Troublehunter 2

di Lamy_
(/viewuser.php?uid=351812)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Veleno di demone. ***
Capitolo 3: *** Testimone anonimo. ***
Capitolo 4: *** Safe House. ***
Capitolo 5: *** Immortale. ***
Capitolo 6: *** La Città di Ossa. ***
Capitolo 7: *** Incontro di mezzanotte. ***
Capitolo 8: *** Sangue benefico. ***
Capitolo 9: *** La dolce morte. ***
Capitolo 10: *** Bruciare d'amore. ***
Capitolo 11: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Francia - Spagna, 1957.
La Grande Guerra aveva distrutto un intero mondo. Speranza, amore, solidarietà, pace adesso erano soltanto utopie. Mentre il Paese cercava di riprendere una vita normale, a Parigi, in un sobborgo, una ragazza e sua madre lavoravano all'uncinetto per tirare avanti. Erano felici, nonostante tutto, perché erano insieme. Quella mattina Sylvie Blanc, una ventenne dai capelli rosso fuoco e grandi occhi azzurri, assisteva all'uccisione di sua madre. Uomini del Clave avevano fatto irruzione nel cuore della notte e avevano accusato la donna di magia nera, che era bandita e vietata nel Mondo Invisibile, ed era stato emanato l'ordine di giustiziarla. Sylvie non ebbe la possibilità di salutare sua madre: riuscì a scappare prima che potessero catturare anche lei. Dopo essersi nascosta per due mesi, abbandonò la Francia e salpò verso la Spagna. Lì dovette rubare per mangiare e dormiva dove le capitava, su una panchina o negli angoli delle strade. Una sera, però, la vita le sorrise. Al calar del sole raggiunse la piazza principale di Madrid, dove si teneva un corteo in occasione del mese mariano, e un ragazzo le versò addosso un bicchiere di acqua.
"Perdoname. Estoy muy inatento!"
La dolcezza della sua voce e i suoi occhi gentili fecero sorridere Sylvie, che scosse la testa.
"No importa, es sólo agua!" tentò di dire la ragazza nel suo spagnolo stentato, ridacchiando per la pessima pronuncia. Il ragazzo rise con lei e poi le tese una mano.
"Raphael Santiago, agradable para conocer."
Sylvie gli strinse la mano.
"Sylvie Blanc."
 
 
Lisbona, oggi.
"Tanto vinciamo noi!" esclamò Astrea in un impeto di gioia. Raphael era appena rientrato e poté benissimo capire che Astrea era in compagnia. Raggiunse il salotto, che in realtà doveva essere lo studio, e vi trovò la Nephilim e Simon che guardavano la partita.
"Olà, Santiago!" disse la ragazza con la mano che si muoveva per salutarlo. Simon, invece, sobbalzò dallo spavento e si portò una mano sul cuore.
"Dovresti seriamente smetterla di fare queste entrate!"
Il Vampiro prese posto sulla poltrona accanto al divano, si sbottonò la giacca e poggiò la testa allo schienale.
"Dovresti esserci abituato, mondano."
"Non sono più un mondano. Sono uno Shadowhunter adesso." ribatté Simon, non per niente stupito dell'atteggiamento di sufficienza che Raphael mostrava di provare con tutti, eccetto con Astrea.
"Abbiamo vinto!"
Astrea esultò quando la partita si concluse a favore del Portogallo. Simon rise nel vedere il suo entusiasmo, mentre Raphael, troppo esausto quel giorno, si recò in camera. Da un paio di giorno i ricordi lo tormentavano. Ripensava alla sua famiglia, agli amici che aveva abbandonato, alla fede che negli anni aveva vacillato, al suo primo amore. Sylvie Blanc. Francese, bellissima e letale come poche. L'aveva incontrata, o meglio scontrata, a Madrid, in Spagna, in occasione del Giovedì Santo. La festa ha luogo in Calle Toledo presso la Chiesa Collegiata di San Isidro, e lui aveva accompagnato sua madre e sua zia. Lì aveva rovesciato un vasetto d'acqua, destinato ai fiori per la Chiesa, sull'abito di qualcuno, e quando aveva alzato lo sguardo vide la ragazza più bella di tutta Madrid. Aveva fatto la figura dell'imbranato, ed ora era così strano ripensare a quel ragazzo così timido e chiuso. La Trasformazione aveva cambiato anche il suo carattere, non solo il suo fisico e le sue abitudini. All'inizio era stata dura, ma Sylvie era rimasta al suo fianco nonostante tutto. Ricordava bene il loro primo bacio: sotto un salice piangente nel bel mezzo di un parco con la luna che creava l'atmosfera giusta. Da allora ebbe inizio la storia che più lo avrebbe tormentato. Ricordava i pomeriggi trascorsi a rincorrersi per le stradine, a baciarsi contro i muri, le notti passate a fare l'amore dovunque capitasse, perché lontani non riuscivano a stare. Sylvie era bella, oscura, misteriosa, una seduttrice nata, una donna passionale e romantica. Astrea, invece, era l'opposto: era forte, testarda, sarcastica tutto il tempo, poco dolce ma con una capacità di amare smisurata, sapeva fare a meno di tutti e sapeva cavarsela da sola, era fuoco e ghiaccio al tempo  stesso, era un turbina di emozioni. Era una ventata di aria fresca, adorava scherzare ed era sempre pronta a ridere, anche se il suo sorriso nascondeva un profondo dolore.
"Disturbo?" la voce di Astrea lo risvegliò dai pensieri e lo riportò alla realtà. Si mise seduto e le fece segno di entrare.
"Simon é andato via poco fa. Sei chiuso qui dentro da due ore. Va tutto bene?"
"Sì, ero solo stanco. Le lamentele al DuMort mi hanno sfiancato." Raphael ridacchiò per cercare di mascherare la tristezza. Astrea si sedette accanto a lui sul letto e annuì piano, era ovvio che quella scusa non se la beveva.
"Da quando tu guardi le partite con Simon, a proposito?"
"È l'unico normale del gruppo. E poi ama i videogiochi e i supereroi come me!"
"Sei sicura di non essere una mondana?"
Astrea si finse offesa e gli fece la linguaccia.
"Mio padre ci teneva che io conoscessi il mondo mondano e ne ho carpito gli aspetti che più mi interessavano."
D'istinto la ragazza portò una mano alla pancia, un bruciore improvviso le stava provocando dolore. Sollevò un lembo della maglia e vide la runa parabatai arrossarsi e sembrava potesse prendere fuoco da un momento all'altro.
"Stanno ancora interrogando Thomas?" azzardò Raphael, tenendo gli occhi sulla runa.
"Sì, credono di poter stanare gli altri compari di Katia grazie a lui. E mi avevano avvisata che presto la runa sarebbe scomparsa."
Il Vampiro passò l'indice sulla runa, scottava e pulsava.
"Lui ti manca?"
"Raphael, lo so che nascondi il diario di Thomas in cui scriveva di essere innamorato di me. L'ho visto quando hai portato qui la tua roba."
Raphael scattò sull'attenti e aprì la bocca per ribattere, ma non poteva dire nulla a sua discolpa. La Nephilim gli accarezzò una guancia e sorrise.
"Non puoi essere geloso di un fantasma."
"Non é un fantasma, é vivo e vegeto. Abita ancora nella tua mente e nel tuo cuore."
"É stato il mio parabatai per anni, non posso di certo dimenticarlo. Ma non lo amo e forse non l'ho mai amato davvero. Ed era ovvio che nemmeno lui mi amasse altrimenti non mi avrebbe tradita."
"In quelle pagine ci sono annotazioni su di te che mi fanno ribollire il sangue."
Astrea sapeva bene quanto fosse geloso Raphael, più volte glielo aveva dimostrato. Ed era una cosa che la faceva sentire desiderata e importante ai suoi occhi, ma non poteva ancora pensare a Thomas. Apparteneva al passato.
"Thomas non fa più parte della mia vita. É acqua passata ed io voglio guardare al futuro, insieme a te. Solo con te."
"Non mi lasciare, Astrea."
Astrea si sporse e lo baciò con tutta la dolcezza di cui era capace. Per quanto Raphael fosse tagliente, annoiato, accigliato e irascibile, aveva un animo fragile che andava preservato dalle sofferenze. Con le dita gli accarezzava la nuca mentre quel contatto tra di loro prendeva sempre più passione. Si stringevano lasciando che i sentimenti taciuti venissero fuori e si riversassero in quel bacio che sapeva d'amore, di dolcezza, di speranza. Raphael approfondì il bacio spingendo dolcemente Astrea sul letto, senza mai staccarsi dalle sue labbra, ed entrambi ridacchiarono mentre sotto i loro corpi le lenzuola venivano disfatte. Astrea si sedette a cavalcioni su di lui e strinse le ginocchia attorno ai suoi fianchi, gli accarezzò la guancia, poi il contorno delle labbra, la mandibola, la gola e scese lungo il suo petto, sentendo sotto i polpastrelli i suo addominali. Si avvicinavano sempre di più e continuavano a baciarsi,un bacio dolce e lento, senza la fretta e il timore di prima, solo tanta voglia di vivere l'istante. Raphael chiuse le dita attorno alle cosce di Astrea, regalandole una scia di baci sul collo, e poté godere della morbidezza della sua pelle. Ma sentiva i canini premere contro le labbra e dovette allontanarsi.
"Che succede, Raphael?"
Il Vampiro si era avvicinato alla finestra, e osservava il sole calare per lasciare spazio alla luna.
"Ci siamo spinti troppo oltre."
Astrea si sistemò i pantaloncini e la maglietta, quindi si alzò per andare in cucina.
"Facciamo progressi!" gridò, mentre lasciava la camera da letto. Raphael scosse la testa e rise. Era vero, quella volta avevano superato una piccola parte.
 
 
New York, oggi.
"Ti vuoi concentrare?"  sbraitò Magnus, ormai esausto dalle continue interruzioni di Astrea. Si stava allenando per controllare il Fuoco Rosso e insieme a lei, per imparare nuove magie, anche il piccolo Max. Aveva incendiato per due ore bicchieri e aveva fatto esplodere il vaso preferito di Alec, un regalo di Jace e Clary. Dopo qualche istante di esitazione, Astrea e Max erano scoppiati a ridere.
"Sono stanca, Magnus. Non ce la faccio più. Sono una Cacciatrice, non una creatura magica." "Ti é stato affidato un potere, cara mia, e questo perché vuol dire che sei assolutamente in grado i gestirlo. Inoltre, hai promesso ai piani alti di preservare questo Fuoco. Una vita in cambio dei tuoi servigi."
Aveva promesso all'Arcangelo Raffaele di riuscire a gestire il suo potere e di certo non poteva disubbidire all'ordine, anche perché grazie a lui Raphael non era del tutto morto.
"Okay. Riproviamo."
"Concentrati su qualcuno o qualcosa che ti rende tranquilla, trai energia dai corpi attorno a te e sprigionala."
"Io - intervenne Max, seduto a terra a bere un succo di frutta - mi concentro sulla crostata di mirtilli, quella di nonna Maryse che mi piace tanto."
"Maryse prepara dolci?" domandò Astrea scioccata da quella scoperta.
"Astrea!" il rimprovero di Magnus la costrinse a tornare seria. Chiuse gli occhi e cercò nella sua mente un'immagine che potesse esserle d'aiuto.  Ricordava bene la filastrocca che sua madre le recitava prima di dormire con la sua voce dolce, il sorriso sincero e le mani attorno alle sue: C’è un omino piccino piccino che va in giro soltanto di sera e cammina pianino pianino con un sacco di polvere nera. E’ l’omino inventor del dormire che nel lungo serale cammino senza farsi veder nè sentire porta il sonno ad ogni bambino. Non si sa se sia bello o sia brutto se sia vecchio più o meno del nonno
Quando stanchi si senton gli occhietti è perché stà passando l’omino ed è l’ora in cui tutti i bimbetti fan la nanna nel loro lettino..
Una piccola lacrima guizzò sulla sua guancia, ma non si curò di asciugarla. Ripensava a quella filastrocca, al tono cantilenante di sua madre e alla sensazione di pace che provava. Una fiamma arse sul suo palmo, viva e intensa. Con un movimento secco della mano scagliò la fiamma contro il  bersaglio, un fantoccio di paglia, e quello bruciò in una manciata di secondi. Quando Astrea aprì gli occhi, Max e Magnus stavano applaudendo. Solo allora si portò la manica della felpa alla guancia per rimuovere la lacrima.
"Sei stata brava." si complimentò lo Stregone prima di stringerla in un abbraccio.
 
 
New York, oggi.
"Quante volte ti devo ripetere che qui non sei la benvenuta?"
Astrea sospirò e si voltò per guardare in faccia Stan. Ancora non gli andava giù il fatto che la Nephilim avesse il permesso di gironzolare al DuMort come voleva.
"Sono stanca e sono le undici e mezza di sera. Cos'è che vuoi di preciso, Stan? Vuoi che ti rompa di nuovo il naso?"
Stan le fu vicino in un baleno, forte delle sua capacità straordinarie, e la fissò disgustato.
"Ora che mi hai fatto la radiografia posso andare?" lo schernì Astrea, sfinita per gli allenamenti e spazientita per l'atteggiamento scontroso di Stan.
"Quando avete intenzione di finirla voi due? Sembrate un disco rotto." esordì Sally, la quale aveva raggiunto la sala comune per prendere un bicchiere di sangue. Astrea scosse la testa e, senza aggiungere altro, fece le scale per raggiungere lo studio del Capo. L'Hotel era immerso nel buio e inciampò almeno un paio di volte mentre attraversava il lungo corridoio. Tastò più volte la parete alla ricerca della maniglia e, una volta trovata, aprì la porta. Fortunatamente all'interno la luce era accesa. Raphael se ne stava seduto sulla poltrona e leggeva attentamente, tanto da non rendersi conto che la ragazza fosse lì, dei documenti.
"Ti ho sentita." disse poi, mandando in frantumi le speranze di Astrea di fargli uno scherzo.
"Ciao, Santiago."
Raphael alzò lo sguardo su di lei e sorrise, aveva sentito la sua mancanza. Astrea prese posto sul divano giocando con un filo della sua maglia.
"Hai le dita bruciate. Come sono andate le sedute di magia?"
Astrea si guardò le mani ed effettivamente i polpastrelli erano bruni per via del fuoco, qualche stilla di sangue imbrattava la sua pelle. E Raphael doveva essersene accorto perché si leccava ripetutamente le labbra, gesto che la ragazza adorava. Trovava anche estremamente sensuale quando il Vampiro, dopo aver bevuto, con la lingua cancellava le gocce di sangue agli angoli della bocca.
"Mi stai fissando, chica."
Astrea tossì imbarazzata e decise di cambiare argomento.
"Oggi sono riuscita a bruciare il bersaglio. Magnus é soddisfatto dei risultati."
"Sapevo che ce l'avresti fatta."
"Raphael, andiamo a dormire?"
Il Vampiro smise di leggere e portò lo sguardo su di lei: era rannicchiata sul divano, era visibilmente stanca e l'indomani l'attendevanono altri allenamenti. Così Raphael, messi da parte i fogli, la raggiunse sul divano e si stese accanto a lei. Astrea poggiò la testa sul suo petto e si sentì subito al sicuro tra quelle braccia.
"Buonanotte, amore." mormorò Astrea mentre scivolava già in un sonno profondo. Il Nascosto deglutì per quel nomignolo, ma poi sorrise. Le baciò la fronte e chiuse gli occhi. Tra qualche si sarebbe svegliato e avrebbe lavorato.
"Buonanotte, chica."
 
 
(1* perdonami, sono così disattento.
2* Raphael Santiago, piacere di conoscerti.)
 
 
Salve a tutti!
Sono tornata (purtroppo per voi!). Il fandom di Shadowhunters continua ad ispirarmi.
Benvenuti nella seconda parte di 'Troublehunter'. Spero possa piacervi e catturare i vostri cuori.
NB: nei libri Raphael è stato trasformato nel 1953 ed infatti ha 15/16 anni, ma per motivi narrativi nella mia storia è stato trasformato nel 1957 così che abbia 20 anni.
Bando alle ciance, buona lettura!
Fatemi sapere le prime impressioni.
Alla prossima,
Un bacio :)
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Veleno di demone. ***


CAPITOLO PRIMO: Veleno di demone.
 
 
 
Portogallo, Istituto di Lisbona.
"Hai una pessima mira."
"Sto cercando di colpire con una freccia un Vampiro con superpoteri e tu dici che la mia mira é pessima?! Grazie per l'incoraggiamento."
Erano giorni che Astrea si allenava duramente sotto la supervisione di Raphael. Tempo prima lo aveva pregato perché la istruisse al meglio e la aiutasse a potenziare le sue capacità. Il Nascosto aveva accettato senza nessuna lamentela, il che era parso strano alla ragazza. Infatti, ora la stava davvero torturando.
"Non sempre avrai la fortuna di batterti con stupidi demoni, Astrea. Potresti dover uccidere uno della tua razza, o una Fata, o altri Nascosti. Devi essere preparata."
Astrea impugnò la balestra, caricò la freccia, e la sollevò all'altezza delle spalle. La freccia attraversò la stanza e andò a conficcarsi nella spalla di Raphael, che invano si era spostato velocemente.
"Colpito e affondato, Santiago!" esclamò Astrea con un enorme sorriso. Il Vampiro la sorprese alle spalle, grazie alla sua velocità, e lei sobbalzò scattando in avanti.
"Devi sempre aspettarti che il nemico ti colga alla sprovvista. E tu devi tenerne conto."
Raphael le girava attorno mentre dava indicazioni su come annientare il nemico. La Nephilim, stanca di quelle lezioni inutili, decise di tirare uno scacco al Nascosto: agile come una pantera per via delle sue abilità di Cacciatore, portò una mano alla gola di Raphael e col piede gli colpì il tallone. Pochi secondi e Raphael fu a terra, steso e inerme.
"Devi stare attento. Il nemico colpisce quando fai discorsi noiosi!"
Astrea si sedette sul suo bacino e lo guadava dall'alto sorridente. Intanto, Raphael aveva portato le mani dietro la nuca e se ne stava tranquillo sul pavimento.
"Sei un'allieva terribile, ragazzina."
"Sta zitto!" disse Astrea prima di chinarsi per baciarlo. Lui le strinse i fianchi e approfondì il bacio. Ogni volta si trasformavano in qualcosa di travolgente e passionale, quasi mai erano baci casti.
"Stanotte devo restare al DuMort. Stan mi ha detto che non riesce a sbrigare delle faccende, sai quanto può essere imbranato alle volte. Tu resti con me o vai a dormire da Magnus e Alec?"
"Vorrei restare da Alec se non ti dispiace."
Raphael le accarezzò una guancia, un gesto inconsapevole ormai, ma che creava una certa intimità tra i due.
"Assolutamente no. E poi sono certo che starò in piedi tutta la notte per controllare che tutto proceda realmente bene."
"Che capo diligente che sei, Raphael Santiago!" la Nephilim rise all'espressione corrucciata del Vampiro. In un attimo Raphael fece scivolare il corpo della ragazza sotto il suo.
"Astrea, non giocare col fuoco."
"Oh ma io adoro giocare."
Si baciarono ancora e ancora e ancora, distesi a terra, avvinghiati e felici.
 
 
 
Idris, ore 21.00, Sala degli Accordi.
Grazie al portale di Magnus, il Nephilim di New York erano arrivati ad Idris. Lì si erano riuniti con Astrea e Raphael. Il Clave aveva indetto una riunione straordinaria ed era obbligatoria la presenza di tutte le famiglie di Cacciatore e dei Nascosti facenti parte del Consiglio. Il tragitto dalla piazza alla Guardia fu abbastanza piacevole, ridevano e scherzavano tra di loro.
"Come procedono gli allenamenti speciali,Astrea?" domandò Jace, tenendo per mano Clary.
In effetti Astrea faceva doppi allenamenti: combattimento con Raphael e controllo del Fuoco Rosso con Magnus.
"Procedono benino, dai. Diciamo che ho due insegnanti severi che non si prendono mai un attimo per scherzare!" protestò la ragazza con un finto broncio.
"Oppure sei tu che scherzi tutto il tempo." replicò Magnus, scatenando le risate di tutti.
"É difficile imparare a gestire poteri magici. E non avete idea di quanto sia dura dover sostenere gli allenamenti con un Vampiro, é davvero terribile!"
Raphael si voltò per guardarla e alzò le sopracciglia in un tacito rimprovero. Entrambi sapevano che durante la sessione pomeridiana di combattimento finivano a terra a baciarsi, a stringersi, a far tutto fuorché tirare pugni e lanciare frecce.
"Sei tu che se una allieva indisciplinata, chica."
Astrea gli sorrise e alzò gli occhi al cielo, capendo appieno a cosa si stesse riferendo il suo Vampiro. Nel frattempo avevano raggiunto la Guardia: numerosi Cacciatori si accalcavano all'ingresso mentre i Nascosti dovevano fare un altro percorso, adatto a loro, per entrare. Jace, Clary e Isabelle si incamminarono. Alec diede un'occhiata a Magnus, che gli sorrise dolcemente, e si avvicinò ai suoi amici. Astrea, invece, era rimasta in disparte, ancora lontana dall'edificio, con Raphael.
"Sono un po' nervosa. Sai, é la mia prima apparizione ufficiale da quando hanno riabilitato i Monteverde."
Raphael le strinse le mani e la guardò negli occhi, sentiva quanto fosse agitata. E il pensiero che dovessero stare lontani di posto per adempiere a stupide regole lo innervosiva.
"Sta tranquilla, andrà tutto bene. Sarai accanto ad Alec e anche lui si sente sempre a disagio in queste occasioni, perciò potete farvi forza a vicenda. Io sarò esattamente a pochi metri da te, basta che alzi gli occhi e mi trovi lì."
"Okay, posso farcela!"
Prima che potessero separarsi, Astrea lo baciò lentamente e con dolcezza. Lui sorrise nel bacio e la strinse di più a sé, voleva farle capire che ci sarebbe stato. Alcuni mormorii giunsero alle sue orecchie provviste di super-udito e pensò bene di scostarsi.
"La gente chiacchiera, Astrea."
La Nephilim si girò e alle sue spalle vide un gruppetto di Shadowhunters fissarli allibiti e disgustati.
"Siamo solo il pettegolezzo del momento, domani passerà." asserì Astrea nella calma più totale, riportando poi lo sguardo su Raphael.
"Forse dovremmo entrare."
"Quanto sei noioso, Santiago?!" rise Astrea, avviandosi per raggiungere gli altri nella Sala. Dinnanzi all'ingresso dovettero prendere strade diverse: la Nephilim entrò dalla porta principale e il Nascosto fece le scale. La Sala brulicava di Cacciatori, di Fate, di Vampiri e qualsiasi altra creatura del Mondo Invisibile. Dai racconti di suo padre si era potuta fare un'idea di quell'ambiente ma di certo era rimasta stupita: un palco in vetro troneggiava al centro della stanza, davanti erano disposte poltrone di velluto bordeaux a cui era affisso il nome della famiglia cui era destinata, e nelle logge in alto erano sistemati i Nascosti, simili a bestie in gabbia. Alcuni camerieri si affrettavano a riempire i bicchieri di vino, a togliere macchie di salsa dalla tovaglia del buffet, a servire strane pietanze. Alec le fece segno con la mano di avvicinarsi.
"Sei stata disposta accanto ai Blackthorn." sussurrò Alec pacatamente, anche se nella sua voce c'era una nota di preoccupazione.
"Astrea, vieni con me." Julian la condusse al suo posto e poi le diede alcune indicazioni: durante la riunione è vietate bere e mangiare, bisogna fare silenzio, spegnere qualsiasi oggetto possa recare fastidio e intervenire il meno possibile. Astrea, intontita da quell'atmosfera, annuì e si sedette. Sulla sua targa, oltre al cognome della sua famiglia, era stato inciso un epigramma: In ricordo di Carlos e Alma Monteverde, che Raziel vi accolga nella sua immensa gloria. Per un attimo sorrise consapevole che i suoi genitori sarebbero stati fieri di vederla lì a rappresentare i Monteverde. Diede occhiate qua e la per cercare di capire come muoversi: era palese che fosse un ambiente ostile, tipico dei Nephilim, ed era anche chiaro che tutti cercavano di mantenere le apparenze. Un esempio erano i Greenheart, i quali avevano perso ogni ricchezza ma restavano nelle grazie del Clave perchè in passato avevano salvato Idris dalla siccità. Gli stessi Lightwood, Maryse e Robert, entrambi presenti seppur non sposati, fingevano che il proprio figlio non fosse sposato con un Nascosto. E per ironia della sorte anche Astrea dovevano ignorare Raphael per mantenere un'immagine. Ma non era nel suo stile: alzò gli occhi, nelle logge, e incontrò lo sguardo di Raphael. Gli sorrise e gli mandò un bacio volante, ma lui scosse la testa e le fece cenno di smetterla.
Noioso come pochi, Santiago, pensò la ragazza.
Uno scampanellio fece calare un silenzio religioso nella Sala. Tutti si alzarono e rivolsero il volto alle alte porte di legno con intarsi in oro e vetro: un uomo basso e dal viso scarno e giallo fece la sua entrata con le spalle ingobbite e il passo svelto; al suo seguito un'altro omuncolo, alto e snello, tentava di stare al passo con lui. I due presero posto sul palco e quello basso scrutò attentamente tutti i presenti, sotto e sopra.
"Buonasera a tutti, gentili signori e signore, io sono Marcus Goldstorm. Sono il nuovo Console, la massima autorità del Clave. Adesso passiamo all'appello."
Un Cacciatore, un burocrate ovviamente, aprì un enorme libro e nominò tutte le famiglie di Nephilim. Ogni membro si alzava e diceva 'presente'. Lo stesso accadeva per i Nascosti. Man mano vennero elencati tutte le famiglie, toccava ad Astrea.
"Monteverde." disse la voce al microfono, atona e meccanica. Astrea intimorita si mise in piedi e alzò la mano.
"Presente." replicò con tono incerto, le gambe tremavano per l'imbarazzo e il cuore le batteva forte. Pochi minuti e poterono sedersi.
"Oggi siamo qui per una questione di vitale importanza, cari Shadowhunters e Nascosti. Questa mattina sono stati ritrovati dei corpi a Singapore e in Australia, erano corpi di Cacciatori. Lo stesso scempio si è ripetuto poche ore fa in Arizona e in Messico. Qualcuno sta facendo strage di Cacciatori, amici miei." disse Goldstorm, il viso lungo e gli occhi neri come la pece.
Espressione di stupore e sussurri spaventati riempirono la Sala.
"State calmi, suvvia. Adesso l'importante è mantenere la calma." riprese il Console nel tentativo di sedare il moto di agitazione che stava nascendo nella stanza.
"Chi è il colpevole?" gridò una donna in fondo.
"Ecco, riteniamo che il colpevole sia uno dei Nascosti."
A quell'accusa i Nascosti nelle logge s ribellarono e imprecarono contro il Console. Magnus si mantenne neutrale, spalle dritte e sguardo annoiato. Raphael, al contrario, aveva subito cercato Astrea con lo sguardo e scosse la testa in segno di disapprovazione. A quel punto Astrea si sentì in dovere di intervenire: si fece coraggio e si alzò in piedi sulla sedia, in modo che tutti potessero guardarla.
"Non vedo quali prove possano sostenere l'accusa nei confronti dei Nascosti." la voce di Astrea interruppe le grida e i lamenti concentrando l'attenzione su di lei.
"Signorina Monteverde, lei è così giovane e credo le convenga sedersi." rispose il Console, ridacchiando per l'intraprendenza della ragazza.
"Lei è così vecchio da incolpare i Nascosti come il Clave a sempre saputo fare. Ora ripeto la mia domanda: quali sono le prove che sostengono le vostre accuse?"
"Lei, signorina, ucciderebbe mai uno della sua stessa razza?"
"Devo dedurre dalla sua domanda che l'accusa si fondi soltanto su un odio razziale. Saprà meglio di me che la storia mondana è un chiaro esempio di quali conseguenze porti il razzismo: uccisioni di innocenti e sofferenza. E per rispondere, le dico che ucciderei uno della mia razza qualora fosse necessario. Basti ricordare che anche i Nephilim hanno peccato: a noi tutti sono note le terribili azioni commesse da Valentine Morgenstern."
Esclamazioni dis stupore si sollevarono dalla folla, alcuni guardavano Astrea come se avesse realmente ucciso un Nephilim davanti ai loro occhi ed altri nemmeno osavano guardarla. Raphael, dall'alto, sorrideva soddisfatto del coraggio della sua ragazza.
"Insinua che questa strage sia colpa dei Nephilim?" il tono del Console ora era minaccioso, si era rabbuiato ed era visibilmente teso.
"Sto soltanto dicendo che non avete prove contro i Nascosti. Sono stati ritrovati morsi sul collo delle vittime o sono state dissanguate, crimini tipici dei Vampiri? Sono state ritrovate sui loro corpi tracce di pozioni e di magia, tipiche di uno Stregone? Sono stati sbranati da Lupi Mannari? Oppure trafitti da armi fatate? Mi risponda, Console."
"No, nessun crimine da lei citato." dovette ammettere Goldstorm.
"Allora ritiri la sua accusa oppure dovrò ipotizzare che lei provi odio per i Nascosti."
Astrea abbandonò la sua postazione e attraversò a passo deciso il tappeto rosso che conduceva all'uscita, ma la voce del Console la costrinse a fermarsi.
"Lei si permette di parlare così solo perchè si trastulla con un Vampiro. Le voci corrono, signorina Monteverde."
Astrea si voltò verso il vecchio uomo e sorrise maligna. Si trovava con le spalle al muro e sapeva che doveva trovare una via d'uscita. Raphael si era alzato in piedi e aveva tutta l'intenzione di raggiungerla ma Magnus, al suo fianco, lo tratteneva.
"La mia vita privata non interessa a nessuno. E' vero, ho una relazione con un Figlio della Notte e non mi vergogno ad ammetterlo. Voi Nephilim credete che i Nascosti siano soltanto mostri da tenere lontani, la favoletta della buonanotte che raccontate ai vostri figli prima di andare a dormire per ricordare loro di fare i bravi, il vostro caprio espiatorio, la vostra risposta a qualunque crimine. Ma siete in errore. Ciascuno, Nephilim, Nascosto o Mondano che sia, è capace di compiere il male o il bene. Sta a noi, in cuor nostro, a decidere. Proprio per questo posso dirle che accusare i Nascosti non ha senso senza prove. Quando avrete condotto le giuste indagini potrete riunire i membri del Clave, fino ad allora tenga le sue stupide supposizioni per se."
"Questo suo comportamento avrà ripercussioni, Monteverde!" tuonò il Console in preda ad una ceca rabbia. Astrea sorrise e fece un inchino.
"Sono a vostra disposizione."
 
 
 
"Sei stata fenomenale!"
Quello doveva essere il decimo licantropo che si complimentava con lei, così come avevano fatto Vampiri, Fate, Stregoni e quanti altri Nascosti. Astrea capì allora che nessuno li aveva mai difesi perché, sapeva bene, che canonico per gli Shadowhunters era schierarsi sempre dalla parte del vincitore, che in questo caso era il Clave.
"Tu sei pazza." due mani le strinsero i fianchi da dietro e riconobbe quella voce calda e profonda.
"Te l'ho detto che mi piace scherzare, Santiago." si voltò e sorrise al Vampiro prima di dargli un bacio a stampo.
"Hai rischiato stasera. Sta certa che ti convocheranno al più presto in quanto informata sui fatti."
Prima che Astrea potesse rispondere fu spintonata da Alec.
"Sei impazzita?! Sai quanto ti costerà questa tua follia adolescenziale? Ti sei umiliata davanti a tutto il Clave alla tua prima riunione!"
"Alexander, calmati adesso. Credo che tu stia esagerando." intervenne Magnus quando si accorse che il suo compagno era davvero furioso.
"Parli tu che hai baciato Magnus davanti a tutti nella Sala degli Accordi?! Oh ti,prego, non farmi la predica proprio tu! Saresti dovuto essere il primo ad alzarti per difendere tuo marito e tuo figlio dalle accuse. Così come avrebbe dovuto Isabelle, dato che Simon che in passato é stato un Vampiro. Oppure Clary, perché il suo patrigno é un Nascosto." sputò acida Astrea, era venuto fuori il suo senso di giustizia in quella Sala e non se ne rammaricava.
"É stato un gesto egoistico. Lo hai fatto solo per Raphael!" la voce di Alec era cattiva, il blu dei suoi occhi ora era più scuro.
"Ti sbagli. L'ho fatto anche per Magnus, per Max e per tutti i Nascosti che non meritano di essere ingiustamente accusati!"
"Astrea - fece Clary - siamo Nephilim e, per quanto possiamo avere rapporti con i Nascosti, dobbiamo cercare di mantenerci neutrali per non inimicare il Clave."
"Questa é la solita frase di un vigliacco. Avete paura che il Clave vi punisca e per questo ve ne restate in silenzio mentre hanno già decretato i colpevoli. Sì, siete proprio Nephilim."
Senza aggiungere altro Astrea, delusa e arrabbiata, si allontanò da loro seguita da Raphael. Tutti i Cacciatori, dopo la riunione, si erano ritrovati nella piazza centrale di Idris. E fu facile per Astrea confondersi tra la folla.
"Tu credi che io abbia esagerato, Raphael?"
Il Vampiro se ne stava appoggiato allo schienale di una panchina con le mani in tasca e la sua tipica espressione annoiata.
"Credo che tu sia stata molto coraggiosa. Nessuno Shadowhunter si era mai esposto tanto per noi Nascosti, ma non vorrei che tu lo avessi fatto per me."
Gli occhi di Astrea scattarono su di lui e l'osservò: sembrava brillare nel buio della notte nel suo completo elegante e nella sua pallidezza.
"Non l'ho fatto per te, cioè anche per te. Non ritengo giusto mettere in gabbia chi non è davvero colpevole. E poi mia madre diceva sempre di difendere il bene contro i potenti perchè il potere offusca sempre ciò che c'è di buono al mondo."
"Tua madre era una donna saggia." Raphael le sorrise.
"Sì, ma era anche una grande rompiscatole."
"Come te, chica."
Il rumore di vetri infranti spezzò il clima di calma che si era ristabilito dopo la riunione. In pochi secondi la piazza fu invasa dai Dimenticati. I bambini cominciarono a strillare spaventati, tutti scappavano, mentre quei mostri avanzavano sotto la luce debole della luna. Astrea tirò fuori dalla giacca una spada angelica e andò incontro ad un Dimenticato, ignorando del tutto le proteste di Raphael che voleva metterla in salvo. Ma lei era una Cacciatrice, non una principessa da salvare. Il Dimenticato aveva preso di mira una donna e i suoi due bambini, barcollava verso di loro ruggendo e con le braccia protese in avanti. Astrea gli si parò davanti e lo allontanò con un calcio allo stomaco, quello indietreggiò gridando.
"Scappate!" ordinò alla donna, che afferrò i suoi bambini e corse verso duo marito. Il Dimenticato tornò all'attacco, colpì Astrea con uno schiaffo e la spinse a terra.
"Oh ti prego, non mi sembravi il tipo che picchia una donna. Mi hai deluso!"
Il Dimenticato inclinò la testa e cercò di capire cosa gli avesse detto la ragazza, ecco perchè non si accorse della lama lucente che si conficcava nel cuore. Cadde pesantemente a terra mentre sangue scuro fuoriusciva dalla ferita. Astrea vide Magnus in difficoltà e corse da lui, ma venne attaccata da un demone. Gli artigli del demone le perforarono il braccio e lei cacciò un urlo di dolore.  Nonostante sentisse male dappertutto, riuscì ad afferrare il pugnale di sua madre e recise la testa del demone, che esplose in scintille dorate davanti ai suoi occhi.
"Astrea!" la voce di Magnus era ovattata ma comunque abbastanza chiara, il che voleva dire che poteva ancora combattere. Lo Stregone l'aiuto a rimettersi in piedi. La battaglia infuriava tutto attorno: sangue, puzza di demoni e di bruciato, grida, spade angeliche che balenavano come stelli cadenti, frecce che volavano sopra le loro teste. In quel momento si pentì di aver lasciato a casa la balestra. Jace e Clary erano stati scortati al sicuro all'interno della Sala, così come i fratelli Lightwood. Luke, che fino ad allora si era mantenuto lontano da loro, raggiunse Astrea e Magnus.
"Dobbiamo andarcene. Ora."
A terra giacevano i corpi dei Dimenticati ed erano impresse sull'asfalto e sulle pietre le sagome annerite dei demoni scomparsi. Poche vittime, forse cinque o sei, erano Nephilim. Mentre scappavano dalla piazza, Astrea si fermò e si guardò attorno. Luke la strattonò perchè era vitale evitare di restare uccisi, ma lei scosse la testa energicamente.
"Devo trovare Raphael!"
Riuscì a liberarsi dalla presa del licantropo e tornò alla panchina dove poco prima si era intrattenuta col Vampiro. Rimaneva solo sangue di demone che colava dal legno della panchina e imbrattava la strada.
"Stai cercando me?"
Astrea alzò la testa e vide Raphael, a pochi metri da lei, acquattato sul tetto di un edificio alto due piani.
"No, cercavo un bar perchè ho voglia di un caffè!" rispose ironica la Nephilim, le braccia al petto e le sopracciglia sollevate.
"Sali. Adesso."
La ragazza tastò le tasche della giacca e dei pantaloni per trovare lo stilo, aveva bisogno di una runa dell'agilità per salire sul tetto. Ma venne afferrata per le spalle da un Dimenticato, ma la presa era debole poiché il bestione stava perdendo le forse per le troppe ferite. Così fu facile per Astrea infilzargli nella coscia la punta di una freccia e subito dopo rompergli il naso con una gomitata. Lo stilo cadde dalla tasca interna della giacca, rotolando fino al corpo inerme del Dimenticato. Lo prese e si tratteggiò una runa sul polso, dopodiché con un salto raggiunse Raphael.
"Ammirevole." disse il Vampiro.
Astrea si sedette a terra, sfinita e sofferente.
"Potevi scendere ad aiutarmi, Santiago."
"Non credo di poter essere utile in queste condizioni." Raphael le mostrò un taglio profondo sull'addome, grondante sangue e infetto.
"Almeno tu guarisci in fretta." mormorò lei, gemendo di dolore. Il Vampiro si inginocchiò davanti a lei e la scrutò. A quel punto Astrea si sfilò la giacca e la maglia, ormai lacere e macchiate, scoprendo profondi segni sulla pelle. Raphael sentì la ferita pulsare e il veleno nel sangue della ragazza lo disgustò.
"Astrea, cattive notizie. Un artiglio di demone deve essere rimasto nel braccio perchè il tanfo di veleno è intenso. Deve essere estratto prima che l'infezione si espanda."
"D'accordo. Ma se mi fai male ti uccido per davvero."
Raphael sistemò la sua pregiatissima giacca di raso a terra e vi fece sdraiare Astrea, in modo che stesse più comoda.
"Cerca di rilassarti adesso. Cercherò di essere veloce."
"Mi fido." replicò la ragazza con un mezzo sorriso. Il Vampiro allungò una mano sul petto della ragazza per contare i battiti del cuore: batteva di paura.
"Ti conviene che quella mano sia lì per un valido motivo, Raphael."
Infatti le dita biancastre di Raphael premevano quasi sul suo seno, coperto adesso solo dal reggiseno, ed era una situazione abbastanza imbarazzante per entrambi- anche perchè fino ad allora non erano mai andati oltre i baci.
"Te callas."
Sta zitta, le aveva ordinato.
Le dita del Vampiro si infilarono nella ferita, squarciando gli strati di carne, tastò più volte per trovare l'artiglio: quando lo ebbe trovato lo estrasse in un baleno. Il sangue rallentò, segno che l'infezione stava esaurendo.
Astrea, scossa da un conato di vomito, si mise in ginocchio e rigurgitò. Poi tornò supina, le girava la testa e i tagli pulsavano. Distrattamente riuscì a tracciare una iratze.
"Che giornata di merda." mormorò, sentendo il dolore diminuire grazie alla runa.
"Puoi ben dirlo, chica."
Intanto, pochi metri più giù, la battaglia era terminata. I Nephilim si erano riversati in piazza per cercare eventuali superstiti e per incenerire i corpi dei Dimenticati. Magnus aveva notato i due sul tetto e aveva invitato il gruppo a seguirlo.
"Che diamine succede qui?" trillò la voce preoccupata di Clary.
"Astrea, stai bene?"
"Vi prego, lasciatemi soffrire in pace!" ribatté Astrea prima di chiudere gli occhi e addormentarsi.
 
 
 
Salve a tutti! :)
Eccomi con il primo capitolo.
Spero davvero che possa piacervi.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Testimone anonimo. ***


CAPITOLO SECONDO: Testimone anonimo
 
 
 
Un odore di camomilla le pizzicò il naso e fu allora che sbatté le palpebre un paio di volte, prima di aprire gli occhi. Il volto di Magnus fu il primo che vide, il quale se ne stava seduto su una sedia con gli occhi arrossati per la stanchezza. Si sforzò di mettersi seduta e avvertì un forte dolore al braccio, seguito da un tanfo di erba.
"Ma che cavolo succede?"
Magnus scattò in piedi quando sentì la sua voce e finalmente sorrise, dopo tre giorni di preoccupazioni e ansia. Si avvicinò al letto e vi prese posto. Allungò ad Astrea una tazza di camomilla e le fece cenno di berla. Lei, senza replicare, mandò giù un sorso.
"Ora mi spieghi che succede e perché c'è questa puzza di erbaccia."
"Sei stata colpita ad una spalla da un demone e un suo artiglio ha infettato la ferita. Così il tuo Raphael l'ha estratto ma era necessaria una cura mirata. Hai dormito per due giorni ed io ho evitato che ti venisse amputato un braccio grazie ad un antico rimedio per espellere il veleno demoniaco, a basa di erbe amare. Siamo stati tutti in pensiero per te."
Astrea aveva ripercorso con la mente gli eventi di quella sera mentre Magnus glielo raccontava. Ricordava la discussione con Alec, la donna e i bambini che aveva aiutato, Raphael che sul tetto le estraeva l'artiglio. Poi il buio, almeno fino al momento in cui si era svegliata.
"Hanno lasciato te a farmi da guardia?" domandò Astrea, alzandosi per dare un'occhiata fuori.
"Giù ci sono due guardie del Clave che attendono il tuo risveglio per condurti ad Idris, al cospetto di Goldstorm. Vuole un colloquio con te." la informò lo Stregone, una nota di allarme nella sua voce solitamente sicura. La Nephilim sospirò e si passò le mani sul viso. Sapeva che l'avrebbero convocata, ma di certo non si aspettava che la monitorassero così da vicino.
"Okay. Ho bisogno di qualcosa da mangiare, di una doccia e di indossare qualcosa di decente." disse tra sé e sé Astrea, puntando poi il dito contro lo Stregone.
"Scendi con me in cucina, ho fame. E non vorrei che le guardie mi rapissero in casa mia."
Magnus rise, eppure doveva ammettere che quello poteva essere di sicuro un metodo adottato dai due uomini al piano di sotto.
"Raphael?" chiese Astrea, alquanto delusa nel non trovare il Vampiro al suo risveglio.
"Astrea, in questi due giorni le cose non sono andate esattamente bene. Shadowhunters e Nascosti sono ad un passo dalla guerra. Raphael è dovuto tornare al DuMort, ma ha lasciato quello per te." Magnus indicò un bigliettino giallo attaccato al frigorifero. Astrea lo staccò e riconobbe la grafia piccola, allungata e illeggibile simile a quella dei medici. Ma aveva imparato, in quell'anno, a leggerla.
Se leggi questo biglietto è perché ti sei svegliata, e la cosa mi reca un grande sollievo. Sono tornato al DuMort perché ci sono delle questioni da risolvere. Ti lascio nelle mani di Magnus, so che posso fidarmi. Non fare sciocchezze in mia assenza, te ne prego, e resta attaccata allo Stregone. Sta' attenta.
Ci vediamo presto,
R.
P.s. so che sei una ghiottona e, di fatti, nella dispensa troverai le tue merendine preferite.
"Raphael Santiago che compra merendine? Questa è da segnare sul calendario!" esclamò Magnus allibito, ma al tempo stesso contento dei passi avanti fatti dal Vampiro.
"Lui non compra. Lui ruba, è diverso."
Astrea aprì l'anta della dispensa e le si illuminarono gli occhi alla vista di un pacco di tortine alla nocciola. Ne scartò una e le diede un bel morso. Due uomini, vestiti in nero e muniti di spade angeliche, entrarono in cucina con facce serie e autoritarie.
"Signorina Monteverde, la sua presenza è richiesta ad Idris. La preghiamo di seguirci." disse uno dei due, alto e muscoloso.
"Aspettate almeno che si vesta." intervenne Magnus con altrettanto atteggiamento superiore e fiero. Astrea sgattaiolò nella sua camera per vestirsi.
 
 
 
"Non potete restare qui. E' troppo pericoloso."
"E tu non vieni con noi?"
Il Clave aveva apertamente dichiarato guerra ai Nascosti e tutti stavano cercando di organizzarsi al meglio. Raphael, in quanto capo, aveva trovato l'unica soluzione per il suo Clan: lasciare la città e trovare un rifugio altrove. Nonostante i Vampiri del DuMort avessero firmato un documento per schierarsi con i Nephilim contro Katia e Thomas, non erano al sicuro dalla vendetta del Clave.
"Non verrà. Deve restare con la sua fidanzatina." sputò acido Stan dal fondo della sala comune, dove erano stati riuniti tutti gli abitanti dell'Hotel.
"Devo restare qui per evitare che gli Accordi possano essere infranti a nostro discapito. Stiamo rischiando grosso. Devo mettervi a sicuro."
"E non avete molto tempo." la voce di Jace fece capolino nella stanza, e i vampiri ne furono sorpresi. Raphael aveva dovuto chiedere aiuto a Jace, in quanto capo dell'Istituto, e ad Alec, perché aprisse un Portale seguendo le istruzioni di Magnus.
"Abbiamo circa un'ora prima che un plotone di Nephilim arrivi qui." li avvertì Alec, mentre rileggeva il biglietto lasciatogli dallo Stregone.
"Lightwood aprirà un Portale grazie al quale raggiungerete una tenuta nelle campagne francesi, di proprietà di Magnus Bane, dove ci sarà abbastanza spazio per tutti. Preparate le vostre cose in fretta e tra quindici minuti vi voglio qui. Andate." ordinò Raphael, tono pacato e sicuro, sguardo severo. Era pur sempre il leader. In pochi istanti, veloci come tante stelle cadenti, i vampiri si dileguarono, eccetto Stan.
"Dovresti recuperare la tua roba." consigliò Jace a Stan, che lo ignorò del tutto e a passo svelto si avvicinò a Raphael. Il capo alzò gli occhi su di lei ed assunse la sua caratteristica smorfia seccata.
"Che c'è adesso?"
"Non devi restare qui e rischiare per quella ragazza. Vieni con noi, guidaci come hai sempre fatto e mantieniti lontano dai problemi. Ti prego."
Era insolito che i vampiri pregassero qualcuno, ma si trattava di un amico e Stan aveva messo da parte l'orgoglio tipico della sua razza.
"Sei il mio vice, sei capace di badare tu al clan. Mi fido di te. Ma non lascio Astrea da sola. Non posso."
"Ti sei fatto risucchiare l'anima da quella Cacciatrice. Ti stai allontanando da noi e un giorno ci perderai. Ricordatelo."
Stan si allontanò e sparì nel buio del corridoio. Raphael chiuse gli occhi e cercò di contenere la rabbia. Nonostante non gli andasse a genio lasciare il suo clan, altrettanto non poteva abbandonare Astrea. Non avrebbe potuto farlo. Stan aveva ragione, quella ragazza gli aveva preso l'anima più di quanto non avesse già fatto la morte.
"Ci tieni proprio ad Astrea." quella di Alec era un'affermazione.
"Io non la lascio." ripeté Raphael perentorio, le spalle dritte e lo sguardo fisso dinanzi a sé.
 
 
 
Essere scortati ad Idris era di una noia mortale, aveva pensato Astrea. Le tue guardie aveva condotto lei e Magnus nello studio personale di Goldstorm, ma da lì erano stati separati. Astrea fu invitata a raggiungere il Console negli uffici del Conclave. Quando entrò, una tetra atmosfera aleggiava in quella stanza.
"Signorina Monteverde, quale onore." tuonò la voce del Console, seduto alla scrivania con le mani intrecciate sotto al mento. Astrea si accomodò come le era stato suggerito.
"Mi è stato riferito della sua salute cagionevole di questi ultimi giorni. Adesso sta meglio?" continuò Goldstorm con voce gentile e un sorriso falso.
"Sto bene, dopo che un Nascosto ha estratto un artiglio di demone dal mio braccio. Grazie per l'interessamento." rispose ironica la ragazza. Il Console tirò il busto verso lo schienale della sua belle poltrona in pelle e annuì piano, come se stesse vagliando le domande da rivolgerle.
"Il Nascosto in questione è Raphael Santiago, giusto?"
"Sta cercando di mettermi alla prova menzionando Raphael? Oh, credevo che il Clave usasse messi più efficaci per far crollare gli accusati."
"Lei si sente un'accusata?"
"L'ho affrontata sotto gli occhi di tutti, mi sono schierata dalla parte dei Nascosti e ho ammesso di avere una storia con un Vampiro. Mi dica che sono qui per un'allegra chiacchierata ed io le crederò." disse Astrea assolutamente calma e con un sorrisino che completava l'uso spropositato di sarcasmo.
"I suoi genitori erano mansueti e mai avrebbero sfidato il Clave."
"E dopo i riferimenti al mio ragazzo, adesso tocca ai miei genitori. Cosa si aspetta di ottenere di preciso, Console?"
"Mio figlio e mia moglie sono stati uccisi dai Nascosti. Erano vampiri e licantropi. Li hanno sbranati e dissanguati, poi hanno lasciato i corpi, o meglio quello che ne restava, sulle scale della nostra casa. Quindi, la mia domanda è: come fa a fidarsi di Santiago quando un Vampiro ha assassinato i suoi genitori?"
Astrea voleva scappare, voleva tornare a casa e scoppiare in lacrime. Voleva che i volti di suo padre e di sua madre tornassero ad essere ricordi, e non fantasmi che la perseguitavano. Tossì per sciogliere un nodo alla gola che le impediva di parlare.
"Katia ha ucciso i miei genitori, è vero. Ma Thomas, un Nephilim ha collaborato con lei. Non si tratta di Nascosti o meno, si tratta di cuore. Chi decide di dedicarsi al male lo fa a prescindere da quale razza appartenga. Raphael non è Katia, ed è per questo che mi fido. Sebbene negli anni sembrava fosse dalla parte del male, in verità ha un buon cuore."
"Io non mi fido più dei Nascosti. Hanno qualcosa di estremamente sbagliato nel DNA." dalla voce e dal volto del Console trasparivano odio e disgusto per quelle che considerava delle bestie, razze inferiori che meritavano di essere punite.
"Io non mi fiso più degli Shadowhunters. Hanno qualcosa di malvagio e perverso." rispose Astrea, le mani serrate a pugni e la mascella tesa.
"Non siamo noi che succhiamo sangue, signorina Monteverde."
"Non sono i Nascosti che uccidono e puniscono in nome di Raziel, alle volte anche ingiustamente. I Nephilim si sono macchiati di sangue e peccati tanto quanto i Nascosti. Non c'è redenzione per nessuno, Console."
"Guardie, riportate a casa la signorina Monteverde!" gridò Goldstorm ai suoi uomini, senza mai staccare gli occhi dalla ragazza. Astrea si alzò e si chinò sulla scrivania, a pochi centimetri dal viso del vecchio Console.
"Le conviene stare alla larga da Raphael. Perché, qualora gli facesse del male, io verrò qui e le infliggerò le pene peggiori che un uomo possa tollerare. Intesi?"
 
 
 
I primi vampiri avevano già attraversato il Portale, senza troppi problemi e in ordine. Ogni vampiro era un sospiro di sollievo da parte di Raphael, sapendo che i suoi erano a sicuro. Velocemente la folla si era diradata e mancavano solo un paio di membri all'appello: Sally e Stan.
"Fa attenzione, capo, e non restare qui da solo." disse Sally a Raphael prima di lasciargli un bacio sulla guancia e sgusciare attraverso il passaggio magico. Raphael annuì e le sorrise appena.
"Stan, tienili d'occhio. Nessuno deve farsi male." assicurò al suo secondo, una mano sulla spalla e tanta speranza.
"Solo tu ti farai male, Raphael."
Stan si liberò dalla presa e si affrettò a raggiungere gli altri dall'altra parte. Il Portale si chiuse un instante dopo in una poggia di scintille. Erano salvi, o almeno lontani dal pericolo imminente.
"Qual è il prossimo passo, Herondale?"
"Tu ed Astrea non potete restare a Lisbona o qui. Vi ospiteremo all'Istituto." fu l'unica soluzione che Jace potesse proporgli. Raphael fu costretto ad accettare.
 
 
 
"Nuovi aggiornamenti da Idris." annunciò Clary, entrando in biblioteca per fare il punto della situazione con Izzy, Magnus e Astrea. Questi ultimi eran tornati soltanto nel pomeriggio da Idris ed erano stati richiamati all'Istituto con urgenza.
"A quanto pare sono state avviate le procedure di guerra contro i Nascosti poche ore fa. Entro stasera verrà organizzato un esercito di Nephilim per attaccare tutti i Nascosti, sia dentro che fuori Idris."
"Non posso muovere guerra senza prove concrete." replicò Magnus, ora sulla stessa linea di pensiero di Astrea.
"A quanto pare un testimone, nell'anonimato, si è recato dal Console ed ha confessato che i Nascosti sono i responsabili delle stragi di Cacciatori." disse Clary, sconsolata e preoccupata per i suoi amici e per Luke.
"Hanno davvero basato tutto su una sola, e sicuramente inattendibile, testimonianza? Il Clave non si smentisce mai!" quello fu il primo intervento di Izzy, rimasta in silenzio fino ad allora. Astrea abbandonò il divano della biblioteca e si affacciò: presto sarebbe venuto a piovere.
"Non è possibile che qualcuno abbia testimoniato. Sarebbe stata necessaria la presenza del Console e lui stava parlando con me. Non c'è stato tem..." d'un tratto il viso di Astrea si fece pallido e spalancò di poco le labbra, portandosi le mani ai capelli.
"Astrea, che succede? A che pensi?"
"Mi hanno usata. Hanno usato il mio colloquio con Goldstorm per simulare una testimonianza che permettesse loro di attaccare i Nascosti. Sono il loro capro espiatorio."
"Primo o poi il tuo nome verrà fuori." aggiunse Clary, dando voce ai pensieri di tutti i presenti.
"E allora i Nascosti ti cercheranno per ucciderti. Sei in pericolo."
Il panico prese possesso della sua mente e il cuore batteva forte, quasi volesse sfondarle la gabbia toracica.
"Sono una morta che cammina." sussurrò Astrea, la voce ridotta ad un filo, e le mani tremanti.
 
 
 
"Santiago!"
Maia Roberts fece di corsa le scale dell'Hotel per raggiungere l'ufficio di Raphael.
"Maia, che ci fai qui?" la domanda di Alec nacque spontanea. La ragazza era sconvolta e il suo corpo era scosso dai brividi. Ora anche Jace e Raphael le si erano avvicianti.
"Il C-lave h-ha dich-iarat-to guerra...ha dichiarato guerra ai Nascosti."
"Ne sei certa?"
"Hanno mandato un messaggio di fuoco col quale comunicano un feroce attacco ai Nascosti per la morte dei Cacciatori." spiegò meglio Maia.
"Come è possibile? Non capisco." disse Alec incredulo.
"Pare che qualcuno abbia testimoniato presso il Clave. Raphael, devi andartene da qui. Presto ti verranno a cercare."
"Adesso andiamo all'Istituto. Alec, apri un altro Portale. Non abbiamo tempo. Maia, torna dal tuo branco e resta viva." gli ordini di Jace furono precisi ed eseguiti alla perfezione. Qualche minuto e tutti e quattro sparirono all'interno del Portale nel momento in cui alcuni Shadowhunters sfondarono i cancelli del DuMort.
 
 
 
"Ancora non sanno che sei stata convocata ad Idris. Difficilmente le notizie dal Clave si diffondono tra i Nascosti." disse Magnus nel tentativo di consolare Astrea, raggomitolata su una poltrona della biblioteca. Con loro c'erano Clary, che stava facendo degli schizzi sul suo taccuino, e Isabelle, che si limava le unghie. Quel silenzio, del tutto inquietante, fu spezzato da un mormorio simile al risucchio dell'acqua nel lavandino e al centro della grande sala comparve una parete azzurrina. Un rumore fortissimo, sembravano spade che cozzavano, anticipò l'arrivo di Jace, Alec e Raphael. Erano stati attaccati dai Nephilim e fortunatamente erano illesi, eccetto il vampiro che perdeva sangue da un fianco. Gli occhi di Astrea si spostarono rapidamente dal pavimento alla figura di Raphael, intento a premere le dita sulla ferita. Il vampiro si guardò attorno e solo allora sorrise, scorgendo Astrea correre verso di lui. Astrea gli buttò le braccia al collo e lo strinse forte, una sensazione di sicurezza le vibrò nel cuore. Raphael portò una mano sulla sua schiena e l'accarezzò lentamente, la fronte sulla sua spalla e quel profumo di lavanda che gli ricordava casa.
"Mi dispiace interrompere questo incontro ma abbiamo delle questioni importanti da discutere." fu Magnus a costringere i due a separarsi. Si sedettero tutti attorno al tavolo rotondo della biblioteca.
"La situazione é questa: il Clave ha dichiarato guerra ai Nascosti sulla base di una testimonianza. Luke mi ha mandato un messaggio e mi ha riferito che domani notte inizierà la caccia spietata. L'ordine che i Nephilim hanno da eseguire non é la cattura, non è la punizione, ma é la morte dei Nascosti. Sono salvi soltanto i membri che rappresentano la propria razza in Consiglio. Questo vuol dire che..."
"Che io sono in pericolo?" chiese subito Magnus. Alec gli lanciò un'occhiata di rimprovero, ma anche lui voleva fare quella domanda.
"No, tu ha una posizione di rilievo per il Clave e stai con un Nephilim.. Così come é salvo Luke, perché rappresentante dei Lupi, e come Raphael, rappresentante dei vampiri." spiegò Jace.
"L'unica in pericolo, in questa stanza, sono io. La testimone di cui tutti parlano sono io. Goldstorm mi ha convocata ad Idris per un chiarimento, ma deve aver inscenato tutto perché sembrassi io la testimone. Le guardie e tutti gli Shadowhunters presenti mi hanno vista, possono affermare con sicurezza che sono io la spia. E quando lo sapranno i Nascosti vorranno farmi fuori . Nonostante io abbia difeso i Nascosti, è opinione comune che i Nephilim siano codardi." disse Astrea rassegnata all'idea di essere stata usata e infuriata per lo stesso motivo.
"Come pensiamo di risolvere?" fu la domanda di Raphael. Tutti restarono sorpresi dallo spirito di collaborazione del vampiro, solitamente chiuso e restio. Ma si trattava di Astrea e sarebbe sceso a patti anche con Lilith pur di salvarla.
"Il nostro Istituto é un punto di riferimento per i Nascosti e molti vorranno rifugiarsi qui. É nostro dovere aiutarli. Ma questo vuol dire che Astrea qui non può restare." la replica di Clary era chiara: Astrea doveva andarsene.
"Non può tornare a Lisbona, non può stare a casa nostra e neanche qui. La lasciamo alla mercé dei Nascosti?" Alec aveva battuto la mano sul tavolo e alcuni bicchieri si erano rovesciati sulla superficie in legno lucido.
"Alec, sta calmo. Clary ha ragione. I Nascosti hanno bisogno di tutto l'aiuto possibile per non essere uccisi. Sono stata ingannata e tocca a me rimediare. Indicatemi almeno un posto sicuro."
"Conosco un posto." esordì Raphael; la sua camicia era sporca di sangue ma almeno la ferita si era rimarginata.
"Sarebbe?'
"Quando ero bambino, in estate, era tradizione che trascorressimo le vacanze a casa di mia nonna materna, a Santillana del Mar. É un piccolo paesino, pochi abitanti e il,massimo della discrezione. Ho le chiavi di quella casa ed é vuota da più di quaranta anni. Nessuno ne é a conoscenza."
La proposta di Raphael fu apprezzata da tutti.
"Bene. Ma dovete allontanarvi prima di domani sera. Alle 21.00 scatta il coprifuoco per i Cacciatori." disse Jace, sollevato che avessero trovato una soluzione.
"Partiremo domani pomeriggio."
 
 
Salve a tutti! :)
Ecco che la storia prende una piega contorta e oscura.
Spero che possiate apprezzare questo capitolo.
Alla prossima.
Un bacio.
 
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
Ps. Auguri di Buon Natale (sebbene sia già passato) e di un felice anno nuovo :)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Safe House. ***


CAPITOLO TERZO: Safe House.
 
 
"Tieni gli occhi aperti!" gridò Jace, i capelli biondi spettinati e la mano destra stretta attorno ad un bastone. Astrea, seduta a terra, si portò una mano sulla fronte e tentò di asciugarsi il sudore. La sera prima era tornata assieme a Magnus e Raphael a Lisbona per preparare le borse che sarebbero servite per il soggiorno, si sperava breve, in Spagna. Quella mattina Jace le aveva ordinato di presentarsi in palestra all'alba per allenarsi contro qualsiasi evenienza. Tutti sapevano che non era difficile per i Nascosti, muovendosi nell'ombra, scoprire dove fosse nascosta Astrea, e lei doveva essere sempre sull'attenti.
"Mi sto allenando da quattro ore. Sono esausta, Jace!" replicò la ragazza, ora in piedi e con il peso sul bastone. Mosse velocemente le mani per legarsi i capelli, ormai zuppi di sudore, in una crocchia.
"Sei esausta? E questo vuol dire che piagnucolerai quando sarai costretta a combattere per una notte intera? Lascerai che gli altri muoiano perché sarai stanca?" il tono di Jace era meschino, severo e anche i suoi occhi erano scuri e profondi. Agile come lo è solo un Cacciatore, fu vicino ad Astrea e riuscì a buttarla a terra con un semplice colpo di bastone al ginocchio. La ragazza crollò sulle ginocchia e portò le mani in avanti, senza respiro. Alcune ciocche ondulate erano sfuggite dall'elastico e le ricadevano sul viso.
"Sei debole."
Raphael era appena fatto il suo ingresso in palestra e subito fu richiamato da Magnus, seduto su una panca accanto a Simon. Prese posto anche lui.
"Come sta andando?" sussurrò in vampiro a Magnus tenendo le braccia incrociate.
"Jace sembra...alquanto severo stamani."
"Severo?! Sono qui dentro da quattro ore e Astrea é stremata. Jace dovrebbe darsi una calmata." intervenne Simon, gli occhiali spessi e la solita faccia da ragazzino. Raphael aggrottò le sopracciglia e riportò lo sguardo al centro della stanza, nel punto in cui Astrea e Jace si allenavano. La ragazza si era tirata su e stava riprendendo fiato.
"Sei pronta o ti serve un dottore?" la schernì Jace con un mezzo sorriso.
"Sta zitto, Herondale."
Astrea mosse in avanti il bastone per colpire il ragazzo allo stomaco, ma Jace fu veloce e il colpo andò a vuoto. Prima che lei potesse rendersene conto, la punta in metallo del bastone picchiò contro la sua schiena abbastanza forte da farla nuovamente cedere sulle ginocchia.
"Sei debole." ripeté Jace, avvolto nella luce che entrava dalle finestre in alto.
A Raphael non piacque affatto il modo in cui il Nephilim si era rivolto, quindi si alzò e raggiunse la pista di allenamento. Spintonò Jace e gli puntò un dito contro.
"Stai esagerando, Herondale." gli disse con voce seria, sebbene tremasse per la rabbia.
Raphael tese una mano ad Astrea e lei prontamente l'afferrò per alzarsi. Era visibilmente stanca, scure linee blu accerchiavano i suoi occhi e doveva essersi fatta male dato il pallore sul suo viso. Jace lasciò cadere il bastone e ridacchiò.
"Non sto esagerando. É lei che non é pronta. Sai qual é il problema? Ha un'ottima tecnica, ma non l'hai messa sotto abbastanza."
Era ovvio che la battuta di Jace avesse un tono sottointeso. Astrea alzò gli occhi al cielo e, senza pensarci due volte, gli tirò un pugno facendolo barcollare.
"Ti avevo detto di stare zitto."
 
 
 
Stendersi su qualcosa di morbido dopo essere stata sbattuta più volte sul pavimento della palestra fu come essere rinati. Astrea sentiva dolore dappertutto e fu grata quando l'iratze cominciò a fare effetto. Si era fatta una doccia fredda per spazzare via la stanchezza e per cercare di mantenersi sveglia. Poi aveva deciso che mettersi a letto sarebbe stata una scelta ottima; così fu.
"Come va?"
Raphael era appena entrato nella camera che Clary aveva assegnato loro, un letto e un armadio. Almeno avevano il bagno proprio di fronte.
"Meglio, grazie."
Il vampiro si sedette sul letto, pur rimanendo ad una certa distanza da lei, e fissò il soffitto bianco. Astrea voleva toccarlo, stringergli la mano, ma sapeva che non era un buon momento. Era ancora troppo arrabbiato.
"Mi dispiace per prima. Jace é un cretino, ha detto quelle cose solo per farmi innervosire."
"Invece ha ragione. Non ti ho allenata abbastanza. Finivamo sempre a terra a...beh a non allenarci."
Raphael era rimasto sempre lo stesso: schivo, pessimo nei rapporti umani, odiava la gente e soprattutto odiava il contatto. Poche erano le volte in cui stringeva la mano di qualcuno, e lo faceva solo se era obbligato, e nessuno dei vampiri al DuMort osava avvicinarsi a lui più del dovuto. E, nonostante stessero insieme da un anno, c'erano giorni in cui nemmeno Astrea poteva avvicinarsi. Realmente poche erano le volte in cui le permetteva di toccarlo, solo per un bacio o per un abbraccio. Era come se temesse di andare in frantumi quando qualcuno lo toccava. E per Astrea, sempre abituata, era difficile stargli lontano e non entrare in relazione con lui. Le ricordava i lampadari delle sale da ballo: magnifici, eppure così lontani e fragili.
"Lo sai a cosa mi riferisco, Raphael."
"Al fatto che il tuo amico abbia alluso alla nostra vita sessuale?"
Era chiaro dal tono irritato del vampiro che stava per nascere una discussione, pertanto Astrea capì che era meglio andarci piano.
"Sì, mi riferisco a quello. Non ti ho mai fatto pesare la cosa e non vedo perché una stupida battuta ti abbia mandato in crisi."
"Perché tutti hanno una relazione normale e io non posso darti lo stesso, Astrea."
Astrea si mise seduta con le gambe incrociate e poté finalmente guardare in faccia Raphael. Allungò una mano e gli toccò la gamba.
"Ti serve solo tempo. Lo hai detto anche tu. Quindi che problema c'è? Io sono qui e non me ne vado."
Solo allora il vampiro alzò lo sguardo su di lei e annuì appena.
Il problema é che non riesco più a resisterti.
"Adesso é meglio che ci prepariamo. Non vedo l'ora di andare in Spagna, Santiago!"
 
 
 
"Mi raccomando, Raphael, proteggila." disse Alec al vampiro, che annuì e diede al Nephilim una pacca sulla spalla. Entrambi condividevano, seppur in modo diverso, affetto per Astrea.
"Alec, so cavarmela da sola!" sbottò la diretta interessata prima di abbracciare il suo migliore amico, perché era così che lo considerava. Anche Max e Rafe accorsero per salutarla.
"Tornerai?" le chiese il piccolo dalla pelle blu. Astrea lo strinse forte e poi si lasciò a sua volta stringere da Rafe.
"Certo che torno. Ve lo prometto. Voi, però, dovete fare i bravi ed eseguire gli ordini di papà Alec e spassarvela con papà Magnus."
I bambini risero e si rifugiarono da Alec dopo un ultimo saluto.
"Sta attenta, cara. Cercherò di farmi sentire." Magnus le afferrò le mani e le stampò il solito bacio sulla fronte, sembrava essere diventato il loro saluto.
Il Portale si materializzò magicamente nel muro della Biblioteca. Astrea si voltò un'ultima volta per salutare Clary, Simon, Jace e Izzy, seduti attorno al tavolo di legno massello, ed attraversò il passaggio magico seguita da Raphael.
 
 
 
Santillana del Mar fu una piacevole sorpresa per Astrea. Si aspettava una cittadella in decadenza, buia e derelitta. Al contrario, aveva trovato un paesino meraviglioso, tanto simile a quello delle favole. Il Portale li aveva condotti nella piazza centrale e da lì avevano proseguito a piedi; erano le ventuno e per il vampiro fu una passeggiata, non rischiando di bruciarsi. La strada principale era fatta di pietra, tipica influenza architettonica dell'Impero Romano, ed era costeggiata da nobili palazzi che erano appartenuti a famiglie ricche in passato. Durante il tragitto, ebbero la possibilità di ammirare la bellissima grotta di Altamira, cueva de Altamira come l'aveva chiamta in spagnolo Raphael, e al lato campeggiava un cartello che la proclamava patrimonio dell'UNESCO. La safe house, come l'aveva battezzata Magnus, si stagliava piccola e di mattoni color argilla in cima ad una salita, ovvero una stradina stretta che si inerpicava. Raphael tirò fuori le chiavi e con due scatti a destra e mezzo a sinistra la porta si aprì.
"Bienvenida." disse il padrone di casa, spostandosi di lato per farla entrare. Astrea si accomodò e abbandonò il borsone a terra. L'interno era accogliente: la cucina era in pietra bianca, il soggiorno era arredato secondo le mode degli altri '30, la stoffa del divano era color senape e i tappeti avevano un'aria pregiata, così come i mobili scuri che riempivano la stanza. Una scala a chiocciola portava di sopra. Raphael le fece cenno di salire con lui. Le mostrò due camere da letto, una più grande con un enorme crocifisso appeso alla parte frontale, e una più piccola in cui troneggiava al centro un letto a una piazza e mezza e un piccolo armadio.
"Questa è la nostra stanza."
Nostra. Astrea sorrise e si fece strada nella stanza. Si sedette sul letto, notando che il materasso era comodo, e osservò le foto alle pareti. Conosceva bene quel bimbo dai capelli ricci in disordine e gli occhi scuri; il sorriso di Raphael non era cambiato in tutti quegli anni.
"Smettila di fissare quelle stupide foto." la voce di Raphael era stranamente divertita.
"Eri davvero carino da piccolo!" gli fece l'occhiolino Astrea prima di lasciare la stanza e tornare giù.
"Credevo fosse in un cattivo stato."
"Vengo spesso qui per mettere in ordine ed evitare che decada del tutto."
"E' molto bello." disse Astrea, comoda su quel divano che sapeva di tempi perduti. Era normale che Raphael si sentisse a disagio, mai aveva portato qualcuno in quella casa ed era come se fosse andato via un pezzo di lui. Ma al tempo stesso era felice che quel qualcuno fosse Astrea.
"Posso andare su in bagno per una doccia oppure hai bisogno di una mano a sistemare il letto?" chiese la Nephilim in tono gentile; non voleva che il vampiro si irrigidisse.
"Sono capace di cambiare le lenzuola, signorina!" rispose Raphael ridendo. Astrea gli diede un bacio sulla guancia e salì al secondo piano.
 
 
 
Quella serata stava prendendo una piega diversa ed entrambi se ne accorsero dopo aver finito l'acqua calda, non che il Nascosto ne risentisse della temperatura. Quando Raphael raggiunse il salotto, mentre si infilava velocemente una maglietta in corridoio, non si aspettava che Astrea fosse seduta a terra, davanti al camino non funzionante. Avanzò nel soggiorno illuminato soltanto da due candele, poiché la luce non era disponibile a causa di bollette non pagate da venti anni, e spalancò gli occhi quando mise a fuoco la figura della ragazza. Indossava un vestito nero di raso, stretto e corto, e teneva i capelli sciolti. Sapeva che quello era un abito che Isabelle le aveva prestato perché a Lisbona non avevano potuto prendere chissà quanta roba. Poi notò una macchia violacea sulla sua spalla e vi posò l'indice sopra, al che Astrea gemette di dolore.
"Come ti sei fatta questo livido?"
La ragazza gettò un'occhiata al livido e fece spallucce.
"Forse durante l'allenamento. E' normale."
Raphael era abituato alle cicatrici e alle ferite dei Cacciatori, ma la pelle di Astrea era macchiata poco dalle rune e molto meno segnata dalle cicatrici. Si sedette accanto a lei e osservò il petto di Astrea, chiuso dal vestito, gonfiarsi quando respirava.
"Mi stai fissando, Santiago."
"Perché indossi un vestito?" la domanda di Raphael venne fuori spontanea e fece sorridere la Nephilim.
"Isabelle me lo ha regalato e mi ha consigliato di indossarlo, e così ho fatto. Senza un preciso motivo. Ti infastidisce?"
Astrea pensava che sarebbe stato carino, non romantico, indossare un vestito elegante per quella serata. Voleva essere guardata da Raphael nel buio, solo loro due, come se fosse qualcosa di prezioso. Sperava che lui si avvicinasse e che non rimanesse distante come al solito, ora che erano soli. Raphael scosse la testa senza aggiungere altro. La verità è che non riusciva a ragionare, aveva gli occhi fissi su quel dannato vestito che fasciava alla perfezione il corpo di Astrea e metteva a dura prova il suoi istinto.
"Le stelle non si vedono. Su questo punto New York non la batte nessuno." disse Astrea, mentre spiava il cielo dalla tendina della finestra. Poi si allontanò e si avvicinò al tavolo per controllare che lo stilo fosse ancora nella tasca della sua giacca, non si sapeva mai quali creature potessero attaccarli. Raphael non resistette. La raggiunse e le poggiò le mani sui fianchi da dietro. Risalì con le dita fino alla cerniera del vestito, e sentì la ragazza rabbrividire al suo tocco.
"Sei così bella." sussurrò il vampiro con voce profonda, facendole battere il cuore a mille. Ora si trovavano faccia a faccia.
"Che ti prende, Raphael? Tutto questo non è da te."
Raphael non rispose e premette le labbra su quelle della Nephilim. Astrea era colpita dal cambiamento del suo ragazzo ma qualcosa non andava, se lo sentiva, e si allontanò da lui. Il Nascosto non fu contento del gesto.
"Che succede, Santiago? Questo...è strano. Sono rare le volte in cui ti avvicini."
"Credevo...io...non lo so." Raphael tirò a fatica le parole, seduto sul divano con i gomiti sulla ginocchia. Astrea si diede della stupida e sospirò. Proprio perché erano poche le volte in cui era lui a fare il primo passo non era giusto farsi indietro. La Nephilim, scalza e silenziosa, si avvicinò a lui e si tirò di poco su il vestito per potersi sistemare a cavalcioni. Raphael era rimasto ad osservare ogni minimo movimento e aveva deglutito quando aveva visto le dita sottili della ragazza sollevare la stoffa nera. Astrea gli portò le mani attorno al collo e si chinò per baciarlo. Raphael rispose immediato a quel contatto, le strinse i fianchi e l'attirò a sé. Era un bacio lento, desiderato, fatto di sorrisi e risatine sommesse. Le mani del vampiro scesero sulle cosce della Nephilim e le dita si infilarono sotto il vestito. L'odore del sangue angelico gli dava alla testa, ma erano le labbra di Astrea, in quel momento, a farlo sentire ebbro. Astrea ansimò sulle labbra di Raphael quando avvertì i suoi polpastrelli freddi accarezzarle la pelle. Tremò per un attimo. All'improvviso Astrea si alzò e si incamminò verso le scale, lasciando Raphael del tutto attonito.
"Tu non vieni, Santiago?" gli gridò la Nephilim dal piano di sopra. In meno che non si dica Raphael la bloccò al muro. Le portò una mano al collo e cominciò una lenta e quasi dolora discesa, per la gola, le spalle, le braccia, e le sue mani si bloccarono sui fianchi della ragazza. La guidò, tra un bacio e l'altro, nella loro camera e la spinse dolcemente sul letto, mentre lui rimase in piedi a guardarla. L'orlo del vestito era spiegazzato e ancora tirato su, le sue labbra erano rosse e gonfie, le brillavano gli occhi. Non sentiva il bisogno di sangue. No. Aveva bisogno di Astrea. Un bisogno vitale. La Nephilim lo invitò sul letto con un sorriso e lui ubbidì. Raphael agguantò la cerniera sulla schiena di Astrea e l'accompagnò verso il basso con un movimento leggero, lasciando che la sua pelle fredda facesse tremare la ragazza. Quando il vestito finalmente fu slacciato, il vampiro fece cadere la parte superiore, il corpetto. I suoi occhi scuri saettarono sul reggiseno di Astrea, anch'esso nero con cuciture in pizzo, e si leccò le labbra, gesto che faceva soltanto davanti ad un bicchiere d sangue rosso vivo. Astrea respirò affannosamente sotto lo sguardo penetrante del vampiro e temette che il cuore esplodesse. Raphael si abbassò per baciarle il collo, una scia di baci umidi, e scese sempre di più: le baciò la porzione di seno che l'intimo lasciava scoperta, con le labbra raggiunse la pancia dove vi depositò una seria di baci che fecero ansimare Astrea. Depositò alcuni baci sulla runa parabatai, arrossata e sul punto di svanire per lasciare spazio ad una cicatrice. Scottava e pulsava perché il legame si stava affievolendo. Poi tornò a baciarle le labbra. La Nephilim, mantenendo le labbra contro quelle gelide del vampiro, gli sfilò la maglietta e la lanciò in una parte indefinita della stanza. Allora poté godere della vista dei pettorali e degli addominali scolpiti, delineati e ben visibili di Raphael. Sapeva che sotto quelle camicie scure si nascondesse un corpo muscoloso, ma vederlo dal vivo faceva tutto un altro effetto.
"Devi dirmelo adesso se vuoi che io mi fermi." mormorò Raphael con le labbra a un soffio dalle sue, le mani sui suoi fianchi e gli occhi fissi nei suoi. Astrea scosse la testa.
"Continua."
Raphael si morse il labbro per evitare di sorridere come un idiota. Con le mani risalì dalle caviglie di Astrea fino all'orlo del vestito, che con entrambe le mani fece correre lungo le gambe della ragazza. Il tutto lo fece guardandola negli occhi.
"Tu eres una maravilla."
Raphael fece scorrere lo sguardo sul corpo di Astrea sotto di sé. Era bella da togliere il fiato, persino a lui che era mezzo morto. Le dita di Astrea accarezzarono l'addome del vampiro con estrema placidità, erano così calde contro la pelle fredda di lui. Astrea, allenata come uno Shadowhunter, ribaltò le posizioni ed ora lei stava sopra. Si sedette sul bacino di Raphael e gli sorrise maliziosa. Raphael, dal canto suo, era totalmente andato, perso, pazzo di lei. Mantenendo il contatto visivo, Astrea portò le mani sulla cintura dei pantaloni del vampiro e la slacciò senza tanti preamboli. Raphael spalancò gli occhi e deglutì, incapace di muoversi. Sentiva l'aria premere nei polmoni, sebbene nemmeno respirasse. Quando i loro petti si scontrarono, liberi di ogni ostacolo, Raphael emise un gemito che fece sorridere Astrea. Il vampiro, stanco che fosse lei a controllare la situazione, la fece nuovamente scivolare sotto di sé e prese a baciarla in modo famelico ovunque. Astrea si contorceva sotto il suo corpo, fremeva e sospirava ad ogni tocco. Le coperte sotto di loro erano ormai sfatte.
"Sei sicura, Astrea? E' la tua prima volta, pensaci bene." il tono del Nascosto era insolitamente dolce, comprensivo e aveva incatenato gli occhi ai suoi. Astrea annuì semplicemente.
"Dimmelo se ti faccio male, così mi fermo."
"Adesso fa l'amore con me, Santiago."
Quelle parole bastarono perché Raphael sorridesse e tornassero a baciarsi. Trascorsero l'intera notte avvinghiati, tra baci, gemiti, risatine, sguardi che confessavano tutto. Si sentirono completi.
 
 
 
Quando Raphael si svegliò dovevano essere circa le dieci del mattino; orario insolito per uno come lui che per anni aveva dormito di mattina. Ma nell'ultimo anno le cose erano cambiate: riusciva anche a dormire di notte, sebbene le ore di riposo si fossero ridotte. La prima cosa che vide furono vestiti sparsi qua e la per la stanza. In un attimo tornò con la mente alla sera prima e tutto gli fu più chiaro. Si voltò e si accorse che Astrea gli dava le spalle, con la testa poggiata sul suo braccio e la sua mano sul fianco di lei. Un sorriso inconsapevole si dipinse sulle sue labbra. Rimase per un po' a guardare la Nephilim dormire; era così dannatamente bella, faceva quasi male. Ripensare alla notte passata gli faceva girare la testa: non aveva mai avuto una nottata del genere. Essere la causa degli ansiti e dei fremiti di Astrea lo faceva sorridere come un cretino, e il solo pensiero della sua pelle calda gli faceva tremare i polsi, benché non vi fosse battito in essi. Il calore che irradiava Astrea, anche in quel momento, lo spinse ad avvicinarsi di più a lei. Raphael lasciò un bacio tra le scapole sporgenti della ragazza e prese ad accarezzarle la schiena nuda. Astrea, ormai sveglia, sorrise con gli occhi ancora chiusi. Le venne la pelle d'oca per via delle gelide dita del vampiro. Si girò nel letto e aprì gli occhi, ammirando l'espressione contenta di Raphael.
"Bom dia." disse Astrea in portoghese, stringendosi di più a Raphael.
"Ci hai messo una notte intera per ricordare come si dicesse buongiorno nella tua lingua?" ridacchiò il Nascosto.
"Questa voleva essere una battuta, Santiago? Pessima." ma Astrea non riuscì a trattenere una risatina. Uno strano silenzio calò nella stanza. Era possibile udire solo il cinguettio degli uccelli e il vocio che proveniva dalla stradina. Nessuno dei due accennava a quella notte. Astrea si rese conto che molto probabilmente il vampiro si stava arrovellando il cervello in problematiche inutili e decise di parlare per prima.
"Va tutto bene, Raphael?"
"Sì." fu la semplice risposta del Nascosto.
Astrea scosse piano la testa e riconobbe che forse quella notte non aveva cambiato molto: Raphael rimaneva comunque distante. Pertanto, gli diede di nuovo le spalle e affondò il viso nel cuscino.
"Scusami." mormorò Raphael contro la sua spalla.
"Fa niente. Va tutto bene."
"Non va bene, Astrea. Abbiamo passato tutta la notte a fare l'amore e adesso facciamo finta che non sia successo nulla. E so che è colpa mia. Perdonami."
"Questo è perché sei un cretino, Santiago!"
Quell'atmosfera tesa fu spazzata via dalle loro risate. Astrea si voltò verso di lui e gli sorrise. Sapeva che doveva andarci piano con lui.
"Cosa direbbero i Nascosti se sapessero che sei stato a letto con una Nephilim?"
"Inorridirebbero. Poveri sciocchi, non sanno quello che si perdono."
"Lo prendo come un complimento?" domandò Astrea con un sopracciglio sollevato. Il vampiro annuì.
"Sono stato io?"
Astrea seguì lo sguardo di Raphael che stava osservando una macchia rossastra sul seno sinistro. Lei si coprì meglio col lenzuolo.
"Sì. Però è tutto okay, non mi hai fatto male."
Raphael ricordò di aver premuto forte le labbra sulla pelle di Astrea perché improvvisamente gli era montato dentro un desiderio di sangue che pensò bene di sfogare in quel modo.
"Non sono riuscito a tenere a freno la fame."
"E' soltanto un segno, nulla di che. In compenso, dovresti essere contento di non avermi morsa. Era questa la tua paura e l'hai superata."
Astrea si sporse per baciarlo. In pochi istanti si ritrovò sotto a Raphael, tra baci e risatine. Ricordavano bene entrambi la vista annebbiata dal piacere, le labbra che si cercavano frenetiche, le mani scattanti.
"Ti amo." soffiò il Nascosto sulla bocca di Astrea. Lei fece un enorme sorriso e gli sistemò un ciuffo di capelli.
"Anche io ti amo...forse."
Raphael alzò gli occhi e assunse un'espressione divertita.
"Dove sono Stan e gli altri?"
Quella domanda fu sufficiente perché il vampiro si scostasse e tornasse a sedersi dal suo lato di letto.
"Devi proprio rovinare questo momento? Comunque, sono a sicuro in una delle proprietà di Magnus. A New York rischiavano troppo." Raphael scivolò giù dal letto e indossò i boxer velocemente, la sua solita maschera di indifferenza e la voce piatta. Astrea, che aveva capito di doverlo lasciare da solo, recuperò l'intimo e si rivestì. Afferrò una camicia blu dal borsone di Raphael ai suoi piedi, sgusciò via dalla camera da letto e scese in cucina per un caffè. Dopo aver messo la caffettiera sulla fiamma si sedette sul tavolo e rimase lì fino a quando Raphael non la raggiunse. Fece le scale ancora in boxer, inconsueto per lui, e le si parò davanti.
"Questa camicia è mia." sorrise facendo quell'affermazione. Nessuno indossava i suoi vestiti, e mai lo aveva fatto, ma addosso ad Astrea avevano un altro fascino. Il vampiro le pizzicò le cosce e lei tentò di mascherare un sorriso. Poi sentì le labbra di lui sul collo, gonfie e fredde, e sospirò pesantemente. Lei immediatamente mosse le mani sulla sua nuca e lo avvicinò di più.
"Possiamo continuare questo discorso di sopra?" riuscì a biascicare Astrea mentre il suo corpo si lasciava lambire dal Nascosto. Raphael si allontanò il giusto per guardarla negli occhi. Di colpo la sollevò di peso e tornarono al piano di sopra. Non si fermarono in camera, anzi in bagno.
"Non ci pensare nemmeno!" le proteste di Astrea furono inutili quando il getto d'acqua fredda la colpì, investendo di brividi il suo corpo. Era completamente bagnata. Raphael era scoppiato in una risata di cuore. La Nephilim lo tirò nella vasca e riaprì l'acqua, che adesso sembrava più calda. Si baciarono con passione sotto la cascata d'acqua che batteva su di loro. La stanza si riempì dei loro gemiti in pochi minuti. I vetri delle finestre e dello specchio sul lavandino si appannarono. Nel frattempo loro due, incuranti dei pericoli imminenti, si perdevano nelle emozioni.
 
 
Salve a tutti! :)
Ecco a voi un momento particolarmente intimo tra gli Astrael (?) :’)
Spero che vi piaccia. Fatemi sapere cosa ve ne pare.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Immortale. ***


CAPITOLO QUARTO: Immortale.
 
 
 
Magnus se ne stava disteso sul divano della biblioteca dell'Istituto e sfogliava svogliatamente uno dei suoi libri di magia. Odiava starsene al chiuso, proprio lui che era abituato ad andare sempre in giro con i suoi figli per mostrare loro quale magia offrisse la città. Doveva ammettere che anche la mancanza di Astrea abbatteva il suo umore, già di per se triste, e si annoiava a gironzolare da solo tra quei numerosi libri che avrebbe preferito condividere con lei. Si era stranamente accorto che Astrea aveva portato una nuova luce nelle loro vite, aveva rivoluzionato le loro abitudini e anche il loro modo di pensare. Magnus, però, non era il solo a soffrire. Anche Alec aveva sempre un’espressione desolata e malinconica. Era evidente che risentisse dell'assenza della ragazza.
"Papa, sei sicuro che Astrea tornerà?" la vocina di Max, seduto a terra a giocare, nascondeva un velo di tristezza.
"Certo che tornerà. Ve lo ha promesso!"
Lo Stregone sorrise a suo figlio e si immerse nuovamente nella lettura. Un dettaglio catturò la sua attenzione: la sezione dedicata alle tipologie di 'Fuoco' era segnata. C'erano delle annotazioni a penna, calligrafia stretta e disordinata. Magnus sforzò la vista e cercò di comprendere cosa ci fosse scritto. Anche le pagine seguenti erano appuntate, anzi lo era l'intero capitolo. Si ritrovò sulla pagina del Fuoco Rosso, anche essa era piena di scritte; ma non era la scrittura di Astrea, come ci si poteva immaginare. Anche perché era impossibile che la ragazza fosse a conoscenza di quel libro quando nemmeno Magnus sapeva fosse lì. Con un pizzico di magia riuscì a leggere:
Il Fuoco Rosso rende il sangue come lava; concede un grande potere; rende immortale.
Magnus sgranò gli occhi: nessun manuale spiegava quali fossero le conseguenze del Fuoco Rosso. Aveva fatto molte ricerche senza ottenere  risultati.
"Come vanno le cose qui?" Alec e Rafe erano appena entrati in biblioteca dopo una sessione di allenamento.
"Tu lo sapevi che Jace ci nasconde qualcosa?" disse Magnus con tono accusatorio.
"Di che stai parlando?"
Il Nascosto passò il libro ad Alec, che lo esaminò pagina per pagina. Era senza dubbio la grafia di Jace.
"Perché avrebbe scritto queste cose...non capisco."
"Basta chiederglielo."
 
 
 
"Mi stai dicendo che conosci queste poesie a memoria?"
Astrea, stesa a terra con la testa sulle gambe di Raphael, sventolava un libro dalla copertina logora e impolverata. Era una raccolta di poesie di Federico Garcia Lorca, poeta spagnolo degli anni Trenta. Raphael aveva imparato a memoria alcune delle poesie contenute nel libro e aveva stupito la Nephilim.
"Sì. Le so a memoria." rispose ridendo il vampiro.
"Recitami una poesia."
Raphael le prese il libro di mano e lo aprì a pagina 137, segnata da una linguetta di stoffa rossa.
"Quisiera estar en tus labios para apagarme en la nieve de tus dientes. Quisiera estar en tu pecho para en sangre deshacerme."
Vorrei stare sulle tue labbra per spegnermi nella neve dei tuoi denti. Vorrei stare sul tuo petto per disfarmi nel sangue.
"Quisiera en tu cabellera de oro soñar para siempre. Que tu corazón se hiciera tumba del mío doliente."
Vorrei sognare per sempre nella tua chioma d’oro. Che il tuo cuore si facesse tomba del mio dolente.
"Que mi carne sea tu carne, que mi frente sea tu frente. Quisiera que toda mi alma entrara en tu cuerpo breve y ser yo tu pensamiento, y ser yo tu blanco veste."
Che la tua carne fosse la mia carne, che la tua fronte fosse la mia fronte. Vorrei che tutta la mia anima entrasse nel tuo piccolo corpo ed essere io il tuo pensiero ed essere io la tua bianca veste.
"Para hacer que te enamores de mí con pasión tan fuerte que te consumas buscándome sin que jamás ya me encuentres."
Per far sì che t’innamori di me con una passione così forte da consumarti cercandomi senza mai incontrarmi.
"Para que vayas gritando mi nombre hacia los ponientes, preguntando por mí al agua."
Perché tu vada gridando il mio nome fino a ponente, chiedendo di me all’acqua.
"bebiendo triste las hieles que antes dejó en el camino mi corazón al quererte. Y yo mientras iré dentro de tu cuerpo dulce y débil,"
bevendo triste le amarezze che prima il mio cuore nel desiderarti lasciò sul sentiero. E intanto io entrerò nel tuo corpo dolce e debole.
"siendo yo, mujer, tú misma, y estando en tí para siempre, mientras tú en vano me buscas desde el Oriente a Occidente, hasta que al fin nos quemara la llama gris de la muerte."
Io sarò donna, sarò te stessa, restando in te per sempre, mentre tu invano mi cerchi da Oriente ad Occidente, finché fine ci brucerà la fiamma grigia della morte.
Astrea addrizzò la schiena e guardò Raphael quasi fosse uno sconosciuto, come se lo vedesse per la prima volta. Il vampiro aveva abbandonato sul divano il libro e ora si fissava le mani, incerto e imbarazzato.
"Stupenda." sussurrò Astrea, lo sguardo trasognato.
"E' la mia poesia preferita."
"Non parlo della poesia, Raphael. Parlo della tua anima. E' stupenda."
 
 
 
"Come hai potuto mentirci su una cosa così importante?" Alec era furioso con il suo parabatai, che aveva tenuto per sé quel volume di magia contenente informazioni importanti. Clary e Isabelle, seguite a ruota da Simon, entrarono di corsa nella palestra, dove Jace stava facendo allenamento. Erano tutti presenti, eccetto i bambini che erano di sopra con Maryse.
"Che sta succedendo?" chiese Clary, messasi tra Alec e Jace.
"Chiedilo a tuo marito." grugnì Alec. Magnus, alle sua spalle, cercava di calmarlo. Clary rivolse un'occhiata confusa a Jace che, ormai in trappola, dovette confessare.
"Quando Astrea ha accettato di sottoporsi alla trasfusione per salvare Raphael, ho chiesto ai Fratelli di analizzare il suo sangue per cercare di comprendere il suo potere. Mi hanno contattato due giorni dopo e mi hanno accertato che fosse un potere insolito, un'anomalia che ogni cento anni colpisce un Nephilim. Mi hanno detto che Astrea avrebbe sicuramente avuto capacità magiche ma anche fisiche. Metà angelo e metà demone. Metà Shadowhunter e metà Stregone. Ricordavo che nella nostra biblioteca ci fosse un volume che Robert aveva portato qui da Idris riguardo ai mezzosangue, così ho trovato quel volume e ho indagato. Astrea è immortale, e inoltre il suo sangue è benefico."
"Cosa intendi con 'benefico'?" fu la domanda scioccata di Magnus.
"Intendo che nel suo sangue scorre una linfa guaritrice. Può 'curare' i Nascosti dalla loro 'malattia'. Può invertire il processo di trasformazione di lupi mannari, vampiri e anche dei Fratelli Silenti."
Calò un silenzio profondo tra il gruppo. Ognuno lanciava occhiate all'altro, di preoccupazione, di stupore, di terrore. Astrea era una specie di medicinale vivente.
"Chiunque beva, o entri comunque in contatto col suo sangue, perde qualsiasi potere." rifletté Clary.
"Astrea è in pericolo. In Spagna non è al sicuro." disse Alec, ancora stordito dalla notizia.
"Anche Raphael è in pericolo."
"Magnus, apri un Portale per la Spagna. Ora!"
 
 
 
"Astrea? Dove sei?"
Raphael trovò la cucina immersa nel buio, ma con la sua vista sviluppata riuscì a scorgere Astrea accovacciata sotto la finestra che dava sulla stradina principale. La Nephilim si illuminò il viso con la strega luce e fece segno al vampiro di raggiungerla. Quando furono vicini, le spalle che si toccavano, Raphael notò la balestra di Astrea ai suoi piedi.
"C'è qualcuno o qualcosa fuori." disse a bassa voce la ragazza, l’arma in una mano e l'altra serrata sulla stoffa della tendina.
"E hai intenzione di combattere questa creatura?"
Prima che Astrea potesse rispondere, la porta esplose in una miriade di schegge di legno e polvere. Un demone alto circa due metri, coperto di squame azzurre e nere, denti seghettati, ruggì entrando in casa. Raphael trascinò Astrea dietro al divano.
"Credo proprio che voglia ucciderti." sentenziò Raphael, gli occhi sul mostro. Astrea si voltò con le sopracciglia sollevate e scosse la testa.
"Sei sempre così d'aiuto, Santiago!"
Il demone fece volare il tavolo, che si spaccò a causa dell'urto con il muro, allora Astrea tese la balestra e tirò una freccia. Il colpo andò a vuoto.
"Scappa!" urlò a Raphael, che prontamente stava correndo al piano di sopra. Le dita viscide del demone ancorarono la spalla della Nephilim e la scaraventò contro l'isola della cucina. Astrea chiuse gli occhi e imprecò per il dolore lancinante alla schiena. Per alcuni secondi rimase inerme, incapace di muoversi e respirare. Quando riuscì a mettersi in piedi, aveva già recuperato da terra la sua spada angelica avvicinandosi al demone.
"Stai sbavando sul pavimento. Che schifo!"
Il demone la fissò interdetto, come se tentasse di decifrare le sue parole, e Astrea poté tranciargli un braccio. Quello urlò di dolore, mentre icore nero e corrosivo fuorusciva dall'arto amputato. Astrea afferrò la balestra dal divano, ormai ridotto a piume svolazzanti, e la puntò contro la testa del demone. Le sanguinava il labbro e un piccolo taglio sull'occhio destro pulsava. Il demone riuscì a saltare sul lavandino e con un calcio fece saltare le tubature, in pochi secondi la stanza fu inondata dall'acqua. La Nephilim si chiese dove fosse Raphael, non rendendosi conto del viso deformato del demone che incombeva su di lei.
"Ci stai provando? Sappi che non bacio mai al primo appuntamento!" disse Astrea con disappunto, mentre scivolava sotto al corpo del demone per afferrare la balestra e scoccare un freccia. Questa volta la freccia si conficcò direttamente nel cranio del mostro. Con un lamento tremendo,  il demone si dissolse in scintille dorate e di lui rimase soltanto un'orma bruciacchiata sul pavimento. Un rumore distrasse Astrea. Il corpo di un secondo demone rotolava giù dalle scale e strillava durante la caduta. Raphael era in cima alle scale, la maglietta strappata alla manica, le mani coperte di materia nera e l'espressione disgustata.
"Oh mi chiedevo dove diavolo fossi, stupido vampiro!"
Anche questo demone scomparve. Raphael la raggiunse.
"Ero impegnato, impertinente!" rispose, indicando il punto dove poco prima giaceva il demone.
Astrea si sedette a terra e prese a disegnarsi un'iratze sull'avambraccio. Raphael allungò le dita sulla ferita sopra l'occhio e pulì il sangue, portandolo poi alle labbra.
"E' saporito?" chiese Astrea, intorpidita dall'effetto della runa, con gli occhi sull'espressione di piacere del vampiro.
"Sì. Il tuo sangue ha il sapore di miele."
In mezzo alla stanza si materializzò una parte tremolante da cui vennero fuori Jace, Alec e Magnus.
"Che è successo qui?" domandò Alec, guardandosi attorno: la porta era a pezzi, l'acqua continuava a schizzare ovunque, il divano era riverso a terra, così come le sedie e il tavolo.
"Due demoni ci hanno attaccato." tagliò corto Astrea, ora in piedi.
"Dobbiamo tornare a New York prima che ne arrivino altri." disse Jace, non accennando all'accaduto.
Raphael lanciò un'occhiata preoccupata ad Astrea.
 
 
 
Raphael fu condotto in infermeria, nonostante le sue proteste, e la pesante porta fu chiusa a chiave alle sue spalle.
"Avete intenzione di uccidermi?"
La sua domanda nasceva spontanea ed era lecita, ma sapeva che non lo avrebbero mai fatto.
"Siediti." disse Jace. Era ai piedi di un lettino e teneva le dita strette alla testata di ferro battuto; Alec era accanto a lui, mentre Magnus era di fronte al vampiro. Raphael si sedette su una branda e incrociò le braccia al petto.
"Ti dobbiamo fare delle domande. Ti senti strano in questi giorni? Hai sentito qualcosa cambiare in te?" la voce di Magnus doveva risultare risoluta, ma si percepiva una vena di ansia.
"Che sta succedendo, Shadowhunters? Astrea sta bene?"
"Astrea è un pericolo." rispose Jace con tono piatto, spalle ingobbite e lo sguardo fisso sull'anello all'anulare.
"Jace vuole dire che Astrea sta vivendo un periodo particolare. Il Fuoco Rosso nelle sue vene può curare i Nascosti, eccetto Fate e Stregoni, dalla loro condizione. Il suo sangue rende reversibile la trasformazione di lupi, vampiri e Fratelli Silenti, sebbene non siano Nascosti." spiegò Alec cercando di essere il più chiaro e diretto possibile. Raphael dovette prendersi un attimo per capire ciò che gli era stato detto.
"Questo vuol dire che io..."
"Il sangue di Astrea è entrato in contatto col tuo, e probabilmente ha fatto effetto. Stai tornando ad essere un mondano."
Raphael sgranò gli occhi e gli sembrò tutto un brutto scherzo, ma ora che ci pensava qualcosa era cambiato: era meno pallido e la voglia di sangue era diminuita di molto. Era davvero possibile tornare ad una vita normale? Lui la voleva? Era pronto? No, era troppo legato al potere.
"Io me ne devo andare."
 
 
 
"Raphael? Dove stai andando?"
La voce di Astrea arrivò alle orecchie del vampiro come una pugnalata. Sapeva che l'avrebbe ferita a morte, ma doveva allontanarsi da lei. Senza voltarsi, le rispose:
"Forse è meglio se per un po' non ci vediamo."
"Di che stai parlando?"
Magnus e Alec irruppero nel corridoio, seguiti poi da Clary e Jace.
"Mi stai uccidendo,  Astrea." disse Raphael, tutta la cattiveria nella voce e lo sguardo assente. Astrea barcollò, era incapace di parlare. Magnus corse da lei prima che cadesse a terra, sopraffatta dalla delusione. Un attimo dopo, il vampiro sparì davanti ai loro occhi. Astrea non pianse. Si lasciò cullare dalle braccia di Magnus. Non emise un solo lamento.
 
 
 
"Come stai?"
Jace si sedette accanto ad Astrea, sul terrazzo. La ragazza aveva il viso stanco ed era pallida. Non aveva cenato dopo la fuga di Raphael, si era chiusa in palestra e si era allenata per circa sei ore. Ne era uscita con le mani coperte del proprio sangue e le braccia piene di graffi e lividi. Non aveva applicato rune di guarigione perché aveva il cuore rotto, e per quello non esistevano rune adatte.
"Starei meglio se una decina di frecce mi avessero trafitta, ma sono viva."
Le avevano raccontato le novità sul Fuoco Rosso, il fatto di essere una cura vivente. Aveva reagito con una scrollata di spalle e si era diretta in camera sua, predisposta per lei da Clary.
"Astrea..."
"No, ti prego. Non dire niente. Almeno da te pretendo il silenzio. Mi hanno chiesto tutti come sto e hanno cercato di consolarmi, ma non ne ho bisogno. Sto bene. Ho preso una sbandata, capita a tutti. Ma adesso devo tornare lucida." disse Astrea, tentando di convincere più se stessa che Jace.
"Devi farti vedere dai Fratelli Silenti. Domattina ti accompagno alla Città di Ossa. Abbiamo bisogno di risposte." fu tutto quello che le disse Jace prima di lasciarla da sola sotto il cielo di New York, che quella sera sembrava brillare di meno. Forse rimase da sola per un'ora circa, poi Magnus le fu accanto. Sembrava ancora più alto mentre il suo profilo si stagliava nel buio.
"Jace mi ha detto che domani sarai condotta alla Città di Ossa. Ho chiesto di poterci essere anche io ma è vietato l'ingresso ai Nascosti. Mi dispiace." la voce dello Stregone era bassa e dolce, voleva rassicurarla. Astrea fece spallucce.
"Jace ed Alec basteranno, tranquillo. Magari scoprirò qualcosa in più su questa...miracolosa cura. O maledizione, dipende."
"E' scappato perché ha paura."
Astrea sapeva che Magnus stesse parlando di Raphael, e in parte capiva il perché lo stesse giustificando, però lei era stanca di false verità e soprattutto di false speranze. Era chiaro che Raphael non l'amasse abbastanza da restare, era troppo legato al potere.
"E' tutto okay." si limitò a dire lei.
"Sento i tuoi stivali calpestare i frammenti del tuo cuore spezzato, cara. Non è un reato ammettere di star soffrendo."
"Credi davvero che io stia soffrendo per un vampiro stronzo che al primo ostacolo sparisce? No, non hai capito un bel niente. Raphael Santiago con me ha chiuso. E non verserò una sola lacrima per un tale codardo. Sai, è stupido soffrire per qualcosa che già sapevamo finisse male, e io sapevo dall'inizio che non saremmo durati a lungo."
 
 
 
"Magnus, che hai?"
Alec sbuffò e si allungò sul comodino per accendere il lume e capire cosa stesse facendo il suo compagno. Magnus era steso supino, mani sullo stomaco ed espressione pensierosa; il tutto il netto contrasto con il pigiama di seta rosa.
"Sono preoccupato per Astrea. Lei dice di stare bene ma è ovvio che mente. Dobbiamo fare qualcosa per lei!"
"E' stata appena mollata, Magnus, e ha i nervi a pezzi. Ora come ora possiamo solo starle accanto. I primi tempi saranno difficili, ed io lo so, poi passerà."
Magnus si mise seduto e scosse la testa.
"Come fai a sapere che passerà? Io e te siamo tornati insieme dopo la rottura, quindi non puoi sapere se a te sarebbe passata. Voi Nephilim trovate qualcuno e lo amate per tutta la vita,  Alexander. E Astrea è davvero innamorata."
"La runa che aggiusta un cuore spezzato è la più potente."
 
 
 
Raphael non credeva che il suo fegato potesse assorbire così tanto alcol e non collassare; ma era normale per uno morto, o almeno mezzo morto. Il suo corpo aveva ripreso colore e il desiderio di sangue andava scemando di ora in ora, ora desiderava mangiare una pizza e bere una coca-cola senza soffocare. Seduto a terra, il pavimento lucido del DuMort, al buio e con il decimo scotch tra le mani, aveva gli occhi lucidi ed era una sensazione che non provava da tempo. Ma si sarebbe dovuto abituare, dal momento che stava per tornare ad essere un mondano, una creatura inutile e indifesa. Poggiò la testa contro il muro e osservò la stanza: era lì che per la prima volta aveva visto Astrea, così cocciuta e coraggiosa. Aveva fatto breccia nel suo cuore privo di vita a suon di sarcasmo e insulti. Poi si erano baciati e tutto era cambiato. Raphael non sapeva quando si fosse innamorato di Astrea, forse quando l'avevs stretta tra le braccia durante il sopraluogo a Lisbona, oppure quando gli aveva chiesto quanti anni avesse, oppure quando gli aveva detto che lui era una forma di vita diversa e che lei lo apprezza per quello. Da allora aveva imparato ad amarla sempre di più di giorno in giorno. Ma le cose belle finiscono e lui doveva starle lontano. Era consapevole di averla lasciata sola nel bel mezzo di una guerra ma era stato più forte di lui. Era follemente innamorato del potere.
 
 
Salve a tutti! :)

Ecco che i segreti sul Fuoco Rosso cominciano ad essere svelati, eppure qualcuno non sembra contento…
Spero vi piaccia, e fatemi sapere che ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** La Città di Ossa. ***


CAPITOLO CINQUE: La Città di Ossa.
 
 
 
Quella notte Astrea aveva dormito beatamente, senza sogni, e si era svegliata in gran forma. Non sapeva, però, che era merito di un piccolo incantesimo di Magnus. Si sarebbe dovuta recare dai Fratelli Silenti e, dopo aver fatto colazione, si fece una doccia veloce, quindi indossò la tenuta. Jace e Alec l'aspettavano di sotto.
"Sei nervosa?" le chiese Izzy, mentre scendevano la grande scalinata dell'Istituto. Astrea scosse la testa.
"Sarà solo una chiacchierata, così hanno detto. Non sono nervosa. Mi infastidisce perdere tempo quando quasi tutti i Nascosti vogliono uccidermi."
"Non hai tutti i torti." convenne Isabelle, i lunghi capelli che ondeggiavano ad ogni passo e la fedele frusta al polso. La frustra era forse l'unica arma che Astrea non sapeva maneggiare. Negli anni sua nonna le aveva insegnato ad usare spade angeliche, bastoni, arco e balestra, quasi tutti i tipi di coltelli, ma la frustra non rientrava tra le sue capacità. Ricordava bene gli allenamenti a cui sua nonna la sottoponeva: restava chiusa in palestra anche giornate intere, a volte nemmeno mangiava, e cercava di migliorarsi continuamente. E quando non si allenava, passava il tempo nella biblioteca con suo padre che le raccontava mitiche storie di Shadowhunters, di Nascosti e anche leggende mondane. Del resto, si sa, tutte le storie sono vere!
"Oh buongiorno, zuccherino!" esclamò Magnus, avvolto in una giacca di raso rosso e calzava dei mocassini dello stesso colore.
"Giorno." si limitò a rispondere Astrea quando raggiunse l'ingresso. Alec si fissò l'arco alla spalla e Jace si sistemò la cintura con le armi. Astrea, dal canto suo, non poteva portare armi con sé quel giorno. I suoi occhi si posarono su due figure che emergevano dal corridoio che portava in cucina; riconobbe la piccola statura di Clary, i riccioli masse informi nella penombra, ma non seppe riconoscere la persona al suo fianco. Quando furono immersi dalla luce che entrava dalle finestre, vide un uomo alto, capelli scuri, completo elegante, e con un lucente anello al dito: era uno Shadowhunter.
"Tu devi essere la famosa Astrea Monteverde? Hai dato filo da torcere al Console." le sorrise gentile lo sconosciuto, che ad una seconda analisi ricordava di averlo intravisto alla riunione ad Idris.
"Sì, sono il bersaglio preferito dei Nascosti in questi tempi." disse Astrea con un mezzo sorriso. L'uomo le allungò una mano e lei la strinse.
"Sono James Carstairs, ma tutti mi chiamano Jem."
"Tu sei il Fratello Silente miracolato!"
"Astrea!" la rimproverò Clary.
Jem rise e scosse la testa. Astrea sapeva bene chi fosse, suo padre le aveva raccontato la sua storia e quella di William Herondale e Theresa Gray, ma non le sembrava il caso di fargli domande.
"Ha ragione. Sì, sono miracolato. La vita dei Fratelli è una strada difficile e, seppur degna di essere vissuta, abbandonare la Città di Ossa è un piacere."
"Lui dopo un secolo è contento di lasciare quel postaccio, ma io sono obbligata ad andarci per farmi analizzare come una cavia da laboratorio. Ottimo." disse Astrea, facendo un cenno con la mano a Clary, Magnus ed Izzy. Alec alzò gli occhi al cielo e la seguì.
"Andiamo. Jem verrà con noi perchè ha ottimi rapporti con i Fratelli." disse Jace, quindi sparì nel grigiore di quella mattina.
 
 
 
"Ho sessanta anni ma non ero mai stato qui."
Raphael si voltò e aggrottò le sopracciglia alla vista del Console Goldstorm, i capelli lunghi e grigi, il mantello che accompagnava ogni suo movimento.
"Che ci fa lei qui?"
Goldstorm si sedette sulla poltrona, dove era solita sedersi Astrea, e afferrò un indumento nero incastrato sotto al tavolino di vetro su cui giacevano bicchieri sporchi di sangue ormai secco.
"Questa canottiera è di quella dolce ragazza, dico bene?" sorrise beffardo il Console, un'espressione maligna sul suo volto. Raphael gli strappò la canotta di mano e la strinse tra le mani.
"Ripeto: che ci fa lei qui?"
"Oh la prego, Santiago, prenda posto. E' una chiacchierata amichevole."
Raphael fece come gli era stato chiesto e si sedette. Aveva capito che qualcosa non andava. Stringeva ancora la canotta di Astrea e ricordò perchè si trovasse all'Hotel: quella notte avevano dormito sul divano, erano altri tempi quelli.
"Console, cosa vuole?"
"I Nephilim hanno intrapreso una folle caccia ai Nascosti perchè colpevoli di aver massacrato intere famiglie di Shadowhunters, come lei ben sa. Il tutto è partito da una testimonianza concessa dalla signorina Monteverde, che è rimasta anonima. Ora, però, qualcuno a Idris ha fatto il suo nome e i Nascosti la vogliono uccidere. Vampiri, Fate, licantropi, gnomi e chissà quali altre creature magiche vogliono la sua morte. Sylvie Blanc, Capo-clan di Parigi, ha messo una taglia sulla sua testa: chiunque uccida Astrea Monteverde avrà una lauta ricompensa."
Quelle parole colpirono Raphael come uno schiaffo, umiliante e doloroso. Non era possibile che Sylvie fosse di nuovo comparsa. E voleva uccidere Astrea.
"E questa lauta ricompensa in cosa consiste?"
"Il suo sangue, Santiago. Il tuo sangue benefico è la ricompensa."
E Raphael sapeva bene cosa intendesse con 'benefico' e non era un buon segno. Doveva trovare Sylvie e impedirle di uccidere Astrea. Doveva affrontare il suo passato per salvare il suo presente e, chissà, anche il suo futuro.
 
Astrea era seduta sui gradini dell'Istituto ed era annoiata. Da un'ora aspettavano che i Fratelli Silenti li andassero a prendere perchè, con sua grande sorpresa, erano loro che venivano da te e non il contrario. Era convinta che si sarebbero fatti una salutare passeggiata in un cimitero e che lì avrebbero trovato l'entrata per la Città.
"E' una specie di servizio taxi del Mondo Invisibile?" disse Astrea, tono sarcastico e divertito. Alec ridacchiò e annuì.
"Una specie, sì. Tu li avverti di aver bisogno di loro e aspetti che ti vengano a prelevare."
"Avete mai ritardato o non vi siete affatto presentati?" la domanda della ragazza era rivolta a Jem, che le rivolse un'occhiata divertita.
"No. Sono precisi e rigorosi."
"Sono dei rompiscatole." asserì Astrea con un'alzata di spalle.
Ti ho sentita, Nephilim.
Astrea scattò in piedi e si guardò attorno in preda all'ansia, non si aspettava che qualcuno la stesse ascoltando. Jace e Alec stavano soffocando una risata.
Un fruscio inquietante annunciò l'arrivo di una carrozza nera, con finestrini schermati, gli interni in pelle. Seduto a cassetta c'era un Fratello, quello che le aveva parlato nella mente, con indosso la tunica color pergamena e il cappuccio a coprire il volto segnato da potenti rune. La portiera si aprì ed era un invito ad entrare. Jace e Jem furono i primi a salire.
"Andiamo?" Alec tese una mano ad Astrea e l'accompagnò alla carrozza. Quando tutti furono all'interno, il Fratello alla guida ordinò ai cavalli neri in testa di muoversi con un colpo di frustino.
"Quanto lusso!" fu il commento di Astrea, mentre gli alberi e gli edifici scorrevano veloci oltre i finestrini.
"Sembra più una carrozza demoniaca, ma è lussuosa, sì." disse Jace, i capelli luminosi nell'oscurità della carrozza.
"Credete che il Fratello se la sia presa per il mio commento? Non volevo offendere."
"Tranquilla, lo avrà già dimenticato." la rassicurò Jem.
Astrea ora, che tutto stava realmente accadendo, era agitata. Sapeva che alla Città erano tenuti prigionieri Thomas, Katia e Remus perchè era necessario che venissero interrogati regolarmente. Ancora non c'era stato un vero processo, sebbene fosse passato un anno, e questo la preoccupava. Istintivamente portò una mano alla runa parabatai che perdeva colore e intensità di giorno in giorno, e presto sarebbe diventata una cicatrice piccola ma dolorosa. Poi il suo pensiero volò a Raphael; non aveva pensato a lui dalla loro rottura, se non quando aveva colpito il sacco in palestra immaginando che fosse la sua faccia. Fingeva che nulla fosse successo, che non lo avesse mai incontrato, ma il suo cuore cedette quando la carrozza silenti passò davanti al DuMort; sembrava più spento e tetro del solito. Con una brusca frenata, la carrozza si fermò. Un cancello si ergeva su un prato secco e ingiallito, su di esso campeggiava la scritta: Cimitero Monumentale di New York. La portiera si aprì di scatto e Jem fece loro segno di seguirlo. Astrea fu l'ultima a scendere, e per poco non andò a sbattere contro Fratello Felix (così lo aveva chiamato Jem).
Andiamo, ordinò la voce profonda di Felix. I quattro Cacciatori lo seguirono.
 
 
 
Raphael non avrebbe mai immaginato di aver spedito il suo clan nel bel mezzo di un bosco francese. Sapeva che la proprietà di Magnus fosse immersa nel verde ma non che fosse attorniata da enormi pini che la nascondevano alla vista. Era arrivato lì grazie allo stesso Magnus, che gli aveva aperto un Portale senza rivolgergli la parola e lui era ben contento di non avergli spiegato il motivo della sua partenza. Si mosse velocemente verso la villa, in marmo bianco, con i balconi in pietra nera e le tendine rosso sangue. Bussò tre volte, era il segnale stabilito prima che il clan partisse, e attese. Un paio di secondi e la porta si aprì rivelando la silhouette di Sally.
"Che..."
"É urgente." disse Raphael, entrando in casa e chiudendo la porta. Sally lo guidò nel giardino della villa, un ampio spazio verde, ammobiliato da un paio di tavolini in ferro e qualche sedia di paglia. Tutti portano l'attenzione su di lui e fecero un mezzo inchino col capo. Raphael odiava quell'atteggiamento così asservito dei vampiri. Era buio e i loro volti erano maschere bianche su uno sfondo nero.
"Perché sei qui?" la voce di Stan obbligò Raphael a voltarsi.
"Sono qui perché ho bisogno del vostro aiuto."
"Ho sentito dire che la tua ragazza ha qualche problemino."
"Astrea sta bene?" la domanda di Sally trasudava preoccupazione, strano da parte sua. Ma infondo era comprensibile dato tutto il tempo che Astrea aveva trascorso con loro al DuMort; piaceva più o meno a tutti, eccetto a Stan. Lui la odiava.
"No, Sally. Hanno messo una taglia sulla sua testa."
A quella notizia un mormorio confuso prese vita tra le fila di vampiri. Raphael fece segno di tacere.
"Chi ha disposto la taglia?" domandò un vampiro, forse era Colin dato il forte accento  britannico.
"Io."
Un rumore di tacchi riecheggiò sul pavimento in legno della balaustra che si affacciava sul giardino. Raphael sollevò lo sguardo e fu attraversato dai brividi, o immaginò che così fosse. Sylvie Blanc era lì, capelli rossi in morbide ciocche, abito nero, solita espressione compiaciuta. Non la vedeva da sessantacinque anni. Sally sbuffò ed era chiaramente irritata dalla sua presenza, come molti altri vampiri. Stan, al contrario, le andò incontro e la salutò con due baci sulle guance. Ora c'era da capire quanto più in là si fosse spinto Stan nel piano di Sylvie.
"Raphael Santiago, quanto tempo." disse Sylvie con un sorriso malizioso, mentre raggiungeva con passo sinuoso il clan newyorchese. Raphael si trattenne dal prenderla a schiaffi e fece un cenno col capo.
"Non avresti dovuto lasciare il tuo clan da solo. Un capo che si rispetti resta sempre con la sua famiglia."
"Sono qui adesso." rispose freddo il vampiro, gli occhi rivolti alla faccia da cane bastonato di Stan e le mani in tasca.
"Spero tu accetterai il mio invito a cena, abbiamo molte cose da raccontarci. Alle 23.00 alla Senna. Non ritardare." in un batter d'occhio Sylvie corse via. Raphael ricordava quella volta in cui lei gli aveva promesso che avrebbero passeggiato lungo la Senna, mano nella mano, e che lo avrebbe baciato sotto la luna. Al solo pensiero gli montava una rabbia inaudita. Poi si girò verso Sally e la fece avvicinare.
"Ho bisogno del tuo aiuto per salvare Astrea."
 
 
 
Dopo aver superato la statua dell'Angelo e dopo essere scesi sotto terra, ebbe inizio il vero tour nella Città Silente. Fratello Felix apriva la fila e Jem la chiudeva; Alec le teneva una mano sulla spalla e Jace camminava con nonchalance. La Città di Ossa si presenta come una serie di archi di marmo che si perdevano in lontananza e il pavimento era segnato dalle stesse rune utilizzate dai Nephilim. Una serie di tombe costeggiavano il corridoio e Astrea ricordò quando suo padre le spiegò che i Cacciatori vengono sepolti nella Città. Una seconda scalinata conduceva nel crepuscolo, ma non si fermarono al livello degli Archivi, anzi scesero sempre più giù. Ogni stanza era impregnata da un odore stantio e nauseabondo e faceva anche molto freddo. L'odore pungente e il gelo aumentarono quando giunsero nelle segrete, ubicate nell'ultimo livello, oltre cinquanta metri sotto terra. Era claustrofobica la sensazione.
"Volete mettermi in gabbia?" disse Astrea.
Nessuno le rispose, neanche Felix, e fu costretta a proseguire. Non era possibile scappare perchè Jem l'avrebbe sicuramente fermata, sebbene lei combattesse meglio. Fratello Felix si bloccò davanti ad una porta ornata da rune di Fedeltà, Verità e Protezione; tirò fuori dalla tunica uno stilo e l'aprì.
Entra, Shadowhunter.
Astrea pensò che volessero farle delle domande prima di procedere con le analisi, quindi guardò Alec ed entrò.
Accomodati. Tra pochi minuti saremo da te.
Astrea prese posto su una sedia di legno malandata, ma pulita per sua fortuna, e picchiettò con le dita sul tavolo dinanzi a lei. Lì la temperatura doveva essere intorno ai cinque gradi e la tenuta era resistente, anche se il suo corpo fu scosso da alcuni brividi. Pochi minuti e la porta si spalancò di nuovo: una figura si mosse nella piccola stanza e si sedette di fronte a lei. Astrea, grazie alla poca luce emanata dalle candele poste ai quattro angoli, sbarrò gli occhi e batte un pugno sul tavolo. Remus teneva la testa bassa e non osava guardarla. Aveva gli abiti impolverati e non erano i suoi, di certo non avrebbe mai indossato un completo grigio simile a quello dei carcerati. I lunghi capelli biondi, rigorosamente tenuti legati in un codino come sempre, avevano perso lucentezza e sembrava dimagrito di molto. Le labbra di Astrea tremarono ma si impose di non piangere. Si alzò per uscire ma le dita di Remus le afferrarono il polso.
"Resta, ti prego."
"Hai un minuto per spiegarmi perchè sono qui e forse ti ascolterò."
"Tuo padre. Un patto. Un segreto. Il Fuoco Rosso. La cura. Ti bastano come motivi per restare?"
Astrea rovesciò la testa indietro e sospirò, poi tornò sulla sedia.
"Parla."
"I tuoi genitori già sapevano che avresti avuto il dono del Fuoco Rosso. E' stata organizzata una grande festa quando sei nata, ma l'aria in casa Monteverde era tutt'altro che allegra e festosa; era tesa. Da neonata non riuscivi a gestire il potere, del resto era impossibile per una creatura così piccola, e hai cercato di far male a te stessa e alla tua famiglia. Così Carlos, tuo padre, mi ha chiamato e mi ha chiesto se conoscessi qualche Stregone che potesse aiutarti a controllare il Fuoco. Io lo portai da Yasirah Madani, uno Stregone donna araba, che allora viveva in Inghilterra. Lei ti ha fatto un incantesimo che sarebbe durato per diciotto anni, dopodiché il Fuoco Rosso sarebbe esploso nelle tue vene forte e dirompente. I tuoi genitori, io e Yasirah abbiamo fatto un patto: nessuno avrebbe mai fatto parola di quello che era successo. Ed infatti nessuno venne a sapere del tuo potere. Dieci anni dopo mi è giunta notizia della morta di Yasirah e mi è stato recapitato nell'anonimato l'anello di pietra azzurra a cui lei teneva molto. Un anno fa il Fuoco si è manifestato e allora ho capito che dovevo dirti la verità, ma Katia mi ha ingannato e ora sono qui."
Astrea aveva gli occhi lucidi e la gola secca. Non immaginava che ci fosse quella storia dietro al suo potere e nemmeno che suo padre si fosse affidato a Remus. Aveva l'impressione di essere sempre più confusa man mano che scavava nel suo passato. La sua vita le  sembrava fondata su bugie e segreti, magia e patti. Remus pose sul tavolo l'anello di pietra azzurra di cui parlava e lo allungò verso Astrea, che lo prese e lo girò tra le mani.
"E' tuo, prendilo. Lei vorrebbe lo avessi tu."
Astrea infilò l'anello sopra a quello della sua famiglia, un motivo di foglie e radici intrecciate.
"Yasirah è stata assassinata?" la voce venne fuori a fatica, roca e bassa.
"Tuo padre pensava di sì, che qualcuno volesse il tuo potere e che l'avesse uccisa per evitare che parlasse. Ma negli anni successivi nessuno si è mai fatto avanti, così pensai che fosse morta per altri motivi. Gli Stregoni, proprio perchè immortali, hanno molti nemici e mi ero convinto che fosse stata uccisa da chissà quale folle. Ma i Fratelli mi hanno detto che i Nascosti sono nei guai e  che tu hai scoperto le sua capacità."
"Sono immortale. E sono una medicina vivente."
"Astrea, tutti vorranno avere il tuo sangue per tornare ad essere normali oppure per attaccare i nemici. Devi fare attenzione.
Fratello Felix fece capolino nella stanza e afferrò Remus per le braccia. Astrea scattò in piedi e strinse la mano di Remus prima che venisse portato via.
"Che ne sarà di lui?"
Verrà processato e mandato ad Idris, dove sarà rinchiuso nelle segrete della Guardia a vita.
Astrea abbracciò Remus sotto gli sguardi sbalorditi di Alec e Jace, che ora potevano sorgere dalla porta aperta ciò che avveniva all'interno della stanza.
"Mi dispiace, Astrea."
Felix trascinò via Remus e si dissolsero nel buio della Città di Ossa.
"Torniamo all'Istituto." disse Alec, la voce pacata e soffice.
 
 
 
Tornare a respirare aria fresca e pulita fu una benedizione per i polmoni. Jem e Jace parlottavano tra di loro e dietro di loro, l'uno accanto all'altro, camminavano Alec e Astrea. Lei aveva ragguagliato i suoi amici in pochi minuti e poi si era chiusa in un silenzio tipico di chi sta soffrendo. Un ringhio fece voltare i quattro Nephilim. Si guardarono attorno e in una manciata di secondi furono accerchiati da un branco di lupi mannari. Jace sfoderò la spada angelica; Jem brandì il suo bastone; Alec tese l'arco e spostò Astrea alle sue spalle. Astrea, tutti vorranno avere il tuo sangue per tornare ad essere normali oppure per attaccare i nemici. Devi fare attenzione, le parole di Remus ora avevano un senso concreto. Un lupo balzò in avanti e fu trafitto dalla freccia di Alec, precisa e mortale. La battaglia infuriò attorno ad Astrea che, inerme, cercava di non farsi uccidere essendo senza armi. Jem conficcò la lama del bastone nel fianco di un lupo e quello stramazzò al suolo con un ululato disumano. Nel frattempo, Jace aveva già fatto fuori due nemici. Adesso accorreva anche un gruppo di Fratelli Silenti, erano in quattro, e si muovevano agili e silenziosi. Il prato era pregno di sangue e sudore, e le urla riempivano il cimitero. Nella massa di corpi umani, animali e...silenti, Astrea scorse una testa bionda uccidere un lupo con le mani: era Remus che lottava con gli artigli e i canini. Alec la tirò per un braccio e le gridò di nascondersi nella Città di Ossa, ma lei non si muoveva;
"Remus!"
Il vampiro le sorrise, pallido e ustionato sul viso e sulle braccia per via del sole. Rivoli di sangue scarlatto pendevano dalle sue labbra. Cadde sulle ginocchia e un lupo ringhiò contro Astrea, compiaciuto di aver ucciso Remus.
"Alec, passami l'arco. Ora!"
Alec le lanciò l'arco, che lei prese al volo, e mirò al lupo: una freccia colpì il lupo alla gola e si ribaltò a terra in una pozza di sangue. Abbandonò l'arma e corse verso Remus. Il suo corpo fumava e la pelle era bruciata in alcuni punti, mentre il sangue fuoriusciva dal petto a fiotti.  Astrea lo abbracciò.
"Non morire, Remus. Ti prego." disse tra le lacrime e i singhiozzi.
"Perdonami." sussurrò Remus, stringendole una mano. Il sangue macchiò la tenuta e il viso della Nephilim.
"Sì, ti perdono tutto. Tu resta sveglio. Resta con me."
Remus sorrise e un attimo dopo i suoi occhi si chiusero per sempre. Astrea cominciò a piangere a dirotto e urlava il nome dell'amico come se potesse tornare in vita, ma non era possibile.
 
 
 
 
Salve a tutti! :)
Credo che questo sia uno dei capitoli più tristi che io abbia mai scritto. Spero vi piaccia.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Incontro di mezzanotte. ***


CAPITOLO SESTO: Incontro di mezzanotte.
 
 
 
Parigi sarebbe stata un vero spettacolo se solo Raphael non stesse andando incontro al suo passato. Sarebbe stato bello visitarla con Astrea. Non aveva sue notizie da quando l'aveva lasciata. Era stato meschino da parte sua rompere in quel modo, ma era spaventato. Non aveva mai voluto essere un vampiro, era una condizione che non aveva mai accettato fino in fondo, ma in quel momento sembrava che gli avessero cavato gli organi e lo avessero lasciato a sanguinare per giorni. Sentiva che il suo carpo stava cambiando: la notte aveva più sonno rispetto a un mese prima, era meno pallido e il cuore ogni tanto batteva; era una bella sensazione. L'importante, allora, era che nessuno lo sapesse. La Senna brillava d'argento e di blu sotto la luce della luna, l'acqua sussurrava e baciava gli argini. Raphael avanzava nel buio della notte con le mani in tasca, le spalle chiuse nella giacca nera e a passo svelto. In lontananza vedeva, sebbene la super vista cominciasse a venire meno, la figura snella di Sylvie. Mai avrebbe pensato di rivederla e provava una certa ansia; l'intera situazione lo metteva sotto pressione. Aveva saputo che era stata trasformata un paio d'anni dopo la fine della loro storia ed era convinto che sarebbe stata solo un ricordo. Magnus, però, quando lo aiutava ad abituarsi ad essere un vampiro, gli ricordava spesso che un amore corrosivo come quello lo avrebbe inseguito sempre. E aveva ragione.
"Raphael." disse Sylvie, quell'accento francese che un tempo gli scaldava il cuore e che ora lo irritava.
"Mi hai invitato per una chiacchierata amichevole o perché vuoi propormi un affare?"
Sylvie sorrise, le labbra coperte dal rossetto rosso, il lungo vestito bianco la rendeva simile ad un fantasma, in netto contrasto con i capelli rossicci. Afferrò un calice di sangue e lo offrì a Raphael, poi ne prese uno per se stessa.
"Salute." mormorò prima di mandarlo giù.
Raphael fissò il liquido rosso e sentì un conato di vomito premere contro le pareti dello stomaco. Fu costretto a berlo per evitare che lei sospettasse qualcosa. Per la prima volta, dopo anni, avvertì il sapore crudo e umido del sangue corrergli giù per la gola e si costrinse a non rigettarlo. Sylvie guardava il fiume con uno sguardo pacifico e rilassato, come se quello fosse un incontro tra amanti.
"Quando ti sei trasformata?" le parole sfuggirono dalle labbra di Raphael e se ne pentì per paura che lei credesse di essere ancora importante. La vampira rise.
"Sapevo che mi avresti fatto questa domanda. Quando ho lasciato la Spagna per tornare qui, ero sola e vulnerabile. Ho incontrato un uomo, alto e bello, all'uscita di un locale e aveva provato a utilizzare su di me l'encanto, ma ero immune date le mie ricerche per aiutarti. Gli ho chiesto io di mordermi e trasformarmi. Siamo stati insieme per circa sei mesi e mi ha insegnato tutto quello che c'era da sapere sui vampiri, è stato un valido insegnante."
"Perché lo hai fatto? Tu eri così innocente."
"Oh no. Tu mi credevi innocente e pura. Ma dopo la tua trasformazione ho realizzato che anche io volevo quel potere e quel brivido. E l'ho ottenuto."
Raphael aveva un nodo alla gola che gli impediva di parlare. Aveva amato una bugiarda. Si rese conto in quel momento di non averla conosciuta affatto.
"Raphael, va tutto bene. Adesso siamo simili. E abbiamo una cosa in comune." la voce di Sylvie ora era sensuale.
"Qualcosa in comune? Io e te?"
"Astrea Monteverde."
A quel nome i tratti del viso di Raphael si indurirono, fissava la donna davanti ai suoi occhi con severità.
"So che è il tuo giocattolo preferito. Anche se tu ami ancora me." continuò Sylvie con un sorriso.
"Astrea era il mio giocattolo preferito. E no, non sono più innamorato di te. Non illuderti, mia cara."
"Era? Deduco, quindi, che vi siete allontanati."
"Non toccarla." Raphael si stava impegnando a contenersi, altrimenti si sarebbe esposto troppo. Sylvie era seduta su una panchina e i lampioni le illuminavano il viso spigoloso.
"Stan mi ha detto che ti sei fatto abbindolare da quella Nephilim, che ti se trasferito a Lisbona per vivere con lei. Che romanticone!"
"Cos'è che vuoi, Sylvie?"
"Il sangue di Astrea cura i Nascosti. Inverte la trasformazione. Sarebbe un'arma utile contri i nemici ed io la voglio. La pretendo."
"E cosa c'entro io in tutto questo?"
"Tu, caro mio, sei la mia esca. L'attiri con una scusa e le strappiamo il sangue dal corpo!" Sylvie era esaltata, gli occhi folli e il sorriso smagliante. Raphael era terrorizzato. Era impazzita.
"Perché credi che io sia disposto ad aiutarti?"
"Perché tu non hai più un cuore e non sei più capace di amare." sussurrò Sylvie al suo orecchio, accarezzandogli la guancia con le unghie curate.
 
 
 
"Come sta Astrea?"
"Ha dormito per un giorno intero. Poco fa Magnus mi ha avvisato che si è svegliata."
Jace e Alec stavano tratteggiando rune di Protezione sulle porte dell'Istituto per rafforzare la difesa. Luke aveva insistito affinché Maia e il branco fossero ospitati per evitar di essere massacrati, così adesso l'Istituto brulicava di lupi e Cacciatori. Erano trascorsi tre giorni dall'attacco scampato alla Città di Ossa, dalla morte di Remus e dal crollo di Astrea. La caccia ai Nascosti aveva già fatto molte vittime, lupi, vampiri, Fate e qualche stregone; sangue col sangue si stava pagando quella guerra. Era stato deciso che Maryse partisse per Idris con Max, Rafe, Stephen e Celine (i figli di Clary e Jace), sarebbero stati al sicuro. Alec e Magnus erano tornati nel loro appartamento perché Astrea non voleva restare all'Istituto, ospitandola a casa loro. Magnus aveva eretto barriere magiche intorno al palazzo e all'interno aveva applicato ogni tipo di incantesimo di protezione. Astrea aveva pianto per la morte di Remus una notte intera e Alec suppose che, in realtà, piangesse per i suoi genitori, per Raphael, per l'amico morto, per la minaccia che incombeva sulla sua vita. Una ragazza così giovane con un dolore così grande, aveva pensato Alec quando l'aveva vista la prima volta, e le cose sembravano non essere cambiate.
"Disturbo?" Maia era alle loro spalle, stretta nella giacca di velluto e gli occhi gentili. Jace tracciò l'ultima runa e si alzò, facendole segno di seguirlo; anche Alec andò con loro.
"Devi dirci qualcosa?"
"Sì. Ho sentito alcuni lupi del branco che i vampiri sono spariti da un paio di settimane e vogliono scoprire dove si sono nascosti. Sappiamo tutti che Raphael è un ottimo leader e sicuramente avrà nascosto il suo clan in un posto che il Clave nemmeno immagina." disse Maia.
"Stai dicendo che i lupi vogliono raggiungere i vampiri e nascondersi con loro?" azzardò Alec, sbigottito da quella rivelazione.
"Sì, esatto. I Nephilim hanno sterminato quasi tutto il branco di Mosca e temo che non ci metteranno molto a dirigere la loro attenzione a New York. Sappiamo, inoltre, che restare qui e usufruire del vostro aiuto mette voi in cattiva luce agli occhi della comunità dei Cacciatori e non possiamo permettere che vi escludano per aver dato protezione ai Nascosti."
Ora Jace si era voltato verso la ragazza e la fissava con le braccia incrociate.
"Siamo Shadowhunters e il nostro compito è difendere la comunità del Mondo Invisibile, compresi i Nascosti che non oltraggiano la Legge. Il vostro branco è sempre stato un alleato fedele ed è arrivato il momento di rendere il favore. Il Clave può pensare quello che vuole, ora che sono sotto il controllo di Goldstorm, ma noi continuiamo su questa linea. Nessuno lascia l'Istituto. E' un ordine." il tono risolutivo di Jace non ammetteva repliche e Maia si limitò ad annuire, poi lo vide allontanarsi a passo veloce verso la biblioteca. Alec le stava ancora accanto.
"Ho sentito delle voci anche su Astrea. E' meglio che ne parli anche con gli altri, Alec."
Il Cacciatore annuì e insieme raggiunsero la palestra, dove Simon e Isabelle si allenavano sotto la supervisione di Clary.
 
 
 
"Non sei costretta a farlo, cara."
"Devo farlo."
Magnus e Astrea stavano aspettando la visita di Elizabeth, la compagna di Remus, per restituirle la collana del vampiro. Astrea ricordava quanto fosse gentile Elizabeth con lei quando abitava in casa di Remus, ricordava le sciarpe di lana che aveva lavorato all'uncinetto per lei, ricordava le canzoncine che cantava quando credeva che nessuno l'ascoltasse. Era una bella persona, e Remus diceva sempre di non meritarla. E forse aveva ragione. Con un fruscio comparve in mezzo al soggiorno un Portale, acqua viola perfettamente compressa, ed Elizabeth in pochi secondi fu a New York.
"Astrea..." mormorò la vampira con gli occhi lucidi. Astrea l'abbracciò forte e sentì il cuore esplodere di dolore.
"Benvenuta a New York, Elizabeth." disse Magnus, tono pacato e tanta comprensione per la sua perdita. La donna gli fece un mezzo sorriso e si accomodò accanto ad Astrea.
"Ti ho chiamata per...darti questo. L'ho presa prima che lo portassero via." Astrea tirò dalla tasca dei jeans una collana con un ciondolo a forma di sole e lo mise in mano ad Elizabeth, che sorrise, anche se i suoi occhi gridavano sofferenza. Strinse tra le dita il piccolo oggetto.
"Gli ho regalato questa collana cinquanta anni fa, il giorno del nostro decimo anniversario. Sai quanto amasse il sole  e quanto gli mancasse il calore sulla pelle, così mi disse che questo sarebbe stato il piccolo sole che avrebbe riscaldato la sua vita."
Astrea portò un braccio sulle spalle della vampira e la consolò mentre questa piangeva lacrime vermiglie, sangue e acqua.
"Eri tu il sole della sua vita, Liz."
"Un anno fa mi aveva allontanata, dopo la scomparsa di Thomas. Mi fece promettere di mentire a tutti dicendo che tra noi era finita e mi consigliò di tornare a casa mia, a Londra."
Astrea ricordò che Remus le avesse detto che Elizabeth era tornata a Londra per svolgere affari col clan londinese e non che ce l'avesse mandata lui.
"Non sto capendo. Spiegati meglio."
"Remus mi confessò di essere a conoscenza del luogo in cui si trovasse Thomas e di essere implicato nella sua scomparsa. Gli dissi che tu lo avresti sicuramente scoperto ma lui preferì non raccontarti nulla. Mi ha fatto tornare a Londra perché era sicuro che qualcuno prima o poi mi sarebbe venuto a cercare per uccidermi. Così seminai in giro la notizia della nostra rottura e lasciai Lisbona per sempre. Da allora non ho più avuto sue notizie fino...ad oggi."
"Remus ha fatto allontanare Elizabeth per paura che Katia la uccidesse. Tutto torna." sussurrò Magnus all'orecchio di Astrea, e la ragazza annuì piano.
"Remus ha fatto i suoi errori e sono orribili, ma ti amava con tutto se stesso. Non dimenticarlo mai, Liz."
 
 
 
La palestra sembrava più grande del solito quella mattina, forse per via del grigiore che rifletteva la finestra o forse perché mancava Astrea. Alec non seppe di preciso. Stava seduto su una panca affianco a Clary, mentre sull'altra c'erano Izzy e Simon. Maia, invece, stava in piedi.
"Ho saputo che alcuni lupi hanno attaccato Astrea fuori dalla Città di Ossa e ho chiesto informazioni al mio branco. Mi hanno riferito che l'iniziativa è stata dei lupi di Chicago. Pare che i Nascosti, oltre ad evitare di essere ammazzati dai Nephilim, stiano cercando il sangue di Astrea."
Alec lanciò un'occhiata di traverso a Clary. La notizia era ormai trapelata.
"Il sangue di Astrea è pregno del Fuoco Rosso e può curare la condizione dei Nascosti, può farli tornare semplici mondani. E' per metà stregone e per metà Nephilim. E' un ibrido." spiegò Clary. 'Ibrido' era un termine che Alec non avrebbe mai usato per definire la sua amica e non gli piacque sentirlo.
"Quindi vogliono il suo sangue per tornare normali o per far fuori la concorrenza." disse Izzy, stranamente seria in quella situazione. Maia parve confusa e stupita al tempo stesso.
"I Nephilim vogliono la morte dei Nascosti e i Nascosti vogliono la morte di una Nephilim. Che trama intrigante!" il commento fuori luogo di Simon non fu apprezzato.
"Ora c'è da chiedersi come sia venuta fuori la notizia. Lo sapevamo solo noi." disse Alec.
"Qualcun'altro deve esserne a conoscenza. E dobbiamo scoprire chi è."
 
 
 
La villa di Magnus era davvero enorme, numerose stanze spuntavano qua e la, e il giardino circondava l'intera casa. Raphael si era sistemato in una camera a caso. La notte era calata fredda e buia sulla bella Parigi e i vampiri se ne stavano tranquilli in salotto a bere o a giocare a carte. Così fu facile per Raphael sgattaiolare via e recarsi al Museo del Louvre, dove aveva appuntamento con Sally. Dovette aspettare circa mezz'ora prima che la donna lo raggiungesse. Entrambi sapevano che parlare alla villa non era una buona idea per via dell'udito sviluppato dei vampiri.
"Sei arrivata finalmente." esordì Raphael, una macchia scura nel buio della notte.
"Non è colpa mia se permetti che nel clan ci sia gente ossessionata da piante e fiori, e sai bene che mi riferisco a Mark!"
Raphael ridacchiò e pensò che probabilmente ci fosse del tenero tra Mark e Sally. Non sapeva molto del suo clan, solo nomi, età, modalità di trasformazione e le loro storie; ma infondo non sapeva cosa amassero fare nel tempo libero i suoi vampiri, lui si atteneva a comandare e a proteggerli. Presero a camminare l'uno affianco all'altro, entrambi vestiti di nero, eleganti e spietati come solo i succhiasangue possono esserlo.
"Sei preoccupato per lei, vero?" azzardò Sally, gli occhi sulle luci di Parigi e le labbra arricciate.
"Può darsi." rispose brevemente Raphael.
"Sei un pessimo bugiardo. E non capisco nemmeno perché tu l'abbia lasciata."
"Chi ti dice che non sia stata lei a lasciare me?"
Sally scosse la testa e sospirò divertita.
"Quella ragazza ci tiene troppo a te e non ti avrebbe mai lasciato. Inoltre, tu sei uno che fugge i sentimenti come fosse peste. Scommetto che Sylvie c'entra qualcosa."
Raphael aggrottò le sopracciglia al solo pensiero che Sylvie fosse tornata e che avesse coinvolto Stan, il suo più caro amico dopo Magnus.
"Come è arrivata Sylvie alla villa? Nessuno sapeva del vostro spostamento."
"Stan era strano da un po'. Continuava a ripeterci che ci avresti lasciato per stare con la Nephilim ed era necessario trovare un nuovo Capo. Una sera ha lasciato la villa dopo ave discusso con Lily e non abbiamo avuto sue notizie per due giorni, nonostante lo avessimo cercato. E' ritornato accompagnato da Sylvie, sano come un pesce. Sylvie ha cominciato a fare dei discorsi sul Fuoco Rosso, credo lo abbia chiamato così, e ha incitato il clan a dare la caccia a colei che possiede l'arma per sterminare i nemici. Il clan si è spaccato. Alcuni appoggiano il piano di Sylvie e altri aspettano che tu prenda una decisione. L'idea di mettere una taglia sulla testa di Astrea è stata di Stan." la voce di Sally si era incrinata sull'ultima frase, adesso giocava nervosamente con le mani.
Raphael non rimase stupito più di tanto perché sapeva che Stan, se avesse trovato un mezzo qualunque per fare fuori Astrea, avrebbe fatto di tutto; restava la delusione di essere stato tradito da un amico.
"Dobbiamo avvisare Astrea e ingannare Sylvie. Tu devi tornare a New York e devi trovare Magnus Bane per riferire cosa sta succedendo."
"E tu cosa farai? Come eviterai che Sylvie se ne accorga?"
"L'arte della seduzione è ingannevole a sufficienza."
 
 
 
Magnus era impegnato in cucina a preparare i biscotti al cioccolato che tanto piacevano ad Alec, e Astrea era certa che ormai avesse combinato un pasticcio. L'incontro con Elizabeth aveva riportato un po' di pace nel suo cuore ed era sollevata di aver perdonato Remus prima che morisse. Si chiese se avrebbe fatto lo stesso con Thomas, se gli avrebbe concesso il suo perdono. Aveva perdonato Remus perché aveva agito solo per proteggere Liz, mentre Thomas aveva sempre collaborato con Katia tradendo il legame parabatai. Erano bambini quando il Clave aveva acconsentito alla cerimonia, e Astrea ricordava ancora il pizzico provocato dalla punta dello stilo, ma Thomas le aveva sorriso e lei si era rilassata. Un rumore di vetri infranti distratte Astrea. Portò lo sguardo alla finestra e vide dei verdi tentacoli ricoperti di foglie strisciare verso di lei. Balzò in piedi e corse verso il tavolo, dove giacevano spade e frecce. Afferrò una spada e la mosse per allontanare la pianta malvagia, che però sembrava non voler arrestare la sua corsa.
"Magnus! Che diavolo è questa...cosa?!"
Lo Stregone, guanti rosa alle mani e grembiule in vita, stava infornando la teglia dei biscotti.
"Oh, ti prego. Non sarò certo un ottimo cuoco ma mi impegno!" protestò Magnus, tornando in salotto per spiegare alla sua amica che i biscotti erano venuti buoni. Spalancò gli occhi quando vide Astrea accucciata sotto il tavolo e una pianta rampicante che cercava di carpirla. Magnus scivolò sotto al tavolo, accanto alla ragazza.
"Intendevi questa cosa, vero? Oppure parlavi dei miei biscotti?"
Astrea sospirò e sollevò le sopraciglia.
"Ti sembra il momento di discutere di arte culinaria?"
Il tavolo andò in mille pezzi e loro si tirarono indietro con un urlo. La pianta sibilava e ondeggiava verso di loro. Una foglia riuscì ad afferrare il polso di Magnus e lo trascinò lungo il corridoio. Astrea lanciò una freccia, caduta a terra, e si conficcò a pochi centimetri dal braccio di Magnus.
"Fate!" urlò lo Stregone, il corpo trascinato per casa e la puzza di erba che gli pizzicava il naso. Astrea raccolse una spada angelica che si illuminò nella sua mano e corse verso la pianta. Tranciò il tentacolo verde e la pianta si ritirò fuori dalla finestra, lasciando libero Magnus. Astrea si sedette a terra e respirò a fondo. La lama giaceva al suo fianco sporca di liquido verde.
"Le Fate ci hanno attaccato." mormorò Magnus, sdraiato sul pavimento col fiato corto.
"Remus aveva ragione. I Nascosti mi stanno cercando. Qualcuno ha fatto il nome della fatidica testimone ed ora mi vogliono morta."
"Credo ti cerchino anche per il tuo sangue."
 
 
 
"Sapevo che saresti tornato." Sylvie sorrise e i canini brillarono nella stanza semi-buia, solo un paio di candele a fare luce. Raphael avanzò nella stanza e ricambiò il sorriso.
"Speravo che mi aspettassi."
"Ti ho sempre aspettato, Raphael." c'era qualcosa di perfido nel modo in cui pronunciava il suo nome da fargli accapponare la pelle. Lui e Sally si erano divisi i compiti: lei sarebbe tornata a New York per avvertire Astrea e lui sarebbe rimasto a tenere impegnata Sylvie.
"Adesso sono qui. Possiamo recuperare il tempo perduto."
Sylvie si stese sul letto e rise, un suono a metà tra il riso e lo scherno.
"Il piccolo Stan mi ha detto che tu e la Nephilim siete innamorati."
Raphael dovette contenersi per non urlare, e ricordò a se stesso che lo faceva per Astrea.
"Mi sono divertito con quella sciocca ragazza, questo è vero. Ma parlare di amore è esagerato. Abbiamo avuto momenti di svago piacevoli." quelle parole gli facevano salire conati di vomito che tratteneva a forza.
"Vuol dire che ti unirai a me?" ora Sylvie lo scrutava e cercava di leggergli gli occhi, Raphael non poteva sbagliare. Si sedette sul letto accanto a lei e le accarezzò la mano, poi si chinò per baciarla. Sylvie rispose con piacere a quel contatto.
"Vuol dire che ti amo ancora."
 
 
 
 
Salve a tutti! :)

Questo capitolo sta dividendo sempre di più gli Astrael (può andare come nome della ship? ahahaha)
Chissà cosa combinerà questa bella e spietata vampira francese.
Lo scoprirete solo leggendo!
Fatemi sapere cosa ve ne pare.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sangue benefico. ***


CAPITOLO SETTIMO: Sangue benefico.
 
 
 Sally fu costretta a prendere un volo per New York come un comune essere umano. Certo, era un rischio esporsi così nel mondo dei mondani ma era un ordine che doveva eseguire. Lasciare Raphael con Sylvie la preoccupava, e non poco, perché temeva che lei potesse condizionarlo così come era accaduto con Stan. Osservò i mondani affaticarsi a trasportare i bagagli, a tenere a bada i figli, a sbuffare al check-in. Rise nella sua mente per quella scena pietosa, a suo dire. Un bambino si sedette accanto a lei e la fissò con uno sguardo curioso, troppo curioso. Sally si girò con un'espressione seccata dipinta sul volto, ma non poté evitare di pensare che quel piccolo mondano fosse tenero.
"Ti serve qualcosa, creatura dalla piccola statura?" chiese Sally, le labbra arricciate e gli occhi fissi in quelli del mondano.
"Non sono piccolo. Ho 9 anni!" protestò il bambino con fervore.
"Io ne ho cinquanta. Tutti invecchiano prima o poi, caro."
Il bimbo spalancò la bocca. Sally dimostrava al massimo una trentina d'anni.
"Danny, andiamo!"
Sally fece un saluto con la mano al bambino e quello corse da sua madre.
"Ti diverte spaventare i bambini mondani?"
Sally riconobbe la voce di Mark e alzò gli occhi al cielo. Stava rovinando tutto.
"Che ci fai qui, Mark?"
"Cerco di capire cosa state tramando tu e Raphael. C'è qualcosa che dovrei sapere?" disse il vampiro, prendendo posto sulla sedia di ferro dell'aeroporto.
"Raphael ed io non stiamo tramando un bel niente. Mi ha semplicemente dato un ordine ed io lo sto assolvendo. Adesso vattene."
"E l'ordine stabilisce che tu ti mostri ai mondani? E' pericoloso."
Sally si voltò verso di lui e sorrise senza divertimento.
"So quali rischi comporta, non sono idiota. Raphael mi ha chiesto di farlo ed io lo faccio. Io rispetto il Capo."
"Anche quando il Capo ti manda in una missione suicida?" la voce di Mark nascondeva una vena di apprensione che non sfuggì all'amica.
"Non mi sto suicidando di mia sponte. Senti, devo tornare a New York e contattare Astrea. E' di vitale importanza."
"I Nephilim ci stanno dando la caccia. Potrebbero ammazzarti in qualsiasi momento! Non puoi rischiare per quella stupida e inutile ragazza." ribatté Mark, contrariato e scioccato.
"Aspetta, credi che mi importi del tuo parere? News del momento: non mi importa della tua opinione. Faccio di testa mia. E quella stupida e sciocca ragazza, come la chiami tu, è una mia amica ed è l'unica speranza per Raphael di vivere un po'."
"Allora verrò con te."
 
 
 
"Mi stai dicendo che le barriere magiche non sono servite a niente e che le Fate vi hanno attaccati?" Alec era palesemente infuriato.
"Veramente volevano uccidere Astrea." lo corresse Magnus con un finto sospiro. Astrea si infilò una maglia pulita e tornò in salotto.
"Magnus ha ragione. Non c'è bisogno di allarmarsi. E' risaputo ormai che i Nascosti vogliano farmi fuori dopo che il mio nome ha fatto il giro del Mondo Invisibile."
"Hai idea di chi possa averlo spifferato?" chiese Jace, che aveva accompagnato Alec a casa.
"Credo sia stato Goldstorm. Non gli è andato giù il mio affronto alla riunione e ha ben pensato di mettermi a tacere. Ha inventato che fossi io la testimone e sicuramente ha trovato anche il modo di comunicarlo ai Nascosti."
"Senza uno straccio di prova non possiamo accusare il Console!" disse Alec esasperato.
"Io adoro attaccare i grandi capi." Replicò Astrea scatenando un ghigno di Jace.
"Potremmo andargli a fare visita." propose Magnus.
"Ottima idea! Io e Jace andiamo a spaventare Goldstorm e tu e Magnus cercate il tizio che ha diffuso il mio nome nel Mondo Invisibile."
Jace scese dal tavolo con un salto e affiancò Astrea, che stava prendendo la balestra e un paio di pugnali. Magnus era già accanto alla porta. Alec li fissava arrabbiato.
"State scherzando? Non si può partire per una spedizione punitiva come se andassimo in gita sul lago!"
"Alec, basta. Non essere sempre così responsabile e rispettoso della Legge, quando ai piani alti se ne infischiano. Andiamo all'avventura per una volta!" lo spronò Astrea con un sorriso beffardo. Alec sbuffò e camminò verso la porta, le spalle incurvate e l'arco distrattamente tra le mani.
"Andiamo."
 
 
 
Alicante era immersa nella luce rossiccia del tramonto e attendeva l'arrivo della notte. La Piazza dell'Angelo era gremita di Nephilim che passeggiavano, facevano le compere, prendevano una cioccolata calda. Astrea alzò gli occhi e perse qualche secondo ad ammirare le torri antidemone emanare fievoli bagliori argentei. L'adamas sembrava ghiaccio liscio sistemato in orizzontale. La prima volta che aveva visitato Idris aveva otto anni e suo padre le aveva mostrato le attrazioni in modo buffo per non annoiarla; ma suo padre non l'avrebbe annoiata in alcun caso.
"La luce dell'ufficio è accesa e questo significa che il Console è ancora all'interno. Ma dobbiamo darci una mossa prima che torni a casa." esordì Jace, spezzando il silenzio del gruppo. Alec annuì e fece segno a Magnus di seguirlo.
"Noi facciamo un giro nei bassi fondi e vediamo cosa salta fuori. Ultima cosa: non uccidete Goldstorm, vi prego."
Astrea rise insieme a Jace, dopodiché si incamminarono verso la Guardia. Accedere all'interno non fu difficile: Jace disse alle guardie che aveva un incontro con il Console e che non poteva tardare. Quando furono per le scale, scoppiarono a ridere.
"Ha una certa influenza, signor Herondale." scherzò Astrea. Jace fece un inchino e l'occhiolino.
"Può ben dirlo, signorina Monteverde."
"Come entriamo nell'ufficio di Goldstorm senza che se ne accorga?"
Si trovavano nel corridoi principale che portava all'ufficio del Console e alla Sala degli Accordi. La luce opaca della luna penetrava dalle enormi finestre e proiettava le loro ombre sul pavimento di mattoni scuri. Jace si guardò attorno: due Nephilim stavano a guardia di Goldstorm, due disposte davanti alla Sala e loro non dovevano farsi notare. Si girò per parlare ma Astrea era sparita;
"Pss!"
Jace sollevò la testa e vide Astrea che si arrampicava alle pesanti tende azzurre che ornavano le finestre.
"Che cavolo fai? Alec mi uccide se ti fai male!"
"Ci sono problemi?" una guardia fissava i due intrusi con le braccia incrociate al petto, una spada angelica appesa alla cintura.
"Volevo vedere il panorama da questa angolazione." rispose Astrea scendendo dai tendaggi e sorrise a Jace.
"Vi prego di uscire, signori."
Astrea scosse la testa e alzò un braccio per tirare un pugno alla guardia, che barcollò con il naso insanguinato. Jace non ebbe il tempo di parlare che Astrea assestò un calcio al Nephilim mettendolo fuori combattimento del tutto. Le altre guardie dovevano aver sentito il rumore e si riversarono nel corridoio principale.
"La runa d'Invisibilità." sussurrò Astrea a Jace, e in un attimo sparirono. Si mossero verso l'ufficio di Goldstorm e aprirono la porta. Entrarono e annullarono il potere della runa. Il Console era voltato verso la grande vetrata che si affacciava sulla sua dimora e quella dell'Inquisitore, e in lontananza brillava il lago Lyn.
"Brandon, hai avuto risposte dai vampiri parigini?"
Jace guardò confuso Astrea. Cosa c'entrava lui con i vampiri? E poi, a Parigi era nascosto il clan di Raphael. Erano forse in pericolo?
"Marcus, amico, come butta?" disse Astrea, tono ironico e fintamente divertito. Si sedette sulla scrivania, mentre Jace se ne stava poggiato alla porta. Goldstorm ghiacciò sul posto e fece ruotare la sedia. Rimase impietrito.
"Che ci fa lei qui? E vedo che il signor Herondale l'accompagna." per quanto cercasse di mantenersi fermo e calmo, era palese la sua tensione.
"Sono venuta a trovarti. Sai, ultimamente sono stata attaccata dai licantropi e dalle Fate. Ed è colpa tua."
"Colpa mia? Ritiri le sue accuse, signorina."
Astrea fece un sorriso storto, le gambe accavallate, gli occhi lucidi di rabbia.
"Ti senti un accusato?"
Goldstorm storse le labbra e poi rise. Jace lanciò un'occhiata di avvertimento ad Astrea.
"Potrei aver usato il suo nome per avere una testimonianza che mi permettesse di innescare una caccia al nemico. In questo modo ha contribuito a ripulire il nostro mondo dai Nascosti. La comunità dei Nephilim la ringrazia."
"Hai fatto il mio nome anche a costo di mettere in pericolo la mia vita? Oh, sei davvero un furbetto!" lo canzonò Astrea, la voce distorta da un tono stridulo; lo stesso Jace ne rimase spaventato. Astrea afferrò Goldstorm per il bavero della giacca e lo strattonò verso di sé. Lo fissò a lungo negli occhi. Encanto.
"Quale risposta attendi dai vampiri parigini, Marcus?"
Il Console proruppe in una risata nervosa e folle, gli occhi sbarrati e i capelli grigi in disordine sul viso.
"Potrebbe morire ammazzata da un momento all'altro, mia cara signorina." le sussurrò Goldstorm in preda al delirio. Sembrava impazzito all'improvviso.
"I vampiri hanno ucciso la tua famiglia. Te lo ricordi?" incalzò Astrea, le dita serrate sulla giacca dell'uomo. L'espressione allucinata di Goldstorm morì per dare spazio a una smarrita e spaventata. Astrea lo lasciò andare.
"Jace, è vittima dell'encanto."
Jace, dopo essersi assicurato che la porta fosse ben chiusa, si avvicinò a loro.
"Sei sicura?"
"Quando mi ha richiamata per un incontro privato mi ha raccontato che i vampiri hanno ucciso la sua famiglia ed era davvero turbato. Adesso si comporta da pazzoide e sembra essere in combutta con i vampiri di Parigi."
Jace guardò il Console, ora immobile sulla poltrona come se fosse stato mummificato.
"Qualcuno lo ha persuaso a fare il tuo nome per scatenarti contro i Nascosti."
"Marcus, ascoltami. Chi ti ha affascinato? Dimmi il suo nome e dirò che sei stato davvero bravo."
Goldstorm mosse gli occhi in direzione di Astrea e sorrise appena. Avevano innescato l'encanto e ora gli effetti si stavano manifestando.
"Se la bella Parigi vuoi visitare, la potente Sylvie devi venerare." quella del Console sembrava una filastrocca, di quelle che si imparano da piccoli. Ma c'era qualcosa in quelle parole che suonava oscuro e malvagio.
"La cosa non mi piace per niente..." disse Jace, gli occhi dorati più scuri di una tonalità per via della preoccupazione. I cardini della porta esplosero come pallottole cadute a terra. Astrea e Jace si voltarono: due vampiri, riconoscibili dai visi pallidi e le labbra sporche di sangue, avanzavano con i canini in bella mostra. Jace scattò in avanti con le spade angeliche divampanti tra le mani; Astrea impugnò la balestra e incoccò una freccia. Non erano i vampiri di New York.
"Ci mancavano i succhiasangue!" brontolò Jace, in ginocchio davanti alla scrivania. Goldstorm se ne stava inerme sulla poltrona, con le braccia sulla testa. Astrea balzò sulla scrivania e puntò la balestra contro un vampiro. Scoccò la freccia e questa si conficcò nella gamba del Nascosto, che non sembrava per nulla afflitto dal dolore.
"Bambini cattivi!" dissero all'unisono Astrea e Jace. Il vampiro colpito da Astrea si lanciò con furia sulla scrivania e atterrò sul corpo della ragazza. Astrea strillò quando vide il viso del vampiro vicino al suo, le zanne pronte a morderla. Gli tirò una ginocchiata nello stomaco e riuscì a rimettersi in piedi. Nel frattempo Jace aveva ferito in più punti il vampiro, ma questo stava ancora in piedi e si avventava su di lui. Una spada angelica cadde a terra e si spense. Il vampiro tentò di affondare i canini nel braccio di Jace, ma la freaccia di Astrea gli penetrò la gola. Il sangue prese a sgorgare dalla ferita e dalla bocca del vampiro. Jace si tirò indietro, gli stivali imbrattati di rosso e i capelli sudati.
"Jace, porta fuori Goldstorm. Ora!" disse Astrea, accucciata contro la parete sotto la vetrata. Jace afferrò il polso del Console e corse nel corridoio per chiamare le guardie, ma erano tutte morte in un bagno di sangue. Astrea si alzò, brandì la spada di Jace e si incamminò per lasciare la Guardia. Una mano arpionò la sua caviglia e la fece sbattere sul freddo pavimento, poi si sentì strascinare verso l'interno della stanza. La balestra le volò di mano e ora era senza armi. Cacciò un urlo mentre veniva risucchiata dal vampiro. Questo si mise sopra di lei e spiegò i canini. Goldstorm si era stretto a Jace impedendogli di muoversi per aiutare Astrea.
"Santiago ti manda i suoi saluti." sibilò il vampiro prima di abbassarsi sul suo collo. Astrea gli morse il braccio che teneva premuto sulla sua gola e il sangue amaro del vampiro le scivolò in bocca. Il vampiro cadde in ginocchio, il sangue che gocciolava lungo il polso e l'espressione stupita. Astrea, sebbene stranita, piantò un pezzo di vetro acuminato della porta distrutta nel cuore e lo uccise. Vacillò fuori dalla stanza e crollò a terra. Un senso di nausea la costrinse a rigurgitare ciò che aveva inghiottito: sangue scuro e succhi gastrici. La testa le girava e stava perdendo colorito. Jace la prese in braccio e, insieme ad un Console alquanto scosso, lasciò la Guardia.
 
 
 
"Adesso vai a letto anche con Sylvie?"
Raphael alzò gli occhi al cielo e si maledisse. Stan emerse dal buio con il viso puntato a terra.
"A te che importa? Del resto, Astrea non ti andava giù." rispose Raphael, abbottonandosi la camicia e infilandosi poi la giacca.
"Sei così cieco da non vedere l'ovvio."
Raphael si bloccò a metà scalinata e allargò le braccia.
"E cosa dovrei vedere, Stan? Spiegamelo."
Stan fece qualche passo verso di lui e gli accarezzò una mano.
"Sono innamorato di te, Raphael."
"N-non dire sciocchezze."
Raphael scosse la testa e gli diede le spalle per scendere in salotto. Sapeva che Stan provasse qualcosa ma non credeva che glielo avrebbe mai confessato. Ora capiva la gelosia morbosa nei confronti di Astrea.
"Lascia perdere tutte quelle stupide ed effimere donne. Resta con me." disse Stan, la voce dolce, la mano sulla spalla del suo capo.
"Togli quella mano o giuro che te la stacco a morsi."
"Ucciderò Astrea, sappilo."
Raphael in un impeto si voltò verso inchiodandolo al muro.
"Prova a sfiorarla solo col pensiero ed io ti massacro il cuore con la lama affilata di un pugnale, poi lo do in pasto ai cani. E' chiaro?" era un ringhio, aggressivo e forte. Stan deglutì e sussurrò un flebile 'sì'.
 
 
 
Simon stava attento a non inciampare mentre percorreva le scale che conducevano all'infermeria. Portava stretta al petto una brocca di grandi dimensioni d'acqua santa. Scostò con una spallata la porta e strisciò all'interno. Astrea, sdraiata su un lettino, era febbricitante e delirava a causa del dolore intenso. Nei primi minuti il sangue di vampiro le aveva provocato una sensazione di capogiro ed euforia, ma il morbo in seguito si era scatenato e ora il suo corpo era scosso da fitte di dolore che bruciando si diffondevano ovunque per arrivare al cuore. Magnus le premeva il dorso della mano sulla fronte per controllare quanto fosse alta la temperatura, e se la cura stava facendo effetto, dopodiché fece segno a Simon di avvicinarsi. Lo stregone stava imbevendo un panno nell'acqua santa quando Astra fu colta dall'ennesimo spasmo, seguito da occhi spalancati e rossi.
"Tienila ferma." disse Magnus, le dita attorno al polso di Astrea. Simon serrò le mani attorno alle sue caviglie e la tenne giù sul letto. Magnus strizzò il panno imbevuto sulla fronte di Astrea e sembrò che le fiamme del dolore si fossero placate.
"Si riprenderà, vero?" l'incertezza nella voce di Simon rese chiaro quanto poco fosse introdotto nel Mondo Invisibile.
"Sì. Ha solo bisogno di espellere il sangue che ha ingerito. Se Raphael lo sapesse..."
"Al diavolo Raphael." mormorò tra i denti Astrea, i capelli sudati e appiccati al viso, la pelle diafana. Magnus agitò il capo e sospirò. Afferrò la caraffa portata da Simon e ne versò il contenuto in un bicchiere, poi lo porse ad Astrea.
"Non ha un buon sapore, ma devi berlo tutto."
Astrea storse la bocca e con riluttanza buttò giù l'acqua santa, sentì la gola bruciare e aveva voglia di vomitare. La porta si riaprì e Izzy fece la sua entrata, i capelli lunghi simili alle frange di una sciarpa, i tacchi che battevano sul pavimento.
"Ci sono visite per Astrea. E' una certa Sally." annunciò, mentre lanciava occhiate preoccupate alla malata e a Simon. Astrea si sollevò sui gomiti e tentò di alzarsi, ma Magnus la costrinse a restare giù.
"Tu non stai bene, Astrea. Ci parliamo noi con Sally. Qualcuno deve restare qui."
"Resto io, tranquilli. Voi andate." si propose Simon.
"Devi farle bere quanta più acqua santa possibile e devi farle gli impacchi da applicare dove sente dolore, fino al mio ritorno."
Simon annuì a Magnus e sorrise a sua moglie, che ricambiò e insieme allo stregone lasciò l'infermeria. Astrea tossì.
"Sono qui." sussurrò Simon allacciando le dita a quelle di Astrea.
 
 
 
 
"Padrona, perdonate il disturbo ma Alfred è appena tornato da Idris."
Raphael aggrottò le sopracciglia nell'udire il nome della patria dei Nephilim e si scostò le lenzuola di dosso.
"Tra poco sarò da lui." Sylvie liquidò il suo soggiogato umano con un gesto della mano. Poggiò la testa sul petto di Raphael e vi lasciò qualche bacio.
"Hai mandato i tuoi ad Idris? Per quale motivo?"
Raphael scivolò giù dal letto e cominciò a vestirsi, gli tremavano le mani per il nervosismo.
"Ho fatto appostare due vampiri nei sotterranei della Guardia in modo da controllare Goldstorm e le sue visite. Sapevo che Astrea sarebbe tornata da lui e così è successo. Spero l'abbiano uccisa. Il suo sangue ci serve." nella voce di Sylvie non c'era traccia di umanità, solo apatia e una certa fretta. Astrea stava rischiando di essere uccisa e lui passava le giornate nel letto con un'altra, odiava doverlo fare. Uscì dalla stanza senza dire nulla. Corse nella sua e chiuse la porta a chiave. Afferrò un vaso di vetro e lo scagliò con rabbia contro il muro, questo si frantumò con fragore. Raphael fece scorrere le mani tra i capelli e sentiva la rabbia pompare nelle vene. Tirò un pugno contro la porta spaccando il legno, le nocche presero a sanguinare e scrollò la mano per il dolore. Sally era la sua unica possibilità. Stava perdendo i suoi poteri e Sylvie non ci avrebbe messo molto ad accorgersene. Prese il cellulare dalla tasca della giacca, pigiò l'icona della galleria e sfogliò alcune foto: ritraevano Astrea che leggeva un libro, che si allenava, che sorrideva, che rideva per una stupida battuta; sentì un tuffo al cuore e desiderò di poter tornare indietro. Il volto pallido del soggiogato di Sylvie apparve nel buco che aveva fatto nella porta.
"La mia padrona desidera la vostra presenza in soggiorno."
Scrisse un messaggio veloce a Magnus: dille che la amo. Lo cancellò subito dopo.
 
 
 
"Accomodatevi." disse Clary con gentilezza. Sally e Mark si sedettero sulle sedie nello studio di Jace, un tempo di Maryse e Robert. Jace e Magnus arrivarono nello stesso momento, mentre Alec e Izzy rimasero a interrogare la spia che aveva diffuso il nome di Astrea. Goldstorm era stato ospitato in una delle camere dell'Istituto sotto la vigilanza di Jem.
"Vi manda il vostro capo?" domandò Jace, ora comodo sulla sua poltrona di pelle che Clary gli aveva regalato a Natale.
"Raphael mi ha detto che Astrea sicuramente è qui con voi. Sono venuta per avvertirla che Sylvie Blanc, vampiro capo di Parigi, ha messo una taglia sulla testa di Astrea. La ricompensa è il suo sangue." disse Sally, la voce leggermente incrinata per quanto cercasse di controllarsi.
"Sylvie ci ha detto che il suo sangue è una preziosa arma contro i nemici." aggiunse Mark, fino ad allora in silenzio.
"I Nascosti cercano Astrea per vendicarsi di averli accusati e perché questa Sylvie ha messo una taglia sulla sua testa. Altre cattive notizie?" chiese retorico Magnus, le palpebre pesanti e stanche. Adesso sembrava che i suoi quattro secoli gli fossero piombati addosso tutti insieme.
"Raphael mi ha anche detto che Sylvie e Marcus Goldstorm lavorano insieme." continuò Sally.
"Siamo grati per il vostro aiuto. Ma adesso non potete tornare a Parigi, forse hanno già scoperto la vostra fuga." fece Clary con un tono dolce e comprensivo.
"Potete restare qui al sicuro." disse Jace.
Mark e Sally chinarono il capo in segno di riconoscenza.
 
 
 
Salve a tutti! :)

Ecco un capitolo dove azione e segreti si mescolano.
Spero che vi piaccia.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** La dolce morte. ***


CAPITOLO OTTAVO: La dolce morte.
 
 
 
Un dolore pungente costrinse Raphael ad aprire gli occhi. Si alzò dal letto e sentì una fitta al cuore, sembrava che una morsa gli stringesse tutto il corpo. Per un attimo sembrò strozzarsi. Portò le mani alla gola nel tentativo di riprendersi, ma fu inutile. Si accasciò a terra in preda a lingue di dolore inumane. Di colpo un senso di pienezza invase il suo corpo. La mano scattò e si pose sul cuore con un gesto inconsapevole. Bum, bum, bum. Dovevano essere stati almeno dieci battiti a risvegliare il suo cuore. Stava tornando a essere umano in fretta, e non era ancora pronto. I battiti si affievolirono come gocce d'acqua che si staccano per poi cadere a terra morendo. Era accovacciato a terra, il respiro era sparito di nuovo, era morto, e il dolore era rapidamente diminuito. Aveva fame. E no di sangue, non più, ma desiderava bere un caffè e mangiare una fetta di torta al cioccolato di sua mamma. Rovesciò la testa indietro e chiuse gli occhi, fino a quando la voglia di cibo andò via. Stette seduto per una buona mezz'ora, e poi decise di farsi vedere perché non sospettassero. Si specchiò e notò che il suo viso non era più pallido, come lo era stato negli ultimi settanta anni. Sylvie se ne sarebbe accorta e avrebbe capito che il sangue di Astrea lo stava trasformando di nuovo. Alcuni mormorii sommessi allarmarono il suo udito, ancora ben sviluppato, e si concentrò: 'davvero?', 'sì, Sylvie darà una comunicazione ufficiale questa mattina'. Alla parola 'comunicazione', Raphael mise da parte il suo problema e si precipitò di sotto con addosso ancora i vestiti del giorno prima. I vampiri si erano riuniti tutti in salotto, alcuni parlavano fitto tra di loro, altri aspettavano con ansia Sylvie, e altri ancora si guardavano attorno sospettosi.
Stan lanciò un'occhiata afflitta e severa al tempo stesso a Raphael, mentre i tacchi di Sylvie picchiavano con un rumore cupo sulle scale.
"Miei cari amici, sono lieta di vedervi tutti qui. Ho una comunicazione ufficiale: il nostro progetto è andato a buon fine. Astrea Monteverde è stata catturata."
Un mormorio sorpreso e diverse espressioni compiaciute fecero venire i brividi a Raphael. Gli venne in mente la sera della festa, quando Katia aveva esortato i suoi seguaci a rallegrarsi per l'imminente vittoria. Eppure, in quel momento, l'unica possibilità di salvezza era svanita: Astrea era caduta nelle mani di Sylvie e di certo non ne sarebbe uscita viva. Gli occhi di Sylvie, ardenti di felicità e soddisfazione, incontrarono quelli spenti e rabbiosi di Raphael. Incapace di sopportare altro, Raphael indietreggiò fino a raggiungere la cucina e chiudersi la porta alle spalle. Tirò fuori il cellulare e mosse velocemente le dita sulla tastiera: hanno rapito Astrea. Speravo che almeno tu riuscissi a proteggerla, lì dove io ho fallito.
"Non farlo. Non mandare messaggi, di nessun tipo." la voce di Stan era bassa, impaurita, e lui teneva lo sguardo a terra.
"Perché non dovrei? Lei è già morta, non è vero?" gli occhi di Raphael si velarono di rabbia e dolore per un attimo. Stan gli tolse il cellulare di mano e scrisse una nota: Sylvie ha mentito. Astrea è ancora a New York ed è viva. La bugia serve per testare la tua fedeltà e quella del nostro clan, visti i rapporti che avevamo con la Nephilim.
La sensazione di soffocamento si affievolì, e Raphael si abbandonò ad un piccolo sorriso. Astrea era viva.
"Che combinate qui dentro?"
Sylvie si avvicinò, sinuosa e minacciosa, e si fermò accanto a Stan. Raphael fece scivolare il cellulare nella tasca interna della giacca e cercò di mantenere un atteggiamento normale.
"Stan mi stava riferendo i dettagli della cattura della Nephilim."
"Ti ha anche riferito che abbiamo scoperto i traditori?" il tono di Sylvie era divertito, e non preannunciava nulla di buono. Gli occhi di Stan esprimevano tutto il suo timore.
"Traidores? Ne sei sicura? Parlare a sproposito non ha mai giovato a nessuno."  Raphael adesso non scherzava più, non mentiva più, adesso era stanco e voleva tenerle testa. Sylvie accarezzò la guancia di Stan e poi gli baciò le labbra.
Il bacio di Giuda.
"Sally, Mark e Stan sono accusati di tradimento. Saranno puniti."
"Non puoi farlo. Sono membri del mio clan. Non ti compete punirli."
La vampira sorrise, le labbra rosse e i canini in bella mostra.
"Non metterti contro di me, Raphael. Oppure ne pagherai le conseguenze."
 
 
 
Simon ridacchiò per l'ennesima battuta propinata dal secondo fumetto che aveva divorato quella notte. Isabelle era impregnata con un interrogatorio e gli altri stavano dando aiuto ai Nascosti in cerca di protezione. Magnus gli aveva fatto visita, aveva dato una rapida occhiata ad Astrea, che si stava riprendendo, ed era tornato da Clary. All'improvviso Astrea mugolò e costrinse Simon a chiudere il fumetto per prestarle attenzione. Si alzò e si sedette accanto a lei sul lettino. La sua mano si stava riscaldando facilmente. Simon si allontanò bruscamente. Colonne di fuoco divamparono nel buio della stanza. L'aria non odorava di bruciato, bensì di incenso. Il corpo di Astrea era in fiamme. La ragazza spalancò gli occhi in preda al terrore, si guardò attorno e si mise seduta. Ma la forza del fuoco lambiva le sue membra, infuocava il suo sangue e la faceva sembrare una fenice che risorge. Simon tentò di avvicinarsi ma le fiamme gli ustionarono le mani e cadde a terra. Astrea cacciò un urlo, e in un baleno Magnus fece irruzione dell'infermeria con Alec e Jace.
"Che succede?" domandò Alec, appiattito contro la porta per evitare di scottarsi.
"Il Fuoco Rosso sta bruciando il sangue di vampiro che ha ingerito." spiegò Magnus.
Astrea continuava a contorcersi e urlava, non tanto per il dolore, ma per l'intensità del potere. Quindi era vero che il suo sangue fosse una sorta di cura, eliminava ogni traccia demoniaca nei Nascosti.
"C'è un modo per spegnerlo?" Jace dovette gridare per sovrastare i lamenti di Astrea e farsi sentire.
"Non credo proprio ci si possa avvicinare, perciò il Fuoco dovrà scemare da solo." disse Magnus, gli occhi ridotti a fessure romboidali e gialli, la magia che premeva nelle sue vene.
Le fiamme pian piano cominciarono a spegnersi, il fumo prese il loro posto e la stanza si riempì di odore di bruciato. Astrea ricadde supina sul letto. Alec corse da lei e si chinò per baciarle la fronte.
"Astrea, mi senti? Sono Alec. Va tutto bene."
Astrea sbatté le palpebre un paio di volte, le guance arrossate e segnate da lacrime seccate. Fece un sorriso.
"Idiota, so benissimo chi sei." mormorò, avvertendo qualche fitta di dolore.
"Simon, le tue mani." disse Jace con gli occhi puntati sulle mani ricoperte di vesciche di Simon. Astrea assunse un'espressione colpevole, e Simon sentì il cuore stringersi. Non era colpa sua.
"Sto bene. Solo mi bruciano un pochino le mani. Tranquilla."
 
 
 
 
La sera era il momento ideale per riflettere. Soprattutto se te ne stai seduto sul tetto dell'Istituto a bere una tazza di thè e ad ammirare le stelle. Astrea sospirò e abbassò gli occhi sulla sua bevanda per poi berne un sorso. Si era ripresa alla grande dopo che il Fuco Rosso aveva reciso qualsiasi traccia del sangue del vampiro che aveva ingerito. Simon aveva le mani fasciate e Isabelle aveva deciso che sarebbe stato meglio che tornassero nel loro appartamento in centro, al che nessuno aveva obiettato. Aveva saputo dell'arrivo di Sally e Mark, ed era davvero felice che stessero bene, ma una nuova crepa aveva trafitto il suo cuore quando le era stato comunicato che Raphael era assieme a questa Sylvie. Si sentì stupida per aver creduto che Raphael l'amasse davvero, per avergli dato fiducia. Desiderava solo tornare indietro e non averlo mai incontrato.
"Al DuMort ti hanno insegnato a rifugiarti sui tetti?"
Astrea riconobbe la voce di Magnus, e l'avrebbe riconosciuta fra mille. Si sedette di fronte a lei a osservò il cielo. Sembrava brillare come le stelle, luminoso e immenso.
"Al DuMort ho solo imparato come correre dietro ad un vampiro e spaccarsi l'animo per niente."
"Cos'è, il titolo del tuo romanzo?" scherzò Magnus, sollevando le spalle e ridendo. Astrea sorrise appena.
"C'è qualcosa che devi dirmi, Magnus?"
Lo stregone sospirò e annuì.
"Sally ci ha detto che Sylvie ha messo una taglia sulla tua testa. Ha bisogno del tuo sangue per eliminare i nemici. Inoltre, sappiamo che lavora con Goldstorm."
Astrea non sembrava affatto turbata da quella notizia, ormai era abituata al fatto che quasi tutti la volessero morta. Le interessava sapere altro.
"Chi è Sylvie? So che la conosci, quindi non mentire."
Magnus ebbe la tentazione di evitare l'argomento, ma sapeva bene che Astrea avrebbe insistito. E dirle una bugia, in quel momento delicato, poteva solo peggiorare le cose.
"Sylvie Blanc è stato il primo grande amore di Raphael. L'ha conosciuta a Madrid un paio di mesi prima di essere trasformato. Lei aveva abbandonato la Francia dopo che il Clave aveva giustiziato sua madre, colpevole di essere vicina alla magia nera, bandita e vietata come ben sai. Sylvie non era una Nephilim, ma lei e sua madre possedevano la Vista ed erano estese le loro conoscenze in campo magico. Guadalupe e i suoi figli hanno accolto in casa Sylvie, le hanno dato cibo e abiti puliti, le hanno trovato un lavoro presso una piccola filanda. Lei e Raphael si sono innamorati al primo sguardo. Lui era pazzo di lei. Poi, una notte, Raphael è stato morso ed ha avuto inizio la sua trasformazione. Sylvie non lo ha  abbandonato, anzi ha fatto tutto il possibile per aiutarlo. La loro storia ne ha risentito della nuova condizione di Raphael, e lei ha deciso di lasciarlo. E' sparita senza lasciare traccia, senza lasciare un misero biglietto. Da allora il povero Raphael ha chiuso le emozioni tra le pieghe del suo cuore morto, o almeno fino al tuo arrivo."
Astrea riusciva quasi a vederlo un giovane ed umano Raphael, innamorato di una bella ragazza e cullato dall'affetto della sua famiglia. Ma, in seguito, perse la sua umanità, perse Sylvie, e perse la sua famiglia. Si era rintanato nel suo inferno personale e aveva cercato di reprimere le emozioni.
"E' troppo coinvolto in questa storia. E se fossi costretta ad ucciderla per evitare che lei uccida me? Lui non me lo perdonerebbe mai." fu la triste constatazione di Astrea, su cui ora gravava anche quella nuova confessione. Magnus allungò una mano e la poggiò sulla sua spalla.
"Raphael ama irresponsabilmente, lo ha sempre fatto. Ma sono certo che ti vorrebbe viva a tutti i costi."
"Come è diventata un vampiro?" incalzò la Nephilim, i capelli mossi dal vento e l'anello dei Monteverde all'anulare che brillava; aveva riposto in tasca l'anello di pietra azzurra che apparteneva a Yasirah Madani.
"Sylvie è diventata gelosa del potere che aveva conquistato Raphael, sebbene lui continuasse a ripeterle che era una maledizione. Sylvie ha cercato a lungo di appropriarsi di quel potere e alla fine ha trovato un vampiro disposto a infrangere la Legge, e dunque a morderla. Sei mesi dopo, lei ha ucciso il suo padrone e ha preso pieno possesso del clan parigino. Ho saputo subito cosa le fosse capitato, ma non l'ho mai detto a nessuno, nemmeno a Raphael. Ho sempre sperato che non tornasse." la voce di Magnus era carica di tensione e il suo viso sembrava più spigoloso.
"Almeno Raphael è felice adesso."
"Astrea..."
Astrea si tirò su e diede un ultimo sguardo al cielo: scuro e lucente, proprio come Raphael.
"Lascia stare, Magnus. Lui sta bene, ed io non posso chiedere di più."
"E se sarai costretta a ucciderla?"
Astrea non rispose e, sospirando, lasciò lo Stregone da solo sul balcone.
 
 
 
Le atrocità che stava commettendo Sylvie erano un affronto al clan newyorchese. Due vampiri francesi avevano legato Stan ad un albero, gli avevano tolto la camicia e lo avevano lasciato una giornata intera senza sangue. La sua pelle stava bruciando come carne sulla brace, fumava e lo obbligava ad urlare di dolore. Prima che potesse morire, era stato condotto all'interno della villa per farlo riposare. La sera stessa, però, Sylvie superò i limiti. Ordinò che Stan venisse di nuovo legato ad un albero e che venisse frustato. Tutti furono invitati allo spettacolo. Sylvie sedeva su una panca e in mano teneva un calice di sangue; beveva e rideva.
"Adesso basta, Sylvie!" ringhiò la voce di Raphael. La vampira si voltò e gli sorrise, le labbra sporche di sangue.
"Credevo che anche tu volessi scovare i traditori e punirli. Ora, è un caso che facciano parte del tuo clan. Sta buono, caro!"
La schiena di Stan era ridondante di sangue scuro, e le sue urla erano agghiaccianti. I colpi di frusta schioccavano per ferire sia il corpo che l'animo. Stan cadde a terra, sfinito e dolorante, benché le ferite si rimarginassero. Raphael pose il suo sguardo su Sylvie e capì che l'innocenza che un tempo la distingueva dagli altri era stata spazzata via, inghiottita dal buio, e il suo cuore era stato divorato dalla malsana e tenebrosa corsa al potere. Non era più la ragazza che aveva amato un tempo. Doveva fermarla.
"Sono io." mormorò, abbastanza forte perché lei lo sentisse. Sylvie proruppe in una risata sguaiata, e sollevò il bicchiere nella direzione di Raphael.
"Sapevo fossi tu il traditore. Prendetelo!"
Due vampiri lo afferrarono per le braccia e lo portarono al cospetto di Sylvie, in ginocchio ai suoi piedi.
"Questa tua azione eroica, questa tua ammissione di colpa, non salverà il tuo amichetto. E sappi che presto stringerò tra le mani il cuore di Astrea Monteverde, allora tu potrai solo guardare."
 
 
 
Astrea scese in cucina intorno alle undici di sera, aveva fame e voleva mangiare qualcosa di dolce. Accese la luce e poté rincuorarsi alla vista di una cucina normale, calda e familiare. Trovò una fetta di pane, un vasetto di marmellata all'amarena e si sedette a tavola. Prese a spalmare la conserva sul pane, quando captò un rumore furtivo nella stanza. Non ebbe il tempo di voltarsi che due mani la ghermirono. Lei cacciò un urlo e mosse il coltello, ora sporco di marmellata, davanti a sé.
"M-mark?" sussurrò Astrea, scorgendo nella poca luce il viso pallido e i capelli biondi di Mark. Abbassò il coltello e sospirò.
"Astrea, devi darmi il tuo sangue." disse in tono piatto Mar, quasi fosse un robot.
"Ma che cavolo stai dicendo?!"
Il vampiro alzò gli occhi, tenuti fino ad allora fissi sul pavimento, e ne sgorgarono alcune lacrime: sangue e sale che gli scavavano la guance. Astrea ne rimase impietosita.
"Lei mi ha promesso che non avrebbe fatto del male a Sally se... se le avessi portato il tuo sangue." Mar sembrava un bambino così indifeso e immobile, sul punto di esplodere.
Astrea allungò una mano, ma lui si ritrasse.
"Mark, va tutto bene. Chi ti ha fatto questa promessa? Sylvie?"
A quel nome gli occhi di Mar si spalancarono per il terrore e storse le labbra in disappunto, mentre lacrime vermiglie gli colavano sul viso.
"Sì, lei... lei mi ha ordinato di seguire Sally per arrivare a te e..."
"Uccidermi." concluse Astrea, inorridita e spaventata. Mark sorrise, una smorfia malvagia e di cattivo presagio, e annuì col capo.
"Sì, ucciderti."
Il vampiro cercò di acchiappare Astrea, ma lei fu più veloce e mise mano al coltello. Lo puntò a pochi centimetri dal cuore di Mark.
"Allontanati, Mark. No voglio ucciderti."
Mark fece un passo e riuscì a graffiarle il braccio con gli artigli. Astrea emise un gemito di dolore. La presa si faceva sempre più forte e dolorosa. Il sangue colava copioso lungo il braccio e le dita di Astrea, che stringeva i denti per tenere duro.
"M-mar... smettila. N-non costringermi a-ad uccider..." disse Astrea, ma poi accadde tutto in un attimo: Mark le afferrò il polso e spinse il coltello nel suo cuore. Il suo corpo si afflosciò a terra, l'impugnatura della lama che sporgeva dal petto, il sangue che usciva dalla ferita. Astrea cadde in ginocchio e premette le mani attorno al coltello, come se volesse impedirgli di morire. Cominciò a piangere per il sacrifico di Mark, per i pericoli a cui aveva esposto i suoi amici, per il timore che Raphael venisse ucciso. Mark strinse le dita insanguinate attorno al polso della Nephilim e le sorrise.
"Va tutto bene, Astrea. Gra-razie di avermi liberato."
"Non parlare. Andrà tutto bene."
La mano del vampiro le accarezzò la guancia con dolcezza, e lei pose sul suo grembo la testa di Mark.
"Dì a Sally... che.... che la amo da sempre e per sempre."
"No, Mark! NO!" gridò Astrea, le lacrime che le bagnavano la maglia, le braccia attorno al corpo di Mark.
La luce negli occhi di Mark si spense per l'eternità. Quella era la seconda volta che un amico moriva tra le sue braccia.
 
 
 
Quando tutto attorno a te crolla, quando tu sei sola ad affrontare la vita, quando la morte insegue te e chi ti sta attorno, come fai a restare lucido? Le morti di Mark e Remus pesavano come macigni sul suo cuore. I suoi genitori e sua nonna erano stati uccisi per colpa di un potere che nemmeno lei voleva. Raphael l'aveva lasciata proprio quando aveva più bisogno di aiuto. I suoi amici la guardavano come se fosse un'arma letale, eccetto Magnus, che le non l'aveva mai allontanata. Anche ora era al suo fianco: Astrea stava rannicchiata in un angolo della sua stanza, la maglia e le mani coperte di sangue, le ginocchia al petto e le lacrime seccate sulle guance.
"Astrea, stai un po' meglio?" la voce di Magnus era dolce, quasi la volesse accarezzare.
Ma Astrea non rispose, si limitò a sospirare mesta. Lo Stregone capì quanto stesse soffrendo, lui stesso aveva provato il dolore della perdita. E lei, essendo immortale, avrebbe dovuto imparare a convivere con la morte. Astrea barcollando si mise in piedi e si chiuse in bagno: aprì il lavandino e fece scorrere acqua fredda sulle braccia per togliere il sangue e pulire la ferita. Aveva deciso di non applicare nessuna runa di guarigione, voleva che quei graffi fossero un promemoria: basta perdite. Magnus fece capolino nel bagno e si appoggiò allo stipite della porta. In quel momento le ricordò Raphael, quando assumeva quella posizione per osservarla mentre si allenava. Per quanto cercare di mascherarlo, Raphael le mancava da morire. Letteralmente. Con l'asciugamano eliminò le ultime tracce di sangue, indossò una maglietta pulita e un paio di jeans. Si legò i capelli, afferrò la sua balestra e fece cenno a Magnus di seguirla.
"Dovresti riposare. E' stata una giornata difficile per te." le suggerì lo stregone, mentre si precipitavano in biblioteca.
"Devo aiutare Raphael e il suo clan. Inoltre, questa Sylvie sembra avere un problema con me ed io voglio chiudere questa partita. Questo gioco non mi diverte."
Negli occhi di Astrea divampò la forza, la determinazione, il dolore e un barlume rosso-arancione le illuminò lo sguardo; le sue vene si tinsero di un dorato acceso e sembrava che vi scorresse oro in esse.
"Astrea, fa attenzione."
La ragazza si bloccò in mezzo al corridoio e si voltò verso di lui, spalle dritte, arma ben impugnata e frecce nella mano.
"Farò scelte ponderate per evitare di farmi uccidere. Ma se dovessi morire, sappi che avrò agito per qualcosa di più grande."
"Ma l'Angelo vuole che tu preservi il Fuoco Rosso! Ha salvato un Nascosto per te." protestò Magnus.
"Ho una soluzione a tutto. Adesso andiamo dagli altri e vi espongo il piano."
 
 
 
La schiena di Stan mostrava ancora delle ferite aperte, sanguinanti e sul punto di infettarsi. Lui e Raphael erano stati rinchiusi in una delle numerose stanze della villa. Sedevano entrambi a terra e nessuno aveva fiatato fino ad allora, ma non potevano continuare così.
"Come ti senti?" domandò Raphael sentendo mormorii di dolore da parte dell'altro. Stan rise, il volto scavato dalla stanchezza e il mento sporco del proprio sangue.
"Adesso ti interessa sapere come sto, che simpaticone!"
"Dico sul serio, Stan. Sei mio amico e ci tengo alla tua pelle, nonostante tutto."
Lo sguardo di Stan fu pervaso dalla vergogna, ma un attimo dopo bruciava di rabbia.
"Nonostante io ti abbia confessato i miei sentimenti per te, vuoi dire. Sono stato così ingenuo da credere che tu potessi amarmi, poi è arrivata Astrea. L'hai guardata con una tale reverenza, con un'ammirazione che non hai mai rivolto a nessuno, nemmeno a tua madre per quanto tu le volessi bene. L'hai portata a Santillana del Mar, il tuo rifugio, il luogo inaccessibile a chiunque, tranne a lei. Credevo che un giorno ci avresti portato me."
In un altro contesto, Raphael avrebbe scaricato sul suo amico una raffica di commenti sarcastici e qualche insulto in spagnolo, ma in quel momento gli era impossibile.
"Lo siento, Stan."
Sono dispiaciuto, gli aveva detto.
"Ti dispiace? Tu non hai nemmeno la minima idea di cosa provassi io quando quella Nephilim sgattaiolava nella tua camera per poi uscirne la mattina seguente, quando vi baciavate nel corridoio convinti di non essere visti, quando dovevo sopportare la sua presenza durante le riunioni al DuMort. Mi hai ferito prima ancora che Sylvie lo facesse."
"Come potevo immaginare che tu fossi innamorato di me? Non lo sospettavo neanche. Non puoi incolparmi per qualcosa di cui non ero nemmeno consapevole. Io non ricambio i tuoi sentimenti perché tu sei il mio migliore amico, Stan! Non ti ho mai guardato con occhi diversi. Mi dispiace che tu abbia sofferto, ma la colpa non è la mia. Dios..."
"Lascia perdere il tuo Dio. Lui ci ha abbandonati tutti."
Raphael posò gli occhi su Stan per la prima volta da quando erano stati rinchiusi. Gli mancava il suo migliore amico e voleva che tutto potesse tornare alla normalità. Voleva riavere Astrea, il suo clan e la fiducia di Stan. Ma aveva perso tutto. Nel silenzio tenebroso di quella stanza, si perse nei ricordi: lui e Sylvie in spiaggia, abbracciati e felici. Lui a casa di Magnus dopo la trasformazione. Il dolore per la scomparsa di Sylvie.  Sua madre glielo diceva sempre: 'se ami troppo, quell'amore si ritorcerà contro di te, figlio mio'. E Guadalupe aveva ragione. Ma mentre l'amore che provava per Sylvie aveva qualcosa di tremendamente sbagliato sin dall'inizio, quello per Astrea era la cosa più pura e paradisiaca che avesse vissuto fino ad allora. A breve sarebbe tornato ad essere un mondano e, dovette arrendersi all'idea, ne era felice. Dopo una vita passata al buio, a bere sangue e a fare affari, finalmente poteva tornare dal suo Dio e purificare la propria anima.
 
 
Salve a tutti! :)
Il doppiogioco di Sylvie sta facendo la sua parte e purtroppo Astrea ne sta pagando le conseguenze.
Chi sono i veri traditori e chi sono i veri amici?
Lo scoprirete leggendo!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Bruciare d'amore. ***


CAPITOLO NONO: Bruciare d’amore.
 
 
 
La biblioteca sembrava più piccola e buia quella mattina. Alec e Magnus erano seduti vicini, così come Izzy e Simon; Clary era poggiata allo schienale della sedia di Jace; Astrea, invece, stava in piedi davanti a loro. Era più magra, aveva gli occhi cerchiati e la benda al braccio era imbrattata di chiazze di sangue qua e là, ma rimaneva dell'idea di non voler usufruire dell'iratze.
"Facciamo il punto della situazione, Magnus." esordì Astrea, autoritaria e pratica. Sui visi dei presenti si dipinse un'espressione confusa.
"E' una cosa loro. Si aiutano a vicenda." chiarì Alec.
Lo stregone si affiancò ad Astrea, schiena curva, mani aperte sul tavolo, e un volume di magia sotto gli occhi.
"Sylvie Blanc vuole il sangue di Astrea per eliminare i nemici, ossia gli altri vampiri, vuole ottenere maggiore potere, e così riuscirebbe anche a tenere testa a tutti i Nascosti. Sarebbe un'arma contro cui nessuno vorrebbe combattere, e molti la cercherebbero per avere la cura." disse Magnus, poi spostò lo sguardo sulla sua amica per farla continuare.
"Goldstorm è stato tratto in inganno da Sylvie. E' vittima dell'encanto e agisce solo per compiacere la sua padrona. Ha scelto Goldstorm perché è il Console, può prendere qualsiasi decisione riguardo alla vita di un Nephilim, e quindi politicamente è più forte di me. Per evitare che il piano fallisse, entrambi hanno agito su due fronti diversi: Sylvie ha messo una taglia sulla mia testa, mentre Goldstorm, usando la mia ribellione alla riunione, usufruendo del mio nome, ha scatenato una guerra tra Nephilim e Nascosti. Entrambi volevano assicurarsi che i Nascosti mi uccidessero. In questo modo, il Console ne sarebbe uscito con le mani pulite e avrebbe punito i Nascosti, sostenuto anche dall'aiuto di Sylvie." la voce e l'atteggiamento di Astrea erano severi e risoluti, le doti di un vero leader.
"Questa Sylvie come ha contattato Goldstorm? E chi ha spifferato il tuo nome?" chiese Simon, dando voce ai pensieri di tutti. Astrea rivolse un'occhiata a Izzy e Alec, che si erano occupati della questione.
"Jessica Goldstorm, la nipote del Console. Ci ha detto che il suo ragazzo, un soldato delle Fate, le ha dato una lettera che sarebbe dovuta essere recapitata al Console, ma senza leggerla. Jessica ha portato la lettera a suo nonno, e qualche ora dopo lui le ha ordinato di andare in giro per segnalare Astrea Monteverde come la testimone che aveva accusato i Nascosti per la morte dei Cacciatori." disse Alec, conciso e diretto.
"Sylvie si è servita addirittura delle Fate. Astuta!" fu il commento annoiato di Jace.
"Quindi Sylvie da tempo progettava di uccidere Astrea. Ha trovato un ausilio in Goldstorm e Raphael, a quanto pare." disse Isabelle, le dita che giocavano con la collana, le sopracciglia sollevate. Astrea respirò a fondo prima di rispondere.
"Raphael non ha colpe!" gridò una voce dal fondo della biblioteca. Tutti gli occhi furono puntati su una figura lunga e magra che attraversava la stanza. Era Sally. Astrea strabuzzò gli occhi e il suo cuore prese a battere più velocemente. Sally stava piangendo, le lacrime insanguinate scorrevano e macchiavano di rosso il suo viso pallido. Isabelle si sentì in imbarazzo per un attimo, poi ignorò le parole della vampira.
"Mark è morto per colpa di Sylvie. E anche Raphael rischia di essere scoperto e ucciso."
Astrea corse da lei e l'abbracciò forte. Sally si lasciò cadere a terra in preda al dolore, portando con se la Nephilim. Magnus distolse lo sguardo da quella scena pietosa: due donne rannicchiate a terra, strette l'una all'altra e accomunate dalla perdita. Alec gli strinse le mani e lo tirò più vicino a se.
 
 
 
Raphael non si era mai sentito così strano, così sofferente. Stava sui talloni, con la schiena contro la parete, e le mani sulle ginocchia. Un senso di nausea gli dava il tormento da un paio d'ore. Cercava di non lamentarsi, ma ogni tanto qualche sospiro fiaccato gli scappava.
"Che ti prende, Raphael?"
Stan scivolò sul pavimento e si avvicinò al suo amico: aveva la fronte corrugata dal dolore, respirava a fatica....respirava?
"Il sangue di Astrea....ti ha curato. Vero?"
Raphael si limitò ad annuire, piegato dal dolore.
"Sento il tuo sangue e il battito del tuo cuore. L'effetto ha avuto i suoi esiti."
"Sono un mondano."
Quelle tre parole rimasero in aria, nessuna risposta, nessuna protesta, solo silenzio. Era possibile udire i battiti di un cuore, vivo e pulsante, e le vene battevano vivide in tutto il suo corpo.
Dopo settanta anni era stato curato. Se solo sua madre fosse stata lì.
 
 
 
L'Istituto era colmo di Nascosti, licantropi, alcuni vampiri che avevano saputo della disponibilità ad essere ospitati, Fate e Stregoni di ogni livello. Almeno un centinaio di creature occupavano la sala comune. All'esterno, sulle scale, gli Shadowhunters protestavano affinché Jace e Clary aprissero le porte in modo da uccidere e punire i Nascosti all'interno.
"Ci sono almeno cinquanta Nephilim armati fino ai denti fuori!" esclamò Simon, quando scese dal tetto.
"Tutto questo è colpa tua, Jace! Tu e la tua stupida mania di salvare tutti." disse irritata Clary, le sopracciglia aggrottate. Suo marito fece finta di non averla sentita, e si grattò il mento in cerca di una soluzione.
"L'importante è che non si accorgano che Astrea è qui. Altrimenti saremo davvero nei guai."
"Astrea ha bevuto l'intruglio di Magnus, quello evita che avvertano il suo sangue. Ma non possiamo dare asilo ai Nascosti e ad una ragazzina problematica." ribatté Clary.
"Da quando sei diventata così spietata? Non possiamo mica abbandonare i Nascosti e Astrea, ora che hanno bisogno di noi." disse Simon, sorpreso delle sue stesse parole. La finestra al primo piano esplose in una miriade di schegge, e fu seguito da un urlo. Jace salì di corsa le scale, accompagnato da Simon e Clay, e trovò un licantropo con una freccia conficcata nella gamba.
"I Nephilim hanno trovato un modo per entrare!" gridò Alec, mentre raggiungeva i suoi amici insieme ad Izzy.
"Adesso che facciamo, Jace? Illuminaci." sbottò Clary su tutte le furie. Jace chiuse gli occhi e prese un profondo respiro.
"Faremo così: Simon e Izzy, occupatevi di portare tutti i Nascosti in palestra, dove i Cacciatori non possono arrivare. Clary, tu pensa ad aiutare il lupo ferito. Alec, io e te andremo a parlare con Astrea e Magnus. Abbiamo bisogno di aiuto."
Tutti annuirono e si dispersero in pochi secondi per eseguire gli ordini, anche Clary si mosse, sebbene riluttante. In biblioteca le cose procedevano abbastanza bene. Astrea stava imparando alcuni trucchi per usare a suo vantaggio il Fuoco Rosso, mentre Magnus recitava un incantesimo in latino.
"Che succede qui?" chiese Jace, la voce tesa, i capelli scompigliati dalle mani. Astrea chiuse le mani in un pugno e spense così una fiamma.
"Io e Magnus abbiamo un piano."
"Parlate." disse Alec.
"Questa sera vado a Parigi per affrontare Sylvie. Io mi occupo di lei e, al tempo stesso, apriamo un portale per portare qui il clan di New York. Semplice, rapido e indolore." spiegò Astrea con un sorriso, ma in realtà aveva paura. Alec scosse la testa.
"Aprire un Portare vuol dire che Magnus deve venire con te. Ed io non posso permetterlo."
"Tu di certo non puoi prendere decisioni riguardo alla mia vita, Alexander. Voglio aiutare Astrea e lo farò, che tu accetti o meno." disse Magnus con calma, al che Alec non ribatté.
"Voi due ci state nascondendo qualcosa." quella di Jace era un'affermazione più che una domanda, e Astrea scrollò le spalle.
"Forse sì o forse no. Non lo sappiamo!"
"Va bene. Vi concedo il permesso. Ma io e Alec verremo con voi." aggiunse Jace, l'ombra di un sorriso sulle labbra. Astrea fece di no con la testa.
"Voi due restate qui a proteggere l'Istituto. Magnus e il clan saranno di ritorno in una manciata di minuti, se tutto va bene."
"E tu sarai da sola ad affrontare Sylvie. Tu vuoi proprio morire!" protestò Alec, il dito puntato contro la ragazza e gli occhi lucidi di rabbia.
"Ma sei stupido, Alec?! Non posso e non voglio altri amici sulla coscienza. Ho perso Thomas, Remus e Mark perché non sono stata abbastanza attenta. Non lascerò morire anche voi." disse Astrea, e nei suoi occhi danzava un dolore lontano e vicino, per eventi passati e recenti.
"Ed io non lascerò morire te."
"Credi che la morte sia una sfida, una malvagità unica, e questo perché tuo fratello é stato ucciso per cattiveria. Ma se io dovessi morire stanotte, sappi che la mia dipartita sarà spinta da un alto ideale, e sarà il giusto sacrificio." Astrea sapeva bene che le sue parole stavano scavando nel cuore di Alec e Jace dopo aver messo in ballo in giovane Max, morto nella guerra contro Morgenstern, ma era l'unico modo per convincerli.
"Sei follemente attratta dall'idea di morire. Sciocca. Sei una sciocca!" sputò fuori Alec con un impeto di ira, preoccupazione e consapevolezza che il suo rimprovero non sarebbe valso a nulla. Senza dire altro, si girò e a grandi falcate uscì dalla biblioteca. Astrea rimase immobile, frastornata e delusa, dal momento che aveva riconosciuto nelle parole di Alec la verità. Aveva pensato spesso alla morte e l'idea non la spaventava. Soprattutto in battaglia, quando il pericolo è al massimo, i demoni possono farti fuori in un attimo e le possibilità che qualcuno ti salvi sono basse, le aveva sempre fatto credere di non temere quei pochi secondi in cui ti passa la vita dinnanzi agli occhi prima del buio eterno.
"Sei immortale, Astrea. Sarà difficile ucciderti." mormorò a bassa voce Magnus, che stava trafficando in un vecchio scatolone di oggetti magici. Jace si avvicinò per guardare e ridacchiò. Tra le mani teneva una candela vecchia, la cera era giallastra, coperta di polvere e avvolta in una striscia sottile nera.
"Che cavolo ci fa qui una candela di Babilonia?" chiese Astrea. Una candela di Babilonia é un oggetto di magia nera che funge da Portale: l'accendi, pensi ad un posto, e quella ti teletrasporta. Più veloce e pratico di un Portale.
"Io e vampiri useremo un Portale creato da me, ma tu e Raphael come pensate di tornare?" disse Magnus con una certa eccitazione nella voce, come un bambino che mostra agli amichetti un nuovo giocattolo. Jace fischiò in senso di apprezzamento.
"Mi basta accenderla con una fiamma e il gioco è fatto."
Astrea annuì poco convinta, ma era la loro unica speranza di tornare a casa. Sempre che Raphael non si fosse schierato dalla parte di Sylvie. Già, Raphael.
"Magnus, aspetta un momento: Raphael sta tornando ad essere umano e questo vuol dire che gli anni vissuti da vampiro gli si riverseranno addosso?"
Lo stregone scosse la testa.
"Assolutamente no. Il Fuco Rosso elimina i poteri, la condizione magica e le abilità, ma non intacca l'età né altro. Raphael avrà semplicemente venti anni e avrà la Vista."
Ventuno. Raphael questo mese ha compiuto ventuno anni.
 
 
 
"Pensi che ci verranno a prendere?" domandò nel buio la voce di Stan, che man mano si stata riprendendo, ma le ustioni tardavano a curarsi. Raphael premeva ancora la mano sul petto, in ascolto del battito del suo cuore. Non pensava che prima o poi avrebbe udito quel meraviglioso suono che grida ad ogni minuto 'sono vivo'. Sì, perché adesso lui era vivo.
"Tranquillo, Stan. Lei verrà a salvarci. Lo fa sempre."
"Non avrei mai dovuto mettere una taglia sulla sua testa. Provavo odio nei suoi confronti solo perché lei poteva averti, mentre per me non ci sarebbe mai stata speranza. Vorrei solo poter tornare indietro." il pentimento nella voce di Stan era reale, così come il suo odio nei confronti di Astrea. Raphael ascoltò un altro po' il suo cuore prima di rispondere.
"Non farlo. Non desiderare di tornare indietro, perché l'impossibilità di farlo ti logora. Tutti noi vorremmo cancellare azioni compiute in passato, e invece possiamo solo andare avanti. Nel futuro vive la speranza di migliorare e non ripetere gli stessi errori."
"Parli così perché adesso da mondano ti tocca una vita breve anziché l'eternità."
"No. Parlo così perché ho fede."
"Hai anche fede che ci salveremo?"
"Ho fede in lei."
"Oh, che tenero!"
La luce improvvisamente si accese illuminando la stanza. Illuminò anche Sylvie che scendeva le scale e si sedeva su una vecchia scrivania.
"Hai fede che la tua fidanzatina ti verrà a salvare? Sei così sciocco, Raphael. Morirà prima di poter pronunciare una sillaba."
"Non stiamo più insieme, io e lei." ribatté Raphael, spalle al muro e mani poggiate sulla ginocchia.
"Stai cercando di convincermi a non ucciderla, ma il tuo tentativo è pessimo. Del resto, cosa posso aspettarmi da un mondano?" la risata agghiacciante di Sylvie fece venire i brividi a Raphael, che si massaggiò il collo per scacciare la tensione. La vampira rivolse un sorriso a Stan, e Raphael temette che volesse fargli del male, perciò si mise sull'attenti.
"Sta buono, Santiago." disse Stan. Si tirò su e sul suo corpo erano spariti i segni delle tortura, le bruciature, le ferite sulla schiena, e anche il dolore psicologico sembrava essere svanito. Raphael era confuso.
"Sai, non credere di essere l'unico abile a fingere e mentire. L'allievo supera il maestro."
Sylvie tese una mano e Stan la prese, poi le diede un bacio sulla fronte.
"Traidor. Debería haber sabido." mormorò Raphael, gli occhi puntati su Stan e le mani in tasca per evitare di strozzarlo. Stan si abbassò in modo da stare alla sua altezza e gli accarezzò una guancia, sebbene Raphael si fosse allontanato.
"E' l'unica chance che abbiamo per stare insieme. Perché non lo capisci, amore mio?" la voce di Stan era mielosa, bassa e stava facendo ricorso all'encanto. Ma Raphael, malgrado fosse ora un mondano, sapeva resistere a quell'artificio. Sylvie, che ammirava la scena con gli angoli della bocca sollevati in segno di vittoria, pensava di averla fatta franca. Raphael si accorse che Stan si stava avvicinando per baciarlo, così gli sputò in faccia. Quello si tirò indietro e si pulì. L'espressione dolce di pochi secondi fa scomparve per dare spazio ad una maschera fredda e crudele.
"Prima o poi capirai che ho fatto tutto questo per noi." Stan tremava di rabbia, lo sguardo folle e allucinato completava l'opera.
 
 
L'armeria era il posto preferito di Astrea, tra le spade, le frecce e i pugnali, si sentiva protetta. Jace si stava occupando di recuperare alcune lame angeliche, mentre lei e Alec, che alla fine si era unito alla missione, stavano aggiustando le frecce nelle proprie faretre.
"Sei sicura di riuscire a gestire il Fuoco? Hai fatto poche lezioni." esordì Jace, dando così sfogo al tormento di Alec. Astrea lasciò perdere la balestra e si sedette sul tavolo di metallo su cui giacevano numerose armi.
"E' vero che non sono addestrata al massimo nell'uso della magia, ma credo di potercela fare. Magnus dice sempre che il potere viene fuori nel momento del bisogno. Perciò confido nella capacità di avvertire il pericolo del Fuoco Rosso."
"Magnus dice tante cose, alle volte sono stupidaggini, e questo non significa che abbia ragione." la risposta di Alec non tardò ad arrivare, più simile ad un rimprovero a dire il vero.
"In qualche modo io e Raphael usciremo da quella casa, che sia a suon di fiamme o di schiaffi!"
"Sei sicura che Raphael non ci abbia traditi? Sai, non è che sia proprio un santo. Più volte è stato pronto a tradire." disse Jace. Astrea era stanca che tutti parlassero male di Raphael e che facessero leva sul suo passato pur di sostenere le tesi.
"A lui interessa solo intascare il vantaggio migliore per se stesso, e Astrea è quel vantaggio di cui ha bisogno." la voce di Magnus sorprese i tre Cacciatori. Alec si avvicinò allo stregone e increspò le labbra, poi parlò:
"Cosa è successo, Magnus?"
"Un traditore c'è, ma non è Raphael. La nostra interrogata poco fa ha riferito ad Izzy che oltre al Console e a Sylvie... c'è un terzo complice ch ha ordito contro Astrea."
"Stan." sussurrò Astrea, prima ancora che Magnus pronunciasse quel nome.
"Sì."
 
 
 
"Avrei dovuto rompergli le ossa del corpo, non solo il naso. Dannazione!" esclamò Astrea, le spalle curve, i capelli al vento. Erano sgusciati dall'Istituto ed avevano fatto irruzione al DuMort, benché non ci fosse nessuno. Alec e Magnus avrebbero riportato i vampiri a New York, perciò si adoperavano a sgombrare la sala comune affinché ci fosse abbastanza spazio per il loro arrivo. Astrea si stava fissando la balestra alla schiena, ma non era l'unica arma che portava: con sé aveva due coltelli, una spada angelica, frecce dalla punta intrisa di magia, e la candela di Babilonia. Eppure la risorsa maggiore era lei stessa, scorreva nelle sue vene ed era incandescente. Il Fuoco Rosso. Controllò che tu fosse sistemato, dopodiché attese che il Portale venisse aperto.
"Comunque andrà a finire questa nottata, sappiate che voi e i bambini siete la mia famiglia, tutto ciò che di più importante ho. Vi voglio bene, ragazzi."
Magnus e Alec le strinsero le mani, uno a destra e l'altro a sinistra. I momenti successivi furono tipici del passaggio: guizzo allo stomaco, la testa che gira, il senso di smarrimento. Quando tutti e tre misero piede sul suolo francese, il Portale si richiuse alle loro spalle. La villa di Magnus in lontananza sembrava un enorme angelo che si libra nel cielo scuro. Si incamminarono stando attenti a qualsiasi rumore; sebbene fossero invisibili ai mondani, di certo i Nascosti potevano vederli benissimo.
"Adesso che Raphael è un mondano, come pensi possa aiutarti a scappare?" fu Alec ad interrompere quel silenzio.
"Sono io che aiuto lui a scappare. E poi, nonostante ora sia umano, resta un leader capace. Almeno spero." l'ultima frase uscì come un sussurro, ma non sfuggì ai suoi amici. Astrea teneva le orecchie tese e si guardava attorno con estrema attenzione. Per questo riuscì a captare uno scricchiolio. Tentò di voltarsi per avvisare Alec, ma sentì due braccia bloccarla e una lama fredda puntata alla gola. Anche Alec e Magnus erano con le spalle al muro. Invece di farsi prendere dal panico, Astrea sforzò le spalle e il collo per riuscire a guardare in faccia gli assalitori. Alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.
"Lily, fai sul serio?" disse poi, annoiata e irritata. Lily, amica di lunga, lunghissima data di Raphael, abbassò il coltello e lasciò libera la Nephilim.
"Scusami, non ti avevo riconosciuta. Credevamo fosse Cacciatori venuti ad ucciderci." cercò di giustificarsi la vampira, facendo segno ai vampiri di liberare gli altri due.
"Siamo qui per portarvi a casa. So che adesso pensate che gli Shadowhunters vogliano uccidervi, ma si tratta di un equivoco. Magnus e Alec vi spiegheranno tutto quando sarete al sicuro a New York." la voce di Astrea era falsamente calma e severa, come se cercasse di replicare il tono con cui Raphael dava gli ordini.
"Perché mai dovremmo dare ascolto ad una traditrice?" gridò Elliott, che avanzava tra il folto gruppo di vampiri.
"Ti ripeto che si tratta di un malinteso. Mi hanno usata per poter avere il mio sangue. Dovete credermi. E mi darete ascolto perché ho vissuto un anno tra Lisbona e il DuMort,  pertanto sono certa che abbiate imparato a conoscermi." sostenne di nuovo Astrea, le spalle dritte, lo sguardo sicuro. Lily annuì e, avvicinatasi ad Elliott, fece un verso per richiamare l'attenzione di tutti.
"Io mi fido di questa ragazza. E lo farete anche voi se volete restare vivi."
"Per quanto vivi possiate essere." mormorò Magnus, beccandosi un'occhiataccia da Alec.
"Bene. Adesso seguite Magnus, che aprirà un Portale, e le indicazioni di Alec. Un ultimo avviso: state attenti."
Alcuni vampiri sorrisero ad Astrea, altri le strinsero la mano, altri ancora la ringraziarono.  Lily le auguro buona fortuna con la promessa che si sarebbero riviste.
"Mi raccomando, terminate la missione nel modo più veloce ed efficace possibile." suggerì Astrea a Magnus e Alec, che si erano avvicinati a lei. Lo stregone le diede un bacio sulla fronte, mentre Alec si limitò a regalarle un sorriso come incoraggiamento.
"Non fare stupidaggini, Monteverde."
"Sono la regina delle stupidaggini, Lightwood!"
 
 
 
La villa, sontuosa sofisticata, proprio come il suo proprietario, si ergeva su un enorme giardino. Era circondata da cancelli altissimi in ferro, color oro, rosso e blu. Aiuole di tutte le forme ornavano l'ingresso. Astrea, raccattato lo stilo dalla giacca, attivò la runa del silenzio e quella dell'udito, per muoversi indisturbata nel buio della villa. Raggiunse senza troppi intoppi il cancello principale, lo superò e corse verso la porta, che era aperta. Ovviamente si insospettì, ma poi ricordò la fuga dei vampiri e fu più tranquilla. Se tutto andava secondo i piani, in casa c'erano lei, Raphael, Stan e Sylvie. Il soggiorno e tutte le altre stanze del primo e secondo piano sono deserte e immerse nel buio. Astrea si infilò  in una stanza, dove aveva notato degli abiti a terra, e notò che appartenevano a Raphael.
Poi un rumore spezzò quel mutismo cupo. Pose l'orecchio contro il pavimento e si mise in ascolto: due voci si alternavano; una denotava un marcato accento francese, la seconda era un misto di americano e l'asprezza del tedesco. Sylvie e Stan erano in cantina, e sicuramente con loro c'era Raphael. A tentoni riuscì ad imboccare la scalinata che conduceva nei sotterranei. Mise mano alla balestra e incoccò una freccia. Ora le voci erano chiare e distinte. Ma se fosse entrata dalla porta principale se ne sarebbero accorti in tempo e avrebbero attaccato prima ancora che lei potesse muoversi. Alzò lo sguardo e sorrise: una finestra senza vetro era incassata sopra la porta,  abbastanza grande per passarci dentro. Afferrò una sedia e l'allineò all'apertura. Con agilità si arrampicò e si sporse nella stanza. Vedeva Raphael seduto a terra, mani legate, viso stanco. Stan si stava vestendo, mentre Sylvie si scolava un calice di sangue. Astrea agguantò una trave di legno che reggeva il soffitto, e vi si sedette cercando di fare la massima attenzione. Si tirò in piedi, sebbene barcollasse, e trovò il giusto equilibrio. Raphael alzò gli occhi e sbiancò nel vedere Astrea in bilico sulla trave.
"Benvenuta, Astrea. Ti stavamo aspettando." la voce ironica di Sylvie risuonò nella stanza, facendo accapponare la pelle alla Nephilim. Pensò in fretta ad una soluzione: poteva solo stare al gioco e sperare di trovare un modo per farla franca. Perciò, con un salto agile e disinvolto, atterrò sul pavimento in legno, un ginocchio piegato, le mani a terra. Allargò le braccia e simulò un'espressione offesa.
"Avrei indossato abiti più eleganti se avessi saputo di essere l'ospite speciale!"
Raphael scosse la testa e maledisse mentalmente quella sciocca Cacciatrice che si era messa nei guai con le proprie mani.
"Non sei affatto al centro dell'attenzione!" sbottò Stan, labbra arricciate e pugni stretti lungo i fianchi. Astrea rise.
"Ah no? Stupida io a credere di essere il tuo pensiero fisso!"
Stan si mosse veloce come un lampo, ma Astrea riuscì a colpirlo comunque.
"Stan, caro, sta calmo. Avrai la tua vendetta." si intromise Sylvie, un irritante accento francese sporcava la sua pronuncia. Astrea dovette ammettere che quella Sylvie era bellissima, e capiva bene perché Raphael se ne fosse innamorato. Lui aveva un debole per le cose belle e raffinate, e Sylvie rientrava nei canoni. Scacciò quel pensiero e si concentrò di nuovo sui due vampiri.
"Esattamente cosa vuoi farci col mio sangue? Ho sentito dire che ne hai bisogno?"
"Mi avevano avvisato che sei un tipetto tosto, ma mi hai sorpreso. Ho bisogno del tuo sangue per prendere il pieno controllo dei clan, tutti i clan. Così sarei in possesso di una potente arma da usare contro qualsiasi vampiro voglia ribellarsi." spiegò Sylvie, mantenendo un atteggiamento rilassato e un sorriso cordiale. Sembrava quasi gentile. Quasi.
"E' un bel progetto. E tu, Stan, perché vuoi uccidermi? Non sapevo mi odiassi così tanto."
Stan guardò oltre le spalle di Astrea, in direzione del ragazzo seduto alla sedia con le mani legate. Astrea seguì il suo sguardo e tutto fu più chiaro.
"Sei innamorato di Raphael!" esclamò allora Astrea, divertita e sorpresa al tempo stesso."
"Sì. E tu lo hai portato via da me! Per questo meriti la morte." rispose il vampiro con fermezza.
"Merito la morte per tanti motivi, a quanto pare." fu la conclusione che Astrea trasse con un sospiro finto. Si voltò verso Raphael e alzò le spalle.
"E' tutta colpa tua, Santiago. Se solo ti fossi accorto che Stan ti amava non saremmo arrivati a questo punto."
Raphael parve disorientato ma l'occhiolino di Astrea gli fece capire che quello era un modo per distrarre i vampiri e fuggire.
"E' sempre colpa mia, giusto? La verità è che tu mia hai completamente mandato fuori di testa ed io non ci ho capito più niente. Stupida portoghese!"
Astrea puntò un dito contro Raphael e aggrottò la fronte.
"Non mi hai mai amata abbastanza, mentre io ti ho amato con tutte le me stessa. Credo che abbiamo problemi di coppia." ribatté la Nephilim con voce triste, e nel frattempo aveva afferrato un pugnale. Raphael teneva gli occhi fissi su di lei studiando ogni sua mossa.
"Adesso basta! Stan, prendila." ordinò Sylvie, stanca di quel teatrino tra ex fidanzati. Astrea schioccò le dita e sul palmo della sua mano bruciò una fiamma, rossa e dorata, sembrava lava. Il vampiro arretrò con la paura impressa negli occhi, tornò accanto a Sylvie.
"Avvicinati. Avanti." Astrea sfidò Sylvie, che digrignò i denti per la rabbia. La fiamma, però, si esaurì subito e lei non fu capace di replicarla. Sylvie, colta la debolezza del Fuoco Rosso, poté stringere le mani attorno al collo di Astrea. Raphael si dimenò, ma Stan gli impedì di liberarsi. Sylvie fece pressione e Astrea iniziò a tossicchiare, la vista annebbiata, il respiro che cedeva.
"Non la uccidere!" gridò Raphael, ma era inutile. Astrea, dal canto suo, sapeva cosa doveva fare: con la mente ritornò a quando era piccola: sua madre le cantava la canzoncina dell'omino dei sogni per farla addormentare, suo padre le osservava con un sorriso e lei era felice. Si aggrappò a quel ricordo e attinse alla forza che fece esplodere il fuoco nelle sue mani. Chiuse le mani intorno ai polsi freddi e senza vita di Sylvie e due manette di fuoco arpionarono la pelle della vampira ustionandola. Allora, Sylvie urlò di dolore e mollò la presa. Astra cadde a terra, respirava velocemente e aveva le lacrime agli occhi per la mancanza di ossigeno. Riuscì a calciare il pugnale verso Raphael, che lo afferrò e riuscì a liberarsi. Corse dalla Nephilim e le alzò il viso.
"Respira lentamente. Va tutto bene, ci sono io adesso." le sussurrò dolcemente, mentre Astrea riprendeva a respirare normalmente. Sylvie stava tremando, tutto il suo corpo era scosso da brividi di dolore per via del fuoco.
"Tu...hai un enorme potere ed io lo voglio!" tuonò la voce di Sylvie, e si avventò con una forza straordinaria sul corpo di Astrea, ancora seduta sul pavimento. Raphael fu scaraventato contro la parete dalla furia con cui Sylvie attaccava la ragazza. Probabilmente perse i sensi per qualche secondo, prima di aprire gli occhi: Sylvie aveva affondato i canini nel collo di Astrea, che però non gridava come ci si sarebbe aspettato. Anzi, sorrideva. Raphael a malapena riusciva a tenere gli occhi aperti, troppo frastornato dalla botta alla testa. Ricordò a se stesso di essere un mondano ora, ed era normale sentirsi così debole. Ciononostante, barcollò verso il centro della stanza e....poi tutto accadde velocemente. Due fruste di fuoco presero vita dalle dita di Astrea, come un vulcano in eruzione, e lambirono in una morsa mortale il corpo di Sylvie. La vampira emise un urlo disumano, mentre la puzza i bruciato riempiva la stanza. Astrea era in piedi, Sylvie inginocchiata ai suoi piedi, e le braccia protese per punire la vampira. La sua pelle sembrava luccicare d'oro in quel frangente. Era immobile come una statua e a Raphael venne in mente Raziel, micidiale e celeste. Ad un'occhiata più attenta, Raphael notò che Sylvie, sebbene accerchiata dal fuoco, non bruciava del tutto, ma le fiamme punzecchiavano soltanto la sua pelle. Era palese che Astrea non la volesse uccidere. Passi veloci battevano sulle scale di legno che conducevano nei sotterranei, e poco dopo Stan era nella stanza. Cercò di raggiungere Astrea, ma Raphael fu più veloce, nonostante fosse un semplice umano, e lo bloccò al muro. Sylvie ormai era sfinita, la pelle arrossata e lesionata, le labbra secche e gli occhi sporchi di lacrime sanguigne. Perciò Astrea abbassò le mani, facendo spegnere il Fuoco, e crollò sulle ginocchia, ma allontanò la proposta d'aiuto di Raphael. Tirò fuori dalla giacca un'ampolla di vetro contenente un liquido azzurro. Lo allungò verso Sylvie e glielo rovesciò in gola, costringendola a svenire.
"Che cosa le hai fatto?" protestò Stan, ancora premuto contro la parete da Raphael.
"Qui dentro c'è una miscela: il mio sangue e una pozione di inibizione. Quando la tua amichetta si riprenderà, sarà innocua come una mondana." spiegò Astrea tra un sorriso e un respiro strozzato. Questo era il piano segreto di Astrea e Magnus avevano ordito in segreto: la pozione inibitrice era opera di magia nera ed era vietata, perciò avevano dovuto ricorrere al silenzio. Astrea si tirò su e con lo stilo si disegnò distrattamente una runa guaritrice sul braccio; la testa si alleggerì, così come diminuì il dolore alla gola, e le dita bruciacchiate smisero di sanguinare. Raphael la guardò intensamente e lei finalmente gli sorrise.
"Come stai, Santiago?"
"Sono stato decisamente meglio."
Lo sguardo che si scambiarono Astrea e Raphael fece andare su tutte le furie Stan, che si svincolò con un colpo solo e spinse la Nephilim a terra. Astrea picchiò la testa contro il pavimento e spalancò le labbra in un grido muto. Stan la teneva ferma per le spalle, sorridendo nel vedere la sofferenza della ragazza.
"Stan, lasciala!" la voce di Raphael non era annoiata e severa come al solito, neanche preoccupata, era più minacciosa e profonda; il suo era un avvertimento. Astrea stentava a restare lucida, le pareti giravano vorticosamente e il viso del suo aggressore era un quadro cubista, scomposto e irregolare. Raphael, stanco di quella situazione, agguantò Stan per il braccio e lo allontanò dal corpo di Astrea, che giaceva ancora sveglia. La sollevò per stringerla al petto, poi le diede un bacio sulla fronte. Sentì la dita di Astrea sul collo e capì che lo stava abbracciando.
"Andrà tutto bene, Astrea. Usciremo da qui. Te lo prometto."
"Non andrete da nessuna parte. Tu resterai con me! Io ti amo!" disse Stan.
"É così che mi dimostri il tuo amore? Sei pessimo!"
"Lei mi avrebbe ucciso!" cercò di giustificarsi Stan, indicando Astrea. Raphael rise.
"Oh sai meglio di me che non ti avrebbe mai ucciso. Non é da lei. Non é una carnefice come te."
Quelle parole trafissero il cuore deceduto di Stan come tanti cocci di vetro.
"Se io non posso averti, non ti avrà nemmeno lei!"
Prima che Raphael potesse solo comprendere le sue parole, Stan gli circondò il collo col braccio e gli puntò una lama alla gola, dopodiché lo trascinò su per le scale. Astrea vedeva i loro corpi ondeggiare nella foschia provocata dalla probabile commozione celebrale, ma fu facile intuire che Stan stesse portando via Raphael. Tastò alla sua destra, dove era caduto lo stilo, e lo trovò quasi subito. Passò la punta lucente sull'iratze e quella si riattivò, così la vista tornò limpida e i lividi sulle spalle causate dalla forza del vampiro svanirono. Attese qualche minuto per essere capace di reggersi in piedi. Raccattò lo stilo e il pugnale, risalì la scalinata e si aggirò per la villa in cerca di Raphael. Fu facile individuarlo.
"Nephilim, ti aspetto sul tetto!" la voce divertita di Stan proveniva dal tetto, e Astrea si arrampicò lungo la facciata posteriore della villa. Quando arrivò a destinazione, vide immediatamente Stan, ma non vedeva Raphael.
"Dov'è Raphael?"
Astrea si rese conto che Raphael era sospeso sul cornicione, pochi passi sbagliati e sarebbe precipitato. Era Stan che lo teneva per il colletto.
"Perché Stan? Perché gli stai facendo questo?"
"Perché io lo amo, e solo la morte mi può garantire la sua presenza."
Astrea fece qualche passo per avvicinarsi ma Stan calò di pochi millimetri Raphael. Doveva andarci piano.
"Raphael non ha paura di morire, lo sai bene. Forse aspetta questo momento da settanta anni. Però, adesso é un mondano e la prospettiva di morire lo spaventa."
Stan gettò uno sguardo alle sue spalle e vide Raphael tremante guardare il suolo erboso su cui si sarebbe schiantato.
"Ma la morte é la mia unica sicurezza. La certezza che potremo stare insieme per sempre."
"Solo ora mi accorgo di quanto tu sia disposto a fare per lui. Lo ami più di quanto io possa amarlo in una vita intera." Astrea parlava dolcemente, con calma e sorrideva rassicurante di tanto in tanto.
"Farei qualsiasi cosa per lui." sebbene la situazione fosse contorta, le parole di Stan erano vere.
"Entrambi lo amiamo, ma in modo diverso. Tu lo ami follemente, ciecamente e irresponsabilmente, quel tipo di amore che uccide. Ma tu, Stan, non puoi uccidere chi ami. Anzi, devi fare di tutto perché viva e sia felice. Uccidi me."
"No, Astrea! Non fare sciocchezze!" la supplica di Raphael fece eco nella solitudine della notte. Stan ora era lacrime per l'amore che non avrebbe avuto, per la speranza che lo aveva abbandonato, per la morte imminente di Raphael.
"Sta zitto, Santiago. Tu hai qualcuno da cui tornare, hai Stan che ti aspetta. Io non ho nessuno. Sono sola. Io posso morire." disse Astrea con una certa disperazione nella voce.
"Raphael, io ti risparmio la vita perché ti amo."
Stan tirò su Raphael, riportandolo con i piedi sul tetto, al sicuro. Astrea non si mosse.
"Io l'ho salvato, ma voglio in cambio la tua vita." aggiunse Stan, mentre guardava trionfante la Nephilim camminare verso di lui.
"Posso dargli un ultimo saluto?" chiese timidamente Astrea, riferendosi a Raphael. Quando Stan annuì, lei abbracciò forte Raphael e lo guardò negli occhi, forse davvero per l'ultima volta.
"Non farlo, por favor. Quétade conmigo."
Resta con me.
"Ricorda: l'arma più potente é la freccia che arde nel tuo cuore." mormorò Astrea, gli occhi velati dalle lacrime, le labbra sulla guancia di Raphael. Lui, dal canto suo, impiegò poco a capire cosa intendesse la ragazza.
"Andiamo." le ordinò Stan.
Astrea guardò Raphael, e poi si aprirono le danze per chiudere il sipario. Una piccola fiamma prese vita sulle sue dita e fece scattare indietro Stan. Raphael accostò una punta di freccia, che lei gli aveva fatto scivolare nella tasca durante l'abbraccio, e quella si scaldò. Sembrava che avessero catturato una stella.
"Che...che avete intenzione di fare?" la paura attraversò gli occhi di Stan, bloccato a terra da Astrea.
"Non ti farò nulla. Devi solo calm...."
Raphael, però, non esitò: conficcò la freccia ardente nel petto del vampiro. Dalla ferita colava fuoco, ossa e carne sciolte.
"No, no, no!" gridò Astrea, e le sue mani si affrettarono ad estrarre la punta della freccia. Fu tutto inutile, il corpo di Stan stava prendendo fuoco. Raphael le afferrò una mano e la allontanò. L'esplosione che seguì li sbalzò indietro, contro la porta che conduceva al tetto. Astrea cercò di sgattaiolare verso Stan, ormai ridotto a un mucchio di cenere, ma Raphael la tenne stretta a se.
"Era giusto che finisse così. Non é colpa tua, Astrea."
L'unico suono udibile furono i singhiozzi di Astrea, segno che il sipario era calato.
 
 
 
Salve a tutti! :)

Questo è il capitolo finale. Manca solo l’epilogo.
E’ morta parecchia gente eh!
I nemici sono stati sconfitti, ma anche i sentimenti sono messi a repentaglio.
Spero che vi piaccia.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Epilogo. ***


CAPITOLO DECIMO: Epilogo.
 
Sei mesi dopo.
Vivere da sola era un'avventura che Astrea non aveva mai affrontato fino ad allora. Sebbene orfana a soli quindici anni, aveva vissuto comunque in compagnia: con Thomas, con Remus, con Magnus e Alec, con Raphael a Lisbona, e anche al DuMort. Dopo la morte di Stan e l'incarcerazione di Sylvie, lei e Raphael si erano divisi: Astrea aveva trascorso qualche mese con Sally all'Hotel in attesa di trovare un posto tutto suo, mentre Raphael aveva lasciato New York. Lasciarsi era sembrata la cosa giusta da fare ad entrambi. Erano state troppe le perdite, troppe erano le ferite che si erano causati a vicenda, e troppi erano i sentimenti distrutti. Inoltre, il nuovo Console Rita Blackwell aveva indetto una riunione ufficiale durante la quale era stata pronunciata tale sentenza: «Astrea Monteverde, nata il ventotto novembre 1996 a Lisbona, con la presente direttiva viene riconosciuta parte dei Nascosti, in quanto possessore di poteri magici estranei ai Figli di Raziel, e pertanto viene estromessa dalla comunità dei Nephilim ed esiliata dalla patria di questi». Le era stato tolto lo stilo e le spade angeliche, così come era stata privata dell'Istituto e della possibilità di essere seppellita nelle Città di Ossa. Astrea non aveva protestato, non aveva parlato proprio, si era solamente alzata e aveva abbandonato Idris. Da quel momento in poi le cose erano cambiate, doveva imparare a vivere come i Nascosti, nonostante le rune. In realtà i Nephilim avevano paura di lei e del suo potere, anche perché non si identificava in nessuna categoria nascosta: non era una strega, ma neanche una Shadowhunters. Era un ibrido, da cui tutti volevano strare alla larga. Ecco perché abitava da sola in un piccolo appartamento nel centro di New York, in un palazzo a due piani, e una vicina anziana davvero fastidiosa. Astrea si era allontanata anche da Magnus e Alec, perché in qualche modo aveva il disperato bisogno di restare sola e trovare equilibrio. Non li vedeva da sei mesi ormai, ogni tanto mandava loro un messaggio per sapere come stessero i bambini. Quel giorno, mentre si allenava con i coltelli, abitudine che non aveva perso, sentì bussare alla porta. Era sicura che fosse la signora Murray, settantenne attempata, che si lamentava per i rumori, ma dovette ricredersi. Quando aprì la porta, le mancò il respiro: Magnus Bane era sulla soglia di casa sua in un elegante completo viola.
"Posso entrare?" la voce dello stregone le provocò una crepa al cuore, erano mesi che non parlavano. Senza dire nulla, Astrea si spostò di lato e lo fece accomodare. Magnus si sedette sul divano e si diede un'occhiata in giro.
"Hai trovato un bel posticino. E' arredata bene."
Astrea rimase in piedi, incapace di sostenere lo sguardo del suo amico.
"Che ci fai qui?"
"Sono qui per Raphael. Devo parlargli."
Astrea parve confusa, e prese posto perché le tremavano le gambe.
"Raphael non è qui. Ha lasciato New York mesi fa, e noi non stiamo più insieme." rispose la ragazza, le mani strette sul grembo, gli occhi remissivi. Magnus si scurì in viso, e allora Astrea capì che non si trattava di una scusa. Il suo cuore prese a battere velocemente per la paura.
"Magnus, che succede?"
Quando Magnus alzò gli occhi, le sembrava di essere tornata indietro nel tempo, nel soggiorno di casa Lightwood-Bane. Ma quante cose erano cambiate in sei mesi.
"Sai bene che l'ho aiutato quando è diventato un vampiro, e vorrei aiutarlo anche adesso. Deve essere difficile per lui essere tornato un mondano, perciò lo sto cercando."
"Nessuno sa dove sia andato. E' semplicemente...sparito. Pensi che gli sia successo qualcosa?" la voce di Astrea mal celava la preoccupazione.
"Sì, potrebbe essere nei guai, ma non possiamo esserne certi. Come mai vi siete lasciati?"
"Magnus, lo sai che non potevamo più stare insieme. Siamo troppo incasinati. Raphael ha ucciso Stan per me, ha evitato che mi portassi un peso del genere per tutta la vita. Mi ha salvata, ma ha condannato se stesso." ed ecco che le lacrime minacciavano di uscire, di abbandonare il suo cuore e sfogarsi. Magnus le strinse una mano.
"Ha ucciso Stan perchè sapeva fosse giusto farlo. Non lo ha fatto solo per te, ma soprattutto per se stesso e il suo clan, quindi non fartene una colpa. Devi trovarlo, Astrea, e dovete ricominciare insieme. Avete avuto del tempo per riprendervi, ma adesso basta. Sapete entrambi che la soluzione è restare uniti. Lui ha bisogno di te, ha bisogno di una ragione per vivere. Ti prego, aiutalo."
"Sono stata bandita dalla comunità dei Cacciatori e per noi Nascosti è vietato entrare in relazione con i mondani. Non posso."
Magnus la guardò con i suoi occhi da gatto, era davvero disperato per il suo amico e irritato dal comportamento infantile della ragazza.
"Raphael possiede la Vista, perciò non infrangi nessuna Legge."
"Va bene. Lo cercherò. Ma non ti assicuro niente."
 
 
 
Tornare al DuMort dopo tanto tempo le creava una certa ansia. Non avrebbe mai pensato di rivedere quell'Hotel. Eppure eccola lì, che attraversava la strada per raggiungere l'enorme edificio che si stagliava contro il cielo blu e rosso nella sua solita aria derelitta. Sapeva di dover entrare dal retro, dove era consentito l'accesso ai Nascosti.  La tromba delle scale era immersa nel buio e Astrea dovette farsi luce con il cellulare, perché aveva dovuto restituire anche la stregaluce. Ad ogni passo i ricordi la investivano con una forza tale da farle girare la testa. Conosceva ogni angolo di quel posto, ecco perchè si tirò indietro quando un tubo arrugginito di metallo le sibilò accanto: era una trappola ordita dai vampira per tenere a bada i nemici. Riuscì a spalancare la porta in cima alle scale e la luce le ferì gli occhi. Si trovava nella sala comune dell'Hotel, dove si riunivano gli abitanti durante il giorno. Infilò il cellulare in tasca e si incamminò verso il vecchio ufficio di Raphael, ma fu bloccata da una voce.
"Quante altre volte ti devo dire che non ti voglio più qui?"
Lily fece la sua elegante e teatrale entrata. Astrea si voltò verso di lei e alzò le spalle.
"Non sono venuta a creare problemi. Voglio sapere dov'è Raphael."
"Non lo so." rispose brevemente Lily, ma era chiaro che mentisse.
"Senti, dimmi solo dove si trova e sparirò per sempre dalla tua vista. Ho bisogno di saperlo." la voce di Astrea nascondeva una certa urgenza che divertiva la vampira.
"Gli ha rovinato la vita, lascialo stare. Non ti basta tutto quello che gli hai fatto?"
Astrea ignorò quella frecciatina e continuò a mantenere la calma.
"Devo sapere che sta bene, non per me ma per Magnus."
"Raphael sta bene. Adesso va via!"
Astrea si avvicinò a Lily ed erano ad un passo di distanza. Era normale che gli amici di Raphael volessero proteggerlo, ma lei aveva fatto una promessa a Magnus e aveva l'intenzione di mantenerla. Sfoggiò il suo sguardo più letale e fece zampillare sulle dita piccole fiamme, al che la vampira indietreggiò.
"Dimmi dove si trova Raphael, altrimenti ti sfondo il cranio con le dita e queste fiamme faranno il resto."
Pronunciare quelle parole le era sembrato così contro natura per una come lei abituata a fare il bene. Ma aveva perso tutto, di nuovo, e di certo il Fuoco Rosso era l'unica certezza a cui si aggrappava per non affondare del tutto. Il viso pallido di Lily si allontanò ad una velocità impressionante e la stanza per un attimo parve sfocata ai suoi occhi. Il corpo freddo di Elliott la teneva inchiodata alla parete, le dita serrate attorno alla gola ricordavano ad Astrea gli ultimi momenti con Sylvie. Con le mani cocenti strinse il polso di Elliott fino a che il vampiro fu costretto a mollare la presa per colpa del calore intenso. Astrea sorrise maligna.
"Non vi conviene sfidarmi. So che il DuMort appartiene a voi due adesso, ma nessuno sarà mai in grado di tenermi testa. Pertanto, per evitare che io vi incenerisca seduta stante, vi conviene parlare."
Elliott, il polso arrossato e le dita arricciate per il dolore, lanciò uno sguardo a Lily in attesa di un ordine. La vampira, che come nuovo capo-clan non voleva inimicarsi un soggetto potete come Astrea, dovette arrendersi.
"Non sappiamo dove sia Raphael, davvero. Ha portato via solo i suoi vestiti e altri oggetti personali. Ha lasciato qui denaro, gioielli e quanto altro potesse recargli ricchezza. E' partito di mattina, quindi non ci ha comunicato la sua meta." la risposta di Lily fu sufficiente, era la verità. Astrea si prese qualche secondo per riflettere, dopodiché fece un cenno col capo ai due vampiri e si incamminò verso l'uscita. Sembrava proprio che Raphael non volesse essere trovato. Come dargli torto, dl resto? Aveva perso Mark, Stan e Sylvie, e inoltre aveva perso il potere e il clan. Era solo al mondo. E forse era giusto così. Ma la paura che potesse essere in pericolo o addirittura morto accresceva in lei la voglia di trovarlo.
"Astrea." una voce sottile e rotta frantumò quel poco di lucidità che aveva ripreso. La silhouette di Sally, bianca e verdastra nel suo abito color petrolio, sorse dal buio della scalinata. Istintivamente Astrea si sfiorò il braccio con le dita, il punto in cui gli artigli di Mar le avevano solcato la pelle prima di morire. Il suo cuore non poteva reggere quel ricordo e il viso affranto della vampira, così abbassò gli occhi e riprese a camminare, o meglio a fuggire.
"Fermati, ti prego. Devo dirti solo due parole."
Astrea si fermò, senza voltarsi, e attese che la vampira parlasse. Sally stava a qualche metro da lei, in un angolo buio, e cercava di mascherare la voce incrinata e il viso macchiato di sangue dalle lacrime.
"Ho incontrato Raphael il giorno in cui è partito. Era una mattina soleggiata ed io ero sveglia perchè non riuscivo a dormire, non che ora le cose siano cambiate. Comunque, gli ho chiesto dove fosse diretto e lui mi ha semplicemente risposto che gli animali sono conservati nella grotta. Mi ha implicitamente detto dove stesse andando, ma purtroppo non sono capace di cogliere il messaggio."
Anche Astrea non capiva le parole di Raphael, nonostante si sforzasse. Certo era che la presenza di Sally non aiutava la sua mente poco lucida. Si girò verso la nascosta e distolse immediatamente lo sguardo, puntando gli occhi sulle sue mani. Poteva ancora vedere il sangue di Mark fuoriuscire dalla ferita e sporcarle le braccia e i vestiti. Non si dava pace per gli amici morti tra le sue braccia, Mark e Remus, entrambi uccisi per colpa sua. Allontanò il pensiero così come le era venuto in mente. Riprese a camminare.
"Non è colpa tua, Astrea. Lui non avrebbe mai vissuto una vita eterna agli ordini di Sylvie. La morte gli ha donato sollievo e pace." Sally parlava con dolcezza e comprensione, ma non serviano a lenire il senso di colpa. Astrea fissò Sally con le lacrime agli occhi e la mano destra sollevata che tremava.
"E' con questa mano che gli ho conficcato un pugnale nel cuore che lo ha ucciso. Porto sul braccio i segni dei suoi artigli e nella mente il suo corpo freddo tra le mie braccia. E' morto lontano dalle persone che amava, è morto tra le braccia del suo assassino.
Sai la cosa peggiore? Mi ha ringraziata prima di morire. Cosa diavolo aveva in mente? Grazie per averlo lasciato solo contro Sylvie? Grazie per averlo lasciato morire?" senza rendersene conto, Astrea stava gridando e gesticolava animatamente. Non aveva smesso di piangere. Ricordava il viso sereno di Mark mentre il coltello gli trapanava il cuore, il sorriso dolce che le aveva rivolto e le sue ultime parole. Si rese conto di non aver riferito a Sally il messaggio di Mark.
"Lui mi ha raccomandato di dirti che ti ama e che ha fatto di tutto pur di proteggerti."
Sally, veloce come una saetta, la strinse in un abbraccio e Astrea, troppo sopraffatta per dimenarsi, abbandonò la testa contro la spalla fredda della vampira.
"Va tutto bene, Astrea. E' finita. Smettila di incolparti. Mark sapeva bene  a quali conseguenze avrebbero portato le sue azioni. Se fosse ancora vivo non ti accuserebbe, anzi ti ringrazierebbe per averlo liberato. Adesso, però, devi dimenticare e andare avanti. Hai sprecato troppo tempo a piangerti addosso."
Astrea aveva smesso di piangere, adesso aveva gli occhi appannati e le bruciava la gola. Si staccò da Sally e si asciugò le guance col dorso della mano.
"Mi perdoni?" quella supplica fu accompagnata da uno guardo carico di dolore e rammarico, e Sally non poté far altro che sorridere luminosa.
"Ti perdono, Astrea."
 
 
 
Erano ore che viaggiava e non vedeva l'ora di mettere i piedi sulla terra ferma. Dopo la visita al DuMort e il suggerimento di Sally, aveva capito che Raphael si era nascosto nell'unico luogo che gli era rimasto: a Santillana del Mar. Gli animali conservati nella grotta di cui parlava Raphael erano i dipinti primitivi ch decoravano la Cueva di Altamura. Così aveva chiesto a Magnus di fare apparire magicamente un biglietto aereo, e lo stregone era stato ben disposto. Ovviamente tutto alle spalle di Alec. Dal finestrino dell'autobus osservava la strada di ciottoli che saliva e conduceva a Santillana. Era seduta in fondo da sola e questo le aveva dato la possibilità di riflettere sul da farsi. Non aveva portato con sé abiti, se non un unico cambio di vestiti per il giorno dopo e il portafogli. Non aveva certo pensato di restare in quella cittadina per chissà quanto tempo, il tempo di verificare lo stato di Raphael, dormire una notte in albergo e ripartire alle prime luci del giorno. Ancora non sapeva dove cercare Raphael, ma almeno casa sua, quella che avevano condiviso per un paio di giorni, era un buon punto di partenza. Il mezzo di fermò d'improvviso e le porte si spalancarono in un tacito invito ad uscire. Si sistemò la tracolla sulla spalla e scese. La fermata pullulava di turisti di tutte le nazioni e di tutte le età, chi fotografava il cielo rossastro del tramonto, chi si affrettava a tornare in hotel e chi saliva sul bus per lasciare la città. Astrea inforcò gli occhiali da sole, si abbottonò la giacca di jeans e si incamminò verso il centro. Bancarelle colorate e piene di souvenir costeggiavano la piazza centrale, e la gente si accalcava per accaparrarsi gli aggeggi più assurdi e inutili. Astrea si fermò e controllò il cellulare: aveva inserito le coordinate della via in cui forse abitava attualmente Raphael e le indicazioni suggerivano che era arrivata a destinazione. Ruotò su se stessa per darsi un'occhiata attorno e si tolse gli occhiali quando riconobbe la casetta di nonna Santiago. Mise il telefono in tasca e si immerse nella folla che si diramava man mano che si lasciava alle spalle il mercatino. Una volta di fronte alla porta, alzò il pugno per bussare ma fece ricadere il braccio lungo i fianchi.
E adesso che gli dico?
"¿buscas para raphael?"
Astrea alzò gli occhi e sul balconcino del secondo piano un anziano signore le sorrideva gentile. Forse era il nuovo proprietario a cui Raphael aveva venduto la casa. Almeno sembrava sapere dove fosse.
"Sí. tù sabes onde eu posso encontrar Raphael?"
L'uomo ridacchiò nell'udire la ragazza parlare in portoghese, ciononostante era chiaro cosa gli avesse domandato.
"Lo puoi trovare nella Chiesa che sorge sulla scogliera." il forte accento spagnolo conferiva al suo inglese un suono bizzarro, e fece sorridere Astrea.
"Grazie."
 
 
Astrea non era mai stata una credente, non aveva fede se non nelle armi. Sua madre le ripeteva sempre che la fede aiuta le anime ad alleviare il dolore, ma lei non ci aveva mai dato peso. Allo stesso modo Raphael credeva nella sua religione in modo assiduo, nonostante ritenesse di aver perso l'anima e che sarebbe finito all'inferno. Astrea, però, era sicura che adesso le cose fossero diverse. La Collegiata di Santa Juliana spiccava nel suo stile architettonico romanico in netto contrasto col mare che si agitava impetuoso alle sue spalle. Era una vista mozzafiato, doveva ammetterlo. Santillana del Mar era magica. Un sentiero sterrato coperto di fiori secchi e foglie, che dava l'impressione di essere uno degli ingressi della Corte Seelie, conduceva alla struttura. Un enorme cartello giallo spiegava la storia e la struttura della chiesa, ed era contrassegnata da una scritta a caratteri cubitali che attirava l'attenzione: PATRIMONIO SPAGNOLO DAL 1889. C'era un silenzio piacevole che avvolgeva la costa. Si avvicinò al portone di legno spalancato, ma un rumore metallico la distrasse. Proveniva dal cortile della chiesa. Astrea raggiunse uno spazio verde non molto grande alle spalle della Collegiata: dei bambini stavano facendo catechismo e un prete narrava loro le gesta di Mosè; una donnina, forse la perpetua, annaffiava le piante della sagrestia; un gruppo di uomini lavorava a quello che sembrava un carro. Astrea aguzzò la vista e analizzò il cortile, eppure sembrava non ci fosse traccia di Raphael. Un bambino le sorrise e lei ricambiò. Poi il suono inconfondibile di una risata la fece ghiacciare sul posto: un ragazzo dai capelli neri armeggiava con una chiave inglese, e il suo compare doveva aver fatto una battuta perchè non smetteva di ridere. Era Raphael. Il cuore di Astrea batteva oltre la norma, voleva scappare e sotterrarsi. Le mani tremavano e faceva fatica a deglutire. Dovette chiudere gli occhi per qualche secondo. Raphael stava bene e lei tornava da Magnus con buone notizie. Si precipitò sul sentiero e scese di nuovo verso la città.
Raphael si prese una pausa e abbandonò gli arnesi a terra. Felipe, il suo amico, continuava il suo lavoro. La vista che offriva la costa era meravigliosa e creava una certa magia.
"Por favor, ilevame un vaso de agua." gli disse Felipe, mentre con un fazzoletto di cotone si asciugava il sudore sulla fronte. Raphael annuì e si allontanò verso il chiostro della chiesa che vendeva bibite e cibo. Avvertì una strana presenza, qualcosa che lo costrinse a fermarsi. Guardò alla sua sinistra e per un momento temette di svenire. Sebbene si fosse tagliata i capelli fino alle spalle ed era vestita come una ragazza normale, l'anello che luccicava all'anulare e l'andatura sicura la tradirono: era Astrea. E stava tornando in città. Dimenticò l'acqua che doveva portare a Felipe e corse lungo il sentiero di fiori e foglie.
"Astrea!"
La ragazza rallentò fino a fermarsi, ma non si girò. Raphael la raggiunse e le fu di fronte con poche falcate. Era cambiata così tanto. Era dimagrita di molto, aveva i capelli corti, un anello di pietra azzurra pendeva al suo collo e il colore delle rune sul collo e le braccia erano sbiaditi. Lei non lo degnava di uno sguardo, continuava a fissare un punto indefinito. Raphael allungò una mano verso di lei, ma Astrea scattò indietro.
"Credevo che non ti avrei più rivista." mormorò il ragazzo, gli occhi spalancati e la voce leggermente tremolante
"Magnus mi ha mandata a cercarti, così eccomi qui. Adesso, però, devo andare. Sarà contento che tu sia vivo."
Non stavamo così vicini da sei mesi e faceva male ad entrambi quella vicinanza. Astrea desiderava che un demone la rapisse e la portasse via da lì. Lo sguardo intenso di Raphael le stava trapanando il cervello, così decise che era meglio tornare a New York.
Prese a camminare di nuovo ma la mano di Raphael si strinse dolcemente attorno al suo braccio e la tirò verso di se.
"Resta. Solo per una cena. Ti prego."
Lottare contro i sentimenti è una battaglia persa, e loro lo sapevano. Avevano deciso di stare lontani, eppure ora si guardavano negli occhi e non c'era nulla di meglio.
"Va bene, resto. Solo perchè sto morendo di fame."
 
 
 
Con grande sorpresa, Astrea scoprì che l'uomo anziano a casa Santiago era il fratello più giovane di Raphael, Armando. La casetta della nonna era stata costruita da cima a fondo dopo che due demoni per rapire Astrea l'avevano ridotta a piume e legno. Astrea ricordava i giorni trascorsi in quella casa e sembrava che tutto fosse tornato come prima, ma era solo un miraggio. Mentre Raphael preparava la cena (si era rivelato un amante della cucina), Astrea se ne stava seduta sul divano cercando di non scoppiare a piangere. Raphael aveva fatto così tanti progressi per abituarsi ad essere un mondano e adesso lei gli aveva scombinato i piani.
"Non ricordavo che tu fossi così silenziosa. Di norma parli continuamente." disse Raphael con un sorriso.
"Non ho nulla da dire."
"Noto che sei rimasta la solita ragazzaccia dal brutto carattere. Mi piace."
"Metti da parte i convenevoli, per favore."
Raphael sospirò, stordito da quanto era accaduto quella sera. Aprì il frigo e tirò fuori una confezione di birra, una la tenne per se e l'altra la fece scivolare sul tavolo. Astrea l'afferrò prontamente e mandò giù un sorso.
"Come vanno le cose all'Istituto?"
"Sono stata bandita dalla comunità dei Nephilim e sono stata etichettata come un Nascosto. Mi hanno tolto le armi, lo stilo e presto le rune perderanno potere e intensità. Ah si sono anche presi il mio Istituto a Lisbona. Non vedo Alec e gli altri, inclusi i bambini, da mesi ormai. Quindi, le cose vanno proprio bene." il sarcasmo di Astrea graffiava e tagliava, così come era il suo cuore.
"Non è un male essere un Nascosto, poi ti abitui ad essere disprezzato. Anche se sono sicuro che a te poco importi cosa pensa la gente di te." replicò Raphael inarcando le sopracciglia, gesto che Astrea adorava. La ragazza annuì solamente, le dita attorno alla bottiglia, gli occhi fissi sul tavolo.
"Come hai tirato avanti in questi mesi?" chiese Raphael, la schiena poggiata alla credenza, e bevve un altro sorso della sua birra.
"Ho fatto qualche favore ad un paio di Nascosti, folletti e stregoni. Nulla di pericoloso e nulla che vada contro le Leggi. E tu come te la cavi?"
"Faccio qualche lavoretto per il parroco della Chiesa. Sai, aggiusto le panche rovinate, dipingo le pareti stonacate, rimetto in sesto le travi del tetto. Mi pagano bene, almeno il giusto per vivere qui. Sto bene, tutto sommato."
Quella risposta avrebbe dovuto far sorridere Astrea, ma desiderava che lui si lamentasse della sua nuova vita e che la disprezzasse così come lei disprezzava la sua. Raphael stava bene e lei lì non aveva più nulla da fare. Si alzò e prese giacca e borsa.
"Grazie per la birra, ma adesso devo proprio tornare a New York."
"Avevi detto che saresti rimasta per cena. Armando passerà la nottata nella locanda in fondo alla strada. Non te ne andare, ti supplico."
Astrea aveva già la mano sul pomello della porta e, nonostante le suppliche di Raphael, l'aprì e si immerse nella fiumana di turisti che scendevano in piazza per festeggiare. Le pizzicavano gli occhi e le forze stavano abbandonando il suo corpo. Cercare Raphael era stato un errore. In parte sperava di riuscire ad avvicinarsi di nuovo a Magnus e Alec, e dall'altra moriva dalla voglia di rivedere Raphael. Ma il suo cuore, lacerato e sanguinante, non ne era ancora in grado. Trattenne le lacrime e questo le provocava un terribile nodo alla gola che le impediva di respirare o parlare, ma non aveva voglia di crollare davanti a tutte quelle persone.
"Credi davvero che  io ti permetta di scappare un'altra volta? Mi devi una cena."
La voce di Raphael arrivò ovattata alle sue orecchie a causa della confusione, ma aveva capito benissimo cosa le aveva detto. Prima di potersi muovere, le dita del ragazzo accarezzarono la sua mano e si allacciarono alle sue. Gli occhi di Astrea saettarono verso le loro mani unite e una lacrima fece capolino sul suo viso, ma Raphael l'asciugò in fretta. Per una sera poteva benissimo lasciare da parte la ragione e seguire solo il cuore.
"Una cena."
 
 
La cena, dopo tutto, era stata piacevole. Raphael era un cuoco eccezionale e Astrea ne fu piacevolmente stupita. Armando era rientrato verso le undici solo per recuperare altro denaro che gli serviva per bere, e suo fratello non gli aveva detto nulla.
"Come mai Armando è qui? Credevo vivesse a New York." disse Astrea, le gambe distese, le caviglia incrociate sul cornicione del balcone, e rivolse un'occhiata di traverso a Raphael.
"Sua moglie lo ha lasciato un paio di mesi fa e lo ha cacciato di casa. Lui non sapeva dove andare e si è rifugiato qui. Quando mi ha trovato, gli ho dovuto raccontare circa gli ultimi settanta anni della mia vita."
Se ne stavano seduti all'esterno, appollaiati su delle vecchie poltrone in pelle rossa, e chiacchieravano come due vecchi amici. L'aria frizzante di maggio soffiava dolcemente ma non era sgradevole.
"E' tipo un rifugio per single questa casa?"
Raphael scoppiò a ridere e scosse la testa, mentre Astrea finiva di mangiare il suo gelato alla vaniglia.
"Io sono qui in riabilitazione, diciamo. Armando riesce a stare lontano dalla sua ex moglie, per me è più difficile." rispose il ragazzo, gli occhi puntati sulle stelle, l'espressione malinconica.
"Mi stai dicendo che non riesci a stare lontano dalla tua ex moglie?" quella di Astrea doveva essere una battuta, ma Raphael non rise. Si girò verso di lei e si prese qualche secondo per ammirarla.
"Sto dicendo che non riesco a stare lontano da te."
"Siamo troppo danneggiati per stare insieme." disse Astrea, cercando di convincere più che altro se stessa. Raphael sorrise senza umorismo.
"Non siamo mai stati normali. Siamo sempre stati frantumati, perennemente bloccati nel nostro inferno personale. É arrivato il momento di ricominciare a vivere. Possiamo farcela. Possiamo essere danneggiati insieme."
Astrea sorrise, mentre le lacrime scorrevano amare e pesanti come macigni.
"Sei un buon amico, Santiago."
"No, Astrea. Non posso essere tuo amico quando voglio soltanto baciarti, dormire e svegliarmi accanto a te, quando morirei e vivrei per te."
Astrea, spaventata da quella confessione, scattò in piedi e abbandonò la tazza di gelato sulla poltroncina.
"Hai paura così tanto di quello che provi da scappare via come una codarda?" adesso il tono il Raphael era diverso, più cupo e accusatorio. Astrea si sentiva in gabbia, ma non aveva paura o voglia di darsela a gambe. Al contrario, una strana forza le fluiva in corpo. Era arrivato il momento di buttare fuori tutto. Le ansie, i timori, le bugie, i segreti, cacciare via il dolore. Lì, solo loro due, sotto un manto blu puntellato di stelle avvolti dal silenzio.
"Scappo da me stessa e da ciò che provo, hai ragione. Lo faccio perchè sono a pezzi, Raphael, e non credo di poter reggere ancora questo dolore. Sono al limite. Da un giorno all'altro scopro che il mio parabatai ha cospirato contro di me insieme alla donna che ha ucciso la mia famiglia, e ho dovuto accettarlo senza lamentarmi più di tanto. Poi devo affrontare una taglia che mi vuole morta a tutti i costi. Remus muore per salvarmi e devo affrontare la maschera di dolore di Elizabeth, la sua compagna. E inoltre quello che ritenevo un amico è stato costretto a uccidermi ed ha perso la vita tra le mia braccia, e mi ringrazia mentre la morte lo congelava. E per finire in bellezza, tu ammazzi un tuo carissimo amico solo per salvare la mia inutile vita, dannando te stesso per il resto della vita. Non parlo più con i miei amici, non vedo più Max e Rafe, e Alec non si è minimamente sforzato a cercarmi. Ti ho tolto tutto quello che avevi: il potere, una casa, una famiglia e la possibilità di vivere in eterno. E' come se avessi scelto io per te, nello stesso modo in cui Cesare decideva chi moriva e chi viveva. Mi sono fatta giudice di troppe vite che non mi appartenevano affatto, e nel frattempo gli altri morivano per me. Sai, per quanto strano possa essere, credo di aver perso l'anima."
Raphael era contrariato come suo solito e sembrava che avesse appena assistito ad una scenetta pietosa. Scosse la testa e sollevò le sopracciglia in segno di disappunto.
"Non sei l'unica ad aver perso il proprio parabatai: pensa a Luke. E smettila di incolparti per la morte della tua famiglia. Gli hai vendicati e sarebbero fieri di te, ne sono certo. Mark è stato ammazzato dall'ossessione di Sylvie per il controllo e il coltello se l'è conficcato da solo nel cuore. Stan meritava di essere eliminato, era un pericolo per se stesso e per gli altri. Non mi pento di averlo ucciso perchè ho salvato la persona che amo di più al mondo, cioè tu. Astrea, devi smetterla di consumarti l'anima, che ancora possiedi, con questi stupidi pensieri. Credi di meritare solo dolore e per questo continui ad immaginarti errori e gesti mostruosi che non hai compiuto. Sei convinta di aver deciso della mia vita, e ti sbagli. Il tuo sangue mi ha guarito. Non ho mai voluto quella vita e solo perchè la mia fede è forte non mi sono tolto la vita. Mi hai dato una terza possibilità. Mi hai salvato in tutti i modi possibili in cui qualcuno può essere salvato. Adesso lascia che sia io a liberarti dalla sofferenza. Nessuno si salva da solo, e tu sei troppo presa a demolirti invece di curarti. Lasciati curare da me. Te ne prego."
Un gruppo di ragazzi passò di lì tra schiamazzi e risate per raggiungere la festa in piazza, poi tornò il silenzio a regnare. Le case vicine e la stradina erano vuote. Astrea aveva il viso completamente bagnato dalle lacrime e le sue ciglia brillavano sotto la luce dei lampioni, sembrava così potente e fragile al tempo stesso. Raphael nella sua lunga vita non aveva mai visto nulla di più bello. Una goccia cadde a terra con un tonfo che spezzò quella calma apparente, seguita poi da una miriade di gocce. In una manciata di secondi la pioggia venne giù dal cielo come se anche le stelle volessero partecipare. Astrea e Raphael erano zuppi d'acqua, i vestiti appiccicati al corpo, ma ancora occhi negli occhi. Almeno le lacrime si sarebbero confuse con le gocce, come avrebbe detto Bukowski. Raphael avevano mandato in mille pezzi quelle poche certezze che Astrea aveva, era riuscito a demolire i muri dentro ai quali era intrappolata. Aveva buttato giù i mattoni ad ogni parola e adesso lei era libera di respirare e di vedere oltre il dolore. Forse potevano ricominciare. Insieme.
"Possiamo essere danneggiati insieme, se vuoi." disse Astrea, un sorriso appena accennato e le mani strette tra loro. Raphael si avvicinò a lei lentamente, camminando con le mani in tasca e un sorriso raggiante che non riusciva a nascondere. Quando le fu di fronte, le scostò i capelli bagnati dal viso e le afferrò la vita attirandola a se. Astrea gli poggiò le mani sul petto.
"Questa volta vediamo di farla durare." si assicurò Raphael.
"Finché morte non ci separi, Santiago."
"Ti amo, chica."
Astrea si sporse per baciarlo e lui ricambiò senza esitare. Forse le cose sarebbero davvero cambiate per due come loro, distrutti e coperti di cicatrici.
 
 
Salve a tutti! :)
Siamo giunti all’ultimo capitolo.
Spero che la fine vi sia piaciuta.
Grazie di cuore a tutti voi che avete seguito la storia, a chi ha recensito, a chi ha messo tra i preferiti e via dicendo. GRAZIE.
Forse tornerò con la terza parte, ma non se sono ancora sicura.
Detto questo, mi dileguo.
Un bacio.
-Lamy_
 
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3594395