L'Oceano dell'Oblio

di Matixa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dispersa ***
Capitolo 2: *** Spacciata ***
Capitolo 3: *** Ingannata ***
Capitolo 4: *** Scoperta ***



Capitolo 1
*** Dispersa ***


 
 
 
Occhi opachi e irritati dal sale fissano apatici l’orizzonte, o quel poco che essi riescono a scrutare, ovvero sabbia dorata umida e gelida, qualche scheggia di legno, e l’acceso colore rosso del suo giubbotto di salvataggio ancora gonfio.
Le nere nubi che fino a pochi attimi prima gorgheggiavano furiose di tempesta si sono andate diradando e spessi raggi dorati, perforandole, adesso accarezzano l’oceano ormai calmo come a volerlo tranquillizzare; un moto di terrore l’attraversa al ricordo di quant’era spaventosi trovarsi in balia delle altissime onde.
Sussulti improvvisi la costringono a sputare sale e acqua.
È viva.
 
-Laggiù!-
 
Passi insonorizzati dalla sabbia le giungono alle orecchie come vibrazioni, il chiacchiericcio aumenta di volume fino a che alcune ombre oscurano la luce.
 
È salva.
 
-Portiamola da Naraku-
 
Le sfugge un gemito di pura angoscia nel sentire quel nome mentre una mano al collo ed una presa alla schiena la rivoltano cosicché ora il viso sia rivolto verso l’alto.
Schiudendo gli occhi gonfi e rossi e grazie all’ombra che i tizi le fanno cerca di mettere a fuoco un paio di visi ma il sole vivido alle loro spalle l’acceca  aumentando il pesante mal di testa che solo adesso si rende conto d’avere.
Tossisce di nuovo, fatica a respirare perché qualcosa le preme sul torace.
 
-Tagliale le cinghie del giubbotto, la stanno soffocando …-
 
Un sinistro brillio percorre la nera lama di un pugnale, geme avvertendo il contatto con la pelle ma subito spalanca la bocca nel rendersi conto che riesce a respirare molto meglio.
Una mano entra nella sua visuale e lei scaccia un primo tentativo d’esser ghermita, poi un secondo ma al terzo un ceffone le volta la testa.
Senza poi troppa gentilezza viene issata sulla spalla di uno dei due energumeni che le stanno di fronte; senza emettere alcun rumore si umetta il labbro sentendo il bruciore del taglio, ingoia e poi sputa sangue e sabbia.
Le viene da vomitare ed i continui sbalzi e scossoni non l’aiutano di certo a calmare il diaframma impazzito.
I capelli umidi sporchi di sabbia e sale le irritano la pelle del viso, cerca di toglierseli ma non riesce a muovere le braccia.
Sta male e sente di stare per svenire quando d’improvviso viene scaricata su quelli che sembrano dei sedili posteriori. Cerca di mettersi a sedere ma le gira la testa.
Una bottiglia le appare davanti agli occhi e lei subito l’afferra cercando di aprirla. Beve avidamente e mai l’acqua le è parsa più buona dissetante ed indispensabile che in questo momento.
Se ne versa un po’ sul viso lavando via la sporcizia e la salsedine trovando finalmente sollievo.
Intanto il mezzo sul quale l’hanno caricata si è messo in marcia.
 
“Do-dove mi portate?”
“Riposa ragazza, sta buon e finirà tutto in un lampo … ”
 
Chiude gli occhi spaventata anche perché, dalle risate dei due tizi davanti, capisce benissimo che nulla di quello che le è appena stato detto si avvererà.
Trattiene un singhiozzo mentre i brividi incominciano a scuoterla e si fa piccola piccola nella sua camicetta di lino strappata e fradicia, sfrega i palmi sugli avambracci per scaldarsi ma l’unica cosa che ottiene è l’irritarsi della pelle grazie ai cristalli di sale e sabbia.
Batte i denti dal freddo cullata dalle parole dei pirati ancora più gelide del freddo che sente.
 
 
 
Doveva essere una vacanza stupenda, la prima che si concedeva dopo anni di instancabile lavoro, e invece ...
 
-Vai e divertiti Rin, te lo meriti!-
 
Soffocò un singhiozzo mentre la roca e giocosa voce del suo capo le rimbombava nei pensieri.
 
-Lavori come una dannata senza concederti mai una pausa, vai e non pensare più a niente, per un paio di settimane potremmo benissimo cavarcela qui in ufficio … -
 
Un viaggio ai caraibi tutto compreso, vizi e capricci inclusi.
Avrebbe preso il mare a bordo del Crimson Moon  il super lussuosissimo yacht della Taisho Corporation nel suo primo viaggio inaugurale in qualità di ospite e rappresentante della casata dei No Taisho, la più ricca e spiccante famiglia di imprenditori giapponesi, discendenti degli antichi demoni cane votati alla luna per i quali lavorava da alcuni anni.
Avrebbe rifiutato volentieri, ma siccome gliel’avevano spacciato per lavoro, e lei era una fanatica di lavoro, inoltre se si rifiutava l’avrebbero licenziata, non poté far altro che accettare. Bell’affare!
Troppo bello per essere vero, e la sua povera nonna glielo ripeteva sempre che se una cosa era talmente vera da sembrare impossibile, probabilmente lo era.
 
A quattro giorni dalla partenza stava finalmente incominciando a rilassarsi e sciogliersi un po’ con gli altri componenti della ciurma quando, al largo di Singapore di colpo il cielo s’era fatto nero.
Gli ufficiali di bordo provarono in tutti i modi ad evitare la tempesta ma le onde alte nere e spumeggianti avevano ribaltato lo yacht come fosse stato davvero un guscio di noce, e lei ricordava solo d’esser riuscita ad allacciarsi la cinghia del giubbotto e tirare la corda prima di ritrovarsi col respiro strozzato sott’acqua al buio e sballottata via dai moti ondosi come una pagliuzza nella tempesta.
 
Quando riemerse lo scafo pallido del natante riluceva dei continui fulmini e le nuvole nere si riflettevano nel mare oscuro quasi privo di riflessi non fosse appunto per i fulmini.
Le sue grida non furono udite da nessuno, nemmeno dall’altra nave che si stava avvicinando al Crimson Moon ormai colante a picco forse per dare una mano ma poi le venne naturale pensare a quanto fosse strano che quella nave solcasse le acque sicura e certa finché non notò la bandiera che svolazzava furiosa sull’albero maestro riconoscendo il simbolo di quello che negli ultimi anni era salito alla ribalta come uno dei più feroci e mortali pirati del nuovo millennio.
Naraku Onigumo un demone corrotto e abbietto che aveva fatto dei mari orientali la sua zona operativa saccheggiando navi da crociera, petroliere e yacht in base a quelle che incontrava prima; non si faceva problemi nel prendere ostaggi, aveva ucciso molte guardie e di un paio di ragazze, nonostante il pagamento del riscatto non si era più saputo nulla.
In molti lo avevano cercato ma sembrava svanire subito dopo ogni suo colpo senza lasciar mai traccia alcuna. Erano cinque i governi ad aver messo una taglia sulla sua testa non potendone più delle sue impunite scorribande.
E adesso lei stava rischiando di annegare a causa sua, anzi poteva pure togliere il rischiava, dannazione! Sarebbe annegata durante la sua prima vacanza!
Quel pensiero la fece arrabbiare e disperare, non era giusto, non …
Finì di nuovo sotto acqua e qualcosa le colpì la testa facendole perdere i sensi fino a pochi attimi prima.
 
Era viva, ma che ne sarebbe stato di lei?
 
Qualcosa la avvolse dandole subito conforto. Non aprì gli occhi ma riconobbe nel tessuto una coperta di pile, era impolverata e odorava di benzina ma almeno servì a scaldarla.
Si addormentò sotto allo sguardo ambrato di un uomo che indifferente alle parole dei suoi compagni osservava lo scorrere monotono dell’orizzonte interrotto qua e là da alcune solitarie palme.
E pensare che se fosse rimasta in balia delle onde per un paio d’ore in più probabilmente si sarebbe salvata. Le loro ronde coprivano solamente determinate fasce, un paio d’ore, loro si sarebbero spostati sull’isola successiva e di lei non avrebbero saputo più nulla. Avrebbe potuto chiedere aiuto e tornarsene a casa, ma il destino probabilmente le era avverso e aveva fatto in modo che loro la trovassero.
Sperava solamente che quel disgustoso verme di Naraku non avesse intenzioni oscene nei suoi confronti … già due erano state le vittime dei suoi oscuri e perversi vizi, lei non sarebbe sopravissuta.
 
 
 
TBC
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Spacciata ***


 
 
 
 
 
 
 
 
L’odore di salsedine del mare, risalendo la ripida scogliera grazie all’azione dei venti freschi del mattino si espandeva tutt’attorno  insinuandosi nelle cavità porose della roccia fin dov’era possibile creando lieve sibilo di salsedine, gradevole all’udito quanto all’olfatto.
La calma superficie dell’acqua era sferzata dall’aguzza prua di una nave che veloce e sicura sfrecciava verso le falesie imboccando uno stretto passaggio fra due scogli virando poi d’improvviso fino a sparire dietro uno sperone di basalto raggiungendo una baia naturale  e ben protetta dall’influsso delle maree dove alcune boe di fortuna costituite da vecchi copertoni ammortizzarono il cozzare dell’imbarcazione durante le operazioni di attracco; in cima all’albero maestro la grande e nera bandiera sventolava fiera mostrando l’effige della ciurma che rappresentava.
I pirati della bocca dell’inferno.
Un ragno stilizzato composto di ossa occupava il centro della tela saltando subito all’occhio essendo dipinto di cremisi, non c’erano ossa umane o lame incrociate sotto di esso, ma punti brillanti color del sangue disposti in modo all’apparenza casuale.
 
Subito una gran via vai di uomini percorse in tutta fretta il lungo pontile agganciando al fianco della nave una spessa lastra di legno per favorire lo sbarco dei pirati e lo scarico del bottino.
Non appena avvenne il contatto due enormi stivali di cuoio leggermente logori sulle punte si fermarono sul bordo. Il loro possessore, un possente uomo dallo sguardo penetrante concesse un sorriso compiaciuto ai suoi uomini, soddisfatto di come fossero già al lavoro per scaricare le preziose ricchezze ottenute.
A testa alta incominciò a discendere percorrendo l’ormeggio fino a raggiungere la ghiaiosa spiaggia del suo covo mentre la brezza marina scompigliava la pesante massa dei suoi scuri capelli e le pregiate vesti che indossava.
Lucenti orecchini ornati da cupe pietre nere tintinnavano pendendo  da entrambi i suoi lobi, al collo una corda di cuoio intrecciato reggeva fra le sue trame ciondoli d’avorio e semplice ebano spiccando nel contrasto che il colore porpora della stoffa sottostante creava.
Uno spesso giaccone pregiatamente ornato privo di bottoni ma chiuso da un largo cinturone alla vita lasciava intravedere un’ampia porzione di petto, voluminoso cotto dal sole e villoso; lembi di camicia color della spuma del mare creavano panneggi e pieghe sulle curve del torace.
Pesanti pantaloni color della pece fasciavano lunghe gambe massicce ma ben proporzionate inglobate a metà polpaccio nei caratteristici stivali in pelle cui si abbinavano ad entrambe le braccia lunghe e scure polsiere; grandi palmi stretti a pugno dimostravano forza.
I suoi passi affondando nella ghiaia lasciavano orme profonde mentre questi procedeva sicuro verso la stretta entrata di una forra calcarea.
Aveva bisogno di un bagno, di un bel massaggio e poi chissà …
 
“Naraku-sama!”
 
Non appena varcò la soglia fu accolto da alcuni dei suoi uomini di guardia, quelli che a rotazione rimanevano di stanza sull’isola perlustrando quelle confinanti nel caso le forze governative si fossero avvicinate troppo, che li avessero intercettati?
 
“Abbiamo trovato una superstite!”
 
I suoi occhi cupi che per un attimo mostrarono fastidio s’accesero subito di malizia e curiosità.
Passandosi la lingua sulle labbra leggermente secche inspirò calmo lasciando che la sua voce grave e suadente riempisse il silenzio di quelle fresche cavità.
 
“Dov’è? Cosa sapete di lei?”
 
Già incominciava ad assaporare il momento in cui l’avrebbe …
 
“Nelle  vostre stanze mio signore, l’abbiamo portata lì immediatamente dopo averla recuperata, le donne l’hanno pulita e curata ma, non ha ancora riaperto gli occhi, ha la febbre alta e …”
 
Nervoso il subalterno troncò la frase grattandosi la nuca   pensando a come formulare la prossima frase.
 
“… purtroppo non aveva nulla addosso se non degli abiti stracciati ed il giubbotto della nave, pare non portasse alcun gioiello e ...”
“Che compagnia?”
“Uh?”
“Per legge i giubbotti recano un codice, talvolta uno stemma della società che possiede le imbarcazioni, guardate lo stemma e capire-”
 
Gli occhi del tizio strabuzzarono nel comprendere la semplicità di ciò che dovevano fare, poi qualcos’altro li invase, paura e terrore, quegli idioti molto probabilmente l’avevano gettato senza pensarci due volte.
Sbuffando non poté che mostrare il suo disappunto e immediatamente il fetido odore della paura avvolse il suo subalterno.
Compiaciuto del rispetto e del timore che incuteva ai suoi sottoposti schiuse gli occhi sbuffando una risata roca. Non valeva la pena di ucciderlo per così poco.
 
“Va bene non fa niente, và pure e ordina alle donne di prepararmi un bagno, una volta presentabile andrò ad incontrarla, nel frattempo mandate il mozzo a tenerla d’occhio …”
“Vado immediatamente!”
 
Scuotendo il viso mentre pensava a quanto avrebbe potuto guadagnare da quella situazione, si diresse alla cantina dove un paio dei suoi stavano sistemando delle scorte di cibo e bevande, fece cenno al vecchio Kato di versargli da bere ingoiando tutto d’un fiato il pregiato sakè ruggendo soddisfatto del bruciore provocatogli alla gola facendosene servire dell’altro.
Si accertò che tutto fosse in ordine poi quando l’inebriante e balsamico profumo dei vapori del suo bagno profumato invasero la caverna seppe che era ora di andare a farsi coccolare.
 
Un brivido elettrizzante gli percorse schiena e bacino.
 
“Mio signore …”
 
La lieve e mielata voce della sua donna preferita gli incendiò l’anima, vederla sulla porta della stanza da bagno vestita solamente di veli trasparenti, infuocò qualcos’altro.
 
“Bentornato mio signore, il suo bagno è pronfh-”
 
Non la lasciò finire e catturandole le labbra sfogò la sua potenza in un bacio ardente e umido pieno di desiderio e lussuria.
 
“Ti sono mancato, Sango?”
 
Infilando due dita oltre l’orlo dell’unica spallina di seta dell’abito della donna le scivolò lungo il candido braccio donando brividi e scosse finché il torso non fu nudo e poté concentrarsi su quelle rosee rotondità che erano la perfezione assoluta.
 
“Immensamente mio signoh nhm … ”
 
Con calma estenuante percorse ogni centimetro di pelle godendosi ogni reazione ed espressione di lei, ogni gemito ogni lamento erano fuoco nel suo sistema, adrenalina nei suoi muscoli, gioia perversa per il suo spirito.
 
“Lavami!”
 
Scostandosi schiuse gli occhi lasciando che lo spogliasse, vibrando al massaggio che le sue dita lasciavano ad ogni loro passaggio godendo del calore di quel corpo vivo e giovane, scattando per il solletico ed il piacere d’essere il signore di quello schianto e quando fu nudo entrò nella vasca trascinandola con sé, lasciando che lo lavasse con le più preziose essenze, facendola poi sua fra mille schizzi e lamenti com’era solito fare fino a renderla quasi priva di sensi a forza di orgasmi.
A quel punto entrava in gioco l’altra sua donna che aveva il compito di asciugarlo e rivestirlo nonché intrecciare i suoi capelli nell’attesa che si asciugassero così mentre la bella Sango si riprendeva stesa fra le umide e stropicciate lenzuola del suo letto arrivava la piccola Kagome a dargli un piacere che solo lei riusciva a creare.
Occhi così innocenti e grandi non li aveva visti mai. Poteva ammaliarla mille volte e mille volte essi rimanevano puri, non si opacizzavano come succedeva con Sango, non perdevano la scintilla di vita che li rendeva unici, semplicemente sembravano sconfiggere il suo potere e anche se lei si inginocchiava e lo prendeva in bocca più e più volte ogni volta che incrociava il suo sguardo vedeva gli occhi di una che sapeva, non di una che eseguiva, e questa cosa nonostante un po’ lo preoccupasse gli dava anche una scarica di potenza impossibile da ricreare.
Per questo non le aveva lasciate andare. Gli erano essenziali come l’aria che respirava.
Sango la tentatrice dall’anima calda e la voce dell’estasi e Kagome, la sua piccola scossa divina.
 
“Ancora … più forte … oooh siii …”
 
Gli occhi grigi della ragazzina osservarono quelli  scarlatti del suo dominatore rivoltarsi all’indietro per il piacere mentre ingoiando il suo seme ancora elargiva  godimento senza tuttavia provare alcun sentimento trovando la situazione assolutamente normale, compiacere il suo salvatore era un suo compito, dopo tutto.
Un movimento catturò la sua attenzione e con la coda dell’occhio mise a fuoco il viso del mozzo.
Si fermò interrompendo la suzione e le mani del suo signore le cui dita stringevano i suoi neri  capelli ebbero un sussulto quasi rabbioso lasciandole intendere che questa cosa non gli aveva fatto per niente piacere.
Riprese come se nulla fosse aggiungendo una lentissima umida e rovente carezza di lingua che quasi gli fece cedere le ginocchia.
 
“Hyaaaaaaaah … ahhh …”
 
Un nuovo urlo e una nuova ondata di acidulo calore le inondò la gola, era stata brava, due volte in pochi minuti.
Spompato Naraku si allontanò da lei riprendendo un minimo di controllo.
Finalmente libera di muoversi Kagome piantò lo sguardo nelle iridi arancioni dell’uomo in attesa fremendo sotto al suo scrutinio.
La voce con cui Naraku tuonò non sembrava contenta.
 
“… che diavolo vuoi?”
 
 
Ed infatti lui odiava venir disturbato durante le sue sessioni di coccole e non gli andava di dare spettacolo quindi perché mai quel dannato mozzo rimaneva sull’uscio della porta? Voleva forse favorire? Dipingendosi un sorriso sghembo sulle labbra cambiò tono.
 
“Vuoi le coccole anche tu?”
“… mi è stato detto di avvertirti non appena la ragazza si fosse svegliata …”
 
Lo fissò per niente contento senza rispondergli. Un'altra cosa che gli creava fastidio era la totale apatia che quel dannato mozzo gli riservava. Tch non ne aveva colpa, dopotutto …
 
“Si è appena svegliata …”
 
Detto ciò, dopo aver concesso alla ragazzina ancora in ginocchio un’ultima occhiata svanì.
 
Prendendola per un braccio Naraku la issò facilmente in piedi fissandola a lungo negli occhi prima di parlare.
 
“Vestimi.”
 
……………
 
 
Con le immagini della tempesta impresse negli occhi della mente Rin aprì gli occhi mettendosi a sedere.
Ansimando cercò di ricordare o capire dove si trovasse ma il buio che la circondava non rendeva di certo il compito di calmarsi facile.
Lei odiava il buio. Era subdolo e silenzioso e freddo e …
 
“C’è qualcuno?”
……
 
Con le lacrime agli occhi cercò di ricordare ma ogni volta che si concentrava una fitta di mal di testa la colpiva all’altezza delle tempie e del contorno occhi.
Portandosi le mani alle guance le trovò in fiamme, stava male.
 
D’improvviso la luce si accese ma la cosa sembrò essere più dannosa che d’aiuto.
 
“Nghhh”
 
Un fruscio e lo spostamento d’aria, così come quello del materasso dove si rese conto di trovarsi, le indicarono che qualcuno le si era avvicinato.
Una sensazione di abbandono l’avvolse ed i peli su collo e braccia si rizzarono non appena la carezza calda dell’alito di qualcuno la sfiorò.
 
“Sta bene signorina?”
 
Sussultò di paura, nonostante tenesse gli occhi schiusi a terra nella visuale rientrarono alcune ciocche di capelli neri e mossi, i capelli di …
 
“Non sono nessuno, non ho nulla mi lasci andare la pre-”
 
Un palmo spiaccicato contro le labbra le impose il silenzio immediato oltre che costringerla a voltare e levare il viso; nel vedere un paio di gemme color del rubino fissarla con gelida cattiveria sgranò le proprie già lucide e velate di pianto lanciando un lamento che venne smorzato dal contatto con la sua rovente pelle ruvida.
 
“Ne convengo che sappia già con chi abbia a che fare signorina …”
“Nhm …”
“Onigumo Naraku, il peggior criminale del nuovo millennio … se non sbaglio mi hanno chiamato così in molte occasioni … mhn, dopo tutto hanno ragione, comando una flotta composta dalla peggior feccia esistente e saccheggio isole e navi proprio come facevano gli antichi pirati secoli fa … ”
 
Ridendo scivolò di lato con la mano sfiorandole le labbra col largo pollice che nonostante la ruvidezza profumava di rose incurvando le dita in modo che si adeguassero alla dolce curva del suo collo, gli occhi di lei sgranati e fissi sulle sue carnose labbra rosse sembravano terrorizzati da ciò che esse proferivano ma al contempo, la sfumatura grave e sensuale della sua voce le dava i brividi scivolandole addosso come camicia di seta.
 
“Mi domando se sia al corrente anche della fine che questi facevano fare alle piccole bugiarde non crede?”
 
Schiudendo gli occhi lasciò scorrere le lacrime mentre con una leggera pressione lui la faceva cadere all’indietro sovrastandola con la sua mole mentre piano il suo viso scendeva fino a posizionarsi in nell’incavo del suo collo, guancia contro guancia.
 
“Perciò ricominciamo da capo … chi è lei, e cosa ci faceva su quello che ai miei uomini era parso un fottuto yacht degno del più ricco dei nababbi?”
 
L’inflessione che diede all’ultima parte della frase le incusse un senso di vertigine e per un momento si sentì morire.
Deglutendo provò a parlare ma le uscì solo fiato.
 
“Su su, mi dica il suo nome miss …?”
 
Strusciando la guancia contro la pelle rovente di lei scese quel poco che gli bastò per sfiorarle le spalle con le labbra emettendo un sospiro soddisfatto nell’appurare che il suo sapore gli piaceva.
D’istinto schiuse le labbra sentendo con la punta della lingua il terrore condensato nel punto dove pulsava il sangue, leccandosi le labbra compiaciuto.
 
“Rin RIIN MI CHIAMO RIII-”
 
Di nuovo le stampò la mano sulla bocca facendola tacere.
Non gli importava più, era buona, era pura ….
Era sua!
 
 
 
TBC…

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Capitolo 3
*** Ingannata ***


Inspirando forte cercò di annodare i lembi stracciati della gonna in modo da coprirsi almeno fino alle ginocchia.
Il respiro erratico non ne voleva sapere di regolarsi, le lacrime cadevano incessanti, il mal di testa lancinante le provocava sensi di vertigine e nausea impossibili da sopportare e solo ora il  sangue sembrava voler smettere di fluirle dal naso.
Avrebbe dato chissà cosa per un fottutissimo analgesico.
Sfiorandosi la fronte con le mani gelide cercò di dare sollievo al rovente calore che la percorreva.
Aveva gridato talmente forte  mentre quel dannato cercava di possederla da aver amplificato il dolore che già provava e ora quella cefalea sembrava spaccarle il cranio.
 
Soffocò un singhiozzo ricordando le fasi dell’aggressione appena scampata.
Strattonandole i capelli e tappandole la bocca Naraku le aveva intimato di smettere di gridare ma lei presa dal raptus della paura l’aveva morso, lui di rimando schiaffeggiata e lei, a furia di graffiarlo s’era spezzata le unghie contro le placche del giubbotto mentre con un paio di ginocchiate lo colpiva ai fianchi.
Vide tutto bianco quando un destro coi fiocchi l’aveva colpita in mezzo agli occhi d’improvviso e nei pochi attimi che le ci vollero per riprendere coscienza di sé il pirata le strappò la camicia sul petto agguantandole poi l’orlo in vita per fare lo stesso; con la voce incendiata dal dolore alla gola aveva urlato ancora e ancora smettendo solo quando il cuscino con cui le aveva coperto il viso le impedì di respirare.
 
“Ti avverto che se non la smetti ti soffoco maledetta mocciosa!”
 
Confusa dal terrore non smise di scacciarlo neanche sotto minaccia, sarebbe morta piuttosto.
 
Il caldo sapore di ferro le giunse alle labbra mentre alcune gocce deviando lungo la guancia seguirono il percorso già tracciato dalle lacrime finendole fra i capelli macchiando le pregiate lenzuola.
 
“Mhn, non hai per niente un bell’aspetto …”
 
Si era allontanato e subito voltandosi su di un fianco Rin cercò di nascondersi alla sua vista mentre la voce suadente del suo aggressore riempiva nuovamente la stanza.
Com’era possibile che nonostante tutto le desse ancora i brividi? L’aveva appena minacciata di morte se non si sottometteva, e lei fremeva?!
 
“Forse ho affrettato troppo le cose, dopotutto non ci conosciamo che da pochi minuti …”
 
Lo sentì sbuffare poco convinto prima di spostarsi per rimettersi in piedi.
Nel silenzio più totale mosse alcuni passi spegnendo finalmente quella dannatissima e lancinante luce facendo il giro del letto arrivandole accanto.
 
“Giacché per oggi sono contento così ti lascio il primo round mocciosa, ma ti avverto che se la prossima volta ti azzarderai solamente a fiatare giuro sui Kami più neri e oscuri del creato che ti apro dalla gola fin giù nelle viscere!”
 
Toccandola con l’indice dalla giuntura delle clavicole fin quasi a quella delle cosce sibilò quella minaccia assicurandosi che recepisse il messaggio, dopodiché scivolò via nell’oscurità lasciandola finalmente sola.
 
 
Stordita dalle botte, dall’emicrania e dallo shock Rin cercò sollievo nella fresca consistenza del materiale che componeva i cuscini riuscendo ad alleviare il tamburellare delle fitte fino a renderle un po’ più sopportabili non accorgendosi dell’ombra apparsa sull’uscio rimasta immobile ed in silenzio a vegliare i suoi lamenti fino a che la giovane s’arrese alla stanchezza.
 
L’accendersi della flebile fiammella di una candela fornì un minimo di visibilità alla buia stanza e fu solo allora che il mozzo entrando, posò una bacinella sul piccolo tavolino a lato del letto intingendovi uno straccio e dopo aver spostato il cuscino col quale la ragazzina s’era coperta  cominciò a pulirle le guance e gli occhi per passare poi delicatamente al naso arrossato e sporco di sangue.
La tremula luce vibrando degli spostamenti d’aria sembrava colata di miele sulle fattezze della giovane che sfinita non s’era resa conto d’esser medicata.
Gli occhi del mozzo profondi e misteriosi seguirono centimetro per centimetro l’umida pezza che percorreva le guance il collo, la fronte e gli occhi della ragazzina simpatizzando in qualche modo con la sua situazione.
Prendendole la mano sfregò delicatamente il panno notando i piccoli graffi sulle delicate dita e le unghie scheggiate … quella ragazzina così piccola e indifesa che non si era arresa alla crudele prepotenza di Naraku riuscendo anche se per poco a mandarlo via l’aveva incuriosito parecchio.
 
Chissà chi era e da dove veniva; prima, mentre si stava dirigendo al magazzino per procurarsi il necessario  a curarla aveva sentito gli sgherri parlare di lei e a quanto dicevano ancora non si era riusciti a scoprirne l’identità ed era strano; Naraku aveva contatti ovunque e scopriva in poco tempo tutto quello che voleva, come mai con questa qui ci voleva così tanto?
Osservò nuovamente quel viso chiaro e stanco riuscendo solo a notare come i suoi nerissimi capelli rilucessero del flebile bagliore della candela.
La mano che stringeva il panno umido lasciò la presa muovendosi mossa dalla curiosità più che dal volere verso la folta chioma sparpagliata sul letto. Quando quasi l’aveva raggiunta uno spostamento d’aria alle sue spalle bloccò i suoi movimenti destandolo dal trance.
Ritraendo l’arto si voltò lentamente riconoscendo sull’uscio il profilo esile di Kagome.
 
“Naraku ti cerca …”
“…”
“Mi occupo io di lei …”
 
Avvicinandosi prese il pezzo di stoffa abbandonato continuando l’opera mentre lui muto e silenzioso rimaneva al suo posto senza risponderle in alcun modo.
Quando era sotto l’effetto della malia non aveva senso parlare con lei o quell’altra poiché andavano subito a riferire tutto al demone e allora si che erano guai. Anni addietro aveva assistito ad un episodio riguardante la fine che facevano fare su quell’isola ai traditori e non ci teneva a seguire l’esempio di quel povero matto che aveva cercato di farla in barba a Naraku.
Anche se non faceva proprio tutto quello che il bastardo gli ordinava, guadagnandosi per questo periodi di isolamento nelle segrete alla baia, non aveva senso alcuno farselo nemico; un semplice uomo come lui non aveva possibilità contro un’armata di mercenari e demoni quindi era molto meglio starsene buoni e remissivi e anche se spesso il cuore gli esplodeva dalla rabbia di fronte alla crudeltà di quell’abominio il suo proverbiale autocontrollo era sempre riuscito a tenerlo calmo e in vita.
 
 
“Se non ti sbrighi ti punirà …”
 
Kagome lo sfiorò appena e con un lieve sussulto si mise in piedi.
Annuendo distratto si avviò.
 
 
…………
 
 
I forti rintocchi della cattedrale rompevano l’incessante e fastidioso scrosciare dell’acqua contro le vetrate e le fiammate dei baleni, snodandosi come serpi luminescenti spezzavano le tenebre della notte dividendo il cielo in decine di cupe schegge dai contorni irregolari che a loro volta dipingevano, colandole di nero e di luce, le pareti delle case i versanti dei monti e persino le insenature del golfo dove il mare in tempesta scagliava onde letali e spumose contro le lucide e lisce barriere di sassi e scogli sui quali scivolava umida e regolare l’accesa luce del faro scandendo un ritmo silenzioso e infinito.
 
Dall’alta finestra dell’antico castello abbarbicato sui faraglioni della falesia un uomo osservava in silenzio il manifestarsi del proprio tumulto interiore paragonando il vento impazzito al flusso caotico del sangue nelle vene, l’infrangersi della mareggiata all’uragano che erano i suoi pensieri, i rintocchi della mezzanotte erano la lucidità del suo ego che nonostante tutto cercava di rimanere intatta e la luce intermittente del faro gli eterni ed infallibili battiti del suo cuore che nonostante la tempesta e la feroce angoscia avrebbero continuato a pompare la vita dentro al suo corpo.
 
Oltre la trasparente barriera il rumore diveniva silenzio, il gelo dei venti mutava nel calore del caminetto acceso e la crudeltà della natura selvaggia diventava sicurezza di una casa antica.
 
 
CONTATTO RADAR INTERROTTO CON IL CRIMSON MOON
IMPOSSIBILE EFFETTUARE RICOGNIZIONE AEREA PER VIA DELLE AVVERSE CONDIZIONI METEO
RACCOLTI ALCUNI SUPERSTITI DALLA NAVE DA CROCIERA XXX
NESSUN’AVVISTAMENTO DELLO YACHT ALLA DERIVA CHE A QUESTO PUNTO NON PUO’ ESSERSI CHE INABISSATO
SOSPESE LE RICERCHE A CAUSA DEI FORTI VENTI
ALL’ALBA DI STAMANI MANCAVANO ALL’APPELLO 3 PERSONE
RECUPERATE LE SALME DEL CAPITANO E DELL’UFFICIALE IN SECONDA, NESSUNA TRACCIA DELLA REPORTER
EMESSO ORDINE DI RIENTRO.
RIN ASARI DICHIARATA DISPERSA
 
“No …”
 
Esalando un sospiro grave l’uomo voltò le spalle alla tormenta tornando a fissare il foglietto bianco sopra la lucida scrivania.
L’aveva letto solo una volta eppure ogni singola linea gli era rimasta impressa a fuoco nella mente.
 
RIN ASARI DICHIARATA DISPERSA
 
Impossibile …
La voce squillante e ridente della ragazzina gli ronzava nelle orecchie mentre con l’espressione più dolce di sempre cercava di farlo desistere dal mandarla in ferie.
E poi la prima comunicazione dal largo, in cui gli diceva quello che provava comportandosi come ogni ragazzina dovrebbe fare anziché indossare sempre la seria e impassibile maschera di reporter.
 
È bellissimo!! Il mare sembra un’enorme prato color cobalto tanto è calmo!!
Grazie per l’opportunità Signor Taisho.
 
“Non di nuovo”
 
Stringendo i denti deglutì e la saliva faticò a superare l’amaro e denso groppo che gli annodava la gola. Cosa aveva fatto?
 
Ho fatto bene a  darle retta.
 
Un soffio contento erano state le ultime parole che gli aveva rivolto la sera prima dell’incidente mentre se ne stava sul ponte a sorseggiare il suo drink osservando il tramonto.
Per tutti i Kami celesti, l’aveva condannata a morte …
 
RIN ASARI DICHIARATA DISPERSA
 
“NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!”
 
L’urlo disumano sovrastò persino il fragore dei tuoni e l’antica fortezza tremò fin nelle fondamenta.
 
 
……………
 
 
Riprendere coscienza di sé rendendosi conto di non avere il cervello in procinto di esplodere fu qualcosa di veramente gradito e Rin accolse con gioia il nuovo risveglio.
Grattandosi distrattamente il solletico provocatole falla frangia sulla fronte masticò a vuoto; deglutendo appurò che doveva a tutti i costi lavarsi i denti o avrebbe ucciso la prima persona che le si fosse avvicinata.
L’immagine di Naraku le balenò fra i pensieri e in un attimo il desiderio di sciacquarsi la bocca sparì.
Quel bastardo le doveva stare alla larga!!
Sbuffando via di colpo tutta l’allegria che di norma la caratterizzava Rin aprì prima un occhio, poi l’altro lanciando occhiate poco convinte a destra e manca prima di mettersi a sedere.
 
Via libera.
 
“Ben svegliata!”
 
Rin non urlò solamente perché la dolce voce femminile che le aveva parlato non poteva in alcun modo appartenere al demone nero.
Voltandosi verso la direzione da cui questa proveniva la mascella le cadde dalla sorpresa.
 
A pochi metri da lei, sulla soglia d’entrata alla sua celletta c’era la ragazza più carina che avesse mai visto.
Capelli neri e folti incorniciavano un viso latteo entro il quale due occhi color della cenere dal taglio particolare attiravano l’attenzione.
Un naso piccolo divideva in due il viso portando ad indugiare su labbra rosee e perennemente sorridenti.
Il collo sottile adornato da preziosi fili d’argento si perdeva in spalle delicate dai contorni morbidi che scendevano in un paio di braccia esili ma ben definite, vesti leggere ed eleganti coprivano l’intera figura fin poco sopra alle caviglie mostrando un paio di piedini fasciati da caratteristici sandali color dell’oro.
 
Una tale meraviglia cosa diamine ci faceva in un posto come quello?
 
“Non essere spaventata, va tutto bene …”
“Non, io … non sono spaventata ma …”
 
Mostrandole il più dolce dei sorrisi ella entrò nella stanza posando il vassoio che reggeva sul tavolino accanto al letto.
Frutta di ogni tipo, succhi e pezzi di pane imburrati facevano bella mostra di sé attorno ad una teiera ed una tazza di nero caffè fumante.
 
Vedendo quel ben di Dio Rin si rese conto d’essere affamatissima.
E come a darle ragione lo stomaco emise un ruggito feroce che la fece vergognare.
 
“Mangia, il mozzo mi ha detto che sei digiuna da ieri mattina, poi ti porterò alle vasche, portai lavare via la salsedine dalla pelle e ti sentirai molto meglio …”
 
Negando a forza Rin si ritrasse, per niente al mondo sarebbe uscita da quel posto sapendo che il demone era in circolazione.
 
“Hai paura di Naraku … tranquilla, starà via per tutto il giorno, è andato a cercare qualcosa e mi ha incaricata di prendermi cura di te … su mangia adesso o ti si fredderà il caffè … è raro trovarne di così buono e sarebbe un peccato sprecarlo … ”
 
Annuendo appena Rin con lentezza raggiunse la tazzina portandosela alla bocca e dopo aver soffiato via un po’ di vapore bevve un sorso di caffè.
Miagolando estasiata chiuse gli occhi rinascendo al beneficio che quella semplice bevanda riusciva a trasmetterle, non c’era niente al mondo meglio del caffè e l’averne fatto a meno il giorno prima rendeva l’esperienza ancor più soddisfacente.
 
“Fai parte della sua banda?”
“Chi, io? Certo che no! Sono stata rapita!! Aspetto che venga pagato il riscatto poi sarò finalmente libera! Non vedo l’ora di tornarmene a casa,mamma Sota ed il nonno saranno preoccupatissimi …”
 
Sota? Dove aveva già sentito quel nome?
 
“Da quanto sei qui?”
“Un paio di settimane credo … è difficile star dietro al passo dei giorni, sto qui dentro praticamente sempre …”
“Ti ha trovata alla deriva?”
“Nah … ero in crociera con mia cugina quando siamo state attaccate … hanno lasciato stare tutti tranne noi due, probabilmente sapevano che io e Sango ci trovavamo a bordo … ”
 
Sango? Fermando la mano dal cogliere un trancio d’ananas Rin rimase allibita.
Sango come Irouhara Sango? La figlia del magnate delle telecomunicazioni sparita dalla circolazione di punto in bianco senza lasciare alcuna traccia?
Ora che ci pensava, la Irouhara Corporation teneva strettissimi rapporti con le industrie Higurashi a cui facevano capo Sota e Kagome Higurashi, ereditieri di Taro Higurashi pioniere nel campo della nanotecnologia divenuto ricchissimo grazie ad alcuni brevetti rivoluzionari.
 
“Tu sei Kagome Higurashi?”
 
Il viso di lei si accese di felicità.
 
 “Hai letto di me sui giornali?”
“S-si ma …”
“Hai sentito se c’erano degli sviluppi? Naraku non mi dice niente uffa!”
“Non di recente ma … da quanto hai detto che siete qui tu e tua cugina?”
“Due settimane, tre al massimo …”
 
Com’era possibile che lei fosse convinta di trovarsi lì da soli ventuno giorni?
L’ultimo articolo che aveva letto risalente a due anni e mezzo fa parlava di un silenzio prolungato da parte dei pirati e benché entrambe le famiglie avessero sguinzagliato i loro migliori uomini alla ricerca delle due, di loro s’erano perse le tracce.
 
“Kagome senti …”
“Uh?”
 
La ragazza le mostrò un’espressione gioiosa e serena; sicuramente era convinta che l’avrebbero presto liberata e qualunque fosse stato il motivo dietro alla sua ignoranza Rin era certa che rivelarle l’esatto lasso di tempo intercorso dalla sua sparizione avrebbe solamente frantumato il suo morale e per cosa poi?  Non aveva elementi sui quali basare alcuna teoria né spiegazione, l’avrebbe abbattuta per niente inoltre era di sé stessa che doveva preoccuparsi ora …
Riprendendo il movimento interrotto agguantò un frutto annuendo verso di lei per ringraziarla del cibo facendole intendere che fosse a quello che si riferiva.
 
“Grazie …”
“Figurati …”
 
E sorridendole ancora prese posto accanto a lei elencandole il nome di ogni frutto presente e persino il tipo di marmellata spalmata sulle fette di pane imburrato.
Dopo aver mangiato tutto Rin la seguì fuori dalla sua celletta cercando di memorizzare il percorso ma perse il filo praticamente subito, quel dedalo di budella scavate nel tufo era troppo intricato e lei faceva sempre fatica a ricordare percorsi complessi.
Chissà in quanto tempo l’aveva memorizzato lei.
 
“Ti muovi bene qua dentro, come fai ad orientarti? Io non saprei tornare alla mia stanza …”
“Ti sembrerà strano ma mi riesce naturale …”
 
Dopo tre anni che ci vivi ovvio che ti riesca naturale …
 
Tenendo quel pensiero per sé Rin decise di guardarsi intorno, doveva pur esserci qualcosa di particolare da prendere come punto di riferimento in caso di necessità, no?

No, lì dentro tutto era cupo sfocato e identico a parte un bagliore che proveniva da un cunicolo scavato in una zona rialzata.
Che ci fosse un’uscita lassù?
 
“Eccoci …”
 
Appoggiandosi alla pietra dell’uscio Kagome le fece posto incoraggiandola ad entrare dentro quella che era una stanza degna delle più lussuose spa.
Vasche ricavate dalla roccia erano ricolme d’acqua tiepida e fumante, polle di vetro posizionate dentro nicchie contenevano oli e petali di fiori secchi, morbidi tappeti a terra isolavano dalla nuda pietra e pile di asciugamani stavano ripiegati dentro lineari scaffali,  unici oggetti d’arredo costruiti dall’uomo.
Dall’alto circolari oblò privi di vetro permettevano alla luce naturale del sole di illuminare la stanza.
Prese nota anche di quello, da lì, arrampicandosi lungo la porosa parete, era possibile raggiungere l’esterno.
 
“Woaw …”
“Bella vero? È l’unico posto si può dire dove riesco a rilassarmi …”
“...”
 
Spingendola dolcemente verso un chiaro paravento Kagome le spiegò che poteva svestirsi ed entrare nella vasca così mentre lei si lavava sarebbe andata a prenderle dei vestiti di ricambio.
 
“Ok …”
 
Incominciò a slegarsi il nodo fisso della gonna lacerata tenendo d’occhio Kagome e non appena questa uscì si precipitò alla parete provando ad arrampicarsi.
La roccia tiepida e irregolare presentava molti appigli e per Rin fu uno scherzo giungere in cima nonostante non avesse alcun’allenamento.
Non calcolò però che l’umidità creata dal vapore delle vasche condensandosi sulla roccia aveva creato una patina scivolosa che le fece perdere l’appiglio a pochi centimetri dal soffitto.
 
Lo scivolone fu così inaspettato che mentre cadeva la poveretta non riuscì ad emettere alcun suono.
Sperava solo di non sbattere contro la roccia e finire per rompersi qualche ossa.
 
Cozzò si contro qualcosa, ma era caldo e morbido e … aveva due braccia.
 
“Uh?”
“Che diavolo fai?”
 
Rendendosi conto d’esser stata acchiappata da qualcuno alzò il viso  guardando oltre sé stessa.
Un paio d’occhi color dell’ambra la fissavano distaccati e mentre parlò anche le sue parole, benché esprimessero curiosità, erano dette con voce calma e atona.
 
“Io … uhm …”
 
Dove aveva già visto occhi così?
 
Avevano un taglio deciso e sottile ed i riflessi di bronzo nell’iride entro i quali si fondeva la pupilla leggermente più allungata erano troppo simili a quelli di una persona che conosceva benissimo per passarle inosservati.
Ma … d’istinto levò lo sguardo alla fronte rimanendo quasi delusa nel trovarla libera ed i capelli poi, erano se possibile ancora più neri dei suoi, scalati e scompigliati dal bagno, lisci e lucidi come piume di corvo pieni di riflessi blu …
Si era sbagliata.
 
“Chi sei?”
“Non ha importanza …”
 
Abbassando lo sguardo notò il colore dorato della pelle dei suoi pettorali, constatò come questi fossero delineati e netti e percorrendo con lo sguardo le sue forti braccia vide come la stretta che le usava la tenesse molto, forse troppo vicina e … coprendosi gli occhi ingoiò un gridolino.
 
Non era mica nudo?
 
“Oh …”
 
Ebbe un leggero senso di vertigine mentre, oltrepassando il bordo della vasca, l’uomo la issò la voltò e infine la rimise a terra.
 
Aveva i boxer phew
 
Avvertì le mani di lui sulle spalle e sulle braccia.
 
“Che?”
“Sei ferita?”
“No …”
 
A disagio fece per spostarsi ma questi prendendole la mano destra rivoltò il palmo fissando prima questo, poi lei.
Un piccolo taglio dal quale usciva un sottilissimo filo di sangue le sporcava la pelle zigzagando verso la giuntura del polso per cadere sottoforma di piccole goccioline a terra.
 
 “Non fa male,nemmeno me n’ero accor- Heeey”
 
Strattonandola la portò dall’altro lato della stanza dischiudendo un mobiletto ed estraendo alcuni medicinali.
Aprendo un barattolo ne versò il contenuto sopra una benda applicandone una dose abbondante pure sulla ferita.
Bruciò da morire.
 
“Zzzz che fai non è nien-”
“Credi davvero che fuggire sia così facile?”
“Nh?”
“Ci ha provato anche Sango, se non l’avessi trovata sarebbe morta …”
“Per un semplice taglietto?”
“Non è il taglietto che uccide sciocca, ma ciò che ci finisce dentro.”
“Uh?”
 
Curiosa osservò la reazione che stava avendo luogo sopra la sua mano notando come il liquido blu diventasse schiuma frizzante e chiarissima a contatto con la pelle.
Di solito queste reazioni avvenivano se c’erano batteri, ma non erano così dolorose o esagerate … rimuginò alcuni secondo fino a che l’evidenza non si manifestò facendola inorridire.
 
“Ha messo veleno dappertutto?”
 
Il tizio  annuì soltanto finendo di medicarle la ferita.
Osservandolo con attenzione Rin si rese conto di quanto fosse concentrato e dedito nell’opera di medicazione; si ipnotizzò osservando il suo profilo netto senza poter fare a meno di notare come questo fosse veramente somigliante con quello di …
 
“Taisho-sama …”
 
Impietrito l’uomo si bloccò guardandola incredulo.
Mordendosi il labbro Rin si maledì mentalmente, aveva appena detto al nemico chi fosse … adesso col cavolo che la la-
 
“Sei una di loro?”
“N-no ma …”
“Allora non nominare mai quel nome qui dentro ragazzina … ne va della tua salvezza …”
“Perché?”
 
Senza dirle altro, dopo averle allacciato un nodo in modo esageratamente stretto portandola a  sibilare, questi si alzò facendo per andarsene.
In un impeto di coraggio Rin lo trattenne guardandolo implorante e se per qualche strana ragione questi avesse creduto alla sua risposta di prima, l’insistenza che la ragazzina dimostrava ora provava che aveva a che fare eccome con la stirpe degli No Inu.
Sbuffando questi rilassò la postura dandole la risposta che cercava mentre con triste disinteresse osservava il cielo oltre l’oblò dal quale ella aveva cercato di fuggire poco prima.
                                                                                        
 “C’è solamente una persona a questo mondo che Naraku desidera distruggere più che ogni altra cosa e si tratta proprio di Inu no Taisho; se venisse a sapere che qualcuno dei suoi prigionieri ha a che fare con lui sarebbe l’inizio di una guerra devastante fra due dei demoni più potenti della storia …”
“… mio Dio …”
 
Spaventata Rin si portò la mano alla fronte guardandosi in giro confusa.
 
“L’unico consiglio  che posso darti è di stare buona e non farlo infuriare come ieri sera … più ti ribellerai più vorrà spezzare il tuo spirito … ”
“Ma … ma … io non voglio che … ”
“Non sei la prima a finire in queste prigioni e non sarai nemmeno l’ultima … se farai ciò che vuole te la caverai con un brutto spavento e basta, sarai a casa entro la fine del mese …”
“Come Kagome e Sango?”      
 “Loro si sono opposte a lui firmando così la loro condanna;  anziché solo una volta adesso le possiede tutte le notti e reprime i loro tentativi di resistergli ammaliandole senza scrupolo … ”
 
Terrorizzata dalla calma con cui lui le parlava, ma soprattutto dalla consapevolezza di quanto quelle parole fossero vere e inesorabilmente vicine a valere anche per lei Rin si lasciò cadere a terra stropicciandosi via le lacrime dagli occhi mentre leggeri singhiozzi la scuotevano fin dentro le ossa.
 
Doveva forse lasciare che quel demonio la violentasse?
Furente lo bruciò con uno sguardo di fuoco mentre decine di lacrime rigandole le guance cadevano a terra venendo risucchiate dal pavimento poroso.
Col cavolo! Se ne sarebbe andata via da lì, in un modo o nell’altro.
 
In silenzio lui rimase a fissarla poi notando Kagome svoltare l’angolo in fondo al cunicolo aggiunse un ultimo avvertimento prima di muoversi verso l’uscita proprio quando la ragazzina la varcò di ritorno dal guardaroba.
 
“Non abbassare la guardia quando sei con lei o quell’altra …”
“Perchè?”
“Se parli di cose scomode quando sono sotto la malia di Naraku sarà come informare lui, ricordatelo bene …”
“M-ma …”
 
Rimase a terra osservando la sua schiena allontanarsi da quel luogo mentre Kagome, preoccupata delle sue lacrime le si avvicinò immediatamente.
 
“Tutto ok? Perché piangi?”
“Niente … mi sono spaventata …”
 
Guardando verso l’uscita, dove oramai non c’era più nessuno Kagome si rivolse a Rin perplessa.
 
“Il mozzo ti ha spaventata?”
“Mozzo?”
 
Confusa Rin approfittò di quello spiraglio per evitare di dare spiegazioni rischiando così di abbassare la guardia.
 
“Si, insomma … quello che è appena uscito; non sapevo fosse qui, ci credo che ti sei spaventata!”
“Come si chiama?”
“Boh …  Naraku dice che non ha memoria di niente che preceda il giorno in cui l’ha ripescato in mare … ”
“È un prigioniero anche lui?”
“Non credo, è libero di recarsi dove vuole, persino di uscire e anche se non va molto d’accordo con gli altri pirati e spesso disobbedisce a Naraku pare non abbia interesse ad andare da nessuna parte …”
“Probabilmente non ricorda dove sia la sua casa …”
“Lo penso anch’io … va beh, adesso bagno?”
 
Annuendo Rin si spogliò immergendosi poi nelle tiepide acque profumate riuscendo persino a rilassarsi nel silenzio mentre Kagome le massaggiava le spalle e le districava i capelli.
Passarono alcune decine di minuti e le sembrò davvero che il corpo rinascesse. I muscoli indolenziti si stavano rilassando, la paura pian piano si attenuava e finalmente sentiva i capelli tornare ad essere morbidi e puliti.
 
“Uhm … potrei abituarmi ad essere coccolata così …”
 
Ad occhi chiusi levò in aria le braccia stirandosi mentre le dita di Kagome si allontanarono dai capelli per permetterle libertà nei movimenti.
 
“Meglio perché io a vederti così mi sono già abituato …”
 
Sbarrò gli occhi quando la roca voce del pirata uscendo da gelide labbra che le sfioravano la pelle le solleticò l’orecchio; contemporaneamente enormi palmi roventi risalendole l’addome andarono a prendere a coppa entrambi i seni.
 
“Kyah-mmm”
 
Il rumore d’acqua rovesciato, dovuto al secondo corpo entrato in vasca che la fece traboccare  ovattò ogni altro suono e nonostante avesse gli occhi aperti la visuale si annebbiò un istante mentre questi cercavano di mettere a fuoco la faccia dello schifoso che la stava baciando con foga e corrotto desiderio strozzandole le grida in gola.
 
“Sei buona da morire, Rrrrrin …”
 
Perdendo un battito si rese conto che a differenza dell’uomo di prima, quello di adesso era nudo del tutto e che quello che le premeva contro la coscia era l’eccitazione del demone, enorme e rovente … miagolando con la gola lamenti disperati cercò di chiudere le gambe ma Naraku vi aveva già preso posto.
Le venne da piangere …
 
“Finirà subito … sarà bellis-”
“Non così … non così … non co-”
 
… poi le venne un’idea.
 
 “ … ”
 
Sentendola rilassarsi  sotto di sé comprese quello che doveva essere successo.
Era svenuta per lo spavento.
Sbuffando contrariato si levò sulle ginocchia concedendosi il piacere della vista di quel piccolo chiaro corpo  perfetto e caldo pronto per lui nonostante colei  cui apparteneva fosse priva di sensi.
L’idea di possederla comunque lo stuzzicò per un istante ma poi cambiò idea, non era certo così disperato e poi lo elettrizzava di più il gusto della conquista piuttosto che prendere a tradimento, nonostante avesse più volte fatto anche quello.
Sorridendo sardonico si passò la lingua sulle labbra pregustando ciò al quale mancava poco oramai … issandosi in piedi la raccolse avvolgendola in un enorme telo prima di dirigersi nudo e possente verso la stanza in cui l’aveva lasciata la sera prima.
Adagiandola sulla parte destra del materasso in modo che la sua faccia fosse rivolta verso di lui prese poso alla sinistra distendendosi contro la testiera esalando una sola parola mentre distrattamente giocherellava con una ciocca nera e bagnata dei capelli di lei.
 
“Kagome!”
“Eccomi Naraku.”
 
Pochi attimi dopo la ragazzina entrò dirigendosi al letto, mettendosi a cavalcioni sul bacino del pirata che mugugnando soddisfatto le circondò i fianchi coi larghi palmi increspando la sottile stoffa della veste che indossava.
 
“La ragazza qui mi ha dato forfait ma come puoi sentire sono molto eccitato, ci pensi tu? ”
“Con piacere mio signore …”
 
Il letto incominciò a dondolare a ritmo con le spinte che la ragazzina esercitava contro il bacino del pirata eccitandolo alla follia solamente sfiorandolo.
Guardando il viso sopito della fanciulla al suo fianco portò le dita sulla spallina del vestito di Kagome scostandola per scoprire il piccolo seno tondo di lei avvicinandolo al viso per inspirare il suo buon profumo, assaggiare il sapore pulito di quella pelle di seta mangiando una mentre guardava l’altra, non c’era perversione più appagante.
 
“Dimmi Kagome, ti ha detto da dove viene?”
“No ”
“Per chi lavora?”
“Neanche …”
“Qualcosa che mi può essere utile?”
“No”
 
Scocciato la morse attorno al capezzolo causandole piacere anziché dolore.
 
“Di cosa avete parlato allora?”
“… il mozzo …”
“Che cosa?”
 
Fermandosi cercò il suo sguardo limpido.
 
“L’ha spaventata mio signore ”
 
Kagome ricominciò a muoversi cercando di mantenere quella sensazione piacevole che sembrava esserle necessaria ma crudele lui le negò i movimenti.
 
“Nhmmmmm”
“Spaventata?”
“Era dentro quando siamo arrivate, non lo sapevo …”
“Tutto qui?”
“Sih … ”
 
Osando nuovamente cercò di tornare a dondolare sorridendo contenta quando le mani di lui sui fianchi sciolsero  l’impedimento.
Con uno scatto le alzò le vesti prendendo la carne e strizzandola, levando quel fiore umido fino alle sue labbra baciando e leccando fino a giungere al rovente e umido bocciolo interno dove infierì con famelici giochi di lingua bevendo il nettare del quale suo nero animo andava pazzo facendola gridare fra singhiozzi e fremiti impalandola infine con una spinta netta e perfetta che le strappò un urlo talmente erotico da farlo venire immediatamente con uno cavernoso che avrebbe fatto rabbrividire chiunque.
 
Immobile nell’inespressività del suo corpo Rin inorridì fin dentro le ossa.
Fingere d’essere svenuta e mantenere un’espressione plastica mentre il peggiore dei demoni stuprava la sua prigioniera a pochi centimetri da lei non era impresa da poco.
Era terrorizzata dal fatto che potesse scoprire la sua farsa e fargliela pagare.
 
“Non abbassare la guardia quando sei con lei o quell’altra …”
 
L’avvertimento del mozzo le risuonò nei pensieri e mentalmente, anche se non ne capiva le ragioni, lo ringraziò; il maledetto gliel’aveva mandata sul serio sotto malia con l’intento di scucirle informazioni utili.
Deglutì pregando ogni Kami che l’aiutasse a fuggire.
Non voleva finire come Kagome, non era giusto.
 
“Brava Kagome … adesso pulisci su …”
 
Annuendo la ragazzina sciolse l’unione indietreggiando fino a raggiungere con le labbra il membro ancora eretto umido e pulsante del demone che espirando attraverso le narici tutta la sua contentezza tornò ad osservare l’angelico viso sopito della sua nuova schiava.
Indugiò sulle sue labbra schiuse provando l’irrefrenabile desiderio di violarle ma fortunatamente per lei il lavoro di Kagome era come sempre eccellente e bastò a compiacerlo.
 
Anche per stavolta se l’era schivata.

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Capitolo 4
*** Scoperta ***


  
 
 
 
 
Doveva assolutamente capire dove diavolo si trovasse.
Non sapeva da quanto tempo fosse prigioniera di Naraku perché lì dentro quel budello calcareo ci si dimenticava persino che esistesse il sole, non sapeva se là fuori la stessero cercando e Kami-sama, il solo pensiero di finire come Kagome a vita la terrorizzava alla follia.
 
Per questo ogni notte, quando ad illuminare le grotte ed i corridoi c’erano solo le luci delle fiaccole appese alle pareti facendo meno rumore possibile sgattaiolava fuori dal suo confinamento e, srotolando un gomitolo creato sfilacciando un lenzuolo per usarlo come il filo d’Arianna della famosa leggenda, si lanciava nell’esplorazione  di quella grotta immensa solo all’apparenza.
Con una scheggia di corallo spezzata da un fermaglio per capelli donatole da Naraku incideva sugli angoli in basso piccole frecce o simboli che le velocizzavano l’orientamento e nel giro di pochi giorni era riuscita bene o male a crearsi una mappa mentale della sua strana prigione.
 
Il bastardo sembrava darle tregua dato che dall’ultima volta nel bagno non lo aveva incrociato neanche per sbaglio.
Che fosse andato via per davvero?
Non poteva esserne sicura e non lo avrebbe di certo chiesto a Kagome visto che temeva fosse sotto malia quindi si era concentrata sul memorizzare le vie più brevi per raggiungere l’esterno, verso il quale non poteva dirigersi per inciso, o il bagno o quella dannata saletta rialzata dal bagliore azzurrino che, da quando Naraku era sparito era stata blindata.
Non per molto.
Quella notte infatti avrebbe  forzato il vecchio lucchetto usando una forchetta ed una forcina che aveva raccattato senza dare nell’occhio dalla cucina e dal bagno.
 
Guardandosi intorno Rin si accertò di essere sola.
Le risate ebbre degli sgherri di Naraku provenivano ovattate dalla sala-taverna ed era certa che se si fossero avvicinati li avrebbe sentiti in tempo. Ubriachi e rumorosi com’erano non esisteva proprio che la cogliessero in fallo.
 
Kagome l’aveva vista dormire di brutto nella sala dei veli mentre Sango … beh lei non l’aveva ancora vista ma a sentire dai fischi e dagli apprezzamenti doveva trovarsi alla taverna a servire ed intrattenere quei balordi maiali unti e sporchi.
 
Povera stella
 
L’avrebbe portata via, avrebbe salvato entrambe ad ogni costo.
Stringendo gli occhi sul suo obiettivo prese un bel respiro risalendo le gradinate ricavate nel tufo fino a raggiungere il pianerottolo sopraelevato ostruito da una porta di legno mezza marcia chiusa a sua volta da una catena con lucchetto.
Curiosa portò il viso accanto al foro cercando di capire cosa ci fosse all’interno e … BINGO! Un paio di schermi collegati a computer e persino un vecchio apparecchio radio erano allineati su uno sgangherato tavolino in laminato. C’erano delle carte impilate l’una sull’altra, compassi e … sbuffò nel constatare che la grandezza del foro non consentisse una più vasta visuale.
Poco male, in uno zero due sarebbe entrata e avrebbe finalmente chiesto aiuto.
Cercando di farsi bastare la pochissima luce cominciò il lavoro di scassinamento infilando la forcina e la forchetta debitamente contorta come aveva viso fare tante volte nei film ma soprattutto come un suo caro amico le aveva insegnato.
 
oooooooooooooo
 
“Guarda bene Rin, devi prima piegare i denti in questa maniera e poi, aiutandoti con un fil di ferro rigido o che so …”
“Una forcina?”
“Brava, una forcina fai così … e poi così eeeeee ….
Clack 
… Voilà!”
 
ooooooooooooooooo
 
 
CLACK!
 
“Voilà!”
 
Sorridendo al bel ricordo ma soprattutto alla riuscita del suo piano  Rin fece scorrere la catena liberando la porta scostandola pianissimo facendo attenzione a non farla cigolare gattonando poi dentro la saletta.
Tese l’orecchio per assicurarsi che tutto fosse tranquillo e trovando conferma si apprestò ad esplorare la nicchia.
 
Avvicinandosi mosse il mouse presente che scosse dallo stand-by il monitor collegato e grazie alla luce di questo Rin poté consultare la pila di fogli che si rivelarono essere mappe nautiche delle quali purtroppo capì poco o niente. Una carta in particolare però catturò la sua attenzione ed estraendola dal plico la portò più vicina allo schermo per poterla vedere meglio.
Presa com’era non fece caso all’ombra che apparve sulla porta e che silenziosa come lo era stata lei scivolò dentro la stanza, puntandola.
 
Lisciando la cartina cercò di capire quale fosse il verso giusto.
Si ricordò del particolare della rosa dei venti che se non ricordava male doveva trovarsi sempre in basso a destra e così voltò il foglio nella maniera corretta riconoscendo immediatamente.
C’erano decine di isole e isolette, leggeva Singapore sull’estremità di una di esse e, a pochi centimetri sulla carta c’era una croce rossa … non capiva cosa significasse però.
 
ooooooooooooooooooooo
 
“Vede quello scintillio signorina?”
“Si! Cos’è?”
“Sono le luci del porto di Singapore ”
 
oooooooooooooooooooooooooo
 
Ricordò il dialogo avuto con un membro della ciurma proprio prima del naufragio e un particolare le balenò alla mente.
Le luci del porto in lontananza brillavano nella notte calante ma ricordava benissimo che il cielo era limpido e benché ci fossero nuvole attorno al sole morente queste non potevano portare pioggia essendo sparse e rade, bianche e spumose tinte di grigio e d’amaranto e …
 
“Ma certo!”
 
E se il temporale l’avesse scatenato Naraku? Dopotutto era un demone oscuro, ne aveva tutto il potere, no?
… tornò a guardare la cartina e, se davvero ci aveva visto giusto, i conti tornavano; per quanto non fosse esperta era ovvio che quel segno rosso nella realtà corrispondeva al punto esatto in cui il Crimson Moon si trovava al momento dello scatenarsi della tempesta quindi il naufragio non era stato un incidente ma …
 
“ … un vero e proprio attacco?”
 
Non riuscì a stupirsi di quel pensiero che la luce di colpo si accese riportandola di colpo alla realtà … dannazione si era talmente distratta da …
Una mano lercia le ghermì la spalla costringendola a voltarsi.
 
“Guarda guarda chi abbiamo qui …”
 
Si trovò di fronte Kumo, un verme schifoso e porco che sembrava spogliarla con lo sguardo ogni volta che la guardava e che sfoggiava un ghigno sdentato e perverso in grado di far accapponare la pelle. Toccava spudoratamente il sedere a Kagome tutte le volte che gli passava di fianco e se non si era spinto oltre con lei, lo si doveva unicamente al fatto che Naraku glielo avesse categoricamente proibito.
Tuttavia in quegli occhi si rifletteva una perfidia carnale e malata che lei non aveva visto mai. Chissà da quanto era a sec-
 
“Kyah!”
 
La ghermì con un’agilità spaventosa facendola aderire al suo corpo sporco sudato ed eccitato tanto da provocarle un conato di vomito mentre con la bava alla bocca le attaccava collo e spalle a suon di viscidi baci.
 
Rin sebbene lo volesse con tutte le sue forze non osò fiatare, se gridava si sarebbe si salvata ma gli altri una volta accorsi l’avrebbero sgamata e una volta tornato Naraku non avrebbe avuto scampo.
 
Ingoiando schifo e paura lo lasciò fare sperando che si ricordasse del monito di Naraku ma quando la mano del porco le si infilò fra le cosce gemendo constatò che così non sarebbe stato.
 
“Brava bimba … lasciami fare e starò zit-”
“Wah!”
 
Kumo si accasciò su sé stesso rovinando a terra con un tonfo secco ma lei non riuscì a gioire che due occhi di brace la stavano bruciando.
 
“Sarai la causa della mia fine dannata mocciosa!”
 
Prendendo a peso morto il tirapiedi di Naraku il mozzo lo trascinò fino all’uscita spingendolo fuori e lasciandolo ruzzolare a terra in culo agli eventuali bernoccoli, era ubriaco e da far schifo e sicuramente avrebbe dimenticato tutto una volta sveglio quindi a che serviva essere delicati?
Il brusio però di colpo cesso e lo stridere di sedie avvertiva dell’alzarsi in piedi di alcuni pirati, senza perdere tempo,  strattonandola per un polso il mozzo la costrinse a seguirlo e levandola di peso la fece uscire dall’entrata spegnendo luce, chiudendo la porta e riallacciando il lucchetto con una velocità ammirevole, estraendo forchetta e pinzetta infilandosele in tasca per evitare che lei potesse riprovarci, prima di trascinarla giù per le scalette e di ritorno nella sua stanza dove con poca delicatezza venne spinta sul letto.
Le risa dei balordi nel vedere il corpo esangue del loro collega giungevano in lontananza accompagnando la sfuriata del mozzo che con occhi liquidi di rabbia la stava letteralmente incenerendo!
 
“Ma che mo-”
“Giuro che se ti ribecco a fare una cosa del genere lo dico a Naraku!”
 
Che fosse incazzato lo si capiva dalle vene gonfie del collo nonostante parlasse sottovoce il fiato usciva talmente compresso e iroso che se avesse urlato avrebbe fatto meno rumore.
 
“Non oser-”
 “Eccome se lo farò!”
 
In due passi le fu addosso ributtandola di peso dopo che punta sul vivo da quella minaccia s’era rimessa in piedi per controbattere.
 
“Il  fatto che ti abbia fatto un piacere l’altro giorno non significa che …”
“Ma perché sei con Naraku? Tu non sei come lui, come gli altri per -”
“Non sono affari tuoi mocciosa … ”
 
Voltandosi guardò oltre la soglia d’entrata per assicurarsi che i pirati fossero rientrati alla taverna in modo che non lo vedessero girare per il covo; non andava loro molto a  genio ed avrebbe destato sospetti se lo avessero beccato uscire dalla stanza della prigioniera.
… dannata ragazzina ma perché doveva sempre creare problemi?
 
“s’è quello?”
“…”
 
Senza darle ascolto schiuse gli occhi concentrandosi sulle ombre che via via scomparivano dal muro. Via libe -
Una carezza sull’attaccatura del capo lo fece scattare come una molla.
 
“Che diavolo fai?”
“C’è qualcosa che brilla lì …”
“Brilla?”
 
Toccandosi la parte sfiorata sentì solamente il normale contatto con la propria pelle.
 
“Cosa diavolo dici?”
“Fa vedere …”
“Stammi lontana …”
“Guarda che mica ti mangio …”
“Va a dormi-”
 
Si bloccò vedendola sorridergli firbetta.
 
“Se non ti abbassi mi metto a gridare!”
“Non ose-”
 
Rendendosi conto di come in pochi secondi le parti si fossero invertite tacque immediatamente fulminandola con lo sguardo.
Se lei gridava era fottuto e non ci sarebbe stato verso di aver ragione trovandosi nella sua stanza.
 
“Dannata …”
 
Esalò quell’offesa abbassandosi sulle ginocchia in modo che le sue chiari mani potessero come in precedenza scostargli i capelli trattenendo un brivido al piacere che quel contatto gli stava in fondo provocando.
 
“È sempre pelle, ma è lucidissima, come l’interno di una conchiglia …”
 
Il tocco dei suoi polpastrelli che di colpo s’era interrotto, facendogli sbarrare gli occhi che neanche s’era accorto d’aver chiuso, riprese seguendo un percorso preciso.
 
“Pare un tatuaggio ma non ne ho mai visti di così chiari e questi kanji sono antichissimi … oh …”
 
Lui non aveva mai notato nulla del genere sul proprio corpo.
Deglutendo in silenzio e respirando pianissimo per non perdere la concentrazione sul tocco di lei attese altre informazioni.
Doveva esserci dell’altro perché adesso le sue dita avevano preso a scendere oltre l’orlo della maglia che indossava verso la spalla risvegliando brividi al suo passaggio.
 
“…”
 
Per alcuni minuti ella non parlò più ma le sue carezze continuavano e benché lui sapesse che doveva scostarsi da lei, non riusciva a mandare l’impulso al cervello.
Il tocco di lei era così rilassante e confortevole da piegare il suo spirito solitario e quando, sbilanciatosi inconsciamente in avanti la sua fronte arrivò a poggiarle sullo sterno non osò fiatare preparandosi però mentalmente ad essere scansato.
Quando questo non avvenne levò lo sguardo curioso di capire cosa passasse per la mente di quella ragazzina trovandola con un espressione indecifrabile sul viso che spezzò la magia in un istante.
 
“Meglio che va-”
 
Fu in piedi con un fluido movimento ma non appena accennò a voltarsi immediatamente le mani di Rin gli cinsero una delle sue.
 
“Sei …”
“Sono?”
“Tu sei … sei … imprigionato …”
 
Imprigionato?
Che intendeva dire?
 
“Sei …”
 
Rumori di passi pesanti sul ghiaino risuonarono d’improvviso.
 
“Naraku è tornato … meglio che non mi trovi qui …  ”
 
Strattonando mollemente il proprio arto cercò di esortarla a lasciarlo ma Rin non ne voleva sapere.
 
“Devi lasciarmi …”
“No … non capisci, Naraku ti ha …”
“Lui mi ha salvato la vita sciocca!”
 
E sibilando quella frase con un gesto netto si liberò da quella presa riportando fra di loro una distanza fatta di freddezza e ostilità da parte sua.
 
“Non gli dirò niente ma questa è l’ultima volta … ora mettiti a dormire, se sospetta qualcosa siamo fottuti entrambi mi hai capita?”
 
Con occhi umidi e pieni di un sentimento a lui incomprensibile Rin annuì indietreggiando sul materasso fino a scostare il lenzuolo mettendosi a dormire dandogli le spalle.
Il mozzo rimase ad osservarla alcuni istanti per niente convinto. Respirava troppo agitatamente per sembrare sopita ed era chiaro che avesse di nuovo in mente qualche cosa ma adesso non aveva tempo di tenerla d’occhio; se si cacciava di nuovo nei guai affaracci suoi, lui doveva pensare a salvare sé stesso perché, indifferenza o no, se Naraku lo beccava lì per lui sarebbero stati davvero cazzi amari.
Spense la fiaccola principale e sgusciando fuori si dileguò nell’ombra raggiungendo i suoi alloggi nel punto più oscuro e remoto della grotta appena in tempo.
 
Pochi attimi più tardi infatti sulla soglia della stanza di Rin apparvero un paio di umidi stivali lucidi d’acqua costellati di centinaia di granelli di sabbia.
Rin non lo poté vedere in viso ma Naraku stava sorridendo soddisfatto, sotto braccio un giornale ripiegato portava in prima pagina un articolo dentro il quale spiccava un primo piano del suo viso.
 
“Rin Asari, reporter alle dipendenze della Taisho Corporation scomparsa nel nulla in seguito al naufragio del Crimson Moon dopo settimane di ricerche è stata data ufficialmente per dispersa.
[…] La giovane, orfana sin dalla tenera età, era stata accolta dai membri della famiglia Taisho come una figlia ed aveva contribuito alla rinascita del fondatore di una delle più fiorenti industrie del Giappone dopo la depressione dovuta alla perdita del suo primogenito in un analogo incidente aereo in cui si persero misteriosamente le tracce del velivolo in transito sopra l’oceano indiano.”
 
Col sangue che guizzava nelle iridi Naraku rise malignamente.
Dopo anni di paziente attesa gli si era ripresentata la possibilità di avere un vantaggio sull’odiato nemico e stavolta non l’avrebbe sprecata per nessuna ragione al mondo.
 
“Ho perso un occasione con Sesshomaru ma con lei sarà diverso …”
 
Entrando si tolse i gambali gettando il giornale sul letto spogliandosi man mano ad ogni passo sino a poggiare le ginocchia sul bordo del materasso ed incedere fino a sovrastare l’ignara ragazzina dormiente in una gabbia fatta di arti ed un corpo nudo virile e possente.
Piegando i gomiti le ghermì le labbra in un bacio lento umido e tremendamente eccitante tanto che inconsciamente anche la fanciulla si lasciò andare rispondendo languidamente ad ogni carezza di labbra e di lingua senza sapere che così facendo aveva infine scatenato la trappola del ragno.
 
“… E sicuramente più appagante …”
 
Gemendo pesantemente Naraku si leccò le labbra strappando via il lenzuolo che copriva la ragazzina stracciandole le vesti riuscendo infine a svegliarla ma stavolta non si curò della sua paura né aspettò che questa sortendo effetto la facesse svenire fissandola con un’intensità tale da darle i brividi e scatenarle dentro un calore indecifrabile ed un innato desiderio carnale che lui seppe aver funzionato quando ella volontariamente e con un sorriso sghembo allungò le mani per cingergli le spalle divaricando contemporaneamente le esili e pallide gambe accogliendolo vigorosamente a fare ciò che agognava da quasi un mese oramai.
 
… si l’avrebbe infine ammaliata.
 
Scuotendo la testa per eliminare quelle immagini eccitanti e tentatrici troppo vicine dall’esser realizzate Naraku si issò sulle ginocchia osservando le gonfie labbra della ragazzina indeciso sul serio se possederla per davvero o posticipare l’evento al giorno dopo.
Giorni e giorni di mare e ricerche estenuanti avevano avuto un enorme affanno e si sentiva veramente stanco, non gli andava di rovinare tutto quindi avrebbe pazientato ancora uno o due giorni così facendo avrebbe avuto tempo e modo di pensare in quali e quante maniere avrebbe fatto patire quel dannato Taisho.
Magari scattando delle fotografie mentre violava quella puttanella o addirittura un video in cui sotto malia Rin gli faceva i servizietti più indecenti chiamandolo mio signore o maestro o …
Deglutì sentendo il proprio membro eccitarsi alla follia grazie a quei maligni pensieri.
Aveva tempo.
Tutto il tempo del mondo.
Dopotutto nessuno sapeva che Rin era viva e, soprattutto, che era in mano sua.
 
Le rubò un ultimo bacio prima di voltarsi e lasciarla sola.
 
 
……
 
Nel buio della stanza Rin aprì gli occhi muovendosi appena per pulirsi la bocca dal sapore di Naraku.
Dannato bastardo, baciava come un dio e ancora si malediva per aver risposto consciamente rischiando un epilogo catastrofico.
 
Rischiò a levarsi a sedere, doveva riflettere e, guardò verso il comodino vedendo nella penombra della piccola fiaccola la brocca piena d’acqua, sciacquarsi assolutamente via dalla bocca qual spore così tentatore.
Sbilanciandosi per raggiungere la caraffa posò il palmo sul materasso sentendolo scricchiolare.
Abbassando lo sguardo si rese conto di star appoggiata sopra un giornale e curiosa lo prese per vedere che diceva.
 
Le si gelò il sangue nelle vene vedendo la prima pagina mentre le parole che il mozzo le aveva rivolto giorni prima le rimbombavano nei pensieri.
 
“C’è solamente una persona a questo mondo che Naraku desidera distruggere più che ogni altra cosa e si tratta proprio di Inu no Taisho; se venisse a sapere che qualcuno dei suoi prigionieri ha a che fare con lui sarebbe l’inizio di una guerra devastante fra due dei demoni più potenti della storia …”
 
 
 
Dannazione Naraku l’aveva scoperta!
 
 
 
 
Uhm … Che dire …
Ringrazio di cuore LarcheeX, Mac99, Maria76 e ComeBack per le belle parole dette nella recensione e spero che questa storia continui a piacervi.
Per tutti gli altri … uhm ecco, siete timidi? Pigri? Schifati?
Non avete proprio nulla da dirmi?
Nella scheda della storia noto una media di 200 visite per capitolo e mi gaso perché vedo che la storia è seguita però…dai, solo due recensioni per capitolo, cos’ha che non va?
Non scrivo per la gloria, ma per esercitarmi però se non ricevo feedback non riesco a migliorarmi e mi deprimo perdendo così la voglia di continuare … riguardo questa storia ho un paio di capitoli già scritti quindi li pubblicherò, ma se vedo che nonostante le letture riceverò ancora poche recensioni mollo tutto e mi do all’ippica ( cosa che già faccio btw… XD)
Non è un ricatto solo un piccolo sfogo.
Ciao ciao

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