alti e bassi

di Van Gogh
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorni ***
Capitolo 2: *** LA CAVALLA ***
Capitolo 3: *** LA PROPOSTA ***
Capitolo 4: *** CANCRO ***
Capitolo 5: *** Dirglielo o non dirglielo? ***
Capitolo 6: *** RAPE ROSSE ***
Capitolo 7: *** LA CORSA ***



Capitolo 1
*** Giorni ***


Era notte, fuori piovigginava e Gregory era intento a guardare la sua serie TV preferita: General Hospital, con una mano si teneva la gamba e con l'altra reggeva la bottiglia vuota di Vodka. Non usciva di casa fuorché per recuperare il giornale mattutino, la segreteria telefonica era staccata, un segno che non voleva essere disturbato. Aveva pensato che troppe persone si preoccupassero per lui, in particolare il suo amico James. La gamba iniziò a bruciargli come se gliela avessero aperta e ci avessero inserito carboni ardenti. Iniziò a tremare, fece cadere la bottiglia e prese un angolo del copri divano, iniziò a stringerlo come se fosse stata la mano di Lisa, era il dolore a renderlo così aggressivo e autolesionista. Ne era uscito con diversi tagli al braccio destro e una frattura alla mano. Lanciò un urlo quando si spaccò la bottiglia sulla gamba malata, lo stesso secondo che la il dolore si calmò, l'altra ferita lo fece impazzire dal dolore, iniziò ad avere terribili conati che lo facevano ansimare come se avesse del liquido nei polmoni. Il dolore era tornato più forte che mai, stava vomitando senza sosta... ogni secondo era doloroso, non riusciva neanche a respirare per quanta bile, succhi gastrici e qualsiasi altra cosa uscisse dal suo apparato gastro-intestinale in quell'istante. Gli mancava la sua amata Lisa, non riusciva più a dimenticarla, voleva averla accanto in quel momento così orrendo... la gamba lo fece impazzire solo al pensiero della donna che amava. Prese il cerca persone e chiamò la sua amata, la voleva accanto, solo per un'ultima volta. -che vuoi? - domandò Lisa triste, Gregory non ebbe il coraggio di rispondere -chi sei? Cosa vuoi?” - continuò a chiedere insistente la donna -ti vorrei vedere un'ultima volta, prima che...- rispose con una voce debole, triste, le sue guance si impregnarono di lacrime. Lei sembrava sconcertata: -mi dispiace.... Non volevo, ero geloso- continuò scoppiando a piangere ed ad ansimare come un bambino che non risentiva la sua mamma da anni e aveva fatto qualcosa che non doveva Lisa, s'alzò dal letto e corse al piano di sotto, credendo di trovarlo ubriaco davanti alla sua porta, ma... appena l'aprì, non ci trovò nessuno, solo la luna dal colore dell'ambra e l'erba dal colore del cielo notturno. Sospirò e fissò la sua ombra di bambina creata dalla luce dell'immenso globo ambrato, la fresca brezza notturna mosse i suoi capelli. Dopo tanto tempo entrò in quell'hotel e aprì quella porta ed eccolo, stava disteso su un fianco sul pavimento, l’odore di alcool e vomito gli fece capire che qualcosa non andava, s'avvicinò all'uomo, gli sfiorò una spalla, Gregory si girò appena e la guardò tristemente, nonostante i tremori riuscì a stringerle la mano, la donna gli sfiorò appena la fronte imperlata di sudore: -non c'è la faccio- -dov'è la morfina? - -la scatola a scacchi- rispose lui continuando ad ansimare, lei prese una siringa e gli fece un'iniezione e iniziò a esaminare le profonde ferite, i detriti si erano infilati nella carne, con cautela iniziò a pulirgli e suturare le ferite mentre lui singhiozzava e ringhiava per i dolori: la morfina non faceva effetto. Gli fasciò la gamba maciullata e lo fece sdraiare sul divano. Crollò esausto ma nonostante la morfina continuava a mugugnare e soffrire per i dolori. Arriva l’alba, lei lo guardava agitarsi come un ossesso nel sonno, mise su l’acqua per il the e nel frattempo raccolse i cocci causati dalla bottiglia rotta, in modo che non ci potesse mettere i piedi sopra e procurarsi qualche altra ferita, trovò un flacone vuoto di metadone, rimase bloccata per un momento finché non sentì il fischio della teiera, tornò in cucina e spense il fuoco, tirò fuori due tazze, mise in infusione due bustine di the, sentì un pesante mugugno e un tonfo, corse in salotto e lo vide inginocchiato per terra, che vomitava fino alle lacrime, sbatté un pugno sul pavimento, tentò di rialzarsi, lei lo sorresse, era talmente magro che gli si sentivano le costole e le vene pulsare sotto alle sue dita, lo rifece accomodare sul divano e gli diede in mano il flacone del Vicodin, era ancora diffidente ma vederlo soffrire era una cosa che la faceva dannare. La Babysitter smontava all’alba, e la bimba stava per rimanere sola a casa, chiamò un infermiera chiedendole di portarla a casa di Greg, l’infermiera annuì e chiuse. Lisa guardò nel frigorifero e trovò solo un uovo e una bottiglia di whisky, cercò nella borsetta e trovò un pacchetto di cracker in fondo alla borsa, gli fece una frittatina accompagnata da una tazza di the, Greg si rifiutò di mangiare. Lei si chiese da quante ore non mangiava e come facesse il suo fisico a resistere tanto a lungo. Sentì bussare, aprì, era l’infermiera con la bambina, che vedendo l’uomo gli corse in contro in preda alla gioia gli schioccò un grosso bacio umidiccio, l’infermiera e Lisa si guardarono per un momento, ringraziò e ognuno per la sua strada. La bimba urtò inconsapevolmente la gamba dell’uomo e lui cambiò visibilmente umore, si buttò su un fianco e ringhiò pesantemente tenendosi la gamba, Lisa la chiamò in cucina e si bevvero una tazza di the raccontando la situazione in cui si sta trovando, il silenzio venne rotto da un mugolio, una serie di oggetti lanciati sul muro, Lisa chiede a Rachele di stare un momento dov’era, torna in sala e lo trova in piedi aggrappato al divano che aveva appena scagliato la tazza di the contro al muro, aveva appena vomitato, il viso martoriato di sudore e le lacrime di dolore, mollò il bracciolo del divano e si lasciò cadere. Lei lo sorresse in tempo, questa volta lo riportò sul divano e gli fece una mezza flebo di fisiologica e morfina… il cerca persone squillò, era un emergenza in ospedale, non poteva portare la bimba con se, la Babysitter era in ferie, l’unica persona a cui poteva lasciarla era Greg… pensava e ripensava, lui era bloccato sul divano, non poteva farle del male… andò in cucina, parlò con la bimba, che le diede il compito di fare da infermiera all’uomo e in caso di emergenza sapeva chi chiamare… Rachele accettò tutta contenta l’importante incarico affidato, Lisa uscì molto fiduciosa di sua figlia. Greg e Rachele si fissarono negli occhi per un paio di minuti: “Cosa vuoi fare?” “Non so!!” rispose la bimba molto felice Lui tentò di alzarsi, riuscì ad appigliarsi sul bracciolo del divano, pensò che con quella gamba fasciata non poteva fare tanto: “Portami il bastone, è nella mia camera” gli ordinò mentre reclinava il capo in avanti fissando il pavimento, la bimba gli portò l’oggetto e lui, si aggrappò saldamente all’asta porta-flebo e il bastone: “Adesso, cosa facciamo… dottoressa?” continuò mentre tentava di nascondere le lacrime, la bimba fece una smorfietta preoccupata alla vista della fasciatura macchiata di sangue: -siediti, che ti faccio la fasciatura- rispose con quasi la professionalità di sua madre, lui si sedette, lei gli tolse la fascia sporca e scoprì la grossa cicatrice: -deve farti molto male- esclamò mentre con le sue piccole manine delicate gli faceva un piccolo massaggio improvvisato, Greg era sorpreso nel vedere come quelle piccole dita scivolavano con professionalità sulla carne accartocciata, gli provocava una gradevole sensazione, Rachele gli disinfettò le ferite e gli rifece la fasciatura, aveva proprio preso da sua madre. L’uomo chiese alla bimba di prendere lo stetoscopio che stava in un cassetto della libreria, e gli insegnò a ascoltare il cuore, gli insegnò a fare le iniezioni e i prelievi, aveva una mano meglio di un infermiera. Per la prima volta Greg aveva la totale fiducia di qualcuno. Erano le 18 del pomeriggio e s’addormentarono esausti. Lisa tornò a casa esausta dopo una montagna di scartoffie, entrò nel salotto e vide lui con la piccola in braccio a dormire insieme sul divano… la flebo era stata cambiata e la fasciatura era pulita, aveva tutto il tempo di tornare a casa, farsi una doccia, andare a comprare qualcosa da mangiare e tornare in appartamento. Si ricordò che l'ultima volta quando l'aveva visto così tranquillo era quando prendeva il metadone. Arrivò l'alba, si ricordò subito di dov'era, I raggi di sole danzavano sulle coperte e sulle pareti di un colore ambrato, aprì le finestre per far entrare un po' di aria in quella camera da letto, si cambiò e tornò all’appartamento, la bimba gli corse in contro tutta allegra raccontandogli tutto il pomeriggio trascorso con Greg: -Dottoressa, ho controllato il paziente, ha i parametri vitali stabili, mi ha insegnato a cambiare le flebo, mi ha insegnato un sacco di cose- esclamò con tono professionale, Lisa fece una carezza e un sorriso alla piccola e guardò l’uomo con fare serio, era visibilmente nervosa e preoccupata, s’avvicinò a lui e controllò il lavoro svolto dalla bimba, rimase molto sorpresa nel vedere che era un lavoro eccellente: -Hey, tua figlia è ufficialmente assunta- esclamò Greg esaltato, Lisa lo fulminò con lo sguardo: -Appena ti riprendi e le ferite saranno guarite, tu te ne torni al lavoro e non ci sarà mai un noi e dimenticheremo tutto- esclamò esterrefatta, lui chinò la testa e lei lo copiò, fecero colazione con i pancake: Lisa chiese se avevano programmi per la giornata, loro dissero che se ne stavano a casa a leggere libri. Lei gli diede un bacino a Rachele e prendendo la borsa andò al lavoro. Greg a fatica prese per mano la bimba e si diressero verso l'ospedale. “House, Che ci fai qui, lo sai che potrebbero saltarti i punti?” saltò addosso Lisa a Greg, lui non ebbe il coraggio di rispondere, ma Rachele rispose che era abbastanza stabile per risolvere un caso, i punti gli si stavano rimarginando molto bene senza segno di infezione e i dolori erano gestibili… Lisa seguì Greg fino all’ascensore per fargli una ramanzina, lui non ribatté, non disse nulla… Ore 8.30, fissò l’orologio dell’ufficio che ticchettava incostantemente, la tremarella era peggiorata assieme alla nausea, giocherellava con il pennarello e il mal di testa aumentava ad ogni secondo, aspettava che qualcuno venisse fuori con la solita domanda ma in quel giorno l’ufficio era nel silenzio più malinconico e triste, solo il rumore delle ambulanze in lontananza che tornavano con qualche vittima della notte. “Che… che…” esclamò non riuscendo a finire la frase a balbetti, rimasero di pietra per più di una quindicina di minuti ma i commenti volarono all’impazzata come missili dopo quel straziante silenzio, gli guardò come se volesse fargli una ramanzina e uscì ma, appena s’alzò dalla sedia le gambe cedettero per l’ennesima volta, si rialzò e uscì. Entrò nel bagno mentre la stanza iniziò a girare vorticosamente, le gambe cedettero, batté i pugni sul gelido pavimento, visibilmente accaldato e furioso, la tremarella si fece sentire in tutta la sua forza, un altro conato lo forzò a buttare fuori quello che aveva, tutto su quel gelido pavimento bianco: bile, succhi gastrici accompagnati da una notevole quantità di sangue … la stanza girava vorticosamente mentre le luci si facevano offuscate, ingoiò tre vicodin prima di sedersi con le spalle al muro, fissò il soffitto cercando di capire cosa fosse successo, aveva il cancro e queste cose sarebbero diventate normali nel corso dei mesi. Prese delle pillole, tirò un sospiro e si rialzò… ritornò in ufficio con la piccola Rachele, buttò la cartella sul tavolo di vetro… la paziente è caduta da cavallo, sospetta frattura del piede, colpa del cavallo… esclamò preso da una delle sue illuminazioni… voi fate i test, io e Rachele andiamo a controllare l’animale in questione…. Continuò fiero della diagnosi, tutti lo fissarono sbalorditi mentre uscivano con l’abile passo di un felino.

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Capitolo 2
*** LA CAVALLA ***


Arrivarono all’ippodromo, s’avvicinarono al paddock dove una Giumenta morella portava il numero in questione: il 17 … la fantina è stata disarcionata più di quattro volte nell’ultimo mese… spiegò un ometto basso e pelato ad un uomo alto magro, vestito di tutto punto, lui si grattò la nuca con fare sospetto e esclamò che doveva farla sopprimere alla fine delle corse. Il buffo ometto si lamentò dicendo che era un gran bell’animale ma in quel periodo aveva i suoi problemi e non poteva pensare a tutti i cavalli. L’animale ma scrutò con le orecchie all’indietro, notai una leggera zoppicatura tra i cambi di andature, io lo fermai e chiesi se poteva entrare nel paddock, lui mi rispose che se volevo essere ammazzato potevo far pure, io e la bimba scrutavamo il cavallo che inarcò il collo, galoppava avanti e indietro lungo la staccionata, sbuffava e nitriva come una pazza… fece una mezza impennata ed era lì che notai un gonfiore alla zampa…. I suoi grandi occhioni azzurri erano velati dal terrore. L’uomo elegante mi disse che era una bestia troppo bella per essere abbattuta ma troppo selvaggia per essere cavalcata, figlia di campioni ma con una vena di follia, se entro la fine della stagione delle gare non faceva un buon punteggio l'avrebbe abbattuta, entrai nel paddock, la giumenta galoppava all’impazzata avanti e indietro come per tracciare un confine, buttai a terra il bastone, lei si fermò di fronte a me, ansimava come una dannata, muso basso e orecchie indietro, tentai di riprendere il bastone e lei indietreggiò, la gamba mi stava facendo impazzire, ci guardammo negli occhi, il cavallo fece qualche passo zoppicante verso di me, io m’avvicinai lentamente e gli sfiorai appena il muso... stava per uscire dal paddock mentre la giumenta zoppicante lo seguiva come un cagnolino. L’uomo elegante disse che se riusciva a rimettere in sesto il cavallo per l’ultima gara della stagione sarebbe salva. Arrivai al lavoro leggermente più veloce del solito nonostante il dolore, appesi il bastone alla lavagna… caso risolto, non era colpa della paziente ma bensì del cavallo… avevo ragione… esclamai con un malizioso sorrisetto, Cameron sorrise, Chaise stava sorseggiando un caffè e Foreman stava leggendo il giornale…. Mancava qualcuno, mi guardai attorno chiedendo dov’erano Amber e Kutner, Foreman fece spallucce, Cameron si tolse gli occhiali stupita dall’insolita domanda e Chaise incrociò le braccia, mi diressi da Wilson alla ricerca di risposte. Il giorno dopo tornai da Destiny, lei mi guardò e mi lanciò un nitrito e mi venne in contro, entrai in paddock, presi lo sgabello e poggiai la gamba buona sulla staffa caricando il peso sulla gamba menomata, con un piccolo colpetto riuscii a farlo partire, la gamba mi faceva un male d’inferno, riesco a fargli fare qualche passo, ma scendo pesantemente, facciamo qualche passo. Fine giornata, per la prima volta dopo 5 anni crollai immediatamente sul divano senza l’ausilio dell’alcool. Arrivo il pomeriggio da Destiny, riesco a stare in groppa senza cadere, con un leggero cenno della gamba buona riesco a farle fare qualche passo, ma mi sta portando nel campo con gli ostacoli, mi ritrovo davanti ad una serie di ostacoli, stringo le briglie, sono senza la sella, schiocco la lingua e lui parte come un fulmine, in quel momento la gamba non era un problema, saltammo 3 ostacoli di un 1,50 l’uomo elegante mi guardò stupito, ripresi il cavallo e m’avvicinai alla staccionata, l’uomo mi propose che se riuscivo ad arrivare al primo posto nel salto ostacoli che si teneva tra due giorni il cavallo sarebbe stato salvo, io risposi con un cenno positivo, in quel momento ero nel panico…. E se la gamba avrebbe ceduto sotto il peso dello stress durante la gara? ... Arrivai al lavoro con un’ora di ritardo, Lisa era furibonda, mi minacciò di licenziarmi ma io non dissi nulla, anzi impallidii tutto d’un colpo e questo lei lo notò immediatamente, mi chiese cosa avevo ma io dissi che stavo bene, ero un po’ stanco ma stavo bene, lei si tranquillizzò e andai nell’ufficio, riappesi il bastone alla lavagna come ogni mattina e aprii le mani come un mago, erano intenti a guardare una corsa di cavalli… Chiesi chi stava vincendo ma nessuno rispose, dopo due minuti Cameron saltò in piedi esultando dalla gioia sventolando un biglietto delle corse… ha vinto il 12… Ripeté diverse volte prima che Chaise gli passò 20 dollari passatogli da Foreman, io la fissai mentre il suo sorriso illuminava tutto l’ufficio. Quella sera tornai da Destiny, montai in groppa…. Quel gesto ormai era diventato naturale, saltammo una decina di ostacoli, nessuno ci avrebbe più fermati, mi ero preso il lusso di galoppare senza la sella, lei galoppava con il muso al vento mentre io sentivo l’aria della sera che mi scompigliava i capelli, era un’emozione unica. Tornai più tardi del solito e m’addormentai sul divano, stanco ma felice. Un raggio di sole filtrò dalla tenda leggermente socchiusa svegliandomi, la casa era illuminata da un caldo sole mattiniero, ricordai che avevo la gara per riscattare Destiny. Arrivai in moto, smontai e lo presi per la cavezza, gli diedi una pulita svelta, la imbrigliai, questa volta avevo deciso di gareggiare senza sella…. Montai subito e con un leggero trottino raggiunsi gli altri fantini con gli altri cavalli… uno mi si avvicinò con fare serio e mi disse che ero un pazzo a correre in quelle condizioni e con quel cavallo, io non risposi tutti i cavalli erano agitati…. Tutti tranne il mio Destiny. Tutti avevano fatto degli ottimi punteggi ma con un errore su un doppio ostacolo, era il nostro momento... Fu un inizio spettacolare, stavamo gareggiando meglio degli altri fantini nonostante la pesante menomazione alla gamba, l’annunciatore era gasatissimo: “questo fantino nonostante la sua menomazione e un cavallo zoppo stanno per saltare l’ostacolo che ha messo tutti in difficoltà, ancora questa curva e…. Un salto perfetto.... Incredibile” La gente esultava nelle scommesse, Wilson era spaventato al pensiero su che piega poteva prendere la gara, Cameron invece esultava di gioia. Aveva saltato alla perfezione l’ultimo ostacolo quando Ci fu' un colpo di scena, caddi da cavallo finendo sulla morbida sabbia…, mi rialzai Io alzai, mi scrollai la sabbia di dosso, recuperai Destiny, avevo guadagnato il primo posto, andai dall’uomo elegante e gli ho detto che Ho riscattato il cavallo, adesso può ridarlo a sua figlia…. Esclamai nervoso ma con una nuova nota nel tono che non seppi decifrare. Scesi dal cavallo e tentai in un piccolo passetto, la gamba cede e mi aggrappo in un suo ciuffo di crini, il passo non mi riuscì ma questa era la mia prossima missione, fare un piccolo passo alla volta, Cameron mi sorrise, io la guardai con i miei occhi di ghiaccio, Jimmy venne a congratularsi accarezzando il muso del cavallo… dissi che avevo risolto la diagnosi e per questo adesso tutte le tessere del puzzle torneranno al suo posto, lui mi guardò mentre abbozzai un piccolo sorriso stanco, chiesi dov’era il bastone ma Allyson mi rispose che non ne avevo più bisogno, divertito gli feci una ramanzina e lei mi indicò dov’era, era lì, appeso alla staccionata, solitario, mentalmente pensai che erano più o meno una ventina di passi, troppo complicato… un passo alla volta. Rimontai in groppa al cavallo per una foto di gruppo. Tornai nel mio vecchio ufficio, la paziente era stata dimessa e tutto era tornato normale, Foreman che sfogliava il giornale, Cameron che sorrideva e Chaise che sorseggiava il suo caffè… chiesi di Amber e Kutner, nessuno rispose, ma immaginai subito che si trovavano a parlare di avventure con Jimmy… entrò Lisa con il New York Times fresco di giornata… portava una mia foto in groppa a quel cavallo, mise il giornale sulla scrivania e uscì con un gentile sorriso di giovane donna. Passai davanti alla porta dell’ufficio di Wilson stranamente aperta, e all’interno lui beato con un panino nel piatto e intento a leggere quel piccolo ritaglio di giornale… non tentai di rubarglielo o di opporre resistenza per averlo ma andai avanti tranquillamente, la notizia si diffuse per tutto l’ospedale e alcuni pazienti in condizioni peggiori delle mie ogni tanto mi chiedono se riusciranno a fare qualcosa come l’ho fatto io… e io rispondo che se si ci mette d’impegno si ottiene tutto, e per questo che siamo qui, per continuare a provare. Iniziai la riabilitazione due settimane dopo, e fu faticoso abbandonare il bastone, continuai a vedere l’ufficio di Wilson sempre aperto ma di Kutner e Amber non c’era traccia. Tornai a mollare la riabilitazione due giorni dopo, non riuscivo a stare separato dal mio amato bastone, Wilson mi pregò di fare un po’ di esercizio una volta al mese, cosa che accettai volentieri. Era una fredda mattinata di fine Novembre quando entrò Cameron, mi guardò dolcemente ma qualcosa la turbava, mi chiese il perché glielo avessi nascosto per più di un mese e mezzo, io la guardai caricando tutto il peso sulla gamba malata, strinsi il bastone e in un ringhio le risposi che la vita andava vissuta e che non potevo farci niente…, lei mi guardò serissima in volto, misi una mano sulla lavagna mentre cercavo di nascondere la tremarella alle mani, abbassai lo sguardo per non incrociare il suo e continuai che la vita andava vissuta anche nelle difficoltà… uscii e mi nascosi nel bagno mentre le luci si facevano offuscate, la tremarella si fece particolarmente violenta e un conato mi fece buttare fuori quel poco di caffè della mattinata precedente, rimasi in piedi senza crollare, uscii e zoppicai a testa alta mentre i medici mi guardarono quasi stupiti. Passò la fredda giornata facendo scivolare la sera, la neve cadde leggera sotto sguardi sognanti dei bambini del reparto di terapia intensiva, la mia tremarella non destava a cedere e per questo che nelle ultime ore mi ero rifugiato nel grande terrazzo che destava all’ultimo piano…, guardavo la neve che imbiancava candida tutto il New Jersey, ingoiai 2 vicodin e continuavo a fissare le calde luci dell’inverno, tutto questo era quasi un incanto,

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Capitolo 3
*** LA PROPOSTA ***


Wilson stava cercando House e notò che la porta del balcone era appena socchiusa. Per un momento James temette il peggio: lo conosceva bene, quando era disperato lui era pericolosamente distruttivo per gli altri e soprattutto per se stesso. Si precipitò sul balcone e lo trovò disteso a terra, con le braccia in avanti, come protese verso lo studio il suo e la faccia volta verso il muretto del balcone. La boccetta del Vicodin era aperta a terra e alcune pillole erano sparse sul pavimento, vicino al bastone. "House! Oh mio Dio!" gridò James e girò il corpo di House, alzandogli la testa fra le sue braccia. Fortunatamente il battito cardiaco e il respiro erano regolari: era svenuto. James lo trascinò fino all'interno del suo ufficio, lo stese sulla poltrona e cominciò ad attendere che si risvegliasse. Si sentiva tremendamente triste, arrabbiata e anche un po' in colpa, quell'angoscia che aveva dentro l'aveva tormentata per mesi ma invece di avvilirla le dava più forza. House aveva la voce impastata, affaticata. Il diagnosta fece una leggera smorfia accompagnata da un gemito, come se si stesse sforzando a ricordare. "Non... non... ho preso pillole. Non riuscivo a stappare il flacone..." rispose House visibilmente confuso. Si massaggiava la coscia e di tanto in tanto tremava. Wilson prese l'oftalmoscopio dalla scrivania di House e gli illuminò le pupille, concludendo che effettivamente non aveva preso dosi eccessive di Vicodin. Lo guardò in silenzio mentre si alzava e pensò che forse troppo stabile per essere una persona con il cancro alle gambe. Lisa era alla scrivania del suo ufficio e le venne in mente un'idea, uscì e andò verso l'ufficio di Gregory. Entrò: “Greg, ho una proposta da farti” “che genere di proposta...” rispose lui mezzo intento a giocherellare con una siringa “una proposta che non potrai rifiutare... che ne pensi di seguire La disintossicazione?” domandò Lisa rilassata “e in cambio cosa mi dai?” “dosi massicce di morfina per tutto il periodo della disintossicazione” “ok... ci sto” rispose lui senza riconsiderare l'offerta due volte, . “si inizia domani” esclamò uscendo La mattina seguente lei entrò nell'ufficio, aveva indosso il camicie e sotto aveva un vestito rosso leggermente scollato e un foulard bianco legato intorno al collo, i capelli sciolti. Entrò nella stanza: “buongiorno, oggi si inizia con la disintossicazione” esclamò lei mentre tirava fuori un flacone, ne prese due pillole e lo rimise accuratamente nel taschino del camicie “da dove si inizia?” domandò lui facendo roteare il bastone “allora, prima di tutto, si inizia da 3 pillole e poi scendiamo gradualmente, ti farò provare altri antidolorifici e decidiamo qual'è il migliore per tenere a bada il dolore, se poi vedo che gli altri antidolorifici non fanno effetto... ti lascio le dosi di morfina!” “ah, è più facile dirlo che farlo” esclamò lui sempre nervoso, Lisa uscì dopo aver fatto ingerire le due pillole di Vicodin, ritornò nel suo ufficio a sveltire dei documenti. Arrivò mezzogiorno e lei rientrò, gli controllò la pressione, era leggermente alta: “come va il dolore?” domandò lei preoccupata “che diavolo, non c'è la faccio più... ” urlò Greg che si teneva la gamba per il dolore, stringeva il bracciolo della poltrona per placare la furia e la rabbia che lo sconvolgevano e non voleva scaricarli verso Lisa: “prova questo, ti farà stare meglio” si sedette sul letto e gli diede in mano quattro pillole di Gamapentin, lui le ingerì come se fossero state caramelle, ma dieci minuti dopo non funzionò e il dolore era sempre più forte, lei gli prese la mano come la prima volta, gli fece un'iniezione massiccia di morfina e un leggero calmante, gli accarezzò la mano, il dolore lo stava uccidendo, ansimava come se avesse avuto liquido nei polmoni e la gamba bruciava come se gliela avessero aperta e ci avessero inserito dei carboni ardenti, due minuti dopo s'addormentò, stremato dal dolore. Venti minuti dopo Greg era sdraiato sul pavimento del bagno, ansimava, Lisa aveva fatto provare tutti gli antidolorifici immaginabili possibili ma nessuno era riuscito a placargli l'insopportabile dolore, neanche una pillola di Vicodin era riuscita a fare effetto, continuava a vomitare senza sosta, allora, prese la siringa che aveva in tasca e gli fece la mezza dose di Morfina, da quando aveva premuto il pistone a cinque minuti dopo il dolore si calmò, gli tenne la mano con la promessa di non dargli più antidolorifici. Arrivarono le due e il dolore era incontrollabile, tremava come se avesse avuto le convulsioni, e non riusciva neanche a respirare, era tentata di metterlo in coma ma si fermò all'ultimo momento e si ricordò della promessa fatta due ore prima, iniziò a stringerli la mano sempre più forte nell'intento di fargli dimenticare, almeno per un momento l'insopportabile dolore. Nei suoi occhi si leggeva il terrore e la sofferenza, continuava a vomitare senza sosta. Tirò fuori un flacone e prese due pillole: “non posso darti il Vicodin ma questo ti allenta la nausea” e gli diede le pillole ma le rigurgitò subito: “non c'è la faccio più” “la dipendenza da oppiacei ti fa credere di avere più dolore di quanto tu non ne abbia veramente, vedrai, ti riprenderai” rispose lei con sguardo pietoso, gli fece un'altra dose di morfina. Arrivarono le cinque del pomeriggio e loro ritornarono in ufficio, lei sorrise, il suo piano funzionava. Stettero insieme tutta la sera, solo un momento si guardarono negli occhi con un spiraglio di sorriso ma solo per un'istante perché le lacrime comparvero sul volto di Greg. La mattina dopo Lisa si risvegliò accanto a lui, gli guardò il viso e scorse l'occhio nero, allora Jeff aveva ragione, lui non le aveva raccontato tutta la storia, era successo qualcosa. tentò di svegliarlo ma lui non si svegliò, scorse la macchia di sangue tra le lenzuola bianche, girò la testa e trovò sul pavimento un bisturi da 6, di corsa con una mano buttò di lato le lenzuola e impallidì alla vista dello squarcio che partiva dalla cicatrice violacea fino alla fine della coscia, era talmente profonda che gli si vedeva l'arteria squarciata che perdeva come un tubo rotto, prese dal cassetto ago e filo, mentre lui ansimava e stringeva i denti, gli cucì i nervi, i tessuti, il muscolo ed infine la pelle, Era venuto un bel lavoro ma ora doveva capire perché aveva avuto quell'atto suicida, si riprese dopo mezz'ora ma il dolore post-operatorio l'aveva fatto rincominciare a vomitare, lei gli provò a dare una dose intera di fisiologica ma il dolore non sembrava scendere a compromessi simili, quindi gli toccò fare una dose intera di morfina. 20 minuti dopo il dolore si placò, I giorni passavano, lui aspettava davanti a quella dannata porta, stava in piedi senza l'aiuto del bastone, voleva lasciarsi morire di fame. Giorno dopo giorno diventava sempre più debole, il suo respiro sempre più affannato e una sera ingerì mezza pastiglia di Vicodin, ma mezzo secondo dopo la rigurgitò, in quel stesso momento, le gambe gli cedettero e si ritrovò per terra con le mani è si reggeva continuando a vomitare bile, succhi gastrici e tutto quello che si trovava nel suo intestino. Ansimava e vomitava, era disidratato e stava per morire. Passarono 15 giorni terribili e finalmente , Lisa entrò da quella porta. Appena vide Gregory sdraiato sul pavimento per colpa dello svenimento e che stava continuando a perdere roba rossa e liquida dalla bocca, gli sedette accanto e iniziò ad accarezzargli la schiena per fargli notare la sua presenza, si sentiva in colpa per quell'atto che lo aveva quasi ucciso: “House, svegliati ti prego, mi dispiace” continuò lei continuando a smuoverlo delicatamente con le mani sempre più preoccupata, ci fu un momento che lui ansimò un poco più forte ma era sempre più debole, teneva gli occhi chiusi e i liquidi continuavano a scendergli dalla bocca, il viso era martoriato di sudore, s'accorse che stava buttando fuori sangue assieme a bile e succhi gastrici. Lei lo guardò e prendendogli la mano una lacrima gli bagnò la guancia: “non morire ti prego!” esclamò con il terrore che morisse sotto ai suoi occhi, accanto all'uomo vi trovò una busta, la lesse: , lei scoppiò a piangere mentre gli strinse leggermente più forte la mano e cinque minuti dopo s'addormentò stremata dal dolore. Arrivò l'alba e lei si svegliò, trovò accanto a se una pozza di sangue e degli asciugamani fradici, s'alzò e si diresse in cucina dove lo trovò, stava in piedi senza l'uso del bastone ma in mano aveva una pistola, s'avvicinò ma lui indietreggiò di due passi, s'accorse che aveva qualcosa che pendeva dal lato destro del collo, guardò bene e s'accorse che era un lembo di pelle, stava perdendo sangue dal petto, provò ad avvicinarsi ma lui continuava ad indietreggiare terrorizzato, voleva scappare dalla donna che amava: “Greg, Greg, non ti voglio fare del male, stai tranquillo” provò a tranquillizzarlo con le parole, lui finì contro il muro, era pronto a scattare come un cavallo messo all'angolo. Lisa riuscì a sfiorargli la guancia ma fece un passo di troppo e lui scattò in avanti come se fosse sparato da un cannone, facendo un'unica curva corse fuori dalla porta nonostante fosse aperta. Lo trovò nel pianerottolo delle scale e chiamò un ambulanza.

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Capitolo 4
*** CANCRO ***


Lisa era molto preoccupata, era seduta sul letto, gli teneva una mano e con l'altra gli carezzava la guancia. Nella stanza, entrò Cameron e vide Lisa seduta accanto a lui: “come sta?” chiese Allison preoccupata “male, lo sto costringendo a seguire la disintossicazione, e adesso va tutto a rotoli, ha avuto un arresto cardiaco cinque minuto fa, ma adesso è rianimato, vivo ed è debole!” rispose lei con tono quasi pentito, Cameron estrasse dalla borsetta una busta: “questa è per te, Stacy è tornata a New York e mi ha detto di consegnartela!” continuò la dottoressa con un tono di voce molto rilassato, Lisa la mise sul comodino e nella stanza calò il silenzio più assoluto. Arrivò il tardo pomeriggio e il tramonto stava colorando dei colori del fuoco il cielo e la stanza, Cameron era andata in ambulatorio a lavorare, lui dormiva, lei era seduta sul divanetto e prese la lettera, l'aprì e la lesse, come l'ebbe letta, mise il foglio sulle ginocchia e guardò dall'ampia vetrata il tramonto che illuminava le sue speranze d'oro, rilesse le ultime parole e sorrise: “sono contenta per Greg, spero che guarisca presto!”, lei sorrise e il suo viso prese i colori del fuoco, i colori dell'oro che illuminarono il paesaggio, anche lui si svegliò e guardò il paesaggio dall'ampia vetrata, i loro sorrisi in una stanza d'ospedale. passarono i giorni e le preoccupazioni diminuirono, lei riuscì a capire che c'era un legame profondo tra Gregory e la figlia. Era una sera che stava piovigginando, lei entrò nella stanza d’ospedale di lui ma non lo trovò ma, accanto al comodino vi trovò un foglio, lo prese e sedendosi sul letto lo lesse: “Lisa, ti ho amato ma mi doleva il cuore ad ogni tuo pensiero”, come ebbe letto codeste parole, guardò un momento la flebile luce che emanava la lampada da comodino, una lacrima le rigò il volto e si lasciò abbandonare sul foglio, decise d'alzarsi e andò nel salottino, non c'era nessuno, neanche la bambina a confortarla in quel momento, spalancò gli occhi un e si domandò: “Rachele?!?” ,girò mezzo ospedale e, prendendo il primo ascensore andò verso oncologia, che appena entrò tutti gli fecero una festa, ma lei si ritirò subito e salì le scale, corse con la speranza di trovarlo dal suo amico James, invece entrò e ma non vi trovò nessuno, solo l'uomo che lavorava al computer, rimase con il fiato sospeso per mezzo secondo e con uno “scusa” uscì, era nervosa, agitata, ma sentì dalla camera dei giochi del reparto delle voci, si diresse e trovò Gregory che leggeva una storia in mezzo ai bimbi che ascoltavano in silenzio, sulla gamba malata ci era seduta Rachele, lui sorrideva ma, poco dopo mise giù il grosso libro di favole e estrasse un fischietto dalla tasca: “pronti, a due fischi mettetevi sul tappeto e mettetevi sotto le coperte” e fischiò, i bimbi si misero sul tappeto, prese un libro da sotto alla giacca, lo aprì e iniziò a leggere una poesia, poco dopo tutti s'addormentarono, compreso lui, la donna sorrise e tornò nel suo ufficio, era una notte fantastica, forse era vittima di uno scherzo di un angelo, il suo pensiero si fermò per un momento su Amber, la notte passò tranquilla e arrivò l'alba si svegliò, s'alzò e tornò al reparto, ma non lo trovò. Intanto James era in ambulatorio, Gregory era appena entrato con una lastra in mano: “ciao” disse mentre una lacrima gli bagnò la guancia “ciao, cosa succede?!?” domandò preoccupato “ho il cancro” rispose lui cercando di mantenere la voce più neutra possibile, fece cadere le lastre, il bastone e il flacone di Vicodin, si girò e senza aggiungere altro uscì, l'amico rimase sconcertato dalla drammatica notizia, pensava che fosse uno dei suoi soliti scherzi stupidi, ma non lo era affatto, prese la lastra e la mise davanti alla finestra al sole: “merda!” sussurrò in preda alla sbalzo d'umore, scattò fuori e pensò di trovarlo al piano terra, lo vide che stava per uscire: “House, House” ma i suoi richiami non funzionarono, così decise di seguirlo. Gregory chiuse gli occhi un momento e una lacrima gli bagnò il volto, sembrava dire “addio” al suo migliore amico, accese la moto è se ne andò, James lo fissò con sguardo triste. Greg, andò al Seattle Grace, si fermò e scese dalla moto e zoppicò verso la struttura. Appena entrò, si diresse verso la reception, dove una giovane infermiera bionda stava smistando delle cartelle: “buongiorno dottoressa, avevo un' appuntamento con l'oncologa Meredith Grey's" “3° piano a destra, a che ora scusi?!?” domandò la giovane infermiera “13.35, esattamente tra... 5 minuti” rispose con voce leggermente tremante “yes, 13.35, 3° piano, okay” rispose lei con un leggero accento inglese e scostando dal viso un ciuffo di capelli “grazie” ringraziò con un sorriso sincero e si diresse verso l'ascensore.

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Capitolo 5
*** Dirglielo o non dirglielo? ***


una giovane dottoressa accolse Gregory: “buongiorno, ho una buona notizia: basteranno solo i farmaci, la massa è molto piccola, ma dove l'avevano operata si è formato un coagulo che ha bloccato la crescita di esso, ma bisogna rimuovere esso per poter agire con i farmaci e poi c'è il rischio di cancrena, la soluzione più sicura è l'amputazione” “è questa sarebbe una buona notizia? voglio i farmaci e la chemioterapia, ” rispose Greg stringendosi la gamba con tutta la furia che aveva in circolo nelle vene “stai tranquillo” tentò di tranquillizzarlo, stava tremando a più non posso: “Dottoressa, ti prego, dimmi tutte le fasi del cancro che dovrò subire” chiese lui “si certo” disse mentre gli prese la mano e continuò: “nel primo stadio: tremori, dolore, vomito e allucinazioni, le piastrine scendono sotto le 1000 e sarai esposto a infezioni, invece nel secondo stadio in cui il cancro si diffonde, gli stessi sintomi ma il doppio, il triplo del dolore e cambiamento della personalità, invece nel terzo stadio c'è la morte certa del 98%, la maggior parte delle persone che muoiono è perché non vengono curate in tempo, mentre tutte le altre se le portano via il dolore, quel 2% sopravvivono grazie ad un' intervento molto rischioso oppure sopravvivono perché si sono fatti operare, tu sei già nel mezzo del 1° stadio” concluse la donna con le lacrime agli occhi, gli strinse leggermente la mano “uhm, grazie” rispose lui continuando a tremare leggermente più forte, si stringeva la coscia. 12 Ottobre 2001, le giornate si fecero sempre più fresche. Quella mattina si sarebbe prospetto che oggi sarebbe stata una giornata molto autunnale. Lisa e Greg stavano bevendo un caffè mentre la piccola Rachele pastrocchiava con una cioccolata calda, glielo doveva dire. Il silenzio nascondeva molte parole, lui stava pensando che fosse il caso di non dirlo davanti alla bimba, lui provava qualcosa per lei, le voleva bene.

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Capitolo 6
*** RAPE ROSSE ***


“bene” rispose lei tentando di essere felice, lei prese in braccio la bambina che voleva salutarlo, lui tremò alla vista della donna che amava che forse se ne stava per andare, invece: “ti amo, non ho fatto che pensare a te in questi mesi, ma qualcosa mi ha spinto a tornare da te” disse lei accarezzandogli la guancia con una mano: “ti invito a cena a casa mia, che ne dici?” continuò felice la donna, lui era sbalordito della domanda: “certo che verrò” riuscì a dire con un tono di voce molto rilassato e tranquillo ma con il terrore di aver parlato troppo, invece era tutto tranquillo. Arrivò, appena entrò sentì un profumo di rape rosse, era un' odore insopportabile, non era possibile che proprio quella sera stava preparando rape rosse per cena, arrivò Lisa in salotto con il grembiule macchiato di rosso: “stupide verdure, ah, sei arrivato, pensavo che non arrivasti più!!” esclamò lei contenta, “comunque è pronto” continuò, entrarono in sala da pranzo e s'accomodò sulla sedia, la puzza stava sconvolgendo sia lui che Rachele: “cosa succede?” chiese lei preoccupata “ah, niente, è il dolore” rispose lui mentendo. A metà cena arrivarono quelle dannate rape rosse nel suo piatto, solo alla vista impallidì, gli venne in mente quella brutta esperienza di quando aveva 3 anni, sua madre l'aveva costretto a mangiarne un piatto intero, il primo boccone tentò di ingoiarlo intero mentre la seconda volta ebbe uno shock anafilattico dovuto ad una grave allergia da essa: “perché non ne mangi??” domandò la bambina che lo riportò sulla terra, allora ne mangiò un pezzo ma gli vennero subito conati, ne mangiò un altro pezzo ma da quando lo mandò giù a cinque minuti cadde a terra ed ebbe lo shock anafilattico, riuscì ad salvarlo sul momento, la serata riprese tranquilla. Comunque era una stata una serata davvero divertente per loro. Arrivò l'alba, Lisa si svegliò e trovò Greg tra le sue lenzuola, che dormiva come un cucciolo, s'alzò, si vestì senza svegliarlo, lasciò un biglietto sul comodino e andò silenziosamente a lavorare. Quando entrò nel piano terra, vide James e Tritter che stavano discutendo(litigando) : “Lei è un perfetto idiota, dottor Wilson, perché non aveva avvisato subito la dottoressa Cuddy che Gregory aveva il cancro al fegato, obbligalo con la disintossicazione, arrivederci” disse il poliziotto pelato allontanandosi da James, l'amico sembrava leggermente intimorito alle minacce del poliziotto bastardo: “cosa ti ha detto Tritter?” domandò lei curiosa “niente, è solo che quell'uomo ridicolo non ha tenuto in considerazione che sta morendo, a Lisa gli si gelò il sangue, aveva sentito bene, cancro al fegato, iniziò a fare un sacco di domande e Wilson gli raccontò tutto. a lei le venne da esclamare che è già disintossicato, pulito da almeno 20 giorni, apparte un po' di morfina e mezza pillola di Gamapentin per il resto sta abbastanza bene” rispose lei tutta contenta “buongiorno!” esclamò Greg mentre scendeva lentamente dalle scale, all’ultimo gradino gli cedette la gamba che andò ad urtare lo spigolo del corrimano, facendogli trapassare un gemito. Wilson gli si avvicinò per dargli una mano ma lui si rialzò e con passo fiero ma un po’ traballante, si diresse verso la cucina. Presero la macchina di Wilson, e arrivarono al lavoro, Greg si diresse verso gli ascensori e lo prese… “ma davvero?, non ci posso credere!” esclamò James con un tono di voce davvero contento, si diresse verso l'altro ascensore che si era appena aperto, lei lo raggiunse prima che si chiuse, mentre salivano ai piani: “l'avevo capito subito che Tritter veniva, quindi l'ho obbligato a decidere” “ah, davvero è ci riuscita a convincerlo, non ci posso credere, come hai fatto?” domandò lui sempre più curioso “facile, l'ho obbligato, se non accettava gli avrei giurato che gliela avrei fatta tagliare”

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Capitolo 7
*** LA CORSA ***


Lisa stava controllando la sua casella mail e ricevette un invito ad un importante corsa di cavalli per disabili, l’idea era fantastica, far partecipare Greg a una gara di beneficenza per disabili, la sua idea era geniale. Entrò nel suo ufficio infilandogli in mano la carta di iscrizione, Greg la guardò con fare serio e le disse che questa gara era fattibile e che avrebbe partecipato, ma qualcosa lo turbava. La mattina dopo Tornai da Destiny dopo tante disavventure, la cavallina mi guardò, lanciò un nitrito di gioia e mi trottò incontro, mi sedetti sulla staccionata e la guardavo, la zampa era guarita, la guardava comportarsi come la prima volta, correva velocemente lungo la staccionata, stavo pensando che abbiamo avuto fortuna in quella gara, Lisa mi ha proposto di i farla gareggiare in una corsa per disabili, così feci, firmai le carte di iscrizione… tornammo in gara, si prepararono 2 settimane prima, Quella sera tornai da Destiny, montai in groppa…. Quel gesto ormai era diventato naturale, sfrecciamo per tutto il percorso, mi ero preso il lusso di galoppare senza la sella, lei galoppava con il muso al vento mentre io sentivo l’aria della sera che mi scompigliava i capelli, era un’emozione unica. Tornai più tardi del solito e m’addormentai sul divano, stanco ma felice. Un raggio di sole filtrò dalla tenda leggermente socchiusa svegliandomi, la casa era illuminata da un caldo sole mattiniero, ricordai che avevo quella gara con Destiny, Arrivai in moto, smontai e la presi per la cavezza, gli diedi una pulita svelta, la imbrigliai, questa volta avevo deciso di gareggiare senza sella…. Montai subito e con un leggero trottino raggiunsi gli altri fantini con gli altri cavalli… uno mi si avvicinò con fare serio e mi disse che ero un pazzo a correre in quelle condizioni e con quel cavallo, io non risposi… fu il momento di metterci ai posti di partenza, tutti i cavalli erano agitati…. Tutti tranne la mia Destiny. Fu un inizio spettacolare, stava gareggiando meglio degli altri fantini nonostante la pesante menomazione alla gamba, nel primo giro era alla terza posizione per poi oscillare tra la prima e la seconda…. La gente esultava nelle scommesse, Wilson era spaventato al pensiero su che piega poteva prendere la gara, Cameron invece esultava di gioia. Era l’ultimo giro e aveva mantenuto la prima posizione per un bel pezzo, stava dando filo da torcere agli altri fantini, ma qualcosa non andò del verso giusto, cambiò improvvisamente posizione, la gamba lo stava facendo impazzire, in quel momento si sentiva perdere i sensi, teneva le briglie tirate, gli bruciavano le mani ma sentiva che qualcosa non andava, gli zoccoli che toccavano appena il terreno, Destiny che ansimava come una dannata, le zampe anteriori gli cedettero, cercò di scartare con un’impennata, un nitrito di dolore e crollò a terra, l’uomo finì sotto al cavallo, l’elegante uomo, James e Allison accorsero ma Greg, non si rialzò, arrivarono i paramedici che portarono in ospedale per accertamenti, e i veterinari portarono in clinica Destiny. Lisa era dalla Giumenta, gli dissero che la zampa anteriore destra ha ceduto e ha avuto una frattura del garretto, deve stare a riposo un mese, invece James era da Greg e gli dissero che la gamba destra ha riportato solo una microfrattura. Stranamente Greg era ottimista, avevano entrambi un mese di convalescenza e dopo, via con la riabilitazione. Una settimana di ricovero e arrivò Lisa con uno sguardo serio, gli disse che Destiny era particolarmente agitata, che la ferita non gli si rimarginava e che la caduta le aveva provocato un embolo, le avevano rimosso un pezzo di muscolo e che non poteva più correre… Greg ci rimase malissimo, esclamò che voleva vederla, non poteva lasciarla sola in quel momento così delicato. La mattina dopo andò con James a vedere la cavalla, lui non poteva perdere l’unica cosa per cui stava vivendo, l’infermiera aprì la porta del box, lui le si avvicinò con cautela e le si chinò accanto esclamando un ciao amore, Destiny alzò un orecchio e nitrì piano, lui si sdraiò accanto a lei, accarezzandole piano il muso e sussurrandole parole dolci. James guardò un momento l’infermiera e a lui chiese cosa voleva fare di lei, lui neanche lo stette ad ascoltare, chiuse gli occhi e s’addormentò accompagnato dal calore e dai respiri affannati della giumenta, non voleva perderla per nessuna cosa al mondo. Dopo mezz’ora James pensò che era il momento di rientrare in ospedale ma non voleva rovinare il legame speciale che si era creato tra lui e quella cavalla e se ne andò. Le settimane volavano, lui si era rimesso in fretta e la giumenta lentamente faceva progressi, aveva iniziato a stare in piedi e a fare qualche passo. L’estate finì e arrivò l’autunno, loro stavano passeggiando tranquilli nel parco dell’ospedale fino a quando lei non gli rubò il bastone e fece un mezzo trottino allegro, lui la guardò con un mezzo sorriso, tentò di fare un passo ma cadde rovinosamente a terra, mi tenni la gamba per il dolore, Destiny capì che qualcosa non andava, nonostante la zampa s’inchinò davanti a lui, Greg le montò in groppa e continuarono la passeggiata. Dall’autunno iniziarono a cadere i primi fiocchi di neve. Era una gelida mattina e Greg andò a trovare la sua amata in maneggio, ma lei non c’era, neanche l’elegante uomo sapeva dove fosse, era sicuramente scappata. Due giorni terribili per lui, i dolori erano peggiorati e non voleva muoversi dalla sua poltrona, Era una fredda mattinata di fine Novembre quando entrò Cameron, mi guardò dolcemente ma qualcosa la turbava, mi chiese il perché glielo avessi nascosto per più di un mese e mezzo, io la guardai caricando tutto il peso sulla gamba malata, strinsi il bastone e in un ringhio le risposi che la vita andava vissuta e che non potevo farci niente…, lei mi guardò serissima in volto, misi una mano sulla lavagna mentre cercavo di nascondere la tremarella alle mani, abbassai lo sguardo per non incrociare il suo e continuai che la vita andava vissuta anche nelle difficoltà… uscii e mi nascosi nel bagno mentre le luci si facevano offuscate, la tremarella si fece particolarmente violenta e un conato mi fece buttare fuori quel poco di caffè della mattinata precedente, rimasi in piedi senza crollare, uscii e zoppicai a testa alta mentre i medici mi guardarono quasi stupiti. Passò la fredda giornata facendo scivolare la sera, la neve cadde leggera sotto sguardi sognanti dei bambini del reparto di terapia intensiva, la mia tremarella non destava a cedere e per questo che nelle ultime ore mi ero rifugiato nel grande terrazzo che destava all’ultimo piano…, guardavo la neve che imbiancava candida tutto il New Jersey, ingoiai 2 vicodin e continuavo a fissare le calde luci dell’inverno, attendendo notizie di Destiny. Due mattine più tardi era nel parcheggio e vide una sagoma nera nella bufera, era lei, la sua amata Destiny, mollò il bastone e lei le trottò in contro, lui le buttò le braccia al collo, entrarono assieme in ospedale sotto lo sguardo stupito degli infermieri e dei pazienti.

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