The Quiet - Joshler

di IMCLIFFOCONDA
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** It's dire ***
Capitolo 2: *** I know the pain ***



Capitolo 1
*** It's dire ***



 

Dedicato a tutti quelli che ogni giorno 
stanno affrontando qualcosa da soli e che tentano, 
con tutte le proprie forze, di essere normali.


I miei occhi viaggiano per questa piccola stanza, così piccola da nasconderci dal caos esterno. Mentre noi siamo seduti su queste sedie scomode, là fuori il mondo va avanti frenetico. C'è chi sta rientrando a casa, c'è chi ne sta uscendo; c'è chi sta andando a fare compere, chi la spesa, chi sta vendendo qualcosa per un po' di soldi, chi sta vendendo il proprio corpo, chi si sta mettendo in ridicolo davanti ad un pubblico; c'è chi sopravvive, chi sta morendo, chi sta nascendo; c'è chi sta combattendo una battaglia; c'è chi si sta facendo la guerra e chi si sta facendo l'amore. 
Potrei continuare per delle ore ad elencare quello che sta succedendo nel mondo, ma che senso avrebbe? 
Se veramente vuoi sapere come gira il nostro pianeta dovresti vivere.

-Tyler.-
Quei muri così tristi, tinti di un colore monotono. Verde pisello. 
Perché colorare i muri se anche così ti ricordano il vero motivo per cui sei lì?
Il divanetto scomodo di pelle bordeaux che ad ogni movimento non manco un rumore molesto ed imbarazzante. I pessimi quadri appesi a quel verde, così simili ma diversi. Senza senso, astratti. Sembra di star in un trip ogni volta che ci fai scorrere gli occhi sopra.
La moquette scura, sporca e consumata. Chissà quante persone vengono qui, ogni settimana, ogni giorno, ogni ora. Chissà quante storie, quante voci, quante paure hanno assorbito questi stupidi muri verde pisello. 

-Tyler.- e quella voce continua. 
Si ripete, più volte, come una sorta di eco. 
Quante persone hanno pronunciato quel nome dopo quel giorno.
Poi senti quella scarica, come se qualcosa si accendesse nel cervello e ti mandasse un'impulso come per dire 'Hei, ti stanno chiamando. Quello sei tu.'.
E io la sento sempre di meno.

-Tyler.- e la sua voce è sempre più nitida.
Giro la testa verso la fonte e vedo una signora. Ha lineamenti dolci, delicati. I capelli scuri raccolti in una coda leggermente storta ma abbastanza ben fatta da sembrare dritta. Gli occhi neri fissi su di me, velati da un sottile strato di stanchezza. Le labbra sottili e dalla forma normale. Quelle due grosse perle poste ai lobi delle sue orecchie un po' grosse. Il suo naso dritto, le rughe accanto agli occhi e mille altri dettagli che osservavo ogni volta che andavo in quel posto.

-A cosa stai pensando?-
E la mia attenzione torna. Sembra di esser stato preso, rapito e di esser stato portato lì bruscamente; come un traumatico risveglio. 
Il cuore batte forte. 

-A niente.- e mi concedo di dire mentre lei mi guarda apprensiva. 
Mi obbligano ad andare da lei ma era abbastanza piacevole conversare con lei del più o del meno, inoltre non parlava tanto. Come me. Era solo uno scambio di sguardi che costava qualche centone a fine mese. 

-A niente?-, vedo la sua frustrazione in quello sguardo. Come se stesse fallendo, come se non riuscisse a fare il suo lavoro per il quale ha studiato tutta la vita.
O forse il fallimento ero io?

-Ho questi pensieri così spesso..- e il cuore mi batte ancora forte, come per ricordarmi che sono ancora vivo, anche se non lo sento.

Lei mi guarda ancora fissa. Mi conosce da un po', ha già inquadrato tutta la mia storia e sa come prendermi le parole e tirarmele fuori; ma per qualche strano motivo non lo fa.
Mi fissa e basta.

-Lo vedi ancora?-, mi spiazza.
L'aria manca e sembra di essere appena tornati a galla dopo una lunga apnea. 
Boccheggio silenziosamente e abbasso lo sguardo.

Lui..

Il silenzio torna fra di noi e lo sento infilarsi sotto la mia pelle, facendomi gelare. 
Senza che me ne accorga sto tremando. Tremo spesso, soprattutto quando mi sento solo. 
Mi stringo le maniche lunghe del mio maglione grigio scuro nelle mani, cercando un po' di calore che mi possa confortare. 
E il cuore continua a battere. 

Voglio scappare, nascondermi dove il mondo non può vedermi.
Voglio piangere mentre ogni pezzo, che avevo momentaneamente composto, sta nuovamente crollando. 
Gli occhi pizzicano, bruciano, i polmoni mi fanno mantenere il fiato basso.
Voglio urlare a pieni polmoni, finché le corde vocali non si spezzano, finché la gola non va a fuoco.
Voglio ferirmi, farmi male, sentire il vero dolore, quello fisico perché questo che sto provando non è dolore, è morte.

Odio questa vita.
La vita mi odia.

E quei cazzo di occhi puntati su di me non fanno altro che alimentare le mie paure, la mia ansia. 

-Ne riparleremo la prossima volta, okay?- e cerca di sorridere ma non convince nemmeno se stessa, come un segno abituale e meccanico.
Faccio lo stesso annuendo appena mentre mi alzo di scatto dal divanetto. Ho solo bisogno di aria pura e una sigaretta, poi forse mi calmerò.

Mi dice qualcosa su qualche medicina che devo prendere fino alla prossima seduta ma non l'ascolto realmente. La mia testa viaggia altrove, in un posto più caotico, un inferno.Prendo il foglietto che mi da e, con poche cerimonie, mi dirigo verso la porta.

Una volta fuori mi chiudo la porta alle spalle. 
Davanti a me c'è un uomo, un ragazzo. Ha gli occhi scuri, color nocciola scura. I capelli rosso fuoco, ricci e corti, rasati ai lati. Indossa un maglione bianco e le sue occhiaie profonde e rosse mi fanno capire il motivo per cui lui è qua.

I suoi occhi restano bassi, assenti. 
Sa che lo sto guardando.

E me ne vado, smuovendo i piedi dalla moquette consumata e sporca.
Poi sento la schiena andarmi a fuoco, ma sarà solo una mia impressione.

Continuo a camminare, cercando un posto che non sia casa mia.

--

CiAO A TUTTI! 
Sono più che felice di presentarvi questa nuova storia che ho ideato all'ultimo minuto, con un'assurdo bisogno di sfogarmi. 
Spero che vi piaccia e che piaccia il genere. Spero anche che qualcuno capisca, che non si fermi a leggere e a dimenticare. Spero che qualcuno ci si possa trovare dentro.

Questa fanfiction è molto buttata lì. Ogni cosa che sento scrivo o qualsiasi cosa che io non riesca a dire è qua. 
La dedico a chi ha molti problemi: con se stesso, con la scuola, cogli amici, con la famiglia, con il proprio passato, con la salute, e qualsiasi altra cosa capace di strapparti via il cuore, di farti stare male. 

D'ora in poi continuerò a dire questo: se c'è qualcuno che ha voglia di parlare, di sfogarsi, di chiedere dei consigli o, comunque, chiunque abbia voglia di scambiare qualche parole, non esitate a scrivermi. Io sono qua per voi.

Per qualsiasi domanda riguardante la ff, commentate.
Impressioni?

Aggiornerò a presto.

Voglio tante recensioni, mi raccomando!

All the love, .x

 

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Capitolo 2
*** I know the pain ***


Questa altalena cigola in modo stridilo e fa quasi ridere, perché sembrano le stesse urla che ho per la mente. Le catene, rigide, mi tengono; 74,5 chili e una marea di pesi, di mostri da combattere. 

E cigola ancora.
Le luci del cielo se ne vanno, come le persone che vogliono rincasare per cenare con le proprie famiglie. 
Non ho mai avuto una famiglia, ma solo individui con cui condividere un tetto, dei pasti. Non riuscivo a reputarli parenti o genitori. Nessuno aveva mai provato a capirmi veramente. Troppo complicato, troppo complesso; difficile da comprendere.

Il cielo ha sfumature rosse ed il sole diventa così piccolo ad ogni minuto. Quella sensazione mi rilassa e mi preoccupa allo stesso tempo. Si fa inghiottire dagli alberi sapendo che domani sarà di nuovo qua, grande ad illuminare lo schifo del mondo. 

Mi accendo l'ultima sigaretta che avevo buttato nella giacca prima di uscire. 
Il primo tiro è sempre il migliore perchè aspiro mentre l'accendo. Il gas dell'accendino entra insieme a tutta quella roba tossica, mi avvelena ma  mi fa sentire così bene. Fa quasi ridere questa cosa che, per morire, devi pagare questo piccolo cancro inscatolato e incartato. Paghi letteralmente per morire.

Dipendere da qualcosa faceva davvero schifo. 

Sbuffo via tutta quella tossicità dalla bocca, la faccio liberare nell'aria, nell'atmosfera che condivido con questi stupidi zombie viventi.

Non sono cresciuto nel ghetto, ma conosco una cosa o due sul dolore e l'oscurità.

"-Joshua! Dove sei?- e lo cerco attorno. Sono disperato perchè non trovo più il mio amico di giochi. Le lacrime mi escono fuori dalle orbite come quei stupidi fiumiciattoli dove io e Joshua passavamo i pomeriggi a giocare.

Continuo a correre in mezzo a questi alberi pieni di preoccupazione. Gli aceri vogliono più luce solare e le querce ignorano le loro suppliche. Il dilemma con gli aceri, e loro sono abbastanza convinti d'essere nel giusto. Dicono che le querce sono solo troppo alte e tengono tutta lo luce per loro; ma le querce non possono andare incontro ai loro sentimenti. 
E si chiedono perchè mai gli aceri non possono essere felici alla loro ombra. 

Indifferenza, tutte queste canzoni che ascolto sono senza cuore.   

"So dove seiSilenzioso negli alberi.."Ed è lì che mi trovo.Perché non parli?Dove io mi trovo?"Silenzioso negli alberiIn piedi, codardo.."Riesco a sentire il tuo fiato.Riesco a sentire la mia morte.

 

Urlo il suo nome a pieni polmoni. La gola brucia, brucia da morire ma non mi importa. Le lacrime ormai non le sento più, anzi, mi consolano. 
Urlo ancora, instancabilmente. 
Non ho nemmeno paura di spezzarmi le corde vocali. Non mi interessano al momento.

Dove sei, Joshua?
Perchè non vieni a giocare con me?"

Spegno la cicca a terra su quel marciapiede dove da piccolo giocavo a campana; dove ho dato il mio primo bacio; dove ho mangiato la pizza; dove ho vomitato; dove mi sono ubriacato e addormentato.

Mi sento consumato, stanco tanto da sapere che un sana dormita non risolverà nulla perchè, una volta riaperti gli occhi, sarò di nuovo qua, in questo loop che non finirà mai. 
Ho pensato a più volte di farla finita, di troncare tutto subito, ma a che pro? In che modo? 
Ne vale davvero la pena? 

Il fatto è che sono un fifone, un caga-sotto. 
Ho paura di morire, anche se lo sono già morto.

Morto.

Faccio così schifo che ho addirittura paura di farmi fuori. 
Più volte ho pensato 'Ora mi butto giù da questo piano.' 'Ora ingoio tutte queste pillole.' 'Ora mi faccio mettere sotto da questa macchina.' 'Ora bevo tutta questa vodka liscia fino a farmi scoppiare il fegato e tutto il resto.' 'Ora mi infilzo con questo coltello.' 'Ora mi annego nella vasca, mi apro i polsi.' 'Ora un fottuto colpo di pistola in bocca e finisce tutto.'.

Ma niente.
Niente di niente.

Trascino i piedi mentre i lampioni sopra di me si accendono, mentre il mio respiro caldo cerca di sublimare, uscendo biancastro. Sembra quasi voglia ricordarmi che sono ancora vivo, che sono ancora lì e questa sensazione mi fa stringere lo stomaco. Lo odio. 

Un animale in pena.

E quella sensazione torna. Non respiro.
Mi è difficile farlo con i suoi occhi puntati addosso. Quel marrone così devastante, così indescrivibile. Color moca. 

Vorrei poterlo guardare, constatare con i miei occhi ma non lo faccio. Non riesco, non ho le forze.
Sento solo il cuore non battere, il freddo ad abbracciarmi mentre accelero i passi sotto a quello sguardo che ti brucia la pelle.

Voglio solo chiudere gli occhi e vivermi quella morte momentanea.

 

--

CiAO A TUTTI! 

Cosa ne pensate di questo capitolo?

D'ora in poi continuerò a dire questo: se c'è qualcuno che ha voglia di parlare, di sfogarsi, di chiedere dei consigli o, comunque, chiunque abbia voglia di scambiare qualche parole, non esitate a scrivermi. Io sono qua per voi.


All the love, .x

 

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