Don't get too close.

di AGirlInTheDark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nulla è rimasto. ***
Capitolo 2: *** Fuori da quella gabbia. ***



Capitolo 1
*** Nulla è rimasto. ***


 
Nulla è rimasto.
 
 

Quanti anni erano passati ormai?
Cinque, sette, dieci… forse addirittura quindici.
Non ne era sicuro.
Non lo sarebbe mai stato.
 


Tutto era cominciato durante una luminosa e calda estate.
L’estate in cui la sua vita sarebbe completamente cambiata.
Non aveva bisogno di aiuto o di conforto.
Era forte.
Anche Isabel e Farlan lo erano.
Non richiedevano il supporto o l’amicizia di nessuno.
Eppure eccoli lì.
Uniti.
Insieme.
Fino alla fine.
Proprio come una famiglia.
Levi li amava.
Non lo avrebbe mai ammesso ai tempi, ora però, farebbe di tutto per poterlo dire.
Farebbe di tutto pur di averli accanto.
Sorridenti. Spensierati. Felici. Come erano sempre stati in vita.
Non dimenticherà mai il momento in cui gli occhi di Isabel avevano perso la loro luce.
Il momento in cui il corpo di Farlan era stato lacerato e disintegrato.
Non dimenticherà mai le lacrime e le urla.
Il fatto che Erwin lo avesse giudicato inutile e patetico.
“Piangere non li riporterà in vita. Vai avanti invece. Combatti per loro.
Io non so che cosa accadrà… ti prometto che però ne varrà la pena.
Vivi. Senza rimpianti possibilmente.”

E così fece.
Ingoiò l’amara pillola e andò avanti.
Ma i giorni passavano.
Le spedizioni erano sempre un fallimento.
I suoi compagni morivano.
Le speranze continuavano a diminuire.
Quel mondo in cui vivevano era completamente circondato da morte e distruzione.
La vita, però, sembrava fregarsene.
Tutto continuava a sbocciare.
Ironico.
Allo stesso tempo, terribilmente crudele.
 
 
 
Dopo qualche anno di addestramento e duro lavoro, era passato di grado.
Ora capitano e caposquadra.
Le responsabilità continuavano ad aumentare e le persone a morire.
Lui, nonostante tutto, cercava di rimanere inflessibile.
Freddo.
Distante.
Nessuno si rendeva conto, ma era più vicino di quanto pensassero.
Vicino al loro dolore.
Vicino alle loro perdite.
Vicino alla morte, come tutti quanti.
Avrebbe tanto voluto pregare per un qualche tipo di sollievo ma, in un mondo in cui persone innocenti non smettevano di soffrire, il fatto che un dio esistesse, si poteva tranquillamente escludere.
Nessuno merita aiuto.
Nessuno merita la pace.
Nessuno merita il “per sempre”.
E lui non credeva di essere più importate o fortunato degli altri.
Infatti, durante il corso della sua vita, nulla gli era mai stato regalato.
Era giusto così.
 
 
 
Da poco aveva perso la sua squadra.
Tutta colpa di quel dannato gigante dai capelli biondi e dagli “umani” occhi azzurri.
Sarebbe riuscito a salvarli se solo avesse fatto in tempo?
Non potrà mai saperlo.
Forse è meglio così.
La certezza di non aver fatto abbastanza lo avrebbe distrutto ancora di più.
Aveva bisogno di più forza.
Aveva bisogno di più tempo.
Il tempo, però, non aveva bisogno di lui.
Il destino non aspetta la tua prontezza.
Sei impreparato?
Sono amabilmente affari tuoi.
Ognuno pensa a se stesso.
Anche il destino è egoista, proprio come noi umani.
 
 
 
 
Erwin.
Non ce l’aveva fatta neppure lui.
L’unica persona rimastagli era Hanji.
Forse avrebbe perso anche lei, ma non era il momento di pensarci.
Doveva andare avanti.
Proteggere ciò che rimaneva.
A qualunque costo.
Aveva perso abbastanza.
Era stufo di combattere.
Era stufo di vivere.
Ma continuava a camminare…
Non rimaneva altro, d’altronde.
 
 
 
 
Un giorno l’umanità giungerà trionfante alle fine della guerra.
Si libererà dalle mura e dalle catene che le hanno impedito di progredire.
Forse Levi non arriverà a vedere tutto ciò.
Nessuno può saperlo.
Anche se ci riuscisse, ci arriverebbe sfinito e distrutto.
Senza anima.
Senza spirito.
Senza uno scopo.

 

 
L’umanità potrà anche vincere.

Ma Levi ha già perso.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Fuori da quella gabbia. ***


Fuori da quella gabbia.



L'oceano...
Esisteva veramente una cosa del genere fuori da quelle mura?
Armin, una vera risposta, non ce l'aveva.
Vaste foreste piene di vegetazione, lunghi tratti di sabbia e roccia, acqua e fiori.
Aurore e tramonti.
Pioggia, neve e arcobaleni.
Alcune di queste cose le aveva già viste ma, dentro ad una gabbia, non ha un effetto poi così affascinante.
Voleva respirare l'aria che avevano la possibilità di assaporare i soldati dalle bellissime ali cucite su mantelli verdi.
Non era una persona coraggiosa come lo era Mikasa.
Non era un ragazzo mosso da particolari ideali o sentimenti come lo era Eren.
Era però molto curioso, intelligente e speranzoso.
Voleva crescere e vedere che cosa il mondo gli avrebbe riservato.
Fuori da quelle mura però.
 


Avrebbe preso parte al corpo di ricerca, alle Ali delle Libertà.
Non da solo.
I suoi migliori amici lo avrebbero seguito... in realtà era lui che avrebbe seguito loro...
Molte altre persone conosciute durante l'addestramento gli avrebbero fatto "compagnia".
Combattevano insieme per la vittoria e per la felicità del genere umano.
Nessuno di loro si sarebbe arreso, nessuno avrebbe mai lasciato i propri compagni.
O almeno così credeva.
 



Più i giorni passavano, più Armin faticava ad andare avanti.
Così tanta morte li circondava.
La sua unica speranza erano i suoi sogni.
Avrebbe visto l'oceano. A qualunque costo.
Avrebbe assaporato il gusto della libertà e si sarebbe abituato a vivere al di fuori della sua tanto odiata gabbia.
Avrebbe riso e brindato con i suoi compagni alla nuova vita che li aspettava.
Doveva solo stringere i denti ed andare avanti.
Ogni notte, prima di dormire, dava un'occhiata ai suoi libri.
Lo rendevano felice, gli facevano sperare in un futuro.
Tutte quelle pagine piene di immagini e scritte che raccontavano di quanto fosse salato il mare e granulosa la sabbia.
Di quanto le stelle brillassero vicino alle zone di montagna.
Di quanto fosse bella la vita al di fuori di quell'inferno di mattoni.
Avrebbe visto tutto ciò con i suoi occhi.
Ci credeva con tutto se stesso.
 



Era appena tornato dall'ultima, fallimentare spedizione.
Avevano perso centinaia di soldati. Di eroi.
Si sentiva quasi in colpa a tornare vivo e vegeto.
I suoi compagni meritavano molto più di una morte così brutale.
Eppure non poteva fare a meno di essere "felice".
Era ancora lì. I suoi sogni potevano essere ancora realizzati.
Il suo cuore continuava a pompare sangue e i suoi polmoni a funzionare.
Come poteva essere triste?
Certo, aveva visto morire un sacco dei suoi compagni ma Eren e Mikasa erano ancora vivi.
Non aveva motivo di sentirsi in colpa.
Le persone muoiono, è così che funziona.
Rabbrividì.
Ma cosa stava pensando?
Come poteva credere che fosse normale tutto questo?
Eppure non riusciva a smettere di essere grato che la Morte avesse scelto qualcun'altro al suo posto.
Stava diventando un mostro interessato solo ai suoi desideri e a come realizzarli.
Gli altri non avevano i suoi stessi ideali.
Gli altri non avrebbero portato benificio al mondo restando in vita.
Tutti erano solamente un grosso peso sulle spalle dell'intero gruppo.
Lui, invece, avrebbe fatto grandi cose.
Lui doveva sopravvivere.
 
 



Urla. Morte. Sangue.
Il suo sangue.
Centocinquantesima spedizione, la più terribile che si sia mai affrontata.
I giganti avevano fatto piazza pulita, gli "umani" avevano perso.
Centinaia e centinaia di persone erano state divorate.
Eren, Mikasa, Levi, Hanji, Erwin, Jean...
Nessuno era riuscito a salvarsi.
Armin giace, ricoperto dal liquido rosso più amaro di tutti, accanto al corpo dei suoi compagni. Della sua famiglia.
Non ha una gamba e le varie ferite non smettono di sanguinare.
Nemmeno lui, che avrebbe cambiato il mondo, era degno dell'immortalità.
La sua cara compagna, che credeva lo preferisse agli altri, gli stava porgendo una mano.
La Morte lo avrebbe portato via da un momento all'altro.
Non vuole seguirla.
Deve osservare la Luna, vedere la neve e collezionarne i fiocchi.
Non deve andare così.
Eppure è proprio come andrà.
Morirà dopo un lento dissanguamento e dolore.
Morirà da solo.
Morirà senza prima aver avuto la possibilità di vedere il mondo che tanto sognava.


L'oceano, però, l'aveva già visto.
Un oceano di sangue.
Un oceano di corpi e di disperazione.
Si può dire, quindi, che il suo sogno si sia avverato...no?
 

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