Il Gioco del Tempo

di Crystal25396
(/viewuser.php?uid=699452)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'uomo in Tweed ***
Capitolo 2: *** Il Dottore ***
Capitolo 3: *** Nuovi Insegnanti ***
Capitolo 4: *** Primo Giorno ***
Capitolo 5: *** Ricordi ***
Capitolo 6: *** Il Molliccio ***
Capitolo 7: *** Halloween ***
Capitolo 8: *** La Perquisizione ***
Capitolo 9: *** La Paura di Hermione ***
Capitolo 10: *** Il Lupo e l'Alieno - prima parte ***
Capitolo 11: *** Il Lupo e l'Alieno - seconda parte ***



Capitolo 1
*** L'uomo in Tweed ***




Capitolo 1
L’uomo in Tweed
 
 

«Oh andiamo, cosa c'è che non va, ora?» chiese picchiettando con il dito sullo schermo mobile, mentre tutto attorno a lui vibrava incessantemente.
«Non capisco... Perché non capisco?!»
Si spostò di qualche passo portando con se lo schermo, premendo poi qualche pulsante sulla console.
«Di solito mi piace non sapere, è intrigante e non capita quasi mai, ma ora sta diventando fastidioso e-»
Un violento scossone lo fece indietreggiare e cadere seduto sull'unica sedia presente.
«E va bene. Non volevo arrivare a tanto, ma l'hai voluto tu.» sentenziò tornando improvvisamente in piedi e girando attorno all'enorme console circolare. Azionò alcune leve, girò un paio di rubinetti che una persona qualunque avrebbe giurato appartenessero al lavandino di un bagno - poiché d'acciaio e contrassegnati dal bollino dell'acqua calda e dell'acqua fredda- e mise infine mano ad una leva molto più grande delle altre.
Dovette metterci parecchia forza e utilizzare entrambe le mani prima di farla scattare. Quando finalmente ci riuscì, la colonna al centro della console si arrestò, la stanza smise di essere colta da improvvisi scossoni e il rumore assordante che prima riempiva l'aria cessò di colpo.
«Finalmente!» esclamò l'uomo sistemandosi con ampi movimenti le bretelle che fino a quel momento teneva abbassate.
«Allora, vediamo un po' cos'è che ti ha disturbata così tanto...» disse prendendo la giacca di tweed che aveva poggiato sul corrimano che circondava la postazione di quell'enorme sala comandi.
La infilò velocemente, con un saltello superò i due scalini che lo separavano da quella che aveva tutta l'aria di essere l'uscita e l'aprì.
Quando si affacciò, l'uomo si ritrovò ad osservare un enorme lago dalle acque scure.
«Cos'è, un parco?» si chiese uscendo del tutto, guardandosi poi attorno. Accanto al lago c'era un'enorme foresta, mentre dall'altro lato un sentiero conduceva ad una capanna non molto distante. Il resto del paesaggio gli era nascosto dalla collina ai cui piedi sorgeva la modesta abitazione.
«Qui non c'è niente, perché tutta questa confusione per-»
Non fece in tempo a terminare la frase, che una folata di vento, accompagnata da un rumore stridente che avrebbe riconosciuto fra mille, lo fecero voltare di scatto.
Quando si rese conto di ciò che stava succedendo era già troppo tardi: la macchina da cui era appena uscito era sparita, lasciando al suo posto un grande vuoto.
«No. No. NO!» gridò correndo nel punto ove prima aveva parcheggiato.
Si agitò sul posto guardandosi attorno, prendendo con foga un oggetto di metallo dal taschino interno della giacca, azionandolo, facendo illuminare la punta verde. Quando si accorse che non c'era più niente da fare, piegò le ginocchia e si strinse nelle spalle, guardandosi attorno spaesato.
«O-O-Ok... Ok…» balbettò con voce tremante.
«E adesso?»










***
Angolo dell’autore
 
Questo primo capitolo è molto breve, lo so, ma mi serviva solo come introduzione alla storia.
Confermo ciò che ho detto all’inizio del capitolo, e cioè che la storia può essere letta anche da chi non ha mai visto Doctor Who. Se le cose all’inizio vi sembreranno un po’ confuse, tranquilli: tutto verrò chiarito a suo tempo e spero con questa storia di incuriosirvi e spingervi ad iniziare questa fantastica serie.
Per quelli che invece conoscono Doctor Who ho una richiesta: vi prego, se trovate che il Dottore sia OOC ditemelo. Se c’è una cosa a cui tengo particolarmente è la coerenza con i personaggi e le storie originali, quindi se qualcosa non vi torna ditemelo senza neanche pensarci.
Stessa cosa ovviamente vale per Harry Potter, ma come molti di voi sapranno, rimanere IC con il Dottore è molto, ma mooolto più complicato.
 
Passiamo ai dati tecnici e generali della storia: pubblicherò un capitolo a settimana, possibilmente il martedì, e per il momento prevedo un totale di circa 16 capitoli, 6 dei quali già scritti e solo da revisionare. Insomma, per una mesata state tranquilli che il capitolo ci sarà (salvo ovviamente problemi personali, ma cercherò con tutta me stessa di non farli capitare).
Inoltre, ho già in mente cosa accadrà nei prossimi capitoli e l’avere un libro (Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban) come punto di riferimento, mi aiuta ad andare più veloce nella stesura.
 
Ora un piccolo sfogo personale che se volete potete anche evitare di leggere:
ci ho pensato su a lungo e so che non avrei dovuto farlo, considerato che ho ancora due long ferme dall’era dei tempi… Ma non riesco ad andare avanti e questa mi è venuta in mente di botto alcuni giorni fa: sentivo il bisogno di scriverla e pubblicarla, almeno il primo capitolo.
Fine sproloquio.
 
Ringrazio chiunque abbia scelto di inoltrarsi in questa storia e chiunque decida di seguirla.
E ripeto: se trovate qualche personaggio OOC ditemelo, è importante per me. Se poi volete dirmi anche cosa ne pensate della storia, che vi piaccia o che vi faccia schifo, io non posso che esserne felice :3
Ora chiudo, che queste note sono più lunghe del capitolo.
Alla settimana prossima!
 
-Crystal-

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il Dottore ***




Capitolo 2
Il Dottore
 
 

 
Hagrid era seduto nella sua capanna mentre sorseggiava una fumante tazza di tea che si era appena preparato, canticchiando un allegro motivetto.
Quello sarebbe stato un anno magnifico, non vedeva l'ora che Harry e gli altri arrivassero e che Silente desse l'annuncio. Voleva gustarsi l'espressione stupita di tutti. Era agitato e imbarazzato al pensiero di questo suo nuovo incarico, la realizzazione di un sogno, e non voleva assolutamente deludere il professor Silente: il preside aveva dimostrato di avere grande fiducia nelle sue capacità e non aveva intenzione di farlo pentire di avergli offerto questo importante ruolo. Glielo doveva.
Il suo canticchiare allegro venne interrotto quando Thor iniziò improvvisamente ad abbaiare alla finestra, in direzione del lago, e le sue orecchie colsero uno strano rumore. Un rumore sordo e metallico che non aveva mai sentito e che non sapeva minimamente a cosa attribuire. Il rumore, però, cessò quasi subito e con esso anche Thor si calmò. Per un attimo credette di esserselo immaginato, ma quando lo sentì di nuovo e poco dopo avvertì la voce di un uomo gridare, poggiò la sua tazza sul tavolo e uscì di casa.
Davanti la Foresta Proibita, sulle rive del Lago Nero, un uomo agitava un oggetto luminoso in aria. Era visibilmente agitato.
«Ehi!» gridò in direzione dell'uomo, avvicinandosi. «Tutto bene tu?» domandò quando ormai l'aveva raggiunto.
«Ehm... Sì! Anzi no. No, direi di no. Non va affatto bene, a dirla tutta.» disse l'uomo, che ancora si guardava attorno agitato.
Era molto giovane e decisamente alto. Beh, non certo quanto Hagrid. Diciamo che era alto per una persona normale. La prima cosa che notò fu il mento, decisamente grande, e subito dopo si soffermò sugli occhi, piccoli e incavati. Ma a dirla tutta, potevano anche essere di una misura normale. Il fatto è che sembrava essere privo di sopracciglia e questo gli donava uno sguardo ancora più misterioso. Sì, misterioso e buffo, perché al momento sembrava non riuscire proprio a calmarsi. Continuava a muoversi nervosamente senza un apparente motivo e dopo essersi passato una mano fra i capelli, passava nervosamente a sistemarsi il cravattino.
«Posso aiutarti?»
«No, non credo. O forse sì! No, direi di no.» disse squadrando Hagrid dalla testa ai piedi.«A proposito, dove e quando siamo? No! Non dirlo.» lo fermò prima che potesse rispondere.
Hagrid lo vide annusare l'aria e accovacciarsi, strappando alcuni ciuffi d'erba.
«Scozia, 1993. Martedì?»
Leccò i ciuffi d'erba che stringeva in mano, iniziando poi a sputacchiare disgustato.
«No, Mercoledì. Mercoledì primo settembre 1993. Perché mi ha portato qui?» disse poi lanciandosi alle spalle i filamenti verdi che poco prima aveva messo in bocca.
Hagrid lo fissava allibito senza fiatare. Non sapeva cosa pensare. Quel tizio aveva... Indovinato giorno, mese e anno assaggiando aria ed erba? Che poi, indovinato... Perché non avrebbe dovuto sapere nemmeno in che anno fossero?
Si riscosse solo quando lo vide avvicinarsi troppo al Lago Nero.
«Ehi, fermo! E' pericoloso.»
«Il lago?» domandò lui curioso.
«No, non il lago... Le sirene! E la piovra. Meglio non averci niente a che fare con quella, non sai mai cosa ci gira per la testa. E se te lo dico io…» spiegò con aria di chi la sa lunga.
«Mmmh» bofonchiò l’uomo tornando indietro.
«Allora, riflettiamo: niente TARDIS, solo cacciavite. 1993. Il Late Show? No, quello è partito il mese scorso e non certo in Gran Bretagna... Lady D! Nooo, ma che dico, accadrà fra quattro anni... Ma allora perché sono qui?»
Hagrid si sentiva completamente impotente. Vedeva l'uomo fare congetture a suo parere completamente senza senso e lui si sentiva ancora confuso dalla sua misteriosa apparizione. Parlava di cose strane, sembrava tutto tranne che un Babbano, ma ad essere sinceri dubitava anche del fatto che fosse un mago. Anche perché la domanda sarebbe rimasta sempre la stessa: come aveva fatto a comparire lì? Non ci si poteva Materializzare nei confini di Hogwarts.
A un certo punto lo vide sospirare rassegnato. Si voltò verso di lui e con aria tranquilla gli si rivolse con un «Oh, salve!», come se facesse veramente caso alla sua presenza solo in quel momento.
«Ehm… Salve»
«Scusa, ho avuto un problema. Un grosso problema, a dirla tutta. Temo che rimarrò bloccato qui per un po’. Posso sapere chi sei?»
«Hagrid…»rispose ancora un po’ scosso. Quell’uomo lo stava confondendo ogni minuto che passava.
«Hagrid! Piacere di conoscerti Hagrid! Cavolo, ma lo sai che sei proprio grosso?» disse parandosi davanti a lui, rendendo così evidente la notevole differenza di altezza.
«Ehi! Non è carino…» disse infastidito «E poi, se è per questo, tu sei molto più strano. Stai qui a dire cose senza senso e a girare a vuoto. Che poi, come hai fatto ad arrivare qui? Chi sei?»
«Beh, vedi, il TA… la mia macchina» si corresse scuotendo la testa «La mia macchina, sì… Beh, lei, mi ha portato qui per non so ancora quale motivo e poi se n’è andata. Così ora io sono bloccato qui. E non so neanche il perché!» piagnucolò.
«La tua macchina? Non sarai mica un Babbano?»
«Ma no… Certo che no!» rispose agitando la mano come per sminuire la cosa. Ridendo diede delle pacche amichevoli sull’enorme schiena di Hagrid. Poi lo guardò negli occhi e tornando serio chiese con estrema sincerità «Che cos’è un Babbano?»
«Basta, questo è troppo!» sbottò Hagrid infastidito «Meglio che ti porto dal professor Silente» decretò prendendolo  per un braccio e conducendolo su per la collina.
L’uomo, però, non fece resistenza e si limitò a seguire docilmente Hagrid, lasciandosi scappare qualche commento di ammirazione quando giunsero ed entrarono nel castello, non mostrando invece alcun segno di sorpresa quando, pronunciata la parola d’ordine, il gargoyle si spostò, lasciando loro libero accesso.
Quando Hagrid, dopo aver bussato, ottenne il permesso di entrare, i due trovarono il preside seduto alla sua scrivania, che li osservava dietro i suoi occhiali a mezzaluna.
«Oh, Hagrid! Qual buon vento ti porta? Qualche problema o questione che vorresti discutere sul tuo nuovo incarico?»
«No signore. Non ho problemi con quello, ma con questo qui» rispose Hagrid facendo cenno allo strano tizio col cravattino, che si stava guardando attorno incuriosito, con un’espressione innocente e bambinesca sul volto.
Quando si rese conto che l’attenzione era rivolta tutta verso di lui, l’uomo fece un profondo inchino verso il preside, salutandolo con un amichevole «Salve!»
«L’ho trovato vicino al Lago Nero. Credo che abbia qualche rotella fuori posto…»
«Ehi!» esclamò l’uomo con aria imbronciata.
«…e che sia un Babbano.» concluse Hagrid con un’alzata di sopracciglia.
«Un Babbano?» ripeté Silente sorpreso.
«A tal proposito, è già la seconda volta che vengo chiamato così, posso sapere cosa significa esattamente?» domandò l’uomo rivolto all’anziano preside.
«Lei è un mago?» chiese a questo punto Silente.
«Un mago? Oh cielo, no! Mi hanno chiamato in tanti modi, ma mago mai. La magia non esiste…» lasciò la frase in sospeso quando notò la strana occhiata che Hagrid e il professor Silente si erano scambiati. Fece vagare lo sguardo sulle pareti e solo in quel momento notò che i personaggi raffigurati nei dipinti lo stavano osservando, parlottando tra loro. Perfino un cappello posto sulla libreria accanto all’enorme scrivania si muoveva, come se cercasse di osservarlo meglio.
«No… Non è possibile! Insomma, la magia non esiste!» disse sempre più confuso e con un tono sempre meno convincente. Si grattò nervosamente la nuca e dopo essersi sistemato il cravattino chiese:
«Siete… Maghi?»
«Direi proprio di sì» confermò Silente.
«E i Babbani…»
«Persone senza poteri magici» chiarì Hagrid.
«Oh. Forte… No, ma che dico. Non è per niente forte, proprio per niente! Voi non dovreste esistere… come potete esistere…?»
«Affascinante. Molto affascinante. Un Babbano che è riuscito a giungere qui… La prego, si accomodi» disse Silente facendo cenno verso la sedia davanti a lui. «Questo nuovo anno si prospetta parecchio interessante. Ora proveremo a fare un po’ di chiarezza. Hagrid? Grazie per aver portato qui il signor…»
«Dottore»
«Il signor Dottore»
«Solo Dottore, grazie» lo pregò, ricevendo un cenno affermativo con il capo da parte del preside.
«Ora credo sia meglio che tu vada. Avrai molte cose da fare.»
«Dovere, professor Silente»
Hagrid lanciò un’ultima occhiata all’uomo col cravattino e subito dopo uscì dalla stanza, lasciando i due uomini soli.










***
Angolo dell’autore
 
Eccoci qui! Adesso sì che possiamo dire che la storia è realmente iniziata.
Spero vivamente che il Dottore vi risulti IC: come ho già detto, è una cosa a cui tengo particolarmente.
Il Dottore è arrivato ad Hogwarts e a quanto pare proprio il primo di Settembre! E sapete tutti cosa significa questo...
Se non seguite Doctor Who state tranquilli: tutto verrà spiegato a suo tempo ;)
Ringrazio tutte le persone che si sono avventurate in questa storia e in particolare Chiarag711 e _purcit_, che l’hanno aggiunta alle seguite.
Mi farebbe molto piacere sapere che cosa ne pensate. Se mai voleste lasciare una piccola recensione, un commento, farmi notare qualche errore o quello che volete, sappiate che farete di me un persona felice ^_^
Alla settimana prossima!
 
-Crystal-

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Nuovi Insegnanti ***



Capitolo 3
Nuovi insegnanti
 


 
«Simpatico il suo amico» disse il Dottore sedendosi davanti la scrivania del preside.
«Hagrid. E’ il guardiacaccia e da quest’anno nuovo professore di Cura delle Creature Magiche» spiegò sistemandosi gli occhiali a mezzaluna sul naso.
«Materia interessante. Suppongo che lei sia il preside qui»
«Albus Silente» si presentò annuendo «In carne ed ossa, è un piacere conoscerla Dottore. Ora mi dica… Come ha fatto ad arrivare ad Hogwarts se non è un mago?»
«Come mai tanta curiosità sul come ci sia arrivato?»
«Vede Dottore, Hogwarts è una scuola di magia e come tale, è protetta da numerosi incantesimi che impediscono l’accesso ai Babbani. Se lei è qui significa che non è un normale essere umano, ma all’interno dei confini della scuola è impossibile Materializzarsi, quindi mi chiedo come sia possibile.»
«Adesso inizio a capire. Vede, è una lunga storia. Ero sul TARDIS, avevo appena riaccompagnato Amy e Rory a casa e stavo pensando di andare a trovare il mio vecchio amico Craig, che non vedo dalla storia del piano di sopra che non era realmente un piano di sopra, perché non c’era un piano di sopra ma… Comunque» si ricompose notando lo smarrimento e il sorriso divertito che si era dipinto sulle labbra del preside «ero lì che progettavo il mio viaggio, quando il TARDIS ha improvvisamente fatto di testa propria e dopo avermi lasciato qui, è ripartita senza alcun motivo. E cosa l’abbia attirata, per poi spingerla ad andarsene, non ne ho idea. E confesso che questa cosa del non sapere mi sta dando sempre più sui nervi…»
«Mi perdoni… TARDIS?» domandò confuso Silente.
«E’ la mia macchina del tempo» rispose il Dottore gonfiando il petto con orgoglio.
«Ha una macchina del tempo? Affascinante!»
«Le farò fare un giro, appena scoprirò dove si è cacciata. Il problema è che non ho idea di cosa le sia preso e temo che ci vorrà parecchio tempo per rintracciarla e portarla qui.»
«Credo di aver capito grosso modo la situazione. Che ne dice di fare un giro per il castello prima che i ragazzi arrivino? Le troveremo un alloggio per il tempo che soggiornerà qui, visto che non ha modo di andar via. Non è mia abitudine lasciare in difficoltà chi ha bisogno di aiuto. Le spiegherò alcune cose su Hogwarts e sarei felice di conoscere anche la sua di storia, Dottore»
 
Silente accompagnò il Dottore per i corridoi mente chiacchieravano animatamente. Gli mostrò la Sala Grande e alcune aule, gli spiegò il funzionamento delle Case e a come alle scale piacesse cambiare, gli presentò alcuni fantasmi che incontrarono lungo la strada e lo condusse nella Sala dei Trofei. Scesero poi in giardino, videro le serre, il campo da Quidditch e la guferia, e quando l’aria si fece più pungente, tornarono dentro.
Di lì a un paio di ore sarebbero arrivati gli studenti.
Silente stava consigliando al Dottore di sfruttare le mille risorse della grande biblioteca che possedevano, ove erano appena passati davanti, quando una donna anziana con indosso un lungo abito verde raggiunse i due uomini a passo spedito.
 
«Albus, mi spiace disturbarti, ma ho alcune notizie non proprio buone.» esordì lei affiancandoli.
«Sospettavo fosse tutto troppo perfetto in questa giornata… Dottore, le presento la professoressa McGranitt, insegnante di Trasfigurazione. Minerva, il Dottore sarà nostro ospite per qualche tempo.»
«Molto lieta.» tagliò corto tornando a soffermarsi sul preside.
 «Albus, ho appena ricevuto un gufo dal professor Lupin. A quanto pare alcuni Dissennatori hanno fermato l’Espresso mentre era in viaggio per una perlustrazione. Gli studenti erano terrorizzati e Harry Potter è svenuto.»
«Avevo predisposto che i Dissennatori sarebbero stati alla larga dagli studenti, perché sono intervenuti!?» tuonò Silente, gli occhi colmi d’ira. Il Dottore suppose che fosse una cosa molto rara vedere il preside arrabbiato, perché gli sembrò che la professoressa McGranitt fosse spaventata dall’aura minacciosa che ora circondava l’uomo.
«Parlerò personalmente con chi di dovere perché una cosa del genere non accada più. C’è altro?»
«Sì, Albus. Si tratta di Aurora, sembra sia sparita.»
«Cosa significa sparita…»
«E’ partita ieri mattina dalla casa del fratello e si è Smaterializzata a Hogsmaede, è passata ai Tre Manici di Scopa, molti testimoni hanno confermato, ma non è mai arrivata al castello. Non riusciamo a rintracciarla in alcun modo. Se si sparge la voce rischiamo di scatenare il panico, tutti crederanno che sia colpa di Black, e non mi sembra il caso di allarmare il mondo magico.» spiegò la McGranitt.
«La troveremo, sono certo stia bene: Aurora è un’ottima strega. Troveremo una spiegazione alla sua scomparsa.» disse Silente tornando incredibilmente calmo. «Dovremo inventarci una scusa con gli studenti e trovare qualcuno perché prenda il suo posto, anche se dubito che qualcuno sarà disponibile ad occupare il suo ruolo in tempo per la prima lezione del nuovo anno…»
«Scusate se mi intrometto» disse il Dottore attirando l’attenzione dei due professori.
«Questa Aurora è un’insegnante?»
«Aurora Sinistra. Sì, è la nostra professoressa di Astrologia.» rispose Silente.
«Allora credo di potervi aiutare. Se l’Astrologia di cui parlate non ha a che fare con la magia, vi assicuro che nessuno è più esperto in fatto di stelle e pianeti del sottoscritto.» propose il Dottore con un sorriso. In fin dei conti, gli piacevano i bambini e già altre volte si era ritrovato ad assumere temporaneamente il ruolo di insegnante.
«Sta dicendo che sarebbe disposto a prendere il suo posto anche subito?» chiese conferma la McGranitt.
«Sì, esatto. E poi è il minimo che possa fare per sdebitarmi della vostra ospitalità.»
Silente lo osservò pensieroso, poi si voltò verso l’anziana strega.
«Cosa ne dici Minerva? Io trovo che sia una grande idea.» improvvisamente, il preside sembrava essere tornato del suo solito buon umore, come se l’ira manifestata poco prima non vi fosse mai stata.
La donna, visibilmente non troppo convinta, si limitò a sospirare:
«Se anche non fossi d’accordo, tu daresti il tuo consenso comunque»
«Molto bene! Minerva, ti prego di accompagnare il Dottore nelle sue stanze e di spiegargli quanto c’è da sapere sull’insegnamento qui a Hogwarts. E ti prego di rispondere alle sue domande. Il Dottore non è esattamente di queste parti.» disse lanciando uno sguardo alla collega che sembrava dire “Ti spiegherò tutto a suo tempo”. «Ora, se volete scusarmi, ho alcune questioni da discutere con il Ministro della Magia sui nostri ospiti fluttuanti. Ci rivedremo più tardi al banchetto».
Fece un cenno di saluto e si diresse a passo spedito verso le sue stanze.
«Il professor Silente non vede di buon occhio i Dissennatori e se non fosse necessario, non avrebbe mai dato loro il permesso di sorvegliare i confini. Come dargli torto, quelle creature sono orripilanti.» spiegò continuando a fissare il preside, fino a quando non sparì alla loro vista voltando l’angolo.
«Da questa parte» esordì poi, facendo strada al Dottore.
L’uomo scoprì che come tutti gli insegnanti, il suo ufficio si sarebbe trovato dietro l’aula ove avrebbe insegnato, nella Torre di Astronomia, una delle più alte del Castello, mentre le sue stanze private erano al livello inferiore. Essendo l’Astronomia una materia anche molto pratica, la maggior parte delle lezioni si sarebbero svolte di notte e a disposizione sua e degli studenti, il Dottore trovò varie mappe e telescopi.
La professoressa McGranitt lo lasciò solo dopo aver risposto a tutte le sue domande e si diresse a passo spedito verso l’ingresso principale: a quanto pare, il treno con gli studenti era appena arrivato e presto la Sala Grande sarebbe stata gremita. Prima di andare, però, si raccomandò con il Dottore di essere puntuale: aveva solo poco meno di mezz’ora prima di raggiungere tutti gli altri insegnanti per il banchetto di inizio anno.
Una volta solo, il Dottore diede un’occhiata alla sua stanza. Il letto a baldacchino dava l’impressione di essere estremamente comodo e una grande finestra forniva l’accesso ad un piccolo terrazzo, da cui si poteva godere di una vista a dir poco mozzafiato. Essendo situata molto in alto, il Dottore aveva la quasi completa visuale del parco che circondava Hogwarts. Davanti a lui si stagliava la Foresta Proibita, mentre sulla destra si intravedeva in lontananza il campo da Quidditch. A sinistra, invece, le oscure acque del Lago Nero erano illuminate da tante piccole lucine che si avvicinavano. Il Dottore prese il telescopio presente nella sua stanza, estrasse dalla tasca l’oggetto metallico a punta verde che aveva tirato fuori quando il TARDIS era sparito, lo puntò verso la lente e lo azionò. Poi rimise l’oggetto in tasca e puntò il telescopio verso il Lago, rendendosi conto che le lucine in avvicinamento non erano altro che lanterne attaccate su piccole imbarcazioni, che trasportavano in piccoli gruppi gli studenti che, a giudicare dalle espressioni estasiate, dovevano essere del primo anno. A capo del gruppo, su un’imbarcazione tutta sua, sedeva Hagrid, che sembrava essere tornato di ottimo umore. L’incombere del banchetto, con la sua presentazione come nuovo insegnante, lo rendeva raggiante ed euforico, aveva uno dei sorrisi più luminosi e felici che il Dottore avesse mai visto. E lui di sorrisi ne aveva visti molti!
 
Soddisfatto della sua nuova e temporanea sistemazione, il Dottore ripose il telescopio, allisciò con le mani la stoffa dei pantaloni e dopo essersi sistemato il cravattino uscì dalle sue stanze, scendendo le enormi scale a chiocciola e dirigendosi verso la Sala Grande, che lentamente si stava riempiendo di studenti, che prendevano posto su quattro lunghi tavoli. La stanza era illuminata da migliaia di candele sospese a mezz’aria e i tavoli erano apparecchiati con piatti e calici d’oro scintillanti.
Ma la cosa più sorprendente era il soffitto, che se non fosse per l’errata disposizione dei corpi celesti, il Dottore sarebbe stato pronto a giurare che fosse un vero cielo stellato. Quei maghi sapevano fare cose davvero pazzesche con la magia, se erano in grado di incantare in quel modo un soffitto.
Al tavolo degli insegnanti, il professor Silente stava conversando con un ometto basso e mingherlino, mentre Hagrid, che doveva essere appena arrivato, stava letteralmente stritolando in un forte abbraccio un uomo abbastanza giovane, ma dall’aria stanca e trasandata, quasi quanto i suoi abiti, consumati e rammendati in più punti.
Il Dottore li raggiunse allegramente.
«Hagrid!» disse attirando l’attenzione dell’omone.
«Ancora tu?» domandò con un’espressione esasperata. Non riusciva ad inquadrare quel bizzarro tizio con il cravattino. Era troppo strano e i suoi occhi gli trasmettevano una strana sensazione.
«Già. A quanto pare dovrò sostituire la vostra insegnante di Astronomia per qualche tempo. Non mi presenti il tuo amico?»
«Remus Lupin» disse l’uomo allungando la mano e stringendo cordialmente quella del Dottore «Sono il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure».
«Io sono il Dottore» si presentò con un sorriso sornione sulle labbra. Lupin lo osservò incuriosito da quella strana affermazione, ma notando la riluttanza di Hagrid, decise di reprimere la domanda che nella sua testa continuava a ripetere “Dottore chi?” e spostò la sua attenzione sul Preside, che li stava raggiungendo con un sorriso.
«Professor Silente, la ringrazio ancora per avermi dato questa grande opportunità» lo salutò Lupin con occhi colmi di gratitudine.
«Di nulla, mio caro Remus. Ti avrei contattato già l’anno scorso, ma forze maggiori mi hanno imposto di dare la precedenza al signor Allock. Sono felice che tu abbia preso il suo posto. Piuttosto, vedo che avete già fatto la conoscenza del nostro supplente alla cattedra di Astronomia. Ha trovato di suo gusto la sua stanza, Dottore?»
«Molto, grazie. E a proposito del mio incarico… Vorrei chiederle un piccolo favore a riguardo» disse prendendo da parte il preside. Gli bisbigliò qualcosa nell’orecchio e Silente si ritrovò improvvisamente a ridacchiare.
 
Quando studenti e professori si furono accomodati, l’ometto basso e mingherlino, il professor Vitious –che il Dottore scoprì essere l’insegnante di Incantesimi - spalancò il portone d’ingresso e fece entrare gli studenti del primo anno, che timorosi e allo stesso tempo eccitati, si disposero davanti al tavolo dei professori. Il piccolo insegnante, con un colpo di bacchetta, fece atterrare in mezzo alla stanza uno sgabello che se avesse portato a mano sarebbe risultato alto quanto lui, e sopra di esso vi depositò un cappello. Lo stesso cappello a punta che il Dottore aveva visto nell’ufficio di Silente.
Nella sala piombò un improvviso silenzio e tutti concentrarono la loro attenzione verso il cappello, che improvvisamente prese vita, e si esibì in un’adorabile filastrocca cantata che dava il benvenuto agli studenti e che illustrava le varie caratteristiche delle quattro Case.
Non appena concluse la sua filastrocca, la sala esplose in un fragoroso applauso e il cappello fece un piccolo inchino prima di tornare immobile.
Il professor Vitious si avvicinò allora allo sgabello, srotolò una pergamena talmente lunga che toccava terra, e disse:
«Quando chiamerò il vostro nome, vi metterete seduti sullo sgabello e indosserete il cappello per essere smistati. Allery Alicia!»
Una bambina visibilmente spaventata, dalla pelle scura e i capelli legati in un codino, si fece avanti. Si sedette e indossò il cappello. Ci fu un attimo di silenzio in cui il Dottore trattenne il respiro eccitato, e poi…
«TASSOROSSO!» gridò il Cappello. Al tavolo dei Tassorosso si alzò un fragoroso applauso e la bambina, dopo essersi tolta il cappello, si diresse dai suoi nuovi compagni.
La cosa si ripeté per ogni bambino del primo anno: alcuni vennero smistati più rapidamente, altri dovettero attendere alcuni minuti, prima di venire assegnati alla loro nuova Casa.
Quando tutti gli studenti furono stati smistati, il professor Vitious portò via cappello e sgabello e proprio in quel momento, dall’ingresso principale entrarono la professoressa McGranitt e due studenti, che cercando di non dare nell’occhio, si stavano dirigendo verso il tavolo dei Grifondoro.
«Come mai la professoressa McGranitt era con quei due ragazzi?» domandò al professor Lupin, seduto alla sua sinistra.
«Un piccolo incidente lungo la strada. Il ragazzo, Harry Potter, è svenuto sull’Espresso durante una perlustrazione dei Dissennatori. Gli ho dato un po’ di cioccolata per farlo riprendere, ma Madama Chips ha voluto dargli comunque un’occhiata.» spiegò.
«E la ragazza?»
«Ho sentito dire dalla professoressa McGranitt che doveva discutere con lei sul suo orario delle lezioni»
«Capisco…» annuì il Dottore tornando in silenzio per non disturbare il Professor Silente, che alzandosi in piedi stava dando il benvenuto agli studenti.
«Come ormai tutti saprete dopo la perquisizione sull’Espresso di Hogwarts» stava dicendo «la nostra scuola attualmente ospita dei Dissennatori di Azkaban, che sono qui in missione per conto del Ministero della Magia. Sono di guardia a tutti gli ingressi e finché rimarranno con noi, voglio che sia chiaro che nessuno deve allontanarsi da scuola senza permesso. I Dissennatori  non devono essere presi in giro con trucchi o travestimenti, né tantomeno coi Mantelli dell’Invisibilità» aggiunse con tono neutro.
«Per passare ad un argomento più allegro» riprese cambiando tono di voce, risultando ora molto meno austero «sono lieto di dare il benvenuto a ben tre nuovi insegnanti. Innanzitutto al professor Lupin, che ha gentilmente accettato la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure»
Nella sala risuonò un applauso sparso e poco entusiasta, ma il Dottore notò che alcuni ragazzi Grifondoro, fra cui i due da poco arrivati con la McGranitt, battevano le mani più forte degli altri. Il professor Lupin si alzò in piedi e fece un piccolo inchino imbarazzato.
«Quanto alla nostra seconda nuova nomina» riprese Silente, mentre il tiepido applauso per il professor Lupin si spegneva «sono spiacente di dovervi dire che il professor Kettleburn, il nostro insegnante di Cura delle Creature Magiche, è andato in pensione alla fine dell’anno scorso per godersi gli anni, nonché membra, che gli restano. Comunque, sono lieto di annunciarvi che il suo posto verrà preso nientemeno che da Rubeus Hagrid, che ha accettato di assumere il ruolo di insegnante in aggiunta al suo compito di guardiacaccia».
Un fragoroso applauso seguì l’annuncio del preside e il tavolo dei Grifondoro sembrò esplodere dalla gioia, mentre Hagrid, rosso paonazzo, si fissava le manone con un gran sorriso nascosto dalla folta barba nera.
«Infine» continuò Silente riportando il silenzio nella sala «la nostra insegnante di Astronomia, la professoressa Sinistra, è al momento ricoverata al San Mungo per un incidente non grave, ma che le impedirà di insegnare per un periodo di tempo. Pertanto, il suo posto verrà temporaneamente occupato dal Dottore, che si è raccomandato con me perché vi esorti a chiamarlo solo professore o Dottore e mai entrambe le cose assieme»
Con un’espressione soddisfatta, il Dottore accolse il lieve applauso esibendosi in un profondo ed appariscente inchino, che sollevò qualche risata qua e la fra gli studenti.
«Bene, credo di avervi detto tutte le cose importanti» concluse Silente.
«Che il banchetto cominci!»
Fu un banchetto a dir poco superbo. C’erano cibi per tutti i gusti e appena un vassoio si svuotava, ecco che per magia era nuovamente pieno.
«Geronimo…» disse fra se il Dottore prima di tuffarsi nel piatto che si era appena riempito.
Quel momento non era solo una gioia per il palato, ma anche per gli occhi e per le orecchie. La sala risuonava di chiacchiere e risate, tintinnii di coltelli e forchette. Il Dottore vedeva i sorrisi sui visi dei ragazzi e come quelli del primo anno si stessero già ambientando, chiacchierando con gli studenti più grandi o guardando con ammirazione i fantasmi che, pur non potendo unirsi alla cena, fluttuavano accanto a loro chiacchierando allegramente.
«Mi era mancata Hogwarts» sospirò Lupin con un sorriso, prendendo poi un sorso di vino dal suo calice.
«Ha studiato qui anche lei, professore?» chiese il Dottore pensando che quella fosse l’occasione ideale per fare un po’ di conversazione. Anche perché non sapeva quanto ancora sarebbe resistito a stare in silenzio. Era un tipo attivo, lui…
«Anni fa, sì. Come quasi tutti i maghi e le streghe del Regno Unito, comunque. E la prego, mi chiami Remus.»
«Toglimi una curiosità, Remus. Chi è quel professore seduto accanto ad Hagrid? Quello con quei capelli… unti» disse il Dottore riflettendo fino all’ultimo su quale aggettivo fosse meglio usare. Ma alla fine sì, unti era decisamente la parola giusta.
«Il professor Severus Piton» rispose reprimendo a fatica l’espressione divertita. «E’ l’insegnante di Pozioni.»
«Sai Remus, credo che tu non gli stia molto simpatico. Quando Silente ti ha presentato agli studenti, non ha fatto altro che lanciarti occhiate per niente amichevoli. Lo prendevi in giro quando frequentavate Hogwarts, per caso?»
Ci mancò poco che a Lupin andasse di traverso un boccone di polpettone.
Un’espressione sorniona si dipinse sul volto del Dottore, che soddisfatto da quella reazione, che confermava solo la sua ipotesi, riprese a concentrarsi sulla sua cena.
«Ti chiedo di non entrare in questo discorso con Severus. Temo che non gradirebbe affatto ricordare… certe cose» lo pregò Lupin a bassa voce.
«Sarò muto come un pesce! Sono bravo con i segreti…»
Per un attimo la conversazione sembrò terminare lì, ma presto ripresero a conversare. Con la scusa, neanche tanto falsa, che lui non era pratico con tutto ciò che lo circondava, il Dottore imparò sempre più cose sulla scuola. Entrambi ripulirono i loro piatti e quando il Dottore credette che il banchetto stesse per terminare, ecco che gli avanzi di cibo scomparvero dai vassoi e un attimo dopo vennero sostituiti dai dolci. Montagne di gelato, torte di mele, crostate, bignè alla crema e al cioccolato, ciambelle, mele caramellate, dolcetti di riso e di marzapane…
«Geronimo di nuovo…»










***
Angolo dell’autore
 
Ta-daaaan! Il Dottore si è unito al corpo insegnanti! (e ne combinerà di tutti i colori, promesso xD) Ho pensato che l’Astronomia fosse la materia perfetta per una persona come il Dottore, che tra l’altro non è neanche un mago. In fondo, non si è mai fatto cenno all’uso di incantesimi per l’astronomia (e non ne vedo neanche il motivo), anche nei libri si è sempre parlato di studio del cielo, mappe stellari… Cose che anche un Babbano potrebbe insegnare.
E il Dottore ne sa più di tutti i Babbani e i maghi o le streghe messe assieme ;)
Non mi sembra ci sia altro da specificare sul capitolo di questa settimana.
 
Mi farebbe molto piacere sapere che cosa ne pensate. Se mai voleste lasciare una piccola recensione, un commento, farmi notare qualche errore o quello che volete, sappiate che farete di me un persona felice ^_^
Ringrazio tutte le persone che si sono avventurate in questa storia e questa settimana ringrazio in particolare
- annicka02, lestat12 e TimeTurner98 che l’hanno aggiunta alle seguite;
- _purcit_ che ha lasciato una recensione.
 
Alla settimana prossima!
 
-Crystal-

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Primo Giorno ***




Capitolo 4
Primo Giorno
 

 
Il giorno seguente, il Dottore scese in Sala Grande a far colazione di buon ora. Gli studenti erano ancora molto pochi e solo il tavolo dei professori risultava il più affollato. Silente stava conversando con il professor Lupin, mentre Piton era intento a lanciare occhiate di fuoco all’insegnante di Difesa, come se la sua sola presenza lo facesse andare in bestia, mentre una donna dai capelli grigi e gli occhi gialli –a cena Remus gli aveva detto che era l’insegnante di volo, Madama Bumb - gli stava parlando di chissà che cosa. Il Dottore si incamminò verso di lui, con la precisa intenzione di fare quattro chiacchiere con l’unticcio professore, ma il suo piano andò in fumo quando Silente lo chiamò, indicandogli il posto accanto al suo.
«Ecco il nostro secondo nuovo insegnante! Dormito bene, Dottore?»
«Magnificamente Albus! Non ti spiace se ti chiamo Albus, vero? Ho dimenticato di chiedertelo ieri…»
«Oh, affatto! Sa Dottore, parlavamo proprio di te»
«Oh, spero bene»
«Il professor Silente mi stava dicendo che siete un Magonò, per questo non eravate mai stato ad Hogwarts. Perché non me lo avete detto prima? Non c’è nulla di cui vergognarsi»
«Come? Oh, . Ma certo… Ecco… Non mi sembrava un particolare importante.»
«L’insegnamento dell’astronomia non implica l’utilizzo della magia e il Dottore si è gentilmente offerto di sostituire Aurora.»
Continuarono a chiacchierare del più e del meno, mentre la Sala Grande iniziava a riempirsi di studenti ancora assonnati. I più euforici erano sicuramente gli studenti del primo anno, che dopo aver ricevuto il proprio orario dalla professoressa McGranitt, non facevano altro che confrontarsi e sorridere eccitati. Per molti, quel giorno sarebbe stato il primo vero contatto con la magia: per la prima volta in assoluto avrebbero compiuto il loro primo incantesimo e avrebbero maneggiato i primi oggetti magici, entrando così pienamente a far parte di quel fantastico mondo di cui fino a poco tempo fa ignoravano totalmente l’esistenza.
E in un certo senso, il Dottore si sentiva proprio come loro.
 
Fece colazione con molta calma, osservandosi attentamente attorno, e quando anche l’ultimo studente ebbe lasciato la Sala Grande, incitato dalla vicepreside a non tardare a lezione, il Dottore si alzò e si diresse verso la Torre di Astronomia.
Gli studenti con cui avrebbe avuto la sua prima lezione erano già in aula e questo facilitò la resa della sua entrata trionfale. Spalancò con un sol colpo le porte e – spalle dritte e petto in fuori - raggiunse a passo spedito la cattedra, godendo degli occhi di tutti puntati su di lui. Era inutile negarlo: amava stare al centro dell’attenzione.
«Buongiorno a tutti, maghi e streghe! Io sono il Dottore, e questo la sapete già, e sarò il vostro nuovo insegnante… E sapete anche questo. Allora, oggi, essendo la nostra prima lezione, vorrei conoscere meglio voi e la vostra attuale preparazione. Quindi!» esordì battendo le mani con impazienza e facendo sobbalzare alcuni studenti che probabilmente non erano ancora perfettamente svegli «Chi sa dirmi cosa avete studiato fino ad ora?»
Una mano si sollevò dal fondo dell’aula e l’esile figura di una ragazza dai lunghi capelli biondi si alzò.
«Abbiamo studiato il Sistema Solare, con i suoi pianeti e le sue lune, soffermandoci sulla mappatura della nostra. Abbiamo poi imparato ad utilizzare e conoscere tutti i componenti del telescopio e ad individuare le costellazioni dell’Orsa Maggiore e Minore» spiegò con tono sognante.
«Che noia…» si lasciò sfuggire il Dottore, deluso. «Come hai detto che ti chiami?»
«Non l’ho detto. Mi chiamo Luna Lovegood.»
«Bene, grazie Luna. Allora, la vostra professoressa di trasfigurazione mi ha dato questo… Il programma che dovrei seguire, a quando pare.» disse prendendo in mano un foglio di pergamena. Gli diede una veloce occhiata per poi gettarlo in aria con fare schifato.
«Non mi piace. Non ci piace. Ora sono io il vostro professore e facciamo a modo mio. Pianeti? Belli da visitare, anche divertenti o estremamente pericolosi, ma sono una noia mortale da guardare da qui, non fanno altro che ruotare tutto il giorno. Facciamo qualcosa di più divertente, parliamo delle stelle, quelli che da qui giù sembrano soltanto dei piccoli puntini luminosi nel cielo, ma che in realtà celano mondi magnifici e nascondono infiniti segreti e misteri che voi esseri umani non potete neanche immaginare. Vi insegnerò ad orientarvi con le stelle, a capire in quale punto della Terra vi troviate semplicemente guardando il cielo e vi racconterò della loro bellezza, di come nascano e di come mutino, perché no, non pensiate che siano sempre tutte uguali, oh no. Ci sono stelle che cambiano, che bruciano e che congelano, che si colorano delle più svariate tonalità e che nel loro piccolo angolo di universo creano un vero e proprio regno.»
Gli studenti ascoltavano affascinati quella spiegazione, rapiti dalla voce e dai gesti del Dottore, che sembrava in grado di catapultarli in un mondo tutto suo. Parlava gesticolando animatamente, riuscendo a tenere incollato su di se lo sguardo di ogni studente. Quell’uomo sapeva parlare, sapeva come approcciarsi con gli studenti e sembrava conoscere ogni cosa che riguardasse il cielo, rendendolo impaziente di condividere la sua infinita conoscenza con tutti loro.
Quella prima ora di lezione sembrò volare e quando un ragazzo, Timothy Farrel, fece notare che il tempo era scaduto e che dovevano recarsi a lezione, l’entusiasmo del Dottore scemò rapidamente.
«Oh… Bene, capisco. Allora, ci vediamo alla prossima lezione, che sarà invece di notte, assieme ai vostri compagni di Grifondoro. Ottimo, così inizieremo subito con qualcosa di pratico. Ah, e prima che andiate…» disse bloccandoli prima che uscissero tutti dall’aula
«Mi hanno spiegato della Coppia delle Case e di come funzionano i punti. Credo che la professoressa McGranitt abbia detto qualcosa sul come attribuire i punti, ma in tutta sincerità non la stavo ascoltando. Non importa. Improvvisiamo! Mi piace improvvisare… Lo faccio sempre e modestia a parte, mi riesce piuttosto bene. Quindi darei due punti a ciascuno di voi: uno perché siete stati molto attenti, l’altro perché mi piacciono i colori della vostra cravatta. Blu e argento, mi piace! Bene, ora potete andare. Buona giornata!»
Per qualche minuto rimase solo nell’aula, appoggiato alla cattedra.
«Non è andata affatto male» si disse a voce alta, sorridendo soddisfatto. Poi prese ad agitarsi nuovamente, quando l’aula tornò a pullulare nuovamente di ragazzi, questa volta del quarto anno.
«Bene, vi aspettavo, entrate!» li esortò.
Che non vedesse l’ora di ripetere l’esperienza era palese. Aveva iniziato a vagare per l’aula, nell’attesa che tutti prendessero posto, e nel mentre il suo sguardo individuò due chiome di un rosso brillante.
«Gemelli!» esultò raggiungendoli «Adoro i gemelli. E adoro i vostri capelli! Li voglio anche io. Sono stato biondo, bruno, castano e perfino bianco, ma mai rosso…»
I due ragazzi si scambiarono uno ghigno divertito
«Lei ci è già simpatico, Dottore» disse il ragazzo a destra.
«Oh, anche voi…»
«Mai provato a tingerli?» suggerì l’altro.
«Non ci avevo mai pensato» rispose il Dottore più a se stesso che ai due, fissando pensieroso un punto non ben identificato.
Notando poi gli sguardi di tutti puntati addosso, il Dottore cercò di ricomporsi. Si schiarì la voce, si sistemò il farfallino e tornò a rivolgersi ai due, cercando di assumere, con scarsi risultati, un tono più autorevole.
«Beh, ne parleremo più tardi magari. Sarà meglio iniziare. Intanto, 20 punti a Grifondoro! Siete geniali, ragazzi.» disse rivolto ai due gemelli «Molto bene, e ora… Cominciamo!» sentenziò con una piccola giravolta, battendo e sfregandosi le mani.
Quando il Dottore giunse a pranzo, molti ragazzi non poterono evitare di lanciargli occhiate fugaci. Le sue lezioni non erano state molto avvincenti, non erano stati svolti incantesimi, nulla di tutto ciò che aveva a che fare con la magia era stato affrontato… Eppure il suo carisma e il suo comportamento apparentemente bambinesco sembrava aver conquistato tutti. Al tavolo dei Corvonero, specialmente, non si parlava d’altro e non solo per via del suo bizzarro modo di insegnare e di porsi, ma anche e soprattutto perché la sua persona stuzzicava la curiosità di molti.
Dove aveva trovato Silente un supplente come lui?
 
Nonostante i numerosi sguardi incuriositi, però, il Dottore non sembrò farci molto caso, decidendo di concentrare tutta la sua attenzione su quel delizioso pranzo.
«Prima o poi dovrò fare un salto dal cuoco per fargli i complimenti. L’ultima volta che ho mangiato così bene è stato alla corte di Versailles di Luigi XIV…»
«Lei ha un ottimo senso dell’umorismo Dottore» disse una voce al suo fianco.
Remus Lupin, appena entrato in Sala Grande, prese posto accanto a lui.
«Comunque, sono sicuro che gli Elfi Domestici sarebbero contentissimi di sapere che la loro cucina è apprezzata.»
Il Dottore rimase per un attimo con il bicchiere fermo a mezz’aria.
«Elfi Domestici?» domandò con gli occhi sgranati.
«Giusto… Lei non ha molta familiarità con il mondo magico. Gli elfi domestici sono creature innocue, dedite al lavoro e fedeli al loro padrone o alla famiglia cui appartengono. Ma non pensare che siano come schiavi» lo anticipò notando lo sguardo del Dottore divenire severo e poco convinto «gli elfi domestici amano lavorare e per loro la sola idea di essere liberati dal proprio padrone equivale al massimo disonore. Non riescono a sopportarne neanche l’idea. Qui ad Hogwarts, sono loro che si occupano del cibo e la notte la pulizia delle Sale Comuni è affidata a loro.»
«Come può la libertà essere così temuta da un essere vivente?»
«E’ una cosa che continua a lasciare allibito anche me, ma è così. Posso accompagnarti da loro una di queste sere, se vuoi. Avevo comunque pensato di fare un salto nelle cucine a salutare dei vecchi amici.»
Il Dottore accettò con piacere la proposta e quando ebbe finito di mangiare,  avendo ancora un’ora libera, decise di approfittarne per tornare nel luogo in cui il giorno precedente il TARDIS era atterrato.
 
Un gruppo di ragazzi si stava dirigendo verso la capanna di Hagrid, dove l’omone li attendeva impazienti, affiancato dal suo fedele Thor.
Al Dottore scappò un sorriso divertito quando notò come tutti tenessero chiuso il libro di testo. Molti lo portavano imprigionato in una cintura, altri avevano tentato l’impresa con scotch, spago o un numero esagerato di graffette.
Facendo un cenno di saluto ad Hagrid, il Dottore si diresse verso il Lago Nero.
«Vediamo un po’…» borbottò estraendo l’oggetto argentato che portava nel taschino interno della giacca e puntandolo di nuovo nell’aria davanti a se. Lo attivò, facendo illuminare la punta verde, poi lo avvicinò al volto, come se qualche scritta vi fosse sul dorso e stesse tentando di leggerla.
Ripeté l’operazione più volte, annusando l’aria e percorrendo la piccola area di terreno interessata a grandi falcate.
«Non capisco… Perché non capisco? Non ci sono loop temporali in cui può essere rimasto bloccato e di certo non le ho detto io di andarsene…»
Stava ragionando ad alta voce sull’accaduto, quando un urlo lo riscosse dai suoi pensieri.
«Lo sapevo che dovevo essere qui per un motivo!» esultò dirigendosi di corsa all’interno della Foresta Proibita, il luogo da cui era arrivato il grido.
Quando sbucò in una piccola radura, dove gli studenti erano radunati attorno ad una staccionata, il Dottore tirò fuori l’oggetto argentato, iniziando ad agitarlo in aria con fare minaccioso, attirando così l’attenzione di tutti i presenti. Hagrid si stava allontanando a tutta velocità tenendo in braccio uno studente e non si accorse minimamente dell’entrata in scena del suo collega di Astronomia.
 
«Professore?» fece sorpresa una ragazza Grifondoro.
«Ho sentito un urlo, cos’è successo?» domandò senza smettere di agitare in aria il suo prezioso strumento metallico, quasi fosse un’arma.
«Uno studente è stato ferito da un Ippogrifo.» spiegò un’altra ragazza, avvicinandosi.
Il Dottore abbassò il braccio e la fissò con aria delusa, lasciandosi sfuggire un flebile «Ah…»
«E’ tutta colpa di Malfoy!» gridò un ragazzo, attirando l’attenzione del Dottore.
Vide due Serpeverde mostrare i pugni con aria minacciosa e presto tutti si dimenticarono della sua presenza e sparirono su per la collina, risalendo i gradini in pietra che conducevano verso la Sala d’Ingresso. Solo tre studenti erano rimasti attorno a lui e lo fissavano, un misto di sorpresa e curiosità negli occhi.
«Che cos’è quel coso luminoso?» chiese il ragazzo dai capelli rossi indicando l’oggetto che teneva in mano «Una specie di bacchetta?»
«Oh, no. Questo è solo il mio cacciavite.»
«Ma non sembra per niente un cacciavite normale!»
«Ovviamente, visto che non è normale. E’ un cacciavite sonico!» disse infilandoselo in tasca. Poi tornò a fissare il ragazzo.
«Di un po’, per caso i due gemelli del quarto anno sono tuoi parenti?»
«Fred e George» annuì «Sono i miei fratelli maggiori.»
«Fratelli! Grandioso, mi sono simpatici quei due.» ammise sorridendo. «Voi tre invece siete? Mi sembra di aver già visto voi due, ieri sera a cena, se non sbaglio, con la professoressa McGranitt.» aggiunse facendo cenno verso gli altri due ragazzi.
«Ron Weasley, signore. Loro sono Hermione Granger e Harry Potter.» disse il rosso.
«Non chiamarmi signore. Preferisco Dottore. Professore al massimo, ma non signore. Mi fa sentire come uno di quei pinguini con la puzza sotto al naso.» ammise il Dottore storcendo il naso.
Poi fu questione di un attimo. Il suo sguardo venne calamitato verso la figura di Hermione. La fissò attentamente, scrutando ogni centimetro del suo viso.
«Dottore» disse Harry riscuotendolo da quello stato di semi-trans.
«Si sente bene?»
«Come? Oh, sì, certo.»
«Sarà meglio rientrare. Non è sicuro stare da soli nella Foresta Proibita.» disse Hermione abbassando lo sguardo, torturandosi nervosamente con le mani il bordo delle maniche della divisa.
 
Quando giunsero al castello, i tre ragazzi salutarono il Dottore e si diressero verso la Torre di Grifondoro, mentre il Dottore, resosi conto di quanto fosse tardi, si affrettò a raggiungere la sua aula, dove i Tassorosso del sesto anno lo attendevano impazienti.
Qualcosa lo aveva distratto, attirando la sua attenzione. Quella ragazza, Hermione Granger, aveva qualcosa che non andava. Gli era sfuggito qualcosa. Di nuovo. Innervosito si diede una manata sulla fronte.
«Sto decisamente invecchiando.»










***
Angolo dell’autore
 
In ritardo di un paio di giorni, ma almeno non ho saltato la settimana u.u
Allora, una piccola precisazione che mi sono dimenticata di fare nei capitoli precedenti: il fatto che il Dottore si rivolga al TARDIS sia al femminile che al maschile non è un errore, è tutto calcolato. L’ho fatto di proposito, insomma. Più avanti nella storia spiegherò il perché, ma se volete togliervi questo dubbio ora, ve lo scrivo in grigio alla fine di questo piccolo angolo dell’autore.
Bene, torniamo alla storia.
Il Dottore conosce finalmente alcuni dei suoi studenti e ovviamente il magico trio è fra i fortunati! E assistiamo anche alla sua prima lezione. Ho dovuto tirar fuori alcuni libri di astronomia che avevo in casa per accertarmi di non dire scemenze o di non schiaffarci dentro argomenti troppo complessi per studenti del secondo anno.
 
Ora IN GRIGIO la spiegazione del maschile e femminile sul TARDIS:
come i fan di Doctor Who sapranno, nell’originale “il TARDIS” sarebbe in realtà “la TARDIS”. Nella serie ci si rivolge a lei al femminile, cosa che in Italia non succede. Eppure, nonostante si parli del TARDIS al maschile, il fatto che il Dottore la tratti come se fosse una donna rimane.
Ora, siccome “la TARDIS” trovo che sia decisamente cacofonico (preferisco di gran lunga “il TARDIS”), cosa mi sono inventata? Che il Dottore, e in futuro gli altri personaggi, utilizzeranno entrambe le versioni, ma secondo una logica: al maschile quando si parla del TARDIS in quanto macchina del tempo, al femminile quando ci si rivolge a lei in quanto essere vivente (perché sì, per chi non lo sapesse, il TARDIS ha una volontà propria, un’anima, tant’è che essi non vengono semplicemente costruiti, ma allevati). Spero di essermi espressa bene e che apprezziate – o quantomeno accettiate - questa mia scelta ^_^

FINE SPIEGAZIONE!
 
Mi farebbe molto piacere sapere che cosa ne pensate del capitolo e/o della storia in generale. Se mai voleste lasciare una piccola recensione, un commento, farmi notare qualche errore o quello che volete, sappiate che farete di me un persona felice ^_^
Ringrazio tutte le persone che si sono avventurate in questa storia e questa settimana ringrazio in particolare
- anubis347, Chiarag711, cola23, fabicap89, giada cullen e Kouha che l’hanno aggiunta alle seguite;
- Inazumiana01 e NightFury007 che l’hanno aggiunta alle ricordate;
- willow90 e ___HermionePotter___ che l’hanno aggiunta alle preferite;
- _purcit_ che ha lasciato una recensione.
 
Alla settimana prossima!
 
-Crystal-

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Ricordi ***


Capitolo 5
Ricordi
 
 

I giorni che seguirono furono tutti abbastanza monotoni.
La sera del due settembre, il Dottore fu rimproverato dalla McGranitt sul fatto che non gli fosse permesso attribuire o togliere a caso i punti alle varie Case.
«Il fatto che le piacciano i colori di una Casa o che uno studente le sia particolarmente simpatico non le da il diritto di attribuire loro dei punti. Il sistema è stato inventato per spronare gli studenti a dare del proprio meglio nello studio e a rispettare le regole della scuola, non le permetterò di intaccare la gara per la Coppa delle Case con i suoi frivoli capricci» aveva detto furente.
«Inoltre, essendo un professore, ha l’obbligo di dare il buon esempio agli studenti e quindi di arrivare in orario a lezione, come ci si aspetta da un insegnante. Per questa volta lascerò correre, ma sappia che se si ripeterà una cosa del genere, sarò costretta a rivolgermi al professor Silente.»
Inutile dire che la mattina dopo, tutta la scuola era venuta a conoscenza del fatto. Come sperimentò sulla propria pelle, Pix il Poltergeist non era l’emblema della discrezione e dopo aver origliato la conversazione aveva iniziato a volare per tutto il castello riportando ogni singola parola della vicepreside.
Eppure al Dottore non sembrava dare particolarmente fastidio. Più semplicemente se ne infischiava. Ma dopotutto, cosa ci si poteva aspettare da un uomo che si fa chiamare “Dottore”? Era una cosa che aveva incuriosito molti, sia studenti che professori, ma quando qualcuno prendeva coraggio e provava a porgli la fatidica domanda «Dottore chi?», lui si limitava a sorridere soddisfatto. Non aveva mai dato una risposta sensata, sembrava davvero che quello fosse a tutti gli effetti il suo nome e non ci volle molto prima che tutti se ne convincessero, ora più interessati a discutere sugli altri due nuovi insegnanti.
Gli unici che sembravano continuare a tenerlo d’occhio erano cinque Grifondoro del terzo e quarto anno, benché ognuno lo facesse per motivi diversi: Ron e i suoi due fratelli lo guardavano con rispetto e ammirazione, Harry con curiosità e Hermione con sospetto.
Era una ragazza furba quella giovane strega, molto intelligente e sveglia per la sua età.
 
Una sera, mentre il Dottore stava leggendo una copia di “Storia di Hogwarts” presa in prestito dalla biblioteca, Remus bussò alla sua porta.
«Spero di non averti disturbato.» disse facendo capolino. Il Dottore gli aveva praticamente ordinato di non dargli più del lei, così i due ora parlavano come se fossero vecchi amici.
«Remus! Affatto, entra pure. Stavo solo leggendo qual cosina per distrarmi, sai, i ragazzi tengono occupati, ma la vita senza invasioni aliene da sventare è estremamente noiosa» rispose chiudendo il grosso libro con un tonfo.
Per un attimo, Remus fu tentato di approfondire la parte sulle invasioni aliene, ma poi decise di glissare. Quell’uomo col cravattino era bizzarro, aveva di sicuro molti segreti, alcuni che nascondeva più efficacemente di altri, ma chi era lui per immischiarsi? Di segreti ne aveva anche lui e dubitava che quelli del Dottore fossero seri come il suo. Per quanto l’uomo fosse strano, non dava l’impressione di essere una cattiva persona, quindi era inutile metterlo in difficoltà. Magari un giorno sarebbe stato proprio lui a raccontargli qualcosa su di se.
«Stavo per scendere nelle cucine per prendere qualcosa di caldo. Che ne dici, ti unisci a me?» propose Remus.
«Gentile da parte tua, grazie, ma non ho fame. No! Aspetta. Cucine… Elfi domestici! Sì, credo proprio che verrò con te.» disse cambiando improvvisamente espressione. Come se qualcuno lo avesse improvvisamente rianimato, schizzò in piedi e si infilò velocemente la giacca di tweed, superandolo a grandi passi e precipitandosi nel corridoio.
«No… Dottore!» lo richiamò Remus, che era rimasto fermo davanti la porta.
«Andiamo, Remus! Che succede adesso?» sbuffò il Dottore.
«Le cucine sarebbero da quest’altra parte.»
«Oh. Giusto… Perfetto, muoviti Remus!» disse tornando indietro, superandolo di nuovo a grande velocità.
Remus non poté che seguirlo scuotendo la testa divertito, mentre il fugace ricordo di quattro ragazzini gli velò gli occhi di malinconia.
 
«Muoviti Lunastorta!»
«Siamo stati grandi, ragazzi! Questa Mocciosus se la ricorderà per sempre!»
«Degna dei grandi Malandrini! Vero Remus?»
 
«Remus?»
Non si era neanche accorto di essersi fermato nel bel mezzo del corridoio.
«Ti senti bene?» tentò nuovamente il Dottore.
«Sì, scusa. Mi era solo tornata in mente una cosa. Vieni, da questa parte.»
Scesero scale, percorsero corridoi e attraversarono diverse porte, l’ultima delle quali, invece di portare nei sotterranei come il Dottore aveva ipotizzato, sbucava in un ampio corridoio di pietra ben illuminato dalle torce, le cui pareti traboccavano di dipinti.
Remus si fermò davanti un quadro che ritraeva una grossa ciotola di frutta.
«Siamo arrivati» esordì. Allungò la mano e fece il solletico ad una grossa pera verde, che iniziò a ridacchiare e contorcersi, fino a quando non si trasformò in una maniglia. Remus la afferrò, aprì la porta nascosta dietro il quadro e fece cenno all’uomo di entrare.
«Dottore, le do il benvenuto nelle cucine di Hogwarts.»
La stanza, dall’alto soffitto, era a dir poco enorme. Cumoli di pentole e padelle di rame erano accatastate lungo le pareti di pietra e un’enorme focolare di mattoni, dall’altra parte della stanza, stava scaldando un calderone d’acqua, probabilmente destinato al lavaggio delle ultime stoviglie rimaste sporche dalla cena conclusa un paio di ore prima.
La cosa che però lasciò il Dottore davvero a bocca aperta, furono le decine di creaturine che si ammassarono attorno a loro. Erano poco più basse del professor Vitius, avevano enormi orecchie da pipistrello attaccate ai lati della testa e i loro occhi, grandi come palle da tennis, verdi e sporgenti, erano puntati su di loro.
«Ospiti, abbiamo ospiti!», «I padroni hanno fame? Tasky è felice di servire i padroni!», «I padroni vogliono un dolce?» stavano dicendo con le loro vocine stridule, mentre alcune mani ossute porgevano loro dei dolci.
«Tasky! E’ un piacere rivederti, ti ricordi di me?» chiese Remus chinandosi verso un elfo dal naso all’insù.
Lui si prese qualche breve istante per osservarlo, poi i suoi occhi si illuminarono di gioia.
«Padroncino Remus! Il padroncino è tornato a fare visita a Tasky!» gridò con le lacrime agli occhi. L’elfo prese per mano Remus e lo trascinò verso un tavolino accanto al fuoco, dove lui e il Dottore presero posto.
Pochi minuti dopo, entrambi si ritrovarono a chiacchierare con una tazza di tea fumante in mano e un vassoio colmo di biscotti al cioccolato e al burro davanti.
«Nonostante le cucine siano situate in un luogo sconosciuto agli studenti, quando frequentavo questa scuola io e alcuni amici avevamo scoperto dove si trovavano e venivamo spesso qui di nascosto.» raccontò Remus sorseggiando la sua bevanda calda.
«Non credevo avessi un passato così oscuro» lo prese in giro il Dottore, facendolo ridacchiare.
«Anche se andavo bene a scuola, lo confesso, sono artefice di molti degli scherzi più brillanti di tutta la storia di Hogwarts.»
«Accidenti che modestia…»
«Prova a chiedere a Minerva. Lei stessa mi mise in punizione diverse volte.»
«E’ stata una tua insegnante?»
«Sempre di Trasfigurazione» annuì «e ti assicuro, che in quindici anni non è cambiata di una virgola. Sempre ligia al dovere, severa e autoritaria, ma in fin dei conti è un’ottima insegnante e una gran donna.»
Ci fu qualche minuto di silenzio, riempito solo dallo scoppiettare del camino e dallo scalpiccio degli elfi, che sembravano essere ancora molto indaffarati.
«Posso farti una domanda, Remus?» chiese il Dottore «Cosa sai su quel ragazzo, Harry Potter, e i suoi due amici?»
L’espressione di Remus divenne improvvisamente seria.
«Come mai me lo chiedi?»
«Ho avuto l’impressione che quei tre siano abbastanza famosi. Sono qui solo da tre giorni e non sono molto informato sul mondo magico, ma più volte ho visto bambini del primo anno additare Harry e chiamarlo “Il bambino che è sopravvissuto”.»
Remus fece un profondo respiro, poggiò la sua tazza sul tavolino e poggiò il mento sulle mani intrecciate, i gomiti fissi sulle ginocchia.
«E’ una storia lunga, che inizia circa 18 anni fa, quando io ero ancora uno studente e sul mondo magico si stava affacciando quella che poi avrebbe preso il nome di Guerra Magica.»
Remus raccontò al Dottore di Voldemort, dei suoi ideali malvagi e della distruzione che la guerra portò. Gli raccontò dei genitori di Harry, Lily e James, di come avessero sfidato per ben tre volte l’Oscuro Signore e di come avessero tentato di nascondersi e di costruirsi, nonostante tutto, una famiglia.
«Ma qualcuno, qualcuno che conosceva il loro nascondiglio, li tradì. Voldemort uccise entrambi, ma per qualche motivo, non riuscì a fare lo stesso con Harry. Aveva solo un anno e l’Anatema che Uccide gli rimbalzò addosso, andando a infrangersi contro lo stesso Voldemort, di cui da allora non si hanno più tracce. Un bimbo riuscì là dove maghi e streghe potentissimi avevano fallito. Tutto ciò che gli rimase da quella notte fu una cicatrice a forma di saetta sulla fronte. Ecco perché è così famoso e viene comunemente chiamato “Il bambino sopravvissuto”.»
Quando Remus aprì gli occhi, conclusa la sua storia, trovò il Dottore immobile, con lo sguardo fisso sulla sua tazza. Tutti gli elfi domestici presenti li fissavano terrorizzati, tremando come foglie al vento. Dodici anni erano passati dalla dipartita di Voldemort, e nessuna creatura, magica o meno, si era ancora abituata a sentir pronunciare il suo nome. Era un suono che terrorizzava ancora molto e che riportava alla mente le stragi, le perdite e gli orrori che avevano segnato la guerra.
«Mi dispiace» disse il Dottore con un filo di voce, lo sguardo perso chissà dove.
«E’ stato un brutto capitolo nella storia di tutti noi.»
 
Tornarono nei propri alloggi poco dopo, salutando gli elfi domestici e promettendo di tornare a far loro visita.
Il racconto di Remus aveva risvegliato nel Dottore antichi ricordi. Non aveva mai dimenticato, mai. E aveva promesso a se stesso una cosa.
 
Non più.
Una promessa importante.
Dottore… Non più.
Quella parentesi del suo passato continuava a tormentarlo, giorno dopo giorno. Era impossibile non pensarci.
Non più.
Ma quel racconto aveva riaperto la ferita che aveva iniziato a cicatrizzarsi, facendola sanguinare di nuovo, dopo tanti anni.
«Maledizione…» ringhiò dando un calcio al baldacchino, lasciandosi poi cadere sul letto, una calda lacrima a rigargli il volto.










***
Angolo dell’autore
Nuovo capitolo e l’amicizia fra il Dottore e Remus si sta rafforzando sempre di più!
Il personaggio di Tasky è completamente inventato, ma ho pensato che sarebbe stato perfettamente nel personaggio di Remus, una volta tornato ad Hogwarts, andare a trovare un amico che aveva conosciuto ai tempi dei Malandrini. E poi abbiamo la storia della Guerra Magica e di un’altra guerra, una guerra a cui ha preso parte il Dottore e che gli riporta alla mente ricordi dolorosi.
Ora, potrà sembrare scontato per alcuni, ma lo preciso comunque: non ho scritto Prima Guerra Magica, ma semplicemente Guerra Magica per il semplice fatto che la Seconda non è ancora iniziata.
E poi boh, non mi pare di dover fare altre precisazioni.
 
Mi farebbe molto piacere sapere che cosa ne pensate del capitolo e/o della storia in generale. Se mai voleste lasciare una piccola recensione, un commento, farmi notare qualche errore o quello che volete, sappiate che farete di me un persona felice ^_^
Ringrazio tutte le persone che si sono avventurate in questa storia e questa settimana ringrazio in particolare
- I_S_Acquamarine e alexandros_95 che l’hanno aggiunta alle seguite;
- ___HermionePotter___ che l’ha aggiunta alle ricordate;
- tardis tales che l’ha aggiunta alle preferite;
- _purcit_ e anubis347 che hanno lasciato una recensione.
 
Se vi va, ho creato una pagina Facebook dove potete seguirmi per rimanere aggiornati sulle pubblicazioni, le storie future e altre cose del genere. Questo è il link --> https://www.facebook.com/Crystal25396-EFP-364711913877418/
 
Alla settimana prossima!
 
-Crystal-

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il Molliccio ***



Capitolo 6
Il Molliccio
 
 

Da quella sera nelle cucine, per il Dottore fu sempre più difficile parlare con Remus. Aveva la strana sensazione che il giovane professore lo stesse evitando e per un attimo, temette che la colpa fosse sua. Forse Remus aveva colto qualcosa nel suo sguardo, quella sera, che lo aveva spaventato. Qualcosa di nuovo e di diverso rispetto a quello che solitamente si coglieva negli occhi del Dottore.
Ma erano solo congetture le sue e fino a quando non fosse riuscito a trovare una scusa per parlare di nuovo con Remus e risolvere la questione, sarebbero rimaste tali.
Fortunatamente l’occasione arrivò prima di quanto pensasse. Era un martedì e la giornata aveva preso una piega interessante fin dalla colazione.
Il Dottore era seduto fra il professor Vitius e Remus – che era stato costretto dalla mancanza di posti disponibili a sedersi lì – quando uno stormo di gufi attirò la loro attenzione, planando sulle teste di tutti i presenti e lasciando cadere davanti all’interessato il pacchetto o le lettere che trasportavano.
«Non credo che mi abituerò mai alle fotografie stampate su carta in movimento. Ti spiace, Remus?» chiese il Dottore prendendo la copia della Gazzetta del Profeta che Remus aveva ricevuto, aprendola senza neanche aspettare una risposta.
«Sirius Black. Chi è Sirius Black?» domandò il Dottore osservano con attenzione la prima pagina del giornale.
Al centro, in bella vista, un uomo dal volto scavato e i lunghi capelli arruffati strizzò l’occhio al Dottore.
Remus smise per un brevissimo istante di mangiare, mentre il professor Vitius gli scoccò uno sguardo sorpreso.
«Davvero non lo sa, Dottore?» chiese il professore di Incantesimi.
«Dovrei?»
«Beh, direi proprio di si, visto che è il maggior ricercato in tutta la Gran Bretagna, mondo Babbano compreso. E’ stato rinchiuso ad Azkaban per dodici anni, ma alla fine di quest’estate è riuscito a fuggire. E’ a causa sua se i confini di Hogwarts sono presidiati dai Dissennatori.»
«E cosa ha fatto di tanto tremendo?»
«Era un sostenitore di Voldemort» intervenne Remus con tono piatto.
Il professor Vitius fu scosso da un brivido di terrore. «Remus, non dire quel-»
«E’ stato lui a tradire la fiducia di Lily e James. Ora scusatemi, ma ho una lezione da preparare.» concluse Remus alzandosi e facendo un cenno di saluto con il capo.
Il Dottore tornò a fissare la foto sul giornale, poi lesse l’articolo:

 
AVVISTATO SIRIUS BLACK
E’ di poche ore fa la notizia che Sirius Black, il latitante pluriomicida evaso lo scorso Luglio, è stato avvistato nella cittadina Scozzese di Dartown.
La segnalazione è arrivata da una donna Babbana che dopo averlo riconosciuto ha chiamato il numero speciale messo a disposizione dei Babbani per comunicare con il nostro Ministero. Una volta che gli Auror sono giunti sul posto, però, le tacce di Black erano già scomparse.
«Bisogna tenere gli occhi aperti, ma dobbiamo avere fede» ha dichiarato il Ministro della Magia Cornelius Caramel, cercando di tranquillizzare la popolazione magica del luogo «Anche se pazzo e pericoloso, Black è debole, ha passato ben dodici anni ad Azkaban, a stretto contatto con i Dissennatori che ora perlustrano giorno e notte tutto il territorio nazionale. Non può essere andato lontano e sono certo che non ci vorrà molto prima che gli Auror lo catturino. E vorrei rassicurarvi sul fatto che i vostri figli non corrono alcun pericolo: Hogwarts è ora una fortezza inaccessibile e nessuno può sperare di varcare i confini senza prima essere ispezionato dai Dissennatori.»
Nel frattempo, raccomandiamo a tutti la massima vigilanza ed esortiamo a segnalare all’ufficio Auror qualsiasi movimento sospetto.
 

«Non mi piace» ammise il Dottore ripiegando il giornale.
«Non mi stupisce, è un pazzo assetato di vendetta.» concordò il professor Vitius, alzandosi da tavola e dirigendosi alla sua lezione, lasciando così il Dottore solo al tavolo dei professori.
«Veramente parlavo di me!» gli urlò con non troppo entusiasmo, attirando solo l’attenzione di un paio di studenti del primo anno «E’ da quando sono qui che mi sfugge qualcosa. Più di qualcosa, a dirla tutta. E la cosa non mi piace…»
 
Il Dottore passò la mattinata in biblioteca. Madama Pince, una donna molto severa e intransigente, lo accolse con un inquietante sorriso e gli indicò con estrema gentilezza il reparto in cui avrebbe trovato i tomi che gli interessavano. A detta dei gemelli Weasley, Madama Pince si era presa una bella cotta per il Dottore.
«Quella specie di avvoltoio denutrito non ha mai usato parole gentili se non per i suoi amati libri» gli aveva detto Fred quando un pomeriggio li aveva incontrati fra gli alti scaffali.
«Con lei, invece, è sempre così… Disgustosamente dolce!» aveva continuato George con una smorfia «E’ cotta di lei.»
«Ma figuriamoci…» aveva detto il Dottore facendo un cenno di noncuranza con la mano e sbuffando leggermente. Poi aveva osservato lo sguardo complice dei due gemelli.
«Dite sul serio?» domandò preoccupato e anche vagamente lusingato.
«Garantito» risposero all’unisono.
Il Dottore cercò di ricomporsi dall’espressione di disgusto che gli si era dipinta in volto, risistemandosi il cravattino con un gesto automatico.
Irma Pince era una donna molto intelligente e autoritaria, ma il Dottore non poteva negare che nei suoi confronti si comportava in maniera esageratamente cordiale. Gli concedeva persino di sorseggiare una tazza di tea o di mangiare dei biscottini al burro mentre leggeva in biblioteca! E quella era una cosa che avrebbe vietato anche al Ministro della Magia in persona. Senza contare che non perdeva occasione per parlare con lui, diventando a tratti logorroica; tentava in ogni occasione di sfiorargli le mani e una volta si era perfino attaccata al suo braccio per scortarlo in una postazione di lettura che lei stessa gli aveva tenuto libero. E ora che ci pensava, aveva la strana abitudine, quando lo guardava, di sgranare gli occhi e i fissarlo con sguardo adorante, il viso con il lungo e arcuato naso poggiato sulle scheletriche braccia.
Per fortuna, da quel giorno, il Dottore aveva trovato un abile stratagemma per tenerla a debita distanza da se: gli bastava dire che era stanco per le lezioni notturne o che preferiva rimanere da solo per concentrarsi meglio e lei lo lasciava senza neanche fiatare, felice di soddisfare ogni sua richiesta.
 
Il Dottore rimase in biblioteca tutta la mattinata e solo quando alzò lo sguardo sull’orologio che portava al polso si rese conto che erano quasi le tre del pomeriggio.
«Accidenti, com’è tardi!»
Si alzò e rimise velocemente a posto i libri, poi si diresse a grandi passi verso la sala professori. Quando giunse davanti la porta, questa si aprì e un infastidito professor Piton lo squadrò da capo a piedi prima andarsene. Nell’aula un’intera classe del terzo anno lo fissava.
«Ho fatto qualcosa?» chiese il Dottore spostando lo sguardo dagli studenti alla schiena del professor Piton, che ormai era già in fondo al corridoio.
«Dottore!» disse una voce. Dall’interno della sala professori, dietro i ragazzi e accanto all’armadio dove di solito loro insegnanti riponevano i mantelli, Remus lo guardava sorridendo.
«Sto per iniziare una piccola lezione pratica. Ti va di assistere?»
«Una lezione pratica!» si rianimò il Dottore battendo e sfregandosi le mani con foga, chiudendo la porta e percorrendo la stanza a lunghi passi «Mi piacciono le lezioni pratiche! Sono molto più divertenti delle teoriche… Facevo pena nelle teoriche, ma in effetti anche nelle pratiche, sono stato bocciato tre volte in “Fondamenti di Guida per Veicoli di Tempo e Relativa Dimensione interne allo Spazio”!»
«In che cosa?» domandò Seamus Finnigan, mentre gli occhi di tutti erano fissi su di lui.
«Oh beh, ecco, si tratta di… No! Non importa. Lunga storia! Ve la spiegherò magari un’altra volta. Allora, Remus! Lezione, magia, armadio... Mi piace… Cosa hai in serbo per i nostri piccoli Grifondoro del terzo anno?» concluse mischiandosi fra gli studenti ancora a bocca aperta, gli occhi fissi su Remus e un sorriso entusiasta sulle labbra.
Il professor Lupin scosse la testa per riprendersi dalla sorpresa. Quell’uomo non solo diceva cose strane, ma parlava anche tantissimo e ad una velocità impressionante, senza riuscire a smettere di gesticolare. Sapeva comunicare non solo con le parole, ma anche e soprattutto con il corpo, forse in maniera perfino esagerata, che lo facevano sembrare ancora più strano di quanto già non fosse.
Remus si avvicinò all’armadio e questo ondeggiò improvvisamente, sbattendo contro il muro. Alcuni ragazzi balzarono indietro spaventati.
«Niente paura» disse Remus con calma «C’è un Molliccio lì dentro.»
 Il Dottore vide le facce dei ragazzi rimanere tese e preoccupate.
«I Mollicci amano i luoghi chiusi e oscuri» spiegò il professor Lupin.
«Gli armadi, gli spazi sotto i letti, le antine sotto i lavandini… Una volta ne ho incontrato uno che si era insediato in una pendola. Questo si è trasferito lì dentro ieri pomeriggio, e ho chiesto al preside di lasciarcelo per poter fare un po’ di pratica. Allora, la prima domanda che dobbiamo porci è questa: cos’è un Molliccio?»
La mano di Hermione schizzò in cielo e lo sguardo del Dottore venne nuovamente calamitato verso quella chioma ribelle e crespa. La lezione stava proseguendo, la risposta della ragazza si era rivelata corretta, e la sua mano si era alzata un’altra volta, prima di abbassarsi delusa, quando Harry Potter aveva risposto brillantemente alla domanda di Remus. Ma le orecchie del Dottore erano come ovattate, i suoi occhi fissi su quella ragazzina. Era come se esistessero solo loro due, non avvertiva più niente se non il vorticare furioso dei suoi pensieri.
Possibile che..?
Con cautela estrasse il Cacciavite Sonico dalla giacca e senza farsi vedere lo puntò sulla ragazza, infilandoselo poi nuovamente nel taschino.
Ma come? Che si stesse sbagliando? In fondo era possibile, con tutta la concentrazione magica che c’era a Hogwarts.
Il Dottore tentò di non far notare troppo quanto Hermione avesse catturato la sua attenzione e tornò a guardare Remus, che ora stava parlando di qualcosa con Neville Paciock. Eppure non riuscì a concentrarsi: la sua mente era da tutt’altra parte e i suoi occhi ogni tanto scivolavano furtivamente verso la Grifondoro, che stava seguendo la lezione con interesse.
Venne riscosso dai suoi pensieri solo quando uno schiocco di frusta seguito da una fragorosa risata irruppe nell’aula e una scena alquanto comica di dipinse davanti agli occhi del Dottore. Trattenersi fu difficile e subito si unì alle risa dei ragazzi: davanti a loro, l’austero professore di Pozioni agitava una grossa borsa scarlatta appesa all’avambraccio, con indosso un lungo abito orlato di pizzo e in testa un alto cappello con avvoltoio annesso.
Severus Piton si guardò attorno confuso, indietreggiando leggermente, poi iniziò a girare attorno a Calì Patil, che si era fatta avanti dopo essere stata chiamata dal professor Lupin.
Si udì un altro schiocco e al suo posto comparve una mummia, con lugubri pezzi di bende che penzolavano dal corpo e diverse scie di sangue che con atroce lentezza gocciavano fino a terra. Il suo volto senza occhi era rivolto verso Calì.
«Riddikulus!» gridò la ragazza e la mummia ruzzolò per terra, inciampando sulle sue stesse bende.
Un’altra fragorosa risata riempì l’aula e da lì iniziò un susseguirsi di creature spaventose e limpide risate: la mummia venne presto sostituita da una banshee, poi un serpente a sonagli, una mano tagliata e un orrendo e gigantesco ragno nero.
Lo stesso Dottore dovette ammettere che quell’essere a otto zampe era parecchio inquietante, la cosa più spaventosa che era apparsa fino a quel momento senza ombra di dubbio. O almeno, era spaventoso fino a quando Ron non lanciò il suo «Riddikulus!» e il ragno non iniziò a scivolare non riuscendo a tenersi in equilibrio su quelle quattro paia di pattini che improvvisamente erano comparsi ai suoi piedi.
Il ragno rotolò per terra fino ai piedi di Harry, che strinse in pugno la bacchetta, quando…
«Di qua!» esclamò Remus all’improvviso, correndo in avanti.
Si udì un nuovo schiocco di frusta e il ragno sparì, lasciando spazio a una sfera di un bianco argenteo che galleggiava a mezz’aria.
«Riddikulus!» disse Remus quasi pigramente, mentre la sfera crollava a terra trasformandosi in uno scarafaggio argentato e luminoso tutt’altro che inquietante.
«Avanti, Neville, finiscilo!»
Quello che ormai il Dottore aveva capito essere il famoso Molliccio, riprese le sembianze di Piton, che però questa volta venne fronteggiato da un Neville molto più sicuro di se.
«Riddikulus!» e una nuova visione di Piton vestito in pizzo apparve davanti a tutti, prima che, sommerso e sconfitto dalle forti risate, esplose, dissolvendosi in mille volute di fumo.
La classe applaudì e il professor Lupin concluse la sua lezione assegnando cinque punti a tutti quelli che avevano combattuto con il Molliccio, dieci a Neville perché l’aveva fatto due volte e cinque per ciascuno a Harry e Hermione, che avevano risposto correttamente alle sue domande.
Chiacchierando eccitati, i ragazzi uscirono dalla sala professori e i due insegnanti rimasero finalmente soli.

«Cavolo. Questa si che è stata una bella lezione! Credo che tu mi abbia appena soffiato il posto come miglior insegnante dell’anno, dovrò darmi da fare per recuperare» sentenziò il Dottore lasciandosi cadere su una delle poltrone nella stanza.
Remus ridacchiò soddisfatto, accomodandosi su quella accanto al Dottore.
«Ti ringrazio, ma ho sentito che anche tu te la stai cavando egregiamente.»
«Io non faccio magie, questo è molto più divertente!» disse facendo sorridere Remus.
Per qualche secondo, nessuno dei due parlò.
«Eri venuto in sala professori per qualche motivo?» chiese Remus lievemente a disagio dal silenzio che si stava creando.
«Oh, giusto!» si riscosse il Dottore avvicinandosi al cassetto che gli era stato assegnato in quanto insegnante «Ieri sera ho dimenticato di prendere il registro, ero venuto per questo. Ma sono contento di averti incontrato, volevo scusarmi per questa mattina.»
Remus aggrottò la fronte confuso.
«Scusarti di cosa?»
«Sirius Black»
Come era accaduto a colazione, lo sguardo di Remus si spense improvvisamente.
«Non volevo metterti a disagio o ricordarti cose poco piacevoli. Mi dispiace.»
Remus scosse la testa, poi sorrise tristemente.
«Non devi scusarti. Mi ha sorpreso che non avessi mai sentito parlare di Sirius, considerato che è su tutti i giornali, babbani e non, da mesi. Anzi, visto che hai più lacune sul mondo della magia di quanto pensassi, se hai domande da farmi a riguardo sono a tua disposizione.»
«Sempre che tu ne voglia parlare.» disse il Dottore tornando a sedersi sulla poltrona e fissando Remus negli occhi.
«Eravate amici, vero? Tu, Sirius Black e i genitori di Harry.»
«Te lo ha detto la professoressa McGranitt o il professor Vitius?»
«No, non ho parlato con nessuno dei due della tua adolescenza a Hogwarts se è questo che intendi. Parli dei genitori di Harry chiamandoli per nome, come se li conoscessi, e quando ho chiesto chi fosse Sirius Black mi hai risposto dicendo che era stato lui a tradire Lily e James, non che è stato condannato per pluriomicidio. Inoltre, se per tradirli Sirius Black doveva essere uno dei pochi a conoscenza del loro nascondiglio, significa che anche lui era un amico come te. Questo spiega anche perché non me lo hai menzionato la sera in cui mi hai raccontato la storia di Harry. Non hai ancora accettato che vi abbia traditi e che abbia consegnato due amici fidati a quel Voldemort.»
Remus lo guardò sorpreso.
«Hai capito tutto questo da solo? Quando fino a poche ore fa non sapevi nemmeno chi fosse Sirius?»
«Remus Lupin, con chi credi di parlare?» lo canzonò il Dottore raddrizzandosi fiero sulla poltrona e dandogli una leggera gomitata. Remus ridacchiò divertito.
«Comunque, se c’è qualcuno che deve scusarsi, quello sono io. Ho avuto l’impressione che la storia della Guerra Magica ti abbia scosso notevolmente.»
«Mi ha solo ricordato un’altra guerra. Molto più grande. Molto più antica e devastante. Non credevo che potesse fare ancora così male.» gli occhi del Dottore tornarono tristi.
Remus non sapeva quanti anni avesse il Dottore, ma a prima vista dovevano essere coetanei. Se parlava di una guerra ancora più sanguinosa di quella Magica, questo spiegava perché alcune rare volte, nel suo sguardo riusciva a scorgesse una luce più vecchia, come se quegli occhi avessero visto molto più di quanto si possa immaginare. Decise di non immischiarsi e nemmeno fece caso al fatto che la guerra in questione il Dottore l’aveva definita “molto più antica”: in un tacito accordo, decisero che non avrebbero più affrontato o fatto domande scomode sull’argomento, almeno non fino a quando non sarebbero stati pronti entrambi.
Parlarono di altro e decisero che il giorno successivo sarebbero andati a trovare Hagrid, che dalla faccenda di Fierobecco l’ippogrifo non si era ancora ripreso e ora più che mai aveva bisogno del supporto di amici.
Si salutarono poco dopo, ognuno diretto nel proprio ufficio e il Dottore si soffermò un attimo a guardare Remus che si allontanava. D’istinto, avrebbe voluto porgli un’ultima domanda, ma poi aveva deciso di evitare e conservarla per qualche altra chiacchierata. Perché bisognava ammetterlo, era abbastanza strano.
Come mai la cosa che terrorizzava di più Remus Lupin
era la luna?









***

Angolo dell’autore
Ho sforato di pochi minuti, ma ecco il capitolo di oggi! Alcune precisazioni in questo caso sono d’obbligo: come alcuni di voi avranno notato, questo capitolo ha dei piccoli particolare in comune con il film e non con il libro, che è il materiale che sto usando come guida. La cosa è voluta e c’è un motivo. In primo luogo l’articolo della Gazzetta del Profeta. Ho preso spunto dall’articolo che Harry legge sul numero che riceve al suo compleanno, ma i più attenti avranno notato che dico con esattezza la città in cui Sirius viene avvistato. Nel libro la cosa non è specificata, ma nel film viene detto e siccome mi serviva un luogo, ho deciso di utilizzare quello. La seconda cosa riguarda il Molliccio-ragno. Nel libro il ragno, dopo essere stato colpito al Riddikulus di Ron, perde le zampe e rotola per terra. Siccome la scelta non mi sembrava per niente divertente e, al contrario, piuttosto inquietante, ho scelto l’alternativa dei pattini del film.
Non credo di dover aggiungere altro.
 
Mi farebbe molto piacere sapere che cosa ne pensate del capitolo e/o della storia in generale. Se mai voleste lasciare una piccola recensione, un commento, farmi notare qualche errore o quello che volete, sappiate che farete di me un persona felice ^_^ E al solito, vi esorto a farmi presente se il Dottore o qualche altro personaggio vi risulta OOC.
Ringrazio tutte le persone che si sono avventurate in questa storia e questa settimana ringrazio in particolare
- Kyem13_7_3 che l’ha aggiunta alle seguite;
- Rem_92  che l’ha aggiunta alle preferite;
- _purcit_ e I_S_Acquamarine che hanno lasciato una recensione.
 
Se vi va, ho creato una pagina Facebook dove potete seguirmi per rimanere aggiornati sulle pubblicazioni, le storie future e altre cose del genere. Questo è il link --> https://www.facebook.com/Crystal25396-EFP-364711913877418/
 
Alla settimana prossima!
 
-Crystal-

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Halloween ***



Capitolo 7
Halloween
 
 


Come il Dottore aveva immaginato, in brevissimo tempo Difesa Contro le Arti Oscure divenne la lezione più amata dagli studenti. La storia di quanto accaduto con il Molliccio aveva fatto il giro della scuola in un lampo e non c’era da stupirsi che Piton fosse diventato particolarmente vendicativo con i Grifondoro, Neville in particolare, che non perdeva occasione di strapazzare il più possibile. Inoltre, la sua già scarsa simpatia per il professor Lupin assunse dimensioni gigantesche e i suoi occhi lampeggiavano minacciosi al solo sentirlo nominare. Inutile dire che neanche il Dottore era scampato a questo profondo odio improvviso: tutti sapevano che aveva assistito alla lezione e nei loro racconti gli studenti ci tenevano particolarmente a sottolineare come l’insegnante di Astronomia fosse scoppiato a ridere fino alle lacrime, senza neanche cercare di trattenersi.
Rimaneva solo da capire come Piton sarebbe riuscito a vendicarsi con i suoi due colleghi: non poteva certo togliere loro punti Casa come faceva con i Grifondoro. Alcuni tremavano al solo pensiero di cosa la mente perversa del professore di Pozioni avrebbe partorito. Nel frattempo, gli studenti si limitavano a seguire le sue lezioni senza emettere un solo fiato, per paura di una qualche reazione improvvisa. L’unico che trovava la situazione allettante era Draco Malfoy. Lui e la sua banda di Serpeverde non perdevano occasione di servire su un piatto d’argento la situazione perfetta per far togliere punti ai Grifondoro. Ogni volta ne inventavano una nuova e avevano tentato lo stesso approccio, più discreto, anche con altri professori, ma con risultati piuttosto deludenti.
La sera precedente, durante la lezione notturna che avevano assieme ai Grifondoro, ci avevano provato anche con il Dottore, ma la cosa si era risolta in maniera alquanto esilarante.
Quando Draco Malfoy aveva tentato di attirare la sua attenzione, il Dottore l’aveva ignorato quasi completamente, azzittendolo con un semplice “Non ora, sono occupato!”, mentre era chino sul telescopio di Lavanda Brown. Si era deciso a voltarsi e prestargli attenzione solo dopo aver restituito lo strumento alla Grifondoro.
«Dimmi tutto Draco!» aveva esordito, felice di potersi rendere utile.
«Non riesco a manovrare il mio telescopio. Sa com’è, il braccio…» aveva risposto infastidito, facendo cenno all’arto bendato che teneva appeso al collo.
Nonostante Madama Chips l’avesse dimesso all’inizio della settimana, Malfoy continuava ad andarsene in giro con l’aria di uno che è eroicamente sopravvissuto ad una tremenda battaglia.
«Puoi lavorare con uno della tua casa, allora. Bene! Problema risolto. Ora, ho potenziato i vostri strument-»
«Mi scusi professore, ma non crede sia meglio che io lavori con Paciock, che  qui accanto a me?» lo aveva interrotto, gustandosi l’espressione terrorizzata di Neville. Harry, seduto alla sua sinistra, gli aveva lanciato uno sguardo di fuoco: lo sapeva che doveva esserci un motivo se aveva scelto la postazione in mezzo alla loro…
Il Dottore, però, lo aveva guardato confuso e ciò che era uscito dalle sua labbra in quel momento aveva spiazzato l’intera classe.
«Come hai fatto a salire fin qua su, allora?»
«Come, scusi?»
«Ti fanno male le gambe?» aveva chiesto e senza lasciare ad alcuno il tempo di intervenire, aveva tirato fuori il suo cacciavite sonico e l’aveva puntato contro Malfoy «No, non ti fanno male, sono perfettamente sane, quindi puoi camminare. A questo punto le cose sono due: o qualche incantesimo ti impedisce di camminare, o stai cercando di imbrogliarmi. Stai cercando di imbrogliarmi?»
Mentre parlava non aveva smesso un attimo di gesticolare e si era avvicinato a Malfoy, finendo la frase chinato verso il volto del ragazzo, che lo osservava ad occhi sgranati.
«N-No, signore.» aveva balbettato disorientato.
«Benone!» aveva esultato ricomponendosi e tornando verso il centro dell’aula. «Allora puoi raggiungere e lavorare in coppia con Pansy. Sono certa che sarà più entusiasta di Neville all’idea di poterti aiutare: ho notato che dall’incidente con l’ippogrifo è parecchio premurosa nei tuoi confronti... Bene, riprendiamo! Cosa stavo dicendo? Pianeta! Bene, ho potenziato i vostri telescopi, così che possiate osservare stelle che altrimenti non avreste potuto notare. Vedete quel puntino grigio luminoso? E’ un pianeta noiosissimo e dal nome altrettanto buffo: Raxacoritofallapatorio.»
Il Dottore aveva ripreso a spiegare come se niente fosse e incurante del fatto che ora l’intera classe di Grifondoro lo stava guardando con occhi adoranti.
«1 a 0 per il Dottore» aveva ridacchiato Ron scambiandosi uno sguardo divertito con Harry, mentre Draco Malfoy afferrava i suoi libri e si sedeva accanto a Pansy, furioso più che mai.
Quella sottospecie di professore… Lo odiava, lo odiava ancor più di quanto non odiasse Lupin, quello vestito peggio del loro vecchio elfo domestico. Come aveva osato metterlo in ridicolo davanti all’intera classe? E soprattutto, come osava chiamarlo per nome? Lui era Draco Malfoy, per Salazar. Chi si credeva di essere?
«Che razza di insegnanti ha messo quel vecchiaccio ad insegnare, quest’anno?» aveva sibilato a denti stretti.
«Draco?» si era sentito chiamare dal Dottore, facendolo inevitabilmente trasalire. «Quasi me ne dimenticavo… Non chiamarmi più “signore”. Cinque punti in meno a Serpeverde.»
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. A stento si era trattenuto dall’alzarsi e lasciare l’aula ed era rimasto seduto al suo posto, senza più fiatare, incenerendo con gli occhi quel tizio con la giacca in tweed. Ne avrebbe discusso con suo padre, quello era poco ma sicuro.
 
La mattina, quando scese per colazione, il Dottore si ritrovò puntati addosso tantissimi occhi, che lo guardavano orgogliosi, la maggior parte provenienti dal tavolo dei Grifondoro.
«Ho sentito che hai sistemato per le feste quel Malfoy, è Dottore?» rise Hagrid dandogli una poderosa manata sulla schiena, che gli fece oscillare pericolosamente il viso verso la sua ciotola di zuppa inglese.
Da quando Remus e il Dottore erano andati a trovare il guardiacaccia, Hagrid aveva quasi completamente rivalutato quell’uomo bizzarro col cravattino. Era strano, non c’erano dubbi, ma era simpatico e le parole di conforto che gli aveva rivolto per un attimo lo avevano fatta apparire ai suoi occhi, a discapito del suo aspetto, un uomo vecchio e saggio quasi quanto Silente.
«Sul serio? Veramente io non ho fatto nulla…» disse il Dottore lanciando un’occhiata al tavolo dei Serpeverde, dove Draco Malfoy lo osservava furioso, la mano sinistra che impugnava pericolosamente la forchetta con cui stava mangiando il suo dolce.
«Harry mi ha mandato un gufo dopo la lezione, dice che hai impedito a Malfoy di mettere in difficoltà Neville e che ci hai anche tolto i punti. Lo dicevo io che eri in gamba!» sentenziò riprendendo a dargli quelle che dovevano essere delle pacche amichevoli.
«Hagrid ha ragione, sei stato grande, Dottore!» dissero i gemelli Weasley raggiungendolo al tavolo dei professori, stringendogli la mano a turno.
«Più che grande, direi fantastico!»
«Magnifico!»
«Unico!»
«Geniale!»
«E qualcosa mi dice che stai riacquistando punti come professore più amato di Hogwarts.» intervenne Remus, prendendo posto accanto al Dottore. «Ho sentito alcuni studenti parlarne mentre venivo qui in Sala Grande. Hogwarts non si è ancora completamente svegliata e sei già sulla bocca di tutti.»
«Ben detto, professor Lupin!» esclamò George.
«Ora scusate, ma per noi è meglio andare» disse Fred facendo cenno alla McGranitt, che li guardava con aria di rimprovero.
«Ci vediamo a lezione Hagrid. Professori…» li salutarono dirigendosi al tavolo dei Grifondoro.
«Nel caso non ve lo avessi detto lo ripeto: quei due mi sono simpatici» borbottò fra se il Dottore.
«Sono bravi ragazzi, ma ne combinano una più del diavolo. Sono i degni eredi di un altro gruppo di mia vecchia conoscenza» disse Hagrid lanciando una fugace occhiata a Remus, che non riuscì a nascondere un sorriso malandrino.
«Addirittura?»
«Lo dice anche Silente, l’ho sentito io.» confermò Hagrid.
«Si può sapere di che state parlando voi due?»
«Nulla, Dottore. Nulla. Cambiando argomento, avete visto l’avviso affisso in bacheca?» chiese Remus servendosi del succo di zucca.
«Eccome se l’ho visto!» intervenne Hagrid allegro «La prima gita ad Hogsmeade dell’anno!»
«Hogsmeade?» chiese il Dottore. Più il tempo passava e più invece di capirci qualcosa, quel mondo magico lo faceva sentire sempre più stupido. In tutta la sua vita aveva viaggiato moltissimo, più di qualunque essere vivente nell’intero universo. Eppure da quasi un paio di mesi non faceva che sentirsi come un novellino. Quasi tutto ciò che lo circondava per lui era nuovo, ogni giorno scopriva qualcosa di diverso e ormai gli era chiaro che di cose da imparare ne aveva ancora moltissime. Lui. Il Dottore.
Il Dottore doveva imparare. Strabiliante… Ma la cosa gli piaceva da impazzire!
«E’ l’unico villaggio completamente abitato da maghi della Gran Bretagna.» gli spiegò Remus «E’ qui vicino, c’è un sentiero che lo collega ad Hogwarts e gli studenti dal terzo anno in poi hanno il permesso di visitarlo in alcuni finesettimana prestabiliti. Quest’anno la prima uscita sarà la domenica di Halloween.»
«Un villaggio interamente abitato da maghi? Mi piace! Ci andiamo Remus? Vero che ci andiamo?» lo pregò il Dottore.
«Questa volta passo, mi spiace. Ma puoi sempre andarci con Hagrid.»
«Ma certo! Ti ci porto io, Dottore. Vedrai, ti piacerà Hogsmeade!»
 
Niente fu più vero. Il Dottore rimase entusiasta da quel piccolo villaggio. La loro prima tappa fu Stratchy&Sons - Abbigliamento per Maghi, dove il Dottore acquistò un cravattino che poteva cambiare colore e fantasia a seconda della temperatura esterna. Subito dopo passarono da Zonco, dove incontrarono Fred e George, che con il supporto di Lee Jordan stavano facendo rifornimento di scherzi. Quel negozio gli piacque talmente tanto che vi rimase dentro per quasi due ore, facendo perdere la pazienza ad Hagrid, che stufo di aspettarlo decise di “andarsi a fare un bicchierino”, dicendogli che lo avrebbe aspettato ai Tre Manici di Scopa. Alla fine, Fred e George rimasero con lui per tutto il giorno: dopo avergli mostrato le Pallottole Puzzole che avevano acquistato, i Frisbee Zannuti presi per loro sorella Ginny e una Tazza da Tea Mordinaso che –a detta loro- Harry avrebbe potuto rifilare alla Cooman, convinsero il Dottore a prendere un paio di Fuochi d’Artificio Filibuster e lasciarono il negozio con una busta piena di scherzi. Fecero una pausa ai Tre Manici di Scopa dove si riunirono con Hagrid e poi si precipitarono da Mielandia, dove questa volta anche il guardiacaccia non si fece pregare molto prima di spendere. Quando rientrarono al Castello era quasi il tramonto e le loro tasche traboccavano di dolci.
«Devo ringraziare Albus per le monete che mi ha prestato.» affermò riversando sul suo letto gli acquisti della giornata.
Era stata una giornata splendida e poteva solo che migliorare, con il sontuoso banchetto che lo attendeva per la cena. Raggiunse la Sala Grande con il sorriso sulle labbra e passò la serata a divertirsi come un matto. Dopo tutti i dolci mangiati ad Hogsmeade, nel suo stomaco non c’era più molto spazio e così si limitò ad un paio di bocconi di uno sformato di zucca, che era senza dubbio la vera protagonista di quella serata. Centinaia di esse decoravano le tavolate di studenti e professori e alcune erano state perfino incantate, di modo che, muovendosi, creassero dei magnifici giochi di luce e ombre grazie alle candele accese al loro interno. Un nugolo di pipistrelli veri svolazzavano sulle loro teste, guizzando fra le tantissime stelle filanti arancioni e il soffitto era coperto di nuvole come luminosi serpenti d’acqua.
Chiacchierò con il preside per quasi tutta la durata della cena e alla fine si unì ai fantasmi in una bizzarra danza che lui stesso aveva definito “della giraffa ubriaca”, facendo scoppiare a ridere l’intera sala e coinvolgendo alcuni studenti, che nell’ilarità generale si buttarono in pista, seguendo le mosse del loro insegnante di Astronomia.
 
Quando alla fine tornò nella sua stanza, il Dottore si lasciò cadere sul letto, esausto e soddisfatto. Quei maghi erano una forza! L’ultima volta che si era divertito così tanto era stato al matrimonio di Amy e Rory, ma quella volta non aveva potuto godere dell’espressione sconcertata di Minerva McGranitt mentre ballava come un matto davanti a tutti.
Si alzò dal letto e uscì sul terrazzo, lasciandosi accarezzare il volto dal freddo vento autunnale.
Amy e Rory.
Era due mesi che era lì e due mesi che non li vedeva. Gli mancavano i coniugi Pond, ma senza TARDIS non poteva andare da nessuna parte. Non aveva ancora scoperto cosa l’avesse spinta ad andarsene. Ai suoi cambi di rotta improvvisi era abituato: quante volte le aveva detto di andare da una qualche parte e lei, puntualmente, aveva fatto di testa propria? Ormai era capitato talmente tante volte che aveva perso il conto. Ma mai lo aveva lasciato in un luogo da solo di sua spontanea volontà, doveva esserci qualcosa lì, ad Hogwarts, che non le permetteva di atterrare. Ma cosa?
«Se sono qui per una qualche invasione aliena, devo essere tremendamente in anticipo. E’ troppo chiedere una piccola situazione di panico in cui possa essere di nuovo Il Dottore
 
In quel preciso istante, un forte bussare alla porta lo fece voltare e prima che potesse rispondere, Penelope Light, Caposcuola dei Corvonero, spalancò la porta.
«Professore!» lo chiamò gridando. Aveva il fiatone, doveva aver corso mentre saliva le scale, e lo guardava con occhi sgranati, pieni di paura.
«Penelope!» disse il Dottore raggiungendo la ragazza. «Che c’è? Che è successo?»
«Pro-Professore, de-deve venire subito!» esclamò facendo dei profondi respiri per riprendere fiato. «In Sala Grande, il p-professor Silente sta-sta radunando tutta la scuola.»
«Per quale motivo, che succede?»
«Si-Sirius Black, Dottore. Sirius Black è entrato ad Hogwarts!»











***
Angolo dell’autore
In ritardissimo, lo so, ma tra feste e cambio pc non sono riuscita a postare prima. Avevo anche pensato di pubblicarlo direttamente martedì prossimo, ma poi ho deciso di metterlo subito: non mi sembrava giusto farvi aspettare ancora.
Allora, le cose iniziano a farsi interessanti… Grandi sviluppi non ce ne sono stati, lo so, ma date tempo al tempo. E poi… Cavoli, Sirius si è appena infiltrato ad Hogwarts!
E comunque, spero abbiate apprezzato la scena durante la lezione di Astronomia xD Non sono riuscita a resistere, dovevo mettere in riga Malfoy in qualche modo e ho sfruttato l’ingenuità del Dottore a mio vantaggio :p Ma soprattutto, spero vi piaccia il quadretto Dottore-Gemelli Weasley. Nel caso non si fosse capito, ve lo dico apertamente: li adoro quei tre assieme! Spero di riuscire a piazzare qualche piccola scena che li coinvolge in ogni capitolo…
 
Mi farebbe molto piacere sapere che cosa ne pensate del capitolo e/o della storia in generale. Se mai voleste lasciare una piccola recensione, un commento, farmi notare qualche errore o quello che volete, sappiate che farete di me un persona felice ^_^
Ringrazio tutte le persone che si sono avventurate in questa storia e questa settimana ringrazio in particolare
- Corvinus e miss_moka che l’hanno aggiunta alle seguite;
- fairy70  che l’ha aggiunta alle preferite;
- _purcit_, I_S_Acquamarine e ___HermionePotter___ che hanno lasciato una recensione.
 
E vi esorto a seguirmi su Facebook, dove potrete rimanere aggiornati sulle pubblicazioni, le storie future e altre cose del genere. Questo è il link per chi fosse interessato --> https://www.facebook.com/Crystal25396-EFP-364711913877418/
 
Alla settimana prossima!
 
-Crystal-

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La Perquisizione ***


Capitolo 8
La perquisizione
 
 

Quando il Dottore giunse in Sala Grande, la confusione era alle stelle. Penelope raggiunse i suoi compagni di Corvonero, da poco arrivati scortati dal professor Vitious, e ai già presenti Grifondoro e Tassorosso si unirono poco dopo i Serpeverde.
«Dottore» si sentì chiamare. Remus gli si avvicinò pallido in volto.
«Ci sono novità?»
«Non che io sappia, sono arrivato da poco. Cos’è successo esattamente?»
«A quanto pare Sirius ha tentato di infiltrarsi nella Torre dei Grifondoro. La signora Grassa si è rifiutata di farlo passare senza parola d’ordine e lui l’ha aggredita. Il quadro è stato lacerato, la tela è quasi completamente distrutta. Ora la Signora Grassa è in un quadro al quarto piano. Madama Chips sta cercando di calmarla, ma è terrorizzata.» spiegò. Aveva la gola secca e sentiva il cuore battergli furiosamente nel petto. Dopo dodici anni, credeva di aver accettato il fatto che Sirius li avesse usati e traditi, ma ora che l’uomo era tornato improvvisamente a far parlare di se, i vecchi ricordi non potevano che riaffiorargli alla memoria, destabilizzandolo.
Rivedeva il suo sorriso malandrino, lo sguardo complice che lui e James si scambiavano, la grinta che tirava fuori ogni volta che doveva scontrarsi con qualcuno fissato con la purezza di sangue, l’odio nella sua voce quando parlava della sua famiglia, le piccole avventure in cui lui e James si buttavano a capofitto, trascinando con loro, senza chiedere il permesso, anche lui e Peter. Come poteva, quel ragazzo, essere cambiato così tanto?
La voce di Silente, che rimbombò improvvisamente nella Sala, lo riportò alla realtà, interrompendo anche il vociare dei ragazzi.
«Io e gli altri insegnanti dobbiamo perquisire il castello» disse mentre la professoressa McGranitt e il professor Vitious chiudevano tutte le porte della Sala. «Temo che per la vostra sicurezza dovrete passare la notte qui. Voglio che i prefetti facciano la guardia agli ingressi. Affido la responsabilità ai Capiscuola. Ogni anomalia deve essermi riferita immediatamente. Comunicate via fantasma» aggiunse rivolto a Percy Weasley.
Il Dottore poggiò una mano sulla spalla di Remus e di diressero verso l’uscita, precedendo il preside, che con abili colpi di bacchetta aveva liberato la sala dalle quattro lunghe tavolate e aveva fatto apparire centinaia di soffici sacchi a pelo violetti.
Quando la porta fu finalmente chiusa alle loro spalle, Silente soffermò il suo sguardo, serio come non mai, sugli insegnanti, che disposti in circolo aspettavano ordini.
«Voglio che controlliate ogni angolo del castello» esordì. «Severus, occupati del terzo piano con Mastro Gazza e poi controllate nei sotterranei. Settima, secondo piano.» mentre distribuiva i vari compiti, i professori chiamati si allontanavano annuendo, sfoderando la bacchetta.
«Io controllo le serre e le cucine» disse la professoressa Sprite ricevendo un cenno affermativo dal preside.
«Hagrid, Guferia e campo da Quidditch. Dottore, lei invece controllerà la Torre di Astronomia.  Remus, va con lui e passate anche dalla professoressa Cooman.»
«E tu, Albus?» domandò il Dottore guardandolo incuriosito.
«Io mi occuperò dei Dissennatori…» rispose allontanandosi a passo spedito.
«Non gli piacciono proprio questi Dissennatori» osservò il Dottore mentre salivano le scale a chiocciola che conducevano nell’aula di astronomia.
«E a chi piacciono. Sono creature orribili.» commentò Remus tenendo lo sguardo fisso davanti a se. Perlustrarono l’intera Torre da cima a fondo senza trovare niente e quando ebbero constatato che era inutile continuare, scesero le scale per raggiungere, invece, la Torre Nord, dove la professoressa Cooman aveva le proprie stanze e svolgeva le lezioni di Divinazione. Ad un certo punto, però, il Dottore vide Remus fermarsi di colpo, mentre fissava con attenzione il corridoio che conduceva al settimo piano.
«Remus, non per essere scortese, ma la questione è abbastanza urgente, quindi ci conviene raggiungere la professoressa Cooman il prima possibile e sono sicuro che l’ingresso alla Torre Nord sia da quella parte. Quindi, forza, andiamo!» cercò di smuoverlo, riprendendo a camminare. Ma quando si accorse che non lo stava seguendo nessuno, si girò nuovamente, trovando il collega nell’esatta posizione di poco prima. Gli si avvicinò sospettoso.
«Ohi… Remus?» lo chiamò osservando la sua espressione pensierosa da quasi tutte le angolazioni, girandogli attorno confuso. Quando lo vide sollevare lo sguardo su di lui, il Dottore si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
«Da questa parte» disse improvvisamente imboccando il corridoio.
«Cosa? Remus, ti assicuro che ho un ottimo senso dell’orientamento e noi dovremmo andare dall’altra parte.»
«Lo so bene, Dottore. Ma possiamo arrivarci anche per di qua e comunque devo controllare una cosa»
«Va bene, ma… Oh. Passaggi segreti! »
Remus gli lanciò uno sguardo sorpreso.
«Un castello così grande e antico, intriso di magia fin nelle fondamenta, senza neanche un passaggio segreto? A chi vuoi darla a bere? »
Un ghigno malandrino spuntò, anche se per un breve istante, sulle labbra di Remus.
«Quando ero uno studente, assieme a James e Sirius li avevamo scoperti quasi tutti e li usavamo costantemente. Ne esistono sette che conducono fuori da Hogwarts, ma due sono inutilizzabili e gli altri sono tenuti sotto controllo. Comunque, non è di quelli che stavo parlando.» spiegò salendo l’ultimo gradino che introduceva al settimo piano.
«E a cosa ti riferivi?»
«A questa» disse fermandosi in mezzo al corridoio, volgendo lo sguardo verso la parete vuota.
«Un muro di pietra? Immagino di no…» borbottò tirando fuori il suo prezioso cacciavite sonico e puntandolo verso la parete davanti l’arazzo di Barnaba il Babbeo.
«Infatti. Il mio cacciavite non funzione e con non funziona non voglio dire che non funziona, il mio cacciavite va alla grande, ma intendo che sembra come impazzito, non riesce ad esaminare correttamente l’area, il che significa solo una cosa: alta concentrazione di magia! Cosa c’è dietro quel muro?» chiese  voltandosi verso Remus.
«E’ il cacciavite più strano che abbia mai visto» disse l’uomo osservando lo strano strumento del Dottore.
«Perché, come dovrebbe essere? E non cambiare argomento. Avanti, come funziona questa cosa?» lo esortò affiancandolo e fissando con intensità la parete.
«Bisogna fare un incantesimo? O basta una parola d’ordine? Ho notato che vi piacciono le parole d’ordine…»
«Nessuna delle due cose.» rispose Remus camminando avanti e indietro per tre volte lungo quel tratto di corridoio. Quando sollevò di nuovo lo sguardo, trovò il Dottore con la bocca aperta e gli occhi che luccicavano dall’emozione.
«Adoro la magia…» esclamò emozionato, aprendo la porta che era improvvisamente comparsa sulla parete e fiondandocisi dentro.
«Che cos’è?» chiese guardandosi attorno eccitato.
La stanza in cui si erano ritrovati ricordava l’illustrazione che aveva visto in un libro della biblioteca, che ritraeva la Sala Comune dei Grifondoro. Davanti a loro un camino accoglieva allegre fiammelle scoppiettanti che riscaldavano la stanza circolare e un divano rosso dall’aspetto molto confortevole vi era posizionato difronte. Ai lati alcune librerie coprivano le pareti e una scrivania posta sulla sinistra della stanza era pronta per essere utilizzata.
«E’ nota come stanza Va-E-Vieni, o Stanza delle Necessità.» spiegò Remus nostalgico «Sono pochi quelli che la conoscono e ancora meno quelli che sanno come trovarla. Fondamentalmente la Stanza delle Necessità è in grado di fornire tutto ciò di cui uno ha bisogno. Sirius sa dove trovarla, ho pensato che si sarebbe potuto nascondere qui, ma a quanto pare mi sbagliavo. Se ci fosse stato qualcuno la Stanza ci avrebbe condotti  da lui e qui dentro non c’è nessuno. Sarà meglio sbrigarci e raggiungere la professoressa Coom-»
Non riuscì a terminare la frase. Il suo sguardo si era posato sulla figura del Dottore, che come un bambino stava saltando con energia su un grosso materasso che doveva aver richiesto alla Stanza per chissà quale motivo.
A quel punto trattenersi fu inutile.
«Che… Che stai facendo?» chiese fra le risa.
«Testo. L’efficacia. Della stanza!» rispose il Dottore fra un salto ed un altro, un sorriso divertito dipinto sul volto.
Remus scosse la testa esasperato, cercando di ricomporsi, perché no, non era esattamente quello il momento di divertirsi. Anche se al Dottore non sembrava interessare più di tanto…
«Non avevi detto che siamo di fretta? Meglio sbrigarsi, abbiamo ancora una zona del castello da controllare ed è già l’una e mezza di notte. Non sei stanco?»
«Stanco io?» domandò il Dottore saltando letteralmente già dal materasso.
«Mai
 
Usciti dalla Stanza delle Necessità, Remus guidò il Dottore verso la Torre Nord. Bastarono un paio di passaggi segreti, e raggiunsero la stretta scala a chiocciola d’ingresso in un batter d’occhio.
«Toglimi una curiosità, come mai non ho mai visto questa professoressa Cooman?» chiese improvvisamente il Dottore.
«Perché non esce mai dalla propria stanza. Non ho ben capito il perché, credo abbia qualcosa a che fare con il suo occhio»
«Ha problemi alla vista?»
«Non in quel senso. Mi riferisco all’Occhio Interiore, quello che permette ai Veggenti e tutti coloro che praticano la Divinazione di  fare profezie, vedere il futuro. Anche se a giudicare dalle voci di corridoio, quelle della nostra professoressa non sono molto affidabili. La professoressa McGranitt mi ha raccontato che ogni anno ha la mania di predirre la morte a uno studente e quest’anno sembra avercela particolarmente con Harry. Ecco, siamo arrivati»
Quando entrarono nell’aula, il Dottore si ritrovò in quella che avrebbe definito una sala da tea vecchio stile. Ospitava almeno venti tavolini rotondi, tutti circondati da poltroncine foderate di chintz e piccoli, grassi sgabelli. Tutto era illuminato da una luce scarlatta proveniente dalle finestre coperte da tende, mentre le lampade erano drappeggiate con sciarpe rosso scuro.
«Caspita che caldo» osservò il Dottore sistemandosi un ciuffo di capelli che gli era ricaduto sugli occhi e avanzando all’interno dell’aula, iniziando a guardarsi attorno.
«Professoressa Cooman?» chiamò Remus dirigendosi verso l’ufficio della donna.
«Prego cari, entrate pure, vi stavo aspettando. Vi ho visti arrivare…» disse una voce dolce e misteriosa proveniente dallo studio.
Quando si voltò e la donna che aveva parlato lasciò finalmente che la luce la illuminasse, avanzando lentamente, il Dottore sobbalzò leggermente. Aveva conosciuto veggenti di ogni tipo, nel corso della sua vita, ma nessuno visibilmente così particolare come la professoressa Cooman. Era una donna magrissima, con indosso una quantità spropositata di bracciali, catene e collane. Indossava un leggero scialle di perline e i capelli, i più crespi che avesse mai visto, erano tirati indietro da una fascia colorata. Ma ciò che metteva davvero soggezione erano gli occhi, che attraverso gli spessi occhiali che teneva sul naso, sembravano molto più grandi del normale. Insomma, dava l’impressione di essere una donna parecchio bizzarra e fuori di testa. Non che il Dottore potesse permettersi di fare qualche predica… Aveva ancora i brividi se pensava a quel ridicolo completo multicolore che per un periodo si era messo in testa di voler indossare.
«Avverto un pericolo nell’aria…» disse lei poggiando le mani su un tavolino al cui centro giaceva una sfera di cristallo.
«Professoressa…»
«Siamo colleghi, Remus. Vi prego, chiamatemi Sibilla.»
«Sibilla, allora!» intervenne il Dottore avvicinandosi. «Sono il Dottore, insegno astronomia, ma immagino tu lo sappia già. Ascolta, abbiamo un problema. Dobbiamo perquisire la Torre e controllare che nessuno, Sirius Black per l’esattezza, sia entrato.»
«Allora posso velocizzare la cosa: vi assicuro che qui non c’è nessuno all’infuori di noi tre. Ne avrei avvertito la presenza, in quel caso.»
«Oh. Magnifico! E’ stato facile, vero Remus?» chiese il Dottore sorridendo soddisfatto. Ma Remus non parve della sua stessa idea e fece qualche passo in avanti, avvicinandosi a lei.
«Ho piena fiducia nelle tue capacità, ma io e il professor Silente ci sentiremmo più tranquilli se potessimo dare un’occhiata. Black è pericoloso e vogliamo essere sicuri che tu stia al sicuro. Capisci, Sibilla?» disse fissando i suoi occhi verdi in quelli della professoressa Cooman, che lusingata e visibilmente in imbarazzo diede il permesso ai due uomini di fare il loro dovere, mentre il Dottore osservava la scena con un sopracciglio solevato.
«Non ti facevo così capace con le donne. Vuoi che vi lasci soli?» lo punzecchiò il Dottore mentre controllavano l’ufficio della professoressa.
«Per la barba di Merlino... Dottore!» lo azzittì Remus arrossendo vistosamente. «Non ci avrebbe mai lasciato controllare la Torre, considerando quanta fiducia ha nel suo Occhio Interiore. E detto fra noi, per quanto la Divinazione sia una materia affascinante, non sempre bisogna dare per scontato ciò che si vede o che viene riferito. E’ una branca della magia molto imprecisa, piena di contraddizioni e che necessita di interpretazioni non sempre facili da trovare.»
«Quindi l’hai corteggiata solo per farci entrare.»
«Non l’ho corteggiata!» ribadì Remus arrossendo ancor di più, facendo apparire un cuscino e lanciandolo con un colpo di bacchetta verso il Dottore, centrandolo in piena faccia.
Setacciarono la Torre Nord da cima a fondo, ma non trovarono niente.
«Trovato qualcosa, cari?» chiese Sibilla raggiungendo i due uomini nell’aula.
«Niente per fortuna. Black non è qui» rispose Remus passandosi una mano dietro la schiena dolorante. Aveva bisogno di riposarsi…
Salutarono a professoressa Cooman scusandosi per il disturbo e augurandole la buonanotte, poi ridiscesero in Sala Grande. Per evitare di disturbare il riposo degli studenti, tutti gli insegnanti confrontarono i risultati delle loro ricerche, che a quanto pare non si rivelarono molto diverse da quella di Remus e del Dottore.
Dopo aver ascoltato tutti quanti, fu Piton ad entrare in Sala Grande per comunicare tutto al professor Silente. Gli altri insegnanti erano liberi di tornare nelle loro stanze o, come decisero la maggior parte di loro, rimanere agli ingressi per controllare che tutto rimanesse tranquillo.
 
Dopo aver chiuso il portone alle sue spalle, Piton avanzò rapidamente, ma con passo silenzioso, verso Silente, che stava parlando a bassa voce con Percy Weasley.
«Preside, tutto il terzo piano è stato perquisito. Black non è lì. E Gazza ha ispezionato le segrete: anche là sotto niente.»
«E la Torre di Astronomia? La stanza della professoressa Cooman? La Guferia?»
«Tutto controllato.»
«Molto bene, Severus. Non che mi aspettassi di trovarlo»
«Ha idea di come possa essere entrato, Preside?» chiese Piton.
«Parecchie, Severus. Una meno probabile dell’altra.» ma la risposta non soddisfò per niente il professore di Pozioni, sul cui volto si dipinse un’espressione irritata, quasi arrabbiata.
«Si ricorda la nostra conversazione, Preside, appena prima… ah… dell’inizio del trimestre?» disse Piton a labbra strette, cercando di non farsi sentire troppo da Percy.
«Sì, Severus.» rispose Silente con una nota di avvertimento nella voce.
«Sembra quasi impossibile… Che Black sia potuto entrare nella scuola senza un aiuto dall’interno. Avevo espresso la mia preoccupazione quando lei ha assegnato…»
«Non credo che nel castello ci sia una sola persona che avrebbe aiutato Black a entrare.» ribatté Silente. La sua foce era suonata ferma e austera, ma nonostante tutto per niente alta, per non disturbare il sonno degli studenti che, sdraiati nei loro sacchi a pelo, ricoprivano il pavimento di tutta la Sala Grande.
«Devo scendere dai Dissennatori. Ho detto che li avrei informati alla fine dell’ispezione.» chiuse il discorso Silente, facendo capire chiaramente a Piton che non avrebbe tollerato alcuna replica.
«Non hanno offerto la loro collaborazione, signore?» chiese Percy timoroso.
«Oh sì. Ma temo proprio che nessun Dissennatore varcherà la soglia di questo castello finché io sono il preside.» disse Silente gelido, uscendo rapidamente dalla Sala, senza produrre il minimo rumore.
 
Nell’oscurità, rannicchiati nei loro sacchi a pelo, tre paia d’occhi si guardavano stupefatti.
«Ma che sta succedendo?» sussurrò Ron.
«Secondo voi cosa intendeva Piton? Di chi stava parlando?» chiese Harry confuso più che mai.
«Non ne ho idea. Tu cosa ne pensi Hermione?»
La ragazza si prese qualche secondo prima di rispondere.
«Non ne sono sicura, ovviamente, ma… Un sospetto ce l’avrei e la mia ipotesi sembra sempre più realistica.»
«Si può sapere chi che stai parlando?» chiese Ron a voce un po’ troppo alta. Percy si avvicinò loro incitandoli di fare silenzio e i tre chiusero gli occhi, come se bastasse quel gesto per dimostrare che in realtà stavano dormendo.
«Allora?»
«Ne parliamo dopo, Harry.» soffiò Hermione rigirandosi nel suo sacco a pelo e dando le spalle ai suoi due amici.
«Ma Hermione…» ribatté Ron.
«Buonanotte» concluse lei facendo capire che non aveva intenzione di affrontare la questione lì e in momento. Impiegò parecchio tempo prima di addormentarsi. I fatti delle ultime ore e le parole di Piton non riuscivano a lasciarla dormire in pace e perfino quando, stremata, Morfeo la accolse fra le sue braccia, dalle sue labbra uscì, impercettibile, una domanda. Quella domanda che non riusciva a togliersi dalla testa.
«Dottore… Chi?»










***
Angolo dell’autore
Dopo qualche settimana di assenza causa sessione invernale (maledetta ç_ç) sono tornata!
Allora, il capitolo è stato un parto: ci ho messo un sacco di tempo per scriverlo e fino a ieri il risultato mi faceva altamente schifo. Ma sono riuscita a sistemarlo e infondo, nonostante non ne sia ancora totalmente soddisfatta, è meno peggio di quanto pensassi.
La perquisizione inizia e tutti sono alla ricerca di Sirius Black, che ovviamente non si trova. Vi dico subito che la Stanza delle Necessità non tornerà. Ero indecisa se inserirla o meno proprio quel questo motivo, ma mi è sembrato normale che Remus vi andasse a dare un’occhiata. Ah, e spero che abbiate apprezzato le piccole gag comiche fra lui e il Dottore. Mi diverto sempre molto a scriverle :3
L’ultima parte del capitolo è praticamente identica al libro, lo so (e di fatti è uguale), ma mi serviva per quelle ultime frasi che Harry, Ron e Hermione si scambiano prima di addormentarsi, perché saranno fondamentali nel prossimo capitolo e volevo che tutto fosse omogeneo, senza salti bruschi.
 
Vi invito, però, a seguirmi sulla mia pagina Facebook, così da rimanere aggiornati sulle pubblicazioni e gli aggiornamenti. Per chi fosse interessato, questo è il link --> https://www.facebook.com/Crystal25396-EFP-364711913877418/
 
Mi farebbe molto piacere sapere che cosa ne pensate del capitolo o della storia in generale. Se mai voleste lasciare una piccola recensione, un commento, farmi notare qualche errore (se i personaggi sono OOC! Non mi stancherò mai di dirlo, se li trovate OOC ditemelo, è un particolare a cui tengo particolarmente) o quello che volete, sappiate che farete di me una persona felice ^_^
Ringrazio tutti coloro che si sono avventurati in questa storia e questa settimana ringrazio in particolare
- _GiulsWho_ e iulia2001 che l’hanno aggiunta alle seguite;
- saylveon  che l’ha aggiunta alle preferite;
- _purcit_ e I_S_Acquamarine che hanno lasciato una recensione.
 
Alla settimana prossima!
-Crystal-

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** La Paura di Hermione ***


Capitolo 9
La paura di Hermione
 

 
La mattina successiva i ragazzi vennero svegliati di buon ora dai professori. Dopo aver risistemato la Sala Grande, la vita a scuola riprese il suo normale corso e gli studenti poterono tornare nei loro dormitori. Il quadro della Signora Grassa fu temporaneamente sostituito con quello di Sir Cadogan – l’unico che aveva avuto il coraggio di accettare quel compito, ma nessun Grifondoro sembrava esserne molto felice: il cavaliere passava la maggior parte del tempo a sfidare la gente a duello e il restante a inventare complicate parole d’ordine, che cambiava almeno due volte al giorno.
A scuola non si parlava d’altro che di Sirius Black. Gli studenti sembravano quasi divertirsi nell’inventare il modo che l’evaso potesse aver utilizzato per infiltrarsi ad Hogwarts. Inutile dire che le idee erano una più stramba dell’altra.
Quelli che però non si esponevano troppo nel fare ipotesi erano Harry, Ron e Hermione, a quanto pare gli unici che erano riusciti ad udire le parole di Silente e Piton. Si erano ripromessi di parlarne la sera dopo il fatto, ma per un motivo o per un altro, il momento del confronto venne rimandato di continuo. Hermione era sempre sommersa dai libri, china sulle pergamene che rapidamente riempiva di appunti, schemi, riassunti o temi. Ron continuava a dire che era umanamente impossibile riuscire a seguire tutti quei corsi e rimanere al passo con il programma. Se non fosse incappata in qualche sufficienza, di certo prima o poi sarebbe crollata dalla stanchezza.
Durante la settimana fu quasi impossibile scollarla dallo studio e ogni volta che tentavano di distrarla, lei li scacciava malamente. Nel suo caso, rimandare quell’importante discussione a causa dello studio non era poi una scusa così campata per aria.
A tenerli impegnati, poi, arrivarono anche gli allenamenti di Quidditch. Baston era deciso più che mai a vincere la Coppa, essendo quello il suo ultimo anno ad Hogwarts, e sottoponeva la squadra ad allenamenti talmente faticosi che la sera Harry crollava sul suo letto prima ancora di riuscire a togliersi gli occhiali.
Alla fine dovettero aspettare il finesettimana per potersi concedere una pausa e poter affrontare finalmente l’argomento “infiltrato”.
 
«Per me è un’assurdità, Hermione» disse Ron sedendosi accanto ai due amici.
Nonostante fosse inverno, quel giorno l’aria era più mite del solito e il sole che splendeva alto nel cielo aveva spinto la maggior parte degli studenti ad uscire nel parco. La Sala Comune dei Grifondoro era quasi totalmente deserta, così i tre ragazzi avevano l’occasione perfetta per discutere tranquillamente senza rischiare di essere sentiti da orecchie indiscrete, occupando il divano e le poltrone libere davanti al camino.
«Pensaci, Ron. A chi altri avrebbe potuto riferirsi?»
«Silente non avrebbe mai permesso a qualcuno di poco raccomandabile di insegnare» osservò Harry.
«Ma Silente è umano. Può sbagliare anche lui» insistette Hermione, seduta fra i due ragazzi.
«Non ti fidi di lui?»
«Certo che mi fido di lui, Harry! Dico solo che potrebbe aver sbagliato il suo giudizio, può capitare! Guarda cosa è successo con Raptor: era uno degli insegnanti che proteggeva la pietra, ma era sotto il controllo di Voi-Sapete-Chi già da tempo. Pensi che Silente avrebbe assunto Raptor se avesse conosciuto i suoi piani? Per quanto sia uno dei più grandi maghi della storia, non significa che non possa fare errori.» disse Hermione cercando di non alzare troppo la voce. Le sue parole colpirono molto i due ragazzi e per qualche minuto fra loro calò il silenzio più totale.
«Non ha i tutti i torti» ammise Harry con un sospiro.
«Io però continuo a non crederci. Il Dottore? Quel tizio è uno dei migliori insegnanti che abbiamo mai avuto! Fred e George lo considerano quasi uno di loro.»
«Il fatto che sia un bravo insegnante, cosa su cui avrei qualcosa da ridire, non significa nulla. Rifletti, cosa sappiamo esattamente di lui?»
«Ma che domande fai? Voglio dire, a parte Hagrid, neanche degli altri professori sappiamo nulla di particolare e non mi pare che la cosa ti abbia mai creato problemi…»
«Ti sbagli, Ron» lo interruppe Hermione facendosi ancor più seria di prima «Del Dottore non sappiamo nulla, neanche come si chiama»
«E’ il Dottore!»
«E a te questo basta?»
Ron non rispose, si limitò ad osservare i due amici, senza sapere effettivamente come rispondere. Gli bastava? Bastava sul serio essere semplicemente “il Dottore” per guadagnarsi la sua fiducia? Sì. Qualcosa gli diceva che sì, poteva fidarsi. Quel tipo gli piaceva: era simpatico, esuberante, era riuscito a mettere in riga Malfoy senza farsi intimidire e poi sapeva un mucchio di cose. Anche ai suoi fratelli piaceva. Ma una cosa del genere non poteva convincere Hermione Granger. Guardò Harry in cerca di aiuto e supporto, ma vide l’amico abbassare lo sguardo e sistemarsi gli occhiali sul naso nervosamente.
«Credo che Hermione abbia ragione» disse Harry facendo nascere un sorriso vittorioso sulle labbra della ragazza. «Come possiamo fidarci di una persona di cui non conosciamo neanche il nome?»
«Si fa chiamare Dottore, ma è impossibile che sia quello il suo vero nome. Perché non vuole dircelo?» insistette Hermione.
«Va bene, d’accordo. Ammetto che è un tipo strano e che spesso dice cose senza senso, ma non mi sembra il tipo che farebbe del male a qualcuno, tantomeno aiutare Black ad entrare ad Hogwarts. E poi, quella sera è stato tutto il tempo in Sala Grande, tutta la scuola lo ha visto. Se è come dici tu, come avrebbe fatto?» disse Ron felice di aver trovato qualcosa che andasse a favore del Dottore.
«Non lo so, ma c’è dell’altro…» sussurrò Hermione cambiando improvvisamente espressione. Era pallida e sembrava non riuscire a sollevare lo sguardo, fisso sulle fiamme nel camino.
«Da quella volta in cui lo abbiamo incontrato, dopo l’incidente con Fierobecco, ho la sensazione che ce l’abbia con me per qualcosa. Mi sento osservata ogni volta che siamo nella stessa stanza o che ci incrociamo lungo i corridoi.» Il suo tono era basso e tremava lievemente. Harry le mise una mano sulla spalla e la avvicinò a se, come per farle sentire la sua presenza, fissandola sconcertato.
«Non l’avevo notato…» sussurrò con tono colpevole.
«Io sì.» disse Ron attirando l’attenzione dei due amici che lo fissarono ad occhi sgranati.
«Cosa?» bisbigliò Hermione, non riuscendo a credere a quelle parole.
«E’ successo anche a lezione con Lupin, quella sul Molliccio»
«E come puoi continuare a difenderlo?» chiese Hermione confusa.
«Non ci ho dato molto peso, pensavo ti guardasse perché fai sempre la parte della saputella, oppure perché anche lui ha notato che ultimamente sei strana, cosa che tu continui a negare…»
Hermione lo fissò a bocca aperta, gli occhi lucidi. Harry la vide fremere, mentre stringeva i pugni con forza, fino a far diventare le nocche bianche.
«Strana? Io strana? Sono piena di cose da fare, a differenza tua!» sbraitò alzandosi in piedi di scatto e attirando l’attenzione di quei pochi Grifondoro ancora chiusi nella Sala Comune.
«Ti dico che quel tipo mi spaventa, e tu sei capace di sminuire così la questione, dando la colpa a me!? Sai che ti dico? Vedetevela da soli, non mi interessa! Guai a voi se venire a chiedermi qualcosa. La “saputella” ha di meglio da fare!» gridò dirigendosi verso il passaggio nel muro «E sai una cosa, Ronald Weasley? Spero davvero che Grattastinchi riesca a mangiarselo quel tuo stupido topo!»
Lasciò la Sala Comune furente, senza curarsi degli sguardi curiosi dei Grifondoro che avevano assistito alla scena, di Ron, che l’aveva fissata a bocca aperta, sconcertato, e di Harry, che si era limitato a sussurrare più a se stesso che a lei, un flebile «E io che c’entro, adesso?»
 
Hermione percorse a passo spedito i corridoi di Hogwarts, diretta neanche lei sapeva dove.
L’unica cosa che voleva era stare un po’ sola, così da sbollire la rabbia.
«Stupido… Stupido Ron Weasley» borbottò fra se mentre scendeva velocemente le scale e usciva dal portone principale di Hogwarts, avviandosi verso i margini della Foresta Proibita, dove sapeva che gli studenti non osavano andare.
Si avvicinò al punto in cui le acque del Lago Nero bagnavano i primi alberi della Foresta e con rabbia tirò un grosso sasso la cui unica colpa era estata quella di essersi trovato sul cammino della ragazza.
Immerse le mani tremanti nel suo folto cespuglio crespo e si poggiò con la schiena al tronco di un grosso albero, lasciandosi scivolare giù, fino a nascondere il volto nelle ginocchia strette al petto. E in quella posizione, finalmente sola, si lasciò andare in un pianto liberatorio. Le lacrime le scorrevano incessanti lungo le guance, mente le spalle erano scosse da profondi singhiozzi.
Rabbia. Frustrazione. Paura. Hermione stava lasciando che tutto lo stress accumulato la abbandonasse, smettendo di soffocarla.
Rimase lì, in quella posizione, per diversi minuti; la testa piena di pensieri che le impedivano di fare un ragionamento di senso compiuto. L’unica cosa che nella sua mente era chiara era una: Ronald Bilius Weasley era uno stupido. Uno stupido idiota.
Decise di rimanere lì, nascosta da tutto e da tutti, almeno fino all’ora di pranzo: aveva bisogno di silenzio e di stare un po’ da sola, per calmarsi e schiarire le idee.
Chiuse gli occhi, cercando di lasciarsi cullare dal suono del vento fra gli alberi o dal lieve sciabordio delle acque, quando la pace venne improvvisamente rotta da un rumore improvviso. Un ramo che si spezzava.
 
Colta di sorpresa, Hermione, estrasse con mani tremanti la bacchetta e si appiattì contro il fusto del grande albero che fino a quel momento era riuscita a proteggerla dall’esterno.
“Avventurarmi nella Foresta Proibita da sola… Ma che mi è saltato in mente?” si rimproverò mentalmente.
Trattenne per un attimo il respiro, tendendo l’orecchio in ascolto.
Silenzio. C’era solo il cinguettio degli uccelli, il rumore delle foglie e quello dell’acqua. Che si fosse immaginata tutto?
Silenzio. Probabilmente si, era stato uno scherzo della sua mente.
Abbassò la mano che stringeva saldamente la bacchetta, riprendendo a respirare e uscendo dal suo nascondiglio, quando si rese conto che qualcuno stava facendo esattamente la stessa cosa dall’altra parte dal tronco.
Un urlo si levò alto nel cielo e Hermione indietreggiò spaventata, il cuore che le batteva forte nelle tempie e gli occhi fissi sulla persona davanti a lei, che pallida in volto teneva una mano al centro del petto, mentre con l’altra stringeva uno strano strumento che portava il nome di cacciavite sonico.
«He-Hermione!» la chiamò lui ancora con gli occhi sgranati, passando a sistemarsi nervosamente il cravattino. A quanto pare il suo doveva essere una specie di tic nervoso.
«Professore! Mi ha spaventata!» disse la ragazza cercando di regolarizzare il respiro.
«Perdonami, credevo non ci fosse nessuno.» si scusò lui rimettendo al suo posto il cacciavite sonico «Anche perché, sbaglio o agli studenti è proibito entrare nella Foresta?»
Hermione arrossì di colpo. Colta in flagrante a trasgredire una regola e per giunta dalla persona che al momento la spaventava quasi più Sirius Black.
«Mi dispiace, non volevo.» si scusò abbassando il capo, tentando di trovare una scusa che giustificasse la sua presenza lì, ma si sentiva ancora la testa pesante e per quanto si sforzasse non riusciva a trovare qualcosa di sensato da dire.
L’unica cosa che riusciva a cogliere era il suo corpo che tremava. Ma dubitava fosse per lo stesso motivo di poco prima: sentiva chiaramente l’ansia e il terrore iniziare a crescere dentro di lei. In quel momento avrebbe preferito trovarsi da qualsiasi altra parte piuttosto che lì da sola, faccia a faccia con quello che si faceva chiamare il Dottore. La sola presenza di quell’uomo la bloccava e come se non bastasse, sentiva di nuovo il suo sguardo puntato su di lei. Si sentiva come spogliata ed esaminata dai suoi occhi.
Sentì un brivido  di paura percorrerle la schiena quando lo vide avvicinarsi. Subito avvertì il respiro farsi più pesante, il battito del suo cuore accelerare improvvisamente.
Il Dottore la raggiunse ad ampi e lenti passi, leggermente ricurvo in avanti, e portò le mani sul suo viso, sollevandoglielo.
 
«Stai piangendo…»
 
Hermione si ritrasse spaventata, toccandosi il volto e rendendosi conto solo allora delle lacrime che le riempivano gli occhi. Quando aveva ricominciato a piangere?
Con la manica della divisa si asciugò velocemente occhi e guance, tirando su rumorosamente con il naso.
“Calmati Hermione. Calmati.” Si ripeté mentalmente cercando di tirar fuori il coraggio che tanto contraddistingueva la sua Casa. Perché in quel momento di coraggio ne aveva bisogno. E anche parecchio.
«Ecco, io… Avevo bisogno di stare un po’ da sola e così… Mi scusi, non avrei dovuto addentrarmi nella Foresta, ha perfettamente ragione» disse stringendosi nelle spalle.
«Non c’è bisogno di scusarsi: eri triste e volevi un posto tranquillo e isolato dove stare, ti capisco. Io di solito vado nello spazio aperto…. Ad ogni modo, ti va di parlarne?»
Hermione lo fissò sorpresa e confusa più che mai, cercando di nascondere la paura che, ne era sicura, era visibilissima nei suoi occhi.
«Con… lei?»
«Certo! E con chi, altrimenti? Sai, sono piuttosto bravo ad ascoltare, le persone tendono per qualche assurdo motivo a confidarsi con me e… Ah. Giusto. Insegnante.» disse realizzando in quel momento perché ad Hermione l’idea di confidarsi con lui suonasse così strana.
Sospirò rassegnato e si avvicinò nuovamente alla ragazza, piegandosi in avanti e posando una mano sulla sua spalla.
«Deve essere successo qualcosa se hai deciso di venire qui da sola. Non voglio forzarti, ma parlare con qualcuno ti farà bene e per qualsiasi cosa conta pure su di me. So che sono un insegnante e la cosa risulterebbe bizzarra, ma se come professore posso essere una frana totale, come Dottore me la cavo abbastanza bene e come tale non sopporto di vedere qualcuno che piange.» le confessò, riuscendo incredibilmente a strapparle un timido sorriso.
«Sto bene ora… Grazie Dottore» disse Hermione, fissando quegli occhi piccoli e incavati. Le parole del Dottore l’avevano sorpresa e per qualche strana ragione erano riuscite a calmarla. I suoi occhi… Avevano una strana luce che, lei stessa si stupì, contrariamente a quanto pensava non la spaventarono. Erano occhi stanchi, come se avessero visto le disgrazie di questo mondo. Era strano come la tranquilla profondità di quello sguardo riuscisse a tranquillizzarla e a stuzzicare la sua curiosità.
«Bene» le sorrise felice lui, addrizzando la schiena. «Ora però sarà meglio rientrare nel Castello, tanto quello che stavo cercando continua a non volerne sapere di farsi vivo… E poi è ora di pranzo, non so te, ma io sto morendo di fame. Mi succede spesso quando il tempo sta cambiando»
«Cosa intende dire?»
«Esattamente quello che ho detto, che sta cambiando il tempo. Se i miei calcoli sono giusti, e ti assicuro che lo sono, dovrebbe scoppiare un temporale bello forte fra circa… - si umettò il dito indice con la lingua e lo sollevò in aria – cinque ore. Durerà anche un bel po’…» spiegò posando il braccio sulla spalla della ragazza e scortandola fino al castello.
 
Quando Hermione raggiunse la Sala Grande, si premurò di sedersi il più lontano possibile da Ron, giusto per sottolineare il fatto che era ancora arrabbiata con lui, lanciando invece uno sguardo di scuse ad Harry. Accecata dall’ira se l’era presa anche con lui e ripensandoci si sentiva terribilmente in colpa per questo. Harry non aveva fatto nulla, aveva anche tentato di difenderla. Quello che era irrimediabilmente stupido era un altro...
 
Portandosi il cucchiaio colmo di minestra alla bocca, lanciò un’occhiata al tavolo dei professori, dove il Dottore si stava allegramente riempiendo il piatto di cibarie.
Non doveva lasciarsi ingannare. Sì, pochi minuti prima era stato gentile con lei, per la prima volta lo aveva visto sotto una luce diversa, ma non aveva di certo cambiato opinione su di lui così all’improvviso: quell’uomo rimaneva strano e misterioso. Un po’ troppo per i suoi gusti. Era convinta nascondesse più di un segreto e aveva tutta l’intenzione di scoprirlo, che Harry e R… l’idiota avessero voluto aiutarla o meno.
 
Ridacchiò quando vide il Dottore che chiacchierava allegramente con Hagrid, mentre imitava chissà quale sconosciuta creatura che solo lui sembrava conoscere.
No, non si sarebbe fermata, esattamente come non si sarebbe mai fidata del Dottore. Ma per il momento, gli avrebbe concesso il beneficio del dubbio.










***
Angolo dell’autore
Ce l’ho fatta! In ritardo, chiedo scusa, ma finalmente eccovi il capitolo 9! Speravo di pubblicarlo prima, ma sono stata occupata con l’università e avevo un attimo bisogno di rivedere alcune cose nel libro per poter andare più sul sicuro con i prossimi capitoli: auspico a rendere la storia il più “canon” possibile, e questo implica rispettare ogni minimo dettaglio (tranne qualche ovvia eccezione) del libro, lo scorrere del tempo compreso.
Ma veniamo a noi!
Capitolo un po’ diverso rispetto ai precedenti e tutto raccontato dal punto di vista di Hermione. Diciamo che sono molto più soddisfatta della prima parte che della seconda, ma in qualche modo dovevo far interagire la nostra so-tutto-io preferita con il Dottore. Mi sono immaginata la scena in tantissimi altri modi, ma questa finale è quella che mi ha convinta di più.
Non ho altro da dire, penso che il capitolo di oggi sia abbastanza chiaro rispetto agli altri.
 
Vi invito a seguirmi sulla mia pagina Facebook, così da rimanere aggiornati sulle pubblicazioni e gli aggiornamenti, magari anche con qualche anticipazione o “dietro le quinte” ;)
Per chi fosse interessato, questo è il link --> https://www.facebook.com/Crystal25396-EFP-364711913877418/
 
E poi mi farebbe molto piacere sapere che cosa ne pensate del capitolo o della storia in generale. Se mai voleste lasciare una piccola recensione, un commento, farmi notare qualche errore (se i personaggi sono OOC! Non mi stancherò mai di dirlo, se li trovate OOC ditemelo, è un particolare a cui tengo particolarmente) o quello che volete, sappiate che farete di me una persona felice ^_^
Ringrazio tutti coloro che si sono avventurati in questa storia e questa settimana ringrazio in particolare
- LettriceStravagante, pappy636, Sara87003 e Valedd32 che l’hanno aggiunta alle seguite;
- dralewho, Gersha86, LettriceStravagante e Madame Lestrange  che l’ha aggiunta alle preferite;
- Miss Loki-Riddle Gold che l’ha aggiunta alle ricordate;
- _purcit_, Valedd32 e ___HermionePotter___ che hanno lasciato una recensione.
 
Alla settimana prossima!
-Crystal-

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Il Lupo e l'Alieno - prima parte ***



Capitolo 10
Il Lupo e l’Alieno – prima parte
 
 

Come il Dottore aveva preannunciato, nei giorni seguenti piovve incessantemente, con il vento che ululava forte e il cielo rischiarato solo da quei lampi che squarciavano il nero cielo di novembre. Nei corridoi, ancora più bui del solito, erano state poste nuove torce e il Dottore era stato costretto a spostare le lezioni, là dove possibile, durante il giorno: osservare il cielo in quelle condizioni era una cosa impossibile perfino per lui.
Ciò che invece non poteva di certo essere sospesa o rimandata, era l’inizio dell’atteso campionato di Quidditch.
Il famoso sport per maghi di cui il Dottore aveva solo sentito parlare era ormai l’argomento principale di qualunque discussione o chiacchiera, sia fra gli studenti che tra i professori. La prima partita si sarebbe giocata proprio quel fine settimana di metà novembre e avrebbe visto schierate le squadre delle due Case che maggiormente avvertivano la rivalità: Grifondoro e Serpeverde. La professoressa McGranitt era particolarmente combattiva e alcuni studenti giuravano di averla vista sfidare con una scommessa il professor Piton sulla vittoria della propria Casa.
Dal canto suo, il Dottore, che poco sapeva su quello sport se non quanto aveva letto nei libri in biblioteca o su quanto aveva intuito dalle discussioni fra Remus e Hagrid, non aveva dubbi su quale sarebbe stata la Casa per cui avrebbe tifato: due chiome identiche e perfettamente rosse avevano bisogno del suo sostegno morale ed era pronto a tifare per loro dagli spalti dei Grifondoro. Gli avevano detto che per i professori o gli eventuali ospiti esterni vi era una tribuna riservata, ma non voleva assolutamente perdersi la sensazione di stare fra gli studenti che urlano e incitano i propri compagni a dare il massimo. Anche perché dubitava che la McGranitt, nonostante anche lei facesse il tifo per i Grifondoro, gli avrebbe permesso di portare l’enorme bandiera rosso-oro che aveva intenzione di sventolare durante la partita. Per l’occasione aveva perfino chiesto ai gemelli Weasley di modificare i colori del suo cravattino e quando giunse finalmente la fatidica data, aveva perfino delle strisce di colore rosso e oro sulle guance.
Le sorti della partita, però, cambiarono drasticamente prima ancora di iniziare, quando venerdì mattina si sparse la voce che a sfidare Grifondoro non sarebbe più stata Serpeverde, ma Tassorosso.
Oliver Baston sembrava caduto in depressione e nelle 24 ore che seguirono rimase con il fiato sul collo di tutti e sei i membri della squadra. A peggiorare la situazione, ci si mise il tempo, che non sembrava voler dare segni di miglioramento: la pioggia continuava a cadere fitta e studenti e professori raggiunsero il campo da Quidditch a teste chine, per opporsi al vento feroce.
«E’ un vero peccato che alla tua prima partita ci sia questo tempaccio, Dottore.» disse Hagrid riparato sotto un grosso ombrello rosa, anche lui mischiato fra gli studenti tifosi dei Grifondoro.
«Già...» urlò il Dottore cercando di sovrastare il frastuono creato dalle voci e dalla pioggia.
«Ma non voglio comunque perdermi niente: ho promesso a Remus che gli avrei raccontato tutto nei minimi dettagli. E’ un peccato che si sia sentito male proprio questa notte. Oh, eccoli! FORZA GRIFONDORO!»
Il tempo era così terribile che dagli spalti il Dottore riusciva a malapena a distinguere le due squadre, diversificate dal colore della divisa: una scarlatta e l’altra giallo canarino.
Riuscì a vedere i due capitani stringersi la mano davanti a Madama Bumb, che da quanto aveva capito oltre ad insegnare Volo fungeva anche da arbitro per le partite fra le quattro Case.
Poi tutti montarono sulle loro scope e appena un penetrante fischio invase l’aria, i giocatori si librarono in aria.
Era cominciata.
 
Il Dottore li guardava, per quanto la pioggia glie lo concedeva, senza perdersi neanche il minimo movimento, troppo elettrizzato e coinvolto per concedersi la minima distrazione.
Era evidente come entrambe le squadre avessero difficoltà: le scope ondeggiavano a causa del vento e mantenere salda la presa sui manici fradici non doveva essere affatto facile.
E più il tempo passava, più era difficile seguire bene tutto ciò che avveniva. Perfino Lee Jordan, che aveva il compito di commentare la partita, aveva serie difficoltà. Il Dottore riusciva a sentire quello che diceva solo perché la tribuna da dove parlava il ragazzo non era poi molto lontana da dove si trovava lui.
«E’ INIZIATA! Jonson si impossessa della Pluffa, scarta a destra e prosegue dritta verso gli anelli. Cavoli, non è facile avanzare con questo tempaccio. Un Bolide per poco non colpisce Angelina Jonson, che per un soffio lo evita e passa la Pluffa a Spinnet che… Oh, no! Il vento devia la traiettoria della Pluffa, che subito viene intercettata da Malcom Preist. Avanza rapidamente verso gli anelli… Sta per tirare… E’ una finta! Macavoy tira! Grande Baston! Non delude il portiere Grifondoro, che nonostante questo schifo di tempo riesce a parare il colpo! La partita ricomincia e per poco un bolide tirato da uno dei Weasley, non chiedetemi chi dei due, non riesco a distinguerli con questa pioggia, non colpisce Alicia Spinnet. Stai attento amico, mi serve intera per la prossima uscita ad Hogsmaede!
«Jordan!» esclamò la McGranitt guardandolo scandalizzata.
«Prof, non si colpisce con un bolide una compagna di squadra e la ragazza del proprio migliore amico»
«Lee, se non pensi a commentare la partita come si deve invece di mettermi in imbarazzo, come se questo tempo da solo non basti a farmi innervosire, giuro che ti faccio fuori con le mie mani.» disse Alicia avvicinandosi alla tribuna dove sedeva il ragazzo.
«Ai tuoi ordini, mon amour»
«Jordan!» tuonò a quel punto la ragazza, mentre la McGranitt gli lanciava uno sguardo tagliente.
«Ad ogni modo, Katie Bell segue senza sosta Tamsin Appleby che continua a tenere possesso della Pluffa - uuuh! Un bolide colpisce di striscio il cacciatore Tassorosso, che perde la presa sulla Pluffa e i Grifondoro se ne impossessano nuovamente! Cavolo, quel Bolide è stata una sorpresa… Con questo tempo non è facile giocare e i Bolidi sembrano ancora più indomabili del solito. Ma la partita continua!»
Jordan aveva ragione: più il tempo passava e più il tempo peggiorava. Il cielo si stava incupendo sempre di più, come se la notte avesse deciso di arrivare in anticipo. Non solo Pluffa e Bolidi erano difficili da mantenere in gioco, ma anche le scope facevano fatica a rimanere dritte. Ogni tanto i giocatori si scontravano e i due cercatori sembravano girare a vuoto: individuare in quelle condizioni una minuscola pallina dorata era tutt’altro che semplice.
«Harry deve avere diversi problemi, lassù» commentò il Dottore guadagnandosi un’occhiata stizzita da Hagrid e dai due amici del Grifondoro.
«Che intende dire?» domandò Ron.
«Beh, non deve essere facile riuscire a giocare con un paio di occhiali sul naso completamente zuppi d’acqua.» rispose con ovvietà il Dottore, che ormai stava usando la bandiera per ripararsi un po’ dalla pioggia. Ron sbiancò improvvisamente in volto e si voltò con foga verso Hermione.
«Ha ragione!»
«Lasciate fare a me, ci penso io» lo tranquillizzò la ragazza.
Non appena Oliver Baston chiamò il time out, poco dopo che Grifondoro ebbe raggiunto 50 punti, Hermione estrasse la bacchetta e si precipitò giù dalla tribuna, raggiungendo di corsa Harry. Quando tornò a sedersi sugli spalti, un paio di minuti dopo, sorrise soddisfatta ai tre che l’attendevano e alzando le dita in segno di vittoria esclamò: «Problema risolto».
Fu chiaro non appena riprese la partita come l’incantesimo di Hermione stesse facendo il proprio dovere: Harry volava in maniera molto più fluida e decisa, evitando con eleganza un paio di Bolidi e perlustrando più a fondo il campo, alla ricerca del Boccino d’Oro.
«Speriamo che la partita si concluda presto, non mi piace questo tempo…» commentò Hagrid stringendosi maggiormente sotto l’ombrello. La situazione era se possibile peggiorata e sempre più spesso il cielo veniva rischiarato da inquietanti lampi, subito seguiti da potenti rombi di tuono.
Poi la voce di Lee Jordan riuscì a sovrastare il rumore della pioggia, che con tutto il fiato che aveva in gola gridò: «L’HANNO AVVISTATO! I DUE CERCATORI HANNO AVVISTATO IL BOCCINO D’ORO!»
Harry e Cedric Diggory volavano rapidamente nella stessa direzione, inseguendo qualcosa di piccolissimo e luccicante d’oro.
Ma la gioia di quel momento durò poco.
Improvvisamente, tutto si fece freddo e silenzioso.
Il vento non ululava più,  i lampi non erano più seguiti dai rombi dei tuoni e perfino dagli spalti non provenivano più le grida di incoraggiamento dei tifosi. Gli occhi erano tutti fissi al centro del campo, il punto da cui si originava tutto quel gelo. Cosa fosse la causa di tutto ciò, il Dottore non lo sapeva, avvertiva solo tanto, tantissimo freddo.
E inspiegabilmente si ritrovò a tremare.
Non avvertì gli studenti allontanarsi di scatto, non udì la voce di Hagrid che lo chiamava, ne fece caso al corpo di un ragazzo che precipitava già dal cielo.
In tutta la sua lunga vita, non si era mai sentito così. Il respirò gli si mozzò in petto e la disperazione lo avvolse.
Urla disumane gli riempirono la testa, grida di uomini, donne e bambini.
«No! Ti prego, NO!»
Scoppi, esplosioni, il rumore di numerosi armi che colpivano chiunque, incuranti se si trattasse o meno del nemico.
«Non più»
Voci metalliche fra le grida.
«Sterminare. STER-MI-NARE!»
Una grossa esplosione. E poi il nulla.
 
Quando il Dottore riaprì gli occhi, la luce quasi lo accecò e rapidamente li richiuse, portandosi una mano alle tempie, che pulsavano con forza.
«Oh, la mia testa…» si lamentò portandosi una mano alle tempie, che pulsavano con forza. Nella sua mente era tutto molto confuso... Non era alla partita di Quidditch? Perché ora avvertiva chiaramente che si trovava sdraiato su qualcosa di morbido
«Non mi sorprende, dopo quello che ti è successo» disse una voce che il Dottore non faticò a riconoscere.
«Dove sono?» domandò mettendosi seduto sul materasso dove era stato adagiato. Domanda stupida, ma ad essere sinceri non aveva ancora le forze per aprire gli occhi per accertarsene da se. Si sentiva come svuotato, privo di energie. Cosa gli era successo, non ne aveva idea, ricordava solo un improvviso freddo glaciale e una strana sensazione al petto, di peso, quasi. Come quando ti svegli dopo un incubo in grado di svuotarti di tutta la tua vitalità.
«In infermeria. Ti ci ha portato Hagrid quando sei svenuto… Tre giorni fa
«Ah, sì… No, aspetta. Ho dormito per tre giorni?» disse sconcertatopassando a massaggiarsi gli occhi «Ok, questa mi è nuova. Fammi capire una cosa, però… Perché sarei svenuto?»
«Davvero non lo sai, Dottore?» Il tono di voce freddo fu ciò che spinse maggiormente il Dottore ad aprire nuovamente gli occhi e fissarli sulla figura di Remus, in piedi accanto al suo letto, che lo guardava con un’espressione indecifrabile, un misto fra rimprovero, delusione e curiosità.
«Dovrei?»
«Direi di si, visto che dei Dissennatori sono piombati nel campo da Quidditch proprio nel momento più importante di tutta la partita. Non li hai visti?»
In un lampo la scena si ripresentò davanti agli occhi del Dottore, a cui subito tornò in mente una breve chiacchierata che aveva avuto tempo prima con Hagrid, mentre passeggiavano per le vie di Hogsmeade.
 
«Tutti questi Dissennatori in giro non mi piacciono. Mi ricordano troppe cose brutte.» gli aveva detto l’omone «Sai, l’anno scorso sono stato rinchiuso ad Azkaban per qualche settimana. Per errore, ovviamente, io non avevo fatto niente. E lì, alla prigione dei maghi, è pieno di Dissennatori. Fa un freddo tremendo e ti senti come se la felicità stesse sparendo dal mondo.»
E in effetti, la descrizione di Hagrid coincideva perfettamente a quanto aveva provato lui.
 
«Certo che li ho visti. Tutti li hanno visti… Giusto?» rispose il Dottore portandosi nervosamente le mani al collo per raddrizzare il cravattino e rendendosi conto solo in quel momento che non lo indossava più, ma era stato poggiato sul comodino accanto a lui.
«Questo non si toglie.» commentò leggermente stizzito e riagguantandolo rapidamente, mentre alzandosi si dirigeva verso uno specchio, per sistemarsi al meglio. Aveva dormito anche troppo, doveva assolutamente sgranchirsi le gambe e tornare a fare qualcosa che lo tenesse impegnato. In effetti, era quasi divertente, se ci si pensava: lui che non riusciva a stare neanche cinque minuti senza far niente e i suoi momenti di riposo erano ridotti ad un paio di ore al giorno, sempre che gli andasse di farlo, questa volta aveva dormito per ben tre giorni consecutivi.
 
«Quanti?» chiese ad un certo punto Remus, mentre il Dottore si alzava le bretelle con ampi movimenti, passando poi a sistemarsi i capelli con le mani.
«Scusa, cosa hai detto?» chiese distrattamente continuando a guardarsi allo specchio.
«I Dissennatori.» ripeté Remus «Quanti erano, Dottore? Quelli che ti hanno aggredito…»
«Oh…» disse il Dottore voltandosi verso l’amico. «Ehm… Sette. No! Quindici. Undici? Sì, erano decisamente undici. E molto, molto spaventosi. Tenevano braccia avanti e avanzavano fluttuando… Sai, tipo i fantasmi. Non i vostri, quelli Babbani. Ululavano se non sbaglio, tipo “uuuh”… Così, ecco “uuuuuh”.» spiegò esibendosi in un’interpretazione di tali creature.
«Strano. Hagrid e tutto il resto della scuola sostengono che fossero un po’ più di undici…» commentò Remus interrompendo l’imitazione che il Dottore stava facendo dei Dissennatori. O quanto meno… La sua versione dei Dissennatori.
«Oh, beh, avrò contato male. Sai, con quel tempaccio era facile sbagliarsi. No, non dirmelo… Erano quindici sul serio?»
«Erano cento, Dottore
Nel silenzio che calò nell’infermeria, completamente deserta a parte loro due, un debole «Ah…» fu l’unica cosa che riuscì a dire il Dottore in quel momento. Poi scosse velocemente la testa e batté le mani, passando poi a strofinarsele con foga.
«Avrò visto male.»
«Da 100 a 11 non è un semplice errore di calcolo. E i Dissennatori non fanno “uuuh”.» commentò Remus alzando un sopracciglio, che però non servì ad addolcire l’espressione grave del mago.
«No?» domandò il Dottore stringendosi nelle spalle.
«No. Tu non hai la più pallida idea di quanti fossero o di come sia fatto un Dissennatore, vero? Non ne hai idea… Perché non riesci a vederli.»
 
Il silenzio tornò prepotentemente a regnare nell’infermeria per qualche secondo, ma contrariamente a quanto Remus si aspettava, le sue parole non allarmarono il Dottore, che invece di metterlo in agitazione o farlo andare nel panico, lo fecero sorridere divertito. Quasi... Soddisfatto.
«Può darsi.» commentò avvicinandosi all’amico. «Tu cosa ne dici?»
A chiunque quelle parole sarebbero potute sembrare una specie di sfida, ma Remus le interpretò diversamente. Era come se il Dottore volesse che lui gli esponesse le sue teorie, come se volesse in questo modo aiutarlo a fare chiarezza.
«Che nonostante i Maghinò non riescano ad utilizzare i loro poteri, in loro vi è comunque della magia, quindi sono in grado di vedere i Dissennatori. Tu però non ci riesci e questo significa… Che non sei un Magonò.»
«Ma...?» lo incitò a continuare.
«Ma i Babbani non possono entrare a Hogwarts, c’è un incantesimo che impedisce loro di passare i confini.»
«Quindi?»
«Quindi non sei né un magonò, né un Babbano, ma non sei neanche un mago. Però per qualche ragione che ancora non comprendo, Silente si fida di te.»
«E tu?» domandò sorprendendolo «Tu ti fidi di me, Remus?»
«Io… Non lo so, Dottore. Davvero, non lo so. Sei…»
«Strano? Fantastico? Bellissimo? Un pazzo con una cabina?» lo interruppe gonfiando il petto soddisfatto.
«Impossibile.» disse Remus, le cui parole gli uscirono quasi come un sussurro.
Il Dottore lo guardò sorpreso, poi ghignò divertito.
«Madama Chips deve esserci rimasta di sasso, vero?»
«Sai a cosa mi riferisco?» domandò Remus preso in contropiede.
«Certo che lo so. Sono svenuto nel bel mezzo di una partita attaccato da creature magiche che non so bene cosa facciano, ma da quel che ho capito e provato in prima persona, di certo non regalano caramelle ai parchi giochi, e sono rimasto privo di sensi per tre giorni in infermeria… Dubito che Madama Chips non abbia mai neanche provato a visitarmi.»
«Silente le ha fatto promettere che non l’avrebbe detto a nessuno, è stato solo un caso se ho ascoltato la loro conversazione. Non l’avevo mai vista così sconvolta. Secondo lei sei geneticamente impossibile.»
Il Dottore ridacchiò.
«Impossibile per voi umani, forse.»
«Quindi è vero…» sussurrò Remus bianco in volto, fissando un Dottore tranquillo e sorridente «Non sei umano. Si può sapere chi sei, Dottore?»










***
Angolo dell’autore
Sono tornataaaa! Dopo aver finalmente terminato la sessione estiva, eccomi con un nuovo capitolo che spero non vi abbia deluso e che se all’inizio sembra essere molto banale e quasi identico al libro, alla fine… Beh, le cose cambiano.
Siamo arrivati ad uno dei momenti cruciali della storia. Non pensavate che il Dottore sarebbe sul serio riuscito a mantenere il segreto ancora a lungo con Remus, non è vero?
 
Se vi va, vi invito a seguirmi sulla mia pagina Facebook, così da rimanere aggiornati sulle pubblicazioni e gli aggiornamenti. Per chi fosse interessato, questo è il link --> https://www.facebook.com/Crystal25396-EFP-364711913877418/
Che poi non ve lo avevo mai detto, ma mi trovate con lo stesso nome anche su Instagram xD
 
Mi farebbe molto piacere sapere che cosa ne pensate del capitolo o della storia in generale. Se mai voleste lasciare una piccola recensione, un commento, farmi notare qualche errore  o quello che volete, sappiate che farete di me una persona felice ^_^
Ringrazio tutti coloro che si sono avventurati in questa storia e questa settimana ringrazio in particolare
- andrea346, Cliffiddleston, darkslitherin, Emenya e ShessomaruJunior che l’hanno aggiunta alle seguite;
- andrea346 che l’ha aggiunta alle preferite;
- Cliffiddleston che l’ha aggiunta alle ricordate;
- fairy70, _purcit_ e I_S_Acquamarine che hanno lasciato una recensione.
 
Alla settimana prossima!
-Crystal-

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Il Lupo e l'Alieno - seconda parte ***




Capitolo 11
Il Lupo e l’Alieno – seconda parte
 
 

Il Dottore ridacchiò.
«Impossibile per voi umani, forse.»
«Quindi è vero…» sussurrò Remus bianco in volto, fissando un Dottore tranquillo e sorridente «Non sei umano. Si può sapere chi sei, Dottore?»
 
Il Dottore lo guardò in silenzio per un po’ e Remus non poté che fissare per la prima volta con attenzione i suoi occhi. Già altre volte vi aveva notato qualcosa di strano, qualcosa che andava oltre il luccichio meravigliato di chi non è abituato ad avere a che fare con la magia, qualcosa di completamente diverso dallo stupore. L’aveva notato di sfuggita quella volta nelle cucine e poi ancora nella sala dei professori, subito dopo la sua lezione con il Molliccio. C’era qualcosa di molto saggio e antico, nei suoi occhi. Una fiamma capace di ardere qualsiasi cosa e un ghiaccio in grado di congelare anche il più temibile dei nemici. Era qualcosa che, ne era sicuro, andava al di là della sua immaginazione e quello sguardo da antico guerriero per un attimo lo fece rabbrividire.
 
Poi ad un tratto, l’espressione del Dottore muto e una più familiare aria bambinesca si dipinse sul suo volto.
«Hai fame?»
«Come, scusa?» chiese Remus preso in contropiede.
«Sono tre giorni che non mangio, ho fame.» si lamentò il Dottore poggiando una mano sullo stomaco, che aveva preso a brontolare con forza.
«E vuoi farlo adesso? Stavamo facendo un discorso serio!»
«Certo! E lo continueremo, ma davanti ad una bella ciotola di crema pasticciera.» disse afferrando la sua giacca di tweed che era stata appesa all’attaccapanni di fianco al letto.
«Crema pasticcera?»
«Sì, certo! Cosa credi che potrei mangiare per rimettermi in forze? Cioccolato?»
«Onestamente, sì.» ammise Remus, osservando con un’alzata di sopracciglia la faccia schifata del Dottore.
«Ti assicuro che è la cosa migliore dopo aver subito un attacco da un Dissennatore.» insistette.
«Per te, forse. A me servono solo bastoncini di pesce e crema. E prometto che ti racconterò tutto, ma non a pancia vuota, perché sto davvero morendo di fame.» insistette dirigendosi verso l’uscita dell’infermeria a grandi falcate.
Remus rimase imbambolato a fissarlo, mentre l’uomo spalancava le porte di colpo, evitando per un soffio di darle sul naso a Madama Chips, che stava rientrando con alcune lenzuola pulite fra le braccia. Lo vide scusarsi e rassicurare rapidamente la medimaga sulle sue condizioni di salute, mentre dava dimostrazione di ciò saltellando sul posto. Remus era letteralmente senza parole. Ma lo stava prendendo in giro o faceva sul serio?
«Che fai, vieni o no?» gli urlò il Dottore, dopo aver convinto una ancora titubante Madama Chips a lasciarlo andare.
Forse tutta quella solennità che aveva creduto di vedere in quell’uomo  se l’era solo immaginata… Così Remus si ritrovò a sospirare esasperato e a seguirlo lungo i corridoi che conducevano alle cucine.
 
Pochi minuti dopo, i due si ritrovarono seduti al tavolo dove poche settimane prima Tasky aveva servito loro tea e biscotti. Proprio come allora, Remus teneva in mano una tazza di quella bevanda calda, accompagnata da una fetta di torta al cioccolato, mentre il Dottore…
«Merlino, e io che pensavo scherzassi…» disse Remus mentre il Dottore era chino sulla sua ciotola di crema pasticcera, dentro cui inzuppava alcuni bastoncini di pesce fritto.
«Vuoi?» chiese a bocca piena allungandogli la ciotola.
«No, grazie. Non vorrei rimettere il tea che mi ha preparato Tasky…» rispose Remus storcendo il naso poco convinto. Sul serio era buona quella roba?
«Allora» disse il Dottore addentando con gusto un bastoncino di pesce ricoperto di crema «Sbaglio o noi due stavamo facendo un discorso serio?»
«L’intenzione era quella. Diciamo che la cosa ha avuto risvolti inaspettati. Più che seria la cosa è diventata comica…» ammise Remus prendendo un sorso di tea e continuando ad osservare di sottecchi il Dottore.
«Quindi lo vuoi sapere chi sono o non ti interessa più?»
«Certo che mi interessa!» esclamò Remus facendo sorridere il Dottore.
«Bene, allora! Cosa vuoi sapere?» domandò poggiando i gomiti sul tavolo e addentando l’ultimo pezzetto di pesce che gli era rimasto.
«Chi sei?»
«Fono il Doffohe.» rispose senza curarsi del boccone che stava ancora masticando.
«Questo lo sapevo già.» sospirò Remus cercando di sorvolare sul suo atteggiamento così terribilmente infantile. A volte si chiedeva se lo facesse di proposito, o era proprio nella sua indole comportarsi in quel modo.
«Fecché me lo hai chiefto, alloha.»
«Va bene, d’accordo, riproviamo. Se non sei umano, cosa sei, Dottore?»
«Ecco, ora va meglio.» disse mandando già il boccone e fissandolo soddisfatto.
«Lo avevi capito anche prima che era quella la domanda, senza rispondere in quel modo stupido, quindi avanti, sputa il rospo, chi sei?»
«E’ una domanda difficile, diciamo che non sono nato sulla Terra.»
Per poco a Remus non andò di traverso il tea e in fretta agguantò un tovagliolo per metterselo sulla bocca ed evitare così di sbrodolarsi. Si era aspettato di tutto, da una spia del Ministero a un Babbano infiltrato per chissà quale motivo; aveva fatto le ipotesi più assurde su quale fosse la vera identità del Dottore, anche le più fantasiose, ma quello…
«Sei un alieno?» domandò con gli occhi sgranati. Che si potesse trattare di una forma di vita extraterrestre era un’idea a cui non aveva minimamente pensato.
«Sì, immagino di sì.» rispose lui ridacchiando.
«Di che specie? Da che pianeta provieni?»
«Sono un Signore del Tempo. Nome pomposo, lo so, amavano mettersi in mostra, i Signori del Tempo. Avresti dovuto vedere che cappelli… Delle frane in fatto di moda, pensa che avevano bandito i fez. E io adoro i fez! I fez sono forti…»
«Ok, ma… Che ci fa un alieno qui, ad Hogwarts? E per di più nel corpo docenti!»
«Oh, è una lunga storia. Ero in viaggio - io viaggio parecchio, sai? – e ad un certo punto la mia Macchina del Tempo è stata come attratta da questo preciso luogo e da quest-»
«Ferma, ferma! Aspetta.» lo bloccò Remus facendo un cenno con la mano e scuotendo la testa confuso.
«Hai detto… Macchina del Tempo?»
«Tempo e Relativa Dimensione Interne allo Spazio. In poche parole, TARDIS. Sì, è la mia macchina del tempo e, giusto a titolo informativo, può andare praticamente ovunque, spazio incluso.» spiegò il Dottore con una nota d’orgoglio nella voce
«Ma… Come puoi viaggiare nel tempo?» domandò Remus con gli occhi sgranati «E’ pericoloso, rischi di creare confusione nel continuum temporale o essere visto da qualcuno che conosci, potresti anche creare uno scompiglio tale da portare alla fine del mondo! Te ne rendi conto?»
«Già successo, ma non per colpa mia, e già fatto.» disse il Dottore con un sorriso soddisfatto «L’ho anche riavviato una volta, sai? Parlo del mondo… Il Big Bang 2! Opera mia. Grande trovata è stata, quella…»
«Che cosa?!» esclamò Remus sconvolto.
«Rilassati Remus, cosa credi ci stia a fare la parola “Tempo” nel nome “Signore del Tempo”?» disse il Dottore allungandosi e provando a dargli delle pacche di conforto sulla spalla «Viaggiare nel tempo per noi è come andare a fare una scampagnata.»
«Hai appena detto che sei stato responsabile della fine del mondo» lo rimproverò Remus, poggiando le mani sul tavolo, come per sorreggersi da tutte quelle informazioni che lo stavano investendo.
Il Dottore lo fissò deluso, aspettandosi una diversa reazione da parte dell’uomo, e con aria imbronciata borbottò: «Non potevi soffermarti solo sulla parte in cui io salvo il mondo? Fai troppo caso ai dettagli, tu.»
«Dettagli? Tu li chiami dettagli? Non è una cosa da tutti i giorni provocare la fine del mondo e rimettere subito dopo tutto a posto come se nulla fosse.»
«In effetti a me è una cosa che capita un po’ troppo spesso… E comunque quella volta io non c’entravo nulla. Devo ancora capire chi è stato, ma ci sto lavorando.» disse intingendo il dito nella crema rimasta e porgendo poi la ciotola soddisfatto a Tasky, ringraziandolo con un «Era deliziosa».
 
«Quindi?» chiese Remus attirando di nuovo l’attenzione su di se.
«Quindi cosa?» domandò il Dottore leccando via la crema che gli era rimasta sull’indice, pulendosi poi mani e bocca con un tovagliolo.
«Cosa ci fai ad Hogwarts!»
«Ah! Giusto, sì. Beh, ero in viaggio, lunga storia, magari un giorno te la racconterò, ha a che fare con un lago. Fatto sta che ad un certo punto il TARDIS, non so per quale motivo, è atterrato nei giardini della scuola il primo settembre di quest’anno. Sinceramente non ci ho dato molto peso, ogni tanto capita che il TARDIS mi porti dove vuole lei, ma questa volta è ripartita senza di me, lasciandomi bloccato qui. Così Hagrid mi ha portato da Silente e quando ho scoperto che la scuola aveva bisogno di un insegnante di Astronomia ho proposto ad Albus di lasciare a me l’incarico. In ogni caso, sarei dovuto restare qui per cercare di capire dove e soprattutto quando il TARDIS avrà intenzione di atterrare di nuovo. E questo è quanto.» concluse con un’alzata di spalle.
«Questo spiega molte cose.» commentò Remus, che ora aveva le idee decisamente più chiare, nonostante facesse ancora fatica a credere che l’uomo davanti a lui proveniva sul serio dallo spazio.
«E’ stato Albus a chiedermi di mantenere segreto il tutto e così si è inventato la storia del Magonò. Non che, in caso contrario, sarei andato in giro a spiattellare la cosa a chiunque…» disse il Dottore
«A me però l’hai detto» osservò Remus aggrottando le sopracciglia.
«Tu non sei chiunque. E comunque Albus non deve saperlo per forza…» rispose con ovvietà il Dottore, facendolo sorridere.
«Mi rende felice sapere che ti fidi tanto di me… Considerato poi che anche io ti ho mentito.» disse abbassando la testa e fissando lo sguardo nel poco liquido aromatizzato che era rimasto nella tazza.
«Di che parli?» domandò il Dottore guardandolo confuso.
«Delle mie condizioni di salute. Vedi, io… Come posso dire…» balbettò Remus grattandosi nervosamente una guancia.
«Aspetta… Le persone si bevono davvero la storia della salute cagionevole?» lo anticipò il Dottore, allungandosi leggermente verso di lui e abbassando la voce per non farsi sentire troppo dagli elfi domestici.
Remus sobbalzò sorpreso e puntò gli occhi su di lui, le labbra socchiuse dallo stupore e un’espressione sorpresa dipinta sul volto. Si fissarono in silenzio per qualche istante, poi l’alieno sorrise divertito.
«Remus, ho 1076 anni, un’intelligenza che voi umani vi sognate, e non lo dico per vantarmi, ma è oggettivamente così… Credi davvero che non avessi capito che sei un Lupo Mannaro?»
«Cosa…» tentò di dire prima di venire nuovamente interrotto dal Dottore.
«Mi è venuto il dubbio dopo la lezione sul Molliccio, alla successiva Luna Piena ne ho avuto la conferma.» spiegò con un’alzata di spalle.
«E se fos-»
«La tua versione a quattro zampe perde peli, lo sai?» lo interruppe «Ce n’erano diversi ciuffi nel tuo ufficio. Dovresti pulire quando torni umano la mattina, o qualche studente particolarmente sveglio potrebbe accorgersene.»
«Sul serio? Tutto qui? Non dici niente sul mio essere un pericoloso assassino?» domandò Remus ancora scosso. Quell’uomo la stava prendendo troppo alla leggera. Era un Lupo Mannaro, per Merlino, non un qualche animale piccolo e tenero.
Il Dottore scoppiò in una fragorosa risata, prima di tornare a darsi un contegno con un colpo di tosse, resosi conto di aver attirato l’attenzione di tutti gli elfi domestici della cucina.
«Pericoloso? Tu? Non farmi ridere, Remus Lupin. Non è una maledizione come la tua che ti rende pericoloso. Dubito che tu abbia anche mai solo alzato un dito contro qualcuno e la prova è il fatto che tu non solo abbia frequentato le scuole qui, ma che ci sia anche tornato da insegnante. Albus non avrebbe mai lasciato entrare qualcuno che potesse nuocere ai ragazzi della scuola.»
Remus si ritrovò a sorridere. Era tanto che non riceveva parole di conforto da qualcuno: da quando aveva perso tutti i suoi amici, le persone che venivano a sapere della sua malattia non facevano che allontanarlo spaventate. Trovare lavoro era stato difficilissimo, a malapena aveva i soldi per comprarsi da mangiare. Mai nessuno, in quegli ultimi 12 anni aveva provato a capirlo, anche semplicemente a regalargli parole gentili e di conforto. Ricevere una visita da Albus Silente era stata una sorpresa, sapere che la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure lo aveva lasciato sconvolto e felice. Difficilmente avrebbe dimenticato la gioia che aveva provato quando aveva di nuovo varcato le porte di Hogwarts e alla fine doveva ammettere che anche rivedere Piton lo aveva rallegrato. Era come essere tornati indietro nel tempo, quando lui era solo un ragazzo che vagava per i corridoi della scuola progettando qualche nuovo scherzo, ridendo con i suoi amici più cari, i Malandrini.
Già. I Malandrini… Era l’unica cosa che gli mancava. Certo, aveva ritrovato Lily e James in Harry e si era ripromesso che avrebbe vegliato su di lui. Non aveva potuto occuparsi del ragazzo quando era rimasto solo, ora che lo aveva ritrovato non avrebbe ripetuto lo stesso errore. Anche se da lontano, anche se solo come suo insegnante, Harry avrebbe saputo che ci sarebbe sempre stata una persona pronta ad aiutarlo.
Eppure, non era la stessa cosa. Gli mancavano i Malandrini: la straordinaria capacità di mettersi nei guai di James, la risata canina di Sirius, le idee malsane di Peter… L’amicizia dei Malandrini. Sarebbero stati insostituibili, mai sarebbe riuscito a trovare di nuovo persone magnifiche come loro, ne era certo.
Una certezza, che però, era stata spazzata via definitivamente proprio in quel momento. Dopo anni, Remus aveva finalmente trovato qualcuno che non lo giudicava per la sua licantropia, qualcuno che lo sosteneva e apprezzava… E che gli ricordava terribilmente i suoi migliori amici. Il Dottore era i Malandrini concentrati in un’unica entità. Non sarebbe mai riuscito a sostituirli, questo mai. Ma, finalmente, aveva di nuovo qualcuno che poteva chiamare un vero amico.
 
«E lo stesso discorso può essere fatto per te» sorrise Remus «Scusa se ho dubitato di te, Dottore.»
«Non devi scusarti, è normale che tu ti sia insospettito.» gli rispose strizzandogli l’occhio. Non era difficile intuire cosa Remus stesse pensando. La vita di un Lupo Mannaro non doveva certo essere stata semplice. Gli umani erano terribilmente affascinanti, una razza che lo sorprendeva e affascinava ogni volta. Erano complessi, le loro anime traboccavano di sentimenti che li rendeva facilmente vulnerabili… Ma che nella maggior parte dei casi si tramutava nella loro forza. Erano una razza contraddittoria. Avevano un gran cuore, ma facilmente si facevano condizionare dalla paura. E un Lupo Mannaro era una di quelle cose che facilmente spaventava. Remus non era il primo che incontrava, ne aveva già conosciuto un altro, anni addietro, ma era diverso. In quel caso si trattava di una specie aliena che si era impossessata di un corpo umano. Certo, poi c’era stata la Regina con il suo piccolo problema peloso, ma non aveva mai avuto a che fare con i reali del ventunesimo secolo.
Remus, invece, era diverso da quella creatura. Lui era un uomo innocente colpito da una maledizione da chissà quanto tempo. Non aveva colpe e di certo non aveva istinti omicidi. Era un uomo che nella vita era stato giudicato per un qualcosa che lui non aveva voluto e che aveva un’indole completamente opposta a quella del suo alter ego animale.
Lo sguardo che si scambiarono bastò a far comprendere ad entrambi cosa pensava l’altro di quella situazione e non ci fu bisogno di parole per capire che tutti e due avevano compreso. Entrambi avrebbero mantenuto il segreto ed entrambi avevano trovato una persona si cui contare in quell’avventura fra le mura di Hogwarts.
 
«Il lupo e l’alieno, siamo proprio una bella coppia» disse il Dottore facendo scoppiare a ridere Remus, mentre lui si alzava per stiracchiarsi con ampi movimenti.
«Un duo molto bizzarro, direi» ridacchiò Remus prendendo un ultimo sorso di tea e porgendo poi la tazza vuota a Tasky, ringraziandolo ed alzandosi anche lui.
«Io avrei detto fantastico o invidiabile, ma se preferisci va bene anche bizzarro. Mi piace il bizzarro» rispose fissandolo sorridente mentre lasciavano la cucine per ripercorrere la strada inversa a quella fatta poco prima.
Di lì a pochi minuti Remus aveva una lezione con quelli del primo anni e il Dottore aveva un assoluto bisogno di sgranchirsi le ossa. Stava molto meglio rispetto a prima, mangiare gli aveva ridato le energie, ma si sentiva ancora un po’ intorpidito e doveva a tutti i costi togliersi quella strana sensazione di perenne stanchezza di dosso. Un’invasione aliena sarebbe stata la cosa perfetta per rimetterlo in forze, ma ormai ci aveva perso le speranze e l’unica cosa che ora poteva fare era andare a fare un giro nel parco della scuola.
 
«Gli studenti saranno felici di sapere che ti sei svegliato» disse Remus mentre percorrevano il lungo corridoio tappezzato di quadri «Hai ricevuto molte visite, sai? Erano tutti molto preoccupati.»
«Ecco perché tutti quei dolci…» riflettè a voce alta il Dottore. Aveva notato che sul mobile ai piedi del letto erano stati accatastati numerosi pacchetti provenienti da Mielandia e fiori profumati probabilmente colti dal giardino di Hogwarts.
«Già... Ad un certo punto Madama Chips ha dovuto impedire agli studenti di venire a farti visita, o ci sarebbe stato un via vai di persone troppo grande.» spiegò ricordando come la medimaga aveva letteralmente cacciato via un gruppo di Corvonero che erano andati a trovare il Dottore, gridando che quella era un’infermeria e che i malati avevano bisogno di pace e tranquillità, non di regali e chiacchiericci costanti nelle orecchie.
«Della partita cosa sai dirmi? Cosa è successo dopo che i Dissennatori hanno invaso il campo?» domandò curioso il Dottore.
«La vittoria è andata a Tassorosso, ma da quello che dice Hagrid, la colpa è dei Dissennatori. Anche Harry, come te, risente molto dei loro effetti e quando sono entrati in campo ha perso la presa sul manico di scopa ed è precipitato. Non si è fatto nulla per fortuna, Silente ha frenato la sua caduta con un incantesimo ed è stato dimesso dall’infermeria due giorni fa. Ma Cedric Diggory è riuscito a prendere il boccino e nonostante abbia insistito con Madama Bumb perché il risultato della partita venisse annullato, Tassorosso ha vinto legalmente. Neanche la squadra di Grifondoro ha avuto nulla da ridire.»
«E dei Dissennatori che mi dici? Come stanno gli altri studenti?»
«Si sono spaventati, ma stanno tutti bene, solo tu ed Harry ne siete stati vittime. Hagrid dive di non aver mai visto Silente così furioso, dubito che i Dissennatori si avvicineranno nuovamente così tanto alla scuola.»
Giunti davanti l’ingresso principale, i due si fermarono per separarsi, ma una strana espressione sul volto del Dottore attirò l’attenzione di Remus.
«Perché quella faccia?» gli domandò aggrottando la fronte.
Il Dottore si riscosse e sfregandosi le mani sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori.
«Nulla. Ignorami, troppi pensieri per la testa.»
«Preoccupato per i Dissennatori?» tentò di capire Remus.
«Sì. No… Non quanto dovrei. Credo…»
«E allora cos’hai?»
«Domande, Remus Lupin. Domande.» rispose in tono enigmatico il Dottore prima di voltargli le spalle e uscire all’aria aperta, lasciando Remus con numerosi interrogativi a girargli per la testa e una lezione a cui, se non si sbrigava, sarebbe senza dubbio arrivato in ritardo.










***
Angolo dell’autore
 
Non  riesco proprio a tornare ad aggiornare ogni settimana… Ma questo caldo non aiuta, sono stata ferma su questo capitolo per un lasso di tempo esorbitante e solo oggi sono riuscita a renderlo decente.
Allora, che dire… Questo capitolo è molto particolare, il più denso di dialoghi senza dubbio, ma in questo caso erano necessari. Inoltre, questo è anche un capitolo fondamentale non solo per i nostri due protagonisti, ma anche per voi. O almeno, per quelli che non conoscono il Dottore e si sono addentrati in questa storia ugualmente. Ecco, finalmente anche chi non ha mia visto Doctor Who sa chi è il misterioso Dottore e sicuramente, o almeno spero, ora avrà le idee più chiare.
Che altro dire… Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi piaccia come sto sviluppando l’amicizia fra Remus e il Dottore. Onestamente, io li adoro assieme. Devo stare attenta che non mi parta la ship…
 
Ad ogni modo, vi invito a seguirmi sulla mia pagina Facebook, così da rimanere aggiornati sulle pubblicazioni e gli aggiornamenti (qui il link --> https://www.facebook.com/Crystal25396-EFP-364711913877418/) e se vi va, potete trovarmi con lo stesso nome anche su Instagram.
 
Come sempre, ringrazio tutti quelli che si sono addentrati e hanno deciso di leggere questa storia e in particolare ringrazio:
- Cara93, Kunieda e Oceania99 che l’hanno aggiunta alle seguite;
- janefitzgerald, MrZer0 e Oceania99 che l’ha aggiunta alle preferite;
- Plumose Things e _gaiuccia_ che l’ha aggiunta alle ricordate;
- Oceania99, saylveon,  _purcit_ e ShessomaruJunior che hanno lasciato una recensione.
 
Alla (settimana? Onestamente non lo so) prossima!
-Crystal-

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3576411