Once upon a dream

di Yuki Delleran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** Cap. 12 ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** cap. 1 ***


Titolo: Once upon a dream
Fandom: Haikyuu!!
Rating: giallo
Personaggi: Tooru Oikawa, Hajime Iwaizumi, Haikyuu!! cast
Pairings: Iwaizumi/Oikawa
Disclaimer: Haikyuu!! e tutti i suoi personaggi appartengono a Furudate Haruichi.
Note: Fantasy AU ispirata al film Disney "Maleficent" con un pizzico di HQ Quest.
Un immenso grazie a Leryu, Wren, Myst e Adri che mi hanno supportato nella creazione di questa cosa!
Beta: MystOfTheStars

 

Cap. 1


Hajime sapeva che non avrebbe dovuto inoltrarsi nella Brughiera, era la prima cosa che i genitori insegnavano ai figli da piccoli. La Brughiera era piena di pericoli, popolata da strane creature e mostri orribili capaci delle peggiori nefandezze, tutti lo sapevano e se ne tenevano alla larga. La saggezza popolare lo dimostrava: non era mai un bene avere a che fare con la magia e l'aria di quelle terre, era risaputo, era satura di potere al punto da rendere difficile persino il respiro. Nessun essere umano sarebbe potuto sopravvivere a lungo in quel luogo.
Hajime invece non se n'era nemmeno reso conto. Lo scarabeo dorato che stava inseguendo era davvero bello e avrebbe fatto di tutto per catturarlo e poterlo aggiungere alla sua collezione. Non aveva minimamente fatto caso alla barriera di alberi che aveva attraversato stringendo in mano il suo retino e lasciandosi alle spalle la prateria. Si era appostato dietro un cespuglio, con lo sguardo concentrato e fisso sulla sua preda. Lo scarabeo era lì, a pochi passi da lui, sarebbe bastato allungare il retino e...
« Ahi! »
Hajime sussultò, ritirò istintivamente la mano e con essa sia il manico che il contenuto della rete, che crollò ai suoi piedi lamentandosi.
« Che stai facendo? Lasciami andare! »
Davanti a lui, seduto a terra con espressione imbronciata e il retino incastrato tra i capelli, stava un bambino più o meno della sua età. Indossava dei semplici abiti di tela grezza e aveva grandi occhi castani ora pieni di lacrime, ma la cosa che immediatamente attirò l'attenzione di Hajime e lo lasciò totalmente incredulo furono le grandi ali scure e ricoperte di piume che spuntavano dalla sua schiena.
« Che cosa sei?! » esclamò il ragazzino balzando indietro, improvvisamente consapevole di essersi addentrato in un territorio proibito. Di certo una creatura simile non poteva esistere nel regno degli esseri umani che si estendeva oltre la barriera di alberi, e lui non avrebbe mai nemmeno dovuto vederla. Gli avvertimenti dei suoi genitori gli rimbombarono nella mente come oscuri presagi: se avesse posato lo sguardo su una creatura fatata, ne sarebbe stato maledetto per sempre.
« Che maleducato! » piagnucolò il bambino di fronte a lui. « Prima mi aggredisci con la tua rete e poi mi tratti in questo modo! É proprio vero che gli esseri umani sono rudi! »
« Smettila di dire scemenze, sei tu che eri nascosto in quel cespuglio! Io inseguivo solamente il mio scarabeo... Ehi! Dov'è finito? É scappato, per colpa tua l'ho perso! »
Il ragazzino finì di districare le maglie del retino dai capelli ricciuti e Hajime notò che tra questi spuntavano due piccole corna ricurve.
« Se volevi catturarlo per farne un pezzo da collezione, buon per lui, sono felice di essergli stato d'aiuto. » fu il commento espresso in modo tutt'altro che turbato. « Piuttosto tu, che te ne vai in giro a chiedere alla gente che cos'è, chi sei? Di solito gli umani non si addentrano nella Brughiera. »
Hajime si sentì punto sul vivo dal tono usato dall'altro, ma si rese conto che in fondo non aveva tutti i torti: la buona educazione prevedeva che, quando si chiedeva l'identità di qualcuno, come minimo ci si presentasse a propria volta.
« Sono Iwaizumi Hajime, della stirpe degli Iwaizumi. Mio padre è sir Iwaizumi del reame di... »
« Che nome lungo. » lo interruppe l'altro ragazzino con aria scettica. « Iwa-chan basterà. »
Hajime inorridì nel sentir trattare a quel modo il nobile nome di suo padre, noto a tutti per essere il cavaliere più forte del regno, e storse il naso pronto a ribattere con una battuta pungente, ma l'altro non gliene diede il tempo.
« Io sono Oikawa Tooru, non ho una stirpe, o almeno non credo, e visto che sei curioso di sapere cosa sono, beh, sono uno spirito dei boschi. Puoi chiamarmi Tooru. »
« Cosa ti fa credere che voglia chiamarti in qualche modo?! » sbottò Hajime seccato, ma in risposta ricevette solamente un sorrisetto allusivo e un'alzata di sopracciglia.
« Non saprei, forse l'intuito. »
Quello era stato l'inizio di una bizzarra amicizia tra un bambino umano e una creatura dei boschi, un'amicizia che doveva restare segreta per non turbare e allarmare gli adulti. A otto anni quella era l'unica preoccupazione di Hajime, non avrebbe mai immaginato che quel sentimento all'apparenza così semplice e privo di ombre avrebbe finito per cambiare la sua vita e le sorti dell'intero regno.

Tra il regno di Miyagi e la Brughiera, dominio incontrastato delle creature fatate, vi era sempre stata tensione, non tanto perché queste ultime potessero effettivamente rappresentare una minaccia, quanto piuttosto perché gli uomini, per loro stessa natura, sono portati a temere ciò che non conoscono. La magia aveva sempre esercitato un effetto di attrazione e repulsione su di loro: ne avevano timore ma allo stesso tempo la bramavano perché era fonte di potere. Chi possedeva la magia aveva anche la forza necessaria per ottenere tutto ciò che desiderasse, o almeno questo era il comune pensiero. Chi invece non poteva ambire nemmeno lontanamente a tale idea, semplicemente la disprezzava. Da anni ormai l'obiettivo dei regnanti che si susseguivano era scoprire il segreto che rendeva potenti le creature fatate, alcuni per distruggerlo, alcuni per sfruttarlo a proprio vantaggio. Nessuno, sebbene non lo esprimesse esplicitamente, aveva mai avuto intenzioni benevole nei loro confronti.
Tutto questo però poco interessava ai piccoli Iwaizumi e Oikawa che, per lo più ignari degli sconvolgimenti che la loro amicizia avrebbe portato se fosse stata scoperta, continuavano a vedersi e a trascorrere piacevoli pomeriggi insieme.
« Ooooiii! Stupikawa!! »
Hajime di solito si avvicinava alla barriera di alberi e lo chiamava così. Il piccolo spirito dei boschi per un po' fingeva di non sentire, offeso dal nomignolo che l'altro usava, poi cedeva e si alzava in volo con un paio di battiti delle grandi ali, planando in assoluto silenzio alle sue spalle e divertendosi a farlo spaventare.
« Sei un totale idiota! » gli sbraitava contro Hajime con una mano sul petto per placare il battito impazzito del cuore, e Tooru se la rideva compiaciuto.
Si addentravano insieme nel folto della vegetazione e, giorno dopo giorno, Oikawa gli mostrava quanto splendida potesse essere la natura e quanti angoli meravigliosi fossero celati in quella foresta: era attraversata da ruscelli d'acqua cristallina abitati da bizzarre creature con arti a metà tra ali e pinne che, ogni volta che li vedevano, li ricoprivano di schizzi. Oikawa rideva e si riparava con le ali, mentre Iwaizumi non si faceva scrupolo a farsi scudo del corpo dell'amico, indirizzando esclamazioni indistinte verso le creature fatate. Ma il momento più divertente ed eccitante arrivava quando Oikawa decideva che era stanco di stare a terra e che era ora di farsi un voletto. In quei momenti lo afferrava per le spalle e lo sollevava con pochi, potenti battiti d'ali, lo sosteneva e lo spingeva in avanti facendogli sfiorare la superficie dell'acqua con i piedi. Hajime rideva entusiasta, almeno finché l'altro non era troppo stanco per reggerlo e lo lasciava precipitare in acqua tra gli schiamazzi delle creature.
Ne seguivano urli, insulti, schizzi, altre risate, finché entrambi non crollavano esausti sull'erba e Oikawa circondava entrambi con le grandi ali piumate. Ogni volta Iwaizumi desiderava chiedergli di toccarle, ma ogni volta, puntualmente, s'imbarazzava e rimandava all'incontro successivo.

Con il passare del tempo Hajime imparò a conoscere tutte le creature magiche che circondavano Oikawa e che avevano fatto della Brughiera la loro dimora. In particolare due spiriti animali erano costantemente con loro durante i giochi: si trattava di Kuroo, un gatto nero dal bizzarro senso dell'umorismo, e Bokuto, un gufo dall'indole piuttosto originale. Erano amici di Oikawa da sempre e la loro compagnia era uno spasso: conoscevano ogni angolo del bosco, specialmente quel tipo di luoghi che era buona norma i bambini non frequentassero. Una volta condussero i due ragazzini a vedere le rapide del torrente che sprofondava in un crepaccio: la visione dell'acqua che precipitava nel buio tra schizzi e schiuma fu talmente spettacolare da provocare esclamazioni di meraviglia ed esaltazione in entrambi. Iwaizumi non aveva mai visto niente del genere, Oikawa invece riteneva quel posto uno dei più divertenti della foresta.
« É incredibile volare sopra l'acqua che scorre così veloce! » esclamò. « Dà un'emozione unica! E poi te la senti schizzare addosso, come se potesse raggiungerti e trascinarti con sé! É... wow!! »
Ad ascoltare quelle parole, Hajime sentì un brivido corrergli lungo la schiena: avrebbe tanto voluto provare, ma si rendeva conto che non era possibile e che sarebbe stato pericoloso se Tooru l'avesse sollevato in un posto del genere.
« Voglio vedere! » esclamò quindi, e l'altro non se lo fece ripetere due volte.
Spiegò le grandi ali brune, che mandarono riflessi dorati quando catturarono un raggio di sole che filtrava tra i rami, e spiccò una breve rincorsa. Ogni volta che lo vedeva saltare in quel modo, Hajime sentiva il cuore in gola per un attimo, ma la sensazione veniva quasi immediatamente sopraffatta dal senso di meraviglia e si sentiva un privilegiato ad essere l'unico a poter ammirare tanta forza e bellezza.
Oikawa si gettò in picchiata verso le rapide, seguito a ruota da Bokuto che emetteva bubolii eccitati. Planarono sopra le acque impetuose per poi risalire e gettarsi di nuovo a zig zag tra gli spuntoni di roccia sporgenti.
Iwaizumi seguiva con gli occhi quelle evoluzioni e quelle virate pazzesche, lanciando esclamazioni eccitate ed agitando il pugno in aria. Si era avvicinato all'orlo del precipizio per poter osservare meglio e per sostenersi si era appoggiato ad un ramo sporgente. Purtroppo quello non era così robusto come sembrava e, all'ennesimo scossone, finì per spezzarsi sotto il suo peso, trasformando l'esclamazione di gioia in un urlo di terrore. Se non fosse stato per la prontezza di riflessi di Kuroo, che piantò un artiglio nell'orlo dei pantaloni del ragazzino, di certo sarebbe precipitato. Ma un gatto non poteva certo reggere il peso di un essere umano e Hajime si trovò a chiudere strettamente gli occhi quando sentì la terra franare sotto i piedi. L'agghiacciante sensazione di vuoto durò solo un istante, prima che qualcosa lo afferrasse strattonandolo verso l'alto e quando trovò il coraggio di sollevare le palpebre, incrociò gli scuri occhi ridenti di Tooru.
« Se volevi fare un voletto bastava dirlo, Iwa-chan! » lo sentì esclamare, ma era troppo scosso per rispondergli a tono.
Si limitò a circondargli il collo con le braccia e a rimanere stretto a lui finché non lo riportò a terra.

Non tutti i passatempi però erano pericolosi come un volo sulle rapide. A volte passavano interi pomeriggi a giocare a nascondino. I due spiriti animali erano davvero degli assi del mimetismo mentre Oikawa faticava a nascondersi per bene a causa dell'ingombro delle ali. Iwaizumi lo scovava sempre per primo, dovendone poi, di conseguenza, sopportare le lamentele.
« Non è giusto, Iwa-chan! Di certo hai barato! Hai sbirciato! Questa volta mi ero nascosto benissimo! »
Haijme lo fissava con sufficienza e storceva il naso.
« Diciamo che non sei esattamente uno che passa inosservato, Stupikawa. »
Non era raro che, a questo punto, Oikawa si mettesse a lanciare strilletti acuti e a saltellare.
« Oooohh, Iwa-chan mi ha fatto un complimento! Che carino! »
Questo solitamente scatenava il caos, tra i due spiritelli che iniziavano a saltare e svolazzare attorno ad Oikawa schiamazzando ed emettendo versetti simili a fischi, ed Iwaizumi che invece specificava, inascoltato, che non si trattava affatto di complimenti e che mai gliene avrebbe fatti.
Erano un bizzarro gruppetto, ma i pomeriggi trascorsi in quel modo erano i migliori che il piccolo Hajime potesse mai desiderare. Giornate ricche di entusiasmo, alla scoperta di un mondo completamente diverso da quello a cui era abituato, con regole all'apparenza stravaganti, dove la concezione di giusto e sbagliato, pericoloso e divertente spesso erano capovolte. Un mondo, capiva Hajime giorno dopo giorno, che solo vissuto dall'interno poteva essere compreso e che, proprio per questo, avrebbe dovuto essere preservato lontano da chi non ne apprezzava la bellezza. Allo stesso tempo però, si faceva strada in lui, in entrambi in realtà, la sempre maggiore consapevolezza che i due regni avrebbero avuto tanto da imparare l'uno dall'altro se i loro abitanti non fossero stati così testardi. Nel corso del tempo, inoltre, Hajime prese più chiaramente coscienza di un fatto: sempre più spesso si ritrovava a pensare, senza rendersene conto, che Tooru fosse “bello”. Era risaputo che che le creature fatate avessero in generale un aspetto attraente, le voci di paese sostenevano che fosse per attirare gli esseri umani e divorarli, ma l'aspetto del giovane spirito dei boschi era, ai suoi occhi, qualcosa di diverso. Il fisico alto e longilineo, i capelli morbidi, gli occhi sempre pieni di calore, il sorriso allegro e, non ultime, le grandi ali che spesso gli apparivano come un'ultima, strenua difesa verso il mondo: tutto in lui gli suscitava una gran voglia di proteggerlo. Oikawa poteva anche essere una creatura fatata, un essere dotato di una magia potentissima che illuminava il suo sguardo di un rosso rubino, ma il giovane Iwaizumi vedeva in lui qualcuno di cui prendersi cura e da tenere al riparo dalle brutture del mondo. Un sentimento tenero che sbocciò in qualcosa di più profondo l'estate dei loro sedici anni.
Era una sera mite, che i due amici stavano trascorrendo al greto del ruscello. Oikawa non lasciava quasi mai la foresta e Iwaizumi, ogni volta, inventava le più disparate scuse per raggiungerlo. Quel giorno aveva detto che sarebbe rincasato tardi a causa di una battuta di caccia. E la caccia c'era stata, effettivamente, ma non certo a qualche sorta di animale. Ora i due sedevano sull'erba con il respiro corto per la corsa e una risata ancora sulle labbra. Kuroo e Bokuto erano tornati nel folto del bosco a procurarsi la loro cena da predatori, come amavano definirla, e, dopo averli salutati, Oikawa si appoggiò alla spalla di Iwaizumi come se fosse la cosa più naturale del mondo, ripiegando le ali in modo che non impedissero il contatto. Sollevò una mano e l'albero sopra di loro, ubbidiente, abbassò un ramo fino alla sua portata in modo che potesse staccarne due frutti succosi simili a mele. Ne passò uno all'amico e sorrise.
« Buon appetito, Iwa-chan! » esclamò affondando i denti nella polpa dolce.
Iwaizumi seguì il suo esempio e alzò lo sguardo verso le fronde.
« Persino gli alberi ti vogliono bene. » commentò pensoso.
« Gli alberi sono gentili, basta essere gentili con loro. » fu la risposta che gli giunse come la più assoluta delle ovvietà. « Lui è stato danneggiato dall'ultimo temporale e, siccome l'ho aiutato a riparare alcuni rami, ora si sente in debito anche se gli ho detto che non era il caso. »
Iwaizumi si ritrovò a riflettere sul fatto che un essere con tali poteri si limitasse ad usarli per aggiustare rami quando avrebbe potuto fare di tutto, conquistare per sé qualunque cosa. Eppure, si disse, quello era un modo di pensare egoistico e prettamente umano, era un bene che gli esseri umani non possedessero la magia. Inoltre quei discorsi all'apparenza assurdi, gli sarebbero mancati nel suo prossimo futuro, e più di tutto gli sarebbe mancata la presenza di Oikawa nelle sue giornate.
« Perchè quel muso lungo, Iwa-chan? »
Quella semplice domanda, soffiata a pochi centimetri dal suo orecchio – chissà se si rendeva conto di essere così dannatamente malizioso? – lo riscosse da quei pensieri. In ogni caso, prima o poi avrebbe dovuto dirglielo e ormai il tempo stringeva.
« Alla fine dell'estate dovrò andare via. » mormorò. « Mio padre vuole che prosegua il mio addestramento come cavaliere al palazzo reale. »
Non era la prima volta che affrontavano l'argomento, Oikawa sapeva che l'amico aspirava a quel titolo, sia come eredità di famiglia che come obiettivo personale. Lo sapeva da quando, anni prima, gli aveva chiesto di fargli da spalla nell'esercizio con le spade di legno e, ogni volta, si vedeva costretto a cedere dopo infinite lamentele. L'aveva sempre saputo ma, scioccamente, si era detto che si trattava di qualcosa di talmente lontano nel tempo che non era il caso di preoccuparsene, ed era stato un ingenuo a non realizzare quanto in fretta passassero le stagioni degli esseri umani. Ora sembrava che il tempo da trascorrere insieme fosse agli sgoccioli e il giovane spirito non aveva idea di come affrontare la cosa: erano cresciuti insieme, non avevano mai fatto a meno l'uno dell'altro, Tooru letteralmente non sapeva cosa fare senza Hajime, non ricordava più come passava le proprie giornate prima d'incontrarlo.
Tuttavia non voleva essere d'ostacolo al suo sogno ed era consapevole di come la sua gente avrebbe reagito se avesse saputo del suo legame con una creatura fatata. Per questo tentò di simulare il migliore dei suoi sorrisi anche se stavano per salirgli le lacrime agli occhi.
« In bocca al lupo, Iwa-chan! Sono sicuro che diventerai il cavaliere più forte di tutti! »
L'altro però non cascò nemmeno per un istante in quella simulazione di allegria e cercò a tentoni la sua mano, finché non sentì le proprie dita sfiorare quelle di Oikawa.
« Tornerò a trovarti ogni volta che avrò una licenza. Io... Ho detto alla mia famiglia di aver incontrato una ragazza in un villaggio vicino, quindi non si preoccupano più se faccio tardi o addirittura non torno. »
Sulle prime Oikawa gli rivolse un'occhiata perplessa, poi si sforzò di sorridergli maliziosamente.
« Mi stai dicendo che mi spacci alla tua gente per la tua fidanzata? »
Non sarebbe stato affatto fuori dal comune, per un ragazzo dell'età di Hajime, frequentare una fanciulla, indipendentemente dalle intenzioni serie o meno, quindi nessuno si era insospettito o aveva fatto domande riguardo a quella scusa. Il punto era un altro e sperava che Oikawa lo capisse.
« E se fosse? »
Iwaizumi sentì le dita di Tooru, sotto le proprie, contrarsi leggermente.
« Io non sono una ragazza... » obiettò l'altro debolmente, mentre un leggero rossore gli colorava le guance.
Iwaizumi si spinse in avanti, specchiandosi in quegli occhi scuri, lucidi per le lacrime trattenute e l'improvvisa confusione. Sollevò una mano per accarezzargli una guancia e affondò le dita nei riccioli morbidi.
« No, decisamente non lo sei. » mormorò dolcemente.
Pochi istanti dopo le loro labbra si stavano sfiorando e quella che fino a poco prima era stata una stretta amicizia si trasformò in un tenero primo amore adolescenziale. A nessuno dei due importava che l'altro appartenesse ad un mondo completamente opposto al proprio: Hajime ignorava volutamente tutte le voci inquietanti che circolavano sulle creature fatate e Tooru si era autoconvinto che la razza umana non poteva essere tanto pessima se una persona così speciale ne faceva parte. Quello che desideravano ora era solamente passare insieme il maggior tempo possibile del poco che rimaneva loro.
Quando si separarono, Iwaizumi distolse istintivamente lo sguardo, imbarazzato, ma Oikawa posò le mani sulle sue guance inducendolo a guardarlo. Sorrideva in modo più naturale, quasi timido, e i suoi occhi brillavano.
« Non so come funzionino queste cose tra gli esseri umani, » mormorò ad un soffio dalle sue labbra. « ma voglio stare con te per sempre. »
Potevano sembrare parole ingenue, specialmente alla luce delle loro rispettive nature, ma riempirono il cuore di Hajime di calore e di quel sentimento appena espresso in modo fin troppo impacciato.
« Anch'io voglio stare con te. » rispose coprendogli le mani con le proprie. « Quando saremo adulti potremo mostrare al mondo che esseri umani e creature fatate possono convivere ed aiutarsi a vicenda. Faremo capire a tutti che non devono avere paura dei vostri poteri. Questo è il mio sogno più grande, ancora più che diventare cavaliere. »
Era un desiderio utopistico e Oikawa razionalmente lo capiva, ma in quel momento era troppo accecato da quel nuovo sentimento carico di emozioni per non condividerlo. Sarebbe stato meraviglioso se lui e Iwaizumi avessero potuto stare insieme alla luce del sole, senza temere le rimostranze di nessuno, senza il timore che qualcuno tentasse di fargli del male per paura o per la cupidigia d'impadronirsi dei suoi poteri. La convivenza con gli esseri umani sarebbe stata interessante e sia la Brughiera che il regno di Miyagi avrebbero potuto imparare moltissimo l'uno dall'altro.
Quello che nessuno dei due sapeva era che i sogni infantili hanno vita breve e più essi sono dolci, più il risveglio si rivela doloroso.

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Cap. 2

Il limitare del bosco era completamente avvolto nel buio, il silenzio regnava sovrano interrotto solamente dal ritmico frinire dei grilli. La temperatura era mite, segno che quell'estate stentava ad accettare la propria conclusione. Lì in campagna il cambio di stagione si sentiva più nettamente che in città, o almeno così sosteneva chi avesse sperimentato entrambe le cose, e quello strascico, agli occhi di Hajime, sembrava quasi un disperato tentativo di dilatare il tempo il più possibile. Mentre avanzava verso la barriera di alberi, sentiva i fili d'erba pizzicargli le caviglie, lasciate scoperte dai pantaloni troppo corti, e la lieve brezza che spirava dal bosco sfiorargli il viso. La sensazione opprimente che lo coglieva le prime volte che si avvicinava a quel luogo carico di magia era completamente scomparsa, sostituta solamente da un senso di aspettativa che gli riempiva il cuore.
Quella sarebbe stata la sua ultima notte al villaggio, l'ultima trascorsa insieme alla persona che amava, dall'indomani sarebbe stato considerato da tutti un adulto, un apprendista cavaliere che avrebbe dovuto pensare solo all'addestramento. Mentre avanzava scostando le fronde dei cespugli si disse che sì, l'avrebbe fatto, sarebbe diventato il cavaliere più forte di tutti in funzione del sogno che nutriva: quando fosse stato abbastanza importante, avrebbe potuto vivere con Oikawa alla luce del sole e mostrare a tutti che la convivenza con il popolo fatato non solo era possibile, ma poteva portare grandi benefici.
Tutti quei pensieri e quegli onorevoli buoni propositi vennero tuttavia spazzati via come foglie al vento non appena un richiamo morbido giunse al suo orecchio.
« Iwa-chan... »
Oikawa apparve davanti a lui, ripiegando le ali e sorridendo in modo più gentile del solito. Quella sera, a differenza della consueta camicia di stoffa grezza, portava una tunica bianca finemente ricamata in oro sugli orli, che sembrava illuminarne la figura nel buio, e una coroncina di fiori gialli sui capelli, appoggiata tra le corna. Hajime si ritrovò a pensare che tutte le leggende e le dicerie che circolavano fossero state messe in giro da un folle che delle creature fatate non sapeva un bel niente. Quello che aveva di fronte non poteva essere uno spirito del bosco, no, doveva essere un angelo.
« Questa sera siamo invitati ad una celebrazione speciale. » disse Oikawa tendendogli la mano, e Iwaizumi la strinse senza la minima esitazione.
Si addentrarono insieme nella parte più profonda del bosco, dove anche la luce della luna giungeva solo in sottili lame argentee che si facevano spazio a fatica tra l'intrico dei rami. Era una zona che Iwaizumi non riusciva a riconoscere, o forse era solamente il buio a confondere il suo orientamento. Tutto attorno a loro era silenzio, non si udiva un solo squittio di animale notturno né un solo fruscio di fronde, eppure Hajime non provava nessun timore: con la mano stretta in quella di Oikawa, lo seguiva senza esitazione verso l'ignoto. Nonostante la vegetazione sempre più fitta, nessun ramo o arbusto intralciava loro la strada né graffiava le loro caviglie nude, l'impressione era che si facessero rispettosamente da parte al loro passaggio.
Infine giunsero in un punto dove gli arbusti si diradavano e dove la luce finalmente delineava i contorni di ciò che li circondava. Non si trattava solamente della luna, notò Iwaizumi spalancando gli occhi, al centro della piccola radura si trovava una fonte di luce dorata che non riusciva ad identificare.
« Che cos'è? » chiese a bassa voce, vagamente intimidito.
Oikawa gli sorrise di nuovo, con una luce del tutto nuova negli occhi, che riflettevano quello spettacolo incantato.
« Un cerchio delle fate. »
Aguzzando la vista, il ragazzo si rese conto che attorno al globo luminoso si muovevano decine di luci più piccole, simili a fiammelle che prendevano sempre più nitidamente la forma di minuscoli esseri alati che ondeggiavano ritmicamente in una sorta di danza.
« É un rituale ben augurante. » spiegò Oikawa sottovoce. « Lo fanno ad ogni cambio di stagione per infondere e allo stesso tempo ricevere energia dalla terra. É un grande onore poter partecipare, non permettono mai a nessuno di assistere. »
Così dicendo lo spirito mosse un paio di passi in avanti, tirandolo per la mano per indurlo a seguirlo.
« Andiamo, coraggio! » lo incitò. « Sanno che siamo qui, non ci faranno del male. »
Tuttavia Iwaizumi esitò, non tanto per timore, quanto per la sensazione di poter in qualche modo spezzare quell'idillio.
« No, io... Vai avanti tu, io resterò qui a guardarti. »
Oikawa lo fissò stranito per un attimo, poi sorrise nuovamente.
« Va bene, ma solo cinque minuti, Iwa-chan, dopo tornerò a prenderti. Non è divertente ballare da solo. »
Hajime restò a guardarlo mentre entrava nel cerchio luminoso e le fatine ondeggianti lo circondavano. Mosse solo un piccolo passo avanti, per vedere meglio, eppure, grazie a quel minimo movimento, sentì le sue intere percezioni mutare gradualmente. Dapprima in modo sottile, poi sempre più chiaramente, una musica dolce e tintinnante giunse alle sue orecchie e i movimenti della danza di fronte a lui non gli apparvero più casuali. Ogni figura si muoveva a ritmo, Oikawa stesso piroettava con movenze aggraziate, lasciando che le piccole luci gli sfiorassero le ali e creassero un'aura dorata tutt'attorno a lui. Il modo in cui muoveva le mani, in cui inclinava la testa socchiudendo gli occhi completamente perso nella musica, la grazia con cui la veste leggera ondeggiava e s'increspava attorno alle gambe nude erano tutti motivi per cui Iwaizumi non riusciva a distogliere lo sguardo e si rammaricava quasi di dover battere le palpebre.
Per questo, quando il giovane spirito tese un braccio verso di lui, si ritrovò ad andargli incontro senza pensarci, inebriato dall'incanto del momento, Tooru gli prese la mano, la strinse ed intrecciò le dita. Lo trascinò all'interno del cerchio, sorridendo come se quella fosse per lui la gioia più grande. Muoversi al ritmo della musica fatata divenne qualcosa di naturale anche per Hajime, che non aveva nessuna dimestichezza con quel genere di cose, e ben presto si ritrovò completamente travolto dall'ebbrezza che un simile concentrato di potere poteva dare.
Lì, in quel punto al centro della foresta, circondato da creature incantate, mentre stringeva tra le braccia la più potente di tutte, capì cosa significava dare e ricevere potere dalla terra. Era come un flusso ininterrotto di energia che li circondava, che scorreva come elettricità sulla pelle, facendo rizzare i capelli sulla nuca. Era un'euforia che dava alla testa, inibendo qualunque freno.
Oikawa si muoveva in modo fin troppo sensuale per esserne pienamente consapevole, avvicinandosi a lui ed allontanandosi a seconda delle onde della musica. Quando Iwaizumi gli tese una mano, lo spirito alato si lasciò letteralmente cadere tra le sue braccia, sorridendo estatico per poi baciarlo con un'audacia spiazzante. Hajime lo strinse e, pur non avendo familiarità con quel genere di approcci, proprio com'era successo per la danza, lasciò che fosse l'istinto a prendere il sopravvento.
Si ritrovarono distesi sull'erba, al centro del cerchio, mentre le mille luci dorate ancora ondeggiavano attorno a loro. Erano vagamente consapevoli di non essere soli, ma a nessuno dei due importava. Oikawa rideva, inebriato dall'euforia della danza e dal potere che risplendeva attorno a lui e attraverso di lui, rendendo i suoi occhi color rubino. Iwaizumi ricopriva di carezze ogni centimetro del suo corpo, estasiato dalla bellezza e dalla forza che irradiava. La coroncina di fiori gialli fu la prima a cadere a terra, seguita dalla camicia di Hajime, letteralmente strappata via dalle mani dello stesso Tooru.
Anche per lui quello era un momento magico, nel senso più stretto del termine. Il culmine del rituale, invece che stordirlo, lo rendeva più acutamente consapevole di ciò che desiderava davvero e fu proprio lui a guidare le mani del giovane umano laddove esitavano per inesperienza o timore. Ben presto le risate si spezzarono in sospiri e in gemiti dapprima lievi, poi sempre più acuti, fino a raggiungere il limitare della radura.
La magia vorticava attorno a loro, richiudendoli in un guscio luminoso e pulsante che li separava dal resto del mondo. Tooru poteva sentirla nella musica che ancora tintinnava incessante nella sua testa, in Hajime sopra di lui, nella terra contro la sua schiena. Tutto era avvolto da quel potere inebriante e magnifico, di cui loro stessi erano la fonte, sprigionato dal legame unico che li univa, nutrimento ed allo stesso tempo dono di quella terra incantata.
« Ti amo, Iwa-chan. »
Parole pronunciate forse non con piena consapevolezza, ma che coronarono il momento supremo del rituale, cariche di magia e sentimento. Parole che, all'orecchio di Hajime, suonarono più dolci di qualsiasi musica, più importanti di qualsiasi rito.
« Ti amo anch'io... Tooru. » si ritrovò a borbottare in risposta, stringendolo.
Era la prima volta che usava il suo nome proprio ed ebbe la soddisfazione di vedere gli occhi dell'altro, ancora scarlatti per via della magia, spalancarsi per lo stupore ed inumidirsi sotto le ciglia scure.
Ma Oikawa non aveva nessuna intenzione di piangere, non in quel luogo, non in quel momento. Per questo trasformò il senso di struggimento che gli riempiva il cuore in un sorriso pieno di calore. Posò la testa sul petto di Iwaizumi e stese un'ala a coprirli entrambi. Voleva che quello fosse il miglior ricordo che il ragazzo potesse avere.

Tuttavia non furono solo le fate a vegliare il sonno di due innamorati, altre creature popolavano la Brughiera ed avevano percepito chiaramente il picco di energia di quella notte. Una in particolare aveva colto in quel momento l'occasione che attendeva da tempo, la possibilità di portare caos e sconvolgimento in un mondo che, ai suoi occhi, scorreva placido come un fiume nei pressi della foce. Ma la tranquillità e la pace, si sa, non hanno mai condotto a nessun rinnovamento. Per giungere ad un cambiamento di qualunque tipo era necessario passare attraverso il conflitto e nessuno meglio di lui poteva saperlo. Il caos era il suo pane quotidiano, eppure anche nel disordine stesso c'era un equilibrio e come tale andava mantenuto: se le forze che governavano l'universo si fossero sbilanciate, ad essere in pericolo sarebbe stata la stabilità stessa del mondo. Per questo, paradossalmente, un andamento placido era sempre il meno consigliabile.
La creatura spostò cautamente una fronda e un raggio di luna illuminò i suoi capelli fiammeggianti. Gli occhi dorati si socchiusero quando mosse un primo passo avanti, e l'intera radura piombò in un silenzio innaturale.

Quando Oikawa si svegliò albeggiava. Era ancora sdraiato sul prato, umido di rugiada, e la prima sensazione che provò fu di freddo. Batté le palpebre un paio di volte e si rese conto di essere completamente solo nella radura: né le fate né Iwaizumi erano in vista. Si alzò lentamente a sedere, con la testa che ronzava e un vago senso di nausea alla bocca dello stomaco, tentando di avvolgersi nelle ali per riscaldarsi. La consapevolezza lo colpì in quel momento, agghiacciante come una coltellata.
Le sue ali.
Il giovane spirito prese a tremare violentemente, incapace di credere a quello il suo corpo gli stava suggerendo. Allungò una mano dietro la schiena, senza avere il coraggio di spingerla troppo oltre, ma il vuoto che incontrò sotto le dita lo gettò nel panico. Non era possibile, non poteva crederci, non voleva crederci! Eppure, quando tentò di nuovo di muoversi, il dolore lancinante che avvertì alla schiena non lasciava alcun dubbio: le sue ali non c'erano più. La veste bianca, che ancora indossava, era lacerata sulla schiena e imbrattata di sangue.
Completamente sotto shock, si portò le mani tremanti alle labbra, incapaci di emettere alcun suono, poi a stringersi attorno al suo corpo spezzato. I suoi occhi sbarrati fissavano il nulla, la mente completamente bianca e impossibilitata ad elaborare l'orrore accaduto. Le sue ali non c'erano più. Non avrebbe volato mai più. Era talmente inconcepibile che si rifiutava di accettarlo.
Barcollante, tentò di alzarsi in piedi, ma tremava al punto da non riuscire a mantenere la posizione eretta. Provò a muovere un passo avanti ma il peso era talmente sbilanciato che crollò sulle ginocchia, incapace di rimanere in equilibrio. Il dolore alle gambe, unito a quello alla schiena, in qualche modo schiarì la sua mente, ricordandogli gli avvenimenti della notte appena passata e la presenza di qualcuno accanto a lui. Solo una persona poteva aver compiuto quell'orribile efferatezza, l'unica rimasta con lui quella notte.
Iwaizumi.
Iwaizumi, l'unico amore della sua vita, era stato colui che quella vita l'aveva appena fatta a pezzi.
Dopotutto, anche lui non era altro che uno dei miserabili umani che agognavano solo il potere.
Quella consapevolezza lacerò così in profondità la sua anima da abbattere anche l'ultima barriera e far sgorgare dalla sua gola un grido di disperazione e di agonia tale da venir udito in tutta la Brughiera. La magia esplose senza che riuscisse o si preoccupasse minimamente di controllarla:  un'ondata di oscurità travolse l'intera radura e tutto ciò che vi si trovava. Ogni albero, ogni arbusto che veniva a contatto con essa sembrava appassire, rattrappirsi ed indurirsi. I rami si ricoprirono di spine, perdendo le foglie e tramutandosi in spire contorte, il terreno tutt'intorno si fece brullo e persino il cielo sovrastante divenne buio. Alcuni lampi squarciarono le nubi sempre più scure e sulla Brughiera sembrò calare una notte improvvisa.
L'oscurità non risparmiò nemmeno chi l'aveva generata, la veste di Oikawa perse il suo precedente candore, tingendosi completamente di nero, e le corna sulla sua testa si fecero più lunghe e ricurve. Persino gli occhi cambiarono colore, riprendendo il rosso che assumevano quando usava la magia, ma maggiormente intenso, uno scarlatto sanguigno che rappresentava perfettamente tutta la furia cieca e il dolore che provava.
Oikawa era stato tradito, aveva riposto la più completa fiducia in una creatura che era il suo esatto opposto e ne era uscito distrutto, ma non per questo meno forte. Era lo spirito più potente della Brughiera, non aveva mai voluto testarlo ma ne era pienamente consapevole, e di questo gli umani si sarebbero accorti molto presto. Se temevano di avere a che fare con le fate, chissà come se la sarebbero cavata con i demoni e con il loro re?
A bloccare l'esplosione di energia, che avrebbe finito per diventare pericolosa anche per chi l'aveva scatenata, giunsero di gran carriera Bokuto e Kuroo, i due spiriti animali amici di Oikawa, svegliati bruscamente e allarmati dal fenomeno. Il gatto nero e il gufo sfrecciarono attraverso la radura, consapevoli del rischio che correvano loro stessi ad addentrarsi in quell'oscurità, ma spaventati per quanto accaduto all'amico e decisi a fermarlo al più presto.
« Tooru! Ehi! Che diavolo stai facendo? Fermati! » miagolò Kuroo, pronto a balzargli addosso se l'altro non fosse tornato in sé.
« Di questo passo raderai al suolo la Brughiera! » rincarò Bokuto, planando nella stessa direzione.
Tuttavia i due furono costretti a rendersi conto che, man mano che avanzavano attraverso la nebbia oscura, anche loro stavano mutando esattamente come l'ambiente circostante. Si ritrovarono un paio di braccia e un paio di gambe al posto delle zampe, zazzere di capelli invece che pelo e piume, lunghi mantelli e piccole corna che spuntarono loro sul capo: la potenza della magia che permeava ormai quel luogo era tale da mutare la natura stessa di chi vi entrava in contatto.
Bokuto precipitò a suolo starnazzando.
« Sono un uomo?! Sono un uomo! Kuroo, sono un uomo!! Cosa... Come... Ridatemi il mio becco! Le mie piume! »
Il gatto invece affrontò la cosa decisamente con più diplomazia, leccandosi una mano.
« Oh, smettila, Bokuto. Abbiamo problemi peggiori, adesso! Guarda Tooru. »
Il corpo del giovane spirito giaceva riverso a terra, al centro della nebbia oscura che andava finalmente dissipandosi. I due si affrettarono in quella direzione, Kuroo lo sollevò delicatamente approfittando della nuova forma umana per essere maggiormente d'aiuto e fu immediatamente chiara ad entrambi la gravità della situazione. Il vuoto sulla schiena e il sangue rappreso causò una consapevolezza sconvolta che si rifletté nei loro sguardi dorati e che li portò immediatamente a pararsi davanti all'amico come a proteggerlo da una possibile aggressione. Ma il peggio era ormai accaduto e la radura era deserta, tutto quello che poterono fare fu trasportarlo privo di sensi in un luogo più confortevole e tentare di lenire almeno le ferite del corpo, consapevoli che quelle dell'anima non sarebbero mai davvero guarite.

In quello stesso momento, lontano dal centro della Brughiera, sulla strada sterrata che dal villaggio degli umani si dipanava verso la grande città, Iwaizumi Hajime stava intraprendendo il lungo viaggio che lo avrebbe portato alla sua nuova vita. Del tutto ignaro di quello che si lasciava alle spalle, presente nella sua mente solo come vaghi brandelli di un sogno che svaniva al mattino, teneva lo sguardo rivolto verso nord e i pensieri al futuro di gloria che lo attendeva.

Ancora più lontano, nella capitale del regno di Miyagi, la bella e ricca Shiratorizawa, un giovane si destava da un sonno agitato. Semi Eita, consigliere di corte e compagno del re, anche se in via del tutto ufficiosa, si sollevò a sedere e si stropicciò gli occhi. Era solo nel grande letto a baldacchino carico di tessuti preziosi e celato alla vista da pesanti drappi violacei. La camera reale era ancora avvolta nella penombra, data l'alba appena sorta, eppure il suo re non c'era. Confuso da quell'assenza non prevista, Eita si passò una mano tra i capelli chiari e tentò di fare mente locale su quanto appena sognato: dall'intensità delle immagini che avevano popolato il suo sonno, di certo si trattava di una previsione del futuro.
A causa della sua natura, non era raro che Eita riuscisse a vedere nei sogni quello che sarebbe accaduto e questo era probabilmente l'unico motivo per il quale gli era permesso di rimanere a corte. Nessuno a parte il re in persona conosceva le sue vere origini e, anche in questo caso, era certo che dietro tanta benevolenza ci fosse un semplice scopo di convenienza. Dopotutto a chi non avrebbe fatto comodo tenersi vicino qualcuno in grado di prevedere ogni sorta di guaio?
Eita scosse la testa: quei pensieri disfattisti non erano esattamente il miglior modo di iniziare la giornata, meglio concentrarsi su quanto aveva visto in sogno. Ricordava chiaramente la città deserta e in rovina e il territorio che la circondava arido e spoglio. Pochi animali magri e patiti vagavano alla ricerca di qualche raro filo d'erba, i fiumi e i torrenti erano prosciugati e i campi arsi da un sole cocente che provocava spaccature nelle zolle inaridite.
Una siccità? Una carestia, probabilmente. E doveva essere anche abbastanza imminente, data la nitidezza del sogno. Se era possibile fare qualcosa per prevenire quella situazione terribile, era bene muoversi subito. Il re doveva essere informato.
Con questo pensiero in mente, allontanò le coperte e si guardò attorno per trovare qualcosa da mettersi addosso che coprisse la camicia da notte, anche se a quell'ora dubitava che il personale di palazzo fosse a zonzo nei corridoi. La scelta cadde su una morbida vestaglia scura ed Eita vi si avvolse prima di uscire velocemente alla ricerca del sovrano.
Dubitava che re Ushijima si trovasse nella parte pubblica del castello, era più probabile che fosse in luoghi privati come il suo studio, la biblioteca o le sale di ricevimento personali. Fu proprio passando davanti ad una di queste che riconobbe la sua voce: con il consueto tono inespressivo stava interrogando qualcuno riguardo la soluzione di un problema.
Eita si sporse appena oltre lo stipite della porta per sbirciare il misterioso interlocutore e vide un uomo coperto da una lunga cappa scura dalla quale spuntava solo un ciuffo ribelle di capelli rossi, che stava porgendo al sovrano un grosso involto.
« É il talismano che vi salverà, maestà. La magia che contiene proteggerà tutto il regno. » furono le sue parole.
Dal punto in cui si trovava, Eita poteva vedere chiaramente l'espressione di sconcerto del sovrano, a cui chiaramente quel discorso non convinceva affatto.
« Proteggere il regno è compito mio. » obiettò infatti.
Lo sconosciuto scosse la testa ed allargò le braccia, come a sottolineare l'inutilità di quelle parole.
« Non lo metto in dubbio, vostra altezza, né smetterete di farlo per questo, ma esistono forze che vanno al di là delle possibilità di un essere umano. Chiedete al vostro consigliere di cosa sto parlando, lui lo sa sicuramente. »
Si voltò lentamente verso l'ingresso ed Eita scorse un occhio dorato fisso su di lui, che lo fece rabbrividire nonostante la vestaglia calda. Anche Ushijima lo notò, ma non diede segno che la cosa lo turbasse. Non gli chiese di avvicinarsi né di andarsene, quindi il giovane rimase immobile sulla soglia.
L'uomo tornò a rivolgersi al sovrano e posò ai suoi piedi il grande involto.
« Questo talismano preserverà il vostro regno dalla catastrofe naturale in arrivo, non dovete fare altro che tenerlo qui, al centro del vostro territorio. » ribadì.
Aprì i lembi di stoffa che lo coprivano e mostrò finalmente il contenuto: un paio di grandi ali piumate, scure, screziate di un colore più caldo che, ai riflessi del sole nascente, assumeva una sfumatura dorata. Non si trattava di un artefatto, erano vive, frementi, come se fossero appena state strappate al loro proprietario e non si trattava affatto delle ali di un uccello.
A quella vista Eita si sentì gelare: una creatura potente era stata mutilata per quello e il giovane sapeva benissimo che un'offesa – se di semplice offesa si poteva parlare – del genere non sarebbe certo rimasta impunita. Era pericoloso avere a che fare con gli abitanti della Brughiera, le fate e gli spiriti sapevano essere vendicativi, soprattutto di fronte ad un oltraggio simile.
« Maestà, non... » iniziò muovendo un passo avanti, ma venne interrotto dallo stesso Ushijima, che ora fissava affascinato quelle ali.
« Queste proteggeranno il mio regno dunque? » chiese. « Quale sarebbe il tuo prezzo? In questo mondo nessuno fa niente per niente, quindi vediamo di essere chiari fin dall'inizio. »
Lo sconosciuto ridacchiò, una risata che metteva i brividi ma che non fece scomporre minimamente Ushijima.
« Non crucciatevi, altezza, non ho grandi pretese. Vi chiedo solamente di acconsentire ad una mia richiesta a tempo debito. Quando sarà il momento lo saprete, fino ad allora badate solamente al benessere del vostro regno e del vostro popolo. »
Sembrava una proposta ragionevole e fatta addirittura con buone intenzioni, ma la sensazione di inquietudine che pervase Eita in quel momento non lo abbandonò per tutti gli anni a venire, facendolo rabbrividire ogni volta che il suo sguardo si posava sulla teca dove erano state rinchiuse quelle ali.

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


Cap. 3

 

Iwaizumi doveva ammettere di essere preoccupato: quel giorno sarebbe rientrata la pattuglia inviata ai confini e, nonostante l'atmosfera generale piuttosto rilassata che aleggiava nelle armerie di palazzo, dal suo punto di vista il tempo del riposo e dell'attesa era terminato da un pezzo.
Erano passati cinque anni da quando si era trasferito dal piccolo villaggio di Seijou alla capitale, cinque anni in cui si era dedicato anima e corpo all'addestramento che aveva fatto di lui uno dei cavalieri più forti e gli aveva anche garantito il comando di un drappello di soldati. Erano stati giorni intensi, durante i quali la sua vita era cambiata drasticamente e del ragazzino di campagna, che aveva varcato impaurito le porte della capitale per la prima volta, non restava più nulla. Era cresciuto sia nel fisico che nel carattere, era diventato una persona molto più energica e ligia al dovere. I suoi compagni lo rispettavano e i superiori lo stimavano perché metteva sempre tutto sé stesso in ogni missione che gli veniva affidata, dalla più semplice, come il pattugliamento delle strade, alla più complessa e diplomatica come scortare i messaggeri dei regni alleati e fare in modo che non scoppiassero conflitti evitabili.
Non era mai più tornato al suo villaggio natale ma non ne sentiva la mancanza, anzi, in tutta sincerità, ne conservava un ricordo sbiadito, come di un sogno lontano. Era un paesello agricolo, sul limitare di un grande bosco, senza nulla di particolare che lo distinguesse da decine d'altri dello stesso genere, nulla che potesse venire anche solo lontanamente paragonato alla bella e fiorente Shiratorizawa. Probabilmente era per ragioni banali come questa, oltre che per il fatto che non ne avrebbe avuto materialmente il tempo, che non aveva mai desiderato farvi ritorno.
Mentre rifletteva oziosamente su questo, lucidando la propria spada seduto su una delle panche di legno dell'armeria, venne raggiunto dalle voci di alcuni compagni che si stavano avvicinando.
« Secondo me questa volta torneranno ricoperti di polpa di zucca dalla testa ai piedi. »
« Nah, secondo me avranno gli stivali completamente infilzati di spine. »
« Le spine le avevano già la scorsa volta, mi aspetto qualcosa di più originale. »
Iwaizumi alzò la testa e lanciò uno sguardo di rimprovero ai due.
« Matsukawa, Hanamaki, non c'è proprio niente da ridere! »
I due commilitoni gli restituirono uno sguardo ironico e per nulla intimorito: si erano incontrati subito dopo l'arrivo in città e avevano subito legato, avevano compiuto l'intero addestramento insieme quindi si conoscevano abbastanza bene da non provare nessun tipo di soggezione.
« La situazione ai confini è molto seria, ogni giorno arrivano notizie più preoccupanti. » continuò Iwaizumi. « I nostri soldati tornano feriti o con gravi malformazioni a causa della magia nera, non è davvero il caso di scherzarci sopra! »
Il rimprovero però non sortì l'effetto sperato, visto che i due si limitarono ad alzare le spalle con un sorrisetto.
« Oh, andiamo, Iwaizumi, vuoi farmi credere che non ti ha fatto ridere veder rientrare quel bellimbusto di Futakuchi con il fondoschiena ricoperto di spine al punto da non poter nemmeno montare a cavallo? Scommetto che persino il medico di corte si è fatto una risata! » esclamò Hanamaki, mentre il compagno annuiva ripetutamente soffocando uno sghignazzo.
Futakuchi era stato al comando dell'ultima missione ai confini e, nonostante le sue indubbie capacità, non brillava esattamente in simpatia, quindi nessuno si era fatto grandi pianti constatando la sua umiliante condizione al rientro. Tuttavia non era corretto ridere delle disgrazie altrui e Iwaizumi non tardò a farlo notare, guadagnandosi l'ennesima occhiata di sufficienza.
« Comunque quelli che rientreranno oggi sono semplicemente dei messaggeri, dubito che possa essere successo loro qualcosa. Yahaba, il capo scorta, è uno con la testa sulle spalle. » commentò Matsukawa, mentre Hanamaki non poté fare a meno di aggiungere: « Certo, sempre che lui e Kyoutani non abbiano passato il tempo a litigare. »
Era risaputo che tra il giovane comandante e quell'irrequieto e rissoso soldato semplice non era mai corso buon sangue. Hajime si augurava solo che i loro pessimi rapporti non causassero danni agli altri o alla missione.
Hanamaki e Matsukawa però non avevano ancora finito i loro pronostici catastrofici.
« Secondo me Kyoutani l'ha fatto arrabbiare al punto che il capo scorta si è distratto e si è beccato qualche incantesimo assurdo. » rincarò il moro. « Come minimo ce lo ritroveremo munito di orecchie e coda. »
« Io invece penso che a farne le spese sarà Kyoutani, è troppo impulsivo. » lo contraddisse il compagno. « Sarà lui a rientrare con il fondoschiena coperto di spine. »
« Vogliamo scommettere? »
« Volentieri! Facciamo una cena e il miglior vino della taverna di Kiyoko? »
« Andata! »
I due si strinsero la mano ed Iwaizumi sospirò. C'era poco da scherzare, in realtà: da quando aveva messo piede alla capitale, anni prima, non passava mai troppo tempo senza che arrivassero brutte notizie dalla zona di confine con la Brughiera. Inizialmente si era trattato di pochi e sporadici fastidi: razzie di frutta, animali messi in fuga, azioni più simili a dispetti che ad attacchi veri e propri. Con il tempo però la situazione era peggiorata e il bollettino aveva finito per aggiornarsi ad ogni settimana con campi devastati, interi raccolti distrutti, stalle e capanni incendiati, e abitanti ridotti alla disperazione. Re Ushijima aveva iniziato ad inviare interi drappelli di soldati per proteggere la popolazione e mettere un freno agli abitanti della Brughiera, ma anche questi erano tornati malconci e con riportando racconti inquietanti di esseri demoniaci che popolavano quei luoghi. Il più ricorrente di questi parlava di una creatura nera e cornuta che seminava panico e distruzione con un semplice gesto della mano. Non ci era voluto molto perché venisse identificato come il re dei demoni e su di lui fiorissero le peggiori dicerie. I pettegolezzi s'ingigantivano sempre di più, alimentati dal timore della gente, e si era arrivati al punto che i commerci con quella parte del regno erano ridotti all'osso, poiché nemmeno i mercanti più temerari si azzardavano ad attraversarla senza scorta armata e ben pochi potevano permettersela.
Come se non bastasse questa pessima situazione, o forse proprio come diretta conseguenza, molti abitanti dei villaggi avevano chiesto asilo alla capitale, finendo per accamparsi e stabilirsi alle porte di questa, in un'accozzaglia disordinata di casupole e rifugi più o meno improvvisati di difficilissima gestione per i protettori dell'ordine pubblico.
Al solo pensiero Iwaizumi impazziva di rabbia: come si permetteva quell'immonda creatura di distruggere senza motivo la pace e la vita di quelle povere persone? Era risaputo che gli esseri fatati avessero una logica completamente diversa da quella degli umani, ma seminare devastazione e morte senza criterio era quanto di più inconcepibile e crudele ci fosse. Fin dall'inizio del suo addestramento, Iwaizumi non aveva desiderato altro che partire con una spedizione e mettere definitivamente fine a quella malvagità. Se fosse stato necessario uccidere il re dei demoni per questo, beh, in nome del bene comune non si sarebbe fatto scrupoli.
Fu uno squillo di tromba a destarlo la quella sequenza di pensieri più o meno coerenti: si trattava del segnale di apertura del portone principale, che molto probabilmente indicava l'arrivo del gruppo di Yahaba. Iwaizumi si alzò, tutto sommato preoccupato per la sorte del compagno più giovane, e si avviò verso la corte principale. Quando lo raggiunse, il grande spiazzo era già stato parzialmente sgombrato dai cavalli e dalle vettovaglie, e buona parte dei soldati stava facendo ritorno ai propri alloggi. Non sembrava vi fossero lettighe in vista quindi si presupponeva non vi fossero stati morti o feriti, tuttavia regnava un'atmosfera molto strana. Yahaba era in piedi in un angolo del cortile e non badava minimamente al valletto che tentava di prendersi cura del suo cavallo. Aveva un'espressione tormentata, come se il fatto di tornare a casa non gli avesse dato alcun sollievo. Questo impensierì parecchio Iwaizumi, che ritenne saggio avere notizie di prima mano direttamente da lui, precedenti al rapporto che avrebbe fatto al sovrano.
« Ehi, Yahaba. State tutti bene? » chiese avvicinandosi.
Fu in quel momento che si accorse della creaturina che saltellava attorno ai piedi del ragazzo emettendo ringhi poco rassicuranti. Era un cagnolino che gli arrivava a malapena a metà polpaccio ma che gli stava mordendo e strattonando i pantaloni con la ferocia di un lupo.
« Falla finita! » sbottò il giovane capitano, scrollandoselo di dosso. « Oh, sir Iwaizumi. Sì, stiamo tutti bene. Più o meno... »
Il suo sguardo sfuggì quello di Hajime, per concentrarsi su qualunque cosa non fossero lui o il cane, e questo fece scattare un campanello d'allarme nella testa del più grande.
« Shigeru. » continuò in tono serio, avvicinandosi maggiormente e appoggiandogli una mano sulla spalla in segno d'incoraggiamento. « Cos'è successo? »
Yahaba tentennò ancora per un attimo, poi abbassò la testa, capitolando.
« Il re dei demoni è una creatura orribile. » disse stringendo i pugni che tremavano leggermente. «Mi ero ripromesso di sconfiggerlo, se me lo fossi trovato davanti, e invece... Invece lui si è fatto beffe di noi. É stato umiliante. »
Un latrato arrabbiato giunse dai loro piedi ed Iwaizumi non poté più ignorare il cagnolino.
« E lui? » chiese bonariamente. « Lo avete salvato dalle grinfie di quel mostro? »
« No, lui... »
In quel momento una risata senza freni risuonò alle loro spalle, facendoli voltare in contemporanea. Matsukawa e Hanamaki si tenevano addirittura la pancia dal gran ridere e furono costretti ad asciugarsi le lacrime prima di riuscire a parlare.
« Ho vinto io! » esclamò Takahiro, con un tono che non ammetteva repliche.
« Ma non ha il fondoschiena coperto di spine! » protestò Issei, fingendosi indignato.
« Se è per questo nemmeno il capo squadra ha la coda! »
Il cagnolino prese ad abbaiare furiosamente verso di loro ma, non ottenendo il minimo risultato, ripiegò sull'azzannare la gamba di Yahaba, stappandogli un urlo di dolore.
« Ti ho detto di smetterla! Non è stata colpa mia, hai fatto tutto da solo! » strepitò quest'ultimo. « Se continui a comportarti in questo modo non mi prenderò nemmeno la briga di chiedere al nobile Semi se conosce un antidoto! »
In mezzo a tutta quella confusione Iwaizumi spostò lo sguardo da uno all'altro, frastornato, per poi tornare sul cane.
« Aspetta, non dirmi che lui è... »
Il tono di Yahaba era fin troppo rassegnato.
« Già. »
Ci volle poco perché, tra una sghignazzata dei due compari e un ringhio irritato, la storia venisse fuori. Si trovavano ormai sulla strada del ritorno, avevano raccolto notizie sufficienti e non era stato necessario addentrarsi in zone pericolose che potessero minacciare l'incolumità dei messaggeri. Si erano però imbattuti in un campo in fiamme ed erano riusciti ad intravedere gli autori del misfatto prima che si dessero alla macchia. Yahaba aveva individuato chiaramente tre figure: due più alte, ammantate di rosso e grigio, e una appena più indietro, completamente avvolta in un lungo mantello nero. Quest'ultima non aveva un aspetto particolarmente imponente, ma il giovane capitano aveva notato immediatamente le corna ricurve sul suo capo e l'aura di potere che emanava. Gli era stato subito chiaro che quello fosse il famigerato re dei demoni di cui si parlava tanto, e da lì all'ordinare lo schieramento di difesa era passato il tempo di un respiro. Non li avevano attaccati, ma i demoni li avevano comunque notati e sembrava volessero giocare al gatto col topo. Il re aveva fatto piovere dei fulmini su di loro, terrorizzando i cavalli e facendo disarcionare diversi soldati. Yahaba poteva ancora sentire l'eco delle sue risate.
Alla fine aveva mirato anche a lui, probabilmente perché a capo del drappello, e, per tutta risposta e totalmente di sua iniziativa, Kyoutani si era lanciato contro i tre a spada spianata. Il re dei demoni si era limitato ad un'occhiata sprezzante e ad un gesto della mano, che aveva tracciato una sorta di simbolo nell'aria: il risultato era il batuffolo ringhiante ai loro piedi.
« É stato orribile. » concluse Yahaba con un sospiro. « Se ne sono andati lasciandoci lì come se non fossimo nemmeno degni della loro attenzione. Quella risata... Mi perseguiterà negli incubi! Non essere riuscito a fare niente mi fa uscire di testa! »
Iwaizumi poteva capire fin troppo bene quel senso di frustrazione, era lo stesso che provava lui nell'attesa di essere a sua volta assegnato ad una campagna contro quegli esseri malvagi. Fin da quando era bambino sapeva che le creature fatate avevano una cattiva nomea, ora, di fronte a quel racconto e all'espressione di rabbia del compagno, capì che combatterle era la sua missione.

L'occasione che aspettava, Hajime la ottenne pochi giorni dopo. Venne stabilito che una nuova spedizione sarebbe stata inviata ai confini, forte delle nuove informazioni ricevute. Questa volta sarebbero stati inviati in forze e dotati di armi forgiate con grandi quantità di ferro, metallo che a quanto pareva era in grado di rendere vulnerabili le fate. Iwaizumi, per le sue capacità, la sua determinazione e, non ultimo, il suo desiderio di contribuire alla causa, venne messo a capo dell'operazione.
Il giovane cavaliere era al settimo cielo, finalmente avrebbe potuto dimostrare il suo valore e ricacciare quelle immonde creature nel fondo della foresta da cui provenivano. E un'altra persona entusiasta di quella partenza era insospettabilmente il consigliere di corte Semi, che aveva suggerito il suo nome come capo della spedizione direttamente a re Ushijima in persona.
Eita l'aveva visto in sogno, anche se non poteva averne la certezza assoluta e la visione era risultata piuttosto confusa: quel ragazzo era legato a doppio filo al re dei demoni e, in qualche modo, anche al talismano che lo spirito del caos aveva portato a corte cinque anni prima. Quelle ali, con molta probabilità, appartenevano proprio alla creatura che aveva iniziato a seminare il panico con un tempismo impossibile da fraintendere. Come Iwaizumi avrebbe potuto risolvere la faccenda, non ne aveva idea, ma se in qualche modo era coinvolto con quel demone allora era molto più probabile che fosse lui a venirne a capo piuttosto che altri.
Eita però non aveva fatto i conti con due cose: la testardaggine del suo re e la personificazione del caos.
Quest'ultima gli capitò tra capo e collo proprio la sera del discorso alle truppe. Senza che si fosse fatto vedere per cinque anni e men che meno si fosse preso la briga di annunciarsi, lo trovò in compagnia del sovrano, quando lo raggiunse poco prima che si presentasse ai soldati.
« Se quel ragazzo partirà, » stava dicendo lo spirito dai capelli fiammeggianti. « in breve tempo voi perderete il vostro talismano e così la possibilità di proteggere il popolo. »
Non furono necessarie spiegazioni, Eita intuì subito di chi stava parlando e si lasciò sfuggire una smorfia di disappunto: aveva visto giusto pensando che la partenza di Iwaizumi avrebbe risolto dei problemi, altrimenti quella creatura non si sarebbe mossa per impedirglielo. Se poi fosse servito per liberarsi anche del “talismano” che ossessionava re Ushijima, allora tanto meglio.
« Maestà, lasciate che vi dia un consiglio. » esordì quindi avvicinandosi.
Lo spirito del caos gli lanciò un'occhiata obliqua, velata di scherno, quasi a sottintendere che qualunque suo intervento a quel punto sarebbe stato vano. Ma Eita non intendeva darsi per vinto.
« La persona di cui parlate ha a che fare con il re dei demoni. Sono sufficientemente certo che... »
Il sovrano alzò una mano per interrompere il suo intervento.
« Se la partenza di quel cavaliere provocherà la perdita del talismano, allora va impedita a tutti i costi. » sentenziò. « Il benessere del popolo viene prima di tutto. Eita, comunica al generale Irihata il cambiamento alla testa della spedizione. »
« Maestà, non... »
« Questa è la mia ultima parola. »
Eita notò immediatamente lo sguardo soddisfatto della creatura oscura, ma non poté far altro che eseguire quanto gli era stato ordinato. Esattamente come la volta precedente che avevano ricevuto la sua visita, re Ushijima subiva il fascino del potere che quell'essere portava con sé. Da quando le ali fatate si trovavano al castello, lo aveva sorpreso più volte ad osservarle con bramosia: da tempo ormai non erano più un semplice talismano per la protezione del popolo, il re desiderava quel potere e non sarebbe stato disposto a restituirlo nemmeno al suo legittimo proprietario.
Eita era indispettito dal fatto che in quel frangente il suo parere e il suo ruolo di consigliere venissero completamente ignorati in favore delle poche e pungenti parole dello spirito del caos e il non potersi opporre faceva crescere in lui la frustrazione e il desiderio di rivalsa. Sapeva di agire per il meglio e non avrebbe lasciato che uno spirito votato al disordine creasse ancora più danni di quelli che aveva già fatto.

Iwaizumi non prese affatto bene il cambio a capo della spedizione che gli venne comunicato dal generale Irihata: sapeva di essere all'altezza del compito e non vedeva l'ora di partire per rendersi utile, quindi quell'improvvisa inversione di rotta l'aveva lasciato confuso e più irritato che mai.
« Sarà per la prossima volta. » tentò di blandirlo Matsukawa, mentre Hanamaki alle sue spalle annuiva con comprensione. « Spedizioni di questo genere ormai sono all'ordine del giorno. »
« Non avete sentito le parole del generale. Era chiaro che intendesse che non avrò mai la possibilità di partecipare. Mi chiedo perché? Non ho mai fatto nulla che provocasse il suo malcontento, anzi! Credevo mi stimasse! »
Furibondo per quell'ingiustizia insensata, stava percorrendo a grandi passi avanti e indietro lo spiazzo di fronte all'armeria. Fu per puro caso che alzò gli occhi e notò il consigliere del re che li osservava da un camminamento superiore. Immediatamente distolse lo sguardo e voltò le spalle al giovane: ci mancava solo quella. Per qualche motivo, che non riusciva pienamente a comprendere, Semi Eita lo faceva sentire a disagio. Una sensazione che non aveva niente a che vedere con la differenza di rango o di posizione all'interno della scala sociale di corte, no, si trattava piuttosto di quel fastidio che si prova quando si entra in una stanza per prendere un oggetto e una volta arrivati non si ricorda più cosa si stava cercando. Esattamente quel tipo di frustrazione mista a deja vu che gli faceva venire voglia di evitarlo sempre e comunque.
« Ehi. D'accordo il nervosismo, ma almeno sii educato con l'amante del re. » lo rimproverò Hanamaki, mentre lui e Matsukawa rivolgevano un rispettoso cenno di saluto al consigliere, chinando appena il capo.
« Sei tu il primo a non esserlo, se ne parli così. » brontolò Iwaizumi, tuttavia conscio che l'amico aveva ragione. Poteva non essere sbandierato ai quattro venti, ma il rapporto tra il nobile Semi e re Ushijima era risaputo in tutto il castello da anni, con sfumature più o meno romantiche. Alcuni sostenevano che il re fosse rimasto abbagliato dalla bellezza di quel giovane nobile e l'avesse voluto solo per sé con la scusa del consigliere personale, altri che quel ragazzo di nobile non avesse un bel niente ma che il rango gli fosse stato donato in cambio di ben altri servizi. Tutti comunque concordavano nell'affermare che dovesse aver irretito il re in qualche modo sfruttando quel suo strano potere. Iwazumi non amava dare adito ai pettegolezzi, ma che Semi Eita avesse qualcosa a che fare con la magia era un dato di fatto.
« Sta venendo qui. » lo informò Matsukawa e ad Iwaizumi venne l'istinto di girarsi e andarsene.
Tuttavia non poteva farlo se non rischiando di offendere un funzionario di alto rango, cosa assolutamente fuori discussione.
« Sir Iwaizumi. » esordì Eita con un sorriso. « Sir Matsukawa, sir Hanamaki. »
Il suo tono era cortese, ma le intenzioni decisamente chiare, quindi i due si congedarono velocemente, abbandonando l'amico al suo destino senza troppe remore.
Hajime sospirò.
« Posso esservi utile in qualche maniera, signore? » chiese, mentre la consueta sensazione di disagio lo faceva agitare sul posto. Dannazione, cosa voleva Semi Eita da lui? Non poteva semplicemente stargli alla larga?
« Più di quanto immagini. » fu la risposta sibillina dell'altro, mentre gli faceva cenno di seguirlo all'interno dell'armeria, lontano da occhi e orecchie indiscrete.
Ed eccola di nuovo, la sensazione di deja vu che lo coglieva ogni volta che quel giovane gli si avvicinava: Iwaizumi non riusciva a capire, era certo di non averlo mai incontrato prima di giungere alla capitale, né assomigliava a qualcuno che avesse conosciuto in passato, eppure non riusciva a scrollarsi di dosso quell'assurdo fastidio. Aveva provato anche a convincersi che fosse a causa della sua implicazione con le fate, che lui tanto detestava, ma era giunto alla conclusione che non poteva trattarsi di niente di così semplice.
« Ho saputo che sei stato estromesso dalla spedizione. » esordì Eita strappandolo dalle sue considerazioni confuse e provocandogli un senso di irritazione per un motivo finalmente razionale. Tuttavia non ebbe il tempo di esprimerlo perché l'altro continuò: « Ritengo che dovresti partire comunque. »
Mille domande si rincorsero nella testa di Iwaizumi a quel commento: cosa stava tentando di dirgli, quel tipo inquietante?
« Non fraintendermi, non intendo contestare la decisione di sua maestà. » continuò Eita di fronte alla sua espressione confusa. « Ma so per certo che tu potresti essere di grande aiuto per la soluzione del problema ai confini. Senza contare che, se non erro, in quella zona si trova anche il tuo villaggio natale. Mi permetto di suggerirti di partire ugualmente, per conto tuo, magari prendendoti una licenza. So che ora penserai che si tratta di una follia e che stai contravvenendo agli ordini, ma me ne assumerò pienamente io le responsabilità. Devi partire, sir Iwaizumi, devi andare nella Brughiera. So che sarà risolutivo. Non posso permettere a chi cerca di prolungare il conflitto di averla vinta!»
Hajime sulle prime rimase piuttosto perplesso da tutto quel discorso, e si chiese come e perché Semi Eita ci tenesse tanto, e soprattutto come potesse essere sicuro che lui potesse essere d'aiuto, ma alla fine giunse alla conclusione che non aveva importanza: se esisteva un modo per partire e poter finalmente dire la sua in quella questione, l'avrebbe fatto.

« Startene solo soletto con l'amante del re non sarà d'aiuto alla tua reputazione, sir Iwaizumi. »
La voce ironica di Matsukawa lo raggiunse mentre stava finendo di preparare il bagaglio leggero che avrebbe portato con sé.
Hajime si voltò appena.
« Anche fare insinuazioni senza fondamento potrebbe essere pericoloso. » ribatté sbirciando di sottecchi i due amici appena entrati negli alloggi comuni dei cavalieri.
« Ahi, ahi, qui qualcuno è nervoso. » rincarò Hanamaki. « Il nobile Semi portava brutte notizie? »
Iwaizumi era indeciso se rivelare loro o meno quello che il consigliere del re gli aveva chiesto e che a sua volta aveva accettato. Quei due avevano una lingua tagliente, ma erano anche degli amici fedeli e leali, era certo che non lo avrebbero tradito.
« Sto partendo. » disse quindi. « Ho preso una licenza per tornare a casa per qualche tempo, questo è quello che mi è stato richiesto dal nobile Semi. »
I due si scambiarono un'occhiata perplessa, sconcertati probabilmente dalla calma con cui l'amico accettava di essere congedato. Poi, quando il loro sguardo si posò sulla spada che portava al fianco, finalmente le sue intenzioni furono chiare.
« Stai andando nella Brughiera?! » esclamò Hanamaki, prima che il compagno lo zittisse, intimandogli di non alzare la voce.
Seguirono poche e veloci spiegazioni, che stupirono i due quasi più per il fatto che Iwaizumi acconsentisse ad una proposta del consigliere che per il colpo di testa in sé stesso.
« Immagino non ci sia modo di indurti a lasciar perdere. » constatò Matsukawa alla fine del racconto. « E va bene, ti copriremo noi. Se qualcuno farà domande, diremo che questa licenza ti serve per un grave affare di famiglia. Tu però vedi di non strafare e di tornare intero, andare da solo al massacro ha ancora meno senso di starsene qui con le mani in mano, checché ne dica il nobile Semi. »
Iwaizumi li ringraziò, grato. Non aveva nessuna intenzione di andare a farsi ammazzare, quanto piuttosto di ridurre alla ragione quello stupido re dei demoni, con qualunque mezzo possibile. Se poi avessero dovuto dialogare a suon di spade, non si sarebbe tirato indietro.
Hajime lasciò il castello all'alba del giorno successivo, prima ancora della partenza delle truppe ufficiali. Nessuno lo vide scivolare attraverso un'uscita secondaria utilizzata principalmente dalla servitù e nessuno badò al suo passaggio attraverso la città ancora per buona parte addormentata. Lungo le strade si incontravano solo i primi contadini diretti ai campi e alcuni mercanti particolarmente mattinieri. Iwaizumi lasciò che il proprio cavallo procedesse lentamente fino alle porte, per non destare sospetti ma anche per non turbare la quiete dei cittadini assonnati. Varcò le porte senza che nessuna delle guardie lo fermasse: la maggior parte di loro lo conosceva bene e non avrebbe fatto domande sulla sua condotta. Appena fuori, davanti ai suoi occhi si presentò il panorama di una seconda cittadina abbarbicata contro le mura, casupole costruite alla meglio, addossate le une alle altre, come se il timore impedisse loro di avere uno spazio vitale proprio. Lì viveva la popolazione fuggita dalle vicinanze della Brughiera, persone che non avevano un reale posto dove andare né uno dove tornare.
Ben presto tutto sarebbe cambiato, si ripromise Iwaizumi mentre spronava il cavallo ad un ritmo più sostenuto, avrebbe fatto qualunque cosa per mettere fine alle pene di quella gente.

 

 

 

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Cap. 4

 

Le intenzioni iniziali di Iwaizumi erano state quelle di procedere spedito verso il villaggio di Seijou, raccogliere informazioni e poi andare dritto alla ricerca del re dei demoni. Solo lungo la strada si era reso conto di essere stato un ingenuo. Innanzi tutto un cavaliere solitario che procedeva a spron battuto come se avesse davvero i demoni alle calcagna attirava troppo l'attenzione, allarmava i viandanti e gli abitanti dei villaggi che incrociava. Secondariamente non sarebbe stato un bene raggiungere Seijou esausto, con il rischio che quelle creature fossero già a conoscenza del suo arrivo e si fossero preparate ad accoglierlo. Se quello che il nobile Semi aveva detto era vero, e cioè che in qualche modo le sue azioni sarebbero state risolutive, di certo esseri magici come gli abitanti della Brughiera non potevano esserne del tutto all'oscuro ed era quindi molto probabile che agissero di conseguenza. Doveva arrivare preparato allo scontro.
Questo era quello su cui rifletteva mentre sedeva al tavolo di una piccola taverna dove si era fermato per consumare un pasto veloce e frugale. Era ormai abbastanza distante dal castello e dalla capitale per sperare che nessuno lo riconoscesse e gli facesse domande.
Aveva quasi finito la sua zuppa e si apprestava a rimettersi in marcia quando le voci piuttosto concitate di un gruppetto di avventori attirarono la sua attenzione. Un piccoletto da capelli rossi stava declamando a gran voce le proprie intenzioni, che suonavano più o meno come: « Il re dei demoni tremerà di fronte alla mia forza, implorerà pietà e giurerà di non commettere mai più nessun atto crudele! »
Iwaizumi alzò gli occhi al cielo: come se fosse così semplice.
Al suo fianco, un ragazzo dai capelli scuri e con un arco in spalla lo colpì sulla testa e lo redarguì seccamente.
« Falla finita! Se fosse stato per te non saremmo nemmeno arrivati fin qui! »
« Se è per questo, nemmeno per te! Siamo qui solo grazie alla guida di Kenma! »
Sempre gesticolando, indicò un terzo individuo di cui Iwaizumi non riusciva a distinguere i lineamenti a causa del cappuccio calato sul viso.
L'intera figura era celata da un lungo mantello bianco, che faceva dedurre si trattasse di un mago delle terre dell'ovest. Gli incantatori di quelle regioni avevano una reputazione completamente differente da quella delle creature fatate della Brughiera e, soprattutto, erano esseri umani. Si diceva che i loro poteri fossero votati al bene e che non prendessero parte ai conflitti, il che, in effetti, faceva crescere in Iwaizumi diversi dubbi sul motivo per cui uno di loro si trovasse in compagnia di individui del genere.
A completare il bizzarro gruppetto vi era quello che all'apparenza poteva sembrare un guerriero, data la stazza e l'espressione truce, ma ad una più attenta analisi si rivelava, probabilmente, uno sciamano dell'est. Hajime lo intuì principalmente dal suo abbigliamento e dal fatto che se ne stesse in un angolo del tavolo a sorseggiare zuppa per conto suo, non degnando minimamente di uno sguardo i due che discutevano.
Quella sembrava gente problematica, meglio non averci a che fare se voleva avere un viaggio tranquillo e non coinvolgere chi non aveva la preparazione adatta ad uno scontro del genere.
« Insomma, smettila di abbuffarti tanto! Cosa sei? Un pozzo senza fondo? » stava sbraitando in quel momento l'arciere.
« Tu, piuttosto, che vai in giro a chiedere alla gente che cos'è, hai già svuotato due piatti! » ribatteva piccato il rossino.
Hajime si bloccò con il cucchiaio a mezz'aria.
« Tu che vai in giro a chiedere alla gente che cos'è... »
Quelle parole, quell'esatta frase, l'aveva già sentita pronunciare da qualcuno. Quando? E da chi?
No, sicuramente si stava sbagliando. Doveva essere la stanchezza che gli giocava brutti scherzi.
Eppure, nella sua mente, una voce sconosciuta, sottile come quella di un bambino, si sovrappose a quella del ragazzo chiassoso.
« Chi sei? Di solito gli umani non si addentrano nella Brughiera. »
Iwaizumi scosse la testa, nel tentativo di recuperare lucidità.
Che storia era mai quella? Lui non era mai stato nella Brughiera, era risaputo quanto ostile fosse quel territorio, quindi non poteva aver avuto quel genere di conversazione con qualcuno. No, di certo si trattava di qualche chiacchiera sentita in giro, qualcosa di totalmente privo di fondamento.
E allora perché sentiva quella fitta alle tempie?
Infastidito, si massaggiò la fronte con la punta delle dita nel tentativo di scacciare il dolore.
« Signore, state bene? »
La voce reale, accanto al suo orecchio, gli fece alzare gli occhi per incontrarne un paio color nocciola che lo fissavano curiosi.
« Hinata, insomma, non infastidire persone a caso! »
« Ma sembrava stare male! Signore, non badate al mio compagno, ha sempre da ridire su tutto. Come vi sentite? Siete pallido. »
Iwaizumi spostò lo sguardo dal ragazzino dai capelli rossi ai suoi compagni che lo fissavano in attesa: cos'era appena successo esattamente?
« Sto bene, ti ringrazio. É stato solo un capogiro dovuto alla stanchezza. »
La risposta sembrò convincere solo in parte il suo interlocutore, che a quanto pareva non aveva la minima intenzione di seguire il consiglio dell'arciere e lasciarlo in pace.
« Non è bene che viaggiate da solo in queste condizioni. » proseguì infatti. « Se volete possiamo accompagnarvi dove siete diretto. Anche questo è il compito di un eroe e comunque il re dei demoni non si offenderà di certo se tardiamo un po'. »
Hajime avrebbe solo voluto andarsene e proseguire il suo viaggio in santa pace senza essere costretto a subirsi i deliri di quella compagnia di squinternati, ma quasi senza rendersene conto si ritrovò a rispondere con un'imprevista sincerità.
« Vado al villaggio di Seijou. »
Lo sguardo del ragazzo s'illuminò e poco ci mancò che si mettesse a saltellare sul posto.
« Andiamo anche noi in quella direzione! Potremo fare un bel tratto di strada insieme! Piacere, sono Hinata Shoyou e sono l'eroe che sconfiggerà il demone crudele! »
« Ehm... Piacere, Iwaizumi Hajime, cavaliere in licenza. »
Era meglio non esporsi troppo con degli estranei e, in ogni caso, tutto quell'entusiasmo lo metteva leggermente a disagio: chissà se quel ragazzino, quell'Hinata, si rendeva davvero conto di quello a cui andava incontro? Sembrava quasi che per lui fosse un gioco e di certo non aveva mai visto lo sguardo spento della povera gente che in quella guerra contro le creature magiche aveva perso tutto.
Ad ogni modo, poteva essere un bene per lui spostarsi con dei compagni: avrebbe destato meno attenzione e sarebbe stato più sicuro.
Fu quindi in quel modo piuttosto atipico che iniziò il viaggio di Hajime con quella strana compagnia, verso un obiettivo comune che ad ogni passo sembrava più complicato da raggiungere.

Si trovava in un bosco, poteva sentire sopra di sé lo stormire delle fronde e il calore del sole che filtrava a chiazze tra i rami. Ai suoi piedi invece scorreva un fiume impetuoso, diversi metri più in basso. L'acqua precipitava tra le rocce producendo un suono spaventoso, ma lui non aveva paura, anzi provava una sensazione di esaltazione. Laggiù, dove i suoi occhi erano puntati, c'era qualcuno che stava facendo qualcosa di straordinario. Non riusciva a vederlo ma ne era certo e si sporgeva in avanti nel tentativo di avere una visuale migliore.
Improvvisamente sentì il terreno sotto i suoi piedi cedere e dalle sue labbra sfuggì un'esclamazione di terrore. Sarebbe caduto in acqua. Da quell'altezza e su quelle rocce sarebbe morto. Sarebbe...
« Se volevi fare un voletto bastava dirlo! »
Iwaizumi spalancò gli occhi nel buio, con il respiro corto e il cuore impazzito.
Impiegò alcuni istanti a rendersi conto che non si trovava sul ciglio di un burrone ma disteso su un prato, nei pressi di un fuocherello dove ormai languivano poche braci e di fronte al quale lo sciamano dell'est stava montando la guardia. Attorno a lui tutti i suoi nuovi compagni stavano dormendo pacificamente. Si erano accampati in quel posto tranquillo dopo aver cavalcato tutto il pomeriggio. Mancava ancora parecchio alla Brughiera e per il momento non sembravano esserci guai in vista quindi non aveva motivo di sentirsi così agitato.
Imponendosi la calma, tentò di regolarizzare il respiro: era stato solo un sogno, non significava nulla. Se si fosse rimesso a dormire, l'indomani gli sarebbe apparso come una semplice accozzaglia di immagini vaghe e indefinite.
Purtroppo per lui le cose non andarono esattamente così e la mattina giunse senza che fosse riuscito a chiudere occhio né a scrollarsi di dosso la sensazione di qualcuno che lo stringeva, lo stesso qualcuno che lo aveva salvato da quella rovinosa caduta.
« Sir Iwaizumi, state bene? »
Una voce pacata al suo fianco attirò la sua attenzione e, voltandosi, notò che Kenma, il mago, aveva affiancato il proprio cavallo al suo.
Hajime aveva impiegato molto poco ad inquadrare i membri di quella compagnia, del resto Hinata si era preso la briga di presentarglieli tutti non appena deciso che avrebbero viaggiato insieme.
Il rossino e l'arciere, Kageyama Tobio, provenivano dal piccolo villaggio di Karasuno, poco più di un agglomerato di casupole a nord del Paese, e si erano messi in viaggio con l'utopistico intento di sconfiggere i demoni, l'uno per dimostrare al mondo di essere un eroe e l'altro per mettere alla prova le proprie capacità.
Come aveva intuito invece il mago, Kozume Kenma, proveniva dalle terre dell'ovest, più precisamente dal villaggio di Nekoma, e stava facendo loro da guida in quelle regioni poco frequentate. Non parlava molto quindi non era del tutto chiaro se oltre a ciò avesse anche una seconda finalità.
Lo sciamano parlava ancora meno e tutto quello che aveva saputo di lui era che proveniva da Dateko, lo stesso villaggio in cui era nato sir Futakuchi. La cosa aveva stupito parecchio Hajime, ma non aveva avuto modo di approfondire. Aone Takanobu, questo era il suo nome, sembrava osservare il mondo con occhi vigili, ma teneva per sé le proprie opinioni e pensieri. La motivazione per cui si fosse unito ad un gruppo di cui la metà dei componenti era fastidiosamente chiassosa era un mistero, ma doveva essere molto molto seria se gli permetteva di sopportarli tanto stoicamente.
Iwaizumi tornò a rivolgere l'attenzione a Kenma, che l'aveva interpellato.
« Certo, non preoccuparti. Sono solo un po' stanco, ho dormito male. » rispose accennando un mezzo sorriso rassicurante.
Kenma era molto più giovane di quanto si aspettasse, doveva avere circa l'età di Hinata e Kageyama, ma sembrava decisamente più maturo e non gli sfuggiva nulla.
« C'è qualcosa che disturba il vostro sonno? » chiese infatti.
Il tono era indifferente, ma la domanda abbastanza diretta da far intendere che non fosse davvero così.
Iwaizumi si chiese se fosse il caso di parlare dello strano sogno, ma giunse alla conclusione che doveva trattarsi solo di uno scherzo della sua immaginazione. Era inutile mettere in allarme qualcun altro senza motivo.
« Probabilmente sento solo di dover stare più all'erta man mano che ci avviciniamo alla Brughiera.»
« Capisco. » annuì Kenma, apparentemente soddisfatto.
Tuttavia dopo poco tornò alla carica.
« Cosa vi porta a Seijou? É piuttosto fuori mano rispetto alla capitale. »
Iwaizumi studiò il volto del ragazzo biondo per un attimo, sperando di individuare qualche motivazione per quell'improvviso interesse verso di lui, ma non vi scorse alcun indizio e non rispondere sarebbe stato scortese.
« Ci sono nato, anche se non ricordo praticamente nulla di quel luogo. Una persona, a corte, mi ha suggerito di tornarci dicendo che la mia presenza sarebbe stata risolutiva. »
« Per il conflitto con i demoni? »
« Così pare. »
Kenma annuì pensieroso e per diversi minuti non aggiunse altro.
Quando già Iwaizumi considerava chiusa la conversazione, l'altro parlò di nuovo.
« E cosa intendete fare con il re dei demoni? »
« Se volevi catturarlo per farne un pezzo da collezione, buon per lui, sono felice di essergli stato d'aiuto. »
« Non intendo affatto catturarlo! »
La voce di Hajime si alzò più del dovuto, stupendo lui per primo e facendo voltare il resto del gruppo con espressioni perplesse. Kenma lo fissava con gli occhi dorati sgranati.
Cos'era appena successo? A chi apparteneva la frase che aveva appena sentito?
Ma l'aveva davvero sentita o si era trattato di un'allucinazione?
« Ehm... intendevo dire che il mio scopo è mettere fine alle scorrerie dei demoni, e lo farò con qualunque mezzo. Non ho intenzione di avere riguardo nei confronti del loro dannatissimo re! »
Il suo tono si era fatto più sicuro man mano che parlava e anche gli altri giovani avventurieri ne sembrarono rassicurati. L'unico che continuava a fissarlo era Kenma, ma non aggiunse altro e   Iwaizumi decise di comportarsi come se nulla fosse.
In realtà, tra sé e sé, iniziava ad essere preoccupato: da quando era partito era già la terza volta che gli capitava un episodio del genere ed era abbastanza certo che la voce del suo sogno e quella delle allucinazioni fosse la stessa. Forse era una qualche sorta di magia che le creature fatate scagliavano preventivamente su chiunque potesse essere un problema per loro, anche se a ragionarci in modo logico aveva poco senso. Inoltre una strana sensazione di disagio aveva iniziato a strisciargli nell'animo e assomigliava decisamente troppo a quella che provava nei confronti del nobile Semi.
C'era qualcosa che non andava, ma non si fidava a sufficienza di chi praticava la magia per esprimere apertamente i suoi dubbi.

« … E quindi, quando mi troverò davanti un demone, finalmente dimostrerò a tutti che anch'io so combattere! Sono piccolo ma sono forte!»
Discorsi del genere erano all'ordine del giorno e Iwaizumi aveva impiegato davvero poco tempo ad abituarsi all'entusiasmo di Hinata. Ormai non pensava più che fosse un esaltato con il solo scopo di farsi un nome di cui poi potersi vantare: quel ragazzino voleva davvero sconfiggere i demoni per fare del bene e il fatto che si impegnasse tanto nonostante il suo fisico minuto gli faceva onore. Anche Kageyama, l'arciere, non mancava mai di sottolinearlo, anche se a modo suo.
« Ma se sei imbranato come pochi! Definirti spadaccino è un insulto a sir Iwaizumi e a tutti i cavalieri! » era ciò che ripeteva principalmente.
I due bisticciavano in continuazione, ma era chiaro che fossero molto legati, di certo dalle avventure che avevano vissuto insieme oltre che dalle origini comuni.
Iwaizumi un po' li invidiava: doveva essere bello aver qualcuno su cui contare sempre e comunque, che ti appoggiava incondizionatamente. Lui non aveva mai provato niente del genere.
Mentre cavalcavano e il suo sguardo si perdeva nel paesaggio circostante, la sua mente si focalizzò su quel bizzarro pensiero.
Più si avvicinavano alla Brughiera, più sembrava che la natura ne risentisse.
Ma davvero non aveva mai avuto qualcuno con cui condividere quel livello di fiducia? Nemmeno da bambino?
L'erba dei prati appariva più rada e ingiallita, quasi faticasse a crescere.
Perché non ricordava niente dell'infanzia trascorsa a Seijou?
Anche i cespugli e gli alberi assumevano forme sempre più contorte man mano che le miglia passavano.
Doveva pur aver avuto una famiglia, degli amici, prima di arrivare a Shiratorizawa, prima di Hanamaki, Matsukawa, Yahaba e gli altri, prima della sua vita da cavaliere.
«  Ho detto alla mia famiglia di aver incontrato una ragazza. »
Quella frase gli balenò in testa all'improvviso ed ebbe la certezza di essere stato lui stesso a pronunciarla. Ma quando? E rivolta a chi? Dunque aveva una fidanzata?
Era tutto così confuso che gli sembrava d'impazzire. Forse sarebbe stato meglio se si fosse davvero convinto di essersi immaginato tutto e avesse chiuso la questione.
« La natura soffre. »
Una voce pacata e profonda lo indusse a voltarsi e Iwaizumi realizzò che Aone aveva affiancato il proprio cavallo al suo. Era raro che lo sciamano aprisse bocca, a maggior ragione se non interpellato, questo significava che quel particolare doveva averlo colpito molto.
« L'ho notato anch'io. » confermò il cavaliere. « Qui attorno è tutto secco, gli alberi e gli arbusti crescono male e hanno un aspetto tutt'altro che sano. »
Poteva essere anche quella una conseguenza delle azioni scellerate del re dei demoni, dopotutto era risaputo che le creature fatate avessero un legame con la terra. Quell'essere ignobile poteva aver mutato il territorio a suo vantaggio per rendere più arduo il passaggio.
Aone annuì lentamente e con fare pensoso, ignorando i battibecchi che erano ricominciati alle sue spalle.
« É molto più di un semplice conflitto tra umani e fate. É in atto uno squilibrio che coinvolge le intere forze naturali. »
Espressa in quel modo la questione diventava ancora più preoccupante e inquietante, sembrava che lo sciamano gli stesse dicendo a chiare lettere che si trattava di qualcosa di troppo grande per essere risolto da un semplice essere umano. Quindi perché il nobile Semi, che di certo era al corrente di questo particolare visti i suoi poteri, affermava che il suo contributo fosse essenziale?
Anche Kenma affiancò il proprio cavallo a quello di Iwaizumi, sull'altro lato rispetto allo sciamano.
« Aone è partito proprio per scoprire se poteva esistere una soluzione pacifica a questo sconvolgimento naturale. » spiegò. « Secondo lui dietro il conflitto scatenato dal re dei demoni c'è molto più di una generica ostilità vero la razza umana. »
Quello effettivamente poteva essere un discorso sensato, rifletté Hajime tra sé, ma questo non significava che lo considerasse una scusante per quel mostro. Era un pericolo, un danno e andava fermato.
« Ci accampiamo qui! »
La voce squillante di Shoyou annunciò la scelta del luogo dove passare la notte interrompendo i loro discorsi , quindi per il momento la questione si chiuse lì. L'indomani sarebbero giunti a Seijou e avrebbero avuto tutto il tempo di verificare la veridicità di voci e teorie.

Hajime stava camminando in un bosco, di nuovo. Era un luogo in cui era già stato, ma non riusciva a ricordare quando. Inoltre la prospettiva da cui osservava ciò che lo circondava era diversa dal solito e bizzarramente più bassa.
« Sono Iwaizumi Hajime, della stirpe degli Iwaizumi. » sentì dire la sua stessa voce. « Mio padre è sir Iwaizumi del reame di... »
« Che nome lungo. Iwa-chan basterà. »
Iwa-chan?!
Il suo orgoglio si ribellò davanti ad un soprannome tanto ridicolo, ma la persona di fronte a lui rise, una risata cristallina che assomigliava al tintinnio di mille campanellini d'argento. Era così piacevole da ascoltare che la sua irritazione finì per sfumare.
Continuava a camminare in quel bosco sconosciuto ma familiare. Sopra di lui le foglie stormivano dolcemente nella brezza, tinte di colori caldi che variavano dall'oro al rosso intenso. A volte si staccavano dai rami e volteggiavano posandosi a terra con un lieve fruscio. Qualcuno camminava accanto a lui ma non riusciva a scorgerne il volto e la sua attenzione era rivolta altrove. Fissava il terreno come in cerca di qualcosa e, non appena la individuò tra i mucchi di foglie, subito si avvicinò a raccoglierla.
« Eccola! La prima castagna! »
La sollevò tra le dita e lasciò che i raggi del sole scivolassero sulla sua superficie lucida. Aveva un colore ricco e caldo, che sapeva di casa, di focolare, di serenità. Era lo stesso colore che incontrava ogni giorno quando incrociava lo sguardo di...
In quel momento alzò gli occhi e si specchiò nelle iridi scure che lo fissavano: avevano davvero lo stesso colore della castagna che teneva in mano, ed erano dolci quasi allo stesso modo.
« Iwa-chan... »
Era quello stesso sguardo dolce, carico di promesse, che una volta lo aveva fissato dal basso verso l'alto, circondato da mille lucciole dorate.
No, non erano lucciole...
Luci che danzavano nell'aria, riflesse su un volto raggiante di gioia, in uno sguardo carico di sentimento e di fiducia al punto da spezzare il cuore.
« Iwa-chan... »
« Iwa-chan... »
« Ti amo... »

Iwaizumi si svegliò di soprassalto, con il cuore che batteva a mille, la fronte imperlata di sudore e il corpo completamente scosso da tremiti.
Era troppo vivido per essere semplicemente un sogno. Cosa si trovava nella Brughiera che aveva dimenticato? Chi si trovava laggiù ed era stato abbandonato per tutto quel tempo?

 


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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


Cap. 5


Il territorio conosciuto come Brughiera si stendeva finalmente davanti ai loro occhi. Tra il villaggio di Seijou e la prima fila di alberi il terreno era brullo e desolato. La cortina di fronde si alzava all'improvviso in un intrico di rami e cespugli contorti che sembravano voler separare quel luogo dal resto del mondo. Non si trattava di banale vegetazione ma di una vera e propria barriera di robusti rovi che si avvolgevano attorno ai fusti degli alberi rendendo impenetrabile l'intero perimetro del bosco.
Tutto attorno regnava un silenzio surreale, per nulla interrotto dai cinguettii e squittii tipici delle campagne. Un luogo così lugubre inquietava persino Hinata che aveva insistito per stare in prima linea nonostante le obiezioni di Iwaizumi.
« Fa davvero paura... » mormorò il rossino tenendo la mano sulla spada come se si trattasse di una sorta di talismano in grado di scacciare il timore.
« Al villaggio hanno detto che è sempre stato così, ma non è possibile. » ribatté Kageyama in tono pratico.
I dubbi dell'arciere erano più che leciti, rifletté Iwaizumi, ed erano anche stati esposti agli abitanti del villaggio, ma non avevano ottenuto una spiegazione convincente. Gli attacchi dei demoni erano iniziati solo cinque anni prima, quindi era impossibile che nessuno sapesse in che stato si trovasse il territorio precedentemente. Eppure nessuno sembrava ricordarlo o esserne consapevole, neppure le persone più anziane che in quel luogo erano nate.
Questo aveva scatenato reazioni perplesse persino in Kenma e Aone, che sembravano sempre più convinti della radicata influenza della magia in tutta quella spinosa situazione. Spinosa in tutti i sensi, si disse Iwaizumi con amara ironia indugiando con lo sguardo sui rovi acuminati come punte di freccia.
« Dubito che se lo chiedessimo ai demoni ci darebbero una spiegazione. » commentò Hinata con un sospiro. « Ma poco importa di come siano cresciuti gli alberi in questi anni, a me basta affrontare il re dei demoni e sconfiggerlo! »
Così dicendo sguainò la spada e la puntò verso l'intrico di rami con rinnovata energia. Era una sfida bella e buona e nessuno era mai uscito indenne da una provocazione del genere.
Come in risposta alla sua esclamazione, alcuni cespugli fremettero e un ammasso di rovi iniziò lentamente a muoversi, districandosi.
Kageyama afferrò l'arco e incoccò istintivamente una freccia, per essere pronto a qualsiasi evenienza. Kenma sollevò il proprio bastone e Aone gli si fece più vicino, come per proteggerlo. Iwaizumi, spada alla mano, avanzò a sua volta di un passo, deciso a difendere come poteva i membri di quella bizzarra compagnia. Era vero che si erano gettati volontariamente nelle fauci del drago, ma erano brave persone e agivano per il bene comune, non meritavano di essere vittime di quei mostri.
« Dunque, dunque, cos'abbiamo qui? »
Una voce dall'inflessione ironica anticipò un ulteriore spostamento dei rami e la comparsa di una figura rossa che si stagliava nitida contro l'oscurità alle sue spalle.
« Una compagnia di audaci avventurieri giunti fin qui per sfidare i grandi demoni della Brughiera?»
Man mano che avanzava, Iwaizumi distinse l'immagine di un giovane uomo con un mantello scarlatto sulle spalle, ispidi capelli corvini tra cui spuntavano due piccole corna e un sorrisetto sarcastico sulle labbra. Non sembrava per nulla allarmato dalla loro presenza, anzi dal suo tono si sarebbe detto che si stesse chiaramente facendo beffe di loro.
« Insomma, Kuroo! » esclamò una seconda voce, alle sue spalle. « Avevi detto che oggi saremmo andati a caccia di gnomi! Che noia, non ho voglia di perdere tempo con i soliti cavalieri bacchettoni! »
Accanto al primo demone ne fece la comparsa un secondo, questa volta vestito di chiaro: il suo mantello era grigio, screziato di nero, così come i suoi capelli e suoi vestiti. Fissava i nuovi venuti con aria annoiata, come se fossero stati un disturbo nel bel mezzo di un gioco divertente.
Iwaizumi si mise in guardia: l'apparente noncuranza dei due era ancora più pericolosa di un atteggiamento bellicoso. Avrebbero potuto attaccarli da un momento all'altro sfruttando la loro distrazione.
Tuttavia non lo fecero e il secondo demone continuò a lagnarsi finché non fu proprio uno della compagnia a fare la prima mossa.
« Smettete di lamentarvi e fatevi sotto! » esclamò Hinata piantandosi le mani sui fianchi. « Non siamo venuti fin qui per ascoltare voi due che progettate di andare a caccia di gnomi! »
Kageyama, al suo fianco, sgranò gli occhi.
« Oi, ma sei scemo? Non provocarli! » lo sgridò.
Iwaizumi avrebbe voluto dargli ragione, quei due lo stavano facendo palesemente apposta, ma non ebbe il tempo di aprire bocca perché una risata squillante zittì improvvisamente tutti, gelando l'atmosfera.
Il cavaliere s'irrigidì e il suo sguardo si puntò sull'oscurità alle spalle del demone rosso. Era da questa che stava emergendo una terza figura. Anzi, per essere precisi, sembrava fatta di oscurità essa stessa: vestiva un mantello nero come la notte e abiti dello stesso colore, dalla sua testa spuntavano due corna ritorte e i suoi occhi, visibili anche da quella distanza, erano rossi come il sangue.
Una fitta dolorosa, intensa come una una stilettata, attraversò le tempie di Iwaizumi, costringendolo a distogliere lo sguardo.
« Ah, Tooru, sei qui. » gli giunse comunque la voce noncurante del demone scarlatto, mentre i suoi compagni serravano i ranghi alla vista del nuovo venuto.
Tooru.
Iwaizumi fu costretto a stringersi la testa tra le mani, mentre sentiva a malapena qualcuno accorrergli vicino e chiedergli con apprensione cosa stesse succedendo.
Anche sul fronte opposto dello schieramento era calato il silenzio e il demone nero scostò bruscamente gli altri due per farsi avanti. Non disse una parola, ma i suoi occhi erano fuoco puro e Hajime si trovò attirato da essi, obbligato ad alzare lo sguardo per incontrarli.
Tooru.
Fu come se un'improvvisa luce gli fosse esplosa nel cervello, i ricordi lo travolsero come un fiume in piena che aveva infine rotto gli argini, accavallandosi uno sopra l'altro e lasciandolo tremante e sconvolto.
Come aveva potuto dimenticare? Come aveva potuto lasciarsi alle spalle quel sentimento? Quell'amore per il quale sarebbe stato disposto a mettere in gioco tutto? Quella creatura forte, fragile e meravigliosa che, nell'ingenuità della sua adolescenza, aveva adorato con tutto sé stesso?
Scostando bruscamente le mani di Kenma e lasciando cadere la spada, avanzò di un passo, barcollante.
Era così diverso. Quegli occhi rossi carichi di rabbia erano l'esatto opposto di quelli dolci dei suoi ricordi. L'Oikawa della sua adolescenza non sarebbe mai stato in grado di fare del male a nessuno mentre quello che aveva di fronte era il re dei demoni in persona. Cos'era successo in quei maledetti cinque anni? Inoltre, cosa che lo sconvolse ancora di più, che ne era stato delle splendide ali che aveva sempre ammirato e che rendevano ancora più unico ai suoi occhi lo spirito dei boschi?
« Sir Iwaizumi, fermatevi, è pericoloso! »
La voce di Kageyama non lo scalfì minimamente mentre avanzava verso il terzetto di demoni, solo e disarmato.
« Oikawa? Sei Oikawa Tooru? » si ritrovò a chiedere, fissando il giovane demone in nero e scuotendo la testa ancora incredulo. « Sono Hajime, ti ricordi di me? Cosa... »
L'ondata di potere lo investì del tutto inaspettata, scaraventandolo indietro tra le braccia di Kageyama e facendo precipitare entrambi a terra.
Il demone di fronte a loro avanzava minaccioso, circondato da saette di un verde inquietante e affiancato dagli altri due. Persino i rovi alle loro spalle si erano mossi e ora puntavano le loro spire appuntite verso di loro. L'aria si fece in un attimo carica di tensione e l'aura stessa che circondava Oikawa era talmente traboccante di potere a stento trattenuto che bastò a chiarire all'istante il perché dell'appellativo di re dei demoni.
« Oikawa! » gridò Iwaizumi rialzandosi, tentando di recuperare lucidità e capacità di reazione. «Cosa sta succedendo? Perché stai facendo tutto questo? »
Non poteva credere che proprio lui, tra tutti, lo stesse attaccando, che lo stesse fissando con tanto odio.
« Cosa ne è stato delle tue ali? »
Quella frase scatenò una reazione del tutto inaspettata, un'esplosione di furia che si concretizzò in un grido quasi animalesco.
« IWAIZUMI HAJIME! Tu! Proprio tu! Come osi chiedermi questo?! »
L'aria si caricò di elettricità e attorno a loro iniziarono a piovere fulmini che incendiarono l'erba secca e le poche sterpaglie che spuntavano dal terreno.
Hinata cacciò uno strillo e Aone si pose davanti a lui per proteggerlo. Kageyama si rialzò a sua volta, recuperando l'arco, e prese la mira.
Nello stesso istante anche i due demoni compagni del re si pararono di fronte a lui per proteggerlo, ma vennero scacciati in malo modo.
« Levatevi, voi! Lui è mio! É la mia preda! »
La voce del demone vibrava di un'ira ancora più spaventosa di qualunque incantesimo e fu accecato da questa che Oikawa si scagliò a mani nude, senza l'ausilio della magia, direttamente contro Iwaizumi.
Hajime non capiva il motivo di tanto rancore, di tanta rabbia nei suoi confronti, sapeva solo che Oikawa voleva evidentemente ucciderlo e che la sua spada era a diversi metri di distanza. Riuscì ad evitarlo per un soffio, ma nel farlo si allontanò ancora di più dall'arma.
« Vuoi spiegarmi cos'è successo? » esclamò ancora all'indirizzo del demone infuriato. « É perché me ne sono andato? Non era mia intenzione! Dev'essere successo qualcosa che... »
Non riuscì a finire la frase perché il demone tornò a lanciarsi contro di lui, materializzando lingue di fiamme tra le dita.
« Hai il coraggio di chiedere cos'è successo dopo che hai distrutto la mia vita?! Vile... ladro... traditore! »
Quelle parole colpirono dolorosamente il cavaliere: poteva accettare di essere accusato di averlo abbandonato, ma tradirlo? Non l'avrebbe mai fatto. Oikawa era quanto di più prezioso ci fosse per lui.
« Aspetta! Ascoltami, per favore! »
« Non c'è proprio niente che io debba ascoltare da te! »
Oikawa sollevò le braccia e in risposta al suo gesto una serie di rampicanti strisciarono sul terreno fino ad avvinghiarsi attorno ai polsi e alle caviglie del cavaliere, immobilizzandolo.
« Ti farò a pezzi, un arto alla volta. Così capirai cosa si prova... » sibilò il demone facendolo tremare.
Era assolutamente spaventoso mentre si avvicinava con passo deciso, gli occhi rossi fiammeggianti di collera e le corna appuntite che mettevano ancora più in risalto il suo aspetto ferino: un diavolo uscito dall'inferno.
Iwaizumi chiuse istintivamente gli occhi quando lo vide levare una mano nella sua direzione, ma il colpo non giunse mai. Un sibilo accanto al suo orecchio lo indusse a guardare di nuovo e vide Oikawa evitare per un soffio una freccia scagliata da Kageyama.
« Tooru! »
La voce del demone rosso era carica di allarme.
« Hanno delle armi in ferro, fai attenzione! »
Il re dei demoni digrignò i denti, irritato, mentre l'arciere lo minacciava nuovamente.
« Lascia andare sir Iwaizumi, mostro! » gli urlò contro Kageyama, sfuggito al tafferuglio che poco lontano stava coinvolgendo i compagni e gli altri due demoni.
Oikawa lo fissò con disprezzo e bastò un gesto della mano per scaraventarlo a terra.
« Levati dai piedi, tu! »
Iwaizumi avrebbe voluto urlare a Kageyama di andarsene, che di quel passo sarebbe finita male per tutti e non ne valeva la pena visto che il re dei demoni ce l'aveva solo con lui, ma non riuscì a dire una parola. I rampicanti strisciarono a stringergli la gola, togliendogli l'aria, e alcuni rovi gli si avvolsero attorno alle braccia. Poteva sentire le spine penetrare nella pelle nell'unica zona lasciata scoperta dai bracciali dell'armatura.
I rumori dello scontro si stavano facendo sempre più lontani, segno che stava per perdere i sensi, ma ormai aveva poca importanza: Tooru lo odiava, non ne capiva il motivo ma era era così, quindi tutto quello che aveva fatto finora, tutto quello che si era ripromesso di costruire, non aveva più nessun senso.
« Lascialo andare! »
La voce di Kageyama risuonò ancora alle sue spalle. Una freccia sibilò, il re dei demoni fece un gesto brusco con la mano e un dolore bruciante esplose nella spalla di Iwaizumi.
« Sir Iwaizumi! »
« Tooru! »
Quello che accadde successivamente fu una girandola confusa di voci che urlavano e armi che cozzavano.
« Lascialo andare! Subito! O non eviterai la prossima freccia! »
« Abbassa quell'arco immediatamente! Abbassalo, ho detto, o lo faccio fuori! »
Quella era inequivocabilmente la voce del demone rosso, resa aspra dalla tensione.
« Tooru, vieni via. Tooru! Bokuto, vai a prenderlo e andiamocene! »
Iwaizumi percepì solo la presa dei rampicanti che si allentava e la figura di Kageyama che scattava in avanti di fronte al suo sguardo appannato. Ma non stava tentando di soccorrere lui.
« Hinata! »
L'urlo gli ferì le orecchie.
« HINATA!! »

Iwaizumi riprese conoscenza gradualmente, rendendosi conto di essere sdraiato su un letto, in una stanza in cui filtrava la luce calda e aranciata del tramonto. Tentò di muoversi, almeno di mettersi a sedere, ma un forte dolore alla spalla lo fece desistere in fretta.
« Sarebbe meglio che rimaneste fermo almeno per un po'. »
Una voce tranquilla alla sua sinistra lo indusse a voltarsi e mise a fuoco Kenma.
Il giovane mago non portava la tunica bianca e aveva un'aria particolarmente stanca.
« Cos'è successo? » chiese il cavaliere nel tentativo di fare un po' di chiarezza. Ricordava lo scontro, lo sguardo furibondo di Oikawa e il suo tentativo di ucciderlo, ma da lì in poi tutto si faceva confuso. « State tutti bene? »
Kenma lo fissò per un istante, poi distolse gli occhi.
« Kageyama, Aone ed io stiamo bene, ma Shoyou... è stato portato via dai demoni. » fu la risposta.
« Che cosa?! »
Iwaizumi scattò a sedere, ma il dolore che si irradiò immediatamente in tutto il braccio e il petto lo costrinse a desistere.
« Vi prego di nuovo di stare fermo. Vi ho appena ricucito e spero non vorrete rendere vano tutto il lavoro mio e di Aone. »
La voce di Kenma era apparentemente tranquilla, ma Iwaizumi poteva chiaramente percepire una tensione sottintesa, e alla sua ennesima richiesta gli venne finalmente fornita una spiegazione.
Quando il re dei demoni lo aveva attaccato, gli altri due avevano ingaggiato uno scontro con il resto del gruppetto. Solo Kageyama era riuscito a liberarsi per accorrere in suo aiuto e la freccia che lo aveva colpito non era altro che una di quelle che l'arciere aveva scagliato contro il demone e che questi aveva respinto, indirizzandola verso di lui. A quel punto si era creata una pericolosa situazione di stallo, con Iwaizumi minacciato dal demone, a sua volta tenuto sotto tiro da Kageyama troppo da vicino perché potesse evitare o respingere di nuovo una freccia. Per evitare che accadesse l'irreparabile, il demone rosso aveva afferrato Hinata e l'aveva usato come scudo mentre si ritiravano nella foresta. Il demone grigio aveva dovuto letteralmente trascinare via il re che sembrava non avere nessuna intenzione di scendere a più miti consigli nonostante l'ostaggio.
« Kageyama è impazzito, abbiamo dovuto trattenerlo a forza per evitare che si lanciasse nella foresta al loro inseguimento. » concluse Kenma.
Iwaizumi tentò di imporsi la calma e riflettere: i demoni, Kuroo e Bokuto, ora ne era certo, avevano usato Hinata per coprirsi la ritirata, probabilmente perché si erano resi conto che i loro avversari avevano armi di ferro che avrebbero potuto fare del male a Oikawa. Il quale, al contrario, era  folle di rabbia al punto da arrivare ad aggredirlo praticamente a mani nude. Era una situazione talmente surreale, talmente assurda, che il solo pensarci lo faceva impazzire.
Aveva amato quel ragazzo con tutto il cuore, possibile che il suo semplice allontanamento avesse scatenato un simile rancore? A quanto sembrava, sì.
« Sir Iwaizumi, credo che ci dobbiate delle spiegazioni. »
La voce di Kenma lo indusse a voltarsi nuovamente: non aveva mai visto uno sguardo tanto serio negli occhi dorati del biondino e desiderò davvero potergli dare tutti i chiarimenti che gli spettavano. Purtroppo anche alla sua storia mancava il tassello principale.
« L'ho abbandonato, Kenma. E nel farlo ho perso me stesso. »
Si portò il braccio sano al volto, coprendosi gli occhi e stringendo i denti con rabbia, una collera rivolta soprattutto contro sé stesso.
« Non so come sia successo, ma è tutta colpa mia. Se Oikawa è in quello stato è di certo per qualcosa che ho fatto e dimenticato, anche se non so come sia stato possibile. Devo avergli fatto un torto orribile. E ora Hinata è nelle loro mani. »
Kenma sospirò ma non fece altre domande e il cavaliere gliene fu grato. Avrebbe parlato con loro di tutta la faccenda non appena si fosse sentito un po' più lucido.
« Non credo che faranno del male a Shoyou, se avessero voluto ucciderlo non si sarebbero presi la briga di portarlo via, l'avrebbero fatto subito. Un ostaggio è molto più utile da vivo, magari per uno scambio. »
Già, si disse Hajime amaramente, avrebbero potuto chiedere di scambiarlo con lui in modo che Tooru completasse quello che non era riuscito a portare a termine.
« Come sta Kageyama? » chiese invece, preoccupato anche per la sorte dell'arciere, così legato al piccolo spadaccino.
Kenma scosse la testa.
« Ho dovuto costringerlo a bere un infuso calmante, ora sta dormendo e Aone lo tiene d'occhio. »
A quelle parole Iwaizumi finì per sentirsi tremendamente in colpa, dopotutto quello che era successo era una sua responsabilità e non si sarebbe stupito se Kageyama l'avesse ritenuto responsabile del rapimento del compagno.
« Che non vi passi minimamente per la testa di fare sciocchezze. Aone ed io possiamo anche conoscere incantesimi curativi, ma non possiamo fare l'impossibile, quindi vi proibisco di muovervi da qui finché la ferita non sarà guarita. E lo stesso vale anche per Kageyama, gettarsi allo sbaraglio non servirà a salvare nessuno. »
Kenma aveva ragione, in quelle condizioni non avrebbe potuto essere di nessun aiuto, ma il senso di colpa era difficile da scacciare.
Quella notte Hajime faticò a prendere sonno, la mente troppo affollata da immagini contraddittorie e dolorose. Non riusciva a capacitarsi di cosa fosse successo al ragazzo che aveva promesso di proteggere per sempre. Avrebbero dovuto costruire insieme un futuro in cui esseri umani e fate convivevano pacificamente, un mondo dove nessuno veniva temuto, disprezzato o sfruttato per via del suo potere. Invece era finita in quel modo, con Oikawa che lo odiava e voleva addirittura ucciderlo per un motivo che non riusciva a comprendere.
Tutto quel rancore, quel disprezzo, lo ferivano in un modo che non si sarebbe mai immaginato, un dolore sordo al petto che gli faceva venire voglia di piangere.
Quando finalmente il suo fisico debilitato cedette al sonno, sognò il ragazzino di tanti anni prima, con gli occhi dolci dello stesso colore della prima castagna d'autunno, che gli sussurrava all'orecchio: « Voglio stare con te per sempre. »

 

Noticina di Yuki

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


Cap. 6

 

Quando Hinata si svegliò impiegò alcuni istanti a capire dove si trovasse: non era il letto di una locanda e nemmeno il giaciglio confortevole che si creava arrotolando il mantello quando si accampavano all'aperto. Sembrava semplicemente una piccola zona erbosa accanto ad alcuni alberi e riparata da una barriera di cespugli. Tra le fronde filtrava una luce tenue e opaca, proveniente da un cielo cupo che gli impediva di capire se fosse giorno o sera.
Mentre si alzava lentamente a sedere, sgranchendosi gambe e braccia indolenzite, fece mente locale su quanto successo. Ricordava lo scontro con i demoni della Brughiera e che il re aveva preso di mira Iwaizumi come se lo conoscesse. Rammentava Kageyama che correva in aiuto del cavaliere e il demone vestito di rosso che afferrava lui stesso per farsene scudo durante la ritirata. L'ultima cosa che aveva udito era Kageyama che urlava il suo nome, dopodiché doveva aver perso i sensi visto che tutto si faceva nero e confuso.
Quindi era stato preso in ostaggio dai demoni, si disse tentando di mantenere la calma. Se avesse seguito l'istinto sarebbe scappato fuori da quei cespugli urlando, ma non era certo che quella fosse la soluzione più appropriata. Sicuramente Kageyama lo avrebbe sgridato dicendo che ragionava con la spada invece che con il cervello. A proposito di spada, non la vedeva da nessuna parte. Era comprensibile che i demoni l'avessero disarmato, ma gli sarebbe dispiaciuto perderla. In ogni caso, continuò seguendo un filo di pensieri tutto suo, ora che si trovava lì avrebbe potuto studiare i movimenti degli avversari come un infiltrato e approfittarne poi per riferire le loro debolezze ai compagni. Ammesso che fosse riuscito a scappare, ovviamente, ma di questo non dubitava.
Stava per scostare i cespugli per controllare la situazione quando una voce bloccò preventivamente ogni suo gesto.
« Tooru! Insomma, si può sapere cosa ti è saltato in mente? »
Era la voce del demone rosso, ma leggermente più miagolante di prima.
« Quelli avevano delle armi di ferro, sarebbe potuta finire male se una freccia ti avesse colpito! »
« Lo so, Kuroo-chan, lo so! »
Quello era inequivocabilmente il re dei demoni e Hinata si avvicinò di più al cespuglio per sentire meglio.
« Se lo sai allora avresti dovuto darmi ascolto invece che farti portare via di peso da Bokuto! »
Hinata era stupito che una creatura così potente e spaventosa si lasciasse rimproverare in quel modo, l'impressione generale era quella di un padre o di un fratello maggiore che sgridava un bambino.
« Comunque non mi sarei mai aspettato di vedere Hajime, ha avuto un bel coraggio a tornare qui. » commentò una terza voce, quella del demone grigio. « Sono rimasto stupito io, figuriamoci Tooru! »
« Smettila, Bokuto, non scusarlo! »
Ne seguì un silenzio prolungato, interrotto solo da uno strano frusciare di stoffa e da uno sciacquio. Hinata si sporse appena oltre il cespuglio e intravide l'angolo di un laghetto dalle acque limpide. Su una roccia lì accanto era appollaiato un gufo grigio, mentre un gatto nero zampettava nervosamente sull'erba. Il piccolo spadaccino non impiegò molto a capire che quella doveva essere un'altra forma dei sottoposti del re dei demoni, anche se non poteva sporgersi maggiormente per individuare quest'ultimo senza essere scoperto. Nessuno sembrava badare a lui, se avesse aspettato che se ne andassero magari avrebbe potuto scappare e tornare dai suoi amici. Anche se non aveva raccolto informazioni non poteva lasciarsi sfuggire quell'occasione, per questo si appoggiò con la schiena al tronco dell'albero, impaziente.
Dopo alcuni minuti un suono inatteso attirò la sua attenzione. Sembrava un singhiozzo, ma era talmente assurda come idea che Hinata pensò di essersi sbagliato.
« Tooru... » mormorò il gufo, Bokuto, in tono triste.
« Ma... stai piangendo? » gli fece eco Kuroo, il gatto. « Andiamo, Tooru... »
« Non sto affatto piangendo! » scattò il re dei demoni, nervosamente, ma la sua voce era incrinata. «Piuttosto, andate a cercare qualcuno che si occupi di quello scarto di spadaccino che vi siete portati dietro! Non ho la minima intenzione di stargli alle calcagna tutto il giorno e non possiamo permetterci che se ne vada a zonzo per conto suo! »
Hinata avrebbe dovuto prendersela per la definizione poco lusinghiera che gli era appena stata affibbiata, ma era troppo concentrato su tutto il resto per farci davvero caso. Il re dei demoni, che da anni terrorizzava quelle terre e che gli era apparso come il più feroce dei mostri, parlava come un ragazzo qualunque e, cosa che lo aveva spiazzato completamente, piangeva pensando a Iwaizumi. Era talmente assurda e contraddittoria come immagine che stentava a crederci. Solo poco prima aveva tentato di strangolare il cavaliere eppure ora...
Dietro quella storia doveva esserci molto più di quello che Iwaizumi aveva spiegato loro.
Quando vide il gatto e il gufo allontanarsi e sparire tra i cespugli dalla parte opposta della piccola radura, Hinata osò tornare a sbirciare il laghetto. Quello che vide era del tutto diverso da ciò che si aspettava e lo lasciò senza parole: il re dei demoni gli dava le spalle ed era immerso nello stagno fino alla vita, la pelle candida resa lucida dall'acqua e i capelli umidi che si arricciavano sul collo e attorno alle corna. Teneva una mano sugli occhi e le sue spalle sussultavano leggermente, solo dopo alcuni istanti l'allontanò, alzò il viso e prese un paio di respiri profondi, come per calmarsi. Quello che però colpì maggiormente Hinata, al punto fargli dimenticare la posizione precaria in cui si trovava, furono le due grosse cicatrici che il demone aveva sulla schiena, all'altezza delle scapole. Ricordava fin troppo bene la domanda stupita di Iwaizumi riguardo delle ali e quella visione gli presentò un'immagine del re dei demoni che mai si sarebbe sognato di prendere in considerazione: quei segni erano il chiaro indizio che a sua volta aveva subito una violenza e che forse, dietro il mostro che seminava terrore, c'era ben altro.
Si sporse ancora un po' in avanti, per vedere meglio, quasi rapito da quello che si presentava ai suoi occhi, ma fu in quel momento che il ramo a cui era appoggiato si spezzò, facendolo precipitare a terra con il naso nell'erba.
Il re dei demoni si voltò di scatto, un'aria tempestosa sul volto e una saetta verde acido già materializzata tra le dita.
« Chi è là? »
Hinata si raddrizzò ed indietreggiò di alcuni passi, impallidendo di fronte alla versione nuovamente spaventosa della creatura.
« Ah... Sono io... Mi dispiace, non volevo spaventarti. »
Per quale motivo si stesse scusando e per quale motivo avrebbe dovuto essere lui ad intimorire l'altro, non sapeva spiegarselo. Forse solamente perché aveva interrotto un momento intimo che di certo nessuno avrebbe voluto condividere con un estraneo.
L'espressione sul suo volto però passò subito da allarmata a sarcastica, come se avesse pronta una maschera per celare le emozioni di poco prima.
« Come se potessi farlo. Ora siediti lì e non muoverti se non vuoi passare un gran brutto quarto d'ora. » furono le sue parole.
Hinata temette per un attimo che gli scagliasse contro quelle saette, ma il demone si limitò a muovere una mano e a far avvolgere attorno ad una sua caviglia alcuni rami. Non erano rovi, notò lo spadaccino, ma semplici rampicati. Poteva essere che non ve ne fossero nelle vicinanze, ma era anche possibile che non avesse intenzione di ferirlo.
Fingendo indifferenza, il giovane tornò a rinfrescarsi nell'acqua del laghetto premurandosi però, notò Hinata, di non dargli mai le spalle. Anche quello poteva essere semplicemente per tenerlo d'occhio, o forse per non mostrargli quelle cicatrici. No, probabilmente stava lavorando troppo di fantasia, si trattava pur sempre del re dei demoni.
Quando uscì dall'acqua lo vide prima di tutto avvolgersi nel mantello nero che lo copriva completamente e allora non ebbe più dubbi: stava volutamente celando quei segni.
« Tooru... »
Il demone si voltò di scatto, sgranando gli occhi carmini.
« Chi ti ha dato il permesso di chiamarmi così? » sbottò incredulo.
« Beh, è il tuo nome, no? L'ho sentito da... » Forse non era il caso di fargli sapere che aveva origliato la conversazione di poco prima. « Da sir Iwaizumi. Oikawa Tooru. É scomodo chiamarti sempre re dei demoni. »
Probabilmente non era stata una grande pensata quella di nominare Iwaizumi, perché vide l'altro irrigidirsi e lanciargli un'occhiata che avrebbe incenerito un sasso.
« A maggior ragione ti proibisco di usare il mio nome! » esclamò irritato.
Hinata avrebbe voluto ribattere, ma quell'atteggiamento improvvisamente aggressivo lo convinse a desistere. In tutta sincerità gli sarebbe anche piaciuto discutere con il demone per capire che cosa lo avesse portato a comportarsi così: non si era mai considerato particolarmente bravo con la parole, ma persino lui capiva che c'erano troppe cose non dette in quella storia e che il modo in cui si era diffusa era troppo semplicistico. Tuttavia quello non sembrava il momento adatto visto che aveva di nuovo fatto innervosire il suo nemico e quello stato d'animo lo rendeva pericoloso.
In quel mentre, inoltre, il ritorno dei due spiriti animali, questa volta nella loro forma umana, lo costrinse ad accantonare del tutto l'idea.
« Siamo tornati! » esclamò Bokuto, entusiasta. « E abbiamo trovato proprio chi fa al caso nostro! »
Kuroo si fece avanti portandosi appresso quella che a prima vista sembrava una ragazzina, ma che sulla schiena aveva un paio di ali semitrasparenti e luccicanti. I suoi abiti sembravano fatti di foglie intessute e piccoli fiori bianchi simili a margherite, che le adornavano anche i capelli biondi. Era pallidissima e tremava come una foglia, tanto che Hinata desiderò poterla rassicurare.
Oikawa invece la squadrò da capo a piedi e si rivolse ai due compagni con aria scettica.
« Una fata della luce? Pensavo se ne fossero andate tutte. Pensate che sarà all'altezza del compito? »
Per tutta risposta la ragazza si gettò ai suoi piedi, disperata.
« Grande Re, vi prego, non mangiatemi! Non uccidetemi! Farò qualunque cosa vogliate, ma abbiate pietà! » implorò a testa bassa.
I tre si scambiarono occhiate perplesse finché Oikawa non riprese la parola.
« Nessuno ha intenzione di mangiarti, ti sembro forse uno che si nutrirebbe di un suo simile? »
Hinata avrebbe potuto rispondere di sì senza problemi, ma era più interessato a vedere dove sarebbe andato a parare quel discorso.
« In ogni caso voglio che tu ti occupi del prigioniero che abbiamo catturato nello scorso scontro con gli umani, visto che non posso permettermi di stargli dietro tutto il giorno e gli alberi non hanno voglia di tenerlo legato con i loro rami tutto il tempo. Dovrai tenerlo d'occhio, fare sì che non se ne vada a zonzo da solo e che non scappi, potrebbe servirmi per uno scambio in futuro. »
La ragazza, la fata, sembrava atterrita all'idea e iniziò a balbettare frasi senza senso sul fatto che un umano l'avrebbe sicuramente catturata e vivisezionata per studiarla e poi fatta a pezzi per succhiarne il potere e altre atrocità di vario genere, finché Kuroo non le posò una mano su una spalla e le indicò Hinata.
« Un tipo del genere non può farti nulla di male, non ne sarebbe in grado. Devi solo tenerlo d'occhio finché Tooru non decide cosa farne. Sono certo che tu sia perfettamente all'altezza del compito. »
A quelle parole, la fatina sembrò rassicurata e tutto il suo corpo emise una tenue luce dorata, come a manifestare la gioia che le avevano dato. Persino Hinata si ritrovò a sorridere guardandola: non aveva certo l'aria di qualcuno che avrebbe potuto fargli del male, né tanto meno lui ne avrebbe fatto a lei, anzi avrebbe potuto essere un'occasione per saperne di più sulle creature fatate.
Quando il terzetto di demoni se ne andò, sostenendo di avere da fare altrove, Hinata si avvicinò a lei senza che la liana gli stringesse ancora la caviglia e le tese la mano.
« Mi chiamo Hinata Shoyou, piacere di conoscerti. Sono felice che non mi abbiano messo di guardia qualche demone spaventoso! »
La ragazza lo fissò di sottecchi, a qualche passo di distanza, ancora timorosa, ma il giovane spadaccino non si diede per vinto e alla fine lei ricambiò la stretta.
« A-anch'io sono felice che tu non sia un umano orribile, di quelli che uccidono le creature fatate. » mormorò tentennando ancora per un attimo. « Io sono Yachi. »
A quelle parole il sorriso di Hinata s'incrinò per un attimo: in effetti lui era proprio quello che, fino a poco tempo prima – Quanto? Quanto tempo era passato dalla sua cattura? Non lo sapeva. – andava dicendo che avrebbe sconfitto il re e tutti i demoni che gli sarebbero capitati a tiro per dimostrare di essere un degno eroe. Ora però la situazione era diversa e non si sarebbe mosso finché non fosse stata più chiara.
Non sapendo bene come muoversi e quanta distanza tenere tra sé e la fatina per non farla sentire a disagio, Hinata tornò a sedersi sull'erba. Voleva farle mille domande ma non sapeva da che parte cominciare per evitare che scappasse via spaventata da tanto interesse.
« Senti, ehm... Yachi... ci sono delle cose che vorrei chiederti. » esordì tentando di mantenere la calma e di ragionare, cosa che non era particolarmente abituato a fare. Era Kenma il diplomatico in fondo, lui era più portato ad agitare la spada sotto il naso dei nemici. « Questo posto è strano, il vostro re è strano. Per tutto il regno è diffusa la storia del demone crudele che attacca senza motivo gli esseri umani e anch'io ero convinto che fosse così, fino a poco fa. Ma poi l'ho sentito parlare con i suoi sottoposti e... non lo so, mi ha fatto un'impressione così... umana. Se è un demone perché piangeva? Tu sai spiegarmelo? »
Alla menzione delle lacrime del re, l'espressione della ragazza si fece triste, mentre i suoi occhi si abbassavano e stringeva il labbro inferiore tra i denti. Sembrava quasi che si stesse tormentando sulla possibilità o meno di dare una risposta a quelle curiosità.
« Non userò queste informazioni per fare del male, te lo prometto! » esclamò quindi Hinata, per rassicurarla. « Uno dei miei compagni probabilmente conosceva il vostro re e ha una questione in sospeso con lui. Se questo può fermare le scorribande dei demoni, vorrei solo che si chiarissero. »
Yachi sembrò tranquillizzata da quelle parole e si sedette a sua volta sull'erba, a debita distanza.
« Il Grande Re non è sempre stato così. » esordì. « Anni fa non era nemmeno un demone, ma un semplice spirito dei boschi. Era amico delle fate della luce, come me, al punto che è capitato che partecipasse a nostri rituali di fusione con la magia della terra. Ora però tutto è cambiato, quasi tutte le fate della luce hanno lasciato la Brughiera dopo l'incidente di cinque anni fa e il Grande Re è diventato quello che è oggi. »
Il tono della ragazza era talmente triste che Hinata si ritrovò di nuovo a chiedere spiegazioni e fu così che venne a conoscenza dei fatti accaduti cinque anni prima e che avevano portato alla nascita di quello che sarebbe diventato il flagello delle terre circostanti.
Oikawa allora era completamente diverso, era uno spirito curioso e pieno di vita, perennemente allegro e con una gran voglia di scoprire il mondo. Passava le sue giornate con Kuroo e Bokuto scorrazzando per la Brughiera come un normale ragazzino e tutte le fate lo adoravano. L'unico particolare che lo rendeva diverso dagli altri spiriti era che aveva un amico umano, un ragazzo di un villaggio vicino che era cresciuto con lui e che aveva portato con sé nei boschi. Nei primi tempi della loro conoscenza le fate si erano preoccupate all'idea che un cucciolo d'uomo bazzicasse le loro terre ma con il tempo si erano rese conto che la sua influenza su Oikawa era positiva e che quell'amicizia avrebbe potuto aprire la strada ad una futura convivenza più pacifica delle due razze. Tuttavia l'incidente di cinque anni prima aveva mandato all'aria ogni possibile idea di equilibrio distruggendo contemporaneamente la vita della Brughiera e del suo spirito più potente.
« Un incidente? » chiese Hinata stupito. « Significa che non è stata colpa di qualcuno, giusto? »
Yachi scosse la testa, desolata.
« Incidente è solo un modo delicato per chiamarlo, il termine esatto sarebbe aggressione. Il Grande Re e il suo compagno hanno partecipato al nostro ultimo cerchio ed è stata un'esperienza meravigliosa, ma purtroppo, dopo... »
Un'espressione di dolore si dipinse sul volto della ragazza, che si portò le mani al petto come se soffrisse al solo raccontare i fatti accaduti.
« Qualcuno è stato aggredito? » incalzò Hinata, ora decisamente allarmato.
« Il giovane umano ha aggredito il Grande Re nel sonno, strappandogli le ali e fuggendo abbandonandolo. Le ali di una fata sono parte del suo potere e quel gesto ha dimostrato solamente che l'amicizia e l'amore tra esseri umani e creature fatate non è possibile, perché gli umani mettono il loro egoismo e la loro sete di potere sopra ogni sentimento. »
Hinata rimase a fissarla con gli occhi sgranati: ora capiva a cosa fosse dovuto tutto quel rancore da parte del demone, tutta quella rabbia che aveva scagliato contro di loro e Iwaizumi in particolare. Il cavaliere stesso aveva menzionato delle ali e gli bastò un istante per capire che era proprio lui il fantomatico amico umano.
« Immagina la persona di cui più ti fidi al mondo, » continuò Yachi. « quella che più ami in assoluto, che ti tradisce nel modo più brutale tagliandoti un arto e impedendoti di vivere una vita normale. »
Il solo pensiero era agghiacciante e l'immagine che si formò spontaneamente nella mente di Hinata fu quella di Kageyama che, spada alla mano, si avvicinava furtivamente di notte per colpirlo ad un braccio o ad una gamba.
Rabbrividì. Non riusciva a pensare a come avrebbe potuto reagire ad una situazione del genere e non poteva nemmeno immaginare come si fosse potuto sentire Oikawa in quel momento. Era davvero tremendo che Iwaizumi avesse potuto... Ehi, un momento!
« Sir Iwaizumi non avrebbe mai fatto una cosa del genere! » esclamò d'impulso, avvicinandosi a Yachi e afferrandola nella foga. « É un cavaliere leale e onorevole. Dev'esserci un'altra spiegazione!»
La fatina strillò spaventata e ritrasse il braccio ma Hinata non si diede per vinto: c'era qualcosa che non andava in tutto quel racconto, la persona descritta da Yachi si comportava in modo troppo strano. Se avesse voluto fare del male a Oikawa avrebbe avuto mille occasioni e mille modi piuttosto che durante il rituale, inoltre aveva agito in modo davvero troppo crudele per essere l'Iwaizumi che conosceva.
« Devo chiederglielo! » esclamò ad un tratto. « Devo chiedere a sir Iwaizumi com'è andata! Lasciami tornare dai miei compagni! »
A quelle parole improvvise, Yachi balzò in piedi atterrita, aprendo le braccia nel tentativo piuttosto goffo di bloccargli il passaggio.
« Non puoi farlo! Il Grande Re mi ucciderà e banchetterà con il mio cadavere! »
« Allora andrò direttamente da lui e gli proporrò una sfida, se vincerò dovrà lasciarmi andare. Non mi sarà difficile batterlo, dopotutto sono un eroe! »
Così dicendo si avviò con passo sicuro nella direzione in cui i tre demoni erano spariti, ignorando le preghiere accorate di Yachi che lo scongiurava di non andare a farsi ammazzare senza motivo.

Poco distante da lì, la villaggio di Seijou, la situazione era tutt'altro che tranquilla: era passato solo un giorno dallo scontro con i demoni, quindi per Iwaizumi valeva ancora il divieto assoluto di alzarsi dal letto, ma nonostante questo gli era impossibile riposare. Ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva le immagini della battaglia, le espressioni che si erano susseguite sul volto di Oikawa, l'orrore nel suo sguardo e la rabbia folle nei suoi gesti. Per quanto ci avesse pensato e ripensato fino a farsi venire un tremendo mal di testa, il cavaliere non riusciva davvero a capire cosa potesse aver fatto per scatenare tanto rancore. Ancora di più lo preoccupava la mancanza delle sue bellissime ali e si chiedeva con angoscia cosa potesse essere successo.
A rendere ancora più opprimente la permanenza in quella piccola locanda vi era il fatto che Kageyama, alloggiato nella stanza accanto alla sua, non sapeva darsi pace e da quella mattina era un continuo susseguirsi di discussioni. Anche in quel momento poteva sentire la sua voce attraverso i muri sottili della camera.
« Non possiamo restare qui con le mani in mano! Hinata è in balia di quei mostri, dobbiamo salvarlo! Mentre noi siamo qui a perdere tempo potrebbero avergli fatto di tutto! Potrebbe essere già morto! »
Il tono di risposta di Kenma era decisamente più contenuto, Iwaizumi non riusciva a distinguerne le parole, ma poteva tranquillamente immaginarle: non dovevano agire d'impulso, era meglio aspettare una mossa dei demoni, la sua ferita non era ancora guarita etc... Il giovane mago l'aveva ripetuto un'infinità di volte, ottenendo puntualmente risposte secche ed insofferenti da parte dell'arciere.
Hajime lo capiva fin troppo bene, lui stesso avrebbe voluto lasciare quel letto in barba a qualunque malessere o ferita e correre da Oikawa per chiarire la situazione. Voleva parlargli, capire e... e, dannazione, quanto desiderava stringerlo tra le braccia e baciarlo fino a non avere più fiato! Essere bloccato lì era così frustrante che gli sembrava d'impazzire.
La porta che si apriva e si chiudeva con un rumore fin troppo improvviso lo fece sobbalzare e voltare di scatto verso di essa, provocandogli una fitta alla spalla.
« Kageyama... » mormorò stupito, vedendo il ragazzo in piedi sulla soglia.
Il giovane arciere teneva lo sguardo basso ma aveva ancora le guance arrossate per la discussione di poco prima. Era chiaro che fosse agitato, probabilmente cercava uno sfogo o una parola di conforto.
« Vedrai che Hinata sta bene. » tentò Iwaizumi. « Quei tre sembrano dei mostri ma posso assicurarti che non lo sono, nonostante tutte le voci che si sono diffuse su di loro. »
Kageyama però non sembrava affatto convinto e continuava a rimanere in piedi rigido di fronte a lui e con i pungi stretti. Hajime poteva capirne perfettamente lo stato d'animo, ma non era per nulla certo di essere in grado di rassicurarlo.
Poi, improvvisamente, Tobio, s'inchinò di fronte a lui, spiazzandolo.
« Mi dispiace. Siete rimasto ferito per colpa mia. Non avrei mai immaginato di essere un incapace di tale livello. Eppure, nonostante questo, persisto nel lamentarmi e nel chiedere a tutti voi di assecondare le mie richieste. Non posso accettare il fatto che io... »
Iwaizumi avrebbe voluto interrompere in qualche modo quelle parole ingiuste, la colpa di tutto non era affatto di Kageyama, ma reputò che fosse meglio lasciarlo sfogare. Il giovane infatti prese a percorrere a grandi passi la stanza.
« Non solo non sono stato in grado di impedire che una delle mie frecce vi ferisse, ma addirittura non ho saputo proteggere la persona per me più importante! Ho lasciato che lo portassero via davanti ai miei occhi e questo non posso perdonarmelo in nessun modo. Non avrò pace finché non l'avrò di nuovo al mio fianco sano e salvo! »
La determinazione che brillava nei suoi occhi blu provocò una punta di invidia in Iwaizumi: anche lui aveva permesso che accadesse qualcosa di terribile alla persona che più amava al mondo, anzi probabilmente ne era anche stato la causa ma, nonostante questo, le sue certezze iniziavano a vacillare. Era possibile che Oikawa lo odiasse al punto che il loro rapporto non fosse recuperabile, se così fosse stato il rimorso lo avrebbe perseguitato per tutta la vita e neanche scoprire di cosa effettivamente avesse responsabilità sarebbe stato d'aiuto.
Allungò una mano dal letto dov'era sdraiato e sfiorò il braccio dell'arciere, in piedi lì accanto.
« Non angustiarti, non è stata colpa tua. » disse, nonostante fosse consapevole della scarsa utilità di quelle parole. « Hai la mia parola che troverò il modo di riportare indietro Hinata al più presto. »
Se solo la spalla non gli avesse fatto così male. Se solo il dolore non si fosse esteso al braccio e pulsasse anche nelle piccole ferite lasciate dalle spine dei rovi...

 

Noticina di Yuki:

Venite a trovarmi! Fairy Circles

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Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


Cap. 7

 

Dopo aver abbandonato la radura con il laghetto, Kuroo, Bokuto e Oikawa si erano divisi: i primi due si erano finalmente dedicati alla tanto attesa caccia agli gnomi, passatempo utile soprattutto a scaricare i nervi, mentre il re dei demoni si era ritirato nella propria dimora personale. Non si trattava di una casa vera e propria, bensì di un angolo appartato di bosco, riparato da una parete di fitte fronde che lo separavano dell'ambiente circostante. Lì Oikawa riposava e si rifugiava quando aveva bisogno di passare del tempo in solitudine.
Da quando erano rientrati dopo lo scontro con gli avventurieri, non aveva ancora avuto modo di riflettere con calma su quanto accaduto: Kuroo e Bokuto erano sempre con lui ed era loro grato per questo, al punto da non vergognarsi nemmeno troppo di mostrare le sue lacrime, ma ora sentiva di dover passare un po' di tempo per conto proprio.
Rivedere Iwaizumi in quel modo, senza nessun preavviso, era stato uno shock. Quel giorno di cinque anni prima si era convinto che non l'avrebbe incontrato mai più e aveva rinchiuso nella parte più profonda del proprio cuore ogni genere di sentimento diverso dall'odio che provava nei suoi confronti. Non era pronto a quello che avrebbe visto, a trovarselo di fronte mentre lo guardava in quel modo, lo chiamava, chiedeva spiegazioni con domande che non era suo diritto fare. Oikawa aveva perso del tutto la testa. E aveva anche rischiato grosso per questo.
Ora che si trovava da solo a riflettere e che il suo cuore si era calmato, mille domande si affacciavano alla sua mente. Per quale motivo Iwaizumi era tornato? Davvero faceva parte di un gruppo di presupposti eroi partiti con l'intento di sconfiggere il fantomatico “re dei demoni”? E se così fosse stato, com'era possibile che l'avesse riconosciuto solo nel momento in cui i loro sguardi si erano incrociati?
Oikawa era più o meno consapevole delle conseguenze della perdita di controllo del suo potere di quella notte di cinque anni prima. Le ripercussioni sul territorio della Brughiera erano state lampanti fin da subito ma ben presto era venuto a sapere anche ciò che era successo a chi abitava i terreni tutto attorno. Sembrava che chiunque avesse perso memoria di come fossero il bosco e i suoi abitanti prima della mutazione, nessuno rammentava il periodo in cui non vi erano conflitti e la terra era fertile e rigogliosa. Per qualche motivo però Oikawa stesso si era convinto che Iwaizumi fosse stato immune a questo effetto, forse perché lo immaginava già lontano, forse, semplicemente, perché non poteva accettare che l'altro potesse scordare così facilmente tutto quello che c'era stato tra loro.
Tutti quei ragionamenti lo portavano a farsi una sola domanda, che per tutti quegli anni aveva tentato di ignorare: cosa ne aveva fatto delle sue ali? Oikawa avrebbe voluto chiederglielo, ma la sola idea di affrontare quel discorso con lui gli provocava una violenta ondata di nausea.
Non voleva parlare con quel maledetto umano, voleva ucciderlo! Per aver distrutto la sua vita ed essersi preso gioco dei suoi sentimenti non meritava altro che la morte!
E allora perché? Perché, si chiese in un impeto di frustrazione, quando pensava a lui sentiva la gola chiudersi e gli occhi inumidirsi?
« Grande Re! Grande Re, rispondimi! »
Una voce squillante interruppe il flusso dei suoi pensieri costringendolo a tornare con i piedi per terra.
« Ho una sfida da proporti! Vieni fuori, Tooru! »
Al sentirsi chiamare per nome da quello scricciolo impertinente, Oikawa scattò irritato e scostò bruscamente la cortina di fronde che fino a quel momento gli aveva garantito una certa riservatezza. Quasi subito si trovò di fronte Hinata con un'espressione battagliera e un bastone tra le mani. Non ebbe nemmeno il tempo di far presente il suo disappunto per l'appellativo utilizzato per chiamarlo, che quello gli sventolò sotto il naso la propria arma improvvisata.
« Ti sfido, Grande Re! Se vincerò io dovrai lasciarmi andare! »
Solo in quel momento Oikawa si rese effettivamente conto di cosa si trattasse: un ramo spezzato di fresco. I suoi occhi si spalancarono e, senza minimamente badare alla parole del ragazzo, spazzarono la radura circostante per fermarsi alcuni istanti dopo sull'albero offeso.
Senza dire una parola, gli strappò di mano il bastone e lo superò ignorando la sua espressione stupefatta. Raggiunse l'albero e rimise il ramo nella posizione originaria, coprendo la giuntura con entrambe le mani. Una debole luce dorata filtrò attraverso le sue dita e un attimo dopo il legno era di nuovo intatto.
« Mi dispiace. » mormorò sfiorando con la punta delle dita la corteccia ruvida, prima di volarsi con espressione tempestosa verso il proprio avversario. « Fai di nuovo una cosa del genere e il prossimo ad essere spezzato con tanta facilità sarà un tuo braccio. »
Non alzò la voce, era sufficiente il tono gelido ad incutere il giusto timore.
Hinata impallidì ed indietreggiò di mezzo passo, ma non se ne andò.
« Mi sembrava di essere stato chiaro quando ti ho detto di non chiamarmi in quel modo e di non andartene in giro. Quella fata della luce non sa svolgere nemmeno un compito così semplice come tenerti d'occhio? »
Oikawa era infastidito dalla presenza di quell'insulso umano, gli ricordava costantemente l'esistenza di Iwaizumi nelle vicinanze, con la quale non era ancora riuscito a venire a patti.
« Non è colpa di Yachi! » esclamò Hinata riprendendo coraggio. « Sono venuto qui di mia iniziativa per sfidarti! »
Era così fastidioso! Kuroo non poteva rapire qualcuno di meno petulante?
Oikawa gli lanciò un'occhiata insofferente.
« Sfidarmi. Con un ramo strappato ad uno dei miei amici. Ottima idea, davvero. Non è che sei un aspirante suicida? »
Questa volta le guance di Hinata persero il precedente pallore tingendosi di un rosa acceso, come se il giovane spadaccino fosse imbarazzato per aver ipotizzato una soluzione così semplicistica. Era davvero un libro aperto, ogni emozione gli si poteva leggere in faccia e questo era un altro dei motivi per cui Oikawa non poteva apprezzarlo: troppo spontaneo, troppo diverso da lui.
« Io... Io non mi arrendo! » esclamò comunque. « Devo sconfiggerti e tornare dai miei compagni! Ci sono delle cose importanti che devo sapere da loro!»
Era davvero irritante, tanto che Oikawa sospirò spazientito.
« Se accetterò la tua sfida, mi lascerai in pace? » si ritrovò a chiedere.
« Se vincerò dovrai lasciarmi andare! » ribadì Hinata con convinzione.
Il demone affilò lo sguardo.
« E se perderai banchetterò con le tue carni cotte a fuoco lento. » concluse solo per il gusto di vederlo sbiancare e sentire il singhiozzo di paura della piccola fata che li osservava atterrita da dietro un cespuglio.
Non l'avrebbe mai fatto – e poi dubitava che la carne umana potesse avere un sapore anche lontanamente gradevole – ma vedere la paura riflessa negli occhi dei suoi avversari gli dava una certa soddisfazione.
Tuttavia una sfida alla pari preveda almeno l'uso di un'arma, visto che il piccoletto non poteva certo utilizzare la magia, quindi Oikawa tornò verso il proprio giaciglio e recuperò da un angolo occultato dalle fronde due spade di legno. A volte le utilizzava con Kuroo o Bokuto per tenersi in esercizio, era stato Hajime, anni prima, ad insegnare loro come costruirle e utilizzarle. Ll'ennesimo ricordo che affiorò nella sua mente, innervosì ulteriormente Oikawa, che ne lanciò una al rossino e si preparò a ricevere l'attacco.
Hinata tentennò solo qualche istante, stupito dal fatto che gli fosse stata messa davvero un'arma tra le mani, ma subito dopo si mise in posizione e si lanciò all'attacco.
Lo scontro durò solamente pochi minuti: nonostante l'entusiasmo Hinata era impulsivo e ad un occhio esperto i suoi movimenti risultavano fin troppo prevedibili. Il demone non ebbe nemmeno bisogno di ricorrere alla magia per parare i suoi assalti e ben presto il ragazzo si ritrovò seduto per terra, con il fiato corto e la lama di legno del suo avversario puntata alla gola.
« Molto bene, questa sera arrosto di spadaccino incapace. » ghignò Oikawa.
Vide il piccoletto rabbrividire e ritirò la spada con un gesto spazientito.
« Sparisci, non voglio più vederti da queste parti. Yachi, vedi di tenerlo a bada come si deve. »
« Non pensare che finisca così! » esclamò invece Hinata, testardo. « Tornerò domani e tutti i giorni a venire, finché non ti avrò sconfitto e non mi lascerai andare! »
Tanta cocciutaggine irritava Oikawa più che mai, e l'istinto di farla finita con quell'insetto fastidioso era decisamente forte, ma non poteva: era la sua merce di scambio, la chiave per avere finalmente la sua vendetta, doveva solo portare pazienza.
Quella decisione si rivelò piuttosto ardua da mantenere nei giorni successivi, in cui Hinata si presentò effettivamente con l'intento di riproporre la propria sfida. Oikawa ne era palesemente scocciato all'inizio, ma con il passare del tempo finì per provare una certo gusto nel prendere in giro quel piccoletto.
« Una mezza calzetta come te non ha nessuna speranza. » gli disse il terzo giorno, consapevole di Yachi che li fissava da lontano come sempre. « Anche senza magia potrei batterti con una mano dietro la schiena. Chi era quel poveraccio che ti allenava? »
Hinata tentennò un attimo e faticò a parare il fendente successivo.
« Non era un poveraccio! » protestò indignato. « Kageyama è l'arciere più forte che abbia mai conosciuto! »
Oikawa ricordava chiaramente la persona di cui il ragazzo parlava, era lo stesso che lo aveva minacciato quando aveva immobilizzato Iwaizumi, un tipo fastidioso. Soprattutto, la convinzione di Hinata nell'elogiarlo gli faceva venire ancora più voglia di dire cattiverie.
« Sarà, ma non ti ha insegnato granché. Probabilmente è un egoista che preferisce tenere per sé le mosse migliori. »
« Smettila di parlare male di Kageyama! Non lo conosci! É vero, non ha molta pazienza, ma è una persona leale e sincera! Mi fido totalmente di lui. »
Approfittano di una minima distrazione, il demone compì un movimento brusco e disarmò l'avversario.
Fiducia...
La fiducia era un sentimento orribile e controproducente, che portava solo sofferenza, come l'amore. Quello sguardo luminoso e puro gli dava la nausea.
« Sono sicuro che lui e gli altri sono ancora qui vicino e stanno studiando un piano per venirmi a prendere! » continuò Hinata, raccogliendo la spada di legno, questa volta per nulla turbato dalla sconfitta. « Per questo devo impegnarmi per vincere la sfida, così potrò andarmene senza che vi scontriate.»
Oikawa era completamente senza parole: non era possibile che parlasse sul serio, non poteva esistere qualcuno davvero convinto che quel conflitto potesse risolversi senza spargimenti di sangue e in un tripudio di buoni sentimenti.
« Senti un po'! » esclamò portandosi una mano sul fianco e fissandolo con sufficienza. « Non posso credere che tu sia così ingenuo da pensare che il tuo caro Kageyama sia ancora qui ad aspettarti o stia cercando un modo per salvarti. Per quanto possa sostenere che siate legati, non esiste un sentimento che porti a fare cose simili.»
Hinata, di fronte a lui, ora lo stava osservando con gli occhi sgranati per la sorpresa: ogni traccia di esaltazione sembrava scomparsa da lui per lasciare spazio alla perplessità. Piantò nel terreno la spada di legno e vi si appoggiò, sempre scrutandolo.
« Come sarebbe? É ovvio, no? Ne sono sicuro perché lo amo, e lui ama me. Quando si vuole bene ad una persona funziona così, bisogna avere fiducia in lei. Non è stato così anche per te, con quel ragazzo umano? »
Lo disse con una semplicità tale che Oikawa restò spiazzato, non credendo alle proprie orecchie. Come osava quella creatura piccola e debole parlargli in quel modo, come se fosse a conoscenza della verità assoluta? Come si permetteva di nominare il suo passato, che nemmeno le creature della  Brughiera avevano il coraggio di rievocare, e soprattutto di farlo come se niente fosse? La rabbia che sentì montare dentro di sé spazzò via ogni voglia di scherzare e tollerare quella presenza inopportuna.
« Che ne sai, tu, di quello che ha significato per me?! » si ritrovò a gridargli contro. « Stai qui a cianciare d'amore e ad atteggiarti a paladino che salverà tutti, ma non è così che funziona! Voi, voi, miserabili umani, siete solo capaci di agire per il vostro tornaconto! Non ve ne importa niente di quelli che tradite!»
« Tooru... » tentò di interromperlo Hinata, con il solo risultato di farlo infuriare ancora di più.
« Ti ho detto di non chiamarmi in quel modo! »
Bastò un solo gesto della mano e la forza del suo potere scaraventò il piccolo spadaccino nel cespuglio dietro il quale si trovava Yachi, che lanciò uno strillo spaventato.
« Sparisci, non voglio vederti! Sparite tutti e due! »
Con quell'esclamazione irata, Oikawa girò sui tacchi e ritornò verso la propria dimora. Con la coda dell'occhio vide la fata della luce aiutare il ragazzo ad alzarsi e sollecitarlo ad allontanarsi velocemente. Che se ne andassero, sì. Che sparissero dalla sua vista. Altro che scambio, avrebbe fatto meglio a far fuori subito quell'insulso umano, si sarebbe risparmiato un sacco di grattacapi! Fu con quel pensiero che fece riabbassare la cortina di fronde in modo da separarsi del tutto dal mondo esterno: per quel giorno ne aveva avuto decisamente abbastanza.

Il giorno successivo Hinata non si fece vedere, ma Oikawa non vi badò, ancora seccato dalla conversazione precedente. Accettò invece l'invito di Bokuto che aveva insistito per andare a dare fuoco a qualche campo perché “è davvero troppo tempo che non lo facciamo, Tooru, rischiamo di perderci la mano!”. Sentire gli umani che strillavano di paura alla sua vista e incendiare un intero raccolto con un solo schiocco di dita lo faceva sentire meglio: era così che doveva andare, lui che mostrava la propria forza e superiorità e gli stupidi umani che lo temevano, era il giusto ordine delle cose. Altro che amore, fiducia ed altre stupidaggini. Chi ama è debole, chi è forte vince. Era estremamente semplice.
Anche il quinto giorno Hinata non andò a proporre la sua sfida e Oikawa passò il pomeriggio ad allenarsi con Kuroo. Il demone gatto si mostrò piuttosto tranquillo e condiscendente, nonostante la proposta di utilizzare spade di legno al posto della magia fosse piuttosto anomala.
« Ti manca il passatempo che avevi trovato con il piccoletto? » lo punzecchiò ad un certo punto, ma Oikawa si limitò ad alzare le spalle.
« Che sciocchezze, ho di meglio da fare, io. » fu la risposta, pronunciata mentre si metteva in posizione per parare l'attacco del compagno.
Kuroo ghignò tra sé, alzò gli occhi e fece quello che gli veniva chiesto.
Fu più o meno al calar del sole, quando il gatto si apprestava ad andare a caccia di qualcosa di commestibile dopo aver riassunto la sua forma originaria, che il giovane re si azzardò a tornare sull'argomento ostentando però sempre una certa indifferenza.
« Eeeee... a proposito di cena, qualcuno si è preoccupato di procurare del cibo per quel ragazzetto che non provenisse dalla Brughiera? Non che m'importi di avvelenarlo, ma se si tratta di merce di scambio è bene che sia integro. »
Notò subito il mezzo sorrisetto di Kuroo, ma il gatto rispose con la consueta efficienza.
« Ho incaricato Yachi di occuparsene personalmente. I territori attorno alla Brughiera non sono ricchi, ma c'è sempre qualche umano che lascia il suo campo incustodito. »
Oikawa annuì, ma sospettò che fosse Kuroo stesso a prendersene cura. Quella fatina non avrebbe mai avuto il coraggio di sottrarre cibo dai campi degli umani. Anche se, dopotutto, a lui la cosa non importava minimamente.
Il sesto giorno successivo allo scontro, Oikawa ne ebbe decisamente abbastanza e decise di andare a vedere cosa diavolo stava combinando quello scarto di spadaccino. Si avvicinò non visto al luogo che gli aveva imposto come dimora e sbirciò quello che stava accadendo restandosene però a debita distanza. Al centro della radura, Hinata agitava la spada di legno in una sorta di bizzarra sequenza di mosse che probabilmente dal suo punto di vista avrebbero dovuto rappresentare un allenamento. Yachi, con aria preoccupata, era seduta su una delle rocce che circondavano il laghetto.
« Non credo che abbia molto senso esercitarti da solo. » obiettò ad un certo punto, seguendo con lo sguardo la punta di legno che fendeva l'aria ma non raggiungeva nessun obiettivo.
« Non posso andare dal Grande Re perché l'ultima volta si è offeso e ora ce l'ha con me, e non posso usare un albero come bersaglio o si arrabbierà ancora di più. » commentò Hinata prendendo fiato e preparandosi all'affondo successivo. « Quindi non mi resta altro che fare da solo, a meno che non voglia darmi una mano tu, Yachi. »
« Cosa? Io?! Nonono!!! Non ne sarei mai in grado! » esclamò la fatina agitando le mani davanti a sé.
Oikawa sghignazzò tra sé, tutto sommato grato che il ragazzo avesse imparato la lezione e non si fosse messo a menare fendenti contro la corteccia di qualche arbusto innocente. Rimase ad osservare per qualche minuto in silenzio, appuntandosi ogni errore, ogni sbavatura nel movimento, ogni pericolosa imprecisione, finché non ne poté davvero più.
« Hai sempre la guardia troppo bassa! » esclamò spazientito, uscendo dal proprio nascondiglio.
Hinata sobbalzò, sorpreso, e Yachi si coprì la bocca con le mani, appiattendosi contro la roccia in mancanza di un cespuglio dove nascondersi nelle vicinanze.
Il demone ignorò entrambe le reazioni e si diresse a passo sicuro verso il piccolo spadaccino.
« Alza quei gomiti! Dritta la schiena! Piega le gambe! »
In pochi gesti lo mise nella posizione corretta senza che l'altro opponesse la minima resistenza, troppo stupito anche solo per commentare.
« E ora prova ad attaccarmi! » concluse piazzandoglisi di fronte con la propria arma spianata.
Questa volta il risultato di attacco e difesa successiva fu molto più efficace del solito e se ne accorsero entrambi con una certa soddisfazione.
Yachi, dal canto suo, si ritrovò a battere le mani entusiasta, mentre Kuroo in forma di gatto sbucava da un cespuglio e le zampettava incontro.
« Va tutto bene? » miagolò saltandole in grembo e acciambellandosi sulle sue ginocchia.
« Sembrerebbe che il Grande Re abbia perdonato Hinata. » rispose la fatina con un sorriso, accarezzandone il pelo scuro in reazione alle sue fusa.
Un attimo dopo anche Bokuto planò sulla radura, posandosi però su una roccia accanto a lei, per non rischiare di ferirla con gli artigli. Osservò la scena e tubò soddisfatto: tutto era meglio che vedere Tooru macerarsi nel tormento.
L'esercitazione di quel giorno si concluse senza problemi e Hinata stesso ne fu entusiasta, tanto che mentre si rinfrescavano nel laghetto si lasciò andare a ringraziamenti e commenti ammirati.
« Certo che per essere uno che non usa armi, sei davvero in gamba! E sei gentile a mostrarmi certi trucchi, non li avrei mai immaginati! Ti ringrazio, Tooru! »
Quando si rese conto di aver di nuovo chiamato il re dei demoni con il suo nome proprio, Shoyou sbarrò gli occhi e si coprì la bocca con una mano, evidentemente pronto ad assistere ad un nuovo scatto di nervi. Oikawa però si limitò a sospirare rassegnato.
« Fa nulla, lascia perdere. Anche se ti dico di non chiamarmi in quel modo, sembra che tu non abbia intenzione di ascoltarmi, quindi è tanto inutile che continui a ripetertelo. Fai come ti pare, un nome è solo un nome. » fu il commento pronunciato fin troppo tranquillamente.
Con la coda dell'occhio vide Hinata rilassarsi e si stupì di quella reazione: dopotutto era pur sempre in compagnia del su acerrimo nemico e teoricamente anche quella di quel giorno avrebbe dovuto essere una sfida. Eppure sembrava che il piccoletto se ne fosse dimenticato, preso com'era dall'imparare nuove mosse.
Si sedettero entrambi all'ombra di un cespuglio a riprendere fiato e Oikawa si meravigliò di non avvertire nessuna tensione, nessuna ostilità provenire dal rossino. Anzi, come se nulla fosse, stava controllando che la lama di legno della spada non avesse subito danni. O forse stava solo fingendo di farlo ma in realtà qualcosa gli frullava in testa.
« Senti, Tooru... Mi dispiace per l'altro giorno. »
Appunto.
Il demone lo sbirciò di sottecchi, per nulla disposto a trasformare quella conversazione nell'ennesimo scontro. Era stanco, e non si trattava puramente di stanchezza fisica, non aveva voglia di sentirsi di nuovo attaccato e di rispondere di conseguenza. In quel momento voleva solo riposarsi in pace all'ombra.
« Sono stato indelicato a parlare di quella storia. » continuò Hinata, chiaramente ignaro del suo stato d'animo. « Però, anche se ti è successo quel brutto episodio... »
Non aveva voglia di attaccarlo, non aveva voglia di spingerlo a terra e piantare la spada ad un centimetro dal suo collo per fargli capire che avrebbe potuto ucciderlo in qualsiasi momento, non ne aveva minimamente voglia.
« Non si è trattato di un brutto episodio, come lo chiami tu. » sospirò stancamente. « Hai visto la mia schiena, no? Non credo sia qualcosa che si possa cancellare con un “però”. »
Hinata al suo fianco arrossì e abbassò gli occhi, a disagio.
« L'amore non esiste, è solo brama di possesso. »
Però, se davvero era così, che senso avevano i giorni felici trascorsi insieme prima di quella fatidica notte? Anche un bambino, seppure umano, poteva possedere quella malizia che portava alla distruzione di qualunque sentimento che non fosse l'odio? Tooru non lo sapeva più e si sentiva incredibilmente esausto.

Il giorno seguente trascorse all'incirca allo stesso modo, se non fosse che a cercare il suo avversario fu di nuovo Hinata. Raggiunse Oikawa con grande entusiasmo mentre questi era ancora mezzo addormentato.
Il demone riemerse dal suo giaciglio strofinandosi gli occhi e buttandosi alla buona il mantello sulle spalle. Che fine aveva fatto il timore che avrebbe dovuto suscitare in quel ragazzino? Era seccante vedere con quanta tranquillità gli girava attorno e quanto fosse solare il sorriso che gli rivolgeva.
« Mi spiace averti disturbato, ma Kuroo mi ha portato la colazione, ero sveglio, e quindi... » si giustificò Hinata confermando i suoi sospetti sul fatto che fosse il demone gatto a procurargli il cibo. « Facciamo un po' di allenamento mattutino? Prima della sfida? »
Lo stava fissando con certi occhioni brillanti, praticamente saltellando sul posto, che Oikawa non trovò la forza – doveva essere il sonno, sì, non c'era altra spiegazione – di rifiutare.
Fu al termine di una mattinata intensa in cui Hinata perse tre scontri di fila ma giunse molto vicino ad aggiudicarsi il quarto, che ricominciarono le domande e gli argomenti di conversazione scomodi.
« Da chi hai imparato a tirare di spada così bene? »
Non era certo qualcosa di cui Oikawa avrebbe parlato con piacere, anzi sentiva una fitta al cuore all'idea, eppure le parole uscirono da sole, sebbene borbottate con fastidio.
« Da Iwa-chan. »
Si sentì lo sguardo di Hinata addosso, lo fissava con intensità, chiaramente in attesa di un'aggiunta o una spiegazione che non sarebbe arrivata.
« Iwa... chan...? Iwa... » lo sentì mormorare tra sé. « Sir Iwaizumi! Ti ha insegnato sir Iwaizumi?! » quasi gridò dopo un istante.
Oikawa si slacciò il mantello e lo appoggiò ad un ramo basso. Raccolse le spade e le ripose, sempre ostentando indifferenza. Hinata non smetteva di guardarlo in attesa, trepidando per una risposta, finché il demone capitolò.
« Per un periodo ci siamo esercitati insieme, tutto qui. » sbottò, sperando di soddisfare così quella curiosità molesta. « Ora perché non vai a mangiare qualcosa? É quasi ora di pranzo. »
Se fosse stato chiunque altro come minimo sarebbe stato incenerito sul posto solo per aver nominato Iwaizumi o aver vagamente fatto accenno al passato. Oikawa davvero non si spiegava il motivo di tanta tolleranza, forse era più stanco di quanto credesse.
Vide l'altro tentennare per un attimo, come indeciso se insistere o meno, e sperò che non avesse nulla da aggiungere.
Una speranza decisamente vana visto che Hinata si lasciò cadere a gambe incrociate sul prato, come se avesse trovato qualcosa di più interessante del pranzo.
« Secondo me tu e sir Iwaizumi dovreste parlare. » disse.
Fu come ricevere una pugnalata, come se tutto il dolore che aveva tentato di sopprimere finora gli fosse stato scaricato addosso tutto in una volta. Oikawa non avrebbe davvero saputo dire cosa lo trattenne dal trapassare da parte a parte il piccoletto con una delle sue saette.
« Come...? » mormorò senza nemmeno azzardarsi ad alzare gli occhi per timore di perdere quel poco di autocontrollo che ancora riusciva a mantenere.
« Beh, è chiaro come il sole che c'è qualcosa che non va. E non parlo dell'incidente in sé, no, no. » continuò Hinata imperterrito. « Lui tiene ancora a te, non sarebbe rimasto così sconvolto vedendoti altrimenti. E tu dici che l'amore non esiste, ma la faccia che fai quando viene nominato sir Iwaizumi racconta tutta un'altra storia. Tooru, davvero, quello che è successo è assurdo, dovreste... »
« Hinata! »
Il piccolo spadaccino sobbalzò per il tono di voce improvvisamente rabbioso.
« Ora basta. Vai a mangiare. »
Non avrebbe potuto tollerare oltre quel discorso. Non voleva sentire ipotesi su come Iwaizumi avrebbe potuto essere innocente e quindi quanto avvenuto fosse una sorta di fatalità senza spiegazione. Ne aveva costruite fin troppe nella sua mente in tutti quegli anni e non avevano portato da nessuna parte se non ad altro dolore.
Sospirò per tentare di mantenere la calma: avrebbe avuto la sua vendetta, ora sapeva di poterla avere, quello doveva essere il suo unico pensiero.
Hinata doveva aver capito che non fosse il caso di insistere su quel punto, infatti si alzò di nuovo ed accennò ad avviarsi.
« Chissà perché Kuroo insiste a portarmi cibo rubato dai campi quando qui si potrebbero recuperare tranquillamente diversi tipi di frutti? » si chiese quasi tra sé.
« Perché il corpo degli esseri umani non è fatto per entrare in contatto con la magia. » spiegò Tooru con noncuranza, sollevato che potessero cambiare argomento. « La Brughiera è intrisa di magia in ogni sua parte, terra, acqua, aria e di conseguenza piante e frutti. Il fisico umano però non può sopportarne il contatto, è troppo da reggere più di una volta e finisce per esserne avvelenato. Quindi se mangi qualcosa di cresciuto qui o ti ferisci con... »
La frase gli morì in gola e Oikawa si zittì sentendosi gelare non appena realizzò l'esatta entità di quello che stava dicendo, di quello che era successo. Le sue mani iniziarono a tremare senza che riuscisse a impedirlo, mentre le portava lentamente al volto. No, non era possibile. Non era così che sarebbe dovuta andare...
Perplesso da quella reazione insensata, Hinata si avvicinò per chiedere spiegazioni, ma ogni tentativo fu interrotto da un richiamo improvviso che venne avvertito in tutta la Brughiera.
« OOOOIII! STUPIKAWA!! FATTI VEDERE! »

 

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Capitolo 8
*** Cap. 8 ***


Cap. 8

 

C'era davvero qualcosa che non andava, ormai era chiaro come il sole. Era passata una settimana dallo scontro con i demoni eppure le ferite di Iwaizumi non guarivano, o meglio, quella provocata dalla freccia si era rimarginata grazie agli incantesimi di Kenma, ma a quanto sembrava era il minore dei mali. Disseminate in diversi punti del suo braccio destro, le punture dei rovi dovevano essersi infettate in modo strano, al punto che né la medicina tradizionale né gli incantesimi curativi riuscivano ad essere d'aiuto. Forse il problema era che si trattava di piante della Brughiera, intrise di magia. In ogni caso, nonostante tutti glissassero sull'argomento, Iwaizumi aveva capito che la situazione stava precipitando. Il suo corpo non reagiva alle cure, anzi s'indeboliva sempre di più, al punto che in alcuni momenti faticava ad alzarsi dal letto ed a reggere la spada, e questo poteva significare una cosa sola: gli restava poco tempo.
In generale tutta quella situazione lo innervosiva parecchio: si era sempre immaginato di finire i suoi giorni su un campo di battaglia, non certo per colpa di una stupida pianta e di sicuro non così presto. Senza contare che aveva lasciato in sospeso troppe cose per potersi permettere di andarsene in quel modo, prima tra tutte la questione con Oikawa. Iwaizumi lo amava ancora, come il giorno in cui era partito, e se proprio doveva morire, a questo punto tanto valeva farlo per mano sua e guardandolo negli occhi piuttosto che languire a letto. Se poi fosse anche riuscito a capire che cosa avesse scatenato l'odio dello spirito, allora forse avrebbe potuto accettare quella punizione più serenamente.
Per questo aspettò un momento in cui i compagni erano distratti, mentre erano a pranzo, e scivolò non visto fuori dalla sua stanza. Non indossò l'armatura, troppo pesante e fastidiosa per il suo fisico debilitato, ma si premurò di portare con sé la spada. Non fu difficile raggiungere l'ingresso sul retro della locanda, e da lì la piccola stalla dove erano alloggiati i cavalli degli avventori. Iwaizumi sellò il proprio e lo indirizzò a passo spedito verso il confine della Brughiera dove avevano incontrato i demoni la volta precedente.
Mille pensieri gli ronzavano in testa mentre tentava di mantenere salda la presa sulle redini: Oikawa aveva agito consapevolmente quando lo aveva avvolto in quei rovi? Sapeva che le ferite così  provocate non sarebbero guarite? Era a conoscenza del fatto che l'avrebbero condotto alla morte ed aveva scelto appositamente quel metodo lento e doloroso? A giudicare dal ricordo che aveva di quel giorno, dell'espressione furiosa dello spirito e dell'enfasi con cui lo aveva attaccato, dubitava che fosse così. Oikawa era rimasto sconvolto, non si aspettava certo di vederlo, ed era anche stato trascinato via a forza da Bokuto, quindi non era possibile che avesse premeditato quell'evoluzione degli eventi. Ma del resto in quella vicenda c'erano talmente tante stranezze che l'unico modo per venirne a capo era parlare, e questa volta davvero, con il diretto interessato.
Quando raggiunse il luogo stabilito, smontò da cavallo e si avvicinò il più possibile alla barriera di alberi e cespugli.
« OOOOIII! STUPIKAWA!! FATTI VEDERE! »
Avrebbe voluto che la sua voce risuonasse con più forza, invece aveva l'impressione che avesse perso parte del suo vigore. Il deja-vu che quella situazione gli provocava era straniante: quante volte da bambino aveva ripetuto quel richiamo? Quante volte si era visto spuntare Oikawa alle spalle che ridacchiava per essere riuscito a coglierlo di sorpresa? Quel giorno non sarebbe stato così, lo spirito non aveva più le ali che gli consentivano di arrivare dall'alto non visto e, a quanto sembrava, la colpa era di Hajime stesso. Doveva sapere perché.
Un fruscio di fronde attirò la sua attenzione ma a venirgli incontro attraverso la vegetazione non fu Oikawa, bensì i suoi due compagni. Kuroo zampettò tra l'erba fino ad arrivare a pochi metri da lui, uno sbuffo di fumo rossastro lo avvolse e le sue sembianze feline lasciarono il posto a quelle umane. Bokuto planò al suo fianco e seguì il suo esempio in un vortice di piume.
I due non avevano un'aria amichevole ed Iwaizumi si chiese se non avrebbe dovuto combattere contro di loro per arrivare a Oikawa.
« Per il tuo bene, vattene. » esordì Kuroo in tono freddo, lontano anni luce da quello ironico e scherzoso che era solito usare nei suoi ricordi.
I due si ergevano a barriera per impedirgli il passaggio, probabilmente con le migliori intenzioni, si disse Hajime, ma ora non aveva davvero il tempo di ascoltarle.
« Devo vedere Oikawa, devo parlargli. » rispose dunque, per nulla intenzionato ad indietreggiare di un solo passo.
Anche Bokuto si fece avanti, le sopracciglia corrucciate in un'espressione tempestosa.
« Tooru invece non vuole vederti. Faresti bene a sparire e non tornare mai più da queste parti. »
Iwaizumi sospirò: di quel passo non sarebbero andati da nessuna parte.
« Sentite... » iniziò, e nel farlo lasciò cadere a terra la spada. « Non ho intenzione di combattere contro di voi, non voglio fare del male a Oikawa, voglio solo capire. Fino a pochi giorni fa non ricordavo nulla di voi e di tutto questo, e ora mi ritrovo odiato senza un motivo. Non me ne andrò da qui fino a quando non avrò delle spiegazioni! »
Si sentiva stanco, ma non poteva gettare la spugna adesso, avrebbe significato finire i suoi giorni nel letto di quella locanda.
Vide Kuroo distogliere lo sguardo e Bokuto stringere i pugni fremendo leggermente. Non ci volle molto perché il gufo esplodesse.
« Non vuoi fare del male a Tooru?! » gli gridò contro. « Come se non gliene avessi già fatto abbastanza! Sai quanto ha sofferto? Sai quanto ha pianto, dannazione a te?! Odio vedere Tooru piangere!! »
« Bokuto... »
« No, Kuroo! Dice di volere delle spiegazioni, ma prima deve essere lui a darne! Come hai potuto farlo? Hai distrutto la sua vita! Eravamo tutti convinti che lo amassi, invece ti sei rivelato un mostro come tutti gli altri esseri umani! Prima di venire qui a pretendere spiegazioni, dicci che cosa ne hai fatto delle sue ali! Per che cosa ti servivano? Soldi? Potere? Sei un miserabile! »
Quel torrente di parole si riversò su Iwaizumi lasciandolo a bocca aperta: erano davvero convinti che lui...
Qualcuno aveva rubato – strappato – le ali ad Oikawa e tutti, Tooru compreso, erano convinti che fosse stato lui? Era talmente assurdo da essere incredibile. Da ragazzo aveva una sorta di venerazione per le ali dello spirito dei boschi, al punto che non aveva nemmeno osato toccarle, non avrebbe mai potuto fare una cosa tanto orribile. Così come non avrebbe nemmeno potuto immaginare di ferire Tooru in modo tanto atroce.
Scosse la testa, incredulo che il suo amato avesse creduto per cinque anni che fosse un mostro di tale portata, e che lui stesso gliel'avesse lasciato credere facendolo soffrire tanto senza fare nulla.
« Sulla mia vita, non ho mai toccato le sue ali. » rispose, sperando che i due spiriti animali gli credessero. «Quella notte di cinque anni fa, mi sono addormentato tra le sue braccia e mi sono risvegliato nel mio letto, per partire subito dopo. Non ricordavo nemmeno cosa fosse successo, non ho ricordato nulla finché non l'ho rivisto.»
Ora che la sua mente era tornata lucida, le immagini del rituale e dei momenti magici che avevano condiviso riaffioravano spontaneamente, riportando alla luce un desiderio che non si era mai davvero sopito. I sentimenti di Iwaizumi non erano cambiati, erano solo rimasti nascosti in un angolo del suo cuore per tutti quegli anni.
« L'incantesimo che ha distorto la memoria è solo una scusa! » tornò alla carica Bokuto. « Se non sei stato tu, chi altri può averlo fatto? »
« Non è una scusa! Amo quell'idiota adesso come allora! Mi sarei tagliato un braccio prima di alzare un dito su di lui e lo farei tuttora! »
« Parli sul serio? »
Al suono di quella voce, tutti e tre si voltarono di scatto e Iwaizumi riconobbe all'istante la figura di Oikawa che emergeva dalla vegetazione, gli occhi fissi su di lui e un'espressione indescrivibile: un misto di incredulità e speranza, ma anche di malcelata paura che rendeva ancora più netto il contrasto tra il nero dei suoi vestiti e il pallore delle sue guance.

Quando il richiamo di Iwaizumi era riecheggiato nel bosco, Oikawa si era irrigidito sul posto, sbiancando come un lenzuolo. Aveva appena realizzato il fato atroce a cui aveva condannato l'amico d'infanzia di un tempo senza averne davvero l'intenzione e l'idea di doverlo incontrare in quel momento lo atterriva. Fino ad un attimo prima l'aveva odiato con tutte le sue forze pregustandone la morte per propria mano, ma ora che quell'ipotesi si era effettivamente realizzata non era più certo che fosse esattamente quello che desiderava.
« É sir Iwaizumi! » aveva esclamato Hinata, ancora accanto a lui. « É venuto sicuramente per parlare con te! Tooru, vai da lui! É l'occasione giusta! »
Ma il demone aveva scosso la testa senza riuscire a dire una parola. Un brivido gelido gli era corso lungo la schiena e aveva dovuto fare appello a tutto il suo autocontrollo per non coprirsi il volto con le mani, come un bambino spaventato.
Era stato in quel momento che Kuroo era giunto in suo soccorso, seguito da Bokuto e Yachi.
« Non preoccuparti, ci pensiamo noi. » aveva detto. « Lo manderemo via, non sei obbligato a vederlo se non vuoi, Tooru. »
Oikawa era veramente grato allo spirito felino in momenti come quello, sembrava capire al volo il suo stato d'animo ed agire in modo da risparmiargli più disagio possibile. Kuroo e Bokuto si erano presi cura di lui per tutti quegli anni assecondando ogni suo capriccio, depressione o scatto d'ira, e anche adesso che non aveva più idea di come muoversi, loro stavano prendendo in mano la situazione per risparmiargli altra sofferenza.
« Sì... » era riuscito a mormorare prima che i due si allontanassero lasciandolo con Hinata e Yachi.
Il giovane spadaccino non sembrava per nulla soddisfatto e lo aveva fissato intensamente, mentre la fatina aveva l'aria di chi avrebbe fatto di tutto per andarsene da quel luogo carico di tensione.
Oikawa avrebbe voluto rifugiarsi nel suo angolo di bosco in solitudine, ma la consapevolezza della presenza di Iwaizumi gli aveva impedito di allontanarsi definitivamente, così come la muta insistenza di Hinata che, anche solo con lo sguardo, lo spingeva a cogliere quell'opportunità. Se la sua ipotesi era veritiera, quella avrebbe potuto essere l'ultima volta che vedeva Iwaizumi, l'ultima possibilità di chiedergli il motivo di un tradimento tanto crudele.
Erano stati proprio quei pensieri incoerenti a spingerlo infine nella direzione da cui era giunta la voce ed a fare quindi in modo che sentisse l'intera conversazione tra il cavaliere e i due spiriti animali.
« Amo quell'idiota adesso come allora! Mi sarei tagliato un braccio prima di alzare un dito su di lui e lo farei tuttora! »
« Parli sul serio? »
Oikawa uscì allo scoperto nonostante sulle prime non fosse affatto sua intenzione farlo. Avrebbe voluto vedere come si evolveva la situazione, cosa aveva Iwaizumi da dire, anche se Hinata, al suo fianco, lo strattonava per il mantello per indurlo ad agire. Invece aveva finito per muoversi istintivamente, come se anni di odio e rancore fossero stati messi in dubbio da quella sola frase. Era impossibile, non poteva accettarlo, eppure ora Iwaizumi lo stava fissando con gli occhi spalancati e Oikawa poteva vedere chiaramente quando pallido fosse il suo volto, quanto sofferente la postura.
Hajime mosse un passo nella sua direzione ma, contemporaneamente, anche Kuroo e Bokuto si spostarono per fargli da scudo.
« Non è necessario. » disse Oikawa alzando una mano. Era chiaro che il cavaliere non avesse intenzioni ostili e in ogni caso la sua spada giaceva miseramente nell'erba.
Tooru avrebbe voluto afferrarlo, scuoterlo, gridargli contro e chiedergli perché, ma non riusciva a muovere un muscolo. Rimase semplicemente immobile, gli occhi fissi in quelli di Hajime, mentre l'altro si avvicinava e lentamente sollevava una mano.
Non seppe mai quali fossero le sue intenzioni, se quella mano gli avrebbe regalato uno schiaffo o una carezza, perché in quell'istante un dolore bruciante gli esplose in tutto il corpo e un coro di voci contrastanti che urlavano tutto attorno lo stordì. Ebbe a malapena il tempo di abbassare lo sguardo e vedere l'asta di una freccia che spuntava dalla sua spalla prima che le sue ginocchia cedessero e venisse afferrato al volo da qualcuno appena prima di finire a terra.
Kuroo stava urlando il suo nome, stringendolo tra le braccia, ma altre voci rimbombavano attorno a lui: riconobbe quella di Bokuto, minacciosa come un rombo di tuono, quella di Hinata, al suo fianco, acuta e terrorizzata, e quella di Iwaizumi che intimava a qualcuno di fermarsi.
« Kageyama! » fu il nome che uscì dalla sue labbra, reso stridulo per lo spavento improvviso.
Oikawa lo vide voltarsi di scatto per fronteggiare l'arciere, ma la sua spada non era a portata di mano e il cavaliere poté solo tentare di calmarlo a gesti.
« Che diavolo stai facendo?! Non è in corso uno scontro! Perché hai attaccato per primo?! »
Ma soprattutto, si chiese Oikawa con la mente annebbiata dalla sofferenza, se Iwaizumi si era recato nella Brughiera da solo per parlare con lui, perché i suoi compagni lo avevano raggiunto e li stavano attaccando? Era una trappola? Un modo per farlo uscire allo scoperto?
Prima che la rabbia montasse e spazzasse via la confusione, notò però che anche il mago e lo sciamano alle spalle di Kageyama si muovevano come per tentare di frenarlo. Non aveva l'aria di essere un gesto premeditato, quanto piuttosto di uno sconsiderato colpo di testa.
« Ha rapito Hinata! Perché lo difendi? Abbiamo l'occasione di liberarlo, non metterti in mezzo! » urlò l'arciere, superandolo di slancio e afferrando la spada che giaceva a terra.
Hinata stesso balzò indietro, più istintivamente che altro, quando lo vide gettarsi sulla figura prostrata di Oikawa.
Lo spirito si rese conto del pericolo incombente e fece appena in tempo ad allontanare Kuroo prima che l'assalto li raggiungesse. Il fendente calò nello spazio tra di loro e la lama si conficcò nel terreno.
« Lascia andare Hinata, immondo essere! » ringhiò il loro assalitore, furibondo.
Accadde tutto fin troppo velocemente.
Oikawa lo vide avventarsi su di lui e sollevò istintivamente un braccio per ripararsi o per tentare una qualunque magia protettiva. Kuroo e Bokuto erano troppo lontani, così come il mago e lo sciamano. Hinata gridò il nome dell'arciere, ma a quel punto sarebbe stato impossibile bloccarne l'impeto. Tooru ebbe a malapena il tempo di vedere un'ombra pararsi tra lui e la lama e uno schizzo rosso macchiargli i vestiti, poi si ritrovò Hajime tra le braccia.
In quell'istante fu come se il tempo si fosse fermato.
Impietrito, abbassò lo sguardo su Iwaizumi, completamente dimentico del dolore bruciante che gli stava straziando la spalla. Non sentì nulla, né il tonfo della spada che cadeva a terra, né le urla di Hinata e nemmeno il caos che si scatenò attorno a loro. Tutto quello che riusciva a vedere era Hajime e il suo sangue che gli macchiava le mani.
« Iwa... chan... perché...? » riuscì a malapena a mormorare, sconvolto.
« Non farmi ripetere cose che sai già. » brontolò il giovane cavaliere con una smorfia di dolore, sforzandosi di portare goffamente una mano alla ferita, nel vano tentativo di arginare l'emorragia.
Uno squarcio gli attraversava il petto, in diagonale, e la stoffa era ormai completamente imbrattata.
Oikawa scosse la testa, incapace di pronunciare una sola parola.
« Ero venuto qui pronto a farmi uccidere da te, ma anche morire proteggendoti non è male. Meglio che tirare le cuoia per uno stupido veleno. » continuò Iwaizumi a fatica, sollevando l'altra mano fino a posargli una leggera carezza che lasciò due strisce rosse sulla sua guancia pallida.
Quindi sapeva del veleno, sapeva tutto ed era comunque andato a cercarlo.
« L'unica cosa di cui mi pento è non averti protetto anche cinque anni fa. » aggiunse con voce sempre più flebile. « Scemo che non sei altro, non piangere. Adesso sai che ti amo, quindi lascia che l'ultima cosa che veda sia il tuo sorriso. »
Solo in quel momento Oikawa si rese conto delle grosse lacrime che gli stavano effettivamente scivolando lungo le guance e tra le dita del cavaliere, e quando quelle dita ricaddero inerti si sentì gelare.
« Iwa... chan... Iwa-chan... IWA-CHAN!! »
Un grido straziante proruppe dal fondo della sua gola, poi tutto piombò nel buio.

Quando Oikawa riaprì gli occhi, la prima cosa che vide furono i rami frondosi sopra di lui, attraverso i quali filtrava una luce pallida e grigiastra. Poteva essere l'alba.
Mosse piano la testa e si rese conto di essere sdraiato a terra. Non indossava più gli abiti scuri e il mantello che era solito portare, e la sua pelle era direttamente a contatto con il terreno. Eppure non sentiva freddo, un tepore morbido e confortevole si irradiava dalla sua schiena attraverso tutto il suo corpo.
Man mano che la sua mente si schiariva e tornava la consapevolezza delle proprie membra distese, giunse anche quella di non essere solo.
« Non muoverti. » gli suggerì una voce conosciuta, alla sua destra, non appena accennò a tendere i muscoli per mettersi seduto.
Oikawa riconobbe Kuroo e, poco lontano da lui, mise a fuoco anche Bokuto. Voltando lentamente la testa, individuò Yachi alla sua sinistra, seduta a gambe incrociate, le mani strette in grembo e l'espressione concentrata. Dalle loro posizioni, tutto attorno a lui, sembrava quasi fosse in corso un rituale.
« Cosa sta succedendo, Kuroo-chan? » chiese in tono stranito.
Per essersi svegliato nudo e nel bel mezzo di un cerchio magico che evocava il potere della terra, la situazione doveva essere piuttosto seria, eppure la sua mente ancora annebbiata faticava a trovare risposte.
« Sssh, non parlare o farai perdere la concentrazione a Yachi. » rispose tuttavia Kuroo a voce bassa, per non turbare il flusso della magia.
Oikawa si zittì e chiuse gli occhi assaporando l'energia della terra che fluiva nel suo corpo rafforzandolo e nella sua mente rendendola più lucida. Uno dopo l'altro tornarono anche i ricordi che avevano preceduto il suo collasso e dietro le palpebre chiuse si stagliò con crudele nitidezza l'immagine di Iwaizumi riverso al suolo e del sangue sulle sue mani. Con quelle immagini tornò, cocente e improvviso, anche il dolore.
« Iwa-chan! » esclamò balzando a sedere di scatto, ignorando completamente il tentativo di Kuroo di calmarlo e guardandosi attorno freneticamente. « Dov'è Iwa-chan?! Kuroo! Dove l'avete portato?»
A quella reazione improvvisa, Yachi sobbalzò come se si fosse scottata e si ritrasse istintivamente dal cerchio, Bokuto si lasciò sfuggire un lamento infastidito e Kuroo stesso s'irrigidì prima di venire afferrato per le spalle e scosso bruscamente.
« Tooru, smettila! Stai peggiorando le cose. » lo ammonì, ma il lampo di disperazione nello sguardo dello spirito era tale che persino il demone gatto si trovò a capitolare. « Va bene, ti spiegheremo tutto, ora calmati. Agitandoti in questo modo fai del male a te stesso e a Yachi. »
Oikawa si voltò brevemente verso la fata e notò che stringeva le mani tra loro e aveva un'espressione sofferente: doveva aver subito il contraccolpo dell'interruzione del flusso magico dovuto ai suoi movimenti improvvisi. In un angolo della sua mente se ne dispiacque, ma ora tutta la sua attenzione era volta solo a sapere cos'era successo dopo che aveva perso i sensi e a dare un senso al dolore bruciante che provava. Aveva perso Iwaizumi, l'aveva perso seppur fosse riuscito a stringerlo tra le braccia. Era accaduto nell'esatto momento in cui si era reso conto di aver sprecato tutti quegli anni ad odiare qualcuno che non aveva colpa, ed era mostruoso che fino ad un attimo prima avesse desiderato lui stesso infliggergli quella fine. Non se lo sarebbe mai perdonato.
Di fronte alla sua espressione disperata, Kuroo sospirò e si accinse finalmente a parlare.
« Ora cerca di mantenere la calma e ascolta. Hajime... »
« Hajime non è morto! » lo interruppe Bokuto recuperando il tono vivace e attirandosi un'occhiataccia dell'amico.
Quelle poche parole bastarono a togliere un peso immenso dal cuore di Oikawa: Iwaizumi era ancora vivo! Se era sopravvissuto alla ferita, allora avrebbe potuto rivederlo, scusarsi con lui per tutto quello che gli aveva fatto passare, dirgli che anche lui lo amava come allora e... E magari sarebbero anche riusciti a trovare un rimedio al veleno della Brughiera che altrimenti lo avrebbe consumato lentamente.
« Dov'è? Devo andare da lui! Io... »
« Tu devi stare qui e smetterla di agitarti tanto. » lo ammonì di nuovo Kuroo. « Proprio non capisci?»
« Sei stato tu quello che ha rischiato seriamente di rimetterci le penne. » continuò Bokuto. « Quella che ti ha colpito era una freccia con la punta di ferro, è stato un disastro estrarla e curarti. Sembrava che bruciasse la carne dall'interno, hai perso un sacco di sangue. »
Ora il demone gufo sembrava tranquillo, ma dal ritmo accelerato della sua parlantina era chiaro quanto fosse stato in ansia fino a poco prima.
« Eravamo davvero preoccupati che non ti svegliassi. »
A quelle parole lo spirito dei boschi abbassò lo sguardo verso la propria spalla e vi notò una cicatrice rossastra. Era stato colpito all'incirca nello stesso punto dove aveva indirizzato la freccia contro Iwaizumi nel loro precedente incontro, la si poteva quasi considerare una contropartita.
« Dopo che hai perso i sensi è scoppiato il finimondo. » continuò a spiegare Kuroo. « Quel ragazzo, l'arciere, quando si è reso conto di quello che aveva fatto, ha perso la testa. Il piccoletto ha avuto il suo bel da fare per tentare di calmarlo. Noi eravamo già pronti a dare battaglia perché eravamo convinti di avervi persi entrambi, ma il mago si è accorto che Hajime era ancora vivo e abbiamo fatto una sorta di patto, una tregua che permettesse a noi di curarti e a loro di tentare di salvarlo. L'hanno riportato a Shiratorizawa, dove pare ci sia qualcuno che potrebbe usare la magia per risanare le sue ferite meglio di quanto possano fare il mago e lo sciamano. Dopodiché ti abbiamo portato qui e stiamo mantenendo questo cerchio da un giorno intero per permetterti di recuperare energie e risanare quella brutta ferita. Ringrazia Yachi, senza l'aiuto di una fata della luce non ce l'avremmo mai fatta. »
Oikawa spostò lo sguardo sulla biondina, che subito agitò le mani davanti a sé.
« Ah... No... Non dovete ringraziarmi, Grande Re! L'ho fatto con piacere! Era mio dovere! »
Tooru accennò un sorriso e annuì, prima di tornare a voltarsi verso i due amici.
« Iwa-chan è vivo ed è a Shiratorizawa, giusto? Cosa stiamo aspettando? » esclamò pronto a balzare in piedi e a partire anche subito.
« É vivo ma non sappiamo per quanto, magari non arriverà nemmeno in città. » obiettò Kuroo. « E poi, Tooru, andiamo, il re dei demoni nella capitale del regno. Sai cosa significa? Non varcheresti neanche le porte prima che ti lancino contro l'esercito. »
Oikawa sapeva che quella era la voce della ragione, ma nonostante questo non poteva pensare di rimanere senza far nulla solo un minuto di più.
« Ma io... » iniziò, prima di venir interrotto da Bokuto, che gli afferrò una mano.
« Andiamo! » esclamò il demone gufo. « Andiamo da Hajime, ti porto io, non dovrai preoccuparti di niente. Mi fa un baffo il loro stupido esercito, sono una massa di buoni a nulla. Noi li teniamo a bada e tu vai a parlare con lui. Facciamolo prima che sia tardi! »
Se Kuroo era la ragione, Bokuto era il cuore, che agiva impulsivamente spinto dalle emozioni, e Oikawa sapeva che se non li avesse avuti accanto entrambi non sarebbe mai riuscito ad arrivare dov'era ora. Rivolse l'attenzione al demone gatto e quello, suo malgrado, sospirò.
« Siete completamente pazzi, tutti e due. E smettetela di guardarmi in quel modo, lo sapete benissimo che ho ragione. Vi aiuterò solo perché senza di me vi fareste ammazzare. »
Con la mano libera Tooru strinse una delle sue, grato più che mai ad entrambi.
« Lo so, lo so, sei felice che esista. » disse Kuroo prevenendo ogni sua possibile parola ed esibendo il suo consueto sorrisetto ironico. « Ora vediamo di finire questo rituale prima di lanciarci nella più folle e assurda delle imprese suicide. »

 

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Capitolo 9
*** Cap. 9 ***


Cap. 9

 

Il ritorno verso Shiratorizawa si era rivelato più complicato del previsto.
Hinata era rimasto sconvolto da quanto avvenuto nella Brughiera, dall'attacco di Kageyama e dall'epilogo tragico che quell'atto impulsivo aveva avuto. Tuttavia non aveva potuto soffermarsi più di tanto sulla propria reazione perché l'arciere era, se possibile, anche più sotto shock di lui e in ogni caso non vi era tempo da perdere in recriminazioni. Avevano dovuto ringraziare il sangue freddo di Kenma, che si era immediatamente affrettato a controllare le condizione di entrambi i feriti, rendendosi conto che erano ancora vivi. Shoyou lo aveva fissato con il cuore in gola negoziare una tregua con Kuroo, che in quel momento non sembrava affatto dispiaciuto di venire a patti con un umano: di certo avrebbe fatto di tutto per poter portare Oikawa al sicuro.
Trasportare Iwaizumi alla locanda invece era stato più difficile: poiché certo non poteva montare a cavallo con quella ferita e non disponevano di nessun altro mezzo di trasporto, alla fine Aone si era offerto di portarlo in braccio e per tutta la strada aveva recitato a bassa voce preghiere ed incantesimi di guarigione volti ad arginare il più possibile gli effetti devastanti di quella ferita.
Kageyama invece non aveva detto una parola per tutto il tempo, pallido come un lenzuolo e con lo sguardo sfuggente. Quando Hinata aveva cercato di avvicinarsi per confortarlo e rassicurarlo come poteva, o anche solo per spiegargli quello che aveva scoperto sul re dei demoni, lo aveva apertamente evitato, non riuscendo nemmeno a guardarlo negli occhi. Il piccolo spadaccino era parecchio angosciato, sia per quella reazione che per le condizioni di Iwaizumi e per come si era evoluta quella situazione. Sembrava quasi studiata apposta per fare il più male possibile a tutti.
Quando giunsero alla locanda, decisero di non perdere ulteriormente tempo e partire subito per la capitale. Iwaizumi giorni prima aveva accennato ad una persona, a palazzo, che aveva a che fare con la magia. Se era così nota di certo conosceva incantesimi più efficaci di quelli di un mago comune come Kenma, quindi era meglio raggiungerla prima che fosse troppo tardi.
Acquistarono un carro dal padrone della locanda e vi stesero il ferito, mentre a turno Kenma e Aone gli stavano accanto recitando incantesimi di guarigione. In alcuni momenti anche Hinata prese posto al suo fianco, soprattutto per riposare visto che la marcia non prevedeva soste per la notte. Sarebbe stata una perdita di tempo pericolosa. Solo Kageyama non accettò mai di riposare un po' nel carro.
Per i due giorni successivi Iwaizumi riprese conoscenza a tratti anche grazie al fatto che gli incantesimi stavano facendo il loro effetto: riusciva a mangiare e a bere qualcosa e a scambiare brevi frasi con chi gli era a fianco, tuttavia era ormai chiaro che ci fosse qualcosa di strano. Come la volta precedente per la freccia, anche ora la ferita guariva più lentamente e in modo anomalo e ben presto sia Kenma che Aone iniziarono a sospettare che ci fosse dell'altro. Fu Iwaizumi stesso, in un momento di lucidità, a rivelare loro il dubbio che aveva riguardo la magia della Brughiera che gli stava avvelenando il sangue e a riceverne suo malgrado conferma. Tra chi operava la magia era un fatto tristemente noto e tenersi alla larga da tutto ciò che cresceva nella Brughiera era la norma. L'influenza del potere degli spiriti della natura sulla salute del corpo umano era sempre negativa.
« Sarà, ma non mi pento affatto di aver mangiato quel frutto, anni fa. » mormorò Iwaizumi nel buio della notte, convinto che solo Kenma al suo fianco potesse sentirlo. « Oikawa me l'ha offerto in un bellissimo pomeriggio, ci eravamo divertiti un sacco quel giorno, ed è stato allora che gli ho promesso di restare al suo fianco per sempre. Mi sarei impegnato a creare un mondo dove umani e creature fatate potessero convivere pacificamente e in armonia. Ero uno sciocco e un illuso, ma non mi pento di aver condiviso quest'illusione con lui. »
Hinata e Kageyama cavalcavano ai lati del carro e, sentendo quell'affermazione, l'arciere s'incupì. Il rossino se ne accorse nonostante l'oscurità, più che altro per il fatto che la sua andatura rallentò e si allontanò dal carro. Tirando le redini del cavallo, aggirò il carro e fece in modo di affiancarsi al compagno: era ora di finirla con quell'atteggiamento.
« Ehi, Kageyama! » lo apostrofò senza mezze misure. « Hai intenzione di aver quel muso lungo per tutto il viaggio? Questo non migliora la situazione, lo sai? »
L'arciere gli rivolse uno sguardo corrucciato ma non disse una parola.
Hinata non era un tipo particolarmente permaloso, ma in quel momento era già molto preoccupato e quell'atteggiamento peggiorava solo le cose.
« Capisco che tu sia in ansia, lo siamo tutti, ma isolarti e fare il martire non ti servirà a niente. » continuò.
« Non sto affatto facendo il martire, idiota! » lo zittì bruscamente Kageyama, ma quello non sarebbe bastato a mettere a tacere Hinata.
« Allora perché te ne stai da solo a rimuginare? Perché non parli neanche con me? Magari potrebbe farti stare meglio. »
« Non sto per niente male! » fu la risposta secca, corredata da uno schiocco delle redini che fece aumentare l'andatura del cavallo.
Hinata s'imbronciò ma decise che non poteva lasciar cadere la questione così facilmente, per questo incitò a sua volta la cavalcatura e si affiancò all'arciere davanti al carro.
« Sei davvero testardo! E io che pensavo ti preoccupassi per sir Iwaizumi! »
A quelle parole Kageyama finalmente si voltò verso di lui con un'espressione, se possibile, ancora peggiore di prima.
« Lo faccio! Eccome! Dopotutto sono stato io a colpirlo. Quello che non riesco a capire è perché diavolo si è messo in mezzo per proteggere quel mostro. Nello scontro precedente l'aveva ferito e ti aveva rapito, è un demone che sa solo fare del male, il suo sacrificio non ha avuto senso. »
Hinata sgranò gli occhi di fronte a quell'affermazione: il suo compagno non aveva dunque capito nulla di quello che era successo? O forse Iwaizumi non aveva raccontato nel dettaglio il suo rapporto con quello che era diventato il re dei demoni, quindi Kageyama non poteva conoscere i sentimenti che sia il cavaliere sia Oikawa provavano.
« Non è così! » esclamò impulsivamente. « Tooru non è quel tipo di persona! »
Sul volto di Kageyama si dipinse un'espressione inorridita.
« Tooru?! Ma che diavolo stai dicendo? Adesso ti metti a chiamare quel demone per nome? Non eri quello che diceva che li avrebbe sconfitti tutti? » Scosse la testa, incredulo. « Cosa ti ha fatto mentre eri suo prigioniero? Aspetta, ho capito! Ti ha stregato! Vi ha stregato entrambi! »
Hinata era letteralmente senza parole, non poteva credere che Kageyama avesse frainteso fino a quel punto, che arrivasse a pensare addirittura che le parole di Iwaizumi e le sue non fossero altro che il frutto di un incantesimo.
« Sei impazzito, che vai farneticando?! » gli strillò contro, attirando l'attenzione degli altri membri del gruppo. « Nessuno è stato stregato! Sir Iwaizumi si è comportato così perché lo ama  e Tooru lo ricambia! É così ovvio! »
Ma evidentemente non lo era visto che la risposta dell'arciere, secca e più aspra del solito, troncò la conversazione e non vi fu più verso di continuarla.

Quella stessa notte Semi Eita si svegliò di soprassalto con il respiro affannoso e il cuore in tumulto. Impiegò alcuni istanti a realizzare di non trovarsi sperduto chissà dove nel buio più completo, ma in un letto, dal quale aveva calciato via le coperte nell'impeto del sogno. Lentamente, sollevò le palpebre e mise a fuoco un volto a poco più di una spanna da suo. Re Ushijma lo stava fissando con le sopracciglia leggermente aggrottate ad increspare la sua espressione solitamente neutra, mentre teneva una mano posata sulla sua fronte.
« Altezza... » mormorò Eita schiarendo finalmente lo sguardo e i pensieri. « Mi dispiace avervi svegliato. Tornate pure a dormire. »
« Ti agitavi. » rispose il re, ignorando l'invito a coricarsi di nuovo.
Il tono usato non mostrava nessun particolare coinvolgimento, ma Eita vi lesse una certa premura insieme al gesto della sua mano: anche se non lo esprimeva apertamente, Ushijima doveva essere preoccupato per lui.
« Credo di aver sognato qualcosa, ma in questo momento non saprei dirvi di più. » ammise Eita con aria contrita.
In qualche modo si aspettava che il sovrano gli facesse pressione per conoscere un'eventuale nuova premonizione, ma Ushijima lo stupì spostando la mano dalla sua fronte alla guancia, in una sorta di goffa carezza.
« Non ha importanza. » rispose tornando a distendersi e spostando lo sguardo sul soffitto del baldacchino sotto al quale si trovavano. « Preferisco saperti tranquillo. »
A quelle parole l'espressione tesa di Eita si sciolse in un sorriso. Si preoccupava sempre del fatto che Ushijima lo volesse solo per il suo potere, che non gl'importasse di lui sotto altri aspetti, ma quando compiva quei piccoli gesti gentili, lontano dagli occhi di tutti, capiva per quale motivo continuasse a rimanere al suo fianco. Ushijima non l'aveva mai costretto, era sempre stato libero di scegliere se andarsene e anche la giustificazione di non avere un altro posto dove stare non era altro che una scusa. La verità era che in momenti come quello tutto le sue ansie svanivano come neve al sole e anche il fastidio e il disagio di essere additato come “l'amante del re” perdevano importanza. Sì, era l'amante del re, si disse con un sospiro soddisfatto, e ne andava fiero. Quello che le malelingue non avrebbero mai saputo era la gentilezza e l'accortezza che Wakatoshi gli riservava quando erano solo loro due e che gli riempivano il cuore di calore allontanando i suoi sciocchi timori.
Fu mentre indugiava in questi pensieri oziosi, la testa reclinata sulla spalla del suo re, che un frenetico bussare alla porta li fece sobbalzare entrambi.
« Nobile Semi! Nobile Semi, per favore, svegliatevi! É urgente! »
La voce del domestico era concitata e Ushijma si alzò prima che potesse fermarlo. Non che avesse tutta questa importanza che qualcuno lo trovasse nella sua stanza a quell'ora di notte e la faccenda sembrava seria.
Il servo sbiancò quando si trovò davanti il sovrano e prese a balbettare ogni genere di scusa, ma venne prontamente arginato da una chiara richiesta di spiegazioni. Sembrava che un gruppo di avventurieri fosse appena giunto a palazzo e tra essi si trovasse anche uno dei cavalieri reali in gravi condizioni. Si erano scontrati con i demoni della Brughiera e il cavaliere aveva espressamente chiesto di vedere il nobile Semi.
A quelle parole, Eita si gettò velocemente sulle spalle una vestaglia e superò il domestico a passo spedito, accennando solamente un semplice « Perdonatemi. » all'indirizzo del sovrano.
Doveva trattarsi di sir Iwaizumi, realizzò mentre attraversava praticamente di corsa i corridoi del palazzo e i cortili che lo separavano dalla foresteria dei cavalieri, doveva essere successo qualcosa di brutto, ecco spiegato il motivo di quel risveglio angoscioso.
Quando raggiunse la stanza in cui era stato alloggiato il gruppetto, vi trovò anche altri due cavalieri di sua conoscenza, che lo salutarono prontamente con un inchino.
« Sir Hanamaki, sir Matsukawa. » rispose Eita con un breve cenno del capo. « Cos'è successo? »
I due spiegarono brevemente che loro stessi erano stati svegliati da una guardia che sosteneva che qualcuno li cercasse al cancello principale, e vi avevano trovato Iwaizumi decisamente malridotto insieme al resto della compagnia.
Eita si sporse oltre le loro figure ed individuò immediatamente il cavaliere disteso sulla branda alle loro spalle. Attorno a lui si trovavano quattro persone dalle espressioni preoccupate che dovevano essere i famosi avventurieri. Uno in particolare, un giovane biondo con indosso la veste bianca dei maghi che, alla debole luce delle candele, non aveva notato, gli si fece incontro piegando appena il capo al suo cospetto. Sembrava sul punto di dire qualcosa, ma Iwaizumi stesso lo interruppe.
« Non preoccuparti, Kenma, ci penso io. Bentrovato, nobile Semi. Sembra che la vostra idea per mettere fine ai conflitti non sia finita come speravamo tutti. »
Si era alzato dal letto puntellandosi sul braccio sinistro ma era pallido e aveva un'espressione sofferente, come se fosse troppo esausto anche solo per dissimulare il dolore.
Eita intuì, in qualche modo, che era bene che parlassero a quattr'occhi e chiese agli altri di uscire; solo quando furono soli si avvicinò al letto e si apprestò ad esaminare le ferite.
« Questa ormai è quasi rimarginata. » disse Iwaizumi posandosi una mano sul petto. « Kenma e Aone sono ottimi curatori, il problema è un altro. Pare che la magia della Brughiera mi abbia contagiato. Mi sono graffiato con dei rovi e, da ragazzo, avevo mangiato frutta di quel luogo. L'avevo dimenticato. »
Eita aggrottò la fronte e si sedette sul bordo della branda.
« Il veleno della Brughiera è difficile da eliminare, nemmeno io posso fare granché. Al massimo posso arginare la sua diffusione. » mormorò, sentendosi improvvisamente stanco. Nonostante le sue origini e la magia nel suo sangue, era perfettamente consapevole di non essere abbastanza potente per salvare la persona davanti a lui. « Solo una creatura magica con poteri superiori può riuscire ad eliminarlo del tutto, ma farò del mio meglio. Intanto ti prego di raccontarmi cos'è successo al villaggio di Seijou. »
Iwaizumi annuì e, mentre Eita si concentrava nel tentativo di sfruttare al meglio la propria forza, iniziò a raccontare tutto ciò che inizialmente aveva riguardato solamente lui stesso e uno spirito dei boschi chiamato Oikawa Tooru e che aveva finito per coinvolgere il regno intero.
Alla menzione delle ali della creatura, il consigliere del re ebbe un piccolo sussulto che evidentemente non sfuggì al cavaliere nonostante le sue condizioni.
« Lo sapevate, vero? » domandò infatti a bruciapelo. « Sapevate che Oikawa ed io ci eravamo amati, per questo avete chiesto proprio a me di partire. »
Eita scosse la testa, desolato.
« Che tu lo creda o no, sapevo solo che qualcosa vi legava, non immaginavo un sentimento di tale entità, amore o odio che fosse. »
Il cavaliere però non aveva ancora finito.
« Vi ho raccontato la mia storia, ora mi aspetto che rispondiate almeno ad un'altra domanda. Oikawa era convinto che fossi stato io a tradirlo mentre voi avete insistito che fossi proprio io a partire. Per quanto possiate sostenere di non essere a conoscenza dell'intera questione, di certo non può essersi trattato di un caso o di una mera intuizione. Voi sapete chi gli ha strappato le ali, vero? Magari sapete anche cosa ne ha fatto. O peggio ancora siete stato proprio voi a farlo. »
« No! »
Di fronte a quell'accusa fin troppo diretta, Eita si discolpò d'istinto, prima di rendersi conto che quell'esclamazione sarebbe suonata ancora più sospetta. Forse era giunto il momento di giocare a carte scoperte: se la storia di Iwaizumi era vera, e a giudicare dalle ferite e dal suo stato di salute lo era eccome, era certo di potersi fidare di lui in quel frangente.
« Non farei mai deliberatamente del male ad una creatura fatata, per un motivo molto semplice: anch'io lo sono per metà. Mio padre era un essere umano, mia madre una fata dei boschi, probabilmente della stessa razza del tuo... amico. É questa l'origine del mio potere ed è anche il mio più grande segreto, spero tu possa comprendermi. »
Dopo il primo attimo d'incredulità, vide Iwaizumi socchiudere gli occhi e annuire.
« Il vostro segreto è al sicuro con me, non sono mai stato un amante dei pettegolezzi e in ogni caso non credo che vivrò a sufficienza per poterne parlare con qualcuno. »
C'era una sorta di ironia amara nelle sue parole ed Eita preferì glissare sull'ultima parte della frase: sperava che il suo intervento servisse ad allungare quella vita almeno un po'.
« Non ho responsabilità in quanto accaduto ma so chi è stato e so dove si trovano le ali del re dei demoni. » aggiunse, nel tentativo, per quanto assurdo, di ottenere una sorta di riscatto ai suoi occhi.
Ebbe immediatamente l'attenzione del ferito di fronte a lui e gli costò una certa sofferenza narrare dei due incontri con lo spirito del caos, di come ogni suo tentativo di dialogo non fosse servito a nulla e di come la sua opposizione fosse rimasta del tutto inascoltata dal sovrano. Non voleva che re Ushijima venisse visto come un tiranno semplicemente assetato di potere, dopotutto l'aveva fatto per proteggere il suo popolo, ma non poteva negare la fascinazione che aveva avuto su di lui quella manifestazione della magia.
Iwaizumi dovette intuire i suoi pensieri perché cercò il suo sguardo con espressione seria.
« Quello che è stato strappato ad Oikawa non è un semplice artefatto magico, lo capite, vero? » disse in tono basso e teso. « Non è un oggetto. »
Eita lo sapeva benissimo, le ali non erano solamente una parte del corpo per una creatura magica, erano ciò che la rendeva completa e che funzionava inoltre come regolatore del loro potere. Il collasso che lo spirito dei boschi aveva avuto e che l'aveva portato a diventare il re dei demoni era il minimo che ci si sarebbe dovuti aspettare in una situazione del genere. Visto quello che era successo, inoltre, dubitava fortemente che si sarebbe giunti ad un qualunque genere di soluzione di quel passo. Bisognava agire, e bisognava farlo subito, o le conseguenze sarebbero state peggiori di tutto quello che era accaduto finora.
« Va bene. » decise. « Ti porterò dove si trovano le ali, nella torre che nasconde il talismano che protegge il regno. Anche a costo di rendere vano l'intento di sua altezza, vorrei che tu le riportassi al loro legittimo proprietario prima che si trasformi in un flagello peggiore di qualunque carestia. »
Forse era un ragionamento egoista, forse re Ushijima lo avrebbe accusato di tradimento per quello, ma ciò a cui andavano incontro era davvero peggiore di quanto pronosticato dalla creatura oscura e dai suoi stessi sogni. Una creatura potente come il re dei demoni, se non veniva placata, poteva davvero essere foriera di morte e distruzione più di qualsiasi calamità naturale.

Quando vennero invitati a lasciare la stanza per permettere a Iwaizumi e quel nobile di parlare indisturbati, Hinata tentò di nuovo di avvicinarsi a Kageyama, approfittando del fatto che i due cavalieri si erano appartati con Kenma e Aone per informarsi sulle condizioni dell'amico.
L'arciere aveva un'espressione ancora più cupa del solito e camminava nervosamente avanti e indietro, probabilmente tormentandosi sull'argomento della loro precedente discussione.
« Vedrai che il nobile Semi riuscirà ad aiutare sir Iwaizumi. Presto starà meglio. » esordì tentando un approccio meno aggressivo.
Kageyama però non sembrava dello stesso avviso.
« Oh, non ne dubito. » rispose lanciando al compagno un'occhiata obliqua. « Quello che mi chiedo è com'è possibile presentarsi a palazzo dopo aver fallito su tutta la linea. Ci eravamo ripromessi di eliminare il re dei demoni, sir Iwaizumi era stato inviato per mettere fine al conflitto, e invece eccoci qui: feriti, sconfitti, una totale delusione. E solo perché avete lasciato andare quel dannato mostro quando avevamo la possibilità di eliminarlo una volta per tutte. »
Le ultime parole erano state pronunciate con sottofondo di rabbia tale che Hinata finì per accantonare tutti i buoni propositi e perdere le staffe. Si aggrappò al braccio del compagno e prese a strattonarlo nervosamente.
« Smettila di dire queste cose! Non c'è stato nessun fallimento! L'unica possibilità mancata è stata quella di far riappacificare quei due! Non c'è nessun mostro in questa storia, non lo capisci? Ci sono solo persone che stanno soffrendo. »
« Stai ancora parlando sotto l'influsso di qualche incantesimo? »
Il tono di Kageyama, infastidito, e quello di Hinata, che si era alzato più del dovuto, finirono per attirare l'attenzione del gruppetto poco lontano e anche i due cavalieri si voltarono ad osservarli con perplessità.
« Non c'è nessun incantesimo, insomma! » sbottò il piccolo spadaccino. « Quello che pensavamo era sbagliato, le creature della Brughiera non si sono rivoltate contro gli umani senza motivo o per la loro indole malvagia! Tooru, il re dei demoni, ha subito un torto enorme. Amava sir Iwaizumi e ha sofferto tantissimo pensando di essere stato tradito da lui. In realtà non era così e se solo avessero avuto modo di parlarsi... »
« Sarebbe bastato che sir Iwaizumi non s'incapricciasse di un demone. »
Il suono dello schiaffo fece sobbalzare addirittura Kenma, che si voltò allarmato verso i due.
Hinata s'immobilizzò fissando la propria mano che era scattata quasi senza che se ne rendesse conto: aveva picchiato Kageyama, aveva colpito il suo compagno di vita mosso da una rabbia e da un senso di giustizia che non aveva nemmeno realizzato del tutto di avere. Per contro, lo stesso Kageyama lo fissava allibito.
« Allora forse nemmeno io avrei dovuto incapricciarmi di te. » mormorò il rossino in tono basso e insolitamente cupo.
Fece per andarsene, ma l'arciere lo afferrò per un braccio, trascinandolo in un angolo più appartato. Sembrava decisamente arrabbiato, ma in qualche modo anche spaventato dalla piega che aveva preso quella discussione. Hinata lo vedeva dal suo sguardo e ne era allarmato lui stesso, avendo agito come al solito totalmente d'impulso.
« Tutta questa storia mi fa uscire di testa! » ringhiò Kageyama. « Come puoi...? »
Hinata prese un lungo respiro, non era mai stato bravo a mantenere la calma né tanto meno a spiegarsi come si deve a parole, ma questa volta era necessario.
« Posso perché ho visto Tooru piangere mentre ero là, ho visto le cicatrici sulla sua schiena dove un tempo aveva le ali e ho pensato a come mi sarei sentito io se tu mi avessi aggredito. Ho visto i suoi amici preoccuparsi per lui e proteggerlo come si fa con chi ha sofferto troppo, anche se lui è il più forte di tutti. Ho visto sir Iwaizumi mentre parlava di lui e il modo disperato in cui lo guardava. Non è un capriccio, non lo è mai stato, così come non ci sono mai stati mostri. Kageyama, lo capisci? »
Rialzò lo sguardo sul giovane di fronte a lui, che nel frattempo aveva allentato la presa sul suo braccio. Aveva abbandonato l'espressione furibonda per una pensosa e piuttosto preoccupata.
« Quindi secondo te finora abbiamo sempre sbagliato tutto. » commentò.
Hinata annuì, convinto.
« Già... Non è colpa di nessuno, non potevamo sapere, ma ora che siamo al corrente della verità dobbiamo come minimo fare qualcosa. »
Kageyama lo fissò dritto negli occhi mentre chiedeva: « Anche se questo qualcosa implicasse il tuo andartene da me? »
Hinata rimase sbalordito da quella domanda e, quando ne comprese appieno il significato, dovette trattenersi dallo scoppiare poco delicatamente a ridere.
« Non ci penso proprio ad andarmene, non ti libererai così facilmente di me! » esclamò sentendosi immediatamente più leggero. « A volte dici cumuli di sciocchezze più alti delle torri di questo palazzo e hai un senso dell'onore decisamente esagerato, ma ti amo e farò finta di non aver sentito nulla. »
Sorrise radioso, felice del fatto che il compagno avesse finalmente compreso, certo di essere più vicino alla soluzione di tutti quei guai, e avrebbe aggiunto altro se qualcosa di pesante non l'avesse improvvisamente colpito alla nuca, facendolo quasi stramazzare al suolo. Quando riuscì a riprendersi dallo spavento e a levarsi di dosso con l'aiuto di Kageyama ciò che era piovuto dal cielo, si ritrovò di fronte l'ultima persona – o in questo caso creatura – che si sarebbe aspettato di vedere lì a palazzo.
« Kuroo! Che cosa ci fai qui? » esclamò incredulo.
Il gatto nero si aggrappò con le unghie alla sua casacca e miagolò concitatamente: « Hinata, presto! Abbiamo bisogno del tuo aiuto, non c'è un minuto da perdere! »

 

Fairy Circles

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Capitolo 10
*** Cap. 10 ***


Cap. 10

 

Oikawa aveva faticato come non mai a sopportare la fine del rituale che lo avrebbe rimesso in forze. Ogni minuto era prezioso e riusciva a sopportare quella forzata immobilità solo grazie al pensiero che Iwaizumi fosse nelle mani di guaritori capaci come il mago e lo sciamano del suo gruppo. Non avrebbero potuto fare nulla di concreto contro il veleno della magia, ma avrebbero di certo risanato la sua ferita.
La conclusione del rituale lo aveva costretto ad aspettare fino a sera, ma per allora il recupero delle forze era stato completo, tanto che si era immediatamente messo all'opera per poter mettere in atto la proposta di Bokuto. Il demone gufo si era offerto di portare lui stesso gli amici alla capitale e Oikawa aveva fatto in modo che avesse le dimensioni adatte per il tempo necessario. Spostarsi in volo era di certo più veloce che a cavallo e gli aveva permesso di riguadagnare il tempo impiegato dalla compagnia di umani per il viaggio. Quando però erano giunti in prossimità del castello, si erano resi conto che non sarebbe stato possibile sorvolare semplicemente le mura e atterrare in uno dei cortili: diverse guardie erano appostate sui merli, tutte armate di arco, e di certo li avrebbero presi di mira. Mantenendosi a debita distanza avevano fatto in modo di planare in una zona riparata alla vista dagli edifici della città e Bokuto aveva riacquistato le sue dimensioni normali. Oikawa era riuscito ad introdursi nell'abitato calandosi un cappuccio sulla testa e mescolandosi alla folla che andava e veniva dai mercati e dagli esercizi, tenendo il gatto in braccio e il gufo su una spalla. Al calar della notte Bokuto aveva fatto una ricognizione sopra i cortili, trasportando con sé Kuroo e, riconoscendo volti noti, aveva lasciato cadere il gatto proprio sopra la testa di Hinata. Quale migliore occasione per farsi aprire i cancelli e far finalmente incontrare quei due sprovveduti del suo re e del cavaliere umano?
Hinata era rimasto stupefatto e allo stesso modo il giovane arciere che era con lui: era lo stesso che aveva colpito Oikawa prima ed Iwaizumi dopo, causando tutti quei problemi. Istintivamente il gatto nero soffiò nella sua direzione, ma il piccolo spadaccino richiamò immediatamente la sua attenzione.
« Perchè sei qui, Kuroo? » esclamò disorientato. « É pericoloso per voi! Non dirmi che Tooru... »
Il demone gatto annuì.
« É qui che aspetta che qualcuno lo aiuti ad entrare. Sai com'è fatto, quando si mette in testa qualcosa non c'è verso di fargli cambiare idea, e a quanto pare ha deciso di voler vedere Hajime. »
Quasi gli scappò un risolino, ma la gravità della situazione era più che chiara.
« Sir Iwaizumi sta parlando con il consigliere del re, che credo lo stia anche curando. Potrei tentare di distrarlo e... »
« Lo farò io. »
A quell'affermazione entrambi si voltarono verso Kageyama, rimasto in silenzio fino a quel momento.
« Andrò io ad avvertire sir Iwaizumi e gli altri, tu fatti indicare un cancello secondario da sir Hanamaki e sir Mastukawa. » proseguì l'arciere, lasciandoli sbalorditi. « Allora, che aspetti? Datti una mossa! Più tempo perdiamo e più pericolosa si fa la situazione! »
Risvegliato da quelle parole, Hinata vide il compagno correre in direzione dei restanti membri del gruppetto e gesticolare concitatamente con i due cavalieri, indicando un paio di volte alle sue spalle. Alcuni istanti dopo Hanamaki e Matsukawa lo stavano raggiungendo.
Mentre correvano verso uno dei cancelli più defilati, Hinata ne approfittò per rispondere alle domande perplesse dei due, confusi sull'improvviso cambio di rotta dell'amico riguardo le creature fatate. Fortunatamente entrambi non sembrarono particolarmente turbati dal ribaltamento della situazione, limitandosi a commentare con qualche battuta.
« L'ho sempre detto, io, che chi disprezza compra. Iwaizumi era troppo fissato con il re dei demoni perché non ci fosse niente dietro. » ghignò Hanamaki, indicando brevemente una piccola inferriata all'ombra delle mura e lontano dall'occhio delle guardie.
« A questo punto è stato sicuramente un bene che la spedizione sia stata rimandata e che ci trovassimo qui. Ho sempre sognato di fare il fuorilegge per una giusta causa! » rincarò la dose Matsukawa, facendo cenno ad Hinata di affrettarsi.
Il piccolo spadaccino sorrise tra sé: nonostante i due fossero palesemente ironici, in qualche modo si capiva che tenevano ad Iwaizumi e che avevano capito le sue motivazioni. Quando poi raggiunsero la loro meta non ci fu più tempo di chiacchierare.

Oikawa era rimasto nascosto in un angolo buio delle mura in attesa del ritorno di Kuroo e quando aveva visto socchiudersi il piccolo cancello secondario si era accucciato ancora di più nell'ombra. Solo quando aveva visto far capolino Hinata con il demone gatto tra le braccia si era azzardato a muovere un paio di passi avanti.
Il rossino aveva agitato un braccio nella sua direzione.
« Tooru! Qui! » lo aveva chiamato sottovoce.
Solo dopo averlo raggiunto, Oikawa notò i due cavalieri alle sue spalle e subito si mise sulla difensiva.
« Sono amici di Hajime. » specificò immediatamente Kuroo, prima che un'eventuale reazione brusca li facesse scoprire.
Lo spirito dei boschi continuò a scrutarli con diffidenza almeno finché il più alto dei due non fece una smorfia di finta sufficienza.
« Così questo sarebbe il re dei demoni? Tutto qui? E io che mi figuravo chissà quale mostro cornuto, sono quasi deluso... »
Tooru lo fulminò e scostò il cappuccio che gli copriva la testa e parte del volto.
« Le corna ci sono e se farai una mossa falsa capirai anche perché sono noto come mostro. » lo minacciò neanche tanto velatamente.
Il secondo cavaliere, quello dai capelli chiari, spalancò appena gli occhi alla vista di ciò che lo classificava inequivocabilmente come non umano, ma subito dopo ammiccò al compagno.
« Beh, notevole, no? É comprensibile che Iwaizumi abbia perso la testa per lui. »
Oikawa avrebbe risposto loro per le rime se Kuroo non avesse richiamato tutti all'ordine. Spiegò che anche il compagno di Hinata li avrebbe aiutati, così come il resto del loro gruppo. Grazie a loro sarebbero riusciti a raggiungere il luogo dove si trovava Iwaizumi.
Seguendo le indicazioni dei due cavalieri, Hanamaki e Matsukawa, si mossero attraverso il cortile tentando di farsi notare il meno possibile dalle guardie di ronda. Hajime, spiegarono i due, si trovava nella foresteria dei cavalieri in compagnia del consigliere del re che possedeva un tipo di magia che forse poteva curare le sue ferite.
A quelle parole Tooru si sentì stringere il cuore in una morsa: non esisteva nessuna magia umana che potesse contrastare davvero quella della Brughiera, sperava solo di arrivare in tempo per poter riabbracciare Iwaizumi un'ultima volta.
Mentre era perso in quei pensieri e seguiva di ombra in ombra i tre davanti a lui, quasi non si rese conto che si erano fermati incrociando qualcuno. Si trattava di un ragazzo, a prima vista forse un apprendista cavaliere, che aveva salutato con deferenza Matsukawa e Hanamaki.
« Sei di ronda, Kindaichi? Buona veglia! » gli augurò il moro tentando di tirare dritto, ma quello non sembrava dello stesso avviso.
« Grazie mille! Voi invece cosa ci fate in giro a quest'ora? Ho visto che questa notte non avete il turno di guardia, spero non soffriate d'insonnia. » disse, mostrando un'irritante voglia di chiacchierare. « Ho sentito che sir Iwaizumi è rientrato dalla Brughiera e che è messo piuttosto male. Questa storia si fa sempre più allarmante, nemmeno io dormirei se fossi stato scelto per una missione laggiù. »
« Ehm... già. » tentò di tergiversare Hanamaki, gettandosi un'occhiata furtiva alle spalle.
Hinata iniziava a saltellare sul posto dall'impazienza e anche Oikawa stava raggiungendo il suo limite di sopportazione. Il giovane puntò lo sguardo proprio su di loro, indugiando su Hinata con espressione perplessa.
« Sono delle reclute? » chiese scrutandolo dalla testa ai piedi, con occhio critico.
« Ah, no, loro sono... » tentò di nuovo Hanamaki, ma quello si era già avvicinato fin troppo ad Oikawa, incuriosito dalla sua figura coperta. Bastò un gesto all'apparenza innocuo e uno scarto improvviso per far ricadere indietro il cappuccio e scoprire le corna appuntite.
I tre che lo accompagnavano s'irrigidirono sul posto e Kindaichi sgranò gli occhi esclamando impulsivamente: « Un demone! »
Sarebbe corso via urlando se Oikawa non l'avesse afferrato premendogli una mano sulla bocca, ma quello che ottenne fu solo di farlo agitare maggiormente e di attirare l'attenzione delle sentinelle sulle mura e dei soldati di ronda. In men che non si dica si ritrovarono circondati da un drappello di uomini con le lance spianate e a nulla valsero i tentativi dei due cavalieri di spiegare la situazione: quello che risultava evidente era solamente che il re dei demoni si era introdotto fin nel cortile del palazzo reale e che questo era un pericolo di proporzioni inimmaginabili.
Oikawa, dal canto suo, non era minimamente interessato ad ascoltare le minacce che gli venivano rivolte con voce stentorea dai comandanti di turno: tutto quello che gli importava era levarli di mezzo per raggiungere Iwaizumi e quegli idioti gli stavano facendo perdere minuti preziosi, minuti che avrebbero potuto segnare la differenza tra la vita e la morte. Sentiva la tensione crescere, la magia formicolare sulla punta delle dita, alimentata dalla rabbia e dalla frustrazione di non poter procedere oltre nonostante fosse così vicino – sentimenti confusi e agitati che esplosero in un'esclamazione furiosa mentre sollevava le braccia e scagliava il magico fuoco verde contro coloro che gli sbarravano il cammino.
« Fuori dai piedi! »
I soldati attorno a lui vennero spazzati via dalle fiamme magiche, molti ricaddero a terra feriti o storditi, senza potersi rialzare, altri si diedero alla fuga.
Hinata, Matsukawa e Hanamaki balzarono indietro con espressioni spaventate e Kuroo gli saltò su una spalla miagolando concitato: « Smettila subito, Tooru! Che stai facendo?! Vuoi farci ammazzare tutti? »
« Se anche smettessi adesso, non ci stenderebbero certo il tappeto rosso! » protestò Oikawa. «Ormai siamo in ballo, tanto vale ballare! »
Fece a malapena in tempo a finire la frase, che un lampo di luce e un tonfo alle sue spalle attirarono la sua attenzione: un soldato con un arco in mano giaceva a terra e, poco lontano da lui, il mago bianco compagno di Shoyou brandiva il suo bastone. Sembrava ancora più pallido del solito alla scarsa luce delle torce che illuminavano il cortile, ma avanzò verso di loro a passo sicuro.
« Il re dei demoni dice bene, temo che ormai sia inutile tentare dei usare le buone maniere. » disse. « Tra un attimo ci saranno addosso in massa, possiamo solo tentare il tutto per tutto. Shoyou, accompagnalo da sir Iwaizumi, io tenterò di prendere tempo. »
« Resto anch'io a darti una mano! » miagolò Kuroo, balzando dalla spalla di Oikawa ed assumendo sembianze umane per raggiungere il mago. « Hinata, mi raccomando, impediscigli di fare sciocchezze! »
L'arrivo di un nuovo drappello impedì ad Oikawa di protestare per quell'ultima battuta e sia lui che Hinata vennero spinti da parte.
« Andate! Qui ci pensiamo noi! » esclamò Matsukawa brandendo la spada, subito imitato dal compagno.
Hinata fece altrettanto, ma prese il demone per un braccio e lo trascinò avanti. Seguire il rossino era tutto ciò che quest'ultimo poteva fare in quel momento, oltre ad evitare che i rinforzi, che giungevano sempre più numerosi, intralciassero la loro corsa. Il fuoco verde si materializzava in sfere letali nelle sue mani, ma aveva recuperato la lucidità necessaria per tentare di non colpire i punti vitali dei suoi aggressori. Questo però minava la sua velocità di reazione e si accorse troppo tardi dell'ennesimo soldato che si gettava su di lui con la spada in pugno. Hinata era di spalle ed impegnato in un alto scontro, non avrebbe potuto fare nulla, eppure la guardia crollò a terra con una freccia piantata nella coscia. Entrambi si voltarono di scatto.
« Kageyama! » esclamò il piccolo spadaccino, illuminandosi.
L'arciere stava già prendendo la mira per un secondo colpo e, al suo fianco, Aone stava trattenendo a mani nude un soldato che si agitava nel vano tentativo di scrollarselo di dosso.
In quello stesso momento Bokuto planò dal cielo e materializzò la propria forma umana in un turbinio di piume.
« Sir Iwaizumi e il nobile Semi sono andati in cima a quella torre! » esclamò Kageyama indicando la costruzione alta e scura che svettava nella notte alle sue spalle. « Là si trova il talismano che protegge il castello e l'intero regno, ciò che il re dei demoni ha perso. »
Oikawa sgranò gli occhi, incredulo, non appena intuì di cosa l'arciere stesse parlando, e capì anche cosa Iwaizumi stesse cercando di fare nonostante le sue condizioni precarie. L'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era entrare in contatto con qualcosa di magico, men che meno se si trattava di qualcosa di così potente come le sue ali.
Le sue ali.
Che erano sempre state lì, per tutti quegli anni.
E lui aveva odiato Iwaizumi mentre l'unico colpevole era il re di quel palazzo.
Era così assurdo che...
Servì la voce di Bokuto per riscuoterlo dall'istante di smarrimento in cui era caduto.
« Tooru, vai! Ricordati per quale motivo ti ho portato fin qui! Vai da Hajime! »
Oikawa lo fissò di rimando per poi spostare lo sguardo sull'arciere e sullo sciamano e annuire.
« Grazie a tutti e tre. » disse, prima di afferrare a sua volta Hinata e correre avanti, nella direzione della torre.
Con il cortile ormai invaso dalle guardie, raggiungerla sarebbe stato più difficile del previsto, ma non si sarebbe arreso: sarebbe arrivato da Iwaizumi ad ogni costo, anche se ad opporsi ci fosse stato davvero tutto l'esercito. Le fiamme verde acido crepitavano tra le sue mani e colpivano senza sosta chiunque chi gli parasse davanti, sentiva la magia scorrere nelle sue vene ed attirarlo sempre più insistentemente verso la sua meta. Doveva essere il richiamo di quella parte che gli era stata strappata e che desiderava tornare un tutt'uno con lui.
Il caos in cui era precipitato il cortile lo sfiorava a malapena e i suoi occhi erano costantemente puntati sulla cima della torre di fronte a lui. Fu probabilmente per questo motivo che non si rese conto del momento esatto in cui Hinata venne strappato dal suo fianco, trascinato via dalla mischia e la prima reazione che ebbe quando si sentì bloccare fu di stupore.
Aveva sollevato il braccio per scagliare l'ennesima palla di fuoco contro il soldato di fronte a lui quando all'improvviso sentì qualcosa che lo tratteneva. Allo stupore seguì la confusione, quindi spostò gli occhi verso il proprio polso e rabbrividì nel vederlo avvolto da una catena di ferro.
Se quei maledetti umani pensavano di poterlo bloccare con subdoli mezzucci, si sbagliavano di grosso. Non sarebbe bastata una misera catena a fermare il re dei demoni!
La strattonò con forza nonostante il dolore che gli provocava, ma ben presto a quella se ne aggiunse un'altra, che gli bloccò anche l'altro braccio, e una terza che si ritrovò attorno al collo. I soldati avevano fatto cerchio attorno a lui e trattenevano i capi delle catene in due o tre per volta dai lati opposti in modo da impedirgli di avanzare.
Oikawa si dibatté con un ruggito frustrato, simile a quello di un leone in gabbia, e più si agitava, più tirava, più le catene lasciavano segni brucianti sulla sua pelle nonostante la stoffa che la copriva. La sofferenza fece spuntare le prime lacrime agli angoli dei suoi occhi, ma la rabbia era tale che le asciugò quasi subito.
« Tooru! »
La voce di Hinata, resa acuta dallo spavento, lo fece voltare di scatto solo per trovarlo nelle mani di un soldato che, spavaldo, gli puntava una spada alla gola.
« Hinata! » lo chiamò, tentando di muoversi nella sua direzione, ma uno strattone improvviso gli fece perdere l'equilibrio facendolo cadere in ginocchio nella polvere del cortile. « Dannazione, lasciatemi andare! »
Sopraffatto dalla furia, Oikawa tentò di nuovo di scagliare il fuoco magico contro i suoi aguzzini, ma il ferro delle catene gli bruciava la carne e indeboliva il suo potere, lasciandolo pressoché inerme.
« Se avessi saputo che era così facile, avrei evitato di inviare intere spedizioni nella Brughiera. »
Il suono di quelle parole fece cadere il silenzio nella corte e tutti si voltarono in direzione di uno scalone che portava al corpo principale del castello. In cima ad esso spiccava una figura imponente, coperta da un ampio manto violaceo che mandava riflessi purpurei alla luce delle torce. Sotto di esso portava abiti dal taglio chiaramente sontuoso ma nessun gioiello, come se non fosse necessario nessun segno di riconoscimento per sottolineare la sua autorità. Tutti quelli che si trovavano nel cortile, infatti, chinarono il capo al suo cospetto e Oikawa capì di trovarsi di fronte al sovrano che regnava su quella città e su tutti i territori circostanti. Colui che, a quanto pareva, era responsabile di tutte le sue sofferenze.
Di fronte a quell'aria impassibile, la sua rabbia montò ancora di più, fino a renderlo insensibile al dolore delle catene, che riprese a strattonare con tutta la forza che gli restava mentre tentava di rimettersi in piedi.
Ci vollero le urla di Hinata alle sue spalle per renderlo consapevole che quello che aveva iniziato a gocciolare sul terreno non era sudore ma il suo stesso sangue. Eppure nemmeno quello gl'importava, voleva solamente farla pagare a quell'uomo per tutto quello che gli aveva fatto passare, voleva distruggerlo, togliergli dalla faccia quell'espressione fredda che nulla sembrava poter turbare, e poi correre da Iwaizumi.
Il re scese le scale con passo lento ma deciso e il cerchio di soldati si aprì davanti a lui, separandosi in due ali per permettergli di raggiungere il prigioniero. Uno dei comandanti tentò di fermarlo opponendo un debole: « Maestà... », ma venne rimesso al suo posto con un semplice gesto della mano.
Oikawa lo fissò dal basso verso l'alto mentre i suo occhi carmini esprimevano tutto l'odio che provava in quel momento. E così quello era re Ushijima, che per un capriccio gli aveva strappato le ali, che per anni gli aveva mandato contro il suo esercito e che ora gli stava impedendo di raggiungere Iwaizumi. Al solo pensiero sentiva ribollire il sangue.
« Un vero sovrano non dovrebbe mai permettere a nessuno di vederlo in ginocchio nella polvere. » sentenziò Ushijima con voce distaccata. « E hai anche il coraggio di farti chiamare re dei demoni. »
Oikawa tese al massimo le catene che lo bloccavano prima di venire di nuovo strattonato indietro e trattenuto con la forza, mentre ormai la stoffa della veste sulle braccia era a brandelli e imbrattata di sangue.
« Togliti dalla mia strada! » ringhiò rabbioso, con la poche energie che gli restavano, rifiutandosi di mostrarsi debole di fronte a lui.
Ushijima allungò una mano e gli afferrò il volto per sollevarlo e scrutarlo alla luce delle torce, gli scuri occhi di ghiaccio che si specchiavano in quelli scarlatti di Tooru.
« Agitarsi tanto è solo un inutile spreco di forze, servirà solo a farti del male. » disse. « Non otterrai quello per cui sei venuto. »
Se non avesse avuto la prontezza di riflessi di ritirare la mano, Tooru l'avrebbe morso. Non gli restava altra arma, ormai, e non era nulla in confronto alla sua magia, ma essere toccato da quell'uomo gli aveva causato un'ondata di ribrezzo tale da farlo reagire d'istinto.
Ushijima incrociò le braccia ma non si allontanò e non staccò gli occhi dai suoi.
« Hai un gran temperamento, è quasi un peccato doverti uccidere. » disse mentre metteva mano alla spada.
Un istante dopo però sembrò cambiare idea e la posò solamente sull'elsa.
« Ti propongo un patto. Il talismano finora ha protetto il regno dalle calamità, potrai riaverlo indietro se metterai i tuoi poteri al mio servizio e mi giurerai fedeltà. »
Oikawa sgranò gli occhi di fronte a quelle parole di un'assurdità tale che dubitò di averne compreso appieno il significato.
« Tu... » mormorò con la voce che gli tremava dallo sdegno. « Starai scherzando, spero. »
Ushijima non lo degnò nemmeno di risposta, chiarendo quanto in realtà fosse serio in quella proposta disgustosa, e questo non fece che aumentare l'orrore che Oikawa provava.
« Non mi metterei al tuo servizio nemmeno se fossi l'ultimo re sulla faccia della terra! » gli urlò contro trovando finalmente la forza di alzarsi in piedi e fissandolo con odio. « Piuttosto che passare anche solo un minuto come tuo leccapiedi, preferisco di gran lunga morire con Iwa-chan! »
« Beh, questa non è un'ipotesi da escludere. »
Non era stato Ushijima a parlare, bensì la figura ammantata di nero al suo fianco, che nessuno aveva visto o sentito arrivare e che ora si guardava attorno con un lampo d'ironia negli occhi dorati.
Oikawa riconobbe all'istante lo spirito del caos e si ritrasse istintivamente: se quel maledetto aveva al suo servizio una creatura del genere, allora quell'idea era tutt'altro che remota.
Tuttavia anche il re si scostò istintivamente di un passo, sottolineando che quella presenza non gli fosse esattamente gradita.
« Cosa vuoi? » domandò bruscamente. « Non vedi che sono occupato ora? »
La creatura abbassò il cappuccio nero che gli celava il volto, rivelando una capigliatura dello stesso colore delle fiaccole che scoppiettavano ai lati della corte e uno sguardo affilato come una una lama.
« Oh, lo vedo, maestà, tuttavia poco m'importa. É giunto il tempo di riscuotere il pegno per i miei servigi. »

 

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Capitolo 11
*** Cap. 11 ***


Cap. 11

 

Mentre ancora era intento a parlare con il nobile Semi, Iwaizumi aveva sentito un gran trambusto provenire dal cortile e la voce concitata di Kageyama che si rivolgeva ai compagni all'esterno.
« É qui. » diceva. « Qui fuori. Ci sta pensando Hinata. Dobbiamo avvertire sir Iwaizumi e... »
Non ascoltò nemmeno il resto del discorso, quelle poche parole confuse furono sufficienti perché la peggiore delle ipotesi che aveva osato formulare nella sua mente si rivelasse confermata. Si voltò verso il suo interlocutore e nei suoi occhi lesse il medesimo timore.
« Stanno parlando di lui, vero? » disse Eita dando voce al sospetto di entrambi. « Il re dei demoni è venuto qui per te. »
« Quell'idiota! » imprecò Iwaizumi stringendo i pugni. « Perché non ragiona mai prima di agire? Se lo scoprissero scoppierebbe il finimondo. »
« Lo scopriranno, non ne dubito. La guardia è alta negli ultimi tempi, non passa neanche un topo senza che le sentinelle se ne accorgano. »
Quello che Semi aveva detto era vero, la situazione era tesa già prima della sua partenza ed era logico pensare che ora lo fosse anche di più. Era assurdo che quello stupido si fosse cacciato con le proprie mani nella tana del leone solo per... Per cosa? Per vederlo? Per dirgli addio? Non aveva senso. E lui aveva intenzione di rimanere lì disteso su quella branda come una principessina in attesa che l'amato principe giungesse in suo soccorso?
« Si caccerà nei guai. » borbottò tra sé, mentre una mano correva ad afferrare il braccio del consigliere già voltato verso la porta.
Se voleva fare qualcosa per aiutarlo doveva farlo ora.
« Portatemi alla torre! » esclamò. « Andiamoci adesso. Voglio che Oikawa riabbia indietro le sue ali  il prima possibile. »
Dall'espressione che vide comparire sul volto dell'altro capì che quello era stato all'incirca il suo stesso pensiero, quindi accettò con gratitudine la mano che gli veniva porta per aiutarlo ad alzarsi e la spalla a cui appoggiarsi per mantenere l'equilibrio.
Ora che era di nuovo in piedi, Iwaizumi si rendeva pienamente conto di quanto fossero precarie le proprie condizioni: lo aveva sempre saputo ma verificarlo in modo così diretto era ancora più penoso. La debolezza che gli pervadeva le membra rendeva faticoso ogni passo, un dolore sordo e insistente sembrava pulsare in ogni cellula del suo corpo, ma questo non avrebbe piegato la sua volontà. Oikawa gli avrebbe detto che era testardo, rifletté con un mezzo sorrisetto, e forse era così, ma se quello stupido lo aveva seguito allora non era da meno e ben presto avrebbe potuto rimbeccarlo.
Nel momento in cui aprirono la porta, si trovarono davanti proprio Kageyama, con la mano tesa ad afferrare la maniglia. Per un attimo sul suo volto aleggiò la confusione, come se non si aspettasse di vederli uscire, ma subito riacquistò la compostezza.
« Nobile Semi, io... » iniziò, ma Iwaizumi gli posò una mano sulla spalla troncando ogni discorso.
Ricordava fin troppo bene le parole di Kageyama durante il viaggio, la sua durezza, il suo astio verso le creature fatate, ma ricordava anche tutta l'ansia che l'arciere aveva provato per la sorte del suo compagno e il sentimento che lo aveva spinto a comportarsi in quel modo avventato.
« Kageyama, aiutalo, per favore. Per me è la cosa più importante. » disse fissandolo negli occhi con sguardo serio. « Noi andiamo alla torre dove si trova quello che Oikawa ha perso, nel frattempo ve lo affido. Cercate di non farvi ammazzare tutti quanti. »
Avrebbe potuto aggiungere molte cose, ma era certo che Kageyama avrebbe capito perfettamente anche così: se era venuto ad avvertirlo significava che gli era già sufficientemente chiaro da che parte stare.
Raggiungere la torre si rivelò faticoso per le sue poche forze, ma non particolarmente difficoltoso: le guardie, quando riconoscevano il nobile Semi, se ne tenevano ben alla larga, probabilmente intimidite dal suo rango e dalla sua posizione. Dal canto suo Eita si comportava con un'invidiabile nonchalance, come se stesse semplicemente accompagnando il ferito a prendere una boccata d'aria e in ogni caso ciò che faceva non fosse affare di nessuno. Iwaizumi ammirava il suo sangue freddo, non era da tutti riuscire a mantenerlo nella consapevolezza di stare mettendo in atto un tradimento.
Avevano appena varcato il pesante portone della torre, in cima ad una scalinata, quando nel cortile scoppiò il caos: le urla attirarono l'attenzione di entrambi, specialmente quell'esclamazione che risuonò nel silenzio della notte: « Un demone! »
Hajime s'irrigidì con un piede sullo scalino più alto e uno ancora su quello inferiore, resistendo all'impulso di correre indietro e frapporsi tra Tooru e tutto ciò che lo minacciava. Anche Eita tentennò di fronte alla sua esitazione, ma il cavaliere gli strinse il braccio a cui si appoggiava e tornò a guardare verso l'alto.
« Se la caverà. É più forte di quanto sembri e Kageyama e gli altri lo aiuteranno, ora anch'io devo fare la mia parte. »
La prima rampa di scale riuscì a percorrerla quasi agevolmente ma, una volta giunto in cima, le sue forze erano completamente scemate ed Eita dovette quasi portarlo di peso.
Il secondo portone che raggiunsero si aprì con un cigolio sinistro su una stanza ampia e polverosa, appena rischiarata dalla fredda luce lunare che filtrava da una vetrata di fronte. Al centro di questa si trovava una sorta di piedistallo sovrastato da una teca piuttosto grande. I lati erano in vetro, ma gli spigoli rinforzati in legno e metallo. Nella penombra non era possibile vedere distintamente al suo interno, ma si poteva intuire qualcosa dalla forma indefinita che si agitava e sbatteva contro le pareti.
« Non si sono mai mosse prima. » commentò Eita a mezza voce, stupito. « Immagino sia perché lui è qui. »
Iwaizumi non vi badò più di tanto e lasciò il braccio a cui era appoggiato per barcollare verso il centro della stanza. Scrutò la teca da tutte le posizioni ma fu ben presto chiaro che non sarebbe stato possibile semplicemente aprirla, per questo vi si appoggiò contro con tutto il suo peso.
« Non dovresti fare questi sforzi... » obiettò Semi in tono preoccupato, ma di nuovo Iwaizumi non vi badò più di tanto.
« Allora venite a darmi una mano. »
Lo vide avvicinarsi con un sospiro rassegnato e appoggiarsi a sua volta alla teca. La spinsero insieme finché non raggiunse l'orlo del piedistallo e non la sentirono ondeggiare, a quel punto bastò davvero un nonnulla perché si schiantasse a terra. Il fracasso dei vetri infranti e del legno spezzato coprì qualunque esclamazione e da essi emerse una sagoma scura e informe che prese ad agitarsi per la stanza, sbattendo contro le pareti alla ricerca di una via di fuga. Quando si abbatté contro la vetrata, mandandola in mille pezzi, precipitò all'esterno e scomparve dalla vista dei due.
Iwaizumi fece appena in tempo a sentire l'esclamazione stupita del consigliere, prima che le forze lo abbandonassero, inducendolo a piegarsi prima su un ginocchio e successivamente a crollare a terra. Non ce la faceva più, il dolore si era fatto troppo intenso ed era completamente stremato. Attraverso la nebbia della sofferenza poteva sentire Semi chiamarlo e scuoterlo, ma non aveva la forza nemmeno di riaprire gli occhi.
« No! No, sir Iwaizumi! Non mollare adesso! Devi vedere il r... Oikawa! É venuto qui per te! Tieni duro! »
Sentire il consigliere del re che chiamava il demone per nome lo fece sorridere, o forse immaginò solo di farlo. L'ultimo pensiero che attraversò la sua mente prima di abbandonarsi completamente al buio fu: « Almeno Oikawa riavrà le sue ali e non piangerà più... »

Dopo che Eita aveva lasciato la stanza così velocemente e senza dargli nessuna particolare spiegazione, re Ushijima era rimasto per qualche tempo ad attenderne il ritorno. Quell'ala del palazzo era silenziosa e a quell'ora di notte ogni rumore veniva amplificato, quindi tendendo l'orecchio era possibile avvertire ogni minima variazione. Grazie a questo si era reso conto dello scalpiccio e del borbottio concitato nei corridoi adiacenti. Da quello al rivestirsi per andare a controllare la situazione il passo era stato breve: Ushijima non era certo il tipo da restare con le mani in mano quando stava succedendo qualcosa e allacciare la spada al fianco gli era venuto spontaneo.
Il domestico a cui aveva chiesto spiegazioni, bloccandolo in mezzo ad un corridoio, aveva balbettato terrorizzato qualcosa a proposito di un improvviso attacco del re dei demoni al castello e, per quanto inverosimile, la cosa non lo aveva stupito per niente. Erano giorni che la situazione si era fatta strana, dopo l'organizzazione dell'ultima spedizione Eita era spesso teso e aveva quell'aria preoccupata che non presagiva nulla di buono. Dopo aver acconsentito alla sostituzione del comandante della compagnia su richiesta della creatura del caos, quell'atmosfera era addirittura peggiorata, al punto di fargli decidere di annullare la partenza. Eita aveva sempre dormito male le notti precedenti e anche se questo non portava a visioni definite o che potessero essergli d'aiuto, Ushijima si preoccupava per la sua salute. La chiamata nel cuore della notte al capezzale del cavaliere ferito e quell'attacco improvviso erano stati il coronamento di quel periodo di tensione: se davvero era presagio dell'avvento dei demoni, allora era giunta la resa dei conti e avrebbe risolto tutto di sua mano.
Aveva attraversato a passo deciso tutto il castello, evitando di proposito di incrociare gruppi di soldati che lo avrebbero rallentato o addirittura avrebbero tentato di impedirgli di presentarsi. Voleva vedere con i propri occhi e guardare direttamente in faccia il mostro che aveva seminato il panico nel suo regno per anni, dopodiché lo avrebbe ucciso con le sue mani a monito per chiunque avesse ostato tanto.
Quando era giunto in cima a quella scala e il suo sguardo si era a tutti gli effetti posato sull'essere trattenuto in catene nel cortile, qualcosa era però scattato dentro di lui. Una sensazione che gli aveva permesso di ignorare gli sguardi attoniti rivolti nella sua direzione e di dirigersi direttamente di fronte al demone. Quella creatura prostrata e sanguinante ad un primo sguardo non sembrava altro che un giovane umano ferito, tutto quello che lo distingueva erano le corna appuntite che spuntavano tra i riccioli scuri. Quando si era avvicinato, rivolgendosi a lui con il tono che si conveniva ad un sovrano verso un nemico sconfitto, il demone lo aveva fissato con odio e solo allora Ushijima si era reso conto del colore dei suoi occhi, un rosso acceso e sanguigno che aveva attirato i suoi come una calamita. Nonostante non avesse palesemente speranze, quell'essere non aveva la minima intenzione di darsi per vinto, continuando a lottare al punto da ferirsi sempre più profondamente. Ushijima si era chiesto da dove venissero tutta quella determinazione, tutta quella forza e quella fierezza. Era davvero uno spreco dover eliminare un simile esempio di orgoglio, di potere e di grazia. Scrutandolo a fondo, anche attraverso i lineamenti delicati stravolti dalla furia, oltre il concentrato di rabbia e disperazione pronte ad esplodere, il suo occhio attento poteva vedere tutta l'eleganza e la potenza di una creatura superiore. In quel momento si era reso conto davvero di cosa significasse la “fascinazione” che gli esseri umani provavano verso gli appartenenti alla stirpe fatata di cui Eita gli aveva parlato: era l'attrazione mista a reverenza che si provava verso qualcosa di incomprensibile, ma del tutto diversa dalla repulsione che gli suscitava lo spirito del caos. Vedere quel giovane di fronte a lui che, anche davanti ad una sorte all'apparenza già decisa, alla sua stessa proposta di alleanza, non si arrendeva e continuava a lottare per qualcosa che, forse, non si limitava ad un mero oggetto fisico, aveva provocato in lui una sorta di ammirazione. Ushijima si era chiesto, osservandolo, cosa fosse per lui tanto importante da mettere in gioco la propria vita e, in un angolo remoto della propria mente che non osava rivelare nemmeno a sé stesso, lo aveva invidiato.
L'arrivo inaspettato dello spirito del caos creò scompiglio, ma Ushijima non ne fu intimorito. Provò piuttosto fastidio per essere stato interrotto, anche se non avrebbe potuto impedirlo.
« Esponi dunque le tue richieste. » concesse con voce neutra, sperano di cavarsela velocemente e liberarsi di quell'essere una volta per tutte dopo che lo aveva tenuto in scacco per troppi anni.
Lo spirito oscuro ghignò soddisfatto, spostando lo sguardo sul re dei demoni e leccandosi le labbra come di fronte ad una gustosa pietanza.
Quest'ultimo indietreggiò di un passo, reggendosi a stento sulle gambe ma per nulla intenzionato a cedere. Era spaventato, ora, Ushijima lo vedeva dai suoi occhi, ma non avrebbe dato ai suoi nemici nessuna soddisfazione.
« Trovate così apprezzabile questo demone, maestà? » chiese lo spirito in tono provocatorio.
Il sovrano tornò ad incrociare le braccia, trovandosi a sperare, chissà perché, che la richiesta non avesse niente a che fare con il re dei demoni.
« Questa domanda ha qualche implicazione con il tuo compenso? » chiese dunque ostentando distacco.
La creatura oscura si lasciò sfuggire un piccolo sbuffo ed un risolino.
« Siete sempre così serioso, vostra altezza. No, il mio compenso non ha nulla a che vedere con lui o con quello che ne pensate. Ciò che voglio sono le catene che lo legano. »
Quelle parole lasciarono tutti di stucco, Ushijima compreso. Liberare il re dei demoni avrebbe significato mettere in pericolo tutti, poiché di certo si sarebbe scagliato sui suoi aguzzini, il sovrano in primis. Le guardie che lo tenevano bloccato iniziarono ad agitarsi, qualcuna addirittura protestò, ma quella che avevano ricevuto non era una richiesta a cui si poteva rispondere negativamente. Persino il demone stesso lo fissava incredulo, spostando lo sguardo ripetutamente da lui a Ushijima.
Tuttavia, dopo alcuni istanti di smarrimento, il sovrano di Shiratorizawa non poté far altro che annuire.
« Così sia. » decretò nello stupore generale.
Lo spirito del caos sfoggiò un'espressione soddisfatta, addirittura euforica, mentre esclamava: « Molto bene! É stato un piacere fare affari con voi! »
Con uno schiocco di dita fece scomparire le catene che imprigionavano il re dei demoni, facendole riapparire nelle proprie mani, dopodiché tornò ad avvolgersi nel proprio mantello e con un passo indietro scomparve nell'oscurità.
La rapidità del gesto lasciò tutti basiti, Oikawa per primo, che, trovandosi privo di sostegno, per poco non crollò di nuovo a terra. Impiegò poco più di un istante a riprendersi e si rivolse nella direzione del sovrano: tra le sue dita crepitavano già le fiamme verdi e Ushijima mise mano istintivamente alla spada. Questa volta era certo che sarebbe stato attaccato, certezza che coinvolgeva anche le guardie circostanti che fecero cerchio attorno a lui per proteggerlo. Oikawa tuttavia non li colpì, utilizzò il fuoco magico solamente per aprirsi la strada e ignorò completamente il sovrano per correre in direzione della torre alle sue spalle. Quell'agire insensato indispettì Ushijima, il quale non poteva certo tollerare che qualcuno glissasse in quel modo su uno scontro con lui, e si apprestò quindi a gettarsi all'inseguimento. Si era liberato dello spirito del caos, ma i demoni stavano ancora invadendo la sua casa, e in ogni caso non poteva accettare di venire ignorato in quel modo.
Fu in quel momento che uno schianto di vetri infranti attirò l'attenzione di tutti e una sagoma informe e scura precipitò dalla cima della torre. La luce delle torce non era sufficiente ad illuminarla e ad identificare di cosa si trattasse, e l'unica cosa che il re distinse chiaramente fu il grido di sorpresa del demone quando quella massa nera si avventò su di lui.
In quell'istante un lampo di luce accecò tutti i presenti, illuminando a giorno l'intera corte. Quando recuperò l'uso della vista e spostò lo sguardo verso l'alto, Ushijima scorse qualcosa che non avrebbe mai dimenticato: sopra le loro teste volteggiava una creatura alata luminosa e bellissima. Dovette strofinarsi gli occhi un paio di volte perché la visione si ridimensionasse al re dei demoni, circondato da una pallida aura dorata, residuo del lampo di luce precedente, sulla cui schiena ora si spiegavano le ali che per anni aveva custodito con tanta cura come un talismano.
I loro sguardi s'incrociarono e questa volta Ushijima lesse in quelle iridi scarlatte tutta la forza della magia che scorreva nel suo sangue e l'indomabilità di una creatura selvaggia. Quasi senza rendersene conto, si ritrovò ad abbassare la spada in un gesto non di sconfitta ma di comprensione. Aveva desiderato incatenare e possedere quel potere, piegare al suo volere delle energie con cui gli esseri umani non avrebbero mai dovuto avere a che fare e quello era il risultato: la natura in tutta la sua maestosità che si ribellava e gli mostrava quanto superiore potesse essere. In quel momento, ai suoi occhi, Oikawa rappresentava proprio questo: lo spirito della foresta che mostrava ai piccoli esseri umani la sua grandiosità e allo stesso tempo, il suo essere inafferrabile e selvaggio.
La spada gli scivolò dalle mani e cadde a terra con un tonfo.
« Lasciateli andare. »
La sua voce risuonò inusualmente stanca, ma comunque determinata, tanto che non fu necessario ripetere l'ordine e i tafferugli nel cortile cessarono non appena venne riportato ai comandanti.

Recuperare le proprie ali in quel modo e all'improvviso fu uno shock per Oikawa: non si sarebbe mai aspettato che succedesse né era preparato, in quel momento era l'ultimo dei suoi pensieri sebbene potesse avvertirne la vicinanza con ogni fibra del suo corpo. Non aveva provato dolore, solo un istante di paura quando aveva visto quella massa informe piombargli addosso, poi la luce lo aveva avvolto e per la prima volta da anni si era sentito di nuovo completo. I suoi muscoli si erano mossi in automatico e quando aveva riaperto gli occhi stava osservando il teatro dello scontro da diversi metri d'altezza. Il suo sguardo incrociò quello di Ushijima e un istante dopo lo vide abbassare la spada: il suo atteggiamento non esprimevano sconfitta, tutt'altro, ma c'era qualcosa nei suoi occhi che gli fece capire che non l'avrebbe più attaccato. Quando infine vide che anche Hinata e gli altri erano stati liberati, voltò le spalle al campo di battaglia e in un paio di battiti d'ali raggiunse la cima della torre.
Atterrò nel vano della vetrata rotta e si chinò in avanti per mantenere l'equilibrio, ripiegando le ali sulla schiena. L'interno era buio e il contrasto con il cortile illuminato dalle torce per un istante gli impedì di vedere distintamente. Solo quando i suoi occhi si abituarono all'oscurità notò due sagome accucciate a terra accanto ad una grossa teca in frantumi. Non si pose nemmeno il problema di cosa fosse quell'oggetto, la sua attenzione si focalizzò completamente sulla figura distesa.
« Iwa-chan... »
Balzò dalla finestra e lo raggiunse in un paio di falcate.
« Iwa-chan! »
Il cavaliere giaceva sul pavimento, completamente inerte.
Oikawa si chinò su di lui, quasi strappandolo dalle braccia dell'altro giovane, che si ritrasse intimorito dal tanta irruenza.
« Iwa-chan, rispondimi! Guarda, le mie ali sono tornate! Sei stato tu, vero? Iwa-chan! Iwa... cha... n... »
La sua voce si spezzò, mentre si chinava in avanti a posare la fronte su quella dell'altro: la sua pelle era fredda, così fredda... e Tooru sentì il proprio cuore andare in pezzi. Era arrivato tardi, tutto quello che aveva fatto era stato inutile. Che importanza aveva aver recuperato le ali se non erano servite a raggiungerlo in tempo? Anzi, peggio ancora, Hajime gli aveva fatto quell'enorme regalo e tutto quello che lui era riuscito a fare era stato ricambiarlo con l'odio. Hajime se n'era andato senza che potesse scusarsi con lui, senza che potesse dirgli quanto lo amava.
Hajime se n'era andato...
Una dopo l'altra, grosse lacrime si formarono agli angoli dei suoi occhi, scivolando sulle sue guance e cadendo sul petto del cavaliere, trasformandosi gradualmente in un pianto disperato. Faceva male, faceva così male che Tooru avrebbe voluto porre fine alla sua stessa esistenza in quell'istante, come pronosticato poco prima ad Ushijima. Lì, in quella torre buia, su quel pavimento freddo, con la fronte premuta sul petto immobile del suo unico amore e le grandi ali ormai inutili ripiegate sulla schiena, il re dei demoni desiderò mettere fine a tutto.
Quando alzò la testa aveva lo sguardo vitreo e i suoi occhi scarlatti percorsero la stanza senza davvero vederla fino a quando si posarono sui resti della teca in frantumi. I rinforzi laterali erano metallici, notò con un certo distacco, con un po' di fortuna ci sarebbe stato abbastanza ferro. Allungò una mano e constatò che sì, in effetti l'asta appuntita scottava sotto le sue dita, proprio quello che faceva al caso suo. L'afferrò con decisione, ignorando il dolore che gli provocava, e la sollevò quel tanto che bastava perché avesse slancio sufficiente, al resto ci avrebbero pensato la gravità e la sua disperazione.
« Oikawa! Fermati, dannazione, mi vuoi ascoltare?! »
Solo in quel momento Tooru si rese conto che l'altro giovane presente nella stanza lo stava strattonando bruscamente nel tentativo di fargli abbassare l'arma improvvisata. Fino ad allora non aveva badato minimamente a lui, né si era chiesto il motivo della sua presenza, ma ora che lo chiamava per nome e si sforzava di attirare la sua attenzione con tanta veemenza, non poteva più ignorarlo. Si risolse quindi a voltare lo sguardo nella sua direzione, infastidito: non voleva lasciargli nemmeno il privilegio di una morte onorevole? Voleva forse che fosse il suo re a passarlo a fil di spada come era nelle sue intenzioni iniziali?
Quando l'altro si rese conto di avere finalmente la sua attenzione, proseguì con un tono di voce che tradiva tutto il suo nervosismo e la sua ansia.
« Calmati, ti prego. Non compiere gesti inconsulti. É vero che il veleno stava uccidendo sir Iwaizumi, ma non è ancora morto. »
Oikawa se lo scrollò di dosso con un gesto brusco sia del braccio che dell'ala.
« Ti stai prendendo gioco di me? » lo apostrofò con voce rotta. « Voi umani non avete idea di cosa sia la pietà!»
L'altro scosse la testa e finalmente Oikawa notò la sincerità del suo sguardo e l'affanno del suo respiro.
« Sei il re dei demoni, sovrano della Brughiera e delle creature fatate, ti porto rispetto fosse anche solo per la metà del mio sangue. Non mi permetterei mai di essere meno che serio su una cosa del genere. » continuò. « Mi chiamo Semi Eita, sono il consigliere personale di sua maestà Ushijima, ma da mia madre ho ereditato alcune capacità magiche. Sir Iwaizumi non è morto, sono riuscito ad indurre in lui un sonno incantato che ha bloccato l'agire del veleno. Dormirà in eterno e non vi sarà differenza con una morte effettiva se non troveremo un antidoto efficace, ma sono certo che una magia di portata superiore alla mia possa salvarlo. »
Oikawa lo scrutò da capo a piedi, percependo finalmente in lui il potere della Brughiera: quel ragazzo era un mezzosangue, intuì, la madre doveva essere uno spirito dei boschi. Quel pensiero lo colpì e lo commosse: ciò a cui lui e Hajime aspiravano da piccoli dopotutto esisteva già, la convivenza tra le due razze era possibile. Se solo Iwaizumi avesse potuto saperlo...
« Una magia superiore...? » si ritrovò a mormorare, ancora sconvolto.
Semi gli restituì uno sguardo fermo.
« Esattamente. E non esiste magia superiore alla tua. »

 

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Capitolo 12
*** Cap. 12 ***


Cap. 12


Iwaizumi non era morto. Oikawa impiegò qualche istante ad elaborare la notizia che il giovane di fronte a lui gli aveva appena dato. Normalmente non si sarebbe mai fidato delle parole di un essere umano, men che meno in un frangente del genere, ma Semi Eita era un mezzosangue e, nonostante fosse al servizio della corona di Shiratorizawa, aveva aiutato Iwaizumi a restituirgli le ali. Questi presupposti lo portavano ad essere meno guardingo nei suoi confronti, forse anche per la condizione emotivamente instabile in cui si trovava. Era talmente disperato che si sarebbe aggrappato a qualunque flebile filo di speranza, tuttavia c'era qualcosa nella soluzione che gli era stata proposta che non gli tornava.
« Dici che la mia magia è la più forte, e probabilmente su questo hai ragione. » disse tentando di calmare il battito impazzito del cuore e di ricominciare a ragionare lucidamente, non da aspirante suicida. « Ma ti ricordo che io vengo dalla Brughiera e ciò che ha avvelenato Iwa-chan  è proprio la magia della mia terra. Se tentassi di fare qualcosa, peggiorerei solo la situazione. »
L'altro sembrava combattuto, come se non fosse del tutto certo di quanto stava per affermare. Alla fine comunque si decise.
« Permettimi di dissentire. Credo che tu abbia potere sufficiente per decidere come indirizzare la tua magia, hai di nuovo le tue ali ora, quindi puoi controllarla perfettamente. »
A livello teorico quel ragionamento poteva anche avere senso, ma Oikawa non si sentiva affatto sicuro: un minimo errore sarebbe bastato a causare l'irreparabile e avrebbe potuto finire per uccidere Hajime con le sue mani. Una colpa del genere non sarebbe stata espiata nemmeno dal più estremo dei sacrifici.
Era assurdo, si ritrovò a riflettere, quanto i suoi pensieri fossero diametralmente opposti a quelli di solo pochi giorni prima, quando aveva desiderato uccidere con le sue mani l'umano che aveva distrutto la sua vita. Ora non avrebbe potuto immaginare un'esistenza senza Iwa-chan e senza tutto il tempo che dovevano recuperare.
« Non posso farlo. » mormorò chinando il capo, affranto.
Semi lo fissò sbalordito.
« Come sarebbe?! Non... non vuoi salvarlo? »
« Non parlare come se non volessi farlo! Non è così semplice! E se sbagliassi? E se non funzionasse? Se gli facessi del male? Se lo uccidessi?! »
Oikawa si prese la testa tra le mani.
« Non posso correre un rischio così grande, non me lo perdonerei mai. Senza contare che non so nemmeno come fare. »
« Il bacio del vero amore! »
L'esclamazione squillante proveniente dall'ingresso fece voltare entrambi, per vedere Hinata sulla porta seguito da Kageyama che portava una torcia.
La luce calda e aranciata illuminò finalmente le tenebre della stanza e si rifletté sulla capigliatura del rossino come un piccolo sole mentre questi avanzava. Dietro di lui fecero capolino anche Kuroo, Bokuto e Kenma: sembrava che lo scontro nel cortile si fosse definitivamente concluso.
Oikawa fissò il piccolo spadaccino, confuso.
« Che stai dicendo? »
Hinata alzò le spalle e sorrise, come se avesse appena detto la più banale delle ovvietà.
« Il bacio del vero amore è la magia più potente che ci sia, lo sanno tutti. »
Oikawa avrebbe voluto chiedere chi fossero quei “tutti”, ma la sua immaginazione era già andata oltre, figurandosi un ventaglio di ipotesi terrificanti che con l'improvvisa sfumatura romantica che sembrava assumere l'intera faccenda avevano poco a che fare. Nella peggiore di queste sentiva Hajime esalare l'ultimo respiro sulle sue labbra e la sola idea lo faceva impazzire. La sua magia era troppo forte, troppo carica di negatività per poter essere d'aiuto a chiunque, era il primo ad esserne consapevole.
« Non posso farlo. » ribadì, e nel dirlo si sentì salire di nuovo le lacrime agli occhi per la propria incapacità. Avere un'occasione e non poterla sfruttare era ancora più doloroso, faceva crescere in lui il desiderio di chiedere scusa ad Iwaizumi per non avere abbastanza coraggio.
La mano che si posò sulla sua spalla lo indusse ad alzare la testa, permettendogli di incrociare lo sguardo di Kuroo, che era avanzato nella stanza insieme a Bokuto.
« Non mi metterò a farti la ramanzina, né ho intenzione di costringerti a far qualcosa che non vuoi, ma, Tooru, rifletti un attimo. Se non avevi intenzione di tentare il tutto per tutto per salvare Hajime, per quale motivo siamo venuti fin qui? »
« So che puoi farcela! » rincarò Hinata. « La tua magia può curare, ti ho visto farlo! Non permettere che il tuo potere venga dominato dalla paura, lascia che sia l'amore a guidarlo. »
Era un discorso estremamente poetico, avrebbe voluto ribattere Oikawa, ma in termini pratici ben poco risolutivo. Inoltre, quello che Hinata gli aveva visto fare era solamente riattaccare un ramo spezzato, ben lungi dall'essere una grande dimostrazione di magia curativa. Tuttavia quel pensiero apriva un piccolo spiraglio di possibilità tra le sue remore.
« L'ho odiato per anni, ho desiderato ucciderlo con le mie mani... » mormorò, ma non era che una debole obiezione.
« Ma non è più così, vero? Altrimenti non saresti qui. »
Spostando lo sguardo alle spalle di Hinata, Oikawa notò la presenza dei due compagni d'arme di Iwaizumi, Hanamaki e Matsukawa, che lo fissavano con le loro espressioni sornione, in quel momento però particolarmente addolcite. Tutti si aspettavano che facesse almeno un tentativo, lui stesso in fondo desiderava con tutto il cuore che quell'espediente funzionasse. Se a bloccarlo era solo la paura, allora doveva concentrarsi su quello che provava per Iwaizumi e tenerla lontana.
Gli bastò tornare a guardare il volto immobile di Hajime per capire che avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per vederlo sorridere di nuovo, per poterlo stringere e sentirsi avvolgere dalle sue braccia, per dirgli quanto lo amava e per chiedergli scusa.
« Va bene, farò tutto il possibile. » disse, e le sue parole vennero accolte da un impercettibile sospiro di sollievo generale.
Oikawa prese un respiro profondo e chiuse gli occhi, tornando ad inginocchiarsi accanto al corpo del cavaliere. Si concentrò su quello che provava, sul suo desiderio di avere di nuovo accanto la persona più importante e sui ricordi felici dell'infanzia che avevano condiviso. Pregò che la magia funzionasse e convogliò tutto il suo potere in quell'intento.
Finalmente trovò il coraggio che fino a quel momento gli era venuto meno, si chinò in avanti e posò le labbra su quelle di Iwaizumi. Non azzardò nulla più di un contatto semplice e dolce nel quale indugiò per alcuni istanti: sentiva la magia scorrere nelle sue vene e pizzicare sulla sua pelle, ma in quel momento non riusciva a pensare a nulla se non che stava baciando Iwa-chan dopo cinque anni di lontananza e che avrebbe voluto farlo per il resto della sua vita.
Il contraccolpo del suo potere giunse all'improvviso, come un'onda d'urto che si ripercosse in tutto il suo corpo, facendolo tremare e costringendolo ad interrompere il contatto. Rimase con la fronte appoggiata a quella di Iwaizumi, gli occhi chiusi e il respiro affannoso a pochi centimetri dalle labbra dell'altro: la magia aveva agito, e anche in modo abbastanza potente da lasciarlo spossato, ora tutto stava nel capire se l'effetto era stato positivo o meno. L'ansia durò solamente pochi istanti poi la percezione di un lieve sospiro lo indusse a sollevarsi di scatto.
« Iwa-chan... » sussurrò incredulo vedendo le ciglia dell'altro fremere leggermente per poi sollevarsi.
Iwaizumi lo fissò per un attimo confuso, poi sembrò mettere a fuoco il suo volto ed abbozzò un mezzo sorriso.
« Oikawa... » mormorò. « Stai bene, meno male... »
Avrebbe aggiunto altro, probabilmente, ma Tooru glielo impedì affondando il volto tra il suo collo e la spalla, stringendosi a lui. Un attimo dopo sentì una mano di Hajime che si posava tra i suoi capelli.
« Ma cosa fai, piangi? »
Il tono avrebbe voluto essere di rimprovero, ma la sua voce suonò estremamente dolce all'orecchio di Oikawa. Avrebbe potuto scoppiare a piangere di nuovo se non fosse stato improvvisamente consapevole della presenza di tutte le altre persone che affollavano l'ingresso della stanza. Consapevolezza acuita dal leggero fischio proveniente da uno degli amici di Iwaizumi e dal battito allegro delle mani di Hinata.
Anche il cavaliere li aveva finalmente notati, irrigidendosi mentre si alzava a sedere e tentando di scostare almeno un poco Oikawa.
« E voi cosa ci fate tutti qui? Ehi, Stupikawa, si può sapere che hai fatto? » lo apostrofò con quella malagrazia imbarazzata e così familiare che fece commuovere un po' lo spirito dei boschi. « Ah! Oh, cielo, altezza! »
A quelle parole, Oikawa si scostò di scatto e istintivamente stese un braccio e un'ala davanti al compagno nel chiaro intento di proteggerlo, tuttavia Ushijima, giunto non visto alle spalle del gruppetto di amici, non stava guardando lui ma Semi Eita.
Il consigliere accennò un pallido sorriso di scuse e si accostò al suo sovrano con atteggiamento improvvisamente umile.
« Prima di accusarmi di alto tradimento, vostra maestà, vi prego di ascoltare tutta la storia dal principio. »
Re Ushijima fissò per un istante lo sguardo su Oikawa e Iwaizumi, ma quasi subito voltò loro le spalle.
« Mi auguro che siano spiegazioni convincenti. » affermò prima di lasciare la stanza.
Eita lo seguì, non prima di aver esortato gli altri a fare altrettanto in modo da lasciare qualche momento di intimità ai due innamorati appena ritrovatisi. Solamente Kuroo e Bokuto si attardarono qualche istante in più e Oikawa si stupì di vederli nelle loro forme animali.
« É stata la tua magia. » spiegò il demone gatto. « Quando ha spezzato l'incantesimo di Semi, anche gli effetti negativi del tuo stesso potere si sono annullati. Bokuto ed io siamo tornati alle nostre forme originarie e scommetto che i rovi che proteggevano la Brughiera sono scomparsi. Non esiste più nessun demone. Ce l'hai fatta, Tooru. »
Strizzò l'occhio all'amico e zampettò soddisfatto verso la scala mentre Bokuto, bubolando festante, compì un paio di giri della stanza e volò fuori dalla finestra.
Il silenzio calò nella stanza finché Iwaizumi non posò una mano sulla spalla di Oikawa inducendolo a voltarsi per tornare a guardarlo.
« Sei ferito e ridotto piuttosto male, nonostante questo stavi tentando di proteggermi dal re? E di quale magia parlava Kuroo? Cos'hai fatto? » chiese in tono appena velato di ansia per poi interrompersi e fissarlo incredulo.
La mano dalla spalla si posò sulla sua guancia, in una carezza leggera.
« I tuoi occhi... sono tornati del colore delle castagne mature. »
Il sorriso di Iwaizumi s'incrinò un poco rivelando la commozione e la nostalgia del momento.
« Ti stanno meglio così. »
Anche Oikawa rise appena e guidò la mano tra i propri capelli a sfiorare le corna appuntite.
« Queste però sono rimaste, è il segno che, anche se sono riuscito a salvarti, una parte di me rimane oscura. »
« Tutti hanno una parte oscura e a me va bene così come sei, dalla punta di quelle stupide corna all'ultima piuma delle tue ali. Ascoltami bene perché non te lo ripeterò: amo tutto di te, ogni più piccola parte, specialmente quello che gli altri non possono vedere. E non sto parlando solamente del tuo corpo, ma della tua anima. Tooru... »
Iwaizumi non riuscì ad aggiungere una sola parola perché Oikawa lo baciò di nuovo, questa volta con tutta la passione sopita e repressa in quegli anni, lasciando che le lacrime scorressero libere, per una volta non di disperazione ma di sollievo.
« Ti amo, Iwa-chan. » mormorò sulle sue labbra. « Ti amo. Scusami. Per tutto. Guai a te se mi lasci di nuovo. »
Avrebbe avuto modo più tardi di spiegargli la faccenda del sonno magico e del “bacio del vero amore”, che a quanto pareva era davvero la magia più potente. Ora voleva solo godersi il calore del suo abbraccio, la dolcezza dei suoi baci e le carezze leggere che, per la prima volta, stava lasciando sulle sue ali.

Dopo la notte dell'attacco dei demoni, la situazione a Shiratorizawa e nell'intero regno iniziò gradualmente a cambiare. Ushijima non era un tiranno e men che meno un sovrano irragionevole. Eita sapeva benissimo che la sua prima preoccupazione era il benessere del popolo ed era stato proprio partendo da quell'argomento che aveva iniziato la lunga spiegazione sui fatti che avevano portato a quell'epilogo, così come gli erano stati narrati da Iwaizumi. Ushijima lo ascoltò in silenzio, limitandosi ad annuire ogni volta che veniva menzionata una parte della storia di cui era a conoscenza o che lo vedeva partecipe. Eita gli era grato di quella fiducia, ma era certo che non si trattasse solamente di quello: il re aveva visto Oikawa con i suoi occhi, l'aveva osservato combattere per liberarsi al solo scopo di raggiungere Hajime, aveva assistito alla manifestazione del suo potere, sia quando aveva recuperato le ali, sia quando aveva spezzato il suo incantesimo. Di certo Ushijima non si sarebbe più opposto a lui e non banalmente per via della “fascinazione” verso le creature fatate di cui favoleggiavano i creduloni, ma perché aveva capito che tentare di imbrigliare il potere della terra portava solamente a conseguenze peggiori.
Tuttavia, nemmeno nelle sue più rosee previsioni Eita avrebbe immaginato che sarebbe addirittura arrivato a proporre all'ex demone di trattenersi al castello finché le sue ferite non fossero guarite.
« Voglio approfittarne per parlare con lui. » spiegò. « Per trovare un accordo circa la carestia. »
A quelle parole Semi non poté fare a meno di sorridere: se prima Ushijima aveva desiderato imprigionarlo per sfruttare il suo potere, pur con le migliori intenzioni, ora voleva discutere con lui per negoziare. Poteva sembrare una differenza minima, ma in realtà era un enorme passo avanti.
« Credo che sia un'ottima idea, altezza. » rispose. « E se mi permettete anch'io ne avrei alcune da esporvi. »

Anche Iwaizumi era consapevole della rettitudine del proprio sovrano ma l'ultima cosa che si sarebbe aspettato era che Oikawa ricevesse un invito a trattenersi a palazzo, ufficialmente per siglare un accordo ma in realtà per permettergli di ristabilirsi. Sulle prime Tooru non apprezzò affatto la cosa, voleva tornare nella Brughiera al più presto e non ne voleva sapere di scendere a patti con chi riteneva colpevole di tutte le sue disgrazie. C'era voluto un po' per convincerlo ed Eita,  facendo leva sul sogno di convivenza che l'ex re dei demoni nutriva, aveva avuto una parte abbastanza importante in questo. Gli aveva anche spiegato il ruolo della creatura del caos nell'intera vicenda tentando di scagionare, almeno in parte, il proprio sovrano. Alla fine Oikawa aveva ceduto e le trattative avevano avuto inizio.
Una sera, circa una settimana dopo l'attacco, Oikawa trovò il cavaliere ad attenderlo nella stanza che era stata loro assegnata. Iwaizumi aveva sollevato obiezioni perplesse riguardo al non poter tornare ad occupare il proprio alloggio tra i cavalieri, ma Eita era stato irremovibile, usando la sua convalescenza come scusa per convincerlo ad accettare quel lusso. Quindi si erano ritrovati a dividere la stessa stanza in una situazione che si faceva via via più strana.
« Com'è andata la discussione? » chiese Hajime andandogli incontro.
Oikawa sospirò e si massaggiò una spalla: era un gesto che gli aveva visto fare spesso negli ultimi giorni, come se non si fosse del tutto riabituato al peso delle ali, anche se non se ne lamentava mai.
« Domani torniamo a casa. » fu la risposta e Iwaizumi si stupì di sentirlo usare il plurale nonostante lui stesso non sapesse nulla di quello che lo aspettava in futuro. « Sembra che siamo giunti ad un accordo. Il nobile Semi aveva proposto di venire a Seijou, ma re Ushijima non era d'accordo, sembra che lo infastidisca l'idea di averlo lontano. »
Un sorrisetto allusivo comparve sulle labbra dello spirito dei boschi e Iwaizumi avrebbe potuto scommettere che ormai sapesse perfettamente cosa legasse Semi al re.
« Quindi ha proposto che fossi tu a sostituirlo. Hanno avuto un'idea niente male e, se sei d'accordo e la prospettiva ti piace, potremmo tornare a casa già domani. »
Le parole di Oikawa erano cariche di aspettativa e sembrava davvero eccitato per l'idea che gli era stata proposta, oltre che per il pensiero di rivedere presto la sua amata Brughiera. Quando anche Iwaizumi venne messo a parte del progetto, dovette ammettere che era davvero un'ottima pensata e che risolveva in buona parte tutti i problemi che si era posto finora.
Quando Oikawa si sdraiò sul letto con aria stanca, il cavaliere lo raggiunse circondandolo con le braccia e posandogli un leggero bacio sul collo.
« Non ti starai affaticando troppo? L'idea era che in questi giorni riposassi. » mormorò. « Quelle ferite mi preoccupano. »
Con la punta delle dita sfiorò la manica della veste dell'altro, in un gesto inusualmente delicato: i segni lasciati dalle catene che lo avevano bloccato quella notte si vedevano ancora ma Oikawa li teneva sempre opportunamente celati. Solo Iwaizumi e Kuroo avevano avuto la possibilità di vedere le bruciature e valutarne la gravità.
« Tardano a guarire perché qui non ci sono fate della luce con cui fare un rituale purificatore, ma non sono gravi. É solo questione di tempo. » rispose lo spirito sorridendo della sua premura. « Sei gentile a preoccuparti, Iwa-chan, specialmente quando dovresti essere tu quello più provato. »
« Io sto benone. » ribattè Hajime affondando il naso nei suoi capelli, ed era vero, si sentiva straordinariamente in forma in quei giorni, tanto che gli sembrava impossibile essere stato in punto di morte. Era certo che il merito fosse della magia di Oikawa e in qualche modo riteneva che anche questo fosse la causa della sua stanchezza.
Lentamente iniziò ad accarezzargli le braccia, a lasciare che le mani scivolassero sul suo petto e che  i baci leggeri si facessero via via più intensi. Voleva prendersi cura di lui, sentiva il desiderio di averlo vicino farsi sempre più pressante, come se dovesse recuperare tutto il tempo perduto. In quei giorni si erano comportati come se nulla fosse, non avevano sollevato l'argomento, ma allo stesso tempo non riuscivano a fare a meno di toccarsi ogni volta che potevano. Si sfioravano con tocchi leggeri, mezze carezze, mani che si cercavano come se volessero accertarsi della presenza dell'altro.
Oikawa si voltò nel suo abbraccio e ricambiò il suo bacio sulle labbra.
« Anch'io voglio stare con te. » mormorò intuendo alla perfezione le sue intenzioni. « Ma non qui, tra queste mura estranee. Quando saremo a casa sarò tutto tuo. »
Sorrise e gli strizzò un occhio.
« Pazienteresti ancora un po', Iwa-chan? »
Iwaizumi sospirò e lasciò perdere: nonostante tutto il bisogno di vicinanza, poteva comprendere il disagio del compagno a lasciarsi andare in quel luogo fino a poco tempo prima ostile. Probabilmente non sarebbe mai riuscito a rilassarsi a palazzo e anche per guarire completamente avrebbe dovuto tornare nella sua foresta. Quello che più lo stupiva, in tutto quel discorso, era il fatto che Oikawa considerasse automaticamente la Brughiera come la casa di entrambi: era un pensiero dolce e un po' nostalgico.
« Cerca di dormire un po'. » disse invece, continuando però a tenerlo stretto. « Visto che domani partiamo è bene che tu sia riposato. »
E l'espressione di gioia che vide riflessa in quegli occhi di nuovo castani lo ripagò di ogni momentanea rinuncia.

Quella di Oikawa ed Iwaizumi non fu l'unica partenza dell'indomani, anche i precedenti compagni decisero di rimettersi in marcia e le loro strade si separarono alle porte della capitale. Hinata e Kageyama avevano deciso di proseguire il loro viaggio di addestramento per diventare i guerrieri più forti del regno. Seguendo una voce che parlava di un drago avvistato nelle terre dell'ovest, avrebbero fatto un tratto di strada insieme a Kenma, di ritorno al villaggio di Nekoma.
Non sarebbero stati i soli ad accompagnare il mago dalla veste bianca, infatti Kuroo aveva inaspettatamente deciso di fare una deviazione da quelle parti prima di tornare nella Brughiera. Il motivo ufficiale era la ricerca di una magia che permettesse a lui e a Bokuto di riassumere sembianze umane a comando, ma Oikawa sospettava che entrambi avessero già potere a sufficienza per farlo e quella fosse solo una scusa per trascorrere del tempo in compagnia del giovane mago. Confermava quell'ipotesi lo scarso entusiasmo che il gatto aveva dimostrato all'annuncio che l'amico gufo si sarebbe unito alla compagnia. Lo stesso spirito dei boschi non era particolarmente felice all'idea di separarsi da entrambi gli amici di sempre, anche se solo per poco tempo, ma avevano fatto così tanto per lui in quegli anni che non si azzardò a dire una parola in proposito.
Anche Aone sarebbe tornato al suo villaggio natio e, oltre l'aria impassibile che lo caratterizzava, era evidente la soddisfazione per il fatto che la crisi per cui aveva cercato un rimedio si era infine risolta nel migliore dei modi. Di certo ad attenderlo ci sarebbero state persone molto felici di saperlo parte dell'impresa.
A salutare Iwaizumi, quella mattina, erano presenti i suoi compagni d'arme sir Hanamaki e sir Matsukawa ma anche chi aveva avuto a che fare con il re dei demoni in precedenza, come il capitano Yahaba e Kyoutani, che aveva riassunto le sue sembianze umane nel momento in cui era stato spezzato l'incantesimo. Questi ultimi in particolare non sembravano del tutto convinti dalla scelta del cavaliere e fissavano Oikawa con sospetto. Dal loro punto di vista restava sempre una creatura fatata pericolosa che in qualche modo aveva irretito il loro compagno. Iwaizumi sperava che presto anche loro e tutte le persone che la pensavano allo stesso modo avrebbero capito, e di certo, grazie all'idea di Semi Eita, questo sarebbe stato molto più semplice.
Lo stesso consigliere del re si era presentato alla partenza dei viaggiatori ed era l'unico sul cui volto non si vedeva traccia di malinconia: aveva un'espressione serena e fiduciosa, segno che fosse certo che quanto pianificato sarebbe andato a buon fine e sarebbe stata la soluzione migliore per tutti.
Il commiato fu veloce, per evitare addii strazianti e scenografici che avrebbero portato solo ad inutili lacrime, a detta di Iwaizumi, ma non poterono comunque evitare qualche labbro tremulo e le rinnovate promesse di rivedersi presto tutti insieme a Seijou.
L'ultima persona che diede loro il suo arrivederci e la sua benedizione fu proprio Eita, dopodiché il cavaliere e l'ex re dei demoni poterono finalmente intraprendere la strada che li avrebbe riportati verso quella che chiamavano casa.

Da quando la Brughiera era tornata ai suoi antichi splendori, anche Satori in qualche modo si sentiva meglio. Era strano che a dirlo fosse proprio lui, che in fondo quella situazione l'aveva volutamente cercata, ma essere circondato da vegetazione rigogliosa era decisamente preferibile rispetto a rami ritorti e rovi in cui il suo mantello s'impigliava. Inoltre la fata della luce che aveva incontrato durante la sua passeggiata era molto carina e si stupiva del fatto che lo stesse ad ascoltare mentre chiacchierava di quanto fosse stata fastidiosa quella vicenda.
« Davvero, non puoi immaginare che fatica abbia fatto per stare dietro a tutto! » esclamò. « Se avessi lasciato le cose come stavano questo stupido regno umano avrebbe stipulato la pace con le creature fatate anni fa e sarebbe stato un disastro! Come minimo, nel giro di pochi mesi, sarebbe scoppiata una guerra devastante per incomprensioni reciproche. Mantenere l'equilibrio non è uno scherzo, sai? Bisogna badare ad un sacco di cose! E poi ci chiamano spiriti del caos, con che coraggio?! Se li lasci fare di testa loro, gli stupidi umani sanno solo combinare disastri, se invece distogli un attimo lo sguardo dalle fate, vengono prese da manie di grandezza. Una faticaccia! »
Sbuffando, si passò una mano tra i capelli color fiamma mentre con l'altra allentava la chiusura del mantello.
Accanto a lui la fatina bionda mormorò qualcosa di simile a: « Ti prego, non mangiarmi... », ma Satori non vi badò più di tanto, troppo soddisfatto di sé stesso per essere distratto da certe piccolezze.
Tutto si era svolto secondo i suoi piani e la conclusione era stata anche migliore di quanto preventivato. Certo, non era stato un compito piacevole, specialmente quando aveva strappato le ali al re dei demoni, rischiando di rimanere coinvolto nell'esplosione del suo potere. Quello avrebbe portato a gravi conseguenze anche per uno come lui. Per non parlare del mezzosangue che gli metteva i bastoni tra le ruote ogni volta che andava a parlare con il sovrano umano: ne intuiva le buone intenzioni ma, purtroppo per lui, non era abbastanza lungimirante e finiva per guadare solamente al bene immediato trascurando l'equilibrio generale. Tuttavia quello di più difficile gestione era stato il cavaliere, soprattutto quando si era intestardito a partire per la Brughiera nonostante il divieto: era una pedina che non accettava direttive superiori e faceva solo di testa propria, ma quello era il motivo per cui era stato ancora più interessante osservarlo.
Per giungere ad un equilibrio che fosse degno di essere mantenuto era necessario passare prima per un rinnovamento radicale e questo si poteva ottenere solo tramite il conflitto. Il tempo che scorreva placido e senza cambiamenti poteva portare solamente ad un fossilizzarsi delle civiltà, che sarebbero morte per inedia, o all'esplosione di uno scontro ancora più violento ed incontrollabile che le avrebbe indotte a distruggersi a vicenda. In entrambi i casi l'equilibrio delle forze in gioco ne sarebbe uscito fortemente compromesso e si sa, con certe cose è meglio non scherzare. Si parlava pur sempre della stabilità del mondo e, per quanto Satori stesso godesse del caos e del disastro, risistemare il tutto dopo sarebbe stata una doppia fatica.
Il risultato che aveva ottenuto ora, invece, lo soddisfava profondamente: tutte le parti in gioco avevano imparato qualcosa – passando attraverso situazioni dolorose, certo, ma non ci sarebbe stata crescita senza dolore – e i legami nati nelle difficoltà erano sempre più forti e duraturi. Sarebbe passato molto tempo prima che entrambe le fazioni dimenticassero quanto avvenuto e pensassero di nuovo a qualcosa di diverso da una vantaggiosa alleanza.
« Quindi è così che si conclude la storia, fatina. » declamò Satori con aria solenne, come se tutto il merito per la raggiunta risoluzione non fosse che suo. « Con un re un po' meno bramoso di potere, una fata un po' meno incline alla vendetta e un cavaliere che a quanto pare è in grado di tenere in riga tutti quanti senza bisogno di altri aiuti. »
Ridacchiò in modo inquietante e sollevò un sacchetto che portava sotto il mantello.
« E poi ci sono io, che da tutto questo ho ricavato delle catene che non posso nemmeno toccare. Chissà per cosa potrei usarle? Magari qualche scherzetto ai due piccioncini. Tu hai qualche suggerimento, fatina? »

 

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Capitolo 13
*** Epilogo ***


Epilogo

 

Quando Iwaizumi si trovò Matsukawa e Hanamaki sulla porta di casa, una mattina decisamente troppo presto, capì che i giorni tranquilli che aveva assaporato fino a quel momento non sarebbero durati.
I due non erano stati preannunciati da nessun messaggero ed avevano l'aria scanzonata di chi era a zonzo per puro piacere durante una licenza, ma era molto strano che si fossero presi la briga di fare un viaggio così lungo solo per svago.
« Cosa ci fate qui? » domandò quindi Hajime, circospetto. Doveva esserci di certo sotto qualcosa.
« Non ci vediamo da quasi un anno e questa è la tua accoglienza? » rispose Hanamaki portandosi le mani al petto. « Ci ferisci! Ovviamente siamo venuti a vedere come se la passa il nostro commilitone in perenne viaggio di nozze. »
Iwaizumi incassò il colpo e storse le labbra in una smorfia: ecco, in sostanza erano venuti a ficcanasare. Non fece in tempo a ribattere con una battuta pungente che una vocetta assonnata lo raggiunse alle spalle.
« Iwa-chaaaan... Non è troppo presto per la lezione? »
Oikawa si affacciò dalla stanza accanto con i capelli e le piume arruffati, strofinandosi un occhio con il dorso della mano, e quella vista dipinse sul volto dei due visitatori un'espressione che definire maliziosa era poco. Iwaizumi si schiaffò una mano in faccia, consapevole ormai di essere perduto.
« Buongiorno, altezza. Chiediamo scusa per il disturbo. » salutò Matsukawa, non lesinando la nota ironica nella voce.
Oikawa tuttavia s'illuminò in un sorriso quando li riconobbe.
« Che sorpresa! Makki e Mattsun! É passato un sacco di tempo! Fate colazione con noi? »
Ormai si muoveva in casa di Haijme come se fosse sua e aveva completamente superato l'iniziale titubanza a trascorrere del tempo in un'abitazione umana.
Quando erano tornati al villaggio di Seijou, ormai un anno prima, Oikawa avrebbe voluto che Iwaizumi vivesse con lui nella foresta, ma se volevano davvero adempiere ai doveri e agli accordi presi sia con re Ushijima che con il nobile Semi questo non sarebbe stato possibile. Per questo motivo il cavaliere aveva ripreso possesso della casa in cui aveva abitato da bambino e aveva deciso di farne il punto di addestramento che avevano stabilito, anche grazie alla fama del nome di suo padre.
Semplificando la questione, quella che Hajime aveva istituito non era altro che una sorta di scuola che avrebbe avvicinato i ragazzini del villaggio al vero addestramento alle armi e, nello stesso tempo, avrebbe incoraggiato i contatti con le creature fatate. Oikawa era costantemente con lui, i bambini imparavano a conoscerlo insieme al maestro e si abituavano subito alla sua presenza senza che le sue ali o i suoi poteri creassero loro alcun problema o paura. A volte Iwaizumi li portava nella Brughiera e lo spirito dei boschi presentava loro altre fate ed esseri magici, mostrando un mondo che nessun essere umano aveva mai davvero conosciuto prima.
L'idea di Eita era proprio quella, cioè che quei bambini, una volta cresciuti senza inutili pregiudizi e timori ma solamente con il giusto rispetto verso il diverso, avrebbero permesso una maggiore integrazione tra le due razze. Sarebbe stato un lavoro lungo e a volte complicato, che di certo si sarebbe scontrato con chi invece i pregiudizi li aveva, adulti, genitori e non, ma che di certo alla lunga avrebbe dato i suoi frutti.
Con il tempo anche gli altri abitanti del villaggio si erano abituati a vedere Oikawa passeggiare per le vie e, forse anche a causa dei ricordi della Brughiera di una volta, che si erano sovrapposti al periodo in cui il re dei demoni aveva spadroneggiato, erano molto meno diffidenti che all'inizio. Negli ultimi tempi avevano anche smesso di fissare le sue ali con espressioni stralunate, Iwaizumi aveva addirittura sentito delle ragazze rivolgergli degli apprezzamenti per quello. Si era dovuto mordere la lingua per non ribattere in tono piccato, dopotutto poteva comprendere fin troppo bene l'ammirazione che quelle piume lucide suscitavano ed era consapevole di quanto Oikawa fosse esteticamente apprezzabile per gli standard umani. Per questo si era limitato ad imbronciarsi e proseguire dritto per la sua strada, suscitando l'ilarità del compagno.
Quello stesso aneddoto, raccontato al tavolo della colazione, aveva divertito immensamente anche Hanamaki e Matsukawa, che non avevano perso occasione di stuzzicare l'amico in proposito.
« Chi l'avrebbe detto che il fiero sir Iwaizumi fosse un marito geloso! »
« Che scemenza! » aveva borbottato l'interessato mentre Oikawa ridacchiava sotto i baffi, segretamente contento che le cose stessero esattamente così.
« E voi cosa ci raccontate di nuovo, Makki, Mattsun? » continuò lo spirito che, abituato a sentirli nominare dal compagno, aveva ormai appioppato dei nomignoli anche gli altri due cavalieri. « Ricevere notizie fresche è molto meglio che leggerle su una lettera. »
In questo modo vennero a sapere che il nobile Semi stava bene e che le dicerie sul suo conto si erano via via alleviate. Re Ushijima ancora non sembrava entusiasta di mandarlo in missioni diplomatiche a promuovere la sua idea di collaborazione, ma qualche viaggio c'era stato e aveva portato ottimi risultati. In particolare Matsukawa, Hanamaki e una piccola scorta lo avevano accompagnato al villaggio di Nekoma per trattare con i maghi bianchi e in quell'occasione i due avevano rivisto Kenma. Il giovane se la cavava egregiamente e al villaggio era trattato con una certa deferenza grazie al suo contributo alla causa che li aveva visti opposti al re dei demoni, tanto che il consiglio dei saggi gli aveva permesso di partecipare all'incontro con il messaggero della capitale. I due cavalieri conoscevano pochi particolari di quanto accaduto durante quella seduta, ma sembrava che le premesse fossero molto buone.
Naturalmente nessuno a Nekoma era al corrente dell'esatta dinamica dello “scontro” con il re dei demoni, né della natura del gatto nero e del gufo che il biondino si portava appresso. Hanamaki e Matsukawa avevano avuto anche la possibilità di scambiare due chiacchiere di nascosto con Kuroo e lo spirito felino li aveva informati che a breve sarebbero partiti per un nuovo viaggio che di certo li avrebbe portati dalle parti della Brughiera. Con loro ci sarebbe stato anche un compagno di studi di Kenma con cui Bokuto sembrava aver legato e che era molto interessato a conoscere più approfonditamente le creature magiche.
Queste notizie rallegrarono molto Oikawa, che non si trattenne dal ridere quando Matsukawa gli raccontò che anche Yahaba e Kyoutani avevano fatto parte della scorta e che quest'ultimo, da quando era tornato umano, era ancora più intrattabile e il capo scorta era l'unico che riusciva a  tenerlo tranquillo, neanche avesse mantenuto l'autorità del padrone sul cagnolino indisciplinato.
Durante quel viaggio avevano anche avuto la possibilità di vedere con i loro occhi quanto la terra stesse rifiorendo: la tanto temuta carestia ora sembrava la più lontana e improbabile delle ipotesi e questo portava ad un clima generale molto più disteso in tutto il regno. I raccolti quell'anno erano stati abbondanti, al punto che non ci sarebbe stato nessun problema nemmeno durante l'inverno, e i commerci con i regni vicini stavano di conseguenza aumentando.
« Le fate della luce sono tornate. » commentò Oikawa con un sorriso sereno. « I loro rituali infondono energia alla terra e ne ricavano potere. La natura è viva grazie a loro e finché ci sarà questo equilibrio nessuna carestia colpirà il regno. »
Vedere il compagno così tranquillo in presenza dei due cavalieri rassicurava anche Iwaizumi e sapere di ricevere visite era sempre un piacere – quando non miravano a metterlo il più a disagio possibile. Per questo non protestò quando Hanamaki e Matsukawa si trattennero in loro compagnia fino a pomeriggio inoltrato, animando la lezione con la loro chiassosa ed allegra presenza.
Poco prima di cena però vide Oikawa avvicinarsi a loro con espressione totalmente seria e tutti i suoi sensi si misero in allerta: se fosse stato necessario sarebbe intervenuto a salvare la situazione, ma dopo un attimo si rese conto che forse non sarebbe stato necessario. Lo spirito parlò ai due con aria pacata, quasi di scuse, indicando un paio di volte il villaggio, e quando li vide annuire, sospirò sollevato e sorrise con gratitudine. Iwaizumi, impegnato nell'allenamento di un bambino, che di quel passo lo avrebbe disarmato facilmente a causa della sua distrazione, si chiese cosa stesse macchinando quella testa matta del suo compagno e se il fatto che i due cavalieri avessero accettato di buon grado fosse un segnale allarmante o meno.
« Ho semplicemente suggerito loro di alloggiare alla locanda del villaggio. » spiegò Oikawa con aria innocente una volta conclusa la lezione. « Visto che casa nostra... volevo dire... casa tua non è abbastanza grande per ospitare tutti e che comunque questa sera saremmo stati impegnati in un incontro formale. Mi sono scusato ma sembra che l'abbiano presa bene. Hanno detto che torneranno qui domani. »
Iwaizumi rimase talmente colpito dal fatto che Oikawa considerasse quel luogo come casa propria – casa di entrambi – che sul momento non si chiese minimamente cosa intendesse l'altro con “incontro formale”.

In effetti quello non era esattamente il termine più adatto per definire l'impegno che avevano quella sera, ma lì per lì Oikawa non ne aveva trovato uno migliore che suonasse abbastanza serio da scoraggiare i due cavalieri. Quella notte doveva essere solo per loro e quando vide Iwaizumi andargli incontro attraverso i cespugli che segnavano il confine con la Brughiera, sentì il cuore fremere. Aveva fatto il possibile per ricreare l'atmosfera di un tempo, approfittando della serata di inizio estate, ma era consapevole di non essere più il ragazzino di sei anni prima: il suo corpo era cresciuto, il suo spirito si era rafforzato ed era mutato fino a perdere l'innocenza e la semplicità in favore di un temperamento che poteva essere affilato come una lama. Tuttavia non poté fare a meno di arrossire quando si sentì scrutato da capo a piedi dagli occhi scuri del compagno, che si soffermarono sull'orlo della veste bianca che indossava, appena sopra le ginocchia. Il richiamo ad una notte di tanti anni prima era scontato, ma Oikawa si avvicinò ugualmente e gli prese la mano.
« Oggi è il nostro anniversario. » sussurrò morbidamente. « Ma questa volta non ci saranno rituali e cerchi magici, saremo solo tu ed io. »
A quelle parole vide Iwaizumi irrigidirsi leggermente e intuì cosa gli stesse passando per la testa: quella data non rappresentava solamente la loro prima volta insieme ma anche il giorno in cui Oikawa aveva perso le ali: una ricorrenza che per tanto tempo era stata sinonimo di dolore e di rabbia. Eppure non voleva che fosse così, voleva che fosse ricordata con gioia, come il momento in cui si erano donati l'uno all'altro con una promessa di felicità.
Per questo Oikawa sorrise e, togliendosi la coroncina di fiori gialli che appositamente portava tra i capelli – un po' storta a causa delle corna ora più ingombranti – la posò sul capo di Iwaizumi. Voleva essere un gesto tranquillizzante, quasi scherzoso, non si sarebbe mai aspettato di intravedere, nella penombra del sottobosco, le guance del compagno colorarsi di rosa e i suoi occhi sfuggire ai propri. Era tenero. Nonostante fosse un cavaliere di indubbia forza, capace di tenere testa al più forte dei demoni, in momenti come quello era indubbiamente tenero. Oikawa si sporse in avanti e gli posò un bacio leggero sulle labbra prima di prenderlo di nuovo per mano e guidarlo attraverso il folto della vegetazione.
Quella notte la luna era alta e limpida, e giocava tra le fronde bagnando le foglie di luce argentea. Camminare nella foresta avrebbe dovuto essere difficoltoso ma, esattamente come quella volta anni prima, nessun ramo sporgente ferì le gambe di Oikawa o i piedi nudi di Iwaizumi. L'erba appena umida di rugiada era morbida sotto i loro passi e ad accompagnarli vi era solo il frinire ritmico dei grilli. Qualche lucciola timida osava avventurarsi oltre la protezione delle chiome per volteggiare loro attorno, ma non si attardava più di qualche istante, rispettando la riservatezza del momento.
Non vi erano in corso rituali, Tooru ne era certo, eppure sentiva la magia nell'aria ed era certo che anche Hajime potesse avvertirla.
Da qualche tempo a quella parte il suo compagno era cambiato, doveva essersene reso conto a sua volta, e il motivo poteva essere uno solo. Iwaizumi era entrato in contatto con la magia ormai troppe volte: se all'inizio questo aveva rischiato di ucciderlo, l'intervento di Oikawa aveva provocato una sorta di mutazione. Il “bacio del vero amore” aveva riversato il suo potere nel corpo di Hajime, salvandolo da un lato ma cambiandolo dall'altro, rendendolo simile ad un mezzosangue quanto a sensibilità. Era inoltre molto probabile che ora anche la durata della sua vita fosse più simile a quella di una fata che di un essere umano. Non ne avevano mai davvero parlato e Oikawa era intimorito all'idea di venire accusato per questo. Dopotutto nessuno desidera davvero sopravvivere a tutti i suoi cari.
« Cosa stai rimuginando? »
La voce di Iwaizumi ruppe il silenzio mentre avanzavano in una piccola radura. Lì la luce giungeva molto più diretta e le espressioni di entrambi erano facilmente distinguibili.
Lo spirito accennò un sorriso di scuse, come a dire che non avrebbe voluto turbare quella notte stupenda con pensieri cupi, ma Hajime sospirò. Forse capire esattamente cosa gli passasse per la testa faceva parte delle sue nuove capacità.
« Ho scelto te. Ho scelto di vivere con te, quindi smettila di pensare cose inutili. » lo redarguì.
Bastava una sola parola, a volte un semplice cenno, perché Oikawa sapesse perfettamente cosa intendesse e si tranquillizzasse: all'epoca nessuno era stato del tutto consapevole delle conseguenze di quello che avevano fatto e ora potevano solo venirne a patti insieme.
« Dunque, vostra maestà? A quale serata di gala tra esserini volanti siamo invitati questa volta? »
A volte Iwaizumi lo prendeva in giro attribuendogli ancora titoli che non avevano mai davvero avuto ragione di esistere e Oikawa di solito stava al gioco.
« Questa volta, mio fedele cavaliere, il palazzo reale sarà tutto per noi! » esclamò lo spirito con un ampio gesto che abbracciava l'intera radura. « Questa è la sala del trono, da cui governo l'intera Brughiera ed è qui che si trova il cuore della mia corte. Un luogo speciale che solamente pochi eletti hanno il privilegio di vedere. »
« E io sono uno di quelli, vero? » mormorò Iwaizumi circondandogli la vita con le braccia e attirandolo contro di sé.
Oikawa sorrise e lo baciò di nuovo.
« Tu sei colui che regna al mio fianco, tutto questo è tuo. » sussurrò, come se si trattasse di un segreto innominabile, ma che li fece ridacchiare entrambi come bambini.
Ovviamente non c'era nessuna sala e nessun trono, quella era solo la radura dove, dietro una sottile cortina di fronde, Oikawa riposava su un semplice giaciglio di foglie. Era la sua casa come lo era la Brughiera intera, la sua vita era sempre stata legata a quella terra e ora sentiva che anche quella di Hajime lo era.
Le mani del cavaliere nel frattempo si erano spostate dai suoi fianchi alle sue spalle, per poi scendere lentamente lungo la linea delle ali. Tooru le distese sotto quelle carezze delicate e si lasciò toccare assaporando l'intimità di quei gesti. Sapeva quanto significavano per l'altro, conosceva bene la venerazione che provava per quella parte di lui così estranea alla natura umana, per questo non si era mai ritratto davanti ai suoi approcci. Se Hajime amava toccare le sue ali, allora sarebbe stato l'unico a poterlo fare.
Le carezze da tenere si fecero via via più appassionate, i baci più lunghi e carichi di desiderio, e Tooru si abbandonò totalmente all'ebbrezza che suscitavano in lui. Reclinò la testa all'indietro, per lasciare spazio alle labbra di Hajime ma, quando tornò a guardarlo, sollevando lentamente le lunghe ciglia, scoprì un'espressione vagamente perplessa. Espressione che, non appena si rese conto di un certo particolare, si specchiò immediatamente nella sua.
« I tuoi occhi... » mormorò Iwaizumi. « Sono rossi... »
Oikawa annuì senza riuscire a distogliere lo sguardo.
« Lo so, è perché c'è magia nell'aria. » rispose. « Ma... lo sono anche i tuoi. »
Era un rosso caldo, morbido e accogliente, del tutto diverso al colore delle fiamme furiose che aveva animato lo sguardo di Tooru per tutti quegli anni. Era il rosso della passione, dell'amore e della magia che nasceva dal profondo del cuore.
In quel momento fu il turno di Iwaizumi di rimanere stupito, quasi si rendesse pienamente conto solo ora di cosa significasse il suo cambiamento. Eppure sul suo volto si disegnò l'ombra di un sorrisetto.
« Preferisco il colore delle castagne. » finse di brontolare, mentre Oikawa non trovava nemmeno la forza di ribattere con una battuta scherzosa, troppo affascinato da quello che vedeva.
« A me invece piacciono tanto così... Mi danno l'impressione di sentirti più vicino. »
Non poté aggiungere altro perché Iwaizumi lo afferrò per i fianchi e quasi lo sollevò di peso, portandolo in direzione della cortina di foglie.
« Iwa-chan! Che stai facendo?! Sei un bruto! » protestò lo spirito dei boschi senza però riuscire a trattenere una risata.
Le sue ali erano ingombranti e doveva pesare non poco, eppure il cavaliere sembrava non tenere per nulla in considerazione quei particolari.
« É perché sei un idiota. » rispose.
Scostò bruscamente i rami e lo lasciò cadere sul morbido giaciglio di foglie e muschio.
« Io ti sono già vicino, lo sono sempre stato. » disse in tono serio, fissandolo dall'alto verso il basso, tanto che Oikawa si ritrovò ad arrossire leggermente prima di scoccargli un'occhiata maliziosa.
« Quale migliore occasione del nostro anniversario per ribadirlo, allora? »

 

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