Don't run away

di XsoraXchanX
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Act I ***
Capitolo 2: *** Act II ***
Capitolo 3: *** Act III ***
Capitolo 4: *** Act IV ***
Capitolo 5: *** Act V ***



Capitolo 1
*** Act I ***


 
 
 
 
Act I    
 
E’ da poco che sono uscito da una brutta relazione. Una di quelle sbagliate, da dove è impossibile scappare via; sia per la paura di perdere tutto, sia per la vera è propria paura delle conseguenze di lasciare un tipo violento. E bene si; tra tutte le scelte sbagliate che ho fatto nella mia vita, quella di iniziare una relazione con Kyle, è stata la più sbagliata. Stare con lui mi aveva distrutto fisicamente e psicologicamente tanto che sono dovuto scappare, Il più lontano possibile. Ho dovuto abbandonare tutto ciò che ero riuscito a costruirmi in tre anni per colpa di una scelta sbagliata, per allontanarmi da una violenza immotivata nei miei confronti. Lividi, tagli e abusi erano provocati da un amore malato, l’unico che Kyle era in grado di darmi.
Ho dovuto vivere, per ben tre lunghi anni, insieme a uno stronzo del genere. Perché non sono stato mai in grado di guardare la realtà, di capire il male che il nostro “amore” stava provocando su di noi?
Entrambi siamo stati affascinati l’uno dall’atro. Io ero pazzamente attratto dal suo fantastico corpo, perfetto in ogni lineamento, era come se fosse stato scolpito. Il suo viso, poi, era perfetto in ogni lato. I suoi cerulei occhi incantavano ogni persona sulla quale si posavano, e ovviamente io non potevo non esserne catturato. Spesso, quando eravamo a letto a coccolarci amabilmente, quando ancora tutto era scritto come l’inizio dolce di una favola, mi ripeteva in continuazione che la mia bellezza non era paragonabile alla sua. Riteneva che io fossi molto più bello di lui spesso mi elogiava per i miei tra delicati e per il mio fisico asciutto ma con muscolatura evidente, anche se poca. Non smetteva mai di ripetermi che adorava i miei occhi castani, nei quali diceva di perdersi in continuazione.
Ed è stato questo il nostro “errore”. Entrambi abbiamo continuato a perderci l’uno nell’altro senza accorgerci che il nostro modo di amare l’altro ci stava distruggendo. Una cosa è certa io in primis non sono stato capace di reagire alla situazione che si stava creando. Come sempre ero abbagliato dai miei soliti vizi, non m’interessava che le cose degenerassero tra di noi, mi bastava sapere che l’uomo al mio fianco fosse bello, il resto credevo di sopportarlo. Non è questo l’errore più stupido che una persona può fare? Pensare che la sola bellezza fisica basti per perdonare azioni deplorevoli, fa capire quanto io sia insignificante come persona, incapace di capire il dolore che sta provocando a se stessa e agli altri.
 
No basta Shaun. Basta pensare a lui, ora sono chilometri lontano, non potrà mai trovarmi qui. Ora, entrambi, possiamo finalmente lasciare alle spalle ciò che è stato…”.
Erano ormai un paio di giorni che ero tornato in Inghilterra dopo i tre lunghi anni che passati in Germania. Allora non sapevo ancora che dimenticare Kyle e la nostra relazione non sarebbe stata cosa facile.
Dopo due giorni passati, rinchiuso in una camera d’albergo, finalmente, la terza sera, avevo preso il coraggio per uscire a fare un giro, dopo aver indossato le prime cose che avevo per le mani, indossai il cappotto e scesi in strada.
Tra un passo e l’altro non potei evitare di ripensare a tutta la mia vita; e con un’espressione amareggiata, e un po’ triste sul volto iniziai a girovagare per i vicoli bui della città di Leeds, nella quale mi ero trasferito.
I vari vicoli erano illuminati solo dalle luci provenienti dalla strada principale. Avanzando sempre di più tra di essi, all’improvviso mi ritrovai insidiato in strette e vicoletti sempre più bui e isolati dal resto della città. Mettevano i brividi.
Mentre mi accingevo a tornare sulla strada principale, la mia attenzione fu’ attirata da una piccola porta di legno scuro decorata con rose rosse. Su di essa era posta una piccola insegna.
 << Dark Rabbit? Che nome strano… Che sia un pub? >>
Ispezionai l’entrata titubante su ciò che poteva nascondere al suo interno. Rimasi fermo lì a osservare per un paio di minuti, fino a quando non vidi una coppia abbracciata provenire dalla strada principale avvicinarsi all’entrata del locale. D’istinto mi allontanai dall’entrata, facendo un paio di passi all’indietro; la coppietta, formata da un ragazzo e una ragazza vestiti in modo raffinato, entrò nel locale, io ne approfittai per spicciarne l’interno, ma purtroppo non ebbi successo, l’unico modo che avevo per scoprire cosa celasse quella porta era farmi coraggio ed entrare. Feci un lungo sospiro e spinsi la grande porta di legno.
Un dolce profumo di rose si propagò colpendomi come una leggera brezza di primavera. L’atmosfera del locale era tranquilla ed elegante, e il tutto era incorniciato da una dolce melodia suonata di un sassofono proveniente da un vecchio jukebox posto in un angolo dell’ampia sala del locale. L’ambiente era arredato con piccoli tavolini, da un massimo di quattro posti, in legno affiancati a delle piccole poltrone rivestite di un tessuto rosso scarlatto. Il resto del locale era arredato con piccoli scaffali di legno scuro sparsi un po’ per tutto il locale che andava così ad arredare, con i vari oggetti che conteneva, l’intero locale. Dalla mia posizione potevo riconoscere solo pochi di quelli oggetti come, libri, dischi in vinile e vari oggetti di arredo anni 80. Sui muri, color mogano, dove era visibile erano stati appesi piccoli quadri con foto in bianco e nero.
Feci alcuni passi dentro il locale, ero un po’ spaesato dall’ambientazione raffanti, mi sentivo un po’ fuori posto ma cercai di non cedere alla tentazione di voltarmi e scappare via da quel luogo. Presi coraggio e continuai ad avanzare raggiungendo così il lungo bancone di legno laccato dietro alla quale c’era un grande scaffale illuminato da led che faceva risaltare ogni bottiglia su di esso. Scrutai con lo sguardo ogni bottiglia, ero contento di vederle così esaltate dalle piccole luci soffuse.
Qual è il miglior modo di lasciarsi andare e dimenticare il passato se non quello di bere?
Inoltre la fortuna era anche dalla mia parte, avevo, per puro caso trovato locale poco affollato che così garantiva un po’ di privacy. In poche parole potevo scolarmi quante bottiglie volevo senza tener conto delle persone che mi guardavano.
Avevo ancora lo sguardo perso a osservare l’ambiente circostante quando una voce maschile interruppe la quiete dei miei pensieri.
<< Ciao sei nuovo di queste parti? Che ti porto? >>
Sentendo quelle parole mi volto verso la persona che cercava la mia attenzione. Il mio sguardo si posò su di un giovane ragazzo. Capii subito che si era il barman, dopotutto si trovava dietro il bancone, non potevo sbagliarmi. Il giovane dai capelli sbarazzini, alto e con un fisico ben visibile, grazie agli indumenti scuri e attillati che indossava, sfoggiò un dolce sorriso e i suoi occhi scuri leggermente socchiusi per il sorriso emanavano un senso di amichevolezza, peccato che in quel momento più che di un amico avevo bisogno di un bicchiere con ghiaccio e qualsiasi cosa alcolica che potesse contenere.
Subito gli lanciai uno sguardo gelido da non-rompere-idiota.
<< Qualcosa di forte. >> dissi appoggiandomi con entrambi i gomiti sul bancone e incrociando le dita di entrambe le mani sotto il mento << Ah… possibilmente fruttato. >>
Con sguardo fermo e privo di emozioni continuai a osservare il giovane ragazzo davanti a me.
Stranamente rimase impassibile al mio sguardo e continuò a blaterare cose a caso cercando una mia risposta. Rimasi ammutolito, fissando il vuoto, fino a quando non vidi un bicchiere pieno di ghiaccio disporsi difronte a me. Alzai lo sguardo incrociando così di nuovo quello del giovane barman. Vicino al bicchiere appoggiò una bottiglia scura, con una rosa sull’etichetta.
<< Ecco questo è il Whisky Four Roses. Credo che rispecchi a pieno le sue richieste. >> Indicò la bottiglia che aveva appena appoggiato sul bancone.
<< Prego assaggia >>
Disse mentre versava l’ambrato liquido nel bicchiere. I piccoli pezzi di ghiaccio tintinnarono sotto il liquido. Tirai il bicchiere verso di me, e lo avvicinai alle labbra, sentii il profumo di rose che emana, dolce e fresco, profumava proprio di rose. Lo assaggiai con un primo piccolo sorso, era davvero buono. Ne rimasi stupito. Non ero un amante di super alcolici, per il loro retrogusto amaro ma questo era davvero buono.
<< E’ perfetto grazie >> dissi con tono freddo e calmo cercando di allontanare così le attenzioni del barman, e fortunatamente ci riuscì. Sempre con il sorriso sulle labbra il barman si allontanò lasciandomi da solo ad affogare i miei dispiaceri nell’alcol.

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Capitolo 2
*** Act II ***


 

 



Act II *new version*
 
 
 
Di una cosa ero certo, quel whisky era davvero forte, non lo dico solo per i pesanti postumi che ho avuto il giorno successivo ma poiché dopo solo un paio di bicchieri iniziai già a sentire il suo effetto sulla mia mente. E bene si avevo ottenuto, con facilità, ciò che desideravo, abbandonarmi completamente e dimenticarmi, anche se per un breve periodo, di Kyle.
 
L‘atmosfera raffinata del locale ormai non mi metteva più soggezione, anzi mi sentivo, quasi, del tutto a mio agio.
Nell’intero ambiente risuonava dolcemente la voce di Michael Bublé con la canzone Feeling Good, sentendo le parole della canzone, mi scappò una piccola risata, non c’era canzone più adatta per descrivere la mia vita. Sentendomi ridere il barman tornò all’attacco cercando la mia attenzione.
<< Allora sai anche ridere >>
Mi disse facendo un grande sorriso. Stranamente non ero irritato dalla sua intenzione di instaurare un discorso, sarà per via dell’alcol che aveva annebbiato la mia mente? Chissà. Avevo comunque deciso di stare al suo gioco, mi ero stufato di rispondergli male.
<< Con un bicchiere o anche due chiunque migliora il suo umore >> Gli risposi alzando il bicchiere e porgendolo verso di lui per un istante per poi riposizionandolo sul bancone.
<< Vedo >> disse, con tono scherzoso. << Sei molto più carino quando sorridi sai >>
Rimasi scioccato nel sentire quelle parole. In quel m omento la mia attenzione fu’ catturata totalmente da giovane che era difronte a me.
<< Allora dimmi come ti chiami? >> mi chiese appoggiandosi al bancone. Mi guardai intorno, non capivo come mai quel ragazzo invece di lavorare, cercava di iniziare una qualche specie di discorso con me. Basto che mi guardarsi leggermente in torno per capire. Il locare anche se era leggermente pieno, era tranquillo, nessuno si avvicinava al bancone per ordinare, tutti erano concentrati su i propri partner per distrarsi, decisi quindi di stare al suo gioco.
<< Shaun >> dissi facendo un piccolo sorriso.
<< Shaun eh? Che nome insolito >> Disse sorridendo. Un brivido percorse la mia schiena, sentendolo ripetere il mio nome. Dovevo ammetterlo, quel ragazzo era proprio il mio tipo.
Perso nel suo sguardo non senti bene le sue parole.
<< Cosa? >> gli dissi scuotendo la testa
Sorrise socchiudendo leggermente gli occhi, poi ripeté le sue parole.
<< Io mi chiamo Frank. Come mai qui Shaun? >>
<< Dimentico? >> gli dissi con una nota di malinconia nella voce.
Le ultime 48 ore si erano susseguite in maniera così rapida che non ero neanche riuscito ad assimilare la situazione. In quell’istante mi ricordai di quelle ultime ore:
 
I polsi legati sul mio capo, bruciavano dal dolore di quelle corde strette. Il mio viso soffocato sul lenzuolo, stropicciato e bagnato dalle mie lacrime calde che rigavano il mio volto, contorto dal piacere e dal dolore di quell’atto di violenza. Frammenti di parole urlate con forza uscirono soffocate
 << K…Kyle …S…Smettila…Ah…Nnh ti prego… smettila... Io… Nh… No…Aah >>
Furono totalmente ignorate dal mio aggressore che invece di violarmi con quella brutalità, doveva amarmi, aveva promesso di amarmi, di non abbandonarmi, di essere la mia forza ma era riuscito solo ad essere crudele, era diventato il carnefice di una brutalità continua.
Dopo, il buio.
Rinvenni dopo qualche minuto, Kyle mi aveva slegato i polsi e mi aveva coperto con il lenzuolo.
Mi alzai con fatica dal letto e mi diressi verso il bagno, prima di entrare vidi Kyle nel soggiorno seduto sulla poltrona, con tutte le luci spente. Piangeva. Singhiozzando ripeteva
<< Mi dispiace Shaun… Mi dispiace così tanto…Io non… >>
Quelle parole che avrei voluto sentire da sempre mi colpirono al cuore facendomi aprire gli occhi e capendo il dolore che stava creando il nostro amore malato.
<< Mi dispiace Kyle, così non possiamo continuare >> dissi sussurrando da dietro la porta. Dopo essermi lavato e cambiato, con decisione raccolsi tutta la mia roba che era in quella casa. Presi i borsoni e mi avvii verso la porta d’uscita.
<< Cosa fai? >>
La voce di Kyle mi fece bloccare sulla soglia della porta. Ormai avevo preso una decisione, non sarei tornato indietro, mi ripetevo che era un bene, per entrambi.
<< Me ne vado >> gli dissi con tono risoluto guardandolo dritto negli occhi. << E meglio così >>
<< COSA? Te ne vai? Che signIFICA >> disse urlando le ultime lettere della sua frase.
<< Calmati, e ascolta Kyle >>
<< NO! Io non mi calmo… TU non PUOI andartene via >>
<< Non decidi TU! >>
<< Non te lo permetterò >>
<< Ho smesso di farmi comandare da te… basta è finita >>
<< NO! >> Urlò spingendomi contro il muro
<< LASCIAMI >> Gli urlai spingendolo via. Prima d’ora non avevo mai risposto con tanta forza e caparbietà a Kyle. Kyle rimase scioccato dalla mia risposta.
Presi le mie cose da terra e varcai la soglia d’ingresso.
<< Addio Kyle. E la cosa migliore per entrambi >> gli dissi smorzando il mio tono di voce che stava diventando tremante.
<< No ti prego…Aspetta…Parliamone… Se sono io il problema…Cambierò te lo giuro… I...Io >> mi disse singhiozzando.
<< No! Addio Kyle >> dissi girandomi e bloccandolo. Cercai di sorridergli. I miei occhi annebbiati dalle lacrime guardarono il suo volto, rigato da piccole lacrime che scendevano interrotte sul suo volto. Senza indugiare mi avviavi lungo il buio corridoio del nostro appartamento, luogo che ormai racchiudeva solo il dolore di due cuori infranti.
<< No! Tu non puoi scappare via da me…Io ti troverò sempre… Non puoi scappare >> quelle parole rimbombavano nel corridoio colpendomi nel cuore, lacerandolo ancora di più.
 
 Perso i qui bui ricordi delle calde lacrime iniziarono a sgorgare dai miei occhi, cercai di fermarle coprendo il mio volto con le maniche della camicia, guardai di nascosto il volto di Frenk. Era stupefatto. Chi non lo sarebbe vedendo un uomo di ventisette piangere all’improvviso come un bambino.
<< Ehi tutto bene? >> mi disse porgendomi un fazzoletto di carta.
<< Si si tutto bene… Sarò il tipico ubriacone triste >> gli risposi cercando di smorzare la situazione e sforzandomi di sorridere.
Frank mi squadro per un istante. Poi scrivere qualcosa su di un biglietto e me lo consegnò
<< Tieni… questo è il mio numero… se hai bisogno di qualcosa o anche semplicemente di parlarmi chiamami. >> disse accarezzandomi il volto, e asciugandolo da una lacrima. Rimasi senza parole da ciò che stava succedendo. Raccolsi il biglietto e me lo infilai in tasca.
<< Grazie >> gli sorrisi, prima di prendere il mio bicchiere e berne un sorso.
Frank ed io parlammo a lungo, eravamo interrotti solo dai pochi clienti che lo chiamavano per chiedergli una bevanda. Chi avrebbe mai immaginato che quel piccolo momento di sollievo sarebbe stato, ben presto, interrotto da qualcosa che in futuro mi avrebbe fatto più male di quanto Kyle mi aveva mai fatto in quegli ultimi 3 anni.
 

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Capitolo 3
*** Act III ***


ACT III  *new version*

 
La musica era accompagnata solo dalle flebili risate di donne che cercavano di compiacere i loro partner, ma ciò non m’interessava minimamente. Io ero del tutto concentrato su Frank. Ero affascinato da quel ragazzo, per tutto il tempo che parlammo no mi chiese mai del perché di quelle lacrime, anzi cerco in tutti i modi di evitare quell’argomento come se segretamente conoscesse già la risposta.
Parlammo di poche cose, di cose normali, si può dire. Musica, cinema, viaggi. Era come parlare con un vecchio amico che non incontri mai. Gli raccontai dei miei viaggi all’estero, ommettendo, ovviamente, la nota dolente di Kyle; gli descrissi i posti magnifici che visitavo per lavoro e delle ricerche che facevo. In pochi istanti Frank riuscì a farmi ritrovare il sorriso, e l’emozione di parlare del mio lavoro con qualcuno.
<< Fantastico. Quindi hai viaggiato per l’Europa >> Mi disse con occhi scintillanti << Vorrei poter viaggiare anch’io >>
<< E per questo che ho scelto di essere un archeologo. Solo l’idea di poter viaggiare alla ricerca di un mondo per noi sconosciuto e… e così affascinate >> gli dissi sorridendo.
Non credevo di essere ancora in grado di sorridere, non così, con il cuore.
Rimanemmo a guardarci negli occhi per qualche momento. Volevo tanto cercare una scialuppa di salvataggio in quegli occhi, chissà forse erano gli unici che mi avrebbero garantito un porto sicuro, dalla quale non sarei mai più voluto scappare come in passato.
Fu’ lui il primo a distogliere il suo sguardo dal mio per posarlo su qualcosa dietro di me, lo vidi irrigidirsi per poi allontanarsi da me, indietreggiando con qualche passo.
<< Capo >> mormorò con un filo di voce. Ero stordito chi poteva incutere tanto timore solo vedendola? Non mi ci volle molto per scoprirlo.
All’improvviso sentii una mano grande che delicatamente si posava sulla spalla sinistra, cercava di attirare la mia attenzione. Appena mi volati vidi un uomo bellissimo con lineamenti scolpiti, una pelle da un colorito perfetto, cappelli neri perfettamente laccati al indietro. I suoi occhi, errano bellissimi, di un blu notte così scuro che ci si poteva perdere dentro.
Rimasi incantato da tanta perfezione anche con la mente offuscata dall’alcol riuscivo a percepire il suo fascino. Il mio stupore durò poco.
 
La mia attenzione fu attirata dagli omoni dall’aria spaventosa che erano posti dietro di lui. Erano il doppio di me e dall’aria feroce, rimasi a fissarli per un istante poi il mio sguardo torno su di lui, su quell’uomo bellissimo vestito di tutto punto con un costosissimo completo nero. Sembrava fatto su misura per lui. I nostri sguardi s'incrociarono per pochi istanti, un leggero ghigno di divertimento comparse sul suo volto. Distolsi subito lo sguardo e, con un movimento agile, scrollai la sua mano dalla mia spalla. Mi alzai collocandomi difronte a lui. Era molto più alto di me.
<< Emm… ho… ho fatto qualcosa c…che non do…dovevo? >> Balbettai preso dal panico.
<< Come scusa? >> Disse il bellissimo ragazzo difronte a me, era impassibile non mostrava molte emozioni.
<< Beh…>>
Con un cenno della testa indicai gli uomini alle sue spalle. Lui si volto, seguendo il mio sguardo. Capì subito. Li guardo e con un cenno della mano li mando via.
<< Non ti preoccupare non sono qui per te. >>
“che significa che non sono qui per me?” Pensai, la situazione stava iniziando a prendere una strana piega.
<< Ah! Okay... >> Gli dissi rilassandomi e appoggiandomi di nuovo sullo sgabello.
<< Ho sentito che sei appena tornato >> Inizio a parlare sedendosi nello sgabello affianco al mio.
<< S…si… Ma come… >>
<< Diciamo che io so molte cose… >>
“Chi cavolo è questo?” pensai guardandolo stranito.
<< Si certo… >> gli risposi freddamente. Non volevo parlare con lui, volevo parlare solo con Frank.
Anche se non lo vedevo, sentivo benissimo il suo sguardo bruciante su di me.
<< Quindi siete un archeologo. Giusto? >>
Mi girai di scatto verso di lui, come poteva conoscere queste cose su di me se prima d’ora io non l’avevo mai visto prima, figuriamoci parlarci.
<< Ma che? >>
<< Te l’ho detto, io so molte cose >> eccolo di nuovo, un ghigno di divertimento comparve di nuovo su quel volto impassibile.
Con eleganza si sfilò il lungo cappotto nero, per poi appoggiarlo sullo sgabello in modo impeccabile. Si sbottono la giacca firmata facendo così trapelare una camicia bianca perfettamente stirata, che gli aderiva perfettamente tanto da mostrare il suo perfetto fisico.
“Oh cavolo! E così figo.” Non potei evitarlo di pensarlo.
Mi morsi un labbro. Le mie labbra lo volevano, lo bramavano. Distolsi subito lo sguardo non volevo pensarci, fissai la mia attenzione al bicchiere mezzo vuoto sul bancone. Dovevo distrarmi. Era impossibile, non potevo era a pochi centimetri da me, potevo sentire il suo profumo, avvertivo il suo sguardo sulla mia pelle.
Con la coda dell’occhio cercavo di scrutarlo senza essere visto. Lo vidi sorridere, in modo malizioso. Mi voltai di scatto stupito. Sapeva a cosa pensavo? Come? Arrosi sia per la vergogna sia per la voglia. O era il whisky? Desideravo che fosse solo il whisky.
Una cosa era certa era il momento di andarsene.
<< Forse e il caso che io me né vad… >>
<< Di già? Su resta. Parliamo >> Sorrise socchiudendo leggermente gli occhi.
<< Emm…O-okay. Credo di poter restare ancora un po’ >> come facevo a dire di no a quel sorriso.
<< Fantastico >>
“Cavolo. Scommetto che grazie a quel dannato sorriso ottiene tutto”
<< Frank portami un bicchiere con solo del ghiaccio >>
Frank impassibile con uno sguardo vitreo gli porse il bicchiere con un grosso pezzo di ghiaccio poi fu congedato anche lui con un cenno della mano.
Prese la bottiglia di Whisky Four Roses che era al mio lato e ne verso un po’ nel suo bicchiere.
<< Ottima scelta. Sai è il mio Whisky preferito >>
Lo guardai torvo, dopotutto era il mio Whisky come si permetteva di prenderlo e inoltre chi se ne fregava che fosse il suo preferito. Di certo non avevo la minima voglia di far conversazione con un tizio che si appropriava del mio whisky, e soprattutto con che aveva interrotto la mia serata con Frank. Avrei voluto tanto parlare ancora con Frank. Mi guardò con quegli occhi scrutatori, aveva capito benissimo a cosa stessi pensando, rise per un istante e poi, con voce rassicurante mi disse:
<< Non ti preoccupare, offro io, puoi prendere tutto quello che vuoi >>
<< Cosa? No grazie >>
Mi ignorò
<< Mi dicevi che sei appena tornato. >>
<< Che? Io non ti ho detto niente. Sei tu che, non so come, sai cose su di me che io non ti ho mai detto…Chi cavolo sei? >>
Fui di nuovo ignorato
<< Hai un posto dove stare? Posso trovarti un posto dove stare. >>
<< Oi mi stai ascoltando? >> Non sapevo che dire. Perché questo ragazzo, che neanche mi conosce, si offre di trovarmi una casa?
<< Ascolta non so neanche chi cavolo tu sia, cosa che noto non posso dire lo stesso di te… Ma di una cosa sono certo non sono così stupido da farmi incastrare in qualche sottospecie di tranello da quattro soldi >>
<< Tranello? Nessun tranello… Sono qui solo per aiutarti… >>
<< Cosa? Aiutami? No grazie sono a posto… Me ne vado >>
Lo ignorai. Mi alzai infuriato per andare via. Ero sconcertato, non potevo crederci di essermi imbattuto in un tipo talmente assurdo in meno di 24 ore dal mio arrivo. Non riuscii a fare un passo che vidi tutto il locale girare a grande velocità. La testa si fece pesante. Poi il buio.

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Capitolo 4
*** Act IV ***





 
Act IV
 
Maree di voci si sovrappongono nella mia mente come echi lontani, ognuno cerca di attirare la mia attenzione ripetendo, più e più volte le medesime parole. Gradualmente aumentano il tono di voce. Da lievi sussurri si trasformano in urli, un'unica voce squarcia la confusione ammutolendo tutte le altre “NON PUOI SCAPPARE
 
Mi svegliai all’improvviso, soffocato da un urlo in gola. Copri il mio volto con le mani tremanti, cercando di calmarmi e nascondendo le calde lacrime che iniziavano a scorrere sul mio viso. La voce di Kyle iniziava a perseguitarmi anche nei sogni, distruggendo così l’ultimo luogo in cui credevo di essere ancora al sicuro. Ero stanco di tutto, di soffrire ancora, di piangere in una stanza buia, da solo.
Dopo qualche minuto riuscii a calmarmi, asciugai le ultime lacrime e riordinai i pensieri. Ci misi un po’ a capire che quella non era la mia stanza. Entrai nel panico, dove ero finito? Scostai subito il lenzuolo che mi copriva, fortunatamente indossavo ancora i miei abiti. Mancavano solo le scarpe ma , con la coda dell’occhio, le scrutai ai piedi del letto. Mi guardai intorno. Ero in una stanza grande, semi buia, illuminata solo dai raggi mattutini che entravano dalla grande vetrata nascosta da una sottile tenda blu posta sulla sinistra. In un angolo sul muro di destra c'era una scrivania con un lucernaio di ferro decorato con motivi d’oro, vicino alla testata del letto, su entrambi i lati c’erano dei piccoli comò, ai piedi del letto era stato posto un baule grande marrone scuro. Infine sul muro davanti al letto c’erano due grandi porte, una terza era posta sulla destra.
Con fatica cercai di ricordare ciò che avevo fatto la sera prima. E come ero arrivato in quella stanza.
Non ricordai molto, mi ricordai di Frank, del whisky e di quell’uomo bellissimo ma allo stesso tempo misterioso. Confuso e ancora frastornato dall’alcol, provai ad alzarmi dal letto, La testa mi pulsava del dolore. Non riuscii a mettere un piede fuori dal letto che la stanza inizio a girare. A quel punto decisi di sedermi sul letto, nel tentativo di riprendermi.
<< Ma quanto ho bevuto. E dove diavolo sono. >>
Mi sdraiai sul letto per attenuare il dolore alla testa. Continuai, anche se con fatica a ispezionare la stanza. Ero incredulo, come potevo essere stato così stupido da ubriacarmi tanto da non ricordare come ero finito in quella stanza. Solo dopo un po’ notai che sul  comodino alla mia destra c’erano un bicchiere e un paio di pillole, e sotto tutto un piccolo bigliettino. Mi alzai con fatica cercando di mettermi seduto sul letto, spostai il bicchiere e le pillole per prendere il bigliettino.
Su di esso una perfetta calligrafia riportava uno strano messaggio:
 
Appena ti svegli prendi le medicine
ti ho lasciato sul comodino
e torna a dormire.
più tardi verrò a vedere come stai.
 
 
<< Che? Ma che razza di messaggio è? Aaah ma dove sono finito, chi cavolo è sto tizio che mi scrive questo messaggio. Non ci posso credere mi sono cacciato già in qualche guaio... Ne sono certo >>
Ero nel panico. Mi ero risvegliato in una strana stanza, con un terribile mal di testa e con uno psicopatico che a breve sarebbe tornato a vedere come stavo.
<< No no no… Non esiste che io rimanga qui ad aspettare uno psicopatico…Chissà cosa vorrà… >> rabbrividì solo all’idea.
Stropicciai il biglietto e lo lancia lontano. Con decisione provai a mettere un piede giù dal letto, ovviamente mi sentii svenire di nuovo. Mi sedetti di nuovo sul letto per qualche minuto, sperando che bastassero per farmi riprendere. A malincuore decisi di prendere quelle pillole, sperando che fossero solo per il post-sbronza e non qualcosa di strano. Le mandai giù con un sorso d’acqua, avevano un gusto amarissimo. Mi buttai all’indietro sul letto, appoggiando così la testa.
<< Dieci minuti e poi me ne vado >>
Mi promisi, non volevo rimanere più del dovuto in quella stanza. No so come ma mi addormentai.
 
Fortunatamente non sognai niente riuscii a riposarmi tranquillamente. Ma quel momento di tranquillità fu’ interrotto improvvisamente da un rumore sordo.
Spalancai gli occhi spaventato, e mi guardai intorno per capire da dove provenisse quel rumore. Tutto era in ordine, solo una cosa era cambiata, la luce di una delle due porte era accesa.
Panico. C’era qualcuno nella stanza, non ero più solo, all’improvviso mi tornarono in mente le parole del bigliettino “ Più tardi verrò a vedere come stai”
“Oh cavolo, lo psicopatico e qui. Devo scappare senza che se ne accorga”
Pensai velocemente a una via di fuga silenziosa, con agilità scesi dal letto, il mal di testa era passato, le medicine avevano fatto effetto. Presi le scarpe e me le infilai in fretta, ma tutti i miei sforzi furono vani. La porta si aprì prima che potessi scappare via.
<< Vedo che ti sei svegliato >>
Quella voce era inconfondibile, era proprio lui, il bellissimo ragazzo del locale. Ero stupito non mi aspettavo di trovare lui dietro quella porta. Lo guardai negli occhi, in quei bellissimi occhi blu. I capelli ora erano tutti arruffati e alcune ciocche di dietro, ancora bagnati, gocciolavano lungo il collo, scendendo sul petto nudo scolpito perfettamente, i jeans scuri fermi sulla vita scendevano sulle sue lunghe gambe perfettamente, mostrando ogni lineamento del suo fantastico corpo. Rimasi incantato dal suo fisico spaventosamente perfetto. Cercai di mostrarmi impassibile.
<< Cerchi di scapare senza neanche dire grazie? >>
<< Nessuno ti ha chiesto di aiutarmi. >>
Cercai di non guardarlo, il suo corpo mi distraeva, non dovevo mostrare emozioni.
<< Ti ho aiutato perché non mi sembrava il caso di lasciarti lì svenuto nel mio locale.>>
<< Cosa? tu sei il proprietario del locale? >>
<< Si. Diciamo che è un “hobby” >>
“ hobby?? Che significa? e poi come ha fatto a prendere questa piega il discorso”
<< Hobby? Si certo… Ti ringrazio per l’aiuto ma credo che non sia il caso che io resti qui ulteriormente. >>
Presi frettolosamente il cappotto e mi avviai verso la porta.
<< Shaun, fermo. Perché scappi via così dopo che ti ho aiutato? >>
Mi afferrò il braccio nel tentativo di fermarmi. Mi girai di scatto e con un gesto violento mi liberai dalla sua presa. Lo guardai con aria furiosa.
<< Chi cavolo sei? Come sai il mio nome. E non dire che sono stato io a dirtelo >>
<< Cavolo mi è sfuggito >>
<< Ti è sfuggito? Chi sei? E cosa vuoi da me? >> ero agitato sentivo la mia voce tremare. Mi ero cacciato in un guaio più grande di quello che immaginavo.
Fece un sorriso malizioso mentre si avvicinava a me. Io indietreggiai e finii per sbattere la porta. Ero con le spalle al muro, letteralmente.
<< Sarebbe stato più divertente se fossi stato tu a dirmi il tuo nome Shaun Carter. Io sono Jerald Price. >> Quel sorriso malizioso non abbandonò mai il suo volto.
<< Cosa sei uno stalker? Basta io me ne vado, non voglio rimanere un minuto di più in questa stanza con te. >>
<< TU non puoi andare VIA. >>
Disse quasi urlando spingendomi con forza sulla porta d’uscita, per poi bloccarla spingendomi contro di essa.
<< Tu. rimani.>>
Mi prese il volto tra le dita della mano destra. I nostri volti erano vicinissimi, sentivo il profumo dello shampoo che aveva usato, il suo petto nudo mi spingeva contro la porta. 
<< Non ricordi? Tu sei mio >>
Il suo sguardo mi fece raggelare il sangue. Rimasi ammutolito dalle parole di quel ragazzo.
<< Tu sei pazzo… LASCIAMI. >>
Gli urlai, cecando di liberarmi sentivo il suo respiro sul collo, il suo sguardo mi lacerava, penetrandomi l’anima. La mano che prima bloccava il mio volto inizio a scendere lungo il mio corpo, cercando di insidiarsi sotto i miei vestiti.
“No non di nuovo” pensai mentre i miei occhi iniziavano a riempirsi di lacrime.
Raccolsi tutte le mie forze e con entrambe le mani lo spinsi via lontano da me.
<< NO! >> Urlai con tutta la forza
<< Io NON sono TUO. Lasciami in pace. IDIOTA >>
Corsi fuori sbattendo la porta della stanza dietro di me. Per la seconda volta fuggivo da una stanza in lacrime, il mio cuore non poteva reggere ancora una volta, tanta brutalità. Senza guardarmi indietro mi fiondai fuori dall'Hotel e chiamai un Taxi per tornare a casa.

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Capitolo 5
*** Act V ***



 

I sottili raggi di sole delle prime luci del mattino si facevano strada tra gli alti palazzi della città illuminando Leeds. Il cielo ancora scuro, pian piano si schiariva sempre di più, lasciando posto ad un cielo tinto di un candido celeste, segnale che ormai il mattino era giunto. Piccoli uccellini iniziavano a cinguettare la loro delicata melodia del buongiorno ai cittadini che, ancora, erano dolcemente coccolati dal calore delle loro lenzuola. Le poche persone che erano già per strada a quell’ora, con stanchezza si trascinavano per le vie, in direzione di luoghi a me sconosciuti.

 

L’autista del piccolo taxi nero aveva fermato l’auto difronte all’entrata dell’albergo. Una piccola porta di vetro, divideva l’esterno, decorato da piante arrampicanti e mattoncini a vista, dall’interno in stile urbano. Dopo avergli consegnato un paio di banconote, scesi dall’auto, l’aria fresca del mattino mi colpi il viso bruciandomi nelle parti in cui le lacrime avevano lasciato la loro scia umida; sfregai con il palmo della mano le guance per asciugarle al meglio ed dopo aver tirato un lungo e profondo respiro, entrai nell’albergo.

Non persi tempo e mi diressi dritto verso la mia stanza, volevo isolarmi da tutto.

Giunto nella mia stanza chiusi la porta alle mie spalle. Quel suono fece scattare qualcosa dentro di me, come se la catena che imprigionava il mio cuore fosse caduta inerme, liberando così tutto il dolore. Come una scossa si pervase per tutto il mio corpo e le lacrime iniziarono a scendere. Il mio respiro, spezzato dai singhiozzi, diventava sempre più pesante, non ressi più alla pressione, scivolai a terra e mi avvolsi nelle mie stesse braccia nascondendo il volto. Il petto ad ogni lamento di dolore diventava sempre più opprimente come se schiacciato da quell’immenso dolore. Rimasi lì inerme per un periodo che mi sembrò un’ eternità.

 

Solo dopo aver terminato tutte le mie lacrime riuscii ad alzarmi e la prima cosa che feci fu’ dirigermi sotto la doccia. Volevo eliminare qualsiasi traccia di quel giorno dal mio corpo e dalla mente. Volevo solo dimenticare. Volevo dimenticare la strana esperienza che avevo appena passato con Jerald o come si chiama quello stalker. Non volevo mai più vederlo. Mi buttai sotto il flusso d’acqua calda cosi da far scivolare via i ricordi, e le lacrime che ancora scorrevano sul mio volto. Ma quegli occhi blu erano impossibili da dimenticare, un solo sguardo ti faceva perdere in una profonda oscurità. Per non parlare del suo volto di una bellezza quasi rara che veniva esaltata da quei capelli neri o quel bellissimo corpo, che anche se per pochi istanti avevo potuto vedere, mi erano bastati per imprimermi perfettamente il ricordo di ogni suo minimo dettaglio. Non potevo che ammettere che la sua bellezza era travolgente.

L’acqua calda continuava a scorrere sul mio corpo e mi avvolgeva dolcemente con il suo tepore riscaldandomi, era la sensazione più dolce e confortante che potessi desiderare. Chiusi gli occhi e mi abbandonai dolcemente ad essa.

Conclusa la doccia non desideravo altro che buttarmi sul letto e dormire. Non ci misi molto ad addormentarmi, ero così stanco che il mio corpo, appena toccarono le candide coperte , si abbandonarono ad esse sprofondando in un sonno profondo.

 

Quando mi risveglia il sole ormai era basso e illuminava il cielo di un arancione intenso. Feci fatica ad aprire gli occhi, gonfi per le troppe lacrime versate; ma mi feci forza dovevo superare questo piccolo ostacolo che mi si era apparso d’avanti, non ero mica tornato dalla Germania per rinchiudermi in una stanza e sprofondare della depressione. Scesi dal letto è mi diressi in bagno per lavarmi il viso e eliminare così ogni più piccolo residuo di lacrime che ancora segnava il mio volto.

Ovviamente ciò non bastava. Gli occhi arrossati e gonfi erano ancora lì a fissarmi, dal piccolo specchio tondo incorniciato, e con tristezza mi ricordavano tutto ciò che avevo dovuto sopportare negli ultimi anni. Mi appoggiai al lavabo e feci un lungo sospiro.

< Basta piangere, non ne posso più di questa mia stupida debolezza… Devo farmi forza ed andare avanti…> mi dissi con voce roca.

< …Sono tornato per ricominciare e ricomincerò… > 

Alzai di nuovo lo sguardo verso il piccolo specchio, ora quegli occhi mi guardavano con fermezza e ardenti di un nuovo inizio.

Con animo nuovo andai a prepararmi, quel giorno mi aspettava un grande incontro. Dovevo consegnare la mia tesi di dottorando così da concludere il mio ultimo percorso di studi. 

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