Silenzi

di Nihal_Dubhe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 72 ***
Capitolo 2: *** 48 ***
Capitolo 3: *** 36 ***
Capitolo 4: *** 24 ***
Capitolo 5: *** 0 (Epilogo) ***



Capitolo 1
*** 72 ***


Silenzi. Tutti diversi.
Le stanze, i corridoi, i saloni: tutti avevano un silenzio diverso. Alcuni erano assoluti, altri spezzati dal respiro di qualcuno, altri ancora facevano rimbombare il suono delle prime auto che arrivavano nel parcheggio.
Ma non tutto il palazzo era silenzioso. Ai piani più bassi gli infermieri, i due medici e il personale vario era già al lavoro. Furono proprio un paio di assistenti che spezzarono il silenzio del corridoio fuori dalla stanza 101, forse con poco rispetto per tutte quelle anime che ancora dormivano.
Ancora chiacchieravano dei fatti loro quando iniziarono il primo "giro di ronda" della giornata.
Forse, rifletteva il signor Min già sveglio nel suo letto, forse "giro di ronda" era troppo poetico come nome: alla fine dovevano svegliare tutti, far vestire chi si reggeva ancora sulle sue gambe, vestire loro stessi chi non poteva nemmeno alzarsi da solo dal letto, controllare cateteri, accompagnare la gente fin dentro al cesso... Niente di molto poetico.
Alla fine l'irruzione avvenne anche nella stanza 101. La luce fu accesa e la porta sbatté alle spalle delle due signorine appena entrate.
«Buongiorno Yoongi. Già sveglio?»
La ragazza ignorò con un sorriso il suo sonoro e ben udibile grugnito di risposta. Era ovvio che fosse già sveglio, con tutto quel baccano. E non gli piaceva essere chiamato così per nome, senza nemmeno un onorifico, da una sconosciuta e per di più senza il suo permesso, come se fosse un bambino.
Ingoiò il rospo e si alzò, prima che fosse una di loro a sollevarlo. Lui ancora si reggeva tranquillamente in piedi da solo.
Entrambe però erano erano già impegnate con l'altro abitante della stanza 101. Gli stavano controllando il catetere e la flebo con mani ormai esperte e veloci. Con la stessa velocità gli passarono poi un panno umido sul viso e sulle braccia. L'uomo non aprì mai gli occhi, uscì solo dalla sua bocca qualche mugugnio quando una delle assistenti inavvertitamente gli face male.
Yoongi cercò di non pensare alla situazione dell'altro mentre si vestiva per scendere a fare colazione. Era meglio non pensare.
 
*
 
Nel primo pomeriggio fece ritorno nella sua stanza. Quella breve passeggiata che aveva fatto lo aveva stancato, come se il peso delle sue gambe fosse diventato all'improvviso pari a quello dei suoi anni. Sapeva che non c'era nulla di cui stupirsi, ma continuava a credere che fosse il Karma ad averlo punito. Era stato pigro per buona parte della sua vita e ora che voleva tenersi attivo, anche solo per ricordarsi che era ancora vivo, il suo corpo lo tradiva facendolo stancare dopo pochi passi.
Ora stare fermo lo spaventava. Aveva visto la sorte che toccava in quel posto a chi non poteva muoversi da solo. La maggior parte di questi veniva parcheggiata da qualche parte, ognuno nella sua sedie a rotelle, se andava bene nel salone vicino a qualcuno, ma se l'assistente aveva fretta nel corridoio davanti alla propria stanza.
Min Yoongi non avrebbe passato i suoi ultimi anni a fissare uno stupido asettico muro. Avrebbe fatto funzionare a tutti i costi quelle dannate gambe, anche se poi era costretto a riposarsi dopo solo una breve passeggiata.
Si stese quindi nuovamente nel suo letto e si massaggiò un po' le cosce fin dove arrivava con le mani rimanendo in posizione supina prima di chiudere gli occhi. Sentì l'altro uomo respirare tranquillo e regolare: anche lui dormiva.
Solo pochi minuti dopo, però, la loro porta si aprì con un leggero cigolio. Di certo non potevano essere gli infermieri, loro non avrebbero camminato silenziosi, quasi in punta di piedi.
Yoongi sbirciò con un occhio chi fosse entrato, chiedendosi chi venisse a far visita nella stanza di quei due vecchi.
Una ragazzetta, vent'anni o poco più, si stava adoperando in silenzio religioso per spostare una delle due sedie a disposizione nella stanza per posizionarla più vicino al letto dell'altro ospite. Quando si accorse che lui aveva ormai entrambi gli occhi svegli, sobbalzò appena con le spalle.
«Signor Min! Mi dispiace averla svegliata, stava dormendo.»
Yoongi scosse la testa, mentre si metteva nuovamente seduto.
«Buongiorno signorina. Non preoccuparti, avevo solo chiuso un po' gli occhi.»
Lei gli sorrise gentile.
«Sei venuta a fargli visita?»
La ragazza annuì piano.
«Si, voglio stargli vicino, è sempre più debole...»
La sua voce si spezzò in modo commovente su quell'ultima parola.
«Sentendo quanto gli vuoi bene tuo nonno starà sicuramente già riposando meglio.»
Non era sicuro del loro grado di parentela, dopotutto quando l'altro era arrivato lì, appena dimesso dall'ospedale, aveva avuto sempre meno momenti di lucidità. Avevano parlato giusto un paio di volte, ma credeva che l'altro facesse fatica a riconoscerlo ogni volta.
Sul giovane viso triste si aprì un sorriso alle sue parole.
«La ringrazio, ma non è mio nonno. - prese tra le sue mani le dita del vecchio - È lo zio di mia mamma, il fratello di mio nonno. Ma per me è sempre stato come un altro nonno, in effetti.»
«Ho capito. E i suoi figli o nipoti? Non lo vengono a trovare?»
Nella stanza 101 non c'erano quasi mai stati visitatori in quel periodo, ma Yoongi fino a quel momento non ci aveva fatto troppo caso: lui non si era mai costruito una famiglia propria e aveva già detto molti ultimi addii a diversi parenti ed amici, aveva pochi legami ormai. Quando non aveva più sopportato di rimanere solo con se stesso nella sua piccola casa, senza nessuno che lo andasse a trovare, aveva preferito trasferirsi lì in quella casa di riposo con i risparmi di una vita, dove almeno non doveva più sbrigare i noiosi e stancanti lavori di casa. E dove almeno non era solo.
Adesso si rendeva conto, però, che anche il compagno di stanza riceva visite molto sporadicamente, qualcuna in più ora che la sua condizione si era aggravata ancora.
«Lo zio dice che ha avuto un unico grande amore quando era giovane e che poi non ha più conosciuto nessuno con cui sentisse di voler avere una famiglia. Io e i miei viviamo a Seoul ed è difficile per noi venire spesso fin qui. »
La ragazza guardò lo zio addormentato con tenerezza, nei suoi occhi sembrava quasi di scorgere i ricordi di quando lui stesso le raccontava la sua storia. Tuttavia si vedeva altrettanto bene nel suo sguardo il dolore che provava ad abitargli lontano. Capì che per il momento lei non avrebbe detto altro.
«Ho capito. Ti dispiace se mi metto a riposare un po'? Resta pure quanto vuoi, non mi dai fastidio.»
«Va bene, la ringrazio.»
Yoongi si distese di nuovo. La passeggiata nel parco lo aveva stancato anche più di quanto avesse pensato. In pochi secondi si appisolò.
 
*
 
Un paio di ore più tardi il signor Min era nuovamente sveglio. Rimase sdraiato ancora un po'. Sentiva la ragazza sussurrare piano qualcosa, china sull'altro letto.
«E ti ricordi zio quando siamo andati a prendere il gelato sotto casa tua? Quella volta in cui ho voluto comprarlo a tutti i costi con quattro gusti e poi non riuscivo più a finirlo. Ci siamo seduti sulla panchina lì fuori e alla fine sei stato obbligato a mangiarlo tu. Era davvero un bel pomeriggio, lo ricordo ancora bene anche se avevo solo nove anni. Sono sicura che lo ricordi anche tu! Oh, zio...»
La voce si spezzò e Yoongi vide le sue spalle che tremavano. Non riuscì a dire nulla, rimase solo in silenzio ad ascoltare i suoi singhiozzi leggeri mentre richiudeva gli occhi continuando a fingere di dormire. Dentro di sé intanto sperò con tutto se stesso che l'altro potesse ancora sentire, anche se non aveva più le forze per rispondere o aprire gli occhi, così da potersi comunque rendere conto di tutto l'amore che quella ragazzina provava per lui.
 
*
 
«Mi accompagneresti di sotto a prendere un caffè? Mi pare che tuo zio ora dorma»
La ragazza si alzò in piedi dalla sedia dove era rimasta per tutto quel tempo.
«Volentieri. Poi penso tornerò a casa. Meglio lasciarlo dormire.»
Anche senza che Yoongi le dicesse nulla, la ragazza adattò il suo passo a quello più lento del vecchio, lasciandolo passare per primo ad ogni porta con rispetto. Arrivarono pian piano al bar e lì alla fine entrambi optarono per una cioccolata dolce piuttosto che per un caffè amaro.
«Allora, com'è che ti chiami tesoro?»
Quel nomignolo gli uscì spontaneo, alla faccia di chi gli aveva sempre detto di essere scorbutico. Semplicemente sapeva trattare bene solo chi lo faceva con lui, non aveva mai avuto parole dolci da sprecare con chi non era gentile con lui.
«Choi Sunmin, signore» rispose lei, prima di assaporare un sorso di cioccolata bollente.
«E cosa fai di bello? Sei una studentessa?»
«Sì, sono all'ultimo anno del liceo, ma sono un po' preoccupata. Ora dovrò decidere cosa fare dopo, nella mia vita.»
Yoongi annuì serio
«È un periodo che spaventa, lo so»
Avrebbe voluto dirle di più, qualcosa per rassicurarla, ma non sapeva davvero cosa. Non era quel tipo di vecchio che attaccava a raccontare a tutti cosa aveva fatto lui in gioventù spacciandosi per modello di vita. Anche perché cosa poteva raccontarle, dello scavezzacollo che era lui alla sua età?
Entrambi ripresero a bere in silenzio.
«S...signor Min, le posso fare una domanda? Prima mi ha chiesto dei miei parenti, ma i suoi? I suoi figli, ad esempio?»
Il vecchio scrollò la testa.
«Niente figli. E le persone della mia vita ormai sono quasi tutte solo più qui.»
Si battè sul petto, all'altezza del cuore.
«Oh, mi dispiace»
Sunmin abbassò lo sguardo, probabilmente pensando che non avrebbe mai dovuto chiedere.
«Raccontami un po' di tuo zio, ti va?»
Rialzò subito la testa, con un mezzo sorriso.
«Volentieri! Lo zio è sempre stato una persona fantastica. È da quando sono piccola che passo le estati con lui, mi ha sempre viziata e coccolata. Lui abitava qui, in questo paesino. Ci si era trasferito appena andato in pensione. Diceva che era qui che aveva vissuto i giorni più felici della sua vita.
Sa, spesso mi ha raccontato di aver incontrato qui in vacanza una ragazza, credo, che gli aveva fatto girare la testa. Devono essere stati davvero molto innamorati. A quanto pare, non so come, la loro storia finì. Lo zio poi mi ha sempre detto di non essersi innamorato di nessun'altro allo stesso modo. Così non ha mai avuto una famiglia sua, è rimasto unito alla mia. Non glielo dica, ma io un po' sono contenta di averlo avuto tutto solo per me.»
Con le mani si coprì la bocca, come se avesse appena rivelato una cosa da non dire e poi rise, finalmente di cuore.
Yoongi sorrise a sua volta. Un sorriso che nascondeva una vita intera di pensieri, felicità e tristezze che quel racconto aveva riportato a galla con forza.
«È una persona davvero speciale per te, lo capisco bene.»
 
*
 
Di nuovo davanti alla stanza 101. Era bloccato lì davanti alla porta semi-chiusa. Aveva insistito con Sunmin perché non lo riaccompagnasse fin su. Non voleva obbligare quella ragazza a passare tutto quel tempo con un vecchio sconosciuto come lui, in quel luogo per di più.
Prese un respiro profondo. Entrare in quella stanza aveva un altro senso ora.
Spinse leggermente la porta.
Lui era sempre lì, fermo in quel letto, così vicino.
A piccoli passi arrivò fino al suo letto. Lo osservò, senza avvicinarsi troppo.
Non era sicuro dormisse, anche se il respiro era sempre regolare.
Guardò quella fronte rugosa, quelle guance un po' incavate, quegli occhi chiuso, quel petto sotto le lenzuola che si alzava e abbassava quasi impercettibilmente.
«Sei rimasto il solito, scemo Jimin.»

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Capitolo 2
*** 48 ***


Era un'altra identica mattina nella casa di riposo. Yoongi fu svegliato bruscamente come sempre, forse un po' prima del solito. Un infermiere era entrato incurante nella stanza, seguito a ruota dal dottore e da due assistenti. Le due signore si affaccendarono subito intorno a lui, per aiutarlo a vestirsi più in fretta. Era giorno di controlli evidentemente, ed era meglio che lui si togliesse dai piedi.
Quel giorno fece colazione con calma, osservando il grande salone adibito a mensa che si riempiva di tutti gli ospiti ancora più o meno deambulanti. Nonostante fosse una mattina come tante altre, quel giorno però c'era qualcosa di diverso.
Era uno di quei sempre più rari giorni in cui Min Yoongi desiderava parlare. Parlare, raccontare, lasciare a qualcuno un frammento di sé, una traccia nel mondo.
Si girò verso il signore alla sua sinistra. Sembrava assolutamente concentrato sulla sua colazione, talmente tanto da non essersi accorto di avere delle briciole tutte incastrate nella barba. Lo lasciò perdere e riprovò verso destra. La signora minuta probabilmente ancor più anziana di lui che gli sedeva accanto gli rivolse un largo sorriso.
«Sembri un giovincello in confronto a me, caro»
Lui abbozzò un sorriso.
«Scusi ma io ho già 78 anni! Lei di certo ne ha dieci meno di me.»
Lei rise tutta compiaciuta.
«Sai quando ero giovane, ne ho incontrati pochi di ragazzotti gentili come te. Certo, poi ho conosciuto il mio Honjae, lui si che-
Ma Yoongi non ascoltava già più molto. La signora avrebbe sicuramente continuato a parlare solo di se stessa, come purtroppo molte delle persone appartenenti al gentil sesso che Yoongi aveva conosciuto nella sua vita. Dopotutto, si ritrovò a pensare osservando i capelli sempre più radi della signora, anche le donne come i lupi perdono il pelo ma non certo il vizio.
Quando la colazione finì finalmente riuscì a liberarsi di lei, anche se la sua testa era ormai piena di informazioni su questo Honjae. Si rendeva conto che probabilmente il suo racconto avrebbe fatto lo stesso effetto a chiunque altro. Improvvisamente si ritrovò a desiderare la compagnia di SunMin, quella ragazzina sarebbe stata contenta di sentire quella storia. 
O forse no. C'erano troppe cose che non sapeva.
Si diresse così verso il salone, deciso a trovare comunque qualcuno che lo stesse ad ascoltare. Si sedette quindi vicino ad un gruppetto riunito a semicerchio su delle poltrone verde pistacchio.
«Buongiorno» provò a dire al vecchietto canuto accanto a lui.
«COSA?! Parla più forte, sono sordo da questo orecchio!»
«BUONG- Ah, lasciamo perdere. SA DIRMI DOVE SONO LE INFERMIERE?» gli urlò nell'orecchio.
Dopo tutto quel tempo lì dentro aveva scoperto che quella era la scusa migliore per allontanarsi da qualcuno. Quasi non aspettò nemmeno la risposta prima di andarsene.
Una signora se ne stava all'angolo della stanza in solitudine. Lo sguardo vagava annoiato dalla sala al panorama fuori dalla finestra.
«Salve» disse cortese.
«Oh, finalmente sei tornato Taehyun. Dov'è tua moglie?!»
«Signora, io non sono Taehyun. È suo figlio?»
Un altro buco nell'acqua.
«Non sei Taehyun? Quando lo vedi allora puoi dirgli di venire qui? Qualcuno mi ha rubato le caramelle, digli che ne vorrei altre.»
«Certo signora, vedrà che la verrà a trovare presto.»
Se ne andò prima che potesse chiedergli altro. Nel frattempo passò davanti ad un altro gruppetto. Quando stava per raggiungerlo, un'anziana attaccò ad urlare con tutto il fiato «Mamma! Mamma! Mamma! Mamma!» Si spaventò, ma venne gentilmente rassicurato dalla vicina.
«Ignorala, è pazza. Fa così di continuo. E sta' un po' zitta! Tua mamma non c'è, se vuoi qualcosa chiama l'infermiera. E non urlare!»
Accelerò il passo, per quanto le sue vecchie ossa glielo permettessero.
Alla fine prese una decisione: sarebbe tornato in camera, al diavolo l'aver voglia di raccontare la sua storia.
 
*
 
Quando finalmente arrivò davanti alla stanza 101, una signora di circa cinquant'anni ne stava uscendo.
«Salve signor Min, sono la nipote di Jimin. Mi dispiace per la situazione e il viavai di gente. Spero che mia figlia non l'abbia disturbata ieri.»
Il tono della sua voce sembrava sbrigativo, come se avesse fretta.
«Sua figlia è stata deliziosa, davvero gentile. Non si preoccupi di nulla, è una situazione difficile per voi, me ne rendo conto.»
Lei annuì.
«La ringrazio molto. Tra un po' arriverà nuovamente qualcuno, io ora devo andare. Arrivederci signor Min.»
Yoongi la salutò a sua volta e lei con un inchino si allontanò.
Entrò così nella sua camera, ora vuota ad eccezione del letto di fronte a lui. Stava per stendersi nel suo, quando qualcosa lo trattenne. All'improvviso decise di trascinare una sedia fino al capezzale dell'altro per restare lì vicino a lui.
«Ji- 
La voce gli si spezzò. Non aveva detto quel nome ad alta voce per tanto, troppo tempo. L'unica eccezione era stata la sera precedente, quando quell'unica frase lo aveva prosciugato di tutte le forse, tanto da fargli decidere di saltare la cena e andare direttamente a dormire.
Quando lo aveva rivisto in quell'ospizio, vecchio e ormai quasi allo stremo delle forze, si era subito accorto che l'altro faceva ormai fatica a riconoscere chiunque. Così non gli aveva detto chi era e aveva iniziato a chiamarlo semplicemente "signor Park". Era stato doloroso, più di quanto avrebbe creduto, ma tutti quegli anni senza di lui avevano temprato il suo spirito.
Lo aveva perdonato subito per non averlo riconosciuto. Dopotutto erano passati così tanti anni, chissà che vita doveva aver avuto. Per non parlare del possibile Alzheimer, l'incubo di ogni persona di terza età; lui non sapeva se lo avesse colpito o meno ms era consapevole che nel caso contro quello c'era poco da fare.
Ma poi aveva scoperto tutta la storia e avrebbe voluto solo che aprisse gli occhi per urlargli in faccia che era uno stupido.
«Jimin»
Lui non si mosse, continuò solo a respirare. Ormai non cercava nemmeno più di sollevare le sopracciglia o di muovere la mano.
«Jimin, a te la posso raccontare, no? La mia storia dico. Sono sicuro che ancora te la ricordi, ma mi piacerebbe rivivere quei momenti con te.»
Yoongi si fermò ad osservarlo, ricercando in quel volto scavato e segnato dal tempo i tratti del quasi ventenne che aveva conosciuto una volta. Con una mano tremante per l'emozione che minacciava sempre di più di travolgerlo del tutto, afferrò delicatamente una di quelle immobili di Jimin.
Poi iniziò a raccontare.
 
*
 
Erano passati cinquantasette lunghi anni da quel giorno, praticamente una vita intera.
Yoongi viveva insieme ai genitori in quello stesso paese al tempo, in una piccola villetta deliziosa. Il fratello si era trasferito all'inizio di gennaio, appena terminate le feste, in un'altra città per lavoro e Yoongi aveva trasformato la sua stanza in una piccola sala lettura personale.
Al mercatino dell'antiquariato del lunedì aveva comprato una vecchia e comoda poltrona mentre con l'aiuto del padre aveva sostituito le ante di legno dell'armadione del fratello che era rimasto lì con quelle ante a vetri, poi avevano aggiunto molti altri scaffali e il gioco era fatto. Anche il tappeto persiano della madre aveva finalmente trovato il suo posto.
Il posto migliore per leggere era sicuramente accanto alla porta-finestra; questa si apriva su un piccolo balconcino e come vista offriva il loro giardino e il viottolo che lo costeggia, ricevendo inoltre luce praticamente tutto il giorno. Così era proprio lì che aveva sistemato la poltrona ed era sempre lì che se ne stava già da ore quel giorno.
Il libro però era stato abbandonato per terra già da parecchio: dopotutto non era un romanzo ma un libro di scuola e nemmeno quella stupenda saletta da lettura lo riusciva ad invogliare a riprenderlo. Si limitava a fissare fuori dal vetro.
Una signora col cane. Una coppia di amici. Un ragazzo. Un padre con sua figlia.
Era una bella giornata di inizio estate, non troppo calda e molti ne approfittavano per uscire.
Due anziane. Un signore con una valigetta. Il ragazzo di prima. Una ragazzina con una palla sotto braccio seguita a ruota da un altro gruppetto di suoi coetanei. Di nuovo il ragazzo di prima.
Sembrava davvero che continuasse a passare lì sotto.
Sua madre lo salutò mentre usciva e lo distrasse. La salutò a sua volta e poi osservò passare anche lei dal viottolo e incrociare il tipo di prima. Lui, troppo preso a guardarsi intorno spaesato, quasi non l'aveva vista, ma si era comunque spostato prontamente per lasciarla passare. Poi sembrava essersi pentito di qualcosa, probabilmente, ipotizzò Yoongi, di non aver chiesto indicazioni a lei.
Aprì la finestra e si affacciò dal balcone.
«Ti sei perso?»
Il tipo sembrava ancor più spaesato ora, finché non vide l'altro ragazzo e sembrò tirare un sospiro di sollievo.
«Purtroppo sì. Sono arrivato solo oggi in paese e non riesco a trovare la piazza del mercato. Puoi indicarmi la strada?»
Yoongi ridacchiò cercando di non farsi vedere. Raggiungere la piazza era probabilmente la cosa più facile del mondo, praticamente tutte le strade del paese passavano dalla piazza principale.
«Basta che imbocchi una qualunque strada e ci arrivi.»
Il suo sguardo sembrò immediatamente chiedergli se lo stesse prendendo in giro, così si affrettò ad aggiungere un «Aspettami, ti accompagno» probabilmente solo perché la noia quel giorno stava diventando insopportabile.
«Ti ringrazio moltissimo. Ti aspetto qui.»
Yoongi si vestì in fretta e si affrettò a scendere; il ragazzo lo stava ancora aspettando in strada.
«Scusami davvero per il disturbo, sono nuovo qui.»
Yoongi fece un gesto con la mano come a dire di non preoccuparsi e, infatti, aggiunse: «Mi sono offerto io, non c'è problema. Comunque piacere, Min Yoongi»
L'altro rispose con un piccolo inchino di ringraziamento.
«Park Jimin, piacere»
Il sorriso che gli rivolse fece sembrare le sue guance più paffute. Yoongi iniziò ad incamminarsi lungo la strada assolata facendo segno con la testa all'altro di seguirlo. Inevitabilmente anche le sue labbra si erano incurvate in un sorriso.
«Allora mi dicevi che sei nuovo. Ti sei trasferito qui?»
Jimin scosse la testa.
«Abbiamo preso in affitto una casa qui per i tre mesi estivi. Mio padre da piccolo veniva sempre qui d'estate e così ha deciso di trascinare tutta la famiglia quest'anno, sai ora che ho finito il liceo.»
«Trascinare, eh? Non devi essere stato molto entusiasta all'idea.»
Il suo sospiro confermò la teoria.
«Speravo di poter finalmente andare in campeggio con i miei amici, ma quando mio padre si mette in testa qualcosa non vuole sentire ragioni.»
Yoongi annuì comprensivo.
«Vorrei poterti dire che qui c'è davvero tanto da divertirsi, ma mentirei spudoratamente. Se vuoi posso comunque mostrarti cosa offre il posto.»
«Davvero lo faresti?!»
Jimin sembrava essersi illuminato e Yoongi si strinse un po' nelle spalle abbozzando un sorriso imbarazzato a causa della reazione un po' esagerata dell'altro.
«Sono così contento! Temevo di non riuscire a conoscere nessuno e passare tutto il tempo da solo. Invece sono qui solo da un paio di ore e ho già trovato un amico!»
L'altro ragazzo restò di stucco a quelle parole, tanto da fermarsi lì impalato. Cosa che non venne notata dal nuovo "amico" poiché erano appena arrivati nella piazza. Infatti, tutto felice, annunciò: «Oh, eccoci arrivati! Grazie mille Yoongi-sshi»
«Cosa? Ah, giusto. Probabilmente puoi chiamarmi hyung, se vuoi. Ho 21 anni; tu immagino 19, giusto?»
«Esatto Yoongi-hyung. Ora non voglio disturbarti oltre, io ho delle commissioni da sbrigare e tra poco mi raggiungerà mia madre. Ma spero davvero di poterti rivedere! Possiamo hyung?»
Yoongi annuì: «Certo Jimin-ah. Ormai sai già dove abito. Vediamoci domani mattina per le 10 sotto casa mia. Se ti accorgi di non saperci più arrivare aspettami in piazza e io se per quell'ora non ti vedo arrivare, ti vengo a cercare. Allora adesso ti saluto. Buona giornata»
«Va bene! Buona giornata anche a te e grazie ancora»
Yoongi rise scuotendo la testa a quell'ennesimo ringraziamento seguito dal solito piccolo inchino. Con un ultimo cenno della mano si allontanò tornando verso casa.
Fu così che Jimin, per caso, entrò nella sua vita: con il suo sorriso, i suoi modi gentili e la sua energia, pronto a sconvolgere la sua vita.
 
*
 
A quel giorno erano seguiti tanti altri incontri. Pian piano, mentre l'estate avanzava, loro avevano iniziato ad aprirsi sempre di più all'altro ed erano davvero diventati amici. Yoongi aveva finito per passare sempre più tempo con l'altro, non perché non avesse nessun altro amico, ma perché la vitalità dell'altro era diventata un balsamo per la sua noiosa esistenza. Lo faceva sentire vivo. Con lui aveva condiviso tutte quelle esperienze su cui aveva fantasticato in passato, ma che mai aveva vissuto per la sua pigrizia. O forse solo perché aveva aspettato la persona giusta.
Insieme avevano esplorato tutto il paese, erano andati fino al vecchio tempio a pregare, avevano fatto passeggiate in montagna, una volta erano persino andati a pescare al fiume con la vecchia canna da pesca di suo padre, ma poi Jimin si era intristito per i poveri pesci e li avevano immediatamente ributtati subito in acqua.
Durante tutto quel primo meraviglioso mese Yoongi si era sentito una persona nuova e, per ringraziare Jimin di averlo aiutato a sentirsi così bene, aveva cercato di preparare di nascosto una sorpresa per lui, qualcosa che sapeva che gli sarebbe mancata durante l'estate, nonostante le loro avventure.
Quando finalmente un mattino il postino suonò a casa Min, Yoongi si rese conto che la sua sorpresa era completa, doveva solo essere annunciata all'altro.
«Jiminie, ho una cosa da dirti.- annunciò più tardi all'amico. -Sabato e domenica sei completamente prenotato dal sottoscritto: si va in montagna. In campeggio.» sottolineò nascondendo a stento un sorriso compiaciuto.
La reazione dell'altro fu esattamente come se l'era immaginata: esagerata e tenera. Lo aveva abbracciato, aveva quasi urlato dalla felicità e aveva sorriso tutto il tempo, soprattutto quando Yoongi gli aveva detto di aver acquistato le tende e tutto il resto con i suoi risparmi per corrispondenza grazie ad un annuncio pubblicitaro sul giornale. Solo che poi erano seguiti una serie infinita di ringraziamenti, tipica di Jimin e lui aveva alzato gli occhi al cielo così tante volte che praticamente camminava col naso puntato costantemente verso l'alto.
I giorni che li dividevano dal weekend erano trascorsi troppo lentamente, ma almeno avevano avuto il tempo di decidere insieme la meta e radunare tutto il materiale necessario. Poi il sabato mattina era arrivato e, grazie a qualche contadino della zona che li aveva accompagnati con il carro per buona parte della strada, erano giunti fino all'imbocco del sentiero. Essere finalmente lì fece esplodere del tutto il loro entusiasmo, il che significò per Jimin un ritrovarsi a saltellare letteralmente per la stradina in terra battuta e per Yoongi l'avere un enorme sorriso stampato in faccia.
«Sono davvero contento di essere qui! Con te sarà sicuramente il campeggio migliore della mia vita.»
A quelle parole, se fosse stato possibile, Yoongi avrebbe sorriso ancora di più. 

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Capitolo 3
*** 36 ***


La passeggiata fu stancante ma piena di emozioni. Avevano avvistato le marmotte, si erano appisolati su un prato in fiore, si erano immersi fino alle ginocchia in un laghetto di montagna e in fine erano arrivati ad un prato costeggiato da una parete di pietra e circondato dal bosco, il posto perfetto per accamparsi. Così avevano montato la tenda prima che calasse la sera e avevano tirato fuori le provviste dagli zaini. Il picnic che misero su gli sembrò probabilmente una delle migliori cene di sempre, forse anche causa della fame che stava scavando un buco nei loro stomaci.
Poi la sera calò e loro si spogliarono mettendo qualcosa di più comodo per dormire. Jimin sfoggiò fiero il suo corpo ormai da uomo, ottenuto con fatica durante tutti gli anni dell'adolescenza. Yoongi, invece, si cambiò a disagio, imbarazzato dal confronto con il suo corpo più secco e sicuramente non scolpito dall'allenamento. 
Alla fine, pronti per la notte, si distesero nei loro sacchi a pelo. Li avevano posizionati all'interno della tenda ma in modo tale che dalla porticina di stoffa aperta potessero godere della vista del cielo stellato. Rimasero a lungo sdraiati in silenzio, entrambi stanchi ma ancora troppo agitati per dormire.
«Inizia a far freddo, hyung»
Yoongi allungò un braccio per chiudere la porticina.
«Hai ragione, così entrerà meno aria.»
Ma a Jimin quella soluzione non bastava.
«No, hyung, fa ancora freddo! Fammi entrare nel tuo sacco a pelo!» piagnucolò col tono da bambino.
Il ragazzo immaginò di dover dividere quello stretto spazio con lui per tutta la notte. Non lo poteva fare, non poteva e basta.
«No, stai fermo su. Vedrai che piano piano ti scaldi.»
Ovviamente l'altro iniziò ad insistere. Si liberò dal proprio sacco a pelo e raggiunse quello di Yoongi.
«Eddai, ci terremo caldi. Dai, hyung! Fammi entrare!» e ridendo cominciò ad armeggiare col sacco dell'altro cercando di aprirlo.
«Jimin... No, sta fermo...»
Yoongi iniziò ad agitarsi sempre di più. Dividere il letto, o quel che era, con qualcuno non era qualcosa a cui riusciva a non dar peso. Per di più con un ragazzo. E per di più con Jimin.
«Dai, smettila Jimin!»
Cercò di allontanarlo, ma l'altro aveva ormai aperto tutti i bottoni che chiudevano i due lembi del sacco a pelo di Yoongi e si faceva sempre più vicino. I suoi piedi gelati si insinuarono tra quelli dell'altro tra le sue risate. Il calore del suo fiato ora arrivava dritto sul collo di Yoongi, facendolo rabbrividire appena per il cambio di temperatura.
Nonostante le proteste fisiche e vocali, Jimin riuscì ad infilarsi completamente e quando ormai lo stava praticamente abbracciando, Yoongi non poté trattenersi. Dopotutto non era qualcosa su cui potesse avere il controllo. Cerco di allontanarsi da lui ancora una volta, ma stretto com'era dentro quella gabbia di stoffa, sopratutto con Jimin che si agitava per avvicinarsi ancora di più per scaldarsi.
Così, alla fine si ritrovò spiaccicato contro il corpo muscoloso dell'altro, l'erezione che premeva direttamente e inequivocabilmente contro la coscia di Jimin. Serrò gli occhi e si irrigidì.
Voleva sparire, proprio in quel momento. Quasi sperò che uno degli orsi su cui avevano scherzato giusto il giorno prima arrivasse e lo mangiasse tutto intero, solo per non dover vivere l'imbarazzo di quel momento.
«Y...Yoongi»
La voce di Jimin si era fatta improvvisamente seria, vagamente tremante a causa dell'imbarazzo.
«Mi...mi dispiace. Mi dispiace Jimin...»
Lo disse tutto d'un fiato, senza aprire gli occhi e sperando solo che l'altro si togliesse dal suo sacco a pelo per lasciarlo morire di vergogna in pace.
Eccitarsi per una cosa così stupida, solo per un abbraccio. Certo, era l'abbraccio di quel ragazzo che l'aveva fatto sentire tanto bene in quel periodo, di quel ragazzo con quel sorriso dolce e quel corpo stupendo, ma eccitarsi per così poco... Era già di per sé imbarazzante, senza aggiungere l'enorme vergogna per essersi rivelato come frocio. Aveva appena mandato a puttane tutti gli sforzi di sua madre per tenere nascosta la cosa a chiunque per proteggerlo degli insulti degli altri paesani a cui avrebbe semplicemente fatto schifo.
«M...mi dispiace, Jimin. Mi- 
Ma non aveva la forza di andare oltre. Serrò ancor di più gli occhi. 
Pian piano iniziò a montargli dentro la rabbia, contro il suo stesso corpo che lo tradiva, contro se stesso per non essersi opposto di più e, sì, anche contro Jimin che aveva così tanto insistito, che si era vantato del suo corpo perfetto, che poi lo aveva fatto cedere e che ora non si spostava da lì.
Sapeva di star diventando irrazionale, ma la rabbia avrebbe cancellato un po' la vergogna.
«Jimin, ora sp-
«Va tutto bene, hyung. Va tutto bene.»
La sua voce era confortante ma ancora imbarazzata.
«Va tutto bene. Non devi- deglutì a vuoto in imbarazzo -Non devi vergognarti.»
Yoongi riaprì gli occhi, ma cercò di evitare lo sguardo dell'altro.
«Va bene, però adesso togliti di mezzo, ok?»
Il tono gli era uscito troppo brusco, tanto che quella sorta di mezzo sorriso di incoraggiamento dell'altro sparì all'istante.
«Scusami, mi dispiace, non volevo metterti in imb- ehm, ecco, esco subito, scusami davvero.»
Jimin farfugliava scuse mentre alla svelta usciva dal sacco a pelo di Yoongi. Il suo viso non si girò più nemmeno una volta verso di lui, per cercare di non fargli vedere quell'espressione triste che aveva. In silenzio poi si sdraiò di nuovo nel suo giaciglio e si girò dando la schiena all'altro.
Aveva rovinato tutto, come un coglione. Avrebbe potuto solo scherzarci sopra, come avrebbe fatto un qualunque ragazzo. Ma quel contatto lo aveva mandato in confusione: troppo improvviso, troppo intimo, troppo... eccitante per il suo corpo che non veniva accarezzato nemmeno in quel modo smaliziato da secoli.
«Jimin, mi dispiace di averti parlato così e... per tutto il resto.»
L'altro non si voltò.
«Tranquillo. Non parliamone più se non vuoi.»
Yoongi non disse nulla. Era chiaro che Jimin intendesse il contrario di ciò che aveva appena detto, ma lui non si sentiva ancora pronto ad ammettere ad alta voce il suo "segreto" appena tradito dal sul stesso corpo. Così alla fine mormorò in risposta solo un «Va bene. Buona notte» a cui seguì solo il silenzio. Il frusciare del vento sugli alberi e il respiro via via più regolare di Jimin fu tutto ciò che ascoltò per lungo tempo fino ad addormentarsi.
 
*
 
Il giorno seguente era stato inizialmente piuttosto imbarazzante, ma Jimin aveva tenuto fede alle sue parole e non aveva mai accennato all'accaduto. Aveva tentato anche di sforzarsi di sembrare normale, come se nulla fosse successo, e Yoongi a sua volta aveva cercato di incoraggiare i suoi tentativi comportandosi come il solito se stesso.
Non avevano fatto praticamente nessuna pausa al ritorno, ma si erano limitati a ripercorrere la strada fino al paese. Quando alla fine erano arrivati a casa, sembravano di nuovo la solita coppia di amici, tranne che al momento di quell'imbarazzante saluto di commiato.
Nemmeno noi giorni seguenti l'accaduto era stato riportato a galla. Jimin aveva semplicemente iniziato ad evitare i contatti troppo esagerati, limitandosi a pacche sulle spalle o colpetti alla nuca ogni volta in cui pensava che Yoongi stesse esagerando in qualcosa. Niente di strano era più successo tra di loro, fino a qualche pomeriggio più tardi.
Quel pomeriggio, durante una passeggiata per la città, il loro vagabondare li portò fin davanti alla piccola sala da teatro che occasionalmente veniva trasformata in aula per me assemblee o in cinema. Sulla facciata frontale a lato di grossa una locandina dell'Amleto di Shakespeare ce n'era una, decisamente più piccola, di un bel rosso acceso. Su di essa, accanto al disegno di una ragazza truccata da geisha ma in abiti decisamente succinti che copriva parzialmente la profonda scollatura con un ventaglio, svettava la scritta: "Film erotico! «Il Ventaglio della Geisha Rossa» Questa sera, ore 23".
Jimin si girò in imbarazzo puntando un dito verso il poster.
«Guarda! Ne ho visti un paio a Busan una volta, ma non pensavo li dessero anche qui.»
Yoongi sollevò un sopracciglio a quelle parole e poi ghignò.
«Ne hai visti un paio, eh? Beh, allora andiamoci» propose con tono di sfida e malizioso allo stesso tempo.
«Ma io intendevo- cosa? Ehm, va bene, andiamoci.»
Sentendo la sfida dell'altro Jimin non era riuscito a dirgli che intendeva di aver visto solo i poster dei film. A quel punto non voleva passare per uno sfigato. Yoongi comunque rimase sorpreso dalla risposta, ma si riprese alla svelta.
«Perfetto. Allora ci vediamo alle 22.30, come al solito sotto casa mia e andiamo. Offro io il biglietto» aggiunse con un occhiolino malizioso.
Jimin annuì con la testa, sempre più rosso in volto.
«Grazie» mormorò tra le risatine di Yoongi.
Era palese stesse cercando di nascondere l'agitazione, ma quella non se ne andò continuando invece ad aumentare via via che l'orario dell'appuntamento si avvicinava. Nervoso iniziò a vestirsi in anticipo, scegliendo gli abiti più anonimi che aveva, e poi passò in bagno per cercare di spiaccicarsi i capelli sulla faccia, magari lo avrebbero reso meno riconoscibile.
Yoongi, al contrario, non si fece tutti questi problemi. Alla fine più gente lo vedeva lì, meno il sospetto della sua omosessualità avrebbe preso piede.
Quando Jimin arrivò sotto casa tua, anche se in anticipo, lui lo stava comunque già aspettando in strada. Il disagio era così palese sul volto del minore, che non riuscì a trattenersi dal punzecchiarlo.
«Che cos'è tutto questo nervosismo, Jiminie? Non hai detto di esserci già stato? O è solo timore di arrivare tardi e perderti qualche scena piccante?»
Jimin mise un delizioso broncio e piccato mormorò solo un «Piantala!».
Quando arrivarono c'erano già molte persone, prevalentemente uomini adulti, ma anche diversi ragazzi, qualche signora dall'aria ben poco distinta e addirittura qualche bambino che doveva essersi infiltrato di nascosto. I due amici presero posto in una delle ultime file nei sedili più esterni.
Notarono entrambi come tutti, tranne i più giovani e scanzonati, evitassero di guardarsi in giro rimandosene per i fatti loro. Solo un paio di signori si alzarono arrabbiati ad urlare di star zitti quando qualcuno dei ragazzi li additava dicendo chi erano ad alta voce agli amici.
Quando però in perfetto orario il telone bianco venne calato e le luci spente, tutti smisero di parlare e il film cominciò. La trama risultò piuttosto banale e per la prima metà del film c'erano state solo alcune scene di nudo di cui solo una integrale. Poi, finalmente, la tanto attesa scena di sesso arrivò.
Jimin si agitò sulla sedia, cambiando diverse volte posizione a disagio. Non ci volle molto perché anche Yoongi sentisse un certo disagio, ma più giù, tra le gambe. Dopotutto, anche se era gay, una scena di sesso era sempre eccitante e quell'attrice sapeva come muovere la bocca.
Poi notò una cosa che distolse la sua attenzione dalla scena. Jimin si stava... massaggiando da sopra la stoffa dei pantaloni all'altezza dell'ormai ben visibile erezione. Non che fosse strano, alcuni uomini stavano facendo cose più spinte e Yoongi aveva capito anche il motivo della presenza nonché il ruolo di alcune donne presenti, tuttavia vedere Jimin in quella situazione lo stava arrapando più del film.
Allargò le gambe e cercò di sistemarselo meglio, in modo che non gli premesse troppo contro i pantaloni. Ma soprattutto cercò di distogliere lo sguardo dalle parti basse di Jimin.
Mentre ancora armeggiava cercando di essere il più discreto possibile, una mano si appoggiò sul suo ventre. Non che non avesse capito immediatamente a chi appartenesse, ma era così stupito che sentì la necessità di controllare: sì, era decisamente collegata al braccio e alla spalla di Jimin.
Lo fissò incredulo restando perfettamente immobile sotto la sua mano che si stava muovendo sempre di più verso il basso. Anche quando quelle dita raggiunsero il rigonfiamento dei suoi pantaloni ed iniziarono un po' timidamente a toccarlo, il più piccolo non distolse mai lo sguardo dal film né smise di toccare con l'altra mano anche la propria erezione.
Yoongi si diede una rapida occhiata in giro: l'ultima cosa che voleva era che qualcuno li beccasse rovinando quel momento e tutta la sua vita. Ma come era prevedibile nessuno stava facendo caso a loro, tutti troppo presi dalla maestria dell'attrice del film nel fare su e giù.
«J...Jimin» sussurrò con un filo di voce. 
L'altro strinse un po' le labbra e spalancò appena gli occhi, in un'espressione di imbarazzo. Smise anche di muovere la mano che si stava occupando di se stesso, continuando però a muovere quella addosso a Yoongi.
«Jimin, se mi tocchi così non resisto. Lo sai l'effetto che mi fai.»
Si era avvicinato così tanto all'orecchio dell'altro per evitare che qualcun'altro li sentisse che stava sfiorando la sua pelle con le labbra. Era la prima volta, da quella notte di campeggio, che qualcuno faceva un'allusione a ciò che era successo e Yoongi era convinto che neanche morto sarebbe stato lui a parlarne. Ma viste le "circostanze speciali" poteva anche fottersene del suo orgoglio.
Jimin alle sue parole guardò completamente in imbarazzo verso i suoi piedi e solo con la coda dell'occhio il più grande. Poi tentennando spostò la mano e mormorò uno «S...Scusami» pieno di vergogna. Non era sicuro che l'altro gli avesse chiesto esattamente di fermarsi, ma sentendolo parlare si era vergognato abbastanza del suo gesto da voler sparire all'istante.
«Jimin»
Suo malgrado al suo nome mormorato in quel modo quasi sensuale si voltò.
Yoongi dovette resistere con tutto se stesso per non baciarlo lì, seduto in quel cinema, davanti a metà degli uomini del paese. Voleva dirgli che lo poteva toccare quanto voleva, dove voleva, che ormai erano settimane che per lui tra di loro non c'era solo amicizia, ma qualcosa in più, sicuramente attrazione fisica.
Più di tutto però non voleva assolutamente far sparire l'imbarazzo da quelle guance. Anzi, voleva vederlo diventare ancor più rosso, voleva vedere quell'espressione farsi ancor più accentuata mentre lui gli faceva ben di peggio che toccarlo solo un po', voleva...
«Usciamo di qui. Ora.»
Usò tutto il suo autocontrollo per alzarsi da lì, afferrare Jimin per un polso e trascinarlo fuori. L'attrice ancora gridava dal piacere e la sala era piuttosto buia. Nessuno probabilmente fece molto caso a loro.
Una volta fuori Yoongi non si fermò, ma continuò a trascinarlo fino a casa propria. Nessuno aprì bocca se non per ansimare per la corsa.
Solo quando arrivarono in prossimità di casa Min, Yoongi rallentò, aprì senza far rumore il cancello e condusse l'altro ragazzo fino al capanno degli attrezzi sul retro della villetta. Una volta aperta la porta di legno, Jimin si ritrovò scaraventato dentro in quell'ambiente stretto occupato solo da un tavolo spesso e da scaffali ricolmi di utensili di vario genere. Yoongi richiuse la porta e ci si appoggiò contro. Ora lui e Jimin erano faccia a faccia, da soli, senza nessuno che potesse disturbarli.
«Allora? Mi vuoi dire cos'è successo al cinema?»
Jimin guardò altrove, quasi incapace di parlare per l'imbarazzo. Ma alla fine prese coraggio, puntò gli occhi nei suoi e rispose spiazzando completamente Yoongi.
«Solo quello che sarebbe successo nel sacco a pelo quella sera se tu non fossi stato preso dal panico.»
Lentamente il più grande rielaborò più e più volte le sue parole e tutto quello che implicavano. Allora... allora i "va tutto bene" ripetuti da Jimin non erano solo per rassicurarlo, per farlo calmare. Erano... erano una sorta di dichiarazione. Volevano dire che andava tutto bene perché Jimin era come lui, perché Jimin a sua volta era attratto da lui.
Se non avesse avuto la porta già premuta contro le spalle, Yoongi sarebbe indietreggiato per lo stupore.
«Quindi... Quindi tu...»
Non sapeva nemmeno cosa avrebbe voluto chiedergli. Forse conferma della sua omosessualità, forse dei suoi sentimenti, forse delle sue intenzioni in quel momento. Ma nient'altro uscì dalla sua bocca.
«Sì»
Il suo fu un sussurro. Yoongi sapeva che Jimin aveva perfettamente capito tutte quelle domande sottintese.
«Anche io»
Si guardarono negli occhi e Yoongi sentì una parte di lui finalmente sciogliersi. Per qualcuno lui andava bene così com'era.
Si avvicinò lentamente senza interrompere mai quel contatto visivo sempre più intimo. Quando fu a meno di un passo da lui, Jimin sollevò le braccia per potersi avvicinare più velocemente e per gettarle poi intorno al suo collo quando le loro labbra si incontrarono.
Era stato un bacio naturale, atteso, tra due persone che si accolgono, che finalmente hanno riconosciuto i loro sentimenti.
Anche quello che seguì fu naturale.
Fu naturale quando iniziarono ad infilare le mani sotto i vestiti dell'altro mentre le labbra ancora non si staccavano. Fu naturale quando presero a spogliarsi a vicenda e si ritrovarono nudi tra le braccia dell'altro.
Per Yoongi fu naturale anche far stendere Jimin su quel tavolo, recuperare da uno scaffale la vaselina comprata per i cardini della sua nuova libreria, prepararlo dolcemente con le dita al suo ingresso e poi prenderlo lì, subito, in quel capanno, senza aver mai riflettuto se tutto ciò fosse giusto o meno.
Lo sapeva e basta. Si amavano. Se lo erano detti con lo sguardo e con le mani. Quello bastava per fargli compiere quel passo enorme per la loro relazione. Ormai era tanto tempo che non erano più solo semplici amici, anche se lui non se n'era troppo accorto.
E poi era con Jimin. Il ragazzo che lo aveva quasi fatto rinascere. E quindi, proprio come aveva detto lui, andava tutto bene.
 
*
 
Un singhiozzo, subito strozzato ma perfettamente udibile.
Yoongi sarebbe balzato dalla sedia per lo spavento se le sue gambe avessero retto. Si limitò a girarsi spaventato.
Sunmin era lì, in piedi, appoggiata allo stipite della porta. Le lacrime scorrevano sulle sue guance e poi sulla sua mano, sollevata a coprirsi la bocca.
Lo stava fissando triste, con gli occhi un po' più spalancati del normale.
«Sunmin-ah! Mi... Mi dispiace. È orribile che tu abbia dovuto sentire questo racconto. Non... Non mi ero reso conto fossi qui. Mi dispiace. Deve averto fatto schifo ascoltare tutte queste cose. Ma ti prego, non cambiare idea su tuo zio. Lui è la persona migliore che abbia conosciuto in tutta la mia vita.»
Si fermò a riprendere fiato, affaticato da quel discorso. Era davvero tanto tempo che non parlava così a lungo, per di più aveva quasi urlato concitato a Sunmin.
Non osava immaginare cosa potesse aver pensato lei durante quel racconto. Almeno era contento di non aver detto ad alta voce molti particolari, preferendo ricordarli dolcemente solo nella sua testa.
«O...orribile? Schifo?!»
La ragazza ripetendo quelle parole scoppiò di nuovo a piangere.
«Non penso niente di tutto ciò. Sto... Sto piangendo perché mio zio non mi aveva mai raccontato questa storia così bella. E sapendo che avete vissuto separati tutta la vita, non voglio immaginare cosa sia successo dopo. Perché? Perché non mi ha mai raccontato nulla?! Pensavo si fidasse di me.»
Yoongi era stupito. Avrebbe voluto piangere anche lui, alzarsi e abbracciarla.
Poche persone tra quelle che conosceva avrebbero definito quella storia come "bella". Sentire quelle parole gli fece desiderare di nuovo, dopo tantissimi anni, di aver vissuto al fianco di Jimin.
«Sunmin, ti ringrazio»
Lei scosse la testa e si asciugò gli occhi.
«Ero venuta qui a dirti che tra poco arriverà la mamma con i medici. Dopo le visite di stamattina abbiamo scoperto che dovranno portarlo immediatamente in ospedale e trasferirlo lì.»
Lasciò a Yoongi un momento per elaborare quelle parole e la loro portata. Sapeva bene cosa volevano dire.
«Signor Min, anzi, zio Yoongi. Ti lascio un momento ancora da solo con lui, va bene?»
Lei uscì dalla stanza e lui sentì le lacrime bagnare anche le sue guance rugose.
La parola saluto non era mai stata pronunciata tra di loro, ma sapeva che lei gli aveva dato il tempo per fare esattamente quello: salutare Jimin, per l'ultima volta.








*NOTE*
 
Salve a tutti!
Per prima cosa vorrei ringraziare chiunque sia arrivato a leggere fino a qui e continui a seguire la mia storia. Davvero, grazie mille :)
Poi vorrei ringraziare Arashi17, Marie8 e valelovevale per il supporto durante l'ardua scelta del nome del film a luci rosse ahahah In effetti la mia idea di "Il cigno e il condor" non era esattamente bellissima..... ahahah ^^"

Ci tenevo a precisare che questa fanfiction non è ambientata in un preciso anno né per quanto riguarda la parte del presente né quella del passato. Diciamo che la parte del presente si svolge un po' nel futuro rispetto al 2016 mentre quella del passato diciamo durante il periodo di inizio decadenza del cinema quando molte sale si trasformano in cinema a luci rosse. Quindi la mentalità e in generale tutto il paese sono un po antiquati.
La situazione dove la gente fa cosacce in sala è ispirata al film "Nuovo Cinema Paradiso" che trattava appunto la storia del cinema in Italia e fa intuire e se non ricordo male anche più o meno vedere che queste cose accadevano davvero. E sinceramente, visto che i Coreani sono alieni ma poi non così tanto, immagino che queste cose accadessero anche da loro.

Scusate se vi ho annoiato con queste questioni ^^"
Vi ringrazio ancora infinitamente.
DidiNihal

 

P.S. Qualcuno ha capito cosa vogliono dire i titoli dei capitoli? Eheh Nell'ultimo capitolo ve lo svelo, anche se secondo me ci sarete già arrivati! ;)

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Capitolo 4
*** 24 ***


Una nuova identica mattina era appena iniziata nella casa di riposo. Come ogni giorno tutto il personale del turno diurno iniziò ad arrivare nel parcheggio della struttura e a prepararsi per il lavoro. Come ogni giorno il programma delle attività era lo stesso come lo sarebbe stato anche il menù della colazione.
A conferma di ciò, proprio come al solito, anche le assistenti irruppero nella stanza 101 nello stesso modo chiassoso di sempre.
Ma per Yoongi ogni cosa quel giorno era profondamente diversa.
Era diverso il silenzio della stanza quando si era svegliato un po' prima dell'arrivo del personale.
Era diverso il suo umore che lo stava rendendo apatico e remissivo.
Era diverso il comportamento delle ragazze che per una volta si affaccendarono subito intorno a lui e che si stupirono non trovando nessuna resistenza da parte di Yoongi quando cercarono di aiutarlo a vestirsi.
Anche la conclusione di quella visita di routine fu diversa.
Le due donne dopo aver finito di infilargli il maglioncino e le scarpe erano semplicemente uscite dalla stanza. Nient'altro.
Yoongi lanciò un ultimo sguardo al letto vuoto davanti al suo, poi uscì dalla stanza 101 e si diresse al giardino.
Lentamente, con una lentezza quasi estrema, si diresse verso quella panchina su cui gli era piaciuto trascorrere diversi pomeriggi fino a quel momento. 
Era un punto tranquillo del giardino, dove d'estate crescevano tantissimi fiori che quasi riuscivano a sommergere ogni anno le gambe di quella panchina su cui finalmente si andò a sedere. Con la testa un po' piegata all'indietro si godette i raggi del sole sul viso mentre riprendeva fiato per la passeggiata.
Quella semplice sensazione di calore sulle guance lo riportò di nuovo indietro nel tempo, a quel pezzo di storia che non aveva avuto il tempo, o forse il coraggio, di raccontare il giorno prima.
Era la parte della storia che più lo aveva tormentato negli anni seguenti, la parte che più di tutte aveva fatto fatica a superare, quella che ancora adesso sperava fosse andata diversamente, quella che avrebbe voluto cancellare. 
Quella che in fin dei conti non aveva ancora mai accettato.
 
*
 
La mattina successiva a quella serata al cinema conclusasi nel suo capanno degli attrezzi, Yoongi si era svegliato tardi, con la luce che filtrava dalle tende arrivandogli dritta in faccia. Era sceso più addormentato che sveglio fino in cucina dove sua madre lo aveva rimproverato per essersi svegliato a quell'ora e dove suo padre leggeva il giornale ignorando moglie e figlio. Restò con loro giusto il tempo di prepararsi qualcosa per colazione e poi se la svignò alla svelta nella sua biblioteca privata.
Scena analoga si svolse quella mattina in casa Park. Jimin era rientrato tardissimo tentando di non fare il minimo rumore e si era addormentato ancora con gli abiti per uscire addosso. Probabilmente avrebbe avuto la forza di cambiarsi solo se Yoongi lo avesse prima spogliato... con quel pensiero in testa si era addormentato di sasso fino al mattino, quando suo padre era andato a bussare alla sua camera per avvisarlo della colazione. 
Come un morto che cammina si era alzato, cambiato, sciacquato il viso e finalmente aveva raggiunto il suo posto in cucina. Fissava il nulla con la guancia abbandonata sul palmo della mano, rivivendo sprazzi confusi della sera precedente con la mente ancora impastata dal sonno.
Suo fratello lo risvegliò tirandogli un poco gradito scappellotto sulla nuca prima di sedersi a sua volta.
«Allora, hyung! Ti è piaciuto ieri il film?»
«Mh? C'eri anche tu?»
Cercò di trattenersi dal guardarlo male, concentrandosi invece finalmente sul piatto che aveva davanti.
«Oh sì, io c'ero. Ma tu? Non te ne sei mica andato via a metà film con il tuo amico? Cos'è, ti sei imbarazzato a vedere una donna nuda?»
Quella stupida frase sarcastica provocò una serie di reazioni a catena. Jimin in primis si irrigidì visibilmente. Dopo un attimo di silenzioso imbarazzo sua madre esclamò che quelli erano discorsi da uomini e lei aveva molto da fare; al contrario suo padre sembrava improvvisamente molto interessato e nella testa del ragazzo anche più arrabbiato di quanto in realtà non fosse.
«Cosa significa, Jimin?»
«Io-
Si stava vergognando da morire, ma doveva trovare una risposta convincente, una risposta che lo facesse apparire come un vero uomo etero.
«Io mi sono imbarazzato, è vero. Ma semplicemente perché vorrei poter scoprire le bellezze di un corpo femminile in una situazione più piacevole, ecco.»
Forse non era passato esattamente come un "vero uomo etero", ma più come un "vero sfigato etero".
«Verginello» gli sibilò malevolo suo fratello, attento a non farsi sentire dal padre che dal canto suo sembrava soddisfatto della risposta, ma non altrettanto contento della situazione.
«Jimin, ormai sei quasi un adulto a tutti gli effetti, non mancano molti anni a quando potrai andare al militare. Non puoi continuare a prendere certe... "questioni" alla leggera. Vorrei morire con il capezzale circondato dai miei nipoti.»
Sottolineò tutto il discorso con uno sguardo penetrante e severo. Solo un "Sì, papà" abbandonò le labbra di Jimin in risposta. 
Divorò la colazione senza più alzare la testa, ascoltando distrattamente i nuovi discorsi della sua famiglia. Poi si rintanò in camera sua: quel giorno non poteva andare da Yoongi. Se qualcuno avesse scoperto qualcosa... Non voleva nemmeno pensare a quell'eventualità.
Evidentemente invece Jihyun non vedeva l'ora di pensarci. 
Cosa diamine aveva fatto di così grave a suo fratello da meritarsi tutto quell'odio?
«Hyung, secondo te sospettano già qualcosa? Che hai fatto di bello col tuo amichetto per tornare addirittura più tardi di me?»
Il sorriso sarcastico stampato sulla sua faccia irritò Jimin ancor più delle sue frasi malevole, soprattutto perché ormai a quelle era abituato fin sa quando suo fratello lo aveva beccato semplicemente abbracciato un po' troppo stretto ad un suo amico.
«Secondo te nostro padre sospetta già qualcosa della gravidanza della tua rispettabile ragazza da una notte e via? Temo sarai nei casini una volta tornato a casa.»
Non voleva dirlo. Non voleva dirlo davvero, con quel tono cattivo per di più. Aveva tenuto il segreto per mesi, da quando aveva incontrato in lacrime davanti a casa una delle tante avventure di suo fratello. Tra i singhiozzi gli aveva prima confessato di aspettare un bambino e poi lo aveva scongiurato di non dirlo a nessuno, cercando di convincere più se stessa che Jimin che avrebbe trovato una soluzione.
Ma ormai lo aveva detto. Non poteva rimangiarsi le parole. Aveva perso troppo le staffe e si era trasformato nel Jimin subdolo che mai avrebbe voluto essere.
«Senti, Jihyun, mi dis-
«Cosa- Come lo sai? Chi cazzo te l'ha detto?!»
Sembrava a dir poco terrorizzato. Nel giro di un secondo aveva controllato 3 volte la porta, come se sperasse di poterci guardare attraverso per assicurarsi che nessuno stesse ascoltando. Poi si avvicinò di colpo al fratello, senza nemmeno aspettare una risposta.
«Non osare farne parola con nessuno, hai capito?»
«E tu non mettere in giro strane voci su me e i miei amici, hai capito?» lo scimmiottò.
Anche se era stata una mossa orribile da parte sua, certo non più orribile di quello che gli stava facendo suo fratello, ormai doveva cercare di sfruttarla. Jihyun fece un verso di disapprovazione, ma comunque annuì.
«Non una parola, siamo intesi» e si avviò di nuovo verso la porta, dove si fermò per aggiungere con un ultimo ghigno «Cerca solo di non farti beccare con un uomo!»
La porta si richiuse troppo in fretta e l'oggetto che Jimin aveva lanciato, qualcosa di leggero preso a caso dal tavolo, rimbalzò inutile contro il legno.
Alla fine, anche se non si erano dati appuntamento e nonostante la promessa che aveva fatto a se stesso, appena dopo pranzo Jimin sgattaiolò fuori casa e, con un percorso più lungo del solito, raggiunse casa di Yoongi.
Suonò al campanello annunciandosi alla madre con nome e cognome, per andare sul sicuro.
«Buon pomeriggio signora Min, le ho portato della frutta fresca. Suo figlio è sempre così gentile con me, mi sembrava giusto ricambiare»
Lei lo accolse cortese, lasciandolo entrare nell'ingresso di casa.
«Ti ringrazio, Jimin. Vuoi che ti chiami Yoongi?»
«Gliene sarei grato. Spero di non disturbarlo, non ci eravamo messi d'accordo per vederci.»
La madre al "disturbarlo" fece un gesto come a dire che non era possibile.
«Mio figlio è sempre rintanato in quella sua biblioteca, sono contenta che abbia qualcuno con cui uscire un po'» fece una pausa, poi sembrò voler aggiungere qualcosa «Ah, Jimin»
«Mi dica, signora»
Lei lo fissò, indecisa, ma alla fine scrollò la testa.
«No niente, seguimi»
Alla fine furono loro ad andare di sopra. La madre di Yoongi lo annunciò prima di farlo entrare nella piccola biblioteca privata del figlio. Era una stanza bellissima, con file di librerie e una comoda poltrona da cui il suo probabilmente ormai ragazzo si era appena alzato.
«Jimin! Buon pomeriggio. Che ci fai qui?»
«Yoongi- sua madre parlò prima che l'ospite potesse rispondere -tuo padre tornerà questa sera. Con questa giornata così calda, comunque, vi consiglio di restare in casa al fresco o a godervi l'ombra in veranda. Meglio non uscire. Vi chiamo appena la macedonia sarà pronta.»
Detto ciò lasciò la stanza, ma solo dopo aver lanciato una veloce occhiata di intesa al figlio.
«Non credo faccia così caldo oggi» osservò Jimin stranito.
«Restiamo qui comunque, ti va? Parliamo un po'.»
Davanti al sorriso di Yoongi che accompagnò le sue parole, l'altro non trovò nulla da obiettare e si lasciò velocemente convincere.
Durante quel pomeriggio, il più piccolo si ritrovò, tra un argomento e l'altro, a raccontare pieno di imbarazzo la sua visione dei fatti di quel periodo di amicizia, da quando aveva scoperto di provare dei sentimenti per l'altro fino alla sera prima. Anche Yoongi in modo molto più sintetico e spiccio confessò come aveva vissuto alcuni momenti insieme, le sue paure e perfino le paure di sua madre, che era a conoscenza della sessualità del figlio ormai da tempo.
Così, alla fine, anche Jimin si aprì ancor di più con l'altro, vedendo lo sforzo che aveva fatto Yoongi per rivelargli quel suo timore. Gli raccontò così tutto ciò che era successo quella stessa mattina, spaventandosi anche solo a ripensarci.
Si rese conto che suo padre era completamente l'opposto della signora Min: non avrebbe mai accettato di avere un figlio anormale, uno che invece di sognare di stringere una bella figliola tra le braccia aveva pensieri schifosi su altri uomini.
Yoongi decise di non fare alcun commento sull'uomo vedendo quanto quell'accaduto avesse scosso il figlio. Dopotutto non era nemmeno così sorpreso: come lui, anche una larghissima parte della popolazione coreana la pensava esattamente allo stesso modo.
Dovevano solo stare attenti, molto attenti.
 
*
 
Stare attenti.
Fu quello il pensiero fisso che lo tormentò nei giorni successivi. Ora che sapeva che dovevano nascondersi anche dai loro stessi familiari, gli sembrava di non potersi più permettere nemmeno di farsi vedere insieme a Jimin. Allo stesso tempo, però, era convinto che iniziare all'improvviso ad evitarsi sarebbe parso ancor più strano agli occhi di chi li conosceva.
Fu così, con quel genere di pensieri in testa, che iniziò a comportarsi in maniera sempre più strana. Un giorno quasi obbligava Jimin ad uscire insieme fino a sera e poi, il giorno successivo, finiva per evitarlo in preda all'ansia che quell'incontro li avesse esposti troppo.
Il più piccolo cercò di sopportare con pazienza. Dopotutto, anche se non ne avevano più parlato, capiva come poteva sentirsi. Capiva la paura crescente, quell'ansia che lo spingeva a nascondersi ma allo stesso tempo a mostrarsi come al solito.
Tuttavia, quando durante un'uscita Yoongi iniziò a comportarsi in maniera più strana del solito, Jimin non riuscì più a trattenersi.
«Yoongi, piantala. Ti prego, smettila. Smettila di comportarti così.»
L'altro lo guardò mostrandosi subito sulla difensiva.
«Cosa intendi?»
«Smettila di continuare a guardarti intorno in modo ossessivo, di fingere di star parlando tranquillamente con me solo quando qualcuno ci guarda, di cambiare strada di continuo una volta perché è troppo affollata mentre quella successiva perché è troppo vuota. A sto punto sarebbe stato meglio uscire da soli!»
La voce gli era salita in modo stridulo mentre finiva per riversare tutta la sua frustrazione in quelle parole.
«Lo sto solo facendo per noi, perché nessuno ci scopra. E abbassa quella dannata voce.»
Jimin scosse la testa.
«Se stai tanto cercando di aiutarci, perché ci stai anche rovinando? Ormai riusciamo a vederci solo secondo i tuoi capricci, a malapena parliamo! Per non parlare... per non parlare del fatto che non mi hai più sfiorato nemmeno con un dito.»
Mentre pronunciava le ultime parole abbassò la testa. Non voleva fargli vedere che gli occhi gli si stavano riempiendo di lacrime.
Sapeva che quella situazione non era solo colpa di Yoongi e razionalmente riusciva anche ad accettare che si stesse comportando così per proteggere la loro coppia. O almeno aveva creduto di riuscire ad accettarlo.
Yoongi rimase spiazzato. Non era da Jimin arrabbiarsi a quel modo e fare una scenata di quel tipo in mezzo alla strada. Era così incredulo che nemmeno si preoccupò di controllare se qualcuno li stesse osservando.
«Credevo fosse chiaro a entrambi quant'è pericolosa questa situazione. Ma evidentemente questo ragazzino arrapato non riesce a capire che sto facendo tutto questo per salvargli il culo!»
Il minore indietreggiò.
"Ragazzino arrapato".
Yoongi... Yoongi gli aveva appena rinfacciato con quelle due semplici parole il suo voler un contatto fisico con lui, la persona che amava.
"Arrapato"
La sua mente ebbe un blackout. Improvvisamente si sentì giudicato dall'unica persona che credeva dalla sua parte. Quella battaglia contro il mondo che sembravano voler intraprendere per poter rivendicare il loro amore come qualcosa di naturale in una società che lo trovava disgustoso, a quanto pareva era morta ancor prima di iniziare. Quei suoi sentimenti che credeva così normali erano appena stati declassati ad "arrapamento", una mera questione ormonale da ragazzini.
Doveva andarsene da lì, immediatamente.
 
*
 
Yoongi restò a lungo immobile in mezzo alla strada, con lo sguardo perso nel punto in cui Jimin era sparito. Dopo quelle parole lo aveva solo fissato mentre, un passo dopo l'altro all'indietro, si era allontanato sempre di più. Lo aveva guardato anche quando si era voltato e si era messo a correre. Lo aveva fissato e basta, senza riuscire ad aggiungere nulla.
Aveva insultato Jimin, aveva riversato su di lui tutto il suo odio per il mondo che ad un tratto gli era sembrato volesse dividerli a tutti i costi.
E poi... e poi era stato lui a rovinare tutto. Jimin non gli era stato portato via da chissà chi: lo aveva allontanato lui stesso.
A passi lenti, lentissimi, era tornato a casa. Senza salutare nessuno si era barricato nella sua biblioteca. Era rimasto a fissare la strada oltre al vetro della finestra anche dopo che il sole era tramontato e a malapena distingueva il contorno della siepe del suo giardino.
Immobile in quella posizione, aveva cercato di bloccare anche i suoi pensieri, ma invano. Quelli continuavano a sfrecciare a tutta velocità tornando continuamente sullo stesso ricordo: il volto tutto ad un tratto distrutto di Jimin.
A sua madre era bastato un solo sguardo quando il figlio era rientrato a casa per capire che qualcosa era andato storto. Suo padre, invece, non aveva avuto bisogno nemmeno di quello.
Quando finalmente si convinse a schiodarsi dalla sua poltrona seguendo il mero istinto di cibarsi e raggiunse i genitori a tavola, suo padre sapeva già che cosa era successo quel pomeriggio.
«Yoongi, mi rendo conto che probabilmente non vuoi parlarne, ma so che hai avuto una discussione con il tuo amico questo pomeriggio.»
Lui alzò gli occhi incredulo e improvvisamente molto incazzato.
«Come diamine fai a saperlo?!»
«Yoongi, tesoro, non parlare così a tuo padre!»
Sua madre cercò di accarezzargli un braccio per calmarlo, ma lui la scansò senza tanta grazia.
«Abitiamo in un paesino, le voci corrono più veloci di un'automobile. Volevo solo dirti di stare attento. Un semplice pettegolezzo innocente può trasformarsi in un secondo in una cattiveria e sai quanto ha fatto tua madre per proteggerti.»
Cosa stava dicendo? Era vero, sua madre lo aveva protetto quando da piccolo i suoi compagni di scuola lo avevano preso in giro dicendo che lo avevano visto fissare il culo di un altro ragazzo. La signora Min lo aveva preso bonariamente in giro con le altre mamme dicendo che probabilmente era solo invidioso a causa delle sue gambe così magre. Quella volta aveva messo a tacere tutte proteggendolo dalle malevoci e da quel momento lui aveva cercato di non dare mai più a nessuno modo di prenderlo in giro.
Ma cosa c'entrava con il suo litigio con...
«Aspetta, cosa vuol dire? Hai sentito dei pettegolezzi?! Non si sarà mica sparsa la voce di... di me e... No. Non è possibile, giusto?»
Per un attimo la sua mente andò così in confusione che riuscì solo a pensare che era la prima volta che ammetteva con suo padre di essere gay. Sapeva che ne era a conoscenza e che aveva sempre rispettato pacatamente la sua scelta in quanto era convinto che tutte quelle faccende fossero unicamente scelte del figlio dalle quali lui preferiva starne semplicemente fuori.
Ma se ora ne stavano improvvisamente parlando voleva dire esattamente quello che temeva: che il peggio era accaduto.
Si alzò di scatto a sedere. I genitori lo guardarono stupiti.
«Yoongi, cosa-
«Mamma, la cosa è più grave di quanto crediate voi. Perdonatemi, ora devo andare. Cenerò più tardi.»
Il suo tono ora era calmo in modo quasi inquietante. Doveva mantenere la calma.
Ora la cosa più importante era parlare con Jimin. Solo quello: parlare con lui. Insieme avrebbero risolto tutto. Insieme ce l'avrebbero fatta.
Uscì di casa dopo aver indossato nuovamente le scarpe avviandosi a grandi falcate verso casa del suo ragazzo. Il litigio del pomeriggio non gli sfiorò neppure la mente finché non si ritrovò di fronte alla porta di casa Park.
Jimin avrebbe accettato di vederlo? Ma come avrebbe fatto a chiamarlo? Se suo padre avesse già sentito i pettegolezzi...
No. Doveva mantenere la calma.
Fu a quel punto che si accorse di un ragazzo di qualche anno più piccolo che lo fissava stranito dalla porta davanti a lui mentre cercava di entrare in casa. Un ragazzo davvero molto simile a Jimin.
«Ehy! Sei Jihyun, vero? Ti prego, chiamami tuo fratello, ma non dirgli chi sono. Ho davvero urgenza di parlargli.»
Lui lo guardò ancor più confuso.
«In effetti non ho idea di chi tu- Ah. Certo, ora è chiaro. So bene chi sei. Tranquillo non dirò nulla sulla tua identità, non voglio entrare nelle vostre... faccende.»
Ghignò sull'ultima parola prima di varcare la soglia e sparire nella casa.
Yoongi sentì un moto di violenza nascergli dentro vedendo quel sorrisetto, ma che riuscì a reprimere facendolo sfogare solo in un piccolo tic nervoso della testa.
Poco dopo fece capolino Jimin che si rabbuiò appena lo vide.
«Sei tu. Cosa vuoi? Una tempesta ormonale ti ha colpito e sei venuto da questo ragazzino arrapato?»
La sua voce suonò alle orecchie di Yoongi molto più rude del solito. Il colpo affondò in profondità nel suo cuore.
«Jimin, mi dispiace. Ti prego, perdonami. Qui sono io il ragazzino. Sono andato in panico quando dovevo solo restare calmo e ti ho insultato in modo così stupido. Te lo giuro, vorrei continuare a dirti quanto io sia stato pessimo, ma lascia perdere il nostro litigio per un attimo. È successo un disastro. Mio padre ha sentito... dei pettegolezzi. Su noi due.»
Qualunque traccia di rabbia sparì da quel giovane volto per far posto alla paura.
«Cosa- Come...Come è successo?» balbettò il più piccolo.
«Non lo so. Appena saputa la notizia sono corso subito qui.»
Ma l'altro all'improvviso non lo stava più ascoltando; fissava invece un punto preciso alle sue spalle.
«No. No, no, no. Vieni qui, mettiamoci dietro la siepe.»
Yoongi fu afferrato per un braccio e spostato dietro alla recinzione della casa, lontano dal marciapiede e nascosti alla strada.
«Yoongi, quella dietro di te era la macchina di mio padre, sta arrivando. Se ha sentito anche lui le voci è meglio che mi trovi a casa quando entrerà. Vediamoci domani alle 10 sotto la statua nella piazza del mercato, va bene? Devo andare, Yoongi.»
«Jimin... va bene, a domani. Senti, prima che tu vada devo dirtelo ancora: mi dispiace. Sono stato un pessimo fidanzato ultimamente. Perdonami.»
Jimin a malapena gli fece terminare l'ultima parola. In un secondo aveva gettato le braccia intorno al suo collo e lo aveva baciato.
Bastò quel contatto delle loro labbra per far sparire dal mondo per un attimo qualunque preoccupazione o problema; bastò quello per far capire a Yoongi quanto gli fosse mancato stringere così quel ragazzo.
Ricambiò il bacio cercando di trasmettergli tutte le sue scuse e il suo amore.
«Ti amo Min Yoongi»
«A...anche io, Park Jimin»
«Devo andare...»
Si allontanò veloce e sgattaiolò in casa, lasciando Yoongi da solo con quella confessione che gli si ripeteva in loop nella testa.
"Ti amo Min Yoongi"
Lanciò un ultimo sguardo alla casa e alla fine si voltò per tornare sui suoi passi.
 
*
 
Yoongi passò tutta la sera e tutta la mattina seguente in ansiosa attesa dell'orario dell'appuntamento.
Attese e attese, prima a casa per non arrivare in piazza troppo in anticipo e poi lì sotto la statua.
Attese, per ore.
Fu solo quando ormai si stava avvicinando mezzogiorno che il ragazzo perse le speranze di veder arrivare Jimin. Si avviò così di corsa verso casa sua, immaginando già la discussione con il signor Park.
Avrebbe cercato di picchiarlo? Sperò vivamente di no. Sapeva cavarsela con le parole quando serviva, ma a forza fisica Jimin, con quel corpo tonico, lo batteva senza ombra di dubbio.
Ma quando arrivò tutto trafelato per la corsa sotto il sole, ebbe la sorpresa peggiore di tutte.
La casa era semplicemente... vuota.
Le persiane erano tutte chiuse, nessun rumore proveniva dall'interno e la macchina non c'era da nessuna parte.
Se n'erano andati. Così, da un giorno all'altro.
Yoongi cercò di pensare a tutte le alternative possibili, ma dentro di sé sapeva benissimo qual era la verità.
Erano tornati a Seoul prima del tempo.
Se n'erano andati.
Jimin... se n'era andato.
Il rumore che fece il suo cuore in quel momento si udì forte e chiaro. Fu incredibilmente simile a quello di un pugno scagliato con tutta la forza contro una siepe di legno.
 
*
 
Solo in seguito Yoongi seppe cos'era successo. Suo padre era tornato a casa stringendo tra le mani dei brandelli di una lettera.
«Un mio amico alle poste è riuscito a salvare questi. Dei suoi colleghi la stavano per fare a pezzi... Purtroppo la busta non si è salvata.»
Se avesse avuto ancora qualche lacrima nel suo corpo, Yoongi era sicuro che sarebbe scoppiato a piangere. Anche ora che Jimin non era più con lui riuscivano a perseguitarli per il solo fatto di essersi amati...
Si rintanò, come sempre più spesso faceva in quel periodo, nella sua biblioteca e osservò quei pezzi di carta stropicciati e strappati.
Li stese e cercò di appiattirli e stirarli con la mano contro la coscia. 
Fu così che scoprì che il padre di Jimin era tornato a casa quel giorno fresco di pettegolezzi. Era stato messo in ridicolo al bar da alcuni amici ancor più idioti di lui e questo gli era andato giù ancor meno di avere un figlio finocchio. A quanto pareva uno di questi li aveva visti uscire dal cinema insieme e aveva in seguito sentito altre voci di chi li aveva visti per strada per mano quella sera. L'uomo non aveva impiegato molto per mettere insieme tutti i puntini, comprese le frecciate di Jihyun, per capire che c'era della verità in quelle voci.
Era tornato a casa infuriato e aveva riversato tutta la sua rabbia e il suo disgusto sul figlio. Alla fine Jimin ormai in lacrime in ginocchio sul pavimento aveva urlato di essere innamorato di Yoongi, ma questo non gli aveva fatto ottenere nessuna pietà: suo padre aveva iniziato ad urlare ancor più forte che sarebbero tornati immediatamente a Seoul e nel giro di un paio di ore avevano già impacchettato quasi tutto quello che si erano portati per l'estate.
La mattina presto erano partiti e Jimin non aveva avuto nessuna possibilità di informarlo. Se n'erano semplicemente andati, da un momento all'altro.
 
"Yoongi, mi dispiace davvero tantissimo. Qualunque cosa possano dirti, ricorda che il nostro amore è la cosa più bella al mondo. Non c'è niente di orribile in due persone che si amano. E io ti amo Yoongi.
Scrivimi presto all'indirizzo sulla busta.
Grazie per quest'estate meravigliosa. Sono sicuro che ci rivedremo.
Tuo, per sempre,
Park Jimin"
 
Ma quell'incontro fugace di qualche minuto, nascosti dietro la siepe, fu a tutti gli effetti l'ultimo loro incontro per molti, moltissimi anni.
 
*
 
Yoongi osservò il giardino intorno a lui, vedendolo un po' sfuocato a causa di una lacrima rimasta impigliata tra le sue ciglia. Era contento che Sunmin non avesse sentito quella parte della storia.
Riflettendoci, Jihyun doveva essere stato il nonno di quella ragazzina e forse il figlio che aspettava da lui la ragazza di Seoul poteva essere sua madre o suo padre.
Era decisamente meglio che avesse ascoltato solo la parte felice. Non credeva avrebbe avuto la forza, nonostante fossero passati tutti quegli anni, di raccontare a voce quell'ultima parte.
Era stato duro rivedere Jimin in quelle condizioni, ormai vecchi. Era stato un colpo al cuore, ma all'inizio non aveva sentito nessuna fiamma dell'amore riaccenderlo. Aveva provato tanta nostalgia, ma nonostante tutto aveva avuto una bella vita, piena di emozioni. Era riuscito così a tenere a bada la tristezza.
Quando però Sunmin gli aveva detto quelle parole, confessandogli che Jimin non si era mai più legato a nessuno, proprio come lui, quella vecchia ferita aveva ricominciato a fargli male.
E ora lo stava perdendo di nuovo.
Chiuse gli occhi un attimo. Aveva sempre vissuto una vita senza Jimin e ora che lo aveva ritrovato, era tutto il mondo che lo stava per perdere, non più solo lui.
Ora che lo aveva appena ritrovato, non voleva riaprire gli occhi su un mondo senza di lui.
 
*
 
«Pronto? Oh. Certo. Certo, informo subito il dottore. Potete inviarci tutti i documenti? La ringrazio. Sì, arrivederci.»
Bastarono poche parole per comunicare quella notizia. Non era certamente la prima di quel tipo lì alla casa di riposo e non creò molto scompiglio. Ci furono soprattutto un po' di tristezza e tante carte da compilare.
Poi una delle infermiere si ricordò del signor Min, era giusto che anche lui fosse informato di quella notizia.
Mentre lo cercava, rimuginò sul modo più gentile per dirglielo. Dopotutto era stato il suo compagno di stanza, anche se solo per pochi giorni.
Quando finalmente lo trovò, seduto sulla panchina, con gli occhi chiusi, ripensò per l'ultima volta a che parole usare.
"Yoongi, prima è arrivata una telefonata dall'ospedale. Purtroppo Jimin è venuto a mancare poco fa. Non so se eravate amici, ma volevo dirti che mi dispiace davvero tanto."
Ma si accorse presto che non ci sarebbe stato bisogno di pronunciare nessuna di quelle parole.
La stanza 101 aveva appena perso entrambi i suoi inquilini nello stesso giorno.
Seduto su quella panca, in mezzo al verde del giardino, Yoongi sembrava finalmente in pace, anche se una piccola lacrima era scesa lungo la sua guancia.
Forse dentro di sé sapeva già che anche Jimin aveva lasciato questo mondo.

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Capitolo 5
*** 0 (Epilogo) ***


E fu di nuovo lì, ancora una volta.

 
Yoongi passò tutta la sera e tutta la mattina seguente in ansiosa attesa dell'orario dell'appuntamento.
Attese e attese, prima a casa per non arrivare in piazza troppo in anticipo e poi lì sotto la statua.
Attese, per ore.
Fu solo quando ormai si stava avvicinando mezzogiorno che lo vide comparire dall'altro lato della piazza. Appena lo notò da lontano lo salutò con la mano e gli sorrise.
«Yoongi, scusa l'attesa. È stata una mattinata davvero pesante, ma ora credo sia quasi tutto risolto. Lo sai? Alla fine Jihyun mi ha aiutato e mi ha tenuto le parti. Ha detto che sembri una brava persona. In cambio mi ha chiesto di aiutarlo con la sua, diciamo, ragazza: la vuole riconquistare.»
Yoongi sorrise sempre di più ad ogni parola.
«Come avete fatto a risolvere? Tuo padre ci ha... accettati?»
Jimin scoppiò a ridere.
«Oh, no! Ti ho detto com'è, non mi accetterà mai per quello che sono. Diciamo che l'ho... ricattato, ecco. Sotto suggerimento di Jihyun.»
Vedendo la faccia sconvolta dell'altro, rise ancor più forte.
«Non ti preoccupare. Per quanto possa fargli schifo un figlio gay, la paura più grande di mio padre resta quella per la sua reputazione. Ha detto che se sparirò dalla sua vista potrebbe passar sopra a ciò che sono. Inoltre ha preso inaspettatamente bene la notizia che avrà un nipotino da mio fratello, anche se era meno contento di star già diventando nonno.»
«Jimin... stai dicendo che-
«Si, Yoongi. Esattamente. Resterò qui in paese, solo io. Loro oggi tornano a Seoul e mio fratello mi spedirà la mia roba. Forse dovrò tornare in città un paio di volte, ma niente di più.»
Il più grande finalmente sorrise di cuore.
«Ci saranno ancor più pettegolezzi»
Jimin annuì sorridendo a sua volta.
«Oh sì»
«E finiranno per sapere tutti che siamo una coppia»
«Probabilmente si» annuì.
«E io ti amo Jimin e ho capito che questi sono gli ultimi dei miei problemi»
Lui lo abbracciò di slancio.
«E a me interessano ancor meno. Ti amo Min Yoongi. Non andrò mai più da nessuna parte.»
Ora sarebbero stati insieme per sempre. Non avrebbero più nemmeno dovuto pensare a come superare l'inverno in attesa di vedersi l'estate dopo. Non avrebbero più dovuto preoccuparsi del padre di Jimin né della sua fantomatica reputazione.
Certo, ci sarebbe stati ben altri problemi come la casa, il vivere da solo, la scuola, il militare un giorno, ma sembravano tutti così superabili ora che avevano la certezza di poter restare insieme.
«Però mi chiedevo, che cos'hai detto a Jihyun per convincerlo ad aiutarmi fino a quel punto?»
«Probabilmente ho fatto qualcosa di bello per lui in una vita passata»
Jimin scoppiò a ridere e Yoongi con lui.
Niente li avrebbe potuti dividere ora.









 
* NOTE *
 
Prima noticina:
Grazie davvero di cuore a chi ha letto fino alla fine questa storia. Non sapete quanto mi faccia piacere :)
 
Seconda noticina:
Spero di aver reso abbastanza bene la parte nel passato, anche se sono volutamente rimasta sul generico per evitare enormi contraddizioni storiche non essendo io particolarmente informata sulla storia Coreana del '900 ^^" 
 
Terza noticina:
Ci tenevo a dirvi il perché del nome dei capitoli (anche se magari lo avevate già capito da un pezzo): 72 - 48 - 36 - 24 - 0 è il conto alla rovescia delle ore rimaste a Jimin e alla fine anche a Yoongi in questo mondo.
 
Quarta noticina:
Alla fine Sunmin insistette con sua madre per mettersi in contatto con i cari ancora in vita di Yoongi per permettere a lui e allo zio Jimin di avere un funerale tradizionale insieme.
Jimin e Yoongi furono seppelliti uno vicino all'altro nel paese dove si erano conosciuti, lo stesso dove si trova la casa di riposo.
Ora Yoongi e Jimin sono finalmente di nuovo insieme.
 
Ultima noticina:
Spero davvero di non avervi intristito troppo. Questa piccola fan fiction è stato un mio modo per elaborare un po' il concetto della morte, una delle paure umane più grandi. Spero non vi abbia appesantito troppo l'animo.
Grazie davvero a tutti~
Un saluto,
DidiNihal

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