Lei sapeva solo prendere

di Queen Malfy Slytherin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Speranza ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
Lei sapeva solo prendere
 

 

Prologo
 

Ormai Newt ci aveva quasi fatto l’abitudine o almeno continuava a sperare che fosse così, perché a volte soltanto fingendo di avere sotto controllo la situazione riusciamo a credere di stare bene. Oltrepassò quella parte della valigia con il corpo teso, sperando che nessuno notasse il modo insolitamente rigido con cui aveva continuato a camminare. In quel momento aveva un’unica regola: guardare dritto davanti a sé. Tuttavia, malgrado fossero passati anni, non era ancora riuscito a seguirla, perché poco prima di sorpassarla definitivamente il suo sguardo si posava fugace sulla piccola foto posata nell’angolo buio del comodino.

Bastavano quei pochi attimi per provocarli una fitta al cuore. Prese a sistemare meccanicamente del terreno in un vaso, aspettando che il dolore pian piano cessasse lasciando spazio al vuoto. Sicuramente buttarla sarebbe stata la scelta migliore, difatti un paio di volte aveva anche tentato di farlo con il risultato che si era ritrovato a ricercarla sempre. Non era sicuro che bastasse liberarsi della foto per cancellare la sua presenza.

Era così assorto nei suoi pensieri che sobbalzò una volto udito una voce alle sue spalle.

“Newt, lei chi è?” Domandò Queenie non comprendendo quanto quella semplice domanda lacerasse ferite nascoste, le quali nonostante avesse lottato venivano ancora gelosamente custodite nel profondo. Malgrado si odiasse per questo non l’aveva ancora dimenticata.

“Ah, nessuno” Rispose debolmente irrigidendosi e guardando intensamente la punta delle sue scarpe.

Era un’enorme bugia.


“Leta Lestrange”.


Bastò sentire pronunciare il suo nome, perché il vuoto che soffocava nel suo petto iniziasse a ruggire fino a smozzarli il respiro. Erano anni che evitava tutto ciò che potesse ricordargliela, erano anni che non sentiva pronunciare il suo nome. Aveva scelto di mettere quanta più distanza possibile, eppure…

“Ti prego, non leggermi la mente” La supplicò muovendo il capo come se stesse tentando di cacciare un insetto fastidioso, tuttavia non poteva liberarsi di lei così facilmente e quello che gli faceva più paura era che non desiderava realmente farlo, perché quei ricordi, quel dolore lancinante erano l’unica cosa che gli era rimasta di Leta. Una parte di Newt preferiva aggrapparsi a questo, pur di non rinunciarvi, pur di cercare di cacciare quel vuoto che lo tormentava da quando l’aveva persa. 
 
 
 


“Cosa ti affascina tanto di loro?” Domandò guardandolo attentamente. Lo sguardo di Leta era così perforante che a Newt sembrava che riuscisse ad incenerirlo con la semplice forza del pensiero.


“Nulla, sono solo Animali” Rispose poco convinto sentendosi tremendamente in colpa. Non lo pensava, non lo pensava minimamente, tuttavia si vergognava troppo di se stesso per ammetterlo avanti a lei. Si scompigliò nervosamente i capelli già completamente disordinati. Le mani gli sudavano…

“E’ una bugia” Affermò lanciandoli uno di quei suoi sguardi taglienti. Lei non era il tipo che usava molte parole, tuttavia erano sempre abbastanza per comprenderla.

“Ehm… io. Hai ragione. E’ così tanto evidente?” Domandò imbarazzato.

“E’ il modo in cui tu le guardi”.

“Io penso…”Prese un respiro profondo prima di continuare cercando di infondersi coraggio. “Penso che, insomma” Farfugliò sempre più imbarazzato provando a trovare le parole adatte. “Io lo so che sono Creature, però solo perché sono diverse, solo perché non sono comprese, è sono-sono, ecco, loro diventano cattive soltanto per difendersi dal mondo. Io vorrei che un giorno si potesse dare loro più attenzione, vorrei che il mondo le curasse fermandosi a guardare la loro bellezza, nonostante la diversità…vorrei che si smettesse di disprezzarle, di aver paura di loro. Perché per me sono meravigliose così come sono”.

“Lo so è strano. Io sono strano” Confessò preparandosi a ricevere le solite occhiate impietosite, oppure i soliti insulti. “Però a volte, ecco, io penso che abbiano un cuore più grande di molti uomini”.

Quei pochi attimi per Newt furono un’eternità, per la prima volta dopo anni era riuscito a confessare quel segreto a qualcuno, quel segreto che lo faceva sentire sciocco, quel segreto, quella passione, che a volte era arrivato ad odiare, perché l’unica cosa che avrebbe voluto era poter avere degli amici.

Quel silenzio assordante, gli impediva di respirare normalmente.
 
Ecco adesso se ne va.
 

“Newt, in una società malata, secondo te chi è realmente il matto? Colui che indossa una maschera adattandosi ad essa, oppure chi evade. A volte il mondo Fantastico che ci creiamo qui” Affermò avvicinandosi e sfiorandoli la testa.

Il cuore del ragazzo inspiegabilmente esplose.

“E’ molto meno malato e strano di quello al di fuori”.

“Il mio nome” Sussurrò sorpreso “Sai-ia il mio nome-e?” Domandò arrossendo.
 
 


“Scusa ti ho detto di no”Affermò tremando.

“Lo so mi dispiace. Non so trattenermi”Aggiunse Queenie in fretta avvicinandosi lentamente con espressione dispiaciuta. “E’ solo che è più facile leggere chi soffre”.


“Io non soffro” Rispose immediatamente.


Un'altra bugia.

“E poi è stato tanto tempo fa” Continuò cercando di sembrare disinvolto, tuttavia il suo cuore lo tradiva smozzandoli il respiro.

“Era tua… “ Iniziò cercando il termine più adatto. “Tua amica intima, quando eri a scuola?”Domandò dolcemente avvicinandosi e sorridendoli per incoraggiarlo.

“Nessuno dei due si era ambientato a scuola. Così siamo diventati…”Spiegò, mentre la stanza diventava più appannata a causa degli occhi umidi. Per quanto si sforzasse non riusciva a terminare la frase.

“Siete diventati amici intimi” Sorrise Queenie. “Per anni”.

Non era semplicemente questo, il loro legame purtroppo era qualcosa di molto più profondo, ad un punto tale che dopo anni non era riuscito a sgretolarlo, nonostante il tempo, la distanza, gli errori commessi, nonostante gli avesse spezzato cuore in pezzi così piccoli che non era più riuscito a ricomporlo. E faceva male, faceva ancora tanto male.
 


Newt riusciva a guardare oltre l’oscurità, oltre la freddezza, oltre alle credenze insediate nella mente dalla sua famiglia, oltre la sua tendenza nel Praticare le Arti Oscure, oltre la crudeltà, perché Leta Lestrange, oh sì Leta era crudele, probabilmente una delle persone più crudeli che avesse mai conosciuto. Tuttavia nonostante il buio, nonostante tutto, lei era stata la sua Luce, l’aveva salvato o almeno era quello che aveva creduto fino a quel momento. Era come se la vedesse davvero per la prima volta.

“Sei stata tu” Affermò indietreggiando. La voce gli tremò.

“Non io” Sussurrò, mentre il suo sguardo diventava sempre più scuro. “Siamo stati noi. Sei colpevole quasi quanto me, Newt”.

Leta odiava essere accostata a qualcun altro e nonostante stessero sempre insieme continuava a parlare al singolare, “Oggi ho studiato in Biblioteca”, “Sono andata ad Hogsmeade”, “Ho cercato delle Creature nella Foresta Proibita”. L’idea di essere parte di un qualcosa la infastidiva. Eppure in quel momento, per la prima volta dopo anni le sentì pronunciare un Noi. “Noi abbiamo quasi ucciso qualcuno”.

“Lo sai che non è così Leta. Io-io non avrei mai voluto che…” Farfugliò incredulo. “Io non posso, non posso farlo”.

“Devi” Disse avvicinandosi lentamente e ad ogni passo nella sua direzione Newt sentiva il cuore esploderli sempre più. “Ho bisogno di te Newt”Concluse ormai a un soffio dal suo volto. Alzò la mano sfiorando leggermente il volto del ragazzo, al quale bastò quel semplice contatto per sentirsi bruciare. Era così vicino, ma non abbastanza per toccarlo, un po’ come il loro rapporto: Vicini, ma mai insieme. Leta aveva una barriera davanti a sé, un confine che non poteva essere varcato e tutte le volte che si era ritrovato a farlo lei spariva e come sempre Newt si ritrovava ad aspettare che tornasse. Passava intere giornate in Biblioteca sperando di vederla nuovamente sedersi al suo fianco, ma non accadeva. Proprio quando perdeva la speranza, lei tornava, comportandosi come se non fosse successo nulla, come se nessuno avesse mai sorpassato quel limite.
 
“Io non ti farei mai del male, lo sai” Affermò sincera.

Eppure inconsapevolmente glielo aveva inflitto tante di quelle volte.

“Fidati. Fidati di me” Rispose impassibile guardandolo dritto negli occhi senza vacillare. “Tutto questo è accaduto per un bene superiore”.


E Newt come sempre scelse di fidarsi, di sacrificarsi per lei.
 



“Lei sapeva solo prendere. Per te ci vuole una che sa dare”.


 



 


 
Spazio Autrice: 
 

Animali Fantastici e Dove trovarli: La maggior parte di noi fan di Hogwarts avrà visto il film, sul quale non mi dilungo, perché rischierei di scrivere scleri sul fatto che lo adoro, e sull’odio per dover aspettare due anni per vedere il seguito, occupando tutto lo spazio. Il personaggio di Newt Scamander mi ha particolarmente  affascinato, ma ancor di più a catturare la mia attenzione, è stata una piccola foto, un semplice nome, una breve conversazione tra Newt e Queenie. Leta Lestrange. Dal momento della sua comparsa la mia mente malata ha iniziato a lavorare a un'idea. Non sappiamo molto di lei, possiamo dedurre che tra i due ci sia stato qualcosa e sicuramente che Newt ne sia ancora innamorato. Non avendo volte informazioni a riguardo, la maggior parte della storia sarà di mia fantasia, tuttavia ho deciso di immergermi in questa sfida. Raccontando qualcosa su loro due, partendo sin dagli anni ad Hogwarts. 
Spero di avervi incuriosito con questa storia, se sarà così prometto di caricare il primo capitolo in questa settimana, perciò spizzarritevi con le recensioni, sono ben accette anche le critiche costrutive.



Ivy

 

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Capitolo 2
*** Speranza ***


 


Centinaia di voci echeggiavano nella scuola di magia e Stregoneria di Hogwarts rendendola viva.
C’era chi si lamentava del disastroso carico di compiti affibbiato dal Professor Ruf, chi invece escogitava delle strategie per la prossima partita di Quiddich, vi era chi spiava il ragazzo per cui aveva segretamente una cotta o chi ancora cercava conforto negli amici per delle delusioni ricevute. Hogwarts era questo: una casa, una famiglia. O almeno per quasi tutti era così.

Un giovane ragazzo appartenente alla Casata gialla e nera continuava a dondolarsi agitato strappando fili di erba, mentre il suono di tutte quelle voci rimbombava nella sua mente torturandolo. Prese un respiro profondo asciugandosi con un fazzoletto il sudore che grondava da quel ammasso di capelli disordinati. Poco distanti da lui attendevano il professore di Cura delle creature magiche un gruppetto di Tassorosso del suo stesso anno e benché ci fossero pochi passi a dividerli a Newt sembrava che davanti a lui si stagliasse un profondo Oceano. Nel momento in cui provava ad avvicinarsi avvertiva la fastidiosa sensazione di affogare in esso.


“Ahia” Affermò rivolto apparentemente alla sua giacca. “Dammi, damm-i-i tempo Pickett”.


“Hai sentito parla da solo” Ridacchiò una ragazza difronte a lui iniziando a sussurrare qualcosa all’orecchio dell’amica, la quale scoppiò in una fragorosa risata.

Nonostante si trovasse all’aperto era come se lo spazio si stesse rimpicciolendo facendoli mancare il fiato. Aveva la sensazione che tutti lo fissassero, che lo deridessero.

“Con un Bowtruckle” Farfugliò torturandosi le mani e guardando attentamente la punta delle sue scarpe.

“Come scusa?” Domandò interrogativa una delle due ragazze. Non sapeva distinguere quale fosse. In realtà non ricordava nemmeno il loro nome, benché fossero entrambe della sua stessa Casa.

“Beh, ehm... Non tutti lo conoscono con il suo nome antico. Forse-e, ehm, Asticello. Con un Asticello insomma” Rispose alzando per una frazione di secondo lo sguardo prima di puntarlo sul cielo sopra di lui. Esso riuscì a calmarlo, così come la presenza di Pickett nel suo taschino. Probabilmente se non fosse stato per lui sarebbe corso via trattenendo le lacrime come un grosso bambinone di Troll.


“Asticello?” Chiese sempre più perplessa.


“Oh sì giusto” Esclamò dandosi una pacca sopra la fronte. Non era per niente bravo ad interagire con le persone e per quanto si sforzasse le sue conversazioni apparivano per lo più insensate a causa della logorante agitazione. “Parlavo con un Asticello. Pickett. Non parlavo solo” Specificò arrossendo in seguito all’ultima frase, mentre l’esserino uscì rivelando parte del suo volto.


“Oh che carino” Squittirono in simbiosi saltellando.


“E’ una creatura custode degli alberi che si trova per lo più nell’Ovest dell’Inghilterra, nella Germania del Sud e in alcune foreste della Scandinavia. Non dovete temere. E’ pacifica e anche piuttosto timida” Iniziò a parlare a ruota per interrompere l’assordante silenzio e stranamente acquisì un insolita sicurezza che non gli apparteneva.

Fece uno, due, tre quasi quattro passi nella loro direzione.

“Beh, a meno che voi non gli diate fastidio o che minacciate il suo albero, in quel caso potrebbe cavarvi con gioia gli occhi” Affermò accennando un sorriso, mentre non riusciva minimamente ad immaginare che Pickett aggredisse qualcuno.


“Cosa?!” Urlano terrorizzate arretrando, mentre la loro espressione intenerita cedette il posto all’orrore.


“Oh, no no. Non dovete avere paura non vi farà nulla. E’ estremamente buono”.

Tuttavia, ormai le ragazze sembravano minacciate da chissà quale creatura crudele.

“Lo strambo vuole solo spaventarvi” Affermò saccente un ragazzo avvicinandosi con aria sfrontata.

“Questo essere” Continuò disgustato “E’ insignificante quasi quanto lui”.
 
 
John Smith.

John era il classico ragazzo che osannava una finta sicurezza scagliandosi su quelli apparentemente più deboli. Al loro secondo anno Newt ricordava ancora fin troppo dettagliatamente, il modo in cui l’aveva sollevato per aria togliendoli i pantaloni davanti a gran parte degli studenti di Hogwarts. Fu proprio in quel momento che smise di tentare di essere accettato, di cercare di avere un amico, perché iniziò a credere di non meritarselo. Almeno fino a quando non arrivò Lei.
Sicuramente Newt era la sua vittima preferita essendo totalmente incapace di difendersi. Gli scherzi erano proseguiti nel corso del tempo, fino a quando non arrivò Lei.  
 
“No-n-n to-c-carlo” Balbettò indietreggiando, mentre il suono di tutte quelle risate continuava a rimbombarli nelle orecchie, in modo così pungente che si stupì del fatto che non iniziassero a sanguinare. “Per favore”.

“Tu” Indicò spingendolo “Stai ordinando qualcosa a me, Strambo?”.

“Pickett non è abituato ad interagire con altre persone”.

“Ha anche un nome? Tu sei tutto matto. Dammi quel coso” Ordinò incitato dagli amici, mentre lo prendeva per il coletto della camicia. “Pickett” Esclamò deridendolo. “Vieni su, non costringermi a prenderti con la forza” Terminò estraendo la bacchetta.

“No”.  


Expelliarmus”.


Le risate cessarono all’istante. Era come se Lei fosse riuscita a congelarle con una semplice occhiata.
Il silenzio era diventato così assordante, da far rimbombare ogni rametto che scricchiolava sotto le sue scarpe, mentre si avvicinava ai due. Lo sguardo perso, in chissà quale mondo, quasi assente come se fosse annoiata da tutto quello che la circondava. La postura estremamente rigida, tipica di ogni Purosangue. L’espressione fredda. Sembrava completamente assorta fino a quando l’ombra di un ghigno fece capolino sul suo volto. Era inquietante che una creatura così bella, la quale dovrebbe essere stata altrettanto pura e piena di luce, riuscisse a emanare una tale oscurità in completa opposizione con il suo aspetto.

John deglutì.

“Leta” Sussurrò completamente sprovvisto della spavalderia avuta fino a pochi attimi prima. “C-ciao”.


“Buongiorno John” Lo salutò.


Era agghiacciante come una semplice frase cordiale riuscisse a provocare un brivido in tutti i presenti. Forse, perché aveva ben poco di cordiale…

Nonostante Newt avesse tutto il corpo paralizzato, nonostante provasse timore, nonostante avesse il cuore in gola, non riusciva staccarle gli occhi di dosso. Era come incantato da… tutto.

Lo sguardo del ragazzo saettò con preoccupazione sulla bacchetta con la quale la giovane continuava a giocare indisturbata. John indietreggiò istintivamente cercando l’appoggio degli amici diventati dei fantasmi.

“Sai John io credo che i prepotenti” Sussurrò facendo volutamente una pausa più lunga del previsto. “Vadano ripagati con la stessa moneta”.


Improvvisamente smise di giocarci e la strinse saldamente.

John aveva già chiuso gli occhi impaurito quando si udì una voce alle loro spalle.


“Allora ragazzi, si può sapere cosa state combinando? Avanti, muovetevi. La lezione è iniziata”.
 
 
 
 



**
 
 

La parte migliore della settimana era sicuramente quella in cui seguiva Cura delle Creature Magiche, escludendo il tempo trascorso con Lei. Newt stava aspettando ormai da settimane quel giorno, in cui avrebbero trattato uno degli argomenti che preferiva in assoluto: Gli ippogrifi. Nonostante, grazie alla sua infanzia avesse un’ottima preparazione, era estremamente teso, perché quella lezione era molto più di una semplice lezione. Era un doloroso ricordo. Sperava che tornando a trattare di esso sarebbe diventato più vivido. Sperava che la sua mente ricordasse più dettagliatamente, perché era un’agonia tutta quella nebbia. Avrebbe accettato il dolore, pur di cancellarla. Paradossalmente quel giorno era anche il suo compleanno, il giorno in cui…


“Seguimi”.

Per quanto l’avesse sempre assecondata, mettendosi molto spesso anche nei guai, quella volta fu più difficile del previsto.

“La professoressa mi ha già-à-à visto, Leta”

“Non posso” Rispose. Una risposta che sembrava più che altro una supplica, tuttavia bastò un semplice sguardo per impartire la sua richiesta.

A volte Newt si sentiva come se fosse sotto l’effetto della Maledizione Imperius. Era più facile credere così, piuttosto che ammettere di… Fu con groppo alla gola che si allontanò di nascosto dalla classe appena prima di udire ‘Ragazzi oggi parleremo degli Ippogrifi’. Se solo si fosse opposto, spiegandole la ragione, magari Lei avrebbe capito. E se si fosse trattato di qualcosa di importante? Se avesse bisogno di lui? Se avesse davvero bisogno di lui? Magari aveva avuto una delle sue crisi

Bastarono quelle semplici domande per far sì che la seguisse, nonostante le proteste di Pickett, il quale aveva iniziato a dimenarsi, lamentandosi e tirandoli la camicia, mentre cercava di riportarlo davanti alla classe. Faceva tutto quello perché sapeva quanto ci teneva.

Pickett non sopportava Leta. Dal primo momento in cui si erano avvicinati l’Asticello non si fidava di Lei. Non aveva mai dimostrato un'avversione per gli esseri umani, era troppo buono per farlo, tuttavia con Leta era diverso. La odiava.

“Ho una sorpresa per te” Affermò guardando Pickett. Non ci fu bisogno di alcuna parola per comprendere che cosa gli stesse chiedendo. Stava attirando l’attenzione e non potevano essere scoperti. Sì sentì estremamente in colpa quando lo lasciò su un albero, soprattutto a causa dell’espressione del suo amico, il quale al contrario delle altre volte non oppose resistenza. Era come se fosse… deluso.

“Picket tra poco torno a riprenderti. Promesso” Lo salutò con una carezza senza ottenere risposta e si sentì improvvisamente così vuoto.

“Le tue sorprese non prospettano mai nulla di buono” Scherzò arrossendo prima di cercare in lontananza Pickett con lo sguardo, mentre rischiava di inciampare a causa di un ramo. Il fatto che l’avesse condotto nella Foresta Proibita, in pieno giorno, con il rischio di essere scoperti e espulsi la diceva lunga.

Era insolito che due persone così diverse fossero… amiche? Persino il loro modo di camminare era in completa opposizione. Leta era posata, estremamente rigida e elegante. Era impossibile non rimanere affascinati e allo stesso tempo inquietati dalla sua figura. Lei non passava inosservata. Mai.

Invece Newt, lui era invisibile e l’unico modo in cui veniva notato era quando si metteva in ridicolo. Tremendamente goffo e impacciato, con la schiena ingobbita e lo sguardo basso, coperto dal ciuffo di capelli.

Entrambi non erano riusciti ad adattarsi a Hogwarts. La differenza stava nel fatto che Leta l’aveva scelto, essendo infastidita e nauseata dalle persone, mentre Newt era stato emarginato. A volte si chiedeva come fosse possibile che Lei avesse scelto proprio lui.

“Non hai tutti i torti” Ghignò comprendo con il mantello un qualcosa alle sue spalle. “Ma questo ti piacerà, vedrai”. Quel ghigno non prometteva niente di buono… E Newt la conosceva bene. Aveva in mente qualcosa.

“E’ un regalo di compleanno” Aggiunse e per un breve attimo al Tassorosso sembrò che la sua espressione diventò più calda. Leta era sempre contraddistinta da un muro di freddezza che era impossibile abbattere, tuttavia vi erano quelle rare volte, quelle volte a cui Newt si aggrappava la notte nei momenti più bui, in cui riusciva a sentirla.

Lei sapeva quanto i compleanni lo facessero soffrire. Difatti, non lo festeggiava da anni ormai, dal giorno in cui morì sua madre… dalla notte in cui quel mostro, quella malattia gliela portò via facendola deperire sotto lo sguardo di un bambino di otto anni.

“Oh, ehm...” Farfugliò mettendosi le mani tra capelli in modo agitato. “Non dovevi”.


“Dovevo”.


“Gr-a-zie” Rispose abbassando lo sguardo e diventando sempre più rosso. “Io, davvero grazie”.


Aveva dimenticato la curiosità e l’euforia provate nel riceverlo. Si alzò sulle punte cercando si scorgere la figura di fronte a lui che continuava a far svolazzare il mantello della ragazza.
Non gli fece gli auguri, non l’abbracciò, tuttavia con quel regalo simboleggiò tutto quello e anche di più. Newt sentì il respiro smozzarsi dalla meraviglia, il cuore battere frenetico, sentì l’emozione manifestarsi con un grande sorriso. Era incredibile… Le gambe gli tremavano e non riuscì ad avvicinarsi di più al regalo temendo che si trattasse di un sogno, temendo che sarebbe svanito tutto.


“Come hai fatto? E’ rarissimo. Si trovav-a-a solo-o-o…”.


“In Africa” Continuò lei per lui accarezzando l’enorme cucciolone e Newt desiderò essere quella creatura, pur di ricevere una sua carezza. Scacciò velocemente quel assurdo pensiero torturandosi le mani.

Arrivava già al suo petto, pur essendo neonato.


“Un Nundu” Esclamò estasiato, mentre la sua mente iniziava a studiare tutti i particolari fantastici di quella creatura, la quale apparentemente ricordava un grosso leopardo, decisamente più pericoloso… Nella gola vi era una leggera protuberanza in cui si stava formando un veleno tossico. A giudicare dalla forma di esso a breve avrebbe potuto iniziare a utilizzarlo. Un Nundu adulto era in grado di distruggere un intero villaggio con una semplice soffiata di vento. Avrebbe dovuto avere circa poche settimane di vita e lo si capiva dal manto con poche chiazze marroni.


“E’ tuo”.


“Come?”.


 “Ma è illegale?!” Realizzò solo in quel momento.


“Teoricamente sì”.


“Non possiamo tenerlo è considerata la creatura vivente più pericolosa” Continuò proprio nell’instante in cui l’essere sbadigliò accucciandosi ai suoi piedi. “Potrebbero espellerci o-o-o, ehm se facesse del male a qualcuno… Finiremo ad Azkaban… Ehm eh… Non possiamo rischiare. Ehm...Solo centinaia di maghi riescono a soggiogarlo” Affermò più che altro a se stesso, ma ormai gli occhi erano lucidi per la commozione. Sapeva che cosa significava quel regalo e nonostante fosse spaventato era il regalo migliore che potesse ricevere. Ecco, quello era uno di quei rari momenti in cui la sentiva. Perché aveva fatto tutto questo per lui? Forse contava qualcosa per lei… Forse provava…


“Puoi addestrarlo Newt. Hai la possibilità di realizzare il tuo sogno dimostrando che è possibile allevare creature del genere. Puoi fare in modo che loro non siano guardate più con orrore”.

Lei gli aveva regalato la speranza. In Leta c’era molta più bontà di quanto lei stessa credesse e Newt, Newt riusciva a vederla.
 
 


***
 


John Smith era stato agitato per tutto il corso della giornata e persino un semplice rumore alle sue spalle riusciva a farlo sobbalzare. Sudava freddo. Causalmente aveva fatto modo di restare il più vicino possibile a degli insegnanti. Nelle lezioni aveva occupato stranamente i primi banchi, in Biblioteca si era seduto al tavolo accanto alla postazione della Bibliotecaria Cole e aveva passato gran parte del tempo in Sala Comune, al sicuro. Soprattutto aveva fatto in modo di non rimanere solo, nonostante fosse insolitamente troppo silenzioso. Aveva calcolato tutto. Eppure, non riusciva a far scivolare via quel Brivido.

Deglutì al solo ricordo del suo sguardo che lo scrutava.

Prendendo un respiro profondo, non prima di dare una rapida occhiata alla tavola verde e argento, dove Lei mangiava tranquillamente circondata da sedie vuote, si alzò velocemente.


“Ragazzi che ne dite di tornare in Sala Comune” Affermò abbassando il tono della voce come se fosse possibile che lo sentisse in mezzo a tutto quel caos. Lei avrebbe potuto, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa terrificante quella ragazza.


“Ma dobbiamo mangiare ancora i dolci” Rispose stranito un ragazzo paffutello, il quale continuava a guardare il tavolo speranzoso aspettando la loro comparsa. Il suo desiderio fu avverato proprio in quel momento.


“Ecco prendine qualcuno e andiamo” Continuò sperando di non essere notato. Doveva arrivare il più veloce possibile alla Sala Comune. Lì sarebbe stato al sicuro.


“Maa” Brontolò, ma John lì aveva già avvolti in un fazzolettino.


Il ragazzo osservò per l’ultima volta il tavolo dei Serpeverde, tuttavia lei era sparita. Dove diamine si era cacciata all’improvviso? Nonostante gli mancasse l’aria per il terrore corse per tutto il tragitto trascinando i suoi amici. Fu proprio quando entrò nella Sala Comune che il suo respiro di sollievo si smorzò.



“Buonasera John” Lo salutò.

Bastò una semplice occhiata per far salire nei loro Dormitori gli altri. A quell’ora i Caposcuola, i Prefetti e soprattutto gli insegnati erano tutti in Sala Grande…


“Allora dove eravamo rimasti?”.
 


 
Spazio Autrice:

Eccomi con il primo capitolo.

In questa storia ho deciso di rompere gli stereotipi in cui vediamo tutti i Grifondoro essere leali e coraggiosi, tutti i Corvonero dei secchioni incapaci di divertirsi, tutti i Serpeverde come dei mostri e soprattutto i Tassorosso buoni e generosi con tutti. Difatti, in questo primo capitolo vediamo che a prendere di mira il nostro Newt è proprio un Tassorosso, perché sono convinta che ogni Casa abbia i suoi pregi e i suoi difetti, sono convinta che in ogni Casa ci sia la “sua mela marcia”, la sua “pecora nera”, come preferite chiamarla.

Comunque, per chi non ne fosse a conoscenza informandomi ho scoperto che la madre di Newt era un’allevatrice di Ippogrifi. La storia della sua malattia e della sua morte è stata inventata dalla mente della sottoscritta e tutto questo verrà approfondito più avanti e ha avuto un forte impatto nei rapporti sociali del nostro protagonista. Eh bene sì, sono una di quelle ragazze “mai una gioia nel cuore”.

Per adesso, abbiamo visto soltanto il punto di vista di Newt (che io personalmente adoro. Imbranato, proprio così com’è), ma vi faccio un piccolo spoiler perché già dal prossimo capitolo entreremo nella complessa mente di Leta.

Le domande che vi pongo questa volta sono:

“Cosa ne pensate della comparsa di Leta?”
"Quanto la state odiando? Ahaha" Vi chiedo di non fermarvi alle apparenze, perchè c'è molto di più di quello che credete, tuttavia vi verrà mostrato nel tempo, perchè ho deciso di farvi scoprire questo personaggio lentamente, a piccoli passi. Proprio come ha fatto Newt...

“Cosa ne pensate del rapporto tra loro due?”

“Di John rimarrà qualche pezzettino? O la nostra Leta si darà alla pazza gioia? Ahahah”.

Coloro che mi regaleranno una recensione, avranno una piccola anticipazione del prossimo capitolo.
 
Vi saluto :)
 
Fatto il misfatto
 
Ivy

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