Un rituale nella sabbia

di Eristhestrange
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Buoni propositi ***
Capitolo 3: *** Crisi d'identità ***
Capitolo 4: *** Quando meno te lo aspetti... ***
Capitolo 5: *** Fortuite coincidenze ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

Una figura solitaria avanzava con passo leggero attraverso la piana desertica.

In mezzo al cielo terso e azzurro, il sole illuminava la sabbia dorata che si estendeva a perdita d'occhio per chilometri e chilometri, producendo un caldo afoso che in pochi avrebbero potuto sopportare facilmente.

Lontano dal fiume principale che divide in due parti l'isola, il deserto di Sandora risultava ad ogni viaggiatore come un percorso ostile e difficoltoso che richiedeva giorni di cammino, grandi scorte d'acqua e una buona bussola.

Tutto ciò che il forestiero sembrava portare con sé sembrava tuttavia essere solo ed unicamente la sua persona, coperta da una tipica tunica bianca con un cappuccio che ne celava le sembianze.

All'apparenza non dava l'impressione di essere affaticata o sofferente, ma procedeva ritta e con tranquillità verso la sua meta.

Si trovava infatti a pochi chilometri dalla capitale, Alubarna, la quale svettava in posizione soprelevata al deserto, su un altopiano roccioso.

Le alte mura bianche che la circondavano pullulavano di sentinelle, così come i cancelli principali.

A quell'ora certamente la figura doveva essere stata individuata da un pezzo, rimaneva solo da scoprire se volesse o no entrare in città.

In poco tempo il forestiero ammantato di bianco cominciò a salire una delle lunghe gradinate che portavano ad Alubarna, rendendo così palesi le sue intenzioni.

Due guardie colossali abbassarono le loro alabarde non appena la figura si avvicinò alla porta, questa non ne risultò sorpresa, si limitò semplicemente a fermarsi davanti alle armi incrociate davanti a sé.

"Fermo, straniero! Abbiamo l'ordine di perquisirti prima che tu possa entrare in città, sono ordini del re." disse uno di loro in tono ferreo, seguito dal compagno "Togli la tunica e mostraci il volto!".

Il forestiero alzò con calma il braccio sinistro, scostandosi le maniche della tunica per mostrare la sua mano ai due guardiani.

Sul dito medio brillava un enorme anello verde a forma di scarabeo, sul cui dorso era incisa una serie di geroglifici dorati.

"Lasciatemi passare" la voce, anche se cammuffata dal cappuccio e dalla sciarpa che le coprivano il volto, era chiaramente quella di una donna "Sono l'Oracolo di Thot!".

I due uomini chinarono immediatamente il capo e disgiunsero le armi, portandole al loro fianco.

"Perdonaci, Oracolo" dissero all'unisono, mentre la donna proseguiva oltre la soglia senza dire nulla.

Le strade lastricate della grande città erano, a differenza del grande deserto, particolarmente affollate e chiassose, ma l'oracolo non ci diede troppo peso.

Passava inosservata attraverso la folla, diretta verso il palazzo reale.

Una costruzione molto imponente e soprelevata rispetto a tutto il resto della cittadina. Le sue cupole dorate rilucevano al sole ed erano visibili anche a grande distanza. Un secondo complesso di mura lo proteggeva da eventuali incursioni, rendendolo l'ultima difesa della cittadina.

Erano passati pochissimi anni dalla grande battaglia che aveva visto coinvolta tutta l'isola, ma il peggio sembrava definitivamente essere passato.

Il ricco paese che un tempo era stato Alabasta stava ritornando al suo antico splendore.

Di nuovo imboccò una delle rampe che delimitavano l'accesso alle porte del palazzo reale e, nuovamente, si ritrovò di fronte alle guardie.

Mostrò una seconda volta l'anello "Desidero essere ricevuta da Sua Maestà" "Attualmente non è in udienza. Sarebbe un onore per me potervi scortare fino alla sala del trono e annunciarvi".

Dopo un cenno di assenso col capo da parte della donna, la guardia si voltò per scortarla attraverso i corridoi dalle pareti damascate fino ai grandi battenti della sala del trono.

Alla vista di un simile luogo, chiunque si fosse trovato lì sarebbe rimasto abbagliato da tanta maestosità.

La stanza aveva delle dimensioni colossali ed era quasi considerabile come un edificio a sé stante.

Il pavimento, composto da mattonelle vitree e lucenti a motivi geometrici e colorati, era in gran parte coperto da preziosi e pesanti tappeti dal disegno floreale.

I lati lunghi presentavano arcate ogivali di marmo aranciato, su cui poggiava un finto ballatoio dal quale ricadevano grossi cespi verdi di piante e fiori colorati.

Il soffitto si sviluppava in una lunga volta a padiglione decorata per tutta la sua considerevole lunghezza da arabeschi dorati, sorretta da quattro grosse statue d'oro di elefanti per ognuno dei quattro angoli principali della sala.

Ciò che lasciava più a bocca aperta era tuttavia il lato corto esattamente frontale all'entrata.

Una piccola rampa portava ad una gigantesca arcata lobata che ricordava la forma di un fiore. Dietro ad essa un basso soffitto a volte coperto da innumerevoli tende dai colori caldi ospitava un meraviglioso trono di marmo e oro, coperto da cuscini di seta.

L'alcova che ospitava lo scranno era aperta e lasciava entrare in tutta la sala la luce proveniente dall'esterno, regalando anche una visione mozzafiato della città di Alubarna, di cui si poteva godere meglio tramite un balcone a mezzaluna.

L'odore pungente dell'incenso superava persino quello delle piante e dei fiori presenti nella sala in gran quantità.

Arrivato alle gradinate adiacenti al trono la guardia si fermò, mentre la donna gli stava tranquillamente accanto "Vostra Maestà, l'Oracolo è tornato.".

Girato verso il panorama della città, il re si voltò immediatamente con aria stupita, facendo svolazzare la sua sopravveste viola.

La donna, inaspettatamente, si inginocchiò al suo cospetto.

"Vostra Maestà" disse in tono greve "Fate chiudere le porte e uscire le guardie, dobbiamo conferire in privato. E' una questione che richiede la massima attenzione e la massima segretezza".

L'espressione del re si fece subito preoccupata.

Con un cenno della mano, tutte le decine di sentinelle presenti nel grande salone si diressero verso il portone principale, per poi serrarlo alle loro spalle senza porre domande.

Quando i battenti vennero chiusi, la donna si alzò, togliendosi finalmente il cappuccio e la tunica.

“Cobra Nefertari, quanto tempo.”

 

Angolo dell'autrice

Rieccomi dopo tanto tempo. Ammetto che non vedevo l'ora di ricominciare a scrivere e sono contenta di aver finalmente imbastito questa nuova storia. Spero che troverete il prologo allettante e che la seguirete con interesse. La vicenda è strettamente collegata al mio precedente racconto “Scacco matto al Re di Cuori”, la cui lettura non è indispensabile ma consigliata. Vi aspetto al primo capitolo e grazie a tutti per aver letto!

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Capitolo 2
*** Buoni propositi ***


Capitolo I

Buoni propositi

 

"Sapevo  che ti avrei trovata qui..."

Non appena era entrata nella maestosa sala del santuario, Vivi non aveva trovato molto difficile scorgere l'unica presenza umana al suo interno.

Aveva percorso la colossale navata delimitata da imponenti e austere colonne, fino ad arrivare ai gradini che portavano direttamente all'altare sacro.

Era proprio davanti ad esso che la figura avvolta in un candido mantello stava deponendo le sue preziose offerte.

Non appena sentì le parole della principessa si fermò, trattenendo la ciotola decorata a mezz'aria fra le mani.

"Sono diventata troppo prevedibile, cara cugina?" chiese ironica; il tono della sua voce era tuttavia molto dolce, lasciando trasparire un innegabile affetto nei confronti dalla giovane dai capelli azzurri.

Posò con cura la ciotola sull'altare, poi si voltò verso la principessa a cui prima stava dando le spalle.

Abbassò il velo che portava sul volto, poi levò il cappuccio che non permetteva di distinguere distintamente i suoi tratti, lasciando che una lunga cascata scarlatta le ricadesse lungo la schiena.

Non appena rivide quel viso inconfondibile, Vivi si illuminò di gioia, sfoderando un enorme sorriso, ricambiata poi dalla cugina stessa.

"Oh Eris, sono così contenta che tu sia qui!" ammise abbracciandola con grande enfasi.

Erano passati molti mesi dall'ultima volta che la principessa l'aveva vista.

Sua cugina era una persona sempre molto impegnata, per un motivo o per l'altro, ma lei era la prima a comprenderla. Le incombenze di una figlia nei confronti di un padre a capo di una nazione non le erano per nulla nuove, ma sapeva benissimo che gli impegni di Eris raramente coincidevano con quelli burocratici della corte.

Era sempre stata uno spirito libero e spesso e volentieri si ritrovava coinvolta in una qualche avventura, come spesso era capitato (e ancora capitava) a suo padre, Shanks il Rosso.

Vivi tuttavia sapeva benissimo quanto Eris tenesse a lei e ad Alabasta e ciò bastava a darle la sicurezza che prima o poi l'avrebbe rivista.

"Anche io sono felice di rivederti Vivi! Scusami se non sono venuta a salutarti, ma..." "Lo dici tutte le volte che arrivi! Tranquilla, non devi preoccuparti! Hai tutte le ragioni di questo mondo per voler passare prima qui..." disse rivolgendo lo sguardo alla grande statua della divinità davanti a loro, imitata dalla cugina.

Eris sospirò "Grazie...mi sembrano anni che non vedo questo posto..." "E' passato molto tempo in effetti! Hai fatto davvero una follia questa volta...temevo che sarei dovuta venire a prenderti lo sai?" Vivi era piuttosto corrucciata.

Aveva saputo, come del resto tutti, di ciò che era successo a Dressrosa e quegli avvenimenti l'avevano impensierita molto.

"Lo sai che me la cavo sempre, nonostante tutto..." "Già..." rispose pensierosa "Sembra proprio che lei vegli su di te...".

Gli occhi verdi di Eris si velarono di malinconia "Certe volte vorrei proprio sapere cosa ne pensa di me..."

"Incenso delle Valli Dimenticate...come hai fatto ad averlo?" chiese con curiosità, nel tentativo di distogliere la ragazza dai suoi pensieri.

Fece un mezzo sorriso "Volevo portare un dono prezioso..." "Come al solito!" la canzonò, sorridente "E poi non hai risposto alla mia domanda! E' praticamente impossibile reperirlo...nemmeno il Grande Tempio di Alubarna ne possiede!".

"Sei sempre la solita impicciona!" rispose ridendo la ragazza, seguita dalla principessa stessa "Si da il caso che abbia fatto i salti mortali per trovarlo! Si trovava in un antico santuario abbandonato da millenni su un'isola invernale...l'ho riconosciuto subito dal profumo e ho strappato via la scatola dalle mani di una vecchia mummia. Peccato che facendo ciò io abbia risvegliato l'esercito fantasma che lo proteggeva!".

"Sei davvero brava ad inventare sciocchezze! Chissà a quale vecchio mercante di cianfrusaglie raggrinzito l'avrai ottenuto a peso d'oro!" la ragazza dai capelli rossi la squadrò accigliata, prima di scoppiare in una fragorosa risata.

"E tu sei brava a smascherarmi cugina!" improvvisamente il suo sguardo si rifece molto serio "Non dimenticare però che ci troviamo in un luogo sacro. Ti chiedo per favore di lasciarmi terminare il sacrificio, così potrò recarmi alla tomba di mia madre. Spero che non ti dispiaccia aspettarmi nell'androne, ma vorrei stare un po' da sola...".

Anche Vivi si fece più contenuta e annuì semplicemente con la testa, prima di darle le spalle e scendere i gradini.

"Grande Isith, ti presento la mia offerta!" la voce stentorea della ragazza risuonò attraverso il monumentale colonnato, come a inseguire la giovane cugina che di lì a poco sarebbe sparita oltre la soglia.

In ginocchio davanti all'altare, Eris prostrò il capo dinnanzi all'immensa statua della dea, con le braccia tese verso di lei.

La pelle di basalto levigato faceva da perfetto contraltare alle vesti d'oro che brillavano come stelle alla luce fioca dei pochi lucernari.

In piedi, rigida e ferma, reggeva il bastone del potere alla cui sommità svettava una grossa pietra dal colore verde. Sul suo capo stava ritta come per magia l'enorme corona con la sfera simbolo del sole, mentre i suoi occhi cerchiati di nero avevano un'aria assente, come persi nell'immensità del colonnato che le stava di fronte.

"Potente dea, ricevi benevolente questo prezioso dono in segno della mia gratitudine. Possano prosperare i tuoi santuari ed essere ricchissimi i tuoi altari. In cambio ti chiedo solo di vegliare su mia madre, la Gran Sacerdotessa Neferusebek, che ora recita i tuoi riti nell'aldilà. Ti imploro, grandissima Isith, ascolta le mie parole, ed io, come sempre, ti renderò onore e omaggio!".

Le sue parole si persero nel grande colonnato, riecheggiando come una lenta e ripetitiva canzone.

Si levò in piedi, risistemandosi attentamente il mantello e il velo.

Il santuario non era un luogo molto frequentato: venivano fatte offerte alla dea e perpetrate le cerimonie soltanto dai più alti membri del clero, al resto della popolazione non era permesso l'accesso se non in occasioni particolari e nessuno ad Alubarna avrebbe mai osato profanare un luogo sacro.

Scese i gradini e circondò l'altare per proseguire oltre quella grande sala.

Qualche colonnato più tardi la ragazza si trovò di fronte all'immensa strada processionale che dal santuario portava alla Bianca Piramide.

Una lunga via a lastroni i cui lati erano occupati da una fila di grosse tigri di pietra accovacciate, col muso rivolto verso l'interno, come a voler osservare coloro che intraprendevano il viaggio verso il fastoso monumento al suo termine.

Nonostante la strada fosse particolarmente lunga, sin da sotto il porticato che ne consentiva l'accesso si poteva distintamente scorgere una grande piramide risplendere sotto il sole cocente di Alabasta, al quale era totalmente esposta anche la via sacra.

Il percorso, come si aspettava, era totalmente vuoto.

Incurante delle elevate temperature, intabarrata nel suo mantello, imboccò la strada verso la piramide con sicurezza.

Era un percorso che aveva già fatto.

Camminare lì in mezzo la agitava sempre e più andava avanti più il senso di inquietudine aumentava dentro il suo stomaco, facendole aggrovigliare le viscere in un nodo tanto stretto da salirle fino alla gola.

Si fermò, guardando una delle tigri poste sulla via.

Nelle sue orbite erano stati incastonati due grossi rubini vermigli che rilucevano minacciosi alla luce.

Si pose accanto al lato del grande blocco di arenaria che faceva da supporto alla tigre e con una mano fece una leggera pressione in un punto della roccia, finché questa non scorse aprendo un insolito passaggio all'interno del parallelepipedo.

L'interno appariva come un buco totalmente nero, senza luce di sorta, ma grazie al sole proveniente dall'esterno Eris poté intravedere una piccola rampa discendere verso il basso.

Da una tasca del mantello estrasse un lumino che prontamente accese prima di calarsi nelle tenebre di quel luogo nascosto.

Pochi passi e si ritrovò in una piccola stanza. Il lumino le permetteva di intravedere le figure umanoidi dei dipinti a colori vivaci delle divinità, ma ciò che era nel suo maggior interesse era raggiungere una nicchia che stava proprio di fronte a lei.

Sopra l'altarino dorato delle offerte, sul quale posò il lumino, erano state praticate delle feritoie nel muro.

Dalle ampie tasche estrasse un piccolo vassoio nel quale pose una manciata di fichi sufficiente a colmarlo.

Con fare titubante e con il cuore in gola si avvicinò alla nicchia, pose l'offerta con un piccolo inchino e si affrettò a bruciare delle essenze nell'incensiere.

Alzò lo sguardo verso le feritoie, tremante.

"Sono tornata, mamma..." la sua voce spezzata colmò d'improvviso quel luogo così silenzioso "Guarda qui! Ti ho portato i fichi, lo so che ti piacciono tanto! E poi l'incenso! Ho fatto davvero l'impossibile per trovarlo!".

Sorrise fra sé e sé, ma quel breve momento di entusiasmo durò poco, lasciando spazio ad un atteggiamento di rassegnazione.

"Lo so. Stavolta l'ho combinata grossa, ma te lo giuro, io non volevo farvi stare in pensiero...è solo che...beh...non sarebbe andata così se non fossi stata ingannata! L'hai visto anche tu no? Se sono finita in quel guaio è solo per colpa sua!" sospirò, rendendosi malinconicamente conto di stare attendendo un segno di approvazione che non sarebbe mai arrivato.

"Mi dispiace. Mi dispiace mettermi sempre nei guai, dico sul serio. Ho pensato molto a te e a papà in quei giorni, è stato tutto così difficile...ma alla fine ce l'abbiamo fatta. Il ragazzino, quello di cui mi raccontava sempre papà, quello con il cappello di paglia, l'ho conosciuto sai? E' un po' strano, ma capisco perché ha voluto salvarlo. La prigionia a Dressrosa mi ha fatto riflettere su tante cose, specialmente sui miei poteri. Aver ingerito quel frutto del Diavolo è stata la mia rovina: come già ti avevo anticipato, sembra proprio si trattasse di un esperimento del Dottor Vegapunk, una specie di incrocio fra due frutti diversi che non è andato a buon fine. Le forme che posso assumere e i poteri che posso utilizzare sono praticamente incontrollabili nonostante i miei tentativi di domarli...ti avevo parlato della mia forma finale, quella brutta avventura successa qualche anno fa quando mi sono imbattuta in quell'idiota di Kidd. Beh, è successo ancora, e sembra che ci sia un altro effetto collaterale che non riesco a spiegare. Ho avuto una nuova visione: il vecchio che mi si era presentato la prima volta che mi sono trasformata era più strano, come agitato. Io credo che lui abbia in qualche modo a che fare con il mio frutto, ma non so come...tutti gli indizi che ho ora mi conducono in una sola direzione" prese un lungo respiro, prima di ricominciare con tono sempre più greve "Le rovine di Nekhrebu. Lo so che tu non saresti d'accordo e che nemmeno lo zio lo sarà, ma io devo tentare. Sono felice che tu non possa vedere cosa sono diventata mamma, perché sono un mostro adesso, a meno che non indossi questo bracciale di agalmatolite per annullare i miei poteri...".

Sollevò la manica per osservare tristemente il grosso monile che portava al polso "...Non lo posso controllare. Se lascio libero il mio potere divento una minaccia per chiunque. Inoltre, ora che la storia con Doflamingo è diventata di dominio pubblico, sarò una preda ancora più ambita per chiunque e devo sapermi difendere. Non posso permettere che papà rischi di nuovo di perdere tutto per colpa mia. Perdonami mamma, ma io devo intraprendere questo viaggio, non solo per me, ma per tutti coloro che mi circondano. Anche lo zio si sta addossando un grosso rischio tenendomi qui: finché celerò la mia identità sarò al sicuro, ma se dovesse succedere qualcosa...no! Non ci voglio pensare!".

Chiuse gli occhi e posò le mani sull'altare, parlando con risolutezza "Madre, ti supplico, dammi la tua benedizione per questo viaggio e fa che non sia vano. Ti prego, guidami come sempre verso la via della luce e stammi sempre vicina".

Con lo sguardo supplichevole, rivolto in direzione delle feritoie, aggiunse con mestizia, chinando il capo "Come vorrei che fossi qui...".

 

Angolo dell'autrice:

Ciao a tutti! Eccomi di ritorno! Cosa saranno queste fatidiche rovine e cosa celeranno di cose temibile? Eris sarà davvero pronta per un lungo viaggio nel deserto? Chissà se servirà mai a risolvere il suo problema una volta per tutte...

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Capitolo 3
*** Crisi d'identità ***


Capitolo II

 

Crisi d'identità

 

"Quello che stai dicendo non ha alcun senso...perché dovresti sprecare tempo a cercare un posto che non esiste?" il re di Alabasta sembrava alquanto turbato, osservando accigliato la giovane ragazza parlare davanti a quella ristretta cerchia di persone.

In una delle stanze adibite per lei si erano riuniti infatti la principessa, le due guardie a capo degli eserciti reali, Pell e Chaka, e il sovrano stesso.

Nessun altro all'infuori di loro era al corrente della vera identità di Eris e quel segreto era da custodire con la vita, per il bene della ragazza e del regno.

"Sapevo che non saresti stato d'accordo zio, ma questa è una mia decisione..." sospirò, tenendo le braccia incrociate sotto il petto. Era consapevole che la sua scelta di partire non avrebbe incontrato l'approvazione di nessuno.

"Sua Maestà ha ragione, è un viaggio rischioso ed è altamente improbabile che tu riesca a trovare anche solo una traccia di ciò che cerchi..." Chaka era terribilmente serio e venne subito seguito dal compagno "Ho sorvolato per anni queste piane desertiche e non ho mai visto nulla di sospetto o che già non fosse segnato sulle mappe!".

Sbuffò, distogliendo lo sguardo "Come potete pensare che una cosa del genere compaia alla luce del sole sotto gli occhi di tutti? Una panoramica dall'alto è senza dubbio insufficiente" "Vorresti dire che vuoi incamminarti da sola nel deserto a piedi? Ma è una follia! Non sai nemmeno dove sei diretta! Senza una mappa o un'indicazione vagherai nella sabbia per anni!".

Lasciò che trascorresse qualche secondo per osservare nel volto ognuno dei presenti: i suoi occhi verdi esprimevano tutta la sua audacia e determinazione.

"Ti sbagli" esordì "Conosco il posto da cui devo cominciare le mie ricerche, ed è Alubarna!".

Tutti rimasero sbalorditi, forse Eris sapeva qualcosa di cui non erano al corrente?

"Come sarebbe a dire?" chiese sorpreso il re, guardandola ad occhi sgranati "Nessuno meglio degli abitanti della città conosce le storie riguardo a Nekhrebu e lo sai che molte leggende spesso nascondono un fondo di verità!" "Ma Eris, hai sentito già molte volte quelle favole, a cosa ti servirebbe riascoltare quello che già sai?" chiese Vivi perplessa.

"Non è delle storie riguardo a Nekhrebu che parlo. Un tempo vi era un'antica città che sorgeva nel cuore di Alabasta, che grazie alla sua biblioteca era famosa in tutto il mondo come il centro della conoscenza..." "Ad Anuat? Cara nipote, i tuoi piani mi sembrano fin troppo ambiziosi..." "Ne sono consapevole, ma devo tentare...non posso dipendere per sempre da questo!".

Con rabbia mostrò il polso sul quale teneva il grosso bracciale dorato.

Il tono della sua voce era aumentato, così come i battiti del suo cuore.

Non si trattava più di semplici scorribande o avventure per trovare vecchi tesori nascosti: si stava mettendo in gioco per la sua realtà, per la vita che ogni giorno era costretta a vivere, per combattere quelle difficoltà che non la abbandonavano mai, nemmeno nei suoi sogni.

I presenti percepirono la tensione e si preoccuparono per il suo stato d'animo.

Il suo malessere era palpabile nonostante il portamento fiero e la voce autoritaria.

"Eris, tesoro, cerca di essere ragionevole..." la voce e i modi del re si fecero più affettati di fronte all'evidente malumore della nipote "Come puoi chiedermi di essere ragionevole quando ho una maledizione sulla mia testa? Ho ragionato per troppo tempo zio, ora basta. Non rimarrò un mostro per sempre, dovesse costarmi la vita...".

"Tu non sei un mostro! Come puoi dire una cosa del genere?" rossa in volto, anche Vivi aveva cominciato ad alzare i toni.

Di fronte allo sgomento della cugina, Eris riprese subito il suo contegno rispondendo pacatamente ma con rigidità "E tu non hai visto quello che posso diventare...sottovalutare il problema è del tutto inutile, così come evitare di affrontarlo. Ho distrutto un'isola senza accorgermene e se non avessi avuto qualcuno alle spalle forse avrei potuto rifarlo ancora." si avvicinò passeggiando ad una delle grandi finestre arabeggianti della sala, che permetteva una meravigliosa visuale sui quartieri di Alubarna, la sua voce si fece più dolce man mano che la sua mente volava attraverso i ricordi di un'infanzia lontana anni luce da quella realtà "Questa città è meravigliosa e voi siete senza dubbio le uniche persone degne di governarla con giustizia e saggezza. Se dovesse mai accadere qualcosa a questo paese a causa mia non potrei mai perdonarmelo: non potrei mai vivere con un simile peso sulle spalle. Sono costretta a nascondere la mia identità e lo faccio volentieri per garantire a questo luogo la pace e la serenità che merita, ma se dovesse accadere qualcosa, se per caso dovessi battermi per questa terra? Cosa dovrei fare? Correre il rischio di raderla al suolo oppure non fare nulla?".

Si voltò verso i presenti, tutti ammutoliti e scuri in volto, senza riuscire a proferire parola di fronte alle nobili e giuste preoccupazioni della ragazza "Sono passati ormai quasi tre anni da quando Alabasta si trovava in grossi guai, tre anni dalla battaglia di Alubarna...ed io non ero qui per combattere...né qui né a Marineford..." ammise abbassando il capo, come se provasse vergogna.

"Eris, non è stata colpa tua, non potevi essere qui e in ogni caso non ti avremmo mai coinvolta. Se si fosse scoperto chi eri saresti stata in grave pericolo e la situazione si sarebbe maggiormente aggravata! La devi smettere di fartene una colpa!" le parole di Kobra erano sincere e piene di convinzione, ma non sembrarono scalfire l'animo turbato della giovane ragazza.

"Questo non cambia le cose. Non ho fatto nulla per proteggere il mio paese, ma se ne avrà bisogno in futuro devo essere preparata e pronta a tutto e per esserlo devo per forza sfidare la sorte" "Io ammiro la tua audacia e il tuo patriottismo Eris, sappiamo che tieni ad Alabasta quanto noi, ma devi avere veramente delle idee chiare su ciò che vuoi fare prima di intraprendere una simile spedizione!" "Ci ho pensato tanto Chaka, non è la prima idea che mi è passata per la testa!".

"Ma perché proprio Nekhrebu? Cosa ti ha portata ad una simile conclusione?" chiese Vivi impensierita, dando voce a ciò che si stavano in effetti chiedendo tutti "Il fatto è che ho avuto una visione che mi diceva espressamente di trovarla...non può essere un caso che mi abbia mandata proprio qui!" "Una visione?" il re non si aspettava di certo una simile risposta, tantomeno il resto dei presenti "Proprio così!" annuì la ragazza, pensierosa.

Quella di Dressrosa era stata la seconda visione che aveva avuto dopo essersi tramutata nel Diavolo Rosso, ed era stata quella che l'aveva più preoccupata.

Se prima era stata catapultata in un mondo surreale, di pace e tranquillità, la sensazione di successivo travaglio e confusione non poteva che inquietarla profondamente.

Quelle visioni non avevano fatto che aumentare la sensazione di instabilità e di impotenza nei confronti dei suoi poteri.

"Non è più il momento di pensare, ma di agire. Più passa il tempo, più questa cosa che ho dentro prenderà il sopravvento su di me. Che lo vogliate o no, io andrò a Nekhrebu" ormai nessuno aveva più nulla da obiettare. Per come appariva dalle parole di Eris, non sembrava esserci un'altra via e a nessuno veniva in mente un'alternativa migliore di quella.

"Va bene, ma ricordati che sei qui in veste di Oracolo e devi fare la tua comparsa in pubblico prima di sparire...la gente di Alubarna non sarà soddisfatta se non ti mostrerai a loro, inoltre vorrei che passassi un po' di tempo con noi! In fondo fai sempre parte della famiglia, non è così?" nonostante fosse ancora preoccupato per la decisione della nipote, il re le indirizzò un sorriso affettuoso "Hai ragione zio, hai qualche idea in proposito?".

 

---

 

Mentre il sole spariva lentamente oltre le dune e il cielo si tingeva delle più varie sfumature del rosso e dell'arancio, migliaia e migliaia di luci si accendevano attraverso le strade di Alubarna.

Nonostante la notte fosse ormai prossima, il chiacchiericcio della folla non accennava a diminuire, anzi: i festeggiamenti erano solo all'inizio.

Le piazze e le vie erano gremite di gente che ballava, danzava e cantava; le locande erano colme di avventori e la strada principale che portava a palazzo era quasi impraticabile, tanto era affollata.

Ogni accesso alla residenza reale era ben presidiato per evitare imbucati spiacevoli al ricevimento che si stava consumando quella sera nella sala delle feste.

Nella grande stanza pendevano dai soffitti innumerevoli drappeggi colorati che nascondevano quasi completamente le pareti, mentre sui pavimenti di marmo bianco innumerevoli tavolini bassi dalla foggia orientale erano stati colmati delle più squisite prelibatezze locali.

Molte erano le personalità importanti che si erano presentate lì quella sera per festeggiare e la stanza del banchetto, così come i giardini reali, era affollata come non mai.

La gente, seduta su morbidi cuscini, panche e divani, chiacchierava allegramente; i più curiosi invece lanciavano sguardi o si dirigevano cercando di non dare troppo nell'occhio verso il baldacchino in fondo alla sala, sotto cui sedeva la famiglia reale con la propria scorta assieme all'ospite d'onore della serata: l'Oracolo.

La stragrande maggioranza della popolazione, estremamente credente, aveva sempre visto la figura dell'Oracolo come un segno divino di buon auspicio e il fatto che non si facesse viva troppo spesso sull'isola era una valida ragione per festeggiarne l'arrivo in quella città.

Nella tradizione popolare la misteriosa figura, dal volto sempre celato, era un'anima errante scelta dagli dei come portatrice delle loro verità più nascoste. Si diceva potesse compiere grandi miracoli e che prevedesse il futuro entrando in simbiosi con la vasta conoscenza di Thot, il dio onnisciente.

Non c'era da stupirsi perciò che nelle più alte sfere, tra i nobili e il clero, ci fosse anche qualche scettico che non era per nulla convinto riguardo alla misteriosa figura e che, anzi, vedeva nelle fugaci apparizioni di quella donna una volontà da parte del re di mantenere un rigido controllo sulla popolazione ospitandola a palazzo. Nessuno tuttavia si sarebbe mai opposto apertamente ad una simile scelta o avrebbe corso il rischio di tirarsi addosso l'ira dei fedeli e di molti fra i sacerdoti di Alabasta.

Conveniva quindi tenere la propria opinione per sé e approfittare della benevolenza del sovrano in quei giorni speciali.

Dalla sua posizione così centrale, Eris poteva vedere gran parte dei volti più o meno noti nella sala, ma la cosa non sembrava entusiasmarla troppo.

"E dire che la festa è cominciata è poco...speriamo che le cose si facciano più movimentate o questa sera me ne andrò a letto prima del solito!" pensò, sbuffando mentre appoggiava il mento sul palmo della mano. Tenere nascosta la sua identità e mantenere un certo contegno in pubblico iniziavano a pesarle, specialmente in quelle situazioni in cui magari avrebbe preferito ballare o girovagare senza una meta per la città, ma sapeva che il suo travestimento era necessario non tanto per il suo bene, quanto per quello dei suoi familiari.

Se si fosse mostrata in pubblico assieme alla famiglia reale avrebbe destato sui Nefertari l'ira del Governo, cosa che voleva assolutamente evitare. L'isola era ancora in fase di ripresa e non sarebbe stata in grado di difendersi da un nuovo eventuale assedio.

Accanto a lei, il re si intratteneva a conversare con chiunque gli si presentasse accanto con il suo usuale buonumore.

Il posto di Vivi era invece ancora vuoto; qualcuno l'aveva probabilmente trattenuta e non ne sarebbe stata troppo sorpresa visto il fiume di persone presenti nel palazzo.

Sua cugina era una delle rarissime compagnie femminili di cui si era circondata durante la sua vita, nonché l'unica che avesse pressoché la sua età.

Eris era più grande di lei di qualche anno, ma avevano passato la prima infanzia assieme.

Nell'isola di sua padre invece non aveva avuto più modo di rapportarsi con le bambine della sua età, ma aveva sempre mantenuto i contatti con lei.

Dolce e comprensiva, nonché molto intelligente ed istruita, Vivi rappresentava il modello perfetto di principessa.  Aveva a cuore il regno e il suo popolo e le passate esperienze l'avevano adeguatamente dimostrato: anche nelle difficoltà la cugina non sarebbe venuta meno ai suoi ideali.  La ammirava anche per la sua affabilità e le sue maniere tanto gentili: i modi di fare di Eris erano tutt'altro che principeschi e mal sopportava le occasioni formali.

Era anche vero che Vivi era stata educata per essere una futura regina e questo influiva molto sui suoi modi di fare e di comportarsi, tuttavia in compagnia della cugina era sempre sé stessa e non sembrava avere niente da nasconderle.

"Oh! Ma guarda chi c'é!" esclamò da dietro il suo velo dorato, mentre sotto il baldacchino compariva proprio la principessa di Alabasta.

Vivi le fece una piccola reverenza, prima di sedere accanto a lei "Cugina! Come va? Ti stai divertendo?" chiese a bassa voce, per evitare orecchie indiscrete.

"Divertendo? Starai scherzando spero! Sono qui a fare la statua da quasi un'ora, ma mi sembra di stare ferma su questa sedia da un'eternità!" ribatté ridendo Eris,  la quale, squadrando meglio Vivi, si accorse che c'era qualcosa di diverso in lei.

"Che c'é che non va?" chiese la ragazza quando vide gli occhi incuriositi dell'Oracolo "Scusami ma non ti avevo mai vista così...così...beh, vestita bene! Che ti è successo? Sembri pronta per le Grandi  Celebrazioni di Isith!".

In effetti, Vivi aveva l'aria di essersi preparata di tutto punto: portava i capelli sciolti, un lungo vestito bianco e paramenti d'oro, per non parlare dei numerosi e splendidi gioielli.

Sua cugina le appariva proprio come una vera regina.

La ragazza scosse il capo, ridendo "Beh, scusami se quando sono con te di solito non ho voglia di indossare cose troppo impegnative! Anche perché in tua compagnia non si sa mai cosa possa succedere! Potremmo finire per arrampicarci su qualche montagna o a navigare in qualche fiume conoscendoti!".

Da sotto il velo, Vivi non la vide abbozzare un sorriso "Assomigli tutta a tua madre vestita così".

Eris aveva conosciuto Titi, sua zia, e se la ricordava molto bene nonostante fossero passati anni. Era una donna molto gentile, dal sorriso benevolo.

Spesso, durante i pomeriggi afosi ad Alubarna, leggeva loro delle storie all'ombra di un gazebo nei giardini, oppure organizzava dei piccoli giochi.

Si prendeva cura in prima persona della figlia e non aveva voluto che le balie si occupassero di lei; una scelta che anche la sua stessa madre aveva preso.

Vivi le sorrise amabilmente.

"Ti ringrazio..." rispose felice, prima che qualcuno richiamasse la sua attenzione.

"Buonasera principessa! Nobile Oracolo!" un ragazzo dai capelli biondo cenere chinò il capo di fronte al baldacchino, nella sua direzione.

Il sorriso di Vivi si allargò "Ministro! Sei arrivato finalmente!".

L'espressione perplessa di Eris venne celata dal suo travestimento: non aveva idea di chi avesse davanti, ma la principessa fugò i suoi dubbi in pochi istanti.

Si alzò dalla sua sedia per correre incontro al ragazzo, abbracciandolo felice, poi si volse di nuovo verso di lei, fingendo grandi riguardi nei suoi confronti.

"Grande Oracolo! Ti presento il nostro Ministro dell'ambiente, Kohza!" disse giuliva, ignara di aver lasciato Eris totalmente a bocca aperta.

Le ci volle qualche secondo per riaversi e cercare di recuperare il suo contegno da Oracolo; senza dire una parola, fece un cenno affermativo con il capo in segno di benevolenza.

"Con il tuo permesso, mi assenterò per un po' con il Ministro. Spero tu gradisca la festa, Potente Oracolo!" fece un piccolo inchino, lanciandole di sfuggita un occhiolino, seguita a ruota dal suo accompagnatore "E' stato un piacere trovarmi al tuo cospetto, Oracolo di Thot!" porse poi il braccio alla principessa, per allontanarsi nella direzione opposta alla folla, verso i giardini esterni.

Eris li guardò scomparire pian piano in mezzo alla gente, ancora esterrefatta.

L'ultima volta che aveva visto Kohza era stato molto tempo addietro, quando era ancora una bambina, poco prima di lasciare Alabasta.

Sorrise da dietro il suo velo "Era veramente un discolo...e adesso è addirittura Ministro! Strano che Vivi non me ne abbia mai parlato...".

Il re interruppe bruscamente i suoi pensieri, facendola sussultare "Lo hai visto?" le chiese felice "Certo che l'ho visto zio! E chi lo avrebbe mai detto..." "Già...è sempre stato un ragazzino determinato però, e ti posso assicurare che si occupa egregiamente dell'amministrazione del regno! E' stata una vera rivelazione! Certo che non avrei scommesso nulla nemmeno su di te, vedendoti da bambina!" ammise ridendo, facendo ridere a sua volta anche lei.

"Hai proprio ragione zio, e devo dire che non sei l'unica persona rimasta affascinata da lui..." "Ma...Che cosa vuoi dire?" chiese il vecchio re, dubbioso, ma ottenne come risposta soltanto un'altra gran risata da parte della ragazza "Non preoccuparti, niente di importante!".

Sorrise fra sé e sé, rendendosi conto di quanto le cose fossero cambiate ad Alabasta e nella sua vita.

I luoghi, le cose e le persone, tutto si evolveva continuamente e lei era uno dei tanti spettatori del tempo che andava avanti.

Fissò il grosso bracciale dorato che portava al polso.

Finché non avesse potuto stare senza di esso, non sarebbe mai riuscita a  vivere quella vita come voleva davvero.

Si voltò verso il re, il quale si era però alzato per andare a conversare con alcuni ospiti poco distanti dal baldacchino, lasciandola sola con sé stessa.

Non aveva più voglia di stare seduta lì a non fare nulla, così decise di alzarsi senza dare troppo nell'occhio, per prendere una boccata d'aria.

"Permettetemi di scortarvi, Grande Oracolo" Pell giunse presso di lei non appena si alzò dal suo scranno coperto di cuscini colorati "No, no, grazie...vado da sola" lo fissò negli occhi per qualche secondo, prima di procedere verso la fine della sala sotto gli sguardi di molti fra i presenti.

Nel suo breve incedere tutti facevano qualche reverenza e la salutavano, rispose con noncuranza a tutti prima di scomparire dietro ad uno dei portoni che conducevano nei corridoi del palazzo.

A parte qualche guardia ed una manciata di ospiti vagabondi, non c'era pericolo che si trovasse a tu per tu con qualcuno quella sera, ma anche lei non aveva nessuna intenzione di rimanere a girovagare per i corridoi.

Facendo molta attenzione a non essere osservata, scostò uno dei tanti tappeti persiani che adornavano le pareti, ritrovandosi di fronte al muro di pietra giallastra.

Tastò con le mani finché non trovò il mattoncino giusto e spinse con forza verso l'interno della parete, la quale si aprì verso l'interno, rivelando un buio cunicolo.

Aveva giocato spesso nel palazzo reale e molti dei passaggi segreti presenti li avevano esplorati proprio lei e sua cugina Vivi.

Sorrise ripensando a quante volte si erano cacciate nei guai mentre entravano in quei luoghi nascosti.

Il muro si richiuse alle sue spalle mentre avanzava all'interno dello stretto passaggio.

Seguendo una serie piuttosto intricata di cunicoli giunse infine ad una piccola porticina, la aprì e vi trovò davanti quello che sembrava essere un muro.

Lo spinse di lato con facilità e si ritrovò in un punto in ombra dei ballatoi che costeggiavano le merlature del palazzo. Rimise il blocco di muratura, in realtà molto esile, al suo posto, nascondendo il passaggio alla vista di chiunque non ne fosse a conoscenza e cominciò a percorrere le terrazze che si estendevano lungo tutto il perimetro del palazzo. Da lassù poteva avere una visione quasi completa di Alubarna in festa.

Un tripudio di suoni e di luci sparse ovunque.

L'aria della sera, col suo profumo di incenso e fiori di ibisco, la pervase come una misteriosa magia. Nessuno dal basso, nel giardino esterno, l'avrebbe potuta vedere, nascosta dai merli alti dei ballatoi. Di tanto in tanto, durante la sua passeggiata, spiava i presenti con fare incuriosito, sperando di trovare sua cugina o suo zio intenti a conversare amabilmente con qualche illustre ospite.

Incrociando qualche guardia di vedetta, annuiva con un grazioso cenno del capo alla reverenza e proseguiva per la sua strada. Il lato positivo della sua falsa identità era che nessuno poteva intralciare il suo cammino o i suoi piani: in un certo senso la sua libertà era pressoché illimitata.

Mentire su chi fosse tuttavia le risultava come un peso troppo grande da sopportare, per non parlare dell'etichetta di corte che le era sempre stata fin troppo stretta. Per questi e tanti altri motivi aveva deciso di sparire per un po' quella sera.

Passo dopo passo, sempre più pensieri si affollavano nella sua mente: ricordi e domande senza risposta, nodi che prima o poi sarebbero venuti al pettine...

"Assurdo che non abbia accennato a Kohza...Vivi mi dice sempre tutto. Avrà pensato che fosse un argomento di poco peso, e poi, anche se volessi, non potrei parlare con lui...non sotto queste spoglie ovviamente" ritornò un po' con la mente alla sua infanzia; tutto lì le ricordava qualcosa che aveva fatto nel suo lontano passato.

Alabasta le era sempre piaciuta e aveva il desiderio di ritornarvi ogni qualvolta ne era in grado.

"Chissà come sarebbe stato se non me ne fossi mai andata..." appoggiò entrambe le mani sul cornicione, guardando oltre la merlatura, prima la città e poi sempre più lontano, verso il deserto ormai ridotto ad un'enorme macchia nera dal buio della notte.

Sopra la grande distesa di sabbia, le stelle brillavano facendo da mappa ai viandanti più esperti di quelle remote regioni, nonché ai marinai che salpavano dai porti dell'isola.

"Non sarei mai diventata ciò che sono adesso...non si può cambiare ciò che è stato, ma posso ancora decidere di ciò che sarà. So che le mie rispose si trovano laggiù, nel deserto...non so ancora come, ma riuscirò a trovarle!" sospirò: aveva decisamente troppi grilli per la testa.

In quei giorni non si era nemmeno premurata di dare un'occhiata alla Gazzetta Mondiale.

Dopo gli eventi di Dressrosa e l'aumento della sua taglia si ritrovava a leggere di malavoglia e per forza le notizie che riguardavano il Nuovo Mondo. 

In un certo senso, preferiva rimanere all'oscuro di tutto.

"Ehi tu! Vieni qui!" chiamò con fare imperioso una guardia che passava di lì, questa si inchinò brevemente per salutarla "Comanda, Oracolo! Cosa posso fare per te?" "Dimmi, si sa più niente di quel Kidd?" chiese con curiosità e una punta di disprezzo.

"No signora, non ne ho più sentito parlare da dopo Redfalls...alcuni dicono che sia sopravvissuto, ma io non credo dopo quello che gli è capitato! Non c'è nemmeno più bisogno della Marina, i pirati finiranno per uccidersi a vicenda!" "Va bene, va bene...basta così! Ti ringrazio. Torna pure a fare quel che devi..." disse, incitandolo con un cenno della mano, ma la guardia non si mosse.

La guardò con trepidazione prima di parlare ancora "Ehm...Grande Oracolo, non vorrei darti troppo disturbo ma sai, ci sarebbe una cosa che vorrei chiederti!" la ragazza si accigliò, sapeva di non poter negare un favore a qualcuno nelle vesti in cui si trovava "Parla!".

"Oh...beh..grazie Grande Oracolo! Io volevo solo sapere se...beh...ci sarebbe una ragazza che...insomma...mi piace molto, ma io non so se..." "Fermati." rispose atona "La saggezza di Thot che mi ispira ti dice di non esitare, sotto il sicomoro troverai ciò che ti manca".

Tra i due intercorse qualche minuto di silenzio tombale, poi, quasi senza respiro, l'uomo si chinò

fino a terra "Potentissimo Oracolo, ti sono infinitamente grato per la tua predizione! Come posso ripagare la tua saggezza?" "Non mi è necessario alcun compenso, ed ora va'...anzi no, aspetta. Prima dovrai fare una cosa per me..." "Tutto ciò che desideri, Grande Oracolo!" "Molto bene, allora cerca il re e digli che per stasera io mi ritiro nelle mie stanze".

La guardia rimase un po' perplessa nell'ascoltare quella breve richiesta "Tutto qui?" "Tutto qui. Ed ora vai!" rispose con noncuranza, mentre quello si allontanava con inchini e frasi beneauguranti.

"Cosa mi tocca fare..." pensò sospirando mentre si dirigeva all'entrata più vicina.

Quella serata non era stata di certo fra le migliori della sua vita, in più aveva l'assoluta necessità di riposare prima di partire per il suo lungo viaggio.

Non avrebbe dormito per giorni in un letto vero e proprio, forse addirittura per settimane, avrebbe fatto meglio ad approfittarne finché si trovava a palazzo.

Oltrepassando corridoi e percorrendo scale arrivò finalmente all'ingresso delle sue camere, costantemente sorvegliate da due guardie armate, le quali le aprirono i battenti per consentirle l'accesso.

Il grande atrio trovava il suo fulcro in una grande fontana centrale quadrata provvista di un orlo in muratura che le consentiva anche di fungere da seduta lungo tutto il suo perimetro.

Vi era poi un'alcova in cui erano stati sistemati tavolo e sedie per poter pranzare nella comodità delle sue stanze e un altro vano che fungeva interamente da salottino, le cui uniche sedute consistevano in grossi e comodi cuscini sistemati su un enorme tappeto.

Alla fine della stanza vi erano finestre orientaleggianti che davano su un cortile interno del palazzo, in cui non accedeva quasi nessuno se non i giardinieri adibiti alla manutenzione del rigoglioso giardino che lì fioriva.

Da un arco coperto da innumerevoli cortine di veli si accedeva alla stanza da letto vera e propria, grande abbastanza da contenere la pregevole struttura in legno.

Si tolse gli abiti in una manciata di secondi e levò la parrucca nera dalla testa, lasciando liberi i suoi lunghi capelli rossi, per poi gettarsi a capofitto fra le soffici coperte variopinte.

Si sarebbe addormentata di lì a pochi secondi, se non fosse stato per un rumore indiscreto proveniente da una delle finestre aperte dell'atrio. Si coprì in fretta e furia.

Era vietato a chiunque entrare in quelle stanze, pena la morte.

Non appena fu sufficientemente irriconoscibile, tornò nella sala principale ma non vi percepì nessuno. Si avvicinò alle finestre, da dove aveva sentito provenire il rumore.

Scostò con cautela le tende che le coprivano e notò qualcosa sul davanzale di una di esse.

"Sembrerebbe un foglietto..." prese in mano il pezzetto di carta e lo lesse fra sé e sé.

 

'Perdonami, ma ho bisogno del tuo aiuto. Ti prego, vieni al Grande Obelisco domani a mezzogiorno e ti spiegherò tutto.'

 

 

Angolo della scrittrice:
Ciao a tutti! Eccomi con un altro nuovo capitolo dopo il mio infinito blocco dello scrittore! Ci voleva l'inizio della bella stagione per ispirarmi, ma alla fine eccomi qua! Spero che vi sia piaciuto e che vi abbia un po' incuriosito l'inizio di questa nuova avventura! Gradirei sapere cosa ne pensate e avere qualche consiglio da parte vostra! Grazie mille per aver letto e al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** Quando meno te lo aspetti... ***


Capitolo III

Quando meno te lo aspetti...

 

"E hai intenzione di presentarti?"

Chiese Vivi, sdraiata su un mucchio di cuscini colorati.

"E' chiaro. Cos'altro dovrei fare secondo te?"

Eris sistemava il velo davanti allo specchio mentre la principessa dai capelli azzurri sembrava prendersi qualche secondo per riflettere.

"Potrebbe essere una trappola...hai pensato almeno a questo?"

L'Oracolo si finse sorpreso "E da parte di chi?" chiese ridacchiando fra sé e sé, ma la cugina non sembrava affatto del suo stesso umore "Da parte di chiunque!" sbuffò mentre si rigirava sul suo morbido giaciglio "Sei ricercata da praticamente mezzo mondo".

Si voltò verso Vivi, distogliendo l'attenzione dal suo travestimento in corso "Su, non fare tante storie. Sono un oracolo...nessuno mi toccherebbe con un dito!"

"Io non ne sarei così sicura...la tua è una posizione di rilievo, non si sa mai. E se per caso qualcuno ti avesse scoperta? Saremmo nei guai tutti quanti. Ricorda che porti ancora il bracciale al polso..."

Ormai irriconoscibile nella veste dell'Oracolo, Eris apparve leggermente irritata da quell'affermazione "Cosa vorresti dire? Anche se ho addosso questa roba, valgo come cento delle vostre guardie reali. Non sono una ragazzina indifesa...".

Vivi le lanciò un sorriso, alzando la testa prima immersa nei cuscini "Come sei permalosa! Non ho mai pensato tu fossi un'incapace, sono solo preoccupata per te! E ho tutte le ragioni per farlo..."

La stanza era invasa dai profumi floreali ed esotici che dal giardino sottostante attraversavano le grandi finestre aperte, misti all'odore dell'incenso bruciato e a quello della colazione che era stata portata in camera da poco dalla stessa principessa Vivi.

I datteri e i fichi erano tipi di frutta che non crescevano ad Albion, l'isola in cui era abituata a vivere Eris, e spesso se li faceva portare direttamente da Alabasta.

Le ricordavano il tempo trascorso con la sua famiglia ad Alubarna e la sua infanzia lì, in quella città immersa nel deserto a cui tanto era affezionata.

Ricambiò affettuosamente il sorriso della cugina "Lo so...ma devo correre il rischio...".

Vivi annuì, consapevole che non sarebbe mai riuscita a farle cambiare idea, anche se non poteva fare a meno di risultare preoccupata.

Per togliersi dalla mente pensieri spiacevoli, cercò di cambiare discorso "Come mai sei andata a letto così presto ieri sera? Quando siamo tornati papà mi ha detto che sei praticamente fuggita".

L'Oracolo si spostò dallo specchio andando ad afferrare uno dei fichi freschi lasciati sul tavolino "Lo sai che questo genere di feste mi annoia da morire. In più mi hai lasciata sola coi dignitari e non avevo nessuna voglia di ascoltare sempre la stessa sceneggiata ogni cinque minuti! A questo proposito..." si avvicinò a Vivi, dando un morso al frutto prima di continuare "Come mai non mi hai mai parlato di Kohza per tutto questo tempo?".

La principessa rimase per un momento interdetta, chiaramente impreparata ad una simile domanda a bruciapelo "Beh...non vedo cosa avrei dovuto dirti, insomma, lo conosci! Ma cosa c'entra Kohza con tutto questo?" rispose con fare evasivo, ma Eris non sembrava minimamente intenzionata a cambiare argomento.

"Non cercare di evitare la questione...ti ho vista ieri sera!" Vivi si fece sempre più esitante e imbarazzata, si alzò dai cuscini per sedersi più compostamente sul divano "Cosa intendi dire, scusa?" "Beh, dimmelo tu! Siete praticamente spariti! Io sono qui solo da qualche giorno e tu mi abbandoni nel bel mezzo di una festa fra le più noiose per andare a passeggiare braccio a braccio con il ragazzino dell'oasi! Dimmi la verità, ti piace?".

La ragazza divenne completamente rossa in volto "Ma che dici? Sei impazzita? Ovviamente no! Che domande assurde!" sbottò, alzando la voce contro la cugina, che le rispose tirando un sospiro di sollievo "Oh! Per fortuna!" si portò una mano al petto, come a volersi rincuorare "Già pensavo avessi perso la testa per il primo che passa!" ammise sorridendole, per poi finire di mangiare il frutto che teneva in mano.

Da imbarazzata, Vivi divenne estremamente accigliata.

Si alzò in piedi, fronteggiando la cugina "Cosa vorresti dire?" la sua voce inquisitoria fece assumere un'espressione alquanto perplessa ad Eris, che rispose con tutta calma "Nulla...solo che avevo paura avessi messo da parte i tuoi doveri, ma ero certa che non fosse così! Sei in gamba Vivi, dico sul serio!" "Di quali doveri stai parlando?" Eris sembrò non accorgersi del fatto che sua cugina stesse assumendo sempre più un cipiglio alterato e continuò a mangiare, parlando quasi con noncuranza "Quelli che hai verso il regno, naturalmente. Hai un sacco di cose a cui pensare e a cui dover badare, quando prenderai il potere dovrai essere pronta a farlo e le distrazioni non sono ammesse nella reggenza di una nazione...".

Per un attimo la principessa osservò incredula Eris gettarsi comodamente su un divanetto e dopo qualche secondo trovò le parole per risponderle con un tono che tradiva quella crescente tensione che la cugina sembrava non stare avvertendo "Fammi capire: dunque, visto che sono una principessa e che sono l'erede al trono non posso fare nient'altro che occuparmi della gestione del regno, dico bene?" "Beh...sì..." rispose con una nonchalance che sembrò quasi atterrire la sua interlocutrice "O, almeno, non dovresti perdere tempo, tutto qui".

"Perdere tempo?" Vivi sembrava essere su tutte le furie e quando le gridò contro, Eris la guardò senza capire, smettendo di fare ciò che faceva per rivolgersi verso la cugina paonazza "Mi stai veramente dicendo che avere una relazione equivale a perdere tempo?" "Ma si può sapere che ti prende? Calmati! Non ho detto nulla di male...forse, lavorando troppo, stai cercando qualche distrazione...".

Eris non riusciva a capire quell'improvviso accanimento e le sue parole ebbero l'effetto contrario a quello che desiderava.

Sua cugina era completamente infuriata.

 "La vuoi finire di parlare di distrazioni e perdite di tempo?"

"Vivi! Che ti succede? Sei impazzita per caso? Perché gridi in questo modo?"

"Io? Impazzita? Ma ti ascolti mentre parli? Secondo te una principessa non dovrebbe fare altro che rimanere chiusa a palazzo ad occuparsi delle faccende del regno? Ti sembra una cosa normale?"

Eris continuava a non comprendere il motivo di quella reazione; si avvicinò alla ragazza lentamente, parlandole con cautela "Senti...ma perché stiamo parlando di questo? Che importa? Questi argomenti non hanno nessuna rilevanza ora come ora e..." "Smettila e rispondimi Eris! Io sono un essere umano, come tutti gli altri? Posso avere una vita al di fuori di quella della corte?" gridò, stroncando di netto le sue parole. La giovane dai capelli rossi inspirò profondamente "Tutto viene a suo tempo Vivi...e non credo che questo sia il tempo per gli intrallazzi amorosi, se è questo quello che vuoi sentirmi dire" rispose con una sorta di freddezza all'aggressività di sua cugina, che non sembrava voler diminuire.

"Non spetta a te dire quando è il tempo! Chi sei tu per dire quando è il momento e quando no? L'amore non è una cosa che si può scegliere. Non la decidi tu e nemmeno io!" "Ma la vuoi smettere?" sbottò, ormai decisamente infastidita da quegli argomenti "Che razza di discorsi stai facendo? Perché vuoi parlare di amore quando ci sono questioni più urgenti da sbrigare? Alabasta ha risentito molto della crisi, il tuo primo pensiero dovrebbe essere verso questa terra, non verso una sola persona! Sprecare il tuo tempo in corteggiamenti fastidiosi non dovrebbe essere nel tuo stile Vivi, ma che ti succede?" la principessa la scrutava con occhi di fuoco, Eris aveva ormai superato il limite.

"Tu non capisci niente. Ti comporti come un uomo, non hai la minima cura di te stessa e agisci in maniera sconsiderata cercando di risolvere soltanto i tuoi problemi. Non capisci perché non ti ha mai amata nessuno e non hai  idea di cosa voglia dire. Sei così insensibile a certi argomenti che nemmeno ti si può parlare!" di fronte alla cugina paonazza per la rabbia, Eris si sentiva come se fosse stata trafitta da una freccia da parte a parte.

Non avrebbe mai immaginato che la ragazza che aveva sempre ritenuto come una sorella per lei fosse capace di parlare in quel modo.

Fu una doccia fredda per lei, non sapendo cosa rispondere per qualche secondo.

Ormai aveva capito che la questione stava più a cuore a Vivi di quanto non sembrasse e che sicuramente Kohza c'entrava qualcosa in tutto quello che stava accadendo "Alabasta non ha bisogno di una ragazza innamorata, ma di una regina, un leader che la guidi e se ne prenda cura" rispose con freddezza.

"Vorresti insegnarmi tu come ricoprire questo ruolo?" su tutte le furie, la principessa andava avanti e indietro per la stanza nervosamente, alzando il tono di voce ad ogni parola "Parli proprio tu che fuggi da tutte le tue responsabilità! Non stai sul trono accanto a tuo padre, vieni qui, nella tua terra natia, dove avresti potuto prendere il posto di tua madre, e ti nascondi come una criminale per andare alla ricerca di artefatti magici che con tutta probabilità non esistono. Quando mi sono infiltrata nella Baroque Works l'ho fatto per il mio paese, rischiando la vita. Ero presente alla battaglia di Alubarna e quando abbiamo vinto ho lavorato incessantemente per far ritornare Alabasta il regno splendido di un tempo. Io posso permettermi di fare ciò che voglio e non ho bisogno di qualcuno che mi dica quello che devo fare o pensare. Come vedi, infatti, se c'è qualcuno che non fa quello che deve fare quella sei proprio tu" un fiume di parole taglienti si riversò fuori dalle labbra della principessa, la quale realizzò solo dopo qualche secondo ciò che aveva appena detto.

Inaspettatamente Eris non sbottò e non rispose alzando la voce per difendersi.

Dopo l'iniziale sgomento, si rivolse alla cugina quasi con noncuranza.

"D'accordo."

Senza aggiungere nient'altro, le diede le spalle avviandosi all'uscita.

Vedendola avvicinarsi alla porta, Vivi, quasi pentita di ciò che aveva appena detto, cercò di richiamare la sua attenzione, quasi totalmente svuotata della rabbia che aveva appena riversato contro Eris "Ehi! Aspetta un momento! Dove vai così di fretta? Non mi pare che la tua scorta sia già qui!".

"Io non ho bisogno di essere difesa" concluse seccamente, prima di chiudersi bruscamente la porta alle spalle.

 

----

 

Era già sveglia alle prime luci dell'alba e per i servitori era quasi impossibile acciuffarla nel tentativo di non farla uscire dal palazzo.

Stare rinchiusa fra le mura del castello o del santuario era ciò che più di tutto voleva evitare.

Non erano posti in cui i bambini potessero divertirsi, inoltre il rigido comportamento che doveva assumere durante la giornata era pressoché intollerabile per lei.

Conosceva ogni passaggio segreto all'interno del palazzo e poteva fuggire facilmente.

La sua meta preferita?
Ovviamente la periferia della città, al limitare con il deserto.

Appena fuori dal palazzo, dietro ad un'abitazione poco distante dalla via principale, qualcuno la attendeva con ansia quel mattino.

"Kohza, sono qui!" gridò attirando l'attenzione del bambino, il quale era già preparato a riceverla, appoggiato con la schiena al muro della casa.

"Finalmente, sei in ritardo! Vieni, gli altri ci staranno aspettando alle rovine!"

Non fece nemmeno in tempo a raggiungerlo che quello aveva già cominciato a correre attraverso i vicoli, seguito a ruota dalla compagna.

Scendendo una delle grandi rampe che consentivano l'accesso ad Alabasta si giungeva direttamente alla piana desertica, dove erano sparsi qua e là antichi ruderi ormai coperti di sabbia.

Quelle antiche colonne e sdrucciolate fondamenta erano il luogo perfetto dove sistemare una base segreta.

"Eccovi qui! Vi sembra il caso di fare tardi anche oggi? Sapete che è un giorno importantissimo!" un ragazzino pressoché della loro età si parò di fronte a loro, dietro di lui un tendaggio rudimentale copriva l'ingresso di un piccolo edificio in rovina.

"Non è colpa mia Jamal! E' stata lei!" rispose stizzoso, mentre la bambina sbuffava spazientita "E va bene, entrate! Non possiamo perdere un minuto di più, correte!".

Sollevò la tenda, introducendosi nella base segreta, imitato dai compagni che lo avevano appena raggiunto.

Si trattava solamente di un piccolo ambiente diroccato dove, con il tempo, il gruppo era riuscito ad accumulare i suoi preziosi tesori tenendoli al sicuro da occhi indiscreti.

Circa una ventina di bambini era già seduti in cerchio in mezzo alla stanza, a gambe incrociate sul pavimento di pietra usurato dagli anni.

Si voltarono tutti, salutandoli non appena entrarono.

Erano felici di vederli, ma avevano un'aria pensierosa e assorta.

Quando anche i tre ebbero preso posto, Kohza cominciò il suo discorso interrompendo il vociare sommesso dei compagni.

"Amici! Come ben sapete, ci siamo riuniti qui tutti assieme oggi per scegliere il nostro nuovo leader! Ognuno di voi potrà candidare qualcuno o candidare se stesso, poi si voterà per alzata di mano. Votare per sé stessi non vale, mi raccomando, e ricordatevi che tutti sono liberi di partecipare! Ora alzatevi in piedi e mostrate a tutti chi saranno i prossimi canditati da eleggere!" alle sue parole, sebbene incoraggianti, fu uno soltanto ad alzarsi.

O meglio, una.

Eris si schiarì la voce prima di parlare di fronte a tutti "Io, Merisger Kahli, propongo te, Kohza, come nostro prossimo leader!".

Ci fu un assenso corale: tutti sembravano soddisfatti di quella proposta.

Il bambino stava già per ringraziare i suoi compagni, quando il rumore di passi estranei non fece voltare tutti verso l'ingresso.

Un altro piccolo gruppo di bambini era giunto di fronte a quell'assemblea così solenne.

Si fece avanti un ragazzino dagli occhi scuri, col capo coperto da un tipico copricapo dell'isola e una piccola tunica porpora.

"Che cosa ci fate voi qui? Non potete entrare in questo posto!" gridò Jamal, alzandosi in piedi.

Tutti gli altri seguirono il suo esempio, compresa Eris, la quale, squadrando da capo a piedi il nuovo venuto, lo indicò con fare sprezzante "Che cosa vuoi qui Kahlifa, questo non è il tuo territorio!".

Il bambino sogghignò, soddisfatto di aver provocato quello scompiglio "Ciao a tutti ragazzi! Non mi sembra di stare facendo nulla che vada contro le vostre regole!" "Ti sbagli" lo interruppe Kohza "Nessuno può entrare qui senza il nostro permesso! Questa è la nostra base! Va' via!".

L'ospite sgradito non sembrava per nulla intimorito da quelle parole "Sei tu che ti sbagli Kohza. Oggi la vostra base non è di nessuno. Stavate eleggendo il leader e secondo le vostre regole tutti hanno il diritto di partecipare alle elezioni" "Che cosa vorresti dire?" chiese il bambino, infuriato "Voglio dire che sono qui per candidarmi anche io!".

Sul momento nessuno seppe cosa ribattere.

In effetti nelle loro regole era previsto che tutti potessero candidarsi senza fare alcuna distinzione e venire meno a quei patti voleva dire non rispettare la parola data.

"Molto bene" gli rispose infine Kohza, accigliato "Allora i candidati sono due e non ci resta altro che votare per alzata di mano!" "Ma Kohza..." cercò di interromperlo qualcuno, ma tutti capirono e accettarono quella decisione.

Tuttavia fu Kahlifa ad interromperlo ancora una volta "Aspetta, io ho ancora qualcosa da dire prima di votare! A tutti voi!" guardò in viso ognuno dei presenti con occhi vividi, pieni di foga "Se mi eleggerete vostro leader, vi prometto che porterò qui il più grande tesoro che abbiate mai visto!".

Dal gruppo si levarono grida e insulti verso il ragazzino, che spense subito il brusio facendo parlare uno dei suoi seguaci "E' la verità! Kahlifa conosce un posto segreto...nessuno sa dove si trovi a parte lui, ma ci ha mostrato le prove che esiste!" "E le mostrerò anche a voi se mi voterete!" concluse soddisfatto.

"Sei solo un bugiardo! Nessuno crederebbe alle parole di uno come te!"  lo schernì Eris.

Si voltò a guardare l'amico Kohza, che se ne stava in silenzio senza dire nulla.

Non fece nessun discorso per portare gli altri dalla sua parte, semplicemente si limitò a cominciare le votazioni senza troppi complimenti.

Nonostante l'indignazione di Eris e molti altri, alcuni del gruppo decisero di votare per Kahlifa, ma la situazione finì comunque in perfetta parità.

"Allora Kohza, che si fa adesso?" chiese l'intruso con aria sprezzante, infastidito per non essersi conquistato la vittoria.

Fu Jamal a rispondere "Se conoscessi così bene le nostre regole, sapresti che in caso di parità bisogna superare ben tre sfide tirate a sorte!" a quella risposta, il nemico tornò a sorridere "Perfetto! Non avrò nessun problema a superarti in tutto!".

"Eddai...di' qualcosa Kohza!" Eris cercò di spronarlo a parlare, ma il ragazzino sembrava non essere per nulla scalfito dai discorsi del rivale.

"Ci vediamo domani mattina per la prima prova! Arrivederci, fallito! Tra qualche giorno sarò io il capo qui!" tra molte grida di disprezzo, il piccolo gruppo estraneo uscì dalla sala, lasciandoli soli e pensierosi.

Angolo della scrittrice:

Ciao a tutti! Grazie per aver letto! Sono tornata e spero di riproporre il capitolo successivo in fretta! Ho avuto un periodaccio, scusatemi tutti! Alla prossima e grazie ancora!

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Capitolo 5
*** Fortuite coincidenze ***


Capitolo IV

 

Fortuite coincidenze

 

Avanzava tra la folla bisbigliante con il suo caratteristico incedere fiero.

Attraverso i mercati e le piazze le strade si svuotavano al suo passaggio mentre il popolo, ai margini delle vie, osservava i suoi passi come se fosse impossibile che le sue scarpe dalla punta arricciata potessero toccare la terra polverosa sotto di lei.

Non si sentiva particolarmente a disagio, l'aveva già fatto in precedenza.

Camminare in mezzo alla gente e sentirsi osservata non era più un problema, specialmente se nessuno sapeva veramente chi fosse, proprio come in quel caso.

Il caldo rovente che caratterizzava Alabasta le imponeva abiti molto leggeri, ma non mancava mai di coprire il capo con una stola dorata, né di mascherare il suo volto con un velo che lasciava visibili solo i penetranti occhi verdi.

Non solo era lei stessa ad imporsi tale abbigliamento, ma anche il modo ufficiale in cui un oracolo doveva apparire in pubblico. Secondo la tradizione nessuno poteva vedere in volto un oracolo, un atto simile sarebbe stato dissacrante e portatore di sventura per chiunque osasse metterlo in atto.

Era diretta al Grande Obelisco, una gigantesca costruzione di pietra situata poco fuori dalla città, vicino alle antiche rovine.

Non era un luogo che le evocava particolari ricordi e non aveva la più pallida idea di cosa aspettarsi.

Qualcuno aveva davvero bisogno di aiuto? Era una trappola da parte dei suoi innumerevoli nemici?

"C'è un solo modo per scoprirlo: andare lì e controllare io stessa"

Nonostante la situazione particolare, quello non era ancora il suo primo pensiero.

Il litigio con la cugina l'aveva lasciata piuttosto turbata e non riusciva a distogliere la sua mente dal ricordo di quelle parole pronunciate con tanta veemenza.

Scosse la testa.

"Non posso credere che la fiera principessa di Alabasta sia diventata una svitata con idee romantiche. Mia cugina non avrebbe mai parlato così qualche anno fa...Che razza di sciocchezze! Vada al diavolo! Lei e le sue storie da romanzo senza capo né coda. A cosa mai le servirà un uomo poi? Non mi sembra che ne abbia mai avuto bisogno fino ad ora...e poi Kohza? Deve essere proprio uscita di testa. Spero che stia pensando a quello che le ho detto e che quando tornerò avrà rivisto le sue priorità. Non posso ancora crederci...chissà cosa direbbe lo zio riguardo a tutto questo! Gli verrà un colpo quando lo verrà a scoprire, povero Kobra. Magari lui sarà in grado di farla ragionare"

Immersa nei suoi pensieri, procedeva a passo spedito senza curarsi troppo di quello che la circondava.

Non si accorse quindi della folla che man mano si diradava più si avvicinava alla periferia della città, lasciando spazio a strade più aperte fino ad arrivare ad uno dei gradoni principali che conduceva all'esterno di Alubarna.

Ora erano pochi i curiosi ad osservarla scendere i gradini fino alla sabbia, per poi seguirla con lo sguardo fin quando riuscivano mentre si addentrava fra le rovine ricoprendo di polvere i larghi pantaloni blu.

Le sue elucubrazioni furono interrotte quando si ritrovò faccia a faccia con l'obelisco.

Non si era nemmeno accorta di aver fatto tutta quella strada.

Gettò lo sguardo in alto, facendosi ombra con la mano per riuscire a guardare interamente la struttura di pietra coperta dai geroglifici.

Aveva imparato a leggerli fin da quando era bambina e avevano sempre destato in lei una certa curiosità. Niente a che vedere con la lingua dei Poigne Griffe, quello l'aveva visto una volta sola e non era stata in grado di cavarne un ragno dal buco.

Non aveva la più pallida idea di cosa ci fosse scritto e i caratteri non assomigliavano minimamente né a quelli della scrittura corrente né al geroglifico.

Erano dei segni semplicemente indecifrabili.

Ricordò sua madre parlarle della grossa scatola di pietra che conteneva la storia del loro popolo; le aveva detto che nessuno sulla terra era più in grado di decifrarla, ma che bisognava custodirla per il bene di tutti. "Perderla significa perdere memoria del nostro passato, e se non abbiamo passato non avremo futuro"
Poggiò una mano sulla pietra color sabbia, rivolgendo gli occhi verdi verso la punta dorata dell'obelisco.

Un velo di malinconia si stese sul suo volto.

Le vennero in mente in pochi secondi decine e decine di situazioni, incontri, ricordi che si intersecavano l'uno con l'altro come una sorta di intreccio confuso.

"Non tutto è perduto. Non necessariamente"

Ripensò a Nico Robin, conosciuta di persona tempo addietro in terribili circostanze.

Avrebbe voluto farle più domande di quante non gliene avesse poste, ma la situazione non le aveva permesso di soffermarsi troppo a parlare con lei.

Conosceva il suo immenso valore: l'unica in grado di decifrare quella lingua perduta.

Chissà cosa voleva dire portare su di sé una simile incombenza.

"Avere un grosso potere e non poterlo sfruttare. Mi sembra una storia già sentita"

Alzò la testa con uno scatto.

Qualcuno stava arrivando.

Si guardò attorno circospetta, scostandosi dall'obelisco.

Finalmente era giunto il momento di scoprire chi l'avesse mandata a chiamare con tanta urgenza.

Si preparò con una mano in tasca, pronta a sfoderare le chiavi per liberarsi del suo bracciale dorato in caso il nemico si fosse rivelato troppo potente.

Non appena uscì allo scoperto, tuttavia, Eris ritrasse subito la mano dalla tasca, stupita.

"Ma cosa..."

Inizialmente credeva che il bambino che le si era parato di fronte si trovasse semplicemente lì  al momento sbagliato, ma questo le si avvicinò intimorito ma deciso.

"Grande Oracolo! Sei venuta!"
"Sei stato TU a mandarmi quel biglietto?"

"Certo che sono stato io! E' una questione davvero urgente, della massima importanza!"
"E si può sapere perché sei venuto a chiamare me? Questo non è un gioco ragazzino, non farmi perdere tempo!"

"No! Aspetta! Io non voglio farti perdere tempo! E' che solo tu puoi aiutarmi, ne sono certo! Ti prego, ascoltami!"

Inizialmente era convinta che si trattasse di uno scherzo o di un capriccio, ma l'espressione determinata e la voce tremante tradivano una forte preoccupazione che Eris non poteva ignorare.

"E va bene. Dimmi, c'è qualcosa che vuoi sapere forse?"
Il bambino annuì.

"Ho bisogno di avere notizie di mio fratello!"

"Tuo fratello?"

"Si Signora del Levante. Ibi, mio fratello maggiore. E' partito da due giorni e non è ancora tornato. Ieri sarebbe dovuto ritornare a casa ma non l'abbiamo più visto. Sono sicuro che sia in pericolo"

Lo osservò, sbuffando.
"Calmati! Sicuramente avrà avuto qualche contrattempo lungo il viaggio o si sarà fermato in qualche città! Stava trasportando qualcosa a Nanohana forse? E' facile che si sia fermato lì per trattare coi mercanti, sono sicura che sta bene!"

"No. Non è andato in nessuna città, nessuna ancora in piedi intendo.."

Si avvicinò al ragazzino con espressione accigliata.

"Cosa vorresti dire?"
"Gli avevo promesso che non l'avrei detto a nessuno, ma Ibi è andato ad Anuat"
"ANUAT? Come sarebbe a dire?"

Il sentir pronunciare quel nome l'aveva totalmente sorpresa. L'antica biblioteca. Qualcuno l'aveva forse ritrovata?
"Mi ha scoperto mentre rovistavo in mezzo alle sue cose...c'erano delle mappe e lui mi ha detto che stava andando lì!"

"Ha trovato l'entrata di Anuat? Qui, ad Alubarna?"

"Mi ha detto che i libri erano stati spostati lontano, in mezzo al deserto"
"E ti ha detto dove di preciso?"
"Mi ha parlato di un'oasi morta. Lì c'è l'entrata, ma non mi ha detto altro!"
"Perché avrebbe dovuto fare una cosa simile?"
"Ha detto che se avesse scoperto per primo Anuat saremmo diventati molto ricchi e mi ha fatto promettere di non dire niente a nessuno. Nemmeno alla mamma..."
"Beh, su questo non ho dubbi, ma andarci da solo è stata una pazzia! Specialmente se nessuno ne è al corrente"

"Potresti chiedere a Toht se mio fratello tornerà a casa? E magari anche fra quanto?"

"Cosa?"
"E magari sapere se sta bene. Sai, mangia tantissimo e non vorrei che avesse già finito le provviste"

Si riebbe improvvisamente da quella conversazione.

Aveva completamente dimenticato di essere ancora nelle vesti di un oracolo dopotutto e dimostrarsi sorpresa sarebbe stato un errore fatale di fronte a qualcuno.

Per sua fortuna il bambino non aveva notato nulla.

Si ricompose in un attimo.

"Oh...certo, certo...chiediamo a Toth, giusto. Senti, mentre io mi consulto con lui perché non vai a casa a vedere se tuo fratello ha lasciato qualcosa? Che ne so...una copia della mappa o qualcosa del genere..."

"Mi dispiace ma non ha lasciato niente nella sua stanza..."

Il bambino sembrò pensarci un po', poi si mise una mano in tasca e ne estrasse un piccolo pezzetto di carta.

"...Eccetto questo foglietto. Tienilo pure se lo vuoi, io non me ne faccio niente!"
"Ti ringrazio..."

Rispose mentre apriva il foglio piegato in quattro.

"Nenet?"

Disse fra sé e sé mentre scorreva le parole scritte sulla carta.

Sembrava una sorta di lista di cose che ai suoi occhi non avevano nessuna correlazione, tra le quali spiccava il nome dell'oasi di Nenet sottolineata più volte.

"Allora, cosa dice Toth?"

Sobbalzò.

Era ferma da qualche minuto a leggere e si era completamente scordata del resto.

"Ehm...si...giusto. Beh ecco, dice che tuo fratello tornerà, ma non mi ha detto quando"

"E te l'ha detto proprio adesso? Mentre guardavi quella lista?"

"Certo. Mica posso scegliere quando far parlare il dio, è lui che decide quando"

"E senti la sua voce nella testa? Come qualcuno che ti legge nel pensiero?"

Sorrise.

"Già, proprio così."

 

---

 

Mentre volava sopra la sabbia dorata del deserto si riempì i polmoni dell'aria calda e inebriante.

Volare era una sensazione liberatoria, quasi purificante.

Senza più i pesanti paramenti da Oracolo, i suoi capelli rossi svolazzavano nel vento come una lunga bandiera cremisi.

Dietro di lei Alubarna appariva sempre più distante all'orizzonte.

"Il cielo non appartiene ancora a nessuno, e spero rimanga così per sempre"

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