardo gli cadde sulla fasciatura della mano sinistra. Una parte di Viggo si contorse disgustata. Era stato lui a portarlo lì per curarlo ed ora voleva venderlo alla chiesa. Non era solo quello il problema però. A quel punto Gaenoph era un fuggitivo e Viggo lo stava aiutando. Doveva chiedergli di andarsene prima che sua moglie Hilda potesse fa... La porta di casa si aprì ed Hilda entrò rumorosamente.

Gaenoph si voltò verso l'entrata. Una donna alta intorno al metro e sessanta, con i capelli rossi raccolti in una coda di cavallo ed in sovrappeso lo guardava sorpresa. Alle spalle di quest'ultima c'era quello che Gaenoph suppose essere il marito, un uomo con baffi e capelli sale e pepe, occhi color nocciola ed un volto segnato dalle occhiaie, il quale aveva la faccia di un colpevole colto nel esecuzione di un crimine.

Il volto del cacciatore aveva tratti nobili. I capelli erano del colore dell'argilla cotta, tagliati corti, gli occhi di un intenso verde foglia, la pelle era quella di un cadavere. Era alto intorno al metro e novanta con una cicatrice a sinistra del mento appuntito che raggiungeva il labbro inferiore ed un portamento deciso e rigido. Un fisico muscoloso era nascosto sotto un lungo cappotto da cacciatore chiuso che copriva i pantaloni neri ed eleganti fino al ginocchio. Lo sguardo del sognatore era duro ed era puntato su Viggo. Il neo-capitano della ronda comprese che aveva fiutato qualcosa. "Spero abbia dormito bene!" Esclamò Hilda con giovialità. Gaenoph si sorprese, tentennò per un secondo e poi rispose, con un accenno di gentilezza nel tono "Si" rimase in confusione ancora per qualche attimo poi continuò "Si. Grazie per la preoccupazione" . "Mi fa piacere!" Rispose Hilda ancora più gioviale. "Le ho preso della marmellata di girasoli ed un po' di pane. È da tre giorni che non è con i piedi per terra." Aggiunse posando un sacchetto sul tavolo al centro della cucina ed avvicinandosi a lui con la mano aperta per una stretta ed un sorriso stampato in faccia dicendo “Hilda, piacere”.

Gaenoph guardò la mano. Rimase fermo per un secondo poi la strinse con una leggera indecisione iniziale rinvigorendola alla fine “Gaenoph” disse con un sorriso. Dopodiche  guardò il marito di Hilda. “Lui?” chiese il sognatore.

Viggo guardò la stretta di mano con terrore cercando di non perdere il controllo della sua faccia. Capì di aver fallito quando il cacciatore lo guardò con uno sguardo misto tra la curiosità e la sfiducia e chiese “Lui?”.  Hilda lo guardò con tenerezza. Sapeva che pensava. Viggo “il burbero insicuro” era di nuovo bloccato dalla sua incapacità di accettare estranei in casa. Era una storiella che sua moglie si era costruita tempo fa… forse. “È un marito un po’ farlocco trovato in strada. Comunque sta tranquillo quando il suo cervello ingrana migliora” disse ridacchiando alla fine. Gaenoph continuò a guardare Viggo ed abbozzò un sorriso. “Ci credo” disse alla fine.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Rimorso ***


Marmellata di girasoli. Era dolce ed un po' pastosa. Sembrava di masticare della passata. "È molto buono" disse Gaenoph seduto sulla poltrona  masticando pane e marmellata e guardando Yharnam dalla finestra. Afferrò la tazzina ricolma di vino con la mano libera. "Sono felice che ti piaccia. Viggo ne va pazzo. Scusa se non ti posso dare altro da bere ma la roba buona l'abbiamo mollata nella vecchia casa e "qualche marito" non la riprende" disse Hilda mentre lavava i piatti nel catino con acqua piovana sulla superficie di pietra della cucina. Viggo, cupo fin dal suo ritorno a casa, era prossimo a diventare tutt'uno con le ombre dell'angolo in cui si trovava. "Non si preoccupi Hilda. Lei è stata fin troppo gentile, e poi a me il sangue non piace" rispose Gaenoph.

Doveva farlo andare via e Hilda sarebbe stata una grana. Essendo la maggioranza delle informazioni riguardo alla caccia ed alla malattia secretate dalla chiesa e disponibili solo alla ronda ed, unilateralmente e con vie diverse, ai vari ordini di cacciatori, sua moglie cercava di ottenere conoscenze parlando con i concittadini o tartassando gli"addetti ai lavori" su cui riusciva a mettere le mani. Viggo cercò un modo per eliminare Hilda dall'equazione e doveva sbrigarsi.

Gaenoph valutò la situazione velocemente. Si era svegliato nella nuova casa di un neo-capitano della ronda di caccia. Per ottenere quel rango o aveva ammazzato una bestia da solo o aveva avuto un aiuto e Jogo era facile a dare promozioni: anche se l'istituzione da cui doveva provenire la promozione stessa non era la sua. Di Finch nessuna traccia e Viggo puzzava di colpevole da un chilometro. Hilda era partecipativa in una conversazione che aveva fatto virare fin troppo spesso sulle bestie e sulla caccia. Era evidente che Viggo la teneva all'oscuro e lei tentava di recuperare facendo domande a lui. In tutto questo il marito non faceva che starsene nell'angolino buio della cucina a pensare. Gaenoph doveva cercare di capire che stava succedendo fuori di lì. "E lei come è diventato capitano, Viggo?" Chiese Il cacciatore. Viggo fu preso in contropiede ed alzò lo sguardo su Gaenoph cercando di riorganizzare le idee e rispondere. Riuscì solo a balbettare "io..ecco...noi...forse dovrei, o meglio, dovremmo..." Poi si bloccò, chiuse gli occhi, inspirò, espirò e disse con un tono tra il supplichevole e l'urgente "Gaenoph noi dobbiamo andare" Il cacciatore guardò la scena sorpreso ed inarcò un sopracciglio alla dichiarazione di Viggo. "La prego. Ho bisogno del suo aiuto e non possiamo perdere altro tempo" Aggiunse. Gaenoph capì al volo il motivo del nervosismo dell'uomo. Avevano catturato e torturato Finch, l'amico non ce l'aveva fatta, aveva dato il suo nome ed ora lo stavano cercando. Gli passo per la testa una possibilità però. Viggo e la moglie erano cittadini di ceto medio-basso ed avendo lui degli evidenti tratti nobili che interesse aveva l'uomo a salvarlo invece che a venderlo.
 
Viggo era fermo ad aspettare la risposta del sognatore pregando che non mangiasse troppo della foglia. Si era buttato. Non aveva pensato. Era stato un atto di totale disperazione il cui sviluppo era catalizzato dalla follia che erano stati quei giorni di assedio. Hilda aveva smesso di lavare i piatti e guardava il marito sorpresa. Non l'aveva mai sentito così nervoso. Nel cuore della donna nacque un filo di timore. Gaenoph continuava a guardare Viggo, silenzioso, con uno sguardo sempre più freddo e calcolatore ogni secondo che passava.
 
"Va bene" disse alla fine con tono calmo il sognatore, iniziando a togliersi i tutori e le medicazioni. Viggo rimase sollevato per un secondo, poi pensò che non era riuscito a capire bene la reazione del cacciatore e, pur riuscendo a controllarsi, deglutì ed ebbe paura. Gaenoph si alzò in piedi ed afferrò la sua mannaia dopodichè si bloccò e chiese "C'era un lanciafiamme con me?" Viggo fece un gesto di diniego con la testa. "Va bene" Disse Gaenoph dirigendosi verso la porta. Hilda aveva evitato di intromettersi fino a quel punto, rimanendo ferma vicino al catino ed alla cucina. La donna si avvicinò al marito e gli strinse dolcemente la mano destra con la sua. Viggo si voltò. Hilda era preoccupata, Viggo l'aveva capito quando, invece di lamentarsi perché portava via la sua unica fonte di informazioni, la moglie era ammutolita ed era rimasta a guardare. Il capitano della ronda sorrise rassicurante "È tutto a posto tesoro. Torno con il sangue d'alce stasera" Al di là del fatto che quel comportamento era forzato per l'introspettivo marito, Viggo non si accorgeva di quanto i suoi baffi facessero sembrare il suo sorriso e la sua affermazione falsi al contempo. Hilda, che si sarebbe rosa l'anima in silenzio fino alla sera, annuì assecondandolo e sapendo che indagare oltre sarebbe stato semplicemente inutile. Viggo allargò ancora di più il sorriso e si diresse verso la porta.
 
 
Scesero le scale in silenzio, guardando entrambi solo in avanti. Uscirono in strada. L'entrata della nuova casa di Viggo era in un vicolo cieco illuminato solo da un lampione a gas, poiché la luce del sole non arrivava fino al livello della strada e si fermava al secondo piano del palazzo opposto. Il selciato era sconnesso e qualche arbusto spuntava ai lati. Gaenoph aspettò, con le braccia conserte e la mannaia poggiata sulla gamba destra, che Viggo chiudesse il portone a chiave poi chiese "Perché mi ha fatto scendere qui?" L'altro si voltò e lo fissò. S'era ingobbito in avanti e si appoggiava con l'avambraccio destro alla maniglia del portone. Prese fiato e disse "Lei è ricercato da tutte le forze della Chiesa Della Cura, noi della ronda compresi, ed il suo amico è stato arrestato come eretico poco dopo il suo svenimento" Gaenoph rimase impenetrabile e disse "Quindi lei mi sta allontanando per paura che qualcuno mi associ a lei e venga a cercare da voi. E chi ha fatto il mio nome?" Viggo scosse la testa mentre diceva "Io non lo so. Il suo amico forse" 
 
Quell'uomo si faceva troppi scrupoli. No, non aveva pensato di venderlo. Gaenoph prese la mannaia e si incamminò verso l'uscita del vicolo.
 
"Mi dispiace non poterla aiutare di più" disse Viggo bloccando il cacciatore che gli dava già le spalle. Gaenoph si girò e sorrise. La cappa di freddezza scomparsa. "Non si preoccupi. Grazie per avermi salvato la vita" Gaenoph fece per andarsene, poi si bloccò, si girò nuovamente e chiese "Potrei avere bisogno di qualche informazione riguardo a dove tengono il mio amico" Viggo scosse ancora la testa e disse "Mi dispiace ma so solo che lo tengono nelle celle vicine all'entrata di Yharnam vecchia. Non sono mai stato lì. Provi a vedere se negli archivi di Cathedral Ward ci sono dei vecchi progetti. Un altra cosa. Yharnam sta diventando una zona di guerra. Un numero ogni notte più nutrito di bestie scala dalle fogne fino alle strade. Faccia attenzione quando ve ne andrete da qui" "Va bene. Grazie mille per il consiglio" disse il cacciatore allontanandosi. Viggo rimase fermo al portone e rispose sottovoce "Prego"

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Oltre il limite ***


Gli facevano male i polmoni. Aveva difficoltà a respirare. Era una tortura piuttosto comune. Stavano andando leggeri con lui in fin dei conti. Testa sott'acqua fin quasi allo svenimento e poi fuori. Qualche secondo di boccheggiamenti e poi dinuovo a combattere per tenere i polmoni chiusi. "Smettila di pensarci" si disse. "Più ci pensi più il petto fa male". Perciò Finch si concentrò sul tramonto che intravedeva attraverso la piccola finestrella della cella rettangolare davanti a lui. Era steso sulla brandina nell'angolo. Cercò di rilassarsi e prendere sonno. Il polso sinistro era dolorante, pobabilmente mentre combatteva per liberarsi dalla stretta degli aguzzini si era storto. Il torpore iniziò a cullarlo. 
"Finch" la voce, debole e dolorante, veniva da destra. Finch spostò lo sguardo da quella parte. Gaenoph era per terra, con qualcosa che lo sosteneva e gli elevava leggermente il torace in avanti. Aveva una lama che gli spuntava dal petto. Le labbra esanimi ripetevano il suo nome senza emettere più suoni. Entrambe le mani erano serrate intorno alla lama ed il sangue bagnava tutti i vestiti dividendosi in mille rivoli lungo gli avambracci. Dalla punta della spada, che era rivolta verso l'alto, sgorgava copioso il liquido cremisi. Finch aprì gli occhi nel buio pesto della cella. La luce della luna entrava dalla finestrella. "Ti sei svegliato finalmente" disse una voce proveniente dall'altro lato delle sbarre. Per un millisecondo, l'attimo prima che il cervello registrasse la voce, Il cacciatore polveriera sperò che fosse Gaenoph. Passato l'attimo di trepidazione capì chi era.
 
A furia di rimanere in ginocchio su quel tetto si era addormentata, per l'ennesima volta, la gamba sinistra. Sbuffò e si massaggiò la coscia. Le ginocchia, diversamente dalla gamba, ormai non le sentiva proprio più. Posò il monocolo nella saccoccia ed osservò il cambio della guardia. Le sentinelle si rompevano le palle tanto quanto lui ad osservarle. Gaenoph guardò il sole e si appuntò l'ora. Il Lunarium, la torre orologio(e non solo) di Yharnam, non aveva rintoccato. Scrisse sul taccuino "tra le 18 e 45 e le 19". Era il terzo cambio della guardia solo durante quel pomeriggio. Era un problema serio. I cambi erano troppo veloci. Non avrebbe fatto in tempo a fare tutto che la sentinella successiva sarebbe subentrata ed avrebbe trovato la prima tramortita. Aveva fatto un paio di conti. Persino correndo avrebbe impiegato mezz'ora a raggiungere la zona in cui tenevano Finch e intorno ai dieci minuti a trovare la cella. Questo ipotizzando che le piante trovate fossero ancora valide e lui non si perdesse. Aveva bisogno di qualcuno che lo lasciasse entrare senza causare allarmi. Gli venne da ridere per quanto era grottesca l'unica opzione che aveva.
 
Jogo accarezzò la fronte del figlio. Un lenzuolo bianco copriva dal collo in giù nascondendo i tentativi fatti di tenerlo in vita. Sapeva cosa c'era sotto quel velo candido. Non mosse un dito, non inarcò un sopracciglio, non contrasse le palpebre per ricacciare le lacrime. Accarezzò la fronte del suo bambino in silenzio stigmatizzandosi per non essersi mosso prima. Il medico da campo, un cacciatore bianco, non era riuscito a chiudere gli occhi del ragazzo, che ora fissavano vuoti e dilatati verso l'alto. Jogo avrebbe giurato che, di tanto in tanto, quegli occhi gli tiravano sguardi di disapprovazione. Il comandante dei cacciatori della chiesa rimase fermo ad accarezzare la fronte del figlio per la mezz'ora che lo separava dall'inizio della notte della caccia. Mancava poco.
 
Non fu sicuro di aver ritrovato la strada fino a quando non vide il portone e il lampione. Yharnam è piena di vicoli ciechi. Gaenoph bussò gentilmente. Non era abituato a bussare, tendenzialmente c'era un maggiordomo dove andava. Stava per battere di nuovo le nocche sul portone laccato in noce quando sentì qualcosa che non gli piacque.
 
"Chi sei. Perché sei qui" chiese scontroso Finch. Lo sconosciuto stringeva tra le mani una bottiglia di sangue d'alce. Era seduto su uno sgabello che probabilmente aveva ricevuto da una guardia. Aveva un bicchiere nella mano sinistra e la schiena appoggiata al muro. Era vestito con un cappotto lungo simile ad un impermeabile ed un cilindro era posato in basso a destra. Portava delle scarpe eleganti e pantaloni neri lunghi in tessuto fine. "Se le guardie te lo chiedono io sono tuo nipote" disse il visitatore con un sorriso e visibilmente brillo "Ho i miei dubbi" rispose freddo il cacciatore polveriera. Il visitatore, quasi sicuramente un sognatore, smise di sorridere e si ingrugni. "Ho capito. Be, se la cosa ti tira su di morale, non c'era niente di personale. Era solo per il denaro"
 
Viggo non voleva guardare. Hilda, legata ed imbavagliata sulla sedia accanto alla sua, aveva smesso di rantolare. Viggo voleva piangere ma non aveva più lacrime ne voce. Aveva smesso persino di sputare il fazzoletto che l'aggressore si divertiva sadicamente a ficcargli nuovamente in gola. "Te lo chiedo ancora e se non mi rispondi in modo soddisfacente comincio a lavorarmi la tua gamba destra" disse l'assassino con la sua voce limpida e piena. Era vestito come un nobile: camicia, con merletti al posto del colletto, corpetto come secondo strato e per terzo una giacca color zaffiro con sopra una fantasia floreale. Sembravano gigli. I pantaloni invece erano braghe leggermente larghe sulla coscia e aderenti sul polpaccio. Una finta coda di cavallo come tocco finale. Un classico dell'aristocrazia. Viggo aprì gli occhi. Gaenoph era in piedi alle spalle del "nobile" assassino senza che questi se ne fosse accorto e guardava con tristezza il volto immobile, esangue e disperato di Hilda. L'aggressore, chino su Viggo, aveva il volto a pochi centimetri da quello del capitano della ronda. "Hai capito cosa ho detto plebeo?" Viggo lo fissò di rimando, silenzioso. Alla fine disse "Si ho capito. Non lo ammazzare per favore".

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Bestie ***


Le immagini, i luoghi e l'ambiente descritti sono proprietá intellettuale, protetta da copyright, di Sony entertainment e FromSoftwer games. Nessuna violazione é voluta. Questo testo di finzione é da intendere come tale. I personaggi descritti nella storia sono, principalmente, creati dall'autore. Nel caso appaiano personaggi non creati dall'autore è un avvertimento non sia presente mi scuso, nessuna violazione era o é intesa.
 
Adrenalina e bava. Si sentiva fatto di quello. Correva a perdi fiato tra i liquami e le schifezze delle fogne aperte a tre livelli di Yharnam. Correva... no... saltava in avanti di due metri ad ogni falcata usando tutti e quattro gli arti. La pelliccia ed il pelo sul suo corpo, irti per l'emozione selvaggia, oscillavano, schiacciati ad intermittenza dalla resistenza dell'aria. Intorno a lui e sopra e sotto centinaia di ibridi si avvicinavano alle mura delle fogne in contatto con la Yharnam ancora in vita. La Yharnam sotto assedio. Ogni notte la parete che scalavano era diversa, cosicché la ronda ed i cacciatori non riuscissero a reagire in tempo e a schierarsi. Il suo cuore era in giubilo, o così credeva. I cacciatori di Yharnam, così come la ronda, gli ricordavano qualcosa. Un servizio d'ordine, o simile, che avevano anche loro quando Loran era qualcosa di più di rovine e sabbia. Il cuore iniziò a rallentare, i tamburi nella testa smisero di incitarlo. Arrivo alla parete ed i suoi artigli entrarono in contatto con i mattoni, neri per la sozzura delle fogne. Iniziò a scalare ed ebbe un nuovo colpo di adrenalina. I tamburi tornarono più forti di prima ed il cuore esplose di gioia. Qualcosa o qualcuno inizio a dire nella sua testa "Sangue! Sangue! Sangue!". Lui si unì al coro. La memoria tornò ad infastidirlo. C'era qualcosa che gli sfuggiva. Non era stato solo un servizio d'ordine. Era un corpo di soldati addestrati. Piastre. Indossavano un armatura di piastre composite dal disegno intricato. Più ci pensava più i tamburi si affievolivano ed il cuore rallentava. Era a metà della scalata. Iniziò a intravedere il disegno. Era un carapace, essenzialmente. Due piastre lavorate incurvate verso il punto di giuntura. Era una meraviglia. Il coro divenne sconnesso "San..ve! Sa..ue!" Si ricordò di come lui ed i suoi fratelli si battevano il petto con l'impugnatura della mazza. Un altro coro... no...un urlo di guerra si fece strada nella sua testa, tra i suoi ricordi "Loran! Loran! Loran!" La risposta fu debole "Sang... mg... s...e" Era quasi arrivato in cima ma fiaccamente. Il grido divenne un boato di mille uomini, non bestie. I tamburi furono annichiliti, la bava e l'adrenalina furono sostituite dalla razionalità e dalla paura. Afferrò il bordo della parete e si buttò debolmente sul selciato di Yharnam. Il Lunarium rintoccò e lui senti un grido rimbombare dall'inizio del vicolo fino alle sue orecchie "Pronti al fuoco!" Mentre l'orda forsennata e selvaggia saltava la parete ignorandolo e correva verso i cacciatori alla fine del vicolo lui iniziò a tornare umano. Il primo pensiero che ebbe durante la sua "detrasformazione" fu "Ci hanno sentito arrivare!Grazie a Loran ci hanno sentito arrivare!"
 
Gaenoph tolse il bavaglio all'assassino, prese una poltrona da lì vicino e si sedette davanti al "Canarino". Il sognatore aveva già sentito parlare di lui. In quanto nobile non in quanto cacciatore. Era conosciuto per la sua brutalità ed abilità nel infiltrarsi all'interno delle abitazioni altrui. Il suo soprannome era dovuto all'uso di un particolare coltello denominato Luna del Canarino che lasciava un taglio curioso sulla gola della vittima. Quella di Hilda ne sapeva qualcosa. Viggo era seduto alla base del letto, accanto al corpo della moglie. Teneva la mano rigida e fredda di lei. L'altro braccio era disteso, lungo e rilassato, accanto al torace di Hilda. Gaenoph era diventato freddo e distante, incapace di empatizzare con il dolore di Viggo. Preferiva seguire il consiglio che Finch gli dava spesso "smettila di pensarci". Una voce nella testa gli ricordò per l'ennesima volta che non era volontario il voler ignorare quel dolore. Il sognatore guardò il Canarino negli occhi ed avvicino il viso "Chi ti ha mandato" chiese piatto. Il Canarino guardò la cicatrice sul mento di Gaenoph "Tu sei il figlio di Erebrus, vero?" Gaenoph allontanò il volto e raddrizzò la schiena contro la poltrona. "Tuo padre mi ha assunto un paio di volte" disse con un sorriso "Per eliminare un altro produttore di mercurio" prese fiato "Io c'ero quando ti sei fatto quella cicatrice. Andasti a sbattere contro il vostro maggiordomo e l'attacco delle sue bretelle ti lacerò il mento" sorrise di nuovo "Che ci fai qui. Tu dovresti portare avanti l'attività di famiglia non ammazzare cittadini deformi" Gaenoph rimase fermo a fissarlo.
 
Hector guardava la scena ogni notte da tre notti, sempre più abituato. Corpi storti, denti aguzzi, artigli scheggiati o affilati che rimbalzavano la luce della luna. Ibridi. Ibridi bruciati. La strategia di...be'...di quelle bestie, era giungere in forze variabili da punti diversi. Aveva funzionato le prime due notti e le milizie di Yharnam sarebbero state sopraffatte se non fosse stato per i cacciatori del sogno. La chiesa, ovviamente, non lo avrebbe mai ammesso. Ora che era capitano doveva iniziare a preoccuparsi delle strategie che il nemico adottava. Rise per non piangere. Fino a tre giorni prima non sapeva nemmeno che la parola strategia esistesse e altrettanto assurdo era che quelle creature ne avessero una. Non si sentiva adatto. Notò del movimento nell'ombra del vicolo. Piccole fiammelle guizzavano sui corpi degli ibridi bruciando gli ultimi peli e proiettando una flebile luce all'imboccatura della stradina in cui si trovava Hector con i quattro colleghi. Qualcuno avanzava tra i corpi. Aveva una forma umana. Hector alzò la torcia ed il lanciafiamme e gridò "Fermo!" La figura continuò ad avanzare. "FERMO!!" Urlò a squarciagola. L'uomo si fermò, illuminato dalla luce della torcia. Hector non aveva mai visto nessuno come lui.
 
L'ennesimo cazzotto fece gonfiare la guancia dell'assassino. Gaenoph era in piedi e lo sovrastava. Resisteva più del previsto ed il cacciatore non conosceva altre torture, ne tantomeno aveva una gran voglia di ingegnarsi su quella materia. "Non guadagni niente dal proteggerlo" disse Gaenoph con tono freddo "Chi ti ha mandato" chiese per la quinta volta. Il canarino alzò gli occhi gonfi sul sognatore. "Tu non mi ammazzerai. Una volta che io ti avrò detto chi mi ha mandato qui, tu non mi ammazzerai" l'assassino respirò affannosamente e aggiunse "Mi lascerai libero perché sai che saranno i miei amici ad uccidermi. Per averli traditi" Gaenoph inarcò un sopracciglio "I nobili non hanno amici. Non sanno cosa sia un rapporto che non implichi guadagnare un qualcosa di reale. Sono rivolti solo al piacere" il canarino divenne paonazzo "CREDI DI FARE QUELLO CHE VOLEVA TUO PADRE? CREDI CHE DIVENTANDO UNO DI QUESTI IGNORANTI, SPORCHI E OTTUSI YHARNAMITI SARAI MIGLIORE DI NOI? EHH! CHE CAZZO SAI DEI NOBILI TU! IO SONO UNO DI LORO PIÙ DI TE HAI CAPITO!???!" Viggo alzò il volto inespressivo, rigato da nuove lacrime da qualche minuto, sul Canarino. Gaenoph rimase interdetto per qualche secondo, colpito dalla prima cosa che l'assassino aveva detto, poi, con il desiderio di ferire l'aggressore di Viggo, disse con tono calmo "Io non mi eleverei a nobile se fossi in te". Il Canarino divenne ancora più rosso e balzò in avanti spaccando la sedia a cui era legato. Le mani dell'assassino erano rivolte verso il collo di Gaenoph. Il volto dell'uomo era una maschera di rabbia e ferocia represse che avrebbe potuto concorrere con la faccia deforme di una bestia. Uno schioppo sonoro si propagò per tutta la casa e fece vibrare i vetri chiusi. Il retro della testa del Canarino esplose lasciando solo il volto intatto che divenne gradualmente più vuoto ed inespressivo mentre il corpo dell'assassino cadeva addosso ad un sorpreso Gaenoph. Il sognatore assorbì l'impatto indietreggiando di qualche passo per non perdere l'equilibrio e bloccò il cadavere dallo stramazzare per terra tenendolo per le spalle con entrambe le mani. Dopodiché spostò lo sguardo dal corpo a Viggo. Il capitano della ronda stringeva tra le mani una pistola a pietra focaia da cacciatore. Dalla bocca e dall'innesco, esterno, del colpo usciva del fumo. Attraverso quel fumo Gaenoph vide che il volto di Viggo era rimasto, simile a quello di una vedova a cui è appena morto il marito, terribilmente calmo.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Notte in bianco ***


Le immagini, i luoghi e l'ambiente descritti sono proprietá intellettuale, protetta da copyright, di Sony entertainment e FromSoftwer games. Nessuna violazione é voluta. Questo testo di finzione é da intendere come tale. I personaggi descritti nella storia sono, principalmente, creati dall'autore. Nel caso appaiano personaggi non creati dall'autore è un avvertimento non sia presente mi scuso, nessuna violazione era intesa.

"VIGGO CHE CAZZO HA FATTO!!!" Urlò Gaenoph con sgomento. Il capitano della ronda non lo guardò nemmeno. Lasciò cadere il braccio floscio, il dito ancora sul grilletto, e tornò a guardare per terra. Gaenoph teneva ancora il cadavere tra le mani e fissava allibito l'uomo che l'aveva raccolto dalla strada e che aveva coperto la sua fuga. Nella sua testa Viggo era un brav'uomo. Una convinzione che ora vacillava terribilmente. Il cacciatore divenne aggressivo "PERCHÉ DANNAZIONE!!!" "ORA NON SAPREMO CHI HA FATTO IL SUO NOME!!!" "Quel porco ha ucciso la mia Hilda" Rispose Viggo calmissimo "E chi sa quanti altri. Ho fatto solo il mio dovere di cittadino" Gaenoph capì improvvisamente qualcosa di piuttosto ovvio. Viggo l'aveva fatto per vendetta, non per salvare lui. "Incapacità di capire gli altri", "Psicopatico" risuonò la vocina nella sua testa. Il sognatore cercò di ricomporsi e lasciò il cadavere del Canarino con le spalle  al muro più vicino. Gaenoph si guardò le mani cercando tracce di sangue. "Perché é tornato sognatore" Gaenoph alzò lo sguardo e si trovò a sostenere quello freddo di Viggo su di lui. Il cacciatore tentennò. Non era il miglior momento per chiedergli quell'aiuto. "Viggo lei è un volontario della ronda e questo...omicidio é violento persino per un cacciatore ebbro" Viggo inarcò un sopracciglio e rispose piatto "Io sono un capitano della ronda. Non più un volontario. Quest'uomo..." disse indicando il canarino con il mento "era un barbaro. Detto questo, lei non mi sta rispondendo. Cosa fa qui Gaenoph? Perché è tornato?" Il cacciatore, guardandosi le mani, rimase silenzioso e serio per qualche secondo. Alla fine rispose "Ho bisogno del suo aiuto. Ho bisogno di qualcuno che mi faccia entrare in quella prigione senza svegliare la città. Lei è l'unico che conosco che può darmi quest'aiuto" Viggo rimase fermo continuando a fissare Gaenoph. Di punto in bianco si asciugò le lacrime rimastegli sul volto con la manica e si alzò in piedi dicendo " Gaenoph mi dia una mano con il corpo di quel mostro per favore". Il cacciatore lo guardò avvicinarsi e tentennò dinuovo, poi annui e prese il Canarino per i piedi. Viggo tirò su il corpo tenendolo per le ascelle.
 
"Cosa devo vedere Hector!" Disse Jogo con il suo classico tono rabbioso. "Mi segua comandante" rispose l'amico di Viggo con la voce di un fumatore. Svoltarono l'angolo, illuminato solo da una lampada ad olio attaccata al filo per i panni sopra di loro. Un gruppo di quattro volontari della ronda formava un circolo intorno a quello che un cacciatore bianco della chiesa doveva esaminare. I sottoposti di Hector si accorsero dell'arrivo del comandante e si fecero da parte per lasciare che vedesse. Il cacciatore bianco stava estraendo del sangue dal braccio dell'uomo. Jogo inarcò un sopracciglio quando lo vide. Aveva una pelle olivastra, tipica delle città ad est di Yharnam, folte sopracciglia nere, labbra carnose, capelli ricci e neri come la pece ed occhi di un colore tra il marrone e l'oro scuro. Il naso, da cui scendevano due tracce di sangue rappreso, era a patata. Non si vedevano stranieri di pelle scura da vent'anni e quello era l'ultimo dei problemi. Sul torace dello sconosciuto c'era un simbolo, una runa, una cicatrice. Jogo non era capace di leggerla ovviamente, in realtà nessuno in quella città, tranne una persona, sapeva leggerle.
 
"Uno" disse Viggo. Il corpo del Canarino oscillò. "Due" continuò lasciando trasparire lo sforzo nella voce. "Tre!" Gaenoph e Viggo lasciarono andare il corpo. Il cadavere del Canarino volò oltre la ringhiera, avviluppandosi e rigirandosi come una marionetta per poi sfracellarsi con un tonfo sul pavimento buio e sporco  delle fogne. Entrambi guardarono la traiettoria e aspettarono che il suono confermasse l'arrivo a destinazione. Viggo raccolse la lanterna ai suoi piedi e la mise all'altezza del suo viso, venti centimetri sotto a quello di Gaenoph. Il capitano fissò nuovamente il cacciatore "Ti darò la mano di cui hai bisogno" disse "Ma domani. Ora è troppo tardi" Gaenoph annuì poi rispose con il volto serio "Grazie" "Ora andiamo a seppellire Hilda" disse Viggo che si incamminò senza aspettare che il sognatore rispondesse. Gaenoph sospirò e seguì il capitano della ronda pensando "notte in bianco".

Rinuncio definitivamente a fare pace con l'html.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Problemi ***


Le immagini, i luoghi e l'ambiente descritti sono proprietá intellettuale, protetta da copyright, di Sony entertainment e FromSoftwer games. Nessuna violazione é voluta. Questo testo di finzione é da intendere come tale. I personaggi descritti nella storia sono, principalmente, creati dall'autore. Nel caso appaiano personaggi non creati dall'autore ed un avvertimento non sia presente mi scuso, nessuna violazione era intesa. Se qualcuno ha aggiunto una recensione ed io non ho risposto mi scuso ma, ahimè, i problemi con i server mi hanno ingoiato una pletora di messaggi e tante altre cose. :\.

"Se la cosa ti tira su di morale, non c'era niente di personale. Era solo per il denaro" disse il sognatore che cinque giorni prima l'aveva tramortito e denunciato. Finch lo fissava con tutto l'odio di cui era capace cercando di dimenticare l'incubo appena avuto e di ignorare la paura che l'attanagliava fin dalla sua cattura: che Gaenoph fosse morto o, peggio, fosse stato preso anche lui. "E perche questo dovrebbe importarmi" rispose freddo il cacciatore polveriera inarcando un sopracciglio. Il sognatore sconosciuto sorrise nell'ombra, poi riempì il suo bicchiere di sangue d'alce. Guardò il bordo del bicchiere pieno, pensando di posarlo. Pensando di lasciar perdere. Portò il bicchiere alla bocca e bevve il sangue stagionato tutto d'un fiato buttando la testa all'indietro. Riempì il bicchiere altre tre volte sotto lo sguardo torvo di Finch. "Se ti devi ubriacare levati dalle palle. Voglio dormire, non rimanere sveglio per la puzza del tuo vomito" disse il cacciatore polveriera. Lo sconosciuto sorrise ancora una volta e disse ubriaco fradicio "C'era un altro cacciatore con te..." non c'era tono interrogativo nella sua voce "che si chiama Gaenoph Kalpa. Il figlio di Erebrus Kalpa, produttore di mercurio..." Finch si alzò in piedi paonazzo. Lui non era mai stato in grado di controllare le emozioni. Si era sempre definito, orgogliosamente, un uomo dalla mente semplice. Un modo come un altro per dire contadino. Ma Finch non era ottuso o poco furbo. Il cacciatore polveriera non voleva usare sotterfugi. Li odiava e tollerava quelli dell'amico solo perchè si fidava di Gaenoph, di chi era, di chi vedeva in lui. Almeno sapeva che era in vita. Non avrebbe detto nulla "GUARDIA!!!!" urlò Finch interrompendo lo sconosciuto. L'individuo continuò "Non voglio fargli del male Finch" "GUARDIE!!!!" "Voglio parlare non ucciderlo!" "GUARDIEEEE!!!!" lo sconosciuto si zittì e divenne serio. Con l'ultima frase il suo tono di voce era diventato quello di un uomo sobrio. Finch urlò a squarciagola sentendo la sua voce rimbombare "GUARDIEEEEEEEE!!!!!!!!" lo sconosciuto si alzò dal suo sgabello in penombra, prese da terra il cilindro, lo spazzò con la mano e se lo mise in testa "Finch. Quanto ti ci vorrà per capire che le guardie sono morte" il cacciatore polveriera vide finalmente il volto del suo visitatore. Era un volto pulito. Un altro nobile probabilmente. Capelli neri come la notte entravano in contrasto con una pelle bianca come il latte. Il naso era lungo, sottile, deciso e terminava con delle narici di una grandezza quasi perfetta. La bocca era leggermente femmine con labbra morbide e carnose. Gli zigomi erano magri e facevano sembrare l'individuo un uomo asciutto o una donna in forma. Le sopracciglia erano al limite tra il folto ed il sottile. Se era una donna o un uomo non si capiva. Ciò che però era sconvolgente erano gli occhi. Rossi.

 

La luce del giorno oltrepassò le palpebre di Gaenoph svegliandolo. Era sbracato sulla stessa poltrona dove aveva gustato la marmellata. La sua mannaia era posata in basso alla sua destra. I vestiti da cacciatore che indossava, ed in particolare gli stivali, erano sporchi di terriccio secco. Si alzò in piedi appoggiandosi alla poltrona e cercò Viggo con lo sguardo. "Sono le quattro del pomeriggio" Gaenoph si voltò. Viggo era seduto sull'altra poltrona con in mano una fetta di marmellata di girasoli.

 

"Ce la facciamo a trovare qualcuno che parli LA SUA CAZZO DI LINGUA!!!!" urlò Jogo. Il gruppo di alte cariche della chiesa indietreggiò di qualche passo ed un membro del coro, l'unico rimasto fermo dov'era, rispose "Jogo si calmi. Stiamo cercando in tutta la città. Non è un compito facile. Quest'uomo viene da Lor..." "SO DA DOVE CAZZO VIENE!!! FUI IO IL COMANDANTE AD INVIARE AIUTI A LORAN!!! E QUESTO PRIMA CHE UNO SOLO DI VOI FOSSE DOVE STA ORA!!!" "Jogo per piacere..." "NON DIRMI DI CALMARMI KLENZ!!! HO PASSATO L'INTERA SERATA A CERCARE DI CAPIRE CHE COSA DICEVA E AD APPUNTARMI OGNI SILLABA CHE USCIVA DALLA SUA BOCCA E ORA MI VENITE A DIRE CHE L'UNICO UOMO CHE POTREBBE TRADURRE QUELLO CHE DICE QUESTO NEGRO È SUPPOSTO MORTO A BYRGENWERTH!!!" "Noi stiamo provando tutto..." "NON PROVARE. TROVAMI QUALCUNO, FIGLIO DI PAPÀ!!!!" il membro del coro cominciò a tentare di imporsi con tono calibrato e calmo "Jogo. Senta. Io capisco che suo figlio..." "Che hai detto??" Klenz sospirò e continuò "Jogo lei si deve riposare. Da qui in poi prendiamo in mano noi la situazione" Jogo rimase fermo a fissarlo. Le cornee dei suoi occhi erano una rete di capillari rotti "Portateli via. Allontanateli tutti" ordinò il comandante ai tre plotoni di cacciatori neri della chiesa lì con loro. Jogo si voltò e si diresse verso Hector e Gota. "Lasciatemi! LASCIATEMI!!!!" urlo Klenz superato lo smacco ed il momento di incredulità. "LASCIATEMI!!! JOGO!!! QUELL'UOMO È NOSTRO HAI CAPITO!!! PORCA TROIA! LASCIATEMI!!!" Hector e Gota smisero di parlare tra loro. Poco distante due cacciatori bianchi esaminavano le condizioni fisiche del cittadino di Loran ancora una volta. L'intera scena si era svolta nella Piazza Centrale, la quale congiungeva le scale della gran cattedrale a quelle che portavano ai cancelli del ponte "Ho bisogno del vostro aiuto" Gota ed Hector annuirono "Ci dica" rispose Gota. Jogo cominciò a guardarsi intorno "Viggo dov'è?" chiese il comandante. "Non lo sappiamo. Stavamo parlando proprio di quello" disse Hector con la sua voce da fumatore. Jogo annuì "Va bene. Ho bisogno che uno di voi mi accompagni alla prigione stasera. Dobbiamo prelevare un soggetto fondamentale per capire cos'ha sul petto il negro laggiù" indicò col mento il cittadino di Loran "Chi dobbiamo prelevare, esattamente?" chiese Gota "Caryll" disse il comandante tornando a guardarsi intorno "Dobbiamo prelevare Caryll" ripeté "L'incisore è vivo?" chiese Gota sorpreso. Hector non sapeva nemmeno chi fosse. "Si, l'incisore è vivo e per favore lo dica piano. Prima di andare a prendere lui però ho bisogno che mi accompagniate da un altra parte" "Va bene. Quando?" chiese Gota "Ora"

 

La casa del comandante della ronda era, volendo minimizzare, peculiare. Una volta entrati nel palazzo una serie di teste di bestie era appesa in alto a destra per tutta la durata delle scale che connettevano l'entrata del palazzo con il portone dell'appartamento. Oltre quest'ultimo, che presentava battenti in ottone a forma di ruota del carnefice ed era rinforzato con lastre di metallo inchiodate con bulloni, c'era una stanza centrale che congiungeva tra loro tutte le altre. Al centro d'essa c'era un tavolino rotondo in marmo bianco con i piedi rinforzati in acciaio. Più propriamente, il piede era uno solo: una grossa sezione di marmo dalla forma cilindrica intorno alla quale si avviluppavano due zampe di bestia in metallo. Le altre stanze della casa erano nove e le rispettive entrate erano disposte come vertici di un ottagono facendo un eccezione per le finestre del balcone: al centro del lato opposto a quello dell'ingresso. Tutte le porte erano chiuse tranne quella della camera da letto e la cucina, che non ne aveva una. Il pavimento era costruito con lastre di pietra colorate e trasparenti, simili al vetro ma visibilmente diverse. Il vecchio comandante della ronda era sul balcone, seduto su una vecchia sedia a dondolo. Jogo aprì le finsetre "Idrin" chiamò piano. L'uomo anziano non reagì "Idrin?" Ripeté il comandante. Il vecchio cacciatore si voltò e sorrise sdentato. Si alzò a fatica, appoggiandosi ai braccioli "Jogo! È venuto a sentire una delle mie storie prima che non ne possa più raccontare?" Chiese scherzosamente. Il comandante dei cacciatori della chiesa sorrise "Credo che per quello bisognerà aspettare signore" Idrin, che era riuscito ad alzarsi ed a raggiungere il tavolino sul piccolo balcone, stava posando il bicchiere di liquore su di esso "Facciamo un altra volta allora" si avvicinò con passo strascicato all'entrata del balcone. Arrivato, si appoggiò alla parete e allungò il braccio per stringere la mano alla sua controparte "teoricamente" più giovane. "La trovo bene Comandante! Come sta il pargolo?" Chiese Idrin. Jogo, che aveva sorriso alla prima affermazione e stringeva le dita intorno alla mano contorta ed artritica dell'altro, divenne serio alla domanda. Idrin, troppo vecchio per intuire, continuò "L'ultima volta che l'ho visto avrà avuto quanto...cinque ann...Oh giralune! Gota!!" Consecutivamente, lo sguardo la mano ed il vecchio sgusciarono oltre Jogo e andarono incontro ai suoi due accompagnatori "Gota! Ragazzo mio! Fatti abbracciare!" Gota, rimasto sorpreso nel comprendere di chi era quella casa, abbozzò un sorriso interiorizzando temporaneamente lo shock. Idrin strascicò i piedi fino a lui mentre Jogo rimase fermo a fissare il paesaggio della città, illuminata dalla luce crepuscolare cercando di riconcentrarsi. Guardò abbastanza a lungo Yharnam da ricordare tutti gli anni passati a proteggerla, tutte le notti trascorse nell'odio. Fu quell'ultimo sentimento, affine al suo animo, a trascinarlo ancora una volta davanti ai suoi doveri. Idrin stava abbracciando Gota come se fosse il sangue del suo sangue. Il vecchio comandante si staccò e squadrò il giovane uomo "Come va giovanotto! Ho sentito che hai raggiunto il rango di capitano. Potevi fare un salto qui, te l'avrei fatto ottenere molto prima" il vecchio si voltò verso Jogo con gli occhi allegri e l'ennesimo sorriso sdentato "non è vero comandante?" Jogo non contraccambio questa volta. Il comandante, inizialmente fermo davanti al balcone e con alle spalle una città gradualmente più rossa e oscura, si avvicinava a passo lento e rilassato. Il volto, serio, era reso inquietante dal buio in cui stava piombando la casa. "Idrin non posso perdere altro tempo e non sono qui per una chiacchiera di piacere" Il vecchio smise di sorridere e si staccò da Gota sorpreso. Era un uomo anziano abituato a sentirsi riverito per le sue glorie passate. Quella stessa persona era però consapevole di quanto doveva a Jogo. Idrin abbozzò e rispose "Dimmi comandante" "Ho necessità di sapere se saresti disposto a darmi il controllo delle tue "truppe" per una notte" "Questa?" "No. Non questa" "Quale?" "Devo ancora capire quale" Idrin rimase interdetto, poi annuì. Jogo sorrise in modo controllato "Perfetto. Noi ti lasciamo, dobbiamo prepararci per la caccia"

 

 

La luna era alta nel cielo ed i suoi raggi chiari illuminavano a malapena i vicoli in cui riuscivano ad arrivare. Viggo aveva difficoltà a stare dietro a Gaenoph. Il cacciatore, abituato a muoversi silenziosamente tra quelle stradine, camminava velocemente con occhi ed orecchie tesi a catturare la posizione di qualunque cosa respirasse. Era terribilmente simile ad una bestia alla ricerca di prede. Viggo si bloccò, piegato in avanti per la fatica ed appoggiato ad una parete vicina. Il sognatore si fermò a sua volta e si girò verso l'accompagnatore. Dritto in tutta la sua altezza proiettava un'ombra su tutto il vicolo e sul capitano stesso. Gaenoph era in tenuta da caccia e l'unica parte non coperta da qualche tessuto era quella degli occhi. Viggo continuava a respirare affannosamente "Deve rallentare Gaenoph. Non ce la faccio" disse il capitano tra una dose d'aria e l'altra "Meno rimaniamo sulle strade meglio è e meno siamo un bersaglio stazionario più sarà difficile che le bestie ci trovino" Viggo iniziava a riprendersi "Gaenoph non ci sono bestie in questa zona" "Come fa a saperlo" "Da due giorni la chiesa prova a studiare i movimenti dei branchi per capire da dove attaccheranno" Gaenoph inarcò un sopracciglio "Branchi? Le bestie non attaccano in gruppi più grandi di due o tre esemplari. Non conoscono alcun tipo di autorità o disciplina. Non formano "branchi". Non sanno cosa siano" Viggo raddrizzò la schiena rimanendo appoggiato al muro. Il respiro era leggermente irregolare ora "Ho visto centinaia di quelli che voi sognatori chiamate ibridi correre sul grande ponte il giorno dopo averla tirata via dalla strada. Ci siamo dovuti ritirare fino alla Piazza Centrale. Le bestie erano talmente tante da camminare le une sulle altre" Viggo si staccò dal muro e continuò "Li chiami come le pare. Io li chiamo branchi e grazie al coro hanno deciso di attaccare da un altra parte stanotte" Gaenoph rimase in silenzio ed iniziò a strofinarsi la fronte per il fastidio ed il nervosismo. Tutta la situazione gli stava sfuggendo di mano e non riusciva più a leggerne i possibili sviluppi. Una parte di lui avrebbe preferito che Viggo non gli avesse riferito di quella "anomalia". In quel modo non avrebbe sconvolto tutti i suoi piani per uscire da Yharnam.

 

"Qual'è la situazione?" Chiese Jogo "Cento hanno scalato vicino la prigione ed hanno assaltato qui pochi minuti fa" rispose un cacciatore bianco "Altri settanta hanno attaccato dalle fogne i quartieri residenziali inferiori e sono andati a cozzare contro le barricate di Piazza Oedon. Qui niente perdite ma lì sono rimasti in pochi. Secondo uno dei nostri, lì sono venti morti su trentacinque" "Hai qualche uomo da riassegnare?" "Ho qualche volontario" Jogo lo guardò come se lo stesse prendendo per il culo "Fagli chiudere la piazza e ritirali" "ORA?" chiese alibito il cacciatore bianco "SI!ORA!!!!" Jogo si allontanò, lasciando il sottoposto spaventato dalla sua reazione e dal suo compito. C'era mezz'ora di cammino ed il cacciatore bianco era solo. Secondo il sottoposto sarebbe stato più veloce se Jogo gli avesse semplicemente ordinato di ammazzarsi. Gota stava parlando con la sua squadra di volontari. Hector, che aveva già parlato con la propria, lo guardava da lontano. Jogo si fermò accanto al fumatore "Lui si che è bravo a fare questo lavoro" il comandante guardò verso Gota e disse "Si lo è. Anche tu sei bravo. Ho visto come ti guardano i tuoi uomini. Ti rispettano. Sanno che sei uno di loro" Hector rise raucamente "No comandante. Io non sono abbastanza per questo lavoro" Jogo continuò a fissare l'interlocutore senza emozioni sul volto ma sorpreso da quella affermazione. Hector girò la testa verso il superiore, capì e ridacchiò "Sono figlio di artigiani. Mio padre diceva che qui bisogna saper fare due cose: capire chi è chi, e capire chi si è rispetto agli altri. Io sono un falegname. Sono bravo a segare, non a parlare né tantomeno a fare STRATEGIE" Hector tirò fuori una pipa "Gota è sempre stato quello bravo a capire gli altri e a maneggiarli di conseguenza. Se si dice così. Io e Viggo ci accontentavamo di quello che avevamo e di portare a casa qualche fiala. Lui ha sua moglie ed io la mia officina" "Tu non lo vuoi dire ma pensi che io abbia fatto una stronzata a promuovervi vero?" Hector accese la pipa e sorrise con il becco di questa in bocca "Si" rispose mentre accendeva il tabacco "Anch'io ero figlio di un artigiano" disse Jogo "Signore. Lei c'ha tanti anni quante sono le motivazioni per cui dovrebbe essere morto" Jogo sorrise "È vero" rispose alla fine. Hector prese un paio di boccate dalla pipa e due nuvolette si alzarono e volarono nel cielo sopra di loro "È disposto a fare un altra cosa per me Hector?" Il neo capitano sostenne lo sguardo del superiore e chiese "Dormirò dopo?" "Dipende" rispose il comandante "Ma non è per il suo sonno che le chiedo questo. È per tutta Yharnam"

 

"Dobbiamo cambiare piano" disse Gaenoph.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Fuga ***


Dare tre litri del proprio sangue=dare la vita. Modo di dire tipicamente Yharnamita considerato volgare dai ceti altolocati. La nobiltà considera un atto vile e basso quello di concedere grosse quantità del proprio sangue che andrebbe invece condiviso in piccole quantità così da favorire il desiderio per esso.

"Dobbiamo cambiare piano" "COSA!? PERCHÈ?" Viggo era alibito "Non possiamo scappare di notte. Moriremmo. E se lo tiriamo fuori ora l'intera città ci cercherà e renderà la fuga impossibile. Dobbiamo tornare in un altro momento" "Lo puoi nascondere in casa mia!" Rispose Viggo con veemenza. Gaenoph guardò il capitano negli occhi "Torneranno a cercare lì. Volevo dirtelo" "Io non posso scomparire! Mi stanno già cercando! Dobbiamo tirarlo fuori ora o non potremo mai!" Gaenoph si mise le mani nei capelli e si massaggiò le tempie. Alla fine, infastidito e leggermente preoccupato, disse "Va bene. Sbrighiamoci e speriamo non l'abbiano torturato troppo o non si reggerà in piedi"

 

Il rumore degli stivali rimbombava tra i vicoli. Erano passati cinque giorni, quasi sei vista la posizione della luna, da quando Gaenoph era stato ferito e Finch catturato. Jogo aveva usato Hector e Gota come i suoi nuovi luogotenenti fin da allora. Avevano oltrepassato l'ultima barricata da venti minuti. Dopo l'attacco di quella notte difficilmente ne avrebbero incontrata un altra, non distrutta o persa, mentre andavano verso la prigione. Jogo ricordava il giorno in cui aveva catturato l'uomo che stavano andando a prendere. Fuggito da Byrgenwerth ancora ventenne perchè considerato ai limiti dell'estremo, lo scultore di rune Caryll era, a quel punto, un vecchio, ma era anche l'unico in grado di comprendere ed imbrigliare il potere dell'antichissima lingua scritta sui muri delle catacombe sotto Yharnam. Jogo l'aveva catturato quando ancora cacciava. Era sempre stato un uomo intransigente ed autoritario ma quell'incontro gli aveva messo una pulce nell'orecchio. L'inizio della sua evoluzione nell'uomo che era oggi partiva da lì. Aveva creduto che il ragazzo sarebbe stato debole, deperito, con unghie rotte, vestiti a pezzi ed occhi grandi e lacunosi come la luna. Caryll si era dimostrato tutto il contrario, forse persino più razionale di Jogo, e quello non era un complimento che il comandante dava alla leggera. Ma non fu solo quello a cambiare la sua mentalità poichè la sua somiglianza lo faceva risultare quasi amichevole. No. Il problema erano gli occhi: identici a come li aveva immaginati.

 

Gaenoph si chinò sul corpo ancora caldo. Era un uomo sul metro ed ottanta, probabilmente un cacciatore della chiesa in pensione. Il cadavere era floscio, con la schiena appoggiata contro il muro a sinistra dell'entrata. Gli schizzi di sangue mostravano che era incespicato sotto shock fino a qualche passo di distanza dall'uscio. A poca distanza da lui c'era l'altra guardia. La sua testa era rotolata poco più in la ancora. Gaenoph era molto preoccupato. Viggo, in piedi alle sue spalle, si guardava intorno temendo l'arrivo di qualcuno "Dobbiamo muoverci Gaenoph!" Il sognatore lo ignorava. Spostò il colletto impregnato di sangue della prima guardia "Gaenoph!!" Sibilò nervoso Viggo. Gaenoph si alzò in piedi "Muoviamoci" "Grazie al coro!" Viggo si rilassò "Si ma velocemente questa volta. Hai un arma con te?" Il capitano sbiancò più di prima "Ce n'era bisogno?" Gaenoph inarcò un sopracciglio "Vuoi far evadere un prigioniero e non porti con te nemmeno un arma?!" "Dovevi essere tu la mia arma d'emergenza" "Oooh. Ceeeerto. Capisco. Molto comodo. Prendi una pistola da uno di questi due e stammi dietro" Viggo ispezionò i corpi muovendosi scompostamente per la fretta. Il capitano della ronda spostò timidamente il pesante giaccone che portava la guardia e tirò via la pistola dalla cintura "Trovata" Disse rizzandosi in piedi con un volto sfatto dalla stanchezza. Gaenoph aveva smesso di sorride e lo guardava negli occhi attraverso il buio dell'entrata "Stammi dietro e preparati"

 

Finch si fermò. Il sognatore davanti a lui sorrideva come se stesse guardando un povero imbecille. Il cacciatore polveriera avrebbe dato tre litri del suo sangue* per togliergli quel grugno. Finch finì per fare di meglio. "Bamboccio tornatene dalla tua famiglia di ricchi sfondati e piantala di rompere il cazzo agli anziani" disse Il cacciatore polverira di punto in bianco. Il sognatore divenne paonazzo. Finch si girò, fece retromarcia fino alla brandina e si stese dando le spalle all'uscita. Lo sconosciuto si riprese "Fossi in te non sarei così sprezzante nei confronti di chi ti da la possibilità di salvare la tua famiglia" Finch rimase disteso per qualche secondo a riflettere "Stai bluffando" rispose l'eretico "Puoi dirlo ai loro cadaveri se mai uscirai vivo da qui. Tesoro scusami se non ti ho salvato ma non mi fidavo del tizio che mi ha avvertito" disse freddo. Finch si alzò a sedere sul lettino. Lo sconosciuto mostrò il mazzo di chiavi delle guardie tenendolo per l'indice.

 

Jogo si bloccò, Gota strabuzzò gli occhi ed il volto di Hector si contrasse in una smorfia di fastidio mentre pensava "eh ti pareva" alla vista dell'entrata della prigione. Il comandante iniziò a camminare a passo veloce seguito a ruota dagli altri due. Il trio si fiondò nel buio dei corridoi. Jogo snocciolava tattiche velocemente, Gota si domandava cosa fosse successo cercando di stare dietro al suo superiore ed Hector rifletteva pessimisticamente sulla loro sorte ripetendosi "Finiamo tutti a fanculo".

 

Lo sconosciuto alzò il mazzo di chiavi tenendolo con l'indice della mano sinistra "Alzale un po' di più le mani e passami quei bei pezzi di metallo" Gaenoph uscì dall'ombra con la pistola da cacciatore puntata alla testa dello sconosciuto. Finch si alzò e si avvicinò velocemente alle sbarre con la gioia nel cuore "Sembra che non ci sia bisogno di andare poi così lontano per trovarti, Kalpa" disse il sognatore ostile con un volto piacevolmente sorpreso e le braccia ferme ai lati del corpo "Alza quelle mani o ne perdi l'uso" "Sta calmo. Se continui così finisci come tuo padre sai" Viggo, rimasto nel corridoio da cui venivano per avvertire di qualche movimento, tirò un occhiata preoccupata al suo accompagnatore "Taci. Hai poca fantasia sia a minacciare, che a raggirare, che a provocare. In ginocchio" "Da dove viene tutta questa ostili..." Finch e Gaenoph sbottarono allo stesso tempo "Ma zitto!" Un sorriso passò sul volto di entrambi. Lo sconosciuto si inginocchiò "Dammi le chiavi" disse Gaenoph allungando la mano libera "La chiave dovrebbe essere la novantasei" disse Finch "Sai contare?" Lo sfottè Gaenoph. Finch borbottò qualcosa riguardo il prendere a pugni mentre lo sconosciuto allungava le chiavi tenendole nel suo palmo aperto. Gaenoph lo fissò con un sopracciglio alzato "Mi prendi per cretino. Lanciamele" "ARRIVA QUALCUNO!" Disse Viggo con occhi spiritati. Gaenoph si girò verso il capitano della ronda. Lo sconosciuto gli saltò addosso lasciando cadere a terra le chiavi nella fretta. Gaenoph premette il grilletto di riflesso e la pallottola finì nel costato dell'assalitore. Il rumore dello sparo si propagò per la prigione. Lo sconosciuto perse slancio per lo shock ed arrivò fiaccamente a buttarsi a peso morto su Gaenoph. Kalpa schivò a sinistra svincolandosi. Viggo fissava i corridoi davanti a lui pronto a schizzare via al primo segno e, quando questo arrivò, il capitano della ronda fu investito dalla corsa dello sconosciuto il quale gli crollò addosso "Gaenoph apri presto!" Disse Finch. Gaenoph cercò le chiavi a tentoni nel buio. Il rumore di stivali e passi concitati era sempre più vicino "Gaenoph....aiuto" sussurrò Viggo da sotto lo sconosciuto. Gaenoph trovò le chiavi e le lanciò all'amico poi si avvicinò a Viggo. il sognatore entrò nel corridoio e delle lanterne, sul lato opposto, lo illuminarono in quel istante. Gaenoph prese lo sconosciuto per la spalla e lo girò burberamente poi afferrò un frastornato Viggo sotto le ascelle, lo trascinò vicino la cella e disse all'amico "Prendilo per le gambe" Finch lasciò la porta della sua cella aperta ed afferrò il capitano della ronda per gli arti inferiori. Una volta issato il terzo compare sufficientemente in alto, i due amici si diedero ad una roccambolesca e grottesca corsa. Il suono di stivali e voci concitate si fece gradualmente più debole. Corsero tra le mura della prigione sotterranea per una ventina di minuti prima di crollare a terra sfiniti.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3485585