Mai dire mai

di Lights
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° capitolo - prima parte ***
Capitolo 8: *** 8° capitolo - seconda parte ***
Capitolo 9: *** 9° capitolo ***
Capitolo 10: *** 10° capitolo ***
Capitolo 11: *** 11° capitolo ***
Capitolo 12: *** 12° capitolo ***
Capitolo 13: *** 13° capitolo ***
Capitolo 14: *** 14° capitolo ***
Capitolo 15: *** 15° capitolo ***
Capitolo 16: *** 16° capitolo ***
Capitolo 17: *** 17° capitolo ***
Capitolo 18: *** 18° capitolo ***
Capitolo 19: *** 19° capitolo ***
Capitolo 20: *** 20° capitolo ***
Capitolo 21: *** 21° capitolo ***
Capitolo 22: *** 22° capitolo ***
Capitolo 23: *** 23° capitolo ***
Capitolo 24: *** 24° capitolo ***
Capitolo 25: *** 25° capitolo ***
Capitolo 26: *** 26° capitolo ***
Capitolo 27: *** 27° capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° capitolo ***


Sorpresa!!!! Sono tornata! Mi mancavate troppo...

non vi dico niente ci vediamo per le spiegazioni a fine capitolo

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutti noi abbiamo un sosia “dormiente”che può rimanere tale per tutta la vita oppure il destino decide di far incrociare la tua strada con la sua.

Può essere l’occasione di un attimo, di un semplice scambio di sguardi che dopo neanche te ne ricorderesti, o ti ritrovi di fronte ad un altro te stesso senza sapere chi sia con l’unica cosa certa che è la copia di te.

Cosa accadrebbe se il tuo sosia incrociasse la strada della tua vita, la tua famiglia, i tuoi amici, ma non incontrasse te perché tu ora non ci sei più?

 

La vita è strana.

Le coincidenze non esistono.

I fatti sono quelli che contano.

Eppure...

Il destino gioca sempre in uno strano modo con il passato, ti presenta il conto proprio quando pensi di averlo già saldato e a te rimane solo una scelta:

Vivere il presente nel passato o Vivere il presente per il futuro?

 

 

 

 

 

 

Era stata una lunga giornata, di quelle che ti porti il peso fino a sera e difficilmente te ne liberi.

Jethro entrò nel bar con questa consapevolezza, si trascinò all’interno con il suo solito modo di fare: tenere segreta ogni emozione dentro di sé in modo che nessuno potesse accorgersi di quello che realmente turba l’animo umano.

Sguardo fisso, apparentemente duro e inespressivo ma che in realtà è scosso dagli avvenimenti della giornata. Passo lento e tranquillo, spalle dritte che non permettono al peso della stanchezza di affossarle e mostrare insicurezza.

Si avvicinò al bancone e si sedette su uno degli sgabelli aspettando che Jerry gli facesse la consueta richiesta.

- Il solito, Gibbs?- Gli chiese prontamente il barista accorgendosi di lui.

- Si Jerry.- Confermò brevemente senza neanche guardarlo in viso.

Quel caso era stato complicato, estenuante fino alla fine, eppure quando avevano iniziato ad indagare non avrebbe mai detto che sarebbe finita così.

Chiuse gli occhi per un istante e prontamente le immagini di quei brevi attimi gli si presentarono nitide nella mente.

Mcgee, dopo giorni di ricerche, era riuscito a trovare un segnale che posizionasse il covo dei malviventi. Avevano ideato un piano alla svelta ed erano passati poi alla cattura.

Era stato un secondo.

L’imprevisto che non si può calcolare.

Il rumore di un colpo di pistola che si diffonde nell’aria.

La sensazione di essere proprio tu il bersaglio.

L’istinto che non tradisce e che ti fa agire prima della ragione.

- GIBBS!!- Aveva urlato Ziva mentre lo spingeva a terra facendogli da scudo per proteggerlo.

Il colpo riservato a lui le penetrò nella schiena facendole mancare il respiro.

Jethro aveva visto gli occhi neri e profondi della donna allargarsi dalla sorpresa, il viso contrarsi in una smorfia di dolore e poi accasciarsi a terra tra le sue braccia che prontamente l’avevano accolta.

- ZIVAAAA!!- Aveva gridato disperato in preda alla paura che il passato si ripetesse.

Il respiro si era fermato quando tutto era stato chiaro e quel attimo di incredulità si era trasformato nella crudele realtà.

Gibbs aveva stretto a sé il corpo dell’Agente David.

- Non azzardarti a mollare Ziva.- Le aveva detto con rabbia mentre le mani, appoggiate sulla ferita, si ricoprivano del suo sangue e una macchia rossa impregnava la camicia.

In quella frazione di secondo dove tutto si era trasformato in caos era stato un susseguirsi di azioni. Tony e Mcgee avevano catturato il malvivente, accorgendosi poi di quello che stava accadendo.

DiNozzo si era voltato verso il capo per confermargli l’arresto e per assicurarsi che stesse bene, nel frattempo, con la coda dell’occhio, aveva cercato anche Ziva scosso da quella sensazione di paura che gli stava torcendo lo stomaco.

Aveva posato lo sguardo sulla schiena del capo, seduto a terra e solo allora si era reso conto della situazione.

L’Agente aveva mosso lentamente i primi passi per poi mettersi a correre gridando a Mcgee di chiamare i soccorsi.

Si era inginocchiato a terra di fronte all’uomo che teneva stretta la donna tra le sue braccia.

Gibbs non seppe se in quel momento lo colpì di più il dolore di sentire il corpo inerme di Ziva o lo sguardo ferito e duro di Tony concentrato sul viso della donna.

Jethro aprì gli occhi quando percepì la presenza di Jerry che gli mise di fronte il bicchiere contenente quel liquido ambrato che con un solo sorso gli dava la possibilità di annebbiare la mente e rendere meno dolorosi quei ricordi.

Lo prese in mano e fece ruotare il liquido mentre la luce del neon si rifletteva all’interno dandogli un colore più intenso.

Lo avvicinò alle labbra e ne bevve un sorso assaggiando il gusto intenso prima e amaro poi che gli scendeva in gola incendiandola.

Appoggiò il bicchiere sul bancone, assaporando ancora l’ultimo sorso rimasto sulle labbra.

Chiuse brevemente gli occhi cercando di liberare la mente.

Percepì ancora il suono della sirena dell’ambulanza, le urla concitate dei medici all’ospedale, il silenzio della lunga attesa seduto su una delle sedie del corridoio, la freddezza dello sguardo vuoto di DiNozzo fermo, in piedi di fronte alla porta che lo divideva da lei.

Jethro accennò un sorriso.

Come aveva fatto a non accorgersene prima di quello che c’era tra quei due?

Si portò alle labbra il bicchiere e bevve un altro sorso.

La regola 12, che gran assurdità.

Sorrise di nuovo più apertamente lasciando scivolare la stanchezza della giornata, mentre quel liquido ambrato iniziava a circolare nelle vene.

In fin dei conti le regole sono fatte per essere infrante” quella frase, detta molti anni prima da Jenny, gli rimbombò nella mente.

“Avrebbe dovuto fare qualcosa?” si chiese ritornando agli avvenimenti di quella sera.

No.

Non avrebbe fatto niente.

Erano abbastanza grandi per cavarsela da soli e quando li avevi visti insieme, dopo quelle lunghe quattro ore di attesa, aveva capito che non si sarebbe intromesso.

La dolcezza di Tony, con la quale aveva stretto la mano di Ziva nella sua, gli aveva fatto capire che ormai non poteva più fare niente, i suoi due agenti avevano passato quella sottile linea di confine che non ti fa tornare indietro.

Solo il tempo avrebbe deciso.

Solo a loro sarebbe rimasta la scelta di come proseguire.

Gibbs bevve l’ultimo sorso rimasto, prese una banconota dalla tasca e la mise sotto il bicchiere.

Accennò un segno di saluto a Jerry e poi uscì.

L’aria della sera era fresca e calma. Un leggero venticello accarezzava la pelle che al primo contatto fu scossa dai brividi.

Jethro respirò a fondo, immettendo più ossigeno che poteva.

Tutto era andato per il verso giusto quella volta.

La sua vita non era costata la vita di nessun altro.

I dottori erano riusciti ad estrarre il proiettile dalla schiena di Ziva che fortunatamente non aveva intaccato nessun muscolo. Qualche giorno di convalescenza e sarebbe ritornata la stessa di prima.

Lasciò andare l’aria.

Era tutto finito.... e per la prima volta tutto era andato bene.

Ma allora perché si sentiva così triste?

Guardò verso l’alto.

Il cielo era di una tonalità scura che faceva ancora di più risplendere la luce di ogni stella.

Sorrise di se stesso.

Ogni anno, quel spiacevole giorno, il suo animo diventava cupo come la notte, perché la stella che lo illuminava si era spenta quella mattina su quel maledetto tetto.

Erano passati diversi anni dalla morte di Kate, quattro? Cinque? Che importanza aveva, ormai lei non c’era più.

Era stato difficile per Gibbs senza la donna all’inizio ma poi l’arrivo di Ziva nel team aveva stravolto la sua vita alleviando quel senso di vuoto causato dalla mancanza dell’Agente Todd.

Con il passare del tempo il loro rapporto si era costruito piano, piano su una base solida di reciproca fiducia e rispetto, facendoli quasi diventare padre e figlia, ma nonostante questo, ogni anno, in quel maledetto giorno, lui non poteva impedire al suo animo di pensare segretamente a Kate, come se avesse paura lui stesso di ammettere che in fondo gli sarebbe sempre mancata perché la regola 12 non è infallibile... almeno con lui!

Una voce concitata attirò la sua attenzione.

Vagò con lo sguardo per trovare la fonte e dopo qualche secondo la individuò.

Un ragazzo che gli dava le spalle teneva stretto nella sua morsa una donna e la stava minacciando con un coltello intimandole di dargli tutti i soldi che possedeva.

Gibbs si era avvicinato con passo sicuro e silenzioso ritrovandosi a poca distanza dal tossico.

- Ti conviene lasciarla ragazzo!- Lo aveva avvisato in tono duro con quel tono che non ammette di essere contraddetto.

Il malvivente, colto di sorpresa, aveva allentato la presa, allontanando la lama dalla gola della donna, alzando il coltello in aria pronto per attaccare.

- Fai quello che ti dice...- Gli aveva detto lei con voce ferma facendo ricadere l’attenzione su di sé.

Gibbs, approfittando di quella distrazione, con una mossa veloce, aveva afferrato il polso del ragazzo premendo il pollice e l’indice sull’osso che, il criminale dal dolore, fu costretto a lasciare il coltello allentando anche la presa del braccio intorno al collo della donna liberandola.

L’Agente l’aveva ammanettato vicino al lampione e poi ricordatosi dalla presenza della donna si era voltato per assicurarsi che stesse bene sicuro di ritrovarla a terra tremante, sbuffando dentro di sé.

Odiava tranquillizzare le vittime.

Si meravigliò di trovarla in piedi. Era di spalle e si stava massaggiando il collo.

Jethro si concesse qualche attimo per osservarla.

Indossava un completo giacca e gonna grigio, fisico slanciato, aveva dei lunghi capelli neri, leggermente mossi  che le arrivavano a metà schiena, gambe affusolate e ben tornite, un polpaccio allenato, esaltate dal tacco fino delle decolté che indossava.

Raccolse la borsa della donna da terra e si avvicinò a lei per dargliela.

- Tutto bene?- Le chiese, rimanendo fermo alla luce del lampione.

La donna sentendo la sua voce si voltò e si avvicinò a lui.

- Si grazie.- Rispose tranquillamente, leggermente infastidita, mentre la luce del lampione le illuminava il volto.

Gibbs la guardò in viso e sentì mancargli il respiro.

Lineamenti delicati, il naso alla francese, la labbra sottili di quel tenue colore rosa di pesca, gli zigomi leggermente pronunciati e infine gli occhi di quel strano colore castano dalle sfumature scure nascosti da alcune frange di capelli che appartenevamo solamente a una persona: lei.

- Kate!- Si lasciò sfuggire mentre i suoi occhi diventarono di ghiaccio e i lineamenti del viso si inasprirono come a difendersi dagli attacchi del passato.

 

 

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccoci qua... premetto che non era premeditato ma quando alla conclusione della’altra FF, nei saluti ho scritto “mai dire mai” è scattato qualcosa, e il criceto ha iniziato a girare, girare e poi sono partite le visioni ^_^

Sinceramente il nostro “quasi” appuntamento settimanale mi mancava troppo ^__^ e alla fine ho dovuto inventarmi per forza qualcosa

Con questa FF voglio provare a cimentarmi con Gibbs principalmente e con questo nuovo personaggio, anche se all’interno ci sarà il filone Tiva (non potrebbe essere altrimenti) e portare avanti la storia di più personaggi.

Per me sarà una bella sfida e spero anche che lo sia anche per voi.

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Capitolo 2
*** 2° capitolo ***


Eccomi... con calma ... ma arrivo!

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

La donna rimase ferma nella sua posizione ad osservare l’uomo che aveva davanti chiedendosi il perché l’avesse chiamata “Kate”.

Non disse nulla, si soffermò solamente a guardare quegli occhi tremendamente attraenti, di un colore quasi indefinito, di un azzurro chiaro tendente al ghiaccio che facevano trapelare una freddezza apparente ma se li osservavi profondamente potevi scorgere il calore che celavano al mondo esterno e fu proprio quello che colpì maggiormente la donna quando se ne rese conto.

Le era bastato quella analisi superficiale per capire che la persona che aveva di fronte sarebbe stato un soggetto interessante da esaminare.

Ecco ci risiamo, l’ho fatto di nuovo, è più forte di me, non posso fare a meno di studiare le persone che incontro” pensò sorridendo di se stessa mentre finiva di considerare la figura dell’uomo e gli angoli della bocca si sollevavano leggermente verso l’alto manifestando il suo pensiero divertito.

Non può essere” pensò Gibbs nello stesso momento quando vide la donna di fronte a sé sorridere. Fece qualche passo avvicinandosi ancora di più a lei.

Jethro la vide sgranare gli occhi dalla sorpresa ma questo non lo fermò di soffermarsi a poca distanza dal suo viso, lui doveva sapere.

- Chi sei?- Le chiese quasi temendo la risposta mentre affondava il suo sguardo gelido in quegli occhi che risvegliano il passato in cerca della verità.

La donna era rimasta sorpresa dall’atteggiamento dell’uomo, l’aveva spiazzata, non si sarebbe mai aspettata che avrebbe fatto lui la prima mossa infrangendo il suo spazio avvicinandosi in quel modo così confidenziale dato il suo comportamento rigido iniziale.

Un senso di soddisfazione si insinuò in lei, nonostante che quell’atteggiamento la stesse innervosendo mettendola in soggezione, perché a quella breve distanza poteva osservarlo meglio. Lasciò vagare brevemente il suo sguardo sul viso dell’uomo accorgendosi di una lieve cicatrice sulla fronte, delle rughe di espressione vicino agli angoli degli occhi causate molto probabilmente dallo scarso utilizzo degli occhiali.

Sorrise di nuovo cercando di tenere a freno il suo senso di soddisfazione nello scoprire che ogni cosa nuova che notava in lui la attirava sempre di più verso quel individuo così imperscrutabile.

Sicuramente era un uomo caparbio che non ammetteva i suoi limiti, anzi, cercava ogni volta la scusa buona per superarli e non mollava di fronte a niente finché non raggiungeva l’obiettivo.

Ritornò a quegli occhi sempre e di più curiosa di leggervi ancora dell’altro.

- Non sono Kate.- Rispose dopo qualche istante in tono calmo e gentile. – La ringrazio per il suo intervento.- continuò tranquilla afferrando dalle mani dell’uomo la borsa per tirar fuori subito dopo il cellulare e comporre un numero.

- Polizia, si c’è stata un’aggressione. Tutto risolto l’Agente...- la donna si bloccò accorgendosi che aveva dimenticato di chiedere quel piccolo dettaglio.

Portò nuovamente la sua attenzione al viso dell’uomo che prontamente rispose a quella muta domanda rivoltagli con lo sguardo.

- Gibbs.-

- L’Agente Gibbs ha ammanettato l’aggressore al lampione. Si nessun ferito. Perfetto.- Chiuse la comunicazione, richiudendo il cellulare e mettendolo in borsa.

- Ebbene?- Le chiese Jethro infastidito da quella situazione.

Lei lo guardò prima disorientata non tentando neanche di distogliere lo sguardo da quegli occhi che avevano assunto un colore più scuro come se fosse ipnotizzata da loro.

Interessante” pensò subito quando se ne accorse.

- La polizia sta arrivando Agente Gibbs.- Si soffermò per un attimo sulla figura dell’uomo.

Gli abiti erano sgualciti, un accenno di barba era comparso sul viso e gli occhi erano segnati dalla stanchezza della giornata.

- Non si preoccupi rimango io ad aspettare gli agenti, vada pure a casa non deve essere stata una giornata facile per lei.- Lo guardò comprensiva.

Gibbs accorgendosi di quello sguardo non riuscì a determinare se in quel momento la donna che aveva di fronte gli suscitasse più fastidio o interesse per la sua capacità di intuire le cose, l’unica cosa certa che sapeva che quel atteggiamento intraprendente gli stava dando suoi nervi, così alla fine decise di ignorarla completamente e andò a sedersi sulla panchina lì vicino in attesa dell’arrivo della polizia senza darle nessuna spiegazione.

La donna rimase nuovamente spiazzata dal comportamento di lui.

Sorrise apertamente guardando le spalle dell’uomo.

A lei piacevano le sfide e lui gliene stava offrendo una troppo invitante per rifiutare.

Si avvicinò al ragazzo. Aveva un viso sofferente, sicuramente era da un po’ che non assumeva della droga. Si inginocchiò di fronte a lui e lo guardò attentamente.

Quanti anni poteva avere? 22 o 23 anni al massimo.

Respirò profondamente mentre nella sua mente prendeva forma la vita che fino ad ora poteva aver vissuto il ragazzo, le privazioni, i soprusi che aveva dovuto sostenere e chissà cos’altro.

Gibbs con la coda dell’occhio non la perse di vista neanche per un istante pronto ad intervenire se ce ne fosse stato bisogno.

La vide inginocchiarsi di fronte al malvivente e guardarlo con uno sguardo compassionevole. Nei suoi occhi non c’era paura, terrore, ma solo tristezza per quel ragazzo e la vita che aveva intrapreso.

Rimase affascinato dall’atteggiamento della donna, mentre il leggero venticello faceva muovere i suoi capelli e un ciuffo impertinente le accarezzava delicatamente la guancia.

“Kate” pensò di nuovo più tristemente non riuscendo ad impedire che i ricordi del passato si sovrapponessero al presente.

 

 

 

Il suono di pistola e poi nient’altro.

Silenzio.

Il senso di paura che si accentua e si infila nell’anima.

- GIBBS!!- Urlò Ziva svegliandosi dal suo stato vegetativo.

Con occhi sbarrati ispezionò la stanza cercando di capire dove si trovasse.

- Finalmente ti sei svegliata.- Le disse Tony entrando nella stanza con in mano un bicchiere di caffè.

- DiNozzo!- Lo chiamò allarmata cercando di alzarsi.

- Hei ferma! Che fai!- Le andò subito vicina bloccandola per le spalle e rimettendola distesa.

- Gibbs?- Gli chiese con la paura negli occhi di quello che poteva essere accaduto.

- Shhhh...- le rispose dolcemente appoggiandole un dito sulle labbra e facendolo scivolare subito dopo dalla guancia al collo. – Sta bene, gli hai salvato la vita.- Le sorrise calmo. – Sei stata un’incosciente.- L’ammonì con lo sguardo.

- Sta bene?- Gli domandò ignorando le ultime parole di lui.

Tony fece di si con la testa.

Ziva, tranquillizzata da quella informazione, si rilassò sul cuscino chiudendo gli occhi non prima di aver cercato la mano dell’uomo e averla stretta nella sua.

- Non ti azzardare a farlo mai più...- Iniziò il collega cercando di trattenere la paura.

- Tony non cominciare, ho fatto solamente il mio dovere, è il prezzo del nostro lavoro.- Dibatté Ziva a fatica.

L’Agente lo sapeva benissimo.

Le parole della donna erano maledettamente vere, eppure... per un attimo non aveva potuto impedire alla sua vita di fermarsi in quel istante quando tutto sembrava perduto.

DiNozzo strinse forte la mano della donna e con l’altra agguantò il lenzuolo cercando di tenere a freno la sua rabbia.

Non doveva accadere mai più, lui doveva proteggerla.

- Sono grande abbastanza, me la so cavare da sola, sono stata addestrata per questo.- Disse Ziva con un filo di voce come se stesse rispondendo a quelle mute riflessioni.

Tony sorrise meravigliandosi ancora una volta della loro perfetta sintonia.

- Ora riposati. Io sarò qui quando ti sveglierai.- Le disse dolce.

DiNozzo la guardò a lungo, esaminando i tratti del viso della donna, stanchi e provati da tutto quello che era successo, aspettando il momento che si rilassasse e si lasciasse andare.

- Mi hai fatto prendere uno spavento. Non so che cosa farei se ti succedesse qualcosa.- Confessò sottovoce più a se stesso che a lei osservando la donna con uno sguardo caldo consapevole che tutto era andato bene.

Si piegò sulla collega e le baciò la fronte soffermandosi per qualche secondo e respirando a fondo il suo dolce profumo di vaniglia e rosa.

Ziva mosse leggermente gli angoli della bocca in un sorriso nascosto, la voce del collega le era arrivata da lontano, ma era riuscita lo stesso a decifrarne le parole.

L’Agente David non fece più resistenza e si lasciò andare alla stanchezza con la consapevolezza che tutto era andato bene e Tony era al suo fianco.

DiNozzo rimase seduto sul letto di Ziva per diversi minuti e quando comprese che la collega si era addormentata avvicinò con l’altra mano la poltrona al letto e si sedette accanto senza mai lasciare il contatto con la sua mano, tenendola saldamente stretta nella sua.

 

 

 

- Mi aiuti la prego.- Disse sofferente il ragazzo rivolto alla donna.

- Non posso fare niente per te, solo starti accanto.- Cercò di rincuorarlo accarezzandogli la guancia – Ce la farai non ti preoccupare, devi solo resistere.-

- Loro mi uccideranno.- Continuò impaurito.

- Chi ti vuol far del male?- Gli chiese prestando più attenzione alla fisonomia del ragazzo.

Gibbs sentendo quella frase scattò in piedi e si avvicinò ai due.

- Mi uccideranno.- Ripeté preso dal panico.

- Non ti preoccupare ci siamo noi qui con te...- La donna alzò lo sguardo verso l’uomo come per avere conferma di quello che aveva detto e Gibbs le fece un leggero segno di assenso con la testa – Di noi ti puoi fidare. Come ti chiami?- Gli chiese con il suo tono pacato.

Jethro si avvicinò anche lui al ragazzo e lo liberò dalle manette.

Il ragazzo guardò entrambi, respirò profondamente, afferrando all’improvviso le mani della donna.

Gibbs stava per intervenire ma lei lo intimò con lo sguardo di stare fermo.

- Se svelo tutto io morirò.- Le disse tremante.

- Non lo permetteremo.- Gli strinse di più le mani.

- Mi hanno incastrato. Ho dovuto farlo mi avrebbero ucciso se avessi rifiutato.-

- Come ti chiami?- Gli chiese Gibbs più risoluto.

- James Stone, Guardiamarina James Stone, signore.-

- In cosa ti hanno coinvolto?- Continuò Jethro nell’interrogatorio.

Il ragazzo tolse lo sguardo dall’uomo e cercò gli occhi gentili della donna la quale gli sorrise incoraggiandolo a rispondere.

Gibbs represse uno sbuffo di disapprovazione e quel pizzico di fastidio creato dal fatto che la donna al suo fianco fosse già riuscita ad avere la fiducia del ragazzo.

- Importo di droga dalla Cina. Io non sapevo che cosa facevo...- Scattò in piedi nervoso -... mi hanno incastrato. Dovevo fare le consegne e accertarmi che la droga fosse di ottimo taglio ma con l’ultima importazione ci sono stati dei guai, nonostante che fosse mal tagliata l’hanno messa in circolazione lo stesso, io li avevo avvisati che sarebbe finita male, ma nessuno mi ha ascoltato e ora vogliono vendicarsi su di me.-

Il guardiamarina si prese la testa tra le mani stringendo tra le dita i capelli esasperato per il terrore di quello che sarebbe stata la sua punizione.

- Mi troveranno e voi non potrete farci niente.- Urlò disperato.

- Ora calmati.- Gli disse la donna con voce ferma, avvicinandosi a lui. – Vieni con me...- guardò brevemente Jethro con la coda dell’occhio accorgendosi dell’occhiataccia contrariata che le aveva rivolto e si corresse subito – ...con noi e risolveremo ogni cosa.- Gli propose porgendogli la mano.

Stone guardò la mano della donna indeciso sul da farsi, poi rivolse lo sguardo verso quell’uomo risoluto che si trovava vicino a lui, ai suoi occhi così duri e inflessibili ma che gli ispiravano fiducia.

- Va bene.- Acconsentì avvicinandosi alla donna.

Uno strano luccio attirò la sua attenzione e gli bastò poco a capire che cosa ne sarebbe stato della sua vita.

- Nooooooooo!!!!!!!!!- Gridò terrorizzato qualche secondo prima di essere crivellato da tre colpi di pistola e cadere all’indietro senza vita.

Era stata una frazione di un attimo ma era bastato ai due militari per comprendere che cosa stava accadendo.

Gibbs non aveva esitato neanche un momento, si era gettato addosso alla donna per proteggerla, buttandosi insieme a lei a terra difendendola tra le sue braccia.

Erano rimasti fermi per qualche secondo in attesa che la tempesta fosse passata in ascolto del respiro dell’altro.

Jethro aveva alzato appena lo sguardo ispezionando il perimetro accertandosi che tutto fosse sicuro e poi l’aveva posato sulla donna che teneva gli occhi chiusi mentre il suo viso era nascosto nel suo petto. Le concesse ancora qualche attimo per riprendersi e rendersi conto da sola che tutto era finito.

Lei accortasi del silenzio aveva alzato la testa dal suo rifugio sicuro e si era scontrata con quegli occhi di ghiaccio che la guardavano in quel modo così strano che si sentì invadere le guance di calore e arrossire.

Osservandolo meglio le sembrò che l’uomo si fosse reso conto del suo turbamento facendo scomparire il calore che emanava il suo sguardo e sostituendolo con quel misto di freddezza e tristezza.

- Tutto bene?- Le chiese Gibbs.

- Si grazie.- Rispose soffermandosi a guardarlo in viso come se una forza più forte la costringesse a farlo, ma in realtà era solo lei che non ne aveva mai abbastanza di rimirare quel uomo.

L’aiutò ad alzarsi, sistemandole poi la giacca del tailleur togliendo della polvere dalle spalle.

- Non serve che copra la visuale del cadavere con il suo corpo per non farmi impressionare. Sono grande abbastanza.- La donna si sforzò di sorridere intuendo le intenzioni dell’uomo.

- Ah... ah...- le rispose scettico Gibbs spostandosi di lato di qualche passo.

La donna guardò in direzione dove giaceva il corpo inerme del guardiamarina Stone. Lo osservò per qualche istante non riuscendo a frenare quel senso di impotenza per non essere riuscita a portarlo in salvo.

- Non è colpa sua.- Le disse Gibbs appoggiandole brevemente la mano sulla spalla, prese il cellulare, compose il numero e riferì posizione e l’accaduto al suo interlocutore.

- E’ un Agente del Ncis, non è vero?- Gli chiese serafica tenendo fisso lo sguardo sul marinaio.

Gibbs rimase in silenzio ad osservarla.

Ma come diavolo faceva quella donna a prevedere ogni sua mossa.

Era ferma davanti al cadavere, dritta e rigida nella sua posizione, con sguardo attento e lucido con occhi leggermente sgranati. Molto probabilmente stava lottando con tutte le sue forze per non lasciarsi andare. Le braccia erano serrate attorno al petto mentre le mani nascoste erano chiuse a pugno. Ogni tanto, ad un ritmo regolare si mordeva prima il labbro inferiore e poi l’interno della guancia.

“E’ nervosa, ma per che cosa?” si chiese Jethro quando finì di osservarla.

Si avvicinò silenziosamente e solo dopo qualche secondo la donna si voltò verso di lui facendogli segno con la testa di che cosa volesse.

- C’è qualcosa che vuole dirmi prima che lo scopra da solo?- Le chiese guardandola dritto negli occhi senza darle la possibilità di fuga.

Lo squillo del cellulare disturbò quella strana complicità che si era creata tra i due.

La donna lo prese, riconobbe il numero e se lo portò all’orecchio.

- Leon...- Disse dopo un attimo ma non poté finire di parlare che Jethro le rubò dalle mani l’apparecchio.

- Vance! Vuoi spiegarmi?- Chiese irritato.

- Tutto a tempo debito Agente Gibbs.- Rispose il direttore chiudendo la telefonata.

 

 

 

 

 

 

Continua....

 

 

 

 

 

 

 

Ragazze vi ho già detto che vi adoro???? Beh ve lo dico ora... siete meravigliose, è un vero piacere trovarvi di nuovo!

Pensavo di aggiornare un po’ prima, ma tra il fatto che non sto tanto bene e la storia che è complicata, mi tocca rivedere più volte i capitoli, mi tocca dedicarci un po’ di tempo in più.

Per ora rimaniamo sul vago ma già dal prox chap si scoprirà qualcosa su questa “donna”, che devo dire già la adoro.

Il prox chap è già in lavorazione ... incrociamo le dita e che non succedano intoppi ^_^

 

 

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Capitolo 3
*** 3° capitolo ***


Arrivo in punta di piedi con questo capitolo nella speranza che i lettori di “H2” non si arrabbino perché ho dato precedenza a “Mai dire mai”, ma non è colpa mia se quando parto con una nuova avventura con Gibbs – Tony e Ziva vengo sommersa da visioni....

 

Di questo capitolo mi piace proprio tutto - tutto... e capirete perché!

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

 

Jethro chiuse con un gesto nervoso il cellulare e lo porse alla donna gelandola con lo sguardo, quella situazione gli stava piacendo sempre meno.

Le afferrò il polso e la guidò a sedersi sulla panchina.

- Si sieda!- Le ordinò brusco lasciandola libera dalla sua presa.

La donna lo sfidò con lo sguardo contrariata dall’atteggiamento burbero che aveva appena avuto con lei.

- Se lo può anche scordare! Non sono mica uno dei suoi agenti che può trattare come meglio crede.- Gli rispose piccata.

L’uomo contrasse i muscoli facciali e quel senso di fastidio che fino ad allora era stato lieve aumentò a dismisura facendogli pulsare la giugulare ad un ritmo più sostenuto.

- Si sieda.- Le intimò usando il suo tono basso che nessuno mai aveva osato contraddire.

- Pensa di intimidirmi Agente Gibbs?- Gli chiese la donna avvicinandosi a lui, sostenendo il suo sguardo, portando i loro visi vicini.

Jethro non rispose a quella provocazione. Rimase fermo nella sua posizione attendendo solamente che la donna facesse quello che le aveva ordinato.

- E va bene!- Acconsentì sbuffando consapevole di non potercela fare a vincere quel duello non verbale.

Si sedette sulla panchina, accavallò le gambe e incrociò le braccia al petto in maniera seccata.

- Ma se crede che parli se lo può anche scordare!- Terminò seria voltando la testa dall’altra parte ignorandolo completamente.

Gibbs a quel gesto di ostinazione sorrise leggermente. Quella donna non era senz’altro come tutte le altre, gli avrebbe dato del filo da torcere e questa cosa gli stava iniziando a piacere anche se non l’avrebbe ammesso mai neanche con se stesso.

Si sedette accanto a lei e rimase in silenzio.

Passarono diversi minuti ma nessuno dei due proferì una sola parola.

Un leggero venticello iniziò a soffiare accarezzando la pelle dei due e portando nell’aria il dolce profumo di pesca dell’essenza della donna.

Jethro chiuse per un attimo gli occhi e respirò a fondo quella fragranza costatando che rispecchiava pienamente l’idea che si era fatto finora di lei: caparbia e tenace ma con il cuore tenero.

La donna si strinse tra le sue braccia per impedire al brivido di freddo di scuotere il suo corpo.

- Indossi questa.- Le disse Gibbs, togliendosi la giacca e porgendogliela.

Lei la fissò e poi guardò lui.

Per l’ennesima volta in quel poco tempo quel uomo era riuscito a sorprenderla.

Rivolse il suo sguardo agli occhi di lui e ancora una volta li trovò diversi: di un azzurro intenso, caldo, tranquillo.

Rimase affascinata e non riuscì a impedirsi di incatenarsi a quello sguardo.

Gibbs osservò meglio il volto della donna che lo stava guardando con interesse e non poté fare a meno di sovrapporre il viso di Kate. Tutto le ricordava lei, i suoi tratti facciali, le espressioni, quegli occhi così carichi di sentimento e trasporto.

Se non fosse stato per l’atteggiamento caparbio e intuivo della donna così accentuato la differenza sarebbe stata nulla e il passato si sarebbe sovrapposto fin troppo facilmente alla realtà del presente.

La donna afferrò la giacca dalle mani dell’uomo, sfiorando appena le loro dita.

Un brivido le percorse la schiena e per un attimo rimase bloccata con la mano a mezz’aria incapace di muovere un muscolo.

Si riprese velocemente da quella sensazione che fastidiosamente le aveva chiuso la bocca dello stomaco dandosi mille volte della stupida.

Ringraziò l’Agente con un timido sorriso e indossò la giacca.

Respirò profondamente, l’indumento era impregnato dell’odore dell’uomo, un misto tra il profumo del legno intagliato e l’aroma di caffè. Era una fragranza particolare, che sapeva di vissuto, intensa e agra nello stesso momento, ma così calda. Si portò il colletto vicino alle labbra per annusare meglio quell’aroma.

Un gesto istintivo che non sfuggì all’occhio attento di Gibbs che non poté fare a meno di pensare che la donna che aveva di fronte era proprio uno strano tipo e che forse non sarebbe mai riuscito a capirla a fondo.

Rimasero in silenzio per diversi minuti, ognuno concentrato nei propri pensieri.

- Io non c’entro niente Agente Gibbs.- Disse la donna ad un tratto rompendo il silenzio. – Tutto quello che so me l’ha detto lei, anche se non esplicitamente.-

Jethro a quella affermazione si voltò verso la donna.

Lei gli diede una veloce occhiata compiaciuta per essere riuscita a sorprenderlo.

- Anche se lei non è un libro aperto mi ha lasciato lo stesso qualche chiave di lettura.-

La donna si accorse che ora aveva la completa attenzione dell’uomo e si decise a lasciare finalmente le rispose che lui aspettava alle sue mute domande.

- Il modo in cui è intervenuto con il ragazzo in mia difesa, e visto che non tutti girano con un paio di manette nelle tasche mi hanno fatto capire che è un Agente addestrato a trattare con i malviventi, anche se inizialmente non avevo capito a quale agenzia apparteneva.- Si massaggiò la tempia, l’adrenalina scaturita da quel incontro iniziò a scemare.

- Le sue domande dirette con cui ha chiesto informazioni al guardiamarina Stone, il suo modo di muoversi e il modo in cui mi ha protetto durante la sparatoria oltre al suo abbigliamento e al taglio di capelli come dire non proprio alla moda, mi hanno fatto dedurre che deve essere stato un ex militare, diciamo...- si puntellò il mento con il dito - ...un marine o meglio un cecchino dato l’abilità con cui ha valutato la situazione e ha preferito non rispondere al fuoco.- Continuò serafica esponendogli le intuizioni come se volesse la sua conferma a quello che in realtà già sapeva di essere esatto.

Gibbs rimase in silenzio ascoltando le spiegazioni della donna mentre nella sua mente ricollegava le varie immagini e gesti che lei gli stava elencando per motivare la sua analisi che nonostante gli costasse molto era assolutamente perfetta.

- Da lì ad associarla all’agenzia dell’Ncis il passo è stato breve: la telefonata che ha fatto ad uno dei suoi agenti è stato il primo indizio anche se non ne ero completamente sicura al 90% ma poi, il breve colloquio che ha avuto con il Direttore Vance, me ne ha dato la conferma.- Terminò la sua spiegazione massaggiandosi la parte superiore dell’occhio destro.

La stanchezza della giornata stava prendendo il sopravvento e un leggero malditesta si stava diffondendo sulla fronte.

- Questo è tutto tranne per una cosa...- e per la prima volta dall’inizio di quel discorso lo guardò in viso scorgendo uno sguardo attento a non perdere neanche una sua parola.

- Chi è Kate?- Chiese sapendo benissimo che non avrebbe ottenuta nessuna risposta in cambio.

Gibbs si alzò osservandola con la coda dell’occhio e si allontanò da lei di qualche passo senza lasciarle neanche una parola in risposta, come d'altronde si era immaginata, mentre la mente di lui si affollava dei ricordi del passato: dal primo incontro fino all’ultimo momento, quando si era ritrovato il corpo inerme dell’Agente Todd tra le braccia.

- Va bene Agente Gibbs...- iniziò raggiungendolo alle spalle –... messaggio ricevuto, mi faccio gli affari miei.- Sorrise cosciente che quella era un’innocente bugia ma che in realtà non avrebbe mantenuto perché ormai la sua curiosità era avida di sapere ogni cosa su quel uomo.

- Come si chiama?- Le chiese Jethro più calmo voltandosi e guardandola in viso.

- Jade.- Rispose semplicemente prima che l’auto federale si fermasse a breve distanza da loro.

Mcgee scese dall’auto tutto trafelato e raggiunse il capo, seguito a ruota dal dottor Mallard e Palmer.

Nessuno dei tre badò alla donna, si diressero immediatamente al corpo del guardiamarina preceduti da Gibbs che iniziò in modo concitato a esporre i fatti.

Un auto nera si fermò vicino alla donna.

Il finestrino si abbassò mostrando ai suoi occhi la presenza dell’uomo.

- Sali.- La invitò l’individuo usando un tono deciso.

Jade acconsentì con un gesto della testa, si tolse la giacca dell’Agente Gibbs e la lasciò sulla panchina prima di salire in auto.

 

 

 

 

 

Ziva respirò a fondo, con la coda dell’occhio osservò Tony al suo fianco. Erano in ascensore e fra pochi secondi sarebbero ritornati alla normalità.

 

Erano state due settimane difficili, non tanto per il recupero delle forza fisica di Ziva  ma più che altro per l’avvicinamento dei due colleghi.

DiNozzo i primi tempi, con la scusa che lei non si poteva muovere, si era trasferito a casa sua. Inizialmente quella idea era sembrata ottima ad entrambi, lei aveva dovuto ammettere i suoi limiti e lui aveva dovuto accettare il bisogno che aveva di averla accanto a sé.

I due agenti avevano vissuto quelle due settimane come se il mondo non esistesse, come se loro non fossero loro in realtà, ma semplicemente un uomo e una donna che vogliono vivere fino in fondo i propri sentimenti e alla fine era successo.

Ziva ancora non riusciva a capire come era potuto accadere, si erano lasciati andare.

Erano tornati da poco dall’ultima visita di controllo con il dottor Kras che le aveva dato il permesso di tornare al lavoro il giorno dopo.

Lei aveva tirato un sospiro di sollievo appena entrati in casa e aveva sorriso apertamente a Tony che era al suo fianco che l’aveva abbracciata subito dopo.

La donna aveva respirato profondamente il dolce profumo intenso del uomo tuffando la sua testa nell’incavo del collo felice di aver superato quel brutto periodo.

Tony le aveva preso il viso tra le mani e l’aveva guardata profondamente negli occhi, in quei suoi bellissimi occhi neri, così intensi e profondi che fin dal loro primo incontro lo avevano catturato a sé. Le sue mani si erano mosse inconsapevoli, con il pollice le aveva sfiorato le labbra morbide e non aveva potuto sottrarsi al desiderio di baciarle.

Un brivido aveva scosso entrambi i corpi dei due agenti e quasi all’unisono si erano mossi l’uno verso l’altro facendo combaciare le loro labbra in un bacio casto che più trascorrevano i secondi e più quel tocco semplice veniva sostituito dal impeto della passione.

Lottare contro la razionalità per far emergere i sentimenti era stata una guerra difficile, ma poi, quando anche l’ultima barriera era stata abbattuta, il fiume della passione era dilagato nel loro animo animandolo di nuove sensazioni, di una voglia irresistibile dell’altro e un crescendo di emozioni li avevi travolti facendoli trovare in poco tempo nudi sul letto, stretti nelle braccia dell’altro, con i corpi desiderosi di quel contatto che faceva bruciare la pelle di voglia che dilagava come un fuoco incontrollabile ed esplodeva al culmine della brama di possedersi.

Alla fine esausti si erano addormentati stretti uno all’altro scivolando entrambi in un sonno appagato.

Il risveglio non era stato facile.

Alle prime luci dell’alba il cellulare di Tony aveva vibrato a lungo prima che l’Agente rispondesse.

DiNozzo aveva faticato parecchio a staccarsi da quel sogno per rendersi conto della realtà.

Aveva guardato brevemente la donna che gli sorrideva e poi si era deciso di rispondere.

- DiNozzo sono tre volte che ti chiamo, hai dimenticato la regola 18?- Gli chiese Gibbs scocciato.

- Capo!!!- Aveva urlato preso di sorpresa da quella telefonata scattando in piedi sul letto.

- No capo: “essere sempre rintracciabili”- recitò a memoria -... stavo dormendo e...- Cercò di giustificarsi ma venne interrotto dalla voce burbera di Jethro.

- Passa prendere David e venite immediatamente qui che è stato trovato morto un Capitano della marina.- Tuonò la voce imperiosa dell’uomo chiudendo la telefonata senza aspettare l’eventuale obiezione dell’Agente.

Ziva, nel frattempo, si era alzata dal letto, lanciando un’occhiata triste al collega, indossando la vestaglia e dirigendosi verso il bagno, consapevole che cosa comportava quella telefonata.

Tony, intuendo i pensieri della donna, era sceso velocemente giù dal letto e si era piazzato davanti a lei bloccandole il passaggio.

- Aspetta, parliamone.- Le disse.

Ziva era rimasta in silenzio osservandolo negli occhi.

- Lo sai benissimo quanto me Tony che è stato uno stupido errore.- Iniziò con tono di voce basso, reprimendo le emozioni dentro di sé, cacciandole fino in fondo per non farle salire nuovamente in superficie.

- Non dire sciocchezze Ziva. Quello che è successo tra noi due è stata la più bella cosa che poteva accaderci. Io...- ma la donna lo bloccò posandogli la mano sulle labbra.

- Ti prego non dirlo.- Chiuse brevemente gli occhi piegando lievemente il capo verso il basso – Sono state due settimane da sogno, questo non posso negarlo, ma non potrà essere sempre così. Tu ed io siamo due agenti del Ncis.- Terminò seria ritornando ad appoggiare lo sguardo sul suo viso.

DiNozzo rimase in silenzio.

Quella semplice parola “Ncis” aveva infranto quel sogno e li aveva fatti ritornare bruscamente alla realtà.

Per 14 giorni avevano ignorato i fatti, avevano dimenticato chi erano e quali erano i loro compiti.

Tony si era fatto da parte e l’aveva lasciata passare.

Non appena la collega aveva chiuso la porta del bagno l’uomo non aveva potuto trattenere la sua frustrazione e aveva tirato un pugno contro il muro.

Era tutto maledettamente vero.

Che cosa sarebbe capitato se in una missione i sentimenti avessero preso il soppravvento sulla ragione?

C’era un’unica risposta: la fine.

L’intera squadra sarebbe stata messa in pericolo, prima fra tutti uno di loro due, quello che avrebbe ceduto prima ai sentimenti.

Scosse la testa cancellando quella improbabile ipotesi non riuscendo a rispondere alla domanda che gli era nata dentro di lui: come avrebbe reagito se quella in pericolo fosse stata Ziva?

Sarebbe diventato pazzo.

 

 

Ziva si voltò verso Tony che era appoggiato alle pareti dell’ascensore con le braccia conserte e gli occhi chiusi in attesa del “dlin” dell’ascensore, cercando il più possibile di ignorare che era chiuso in quello stretto abitacolo con quella donna che solo qualche ora prima aveva amato con tutto se stesso.

Sentì su di sé lo sguardo della collega e aprì gli occhi incontrando quelle bellissime iridi nere.

- Tutto come prima?- Gli chiese Ziva incerta cercando di ignorare quegli occhi verdi che vibravano di sensazioni calde.

DiNozzo si porse verso di lei, le appoggiò la mano sulla guancia e le catturò le labbra in un bacio rubato.

- Si tutto come prima.- Sorrise lui staccando da lei di poco giusto la distanza per guardarla dritta negli occhi.

- Stupido!- Lo colpì con un pugno sul petto allontanandolo da sé.

Tony si sistemò la giacca, si alzò leggermente il colletto della camicia e al “dlin” dell’ascensore uscì con un sorrisetto soddisfatto stampato sul viso.

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

 

Non ci posso fare niente quando parto con le scene Tiva potrei andare avanti per ore ^_^

Il prox chap si sta già delineando nella mia mente e scopriremo sicuramente qualcos’altro

 

 

Shhhh.... vi lascio sempre in punta di piedi e provo a concentrarmi su “H2” dove invece c’è buio assoluto... o mamma T_T

 

ps: mi sa che arriverà prima il capitolo 4    ^_______^

 

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Capitolo 4
*** 4° capitolo ***


Ed eccoci qua... non vi dico niente... scopritelo da soli  ^_^

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

 

Gibbs era di fronte alla grande vetrata dell’ufficio con in mano il bicchiere di caffè che portava alle labbra con un gesto meccanico dal quale beveva lenti sorsi assaporando fino in fondo il gusto della bevanda.

Il cielo era grigio e rispecchiava in pieno il suo animo tormentato da mille domande ma neanche una risposta.

Erano passati 14 giorni ma di quella sera non aveva dimenticato niente, nessun gesto, nessuna parola... niente... non era neanche riuscito a cancellare la sensazione di aver rivisto Kate.

Jethro bevve un altro sorso e il nome di quella donna si sovrappose all’immagine che aveva nella mente: Jade.

 

Eppure...

 

Ducky gli si era avvicinato alle spalle mentre raggiungevano il corpo del Tenente Stone e gli aveva lanciato uno sguardo incredulo.

- Jethro ma...- Aveva accennato il dottore in tono confidenziale ancora sconcertato della persona che aveva scorto qualche attimo prima al fianco dell’uomo.

- No.- Aveva risposto Gibbs fermandosi vicino al cadavere irrigidendo i muscoli del corpo mentre il dubbio si era insinuato dentro di lui che se anche il Dottor Mallard aveva pensato di aver visto Kate forse poteva essere veramente lei.

- Capo ci spiega la dinamica dell’accaduto?- Gli aveva chiesto Mcgee facendo interrompere il flusso dei suoi pensieri e riportandolo bruscamente alla realtà.

- Lui è il Tenente Stone, quando sono intervenuto aveva preso in ostaggio la donna seduta su quella panchina...- Indicò con un movimento leggero della testa.

Mcgee, insieme agli altri uomini, si era voltato automaticamente corrugando la fronte non scorgendo nessuna donna seduta sulla panchina poco più avanti.

- Capo ma non c’è nessuno.- Aveva detto incerto ritornando a guardare il superiore mentre Palmer guardava perplesso il dottor Mallard.

Gibbs, a quella affermazione, si era voltato di scatto e aveva ispezionato con lo sguardo gelido i dintorni accorgendosi di una macchina nera ferma al semaforo che subito dopo qualche istante era partita all’accendersi del verde. La panchina era vuota, c’era solo appoggiata allo schienale la sua giacca.

- Jethro...- l’aveva chiamato Ducky sorpreso di non trovare più la donna dove l’aveva vista domandandosi lui stesso se fosse stata veramente la realtà o solo un’illusione creata dalla stanchezza della giornata.

Gibbs si era girato dando una veloce occhiata al dottore e poi si era rivolto con sguardo severo all’Agente.

- Mcgee, schizzi e foto.- Ordinò prima di voltare le spalle agli uomini e andarsene.

Si avvicinò alla panchina, afferrò la giacca quasi con rabbia e si diresse verso la proprio auto.

 

 

Non avrebbe dovuto trovarsi lì, ma in qualche modo l’idea di starle accanto gli era di conforto in quella strana serata.

Jethro con passo sicuro si era avviato verso la stanza di Ziva per accertarsi delle condizioni della donna. Per la seconda volta l’istinto di lei gli aveva salvato la vita facendoli legare ancora di più in quel patto silenzioso che avevano sancito fin dal primo giorno che le loro strade si erano incrociate.

Si era fermato fuori spiando dalla finestra e sorridendo dolcemente alla scena che gli era apparsa davanti gli occhi: Tony e Ziva addormentati uno accanto all’altro uniti dalle loro mani.

L’uomo aveva preferito sedersi fuori, vicino alla stanza e aspettare.

Con un gesto meccanico aveva indossato la giacca bloccandosi all’istante quando quel profumo di pesca lo aveva circondato.

Si era seduto sulla sedia, incrociando le braccia al petto, appoggiando la testa al muro e aveva chiuso gli occhi. Aveva respirato profondamente mentre quella dolce fragranza gli entrava dentro salendo al cervello annebbiandolo con l’immagine di quei occhi decisi a non mollare e dandogli la sicurezza che non era stato un sogno ma era accaduto realmente.

Si era svegliato la mattina presto scosso da una mano.

- Capo.- Lo aveva chiamato gentilmente Tony aspettando di incrociare il suo sguardo.

- Ziva?- Gli aveva chiesto subito lui raddrizzandosi sulla sedia e percependo ancora lievemente il profumo di pesca.

- Ha dormito serenamente tutta la notte.- Lo tranquillizzò DiNozzo porgendogli uno dei bicchieri che teneva in mano.

I due uomini avevano bevuto il caffè in silenzio assaporando pienamente l’aroma.

- Ti sta aspettando, ha bisogno di te.- Gli disse Tony rompendo la calma che si era creata.

Gibbs gli aveva lanciato uno sguardo veloce, aveva accartocciato il bicchiere nella mano lanciandolo subito dopo nel cestino.

Era entrato nella stanza in silenzio.

Ziva aveva gli occhi chiusi. Si era avvicinato a lei lentamente e dopo averla osservata per qualche istante aveva fatto scivolare la mano nella sua accarezzandole il dorso delicatamente con il pollice.

L’Agente David a quel contatto aveva aperta gli occhi e incontrato quelle iridi azzurre cielo, limpide e calde alle quali era affezionata.

Aveva accennato un sorriso e una sensazione di conforto le riempì l’animo mentre stringeva più saldamente la presa della mano del uomo.

- Grazie.- Le aveva detto piano Jethro.

Ziva aveva sorriso e chiuso gli occhi stanca.

Gibbs si era piegato su di lei, baciandole la fronte ed era uscito silenziosamente dalla stanza.

- DiNozzo rimani con lei.- Gli aveva ordinato chiudendosi la porta dietro le spalle e lanciando una breve occhiata all’agente – ... fino a quando non si riprende.- Aveva terminato in tono paterno.

- Si capo.- Aveva risposto Tony incerto di aver compreso bene le parole di Gibbs.

Jethro non sapeva se avesse fatto bene ad avvicinare quei due, il loro rapporto era già arrivato al limite della linea di confine dove ogni Agente si dovrebbe fermare prima di avere la tentazione di infrangerla.

Voleva per caso metterli alla prova? Forse.

Voleva dimostrarsi qualcosa? Possibile.

Voleva dargli una possibilità per essere felici?

A quell’ultima domanda preferì non rispondere.

 

 

Jethro sorrise leggermente a quel pensiero. Avvicinò alle labbra il bicchiere e bevve l’ultimo sorso di caffè. In quei giorni aveva visto raramente DiNozzo e quando la sua presenza era richiesta in ufficio il suo atteggiamento era più irritante del solito, come se avesse avuto sempre qualcuno che gli corresse dietro e lui dovesse scappare il più velocemente possibile. Era disattento, lontano con la mente e il con corpo, pronto a scattare al primo accenno per tornare a casa.

Gibbs, alla fine, per non massacrarlo di scappellotti, gli aveva intimato di prendersi tre giorni di ferie, in fin dei conti con il caso del Tenente Stone erano in alto mare, in qualsiasi direzione indagassero si scontravano sempre con il nulla.

Aveva tentato in tutti i modi di parlare con Vance ma quel uomo era più ostinato di un mulo. Non era riuscito a cavargli nessuna informazione, né sul caso e né su quanto riguardava Jade.

 

Niente!

 

Vuoto assoluto. Più i giorni passavano e più la sua frustrazione aumentava, facendolo diventare ancora di più intrattabile del solito.

Il dlin dell’ascensore lo fece ritornare alla realtà.

Gibbs bevve l’ultimo sorso di caffè e lanciò il bicchiere nel cestino.

- Buongiorno Gibbs!- Lo salutò DiNozzo con il suo consueto tono gioviale.

Jethro gli lanciò uno sguardo indagatore facendogli un leggero segno con la testa.

Aspettò qualche secondo prima di incontrare i suoi occhi neri che evitarono prontamente i suoi occhi azzurri indagatori.

- Idiota!- Disse Ziva a Tony mollandogli uno scappellotto e lanciandogli uno sguardo di fuoco.

Ziva aveva aspettato qualche secondo prima di uscire dall’ascensore presa in contropiede da quel bacio che le aveva rubato DiNozzo qualche istante prima.

Aveva respirato a fondo per trovare la giusta concentrazione nell’affrontare Gibbs ma non appena aveva incontrato quello sguardo di ghiaccio non aveva potuto fare altro che scappargli con la paura che potessi leggervi dentro quello che era successo.

Sentì la presenza del capo di fronte a lei. Il cuore iniziò a batterle forte.

“Stupida!” si disse arrabbiata.

- Ciao Gibbs.- Lo salutò facendo incrociare i loro sguardi.

Passarono pochi secondi ma per Ziva sembrò un’eternità. Di fronte a quegli occhi di ghiaccio aveva come la sensazione di trovarsi senza difese.

Gibbs aprì le braccia e l’avvolse nel suo abbraccio.

- Ciao Ziva.- Le disse piano vicino all’orecchio.

La donna in un primo momento si irrigidì ma poi si lasciò andare a quella inconsueta manifestazione d’affetto corrispondendo l’abbraccio.

- Sto bene Gibbs.- Gli confermò prevedendo la sua domanda.

- Ehi capo! A me non hai mica salutato così?!- Si intromise Tony nel mezzo dividendo i due.

- Ziva! Ziva! Ziva!- La voce concitata di Abby li fece distrarre da quella situazione.

La scienziata si lanciò addosso all’Agente David stritolandola nel suo abbraccio.

- Sto bene Abby.- La rassicurò Ziva cercando di respirare.

- Su Abby molla la presa.- Le disse Mcgee avvicinandosi al gruppo e abbracciando subito dopo la collega.

- Mettiamoci al lavoro. Marine morto. Mcgee rintracciami questo numero, Ziva l’attrezzatura, Tony fai il pieno al furgone. Vi voglio tutti operativi entro dieci minuti.- Ordinò riassumendo il suo tono burbero.

I tre agenti scattarono contemporaneamente a quel ordine.

- Abby tu scoprimi tutto quello che sai su questo pezzo di stoffa.- Le porse la bustina contente la prova.

- Si Signore!- Scattò sugli attenti la donna portando la mano alla tempia.

Gibbs per risposta la guardò storta.

- Emmm... si Gibbs!- Abby afferrò dalle mani del uomo la bustina e corse nel suo laboratorio.

 

 

La squadra era tornata da poco, l’ufficio era deserto, quasi tutti gli agenti erano andati a casa. Il silenzio regnava sovrano e aveva sostituito il caotico caos del giorno.

Mcgee era andato a portare le prove raccolte in laboratorio da Abby, mentre Tony era scomparso dalla circolazione e Ziva era tranquillamente seduta alla sua scrivania leggendo il fascicolo sul caso.

- Hei David che stai combinando?- Le chiese Tony appoggiandosi sul divisorio con in mano due bicchieri di caffè.

- Stavo riflettendo sul caso.- Disse esausta appoggiandosi allo schienale della sedia.

- Tutto bene?- Le domandò porgendole il bicchiere di caffè guardandola attentamente pronto a cogliere qualsiasi movimento sospetto.

- Grazie.- Gli disse evitando di rispondere alla sua domanda ma non potendo evitare di ammonirlo con lo sguardo.

- Che c’è? Te l’avrei chiesto anche prima!- Scattò nervoso girando intorno alla scrivania e sedendosi a poca distanza da lei.

- Quello che è successo tra noi non cambia niente.- Cercò di tranquillizzarla.

- Cambia tutto invece.- Obiettò Ziva nervosa.

- Ti sbagli.- Le disse deciso.

- Te lo posso provare.- Lo guardò decisa.

La donna si alzò e lo fronteggiò avvicinando il viso a quello di lui.

I due si guardarono negli occhi come se fossero incatenati.

- Posso percepire i brividi che ha il tuo corpo mentre il fiato delle mie parole ti accarezza le labbra...- iniziò con voce calda mentre si avvicinava sempre di più appoggiando la mano sul suo petto accarezzandolo dolcemente – sento il tuo cuore che batte forte, hai il respiro affannoso, la mia vicinanza ti eccita...- gli sorrise facendo scivolare lo sguardo verso il basso mentre con il dito tracciava una linea immaginaria dal collo giù fino all’ombelico fermandosi sulla cinta dei pantaloni.

DiNozzo trattenne il respiro e socchiuse gli occhi mentre la mente fu presa d’assalto dai flash di quella notte.

- Vedi?- Gli chiese lei all’improvviso con il tono duro staccandosi da lui di qualche passo infrangendo il pathos di quel istante.

Tony, ancora con gli occhi chiusi, sorrise dall’intraprendenza di quella donna.

Le afferrò il polso e l’avvicinò a sé.

- Non è cambiato niente...- iniziò guardandola dolcemente negli occhi – anche prima provavo le stesse emozioni che provo ora, solo che ero molto più bravo a tenerle nascoste e tu eri molto più brava ad ignorarle.- la strinse a sé circondandole la vita con il braccio.

- La linea che separa i nostri due mondi è stata infranta devi solo ammetterlo anche tu.- Le disse prima di spingere il viso verso il suo e appoggiare le labbra su quelle di lei.

Tony le sfiorò il labbro inferiore, assaggiandone la morbidezza e la dolcezza aspettando il momento che lei si lasciasse andare.

Quando anche Ziva cedette a quella verità si strinse più forte a lui e lasciò che la passione li avvolgesse entrambi.

Si staccarono con il fiato corto.

Tony appoggiò la testa sulla fronte di lei, mentre Ziva con gli occhi chiusi strinse forte tra le mani il colletto della camicia di lui.

- E’ un gioco pericolo questo Tony.- Gli disse triste.

DiNozzo le appoggiò il dito sotto il mento e le fece alzare il viso in modo da poterla guardare negli occhi.

- Io sono disposto a giocare fino in fondo e tu?- Le chiese sicuro.

Ziva lasciò andare la presa dalla sua camicia e si allontanò di qualche passo da lui continuandolo a guardare negli occhi indecisa su cosa rispondere.

- Ehi voi due! Che cosa ci fate ancora qui?- Li raggiunge la voce severa del capo. – Andate a casa è stata una lunga giornata.-

I due agenti, sentendo quel tono di voce severo, scattarono come se tra loro fosse passata una scossa elettrica e si allontanarono l’uno dall’altro.

Gibbs li osservò per qualche istante ma ignorò volutamente quello strano pensiero che si stava formulando nella sua mente e andò a sedersi alla sua scrivania.

- Tu non vieni?- Gli chiese Ziva osservandolo lei questa volta attentamente.

- Devo finire il rapporto.- Le rispose senza degnarla di uno sguardo.

- Da quand’è che non dormi?- Continuò imperterrita.

Lui alzò lo sguardo severo ma lei non si fece intimidire, conosceva fin troppo bene quegli occhi di ghiaccio per preoccuparsi.

- Andiamo a bere una birra?- Gli propose imperterrita.

Jethro sorrise alla caparbietà dell’Agente.

- Va a casa Ziva.- Le disse più dolcemente – Se non vuoi che ti accompagna DiNozzo chiama un taxi.- Le diede una veloce occhiata e poi tornò a riconcentrarsi sul fascicolo.

L’Agente David a quella frecciata arrossì leggermente sulle gote.

- Notte!- Gli rispose acida.

Si girò e sorpassò DiNozzo con passo di marcia.

- Andiamo!- Gli ordinò arrabbiata mentre lui se la rideva sotto i baffi.

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

$

Capitolo di transizione... ma la parte Tiva si fa sempre di più interessante e sinceramente non vedo l’ora di scoprire come prosegue... Ziva è tosta ma sta volta DiNozzo non molla mi sa ... ^___^

Al momento Jade è in panchina ma se la visione che ho in testa è del prossimo chap mi sa che ne vedremo delle belle.

 

 

Grazie ragazze siete sempre un vero supporto per me.

Questa storia è difficile da portare avanti, perché Gibbs non è un tipo semplice, ma sono stra felicissima che il chap precedente abbia avuto un effetto positivo su tutti i fronti.

 

Domaris spero di aver soddisfatto le tue perplessità ^_^... se ne hai altre spara che così mi aiuti a costruire la storia e non preoccuparti scrivi pure poemi che a me piace un sacco leggerli ahahahahahhah

 

Slurmina non sai quanto le tue parole mi abbiamo fatto bene, ho letto più volte il tuo commento (insieme a quello di Domaris), avete placato i miei timori di non saper affrontare un personaggio tosto come Jethro. ^_^

 

Ci sarà tempo per scoprire tutto... chissà se anche con questa arriviamo a 40? Ma staremo a vedere.

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Capitolo 5
*** 5° capitolo ***


Beh che dire.... dopo un inizio lento, questo chap fermo da giorni, sta sera si è costruito da sé...

Evento shock...

Non vi dico nient’altro

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

 

- Cosa pensi di fare?- Gli chiese Ziva bloccando Tony sulla porta.

DiNozzo rimase sorpreso da quella domanda.

- Che domande fai, entro in casa.- Le rispose come se fosse la cosa più ovvia a questo mondo.

- Non credo proprio che sia una buona idea.- Continuò la donna in tono serio.

- Che cosa ti prende?- Le chiese disorientato dalle sue parole.

- Niente.- Rispose evitando di guardarlo negli occhi.

- Ehi...- Le disse dolcemente accarezzandole la guancia destra con la mano.

Ziva a quel contatto si staccò come se avesse ricevuto una scossa. Sapeva benissimo che se avesse ceduto anche quella volta sarebbe stato ancora più difficile portare la loro relazione alla normalità.

- Notte DiNozzo.- Lo salutò freddamente facendo qualche passo indietro entrando in casa.

- Ferma!- Tony bloccò la porta impedendole di chiuderla. – Non lo fare...-

- Non devo fare cosa!!! Usare il cervello??- Gli urlò contro. – Quello che c’è stato tra noi è stato un terribile sbaglio, un grosso, dannatissimo, stupido errore.- Terminò il suo sfogo a voce più bassa.

- E’ questo quello che pensi?- Le chiese Tony ferito dalle sue parole.

La donna lo guardò per un lungo istante negli occhi.

- Si.- Soffiò lentamente.

DiNozzo spalancò gli occhi incredulo, come se quella semplice risposta lo avesse trafitto il cuore facendogli mancare il respiro.

- Vuoi che torniamo alla normalità Agente David?- Le chiese duro – Bene! Se per te quello che c’è stato tra noi due è stata solo una scopata, solo un insulso sesso, credilo pure, ma credimi così facendo inganni solo te stessa, perché per me non è cosi.- Fece qualche passo verso la donna fermandosi vicinissimo a lei.

- Io ti amo e non posso fare niente per impedirmi di provare questo sentimento per te, vorrei poterlo cancellare dal mio cuore, poterlo ancora ignorare come ho fatto in tutti questi anni, ma non ci riesco più. Io ti a...- ma non riuscì a terminare che Ziva lo bloccò poggiandogli la mano sulle labbra.

- Ci faremo del male.- Fece un leggero sorriso. – Lasciamo le cose come sono, credimi è meglio così.- Lo spinse indietro facendolo allontanare da sé.

DiNozzo a quella presa di posizione così seria e determinata si irrigidì. Si passò nervosamente una mano fra i capelli, cercando di tenere a bada quel senso di frustrazione e rabbia che gli stava rivoltando lo stomaco.

La stava perdendo e non sapeva neanche lui come fare a riportarla a sé.

- Non può funzionare Tony e tu lo sai meglio di me. Noi siamo colleghi, non complichiamoci ancora di più la vita.-

DiNozzo non disse niente. Guardò la donna negli occhi, quelle iride nere e profondo che amava tanto, un ricciolo scappato dalla coda le accarezzava la guancia rendendo più gentile l’espressione scura e dura del viso.

Le labbra erano chiuse, strette quasi come se volesse impedire di far scappare parole di troppo che potessero complicare ancora di più quella situazione, come se volesse impedirsi di dire quale era la verità. Le braccia strette al corpo rigido e dritto nella posizione di difesa pronto a scattare a qualsiasi movimento di attacco.

Tony abbassò il capo triste.

Era tutto inutile combattere quella sera, doveva ritirarsi ed escogitare un piano di attacco per riportarla da sé.

Si quella era la mossa migliore, aspettare il momento buono e questa volta avrebbe vinto.

Alzò la testa sorridendo, si avvicinò piano a Ziva, si porse verso la sua guancia lasciandole un dolce bacio, soffermandosi più del dovuto per respirare e imprimere nella mente ancora meglio quel suo profumo dolce di vaniglia e rosa.

- Buona notte David.- Le disse calmo mentre riusciva a cogliere il disorientamento nei suoi occhi.

Sorrise ancora più apertamente, con la consapevolezza che ce l’avrebbe fatta, sarebbe stata sua... per sempre.

 

Ziva chiuse la porta dietro di sé. Si lasciò scivolare a terra, raccolse le gambe al petto e appoggiò la fronte sulle ginocchia e finalmente si rilassò.

Quando aveva preso quella decisione non aveva avuto la certezza che ci sarebbe riuscita, era stato duro allontanare Tony da sé, riportare il loro rapporto entro quella linea di confine che non doveva più essere infranta.

Chiuse gli occhi e subito le immagini del pomeriggio affollarono la sua mente.

 

 

Era andata insieme con Gibbs a interrogare i parenti della vittima per riuscire a capire il motivo di quel gesto assurdo.

In macchina regnava il silenzio, ma non era il solito silenzio tra i due, era più un silenzio di cose non dette, nascoste, di timore di deludere l’altro.

Ad un certo punto Jethro fermò l’auto e accostò.

- Scendi!- Le ordinò senza darle una spiegazione.

Ziva aprì la portiera senza dire una parola, ubbidendo silenziosamente a quel comando, la richiuse e si appoggiò alla macchina aspettando la reazione del capo.

Gibbs le si parò di fronte, penetrandola con il suo sguardo di ghiaccio cercando di capire che cosa le stesse passando per la mente.

Erano ore che non gli rivolgeva una parola, un gesto, che evitava di guardarlo e questo era troppo anche per lui.

- Ebbene...-

La donna distolse lo sguardo da quegli occhi freddi e inquisitori, si staccò dalla macchina e fece qualche passo per allontanarsi da lui.

L’uomo l’afferrò il polso con un gesto veloce bloccandola e riportandola davanti a sé.

- Che c’è?!!- Sbottò infine Ziva.

- Sei tu che devi dirlo a me.- Le rispose calmo.

Ziva abbassò il capo sentendosi colpevole, schiacciata da quel segreto.

Gibbs le appoggiò delicatamente la mano sulla guancia facendo rialzare il viso verso il suo e appoggiò le labbra su quelle di lei, sfiorandole appena.

- Va meglio?- Le chiese soffiando quelle due parole sulle sue labbra mentre si tuffava in quel lago nero in tempesta.

- Non prendermi in giro Gibbs.- Si scostò nervosa passandosi delicatamente la mano sulle labbra proprio come prima avevano fatto le labbra di lui.

- Tony...-

Gibbs si appoggiò alla macchina, incrociando le braccia al petto, e portando la gamba destra su quella sinistra, abbassando lievemente il capo e chiudendo gli occhi mentre le immagini di quella notte riempirono la sua mente.

 

 

Si erano lasciati andare, complice il troppo alcool che avevano bevuto per riscaldarsi.

Ziva e lui erano bloccati dalla tormenta. Il caso era chiuso, erano riusciti a scoprire il traffico di armi, ma all’ultimo tutto si era complicato facendoli rifugiare nella boscaglia.

Sul loro cammino avevano incontrato una piccola baita e avevano deciso con una rapida occhiata che sarebbe stato il rifugio perfetto per quella notte.

Non potendo accendere il fuoco per non essere individuati, erano rimasti al buio della luce della luna. Ziva aveva vagato per tutta casa alla ricerca di qualcosa per disinfettare la ferita di Jethro prima che facesse infezione. Aveva trovato due bottiglie di scotch, ne aveva aperta una assaggiando un sorso e subito il gusto forte e acceso di quel liquido ambrato le aveva incendiato la gola, lasciando poi un leggero torpidimento caldo.

“Perfetto” aveva pensato afferrando  il fazzoletto dalla tasca e ritornando dall’uomo.

- Togliti la camicia che ti pulisco la ferita prima che si infetti ancora di più.- Gli aveva ordinato con il suo tono duro prendendo per la prima volta in mano la situazione non riuscendo a capacitarsi che per una sua distrazione stava quasi per far uccidere Gibbs.

Aveva appoggiato le cose sul tavolino del salotto ed era andata alla ricerca di una specie di bacinella e qualcosa che le potesse essere d’aiuto per fasciare la ferita.

Ziva, dopo qualche minuto, era ritornata da Jethro e si era seduta per terra di fronte a lui che era appoggiato allo schienale del divano.

L’aveva guardato a lungo preoccupata. Era una brutta ferita, fortunatamente il proiettile l’aveva trapassato da una parte all’altra senza ledere nessun muscolo del braccio ma in compenso stava perdendo molto sangue, doveva fare in fretta.

- Stai bene?- Gli aveva chiesto preoccupata vedendo l’espressione grave che aveva assunto il suo viso.

- Muoviti David, fai quello che devi fare.- Le aveva risposto con il suo solito modo gentile.

Ziva sorrise a quella burberità.

La donna prese in mano la bottiglia e iniziò lentamente a versare il liquido sulla ferita che lavò piano togliendo il sangue in eccesso. Lo tamponò con il fazzoletto premendo forte per far fermare il sangue.

- Sai Gibbs per la tua età non sei niente male.- Scherzò cercando di distrarlo dal dolore atroce che il bruciore dello scotch gli provocava, lasciando vagare lo sguardo sugli addominali scolpiti, e il petto muscoloso dell’uomo.

Jethro sorrise a quel buffo tentativo di distrazione.

“La vanità maschile funziona sempre” pensò divertita.

Strinse forte la fascia intorno al braccio e terminò l’operazione.

- Fatto.- Gli comunicò appoggiandosi anche lei al divano portandosi la bottiglia dello scotch alle labbra e bevendone un sorso.

Rimasero in silenzio per parecchio tempo, assaporando fino in fondo il gusto forte del liquore.

- E’ stata colpa mia, non dovevo distrarmi.- Confessò Ziva infrangendo il silenzio.

- Non dire stupidaggini David, non possiamo prevedere tutto.- La rassicurò.

- Ma tu ci riesci.- Controbatté girandosi a guardarlo sporgendosi verso di lui.

Jethro sorrise, si infetti ci riusciva, ma non era sempre stato infallibile.

Il suo sguardo sereno si rabbuiò all’improvviso.

L’unica volta che doveva prevedere l’imprevedibile non era stato in grado di farlo e gli era costato caro: Kate.

- Mi disp...- Tentò di giustificarsi Ziva intuendo i pensieri dell’uomo, ma lui la bloccò appoggiandole il dito indice sulle labbra.

- Non è colpa tua.- La rassicurò facendo scivolare il dito dalle labbra al collo.

Un brivido di freddo percorse il corpo della donna facendola tremare.

- Farà freddo sta notte, rimaniamo vicini.- Le disse e con un gesto rapido le circondò le spalle e l’attirò a sé.

I loro visi erano tremendamente vicini, i sensi annebbiati dall’alcool erano pericolosi da gestire, i loro occhi incatenati in quel silenzio complice desiderosi solo di lasciarsi andare a quella dolce illusione di protezione.

Si mossero nello stesso momento, eliminando quella piccola distanza che c’era tra loro.

Gibbs poggiò le mani sul viso di Ziva avvicinandolo al suo fino a far sfiorare le labbra. Un attimo di incertezza nel dubitare di quello che stava per fare ma che svanì alla risposta della donna.

Entrambi gli agenti si fecero coinvolgere in quel gioco pericoloso accarezzando e godendo del corpo dell’altro. Ben presto i vestiti furono buttati in giro per la stanza e la passione prese il sopravvento.

Una sintonia che stupì entrambi ma che in fondo nascondeva un terribile segreto: nessuno dei due stava realmente amando l’altro ma un’altra persona.

Le prime luci del mattino svegliarono i due amanti ancora abbracciati l’uno all’altro.

- Tony...- disse piano Ziva ancora stordita dall’alcool e con un gesto della mano fece rotolare per terra la bottiglia vuota di scotch che si scontrò con l’altra, mentre Gibbs la strinse più forte a sé immerso in quel mondo fantastico dove tutto era perfetto e c’era lei: Kate.

Quel tintinnio di vetro li riportò alla realtà.

Entrambi aprirono gli occhi ripiombando in quel mondo che con il sogno non aveva niente a che fare.

Gibbs liberò Ziva dal suo abbraccio possessivo e la lasciò libera. L’Agente David si allontanò dall’uomo, non preoccupandosi della sua nudità raccolse in giro i suoi indumenti e li indossò, mentre l’uomo faceva lo stesso.

Tutto si volse in silenzio, un silenzio strano, tranquillo, senza nessuno imbarazzo, come se quello che era successo qualche ora prima fosse stato una cosa normale tra loro... ma non era così.

- Non l’hai dimenticata?- Gli chiese Ziva quando Gibbs la raggiunse fuori in veranda.

L’uomo non rispose cercando di tenere al sicuro la sua parte più vulnerabile.

- Hai fatto l’amore con Kate sta notte non con me.- Affermò seria scrutando il perimetro per accertarsi di essere veramente da soli.

Jethro si appoggiò alla staccionata con entrambi le mani, alzando il viso al cielo, cercando con tutte le forze di respingere quel viso sorridente che lo guardava con quello sguardo profondo che sapeva abbattere ogni sua difesa.

- No.- Rispose semplicemente negando l’evidenza anche a se stesso.

Ziva sorrise leggermente alla caparbietà dell’uomo di nascondersi dietro a quello che era ovvio.

- Certo...- iniziò tranquilla stiracchiandosi prima, e appoggiandosi poi, alla staccionata con la schiena, buttando indietro la testa e chiudendo gli occhi – Non l’hai dimenticata.- Disse infine e questa volta non era stata una domanda.

La donna respirò a fondo prima di riaprire gli occhi e posarli sulla figura rilassata dell’uomo.

- Non si può dimenticare se quello che si voleva fare è rimasto incompiuto.-

- Hai finito?- Le chiese nervoso, quella intromissione nel suo intimo gli stava dando sui nervi.

Si staccò dalla staccionata per entrare in casa.

- Gibbs...- lo fermò Ziva per un braccio facendolo voltare verso di lei. – Quello che è successo non significa niente vero?- Gli chiese con un senso di inquietudine nel tono della voce.

- No Ziva. È successo e basta.- Terminò Gibbs quella conversazione.

 

 

Jethro aprì lo sguardo e osservò l’Agente David che camminava davanti e indietro sul selciato della strada. Era nervosa, inquieta. Il corpo era rigido, le mani strette intorno alla giacca, il viso scuro e gli occhi una vera tempesta di emozioni indecifrabili.

Gibbs le si avvicinò appoggiandole le mani sulle spalle facendole alzare lo sguardo.

- Devi dirmi qualcosa Ziva?- Le chiese duro collegando i fatti dei giorni precedenti, allo strano rapporto che legava i suoi due agenti, all’atteggiamento confidenziale di Tony e alla risposta dolce di Ziva al collega.

- Io...- iniziò liberandosi da quella presa e allontanandosi di qualche passo.

- Ti ascolto.- Le disse paziente.

- Che devo fare?- Gli chiese dopo qualche minuto di silenzio.

- Perché lo chiedi a me se sai già la risposta?- Le domandò di rimando.

Ziva lo guardò in viso e gli sorrise, sorprendendosi ancora un’altra volta della capacità del capo di intuire i suoi pensieri.

- Ci faremo del male, guarda cosa è successo tra te e Jenny, tra te e Hollis, non si può unire le due cose, è troppo pericoloso, la regola 12 esiste per qualcosa non è così?- Sbottò infine riversando sull’uomo tutti i suoi dubbi.

- Non è infallibile.- Affermò dopo un po’ Gibbs avvicinandosi alla macchina aprendo la portiera.

- Hai già preso una decisione, non posso io farti cambiare idea Ziva.- Le disse prima di salire in auto.

Gibbs aspettò che anche la donna salisse e poi avviò il motore per proseguire il cammino.

- Non accadrà più.- Affermò decisa Ziva lasciando vagare lo sguardo fuori dal finestrino.

Jethro sorrise alla caparbietà della donna di reprimere i suoi sentimenti. Avrebbe dovuto stare ancora più attento a quei due. Le cose si stavano complicando e quello che era successo e non successo tra loro le avrebbe ancora di più ingarbugliate.

 

 

Ziva si rialzò dalla sua posizione, accese la luce del soggiorno, si guardò attorno scorgendo in ogni parte tracce di Tony. Prese uno scatolone e iniziò a deporvi all’interno tutto quello che apparteneva al collega.

Quando ebbe finito, andò a farsi una doccia, mentre si asciugava i capelli, pulì lo specchio con la mano e osservò la sua immagine riflessa.

- Non accadrà più.- Si disse decisa spingendo ancora più profondamente i sentimenti dentro di sé in modo che non potessero salire a galla.

 

 

 

 

Jethro era rimasto solo in ufficio. Si era lasciato andare sullo schienale della sedia, aveva preso dal cassetto la bottiglietta di scotch e ne aveva bevuto un sorso, assaporando il gusto intenso del liquore. Il caso del Tenente Stone era di nuovo fermo a un vicolo cieco.

Si rimise a sedere e sfogliò per l’ennesima volta il fascicolo nel vano tentativo di scorgere qualche piccolo dettaglio che gli era sfuggito.

Il “dlin” dell’ascensore lo distolse per un attimo dai suoi pensieri.

Il leggero profumo di pesca raggiunse i suoi sensi facendo emergere quel volto gentile e testardo nella sua mente.

- Agente Gibbs ancora al lavoro a quest’ora?- Gli chiese la donna avvicinandosi con passo calmo alla scrivania dell’uomo.

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

 

 

Emm... emm... piano ragazze... sapete come sono i personaggi e poi questa idea me l’ha data domaris... quindi in caso uccidete lei... ahhahahahahhahah

No a parte gli scherzi, dopo aver visto la sesta serie mi stanno venendo delle strane visioni.... e chi può dirlo se saranno per questa FF o per un’altra, mah staremo a vedere

 

 

Bene vi auguro una buona estate e nella speranza che non mi mandiate al patibolo ci rivediamo a settembre ...

 

Grazie a tutti!!

 

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Capitolo 6
*** 6° capitolo ***


Sorpresaaaaaaaa!!!!!!!!! Questo capitolo arriva inaspettato, sia per voi che per me... ma quando il criceto parte perché fermarlo???

Avanti tutta!!!

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

Gibbs osservò silenziosamente la donna che si era fermata di fronte alla sua scrivania che lo guardava con occhi curiosi che con suo disappunto non lasciavano trasparire nessuna emozione che lo potessero aiutare a capire più a fondo quel essere così enigmatico.

Il suo viso era dolce, tranquillo, rilassato. Dei ciuffi di capelli le ricadevano delicatamente sulla fronte coprendo leggermente gli occhi.

Un accenno di sorriso increspava le sue labbra ma fu proprio quel gesto a tradire la tensione e la rigidità che il suo corpo e il suo essere cercava con tutto se stesso di celare al resto del mondo.

La donna resasi conto che l’uomo che aveva di fronte era riuscito ad infrangere la sua barriera fece un passo indietro perdendo per un attimo tutta la sicurezza che era riuscita a racimolare in quei pochi secondi quando si era accorta della sua presenza nell’ufficio.

- Non voglio disturbarla oltre, vedo che è impegnato.- Disse in tono calmo girandosi lentamente accennando un segno di saluto con il viso dirigendosi nuovamente verso l’ascensore.

Schiacciò il pulsante e le porte si aprirono automaticamente.

La donna fece un impercettibile respiro e vi entrò dentro.

Quello che successe dopo fu talmente veloce che sembrò quasi irreale.

Gibbs con una mossa svelta entrò nell’ascensore spingendo a spalle al muro la donna bloccandola con il suo corpo, tenendo fisso il suo sguardo di ghiaccio su di lei e con una mano arrestò l’ascensore.

I due, per un secondo, rimasero al buio, percependo solo la tensione che vibrava tra loro e il respiro ansimante dell’altro.

La mano di Jethro era stretta al braccio della donna con una presa possessiva.

- Pensa di intimidirmi Agente Gibbs?- Gli aveva chiesto sfrontata lei non lasciando trasparire niente della sorpresa inaspettata che aveva avuto al comportamento dell’uomo.

- La intimidisco Jade?- Le chiese di rimando osservando bene ogni espressione che il viso di ghiaccio della donna non faceva trapelare.

- Se crede che sia come tutte le donnicciole che le cascano ai piedi se lo può anche scordare, con quegli occhi non incanta proprio nessuno, tantomeno me.- Rispose severa liberandosi dalla presa dell’uomo e riattivando l’ascensore cercando di mettere più distanza possibile tra di loro.

Il silenzio calò tra i due appoggiati alle pareti opposti dell’abitacolo mentre con la coda dell’occhio tenevano sotto controllo l’altro. Entrambi avevano assunto la stessa posizione: braccia conserte sul petto e spalle rilassate.

- Lei già conosceva il Tenente Stone.- Affermò serio Gibbs non appena tutti i dettagli di quella sera furono collegati.

I gesti della donna per niente spaventata da quello che stava accadendo, dalle parole che aveva rivolto al militare a come aveva reagito a tutta la situazione gli avevano fatto capire che lei doveva sapere.

Le porte dell’ascensore si aprirono. Jade guardò brevemente l’uomo senza dire nulla.

- Accetti un consiglio, mi lasci perdere Gibbs.- Senza aggiungere altro si girò e se ne andò.

- Ferma!- La bloccò di nuovo Jethro afferrandola per il polso.

I due rimasero fermi uno di fronte l’altro. Jade si immerse in quelle iridi fredde di ghiaccio, quasi bianche talmente il nervosismo che traspariva da esse. Deglutì per un attimo, respirando a fondo poi, percependo l’odore di legno intagliato e l’aroma di caffè, proprio come lo aveva sentito la prima volta che gli era stata così vicino. Chiuse brevemente gli occhi indecisa sul da farsi.

- Fidati di me Kate.- Fuggì dalle labbra di Gibbs.

Jade aprì gli occhi di scattò piantandoli come lame affilate in quelli dell’uomo.

Si staccò da lui liberandosi bruscamente dalla sua presa, fece qualche passo indietro e se ne andò senza aggiungere altro.

Prima che Jethro potesse fare qualcosa la donna salì su un auto che la stava aspettando e se ne andò via.

 

 

Quella notte Ziva non aveva chiuso occhio. Si era addormentata alle prima luci dell’alba fino a quando il suono della sveglia l’aveva riportata alla realtà.

Si era passata una mano sul viso per scacciare la stanchezza ed era rimasta immobile nel letto con lo sguardo fisso sul soffitto. Aveva allungato un braccio lungo il materasso rimanendo delusa sentendo la parte accanto a lei fredda.

“Stupida!” pensò duramente.

L’aveva voluto lei, aveva allontanato da sé Tony a distanza di sicurezza per non complicare di più le cose, ora doveva pagarne il prezzo, non poteva più tornare dietro.

Si alzò a fatica, trascinandosi per casa accatastando tutti gli scatoloni, che la sera prima aveva preparato, in un angolo del soggiorno.

Compose il numero del facchino, gli ordinò di venirli a ritirare entro le otto e poi andò a farsi una doccia.

Il campanello di casa suonò proprio nel momento in cui Ziva uscì dalla doccia.

La donna con disappunto guardò l’orologio constatando che l’uomo era in anticipo di un quarto d’ora. Si avvolse nell’asciugamano, si spazzolò brevemente i capelli raccogliendoli in una coda e andò ad aprire.

- E’ in anticipo...- Disse aprendo la porta di casa e bloccandosi subito dopo dalla sorpresa.

- Buongiorno.- La salutò l’uomo avvicinandosi a lei, posando dolcemente un bacio sulla guancia e assaporando il profumo intenso di muschio bianco del doccia schiuma.

- Vedo che hai già sistemato tutto.- Le disse porgendole il bicchiere di caffè nero che le aveva preso assaporando un sorso del suo. – Ti sei dimenticata solo il doccia schiuma o hai cambiato genere?-

Le chiese osservandola con la coda dell’occhio.

- Sto bene Gibbs.- Gli rispose aspra afferrando il bicchiere e chiudendo la porta, stringendosi di più l’asciugamano addosso.

L’uomo non la badò minimamente e si andò a sedere in poltrona.

Ziva a quell’atteggiamento sbuffò sonoramente e si riportò il bicchiere alle labbra nascondendo dietro di esso un leggero sorriso.

- Che ci fai qui?- Gli chiese dopo qualche minuto di silenzio che si concesse per studiarlo a fondo.

Aveva il viso stanco, non doveva aver avuto una gran nottata neanche lui.

Da quando aveva iniziato ad indagare sul caso del Tenente Stone non si era dato un attimo di pace.

Ziva non ne sapeva molto, quello che era riuscita a scoprire gliela avevano rivelato a volte Tony, altre Mcgee e altre ancora lo stesso Gibbs.

L’uomo non rispose la osservò solamente.

- Dovresti andare a metterti qualcosa addosso prima che ti prenda qualcosa.- Constatò notando il brivido di freddo che aveva percorso il corpo della donna, nascondendo l’ordine perentorio attraverso quel consiglio disinteressato.

La donna senza dire niente si diresse verso la camera, prese dei vestiti puliti dall’armadio, li indossò, si spazzolò nuovamente i capelli lasciandoli liberi e ritornò dal capo.

- Contento?- Gli chiese infastidita dirigendosi verso la porta per aprirla avendo avvertito il fermarsi del camioncino.

Il facchino prese i pacchi mentre Ziva compilava l’ordine di consegna.

Con un cenno di saluto aspettò che il fattorino se ne andasse per rivolgersi di nuovo verso il capo che nel frattempo si era alzato e l’aveva raggiunta soffermandosi a qualche passo dietro le sue spalle.

Le porse la giacca, prese le chiavi dalla tasca e uscì dalla porta.

- Muoviti David che il lavoro ci aspetta.-

Nessuno dei due l’avrebbe mai ammesso apertamente, neanche sotto tortura, ma da quella notte che avevano passato insieme, il loro modo di rapportarsi era diventato più complice. La loro empatia, che già da prima era palpabile, ora era ancora più evidente, come se quel patto silenzioso che avevano stretto all’inizio con l’uccisione di Ari, la morte di Kate e la salvezza di Gibbs fosse stato suggellato in modo ufficiale, creando tra di loro quell’intesa che a pochi era concesso di farne parte.

Ziva salì in macchina rimuginando sull’atteggiamento dell’uomo.

Gibbs avviò il motore e si diresse verso il quartiere Generale dell’Ncis.

- L’hai vista non è vero?- Gli chiese Ziva ad un tratto arrivando alla verità.

L’uomo non rispose, guardò fisso di fronte a lui, senza degnarla di uno sguardo. I muscoli del suo viso si inasprirono e quella frase detta quasi con disperazione rimbombò nella sua mente “Fidati di me Kate”.

Accelerò di più nel vano tentativo di cancellare quegli occhi duri e freddi che si erano sentiti traditi da lui e da quello che si era lasciato andare.

Ziva non si perse niente di quel cambiamento di umore. Gibbs ormai per lei era diventato un libro aperto, composto a volte con fogli bianchi, altre ancora con fogli tutti scritti o con semplici scarabocchi o con parole chiare e decifrabili.

Sorrise leggermente e con un movimento naturale appoggiò la sua mano su quella del uomo che teneva sul volante.

Si scambiarono una breve occhiata.

- Tutto a tempo debito Gibbs.- Gli disse Ziva prima di togliere la mano da quella del agente e riprendere a guardare fuori.

 

 

 

DiNozzo era stato tentato di andare da Ziva quella mattina. Si era svegliato da solo nel suo letto con ancora indosso i vestiti della sera precedente. La voglia di lei era insaziabile, era sempre di più viva e presente nel suo essere.

Si era alzato con l’intento di partire subito all’attacco per la sua riconquista, si era fatto una doccia veloce, sbarbato, rimesso in ordine e vestito di tutto punto senza trascurare nessun dettaglio.

Stava sistemando le ultime cose quando bussarono alla sua porta.

Si ritrovò di fronte il fattorino che gli consegnò gli scatoloni contenente le cose che aveva lasciato a casa della collega.

Si chiuse la porta alle spalle lasciandola sbattere e osservò pensieroso gli scatoloni.

Le cose si stavano complicando, non sarebbe stato per niente facile la sua riconquista, ma non poteva mollare.

- Tutto per lei!- Si disse ad alta voce come a volersi incoraggiare e non farsi demotivare da quegli scatoloni che gli urlavano la decisione della donna di voler portare tutto allo stesso piano di prima.

Ziva aveva bisogno di tempo, non poteva starle troppo addosso, doveva concederle i propri spazi senza soffocarla con le sue attenzioni e prima o poi, in questo modo, sarebbe ritornata da lui.

Prese le chiavi della macchina e uscì di corsa pronto a volare in ufficio per rivederla.

Parcheggiò l’auto e andò come al solito a prendersi il caffè al consueto bar.

Entrò, si appoggiò al bancone sfoggiando il suo sorriso da seduttore pronto a richiedere la sua dose di caffè mattutina.

In attesa della cameriera che era impegnata alla cassa si voltò verso sinistra e si accorse della donna che era al suo fianco che cercava in tutti i modi di attirare l’attenzione della ragazza.

- Non si preoccupi ora ci penso io.- Le disse sfoggiando il suo stile di rubacuori.

La donna si voltò verso l’uomo e rimase colpita dalla sua presenza.

“Però come iniziare bene la giornata!” pensò soddisfatta da quella visione.

- Emily ci fai due caffè, per me il solito e per...- ma si bloccò non sapendo cosa ordinare.

- Caffè con latte e dolcificante, grazie.- Gli sorrise gentile.

Tony rimase fermo a guardare la figura della donna che gli era al fianco.

Non era possibile.

Non poteva essere vero.

Stava ancora sognando.

- Sta bene?- Gli chiese lei preoccupata notando il colore pallido che aveva assunto il viso dell’uomo.

Quella voce calda, gentile, il viso dolce, lineamenti delicati, naso alla francese, labbra sottili di quel tenue colore rosa di pesca, zigomi leggermente pronunciati e infine gli occhi di quel strano colore castano dalle sfumature scure nascosti da alcune frange di capelli che appartenevamo solamente a una persona: lei.

- Oh mi dio!- Esclamò l’Agente abbracciando la donna d’impulso.

- Ma...- Lei non riuscì a dire altro sorpresa da quella reazione.

Quell’abbraccio era strano, protettivo, sicuro, caloroso, si sentiva così bene tra le sue braccia che si lasciò andare.

Rimasero in silenzio per qualche secondo in quello strano stato confusionale che nessuno dei due riusciva a capire.

DiNozzo respirò a fondo e il profumo di pesca della pelle della donna lo riportò alla realtà.

- Mi dispiace...- iniziò a dire tenendola ancora stretta tra le sue braccia soffiando le sue parole tra i capelli di lei – per un attimo ho creduto che il passato non fosse mai esistito.-

La donna si staccò gentilmente dalle sue braccia e lo guardò amorevolmente.

La reazione dell’uomo che aveva di fronte l’aveva sorpresa e anche se non sapeva spiegarselo le aveva fatto tanta tenerezza.

- Anthony DiNozzo.- Si presentò porgendole la mano.

- Jade Sash.- Rispose stringendo saldamente la presa dell’uomo.

La strana armonia che si era creata tra loro si infranse con l’arrivo della cameriera.

- Ecco a voi i vostri caffè, vi auguro buona giornata.-

I due uscirono dal bar e iniziarono a passeggiare uno a fianco dell’altro.

- Devo averle ricordato una persona importante della sua vita.- Gli disse Jade infrangendo quel silenzio imbarazzante che si era creato tra i due sorseggiando il suo caffè.

- Dammi pure del tu.- Le sorrise calmo mentre i ricordi del passato affollavano la sua mente e si confondevano con l’immagine della donna che aveva di fronte.

- Tony...- lo chiamò incerta – tutto bene?- Gli chiese preoccupata.

DiNozzo per risposta le sorrise.

- Non ti preoccupare, certe cose quando tornano a galla fanno ancora male.- Sorrise triste.

Jade annuì silenziosamente rispettando i tempi di lui.

Si fermarono davanti all’ingresso del quartiere Generale dell’Ncis sedendosi un attimo sulla panchina dall’altra parte della strada.

- Caitlin Todd.- Iniziò piano Tony con voce triste – Era la mia collega, è stata uccisa quattro anni fa durante una missione, è stato un duro colpo per tutta la squadra.-

La donna rimase in silenzio ascoltando lo sfogo dell’uomo che per troppo tempo aveva tenuto quelle parole segregate dentro di sé cogliendo ad ogni gesto e parola i più reconditi significati.

DiNozzo, come un fiume in piena, senza remore e paure si lasciò andare e raccontò liberamente tutta la storia.

Tony alla fine dell’ultima avventura si lasciò andare sullo schienale della panchina, appoggiando la testa all’indietro e guardando il cielo.

- Tu le assomigli terribilmente.- Confessò alla fine – Sei identica a Kate.-

Jade a sentire quel nome trattenne il respiro, strinse le braccia intorno al petto e la frase detta la sera prima dall’Agente Gibbs le rimbombò nella mente.

- Credo che sia meglio che tu vada al lavoro, sta arrivando il tuo capo.- Gli disse ad un tratto dando fine a quel flusso di pensieri.

- Ma tu...- Tony si voltò sorpreso verso la donna.

- Segreto.- Gli sorrise alzandosi di scatto – Su andiamo!- Lo incitò di seguirlo.

I due attraversarono la strada e rimasero in attesa dell’arrivo degli altri agenti.

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

Ok questo capitolo non era programmato ma oggi, con la tranquillità e la calma della giornata, è partito da sé...

Un chap di transizione, che rivela sempre qualcosa di più o meno importante, lascio a voi dedurlo.

Il prossimo? Non lo so, sicuramente il primo settembre.

Ancora buone vacanze!!

 

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Capitolo 7
*** 7° capitolo - prima parte ***


Mettetevi comodi.... che per sopperire alla lunga astinenza il chap è lungo...

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

Jade osservò Gibbs e la donna misteriosa che era al suo fianco mentre si avvicinavano a lei e a Tony, facendo scorrere rapidamente lo sguardo prima sulla figura dell’uomo e soffermandosi poi più attentamente sulla donna.

Lei non era di certo una “femme fatale”, constatò Jade alla prima occhiata, ma osservandola attentamente convenne che il portamento determinato e sinuoso della donna, i suoi capelli ribelli che ondeggiavano in sincronia ai passi le donavano un’aria sexy, accattivante e forte.

Il magnetismo che attraeva la sua persona stregava chiunque la guardasse, lei compresa ne rimase affascinata.

La camminata dei due agenti era sicura, senza esitazione, parlavano tranquillamente evidentemente di un discorso che li interessava entrambi perché alternavano momenti di ilarità ad attimi di spiegazione.

Il loro atteggiamento era confidenziale, ricco di pathos e tensione... complice... “fin troppo” pensò Jade terminando la sua prima analisi.

I gesti spontanei della donna verso l’uomo erano intimi come le risposte che il corpo di lui le dava.

Per un occhio non abituato ad osservare quello sfioramento causale del braccio di lui a quello di lei, la mano di lei che si appoggiava ritmicamente ogni volta che c’era uno scambio divertente di battute sulla spalla dell’uomo e gli occhi di lui che scintillavano di una luce particolare ogni volta che si posavano sul volto della donna, non avrebbero suscitato interesse, ma a Jade, abituata a non soffermarsi all’apparenza e ad interpretare ogni gesto, parola, emozione con il suo vero significato, lasciarono l’amara sensazione che tra loro ci fosse qualcosa di molto più importante di un semplice rapporto lavorativo.

- E’ la sua donna?- Chiese ad un tratto dando voce ai propri dubbi prima che i due agenti si avvicinassero troppo, con una leggera punta di gelosia.

Jade non sapeva spiegarsi il perché ma vedere i due in quel atteggiamento così complice le faceva attorcigliare lo stomaco.

DiNozzo a quella domanda si girò stupito a guardare la donna che era concentrata ad osservare i colleghi con un’espressione corrucciata e contrariata sul volto.

- Da cosa lo deduci?- Le domandò evitando di rispondere a quella domanda portando anche lui l’attenzione sui colleghi.

- Ci ho preso vero?....- rispose mentre un sorriso tirato le appariva sul volto -... il linguaggio del loro corpo, dice tutto... così confidenziale... intimo... segreto...- Gli rispose esponendo pacificamente la sua tesi lasciando qualche secondo di silenzio tra una parola e l’altra.

Tony li osservò ancora meglio e quando vide Ziva appoggiare per l’ennesima volta la mano sulla spalla di Gibbs e tenerla più del dovuto l’insinuazione di quel sospetto si fece largo dentro di lui.

Scosse la testa per scacciare quello strano pensiero e si diede subito dopo dello stupido nell’averlo solo pensato.

- Mi dispiace deludere le tue aspettative ma ti sbagli di grosso mia cara Jade, sei proprio fuori strada.- Rise divertito da quella possibilità -  Lei è Ziva David la mia collega...- le disse calcando il tono della voce sulla parola “mia” -... e lui come ben sai è l’Agente Gibbs il mio capo.- Le sorrise Tony riportando l’attenzione sulla donna.

- Sarà...- affermò lei dubbiosa lanciando un’ultima occhiata alla coppia prima di sorridere per tranquillizzare l’uomo.

Ziva e Gibbs si avvicinarono ai due.

Ci fu un attimo di silenzio.

Le due coppie si fissarono a vicenda.

Un lungo e interminabile silenzio di gelo calò tra loro.

Ziva appena si accorse della presenza di Tony vicino a quella donna misteriosa si bloccò di colpo rimanendo ferma a poca distanza dai due.

Gibbs la osservò con la coda dell’occhio e portandole la mano dietro la schiena la incitò ad andare avanti.

Jade non si perse nulla di quel gesto spontaneo.

“Impossibile” pensò infastidita “... non posso essermi sbagliata” terminò dando una veloce occhiata a Gibbs, poi a Ziva, infine a DiNozzo e notando l’espressione corrucciata sul viso dell’uomo sorrise tra sé.

“Se ne sta rendendo conto anche lui.” pensò soddisfatta.

 

 

 

- Assurdo...- Disse piano Tony abbandonandosi alla ringhiera e lasciandosi accarezzare dal vento tiepido di quella giornata.

A metà mattina, approfittando della calma che regnava in ufficio, si era rifugiato in terrazza a pensare.

Rilassò le spalle ma subito dopo le contrasse un'altra volta mentre l’incontro di quell’inizio di giornata gli affollò la mente.

Era stato un momento strano.

Rivivere il passato attraverso Jade l’aveva scombussolato non poco, ma quello che l’aveva stupito ancora di più era stato l’atteggiamento impassibile di Gibbs.

Aveva potuto percepire solo una silenziosa reazione quando aveva incrociato lo sguardo con l’uomo, ma subito dopo quest’ultimo l’aveva messa a tacere non facendo trapelare nient’altro di sé.

Jethro aveva degnato con un semplice sguardo la donna e con un piccolo segno del capo si era congedato da loro seguito a ruota dall’Agente David.

“Muoviti DiNozzo, abbiamo del lavoro da fare!” Gli aveva intimato prima di entrare in ascensore.

Lui si era dovuto congedare frettolosamente dalla donna seguendo i due riuscendo appena in tempo  ad entrare in ascensore prima che le porte si chiudessero.

Tony respirò a fondo cercando di scacciare quei tristi ricordi e si concentrò sul viso di Ziva.

L’aveva vista rilassata, più tranquilla in compagnia del capo, come se in qualche modo lui avesse il potere di darle quella serenità che lui non riusciva a trasmetterle.

E’ la sua donna?”

Quella domanda così assurda che gli aveva rivolto Jade, qualche attimo prima che i due agenti si accorgessero di loro, lo scombussolò un’altra volta.

Scosse la testa e sorrise di se stesso.

No, non era possibile.

Non poteva essere.

Tra Gibbs e Ziva c’era stato fin da subito quella sintonia particolare che nemmeno lui e il capo erano riusciti a instaurare all’inizio della loro collaborazione ma confonderla con qualcosa di diverso che potesse andare oltre a quella sintonia era impossibile... assurrdo!

- DiNozzo che stai facendo!- La voce dura di Gibbs lo fece ritornare alla realtà.

- Capo!- Esclamò sorpreso.

L’uomo si avvicinò al suo Agente osservandolo attentamente.

Il viso di Tony era stanco e una ruga di apprensione gli solcava la fronte facendola aggrottare.

Era venuto il momento di affrontare il discorso.

Gli porse uno dei due caffè che teneva in mano e si appoggiò alla ringhiera con la schiena aspettando pazientemente che il fiume di parole di Tony lo travolgesse come il suo solito.

DiNozzo imitò il capo e rimase in silenzio sorseggiando il caffè.

- Tu lo sapevi?- Gli chiese Tony ad un tratto infrangendo la calma che si era creata tra loro.

- Si.- Rispose semplicemente Gibbs.

- Scioccante non è vero? Sta mattina quando mi sono ritrovata di fronte Jade è stato come se il passato non fosse mai accaduto, come se tutto quello che è successo non fosse in realtà mai stato. Per un attimo ho creduto che tutto fosse vero, che Kate non fosse morta, che io e lei fossimo ancora una squadra, che lei fosse ancora al mio fianco costringendomi a sorbire una delle sue ramanzine senza senso aspettando solo l’occasione per prenderla in giro e farla imbarazzare...- Tony respirò a fondo riprendendo fiato. – Stupido lo so...- Confessò dopo

Gibbs rimase in silenzio, stringendo più forte il bicchiere nella mano e bevendo poi un lungo sorso di caffè.

- No, non lo è.- Affermò serio, in fondo anche lui ci era cascato nel passato.

- E’ lei la donna che stavi cercando in questi giorni?- Gli chiese dopo un attimo di riflessione.

Gibbs piegò lievemente l’angolo destro delle labbra verso l’alto.

“Non gli sfugge niente” pensò soddisfatto.

Si staccò dalla ringhiera, appallottolando il bicchiere ormai vuoto e lanciandolo nel cestino lì vicino si avviò verso l’interno.

- Muoviti DiNozzo, Vance ci aspetta.- Gli gridò.

 

 

 

- Agente David finalmente la trovo!- Esordì Cinthia quando la vide entrare in ufficio.

Ziva si bloccò rimanendo perplessa prendendo automaticamente il cellulare in mano.

- Il suo telefono è staccato.- Rispose la donna precedendo la sua domanda.

L’Agente guardò il cellulare e constatò che si era scaricato.

- E’ successo qualcosa?- Chiese osservandola attentamente notando il plico di cartelline che portava in braccio.

- Il direttore Vance ha convocato tutta la squadra, la stanno aspettando, non sapevo più cosa inventarmi, per fortuna è rientrata.- Sospirò consolata.

- Ora sono qua, andiamo.- Le disse mentre si dirigeva verso l’ufficio del Direttore.

Ziva osservò i presenti, c’erano proprio tutti, perfino Palmer. Diede una veloce occhiata agli altri soffermandosi poi sulla donna incontrata quella mattina che era seduta vicino a DiNozzo con il quale stava parlando amichevolmente.

Tony si era sporto verso di lei, le aveva sussurrato qualcosa all’orecchio e lei per risposta gli aveva sorriso, facendo brillare i suoi occhi nocciola appoggiandogli una mano sulla gamba per confermargli quello che evidentemente le avevo chiesto l’uomo.

Ziva, a quel gesto, sentì una morsa allo stomaco e le mancò il respiro quando Tony, accortosi della sua presenza, fece incrociare i loro sguardi.

- Agente David si accomodi pure.- Le disse Vance quando la vide sulla soglia dell’ufficio.

La donna distolse lo sguardo da DiNozzo per incrociare quello di Gibbs che con un impercettibile segno del capo le indicò di sedersi accanto a lui.

Ziva si sedette e cercò di nuovo lo sguardo del capo ma non lo trovò, anche Jethro era impegnato ad osservare i due, o meglio lei.

Non poté fare a meno che concentrarsi sui due e riportò il suo sguardo su Tony.

“Dovevo aspettarmelo” pensò infastidita nel constatare quella strana complicità che si era creata tra loro. Lei non aveva fatto in tempo a dargli “l’out-out” che DiNozzo l’aveva subito rimpiazzata, poi con chi? Con quella insulsa donna.

Strinse le mani a pugno sulle gambe racchiudendo dentro di esse la stoffa del pantalone.

“E’ questo il grande amore che aveva per me?!” si chiese triste non potendo impedirsi di distogliere lo sguardo dai due.

Tony per tutto il tempo che parlava con Jade aveva sentito su di sé lo sguardo di Ziva.

Sorrise soddisfatto alzando lievemente l’angolo destro della bocca in un ghigno divertito e quel gesto non passò inosservato agli occhi esperti di Jade.

- Visto che ci siamo tutti vi presento il nuovo membro dell’agenzia che collaborerà fin da subito alle indagini dell’Ncis.- La donna si alzò e affiancò Vance.

- La dottoressa Jade Sash: psicologa studiosa del comportamento umano ed esperta di rilievo sul linguaggio del corpo, sulle espressioni facciali e criminologa forense. Ha lavorato diversi anni in Europa con la AISE e C.I.I in Italia, MI5 e MI6 in Inghilterra, FSB in Russia e negli ultimi anni ha collaborato anche con la CIA e la DIA.-

Il silenzio calò tra i presenti e tutti contemporaneamente rivolsero un’occhiata a Gibbs che come il suo solito non manifestò niente di quello che stava pensando.

- Dottoressa Sash è un onore fare la sua conoscenza.- Intervenne il Dott. Mallard infrangendo quel silenzio imbarazzante alzandosi e andando incontro alla donna – Praticamente ho letto tutti i suoi libri, articoli, studi per la mia specializzazione in analisi comportamentale.- Le strinse le mani nelle sue.

Jade sorrise apertamente alla reazione amichevole dell’uomo facendo scivolare, dopo qualche istante, le mani da quelle di lui .

- Sarà un onore lavorare con lei dottoressa, nonostante la sua giovane età ha un bagaglio di esperienza da far invidia ai più vecchi studiosi.- Continuò l’uomo entusiasto.

- Mi chiami Jade Dott. Mallard.- Gli propose gentilmente.

- Ducky.- Le porse la mano che la donna strinse con sicurezza.

- Avanti Ducky non manipolare la dottoressa Sash come sempre.- Intervenne DiNozzo.

La donna si girò verso l’Agente sorridendogli.

- Ma come siamo formali Tony.- Rise divertita

L’Agente la cinse per le spalle e con un tono più basso le disse:

- Sai com’è Jade in presenza del Direttore è meglio essere formali.-  Scoppiarono a ridere.

Vance, dopo aver dato un’occhiata glaciale a DiNozzo, si congedò.

- Benvenuta in squadra.- Le disse Abby travolgendola nel suo abbraccio. – Sembra così strano...- Si lasciò fuggire – quando prima ti ho vista mi è preso un infarto, mi dispiace se ti ho spaventata.- Rise affondando i suoi occhi verdi in quelli marroni della donna.

- Non ti preoccupare Abby è stata una normale reazione per una persona come te abituata a manifestare le sue emozioni apertamente e poi posso immaginare la tua sorpresa nel vedermi è la stessa che ha avuto Tony questa mattina quando mi ha visto in caffetteria, senza sapere chi fosse mi ha braccata nel suo abbraccio.- Rise divertita ricordando l’episodio.

- Ehi!!! Io non ho braccato proprio nessuno... forse un po’ stritolata.- Scoppiò a ridere portandosi la donna accanto a sé.

“Ora basta!” pensò Ziva stufa del comportamento dell’uomo.

Fece un passo in avanti pronta ad attaccare ma la mano che le si posò sul braccio la fece desistere da quello che voleva fare.

Si girò e incontrò lo sguardo calmo di Gibbs.

Abbassò il capo rassegnata, in fin dei conti aveva ragione lui, come sempre, non poteva lasciarsi andare.

Jade con la coda dell’occhio non le passò inosservato quel movimento.

“Ancora!” pensò quando vide quello scambio di sguardi e la mano di lui appoggiata saldamente al braccio di lei.

- Agente David...- si avvicinò ai due mentre Gibbs levava con nonchalance la mano dal braccio della donna riportandola al suo fianco. - ... il Direttore mi ha detto che lei è del Mossad.- Le disse cordialmente.

Ziva per tutta risposta le regalò un’occhiata gelida.

“Ops! Qualcosa mi dice che non le sono simpatica, ma perché?” pensò Jade notando il fuoco vivo di quelle iridi nere.

Tony riconoscendo lo sguardo negli occhi di Ziva corse in aiuto della donna.

- Non dirmi Jade che hai lavorato anche con il Mossad?- Le chiese per alleggerire la tensione.

- Non direttamente, in quel periodo ero in Inghilterra e presi parte ad un’indagine internazionale dove era coinvolto il Mossad.- Disse rivolgendosi a Tony appoggiandogli una mano sul braccio premendo leggermente la presa e sentendo i muscoli del bicipite.

Jade con la coda dell’occhio osservò la reazione dell’Agente David che a vedere quel gesto si irrigidì ancora di più serrando le labbra una contro l’altra come se volesse impedirsi di dire qualcosa.

“Interessante” pensò soddisfatta la dottoressa Sash.

La donna stava per compiere un altro esperimento quando il cellulare di Jethro suonò interrompendo il discorso.

- Gibbs.- Rispose, facendo subito dopo un segno di assenso con il capo e segnando qualcosa sul blocchetto.

- Marine morto. Mcgee rintraccia questo numero.- Gli porse il foglietto – Ziva con me, DiNozzo tu resta con la Dottoressa Sash e cercate di scoprire il più possibile sul Ten. Coll. Brendall.-

- Si capo!- Risposero in coro i due agenti.

Jade si avvicinò all’uomo e prima che potesse andare via lo bloccò appoggiandogli la mano sul braccio.

Gibbs si girò a guardare la donna interdetto da quel gesto.

- Chiamami semplicemente Jade.- Gli propose in tono amichevole facendo attenzione al comportamento di Ziva la quale non manifestò nessuna reazione particolare.

- Gibbs.- Rispose asciutto e senza darle altre spiegazioni se ne andò seguito dall’Agente David.

Jade rimase ferma ad osservare i due uscire dalla stanza.

“Curioso” pensò mentre il suo cervello iniziava ad elaborare i dati che aveva raccolto da quello scambio di battute.

- Ti ci abituerai.- La confortò Tony osservando i due allontanarsi appoggiandole una mano sulla spalla. – Andiamo ti mostro la nostra postazione.-

La donna non disse niente, gli rispose semplicemente con un sorriso di circostanza.

Si avviarono verso la postazione bloccandosi un attimo sul pianerottolo.

Tony incrociò lo sguardo con Ziva che era in attesa dell’ascensore e rimasero a fissarsi per qualche istante.

- Tutto bene?- Gli chiese Jade notando il cambio di espressione sul viso dell’uomo.

DiNozzo spostò lo sguardo dalla collega alla donna mentre un’idea “geniale” si formulò nella sua mente.

Avvicinò la mano alla guancia di lei e le lasciò una carezza sorridendole come solo lui sapeva sorridere ad una donna, con quel modo sexy e accattivante facendo brillare il verde delle sue iridi in totale stile made in DiNozzo.

Jade a quel gesto trattenne un attimo il respiro sentendosi quasi ubriaca da quell’attenzione particolare, ma quando Tony tolse il suo sguardo dagli suoi occhi per vedere la reazione di Ziva, le fu chiaro il gioco dell’uomo.

Gli afferrò dolcemente ma con decisione il colletto della camicia e lo avvicinò a sé.

- Se vuoi giocare ti aiuto, ma sappi che è pericoloso.- Gli sussurrò confidenzialmente.

- Perspicace, dovrò annotarmi di fare attenzione con te quando sei nei paraggi, altrimenti non c’è gusto. Alleati?- Le propose avvicinandosi al suo orecchio.

La donna sorrise lanciando una veloce occhiata verso il basso e sentendosi incenerire dallo sguardo duro che le stava rivolgendo l’Agente David.

- Alleati.- Rispose poco dopo.

Jade ne era sicura: si sarebbe divertita un sacco in quella squadra e inoltre sarebbe stata una buona occasione per lei per approfondire i suoi costanti studi sulla natura umana.

I due scoppiarono a ridere suggellando con una stretta di mano quel patto segreto.

 

 

 

- Hei!- Disse Gibbs a Ziva riportando l’attenzione della donna su di lui.

Lei lo guardò rimanendo in silenzio come se quello sguardo potesse sostituire tutto il fiume di parole che portava dentro di sé.

- Fuori le questioni personali dalle indagini se vuoi ancora far parte della mia squadra.- Le disse duro.

- Stai dubitando di me Gibbs?- Gli chiese reprimendo la rabbia.

- Se non sai distinguere ragione e sentimento... si. Se non sai tenere a bada il cuore...- e gli appoggiò il dito indice sul petto – Si... se non riesci a gestire le tue emozioni.. si!- La guardò dritto negli occhi immergendo le sue iridi di ghiaccio in quelle nere e profondi di lei.

- Non ci penso due volte a rispedirti a calci nel sedere al Mossad se non sei concentrata al 100% sul caso.- Terminò serio.

- Ma come Gibbs mi deludi, neanche uno scappellotto prima?- Lo sfidò ironicamente evitando di rispondere a quell’attacco entrando in ascensore.

- Non mi tentare Ziva.- Le rispose Jethro prima di seguirla all’interno facendo comparire un lieve sorriso sulle labbra.

Jade non si perse neanche un secondo di quello scambio di battute.

“Non c’è dubbio che tra loro ci sia complicità, ma c’è qualcos’altro sotto, troppo confidenza per un capo e un subalterno, sì, tra loro c’è empatia... sintonia... i loro corpi tendono uno verso l’altro proprio come quelli di due amanti.”

Jade bloccò il flusso dei suoi pensieri quando arrivò alla verità.

“Amanti” ripeté nella sua mente.

“Lo sono stati o lo sono ancora? ma amanti fino a che punto?” si chiese fissando le porte ormai chiuse dell’ascensore.

 

 

 

 

Continua....

 

 

 

 

 

 

Fine prima parte.... il capitolo era troppo lungo perciò lo diviso, la seconda parte è pronta è solo in fase di revisione... rimanete in zona che entro sabato arriva il seguito ^_^

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Capitolo 8
*** 8° capitolo - seconda parte ***


Come promesso...

 

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

Jade aveva passato l’intero pomeriggio con Tony instaurando fin da subito una piacevole sintonia che all’inizio l’aveva stupita, ma che dopo era riuscita ad apprezzarne i vantaggi.

La compagnia dell’uomo era interessante e nonostante si nascondesse dietro alla sua maschera di “buffone di corte” aveva capito che era un Agente attento e serio, capace di dare un senso anche alle cose più ovvie e scontate riuscendo a collegarle a quelle senza senso ed individuare la via di uscita.

A Gibbs e a Ziva era bastato poco per scovare il sospettato, una volta trovato l’indizio giusto da parte di Tony e grazie anche all’aiuto di Mcgee che aveva rintracciato il segnale gps del cellulare, i due agenti l’avevano catturato e portato in ufficio per interrogarlo sull’omicidio del marine.

Jade era rimasta in disparte ad osservare la squadra al lavoro giusto per farsi un’idea di come lavorasse l’intero team e di come gli agenti interagissero tra di loro.

La donna aveva constatato che i componenti della squadra, nonostante fossero molto diversi l’uno dall’altro, agivano in una quasi perfetta sincronia di pensiero e azione.

Gibbs era un abile maestro, aveva insegnato al team di precedere e prevedere ogni sua richiesta stuzzicando in quel modo il loro istinto investigativo per trovare la verità.

L’interrogatorio era quasi finito e Jade capì dalle espressioni facciali e dalla posa del corpo che il colpevole aveva assunto che a breve sarebbe crollato confessando tutto.

La donna si accorse che anche Gibbs ne era consapevole, infatti i lineamenti del suo viso si erano rilassati e le sue iridi erano diventate ancora più fredde e intense.

L’Agente si era sporto verso l’uomo attaccandolo con l’ultimo colpo verbale e l’altro, non riuscendo a reagire,  era crollato ammettendo la sua colpa.

Jade sorrise per quella mossa, soddisfatta che le sue aspettative su Gibbs non fossero state deluse.

- C’è sempre un sacco da imparare dal capo.- Le disse Tony osservando l’aria compiaciuta sul volto della donna.

- Voi lo fate molto bene. Siete un’ottima squadra.- Guardò DiNozzo brevemente con la coda dell’occhio senza staccare definitivamente la sua attenzione da Gibbs  che con il suo carattere, carisma, caparbietà e comportamento la intrigava sempre di più.

“E’ solo lavoro” pensò Jade mentre faceva scorrere il suo sguardo sui lineamenti del viso dell’uomo.

Tony sorrise a quel complimento rendendosi ancora di più conto della capacità di Jade di cogliere ogni piccolo particolare e leggerne il significato.

 

 

DiNozzo la guidò alla sua scrivania, facendole segno di attendere, si piegò verso il basso e dal cassetto estrasse un album di foto.

- Tieni, questo ti servirà a capire meglio. Potrei spendere un sacco di tempo a parlarti di Kate e di quanto tu le assomigli fisicamente e cosa ha suscitato in tutti noi la tua presenza, ma visto che per te le parole sono superflue ho pensato che le foto, che compongono questo album che Abby ci ha regalato per natale, possano farti capire meglio Kate e tutti noi al contrario del mio lunghissimo monologo che dovresti stare ad ascoltare.- Le sorrise.

Jade rimase incantata da quegli occhi verdi velati di tristezza.

Era sicura che l’uomo cercasse con tutto se stesso di non confondere la figura di Kate con la sua ma da alcuni atteggiamenti, che aveva tenuto con lei in quel pomeriggio, aveva capito che per DiNozzo era molto difficile staccarsi dal passato ma che almeno ci stava provando ad affrontarlo.

Afferrò l’album sfiorando delicatamente la mano dell’Agente.

Gli sorrise sincera, grata del suo gesto.

- Jade vieni con me.- La invitò Vance comparendo alle loro spalle con Gibbs e Ziva – Devo mostrarti alcuni documenti.- Le spiegò iniziando ad avviarsi verso il suo ufficio.

- Arrivo.- Rispose prontamente Jade voltandosi e incrociando per un lieve secondo gli occhi azzurri e limpidi di Gibbs che la colpirono come lame affilate quando si accorse che teneva in mano l’album fotografico.

Jade istintivamente strinse forte nella mano il libro come se avesse il timore che l’uomo glielo volesse strappare e seguì il Direttore.

 

 

 

Jade si congedò da Vance dopo due ore di lunghe chiacchere e scambi di opinioni.

Il Direttore era un uomo difficile da identificare, sempre attento a non concedere nulla di sé, sulla difensiva, pronto a cogliere in fallo ed attaccare una volta scoperto il lato debole del suo interlocutore, a testare se realmente valeva e se riusciva a soddisfare le aspettative che aveva posto in lui.

Un uomo preciso, che crede nella sua linea di condottiero e capo ma con la segreta paura che gli altri non lo considerino all’altezza del suo compito. Un mediatore sotto mentite spoglie che in realtà cerca solo di manipolare e guidare nella direzione che lui vuole.

“Un tipo interessante” pensò Jade mentre scendeva le scale, sorridendo e respirando a fondo per rilassare i muscoli delle spalle che fino ad allora erano rimasti contratti per tenere a bada le sue emozioni e stare allerta ai continui attacchi verbali del Direttore.

La donna approfittando del silenzio dell’ufficio e visto che non le era ancora stata assegnata una posizione si sedette alla scrivania di Gibbs.

Appoggiò i fascicoli che aveva richiesto al Direttore e che Vance con riluttanza le aveva dato, posizionandoli in ordine di importanza: prima quello dell’Agente speciale Gibbs, DiNozzo, Mcgee e infine quello dell’Agente David.

Erano fascicoli personali che raccontavano l’intera carriera e vita di ogni Agente, era un’intrusione nella vita privata, lo sapeva bene Jade, ma per mettere a tacere i sensi di colpa della sua coscienza, quella curiosità la faceva passare sotto forma di un’indagine personale che le serviva per comprendere e capire a fondo con chi stava lavorando.

Leggendo i vari fogli poté avvalorare le varie tesi che si era fatta su ogni componente della squadra.

Notò che Tony e Ziva, per la maggior parte delle volte, avevano fatto in coppia le missioni, in fondo quei due li vedeva bene insieme anche se non li aveva visti ancora in azione. La sua attenzione cadde sul penultimo caso che la squadra aveva concluso, con l’infelice disavventura dell’Agente David che si era presa 4 proiettili per proteggere Gibbs e che le erano costati 15 giorni di convalescenza ai quali era stata affiancata dall’Agente DiNozzo.

“Strano” pensò riflettendo sui quei giorni di riposo dati a Tony mentre nella mente le apparivano i flash degli sguardi di fuoco di Ziva quando lei concedeva la sua attenzione a DiNozzo.

Sorrise tra sé... “che tra i due ci fosse qualcosa? Scattato in quei quindici giorni?” si chiese e mentre prendeva forma quel pensiero si andò a cozzare con l’ultima immagine di  Ziva e Gibbs vicini all’ascensore.

Jade si rilassò totalmente allo schienale della sedia massaggiandosi  le tempie.

Troppe variabile aveva tra le mani per poter dare risposte alle sue domande.

La donna mise i fascicoli nella valigetta e prese in mano l’album che le aveva dato Tony.

Lo aprì e sul primo foglio vide una sua fotografia con la scritta “In memoria di Kate”.

Rimase in silenzio, immobile a fissare quel viso identico al suo, quegli occhi espressivi così simili ai suoi e i lunghi capelli castani leggermente mossi e lucenti proprio come i suoi.

Trattenne involontariamente il respiro dalla sorpresa, si era immagina di trovarsi si di fronte, una donna somigliante a lei, ma non una sua gemella.

Chiuse gli occhi e respirò a fondo per schiarire la mente.

Fissò nuovamente la foto e si concentrò sul resto del team.

Erano tutti così giovani e inesperti.

Tony sembrava  un ragazzino, Mcgee un pivello impaurito anche della sua ombra sotto lo sguardo furbo e vivace di Abby, e infine c’era lei, Kate, sorridente e dolce che guardava teneramente Gibbs.

Jade si soffermò a guardare il viso dell’uomo, più rilassato e sereno di quello che aveva conosciuto. Le fece tenerezza e incontrando quegli occhi dolci il cuore iniziò a battere più velocemente.

Si passò una mano sul petto come se con quel gesto potesse calmare la reazione improvvisa che aveva avuto.

Continuò a sfogliare l’album notando in ognuna delle foto i piccoli segni che il fotografo inconsapevolmente aveva catturato. I gesti, gli sguardi, le posizioni del corpo, ogni particolare le parlavano e raccontavano un sacco di cose su quella squadra.

La donna tra una foto e l’altra percorse la storia dell’intero team arrivando alla conclusione di alcuni dettagli che aveva tralasciato.

- Ha finito di ficcanasare?- Le chiese duro Gibbs alle sue spalle.

Jade sobbalzò per la sorpresa chiudendo automaticamente l’album fotografico.

Si girò incontrando le due iridi bianche che la guardavano severamente.

Si alzò lisciandosi la gonna per poi riportare l’attenzione sull’uomo.

- Agente Gibbs ha per caso paura che possa scoprire qualcosa che lei cerca in tutti i modi di tenere nascosto?- Gli chiese sfidandolo.

- Questi non sono affari suoi.- Le rispose serio sporgendosi verso di lei, afferrando l’album e facendo qualche passo con l’intento di andarsene.

- E’ una sua prerogativa andare a letto con le agenti donna della sua squadra?- Lo sfidò dando voce ai suoi dubbi e incrociando lo sguardo dell’uomo che si era girato di scatto a quella domanda impertinente.

La donna soddisfatta di aver attirato l’attenzione dell’uomo decise che poteva anche andarsene, ormai gli aveva dato prova che non doveva sottovalutarla, raccolse la sua valigetta e si avviò verso l’ascensore.

Gibbs l’afferrò per il polso quando gli passò accanto e la portò bruscamente vicino a sé sbarrandole il passaggio.

- Dove pensa di andare Jade?- Le intimò.

Lei non rispose, lo fissò dritto in quegli occhi di ghiaccio, facendo fondere il color cioccolato dei suoi in quelli di lui addolcendoli.

- Io...- sorrise soddisfatta cercando di tenere a bada il marasma di emozioni che stava aggrovigliando il suo stomaco nel stare così vicina a lui -... non serve che mi spieghi Gibbs, so già quel è la risposta, l’ho capito da sola che lei è finito a letto con l’Agente David e potrei scommettere tutto quello che vuole che nel suo letto in passato ci sia finita anche l’Agente Todd.- Gli disse tranquillamente tenendo il tono della voce fermo e sicuro, alzando il polso verso l’alto e portandolo indietro per liberarsi dalla presa dell’uomo.

Jethro si sporse in avanti verso la donna.

- Gelosa Jade?- Le chiese sussurrandole quelle due parole sulla sua bocca prima di posare le labbra su quelle di lei attirato da un strano magnetismo che trasmetteva la figura della donna.

Gibbs rimase fermo per qualche secondo assaporando la morbidezza e delicatezza di quel contatto, poi perso dal mare dei ricordi si mosse lentamente assaggiando il labbro inferiore e stuzzicando con la lingua il labbro superiore come l’onda calma e lenta che assaggia la spiaggia e si perde nel suo confine.

Un movimento dolce, attento, esigente.

Jade a quel contatto si irrigidì perdendo quasi totalmente la lucidità della realtà lasciando la presa della valigetta che cadde a terrà.

 

“Fidati di me Kate”

 

Quelle poche parole le rimbombarono come un’esplosione nella mente.

Prese tutte le forze e si staccò da lui affondando lo sguardo duro in quello vuoto dell’uomo.

- Io non sono Kate!- Gli disse dura, ansimando, cercando di tenere a bada i battiti del suo cuore stringendo la mano che si era liberata dalla presa dell’uomo a pugno.

Gibbs la trapassò con sguardo privo di ogni emozione.

No.

Non era Kate.

Jade si irrigidì ancora di più, sentendosi ferita sia come donna sia nell’anima.

- E’ ora che lo capisca e se ne faccia una ragione Agente Gibbs... IO ... NON ... SONO ... KATE!- Gli sputò addosso con rabbia prima di andarsene.

 

 

 

Ziva, da quando era tornata con Gibbs in ufficio, non aveva fatto altro che cercare di evitare DiNozzo rimanendo incollata involontariamente alle gonnelle di Jethro.

La donna sorrise all’immagine riflessa sulla vetrata della porta d’uscita, si era comportata come una  vera pivella.

Aveva da poco iniziato a piovere e lei era senza ombrello, senza giacca e senza macchina.

“Un finale perfetto per questa perfetta giornata” pensò sconsolata.

Gibbs, dopo il suo ennesimo rifiuto, le aveva ordinato nel suo “affettuoso” modo di andare pure a casa che lui sarebbe rimasto in ufficio a terminare le ultime questioni con il Direttore.

Ziva respirò a fondo cercando di respingere una delle tante immagini di Tony insieme a Jade.

Si sentiva così delusa da lui.

“Che cosa credevi?” si chiese passandosi una mano sul viso per scacciare quei pensieri.

Eppure era stata colpa sua, solamente sua.

Lei aveva permesso che la situazione degenerasse, che passassero il confine e poi era stata sempre lei a riportare tutto come prima.

“Io sono disposto a giocare fino in fondo e tu?”

Una domanda impegnativa alla quale non era riuscita ancora a trovare una risposta.

Non lo sapeva se era disposta a giocare, sapeva solo che al momento una relazione tre Tony e lei era la cosa più sbagliata a questo mondo.

Il punto da capire era: sbagliato per chi?

Un brivido le percorse il corpo e si strinse le braccia intorno alla vita cercando di non far penetrare l’umidità della sera e trovare un po’ di calore.

- Mettiti pure la mia giacca.- Le propose l’uomo mentre le appoggiava la giacca sulle spalle.

L’odore intenso e fresco del muschio bianco le arrivò alle narici e istintivamente respirò a fondo per percepire l’intera essenza.

Ziva guardò la loro immagine riflessa sulla porta a vetri.

Un uomo e una donna uno accanto all’altro. Lui che tiene la mani appoggiate sulle spalle di lei in segno di protezione, calore.

Gli sorrise e dopo qualche secondo si girò a guardarlo negli occhi.

- Pensavo che fossi già andato a casa.- Gli disse per smorzare quell’attimo di imbarazzo beandosi di quello sguardo dolce che le stava rivolgendo.

- Sono rimasto perché volevo finire di parlare con Jade di una cosa...-

- Io vado.- Lo interruppe Ziva togliendosi la giacca dalle spalle e buttandogliela addosso.

- Ehi aspetta!!- La fermò Tony piazzandosi di fronte bloccandole l’uscita.

- Jade non ti sta aspettando?- Gli chiese acida.

DiNozzo a quella domanda sorrise, gongolando dentro di sé.

Ziva era gelosa e nonostante che cercasse in tutti i modi di non far trapelare nessuna delle sue emozioni lui la conosceva troppo bene per non capirlo.

“Buon segno” pensò soddisfatto osservando la donna che aveva di fronte.

Quel giorno per un attimo gli era sembrato che i suoi tentativi di farla ingelosire fossero stati vani, che lui ormai non fosse più cosa sua, ma ora, quella reazione lo aveva rassicurato che le carte che stava giocando erano quelle vincenti.

- E’ ancora impegnata con il Direttore.- Le spiegò – In fondo non era importante, ne posso parlare con lei anche domani a colazione, le ho lasciato un messaggio che ci vediamo al “Coffee Break”.-

Gli occhi di Ziva a quell’informazione divennero ancora più neri e profondi.

- Avete legato subito?- Gli chiese non riuscendo a tenere a freno la lingua.

- Gelosa David?- Le domandò Tony stampandosi sul viso un ghigno divertito.

- Per me puoi fare quello che vuoi DiNozzo.- Gli rispose freddamente – Pensavo solo... ah lascia perdere.- Tentò ma poi frenando le parole che stavano uscendo come un fiume in piena si bloccò. – Buona notte.-

- Aspetta...- Le disse dolcemente afferrandola per il braccio.

Lei lo guardò sorpresa.

- Piove...-

La donna lo guardò interdetta.

- Non voglio che ti bagni e poi ti ammali. Ti accompagno io a casa.-

Ziva rimase spiazzata da quel cambio repentino di atteggiamento.

- Io...- tentò di dire prima di sorridergli e accettare il suo invito.

Uscirono insieme, DiNozzo aprì l’ombrello e si portò Ziva vicino a sé, stringendola al suo petto.

- L’ombrello è piccolo.- Sorrise sornione anticipando la reazione di lei.

La donna sorrise anche lei e si lasciò andare agli eventi.

Il viaggio fu silenzioso, nessuno dei due parlò, quasi come se avessero paura di rompere la tenera atmosfera che si era creata tra loro, la calma che da quella notte avevano perso.

- Siamo arrivati.- Disse Tony spegnendo il motore della macchina.

Si voltò verso Ziva rimanendo qualche attimo a fissarle il viso illuminato dalla luce del lampione.

- Aspetta non scendere...- la bloccò, scendendo velocemente dalla macchina e aprendo la sua portiera.

- Ti ho portata asciutta fino a qui non posso permettere che le gocce di pioggia ti bagnino proprio ora.- Le sorrise galante porgendole la mano per aiutarla ad alzare.

- Si può sapere che ti prende sta sera Tony?- Gli chiese sorridendo all’atteggiamento gentile dell’uomo.

- Mi prendo solo cura della persona a cui tengo.- Le rispose quando furono vicino alla porta dopo aver chiuso l’ombrello.

Ziva trattenne il respiro immergendosi in quelle iridi verdi, calde e colme di passione.

- E tieni anche a Jade?- Gli chiese triste mentre l’immagine sul pianerottolo di lui che sfiorava delicatamente la guancia della donna le comparve davanti agli occhi.

Tony sorrise inclinando leggermente il capo verso il basso.

- Vuoi sapere perché ho questo innato istinto protettivo verso Jade?- Le chiese guardandola dritto negli occhi deciso a mettere le carte in tavola.

Il silenzio calò tra loro mentre il cuore di entrambi iniziò a battere più forte.

- Si.- Rispose infine Ziva in tono basso.

- Perché Jade è come se fosse Kate.- Confessò Tony triste sedendosi poi sull’ultimo gradino facendo segno con la mano alla donna di imitarlo.

Rimasero a lungo a parlare ritrovando la sintonia del passato e la confidenza che il tempo aveva creato tra loro.

- Questo è tutto.- Terminò Tony il suo racconto.

DiNozzo respirò a fondo percependo il profumo di vaniglia e rosa della donna.

Chiuse gli occhi beandosi di quella essenza e facendo risalire a galla tutti i momenti belli che aveva trascorso con lei.

- Ora è meglio che vada.- Le disse quando il film dei ricordi finì, alzandosi in piedi.

- Buona notte occhioni belli.- Le sorrise prima di voltarsi.

Ziva lo fermò afferrando la sua mano e trascinandolo dolcemente verso di sé.

Si guardarono negli occhi senza dire nulla.

La donna fece scivolare la sua mano dal collo fino a fermala sulla guancia di Tony, facendo avvicinare le sue labbra alla guancia di lui lasciandogli un tenero bacio.

- Buona notte.- Gli sussurrò.

DiNozzo le sorrise in risposta a quel gesto gentile avviandosi dopo qualche istante verso la macchina.

L’uomo aveva appena messo in moto quando la donna corse da lui.

- Gibbs come l’ha preso?- Gli chiese Ziva piegandosi all’altezza del finestrino, ritornando alla realtà dei fatti e rendendosi conto che cosa poteva scatenare quell’incontro su Jethro.

- Gibbs è Gibbs, lo sai meglio di me Ziva. Lui è una fortezza che non lascia trapelare nulla di sé, ma io so che Jade deve averlo sconvolto molto e più di me.-

- Già.- Rispose sconsolata allontanandosi da lui.

Tony con un segno di saluto se ne andò.

 

 

 

 

 

Una lunga sera.

Buia.

Il silenzio della notte regnava sovrano per la città.

L’uomo seduto giù in cantina osservava lo scheletro della barca che stava costruendo mentre davanti agli occhi non poteva togliersi la visione di quello sguardo tradito.

Si versò da bere.

Un lungo sorso in attesa che il liquore gli incendiasse la gola e lo facesse sentire vivo per qualche istante.

Un altro sorso, ancora uno più lungo e il bicchiere si svuotò.

L’ultimo goccio e la bottiglia è vuota.

La donna scese lentamente le scale e si avvicinò all’uomo.

- Cosa pensi di fare?- Gli chiese in tono freddo.

Lui le rivolse appena lo sguardo e poi si avvicinò il bicchiere alla bocca ma lei lo bloccò prima che potesse bere nuovamente.

- Per sta sera hai bevuto abbastanza.- Il suo tono era calmo ma autoritario.

Gli prese il bicchiere dalle mani e rovesciò il liquido a terra.

- Non puoi ridurti così per lei, devi riuscire a passare oltre.- Gli disse fredda.

- Ziva...- Le intimò Jethro di tacere  freddandola con i suoi occhi glaciali.

La donna gli afferrò il viso tra le mani e lo guardò dritto fondendo il suo sguardo in quello di lui.

- Dimentica Gibbs... dimentica Kate.-

- Non posso...-

- Kate è morta!- Continuò dura – Non potrà più tornare indietro.... dimenticala e torna a vivere.-

Gibbs chiuse gli occhi e subito davanti a sé si ritrovò l’immagine di Kate priva di vita tra le sue braccia sporche del sangue di lei.

Le mani della donna si appoggiarono dolcemente sulle guance del uomo.

- Allora non erano dicerie, tu e Kate...- Ziva non riuscì a terminare la frase mentre nella sua mente ogni pezzo di quel puzzle sconosciuto prendeva forma.

- Si.- Fu la risposta a quella muta domanda.

Ziva lo trascinò verso di sé stringendo l'uomo tra le sue braccia.

Jethro affondò la testa nell’incavo del collo della donna e per la prima volta, dopo molto tempo, si lasciò andare.

- E’ già un inizio...- Riuscì solamente a dire Ziva mentre lo teneva stretto a sé.

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

Tenero momento finale... (ehi crudelia non commentare anche perché lo sai che è merito tuo ^_^), ogni volta che lo rileggo mi lascia sempre senza parole...

 

Il prox chap... beh, come dire, a meno che non succeda un miracolo, i pronostici sono molto brutterelli, la mancanza di tempo e il full immention non aiutano il criceto e quindi mi sa che ci sarà da attendere giusto qualche giorno... due, tre mesi... per l’anno prox dovrebbe arrivare il nuovo chap....

 

Scherzo... ops le dita incrociate.

 

 

 

Che bello gente ritrovarvi tutte mi riempite sempre il cuore di gioia a leggere i vostri commenti, grazie a tutte!!

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Capitolo 9
*** 9° capitolo ***


Della serie... i miracoli esistono ^_^

Adoro questo capitolo dall’inizio alla fine... tutto tutto

Questo chap nasce proprio da voi, si, si proprio voi: dalle riflessioni di domaris, dai commenti di slurmina, dalla fanfic di Emily Doyle e dagli spunti di Pupazza... meglio di così che cosa potrei volere... grazie ragazze siete fenomenali

Che dire... mettetevi comodi che son diventata logorroica XD

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

Lights

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Jade aveva cercato in tutti i modi di non farci caso, di non dare peso a quei lapsus.

Si continuava a ripetere: è normale, devi capirli, non è facile per loro, tu sei lei anche se non sei lei.

Kate.

Kate.

Kate.

Sempre e solo lei.

Impossibile da dimenticare.

Da cancellare.

Da evitare.

C’era sempre e solo lei.

Ogni volta che Tony le rivolgeva la parola in primis c’era Kate e poi Jade.

“Kate ti ho preso il caffè!” l’aveva salutata il giorno dopo che si erano incontrati al bar.

Lei non aveva potuto fare altro che rimanere impassibile di fronte a quella reazione spontanea.

Aveva accennato un sorriso per fargli capire che non importava.

DiNozzo era rimasto un attimo interdetto dalle sue stesse parole, poi ci aveva riso sopra, evitando la questione e si era tuffato in uno dei suoi lunghi monologhi da scena da film.

Lei aveva sperato che fosse stata solo una tipica reazione ma non passava giorno che c’era sempre il fantasma di Kate su di lei.

“Kate andiamo!” quando dovevano seguire una traccia.

“Kate smettila di leggermi nel pensiero!” quando precedeva le sue parole.

“Avanti Kate non fare la fifona” quando manifestava le sue indecisioni.

“Andiamo a bere qualcosa Kate?” quando arrivava sera e il lavoro del giorno era terminato.

In risposta ogni volta sul volto della donna compariva il sorriso tirato seguito a ruota dalle scuse o cambi di discorso di Tony.

 

Jade sbuffò silenziosamente ravvivandosi una coccia di capelli che le era caduta sul viso.

 

DiNozzo non era l’unico a confonderla con il ricordo di Kate.

Tutto il team non poteva fare a meno di pensare all’Agente Todd quando incrociavano la sua persona.

Tutti nessuno escluso.

Anche lui.

Jade glielo leggeva ogni volta sul viso, in quegli occhi di ghiaccio.

Nonostante che Gibbs non dicesse mai una parola, non la chiamasse, ma le impartisse solo dei brevi ordini, sentiva benissimo le sue iridi fredde che la scrutavano come se cercassero dei segni che gli potessero dire che lei era realmente la sua Kate.

Jade sbuffò un’altra volta.

“Io non sono, non sarò mai Kate” pensò seria mentre la sua immagine riflessa nel vetro dell’ascensore le ritornava la figura di una donna che non era lei.

Era stata una pazzia, ma era così stufa di essere scambiata per quella che non era, ci era voluta l’intera mattina e una parte del pomeriggio, ma alla fine il risultato era stato sorprendente.

Era giunta l’ora che tutti conoscessero Jade.

Basta Kate.

Basta Agente Todd.

D’ora in avanti solamente Jade Sash.

Il “dlinn” dell’ascensore l’avvertì che era arrivata al piano.

La mano scivolò sui capelli portando una ciocca dietro l’orecchio scoprendo il lungo orecchino a goccia. Si sistemò meglio gli occhiali sul naso, si lisciò la gonna facendo scomparire l’invisibile piega, si morse con i denti il labbro inferiore per darsi coraggio e infine si stampò il solito sorriso sul viso pronta ad accogliere la reazione della squadra.

Le porte si aprirono e stringendo saldamente la cartellina nella mano uscì dall’ascensore con passo fiero e deciso.

 

 

 

L’aria fresca del mattino le graffiava la pelle del viso.

Erano già due ore che correva quella mattina ma sembrava che Ziva non ne avesse mai abbastanza.

La donna per l’ennesima volta accelerò l’andatura.

Dentro di lei provava una forza mista rabbia, ansia, irritazione che voleva assolutamente eliminare da sé.

Quando era in quelle condizioni si sentiva pericolosa, quello stato d’animo era difficile da trattenere e tutta quella tensione era fin troppo facile da far esplodere creando dietro di sé un cataclisma spaventoso.

Respirò a fondo cercando di immettere più ossigeno possibile nei polmoni.

Era stata una settimana difficile al lavoro e a casa.

Ad un tratto, con l’arrivo di Jade, sembrava quasi che lei non esistesse più.

Tutto era per la donna, ogni attenzione, gesto, parola, lei in prima persona o meglio Kate.

Ziva, in quei giorni, era rimasta ad osservare i suoi colleghi in disparte, in un angolo, con la segreta speranza che qualcuno, o meglio che “lui”, si accorgesse che c’era anche lei, che era lì.

A quel pensiero la donna aumentò ancora la corsa mentre la rabbia le aggrovigliava le budella.

Si sentiva ignorata.

Non era più la donna del team.

Non l’unica.

Erano stupidi pensieri lo sapeva, infantili, ma la sua squadra le mancava.

Neanche Mcgee si comportava più con lei come al solito, ora c’era solamente Jade... anche se in realtà sapeva benissimo che tutti vedevano Kate.

Lei non aveva mai incontrato l’Agente Todd, ne aveva sentito parlare da Tony, da Mcgee, da Abby e da Ducky mentre Gibbs era stato sempre riservato sulla donna.

Quella sera era stato l’unico momento che le aveva concesso di entrare nel suo intimo.

La dichiarazione spontanea alla sua domanda l’aveva sorpresa non poco, ma in fondo doveva aspettarselo.

Erano stati fino all’alba a parlare, se così si poteva definire il loro parlare: un misto di silenzi e respiri condito ogni tanto da semplici parole.

L’aveva lasciato più tranquillo, anche se poi a Gibbs era bastato rivedere Jade il mattino dopo per far scomparire l’azzurro intenso dai suoi occhi e farli ridiventare freddi e glaciali.

Rallentò l’andatura calmando il battere del cuore e sputando fuori l’aria che aveva trattenuto per diversi secondi.

Un pomeriggio aveva incrociato Jade in bagno.

La donna era aggrappata al lavandino con entrambi le mani che stringevano il marmo, con la testa inclinata, le labbra serrate e gli occhi chiusi.

Ziva era rimasta in silenzio per qualche secondo ad osservarla e lì, proprio in quel momento, aveva capito la sua sofferenza.

Se per lei, Agente di collegamento del Mossad, era stato difficile togliersi da dosso l’immagine di essere una crudele un’assassina, per Jade era ancora più pensante il fardello del fantasma dell’Agente Todd che portava su di sé.

Respirò a fondo e provò comprensione per quella donna che era lì con lei.

Jade si era girata accorgendosi che c’era qualcuno presente al suo attimo di debolezza.

Le aveva sorriso cercando di nascondere il suo disagio.

Ziva le si era avvicinata e l’aveva guardata dritta negli occhi.

- Io guardo te e vedo te, nessun’altra.- Le aveva detto appoggiandole la mano sulla spalla.

Jade le aveva sorriso sinceramente.

- Grazie.- Aveva sussurrato in risposta.

- I fantasmi devono essere sconfitti.- Aveva continuato nel suo solito modo duro – Non serve ignorarli. Cambiare, a volte, è la soluzione migliore.- Le aveva sorriso lasciando all’altra donna libera interpretazione delle sue parole.

Jade era rimasta un attimo in silenzio meditando il discorso della donna, analizzando i tratti distesi del viso di lei e soffermandosi su quegli occhi neri e profondi che per la prima volta non le rivolgevano fuochi e lampi ma solo calore.

- Lo farò.- Le aveva risposto Jade decisa – Lo sai una cosa Ziva? Potremmo diventare ottime amiche.- Le aveva proposto mentre si era avvicinata alla porta.

- Non credo... ma solo il tempo potrà darti ragione.- Le aveva risposto Ziva prima di chiudersi dentro alla toilette nascondendo il sorriso che increspava le sue labbra.

“Amiche” pensò Ziva mentre aumentava un’altra volta l’andatura, “ridicolo!”

 

 

 

 

Gibbs e Tony quella mattina erano di turno di sorveglianza, avevano dato da poco  il cambio a Mcgee e a Ziva, e ora si trovavano lì, nell’abitacolo della macchina a sorseggiare ritmicamente, quasi in sincronia perfetta, il primo caffè della giornata.

- Tu pensi che sia andata a dormire?- Chiese ad un tratto DiNozzo al capo.

Jethro gli lanciò un veloce occhiata per poi ritornare a riconcentrarsi sulla porta della casa che stavano tenendo sotto controllo.

- No.- Gli rispose brevemente sorseggiando l’ultimo goccio di caffè.

- Credo anche io.- Confermò silenziosamente Tony – Ziva è strana in questi giorni, rimane sempre in disparte, non prende mai parte alle discussioni che facciamo, parla solo se è chiamata in causa, osserva, analizza, sta sempre sulle sue e i suoi occhi, neri e profondi, illeggibili...- sorrise Tony tristemente alzando l’angolo destro della bocca.-

- Non è buon segno quando è così vero?- Gli chiese solo per il gusto di avere la conferma ai suoi timori.

- Non dire sciocchezze DiNozzo. Ziva sta bene.- Gli rispose Gibbs non badando alle parole dell’Agente.

- La vedo stanca? Che sia andata a correre?- Continuò imperterrito l’uomo.

- Dovresti dirle qualcosa... sei l’unico che la faccia ragionare, in questi giorni io e lei siamo incompatibili, se solo mi azzardo a dirle qualcosa mi trafigge con i suoi occhi neri da ninja.- Sbuffò.

Era stata una settimana difficile.

Tony pensava veramente di poter tornare come prima, allo stesso rapporto che aveva con Ziva dopo quella sera, invece tutto era rimasto freddo tra loro.

Lei non faceva altro che ignorarlo e lui per reazione contraria, cercava sempre di più la compagnia di Jade. Si trovava così bene con lei anche se sentiva che gli mancava qualcosa, qualcosa di molto importante, quella sintonia speciale, particolare che lo faceva sentire vivo che solo Ziva gli dava.

- Se la chiamo non risponde, né di giorno, né di sera... niente!- Continuò nervoso.

- Mmmm...- sorrise sornione Gibbs - ... così vi siete sposati senza dirmelo?-

DiNozzo a quella domanda rimase bloccato per un attimo.

- Nooooo... ma cosa vai dicendo. So che può sembrare strano, ma è una mia collega, è normale che mi preoccupi per lei, mi pare fin troppo tranquilla, taciturna, il suo comportamento, la cosa è allarmante...-

- E’ allarmante la tua insistenza.- Lo interruppe Gibbs severo.

- Scusa... beh io... si insomma...con l’arrivo di KJade...- Si corresse subito, respirò a fondo cercando di fare ordine tra i suoi pensieri.

- Perché non mi dici che cosa c’è che non va DiNozzo invece di continuare a blaterale!- L’ammonì il capo mentre nella mente si affollavano le parole del suo Agente.

Tony si girò verso l’uomo sorpreso che l’avesse sgamato in quel modo.

- Capo...- pronunciò prima di fermarsi.

- Si...- lo incoraggiò lui.

- Kate...- I due si irrigidirono automaticamente a quel nome – Volevo dire Jade.-

L’Agente si diede da solo uno scappellotto e poi si rimise al suo posto osservando fuori.

- Jade non è Kate, Tony.- Gli disse Gibbs serio.

- Lo so anche io capo, ogni giorno cerco di convincermi che non è Kate, ma ogni volta che incontro il suo viso non posso fare a meno di pensare a lei.-

Gibbs sorrise triste.

- Lo so.- Gli rispose.

- Vado a controllare il perimetro.- Gli propose Tony, tutto ad un tratto quella conversazione gli stava andando stretta.

Scese dalla macchina, indossò gli occhiali da sole e si avviò come nulla fosse verso la casa.

Gibbs rimase da solo con i suoi pensieri.

Erano stati giorni difficili.

Era tutto così difficile.

Ogni giorno dopo “quel giorno” era stato tutto difficile.

Passare oltre.... andare avanti” parole facili, semplici da lasciare come consigli, così impossibili da realizzare.

Quella notte, quando si era scontrato con il fantasma di Kate, tutto era cambiato in lui.

Sperare di averla tra le sue braccia un’altra volta, non gli era sembrato più un’illusione.

Provare la morbidezza delle sue labbra, non gli era più apparso un sogno.

Tutto era reale.

Talmente reale che lei non era Kate.

“Jade” pensò triste mentre non poteva togliersi lo sguardo ferito che gli rivolgeva ogni volta che si accorgeva che lui non stava vedendo lei ma in realtà Kate.

Jethro appoggiò la testa al sedile lasciandosi scivolare verso il basso.

I primi giorni, la presenza della donna gli dava perfino fastidio, ora senza di lei, sentiva che gli mancava qualcosa.

La sua giornata non iniziava se non incrociava il suo sguardo, se non si beava della sua essenza di pesca, se non notava i gesti tipici della sua persona: la mano che si muoveva ritmicamente per riportare il ciuffo di capelli dietro l’orecchio, le labbra che si serravano l’un con l’altra mentre rifletteva, le rughe che increspavano la fronte quando c’era qualcosa che non quadrava e quegli occhi attenti che squadravano i piccolo particolari alla ricerca della verità, che ogni volta che si posavano su di lui, non poteva impedirsi di far fermare il respiro e assaporare di quell’istante prima che tutto diventasse difficile da sostenere e automaticamente per difesa alzava le sue barriere per proteggersi da quegli occhi indagatori avidi di sapere dei suoi pensieri.

Gibbs respirò a fondo chiudendo per un attimo le palpebre.

Ogni volta che posava lo sguardo su Jade non poteva far altro che pensare a Kate, ma chissà perché in quegli giorni, dopo quella confessione inaspettata che si era lasciata sfuggire con Ziva, era più sereno.

Aveva semplicemente accettato la cosa, anche a se stesso.

Lui amava Kate.

Ora, però, doveva andare avanti.

 

 

 

 

“Ultimi chilometri” pensò Ziva per convincersi che le sarebbero bastati per sbollire la tensione che teneva racchiusa in sé.

Eccolo lì, come ogni mattina, arrivava a quel punto del percorso e la sua vita si fermava.

Il ponte Arlington Memorial.

Nonostante fosse passato tanto tempo, ogni mattina, ogni volta, che arriva a quel punto non poteva impedirsi di pensare a Roy.

Ed era esattamente lì, in quel punto, che accelerava, mettendo tutta se stessa nella corsa, per evitare di pensare, per non soffrire, per risparmiarsi l’ennesima delusione di non vederlo più apparire di fronte e incrociare il suo sguardo sereno, dolce che l’accarezzava che le lasciava una sensazione di benessere.

Diede un’altra spinta e la sua andatura aumentò, tutto per non pensare, tutto per poter cancellare.

Un uomo, dalla corporatura atletica procedeva verso di lei con ritmo sostenuto.

Le bastò un’occhiata per tornare al passato.

Il berretto rosso, la T-shirt blu sopra la felpa grigia, e gli occhi cristallini che si posano sulla sua figura, che si incatenano ai suoi e non la lasciano libera di sciogliersi da quel legame.

Pochi attimi, secondi, tutto si ferma.

Il cuore che perde i battiti.

Il respiro che cessa.

Una buca traditrice.

Tutto il mondo che gira.

Il dolore che ti fa sentire più vicina la caduta rovinosa a terra.

Attimi di silenzio.

Il sapore metallico del sangue in bocca del labbro spaccato, dei graffi sul viso e del sopracciglio ferito.

- Ehi! Tutto bene?- L’uomo le si avvicinò preoccupato soccorrendola subito.

- Sto bene.- Rispose a stento mentre la testa continuava a girare vorticosamente.

- A me non sembra.- Senza chiederle il permesso la prese in braccio. – La porto in ospedale.- Disse autoritario l’uomo.

Ziva non rispose.

Si lasciò andare a quell’abbraccio forte e sicuro.

Respirò a fondo percependo il profumo agre e intenso di mare dell’uomo.

Non sapeva perché ma sentiva che di lui poteva fidarsi.

Chiuse gli occhi, per un attimo poteva anche concederselo, avrebbe pensato poi a tirarsi fuori da quel pasticcio.

 

 

 

 

 

Ziva, quando riaprì gli occhi, fece fatica a capire dove si trovasse.

Cercò di tirarsi su ma la testa le iniziò a girare.

Sbatté più di una volta le palpebre per abituarsi alla luce intensa della stanza.

- Finalmente si è svegliata.-

La voce dell’uomo la fece girare e scontrare con due occhi azzurri che le sorridevano. Era seduto in una delle poltrone che aveva avvicinato per starle accanto in attesa del suo risveglio.

- Io... dove sono...- Chiese confusa.

- Dopo la caduta ha perso i sensi, ha sbattuto la testa a terra contro un sasso. Mi ha fatto prendere un bello spavento.- Le sorrise calmo.

Ziva si tirò su accorgendosi che indossava solo un camice.

- I miei vestiti?- Chiese preoccupata.

- Sono sulla sedia.- Rispose prontamente l’uomo – Vado a chiamare il dottore.- La avvertì prima di uscire dalla stanza.

La donna si portò la mano alla fronte accorgendosi del grande cerotto che aveva sul sopracciglio e piano, piano i ricordi di quegli attimi le ritornarono.

“Che stupida!” pensò irritata.

Come aveva potuto trovarsi in quella situazione.

Il dottore entrò nella stanza, la visitò per accertarsi che tutto fosse apposto e poi le diede il permesso di ritornare a casa.

- Ti aspetto fuori mentre ti rivesti.- Le disse l’uomo, e senza aspettare un suo cenno uscì.

Ziva prese i vestiti, si tolse il camice e li indossò.

Si sedette sul letto.

Si sentiva strana, ancora non riusciva a credere a quello che era accaduto.

Bussarono alla porta e subito dopo fece capolino il viso dell’uomo, che vedendola vestita entrò.

- Andiamo?- Le propose.

La donna non disse niente, rimase ad osservarlo e dopo un attimo di indecisione lo seguì.

Uscirono dall’ospedale e lei respirò l’aria fresca del giornata ritrovando nuova forza.

- Bene...- Iniziò l’uomo attirando su di sé con quella parola l’attenzione di lei – Stai prendendo colore, vuol dire che ti senti meglio.-

Ziva rimase sorpreso di quelle attenzioni, non era ancora riuscita a inquadrarlo.

Gli sorrise, gli veniva spontaneo con lui.

- Andiamo a mangiare qualcosa? Io ho una fame.- Come al suo solito, non aspettò la sua risposta e si avviò verso il pub.

Ziva buttò l’occhio all’orologio della fermata.

Era l’una passata.

Aveva ancora un’ora prima di riprendere servizio.

In fondo doveva pur mangiare no?

 

 

 

Tony era seduto alla sua scrivania, appoggiato allo schienale della sedia, tenendo tra le mani la matita e fissava la scrivania di fronte a lui, vuota.

Erano passate le tre del pomeriggio e di lei neanche una traccia.

Aveva provato più volte a chiamarla, sia al cellulare che a casa, ma niente era scomparsa.

- Non ti preoccupare Tony.- Gli aveva detto Mcgee alla sua ennesima reazione di insofferenza – Starà per arrivare.-

- McSaputone perché non rintracci il segnale gps del cellulare della ragazza ninja piuttosto.- Gli aveva risposto duro, freddandolo con lo sguardo.

- Si così quando lo scopre sono morto.- Si era rifiutato Tim.

- Voi due la volete smettere!- Li avevi intimato il capo, mettendo fine a quell’inutile battibecco, prima di sedersi alla sua scrivania.

 

 

 

Ziva rise di gusto all’ennesima battuta dell’uomo.

Era così piacevole la sua compagnia che il tempo era volato.

Avevano mangiato un panino insieme, e da lì molto tranquillamente avevano parlato del più del meno, senza approfondire il discorso sulla loro vita privata, evitando di fare domande inopportune, senza avere il bisogno di capire chi e cos’era l’altro.

No, non ce n’era stato bisogno.

Stavano bene insieme così, senza dare spiegazioni, senza spingersi oltre.

Era tutto normale tra di loro, fin troppo.

- Ma che ore sono?- Gli aveva chiesto dopo l’ennesima risata.

- Le tre passate.-

- E’ tardissimo, è meglio che vada.-

“Questa volta Gibbs mi ammazza” pensò preoccupata.

- Ti accompagno a casa.- Non era stata una richiesta, non un’imposizione, era semplicemente stato un dato di fatto.

L’uomo lasciò delle banconote sul tavolo, le appoggiò la mano sulla schiena e si avviarono verso la macchina.

Arrivarono poco dopo a casa di Ziva.

- Bel posto.- Le disse quando fermò l’auto.

- Grazie.- Rispose semplicemente racchiudendo in quella parola tutta la sua riconoscenza per quello che aveva fatto per lei.

Non aveva preteso niente, le era rimasto semplicemente a fianco, senza chiedere, senza aspettarsi nulla in cambio, ma solo dando.

- Ziva David.- Disse porgendogli la mano sorridendogli.

L’uomo fissò la mano tesa della donna rimanendo sorpreso da quella reazione spontanea.

Tutto il tempo che erano stati insieme era sempre rimasta sulle sue, senza concedergli nulla di più. Era stato faticoso all’inizio, ma poi con il passare del tempo, si era adeguato alla sua persona.

Strinse la mano saldamente.

- Callen... ma tutti mi chiamano G.-

 

 

 

 

Jade varcò le porte dell’ascensore ritrovandosi nel solito caos dell’ufficio.

Si avvicinò alla postazione incrociando lo sguardo di Tony, Mcgee.

Gli sorrise, cercando di tenere a bada il suo nervosismo.

- Buon pomeriggio ragazzi.- Li salutò passando oltre arrivando alla sua scrivania, sentendo su di sé lo sguardo stupito e ammirato dei due uomini.

Depose la borsa e la cartellina che teneva in mano sulla scrivania e respirando impercettibilmente si preparò ad affrontare quegli occhi di ghiaccio.

Si girò lentamente e senza deludere le sue aspettative si scontrò con quelle iridi azzurre.

- Gibbs.- Lo salutò brevemente prima che il fiato le mancasse talmente intenso era lo sguardo dell’uomo.

Jethro non si era perso un attimo di quella camminata.

Analizzando ogni piccolo particolare della donna.

Ai suoi occhi non c’era più l’immagine di Kate, ma di un’altra, era comparsa semplicemente Jade Sash.

Sorrise lievemente soddisfatto mentre rimirava un’altra volta la figura della donna.

Aveva tagliato i capelli in un caschetto spettinato, tingendoli di un rosso ramato che faceva esaltare ancora di più l’intensità dei suoi occhi nocciola.

Il taglio le aveva tolto l’aria seria che aveva prima lasciandole un’aria interessante, sbarazzina.

Gli orecchini pendenti a goccia le facevano brillare lo sguardo e il trucco leggermente pronunciavano davano quel carattere che mancava al suo viso sottolineato dalle lenti leggeri che portava.

Aveva abbandonato i tailleur seriosi e li aveva trasformati in un completo camicia e gonna dal taglio sportivo casual, abbinandoli a scarpe con il tacco che affusolavano e rendevano ancora più elegante la sua persona.

Il risultato complessivo era a dir poco splendido.

Jade, dopo un attimo di smarrimento, aveva colto sul viso di Gibbs l’espressione soddisfatta.

Aveva preso coraggio e si era avvicinato alla sua scrivania, appoggiando entrambi le mani e piegandosi verso di lui.

- Così mi consuma Agente Gibbs.- Gli aveva sorriso soddisfatta per averlo colto in fallo.

Jethro non si era scomposto. Si era alzato, aveva girato intorno alla sua scrivania, fronteggiando la donna.

- Sta molto bene Jade.- Le aveva detto sicuro, senza nessuna insicurezza nel pronunciare il suo nome.

La donna sorrise più apertamente a quel complimento spontaneo, ma ancora di più alla consapevolezza che il cambiamento era valso a qualcosa.

- Il Direttore ci aspetta.- Le disse Gibbs dandole un’altra occhiata prima di avviarsi.

Passare oltre... andare avanti”, si può.

 

 

 

Il “dlin” dell’ascensore annunciò il suo arrivo.

Fece un respiro profondo preparandosi alle conseguenze del suo ritardo.

Quando le porte si aprirono Ziva si ritrovò di fronte Gibbs e Jade.

Dopo una prima occhiata veloce al capo si concentrò sulla figura della donna.

A stento era riuscita a riconoscerla.

Le sorrise soddisfatta per il suo cambiamento, poi sentendo lo sguardo pressante di Gibbs su di sé rivolse la sua attenzione all’uomo.

- Ebbene Agente David?- Le chiese nel suo modo brusco scrutando a fondo i suoi graffi e le bende che le fasciavano il polso.

- Io intanto la precedo Gibbs.- Disse Jade sentendosi per l’ennesima volta di troppo, come ogni volta che si ritrovava in mezzo a loro due.

Jethro non la degnò neanche di una risposta talmente concentrato che era a fissare arrabbiato la sua Agente.

- Piccolo incidente di percorso Gibbs.- Rispose fredda.

Il capo le afferrò il polso sano e la trascinò nella conca della scale lontano dagli occhi indiscreti.

- Ehi!- Si divincolò Ziva a quella reazione autoritaria.

- Mi vuoi spiegare?- Le afferrò il polso fasciato.

- Sono caduta. Non c’è niente da spiegare.- Si richiuse a guscio.

Non voleva dare spiegazioni di quello che era successo quella mattina.

Era una cosa sua e di nessun altro.

Lui, doveva restarne fuori, restare all’esterno dalla sua vita, non doveva entrarci, Callen G. non doveva appartenere alla sua vita di Agente del Ncis.

Nessuno doveva sapere di lui, era una cosa sua.

Gibbs la osservò a fondo.

Doveva dare ragione a DiNozzo.

Era strana in quei giorni, ma lui aveva pensato che si sentiva minacciata solo dalla presenza di Jade, ma evidentemente non era così.

Gibbs respirò a fondo prima di parlare, cercando di calmarsi, tranquillizzandosi nel vederla di fronte a lui.

Doveva rammentarsi di dare più scappellotti a DiNozzo, per colpa della sua apprensione verso Ziva aveva messo in allarme il suo istinto.

- Stai bene?- Le chiese quasi sussurrandolo stringendole la mano.

- Sto bene Gibbs. Va tutto bene.- Rispose lasciando la presa della mano dell’uomo.

Jade dall’alto delle scale non si era persa un attimo di quel confronto.

Non poteva farne a meno, ma ogni volta che li vedeva vicini, un senso di irritazione le attorcigliava lo stomaco.

Sbuffò infastidita e salì gli ultimi gradini che le mancavano.

 

 

 

 

- Mcgee ma l’hai vista? Jade è uno schianto! Quando è apparsa mi è preso un colpo! È troppo sexy così!-

Tim rise di gusto alla reazione esagerata di Tony.

Una volta che la donna se n’era andata con il capo, DiNozzo aveva raggiunto subito la scrivania del collega e aveva sproloquiato sul nuovo “interessante” look della donna.

Ziva con passo silenzioso si era avvicinata ai due arrivando proprio nell’attimo che Tony aveva pronunciato quelle parole.

- Ziva!- Esclamò Tim scorgendola dietro le spalle del collega alzandosi in piedi vedendo il suo stato.

DiNozzo rimase impietrito.

Non osava girarsi per non incontrare quelle lame affilate che gli stavano già perforando la schiena.

- Che cosa ti è successo?- Le chiese Mcgee avvicinandosi a lei sorpassando Tony.

A quella domanda DiNozzo si voltò automaticamente scontrandosi con il viso duro e malconcio della donna.

- Stai bene?- Le domandò ancora Tim preoccupato.

Ziva non rispose.

Guardava fisso negli occhi Tony.

Non poteva crederci.

Erano state tutte belle parole quella sera.

Lui e Kate amici, Jade era solo un’amica per lui.

Certo! come no!!

Un’amica non si definisce uno schianto!!!

Un’amica non è sexy!!

Un’amica è un’amica e basta!!!

- Sto bene Tim.- Rispose asciutta senza concedere altre spiegazioni non lasciando lo sguardo furente dagli occhi di Tony.

- Credo che mi aspetti Abby.- Dicendo questo Mcgee si dileguò.

DiNozzo era rimasto a guardarla.

Il suo istinto gli stava dicendo che era giusto preoccuparsi.

Le era successo qualcosa, lui non era stato lì con lei per aiutarla e sostenerla.

Automaticamente alzò la mano per accarezzarle il viso graffiato ma la donna si scansò bruscamente.

- Sono io Ziva.- Le disse piano come a volerla rassicurare.

Alzò nuovamente la mano e l’appoggiò sul viso della donna che questa volta rimase ferma.

Il calore della sua mano appoggiata sulla guancia la fece sentire bene.

Ziva chiuse gli occhi per un attimo.

Tony staccò la mano riportandole il ciuffo di capelli che le era caduto sulla fronte dietro l’orecchio.

- Che cosa è successo? Come ti sei fatta male?- Le chiese cercando di scorgere la risposta sul suo viso.

- Niente, sono caduta mentre correvo.- Si scostò da lui infastidita dalla sue domande.

- Com’è possibile, tu piccola ninja che cadi?- Sorrise a quella eventualità immaginandosi la scena. – Dove?- Le chiese ad un tratto.

Ziva rimase in silenzio, avvicinandosi alla sua scrivania per prendere gli antidolorifici, la testa le stava facendo male a furia di tutte quelle domande.

- Dove?- Le richiese Tony fermandole la mano prima che potesse portarsi alla bocca la pastiglia.

- All’altezza del ponte Arlington Memorial.- Rispose infine.

DiNozzo a sentire quel nome si rabbuiò.

Sapeva fin troppo bene che cosa aveva passato Ziva dopo la morte di Roy.

Non c’era stato niente tra i due, con il suo gran sollievo, ma il legame che si era creato tra i due non gli era mai piaciuto, era brutto da pensare e dire ma si sentiva fortunato che non c’era stato il tempo che si approfondisse il loro rapporto.

Lei era sua, e di nessun altro.

- Sto bene Tony. Sono solo inciampata.- Si giustificò per togliersi da quella situazione imbarazzante.

- All’ospedale come ci sei finita?- Le chiese ad un tratto ricordandosi di quel particolare – Chi ti ha soccorso?- diventando più sospettoso.

- Nessuno, ci sono andata da sola. Chi vuoi che ci sia a quell’ora nel parco.-

DiNozzo la guardò scettico.

- Non c’è niente di strano, stavo correndo, sono inciampata su una buca, ho fatto un bel ruzzolone e sono andata all’ospedale dove il dottore ha preferito tenermi in osservazione per qualche ora perché non gli piaceva il taglio in fronte... va bene?!- Gli chiese esasperata.

- No che non va bene!- Alzò il tono della voce. – Perché non mi hai chiamato!?-

Ziva ne aveva abbastanza di tutta quell’attenzione.

Si sentiva soffocare.

- Perché... perché... Oh basta! È un discorso chiuso.-

Dicendo questo si staccò da lui di qualche passo avviandosi verso l’ascensore per andare da Ducky per farsi dare qualcosa di più forte.

Tony la seguì in ascensore bloccandola a spalle al muro.

- Non è un discorso chiuso tra noi.- Le disse serio.

- Che cosa intendi dire Tony?- Gli chiese.

- Io ti voglio nella mia vita Ziva perché non lo capisci.- Si avvicinò a lei accarezzandole il viso.

- Io...- ma non riuscì più cosa dire rimanendo incatenata da quegli occhi verdi che brillavano di fuoco.

- Ziva...- avvicinò il suo viso a quello di lei senza poterselo impedire.

Si soffermò sulle sue labbra, appoggiando dolcemente le sue, leccandole e assaporandole, gustando il suo gusto dolce, baciando la ferita del labbro, così teneramente da far sciogliere dopo una dura resistenza le difese della donna che si lasciò trasportare dai sentimenti.

Si baciarono a lungo, presi dalla passione, mentre le loro mani esploravano le parti del corpo dell’altro.

Si staccarono brevemente per riprendere fiato.

- Ziva...- le sussurrò vicino all’orecchio annusando a fondo il suo dolce profumo di vaniglia e rosa.

- Tony...- Le disse lei più decisa aggrappandosi con le mani alla giacca di lui -... ho bisogno di tempo, perché non lo capisci.- Lo guardò triste negli occhi.

Si staccò da lui e si avviò verso la sala autopsie.

 

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

... non vi ci abituate... questo chap è nato da solo, in giornata, le mani sono scivolate velocemente sulla tastiera componendolo... aaaaaahhhh se fosse sempre così sarebbe un sogno...

 

 

Ora è comparso Callen G.... eh, eh, eh... non so bene se riuscirò a tenerlo in carattere, di lui non so niente, la versione con i sottotitoli non mi permette di capirlo a fondo, lo farò muovere a modo mio ^_^ in caso tiratemi in qua se vado troppo fuori strada...

Il suo destino? Mah per ora non ho molte visioni, diciamo proprio nessuna ma chi lo sa... si potrà fare anche un salto a Los Angeles, ma chi mandare?

 

 

Ops... e  basta che spoilereggio troppo e a voi questo non piace.

 

 

Emmmm... per il prox chap... rimaniamo sempre per l’anno prox ^_^

 

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Capitolo 10
*** 10° capitolo ***


 

Eccoci qua...

Capitolo nato per esigenza... ma lasciatemelo dire, che adoro profondamente

Grazie a pupazza e a crudelia che mettono sempre in evidenza il punto di vista che a me manca... e infine un grazie, ma anche cento se non di più, a colei che è nata beta!

 

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

Correre veloce, sempre di più, oltre le proprie forze, al di là della resistenza per cercare di superare se stessa, per cancellare, eliminare qualsiasi riflessione, annullare il passato per creare un nuovo presente dove tutto si possa riscrivere.

Ogni mattina, questo pensiero spingeva Ziva a correre più veloce del vento, a pretendere il massimo da lei, per annullare l’impronta di se stessa con la fatica, lo sfinimento, ma nonostante i suoi sforzi, essi risultavano vani.

I pensieri continuavano ad assillarla, tutto era diventato pesante, opprimente, faticoso da portare avanti.

Più cercava di ignorarli e più loro tornavano alla carica forti più di prima.

Ziva si buttò a terra, sull’erba, sprofondando con le mani nel terreno, chiudendole poi a pugno, respirando profondamente per la mancanza di ossigeno che la corsa le aveva tolto.

Si distese sul prato a guardare il cielo.

“Che cosa mi sta succedendo?” si chiese triste mentre il suo sguardo vagava nel cielo limpido del primo mattino.

Chiuse gli occhi e rimase in ascolto.

Non si riconosceva più.

Si sentiva soffocare da se stessa.

Tutto le andava stretto.

Non sapeva perché ma la sua vita stava andando a rotoli e più lei cercava di tenere insieme i pezzi più essi si sgretolavano.

Da quando si era accorta che quello che sentiva per Tony era molto diverso del semplice rapporto tra colleghi era andata in confusione totale.

Ziva e l’amore non andavano d’accordo... per niente.

L’amore era troppo complicato per lei.

Era un sentimento difficile da gestire.

Amare significa fidarsi dell’altro, aprirsi totalmente, non avere più difese, smettere di fingere e mostrarsi per come si è.

Non si è più da soli ma si è in due a camminare sulla strada della vita.

Tutto questo era troppo per Ziva, lei che fin da bambina era stata abituata a guardarsi le spalle, a sospettare di chiunque, perfino della propria famiglia, ad essere sola contro tutti, che si era creata la sua armatura per difendersi dall’intero mondo, ora le si chiedeva di toglierla?

Come poteva pretendere Tony che lei riuscisse a comprendere il suo amore incondizionato se lei stessa non aveva mai amato fino a quel punto? Se tutto quello che aveva sempre ricevuto in cambio era stato solamente diffidenza, sospetti e menzogne?

No, non poteva.

Ziva sorrise triste a quelle miriadi di domande che affollavano la sua testa.

Le relazioni che aveva avuto erano state più che altro per il gusto di un appagamento veloce, fugace, senza impegno, che  illudevano di sentirsi bene, ma che in realtà non erano mai state impegnative quando decideva di buttarsele alle spalle.

Lei era così, vivere ora e lasciarsi il resto indietro per poter fuggire facilmente appena la situazione richiedeva un maggior coinvolgimento da parte sua.

Tra Tony e Ziva, effettivamente, era iniziato in quel modo.

Il loro rapporto era basato su scherzi, complicità, stuzzicamenti, ma poi, senza neanche che se ne accorgessero, tutto si era trasformato.

Dal gioco erano passati alla realtà, a un livello superiore, che chissà per quale motivo spaventava più lei che lui.

Eppure...

I quindici giorni di malattia che avevano trascorso insieme erano stati stupendi, un magnifico sogno. Li ricordava uno ad uno.

Perché, allora, le era così difficile accettare che tutto quello potesse essere realtà?

Perché era così incapace di lasciarsi andare?

Era mai possibile che la paura di sentirsi tradita, rifiutata, respinta....

abbandonata...

fosse più forte dell’amore che provava per lui?

Paura, maledetta paura.

Poteva affrontare un esercito di kamikaze senza esitare ma se doveva esporre il suo cuore se la batteva in ritirata.

- Stupida!- Si disse sottovoce sbattendo il pugno sull’erba.

La donna si passò una mano sul viso eliminando le goccioline di sudore che imperlavano la fronte.

La sua stupidità era arrivata al tal punto da spingerla tra le braccia di un altro uomo solo per provare a se stessa che l’amore che sentiva per Tony non era così importante come il cuore le voleva far credere.

Si era abbandonata ai sensi dell’alcool lasciandosi andare alla falsa illusione che una notte di sesso con Gibbs avrebbe annullato all’istante quei sentimenti così assurdi per DiNozzo, eppure ogni giorno erano sempre più soffocanti nel suo cuore.

La mattina successiva, invece, si era svegliata con in mente solo lui, con la mera illusione che al suo fianco ci fosse lui, che tutto fosse come nel sogno.

Quella notte fasulla non era servita a niente, aveva solo peggiorato le cose.

I giorni successivi erano stati i più assurdi della sua vita, forse, proprio da quel momento era iniziato tutto.

Si era resa conto che stava sprofondando e l’unica soluzione che aveva trovato era stata quella di tenere le distanze un po’ da tutti, ma soprattutto da lui, con l’effetto di ritrovarsi senza via di scampo, con la grande voglia di scappare, cambiare vita, perché con il comportamento che aveva adottato  si sentiva sempre più soffocare dai sensi di colpa, incapace di reagire e affrontare la verità... ma poi, era bastato un semplice gesto da parte di Tony e la sua vita aveva ripreso ad avere un senso.

L’aveva invitata una sera, finito il lavoro, a bere qualcosa insieme.

Il primo istinto di Ziva era stato quello di rifiutare, ma la mano tesa, il dolce sorriso che gli illuminava il viso e lo sguardo tenero degli occhi verdi di DiNozzo l’avevano convinta ad accettare.

I due colleghi avevano riso e scherzato come matti per tutta la sera, complici della loro ironia, si erano divertiti un sacco a prendersi in giro, a fare scherzi, a parlare di film.

Tony, poi, l’aveva accompagnata a casa ed erano rimasti a parlare fino all’alba sugli scalini del suo appartamento.

Semplicemente, senza pretendere altro e a Ziva era sembrato di toccare le stelle del cielo per la serenità che quel momento le stava dando.

Dopo quella mancanza di ossigeno e passato quel momento di burrasca, Ziva aveva ripreso a respirare, a sentirsi più tranquilla e serena, come per magia, senza dargli più peso del dovuto, tutto si era risolto da sé facendo di nuovo rincontrare i due colleghi.

Le piaceva pensare che DiNozzo avesse aspettato pazientemente e si fosse avvicinato a lei delicatamente prendendola per  mano senza farla spaventare.

Ma proprio nel momento in cui Ziva si stava abituando alla sua presenza, a lasciarsi andare, la situazione tra loro, improvvisamente, aveva iniziato a mutare velocemente... troppo velocemente.

Il rischio di perderlo si era fatto più opprimente e l’incidente che le era capitato non aveva fatto altro che peggiorare le cose.

Si era abbandonata alla dolce illusione di poter dividere la vita insieme, senza rischi né pericoli, come due persone normali, invece la semplice telefonata di Gibbs di quella mattina aveva scombussolato tutto, facendola cadere a terra e infrangendo i suoi bellissimi sogni.

Le sicurezze non erano più certezze, si erano infrante ancora prima di essere protette.

Si era lasciata andare alla scelta più ovvia: scappare, ritirarsi, fingere che tutto non fosse successo, per non soffrire, per non pentirsi e leccarsi le ferite poi.

Ora si trovava lì distesa, sull’erba, con la sensazione di un gran peso sul cuore, senza la capacità di reagire, con la grande paura che il suo atteggiamento scontroso e distaccato potesse allontanare Tony da lei per sempre e spingerlo tra le braccia di un'altra donna.

Ma non ci poteva fare niente.

Maledetta gelosia.

Sì!

Era gelosa, fino all’ultimo cellula del suo cuore.

Ogni volta che vedeva DiNozzo e Jade insieme dentro di lei nasceva il desiderio di prendere a calci la donna e farla allontanare da lui.

In fondo le sarebbero bastate poche mosse per far soccombere quella psicologa!

Ziva rise divertita all’immagine che si era creata nella sua mente ma durò poco.

Non poteva tollerarla.

Ogni suo gesto, movimento, discorso le dava fastidio, solamente perché si rendeva conto quanto il suo charme influenzasse Tony.

Il cambiamento di look aveva anche peggiorato le cose.

Stupida!

Sì!

Era stata proprio una stupida.

Si era fatta impietosire dalla fragilità di Jade e le era andata in soccorso.

Stupida! Stupida e ancora doppiamente stupida!!

Non poteva proporle di cambiare città, stato, continente????

Nooooooo!!! Le aveva suggerito di cambiare aspetto!!!

Come poteva sapere che Jade si sarebbe trasformata in una dea???

Aveva una grande voglia di urlare all'intero mondo la sua frustrazione.

Il frusciare dell'erba vicino a lei le fece attivare i sensi distraendola dai suoi pensieri.

Con una mossa rapida e veloce si alzò di scatto mettendosi in posizione di attacco.

- Sei tu?- Disse sorpresa abbassando le difese.

 

 

 

 

 

 

Gibbs posò nervosamente il foglio sulla scrivania sbattendo il pugno.

Mcgee alzò il viso con un’espressione di paura sul volto, intuendo che quel gesto non preannunciava nulla di buono.

La mattina era iniziata nel modo peggiore, né Tony né Ziva erano ancora arrivati in ufficio.

Jethro era uscito dall’ascensore a passo svelto, tenendo saldamente, come al suo solito, il bicchiere di caffè in mano.

Aveva lanciato una breve occhiata alle due scrivanie vuote dei suoi agenti, senza darci peso, facendo un breve cenno di saluto con il capo a Tim e si era accomodato alla sua prendendo in mano il fascicolo che gli aveva dato Abby la sera prima.

L’uomo fece scorrere velocemente lo sguardo sui dati raccolti dalla donna quando arrivò a delle foto. Le osservò attentamente.

Erano state scattate due settimane prima che il guardiamarina James Stone venisse ucciso.

L’uomo era in libera uscita, seduto ad un tavolino di un bar a bere il suo caffè.

Le appoggiò sul tavolo posizionandole in ordine.

C’era qualcosa che non lo convinceva.

Per l’ennesima volta sbuffò.

Prese l’ultima foto, la osservò con attenzione accorgendosi di un particolare che non aveva notato prima.

Colpì con il pugno la scrivania, infilando poi la foto nel cassetto chiudendolo bruscamente.

- Mcgee!!- Disse severo.

- Sì capo.- Tremò Tim sentendosi chiamare con quel tono alzandosi di scatto.

- Dove diavolo sono DiNozzo e David!!??- Lo guardò severo spazientito.

- Capo... io... beh...- Tentò di rispondere non riuscendo a trovare una scusa valida per coprire i due colleghi.

- Trovali!- Gli ordinò perentorio.

- Sì capo!!- Acconsentì tristemente, cercando di non farlo vedere.

Era da un’ora abbondante che tentava di rintracciare i due con scarsi risultati.

Entrambi avevano il cellulare spento e a casa non rispondevano.

“E ora?” pensò sconsolato non riuscendo a trovare una via di scampo.

“Abby!!” pensò risoluto, con l’aiuto dell’amica senz’altro ce l’avrebbe fatta a trovare una traccia di quei due ingrati.

- Capo io...- Ma si fermò subito agghiacciato dallo sguardo freddo che gli rivolse Gibbs.

- Muoviti Mcgee!! Trovali e dì loro che se non si presentano entro le 10.00 possono fare anche a meno di venire oggi al lavoro perché altrimenti li rispedisco a casa a calci nel sedere!!-

- Siamo di ottimo umore Agente Gibbs.- Sfrecciò ironica Jade avvicinandosi alla scrivania dell’uomo.

Jethro riversò la sua attenzione sulla donna.

Da quando aveva cambiato look non poteva fare a meno di osservare ogni parte di lei attentamente, sempre e più curioso di scoprire qualcosa di nuovo sulla donna.

Ogni volta che quello sguardo così attento e silenzioso la guardava con finta indifferenza, Jade sentiva il suo stomaco fare le capriole e faticava con se stessa per non sfuggire lontana da lui, ma allo stesso tempo provava un’attrazione particolare verso Gibbs che difficilmente riusciva a tenere a freno.

L’attenzione della donna cadde sulle foto posizionate in fila sulla scrivania.

Sorrise tra sé.

Sfiorò brevemente con l’indice la mano di Jethro per fargli mollare la presa da una di esse.

Gibbs a quel contatto sentì bruciare la parte che gli aveva sfiorato dolcemente la donna, scostandosi subito come quasi si fosse scottato realmente.

- La disposizione delle foto non è corretta.- Disse Jade dopo averle guardate più attentamente e cambiò la prima con la terza, la terza al posto della quarta e la quarta con la prima.

- Così ci siamo, lo si capisce dalla posizione del corpo del marine. Quando ci si siede di solito si ha una seduta regolare, dritta all’inizio, ma più passa il tempo di attesa più il corpo si rilassa, si distendono le gambe, le braccia, si giocherella con il menu, vede come in questa foto, si accavallano le gambe come in quest’altra e alla fine si inizia a guardarsi in giro per vedere se sta arrivando la persona che stiamo aspettando da un po’, come dimostra questa ultima foto.- Alzò lo sguardo per incontrare quello dell’uomo che non fu soddisfatto dalla sua  intromissione. – Ma il caso del guardiamarina Stone non è archiviato?- Gli chiese riconoscendo il marine cercando di ignorare l’espressione di disapprovazione che le stava rivolgendo.

- Questo me lo deve dire lei Jade?- Le chiese portandosi in avanti con il corpo per avvicinarsi alla donna, come quasi volesse leggere i suoi pensieri.

- Se già sa la risposta Agente Gibbs perché me lo chiede?- Gli rispose con un’altra domanda.

- Non mi ha risposto.- Sottolineò l’uomo.

- Neanche lei.- Gli sorrise soddisfatta.

I due continuarono a guardarsi sfidandosi quando il suono del cellulare della donna interruppe quel momento.

- Sash.- Rispose rimanendo in ascolto. – E’ troppo presto, non ancora. D’accordo.- Alla fine acconsentì.

Chiuse il cellulare e lo allacciò alla cintura.

Gibbs con un gesto secco prese in mano il fascicolo e le foto, aprì il cassetto estraendo la foto e richiudendolo in modo brusco come l’aveva aperto, girò la sua scrivania e fronteggiò la donna.

- Con me!- Le ordinò severo.

 

 

 

 

 

Continua...

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Capitolo 11
*** 11° capitolo ***


E se non fosse per slurmina questo chap non sarebbe partito... ^_^

I vostri commenti sono sempre preziosi per me come lo è la Beta!

 

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

- Qualcosa mi diceva che ti avrei trovata qui anche oggi.- Disse l’uomo avvicinandosi e sorridendole.

Ziva lo guardò attentamente. Era sudato e la maglietta era appiccicata al suo petto mettendo in evidenza i suoi muscoli ma nonostante la fatica i suoi occhi azzurro cielo brillavano di furbizia.

La donna sorrise soddisfatta all’immagine che le si proponeva davanti.

- L’istinto?- Gli suggerì.

- Può essere.- Rispose lui vago alzando leggermente le spalle.

- Anche oggi i tuoi dieci chilometri di corsa G?- Gli chiese fronteggiandolo.

- Dodici.- Rispose serio.

- Impressionata.- Scherzò lei passandosi la mano sul viso.

- Ti stai forse prendendo gioco di me?- Le domandò lui infastidito dal tono che aveva usato.

- Non dirmi che sei permaloso?- Lo rimbeccò sorpassandolo.

Callen sorrise alla sfrontatezza della donna.

- L’ultimo paga il caffè!- La sfidò superandola di corsa dandole una spinta con la mano sulla spalla.

- Ehi!!-

I due corsero a perdifiato per tutto il parco fino ad arrivare al chiosco.

- Primo!- Disse soddisfatto G battendo la mano sul tavolino.

- Di poco!- Sottolineò Ziva sedendosi.

Tra loro era sempre stato così da quando si erano incontrati quella mattina al parco.

La medesima scena si ripeteva ogni giorno.

Entrambi erano mattinieri, preferivano correre alle prime luci dell’alba per assaporare l’aria fresca e godere del silenzio che regnava sulla città che da lì a poche ore sarebbe stato sostituito dal caos giornaliero.

- Vorrei farti notare, mia cara Ziva, che questa è la terza volta che ti batto.- Rise sornione già pregustandosi la faccia contrariata della donna facendole segno con le dita.

- Già.- Rispose lei semplicemente portandosi il bicchiere alle labbra e giocherellando con una foglia appoggiata sul tavolino.

- Ehi...- le disse dolce accarezzandole con il dito l’incavo tra il pollice e l’indice – Tutto bene?- Le chiese con delicatezza incrociando le due dita.

Ziva guardò prima le loro mani unite semplicemente dalle due dita e poi posò il suo sguardo sulle iridi azzurre degli occhi di lui.

- Non lo so.- Tolse la sua mano da quella di G e si alzò in piedi. – Vado se non voglio che il capo mi faccia un’altra lavata di capo, da quando ti conosco sono sempre in ritardo.- Gli sorrise.

- Che sarà mai per due minuti di ritardo, l’ufficio amministrativo della ditta in cui lavori credo che possa andare avanti lo stesso anche se ritardi un po’, i tuoi colleghi sopravvivranno senza di te, no?- Rise divertito.

Ziva si appoggiò al tavolino con entrambe le mani sporgendosi verso l’uomo.

- Ti ho lasciato vincere... comunque anche oggi... a domani?- Gli chiese guardandolo dritto negli occhi nascondendo dentro di sé la paura di una risposta negativa.

Quegli incontri mattutini, anche se la donna non lo voleva ammettere con se stessa, erano diventati importanti, un’evasione dalla sua vita che era così pesante da sopportare.

Un respiro di aria fresca, una boccata di ossigeno puro.

Ziva con G poteva essere tranquillamente quella che non era.

Per lui era semplicemente un’impiegata che lavorava nell’amministrazione di una ditta di trasporti, nient’altro di più.

Una donna semplice, con una vita semplice, senza complicazioni, senza morti, investigazioni, crudeltà, ritorsioni, complotti, menzogne... niente di tutto questo era la Ziva David di Callen G.

- Perché non facciamo “a sta sera”?- Le propose mentre le sue labbra si trasformavano in un ghigno accattivante.

- Che hai in mente?- Gli chiese lei a sua volta allettata da quella possibilità.

- Cena, cinema e per finire una bella birra condita da chiacchere, che ne dici, ci stai?-

Ziva tentennò per un attimo osservandolo attentamente indecisa se lasciarsi andare o no.

- Ok rispondo io per te. Grazie G dell’invito sono entusiasta della proposta, accetto volentieri.- Rispose alzandosi in piedi e prendendole la mano se la portò alla labbra baciandola.

- Signor Callen non sta osando un po’ troppo?- Gli chiese divertita facendo scivolare la mano dalla sua.

- Chi non osa non saprà mai la risposta.- Le iridi azzurre brillarono ancora di più.

- A questa sera.- Ziva gli sorrise a sua volta e se ne andò.

 

 

 

 

G aspettò che Ziva fosse lontana, poi estrasse il cellulare dalla tasca e compose il numero.

- Sono io. Anche oggi ho preso il contatto, stasera andiamo fuori a cena.- Informò il suo interlocutore

- E’ troppo presto.-

- E’ passata una settimana dal primo incontro, è ora di passare al livello successivo.- Si scaldò per quella imposizione.

- Non ancora.-

- Sei fin troppo prudente Jade. In fin dei conti è per il suo bene. Non mi sento tranquillo, dammi del paranoico, ma il mio istinto mi dice che sta per succedere qualcosa. Passo al livello successivo.- Terminò deciso.

- D’accordo.-

 

 

 

 

“In effetti che cosa vuoi che siano due, dieci, mezz’ora o un'ora di ritardo? Recupererò” pensò Ziva appoggiata con le spalle alle pareti dell’ascensore mentre nella sua mente riviveva l’incontro di quella mattina, ma quando le porte si aprirono e incontrò lo sguardo omicida di Jethro, non ne fu molto sicura.

- Non succederà più Gibbs.- Si giustificò prima che lui potesse dire qualsiasi cosa.

- Me lo auguro David, altrimenti la prossima volta non prenderti il disturbo di venire in ufficio.- Sfrecciò velenoso entrando in ascensore seguito da Jade.

Le due donne si guardarono appena accennando un segno di saluto con il capo.

- Ziva dov’eri?- Le chiese Mcgee agitato.

- Sono qui.- Rispose lei asciutta senza dare altre spiegazioni.

- Sai dov’è DiNozzo?- Continuò il collega.

Ziva si sporse a guardare dietro il corpo di Mcgee e solo allora si accorse della mancanza di Tony.

“Dov’era Tony? Perché non era ancora in ufficio?” si chiese mentre il suo viso si rabbuiava.

 

 

 

 

 

- Capo!- Esclamò sorpreso DiNozzo quando le porte dell’ascensore si aprirono e vide dentro Jethro e Jade.

L’uomo fece due passi indietro per farli passare.

- DiNozzo, tu e David avete deciso di farmi infuriare questa mattina?- Gli chiese duro, digrignando i denti.

- Capo non sai che cosa mi è successo stamattina, un casino dietro l’altro...- Tony bloccò il suo monologo sentendo quella domanda – Ziva? Che cosa c’entra Ziva?- Chiese.

- Non è per caso che tu e David stavate insieme?- Insinuò Jade divertita dalla situazione – E’ una bella coincidenza che tutti e due siete arrivati in ritardo.- In risposta ricevette due sguardi severi.

- Le coincidenze non esistono.- Sibilò Gibbs andandosene.

- Ti conviene seguirlo se non vuoi che ti lasci a piedi.- Le suggerì Tony.

- Non oserebbe mai.- Gli rispose sicura.

- Io non ci conterei troppo. Gibbs è Gibbs, questo credo che dovresti averlo capito.- Le sorrise – Vai, vai, vai...- Le fece segno con la mano.

Jade lo guardò attentamente per un attimo per capire se la stava prendendo in giro come al suo solito, ma quando vide gli occhi e lineamenti del viso seri dell’uomo si rese conto che stava dicendo la verità.

Si girò verso l’uscita e vide Gibbs salire in macchina.

Solo dieci secondi prima di perderlo.

Scattò verso l’uscita e raggiunse l’auto di corsa salendovi proprio nell’attimo in cui l’uomo mise in moto.

 

 

 

 

Gibbs  fermò la macchina di fronte al bar dove era stato fotografato il guardiamarina Stone.

- Perché siamo qui?- Chiese Jade riconoscendo il posto.

- Scenda.- Ricevette per risposta.

Jethro scese dall’auto chiudendo la portiera con forza e si sedette su una panchina lì vicino che era proprio di fronte al bar.

- Si sieda.- Le ordinò severo.

Jade rimase a fissarlo un attimo.

“Come si permette di trattarmi in questo modo!” pensò irritata.

- Seduta.- Le sibilò duro.

- Agente Gibbs le ripeto e glielo sottolineo che non può trattarmi in questo modo!! Scendi! Seduta! Vieni! Sono una donna mica un cane!!- Protestò aprendo le braccia mostrandosi a lui.

Jethro fece scivolare i suoi occhi sul corpo della donna soffermandosi sulle sue forme femminili.

- Lo vedo.- Disse tranquillamente sorridendo compiaciuto.

Jade rimase spiazzata da quel gesto.

Poteva prevedere ogni mossa di qualsiasi persona da un solo gesto, smorfia, ma quando si trattava di Gibbs i suoi sensori andavano completamente in tilt.

Si passò una mano tra i capelli, facendola scivolare dal collo fino al petto.

Maledetta reazione!

Perché ogni volta che sentiva lo sguardo dell’uomo su di sé il cuore doveva battere in quel modo?

Silenziosamente si sedette accanto a lui.

- Spero che si sia divertito.- Gli disse irritata incrociando le braccia al petto nel vano tentativo di nascondersi da quello sguardo penetrante che continuava a sentire su di sé.

 

 

 

 

 

Ziva mise le monete all’interno del distributore, compose il numero e aspettò che cadesse la tavoletta di cioccolata.

La prese, si appoggiò al distributore e mise un quadratino in bocca succhiandolo lentamente.

Chiuse gli occhi per un istante e subito le apparvero gli occhi tranquilli di Callen.

Stava bene con lui.

Gli dava quella calma che nella vita reale al momento non aveva.

Tutto il caos lo lasciava in esterno per tuffarsi nell’altra vita che si era costruita: Ziva David impiegata amministrativa, alla quale piaceva correre al mattino presto, andare al cinema, godersi la vita, senza responsabilità e impegni che la legassero e la trattenessero dal vivere.

Una vita semplice, senza complicazioni di vita o di morte, senza pericoli, normale come tutte le altre donne.

Un ruolo che inizialmente aveva gustato piano piano ma che ora lo stava apprezzando nella sua interezza.

A questa sera” aveva risposto felice a quell’invito che l’avrebbe portata a trascorrere qualche ora in più in quella vita così bella e appagante.

Aprì gli occhi immergendosi nella realtà sentendo i passi dell’uomo avvicinarsi a lei.

Tony entrò in quell’istante.

L’uomo si avvicinò alla donna con passo lento e deciso.

- Dov’eri?-

- Dov’eri?-

Chiesero entrambi nello stesso momento fissandosi in cerca della risposta.

- Oggi sembra che sia tutto contro di me.- Le rispose Tony per primo, appoggiandosi anche lui al distributore.

- Ne vuoi parlare?- Gli chiese porgendogli la tavoletta di cioccolato.

DiNozzo l’afferrò e ne spezzò una parte.

- Niente di che... al bar una tipa mi ha rovesciato il caffè addosso, si è scusata mille volte...- sorrise sornione ricordandosi la scena.

- Casualmente dopo le avrai chiesto il numero.- Gli chiese nervosa allontanandosi di qualche passo appoggiandosi al muro guardandolo severamente.

- Poi sono stato coinvolto in un incidente... insomma era meglio se fossi rimasto a letto oggi...  e...- si girò a guardarla avvicinandosi e posizionandosi di fronte a lei.

- No. Non ho chiesto nessun numero.-

Stese il braccio, appoggiando la mano al muro, chiudendola nell’angolo.

- Gelosa?- Le chiese a bruciapelo.

Ziva a quella domanda si irrigidì sentendosi colpire nel suo profondo.

Le mancò l’aria aprendo la bocca per rispondere senza però trovare le parole.

- Puoi fare quello che vuoi DiNozzo.- Gli rispose severamente abbassandosi e passando sotto il suo braccio per liberarsi dalla sua presenza.

Tony sorrise soddisfatto alla reazione della donna e prima che potesse scappargli l’acciuffò per il braccio e la riportò vicino a sé.

- E tu Ziva?- Le chiese avvicinando il viso a quello di lei guardandola dritto negli occhi.

 

 

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** 12° capitolo ***


Come detto...

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

- Ho perso tempo a correre.- Si giustificò Ziva cercando di non farsi distrarre da quelle due iridi verdi che la stavano scrutando attentamente.

- Davvero?- Chiese scettico Tony – Strano...- staccò l’attenzione dagli occhi di lei per poi ritornarvi subito dopo massaggiandosi il mento pensieroso - ... è più di una mattina che arrivi in ritardo e vuoi dirmi che è sempre colpa della corsa?- Le chiese sottolineando il suo strano comportamento di quei giorni.

- Sì.- Rispose seria Ziva non lasciando altre spiegazioni.

- Mmmm...- mugugnò DiNozzo avvicinando il viso a quello di lei, – e cosa è cambiato nel tuo percorso per farti arrivare sempre in ritardo rispetto a prima?- Le domandò serio.

- Non ti devo dare nessuna spiegazione Tony!- Gli rispose velocemente seccata dalla sua insistenza staccandosi da lui.

- Se non rispondi vuol dire che stai nascondendo qualcosa... o qualcuno...- si girò a guardarla -... i tuoi occhi parlano da soli e io da troppo tempo ormai ho imparato a leggerli.- Puntualizzò soddisfatto.

A quell’insinuazione Ziva si bloccò girandosi di scatto a guardare il collega.

- Per me stai passando troppo tempo con la dottoressa Sash, con il suo modo di pensare e vedere le cose ti sta facendo il lavaggio del cervello.-

Si avvicinò a lui fronteggiandolo, afferrandolo poi per il colletto della camicia con una rapida mossa.

- Io – non – ho – niente – da – nascondere!- Scandì bene cercando di essere il più convincente possibile per tenere al sicuro quella parte della sua vita che non c’entrava niente con il suo mondo e con lui.

- Finalmente!!- Li interruppe la voce di Mcgee. – Vi ho trovati, venite subito con me che Gibbs ci ha commissionato del lavoro da fare.-

Ziva guardò i due colleghi e poi con passo svelto uscì dalla stanza.

- Ho interrotto qualcosa?- Chiese stranito Mcgee.

- No Mcinopportuno, non hai interrotto proprio niente, perché non c’era niente da interrompere.-

Tony accartocciò la carta della barretta di cioccolata e la buttò con rabbia nel cestino.

- Ma che ho detto?- Si chiese Tim guardando le figure dei due colleghi allontanarsi.

 

 

 

 

- Più che divertito direi compiaciuto.- Rispose Gibbs soddisfatto della piega presa dalla situazione facendo scorrere il suo sguardo sul profilo della donna.

Jethro provava un certo non so che a stuzzicare la dottoressa Sash e non si lasciava scappare nessuna occasione gli capitasse tra le mani per farlo.

Imbarazzare quella donna, da quando l’aveva conosciuta, era diventato il suo gioco preferito, anche se doveva ammettere che non sempre gli riusciva, a volte perfino a lui capitava di cadere nel suo stesso tranello che abilmente lei gli ritorceva contro.

Sorrise silenziosamente, alzando leggermente l’angolo destro delle labbra e facendo brillare l’azzurro intenso delle sue iridi.

- Se ha finito di compiacersi che ne dice di rivelare il motivo del perché siamo qua?- Puntualizzò irritata.

Gibbs si alzò  in piedi di scatto ritornando alla realtà, si allontanò di qualche passo da lei mettendo da parte quegli strani pensieri che si stavano sempre di più formulando nella sua mente.

Estrasse dalla giacca la busta che conteneva le foto e la buttò in grembo alla donna.

- Non ha nessun’altra osservazione da fare Jade?- Le chiese duro.

La dottoressa prese in mano le foto, intuendo dove volesse arrivare l’Agente si preparò a combattere il suo attacco.

- Cosa dovrei dirle Agente Gibbs... o meglio che cosa vuole sentirsi dire sul guardiamarina Stone?- Puntualizzò la donna con calma e sicurezza.

Jethro si voltò nervoso a guardarla, eliminando la breve distanza che c’era tra loro e portandosi con il viso allo stesso livello di quello di lei.

- La domanda da porci non è “chi sta aspettando” ma “chi sta seguendo”, non è vero Jade?- Le chiese freddo.

La dottoressa Sash rimase in silenzio ad osservarlo compiaciuta nel constatare che l’uomo che aveva di fronte aveva nuovamente sconfitto le sue supposizioni.

Si annotò mentalmente che doveva stare ancora più attenta nel muoversi quando si doveva confrontare con Leroy Jethro Gibbs.

- Come l’ha capito?- Gli chiese dopo un lungo momento di silenzio.

Jethro tirò fuori l’ultima foto e la porse alla donna che la prese e la osservò con attenzione.

- Non riconosce nessuno?- Le domandò sedendosi accanto a lei, appoggiando le braccia sulle gambe e buttandosi con il busto in avanti.

“Devo ricordarmi di dare più retta all’istinto di Callen” pensò divertita mentre cercava di formulare un piano diversivo.

Accorgendosi della posizione che aveva assunto l’uomo sorrise sadicamente divertita.

Accavallò le gambe facendo salire di qualche centimetro la gonna già sopra il ginocchio.

Era un gioco pericoloso al quale Jade non poteva rinunciarvi.

Non appena ebbe messo in atto la sua manovra diversiva sentì su di sé lo sguardo di fuoco dell’agente che non si perse neanche un istante del movimento della gamba che si sovrapponeva sull’altra.

Con delicatezza si sporse in avanti facendo scivolare lentamente la mano come una carezza dal collo del piede soffermandola poi sul ginocchio.

Un brivido le percorse la schiena.

Quello strano gioco di seduzione aveva dei piacevoli risvolti positivi.

- Sta tentando di distrarmi dottoressa Sash?- Le chiese Gibbs facendo leva sulla sua razionalità per distogliere lo sguardo da quelle gambe affusolate e guardare diritto di fronte a sé.

- Può essere Agente Gibbs.- Gli rispose con un sorriso malizioso stampato sulle labbra e per la prima volta, anche se per un brevissimo istante, vide passare sul volto dell’uomo un segno di imbarazzo.

Jethro si alzò di scatto.

- Andiamo!- Le ordinò dirigendosi verso la macchina.

Aprì la portiera e vi si accomodò dentro mentre Jade faceva lo stesso.

- Se pensa che sia finita qui si sbaglia di grosso.-

- Al contrario ne rimarrei delusa.- Sorrise soddisfatta mentre i suoi occhi si fecero seri quando si appoggiarono per l’ennesima volta sul volto della persona che era stata immortalata nella foto.

 

 

 

Era stata una giornata tutto sommato tranquilla, anche se per qualche momento Ziva aveva avuto la sensazione che tutti gli sguardi dell’ufficio fossero rivolti su di lei.

C’era stato un momento di gelo quando Gibbs e Jade erano rientrati in ufficio.

I due non avevano spiaccicato parola e ognuno si era seduto alla sua scrivania.

Li osservò per un attimo, senza farsi notare e constatò che entrambi erano tesi.

Vide la donna estrarre dalla borsa una busta che fece volare sulla scrivania del capo il quale la ringraziò con un’occhiataccia.

La busta si era aperta rivelando al suo interno delle foto.

“Che stiano seguendo un caso a parte?” si chiese Ziva interdetta da quel gesto.

Poteva sentire, invece, in ogni istante lo sguardo insistente di DiNozzo che non faceva altro che osservare attentamente ogni suo piccolo gesto o movimento.

Quando il capo rientrò in ufficio la donna notò però uno strano scambio di sguardi tra il collega e Gibbs nonostante i due avessero fatto finta di niente.

- Capo? Io domani devo andare dal dentista, è possibile che ritardi.- Lo avvertì Tony.

Gibbs gli fece segno di sì con la testa badandolo per qualche secondo poi si riconcentrò sulle carte che stava leggendo.

Il suo telefonò squillò: era Abby che lo cercava.

Si alzò di scatto e nello stesso momento si alzò anche DiNozzo.

Gibbs si fermò di fronte a lui osservandolo incuriosito.

- Ebbene?- Gli chiese spiegazioni.

- Vado a prendermi un caffè, ne vuoi uno capo?- Gli propose.

- Grazie DiNozzo.- Lo colpì affettuosamente sulla spalla ed entrambi si diressero verso l’ascensore.

Mcgee e Ziva si scambiarono uno sguardo divertito e poi si riconcentrarono sul loro lavoro.

 

 

 

 

- Hai scoperto qualcosa DiNozzo?- Gli chiese serio Gibbs bloccando l’ascensore.

- No niente.- Rispose asciutto l’Agente.

- Devo prenderti a scappellotti?- L’ammonì nervoso.

- E’ pulito.- Confessò alla fine portandosi le mani alla vita e inclinando il viso verso il basso sconfitto da quella situazione di stallo, senza via d’uscita.

Gibbs riattivò l’ascensore.

- Sei preoccupato capo?- Gli chiese ad un tratto notando l’espressione seria sul volto di lui.

- Dovrei esserlo?- Gli domandò lui a sua volta.

- Non lo so...eppure..- Si lasciò andare DiNozzo.

- Segui l’istinto Tony e non mollare fino a quando non sarai sicuro.- Gli disse Gibbs perentorio uscendo dall’ascensore.

 

 

 

 

Era giunta sera. Ziva spense il monitor del computer, prese la borsa, si infilò il cappotto  e salutò i colleghi.

- Vai già via?- Le chiese Tony.

- Si perché?- Ribattè lei.

- Beh possiamo andare a mangiare e bere qualcosa insieme, che ne dici?- Le propose avvicinandosi e appoggiandole una mano sul braccio impedendole di andare via.

- Io...- tentennò Ziva – Mcgee?- Chiese ad un tratto girandosi verso il collega che avanzava verso di loro.

- Non contate su di me: io e Abby siamo impegnati con le suore, non chiedetemi in cosa che lo devo ancora capire.- Li salutò frettolosamente e raggiunse il laboratorio.

- Siamo rimasti noi due.- Le disse seducente Tony a bassa voce.

- Vedi...- iniziò lentamente – io...- cercando di vagliare una scusa plausibile per non dire la verità su quella sera -... sono stanca, stasera proprio no, non vedo l’ora di rilassarmi a casa, sarà per un’altra volta DiNozzo.- Lo colpì frettolosamente sulla spalla e se ne andò prima che il collega riuscisse a incastrarla nuovamente.

Tony la guardò andare via assumendo il suo sguardo serio.

- Le stai troppo addosso.- Gli disse Jade avvicinandosi -... lasciale un po’ di respiro.- Sorrise sorniona.

- Tu che ne sai?- Le volse uno sguardo interrogativo.

“E ora questo sguardo che cosa significa?” rifletté mentre si specchiava in quegli occhi limpidi e scuri dell’uomo.

Senza darle altre spiegazioni l’Agente se ne andò.

 

 

 

 

- Vacci piano con lei.- Gli intimò la donna.

- Non dirmi cosa devo fare Jade.- Le rispose nervoso l’uomo.

- Non è un consiglio il mio.- Sottolineò la dottoressa Sash seria.

Callen la guardò duro mentre lei finiva di sorseggiare il caffè.

La donna osservò fuori dalla vetrina del bar.

- Ziva è fragile in questo momento, se non lo fosse non si sarebbe creata una doppia vita ma ti avrebbe reso partecipe della sua nascondendoti solamente alcuni dettagli invece di cambiarli tutti. In questo momento tutto le va stretto e ha perso momentaneamente la lucidità razionale che la contraddistingue. Sinceramente devo ancora capire quale è stato l’elemento scatenante che ha provocato questa sua reazione.- Si fermò a pensare mentre nella sua mente scorrevano tutte le immagini di Ziva, i gesti, le posizioni del corpo, i suoi occhi così espressivi.

- DiNozzo...- Si lasciò sfuggire.

- Chi è?- Chiese incuriosito Callen riportando l’attenzione sulla collega.

- E’ un altro Agente della squadra di Gibbs, molto simpatico e bravo, da non sottovalutare perché sotto quell’immagine da burlone e pagliaccio si nasconde un ottimo e attento Agente-investigatore-

- Pensi che lui possa c’entrare qualcosa? Ma non le conosci le regole di Gibbs?- Le chiese divertito.

Jade fece segno di no con la testa.

- Regola n. 12: mai uscire con un collega.-

Jade sentendola rimase inizialmente stupita e poi scoppiò a ridere.

Callen vedendo la reazione della collega rimase sbigottito.

- E io aggiungerei... ma andarci a letto sì!- Riprese a ridere imitata questa volta anche dall’uomo.

I due si calmarono dall’ilarità spontanea.

- Questa tua affermazione denota che tu sai più di quello che vuoi far sapere. Come vorrei avere anche io il tuo dono di leggere quello che tutti gli altri cercano di tenere nascosto.- La prese in giro.

- A volte non è un dono ma è una maledizione.- Lo guardò seria per poi rivolgere lo sguardo fuori dalla vetrina.

- Senza la tua intuizione su Ziva non sarei mai riuscito a creare un contatto istantaneo con lei. Solo tu potevi capire che il Tenente Sander era stato importante per lei.- Puntualizzò prendendole la mano.

Jade sorrise senza distogliere gli occhi dai passanti facendo scivolare la sua mano e portandola vicino a sé.

- Si poteva agire diversamente ma, come hai detto fin dall’inizio anche tu, Ziva è troppo istintiva e non avrebbe mai ascoltato, e poi, meno persone sono coinvolte in questo caso meglio è.- Cercò di rassicurarla.

- Non mi piace la situazione che si sta creando però. Lo sento, Gibbs è fin troppo vicino per essere coinvolto.- Affermò seria.

- Non pensi che dovremmo informare almeno lui di quello che sta accadendo... – si massaggiò il capo –... in fondo è sempre una dei suoi agenti e sai come è fatto...- Si fermò prima di continuare.

- No, non so come è fatto, quello che lo conosce sei tu.- Disse contrariata.

Era la prima volta che le succedeva di formulare un’analisi su un soggetto e sbagliarla in continuazione, era davvero frustante per lei che era abituata ogni volta a individuare la persona  al primo colpo.

- E poi...- Continuò Callen lasciando in sospeso la frase rimescolando pensieroso il cucchiaino nel caffè.

- E poi cosa G?- Gli chiese riportando l’attenzione su di lui.

- Gibbs.- Rispose in un soffio.

Jade si passò una mano sul viso.

- Ci penseremo poi.- Decise di rinviare il cataclisma che sarebbe successo non appena Jethro fosse arrivato alla verità.

Callen si alzò dal tavolo e lasciò una banconota.

Jade afferrò il braccio dell’uomo e lo bloccò.

- Distacco Callen, distacco.- Gli ripetè decisa.

G scrollò il braccio e sbuffò.

- Sono distaccato.-

Ma chissà perché quelle due semplici parole risultarono false anche a lui.

 

 

 

 

“E’ possibile che su di lui non sia riuscito a trovare niente?” sbuffò DiNozzo osservando Ziva e lo sconosciuto uscire da casa di lei e salire in macchina.

- Meno male che era stanca!- Disse stizzito ad alta voce mentre accendeva il motore per seguire a distanza i due.

 

 

 

 

Ziva si concentrò per un attimo su Callen e notò il suo sguardo farsi più attento nello specchietto retrovisore.

La donna per la prima volta iniziò a collegare tutti gli atteggiamenti insoliti di lui.

- Tutto bene?- Gli chiese prestandogli attenzione.

- Certo.- Rispose sicuro voltandosi un attimo a guardarla, svoltando rapidamente la macchina nella stradina a destra.

- Dove andiamo?- Chiese cercando di mettere a tacere quell’istinto che dentro di sé le diceva che c’era qualcosa che non andava.

- Segreto.- Le rispose divertito facendo brillare l’azzurro dei suoi occhi.

- Quanti segreti mi nascondi ancora?- Gli chiese seria Ziva.

G fermò l’auto al semaforo e approfittò per voltarsi verso la donna che gli aveva piantato le sue iridi nere addosso.

- Tutto bene? Se non ti va di uscire posso portarti a casa.- Le propose gentile sfiorandole la guancia.

 

 

 

 

- Ottimo!- Digrignò i denti Tony sbattendo furiosamente la mano sul volante quando, osservando i due in macchina, vide l'uomo sporgersi verso la donna.

- Perché non tiene le zampe a posto!- Colpì di nuovo con più forza.

Represse l’istinto di scendere dalla macchina e scaraventare fuori dalla vettura l’uomo che stava importunando la sua donna.

 

 

                              

 

 

Ziva trattenne per un attimo il respiro a sentire il tocco delicato delle dita di Callen sulla sua guancia.

- Sono solo un po’ stanca.- Abbozzò come risposta

Si sorprese di se stessa. Era la seconda volta che si faceva toccare senza che il suo istinto bloccasse la mano dell’uomo.

Callen fermò la macchina poco dopo.

Ziva scese dalla macchina e riprovò la stessa sensazione che aveva avuto in ufficio: quella di essere osservata.

Girò la testa in varie direzione per controllare che tutto fosse tranquillo e si accorse che lo stesso identico gesto lo aveva compiuto anche Callen.

- Mi sembri nervoso?- Gli chiese avvicinandosi mentre l’uomo riportava l’attenzione su di lei.

 

 

 

 

 

Continua...

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Capitolo 13
*** 13° capitolo ***


Visto che siete state buone.... ecco il mio regalo di natale... il chap 13... e speriamo che porti fortuna anche per la settima serie!

 

Non dite grazie a me... ma alla Beta... anzi BETA che ha dovuto fare gli straordinari tra i miei gerundinonsense - che.

Grazie di cuore strega, meriti un monumento!

 

 

 

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

Tony aveva passato tutta la sera ad osservare Ziva e l’uomo misterioso.

Si era seduto in un angolo buio del locale, abbastanza nascosto da non essere visto da nessuno ma che gli permetteva di non perdere mai di vista i due.

L’Agente più volte aveva dovuto frenare l’istinto di alzarsi e andare lì da loro, prendere per il colletto della camicia l’uomo e allontanarlo da lei con un bel pugno in pieno viso.

Non aveva potuto impedirsi di constatare come Ziva fosse rilassata e a suo agio con lui.

In un primo momento, al di fuori del locale, quando l’aveva vista irrigidirsi e fermarsi per ascoltare il suo istinto di Agente del Mossad si era dato per spacciato, ma per fortuna, l’angolo buio del vicolo l’aveva difeso dai sensori di lei.

La donna si era avvicinata all’uomo, che stranamente aveva assunto lo stesso atteggiamento, come se anche lui avesse percepito la sua presenza.

“E’ mai possibile?” Si era chiesto stupito mentre faceva scorrere il suo sguardo sul volto concentrato e teso di lui.

I due erano rimasti fermi per qualche minuto a dirsi chissà cosa guardandosi quasi con sfida, ma dopo quell’attimo di tensione, lui gentilmente le aveva appoggiato la mano sulla schiena e l’aveva invitata ad entrare.

Ziva, per l’ennesima volta, aveva stupito Tony con il suo atteggiamento docile, eppure quando aveva visto l’espressione seria e fredda sul suo volto avrebbe scommesso che il tipo era spacciato, perché non perdona lo sguardo glaciale della ragazza ninja.

Lui lo sapeva fin troppo bene.

Gli sembrava una Ziva diversa, o meglio una Ziva che non vedeva più da un sacco di tempo.

Una donna che amava scherzare, lasciarsi andare, ridere e fare battute solo per il gusto di metterti in imbarazzo ed in difficoltà.

Bevve tutto d’un fiato l’ultimo goccio del liquore ambrato che era nel suo bicchiere.

Quanti ne aveva bevuti?

Tre?

Due?

Quattro?

Tony scrollò le spalle.

Che gli importava, era ancora abbastanza lucido per portare a termine il suo compito di scorta.

 

 

 

La serata era andata meglio del previsto.

Ziva si rilassò sul sedile dell’auto concentrandosi a guardare fuori.

Per un attimo aveva creduto alle sue paranoie.

Maledetto istinto!

Nonostante si fosse tranquillizzata non poteva ignorare quella parte di lei che le diceva che c’era qualcosa che non andava.

Callen non poteva essere quello che i suoi sospetti le suggerivano.

Eppure...

 

- Colpito!- Le rispose – Come l’hai capito?- Le chiese massaggiandosi poi la testa imbarazzato.

Ziva lo guardò dritto negli occhi per qualche secondo cercando di capire se le stesse dicendo la verità.

- Sai è da un po’ che non esco con una ragazza.- Le disse in tono ironico.

La donna rimase un attimo interdetta poi scorgendo il divertimento sul volto di lui, gli si avvicinò e lo colpì dolcemente con un pugno sulla spalla.

- Stupido! Conosco bene i tipi come te... non rimangono mai a lungo senza una ragazza.- Lo prese in giro sorridendogli soddisfatta.

Callen si avvicinò a lei appoggiandole dolcemente la mano sulla schiena per avvicinarla a sé.

- Se cerco una ragazza come te, sì.- Le disse sottovoce avvicinando il viso al suo.

Ziva, a quella confessione, rimase impassibile per un istante poi girò la testa di scatto verso di lui ritrovandosi a pochissima distanza dalle sue labbra.

I loro occhi si incrociarono e scoppiarono entrambi a ridere.

- Ma queste frasi le trovi nei bigliettini dei cioccolatini?- Gli chiese divertita allontanandosi da lui di qualche passo per entrare nel locale.

- Già.- Rispose semplicemente.

Callen, prima di entrare nel locale, si guardò nuovamente intorno, soffermandosi un attimo verso il vicoletto buio sulla destra in fondo alla strada.

Sorrise.

“Addio appuntamento a due” pensò divertito.

 

 

 

- E siamo arrivati a casa.- Le disse G aprendole la portiera dell’auto.

- Pare di sì...- Rispose vaga Ziva.

- A meno che...- Propose lui lasciando in sospeso la frase mentre si fermava sulla soglia della porta dell’appartamento della donna.

Ziva aprì la porta e vi entrò seguita da Callen.

Tony, a vedere quella scena, strinse forte i pugni colpendo il muro subito dopo, si girò e si allontanò il più in fretta possibile.

La donna si fermò subito sentendo muoversi anche l’uomo.

- Il mio non era un invito G.- Gli disse fredda ma con il sorriso sulle labbra.

Gli appoggiò una mano sul petto e lo spinse fuori sul pianerottolo.

- Messaggio ricevuto.- Disse lui incassando il rifiuto della donna.

- E’ stata una bella serata, niente di più.- Chiarì.

- Vorrà dire che te la farò pagare domani mattina vincendo per la quarta volta consecutiva.- Scherzò lui.

- Notte.- Sorrise.

- Notte.- Si avvicinò a lei e le lasciò un bacio sulla guancia. – A domani, stesso posto, stessa ora, stessa sfida?- Le disse mentre si allontanava.

In risposta ricevette solo la risata di Ziva divertita.

 

 

 

 

Tony aveva creduto che l’unica soluzione per non pensare più a Ziva e a quell’uomo, a lui che toccava lei, a lui che la prendeva e la faceva sua, fosse quella di soffocare i suoi sentimenti con l’acool.

Svuotò l’ennesimo bicchiere per riempirlo subito dopo ma quelle dannatissime immagini dei due amanti erano sempre e più vive nella sua mente.

“L’aveva persa?” si chiese.

Strinse forte il bicchiere nella mano e se lo portò, dopo qualche secondo, nuovamente alle labbra.

Si arrendeva in quel modo?

Non era capace di lottare per lei?

Voleva perdere così miseramente?

No!

Non poteva farlo.

Si alzò di scatto barcollando su se stesso, e non appena ebbe la sicurezza di poter stare in piedi si avviò verso l’uscita del locale.

 

 

DiNozzo si avvicinò alla porta dell’appartamento di Ziva.

Appoggiò la fronte sulla porta e rimase in ascolto.

Silenzio.

Bussò con il pugno per qualche volta e attese.

Quando la porta si aprì rimase senza parole.

Ziva era di fronte a lui con indosso solamente una camicia bianca.

La sua camicia, marca italiana, di seta morbida e liscia, con i capelli arruffati che le ricadevano sulle spalle mentre una ciocca era entrata furtiva nella scollatura.

- Tony?- Disse sorpresa quando se lo vide di fronte, indietreggiò di un passo per lo stupore stringendosi le braccia intorno al corpo in segno di difesa.

- Se n’è già andato?- Le chiese subito.

- Chi?- Domandò incerta.

- Oh lo sai benissimo chi, Ziva. Non fingere con me.- Rispose nervoso avvicinandosi a lei e afferrandola per le braccia.

- Perché non lo capisci?- Le chiese sprofondando in quegli occhi neri che gridavano tutta la passione che lei cercava di celare al mondo... e a lui.

- Devo capire cosa DiNozzo?- Tentò di dire cercando di mantenere la calma.

- Che ti amo.- Le disse piano, quasi sussurrandeglielo sulle labbra prima di eliminare del tutto quell’esile distanza che li divideva.

Tony chiuse gli occhi mentre riscopriva la morbidezza delle sue labbra, il dolce sapore del suo essere e l’intensità delle emozioni che si scatenavano dentro di lui ogni volta che le stava vicino.

Ziva si staccò dopo qualche istante da lui.

- Sei ubriaco Tony.- Constatò.

- Può essere...- le portò le mani sul viso per non perdere il contatto con lei – ma questo non cambia niente, ti amo sempre e comunque.- Le sorrise abbracciandola forte.

Ziva respirò l’intenso profumo di muschio bianco del suo dopobarba mischiato all’odore del fumo e del bourban.

- Oh Tony.- Disse piano assaporando quel calore che le era così mancato in quei giorni bui.

- Scusami piccola ninja...- si staccò da lei – ma penso che ora andrò a vomitare anche l’anima.- E senza lasciarle altre spiegazioni si diresse di corsa verso il bagno.

L’Agente David si passò una mano sul viso.

“Perché deve essere sempre così tra noi?” si chiese dirigendosi verso la camera per prendere una coperta e un cuscino che lasciò sul divano, poi si diresse in cucina a preparare del caffè forte per quando si sarebbe svegliato.

 

 

 

 

Tony ritornò nei mondi dei vivi qualche ora più tardi destato dalla voce gentile e calma di Ziva che parlava al telefono.

- Ok Gibbs, ci penso io a rimettertelo in sesto. La prossima volta non mi serve la balia, siamo intesi?-

La osservò per un istante con gli occhi ancora socchiusi, ma anche se non poté giurarlo la vide arrossire per un attimo mentre ascoltava la risposta del capo.

Chiuse gli occhi quando Ziva terminò la telefonata.

Voleva assaporare ancora un po’ della sua compagnia.

Era stata al suo fianco per tutta la notte, lui disteso sul divano, lei seduta in poltrona senza mai che gli levasse gli occhi da dosso immersa nel suo mondo di riflessione.

Avrebbe tanto voluto in quel momento leggere nei suoi pensieri per capire che cosa le stesse passando per la testa.

Ziva si sedette sul tavolino vicino al divano, vi appoggiò la tazza e si sporse verso l’uomo.

- Tony.- Lo chiamò dolcemente. - Lo so che sei sveglio, dai apri gli occhi, ti ho preparato il caffè.- Disse mettendogli sotto il naso la tazza fumante in modo che sentisse l’odore forte della bevanda.

Tony aprì gli occhi e rimase deluso nel constatare che Ziva si era cambiata.

Stava così bene con indosso la sua camicia.

- Che c’è?- Gli chiese ad un tratto notando l’espressione amareggiata sul volto di lui.

- Ti sei vestita.- Le rispose semplicemente prendendo in mano la tazza e sorseggiando qualche sorso.

Ziva si alzò di scatto presa in contropiede dalla sua spontaneità e andò vicino alla finestra.

“Ma come accidenti fa!” pensò stizzita. “Ogni volta riesce a infrangere le mie difese con il niente. Dovrei essere arrabbiata con lui, invece non riesco a fare a meno di pensare a quello che è successo”.

- Ehi...- Le si avvicinò barcollando.

- Ti tengo io!- Prontamente lo afferrò per la vita e lo sorresse.

- Vedi? Io e te una coppia perfetta. Sono talmente affascinante che non riesci a starmi lontano.- Sorrise sornione tenendosi più stretto a lei.

Ziva si arrese all’evidenza: poteva dire e fare qualsiasi cosa ma alla fine Tony riusciva a girare la situazione sempre a suo favore.

Sorrise e appoggiò la testa sul petto di lui.

- Sempre e comunque?- Gli chiese ad un tratto.

- Sì Ziva... sempre e comunque.- Le confermò.

- Anche se ti dicessi...- ma non poté finire la frase che suonò il campanello. – Torno subito.-

 

 

 

 

 

- Mcgee controlla la posta elettronica, DiNozzo deve aver mandato delle foto per me.- Ordinò  Gibbs entrando con il suo passo di marcia nell’openspace dell’ufficio.

- Subito capo.- Obbedì.

Rimase in attesa per qualche secondo nel ricevere l’e-mail di Tony e quando aprì gli allegati rimase stupito.

- Capo?- Lo chiamò.

Gibbs si avvicinò al monitor e guardò le foto che gli aveva mandato l’Agente.

“Maledizione!” pensò nero di rabbia.

- Stampale immediatamente.-

- Ecco capo.- Gli porse le foto dopo qualche secondo. – Scusi capo...- tentò di chiedere ma lo sguardo glaciale di Gibbs lo gelò all’istante.

- Non ora Mcgee.- Si congedò sparendo nell’ascensore.

 

 

 

 

 

- Agente Gibbs buongiorno.- Lo salutò cordialmente Jade quando aprì la porta di casa sua e se lo trovò di fronte.

“Meno male che non ho scommesso con Callen, altrimenti questa volta avrei perso di grosso. Uffa, quando imparerò a fidarmi del suo istinto.” Pensò mentre osservava Gibbs entrare in casa.

- Quando pensava di dirmelo?- Le rivolse la domanda con il suo tono accusatorio freddo e duro.

- Vuole del caffè Agente Gibbs?- Gli rispose tranquillamente andando in cucina a preparare le due tazze di caffè fumante.

Jethro spazientito dai suoi modi gentili e di essere ignorato completamente le bloccò il passaggio posizionandosi di fronte a lei.

- Non va da nessuna parte fino a quando non mi spiega.- Le ordinò severo.

Jade rimase ferma a guardarlo, immergendosi in quegli occhi cristallini che erano talmente bianchi per la rabbia che non sembravano neanche quelli dell’uomo.

- Se ha già le risposte, che cosa vuole che le dica.- Continuò serafica per non farsi travolgere dalla tensione che trasmetteva il corpo dell’uomo.

- La verità.- Rispose più calmo senza tralasciare il suo tono duro mostrandole le foto che poco prima gli aveva stampato Mcgee.

- Perché?- Le chiese digrignando i denti.

- Cos’è Gibbs è arrabbiato perché un altro uomo sta facendo la corte alla sua amante?- Gli domandò divertita.

- La smetta di prendermi in giro! È finito il tempo dei giochi. Si sieda!- Le ordinò poggiandole le mani sulle spalle e spingendola verso il basso facendola cadere in poltrona mentre lui si accomodava di fronte a lei sul divano.

- Che ci fa Callen in città?- Le domandò a bruciapelo.

Jade sospirò profondamente prima di rispondere.

- Perché pensa che io conosca questo “Callen”- Gli chiese facendo attenzione a non tradirsi.

Jethro si alzò di scatto sporgendosi verso la dottoressa Sash, allungò la mano al collo della donna e ne accarezzò la pelle partendo dal mento fino all'attaccatura della spalla.

Jade a quel contatto rimase senza fiato imprigionata dalle sue sensazioni e dagli occhi magnetici dell’uomo.

- Non lo penso, lo so. Questa è di Callen.- Prese tra le dita la catenina che portava al collo. – Ora mi vuoi spiegare?-

Jade, ripresasi dall’attimo di pathos che si era creato tra loro, sorrise dolcemente quando sentì che Gibbs era passato al tu.

- Tutto a tempo debito Jethro.- Gli disse afferrandolo per il volto in modo che non potesse perdere il contatto con quegli occhi meravigliosi che, se fosse stato per lei, non avrebbe mai smesso di guardare.

- Fidati di me... non potrei mai farvi del male.- Lo rassicurò.

 

 

 

 

 

Ziva aprì la porta e sgranò gli occhi quando vide la persona che aveva bussato.

- Ehi tutto bene?- Le chiese preoccupato.

- Mai stata meglio.- Rispose Tony per lei appoggiandole una mano sulla spalla e tirandola a sé protettivo.

 

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

Buon natale con tutto il mio cuore.

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Capitolo 14
*** 14° capitolo ***


Buon annooooo!!!

Questo è l’effetto ferie... e il chap 15 è già in fase di lavorazione ^_^

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

Ziva per tutta risposta tirò a Tony una gomitata staccandosi da lui.

- Non lo badare, entra pure Mcgee.- Gli disse invitandolo con un cenno della mano.

- Vuoi del caffè?- Aggiunse subito dopo dirigendosi verso la cucina.

- E... sì grazie.- Rispose incerto, non si aspettava certo di trovarsi in una situazione così... così... calma!

Aveva immaginato di dover dividere i due e fare come al solito da paciere... invece no.

Mcgee spostò lo sguardo freneticamente da Ziva a Tony, da Tony a Ziva, cercando di capire che cosa fosse successo tra quei due.

La sua attenzione cadde sul divano sfatto dove giacevano un cuscino e un plaid.

- Mi volete spiegare che cosa succede?- Chiese esausto da quei ragionamenti che aveva iniziato a fare non appena Gibbs gli aveva ordinato per telefono di recarsi immediatamente da Ziva.

- Niente.- Rispose seraficamente la donna porgendo al collega la tazza.

- DiNozzo semplicemente non regge l’acool... ma questo lo sapevamo già.- Sorrise compiaciuta a Mcgee, lanciando un’occhiata di traverso a Tony.

- Molto divertente David.- DiNozzo le sorrise irritato sedendosi sul divano, imitato subito dalla donna.

Il silenzio calò tra di loro.

- Ebbene?- Chiese ad un tratto Mcgee spazientito da quei segreti.

Ziva sbuffò alzandosi in piedi e si avvicinò alla finestra.

Rimase in silenzio ancora per qualche istante e poi si girò verso il collega guardandolo dritto negli occhi.

- DiNozzo lo sai come è fatto: è paranoico.- Esordì alla fine senza tralasciare la sua verve ironica e pungente.

- Beh a dire la verità quella paranoica saresti tu.- Si lasciò sfuggire Mcgee grattandosi il capo imbarazzato.

Ziva lo freddò con lo sguardo mentre Tony rideva sotto i baffi.

- Per una volta tanto il pivello ha ragione.- DiNozzo si alzò in piedi e appoggiò un braccio sulle spalle della donna.

- Ero solo preoccupato per te.- Disse piano immergendosi in quelle pozze di nero petrolio.

La donna si irrigidì mentre un lieve rossore imporporò le sue gote.

Mcgee sorrise teneramente notando l’atteggiamento complice che si era ricreato tra i due.

- Ma questo non ti autorizza a farmi da guarda del corpo di nascosto. Io me la so cavare da sola. Poi con le tue assurde ipotesi hai perfino contagiato Gibbs.-

Ziva si passò una mano sul viso portandosela tra i capelli i quali fece scorrere tra le dita.

- Sei in pericolo?- Scattò in piedi Mcgee collegando i vari pezzi del puzzle.

- Sì!- Rispose Tony.

- No!- Contraddisse Ziva immediatamente.

Mcgee strabuzzò gli occhi.

“Questi due prima o poi li uccido io!” pensò esausto.

- Ho evaso un po’ dalla mia solita routine...- confessò Ziva dando le spalle ai due uomini e rivolgendo la sua attenzione ai passanti in strada.

- Che male c’è... ero stanca di essere quella che sono e quando ho avuto la possibilità di farlo è accaduto senza neanche me ne accorgessi.- Confessò a bassa voce.

La donna si strinse le braccia intorno al corpo.

- Ziva...- Mormorò Tony avvicinandosi a lei.

- Ma questo non ti doveva autorizzare a eleggerti mia guardia del corpo!- Gli disse risoluta riprendendo il controllo delle proprie emozioni – Guarda che hai combinato con le tue paranoie! Hai messo in agitazione tutta la squadra!- continuò severa picchiettandogli il dito indice sul petto.

- Non è affatto vero... Mcgee non era per niente preoccupato!- Si difese scherzando come al solito stampando sul viso il consueto sorriso sornione.

- Aaahh ci rinuncio, con te è una partita persa.- Si diresse verso la porta.

- Allora? Volete muovervi?- Disse arrabbiata tenendo la porta aperta.

I due scattarono velocemente e uscirono insieme.

 

 

 

Gibbs e Jade si erano guardati a lungo negli occhi non riuscendo a impedirsi di staccare lo sguardo da quello dell’altro.

- Vuoi spiegarmi ora?- Le chiese l’uomo più calmo sedendosi nuovamente sul divano.

- Io e Callen lavoriamo insieme da parecchio tempo, possiamo dire che ci conosciamo da una vita intera.- Iniziò Jade a chiarire sistemandosi meglio in poltrona.

- E’ successo come al solito. Io gli ho salvato la vita... è accaduto per caso. Avevo da poco iniziato a lavorare a Los Angeles. Le nostre squadre collaboravano insieme ad un caso. Allora eravamo entrambi giovani ed inesperti. Callen era una testa calda, molto più di adesso. Non volle accettare il mio consiglio di affrontare il criminale in un secondo momento ma lo affrontò immediatamente con il risultato che venne fatto prigioniero. Agii di istinto. Vidi l’espressione dura e crudele sul volto del malvivente e intuii all’istante come sarebbero andate le cose. Non ci pensai un attimo, presi la pistola in mano, cercando di tenere a bada la paura che covavo dentro di me e lo affrontai. Gli puntai la pistola addosso intimandogli di lasciare libero Callen che ormai non aveva più via di scampo. Lui sparò e io feci lo stesso. Il mio colpo andò a vuoto ma lui mi prese al braccio e questo diede il tempo a Callen di agire e far soccombere l’uomo. Qualche anno più tardi, lui ricambiò il favore salvandomi la vita.- Sorrise tristemente mentre i ricordi di quegli attimi le ritornavano alla mente.

- Ti ascolto...- Le disse piano Gibbs aspettando pazientemente che lei si aprisse.

- Sono stati giorni difficili. Callen ed io ci perdemmo di vista quando decisi di accettare il lavoro in Europa. Lui, invece, rimase qui in America. Fu dura lasciarci, ma la vita va così...- Sorrise tristemente mentre riprovava l’amarezza di quella dura soluzione che aveva dovuto prendere.

- Questa...- disse prendendo in mano la catenina che portava al collo - ... G me la regalò in modo che potesse stare sempre vicino a me, in ogni momento. “Lontani ma sempre vicini” mi disse quando partii mentre me la mise al collo.- Sorrise racchiudendo la catenina tra le mani. - ...e poi, tre anni fa ci siamo rincontrati a Los Angeles. È stato bello ritrovarlo, è stato come ritrovare un pezzo della mia vita che si era assopita. G sa risvegliare la parte più combattiva di me.-

Jade, per la prima volta da quando aveva iniziato a raccontare, guardò l’Agente negli occhi.

- Non sono sempre stata così.- Gli sorrise.

- Sicura, irriverente, saccente, testarda?- Chiese divertito Gibbs.

La donna rimase sorpresa da quella descrizione.

- E così che mi vedi Jethro?- Gli domandò.

- Non solo.- Rispose semplicemente l’uomo imprimendo in quelle due parole tutto il calore che celavano dietro.

Jade imbarazzata si alzò di scatto.

- Ho bisogno di un caffè, sempre se ora mi permetti di berlo.- Gli disse ironica dirigendosi in cucina seguita a ruota dall’uomo.

Gibbs si sedette su uno degli sgabelli vicino alla penisola osservando i gesti della donna mentre preparava il tutto per il caffè.

La donna, poco dopo, versò il liquido nero nelle tazze che aveva posizionato davanti a loro, sorseggiando brevemente prima di riprendere il suo racconto.

- Ho quasi creduto di perderlo. Per uno stupido errore di valutazione unito alla sua testardaggine ha rischiato di morire solo per salvarmi la vita senza pensare alla sua.- Sorrise amaramente.

- Per colpa mia si è preso quattro proiettili nella schiena. Se non avessi sottovalutato la situazione e non mi fossi esposta come al mio solito a quest’ora sarebbe andata diversamente.-

- Sono i rischi del nostro lavoro.- Disse semplicemente Gibbs.

- Già.- Confermò lei portandosi alle labbra la tazza per assaporare il gusto forte dell’aroma del caffè. – Ma non mi ci abituerò mai.- Terminò sincera.

- Semplicemente perché il tuo lato umano è più vivo di quello razionale. Tu vivi con i sentimenti, lavori con le emozioni, non puoi eliminarli da te.- Disse Gibbs bevendo l’ultimo sorso di caffè.

- Ci vediamo in ufficio.- La salutò alzandosi.

Jade per l’ennesima volta si sorprese della reazione dell’uomo.

Dopo quell’attimo di disorientamento gli corse dietro e lo bloccò mentre lui stava varcando la soglia.

- Non immischiarti Jethro.- Lo avvertì seria. – Lascia fare a noi, restane fuori.- Gli disse come se glielo stesse ordinando dolcemente.

- Ci sono già dentro Jade... fin dal primo giorno che ci siamo incontrati.- Le rispose freddo prima di richiudere la porta dietro di sé.

 

 

 

 

 

- Tieni, ne hai proprio bisogno.- Disse Ziva a Tony porgendogli una tazza di caffè nero.

L’uomo alzò la testa dalla scrivania che, da quando erano rientrati in ufficio, non aveva più alzato.

Guardò prima in viso la collega trovandola stranamente serena e poi riversò la sua attenzione alla tazza fumante che gli stava porgendo.

- Grazie, ne ho proprio bisogno.- Rispose grato afferrandola.

Ziva girò intorno alla scrivania e si sedette vicino a lui osservandolo mentre beveva il caffè.

- Sei uno stupido.- Gli disse dopo un lungo momento di silenzio, concentrando la sua attenzione sulla tazza che l’uomo teneva tra le mani.

DiNozzo si appoggiò allo schienale della sedia e sospirò pesantemente osservando la donna.

Aspettò silenziosamente che lei continuasse cercando di intuire che cosa le girasse per quella testolina.

- Non ti devi preoccupare per me.- Disse infine guardandolo dritto negli occhi e immergendosi in quelle iridi verdi che brillavano al solo sentire le sue parole.

- Ziva...- iniziò piano Tony afferrandole la mano e stringendola nella sua quasi avesse paura che quello che si era instaurato tra di loro potesse svanire nel nulla - ... ormai mi è inevitabile farlo, fa parte di me. Io e te: una squadra.-

La donna sorrise.

- Non volevo tagliarti fuori...- Tentò di giustificarsi ma in cambio ricevette uno sguardo di rimprovero da parte di lui.

- Beh... un pochino...- DiNozzo tossicchiò – E va bene, non volevo che tu entrassi in quella parte di vita che mi ero costruita. Volevo tenerti lontano. Volevo vedere com’era un mondo senza te, senza Ncis, senza crimini, morti, doveri e complicazioni.- Buttò di gettò.

- Com’è?- Le chiese semplicemente.

Ziva sorrise. “Sempre il solito curioso”, pensò divertita.

- Bello ma...- Si bloccò.

- Ma...- La invitò a proseguire.

- Stancante... essere quello che non sei prima o poi porta solo guai. Ti inventi un sacco di storie che ti si ritorcono contro. È difficile tenere la parte vera di te nascosta a lungo perché alla fine ritorna sempre a galla. Ho cercato in questi giorni di cancellarla, di annullare il mio essere di Agente, ma non ce l’ho fatta.- Sorrise ripensando a quei momenti durante i quali il suo istinto entrava in azione.

- Sei stato bravo sai?- Si complimentò con lui.

- Ne avevi dubbi?- Scherzò lui.

- Mmmm... può essere.- In risposta gli sorrise ironicamente – L’istinto mi diceva che non ero sola, ma chissà perché, non gli ho dato retta. Ho tentato di attirarti in qualche tranello ma tu non ci sei cascato.-

Tony sorrise compiaciuto ricordando gli sforzi che aveva dovuto fare in quei giorni per non farsi fiutare dall’istinto di lei.

- Mi stavi tenendo d’occhio anche quella mattina che sei arrivato in ritardo?- Gli chiese.

- Può essere.- Rispose lui vago con un sorriso soddisfatto sulle labbra.

Quel giorno c’era mancato poco che lo scoprisse.

L’aveva vista fermasi di colpo e lui si era dovuto nascondere velocemente in una caffetteria per non farsi scoprire. Per la fretta si era scontrato con la cameriera che gli aveva rovesciato addosso i caffè che stava portando a dei clienti.

Era uscito rapidamente dalla caffetteria e si era buttato nel primo taxi che aveva trovato ordinando all’autista di seguire il collega partito da poco.

Pensava di essere tranquillo ma all’incrocio il taxi di Ziva era passato con il giallo mentre loro si erano dovuti fermare al semaforo diventato improvvisamente rosso andando a tamponare la macchina di fronte che aveva frenato di colpo.

Una volta accertato che tutto era apposto, Tony aveva pagato la tratta e aveva proseguito a piedi, correndo per recuperare il tempo perduto.

Aiutato dal traffico e dalla poca distanza che lo divideva dall’ufficio, era riuscito ad arrivare in tempo per vederla varcare la soglia sana e salva.

Anche in quel momento era mancato poco che lo scoprisse. Per l’ennesima volta aveva visto la collega fermarsi e guardarsi in giro come a fiutare l’aria in cerca del pericolo.

DiNozzo si era tuffato immediatamente nella siepe per fuggire al suo radar.

“Ottimo!” aveva pensato esausto mentre si cambiava nei bagni del piano terra dell’Ncis.

“Un altro giorno così e ci rimetto la pelle!” si era detto ridendo.

- Ehi! A cosa stai pensando?- Gli chiese Ziva notando l’espressione divertita sul viso del collega.

- Niente di particolare.- Rispose vago.

- Io vado.- Lo informò alzandosi – Devo fare una cosa.- continuò avvicinandosi alla sua scrivania, prese la borsa e la giacca.

- Dove vai David?- Chiese la voce severa di Gibbs.

Ziva si girò verso il capo e lo osservò attentamente.

Era tutto il giorno che era nervoso. I suoi occhi erano freddi e non esprimevano altro che rabbia.

- Devo chiudere una questione personale.- Rispose seria avvicinandosi a lui senza distogliere lo sguardo da quegli occhi glaciali – Da sola.- Puntualizzò poi.

- Vai.- Le concesse.

Ziva salutò con un cenno del capo i colleghi e se ne andò.

DiNozzo rimase fermo alla sua scrivania, tamburellando con le dita sul mobile, come se stesse contando i secondi prima di scattare in piedi.

- Capo io...- Disse ad un tratto alzandosi ma prima che potesse continuare venne bloccato da un dito di Gibbs che lo fece tacere all’istante rimettendolo seduto e stampandogli sul viso un’espressione contrariata.

- Che cosa ci fai ancora qui Tony?- Gli chiese bruscamente dopo qualche minuto.

L’Agente sorrise furbescamente.

- Lo sapevo.- Commentò felice.

- Muoviti e questa volta cerca di non combinare guai!- Gli disse prima di mollargli il consueto scappellotto.

 

 

 

 

 

Continua...

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Capitolo 15
*** 15° capitolo ***


Prima di intraprendere come di consueto il giro notturno, mie care befane, vi lascio questo chap appena sfornato.

Un grazie in coro alla Beta che ogni volta fa gli straordinari!

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

- Ti vedo nervoso G.- Osservò Jade.

I tratti del viso dell’uomo erano tesi, la fronte era segnata da linee profonde, gli occhi azzurri erano spenti e il tutto nell’insieme faceva assumere alla faccia del collega un’espressione preoccupata.

I due agenti erano seduti al tavolino del bar da parecchi minuti ma ancora lui non aveva proferito parola.

Quella mattina era iniziata nei migliori dei modi.

Prima la visita di Gibbs e poi la strana telefonata di Callen.

“Prevedo casini. Andrò nel pomeriggio in ufficio.” pensò Jade sconsolata aspettando un cenno di riscontro da parte del collega.

- Mm...- Mugugnò Callen ritornando alla realtà mentre metteva a tacere i suoi pensieri.

- Tutto bene ieri sera?- Chiese intuendo che qualcosa era andato storto.

- Sì tutto bene.- Rispose brevemente.

- Mi spieghi come mai Tony è riuscito a scattare delle foto che ritraggono te e Ziva insieme?- Gli domandò severa.

Per tutta risposta l’uomo sbuffò.

- Perché quel DiNozzo è un osso duro. Pensavo di averlo seminato.- Disse seccato. – Ma quando mi sono accorto della sua presenza era ormai troppo tardi. Credo, anzi ne sono convinto, che anche Ziva se ne sia accorta. Ci è mancato poco che mandasse a monte la serata. Per fortuna l’Agente David era così concentrata a tenere sott’occhio il collega che non si è accorta dell’individuo che ci ha pedinato per tutta la sera.- Strinse forte i pugni.

Jade si passò una mano sul viso.

Dopo tutti quei mesi di investigazione, sarebbe stato un grosso problema da risolvere se in mezzo si fosse messo Tony.

- Non lo dire a me. Questa mattina quando mi sono vista sulla porta di casa Jethro mi è preso un colpo.- Si sforzò di ridere ripensando ai quei minuti imbarazzanti.

- Jethro?- Chiese malizioso Callen. – E da quando siete passati al confidenziale? Non mi dire mia cara Jade che sei riuscita ad abbattere il muro di diffidenza di Gibbs.- La prese in giro.

- Smettila!- L’ammonì severa.

- Oh, oh, oh...- Indicò con il dito indice il viso della collega – Che cos’è quel rossore che è comparso sulle tue gote... qui qualcuno si è preso una bella sbandata e di certo non sono io.- La canzonò.

- Mi vuoi dire che cosa è successo ieri sera?- Chiese Jade innocentemente cambiando discorso.

- Non mi dici che cosa voleva Gibbs da te?- Domandò a sua volta G evitando il tentativo di lei di spostare l’attenzione su di lui.

- Prima tu.- Rispose decisa ma in cambio ricevette solo uno sguardo contrariato di Callen.

- Non ti sopporto quando fai il prepotente!- Sbuffò. - Ho dovuto spiegargli perché io e te ci conosciamo, grazie a questa!- Disse irritata mostrandogli la collana.

- Ops.- Esclamò semplicemente ricordandosi di quel dettaglio.

- Ops? Dì che l’hai fatto apposta!! Volevi avvertire Gibbs della nostra relazione evitando di mettermi al corrente della cosa.- L’accusò.

- Può darsi.- Ammise alzando le mani in segno di scuse.

- Diciamo che così Vance non ti può incolpare di aver rivelato tutto a Gibbs, non è colpa tua se per caso ho dimenticato il valore di quella collana o meglio del ciondolo che è attaccato.- Disse prendendolo tra le dita.

- La “G”?- Chiese incerta Jade.

- Esatto! Non ti viene in mente niente?- Le chiese divertito.

Jade ci pensò su osservando la lettera attentamente.

- Gibbs.- Disse piano.

- Brava la mia dottoressa!- Soddisfatto G portò le braccia dietro la testa e la guardò sorridente. – Lui mi ha dato un passato e io ho costruito il presente su di esso.- Rise di gusto.

I due agenti rimasero in silenzio per parecchio tempo sorseggiando il proprio caffè.

- Me lo dici spontaneamente che cosa ti è successo ieri sera o devo ricorrere a qualche espediente che solo io conosco?- Gli chiese furba.

- Non è successo niente. Tutto tranquillo.- Rispose a denti stretti, stringendo forte le mani a pugno.

Jade non si perse niente di quei segni e subito il suo sopracciglio si alzò stupito.

- Callen?- Lo chiamò. – Lo sai vero che stai parlando con me?- Sottolineò per rammentargli chi avesse di fronte e con chi stesse parlando.

L’uomo sbuffò un’altra volta.

Il dono della donna di saper leggere i pensieri e gli stati d’animo a volte era davvero difficile da sopportare, soprattutto se il soggetto interessato era lui.

Si sentiva vulnerabile sotto al suo sguardo e questo non gli piaceva affatto.

- Non è successo niente.- Ripeté deciso.

Jade gli afferrò la mano e la strinse nella sua.

- Se vuoi che creda a questo lo farò.- Lo rassicurò. – Ma sai benissimo anche tu che io non ci credo.- Continuò calma lasciando la mano dell’uomo per versarsi dell’altro caffè.

- Che cosa ti ha dato fastidio Callen?- Gli chiese ad un tratto centrando il problema - ... o dovrei dire “chi”?- Sorrise soddisfatta.

L’uomo si sistemò meglio sulla sedia, spostando l’attenzione dalla donna per rivolgerla ai passanti in strada mentre ritornava con la mente alla sera precedente.

Lo sapeva fin dall’inizio che DiNozzo sarebbe stato una spina nel fianco ma aveva creduto di poter contrastare l’uomo senza problemi, invece, si era scontrato con la testardaggine di lui.

Non li aveva mollati per un secondo quella sera.

Li aveva pedinati silenziosamente, passo dopo passo, senza mai perderli di vista.

Era stato frustante fingere che tutto andasse bene.

Callen aveva creduto per un istante che Ziva sapesse che erano seguiti a distanza da uno dei malviventi che aveva ucciso il guardiamarina Stone, ma poi, accorgendosi anche della presenza dell’Agente, capì che l’istinto della donna era rivolto verso Tony.

Il suo sospetto era iniziato fuori dal bar quando aveva visto attivarsi i sensi della donna.

Ziva si era guardata intorno con circospezione accorgendosi persino che lui aveva avvertito lo stesso pericolo.

Per un attimo all’uomo il sangue si era gelato nelle vene a incrociare quello sguardo nero petrolio diffidente.

Aveva annullato i suoi timori riportando, neanche lui sapeva come ci era riuscito, la situazione sotto controllo, purtroppo però si era dovuto ricredere durante la serata.

Ziva non aveva mollato la sua idea.

G, quando la vide girarsi e guardare fisso l’angolo buio del locale accennando un lieve sorriso sulle labbra, comprese che lei sapeva della presenza di DiNozzo e che non sospettava minimamente dell’individuo seduto a poca distanza da loro che li teneva sotto controllo.

Callen aveva guardato intensamente l’uomo per fargli capire che lui sapeva.

Fortunatamente era bastato quello sguardo per farlo desistere dal suo intento e andare via.

Probabilmente il malvivente si era accorto che nel locale c’erano fin troppi agenti dell’Ncis.

Il resto della serata era proseguita tranquillamente.

Infine la doccia fredda.

Il senso di protezione che Callen aveva maturato nei confronti di Ziva lo aveva spinto ad esporsi sempre di più fraintendendo i gesti di lei. 

Per un attimo aveva creduto che tra loro ci potesse essere qualcosa di più.

“Distacco Callen, distacco!”

Le parole di Jade gli erano rimbombate nella testa come un segnale d’allarme.

Aveva sorriso tra sé.

Che stupido!

Alla fine ci era cascato con tutte le scarpe.

Non si era neanche accorto che DiNozzo li aveva seguiti fino all’appartamento.

Callen aveva visto uscire Tony dal locale solamente perché aveva notato l’espressione dispiaciuta sul volto di Ziva.

Le aveva afferrato la mano dolcemente per riportare l’attenzione di lei su di lui buttando una stupida battuta per farla distrarre dai suoi pensieri, e così era stato.

Da quel momento non aveva più pensato alla presenza dell’Agente credendolo ormai lontano da loro.

G era appostato in macchina sotto l’appartamento di Ziva da poco più di un’ora quando aveva visto DiNozzo entrare nel palazzo a tarda notte.

Lo aveva seguito su per le scale prevedendo guai per lo stato non proprio lucido di Tony ma, alla fine, aveva dovuto arrendersi all’evidenza.

Lui non era una minaccia per lei.

Anzi.

Tutt’altro.

G, una volta che Ziva aveva fatto entrare il collega nell’appartamento, era sceso per le scale ed aveva aspettato pazientemente in macchina il nuovo giorno.

Quando aveva visto arrivare anche Mcgee aveva capito che qualcosa doveva essere andato storto e che Gibbs si era messo in azione.

“Certo che i colleghi dell’Ncis non mollano mai se qualcosa non quadra e come può essere diversamente: il loro capo è Gibbs.” Pensò ritornando alla realtà.

- Loro sanno.- Disse all’improvviso guardando dritto negli occhi la donna.

- No, al momento hanno solo dei sospetti, ma sono molto vicini alla verità.- Confermò Jade preoccupata.

- E’ meglio che ne parli con Vance.- Le suggerì.

- Sì ci ho pensato anche io. Credo sia il caso che lo informi di come sta procedendo il caso e questa volta lo convincerò.- Disse decisa.

Callen sorrise.

“Leon non ha più scampo!”.

 

 

 

 

Non aveva nessun dubbio.

Ziva si era diretta spedita verso il parco con la certezza che avrebbe trovato lì G ad allenarsi.

E così fu.

L’uomo era a torso nudo mentre compiva i suoi esercizi di arti marziali.

Il suo corpo sudato era tutto in tensione, concentrato nei movimenti da compiere, come se avesse realmente qualcuno da combattere.

Lui e lo sport: non poteva vivere senza.

Come poteva essere il contrario per un proprietario di articoli sportivi e istruttore di palestra?

Sorrise mentre faceva scivolare lo sguardo sul corpo dell’uomo, senza perdersi ogni singolo movimento che esso assumeva, rimanendo affascinata dalla semplicità di azione ed eleganza nelle mosse.

Fino a quando notò le ferite sulla schiena di lui.

Quattro distinte: una sulla spalla destra, una in mezzo alle scapole, una al fianco destro e l’altra poco più sopra del fianco sinistro.

“Ma...” pensò accorgendosi del vero significato di quelle cicatrici.

Ziva si avvicinò silenziosamente verso di lui.

Il suo viso era freddo, gli occhi duri, neri profondi, intrisi di rabbia e rancore.

Callen avvertì la sua presenza e sferrò un pugno nella sua direzione fermandosi poco prima di colpire il viso della donna che non fece una piega e rimase immobile a fissarlo.

Nessuno dei due parlò.

Rimasero fermi, nelle loro posizioni.

Il vento scompigliò i capelli di Ziva portando un ciuffo ad accarezzarle la guancia.

Successe tutto in una frazione di secondo.

La donna afferrò il braccio dell’uomo teso verso di lei e i due iniziarono a lottare, senza risparmiare colpi.

Chi li osservava dall’esterno poteva scambiarlo per un allenamento un po’ duro di arti marziali, ma solo loro sapevano che cosa significasse quella lotta.

Stavano parlando.

Ziva attaccava dimostrandogli tutto il suo disprezzo.

Callen si difendeva solamente dai suoi colpi come se volesse spiegarle le sue ragioni.

- Ora basta!- Le urlò afferrandola per i polsi e bloccandola a terra.

I due agenti rimasero fermi in silenzio, ansanti, ascoltando il respiro affannoso dell’altro.

Ziva si divincolò cercando di liberarsi dalla presa possessiva dell’uomo che la teneva stretta a sé.

- Lasciami spiegare.- Le disse vicino all’orecchio in tono dispiaciuto.

Il click della sicura della pistola che veniva tolta e il freddo metallico della canna puntata alla tempia immobilizzò Callen.

- Lasciala andare.- Lo avvertì la voce dura dell’uomo.

 

 

 

 

 

 

Continua....

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** 16° capitolo ***


Ed eccolo qua il terzo chap della settimana.... che chiude il primo pezzo di storia...

Beta, grazie, se non ci fossi tu con le tue sottigliezze sarebbe un pasticcio ogni volta ...

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

Lights

 

 

 

 

 

Callen alzò le mani in segno di resa.

- Non fare scherzi amico!- Lo avvertì l’uomo.

- O la prima che ci rimette la vita sarà la donna.- Continuò l’altro malvivente mentre tirava su a forza Ziva da terra e le puntava la pistola alla schiena.

- Se fate i bravi nessuno si farà male.- Sorrise sadicamente. – Forza! Andiamo! Comportatevi come nulla fosse.-

I quattro si avviarono in un angolo nascosto del parco in modo da non essere visti da nessuno.

G si avvicinò a Ziva e le appoggiò un braccio sulle spalle avvicinandola a sé.

- Ce la caveremo.- La rassicurò posandole un bacio sulla guancia.

- Ovvio.- Rispose con sufficienza guardandolo dritto negli occhi – Anche perché ti ucciderò io con le mie mani appena tutto sarà risolto.- Lo freddò con uno sguardo tagliente.

 

 

 

“Maledizione!” pensò Tony notando l’atteggiamento dei due.

Li seguì a distanza senza farsi vedere.

C’era qualcosa che non gli quadrava.

Ziva era tesa.

Gli occhi della donna erano duri, fieri, arrabbiati e le stesse emozioni le esprimeva il suo corpo.

DiNozzo fissò l’uomo che la teneva abbracciata.

Tra i due non c’era la consueta calma, tranquillità di quando stavano insieme.

Erano tutti e due nervosi, in ansia.

Osservò i dintorni e notò un uomo che precedeva la coppia e un altro che la seguiva.

Entrambi tenevano la mano nella giacca.

“Non quadra” pensò Tony accelerando il passo per avvicinarsi sempre di più ai due.

Il suono del cellulare lo distrasse dai suoi pensieri.

- Pivello non è il momento.- Ammonì il collega senza dargli il tempo di spiegare.

- Tony aspetta devo chiederti una cosa importante.- Si affrettò e senza attendere un cenno di riscontro dall’Agente continuò trafelato – Che ci fa l’Agente Callen dell’Ncis di Los Angeles insieme a Ziva?- Chiese.

- Ora forse lo so.-

DiNozzo, con queste poche parole, chiuse la telefonata e si riconcentrò sugli individui.

 

 

 

 

I quattro si appostarono in un angolo deserto del parco, vicino alla casetta degli attrezzi del custode.

- Agente Callen, mi dispiace per lei, ma l’Agente David viene con noi. Saluti l’inferno da parte nostra.- Disse uno dei malviventi puntandogli la pistola contro mentre l’altro faceva segno a Ziva di muoversi verso di lui.

G e Ziva si guardarono per un lungo istante, come se stessero comunicando.

- Non penso proprio.- Rispose sicuro lui alla provocazione del criminale.

Pensare ad un piano.

Intervenire al più presto.

Evitare l’irreparabile.

Proteggerla ad ogni costo.

Tutto per lei.

Questi erano i pensieri di DiNozzo prima di intravedere quello sguardo di intesa.

Loro sapevano.

Ora anche lui.

- Fermi!!- Urlò Tony puntando la pistola contro i due uscendo allo scoperto dal suo nascondiglio.

Successe tutto in un attimo.

I criminali si girarono a guardare DiNozzo distogliendo l’attenzione dagli agenti.

Callen con una mossa fulminea afferrò la pistola del delinquente.

Ziva si gettò sull’altro facendolo cadere a terra.

- Maledizione!- Urlò uno dei due.

- Ora come la mettiamo?- Scherzò Ziva spingendo il viso dell’uomo a terra.

- Mi dispiace ma l’inferno dovrai salutarlo tu da parte mia.- Disse G mentre lo ammanettava.

L’Agente David si girò verso l’uomo e lo incenerì con lo sguardo.

Arrestò il malvivente e si avvicinò a Tony.

Callen si voltò a guardare Ziva e DiNozzo che si erano appartati.

- Che cosa ti è saltato in mente!!!- Lo rimproverò la donna. – Sei stato un incosciente!!- Continuò arrabbiata.

“Non vorrei essere al suo posto” pensò Callen preoccupato osservando i due, “anche se qualcosa mi dice che a breve sarà il mio turno”, sorrise amaramente non appena ebbe formulato quell’ultimo pensiero.

Tony incrociò le braccia aspettando che la donna terminasse la sfuriata.

- Potevi beccarti una pallottola in piena testa. Ma usi il cervello quando fai le cose?- Lo afferrò per il colletto della giacca.

- Non hai pensato che era pericoloso?- Gli urlò contro - ... potevi morire.- Terminò a bassa voce, in tono triste guardandolo dritto negli occhi.

- Sì e no.- Rispose semplicemente.

- Idiota.- Sorrise lasciando leggermente la presa dal colletto della giacca.

- Stai bene?- Chiese centrando il punto di tutta quella tempesta.

Ziva abbassò il capo per nascondersi dallo sguardo indagatore di Tony.

Con la coda dell’occhio osservò la figura dell’uomo poco distante da loro.

“Sei anche tu del mio mondo” rifletté triste.

Le mani di Tony si appoggiarono delicatamente su quelle di lei.

Ziva a quel contatto rivolse nuovamente l’attenzione su di lui.

- Sto bene.- Gli rispose infine allontanandosi di qualche passo.

 

 

 

 

Jade era appena uscita dall’ascensore quando il suo cellulare suonò.

Lo prese in mano rimanendo immobile a guardare l’uomo che si fermò di fronte a lei.

Gibbs la osservò con attenzione.

La donna era tesa.

L’uomo con un cenno della testa le fece segno di rispondere.

- Sash.- Disse, rimanendo poi in silenzio, senza distogliere lo sguardo dagli occhi di Jethro.

Passarono i secondi ma lei non pronunciò nessuna parola.

L’espressione del suo viso cambiò in pochi attimi.

La ruga di preoccupazione che solcava la sua fronte si accentuò.

I suoi occhi marroni divennero ancora più scuri e il sorriso tirato che le increspava le labbra scomparve lasciando sul viso un’espressione seria.

- Stai bene?- Chiese con un filo di voce.

Respirò profondamente quando sentì la risposta affermativa dell’uomo, rilassò le spalle e il cuore riprese a battere con regolarità.

- Ti aspetto.- Terminò.

Jade chiuse gli occhi.

Quello sguardo di disapprovazione non riusciva più a tollerarlo.

Aveva bisogno di aria.

Si sentiva soffocare.

Doveva allontanarsi da lui.

- Scusami.-

Disse in fretta facendo qualche passo indietro.

Gibbs l’afferrò per il polso.

- Aspetta.- Le disse brusco.

- Non ora Jethro.- Rispose come se fosse una supplica riacquistando subito il suo contegno.

Jade, a passo svelto, si allontanò dall’Agente dirigendosi verso l’ufficio del Direttore.

 

 

 

 

- Jade entra pure.- Le disse cordiale il Direttore aprendole la porta e facendola accomodare all’interno dell’ufficio.

La donna entrò in silenzio.

Rimase in piedi, dritta, ferma nella sua posizione, con le braccia conserte al petto, stringendo forte le mani a pugno.

- Volevi parlarmi?- Le chiese Vance.

- Hanno tentato di rapire l’Agente David.- Disse severa.

- Sì l’ho saputo.- Rispose tranquillo.

- Bisogna informare a questo punto Gibbs.- Continuò determinata.

Leon rimase in silenzio.

Jade spazientita si avvicinò alla scrivania e la colpì con le mani sporgendosi verso l’uomo.

- Ora basta! Se avessimo messo a conoscenza dei fatti anche l’Agente Gibbs come ti avevo detto all’inizio a quest’ora non saremmo in questa situazione. Callen stava per rimetterci la vita!-

- E’ questo il problema?- Le chiese a bruciapelo appoggiandosi allo schienale della sedia.

Jade rimase in silenzio a valutare l’espressione compiaciuta sul viso dell’uomo.

- Sì.- Rispose infine – Non solo. Con la tua idea di tenere la cosa segreta, di non rendere partecipe prima di tutto l’Agente Gibbs e poi la sua squadra, abbiamo messo in pericolo tutti. Dobbiamo collaborare Leon, altrimenti sarà un disastro.- Lo avvisò.

Il viso del Direttore si contrasse in una smorfia di disapprovazione.

- Dottoressa Sash ha forse dimenticato con chi sta parlando.- L’avvertì alzandosi e fronteggiandola.

- No Direttore. Ho ben presente chi ho di fronte.- Rispose sicura senza lasciarsi intimidire dalla presenza di lui.

- Al punto dove siamo arrivati è inevitabile che collaboriamo con l’Agente Gibbs, o per caso vuole rischiare di mettere in pericolo l’Agente David solo per arrivare ai trafficanti di droga?- Gli chiese astuta.

Vance guardò la donna negli occhi.

Sbuffò notando che lei non cedeva di un millimetro dalla sua posizione.

Alla fine si arrese.

Girò la scrivania, pigiò il tasto dell’interfono.

- Mi chiami l’Agente Gibbs.-

Il Direttore non fece neanche in tempo a finire la frase che l’uomo entrò nell’ufficio a passo di marcia.

- Sono qui.- Disse imperioso Jethro.

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

 

 

...e siamo arrivati alla resa dei conti!!

Interessante... molto interessante... saranno i chap a seguire...

Sicuramente arriveranno con mooooooooooolta calma da domani si riparte con il ritmo serrato.

Buona ripresa a tutti!!!

 

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Capitolo 17
*** 17° capitolo ***


Mettetevi comodi che dopo questa lunga attesa abbiamo le risposte a più o meno a tutte le domande...

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

- Dobbiamo parlare di quello che è successo oggi!-

Ziva travolse Tony entrando in casa a notte fonda.

- Non puoi comportarti in questo modo con me... io... io...-

Si girò di scatto cercando di tenere a freno la rabbia che provava nei confronti dell’uomo nata solamente dalla paura di perderlo per una bravata simile.

Ziva rimase immobile non riuscendo a terminare la frase.

Ferma nella sua posizione.

In silenzio.

Senza respiro.

I suoi occhi scivolarono lentamente sul corpo di Tony nudo con indosso solo i boxer, i capelli spettinati e il viso assonnato, senza perdersi neanche un dettaglio del fisico del collega.

“Oh mio dio!” riuscì a pensare quando DiNozzo mosse i primi passi verso di lei.

- Ti sei decisa.- Disse semplicemente fermandosi a pochi centimetri dalla donna.

 

 

 

 

 

Gli agenti erano arrivati poco dopo l’arresto e avevano preso in custodia i malviventi portandoli all’Ncis.

Ziva si era allontana da quel marasma, appoggiandosi alla staccionata.

La testa le stava esplodendo talmente piena di pensieri.

“Stupida” si disse con durezza, stringendo più forte la presa delle mani sul legno.

Se ci fosse stato Gibbs in quel momento le avrebbe tirato uno scappellotto bello forte.

Quante volte le aveva detto di fidarsi del suo istinto?

E lei?

Che cosa aveva fatto?

Niente.

L’aveva ignorato.

“Stupida”.

Ziva, fin dall’inizio, aveva percepito che in Callen c’era qualcosa che non andava, ma era così presa a scappare dal proprio mondo che non se ne era preoccupata più di tanto, ignorando completamente quello che in realtà esso le stava dicendo.

Chiuse gli occhi.

In quel momento voleva solo scomparire.

Il suo unico desiderio era che tutti quei giorni trascorsi insieme a G venissero cancellati.

“Gli errori si pagano”.

La voce dura e severa del padre le rimbombò nella testa.

Sorrise triste.

Ecco il passato.

Non poteva fuggire da esso se non lo risolveva.

Respirò a fondo per scacciare via da sé la tensione accumulata.

Doveva liberare la mente da tutti quei pensieri se voleva rimanere lucida.

Ora ce la poteva fare.

Si girò e di fronte a sé trovò Callen.

La rabbia risalì.

L’amarezza uccise la fiducia riposta.

La delusione prese il soppravvento.

Ziva, prima che l’uomo potesse dire qualcosa, alzò la mano e bloccò ogni sua intenzione.

Lo guardò freddamente e se ne andò senza accennare una parola.

                                                       

 

 

 

Tony era in disparte ad osservare i due.

Conosceva fin troppo bene che cosa voleva dire quello sguardo negli occhi di Ziva.

Era rimasto un po’ deluso dalla reazione della collega.

Si era aspettato di vederla fronteggiare l’uomo e magari metterlo a terra con un colpo di arti marziali.

Sorrise all’idea di quella opzione.

No, ma quella reazione apparteneva al passato, alla vecchia Ziva.

Accentuò il sorriso sulle labbra soddisfatto della donna.

Guardò l’Agente Callen.

Per un attimo si mise nei suoi panni.

Forse doveva anche essergli grato.

In fondo...

Cancellò immediatamente dalla mente quella possibilità.

Si avvicinò a lui.

- Andiamo, all’Ncis ci stanno aspettando.- Disse con voce ferma.

 

 

 

Vance guardò in silenzio le due persone che aveva di fronte: Gibbs e Jade.

Li osservò attentamente accorgendosi che nessuno dei due aveva osato guardare l’altro.

Jethro era entrato con il suo passo sicuro nell’ufficio del Direttore fermandosi a breve distanza dalla donna.

La rabbia, che provava nei suoi confronti, era troppo predominante per farlo pensare lucidamente.

Lo aveva raggirato come un calzino.

Si era presa gioco di lui.

Lo aveva usato.

Era deciso a portare a termine questo game una volta per tutte, non le avrebbe più permesso di usarlo come una marionetta.

- Sto aspettando delle spiegazioni.- Disse infine usando il suo tono più duro.

Jade si irrigidì a sentire la tonalità della voce che aveva usato Jethro.

Avvertì tutto il nervosismo dell’uomo, l’astio che stava provando verso di lei, il sospetto del suo tradimento infondato.

Doveva fargli capire in qualche modo che lei era dalla sua parte.

La donna si girò a guardare Gibbs.

I loro occhi si scontrarono.

Jade trattenne il respiro talmente intenso era lo sguardo che le stava rivolgendo l’agente, come se le stesse concedendo un’ultima possibilità prima di tagliarla fuori dal gioco e agire a modo suo.

- Si tratta di Ziva.- Esordì la donna infrangendo il silenzio.

Vance cercò di intervenire ma Jethro gli fece cenno di non farlo.

Il Direttore si rese conto che ormai era una questione tra i due.

- Ho del lavoro da fare. Non mi interessa che cosa decidete di fare ma non createmi problemi con il Mossad.- Disse perentorio.

Gibbs, con un gesto della testa, invitò la donna ad uscire immediatamente dall’ufficio insieme a lui.

Scese velocemente le scale dirigendosi verso la sua scrivania e afferrò la giacca dalla sedia.

- Con me.- Ordinò a Jade quando le passò accanto.

La psicologa rimase ferma un attimo cercando di reprimere quel senso di stizza che provava ogni volta che Gibbs la trattava come uno dei suoi subalterni.

Sbuffò leggermente ma alla fine lo seguì silenziosamente: acconsentire alla situazione le sembrò al momento la cosa più giusta da fare.

Entrò in ascensore e pochi secondi dopo Gibbs lo bloccò con un pugno di rabbia.

Jade rimase ferma: in fin dei conti se lo aspettava.

Era appoggiata all’angolo dell’abitacolo a braccia conserte aspettando che la tigre in gabbia ruggisse.

Con un gesto semplice della mano riportò la ciocca di capelli dietro l’orecchio, si tolse gli occhiali con lentezza come se stesse calcolando ogni movimento, si passò il dito indice sulla tempia e infine riportò lo sguardo sull’uomo.

Anche Gibbs si era appoggiato alla parete, con le mani si sosteneva alla sporgenza in attesa della prossima mossa della donna.

- Dovevo conoscerti prima Jethro.- Esordì Jade infrangendo il silenzio.

Si staccò dalla parete e si avvicinò all’uomo che a quel gesto portò l’attenzione su di lei.

- L’Agente David è invischiata in un caso pericoloso. In passato ha pestato troppi piedi e ora vogliono fargliela pagare. Dovevo assicurarmi che fosse al sicuro, non potevo permettere che la notizia si diffondesse.-

- Ziva è un’Agente della mia squadra!- Affermò duro staccandosi anch’egli dalla parete ed eliminò la breve distanza che lo separava dalla psicologa.

- E’ compito mio assicurarmi che lei stia bene. Io bado alla mia squadra e nessun altro.- Mise in chiaro.

Jade accennò un sorriso.

Il cuore le si inondò di calore per quella affermazione.

Da un uomo rude e duro come Gibbs non si sarebbe mai aspettata una manifestazione dei suoi sentimenti di protezione così apertamente.

Un uomo capace di diventare una belva solo se si osava toccare qualcuno della sua squadra.

“Il grande lupo grigio che si prende cura dei suoi cuccioli.”

A quell’immagine Jade sorrise più apertamente distraendo Gibbs dal suo nervosismo.

- Sai una cosa Jethro? Abbiamo proprio bisogno di un buon caffè.- Disse, spostandosi di lato.

Appoggiò una mano sul braccio dell’uomo in modo dolce, stringendo delicatamente la presa e con l’altra attivò l’ascensore.

- E’ una bella giornata e se non erro vicino al chiosco del caffè c’è una panchina. Un posto ideale per fare due chiacchere, non trovi?- Gli chiese poco dopo non appena si aprirono le porte dall’ascensore.

- Naturalmente offro io!- Affermò serena, si girò a guardarlo e gli fece l’occhiolino.

Gibbs esitò un attimo preso in contropiede dal cambiamento di umore della psicologa.

“Questa donna mi farà impazzire” pensò arrendendosi per il momento ai fatti.

- Andiamo!- Le ordinò mentre la sorpassava e si dirigeva verso il chiosco.

Jade sbuffò leggermente.

Doveva rassegnarsi: Gibbs non conosceva la gentilezza... almeno non ancora con lei.

 

 

 

 

In macchina regnava il silenzio assoluto.

I tre agenti erano immersi nei proprio pensieri.

Callen era seduto dietro. Un braccio appoggiato al bordo del finestrino e l’altro in grembo.

Ogni tanto lanciava un’occhiata furtiva ai due.

Tony e Ziva non si erano rivolti la parola da quando avevano lasciato il parco dopo il loro piccolo scontro.

DiNozzo era stranamente silenzioso.

A detta di Jade, Tony odiava i silenzi e non perdeva occasione per riempirli con uno dei suoi innumerevoli sermoni sui film.

Eppure... ora era votato al mutismo più assoluto.

Guardava dritto la strada in una strana o meglio in un’ostinata concentrazione, forse per non pensare alle miriade di domande che sicuramente il suo istinto da poliziotto aveva già formulato nella sua mente senza trovarvi risposta.

Non doveva essere stato facile per lui rimanere nell’ombra.

Non era mai facile esserlo.

Si concentrò su Ziva.

Era tesa.

Il suo corpo rigido non si muoveva di un millimetro dalla posizione che aveva assunto, come se avesse paura di sfiorare, anche per un attimo, il collega che guidava al suo fianco.

La mano destra, appoggiata al finestrino, era stretta a pugno, l’altra non la vedeva ma era più che sicuro che anch’essa fosse stretta, come se la donna volesse impedirsi di esplodere, di lasciar trapelare le sue emozioni.

“Sarà un giochetto da ragazzi farla arrabbiare” pensò divertito Callen sorridendo appena, rivolgendo lo sguardo verso l’esterno.

“Spero solo che alla fine non mi ritrovi con troppe contusioni!”.

Sorrise di nuovo toccandosi il costato dolorante dove qualche ora prima Ziva gli aveva rifilato un deciso gancio destro.

Riportò l’attenzione sulla donna sorridendo a quella eventualità e per un breve istante incrociò il suo sguardo.

Callen smise immediatamente di ridere.

Un brivido gli percorse la schiena.

Quegli occhi avevano la capacità di gelarlo all’istante.

Fu un attimo ma G riuscì a scorgere quel cambiamento prima che l’Agente David distogliesse lo sguardo.

“Sta cercando di capire.” Pensò rincuorato.

 

 

 

 

Gibbs si sedette sulla panchina a qualche metro di distanza dal chiosco del caffè in attesa che Jade arrivasse con il suo bicchiere.

Osservò la donna, ancora per l’ennesima volta.

Da quando l’aveva incontrata non era stato più capace di toglierle gli occhi di dosso.

Ogni particolare lo attraeva: il modo in cui camminava, la grazia dei suoi movimenti, il dito indice che ritmicamente spostava la ciocca di capelli che le cadeva sugli occhi, come si massaggiava le tempie quando era stanca o doveva riflettere attentamente.

La parte che più lo attirava di lei era sicuramente il viso.

La maggior parte delle volte le sue espressioni erano indecifrabili, ma negli ultimi tempi Gibbs   aveva imparato a riconoscerne alcune.

Gli piaceva quando era serena, a suo agio e sentiva che poteva fidarsi di lui, come la prima volta che si erano incontrati.

Lui l’aveva difesa dalla raffica di proiettili che gli avevano sparato addosso, l’aveva stretta tra le sue braccia e un senso di calore si era subito diffuso nel suo animo.

Anche quella stessa mattina a casa di lei, nella sua cucina, l’aveva sentita vicina a lui.

Gli aveva permesso di conoscere alcuni fatti della sua vita privata come se si fosse dimenticata di quale era il suo compito o di chi avesse di fronte.

Anche ora il sorriso che portava sulle labbra era come se fosse il biglietto da visita della loro futura collaborazione.

“Ma fino a che punto?” si chiese Jethro osservando la donna mentre lo raggiungeva.

Jade gli porse il bicchiere di caffè.

- Nero, extraforte, amaro e bollente come piace a te.-

Jethro non poté impedirsi di sorridere a quella affermazione.

- E questo è per me: caffè, latte e dolcificante.- Decretò sedendosi accanto all’uomo.

Gibbs rimase fermo nella sua posizione, tenendo il bicchiere ben saldo nelle mani.

Jade notò l’espressione seria sul suo volto.

- Sì lo so, anche Kate lo beveva così.- Disse quasi sbuffando infastidita che la presenza dell’Agente Todd fosse ancora presente fra di loro nonostante il suo cambiamento radicale di aspetto.

- DiNozzo me l’aveva già fatto notare, sei arrivato tardi Jethro!- Si sforzò di ridere.

Gibbs in risposta le restituì un’occhiataccia.

Si appoggiò alla panchina con la schiena e bevve un sorso del suo caffè.

- Devo aspettare ancora molto?- Decretò infine spazientito.

- E va bene...- Si arrese a raccontargli la verità. Respirò profondamente e si decise a parlare.

- E’ un anno che stiamo indagando su questo caso ma solo da poco tempo abbiamo collegato al traffico di droga l’Agente David: da quando abbiamo scoperto che il guardiamarina Stone era un ingranaggio della catena di montaggio. Le foto che mi hai fatto vedere questa mattina sono il risultato del pedinamento di Callen.-

- Da quanto tempo tu e Callen ci tenevate d’occhio?- Chiese freddamente bevendo subito dopo un altro sorso di caffè.

- Due mesi.- Rispose. – Callen sta facendo da angelo custode all’Agente David da due mesi... solo a lei... io fino a venti giorni fa investigavo ancora a Los Angeles.-

Gibbs mosse la testa in segno affermativo.

- Vance ha preferito affidare il caso all’unità operazioni speciali di Los Angeles perché voi eravate troppo coinvolti. All’inizio mi sembrava una buona idea tenervi lontano dal caso ma in questi giorni, lavorando insieme, ho notato il vostro affiatamento e ho pensato che fosse meglio informarti su cosa stava accadendo.-

- Per questo Callen mi ha messo sulla buona strada?- Chiese a bruciapelo.

- Lo conosci... G è contrario agli ordini. Non è mai stato felice della decisione di Vance di tenerti all’oscuro e così ti ha lasciato segnali in ogni modo che poteva. Io mi sono fidata del suo istinto e non l’ho ostacolato. Tanto è una guerra persa con lui e poi non voleva mettermi in difficoltà con il Direttore.- Sorrise pensando alla caparbietà del collega.

- Tu per me non esistevi prima di quella sera. Io non sapevo neanche che faccia avessi Agente Speciale Gibbs. La sera dell’incidente dell’Agente David ero appena arrivata a Washington ma ancora non sapevo che eravate stati coinvolti in una sparatoria. All’aeroporto, mentre stavo aspettando Vance, Callen mi avvertì che Ziva era stata portata d’urgenza in ospedale e rimaneva lì per accertarsi che tutto fosse tranquillo. Non potendo tenere sotto controllo il guardiamarina Stone me ne occupai io direttamente e mi misi sulle sue tracce. Per colpa del buio del vicolo lo persi di vista e sai già come è andata a finire la storia.-

Gibbs rimase in silenzio soppesando le parole della donna.

Accartocciò il bicchiere ormai vuoto e lo lanciò nel cestino.

Si alzò in piedi guardando l’orizzonte.

Dopo qualche istante si voltò a studiare Jade.

- Chi c’è dietro?- Chiese a bruciapelo.

La donna strinse le mani una nell’altra. Respirò a fondo incassando le spalle.

- Non lo sappiamo ancora. Solo dubbi, supposizioni, ma niente di certo!!- Scattò in piedi.

- Ho indagato in tutte le direzioni possibili... ma niente.-

Jade si voltò, dando le spalle a Gibbs, non riuscendo a sopportare il suo sguardo freddo.

- Quando ho saputo che era invischiata anche l’Agente David la sua incolumità è diventata la mia preoccupazione principale. Callen è stato sempre contrario a farle da balia, ma solo di lui mi fido e solo con lui potevo stare tranquilla che Ziva fosse realmente al sicuro. Non è stato facile convincerlo. Lo sai come è fatto.- Sorrise appena.

Gibbs si avvicinò alla donna e le appoggiò una mano sulla spalla.

Jade a quel contatto sentì un brivido partirle dallo stomaco, percorrere la schiena e fermarsi dritto nel cuore.

- Non è stato facile affrontare il Direttore David. È un uomo forte, duro, crudele ed estremamente sospettoso, vede complotti da tutte le parti, basta una parola sbagliata e ti sei giocato la sua fiducia, sempre se sei riuscita a conquistartela.- Si voltò e guardò Jethro dritto negli occhi.

Si lasciò avvolgere dall’azzurro intenso delle sue iridi che l’accolsero con gentilezza, calma, calore.

Si beò ancora qualche istante di quella sensazione e poi ritornò alla realtà arretrando di qualche passo dall’uomo.

- Il Direttore David mi ha fornito i vecchi casi in cui Ziva aveva lavorato sotto copertura. L’unico che colleghi la droga, il guardiamarina Stone e l’Agente David è quello di quando è andata in missione in Russia. Uno dei pochi casi in cui non è riuscita a portare a termine il suo incarico completamente. Non è stato un momento facile per lei e non lo sarà ora che dovrà rivivere il passato per fornire le risposte che mancano alle mie domande.-

Jade si avvicinò di nuovo all’uomo eliminando quella breve distanza che aveva posto tra loro.

- Lo so che è stato difficile per te, non sono una persona facile da gestire. Io senz’altro non ti ho agevolato le cose. Non potevo permettermi di far trapelare le notizie prima che fossi completamente sicura di te. Da me dipende la sicurezza di troppe persone. Mi dispiace. Se Callen me l’avesse detto prima, forse avrei agito allo stesso modo o forse no e poi...  la mia assomiglianza con l’Agente Todd...-

Jade finì di straparlare a raffica quando Gibbs le si avvicinò e le appoggiò il dito indice sulle labbra per farla tacere.

La donna rimase bloccata da quel gesto spontaneo.

Quando Gibbs tolse il dito dalla sua bocca privandola di quel contatto lei sentì la mancanza di qualcosa.

- Scusa.- Riuscì solo a dire – ... DiNozzo deve avermi contagiato.- Si sforzò di sorridere.

- Mai scusarsi...- Tentò di dire Jethro prima che venisse interrotto dalla donna.

- Sì, sì, lo so ... è segno di debolezza. Ora so da chi ha imparato queste regole Callen.- Gli sorrise apertamente.

- Ho bisogno di te Jethro, ora più che mai.- Disse seriamente.

Gibbs rimase fermo nella sua posizione per qualche istante, sorpreso da quella affermazione detta con quel tono così disarmante, caldo... sincero.

L’angolo destro della bocca dell’uomo si alzò in un sorriso ironico.

L’azzurro delle sue iridi brillò di vivacità e i lineamenti del suo viso, prima tesi e arrabbiati, si addolcirono a quella confessione.

Le porse la mano che la donna subito afferrò con stretta decisa.

Lui la trascinò verso di sé racchiudendola nel suo abbraccio.

- Fino a che punto?- Le chiese a bruciapelo. - Niente più segreti.- L’avvisò mentre il soffio caldo delle sue parole le accarezzava il collo.

- Questo vale solo per me o anche per te?- Chiese staccandosi di quel poco per vederlo in viso.

Il cellulare dell’uomo squillò.

Gibbs, senza distogliere lo sguardo da quello di lei, rispose.

Rimase in ascolto e subito dopo chiuse la telefonata.

- Andiamo, stanno arrivando.-

Senza aggiungere altro si avviò verso l’ufficio.

 

 

 

 

I cinque si incontrarono davanti all’entrata degli uffici dell’Ncis.

Ci fu un attimo di silenzio.

Jade e Gibbs da una parte e Callen, Ziva e Tony dall’altra.

- Capo!- Esclamò DiNozzo per togliersi da quella situazione così assurda.

- Tutto apposto. I malviventi sono stati già portati in sala interrogatorio 1 e 2.-

Gibbs fece un segno di approvazione con la testa ed entrò nell’edificio.

Ziva lanciò un’occhiata glaciale verso Jade fermando lo slancio della donna che si stava accingendo verso di lei in segno amichevole e seguì il capo.

Tony, notando quello scambio, sospirò rassegnato, guardò con durezza a sua volta Callen ed entrò anche lui.

- Bella giornata non trovi?- Esordì Callen quando rimase da solo con Jade.

- Stai bene?- Gli chiese ignorando il suo sarcasmo abbracciandolo.

- Sto bene.- Confermò stringendola stretta a sé. – Ti preoccupi sempre troppo, quando imparerai che non ce n’è affatto bisogno.-

- Lo sai vero che stai parlando con la sottoscritta?- Chiese guardandolo dritto negli occhi come se stesse leggendo i suoi pensieri.

- Come l’ha presa Gibbs?- Le domandò ignorando il suo tentativo di intromettersi nel suo animo.

- Penso che Jethro ed io siamo arrivati ad una buona intensa. Sei riuscito a parlare con Ziva?-

- Non ancora, ma forse, se il mio istinto non mi inganna, dal nostro scontro non ne uscirò tanto malconcio.- Sorrise ripensando alla reazione della donna quando aveva scoperto la verità.

- E così tu e Gibbs avete un’intesa?- Chiese scherzando.

- Non è che aspiri a diventare la sua quinta moglie?- Continuò prendendola in giro mentre entrava nell’atrio.

Jade a quella domanda sbiancò.

- Quin-ta mo-mo-glie?- Balbettò ma in risposta ricevette solo il suono della risata divertita dell’amico.

 

 

 

 

 

Il resto del pomeriggio non fu semplice per Ziva.

La donna aveva risposto a monosillabi a tutte le domande che le venivano poste, confermando per lo più le ipotesi che erano state fatte.

Non fu un’esperienza felice rivangare il passato, non lo era mai stato per lei, specialmente ora che riguardava gli anni che ormai non le appartenevano più.

Anni passati da un incarico sotto copertura ad un altro. Da un paese all’altro. Da una identità all’altra.

Fece un lungo respiro.

Si era concessa un attimo uscendo dalla sala interrogatori.

Tutto le stava cadendo addosso precipitosamente e non sapeva quanto ancora avrebbe resistito a quella pressione.

Aveva bisogno di aria.

Prese la giacca dalla sedia e andò sul tetto.

Il tramonto aveva dipinto il cielo di rosso donandogli una tonalità calda.

Respirò a fondo per trovare un po’ di pace

Ripercorse con la mente gli attimi della sera precedente fino alle prime luci dell’alba.

Le parole dolci e intense di Tony le risuonarono nel cuore: ti amo sempre e comunque.

Si appoggiò una mano al petto per sentire ancora meglio il battito.

Era calmo... rassicurante.

- Tutto bene?- Le chiese DiNozzo mentre si avvicinava silenziosamente.

- Non lo so.- Rispose sinceramente. – Se non chiudi con il passato, primo o poi lui torna a saldare i conti.- Sorrise amaramente.- Il Direttore David non sbaglia mai quando detta le sue regole.-

Tony le appoggiò una mano sulla spalla e l’avvicinò a sé.

Ziva lo lasciò fare e si abbandonò nel suo abbraccio.

- Io ti proteggerò.- Confermò sicuro.

- Lo so.- Respirò a fondo il profumo di muschio bianco dell’uomo.

Rimasero fermi in quella posizione per diverso tempo fino a quando il venticello della sera non li risvegliò riportandoli alla realtà.

- Tony...- Iniziò piano Ziva.

DiNozzo mugugnò qualcosa tenendo ancora gli occhi chiusi.

- Sono stata a letto con Gibbs.- Disse tutto d’un fiato.

A quella confessione così diretta l’Agente spalancò gli occhi e si irrigidì slacciandosi dalla collega.

La guardò in viso, sorridendo a quella eventualità ma poi, colpito da un flash, si rabbuiò.

- Quella volta quando vi siete rifugiati nella baita in montagna.- Riuscì solamente a dire collegando i fatti.

- Sì.- Rispose debolmente distogliendo lo sguardo da quegli occhi traditi chinando il capo verso il basso.

- E’ successo e basta. Non eravamo noi. Eravamo stanchi e provati. Tu ed io eravamo in rotta, ti sentivo distante, non riuscivo a comunicare con te, tutto era difficile, io non capivo più niente, non volevo ammettere quello che già era ovvio per te. Io...- Fece una piccola pausa per riprendere fiato e trovare il coraggio di ammetterlo.

- Era te che volevo, era te che cercavo, era a te che pensavo.- Terminò triste.

Tony le si avvicinò, le appoggiò il dito indice sotto il mento facendole alzare il viso per guardarla negli occhi.

Rimase un attimo a fissarla.

Si sporse verso di lei e le appoggiò un lieve bacio sulla guancia.

- E’ meglio andare a casa. È stata una lunga giornata.-

Senza aggiungere altro, si girò e se ne andò.

 

 

 

 

- Ziva vai a casa con Tony.- Disse Jethro vedendola rientrare in ufficio.

La donna prese la borsa dalla scrivania e si avvicinò all’uomo.

- Gibbs io...- Lo pregò silenziosamente con quelle poche parole.

L’Agente rimase fermo a valutare la situazione.

- Va e riposati, domani mattina ti voglio in forma.-

La donna accennò un sorriso.

- Niente colpi di testa. Siamo intesi?- Le disse bloccandola per le spalle.

L’Agente acconsentì con un segno del capo e se ne andò.

- Jethro...- Lo chiamò Jade avvicinandosi alle sue spalle.

- Se la sa cavare da sola. Fino a quando non riusciamo a far confessare quei due al momento non abbiamo niente per le mani.-

- Già.- Rispose sconsolata appoggiandosi alla scrivania di lui incrociando le braccia al petto.

- E’ stata una lunga giornata anche per noi.-

- Sì, inizio a sentire la pesantezza della giornata. Chiamo un taxi.-

Estrasse il cellulare dalla tasca e compose il numero ma prima che potesse parlare Gibbs le sottrasse l’oggetto dalla mano spegnendolo.

- Ti porto io a casa.- Sentenziò rispondendo all’espressione contrariata di lei.

Jade sorrise semplicemente e lo seguì senza discutere.

 

 

 

 

Ziva camminava con passo calmo immersa nei suoi pensieri lungo la strada che costeggiava il parco.

Ogni attimo di quei giorni passati era nella sua mente pronto ad essere analizzato dalla sua razionalità.

A poco a poco il senso di tradimento e delusione nello scoprire la vera identità di Callen svanì.

Si fermò di colpo quando si rese conto della presenza dell’uomo appoggiato all’ingresso del parco.

Callen si staccò dal muro e aspettò che lei si avvicinasse.

- Mi stai seguendo?- Gli chiese acida mantenendo una breve distanza tra di loro.

- Ti stavo aspettando.- Rispose tranquillamente.

- Continuerai a seguire ogni mio passo?- Continuò dura.

- Sì, fino a quando sarai al sicuro.- Disse diretto avanzando di qualche passo verso di lei.

- Mi hai mentito.- Affermò fredda.

- Hai mentito anche tu.- Sottolineò sornione.

- Touché.- Sorrise avvicinandosi all’uomo guardandolo dritto negli occhi.

- Ora capisco tutta la tua preoccupazione verso il capo.- Ghignò divertito.

Ziva sorrise a quella affermazione ma fu solo questione di un attimo prima di ritornare seria.

- Lo sapevi fin dall’inizio che ti stavo seguendo?- Le chiese infrangendo quell’attimo di pathos che si era creato tra loro.

- Sì... e no.- Si appoggiò alla colonna come poco prima aveva fatto Callen.

- L’istinto mi diceva che non ero mai sola, ma io in questo periodo non gli ho mai dato retta, forse perché mi sentivo al sicuro.- Abbassò lo sguardo.

- C’è una cosa però che non mi spiego: perché hai voluto entrare in contatto direttamente con me se il tuo compito era solo quello di proteggermi a distanza?- Gli chiese guardandolo dritto negli occhi.

Callen sorrise alla perspicacia della donna.

- Curiosità Ziva.- Rispose distogliendo lo sguardo e dandole le spalle.

La donna sorrise.

- Ti ho osservato bene in questi mesi. So tutto di te, conosco ogni tuo gesto, tuo pensiero, tua abitudine. Volevo solamente avere la conferma dell’idea che mi ero fatto di te.-

- L’hai avuta?- Gli chiese appoggiandogli la mano sulla spalla facendolo voltare.

- Sei estremamente incasinata e picchi duro ragazza mia.- Rispose comicamente.

- Unità operazioni speciali di Los Angeles.- Affermò seria. – Come sei finito a lavorare per l’Ncis?- Chiese curiosa.

- Come tutti voi. Gibbs mi ha messo su questa strada. È stato lui a darmi un passato sul quale potessi costruirmi un futuro.-

- Tipico di Gibbs.- Sorrise.

- Non ho avuto un’infanzia facile. Per diversi anni sono stato sballottato da un orfanatrofio all’altro finendo a vivere in strada. Quando incontrai Jethro ero un ragazzo presuntuoso, credevo di sapere tutto della vita ma non mi rendevo conto che stavo per toccare il fondo, anche se l’unico fondo che vedevo allora era solo quello della bottiglia. Lui mi prese per le orecchie e mi tirò su, inquadrandomi. A quei tempi non ero nessuno, ora sono Callen G.-

- G sta...- domandò incerta.

- Gibbs.- Sorrise.

- Ma come tu...-

- No.- Rispose semplicemente a quella muta domanda.

- Jethro era appena uscito dal vuoto di Shannon e Kelly quando mi prese sotto la sua ala. Il giorno che fui pronto a spiccare il volo da solo, venne da me e mi consegnò la catenina con un ciondolo a forma di lettera G con dei documenti. Ero entrato a tutti gli effetti a far parte della sua famiglia. Mi aveva ricostruito un passato. “Ora spetta a te costruirti un futuro, cerca di farlo bene altrimenti ti prendo a scappellotti fino a quando sarai vecchio!” mi disse quando ci salutammo.-

- Grazie Callen G.- Gli disse semplicemente dopo un po’.

- Non c’è di che Ziva David.-  L’abbracciò istintivamente. – Tutto per te.- Si lasciò sfuggire.

La donna sentendo quella dichiarazione si irrigidì per un attimo ma poi si lasciò andare.

- Ti accompagno a casa.- Le propose.

- A dire la verità io...- Si fermò imbarazzata distogliendo lo sguardo.

- Capisco.- Rispose asciutto.

Si passò una mano tra i capelli, respirò a fondo, prima di prendere quella decisione.

- Ti porto da lui.-

Quando arrivarono vicino all’appartamento di Tony era sera tardi ormai.

Callen si congedò con un inchino.

- Cerca di non essere troppo dura con lui.- La prese in giro e corse via.

Ziva respirò a fondo prima di aprire il portone e salire su per le scale.

 

 

 

 

 

Ziva era immobile, incapace di compiere o dire qualsiasi cosa.

Deglutì sentendo la gola arsa, bruciare.

Si umettò le labbra.

- Io... io...- Tentò.

- Tu...- Disse Tony vicinissimo alle sue labbra.

- Ti amo.-

Confessò senza ormai più difese, libera dalle bugie, libera di dire la più semplice delle verità, libera di far battere il cuore all’unisono con quello di lui, prima che lui si impossessasse della sua bocca attirandola stretta a sé per non lasciarla andare mai più.

 

 

 

Continua...

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Capitolo 18
*** 18° capitolo ***


Buona pasquetta!!!

Un capitolo dolce, tenero e delicato... mi piace molto perché....

Scopritelo da soli ^_^

 

 

Un grazie infinito alla Beta che mi sopporta e mi insegna sempre un sacco di cose.

 

 

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tony e Ziva si erano baciati a lungo, senza mai stancarsi l’uno dell’altro.

- Dovrei andare...- Disse la donna per l’ennesima volta sorridendo sulle labbra di Tony che continuava a baciarla.

- Perché non rimani qui?- Propose guardandola dritta negli occhi.

- Tony...- Riuscì solamente a dire Ziva colta di sorpresa da quella proposta.

- Lo so piccola ninja che sono irresistibile e non vedi l’ora di saltarmi addosso!- Scherzò.

In risposta la collega gli mollò un pugno nello stomaco.

- Scherzavo... scherzavo...- Alzò le mani in segno di resa prima di catturare di nuovo le sue labbra.

- Rimani.- Le disse piano immergendosi in quel nero petrolio di lava incandescente, assumendo un’espressione seria sul volto.

Ziva trattenne il respiro.

Poche volte aveva visto quell’espressione sul viso di lui.

La determinazione con la quale aveva pronunciato quella semplice parola la fece sentire bene.

Ziva provò una strana sensazione che non riusciva a definire, ma che la faceva sentire avvolta in un manto dolce e protettivo.

Sorrise, consapevole che di fronte a lei non c’era più l’Agente ragazzino che aveva conosciuto anni fa ma un uomo sicuro di sé e di quello che voleva.

Appoggiò la testa sul petto di Tony.

Rimase in silenzio per qualche istante ascoltando come ipnotizzata il battito del cuore.

- Va bene.- Sussurrò acconsentendo alla sua richiesta.

 

 

 

 

 

 

DiNozzo ordinò il caffè al bancone e poi andò a sedersi al tavolino fuori dove lo stava aspettando Ziva.

La sera precedente non erano andati oltre, si erano fermati entrambi un attimo prima che tutto precipitasse nel vortice della passione.

In fondo, ora, avevano tutta la vita davanti e si sarebbero goduti ogni attimo.

L’Agente David osservò per qualche istante il collega mentre era immerso nella lettura del quotidiano.

Il sorriso stampato sul viso e la luce particolare degli occhi lo rendevano ancora più affascinante.

Non l’avrebbe mai ammesso, ma sarebbe rimasta ferma in quella posizione a guardarlo per tutta la vita.

Lei e DiNozzo.

Ancora non poteva crederci che fosse realmente successo.

Sorrise a quella consapevolezza.

- Siamo felici Agente David?- Chiese Tony scorgendo il buon umore di lei.

Ziva evitò  di rispondere afferrando il cornetto e portando un pezzo alla bocca, imbarazzata nell’essere così cristallina per lui.

- Una bella giornata non trovi?...- continuò lui, e poi guardandola dritta negli occhi le chiese – Dormito bene?-

La donna ebbe un tuffo al cuore riconoscendo il significato di quel sorriso in stile made in DiNozzo.

- Molto...- rispose piano. - Sei comodo come cuscino.- Lo punzecchiò poi.

Tony si alzò di scatto.

Lasciò una banconota sul tavolo.

- E’ tardi, è meglio andare in ufficio.- Sentenziò e senza aspettarla si avviò.

La donna si sorprese del comportamento di lui ma dopo un attimo di esitazione gli corse dietro afferrandolo per un braccio.

- Aspetta io...- ma si bloccò scorgendo il ghigno divertito sul suo viso.

- Idiota!- Disse dandogli un pugno sulla spalla.

DiNozzo la strinse tra le sue braccia e a tradimento la baciò.

- Non avevi detto che era tardi?- Chiese Ziva sorridendo sulle labbra di lui.

- Abbiamo ancora qualche minuto prima di dichiararci in tremendo ritardo.-

 

 

 

 

- Ciao Callen, tutto apposto?-

Jade trattenne il cellulare tra la guancia e la spalla mentre tentava con una mano di indossare la scarpa e con l’altra di infilare la chiave nella serratura tenendo ben stretto il braccio per non far scivolare la cartellina con i documenti che voleva visionare durante il tragitto in taxi.

- Non sono in ritardo!- Contestò nervosa – Ho solo dormito bene.- Sorrise soddisfatta.

Le gote si arrossarono alla risposta che ricevette in cambio alla sua affermazione.

Per la prima volta, da quando era arrivata in quella città, si sentiva splendidamente bene.

Finalmente chiuse la porta, indossò la scarpa, terminò la telefonata, prese la valigetta da terra e si girò per vedere se il taxi fosse arrivato ma si bloccò scorgendo l’uomo di fronte a sé.

Gibbs era appoggiato con il busto alla sua macchina a braccia conserte, tenendo in una delle mani il bicchiere di caffè.

Le sorrise.

Non aveva perso niente di lei.

I suoi gesti buffi e goffi nel vano tentativo di tenere la situazione sotto controllo, l’espressione meravigliata del volto che non era riuscita a nascondere e infine il luccichio degli occhi nocciola quando aveva capito che lui era lì per lei.

- Ciao.- Disse la donna con un filo di voce avvicinandosi all’uomo.

- Buongiorno.- Rispose Gibbs reprimendo l’istinto di toglierle il ciuffo che era scivolato sul viso.

Jade lo osservò attentamente cercando di cogliere qualche segnale che le potesse essere d’aiuto a decifrare l’espressione soddisfatta sul viso dell’Agente.

Non sapeva perché ma lo sentiva a suo agio.

La sera precedente era stata meravigliosa.

Tra i due si era creata una perfetta sintonia, come se entrambi avessero deciso in comune accordo silenzioso di abbassare le loro difese e dichiarare la tregua, alleandosi per combattere dalla stessa parte.

Jade respirò profondamente mentre nella sua mente ritornavano vividi gli attimi che aveva trascorso insieme con lui.

Era stata una bella serata, una di quelle sere che non le capitava da chissà quanto tempo e nonostante non fosse successo niente di quello che aveva fantasticato per tutto il tempo non si sentiva delusa, anzi più che soddisfatta.

La psicologa arrossì non appena ripensò alla visione hot ad occhi aperti di loro due sul divano che aveva avuto durante la cena.

Si passò la mano libera sul collo facendola scivolare sul petto.

Avanzò di qualche passo cercando di ignorare lo scombussolamento interiore che le provocava da qualche giorno la visione di Jethro.

Afferrò il caffè dalle mani dell’uomo e ne bevve un sorso.

- Questo non è caffè.- Disse contrariata dal sapore amaro che le era rimasto in bocca.

Lui sorrise prendendo da dentro la macchina il bicchiere per la donna.

Glielo porse guardandola dritta negli occhi.

- Questo è il tuo!- Affermò serio riprendendo dalle mani di lei il suo caffè.

- Messaggio ricevuto...- Sorrise Jade apertamente facendo brillare il luccichio dei suoi occhi.

- Andiamo.- Ordinò come al solito l’uomo girando intorno alla macchina.

- Come mai qui?- Chiese la psicologa prima di salire, osservandolo sopra l’auto.

Gibbs si fermò.

La guardò seriamente.

- Sali.- Disse semplicemente come se quella parola potesse rispondere a tutte le sue domande.

Senza aspettare altro si sedette al posto del guidatore.

- Il mio taxi?- Obiettò incerta prima di allacciarsi la cintura.

- L’ho mandato via.- Rispose tranquillamente.

Jade si sorprese a quella risposta e si bloccò mentre allacciava la cintura rimanendo rivolta con il corpo verso di lui.

- Questo vuol dire che mi farai sempre da autista?- Sorrise divertita stuzzicandolo.

Gibbs, prima di mettere in moto, si girò verso di lei, rimanendo ad una brevissima distanza dal viso della donna.

- No.- Rispose secco dopo qualche secondo.

- Peccato.- Sospirò a bassa voce ritornando al suo posto, lasciando a quella parola una miriadi di significati.

 

 

 

Tutta la mattina era stato un susseguirsi di indagini, domande, risposte.

Tony e Ziva non se lo sarebbero aspettati ma non appena misero piede in ufficio vennero travolti dal tram-tram quotidiano.

- Lo solita routine.- Affermò sconsolato Tony appoggiandosi alla macchinetta del distributore godendo di quell’attimo di calma.

- Battiamo la fiacca Agente DiNozzo?- Lo sfotté Callen prendendo una lattina di coca-cola.

L’Agente in risposta lo guardò storto.

- Come mai non sei con Ziva?- Chiese Tony in tono acido.

Per tutta la mattina l’uomo era rimasto alle costole della donna creando in lui una sana e insulsa competizione mista a pura e reale gelosia nei suoi confronti.

- E’ in bagno.- Sorrise Callen. – Dici che dovrei seguirla anche lì?- Continuò prendendolo in giro.

- Divertente, molto divertente.- DiNozzo si mise di fronte a G.

- Stai lontano da lei.- Lo avvertì serio.

I due si guardarono in cagnesco senza dire altro.

Ziva apparve proprio in quel momento.

Guardò prima Tony e poi G.

“Aria di guai” pensò sconsolata.

L’Agente aveva notato fin dall’inizio della giornata che tra i due non scorreva buon sangue.

Doveva fare qualcosa prima che la situazione degenerasse.

- Vado a mangiare un boccone.- Avvertì.

G subito lanciò la lattina vuota nel cestino e si preparò a seguirla.

- Rilassati Callen.-

DiNozzo gli sbarrò la strada con il braccio.

- Vado io con lei.- Disse serio.

- Te lo puoi scordare.- Rispose nervoso fronteggiandolo.

- Facciamo una cosa: voi rimanete qui a fare i bambini, io vado a mangiare.- Decretò Ziva stufa del loro comportamento.

Senza concedere la possibilità di ribattere li lasciò con un pugno di mosche.

 

 

 

Le porte dell’ascensore si aprirono.

Ziva si bloccò accorgendosi della presenza di Gibbs e Jade.

- Vado a pranzo.- Decretò seria.

- Da sola?- Si sorprese la psicologa.

Gibbs non disse niente, le fece solo un segno di assenso con il capo e la lasciò andare.

Jade prese subito in mano il cellulare.

L’istinto di protezione verso l’Agente David si mise in azione.

Avrebbe fatto una bella ramanzina a Callen.

Il comportamento del collega quella mattina non le era per niente piaciuto.

Era più preoccupato a tenere a bada l’Agente DiNozzo piuttosto che occuparsi dell’incarico.

Jade non fece in tempo a premere l’avvio di chiamata che Gibbs le afferrò il cellulare dalla mano rimettendoglielo in borsa.

- Se la sa cavare da sola.- Sentenziò per poi dirigersi verso la sua scrivania.

 

 

 

 

 

Ziva uscì dallo spogliatoio e si diresse in palestra.

Non c’era nessuno: era a sua completa disposizione.

“Finalmente un po’ di pace” pensò tranquilla soddisfatta per essere riuscita a scomparire dal radar di Callen.

L’Agente, prima di iniziare il suo allenamento, cominciò con degli esercizi di stretching.

- Questo la chiami pausa pranzo?- Domandò una voce divertita alle sue spalle.

La donna si girò di scatto incontrando gli occhi azzurri e cristallini di Callen che la guardavano sornione.

“Beccata!” pensò contrariata notando che anche il collega era in tenuta sportiva.

- Quando mi darai un po’ di tregua?- Chiese avvicinandosi a lui con fare inquisitore.

- Te l’ho detto Ziva, quando tu sarai al sicuro.- Sorrise in risposta.

L’Agente David si soffermò ad osservarlo e un lampo di sfida illuminò il suo sguardo.

- Ci stai?- Propose.

G capì al volo le sue intenzioni e iniziarono ad allenarsi insieme... o meglio a darsele di santa ragione.

Non sapevano per quanto tempo avessero lottato, l’unica cosa certa era che tutti e due si sentivano stremati.

- Sai che cosa ci vuole ora?- Chiese Ziva dopo un lungo silenzio in ascolto solo dei loro sospiri.

- Cosa?- Domandò G a sua volta giratosi a guardare la donna.

- Una bella doccia.- Rispose soddisfatta.

Callen scattò in piedi e le porse la mano.

- Hai proprio ragione!- e quando Ziva fu in piedi davanti a lui – La facciamo insieme?-

In risposta lei gli mollò un pugno nello stomaco.

- Non credo proprio.-

Se ne andò lasciandolo lì piegato su se stesso dal dolore.

 

 

 

 

 

- Ziva...-

Tony la raggiunse prima che potesse entrare nello spogliatoio femminile.

La squadrò dalla testa ai piedi.

La canottiera che indossava era tutta bagnata e appiccicata al suo fisico mettendo in risalto le sue forme femminili e sulle gote un colorito rosso le donava un aria così sexy che lo scombussolò non poco.

- Dimmi...- Iniziò con tono seducente avvicinandosi e accarezzandole con l’indice il braccio sinistro. – Hai fatto corpo a corpo con qualche donna? Una lotta dura, avvincente? Vi siete avvinghiate, rotolate, l’una all’altra...- ma non riuscì a terminare il suo sogno ad occhi aperti perché Ziva lo riportò alla realtà con uno scappellotto.

- Hai finito di fare il cretino?- Chiese irritata.

- E’ colpa tua...- Affermò serio. – Non dovresti girare in questo stato, scateni i piccoli DiNozzo.- Sorrise provocante. – Allora dimmi, come è stato?- Chiese tutto eccitato.

- Beh vedi...- tentennò Ziva ma prima che potesse continuare arrivò Callen.

- Devo dire che la tua collega ...-

G sottolineò la parola in uno strano tono appoggiando il braccio sopra le spalle di Ziva.

- E’ davvero dura da abbattere. Credo che lo sappia anche tu quanto è difficile fare un corpo a corpo con lei sempre che tu ci sia arrivato o ti mette subito ko?- Chiese divertito, stampandosi sul viso un sorriso angelico ed estremamente irritante.

Ziva sospirò sconsolata.

Tolse il braccio di Callen dalle spalle.

Appoggiò una mano sul petto di Tony, picchiettando tre volte la mano come a dirgli di stare calmo.

Fulminò con lo sguardo G e poi entrò nello spogliatoio lasciando i due a cavarsela da soli.

 

 

 

L’acqua calda della doccia scivolava sul suo corpo rilassando i muscoli tesi che erano rimasti contratti per tutta la mattina.

Era stato duro il tuffo nel passato ma era riuscita ad affrontarlo.

Quando Jade le aveva messo davanti i fatti non aveva potuto esimersi dal rivangarlo.

Non si era sbilanciata, in fondo neanche erano sicuri che tutto riportasse a lui e poi non esisteva più... no, non poteva essere lui.

Un volto prese posto nella sua mente.

Lineamenti gentili, delicati, occhi azzurri, capelli fini e biondi che nascondevano lo sguardo più glaciale che avesse mai visto e incontrato.

Il freddo della Russia racchiuso in quelle due iridi piene di perfidia e crudeltà che appartenevano solamente ad un uomo: Jurij Vladimirovič Dolgorukij.

Era giovane allora e forse non ancora pronta ad affrontare quello che le era stato ordinato.

Appoggiò le mani al muro, buttando fuori l’aria che involontariamente aveva trattenuto, scivolando verso il basso.

Si raggomitolò su se stessa, abbracciò le gambe e appoggiò la schiena al muro, rivolgendo il volto verso l’alto mentre l’acqua della doccia glielo bagnava.

Non poteva perdere il controllo, non ora, non così.

Si alzò da terra, chiuse il rubinetto, afferrò l'asciugamano e se lo avvolse intorno.

Jade era stata brava quella mattina a mettere in ordine ogni pezzo.

L’aveva osservata in quelle ore al lavoro al fianco di Gibbs.

Era una donna attenta ad ogni dettaglio e riusciva sempre a cogliere qualcosa che le potesse essere utile per l’indagine.

“Jurij” il nome dell’uomo ritornò prepotentemente nella sua mente.

Scosse la testa per scacciare via quei pensieri.

Legò i capelli in una coda e fu pronta per tornare ad immergersi nella frenesia del lavoro.

Sorrise ripensando alla scena di poco prima.

Meno male che c'erano Callen e Tony a distrarla con quel loro insolito comportamento così infantile.

 

 

 

 

 

Jade osservava dal vetro degli interrogatori uno dei malviventi che avevano arrestato.

L’uomo era teso, piegato sul tavolo dove teneva le mani strette l’un con l’altra, quasi in segno di preghiera e ogni tanto si mordeva il labbro inferiore.

Il capo era chino e a intervalli regolari lo ciondolava a sinistra e a destra come per auto convincersi che poteva farcela.

- Ehi...- Disse piano Gibbs avvicinandosi alla donna.

La psicologa non si mosse di un millimetro dalla sua posizione, come se neanche avesse sentito la presenza dell’uomo.

Rimase concentrata sul malvivente.

I suoi occhi si muovevano ritmicamente passando dai lineamenti del viso a quelli del corpo per esaminare in ogni dettaglio anche il più singolo difetto che le potesse essere d’aiuto per arrivare alla verità.

Gibbs le appoggiò una mano sulla spalla e solo allora la donna si accorse della sua presenza.

Sobbalzò vedendolo così vicino.

“Quest’uomo non conosce proprio il concetto di spazio personale!” pensò a disagio arretrando di un passo sentendosi, sotto quello sguardo, vulnerabile e nuda.

- Arrivati a una soluzione?- Chiese riprendendosi dallo smarrimento cercando di tenero a freno il battito del cuore.

Gibbs le porse la cartellina senza rispondere.

Jade la aprì, estrasse le foto e osservò ognuna con attenzione.

- Mcgee è riuscito a restringere la cerchia a questi cinque individui.- La informò.

- Ma non sappiamo ancora per chi lavora.- Lo precedette.

Jethro rimase in silenzio ad osservare il malvivente stringendo a sé i pugni per la rabbia di non essere ancora riusciti a trovare un indizio valido.

- Lo sapremo presto.- Affermò decisa la donna uscendo dalla stanza ed entrando in quella degli interrogatori.

Jade si chiuse la porta alle spalle e rimase immobile qualche secondo aspettando un segnale che desse il via al colloquio.

Quando vide che l’uomo la osservò brevemente con la coda dell’occhio si mosse.

- Hai solo una possibilità di cavartela, perciò giocatela bene.- Avvertì il malvivente in tono calmo ma deciso.

L’uomo sorrise a quella provocazione.

Alzò il capo e la trafisse con lo sguardo.

La psicologa non si fece impressionare dall’atteggiamento di lui.

- Vuoi la libertà o preferisci rimanere a lungo in nostra compagnia?- Propose.

- Non avete niente contro di me. Solo un pugno di mosche. Allo scadere della ventiquattresima ora sarò libero.- Affermò soddisfatto.

- Sarai libero subito se mi dici per chi lavori.- Controbatté sicura.

- Io lavoro per me stesso.- Pronunciò quelle parole con un tono di sfida.

- Ne sei proprio sicuro?- Chiese dubbiosa.

L’uomo, in risposta, sorrise facendosi beffa della donna.

- Facciamo un gioco.- Propose gentile come se davanti a sé avesse un bambino.

- Scommettiamo che indovino chi è il tuo capo?- Domandò misteriosa.

L’uomo ghignò.

- Credi di essere una veggente?- Sentenziò spavaldo.

- Accetti?- Continuò calma.

- Io lavoro per me stesso.- Ripetè l’uomo convinto.

Jade posizionò di fronte a lui la prima foto.

Era un uomo vecchio, di carnagione olivastra, con barba incolta, occhiali spessi sul naso che gli donavano una personalità strana e professionale.

Il malvivente non reagì e allora la psicologa fece scivolare sul tavolo la seconda foto.

Un giovane ragazzino, viso pulito, occhi scuri come la pece, capelli mossi disordinati.

Niente.                                    

Gli mostrò la terza.

Un uomo sulla quarantina, di colore, capelli rasati neri, con occhi piccoli e sguardo da duro.

Niente.

Gli passò la quarta foto. Un altro uomo sulla quarantina, tipo caucasico questa volta, occhi e capelli chiari.

Il malvivente a vedere quella foto aggrottò la fronte e strinse le labbra una contro l’altra in un cenno impercettibile ma che a Jade bastò per decretare quello che le serviva.

Gli fece vedere anche la quinta foto.

Un vecchio, sulla settantina, un viso grinzoso, pallido, con occhi infossati, ma anche con quella foto non mostrò nessun segno particolare.

- Hai visto, Alexej? E’ stato semplice.- Disse alzandosi in piedi e raggruppando le fotografie.

- Ti sei condannato in carcere a vita da solo.- Affermò soddisfatta con un sorriso semplice sulle labbra prima di uscire dalla stanza.

L’uomo rimase turbato e stranito dalle parole della donna ma poi tutto gli fu chiaro.

- A lui dobbiamo dare la caccia.- Porse la foto a Gibbs.

- Ottimo lavoro.-

Senza dire altro si affrettò a raggiungere il resto della squadra.

 

 

 

 

 

Ziva era ritornata alla sua scrivania e ne aveva approfittato per compilare le ultime scartoffie.

- Sei qui!- Disse allegro Callen girando la scrivania e appoggiandosi con le braccia.

- Come se non lo sapessi.- Rispose la donna senza degnarlo di attenzione.

- Non dirmi che sei arrabbiata con me?- Sorrise angelicamente il collega.

L’Agente David sbatté la penna sulla scrivania e si girò di scatto con la testa verso l’uomo.

- Sì, se non la pianti di stuzzicare DiNozzo.- Lo avvertì fredda.

Callen rimase in silenzio ad osservarla.

I suoi occhi assunsero un’espressione seria, decisa, intensa.

- C-che c-c’è?- Balbettò Ziva.

G in risposta si fece scivolare tra le dita una ciocca di capelli.

- Profumi di nuovo di vaniglia e rosa.- Affermò in tono caldo, respirando delicatamente l’essenza di lei.

Ziva rimase sorpresa a quelle parole e arrossì per l’imbarazzo.

- Ma tu...- Non terminò la frase che sentì vicino a loro la presenza di Tony.

L’Agente si era messo di fronte alla scrivania e li stava osservando con uno sguardo omicida.

- Disturbo?- Chiese a denti stretti.

- No.- Rispose prontamente Ziva.

- Sì.- Disse Callen sornione, alzandosi in piedi e fronteggiando l’uomo.

In quel momento arrivò Gibbs che mollò uno scappellotto ad entrambi.

- Se avete finito di fare i bambini abbiamo del lavoro da fare.-

 

 

 

Continua....

 

 

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Capitolo 19
*** 19° capitolo ***


E dopo varie settimane di betaggio... finalmente il chap è pronto...

Grazie alla “Beta” che ha sempre un’infinita pazienza con la sottoscritta.

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

Lights

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Mcgee sul monitor!- Ordinò Gibbs lanciandogli la foto che gli aveva consegnato Jade.

Gli agenti si riunirono di fronte allo schermo piatto.

- Voglio sapere tutto di lui!- Ordinò il capo guardando severamente i suoi sottoposti e indicando il video. – Nome, dove vive, cosa fa, ogni parola, gesto, respiro... tutto!-

DiNozzo, Callen, Mcgee e la dottoressa Sash scattarono immediatamente verso le proprie postazioni, solamente l’Agente David rimase ferma a guardare l’immagine proiettata sullo schermo.

- Pensi di collaborare anche tu, Ziva?- Minacciò Jethro in tono duro.

La donna tolse lo sguardo dalla foto per riportarlo agli occhi cristallini del capo.

- Jurij Vladimirovič Dolgorukij.- Disse dopo un lungo silenzio.

Ziva sentì il cuore fermarsi per un istante e il passato piombarle addosso come una tempesta quando pronunciò quel nome ad alta voce.

Gli altri agenti, udendo la risposta, si bloccarono e ritornarono sui loro passi.

- Ne sei sicura?- Domandò Jade cercando di capire che cosa significasse l’espressione grave sul viso della donna.

- E’ più vecchio di come me lo ricordavo... ma è lui.- Rispose dura.

- Non serve che indaghiamo.- Continuò seria. – E’ morto nove anni fa.-

- Come fai a saperlo?- Le chiese la dottoressa Sash sorpresa dalla fermezza con la quale l’Agente aveva pronunciato quelle poche parole.

- Ari l’ha ucciso.- Rispose Ziva senza esitare.

Il silenzio calò tra i sei.

Jade notò subito il comportamento degli uomini della squadra quando sentirono nominare il killer.

Sia Gibbs che Tony ebbero la stessa reazione.

Il colore dei loro occhi diventò cupo.

I lineamenti dei visi si accentuarono in un’espressione dura e inflessibile.

I due serrarono la mascella con rabbia e, come se pensassero all’unisono, chiusero le mani a pugno manifestando apertamente il loro odio per quell’uomo misterioso.

- Dove?- Chiese Jethro con severità eliminando il breve spazio che lo divideva dall’Agente David.

- Mosca.- Rispose lei senza aggiungere altro.

- Perché?- Continuò imperterrito l’uomo.

- Per salvare me.- Replicò Ziva dopo qualche istante.

La donna non riuscì a sostenere lo sguardo inquisitore del capo e inclinò il viso leggermente verso il basso.

- Mcgee?- Chiamò Gibbs.

- Confermo capo. Jurij Vladimirovič Dolgorukij è morto 9 anni fa in circostanze misteriose. Si pensa ad un regolamento di conti. Il suo assassino non è mai stato individuato.- Terminò Mcgee in tono più basso.

- DiNozzo! Callen! Scoprite qualsiasi traccia che si possa collegare a Dolgorukij in questi anni. Mcgee controlla ogni passo informatico che ha compiuto: conti bancari, viaggi, spostamenti, tutto! Dottoressa Sash delinei un profilo psicologico del sospettato e metta sotto torchio Alexej per sapere dell’altro.-

- Sì capo!- Dissero i tre in coro.

Jade si limitò ad acconsentire con la testa: non sapeva perché ma era certa che Jethro volesse escluderla da qualcosa.

- David, con me!- Ordinò severo Gibbs.

Ziva respirò piano e si apprestò a seguire il capo.

 

 

 

 

- Gibbs, so già a cosa stai pensando.- Lo precedette Ziva quando si sedettero su una delle panchine del parco.

- Jurij è morto. Ari l’ha ucciso.- Ripeté con fermezza.

Jethro portò alle labbra il bicchiere di caffè e bevve un lungo sorso gustando l’aroma intenso.

- Raccontami tutto, Ziva.- Disse piano lasciando scivolare gli occhi sul viso della donna.

Era tesa, un’ombra aveva rabbuiato il luccichio del suo sguardo di quella mattina.

Gibbs sapeva che le stava chiedendo molto ma non poteva esimersi dal farlo.

- Ari non è sempre stato un crudele assassino. Prima di tutto, anche se molto tempo fa, era mio fratello.- Piegò gli angoli della bocca verso l’alto tristemente. – Io ero la sua sorellina.-

Ziva strinse le mani una nell’altra come se volesse in qualche modo impedire ai brutti ricordi di tornare a galla.

- Un tempo avrebbe fatto qualsiasi cosa per me.- Riprese in tono dolce e malinconico. - Dopo la morte di Tali giurò che avrebbe fatto di tutto per proteggermi.-

La donna si alzò in piedi incrociando le braccia al petto.

- Lo sai anche tu Gibbs, quanto me, il Mossad non perdona chi permette ai sentimenti di prendere il sopravvento. Se agisci con il cuore prima o poi muori.-

Respirò a fondo guardando il cielo.

- Era la mia prima importante missione sottocopertura, peccato che non ne fossi stata informata.- Ironizzò amaramente.

- Mio padre aveva decretato che ero pronta per affrontare lo schifo della nostra vita... ma io no, non lo ero.- Ammise delusa.

- Mi spedì in Russia, a Mosca, con la scusa di una vacanza studio. Ero così felice. Mi disse che era un regalo per i miei risultati scolastici e militari. Per la prima volta, in tutta la mia vita, avevo letto nel suo sguardo orgoglio nei miei confronti. Lui, il primo uomo del Mossad, mio padre: era fiero di me. Solo più tardi compresi che il suo era stato un piano ben architettato  per farmi infiltrare nella vita di Jurij Vladimirovič Dolgorukij.-

Ziva chiuse gli occhi cercando di non perdere la concentrazione.

- Un anno più tardi, quando il mio rapporto con Jurij si fu consolidato, mio padre mi svelò il suo intento e il mio compito. Quel giorno mi cadde il mondo addosso. Come potevo tradire la persona che amavo?- Domandò girandosi a guardare Jethro per trovare conforto nel suo sguardo calmo.

- Il Direttore David quando dà un ordine non ammette il rifiuto. Fui costretta a mettere da parte i miei sentimenti e ad indagare sulla vita di Jurij.-

L’Agente scosse la testa nel tentativo di allontanare da sé i brutti pensieri.

-  Il risultato che ottenni fu solo di scontrarmi con la dura realtà.-

Ziva iniziò a passeggiare avanti e indietro nervosamente quasi come se si stesse rimproverando di nuovo per essere stata così ingenua in passato.

- Che successe?- Chiese Gibbs con calma.

- Mi resi conto che al mio fianco c’era un uomo che non conoscevo. Scoprii che Jurij era invischiato in un giro di droga dall’Europa fino in Cina e negli ultima anni, non soddisfatto del potere che aveva ottenuto con il commercio delle sostanze stupefacenti, aveva dato avvio anche ad una tratta di donne per conto di ricchi uomini d’affari.-

L’Agente strinse forte i pugni reprimendo il disgusto che le suscitavano i ricordi.

- Quando capii di essere in pericolo, era troppo tardi. Avvertii immediatamente il Direttore David di quello che stava accadendo ma l’unica risposta che ricevetti fu quella di cavarmela con le mie mani perché non aveva nessuna intenzione di sprecare uomini per salvare un’inetta figlia come me.- Una smorfia di repulsione increspò la sua bocca.

- In quel momento mi sentii sola contro tutto il mondo.-

Ziva strinse forte le palpebre per impedire alle lacrime di prendere il sopravvento.

- Non avevo più via di scampo, ero persa. Fu allora che comparve Ari e mi portò lontano da quello schifo. Si occupò lui di tutto. L’unica cosa che non poté sistemare fu il mio disonore per aver mandato a monte la missione. Io avevo sbagliato, io dovevo pagare.-

La donna si allontanò di qualche passo. Respirò lentamente per smaltire la rabbia accumulata nel rivangare il passato.

 - Ari non lo permise. Andò anche contro nostro padre per salvarmi e alla fine vinse.- Si girò verso Gibbs. – Lui mi ha protetto. Mi ha allontanata dal Mossad facendomi affidare una missione in Francia. E' rimasto con me per mesi solo per assicurarsi che stessi bene, aspettando pazientemente che mi riprendessi dal duro colpo che mi aveva inflitto la vita. Sono stati i mesi più belli che ho vissuto con lui e che custodisco gelosamente. Per me quello era mio fratello, quello era Ari.

La donna si lasciò cadere sulla panchina.

- Ari non portò a termine il compito che si era prefissato perché ha dovuto risolvere il tuo problema. Non prese in ostaggio Kate quella volta in sala autopsie, per ucciderla poi, perché ha saputo che tu eri in pericolo. Ha cambiato il suo piano per venire a salvare te.- Disse Gibbs collegando all’improvviso i fatti.

- Sì.- Confermò piano Ziva. – Mio fratello rimase colpito dall’Agente Todd, dal suo carisma, dalla sua tenacia, dalla sua dolcezza. Non riusciva a togliersela dalla mente. Era ossessionato da lei. Prima di avvicinarsi l’aveva studiata a lungo da lontano, analizzando ogni piccolo particolare della sua vita. Io ho sconvolto però i suoi piani. Involontariamente ho allungato la vita a Kate e ho prolungato la tua ossessione per Ari.-

La donna sbuffò ironicamente.

- Quel giorno ho impedito a mio fratello di essere un assassino, senza capire che aveva semplicemente riformulato il suo piano.-

- Per questo strinse quel falso accordo con la Cia?- Chiese Gibbs a denti stretti.

- Credo di sì.- Ammise Ziva dispiaciuta.

- Fu l’ultima volta che mi lasciò per breve tempo. Mi disse solamente che doveva parlare con nostro padre, che avrebbe sistemato ogni cosa. In realtà era volato a Washington per prendere gli ultimi accordi con la Cia. Quando tornò era così felice. Capii solamente più tardi che la sua felicità non era dovuta a quello che pensavo. Durante il tempo trascorso in Francia avevo creduto veramente di averlo convinto a ritornare sui suoi passi e di lasciar perdere il suo piano di vendetta. Avevamo progettato una nuova vita, lontana da tutti, dal Mossad, da nostro padre.- Sorrise tristemente ripensando a quei giorni.

- Commisi lo stesso errore di un anno prima. Mi lasciai guidare dai miei sentimenti invece di vedere la realtà per quella che era. Un giorno Ari venne da me dicendomi che aveva delle questioni da risolvere a Washington, poi sarebbe tornato a prendermi e avremmo iniziato una nuova vita insieme.-

Ziva abbassò il capo chiudendo gli occhi.

Gibbs le si sedette accanto e appoggiò dolcemente la mano su quelle di lei.

- Quando ricevetti la telefonata del Direttore David che mi ordinava di tornare in patria, capii che quella promessa non si sarebbe mai realizzata. Mi offrii volontaria per la missione. Non potevo credere che le voci che giravano sul conto di Ari fossero vere. Quello non era mio fratello.-

La donna strinse ancora più forte le mani l’una con l’altra.

- Se avessi dato retta al mio istinto invece di seguire quello che mi diceva il cuore forse...- Ma non riuscì a terminare la frase.

- Non potevo permettere che morisse un altro innocente.- Intrecciò la mano con quella dell’uomo.

- Non è colpa tua, Ziva.- Disse piano Gibbs. – Non potevi prevederlo.-

- No... non potevo prevederlo.- Ripeté tristemente.- ... scusami Gibbs.-

Jethro si alzò e si piegò verso di lei.

- Mai scusarsi Ziva.- Le sussurrò all’orecchio.

Le baciò la tempia dolcemente, con affetto.

- Andiamo.- Le disse in tono più risoluto mentre calma e serenità tornavano sul viso di lei

 

 

 

 

 

- Tutto bene?- Chiese Tony avvicinandosi a Ziva.

- Sì.- Rispose brevemente la donna continuando a guardare fuori attraverso la grande vetrata dell’ufficio.

DiNozzo le mise un sacchettino di carta davanti al viso.

- Ti ho preso da mangiare.- Fu la risposta alla muta domanda che gli rivolse la collega quando si girò a guardarlo.

- Hai saltato il pranzo e non voglio che tu svenga dalla fame.- Sorrise dolce.

- Grazie.-

La sua gentilezza la rincuorò.

- Che ne dici se ce ne andassimo su in terrazza? C’è un bel sole e...- Propose Tony ma venne interrotto dalla donna.

- Per restare un po’ da soli?- Gli sorrise.

- Diretta come al solito...- Ridacchiò.

DiNozzo la prese per mano e la guidò verso l’ascensore.

- Buono!- Esclamò Ziva mangiando l’ultimo boccone del panino. – Mi ci voleva proprio. Con le cose che sono successe oggi non mi ero accorta di morire di fame.-

- Aspetta, sei sporca qui.- Le disse DiNozzo quando si girò a guardarla accorgendosi che le era rimasto uno sbuffo di maionese sul labbro e con il pollice tracciò la linea delle labbra per pulirla mentre le appoggiava l’altra mano delicatamente sul collo.

Si guardarono per un lungo istante, incatenati l’uno all’altra, prima di avvicinarsi come se fossero attirati da una calamita.

L’uomo sfiorò la bocca di Ziva dolcemente, assaporandone la morbidezza.

Lei rispose al bacio, senza remore e timori, semplicemente lasciandosi andare.

I due agenti erano così presi da loro stessi che quando si staccarono erano senza fiato.

Ansanti e in cerca di riprendere un po’ di ossigeno si guardarono negli occhi sorridendosi dolcemente.

- Ti amo.- Disse piano Tony stringendola a sé.

- Anche io.- Rispose Ziva respirando intensamente  il profumo di muschio bianco dell’uomo.

Tony ridacchiò divertito accorgendosi dell’essenza della collega.

- Callen aveva ragione, oggi profumi di nuovo di vaniglia e rosa.- Si staccò da lei per guardarla in viso.

- Perché gli altri giorni di cosa profumo?- Chiese Ziva perplessa.

- Di me.- Rispose DiNozzo semplicemente prima di riappropriarsi delle labbra di lei.

Una figura nell’ombra sorrise a quella manifestazione di affetto.

 

 

 

 

- Jade hai visto DiNozzo, David?- Chiese irritato Gibbs quando incontrò la donna che scendeva le scale che portavano alla terrazza.

- Io?- La psicologa si indicò non riuscendo a togliere l’espressione felice che aveva stampata in viso. – No.- Rispose tranquilla cercando di tenere un contegno.

- Sicura?- Domandò un’altra volta l’uomo facendosi più vicino a lei assottigliando lo sguardo.

- Sicura. Non mi credi Jethro?- Domandò Jade in segno di sfida.

Gibbs la fissò per un lungo istante perdendosi in quegli occhi nocciola che esprimevano qualcosa di particolare che ancora non era riuscito a definire.

Senza degnarla di una risposta si avviò per le scale.

L’uomo non fece in tempo a salire due scalini che lei lo bloccò appoggiandogli una mano sul braccio.

- Te ne vai?- Chiese la psicologa intuendo dove il capo volesse andare.

- C’è qualcosa che devi dirmi, Jade?- Domandò Jethro in tono inquisitore ritornando sui propri passi.

- Chi è Ari?- Chiese a bruciapelo la donna. – C’entra Kate?- continuò accorgendosi dall’espressione del viso di lui che aveva fatto centro.

Gibbs l’afferrò ad entrambe le braccia.

- Non intrometterti in questa storia Jade. Stanne fuori!- L’avvertì duro.

Senza aggiungere altro se ne andò.

- Beh che hai fatto ora per far infuriare così il capo?- Le chiese divertito Callen comparendo alle sue spalle.

- Quell’uomo!!!- Iniziò esasperata la donna. – E’ un enigma. Ho una gran voglia di... di...- Ma dalla rabbia non riuscì a terminare la frase.

- Ehi... calma.- G le strinse la mano dolcemente. -  Gibbs è fatto così, ha i suoi tempi, i suoi spazi.-

- Ma come faccio a comunicare con lui se lui mi taglia fuori?- Domandò irritata.

- Hai provato ad andarci a letto?- Suggerì G divertito.

- Callen vai al diavolo!- Lo liquidò Jade arrabbiata andandosene.

 

 

 

 

 

 

 

Tony entrò in bagno e vi trovò Gibbs mentre si lavava le mani.

- Dov’eri?- Chiese irritato il capo.                        

- A prendere una boccata d’aria. Mi cercavi?- Domandò l’Agente con circospezione.

- David?- Continuò Jethro.

DiNozzo a quella domanda si sentì a disagio. Si sistemò la cravatta, deglutì e prese un bel po’ di ossigeno prima di rispondere.

- Con me.- Affermò deciso.

Gibbs lo osservò riflesso nello specchio.

- So tutto capo.- Disse Tony dopo quell’attimo di silenzio. – Ziva me l’ha detto.- Proseguì in un tono più tagliente mentre un’espressione seria e corrucciata sostituiva quella rilassata di qualche attimo prima.

- Sei sicuro di sapere tutto, DiNozzo?- Gibbs si voltò a guardarlo.

- Sì.- Rispose brevemente imprigionando il suo sguardo in quello del capo.

- Ho sempre saputo tutto anche se non lo sapevo.- Riprese Tony appoggiandosi con il busto al lavandino posizionandosi di fianco all’uomo.

- Quando siete tornati dalla missione avevo intuito che tra voi due era successo qualcosa di particolare da sconvolgere il vostro e nostro rapporto. Per giorni Ziva non è riuscita a guardarmi negli occhi e ogni volta che si scontrava o entrava in contatto con te un’ombra compariva sul suo viso. Tu, invece, ti sei comportato come fai sempre: hai finto che niente fosse successo. Niente turba il grande Leroy Jethro Gibbs.- Terminò in tono acido, di accusa.

- Qualcosa, però, ha fatto cambiare il tuo atteggiamento nei miei confronti...- Riprese Tony dopo qualche secondo di silenzio come se solo in quel momento stesse valutando la situazione.

- Hai tenuto le distanze più del dovuto... come se in qualche modo ti sentissi... colpevole.- Decretò infine capendo realmente la reazione del capo.

- Colpevole?- Domandò incerto Jethro mentre l’angolo della bocca si alzava divertito verso l’alto.

- Sì, colpevole per esserti lasciato andare. Colpevole per esserti fatto trasportare dai ricordi, dal pensiero di Kate, dall’amore che provavi per lei e dal dolore che ancora porti nel cuore.-

Il gelo calò tra i due.

Tony si era lasciato andare di getto e non aveva risparmiato neanche una parola senza pensare alle conseguenze di quell’attacco verbale.

- Hai finito DiNozzo?- Chiese Gibbs allontanandosi dal subalterno e avvicinandosi al muro.

- No, che non ho finito.- Lo aggredì Tony.

- No?- Rispose deciso Jethro.

- Perché io...- ma si bloccò impietrito dallo sguardo inquisitore del capo.

- Tu, DiNozzo?- Si avvicinò all’Agente.

- Io...- L’uomo deglutì rumorosamente. – Io e Ziva stiamo insieme.-

Gibbs alzò il braccio, Tony contemporaneamente chiuse gli occhi e infossò la testa pronto a ricevere lo scappellotto dal capo.

- Bravo DiNozzo.- Si congratulò Jethro picchiettando la mano sulla spalla dell’Agente.

- Capo? Ma tu...- Si stupì l’Agente.

- Provate solamente a fare cazzate tu e David e io non mi limiterò a prendervi a scappellotti.-

Rispose Gibbs prima di uscire dal bagno lasciando da solo un Tony meravigliato.

                      

 

 

 

 

Continua...

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Capitolo 20
*** 20° capitolo ***


Oh toh! Chi si rivede… dopo svariati giorni….

(- coscienza1: “forse è meglio dire settimane!!”) - [ coscienza2: “io direi mesi!!!”]

shhhh!!!!! Dettagli!!

Dunque che stavo dicendo… ah sì!

Il sole splende alto nel cielo, la nebbia si è dissolta e il vento dell’ispirazione ha iniziato a soffiare e siamo approdati a questo chap!

E’ stato un chap sofferto ma che per fortuna mia e vostra ieri notte si è evoluto.

 

Un mega – stragigante grazie alla Beta più buona e brava che c’è… soprattutto perché me l’ha approvato subito ^^

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In ufficio erano rimasti solo Ziva e Gibbs.

L’Agente David scribacchiò qualcosa su un biglietto, si alzò velocemente e lo lasciò sulla scrivania di Tony mentre un’espressione soddisfatta comparve sul suo volto.

Ziva incrociò lo sguardo con quello del capo e l’uomo con un cenno di assenso le accordò il permesso di andare a casa.

La donna raccolse le sue cose e silenziosamente se ne andò prima che potesse essere intercettata dal radar protettivo di Callen.

“Per oggi, basta.” Pensò esausta appoggiandosi alla parete dell’ascensore mentre rivolgeva un’ultima occhiata all’openspace dell’ufficio prima che la porta si chiudesse.

Rivangare il passato non era stato facile, non lo era mai, ma la sicurezza che le aveva trasmesso Gibbs le aveva dato la certezza che esso non poteva tornare.

“Possibile che Jurij sia ancora vivo?” Si chiese Ziva uscendo dall’Ncis ma poi scosse la testa come a cacciare i brutti pensieri dalla mente.

Fece vagare lo sguardo di 180° per controllare che tutto fosse tranquillo ma soprattutto che non ci fosse Callen nei paraggi. La stretta sorveglianza dell’agente iniziava a starle stretta.

Respirò a pieni polmoni per sciogliere la tensione accumulata durante la giornata, sorrise soddisfatta e si avviò serenamente verso casa.

 

 

Ziva infilò le chiavi nella serratura della porta cancellando automaticamente tutti i pensieri.

Ora, l’unica cosa che desiderava fare, era solamente quella di immergersi in un bagno caldo al muschio bianco.

Alla mente le ritornò la conversazione che aveva avuto con Tony nel pomeriggio.

“Perché gli altri giorni di cosa profumo?” Aveva chiesto al collega sorpresa.

“Di me.” Aveva risposto semplicemente Tony in quel modo disarmante e dolce che solo lui era in grado di fare.

Ziva sorrise a quel ricordo.

Non poteva farci niente: adorava sentire il profumo dell’uomo sulla sua pelle.

Si levò le scarpe lasciandole in un angolo vicino al mobile d’ingresso e si diresse verso il bagno.

Aprì l’acqua della vasca, aspettò qualche secondo che diventasse calda e poi versò il bagnoschiuma di DiNozzo.

Andò in camera e si tolse i vestiti appoggiandoli sulla sedia, prese l’asciugamano dall’armadio e ritornò in bagno.

Accese le candele profumate sul mobile che, dopo qualche secondo, sprigionarono la loro essenza di vaniglia e rosa.

Legò i capelli in uno chignon e poi s’immerse lentamente nella vasca assaporando il calore dell’acqua sul suo corpo beandosi del dolce profumo del bagnoschiuma.

Appoggiò il capo al bordo e chiuse gli occhi.

Respirò profondamente rilassando i muscoli, mentre il calore dell’acqua la cullava guidandola in quel posto di assoluta pace e tranquillità del dormiveglia.

 

 

 

 

L’uomo entrò silenziosamente nell’appartamento, chiuse la porta d’ingresso lentamente facendo attenzione a non far nessun rumore.

Si guardò intorno alla ricerca di qualche segnale che potesse indicargli la sua presenza quando si accorse della luce che filtrava da sotto la porta del bagno.

Con passo felpato e calmo si diresse verso quella direzione.

Aprì lentamente la porta e si appoggiò allo stipite incrociando le braccia al petto.

Rimase affascinato dall’immagine che si trovò di fronte.

Respirò profondamente il profumo delle due essenze che mescolate insieme regalavano una dolce combinazione.

Lasciò vagare gli occhi sulla donna, rilassata nella vasca, che apparentemente non aveva ancora percepito la sua presenza.

- Pensi di rimanere a lungo ad osservarmi?- Chiese Ziva ad un tratto senza aprire gli occhi.

- Per tutta la vita.- Rispose Tony con voce roca.

La donna sorrise alla sua risposta, ma non si mosse.

DiNozzo si avvicinò alla vasca, si piegò sulle ginocchia e accarezzò con il dito indice il braccio della collega disteso sul bordo.

Ziva, a quel tocco delicato, sentì il brivido partirle dallo stomaco e arrivarle alla punta dei capelli.

Si morse il labbro inferiore assaporando fino in fondo quell’intensa sensazione mentre il cuore prese ad aumentare i battiti senza che lei lo potesse evitare.

Tony immerse la mano nell’acqua calda, le sfiorò la coscia e proprio come aveva fatto poco prima con il braccio, percorse con il dito la gamba fino ad arrivare al polpaccio stringendolo delicatamente nella mano.

Ziva si morse di più il labbro trattenendolo per qualche secondo imprigionato tra i denti mentre il brivido di piacere le fece venire la pelle d’oca.

La donna aprì gli occhi, s’immerse nello sguardo sensuale di lui e dopo un attimo di esitazione si tirò su mettendosi a sedere.

Si sporse verso di lui e lo attirò a sé per la cravatta soffermandosi a brevissima distanza dalle sue labbra.

- L’asciugamano.- Disse Ziva sorridendo appena.

- Subito.- Rispose DiNozzo con voce roca alzandosi e afferrando l’asciugamano.

Lo aprì e avvolse il corpo della donna imprigionandola nel suo abbraccio.

- Sei mia.- Ghignò soddisfatto.

- Ne sei sicuro?- Lo prese in giro sfidandolo con lo sguardo.

Tony la guardò dritto negli occhi, immergendosi nel nero delle sue iridi.

- Sì, solo mia.- Le soffiò sulle labbra prima di catturarle in un bacio appassionato.

La sollevò prendendola in braccio e la portò con sé in camera.

La distese sul letto delicatamente senza mai abbandonare le sue labbra e appoggiò il suo corpo a quello di lei facendo leva con l’avambraccio per non pesarle.

- Ti voglio.- Disse Ziva prima di stringerlo forte a sé e abbandonarsi al piacere.

 

 

 

 

 

 

- Callen!- La donna chiamò in tono severo l’Agente.

- Ciao Jade.- Rispose tranquillo guardandola per un attimo per poi riportare la sua attenzione ai fogli del rapporto che stava compilando.

- Si può sapere che cosa ti ha preso oggi?- Chiese appoggiando entrambe le mani con rabbia sulla scrivania attirando su di sé lo sguardo dell’Agente.

Callen la osservò dritto negli occhi cercando di leggervi lo strano motivo della sua irritazione.

- Non hai ancora risolto con Gibbs?- Chiese.

- Dov’è Ziva?- Domandò lei a sua volta.

G sbuffò a quella domanda inquisitoria.

- Se fosse in pericolo, sarei con lei. Non ti pare?- Rispose nervoso.

Jade sbatté la mano sulla scrivania.

- Ti ho assegnato solo un compito ma da quando sei voluto entrare in contatto con Ziva, hai cambiato atteggiamento.-

L’Agente si alzò di scatto, girò la scrivania e fronteggiò la donna.

- Che cosa intendi dire? Stai mettendo in discussione la mia obiettività? - Chiese minaccioso.

Jade non si fece intimidire da quel tono e lo sfidò con lo sguardo.

- Non sei più tu.- Rispose guardandolo dritto negli occhi.

- Da quando hai conosciuto Ziva sei cambiato. Non c’è più traccia dell’Agente attento e scrupoloso che conosco, specialmente ora che hai capito che il rapporto che ha con DiNozzo va ben oltre a quello di semplici colleghi e partner. Non l’avrei mai pensato, ma ti sei fatto coinvolgere dai tuoi sentimenti.-

Callen a quella costatazione dei fatti s’irrigidì.

Odiava quando la donna sapeva leggergli dentro, quando trasformava ogni suo pensiero nascosto in realtà.

Il suo sguardo divenne ancora di più di ghiaccio.

- Ti sbagli.- Tentò di negare. – Il mio interesse per Ziva è prettamente professionale e DiNozzo è solo d’impiccio al mio incarico per la sua sicurezza.-

Jade si appoggiò alla scrivania, incrociò le braccia al petto, distolse lo sguardo dagli occhi dell’uomo e lo riportò verso il basso mentre un sorriso le comparve sulle labbra.

- Lo sai che dovrei rispedirti a Los Angels?- Disse in tono triste.

G a quella prospettiva sbiancò.

- No, non lo farò, stai tranquillo. Chiamami pazza, egoista, ma ho bisogno di averti al mio fianco.- Confessò infine riportando lo sguardo su di lui.

Callen le sorrise e si sedette al suo fianco.

- Lavorare con Gibbs ci sta cambiando.- Affermò serio.

Rimasero in silenzio meditando sulle sue ultime parole.

- Ziva è a casa con DiNozzo.- Callen informò la collega.

- Lo sapevo...- Affermò piano sorridendo sorniona mentre l’immagine dolce di quel gesto d’amore tra i due le ritornava alla mente.

- Già...- Respirò profondamente l’Agente mettendosi in piedi. – Forza Jade diamoci da fare, prima troviamo le prove per terminare questo caso e prima ce ne ritorneremo a Los Angeles con meno danni possibili.-

L’uomo le porse la mano che lei afferrò con sicurezza aiutandola a tirarsi in piedi.

- Al lavoro Dottoressa Sash, c’è un malvivente che non aspetta altro che tu compia una delle tue tante magie.- Ghignò divertito.

- Mi stai dando della strega Callen?- Chiese divertita seguendolo.

 

 

 

 

Jade entrò nella stanza interrogatori.

Spostò la sedia silenziosamente e si sedette.

Aprì la cartellina che teneva tra le mani.

Sfogliò lentamente i fogli uno a uno osservandoli attentamente.

Il malvivente la guardava sorpreso.

L’uomo non riusciva a comprendere l’atteggiamento della donna.

Che cosa voleva da lui?

Che cosa pensava di ottenere?

Era solo un’illusa se credeva che si sarebbe lasciato scappare qualcosa.

A quell’ultimo pensiero sorrise soddisfatto.

Jade, proprio in quell’istante, consapevole dei pensieri dell’uomo, incrociò il suo sguardo con quello di lui.

- Tu mi dirai molto di più di quello che mi vuoi dire.- Disse sicura ponendo di fronte all’uomo i fogli che per qualche secondo aveva sfogliato.

- Luglio 2006: traffico d’armi.- Indicò con il dito indice.

- Novembre 2007: importo di droga dalla Russia.- Spostò la sua attenzione su un altro foglio.

- Febbraio 2008: tratta di donne dell’est Europa.-

Ad ogni accusa, il sorriso di superiorità del malvivente iniziò a svanire fino a scomparire del tutto con l'ultima affermazione.

- Maggio 2010: commercio di soldi falsi in Messico.-

Scosse la testa dispiaciuta.

- Il tuo capo non deve essere per niente soddisfatto del tuo comportamento, specialmente ora che sei stato arrestato dall’Ncis.- Si picchiettò il mento con l’indice.

- Non oso immaginare che ne sarà di te se ti lasciassimo andare.- Si appoggiò la mano sulla guancia in segno di preoccupazione.

- Jurij Vladimirovič Dolgorukij ha la fama di non essere un tipo amabile con gente come te.- Confessò come se fosse un segreto tra amiche.

Jade si alzò in piedi e si portò alle spalle dell’uomo.

Attese qualche secondo e poi si avvicinò al suo viso.

- Lo sai che non ti rimane molto da vivere appena te ne andrai via da qui.- Gli sussurrò all’orecchio utilizzando un tono deciso, freddo e intimidatorio.

Il malvivente, a sentire quelle parole, s’irrigidì e la fronte gli s’imperlò di sudore.

La Dottoressa Sash si sedette nuovamente al suo posto.

- Ce ne hai messo di tempo a capire.- Disse raccogliendo i fogli uno a uno lentamente e riponendoli nella cartellina.

- Sei finito Boris.- Terminò seria vicino alla porta pronta per uscire dalla stanza.

- Aspetti!- La bloccò l’uomo.

Jade si concesse un sorriso di soddisfazione prima di girarsi verso il tipo.

- Che cosa volete che faccia?- Chiese Boris sconfitto.

 

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** 21° capitolo ***


Lo so sono in estremo ritardo... ma credetemi è un periodo veramente che non riesco più a stare dietro a niente, troppi impegni ma in fondo chi non ne ha? e il tempo omi vola tra le mani senza che me ne accorga.

Questo chap è pronto da secoli ma fino ad ora non ho mai trovato il tempo di pubblicarlo, sono rimasta indietro anche con le FF da leggere T_T.

Grazie Misato85 per la tiratina d'orecchie ^^ fanno sempre bene.

 

Buona lettura

 

Light

 

 

 

 

Jade accarezzò la canna della pistola con il dito indice indecisa sul da farsi.

“Imprudente!”.

Prese la pistola in mano.

“Incosciente!”.

Strinse la presa più saldamente.

“Testarda!”.

Alzò in aria l’arma e la puntò verso il bersaglio.

Rimase ferma in quella posizione, con il braccio teso e con la pistola puntata verso l’obiettivo.

Le parole di Gibbs le rimbombarono ancora nella mente.

Aveva agito d’istinto.

In fondo Jethro non era il promotore delle azioni indotte dall’istinto?

Levò la sicura con il pollice e rimase ferma in quella posizione mentre gli avvenimenti di qualche ora prima le affollarono la mente.

 

 

 

 

Jade si fermò sulla soglia della porta alla domanda di Boris Che cosa volete che faccia”.

Aspettò qualche secondo, soppesando la sua richiesta e poi si voltò verso l’uomo lentamente, fissandolo indecisa sul da farsi e infine sorrise.

Si rimise a sedere, appoggiò la cartellina sul tavolo che porse al malvivente, estrasse la penna dalla tasca della giacca, tolse il cappuccio e la diede all’uomo.

- Tu non hai più scelta, scrivi su questo foglio ogni tuo movimento e cosa ti rimane da fare.- Ordinò seria.

La psicologa attese che l’uomo finisse di scrivere e poi lesse attentamente.

- Perfetto.- Affermò decisa.

Si alzò in piedi e rimase ferma a fissare il malvivente per qualche secondo.

- Domani sarai libero ma…-

Boris a sentire quelle parole alzò il viso di scatto e guardò sorpreso la donna.

- Ma…- Ripeté consapevole che la sua libertà avesse un prezzo.

- Mi presenterai a Juri come il tuo nuovo aggancio nella distribuzione della droga in città.-

- Impossibile!- Rifiutò il malvivente deciso.

- Non hai scelta Boris.- La psicologa si piegò sulle braccia avvicinando il viso al suo.

- Prendere o lasciare…- Disse sotto voce rilevando in quel modo l’ovvietà della risposta.

Jade si avvicinò all’uscita fermandosi per un attimo con la mano sulla maniglia.

- Vivo o morto.- Disse infine in tono serio chiudendo la porta dietro di sé.

La donna non fece in tempo a uscire che si ritrovò subito addosso lo sguardo gelido di Gibbs.

- Con me!- Disse Jethro assumendo il suo tono di rimprovero.

La Dottoressa Sash incrociò lo sguardo con Callen che stranamente era rimasto in silenzio ad assistere alla scena.

L’Agente era a braccia conserte, in piedi con le gambe leggermente divaricate, il corpo rigido e i muscoli contratti.

Il viso serio e teso non presagiva nulla di buono.

- Che c’è?- Chiese la donna non riuscendo a interpretare l’espressione tetra del collega.

Callen non le rispose e se ne andò in silenzio.

Jade, dopo un attimo di smarrimento, respirò a fondo e si apprestò a seguire Jethro per spiegargli il suo piano.

Gibbs la intercettò vicino all’ascensore, la afferrò per il braccio e la trascinò all’interno, bloccandolo subito dopo con un pugno secco sul pulsante.

- Come hai potuto fare una proposta del genere?!- Attaccò l’uomo imprigionando la donna all’angolo senza darle il tempo di reagire.

- Che cosa avrei dovuto fare secondo te?- Chiese Jade usando il suo stesso tono di voce.

- Sei un’imprudente! Che cosa ti dice la testa.- Continuò Jethro senza badare alla sua domanda sbattendo il pugno sulla parete vicino alla faccia della donna.

- Non è per niente vero! Ho agito d’istinto! Non potevo perdere quella opportunità.- Si giustificò.

- Incosciente.- Gibbs avvicinò il viso al suo.

- Sono l’unica che Juri non conosce. Chi dovevo affiancare a Boris? Callen? La sua copertura è stata bruciata. Preferivi Tony? È troppo vulnerabile in questo momento, non è lucido per affrontare una missione del genere. Oppure credevi che avrei sacrificato direttamente Ziva?- Chiese Jade irritata senza distogliere lo sguardo neanche per un secondo da quelle iridi di ghiaccio.

Testarda.- Decretò infine Gibbs perdendosi in quegli occhi così fieri e decisi.

Si staccò da lei dopo qualche secondo di silenzio che parve a entrambi un tempo interminabile e si appoggiò alla parete.

- Tu non sei un’Agente operativa.- Decretò Gibbs mettendo fine a quella discussione e uscendo dall’ascensore.

 

 

 

Al ricordo di quelle ultime parole taglienti il colpo partì dalla pistola.

Fuori.

Un altro sparo.

Fuori.

Il terzo.

Parte bianca della sagoma.

Il quarto.

Braccio destro della figura.

… e infine il quinto: spalla destra.

Jade, a quell’ultimo colpo, rimase ferma a osservare il buco dello sparo nella sagoma.

Non sei un’Agente operativa”.

Fredde.

Dure.

Taglienti.

Parole vere, ma che fanno male.

No! Non era un’Agente operativa ma aveva fin troppo capito a sue spese come gestire quelle situazioni.

Prese il nuovo caricatore, lo inserì, tirò indietro il carrello per caricare il colpo e si preparò a sparare.

- Non così.-

La voce bassa dell’uomo bloccò i suoi movimenti.

Jade girò lentamente la testa e si scontrò con il viso di Gibbs.

Jethro si avvicinò meglio alla donna facendo aderire il corpo alla sua schiena.

Le dita dell’uomo scivolarono sul braccio della donna fino a raggiungere la sua mano.

La Dottoressa Sash seguì i gesti dell’Agente come se fosse ipnotizzata da essi.

Un brivido caldo le partì dallo stomaco fino ad arrivare alle guance imporporandole di rosso.

- Rimani rilassata.- Ordinò l’Agente in tono basso.

“La fa facile lui!” Pensò Jade tesa nel sentire attaccato a sé il corpo di Jethro.

Gibbs prese entrambe le mani della donna e le fece afferrare la pistola saldamente mentre le sue le ricoprivano.

- Punta l’arma verso il bersaglio, tieni stretta la presa ma, nello stesso tempo, dai mobilità al pollice e soprattutto all’indice.-

Il fiato caldo della sua voce le accarezzò il collo scoperto.

Jade istintivamente chiuse gli occhi e si concentrò sul suono delle parole.

- Porta l'indice sul grilletto e quando sei pronta, delicatamente tira indietro…-

Gibbs eseguì gli stessi movimenti insieme alla psicologa.

- Non avere fretta, solo quando avrai visualizzato l’obiettivo, spara!-

Fu un attimo.

Il grilletto arrivò alla fine.

Jade aprì gli occhi e il colpo partì centrando in pieno la testa della sagoma.

La donna rimase ferma per qualche secondo fissando il buco nella figura.

Si girò lentamente verso l’uomo che con un’alzata di spalle, quel suo solito sorriso sghembo a metà labbro e lo strano scintillio nello sguardo confermò quello che era appena successo.

- Va bene.- Disse infine Gibbs spezzando il silenzio che era calato tra loro.

La psicologa sorrise teneramente.

“Non mi abituerò mai” pensò soddisfatta di costatare che per l’ennesima volta l’enigmatico uomo che aveva di fronte aveva infranto ancora le sue deduzioni su di lui.

- Ma…- Tentò di dire.

Gibbs prontamente le appoggiò il dito indice sulle labbra facendola tacere all’istante.

- Si fa a modo mio.- Affermò con tono autoritario prima di andarsene.

Jade rimase lì, ferma, immobile senza riuscire a muovere un solo muscolo.

Tutto di lei era sotto sopra.

“Dio mio…” riuscì solo a pensare portandosi automaticamente la mano al petto per far smettere quella corsa che improvvisamente aveva preso a battere il cuore e lasciare libero il respiro che involontariamente aveva trattenuto.

 

 

 

Erano ore che era seduta alla sua scrivania a controllare quel fascicolo.

Jade fece scorrere velocemente lo sguardo sul foglio, dove vi erano appuntati delle annotazioni scritte a mano.

Respirò a lungo, lasciò cadere il documento sul tavolo, si levò gli occhiali.

Prese a massaggiarsi gli occhi stanchi e si appoggiò pesantemente allo schienale della sedia.

Chiuse gli occhi nel vano tentativo di rilassarsi e mettere ordine ai pensieri che le affollavano la mente.

Un lieve spostamento d’aria e un fruscio di un sacchetto di carta la riportarono alla realtà.

- Insalata per te e cinese per me.- Disse l’uomo tranquillamente appoggiando i piatti sulla scrivania.

- Jethro…- Riuscì solo a dire.

Gibbs si fermò e la osservò attentamente in attesa che lei continuasse ma poi capendo dove volesse arrivare, accennò un sorriso.

- Non si può organizzare un piano ben congeniato senza aver nulla nello stomaco.- Si giustificò.

 

 

 

Continua…

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Capitolo 22
*** 22° capitolo ***


Ebbene sì… prima o poi ritornano…

Lunga l’attesa ma grazie al periodo di convalescenza ho ritrovato quel “tempo perduto” che prima di questa botta d’arresto non avevo.

Ora non rimane altro che goderci il seguito … ma prima un piccolo riassunto (grazie a roxy_xyz per l’idea)…

 

 

 

 Dove eravamo

Il passato torna a tormentare l’Agente Ziva David. La sua vita è in pericolo e il Direttore Vance ha incaricato la psicologa Dottoressa Jade Sash e l’Agente speciale G Callen, del gruppo unità speciali dell’Ncis di Los Angeles, di indagare e proteggere in modo invisibile l’Agente David.

Il passato ritorna, non solamente per Ziva, ma anche per tutta la squadra, specialmente per Gibbs perché Jade Sash è la copia esatta dell’Agente defunto Caitlin Todd: Kate.

Ziva, nell’ultimo caso su cui stavano investigando, si ferisce nel tentativo di salvare Gibbs da morte certa.

Il periodo di convalescenza porta Tony e Ziva a un avvicinamento e a confrontarsi con i loro sentimenti.

DiNozzo è deciso e sicuro di quello che sente, mentre l’Agente David rifiuta i suoi sentimenti solo per paura di quello che potrebbe accadere a loro e alla squadra se il suo rapporto con Tony cambiasse.

Callen, nel frattempo, decide di entrare in contatto con Ziva, stringendo amicizia con la donna e fingendosi un proprietario di un negozio di articoli sportivi.

L’Agente David, a sua volta, si crea una nuova identità che le permette di sottrarsi alla difficile situazione che sta vivendo in quel momento.

La Dottoressa Sash entra a far parte della squadra di Gibbs per verificare come lavora il team e osservare ognuno di loro, specialmente Jethro dal quale si sente attratta fin da subito.

La copertura di Callen salta quando dei malviventi intercettano lui e Ziva al parco nel tentativo di rapire quest’ultima, ma grazie anche all’intervento di DiNozzo, riescono ad arrestarli.

Il passato di Ziva ritorna pesantemente ed è legato a un unico uomo: Jurij Vladimirovič Dolgorukij.

Uno dei più potenti uomini malavitosi del contrabbando di droga e tratta di donne in Russia che in passato, quando ancora l’Agente David era alle prime armi, aveva sedotto e ingannato solo per introdurla nel suo giro di affari.

Ari, il fratellastro di Ziva, intervenne in suo aiuto, uccise Jurij e la portò via da quello schifo mettendola in salvo, poco prima di ritornare a Washington per occuparsi della sua vendetta dove avrebbe ucciso l’Agente Todd.

Tony e Ziva finalmente si riconciliano e lei si lascia trasportare dai sentimenti che prova per lui.

Siamo arrivati alla resa dei conti.

Jade e Gibbs si scontrano sul modo di intervenire, anche perché la psicologa si offre volontaria per agire in prima persona nel caso.

I due, alla fine, riescono a trovare un punto di collaborazione per catturare in modo definitivo Jurij e distruggere il suo giro d’affari.

Che succederà ora?

 

 

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

- Sei pronta?- Chiese Gibbs entrando nella stanza.

Jade uscì dal camerino e aspettò il giudizio dell’uomo.

Jethro nel vederla rimase senza parole.

Lasciò vagare lo sguardo sul suo fisico: aveva indossato una minigonna di seta leggera che la fasciava morbidamente le cosce, un top scollato che mostrava generosamente il suo decolté e sinuosamente disegnava la sua figura femminile.

Una goccia di diamante, sostenuta da una leggerissima catenina in oro bianco, brillava a ogni movimento in armonia con le stesse pietre che portava ai lobi delle orecchie che le illuminavano lo sguardo furbo.

Il trucco leggero sul viso portava in inganno restituendo un’immagine gentile e dolce, mentre il colore rosso brillante delle labbra invitava a pensieri non proprio casti svelando la sua vera natura di cattiva ragazza.

I capelli rossi, solitamente lisci e spettinati, erano stati pettinati in un mosso riccio che ondeggiavano dolcemente a ogni suo movimento.

Jade si avvicinò lentamente all’uomo con passo sicuro e deciso senza perdere la sua eleganza.

Il braccialetto di diamanti e perle scivolò più in giù quando la donna alzò il braccio picchiettando l’indice sulla giacca dell’uomo.

- Non mi dici niente Jethro?- Lo stuzzicò.

Gibbs s’ipnotizzò sulle sue labbra e dopo qualche secondo di blocco fece scivolare nuovamente lo sguardo sulla figura della donna.

La Dottoressa Sash trattenne il fiato sentendo gli occhi dell’uomo su di sé come se invece di osservarla la stessero spogliando semplicemente con quel tocco leggero.

Si maledisse mentalmente per averlo istigato, in fin dei conti doveva aspettarsi una reazione del genere.

- Io… cioè noi… sì…- Iniziò balbettando qualcosa imbarazzata.

Si morse il labbro per tenere a freno le sue emozioni e cercare di mettere in ordine in tutta quella confusione che con una semplice occhiata l’uomo le aveva generato.

- E’ meglio andare.- Disse infine risoluta.

Jade mosse i primi passi ma fu subito fermata dall’Agente che le circondò la vita con il braccio destro trascinandola leggermente verso di sé, quel tanto che gli bastava per immergersi nel suo profumo delicato dall’essenza di pesca che lo portava come di consueto ad un piacevole stordimento dei sensi.

I due rimasero fermi in quella posizione per qualche secondo senza né dire e fare niente.

Un tempo indefinito dove le parole erano le uniche cose superflue.

- L’auricolare.- Sentenziò Gibbs.

- Come?- Chiese Jade risvegliandosi da quel torpore.

L’uomo le portò il ciuffo ribelle dietro l’orecchio, le collocò il bottoncino sulla clip dell’orecchino.

La donna infastidita si scostò da lui di qualche passo e si tolse immediatamente con rabbia il microchip.

- Ne avevamo già parlato Gibbs. È pericoloso! Mi sembra che eravamo d’accordo: niente di tutto questo!!- Gli porse la cimice.

Jethro come risposta le regalò uno dei suoi sguardi gelidi.

- E’ inutile, non attacca con me quello sguardo!- Senza aggiungere altro uscì dalla stanza.

 

 

 

Tony e Ziva smisero di parlare quando videro Jade camminare come un generale in direzione dell’ascensore.

- Aria di guai.- Sorrise DiNozzo.

La collega non aggiunse altro, rimase in silenzio, appoggiandosi allo schienale della sedia sovrappensiero mentre picchiettava debolmente la penna sulle labbra.

- Occhioni belli togliti dalla testa subito quello che hai appena formulato. Non esiste.- Avvertì severo.

Ziva rivolse lo sguardo verso di lui.

Da quando in qua interpreta i miei pensieri?” si chiese sorpresa.

- E’ stata un’idea della Dottoressa Sash esporsi: in fin dei conti sia tu, Callen ed io siamo fuori gioco.-

- Ma…- Tentò Ziva di ribattere sporgendosi verso di lui ma il dito indice di Tony appoggiato sulle labbra la fece desistere.

- Le guarderemo le spalle.- Assicurò. – Andrà tutto bene ci siamo noi come angeli custodi.- Sorrise sornione.

Ziva a quelle parole si rilassò.

- DiNozzo quando hai finito di tubare vai a preparare l’auto.- Disse Gibbs in tono autoritario lanciandogli le chiavi dall’auto.

- Sì capo!- Scattò l’Agente all’ordine e si volatilizzò.

- Vi voglio al garage tutti fra cinque minuti!- Decretò il capo.

Ziva gli si avvicinò silenziosamente.

- Gibbs.- Disse in un soffio.

- No.- Rispose.

- Non puoi permettere alla Dottoressa Sash di andare da sola, non è un’Agente operativa, non è mai stata realmente sul campo.-

Jethro si bloccò lasciando scivolare la documentazione che stava osservando sulla scrivania e guardò la donna negli occhi.

Incontrò uno sguardo preoccupato, iridi nere tristi ma nello stesso tempo arrabbiate, insofferenti per non potere agire in prima persona in uno scontro che era nato solo a causa sua.

- Non sarà sola.- Decretò mettendo fine a quella conversazione.

- In garage.- Ordinò prima di andarsene.

 

 

 

- Wow!! – Esclamò Tony non appena vide Jade.

La donna si girò a guardarlo sorpresa.

- Vuoi farmi uccidere…- Si fermò un attimo a pensare. - … no, mi sa che moriresti prima tu per mano della tua donna.- Rise divertita.

DiNozzo a quella possibilità sbiancò all’improvviso e si guardò in giro con circospezione nella speranza di non trovarsi Ziva dietro le spalle.

Resosi conto di quello che la donna aveva appena affermato, la fissò sconcertato.

- Come sai che io e Ziva stiamo insieme, non l’abbiamo ancora detto.- Obiettò.

- Esatto…- Disse la donna. – Me l’hai confermato ora facendo il suo nome, in fondo poteva essere chiunque la tua donna, ma chissà perché, tu hai fatto proprio il nome dell’Agente David.- Sorrise divertita.

- Cosa c’entro io?- Chiese Ziva in tono severo intervenendo nella conversazione.

Tony si allentò il nodo della cravatta e deglutì rumorosamente.

- Niente, niente.- Disse cancellando con la mano quelle ultime parole ancora in sospeso nell’aria.

- Dov’è Gibbs?- Chiese Callen seguito da Mcgee.

- Dietro di te.- Rispose il capo.

Tutti i presenti si girarono a guardarlo e nessuno disse niente.

Jethro si era cambiato e invece del suo consueto abbigliamento composto da pantalone sportivo, giacca e polo aveva indossato un paio di pantaloni nero lucido, una camicia di colore nero che faceva risaltare ancora di più il suo sguardo azzurro e la fisionomia delle spalle.

“Così è da infarto!” pensò Jade estasiata dall’immagine dell’uomo.

- Capo…- Disse incerto Tony rompendo il silenzio che era calato.

- Io andrò con la Dottoressa Sash, Callen e David ci guarderete dall’alto, DiNozzo e Mcgee ci seguirete a distanza.

 

 

 

Jade entrò in macchina, si mise a fianco dell’uomo e aspettò che si fossero avviati per toglierli la benda.

Boris sbatté un paio di volte le palpebre per abituarsi alla luce del giorno.

- Dove mi state portando?- Chiese rivolgendo alla donna uno sguardo truce.

La Dottoressa Sash per risposta gli porse un telefono cellulare.

- Chiama Juri, avvisa che stiamo arrivando e che porti con te una delle più grosse possibilità per aumentare il suo traffico di droga nel paese come abbiamo concordato prima.-

- Se mi rifiutassi?- Domandò spavaldo.

- Semplice…- attese qualche secondo prima di continuare: - Sei morto.- Rispose semplicemente sistemandosi più comodamente sul sedile.

L’uomo, bianco in volto per quell’ipotesi, afferrò il cellulare dalle mani della donna e compose il numero del malvivente.

Gibbs sorrise appena, soddisfatto dalla reazione della donna.

 

 

 

- Passerotto, in posizione?- Disse Tony senza perdere di vista il capo e Jade.

Ziva chiuse gli occhi con stizza sentendo quel soprannome mentre Callen se la rideva.

- Hai finito?- Guardò severa G.

- DiNozzo mi sa che avrà vita breve.- Rise più forte.

- Sì orsacchiotto, visuale sull’obiettivo.-

Mcgee sentendo il nomignolo sputò il sorso di caffè che stava bevendo ridendo come un matto.

- Smettetela voi due altrimenti vi spedisco a casa a calci!-

La voce severa e dura del capo ammonì i due agenti.

- Entriamo in azione. Chiudo comunicazioni.- Riferì prima di togliersi l’auricolare.

- Signora, siamo arrivati.- Avvisò Gibbs abbassando il vetro retrovisore.

I due si scambiarono uno sguardo d’intesa.

 

 

 

- Boris Alexej che bella sorpresa.- Lo accolse un uomo sulla quarantina, dal fisico slanciato vestito completamente in bianco, pelle avorio e occhi di ghiaccio, lineamenti marcati e una grossa cicatrice che gli solcava il viso.

- Signor Dolgorukij è sempre un piacere vederla.- Gli porse la mano che l’uomo afferrò con una stretta sicura e forte.

Jurij guardò dietro le spalle dell’uomo.

- Chi c’è in macchina?- Chiese con un misto di diffidenza e curiosità .

- Il mio nuovo contatto che le farà incrementare il suo giro d’affari nel paese. Non se ne pentirà.- Sorrise sornione.

Fece un cenno all’auto.

Gibbs scese, girò intorno alla macchina e aprì la portiera posteriore.

Jurij incuriosito avanzò di qualche passo verso il mezzo uscendo allo scoperto.

A Ziva, che stava osservando la situazione dall’alto del palazzo di fronte, si gelò il sangue nelle vene quando vide il viso dell’uomo.

- Non può essere.- Disse in un soffio premendo leggermente, in un gesto quasi istintivo, l’indice sul grilletto.

- Ehi.- Callen le appoggiò delicatamente la mano sulla spalla.

L’Agente a quel contatto rilassò la mano togliendo il dito dal grilletto.

- Rimani concentrata.- L’ammonì serio.

La donna chiuse gli occhi per un attimo per ritrovare la concentrazione e scacciare i fantasmi del passato.

“Come può essere?” Si chiese mentalmente.

Gibbs porse la mano alla donna all’interno dell’auto e la aiutò a uscire.

Lei appoggiò il piede destro a terra mettendo in risalto la sua gamba nuda con un gesto lento e sensuale.

- Grazie Leroy.- Sorrise all’uomo che come risposta sollevò appena l’angolo destro del labbro superiore in un gesto divertito.

- Signor Dolgorukij le presento la signora Sash.-

La donna sorrise seducente.

- Jade.- Gli porse la mano che l’uomo afferrò con cavalleria poggiando appena le sue labbra mentre i suoi occhi scivolavano sul suo corpo.

- Incantato. Che cosa posso fare per lei?- Domandò gentile.

Jade rise divertita.

- Signor Dolgorukij…- Ma la bloccò.

- Jurij la prego.- Sorrise ammiccante.

- Jurij…- Ripetè Jade con voce sensuale - … sono io che posso fare qualcosa per te.-

- Immagino.- Rispose viscido analizzando attentamente il fisico della donna soffermandosi al suo decolté.

Un brivido di disgusto percorse il suo stomaco che le lasciò un gusto amaro in bocca.

- Leroy mostra a Jurij il regalino che gli abbiamo portato.- Ordinò gentile.

Gibbs prese dalla macchina la valigetta e la aprì di fronte all’uomo mostrandogli il suo contenuto.

- Questo non è niente, un semplice dono per la nostra collaborazione futura. Ne ho di tutti i tipi e per tutte le esigenze mi manca solo il contatto giusto per trasportarla.- Continuò decisa mentre il malvivente toccava con mano la merce preziosa.

L’uomo tagliò con il coltellino uno dei sacchettini e ne prese un assaggio.

- Pura, fine…- Costatò. – Credo proprio che ne possiamo parlare…- Sorrise soddisfatto. – Ma non qui.-

Si avvicinò alla donna e le cinse la vita con il braccio trascinandola vicino a sé.

- Seguimi.- Le sussurrò all’orecchio.

Gibbs all’atteggiamento dell’uomo scattò in favore della donna.

- Perché non dice al tuo cane da guardia di stare a cuccia.-

Jade si girò verso l’Agente e gli intimò con lo sguardo di stare fermo.

- Scusalo ma Leroy non è molto socievole soprattutto con le persone che non conosce e che si prendono certe libertà o mi si avvicinano troppo…- Lo guardò intensamente. -… comunque lui viene con me.- Rispose risoluta senza lasciargli la possibilità di ribattere.

Jurij rimase sorpreso dal comportamento della donna e dopo un attimo di smarrimento sorrise.

- Va bene, seguitemi io non tratto qui gli affari importanti. Jade verrai con me mentre il tuo cane da guardia farà compagnia a Boris.- Sorrise sornione.

 

 

 

 

- Passerotto prendi il volo.- Ordinò Tony.

Ziva e Callen si scambiarono uno sguardo d’intesa, recuperarono l’attrezzatura e corsero a raggiungere la macchina dove li stavano aspettando i colleghi.

- Perché si stanno muovendo?- Chiese l’Agente David nervosa.

- Cambieranno location. Jurij è un tipo sospettoso e i suoi affari li tratta altrove dove si sente più al sicuro.- Rispose Callen in tono serio.

Tony lanciò uno sguardo indagatore a Ziva che era concentrata a guardare fuori dal finestrino.

- Allora passerotto c’era bel tempo lassù?- Ironizzò sorridendo sotto i baffi e si congratulò nuovamente con se stesso per aver trovato quel nome in codice.

La collega come risposta gli rifilò uno dei suoi sguardi duri mentre gli altri se la risero.

- Stupido.- Disse sottovoce alzando impercettibilmente l’angolo destro della bocca verso l’alto.

- Chissà quali sono le vere intenzioni di Jurij?- Chiese Mcgee ad alta voce analizzando il percorso che stavano percorrendo.

Il silenzio calò nell’abitacolo nessuno al momento seppe rispondere alla domanda.

- Vuole me.- Rispose infine Ziva centrando il punto della verità.

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

 

 

Bene, bene, ormai manca poco alla fine.

Il prox chap è in lavorazione e prossimamente sarà pubblicato.

 

Questa è una foto di Gibbs in versione figo:

http://2.bp.blogspot.com/_kL5XTezE0fk/SqN_mgf6kOI/AAAAAAAAAKQ/O4du3iOJOkg/s1600/gibbs-ncis.jpg

 

mentre questa è la foto di Jade come era vestita:

http://www.coverfutur.com/acteur/gallerie/SashaAlexander3.jpg

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** 23° capitolo ***


Eccomi qua… e prima di quanto pensassi…

Ci stiamo avvicinando pericolosamente alla fine… ma non voglio svelarvi altro

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

 

- Prego accomodatevi.- Jurij indicò il divano ai tre ospiti.

- Complimenti è un posto meraviglioso!- Disse Jade ammirata.

- Una villa immersa nel verde e hai persino un laghetto!! – Continuò guardandosi attorno. - … che bella sorveglianza.- Osservò noncurante e in tono più basso lasciando vagare lo sguardo sull’intera zona mentre cercava di trovare dei punti deboli e giocherellava con il cellulare.

- Sono contenta che ti piaccia…- Iniziò Jurij avvicinandosi -… mi farebbe molto di più piacere se rimanessi qui a pranzo.- Le sussurrò all’orecchio.

La mano dell'uomo scivolò lentamente dalla spalla della donna fermandosi in vita per attirarla a sé dolcemente coprendole in quel modo la visuale sul giardino.

Gibbs strinse forte i pugni infastidito dalla libertà che l’uomo si stava prendendo con la collega.

I suoi occhi assunsero un colore indefinito dall’azzurro profondo al bianco freddo.

Jade sentì lo sguardo truce dell’Agente su di sé e si staccò leggermente dal malvivente.

Posò i suoi occhi su Gibbs e gli intimò di smetterla con quell’atteggiamento.

- Ci facciamo una passeggiata nel parco?- Chiese tutto un tratto Jade accorgendosi della posizione di difesa che Jurij aveva assunto.

Ignorò l’occhiata omicida che le aveva rivolto Jethro e prese sottobraccio l'uomo per incoraggiarlo.

Quest'ultimo stesso si dimostrò sorpreso della richiesta della donna, ma acconsentì solamente dopo qualche secondo di smarrimento.

Gibbs fece un passo per seguire i due come un’ombra silenziosa ma Jade lo bloccò appoggiandogli la mano al petto.

- Leroy rimani pure qui a far compagnia a Boris.- Disse gentile.

- Signora…- Tentò di protestare.

- Non ti preoccupare Leroy la tengo d’occhio io.- Rispose divertito il malvivente dandogli qualche pacca con la mano sulla spalla.

Gibbs a quella strafottenza s’irrigidì, trattenne il pugno che era pronto a colpire la faccia da schiaffi che aveva di fronte e rimase fermo nella sua posizione di spettatore.

- Andiamo?- Jurij indicò la strada con un gesto della mano.

 

 

 

- Jade ha inviato delle foto.- Disse a un tratto McGee.

Callen sorrise all’intraprendenza della donna.

- Sono le foto della villa.-

Un fischio di ammirazione partì da Tony.

- Però si tratta bene.-

- Troppa sorveglianza.- Dissero in coro Callen e Ziva.

I due si guardarono e sorrisero.

DiNozzo tossicchiò per l’irritazione che gli era nata nello stomaco a quel gesto.

- Le invio ad Abby così potrà confrontarle con la planimetria della villa e vedere i vari punti deboli.-

 

 

 

- Bellissimo giardino.- Jade sorrise a Jurij mentre apriva la porta della stanza in cui si trovavano Gibbs e Boris.

- Allora siamo d’accordo.- Disse il malvivente. – A questa sera.- Le prese la mano e gliela sfiorò con un bacio.

- Alexej vieni un attimo con me che ti lascio quella bottiglia di vodka che tanto aspiravi, te la sei proprio meritata per avermi fatto conoscere uno splendore come Jade.-

Boris guardò sorpreso l’uomo, ma poi ricambiò la sua gentilezza con un sorriso soddisfatto.

Gibbs aspettò che i due uscissero dalla stanza per avvicinarsi a Jade.

- Che cos’è questa storia della cena?- Chiese l’Agente nervoso.

- Solo un modo per conquistarmi la sua fiducia e il suo… beh solo un modo per rimorchiarmi.- Rispose divertita.

 Oddio adesso mi uccide” pensò subito Jade accorgendosi che i lineamenti del viso dell’uomo erano diventati più marcati e la giugulare aveva iniziato a pulsare velocemente.

- Jethro…- iniziò con calma appoggiandogli la mano al petto. – Fidati di me.-

L’Agente le prese dolcemente la mano, fece un lungo respiro prima di parlare.

- Mi fido.-

La donna nel sentire quelle due semplici parole si rilassò anche lei.

 

 

 

 

Avevano lasciato da poco la casa di Jurij e stavano tornando a casa.

Un veloce scambio di mezzi in un vicoletto appartato e Alexeij era passato in custodia a Callen e McGee, Ziva e Tony erano rimasti di guardia e Gibbs aveva accompagnato a casa Jade.

- McGee arriverà tra poco con l’attrezzatura: cimici, videocamera, microfono tutto deve essere apposto questa volta.- Affermò autoritario guardandosi attorno.

- Quella è la mia camera, vuoi mettere telecamere anche lì?- Chiese Jade cercando di non ridere divertita dall'atteggiamento iperprotettivo dell'uomo.

Jethro si bloccò sull’uscio della stanza.

Osservò l’interno, lasciò vagare il suo sguardo soffermandolo su alcuni punti che catturarono il suo interesse.

Il grande letto che padroneggiava in mezzo alla camera.

Il vaso di tulipani rossi che elegantemente era stato appoggiato sul comò.

La vestaglia di seta nera abbandonata sulla sedia vicino allo scrittoio.

Chiuse gli occhi per un attimo.

Respirò a fondo.

Eccolo qua.” Pensò soddisfatto riconoscendo nell’aria il profumo di pesca della donna.

- Lo sai che se fossi te in questo momento ti arriverebbe un bel scappellotto? Niente distrazioni Agente Gibbs.- Avvertì scherzando.

Jethro si girò per incontrare i suoi occhi che brillavano di furbizia.

Rimase a osservarli per qualche secondo curioso per quello strano luccichio che impreziosiva le sue iridi non rendendosi conto che in quel modo stava mettendo in soggezione la donna, la quale si portò a debita distanza da lui.

- Mi vuoi dire di cosa avete parlato?- Chiese cercando di resistere al magnetismo che stava provando in quel momento per lei.

La donna tentò di allontanarsi ancora di qualche passo ma lui la bloccò per un braccio.

Il cuore di Jade prese a battere velocemente appena entrò in contatto con lui.

- Non si fida di me.- Disse infine.

Abbassò la testa mentre il silenzio calò tra i due.

- Per questo ti sei esposta e hai accettato il suo invito a cena.- Continuò serafico Gibbs.

- Jurij sta progettando qualcosa, è stato fin troppo conciliante…- riprese la donna guardandolo dritto negli occhi. – Non è solo per merito del mio fascino.- Sorrise aspettandosi una reazione da parte dell’Agente ma che non arrivò.

Delusa liberò la mano da quella di Gibbs e andò a sedersi sul divano.

Jetrho, dopo qualche istante, si sedette accanto a lei e con un gesto veloce le appoggiò la mano sul viso e glielo voltò in modo che si potessero guardare negli occhi.

- Il tuo fascino non rende le persone concilianti.- Affermò serio.

I loro visi erano tremendamente vicini e come se qualcuno li stesse spingendo l’uno verso l’altro, le loro labbra si sfiorarono prima timidamente per poi prendere sempre di più consapevolezza di quel gesto e affogare nel mare dei loro sentimenti.

Gibbs spinse dolcemente Jade all’indietro facendola distendere sul divano seguendo il movimento con il suo corpo, senza mai abbandonare le sue labbra.

La mano di Jethro iniziò a sfiorare la gamba nuda della donna con un gesto lento e delicato verso l’interno.

Jade, a quel gesto, trattenne il respiro ma quando sentì Gibbs lasciare le sue labbra per prendere a baciare il suo collo e seguire chissà quale percorso invisibile, non poté trattenere un gemito estasiato.

La melodia di una dolce musichetta si diffuse nell’aria risvegliando i due amanti dal loro torpore.

I due si guardarono negli occhi.

- Il tuo cellulare.- Disse Jethro ripresosi prima da quel contatto.

- Come?- Chiese Jade ancora frastornata.

- Sta squillando il tuo cellulare.- Ripetè con calma ancora sopra di lei.

Jade si sollevò con le braccia ma quel gesto la portò ancora più vicino alle labbra dell’uomo.

- Scusami.- Disse quasi senza fiato.

- Mai scusarsi…- L’alito caldo delle sue parole le accarezzò le labbra prima di levarsi e rimettersi a sedere.

 

 

 

 

 

- Devo tirare a indovinare o me lo dici tu a cosa stai pensando?- Chiese a un tratto Tony non sopportando più il silenzio di Ziva.

- Niente.- Fu l’unica parola come risposta che ricevette.

Tony uscì dalla macchina e con un gesto di rabbia chiuse la portiera.

Respirò a fondo per calmarsi.

Guardò in alto nel cielo.

Era una bellissima serata.

Le stelle, come piccoli diamanti, brillavano alla luna chiara, limpida che si mostrava alla terra in tutta la sua piena bellezza.

Girò intorno alla macchina, picchiettò vicino al finestrino di Ziva e quando lei lo abbassò, si piegò alla sua altezza.

La donna lo guardò sorpresa rilassandosi sul sedile, allungò una mano verso il viso dell’uomo e gli accarezzò una guancia.

Tony, incoraggiato da quel gesto, si porse verso di lei ed entrò con la testa nell’abitacolo fino a raggiungere le sue labbra e baciarla.

- Parla con me Ziva.- Disse quasi in una supplica disperata dispiaciuto di vedere sul suo viso quell'ombra di tristezza mista amarezza.

Tony si alzò in piedi, si appoggiò alla macchina a braccia conserte, accavallò le gambe una sull'altra e attese un gesto della compagna.

Ziva aprì la portiera, scese dalla macchina e si mise al suo fianco.

- Credevo veramente che fosse morto.- Disse a un tratto.

DiNozzo preferì non parlare e attese pazientemente che la collega si aprisse con lui.

L’Agente David, dopo quell’attimo d’indecisione, lasciò libere le parole e confessò tutto quello che doveva raccontargli.

Tony, in segno di protezione, circondò con il braccio le spalle della collega attirandola a sé e stringerla tra le sue braccia mentre le sue parole gli ferivano l'animo.

Rimasero per qualche minuto in silenzio quando Ziva finì di raccontare, godendosi la pace della sera.

DiNozzo respirò a fondo e poi sorrise.

- Sai, potrei essere geloso di Jurij ...- Iniziò in tono serio stringendo con forza a sé la donna. - ... se non sapessi che per te esisto solo io e mi ami follemente.- Terminò in tono divertito.

Si appoggiò con il mento sul suo capo e respirò a fondo il profumo di vaniglia e rosa.

Ziva si rilassò nell'abbraccio dell'uomo e sentì uno strano calore che si espandeva nel cuore.

Alzò il viso per guardarlo negli occhi.

Rimase in silenzio per qualche istante senza né dire e fare niente.

Si immerse in quegli occhi gentili e caldi.

Una strana sensazione di benessere tranquillizzò il suo animo. Ogni volta che accadeva, rimaneva sorpresa per un attimo incredula che tutto quello che sentiva, provava era per merito suo.

Sì lo amava, come non aveva mai amato nessuno.

Era un sentimento così forte che quando ne prendeva consapevolezza aveva quasi paura a lasciarsi andare, come se tutto potesse finire in un istante, ma bastava uno sguardo, un tocco gentile della sua mano, un abbraccio, un suo bacio per calmare la paura e godersi quella bellissima sensazione di estasi e pace.

- Che c'è?- Chiese Tony dolcemente accorgendosi dello sguardo intenso che gli stava rivolgendo.

Ziva sorrise.

Un gesto che nascondeva quello che era ovvio, ma che non dovesse essere detto a parole.

- Già...- Confermò semplicemente appoggiando nuovamente la testa sulla sua spalla.

Tony soddisfatto comprese che cosa volesse dire quell'unica parola e le appoggiò un bacio sul capo.

 

 

 

 

 

- Una sorpresa!- Esclamò Jade entusiasta dalla proposta che l’uomo al telefono le aveva fatto.

Gibbs non l’aveva persa di vista un attimo. I suoi occhi erano puntati sulla donna, attento a cogliere un gesto, un segnale che lo potesse avvertire del pericolo.

La Dottoressa Sash continuò ancora per qualche minuto a usare il tono civettuolo scherzando e amoreggiando con il suo interlocutore.

- Aspettami.- Terminò la telefonata.

Posò lo sguardo su Gibbs e per un attimo al divano e subito la sua mente la riportò a quello che era accaduto qualche minuto prima.

Un colore rosso imporporò le sue gote.

La donna automaticamente si portò la mano al petto per cercare di tenere a freno i battiti del suo cuore.

“E’ successo veramente.” Pensò incredula mentre sentiva ancora su di sé i baci che Gibbs le aveva lasciato sul suo corpo.

- Tutto bene?- Chiese Jethro avvicinandosi.

- Sì.- Riuscì solo a dire ipnotizzata da lui.

- Che cosa ti ha detto?- Domandò pensieroso.

- Jurji ha cambiato programma. Mi ha detto che ha organizzato una bella sorpresa per me e la cena si terrà a casa sua.- Spiegò. – Vuole farmi conoscere una persona.-

- Un trafficante.-

- Molto probabilmente.- Affermò seria.

- Vai a cambiarti.- Ordinò serio.

Jade lo guardò in modo strano.

- Non vorrai presentarti questa sera vestita ancora così?- Rilevò rispondendo alla muta domanda della donna.

- Non penso che Jurji si lamenterebbe.-

Gibbs come risposta le scoccò una delle sue occhiatacce.

 

 

 

 

 

Ziva, ancora tra le braccia di Tony, s’irrigidì avvertendo la sua presenza.

- Che succede?- Chiese DiNozzo accorgendosi del cambio d’umore della donna.

- Callen.- Rispose seraficamente allontanandosi di qualche passo da lui.

- Cosa?- Domandò sorpreso non riuscendo a capire il suo atteggiamento

- Avanti G vieni fuori!- Disse nervosa.

L’Agente apparve da dietro il tronco dell’albero sorridendo a entrambi.

Peggio di un radar!” pensò divertito dall’istinto di Ziva.

- Bella serata, voi non trovate?- Esordì avvicinandosi all’Agente David e le appoggiò un braccio sulla spalla mentre lei lo guardava storto a braccia conserte.

- Cosa ci fai qui Agente Callen?- Chiese Tony seccato mentre in modo maldestro toglieva il braccio dell’uomo dalle spalle della compagna e si poneva tra i due.

- Mi manda Gibbs. Piano cambiato. Jurij ha invitato a cena Jade a casa sua, le vuole presentare una persona, probabilmente un trafficante. Saliamo in macchina che vi spiego il piano.-

 

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

Accipicchia… se fossi in loro non sarei molto tranquilla… anzi non lo sono per niente.

Staremo a vedere si prospetta una bella bomba di azione

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Capitolo 24
*** 24° capitolo ***


Che succederà ora?

 

 

 

Buona lettura

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

La cena procedeva tranquillamente.

Jurij si stava dimostrando una persona amabile e un ottimo conversatore. I loro argomenti di discussione spaziavano in diversi campi, dalla politica ai problemi sociali e culturali.

Un tipo davvero interessante” pensò Jade mentre lo ascoltava e con la coda dell’occhio scrutava l’altro ospite che era rimasto per lo più in silenzio per tutta la durata della cena.

Tipo troppo tranquillo questo Dimitri” costatò nervosa.

L’uomo era un imprenditore russo, e grazie al suo lavoro che gli faceva da copertura, era riuscito a creare un grande giro di traffico di droga.

- Un’ottima cena.- Si congratulò Jade.

- Voglio farvi assaggiare una buonissima vodka.- Propose Jurij.

- Ti ringrazio ma ora devo andare a predisporre il tutto per dopo. Jade è stato un piacere conoscerla e soprattutto sarà interessante fare affari con lei. Vi aspetto al mio magazzino.- Disse Dimitri congedandosi.

Le prese la mano gentilmente e le posò a fior di pelle un bacio.

Jurij e Jade rimasero da soli.

Si osservarono attentamente come se volessero interpretare i pensieri dell’altro.

- Alla nostra collaborazione che sia sempre fruttuosa come questa sera.-

Jurij le porse il bicchierino di vodka per brindare.

Jade lo prese, lo alzò in alto e poi bevve tutto d’un fiato.

 

 

 

 

- Va bene.- Confermò Ziva.

- No! Assolutamente no!- Si oppose Tony con forza alla proposta che era stata appena fatta.

- DiNozzo!- Lo richiamò all’ordine Callen mentre da parte della donna si beccava un’occhiataccia d’ammonizione.

- Non c’è niente da discutere. Bisogna portare in salvo Jade assolutamente.- Continuò decisa e scese dalla macchina, all’improvviso le era nata la voglia di respirare aria fresca.

- Gibbs ti aspetta.- Continuò Callen rivolgendosi a Tony prima di scendere dall’auto.

DiNozzo gli rivolse un’occhiata truce, afferrò con forza le chiavi e mise in moto la macchina.

- Sei pronta?- Chiese G a Ziva.

- Quando vuoi.- Rispose seria la donna.

 

 

 

- Mia cara, Matt ti porterà alla macchina, io arrivo subito dopo, un piccolo contrattempo ma ti raggiungerò a breve, la nostra serata non può finire così.- Disse Jurij lasciando Jade in compagnia del suo scagnozzo.

- Prego, mi segua signora Sash.- L’uomo le indicò la strada verso il garage.

Matt aprì la portiera dell’auto per far entrare la donna ma fu accolto dalla canna di una nove millimetri.

L’uomo uscì dal veicolo non perdendo di vista il malvivente.

- Mani sopra la testa!- Intimò, lo perseguì, gli mise le manette, lo imbavagliò e poi lo fece sedere in auto.

- Stai bene?- Chiese alla donna.

- Sì, tutto bene Tony. Muoviamoci che Gibbs ci aspetta. E' tempo di fare la festa a Dimitri.-

I due salirono in macchina.

Il silenzio calò tra loro.

- Mi dispiace.- Disse a un tratto Jade sentendosi colpevole.

- E’ il nostro lavoro.- Rispose Tony con calma.

Accelerò la marcia dell’auto per evitare di pensare a quello che sarebbe successo da lì a poco.

 

 

 

 

 

Jurij salì nella sua limousine.

- AJ come mai è così buio!- Protestò infastidito.

La luce si accese all’improvviso nell'abitacolo rivelandogli la persona all’interno mentre l’auto iniziò ad avviarsi.

- Ziva David.- Disse l’uomo compiaciuto.

- Sei vivo Jurij.- Constatò con disgusto.

- Se fosse per tuo fratello, sarei certamente morto, peccato che aveva fretta di tornare dalla sua sorellina e non si è accertato delle mie vere condizioni.-

- Bella cicatrice.- Sorrise prendendosi gioco di lui.

- In tua memoria.- L'uomo non si lasciò impressionare.

- Che cosa vuoi da me Jurji?- Chiese Ziva centrando il nocciolo della questione.

- La tua morte.- Ghignò compiaciuto.

Il malvivente si strinse più forte la cintura e si aggrappò al bracciolo del sedile proprio un attimo prima dell’urto.

La limousine all’impatto con l’altro mezzo fu sbalzata per diversi metri fino a capovolgersi su se stessa.

- Capo tutto bene?- Chiese l’uomo aprendo la portiera.

- Aiutami a uscire!- Rispose sprezzante leggermente stordito. – Prendi la donna!- Ordinò  indicando Ziva che per l’impatto aveva sbattuto la testa ed aveva perso i sensi.

- E di questo che ne facciamo?- Domandò ancora indicando Callen nel posto del guidatore. – Credo che sia morto, lo faccio sparire?- Propose.

- Lascialo lì. Un piccolo regalo, da parte mia, per la Dottoressa Sash. In fin dei conti sta sera le ho fatto un sacco di piaceri, uno in più non guasta. Dovrebbe essere già soddisfatta così com’è visto che le ho permesso di catturare Dimitri.-

Una risata sadica si diffuse nell’aria gelando il sangue di tutti i presenti talmente la follia che emanava.

 

 

 

 

- Dimitri sei in arresto!- Dichiarò Gibbs cogliendo il malvivente con le mani nel sacco.

- Portatelo via.- Ordinò agli agenti.

Si avvicinò a Jade che era rimasta in un angolo a osservare la scena.

- Tutto bene?- Chiese Tony a Gibbs accorgendosi dell’espressione seria sul suo viso.

I due agenti si guardarono per un lungo istante.

- Maledizione!- Esclamò DiNozzo quando riuscì a decifrare quello che il capo gli stava per dire con gli occhi, strinse forte le mani a pugno per non cedere alla rabbia.

McGee arrivò con Callen proprio in quel momento.

- G!- Disse la donna, corse verso l’uomo e lo abbracciò con affetto.

- Sto bene Jade.- La rassicurò corrispondendo il suo abbraccio per poi lasciarla andare.

- E’ tutta colpa tua! Dovevi proteggerla!- Tony si scagliò contro l’Agente ma prima che lo potesse colpire con il pugno, Gibbs lo bloccò per le spalle.

- Datti una calmata DiNozzo.- Lo ammonì. – Non c’è tempo da perdere, dobbiamo agire subito. McGee?-

- Sì, capo. Ho rintracciato il segnale del cellulare di Jurij. Si stanno dirigendo verso nord.-

- Andiamo!-

A quell’ordine i presenti scattarono per entrare in azione.

 

 

 

Ziva sentiva la testa pesante.

Faticò ad aprire gli occhi

Era legata con mani e piedi a una sedia posta in mezzo ad una stanza poco illuminata.

- Ti sei svegliata finalmente.-

La voce dell’uomo le arrivò ovattata, come se lui fosse lontano mille miglia da lei, dovuto solo molto probabilmente alla botta alla testa che aveva preso.

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

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Capitolo 25
*** 25° capitolo ***


Penso che sia più forte di me, quando sto per terminare una storia, entro in crisi.

Tutto diventa difficile e la nebbia regna sovrana nella mia mente nascondendo a me stessa le visioni di come andrà.

La mano, ad un certo punto, così senza preavviso, con un tocco delicato, spazza via la nebbia fitta e arriva sovrano il sole conquistando la scena.

Prima che continui con questo vaneggiamento, andiamo avanti.

 

 

Buona lettura

 

 

 

Light.

 

 

 

 

 

 

- Vivi… per me. O tutto quello che sono, non sarà servito a niente.-

 

 

 

Qualche ora prima…

 

 

 

In auto il silenzio era calato tra gli agenti, ognuno perso nei propri pensieri.

Tony strinse forte le mani a pugno, cercando di tenere a freno la rabbia che provava in quel momento.

Il suo unico pensiero era rivolto solo a lei: Ziva.

Una serie di domande affollò la sua mente.

Se non fossero arrivati in tempo?

Se lei avesse agito con la rabbia nel cuore?

Se il passato si fosse preso gioco del presente?

 

DiNozzo chiuse gli occhi preoccupato.

Si sentiva inquieto, in preda a quella strana sensazione che si sprigionava dentro, che ti logora lentamente l’anima e che si può definire solamente con … paura.

Paura di perdere tutto quello che aveva conquistato.

Paura di non farcela a vivere senza di lei.

Paura di guardare in faccia la realtà.

Paura di capire che per loro non ci si sarebbe stato nessun futuro.

Paura, semplicemente paura, di non avere più Ziva al suo fianco.

 

Respirò a fondo per calmarsi.

- Smettila.- Disse severo Gibbs interpretando i suoi pensieri. – Ricordati il piano!- L’ammonì duro.

- Sì capo!- Rispose Tony aprendo gli occhi a sentire quell’ordine.

“Andrà bene.” Si disse.

 

 

 

Jurji non aveva aggiunto altro e se n’era andato lasciandola lì da sola.

Ziva lentamente aveva ripreso i sensi.

Solo quattro mura la circondavo e poi il nulla intorno a sé.

Aveva poco tempo.

La donna cercò di muovere i polsi per allentare la presa della corda che glieli teneva stretti.

Riuscì a far scorrere il braccialetto, che indossava al polso, liberandolo dalla corda.

Se lo fece scivolare tra le dita nel tentativo di trovare il dispositivo che Callen aveva posto sotto la chiusura.

Un piccolo gioiello creato dall’ingegno di Abby e McGee.

“Non appena tutto questo sarà finito, farò un grosso regalo ai quei due… “ Si appuntò mentalmente.

“Sempre che…”

Fermò i suoi pensieri sul nascere.

Ora, non aveva bisogno di pensare all’inevitabile doveva rimanere concentrata.

“Eccolo!” urlò nella sua mente sentendo la sporgenza, la schiacciò subito con il pollice e il medio e dopo un flebile “bip” il rilevatore si attivò.

Ziva respirò a pieni polmoni, trattenendo l’aria dentro di sé per diversi secondi per poi lasciarla andare.

“Ora, non mi rimane che attendere.”

 

 

- Capo! Ci siamo!- Esordì McGee rilevando la spia sul portatile.

Gibbs, seguendo le indicazioni più precise di Tim, accelerò l’andatura del veicolo.

Tony guardò dallo specchietto retrovisore Callen.

L’Agente era tranquillo e con noncuranza scrutava fuori estraniandosi da quella situazione.

L’uomo, sentendosi osservato, girò lo sguardo per scontrarsi con quello severo del collega.

G, chiuse per un attimo gli occhi, non riuscendo a sostenere le iridi verdi che lo osservavano con astio.

Li riaprì dopo qualche breve secondo e sostenne quello dell’uomo.

- Qualche problema DiNozzo?- Chiese infine.

Tony, a sentire quella domanda, strinse ancora di più le mani a pugno mentre una voglia matta di colpire quel viso lo incitava sempre di più nel farlo.

L’Agente tolse lo sguardo dal collega e riprese ad osservare fuori.

Jade fece scivolare la sua mano in quella di Callen e gliela strinse forte.

La donna aveva intuito che cosa stesse passando nell’animo del collega.

G, senza muoversi dalla sua posizione, strinse piano la presa della sua mano, traendo da essa la tranquillità che il suo corpo cercava in tutti i modi di trovare.

- Pronti ad entrare in azione. McGee e Sash con me dal lato sud, mentre DiNozzo e Callen entreranno dal lato nord.- Ordinò Gibbs accostandosi al lato opposto della villa.

- Fate attenzione.- Si raccomandò ai due agenti prima di separarsi.

 

 

 

Ziva avvertendo il rumore degli spari spalancò gli occhi.

- Si entra in scena.- Disse in un soffio.

Iniziò a contare i secondi e attese che qualcuno entrasse nella stanza per portarla chissà dove.

Non dovette aspettare molto.

Un uomo grosso entrò bruscamente, la prese di peso, la appoggiò sulle spalle come se fosse un sacco di patate e non una persona e le puntò l’arma alla gola.

- Se pensi di fare qualche scherzetto ti faccio fuori!- Intimò spingendo sempre di più la canna della pistola sulla carotide.

I due avevano percorso pochi metri nel lungo corridoio quando una voce alle loro spalle li bloccò.

- Non ti hanno insegnato che non si trattano in quel modo le signore?-

 

 

 

- McGee rimani qui e sorveglia il lato ovest.- Ordinò Gibbs.

L’Agente con un cenno della testa rispose di sì, mentre il capo con lo sguardo indicò a Jade di seguirlo.

I due proseguirono lentamente e con circospezione stando bene attenti ad ogni piccolo rumore.

Arrivarono alla porta del grande salone, dove Jurji li aveva ospitati la prima volta.

- Ci siamo.- Affermò Jade fermando Jethro per il braccio. – Tornerà qui a prendere quello che ha nascosto.-

- Rimani fedele al piano.- Intimò alla donna con un lieve tono d’ansia che tradiva la sua compostezza.

Jade appoggiò la sua mano sulla guancia dell’Agente e sorrise dolcemente.

- Andrà tutto bene.- Lo rassicurò.

 

 

 

 

 

L’energumeno si girò di scatto sentendo quella voce irriverente alle sue spalle.

Gli occhi dei due agenti si scontrarono perdendo entrambi un battito del cuore nel costatare che l’altro stava bene.

- Togliti dai piedi.- Minacciò il malvivente spingendo di più la pistola alla gola della donna.

Tony non si fece impressionare e come risposta gli regalò uno dei suoi migliori sorrisi made in DiNozzo.

Ziva sbuffò silenziosamente.

“Anche in queste occasioni non riesce a stare serio!” Pensò stizzita notando l’atteggiamento strafottente del collega.

L’uomo, irritato dal comportamento dell’Agente, puntò la pistola, che prima era sulla gola della donna, verso di lui.

- Hai deciso di morire?- Minacciò nervoso premendo leggermente il dito indice sul grilletto.

- Occhioni belli vuoi rimanere appollaiata tutto il tempo sulla spalla di questo gentile energumeno o pensi di poter fare qualcosa anche tu?- Chiese Tony senza minimante badare alle sue minacce.

Una luce particolare brillò nelle iridi di Ziva.

La donna, con un movimento agile e veloce, colpì l’uomo con il gomito dritto all’orecchio facendogli perdere stabilità e presa su di lei.

Approfittando di quella libertà momentanea scivolò a terra mentre Tony, con un colpo secco, gli sparò colpendolo in pieno petto.

DiNozzo, dopo qualche istante, si avvicinò alla donna distesa per terra ancora legata.

Rimase fermo ad osservarla.

Stava bene.

Era lì con lui.

Scacciò con un gesto della mano i cattivi pensieri, che fino a qualche secondo prima gli avevano affollato la mente.

Le accarezzò il viso attirando la sua attenzione.

Ziva, al contrario di come si aspettava Tony, gli rivolse uno sguardo omicida.

- Pensi di liberarmi prima o poi?- Chiese scocciata e infastidita per non riuscire ancora a muoversi ed essere libera.

L’Agente sorrise alla gentilezza della collega.

- Piccola ninja come siamo ansiose.- Le slegò le caviglie e poi passò ai polsi aiutandola infine ad alzarsi in piedi.

- Ansiose?- Domandò incerta.

Tony, senza rispondere con le parole, le mostrò la risposta con i gesti.

Appoggiò delicatamente la mano sul suo viso e l’attirò a sé, portandola vicino alle sue labbra.

L’altra mano scivolò sui suoi capelli e le sospinse il capo verso il suo per approfondire il contatto.

Assaggiò lentamente le sue labbra, come se non l’avesse fatto da chissà quanto tempo, come se fossero stati lontani da tutta una vita invece di qualche ora.

DiNozzo rese più audace la sua esigenza di lei approfondendo il contatto fisico, la imprigionò nel suo abbraccio, lasciò scivolare le sue mani sulla schiena della compagna in un lento e eccitante massaggio.

- Non lo fare mai più.- Sussurrò sulle sue labbra riprendendo fiato.

Ziva sorrise teneramente.

Appoggiò la testa sul petto dell’uomo e si lasciò cullare dal battito del cuore.

- Lo sai che non posso promettertelo.- Ghignò divertita.

Ziva si staccò da lui per guardarlo in viso e per prenderlo un altro po’ in giro ma impallidì alla vista dell’uomo.

Non ebbe neanche il tempo di reagire che il colpo di pistola partì rimbombando nell’aria.

- Ziva…- Riuscì a stento a dire con un soffio di voce prima che gli mancasse il fiato.

 

 

 

 

- Era ora che arrivassi Jurij.- Lo salutò Jade quando l’uomo fece il suo ingresso nella stanza.

Il malvivente, accorgendosi della donna, rimase sorpresa nel vederla lì.

Restò fermo sull’uscio della stanza, chiudendo dietro di sé la porta.

Osservò attentamente la sua fisionomia, rilassata, seduta in poltrona, con le gambe accavallate mentre con una mossa innocente sfiorava con il dito indice la canna della pistola che teneva nella mano.

- Credevo veramente che arrivassi prima a riprenderti questi.- Affermò seria.

Jade appoggiò la pistola sul tavolino e subito dopo una busta con tutti i documenti falsi di Jurji, mentre tenne per sé il libricino dalla copertina rossa.

- Interessante.- Ironizzò la psicologa.

La donna sfogliò lentamente le pagine e lesse con attenzione a voce alta il suo contenuto citando nomi, luoghi, orari e merce dei vari scambi e accordi descritti.

- Lo sai che cosa vuol dire?-

- Maledetta!- Urlò Jurji gettandosi senza preavviso sulla donna con tutta la rabbia che aveva in corpo.

Gibbs uscì dal suo nascondiglio e lo bloccò prima che potesse arrivare ad afferrare e far del male a Jade.

La Dottoressa Sash si avvicinò al malvivente steso a terra, ammanettato e reso inoffensivo da Jethro che lo teneva fermo con un ginocchio appoggiato sulla sua schiena al pavimento.

- Carcere a vita.- Rispose la psicologa alla domanda che era rimasta in sospeso.

 

 

 

 

Un secondo sparo echeggiò nell’aria ferendo Ziva alla guancia e andò a colpire direttamente in mezzo alla fronte il malvivente.

L’Agente David sorresse tra le braccia il corpo di DiNozzo che, dopo il colpo, si era accasciato su di lei.

- T-ony…- Balbettò ancora incredula a quello che era appena accaduto.

L’odore agro del sangue le arrivò alle narici.

- Non lo fare…- Lo strinse più forte a sé, scivolò a terra e lo fece appoggiare al suo petto.

Callen, dopo aver sparato il colpo, rimase qualche secondo fermo nella sua posizione incredulo di essere arrivato tardi.

Si mise a correre per raggiungere i due.

Lacrime silenziose scivolarono sulle guance di Ziva che con tutta la forza premeva con le mani sulla ferita del compagno.

- Non puoi.- Disse con la rabbia nel cuore.

DiNozzo tossì sputando del sangue.

- Callen fa qualcosa, chiama l’ambulanza!!- Gridò verso l’Agente.

G compose il numero.

- Agene ferito, vi vengo incontro.- Poi rivolgendosi alla donna. – Torno subito con i soccorsi.-

Callen, senza attendere altro, corse via.

- Tony… ti prego… non lo fare…- Supplicò con le lacrime che le annebbiavano la vista mentre stringeva a sé il corpo dell’uomo.

- Vivi… per me. O tutto quello che sono, non sarà servito a niente.-

 

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

 

Bene, da come si evince, il prossimo capitolo sarà l’ultimo.

Non sarà molto lungo, ho preferito spezzare le due cose, perché credo che l’ultimo capitolo abbia bisogno del suo spazio.

Non so bene ancora come andrà a finire, chi vivrà, chi morirà, che cosa accadrà ecc. ecc., aspettiamoci di tutto.

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Capitolo 26
*** 26° capitolo ***


Ci siamo… ormai è quasi giunta la fine.

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

 

Ziva s’irrigidì avvertendo il rumore dietro le sue spalle.

- E’ solo colpa tua se è successo tutto questo.- Esordì la voce dura e sgradevole dell’uomo.

- La pagherai con la vita!-

La canna della pistola si avvicinò alla sua schiena.

Un brivido le percorse richiamando il suo istinto di killer.

“Lotterò fino a che ne avrò forza.” Pensò risoluta e decisa mentre nella sua mente prendeva forma quell’unico pensiero: vivi per me.

 

 

 

 

Callen, seguito da Gibbs, Jade, McGee e dai soccorsi ritornarono da Tony e Ziva.

Tutti si bloccarono inorriditi all'immagine che gli si presentò davanti ai loro occhi.

Gli agenti erano distesi a terra.

Ziva, sopra il corpo di DiNozzo come se l’avesse voluto proteggere, era completamente sporca di sangue, mentre un altro uomo, poco distante da loro, giaceva esanime a terra.

L’Agente David si era difesa come una leonessa, ma il colpo di pistola inflitto alla schiena, l’aveva fatta soccombere, non prima però, di aver tolto la vita allo stesso assassino.

Gibbs si avvicinò lentamente ai due mentre gli altri non osarono muovere un muscolo.

S’inginocchiò tenendo lo sguardo fisso sui corpi.

Accarezzò il capo di Ziva con delicatezza e con estrema lentezza come se quel gesto gli costasse fatica. Le riportò il ciuffo di capelli che le copriva il viso dietro la testa, con il dito indice gli tolse il rivolo di sangue dalla guancia lasciando per diverso tempo la mano a contatto con la pelle, ormai fredda, della guancia della donna.

Jethro chiuse gli occhi per non far trapelare il suo malessere.

Un'altra volta.”

Quel pensiero si materializzò nella sua mente senza che lo potesse fermare prima che il senso d’impotenza sfociasse nel suo animo.

Li aprì lentamente, con la vana speranza che tutto quello che poco prima aveva visto, appartenesse solo ad un incubo e non alla realtà.

Quella era la realtà.

La. Maledetta. Realtà.

L’Agente, con un gesto della mano, chiuse gli occhi della donna ancora aperti e con impresso la consapevolezza che la morte era stata più forte di lei.

- Z-i-va.- Una flebile voce chiamò la donna.

Jethro si destò dal suo torpore a sentire il nome di lei detto a fatica.

Volse l’attenzione verso il suo Agente anziano.

- Tony!- Esclamò sorpreso e con un lieve senso di speranza nel cuore mentre con un segno indicò ai soccorsi di avvicinarsi immediatamente.

Gli infermieri spostarono delicatamente il corpo della donna, altri intubarono DiNozzo per dargli ossigeno e trasportarlo d'urgenza in ospedale.

Jade si avvicinò piano a Jethro.

Gli appoggiò una mano sulla spalla e lo aiutò ad alzarsi.

La donna, con tutta la sua delicatezza, lo accolse tra le sue braccia e lo strinse forte a sé.

- Mi dispiace, non doveva andare in questo modo.- Riuscì solo a dire mentre un misto senso di sconfitta le impregnava l’animo.

 

 

 

 

 

 

 

Caro lettore…

La storia termina in questo punto… ma è uscito un altro pezzettino, a te la scelta, di rimanere fermo o andare oltre…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il tempo passò lentamente dal giorno della morte di Ziva.

DiNozzo si era chiuso in un mutismo assoluto nonostante le sue condizioni migliorassero sempre di più.

I giorni diventarono mesi, i mesi divennero anni e dopo tutto quel tempo l’uomo trovò il coraggio di tornare da lei.

- Sono qui.- Disse Tony di fronte alla tomba della compagna.

- Ho mantenuto la promessa, ho fatto come hai voluto tu. Sono vivo solo per te.-

Appoggiò l’orchidea bianca che teneva tra le mani sulla pietra fredda.

Chiuse gli occhi mentre l’immagine di quelle iridi nere piene di passione tornava ad allietare il suo animo.

- Sono io ora che ti faccio una domanda, perché dopo tutto questo tempo, non sono ancora riuscito trovare una risposta.- Iniziò in tono basso ma intriso da tutta la rabbia che custodiva dentro di sé.

- Mi sai spiegare che senso ha vivere, se non ci sei più tu al mio fianco? Per poi cosa... Vivere un'intera vita solamente con il ricordo che conservo di te nel cuore, mi spieghi? CHE SENSO HA?!- Urlò liberando la sua amarezza.

- Non ha senso.- Rispose a se stesso più calmo solamente dopo diversi minuti.

Diede un’ultima occhiata alla lapide di pietra e senza vita.

Gibbs gli appoggiò una mano sulla spalla.

Il gesto tranquillo del capo fece rilassare Tony.

I due rimasero in silenzio per diverso tempo.

- E’ ora di andare… tra poco hai il volo per Los Angeles.- Disse Gibbs.

DiNozzo osservò gli occhi del suo ex-capo.

Sorrise leggermente.

Guardò in direzione della macchina, dove ad attenderli c’era Jade.

Si avvicinò alla donna, le fece un sorriso di circostanza.

Jade non si lasciò impressionare da quella freddezza apparente e lo abbracciò premurosa.

- E’ ora di andare.- Disse ripetendo le stesse parole che poco prima il compagno aveva pronunciato.

DiNozzo rimase fermo nella sua posizione, ma non riuscì a voltare neanche per un’ultima volta in direzione della tomba di Ziva, non poteva.

Addio” Pensò silenziosamente conscio che non sarebbe più ritornato in quel posto mentre saliva in macchina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Però… c'è ancora qualcosa...

 

- Mi sai spiegare che senso ha vivere, se non ci sei più tu al mio fianco? Per poi cosa... Vivere un'intera vita solamente con il ricordo che conservo di te nel cuore, mi spieghi? CHE SENSO HA?!-

 

 

In realtà questa domanda è diretta a me… emmm no, non sono pazza, ma è il mio Polly-power che me lo urla e credo non solo lui, ma anche voi.

Sono giorni che ci penso… ho impiegato tanto tempo a pubblicare perché stavo affrontando una vera lotta vivere o morire

Così.. a breve, arriverà la mia risposta e scopriremo insieme se è tutto vero.

 

 

 

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Capitolo 27
*** 27° capitolo ***


Anche questa volta… siamo arrivati all’ultimo capitolo.

I versi della canzone di Michele Zarrillo: cinque giorni” ci guideranno lungo il cammino.

 

 

 

Buona lettura

 

 

 

 

Light

 

 

 

 

 

 

Tony, tra le braccia di Ziva, respirava a fatica.

Il dolore forte, del colpo di pistola che aveva preso alla schiena, gli annebbiava i sensi.

- Vivi… per me. O tutto quello che sono, non sarà servito a niente.-

DiNozzo aveva sentito a stento quelle parole pronunciate dalla donna con un filo di voce.

Tutto gli sembrava così irreale.

Le sue labbra si erano increspate in un sorriso sorpreso nel sentire quella dichiarazione spontanea da parte di Ziva, così restia nel dichiarare i suoi sentimenti.

Aveva tossito ancora, mentre il dolore si espandeva nell’addome con rapidità, respirando leggermente e facendo attenzione a non aumentare il male che provava.

Aveva aperto le palpebre, anche se il solo farlo, gli era costato molta fatica e aveva guardato quegli occhi velati di lacrime che tanto amava.

Iridi preoccupate e inorridite da quello che era successo che nascondevano il timore di perdere lui… se avesse smesso di lottare.

- Occhioni belli…- Aveva iniziato con fatica. – Ho giurato a me stesso che pur di averti al mio fianco avrei sollevato il mondo… - e alzato la mano le aveva accarezzò la guancia.

- Te lo dissi allora e te lo ripeto ora: io non posso vivere senza di te e non ho nessuna intenzione di lasciarti andare.-

Il viso di Ziva si era rilassato per un attimo. Aveva appoggiato la sua mano su quella dell’uomo, stringendola forte nella sua e se l’era portata al petto, vicino al cuore.

I due agenti si erano irrigiditi all’improvviso avvertendo il pericolo.

- Ziva, hai la forza di batterti?- Aveva sussurrato piano Tony.

L’Agente David aveva risposto con un ghigno divertito, estraendo contemporaneamente dalla fondina dell’uomo la sua pistola.

Il malvivente li aveva sbeffeggiati senza rendersi conto di quello che stava per accadere.

“Uno” Aveva iniziato a contare la donna.

“Due”.

“Tre” Aveva stretto forte l’arma nella mano.

“Quattro” Aveva appoggiato il dito indice sul grilletto.

“Cinque!”.

Ziva si era voltata di scatto, aveva protetto con il suo corpo quello del compagno, puntando la pistola contro il malvivente sorpreso dalla sua reazione repentina, e senza un attimo di esitazione aveva sparato.

Un altro colpo di pistola era risuonato nell’aria, a una frazione di secondo dal primo, colpendo l’uomo alla testa che era caduto all’indietro morto.

L’Agente David era rimasta immobile per pochi attimi, si era voltata lentamente ed era scivolata a terra vicino a DiNozzo.

Tony si era rilassato, alleggerito dal peso della paura, con la consapevolezza che tutto era finito.

Aveva chiuso gli occhi, stanco, lasciandosi trasportare dagli eventi.

Aveva avvertito semplicemente un tocco leggero sulle sue labbra che debolmente aveva risposto con un bacio fugace, percependo subito dopo il dolce peso del corpo della compagna disteso su di sé.

 

 

 

 

 

 

Cinque giorni che ti ho perso
quanto freddo in questa vita
ma tu
non mi hai cercato più


 

Tony aprì gli occhi per l’ennesima volta.

La sua camera d’ospedale era immersa nella penombra, il sole piano, piano stava lasciando il posto alla notte, incendiandosi al tocco gentile della luna che lo salutava.

Cinque giorni.

Cinque giorni che era disteso in quel letto d’ospedale, senza provare e né sentire nulla nell’animo ma soprattutto nel cuore, ancora incredulo che tutto quello fosse realtà, che tutte le sue paure fossero diventate vere.

L’aveva persa e lui non aveva potuto fare niente per opporsi a quel destino, l’unica cosa che riusciva a fare era rivivere ogni attimo di quel momento che tormentava senza sosta il suo animo ferito.

 

 

 

Troppa gente che mi chiede
scava dentro la ferita
e in me
non cicatrizzi mai

 

 

 

Ritornare al lavoro non era stato facile per Tony.

Ovunque andasse si ritrovava gli sguardi sconsolati e dispiaciuti addosso, su di sé, come qualcosa di fastidioso che non riusciva ad allontanare o scacciare, perché qualsiasi sforzo cercasse di fare, la ferita che aveva sul cuore non cicatrizzava mai.

Gli bastava un niente per farla sanguinare: vedere la scrivania della collega priva di vita, vuota, senza di lei, era un peso sul cuore.

Tutto gli parlava di Ziva e anche se cercava qualsiasi modo per far tacere quella voce, lui stesso non smetteva di cercarla ovunque con la speranza che tutto quello non era vero.

La sua maschera da burlone non era più sufficiente a far smettere quell’insistente domanda che i colleghi, McGee e la premurosa Abby continuavano a porgli “Come stai?”.

Aveva una gran voglia di urlare ogni volta che glielo domandavano.

Come si può continuare a chiedere “come stai” a qualcuno che ha perso la ragione della sua vita?

Come doveva stare?

Lui, non era niente senza di lei.

Niente.

 

 

 


Faccio male anche a un amico
che ogni sera è qui
gli ho giurato di ascoltarlo
ma tradisco lui e me
perché quando tu sei ferito non sai mai
oh mai
se conviene più guarire
o affondare giù
per sempre

 

 

 

Gibbs, una volta che Tony era stato dimesso dall’ospedale, aveva passato ogni sera a casa dell’Agente ed era rimasto al suo fianco per non permettergli di lasciarsi andare in quel duro momento che solo lui poteva capire che cosa stesse passando nell’animo dell’uomo, poiché molti anni prima, lo stesso dolore l’aveva quasi annientato.

Jade era diventata ormai tutti gli effetti una consulente dell’Ncis. Ogni sera, dopo il lavoro, accompagnava Jethro a casa di DiNozzo.

I due, come se fosse un rituale, si salutavano con un lungo e delicato bacio e prima di congedarsi la donna lo stringeva forte tra le sue braccia infondendogli il conforto necessario per affrontare il mutismo ostinato di Tony nel quale si era rifugiato.

L’agente, senza farsi scoprire e senza poterlo evitare, osservava quel momento di tenerezza tra i due, e odiava con tutto se stesso la loro felicità perché a lui era toccato solo per poco, giusto il tempo di un alito di vento.

Jethro, entrava in casa immersa nella consueta semi oscurità, si dirigeva verso il frigo, prendeva due birre e poi raggiungeva DiNozzo in salotto, si sedeva accanto a lui e gli porgeva la bottiglia.

Tony l’afferrava con un gesto meccanico, accennando un flebile movimento del labbro vero l’alto.

I due rimanevano in silenzio per lo più del tempo.

Raramente parlavano, ma si sa il silenzio era la migliore cura per quel male che provava il cuore.

- Devi rimetterti in carreggiata DiNozzo.- Aveva intimato Gibbs in una delle tante sere.

Il tempo era volato, i giorni si erano succeduti ai mesi e i mesi si erano trasformati in un anno.

L’Agente l’aveva guardato sorpreso.

- E’ tempo che ti dai una scrollata. Ho bisogno di te nella mia squadra non di un fantoccio.-

Jethro gli aveva appoggiato una mano sulla spalla e lo aveva guardato profondamente negli occhi.

- Basta Tony.- Aveva affermato più serio con voce ferma e dura.

L’uomo, senza aggiungere altro, era andato via lasciandolo solo con i suoi pensieri.

DiNozzo sapeva benissimo che il capo aveva ragione, ma lui, non era ancora pronto.

 

 

 

 

Cinque giorni che ti ho perso
mille lacrime cadute
ed io
inchiodato a te
tutto e ancora più di tutto
per cercare di scappare
ho provato a disprezzarti
a tradirti a farmi male
perché quando tu stai annegando non sai mai
oh mai
se conviene farsi forza
o lasciarsi andare giù
nel mare

 

Il tempo era passato, la vita continuava a scorrere come al solito.

Si svegliava, si vestiva, andava al lavoro, sbrigava le sue pratiche, investigava… tutto come sempre.

Quel sempre… però aveva perso colore, sapore, amore.

Più di una volta le donne avevano cercato di instaurare un rapporto confidenziale con lui, attirate dalla sua apparenza di uomo brillante e gioviale ma DiNozzo, alla fine, le allontanava sempre da sé.

Tony aveva creduto veramente di poter riuscire, di poter dimenticare, abbandonare il cuore che era solamente suo e donarlo uno nuovo a un’altra, ma qualsiasi sforzo facesse, tutto risultava vano e rimaneva inchiodato a lei: a Ziva.

Il tempo trascorreva senza che lui potesse fermarlo o meglio ancora senza che lui potesse farlo ritornare indietro a quel giorno.

Tutto cambiava e anche il dolore si evolveva trasformandosi completamente in quel sentimento così simile all’odio ma che in realtà era solo rancore.

Ogni giorno cercava di ignorare quella scrivania vuota di fronte alla sua, evitava di sentire quel vago profumo di vaniglia e rosa che aleggiava nell’aria il quale percepiva appena chiudeva gli occhi.

Allontanva da sé il ricordo di quella risata cristallina, del suo sguardo furbo o duro da ninja killer impressi nella sua mente che prontamente ritornavano a galla quando il caso lo richiedeva.

La rabbia ben presto, prese il sopravvento.

La rabbia per essere stato abbandonato, per aver creduto a quella promessa “vivi per me” e la delusione di essere stato illuso di vivere una vita felice con lei.

Se solo si fermava a pensare a quell’attimo, che ormai era solo un insieme d’immagini sfuocate, il fiato gli mancava, togliendogli la facoltà di respirare e il senso d’impotenza dilagava nel suo animo affondando il suo essere che tentava in tutti i modi di rimanere a galla.

Come se Gibbs riuscisse a prevedere il suo stato, prontamente, in quei momenti, gli tirava uno scappellotto, che riusciva a riportarlo alla vita.

 

 

 

Amore mio come farò a rassegnarmi a vivere
e proprio io che ti amo ti sto implorando
aiutami a distruggerti

 

 

Il tempo era volato e il dolore si era attenuato ma la voglia di Tony di riavere Ziva tra le sue braccia non si era mai placata.

La vita va avanti anche quella dei non vivi ma che in realtà vivono.

Tony, in aereo, seduto al suo posto, chiuse gli occhi.

L’immagine della donna gli comparve come al solito.

Sorrise al volto felice della donna e una dolce sensazione di calore gli incendiò il cuore.

“Una nuova vita mi sta aspettando”. Pensò, respirando a fondo, volgendo lo sguardo verso il finestrino e immergendosi nel profondo cielo azzurro.

Era stato difficile prendere quella decisione, ma alla fine, aveva capito che doveva allontanarsi se veramente voleva riprendere la sua vita tra le mani.

Non avrebbe mai smesso di amarla, sarebbe stata sempre la persona più importante, ma ora doveva voltare pagina.

Cambiare stato.

Cambiare posto.

Cambiare colleghi e lavoro.

Cambiare semplicemente vita.

Quando il Direttore Vance gli aveva proposto di dirigere un’unità dei corpi speciali all’Ncis di Los Angeles non aveva esitato un attimo e aveva accettato subito.

Un unico pensiero, come una preghiera dolorosa, si era materializzato nella sua mente mentre osservava la tomba di Ziva una volta che aveva sfogato tutta la sua frustrazione.

Ti amo, ti amerò per sempre, ma aiutami a distruggerti solo così potrò mantenere la mia promessa e vivrò per te”.

Si era inginocchiato e aveva lasciato l’orchidea che le aveva portato.

Aveva scelto quel fiore per il suo profumo delicatissimo e i petali vellutati, un fiore che gli ricordava lei così sensuale e profonda.

Aveva tenuto per qualche secondo la mano sulla pietra fredda mantenendo gli occhi chiusi.

Vai” Ziva gli aveva sussurato dolcemente sulle labbra.

Tony, a sentire nuovamente la sua voce, si era destato scoprendo poi che in realtà, era stato semplicemente il tocco della mano di Gibbs sulla spalla che lo incitava ad andare.

Con un lieve peso sul cuore se ne era andato incontro alla sua nuova vita, senza voltarsi.

Aveva lottato con tutte le sue forze per opporsi e rimanere incatenato a lei, ma alla fine, aveva capito che non poteva farlo, avrebbe continuato solamente a farsi del male.

Aveva preso il coraggio tra le mani e aveva accettato il suo destino, in fondo chi era lui per mettersi contro di esso?

Anthony DiNozzo, Agente Speciale Anthony DiNozzo molto speciale!

 

 

 

 

 

 

Semper fidelis

 

 

 

 

 

 

 

Qualcuno ha bisogno di un fazzoletto? Beh, non chieda a me che li ho esauriti tutti e sto usando la carta igienica, quella foxy perché è morbida e non termina mai o è quella regina? ^^

Pare proprio che sia finita.

Confermo: Sì, è finita. (Ehi! Cos’è quel sospiro di sollievo???)

Confesso, fin dall’inizio, Ziva doveva morire, anche se ho lottato contro la parte di me stessa, che voleva una fine diversa, per portare avanti la prima visione che ho avuto quando ho iniziato a scrivere Mai dire Mai.

E’ stato difficile, per un attimo il mio potere Polly aveva preso il sopravvento, ma poi la canzone di Zarrillo, tramite la voce di Laura Pausini, cinque giorni, una mattina di questa settimana, mi ha fatto capire che non sarebbe stato giusto opporsi al destino che aveva già scritto la storia.

Spero che questa scelta non abbia deluso nessuno, in fondo non sempre ci può essere il lieto fine e a volte è così che deve andare.

 

 

Ma passiamo a cose più piacevoli ovvero ai ringraziamenti:

 

Che dire a queste splendide fanciulle: Maia, slurmina, Roxy, piccoli giganti, identity se non un enorme grazie, con tutto il mio cuore.

Siete state l’energia portante di tutta la storia e nonostante abbia fatto fatica a prendere il volo e procedere nella stesura siete rimaste al mio fianco.

GRAZIE davvero.

 

Grazie anche a chi ha seguito a modo suo la storia, ha collaborato e ha aspettato pazientemente il proseguo.

 

Bene, ora finalmente un po’ di riposo, ma fino a quando? E chi lo sa ^^

 

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