Capitolo
II
Elijah
ed Allison vennero accompagnati in una stanza al piano di sopra e la porta
venne chiusa alle loro spalle. La cacciatrice respirò a fondo guardandosi
intorno, poi guardò fuori dalla finestra ed infine si guardò le mani. Avrebbe
guardato ovunque, anche per terra per delle ore, se fosse stato utile ad
evitare lo sguardo dell’Originale. Si vergognava terribilmente; di essersi
fatta fregare in quel modo da quel Lord da strapazzo, di avere messo il nobile
Elijah in una posizione sgradevole come quella.
In
fondo non era colpa sua ed era certa che lui non l’avrebbe biasimata, eppure il
suo ego in qualche modo era ferito…
“Mi
dispiace tanto” ripeté di nuovo, come aveva fatto prima nell’atrio. E solo
allora alzò gli occhi per guardarlo.
“Per
cosa ti dispiace?” chiese lui perplesso. Con passo lento le si avvicinò e le
sollevò piano il viso per guardarla negli occhi. “Non capisco perché continui a
scusarti, niente di tutto questo è colpa tua.”
“Tu
credi? Avrei dovuto capire che non era un uomo ma un vampiro, avrei dovuto
capire che sarebbe successo qualcosa di spiacevole. Succede sempre.”
“Allison”
le sussurrò lui con un sorriso per poi guardarle le braccia che prima erano
strette dalle mani di quei vampiri/guardie. La pelle era arrossata, guardando
bene si potevano notare i segni delle dita. “Le tue braccia” le disse
abbassando una mano per accarezzare il rossore.
“Non
è niente” lei scosse poco il capo divincolandosi piano dalla presa. “Il rossore
passerà fra qualche minuto” aggiunse schiarendosi poi la voce. “Sei riuscito a
parlare con Klaus?”
“Sì,
Lucien rimarrà vivo fin quando non avremo trovato un modo per sistemare questo…”
replicò l’Originale dando un rapido sguardo tutto intorno. “Anzi perché non la
facciamo finita subito e ce ne andiamo? Ucciderò tutta la Strige se necessario,
se si metterà sul nostro cammino.”
Lei
ridacchiò. “Credi che non ci abbia già provato? A scappare intendo… ci ho
provato tre volte e non sono mai riuscita ad arrivare più in là del cancello. Sono
tanti e sono forti… ma a parte questo, dopo il terzo tentativo Tristan si è
assicurato che non ce ne fosse un quarto.”
“Che
vuoi dire?”
Allison
aprì la finestra della stanza e mise fuori un braccio per dargli una
dimostrazione pratica. Lui si avvicinò e si accorse che la pelle si era fatta
rossa, il naso aveva preso a sanguinarle e il cuore a batterle all’impazzata.
Con un gesto deciso la tirò via da lì e richiuse le tende. “Cos’era quello?” le
domandò prendendo il suo fazzoletto dal taschino della giacca e pulendole con
dolcezza il viso dal sangue.
“Quello”
la donna alzò la maglia e gli mostrò uno strano simbolo che sembrava marchiato
a fuoco sul suo fianco. “Era il risultato di questo. È una specie di serratura.
Non posso uscire da questo posto fin quando non sarà Tristan a deciderlo e
quindi a far annullare questa… cosa” spiegò farfugliando.
Elijah
allungò la mano e accarezzò quella specie di simbolo, sembrava una croce
allungata, con la punta di due dita. “Ti fa male?”
“No.
Questa è la cosa più assurda di tutta questa storia; niente mi fa del male. Vengo
trattata come una specie di ospite, eccetto per il fatto che non posso
andarmene quando voglio come un normale ospite farebbe” raccontò. “È come nel
cartone animato La Bella e la Bestia. Io sono Bell e la bestia mi chiude in
questa comoda stanza, dove ho tutto ciò che mi serve” allargò le braccia per un
istante, poi continuò. “Ho migliaia di libri a disposizione, c’è uno chef che
prepara per me tutto quello che voglio, ho un’intera stanza piena di film e
riviste e un televisore che farebbe invidia all’inventore dello schermo piatto.
Un vampiro stringe troppo e mi fa male? Dopo qualche ora sarà sicuramente morto…
Ah sì, e ci sarà un party domani sera e Tristan mi ha fatto avere dieci diversi
vestiti tra cui scegliere, con tanto di scarpe abbinate e accessori.”
La
donna iniziò ad andare avanti e indietro per la stanza, respirando
affannosamente. Di rabbia, forse di esasperazione. Elijah la osservò per un
istante poi si mise a sedere con calma sul letto.
“Da
quanto sei chiusa qui dentro?” le chiese.
“Una
settimana, almeno penso. Non lo so perché non riesco a pensare in questo
dannato posto, chiusa dentro come Rapunzel nella torre!” urlò sicura che
Tristan l’avrebbe sentita, stringendo i pugni perché sapeva che avrebbe sorriso
sentendola.
“Odio
questo posto” aggiunse qualche secondo dopo. “Lo odio. Impazzirò, ne sono
certa.”
L’Originale
si mise in piedi e le si piazzò davanti. Le prese le mani tra le sue e cercò di
sorriderle tranquillo. Infine la tirò piano verso di sé e la strinse in un
abbraccio. Lei in quelle braccia calde lasciò andare tutte le paure e le ansie.
††††
Passarono
un paio di ore e finalmente Allison sembrò riprendere il controllo delle sue
emozioni. Si fece una doccia e indossò vestiti puliti, poi raggiunse Elijah che
nel frattempo aveva spiegato a Klaus ogni cosa e aveva preso una decisione. A
suo fratello non era piaciuto sapere cosa aveva deciso, anzi non gli era
piaciuto che lo avesse semplicemente deciso, senza consultarlo. Gli era
piaciuto ancora meno che fosse Tristan, in qualche modo, a dettare le regole.
Lo
ucciderò aveva sibilato al telefono. Li ucciderò tutti quanti.
Elijah
aveva sospirato cercando di ignorare la melodrammaticità ma aveva sperato,
mentre riattaccava, che lo facesse davvero.
Fece
un grosso respiro e poggiò lo sguardo su Allison, si stava pettinando i capelli
acconciandoli in una disordinata coda di cavallo che le lasciava il viso
completamente scoperto. Quel viso bello e pulito che nessuno si sarebbe mai
stancato di guardare. Ripensò a quello che gli aveva detto, al comportamento di
Tristan, a quanto tutta quella situazione fosse incredibilmente strana. Voleva
saperne di più, capirci di più… e solo facendo quello che aveva deciso di fare
avrebbe potuto farlo.
Oltretutto,
a dire la verità, era l’unica possibilità che gli era venuta in mente quando
Allison gli aveva detto di non poter uscire di casa. Lei non poteva lasciare
quel posto e di certo lui non poteva lasciare lei. Per niente al mondo lo
avrebbe fatto.
“Come
sei entrata in contatto con Tristan?” le chiese mettendosi a sedere sulla
poltrona nera nell’angolo di fronte al letto.
“Ah”
gemette quasi lei. “Questa è la storia più imbarazzante che mi capiterà mai di
raccontare.”
“Raccontamela
lo stesso, per favore.”
Allison
si schiarì la voce, incrociò le gambe sul letto e iniziò a raccontare. Aveva
incontrato Tristan una settimana prima, il giorno del suo compleanno quando
aveva avuto la magnifica idea di uscire per un drink, da sola. Era andata nel
bar in cui andava spesso e aveva ordinato una Piña Colada, ne aveva bevuto metà
quando questo tizio le si era avvicinato.
“Mi
ha chiesto se poteva offrirmi un altro drink e ho detto di sì.” Spiegò. “Credevo
che fosse semplicemente un uomo carino che voleva… essere gentile. O che voleva
abbordarmi. Ad essere onesta non mi importava quale delle due perché avevo
avuto una pessima giornata.”
“Quindi”
provò a riassumere Elijah. “Lo hai incontrato in un bar?”
“Sì,
ad ogni modo mi ha offerto questo drink ed è l’ultima cosa che ricordo. Dopo di
quello so solo che mi sono svegliata ed ero in questa stanza, ho provato a
scappare e sono stata beccata. Mi ha raccontato di questa folle… profezia, mi
ha detto di fare come fossi a casa mia e l’ho preso troppo alla lettera. Ho
provato ad uscire due volte e il resto… beh il resto è storia. Una triste,
imbarazzante, deprimente storia.”
Si
perse nei suoi pensieri, in silenzio ed Elijah la osservò: gli occhi bassi, le
mani intrecciate strette, le spalle curve ed insicure. Non era certo che si
fosse davvero convinta che non aveva alcuna colpa in tutto quello che era
successo.
“Hey”
le disse attirando la sua attenzione. “Sistemeremo tutto.”
Lei
alzò gli occhi per guardarlo e si sforzò di sorridere. “Vai Elijah. Al
contrario di me puoi lasciare questo posto e a quanto pare la tua famiglia
dovrà affrontare un periodo abbastanza difficile. Vai da loro, non preoccuparti
di me, io starò bene. Poi quando tutta questa follia della profezia sarà finita
torna a prendermi con una strega che possa annullare questo dannato segno sulla
mia pelle.”
L’Originale
scosse poco il capo, la raggiunse sul letto e le baciò il dorso di una mano. “Non
vado da nessuna parte senza di te. Hai un nuovo coinquilino” le fece sapere.
Lei,
per tutta risposta, lo abbracciò.