Cuore cesellato

di gigio_animato00
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pioggia interiore ***
Capitolo 2: *** Respirare ***
Capitolo 3: *** Scelte, chiavi e pensieri ***
Capitolo 4: *** Rette ***
Capitolo 5: *** Scosse ***



Capitolo 1
*** Pioggia interiore ***


Pioggia. Questo e poco altro si vedeva dalla finestra della camera del ragazzo di Biancavilla. Le gocce scendevano veloci, tranne alcune che invece si soffermavano sul vetro, per poi procedere lentamente verso il bordo. Ash aveva sempre contemplato la vista del panorama della sua cittadina, ma quella volta la guardava con occhi diversi, assenti, che parevano guardare più dentro di sé che fuori. Mai gli era capitato di essere così vicino a casa, ma allo stesso tempo così distante.

< Amore scendi, la colazione è pronta > Disse Delia. La madre era entrata in camera con cautela e il ragazzo non l' aveva nemmeno sentita entrare. Ash annuì, ma la madre conosceva bene il figlio. Lo prese per le orecchie e gliele torse così forte da costringerlo a girarsi.

< Ho capito,ho capito, scendo subito mamma. Tempo che mi vesto e sono sotto. > La madre accolse le suppliche del figlio e lo lasciò andare, stampandosi un enorme sorriso sulla faccia. 

Una volta arrivato sotto, Ash sembrava un'altra persona rispetto a qualche minuto prima. Il ragazzo ora era vestito e radioso, tant’è che la madre si insospettì.

< Cos’è oggi sei lunatico? > chiese versando una tazza di tea al figlio < fino ad un attimo prima sembravi sotto effetto di antidolorifici per quanto eri pacato e calmo. Quasi non ti riconoscevo >. < No, nulla > disse il ragazzo, senza però riuscire a nascondere del tutto un velo di imbarazzo < è solo che non è così bello essere accolti a casa da un temporale>.  Ash aveva ragione. Erano passati tre giorni dal suo rientro a casa da Kalos, e da allora non aveva smesso di piovere un attimo. Prese a sorseggiare il tea < comunque oggi avevo intenzione di andare a trovare il Professor Oak, e sicuramente non saranno due gocce a fermarmi > disse sorridendo < mi sarebbe piaciuto passare a trovare anche Brock, peccato che non ci sia … >.L’amico infatti era andato ad Hoenn, probabilmente a seguire qualche ragazza, e non avrebbe fatto ritorno che tra un mese.  < Potresti, già che ci sei, andare a trovare anche Misty > la madre la buttò lì, con noncuranza < Sai… è passato tempo dal vostro ultimo incontro … lei è diventata proprio una bella ragazza … > il tono della madre dava a credere che poco le importasse della cosa, ma Ash era consapevole che in realtà lei non aspettava altro che lui abboccasse all’amo. < Buon per lei > Concluse lui dopo aver finito la sua bevanda < Vorrà dire che passerò a trovarla e constaterò di persona > Ash sorrise in modo poco naturale, ma almeno così sapeva  di riuscire a coprire il colore delle guancie, indipendentemente da quale fosse.                                                                                    < Sarà meglio che vada, non aspettarmi per pranzo > Disse Ash alla madre, chiudendosi la porta alle spalle. La madre era abbastanza irritata dal fatto di non essere riuscita a carpire le informazioni agognate.

Ash si incamminò. Nuovamente era da solo, nuovamente provava la pioggia, anche se ora sulla sua pelle. Questo lo ributtò nei suoi pensieri, da cui la madre lo aveva strappato. Camminava senza rendersene conto, tanto era assorto. Sensazioni diverse se lo contendevano, facevano la lotta nel suo cuore; lo stesso cuore che più volte lo aveva convinto di qualcosa, per poi smentirsi subito dopo. Lo stesso cuore che, in quel momento così particolare, era sotto la pioggia. Una pioggia che però, solo lui poteva sentire,  ma che neanche lui poteva capire.

Ash non si era mai reso conto di avere  un cuore. O meglio, non si era mai reso conto della funzione che questo aveva. Un grosso magazzino carico di esperienze, sentimenti ed emozioni che era sempre lì, e che ricordava tutto. Però, lo spazio è limitato. Non puoi continuare a buttarci dentro informazioni, e sperare che ci sia sempre posto. Le cose più vecchie e inutili, brevi momenti che avevano importanza solo all’epoca, possono essere anche cancellati … Ma quando ti trovi ad avere solo cose importanti, come fai spazio alle cose nuove? Cerchi di fargli occupare il minor spazio possibile, concentrandole, comprimendole e schiacciandole per far posto, ma non le cancelli. Loro sono lì, perfettamente funzionanti e occupano ancora spazio, anche se non te ne accorgi, almeno finché non devi infilare una cosa che crea conflitto, e, a quel punto, le cellette che tenevano i ricordi separati si infrangono, creando chaos e confusione.

Ed era proprio in questa confusione che il cuore di Ash si trovava quando giunse al laboratorio del Professor Oak.

Non era cambiato nulla, del resto, così doveva essere. Bussò alla porta. Uscì il Professore, al quale si illuminarono gli occhi alla vista del ragazzo.  < Ash! Ma che piacere, sei cresciuto tantissimo > Disse Oak passando una mano tra i capelli umidi di ash < Entra, non stare lì fuori, piove che Dio la manda >  Ash entrò e, con sua grande sorpresa, trovò Gary nello studio del professore intento a leggere uno dei tanti libri che trattavano l’argomento “lotte tra pokèmon” . < Ma che piacere, il perdente ha deciso di farci visita > Lo canzonò Gary. < Simpatico come sempre, cioè poco, Gary > La risposta del ragazzo spiazzò il nipote di Oak, che bofonchiò qualcosa. Non capitava spesso che Ash avesse l’ultima parola. Ash ripensò ai litigi con Misty. Nonostante se ne dicessero d’ogni, si volevano bene. Probabilmente anche per Gary era così.

< Non litigate voi due! Ash vieni che ti faccio vedere i tuoi Pokèmon >

Il ragazzo seguì il professore fino a dove teneva i Pokèmon affidatigli. Ne fece uscire gran parte nel cortile interno. < Snorlax, Heracross, Sceptile ! > corse ad abbracciarli. Gli erano mancati, come tutti gli altri del resto.

Passò un bel po’ di tempo a salutare i suoi vecchi amici. Gli tornarono in mente molte cose : il Caterpie così odiato da Misty …  La lotta con Tobias e di come Sceptile fosse riuscito a sconfiggere il suo Darkrai. Gli scese una lacrimuccia ripensando anche a Greninja, che aveva lasciato là, a Kalos.

Salutò Oak ( quello che rivolse a Gary non si poteva definire un saluto ), e si incamminò verso la sua prossima tappa, la palestra di Misty.

Ancora una volta era da solo. La pioggia scendeva decisamente in modo più placido, il che era un buon segno che presagiva  la fine del temporale. Era ancora presto per mangiare, ma nonostante questo Ash iniziava ad avere fame. Fece una piccola sosta al riparo di un albero. Mentre mangiava uno dei panini che si era portato dietro, si riprometteva di non pensare. Il fatto è che, anche se cercava di non farlo vedere, ormai non era più un bambino. E anche se non aveva ancora raggiunto l’obbiettivo da lui propostosi, non esisteva più il “solo e unicamente il mio sogno”.

Riprese a camminare. Ma dopo appena pochi passi, il suo fedele amico giallo, che lo aveva silenziosamente seguito fino a quel momento, fece un gesto inaspettato, lo morse. Ash imprecò. < Ma cosa ti salta in mente! > rimproverò il topino che lo guardava con faccia affranta. Il ragazzo continuava a camminare, ma senza accorgersene, tutti i precedenti pensieri se ne andarono, lasciandolo solo con la sua mano ferita. Il dolore non lo faceva riflettere.

Arrivò a Celestopoli. Da quanto tempo non rivedeva quella città. Gli era sempre piaciuta, perché era un posto tranquillo che aveva un posto nel suo cuore. Gli ritornarono in menti i bei momenti di sei anni fa. Era passata una vita, ma le immagini di quei momenti erano vividi nel suo cuore. Arrivò davanti alla palestra. Fece un passò, e fu come trapassato da una breve scossa. Un qualcosa di rapido ed indecifrabile. Riprese.

Arrivato davanti alla porta bussò.  < Uff … Spiacenti, non siamo in grado di disputare incontri in questo momento … > queste furono le parole con cui fu accolto Ash mentre una ragazza dai capelli rossi gli apriva la porta. Non appena lo vide, sgranò gli occhi verdi. Quei bellissimi occhi verdi. < Ehm … Ciao Misty … Sai sono tornato dal mio ultimo viaggio e … > non fece in tempo neanche a finire la frase che la ragazza gli era già saltata al collo. Quel gesto fece arrossire non poco Ash.

< Ash mio Dio, da quanto tempo > disse Misty, ancora ancorata al suo collo. Il ragazzo non disse nulla, per evitare di fare figuracce. < Cos’è tutto sto chiasso? > dalle scale scese Tracey,  che rimase genuinamente sorpreso alla vista del ragazzo < Non ci credo Ash, non pensavo che ti avremmo più rivisto ormai > gli disse sorridendogli.

Scesero anche le sorelle di Misty. Fecero accomodare Ash in un salottino dove gli porsero del Tea.

< Ash, cos’è che ti riporta a Kanto dopo tanto tempo > gli chiese la più giovane delle sorelle. Finalmente il ragazzo poté guardarle veramente. Era una ragazza diversa. Non era più il maschiaccio che lo aveva accompagnato nel suo viaggio. I suoi capelli erano più lunghi e li lasciava cadere fino alla schiena. Anche se non li stava toccando, percepiva il senso di perfezione che lasciavano al tatto. Il suo viso si era allungato ed aveva lineamenti più femminili. L’unica cosa che non era cambiata erano i suoi occhi. I suoi occhi verdi così profondi da perdercisi dentro. Con il tono di voce più controllato che riusciva a trovare disse < Prima o poi a casa bisogna tornare. E poi avevo bisogno di pace. Kalos è di un caotico che non avete idea > e fu a questo punto che intervenne  Tracey < A proposito, che ne dici di farci vedere i tuoi nuovi Pokémon? > Ash accolse la proposta del ragazzo al quale si illuminarono gli occhi.

< Uscite amici! > e con un gesto rapido lanciò le sue pokéball in aria. Gli altri non poterono fare a meno di percepire, dalla precisione e sicurezza con cui le estrasse, che era migliorato. Uscirono Talonflame, Noivern, e Hawlucha.

< Come mai sono solo tre? Non ti sarai mica rammollito? > chiese Misty perplessa.   < Te l’ho sempre detto che i miei Pokémon sono combattenti > rispose con una punta di amarezza < Ne ho altri due che ho lasciato a Kalos per proteggerla >. La ragazza capì cosa intendeva. Si ricordò di Pidgeot, che Ash aveva liberato per proteggere lo stormo. Capì quanto questo era costato al ragazzo.

< Che dici Ash ti va di venire malmenato in una lotta? > la proposta di MIsty lo spiazzò, ma senza attendere troppo rispose < Se ti va di essere umiliata, che sia. Fammi strada > i due si avviarono verso il campò, con gli altri a seguito.

 

Intanto ad Hoenn, una ragazza con i capelli biondi, era intenta a prepararsi in camerino prima di uno spettacolo. < È  quasi ora > disse al suo Braixen, che la guardava incuriosito. Rivolse uno sguardo alla finestra, immaginando la folla che la applaudiva. Poi i suoi pensieri caddero su qualcos’altro. Qualcosa di magico.     

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Capitolo 2
*** Respirare ***


La ragazza si stava pettinando . Tra una ventina di minuti sarebbe andata sul palco. Indossava un vestito rosa con tonalità chiare e scure, che risaltava il biondo dei suoi capelli e che lasciava scoperte le spalle, cingendo le braccia con delicati nastri bianchi, il cui stile tornava nei guanti, dello stesso colore e ricamati agli orli. Portava dei nastri rosa ai polsi. Alla vita il vestito le era stretto da una cintura, alla quale erano appese tre piccole chiavi ornate di pietre preziose, il tutto terminava con una larga gonna che arrivava fino al ginocchio, da cui spuntavano due lunghe gambe con calze nere.

La ragazza, che aveva finito di pettinarsi i capelli, che gli arrivavano alle spalle, si mise degli orecchini e una spilla, entrambi azzurri. Prese ad accarezzare il suo Braixen, che era vestito in modo abbinato alla ragazza, e che la guardava con occhi carichi di entusiasmo. le disse una ragazza che era entrata nel camerino. < Ok grazie mille > rispose la performer, congedando l’assistente.

Performer. Ancora questa parola suonava strana nella sua testa. Era diventata una performer. Il suo sguardo cadde sulle chiavi appese alla cintura. Le aveva conquistate a Kalos: aveva dimostrato di essere capace di creare coreografie incredibili con i suoi Pokémon, ma non era stata in grado di battere la campionessa. Però non era andata ad Hoenn per diventare la miglior coordinatrice di Pokémon, ma per stupire la gente. Per questo aveva rifiutato l’offerta di Paloma. Per questo. Era arrivata tre giorni prima ad Hoenn, e questa era la sua prima esibizione, ma non era una gara ufficiale, infatti era stata organizzata in occasione di una festa locale. Si trovava ad Algheopoli, il centro più importante della regione. Era distante da casa. Era distante da lui.

Finalmente uscì e, dopo qualche minuto, la chiamarono sul palco. Fu accolta dal pubblico con un fortissimo applauso. Molta della gente di lì non aveva mai visto un Braixen così da vicino. Fece uscire il suo Sylveon dalla pokéball, anche lui agghindato a modo, e cominciò.

< Vai Braixen usa fuocobomba in aria! E tu, Sylveon, valla folare con vento di fata! > I due amici obbedirono. Una palla di fuoco allora iniziò a volare sopra le loro teste. A questo punto alla ragazza bastò un’ occhiata per far capire al Pokémon fuoco cosa doveva fare. Lanciò un’introforza sulla sfera, a quel punto anche Sylveon lanciò, con un ritardo rispetto all’attacco di Braixen, delle comete verso la sfera. Come la ragazza aveva previsto, l’esplosione causata dalle due sfere fu così forte da spazzare via le comete, che si dispersero per tutta la sala, e che la illuminarono come un cielo stellato. A quel punto gli applausi scaturirono come un fiume in piena. Non ci volle molto a capire che aveva vinto lei.

Quella esibizione stupì particolarmente una persona tra il pubblico, che ricordò i bei tempi andati. Voleva conoscere quella ragazza, nella quale aveva visto qualcosa di familiare, una particolare luce negli occhi, una luce che solo chi insegue un sogno può avere. Uscì dalla sala, ritirando il suo Croagunk, che tanto aveva voluto assistere all’esibizione.

Aspettò fuori dalla sala, fino a quando la ragazza uscì, che si trovò spiazzata dal ragazzo che le arrivava incontro. e gli tese la mano, che lei strinse volentieri < Io sono Serena, piacere. Sono contenta che il mio spettacolo ti sia piaciuto > e gli sorrise, un po’ imbarazzata. Il ragazzo rispose al sorriso e continuò < Sai, nei tuoi occhi ho visto qualcosa … qualcosa che non vedevo da tempo … il desiderio di conseguire un sogno >. La ragazza capiva a cosa si riferiva, era la scintilla che gli aveva trasmesso il suo compagno di viaggio. < Beh ti ringrazio, eff … > non finì la frase che lo sguardo le cadde sull’orologio < Oddio è tardissimo, tra pochissimo devo prendere la navetta. È stato un piacere conoscerti Brock! > e schizzò via, senza accorgersi che le era caduta una foto. Brock la raccolse e sgranò gli occhi alla vista del gruppo rappresentato. Ecco perché aveva quella scintilla.

 

< Allora, sei pronto Ash? > gli chiese Misty. Si erano sistemati agli opposti del campo di lotta, come la prima volta. Tracey e le sorelle di Misty erano sugli spalti. < Non voglio che tu perda troppo velocemente, quindi userò Hawlucha invece di pikachu > Misty rispose di tutto punto < Ash. Seriamente. Ti distruggerò. Vai Starmie! >

La lotta iniziò. < Starmie, usa rapigiro! > ed il Pokémon iniziò a girare rapidamente su se stesso, per poi scagliarsi sul wrestler, che non si fece intimidire e schivò con agilità sorprendente, per poi contrattaccare con forbice x. Il colpo andò a segno, scagliando la stella marina in acqua. Hawlucha era già pronto ad assaltare il Pokémon avversario con schiaccia tuffo, quando Misty lo sorprese. < Usa fulmine! >. Ash rimase stupito dalla mossa di starmie, che colpì in pieno Hawlucha, facendogli gravi danni. Anche Misty era migliorata, ma nonostante questo sapeva come reagire. Ash aspettò che la ragazza riusasse fulmine, per poi sorprenderla con un calcinvolo. Il Pokémon non seppe reagire abbastanza velocemente per schivare il colpo, facendosi centrare in pieno, e ponendo fine all’incontro.

< Complimenti Ash, sei migliorato tantissimo > gli disse Tracey, congratulandosi con il giovane; < Tutta fortuna > rispose Misty, imbronciata. Ash le dedicò un sorriso a trentadue denti che la fece arrossire. Tracey e le sorelle di Misty si scambiarono un rapido sguardo, e uscirono con una scusa che non vale neanche la pena ricordare da quanto banale. Ora erano solo lui e lei, lei e lui. Nessuna parola avrebbe potuto riempire quel silenzio, quel silenzio che, per quanto lungo, non era imbarazzante, perché non cercava di nascondere neanche uno dei pensieri dei due ragazzi. Quegli occhi si cercavano, come attratti magneticamente. Neanche un muscolo del corpo di Ash era sotto il suo controllo in quel momento. Era come se i suoi occhi non percepissero quello che accadeva. Il suo cervello muoveva tutto, ma non era in contatto con nulla, come un pilota che si trova a guidare un aereo con il pilota automatico: tutto quello che vorresti fare lo fa lui, ma ciò non toglie che ti senti escluso, come se non avessi il controllo di nulla, come se fossi messo a capo del miglior team di scienziati del mondo. Tutti sotto il tuo controllo, ma nessuno dipende da te.

Come respirare. Amare quella ragazza per lui era come respirare. Non importa cosa pensasse, cosa credesse, cosa ci tra i due; lui respirava, e quindi l’amava. Non c’era nulla che potesse fare. Quella ragazza occupava fosse veramente un posto nel suo cuore, un posto prenotato, che conteneva il suo amore per lei. Non importa cosa ci fosse dentro, ma quello era il suo amore.

E allora perché gli veniva così difficile? Lui le voleva bene, ma, in qualche modo, non riusciva a dirle che l’amava. Era come se lo tenessero con una corda. Ed è in questi momenti che si apprezzano particolarmente gli sforzi degli altri, perché è nei momenti dove non ce la fai, che ogni piccolezza può essere importante.

Le gli si avvicinò, permettendo di percepire l’uno il cuore dell’altro. Quello di Misty era veloce, come in preda ad un qualche tipo di agitazione, ma il suo no, era quasi fermo. Era come in preda ad un’angoscia interiore, più che ad un’agitazione.

Poi  i suoi pensieri vennero interrotti da un ulteriore avvicinamento delle loro labbra. Un avvicinamento totale. Un bacio.

 

< Sono arrivata! Ci sono ci sono e … Dov’ è  la navetta? Ti prego dimmi che non è già partita …> Serena si era fermata ansimante. Aveva corso per nulla. La navetta era partita, e con lei, l’idea di rispettare il programma  prefissatasi. < Ehi Serena! >. Serena si voltò. Brock le stava correndo incontro. Arrivato, le porse una foto Aveva corso. Serena la prese e la strinse < Grazie mille, mi sarebbe dispiaciuto molto perderla >  Brock però, prima di qualunque cosa, le chiese < Scusami ma com’è che conosci Ash Ketchum? >. La domanda spiazzò la ragazza. Era la prima volta dal loro ultimo incontro che sentiva il suo nome. Ash. Quella parolà rimbombava nel suo cuore, come unico residente. Divenne improvvisamente rossa e rispose < Beh ecco, Ash è un … compagno di viaggio. Ho viaggiato con lui per la regione di Kalos >. A questo punto il ragazzo capì cos’era quella scintilla. Era la scintilla che Ash lasciava come ricordo negli occhi di tutti. Era la scintilla che segnava l’ammirazione per quello che era un esempio, un obbiettivo da raggiungere. < Ma dai? Anche io al tempo fui un compagno di viaggio di Ash > aveva smesso di ansimare < Fu qualche anno fa. Che coincidenza trovare a caso una delle allenatrici che hanno viaggiato con quel ragazzo >.  Quelle parole ebbero un effetto raggelante sul sangue della ragazza. Si era aspettata che Ash avesse viaggiato con altre ragazze prima di lei, ma averne la conferma le aveva fatto un certo effetto.  C’erano molte cose di Ash che non sapeva, e nonostante questo, sapeva che per volergli bene non serviva.

< C’è qualcosa che no va? > chiese Brock, che vedeva perplessità negli occhi della ragazza; < No, nulla… è solo che ho perso la navetta, ed ora non potrò arrivare a Ciclamipoli in tempo per il festival … >. Il ragazzo sentiva l’amarezza nella sua voce, e senza esitare le propose < Se ti va, possiamo noleggiare un’auto e ti posso accompagnare io > il ragazzo le sorrise. Il suo sorriso ispirava una fiducia incredibile < Davvero lo faresti? Non so come ringraziarti >, < Non preoccuparti, lo faccio volentieri >. I due si incamminarono verso il più vicino autonoleggio.

 
Bruciava. Il suo cuore aveva fatto partire un fuoco che era divampato in un incendio che non riusciva più spegnere. Voleva andarsene. Lui amava quella ragazza, ma voleva andarsene. Ogni attimo in più in quella situazione aumentava i danni creati dall’incendio. Ogni secondo in più quell’onda di calore così positiva si spandeva, bruciando tutto intorno, facendo cenere di quello che gli stava intorno, senza permettere ad Ash di mettere in salvo nulla. Organi, pensieri, annotazioni … Tutto stava crollando. Doveva andarsene. Aveva isolato la sua mente dall’esterno, per cui potevano essere passati secondi, ore, mesi o secoli da quando era iniziato quel bacio, ma sapeva che ogni prolungamento non avrebbe fatto che male. Doveva, ma non aveva il controllo di sé: cervello e cuore collaboravano a stretto contatto, isolandolo da qualunque scelta avrebbe potuto fare. Aveva bisogno di un aiuto, qualcuno che buttasse giù le pareti dove era segregato. Non il cuore, non l’anima, non il cervello, ma proprio lui. Quello che lo rendeva umano. Quelle emozioni che vengono cacciate dal cuore nei momenti più belli, erano le uniche che guidava. Le uniche che sapeva esistere per certo.

Fu proprio in quel momento che il suo più fedele amico lo aiutò. L’unico che vedeva veramente dentro il ragazzo, l’unico che avrebbe dato tutto per lui. L’amico elettrico scappò. Correva veloce, perché questo doveva fare. Uscì dalla palestra in fretta, perché non sapeva se fosse la cosa giusta da fare, ma sapeva che era tangibile, e che avrebbe dato al ragazzo un momento per ribellarsi.

Con la coda dell’occhi vide il Pokémon allontanarsi, e fu in quel momento di distrazione che Ash  riuscì ad emergere. Si staccò dalla ragazza, e fu come se il fuoco fosse sparito, ed ora non gli restava che raffreddare tutto con la pioggia. Uscì ad inseguire il Pokémon, senza proferire parole, lasciando lì la ragazza con ancora il suo sapore sulle labbra.

 

I ragazzi erano in viaggio da mezz’ora, quando Serena chiese incuriosita a Brock < Scusa Brock, prima hai parlato di vari compagni che ha avuto Ash durante i suoi viaggi … > il ragazzo percepì una sfumatura strana nel tono della ragazza.

 

< Sì, vedi, io ed Ash abbiamo viaggiato insieme per diverso tempo. Insieme abbiamo viaggiato per Kanto, Jhoto, Hoenn e Sinnoh, ed abbiamo sempre viaggiato insieme ad altre persone >

< Ah quindi tu hai già visitato Hoenn? >

<  Sì, l’ho già esplorata insieme ad Ash, Vera e suo fratello Max >

< Vera? >

< Sì. Era una coordinatrice molto determinata e abile. Un po’ come te > E le sorrise.

Lei arrossì < E per le altre regioni? >

< Allora: a Sinnoh abbiamo viaggiato insieme a Lucinda, mentre per Jhoto e Kanto abbiamo viaggiato con una ragazza di nome Misty, più occasionale compagnia di un ragazzo di nome Tracey. Misty, a differenza di Lucinda e Vera, è una capo palestra di Kanto, come me del resto >

La ragazza rimase spiazzata da quell’affermazione, dato che non aveva mai neanche pensato che quel ragazzo così gentile fosse un capo palestra < Tu sei un capo palestra? Ma se sei qui hai abbandonato la palestra a sé stessa? >

< No tranquilla, la gestisce mio padre. Io ero venuto qui per cercare una persona … >

La ragazza trovò quell’affermazione decisamente triste, così preferì non indagare oltre,  e rimasero in silenzio.

 

 

Ash stava cercando di non respirare. Stava cercando di viaggiare controcorrente rispetto tutto il resto. Stava cercando di isolarsi del tutto da quelli che erano i messaggi che arrivavano dal suo cuore. Il ragazzo si era ricongiunto con il suo Pikachu, ed ora erano entrambi sotto la pioggia, che a quanto pare non si era fermata, ma anzi, scorreva torrenziale sui suoi capelli. Il fatto è che Ash stava impazzendo. Il suo cuore gli diceva di amare quella ragazza, il suo cervello era d’accordo con l’organo, ma qualcosa lo spingeva ad opporsi, e finché non avrebbe trovato cos’era, non sarebbe tornato né da lei, né a casa. Sarebbe rimasto lì, inerme, ad aspettare. Di una cosa sola era sicuro. Per la prima volta non si fidava del suo cuore.

 

 

Ash rifletteva. Emersero diversi pensieri in lui. Primo tra tutti, il suo bisogno di stare perennemente in viaggio. Non era solo un capriccio da bambino. Il fatto è che senza obbiettivi, luoghi da raggiungere, strade inesplorate da seguire, poteva sentire l’eco dei suoi pensieri, pensieri che venivano coperti dal rumore di una battaglia, dalle intrusioni del Team Rocket, dalle nuove conoscenze. Ma ora, quei pensieri correvano liberi dentro sé, e non si facevano afferrare. Fu proprio in quel momento che Tracey gli si avvicinò.

< Ciao Tracey >

< Ti va di parlare >

< No >

< Peccato, perché a me sì > si sedette vicino al ragazzo.

< Tracey, non è il momento > disse digrignando i denti.

È limitativo dire che non si aspettasse lo schiaffo che gli tirò l’amico. Pikachu non mosse un muscolo per fermarlo. Stava in disparte, perché sapeva che Ash doveva farcela.

< Ma cosa ti prende! Ti pare il caso? Sei un ragazzo Ash, non un bambino, un ragazzo! >

Il rimprovero giunse duro alle orecchie del ragazzo, che era ancora scombussolato dal colpo.

< Non ce la faccio tracey, non ce la posso fare >

Il ragazzo non capiva cosa intendesse.

< Ora mi siedo qui, e tu mi spieghi per filo e per segno cosa succede >.

Ash si sciolse. Nonostante non glielo avesse chiesto, l’amico era lì, seduto sotto la pioggia, ad ascoltare le lamentele di un ragazzino. Gli raccontò tutto: quello che provava per Misty, come aveva reagito a tutti gli altri viaggi, e cosa era cambiato nell’ultimo. E poi gli raccontò di Serena e del loro bacio. Il “mentore” rimase impassibile, mentre ascoltava quella storia.

< Cosa devo fare? > gli chiese alla fine.

< Non hai qualcosa di preciso da fare, solo un insieme di pezzi. Tu devi farli combaciare, lasciandone fuori il meno possibile > detto questo si alzò e se ne andò.

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Capitolo 3
*** Scelte, chiavi e pensieri ***


Erano quasi arrivati, quando fu Brock a rompere il silenzio che si era generato dal loro ultimo discorso.

< Serena. Vorrei farti una domanda, e ti chiedo di rispondermi con serietà >

< Ok Brock, però così mi preoccupi > La ragazza era sorpresa dal tono di voce che aveva assunto il ragazzo.

< Tu provi qualcosa per Ash? >

La ragazza avvampò. Le sue guance si colorarono così rapidamente da far dimenticare il colore che avessero prima. Era la prima volta che quella domanda gli arrivava così diretta. Il ragazzo stava lì, con gli occhi sulla strada, senza tradire la minima espressione.

< Beh, ecco … io, cioè … dipende … > La ragazza non sapeva se pronunciarsi. Quel ragazzo lo conosceva da poco, ma le ispirava una fiducia indescrivibile. Era come se fosse un assistente che risolveva i suoi problemi senza guadagnarci nulla, solo perché gli andava di farlo.

Al ragazzo però bastava quella risposta incerta per capire. Tirò un lungo sospiro. Non sapeva come parlare a quella ragazza. Molte erano state le ragazze che si erano innamorate del corvino. Non sapeva da cosa cominciare per spiegargli com’era la situazione, cosa fosse per Ash l’amore. Rimase però sorpreso dalla ragazza.

< … Che poi forse gli piaccio anch’io … >

< Eh? > Brock era certo che in qualche modo il ragazzo l’avesse illusa, con qualche atteggiamento premuroso o simili. Però quella ragazza sembrava intelligente. Possibile che si fosse fatta abbindolare?

< Ecco, vedi … > La ragazza gli spiegò tutto. Del loro viaggio, e della sua conclusione. Il ragazzo ascoltava interessato. Era la prima volta che aveva fiducia nel cuore del ragazzo. La prima volta che si fidava ciecamente delle sue scelte. Lui stesso era consapevole che i ricordi del ragazzo, che più volte lui aveva detto che scivolavano come da un buco nello zaino, in realtà lo ancoravano al terreno. Il fatto è che a farlo erano quelli più belli, dalla quale non si sarebbe separato mai.

< … E ora, anche volessi, non potrei chiedergli vere spiegazioni dato che lui è a Kanto, a casa sua > Concluse la ragazza, lasciandosi sprofondare nel sedile di quell’auto.

Il ragazzo sgranò gli occhi. Ash era a Kanto. Ash era a meno di un giorno da Misty.

Sliding doors. Il tempo si fermò, lasciando Brock con una scelta. Non dire nulla alla ragazza, risparmiandole momentaneamente del dolore, permettendo ad Ash e Misty di scoprire le carte in tavola, ammettendo anche la possibilità di rovinare definitivamente tutto. Oppure, rivelare a Serena di Misty, e seguirla probabilmente a Kanto, dove Ash sarebbe stato costretto a decidere. Avrebbe fatto soffrire Serena, ma le avrebbe dato una possibilità. Alla sua destra, l’imbocco per l’aeroporto. Dritto, Ciclamipoli. Cosa fare. Seguire l’ “amore” di Ash per Misty, o buttare giù il mondo che si era creato, ricominciando da zero? Il ragazzo doveva scegliere.

 

 

Il giovane allenatore, nonostante le parole di Tracey lo avessero aiutato, non si sentiva ancora pronto per andare da Misty. Lo aveva sorpreso che l’amico non fosse stato dalla parte della ragazza, ma che invece fosse stato neutrale. Aveva fatto ciò che Brock aveva fatto per anni, il suo tutore.

Quanto avrebbe voluto parlare con Brock. Il capo palestra gli era sempre stato d’aiuto, oltre ad essere un suo grande amico. Aveva sempre guardato l’allevatore con occhi pieni di ammirazione.

“Rialzati” gli avrebbe detto l’amico. “La pioggia non ti aiuterà, al massimo di farà ammalare”. Si alzò, con grande sorpresa di Pikachu, che si era appisolato al riparo da un albero.

< Scusa se ti ho fatto stare qui al freddo amico, torniamo a casa > I due si incamminarono. Arrivato a casa, Ash si rese conto di essere troppo stanco per far nulla. Salutò la madre e salì di corsa in camera da letto, senza mangiare nulla.

Quella fu una notte movimentata per il ragazzo. Sogni derivanti dai pensieri della giornata si accavallavano nella sua testa. E poi ricordi. Un fiume in piena di rimembranze del passato lo travolse, trasportandolo con sé.

 

< Ehi ma c’è anche un pokémon. Come stai piccino? >

< Mi serve la tua bici >

< Eih! Torna qui! >

< Te la riporterò, te lo prometto >

 Quella bici era il motivo per la quale Misty lo aveva seguito, per la quale si erano conosciuti, e per la quale aveva iniziato ad amarla. Ash aveva sempre saputo che non era la bici il motivo per cui lo seguiva, ma lo era invece il desiderio di avventura, di migliorarsi, di scoprire cose nuove. Ma, e se ne accorgeva soprattutto ora, c’era dell’altro che li aveva portati a fare il viaggio insieme. Quel riflettersi l’uno nell’altro, quel sentimento così strano all’epoca. Così strano tutt’ora.

 

< Sai, forse non ti ricordi di me, è passato molto tempo da quando ci siamo conosciuti >

Quella voce. Quella voce che, al sentirla, il suo cervello si contorceva nel cercarla. Quella voce. In quel momento non avrebbe esitato un attimo dal cancellarla per sempre dalla sua sfera dei ricordi. Però, come già era successo, c’era qualcosa che gli impediva di fare tabularasa. Come i pulsanti di lancio dei missili nucleari, che richiedono una chiave in possesso della maggiore autorità per aprire la scatola di vetro che protegge il bottone rosso. Però lui non aveva quella chiave. E sapeva che era un bene, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Ash avrebbe distrutto tuta la sua mente se avesse avuto quella chiave.

Serena rappresentava qualcosa per lui, ma in quel momento, nel suo cuore c’era spazio solo per Misty.

Ed ecco che in un attimo si trovava nel suo cuore. In un punto preciso del suo cuore. Si trovava davanti ad un’immensa struttura, che aveva solo un piano a giudicare dall’altezza, ma che si estendeva per chilometri e chilometri,. Sulla porta che conduceva all’interno si trovava una targhetta dorata che recitava “Misty”. Afferrò la maniglia, ma la porta era chiusa. C’era un piccolo foro, dove probabilmente andava inserita la chiave. La stessa chiave che gli avrebbe permesso di sbloccare il bottone.

Che sottile ironia: quello che più minacciava la sua felicità … o meglio, integrità, era unita a quest’ultima con un legame indissolubile.

 

 

 

Il tempo era ancora lì, immobile, così come tutto ciò che gli stava intorno. Non aveva ancora compiuto la sua scelta e, nonostante questo, pregava che il tempo riprendesse, togliendogli la possibilità di scegliere.

Se la situazione fosse stata diversa, se la ragazza seduta accanto a lui fosse stata diversa, non avrebbe esitato a cacciare quell’idea e a continuare dritto. Per quanto fosse stato amico di Vera e Lucinda, non avrebbe mai messo a rischio il rapporto di Ash con Misty per loro. Ma con Serena era diverso. La conosceva da poco, ma sapeva che la ragazza aveva un animo forte, che la sua non era una cotta, ma che, per quanto debole, valeva come amore. La ragazza aveva conosciuto Ash da giovane, ancora più di Misty, ma era riuscita a mantenere acceso quel sentimento che, nonostante la sua primordialità, era vero, e che ardeva come Prima Fiamma.

E quindi era di nuovo lì, incerto sul da farsi, come proprietario di una chiave monouso che apre due porte. 

Anche qui si poneva, più che un problema etico, uno più intimo. Quando segui per anni la stessa strada, con un pensiero unilaterale e come unico obbiettivo il raggiungimento del traguardo, è il tuo stesso corpo che rifiuta di imboccare una strada alternativa, di perseguire un altro scopo. È la paura che tutti i tuoi sforzi vengano vanificati, che poi non potrai più tornare indietro, che ti costringe a continuare. Però, come capirono i più grandi pensatori, la vita è fatta di compromessi. La vita è fatta di rinunce, per conseguire un bene più grande.

Rinunce importanti. Fu a questo punto che Brock capì veramente cosa comportava quella scelta. Portare Serena da Ash non costringeva solo Misty, ma anche lui. Lui era venuto a Hoenn per un motivo, ed era ciò a cui avrebbe rinunciato.  No. Quello di Brock era un pensiero egoistico. Sapeva infatti che la persona agognata non l’avrebbe mai trovata, e che non valeva la pena considerarla come dato della situazione.

Restava il fatto che fosse al punto di partenza, ancora una volta.

 

 

I sogni per il ragazzo non erano finiti. Si alternavano quelli rivolti alla ragazza dai capelli rossi, seguiti da pensieri rivolti a Serena, per poi finire con la vista di quella porta. Ma, anche se solo per un attimo, per una volta intravide qualcosa di diverso. Una stanzetta piccola, vista da una finestra. Colma di foto, quadri e lettere, con un divanetto e un camino. Un attimo dopo sparì. Il fatto che un sogno diverso si fosse infiltrato in quell’ammasso di pensieri prometteva bene. Forse il suo cuore si stava realmente avvicinando alla risposta.

 

 

Misty  piangeva sul suo cuscino. Queste non erano le lacrime che versava per amore solitamente. Queste erano più amare, perché sapevano di sconfitta, di disfatta. Erano lacrime che sancivano una fine. Non si aspettava sarebbe andata così. In quel momento, in cui le loro labbra si sono toccate, le sembrava tutto così perfetto. Poi Pikachu. Il suo sguardo le aveva detto qualcosa. Era uno sguardo di compatimento. Non capiva perché se ne fosse andato, e avesse portato con se Ash, costringendolo a staccarsi. In quel momento entrò Tracey.

 

< Posso entrare? >

< No Tracey, vattene via > La voce le tremava non poco

< Ho capito, devi parlare > Concluse entrando. Due giovani in una serata era veramente troppo però.

< Tracey, tu non puoi capire, io … >

< Ho parlato con Ash > Il mentore si era seduto sul bordo del letto della ragazza.

I suoi singhiozzi si fermarono a quella affermazione.

< Senti Misty, lui non ha vissuto tutto questo come l’hai vissuto tu. Tu hai passato le giornate in palestra, struggendoti per amore. Lui ha viaggiato proprio per dovere evitare di farlo > prese un breve respiro, e constatò che la ragazza lo stava ascoltando < Ash non ha potuto (questa volta tacque il voluto) pensare al vostro amore, o se lo ha fatto, non è ancora pronto per tutto ciò. In questa giornata ha concentrato una quantità di emozioni contrastanti non indifferente … > Il ragazzo si accorse troppo tardi, nonostante la cautela con cui parlava, delle parole pronunciate.

< Contrastanti? > la ragazza ci mise mezzo secondo a capire quella frase. < C’è un’altra … > Le parole le uscirono di bocca tremolanti.

< No … cioè … non proprio … > Ma la ragazza non lo stava più ascoltando. Il dolore accecava i suoi occhi, tappava le sue orecchie. Non voleva più sentire nulla. Non voleva più vivere quella cosa.

< Misty smettila di fare la vittima! > quelle parole colpirono la ragazza, che si girò verso di lui. Ora aveva la sua attenzione. Ora i suoi occhi arrossati gravavano su di lui.

< Vuoi capire che questa cosa non è difficile solo per te? Lui non è andato da lei, e non se ne è nemmeno andato da te. Ha solo bisogno di riflettere. Lui, a differenza tua, non ha fatto del suo dolore la sua vita, ma è andato avanti. Questo non vuol dire che ti abbia dimenticato > fece una piccola pausa < ora come ora non so dirti se tornerà da te, ma devi capire che, in qualunque caso, il mondo va avanti, con o senza di te. Ash adessosta riflettendo sui suoi sentimenti, esattamente come te, e fidati che, qualunque cosa scelga di fare, ha le sue motivazioni >

< Tracey, tu da che parte stai? >

< Da nessuna, sono solo uno spettatore, un consigliere neutro >

E con queste parole si congedò

 

 

In quell’attimo, tre persone erano immersi nei loro pensieri, e ciascuno di loro si era chiuso in sé, bloccando il tempo all’esterno. Ma la realtà è che, anche se te non riesci a capacitartene, tu non sei il solo ad essere “vivo” in quell’attimo. Il tempo passa anche per gli altri, perché ogni persona ha la sua scatola di pensieri , preparati apposta per quei momenti dove il tempo si ferma. Così come Misty, che credeva di essere l’unica a vivere quel momento, anche Ash si sentiva solo, idem per Brock. Ma anche tutti gli altri. Anche Serena, Tracey, Delia e perfino Gary pensavano. Nessuno di loro era diverso dagli altri, se non per quello che gli attraversava la mente, perché ogni umano compie scelte, e come tali, vanno ragionate. Anche la decisione che può sembrare più impulsiva, in realtà ha dietro di sé un momento di profonda valutazione, che gli altri però non sembrano percepire. Perche, in fondo, tutti credono di essere gli unici a fermare il tempo.

“Il futuro influenza il presente tanto quanto il passato” (cit. Nietzsche). È una verità amara, ma è proprio il pensiero del futuro a guidare le nostre scelte, a farci scegliere quali chiavi tenere e quali buttare. Perché noi possiamo imparare dai nostri dai nostri errori, migliorarci … ma alla fine ciò che distrugge tutte le nostre costruzioni è il futuro, che si diversifica così tanto dal passato che dobbiamo per forza metterci ulteriormente alla prova, vedere quando riusciamo a muoverci ad occhi chiusi senza cadere. Per questo ogni tanto ci fermiamo, per rendersi conto di ciò che ci sta attorno, per fare una scelta più accurata possibile, ma in realtà, ovunque andiamo ci sono buche inevitabili, solo che non le possiamo vedere.

 

 

Brock era esausto. Quella scelta lo stava uccidendo. Si dice però che, proprio in casi estremi, sia l’essere, la creatura che è l’umano a trovare una soluzione, ad adattarsi a ciò che ci sta intorno.

 

< Brock. La scelta non deve venire da te. Deve venire da quello che è meglio per Ash >

Era impazzito. Voci correvano rapide nella sua testa, voci che conosceva, ma che non riconobbe sul momento.

< Ricorda che l’animo umano ha limiti. I problemi morali sono uno di questi . Non devi distruggerti. Basta un calcolo. Un semplice, banale, calcolo delle probabilità. Niente pro o contro, alla quale tu come persona puoi dare più o meno peso. Solo fredda matematica >

Brock sgranò gli occhi. La voce era sparita. Il tempo, piano piano, riprendeva. Aveva fatto la sua scelta.

Il sole si stava abbassando, e tra non troppo sarebbe calato, come avevano fatto ormai i suoi dubbi.

 

 

Ash si svegliò nella notte. Guardò l’orologio. Erano le due. Scese in cucina e prese un bicchiere d’acqua. Fuori, ovviamente, pioveva. La sua mente era vuota. Niente pensieri, emozioni, assolutamente nulla. Una breve pausa prima di tornare a dormire.

 

Misty, quasi contemporaneamente, si era alzata, e guardava il cielo nuvoloso dalla finestra della sua camera.

 

< Non devo pensarci >

< Non devo pensarci >

Il ragazzo poggiò il bicchiere, e diresse lo sguardo verso una foto sulla parete.

La ragazza afferrò una foto dal suo comodino.

< Quanto tempo … >

< eravamo così piccoli … >

I loro occhi si soffermarono l’uno sulla versione più giovane dell’altro.

< Chissà fossimo stati più grandi … >

< Avremmo dovuto incontrarci più avanti … >

Due lacrime bagnarono due volti diversi.

< Bizzarro >

< Bizzarro >

Due sorrisi.

< Destino, cosa stai cercando di dirmi? Io la amo … >

< Destino, so che risolverai tutto … >

 

 

 “ Chissà cosa avrà scelto Ash … quel ragazzo ha bisogno di tempo in fondo … “

“ Ora come ora, mio figlio è in una situazione spinosa. Spero sia veramente cresciuto … “

“ Chissà se Ash ha ancora la metà della nostra pokéball … “

 

 

Infine un ultimo pensiero, isolato dagli altri.

“ Ho un presentimento strano. È come se sentissi una parte del mio cuore allontanarsi … Ash … cosa sta succedendo? “.

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Capitolo 4
*** Rette ***


Due parallele sono due rette che viaggiano per la loro strada, senza incontrarsi mai.

 

 

La strada, con grande sollievo per Brock, aveva ripreso a scorrere. Parallelamente all’auto, gli edifici di Ciclamipoli scorrevano.  Gli occhi del ragazzo puntavano sulla strada, quelli della ragazza sulle case e i negozi che si intravedevano sulla destra.

 

< Non manca molto all’arrivo, vero? >

Brock trasse un profondo respiro. Stava tenendo in ostaggio una ragazza praticamente. Anche se sapeva fosse giusto, non si era mai effettivamente posto il problema di chiedere a Serena la direzione. Questo perché, stupidamente, aveva pensato di essere l’unico a vivere quel momento

Decise di buttarsi.

< Serena, non stiamo più andando a Ciclamipoli >

La ragazza non capì.

< Stiamo andando all’aeroporto >

< Ma cosa … perché? > la ragazza non capiva. Il viso del ragazzo pareva improvvisamente più stanco e contratto.

< Allora … ti ricordi di Misty, te ne ho parlato prima, hai presente? >

< Sì, la capo palestra che ha viaggiato con te e Ash, ma cosa centra … >

< Lei ora si trova a Kanto, nella sua palestra >

< Sì però Brock … >

< Serena, ora mi devi ascoltare. Cerca di capirmi il più in fretta possibile >

La ragazza annuì, un po’ spaventata dal comportamento di Brock, che intanto continuava a guidare.

< Potrei passare ore a spiegarti per filo e per segno cosa c’era di speciale in quel viaggio, come si svolse e come si concluse, ma sarebbe inutile. Ti basta sapere che Misty ama Ash >

Quelle parole erano pesanti e pronunciarle consumava molto più fiato del solito.

< Inoltre, non sono sicuro che non valga lo stesso per Ash >

Nonostante Serena avesse provato ad emettere un fiato, Brock non si fermò.

< Il fatto è che loro si sono conosciuti da giovanissimi. Sono stati l’uno per l’altro la prima vera esperienza interpersonale in un ambiente esterno. Ma non è finita qua. Ash ha fatto innamorare altre ragazze al di fuori di te e Misty … quelle che ti ho elencato prima sono un esempio >

Serena avrebbe voluto smettere di ascoltarlo. Perché le diceva quelle cose, perché la stava portando all’aereoporto. Voleva portarla a Kanto, per farle vedere la felicità di Ash, voleva farla soffrire ancora?

Brock, imperterrito, proseguì.

< Ash non so se si sia mai accorto dell’amore di queste ragazze, fatto sta che non lo ha corrisposto. Nel suo cuore c’era spazio solo per Misty. Per l’ “amore” che prova per Misty >

La ragazza colse quella strana accentuazione della parola “amore”.

< Tutto questo prima che arrivassi tu >

Sbam. La verità era stata sbattuta sul cruscotto. Lei non era uguale a Lucinda, Vera ... Lei era diversa. Lei occupava qualcosa in più.

< Sono sicuro che Ash ora non è tra le braccia di Misty … per merito o colpa tua >

Finalmente riuscì a pronunciarsi, e Brock capì che ne aveva il diritto. Ma non si aspettava quello.

< Brock, andiamo a Ciclamipoli >.

Due incidenti sono due rette che, solo in un punto, si incontrano, per poi proseguire per la loro strada.

 

 

Quel bacio. Quel bacio era stato un incidente, un segno del destino, o che cosa? Anche se in quel momento aveva provato una sensazione di pericolo misto ad angoscia mista a pazzia, doveva rifarlo. Doveva vedere se la faccenda si ripeteva, o se era stato un crollo momentaneo. Sapeva però che, nel caso si fossero baciati di nuovo, Pikachu non sarebbe stato capace di salvarlo.

Pikachu. Al pensiero del suo migliore amico, le parole gli uscirono senza pensarci.

 

< Scusami se ti ho trascurato. Spero tu possa capire >

Il topo elettrico gli si strusciò contro. Capiva benissimo.

 

Ash era seduto sul suo letto. Non era stato più capace di addormentarsi, il che forse era un bene dato che la notte non era trascorsa proprio benissimo. Aveva ancora in mente quella foto. Quel così prezioso ricordo. Improvvisamente si ricordò dell’esca. Trasse a sé lo zaino e la iniziò a cercare . Poi la afferrò e lasciò cadere lo zaino. Quell’esca gliela aveva regalata Misty. Aveva sempre tenuto per sé quel prezioso manufatto, che tanto gli ricordava la ragazza, durante i suoi viaggi. Tante volte gli aveva fatto tornare alla mente i bei tempi, la sua estrema gioventù. E ora, guardandolo, non lo riconosceva più.

Ash la posò sul comodino, e si ricordò di un consiglio arriva toli tempo addietro.

“ A volte urlare i propri problemi al vento aiuta a risolverli “. Era vero. Fin quando tu ti tieni tutto dentro, tu non lo puoi veramente vedere, è come oscurato da tutti i dubbi e le paure. Ash doveva poter vedere il problema. Non poteva urlare, perché sua madre stava ancora dormendo, e non lo voleva scrivere. La carta è troppo poetica. Si vestì e uscì, lasciando un biglietto alla madre. Sapeva dove andare.

 

 

 

Due perpendicolari sono due rette che, dopo essersi incrociate in un punto, continuano la loro strada. A differenza della incidenti però, loro hanno delle regole. Devono dare origine a quattro angoli retti, perché qualcos’altro lo ha già determinato.

 

 

 

Misty era riuscita a dormire. Era ancora nitida nella sua testa l’immagine del corvino da giovane. Avrebbe dato tutto per tornare a quell’età. Avrebbe dato tutto per riavere il suo Ash. Avrebbe dato tutto per cancellare l’altra.

Tracey non le aveva detto come si chiamava. Non lo trovava “opportuno”. Tracey era il miglior amico di Misty, ma in quel momento lo percepiva come fosse un nemico, un avversario.

“ Io sono un semplice osservatore”.

Proprio in quel momento il suddetto bussò, e senza aspettare troppo una risposta, entrò.

Il ragazzo vedeva una versione di Misty pietosa, che purtroppo conosceva bene. Era la versione “catalessi da ricordi”, che personalmente odiava.

 

< Misty … >

< Scusa Tracey. Ti devo le mie scuse per come ti ho trattato >

Il ragazzo, per quanto sollevato era sorpreso.

< ok … >

< È solo che … questa storia mi sta uccidendo. E il fatto che io abbia anche solo immaginato che tu non fossi più mio amico, ne è la prova >

Nuovamente Tracey era seduto sul letto di Misty.

< Devi distrarti. Per oggi hai degli incontri, ti consiglierei di usarli per occupare la tua mente >

Dettò questo se ne andò, senza che la ragazza potesse ringraziarlo adeguatamente.

 

 

Tracey si allontanava dalla porta di Misty. In questa faccenda, lui era l’unico capace di tenere la mente perfettamente lucida. Il fatto è che anche per lui era difficile.

 

< Grazie Brock per avermi fatto vedere la tua raccolta sull’alimentazione dei Pokémon, è stata illuminante >

< Di nulla Tracey, torna quando vuoi! >

< Fidati che con il clima che c’è in palestra in questo periodo, lo farò spesso >

< In che senso? >

< Misty è distrutta. Succede ogni volta che legge il nome di Ash >

< Ah sì, ho visto. È stato intervistato dopo la lega di Unima >

< Esatto, e quindi Misty … >

< Quei due sono velenosi l’uno per l’altra >

< Cosa intendi? >

< Anche Ash si distrugge per Misty, anche se è bravo a non darlo a vedere >

< Già. Quei due non possono continuare così. Però sono fiducioso. Ormai sono grandi, e anche se Ash è ingenuo, capirà >

< È quello che spero >

 

 

Brock la pensava come lui. Avrebbe voluto condividere la situazione con lui e chiedergli consiglio. Non si aspettava che lui si stesse occupando della stessa cosa.

 

 

Intanto, il viaggio proseguiva.

 

< Cosa intendi con “andiamo a Ciclamipoli”? >

< L’unica cosa che posso intendere >

< Ma ti ho spiegato la situazione per filo e per segno, non capisci perché devi andare a Kanto? >

< Sì, lo capisco. Per farmi spezzare il cuore. Per rovinare tutto >

Brock non capiva.

< Quella che mi hai raccontato … è la storia di amore di Ash, e io non ne faccio parte. Non voglio rovinare la sua vita per un mio capriccio. Voglio solo che sia felice >

La ragazza dimostrava una resistenza incredibile, oltre che una maturità fuori dal comune. Era disposta a rinunciare ad Ash, per dargli una possibilità di essere veramente felice. Non aveva dovuto fermare il tempo, la risposta le era venuta immediata. In quel momento Brock capì quanto Serena amasse quel ragazzo, quanto avrebbe dato per lui, quanto avrebbe sofferto per lui. Ma Brock capì anche un’altra cosa. Capì che si stava sbagliando.

< Serena … >

< No Brock, ho deciso e niente … >

< Serena, ti stai sbagliando … >

< Non credo, sto facendo la cosa giusta … >

< Serena, io non ho mai detto che Ash ama Misty, come non ho mai detto che sarebbero stati felici insieme. Non ti nascondo che è una possibilità, e che io ho sperato per tantissimo tempo che questo accadesse. Ma ormai sono quasi convinto non accadrà mai. Se davvero ami Ash, devi dargli la possibilità di scegliere, di chiarirsi con se stesso. Devi provarci >

Attimi di silenzio seguirono le ultime parole di Brock.

< Perché fai questo per me? >

< Non lo faccio per … >

< Non mentire. Sai anche tu che, lasciando Ash da solo, prima o poi raggiungerà comunque la conclusione di amare Misty. Questo gesto da una possiblità a me, e ne toglie una a Misty, una tua amica. Perché? >

Sospiro.

< Vedi … Ash e Misty erano perfetti insieme, per questo è nato un sentimento … ma la verità è che alcune cose vanno lasciate al passato > fece una pausa < Serena, tu sai bene quanto un sentimento possa essere irremovibile dal cuore, anche ha distanza di anni … beh, tu sei riuscito a trapassare la barriera creata dal sentimento per Misty, cosa che altre ragazze non sono riuscite a fare. Hai sfondato le credenze di Ash, e sei riuscita ad insinuarti nel suo cuore. Non ti sei mai arresa, mantenendo vivo il sentimento per quel ragazzo. E in qualche modo quest’ultimo ha superato quello di Ash per Misty. Sono sicuro che un motivo c’è. Sei andata contro il destino in un certo modo … e questo denomina che sei più adatta di Misty, che invece si è affidata solo e unicamente all’ ipotetico destino di lei e Ash. Perché, anche se lo è stata, ora lei non è più adatta al nuovo Ash >

Serena capiva. Anche se ci fu comunque un momento di ripensamento. Lei era disposta ad un probabile dolore, che avrebbe oltretutto dovuto sostenere davanti al ragazzo. Era disposta a provarci? Sì. Lo voleva fare per Ash.

Intanto Brock, che comunque credeva in quello che aveva detto, sperava di averla convinta.

< Brock, andiamo a Kanto >

 

 

Ash era arrivato su una collinetta, non troppo distante da casa sua. Quel posto gli era molto caro. Posò lo zaino su una pietra e urlò, con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Non si sarebbe fermato ad ammirare il paesaggio, a percepire la pioggia. Aveva bisogno di liberare cervello, cuore e polmoni di quella frase.

 

< Non so cosa fare. Non so scegliere tra Serena e Misty!!! >

Quanto suonava stupida quella frase. Detta ad alta voce sembrava il delirio del protagonista di una qualche telenovela a basso costo. Forse era proprio così infondo. Inoltre quella era la prima volta che l’immagine di Serena appariva concreta nella sua testa, mentre prima era solo un’ombra.

< Beh, bel dilemma perdente >

Quella voce lo fece raggelare. C’era qualcun altro, e quel qualcuno era Gary.

< Magari posso darti una mano. Sono migliore di te in tutto quindi anche in queste cose >

Ma Gary si avvicinò troppo ad un Ash che non aveva voglia di vederlo.

Non si accorse del pugno finché non gli arrivò in faccia. Niente parole,  solo un pugno. La risposta di Gary non si fece attendere. I due iniziarono a darsele di santa ragione. Nonostante fossero nemici amici, non si picchiavano per quello. Tutti e due erano venuti lì per un motivo, ed entrambi utilizzavano quei colpi e quei lividi per sfogarsi. Gary ed Ash erano sempre aspri l’uno con l’altro, ma c’erano stati quei momenti in cui, più che amici o nemici che fossero, sembravano fratelli. Entrambi dovevano molto all’altro. Si spronavano ad andare avanti.

Però spesso e volentieri  esageravano. Il terreno era fangoso, e scivolarono entrambi giù dalla collina. Nessuno dei due ammetterà di essersi buttato per l’altro, e non ci è dato sapere chi dei due sia scivolato e chi invece si sia esposto per salvarlo. Fatto sta che erano entrambi  infondo alla collina, dal lato opposto dal quale Ash era salito, ed erano entrambi sporchi di fango.

 

< Gary stai bene? >

< Credo di sì e … Ahi! Come non detto, penso di essermi fatto male al piede >

Ash si alzò e andò da lui. La sua caviglia era viola praticamente. C’era poco da fare. Lo aiutò ad alzarsi e lo sorresse, nonostante i suoi grugniti di disapprovazione.

< Casa mia è troppo lontana. C’è una piccola baita qua vicino. È di un amico di famiglia, e ha dato a me e a mia madre le chiavi, per darle un’occhiata >

Gary annuì, e si avviarono. Intanto Pikachu li raggiunse, tenendo con la bocca lo zaino di Ash.

< Come farei senza di te > e lo accarezzò.

 

Arrivati alla baita, Gary si sistemò su un divanetto rosso, e il corvino accese il camino.

 

< Mi sa che ci conviene stare qui finché non ti sarai ripreso un minimo, o fino a che non smette di piovere, cosa improbabile > disse guardando fuori dalla finestra.

Gli porse poi un antidolorifico e, dopo avergli dato dell’acqua ossigenata da passare sui graffi, lo aiutò a bendarsi la caviglia. Il tutto lo trovarono nella cassetta di pronto soccorso.

< Mi sa che ci vorrà un po’. Piuttosto tu, mai pensato di proporti come infermiera Joy? >

< Guarda che se ti lasciò, muori senza che nessuno sappia dove sei finito >

Nei loro toni non c’era però malizia, ma erano scherzosi.

< Mi sa che dovrai raccontarmi una favola per far passare il tempo. Finisci quella che hai iniziato sulla collina, che sembrava interessante >

< Sicuro ti racconto dei miei problemi >

< Posso aiutarti. Veramente >

< Sì. Tu che sei romantico come una pigna >

Il tono di Gary però era amichevole, tant’ è che Ash fece una cosa che lui stesso non avrebbe mai fatto. Accettò il suo aiuto. Ma non senza essere cauto.

< Perché mi vuoi aiutare? >

< Perché tu mi hai aiutato >

< Veramente intendo >

Sospiro.

< Ti basta sapere che io ero lì per un motivo probabilmente simile al tuo. E se aiuto te, mi costringo a non pensarci … Ma non perdiamo tempo, cosa dicevi su Misty e l’altra? >

< Serena >

< Serena ok >

 

 

Fiumi di parole scorrevano. Una situazione particolare. Ash, dopo qualche minuto dall’inizio, non si rendeva nemmeno più conto di star parlando con Gary. Sembrava che stesse parlando con Brock, eccetto per alcuni commenti che solo il rivale poteva fare. Una volta conclusa, potevano essere passati minuti, ore e persino giorni. Ma Ash in quel momento si sentiva svuotato.

 

< Sai Ash. Sei proprio un deficiente >

< Come scusa? >

Il ragazzo era irritato da quell’insulto, che si ricordò essere rivolto da Gary.

< Sto dicendo che sei un deficiente. Il problema che ti stai ponendo tu è praticamente inesistente. Tu ti stai facendo condizionare >

< Spiegati > il tono nervoso non era sparito, e faceva contrasto con quello innaturalmente calmo dell’altro ragazzo.

< Si può dire che, a differenza dei milioni di castelli costruiti su fondamenta di sabbia, tu ne abbia costruito uno di sabbia su fondamenta di pietra. Tu sei sempre andato in viaggio per diventare un campione ( il tono sarcastico di quest’ultima parte era tangibile da quanto pesante ),  ma anche per fare esperienze nuove. Però, anche se non si può cancellare il passato, non puoi ancorarti ad esso. Ora tu mi puoi dire che è un modo per sentirti più vicino a casa, ma comunque risulta inutile. Tu non puoi portarti dietro una pietra che ti ricorda casa, se questa ti impedisce di volare. Tu devi vivere la tua vita, non pensare che una coincidenza con la vita di un’altra persona la renda parte integrante della tua vita, perché non è così >

< Ti stai sbagliando. Se ti riferisci a Serena … >

< Ma che problemi hai??? Mi sto riferendo a Misty. Il vostro è stato un incontro, punto, non pensare a quello che avrebbe potuto esserci, ma preoccupati di quello che c’è stato! >

< Un bacio … >

< Se non mi facesse male il piede, ora ti piglierei a calci sui denti! Un bacio deve farti dimenticare tutto, deve essere una porta per un altro mondo, un momento che sancisce qualcosa, non un’inutile perdita di tempo! >

< Smettila >

Ora entrambi i ragazzi si stavano scaldando. La tensione tra i due, per quanto diversa da quella che contrassegnava i litigi precedenti, era viva, e pulsava come il cuore di un neonato.

< Ah scusatemi, Ash la femminuccia non riesce a capire quello che prova, poverino, vorrà dire che gli terremo la mano fino a cinquant’anni, perché sai … >

< Smettila >

< No Ash, smettila tu. Smettila di essere lo stesso bambino che eri sei anni fa. Un viaggio non deve essere un reset, ma neanche un bagaglio che ti porti in giro per la vita. Perché tu ne hai uno solo di bagaglio, e devi stiparci dentro tutto. Non ti sto dicendo di seguire quello che dico ed andare da Serena subito, ma di riflettere veramente. L’unica cosa che devi pensare è questa: Amo veramente Misty? Se la risposta è sì, no problem, ma se non sei sicuro al cento per cento …. Beh, sai tu meglio di me cosa devi fare >

Seguì un lungo silenzio. Ash pensava, ma non ce la faceva. Sapeva che ora non doveva pensare: doveva sognare.

< Grazie Gary >

< Ehm … prego? >

< Io ora riposo un attimo, ed è meglio che lo faccia anche tu, così magari quando ti svegli il piede fa meno male, dato che non è rotto >

< Hai ragione … una cosa però >

< Cosa? >

< Quello che è accaduto in questa casa, rimane in questa casa >

< Contaci >

E caddero entrambi addormentati.

 

 

 

Una costruzione che non ha un nome, però, è quella più importante. La “Ipsilon”(Y). Quando due rette che dovrebbero essere incidenti, ma che decidono di proseguire insieme, di non lasciare tutto al caso.

 

 

Serena e Brock erano all’imbarco. Per fortuna, un aereo partiva per Kanto nel giro di un’ora da quando erano arrivati all’aeroporto.

 

< Pronta ?>

Un attimo di indugio.

< Normalmente no … ma per questo, sì >

 

 

 

 

Nota dell’autore

La storia sta per concludersi, nel giro di uno o due capitoli. Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo questa storia, per quanto breve e non di grande qualità. So già cosa farò finita questa, ma scriverò alla fine. Anche se so che non ci sono riuscito, l’intento iniziale era quello di creare dubbio tra chi Ash avrebbe scelto alla fine (anche se secondo me non tutti hanno capito) … Comunque, se vi interessa a caso, ditemelo che vi lascio la mia playlist da “sottofondo mentre scrivo”. Ci vediamo… presto spero.

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Capitolo 5
*** Scosse ***


Ash si svegliò. Era passata qualche ora. Gary non c’era più, probabilmente se ne era già andato, il che faceva supporre che stesse bene. Ash provò un senso di sollievo.
Il sogno, come ogni volta che si era addormentato, era arrivato. Ma questa volta sapeva che era l’ultimo. Aveva deciso. La sua mente, il suo cuore … era libero.
 
“Amo veramente Misty? “
 
Stava correndo verso casa. Non sarebbe arrivato subito, era abbastanza distante, anche perché preferiva  aggirare la collina, per evitare di avere altri incidenti. Ma non importava, perché per lui era come volare. Persino Pikachu, appena svegliato, faceva fatica a stargli dietro.
 
Misty si svegliò. Si era riaddormentata. Era tardissimo.
 
< Oh no, ho saltato gli incontri! >
< Ci ho pensato io >
Era appena entrato Tracey, con un sorrisone enorme sulla faccia.
< Scusa è che … >
< No tranquilla. Era da tempo che non ti vedevo svegliarti senza un’espressione da morta. Inoltre sembravi dormire tranquilla quando sono entrato, che ho preferito non svegliarti >
 
 
Era vero. Quella mattina, aveva dormito veramente, da tanto tempo. Si sentiva viva, anche se non sapeva spiegarsi il perché. Solamente si sentiva bene. Veramente bene. Tracey se ne era andato. Lei era lì sola, in un nuovo giorno. E, anche se non sapeva perché, lo percepiva in modo diverso. Lo percepiva nuovo.
 
 
Serena si svegliò. Era sul sedile dell’aereo. A fianco a lei c’era Brock, che sembrava molto stanco.
 
< Ben svegliata >
Il suo sorriso era molto più teso e innaturale.
Serena, che diventò rossa d’imbarazzo, accennò un sorriso.
< Quanto manca? >
< Poco, ormai siamo quasi sopra Kanto. Puoi ancora dormire un po’ però >
< Ok, ma non credo lo farò >
 
Serena riusciva a percepirla, quell’aria così diversa da quella di casa sua. Riusciva a sentire la sua presenza. Quello sarebbe stato l’ultimo dei suoi vecchi giorni, in qualunque caso. E questo la angosciava. Non era mai stata una ragazza debole. Frivola sì, ma debole mai. O almeno, non da quando aveva conosciuto Ash.
“Non arrenderti mai”
Quella frase si era ancorata al suo cuore, come per tutti quelli che avevano conosciuto Ash. Quindi, indipendentemente dalla scelta di Ash, lei lo avrebbe tenuto nel suo cuore, perché un mondo senza Ash, è un mondo peggiore.
A Serena raggelò il sangue. Scelta. Lei dava per scontato, seguendo le parole di Brock, che il ragazzo non aveva ancora deciso cosa fare del suo cuore. Ma la realtà poteva essere diversa. Magari lui l’aveva già dimenticata. Magari stava con Misty ora. Cacciò i pensieri dalla testa.
“Non arrenderti mai”
 
 
Tracey era stanco. Uscito dalla stanza di Misty, aveva raggiunto la sua e si era gettato nel letto. Voleva che quella storia finisse. Lui era molto amico della ragazza, per cui il suo star male gli gravava su … beh su tutto.
Il fatto è che aveva un presentimento. Doveva solo aspettare e vedere, e sopravvivere nell’attesa.
 
 
Brock era stanco, teso e dolorante, ma era fiducioso. Fiducioso che quel viaggio non fosse stato inutile, che non avesse costretto Serena ad un dolore inutile. Ma forse, questo era solo quello che si ripeteva per evitare di far accanire tristezze sulla sua testa. Il fatto è che non era sicuro nemmeno lui. Intanto però, l’unica cosa che poteva fare, era aspettare e ripetere. Sperando che fosse abbastanza presto.
 
Gary camminava. Il piede non era del tutto guarito, ma ormai gli faceva poco male. Si sentiva libero. Il discorso con Ash lo aveva liberato dai suoi dubbi. Era incredibile come, in situazioni così simili, lui fosse in grado di spiegare quella del suo rivale ma non la sua. Ma ora sapeva cosa fare. Camminava imperterrito, verso casa di lei. Non si sarebbe fermato e, anche se si vergognava di quel pensiero, sperava non si sarebbe arreso neanche lui. Anche se per Ash era più semplice. A lui bastava guardare veramente dentro se stesso. Gary però sapeva chi aveva scelto.
 
Ash intravedeva la sua casa, la cui vista lo rincuorò. Entrò giusto per posare le chiavi, e incrociò sua madre.
 
< Ah, ciao. Dove sei stato? >
< In un posto. Scusa ora vado di fretta >
La madre sorrise. La sua felicità riempiva la stanza. “Vai, campione” pensò tra sé e sé.
 
Ash aprì il garage, prese la sua bici e si mise a pedalare. Pedalava più forte che poteva, incurante del terreno fangoso che lo rallentava, incurante della ormai sottile pioggia. Stava per finire, finalmente. Il suo cuore pedalava con lui, contando i minuti di attesa.
 
 
“Amo davvero Misty? “
 
 
Brock e Serena erano arrivati. Avevano sentito l’aereo atterrare. Si trovavano a Kanto. Avrebbero perso una mezz’ora per scendere ed uscire dall’aeroporto, ma potevano permetterselo. Era un miracolo che con il tempaccio che impestava quella zona di Kanto non avessero perso ore.
 
 
Misty si era alzata e stava facendo colazione. Sorseggiava del the al narciso, quando arrivò anche Tracey.
 
< Ah allora ti sei alzata veramente questa volta >
Nonostante tutto, Tracey elargiva sempre sorrisi incondizionati. E per questo Misty gli era grato.
< Ah. Ah. Ah. Molto spiritoso. Comunque Tracey … >
< Sì? >
Il ragazzo era pronto ad un altro estenuante discorso.
< Oggi non ti voglio vedere in palestra. Prenditi una giornata libera da tutto e tutti, soprattutto me >
Gli sorrise.
< Effettivamente ne ho bisogno … credo che accetterò. I programmi di capo palestra sono alla solita bacheca >
Detto questo, si mise una giacca pesante e uscì. La pioggia, come già Misty aveva ipotizzato, non gli avrebbe impedito di gustarsi dell’aria fresca. Inoltre, stava per smettere. Quello era un bel giorno. Poi vide Ash arrivare in bicicletta.
 
< Ash? >
< Tracey! >
Il ragazzo fermò la bici e scese.
< Misty c’è? >
< Sì e dentro ma … >
< Allora vado. Devo assolutamente … >
 
Scossa. No, fu solo la vibrazione del suo cellulare. Interruppe il discorso e lo estrasse. C’era un nuovo messaggio. Veniva da Brock. Brock. Solo al vedere quella scritta gli vennero i brividi. Aprì d’impulso.
“ Sono appena arrivato a Kanto. Con me c’è Serena “
 
 
Non impallidì. Non gli si gelò il sangue nelle vene. Semplicemente risalì sulla bici e se ne andò, lasciando lì Tracey, insieme alle sue ultime parole.
“Non dire nulla a Misty”
 
Ora pedalare non sembrava più un angelico volo, ma solo una fatica immensa. Gli pareva di non andare abbastanza veloce. Doveva muoversi.
Il destino fa di tutto per farci seguire la nostra strada. Basterebbe mettere un cartello però. Siamo costretti ad andare avanti a tentoni. Come personaggi di un videogioco in un labirinto, ci viene fin troppo naturale esplorarlo tutto, sicuri che dietro ogni angolo ci possa essere un pericolo, ma anche un oggetto importantissimo per il corretto svolgimento della trama. E quindi siamo lì, come attratti dal pericolo, dalle cose sconosciute, da quel brivido che ti sale per la schiena quando sei solo al buio. Rischiare per nulla non è masochismo, è umanità, ciò che ci distingue dalle belve. I nostri mostri interiori non sono altro che eccessi di umanità, che ci portano incontro all’irragionevole. Ma tutto questo, dimostra solo una cosa: il destino dell’umano è soffrire profondamente  per scelte vuote, piuttosto che fare sorrisi vuoti per scelte profonde.
“Amo veramente Misty?”.
 
Brock, guardò il cellulare, per poi rivolgersi a Serena.
< Fatto, lo ha visualizzato. Ora non resta che aspettare. Sono sicuro che verrà >
Ma la ragazza non era così convinta.
< Come fai ad esserne convinto? Come fai a sapere che non farà nulla, e che semplicemente abbia letto il messaggio ma non se ne sia interessato? >
< Perché non ha risposto >
La ragazza non capiva ciò che Brock intendesse. Lei conosceva Ash, ma quel capo palestra sembrava una proiezione dei suoi pensieri. Come faceva ad essere così sintonizzato con la sua mente?
< Vedi … ad Ash non piace lasciare le cose a metà. Se gli poni una domanda, risponderà sicuramente, e dato che non ha risposto via messaggio, lo farà sicuramente faccia a faccia. Abbi fede >
La ragazza si affidò nuovamente a Brock.
 
 
Una bambina. Serena era solo non era altro quando conobbe Ash. Dentro il suo cuore poteva ancora vedersi, con il cappello di paglia, e con un’incredibile voglia di fuggire davanti ai problemi.
 
< Piacere, io sono Serena >
Le lacrime fermarono il loro scorrere per un attimo.
< So chi sei >
< In effetti anche io so chi sei >
Serena si sedette accanto alla bambina.
< Perché piangi? >
< Perché ho paura >
< Paura di cosa? >
< Di un rifiuto >
< Sai, anche io ho paura. Ma non devi vederla così nera la situazione. Almeno lo rivedremo, e poi sai … lui ha lo stesso diritto di vivere la sua vita che abbiamo noi >
La bambina smise anche di singhiozzare.
< Ti faccio vedere una cosa >
 
Serena si ritrovò davanti ad una piccola casetta, anche se, paragonata allo spazio che aveva intorno, non sembrava così sproporzionata. Il suo tetto sfiorava il soffitto di quello spazio.
La bambina non c’era più. Serena aveva una chiave in mano. Si fece forza e la inserì nella serratura, per poi aprire la porta.
Qualche minuto dopo, Serena tornò al mondo reale. Era arrivato.
 
 
Gary era arrivato davanti alla casa. Il piede dolorante, il cuore che pareva impazzito ed il sudore che scivolava per la sua faccia. Ma non ci faceva caso. Gli bastava premere il campanello. Un movimento che non necessitava un particolare sforzo, ma che era reso difficile dal timore del futuro.
Ripetutamente avvicinava la mano al campanello, per poi ritrarla … perché Gary aveva timore. Era lì per quello. Era lì per lei, ma nonostante tutto, faceva fatica a muovere quella mano, a farla avanzare sotto la pioggia, a farle fare quel movimento deciso.
Alla fine neanche ci provò a premere con decisione il campanello, si limitò a tirarci contro la propria mano.
Si sentiva come Ash: un perdente. Ma un perdente solo di nome, che nonostante tutto vinceva.
 
 
Scendere dalla bici non fu mai più doloroso. Quello scambio di sguardi … era carico di qualcosa. Qualcosa che non aveva mai provato. Non si avvicinò subito, come un cervo spaventato. E come fu per il bacio con Misty, non era in grado di calcolare il tempo che passava. Brock non era con lei, probabilmente se ne era andato per lasciarla da sola. Ma la vera domanda era: Serena cosa sapeva? Doveva dar per scontato che sapesse tutto. Del resto, doveva essere lì per un motivo.
 
Pensieri si accavallavano nella sua mente. Voleva correre ad abbracciarlo, ma sapeva di non poterlo fare. Quegli attimi la uccidevano, come una lama che ti trafigge poco a poco, lasciandoti vedere il tuo corpo mentre muori. Però sapeva cosa doveva fare, anche se non aveva il coraggio. Sincronizza il respiro. Uno … due … lascia, uno … due … lascia, uno … due …
 
< Ciao Ash >
< Ciao Serena >
Ash si avvicinò. Erano a meno di un metro uno dall’altra. Potevano sentire l’altro, potevano parlare veramente.
< Da quanto tempo … > Accennò con un tono ironici Serena.
< Già … > Ash cerco di rispondere con un sorriso.
Non riuscivano a parlarsi. Al contrario dei pensieri, tra di loro c’era come una barriera che impediva il contatto.
< Siamo proprio due imbranati, eh? >
< … probabilmente hai ragione … >
Altro silenzio. Non sarebbe mai finito, se uno dei due non avesse preso l’iniziativa. Lo avrebbe fatto Serena, ma ricordava l’ultimo consiglio di Brock. “Deve essere lui a proferire parola per primo”.
Ash non riusciva a parlare, ma quello che doveva dire lo sapeva. Così, senza accorgersene, gli bastò far scivolare i pensieri fuori dalla sua bocca.
“ Serena … è complicato “
La ragazza rimase in silenzio ad ascoltare.
“ Mi dispiace … avrei dovuto parlarti di Misty … avrei dovuto dirti tutto subito. Avrei dovuto, ma non l’ho fatto … perdonami “
Il ragazzo pianse, ma sul suo viso non scivolava una lacrima. Era qualcosa che non si poteva vedere.
“ Brock mi ha raccontato tutto. È un po’ pettegolo effettivamente … “
Anche Serena stava facendo scorrere i suoi pensieri, ma non come una diga che si è spaccata, ma come un ruscello. I due erano in sintonia in quel momento.
“ Il fatto è che … non so perché, ma lei … eravamo così piccoli, non sapevo cosa stesse succedendo. Lei ha sempre occupato uno spazio indelebile nel mio cuore … non so perché, ma so che è così. Devi sapere che quando sono andato ad Hoenn, e poi a Sinnoh, e in tutti gli altri viaggi che ho fatto, lei era sempre lì. Non se ne è mai andata”
Ora erano uno a fianco all’altra. Intorno a loro il vuoto. C’erano solo loro, seduti uno accanto all’altra, circondati da tutto e dal nulla. Non volevano scappare.
Con amarezza, Serena pensò che il loro ultimo bacio fosse stato rubato. Ma non si ricordò che ciò che pensava coincideva con ciò che Ash sentiva.
“ No. Non è così. L’ultimo viaggio … è stato diverso. Per una volta, non ho realmente pensato solo e unicamente a Misty … questo non vuol dire che me ne fossi dimenticato, ma era solo un qualcosa, messo in un cassetto riservato ai sogni “.
“ Capisco cosa intendi … lei è quello che tu sei per me “.
“ Non so … probabilmente sì però … “
“ Però? “
“ Serena, tu ti sei mai innamorata? “
“ Mi prendi in giro? “
“ No, intendo … ti sei mai innamorata di qualcun altro? “
Rifletté.
“ No. Cioè, mi sono presa anche io la mia buona dose di cotte … ma innamorata mai “
“ Come fai a distinguerle? Come fai a dire che non era amore? “
“ Perché una cotta è solo e unicamente per il mondo che conosciamo. Un amore … è qualcosa di diverso. È qualcosa che ti scombussola “
Ash capì.
“ Serena … io non posso essere sincero con te. Non so cosa provo. So solo che tutto il mio cuore, o almeno gran parte, è occupato da lei “
Altro silenzio.
“ Ash tu la ami? “
“ Ash tu la ami? “
“ Ash tu la ami? “
 
Quella domanda si ripeteva nella sua testa. La risposta la sapeva? Era tornato da Misty, o almeno ci aveva provato. Questa era la magia di Serena: era in grado di mettere in dubbio tutte le sue certezze. Il fatto, è che per lui Misty era un figura quasi teorica. Poteva essere solo una proiezione della sua mente.
 
“ Non hai qualcosa di preciso da fare, solo un insieme di pezzi. Tu devi farli combaciare, lasciandone fuori il meno possibile “
“ non pensare a quello che avrebbe potuto esserci, ma preoccupati di quello che c’è stato “
“ Ash tu la ami? “
 
Sì.
Sì.
Sì.
Ash stava formulando quei pensieri, ma non uscivano dalla sua bocca.
Sì. Scossa.
Sì. Scossa.
Sì. Scossa.
Non si voleva fermare. Si immaginava già pedalare verso Misty. Scossa.
Scendere dalla bici. Scossa.
Correre da lei. Scossa.
No, non avrebbe dato retta a quella stupida scossa. Sarebbe arrivato al campanello. Scossa.
Ma questa non fu per un attimo. Continuò perpetua, fino a quando non svenne.
È la luce delle nostre credenze ad accecarci per non farci guardare avanti.
 
Ash si svegliò. Si trovava nuovamente davanti alla porta che recitava Misty. Ora però aveva un sottotitolo: “amore”.ù
Si alzò. Ancora una volta davanti a quella stanza. Ma ora era diverso. Si frugò in tasca, e ne estrasse una chiave piccolina. La stessa chiave del tabula rasa. In quel momento, voleva tornare al suo centro nervoso, e distruggere tutto ciò che era Serena per lui. Ma fu fermato. Fu fermato da se stesso. Lui, in qualunque caso, voleva bene a Serena, e non era giusto cancellarla così. Inoltre lei gli aveva fatto una domanda, e lui aveva ferma intenzione di risponderle. Inserì la chiave, che fece scattare la serratura, per poi disintegrarsi davanti ai suoi occhi. Trasse un sospiro, ed entrò.
 
Una scossa è quello che ci ferma, ci costringe a riflettere. Ci toglie la polvere dagli occhi.
 
Buio. Ash era circondato dal buio, o meglio, dalla penombra che riempiva quella sala. In realtà era molto più piccola di quel che sembrasse. Ed era vuota, se non per un piccolo piedistallo al centro, con qualcosa sopra.
“ Cosa … ma cosa vuol dire tutto questo? “
Ash ispezionava con lo sguardo tutto ciò che lo circondava. Non c’era assolutamente nulla intorno a lui.
Indugiando, si avvicinò al centro della stanza, l’unica parte illuminata. Si avvicinò abbastanza da vedere cosa c’era di così importante su quel piccolo supporto.
Una foto ed un’esca a forma di Misty, la stessa che lei gli aveva regalato. La foto li ritraeva da bambini, durante il loro viaggio a Kanto.
“ Cosa significa tutto ciò “.
Il ragazzo non capiva. Perché in  quella stanza c’erano solo una foto ed un’esca, cosa significava?
Poi, all’improvviso, una scritta apparve sul muro davanti a lui:
“ il torto più grande che si possa fare ad un bambino, è cercare di fargli guardare il mondo con gli occhi di un adulto “.
 
Ash indietreggiò, vino a quando non sbatté contro il muro, che cadde, come fatto di cartone.
A quel punto, cervello e cuore si svuotarono. E capì.
Quello che provava per Misty, si riassumeva in quei due oggetti. Tutto il loro viaggio … era racchiuso in quei due manufatti “ preziosi “. Tutto quello che provava per Misty.
“ Amo davvero Misty? “.
Due ragazzi, che però lo sono solo di nome, più che di fatto. Ash era molto legato a Misty. È stata la prima vera esperienza  interpersonale con un estraneo. Avevano viaggiato insieme, erano diventati amici … avevano sviluppato altro. Tuttavia, per un bambino questo era difficile da capire. Si era trovato con qualcosa tra le mani, e non sapendo cosa farne, lo aveva etichettato come amore. Ma non era amore. Era un qualcosa di più articolato, ed altrettanto speciale, ma non era amore. Ash sprofondò. Tutte le notti passate a pensare, tutto il tempo che aveva sottratto alla sua vita per pensare a lei come a qualcosa di più di un amica. Non sapeva cosa fare, non sapeva a cosa aggrapparsi, stava precipitando e non riusciva a fermarsi. Ma, solo a volte, non ce ne è bisogno. Perché c’è sempre qualcuno che ti fermerà.
Ash atterrò. Non si era fatto neanche troppo male. Si tirò su e constatò di essere vivo, prima di guardarsi attorno. Era in una stanza che aveva già visto. Si alzò e la analizzò. Era abbastanza spaziosa. C’erano due poltrone e un divano color rosso che guardavano verso un camino che emanava un tepore irresistibile.
Il resto della stanza era tappezzato di foto ed era piena di gingilli di vario tipo, appoggiati a delle mensole. Ne riconobbe alcuni, come le Princess keys della regione di Kalos. Prese una foto e la guardò. Ritraeva lui, Clem e Lem, e lei, Serena. Si ricordò dove si trovava. Era in quella casetta vista in sogno.
Ad un certo punto, qualcuno dietro di lui aveva inserito la chiave nella serratura e stava entrando. Quando Serena entrò, si guardarono negli occhi.
 
 
Ash si svegliò. Si trovava nel mondo reale. Probabilmente era svenuto anche lì. Di fianco a lui c’era brock, visibilmente preoccupato. Davanti a lui, c’era lei in lacrime. Non pioveva più. E lui era sicuro di essere calmo.
 
< Ash stai bene? > chiese Brock.
Il corvino mise seduto.
< Sì … quanto sono stato privo di sensi? >
< Circa una trentina di secondi credo … ma sei sicuro? Sei molto pallido >
La ragazza gli si era gettata al collo, ancora con le lacrime agli occhi.
< Serena … >
< Scusa Ash, è che mi sono preoccupata e … >
Serena gli si staccò dal collo. Serena, durante tutta la conversazione di prima, non aveva mai pianto. Né dentro né  fuori. Era stata una roccia. E ora piangeva per lui.
Ash, non era più accecato dalla luce di Misty. Ora poteva vedere con i suoi occhi quello che gli stava intorno. Ora poteva vedere quello che provava per Serena. Non avrebbe saputo dire se fosse amore, ma sapeva che era vero.
Stava guardando gli occhi di Serena.
< Ash, cosa succede, ti senti di nuovo male? >
Ma Ash non la stava più ascoltando. Si limitava ad osservarla.
< Ash cos … >
Il ragazzo la prese per le braccia e attirò a sé la ragazza. I loro occhi erano a pochi centimetri, le loro labbra erano attaccate. Provò la stessa cosa che aveva provato con Misty, ma con una differenza. Non voleva, non doveva e non avrebbe mai cercato di far terminare quel momento.
 
 
Ancora una volta stava preparando il suo zaino. C’erano le solite cose, ma due mancavano. L’esca di Misty e quell’enorme peso che lo aveva sempre contraddistinto. Mancava quell’ansia. Aveva consegnato una lettera a Tracey, con le istruzioni di darla a Misty quando più opportuno.
Gli sarebbe piaciuto dire che questo era l’epilogo, ma non era così. Assomigliava di più al prologo del sequel.
 
 
 
Nota dell’autore
E così questa storia è finita. Mi ha divertito veramente un sacco scriverla, e devo dire che sono abbastanza soddisfatto del risultato, in quanto era così che ho sempre voluto farla finire. Perché diciamocelo,le fan fiction sono per chi, come me, vuole di più da una storia. Vuole “viverla” più a lungo.
Come promesso, ecco come gestirò in seguito il mio account. Ho dato diversi indizi nella trama, ma faccio prima a dirvi direttamente.
Farò una o due flashfic / oneshot su SAO, poi vorrei fare almeno una storia ispirata o a DS o a Max Paine. Infine, risponderò ai quesiti creati da questa storia, cioè chi Brock stava cercando e a chi si riferiva Gary.
Non mi resta che salutarvi quindi, alla prossima!
 
 

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