Memories

di Sandwich_1412
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo sconosciuto in maschera ***
Capitolo 2: *** Se solo avessi saputo... ***
Capitolo 3: *** L'incubo ***



Capitolo 1
*** Lo sconosciuto in maschera ***


CAPITOLO 1          LO SCONOSCIUTO IN MASCHERA
 
Pioveva quella sera; indossavo un vestito nero corto e tenevo stretta nella mano una maschera, d’altro canto ero diretta a una festa! Se fosse stato per me non ci sarei mai andata, ma come succede spesso in queste situazioni ero stata costretta, o meglio dire ricattata. Eh già, ricordatevi di non mandare mai un messaggio compromettente nella segreteria di qualcuno quando siete ubriachi. VI si ritorcerà sicuramente contro.
L’auto che mi aveva dato un passaggio non poteva accompagnarmi fin sotto il locale, perciò dovetti farmela a piedi per un bel tratto di strada, così quando arrivai ero bagnata fracida da capo a piedi.
Ace, un mio amico, o meglio il mio compagno di banco, mi aspettava sotto il portone, e quando mi vide correre verso di lui, mi venne in contro con un ombrello
- Da quanto sei qui? – gli chiesi una volta riparatici sotto il portico
- Da quando è iniziato il diluvio universale – rispose alzando una busta – Ho pensato ti sarebbe servito qualcuno che avesse controllato le previsioni del tempo prima di arrivare, e che guarda caso ti ha portato un vestito asciutto
Sorrisi mentre mi strizzavo i capelli per far gocciolare l’acqua
- Mi hai letteralmente salvata Ace, grazie. Attese fuori dalla porta del bagno che mi cambiassi.
- Ace, solo per curiosità, dove hai preso questo vestito?
- E’ di mia sorella, mi ha assicurato che ti sarebbe andato – ci fu una pausa – Mi ha mentito vero? Lo sapevo, non posso mai fidarmi di quella…
- No, no – lo interruppi – La taglia è giusta, ma…
Uscii dalla porta, gli occhi nocciola del mio amico si spalancarono e percorsero le curve del mio corpo da cima a fondo. La sorella di Ace, Nora, era più grande di me, ma portavamo la stessa taglia di vestiti, scarpe e altro, tanto che ci scambiavamo spesso le cose. La conoscevo da così tanto tempo che era ormai come la sorella maggiore che non avevo mai avuto…giusto, dovrei dirvi che forse ho una sorella maggiore, ma non credo di averla mai veramente conosciuta, se ne andò di casa circa 7 anni prima, quando avevo solo 10 anni, e fino ad allora non era stata un granché come sorella, perciò decisi di eliminarla completamente dalla mia vita, come se non fosse mai esistita.
Dicevo… il vestito, giusto. Nora si diverte con poco, in tutto il tempo in cui avevo imparato a conoscerla aveva fatto gli scherzi più impensabili, beh quello era il caso di dire che non avrei mai pensato Nora potesse fare mai una cosa del genere: il vestito era bellissimo, per carità, lei ha dei gusti impeccabili, ma era troppo…scollato, se vogliamo dirla tutta. Era di un bellissimo colore scarlatto, e metteva bene in evidenza tutte le curve, non era molto corto, ma abbastanza perché ci si facesse un’idea.
A parte ciò, però, era davvero comodo, e nonostante fossi appena stata bagnata da litri di pioggia, non sentivo il minimo brivido di freddo.
- Questa volta la uccido. Tu così non ti fai vedere Lo guardai di sbieco; potevo capire il perché lo diceva, ma non mi andava giù che me lo imponesse
- E chi sarà ad impedirmelo?
- Vuoi dire che ti faresti vedere senza niente addosso?
- Non sono nuda, Ace, ho questo…semi vestito Mi guardò storto per qualche secondo, per poi allungare le mani verso di me
- Dammelo
- Non mi spoglierò davanti a te - protestai
- Cosa? No, che hai capito, il tuo vestito, vedo se riesco ad asciugarlo
- Non ho intenzione di perdere tutta la serata ad asciugare un vestito – lo presi per mano sorridendo – Hai voluto che ti accompagnassi a questa festa? Bene, allora divertiamoci
- Aspetta…
Mi girai a guardarlo, aspettando una motivazione valida perché non dovessi muovermi.
Sbuffò e mi porse la maschera gli avevo dato perché me la tenesse mentre mi cambiavo
- Mettila. È una festa in maschera, nessuno deve vederti in volto
Detto ciò indossò anche la sua, era bianca con striature nere, mentre la mia era color oro con disegnate sopra delle note musicali. Sorrisi, la indossai e mi avviai verso il centro della festa.
Era un sollievo, dopotutto, avere il volto coperto da una maschera, trovavo elettrizzante il fatto che nessuno potesse sapere chi fossi. Eccetto, ovviamente, Ace. Tutte le persone che avevo davanti a me erano dei completi sconosciuti, e la cosa non mi dispiaceva, non ero brava con i rapporti interpersonali, parlare con qualcuno col volto nascosto era molto più semplice.
Dovete sapere una cosa di me: odio le feste. Di qualunque tipo, non sono per niente il mio genere. Per quella sera quindi mi ero preposta di essere diversa dal solito, non sarei stata la ragazza introversa e timida che ero di solito. Per una sera volevo essere una persona completamente diversa.
Le ore passarono alquanto velocemente, per la maggior parte ballai con Ace, e parlai con lui; diversi ragazzi, attratti dal mio vestito, si avvicinarono per farmi i complimenti e per avere un ballo con loro, per i più accettavo, ma spesso riemergeva la vera me, che si faceva sentire, e sembrava urlare “Questa non se tu, svegliati!”.
Stanca, ad un certo punto mi allontanai dalla pista da ballo, seguita da Ace, che non si sarebbe fermato con così poco. Mi sedetti su una delle poltrone libere
- Non capisco perché ti sia fermato – gli dissi
- Sei stanca, devi riposare, non posso mica ballare da solo – si giustificò
- Ah si? – sorrisi e mi guardai intorno Una volta adocchiata la mia preda mi alzai
- Tienimi il posto
Mi avvicinai a una ragazza dai capelli biondo scuro, o erano neri? Quelle luci psichedeliche iniziavano a darmi alla testa!
Le toccai una spalla, facendola girare
- Scusa – urlai per sovrastare il volume a dir poco alto della musica – Il mio amico vorrebbe ballare con te.  
Glielo indicai, lei sorrise e si avvicinò a Ace, prendendolo per mano e trascinandolo sulla pista da ballo mentre lui mi guardava leggermente confuso. Sparirono presto tra la folla, e io potei allontanarmi da quel frastuono senza essere seguita. Uscii dalla porta sul retro e camminai per un po’, finché non fui abbastanza lontana da non sentire più la musica riprodotta alla festa.
Tutto quel silenzio era surreale dopo essere stata bombardata di musica per 2 ore e mezza, senza sosta. Mi sembrava ancora di sentire la musica nelle mie orecchie, pur essendo ormai lontana. Forse era davvero così, la riproducevano a volume talmente alto che non mi avrebbe sorpresa.
Mi sedetti su una delle sedie di un’altalena e mi guardai intorno. Ero in un parco per bambini, incredibile che fosse tanto vicino a un locale. Mi chiesi se i vicini non si lamentassero mai di tutto quel frastuono.
A terra c’erano anche parecchie bottiglie di birra…chissà se ce li portavano davvero i bambini a giocare lì.
Mente mi dondolavo avanti e indietro vidi un’ombra avvicinarsi
- Pensavo stessi ballando con quella ragazza – dissi
- Ragazza? Quale ragazza? – rispose una voce
Un volto nuovo comparve davanti ai miei occhi, appena la figura fu abbastanza vicina perché riuscissi a vederla.
Era un ragazzo dai capelli scuri, indossava una maschera rossa che gli copriva i tratti del viso, ma i suoi occhi erano palesemente azzurri, di un azzurro glaciale.
- Oh, scusa. Pensavo fossi un’altra persona
- È evidente – i suoi denti bianchi splendettero nel buio quando sorrise – Posso? – chiese indicando l’altra sedia dell’altalena Feci un gesto noncurante della testa come assenso. Quando si sedette potei sentire il suo profumo. Era inebriante. Non saprei dire tutt’ora cosa fosse, di preciso, ma mi ricordava vagamente qualcosa di familiare.
- Come mai sei fuggita?
- Non sono fuggita – protestai – è che…non sono un’amante del caos
- È un peccato. Dal caos nascono sempre cose stupende
- Si beh, è un modo di vedere la cosa – risposi – Ma come fai a dire che sono fuggita?
- Forse perché sono fuggito anche io
- Credevo ti piacesse il caos Scosse la testa
- Mai detto! Ma devi ammettere che è interessante
Lo fissai per qualche secondo, poi ricominciai a dondolarmi e porsi lo sguardo in cielo. Le stelle quella sera sembravano più luminose del solito.
Notai che quel ragazzo mi stava dicendo qualcosa, ma non colsi le parole.
- Cosa? – chiesi distratta
- Ho detto che sono bellissime, le stelle – ripeté paziente
- Si è vero. Quando ero piccola ne ero affascinata, tanto che convinsi mia madre di comprarmi un telescopio. Lo mise vicino alla finestra e mi disse: “Ora potrai far parte delle stelle. Quando guarderai in cielo pensa sempre a me, e ricordati che finché potrai vedere quelle costellazioni, sarai sempre nel mio cuore” Mi risvegliai dal mio stato di trans e scossi la testa, notando lo sguardo assorto dello sconosciuto.
- Scusa, non so perché te l’ho detto – dissi imbarazzata – Direi che mi fanno uno strano effetto
Non rispose, ma dopo qualche secondo si alzò e si inchinò davanti a me, porgendomi una mano. Risi
- Che stai facendo?
- Vuole concedermi questo ballo? Ancora ridendo presi la sua mano tra la mia e mi alzai a mia volta.
Intrecciò la sua mano nella mia e con l’altra mi avvicinò a sé. Rimasi a fissare i suoi occhi per quelli che mi sembrarono secondi, poi mi risvegliai
- Manca la musica – dissi
- No, invece. Senti…
Lo fissai confusa, non sentendo altro che il suo respiro
- Ho la musica sul telefono – disse sorridendo beffardo e tirando fuori il cellulare
- Ma quanto sei spiritoso
Iniziammo a ballare, o meglio, a dondolarci. Più che un ballo vero e proprio, sembrava il ballo del mattone
- Sono negata, non so ballare – confessai
- Hey, stai andando benissimo – mi rassicurò – Voglio dire, ancora non mi hai pestato i piedi, è un grande traguardo
- Ah davvero?
Gli pestai un piede, e lui emise un verso strozzato
- Ok, rimangio tutto. Sei pessima
Risi di gusto, e la sua risata mi seguì a ruota. Era calda, e sentita, e mi riscaldò il cuore
- Cosa ti ha portato qui stasera? – chiese
- Un mio amico – risposi - Non poteva mancare, è la festa di una sua amica, e mi ha trascinata con sé
- A dir poco egoistico, non mi sembra che ti sia divertita molto
- Mi hai osservata? – chiesi a disagio
- Certo che no, non essere assurda – rispose ridendo – Non sono uno stalker, ma non saresti venuta qui fuori se ti fossi divertita lì dentro
- Beh… - ci pensai su – forse non mi divertivo prima – dissi – ma la serata ha preso una svolta piacevole, Sherlock
La musica cambiò ritmo, ma noi continuammo a dondolarci come se fosse sempre lo stesso. A dire il vero, non prestavo neanche più tanta attenzione alla musica.
- Più che altro, come mai anche tu sei qua fuori? Il ragazzo fece una smorfia e ciondolò la testa
- Diciamo solo che non è la mia serata…- si interruppe e mi fissò – o almeno non lo era
Mi staccai da lui e mi allontanai di qualche passo, poi mi girai nuovamente verso di lui.
Cosa stai facendo? Mi diceva la mia voce interiore.
Tutto di lui urlava SCONOSCIUTO, NON TI FIDARE. Quando si è piccoli ci viene insegnato a non accettare le caramelle dagli sconosciuti, ma nessuno ha mai detto che lo sconosciuto in questione fosse così sexy e interessante! Vedendolo così da lontano, sembrava ancora più alto. Mi superava sicuramente di almeno una decina di centimetri. I suoi capelli scuri si confondevano con l’oscurità che lo avvolgeva.
In quel momento un’immagine mi balenò davanti agli occhi, troppo in fretta perché potessi comprenderne il significato, o anche solo ricordarla.
Scossi la testa e mi distesi sull’erba ai miei piedi.
- Si dice che quando una persona guarda le stelle è come se volesse ritrovare la propria dimensione dispersa nell’universo.
Sentii i suoi passi avvicinarsi, poi il suo corpo stendersi di fianco al mio.
Guardando il suo volto mi chiesi se si sarebbe mai tolto la maschera. Forse…speravo non l’avrebbe mai fatto.
- Shakespeare? – chiese sorridendo sotto i baffi
- Salvador Dalì – risposi. Avevo come la sensazione che avesse sbagliato apposta.
Rimanemmo stesi sull’erba bagnata a parlare per delle ore, ma per quelli che sembrarono pochi minuti.
Non parlammo mai, però, di cose troppo personali. Rimanevamo nel vago, come se non volessimo conoscerci del tutto, ma c’era qualcosa, in lui, che sentivo comunque di conoscere.
- Chi sei in realtà? – gli chiesi di punto in bianco – Ho la sensazione di conoscerti. Dove ci siamo conosciuti?
- Esattamente qui – rispose, con semplicità nella voce
- No, non oggi – sbuffai – Intendo prima di stas…ah sai che ti dico? Non importa.
Mi poggiai su un fianco per poterlo guardare negli occhi. Celavano qualcosa, ed erano velati di ironia e forse…tristezza?
- Ti toglierai la maschera? – chiesi
- E tu lo farai?
No, non lo avrei fatto. E lo sapeva, me lo si poteva leggere negli occhi: sono sempre stata un libro aperto.
Mi stesi nuovamente.
Una goccia d’acqua mi cadde sulla guancia, poi un’altra sulla fronte, poi un’altra ancora. Stava ricominciando a piovere. Il ragazzo ora era davanti a me, e mi porgeva una mano per alzarmi. Accolsi l’aiuto e non appena fui nuovamente in piedi un brivido mi scorse sotto la pelle.
Dovetti rabbrividire, perché lui si tolse la giacca e me la mise sulle spalle.
- Una volta scappai di casa – disse mentre gli davo le spalle, inducendomi a girarmi– Avevo 7 anni. Avevo litigato con mio padre, e mi sembrò una bella idea prendere il mio pupazzo preferito, Mr Berry, qualche barretta e scappare. Mi rifugiai in un parco abbandonato. Ci rimasi per due giorni, la polizia mi trovò disidratato e affamato, a quanto pare per una fuga le barrette energetiche non bastano! Mio padre me le diede di santa ragione, e la sera stessa mi disse “Ti ho punito, ma non pensare che l’ho fatto perché non ti voglio bene”
- Perché me lo dici? – chiesi, confusa.
Mi sorrise e mise le dita tra i miei capelli, togliendomi dei fili d’erba incastrati.
- Perché tu mi hai detto del telescopio? Non c’è una vera ragione Mentre ancora stavo metabolizzando ciò che mi aveva detto sentii da lontano la voce di Ace. Mi stava cercando
- Io…io devo andare
- Dimmi il tuo nome – mi disse prima che potessi girarmi. Non stetti neanche a pensarci su molto.
Guardai i suoi occhi azzurri e sorrisi
- Scoprilo, Sherlock
Corsi in direzione di Ace che vedendomi arrivare da lontano si tranquillizzò
- Ma dov’eri finita? Hai idea di quello che mi farebbe tuo padre se non ti riportassi a casa?
- Calmati, Ace. Stavo solo… - mi girai. Quel ragazzo se ne stava andando dalla parte opposta, quando si girò verso di me, per poi sparire nell’ombra – guardando le stelle
- Le stelle? E quella giacca?  - chiese con sguardo indagatore indicandomi
Oh no, mi ero dimenticata di restituirgliela! Ormai se n’era andato, non avrei comunque potuto ridargliela. Beh, vuol dire che gliela darai la prossima volta che lo vedrai; la prossima volta? Ci sarebbe veramente stata una prossima volta? Molto probabilmente no, certi incontri sono sporadici e si fanno una volta nella vita.
E poi, non avevo idea di chi fosse, e lo stesso lui di me. No, sicuramente non ci incontreremo più.
Devo ammetterlo, ero un po’ dispiaciuta; non chiedetemi perché, chi lo conosceva quel tipo! Eppure…
 
Per tutta la strada di ritorno Ace non fece altro che dirmi quanto fosse simpatica la ragazza con cui lo avevo fatto ballare, e intelligente e carina. Aveva scoperto si chiamava Sara, o…Lara, per quanto mi riguardava poteva anche essere Mara. Ero certa fosse una delle tre, ma ero un po’ distratta devo ammetterlo.
Quando mi chiese se mi ero divertita non sapevo che rispondere, ma lui sapeva il mio disamore per le feste, quindi non si stupì quando non risposi. Però insistette perché gli dicessi di chi fosse quella giacca. Quando gli dissi del ragazzo in maschera mi fece letteralmente il terzo grado, ma non c’era molto che gli avrei potuto dire.
Una volta a casa notai senza sorpresa che mio padre si era addormentato sul divano. Probabilmente mi aveva aspettata alzato fin quanto aveva potuto, finendo per crollare all’ultimo. Presi un plaid dall’armadio e glielo misi addosso, per evitare che sentisse freddo.
Quanto a me, non ne sentii per tutta la serata. Pur non essendo stata una grande conversazione, quel ragazzo mi aveva colpita.
Aveva qualcosa di così familiare… e poi, era negato quanto me a ballare, decisamente un punto a suo favore!
Affacciata alla finestra vedevo le gocce di pioggia ricominciare a cadere, e mi addormentai rapita dal rumore dell’acqua che scrosciava.



Holaa!
Prima di tutto vorrei dire che questa è la prima storia che scrivo dopo non giorni, non mesi, ma addirittura anni. Quanti saranno? Due? Tre? Non ricordo. Eh si, la scuola mi ha tenuta impegnata per un bel po', ma ho deciso di rimettermi in carreggiata, mi mancava troppo scrivere. Perciò siate clementi v.v è come se ricominciassi da capo haha 
Ah, un ultima cosa: chiedo scusa per la formattazione, nel caso facesse capire poco, è che su word me lo fa vedere diverso, e se dovessi correggere ogni minima cosa anche da qui non finirei più. Detto questo sparisco ;) al prossimo capitolo!

- Zanna 

 

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Capitolo 2
*** Se solo avessi saputo... ***


BIP BIP BIP BIP
- Mhmmm
Mugugnai per un po’ prima di riuscire ad allungarmi per spegnere la sveglia.
Erano le 6.45. Solo una pazza si sveglierebbe tanto presto dopo aver fatto tardi la sera prima ad una festa, si ecco una pazza o me.
Era lunedì, ma non mi svegliavo per andare a scuola, eh no. Avevo un appuntamento.
No, non è come pensate, sono single – altrimenti non avrei flirtato con lo sconosciuto della sera precedente – e non ho nessuno che mi faccia la corte. Avevo un ragazzo, ma era senza cervello quindi l’ho lasciato, questo e altre ragioni non del tutto importanti, come il fatto che era troppo geloso; una volta aveva picchiato a sangue un mio amico, credendo che mi stesse dietro, mandandolo in ospedale. In quel momento avemmo avuto una specie di rottura, ma non chiedetemi perché in seguito sono tornata da lui. All’ennesimo attacco di gelosia non ce l’ho fatta, basti sapere che adesso ha un ordine restrittivo nei miei confronti!
Essendo ancora quel periodo d’inverno in cui fa ancora caldo come in estate, optai per una canottiera rossa e pantaloncini, per sicurezza avrei portato un giubbino di jeans; indossai le scarpe, presi qualche biscotto dalla dispensa e uscii, lasciando un biglietto sul frigo, così che i miei non sarebbero stati in pensiero.
La mattina faceva alquanto freschino, infatti indossai il giubbino, ma man mano che camminavo sentivo sempre più caldo, quindi arrivai al punto di incontro con il giubbino legato in vita

- Ce ne hai messo di tempo – si lamentò
- Sei tu che hai scelto un luogo lontano per incontrarci – mi lamentai
- Mi sei mancata Drew - sorrise
- Anche tu Kate
Ci abbracciammo.
Erano secoli che non ci vedevamo: io e Katerina abbiamo fatto le elementari e le medie insieme, ma la vita ci ha separato nella scelta del liceo.
Ci avviammo verso il bar più vicino, e ci sedemmo a un tavolo. Lei prese un cappuccino, mentre io latte di mandorla e una fetta di torta…che c’è? Amo il latte di mandorla, e amo le torte! Quindi è un’ottima scelta.
- Allora? – mi chiese dopo aver bevuto un sorso dalla tazza, macchiandosi le labbra di schiuma
- Allora cosa? – chiesi
- Non fare la finta tonta, Ace me l’ha detto
Dato che la fissavo confusa sbuffò
- Del ragazzo mascherato!
- Cosa? Oh andiamo…
- Voglio tutti i dettagli: che vi siete detti? Era carino? – chiese ammiccando
- Kate – risi – Non ci siamo detti niente di speciale, abbiamo solo…chiacchierato, e non ho idea di chi sia, quindi rimarrà solo uno splendido ricordo
- Hai detto splendido – constatò guardandomi con l’aria di chi la sa lunga Mi misi a ridere, ogni volta che ci vedevamo era così: lei che mi faceva il terzo grado su qualcosa e finiva per trovare quell’unica cosa che per chiunque altro non avrebbe avuto alcuna importanza, ma per lei sì.
Kate viveva con il fratello, Shawn, più grande di lei di 4 anni. Era un ragazzo simpaticissimo, molto socievole con chi gli sta simpatico, ma estremamente bipolare, alcune volte si chiude in sé stesso e non c’è verso che si riapra se non dopo qualche ora. Quando me lo permetteva gli stavo vicino, in quei momenti, in fondo aveva fatto molto per me, quando il mio ex aveva avuto…quel piccolo scatto d’ira. Si beh, a dirla tutta era lui il ragazzo finito in ospedale per colpa sua. Gli stetti accanto 24 ore su 24 mentre era in ospedale, era colpa mia se si era ritrovato lì; da allora siamo stati molto uniti, e abbiamo istituito il cinema-night per tutti i venerdì sera.
Perché il venerdì sera? Semplice: è il giorno in cui i medici hanno detto che ormai era fuori pericolo, e che era guarito completamente, e che finalmente poteva tornare a casa. Per festeggiare gli avevo fatto vedere (S)EX LIST, con Chris Evans; durante la convalescenza gli avevo detto di averlo visto e che mi era piaciuto molto; anche se malconcio era riuscito a dirmi che quando si sarebbe sentito meglio avrebbe voluto vederlo, forse lo aveva detto più per farmi sentire meglio…si perché era lui quello in ospedale, ma evidentemente ero molto scossa, e cercava di farmi sentire meglio – non mi rendeva facile il mio compito di fare il contrario, insomma! -, così avevo organizzato una serata per farglielo vedere. Da allora ci vediamo tutti i venerdì sera e guardiamo un film scelto a turno.

- Parlando d’altro, mi hanno detto che anche tu hai conosciuto qualcuno, e che al contrario di me, questi non era mascherato, anzi…
- CHI TE L’HA DETTO? – si tappò immediatamente la bocca, accorgendosi di aver urlato Trattenni una risatina e bevvi un sorso del mio latte di mandorla
- Un uccellino – risposi sorridendo
Con il 99% delle possibilità, sapeva di chi stavo parlando, ma Shawn mi aveva chiesto di non dirle che era stato lui, ovviamente. Vivendo insieme, Kate avrebbe potuto benissimo rendergli la vita a dir poco difficile.
- Allora, chi è? Lo conosco?
- No – rispose distogliendo lo sguardo – Si chiama Zack, ed è un ragazzo davvero fantastico
- Interessante, interessante, ma voglio i dettagli – sorrisi- come vi siete conosciuti?
- Beh…in realtà – ci fu un minuto di pausa – mi ha investita
Poco ci mancò che sputassi latte di mandorla ovunque
- Lui cosa? – chiesi con tanto d’occhi
- Non ti arrabbiare
- Come faccio? Sei stata investita, e non mi hai detto niente, e poi ti sei messa con il ragazzo che ti ha investita
- Nessuno ha detto che mi ci sono messa, anche se…
- Kate – la rimbeccai
- Ok ok, vedi non è colpa sua, ero in ritardo a scuola – cercò di spiegare sotto il mio sguardo severo – e ho attraversato senza guardare; si è preoccupato pure di portarmi in ospedale, ma andava così piano che non mi sono fatta niente
- Avresti potuto avere una commozione cerebrale – protestai, preoccupata
- E’ quello che ha detto anche lui, ecco perché ha insistito per accompagnarmi a scuola…e gli ho dato il mio numero
Deve essere uscita fuori di testa, pensai. Sembrò leggermi nel pensiero, perché mi disse subito che non c’era problema, che non era di molto più vecchio di lei, infatti aveva solo 20 anni, di soli 3 anni più grande, e che sembrava davvero un bravo ragazzo
- Le apparenze possono ingannare, Kate. Mai sentito non giudicare un libro da una copertina? O di non fidarti degli sconosciuti? – da che pulpito veniva la predica – per quanto ne sai potrebbe essere un carcerato, un assassino, o un pedofilo
- Non ti sembra di stare esagerando? Dopotutto sei tu quella che ha ballato con uno sconosciuto in maschera
- Ma non gli ho dato il mio numero – replicai
Sbuffai, forse era meglio lasciar cadere l’argomento.
Volevo solo che non si facesse male. Katerina era una ragazza troppo buona, fiduciosa sempre nel prossimo, in cui raramente vedeva qualcosa di cattivo. Più volte Shawn ed io l’abbiamo dovuta tirare fuori dai guai, o consolare.
- Bene allora, ma voglio conoscerlo – dissi – Se è pericoloso, non lo vedrai più ok? Kate sprizzò gioia da tutti i pori – Vedrai Drew, ti piacerà!
Ne dubito…
- Ora però – continuò – Dobbiamo trovare il tuo uomo misterioso
La guardai di sbieco. Fare cosa???
Eh sì, quando si mette in testa qualcosa, è difficile dissuaderla: per tutta la mattina e il pomeriggio cercò col suo “intuito” dove potesse essere – è vero che certe volte seguendo il suo istinto trovavamo davvero quello o chi cercavamo, ma dubitavo fortemente che in quell’occasione potesse accadere.
 Il sole tramontò, e calò la sera; ci ritrovammo vicino scuola mia, al che decisi che non avremmo trovato un bel niente.
-
 Kate credo sia meglio tornare, sento i miei piedi chiedere pietà
- Che strano – commentò delusa – ero convinta che l’avremmo trovato
- Beh, a scuola ne dubito fortemente
- Non puoi saperlo, magari è nella tua classe, nel banco dietro di te e non ti sei mai accorta di lui!
- Plausibile, se solo dietro di me non ci fosse Brufolo Bill
Povero Billy, non era colpa sua se era così…brufoloso, ma a furia di sentirlo chiamare così mi ritrovai a chiamarlo così anche io, non volendo. Billy aveva detto che andava bene così, sapeva di avere un piccolo problema coi brufoli, ma non gli importava, fortunatamente c’è ancora gente come te che mi considera non per l’aspetto esteriore, e questo mi basta Drew, mi aveva detto. Che dolce.
Perché infondo a tutti quei brufoli Billy era davvero simpatico, e rispetto ad altri che ti abbandonerebbero alla prima occasione, lui non lo avrebbe mai fatto. Mi ha sempre coperto a scuola e con i miei.
- Credo sia ora di tornare a casa allora – disse Kate, un po’ demoralizzata – Forse lo troverò domani, lo cercherò per te
- E come farai a riconoscerlo? – chiesi curiosa Kate si toccò il naso con la punta del dito – Intuito!
Alzai gli occhi al cielo, e ci avviammo verso la strada che ci avrebbe riportate a casa. Kate abitava a qualche isolato di distanza da me, quindi avrei dovuto fare un tratto di strada da sola; non mi andava per niente, ma c’est la vie.
La salutai praticamente sotto casa sua, mi propose di dormire da lei per quella sera, ma rifiutai: i miei mi stavano aspettando. Col senno di poi forse avrei dovuto accettare…ma chi lo avrebbe mai immaginato quello che sarebbe successo di lì a poco.
Mentre camminavo al buio, illuminata dalla flebile luce di qualche sporadico lampione, pensavo e ripensavo a quel ragazzo, a quella sera in particolare, cercavo di ricordare il più possibile, ma man mano che le ore passavano certi momenti andavano a perdersi. Così ormai avevo un ricordo piuttosto sommario di quello che era successo, nonostante l’avessi raccontato ad almeno tre persone: Ace, Kate e ovviamente Shawn. Lo avevo chiamato la sera stessa, appena arrivata a casa, era un avvenimento che non potevo non raccontargli! Il poverino stava dormendo – e vorrei vedere, erano le 2 e mezza di notte -, non lo biasimai infatti quando mi mandò poco gentilmente a quel paese. Ma si era arrabbiato soprattutto perché non era stato il primo a cui l’avevo detto.
Assorta in questi e altri pensieri, non mi ero accorta che qualcuno mi stava seguendo, e quando mi ritrovai un losco figuro davanti che mi minacciava di dargli tutto ciò che avevo, rimasi leggermente spiazzata.
Purtroppo per lui non avevo nulla con me, se non il cellulare, ma non lo realizzai subito.
Non contento della risposta negativa, tirò fuori un coltello e me lo puntò contro.
Deglutii a fatica, con gli occhi sgranati

- Dico sul serio, non ho nulla. Perché mentirti? – dissi spaventata
Ora che avevo realizzato cosa stava accadendo, misi a fuoco anche che quella era una minaccia vera. Il tizio, di cui vedevo a malapena i tratti del viso, digrignò i denti, contrariato. Poi passò a squadrarmi da capo a piedi, con uno strano luccichio negli occhi
- Beh, allora forse potrei prendermi qualcos’altro
Indietreggiai, ma mi ritrovai con le spalle al muro. Se fossi rimasta ferma, sicuramente mi avrebbe presa, decisi quindi di tentare la fuga, ma il ladro riuscì a prendermi ugualmente. Urlai quando sentii il contatto delle sue mani sulla mia pelle, e cercai di dimenarmi il più possibile per fuggire, ma aveva una presa alquanto ferrea.
Cominciò a percorrere con la mano la mia coscia
- Toglimi le tue luride mani di dosso! – sbraitai, al che gli sferrai una gomitata
Rimase spiazzato per qualche secondo, quel che mi bastava per togliermelo di dosso, ma lo vidi presto alla carica, a inseguirmi. Purtroppo scelsi la strada sbagliata, e mi ritrovai in un vicolo cieco, con quell’orribile uomo a bloccarmi l’unica via d’accesso.
Chiusi gli occhi e mi premetti quanto più potei al muro alle mie spalle, sperando che accadesse un miracolo.
All’improvviso sentii il suono di qualcosa che si spezzava, e un tonfo sordo.
Aprii cauta un occhio per vedere cosa stesse succedendo, e mi ritrovai una strana scena davanti ai miei occhi: il ladro era a terra con l’occhio pesto, aveva perso i sensi e il suo coltello era finito poco lontano da lui. Vicino c’era un ragazzo che agitava la mano dolorante con un’aria leggermente sofferente in volto
- Ahia – commentò, poi si girò verso di me – Stai bene? – mi chiese Annuii scossa
- Tu devi essere il mio miracolo
Mi guardò un po’ confuso, tenendosi la mano.
Con la coda dell’occhio vidi un movimento furtivo e cercai di avvertirlo
- Attento! – ma era troppo tardi
Il ladro aveva ripreso conoscenza, o forse non l’aveva mai persa davvero, e adesso prendeva il piede del ragazzo per farlo cadere. Cadde, e batté la testa a terra. Lo vidi sbattere gli occhi più volte cercando evidentemente di mettere a fuoco le immagini davanti a se. L’uomo di era alzato e ora si stagliava su di lui, portandosi una mano sull’occhio ferito
- Guarda che mi hai fatto, bastardo! – disse per poi rivolgersi a me – Mi spiace deluderti, dolcezza, ma i miracoli non esistono! – affermò con un sorriso sbilenco e carico di cattiveria, poi si girò nuovamente verso il ragazzo, steso ancora a terra – Vedi se non ti fossi intromesso avrei finito con la signorina e nessuno si sarebbe fatto male, invece adesso sono costretto a vendicarmi A quelle parole non ci vidi più. Non avrei permesso che accadesse qualcosa a quel ragazzo quella sera, in fondo aveva cercato di salvarmi.
Il ladro era distratto, ottimo. Sgattaiolai di lato senza farmi notare, e presi il coltello che gli era caduto, impugnandolo con mano tremante.
- Hey, hai dimenticato qualcosa! – attirai la sua attenzione
Si girò, e quando lo fece mi mossi verso di lui, sfigurandogli il volto. Lanciò un grido di dolore coprendosi il volto con entrambe le mani, mentre il sangue sgorgava, macchiandogli mani e abiti.
Mi feci forza e corsi dal mio salvatore, il mio miracolo, e lo aiutai ad alzarsi
- Forza dobbiamo andarcene – lo intimai
Corremmo più veloci che potemmo, non so neanche diretti dove, ovunque, purché fosse lontano da quel luogo.
Quando fummo certi di essere abbastanza lontani ci fermammo, esausti; ero senza fiato, i miei polmoni bruciavano e chiedevano pietà. Mi sedetti a terra, non riuscendo a stare in piedi.
- Grazie – dissi ansimando, in continua ricerca d’aria
- Eh? – anche lui sembrava non stare molto bene
- Ero evidentemente in difficoltà, mentirei se dicessi che avevo tutto sotto controllo. Quindi…grazie
Mi sorrise, e i suoi denti bianchi brillarono nel buio circostante
- Ti ho sentita gridare, così sono corso a vedere cosa stesse succedendo. Non potevo permettere che ti facesse del male – si giustificò
Mi alzai e gli andai vicino, e prendendo il suo volto fra le mie mani, per esaminare se avesse qualche commozione celebrale, ma quel che vidi mi lasciò un attimo interdetta: i suoi occhi…erano di un azzurro mozzafiato, lo stesso azzurro che avevo visto 24 ore prima a una festa, dietro un volto nascosto da una maschera.
- Allora? – chiese fissandomi – Qual è la diagnosi?
- Ehm… - lo lasciai – non sembri avere una commozione, né nulla di simile, ma ti converrebbe farti controllare, infondo non sono un medico Si mise una mano dietro la testa, con una smorfia di dolore
- Mi sa che ci vorranno anche un paio di punti – commentò mostrando le dita della sua mano macchiate di sangue
- Oh mio Dio – esclamai – tu devi farti visitare adesso – gli dissi, imponendoglielo categoricamente
- Sissignora – commento con un mezzo sorriso divertito
- Vieni con me
Mi feci seguire fino a un bel tratto di strada senza che mi chiedesse dove eravamo diretti, ma poi la curiosità ebbe la meglio
- Mio padre è un dottore – spiegai -  l’ospedale è troppo lontano
- Quindi… - disse – mi stai portando a casa tua Sussultai
- Beh…sì, ma se vuoi puoi benissimo andare dalla parte opposta e cercarti il pronto soccorso
- Nono, non mi sto lamentando – commentò con lo stesso tono divertito – Solo che non mi è mai capitato che una ragazza mi portasse a casa sua al primo salvataggio
- Primo salvataggio? Quante altre volte credi di salvarmi? Non mi metto nei guai così spesso come credi
- Beh, in realtà questa è già la seconda, e si sa che non c’è due senza tre. Quindi potrebbe capitare da un momento all’altro – disse seguendo un suo percorso logico – Ergo: è meglio che ti stia vicino. Mi sentirei responsabile se ti accadesse qualcosa
Alzai gli occhi al cielo, continuando a camminare e senza guardarlo negli occhi, anche se ero sicura che aveva la sua espressione divertita dipinta in volto. Pensava fossi scema o cosa?
- Sei davvero premuroso, ma io…hey aspetta un attimo – mi bloccai di colpo e mi voltai a fissarlo – La seconda volta?
Annuì, sorpassandomi mentre attendevo risposte
- Già ti sei dimenticata dell’altra sera?! – chiese ironicamente senza fermarsi – Eri a una festa palesemente noiosa, e io ti ho regalato un po’ di divertimento
Rimasi a bocca aperta. Cercavo cosa dire, ma ero evidentemente in difficoltà.
Mi aveva riconosciuta? O mi aveva trovata, come lo avevo sfidato a fare? O forse era davvero uno stalker, e mi aveva seguita, ma allora perché salvarmi? Ovvio, Drew, è ossessionato da te, quindi ti vuole tutta per sé. I malati fanno così!
- Sei tu, vero? – si fermò a guardarmi, con un’espressione perplessa – Cavolo sarebbe davvero imbarazzante se non fossi tu, la ragazza in maschera col vestito in rosso. Beh se non lo sei non pensare che non ti avrei salvata lo stesso. Non augurerei a nessuno di finire tra le mani di quell’uomo – spiegò
- Come…? – chiesi soltanto
Non riuscivo a formulare nessuna frase di senso compiuto, lo ammetto. Prima l’aggressione e ora questo. Era troppo per me! Queste cose si vedono solo nei film, o al massimo in un incubo, ma viverle era decisamente troppo.
- Quando ieri sera ci siamo stesi sull’erba ho visto i tuoi occhi, di un verde intenso, e mi hanno colpito, perché celavano tanta felicità, ma anche tanta tristezza. E ho visto i tratti del tuo viso; anche se nascosto da una maschera, lo riconoscerei ovunque – ok forse l’appellativo Sherlock era più che mai adeguato, lo ammetto – Prima ti sei avvicinata per esaminarmi...così… Ok…ero ancora più senza parole. Ma chi si credeva di essere??
- E poi – continuò, non è ancora abbastanza??!, - Mi hai detto di cercarti – disse avvicinandosi a me – ed è quello che ho fatto. Non è stato per niente facile
- E come hai fatto? Come mi hai trovata?
Fece spallucce – Sono stato in giro sperando di vederti. Devo essere sincero, non credevo avrebbe funzionato
- Io non ho detto di essere lei – precisai
- Ma neanche di non esserlo
Decisi di non contraddirlo, in fondo era la verità. E poi anche io avevo sperato di trovarlo, o quantomeno di rivederlo. Chissà per quale caso fortuito c’eravamo riusciti.
- Questa è casa mia – dissi evitando ulteriormente l’argomento
La luce del soggiorno era accesa, i miei erano svegli, meno male.
Ora però avrei dovuto dir loro cosa era successo. Avrei preferito evitare, ma non potevo rischiare che quel ragazzo mi svenisse per strada. Anche perché non avrei saputo come comportarmi.
Aprii la porta e sentii già dei passi venire verso di me
- Ma ti sembra questa l’ora di… - mia madre si fermò di colpo quando vide il mio nuovo amico dietro di me. Fissò i suoi occhi nei miei, severi, e incrociò le braccia al petto.
- Mamma, non è come sembra!
 

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Capitolo 3
*** L'incubo ***


CAPITOLO 3      L’INCUBO

Quella sera i miei vicini ebbero modo di assistere a un vero e proprio spettacolo, o perlomeno di sentirlo. Mentre mio padre visitava e medicava…cavolo non sapevo ancora il suo nome! Comunque mentre lo medicava in salotto, io mi trovavo in cucina, con una banshee urlante nelle orecchie, ah no scusate, era solo mia madre…
Non capivo perché se la prendesse tanto, ero stata aggredita, mica era colpa mia! E invece no, a suo dettame non sarei dovuta essere fuori a quell’ora, e per di più non vestita in quel modo – il fatto che si morisse di caldo era solo un dettaglio trascurabile, ovviamente.
- Chissà che ti sarebbe successo se quel ragazzo non ti avesse aiutata! – sbraitò gesticolando
- Mi spiace di essere stata aggredita, mamma – commentai ironica.
Ma lei non colse l’ironia, né evidentemente quello che avevo detto, perché continuò a urlarmi contro.
Alzai gli occhi al cielo, e andai al frigo a prendermi un bicchiere d’acqua. Una volta bevuto tutto d’un sorso, ne presi un altro e mi avviai verso il soggiorno
- Ma almeno mi stai ascoltando? – mi bloccò mia madreMi girai di scatto, cercando con tutta me stessa di non dare di matto
- Si, mamma – scandii – ti sto ascoltando, e tutto ciò che sento è che non ti importa niente di me, ti preoccupi solo di dirmi che ho sbagliato, quando in realtà non ho fatto nienteA quelle parole il viso di mia madre si addolcì e si accorse di ciò che stava facendo.
Lei non è una cattiva persona, affatto, ma come tutti ha dei difetti. Il suo più grande difetto è, a mio parere, il non riuscire a fare le cose giuste. Non fraintendetemi, non è colpa sua, semplicemente non se ne accorge. E’ una persona tanto dolce e premurosa, ma quando accade qualcosa tende a vedere solo le cose negative, ma quando glielo si fa notare, cerca di fare di tutto per aggiustare le cose.
Quando avevo 4 anni, giocando ruppi il vaso che le aveva regalato nonna Ester, ci era molto affezionata. Chiunque si sarebbe arrabbiato in quell’occasione, e così fece mia madre, ma non si arrabbiò per il vaso rotto, ma perché stavo giocando vicino a questo; quando mio padre le fece notare che se la stava prendendo per la cosa sbagliata, mia madre si addolcì, e mi chiese scusa…in seguito mi punì ugualmente per aver rotto il suo vaso, giustamente, ma almeno non perché mi divertivo a cavalcare un pony immaginario!
- Stai bene? – mi chiese avvicinandosi e prendendomi per le spalle.
Annuii e mi allontanai diretta in soggiorno
Lì mio padre stava praticando dei punti di fortuna alla testa del povero malcapitato, che girato di spalle rispetto all’uomo non faceva vedere le smorfie di dolore.
- Ecco fatto – disse soddisfatto mio padre tagliando il filo.
Porsi al ragazzo il bicchiere d’acqua che tenevo in mano e mi sedetti accanto a lui sul bracciolo del divano mentre mi rivolgeva un sorriso per ringraziarmi.
- Come sta, caro? – chiese mamma non appena fu entrata nella stanza
- Bene – rispose semplicemente mio padre – fortunatamente non gli rimarrà la cicatrice, ma poteva andare peggioMamma annuì sotto lo sguardo severo e preoccupato al contempo di mio padre. Al che mamma si avvicinò al ragazzo e gli mise una mano sulla spalla
- Grazie per aver salvato nostra figliaSalvato, che parolona. Sto bene!
- Sei stato molto coraggioso, figliolo – sentii dire a mio padre.
Alzai gli occhi al cielo e mi alzai, facendo alzare anche il mio sconosciuto salvatore.
- Ok, bene così, credo che sia ora che torni a casa – dissi, e mia madre mi rivolse uno sguardo severo – Anche i suoi genitori saranno preoccupati, non vedendolo tornare – spiegai
- Grazie mille, signore – disse lui rivolto a mio padre, ricevendo come risposta un segno d’assenso
- Se ti servirà qualunque cosa, ora e in futuro, la porta è sempre aperta – disse stringendogli la manoMia madre invece si avvicinò e lo abbracciò – sì è una persona molto calorosa – lasciandolo spiazzato.
- Sei sicuro di non voler rimanere? – gli chiese per l’ennesima voltaEra convinta che non fosse sicuro tornare a casa ora, e in quelle condizioni, ma non aveva capito la cosa più importante: io lì non ce lo volevo!
Si ok, mi ha salvata. Grazie tante! Ma la cosa si ferma lì, non voglio alzarmi durante la notte per andare in bagno e ritrovarmelo davanti, o trovarlo in cucina mentre cerco da bere. Né svegliarmi l’indomani con il suo sorriso stampato in volto sentendolo darmi il buongiorno, perché non sarebbe stato un buon giorno!
- La ringrazio, ma credo mi stiano aspettando – rispose cordialmente sorridendole – E poi mio nonno è venuto a prendermi, quindi non vorrei farlo aspettareMia madre annuì, lo salutò ancora e finalmente ci lasciò liberi di andare. Lo accompagnai alla porta e gliela tenni aperta, quando si girò verso di me
- Allora…
Alzai gli occhi al cielo – quell’azione si era ripetuta troppe volte nel corso della giornata
- Senti – gli dissi – ti ringrazio davvero per il tuo intervento questa sera, ma la cosa finisce qui, ok?
Mi guardò divertito, perché aveva sempre quella faccia? Era fastidiosa!
- Ok – disse solamente, poi si appoggiò allo stipite della porta – Me lo dirai il tuo nome?
Lo fissai sbigottita
- Che c’è? Devo eclissare il sole perché tu me lo dica? Non sono sicuro di riuscire a farlo, ma potrei provarci
Che narcisista…
- Mi chiamo Drew – concessi – e il cognome già lo sai, è scritto vicino alla porta
Il suo sorriso si fece più largo, e mi porse una mano (quella gonfia per il pugno che aveva sferrato al ladro) per presentarsi
- Nick – disse solo
- Che nome è? – cercai di prenderlo in giro, senza stringergli la mano
- È diminutivo di Nicholas – disse fingendosi offeso – è un nome bellissimo!
Risi: la sua faccia imbronciata era buffissima
- Eccolo là – disse diventando serio, ma sempre con un sorriso stampato in volto
- Cosa? – chiesi con la voce ancora alterata dalla risata
-Quel sorriso – rispose, come se fosse ovvio
- Cos'ha che non va il mio sorriso? - chiesi acida
– E' lo stesso che avevi quando abbiamo ballato
Ammutolii.
No sul serio, ma chi era? Che voleva da meee?!
Girò i tacchi e scese le scale dell’uscio di casa,
-Aspetta! – lo fermai, pentendomene subito.
Mi guardò pieno di aspettativa
- Ehm…sei per caso un carcerato, un assassino, o un pedofilo?
Eh sì, perché avevo fatto la predica alla mia amica Kate, ma cosa mi diceva che anche Nick non fosse pericoloso?
Anche se…non è detto che mi avrebbe detto la verità
- Beh, non che io sappia. Ma se vuoi puoi fare dei controlli – scherzò
Feci una smorfia e gli chiusi la porta in faccia
- Ci si vede in giro, Drew Parker – disse attraverso la porta con un tono divertito
Nascosi un sorriso. Ok, forse mi divertiva, ma non pensate male!
Inoltre non potei nascondere di essere un po’ felice di averlo rivisto, era simpatico dopotutto. E davvero…davvero molto sexy, ma questo non c’entrava assolutamente niente.

Quando tornai in salotto i miei stavano discutendo di ciò che era avvenuto, il giorno dopo mi avrebbero dato uno spray al peperoncino, certi che quello mi avrebbe aiutata a proteggermi. Per quanto mi riguarda non credevo che avrebbe mai funzionato, ma hey, chi può dirlo! Quando andai a letto non ero molto scossa dall’accaduto, i miei pensieri andavano – devo ammetterlo, anche se con fatica – al sorriso di Nicholas. Diciamola tutta, era mozzafiato!
Ma quando chiusi gli occhi la realtà di quello che era successo mi colpì come una frusta: continuavo a vedere quell’uomo avvicinarsi a me, e toccarmi. Poco importava che dopo era venuto Superman…cioè Nicholas, perché quello che davvero importava era che quel viscido verme mi aveva messo le mani addosso. Ed era una cosa che non riuscivo a togliermi dalla mente.
Risultato: non chiusi occhio tutta la notta, e quando la mattina la sveglia suonò, mi alzai dal letto come uno zombie, certa che la giornata non poteva che peggiorare. In fondo il buongiorno si vede dal mattino.
E quella sarebbe stata una giornata di merda a tutti gli effetti.
Mi vestii lentamente, stanca e assonnata, mi lavai i denti senza fare colazione e uscii senza salutare i mei, che come accennato poco prima, mi avevano comprato uno spray – non chiedetemi dove l’abbiano trovato in piena notte! Anzi, se qualcuno lo sa, sarebbe pregato di spiegarmelo.
Sfilai il telefono dalla tasca dei jeans e cliccai sul numero che avevo tra le chiamate rapide
- Buongiorno, splendore – mi salutò una voce allegra e familiare
Come faceva a essere allegro alle 7.40 di mattina?
- Odio quell’espressione – mi lamentai – Buongiorno – scandii la parola con disgusto
- Oh oh. Cosa è successo? – la voce si fece leggermente preoccupata, ma ancora allegraBeh lo sarà per poco…anche se…
Insomma non dovevo dirglielo per forza no?
- Lascia stare Shawn, l’importante è che questa giornata non dovrebbe esistere
- Non credo sia possibile. Ma potrei parlare con qualcuno dei piani alti
- Si sarebbe comodo. Ah e visto che ci sei digli di fare più torte. Amo le torte!
Shawn rise e in quel momento sentii il rumore di qualcosa che cadeva per terra e si frantumava
- Ti prego dimmi che non era la tazza che ti ho regalato al compleanno – supplicai
- Ehm… - ci fu un attimo di silenzio – no, no assolutamente…
Sospirai. Amavo quella tazza. Ma a Shawn non era mai piaciuta molto, la usava solo perché era un mio regalo e sapeva che ci tenevo.
Al prossimo compleanno gli avrei regalato il cofanetto delle prime stagioni di Doctor Who, almeno sarei andata sul sicuro.
- Non dovresti essere all’università? – chiesi, avendo ormai detto addio a quella tazza
- Non oggi – rispose – Pensavo di accompagnarti a scuola
- Arrivi tardi. Sono già quasi arrivata
- Vorrà dire che ti verrò a prendere
- Shawn… - esitai. No dovevo dirglielo, non potevo tenermelo dentro, o sarei scoppiata – ti dovrò dire perché odio il buongiorno, sai?
- In cambio ti dirò perché odio cucinare, magari ti farà sentire meglio
Sapevo già perché odiava cucinare, non era esattamente ferrato in cucina. Basti pensare al pasticcio che aveva combinato l’anno passato, cercando di fare la pasta per pranzo. Basti sapere che ci mancò poco che la cucina non prendesse fuoco.
Mi diedi appuntamento con Shawn dopo scuola, e riattaccai.

Ora che mi trovavo davanti all’imponente edificio ero atterrita. Ma dopo gli ultimi due giorni quello che mi ci voleva era solo distrarmi in qualche modo. Quindi trassi un respiro profondo ed mi incamminai.
La maggior parte degli studenti erano ancora in cortile, intenti a non entrare finché avrebbero potuto, e intravidi alcuni dei miei amici in fondo: Eric, Nick, Henry, Ace…aspetta Nick??
- Oh no, ti prego. Non può essere
Scossi la testa scoraggiata. Non mi aveva ancora vista, stava parlando con un ragazzino dai capelli tinti di verde. Portava il cappuccio della felpa alzato, evidentemente voleva nascondere i punti di sutura dietro la testa. Ne approfittai ed entrai prima che fosse troppo tardi.
Salii le scale che portavano al piano superiore – purtroppo per me ero al quarto piano, quindi dovetti salire di un bel po’ – e arrivata fuori la mia classe sbirciai all’interno. Non c’era nessuno. E te pareva… mi appoggiai al muro, e chiusi gli occhi. Almeno ci provai, perché una voce squillante mi fece saltare immediatamente
- Drew! – Molly Allen, mia compagna di classe e oca provetta, mi corse incontro
- Ciao Molly – risposi esasperata
- Non ci crederai mai! – disse prendendomi le mani
Feci una smorfia. Se solo sapessi a cosa non posso credere in questo momento…
- Cosa è successo? – chiesiIn realtà non mi interessava davvero, ma Molly sembrava intenzionata a dirmelo comunque, quindi…
- Oh non posso dirtelo
- Ok – dissi semplicemente
- No ma io devo dirtelo!
- Ok – ripetei – ma vedi di deciderti in fretta, rischio di invecchiare mentre aspetto
- Abbiamo un nuovo compagno di classe – esultò, non riuscendo a stare più nella pelle – ed è un figo da paura!
- Wow – dissi fingendo entusiasmo – non ci posso credere
- Lo so!Scossi la testa.
Scusa Molly, ma ora come ora non riesco a star dietro a queste cose.
Aspettate un attimo…nuovo compagno di classe? Non poteva essere una coincidenza.
- Oh eccolo, sta arrivando! – mi diede un colpo sulla spalla per attirare la mia attenzione
Sgranai gli occhi e nascosi il viso tra le mani
- Non ci credo – ripetei, stavolta disperata
- Hai visto quanto è bello?
- Ti prego, non rigirare il coltello nella piaga
- Cosa?
Entrai in classe lasciandomi dietro Molly, che ancora non aveva capito niente, sperando di non essere vista. Anche se era solo questione di tempo.
Mi sedetti al mio posto, non dietro a tutto, ma neanche avanti, una via di mezzo insomma, e girai la testa dall’altra parte nascondendola con una mano.
Ti prego non mi deve vedere, ti prego, se esisti, non farmi vede…
- Drew Parker?
Dannazione. Ottimo lavoro, certo che ad ascoltare sei proprio bravo, Dio, ma ad esaudire i desideri devi allenarti di più.
Mi girai controvoglia sbuffando
- Nick – dissi senza entusiasmo – Ma che bellissima sorpresa
- Voi due vi conoscete? – si intromise Ace, arrivato insieme a Nicholas
- Di vista – risposi – abbiamo ballato alla festaIl volto di Ace si illuminò, avendo capito il riferimento.
Lo indicò da dietro le spalle. Sorrisi, come segno d’assenso. Ace rimase a bocca aperta, e continuò a indicare prima lui poi me, incredulo.
- Sembra che saremo compagni di classe – disse il ragazzo
Ci mancava solo questa.
Per fortuna in quel momento entrò il professore di filosofia che intimò a tutti i presenti di sedersi, così almeno fino a quel momento me l’ero tolto di mezzo, ma si presentava un altro problema
- È lui! – mi sussurrò Ace, prendendo posto vicino a me.
Sospirai e mantenni la testa con la mano.
Presi il cellulare e lo tenni sotto al tavolo, mandando un messaggio a Shawn.
 
Odio i buongiorno…
 
 
Mi trovavo in un bosco, la luce del sole filtrava attraverso i rami degli alberi, creando uno scenario quasi idillico. Inizialmente c’ero solo io, e ovviamente le piante e qualche scoiattolo. Improvvisamente sento un rumore e mi giro di scatto; dietro di me c’era Kate con un ragazzo completamente ricoperto di tatuaggi e piercing affianco.
- A dire la verità, Drew, mi ha investita – disse e prese sottobraccio il ragazzo, che nell’altra mano nascondeva un coltello
- Kate allontanati! – cercai di dire, ma la mia voce uscì attutita, tant’è che non arrivò alle orecchie della mia amica.Mi girai dalla parte opposta e trovai Nicholas in piedi a fissarmi, o meglio il ragazzo misterioso, perché portava ancora la maschera e il completo della festa.
Protese una mano verso di me, cercai di raggiungerlo allungando la mia, ma presto la sua mano cominciò a scurirsi e macchiarsi di sangue.
Confusa cercai di raggiungerlo ancora, ma i miei piedi sembravano non essere intenzionati a muoversi. Dalla sua testa iniziò a colare del sangue, così cercai di chiamarlo, ma la voce non ne volle sapere di uscire.
Poi sentii una risata, fredda, glaciale, e Nick scomparve. Al suo posto c’era un uomo col viso ricoperto di sangue che protendeva la stessa mano che prima era appartenuta a Nicholas, verso di me. Mi ritrassi disgustata, ma l’uomo iniziò ad avanzare, continuando a protendersi cercando di raggiungermi. Il mio corpo era immobilizzato.
- Drew – mi chiamò.Aprii la bocca inalando aria e svuotando i miei polmoni per urlare. - Drew! Drew! – la sua mano mi scrollò per la spalla
- Vattene! Non mi toccare! – urlai divincolandomi
- Drew! Svegliati!
Aprii gli occhi, terrorizzata, e vidi mille occhi puntati su di me, compresi quelli del professore che mi guardava preoccupato e severo al contempo.
Ace mi mise una mano sul braccio, preoccupato, al che sussultai.
- Sto bene – dissi
Mi alzai di tutta fretta e uscii dalla classe, correndo fuori verso il cortile, mentre il professore chiamava il mio nome.
Arrivata fuori inalai una boccata d’aria fresca e mi diressi verso il retro della scuola, sedendomi con le spalle contro un alberello striminzito che la preside si costringeva a voler far crescere, senza successo. Mandai un messaggio a Shawn, chiedendogli di venirmi a prendere con urgenza.
Ma che mi sta succedendo.
- Non sembri stare veramente bene
Alzai lo sguardo, quasi sussultando.
Poteva venire chiunque, ma perché proprio tu?
- Non sono affari tuoi Nicholas
Il ragazzo si avvicinò a me, rimanendo in sospeso tra l’inginocchiato e lo stare in piedi.
- Ecco tieni – disse porgendomi un fazzoletto
Lo guardai confusa, quando qualcosa mi portò a portarmi le mani agli occhi. Stavo piangendo. Perché sto piangendo?
Mi strofinai gli occhi con la manica del giubbino, rifiutando il fazzoletto
- Non lo voglio – dissi con sguardo duro – Non voglio il tuo aiuto
- Ok – rispose, non capendo.Si alzò e fece per andarsene.
No, non era giusto per lui. Non aveva fatto niente di male. Come minimo meritava di sapere perché lo trattavo così male.
- Non è colpa tua – spiegai prima che fosse troppo lontano perché mi potesse sentire – è che…non riesco a guardarti negli occhi, senza pensare a quello che è successo ieri sera. Continuo a rivivere tutto. Vedo e rivedo quelle scene davanti ai miei occhi.
- Beh questo spiega le occhiaie
Gli rivolsi uno sguardo di scuse. Si avvicinò nuovamente e mi porse nuovamente il fazzoletto
- Non è un male né un peccato accettare l’aiuto di qualcun altro. Tienilo, serve più a te che a me. E poi – aggiunse – l’ho fregato a un amico, quindi è meglio che non me lo veda in mano.Presi il fazzoletto e lo rigirai tra le mani. In quel momento sentii qualcuno chiamarmi, e mi girai verso la fonte. Era Shawn, arrivato con largo anticipo – ero certa fosse già nei paraggi – il cui sguardo, appena vide Nicholas, si indurì.
- Avevo capito che fossi single – disse quest’ultimo, guardandomi con la coda dell’occhio
- Non so chi te l’abbia detto – dissi alzandomi
Si, sono single, ma non gli ho mica detto che non lo sono! Sono giustificata.
Alzai il fazzoletto ad altezza viso come per ringraziarlo, e corsi verso il mio migliore amico.
- Chi è quello? – chiese non appena lo ebbi raggiunto
- Il misterioso ragazzo in maschera – risposi
Mi lanciò uno sguardo fulminante, al che lo presi per il braccio e lo diressi lontano dalla scuola.
- Vieni, ti spiego. Ti sei perso molte cose in queste poche ore!

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