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di id_s
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Secrets. ***
Capitolo 2: *** Nothing to do with you ***
Capitolo 3: *** Sweet Dreams ***
Capitolo 4: *** Connection ***
Capitolo 5: *** V. PRIDE AND POISONS ***



Capitolo 1
*** Secrets. ***


 CUORE DI DRAGO





Well, I’ve got thick skin and an elastic heart,
but your blade it might be too sharp
I’m like a rubber band until you pull too hard,
I may snap and I move fast
but you won’t see me fall apart






Che lei, Hermione Granger, la strega più brillante della sua età, fosse completamente impazzita, era ormai cosa certa. Lo affermava lei stessa in prima persona, dandosi mentalmente dell'idiota; nessuno era a conoscenza del suo segreto ma, certamente, se anche solo Ginevra l'avesse scoperto, non l'avrebbe encomiata affatto. E Ginny era la sua migliore amica. Non voleva sapere, quindi, come avrebbe reagito Ronald, ad esempio, nello scoprire cosa si celava dietro i suoi occhi di oro brunito. Fortunatamente il "Re", come ormai veniva chiamato in giro, non aveva mai avuto una particolare capacità di osservazione, né un range estremamente capiente di emozioni: era questo che l'orgogliosa Grifondoro gli aveva sempre rinfacciato, facendogli notare quanto il suo essere completamente privo di tatto la spossasse e la facesse sentire vulnerabile, ferita e spesso sola - incompresa anche dalla sola persona di cui desiderava l'effettivo appoggio.
Hermione scosse fortemente la testa, mettendosi a sedere sul grande e comodo letto che, quella notte, non era bastato ad invogliarla al sonno. Scostò lievemente la cortina del baldacchino, strofinandosi contemporaneamente una mano sugli occhi stanchi e sulla fronte, lievemente imperlata di sudore.
L'ennesimo incubo l'aveva colta, come al solito, impreparata: non sapeva come gestirli e la cosa la mandava in bestia, perché non tollerava, non poteva tollerare, l'esistenza di qualcosa capace di sfuggire al suo controllo quasi maniacale, a volte. Aveva bisogno che tutto andasse secondo i suoi programmi perché era così che lei era venuta su, organizzata, efficiente, precisa come un orologio svizzero: d'altra parte, ciò che si tiene sotto stretta sorveglianza non si teme, finché risponde docile ai tuoi comandi.
Alzandosi silenziosamente dal letto, la vestaglia da notte che emetteva lievi fruscii a contatto con le sue gambe, la ragazza si diresse alla grande finestra della stanza, scostandone le tende: il cortile della scuola si estendeva vasto a perdita d'occhio, buio e silenzioso, la notte placida non turbata neanche dal volo di una civetta, dal canto di un usignolo.
Le stelle alte in cielo erano le uniche compagne sveglie come lei, ma la cosa non avrebbe potuto minimamente interessarle: non le avrebbe comunque notate, Hermione, perché i suoi piedi erano saldamente ancorati per terra, e non aveva tempo di fermarsi ad osservare il cielo, fantasticando su di esso. Probabilmente la professoressa Cooman le avrebbe detto che la risposta alle sue angosce l'avrebbe trovata in esse, ma sarebbe stato come parlare al vento: dietro la pelle diafana, gli sguardi altezzosi e le labbra sdegnose, c'era pur sempre un cuore, il quale - però - aveva deciso di rifiutarsi di credere.



- Ginevra Weasley, hai idea del perché la gonna della mia divisa stamattina sembra essersi improvvisamente rimpicciolita, e non vuole saperne di tornare della sua normale lunghezza? - la voce soave di Hermione risuonava per il dormitorio femminile del settimo anno di Grifondoro che, quella mattina, vantava la presenza di una sola intrusa, allieva del sesto anno della medesima Casa.
Ginny assunse un'espressione perplessa, scrollando le spalle. - Qualche scherzo di una Serpeverde? - azzardò, mescolando la giusta dose di sorpresa, innocenza e anche sdegno.
Hermione sospirò, alzando gli occhi al cielo. La sua migliore amica, se avesse voluto, sarebbe stata un'attrice perfetta.
- E di grazia - riprese, cercando di ignorare il fastidio che montava in lei mentre indossava quello striminzito capo d'abbigliamento - come pensi che avrebbe fatto una Serpeverde ad arrivare al nostro dormitorio, Gin? -

- Oh, ci sono tanti modi per intrufolarsi furtivamente negli altrui dormitori! Io lo facevo sempre, quando stavo con Terry di Corvone... - la rossa si interruppe mordendosi le labbra con un sorrisetto colpevole, succube dello sguardo inquisitore della sua migliore amica che, come da copione, aveva assunto il suo cipiglio da "Caposcuola Granger".
- Ginny. Sorvolando sulla tua encomiabile rispettosità delle regole di questa scuola, vorrei ricordarti che mentire non è contemplato, davanti a questa Corte - replicò saccente, indicando se stessa con un dito e provocando l'ilarità dell'amica, acciambellata sul suo letto a gambe conserte. La più piccola della cucciolata Weasley ruotò elegantemente gli occhi al cielo e poi sbuffò divertita, incrociando le braccia sotto al seno.

- Non mi sembra di aver fatto chissà quale danno, Hermione! A dire il vero stai molto meglio così. E poi non è chissà quanto corta... -
- Praticamente non si vede, Gin! -
- Arriva poco più su del ginocchio, quante storie -
- A stento copre le mutande! -
- Così sei incredibilmente alla moda -
>- Così sono incredibilmente volgare -
Ginevra si alzò dal letto e mulinò con un gesto femminile i lunghi capelli rossi, resi lievemente più mossi da un'abile incantesimo della giovane strega. "Non ne vuole sapere di applicarsi a Trasfigurazione ma, se non altro, quando si tratta di magia estetica ha una creatività impressionante" pensò Hermione con una punta di gelosia, osservando il proprio riflesso allo specchio.
La gonna, rimpicciolita ad arte da Ginny, si premurava di lasciare scoperti parecchi gentimetri sopra al ginocchio, mettendo in risalto le sue gambe magre e diafane, solitamente celate da uno strato di tweed grigio e nero ben più lungo. Doveva però riconoscere che il maglione che cadeva svogliatamente su di essa non sembrava più tanto un sacco informe, e le scarpe basse della divisa mettevano in risalto le caviglie sottili. Nonostante ciò, quei pensieri non le appartenevano e, sicuramente, neanche quell'immagine riflessa allo specchio. Quella non era lei.
- Non lo so, Gin, mi sento così a disagio... - ma, quando Hermione voltò lo sguardo dove un attimo prima c'era la sua amica, trovò solo vuoto, rimpiazzato dall'eco di una risata cristallina che le giunse alle orecchie.





- ...E quindi la madre di Seamus fa "allora, chi ha dato fuoco alla gallina?" - Dean raccontava gesticolando animatamente mentre il suddetto Seamus arrossiva furiosamente, dando vita alle risate divertite di più o meno mezzo tavolo di Grifondoro.
Ginevra Weasley ed Hermione Granger arrivarono e presero posto seguite dalla loro solita aria di intoccabilità, quell'austera apparenza di chi aveva combattuto una Guerra Magica salvando il mondo intero e che, tra l'altro, aveva imparato a rimettere insieme i cocci di sé stesso e ci era riuscito egregiamente.
- Avete sentito, ragazze? - Lavanda Brown si fece immediatamente più vicina, sorridendo eccitata e bloccando Ginny nell'atto di versarsi del succo di zucca.
Catturare l'attenzione di Hermione fu più difficile, quest'ultima infatti continuò serafica a versarsi un po' di porridge nella ciotola, impassibile. Le "notizione da record" di Lavanda solitamente riguardavano le coppie più in vista di Hogwarts, i giocatori di Quidditch o, ancora peggio, qualche festino illegale: per farla breve, tutte cose che non avrebbero potuto suscitare il suo interesse neanche a sforzarsi con tutta la sua buona forza di volontà.
La ragazza riprese dopo una pausa ad effetto, sorridendo eccitata.
- Festa di rientro in Sala Comune, stasera alle 23. Si mormora che ci sarà praticamente tutta la scuola, nessuno escluso! -
Ecco, come volevasi dimostrare.
Ginny batté le mani, squittendo entusiasta.
- Tutta la scuola! -
- Ci sarà sicuramente Justin di Corvonero, muoio dalla voglia di vederlo... -
- ... una cosa in grande .... -
- ... ogni singolo studente degli ultimi anni! -
Le urla stridule delle due Grifondoro furono bruscamente interrotte da un tossicchiare infastidito alla loro sinistra, che sferzò momentaneamente l'entusiasmo: entrambe le ragazze si girarono verso Hermione, che fissava il suo piatto.

- Io conosco un'eccezione, a dire il vero - borbottò contrariata, prendendo qualche sorsata di succo di zucca.

Lavanda inarcò le sopracciglia, perplessa - Chi intendi, Neville? Perché ci sarà anche lui, sai, andrà con Luna...-
- A dire il vero  - riprese Hermione, smettendo di bere per posare il suo sguardo altero negli occhi verdi dell'altra - Io stavo parlando di me. Mi sembra assurdo che abbiate considerato anche solo per un momento l'ipotesi che io potessi desiderare di esserci, considerato che questi festini portano solo guai. Inoltre è contro il regolamento, ed io sono Caposcuola! E poi, è appena iniziato l'anno e avete già voglia di farvi espellere? - sbottò concitata, lanciando occhiate di fuoco specialmente alla sua migliore amica, le cui bravate erano praticamente leggenda, lì ad Hogwarts.
Ginny alzò gli occhi al cielo ma non si scompose, gesticolando animatamente mentre rispondeva con lo stesso fervore - E dai, Hermione! Che ti costa divertirti, per una volta? Sarà fantastico e alla fine sarai contenta di esserci stata. Lo farai per me? -
La bruna sembrò ponderare per un attimo l'idea, arrotolando tra le mani una ciocca di scuri capelli riccioluti la cui lunghezza ormai superava di molto le scapole. Si mordicchiò il labbro inferiore, pensosa, poi rivolse un sorriso dolcissimo alla rossa e - No, non se ne parla. Non farò la spia, ma questo è il massimo che possiate aspettarvi. Divertitevi senza di me! - e, detto ciò, si alzò sdegnosamente dal proprio tavolo, pensando che quell'anno iniziava con ogni presupposto per rientrare in uno dei peggiori di sempre.

 

 

 

**

Draco Malfoy aveva molte, molte debolezze.
La prima era costituita dal caffè freddo che beveva in quantità industriali, anche se non lo aiutava affatto nell’impresa di fingersi costantemente tranquillo e apatico - opera che, invece, sembrava riuscire particolarmente bene al suo migliore amico, Blaise Zabini; Blaise era, a sua volta, un’altra debolezza del giovane: certo non si spiegava altrimenti in che modo, dopo tanti anni, lui riuscisse ancora a sopportarlo senza schiantarlo periodicamente, con una frequenza di circa venti volte al giorno. Anche la musica era uno dei suoi punti deboli, la musica del pianoforte che sua madre suonava sempre, quando era bambino, e che aveva voluto imparasse a suonare anche lui; ma anche il dolce suono, triste e malinconico, di quel violino che giaceva – inutilizzato da un bel po’ – in fondo al suo baule scolastico. Non sapeva perché lo avesse portato con sé, aveva ormai smesso di suonarlo da quando suo padre era finito ad Azkaban – era infatti suo il merito dell’incredibile abilità che Draco vantava con quello strumento. Lucius Malfoy, anch’egli un tallone d’Achille del suo altezzoso rampollo, un padre permissivo quanto distaccato, affettato, al quale le parole “famiglia” e “amore” suonavano dannatamente sconosciute.
Ma, superiore ad ogni crepa e debolezza del giovane Serpeverde, sopra ad ogni sua pecca, ad ogni suo errore, c’era lei. Lei che, adesso, appariva ai suoi attenti occhi d’argento fuso incredibilmente sdegnata, altezzosa, con quelle labbra sempre piegate in una smorfia di puro fastidio; labbra di rose, labbra di sangue le sue, lei Mezzosangue, lei, così brillante, lei indomita Grifondoro, impavida ragazza, lei dagli occhi color del miele più dolce ma amari come cianuro.
Draco seguì i suoi movimenti mentre lei si alzava leggera dal tavolo dall’altra parte della Sala Grande, seguita dallo sguardo contrito di una Lavanda Brown particolarmente eccentrica e, subito dopo, dalla figura snella di Ginevra Weasley.
Gli occhi di ghiaccio del ragazzo ebbero un guizzo nell’osservare meglio il corpo sottile e flessuoso della Granger, i suoi fianchi morbidi, e trovare quelle candide gambe più scoperte di quanto si sarebbe mai aspettato; il suo corpo ebbe un guizzo, sospirando di puro desiderio mentre osservava la ragazza andar via.
- Draco, mi stai ascoltando? – Daphne Greengrass, sdegnosa Serpeverde come lui, lo osservava con i suoi occhi scuri e impenetrabile, pretendendo la sua attenzione. Mai come allora gli era sembrata sgradita, quella ragazza, nonostante potesse annoverarla tra le sue amicizie più strette.
Daphne, per l’appunto, seguì infastidita il suo sguardo, catturando per pochi secondi il fiammingo guizzo dei capelli di Ginevra Weasley, che correva via per le scale diretta alla Torre di Grifondoro.
La Serpeverde emise un gemito di fastidio, puntando sul giovane uno sguardo astioso.
- Se provi anche solo a pensare alla piccola Weasley giuro che ti schianto qui e subito. – sbottò disgustata, aggiustandosi le pieghe della gonna come a voler rimarcare la netta differenza che passava tra lei e la ragazza Weasley.
Draco rimase ancora qualche attimo ad osservare il punto dove lei – suo peccato, sua debolezza, suo grandissimo segreto – era scomparsa di fretta, poi rivolse gli occhi verso la mora seduta accanto a lui, lo sguardo apatico.
- Non toccherei la piattola neanche se fosse l’ultima strega rimasta in vita, se è questo che ti preoccupa, Daphne – replicò annoiato, la giusta dose di fastidio a venare il suo tono solitamente così apatico.
Non mentiva. Non era la Weasley, l’oggetto dei suoi desideri: non era lei che tormentava i suoi incubi, non era lei che il ragazzo si sforzava di ignorare, di guardare con astio come aveva sempre fatto, contraccambiando i suoi sguardi freddi e altezzosi. Il suo proibito segreto era qualcuno il cui sangue era ben più sporco di quello lievemente macchiato di Ginevra Weasley. Qualcuno che, in ogni caso, Daphne rispettava ma non apprezzava; semplicemente, parecchi anni prima aveva scoperto a sue spese che la strega più brillante della scuola era meglio averla come amica o, se non altro, poter contare su un rapporto con lei quantomeno civile; da quel momento, Hermione Granger si era guadagnata – almeno in parte – il rispetto della giovane Serpeverde, nonostante le sue compagnie fossero alquanto discutibili – sempre nell’ottica di Daphne.
Questa, per l’appunto, ridacchiò al commento del ragazzo alla sua destra, poi annuì soddisfatta.
- Stavo dicendo a Blaise… Zabini, per l’amor del cielo, si può sapere cosa stai combinando? -
Il ragazzo in questione, per l’appunto, stava osservando con sguardo preoccupato il proprio riflesso nel cucchiaio di argento brillante, aggiustandosi contemporaneamente la folta chioma bruna e ricciuta.
Blaise alzò gli occhi verso la ragazza, aggrottando le sopracciglia. – Sì? Devi sapere che questa perfezione è frutto di un duro lavoro, Daphne. Io ci tengo a me stesso. – replicò con aria superiore, per poi posare finalmente l’oggetto.
La mora alzò gli occhi al cielo, probabilmente trattenendosi dal lanciare maledizioni senza perdono a destra e a manca: per quanto la sua incredibile bellezza sopperisse a tutte le sue mancanze, il più grande difetto di Daphne Greengrass era forse la sua totale mancanza di pazienza, il suo carattere facilmente alterabile, permaloso, aggressivo e vendicativo.
Per un periodo, al secondo anno, Draco aveva provato qualcosa per lei, un sentimento che si era spento molto in fretta nel conoscerla meglio: altrettanto velocemente, però, Daphne aveva dimostrato un acume ed una furbizia tali da renderla comunque particolarmente gradita al giovane, anche se non abbastanza appetibile per continuare a coltivare quel sentimento.
- Adesso ascoltatemi. Stasera, ore 23, Stanza delle Necessità. Festa di rientro. Si dice che i gemelli Weasley abbiano inviato alcuni dei loro migliori fuochi, tra l’altro, e mio fratello ci ha fatto avere gli alcolici sotto forma di pozioni per la tosse o integratori. Ci sarà tutta la scuola, il che rende la cosa meno appetibile, ma è comunque una festa e… -
- Ci saranno i Grifondoro? – la interruppe Draco, brusco, impregnando di disgusto il suo tono mentre, dentro di sé, qualcosa si svegliava, sperava.
Blaise annuì, stringendosi nelle spalle. – Stamattina avevo sentito Finnigan che ne parlava. A quanto pare ci saranno proprio tutti… tranne la Granger, ovviamente. Per l’Angelo, quella ragazza non si diverte mai, ci credo che poi ha un’aria così cupa. Sarebbe molto più carina da ubriaca, anche perché di aspetto non è affatto male… - aggiunse, con un’occhiata maliziosa a Draco che finse di rispondere con una risata di approvazione.
Daphne alzò gli occhi al cielo e sospirò infastidita, stringendo i pugni. – Ne ho abbastanza, in Sala Comune tutti e due! -

 

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Capitolo 2
*** Nothing to do with you ***


II. NOTHING TO DO WITH YOU

 

I wanna dance with somebody
I wanna feel the heat with somebody
yes, I wanna dance with somebody
with somebody who loves me





Potevi anche chiamarti Hermione Granger ma, quando Ginevra Molly Weasley s’intestardiva su qualcosa, avrebbe lottato per essa con le unghie e con i denti: che si trattasse dell’ultimo paio di stivaletti in saldo, di un litigio con suo fratello Ron o di portare la propria migliore amica ad una “insulsa festa di inizio anno”, l’avrebbe avuta vinta lei.
D’altra parte, nonostante la sua figura sottile e minuta Ginny nascondeva un cuore indomito da vera Grifondoro, ed una pazienza nonché forza di volontà incredibili, da sommarsi ad un discreto repertorio di minacce tra cui “maledizione Imperius” e “capelli verdi” e ad un’incredibile abilità in qualsiasi tipo di incantesimi. In altre parole, Hermione si era ritrovata a dover accettare passivamente quanto imposto dalla rossa – motivo per cui indossava quello strano vestito a fiori – e, seduta sul proprio letto del dormitorio di Grifondoro, aveva accettato le “torture” della piccola Weasley con un misero “me la pagherai”, mentre questa se la rideva di gusto, intenta ad armeggiarle intorno nel tentativo di intrecciarle i capelli. Alla fine però la bruna ne era uscita abbastanza indenne: l’abito a fiori, stretto in vita ma con una gonna che scivolava morbida sui suoi fianchi fino a poco più su delle ginocchia, sottolineava elegantemente le sue forme senza esporle volgarmente; e i capelli, intrecciati in una treccia laterale deliziosamente disordinata, avevano un che di grazioso, facendo assomigliare la bella Grifondoro ad una bambola di porcellana un po’ imbronciata.
- Più tardi mi ringrazierai – stava ripetendo Ginny, bisbigliando per il terrore che potesse spuntare Gazza da un momento all’altro, o quella pestifera della sua stupida gatta. E certo sarebbe stato complicato spiegare per quale motivo due Grifondoro giravano nel bel mezzo della notte per il castello, agghindate di tutto punto: e se anche il vestito di Hermione, grazioso e sobrio, poteva essere quasi giustificabile, lo stesso non si poteva dire per la minigonna in jeans della rossa, corredata di un top di lustrini azzurro che certamente quella sera avrebbe guadagnato moltissime occhiate.
- Oh, ne sono assolutamente certa – borbottò Hermione, sarcastica, seguendo l’amica a braccia conserte. Dei passi alle loro spalle le fecero immediatamente bloccare: Ginny si appiattì contro il muro, conscia che – se fosse stato un professore – sarebbe servito a poco e nulla: un attimo dopo, però, il viso di Harry sbucò allegramente dal nulla, e il ragazzo infilò il mantello dell’invisibilità in una piccola sacca che nascose all’interno della giacca.
Le ragazze uscirono dall’ombra andandogli incontro con un sospiro rumoroso.

- Harry, per l’amor del cielo, un Muffliato! Ho perso vent’anni di vita! -
-  Tu neanche li hai vent’anni, Ginny – il commento astioso di Hermione passò inascoltato, però, giacché la rossa era troppo impegnata a lanciare occhiate di fuoco al ragazzo che, fermo nel mezzo del corridoio del settimo piano, aspettò pazientemente di essere raggiunto dalle due.

- Pensavo di essere l’unico ancora in giro -
- Beh, pensavi male. I maschi sono così stupidi… -
Hermione neanche si diede la pena di commentare quello, mentre sul muro di fronte a loro compariva pian piano un pesante portone in legno. Sapeva che i rapporti tra Harry e Ginny, da quando si erano lasciati, erano un po’ incerti: nonostante la ragazza continuasse a sostenere di stare bene, di essere assolutamente indifferente al suo ex-fidanzato – per il quale, tra l’altro, aveva avuto una cotta per anni prima che il loro rapporto si evolvesse –, ogni volta che i due si incontravano era un tripudio di battibecchi e battutine pungenti da parte di Ginevra, che Harry si premurava di accettare silenziosamente e con encomiabile stoicismo. D’altra parte, la giovane strega non era sicura che lui avesse smesso di provare sentimenti nei confronti della piccola Weasley; molto più verosimilmente aveva paura di provocarle ancora dolore, dopo tutto quello che avevano passato.
Oltrepassarono il portone in un silenzio imbarazzato che però non durò a lungo: il tempo di muovere un passo all’interno della Stanza, ed Hermione si trovò catapultata nel bel mezzo del caos più assurdo.
Persone che ballavano, altre che bevevano, ridevano, cantavano a squarciagola le canzoni delle Sorelle Stravagarie, diffuse per la Stanza ad un volume spaccatimpani; Anthony Goldstein e Lizzie Steeval, gli organizzatori della festa, li salutarono con un gran sorriso in volto.

- Dio mio, è pazzesco! – Hermione urlò per farsi sentire dall’amica nonostante la musica assordante, guardandosi intorno spaesata. La stanza era quasi completamente al buio: le luci soffuse, provenienti da chissà dove, erano di un blu chiaro che dava all’ambiente un’aria incredibilmente chic; contro le pareti campeggiavano divanetti stile impero bianchi, e alcuni palloncini argentati svolazzavano liberi per la stanza.

Ginny annuì, sorridendo divertita. – Che ti avevo detto? Chiedi ad un Corvonero di organizzarti una festicciola, ed ecco che ti ritroverai il party dell’anno. Soprattutto se quel Corvonero è Lizzie Steeval. – concluse, con un sorriso alla diretta interessata che si avvicinava velocemente – per quanto lo permettessero i vertiginosi tacchi bianchi.

La ragazza aveva i biondi capelli arricciati ad arte in stile pin up ed un delizioso vestito a pois: tra le labbra finemente dipinte di rosso, in quel momento sorridenti, stringeva una sigaretta al lampone, il cui forte odore copriva solo parzialmente il profumo dolciastro emanato dalla pelle della Corvonero. Strinse Ginny in un abbraccio, per poi rivolgere un sorriso sincero in direzione di Hermione. Harry, appena aveva avuto l’occasione, si era dileguato dicendo di aver visto Ron – un pretesto per allontanarsi, forse, sapendo che né Hermione né tantomeno Ginny avevano particolarmente voglia di incontrare il più giovane tra i maschi Weasley.

- Lieta del tuo apprezzamento, Ginny: il tuo buongusto è rinomato. – la rossa fece un lieve inchino al complimento, sorridendo ampiamente – e sono felice di vedere che ci sei anche tu, Hermione: voci di corridoio dicevano che avresti passato, ma io non ho voluto crederci. L’avrei preso come un affronto personale! –

- Come sarei potuta mancare a questa festa? È davvero… grandiosa. Organizzazione eccellente, sono colpitissima. –

Hermione lanciò un’occhiatina alla rossa che, al suo fianco, aveva assunto un’espressione trionfale; non poté fare a meno di riderne, per poi mimarle con le labbra uno “scusa” divertito.

Il sorriso di Elizabeth Steeval, se possibile, si ingrandì ancora di più. – Detto da te, è un complimento fantastico. –

Lizzie era il tipo di ragazza che, oltre ad essere incredibilmente carina e popolare, aveva in più un’incredibile intelletto, capacità organizzative nonché la squisita dote di mettere a proprio agio chiunque le si trovasse accanto: dispensava sorrisi non perché si sentisse in dovere di farlo – d’altra parte era la più sincera tra i Corvonero, diretta e schietta come pochi – ma perché trovava sempre, in qualsiasi occasione, un pretesto per essere felice. Ad una persona così positiva ed allegra era impossibile non perdonare tutto, compreso il fatto di aver organizzato un festino clandestino.

- Vogliate scusarmi, ragazze, devo andare a controllare che tutto sia… Canon, per le mutande di Merlino, no! Santo cielo, cosa c’è di difficile da capire nella frase “niente foto”? Se arrivassero nelle mani sbagliate, noi finiremmo in grossi guai! –

La ragazza si allontanò svelta a grandi passi, lanciando un sorriso di scuse alla sua interlocutrice: Hermione le rivolse un cenno di saluto, per poi lanciare uno sguardo alla sua destra, dove una voce stridula aveva iniziato ad urlare così forte da sovrastare la musica.

- Vi dico che è vero, ho una relazione con il chitarrista dei Magic Street Boys! – Pansy Parkinson, in piedi su un tavolo da buffet ormai vuoto, agitava un calice con aria cospiratoria, urlando stridula nel classico tono polemico da sbronza epocale. Qualche Tassorosso le lanciava occhiate appena divertite, trattenendosi dal dare sfogo alle aperte risate che, invece, scuotevano un gruppo di Grifondoro e Corvonero: per un attimo, Hermione scorse la chioma rossa di Ron, e il cuore perse un battito.

- Ginny, io credo che andrò a… -

Ma, quando si girò nuovamente, Ginevra era scomparsa tra la folla.

La ragazza sbottò in un verso esasperato, alzando gli occhi al cielo, poi iniziò a farsi a spintoni tra la folla per allontanarsi dal bordo della pista da ballo – che assomigliava incredibilmente ad una scacchiera, anche per le persone che, ogni tanto, cadevano pesantemente fuori da essa – puntando un angolo un po’ buio ma decisamente meno affollato.

Evitò per un pelo Blaise Zabini, il quale indossava un elegante completo argentato che fece per un attimo baluginare nella mente della Grifondoro che l’avesse indossato per potersi armonizzare alle decorazioni della festa – cosa probabile, conoscendo per quanto labilmente il tipo.

Questo si girò infastidito, per poi aprirsi in un largo sorriso nel mettere a fuoco la figura minuta della ragazza.

- Caposcuola Granger, quale sorpresa. Pensavo che questi eventi mondani non fossero adatti alla tua… personalità – la salutò con un breve inchino, lo sguardo acceso di velata malizia.

- Sai, Zabini, è buffo che tu creda di sapere qualcosa della mia personalità, dal momento che io e te non abbiamo mai parlato per più di trenta scarsi secondi – la risposta di Hermione era intrisa di una dolcezza e compostezza finte come il miele, quasi quanto quel sorriso tirato che rivolse al giovane che le impediva il passaggio. Perché Zabini avesse tutta quella voglia di socializzare, mentre lei desiderava solo potersi allontanare e raggiungere il proprio angolo “tranquillo”, agli occhi dubbiosi della ragazza apparve come un autentico enigma.

Lui annuì educatamente, evidentemente per nulla convinto dalle parole della Grifondoro.
- Ovviamente sappiamo entrambi quanto possano giungere distorte alcune voci di corridoio, talvolta… -

- Ovviamente. –

- Anche se, nel tuo caso, lo trovo improbabile. Dovresti partecipare più spesso a queste feste. Sei carina, quando non indossi quella divisa informe –

Hermione gettò indietro la testa e rise senza allegria, alcuni boccoli che erano sfuggiti alla treccia le si riversarono sulla fronte candida, irriverenti quanto quella sua risata.

- E tu sei ubriaco, quindi questa conversazione praticamente non è avvenuta. Ora, se vuoi scusarmi, dovrei andare a… -

- Già te ne vai, Granger? Pensavo che fossi qui per farmi compagnia. Come avrai capito Blaise non è esattamente nella sua forma più smagliante, stasera –

Quella voce.

Hermione si impietrì sul posto, il cuore che perdeva un battito dopo l’altro, per poi riprende a pulsare furioso, come se, a rallentare, ne fosse andato della vita della ragazza. I suoi occhi ebbero un impercettibile guizzo, il suo corpo si risvegliò: ogni senso sembrava acuirsi, aizzato da quella voce indolente, fredda come la lama di un coltello. Come gli occhi del suo possessore.

Segreto.

- Malfoy –

Peccato.

- Granger –

Lussuria. Il corpo della Grifondoro, così finemente fasciato dal vestito leggero, era un’incredibile tentazione. I suoi fianchi morbidi, la curva delle spalle lievemente scoperte, quel collo marmoreo. I riccioli ribelli sulla fronte, che avrebbe voluto catturare tra le proprie dita. Le scapole sporgenti attraverso il tessuto fresco, tutto ciò che la ragazza sembrava decisa a mostrargli di sé. La sua voce sottile, femminile. Immaginò come sarebbe stato sentirla in un altro contesto, alterata dal piacere, solo per sé.

Immaginò come sarebbe stato averla sua.

Impavida, indomabile e fiera, ma finalmente sua.

Incredibile peccato.

- Cosa vuoi? – il tono era astioso, ma il corpo teso come una corda di violino. Ah, mia piccola Grifondoro, non sai mentire ancora

- Te l’ho detto, compagnia. Blaise è… - Draco fece una pausa, rivolgendo uno sguardo al proprio amico che, nel frattempo si era allontanato per andare a discutere con Daphne di chi, tra loro, avesse il vestito di manifattura migliore. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, senza darsi la pena di continuare.

Hermione quasi rise, seguendo il suo sguardo, trattenendo solo maldestramente lo spasmo delle sue labbra fini. Come sarebbero state da gonfie, rosse di baci, di morsi, macchiate dei suoi errori?

- Ho notato. Ma non vedo come la cosa potrebbe riguardarmi. –

- E meno male che tu saresti la strega più brillante del nostro anno, Mezzosangue… - quel commento, buttato lì con malcelata ironia, riuscì a provocare ciò in cui il giovane stava sperando da quando l’aveva raggiunta lì, al margine di una pista: si voltò verso di lui, rossa di rabbia, puntando i propri occhi furibondi nei suoi, di freddo piombo, impenetrabili.

Quegli occhi così grandi, così dolci ma mai con lui, così pieni di speranze.

E poi, in quell’attimo, accadde: Hermione intrecciò il proprio sguardo a quello del Serpeverde, e fu solo un momento, ma le sue barriere caddero improvvisamente; fu poco più di un secondo, un battito di ciglia ed eccola lì, di nuovo nascosta dietro le proprie mura, dietro il proprio scudo di astio e indifferenza. Non doveva sapere. Non poteva concedersi debolezze, e non importava se quegli occhi di cielo e nuvole sembravano scandagliarle l’anima, con la forza della loro apatia: non poteva certamente lasciargli comprendere il proprio tormento, la sofferenza che la stava dilaniando da dentro man mano, quella voglia di capirlo, sfiorarlo, quel desiderio proibito e tremendamente inaccettabile.
Non avrebbe ceduto, non lei, una Grifondoro.

- Chiama in tuo aiuto la Parkinson, allora –

Non farlo.

- Al momento neanche lei è capace di intendere e di volere –

- Non c’è niente che tu possa volere da me, Malfoy –

Il ragazzo si portò una mano sul viso, un gesto stanco e quasi vulnerabile, quando la spostò però sulle sue labbra fini era comparso un ghigno. Labbra profane, oh, perché così appetibili.

- Voglio solo scambiare due chiacchiere. È così strano da pensare, Mezzosangue? –

La ragazza annuì, impassibile. – Sì, dal momento che continui a chiamarmi così. Non ho nulla da dirti, e non voglio avere nulla a che fare con te in ogni caso. Perdonami, ma devo andare –

E, senza un ulteriore sguardo, si allontanò a passo svelto, lasciando il ragazzo all’angolo della pista sempre più affollata, lo sguardo ad esprimere tutto quello che a parole non avrebbe mai detto.
 

 

 

- Cosa è successo, Gin? –

- Io non… non lo so, Hermione, ma Harry… -

- Ti ha fatta star male? –

La rossa scosse il capo, il bel viso ormai una maschera di autentica sofferenza, gli occhi che cercavano di trattenere le lacrime con scarso successo, giacché qualcuna già solcava le sue guance arrossate.
- No, sono io, è colpa mia… io lo amo ancora, Hermione. Ed è per questo che gli ho detto di non voler avere nulla a che fare con lui, che deve scomparire dalla mia vita… sono una stupida – un singhiozzo le scosse le spalle tremanti, strette dal lieve abbraccio della bruna.

Non voglio avere nulla a che fare con te in ogni caso.

- Oh, Ginny… lui ci tiene a te. Avrete la vostra occasione – lasciò un bacio sui capelli dell’amica, pronunciando con labbra tremule quelle parole che, per una volta, avrebbe voluto potessero rispecchiare anche lei.


***

Scrivo un breve spazio autrice per ringraziare le due persone che hanno preferito e le due che hanno seguito la storia, e anche barbarak per aver recensito (risponderò al più presto!)
Scappo perché mi viene chiesto di liberare il pc, grazie di cuore.
Un bacio,
Ida

 

 


 

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Capitolo 3
*** Sweet Dreams ***


 

III. SWEET DREAMS



 
If I had the chance to start again
Then you would be the one I'd come and find
Like a poster of Berlin on my wall
Maybe there's a chance our walls might fall

 
Si risvegliò con un sorriso, felice e appagata come non accadeva ormai da mesi.
Si voltò su un fianco, quel tanto che le permettevano le braccia forti che la tenevano stretta – in una morsa quasi soffocante, neanche avessero paura che scappasse via – e allungò una mano verso il volto del ragazzo, sorridendo felice. Aveva un’espressione beata mentre dormiva: finalmente libere del solito ghigno, le sue labbra sottili sembravano particolarmente fini, quasi fragili, due petali delicati che poche ore prima lei non si era preoccupata di non profanare.
Ripensare alla notte passata risvegliò un tumulto così forte, in lei, che il cuore prese a battere all’impazzata, fuori controllo. Era stata la notte più bella della sua vita.
Quelle stesse braccia che la stringevano contro di sé avevano percorso tutto il suo corpo, sfiorando ogni centimetro della sua pelle con quelle mani delicate, affusolate, da pianista. Mani tentatrici, mani di una Serpe, di un nemico, alle quali però era stata più che disposta ad abbandonarsi.
Quelle labbra eleganti sul suo collo, sul suo seno, a lasciare marchi di possesso con la solita foga che lo caratterizzava: sulla sua gola diafana, Hermione poteva sentire ancora un lieve dolore – in qualche modo piacevole – laddove, ne era certa, avrebbe trovato un segno violaceo.
La mano che stava sfiorando pigramente il volto del ragazzo si fermò su una ciocca di capelli così biondi da risultare luminosi, quasi argentati come quegli occhi che teneva chiusi, cosa che – pensò Hermione – era un delitto contro l’umanità. Quelle iridi erano un’opera d’arte che non si sarebbe mai stancata di osservare, pronta a scorgervi ogni qualvolta qualcosa di nuovo: pronta a farsi sorprendere, ogni singola volta, da un sentimento così forte da provocarle una vera e propria Sindrome di Stendhal, davanti allo sguardo sicuro e indolente del suo predatore.
Si sporse lievemente verso il suo viso rilassato, il respiro corto, e posò le labbra sulle palpebre sottili, che fremettero un attimo prima di spalancarsi.
Il ragazzo, dapprima perplesso, si aprì poi in un sorriso assonnato, facendole scivolare le braccia intorno al collo e avvicinandola di più a sé, incastrando la testolina bruna e ricciuta della strega nell’incavo del proprio collo; lasciò un bacio sulla sua fronte pallida, sorridendo senza staccare neanche per un attimo le labbra dalla sua pelle.
- Buongiorno, Mezzosangue –
Hermione sorrise all’appellativo che, ormai, aveva perso ogni accezione negativa.
- Buongiorno, Furetto. -
Risero insieme, divertiti e spensierati, e per un attimo non ci fu Draco Malfoy e neanche Hermione Granger; per un momento, per quanto breve, furono solo due ragazzi sorridenti e innamorati, con mille e mille possibilità davanti e la prospettiva di giorni sempre più belli.
Due diciassettenni senza alcun peso sulle spalle, come potevano essere tanti dei loro coetanei.
Poi, però, un suono stridulo si diffuse per la stanza; Hermione lanciò uno sguardo preoccupato al ragazzo che, improvvisamente, aveva assunto un’espressione di autentica sofferenza.
- Che cosa succede? -
- Dobbiamo andare… -
La ragazza si dimenò, imbronciata, e strinse più forte le braccia intorno al Serpeverde, incastrando una gamba tra le sue.
- Non voglio… - sospirò, posandogli un bacio sul collo – potremmo saltare le lezioni – propose poi, incerta ma comunque desiderosa di non allontanarsi minimamente da lui.
Draco rise come non si ricordava di aver riso mai, era una risata felice.
- Mi lusinga farti questo effetto, Caposcuola Granger, ma temo non ci sia scelta. Questo è solo un sogno, dopotutto, e questo suono stridulo… Mezzosangue, per le mutande di Merlino, ti svegli tutti i giorni così? -
La ragazza si rizzò a sedere, allarmata. – Un sogno? Aspetta, cosa significa che questo è solo… -



- HERMIONE JEAN GRANGER, SPEGNI QUELL’AGGEGGIO DIABOLICO! -
Un cuscino colpì in piena testa la ragazza, che spalancò gli occhi di colpo, boccheggiando come in mancanza d’aria. Si alzò a sedere di colpo e rimase inerme a fissare la parete, incapace di fare qualsiasi cosa che non fosse cercare di calmare il suo cuore impazzito: la testa le scoppiava, ma quello era solo un particolare infimo, tranquillamente ignorabile rispetto a ciò su cui i suoi pensieri si stavano concentrando.
- Per l’Angelo, Hermione! -
Lavanda Brown avanzò imperiosa verso il comodino in legno di tasso della ragazza e, con un gesto secco della bacchetta, mise a tacere la sveglia a suon di “Silencio”.
- Ti avverto, Hermione, prova a svegliarci ancora una volta così e… Hermione, ti senti bene? –
La ragazza lanciò un’occhiata perplessa alla bruna che, ancora seduta sul letto e con una mano premuta sul cuore, aveva l’aspetto di una maratoneta che avesse corso per ore, per poi fermarsi di botto: il viso era arrossato, la fronte madida di sudore e gli occhi stravolti.
Lavanda lanciò un’occhiata a Calì che, dall’altra parte della stanza, la guardava dubbiosa.
 - Hermione? – riprovò incerta, sedendosi accanto a lei sul letto per poi muovere due dita davanti al suo viso.
 La Grifondoro sobbalzò, colta di sorpresa.
Lanciò uno sguardo confuso a Lavanda, come se fino a quel momento non si fosse neanche accorta della sua presenza; ora che si era distratta dai suoi pensieri contorti e confusi, il mal di testa sembrò scoppiarle nelle tempie, acuto, obbligandola a prendersi la testa tra le mani.
- Cos’hai? -
Anche Calì si era avvicinata e adesso la guardava preoccupata.
La bruna strizzò gli occhi dal dolore, ma cercò di assumere un’aria quantomeno normale prima di rispondere.
- Niente, ho… ho avuto un incubo, e adesso ho un mal di testa lancinante che… Ah, ahi – una nuova fitta la costrinse a lasciarsi cadere tra i cuscini, affondando il viso nella stoffa fresca per cercare conforto.
Non capiva cosa potesse essere cambiato rispetto alle altre volte, per indurle un sogno del genere. Non era la prima volta che Morfeo la portava a confrontarsi con il giovane Serpeverde, ma il più delle volte loro non interagivano: nei suoi sogni, Hermione era di solito una spettatrice esterna, mentre scene della vita quotidiana del ragazzo le sfilavano sotto agli occhi.
Sapeva che erano solo parti onirici, eppure – attraverso essi – aveva avuto l’impressione di conoscere un po’ meglio la persona che si celava dietro Draco Malfoy, spingendola a desiderare di conoscerlo davvero, di poter abbattere quelle barriere che si erano create tra loro in anni di astio, scherzi e cattiverie, di andare oltre tutto ciò per scoprirsi diversi da come ci si era immaginati.
Ma la ragazza sapeva bene che, d’altra parte, chi nasce quadro certamente non morirà tondo; le diversità tra loro erano troppe e insormontabili, e così Hermione si limitava a farsi andar bene quello che aveva, portando avanti con encomiabile coraggio il solito teatrino in cui loro si detestavano e non risparmiavano parole amare, quando si trattava di dimostrarlo. Eppure quel sogno era sembrato così reale, e così bello, e lei ne ricordava ogni singolo particolare, cosa che non era mai successa.
- Tieni, bevi questo –  Calì le passò un calice colmo di un liquido bluastro fumante, con un sorriso incoraggiante – lo tengo da parte per i mal di testa post sbronza, ci metterà un quarto d’ora ma funziona a meraviglia -
Hermione sospirò, guardandola grata, e accettò di buon grado la pozione: aveva un buon sapore di frutti di bosco e, nonostante la consistenza un po’ pastosa, riuscì a berla tutta in un sorso.
- Grazie mille… -
- Di niente. Ti ricordi cos’hai sognato di così brutto? -
- Sì, deve essere stato qualcosa di tremendo, ti dimenavi nel letto già da prima di svegliarti… - Lavanda passò nuovamente il calice vuoto a Calì, poi aiutò Hermione a sciogliersi dal groviglio di coperte, premurosa. I rapporti tra loro non erano mai stati ottimi quando entrambe erano incredibilmente innamorate di Ron, ma Lavanda sembrava aver deciso di dimenticare tutto nel momento in cui una sera, entrando nel dormitorio, aveva trovato Hermione in lacrime sul proprio letto dopo l’ennesimo litigio con Ron, che l’aveva portata a dare un taglio alla loro storia: la sua solidarietà femminile – della quale era molto orgogliosa, tra l’altro – aveva avuto la meglio su qualsiasi rancore potesse portare nei confronti della compagna di Casa, cosa che l’aveva portata a passare altruisticamente la notte con Hermione, a riempire un malcapitato Ronald di insulti ed improperi irripetibili. Se non altro, adesso che i rapporti si erano risanati la situazione lì al dormitorio era sicuramente più piacevole rispetto agli anni precedenti.
- Non lo so davvero, ragazze, io… -
- Buongiorno gente! -
Ginevra tornado Weasley marciò nel dormitorio del settimo anno con la consueta energia, lasciando dietro di sé una nuvola di profumo dalla fragranza agrumata; i suoi capelli rossi, lasciati – per una volta – lisci come madre Natura comandava, le sbattevano allegramente sul viso ad ogni suo movimento scattante.
- Hey Gin – Hermione si limitò ad un sorriso tirato, indossando la camicia e la gonna – che aveva lasciato della lunghezza stabilita da Ginny.
La rossa si sedette sul letto al suo fianco e poi le lanciò un’occhiata obliqua, penetrante come suo solito. Quando si comportava così, analizzandoti con un solo sguardo per poter capire cosa fosse successo e se ci fosse un reale bisogno di preoccuparsi, Hermione si rendeva conto che il suo secondo nome – Molly – le calzava davvero a pennello. Assomigliava a mamma Weasley in una maniera incredibile, in quei momenti.
- Cosa è successo? - domandò infine Ginny, aiutando Hermione a legare i capelli in uno chignon basso sulla nuca, dal quale – come al solito – sfuggivano i riccioli più corti e ribelli, incorniciandole graziosamente il viso.
La bruna si strinse nelle spalle, ringraziando l’amica con un breve abbraccio.
 – Un incubo, Ginny. Neanche lo ricordo bene, so solo che mi sono svegliata con un mal di testa tremendo, e Calì mi ha già dato una pozione per quello. -
Ginny la squadrò, pensierosa, inarcando educatamente un sopracciglio.
- Sicura che sia solo questo? -
- Certo. Cos’altro potrebbe esserci che non va? -





Harry Potter non era mai stato un ragazzo particolarmente acuto, quando si trattava di capire gli altrui sentimenti. Era un ottimo amico, questo sì, ma la sua mancanza di empatia poteva quasi arrivare ai livelli di Ronald Weasley – Hermione, però, sottolineava accuratamente il “quasi”, sapendo che nessuno sarebbe mai riuscito ad eguagliare l’insensibilità innata del suo ex fidanzato. Fu per questo con immenso stupore che, quella mattina, la ragazza lo ascoltò domandarle con aria lievemente preoccupata se si sentisse bene: Harry, solitamente, non si accorgeva di nulla – o quasi.

- Sto bene – gli assicurò, con un sorriso incoraggiante venato di una certa stanchezza, dopo due ore di Pozioni che l’avevano vista alle prese con il Distillato della Morte Vivente. – sono solo preoccupata per la pozione… - aggiunse poi, ostentando un disappunto che non provava realmente.
Il suo Distillato era assolutamente perfetto, lo sapeva e lo avevano confermato gli sguardi di disappunto di Pansy Parkinson e Daphne Greengrass, solitamente le predilette dell’insegnante di Pozioni.
Harry le lanciò un’occhiata perplessa, per nulla convinto ma comunque desideroso di non invadere gli spazi della sua migliore amica. Tra loro era sempre stato così, poche parole e molti fatti: non erano abituati a raccontarsi nei particolari i propri problemi, ma ad entrambi bastava la presenza confortante dell’altro e la certezza che, qualsiasi cosa fosse successa, avrebbero avuto qualcuno accanto su cui appoggiarsi e su cui poter contare, soprattutto, nel momento in cui le cose si fossero fatte troppo complicate.
- Hermione, la tua pozione era assolutamente perfetta. Piton ti ha dato anche dell’esibizionista, il che significa che neanche lui sarebbe riuscito a fare un lavoro migliore. Sicura che non ci sia altro…? – il Ragazzo Sopravvissuto provò ad insistere debolmente, impacciato, cosa che costrinse la bruna a nascondere un sorriso intenerito; magari il suo migliore amico non era particolarmente bravo con le parole, ma il fatto che insistesse nonostante Hermione sapesse che avrebbe preferito scappare piuttosto che invischiarsi in “cose di ragazze” la fece sentire incredibilmente meglio.
- Non essere sciocco, Harry – lo liquidò in ogni caso, con un gesto eloquente della mano che poteva significare solamente che per lei la conversazione era finita. – piuttosto, mi dici tu cosa è successo ieri sera con Ginny o devo procurarmi del Veritaserum? – aggiunse, lievemente minacciosa.
Il volto del ragazzo si colorò di una strana tonalità purpurea, mentre una sua mano sottile scattava a scompigliargli i capelli già naturalmente disordinatissimi, un gesto che Harry era solito compiere istintivamente quando era nervoso nonché uno dei tanti tratti che lo accomunavano a suo padre, James Potter.
- Noi… cioè, io… o forse lei, insomma, il fatto è che… -
- Harry -
- È che non capisco se mi odia, non vuole avere più niente a che fare con me, oppure ha deciso di perdonarmi, perché lei dice che… -
- Harry -
- … non ha nessun problema con me, ovvio che non lo ha, però le ho solo rivolto la parola, che diamine… -
- Harry -
- … non le ho chiesto di tornare insieme, solo di essere amici, volevo solo parlarle e lei mi ha detto che non vuole neanche vedermi e non capisco se… -
- Harry James Potter, per le mutande di Merlino, vuoi zittirti? -
Il ragazzo si arrestò di botto nel bel mezzo del corridoio, boccheggiando in silenzio come se – tutto d’un tratto – avesse dimenticato le parole che era stato sul punto di pronunciare. Un piccolo Tassorosso distratto sbatté contro di lui, per poi scappare via lanciandogli giusto qualche occhiatina. I più giovani tra gli studenti non erano ancora abituati all’idea della presenza del Ragazzo Che è Sopravvissuto tra loro.
Hermione sospirò, passandosi una mano sul viso per poi sorridere debolmente.
- Tu ci tieni ancora a Ginny, Harry? Pensaci bene -
Il ragazzo assunse una strana espressione, poi annuì.
- Bene. Allora stasera, quando sarà sola in Sala Comune, va’ da lei e fai in modo di riprendertela. Non ce la faccio più con voi due, siete ridicoli, si vede ad un miglio di distanza quanto ci tenete. – e, detto ciò, marciò a passo spedito verso la Sala Grande, lasciando indietro il suo migliore amico che la fissava come se non l’avesse mai vista prima.
 
 
**
 
Draco Malfoy era sicuramente uno dei maghi più abili di quella scuola, anche se nessuno lo avrebbe mai potuto sospettare.
Forse solo Blaise Zabini, e solo perché erano migliori amici da tanto di quel tempo che il ragazzo aveva avuto modo di sperimentare personalmente quanto Draco ci sapesse fare con certi incantesimi, quando si impegnava. Il vero problema era che lui non si impegnava quasi mai. Non gli interessava eccellere, primeggiare, spiccare in una scuola dove non era benvoluto, dove al suo passaggio risuonavano ancora, a volte, sussurri spaventati o disgustati. Lui, il Principe delle Serpi, un indolente reale in decadenza; amato e venerato, poi odiato, l’angelo più bello del Paradiso perduto per sempre. Ma anche lui, come Lucifero, di una cosa era certo: meglio regnare all’Inferno, che servire in Paradiso.
E se, alla fine, l’Inferno era ciò che gli spettava, tanto valeva andarci con stile: abbandonarsi alla lussuria, ai piaceri, abbandonarsi alle amorevoli cure della Serpeverde rossa del sesto anno con cui aveva passato la notte precedente, lasciarsi andare a sensazioni che avevano iniziato a risultare sbagliate, immaginando altri capelli, altre mani, un altro corpo più minuto e morbido.
Hermione Granger aveva tanti difetti.
Saccente, fredda, altezzosa, con quell’aria da reginetta inviolabile, lassù, nella sua Torre di Grifondoro e la sua corte intorno, i compagni di Casa adoranti, felici di avere con loro la strega più potente della scuola: ma qual era davvero il suo segreto? Il segreto dietro quegli occhi che, a dispetto di ciò che pronunciavano le labbra, non avevano saputo mentire. Cosa poteva mai tormentare la regina dei Grifoni, lei nel suo palazzo splendente, che neanche degnava di uno sguardo lui, una Serpe, costretta a strisciare per sempre, condannata per l’eternità dal peccato di aver desiderato.
Ma se per vivere bisognava strisciare, lui avrebbe sicuramente preferito alzarsi e morire.
Fu così che, quando la Grifondoro prese posto accanto ad una Lizzie Steeval sorridente, al tavolo di un’altra Casa, Draco Malfoy prese la sua decisione. Le risate dei ragazzi quasi potevano arrivare fino a lui, alle sue orecchie che da troppo tempo non ascoltavano il suono della propria, di risata.
Quel tavolo di Corvonero che era sempre un porto, costituito da ragazzi di tutte le Case, era stato ritrovo accogliente anche per lui; per qualche strano motivo, quegli strambi e brillanti ragazzi avevano deciso di accettarlo nonostante tutto, nonostante un nome così altisonante e un albero genealogico così vergognosamente macchiato del sangue di altri, del sangue di innocenti.  
- Blaise, che ne dici se stasera organizziamo qualcosa con Goldstein? – domandò improvvisamente, senza staccare un attimo gli occhi dal viso pallido e aggraziato della Grifondoro, intriso di stanchezza e velato di qualcos’altro. Qualcosa di cui lui, forse, era a conoscenza.
- Come vuoi. Mi basta saperlo almeno tre ore prima, devo prepararmi. -
Draco sorrise. – Ottimo. Raggiungiamo i Corvonero. -  


**

Salve a tutte,
volevo aspettare una settimana per aggiornare ma sinceramente non ce l'ho fatta.
Tengo molto a questo capitolo e spero che, almeno in parte, sia piaciuto anche a voi: vi consiglio di ascoltare la canzone citata all'inizio, ( Chances - Athlete ), perché è strettamente inerente alla situazione dei nostri protagonisti.
Ringrazio tutti coloro che leggono, seguono e preferiscono; ringrazio i lettori silenziosi ma, in particolare, le ragazze che - recensendo - mi fanno venire la voglia di continuare.
Un bacio enorme e alla prossima,
Ida

 

 

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Capitolo 4
*** Connection ***


IV. CONNECTION

- E quindi la mia conclusione è che Dean sia un perfetto idiota – finì Ginny perentoria, con un gesto eloquente delle mani che Hermione conosceva piuttosto bene. Era il solito cenno con cui l’amica concludeva ogni suo discorso dopo una frase vincente – quel giorno, però, non era stata la piccola Weasley ad avere l’ultima parola, bensì il suo sguardo corrucciato e le braccia conserte, ben più eloquenti di qualsiasi discorso la rossa potesse imbastire. Era divertente come l’umore della ragazza potesse cambiare radicalmente in pochi momenti: da allegra e vitale che era stata quella mattina, eccola chiudersi in sé, schiva, al solo sentire la domanda “com’è andata la serata?”.
Hermione annuì comprensiva, senza ribattere granché: d’altra parte era risaputo che Dean Thomas fosse un bell’idiota, almeno per Ginny, e… almeno da quando la loro storia era finita. Il punto cruciale era che Hermione era perfettamente sicura del fatto che l’amica sapesse quanto si trovassero in disaccordo: d’altra parte era lei che aveva scacciato Harry, durante la serata, semplicemente per la sua tremenda, istintiva, irrazionale paura di star male; ed era sempre lei che aveva deciso di non intraprendere una relazione con Dean, dopo la rottura con l’abile cercatore di Grifondoro. D’altra parte, però, Hermione era abbastanza abituata alle bizze dell’amica per sapere che, probabilmente, vedere il ragazzo che si era dichiarato follemente innamorato di lei avvinghiato ad una mora tutta curve – e non una qualunque, ma una Serpeverde – nel momento in cui lei, emotivamente instabile, si era trovata bisognosa di complimenti ed attenzione, l’aveva ferita nell’orgoglio, facendola sentire come la fissazione passeggera di uno sciocco ragazzino.
Una da dimenticare in fretta, insomma.  Ed ogni singolo essere vivente, lì ad Hogwarts, sapeva che Ginevra Molly Weasley non era una da dimenticare in fretta: era un tornado, uno di quelli che – una volta passato – faceva capire perché i disastri naturali portassero nomi delle persone.
- Ma scusa – s’intromise Lizzie Steeval, perplessa ma sempre disposta a donare il proprio supporto morale ad un’amica in crisi – a te Dean Thomas piace? -
Ginny scosse la testa. – No, ma non è questo il punto. Non puoi dire ad una ragazza che “non riesci a pensare ad altro se non a lei” e poi fartela con la prima troietta di turno, semplicemente non puoi. È una regola, e se la infrangi significa che sei un… -
- … perfetto idiota, sì – concluse la bionda Corvonero con un sorriso, servendosi un po’ di porridge.
- Con Harry, invece? -
- Con Harry cosa? – Ginny rispose brusca, sulla difensiva, posando di scatto il bicchiere di succo di zucca che era stata sul punto di avvicinare alle labbra. Lanciò al liquido aranciato un’occhiata cattiva, quasi disgustata, come se la bevanda le avesse appena fatto un torto imperdonabile.
Lizzie scrollò le spalle. – Non so, pensavo che voi… -
- Pensavi che noi un bel niente. Non c’è proprio niente da dire su di me e Harry, è un idiota pure lui -
Hermione si lasciò scappare una risata divertita, lanciando un lungo sguardo esasperato all’amica seduta accanto a lei. – Oggi è la giornata “i maschi sono tutti idioti”, Gin? Perché se lo è, mi unisco volentieri. –
- A proposito di questo, Caposcuola Granger! – Lizzie lanciò un’occhiatina divertita alla bruna, ammiccando nella sua direzione. – Cos’era quel numero ieri sera con Malfoy? -
La Grifondoro strabuzzò gli occhi, presa alla sprovvista, e quasi si strozzò con un boccone di torta di mele; afferrò il proprio bicchiere di caffelatte, trangugiandolo in un sorso.
- A cosa ti riferisci? Abbiamo solo parlato – squittì acuta, la voce più alta di un’ottava. E d’accordo che Elizabeth Steeval era sicuramente una ragazza molto intuitiva, nonché incredibilmente intelligente, ma che potesse arrivare a capire qualcosa di così assurdo, incredibile e complicato come quello che il solo nome del Principe delle Serpi le provocava dentro, sembrava impossibile persino per una come lei.
La Steeval alzò un sopracciglio. – Questo l’ho visto, ero praticamente di fianco a voi, anche se non mi avete notata… beh, comunque ci credo, eravate impegnati: la tensione sessuale tra voi era alle stelle! -
- Di che sta parlando, Hermione? – s’intromise nuovamente Ginny, scandagliando sospettosa il viso dell’amica, che ormai aveva raggiunto una imbarazzante tonalità di rosso.
- Tensione sessuale tra chi? -
E fu in quel momento che Hermione credette di poter morire. Perché tra tutti, tutti quelli che potevano decidere di unirsi al tavolo di Corvonero quella mattina, ovviamente si presentava lui.
Lui con il suo tono sarcastico, con la sua espressione indolente; lui, che mandò un bacio volante alla bionda Corvonero, provocando un tuffo al cuore della Grifona accanto a lei, ignaro della reazione che i suoi gesti scaturivano in lei. Lui che poi, all’improvviso, sembrò accorgersi della sua presenza: per un attimo il resto del mondo sembrò sparire, e c’erano solo loro due, con i loro sguardi che sembravano volersi distruggere a vicenda. Distruggersi e poi, magari, ricomporsi insieme.
- Ciao Malfoy, Zabini – salutò Lizzie con un sorriso gentile i due ragazzi, ricevendo un piccolo inchino da Blaise ed un’occhiata di deciso apprezzamento, che però non colse.
- Ehi, Draco, Blaise! Qual buon vento? – Anthony Goldstein, seduto pochi posti più in là, scalò per fare spazio ai due nuovi arrivati. Per quanto caratterialmente fossero davvero molto diversi, era risaputo degli ottimi rapporti che correvano tra il Corvonero e i due ragazzi Serpeverde: strano a dirsi, risultava assurdo credere che – più che di Malfoy – Anthony Goldstein riuscisse ad essere amico di quel Blaise Zabini che lo seguiva sempre come un’ombra. Hermione assunse un’espressione altezzosa, la solita che usava indossare in loro presenza, e spinse lontano il piatto con gli ultimi pezzi di dolce: le era passata la fame.
Zabini sorrise ammaliante, prendendo posto insieme al biondo accanto all’amico della Casa blu-rame. – Che ne dite di un’escursione ad Hogsmead, stasera? Magari in collina, fuori dalla città. Qualcosa di divertente –
Avvennero molte cose in contemporanea, in quel momento: Lizzie Steeval, Ginny Weasley e un’altra ragazza di Corvonero, Melissa Sartre, squittirono di gioia, approvando l’idea; la voce di Anthony Goldstein si alzò sopra le altre, dando il proprio consenso con un sonoro “fantastico, vediamoci oggi al campo da Quidditch per i dettagli!”; l’unica nota dolente fu il verso infastidito che sfuggì dalle labbra fini di Hermione Granger, la quale lanciava ovunque occhiate truci.
- State scherzando, spero. Devo ricordarvi che abbiamo preso parte appena ieri sera ad un festino teoricamente illegale? – sbottò altezzosa, spostandosi i capelli sulla spalla con un gesto secco.
Draco Malfoy appoggiò il proprio viso al palmo della mano, annuendo. – E quindi, mia festaiola mezzobabbana? – la prese in giro, guadagnandosi le risatine del tavolo. Il ragazzo osservò il bel volto della sua Grifondoro – quel viso così elegante, mai sorridente per lui – tingersi di rosso, animarsi di rabbia; dovette aspettare pochi secondi prima che la ragazza rispondesse, senza però guardarlo negli occhi.
- E quindi – proseguì la bruna, raccogliendo le proprie cose – non vi sembra di star sfidando un po’ troppo la sorte? -
Il biondo finse di pensarci su un attimo e – No – rispose, con una scrollata di spalle. – allora, Lizzie, ci pensi tu a spargere la voce? -
La Corvonero annuì, una luce entusiasta negli occhi – Ma certamente. E per quanto riguarda Hermione… - si girò verso la ragazza, quasi sul punto di andarsene – abbiamo bisogno di te – aggiunse con una voce gentile, corrucciando il viso – dai, pensa che lo stai facendo per degli amici. Sarai la nostra coscienza in caso dovessimo passare le righe -
La Grifondoro si morse un labbro, incerta, poi alzò gli occhi al cielo. – So già che me ne pentirò -

**

Salve ragazze.
Non so quante di voi ancora seguono questa storia, quante l'hanno abbandonata: se lo avete fatto, lo capisco. Manco per mesi, poi torno all'improvviso con un capitolo del genere, totalmente di passaggio; posso, se non altro, provare a spiegarmi. Ho avuto mesi scolastici davvero pieni e intensi, e quasi mi mancava anche il tempo per uscire una volta a settimana: ne è conseguito che di momenti per scrivere non ne ho avuti affatto, né per rivedere e correggere. Ora che la situazione sembra essere più calma, gli aggiornamenti settimanali riprenderanno.
Mi scuso ancora con voi, e grazie se siete rimaste con me.
Au revoir,
Ida.

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Capitolo 5
*** V. PRIDE AND POISONS ***


V. PRIDE AND POISONS

 
All I want is,
all I need is
to find somebody,
I'll find somebody
like you.


Hermione Granger era in preda al nervosismo più funesto che  la sua persona avesse mai conosciuto e, pensando ai suoi capelli sempre crespi per lo stress del troppo studio e alla sua indole da persona perennemente ansiosa, quel dato poteva significare solo una cosa: guai in vista per chiunque avesse avuto la cattiva sorte di pestarle il mantello anche solo per errore, quel giorno. La ragazza continuava a sottolineare furiosamente i concetti sul libro di Pozioni, quasi a voler bruciare la pagina con la forza che imprimeva nelle doppie linee nere tracciate dalla sua piuma; Ginny Weasley era quasi sicura che, se l’amica non avesse legato i capelli in una crocchia disordinata sulla nuca, avrebbe potuto tranquillamente vedere riccio per riccio vibrare febbrilmente al ritmo veloce del battito del cuore della Grifondoro.
- Hermione? – tentò la rossa, preoccupata, inarcando elegantemente le sopracciglia – credo che tu abbia bucato la pagina. -
La bruna si fermò solo per un momento, rivolgendo di scatto uno sguardo infastidito alla più piccola Weasley, lì accanto a lei, per poi focalizzare la propria attenzione sulla pagina consunta del libro dal quale stava studiando: effettivamente, recava un buco laddove lei aveva calcato troppo con la piuma, sovrappensiero.
Sospirò esasperata. – Reparo. - 
Ginevra aveva, nel frattempo, continuato a gettare occhiate lugubri al proprio testo di incantesimi, come se le parole scritte lì fossero per lei presenti in una qualche lingua incomprensibile, come per esempio Antiche Rune –  materia nella quale, invece, Hermione eccelleva.
- Potresti spiegarmi questo incantesimo? – pregò l’amica, prendendosi la testa tra le mani. Forse in parte era anche colpa sua se, quel pomeriggio, non riusciva davvero a concentrarsi: d’altra parte, Hermione Granger non era l’unica sommersa dai problemi più diversi, capaci di toglierle il sonno e la fame, oltre che la capacità di concentrazione – inaudito, per la studentessa migliore di Hogwarts.
La mente di Ginny continuava a vagare tra gli eventi delle ultime sere: la tristezza per avere così bruscamente allontanato la persona di cui era ancora follemente innamorata era coperta solo in parte dal fastidio che le provocava il sentirsi poco desiderata; d’altra parte lei, Ginevra Molly Weasley, era conosciuta ad Hogwarts come una delle streghe più apprezzate dal genere maschile, e invidiate da quello femminile. Con i suoi capelli rossi, il suo temperamento sbarazzino e focoso e i sorrisi smaglianti, era sempre stata capace di ottenere qualsiasi cosa – o persona – desiderasse. Era ironico che, in realtà, lei non volesse nessuno se non l’unica persona che aveva deciso, in un momento di rabbia, di allontanare definitivamente dalle proprie giornate. In ogni caso non avrebbe mai ammesso il proprio dispiacere ad anima viva, preferendo trincerarsi dietro barriere di orgoglio e menefreghismo, aiutata dagli attacchi di mutismo di cui era preda ogni qual volta Lizzie Steeval, Melissa Sartre o anche semplicemente Hermione provavano ad affrontare l’argomento.
La bruna in quel momento chiuse il proprio libro, osservando invece il testo dell’amica.
- Harmonia Nectere Passus – annuì tra sé, indicando la pagina con fare assorto – non è particolarmente complicato, devi semplicemente ricordare di mantenere un’estrema concentrazione mentre pronunci la formula. L’incantesimo di spostamento è ottimo per spostare un oggetto, un animale o anche una persona, talvolta, senza usare la smaterializzazione… sicuramente Vitious vi farà esercitare con oggetti inanimati, in ogni caso, perché un minimo errore nell’incantesimo potrebbe causare la morte dell’animale o anche della persona che si sta cercando di spostare. È semplice, però: un leggero tocco sull’oggetto da incantare, e la formula va pronunciata con sicurezza. Così – Hermione ripeté le tre parole con decisione, accompagnandole ad un tocco elegante della propria bacchetta contro il testo di pozioni, che videro spostarsi fino al davanzale della finestra più lontana dalla loro postazione sui divanetti della Sala Comune.
Ginny annuì. – Ho capito. Credo di dover provare quando sarò mentalmente più concentrata – mormorò quasi tra sé stancamente.
Hermione si strofinò il dorso della mano sul viso stanco, pensando al proprio, comodo letto e a quanto quella sera avrebbe preferito dormire, anziché andare alla scampagnata di gruppo; ma d’altra parte Lizzie era stata davvero implorante, e – anche se a se stessa non lo avrebbe mai ammesso – iniziava anche a sentirsi stanca di dover vestire sempre la reputazione della guastafeste, perfettina incapace di divertirsi. Anche se, in effetti, fingere un entusiasmo che non provava sembrava ai suoi occhi anche più difficile di un esame G.U.F.O.
- Sai che con me puoi parlare di qualsiasi cosa, vero, Gin? – rivolse i suoi occhi di caramello sull’amica, posandole una mano sulla spalla in un moto di spontaneo affetto. Le iridi scure della rossa si illuminarono brevemente, l’ombra di un sorriso ad incresparle le labbra fini.
- Lo so, ‘Mione. Devo solo fare prima chiarezza con me stessa. E comunque la cosa vale anche al contrario: quando sarai pronta a dirmi cosa ti sta capitando… -
Hermione sorrise mestamente. Si chiese come avesse fatto a pensare, anche solo per un attimo, che alla attenta, intuitiva, premurosa Ginevra Weasley potesse sfuggire un qualsiasi cambiamento nel suo umore.
- Già, lo so. Lo so, il problema è che… non lo capisco neanch’io -


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'Cause everybody knows (she's a femme fatale)
the things she does to please (she's a femme fatale)

Blaise Zabini non riusciva a capacitarsi dell’assurda stupidità dei Grifondoro.
E non si trattava del caro, vecchio astio tra Case, no: lui era sicuramente superiore a sciocchezze del genere come una qualche faida centenaria di poco conto; il suo era semplice e puro stupore, educatissima perplessità nell’osservare i comportamenti di quei tronfi ragazzi. Erano soliti andarsene in giro come fossero stati i padroni del mondo, loro, i Grifoni, impavidi e coraggiosi; e non erano da meno neanche le “regine” della Casa rosso-oro, Ginevra Weasley e Hermione Granger. In qualche modo che il ragazzo non riusciva davvero a spiegarsi, sembrava che – lì, nella torre dei Grifoni – avere capelli rossi e un milione di efelidi, oppure essere insopportabili “so-tutto-io” altezzosi e più snob di un Malfoy ed uno Zabini messi insieme – e sembrava assurdo anche solo a pensarlo – assicurava un posto nell’élite, nel gruppo degli amati, venerati e anche un po’ temuti. Perché era ovvio che chiunque, lì ad Hogwarts, sembrava nutrire una sorta di reverenziale rispetto per il trio delle merdaviglie, come era solito definirli Draco nei suoi momenti migliori, e per chiunque facesse Weasley di cognome e nutrisse un’insana passione per qualsiasi cosa appartenesse, fosse appartenuta o fosse anche solo stata toccata da un babbano.  
Era perciò con perplessità crescente che il ragazzo osservava Ginevra Molly Weasley, rinomata femme fatale della scuola nonché quella con la battuta sempre pronta, prendersi la testa tra le mani e nasconderla tra le ginocchia piegate, seduta all’ombra di un albero nel parco, nel fresco della sera che andava calando.
Che la piccola Weasley si struggesse per il magico Potty, il Ragazzo che Non Capiva Mai Niente, era uno di quei segreti così segreti, così irrivelabili, che a scuola ne erano al corrente praticamente tutti – tranne, ovviamente, il diretto interessato, ma lui sembrava davvero non capire mai nulla, quindi probabilmente non faceva testo. E i Grifondoro avrebbero potuto dire qualsiasi cosa contro le serpi, infimi, ambiziosi Serpeverde, ma una cosa era certa: se l’orgoglio impediva loro di agire al meglio senza esporsi troppo per appropriarsi di ciò che desideravano, allora il Cappello Parlante lo aveva smistato decisamente bene – non che ci fossero mai stati dubbi.
- Cosa guardi, Blaise? – la voce di Daphne Greengrass lo riportò alla realtà. Il ragazzo si voltò verso la bruna che gli si avvicinava con passo sinuoso, scrollando elegantemente le spalle.
- Niente – fu la serafica risposta – ammiravo il mio riflesso nel lago. Non trovi che oggi i miei occhi risultino particolarmente luminosi? -
La Serpeverde alzò gli occhi al cielo, tirando uno schiaffo scherzoso al braccio dell’amico. – Trovo che il tuo cervello risulti particolarmente piccolo, mio caro -
- Oh! Beh, qualcosa mi dice che dovremo lavorare sul tuo intuito, Daphne – il moro inarcò divertito un sopracciglio – allora, mi porti notizie di stasera? -
Gli occhi scuri come la notte della Greengrass si assottigliarono, illuminandosi di una luce diversa, la luce che sempre brillava in lei quando si parlava di fare qualcosa di tremendamente illegale e tremendamente divertente. – Come sai non ci si può smaterializzare per arrivare ad Hogsmeade, ma possiamo utilizzare il passaggio segreto che sbuca da Mielandia con tranquillità: il negozio sarà aperto, a quanto pare il proprietario deve un favore a Lizzie Steeval, credo che sia uscita con suo figlio o qualcosa del genere, e se l’ha fatto ha davvero un enorme coraggio: insomma, hai presente Thomas Hopkins? – Daphne fu scossa da un leggero brivido – assolutamente tremendo. In ogni caso ci vediamo direttamente dietro la Stamberga Strillante, ognuno andrà per conto proprio, l’orario stabilito è intorno alle undici… -
Blaise annuì distratto, notando con la coda dell’occhio un gruppo di ragazzine del primo anno che, appostate dietro un albero con il pretesto di ripetere qualcosa, continuavano a lanciare occhiate adoranti a lui e omicide alla bruna al suo fianco: il ragazzo rivolse loro un sorriso smagliante, e un coro di sospiri ed urletti si sollevò dal piccolo branco – “ha sorriso proprio a me!” e “no, stupida, sorrideva a me!”.
- Blaise, per Merlino, mi ascolti? Sei così pieno di te che a volte credo dovresti crearti un clone solo per avere più spazio in cui distribuire il tuo ego – la voce di Daphne Greengrass, tagliente come il vetro, ebbe l’effetto di ingigantire ancora di più il sorriso sul volto di Zabini, illuminando a giorno il parco.
- Tu dici? In effetti è una splendida idea, Daphne, non ci avevo mai pensato! Vado ad informarmi… - iniziò ad allontanarsi a grandi falcate, parlando tra sé.
La bruna restò a guardarlo con un’espressione scioccata, quasi non credesse che un ragazzo magro, di un metro e settantotto, potesse contenere dosi così alte di egocentrismo e narcisismo allo stato puro: incrociò con uno sbuffo le braccia al seno, alzando gli occhi al cielo. – Maschi! – sbottò, allontanandosi anche lei.
Il piccolo gruppo del primo anno, nel frattempo, continuò ad incenerirla con lo sguardo.
 
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And I lived in your chess game,
but you changed the rules every day


 
La serata non avrebbe potuto essere organizzata in maniera più perfetta neanche impiegandoci dieci anni, ed Elizabeth Steeval ne era perfettamente cosciente. Mentre terminava gli ultimi incantesimi intorno alla tenda incantata, per essere certa che non potessero essere né visti, né sentiti, lanciava continui sguardi d’approvazione all’enorme spiazzo perfettamente organizzato: all’interno della tenda le ragazze, tra cui Melissa e Ginny insieme ad alcune Grifondoro ed una silenziosa Tassorosso  - com’era il suo nome, Sasha? Masha? – avevano posizionato alcuni stereo incantati dai quali la musica da discoteca veniva diffusa ad un volume improponibile, capace di rompere i timpani a chiunque, probabilmente, ma non a loro.
All’esterno era allestito un gran fuoco, intorno al quale i ragazzi ridevano e chiacchieravano del più e del meno, raccontandosi aneddoti dell’estate appena finita, ricordando vecchi guai e facendo congetture sul proprio ultimo anno di scuola. La bionda Corvonero intercettò la Caposcuola Granger, quella sera particolarmente piacevole nonostante il suo abbigliamento modesto: indossava una gonna di jeans a metà coscia ed una semplice t-shirt azzurra, ma i suoi occhi – spenti nell’ultimo periodo – sembravano particolarmente luminosi mentre rideva a qualcosa che Goldstein le stava raccontando.
- Caposcuola Granger! – Lizzie si avvicinò con un sincero sorriso, scoccando un bacio volante alla sorridente ragazza, che ricambiò entusiasta il saluto.
- Ciao, Lizzie -
- Sono felice che tu sia venuta, anche se non approvi… - la Corvonero rise apertamente, ammiccando ironica al viso rosso d’imbarazzo dell’amica; Hermione si strinse nelle spalle, vestendo un sorriso di circostanza.
- Visto che sono qui, tanto vale godermela. Anche se sto sognando il letto – replicò ingenuamente – e comunque, ho appena detto ad Anthony che mi chiedevo sinceramente perché io mi sia nuovamente stupita della fantastica organizzazione, sapendo che dietro a tutto questo ci sei tu. –
Il ragazzo rise con leggerezza, scompigliandosi i capelli – Sai, dicono che quando si tratta di organizzare feste i migliori siamo noi Corvonero, ma quello che intendono è: la migliore è La Corvonero – lo sguardo di ammirazione che lanciò alla sua compagna di Casa fu sufficiente, per la Grifondoro accanto a loro, a indurla ad allontanarsi per lasciare ai ragazzi l’intimità che, ne era certa, entrambi desideravano, anche se probabilmente solo Goldstein aveva già compreso la cosa.
- Vado a prendermi qualcosa da bere, a dopo! – e si allontanò quasi di corsa, entrando all’interno della tenda.
Il volume della musica era più che assordante, ma quello che più di tutto la stupì furono le dimensioni degli interni: non era affatto la prima volta che la ragazza si ritrovava in una tenda magica, ma sicuramente non si sarebbe mai aspettata qualcosa di così grande, sontuoso e incredibilmente… magico. Non c’era altro termine per descriverlo. Le Sorelle Stravagarie, la cui voce si diffondeva da enormi stereo incantati, urlavano contro la società che impediva ai ragazzi di godersi la propria adolescenza, mentre loro avrebbero solo dovuto divertirsi e “non pensare al domani” – Hermione era abbastanza certa che fosse quello, il titolo della canzone, perché nell’ultimo periodo era stata la preferita di Ginny. Si avvicinò al tavolo delle bevande e le analizzò scettica, individuando poi quella che le sembrò essere meno nociva: dell’innocuo ponce dal colore rossastro, che si versò in un bicchiere di carta dello stesso identico colore.
Alle sue spalle qualcuno si schiarì la voce con educato divertimento, e un attimo dopo un odore di sapone e dopobarba – odore che lei conosceva fin troppo bene – giunse alle sue narici, inebriandola.
- Ah, Granger, Granger… così non va proprio bene, lo sai? – la voce che le si rivolgeva era sottile, fredda, ironica; due mani gelide le si posarono sulle spalle, e la ragazza si tese come la corda di un violino a quel tocco – prima la festa, poi questo piccolo party, ora addirittura bevi? Cos’è successo alla mezzosangue-zannuta-io-non-mi-diverto? -
Le gote della ragazza si tinsero di rosso.
Rabbia. Quello era il sentimento giusto, si disse, l’unico che avrebbe dovuto provare nei confronti di una tale serpe, l’unico che era disposta a concedergli: si voltò di scatto, scrollando dalle proprie spalle quelle mani sottili da pianista, e per poco non andò a sbattere contro il torace tonico del ragazzo, fasciato da una semplice camicia nera.
- Certo che sei noioso, Malferret. Cambia solfa, questa la abbiamo già sentita -  alzò orgogliosamente il viso, puntando uno sguardo deciso su quello del Serpeverde davanti a lei evitando, però, il contatto con gli occhi. Era l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
Non poteva permettersi alcuna distrazione, e tuffarsi in quei pozzi di argento colato, freddi e taglienti, sarebbe stata la peggiore distrazione, soprattutto perché l’ultima volta che li aveva realmente osservati era stato nei suoi sogni, e il contesto di quei sogni era così terribilmente sbagliato, peccaminoso… Non gli avrebbe permesso di capire nulla della sua agitazione, del suo tormento interiore: anche se la sua semplice presenza la feriva dolorosamente, non avrebbe lasciato trapelare niente di ciò. Fredda come lui, ma orgogliosa come una Grifondoro.
- Per Merlino! Morde, la bambina. Abbiamo anche dimenticato le buone maniere, Granger? Mi sei caduta davvero in basso. -
Insolente.
Idilliaco… no, insolente.
La bruna gli rivolse uno sguardo di fuoco, stringendo più forte il bicchiere tra le mani, le nocche che sbiancavano. – Lasciami passare, Malfoy, non ho tempo da perdere. Devo cercare… -
- Se intendi cercare la piattola – la interruppe lui, divertito – un attimo fa l’ho vista impegnata in un interessante discorso con Blaise su chi dei due potesse essere più bravo con gli incantesimi offensivi. Credo che tra poco passeranno alle dimostrazioni pratiche, non ti conviene disturbarli –
- Oh, cielo. Togliti, ci mancava anche l’altro idiota -
- Come hai detto, Granger? -
- Niente. Ti sposti? -
- E se non volessi?... Cos’è questo odore? -
Hermione si spazientì. – E se non volessi sarei costretta a farti spostare a modo mio, caro il mio furetto nervosetto, e credimi che non aspetto altro che una scusa per farlo e… quale odore? -
Il biondo assunse un’espressione guardinga, lanciando occhiate intorno a sé, una mano a scompigliare i serici capelli così biondi da sembrare quasi bianchi - pallore quasi lunare, quel brillio mortale suo unico totormento. Hermione sentì per un attimo la assurda, terribile tentazione di sfiorarli per sapere finalmente come sarebbero stati al tatto: soffici, setosi come nel sogno? Lo sguardo sospettoso del ragazzo, però, la riportò con i piedi per terra.
- Malfoy – lo richiamò, esasperata – sei uscito di senno. -
Avvicinò il bicchiere alle labbra, prendendo un grande sorso di ponce – era amaro, disgustosamente amaro e non capiva come la gente potesse bere quella roba – e in quel momento il ragazzo si voltò nuovamente verso di lei.
- Viene da… aspetta, Granger, non berlo! -
Quelle furono le ultime parole che Hermione sentì, poi tutto intorno a lei si fece confuso.



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Ciao a tutti!
Ho deciso di tornare presto con un nuovo capitolo per ringraziare quanti hanno letto quell'obbrobrio che è stato il quarto e che, inoltre, non hanno dimenticato questa storia neanche il tempo passato: questo capitolo è un po' lunghetto, per cui spero che non vi siate annoiate a leggerlo.
Purtroppo non ho molto tempo per postare quindi vado via in fretta, volevo solo dirvi grazie di cuore per il vostro supporto!
A presto,
Ida

 

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