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non vi dico niente ci vediamo per le
spiegazioni a fine capitolo
Buona lettura
Light
Tutti
noi abbiamo un sosia “dormiente”che può rimanere tale per tutta la vita oppure il
destino decide di far incrociare la tua strada con la sua.
Può
essere l’occasione di un attimo, di un semplice scambio di sguardi che dopo neanche
te ne ricorderesti, o ti ritrovi di fronte ad un altro te stesso senza sapere
chi sia con l’unica cosa certa che è la copia di te.
Cosa
accadrebbe se il tuo sosia incrociasse la strada della tua vita, la tua
famiglia, i tuoi amici, ma non incontrasse te perché tu ora non ci sei più?
La vita è strana.
Le coincidenze
non esistono.
I fatti sono
quelli che contano.
Eppure...
Il
destino gioca sempre in uno strano modo con il passato, ti presenta il conto proprio
quando pensi di averlo già saldato e a te rimane solo una scelta:
Vivere
il presente nel passato o Vivere il presente per il futuro?
Era stata una lunga giornata, di quelle
che ti porti il peso fino a sera e difficilmente te ne liberi.
Jethro entrò nel bar con questa
consapevolezza, si trascinò all’interno con il suo solito modo di fare: tenere
segreta ogni emozione dentro di sé in modo che nessuno potesse accorgersi di quello
che realmente turba l’animo umano.
Sguardo fisso, apparentemente duro e
inespressivo ma che in realtà è scosso dagli avvenimenti della giornata. Passo
lento e tranquillo, spalle dritte che non permettono al peso della stanchezza
di affossarle e mostrare insicurezza.
Si avvicinò al bancone e si sedette su
uno degli sgabelli aspettando che Jerry gli facesse la consueta richiesta.
- Il solito, Gibbs?- Gli chiese
prontamente il barista accorgendosi di lui.
- Si Jerry.- Confermò brevemente senza
neanche guardarlo in viso.
Quel caso era stato complicato,
estenuante fino alla fine, eppure quando avevano iniziato ad indagare non
avrebbe mai detto che sarebbe finita così.
Chiuse gli occhi per un istante e
prontamente le immagini di quei brevi attimi gli si presentarono nitide nella
mente.
Mcgee, dopo giorni di ricerche, era
riuscito a trovare un segnale che posizionasse il covo dei malviventi. Avevano
ideato un piano alla svelta ed erano passati poi alla cattura.
Era stato un secondo.
L’imprevisto che non si può calcolare.
Il rumore di un colpo di pistola che si
diffonde nell’aria.
La sensazione di essere proprio tu il
bersaglio.
L’istinto che non tradisce e che ti fa
agire prima della ragione.
- GIBBS!!- Aveva urlato Ziva mentre lo spingeva
a terra facendogli da scudo per proteggerlo.
Il colpo riservato a lui le penetrò nella
schiena facendole mancare il respiro.
Jethro aveva visto gli occhi neri e
profondi della donna allargarsi dalla sorpresa, il viso contrarsi in una
smorfia di dolore e poi accasciarsi a terra tra le sue braccia che prontamente l’avevano
accolta.
- ZIVAAAA!!- Aveva gridato disperato in
preda alla paura che il passato si ripetesse.
Il respiro si era fermato quando tutto era
stato chiaro e quel attimo di incredulità si era trasformato nella crudele
realtà.
Gibbs aveva stretto a sé il corpo dell’Agente
David.
- Non azzardarti a mollare Ziva.- Le aveva detto con rabbia mentre le mani, appoggiate
sulla ferita, si ricoprivano del suo sangue e una macchia rossa impregnava la camicia.
In quella frazione di secondo dove tutto
si era trasformato in caos era stato un susseguirsi di azioni. Tony e Mcgee
avevano catturato il malvivente, accorgendosi poi di quello che stava accadendo.
DiNozzo si era voltato verso il capo per
confermargli l’arresto e per assicurarsi che stesse bene, nel frattempo, con la
coda dell’occhio, aveva cercato anche Ziva scosso da quella sensazione di paura
che gli stava torcendo lo stomaco.
Aveva posato lo sguardo sulla schiena
del capo, seduto a terra e solo allora si era reso conto della situazione.
L’Agente aveva mosso lentamente i primi
passi per poi mettersi a correre gridando a Mcgee di chiamare i soccorsi.
Si era inginocchiato a terra di fronte
all’uomo che teneva stretta la donna tra le sue braccia.
Gibbs non seppe se in quel momento lo
colpì di più il dolore di sentire il corpo inerme di Ziva o lo sguardo ferito e
duro di Tony concentrato sul viso della donna.
Jethro aprì gli occhi quando percepì la
presenza di Jerry che gli mise di fronte il bicchiere contenente quel liquido
ambrato che con un solo sorso gli dava la possibilità di annebbiare la mente e
rendere meno dolorosi quei ricordi.
Lo prese in mano e fece ruotare il
liquido mentre la luce del neon si rifletteva all’interno dandogli un colore
più intenso.
Lo avvicinò alle labbra e ne bevve un
sorso assaggiando il gusto intenso prima e amaro poi che gli scendeva in gola
incendiandola.
Appoggiò il bicchiere sul bancone,
assaporando ancora l’ultimo sorso rimasto sulle labbra.
Chiuse brevemente gli occhi cercando di
liberare la mente.
Percepì ancora il suono della sirena
dell’ambulanza, le urla concitate dei medici all’ospedale, il silenzio della
lunga attesa seduto su una delle sedie del corridoio, la freddezza dello
sguardo vuoto di DiNozzo fermo, in piedi di fronte alla porta che lo divideva
da lei.
Jethro accennò un sorriso.
Come aveva fatto a non accorgersene
prima di quello che c’era tra quei due?
Si portò alle labbra il bicchiere e
bevve un altro sorso.
La regola 12, che gran assurdità.
Sorrise di nuovo più apertamente
lasciando scivolare la stanchezza della giornata, mentre quel liquido ambrato iniziava
a circolare nelle vene.
“In
fin dei conti le regole sono fatte per essere infrante” quella frase, detta
molti anni prima da Jenny, gli rimbombò nella mente.
“Avrebbe dovuto fare qualcosa?” si
chiese ritornando agli avvenimenti di quella sera.
No.
Non avrebbe fatto niente.
Erano abbastanza grandi per cavarsela da
soli e quando li avevi visti insieme, dopo quelle lunghe quattro ore di attesa,
aveva capito che non si sarebbe intromesso.
La dolcezza di Tony, con la quale aveva
stretto la mano di Ziva nella sua, gli aveva fatto capire che ormai non poteva
più fare niente, i suoi due agenti avevano passato quella sottile linea di
confine che non ti fa tornare indietro.
Solo il tempo avrebbe deciso.
Solo a loro sarebbe rimasta la scelta di
come proseguire.
Gibbs bevve l’ultimo sorso rimasto,
prese una banconota dalla tasca e la mise sotto il bicchiere.
Accennò un segno di saluto a Jerry e poi
uscì.
L’aria della sera era fresca e calma. Un
leggero venticello accarezzava la pelle che al primo contatto fu scossa dai
brividi.
Jethro respirò a fondo, immettendo più
ossigeno che poteva.
Tutto era andato per il verso giusto
quella volta.
La sua vita non era costata la vita di
nessun altro.
I dottori erano riusciti ad estrarre il
proiettile dalla schiena di Ziva che fortunatamente non aveva intaccato nessun
muscolo. Qualche giorno di convalescenza e sarebbe ritornata la stessa di
prima.
Lasciò andare l’aria.
Era tutto finito.... e per la prima
volta tutto era andato bene.
Ma allora perché si sentiva così triste?
Guardò verso l’alto.
Il cielo era di una tonalità scura che
faceva ancora di più risplendere la luce di ogni stella.
Sorrise di se stesso.
Ogni anno, quel spiacevole giorno, il
suo animo diventava cupo come la notte, perché la stella che lo illuminava si
era spenta quella mattina su quel maledetto tetto.
Erano passati diversi anni dalla morte
di Kate, quattro? Cinque? Che importanza aveva, ormai lei non c’era più.
Era stato difficile per Gibbs senza la
donna all’inizio ma poi l’arrivo di Ziva nel team aveva stravolto la sua vita
alleviando quel senso di vuoto causato dalla mancanza dell’Agente Todd.
Con il passare del tempo il loro
rapporto si era costruito piano, piano su una base solida di reciproca fiducia
e rispetto, facendoli quasi diventare padre e figlia, ma nonostante questo,
ogni anno, in quel maledetto giorno, lui non poteva impedire al suo animo di
pensare segretamente a Kate, come se avesse paura lui stesso di ammettere che
in fondo gli sarebbe sempre mancata perché la regola 12 non è infallibile...
almeno con lui!
Una voce concitata attirò la sua attenzione.
Vagò con lo sguardo per trovare la fonte
e dopo qualche secondo la individuò.
Un ragazzo che gli dava le spalle teneva
stretto nella sua morsa una donna e la stava minacciando con un coltello
intimandole di dargli tutti i soldi che possedeva.
Gibbs si era avvicinato con passo sicuro
e silenzioso ritrovandosi a poca distanza dal tossico.
- Ti conviene lasciarla ragazzo!- Lo
aveva avvisato in tono duro con quel tono che non ammette di essere contraddetto.
Il malvivente, colto di sorpresa, aveva
allentato la presa, allontanando la lama dalla gola della donna, alzando il
coltello in aria pronto per attaccare.
- Fai quello che ti dice...- Gli aveva
detto lei con voce ferma facendo ricadere l’attenzione su di sé.
Gibbs, approfittando di quella
distrazione, con una mossa veloce, aveva afferrato il polso del ragazzo premendo
il pollice e l’indice sull’osso che, il criminale dal dolore, fu costretto a
lasciare il coltello allentando anche la presa del braccio intorno al collo
della donna liberandola.
L’Agente l’aveva ammanettato vicino al
lampione e poi ricordatosi dalla presenza della donna si era voltato per
assicurarsi che stesse bene sicuro di ritrovarla a terra tremante, sbuffando
dentro di sé.
Odiava tranquillizzare le vittime.
Si meravigliò di trovarla in piedi. Era di
spalle e si stava massaggiando il collo.
Jethro si concesse qualche attimo per
osservarla.
Indossava un completo giacca e gonna grigio,
fisico slanciato, aveva dei lunghi capelli neri, leggermente mossiche le arrivavano a metà schiena, gambe
affusolate e ben tornite, un polpaccio allenato, esaltate dal tacco fino delle decolté
che indossava.
Raccolse la borsa della donna da terra e
si avvicinò a lei per dargliela.
- Tutto bene?- Le chiese, rimanendo
fermo alla luce del lampione.
La donna sentendo la sua voce si voltò e
si avvicinò a lui.
- Si grazie.- Rispose tranquillamente,
leggermente infastidita, mentre la luce del lampione le illuminava il volto.
Gibbs la guardò in viso e sentì mancargli
il respiro.
Lineamenti delicati, il naso alla
francese, la labbra sottili di quel tenue colore rosa di pesca, gli zigomi
leggermente pronunciati e infine gli occhi di quel strano colore castano dalle
sfumature scure nascosti da alcune frange di capelli che appartenevamo
solamente a una persona: lei.
- Kate!- Si lasciò sfuggire mentre i suoi
occhi diventarono di ghiaccio e i lineamenti del viso si inasprirono come a
difendersi dagli attacchi del passato.
Continua...
Eccoci qua... premetto che non era
premeditato ma quando alla conclusione della’altra FF, nei saluti ho scritto “mai dire mai” è scattato qualcosa, e il
criceto ha iniziato a girare, girare e poi sono partite le visioni ^_^
Sinceramente il nostro “quasi”
appuntamento settimanale mi mancava troppo ^__^ e alla fine ho dovuto inventarmi
per forza qualcosa
Con questa FF voglio provare a
cimentarmi con Gibbs principalmente e con questo nuovo personaggio, anche se
all’interno ci sarà il filone Tiva (non potrebbe
essere altrimenti) e portare avanti la storia di più personaggi.
Per me sarà una bella sfida e spero
anche che lo sia anche per voi.
La donna rimase ferma nella sua
posizione ad osservare l’uomo che aveva davanti chiedendosi il perché l’avesse
chiamata “Kate”.
Non disse nulla, si soffermò solamente a
guardare quegli occhi tremendamente attraenti, di un colore quasi indefinito, di
un azzurro chiaro tendente al ghiaccio che facevano trapelare una freddezza
apparente ma se li osservavi profondamente potevi scorgere il calore che
celavano al mondo esterno e fu proprio quello che colpì maggiormente la donna
quando se ne rese conto.
Le era bastato quella analisi
superficiale per capire che la persona che aveva di fronte sarebbe stato un
soggetto interessante da esaminare.
“Ecco
ci risiamo, l’ho fatto di nuovo, è più forte di me, non posso fare a meno di
studiare le persone che incontro” pensò sorridendo di se stessa mentre
finiva di considerare la figura dell’uomo e gli angoli della bocca si sollevavano
leggermente verso l’alto manifestando il suo pensiero divertito.
“Non
può essere” pensò Gibbs nello stesso momento quando vide la donna di fronte
a sé sorridere. Fece qualche passo avvicinandosi ancora di più a lei.
Jethro la vide sgranare gli occhi dalla
sorpresa ma questo non lo fermò di soffermarsi a poca distanza dal suo viso,
lui doveva sapere.
- Chi sei?- Le chiese quasi temendo la
risposta mentre affondava il suo sguardo gelido in quegli occhi che risvegliano
il passato in cerca della verità.
La donna era rimasta sorpresa
dall’atteggiamento dell’uomo, l’aveva spiazzata, non si sarebbe mai aspettata
che avrebbe fatto lui la prima mossa infrangendo il suo spazio avvicinandosi in
quel modo così confidenziale dato il suo comportamento rigido iniziale.
Un senso di soddisfazione si insinuò in
lei, nonostante che quell’atteggiamento la stesse innervosendo mettendola in
soggezione, perché a quella breve distanza poteva osservarlo meglio. Lasciò
vagare brevemente il suo sguardo sul viso dell’uomo accorgendosi di una lieve
cicatrice sulla fronte, delle rughe di espressione vicino agli angoli degli
occhi causate molto probabilmente dallo scarso utilizzo degli occhiali.
Sorrise di nuovo cercando di tenere a
freno il suo senso di soddisfazione nello scoprire che ogni cosa nuova che
notava in lui la attirava sempre di più verso quel individuo così imperscrutabile.
Sicuramente era un uomo caparbio che non
ammetteva i suoi limiti, anzi, cercava ogni volta la scusa buona per superarli
e non mollava di fronte a niente finché non raggiungeva l’obiettivo.
Ritornò a quegli occhi sempre e di più
curiosa di leggervi ancora dell’altro.
- Non sono Kate.- Rispose dopo qualche
istante in tono calmo e gentile. – La ringrazio per il suo intervento.-
continuò tranquilla afferrando dalle mani dell’uomo la borsa per tirar fuori
subito dopo il cellulare e comporre un numero.
- Polizia, si c’è stata un’aggressione.
Tutto risolto l’Agente...- la donna si bloccò accorgendosi che aveva
dimenticato di chiedere quel piccolo dettaglio.
Portò nuovamente la sua attenzione al
viso dell’uomo che prontamente rispose a quella muta domanda rivoltagli con lo
sguardo.
- Gibbs.-
- L’Agente Gibbs ha ammanettato
l’aggressore al lampione. Si nessun ferito. Perfetto.- Chiuse la comunicazione,
richiudendo il cellulare e mettendolo in borsa.
- Ebbene?- Le chiese Jethro infastidito
da quella situazione.
Lei lo guardò prima disorientata non tentando
neanche di distogliere lo sguardo da quegli occhi che avevano assunto un colore
più scuro come se fosse ipnotizzata da loro.
“Interessante”
pensò subito quando se ne accorse.
- La polizia sta arrivando Agente
Gibbs.- Si soffermò per un attimo sulla figura dell’uomo.
Gli abiti erano sgualciti, un accenno di
barba era comparso sul viso e gli occhi erano segnati dalla stanchezza della
giornata.
- Non si preoccupi rimango io ad
aspettare gli agenti, vada pure a casa non deve essere stata una giornata facile
per lei.- Lo guardò comprensiva.
Gibbs accorgendosi di quello sguardo non
riuscì a determinare se in quel momento la donna che aveva di fronte gli suscitasse
più fastidio o interesse per la sua capacità di intuire le cose, l’unica cosa
certa che sapeva che quel atteggiamento intraprendente gli stava dando suoi
nervi, così alla fine decise di ignorarla completamente e andò a sedersi sulla
panchina lì vicino in attesa dell’arrivo della polizia senza darle nessuna
spiegazione.
La donna rimase nuovamente spiazzata dal
comportamento di lui.
Sorrise apertamente guardando le spalle
dell’uomo.
A lei piacevano le sfide e lui gliene
stava offrendo una troppo invitante per rifiutare.
Si avvicinò al ragazzo. Aveva un viso
sofferente, sicuramente era da un po’ che non assumeva della droga. Si
inginocchiò di fronte a lui e lo guardò attentamente.
Quanti anni poteva avere? 22 o 23 anni
al massimo.
Respirò profondamente mentre nella sua
mente prendeva forma la vita che fino ad ora poteva aver vissuto il ragazzo, le
privazioni, i soprusi che aveva dovuto sostenere e chissà cos’altro.
Gibbs con la coda dell’occhio non la perse
di vista neanche per un istante pronto ad intervenire se ce ne fosse stato
bisogno.
La vide inginocchiarsi di fronte al
malvivente e guardarlo con uno sguardo compassionevole. Nei suoi occhi non
c’era paura, terrore, ma solo tristezza per quel ragazzo e la vita che aveva
intrapreso.
Rimase affascinato dall’atteggiamento
della donna, mentre il leggero venticello faceva muovere i suoi capelli e un
ciuffo impertinente le accarezzava delicatamente la guancia.
“Kate” pensò di nuovo più tristemente
non riuscendo ad impedire che i ricordi del passato si sovrapponessero al
presente.
Il suono di pistola e poi nient’altro.
Silenzio.
Il senso di paura che si accentua e si
infila nell’anima.
- GIBBS!!- Urlò Ziva svegliandosi dal
suo stato vegetativo.
Con occhi sbarrati ispezionò la stanza
cercando di capire dove si trovasse.
- Finalmente ti sei svegliata.- Le disse
Tony entrando nella stanza con in mano un bicchiere di caffè.
- DiNozzo!- Lo chiamò allarmata cercando
di alzarsi.
- Hei ferma! Che fai!- Le andò subito
vicina bloccandola per le spalle e rimettendola distesa.
- Gibbs?- Gli chiese con la paura negli
occhi di quello che poteva essere accaduto.
- Shhhh...- le rispose dolcemente
appoggiandole un dito sulle labbra e facendolo scivolare subito dopo dalla
guancia al collo. – Sta bene, gli hai salvato la vita.- Le sorrise calmo. – Sei
stata un’incosciente.- L’ammonì con lo sguardo.
- Sta bene?- Gli domandò ignorando le
ultime parole di lui.
Tony fece di si con la testa.
Ziva, tranquillizzata da quella
informazione, si rilassò sul cuscino chiudendo gli occhi non prima di aver
cercato la mano dell’uomo e averla stretta nella sua.
- Non ti azzardare a farlo mai più...-
Iniziò il collega cercando di trattenere la paura.
- Tony non cominciare, ho fatto
solamente il mio dovere, è il prezzo del nostro lavoro.- Dibatté Ziva a fatica.
L’Agente lo sapeva benissimo.
Le parole della donna erano
maledettamente vere, eppure... per un attimo non aveva potuto impedire alla sua
vita di fermarsi in quel istante quando tutto sembrava perduto.
DiNozzo strinse forte la mano della
donna e con l’altra agguantò il lenzuolo cercando di tenere a freno la sua
rabbia.
Non doveva accadere mai più, lui doveva
proteggerla.
- Sono grande abbastanza, me la so
cavare da sola, sono stata addestrata per questo.- Disse Ziva con un filo di
voce come se stesse rispondendo a quelle mute riflessioni.
Tony sorrise meravigliandosi ancora una
volta della loro perfetta sintonia.
- Ora riposati. Io sarò qui quando ti
sveglierai.- Le disse dolce.
DiNozzo la guardò a lungo, esaminando i
tratti del viso della donna, stanchi e provati da tutto quello che era
successo, aspettando il momento che si rilassasse e si lasciasse andare.
- Mi hai fatto prendere uno spavento.
Non so che cosa farei se ti succedesse qualcosa.- Confessò sottovoce più a se
stesso che a lei osservando la donna con uno sguardo caldo consapevole che
tutto era andato bene.
Si piegò sulla collega e le baciò la
fronte soffermandosi per qualche secondo e respirando a fondo il suo dolce
profumo di vaniglia e rosa.
Ziva mosse leggermente gli angoli della
bocca in un sorriso nascosto, la voce del collega le era arrivata da lontano,
ma era riuscita lo stesso a decifrarne le parole.
L’Agente David non fece più resistenza e
si lasciò andare alla stanchezza con la consapevolezza che tutto era andato
bene e Tony era al suo fianco.
DiNozzo rimase seduto sul letto di Ziva
per diversi minuti e quando comprese che la collega si era addormentata
avvicinò con l’altra mano la poltrona al letto e si sedette accanto senza mai lasciare
il contatto con la sua mano, tenendola saldamente stretta nella sua.
- Mi aiuti la prego.- Disse sofferente
il ragazzo rivolto alla donna.
- Non posso fare niente per te, solo
starti accanto.- Cercò di rincuorarlo accarezzandogli la guancia – Ce la farai
non ti preoccupare, devi solo resistere.-
- Loro mi uccideranno.- Continuò
impaurito.
- Chi ti vuol far del male?- Gli chiese
prestando più attenzione alla fisonomia del ragazzo.
Gibbs sentendo quella frase scattò in
piedi e si avvicinò ai due.
- Mi uccideranno.- Ripeté preso dal
panico.
- Non ti preoccupare ci siamo noi qui
con te...- La donna alzò lo sguardo verso l’uomo come per avere conferma di
quello che aveva detto e Gibbs le fece un leggero segno di assenso con la testa
– Di noi ti puoi fidare. Come ti chiami?- Gli chiese con il suo tono pacato.
Jethro si avvicinò anche lui al ragazzo
e lo liberò dalle manette.
Il ragazzo guardò entrambi, respirò
profondamente, afferrando all’improvviso le mani della donna.
Gibbs stava per intervenire ma lei lo
intimò con lo sguardo di stare fermo.
- Se svelo tutto io morirò.- Le disse
tremante.
- Non lo permetteremo.- Gli strinse di
più le mani.
- Mi hanno incastrato. Ho dovuto farlo
mi avrebbero ucciso se avessi rifiutato.-
- Come ti chiami?- Gli chiese Gibbs più
risoluto.
- James Stone, Guardiamarina James Stone, signore.-
- In cosa ti hanno coinvolto?- Continuò
Jethro nell’interrogatorio.
Il ragazzo tolse lo sguardo dall’uomo e
cercò gli occhi gentili della donna la quale gli sorrise incoraggiandolo a
rispondere.
Gibbs represse uno sbuffo di
disapprovazione e quel pizzico di fastidio creato dal fatto che la donna al suo
fianco fosse già riuscita ad avere la fiducia del ragazzo.
- Importo di droga dalla Cina. Io non
sapevo che cosa facevo...- Scattò in piedi nervoso -... mi hanno incastrato.
Dovevo fare le consegne e accertarmi che la droga fosse di ottimo taglio ma con
l’ultima importazione ci sono stati dei guai, nonostante che fosse mal tagliata
l’hanno messa in circolazione lo stesso, io li avevo avvisati che sarebbe
finita male, ma nessuno mi ha ascoltato e ora vogliono vendicarsi su di me.-
Il guardiamarina si prese la testa tra
le mani stringendo tra le dita i capelli esasperato per il terrore di quello
che sarebbe stata la sua punizione.
- Mi troveranno e voi non potrete farci
niente.- Urlò disperato.
- Ora calmati.- Gli disse la donna con
voce ferma, avvicinandosi a lui. – Vieni con me...- guardò brevemente Jethro con
la coda dell’occhio accorgendosi dell’occhiataccia contrariata che le aveva
rivolto e si corresse subito – ...con noi e risolveremo ogni cosa.- Gli propose
porgendogli la mano.
Stone guardò la mano della donna
indeciso sul da farsi, poi rivolse lo sguardo verso quell’uomo risoluto che si
trovava vicino a lui, ai suoi occhi così duri e inflessibili ma che gli
ispiravano fiducia.
- Va bene.- Acconsentì avvicinandosi
alla donna.
Uno strano luccio attirò la sua
attenzione e gli bastò poco a capire che cosa ne sarebbe stato della sua vita.
- Nooooooooo!!!!!!!!!- Gridò
terrorizzato qualche secondo prima di essere crivellato da tre colpi di pistola
e cadere all’indietro senza vita.
Era stata una frazione di un attimo ma
era bastato ai due militari per comprendere che cosa stava accadendo.
Gibbs non aveva esitato neanche un
momento, si era gettato addosso alla donna per proteggerla, buttandosi insieme
a lei a terra difendendola tra le sue braccia.
Erano rimasti fermi per qualche secondo
in attesa che la tempesta fosse passata in ascolto del respiro dell’altro.
Jethro aveva alzato appena lo sguardo
ispezionando il perimetro accertandosi che tutto fosse sicuro e poi l’aveva
posato sulla donna che teneva gli occhi chiusi mentre il suo viso era nascosto
nel suo petto. Le concesse ancora qualche attimo per riprendersi e rendersi
conto da sola che tutto era finito.
Lei accortasi del silenzio aveva alzato
la testa dal suo rifugio sicuro e si era scontrata con quegli occhi di ghiaccio
che la guardavano in quel modo così strano che si sentì invadere le guance di
calore e arrossire.
Osservandolo meglio le sembrò che l’uomo
si fosse reso conto del suo turbamento facendo scomparire il calore che emanava
il suo sguardo e sostituendolo con quel misto di freddezza e tristezza.
- Tutto bene?- Le chiese Gibbs.
- Si grazie.- Rispose soffermandosi a
guardarlo in viso come se una forza più forte la costringesse a farlo, ma in
realtà era solo lei che non ne aveva mai abbastanza di rimirare quel uomo.
L’aiutò ad alzarsi, sistemandole poi la
giacca del tailleur togliendo della polvere dalle spalle.
- Non serve che copra la visuale del
cadavere con il suo corpo per non farmi impressionare. Sono grande abbastanza.-
La donna si sforzò di sorridere intuendo le intenzioni dell’uomo.
- Ah... ah...- le rispose scettico Gibbs
spostandosi di lato di qualche passo.
La donna guardò in direzione dove
giaceva il corpo inerme del guardiamarina Stone. Lo osservò per qualche istante
non riuscendo a frenare quel senso di impotenza per non essere riuscita a
portarlo in salvo.
- Non è colpa sua.- Le disse Gibbs
appoggiandole brevemente la mano sulla spalla, prese il cellulare, compose il
numero e riferì posizione e l’accaduto al suo interlocutore.
- E’ un Agente del Ncis, non è vero?- Gli
chiese serafica tenendo fisso lo sguardo sul marinaio.
Gibbs rimase in silenzio ad osservarla.
Ma come diavolo faceva quella donna a
prevedere ogni sua mossa.
Era ferma davanti al cadavere, dritta e
rigida nella sua posizione, con sguardo attento e lucido con occhi leggermente
sgranati. Molto probabilmente stava lottando con tutte le sue forze per non lasciarsi
andare. Le braccia erano serrate attorno al petto mentre le mani nascoste erano
chiuse a pugno. Ogni tanto, ad un ritmo regolare si mordeva prima il labbro
inferiore e poi l’interno della guancia.
“E’ nervosa, ma per che cosa?” si chiese
Jethro quando finì di osservarla.
Si avvicinò silenziosamente e solo dopo
qualche secondo la donna si voltò verso di lui facendogli segno con la testa di
che cosa volesse.
- C’è qualcosa che vuole dirmi prima che
lo scopra da solo?- Le chiese guardandola dritto negli occhi senza darle la
possibilità di fuga.
Lo squillo del cellulare disturbò quella
strana complicità che si era creata tra i due.
La donna lo prese, riconobbe il numero e
se lo portò all’orecchio.
- Leon...- Disse dopo un attimo ma non poté
finire di parlare che Jethro le rubò dalle mani l’apparecchio.
- Vance! Vuoi spiegarmi?- Chiese
irritato.
- Tutto a tempo debito Agente Gibbs.-
Rispose il direttore chiudendo la telefonata.
Continua....
Ragazze vi ho già detto che vi adoro????
Beh ve lo dico ora... siete meravigliose, è un vero piacere trovarvi di nuovo!
Pensavo di aggiornare un po’ prima, ma tra
il fatto che non sto tanto bene e la storia che è complicata, mi tocca rivedere
più volte i capitoli, mi tocca dedicarci un po’ di tempo in più.
Per ora rimaniamo sul vago ma già dal
prox chap si scoprirà qualcosa su questa “donna”, che devo dire già la adoro.
Il prox chap è già in lavorazione ...
incrociamo le dita e che non succedano intoppi ^_^
Arrivo in punta di piedi con questo
capitolo nella speranza che i lettori di “H2”
non si arrabbino perché ho dato precedenza a “Mai dire mai”, ma non è colpa mia se quando parto con una nuova
avventura con Gibbs – Tony e Ziva vengo sommersa da visioni....
Di questo capitolo mi piace proprio
tutto - tutto... e capirete perché!
Buona lettura
Light
Jethro chiuse con un gesto nervoso il
cellulare e lo porse alla donna gelandola con lo sguardo, quella situazione gli
stava piacendo sempre meno.
Le afferrò il polso e la guidò a sedersi
sulla panchina.
- Si sieda!- Le ordinò brusco lasciandola
libera dalla sua presa.
La donna lo sfidò con lo sguardo
contrariata dall’atteggiamento burbero che aveva appena avuto con lei.
- Se lo può anche scordare! Non sono
mica uno dei suoi agenti che può trattare come meglio crede.- Gli rispose
piccata.
L’uomo contrasse i muscoli facciali e
quel senso di fastidio che fino ad allora era stato lieve aumentò a dismisura
facendogli pulsare la giugulare ad un ritmo più sostenuto.
- Si sieda.- Le intimò usando il suo tono
basso che nessuno mai aveva osato contraddire.
- Pensa di intimidirmi Agente Gibbs?-
Gli chiese la donna avvicinandosi a lui, sostenendo il suo sguardo, portando i
loro visi vicini.
Jethro non rispose a quella
provocazione. Rimase fermo nella sua posizione attendendo solamente che la
donna facesse quello che le aveva ordinato.
- E va bene!- Acconsentì sbuffando consapevole
di non potercela fare a vincere quel duello non verbale.
Si sedette sulla panchina, accavallò le
gambe e incrociò le braccia al petto in maniera seccata.
- Ma se crede che parli se lo può anche
scordare!- Terminò seria voltando la testa dall’altra parte ignorandolo
completamente.
Gibbs a quel gesto di ostinazione
sorrise leggermente. Quella donna non era senz’altro come tutte le altre, gli avrebbe
dato del filo da torcere e questa cosa gli stava iniziando a piacere anche se
non l’avrebbe ammesso mai neanche con se stesso.
Si sedette accanto a lei e rimase in
silenzio.
Passarono diversi minuti ma nessuno dei
due proferì una sola parola.
Un leggero venticello iniziò a soffiare
accarezzando la pelle dei due e portando nell’aria il dolce profumo di pesca
dell’essenza della donna.
Jethro chiuse per un attimo gli occhi e
respirò a fondo quella fragranza costatando che rispecchiava pienamente l’idea
che si era fatto finora di lei: caparbia e tenace ma con il cuore tenero.
La donna si strinse tra le sue braccia
per impedire al brivido di freddo di scuotere il suo corpo.
- Indossi questa.- Le disse Gibbs,
togliendosi la giacca e porgendogliela.
Lei la fissò e poi guardò lui.
Per l’ennesima volta in quel poco tempo
quel uomo era riuscito a sorprenderla.
Rivolse il suo sguardo agli occhi di lui
e ancora una volta li trovò diversi: di un azzurro intenso, caldo, tranquillo.
Rimase affascinata e non riuscì a
impedirsi di incatenarsi a quello sguardo.
Gibbs osservò meglio il volto della
donna che lo stava guardando con interesse e non poté fare a meno di
sovrapporre il viso di Kate. Tutto le ricordava lei, i suoi tratti facciali, le
espressioni, quegli occhi così carichi di sentimento e trasporto.
Se non fosse stato per l’atteggiamento
caparbio e intuivo della donna così accentuato la differenza sarebbe stata
nulla e il passato si sarebbe sovrapposto fin troppo facilmente alla realtà del
presente.
La donna afferrò la giacca dalle mani
dell’uomo, sfiorando appena le loro dita.
Un brivido le percorse la schiena e per
un attimo rimase bloccata con la mano a mezz’aria incapace di muovere un
muscolo.
Si riprese velocemente da quella
sensazione che fastidiosamente le aveva chiuso la bocca dello stomaco dandosi
mille volte della stupida.
Ringraziò l’Agente con un timido sorriso
e indossò la giacca.
Respirò profondamente, l’indumento era
impregnato dell’odore dell’uomo, un misto tra il profumo del legno intagliato e
l’aroma di caffè. Era una fragranza particolare, che sapeva di vissuto, intensa
e agra nello stesso momento, ma così calda. Si portò il colletto vicino alle
labbra per annusare meglio quell’aroma.
Un gesto istintivo che non sfuggì
all’occhio attento di Gibbs che non poté fare a meno di pensare che la donna
che aveva di fronte era proprio uno strano tipo e che forse non sarebbe mai
riuscito a capirla a fondo.
Rimasero in silenzio per diversi minuti,
ognuno concentrato nei propri pensieri.
- Io non c’entro niente Agente Gibbs.- Disse
la donna ad un tratto rompendo il silenzio. – Tutto quello che so me l’ha detto
lei, anche se non esplicitamente.-
Jethro a quella affermazione si voltò
verso la donna.
Lei gli diede una veloce occhiata
compiaciuta per essere riuscita a sorprenderlo.
- Anche se lei non è un libro aperto mi
ha lasciato lo stesso qualche chiave di lettura.-
La donna si accorse che ora aveva la
completa attenzione dell’uomo e si decise a lasciare finalmente le rispose che
lui aspettava alle sue mute domande.
- Il modo in cui è intervenuto con il
ragazzo in mia difesa, e visto che non tutti girano con un paio di manette nelle
tasche mi hanno fatto capire che è un Agente addestrato a trattare con i
malviventi, anche se inizialmente non avevo capito a quale agenzia apparteneva.-
Si massaggiò la tempia, l’adrenalina scaturita da quel incontro iniziò a
scemare.
- Le sue domande dirette con cui ha
chiesto informazioni al guardiamarina Stone, il suo modo di muoversi e il modo
in cui mi ha protetto durante la sparatoria oltre al suo abbigliamento e al
taglio di capelli come dire non proprio alla moda, mi hanno fatto dedurre che deve
essere stato un ex militare, diciamo...- si puntellò il mento con il dito - ...un
marine o meglio un cecchino dato l’abilità con cui ha valutato la situazione e
ha preferito non rispondere al fuoco.- Continuò serafica esponendogli le
intuizioni come se volesse la sua conferma a quello che in realtà già sapeva di
essere esatto.
Gibbs rimase in silenzio ascoltando le
spiegazioni della donna mentre nella sua mente ricollegava le varie immagini e
gesti che lei gli stava elencando per motivare la sua analisi che nonostante
gli costasse molto era assolutamente perfetta.
- Da lì ad associarla all’agenzia
dell’Ncis il passo è stato breve: la telefonata che ha fatto ad uno dei suoi
agenti è stato il primo indizio anche se non ne ero completamente sicura al 90%
ma poi, il breve colloquio che ha avuto con il Direttore Vance, me ne ha dato
la conferma.- Terminò la sua spiegazione massaggiandosi la parte superiore
dell’occhio destro.
La stanchezza della giornata stava
prendendo il sopravvento e un leggero malditesta si
stava diffondendo sulla fronte.
- Questo è tutto tranne per una cosa...-
e per la prima volta dall’inizio di quel discorso lo guardò in viso scorgendo
uno sguardo attento a non perdere neanche una sua parola.
- Chi è Kate?- Chiese sapendo benissimo
che non avrebbe ottenuta nessuna risposta in cambio.
Gibbs si alzò osservandola con la coda
dell’occhio e si allontanò da lei di qualche passo senza lasciarle neanche una
parola in risposta, come d'altronde si era immaginata, mentre la mente di lui
si affollava dei ricordi del passato: dal primo incontro fino all’ultimo
momento, quando si era ritrovato il corpo inerme dell’Agente Todd tra le
braccia.
- Va bene Agente Gibbs...- iniziò
raggiungendolo alle spalle –... messaggio ricevuto, mi faccio gli affari miei.-
Sorrise cosciente che quella era un’innocente bugia ma che in realtà non
avrebbe mantenuto perché ormai la sua curiosità era avida di sapere ogni cosa
su quel uomo.
- Come si chiama?- Le chiese Jethro più
calmo voltandosi e guardandola in viso.
- Jade.- Rispose semplicemente prima che
l’auto federale si fermasse a breve distanza da loro.
Mcgee scese dall’auto tutto trafelato e
raggiunse il capo, seguito a ruota dal dottor Mallard e Palmer.
Nessuno dei tre badò alla donna, si
diressero immediatamente al corpo del guardiamarina preceduti da Gibbs che
iniziò in modo concitato a esporre i fatti.
Un auto nera si fermò vicino alla donna.
Il finestrino si abbassò mostrando ai
suoi occhi la presenza dell’uomo.
- Sali.- La
invitò l’individuo usando un tono deciso.
Jade acconsentì con un gesto della
testa, si tolse la giacca dell’Agente Gibbs e la lasciò sulla panchina prima di
salire in auto.
Ziva respirò a fondo, con la coda
dell’occhio osservò Tony al suo fianco. Erano in ascensore e fra pochi secondi
sarebbero ritornati alla normalità.
Erano state due settimane difficili, non
tanto per il recupero delle forza fisica di Ziva ma più che altro per l’avvicinamento dei due
colleghi.
DiNozzo i primi tempi, con la scusa che
lei non si poteva muovere, si era trasferito a casa sua. Inizialmente quella
idea era sembrata ottima ad entrambi, lei aveva dovuto ammettere i suoi limiti
e lui aveva dovuto accettare il bisogno che aveva di averla accanto a sé.
I due agenti avevano vissuto quelle due
settimane come se il mondo non esistesse, come se loro non fossero loro in
realtà, ma semplicemente un uomo e una donna che vogliono vivere fino in fondo
i propri sentimenti e alla fine era successo.
Ziva ancora non riusciva a capire come
era potuto accadere, si erano lasciati andare.
Erano tornati da poco dall’ultima visita
di controllo con il dottor Kras che le aveva dato il
permesso di tornare al lavoro il giorno dopo.
Lei aveva tirato un sospiro di sollievo
appena entrati in casa e aveva sorriso apertamente a Tony che era al suo fianco
che l’aveva abbracciata subito dopo.
La donna aveva respirato profondamente
il dolce profumo intenso del uomo tuffando la sua testa nell’incavo del collo
felice di aver superato quel brutto periodo.
Tony le aveva preso il viso tra le mani
e l’aveva guardata profondamente negli occhi, in quei suoi bellissimi occhi
neri, così intensi e profondi che fin dal loro primo incontro lo avevano
catturato a sé. Le sue mani si erano mosse inconsapevoli, con il pollice le
aveva sfiorato le labbra morbide e non aveva potuto sottrarsi al desiderio di
baciarle.
Un brivido aveva scosso entrambi i corpi
dei due agenti e quasi all’unisono si erano mossi l’uno verso l’altro facendo
combaciare le loro labbra in un bacio casto che più trascorrevano i secondi e
più quel tocco semplice veniva sostituito dal impeto della passione.
Lottare contro la razionalità per far
emergere i sentimenti era stata una guerra difficile, ma poi, quando anche
l’ultima barriera era stata abbattuta, il fiume della passione era dilagato nel
loro animo animandolo di nuove sensazioni, di una voglia irresistibile
dell’altro e un crescendo di emozioni li avevi travolti facendoli trovare in
poco tempo nudi sul letto, stretti nelle braccia dell’altro, con i corpi
desiderosi di quel contatto che faceva bruciare la pelle di voglia che dilagava
come un fuoco incontrollabile ed esplodeva al culmine della brama di
possedersi.
Alla fine esausti si erano addormentati
stretti uno all’altro scivolando entrambi in un sonno appagato.
Il risveglio non era stato facile.
Alle prime luci dell’alba il cellulare
di Tony aveva vibrato a lungo prima che l’Agente rispondesse.
DiNozzo aveva faticato parecchio a
staccarsi da quel sogno per rendersi conto della realtà.
Aveva guardato brevemente la donna che
gli sorrideva e poi si era deciso di rispondere.
- DiNozzo sono tre volte che ti chiamo,
hai dimenticato la regola 18?- Gli chiese Gibbs scocciato.
- Capo!!!- Aveva urlato preso di
sorpresa da quella telefonata scattando in piedi sul letto.
- No capo: “essere sempre
rintracciabili”- recitò a memoria -... stavo dormendo e...- Cercò di
giustificarsi ma venne interrotto dalla voce burbera di Jethro.
- Passa prendere David e venite immediatamente
qui che è stato trovato morto un Capitano della marina.- Tuonò la voce
imperiosa dell’uomo chiudendo la telefonata senza aspettare l’eventuale
obiezione dell’Agente.
Ziva, nel frattempo, si era alzata dal
letto, lanciando un’occhiata triste al collega, indossando la vestaglia e
dirigendosi verso il bagno, consapevole che cosa comportava quella telefonata.
Tony, intuendo i pensieri della donna,
era sceso velocemente giù dal letto e si era piazzato davanti a lei bloccandole
il passaggio.
- Aspetta, parliamone.- Le disse.
Ziva era rimasta in silenzio
osservandolo negli occhi.
- Lo sai benissimo quanto me Tony che è
stato uno stupido errore.- Iniziò con tono di voce basso, reprimendo le
emozioni dentro di sé, cacciandole fino in fondo per non farle salire
nuovamente in superficie.
- Non dire sciocchezze Ziva. Quello che
è successo tra noi due è stata la più bella cosa che poteva accaderci. Io...-
ma la donna lo bloccò posandogli la mano sulle labbra.
- Ti prego non dirlo.- Chiuse brevemente
gli occhi piegando lievemente il capo verso il basso – Sono state due settimane
da sogno, questo non posso negarlo, ma non potrà essere sempre così. Tu ed io
siamo due agenti del Ncis.- Terminò seria ritornando
ad appoggiare lo sguardo sul suo viso.
DiNozzo rimase in silenzio.
Quella semplice parola “Ncis” aveva infranto quel sogno e li
aveva fatti ritornare bruscamente alla realtà.
Per 14 giorni avevano ignorato i fatti,
avevano dimenticato chi erano e quali erano i loro compiti.
Tony si era fatto da parte e l’aveva
lasciata passare.
Non appena la collega aveva chiuso la
porta del bagno l’uomo non aveva potuto trattenere la sua frustrazione e aveva
tirato un pugno contro il muro.
Era tutto maledettamente vero.
Che cosa sarebbe capitato se in una
missione i sentimenti avessero preso il soppravvento sulla ragione?
C’era un’unica risposta: la fine.
L’intera squadra sarebbe stata messa in
pericolo, prima fra tutti uno di loro due, quello che avrebbe ceduto prima ai
sentimenti.
Scosse la testa cancellando quella
improbabile ipotesi non riuscendo a rispondere alla domanda che gli era nata
dentro di lui: come avrebbe reagito se quella in pericolo fosse stata Ziva?
Sarebbe diventato pazzo.
Ziva si voltò verso Tony che era
appoggiato alle pareti dell’ascensore con le braccia conserte e gli occhi
chiusi in attesa del “dlin”
dell’ascensore, cercando il più possibile di ignorare che era chiuso in quello
stretto abitacolo con quella donna che solo qualche ora prima aveva amato con
tutto se stesso.
Sentì su di sé lo sguardo della collega
e aprì gli occhi incontrando quelle bellissime iridi nere.
- Tutto come prima?- Gli chiese Ziva incerta
cercando di ignorare quegli occhi verdi che vibravano di sensazioni calde.
DiNozzo si porse verso di lei, le appoggiò
la mano sulla guancia e le catturò le labbra in un bacio rubato.
- Si tutto come prima.- Sorrise lui
staccando da lei di poco giusto la distanza per guardarla dritta negli occhi.
- Stupido!- Lo colpì con un pugno sul
petto allontanandolo da sé.
Tony si sistemò la giacca, si alzò
leggermente il colletto della camicia e al “dlin” dell’ascensore uscì con un
sorrisetto soddisfatto stampato sul viso.
Continua...
Non ci posso fare niente quando parto
con le scene Tiva potrei andare avanti per ore ^_^
Il proxchap si sta già delineando nella mia mente e scopriremo sicuramente
qualcos’altro
Shhhh.... vi lascio
sempre in punta di piedi e provo a concentrarmi su “H2” dove invece c’è buio
assoluto... o mamma T_T
ps: mi sa che arriverà prima il capitolo
4^_______^
Ed eccoci qua... non vi dico niente...
scopritelo da soli ^_^
Buona lettura
Light
Gibbs era di fronte alla grande vetrata
dell’ufficio con in mano il bicchiere di caffè che portava alle labbra con un
gesto meccanico dal quale beveva lenti sorsi assaporando fino in fondo il gusto
della bevanda.
Il cielo era grigio e rispecchiava in
pieno il suo animo tormentato da mille domande ma neanche una risposta.
Erano passati 14 giorni ma di quella
sera non aveva dimenticato niente, nessun gesto, nessuna parola... niente... non
era neanche riuscito a cancellare la sensazione di aver rivisto Kate.
Jethro bevve un altro sorso e il nome di
quella donna si sovrappose all’immagine che aveva nella mente: Jade.
Eppure...
Ducky gli si era avvicinato alle spalle
mentre raggiungevano il corpo del Tenente Stone e gli aveva lanciato uno
sguardo incredulo.
- Jethro ma...- Aveva accennato il
dottore in tono confidenziale ancora sconcertato della persona che aveva scorto
qualche attimo prima al fianco dell’uomo.
- No.- Aveva
risposto Gibbs fermandosi vicino al cadavere irrigidendo i muscoli del corpo
mentre il dubbio si era insinuato dentro di lui che se anche il Dottor Mallard aveva
pensato di aver visto Kate forse poteva essere veramente lei.
- Capo ci spiega la dinamica
dell’accaduto?- Gli aveva chiesto Mcgee facendo interrompere il flusso dei suoi
pensieri e riportandolo bruscamente alla realtà.
- Lui è il Tenente Stone, quando sono
intervenuto aveva preso in ostaggio la donna seduta su quella panchina...-
Indicò con un movimento leggero della testa.
Mcgee, insieme agli altri uomini, si era
voltato automaticamente corrugando la fronte non scorgendo nessuna donna seduta
sulla panchina poco più avanti.
- Capo ma non c’è nessuno.- Aveva detto
incerto ritornando a guardare il superiore mentre Palmer guardava perplesso il
dottor Mallard.
Gibbs, a quella affermazione, si era
voltato di scatto e aveva ispezionato con lo sguardo gelido i dintorni
accorgendosi di una macchina nera ferma al semaforo che subito dopo qualche
istante era partita all’accendersi del verde. La panchina era vuota, c’era solo
appoggiata allo schienale la sua giacca.
- Jethro...- l’aveva chiamato Ducky
sorpreso di non trovare più la donna dove l’aveva vista domandandosi lui stesso
se fosse stata veramente la realtà o solo un’illusione creata dalla stanchezza
della giornata.
Gibbs si era girato dando una veloce
occhiata al dottore e poi si era rivolto con sguardo severo all’Agente.
- Mcgee, schizzi e foto.-
Ordinò prima di voltare le spalle agli uomini e andarsene.
Si avvicinò alla panchina, afferrò la
giacca quasi con rabbia e si diresse verso la proprio auto.
Non avrebbe dovuto trovarsi lì, ma in
qualche modo l’idea di starle accanto gli era di conforto in quella strana
serata.
Jethro con passo sicuro si era avviato
verso la stanza di Ziva per accertarsi delle condizioni della donna. Per la
seconda volta l’istinto di lei gli aveva salvato la vita facendoli legare
ancora di più in quel patto silenzioso che avevano sancito fin dal primo giorno
che le loro strade si erano incrociate.
Si era fermato fuori spiando dalla
finestra e sorridendo dolcemente alla scena che gli era apparsa davanti gli
occhi: Tony e Ziva addormentati uno accanto all’altro uniti dalle loro mani.
L’uomo aveva preferito sedersi fuori,
vicino alla stanza e aspettare.
Con un gesto meccanico aveva indossato
la giacca bloccandosi all’istante quando quel profumo di pesca lo aveva
circondato.
Si era seduto sulla sedia, incrociando
le braccia al petto, appoggiando la testa al muro e aveva chiuso gli occhi.
Aveva respirato profondamente mentre quella dolce fragranza gli entrava dentro
salendo al cervello annebbiandolo con l’immagine di quei occhi decisi a non
mollare e dandogli la sicurezza che non era stato un sogno ma era accaduto
realmente.
Si era svegliato la mattina presto
scosso da una mano.
- Capo.- Lo
aveva chiamato gentilmente Tony aspettando di incrociare il suo sguardo.
- Ziva?- Gli aveva chiesto subito lui
raddrizzandosi sulla sedia e percependo ancora lievemente il profumo di pesca.
- Ha dormito serenamente tutta la
notte.- Lo tranquillizzò DiNozzo porgendogli uno dei bicchieri che teneva in
mano.
I due uomini avevano bevuto il caffè in
silenzio assaporando pienamente l’aroma.
- Ti sta aspettando, ha bisogno di te.- Gli disse Tony rompendo la calma che si era creata.
Gibbs gli aveva lanciato uno sguardo
veloce, aveva accartocciato il bicchiere nella mano lanciandolo subito dopo nel
cestino.
Era entrato nella stanza in silenzio.
Ziva aveva gli occhi chiusi. Si era
avvicinato a lei lentamente e dopo averla osservata per qualche istante aveva
fatto scivolare la mano nella sua accarezzandole il dorso delicatamente con il pollice.
L’Agente David a quel contatto aveva
aperta gli occhi e incontrato quelle iridi azzurre cielo, limpide e calde alle
quali era affezionata.
Aveva accennato un sorriso e una
sensazione di conforto le riempì l’animo mentre stringeva più saldamente la
presa della mano del uomo.
- Grazie.- Le aveva detto piano Jethro.
Ziva aveva sorriso e chiuso gli occhi
stanca.
Gibbs si era piegato su di lei, baciandole
la fronte ed era uscito silenziosamente dalla stanza.
- DiNozzo rimani con lei.- Gli aveva
ordinato chiudendosi la porta dietro le spalle e lanciando una breve occhiata all’agente
– ... fino a quando non si riprende.- Aveva terminato in tono paterno.
- Si capo.-
Aveva risposto Tony incerto di aver compreso bene le parole di Gibbs.
Jethro non sapeva se avesse fatto bene
ad avvicinare quei due, il loro rapporto era già arrivato al limite della linea
di confine dove ogni Agente si dovrebbe fermare prima di avere la tentazione di
infrangerla.
Voleva per caso metterli alla prova?
Forse.
Voleva dimostrarsi qualcosa? Possibile.
Voleva dargli una possibilità per essere
felici?
A quell’ultima domanda preferì non
rispondere.
Jethro sorrise leggermente a quel pensiero.
Avvicinò alle labbra il bicchiere e bevve l’ultimo sorso di caffè. In quei
giorni aveva visto raramente DiNozzo e quando la sua presenza era richiesta in
ufficio il suo atteggiamento era più irritante del solito, come se avesse avuto
sempre qualcuno che gli corresse dietro e lui dovesse scappare il più
velocemente possibile. Era disattento, lontano con la mente e il con corpo,
pronto a scattare al primo accenno per tornare a casa.
Gibbs, alla fine, per non massacrarlo di
scappellotti, gli aveva intimato di prendersi tre giorni di ferie, in fin dei
conti con il caso del Tenente Stone erano in alto mare, in qualsiasi direzione
indagassero si scontravano sempre con il nulla.
Aveva tentato in tutti i modi di parlare
con Vance ma quel uomo era più ostinato di un mulo. Non era riuscito a cavargli
nessuna informazione, né sul caso e né su quanto riguardava Jade.
Niente!
Vuoto assoluto. Più i giorni passavano e
più la sua frustrazione aumentava, facendolo diventare ancora di più
intrattabile del solito.
Il dlin
dell’ascensore lo fece ritornare alla realtà.
Gibbs bevve l’ultimo sorso di caffè e lanciò
il bicchiere nel cestino.
- Buongiorno Gibbs!- Lo salutò DiNozzo
con il suo consueto tono gioviale.
Jethro gli lanciò uno sguardo indagatore
facendogli un leggero segno con la testa.
Aspettò qualche secondo prima di
incontrare i suoi occhi neri che evitarono prontamente i suoi occhi azzurri
indagatori.
- Idiota!- Disse Ziva a Tony mollandogli
uno scappellotto e lanciandogli uno sguardo di fuoco.
Ziva aveva aspettato qualche secondo
prima di uscire dall’ascensore presa in contropiede da quel bacio che le aveva
rubato DiNozzo qualche istante prima.
Aveva respirato a fondo per trovare la
giusta concentrazione nell’affrontare Gibbs ma non appena aveva incontrato
quello sguardo di ghiaccio non aveva potuto fare altro che scappargli con la
paura che potessi leggervi dentro quello che era successo.
Sentì la presenza del capo di fronte a
lei. Il cuore iniziò a batterle forte.
“Stupida!” si disse arrabbiata.
- Ciao Gibbs.- Lo salutò facendo
incrociare i loro sguardi.
Passarono pochi secondi ma per Ziva
sembrò un’eternità. Di fronte a quegli occhi di ghiaccio aveva come la
sensazione di trovarsi senza difese.
Gibbs aprì le braccia e l’avvolse nel
suo abbraccio.
- Ciao Ziva.- Le disse piano vicino all’orecchio.
La donna in un primo momento si irrigidì
ma poi si lasciò andare a quella inconsueta manifestazione d’affetto
corrispondendo l’abbraccio.
- Sto bene Gibbs.- Gli confermò
prevedendo la sua domanda.
- Ehi capo! A me non hai mica salutato
così?!- Si intromise Tony nel mezzo dividendo i due.
- Ziva! Ziva! Ziva!- La voce concitata
di Abby li fece distrarre da quella situazione.
La scienziata si lanciò addosso all’Agente
David stritolandola nel suo abbraccio.
- Sto bene Abby.-
La rassicurò Ziva cercando di respirare.
- Su Abby molla la presa.- Le disse Mcgee
avvicinandosi al gruppo e abbracciando subito dopo la collega.
- Mettiamoci al lavoro. Marine morto. Mcgee
rintracciami questo numero, Ziva l’attrezzatura, Tony fai il pieno al furgone.
Vi voglio tutti operativi entro dieci minuti.- Ordinò riassumendo il suo tono burbero.
I tre agenti scattarono
contemporaneamente a quel ordine.
- Abby tu scoprimi tutto quello che sai
su questo pezzo di stoffa.- Le porse la bustina contente la prova.
- Si Signore!- Scattò sugli attenti la
donna portando la mano alla tempia.
Gibbs per risposta la guardò storta.
- Emmm... si Gibbs!-
Abby afferrò dalle mani del uomo la bustina e corse nel suo laboratorio.
La squadra era tornata da poco, l’ufficio
era deserto, quasi tutti gli agenti erano andati a casa. Il silenzio regnava
sovrano e aveva sostituito il caotico caos del giorno.
Mcgee era andato a portare le prove
raccolte in laboratorio da Abby, mentre Tony era scomparso dalla circolazione e
Ziva era tranquillamente seduta alla sua scrivania leggendo il fascicolo sul
caso.
- Hei David che
stai combinando?- Le chiese Tony appoggiandosi sul divisorio con in mano due
bicchieri di caffè.
- Stavo riflettendo sul caso.- Disse esausta appoggiandosi allo schienale della
sedia.
- Tutto bene?- Le domandò porgendole il
bicchiere di caffè guardandola attentamente pronto a cogliere qualsiasi
movimento sospetto.
- Grazie.- Gli disse evitando di
rispondere alla sua domanda ma non potendo evitare di ammonirlo con lo sguardo.
- Che c’è? Te l’avrei chiesto anche
prima!- Scattò nervoso girando intorno alla scrivania e sedendosi a poca
distanza da lei.
- Quello che è successo tra noi non
cambia niente.- Cercò di tranquillizzarla.
- Cambia tutto invece.- Obiettò Ziva nervosa.
- Ti sbagli.- Le disse deciso.
- Te lo posso provare.- Lo guardò
decisa.
La donna si alzò e lo fronteggiò
avvicinando il viso a quello di lui.
I due si guardarono negli occhi come se
fossero incatenati.
- Posso percepire i brividi che ha il
tuo corpo mentre il fiato delle mie parole ti accarezza le labbra...- iniziò
con voce calda mentre si avvicinava sempre di più appoggiando la mano sul suo
petto accarezzandolo dolcemente – sento il tuo cuore che batte forte, hai il
respiro affannoso, la mia vicinanza ti eccita...- gli sorrise facendo scivolare
lo sguardo verso il basso mentre con il dito tracciava una linea immaginaria
dal collo giù fino all’ombelico fermandosi sulla cinta dei pantaloni.
DiNozzo trattenne il respiro e socchiuse
gli occhi mentre la mente fu presa d’assalto dai flash di quella notte.
- Vedi?- Gli chiese lei all’improvviso
con il tono duro staccandosi da lui di qualche passo infrangendo il pathos di
quel istante.
Tony, ancora con gli occhi chiusi,
sorrise dall’intraprendenza di quella donna.
Le afferrò il polso e l’avvicinò a sé.
- Non è cambiato niente...- iniziò
guardandola dolcemente negli occhi – anche prima provavo le stesse emozioni che
provo ora, solo che ero molto più bravo a tenerle nascoste e tu eri molto più brava
ad ignorarle.- la strinse a sé circondandole la vita con il braccio.
- La linea che separa i nostri due mondi
è stata infranta devi solo ammetterlo anche tu.- Le
disse prima di spingere il viso verso il suo e appoggiare le labbra su quelle
di lei.
Tony le sfiorò il labbro inferiore,
assaggiandone la morbidezza e la dolcezza aspettando il momento che lei si
lasciasse andare.
Quando anche Ziva cedette a quella
verità si strinse più forte a lui e lasciò che la passione li avvolgesse
entrambi.
Si staccarono con il fiato corto.
Tony appoggiò la testa sulla fronte di
lei, mentre Ziva con gli occhi chiusi strinse forte tra le mani il colletto
della camicia di lui.
- E’ un gioco pericolo questo Tony.- Gli disse triste.
DiNozzo le appoggiò il dito sotto il
mento e le fece alzare il viso in modo da poterla guardare negli occhi.
- Io sono disposto a giocare fino in
fondo e tu?- Le chiese sicuro.
Ziva lasciò andare la presa dalla sua
camicia e si allontanò di qualche passo da lui continuandolo a guardare negli
occhi indecisa su cosa rispondere.
- Ehi voi due! Che cosa ci fate ancora
qui?- Li raggiunge la voce severa del capo. – Andate a casa è stata una lunga
giornata.-
I due agenti, sentendo quel tono di voce
severo, scattarono come se tra loro fosse passata una scossa elettrica e si
allontanarono l’uno dall’altro.
Gibbs li osservò per qualche istante ma
ignorò volutamente quello strano pensiero che si stava formulando nella sua
mente e andò a sedersi alla sua scrivania.
- Tu non vieni?- Gli chiese Ziva
osservandolo lei questa volta attentamente.
- Devo finire il rapporto.- Le rispose
senza degnarla di uno sguardo.
- Da quand’è che non dormi?- Continuò
imperterrita.
Lui alzò lo sguardo severo ma lei non si
fece intimidire, conosceva fin troppo bene quegli occhi di ghiaccio per
preoccuparsi.
- Andiamo a bere una birra?- Gli propose
imperterrita.
Jethro sorrise alla caparbietà dell’Agente.
- Va a casa Ziva.- Le disse più dolcemente
– Se non vuoi che ti accompagna DiNozzo chiama un taxi.-
Le diede una veloce occhiata e poi tornò a riconcentrarsi sul fascicolo.
L’Agente David a quella frecciata
arrossì leggermente sulle gote.
- Notte!- Gli rispose acida.
Si girò e sorpassò DiNozzo con passo di
marcia.
- Andiamo!- Gli ordinò arrabbiata mentre
lui se la rideva sotto i baffi.
Continua...
$
Capitolo di transizione... ma la parte
Tiva si fa sempre di più interessante e sinceramente non vedo l’ora di scoprire
come prosegue... Ziva è tosta ma sta volta DiNozzo non molla mi sa ... ^___^
Al momento Jade è in panchina ma se la
visione che ho in testa è del prossimo chap mi sa che
ne vedremo delle belle.
Grazie ragazze
siete sempre un vero supporto per me.
Questa storia è difficile da portare
avanti, perché Gibbs non è un tipo semplice, ma sono stra
felicissima che il chap precedente abbia avuto un
effetto positivo su tutti i fronti.
Domaris spero di aver soddisfatto le tue
perplessità ^_^... se ne hai altre spara che così mi aiuti a costruire la
storia e non preoccuparti scrivi pure poemi che a me piace un sacco leggerli ahahahahahhah
Slurmina non sai quanto le tue parole mi
abbiamo fatto bene, ho letto più volte il tuo commento (insieme a quello di Domaris), avete placato i miei timori di non saper affrontare
un personaggio tosto come Jethro. ^_^
Ci sarà tempo per scoprire tutto...
chissà se anche con questa arriviamo a 40? Ma staremo a vedere.
Beh che dire.... dopo un inizio lento,
questo chap fermo da giorni, sta sera si è costruito
da sé...
Evento shock...
Non vi dico nient’altro
Buona lettura
Light
- Cosa pensi di fare?- Gli chiese Ziva
bloccando Tony sulla porta.
DiNozzo rimase sorpreso da quella
domanda.
- Che domande fai, entro in casa.- Le rispose come se fosse la cosa più ovvia a questo
mondo.
- Non credo proprio che sia una buona idea.- Continuò la donna in tono serio.
- Che cosa ti prende?- Le chiese
disorientato dalle sue parole.
- Niente.- Rispose evitando di guardarlo
negli occhi.
- Ehi...- Le disse dolcemente accarezzandole
la guancia destra con la mano.
Ziva a quel contatto si staccò come se
avesse ricevuto una scossa. Sapeva benissimo che se avesse ceduto anche quella
volta sarebbe stato ancora più difficile portare la loro relazione alla
normalità.
- Notte DiNozzo.-
Lo salutò freddamente facendo qualche passo indietro entrando in casa.
- Ferma!- Tony bloccò la porta
impedendole di chiuderla. – Non lo fare...-
- Non devo fare cosa!!! Usare il
cervello??- Gli urlò contro. – Quello che c’è stato tra noi è stato un
terribile sbaglio, un grosso, dannatissimo, stupido errore.- Terminò il suo
sfogo a voce più bassa.
- E’ questo quello che pensi?- Le chiese
Tony ferito dalle sue parole.
La donna lo guardò per un lungo istante
negli occhi.
- Si.- Soffiò
lentamente.
DiNozzo spalancò gli occhi incredulo,
come se quella semplice risposta lo avesse trafitto il cuore facendogli mancare
il respiro.
- Vuoi che torniamo alla normalità
Agente David?- Le chiese duro – Bene! Se per te quello che c’è stato tra noi
due è stata solo una scopata, solo un insulso sesso, credilo pure, ma credimi
così facendo inganni solo te stessa, perché per me non è cosi.-
Fece qualche passo verso la donna fermandosi vicinissimo a lei.
- Io ti amo e non posso fare niente per
impedirmi di provare questo sentimento per te, vorrei poterlo cancellare dal
mio cuore, poterlo ancora ignorare come ho fatto in tutti questi anni, ma non
ci riesco più. Io ti a...- ma non riuscì a terminare che Ziva lo bloccò
poggiandogli la mano sulle labbra.
- Ci faremo del male.- Fece un leggero
sorriso. – Lasciamo le cose come sono, credimi è meglio così.-
Lo spinse indietro facendolo allontanare da sé.
DiNozzo a quella presa di posizione così
seria e determinata si irrigidì. Si passò nervosamente una mano fra i capelli,
cercando di tenere a bada quel senso di frustrazione e rabbia che gli stava
rivoltando lo stomaco.
La stava perdendo e non sapeva neanche
lui come fare a riportarla a sé.
- Non può funzionare Tony e tu lo sai
meglio di me. Noi siamo colleghi, non complichiamoci ancora di più la vita.-
DiNozzo non disse niente. Guardò la
donna negli occhi, quelle iride nere e profondo che amava tanto, un ricciolo
scappato dalla coda le accarezzava la guancia rendendo più gentile l’espressione
scura e dura del viso.
Le labbra erano chiuse, strette quasi
come se volesse impedire di far scappare parole di troppo che potessero
complicare ancora di più quella situazione, come se volesse impedirsi di dire
quale era la verità. Le braccia strette al corpo rigido e dritto nella
posizione di difesa pronto a scattare a qualsiasi movimento di attacco.
Tony abbassò il capo triste.
Era tutto inutile combattere quella
sera, doveva ritirarsi ed escogitare un piano di attacco per riportarla da sé.
Si quella era la mossa migliore,
aspettare il momento buono e questa volta avrebbe vinto.
Alzò la testa sorridendo, si avvicinò
piano a Ziva, si porse verso la sua guancia lasciandole un dolce bacio,
soffermandosi più del dovuto per respirare e imprimere nella mente ancora
meglio quel suo profumo dolce di vaniglia e rosa.
- Buona notte David.- Le disse calmo
mentre riusciva a cogliere il disorientamento nei suoi occhi.
Sorrise ancora più apertamente, con la
consapevolezza che ce l’avrebbe fatta, sarebbe stata sua... per sempre.
Ziva chiuse la porta dietro di sé. Si lasciò
scivolare a terra, raccolse le gambe al petto e appoggiò la fronte sulle
ginocchia e finalmente si rilassò.
Quando aveva preso quella decisione non
aveva avuto la certezza che ci sarebbe riuscita, era stato duro allontanare Tony
da sé, riportare il loro rapporto entro quella linea di confine che non doveva più
essere infranta.
Chiuse gli occhi e subito le immagini
del pomeriggio affollarono la sua mente.
Era andata insieme con Gibbs a
interrogare i parenti della vittima per riuscire a capire il motivo di quel
gesto assurdo.
In macchina regnava il silenzio, ma non
era il solito silenzio tra i due, era più un silenzio di cose non dette,
nascoste, di timore di deludere l’altro.
Ad un certo punto Jethro fermò l’auto e
accostò.
- Scendi!- Le ordinò senza darle una
spiegazione.
Ziva aprì la portiera senza dire una
parola, ubbidendo silenziosamente a quel comando, la richiuse e si appoggiò
alla macchina aspettando la reazione del capo.
Gibbs le si parò di fronte, penetrandola
con il suo sguardo di ghiaccio cercando di capire che cosa le stesse passando
per la mente.
Erano ore che non gli rivolgeva una
parola, un gesto, che evitava di guardarlo e questo era troppo anche per lui.
- Ebbene...-
La donna distolse lo sguardo da quegli
occhi freddi e inquisitori, si staccò dalla macchina e fece qualche passo per
allontanarsi da lui.
L’uomo l’afferrò il polso con un gesto
veloce bloccandola e riportandola davanti a sé.
- Che c’è?!!- Sbottò infine Ziva.
- Sei tu che devi dirlo a me.- Le rispose calmo.
Ziva abbassò il capo sentendosi
colpevole, schiacciata da quel segreto.
Gibbs le appoggiò delicatamente la mano
sulla guancia facendo rialzare il viso verso il suo e appoggiò le labbra su
quelle di lei, sfiorandole appena.
- Va meglio?- Le chiese soffiando quelle
due parole sulle sue labbra mentre si tuffava in quel lago nero in tempesta.
- Non prendermi in giro Gibbs.- Si
scostò nervosa passandosi delicatamente la mano sulle labbra proprio come prima
avevano fatto le labbra di lui.
- Tony...-
Gibbs si appoggiò alla macchina,
incrociando le braccia al petto, e portando la gamba destra su quella sinistra,
abbassando lievemente il capo e chiudendo gli occhi mentre le immagini di
quella notte riempirono la sua mente.
Si erano lasciati andare, complice il
troppo alcool che avevano bevuto per riscaldarsi.
Ziva e lui erano bloccati dalla
tormenta. Il caso era chiuso, erano riusciti a scoprire il traffico di armi, ma
all’ultimo tutto si era complicato facendoli rifugiare nella boscaglia.
Sul loro cammino avevano incontrato una
piccola baita e avevano deciso con una rapida occhiata che sarebbe stato il
rifugio perfetto per quella notte.
Non potendo accendere il fuoco per non
essere individuati, erano rimasti al buio della luce della luna. Ziva aveva
vagato per tutta casa alla ricerca di qualcosa per disinfettare la ferita di Jethro
prima che facesse infezione. Aveva trovato due bottiglie di scotch, ne aveva
aperta una assaggiando un sorso e subito il gusto forte e acceso di quel
liquido ambrato le aveva incendiato la gola, lasciando poi un leggero torpidimento
caldo.
“Perfetto” aveva pensato afferrandoil fazzoletto dalla tasca e ritornando dall’uomo.
- Togliti la camicia che ti pulisco la
ferita prima che si infetti ancora di più.- Gli aveva ordinato con il suo tono
duro prendendo per la prima volta in mano la situazione non riuscendo a
capacitarsi che per una sua distrazione stava quasi per far uccidere Gibbs.
Aveva appoggiato le cose sul tavolino
del salotto ed era andata alla ricerca di una specie di bacinella e qualcosa
che le potesse essere d’aiuto per fasciare la ferita.
Ziva, dopo qualche minuto, era ritornata
da Jethro e si era seduta per terra di fronte a lui che era appoggiato allo
schienale del divano.
L’aveva guardato a lungo preoccupata. Era
una brutta ferita, fortunatamente il proiettile l’aveva trapassato da una parte
all’altra senza ledere nessun muscolo del braccio ma in compenso stava perdendo
molto sangue, doveva fare in fretta.
- Stai bene?- Gli aveva chiesto preoccupata
vedendo l’espressione grave che aveva assunto il suo viso.
- Muoviti David, fai quello che devi
fare.- Le aveva risposto con il suo solito modo gentile.
Ziva sorrise a quella burberità.
La donna prese in mano la bottiglia e
iniziò lentamente a versare il liquido sulla ferita che lavò piano togliendo il
sangue in eccesso. Lo tamponò con il fazzoletto premendo forte per far fermare
il sangue.
- Sai Gibbs per la tua età non sei
niente male.- Scherzò cercando di distrarlo dal dolore atroce che il bruciore
dello scotch gli provocava, lasciando vagare lo sguardo sugli addominali
scolpiti, e il petto muscoloso dell’uomo.
Jethro sorrise a quel buffo tentativo di
distrazione.
Strinse forte la fascia intorno al
braccio e terminò l’operazione.
- Fatto.- Gli comunicò appoggiandosi
anche lei al divano portandosi la bottiglia dello scotch alle labbra e
bevendone un sorso.
Rimasero in silenzio per parecchio
tempo, assaporando fino in fondo il gusto forte del liquore.
- E’ stata colpa mia, non dovevo
distrarmi.- Confessò Ziva infrangendo il silenzio.
- Non dire stupidaggini David, non
possiamo prevedere tutto.- La rassicurò.
- Ma tu ci riesci.- Controbatté
girandosi a guardarlo sporgendosi verso di lui.
Jethro sorrise, si infetti ci riusciva,
ma non era sempre stato infallibile.
Il suo sguardo sereno si rabbuiò all’improvviso.
L’unica volta che doveva prevedere l’imprevedibile
non era stato in grado di farlo e gli era costato caro: Kate.
- Mi disp...-
Tentò di giustificarsi Ziva intuendo i pensieri dell’uomo, ma lui la bloccò appoggiandole
il dito indice sulle labbra.
- Non è colpa tua.- La rassicurò facendo
scivolare il dito dalle labbra al collo.
Un brivido di freddo percorse il corpo della
donna facendola tremare.
- Farà freddo sta notte, rimaniamo
vicini.- Le disse e con un gesto rapido le circondò le spalle e l’attirò a sé.
I loro visi erano tremendamente vicini,
i sensi annebbiati dall’alcool erano pericolosi da gestire, i loro occhi
incatenati in quel silenzio complice desiderosi solo di lasciarsi andare a
quella dolce illusione di protezione.
Si mossero nello stesso momento,
eliminando quella piccola distanza che c’era tra loro.
Gibbs poggiò le mani sul viso di Ziva avvicinandolo
al suo fino a far sfiorare le labbra. Un attimo di incertezza nel dubitare di quello
che stava per fare ma che svanì alla risposta della donna.
Entrambi gli agenti si fecero
coinvolgere in quel gioco pericoloso accarezzando e godendo del corpo dell’altro.
Ben presto i vestiti furono buttati in giro per la stanza e la passione prese
il sopravvento.
Una sintonia che stupì entrambi ma che
in fondo nascondeva un terribile segreto: nessuno dei due stava realmente
amando l’altro ma un’altra persona.
Le prime luci del mattino svegliarono i
due amanti ancora abbracciati l’uno all’altro.
- Tony...- disse piano Ziva ancora stordita
dall’alcool e con un gesto della mano fece rotolare per terra la bottiglia
vuota di scotch che si scontrò con l’altra, mentre Gibbs la strinse più forte a
sé immerso in quel mondo fantastico dove tutto era perfetto e c’era lei: Kate.
Quel tintinnio di vetro li riportò alla
realtà.
Entrambi aprirono gli occhi ripiombando in
quel mondo che con il sogno non aveva niente a che fare.
Gibbs liberò Ziva dal suo abbraccio
possessivo e la lasciò libera. L’Agente David si allontanò dall’uomo, non
preoccupandosi della sua nudità raccolse in giro i suoi indumenti e li indossò,
mentre l’uomo faceva lo stesso.
Tutto si volse in silenzio, un silenzio
strano, tranquillo, senza nessuno imbarazzo, come se quello che era successo
qualche ora prima fosse stato una cosa normale tra loro... ma non era così.
- Non l’hai dimenticata?- Gli chiese Ziva
quando Gibbs la raggiunse fuori in veranda.
L’uomo non rispose cercando di tenere al
sicuro la sua parte più vulnerabile.
- Hai fatto l’amore con Kate sta notte non
con me.- Affermò seria scrutando il perimetro per
accertarsi di essere veramente da soli.
Jethro si appoggiò alla staccionata con
entrambi le mani, alzando il viso al cielo, cercando con tutte le forze di
respingere quel viso sorridente che lo guardava con quello sguardo profondo che
sapeva abbattere ogni sua difesa.
- No.- Rispose
semplicemente negando l’evidenza anche a se stesso.
Ziva sorrise leggermente alla caparbietà
dell’uomo di nascondersi dietro a quello che era ovvio.
- Certo...- iniziò tranquilla
stiracchiandosi prima, e appoggiandosi poi, alla staccionata con la schiena,
buttando indietro la testa e chiudendo gli occhi – Non l’hai dimenticata.-
Disse infine e questa volta non era stata una domanda.
La donna respirò a fondo prima di
riaprire gli occhi e posarli sulla figura rilassata dell’uomo.
- Non si può dimenticare se quello che
si voleva fare è rimasto incompiuto.-
- Hai finito?- Le chiese nervoso, quella
intromissione nel suo intimo gli stava dando sui nervi.
Si staccò dalla staccionata per entrare
in casa.
- Gibbs...- lo fermò Ziva per un braccio
facendolo voltare verso di lei. – Quello che è successo non significa niente
vero?- Gli chiese con un senso di inquietudine nel tono della voce.
- No Ziva. È successo e basta.- Terminò Gibbs
quella conversazione.
Jethro aprì lo sguardo e osservò l’Agente
David che camminava davanti e indietro sul selciato della strada. Era nervosa,
inquieta. Il corpo era rigido, le mani strette intorno alla giacca, il viso
scuro e gli occhi una vera tempesta di emozioni indecifrabili.
Gibbs le si avvicinò appoggiandole le
mani sulle spalle facendole alzare lo sguardo.
- Devi dirmi qualcosa Ziva?- Le chiese
duro collegando i fatti dei giorni precedenti, allo strano rapporto che legava
i suoi due agenti, all’atteggiamento confidenziale di Tony e alla risposta
dolce di Ziva al collega.
- Io...- iniziò liberandosi da quella
presa e allontanandosi di qualche passo.
- Ti ascolto.- Le disse paziente.
- Che devo fare?- Gli chiese dopo
qualche minuto di silenzio.
- Perché lo chiedi a me se sai già la
risposta?- Le domandò di rimando.
Ziva lo guardò in viso e gli sorrise,
sorprendendosi ancora un’altra volta della capacità del capo di intuire i suoi
pensieri.
- Ci faremo del male, guarda cosa è
successo tra te e Jenny, tra te e Hollis, non si può unire le due cose, è
troppo pericoloso, la regola 12 esiste per qualcosa non è così?- Sbottò infine
riversando sull’uomo tutti i suoi dubbi.
- Non è infallibile.- Affermò dopo un po’
Gibbs avvicinandosi alla macchina aprendo la portiera.
- Hai già preso una decisione, non posso
io farti cambiare idea Ziva.- Le disse prima di salire in auto.
Gibbs aspettò che anche la donna salisse
e poi avviò il motore per proseguire il cammino.
- Non accadrà più.- Affermò decisa Ziva lasciando
vagare lo sguardo fuori dal finestrino.
Jethro sorrise alla caparbietà della
donna di reprimere i suoi sentimenti. Avrebbe dovuto stare ancora più attento a
quei due. Le cose si stavano complicando e quello che era successo e non
successo tra loro le avrebbe ancora di più ingarbugliate.
Ziva si rialzò dalla sua posizione,
accese la luce del soggiorno, si guardò attorno scorgendo in ogni parte tracce
di Tony. Prese uno scatolone e iniziò a deporvi all’interno tutto quello che
apparteneva al collega.
Quando ebbe finito, andò a farsi una
doccia, mentre si asciugava i capelli, pulì lo specchio con la mano e osservò
la sua immagine riflessa.
- Non accadrà più.- Si disse decisa
spingendo ancora più profondamente i sentimenti dentro di sé in modo che non
potessero salire a galla.
Jethro era rimasto solo in ufficio. Si
era lasciato andare sullo schienale della sedia, aveva preso dal cassetto la
bottiglietta di scotch e ne aveva bevuto un sorso, assaporando il gusto intenso
del liquore. Il caso del Tenente Stone era di nuovo fermo a un vicolo cieco.
Si rimise a sedere e sfogliò per l’ennesima
volta il fascicolo nel vano tentativo di scorgere qualche piccolo dettaglio che
gli era sfuggito.
Il “dlin”
dell’ascensore lo distolse per un attimo dai suoi pensieri.
Il leggero profumo di pesca raggiunse i
suoi sensi facendo emergere quel volto gentile e testardo nella sua mente.
- Agente Gibbs ancora al lavoro a quest’ora?-
Gli chiese la donna avvicinandosi con passo calmo alla scrivania dell’uomo.
Continua...
Emm... emm... piano ragazze... sapete come sono i personaggi e poi
questa idea me l’ha data domaris...
quindi in caso uccidete lei... ahhahahahahhahah
No a parte gli scherzi, dopo aver visto
la sesta serie mi stanno venendo delle strane visioni.... e chi può dirlo se
saranno per questa FF o per un’altra, mah staremo a vedere
Bene vi auguro una buona estate e nella
speranza che non mi mandiate al patibolo ci rivediamo a settembre ...
Sorpresaaaaaaaa!!!!!!!!! Questo
capitolo arriva inaspettato, sia per voi che per me... ma quando il criceto
parte perché fermarlo???
Avanti tutta!!!
Buona lettura
Light
Gibbs osservò silenziosamente la donna
che si era fermata di fronte alla sua scrivania che lo guardava con occhi
curiosi che con suo disappunto non lasciavano trasparire nessuna emozione che lo
potessero aiutare a capire più a fondo quel essere così enigmatico.
Il suo viso era dolce, tranquillo,
rilassato. Dei ciuffi di capelli le ricadevano delicatamente sulla fronte
coprendo leggermente gli occhi.
Un accenno di sorriso increspava le sue
labbra ma fu proprio quel gesto a tradire la tensione e la rigidità che il suo
corpo e il suo essere cercava con tutto se stesso di celare al resto del mondo.
La donna resasi conto che l’uomo che
aveva di fronte era riuscito ad infrangere la sua barriera fece un passo
indietro perdendo per un attimo tutta la sicurezza che era riuscita a racimolare
in quei pochi secondi quando si era accorta della sua presenza nell’ufficio.
- Non voglio disturbarla oltre, vedo che
è impegnato.- Disse in tono calmo girandosi lentamente accennando un segno di
saluto con il viso dirigendosi nuovamente verso l’ascensore.
Schiacciò il pulsante e le porte si
aprirono automaticamente.
La donna fece un impercettibile respiro
e vi entrò dentro.
Quello che successe dopo fu talmente
veloce che sembrò quasi irreale.
Gibbs con una mossa svelta entrò nell’ascensore
spingendo a spalle al muro la donna bloccandola con il suo corpo, tenendo fisso
il suo sguardo di ghiaccio su di lei e con una mano arrestò l’ascensore.
I due, per un secondo, rimasero al buio,
percependo solo la tensione che vibrava tra loro e il respiro ansimante dell’altro.
La mano di Jethro era stretta al braccio
della donna con una presa possessiva.
- Pensa di intimidirmi Agente Gibbs?-
Gli aveva chiesto sfrontata lei non lasciando trasparire niente della sorpresa
inaspettata che aveva avuto al comportamento dell’uomo.
- La intimidisco Jade?- Le chiese di
rimando osservando bene ogni espressione che il viso di ghiaccio della donna
non faceva trapelare.
- Se crede che sia come tutte le
donnicciole che le cascano ai piedi se lo può anche scordare, con quegli occhi
non incanta proprio nessuno, tantomeno me.- Rispose
severa liberandosi dalla presa dell’uomo e riattivando l’ascensore cercando di
mettere più distanza possibile tra di loro.
Il silenzio calò tra i due appoggiati
alle pareti opposti dell’abitacolo mentre con la coda dell’occhio tenevano
sotto controllo l’altro. Entrambi avevano assunto la stessa posizione: braccia
conserte sul petto e spalle rilassate.
- Lei già conosceva il Tenente Stone.-
Affermò serio Gibbs non appena tutti i dettagli di quella sera furono
collegati.
I gesti della donna per niente
spaventata da quello che stava accadendo, dalle parole che aveva rivolto al
militare a come aveva reagito a tutta la situazione gli avevano fatto capire
che lei doveva sapere.
Le porte dell’ascensore si aprirono. Jade
guardò brevemente l’uomo senza dire nulla.
- Accetti un consiglio, mi lasci perdere
Gibbs.- Senza aggiungere altro si girò e se ne andò.
- Ferma!- La bloccò di nuovo Jethro afferrandola
per il polso.
I due rimasero fermi uno di fronte l’altro.
Jade si immerse in quelle iridi fredde di ghiaccio, quasi bianche talmente il
nervosismo che traspariva da esse. Deglutì per un attimo, respirando a fondo
poi, percependo l’odore di legno intagliato e l’aroma di caffè, proprio come lo
aveva sentito la prima volta che gli era stata così vicino. Chiuse brevemente
gli occhi indecisa sul da farsi.
- Fidati di me Kate.- Fuggì dalle labbra di Gibbs.
Jade aprì gli occhi di scattò
piantandoli come lame affilate in quelli dell’uomo.
Si staccò da lui liberandosi bruscamente
dalla sua presa, fece qualche passo indietro e se ne andò senza aggiungere
altro.
Prima che Jethro potesse fare qualcosa
la donna salì su un auto che la stava aspettando e se ne andò via.
Quella notte Ziva non aveva chiuso
occhio. Si era addormentata alle prima luci dell’alba fino a quando il suono
della sveglia l’aveva riportata alla realtà.
Si era passata una mano sul viso per
scacciare la stanchezza ed era rimasta immobile nel letto con lo sguardo fisso
sul soffitto. Aveva allungato un braccio lungo il materasso rimanendo delusa
sentendo la parte accanto a lei fredda.
“Stupida!” pensò duramente.
L’aveva voluto lei, aveva allontanato da
sé Tony a distanza di sicurezza per non complicare di più le cose, ora doveva
pagarne il prezzo, non poteva più tornare dietro.
Si alzò a fatica, trascinandosi per casa
accatastando tutti gli scatoloni, che la sera prima aveva preparato, in un
angolo del soggiorno.
Compose il numero del facchino, gli
ordinò di venirli a ritirare entro le otto e poi andò a farsi una doccia.
Il campanello di casa suonò proprio nel
momento in cui Ziva uscì dalla doccia.
La donna con disappunto guardò l’orologio
constatando che l’uomo era in anticipo di un quarto d’ora. Si avvolse nell’asciugamano,
si spazzolò brevemente i capelli raccogliendoli in una coda e andò ad aprire.
- E’ in anticipo...- Disse aprendo la
porta di casa e bloccandosi subito dopo dalla sorpresa.
- Buongiorno.- La salutò l’uomo
avvicinandosi a lei, posando dolcemente un bacio sulla guancia e assaporando il
profumo intenso di muschio bianco del doccia schiuma.
- Vedo che hai già sistemato tutto.- Le
disse porgendole il bicchiere di caffè nero che le aveva preso assaporando un
sorso del suo. – Ti sei dimenticata solo il doccia schiuma o hai cambiato
genere?-
Le chiese osservandola con la coda dell’occhio.
- Sto bene Gibbs.- Gli rispose aspra afferrando
il bicchiere e chiudendo la porta, stringendosi di più l’asciugamano addosso.
L’uomo non la badò minimamente e si andò
a sedere in poltrona.
Ziva a quell’atteggiamento sbuffò sonoramente
e si riportò il bicchiere alle labbra nascondendo dietro di esso un leggero
sorriso.
- Che ci fai qui?- Gli chiese dopo
qualche minuto di silenzio che si concesse per studiarlo a fondo.
Aveva il viso stanco, non doveva aver
avuto una gran nottata neanche lui.
Da quando aveva iniziato ad indagare sul
caso del Tenente Stone non si era dato un attimo di pace.
Ziva non ne sapeva molto, quello che era
riuscita a scoprire gliela avevano rivelato a volte Tony, altre Mcgee e altre
ancora lo stesso Gibbs.
L’uomo non rispose la osservò solamente.
- Dovresti andare a metterti qualcosa
addosso prima che ti prenda qualcosa.- Constatò notando il brivido di freddo
che aveva percorso il corpo della donna, nascondendo l’ordine perentorio
attraverso quel consiglio disinteressato.
La donna senza dire niente si diresse
verso la camera, prese dei vestiti puliti dall’armadio, li indossò, si spazzolò
nuovamente i capelli lasciandoli liberi e ritornò dal capo.
- Contento?- Gli chiese infastidita
dirigendosi verso la porta per aprirla avendo avvertito il fermarsi del
camioncino.
Il facchino prese i pacchi mentre Ziva compilava
l’ordine di consegna.
Con un cenno di saluto aspettò che il
fattorino se ne andasse per rivolgersi di nuovo verso il capo che nel frattempo
si era alzato e l’aveva raggiunta soffermandosi a qualche passo dietro le sue
spalle.
Le porse la giacca, prese le chiavi
dalla tasca e uscì dalla porta.
- Muoviti David che il lavoro ci
aspetta.-
Nessuno dei due l’avrebbe mai ammesso
apertamente, neanche sotto tortura, ma da quella notte che avevano passato
insieme, il loro modo di rapportarsi era diventato più complice. La loro
empatia, che già da prima era palpabile, ora era ancora più evidente, come se
quel patto silenzioso che avevano stretto all’inizio con l’uccisione di Ari, la
morte di Kate e la salvezza di Gibbs fosse stato suggellato in modo ufficiale,
creando tra di loro quell’intesa che a pochi era concesso di farne parte.
Ziva salì in macchina rimuginando sull’atteggiamento
dell’uomo.
Gibbs avviò il motore e si diresse verso
il quartiere Generale dell’Ncis.
- L’hai vista non è vero?- Gli chiese Ziva
ad un tratto arrivando alla verità.
L’uomo non rispose, guardò fisso di
fronte a lui, senza degnarla di uno sguardo. I muscoli del suo viso si
inasprirono e quella frase detta quasi con disperazione rimbombò nella sua
mente “Fidati di me Kate”.
Accelerò di più nel vano tentativo di
cancellare quegli occhi duri e freddi che si erano sentiti traditi da lui e da
quello che si era lasciato andare.
Ziva non si perse niente di quel
cambiamento di umore. Gibbs ormai per lei era diventato un libro aperto, composto
a volte con fogli bianchi, altre ancora con fogli tutti scritti o con semplici
scarabocchi o con parole chiare e decifrabili.
Sorrise leggermente e con un movimento
naturale appoggiò la sua mano su quella del uomo che teneva sul volante.
Si scambiarono una breve occhiata.
- Tutto a tempo debito Gibbs.- Gli disse
Ziva prima di togliere la mano da quella del agente e riprendere a guardare
fuori.
DiNozzo era stato tentato di andare da Ziva
quella mattina. Si era svegliato da solo nel suo letto con ancora indosso i
vestiti della sera precedente. La voglia di lei era insaziabile, era sempre di più
viva e presente nel suo essere.
Si era alzato con l’intento di partire
subito all’attacco per la sua riconquista, si era fatto una doccia veloce,
sbarbato, rimesso in ordine e vestito di tutto punto senza trascurare nessun
dettaglio.
Stava sistemando le ultime cose quando
bussarono alla sua porta.
Si ritrovò di fronte il fattorino che
gli consegnò gli scatoloni contenente le cose che aveva lasciato a casa della
collega.
Si chiuse la porta alle spalle lasciandola
sbattere e osservò pensieroso gli scatoloni.
Le cose si stavano complicando, non
sarebbe stato per niente facile la sua riconquista, ma non poteva mollare.
- Tutto per lei!- Si disse ad alta voce
come a volersi incoraggiare e non farsi demotivare da quegli scatoloni che gli
urlavano la decisione della donna di voler portare tutto allo stesso piano di
prima.
Ziva aveva bisogno di tempo, non poteva
starle troppo addosso, doveva concederle i propri spazi senza soffocarla con le
sue attenzioni e prima o poi, in questo modo, sarebbe ritornata da lui.
Prese le chiavi della macchina e uscì di
corsa pronto a volare in ufficio per rivederla.
Parcheggiò l’auto e andò come al solito
a prendersi il caffè al consueto bar.
Entrò, si appoggiò al bancone sfoggiando
il suo sorriso da seduttore pronto a richiedere la sua dose di caffè mattutina.
In attesa della cameriera che era
impegnata alla cassa si voltò verso sinistra e si accorse della donna che era
al suo fianco che cercava in tutti i modi di attirare l’attenzione della
ragazza.
- Non si preoccupi ora ci penso io.- Le disse sfoggiando il suo stile di rubacuori.
La donna si voltò verso l’uomo e rimase
colpita dalla sua presenza.
“Però come iniziare bene la giornata!”
pensò soddisfatta da quella visione.
- Emily ci fai due caffè, per me il
solito e per...- ma si bloccò non sapendo cosa ordinare.
- Caffè con latte e dolcificante,
grazie.- Gli sorrise gentile.
Tony rimase fermo a guardare la figura
della donna che gli era al fianco.
Non era possibile.
Non poteva essere vero.
Stava ancora sognando.
- Sta bene?- Gli chiese lei preoccupata notando
il colore pallido che aveva assunto il viso dell’uomo.
Quella voce calda, gentile, il viso
dolce, lineamenti delicati, naso alla francese, labbra sottili di quel tenue
colore rosa di pesca, zigomi leggermente pronunciati e infine gli occhi di quel
strano colore castano dalle sfumature scure nascosti da alcune frange di
capelli che appartenevamo solamente a una persona: lei.
- Oh mi dio!- Esclamò l’Agente abbracciando
la donna d’impulso.
- Ma...- Lei non riuscì a dire altro
sorpresa da quella reazione.
Quell’abbraccio era strano, protettivo,
sicuro, caloroso, si sentiva così bene tra le sue braccia che si lasciò andare.
Rimasero in silenzio per qualche secondo
in quello strano stato confusionale che nessuno dei due riusciva a capire.
DiNozzo respirò a fondo e il profumo di
pesca della pelle della donna lo riportò alla realtà.
- Mi dispiace...- iniziò a dire
tenendola ancora stretta tra le sue braccia soffiando le sue parole tra i
capelli di lei – per un attimo ho creduto che il passato non fosse mai
esistito.-
La donna si staccò gentilmente dalle sue
braccia e lo guardò amorevolmente.
La reazione dell’uomo che aveva di
fronte l’aveva sorpresa e anche se non sapeva spiegarselo le aveva fatto tanta
tenerezza.
- Anthony DiNozzo.- Si presentò
porgendole la mano.
- Jade Sash.- Rispose stringendo
saldamente la presa dell’uomo.
La strana armonia che si era creata tra
loro si infranse con l’arrivo della cameriera.
- Ecco a voi i vostri caffè, vi auguro
buona giornata.-
I due uscirono dal bar e iniziarono a
passeggiare uno a fianco dell’altro.
- Devo averle ricordato una persona
importante della sua vita.- Gli disse Jade infrangendo
quel silenzio imbarazzante che si era creato tra i due sorseggiando il suo
caffè.
- Dammi pure del tu.-
Le sorrise calmo mentre i ricordi del passato affollavano la sua mente e si
confondevano con l’immagine della donna che aveva di fronte.
- Tony...- lo chiamò incerta – tutto bene?-
Gli chiese preoccupata.
DiNozzo per risposta le sorrise.
- Non ti preoccupare, certe cose quando
tornano a galla fanno ancora male.- Sorrise triste.
Jade annuì silenziosamente rispettando i
tempi di lui.
Si fermarono davanti all’ingresso del
quartiere Generale dell’Ncis sedendosi un attimo sulla panchina dall’altra
parte della strada.
- Caitlin Todd.- Iniziò piano Tony con
voce triste – Era la mia collega, è stata uccisa quattro anni fa durante una
missione, è stato un duro colpo per tutta la squadra.-
La donna rimase in silenzio ascoltando
lo sfogo dell’uomo che per troppo tempo aveva tenuto quelle parole segregate
dentro di sé cogliendo ad ogni gesto e parola i più reconditi significati.
DiNozzo, come un fiume in piena, senza remore
e paure si lasciò andare e raccontò liberamente tutta la storia.
Tony alla fine dell’ultima avventura si
lasciò andare sullo schienale della panchina, appoggiando la testa all’indietro
e guardando il cielo.
- Tu le assomigli terribilmente.-
Confessò alla fine – Sei identica a Kate.-
Jade a sentire quel nome trattenne il
respiro, strinse le braccia intorno al petto e la frase detta la sera prima
dall’Agente Gibbs le rimbombò nella mente.
- Credo che sia meglio che tu vada al
lavoro, sta arrivando il tuo capo.- Gli disse ad un
tratto dando fine a quel flusso di pensieri.
- Ma tu...- Tony si voltò sorpreso verso
la donna.
- Segreto.- Gli sorrise alzandosi di
scatto – Su andiamo!- Lo incitò di seguirlo.
I due attraversarono la strada e
rimasero in attesa dell’arrivo degli altri agenti.
Continua...
Ok questo capitolo non era programmato
ma oggi, con la tranquillità e la calma della giornata, è partito da sé...
Un chap di
transizione, che rivela sempre qualcosa di più o meno importante, lascio a voi
dedurlo.
Il prossimo? Non lo so, sicuramente il
primo settembre.
Mettetevi comodi.... che per
sopperire alla lunga astinenza il chap è lungo...
Buona lettura
Light
Jade osservò Gibbs e la donna
misteriosa che era al suo fianco mentre si avvicinavano a lei e a Tony, facendo
scorrere rapidamente lo sguardo prima sulla figura dell’uomo e soffermandosi
poi più attentamente sulla donna.
Lei non era di certo una “femme fatale”, constatò Jade alla prima
occhiata, ma osservandola attentamente convenne che il portamento determinato e
sinuoso della donna, i suoi capelli ribelli che ondeggiavano in sincronia ai
passi le donavano un’aria sexy, accattivante e forte.
Il magnetismo che attraeva la sua
persona stregava chiunque la guardasse, lei compresa ne rimase affascinata.
La camminata dei due agenti era
sicura, senza esitazione, parlavano tranquillamente evidentemente di un
discorso che li interessava entrambi perché alternavano momenti di ilarità ad
attimi di spiegazione.
Il loro atteggiamento era
confidenziale, ricco di pathos e tensione... complice... “fin troppo” pensò
Jade terminando la sua prima analisi.
I gesti spontanei della donna
verso l’uomo erano intimi come le risposte che il corpo di lui le dava.
Per un occhio non abituato ad
osservare quello sfioramento causale del braccio di lui a quello di lei, la
mano di lei che si appoggiava ritmicamente ogni volta che c’era uno scambio
divertente di battute sulla spalla dell’uomo e gli occhi di lui che
scintillavano di una luce particolare ogni volta che si posavano sul volto
della donna, non avrebbero suscitato interesse, ma a Jade, abituata a non
soffermarsi all’apparenza e ad interpretare ogni gesto, parola, emozione con il
suo vero significato, lasciarono l’amara sensazione che tra loro ci fosse
qualcosa di molto più importante di un semplice rapporto lavorativo.
- E’ la sua donna?- Chiese ad un
tratto dando voce ai propri dubbi prima che i due agenti si avvicinassero
troppo, con una leggera punta di gelosia.
Jade non sapeva spiegarsi il
perché ma vedere i due in quel atteggiamento così complice le faceva attorcigliare
lo stomaco.
DiNozzo a quella domanda si girò
stupito a guardare la donna che era concentrata ad osservare i colleghi con
un’espressione corrucciata e contrariata sul volto.
- Da cosa lo deduci?- Le domandò
evitando di rispondere a quella domanda portando anche lui l’attenzione sui
colleghi.
- Ci ho preso vero?....- rispose
mentre un sorriso tirato le appariva sul volto -... il linguaggio del loro
corpo, dice tutto... così confidenziale... intimo... segreto...- Gli rispose
esponendo pacificamente la sua tesi lasciando qualche secondo di silenzio tra
una parola e l’altra.
Tony li osservò ancora meglio e
quando vide Ziva appoggiare per l’ennesima volta la mano sulla spalla di Gibbs
e tenerla più del dovuto l’insinuazione di quel sospetto si fece largo dentro
di lui.
Scosse la testa per scacciare
quello strano pensiero e si diede subito dopo dello stupido nell’averlo solo
pensato.
- Mi dispiace deludere le tue
aspettative ma ti sbagli di grosso mia cara Jade, sei proprio fuori strada.-
Rise divertito da quella possibilità -Lei è Ziva David la mia
collega...- le disse calcando il tono della voce sulla parola “mia” -... e lui
come ben sai è l’Agente Gibbs il mio capo.- Le sorrise Tony riportando
l’attenzione sulla donna.
- Sarà...- affermò lei dubbiosa
lanciando un’ultima occhiata alla coppia prima di sorridere per tranquillizzare
l’uomo.
Ziva e Gibbs si avvicinarono ai
due.
Ci fu un attimo di silenzio.
Le due coppie si fissarono a
vicenda.
Un lungo e interminabile silenzio
di gelo calò tra loro.
Ziva appena si accorse della
presenza di Tony vicino a quella donna misteriosa si bloccò di colpo rimanendo
ferma a poca distanza dai due.
Gibbs la osservò con la coda
dell’occhio e portandole la mano dietro la schiena la incitò ad andare avanti.
Jade non si perse nulla di quel
gesto spontaneo.
“Impossibile” pensò infastidita
“... non posso essermi sbagliata” terminò dando una veloce occhiata a Gibbs,
poi a Ziva, infine a DiNozzo e notando l’espressione corrucciata sul viso
dell’uomo sorrise tra sé.
“Se ne sta rendendo conto anche
lui.” pensò soddisfatta.
- Assurdo...- Disse piano Tony
abbandonandosi alla ringhiera e lasciandosi accarezzare dal vento tiepido di
quella giornata.
A metà mattina, approfittando
della calma che regnava in ufficio, si era rifugiato in terrazza a pensare.
Rilassò le spalle ma subito dopo
le contrasse un'altra volta mentre l’incontro di quell’inizio di giornata gli
affollò la mente.
Era stato un momento strano.
Rivivere il passato attraverso
Jade l’aveva scombussolato non poco, ma quello che l’aveva stupito ancora di
più era stato l’atteggiamento impassibile di Gibbs.
Aveva potuto percepire solo una
silenziosa reazione quando aveva incrociato lo sguardo con l’uomo, ma subito
dopo quest’ultimo l’aveva messa a tacere non facendo trapelare nient’altro di
sé.
Jethro aveva degnato con un
semplice sguardo la donna e con un piccolo segno del capo si era congedato da
loro seguito a ruota dall’Agente David.
“Muoviti DiNozzo, abbiamo del
lavoro da fare!” Gli aveva intimato prima di entrare in ascensore.
Lui si era dovuto congedare
frettolosamente dalla donna seguendo i due riuscendo appena in tempoad entrare in ascensore prima che le porte si
chiudessero.
Tony respirò a fondo cercando di
scacciare quei tristi ricordi e si concentrò sul viso di Ziva.
L’aveva vista rilassata, più
tranquilla in compagnia del capo, come se in qualche modo lui avesse il potere
di darle quella serenità che lui non riusciva a trasmetterle.
“E’ la sua donna?”
Quella domanda così assurda che
gli aveva rivolto Jade, qualche attimo prima che i due agenti si accorgessero
di loro, lo scombussolò un’altra volta.
Scosse la testa e sorrise di se
stesso.
No, non era possibile.
Non poteva essere.
Tra Gibbs e Ziva c’era stato fin
da subito quella sintonia particolare che nemmeno lui e il capo erano riusciti
a instaurare all’inizio della loro collaborazione ma confonderla con qualcosa
di diverso che potesse andare oltre a quella sintonia era impossibile...
assurrdo!
- DiNozzo che stai facendo!- La
voce dura di Gibbs lo fece ritornare alla realtà.
- Capo!- Esclamò sorpreso.
L’uomo si avvicinò al suo Agente
osservandolo attentamente.
Il viso di Tony era stanco e una
ruga di apprensione gli solcava la fronte facendola aggrottare.
Era venuto il momento di
affrontare il discorso.
Gli porse uno dei due caffè che
teneva in mano e si appoggiò alla ringhiera con la schiena aspettando
pazientemente che il fiume di parole di Tony lo travolgesse come il suo solito.
DiNozzo imitò il capo e rimase in
silenzio sorseggiando il caffè.
- Tu lo sapevi?- Gli chiese Tony
ad un tratto infrangendo la calma che si era creata tra loro.
- Si.- Rispose semplicemente
Gibbs.
- Scioccante non è vero? Sta
mattina quando mi sono ritrovata di fronte Jade è stato come se il passato non
fosse mai accaduto, come se tutto quello che è successo non fosse in realtà mai
stato. Per un attimo ho creduto che tutto fosse vero, che Kate non fosse morta,
che io e lei fossimo ancora una squadra, che lei fosse ancora al mio fianco
costringendomi a sorbire una delle sue ramanzine senza senso aspettando solo
l’occasione per prenderla in giro e farla imbarazzare...- Tony respirò a fondo
riprendendo fiato. – Stupido lo so...- Confessò dopo
Gibbs rimase in silenzio,
stringendo più forte il bicchiere nella mano e bevendo poi un lungo sorso di
caffè.
- No, non lo è.- Affermò serio,
in fondo anche lui ci era cascato nel passato.
- E’ lei la donna che stavi
cercando in questi giorni?- Gli chiese dopo un attimo di riflessione.
Gibbs piegò lievemente l’angolo
destro delle labbra verso l’alto.
“Non gli sfugge niente” pensò
soddisfatto.
Si staccò dalla ringhiera,
appallottolando il bicchiere ormai vuoto e lanciandolo nel cestino lì vicino si
avviò verso l’interno.
- Muoviti DiNozzo, Vance ci
aspetta.- Gli gridò.
- Agente David finalmente la
trovo!- Esordì Cinthia quando la vide entrare in ufficio.
Ziva si bloccò rimanendo
perplessa prendendo automaticamente il cellulare in mano.
- Il suo telefono è staccato.-
Rispose la donna precedendo la sua domanda.
L’Agente guardò il cellulare e
constatò che si era scaricato.
- E’ successo qualcosa?- Chiese
osservandola attentamente notando il plico di cartelline che portava in
braccio.
- Il direttore Vance ha convocato
tutta la squadra, la stanno aspettando, non sapevo più cosa inventarmi, per
fortuna è rientrata.- Sospirò consolata.
- Ora sono qua, andiamo.- Le
disse mentre si dirigeva verso l’ufficio del Direttore.
Ziva osservò i presenti, c’erano
proprio tutti, perfino Palmer. Diede una veloce occhiata agli altri
soffermandosi poi sulla donna incontrata quella mattina che era seduta vicino a
DiNozzo con il quale stava parlando amichevolmente.
Tony si era sporto verso di lei,
le aveva sussurrato qualcosa all’orecchio e lei per risposta gli aveva sorriso,
facendo brillare i suoi occhi nocciola appoggiandogli una mano sulla gamba per
confermargli quello che evidentemente le avevo chiesto l’uomo.
Ziva, a quel gesto, sentì una
morsa allo stomaco e le mancò il respiro quando Tony, accortosi della sua
presenza, fece incrociare i loro sguardi.
- Agente David si accomodi pure.-
Le disse Vance quando la vide sulla soglia dell’ufficio.
La donna distolse lo sguardo da
DiNozzo per incrociare quello di Gibbs che con un impercettibile segno del capo
le indicò di sedersi accanto a lui.
Ziva si sedette e cercò di nuovo
lo sguardo del capo ma non lo trovò, anche Jethro era impegnato ad osservare i
due, o meglio lei.
Non poté fare a meno che
concentrarsi sui due e riportò il suo sguardo su Tony.
“Dovevo aspettarmelo” pensò
infastidita nel constatare quella strana complicità che si era creata tra loro.
Lei non aveva fatto in tempo a dargli “l’out-out” che DiNozzo l’aveva subito
rimpiazzata, poi con chi? Con quella insulsa donna.
Strinse le mani a pugno sulle
gambe racchiudendo dentro di esse la stoffa del pantalone.
“E’ questo il grande amore che
aveva per me?!” si chiese triste non potendo impedirsi di distogliere lo
sguardo dai due.
Tony per tutto il tempo che
parlava con Jade aveva sentito su di sé lo sguardo di Ziva.
Sorrise soddisfatto alzando
lievemente l’angolo destro della bocca in un ghigno divertito e quel gesto non
passò inosservato agli occhi esperti di Jade.
- Visto che ci siamo tutti vi
presento il nuovo membro dell’agenzia che collaborerà fin da subito alle
indagini dell’Ncis.- La donna si alzò e affiancò Vance.
- La dottoressa Jade Sash:
psicologa studiosa del comportamento umano ed esperta di rilievo sul linguaggio
del corpo, sulle espressioni facciali e criminologa forense. Ha lavorato
diversi anni in Europa con la AISE e C.I.I in Italia, MI5 e MI6 in Inghilterra,
FSB in Russia e negli ultimi anni ha collaborato anche con la CIA e la DIA.-
Il silenzio calò tra i presenti e
tutti contemporaneamente rivolsero un’occhiata a Gibbs che come il suo solito
non manifestò niente di quello che stava pensando.
- Dottoressa Sash è un onore fare
la sua conoscenza.- Intervenne il Dott. Mallard infrangendo quel silenzio
imbarazzante alzandosi e andando incontro alla donna – Praticamente ho letto
tutti i suoi libri, articoli, studi per la mia specializzazione in analisi
comportamentale.- Le strinse le mani nelle sue.
Jade sorrise apertamente alla
reazione amichevole dell’uomo facendo scivolare, dopo qualche istante, le mani
da quelle di lui .
- Sarà un onore lavorare con lei
dottoressa, nonostante la sua giovane età ha un bagaglio di esperienza da far
invidia ai più vecchi studiosi.- Continuò l’uomo entusiasto.
- Mi chiami Jade Dott. Mallard.-
Gli propose gentilmente.
- Ducky.- Le porse la mano che la
donna strinse con sicurezza.
- Avanti Ducky non manipolare la
dottoressa Sash come sempre.- Intervenne DiNozzo.
La donna si girò verso l’Agente
sorridendogli.
- Ma come siamo formali Tony.-
Rise divertita
L’Agente la cinse per le spalle e
con un tono più basso le disse:
- Sai com’è Jade in presenza del
Direttore è meglio essere formali.-Scoppiarono a ridere.
Vance, dopo aver dato un’occhiata
glaciale a DiNozzo, si congedò.
- Benvenuta in squadra.- Le disse
Abby travolgendola nel suo abbraccio. – Sembra così strano...- Si lasciò
fuggire – quando prima ti ho vista mi è preso un infarto, mi dispiace se ti ho
spaventata.- Rise affondando i suoi occhi verdi in quelli marroni della donna.
- Non ti preoccupare Abby è stata
una normale reazione per una persona come te abituata a manifestare le sue
emozioni apertamente e poi posso immaginare la tua sorpresa nel vedermi è la
stessa che ha avuto Tony questa mattina quando mi ha visto in caffetteria,
senza sapere chi fosse mi ha braccata nel suo abbraccio.- Rise divertita
ricordando l’episodio.
- Ehi!!! Io non ho braccato
proprio nessuno... forse un po’ stritolata.- Scoppiò a ridere portandosi la
donna accanto a sé.
“Ora basta!” pensò Ziva stufa del
comportamento dell’uomo.
Fece un passo in avanti pronta ad
attaccare ma la mano che le si posò sul braccio la fece desistere da quello che
voleva fare.
Si girò e incontrò lo sguardo
calmo di Gibbs.
Abbassò il capo rassegnata, in
fin dei conti aveva ragione lui, come sempre, non poteva lasciarsi andare.
Jade con la coda dell’occhio non
le passò inosservato quel movimento.
“Ancora!” pensò quando vide
quello scambio di sguardi e la mano di lui appoggiata saldamente al braccio di
lei.
- Agente David...- si avvicinò ai
due mentre Gibbs levava con nonchalance la mano dal braccio della donna
riportandola al suo fianco. - ... il Direttore mi ha detto che lei è del
Mossad.- Le disse cordialmente.
Ziva per tutta risposta le regalò
un’occhiata gelida.
“Ops! Qualcosa mi dice che non le
sono simpatica, ma perché?” pensò Jade notando il fuoco vivo di quelle iridi
nere.
Tony riconoscendo lo sguardo
negli occhi di Ziva corse in aiuto della donna.
- Non dirmi Jade che hai lavorato
anche con il Mossad?- Le chiese per alleggerire la tensione.
- Non direttamente, in quel
periodo ero in Inghilterra e presi parte ad un’indagine internazionale dove era
coinvolto il Mossad.- Disse rivolgendosi a Tony appoggiandogli una mano sul
braccio premendo leggermente la presa e sentendo i muscoli del bicipite.
Jade con la coda dell’occhio
osservò la reazione dell’Agente David che a vedere quel gesto si irrigidì
ancora di più serrando le labbra una contro l’altra come se volesse impedirsi
di dire qualcosa.
“Interessante” pensò soddisfatta
la dottoressa Sash.
La donna stava per compiere un
altro esperimento quando il cellulare di Jethro suonò interrompendo il
discorso.
- Gibbs.- Rispose, facendo subito
dopo un segno di assenso con il capo e segnando qualcosa sul blocchetto.
- Marine morto. Mcgee rintraccia
questo numero.- Gli porse il foglietto – Ziva con me, DiNozzo tu resta con la
Dottoressa Sash e cercate di scoprire il più possibile sul Ten. Coll.
Brendall.-
- Si capo!- Risposero in coro i
due agenti.
Jade si avvicinò all’uomo e prima
che potesse andare via lo bloccò appoggiandogli la mano sul braccio.
Gibbs si girò a guardare la donna
interdetto da quel gesto.
- Chiamami semplicemente Jade.-
Gli propose in tono amichevole facendo attenzione al comportamento di Ziva la
quale non manifestò nessuna reazione particolare.
- Gibbs.- Rispose asciutto e
senza darle altre spiegazioni se ne andò seguito dall’Agente David.
Jade rimase ferma ad osservare i
due uscire dalla stanza.
“Curioso” pensò mentre il suo
cervello iniziava ad elaborare i dati che aveva raccolto da quello scambio di
battute.
- Ti ci abituerai.- La confortò
Tony osservando i due allontanarsi appoggiandole una mano sulla spalla. –
Andiamo ti mostro la nostra postazione.-
La donna non disse niente, gli
rispose semplicemente con un sorriso di circostanza.
Si avviarono verso la postazione
bloccandosi un attimo sul pianerottolo.
Tony incrociò lo sguardo con Ziva
che era in attesa dell’ascensore e rimasero a fissarsi per qualche istante.
- Tutto bene?- Gli chiese Jade
notando il cambio di espressione sul viso dell’uomo.
DiNozzo spostò lo sguardo dalla
collega alla donna mentre un’idea “geniale” si formulò nella sua mente.
Avvicinò la mano alla guancia di
lei e le lasciò una carezza sorridendole come solo lui sapeva sorridere ad una
donna, con quel modo sexy e accattivante facendo brillare il verde delle sue
iridi in totale stile made in DiNozzo.
Jade a quel gesto trattenne un
attimo il respiro sentendosi quasi ubriaca da quell’attenzione particolare, ma
quando Tony tolse il suo sguardo dagli suoi occhi per vedere la reazione di
Ziva, le fu chiaro il gioco dell’uomo.
Gli afferrò dolcemente ma con
decisione il colletto della camicia e lo avvicinò a sé.
- Se vuoi giocare ti aiuto, ma
sappi che è pericoloso.- Gli sussurrò confidenzialmente.
- Perspicace, dovrò annotarmi di
fare attenzione con te quando sei nei paraggi, altrimenti non c’è gusto.
Alleati?- Le propose avvicinandosi al suo orecchio.
La donna sorrise lanciando una
veloce occhiata verso il basso e sentendosi incenerire dallo sguardo duro che
le stava rivolgendo l’Agente David.
- Alleati.- Rispose poco dopo.
Jade ne era sicura: si sarebbe
divertita un sacco in quella squadra e inoltre sarebbe stata una buona
occasione per lei per approfondire i suoi costanti studi sulla natura umana.
I due scoppiarono a ridere
suggellando con una stretta di mano quel patto segreto.
- Hei!- Disse Gibbs a Ziva
riportando l’attenzione della donna su di lui.
Lei lo guardò rimanendo in
silenzio come se quello sguardo potesse sostituire tutto il fiume di parole che
portava dentro di sé.
- Fuori le questioni personali
dalle indagini se vuoi ancora far parte della mia squadra.- Le disse duro.
- Stai dubitando di me Gibbs?-
Gli chiese reprimendo la rabbia.
- Se non sai distinguere ragione
e sentimento... si. Se non sai tenere a bada il cuore...- e gli appoggiò il
dito indice sul petto – Si... se non riesci a gestire le tue emozioni.. si!- La
guardò dritto negli occhi immergendo le sue iridi di ghiaccio in quelle nere e
profondi di lei.
- Non ci penso due volte a
rispedirti a calci nel sedere al Mossad se non sei concentrata al 100% sul
caso.- Terminò serio.
- Ma come Gibbs mi deludi,
neanche uno scappellotto prima?- Lo sfidò ironicamente evitando di rispondere a
quell’attacco entrando in ascensore.
- Non mi tentare Ziva.- Le
rispose Jethro prima di seguirla all’interno facendo comparire un lieve sorriso
sulle labbra.
Jade non si perse neanche un
secondo di quello scambio di battute.
“Non c’è dubbio che tra loro ci
sia complicità, ma c’è qualcos’altro sotto, troppo confidenza per un capo e un
subalterno, sì, tra loro c’è empatia... sintonia... i loro corpi tendono uno
verso l’altro proprio come quelli di due amanti.”
Jade bloccò il flusso dei suoi
pensieri quando arrivò alla verità.
“Amanti” ripeté nella sua mente.
“Lo sono stati o lo sono ancora?
ma amanti fino a che punto?” si chiese fissando le porte ormai chiuse
dell’ascensore.
Continua....
Fine prima parte.... il capitolo era
troppo lungo perciò lo diviso, la seconda parte è pronta è solo in fase di
revisione... rimanete in zona che entro sabato arriva il seguito ^_^
Jade aveva passato l’intero
pomeriggio con Tony instaurando fin da subito una piacevole sintonia che
all’inizio l’aveva stupita, ma che dopo era riuscita ad apprezzarne i vantaggi.
La compagnia dell’uomo era
interessante e nonostante si nascondesse dietro alla sua maschera di “buffone
di corte” aveva capito che era un Agente attento e serio, capace di dare un
senso anche alle cose più ovvie e scontate riuscendo a collegarle a quelle
senza senso ed individuare la via di uscita.
A Gibbs e a Ziva era bastato poco
per scovare il sospettato, una volta trovato l’indizio giusto da parte di Tony
e grazie anche all’aiuto di Mcgee che aveva rintracciato il segnale gps del cellulare, i due agenti l’avevano catturato e
portato in ufficio per interrogarlo sull’omicidio del marine.
Jade era rimasta in disparte ad
osservare la squadra al lavoro giusto per farsi un’idea di come lavorasse
l’intero team e di come gli agenti interagissero tra di loro.
La donna aveva constatato che i
componenti della squadra, nonostante fossero molto diversi l’uno dall’altro,
agivano in una quasi perfetta sincronia di pensiero e azione.
Gibbs era un abile maestro, aveva
insegnato al team di precedere e prevedere ogni sua richiesta stuzzicando in
quel modo il loro istinto investigativo per trovare la verità.
L’interrogatorio era quasi finito
e Jade capì dalle espressioni facciali e dalla posa del corpo che il colpevole
aveva assunto che a breve sarebbe crollato confessando tutto.
La donna si accorse che anche
Gibbs ne era consapevole, infatti i lineamenti del suo viso si erano rilassati
e le sue iridi erano diventate ancora più fredde e intense.
L’Agente si era sporto verso
l’uomo attaccandolo con l’ultimo colpo verbale e l’altro, non riuscendo a
reagire,era crollato ammettendo la sua
colpa.
Jade sorrise per quella mossa,
soddisfatta che le sue aspettative su Gibbs non fossero state deluse.
- C’è sempre un sacco da imparare
dal capo.- Le disse Tony osservando l’aria
compiaciuta sul volto della donna.
- Voi lo fate molto bene. Siete
un’ottima squadra.- Guardò DiNozzo brevemente con la coda dell’occhio senza
staccare definitivamente la sua attenzione da Gibbs che con il suo carattere, carisma, caparbietà
e comportamento la intrigava sempre di più.
“E’ solo lavoro” pensò Jade mentre
faceva scorrere il suo sguardo sui lineamenti del viso dell’uomo.
Tony sorrise a quel complimento
rendendosi ancora di più conto della capacità di Jade di cogliere ogni piccolo
particolare e leggerne il significato.
DiNozzo la guidò alla sua
scrivania, facendole segno di attendere, si piegò verso il basso e dal cassetto
estrasse un album di foto.
- Tieni, questo ti servirà a
capire meglio. Potrei spendere un sacco di tempo a parlarti di Kate e di quanto
tu le assomigli fisicamente e cosa ha suscitato in tutti noi la tua presenza,
ma visto che per te le parole sono superflue ho pensato che le foto, che
compongono questo album che Abby ci ha regalato per natale, possano farti
capire meglio Kate e tutti noi al contrario del mio lunghissimo monologo che
dovresti stare ad ascoltare.- Le sorrise.
Jade rimase incantata da quegli
occhi verdi velati di tristezza.
Era sicura che l’uomo cercasse
con tutto se stesso di non confondere la figura di Kate con la sua ma da alcuni
atteggiamenti, che aveva tenuto con lei in quel pomeriggio, aveva capito che
per DiNozzo era molto difficile staccarsi dal passato ma che almeno ci stava
provando ad affrontarlo.
Afferrò l’album sfiorando
delicatamente la mano dell’Agente.
Gli sorrise sincera, grata del
suo gesto.
- Jade vieni con me.- La invitò Vance comparendo alle loro spalle con Gibbs
e Ziva – Devo mostrarti alcuni documenti.- Le spiegò iniziando ad avviarsi
verso il suo ufficio.
- Arrivo.- Rispose prontamente
Jade voltandosi e incrociando per un lieve secondo gli occhi azzurri e limpidi
di Gibbs che la colpirono come lame affilate quando si accorse che teneva in
mano l’album fotografico.
Jade istintivamente strinse forte
nella mano il libro come se avesse il timore che l’uomo glielo volesse
strappare e seguì il Direttore.
Jade si congedò da Vance dopo due
ore di lunghe chiacchere e scambi di opinioni.
Il Direttore era un uomo
difficile da identificare, sempre attento a non concedere nulla di sé, sulla
difensiva, pronto a cogliere in fallo ed attaccare una volta scoperto il lato
debole del suo interlocutore, a testare se realmente valeva e se riusciva a
soddisfare le aspettative che aveva posto in lui.
Un uomo preciso, che crede nella
sua linea di condottiero e capo ma con la segreta paura che gli altri non lo
considerino all’altezza del suo compito. Un mediatore sotto mentite spoglie che
in realtà cerca solo di manipolare e guidare nella direzione che lui vuole.
“Un tipo interessante” pensò Jade
mentre scendeva le scale, sorridendo e respirando a fondo per rilassare i
muscoli delle spalle che fino ad allora erano rimasti contratti per tenere a bada
le sue emozioni e stare allerta ai continui attacchi verbali del Direttore.
La donna approfittando del
silenzio dell’ufficio e visto che non le era ancora stata assegnata una
posizione si sedette alla scrivania di Gibbs.
Appoggiò i fascicoli che aveva
richiesto al Direttore e che Vance con riluttanza le aveva dato, posizionandoli
in ordine di importanza: prima quello dell’Agente speciale Gibbs, DiNozzo,
Mcgee e infine quello dell’Agente David.
Erano fascicoli personali che
raccontavano l’intera carriera e vita di ogni Agente, era un’intrusione nella
vita privata, lo sapeva bene Jade, ma per mettere a tacere i sensi di colpa
della sua coscienza, quella curiosità la faceva passare sotto forma di
un’indagine personale che le serviva per comprendere e capire a fondo con chi
stava lavorando.
Leggendo i vari fogli poté
avvalorare le varie tesi che si era fatta su ogni componente della squadra.
Notò che Tony e Ziva, per la
maggior parte delle volte, avevano fatto in coppia le missioni, in fondo quei
due li vedeva bene insieme anche se non li aveva visti ancora in azione. La sua
attenzione cadde sul penultimo caso che la squadra aveva concluso, con
l’infelice disavventura dell’Agente David che si era presa 4 proiettili per
proteggere Gibbs e che le erano costati 15 giorni di convalescenza ai quali era
stata affiancata dall’Agente DiNozzo.
“Strano” pensò riflettendo sui
quei giorni di riposo dati a Tony mentre nella mente le apparivano i flash
degli sguardi di fuoco di Ziva quando lei concedeva la sua attenzione a
DiNozzo.
Sorrise tra sé... “che tra i due
ci fosse qualcosa? Scattato in quei quindici giorni?” si chiese e mentre prendeva
forma quel pensiero si andò a cozzare con l’ultima immagine diZiva e Gibbs vicini all’ascensore.
Jade si rilassò totalmente allo
schienale della sedia massaggiandosile
tempie.
Troppe variabile aveva tra le
mani per poter dare risposte alle sue domande.
La donna mise i fascicoli nella
valigetta e prese in mano l’album che le aveva dato Tony.
Lo aprì e sul primo foglio vide
una sua fotografia con la scritta “In memoria di Kate”.
Rimase in silenzio, immobile a
fissare quel viso identico al suo, quegli occhi espressivi così simili ai suoi
e i lunghi capelli castani leggermente mossi e lucenti proprio come i suoi.
Trattenne involontariamente il
respiro dalla sorpresa, si era immagina di trovarsi si di fronte, una donna
somigliante a lei, ma non una sua gemella.
Chiuse gli occhi e respirò a
fondo per schiarire la mente.
Fissò nuovamente la foto e si
concentrò sul resto del team.
Erano tutti così giovani e
inesperti.
Tony sembravaun ragazzino, Mcgee un pivello impaurito anche della sua ombra sotto lo sguardo furbo e
vivace di Abby, e infine c’era lei, Kate, sorridente e dolce che guardava
teneramente Gibbs.
Jade si soffermò a guardare il viso
dell’uomo, più rilassato e sereno di quello che aveva conosciuto. Le fece
tenerezza e incontrando quegli occhi dolci il cuore iniziò a battere più
velocemente.
Si passò una mano sul petto come
se con quel gesto potesse calmare la reazione improvvisa che aveva avuto.
Continuò a sfogliare l’album
notando in ognuna delle foto i piccoli segni che il fotografo inconsapevolmente
aveva catturato. I gesti, gli sguardi, le posizioni del corpo, ogni particolare
le parlavano e raccontavano un sacco di cose su quella squadra.
La donna tra una foto e l’altra
percorse la storia dell’intero team arrivando alla conclusione di alcuni
dettagli che aveva tralasciato.
- Ha finito di ficcanasare?- Le
chiese duro Gibbs alle sue spalle.
Jade sobbalzò per la sorpresa
chiudendo automaticamente l’album fotografico.
Si girò incontrando le due iridi
bianche che la guardavano severamente.
Si alzò lisciandosi la gonna per
poi riportare l’attenzione sull’uomo.
- Agente Gibbs ha per caso paura
che possa scoprire qualcosa che lei cerca in tutti i modi di tenere nascosto?-
Gli chiese sfidandolo.
- Questi non sono affari suoi.-
Le rispose serio sporgendosi verso di lei, afferrando l’album e facendo qualche
passo con l’intento di andarsene.
- E’ una sua prerogativa andare a
letto con le agenti donna della sua squadra?- Lo sfidò dando voce ai suoi dubbi
e incrociando lo sguardo dell’uomo che si era girato di scatto a quella domanda
impertinente.
La donna soddisfatta di aver
attirato l’attenzione dell’uomo decise che poteva anche andarsene, ormai gli
aveva dato prova che non doveva sottovalutarla, raccolse la sua valigetta e si
avviò verso l’ascensore.
Gibbs l’afferrò per il polso
quando gli passò accanto e la portò bruscamente vicino a sé sbarrandole il
passaggio.
- Dove pensa di andare Jade?- Le
intimò.
Lei non rispose, lo fissò dritto
in quegli occhi di ghiaccio, facendo fondere il color cioccolato dei suoi in
quelli di lui addolcendoli.
- Io...- sorrise soddisfatta
cercando di tenere a bada il marasma di emozioni che stava aggrovigliando il
suo stomaco nel stare così vicina a lui -... non serve che mi spieghi Gibbs, so
già quel è la risposta, l’ho capito da sola che lei è finito a letto con
l’Agente David e potrei scommettere tutto quello che vuole che nel suo letto in
passato ci sia finita anche l’Agente Todd.- Gli disse tranquillamente tenendo
il tono della voce fermo e sicuro, alzando il polso verso l’alto e portandolo
indietro per liberarsi dalla presa dell’uomo.
Jethro si sporse in avanti verso
la donna.
- Gelosa Jade?- Le chiese
sussurrandole quelle due parole sulla sua bocca prima di posare le labbra su
quelle di lei attirato da un strano magnetismo che trasmetteva la figura della
donna.
Gibbs rimase fermo per qualche
secondo assaporando la morbidezza e delicatezza di quel contatto, poi perso dal
mare dei ricordi si mosse lentamente assaggiando il labbro inferiore e
stuzzicando con la lingua il labbro superiore come l’onda calma e lenta che
assaggia la spiaggia e si perde nel suo confine.
Un movimento dolce, attento,
esigente.
Jade a quel contatto si irrigidì
perdendo quasi totalmente la lucidità della realtà lasciando la presa della
valigetta che cadde a terrà.
“Fidati di me Kate”
Quelle poche parole le
rimbombarono come un’esplosione nella mente.
Prese tutte le forze e si staccò da
lui affondando lo sguardo duro in quello vuoto dell’uomo.
- Io non sono Kate!- Gli disse
dura, ansimando, cercando di tenere a bada i battiti del suo cuore stringendo
la mano che si era liberata dalla presa dell’uomo a pugno.
Gibbs la trapassò con sguardo
privo di ogni emozione.
No.
Non era Kate.
Jade si irrigidì ancora di più,
sentendosi ferita sia come donna sia nell’anima.
- E’ ora che lo capisca e se ne
faccia una ragione Agente Gibbs... IO ... NON ... SONO ... KATE!- Gli sputò
addosso con rabbia prima di andarsene.
Ziva, da quando era tornata con
Gibbs in ufficio, non aveva fatto altro che cercare di evitare DiNozzo
rimanendo incollata involontariamente alle gonnelle di Jethro.
La donna sorrise all’immagine
riflessa sulla vetrata della porta d’uscita, si era comportata come unavera pivella.
Aveva da poco iniziato a piovere
e lei era senza ombrello, senza giacca e senza macchina.
“Un finale perfetto per questa
perfetta giornata” pensò sconsolata.
Gibbs, dopo il suo ennesimo
rifiuto, le aveva ordinato nel suo “affettuoso”
modo di andare pure a casa che lui sarebbe rimasto in ufficio a terminare le
ultime questioni con il Direttore.
Ziva respirò a fondo cercando di
respingere una delle tante immagini di Tony insieme a Jade.
Si sentiva così delusa da lui.
“Che cosa credevi?” si chiese
passandosi una mano sul viso per scacciare quei pensieri.
Eppure era stata colpa sua,
solamente sua.
Lei aveva permesso che la
situazione degenerasse, che passassero il confine e poi era stata sempre lei a
riportare tutto come prima.
“Io sono disposto a giocare fino in fondo e tu?”
Una domanda impegnativa alla
quale non era riuscita ancora a trovare una risposta.
Non lo sapeva se era disposta a
giocare, sapeva solo che al momento una relazione tre Tony e lei era la cosa
più sbagliata a questo mondo.
Il punto da capire era: sbagliato per chi?
Un brivido le percorse il corpo e
si strinse le braccia intorno alla vita cercando di non far penetrare l’umidità
della sera e trovare un po’ di calore.
- Mettiti pure la mia giacca.- Le
propose l’uomo mentre le appoggiava la giacca sulle spalle.
L’odore intenso e fresco del
muschio bianco le arrivò alle narici e istintivamente respirò a fondo per
percepire l’intera essenza.
Ziva guardò la loro immagine
riflessa sulla porta a vetri.
Un uomo e una donna uno accanto
all’altro. Lui che tiene la mani appoggiate sulle spalle di lei in segno di
protezione, calore.
Gli sorrise e dopo qualche
secondo si girò a guardarlo negli occhi.
- Pensavo che fossi già andato a casa.- Gli disse per smorzare quell’attimo di imbarazzo
beandosi di quello sguardo dolce che le stava rivolgendo.
- Sono rimasto perché volevo finire
di parlare con Jade di una cosa...-
- Io vado.- Lo interruppe Ziva
togliendosi la giacca dalle spalle e buttandogliela addosso.
- Ehi aspetta!!- La fermò Tony
piazzandosi di fronte bloccandole l’uscita.
- Jade non ti sta aspettando?-
Gli chiese acida.
DiNozzo a quella domanda sorrise,
gongolando dentro di sé.
Ziva era gelosa e nonostante che
cercasse in tutti i modi di non far trapelare nessuna delle sue emozioni lui la
conosceva troppo bene per non capirlo.
“Buon segno” pensò soddisfatto
osservando la donna che aveva di fronte.
Quel giorno per un attimo gli era
sembrato che i suoi tentativi di farla ingelosire fossero stati vani, che lui
ormai non fosse più cosa sua, ma ora, quella reazione lo aveva rassicurato che
le carte che stava giocando erano quelle vincenti.
- E’ ancora impegnata con il
Direttore.- Le spiegò – In fondo non era importante, ne posso parlare con lei
anche domani a colazione, le ho lasciato un messaggio che ci vediamo al “Coffee
Break”.-
Gli occhi di Ziva a
quell’informazione divennero ancora più neri e profondi.
- Avete legato subito?- Gli
chiese non riuscendo a tenere a freno la lingua.
- Gelosa David?- Le domandò Tony
stampandosi sul viso un ghigno divertito.
- Per me puoi fare quello che
vuoi DiNozzo.- Gli rispose freddamente – Pensavo solo... ah lascia perdere.-
Tentò ma poi frenando le parole che stavano uscendo come un fiume in piena si
bloccò. – Buona notte.-
- Aspetta...- Le disse dolcemente
afferrandola per il braccio.
Lei lo guardò sorpresa.
- Piove...-
La donna lo guardò interdetta.
- Non voglio che ti bagni e poi
ti ammali. Ti accompagno io a casa.-
Ziva rimase spiazzata da quel
cambio repentino di atteggiamento.
- Io...- tentò di dire prima di
sorridergli e accettare il suo invito.
Uscirono insieme, DiNozzo aprì
l’ombrello e si portò Ziva vicino a sé, stringendola al suo petto.
- L’ombrello è piccolo.- Sorrise
sornione anticipando la reazione di lei.
La donna sorrise anche lei e si
lasciò andare agli eventi.
Il viaggio fu silenzioso, nessuno
dei due parlò, quasi come se avessero paura di rompere la tenera atmosfera che
si era creata tra loro, la calma che da quella notte avevano perso.
- Siamo arrivati.- Disse Tony
spegnendo il motore della macchina.
Si voltò verso Ziva rimanendo
qualche attimo a fissarle il viso illuminato dalla luce del lampione.
- Aspetta non scendere...- la
bloccò, scendendo velocemente dalla macchina e aprendo la sua portiera.
- Ti ho portata asciutta fino a
qui non posso permettere che le gocce di pioggia ti bagnino proprio ora.- Le
sorrise galante porgendole la mano per aiutarla ad alzare.
- Si può sapere che ti prende sta
sera Tony?- Gli chiese sorridendo all’atteggiamento gentile dell’uomo.
- Mi prendo solo cura della
persona a cui tengo.- Le rispose quando furono vicino alla porta dopo aver
chiuso l’ombrello.
Ziva trattenne il respiro
immergendosi in quelle iridi verdi, calde e colme di passione.
- E tieni anche a Jade?- Gli
chiese triste mentre l’immagine sul pianerottolo di lui che sfiorava
delicatamente la guancia della donna le comparve davanti agli occhi.
Tony sorrise inclinando
leggermente il capo verso il basso.
- Vuoi sapere perché ho questo
innato istinto protettivo verso Jade?- Le chiese guardandola dritto negli occhi
deciso a mettere le carte in tavola.
Il silenzio calò tra loro mentre
il cuore di entrambi iniziò a battere più forte.
- Si.-
Rispose infine Ziva in tono basso.
- Perché Jade è come se fosse
Kate.- Confessò Tony triste sedendosi poi sull’ultimo gradino facendo segno con
la mano alla donna di imitarlo.
Rimasero a lungo a parlare
ritrovando la sintonia del passato e la confidenza che il tempo aveva creato
tra loro.
- Questo è tutto.- Terminò Tony
il suo racconto.
DiNozzo respirò a fondo
percependo il profumo di vaniglia e rosa della donna.
Chiuse gli occhi beandosi di quella
essenza e facendo risalire a galla tutti i momenti belli che aveva trascorso
con lei.
- Ora è meglio che vada.- Le
disse quando il film dei ricordi finì, alzandosi in piedi.
- Buona notte occhioni
belli.- Le sorrise prima di voltarsi.
Ziva lo fermò afferrando la sua
mano e trascinandolo dolcemente verso di sé.
Si guardarono negli occhi senza
dire nulla.
La donna fece scivolare la sua
mano dal collo fino a fermala sulla guancia di Tony, facendo avvicinare le sue
labbra alla guancia di lui lasciandogli un tenero bacio.
- Buona notte.- Gli sussurrò.
DiNozzo le sorrise in risposta a
quel gesto gentile avviandosi dopo qualche istante verso la macchina.
L’uomo aveva appena messo in moto
quando la donna corse da lui.
- Gibbs come l’ha preso?- Gli
chiese Ziva piegandosi all’altezza del finestrino, ritornando alla realtà dei
fatti e rendendosi conto che cosa poteva scatenare quell’incontro su Jethro.
- Gibbs è Gibbs, lo sai meglio di
me Ziva. Lui è una fortezza che non lascia trapelare nulla di sé, ma io so che
Jade deve averlo sconvolto molto e più di me.-
- Già.- Rispose sconsolata
allontanandosi da lui.
Tony con un segno di saluto se ne
andò.
Una lunga sera.
Buia.
Il silenzio della notte regnava
sovrano per la città.
L’uomo seduto giù in cantina
osservava lo scheletro della barca che stava costruendo mentre davanti agli
occhi non poteva togliersi la visione di quello sguardo tradito.
Si versò da bere.
Un lungo sorso in attesa che il
liquore gli incendiasse la gola e lo facesse sentire vivo per qualche istante.
Un altro sorso, ancora uno più lungo
e il bicchiere si svuotò.
L’ultimo goccio e la bottiglia è
vuota.
La donna scese lentamente le
scale e si avvicinò all’uomo.
- Cosa pensi di fare?- Gli chiese
in tono freddo.
Lui le rivolse appena lo sguardo
e poi si avvicinò il bicchiere alla bocca ma lei lo bloccò prima che potesse
bere nuovamente.
- Per sta sera hai bevuto
abbastanza.- Il suo tono era calmo ma autoritario.
Gli prese il bicchiere dalle mani
e rovesciò il liquido a terra.
- Non puoi ridurti così per lei,
devi riuscire a passare oltre.- Gli disse fredda.
- Ziva...- Le intimò Jethro di
tacerefreddandola con i suoi occhi
glaciali.
La donna gli afferrò il viso tra
le mani e lo guardò dritto fondendo il suo sguardo in quello di lui.
- Dimentica Gibbs... dimentica
Kate.-
- Non posso...-
- Kate è morta!- Continuò dura –
Non potrà più tornare indietro.... dimenticala e torna a vivere.-
Gibbs chiuse gli occhi e subito
davanti a sé si ritrovò l’immagine di Kate priva di vita tra le sue braccia
sporche del sangue di lei.
Le mani della donna si
appoggiarono dolcemente sulle guance del uomo.
- Allora non erano dicerie, tu e
Kate...- Ziva non riuscì a terminare la frase mentre nella sua mente ogni pezzo
di quel puzzle sconosciuto prendeva forma.
- Si.-
Fu la risposta a quella muta domanda.
Ziva lo trascinò verso di sé
stringendo l'uomo tra le sue braccia.
Jethro affondò la testa nell’incavo
del collo della donna e per la prima volta, dopo molto tempo, si lasciò andare.
- E’ già un inizio...- Riuscì
solamente a dire Ziva mentre lo teneva stretto a sé.
Continua...
Tenero momento finale... (ehi crudelia non commentare anche perché lo sai che è merito
tuo ^_^), ogni volta che lo rileggo mi lascia sempre senza parole...
Il proxchap... beh, come dire, a meno che non succeda un
miracolo, i pronostici sono molto brutterelli, la
mancanza di tempo e il full immention non aiutano il
criceto e quindi mi sa che ci sarà da attendere giusto qualche giorno... due,
tre mesi... per l’anno prox dovrebbe arrivare il
nuovo chap....
Scherzo... ops
le dita incrociate.
Che bello gente ritrovarvi tutte
mi riempite sempre il cuore di gioia a leggere i vostri commenti, grazie a
tutte!!
Adoro questo capitolo dall’inizio alla
fine... tutto tutto
Questo chap nasce proprio da voi, si, si
proprio voi: dalle riflessioni di
domaris, dai commenti di slurmina, dalla fanfic di Emily Doyle e dagli spunti
di Pupazza... meglio di così che cosa potrei volere... grazie ragazze siete
fenomenali
Che dire... mettetevi comodi che son
diventata logorroica XD
Buona lettura
Lights
Jade aveva cercato in tutti i modi di
non farci caso, di non dare peso a quei lapsus.
Si continuava a ripetere: è normale,
devi capirli, non è facile per loro, tu sei lei anche se non sei lei.
Kate.
Kate.
Kate.
Sempre e solo lei.
Impossibile da dimenticare.
Da cancellare.
Da evitare.
C’era sempre e solo lei.
Ogni volta che Tony le rivolgeva la
parola in primis c’era Kate e poi Jade.
“Kate ti ho preso il caffè!” l’aveva
salutata il giorno dopo che si erano incontrati al bar.
Lei non aveva potuto fare altro che
rimanere impassibile di fronte a quella reazione spontanea.
Aveva accennato un sorriso per fargli
capire che non importava.
DiNozzo era rimasto un attimo interdetto
dalle sue stesse parole, poi ci aveva riso sopra, evitando la questione e si
era tuffato in uno dei suoi lunghi monologhi da scena da film.
Lei aveva sperato che fosse stata solo
una tipica reazione ma non passava giorno che c’era sempre il fantasma di Kate
su di lei.
“Kate andiamo!” quando dovevano seguire
una traccia.
“Kate smettila di leggermi nel
pensiero!” quando precedeva le sue parole.
“Avanti Kate non fare la fifona” quando
manifestava le sue indecisioni.
“Andiamo a bere qualcosa Kate?” quando
arrivava sera e il lavoro del giorno era terminato.
In risposta ogni volta sul volto della
donna compariva il sorriso tirato seguito a ruota dalle scuse o cambi di
discorso di Tony.
Jade sbuffò silenziosamente ravvivandosi
una coccia di capelli che le era caduta sul viso.
DiNozzo non era l’unico a confonderla
con il ricordo di Kate.
Tutto il team non poteva fare a meno di
pensare all’Agente Todd quando incrociavano la sua persona.
Tutti nessuno escluso.
Anche lui.
Jade glielo leggeva ogni volta sul viso,
in quegli occhi di ghiaccio.
Nonostante che Gibbs non dicesse mai una
parola, non la chiamasse, ma le impartisse solo dei brevi ordini, sentiva
benissimo le sue iridi fredde che la scrutavano come se cercassero dei segni
che gli potessero dire che lei era realmente la sua Kate.
Jade sbuffò un’altra volta.
“Io non sono, non sarò mai Kate” pensò
seria mentre la sua immagine riflessa nel vetro dell’ascensore le ritornava la figura
di una donna che non era lei.
Era stata una pazzia, ma era così stufa
di essere scambiata per quella che non era, ci era voluta l’intera mattina e
una parte del pomeriggio, ma alla fine il risultato era stato sorprendente.
Era giunta l’ora che tutti conoscessero
Jade.
Basta Kate.
Basta Agente Todd.
D’ora in avanti solamente Jade Sash.
Il “dlinn” dell’ascensore l’avvertì che
era arrivata al piano.
La mano scivolò sui capelli portando una
ciocca dietro l’orecchio scoprendo il lungo orecchino a goccia. Si sistemò
meglio gli occhiali sul naso, si lisciò la gonna facendo scomparire
l’invisibile piega, si morse con i denti il labbro inferiore per darsi coraggio
e infine si stampò il solito sorriso sul viso pronta ad accogliere la reazione
della squadra.
Le porte si aprirono e stringendo
saldamente la cartellina nella mano uscì dall’ascensore con passo fiero e
deciso.
L’aria fresca del mattino le graffiava
la pelle del viso.
Erano già due ore che correva quella
mattina ma sembrava che Ziva non ne avesse mai abbastanza.
La donna per l’ennesima volta accelerò
l’andatura.
Dentro di lei provava una forza mista
rabbia, ansia, irritazione che voleva assolutamente eliminare da sé.
Quando era in quelle condizioni si
sentiva pericolosa, quello stato d’animo era difficile da trattenere e tutta
quella tensione era fin troppo facile da far esplodere creando dietro di sé un
cataclisma spaventoso.
Respirò a fondo cercando di immettere
più ossigeno possibile nei polmoni.
Era stata una settimana difficile al
lavoro e a casa.
Ad un tratto, con l’arrivo di Jade,
sembrava quasi che lei non esistesse più.
Tutto era per la donna, ogni attenzione,
gesto, parola, lei in prima persona o meglio Kate.
Ziva, in quei giorni, era rimasta ad
osservare i suoi colleghi in disparte, in un angolo, con la segreta speranza
che qualcuno, o meglio che “lui”, si accorgesse che c’era anche lei, che era
lì.
A quel pensiero la donna aumentò ancora
la corsa mentre la rabbia le aggrovigliava le budella.
Si sentiva ignorata.
Non era più la donna del team.
Non l’unica.
Erano stupidi pensieri lo sapeva,
infantili, ma la sua squadra le mancava.
Neanche Mcgee si comportava più con lei
come al solito, ora c’era solamente Jade... anche se in realtà sapeva benissimo
che tutti vedevano Kate.
Lei non aveva mai incontrato l’Agente
Todd, ne aveva sentito parlare da Tony, da Mcgee, da Abby e da Ducky mentre
Gibbs era stato sempre riservato sulla donna.
Quella sera era stato l’unico momento
che le aveva concesso di entrare nel suo intimo.
La dichiarazione spontanea alla sua
domanda l’aveva sorpresa non poco, ma in fondo doveva aspettarselo.
Erano stati fino all’alba a parlare, se
così si poteva definire il loro parlare: un misto di silenzi e respiri condito
ogni tanto da semplici parole.
L’aveva lasciato più tranquillo, anche
se poi a Gibbs era bastato rivedere Jade il mattino dopo per far scomparire
l’azzurro intenso dai suoi occhi e farli ridiventare freddi e glaciali.
Rallentò l’andatura calmando il battere
del cuore e sputando fuori l’aria che aveva trattenuto per diversi secondi.
Un pomeriggio aveva incrociato Jade in
bagno.
La donna era aggrappata al lavandino con
entrambi le mani che stringevano il marmo, con la testa inclinata, le labbra
serrate e gli occhi chiusi.
Ziva era rimasta in silenzio per qualche
secondo ad osservarla e lì, proprio in quel momento, aveva capito la sua sofferenza.
Se per lei, Agente di collegamento del Mossad,
era stato difficile togliersi da dosso l’immagine di essere una crudele un’assassina,
per Jade era ancora più pensante il fardello del fantasma dell’Agente Todd che
portava su di sé.
Respirò a fondo e provò comprensione per
quella donna che era lì con lei.
Jade si era girata accorgendosi che
c’era qualcuno presente al suo attimo di debolezza.
Le aveva sorriso cercando di nascondere
il suo disagio.
Ziva le si era avvicinata e l’aveva
guardata dritta negli occhi.
- Io guardo te e vedo te, nessun’altra.-
Le aveva detto appoggiandole la mano sulla spalla.
Jade le aveva sorriso sinceramente.
- Grazie.- Aveva sussurrato in risposta.
- I fantasmi devono essere sconfitti.- Aveva
continuato nel suo solito modo duro – Non serve ignorarli. Cambiare, a volte, è
la soluzione migliore.- Le aveva sorriso lasciando all’altra donna libera
interpretazione delle sue parole.
Jade era rimasta un attimo in silenzio
meditando il discorso della donna, analizzando i tratti distesi del viso di lei
e soffermandosi su quegli occhi neri e profondi che per la prima volta non le
rivolgevano fuochi e lampi ma solo calore.
- Lo farò.- Le aveva risposto Jade
decisa – Lo sai una cosa Ziva? Potremmo diventare ottime amiche.- Le aveva
proposto mentre si era avvicinata alla porta.
- Non credo... ma solo il tempo potrà
darti ragione.- Le aveva risposto Ziva prima di chiudersi dentro alla toilette
nascondendo il sorriso che increspava le sue labbra.
“Amiche” pensò Ziva mentre aumentava
un’altra volta l’andatura, “ridicolo!”
Gibbs e Tony quella mattina erano di
turno di sorveglianza, avevano dato da pocoil cambio a Mcgee e a Ziva, e ora si trovavano lì, nell’abitacolo della
macchina a sorseggiare ritmicamente, quasi in sincronia perfetta, il primo
caffè della giornata.
- Tu pensi che sia andata a dormire?-
Chiese ad un tratto DiNozzo al capo.
Jethro gli lanciò un veloce occhiata per
poi ritornare a riconcentrarsi sulla porta della casa che stavano tenendo sotto
controllo.
- No.- Gli rispose brevemente
sorseggiando l’ultimo goccio di caffè.
- Credo anche io.- Confermò
silenziosamente Tony – Ziva è strana in questi giorni, rimane sempre in
disparte, non prende mai parte alle discussioni che facciamo, parla solo se è
chiamata in causa, osserva, analizza, sta sempre sulle sue e i suoi occhi, neri
e profondi, illeggibili...- sorrise Tony tristemente alzando l’angolo destro
della bocca.-
- Non è buon segno quando è così vero?-
Gli chiese solo per il gusto di avere la conferma ai suoi timori.
- Non dire sciocchezze DiNozzo. Ziva sta
bene.- Gli rispose Gibbs non badando alle parole dell’Agente.
- La vedo stanca? Che sia andata a
correre?- Continuò imperterrito l’uomo.
- Dovresti dirle qualcosa... sei l’unico
che la faccia ragionare, in questi giorni io e lei siamo incompatibili, se solo
mi azzardo a dirle qualcosa mi trafigge con i suoi occhi neri da ninja.-
Sbuffò.
Era stata una settimana difficile.
Tony pensava veramente di poter tornare
come prima, allo stesso rapporto che aveva con Ziva dopo quella sera, invece
tutto era rimasto freddo tra loro.
Lei non faceva altro che ignorarlo e lui
per reazione contraria, cercava sempre di più la compagnia di Jade. Si trovava
così bene con lei anche se sentiva che gli mancava qualcosa, qualcosa di molto
importante, quella sintonia speciale, particolare che lo faceva sentire vivo
che solo Ziva gli dava.
- Se la chiamo non risponde, né di
giorno, né di sera... niente!- Continuò nervoso.
- Mmmm...- sorrise sornione Gibbs - ...
così vi siete sposati senza dirmelo?-
DiNozzo a quella domanda rimase bloccato
per un attimo.
- Nooooo... ma cosa vai dicendo. So che
può sembrare strano, ma è una mia collega, è normale che mi preoccupi per lei,
mi pare fin troppo tranquilla, taciturna, il suo comportamento, la cosa è
allarmante...-
- E’ allarmante la tua insistenza.- Lo
interruppe Gibbs severo.
- Scusa... beh io... si insomma...con
l’arrivo di KJade...- Si corresse subito, respirò a fondo cercando di fare
ordine tra i suoi pensieri.
- Perché non mi dici che cosa c’è che
non va DiNozzo invece di continuare a blaterale!- L’ammonì il capo mentre nella
mente si affollavano le parole del suo Agente.
Tony si girò verso l’uomo sorpreso che
l’avesse sgamato in quel modo.
- Capo...- pronunciò prima di fermarsi.
- Si...- lo incoraggiò lui.
- Kate...- I due si irrigidirono
automaticamente a quel nome – Volevo dire Jade.-
L’Agente si diede da solo uno
scappellotto e poi si rimise al suo posto osservando fuori.
- Jade non è Kate, Tony.- Gli disse
Gibbs serio.
- Lo so anche io capo, ogni giorno cerco
di convincermi che non è Kate, ma ogni volta che incontro il suo viso non posso
fare a meno di pensare a lei.-
Gibbs sorrise triste.
- Lo so.- Gli rispose.
- Vado a controllare il perimetro.- Gli
propose Tony, tutto ad un tratto quella conversazione gli stava andando
stretta.
Scese dalla macchina, indossò gli
occhiali da sole e si avviò come nulla fosse verso la casa.
Gibbs rimase da solo con i suoi
pensieri.
Erano stati giorni difficili.
Era tutto così difficile.
Ogni giorno dopo “quel giorno” era stato tutto difficile.
“Passare
oltre.... andare avanti” parole facili, semplici da lasciare come consigli,
così impossibili da realizzare.
Quella notte, quando si era scontrato
con il fantasma di Kate, tutto era cambiato in lui.
Sperare di averla tra le sue braccia
un’altra volta, non gli era sembrato più un’illusione.
Provare la morbidezza delle sue labbra,
non gli era più apparso un sogno.
Tutto era reale.
Talmente reale che lei non era Kate.
“Jade” pensò triste mentre non poteva
togliersi lo sguardo ferito che gli rivolgeva ogni volta che si accorgeva che
lui non stava vedendo lei ma in realtà Kate.
Jethro appoggiò la testa al sedile
lasciandosi scivolare verso il basso.
I primi giorni, la presenza della donna
gli dava perfino fastidio, ora senza di lei, sentiva che gli mancava qualcosa.
La sua giornata non iniziava se non
incrociava il suo sguardo, se non si beava della sua essenza di pesca, se non
notava i gesti tipici della sua persona: la mano che si muoveva ritmicamente
per riportare il ciuffo di capelli dietro l’orecchio, le labbra che si
serravano l’un con l’altra mentre rifletteva, le rughe che increspavano la
fronte quando c’era qualcosa che non quadrava e quegli occhi attenti che
squadravano i piccolo particolari alla ricerca della verità, che ogni volta che
si posavano su di lui, non poteva impedirsi di far fermare il respiro e
assaporare di quell’istante prima che tutto diventasse difficile da sostenere e
automaticamente per difesa alzava le sue barriere per proteggersi da quegli
occhi indagatori avidi di sapere dei suoi pensieri.
Gibbs respirò a fondo chiudendo per un
attimo le palpebre.
Ogni volta che posava lo sguardo su Jade
non poteva far altro che pensare a Kate, ma chissà perché in quegli giorni,
dopo quella confessione inaspettata che si era lasciata sfuggire con Ziva, era
più sereno.
Aveva semplicemente accettato la cosa,
anche a se stesso.
Lui amava Kate.
Ora, però, doveva andare avanti.
“Ultimi chilometri” pensò Ziva per
convincersi che le sarebbero bastati per sbollire la tensione che teneva racchiusa
in sé.
Eccolo lì, come ogni mattina, arrivava a
quel punto del percorso e la sua vita si fermava.
Il ponte Arlington Memorial.
Nonostante fosse passato tanto tempo,
ogni mattina, ogni volta, che arriva a quel punto non poteva impedirsi di
pensare a Roy.
Ed era esattamente lì, in quel punto,
che accelerava, mettendo tutta se stessa nella corsa, per evitare di pensare,
per non soffrire, per risparmiarsi l’ennesima delusione di non vederlo più
apparire di fronte e incrociare il suo sguardo sereno, dolce che l’accarezzava che
le lasciava una sensazione di benessere.
Diede un’altra spinta e la sua andatura
aumentò, tutto per non pensare, tutto per poter cancellare.
Un uomo, dalla corporatura atletica
procedeva verso di lei con ritmo sostenuto.
Le bastò un’occhiata per tornare al
passato.
Il berretto rosso, la T-shirt blu sopra
la felpa grigia, e gli occhi cristallini che si posano sulla sua figura, che si
incatenano ai suoi e non la lasciano libera di sciogliersi da quel legame.
Pochi attimi, secondi, tutto si ferma.
Il cuore che perde i battiti.
Il respiro che cessa.
Una buca traditrice.
Tutto il mondo che gira.
Il dolore che ti fa sentire più vicina
la caduta rovinosa a terra.
Attimi di silenzio.
Il sapore metallico del sangue in bocca del
labbro spaccato, dei graffi sul viso e del sopracciglio ferito.
- Ehi! Tutto bene?- L’uomo le si
avvicinò preoccupato soccorrendola subito.
- Sto bene.- Rispose a stento mentre la
testa continuava a girare vorticosamente.
- A me non sembra.- Senza chiederle il
permesso la prese in braccio. – La porto in ospedale.- Disse autoritario
l’uomo.
Ziva non rispose.
Si lasciò andare a quell’abbraccio forte
e sicuro.
Respirò a fondo percependo il profumo
agre e intenso di mare dell’uomo.
Non sapeva perché ma sentiva che di lui
poteva fidarsi.
Chiuse gli occhi, per un attimo poteva
anche concederselo, avrebbe pensato poi a tirarsi fuori da quel pasticcio.
Ziva, quando riaprì gli occhi, fece
fatica a capire dove si trovasse.
Cercò di tirarsi su ma la testa le
iniziò a girare.
Sbatté più di una volta le palpebre per
abituarsi alla luce intensa della stanza.
- Finalmente si è svegliata.-
La voce dell’uomo la fece girare e
scontrare con due occhi azzurri che le sorridevano. Era seduto in una delle
poltrone che aveva avvicinato per starle accanto in attesa del suo risveglio.
- Io... dove sono...- Chiese confusa.
- Dopo la caduta ha perso i sensi, ha
sbattuto la testa a terra contro un sasso. Mi ha fatto prendere un bello
spavento.- Le sorrise calmo.
Ziva si tirò su accorgendosi che
indossava solo un camice.
- I miei vestiti?- Chiese preoccupata.
- Sono sulla sedia.- Rispose prontamente
l’uomo – Vado a chiamare il dottore.- La avvertì prima di uscire dalla stanza.
La donna si portò la mano alla fronte
accorgendosi del grande cerotto che aveva sul sopracciglio e piano, piano i
ricordi di quegli attimi le ritornarono.
“Che stupida!” pensò irritata.
Come aveva potuto trovarsi in quella
situazione.
Il dottore entrò nella stanza, la visitò
per accertarsi che tutto fosse apposto e poi le diede il permesso di ritornare
a casa.
- Ti aspetto fuori mentre ti rivesti.-
Le disse l’uomo, e senza aspettare un suo cenno uscì.
Ziva prese i vestiti, si tolse il camice
e li indossò.
Si sedette sul letto.
Si sentiva strana, ancora non riusciva a
credere a quello che era accaduto.
Bussarono alla porta e subito dopo fece
capolino il viso dell’uomo, che vedendola vestita entrò.
- Andiamo?- Le propose.
La donna non disse niente, rimase ad
osservarlo e dopo un attimo di indecisione lo seguì.
Uscirono dall’ospedale e lei respirò l’aria
fresca del giornata ritrovando nuova forza.
- Bene...- Iniziò l’uomo attirando su di
sé con quella parola l’attenzione di lei – Stai prendendo colore, vuol dire che
ti senti meglio.-
Ziva rimase sorpreso di quelle
attenzioni, non era ancora riuscita a inquadrarlo.
Gli sorrise, gli veniva spontaneo con
lui.
- Andiamo a mangiare qualcosa? Io ho una
fame.- Come al suo solito, non aspettò la sua risposta e si avviò verso il pub.
Ziva buttò l’occhio all’orologio della
fermata.
Era l’una passata.
Aveva ancora un’ora prima di riprendere
servizio.
In fondo doveva pur mangiare no?
Tony era seduto alla sua scrivania,
appoggiato allo schienale della sedia, tenendo tra le mani la matita e fissava
la scrivania di fronte a lui, vuota.
Erano passate le tre del pomeriggio e di
lei neanche una traccia.
Aveva provato più volte a chiamarla, sia
al cellulare che a casa, ma niente era scomparsa.
- Non ti preoccupare Tony.- Gli aveva
detto Mcgee alla sua ennesima reazione di insofferenza – Starà per arrivare.-
- McSaputone perché non rintracci il
segnale gps del cellulare della ragazza ninja piuttosto.- Gli aveva risposto
duro, freddandolo con lo sguardo.
- Si così quando lo scopre sono morto.-
Si era rifiutato Tim.
- Voi due la volete smettere!- Li avevi
intimato il capo, mettendo fine a quell’inutile battibecco, prima di sedersi
alla sua scrivania.
Ziva rise di gusto all’ennesima battuta
dell’uomo.
Era così piacevole la sua compagnia che
il tempo era volato.
Avevano mangiato un panino insieme, e da
lì molto tranquillamente avevano parlato del più del meno, senza approfondire
il discorso sulla loro vita privata, evitando di fare domande inopportune,
senza avere il bisogno di capire chi e cos’era l’altro.
No, non ce n’era stato bisogno.
Stavano bene insieme così, senza dare
spiegazioni, senza spingersi oltre.
Era tutto normale tra di loro, fin
troppo.
- Ma che ore sono?- Gli aveva chiesto
dopo l’ennesima risata.
- Le tre passate.-
- E’ tardissimo, è meglio che vada.-
“Questa volta Gibbs mi ammazza” pensò preoccupata.
- Ti accompagno a casa.- Non era stata una
richiesta, non un’imposizione, era semplicemente stato un dato di fatto.
L’uomo lasciò delle banconote sul
tavolo, le appoggiò la mano sulla schiena e si avviarono verso la macchina.
Arrivarono poco dopo a casa di Ziva.
- Bel posto.- Le disse quando fermò l’auto.
- Grazie.- Rispose semplicemente
racchiudendo in quella parola tutta la sua riconoscenza per quello che aveva
fatto per lei.
Non aveva preteso niente, le era rimasto
semplicemente a fianco, senza chiedere, senza aspettarsi nulla in cambio, ma
solo dando.
- Ziva David.- Disse porgendogli la mano
sorridendogli.
L’uomo fissò la mano tesa della donna
rimanendo sorpreso da quella reazione spontanea.
Tutto il tempo che erano stati insieme
era sempre rimasta sulle sue, senza concedergli nulla di più. Era stato
faticoso all’inizio, ma poi con il passare del tempo, si era adeguato alla sua
persona.
Strinse la mano saldamente.
- Callen... ma tutti mi chiamano G.-
Jade varcò le porte dell’ascensore
ritrovandosi nel solito caos dell’ufficio.
Si avvicinò alla postazione incrociando
lo sguardo di Tony, Mcgee.
Gli sorrise, cercando di tenere a bada
il suo nervosismo.
- Buon pomeriggio ragazzi.- Li salutò
passando oltre arrivando alla sua scrivania, sentendo su di sé lo sguardo
stupito e ammirato dei due uomini.
Depose la borsa e la cartellina che
teneva in mano sulla scrivania e respirando impercettibilmente si preparò ad
affrontare quegli occhi di ghiaccio.
Si girò lentamente e senza deludere le
sue aspettative si scontrò con quelle iridi azzurre.
- Gibbs.- Lo salutò brevemente prima che
il fiato le mancasse talmente intenso era lo sguardo dell’uomo.
Jethro non si era perso un attimo di
quella camminata.
Analizzando ogni piccolo particolare
della donna.
Ai suoi occhi non c’era più l’immagine
di Kate, ma di un’altra, era comparsa semplicemente Jade Sash.
Sorrise lievemente soddisfatto mentre
rimirava un’altra volta la figura della donna.
Aveva tagliato i capelli in un caschetto
spettinato, tingendoli di un rosso ramato che faceva esaltare ancora di più l’intensità
dei suoi occhi nocciola.
Il taglio le aveva tolto l’aria seria
che aveva prima lasciandole un’aria interessante, sbarazzina.
Gli orecchini pendenti a goccia le
facevano brillare lo sguardo e il trucco leggermente pronunciavano davano quel
carattere che mancava al suo viso sottolineato dalle lenti leggeri che portava.
Aveva abbandonato i tailleur seriosi e
li aveva trasformati in un completo camicia e gonna dal taglio sportivo casual,
abbinandoli a scarpe con il tacco che affusolavano e rendevano ancora più elegante
la sua persona.
Il risultato complessivo era a dir poco
splendido.
Jade, dopo un attimo di smarrimento,
aveva colto sul viso di Gibbs l’espressione soddisfatta.
Aveva preso coraggio e si era avvicinato
alla sua scrivania, appoggiando entrambi le mani e piegandosi verso di lui.
- Così mi consuma Agente Gibbs.- Gli
aveva sorriso soddisfatta per averlo colto in fallo.
Jethro non si era scomposto. Si era
alzato, aveva girato intorno alla sua scrivania, fronteggiando la donna.
- Sta molto bene Jade.- Le aveva detto
sicuro, senza nessuna insicurezza nel pronunciare il suo nome.
La donna sorrise più apertamente a quel
complimento spontaneo, ma ancora di più alla consapevolezza che il cambiamento
era valso a qualcosa.
- Il Direttore ci aspetta.- Le disse Gibbs
dandole un’altra occhiata prima di avviarsi.
“Passare
oltre... andare avanti”, si può.
Il “dlin”
dell’ascensore annunciò il suo arrivo.
Fece un respiro profondo preparandosi
alle conseguenze del suo ritardo.
Quando le porte si aprirono Ziva si
ritrovò di fronte Gibbs e Jade.
Dopo una prima occhiata veloce al capo
si concentrò sulla figura della donna.
A stento era riuscita a riconoscerla.
Le sorrise soddisfatta per il suo
cambiamento, poi sentendo lo sguardo pressante di Gibbs su di sé rivolse la sua
attenzione all’uomo.
- Ebbene Agente David?- Le chiese nel
suo modo brusco scrutando a fondo i suoi graffi e le bende che le fasciavano il
polso.
- Io intanto la precedo Gibbs.- Disse Jade
sentendosi per l’ennesima volta di troppo, come ogni volta che si ritrovava in
mezzo a loro due.
Jethro non la degnò neanche di una
risposta talmente concentrato che era a fissare arrabbiato la sua Agente.
- Piccolo incidente di percorso Gibbs.-
Rispose fredda.
Il capo le afferrò il polso sano e la
trascinò nella conca della scale lontano dagli occhi indiscreti.
- Ehi!- Si divincolò Ziva a quella
reazione autoritaria.
- Mi vuoi spiegare?- Le afferrò il polso
fasciato.
- Sono caduta. Non c’è niente da
spiegare.- Si richiuse a guscio.
Non voleva dare spiegazioni di quello
che era successo quella mattina.
Era una cosa sua e di nessun altro.
Lui, doveva restarne fuori, restare all’esterno
dalla sua vita, non doveva entrarci, Callen G. non doveva appartenere alla sua
vita di Agente del Ncis.
Nessuno doveva sapere di lui, era una
cosa sua.
Gibbs la osservò a fondo.
Doveva dare ragione a DiNozzo.
Era strana in quei giorni, ma lui aveva
pensato che si sentiva minacciata solo dalla presenza di Jade, ma evidentemente
non era così.
Gibbs respirò a fondo prima di parlare,
cercando di calmarsi, tranquillizzandosi nel vederla di fronte a lui.
Doveva rammentarsi di dare più scappellotti
a DiNozzo, per colpa della sua apprensione verso Ziva aveva messo in allarme il
suo istinto.
- Stai bene?- Le chiese quasi
sussurrandolo stringendole la mano.
- Sto bene Gibbs. Va tutto bene.-
Rispose lasciando la presa della mano dell’uomo.
Jade dall’alto delle scale non si era
persa un attimo di quel confronto.
Non poteva farne a meno, ma ogni volta
che li vedeva vicini, un senso di irritazione le attorcigliava lo stomaco.
Sbuffò infastidita e salì gli ultimi
gradini che le mancavano.
- Mcgee ma l’hai vista? Jade è uno
schianto! Quando è apparsa mi è preso un colpo! È troppo sexy così!-
Tim rise di gusto alla reazione
esagerata di Tony.
Una volta che la donna se n’era andata
con il capo, DiNozzo aveva raggiunto subito la scrivania del collega e aveva
sproloquiato sul nuovo “interessante” look della donna.
Ziva con passo silenzioso si era
avvicinata ai due arrivando proprio nell’attimo che Tony aveva pronunciato
quelle parole.
- Ziva!- Esclamò Tim scorgendola dietro
le spalle del collega alzandosi in piedi vedendo il suo stato.
DiNozzo rimase impietrito.
Non osava girarsi per non incontrare
quelle lame affilate che gli stavano già perforando la schiena.
- Che cosa ti è successo?- Le chiese Mcgee
avvicinandosi a lei sorpassando Tony.
A quella domanda DiNozzo si voltò
automaticamente scontrandosi con il viso duro e malconcio della donna.
- Stai bene?- Le domandò ancora Tim
preoccupato.
Ziva non rispose.
Guardava fisso negli occhi Tony.
Non poteva crederci.
Erano state tutte belle parole quella
sera.
Lui e Kate amici, Jade era solo un’amica
per lui.
Certo! come no!!
Un’amica non si definisce uno schianto!!!
Un’amica non è sexy!!
Un’amica è un’amica e basta!!!
- Sto bene Tim.- Rispose asciutta senza
concedere altre spiegazioni non lasciando lo sguardo furente dagli occhi di Tony.
- Credo che mi aspetti Abby.- Dicendo
questo Mcgee si dileguò.
DiNozzo era rimasto a guardarla.
Il suo istinto gli stava dicendo che era
giusto preoccuparsi.
Le era successo qualcosa, lui non era
stato lì con lei per aiutarla e sostenerla.
Automaticamente alzò la mano per
accarezzarle il viso graffiato ma la donna si scansò bruscamente.
- Sono io Ziva.- Le disse piano come a
volerla rassicurare.
Alzò nuovamente la mano e l’appoggiò sul
viso della donna che questa volta rimase ferma.
Il calore della sua mano appoggiata sulla
guancia la fece sentire bene.
Ziva chiuse gli occhi per un attimo.
Tony staccò la mano riportandole il
ciuffo di capelli che le era caduto sulla fronte dietro l’orecchio.
- Che cosa è successo? Come ti sei fatta
male?- Le chiese cercando di scorgere la risposta sul suo viso.
- Niente, sono caduta mentre correvo.-
Si scostò da lui infastidita dalla sue domande.
- Com’è possibile, tu piccola ninja che
cadi?- Sorrise a quella eventualità immaginandosi la scena. – Dove?- Le chiese
ad un tratto.
Ziva rimase in silenzio, avvicinandosi
alla sua scrivania per prendere gli antidolorifici, la testa le stava facendo
male a furia di tutte quelle domande.
- Dove?- Le richiese Tony fermandole la
mano prima che potesse portarsi alla bocca la pastiglia.
- All’altezza del ponte Arlington Memorial.-
Rispose infine.
DiNozzo a sentire quel nome si rabbuiò.
Sapeva fin troppo bene che cosa aveva
passato Ziva dopo la morte di Roy.
Non c’era stato niente tra i due, con il
suo gran sollievo, ma il legame che si era creato tra i due non gli era mai
piaciuto, era brutto da pensare e dire ma si sentiva fortunato che non c’era
stato il tempo che si approfondisse il loro rapporto.
Lei era sua, e di nessun altro.
- Sto bene Tony. Sono solo inciampata.-
Si giustificò per togliersi da quella situazione imbarazzante.
- All’ospedale come ci sei finita?- Le
chiese ad un tratto ricordandosi di quel particolare – Chi ti ha soccorso?-
diventando più sospettoso.
- Nessuno, ci sono andata da sola. Chi vuoi
che ci sia a quell’ora nel parco.-
DiNozzo la guardò scettico.
- Non c’è niente di strano, stavo
correndo, sono inciampata su una buca, ho fatto un bel ruzzolone e sono andata
all’ospedale dove il dottore ha preferito tenermi in osservazione per qualche
ora perché non gli piaceva il taglio in fronte... va bene?!- Gli chiese
esasperata.
- No che non va bene!- Alzò il tono
della voce. – Perché non mi hai chiamato!?-
Ziva ne aveva abbastanza di tutta quell’attenzione.
Si sentiva soffocare.
- Perché... perché... Oh basta! È un
discorso chiuso.-
Dicendo questo si staccò da lui di
qualche passo avviandosi verso l’ascensore per andare da Ducky per farsi dare
qualcosa di più forte.
Tony la seguì in ascensore bloccandola a
spalle al muro.
- Non è un discorso chiuso tra noi.- Le
disse serio.
- Che cosa intendi dire Tony?- Gli
chiese.
- Io ti voglio nella mia vita Ziva perché
non lo capisci.- Si avvicinò a lei accarezzandole il viso.
- Io...- ma non riuscì più cosa dire
rimanendo incatenata da quegli occhi verdi che brillavano di fuoco.
- Ziva...- avvicinò il suo viso a quello
di lei senza poterselo impedire.
Si soffermò sulle sue labbra,
appoggiando dolcemente le sue, leccandole e assaporandole, gustando il suo
gusto dolce, baciando la ferita del labbro, così teneramente da far sciogliere
dopo una dura resistenza le difese della donna che si lasciò trasportare dai
sentimenti.
Si baciarono a lungo, presi dalla
passione, mentre le loro mani esploravano le parti del corpo dell’altro.
Si staccarono brevemente per riprendere
fiato.
- Ziva...- le sussurrò vicino all’orecchio
annusando a fondo il suo dolce profumo di vaniglia e rosa.
- Tony...- Le disse lei più decisa
aggrappandosi con le mani alla giacca di lui -... ho bisogno di tempo, perché non
lo capisci.- Lo guardò triste negli occhi.
Si staccò da lui e si avviò verso la
sala autopsie.
Continua...
... non vi ci abituate... questo chap è
nato da solo, in giornata, le mani sono scivolate velocemente sulla tastiera
componendolo... aaaaaahhhh se fosse sempre così sarebbe un sogno...
Ora è comparso Callen G.... eh, eh,
eh... non so bene se riuscirò a tenerlo in carattere, di lui non so niente, la
versione con i sottotitoli non mi permette di capirlo a fondo, lo farò muovere
a modo mio ^_^ in caso tiratemi in qua se vado troppo fuori strada...
Il suo destino? Mah per ora non ho molte
visioni, diciamo proprio nessuna ma chi lo sa... si potrà fare anche un salto a
Los Angeles, ma chi mandare?
Ops... ebasta che spoilereggio troppo e a voi questo non piace.
Emmmm... per il prox chap... rimaniamo
sempre per l’anno prox ^_^
Capitolo
nato per esigenza... ma lasciatemelo dire, che adoro profondamente
Grazie a pupazza e a crudelia che
mettono sempre in evidenza il punto di vista che a me manca... e infine un
grazie, ma anche cento se non di più, a colei che è nata beta!
Buona
lettura
Light
Correre
veloce, sempre di più, oltre le proprie forze, al di là della resistenza per
cercare di superare se stessa, per cancellare, eliminare qualsiasi riflessione,
annullare il passato per creare un nuovo presente dove tutto si possa
riscrivere.
Ogni mattina,
questo pensiero spingeva Ziva a correre più veloce del vento, a pretendere il
massimo da lei, per annullare l’impronta di se stessa con la fatica, lo
sfinimento, ma nonostante i suoi sforzi, essi risultavano vani.
I pensieri
continuavano ad assillarla, tutto era diventato pesante, opprimente, faticoso
da portare avanti.
Più cercava
di ignorarli e più loro tornavano alla carica forti più di prima.
Ziva si
buttò a terra, sull’erba, sprofondando con le mani nel terreno, chiudendole poi
a pugno, respirando profondamente per la mancanza di ossigeno che la corsa le
aveva tolto.
Si distese
sul prato a guardare il cielo.
“Che cosa
mi sta succedendo?” si chiese triste mentre il suo sguardo vagava nel cielo
limpido del primo mattino.
Chiuse gli
occhi e rimase in ascolto.
Non si
riconosceva più.
Si sentiva
soffocare da se stessa.
Tutto le
andava stretto.
Non sapeva
perché ma la sua vita stava andando a rotoli e più lei cercava di tenere
insieme i pezzi più essi si sgretolavano.
Da quando
si era accorta che quello che sentiva per Tony era molto diverso del semplice
rapporto tra colleghi era andata in confusione totale.
Ziva e
l’amore non andavano d’accordo... per niente.
L’amore era
troppo complicato per lei.
Era un
sentimento difficile da gestire.
Amare
significa fidarsi dell’altro, aprirsi totalmente, non avere più difese,
smettere di fingere e mostrarsi per come si è.
Non si è
più da soli ma si è in due a camminare sulla strada della vita.
Tutto
questo era troppo per Ziva, lei che fin da bambina era stata abituata a
guardarsi le spalle, a sospettare di chiunque, perfino della propria famiglia,
ad essere sola contro tutti, che si era creata la sua armatura per difendersi
dall’intero mondo, ora le si chiedeva di toglierla?
Come poteva
pretendere Tony che lei riuscisse a comprendere il suo amore incondizionato se
lei stessa non aveva mai amato fino a quel punto? Se tutto quello che aveva sempre
ricevuto in cambio era stato solamente diffidenza, sospetti e menzogne?
No, non
poteva.
Ziva
sorrise triste a quelle miriadi di domande che affollavano la sua testa.
Le
relazioni che aveva avuto erano state più che altro per il gusto di un
appagamento veloce, fugace, senza impegno, cheilludevano di sentirsi bene, ma che in realtà non erano mai state
impegnative quando decideva di buttarsele alle spalle.
Lei era
così, vivere ora e lasciarsi il resto indietro per poter fuggire facilmente appena
la situazione richiedeva un maggior coinvolgimento da parte sua.
Tra Tony e
Ziva, effettivamente, era iniziato in quel modo.
Il loro
rapporto era basato su scherzi, complicità, stuzzicamenti, ma poi, senza
neanche che se ne accorgessero, tutto si era trasformato.
Dal gioco
erano passati alla realtà, a un livello superiore, che chissà per quale motivo
spaventava più lei che lui.
Eppure...
I quindici
giorni di malattia che avevano trascorso insieme erano stati stupendi, un magnifico
sogno. Li ricordava uno ad uno.
Perché,
allora, le era così difficile accettare che tutto quello potesse essere realtà?
Perché era
così incapace di lasciarsi andare?
Era mai
possibile che la paura di sentirsi tradita, rifiutata, respinta....
abbandonata...
fosse più
forte dell’amore che provava per lui?
Paura,
maledetta paura.
Poteva
affrontare un esercito di kamikaze senza esitare ma se doveva esporre il suo
cuore se la batteva in ritirata.
- Stupida!-
Si disse sottovoce sbattendo il pugno sull’erba.
La donna si
passò una mano sul viso eliminando le goccioline di sudore che imperlavano la
fronte.
La sua
stupidità era arrivata al tal punto da spingerla tra le braccia di un altro
uomo solo per provare a se stessa che l’amore che sentiva per Tony non era così
importante come il cuore le voleva far credere.
Si era
abbandonata ai sensi dell’alcool lasciandosi andare alla falsa illusione che
una notte di sesso con Gibbs avrebbe annullato all’istante quei sentimenti così
assurdi per DiNozzo, eppure ogni giorno erano sempre più soffocanti nel suo
cuore.
La mattina
successiva, invece, si era svegliata con in mente solo lui, con la mera
illusione che al suo fianco ci fosse lui, che tutto fosse come nel sogno.
Quella
notte fasulla non era servita a niente, aveva solo peggiorato le cose.
I giorni
successivi erano stati i più assurdi della sua vita, forse, proprio da quel
momento era iniziato tutto.
Si era resa
conto che stava sprofondando e l’unica soluzione che aveva trovato era stata
quella di tenere le distanze un po’ da tutti, ma soprattutto da lui, con
l’effetto di ritrovarsi senza via di scampo, con la grande voglia di scappare,
cambiare vita, perché con il comportamento che aveva adottato si sentiva sempre più soffocare dai sensi di
colpa, incapace di reagire e affrontare la verità... ma poi, era bastato un
semplice gesto da parte di Tony e la sua vita aveva ripreso ad avere un senso.
L’aveva
invitata una sera, finito il lavoro, a bere qualcosa insieme.
Il primo
istinto di Ziva era stato quello di rifiutare, ma la mano tesa, il dolce
sorriso che gli illuminava il viso e lo sguardo tenero degli occhi verdi di
DiNozzo l’avevano convinta ad accettare.
I due
colleghi avevano riso e scherzato come matti per tutta la sera, complici della
loro ironia, si erano divertiti un sacco a prendersi in giro, a fare scherzi, a
parlare di film.
Tony, poi,
l’aveva accompagnata a casa ed erano rimasti a parlare fino all’alba sugli
scalini del suo appartamento.
Semplicemente,
senza pretendere altro e a Ziva era sembrato di toccare le stelle del cielo per
la serenità che quel momento le stava dando.
Dopo quella
mancanza di ossigeno e passato quel momento di burrasca, Ziva aveva ripreso a
respirare, a sentirsi più tranquilla e serena, come per magia, senza dargli più
peso del dovuto, tutto si era risolto da sé facendo di nuovo rincontrare i due
colleghi.
Le piaceva
pensare che DiNozzo avesse aspettato pazientemente e si fosse avvicinato a lei
delicatamente prendendola permano senza
farla spaventare.
Ma proprio
nel momento in cui Ziva si stava abituando alla sua presenza, a lasciarsi
andare, la situazione tra loro, improvvisamente, aveva iniziato a mutare
velocemente... troppo velocemente.
Il rischio
di perderlo si era fatto più opprimente e l’incidente che le era capitato non
aveva fatto altro che peggiorare le cose.
Si era abbandonata
alla dolce illusione di poter dividere la vita insieme, senza rischi né
pericoli, come due persone normali, invece la semplice telefonata di Gibbs di
quella mattina aveva scombussolato tutto, facendola cadere a terra e
infrangendo i suoi bellissimi sogni.
Le
sicurezze non erano più certezze, si erano infrante ancora prima di essere
protette.
Si era
lasciata andare alla scelta più ovvia: scappare, ritirarsi, fingere che tutto
non fosse successo, per non soffrire, per non pentirsi e leccarsi le ferite
poi.
Ora si
trovava lì distesa, sull’erba, con la sensazione di un gran peso sul cuore,
senza la capacità di reagire, con la grande paura che il suo atteggiamento
scontroso e distaccato potesse allontanare Tony da lei per sempre e spingerlo
tra le braccia di un'altra donna.
Ma non ci
poteva fare niente.
Maledetta
gelosia.
Sì!
Era gelosa,
fino all’ultimo cellula del suo cuore.
Ogni volta
che vedeva DiNozzo e Jade insieme dentro di lei nasceva il desiderio di
prendere a calci la donna e farla allontanare da lui.
In fondo le
sarebbero bastate poche mosse per far soccombere quella psicologa!
Ziva rise
divertita all’immagine che si era creata nella sua mente ma durò poco.
Non poteva
tollerarla.
Ogni suo
gesto, movimento, discorso le dava fastidio, solamente perché si rendeva conto
quanto il suo charme influenzasse Tony.
Il
cambiamento di look aveva anche peggiorato le cose.
Stupida!
Sì!
Era stata
proprio una stupida.
Si era
fatta impietosire dalla fragilità di Jade e le era andata in soccorso.
Stupida!
Stupida e ancora doppiamente stupida!!
Non poteva
proporle di cambiare città, stato, continente????
Nooooooo!!! Le aveva suggerito di cambiare aspetto!!!
Come poteva
sapere che Jade si sarebbe trasformata in una dea???
Aveva una
grande voglia di urlare all'intero mondo la sua frustrazione.
Il
frusciare dell'erba vicino a lei le fece attivare i sensi distraendola dai suoi
pensieri.
Con una
mossa rapida e veloce si alzò di scatto mettendosi in posizione di attacco.
- Sei tu?-
Disse sorpresa abbassando le difese.
Gibbs posò nervosamente il foglio sulla
scrivania sbattendo il pugno.
Mcgee alzò il viso con un’espressione di
paura sul volto, intuendo che quel gesto non preannunciava nulla di buono.
La mattina era iniziata nel modo
peggiore, né Tony né Ziva erano ancora arrivati in ufficio.
Jethro era uscito dall’ascensore a passo
svelto, tenendo saldamente, come al suo solito, il bicchiere di caffè in mano.
Aveva lanciato una breve occhiata alle
due scrivanie vuote dei suoi agenti, senza darci peso, facendo un breve cenno
di saluto con il capo a Tim e si era accomodato alla sua prendendo in mano il
fascicolo che gli aveva dato Abby la sera prima.
L’uomo fece scorrere velocemente lo
sguardo sui dati raccolti dalla donna quando arrivò a delle foto. Le osservò
attentamente.
Erano state scattate due settimane prima
che il guardiamarina James Stone venisse ucciso.
L’uomo era in libera uscita, seduto ad
un tavolino di un bar a bere il suo caffè.
Le appoggiò sul tavolo posizionandole in
ordine.
C’era qualcosa che non lo convinceva.
Per l’ennesima volta sbuffò.
Prese l’ultima foto, la osservò con
attenzione accorgendosi di un particolare che non aveva notato prima.
Colpì con il pugno la scrivania,
infilando poi la foto nel cassetto chiudendolo bruscamente.
- Mcgee!!- Disse severo.
- Sì capo.-
Tremò Tim sentendosi chiamare con quel tono alzandosi di scatto.
- Dove diavolo sono DiNozzo e David!!??-
Lo guardò severo spazientito.
- Capo... io... beh...- Tentò di
rispondere non riuscendo a trovare una scusa valida per coprire i due colleghi.
- Trovali!- Gli ordinò perentorio.
- Sì capo!!- Acconsentì tristemente,
cercando di non farlo vedere.
Era da un’ora abbondante che tentava di
rintracciare i due con scarsi risultati.
Entrambi avevano il cellulare spento e a
casa non rispondevano.
“E ora?” pensò sconsolato non riuscendo
a trovare una via di scampo.
“Abby!!” pensò risoluto, con l’aiuto
dell’amica senz’altro ce l’avrebbe fatta a trovare una traccia di quei due
ingrati.
- Capo io...- Ma si fermò subito agghiacciato
dallo sguardo freddo che gli rivolse Gibbs.
- Muoviti Mcgee!! Trovali e dì loro che
se non si presentano entro le 10.00 possono fare anche a meno di venire oggi al
lavoro perché altrimenti li rispedisco a casa a calci nel sedere!!-
- Siamo di ottimo umore Agente Gibbs.- Sfrecciò
ironica Jade avvicinandosi alla scrivania dell’uomo.
Jethro riversò la sua attenzione sulla
donna.
Da quando aveva cambiato look non poteva
fare a meno di osservare ogni parte di lei attentamente, sempre e più curioso
di scoprire qualcosa di nuovo sulla donna.
Ogni volta che quello sguardo così
attento e silenzioso la guardava con finta indifferenza, Jade sentiva il suo
stomaco fare le capriole e faticava con se stessa per non sfuggire lontana da
lui, ma allo stesso tempo provava un’attrazione particolare verso Gibbs che
difficilmente riusciva a tenere a freno.
L’attenzione della donna cadde sulle
foto posizionate in fila sulla scrivania.
Sorrise tra sé.
Sfiorò brevemente con l’indice la mano
di Jethro per fargli mollare la presa da una di esse.
Gibbs a quel contatto sentì bruciare la
parte che gli aveva sfiorato dolcemente la donna, scostandosi subito come quasi
si fosse scottato realmente.
- La disposizione delle foto non è
corretta.- Disse Jade dopo averle guardate più attentamente e cambiò la prima
con la terza, la terza al posto della quarta e la quarta con la prima.
- Così ci siamo, lo si capisce dalla
posizione del corpo del marine. Quando ci si siede di solito si ha una seduta
regolare, dritta all’inizio, ma più passa il tempo di attesa più il corpo si
rilassa, si distendono le gambe, le braccia, si giocherella con il menu, vede
come in questa foto, si accavallano le gambe come in quest’altra e alla fine si
inizia a guardarsi in giro per vedere se sta arrivando la persona che stiamo
aspettando da un po’, come dimostra questa ultima foto.-
Alzò lo sguardo per incontrare quello dell’uomo che non fu soddisfatto dalla
suaintromissione. – Ma il caso del
guardiamarina Stone non è archiviato?- Gli chiese riconoscendo il marine cercando
di ignorare l’espressione di disapprovazione che le stava rivolgendo.
- Questo me lo deve dire lei Jade?- Le
chiese portandosi in avanti con il corpo per avvicinarsi alla donna, come quasi
volesse leggere i suoi pensieri.
- Se già sa la risposta Agente Gibbs
perché me lo chiede?- Gli rispose con un’altra domanda.
- Non mi ha risposto.- Sottolineò
l’uomo.
- Neanche lei.- Gli sorrise soddisfatta.
I due continuarono a guardarsi
sfidandosi quando il suono del cellulare della donna interruppe quel momento.
- Sash.- Rispose rimanendo in ascolto. –
E’ troppo presto, non ancora. D’accordo.- Alla fine acconsentì.
Chiuse il cellulare e lo allacciò alla
cintura.
Gibbs con un gesto secco prese in mano
il fascicolo e le foto, aprì il cassetto estraendo la foto e richiudendolo in
modo brusco come l’aveva aperto, girò la sua scrivania e fronteggiò la donna.
E se non fosse per slurmina questo chap non sarebbe partito... ^_^
I vostri commenti sono sempre preziosi
per me come lo è la Beta!
Buona lettura
Light
- Qualcosa mi diceva che ti avrei
trovata qui anche oggi.- Disse l’uomo avvicinandosi e sorridendole.
Ziva lo guardò attentamente. Era sudato
e la maglietta era appiccicata al suo petto mettendo in evidenza i suoi muscoli
ma nonostante la fatica i suoi occhi azzurro cielo brillavano di furbizia.
La donna sorrise soddisfatta
all’immagine che le si proponeva davanti.
- L’istinto?- Gli suggerì.
- Può essere.- Rispose lui vago alzando
leggermente le spalle.
- Anche oggi i tuoi dieci chilometri di
corsa G?- Gli chiese fronteggiandolo.
- Dodici.- Rispose serio.
- Impressionata.- Scherzò lei passandosi
la mano sul viso.
- Ti stai forse prendendo gioco di me?- Le
domandò lui infastidito dal tono che aveva usato.
- Non dirmi che sei permaloso?- Lo
rimbeccò sorpassandolo.
Callen sorrise alla sfrontatezza della
donna.
- L’ultimo paga il caffè!- La sfidò
superandola di corsa dandole una spinta con la mano sulla spalla.
- Ehi!!-
I due corsero a perdifiato per tutto il
parco fino ad arrivare al chiosco.
- Primo!- Disse soddisfatto G battendo
la mano sul tavolino.
- Di poco!- Sottolineò Ziva sedendosi.
Tra loro era sempre stato così da quando
si erano incontrati quella mattina al parco.
La medesima scena si ripeteva ogni
giorno.
Entrambi erano mattinieri, preferivano
correre alle prime luci dell’alba per assaporare l’aria fresca e godere del
silenzio che regnava sulla città che da lì a poche ore sarebbe stato sostituito
dal caos giornaliero.
- Vorrei farti notare, mia cara Ziva,
che questa è la terza volta che ti batto.- Rise sornione già pregustandosi la
faccia contrariata della donna facendole segno con le dita.
- Già.- Rispose lei semplicemente
portandosi il bicchiere alle labbra e giocherellando con una foglia appoggiata
sul tavolino.
- Ehi...- le disse dolce accarezzandole
con il dito l’incavo tra il pollice e l’indice – Tutto bene?- Le chiese con
delicatezza incrociando le due dita.
Ziva guardò prima le loro mani unite
semplicemente dalle due dita e poi posò il suo sguardo sulle iridi azzurre
degli occhi di lui.
- Non lo so.-
Tolse la sua mano da quella di G e si alzò in piedi. – Vado se non voglio che
il capo mi faccia un’altra lavata di capo, da quando ti conosco sono sempre in
ritardo.- Gli sorrise.
- Che sarà mai per due minuti di
ritardo, l’ufficio amministrativo della ditta in cui lavori credo che possa
andare avanti lo stesso anche se ritardi un po’, i tuoi colleghi sopravvivranno
senza di te, no?- Rise divertito.
Ziva si appoggiò al tavolino con
entrambe le mani sporgendosi verso l’uomo.
- Ti ho lasciato vincere... comunque
anche oggi... a domani?- Gli chiese guardandolo dritto negli occhi nascondendo
dentro di sé la paura di una risposta negativa.
Quegli incontri mattutini, anche se la
donna non lo voleva ammettere con se stessa, erano diventati importanti,
un’evasione dalla sua vita che era così pesante da sopportare.
Un respiro di aria fresca, una boccata
di ossigeno puro.
Ziva con G poteva essere tranquillamente
quella che non era.
Per lui era semplicemente un’impiegata
che lavorava nell’amministrazione di una ditta di trasporti, nient’altro di
più.
Una donna semplice, con una vita
semplice, senza complicazioni, senza morti, investigazioni, crudeltà,
ritorsioni, complotti, menzogne... niente di tutto questo era la Ziva David di Callen
G.
- Perché non facciamo “a sta sera”?- Le
propose mentre le sue labbra si trasformavano in un ghigno accattivante.
- Che hai in mente?- Gli chiese lei a
sua volta allettata da quella possibilità.
- Cena, cinema e per finire una bella
birra condita da chiacchere, che ne dici, ci stai?-
Ziva tentennò per un attimo osservandolo
attentamente indecisa se lasciarsi andare o no.
- Ok rispondo io per te. Grazie G dell’invito
sono entusiasta della proposta, accetto volentieri.- Rispose alzandosi in piedi
e prendendole la mano se la portò alla labbra baciandola.
- Signor Callen non sta osando un po’
troppo?- Gli chiese divertita facendo scivolare la mano dalla sua.
- Chi non osa non saprà mai la
risposta.- Le iridi azzurre brillarono ancora di più.
- A questa sera.-
Ziva gli sorrise a sua volta e se ne andò.
G aspettò che Ziva fosse lontana, poi
estrasse il cellulare dalla tasca e compose il numero.
- Sono io. Anche oggi ho preso il
contatto, stasera andiamo fuori a cena.- Informò il
suo interlocutore
- E’
troppo presto.-
- E’ passata una settimana dal primo
incontro, è ora di passare al livello successivo.- Si scaldò per quella
imposizione.
-
Non ancora.-
- Sei fin troppo prudente Jade. In fin
dei conti è per il suo bene. Non mi sento tranquillo, dammi del paranoico, ma
il mio istinto mi dice che sta per succedere qualcosa. Passo al livello
successivo.- Terminò deciso.
- D’accordo.-
“In effetti che cosa vuoi che siano due,
dieci, mezz’ora o un'ora di ritardo? Recupererò” pensò Ziva appoggiata con le
spalle alle pareti dell’ascensore mentre nella sua mente riviveva l’incontro di
quella mattina, ma quando le porte si aprirono e incontrò lo sguardo omicida di
Jethro, non ne fu molto sicura.
- Non succederà più Gibbs.- Si
giustificò prima che lui potesse dire qualsiasi cosa.
- Me lo auguro David, altrimenti la
prossima volta non prenderti il disturbo di venire in ufficio.- Sfrecciò
velenoso entrando in ascensore seguito da Jade.
Le due donne si guardarono appena
accennando un segno di saluto con il capo.
- Ziva dov’eri?- Le chiese Mcgee agitato.
- Sono qui.- Rispose lei asciutta senza
dare altre spiegazioni.
- Sai dov’è DiNozzo?- Continuò il
collega.
Ziva si sporse a guardare dietro il
corpo di Mcgee e solo allora si accorse della mancanza di Tony.
“Dov’era Tony? Perché non era ancora in
ufficio?” si chiese mentre il suo viso si rabbuiava.
- Capo!- Esclamò sorpreso DiNozzo quando
le porte dell’ascensore si aprirono e vide dentro Jethro e Jade.
L’uomo fece due passi indietro per farli
passare.
- DiNozzo, tu e David avete deciso di
farmi infuriare questa mattina?- Gli chiese duro, digrignando i denti.
- Capo non sai che cosa mi è successo
stamattina, un casino dietro l’altro...- Tony bloccò il suo monologo sentendo
quella domanda – Ziva? Che cosa c’entra Ziva?- Chiese.
- Non è per caso che tu e David stavate
insieme?- Insinuò Jade divertita dalla situazione – E’ una bella coincidenza
che tutti e due siete arrivati in ritardo.- In risposta ricevette due sguardi
severi.
- Le coincidenze non esistono.- Sibilò
Gibbs andandosene.
- Ti conviene seguirlo se non vuoi che
ti lasci a piedi.- Le suggerì Tony.
- Non oserebbe mai.- Gli rispose sicura.
- Io non ci conterei troppo. Gibbs è
Gibbs, questo credo che dovresti averlo capito.- Le sorrise – Vai, vai, vai...-
Le fece segno con la mano.
Jade lo guardò attentamente per un
attimo per capire se la stava prendendo in giro come al suo solito, ma quando
vide gli occhi e lineamenti del viso seri dell’uomo si rese conto che stava
dicendo la verità.
Si girò verso l’uscita e vide Gibbs
salire in macchina.
Solo dieci secondi prima di perderlo.
Scattò verso l’uscita e raggiunse l’auto
di corsa salendovi proprio nell’attimo in cui l’uomo mise in moto.
Gibbsfermò la macchina di fronte al bar dove era stato fotografato il
guardiamarina Stone.
- Perché siamo qui?- Chiese Jade
riconoscendo il posto.
- Scenda.- Ricevette per risposta.
Jethro scese dall’auto chiudendo la
portiera con forza e si sedette su una panchina lì vicino che era proprio di
fronte al bar.
- Si sieda.- Le ordinò severo.
Jade rimase a fissarlo un attimo.
“Come si permette di trattarmi in questo
modo!” pensò irritata.
- Seduta.- Le sibilò duro.
- Agente Gibbs le ripeto e glielo
sottolineo che non può trattarmi in questo modo!! Scendi! Seduta! Vieni! Sono
una donna mica un cane!!- Protestò aprendo le braccia mostrandosi a lui.
Jethro fece scivolare i suoi occhi sul
corpo della donna soffermandosi sulle sue forme femminili.
- Lo vedo.- Disse tranquillamente
sorridendo compiaciuto.
Jade rimase spiazzata da quel gesto.
Poteva prevedere ogni mossa di qualsiasi
persona da un solo gesto, smorfia, ma quando si trattava di Gibbs i suoi
sensori andavano completamente in tilt.
Si passò una mano tra i capelli,
facendola scivolare dal collo fino al petto.
Maledetta reazione!
Perché ogni volta che sentiva lo sguardo
dell’uomo su di sé il cuore doveva battere in quel modo?
Silenziosamente si sedette accanto a
lui.
- Spero che si sia divertito.- Gli disse
irritata incrociando le braccia al petto nel vano tentativo di nascondersi da
quello sguardo penetrante che continuava a sentire su di sé.
Ziva mise le monete all’interno del
distributore, compose il numero e aspettò che cadesse la tavoletta di
cioccolata.
La prese, si appoggiò al distributore e
mise un quadratino in bocca succhiandolo lentamente.
Chiuse gli occhi per un istante e subito
le apparvero gli occhi tranquilli di Callen.
Stava bene con lui.
Gli dava quella calma che nella vita
reale al momento non aveva.
Tutto il caos lo lasciava in esterno per
tuffarsi nell’altra vita che si era costruita: Ziva David impiegata
amministrativa, alla quale piaceva correre al mattino presto, andare al cinema,
godersi la vita, senza responsabilità e impegni che la legassero e la trattenessero
dal vivere.
Una vita semplice, senza complicazioni
di vita o di morte, senza pericoli, normale come tutte le altre donne.
Un ruolo che inizialmente aveva gustato
piano piano ma che ora lo stava apprezzando nella sua
interezza.
“A
questa sera” aveva risposto felice a quell’invito che l’avrebbe portata a
trascorrere qualche ora in più in quella vita così bella e appagante.
Aprì gli occhi immergendosi nella realtà
sentendo i passi dell’uomo avvicinarsi a lei.
Tony entrò in quell’istante.
L’uomo si avvicinò alla donna con passo
lento e deciso.
- Dov’eri?-
- Dov’eri?-
Chiesero entrambi nello stesso momento fissandosi
in cerca della risposta.
- Oggi sembra che sia tutto contro di me.- Le rispose Tony per primo, appoggiandosi anche lui al
distributore.
- Ne vuoi parlare?- Gli chiese
porgendogli la tavoletta di cioccolato.
DiNozzo l’afferrò e ne spezzò una parte.
- Niente di che... al bar una tipa mi ha
rovesciato il caffè addosso, si è scusata mille volte...- sorrise sornione
ricordandosi la scena.
- Casualmente dopo le avrai chiesto il
numero.- Gli chiese nervosa allontanandosi di qualche passo appoggiandosi al
muro guardandolo severamente.
- Poi sono stato coinvolto in un
incidente... insomma era meglio se fossi rimasto a letto oggi...e...- si girò a guardarla avvicinandosi e
posizionandosi di fronte a lei.
- No. Non ho chiesto nessun numero.-
Stese il braccio, appoggiando la mano al
muro, chiudendola nell’angolo.
- Gelosa?- Le chiese a bruciapelo.
Ziva a quella domanda si irrigidì
sentendosi colpire nel suo profondo.
Le mancò l’aria aprendo la bocca per
rispondere senza però trovare le parole.
- Puoi fare quello che vuoi DiNozzo.-
Gli rispose severamente abbassandosi e passando sotto il suo braccio per
liberarsi dalla sua presenza.
Tony sorrise soddisfatto alla reazione
della donna e prima che potesse scappargli l’acciuffò per il braccio e la riportò
vicino a sé.
- E tu Ziva?- Le chiese avvicinando il
viso a quello di lei guardandola dritto negli occhi.
- Ho perso tempo a correre.- Si
giustificò Ziva cercando di non farsi distrarre da quelle due iridi verdi che
la stavano scrutando attentamente.
- Davvero?- Chiese scettico Tony – Strano...-
staccò l’attenzione dagli occhi di lei per poi ritornarvi subito dopo
massaggiandosi il mento pensieroso - ... è più di una mattina che arrivi in
ritardo e vuoi dirmi che è sempre colpa della corsa?- Le chiese sottolineando il
suo strano comportamento di quei giorni.
- Sì.- Rispose
seria Ziva non lasciando altre spiegazioni.
- Mmmm...- mugugnò
DiNozzo avvicinando il viso a quello di lei, – e cosa è cambiato nel tuo
percorso per farti arrivare sempre in ritardo rispetto a prima?- Le domandò
serio.
- Non ti devo dare nessuna spiegazione
Tony!- Gli rispose velocemente seccata dalla sua insistenza staccandosi da lui.
- Se non rispondi vuol dire che stai
nascondendo qualcosa... o qualcuno...- si girò a guardarla -... i tuoi occhi
parlano da soli e io da troppo tempo ormai ho imparato a leggerli.- Puntualizzò
soddisfatto.
A quell’insinuazione Ziva si bloccò
girandosi di scatto a guardare il collega.
- Per me stai passando troppo tempo con
la dottoressa Sash, con il suo modo di pensare e vedere le cose ti sta facendo
il lavaggio del cervello.-
Si avvicinò a lui fronteggiandolo, afferrandolo
poi per il colletto della camicia con una rapida mossa.
- Io – non – ho – niente – da –
nascondere!- Scandì bene cercando di essere il più convincente possibile per
tenere al sicuro quella parte della sua vita che non c’entrava niente con il
suo mondo e con lui.
- Finalmente!!- Li interruppe la voce di
Mcgee. – Vi ho trovati, venite subito con me che Gibbs ci ha commissionato del
lavoro da fare.-
Ziva guardò i due colleghi e poi con
passo svelto uscì dalla stanza.
- Ho interrotto qualcosa?- Chiese
stranito Mcgee.
- No Mcinopportuno,
non hai interrotto proprio niente, perché non c’era niente da interrompere.-
Tony accartocciò la carta della barretta
di cioccolata e la buttò con rabbia nel cestino.
- Ma che ho detto?- Si chiese Tim
guardando le figure dei due colleghi allontanarsi.
- Più che divertito direi compiaciuto.-
Rispose Gibbs soddisfatto della piega presa dalla situazione facendo scorrere
il suo sguardo sul profilo della donna.
Jethro provava
un certo non so che a stuzzicare la dottoressa Sash e non si lasciava scapparenessuna occasione gli capitasse tra le
mani per farlo.
Imbarazzare quella donna, da quando
l’aveva conosciuta, era diventato il suo gioco preferito, anche se doveva
ammettere che non sempre gli riusciva, a volte perfino a lui capitava di cadere
nel suo stesso tranello che abilmente lei gli ritorceva contro.
Sorrise silenziosamente, alzando
leggermente l’angolo destro delle labbra e facendo brillare l’azzurro intenso
delle sue iridi.
- Se ha finito di compiacersi che ne
dice di rivelare il motivo del perché siamo qua?- Puntualizzò irritata.
Gibbs si alzòin piedi di scatto ritornando alla realtà, si
allontanò di qualche passo da lei mettendo da parte quegli strani pensieri che
si stavano sempre di più formulando nella sua mente.
Estrasse dalla giacca la busta che
conteneva le foto e la buttò in grembo alla donna.
- Non ha nessun’altra osservazione da
fare Jade?- Le chiese duro.
La dottoressa prese in mano le foto,
intuendo dove volesse arrivare l’Agente si preparò a combattere il suo attacco.
- Cosa dovrei dirle Agente Gibbs... o
meglio che cosa vuole sentirsi dire sul guardiamarina Stone?- Puntualizzò la
donna con calma e sicurezza.
Jethro si voltò nervoso a guardarla,
eliminando la breve distanza che c’era tra loro e portandosi con il viso allo
stesso livello di quello di lei.
- La domanda da porci non è “chi sta
aspettando” ma “chi sta seguendo”, non è vero Jade?- Le chiese freddo.
La dottoressa Sash rimase in silenzio ad
osservarlo compiaciuta nel constatare che l’uomo che aveva di fronte aveva
nuovamente sconfitto le sue supposizioni.
Si annotò mentalmente che doveva stare
ancora più attenta nel muoversi quando si doveva confrontare con Leroy Jethro Gibbs.
- Come l’ha capito?- Gli chiese dopo un
lungo momento di silenzio.
Jethro tirò fuori l’ultima foto e la
porse alla donna che la prese e la osservò con attenzione.
- Non riconosce nessuno?- Le domandò
sedendosi accanto a lei, appoggiando le braccia sulle gambe e buttandosi con il
busto in avanti.
“Devo ricordarmi di dare più retta
all’istinto di Callen” pensò divertita mentre cercava di formulare un piano
diversivo.
Accorgendosi della posizione che aveva
assunto l’uomo sorrise sadicamente divertita.
Accavallò le gambe facendo salire di
qualche centimetro la gonna già sopra il ginocchio.
Era un gioco pericoloso al quale Jade
non poteva rinunciarvi.
Non appena ebbe messo in atto la sua
manovra diversiva sentì su di sé lo sguardo di fuoco dell’agente che non si
perse neanche un istante del movimento della gamba che si sovrapponeva
sull’altra.
Con delicatezza si sporse in avanti
facendo scivolare lentamente la mano come una carezza dal collo del piede
soffermandola poi sul ginocchio.
Un brivido le percorse la schiena.
Quello strano gioco di seduzione aveva
dei piacevoli risvolti positivi.
- Sta tentando di distrarmi dottoressa
Sash?- Le chiese Gibbs facendo leva sulla sua razionalità per distogliere lo
sguardo da quelle gambe affusolate e guardare diritto di fronte a sé.
- Può essere Agente Gibbs.- Gli rispose
con un sorriso malizioso stampato sulle labbra e per la prima volta, anche se
per un brevissimo istante, vide passare sul volto dell’uomo un segno di
imbarazzo.
Jethro si alzò di scatto.
- Andiamo!- Le ordinò dirigendosi verso
la macchina.
Aprì la portiera e vi si accomodò dentro
mentre Jade faceva lo stesso.
- Se pensa che sia finita qui si sbaglia
di grosso.-
- Al contrario ne rimarrei delusa.-
Sorrise soddisfatta mentre i suoi occhi si fecero seri quando si appoggiarono
per l’ennesima volta sul volto della persona che era stata immortalata nella
foto.
Era stata una giornata tutto sommato
tranquilla, anche se per qualche momento Ziva aveva avuto la sensazione che
tutti gli sguardi dell’ufficio fossero rivolti su di lei.
C’era stato un momento di gelo quando
Gibbs e Jade erano rientrati in ufficio.
I due non avevano spiaccicato parola e
ognuno si era seduto alla sua scrivania.
Li osservò per un attimo, senza farsi
notare e constatò che entrambi erano tesi.
Vide la donna estrarre dalla borsa una
busta che fece volare sulla scrivania del capo il quale la ringraziò con
un’occhiataccia.
La busta si era aperta rivelando al suo
interno delle foto.
“Che stiano seguendo un caso a parte?”
si chiese Ziva interdetta da quel gesto.
Poteva sentire, invece, in ogni istante
lo sguardo insistente di DiNozzo che non faceva altro che osservare
attentamente ogni suo piccolo gesto o movimento.
Quando il capo rientrò in ufficio la
donna notò però uno strano scambio di sguardi tra il collega e Gibbs nonostante
i due avessero fatto finta di niente.
- Capo? Io domani devo andare dal
dentista, è possibile che ritardi.- Lo avvertì Tony.
Gibbs gli fece segno di sì con la testa
badandolo per qualche secondo poi si riconcentrò sulle carte che stava
leggendo.
Il suo telefonò squillò: era Abby che lo
cercava.
Si alzò di scatto e nello stesso momento
si alzò anche DiNozzo.
Gibbs si fermò di fronte a lui
osservandolo incuriosito.
- Ebbene?- Gli chiese spiegazioni.
- Vado a prendermi un caffè, ne vuoi uno
capo?- Gli propose.
- Grazie DiNozzo.- Lo colpì
affettuosamente sulla spalla ed entrambi si diressero verso l’ascensore.
Mcgee e Ziva si scambiarono uno sguardo
divertito e poi si riconcentrarono sul loro lavoro.
- Hai scoperto qualcosa DiNozzo?- Gli
chiese serio Gibbs bloccando l’ascensore.
- No niente.- Rispose asciutto l’Agente.
- Devo prenderti a scappellotti?-
L’ammonì nervoso.
- E’ pulito.- Confessò alla fine
portandosi le mani alla vita e inclinando il viso verso il basso sconfitto da
quella situazione di stallo, senza via d’uscita.
Gibbs riattivò l’ascensore.
- Sei preoccupato capo?- Gli chiese ad
un tratto notando l’espressione seria sul volto di lui.
- Dovrei esserlo?- Gli domandò lui a sua
volta.
- Non lo so...eppure..- Si lasciò andare
DiNozzo.
- Segui l’istinto Tony e non mollare
fino a quando non sarai sicuro.- Gli disse Gibbs perentorio uscendo
dall’ascensore.
Era giunta sera. Ziva spense il monitor
del computer, prese la borsa, si infilò il cappottoe salutò i colleghi.
- Vai già via?- Le chiese Tony.
- Si perché?- Ribattè
lei.
- Beh possiamo andare a mangiare e bere
qualcosa insieme, che ne dici?- Le propose avvicinandosi e appoggiandole una
mano sul braccio impedendole di andare via.
- Io...- tentennò Ziva – Mcgee?- Chiese
ad un tratto girandosi verso il collega che avanzava verso di loro.
- Non contate su di me: io e Abby siamo
impegnati con le suore, non chiedetemi in cosa che lo devo ancora capire.- Li
salutò frettolosamente e raggiunse il laboratorio.
- Siamo rimasti noi due.- Le disse
seducente Tony a bassa voce.
- Vedi...- iniziò lentamente – io...-
cercando di vagliare una scusa plausibile per non dire la verità su quella sera
-... sono stanca, stasera proprio no, non vedo l’ora di rilassarmi a casa, sarà
per un’altra volta DiNozzo.- Lo colpì frettolosamente sulla spalla e se ne andò
prima che il collega riuscisse a incastrarla nuovamente.
Tony la guardò andare via assumendo il
suo sguardo serio.
- Le stai troppo addosso.- Gli disse
Jade avvicinandosi -... lasciale un po’ di respiro.- Sorrise sorniona.
- Tu che ne sai?- Le volse uno sguardo
interrogativo.
“E ora questo sguardo che cosa
significa?” rifletté mentre si specchiava in quegli occhi limpidi e scuri
dell’uomo.
Senza darle altre spiegazioni l’Agente
se ne andò.
- Vacci piano con lei.- Gli intimò la
donna.
- Non dirmi cosa devo fare Jade.- Le
rispose nervoso l’uomo.
- Non è un consiglio il mio.- Sottolineò
la dottoressa Sash seria.
Callen la guardò duro mentre lei finiva
di sorseggiare il caffè.
La donna osservò fuori dalla vetrina del
bar.
- Ziva è fragile in questo momento, se
non lo fosse non si sarebbe creata una doppia vita ma ti avrebbe reso partecipe
della sua nascondendoti solamente alcuni dettagli invece di cambiarli tutti. In
questo momento tutto le va stretto e ha perso momentaneamente la lucidità
razionale che la contraddistingue. Sinceramente devo ancora capire quale è
stato l’elemento scatenante che ha provocato questa sua reazione.- Si fermò a
pensare mentre nella sua mente scorrevano tutte le immagini di Ziva, i gesti, le
posizioni del corpo, i suoi occhi così espressivi.
- DiNozzo...- Si lasciò sfuggire.
- Chi è?- Chiese incuriosito Callen
riportando l’attenzione sulla collega.
- E’ un altro Agente della squadra di
Gibbs, molto simpatico e bravo, da non sottovalutare perché sotto
quell’immagine da burlone e pagliaccio si nasconde un ottimo e attento Agente-investigatore-
- Pensi che lui possa c’entrare
qualcosa? Ma non le conosci le regole di Gibbs?- Le chiese divertito.
Jade fece segno di no con la testa.
- Regola n. 12: mai uscire con un
collega.-
Jade sentendola rimase inizialmente
stupita e poi scoppiò a ridere.
Callen vedendo la reazione della collega
rimase sbigottito.
- E io aggiungerei... ma andarci a letto
sì!- Riprese a ridere imitata questa volta anche dall’uomo.
I due si calmarono dall’ilarità
spontanea.
- Questa tua affermazione denota che tu
sai più di quello che vuoi far sapere. Come vorrei avere anche io il tuo dono
di leggere quello che tutti gli altri cercano di tenere nascosto.- La prese in
giro.
- A volte non è un dono ma è una
maledizione.- Lo guardò seria per poi rivolgere lo sguardo fuori dalla vetrina.
- Senza la tua intuizione su Ziva non
sarei mai riuscito a creare un contatto istantaneo con lei. Solo tu potevi
capire che il Tenente Sander era stato importante per
lei.- Puntualizzò prendendole la mano.
Jade sorrise senza distogliere gli occhi
dai passanti facendo scivolare la sua mano e portandola vicino a sé.
- Si poteva agire diversamente ma, come
hai detto fin dall’inizio anche tu, Ziva è troppo istintiva e non avrebbe mai
ascoltato, e poi, meno persone sono coinvolte in questo caso meglio è.- Cercò di rassicurarla.
- Non mi piace la situazione che si sta
creando però. Lo sento, Gibbs è fin troppo vicino per essere coinvolto.-
Affermò seria.
- Non pensi che dovremmo informare almeno
lui di quello che sta accadendo... – si massaggiò il capo –... in fondo è
sempre una dei suoi agenti e sai come è fatto...- Si fermò prima di continuare.
- No, non so come è fatto, quello che lo
conosce sei tu.- Disse contrariata.
Era la prima volta che le succedeva di
formulare un’analisi su un soggetto e sbagliarla in continuazione, era davvero
frustante per lei che era abituata ogni volta a individuare la personaal primo colpo.
- E poi...- Continuò Callen lasciando in
sospeso la frase rimescolando pensieroso il cucchiaino nel caffè.
- E poi cosa G?- Gli chiese riportando
l’attenzione su di lui.
- Gibbs.- Rispose in un soffio.
Jade si passò una mano sul viso.
- Ci penseremo poi.- Decise di rinviare
il cataclisma che sarebbe successo non appena Jethro fosse arrivato alla
verità.
Callen si alzò dal tavolo e lasciò una
banconota.
Jade afferrò il braccio dell’uomo e lo
bloccò.
- Distacco Callen, distacco.- Gli ripetè decisa.
G scrollò il braccio e sbuffò.
- Sono distaccato.-
Ma chissà perché quelle due semplici
parole risultarono false anche a lui.
“E’ possibile che su di lui non sia
riuscito a trovare niente?” sbuffò DiNozzo osservando Ziva e lo sconosciuto
uscire da casa di lei e salire in macchina.
- Meno male che era stanca!- Disse
stizzito ad alta voce mentre accendeva il motore per seguire a distanza i due.
Ziva si concentrò per un attimo su
Callen e notò il suo sguardo farsi più attento nello specchietto retrovisore.
La donna per la prima volta iniziò a
collegare tutti gli atteggiamenti insoliti di lui.
- Tutto bene?- Gli chiese prestandogli
attenzione.
- Certo.- Rispose sicuro voltandosi un
attimo a guardarla, svoltando rapidamente la macchina nella stradina a destra.
- Dove andiamo?- Chiese cercando di
mettere a tacere quell’istinto che dentro di sé le diceva che c’era qualcosa
che non andava.
- Segreto.- Le rispose divertito facendo
brillare l’azzurro dei suoi occhi.
- Quanti segreti mi nascondi ancora?-
Gli chiese seria Ziva.
G fermò l’auto al semaforo e approfittò
per voltarsi verso la donna che gli aveva piantato le sue iridi nere addosso.
- Tutto bene? Se non ti va di uscire
posso portarti a casa.- Le propose gentile
sfiorandole la guancia.
- Ottimo!- Digrignò i denti Tony
sbattendo furiosamente la mano sul volante quando, osservando i due in
macchina, vide l'uomo sporgersi verso la donna.
- Perché non tiene le zampe a posto!-
Colpì di nuovo con più forza.
Represse l’istinto di scendere dalla
macchina e scaraventare fuori dalla vettura l’uomo che stava importunando la
sua donna.
Ziva trattenne per un attimo il respiro
a sentire il tocco delicato delle dita di Callen sulla sua guancia.
- Sono solo un po’ stanca.- Abbozzò come
risposta
Si sorprese di se stessa. Era la seconda
volta che si faceva toccare senza che il suo istinto bloccasse la mano
dell’uomo.
Callen fermò la macchina poco dopo.
Ziva scese dalla macchina e riprovò la
stessa sensazione che aveva avuto in ufficio: quella di essere osservata.
Girò la testa in varie direzione per
controllare che tutto fosse tranquillo e si accorse che lo stesso identico
gesto lo aveva compiuto anche Callen.
- Mi sembri nervoso?- Gli chiese
avvicinandosi mentre l’uomo riportava l’attenzione su di lei.
Visto che siete state buone.... ecco il
mio regalo di natale... il chap 13... e speriamo che
porti fortuna anche per la settima serie!
Non dite grazie a me... ma alla Beta... anzi
BETA che ha dovuto fare gli straordinari tra i miei gerundi – nonsense - che.
Grazie di cuore strega, meriti un monumento!
Buona lettura
Light
Tony aveva passato tutta la sera ad
osservare Ziva e l’uomo misterioso.
Si era seduto in un angolo buio del
locale, abbastanza nascosto da non essere visto da nessuno ma che gli permetteva
di non perdere mai di vista i due.
L’Agente più volte aveva dovuto frenare
l’istinto di alzarsi e andare lì da loro, prendere per il colletto della
camicia l’uomo e allontanarlo da lei con un bel pugno in pieno viso.
Non aveva potuto impedirsi di constatare
come Ziva fosse rilassata e a suo agio con lui.
In un primo momento, al di fuori del
locale, quando l’aveva vista irrigidirsi e fermarsi per ascoltare il suo
istinto di Agente del Mossad si era dato per spacciato, ma per fortuna,
l’angolo buio del vicolo l’aveva difeso dai sensori di lei.
La donna si era avvicinata all’uomo, che
stranamente aveva assunto lo stesso atteggiamento, come se anche lui avesse
percepito la sua presenza.
“E’ mai possibile?” Si era chiesto
stupito mentre faceva scorrere il suo sguardo sul volto concentrato e teso di
lui.
I due erano rimasti fermi per qualche
minuto a dirsi chissà cosa guardandosi quasi con sfida, ma dopo quell’attimo di
tensione, lui gentilmente le aveva appoggiato la mano sulla schiena e l’aveva
invitata ad entrare.
Ziva, per l’ennesima volta, aveva
stupito Tony con il suo atteggiamento docile, eppure quando aveva visto
l’espressione seria e fredda sul suo volto avrebbe scommesso che il tipo era
spacciato, perché non perdona lo sguardo glaciale della ragazza ninja.
Lui lo sapeva fin troppo bene.
Gli sembrava una Ziva diversa, o meglio
una Ziva che non vedeva più da un sacco di tempo.
Una donna che amava scherzare, lasciarsi
andare, ridere e fare battute solo per il gusto di metterti in imbarazzo ed in
difficoltà.
Bevve tutto d’un fiato l’ultimo goccio
del liquore ambrato che era nel suo bicchiere.
Quanti ne aveva bevuti?
Tre?
Due?
Quattro?
Tony scrollò le spalle.
Che gli importava, era ancora abbastanza
lucido per portare a termine il suo compito di scorta.
La serata era andata meglio del
previsto.
Ziva si rilassò sul sedile dell’auto
concentrandosi a guardare fuori.
Per un attimo aveva creduto alle sue
paranoie.
Maledetto istinto!
Nonostante si fosse tranquillizzata non
poteva ignorare quella parte di lei che le diceva che c’era qualcosa che non
andava.
Callen non poteva essere quello che i
suoi sospetti le suggerivano.
Eppure...
- Colpito!- Le rispose – Come l’hai
capito?- Le chiese massaggiandosi poi la testa imbarazzato.
Ziva lo guardò dritto negli occhi per
qualche secondo cercando di capire se le stesse dicendo la verità.
- Sai è da un po’ che non esco con una
ragazza.- Le disse in tono ironico.
La donna rimase un attimo interdetta poi
scorgendo il divertimento sul volto di lui, gli si avvicinò e lo colpì
dolcemente con un pugno sulla spalla.
- Stupido! Conosco bene i tipi come
te... non rimangono mai a lungo senza una ragazza.- Lo prese in giro
sorridendogli soddisfatta.
Callen si avvicinò a lei appoggiandole
dolcemente la mano sulla schiena per avvicinarla a sé.
- Se cerco una ragazza come te, sì.- Le disse sottovoce avvicinando il viso al suo.
Ziva, a quella confessione, rimase
impassibile per un istante poi girò la testa di scatto verso di lui
ritrovandosi a pochissima distanza dalle sue labbra.
I loro occhi si incrociarono e scoppiarono
entrambi a ridere.
- Ma queste frasi le trovi nei bigliettini
dei cioccolatini?- Gli chiese divertita allontanandosi da lui di qualche passo
per entrare nel locale.
- Già.- Rispose semplicemente.
Callen, prima di entrare nel locale, si
guardò nuovamente intorno, soffermandosi un attimo verso il vicoletto buio
sulla destra in fondo alla strada.
Sorrise.
“Addio appuntamento a due” pensò
divertito.
- E siamo arrivati a casa.-
Le disse G aprendole la portiera dell’auto.
- Pare di sì...- Rispose vaga Ziva.
- A meno che...- Propose lui lasciando
in sospeso la frase mentre si fermava sulla soglia della porta
dell’appartamento della donna.
Ziva aprì la porta e vi entrò seguita da
Callen.
Tony, a vedere quella scena, strinse
forte i pugni colpendo il muro subito dopo, si girò e si allontanò il più in
fretta possibile.
La donna si fermò subito sentendo
muoversi anche l’uomo.
- Il mio non era un invito G.- Gli disse fredda ma con il sorriso sulle labbra.
Gli appoggiò una mano sul petto e lo
spinse fuori sul pianerottolo.
- Messaggio ricevuto.- Disse lui
incassando il rifiuto della donna.
- E’ stata una bella serata, niente di
più.- Chiarì.
- Vorrà dire che te la farò pagare
domani mattina vincendo per la quarta volta consecutiva.- Scherzò lui.
- Notte.- Sorrise.
- Notte.- Si avvicinò a lei e le lasciò
un bacio sulla guancia. – A domani, stesso posto, stessa ora, stessa sfida?- Le
disse mentre si allontanava.
In risposta ricevette solo la risata di
Ziva divertita.
Tony aveva creduto che l’unica soluzione
per non pensare più a Ziva e a quell’uomo, a lui che toccava lei, a lui che la
prendeva e la faceva sua, fosse quella di soffocare i suoi sentimenti con l’acool.
Svuotò l’ennesimo bicchiere per
riempirlo subito dopo ma quelle dannatissime immagini dei due amanti erano
sempre e più vive nella sua mente.
“L’aveva persa?” si chiese.
Strinse forte il bicchiere nella mano e
se lo portò, dopo qualche secondo, nuovamente alle labbra.
Si arrendeva in quel modo?
Non era capace di lottare per lei?
Voleva perdere così miseramente?
No!
Non poteva farlo.
Si alzò di scatto barcollando su se
stesso, e non appena ebbe la sicurezza di poter stare in piedi si avviò verso
l’uscita del locale.
DiNozzo si avvicinò alla porta
dell’appartamento di Ziva.
Appoggiò la fronte sulla porta e rimase
in ascolto.
Silenzio.
Bussò con il pugno per qualche volta e
attese.
Quando la porta si aprì rimase senza
parole.
Ziva era di fronte a lui con indosso
solamente una camicia bianca.
La sua camicia, marca italiana, di seta
morbida e liscia, con i capelli arruffati che le ricadevano sulle spalle mentre
una ciocca era entrata furtiva nella scollatura.
- Tony?- Disse sorpresa quando se lo
vide di fronte, indietreggiò di un passo per lo stupore stringendosi le braccia
intorno al corpo in segno di difesa.
- Se n’è già andato?- Le chiese subito.
- Chi?- Domandò incerta.
- Oh lo sai benissimo chi, Ziva. Non
fingere con me.- Rispose nervoso avvicinandosi a lei
e afferrandola per le braccia.
- Perché non lo capisci?- Le chiese
sprofondando in quegli occhi neri che gridavano tutta la passione che lei
cercava di celare al mondo... e a lui.
- Devo capire cosa DiNozzo?- Tentò di
dire cercando di mantenere la calma.
- Che ti amo.-
Le disse piano, quasi sussurrandeglielo sulle labbra
prima di eliminare del tutto quell’esile distanza che li divideva.
Tony chiuse gli occhi mentre riscopriva
la morbidezza delle sue labbra, il dolce sapore del suo essere e l’intensità
delle emozioni che si scatenavano dentro di lui ogni volta che le stava vicino.
Ziva si staccò dopo qualche istante da
lui.
- Sei ubriaco Tony.-
Constatò.
- Può essere...- le portò le mani sul
viso per non perdere il contatto con lei – ma questo non cambia niente, ti amo
sempre e comunque.- Le sorrise abbracciandola forte.
Ziva respirò l’intenso profumo di
muschio bianco del suo dopobarba mischiato all’odore del fumo e del bourban.
- Oh Tony.-
Disse piano assaporando quel calore che le era così mancato in quei giorni bui.
- Scusami piccola ninja...- si staccò da
lei – ma penso che ora andrò a vomitare anche l’anima.- E senza lasciarle altre
spiegazioni si diresse di corsa verso il bagno.
L’Agente David si passò una mano sul
viso.
“Perché deve essere sempre così tra
noi?” si chiese dirigendosi verso la camera per prendere una coperta e un
cuscino che lasciò sul divano, poi si diresse in cucina a preparare del caffè
forte per quando si sarebbe svegliato.
Tony ritornò nei mondi dei vivi qualche
ora più tardi destato dalla voce gentile e calma di Ziva che parlava al
telefono.
- Ok Gibbs, ci penso io a rimettertelo
in sesto. La prossima volta non mi serve la balia, siamo intesi?-
La osservò per un istante con gli occhi
ancora socchiusi, ma anche se non poté giurarlo la vide arrossire per un attimo
mentre ascoltava la risposta del capo.
Chiuse gli occhi quando Ziva terminò la
telefonata.
Voleva assaporare ancora un po’ della
sua compagnia.
Era stata al suo fianco per tutta la
notte, lui disteso sul divano, lei seduta in poltrona senza mai che gli levasse
gli occhi da dosso immersa nel suo mondo di riflessione.
Avrebbe tanto voluto in quel momento
leggere nei suoi pensieri per capire che cosa le stesse passando per la testa.
Ziva si sedette sul tavolino vicino al
divano, vi appoggiò la tazza e si sporse verso l’uomo.
- Tony.- Lo
chiamò dolcemente. - Lo so che sei sveglio, dai apri gli occhi, ti ho preparato
il caffè.- Disse mettendogli sotto il naso la tazza fumante in modo che
sentisse l’odore forte della bevanda.
Tony aprì gli occhi e rimase deluso nel
constatare che Ziva si era cambiata.
Stava così bene con indosso la sua
camicia.
- Che c’è?- Gli chiese ad un tratto
notando l’espressione amareggiata sul volto di lui.
- Ti sei vestita.- Le rispose
semplicemente prendendo in mano la tazza e sorseggiando qualche sorso.
Ziva si alzò di scatto presa in
contropiede dalla sua spontaneità e andò vicino alla finestra.
“Ma come accidenti fa!” pensò stizzita.
“Ogni volta riesce a infrangere le mie difese con il niente. Dovrei essere
arrabbiata con lui, invece non riesco a fare a meno di pensare a quello che è
successo”.
- Ehi...- Le si avvicinò barcollando.
- Ti tengo io!- Prontamente lo afferrò
per la vita e lo sorresse.
- Vedi? Io e te una coppia perfetta.
Sono talmente affascinante che non riesci a starmi lontano.- Sorrise sornione
tenendosi più stretto a lei.
Ziva si arrese all’evidenza: poteva dire
e fare qualsiasi cosa ma alla fine Tony riusciva a girare la situazione sempre
a suo favore.
Sorrise e appoggiò la testa sul petto di
lui.
- Sempre e comunque?- Gli chiese ad un
tratto.
- Sì Ziva... sempre e comunque.- Le
confermò.
- Anche se ti dicessi...- ma non poté
finire la frase che suonò il campanello. – Torno subito.-
- Mcgee controlla la posta elettronica, DiNozzo
deve aver mandato delle foto per me.- Ordinò Gibbs entrando con il suo passo di marcia nell’openspace
dell’ufficio.
- Subito capo.-
Obbedì.
Rimase in attesa per qualche secondo nel
ricevere l’e-mail di Tony e quando aprì gli allegati rimase stupito.
- Capo?- Lo chiamò.
Gibbs si avvicinò al monitor e guardò le
foto che gli aveva mandato l’Agente.
“Maledizione!” pensò nero di rabbia.
- Stampale immediatamente.-
- Ecco capo.-
Gli porse le foto dopo qualche secondo. – Scusi capo...- tentò di chiedere ma
lo sguardo glaciale di Gibbs lo gelò all’istante.
- Non ora Mcgee.- Si congedò sparendo
nell’ascensore.
- Agente Gibbs buongiorno.- Lo salutò
cordialmente Jade quando aprì la porta di casa sua e se lo trovò di fronte.
“Meno male che non ho scommesso con
Callen, altrimenti questa volta avrei perso di grosso. Uffa, quando imparerò a
fidarmi del suo istinto.” Pensò mentre osservava Gibbs entrare in casa.
- Quando pensava di dirmelo?- Le rivolse
la domanda con il suo tono accusatorio freddo e duro.
- Vuole del caffè Agente Gibbs?- Gli
rispose tranquillamente andando in cucina a preparare le due tazze di caffè
fumante.
Jethro spazientito dai suoi modi gentili
e di essere ignorato completamente le bloccò il passaggio posizionandosi di
fronte a lei.
- Non va da nessuna parte fino a quando
non mi spiega.- Le ordinò severo.
Jade rimase ferma a guardarlo,
immergendosi in quegli occhi cristallini che erano talmente bianchi per la
rabbia che non sembravano neanche quelli dell’uomo.
- Se ha già le risposte, che cosa vuole
che le dica.- Continuò serafica per non farsi travolgere dalla tensione che
trasmetteva il corpo dell’uomo.
- La verità.- Rispose più calmo senza
tralasciare il suo tono duro mostrandole le foto che poco prima gli aveva stampato
Mcgee.
- Perché?- Le chiese digrignando i
denti.
- Cos’è Gibbs è arrabbiato perché un
altro uomo sta facendo la corte alla sua amante?- Gli domandò divertita.
- La smetta di prendermi in giro! È
finito il tempo dei giochi. Si sieda!- Le ordinò poggiandole le mani sulle
spalle e spingendola verso il basso facendola cadere in poltrona mentre lui si
accomodava di fronte a lei sul divano.
- Che ci fa Callen in città?- Le domandò
a bruciapelo.
Jade sospirò profondamente prima di
rispondere.
- Perché pensa che io conosca questo
“Callen”- Gli chiese facendo attenzione a non tradirsi.
Jethro si alzò di scatto sporgendosi
verso la dottoressa Sash, allungò la mano al collo della donna e ne accarezzò
la pelle partendo dal mento fino all'attaccatura della spalla.
Jade a quel contatto rimase senza fiato
imprigionata dalle sue sensazioni e dagli occhi magnetici dell’uomo.
- Non lo penso, lo so. Questa è di
Callen.- Prese tra le dita la catenina che portava al collo. – Ora mi vuoi
spiegare?-
Jade, ripresasi dall’attimo di pathos
che si era creato tra loro, sorrise dolcemente quando sentì che Gibbs era
passato al tu.
- Tutto a tempo debito Jethro.- Gli
disse afferrandolo per il volto in modo che non potesse perdere il contatto con
quegli occhi meravigliosi che, se fosse stato per lei, non avrebbe mai smesso
di guardare.
- Fidati di me... non potrei mai farvi
del male.- Lo rassicurò.
Ziva aprì la porta e sgranò gli occhi
quando vide la persona che aveva bussato.
- Ehi tutto bene?- Le chiese preoccupato.
- Mai stata meglio.- Rispose Tony per
lei appoggiandole una mano sulla spalla e tirandola a sé protettivo.
Questo è l’effetto ferie... e il chap 15 è già in fase di lavorazione ^_^
Buona lettura
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Ziva per tutta risposta tirò a Tony una
gomitata staccandosi da lui.
- Non lo badare, entra pure Mcgee.- Gli
disse invitandolo con un cenno della mano.
- Vuoi del caffè?- Aggiunse subito dopo
dirigendosi verso la cucina.
- E... sì grazie.- Rispose incerto, non
si aspettava certo di trovarsi in una situazione così... così... calma!
Aveva immaginato di dover dividere i due
e fare come al solito da paciere... invece no.
Mcgee spostò lo sguardo freneticamente
da Ziva a Tony, da Tony a Ziva, cercando di capire che cosa fosse successo tra
quei due.
La sua attenzione cadde sul divano
sfatto dove giacevano un cuscino e un plaid.
- Mi volete spiegare che cosa succede?-
Chiese esausto da quei ragionamenti che aveva iniziato a fare non appena Gibbs
gli aveva ordinato per telefono di recarsi immediatamente da Ziva.
- Niente.- Rispose seraficamente la
donna porgendo al collega la tazza.
- DiNozzo semplicemente non regge l’acool... ma questo lo sapevamo già.- Sorrise compiaciuta a
Mcgee, lanciando un’occhiata di traverso a Tony.
- Molto divertente David.- DiNozzo le
sorrise irritato sedendosi sul divano, imitato subito dalla donna.
Il silenzio calò tra di loro.
- Ebbene?- Chiese ad un tratto Mcgee
spazientito da quei segreti.
Ziva sbuffò alzandosi in piedi e si
avvicinò alla finestra.
Rimase in silenzio ancora per qualche
istante e poi si girò verso il collega guardandolo dritto negli occhi.
- DiNozzo lo sai come è fatto: è
paranoico.- Esordì alla fine senza tralasciare la sua verve ironica e pungente.
- Beh a dire la verità quella paranoica saresti
tu.- Si lasciò sfuggire Mcgee grattandosi il capo
imbarazzato.
Ziva lo freddò con lo sguardo mentre
Tony rideva sotto i baffi.
- Per una volta tanto il pivello ha
ragione.- DiNozzo si alzò in piedi e appoggiò un braccio sulle spalle della
donna.
- Ero solo preoccupato per te.- Disse piano immergendosi in quelle pozze di nero
petrolio.
La donna si irrigidì mentre un lieve
rossore imporporò le sue gote.
Mcgee sorrise teneramente notando
l’atteggiamento complice che si era ricreato tra i due.
- Ma questo non ti autorizza a farmi da
guarda del corpo di nascosto. Io me la so cavare da sola. Poi con le tue
assurde ipotesi hai perfino contagiato Gibbs.-
Ziva si passò una mano sul viso
portandosela tra i capelli i quali fece scorrere tra le dita.
- Sei in pericolo?- Scattò in piedi
Mcgee collegando i vari pezzi del puzzle.
- Sì!- Rispose Tony.
- No!- Contraddisse Ziva immediatamente.
Mcgee strabuzzò gli occhi.
“Questi due prima o poi li uccido io!”
pensò esausto.
- Ho evaso un po’ dalla mia solita
routine...- confessò Ziva dando le spalle ai due uomini e rivolgendo la sua
attenzione ai passanti in strada.
- Che male c’è... ero stanca di essere
quella che sono e quando ho avuto la possibilità di farlo è accaduto senza
neanche me ne accorgessi.- Confessò a bassa voce.
La donna si strinse le braccia intorno
al corpo.
- Ziva...- Mormorò Tony avvicinandosi a
lei.
- Ma questo non ti doveva autorizzare a
eleggerti mia guardia del corpo!- Gli disse risoluta riprendendo il controllo
delle proprie emozioni – Guarda che hai combinato con le tue paranoie! Hai
messo in agitazione tutta la squadra!- continuò severa picchiettandogli il dito
indice sul petto.
- Non è affatto vero... Mcgee non era
per niente preoccupato!- Si difese scherzando come al solito stampando sul viso
il consueto sorriso sornione.
- Aaahh ci
rinuncio, con te è una partita persa.- Si diresse verso la porta.
- Allora? Volete muovervi?- Disse
arrabbiata tenendo la porta aperta.
I due scattarono velocemente e uscirono
insieme.
Gibbs e Jade si erano guardati a lungo
negli occhi non riuscendo a impedirsi di staccare lo sguardo da quello
dell’altro.
- Vuoi spiegarmi ora?- Le chiese l’uomo più
calmo sedendosi nuovamente sul divano.
- Io e Callen lavoriamo insieme da
parecchio tempo, possiamo dire che ci conosciamo da una vita intera.- Iniziò
Jade a chiarire sistemandosi meglio in poltrona.
- E’ successo come al solito. Io gli ho
salvato la vita... è accaduto per caso. Avevo da poco iniziato a lavorare a Los
Angeles. Le nostre squadre collaboravano insieme ad un caso. Allora eravamo
entrambi giovani ed inesperti. Callen era una testa calda, molto più di adesso.
Non volle accettare il mio consiglio di affrontare il criminale in un secondo
momento ma lo affrontò immediatamente con il risultato che venne fatto
prigioniero. Agii di istinto. Vidi l’espressione dura e crudele sul volto del
malvivente e intuii all’istante come sarebbero andate le cose. Non ci pensai un
attimo, presi la pistola in mano, cercando di tenere a bada la paura che covavo
dentro di me e lo affrontai. Gli puntai la pistola addosso intimandogli di
lasciare libero Callen che ormai non aveva più via di scampo. Lui sparò e io
feci lo stesso. Il mio colpo andò a vuoto ma lui mi prese al braccio e questo
diede il tempo a Callen di agire e far soccombere l’uomo. Qualche anno più
tardi, lui ricambiò il favore salvandomi la vita.-
Sorrise tristemente mentre i ricordi di quegli attimi le ritornavano alla
mente.
- Ti ascolto...- Le disse piano Gibbs
aspettando pazientemente che lei si aprisse.
- Sono stati giorni difficili. Callen ed
io ci perdemmo di vista quando decisi di accettare il lavoro in Europa. Lui,
invece, rimase qui in America. Fu dura lasciarci, ma la vita va così...-
Sorrise tristemente mentre riprovava l’amarezza di quella dura soluzione che
aveva dovuto prendere.
- Questa...- disse prendendo in mano la
catenina che portava al collo - ... G me la regalò in modo che potesse stare
sempre vicino a me, in ogni momento. “Lontani ma sempre vicini” mi disse quando
partii mentre me la mise al collo.- Sorrise racchiudendo la catenina tra le
mani. - ...e poi, tre anni fa ci siamo rincontrati a Los Angeles. È stato bello
ritrovarlo, è stato come ritrovare un pezzo della mia vita che si era assopita.
G sa risvegliare la parte più combattiva di me.-
Jade, per la prima volta da quando aveva
iniziato a raccontare, guardò l’Agente negli occhi.
- Non solo.- Rispose semplicemente
l’uomo imprimendo in quelle due parole tutto il calore che celavano dietro.
Jade imbarazzata si alzò di scatto.
- Ho bisogno di un caffè, sempre se ora
mi permetti di berlo.- Gli disse ironica dirigendosi in cucina seguita a ruota
dall’uomo.
Gibbs si sedette su uno degli sgabelli
vicino alla penisola osservando i gesti della donna mentre preparava il tutto
per il caffè.
La donna, poco dopo, versò il liquido
nero nelle tazze che aveva posizionato davanti a loro, sorseggiando brevemente
prima di riprendere il suo racconto.
- Ho quasi creduto di perderlo. Per uno
stupido errore di valutazione unito alla sua testardaggine ha rischiato di
morire solo per salvarmi la vita senza pensare alla sua.- Sorrise amaramente.
- Per colpa mia si è preso quattro
proiettili nella schiena. Se non avessi sottovalutato la situazione e non mi
fossi esposta come al mio solito a quest’ora sarebbe andata diversamente.-
- Sono i rischi del nostro lavoro.-
Disse semplicemente Gibbs.
- Già.- Confermò lei portandosi alle
labbra la tazza per assaporare il gusto forte dell’aroma del caffè. – Ma non mi
ci abituerò mai.- Terminò sincera.
- Semplicemente perché il tuo lato umano
è più vivo di quello razionale. Tu vivi con i sentimenti, lavori con le
emozioni, non puoi eliminarli da te.- Disse Gibbs
bevendo l’ultimo sorso di caffè.
- Ci vediamo in ufficio.- La salutò
alzandosi.
Jade per l’ennesima volta si sorprese
della reazione dell’uomo.
Dopo quell’attimo di disorientamento gli
corse dietro e lo bloccò mentre lui stava varcando la soglia.
- Non immischiarti Jethro.- Lo avvertì
seria. – Lascia fare a noi, restane fuori.- Gli disse come se glielo stesse
ordinando dolcemente.
- Ci sono già dentro Jade... fin dal
primo giorno che ci siamo incontrati.- Le rispose freddo prima di richiudere la
porta dietro di sé.
- Tieni, ne hai proprio bisogno.- Disse
Ziva a Tony porgendogli una tazza di caffè nero.
L’uomo alzò la testa dalla scrivania
che, da quando erano rientrati in ufficio, non aveva più alzato.
Guardò prima in viso la collega
trovandola stranamente serena e poi riversò la sua attenzione alla tazza
fumante che gli stava porgendo.
- Grazie, ne ho proprio bisogno.-
Rispose grato afferrandola.
Ziva girò intorno alla scrivania e si
sedette vicino a lui osservandolo mentre beveva il caffè.
- Sei uno stupido.- Gli disse dopo un
lungo momento di silenzio, concentrando la sua attenzione sulla tazza che
l’uomo teneva tra le mani.
DiNozzo si appoggiò allo schienale della
sedia e sospirò pesantemente osservando la donna.
Aspettò silenziosamente che lei continuasse
cercando di intuire che cosa le girasse per quella testolina.
- Non ti devi preoccupare per me.- Disse infine guardandolo dritto negli occhi e immergendosi
in quelle iridi verdi che brillavano al solo sentire le sue parole.
- Ziva...- iniziò piano Tony
afferrandole la mano e stringendola nella sua quasi avesse paura che quello che
si era instaurato tra di loro potesse svanire nel nulla - ... ormai mi è
inevitabile farlo, fa parte di me. Io e te: una squadra.-
La donna sorrise.
- Non volevo tagliarti fuori...- Tentò
di giustificarsi ma in cambio ricevette uno sguardo di rimprovero da parte di
lui.
- Beh... un pochino...- DiNozzo
tossicchiò – E va bene, non volevo che tu entrassi in quella parte di vita che
mi ero costruita. Volevo tenerti lontano. Volevo vedere com’era un mondo senza
te, senza Ncis, senza crimini, morti, doveri e complicazioni.- Buttò di gettò.
- Com’è?- Le chiese semplicemente.
Ziva sorrise. “Sempre il solito
curioso”, pensò divertita.
- Bello ma...- Si bloccò.
- Ma...- La invitò a proseguire.
- Stancante... essere quello che non sei
prima o poi porta solo guai. Ti inventi un sacco di storie che ti si ritorcono
contro. È difficile tenere la parte vera di te nascosta a lungo perché alla
fine ritorna sempre a galla. Ho cercato in questi giorni di cancellarla, di
annullare il mio essere di Agente, ma non ce l’ho fatta.- Sorrise ripensando a
quei momenti durante i quali il suo istinto entrava in azione.
- Sei stato bravo sai?- Si complimentò
con lui.
- Ne avevi dubbi?- Scherzò lui.
- Mmmm... può
essere.- In risposta gli sorrise ironicamente – L’istinto mi diceva che non ero
sola, ma chissà perché, non gli ho dato retta. Ho tentato di attirarti in qualche
tranello ma tu non ci sei cascato.-
Tony sorrise compiaciuto ricordando gli
sforzi che aveva dovuto fare in quei giorni per non farsi fiutare dall’istinto
di lei.
- Mi stavi tenendo d’occhio anche quella
mattina che sei arrivato in ritardo?- Gli chiese.
- Può essere.- Rispose lui vago con un
sorriso soddisfatto sulle labbra.
Quel giorno c’era mancato poco che lo
scoprisse.
L’aveva vista fermasi di colpo e lui si
era dovuto nascondere velocemente in una caffetteria per non farsi scoprire.
Per la fretta si era scontrato con la cameriera che gli aveva rovesciato addosso
i caffè che stava portando a dei clienti.
Era uscito rapidamente dalla caffetteria
e si era buttato nel primo taxi che aveva trovato ordinando all’autista di
seguire il collega partito da poco.
Pensava di essere tranquillo ma
all’incrocio il taxi di Ziva era passato con il giallo mentre loro si erano
dovuti fermare al semaforo diventato improvvisamente rosso andando a tamponare
la macchina di fronte che aveva frenato di colpo.
Una volta accertato che tutto era
apposto, Tony aveva pagato la tratta e aveva proseguito a piedi, correndo per
recuperare il tempo perduto.
Aiutato dal traffico e dalla poca
distanza che lo divideva dall’ufficio, era riuscito ad arrivare in tempo per
vederla varcare la soglia sana e salva.
Anche in quel momento era mancato poco
che lo scoprisse. Per l’ennesima volta aveva visto la collega fermarsi e
guardarsi in giro come a fiutare l’aria in cerca del pericolo.
DiNozzo si era tuffato immediatamente
nella siepe per fuggire al suo radar.
“Ottimo!” aveva pensato esausto mentre si
cambiava nei bagni del piano terra dell’Ncis.
“Un altro giorno così e ci rimetto la
pelle!” si era detto ridendo.
- Ehi! A cosa stai pensando?- Gli chiese
Ziva notando l’espressione divertita sul viso del collega.
- Niente di particolare.- Rispose vago.
- Io vado.- Lo informò alzandosi – Devo
fare una cosa.- continuò avvicinandosi alla sua
scrivania, prese la borsa e la giacca.
- Dove vai David?- Chiese la voce severa
di Gibbs.
Ziva si girò verso il capo e lo osservò
attentamente.
Era tutto il giorno che era nervoso. I
suoi occhi erano freddi e non esprimevano altro che rabbia.
- Devo chiudere una questione
personale.- Rispose seria avvicinandosi a lui senza distogliere lo sguardo da
quegli occhi glaciali – Da sola.- Puntualizzò poi.
- Vai.- Le concesse.
Ziva salutò con un cenno del capo i
colleghi e se ne andò.
DiNozzo rimase fermo alla sua scrivania,
tamburellando con le dita sul mobile, come se stesse contando i secondi prima
di scattare in piedi.
- Capo io...- Disse ad un tratto
alzandosi ma prima che potesse continuare venne bloccato da un dito di Gibbs
che lo fece tacere all’istante rimettendolo seduto e stampandogli sul viso
un’espressione contrariata.
- Che cosa ci fai ancora qui Tony?- Gli
chiese bruscamente dopo qualche minuto.
L’Agente sorrise furbescamente.
- Lo sapevo.- Commentò felice.
- Muoviti e questa volta cerca di non
combinare guai!- Gli disse prima di mollargli il consueto scappellotto.
Prima di intraprendere come di consueto
il giro notturno, mie care befane, vi lascio questo chap
appena sfornato.
Un grazie in coro alla Beta che ogni
volta fa gli straordinari!
Buona lettura
Light
- Ti vedo nervoso G.-
Osservò Jade.
I tratti del viso dell’uomo erano tesi,
la fronte era segnata da linee profonde, gli occhi azzurri erano spenti e il
tutto nell’insieme faceva assumere alla faccia del collega un’espressione
preoccupata.
I due agenti erano seduti al tavolino
del bar da parecchi minuti ma ancora lui non aveva proferito parola.
Quella mattina era iniziata nei migliori
dei modi.
Prima la visita di Gibbs e poi la strana
telefonata di Callen.
“Prevedo casini. Andrò nel pomeriggio in
ufficio.” pensò Jade sconsolata aspettando un cenno di riscontro da parte del
collega.
- Mm...- Mugugnò Callen ritornando alla
realtà mentre metteva a tacere i suoi pensieri.
- Tutto bene ieri sera?- Chiese intuendo
che qualcosa era andato storto.
- Sì tutto bene.- Rispose brevemente.
- Mi spieghi come mai Tony è riuscito a
scattare delle foto che ritraggono te e Ziva insieme?- Gli domandò severa.
Per tutta risposta l’uomo sbuffò.
- Perché quel DiNozzo è un osso duro.
Pensavo di averlo seminato.- Disse seccato. – Ma quando mi sono accorto della
sua presenza era ormai troppo tardi. Credo, anzi ne sono convinto, che anche
Ziva se ne sia accorta. Ci è mancato poco che mandasse a monte la serata. Per
fortuna l’Agente David era così concentrata a tenere sott’occhio il collega che
non si è accorta dell’individuo che ci ha pedinato per tutta la sera.- Strinse forte i pugni.
Jade si passò una mano sul viso.
Dopo tutti quei mesi di investigazione,
sarebbe stato un grosso problema da risolvere se in mezzo si fosse messo Tony.
- Non lo dire a me. Questa mattina
quando mi sono vista sulla porta di casa Jethro mi è preso un colpo.- Si sforzò
di ridere ripensando ai quei minuti imbarazzanti.
- Jethro?- Chiese malizioso Callen. – E
da quando siete passati al confidenziale? Non mi dire mia cara Jade che sei
riuscita ad abbattere il muro di diffidenza di Gibbs.- La prese in giro.
- Smettila!- L’ammonì severa.
- Oh, oh, oh...- Indicò con il dito
indice il viso della collega – Che cos’è quel rossore che è comparso sulle tue
gote... qui qualcuno si è preso una bella sbandata e di certo non sono io.- La canzonò.
- Mi vuoi dire che cosa è successo ieri
sera?- Chiese Jade innocentemente cambiando discorso.
- Non mi dici che cosa voleva Gibbs da
te?- Domandò a sua volta G evitando il tentativo di lei di spostare
l’attenzione su di lui.
- Prima tu.-
Rispose decisa ma in cambio ricevette solo uno sguardo contrariato di Callen.
- Non ti sopporto quando fai il
prepotente!- Sbuffò. - Ho dovuto spiegargli perché io e te ci conosciamo,
grazie a questa!- Disse irritata mostrandogli la collana.
- Ops.-
Esclamò semplicemente ricordandosi di quel dettaglio.
- Ops? Dì che
l’hai fatto apposta!! Volevi avvertire Gibbs della nostra relazione evitando di
mettermi al corrente della cosa.- L’accusò.
- Può darsi.- Ammise alzando le mani in
segno di scuse.
- Diciamo che così Vance non ti può
incolpare di aver rivelato tutto a Gibbs, non è colpa tua se per caso ho dimenticato il valore di
quella collana o meglio del ciondolo che è attaccato.- Disse prendendolo tra le
dita.
- La “G”?- Chiese incerta Jade.
- Esatto! Non ti viene in mente niente?-
Le chiese divertito.
Jade ci pensò su osservando la lettera
attentamente.
- Gibbs.- Disse piano.
- Brava la mia dottoressa!- Soddisfatto
G portò le braccia dietro la testa e la guardò sorridente. – Lui mi ha dato un
passato e io ho costruito il presente su di esso.- Rise di gusto.
I due agenti rimasero in silenzio per
parecchio tempo sorseggiando il proprio caffè.
- Me lo dici spontaneamente che cosa ti
è successo ieri sera o devo ricorrere a qualche espediente che solo io conosco?-
Gli chiese furba.
- Non è successo niente. Tutto
tranquillo.- Rispose a denti stretti, stringendo forte le mani a pugno.
Jade non si perse niente di quei segni e
subito il suo sopracciglio si alzò stupito.
- Callen?- Lo chiamò. – Lo sai vero che
stai parlando con me?- Sottolineò per rammentargli chi avesse di fronte e con
chi stesse parlando.
L’uomo sbuffò un’altra volta.
Il dono della donna di saper leggere i
pensieri e gli stati d’animo a volte era davvero difficile da sopportare,
soprattutto se il soggetto interessato era lui.
Si sentiva vulnerabile sotto al suo
sguardo e questo non gli piaceva affatto.
- Non è successo niente.- Ripeté deciso.
Jade gli afferrò la mano e la strinse
nella sua.
- Se vuoi che creda a questo lo farò.- Lo rassicurò. – Ma sai benissimo anche tu che io non
ci credo.- Continuò calma lasciando la mano dell’uomo per versarsi dell’altro
caffè.
- Che cosa ti ha dato fastidio Callen?-
Gli chiese ad un tratto centrando il problema - ... o dovrei dire “chi”?- Sorrise
soddisfatta.
L’uomo si sistemò meglio sulla sedia, spostando
l’attenzione dalla donna per rivolgerla ai passanti in strada mentre ritornava
con la mente alla sera precedente.
Lo sapeva fin dall’inizio che DiNozzo
sarebbe stato una spina nel fianco ma aveva creduto di poter contrastare l’uomo
senza problemi, invece, si era scontrato con la testardaggine di lui.
Non li aveva mollati per un secondo
quella sera.
Li aveva pedinati silenziosamente, passo
dopo passo, senza mai perderli di vista.
Era stato frustante fingere che tutto
andasse bene.
Callen aveva creduto per un istante che
Ziva sapesse che erano seguiti a distanza da uno dei malviventi che aveva
ucciso il guardiamarina Stone, ma poi, accorgendosi anche della presenza
dell’Agente, capì che l’istinto della donna era rivolto verso Tony.
Il suo sospetto era iniziato fuori dal
bar quando aveva visto attivarsi i sensi della donna.
Ziva si era guardata intorno con
circospezione accorgendosi persino che lui aveva avvertito lo stesso pericolo.
Per un attimo all’uomo il sangue si era
gelato nelle vene a incrociare quello sguardo nero petrolio diffidente.
Aveva annullato i suoi timori
riportando, neanche lui sapeva come ci era riuscito, la situazione sotto
controllo, purtroppo però si era dovuto ricredere durante la serata.
Ziva non aveva mollato la sua idea.
G, quando la vide girarsi e guardare
fisso l’angolo buio del locale accennando un lieve sorriso sulle labbra, comprese
che lei sapeva della presenza di DiNozzo e che non sospettava minimamente dell’individuo
seduto a poca distanza da loro che li teneva sotto controllo.
Callen aveva guardato intensamente l’uomo
per fargli capire che lui sapeva.
Fortunatamente era bastato quello sguardo
per farlo desistere dal suo intento e andare via.
Probabilmente il malvivente si era
accorto che nel locale c’erano fin troppi agenti dell’Ncis.
Il resto della serata era proseguita
tranquillamente.
Infine la doccia fredda.
Il senso di protezione che Callen aveva
maturato nei confronti di Ziva lo aveva spinto ad esporsi sempre di più fraintendendo
i gesti di lei.
Per un attimo aveva creduto che tra loro
ci potesse essere qualcosa di più.
“Distacco
Callen, distacco!”
Le parole di Jade gli erano rimbombate
nella testa come un segnale d’allarme.
Aveva sorriso tra sé.
Che stupido!
Alla fine ci era cascato con tutte le
scarpe.
Non si era neanche accorto che DiNozzo
li aveva seguiti fino all’appartamento.
Callen aveva visto uscire Tony dal
locale solamente perché aveva notato l’espressione dispiaciuta sul volto di
Ziva.
Le aveva afferrato la mano dolcemente
per riportare l’attenzione di lei su di lui buttando una stupida battuta per farla
distrarre dai suoi pensieri, e così era stato.
Da quel momento non aveva più pensato
alla presenza dell’Agente credendolo ormai lontano da loro.
G era appostato in macchina sotto
l’appartamento di Ziva da poco più di un’ora quando aveva visto DiNozzo entrare
nel palazzo a tarda notte.
Lo aveva seguito su per le scale prevedendo
guai per lo stato non proprio lucido di Tony ma, alla fine, aveva dovuto
arrendersi all’evidenza.
Lui non era una minaccia per lei.
Anzi.
Tutt’altro.
G, una volta che Ziva aveva fatto
entrare il collega nell’appartamento, era sceso per le scale ed aveva aspettato
pazientemente in macchina il nuovo giorno.
Quando aveva visto arrivare anche Mcgee
aveva capito che qualcosa doveva essere andato storto e che Gibbs si era messo
in azione.
“Certo che i colleghi dell’Ncis non
mollano mai se qualcosa non quadra e come può essere diversamente: il loro capo
è Gibbs.” Pensò ritornando alla realtà.
- Loro sanno.- Disse all’improvviso
guardando dritto negli occhi la donna.
- No, al momento hanno solo dei sospetti,
ma sono molto vicini alla verità.- Confermò Jade preoccupata.
- E’ meglio che ne parli con Vance.- Le
suggerì.
- Sì ci ho pensato anche io. Credo sia
il caso che lo informi di come sta procedendo il caso e questa volta lo
convincerò.- Disse decisa.
Callen sorrise.
“Leon non ha più scampo!”.
Non aveva nessun dubbio.
Ziva si era diretta spedita verso il
parco con la certezza che avrebbe trovato lì G ad allenarsi.
E così fu.
L’uomo era a torso nudo mentre compiva i
suoi esercizi di arti marziali.
Il suo corpo sudato era tutto in
tensione, concentrato nei movimenti da compiere, come se avesse realmente
qualcuno da combattere.
Lui e lo sport: non poteva vivere senza.
Come poteva essere il contrario per un
proprietario di articoli sportivi e istruttore di palestra?
Sorrise mentre faceva scivolare lo
sguardo sul corpo dell’uomo, senza perdersi ogni singolo movimento che esso
assumeva, rimanendo affascinata dalla semplicità di azione ed eleganza nelle
mosse.
Fino a quando notò le ferite sulla
schiena di lui.
Quattro distinte: una sulla spalla
destra, una in mezzo alle scapole, una al fianco destro e l’altra poco più
sopra del fianco sinistro.
“Ma...” pensò accorgendosi del vero
significato di quelle cicatrici.
Ziva si avvicinò silenziosamente verso
di lui.
Il suo viso era freddo, gli occhi duri,
neri profondi, intrisi di rabbia e rancore.
Callen avvertì la sua presenza e sferrò
un pugno nella sua direzione fermandosi poco prima di colpire il viso della
donna che non fece una piega e rimase immobile a fissarlo.
Nessuno dei due parlò.
Rimasero fermi, nelle loro posizioni.
Il vento scompigliò i capelli di Ziva
portando un ciuffo ad accarezzarle la guancia.
Successe tutto in una frazione di
secondo.
La donna afferrò il braccio dell’uomo
teso verso di lei e i due iniziarono a lottare, senza risparmiare colpi.
Chi li osservava dall’esterno poteva
scambiarlo per un allenamento un po’ duro di arti marziali, ma solo loro
sapevano che cosa significasse quella lotta.
Stavano parlando.
Ziva attaccava dimostrandogli tutto il
suo disprezzo.
Callen si difendeva solamente dai suoi
colpi come se volesse spiegarle le sue ragioni.
- Ora basta!- Le urlò afferrandola per i
polsi e bloccandola a terra.
I due agenti rimasero fermi in silenzio,
ansanti, ascoltando il respiro affannoso dell’altro.
Ziva si divincolò cercando di liberarsi
dalla presa possessiva dell’uomo che la teneva stretta a sé.
- Lasciami spiegare.- Le disse vicino
all’orecchio in tono dispiaciuto.
Il click della sicura della pistola che
veniva tolta e il freddo metallico della canna puntata alla tempia immobilizzò
Callen.
- Lasciala andare.- Lo avvertì la voce
dura dell’uomo.
Ed eccolo qua il terzo chap della settimana.... che chiude il primo pezzo di
storia...
Beta, grazie, se non ci fossi tu con le
tue sottigliezze sarebbe un pasticcio ogni volta ...
Buona lettura
Lights
Callen alzò le mani in segno di resa.
- Non fare scherzi amico!- Lo avvertì
l’uomo.
- O la prima che ci rimette la vita sarà
la donna.- Continuò l’altro malvivente mentre tirava su a forza Ziva da terra e
le puntava la pistola alla schiena.
- Se fate i bravi nessuno si farà male.-
Sorrise sadicamente. – Forza! Andiamo! Comportatevi come nulla fosse.-
I quattro si avviarono in un angolo
nascosto del parco in modo da non essere visti da nessuno.
G si avvicinò a Ziva e le appoggiò un
braccio sulle spalle avvicinandola a sé.
- Ce la caveremo.- La rassicurò
posandole un bacio sulla guancia.
- Ovvio.- Rispose con sufficienza guardandolo
dritto negli occhi – Anche perché ti ucciderò io con le mie mani appena tutto
sarà risolto.- Lo freddò con uno sguardo tagliente.
“Maledizione!” pensò Tony notando
l’atteggiamento dei due.
Li seguì a distanza senza farsi vedere.
C’era qualcosa che non gli quadrava.
Ziva era tesa.
Gli occhi della donna erano duri, fieri,
arrabbiati e le stesse emozioni le esprimeva il suo corpo.
DiNozzo fissò l’uomo che la teneva
abbracciata.
Tra i due non c’era la consueta calma,
tranquillità di quando stavano insieme.
Erano tutti e due nervosi, in ansia.
Osservò i dintorni e notò un uomo che
precedeva la coppia e un altro che la seguiva.
Entrambi tenevano la mano nella giacca.
“Non quadra” pensò Tony accelerando il
passo per avvicinarsi sempre di più ai due.
Il suono del cellulare lo distrasse dai
suoi pensieri.
- Pivello non è il momento.- Ammonì il
collega senza dargli il tempo di spiegare.
- Tony aspetta devo chiederti una cosa
importante.- Si affrettò e senza attendere un cenno di riscontro dall’Agente
continuò trafelato – Che ci fa l’Agente Callen dell’Ncis di Los Angeles insieme
a Ziva?- Chiese.
- Ora forse lo so.-
DiNozzo, con queste poche parole, chiuse
la telefonata e si riconcentrò sugli individui.
I quattro si appostarono in un angolo
deserto del parco, vicino alla casetta degli attrezzi del custode.
- Agente Callen, mi dispiace per lei, ma
l’Agente David viene con noi. Saluti l’inferno da parte nostra.- Disse uno dei
malviventi puntandogli la pistola contro mentre l’altro faceva segno a Ziva di
muoversi verso di lui.
G e Ziva si guardarono per un lungo
istante, come se stessero comunicando.
- Non penso proprio.- Rispose sicuro lui
alla provocazione del criminale.
Pensare ad un piano.
Intervenire al più presto.
Evitare l’irreparabile.
Proteggerla ad ogni costo.
Tutto per lei.
Questi erano i pensieri di DiNozzo prima
di intravedere quello sguardo di intesa.
Loro sapevano.
Ora anche lui.
- Fermi!!- Urlò Tony puntando la pistola
contro i due uscendo allo scoperto dal suo nascondiglio.
Successe tutto in un attimo.
I criminali si girarono a guardare DiNozzo
distogliendo l’attenzione dagli agenti.
Callen con una mossa fulminea afferrò la
pistola del delinquente.
Ziva si gettò sull’altro facendolo
cadere a terra.
- Maledizione!- Urlò uno dei due.
- Ora come la mettiamo?- Scherzò Ziva
spingendo il viso dell’uomo a terra.
- Mi dispiace ma l’inferno dovrai
salutarlo tu da parte mia.- Disse G mentre lo ammanettava.
L’Agente David si girò verso l’uomo e lo
incenerì con lo sguardo.
Arrestò il malvivente e si avvicinò a
Tony.
Callen si voltò a guardare Ziva e
DiNozzo che si erano appartati.
- Che cosa ti è saltato in mente!!!- Lo
rimproverò la donna. – Sei stato un incosciente!!- Continuò arrabbiata.
“Non vorrei essere al suo posto” pensò
Callen preoccupato osservando i due, “anche se qualcosa mi dice che a breve
sarà il mio turno”, sorrise amaramente non appena ebbe formulato quell’ultimo
pensiero.
Tony incrociò le braccia aspettando che la
donna terminasse la sfuriata.
- Potevi beccarti una pallottola in
piena testa. Ma usi il cervello quando fai le cose?- Lo afferrò per il colletto
della giacca.
- Non hai pensato che era pericoloso?-
Gli urlò contro - ... potevi morire.- Terminò a bassa voce, in tono triste
guardandolo dritto negli occhi.
- Sì e no.-
Rispose semplicemente.
- Idiota.- Sorrise lasciando leggermente
la presa dal colletto della giacca.
- Stai bene?- Chiese centrando il punto
di tutta quella tempesta.
Ziva abbassò il capo per nascondersi dallo
sguardo indagatore di Tony.
Con la coda dell’occhio osservò la
figura dell’uomo poco distante da loro.
“Sei anche tu del mio mondo” rifletté
triste.
Le mani di Tony si appoggiarono
delicatamente su quelle di lei.
Ziva a quel contatto rivolse nuovamente
l’attenzione su di lui.
- Sto bene.- Gli rispose infine
allontanandosi di qualche passo.
Jade era appena uscita dall’ascensore
quando il suo cellulare suonò.
Lo prese in mano rimanendo immobile a
guardare l’uomo che si fermò di fronte a lei.
Gibbs la osservò con attenzione.
La donna era tesa.
L’uomo con un cenno della testa le fece
segno di rispondere.
- Sash.- Disse, rimanendo poi in
silenzio, senza distogliere lo sguardo dagli occhi di Jethro.
Passarono i secondi ma lei non pronunciò
nessuna parola.
L’espressione del suo viso cambiò in
pochi attimi.
La ruga di preoccupazione che solcava la
sua fronte si accentuò.
I suoi occhi marroni divennero ancora
più scuri e il sorriso tirato che le increspava le labbra scomparve lasciando
sul viso un’espressione seria.
- Stai bene?- Chiese con un filo di
voce.
Respirò profondamente quando sentì la
risposta affermativa dell’uomo, rilassò le spalle e il cuore riprese a battere
con regolarità.
- Ti aspetto.- Terminò.
Jade chiuse gli occhi.
Quello sguardo di disapprovazione non
riusciva più a tollerarlo.
Aveva bisogno di aria.
Si sentiva soffocare.
Doveva allontanarsi da lui.
- Scusami.-
Disse in fretta facendo qualche passo indietro.
Gibbs l’afferrò per il polso.
- Aspetta.- Le disse brusco.
- Non ora Jethro.- Rispose come se fosse
una supplica riacquistando subito il suo contegno.
Jade, a passo svelto, si allontanò
dall’Agente dirigendosi verso l’ufficio del Direttore.
- Jade entra pure.- Le disse cordiale il
Direttore aprendole la porta e facendola accomodare all’interno dell’ufficio.
La donna entrò in silenzio.
Rimase in piedi, dritta, ferma nella sua
posizione, con le braccia conserte al petto, stringendo forte le mani a pugno.
- Volevi parlarmi?- Le chiese Vance.
- Hanno tentato di rapire l’Agente
David.- Disse severa.
- Sì l’ho saputo.- Rispose tranquillo.
- Bisogna informare a questo punto
Gibbs.- Continuò determinata.
Leon rimase in silenzio.
Jade spazientita si avvicinò alla
scrivania e la colpì con le mani sporgendosi verso l’uomo.
- Ora basta! Se avessimo messo a
conoscenza dei fatti anche l’Agente Gibbs come ti avevo detto all’inizio a
quest’ora non saremmo in questa situazione. Callen stava per rimetterci la
vita!-
- E’ questo il problema?- Le chiese a
bruciapelo appoggiandosi allo schienale della sedia.
Jade rimase in silenzio a valutare
l’espressione compiaciuta sul viso dell’uomo.
- Sì.- Rispose
infine – Non solo. Con la tua idea di tenere la cosa segreta, di non rendere
partecipe prima di tutto l’Agente Gibbs e poi la sua squadra, abbiamo messo in
pericolo tutti. Dobbiamo collaborare Leon, altrimenti sarà un disastro.- Lo
avvisò.
Il viso del Direttore si contrasse in
una smorfia di disapprovazione.
- Dottoressa Sash ha forse dimenticato
con chi sta parlando.- L’avvertì alzandosi e fronteggiandola.
- No Direttore. Ho ben presente chi ho
di fronte.- Rispose sicura senza lasciarsi intimidire dalla presenza di lui.
- Al punto dove siamo arrivati è
inevitabile che collaboriamo con l’Agente Gibbs, o per caso vuole rischiare di
mettere in pericolo l’Agente David solo per arrivare ai trafficanti di droga?-
Gli chiese astuta.
Vance guardò la donna negli occhi.
Sbuffò notando che lei non cedeva di un
millimetro dalla sua posizione.
Alla fine si arrese.
Girò la scrivania, pigiò il tasto
dell’interfono.
- Mi chiami l’Agente Gibbs.-
Il Direttore non fece neanche in tempo a
finire la frase che l’uomo entrò nell’ufficio a passo di marcia.
- Sono qui.- Disse imperioso Jethro.
Continua...
...e siamo arrivati alla resa dei
conti!!
Interessante... molto interessante...
saranno i chap a seguire...
Sicuramente arriveranno con mooooooooooolta calma da domani si riparte con il ritmo
serrato.
Mettetevi comodi che dopo questa lunga
attesa abbiamo le risposte a più o meno a tutte le domande...
Buona lettura
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- Dobbiamo parlare di quello che è
successo oggi!-
Ziva travolse Tony entrando in casa a
notte fonda.
- Non puoi comportarti in questo modo
con me... io... io...-
Si girò di scatto cercando di tenere a
freno la rabbia che provava nei confronti dell’uomo nata solamente dalla paura
di perderlo per una bravata simile.
Ziva rimase immobile non riuscendo a
terminare la frase.
Ferma nella sua posizione.
In silenzio.
Senza respiro.
I suoi occhi scivolarono lentamente sul
corpo di Tony nudo con indosso solo i boxer, i capelli spettinati e il viso
assonnato, senza perdersi neanche un dettaglio del fisico del collega.
“Oh mio dio!” riuscì a pensare quando
DiNozzo mosse i primi passi verso di lei.
- Ti sei decisa.- Disse semplicemente
fermandosi a pochi centimetri dalla donna.
Gli agenti erano arrivati poco dopo
l’arresto e avevano preso in custodia i malviventi portandoli all’Ncis.
Ziva si era allontana da quel marasma,
appoggiandosi alla staccionata.
La testa le stava esplodendo talmente
piena di pensieri.
“Stupida” si disse con durezza,
stringendo più forte la presa delle mani sul legno.
Se ci fosse stato Gibbs in quel momento
le avrebbe tirato uno scappellotto bello forte.
Quante volte le aveva detto di fidarsi
del suo istinto?
E lei?
Che cosa aveva fatto?
Niente.
L’aveva ignorato.
“Stupida”.
Ziva, fin dall’inizio, aveva percepito
che in Callen c’era qualcosa che non andava, ma era così presa a scappare dal proprio
mondo che non se ne era preoccupata più di tanto, ignorando completamente
quello che in realtà esso le stava dicendo.
Chiuse gli occhi.
In quel momento voleva solo scomparire.
Il suo unico desiderio era che tutti
quei giorni trascorsi insieme a G venissero cancellati.
“Gli errori si pagano”.
La voce dura e severa del padre le
rimbombò nella testa.
Sorrise triste.
Ecco il passato.
Non poteva fuggire da esso se non lo risolveva.
Respirò a fondo per scacciare via da sé
la tensione accumulata.
Doveva liberare la mente da tutti quei
pensieri se voleva rimanere lucida.
Ora ce la poteva fare.
Si girò e di fronte a sé trovò Callen.
La rabbia risalì.
L’amarezza uccise la fiducia riposta.
La delusione prese il soppravvento.
Ziva, prima che l’uomo potesse dire
qualcosa, alzò la mano e bloccò ogni sua intenzione.
Lo guardò freddamente e se ne andò senza
accennare una parola.
Tony era in disparte ad osservare i due.
Conosceva fin troppo bene che cosa
voleva dire quello sguardo negli occhi di Ziva.
Era rimasto un po’ deluso dalla reazione
della collega.
Si era aspettato di vederla fronteggiare
l’uomo e magari metterlo a terra con un colpo di arti marziali.
Sorrise all’idea di quella opzione.
No, ma quella reazione apparteneva al
passato, alla vecchia Ziva.
Accentuò il sorriso sulle labbra
soddisfatto della donna.
Guardò l’Agente Callen.
Per un attimo si mise nei suoi panni.
Forse doveva anche essergli grato.
In fondo...
Cancellò immediatamente dalla mente
quella possibilità.
Si avvicinò a lui.
- Andiamo, all’Ncis ci stanno
aspettando.- Disse con voce ferma.
Vance guardò in silenzio le due persone
che aveva di fronte: Gibbs e Jade.
Li osservò attentamente accorgendosi che
nessuno dei due aveva osato guardare l’altro.
Jethro era entrato con il suo passo
sicuro nell’ufficio del Direttore fermandosi a breve distanza dalla donna.
La rabbia, che provava nei suoi confronti,
era troppo predominante per farlo pensare lucidamente.
Lo aveva raggirato come un calzino.
Si era presa gioco di lui.
Lo aveva usato.
Era deciso a portare a termine questo game
una volta per tutte, non le avrebbe più permesso di usarlo come una marionetta.
- Sto aspettando delle spiegazioni.-
Disse infine usando il suo tono più duro.
Jade si irrigidì a sentire la tonalità
della voce che aveva usato Jethro.
Avvertì tutto il nervosismo dell’uomo,
l’astio che stava provando verso di lei, il sospetto del suo tradimento
infondato.
Doveva fargli capire in qualche modo che
lei era dalla sua parte.
La donna si girò a guardare Gibbs.
I loro occhi si scontrarono.
Jade trattenne il respiro talmente intenso
era lo sguardo che le stava rivolgendo l’agente, come se le stesse concedendo
un’ultima possibilità prima di tagliarla fuori dal gioco e agire a modo suo.
- Si tratta di Ziva.- Esordì la donna
infrangendo il silenzio.
Vance cercò di intervenire ma Jethro gli
fece cenno di non farlo.
Il Direttore si rese conto che ormai era
una questione tra i due.
- Ho del lavoro da fare. Non mi
interessa che cosa decidete di fare ma non createmi problemi con il Mossad.-
Disse perentorio.
Gibbs, con un gesto della testa, invitò
la donna ad uscire immediatamente dall’ufficio insieme a lui.
Scese velocemente le scale dirigendosi
verso la sua scrivania e afferrò la giacca dalla sedia.
- Con me.- Ordinò
a Jade quando le passò accanto.
La psicologa rimase ferma un attimo
cercando di reprimere quel senso di stizza che provava ogni volta che Gibbs la
trattava come uno dei suoi subalterni.
Sbuffò leggermente ma alla fine lo seguì
silenziosamente: acconsentire alla situazione le sembrò al momento la cosa più
giusta da fare.
Entrò in ascensore e pochi secondi dopo
Gibbs lo bloccò con un pugno di rabbia.
Jade rimase ferma: in fin dei conti se
lo aspettava.
Era appoggiata all’angolo dell’abitacolo
a braccia conserte aspettando che la tigre in gabbia ruggisse.
Con un gesto semplice della mano riportò
la ciocca di capelli dietro l’orecchio, si tolse gli occhiali con lentezza come
se stesse calcolando ogni movimento, si passò il dito indice sulla tempia e
infine riportò lo sguardo sull’uomo.
Anche Gibbs si era appoggiato alla
parete, con le mani si sosteneva alla sporgenza in attesa della prossima mossa
della donna.
- Dovevo conoscerti prima Jethro.-
Esordì Jade infrangendo il silenzio.
Si staccò dalla parete e si avvicinò
all’uomo che a quel gesto portò l’attenzione su di lei.
- L’Agente David è invischiata in un
caso pericoloso. In passato ha pestato troppi piedi e ora vogliono fargliela
pagare. Dovevo assicurarmi che fosse al sicuro, non potevo permettere che la
notizia si diffondesse.-
- Ziva è un’Agente della mia squadra!- Affermò
duro staccandosi anch’egli dalla parete ed eliminò la breve distanza che lo
separava dalla psicologa.
- E’ compito mio assicurarmi che lei
stia bene. Io bado alla mia squadra e nessun altro.- Mise in chiaro.
Jade accennò un sorriso.
Il cuore le si inondò di calore per
quella affermazione.
Da un uomo rude e duro come Gibbs non si
sarebbe mai aspettata una manifestazione dei suoi sentimenti di protezione così
apertamente.
Un uomo capace di diventare una belva
solo se si osava toccare qualcuno della sua squadra.
“Il grande lupo grigio che si prende
cura dei suoi cuccioli.”
A quell’immagine Jade sorrise più
apertamente distraendo Gibbs dal suo nervosismo.
- Sai una cosa Jethro? Abbiamo proprio
bisogno di un buon caffè.- Disse, spostandosi di lato.
Appoggiò una mano sul braccio dell’uomo
in modo dolce, stringendo delicatamente la presa e con l’altra attivò
l’ascensore.
- E’ una bella giornata e se non erro
vicino al chiosco del caffè c’è una panchina. Un posto ideale per fare due
chiacchere, non trovi?- Gli chiese poco dopo non appena si aprirono le porte dall’ascensore.
- Naturalmente offro io!- Affermò serena,
si girò a guardarlo e gli fece l’occhiolino.
Gibbs esitò un attimo preso in
contropiede dal cambiamento di umore della psicologa.
“Questa donna mi farà impazzire” pensò arrendendosi
per il momento ai fatti.
- Andiamo!- Le ordinò mentre la
sorpassava e si dirigeva verso il chiosco.
Jade sbuffò leggermente.
Doveva rassegnarsi: Gibbs non conosceva
la gentilezza... almeno non ancora con lei.
In macchina regnava il silenzio
assoluto.
I tre agenti erano immersi nei proprio
pensieri.
Callen era seduto dietro. Un braccio
appoggiato al bordo del finestrino e l’altro in grembo.
Ogni tanto lanciava un’occhiata furtiva
ai due.
Tony e Ziva non si erano rivolti la
parola da quando avevano lasciato il parco dopo il loro piccolo scontro.
DiNozzo era stranamente silenzioso.
A detta di Jade, Tony odiava i silenzi e
non perdeva occasione per riempirli con uno dei suoi innumerevoli sermoni sui
film.
Eppure... ora era votato al mutismo più
assoluto.
Guardava dritto la strada in una strana
o meglio in un’ostinata concentrazione, forse per non pensare alle miriade di
domande che sicuramente il suo istinto da poliziotto aveva già formulato nella
sua mente senza trovarvi risposta.
Non doveva essere stato facile per lui
rimanere nell’ombra.
Non era mai facile esserlo.
Si concentrò su Ziva.
Era tesa.
Il suo corpo rigido non si muoveva di un
millimetro dalla posizione che aveva assunto, come se avesse paura di sfiorare,
anche per un attimo, il collega che guidava al suo fianco.
La mano destra, appoggiata al finestrino,
era stretta a pugno, l’altra non la vedeva ma era più che sicuro che anch’essa
fosse stretta, come se la donna volesse impedirsi di esplodere, di lasciar
trapelare le sue emozioni.
“Sarà un giochetto da ragazzi farla
arrabbiare” pensò divertito Callen sorridendo appena, rivolgendo lo sguardo
verso l’esterno.
“Spero solo che alla fine non mi ritrovi
con troppe contusioni!”.
Sorrise di nuovo toccandosi il costato
dolorante dove qualche ora prima Ziva gli aveva rifilato un deciso gancio
destro.
Riportò l’attenzione sulla donna
sorridendo a quella eventualità e per un breve istante incrociò il suo sguardo.
Callen smise immediatamente di ridere.
Un brivido gli percorse la schiena.
Quegli occhi avevano la capacità di
gelarlo all’istante.
Fu un attimo ma G riuscì a scorgere quel
cambiamento prima che l’Agente David distogliesse lo sguardo.
“Sta cercando di capire.” Pensò
rincuorato.
Gibbs si sedette sulla panchina a
qualche metro di distanza dal chiosco del caffè in attesa che Jade arrivasse
con il suo bicchiere.
Osservò la donna, ancora per l’ennesima
volta.
Da quando l’aveva incontrata non era
stato più capace di toglierle gli occhi di dosso.
Ogni particolare lo attraeva: il modo in
cui camminava, la grazia dei suoi movimenti, il dito indice che ritmicamente
spostava la ciocca di capelli che le cadeva sugli occhi, come si massaggiava le
tempie quando era stanca o doveva riflettere attentamente.
La parte che più lo attirava di lei era
sicuramente il viso.
La maggior parte delle volte le sue
espressioni erano indecifrabili, ma negli ultimi tempi Gibbsaveva imparato a riconoscerne alcune.
Gli piaceva quando era serena, a suo
agio e sentiva che poteva fidarsi di lui, come la prima volta che si erano
incontrati.
Lui l’aveva difesa dalla raffica di
proiettili che gli avevano sparato addosso, l’aveva stretta tra le sue braccia
e un senso di calore si era subito diffuso nel suo animo.
Anche quella stessa mattina a casa di
lei, nella sua cucina, l’aveva sentita vicina a lui.
Gli aveva permesso di conoscere alcuni
fatti della sua vita privata come se si fosse dimenticata di quale era il suo
compito o di chi avesse di fronte.
Anche ora il sorriso che portava sulle
labbra era come se fosse il biglietto da visita della loro futura collaborazione.
“Ma fino a che punto?” si chiese Jethro
osservando la donna mentre lo raggiungeva.
Jade gli porse il bicchiere di caffè.
- Nero, extraforte, amaro e bollente
come piace a te.-
Jethro non poté impedirsi di sorridere a
quella affermazione.
- E questo è per me: caffè, latte e
dolcificante.- Decretò sedendosi accanto all’uomo.
Gibbs rimase fermo nella sua posizione,
tenendo il bicchiere ben saldo nelle mani.
Jade notò l’espressione seria sul suo
volto.
- Sì lo so, anche Kate lo beveva così.- Disse quasi sbuffando infastidita che la presenza
dell’Agente Todd fosse ancora presente fra di loro nonostante il suo
cambiamento radicale di aspetto.
- DiNozzo me l’aveva già fatto notare,
sei arrivato tardi Jethro!- Si sforzò di ridere.
Gibbs in risposta le restituì un’occhiataccia.
Si appoggiò alla panchina con la schiena
e bevve un sorso del suo caffè.
- Devo aspettare ancora molto?- Decretò
infine spazientito.
- E va bene...- Si arrese a raccontargli
la verità. Respirò profondamente e si decise a parlare.
- E’ un anno che stiamo indagando su
questo caso ma solo da poco tempo abbiamo collegato al traffico di droga
l’Agente David: da quando abbiamo scoperto che il guardiamarina Stone era un
ingranaggio della catena di montaggio. Le foto che mi hai fatto vedere questa mattina
sono il risultato del pedinamento di Callen.-
- Da quanto tempo tu e Callen ci tenevate
d’occhio?- Chiese freddamente bevendo subito dopo un altro sorso di caffè.
- Due mesi.-
Rispose. – Callen sta facendo da angelo custode all’Agente David da due mesi...
solo a lei... io fino a venti giorni fa investigavo ancora a Los Angeles.-
Gibbs mosse la testa in segno
affermativo.
- Vance ha preferito affidare il caso
all’unità operazioni speciali di Los Angeles perché voi eravate troppo
coinvolti. All’inizio mi sembrava una buona idea tenervi lontano dal caso ma in
questi giorni, lavorando insieme, ho notato il vostro affiatamento e ho pensato
che fosse meglio informarti su cosa stava accadendo.-
- Per questo Callen mi ha messo sulla
buona strada?- Chiese a bruciapelo.
- Lo conosci... G è contrario agli
ordini. Non è mai stato felice della decisione di Vance di tenerti all’oscuro e
così ti ha lasciato segnali in ogni modo che poteva. Io mi sono fidata del suo
istinto e non l’ho ostacolato. Tanto è una guerra persa con lui e poi non
voleva mettermi in difficoltà con il Direttore.- Sorrise pensando alla
caparbietà del collega.
- Tu per me non esistevi prima di quella
sera. Io non sapevo neanche che faccia avessi Agente Speciale Gibbs. La sera
dell’incidente dell’Agente David ero appena arrivata a Washington ma ancora non
sapevo che eravate stati coinvolti in una sparatoria. All’aeroporto, mentre stavo
aspettando Vance, Callen mi avvertì che Ziva era stata portata d’urgenza in
ospedale e rimaneva lì per accertarsi che tutto fosse tranquillo. Non potendo tenere
sotto controllo il guardiamarina Stone me ne occupai io direttamente e mi misi
sulle sue tracce. Per colpa del buio del vicolo lo persi di vista e sai già come
è andata a finire la storia.-
Gibbs rimase in silenzio soppesando le
parole della donna.
Accartocciò il bicchiere ormai vuoto e
lo lanciò nel cestino.
Si alzò in piedi guardando l’orizzonte.
Dopo qualche istante si voltò a studiare
Jade.
- Chi c’è dietro?- Chiese a bruciapelo.
La donna strinse le mani una nell’altra.
Respirò a fondo incassando le spalle.
- Non lo sappiamo ancora. Solo dubbi,
supposizioni, ma niente di certo!!- Scattò in piedi.
- Ho indagato in tutte le direzioni
possibili... ma niente.-
Jade si voltò, dando le spalle a Gibbs,
non riuscendo a sopportare il suo sguardo freddo.
- Quando ho saputo che era invischiata
anche l’Agente David la sua incolumità è diventata la mia preoccupazione principale.
Callen è stato sempre contrario a farle da balia, ma solo di lui mi fido e solo
con lui potevo stare tranquilla che Ziva fosse realmente al sicuro. Non è stato
facile convincerlo. Lo sai come è fatto.- Sorrise appena.
Gibbs si avvicinò alla donna e le
appoggiò una mano sulla spalla.
Jade a quel contatto sentì un brivido
partirle dallo stomaco, percorrere la schiena e fermarsi dritto nel cuore.
- Non è stato facile affrontare il
Direttore David. È un uomo forte, duro, crudele ed estremamente sospettoso,
vede complotti da tutte le parti, basta una parola sbagliata e ti sei giocato
la sua fiducia, sempre se sei riuscita a conquistartela.- Si voltò e guardò
Jethro dritto negli occhi.
Si lasciò avvolgere dall’azzurro intenso
delle sue iridi che l’accolsero con gentilezza, calma, calore.
Si beò ancora qualche istante di quella
sensazione e poi ritornò alla realtà arretrando di qualche passo dall’uomo.
- Il Direttore David mi ha fornito i
vecchi casi in cui Ziva aveva lavorato sotto copertura. L’unico che colleghi la
droga, il guardiamarina Stone e l’Agente David è quello di quando è andata in
missione in Russia. Uno dei pochi casi in cui non è riuscita a portare a
termine il suo incarico completamente. Non è stato un momento facile per lei e
non lo sarà ora che dovrà rivivere il passato per fornire le risposte che
mancano alle mie domande.-
Jade si avvicinò di nuovo all’uomo
eliminando quella breve distanza che aveva posto tra loro.
- Lo so che è stato difficile per te,
non sono una persona facile da gestire. Io senz’altro non ti ho agevolato le
cose. Non potevo permettermi di far trapelare le notizie prima che fossi
completamente sicura di te. Da me dipende la sicurezza di troppe persone. Mi
dispiace. Se Callen me l’avesse detto prima, forse avrei agito allo stesso modo
o forse no e poi...la mia assomiglianza
con l’Agente Todd...-
Jade finì di straparlare a raffica
quando Gibbs le si avvicinò e le appoggiò il dito indice sulle labbra per farla
tacere.
La donna rimase bloccata da quel gesto
spontaneo.
Quando Gibbs tolse il dito dalla sua bocca
privandola di quel contatto lei sentì la mancanza di qualcosa.
- Scusa.- Riuscì solo a dire – ...
DiNozzo deve avermi contagiato.- Si sforzò di sorridere.
- Mai scusarsi...- Tentò di dire Jethro
prima che venisse interrotto dalla donna.
- Sì, sì, lo so ... è segno di
debolezza. Ora so da chi ha imparato queste regole Callen.- Gli sorrise
apertamente.
- Ho bisogno di te Jethro, ora più che
mai.- Disse seriamente.
Gibbs rimase fermo nella sua posizione
per qualche istante, sorpreso da quella affermazione detta con quel tono così
disarmante, caldo... sincero.
L’angolo destro della bocca dell’uomo si
alzò in un sorriso ironico.
L’azzurro delle sue iridi brillò di
vivacità e i lineamenti del suo viso, prima tesi e arrabbiati, si addolcirono a
quella confessione.
Le porse la mano che la donna subito
afferrò con stretta decisa.
Lui la trascinò verso di sé
racchiudendola nel suo abbraccio.
- Fino a che punto?- Le chiese a
bruciapelo. - Niente più segreti.- L’avvisò mentre il soffio caldo delle sue
parole le accarezzava il collo.
- Questo vale solo per me o anche per
te?- Chiese staccandosi di quel poco per vederlo in viso.
Il cellulare dell’uomo squillò.
Gibbs, senza distogliere lo sguardo da
quello di lei, rispose.
Rimase in ascolto e subito dopo chiuse
la telefonata.
- Andiamo, stanno arrivando.-
Senza aggiungere altro si avviò verso
l’ufficio.
I cinque si incontrarono davanti all’entrata
degli uffici dell’Ncis.
Ci fu un attimo di silenzio.
Jade e Gibbs da una parte e Callen, Ziva
e Tony dall’altra.
- Capo!- Esclamò DiNozzo per togliersi
da quella situazione così assurda.
- Tutto apposto. I malviventi sono stati
già portati in sala interrogatorio 1 e 2.-
Gibbs fece un segno di approvazione con
la testa ed entrò nell’edificio.
Ziva lanciò un’occhiata glaciale verso
Jade fermando lo slancio della donna che si stava accingendo verso di lei in
segno amichevole e seguì il capo.
Tony, notando quello scambio, sospirò
rassegnato, guardò con durezza a sua volta Callen ed entrò anche lui.
- Bella giornata non trovi?- Esordì
Callen quando rimase da solo con Jade.
- Stai bene?- Gli chiese ignorando il
suo sarcasmo abbracciandolo.
- Sto bene.- Confermò stringendola
stretta a sé. – Ti preoccupi sempre troppo, quando imparerai che non ce n’è
affatto bisogno.-
- Lo sai vero che stai parlando con la
sottoscritta?- Chiese guardandolo dritto negli occhi come se stesse leggendo i
suoi pensieri.
- Come l’ha presa Gibbs?- Le domandò
ignorando il suo tentativo di intromettersi nel suo animo.
- Penso che Jethro ed io siamo arrivati
ad una buona intensa. Sei riuscito a parlare con Ziva?-
- Non ancora, ma forse, se il mio
istinto non mi inganna, dal nostro scontro non ne uscirò tanto malconcio.-
Sorrise ripensando alla reazione della donna quando aveva scoperto la verità.
- E così tu e Gibbs avete un’intesa?- Chiese
scherzando.
- Non è che aspiri a diventare la sua
quinta moglie?- Continuò prendendola in giro mentre entrava nell’atrio.
Jade a quella domanda sbiancò.
- Quin-ta mo-mo-glie?- Balbettò ma in
risposta ricevette solo il suono della risata divertita dell’amico.
Il resto del pomeriggio non fu semplice
per Ziva.
La donna aveva risposto a monosillabi a
tutte le domande che le venivano poste, confermando per lo più le ipotesi che
erano state fatte.
Non fu un’esperienza felice rivangare il
passato, non lo era mai stato per lei, specialmente ora che riguardava gli anni
che ormai non le appartenevano più.
Anni passati da un incarico sotto
copertura ad un altro. Da un paese all’altro. Da una identità all’altra.
Fece un lungo respiro.
Si era concessa un attimo uscendo dalla
sala interrogatori.
Tutto le stava cadendo addosso
precipitosamente e non sapeva quanto ancora avrebbe resistito a quella
pressione.
Aveva bisogno di aria.
Prese la giacca dalla sedia e andò sul
tetto.
Il tramonto aveva dipinto il cielo di
rosso donandogli una tonalità calda.
Respirò a fondo per trovare un po’ di
pace
Ripercorse con la mente gli attimi della
sera precedente fino alle prime luci dell’alba.
Le parole dolci e intense di Tony le
risuonarono nel cuore: ti amo sempre e
comunque.
Si appoggiò una mano al petto per
sentire ancora meglio il battito.
Era calmo... rassicurante.
- Tutto bene?- Le chiese DiNozzo mentre
si avvicinava silenziosamente.
- Non lo so.-
Rispose sinceramente. – Se non chiudi con il passato, primo o poi lui torna a
saldare i conti.- Sorrise amaramente.- Il Direttore David non sbaglia mai
quando detta le sue regole.-
Tony le appoggiò una mano sulla spalla e
l’avvicinò a sé.
Ziva lo lasciò fare e si abbandonò nel
suo abbraccio.
- Io ti proteggerò.- Confermò sicuro.
- Lo so.-
Respirò a fondo il profumo di muschio bianco dell’uomo.
Rimasero fermi in quella posizione per
diverso tempo fino a quando il venticello della sera non li risvegliò
riportandoli alla realtà.
- Tony...- Iniziò piano Ziva.
DiNozzo mugugnò qualcosa tenendo ancora
gli occhi chiusi.
- Sono stata a letto con Gibbs.- Disse
tutto d’un fiato.
A quella confessione così diretta
l’Agente spalancò gli occhi e si irrigidì slacciandosi dalla collega.
La guardò in viso, sorridendo a quella
eventualità ma poi, colpito da un flash, si rabbuiò.
- Quella volta quando vi siete rifugiati
nella baita in montagna.- Riuscì solamente a dire collegando i fatti.
- Sì.- Rispose
debolmente distogliendo lo sguardo da quegli occhi traditi chinando il capo
verso il basso.
- E’ successo e basta. Non eravamo noi.
Eravamo stanchi e provati. Tu ed io eravamo in rotta, ti sentivo distante, non
riuscivo a comunicare con te, tutto era difficile, io non capivo più niente,
non volevo ammettere quello che già era ovvio per te. Io...- Fece una piccola
pausa per riprendere fiato e trovare il coraggio di ammetterlo.
- Era te che volevo, era te che cercavo,
era a te che pensavo.- Terminò triste.
Tony le si avvicinò, le appoggiò il dito
indice sotto il mento facendole alzare il viso per guardarla negli occhi.
Rimase un attimo a fissarla.
Si sporse verso di lei e le appoggiò un
lieve bacio sulla guancia.
- E’ meglio andare a casa. È stata una
lunga giornata.-
Senza aggiungere altro, si girò e se ne
andò.
- Ziva vai a casa con Tony.- Disse Jethro vedendola rientrare in ufficio.
La donna prese la borsa dalla scrivania
e si avvicinò all’uomo.
- Gibbs io...- Lo pregò silenziosamente
con quelle poche parole.
L’Agente rimase fermo a valutare la situazione.
- Va e riposati, domani mattina ti
voglio in forma.-
La donna accennò un sorriso.
- Niente colpi di testa. Siamo intesi?- Le
disse bloccandola per le spalle.
L’Agente acconsentì con un segno del
capo e se ne andò.
- Jethro...- Lo chiamò Jade
avvicinandosi alle sue spalle.
- Se la sa cavare da sola. Fino a quando
non riusciamo a far confessare quei due al momento non abbiamo niente per le mani.-
- Già.- Rispose sconsolata appoggiandosi
alla scrivania di lui incrociando le braccia al petto.
- E’ stata una lunga giornata anche per
noi.-
- Sì, inizio a sentire la pesantezza
della giornata. Chiamo un taxi.-
Estrasse il cellulare dalla tasca e
compose il numero ma prima che potesse parlare Gibbs le sottrasse l’oggetto
dalla mano spegnendolo.
- Ti porto io a casa.-
Sentenziò rispondendo all’espressione contrariata di lei.
Jade sorrise semplicemente e lo seguì
senza discutere.
Ziva camminava con passo calmo immersa
nei suoi pensieri lungo la strada che costeggiava il parco.
Ogni attimo di quei giorni passati era
nella sua mente pronto ad essere analizzato dalla sua razionalità.
A poco a poco il senso di tradimento e
delusione nello scoprire la vera identità di Callen svanì.
Si fermò di colpo quando si rese conto
della presenza dell’uomo appoggiato all’ingresso del parco.
Callen si staccò dal muro e aspettò che lei
si avvicinasse.
- Mi stai seguendo?- Gli chiese acida
mantenendo una breve distanza tra di loro.
- Ti stavo aspettando.- Rispose
tranquillamente.
- Continuerai a seguire ogni mio passo?-
Continuò dura.
- Sì, fino a quando sarai al sicuro.-
Disse diretto avanzando di qualche passo verso di lei.
- Mi hai mentito.- Affermò fredda.
- Hai mentito anche tu.-
Sottolineò sornione.
- Touché.-
Sorrise avvicinandosi all’uomo guardandolo dritto negli occhi.
- Ora capisco tutta la tua
preoccupazione verso il capo.- Ghignò divertito.
Ziva sorrise a quella affermazione ma fu
solo questione di un attimo prima di ritornare seria.
- Lo sapevi fin dall’inizio che ti stavo
seguendo?- Le chiese infrangendo quell’attimo di pathos che si era creato tra
loro.
- Sì... e no.-
Si appoggiò alla colonna come poco prima aveva fatto Callen.
- L’istinto mi diceva che non ero mai
sola, ma io in questo periodo non gli ho mai dato retta, forse perché mi
sentivo al sicuro.- Abbassò lo sguardo.
- C’è una cosa però che non mi spiego:
perché hai voluto entrare in contatto direttamente con me se il tuo compito era
solo quello di proteggermi a distanza?- Gli chiese guardandolo dritto negli
occhi.
Callen sorrise alla perspicacia della
donna.
- Curiosità Ziva.- Rispose distogliendo
lo sguardo e dandole le spalle.
La donna sorrise.
- Ti ho osservato bene in questi mesi.
So tutto di te, conosco ogni tuo gesto, tuo pensiero, tua abitudine. Volevo
solamente avere la conferma dell’idea che mi ero fatto di te.-
- L’hai avuta?- Gli chiese appoggiandogli
la mano sulla spalla facendolo voltare.
- Sei estremamente incasinata e picchi
duro ragazza mia.- Rispose comicamente.
- Unità operazioni speciali di Los
Angeles.- Affermò seria. – Come sei finito a lavorare per l’Ncis?- Chiese
curiosa.
- Come tutti voi. Gibbs mi ha messo su
questa strada. È stato lui a darmi un passato sul quale potessi costruirmi un
futuro.-
- Tipico di Gibbs.- Sorrise.
- Non ho avuto un’infanzia facile. Per
diversi anni sono stato sballottato da un orfanatrofio all’altro finendo a
vivere in strada. Quando incontrai Jethro ero un ragazzo presuntuoso, credevo
di sapere tutto della vita ma non mi rendevo conto che stavo per toccare il
fondo, anche se l’unico fondo che vedevo allora era solo quello della
bottiglia. Lui mi prese per le orecchie e mi tirò su, inquadrandomi. A quei
tempi non ero nessuno, ora sono Callen G.-
- G sta...- domandò incerta.
- Gibbs.- Sorrise.
- Ma come tu...-
- No.- Rispose
semplicemente a quella muta domanda.
- Jethro era appena uscito dal vuoto di Shannon e Kelly quando mi prese sotto la sua ala. Il giorno
che fui pronto a spiccare il volo da solo, venne da me e mi consegnò la
catenina con un ciondolo a forma di lettera G con dei documenti. Ero entrato a
tutti gli effetti a far parte della sua famiglia. Mi aveva ricostruito un
passato. “Ora spetta a te costruirti un futuro, cerca di farlo bene altrimenti
ti prendo a scappellotti fino a quando sarai vecchio!” mi disse quando ci
salutammo.-
- Grazie Callen G.-
Gli disse semplicemente dopo un po’.
- Non c’è di che Ziva David.-L’abbracciò istintivamente. – Tutto per te.- Si lasciò sfuggire.
La donna sentendo quella dichiarazione
si irrigidì per un attimo ma poi si lasciò andare.
- Ti accompagno a casa.-
Le propose.
- A dire la verità io...- Si fermò
imbarazzata distogliendo lo sguardo.
- Capisco.- Rispose asciutto.
Si passò una mano tra i capelli, respirò
a fondo, prima di prendere quella decisione.
- Ti porto da lui.-
Quando arrivarono vicino
all’appartamento di Tony era sera tardi ormai.
Callen si congedò con un inchino.
- Cerca di non essere troppo dura con
lui.- La prese in giro e corse via.
Ziva respirò a fondo prima di aprire il
portone e salire su per le scale.
Ziva era immobile, incapace di compiere
o dire qualsiasi cosa.
Deglutì sentendo la gola arsa, bruciare.
Si umettò le labbra.
- Io... io...- Tentò.
- Tu...- Disse Tony vicinissimo alle sue
labbra.
- Ti amo.-
Confessò senza ormai più difese, libera
dalle bugie, libera di dire la più semplice delle verità, libera di far battere
il cuore all’unisono con quello di lui, prima che lui si impossessasse della
sua bocca attirandola stretta a sé per non lasciarla andare mai più.
Un capitolo dolce, tenero e delicato...
mi piace molto perché....
Scopritelo da soli ^_^
Un grazie infinito alla Beta che mi
sopporta e mi insegna sempre un sacco di cose.
Buona lettura
Light
Tony e Ziva si erano baciati a lungo, senza
mai stancarsi l’uno dell’altro.
- Dovrei andare...- Disse la donna per
l’ennesima volta sorridendo sulle labbra di Tony che continuava a baciarla.
- Perché non rimani qui?- Propose
guardandola dritta negli occhi.
- Tony...- Riuscì solamente a dire Ziva colta
di sorpresa da quella proposta.
- Lo so piccola ninja che sono
irresistibile e non vedi l’ora di saltarmi addosso!- Scherzò.
In risposta la collega gli mollò un
pugno nello stomaco.
- Scherzavo... scherzavo...- Alzò le
mani in segno di resa prima di catturare di nuovo le sue labbra.
- Rimani.- Le disse piano immergendosi
in quel nero petrolio di lava incandescente, assumendo un’espressione seria sul
volto.
Ziva trattenne il respiro.
Poche volte aveva visto quell’espressione
sul viso di lui.
La determinazione con la quale aveva pronunciato
quella semplice parola la fece sentire bene.
Ziva
provò una strana sensazione che non riusciva a definire, ma che la faceva
sentire avvolta in un manto dolce e protettivo.
Sorrise, consapevole che di fronte a lei
non c’era più l’Agente ragazzino che aveva conosciuto anni fa ma un uomo sicuro
di sé e di quello che voleva.
Appoggiò la testa sul petto di Tony.
Rimase in silenzio per qualche istante
ascoltando come ipnotizzata il battito del cuore.
- Va bene.- Sussurrò acconsentendo alla
sua richiesta.
DiNozzo ordinò il caffè al bancone e poi
andò a sedersi al tavolino fuori dove lo stava aspettando Ziva.
La sera precedente non erano andati
oltre, si erano fermati entrambi un attimo prima che tutto precipitasse nel
vortice della passione.
In fondo, ora, avevano tutta la vita
davanti e si sarebbero goduti ogni attimo.
L’Agente David osservò per qualche
istante il collega mentre era immerso nella lettura del quotidiano.
Il sorriso stampato sul viso e la luce
particolare degli occhi lo rendevano ancora più affascinante.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma sarebbe
rimasta ferma in quella posizione a guardarlo per tutta la vita.
Lei e DiNozzo.
Ancora non poteva crederci che fosse
realmente successo.
Sorrise a quella consapevolezza.
- Siamo felici Agente David?- Chiese Tony
scorgendo il buon umore di lei.
Ziva evitò di rispondere afferrando
il cornetto e portando un pezzo alla bocca, imbarazzata nell’essere così
cristallina per lui.
- Una bella giornata non trovi?...-
continuò lui, e poi guardandola dritta negli occhi le chiese – Dormito bene?-
La donna ebbe un tuffo al cuore
riconoscendo il significato di quel sorriso in stile made in DiNozzo.
- Molto...- rispose piano. - Sei
comodo come cuscino.- Lo punzecchiò poi.
Tony si alzò di scatto.
Lasciò una banconota sul tavolo.
- E’ tardi, è meglio andare in ufficio.-
Sentenziò e senza aspettarla si avviò.
La donna si sorprese del comportamento
di lui ma dopo un attimo di esitazione gli corse dietro afferrandolo per un
braccio.
- Aspetta io...- ma si bloccò scorgendo
il ghigno divertito sul suo viso.
- Idiota!- Disse dandogli un pugno sulla
spalla.
DiNozzo la strinse tra le sue braccia e a
tradimento la baciò.
- Non avevi detto che era tardi?- Chiese
Ziva sorridendo sulle labbra di lui.
- Abbiamo ancora qualche minuto prima di
dichiararci in tremendo ritardo.-
- Ciao Callen, tutto apposto?-
Jade trattenne il cellulare tra la
guancia e la spalla mentre tentava con una mano di indossare la scarpa e con
l’altra di infilare la chiave nella serratura tenendo ben stretto il braccio
per non far scivolare la cartellina con i documenti che voleva visionare
durante il tragitto in taxi.
- Non sono in ritardo!- Contestò nervosa
– Ho solo dormito bene.- Sorrise soddisfatta.
Le gote si arrossarono alla risposta che
ricevette in cambio alla sua affermazione.
Per la prima volta, da quando era
arrivata in quella città, si sentiva splendidamente bene.
Finalmente chiuse la porta, indossò la
scarpa, terminò la telefonata, prese la valigetta da terra e si girò per vedere
se il taxi fosse arrivato ma si bloccò scorgendo l’uomo di fronte a sé.
Gibbs era appoggiato con il busto alla
sua macchina a braccia conserte, tenendo in una delle mani il bicchiere di
caffè.
Le sorrise.
Non aveva perso niente di lei.
I suoi gesti buffi e goffi nel vano
tentativo di tenere la situazione sotto controllo, l’espressione meravigliata del
volto che non era riuscita a nascondere e infine il luccichio degli occhi
nocciola quando aveva capito che lui era lì per lei.
- Ciao.- Disse
la donna con un filo di voce avvicinandosi all’uomo.
- Buongiorno.- Rispose Gibbs reprimendo
l’istinto di toglierle il ciuffo che era scivolato sul viso.
Jade lo osservò attentamente cercando di
cogliere qualche segnale che le potesse essere d’aiuto a decifrare
l’espressione soddisfatta sul viso dell’Agente.
Non sapeva perché ma lo sentiva a suo
agio.
La sera precedente era stata
meravigliosa.
Tra i due si era creata una perfetta
sintonia, come se entrambi avessero deciso in comune accordo silenzioso di
abbassare le loro difese e dichiarare la tregua, alleandosi per combattere
dalla stessa parte.
Jade respirò profondamente mentre nella
sua mente ritornavano vividi gli attimi che aveva trascorso insieme con lui.
Era stata una bella serata, una di
quelle sere che non le capitava da chissà quanto tempo e nonostante non fosse
successo niente di quello che aveva fantasticato per tutto il tempo non si
sentiva delusa, anzi più che soddisfatta.
La psicologa arrossì non appena ripensò alla
visione hot ad occhi aperti di loro due sul divano che aveva avuto durante la
cena.
Si passò la mano libera sul collo
facendola scivolare sul petto.
Avanzò di qualche passo cercando di
ignorare lo scombussolamento interiore che le provocava da qualche giorno la
visione di Jethro.
Afferrò il caffè dalle mani dell’uomo e
ne bevve un sorso.
- Questo non è caffè.- Disse contrariata
dal sapore amaro che le era rimasto in bocca.
Lui sorrise prendendo da dentro la
macchina il bicchiere per la donna.
Glielo porse guardandola dritta negli
occhi.
- Questo è il tuo!- Affermò serio
riprendendo dalle mani di lei il suo caffè.
- Messaggio ricevuto...- Sorrise Jade
apertamente facendo brillare il luccichio dei suoi occhi.
- Andiamo.- Ordinò come al solito l’uomo
girando intorno alla macchina.
- Come mai qui?- Chiese la psicologa prima
di salire, osservandolo sopra l’auto.
Gibbs si fermò.
La guardò seriamente.
- Sali.- Disse
semplicemente come se quella parola potesse rispondere a tutte le sue domande.
Senza aspettare altro si sedette al
posto del guidatore.
- Il mio taxi?- Obiettò incerta prima di
allacciarsi la cintura.
- L’ho mandato via.- Rispose
tranquillamente.
Jade si sorprese a quella risposta e si
bloccò mentre allacciava la cintura rimanendo rivolta con il corpo verso di
lui.
- Questo vuol dire che mi farai sempre
da autista?- Sorrise divertita stuzzicandolo.
Gibbs, prima di mettere in moto, si girò
verso di lei, rimanendo ad una brevissima distanza dal viso della donna.
- No.- Rispose
secco dopo qualche secondo.
- Peccato.- Sospirò a bassa voce
ritornando al suo posto, lasciando a quella parola una miriadi di significati.
Tutta la mattina era stato un
susseguirsi di indagini, domande, risposte.
Tony e Ziva non se lo sarebbero
aspettati ma non appena misero piede in ufficio vennero travolti dal tram-tram
quotidiano.
- Lo solita routine.- Affermò sconsolato
Tony appoggiandosi alla macchinetta del distributore godendo di quell’attimo di
calma.
- Battiamo la fiacca Agente DiNozzo?- Lo
sfotté Callen prendendo una lattina di coca-cola.
L’Agente in risposta lo guardò storto.
- Come mai non sei con Ziva?- Chiese Tony
in tono acido.
Per tutta la mattina l’uomo era rimasto
alle costole della donna creando in lui una sana e insulsa competizione mista a
pura e reale gelosia nei suoi confronti.
- E’ in bagno.- Sorrise Callen. – Dici
che dovrei seguirla anche lì?- Continuò prendendolo in giro.
- Divertente, molto divertente.- DiNozzo
si mise di fronte a G.
- Stai lontano da lei.- Lo avvertì
serio.
I due si guardarono in cagnesco senza
dire altro.
Ziva apparve proprio in quel momento.
Guardò prima Tony e poi G.
“Aria di guai” pensò sconsolata.
L’Agente aveva notato fin dall’inizio
della giornata che tra i due non scorreva buon sangue.
Doveva fare qualcosa prima che la situazione
degenerasse.
- Vado a mangiare un boccone.- Avvertì.
G subito lanciò la lattina vuota nel
cestino e si preparò a seguirla.
- Rilassati Callen.-
DiNozzo gli sbarrò la strada con il
braccio.
- Vado io con lei.- Disse serio.
- Te lo puoi scordare.- Rispose nervoso
fronteggiandolo.
- Facciamo una cosa: voi rimanete qui a
fare i bambini, io vado a mangiare.- Decretò Ziva stufa del loro comportamento.
Senza concedere la possibilità di
ribattere li lasciò con un pugno di mosche.
Le porte dell’ascensore si aprirono.
Ziva si bloccò accorgendosi della
presenza di Gibbs e Jade.
- Vado a pranzo.- Decretò seria.
- Da sola?- Si sorprese la psicologa.
Gibbs non disse niente, le fece solo un
segno di assenso con il capo e la lasciò andare.
Jade prese subito in mano il cellulare.
L’istinto di protezione verso l’Agente
David si mise in azione.
Avrebbe fatto una bella ramanzina a
Callen.
Il comportamento del collega quella
mattina non le era per niente piaciuto.
Era più preoccupato a tenere a bada
l’Agente DiNozzo piuttosto che occuparsi dell’incarico.
Jade non fece in tempo a premere l’avvio
di chiamata che Gibbs le afferrò il cellulare dalla mano rimettendoglielo in
borsa.
- Se la sa cavare da sola.- Sentenziò
per poi dirigersi verso la sua scrivania.
Ziva uscì dallo spogliatoio e si diresse
in palestra.
Non c’era nessuno: era a sua completa
disposizione.
“Finalmente un po’ di pace” pensò
tranquilla soddisfatta per essere riuscita a scomparire dal radar di Callen.
L’Agente, prima di iniziare il suo
allenamento, cominciò con degli esercizi di stretching.
- Questo la chiami pausa pranzo?-
Domandò una voce divertita alle sue spalle.
La donna si girò di scatto incontrando
gli occhi azzurri e cristallini di Callen che la guardavano sornione.
“Beccata!” pensò contrariata notando che
anche il collega era in tenuta sportiva.
- Quando mi darai un po’ di tregua?-
Chiese avvicinandosi a lui con fare inquisitore.
- Te l’ho detto Ziva, quando tu sarai al
sicuro.- Sorrise in risposta.
L’Agente David si soffermò ad osservarlo
e un lampo di sfida illuminò il suo sguardo.
- Ci stai?- Propose.
G capì al volo le sue intenzioni e
iniziarono ad allenarsi insieme... o meglio a darsele di santa ragione.
Non sapevano per quanto tempo avessero
lottato, l’unica cosa certa era che tutti e due si sentivano stremati.
- Sai che cosa ci vuole ora?- Chiese
Ziva dopo un lungo silenzio in ascolto solo dei loro sospiri.
- Cosa?- Domandò G a sua volta giratosi
a guardare la donna.
- Una bella doccia.- Rispose soddisfatta.
Callen scattò in piedi e le porse la
mano.
- Hai proprio ragione!- e quando Ziva fu
in piedi davanti a lui – La facciamo insieme?-
In risposta lei gli mollò un pugno nello
stomaco.
- Non credo proprio.-
Se ne andò lasciandolo lì piegato su se
stesso dal dolore.
- Ziva...-
Tony la raggiunse prima che potesse
entrare nello spogliatoio femminile.
La squadrò dalla testa ai piedi.
La canottiera che indossava era tutta
bagnata e appiccicata al suo fisico mettendo in risalto le sue forme femminili
e sulle gote un colorito rosso le donava un aria così sexy che lo scombussolò
non poco.
- Dimmi...- Iniziò con tono seducente
avvicinandosi e accarezzandole con l’indice il braccio sinistro. – Hai fatto
corpo a corpo con qualche donna? Una lotta dura, avvincente? Vi siete
avvinghiate, rotolate, l’una all’altra...- ma non riuscì a terminare il suo
sogno ad occhi aperti perché Ziva lo riportò alla realtà con uno scappellotto.
- Hai finito di fare il cretino?- Chiese
irritata.
- E’ colpa tua...- Affermò serio. – Non
dovresti girare in questo stato, scateni i piccoli DiNozzo.- Sorrise provocante.
– Allora dimmi, come è stato?- Chiese tutto eccitato.
- Beh vedi...- tentennò Ziva ma prima
che potesse continuare arrivò Callen.
- Devo dire che la tua collega ...-
G sottolineò la parola in uno strano
tono appoggiando il braccio sopra le spalle di Ziva.
- E’ davvero dura da abbattere. Credo
che lo sappia anche tu quanto è difficile fare un corpo a corpo con lei sempre
che tu ci sia arrivato o ti mette subito ko?- Chiese divertito, stampandosi sul
viso un sorriso angelico ed estremamente irritante.
Ziva sospirò sconsolata.
Tolse il braccio di Callen dalle spalle.
Appoggiò una mano sul petto di Tony,
picchiettando tre volte la mano come a dirgli di stare calmo.
Fulminò con lo sguardo G e poi entrò
nello spogliatoio lasciando i due a cavarsela da soli.
L’acqua calda della doccia scivolava sul
suo corpo rilassando i muscoli tesi che erano rimasti contratti per tutta la
mattina.
Era stato duro il tuffo nel passato ma
era riuscita ad affrontarlo.
Quando Jade le aveva messo davanti i
fatti non aveva potuto esimersi dal rivangarlo.
Non si era sbilanciata, in fondo neanche
erano sicuri che tutto riportasse a lui e poi non esisteva più... no, non
poteva essere lui.
Un volto prese posto nella sua mente.
Lineamenti gentili, delicati, occhi
azzurri, capelli fini e biondi che nascondevano lo sguardo più glaciale che
avesse mai visto e incontrato.
Il freddo della Russia racchiuso in
quelle due iridi piene di perfidia e crudeltà che appartenevano solamente ad un
uomo: Jurij VladimirovičDolgorukij.
Era giovane allora e forse non ancora
pronta ad affrontare quello che le era stato ordinato.
Appoggiò le mani al muro, buttando fuori
l’aria che involontariamente aveva trattenuto, scivolando verso il basso.
Si raggomitolò su se stessa, abbracciò
le gambe e appoggiò la schiena al muro, rivolgendo il volto verso l’alto mentre
l’acqua della doccia glielo bagnava.
Non poteva perdere il controllo, non
ora, non così.
Si
alzò da terra, chiuse il rubinetto, afferrò l'asciugamano e se lo avvolse
intorno.
Jade era stata brava quella mattina a
mettere in ordine ogni pezzo.
L’aveva osservata in quelle ore al
lavoro al fianco di Gibbs.
Era una donna attenta ad ogni dettaglio
e riusciva sempre a cogliere qualcosa che le potesse essere utile per
l’indagine.
“Jurij” il nome dell’uomo ritornò
prepotentemente nella sua mente.
Scosse la testa per scacciare via quei
pensieri.
Legò i capelli in una coda e fu pronta
per tornare ad immergersi nella frenesia del lavoro.
Sorrise ripensando alla scena di poco
prima.
Meno male che c'erano Callen e Tony a
distrarla con quel loro insolito comportamento così infantile.
Jade osservava dal vetro degli
interrogatori uno dei malviventi che avevano arrestato.
L’uomo era teso, piegato sul tavolo dove
teneva le mani strette l’un con l’altra, quasi in segno di preghiera e ogni
tanto si mordeva il labbro inferiore.
Il capo era chino e a intervalli
regolari lo ciondolava a sinistra e a destra come per auto convincersi che
poteva farcela.
- Ehi...- Disse piano Gibbs avvicinandosi
alla donna.
La psicologa non si mosse di un
millimetro dalla sua posizione, come se neanche avesse sentito la presenza
dell’uomo.
Rimase concentrata sul malvivente.
I suoi occhi si muovevano ritmicamente
passando dai lineamenti del viso a quelli del corpo per esaminare in ogni
dettaglio anche il più singolo difetto che le potesse essere d’aiuto per
arrivare alla verità.
Gibbs le appoggiò una mano sulla spalla
e solo allora la donna si accorse della sua presenza.
Sobbalzò vedendolo così vicino.
“Quest’uomo non conosce proprio il
concetto di spazio personale!” pensò a disagio arretrando di un passo
sentendosi, sotto quello sguardo, vulnerabile e nuda.
- Arrivati a una soluzione?- Chiese
riprendendosi dallo smarrimento cercando di tenero a freno il battito del
cuore.
Gibbs le porse la cartellina senza
rispondere.
Jade la aprì, estrasse le foto e osservò
ognuna con attenzione.
- Mcgee è riuscito a restringere la
cerchia a questi cinque individui.- La informò.
- Ma non sappiamo ancora per chi lavora.-
Lo precedette.
Jethro rimase in silenzio ad osservare
il malvivente stringendo a sé i pugni per la rabbia di non essere ancora
riusciti a trovare un indizio valido.
- Lo sapremo presto.- Affermò decisa la
donna uscendo dalla stanza ed entrando in quella degli interrogatori.
Jade si chiuse la porta alle spalle e
rimase immobile qualche secondo aspettando un segnale che desse il via al
colloquio.
Quando vide che l’uomo la osservò
brevemente con la coda dell’occhio si mosse.
- Hai solo una possibilità di cavartela,
perciò giocatela bene.- Avvertì il malvivente in tono calmo ma deciso.
L’uomo sorrise a quella provocazione.
Alzò il capo e la trafisse con lo
sguardo.
La psicologa non si fece impressionare
dall’atteggiamento di lui.
- Vuoi la libertà o preferisci rimanere
a lungo in nostra compagnia?- Propose.
- Non avete niente contro di me. Solo un
pugno di mosche. Allo scadere della ventiquattresima ora sarò libero.- Affermò
soddisfatto.
- Sarai libero subito se mi dici per chi
lavori.- Controbatté sicura.
- Io lavoro per me stesso.- Pronunciò
quelle parole con un tono di sfida.
- Ne sei proprio sicuro?- Chiese
dubbiosa.
L’uomo, in risposta, sorrise facendosi
beffa della donna.
- Facciamo un gioco.- Propose gentile
come se davanti a sé avesse un bambino.
- Scommettiamo che indovino chi è il tuo
capo?- Domandò misteriosa.
L’uomo ghignò.
- Credi di essere una veggente?- Sentenziò
spavaldo.
- Accetti?- Continuò calma.
- Io lavoro per me stesso.- Ripetè l’uomo convinto.
Jade posizionò di fronte a lui la prima
foto.
Era un uomo vecchio, di carnagione
olivastra, con barba incolta, occhiali spessi sul naso che gli donavano una
personalità strana e professionale.
Il malvivente non reagì e allora la
psicologa fece scivolare sul tavolo la seconda foto.
Un giovane ragazzino, viso pulito, occhi
scuri come la pece, capelli mossi disordinati.
Niente.
Gli mostrò la terza.
Un uomo sulla quarantina, di colore,
capelli rasati neri, con occhi piccoli e sguardo da duro.
Niente.
Gli
passò la quarta foto. Un altro uomo sulla quarantina, tipo caucasico questa
volta, occhi e capelli chiari.
Il malvivente a vedere quella foto
aggrottò la fronte e strinse le labbra una contro l’altra in un cenno
impercettibile ma che a Jade bastò per decretare quello che le serviva.
Gli fece vedere anche la quinta foto.
Un vecchio, sulla settantina, un viso
grinzoso, pallido, con occhi infossati, ma anche con quella foto non mostrò
nessun segno particolare.
- Hai visto, Alexej?
E’ stato semplice.- Disse alzandosi in piedi e raggruppando le fotografie.
- Ti sei condannato in carcere a vita da
solo.- Affermò soddisfatta con un sorriso semplice sulle labbra prima di uscire
dalla stanza.
L’uomo rimase turbato e stranito dalle
parole della donna ma poi tutto gli fu chiaro.
- A lui dobbiamo dare la caccia.- Porse
la foto a Gibbs.
- Ottimo lavoro.-
Senza dire altro si affrettò a
raggiungere il resto della squadra.
Ziva era ritornata alla sua scrivania e
ne aveva approfittato per compilare le ultime scartoffie.
- Sei qui!- Disse allegro Callen girando
la scrivania e appoggiandosi con le braccia.
- Come se non lo sapessi.- Rispose la
donna senza degnarlo di attenzione.
- Non dirmi che sei arrabbiata con me?-
Sorrise angelicamente il collega.
L’Agente David sbatté la penna sulla
scrivania e si girò di scatto con la testa verso l’uomo.
- Sì, se non la pianti di stuzzicare
DiNozzo.- Lo avvertì fredda.
Callen rimase in silenzio ad osservarla.
I suoi occhi assunsero un’espressione
seria, decisa, intensa.
- C-chec-c’è?- Balbettò Ziva.
G in risposta si fece scivolare tra le
dita una ciocca di capelli.
- Profumi di nuovo di vaniglia e rosa.-
Affermò in tono caldo, respirando delicatamente l’essenza di lei.
Ziva rimase sorpresa a quelle parole e
arrossì per l’imbarazzo.
- Ma tu...- Non terminò la frase che
sentì vicino a loro la presenza di Tony.
L’Agente si era messo di fronte alla
scrivania e li stava osservando con uno sguardo omicida.
- Disturbo?- Chiese a denti stretti.
- No.- Rispose
prontamente Ziva.
- Sì.- Disse
Callen sornione, alzandosi in piedi e fronteggiando l’uomo.
In quel momento arrivò Gibbs che mollò
uno scappellotto ad entrambi.
- Se avete finito di fare i bambini
abbiamo del lavoro da fare.-
E dopo varie settimane di betaggio...
finalmente il chap è pronto...
Grazie alla “Beta” che ha sempre un’infinita
pazienza con la sottoscritta.
Buona lettura
Lights
- Mcgee sul monitor!- Ordinò Gibbs
lanciandogli la foto che gli aveva consegnato Jade.
Gli agenti si riunirono di fronte allo
schermo piatto.
- Voglio sapere tutto di lui!- Ordinò il
capo guardando severamente i suoi sottoposti e indicando il video. – Nome, dove
vive, cosa fa, ogni parola, gesto, respiro... tutto!-
DiNozzo, Callen, Mcgee e la dottoressa
Sash scattarono immediatamente verso le proprie postazioni, solamente l’Agente
David rimase ferma a guardare l’immagine proiettata sullo schermo.
- Pensi di collaborare anche tu, Ziva?-
Minacciò Jethro in tono duro.
La donna tolse lo sguardo dalla foto per
riportarlo agli occhi cristallini del capo.
- Jurij VladimirovičDolgorukij.- Disse dopo un lungo silenzio.
Ziva sentì il cuore fermarsi per un
istante e il passato piombarle addosso come una tempesta quando pronunciò quel
nome ad alta voce.
Gli altri agenti, udendo la risposta, si
bloccarono e ritornarono sui loro passi.
- Ne sei sicura?- Domandò Jade cercando
di capire che cosa significasse l’espressione grave sul viso della donna.
- E’ più vecchio di come me lo
ricordavo... ma è lui.- Rispose dura.
- Non serve che indaghiamo.- Continuò
seria. – E’ morto nove anni fa.-
- Come fai a saperlo?- Le chiese la
dottoressa Sash sorpresa dalla fermezza con la quale l’Agente aveva pronunciato
quelle poche parole.
- Ari l’ha ucciso.- Rispose Ziva senza
esitare.
Il
silenzio calò tra i sei.
Jade notò subito il comportamento degli
uomini della squadra quando sentirono nominare il killer.
Sia Gibbs che Tony ebbero la stessa
reazione.
Il colore dei loro occhi diventò cupo.
I lineamenti dei visi si accentuarono in
un’espressione dura e inflessibile.
I due serrarono la mascella con rabbia
e, come se pensassero all’unisono, chiusero le mani a pugno manifestando
apertamente il loro odio per quell’uomo misterioso.
- Dove?- Chiese Jethro con severità eliminando
il breve spazio che lo divideva dall’Agente David.
- Mosca.- Rispose lei senza aggiungere
altro.
- Perché?- Continuò imperterrito l’uomo.
- Per salvare me.-
Replicò Ziva dopo qualche istante.
La donna non riuscì a sostenere lo
sguardo inquisitore del capo e inclinò il viso leggermente verso il basso.
- Mcgee?- Chiamò Gibbs.
- Confermo capo. Jurij VladimirovičDolgorukij è
morto 9 anni fa in circostanze misteriose. Si pensa ad un regolamento di conti.
Il suo assassino non è mai stato individuato.- Terminò Mcgee in tono più basso.
- DiNozzo! Callen! Scoprite qualsiasi
traccia che si possa collegare a Dolgorukij in questi
anni. Mcgee controlla ogni passo informatico che ha compiuto: conti bancari,
viaggi, spostamenti, tutto! Dottoressa Sash delinei un profilo psicologico del
sospettato e metta sotto torchio Alexej per sapere dell’altro.-
- Sì capo!- Dissero i tre in coro.
Jade si limitò ad acconsentire con la
testa: non sapeva perché ma era certa che Jethro volesse escluderla da qualcosa.
- David, con me!- Ordinò severo Gibbs.
Ziva respirò piano e si apprestò a
seguire il capo.
- Gibbs, so già a cosa stai pensando.-
Lo precedette Ziva quando si sedettero su una delle panchine del parco.
- Jurij è morto. Ari l’ha ucciso.-
Ripeté con fermezza.
Jethro portò alle labbra il bicchiere di
caffè e bevve un lungo sorso gustando l’aroma intenso.
- Raccontami tutto, Ziva.- Disse piano
lasciando scivolare gli occhi sul viso della donna.
Era tesa, un’ombra aveva rabbuiato il
luccichio del suo sguardo di quella mattina.
Gibbs sapeva che le stava chiedendo
molto ma non poteva esimersi dal farlo.
- Ari non è sempre stato un crudele
assassino. Prima di tutto, anche se molto tempo fa, era mio fratello.- Piegò
gli angoli della bocca verso l’alto tristemente. – Io ero la sua sorellina.-
Ziva strinse le mani una nell’altra come
se volesse in qualche modo impedire ai brutti ricordi di tornare a galla.
- Un tempo avrebbe fatto qualsiasi cosa
per me.- Riprese in tono dolce e malinconico. - Dopo
la morte di Tali giurò che avrebbe fatto di tutto per proteggermi.-
La donna si alzò in piedi incrociando le
braccia al petto.
- Lo sai anche tu Gibbs, quanto me, il
Mossad non perdona chi permette ai sentimenti di prendere il sopravvento. Se agisci
con il cuore prima o poi muori.-
Respirò a fondo guardando il cielo.
- Era la mia prima importante missione
sottocopertura, peccato che non ne fossi stata informata.- Ironizzò amaramente.
- Mio padre aveva decretato che ero
pronta per affrontare lo schifo della nostra vita... ma io no, non lo ero.-
Ammise delusa.
- Mi spedì in Russia, a Mosca, con la
scusa di una vacanza studio. Ero così felice. Mi disse che era un regalo per i
miei risultati scolastici e militari. Per la prima volta, in tutta la mia vita,
avevo letto nel suo sguardo orgoglio nei miei confronti. Lui, il primo uomo del
Mossad, mio padre: era fiero di me. Solo più tardi compresi che il suo era
stato un piano ben architettato per
farmi infiltrare nella vita di Jurij VladimirovičDolgorukij.-
Ziva chiuse gli occhi cercando di non
perdere la concentrazione.
- Un anno più tardi, quando il mio
rapporto con Jurij si fu consolidato, mio padre mi svelò il suo intento e il
mio compito. Quel giorno mi cadde il mondo addosso. Come potevo tradire la
persona che amavo?- Domandò girandosi a guardare Jethro per trovare conforto nel
suo sguardo calmo.
- Il Direttore David quando dà un ordine
non ammette il rifiuto. Fui costretta a mettere da parte i miei sentimenti e ad
indagare sulla vita di Jurij.-
L’Agente scosse la testa nel tentativo
di allontanare da sé i brutti pensieri.
- Il risultato che ottenni fu solo di scontrarmi
con la dura realtà.-
Ziva iniziò a passeggiare avanti e
indietro nervosamente quasi come se si stesse rimproverando di nuovo per essere
stata così ingenua in passato.
- Che successe?- Chiese Gibbs con calma.
- Mi resi conto che al mio fianco c’era
un uomo che non conoscevo. Scoprii che Jurij era invischiato in un giro di droga
dall’Europa fino in Cina e negli ultima anni, non soddisfatto del potere che
aveva ottenuto con il commercio delle sostanze stupefacenti, aveva dato avvio anche
ad una tratta di donne per conto di ricchi uomini d’affari.-
L’Agente strinse forte i pugni
reprimendo il disgusto che le suscitavano i ricordi.
- Quando capii di essere in pericolo, era
troppo tardi. Avvertii immediatamente il Direttore David di quello che stava accadendo
ma l’unica risposta che ricevetti fu quella di cavarmela con le mie mani perché
non aveva nessuna intenzione di sprecare uomini per salvare un’inetta figlia
come me.- Una smorfia di repulsione increspò la sua
bocca.
- In quel momento mi sentii sola contro
tutto il mondo.-
Ziva strinse forte le palpebre per impedire
alle lacrime di prendere il sopravvento.
- Non avevo più via di scampo, ero persa.
Fu allora che comparve Ari e mi portò lontano da quello schifo. Si occupò lui
di tutto. L’unica cosa che non poté sistemare fu il mio disonore per aver
mandato a monte la missione. Io avevo sbagliato, io dovevo pagare.-
La
donna si allontanò di qualche passo. Respirò lentamente per smaltire la rabbia
accumulata nel rivangare il passato.
-
Ari non lo permise. Andò anche contro nostro padre per salvarmi e alla fine
vinse.- Si girò verso Gibbs. – Lui mi ha protetto. Mi ha allontanata dal Mossad
facendomi affidare una missione in Francia. E' rimasto con me per mesi solo per
assicurarsi che stessi bene, aspettando pazientemente che mi riprendessi dal
duro colpo che mi aveva inflitto la vita. Sono stati i mesi più belli che ho
vissuto con lui e che custodisco gelosamente. Per me quello era mio fratello,
quello era Ari.
La donna si lasciò cadere sulla
panchina.
- Ari non portò a termine il compito che
si era prefissato perché ha dovuto risolvere il tuo problema. Non prese in
ostaggio Kate quella volta in sala autopsie, per ucciderla poi, perché ha
saputo che tu eri in pericolo. Ha cambiato il suo piano per venire a salvare te.- Disse Gibbs collegando all’improvviso i fatti.
- Sì.-
Confermò piano Ziva. – Mio fratello rimase colpito dall’Agente Todd, dal suo
carisma, dalla sua tenacia, dalla sua dolcezza. Non riusciva a togliersela
dalla mente. Era ossessionato da lei. Prima di avvicinarsi l’aveva studiata a
lungo da lontano, analizzando ogni piccolo particolare della sua vita. Io ho
sconvolto però i suoi piani. Involontariamente ho allungato la vita a Kate e ho
prolungato la tua ossessione per Ari.-
La donna sbuffò ironicamente.
- Quel giorno ho impedito a mio fratello
di essere un assassino, senza capire che aveva semplicemente riformulato il suo
piano.-
- Per questo strinse quel falso accordo
con la Cia?- Chiese Gibbs a denti stretti.
- Credo di sì.-
Ammise Ziva dispiaciuta.
- Fu l’ultima volta che mi lasciò per
breve tempo. Mi disse solamente che doveva parlare con nostro padre, che
avrebbe sistemato ogni cosa. In realtà era volato a Washington per prendere gli
ultimi accordi con la Cia. Quando tornò era così felice. Capii solamente più
tardi che la sua felicità non era dovuta a quello che pensavo. Durante il tempo
trascorso in Francia avevo creduto veramente di averlo convinto a ritornare sui
suoi passi e di lasciar perdere il suo piano di vendetta. Avevamo progettato
una nuova vita, lontana da tutti, dal Mossad, da nostro padre.- Sorrise
tristemente ripensando a quei giorni.
- Commisi lo stesso errore di un anno
prima. Mi lasciai guidare dai miei sentimenti invece di vedere la realtà per
quella che era. Un giorno Ari venne da me dicendomi che aveva delle questioni da
risolvere a Washington, poi sarebbe tornato a prendermi e avremmo iniziato una
nuova vita insieme.-
Ziva abbassò il capo chiudendo gli
occhi.
Gibbs le si sedette accanto e appoggiò
dolcemente la mano su quelle di lei.
- Quando ricevetti la telefonata del
Direttore David che mi ordinava di tornare in patria, capii che quella promessa
non si sarebbe mai realizzata. Mi offrii volontaria per la missione. Non potevo
credere che le voci che giravano sul conto di Ari fossero vere. Quello non era
mio fratello.-
La donna strinse ancora più forte le
mani l’una con l’altra.
- Se avessi dato retta al mio istinto
invece di seguire quello che mi diceva il cuore forse...- Ma non riuscì a
terminare la frase.
- Non potevo permettere che morisse un
altro innocente.- Intrecciò la mano con quella dell’uomo.
- Non è colpa tua, Ziva.- Disse piano
Gibbs. – Non potevi prevederlo.-
- No... non potevo prevederlo.- Ripeté tristemente.-
... scusami Gibbs.-
Jethro si alzò e si piegò verso di lei.
- Mai scusarsi Ziva.- Le sussurrò all’orecchio.
Le baciò la tempia dolcemente, con
affetto.
- Andiamo.- Le disse in tono più
risoluto mentre calma e serenità tornavano sul viso di lei
- Tutto bene?- Chiese Tony avvicinandosi
a Ziva.
- Sì.- Rispose
brevemente la donna continuando a guardare fuori attraverso la grande vetrata
dell’ufficio.
DiNozzo le mise un sacchettino di carta davanti
al viso.
- Ti ho preso da mangiare.- Fu la
risposta alla muta domanda che gli rivolse la collega quando si girò a guardarlo.
- Hai saltato il pranzo e non voglio che
tu svenga dalla fame.- Sorrise dolce.
- Grazie.-
La sua gentilezza la rincuorò.
- Che ne dici se ce ne andassimo su in
terrazza? C’è un bel sole e...- Propose Tony ma venne interrotto dalla donna.
- Per restare un po’ da soli?- Gli
sorrise.
- Diretta come al solito...- Ridacchiò.
DiNozzo la prese per mano e la guidò
verso l’ascensore.
- Buono!- Esclamò Ziva mangiando
l’ultimo boccone del panino. – Mi ci voleva proprio. Con le cose che sono
successe oggi non mi ero accorta di morire di fame.-
- Aspetta, sei sporca qui.- Le disse DiNozzo
quando si girò a guardarla accorgendosi che le era rimasto uno sbuffo di
maionese sul labbro e con il pollice tracciò la linea delle labbra per pulirla
mentre le appoggiava l’altra mano delicatamente sul collo.
Si guardarono per un lungo istante,
incatenati l’uno all’altra, prima di avvicinarsi come se fossero attirati da
una calamita.
L’uomo sfiorò la bocca di Ziva
dolcemente, assaporandone la morbidezza.
Lei rispose al bacio, senza remore e
timori, semplicemente lasciandosi andare.
I due agenti erano così presi da loro stessi
che quando si staccarono erano senza fiato.
Ansanti e in cerca di riprendere un po’
di ossigeno si guardarono negli occhi sorridendosi dolcemente.
- Ti amo.- Disse
piano Tony stringendola a sé.
- Anche io.-
Rispose Ziva respirando intensamente il
profumo di muschio bianco dell’uomo.
Tony ridacchiò divertito accorgendosi
dell’essenza della collega.
- Callen aveva ragione, oggi profumi di
nuovo di vaniglia e rosa.- Si staccò da lei per guardarla in viso.
- Perché gli altri giorni di cosa profumo?-
Chiese Ziva perplessa.
- Di me.-
Rispose DiNozzo semplicemente prima di riappropriarsi delle labbra di lei.
Una figura nell’ombra sorrise a quella
manifestazione di affetto.
- Jade hai visto DiNozzo, David?- Chiese
irritato Gibbs quando incontrò la donna che scendeva le scale che portavano
alla terrazza.
- Io?- La psicologa si indicò non
riuscendo a togliere l’espressione felice che aveva stampata in viso. – No.- Rispose tranquilla cercando di tenere un contegno.
- Sicura?- Domandò un’altra volta l’uomo
facendosi più vicino a lei assottigliando lo sguardo.
- Sicura. Non mi credi Jethro?- Domandò
Jade in segno di sfida.
Gibbs la fissò per un lungo istante
perdendosi in quegli occhi nocciola che esprimevano qualcosa di particolare che
ancora non era riuscito a definire.
Senza degnarla di una risposta si avviò
per le scale.
L’uomo non fece in tempo a salire due scalini
che lei lo bloccò appoggiandogli una mano sul braccio.
- Te ne vai?- Chiese la psicologa
intuendo dove il capo volesse andare.
- C’è qualcosa che devi dirmi, Jade?- Domandò
Jethro in tono inquisitore ritornando sui propri passi.
- Chi è Ari?- Chiese a bruciapelo la donna.
– C’entra Kate?- continuò accorgendosi dall’espressione del viso di lui che aveva
fatto centro.
Gibbs l’afferrò ad entrambe le braccia.
- Non intrometterti in questa storia
Jade. Stanne fuori!- L’avvertì duro.
Senza aggiungere altro se ne andò.
- Beh che hai fatto ora per far
infuriare così il capo?- Le chiese divertito Callen comparendo alle sue spalle.
- Quell’uomo!!!- Iniziò esasperata la
donna. – E’ un enigma. Ho una gran voglia di... di...- Ma dalla rabbia non
riuscì a terminare la frase.
- Ehi... calma.- G le strinse la mano
dolcemente. -Gibbs è fatto così, ha i
suoi tempi, i suoi spazi.-
- Ma come faccio a comunicare con lui se
lui mi taglia fuori?- Domandò irritata.
- Hai provato ad andarci a letto?- Suggerì
G divertito.
- Callen vai al diavolo!- Lo liquidò
Jade arrabbiata andandosene.
Tony entrò in bagno e vi trovò Gibbs mentre
si lavava le mani.
- Dov’eri?- Chiese
irritato il capo.
- A prendere una boccata d’aria. Mi
cercavi?- Domandò l’Agente con circospezione.
- David?- Continuò Jethro.
DiNozzo a quella domanda si sentì a
disagio. Si sistemò la cravatta, deglutì e prese un bel po’ di ossigeno prima
di rispondere.
- Con me.-
Affermò deciso.
Gibbs lo osservò riflesso nello
specchio.
- So tutto capo.-
Disse Tony dopo quell’attimo di silenzio. – Ziva me l’ha detto.- Proseguì in un
tono più tagliente mentre un’espressione seria e corrucciata sostituiva quella
rilassata di qualche attimo prima.
- Sei sicuro di sapere tutto, DiNozzo?-
Gibbs si voltò a guardarlo.
- Sì.- Rispose
brevemente imprigionando il suo sguardo in quello del capo.
- Ho sempre saputo tutto anche se non lo
sapevo.- Riprese Tony appoggiandosi con il busto al lavandino posizionandosi di
fianco all’uomo.
- Quando siete tornati dalla missione
avevo intuito che tra voi due era successo qualcosa di particolare da
sconvolgere il vostro e nostro rapporto. Per giorni Ziva non è riuscita a
guardarmi negli occhi e ogni volta che si scontrava o entrava in contatto con
te un’ombra compariva sul suo viso. Tu, invece, ti sei comportato come fai
sempre: hai finto che niente fosse successo. Niente turba il grande Leroy
Jethro Gibbs.- Terminò in tono acido, di accusa.
- Qualcosa, però, ha fatto cambiare il
tuo atteggiamento nei miei confronti...- Riprese Tony dopo qualche secondo di
silenzio come se solo in quel momento stesse valutando la situazione.
- Hai tenuto le distanze più del dovuto...
come se in qualche modo ti sentissi... colpevole.- Decretò infine capendo
realmente la reazione del capo.
- Colpevole?- Domandò incerto Jethro
mentre l’angolo della bocca si alzava divertito verso l’alto.
- Sì, colpevole per esserti lasciato
andare. Colpevole per esserti fatto trasportare dai ricordi, dal pensiero di
Kate, dall’amore che provavi per lei e dal dolore che ancora porti nel cuore.-
Il gelo calò tra i due.
Tony si era lasciato andare di getto e
non aveva risparmiato neanche una parola senza pensare alle conseguenze di
quell’attacco verbale.
- Hai finito DiNozzo?- Chiese Gibbs allontanandosi
dal subalterno e avvicinandosi al muro.
- No, che non ho finito.- Lo aggredì
Tony.
- No?- Rispose deciso Jethro.
- Perché io...- ma si bloccò impietrito
dallo sguardo inquisitore del capo.
(- coscienza1: “forse è meglio dire
settimane!!”) - [ coscienza2: “io direi mesi!!!”]
shhhh!!!!! Dettagli!!
Dunque che stavo dicendo… ah sì!
Il sole splende alto nel cielo, la
nebbia si è dissolta e il vento dell’ispirazione ha iniziato a soffiare e siamo
approdati a questo chap!
E’ stato un chap sofferto ma che per
fortuna mia e vostra ieri notte si è evoluto.
Un mega – stragigante grazie alla Beta
più buona e brava che c’è… soprattutto perché me l’ha approvato subito ^^
Buona lettura
Light
In ufficio erano rimasti solo Ziva e
Gibbs.
L’Agente David scribacchiò qualcosa su
un biglietto, si alzò velocemente e lo lasciò sulla scrivania di Tony mentre
un’espressione soddisfatta comparve sul suo volto.
Ziva incrociò lo sguardo con quello del
capo e l’uomo con un cenno di assenso le accordò il permesso di andare a casa.
La donna raccolse le sue cose e
silenziosamente se ne andò prima che potesse essere intercettata dal radar protettivo
di Callen.
“Per oggi, basta.” Pensò esausta
appoggiandosi alla parete dell’ascensore mentre rivolgeva un’ultima occhiata
all’openspace dell’ufficio prima che la porta si chiudesse.
Rivangare il passato non era stato
facile, non lo era mai, ma la sicurezza che le aveva trasmesso Gibbs le aveva
dato la certezza che esso non poteva tornare.
“Possibile che Jurij sia ancora vivo?”
Si chiese Ziva uscendo dall’Ncis ma poi scosse la testa come a cacciare i
brutti pensieri dalla mente.
Fece vagare lo sguardo di 180° per
controllare che tutto fosse tranquillo ma soprattutto che non ci fosse Callen
nei paraggi. La stretta sorveglianza dell’agente iniziava a starle stretta.
Respirò a pieni polmoni per sciogliere
la tensione accumulata durante la giornata, sorrise soddisfatta e si avviò
serenamente verso casa.
Ziva infilò le chiavi nella serratura
della porta cancellando automaticamente tutti i pensieri.
Ora, l’unica cosa che desiderava fare,
era solamente quella di immergersi in un bagno caldo al muschio bianco.
Alla mente le ritornò la conversazione
che aveva avuto con Tony nel pomeriggio.
“Perché
gli altri giorni di cosa profumo?” Aveva chiesto al collega sorpresa.
“Di
me.” Aveva risposto semplicemente Tony in quel modo disarmante e dolce che solo
lui era in grado di fare.
Ziva sorrise a quel ricordo.
Non poteva farci niente: adorava sentire
il profumo dell’uomo sulla sua pelle.
Si levò le scarpe lasciandole in un
angolo vicino al mobile d’ingresso e si diresse verso il bagno.
Aprì l’acqua della vasca, aspettò
qualche secondo che diventasse calda e poi versò il bagnoschiuma di DiNozzo.
Andò in camera e si tolse i vestiti
appoggiandoli sulla sedia, prese l’asciugamano dall’armadio e ritornò in bagno.
Accese le candele profumate sul mobile
che, dopo qualche secondo, sprigionarono la loro essenza di vaniglia e rosa.
Legò i capelli in uno chignon e poi
s’immerse lentamente nella vasca assaporando il calore dell’acqua sul suo corpo
beandosi del dolce profumo del bagnoschiuma.
Appoggiò il capo al bordo e chiuse gli
occhi.
Respirò profondamente rilassando i
muscoli, mentre il calore dell’acqua la cullava guidandola in quel posto di
assoluta pace e tranquillità del dormiveglia.
L’uomo entrò silenziosamente
nell’appartamento, chiuse la porta d’ingresso lentamente facendo attenzione a
non far nessun rumore.
Si guardò intorno alla ricerca di
qualche segnale che potesse indicargli la sua presenza quando si accorse della
luce che filtrava da sotto la porta del bagno.
Con passo felpato e calmo si diresse
verso quella direzione.
Aprì lentamente la porta e si appoggiò
allo stipite incrociando le braccia al petto.
Rimase affascinato dall’immagine che si
trovò di fronte.
Respirò profondamente il profumo delle
due essenze che mescolate insieme regalavano una dolce combinazione.
Lasciò vagare gli occhi sulla donna,
rilassata nella vasca, che apparentemente non aveva ancora percepito la sua
presenza.
- Pensi di rimanere a lungo ad
osservarmi?- Chiese Ziva ad un tratto senza aprire gli occhi.
- Per tutta la vita.- Rispose Tony con
voce roca.
La donna sorrise alla sua risposta, ma
non si mosse.
DiNozzo si avvicinò alla vasca, si piegò
sulle ginocchia e accarezzò con il dito indice il braccio della collega disteso
sul bordo.
Ziva, a quel tocco delicato, sentì il
brivido partirle dallo stomaco e arrivarle alla punta dei capelli.
Si morse il labbro inferiore assaporando
fino in fondo quell’intensa sensazione mentre il cuore prese ad aumentare i
battiti senza che lei lo potesse evitare.
Tony immerse la mano nell’acqua calda,
le sfiorò la coscia e proprio come aveva fatto poco prima con il braccio,
percorse con il dito la gamba fino ad arrivare al polpaccio stringendolo
delicatamente nella mano.
Ziva si morse di più il labbro
trattenendolo per qualche secondo imprigionato tra i denti mentre il brivido di
piacere le fece venire la pelle d’oca.
La donna aprì gli occhi, s’immerse nello
sguardo sensuale di lui e dopo un attimo di esitazione si tirò su mettendosi a
sedere.
Si sporse verso di lui e lo attirò a sé
per la cravatta soffermandosi a brevissima distanza dalle sue labbra.
- L’asciugamano.- Disse Ziva sorridendo
appena.
- Subito.- Rispose DiNozzo con voce roca
alzandosi e afferrando l’asciugamano.
Lo aprì e avvolse il corpo della donna
imprigionandola nel suo abbraccio.
- Sei mia.- Ghignò soddisfatto.
- Ne sei sicuro?- Lo prese in giro
sfidandolo con lo sguardo.
Tony la guardò dritto negli occhi,
immergendosi nel nero delle sue iridi.
- Sì, solo mia.- Le soffiò sulle labbra
prima di catturarle in un bacio appassionato.
La sollevò prendendola in braccio e la
portò con sé in camera.
La distese sul letto delicatamente senza
mai abbandonare le sue labbra e appoggiò il suo corpo a quello di lei facendo
leva con l’avambraccio per non pesarle.
- Ti voglio.- Disse Ziva prima di
stringerlo forte a sé e abbandonarsi al piacere.
- Callen!- La donna chiamò in tono
severo l’Agente.
- Ciao Jade.- Rispose tranquillo
guardandola per un attimo per poi riportare la sua attenzione ai fogli del
rapporto che stava compilando.
- Si può sapere che cosa ti ha preso
oggi?- Chiese appoggiando entrambe le mani con rabbia sulla scrivania attirando
su di sé lo sguardo dell’Agente.
Callen la osservò dritto negli occhi
cercando di leggervi lo strano motivo della sua irritazione.
- Non hai ancora risolto con Gibbs?-
Chiese.
- Dov’è Ziva?- Domandò lei a sua volta.
G sbuffò a quella domanda inquisitoria.
- Se fosse in pericolo, sarei con lei.
Non ti pare?- Rispose nervoso.
Jade sbatté la mano sulla scrivania.
- Ti ho assegnato solo un compito ma da
quando sei voluto entrare in contatto con Ziva, hai cambiato atteggiamento.-
L’Agente si alzò di scatto, girò la
scrivania e fronteggiò la donna.
- Che cosa intendi dire? Stai mettendo
in discussione la mia obiettività? - Chiese minaccioso.
Jade non si fece intimidire da quel tono
e lo sfidò con lo sguardo.
- Non sei più tu.- Rispose guardandolo
dritto negli occhi.
- Da quando hai conosciuto Ziva sei
cambiato. Non c’è più traccia dell’Agente attento e scrupoloso che conosco,
specialmente ora che hai capito che il rapporto che ha con DiNozzo va ben oltre
a quello di semplici colleghi e partner. Non l’avrei mai pensato, ma ti sei
fatto coinvolgere dai tuoi sentimenti.-
Callen a quella costatazione dei fatti
s’irrigidì.
Odiava quando la donna sapeva leggergli
dentro, quando trasformava ogni suo pensiero nascosto in realtà.
Il suo sguardo divenne ancora di più di
ghiaccio.
- Ti sbagli.- Tentò di negare. – Il mio
interesse per Ziva è prettamente professionale e DiNozzo è solo d’impiccio al
mio incarico per la sua sicurezza.-
Jade si appoggiò alla scrivania, incrociò
le braccia al petto, distolse lo sguardo dagli occhi dell’uomo e lo riportò
verso il basso mentre un sorriso le comparve sulle labbra.
- Lo sai che dovrei rispedirti a Los
Angels?- Disse in tono triste.
G a quella prospettiva sbiancò.
- No, non lo farò, stai tranquillo.
Chiamami pazza, egoista, ma ho bisogno di averti al mio fianco.- Confessò
infine riportando lo sguardo su di lui.
Callen le sorrise e si sedette al suo
fianco.
- Lavorare con Gibbs ci sta cambiando.-
Affermò serio.
Rimasero in silenzio meditando sulle sue
ultime parole.
- Ziva è a casa con DiNozzo.- Callen informò
la collega.
- Lo sapevo...- Affermò piano sorridendo
sorniona mentre l’immagine dolce di quel gesto d’amore tra i due le ritornava
alla mente.
- Già...- Respirò profondamente l’Agente
mettendosi in piedi. – Forza Jade diamoci da fare, prima troviamo le prove per
terminare questo caso e prima ce ne ritorneremo a Los Angeles con meno danni
possibili.-
L’uomo le porse la mano che lei afferrò
con sicurezza aiutandola a tirarsi in piedi.
- Al lavoro Dottoressa Sash, c’è un
malvivente che non aspetta altro che tu compia una delle tue tante magie.-
Ghignò divertito.
- Mi stai dando della strega Callen?-
Chiese divertita seguendolo.
Jade entrò nella stanza interrogatori.
Spostò la sedia silenziosamente e si
sedette.
Aprì la cartellina che teneva tra le
mani.
Sfogliò lentamente i fogli uno a uno
osservandoli attentamente.
Il malvivente la guardava sorpreso.
L’uomo non riusciva a comprendere
l’atteggiamento della donna.
Che cosa voleva da lui?
Che cosa pensava di ottenere?
Era solo un’illusa se credeva che si
sarebbe lasciato scappare qualcosa.
A quell’ultimo pensiero sorrise
soddisfatto.
Jade, proprio in quell’istante,
consapevole dei pensieri dell’uomo, incrociò il suo sguardo con quello di lui.
- Tu mi dirai molto di più di quello che
mi vuoi dire.- Disse sicura ponendo di fronte all’uomo i fogli che per qualche
secondo aveva sfogliato.
- Luglio 2006: traffico d’armi.- Indicò
con il dito indice.
- Novembre 2007: importo di droga dalla
Russia.- Spostò la sua attenzione su un altro foglio.
- Febbraio 2008: tratta di donne
dell’est Europa.-
Ad ogni accusa, il sorriso di
superiorità del malvivente iniziò a svanire fino a scomparire del tutto con
l'ultima affermazione.
- Maggio 2010: commercio di soldi falsi
in Messico.-
Scosse la testa dispiaciuta.
- Il tuo capo non deve essere per niente
soddisfatto del tuo comportamento, specialmente ora che sei stato arrestato
dall’Ncis.- Si picchiettò il mento con l’indice.
- Non oso immaginare che ne sarà di te
se ti lasciassimo andare.- Si appoggiò la mano sulla guancia in segno di
preoccupazione.
- Jurij VladimirovičDolgorukij ha la fama di non essere un tipo amabile con
gente come te.- Confessò come se fosse un segreto tra amiche.
Jade si alzò in
piedi e si portò alle spalle dell’uomo.
Attese qualche
secondo e poi si avvicinò al suo viso.
- Lo sai che non
ti rimane molto da vivere appena te ne andrai via da qui.- Gli sussurrò
all’orecchio utilizzando un tono deciso, freddo e intimidatorio.
Il malvivente, a
sentire quelle parole, s’irrigidì e la fronte gli s’imperlò di sudore.
La Dottoressa
Sash si sedette nuovamente al suo posto.
- Ce ne hai
messo di tempo a capire.- Disse raccogliendo i fogli uno a uno lentamente e
riponendoli nella cartellina.
- Sei finito
Boris.- Terminò seria vicino alla porta pronta per uscire dalla stanza.
- Aspetti!- La
bloccò l’uomo.
Jade si concesse
un sorriso di soddisfazione prima di girarsi verso il tipo.
- Che cosa
volete che faccia?- Chiese Boris sconfitto.
Lo so sono in estremo ritardo... ma credetemi è un periodo veramente che non riesco più a stare dietro a niente, troppi impegni ma in fondo chi non ne ha? e il tempo omi vola tra le mani senza che me ne accorga.
Questo chap è pronto da secoli ma fino ad ora non ho mai trovato il tempo di pubblicarlo, sono rimasta indietro anche con le FF da leggere T_T.
Grazie Misato85 per la tiratina d'orecchie ^^ fanno sempre bene.
Buona lettura
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Jade accarezzò la canna della pistola con il dito indice indecisa sul da farsi.
“Imprudente!”.
Prese la pistola in mano.
“Incosciente!”.
Strinse la presa più saldamente.
“Testarda!”.
Alzò in aria l’arma e la puntò verso il bersaglio.
Rimase ferma in quella posizione, con il braccio teso e con la pistola puntata verso l’obiettivo.
Le parole di Gibbs le rimbombarono ancora nella mente.
Aveva agito d’istinto.
In fondo Jethro non era il promotore delle azioni indotte dall’istinto?
Levò la sicura con il pollice e rimase ferma in quella posizione mentre gli avvenimenti di qualche ora prima le affollarono la mente.
Jade si fermò sulla soglia della porta alla domanda di Boris “Che cosa volete che faccia”.
Aspettò qualche secondo, soppesando la sua richiesta e poi si voltò verso l’uomo lentamente, fissandolo indecisa sul da farsi e infine sorrise.
Si rimise a sedere, appoggiò la cartellina sul tavolo che porse al malvivente, estrasse la penna dalla tasca della giacca, tolse il cappuccio e la diede all’uomo.
- Tu non hai più scelta, scrivi su questo foglio ogni tuo movimento e cosa ti rimane da fare.- Ordinò seria.
La psicologa attese che l’uomo finisse di scrivere e poi lesse attentamente.
- Perfetto.- Affermò decisa.
Si alzò in piedi e rimase ferma a fissare il malvivente per qualche secondo.
- Domani sarai libero ma…-
Boris a sentire quelle parole alzò il viso di scatto e guardò sorpreso la donna.
- Ma…- Ripeté consapevole che la sua libertà avesse un prezzo.
- Mi presenterai a Juri come il tuo nuovo aggancio nella distribuzione della droga in città.-
- Impossibile!- Rifiutò il malvivente deciso.
- Non hai scelta Boris.- La psicologa si piegò sulle braccia avvicinando il viso al suo.
- Prendere o lasciare…- Disse sotto voce rilevando in quel modo l’ovvietà della risposta.
Jade si avvicinò all’uscita fermandosi per un attimo con la mano sulla maniglia.
- Vivo o morto.- Disse infine in tono serio chiudendo la porta dietro di sé.
La donna non fece in tempo a uscire che si ritrovò subito addosso lo sguardo gelido di Gibbs.
- Con me!- Disse Jethro assumendo il suo tono di rimprovero.
La Dottoressa Sash incrociò lo sguardo con Callen che stranamente era rimasto in silenzio ad assistere alla scena.
L’Agente era a braccia conserte, in piedi con le gambe leggermente divaricate, il corpo rigido e i muscoli contratti.
Il viso serio e teso non presagiva nulla di buono.
- Che c’è?- Chiese la donna non riuscendo a interpretare l’espressione tetra del collega.
Callen non le rispose e se ne andò in silenzio.
Jade, dopo un attimo di smarrimento, respirò a fondo e si apprestò a seguire Jethro per spiegargli il suo piano.
Gibbs la intercettò vicino all’ascensore, la afferrò per il braccio e la trascinò all’interno, bloccandolo subito dopo con un pugno secco sul pulsante.
- Come hai potuto fare una proposta del genere?!- Attaccò l’uomo imprigionando la donna all’angolo senza darle il tempo di reagire.
- Che cosa avrei dovuto fare secondo te?- Chiese Jade usando il suo stesso tono di voce.
- Sei un’imprudente! Che cosa ti dice la testa.- Continuò Jethro senza badare alla sua domanda sbattendo il pugno sulla parete vicino alla faccia della donna.
- Non è per niente vero! Ho agito d’istinto! Non potevo perdere quella opportunità.- Si giustificò.
- Incosciente.- Gibbs avvicinò il viso al suo.
- Sono l’unica che Juri non conosce. Chi dovevo affiancare a Boris? Callen? La sua copertura è stata bruciata. Preferivi Tony? È troppo vulnerabile in questo momento, non è lucido per affrontare una missione del genere. Oppure credevi che avrei sacrificato direttamente Ziva?- Chiese Jade irritata senza distogliere lo sguardo neanche per un secondo da quelle iridi di ghiaccio.
– Testarda.- Decretò infine Gibbs perdendosi in quegli occhi così fieri e decisi.
Si staccò da lei dopo qualche secondo di silenzio che parve a entrambi un tempo interminabile e si appoggiò alla parete.
- Tu non sei un’Agente operativa.- Decretò Gibbs mettendo fine a quella discussione e uscendo dall’ascensore.
Al ricordo di quelle ultime parole taglienti il colpo partì dalla pistola.
Fuori.
Un altro sparo.
Fuori.
Il terzo.
Parte bianca della sagoma.
Il quarto.
Braccio destro della figura.
… e infine il quinto: spalla destra.
Jade, a quell’ultimo colpo, rimase ferma a osservare il buco dello sparo nella sagoma.
“Non sei un’Agente operativa”.
Fredde.
Dure.
Taglienti.
Parole vere, ma che fanno male.
No! Non era un’Agente operativa ma aveva fin troppo capito a sue spese come gestire quelle situazioni.
Prese il nuovo caricatore, lo inserì, tirò indietro il carrello per caricare il colpo e si preparò a sparare.
- Non così.-
La voce bassa dell’uomo bloccò i suoi movimenti.
Jade girò lentamente la testa e si scontrò con il viso di Gibbs.
Jethro si avvicinò meglio alla donna facendo aderire il corpo alla sua schiena.
Le dita dell’uomo scivolarono sul braccio della donna fino a raggiungere la sua mano.
La Dottoressa Sash seguì i gesti dell’Agente come se fosse ipnotizzata da essi.
Un brivido caldo le partì dallo stomaco fino ad arrivare alle guance imporporandole di rosso.
- Rimani rilassata.- Ordinò l’Agente in tono basso.
“La fa facile lui!” Pensò Jade tesa nel sentire attaccato a sé il corpo di Jethro.
Gibbs prese entrambe le mani della donna e le fece afferrare la pistola saldamente mentre le sue le ricoprivano.
- Punta l’arma verso il bersaglio, tieni stretta la presa ma, nello stesso tempo, dai mobilità al pollice e soprattutto all’indice.-
Il fiato caldo della sua voce le accarezzò il collo scoperto.
Jade istintivamente chiuse gli occhi e si concentrò sul suono delle parole.
- Porta l'indice sul grilletto e quando sei pronta, delicatamente tira indietro…-
Gibbs eseguì gli stessi movimenti insieme alla psicologa.
- Non avere fretta, solo quando avrai visualizzato l’obiettivo, spara!-
Fu un attimo.
Il grilletto arrivò alla fine.
Jade aprì gli occhi e il colpo partì centrando in pieno la testa della sagoma.
La donna rimase ferma per qualche secondo fissando il buco nella figura.
Si girò lentamente verso l’uomo che con un’alzata di spalle, quel suo solito sorriso sghembo a metà labbro e lo strano scintillio nello sguardo confermò quello che era appena successo.
- Va bene.- Disse infine Gibbs spezzando il silenzio che era calato tra loro.
La psicologa sorrise teneramente.
“Non mi abituerò mai” pensò soddisfatta di costatare che per l’ennesima volta l’enigmatico uomo che aveva di fronte aveva infranto ancora le sue deduzioni su di lui.
- Ma…- Tentò di dire.
Gibbs prontamente le appoggiò il dito indice sulle labbra facendola tacere all’istante.
- Si fa a modo mio.- Affermò con tono autoritario prima di andarsene.
Jade rimase lì, ferma, immobile senza riuscire a muovere un solo muscolo.
Tutto di lei era sotto sopra.
“Dio mio…” riuscì solo a pensare portandosi automaticamente la mano al petto per far smettere quella corsa che improvvisamente aveva preso a battere il cuore e lasciare libero il respiro che involontariamente aveva trattenuto.
Erano ore che era seduta alla sua scrivania a controllare quel fascicolo.
Jade fece scorrere velocemente lo sguardo sul foglio, dove vi erano appuntati delle annotazioni scritte a mano.
Respirò a lungo, lasciò cadere il documento sul tavolo, si levò gli occhiali.
Prese a massaggiarsi gli occhi stanchi e si appoggiò pesantemente allo schienale della sedia.
Chiuse gli occhi nel vano tentativo di rilassarsi e mettere ordine ai pensieri che le affollavano la mente.
Un lieve spostamento d’aria e un fruscio di un sacchetto di carta la riportarono alla realtà.
- Insalata per te e cinese per me.- Disse l’uomo tranquillamente appoggiando i piatti sulla scrivania.
- Jethro…- Riuscì solo a dire.
Gibbs si fermò e la osservò attentamente in attesa che lei continuasse ma poi capendo dove volesse arrivare, accennò un sorriso.
- Non si può organizzare un piano ben congeniato senza aver nulla nello stomaco.- Si giustificò.
Lunga
l’attesa ma grazie al periodo di convalescenza ho ritrovato quel “tempo perduto”
che prima di questa botta d’arresto non avevo.
Ora
non rimane altro che goderci il seguito … ma prima un piccolo riassunto (grazie
a roxy_xyz per l’idea)…
“Dove
eravamo”
Il
passato torna a tormentare l’Agente Ziva David. La sua vita è in pericolo e il
Direttore Vance ha incaricato la psicologa Dottoressa Jade Sash e l’Agente
speciale G Callen, del gruppo unità speciali dell’Ncis di Los Angeles, di
indagare e proteggere in modo invisibile l’Agente David.
Il
passato ritorna, non solamente per Ziva, ma anche per tutta la squadra,
specialmente per Gibbs perché Jade Sash è la copia esatta dell’Agente defunto
Caitlin Todd: Kate.
Ziva,
nell’ultimo caso su cui stavano investigando, si ferisce nel tentativo di
salvare Gibbs da morte certa.
Il
periodo di convalescenza porta Tony e Ziva a un avvicinamento e a confrontarsi
con i loro sentimenti.
DiNozzo
è deciso e sicuro di quello che sente, mentre l’Agente David rifiuta i suoi
sentimenti solo per paura di quello che potrebbe accadere a loro e alla squadra
se il suo rapporto con Tony cambiasse.
Callen,
nel frattempo, decide di entrare in contatto con Ziva, stringendo amicizia con
la donna e fingendosi un proprietario di un negozio di articoli sportivi.
L’Agente
David, a sua volta, si crea una nuova identità che le permette di sottrarsi
alla difficile situazione che sta vivendo in quel momento.
La
Dottoressa Sash entra a far parte della squadra di Gibbs per verificare come
lavora il team e osservare ognuno di loro, specialmente Jethro dal quale si
sente attratta fin da subito.
La
copertura di Callen salta quando dei malviventi intercettano lui e Ziva al
parco nel tentativo di rapire quest’ultima, ma grazie anche all’intervento di
DiNozzo, riescono ad arrestarli.
Il
passato di Ziva ritorna pesantemente ed è legato a un unico uomo: Jurij VladimirovičDolgorukij.
Uno dei più potenti uomini malavitosi del
contrabbando di droga e tratta di donne in Russia che in passato, quando ancora
l’Agente David era alle prime armi, aveva sedotto e ingannato solo per
introdurla nel suo giro di affari.
Ari, il fratellastro di Ziva, intervenne
in suo aiuto, uccise Jurij e la portò via da quello schifo mettendola in salvo,
poco prima di ritornare a Washington per occuparsi della sua vendetta dove
avrebbe ucciso l’Agente Todd.
Tony e Ziva finalmente si riconciliano e
lei si lascia trasportare dai sentimenti che prova per lui.
Siamo
arrivati alla resa dei conti.
Jade
e Gibbs si scontrano sul modo di intervenire, anche perché la psicologa si
offre volontaria per agire in prima persona nel caso.
I
due, alla fine, riescono a trovare un punto di collaborazione per catturare in
modo definitivo Jurij e distruggere il suo giro d’affari.
Che
succederà ora?
Buona
lettura
Light
-
Sei pronta?- Chiese Gibbs entrando nella stanza.
Jade
uscì dal camerino e aspettò il giudizio dell’uomo.
Jethro
nel vederla rimase senza parole.
Lasciò
vagare lo sguardo sul suo fisico: aveva indossato una minigonna di seta leggera
che la fasciava morbidamente le cosce, un top scollato che mostrava
generosamente il suo decolté e sinuosamente disegnava la sua figura femminile.
Una
goccia di diamante, sostenuta da una leggerissima catenina in oro bianco,
brillava a ogni movimento in armonia con le stesse pietre che portava ai lobi
delle orecchie che le illuminavano lo sguardo furbo.
Il
trucco leggero sul viso portava in inganno restituendo un’immagine gentile e
dolce, mentre il colore rosso brillante delle labbra invitava a pensieri non
proprio casti svelando la sua vera natura di cattiva ragazza.
I
capelli rossi, solitamente lisci e spettinati, erano stati pettinati in un
mosso riccio che ondeggiavano dolcemente a ogni suo movimento.
Jade
si avvicinò lentamente all’uomo con passo sicuro e deciso senza perdere la sua
eleganza.
Il
braccialetto di diamanti e perle scivolò più in giù quando la donna alzò il
braccio picchiettando l’indice sulla giacca dell’uomo.
-
Non mi dici niente Jethro?- Lo stuzzicò.
Gibbs
s’ipnotizzò sulle sue labbra e dopo qualche secondo di blocco fece scivolare
nuovamente lo sguardo sulla figura della donna.
La
Dottoressa Sash trattenne il fiato sentendo gli occhi dell’uomo su di sé come
se invece di osservarla la stessero spogliando semplicemente con quel tocco
leggero.
Si
maledisse mentalmente per averlo istigato, in fin dei conti doveva aspettarsi
una reazione del genere.
-
Io… cioè noi… sì…- Iniziò balbettando qualcosa imbarazzata.
Si
morse il labbro per tenere a freno le sue emozioni e cercare di mettere in
ordine in tutta quella confusione che con una semplice occhiata l’uomo le aveva
generato.
-
E’ meglio andare.- Disse infine risoluta.
Jade
mosse i primi passi ma fu subito fermata dall’Agente che le circondò la vita
con il braccio destro trascinandola leggermente verso di sé, quel tanto che gli
bastava per immergersi nel suo profumo delicato dall’essenza di pesca che lo
portava come di consueto ad un piacevole stordimento dei sensi.
I
due rimasero fermi in quella posizione per qualche secondo senza né dire e fare
niente.
Un
tempo indefinito dove le parole erano le uniche cose superflue.
-
L’auricolare.- Sentenziò Gibbs.
-
Come?- Chiese Jade risvegliandosi da quel torpore.
L’uomo
le portò il ciuffo ribelle dietro l’orecchio, le collocò il bottoncino sulla
clip dell’orecchino.
La
donna infastidita si scostò da lui di qualche passo e si tolse immediatamente
con rabbia il microchip.
-
Ne avevamo già parlato Gibbs. È pericoloso! Mi sembra che eravamo d’accordo:
niente di tutto questo!!- Gli porse la cimice.
Jethro
come risposta le regalò uno dei suoi sguardi gelidi.
-
E’ inutile, non attacca con me quello sguardo!- Senza aggiungere altro uscì
dalla stanza.
Tony
e Ziva smisero di parlare quando videro Jade camminare come un generale in
direzione dell’ascensore.
-
Aria di guai.- Sorrise DiNozzo.
La
collega non aggiunse altro, rimase in silenzio, appoggiandosi allo schienale
della sedia sovrappensiero mentre picchiettava debolmente la penna sulle
labbra.
-
Occhioni belli togliti dalla testa subito quello che hai appena formulato. Non
esiste.- Avvertì severo.
Ziva
rivolse lo sguardo verso di lui.
“Da quando in qua interpreta i miei pensieri?”
si chiese sorpresa.
-
E’ stata un’idea della Dottoressa Sash esporsi: in fin dei conti sia tu, Callen
ed io siamo fuori gioco.-
-
Ma…- Tentò Ziva di ribattere sporgendosi verso di lui ma il dito indice di Tony
appoggiato sulle labbra la fece desistere.
-
Le guarderemo le spalle.- Assicurò. – Andrà tutto bene ci siamo noi come
angeli custodi.- Sorrise sornione.
Ziva
a quelle parole si rilassò.
-
DiNozzo quando hai finito di tubare vai a preparare l’auto.- Disse Gibbs in
tono autoritario lanciandogli le chiavi dall’auto.
-
Sì capo!- Scattò l’Agente all’ordine e si volatilizzò.
-
Vi voglio al garage tutti fra cinque minuti!- Decretò il capo.
Ziva
gli si avvicinò silenziosamente.
-
Gibbs.- Disse in un soffio.
-
No.- Rispose.
-
Non puoi permettere alla Dottoressa Sash di andare da sola, non è un’Agente
operativa, non è mai stata realmente sul campo.-
Jethro
si bloccò lasciando scivolare la documentazione che stava osservando sulla
scrivania e guardò la donna negli occhi.
Incontrò
uno sguardo preoccupato, iridi nere tristi ma nello stesso tempo arrabbiate,
insofferenti per non potere agire in prima persona in uno scontro che era nato
solo a causa sua.
-
Non sarà sola.- Decretò mettendo fine a quella conversazione.
-
In garage.- Ordinò prima di andarsene.
-
Wow!! – Esclamò Tony non appena vide Jade.
La
donna si girò a guardarlo sorpresa.
-
Vuoi farmi uccidere…- Si fermò un attimo a pensare. - … no, mi sa che moriresti
prima tu per mano della tua donna.- Rise divertita.
DiNozzo
a quella possibilità sbiancò all’improvviso e si guardò in giro con
circospezione nella speranza di non trovarsi Ziva dietro le spalle.
Resosi
conto di quello che la donna aveva appena affermato, la fissò sconcertato.
-
Come sai che io e Ziva stiamo insieme, non l’abbiamo ancora detto.- Obiettò.
-
Esatto…- Disse la donna. – Me l’hai confermato ora facendo il suo nome,
in fondo poteva essere chiunque la tua donna, ma chissà perché, tu hai fatto
proprio il nome dell’Agente David.- Sorrise divertita.
-
Cosa c’entro io?- Chiese Ziva in tono severo intervenendo nella conversazione.
Tony
si allentò il nodo della cravatta e deglutì rumorosamente.
-
Niente, niente.- Disse cancellando con la mano quelle ultime parole ancora in
sospeso nell’aria.
-
Dov’è Gibbs?- Chiese Callen seguito da Mcgee.
-
Dietro di te.- Rispose il capo.
Tutti
i presenti si girarono a guardarlo e nessuno disse niente.
Jethro
si era cambiato e invece del suo consueto abbigliamento composto da pantalone
sportivo, giacca e polo aveva indossato un paio di pantaloni nero lucido, una
camicia di colore nero che faceva risaltare ancora di più il suo sguardo
azzurro e la fisionomia delle spalle.
“Così
è da infarto!” pensò Jade estasiata dall’immagine dell’uomo.
-
Capo…- Disse incerto Tony rompendo il silenzio che era calato.
-
Io andrò con la Dottoressa Sash, Callen e David ci guarderete dall’alto,
DiNozzo e Mcgee ci seguirete a distanza.
Jade
entrò in macchina, si mise a fianco dell’uomo e aspettò che si fossero avviati
per toglierli la benda.
Boris
sbatté un paio di volte le palpebre per abituarsi alla luce del giorno.
-
Dove mi state portando?- Chiese rivolgendo alla donna uno sguardo truce.
La
Dottoressa Sash per risposta gli porse un telefono cellulare.
-
Chiama Juri, avvisa che stiamo arrivando e che porti con te una delle più
grosse possibilità per aumentare il suo traffico di droga nel paese come
abbiamo concordato prima.-
-
Se mi rifiutassi?- Domandò spavaldo.
-
Semplice…- attese qualche secondo prima di continuare: - Sei morto.- Rispose
semplicemente sistemandosi più comodamente sul sedile.
L’uomo,
bianco in volto per quell’ipotesi, afferrò il cellulare dalle mani della donna
e compose il numero del malvivente.
Gibbs
sorrise appena, soddisfatto dalla reazione della donna.
-
Passerotto, in posizione?- Disse Tony senza perdere di vista il capo e Jade.
Ziva
chiuse gli occhi con stizza sentendo quel soprannome mentre Callen se la
rideva.
-
Hai finito?- Guardò severa G.
-
DiNozzo mi sa che avrà vita breve.- Rise più forte.
-
Sì orsacchiotto, visuale sull’obiettivo.-
Mcgee
sentendo il nomignolo sputò il sorso di caffè che stava bevendo ridendo come un
matto.
-
Smettetela voi due altrimenti vi spedisco a casa a calci!-
La
voce severa e dura del capo ammonì i due agenti.
-
Entriamo in azione. Chiudo comunicazioni.- Riferì prima di togliersi
l’auricolare.
-
Signora, siamo arrivati.- Avvisò Gibbs abbassando il vetro retrovisore.
I
due si scambiarono uno sguardo d’intesa.
-
Boris Alexej che bella sorpresa.- Lo accolse un uomo sulla
quarantina, dal fisico slanciato vestito completamente in bianco, pelle avorio
e occhi di ghiaccio, lineamenti marcati e una grossa cicatrice che gli solcava
il viso.
- Signor Dolgorukij è sempre un piacere
vederla.- Gli porse la mano che l’uomo afferrò con una stretta sicura e forte.
Jurij
guardò dietro le spalle dell’uomo.
- Chi c’è in macchina?- Chiese con un
misto di diffidenza e curiosità .
- Il mio nuovo contatto che le farà
incrementare il suo giro d’affari nel paese. Non se ne pentirà.- Sorrise
sornione.
Fece un cenno all’auto.
Gibbs scese, girò intorno alla macchina e
aprì la portiera posteriore.
Jurij
incuriosito avanzò di qualche passo verso il mezzo uscendo allo scoperto.
A
Ziva, che stava osservando la situazione dall’alto del palazzo di fronte, si
gelò il sangue nelle vene quando vide il viso dell’uomo.
-
Non può essere.- Disse in un soffio premendo leggermente, in un gesto quasi
istintivo, l’indice sul grilletto.
-
Ehi.- Callen le appoggiò delicatamente la mano sulla spalla.
L’Agente
a quel contatto rilassò la mano togliendo il dito dal grilletto.
-
Rimani concentrata.- L’ammonì serio.
La
donna chiuse gli occhi per un attimo per ritrovare la concentrazione e
scacciare i fantasmi del passato.
“Come
può essere?” Si chiese mentalmente.
Gibbs
porse la mano alla donna all’interno dell’auto e la aiutò a uscire.
Lei
appoggiò il piede destro a terra mettendo in risalto la sua gamba nuda con un
gesto lento e sensuale.
-
Grazie Leroy.- Sorrise all’uomo che come risposta sollevò appena l’angolo
destro del labbro superiore in un gesto divertito.
- Signor Dolgorukij le presento la
signora Sash.-
La donna sorrise seducente.
- Jade.- Gli porse la mano che l’uomo
afferrò con cavalleria poggiando appena le sue labbra mentre i suoi occhi scivolavano
sul suo corpo.
- Incantato. Che cosa posso fare per lei?-
Domandò gentile.
Jade rise divertita.
- Signor Dolgorukij…- Ma la bloccò.
- Jurij la prego.- Sorrise ammiccante.
-
Jurij…- Ripetè Jade con voce sensuale - … sono io che posso fare qualcosa per
te.-
-
Immagino.- Rispose viscido analizzando attentamente il fisico della donna soffermandosi
al suo decolté.
Un
brivido di disgusto percorse il suo stomaco che le lasciò un gusto amaro in
bocca.
-
Leroy mostra a Jurij il regalino che gli abbiamo portato.- Ordinò gentile.
Gibbs
prese dalla macchina la valigetta e la aprì di fronte all’uomo mostrandogli il
suo contenuto.
-
Questo non è niente, un semplice dono per la nostra collaborazione futura. Ne
ho di tutti i tipi e per tutte le esigenze mi manca solo il contatto giusto per
trasportarla.- Continuò decisa mentre il malvivente toccava con mano la merce
preziosa.
L’uomo
tagliò con il coltellino uno dei sacchettini e ne prese un assaggio.
-
Pura, fine…- Costatò. – Credo proprio che ne possiamo parlare…- Sorrise
soddisfatto. – Ma non qui.-
Si
avvicinò alla donna e le cinse la vita con il braccio trascinandola vicino a
sé.
-
Seguimi.- Le sussurrò all’orecchio.
Gibbs
all’atteggiamento dell’uomo scattò in favore della donna.
-
Perché non dice al tuo cane da guardia di stare a cuccia.-
Jade
si girò verso l’Agente e gli intimò con lo sguardo di stare fermo.
-
Scusalo ma Leroy non è molto socievole soprattutto con le persone che non
conosce e che si prendono certe libertà o mi si avvicinano troppo…- Lo guardò
intensamente. -… comunque lui viene con me.- Rispose risoluta senza lasciargli
la possibilità di ribattere.
Jurij
rimase sorpreso dal comportamento della donna e dopo un attimo di smarrimento
sorrise.
-
Va bene, seguitemi io non tratto qui gli affari importanti. Jade verrai con me
mentre il tuo cane da guardia farà
compagnia a Boris.- Sorrise sornione.
-
Passerotto prendi il volo.- Ordinò Tony.
Ziva
e Callen si scambiarono uno sguardo d’intesa, recuperarono l’attrezzatura e
corsero a raggiungere la macchina dove li stavano aspettando i colleghi.
-
Perché si stanno muovendo?- Chiese l’Agente David nervosa.
-
Cambieranno location. Jurij è un tipo sospettoso e i suoi affari li tratta
altrove dove si sente più al sicuro.- Rispose Callen in tono serio.
Tony
lanciò uno sguardo indagatore a Ziva che era concentrata a guardare fuori dal
finestrino.
-
Allora passerotto c’era bel tempo lassù?- Ironizzò sorridendo sotto i baffi e
si congratulò nuovamente con se stesso per aver trovato quel nome in codice.
La
collega come risposta gli rifilò uno dei suoi sguardi duri mentre gli altri se
la risero.
-
Stupido.- Disse sottovoce alzando impercettibilmente l’angolo destro della
bocca verso l’alto.
-
Chissà quali sono le vere intenzioni di Jurij?- Chiese Mcgee ad alta voce
analizzando il percorso che stavano percorrendo.
Il
silenzio calò nell’abitacolo nessuno al momento seppe rispondere alla domanda.
-
Vuole me.- Rispose infine Ziva centrando il punto della verità.
Continua…
Bene,
bene, ormai manca poco alla fine.
Il
prox chap è in lavorazione e prossimamente sarà pubblicato.
Ci stiamo avvicinando
pericolosamente alla fine… ma non voglio svelarvi altro
Buona lettura
Light
- Prego accomodatevi.- Jurij indicò il divano ai tre ospiti.
- Complimenti è un posto
meraviglioso!- Disse Jade ammirata.
- Una villa immersa nel
verde e hai persino un laghetto!! – Continuò
guardandosi attorno. - … che bella sorveglianza.- Osservò noncurante e in tono
più basso lasciando vagare lo sguardo sull’intera zona mentre cercava di
trovare dei punti deboli e giocherellava con il cellulare.
- Sono contenta che ti
piaccia…- Iniziò Jurij avvicinandosi -… mi farebbe molto di più piacere se
rimanessi qui a pranzo.- Le sussurrò all’orecchio.
La mano dell'uomo scivolò
lentamente dalla spalla della donna fermandosi in vita per attirarla a sé
dolcemente coprendole in quel modo la visuale sul giardino.
Gibbs strinse forte i pugni infastidito dalla
libertà che l’uomo si stava prendendo con la collega.
I suoi occhi assunsero un
colore indefinito dall’azzurro profondo al bianco freddo.
Jade sentì lo sguardo truce dell’Agente su di
sé e si staccò leggermente dal malvivente.
Posò i suoi occhi su Gibbs e gli intimò di smetterla con quell’atteggiamento.
- Ci facciamo una
passeggiata nel parco?- Chiese tutto un tratto Jade
accorgendosi della posizione di difesa che Jurij aveva assunto.
Ignorò l’occhiata omicida
che le aveva rivolto Jethro e prese sottobraccio
l'uomo per incoraggiarlo.
Quest'ultimo stesso si
dimostrò sorpreso della richiesta della donna, ma acconsentì solamente dopo
qualche secondo di smarrimento.
Gibbs fece un passo per seguire i due come
un’ombra silenziosa ma Jade lo bloccò appoggiandogli
la mano al petto.
- Leroyrimani pure qui a far compagnia a Boris.- Disse
gentile.
- Signora…- Tentò di
protestare.
- Non ti preoccupare Leroy la tengo d’occhio io.- Rispose divertito il malvivente dandogli qualche
pacca con la mano sulla spalla.
Gibbs a quella strafottenza s’irrigidì,
trattenne il pugno che era pronto a colpire la faccia da schiaffi che aveva di
fronte e rimase fermo nella sua posizione di spettatore.
- Andiamo?- Jurij indicò
la strada con un gesto della mano.
- Jade
ha inviato delle foto.-
Disse a un tratto McGee.
Callen sorrise all’intraprendenza della donna.
- Sono le foto della
villa.-
Un fischio di ammirazione
partì da Tony.
- Però
si tratta bene.-
- Troppa sorveglianza.-
Dissero in coro Callen e Ziva.
I due si guardarono e
sorrisero.
DiNozzo tossicchiò per l’irritazione che gli era
nata nello stomaco a quel gesto.
- Le invio ad Abby così potrà confrontarle con la planimetria della villa
e vedere i vari punti deboli.-
- Bellissimo giardino.- Jade sorrise a Jurij mentre apriva la porta della stanza in
cui si trovavano Gibbs e Boris.
- Allora siamo d’accordo.-
Disse il malvivente. – A questa sera.-
Le prese la mano e gliela sfiorò con un bacio.
- Alexejvieni un attimo con
me che ti lascio quella bottiglia di vodka che tanto aspiravi, te la sei
proprio meritata per avermi fatto conoscere uno splendore come Jade.-
Boris guardò sorpreso
l’uomo, ma poi ricambiò la sua gentilezza con un sorriso soddisfatto.
Gibbs aspettò che i due uscissero dalla stanza
per avvicinarsi a Jade.
- Che cos’è questa storia
della cena?- Chiese l’Agente nervoso.
- Solo un modo per
conquistarmi la sua fiducia e il suo… beh solo un modo per rimorchiarmi.-
Rispose divertita.
“Oddio adesso mi uccide”
pensò subito Jade accorgendosi che i lineamenti del
viso dell’uomo erano diventati più marcati e la
giugulare aveva iniziato a pulsare velocemente.
- Jethro…-
iniziò con calma appoggiandogli la mano al petto. – Fidati di me.-
L’Agente le prese
dolcemente la mano, fece un lungo respiro prima di parlare.
- Mi fido.-
La donna nel sentire
quelle due semplici parole si rilassò anche lei.
Avevano lasciato da poco
la casa di Jurij e stavano tornando a casa.
Un veloce scambio di mezzi
in un vicoletto appartato e Alexeij era passato in
custodia a Callen e McGee, Ziva e Tony erano rimasti di guardia e Gibbs
aveva accompagnato a casa Jade.
- McGee
arriverà tra poco con l’attrezzatura: cimici, videocamera, microfono tutto deve
essere apposto questa volta.- Affermò autoritario guardandosi attorno.
- Quella è la mia camera,
vuoi mettere telecamere anche lì?- Chiese Jade
cercando di non ridere divertita dall'atteggiamento iperprotettivo dell'uomo.
Jethro si bloccò sull’uscio della stanza.
Osservò l’interno, lasciò
vagare il suo sguardo soffermandolo su alcuni punti che catturarono il suo
interesse.
Il grande letto che
padroneggiava in mezzo alla camera.
Il vaso di tulipani rossi
che elegantemente era stato appoggiato sul comò.
La vestaglia di seta nera
abbandonata sulla sedia vicino allo scrittoio.
Chiuse gli occhi per un
attimo.
Respirò a fondo.
“Eccolo qua.” Pensò soddisfatto riconoscendo nell’aria il profumo di
pesca della donna.
- Lo sai che se fossi te
in questo momento ti arriverebbe un bel scappellotto?
Niente distrazioni Agente Gibbs.- Avvertì scherzando.
Jethro si girò per incontrare i suoi occhi che
brillavano di furbizia.
Rimase a osservarli per
qualche secondo curioso per quello strano luccichio che impreziosiva le sue
iridi non rendendosi conto che in quel modo stava mettendo in soggezione la
donna, la quale si portò a debita distanza da lui.
- Mi vuoi dire di cosa
avete parlato?- Chiese cercando di resistere al magnetismo che stava provando
in quel momento per lei.
La donna tentò di
allontanarsi ancora di qualche passo ma lui la bloccò per un braccio.
Il cuore di Jade prese a battere velocemente appena entrò in contatto
con lui.
- Non si fida di me.- Disse infine.
Abbassò la testa mentre il
silenzio calò tra i due.
- Per questo ti sei
esposta e hai accettato il suo invito a cena.-
Continuò serafico Gibbs.
- Jurij sta progettando
qualcosa, è stato fin troppo conciliante…- riprese la donna guardandolo dritto
negli occhi. – Non è solo per merito del mio fascino.- Sorrise
aspettandosi una reazione da parte dell’Agente ma che non arrivò.
Delusa liberò la mano da
quella di Gibbs e andò a sedersi sul divano.
Jetrho, dopo qualche istante, si sedette
accanto a lei e con un gesto veloce le appoggiò la mano sul viso e glielo voltò
in modo che si potessero guardare negli occhi.
- Il tuo fascino non rende
le persone concilianti.- Affermò serio.
I loro visi erano
tremendamente vicini e come se qualcuno li stesse spingendo l’uno verso l’altro, le loro labbra si sfiorarono prima
timidamente per poi prendere sempre di più consapevolezza di quel gesto e
affogare nel mare dei loro sentimenti.
Gibbs spinse dolcemente Jade
all’indietro facendola distendere sul divano seguendo il movimento con il suo
corpo, senza mai abbandonare le sue labbra.
La mano di Jethro iniziò a sfiorare la gamba nuda della donna con un
gesto lento e delicato verso l’interno.
Jade, a quel gesto, trattenne il respiro ma
quando sentì Gibbs lasciare le sue labbra per
prendere a baciare il suo collo e seguire chissà quale percorso invisibile, non
poté trattenere un gemito estasiato.
La melodia di una dolce
musichetta si diffuse nell’aria risvegliando i due amanti dal loro torpore.
I due si guardarono negli
occhi.
- Il tuo cellulare.- Disse
Jethro ripresosi prima da quel contatto.
- Come?- Chiese Jade ancora frastornata.
- Sta squillando il tuo
cellulare.- Ripetè con calma ancora sopra di lei.
Jade si sollevò con le braccia ma quel gesto
la portò ancora più vicino alle labbra dell’uomo.
- Scusami.- Disse quasi senza fiato.
- Mai scusarsi…- L’alito caldo delle sue parole le accarezzò le labbra prima
di levarsi e rimettersi a sedere.
- Devo tirare a indovinare
o me lo dici tu a cosa stai pensando?- Chiese a un tratto Tony non sopportando
più il silenzio di Ziva.
- Niente.- Fu l’unica
parola come risposta che ricevette.
Tony uscì dalla macchina e
con un gesto di rabbia chiuse la portiera.
Respirò a fondo per
calmarsi.
Guardò in alto nel cielo.
Era una bellissima serata.
Le stelle, come piccoli
diamanti, brillavano alla luna chiara, limpida che si mostrava alla terra in
tutta la sua piena bellezza.
Girò intorno alla
macchina, picchiettò vicino al finestrino di Ziva e
quando lei lo abbassò, si piegò alla sua altezza.
La donna lo guardò
sorpresa rilassandosi sul sedile, allungò una mano verso il viso dell’uomo e
gli accarezzò una guancia.
Tony, incoraggiato da quel
gesto, si porse verso di lei ed entrò con la testa nell’abitacolo fino a
raggiungere le sue labbra e baciarla.
- Parla con me Ziva.- Disse quasi in una supplica
disperata dispiaciuto di vedere sul suo viso quell'ombra di tristezza mista
amarezza.
Tony si alzò in piedi, si
appoggiò alla macchina a braccia conserte, accavallò le gambe una sull'altra e
attese un gesto della compagna.
Ziva aprì la portiera, scese dalla macchina e
si mise al suo fianco.
- Credevo veramente che
fosse morto.- Disse a un tratto.
DiNozzo preferì non parlare e attese
pazientemente che la collega si aprisse con lui.
L’Agente David, dopo
quell’attimo d’indecisione, lasciò libere le parole e confessò tutto quello che
doveva raccontargli.
Tony, in segno di protezione, circondò
con il braccio le spalle della collega attirandola a sé e stringerla tra le sue
braccia mentre le sue parole gli ferivano l'animo.
Rimasero per qualche minuto in
silenzio quando Ziva finì di raccontare, godendosi la
pace della sera.
DiNozzo respirò a fondo e poi sorrise.
- Sai, potrei essere geloso di Jurij ...- Iniziò in tono serio stringendo con forza a sé la
donna. - ... se non sapessi che per te esisto solo io e mi ami follemente.-
Terminò in tono divertito.
Si appoggiò con il mento sul suo capo
e respirò a fondo il profumo di vaniglia e rosa.
Ziva si rilassò nell'abbraccio dell'uomo e sentì uno
strano calore che si espandeva nel cuore.
Alzò il viso per guardarlo negli
occhi.
Rimase in silenzio per qualche istante
senza né dire e fare niente.
Si immerse in quegli occhi gentili e caldi.
Una strana sensazione di benessere
tranquillizzò il suo animo. Ogni volta che accadeva, rimaneva sorpresa per un
attimo incredula che tutto quello che sentiva, provava era per merito suo.
Sì lo amava, come non aveva mai amato nessuno.
Era un sentimento così forte che
quando ne prendeva consapevolezza aveva quasi paura a lasciarsi andare, come se
tutto potesse finire in un istante, ma bastava uno sguardo, un tocco gentile
della sua mano, un abbraccio, un suo bacio per calmare la paura e godersi
quella bellissima sensazione di estasi e pace.
- Che c'è?- Chiese Tony dolcemente
accorgendosi dello sguardo intenso che gli stava rivolgendo.
Ziva sorrise.
Un gesto che nascondeva quello che era
ovvio, ma che non dovesse essere detto a parole.
- Già...-
Confermò semplicemente appoggiando nuovamente la testa sulla sua spalla.
Tony soddisfatto comprese che cosa
volesse dire quell'unica parola e le appoggiò un bacio sul capo.
- Una sorpresa!- Esclamò Jade entusiasta dalla proposta che l’uomo al telefono le
aveva fatto.
Gibbs non l’aveva persa di vista un attimo. I suoi occhi
erano puntati sulla donna, attento a cogliere un gesto, un segnale che lo
potesse avvertire del pericolo.
La Dottoressa Sash
continuò ancora per qualche minuto a usare il tono civettuolo scherzando e
amoreggiando con il suo interlocutore.
- Aspettami.-
Terminò la telefonata.
Posò lo sguardo su Gibbs
e per un attimo al divano e subito la sua mente la riportò a quello che era
accaduto qualche minuto prima.
Un colore rosso imporporò le sue gote.
La donna automaticamente si portò la
mano al petto per cercare di tenere a freno i battiti del suo cuore.
“E’ successo veramente.” Pensò
incredula mentre sentiva ancora su di sé i baci che Gibbs
le aveva lasciato sul suo corpo.
- Tutto bene?- Chiese Jethro avvicinandosi.
- Sì.- Riuscì solo a dire ipnotizzata da lui.
- Che cosa ti ha detto?- Domandò
pensieroso.
- Jurji ha
cambiato programma. Mi ha detto che ha organizzato una bella sorpresa per me e
la cena si terrà a casa sua.- Spiegò. – Vuole farmi conoscere una
persona.-
- Un trafficante.-
- Molto probabilmente.- Affermò seria.
- Vai a cambiarti.- Ordinò serio.
Jade lo guardò in modo strano.
- Non vorrai presentarti questa sera
vestita ancora così?- Rilevò rispondendo alla muta domanda della donna.
- Non penso che Jurji
si lamenterebbe.-
Gibbs come risposta le scoccò una delle sue occhiatacce.
Ziva, ancora tra le braccia di Tony,
s’irrigidì avvertendo la sua presenza.
- Che succede?- Chiese DiNozzo accorgendosi del cambio d’umore della donna.
- Callen.-
Rispose seraficamente allontanandosi di qualche passo da lui.
- Cosa?- Domandò sorpreso
non riuscendo a capire il suo atteggiamento
- Avanti G vieni fuori!-
Disse nervosa.
L’Agente apparve da dietro
il tronco dell’albero sorridendo a entrambi.
“Peggio di un radar!” pensò divertito dall’istinto di Ziva.
- Bella serata, voi non
trovate?- Esordì avvicinandosi all’Agente David e le appoggiò un braccio sulla
spalla mentre lei lo guardava storto a braccia conserte.
- Cosa ci fai qui Agente Callen?- Chiese Tony seccato mentre in modo maldestro
toglieva il braccio dell’uomo dalle spalle della compagna e si poneva tra i
due.
- Mi manda Gibbs.
Piano cambiato. Jurij ha invitato a cena Jade a casa
sua, le vuole presentare una persona, probabilmente un trafficante. Saliamo in
macchina che vi spiego il piano.-
Continua…
Accipicchia… se fossi
in loro non sarei molto tranquilla… anzi non lo sono per niente.
Staremo a
vedere si prospetta una bella bomba di azione
Jurij si stava dimostrando
una persona amabile e un ottimo conversatore. I loro argomenti di discussione
spaziavano in diversi campi, dalla politica ai problemi sociali e culturali.
“Un tipo davvero interessante” pensò Jade
mentre lo ascoltava e con la coda dell’occhio scrutava l’altro ospite che era
rimasto per lo più in silenzio per tutta la durata della cena.
“Tipo troppo tranquillo questo Dimitri”costatò
nervosa.
L’uomo era un imprenditore
russo, e grazie al suo lavoro che gli faceva da copertura, era
riuscito a creare un grande giro di traffico di droga.
- Un’ottima cena.- Si congratulò Jade.
- Voglio farvi assaggiare
una buonissima vodka.- Propose Jurij.
- Ti ringrazio ma ora devo
andare a predisporre il tutto per dopo. Jade è stato
un piacere conoscerla e soprattutto sarà interessante fare affari con lei. Vi
aspetto al mio magazzino.- Disse Dimitri congedandosi.
Le prese la mano
gentilmente e le posò a fior di pelle un bacio.
Jurij e Jade rimasero da soli.
Si osservarono
attentamente come se volessero interpretare i pensieri dell’altro.
- Alla nostra
collaborazione che sia sempre fruttuosa come questa sera.-
Jurij le porse il
bicchierino di vodka per brindare.
Jade lo prese, lo alzò in alto e poi bevve
tutto d’un fiato.
- Va bene.- Confermò Ziva.
- No! Assolutamente no!-
Si oppose Tony con forza alla proposta che era stata appena fatta.
- DiNozzo!-
Lo richiamò all’ordine Callen mentre da parte della
donna si beccava un’occhiataccia d’ammonizione.
- Non c’è niente da
discutere. Bisogna portare in salvo Jade
assolutamente.- Continuò decisa e scese dalla
macchina, all’improvviso le era nata la voglia di respirare aria fresca.
- Gibbs
ti aspetta.- Continuò Callen
rivolgendosi a Tony prima di scendere dall’auto.
DiNozzo gli rivolse un’occhiata truce, afferrò
con forza le chiavi e mise in moto la macchina.
- Sei pronta?- Chiese G a Ziva.
- Quando vuoi.- Rispose seria la donna.
- Mia cara, Matt ti
porterà alla macchina, io arrivo subito dopo, un piccolo contrattempo ma ti
raggiungerò a breve, la nostra serata non può finire così.- Disse Jurij lasciando Jade
in compagnia del suo scagnozzo.
- Prego, mi segua signora Sash.- L’uomo le indicò la strada
verso il garage.
Matt aprì la portiera
dell’auto per far entrare la donna ma fu accolto dalla canna di una nove millimetri.
L’uomo uscì dal veicolo
non perdendo di vista il malvivente.
- Mani sopra la testa!-
Intimò, lo perseguì, gli mise le manette, lo imbavagliò e poi lo fece sedere in
auto.
- Stai bene?- Chiese alla
donna.
- Sì, tutto bene Tony.
Muoviamoci che Gibbs ci aspetta. E' tempo di fare la
festa a Dimitri.-
I due salirono in
macchina.
Il silenzio calò tra loro.
- Mi dispiace.- Disse a un tratto Jade
sentendosi colpevole.
- E’ il nostro lavoro.-
Rispose Tony con calma.
Accelerò la marcia
dell’auto per evitare di pensare a quello che sarebbe successo da lì a poco.
Jurij salì nella sua
limousine.
- AJ come mai è così
buio!- Protestò infastidito.
La luce si accese
all’improvviso nell'abitacolo rivelandogli la persona all’interno mentre l’auto
iniziò ad avviarsi.
- Ziva
David.- Disse l’uomo compiaciuto.
- Sei vivo Jurij.- Constatò con disgusto.
- Se fosse per tuo
fratello, sarei certamente morto, peccato che aveva fretta di tornare dalla sua
sorellina e non si è accertato delle mie vere condizioni.-
- Bella cicatrice.- Sorrise
prendendosi gioco di lui.
- In tua memoria.- L'uomo non si
lasciò impressionare.
- Che cosa vuoi da me Jurji?- Chiese Ziva centrando il
nocciolo della questione.
- La tua morte.-
Ghignò compiaciuto.
Il malvivente si strinse più forte la
cintura e si aggrappò al bracciolo del sedile proprio un attimo prima
dell’urto.
La limousine all’impatto con l’altro
mezzo fu sbalzata per diversi metri fino a capovolgersi su se stessa.
- Capo tutto bene?- Chiese l’uomo
aprendo la portiera.
- Aiutami a
uscire!- Rispose sprezzante leggermente stordito. – Prendi la donna!-
Ordinòindicando
Ziva che per l’impatto aveva sbattuto la testa ed
aveva perso i sensi.
- E di questo che ne facciamo?-
Domandò ancora indicando Callen nel posto del
guidatore. – Credo che sia morto, lo faccio sparire?- Propose.
- Lascialo
lì. Un piccolo regalo, da parte mia, per la Dottoressa Sash.
In fin dei conti sta sera le ho fatto un sacco di piaceri, uno in più non
guasta. Dovrebbe essere già soddisfatta così com’è visto che le ho permesso di
catturare Dimitri.-
Una risata sadica si diffuse nell’aria
gelando il sangue di tutti i presenti talmente la follia che emanava.
- Dimitri sei in arresto!- Dichiarò Gibbs cogliendo il malvivente con le mani nel sacco.
- Portatelo via.-
Ordinò agli agenti.
Si avvicinò a Jade
che era rimasta in un angolo a osservare la scena.
- Tutto bene?- Chiese Tony a Gibbs accorgendosi dell’espressione seria sul suo viso.
I due agenti si guardarono per un
lungo istante.
- Maledizione!- Esclamò DiNozzo quando riuscì a decifrare quello che il capo gli
stava per dire congli occhi,
strinse forte le mani a pugno per non cedere alla rabbia.
McGee arrivò con Callen proprio
in quel momento.
- G!- Disse la donna, corse verso l’uomo
e lo abbracciò con affetto.
- Sto bene Jade.- La rassicurò corrispondendo il suo abbraccio
per poi lasciarla andare.
- E’ tutta colpa tua! Dovevi
proteggerla!- Tony si scagliò contro l’Agente ma prima che lo potesse colpire
con il pugno, Gibbs lo bloccò per le spalle.
- Datti una calmata DiNozzo.- Lo ammonì. – Non
c’è tempo da perdere, dobbiamo agire subito. McGee?-
- Sì, capo. Ho rintracciato il segnale
del cellulare di Jurij. Si stanno dirigendo verso nord.-
- Andiamo!-
A quell’ordine i presenti scattarono
per entrare in azione.
Ziva sentiva la testa pesante.
Faticò ad aprire gli occhi
Era legata con mani e piedi a una
sedia posta in mezzo ad una stanza poco illuminata.
- Ti sei svegliata finalmente.-
La voce dell’uomo le arrivò ovattata,
come se lui fosse lontano mille miglia da lei, dovuto
solo molto probabilmente alla botta alla testa che aveva preso.
Penso che sia più forte di me,
quando sto per terminare una storia, entro in crisi.
Tutto diventa difficile e la
nebbia regna sovrana nella mia mente nascondendo a me stessa le visioni di come
andrà.
La mano, ad
un certo punto, così senza preavviso, con un tocco delicato, spazza via la
nebbia fitta e arriva sovrano il sole conquistando la scena.
Prima che continui con questo vaneggiamento,
andiamo avanti.
Buona lettura
Light.
- Vivi… per me. O tutto quello che sono, non sarà servito a niente.-
Qualche ora prima…
In auto il silenzio era calato
tra gli agenti, ognuno perso nei propri pensieri.
Tony strinse forte le mani a
pugno, cercando di tenere a freno la rabbia che provava in quel momento.
Il suo unico pensiero era
rivolto solo a lei: Ziva.
Una serie di domande affollò
la sua mente.
Se non fossero arrivati in
tempo?
Se lei avesse agito con la
rabbia nel cuore?
Se il passato si fosse preso
gioco del presente?
DiNozzo
chiuse gli occhi preoccupato.
Si sentiva inquieto, in preda
a quella strana sensazione che si sprigionava dentro, che ti logora lentamente
l’anima e che si può definire solamente con … paura.
Paura di perdere tutto quello che aveva conquistato.
Paura di non farcela a vivere senza di lei.
Paura di guardare in faccia la realtà.
Paura di capire che per loro non ci si sarebbe stato nessun futuro.
Paura, semplicemente paura, di non avere più Ziva al
suo fianco.
Respirò a fondo per calmarsi.
- Smettila.-
Disse severo Gibbs interpretando i suoi pensieri.
– Ricordati il piano!- L’ammonì duro.
- Sì capo!- Rispose Tony
aprendo gli occhi a sentire quell’ordine.
“Andrà bene.” Si disse.
Jurji
non aveva aggiunto altro e se n’era andato lasciandola lì da sola.
Ziva
lentamente aveva ripreso i sensi.
Solo quattro mura la
circondavo e poi il nulla intorno a sé.
Aveva poco tempo.
La donna cercò di muovere i
polsi per allentare la presa della corda che glieli teneva stretti.
Riuscì a far scorrere il
braccialetto, che indossava al polso, liberandolo dalla corda.
Se lo fece scivolare tra le
dita nel tentativo di trovare il dispositivo che Callen
aveva posto sotto la chiusura.
Un piccolo gioiello creato
dall’ingegno di Abby e McGee.
“Non appena tutto questo sarà
finito, farò un grosso regalo ai quei due… “ Si appuntò mentalmente.
“Sempre che…”
Fermò i suoi pensieri sul
nascere.
Ora, non aveva bisogno di
pensare all’inevitabile doveva rimanere concentrata.
“Eccolo!” urlò nella sua mente
sentendo la sporgenza, la schiacciò subito con il pollice e il medio e dopo un
flebile “bip” il rilevatore si attivò.
Ziva
respirò a pieni polmoni, trattenendo l’aria dentro di sé per diversi secondi
per poi lasciarla andare.
“Ora, non mi rimane che
attendere.”
- Capo! Ci siamo!- Esordì McGee rilevando la spia sul portatile.
Gibbs,
seguendo le indicazioni più precise di Tim, accelerò l’andatura del veicolo.
Tony guardò dallo specchietto
retrovisore Callen.
L’Agente era tranquillo e con
noncuranza scrutava fuori estraniandosi da quella situazione.
L’uomo, sentendosi osservato,
girò lo sguardo per scontrarsi con quello severo del collega.
G, chiuse per un attimo gli
occhi, non riuscendo a sostenere le iridi verdi che lo osservavano con astio.
Li riaprì dopo qualche breve
secondo e sostenne quello dell’uomo.
- Qualche problema DiNozzo?- Chiese infine.
Tony, a sentire quella
domanda, strinse ancora di più le mani a pugno mentre una voglia matta di
colpire quel viso lo incitava sempre di più nel farlo.
L’Agente tolse lo sguardo dal
collega e riprese ad osservare fuori.
Jade
fece scivolare la sua mano in quella di Callen e
gliela strinse forte.
La donna aveva intuito che
cosa stesse passando nell’animo del collega.
G, senza muoversi dalla sua
posizione, strinse piano la presa della sua mano, traendo da essa la
tranquillità che il suo corpo cercava in tutti i modi di trovare.
- Pronti ad
entrare in azione. McGee e Sash
con me dal lato sud, mentre DiNozzo e Callen entreranno dal lato nord.- Ordinò Gibbs
accostandosi al lato opposto della villa.
- Fate attenzione.- Si
raccomandò ai due agenti prima di separarsi.
Ziva
avvertendo il rumore degli spari spalancò gli occhi.
- Si entra in scena.- Disse in
un soffio.
Iniziò a contare i secondi e
attese che qualcuno entrasse nella stanza per portarla chissà dove.
Non dovette aspettare molto.
Un uomo grosso entrò
bruscamente, la prese di peso, la appoggiò sulle spalle come se fosse un sacco
di patate e non una persona e le puntò l’arma alla gola.
- Se pensi di fare qualche
scherzetto ti faccio fuori!- Intimò spingendo sempre
di più la canna della pistola sulla carotide.
I due avevano percorso pochi
metri nel lungo corridoio quando una voce alle loro spalle li bloccò.
- Non ti hanno insegnato che
non si trattano in quel modo le signore?-
- McGeerimani qui e sorveglia il lato ovest.- Ordinò Gibbs.
L’Agente con un cenno della
testa rispose di sì, mentre il capo con lo sguardo indicò a Jade
di seguirlo.
I due proseguirono lentamente
e con circospezione stando bene attenti ad ogni
piccolo rumore.
Arrivarono alla porta del
grande salone, dove Jurji li aveva ospitati la prima
volta.
- Ci siamo.- Affermò Jade fermando Jethro per il
braccio. – Tornerà qui a prendere quello che ha nascosto.-
- Rimani fedele al piano.-
Intimò alla donna con un lieve tono d’ansia che tradiva la sua compostezza.
Jade
appoggiò la sua mano sulla guancia dell’Agente e sorrise dolcemente.
- Andrà tutto bene.- Lo
rassicurò.
L’energumeno si girò di scatto
sentendo quella voce irriverente alle sue spalle.
Gli occhi dei due agenti si
scontrarono perdendo entrambi un battito del cuore nel costatare che l’altro
stava bene.
- Togliti dai piedi.- Minacciò
il malvivente spingendo di più la pistola alla gola della donna.
Tony non si fece impressionare
e come risposta gli regalò uno dei suoi migliori sorrisi made in DiNozzo.
Ziva
sbuffò silenziosamente.
“Anche in queste occasioni non
riesce a stare serio!” Pensò stizzita notando l’atteggiamento strafottente del
collega.
L’uomo, irritato dal
comportamento dell’Agente, puntò la pistola, che prima era sulla gola della
donna, verso di lui.
- Hai deciso di morire?-
Minacciò nervoso premendo leggermente il dito indice sul grilletto.
- Occhioni
belli vuoi rimanere appollaiata tutto il tempo sulla spalla di questo gentile
energumeno o pensi di poter fare qualcosa anche tu?- Chiese Tony senza minimante
badare alle sue minacce.
Una luce particolare brillò
nelle iridi di Ziva.
La donna, con un movimento
agile e veloce, colpì l’uomo con il gomito dritto all’orecchio facendogli
perdere stabilità e presa su di lei.
Approfittando di quella
libertà momentanea scivolò a terra mentre Tony, con un colpo secco, gli sparò
colpendolo in pieno petto.
DiNozzo,
dopo qualche istante, si avvicinò alla donna distesa per terra ancora legata.
Rimase fermo ad osservarla.
Stava bene.
Era lì con lui.
Scacciò con un gesto della
mano i cattivi pensieri, che fino a qualche secondo prima gli avevano affollato
la mente.
Le accarezzò il viso attirando
la sua attenzione.
Ziva,
al contrario di come si aspettava Tony, gli rivolse uno sguardo omicida.
- Pensi di liberarmi prima o poi?- Chiese scocciata e infastidita per non
riuscire ancora a muoversi ed essere libera.
L’Agente sorrise alla gentilezza della collega.
- Piccola
ninja come siamo ansiose.- Le slegò le caviglie e poi passò ai polsi
aiutandola infine ad alzarsi in piedi.
- Ansiose?- Domandò incerta.
Tony, senza rispondere con le
parole, le mostrò la risposta con i gesti.
Appoggiò delicatamente la mano
sul suo viso e l’attirò a sé, portandola vicino alle
sue labbra.
L’altra mano scivolò sui suoi
capelli e le sospinse il capo verso il suo per approfondire il contatto.
Assaggiò lentamente le sue
labbra, come se non l’avesse fatto da chissà quanto tempo, come se fossero
stati lontani da tutta una vita invece di qualche ora.
DiNozzo
rese più audace la sua esigenza di lei approfondendo il contatto fisico, la
imprigionò nel suo abbraccio, lasciò scivolare le sue mani sulla schiena della
compagna in un lento e eccitante massaggio.
- Non lo fare mai più.-
Sussurrò sulle sue labbra riprendendo fiato.
Ziva
sorrise teneramente.
Appoggiò la testa sul petto
dell’uomo e si lasciò cullare dal battito del cuore.
- Lo sai che non posso
promettertelo.- Ghignò divertita.
Ziva
si staccò da lui per guardarlo in viso e per prenderlo un altro po’ in giro ma
impallidì alla vista dell’uomo.
Non ebbe neanche il tempo di
reagire che il colpo di pistola partì rimbombando nell’aria.
- Ziva…-
Riuscì a stento a dire con un soffio di voce prima che gli mancasse il fiato.
- Era ora che arrivassi
Jurij.- Lo salutò Jade quando l’uomo fece il suo
ingresso nella stanza.
Il malvivente, accorgendosi
della donna, rimase sorpresa nel vederla lì.
Restò fermo sull’uscio della
stanza, chiudendo dietro di sé la porta.
Osservò attentamente la sua
fisionomia, rilassata, seduta in poltrona, con le gambe accavallate mentre con
una mossa innocente sfiorava con il dito indice la canna della pistola che
teneva nella mano.
- Credevo veramente che
arrivassi prima a riprenderti questi.- Affermò seria.
Jade
appoggiò la pistola sul tavolino e subito dopo una busta con tutti i documenti
falsi di Jurji, mentre tenne per sé il libricino
dalla copertina rossa.
- Interessante.- Ironizzò la
psicologa.
La donna sfogliò lentamente le
pagine e lesse con attenzione a voce alta il suo contenuto citando nomi,
luoghi, orari e merce dei vari scambi e accordi descritti.
- Lo sai che cosa vuol dire?-
- Maledetta!- Urlò Jurji gettandosi senza preavviso sulla donna con tutta la
rabbia che aveva in corpo.
Gibbs
uscì dal suo nascondiglio e lo bloccò prima che potesse arrivare ad afferrare e
far del male a Jade.
La Dottoressa Sash si avvicinò al malvivente steso a terra, ammanettato e
reso inoffensivo da Jethro che lo teneva fermo con un
ginocchio appoggiato sulla sua schiena al pavimento.
- Carcere a vita.- Rispose la psicologa alla
domanda che era rimasta in sospeso.
Un secondo sparo echeggiò
nell’aria ferendo Ziva alla guancia e andò a colpire
direttamente in mezzo alla fronte il malvivente.
L’Agente David sorresse tra le
braccia il corpo di DiNozzo che, dopo il colpo, si
era accasciato su di lei.
- T-ony…-
Balbettò ancora incredula a quello che era appena accaduto.
L’odore agro del sangue le
arrivò alle narici.
- Non lo fare…- Lo strinse più
forte a sé, scivolò a terra e lo fece appoggiare al suo petto.
Callen,
dopo aver sparato il colpo, rimase qualche secondo fermo nella sua posizione
incredulo di essere arrivato tardi.
Si mise a correre per
raggiungere i due.
Lacrime silenziose scivolarono
sulle guance di Ziva che con tutta la forza premeva
con le mani sulla ferita del compagno.
- Non puoi.- Disse con la
rabbia nel cuore.
DiNozzo
tossì sputando del sangue.
- Callen
fa qualcosa, chiama l’ambulanza!!- Gridò verso
l’Agente.
G compose il numero.
- Agene
ferito, vi vengo incontro.- Poi rivolgendosi alla donna. – Torno subito
con i soccorsi.-
Callen,
senza attendere altro, corse via.
- Tony… ti prego… non lo
fare…- Supplicò con le lacrime che le annebbiavano la vista mentre stringeva a
sé il corpo dell’uomo.
- Vivi… per me. O tutto quello che sono, non sarà servito a niente.-
Continua…
Bene, da come si evince, il prossimo capitolo sarà l’ultimo.
Non sarà molto lungo, ho
preferito spezzare le due cose, perché credo che l’ultimo capitolo abbia
bisogno del suo spazio.
Non so bene ancora come andrà
a finire, chi vivrà, chi morirà, che cosa accadrà ecc. ecc.,
aspettiamoci di tutto.
Ziva s’irrigidì avvertendo il rumore dietro le sue spalle.
-
E’ solo colpa tua se è successo tutto questo.- Esordì la voce dura e sgradevole
dell’uomo.
-
La pagherai con la vita!-
La
canna della pistola si avvicinò alla sua schiena.
Un
brivido le percorse richiamando il suo istinto di killer.
“Lotterò
fino a che ne avrò forza.” Pensò risoluta e decisa mentre nella sua mente
prendeva forma quell’unico pensiero: vivi
per me.
Callen, seguito da Gibbs,
Jade, McGee e dai soccorsi ritornarono da Tony e Ziva.
Tutti
si bloccarono inorriditi all'immagine che gli si presentò davanti ai loro
occhi.
Gli
agenti erano distesi a terra.
Ziva, sopra il corpo di DiNozzo come
se l’avesse voluto proteggere, era completamente sporca di sangue, mentre un
altro uomo, poco distante da loro, giaceva esanime a terra.
L’Agente
David si era difesa come una leonessa, ma il colpo di pistola inflitto alla
schiena, l’aveva fatta soccombere, non prima però, di aver tolto la vita allo
stesso assassino.
Gibbs si avvicinò lentamente ai due mentre gli
altri non osarono muovere un muscolo.
S’inginocchiò
tenendo lo sguardo fisso sui corpi.
Accarezzò
il capo di Ziva con delicatezza e con estrema
lentezza come se quel gesto gli costasse fatica. Le riportò il ciuffo di
capelli che le copriva il viso dietro la testa, con il dito indice gli tolse il
rivolo di sangue dalla guancia lasciando per diverso tempo la mano a contatto
con la pelle, ormai fredda, della guancia della donna.
Jethro chiuse gli occhi per non far trapelare
il suo malessere.
“Un'altra
volta.”
Quel
pensiero si materializzò nella sua mente senza che lo potesse fermare prima che
il senso d’impotenza sfociasse nel suo animo.
Li
aprì lentamente, con la vana speranza che tutto quello che poco prima aveva
visto, appartenesse solo ad un incubo e non alla
realtà.
Quella
era la realtà.
La. Maledetta. Realtà.
L’Agente,
con un gesto della mano, chiuse gli occhi della donna ancora aperti e con
impresso la consapevolezza che la morte era stata più forte di lei.
-
Z-i-va.- Una flebile voce
chiamò la donna.
Jethro si destò dal suo torpore a sentire il nome di lei detto a fatica.
Volse
l’attenzione verso il suo Agente anziano.
-
Tony!- Esclamò sorpreso e con un lieve senso di speranza nel cuore mentre con
un segno indicò ai soccorsi di avvicinarsi immediatamente.
Gli
infermieri spostarono delicatamente il corpo della donna, altri intubarono DiNozzo per dargli ossigeno e trasportarlo d'urgenza in
ospedale.
Jade si avvicinò piano a Jethro.
Gli
appoggiò una mano sulla spalla e lo aiutò ad alzarsi.
La
donna, con tutta la sua delicatezza, lo accolse tra le sue braccia e lo strinse
forte a sé.
- Mi
dispiace, non doveva andare in questo modo.-
Riuscì solo a dire mentre un misto senso di sconfitta le impregnava l’animo.
Caro lettore…
La
storia termina in questo punto… ma è uscito un altro pezzettino, a te la
scelta, di rimanere fermo o andare oltre…
Il
tempo passò lentamente dal giorno della morte di Ziva.
DiNozzo si era chiuso in un mutismo assoluto
nonostante le sue condizioni migliorassero sempre di più.
I
giorni diventarono mesi, i mesi divennero anni e dopo
tutto quel tempo l’uomo trovò il coraggio di tornare da lei.
-
Sono qui.- Disse Tony di fronte alla tomba della compagna.
-
Ho mantenuto la promessa, ho fatto come hai voluto tu. Sono vivo solo per te.-
Appoggiò
l’orchidea bianca che teneva tra le mani sulla pietra fredda.
Chiuse
gli occhi mentre l’immagine di quelle iridi nere piene di passione tornava ad
allietare il suo animo.
-
Sono io ora che ti faccio una domanda, perché dopo tutto questo tempo, non sono
ancora riuscito trovare una risposta.- Iniziò in tono basso ma intriso da tutta
la rabbia che custodiva dentro di sé.
- Mi sai spiegare che senso ha vivere, se non ci sei più tu
al mio fianco? Per poi cosa... Vivere un'intera vita
solamente con il ricordo che conservo di te nel cuore, mi spieghi? CHE SENSO HA?!-
Urlò liberando la sua amarezza.
-
Non ha senso.- Rispose a se stesso più calmo solamente dopo diversi minuti.
Diede
un’ultima occhiata alla lapide di pietra e senza vita.
Gibbs gli appoggiò una mano sulla spalla.
Il
gesto tranquillo del capo fece rilassare Tony.
I
due rimasero in silenzio per diverso tempo.
-
E’ ora di andare… tra poco hai il volo per Los Angeles.- Disse Gibbs.
DiNozzo osservò gli occhi del suo ex-capo.
Sorrise
leggermente.
Guardò
in direzione della macchina, dove ad attenderli c’era Jade.
Si
avvicinò alla donna, le fece un sorriso di circostanza.
Jade non si lasciò impressionare da quella freddezza apparente e
lo abbracciò premurosa.
-
E’ ora di andare.- Disse ripetendo le stesse parole che poco prima il compagno
aveva pronunciato.
DiNozzo rimase fermo nella sua posizione, ma non
riuscì a voltare neanche per un’ultima volta in direzione della tomba di Ziva, non poteva.
“Addio” Pensò silenziosamente conscio che
non sarebbe più ritornato in quel posto mentre saliva in macchina.
Però… c'è ancora qualcosa...
- Mi sai spiegare che senso ha vivere, se non ci sei più tu
al mio fianco? Per poi cosa... Vivere un'intera vita
solamente con il ricordo che conservo di te nel cuore, mi spieghi? CHE SENSO HA?!-
In
realtà questa domanda è diretta a me… emmm no, non
sono pazza, ma è il mio Polly-powerche me lo urla e credo non solo lui, ma
anche voi.
Sono
giorni che ci penso… ho impiegato tanto tempo a pubblicare perché stavo
affrontando una vera lotta vivere o morire…
Così.. a breve, arriverà la mia risposta e scopriremo insieme se
è tutto vero.
Anche questa volta… siamo arrivati all’ultimo
capitolo.
I versi della canzone di Michele Zarrillo:
“cinque giorni”
ci guideranno lungo il cammino.
Buona lettura
Light
Tony, tra le braccia di Ziva,
respirava a fatica.
Il dolore forte, del colpo di pistola che aveva preso
alla schiena, gli annebbiava i sensi.
-
Vivi… per me. O tutto quello che sono, non sarà servito a niente.-
DiNozzo aveva sentito a
stento quelle parole pronunciate dalla donna con un filo di voce.
Tutto gli sembrava così irreale.
Le sue labbra si erano increspate in un sorriso
sorpreso nel sentire quella dichiarazione spontanea da parte di Ziva, così restia nel dichiarare i suoi sentimenti.
Aveva tossito ancora, mentre il dolore si espandeva
nell’addome con rapidità, respirando leggermente e facendo attenzione a non
aumentare il male che provava.
Aveva aperto le palpebre, anche se il solo farlo, gli
era costato molta fatica e aveva guardato quegli occhi velati di lacrime che
tanto amava.
Iridi preoccupate e inorridite da quello che era
successo che nascondevano il timore di perdere lui… se avesse smesso di
lottare.
- Occhioni belli…- Aveva
iniziato con fatica. – Ho giurato a me stesso che pur di averti al mio
fianco avrei sollevato il mondo… - e
alzato la mano le aveva accarezzò la guancia.
- Te lo dissi allora e te lo ripeto ora: io non posso vivere senza di te e non ho
nessuna intenzione di lasciarti andare.-
Il viso di Ziva si era
rilassato per un attimo. Aveva appoggiato la sua mano su quella dell’uomo,
stringendola forte nella sua e se l’era portata al petto, vicino al cuore.
I due agenti si erano irrigiditi all’improvviso
avvertendo il pericolo.
- Ziva, hai la forza di
batterti?- Aveva sussurrato piano Tony.
L’Agente David aveva risposto con un ghigno divertito,
estraendo contemporaneamente dalla fondina dell’uomo la sua pistola.
Il malvivente li aveva sbeffeggiati senza rendersi
conto di quello che stava per accadere.
“Uno” Aveva iniziato a contare la donna.
“Due”.
“Tre” Aveva stretto forte l’arma nella mano.
“Quattro” Aveva appoggiato il dito indice sul
grilletto.
“Cinque!”.
Ziva si era voltata
di scatto, aveva protetto con il suo corpo quello del compagno, puntando la
pistola contro il malvivente sorpreso dalla sua reazione repentina, e senza un
attimo di esitazione aveva sparato.
Un altro colpo di pistola era risuonato nell’aria, a
una frazione di secondo dal primo, colpendo l’uomo alla testa che era caduto
all’indietro morto.
L’Agente David era rimasta immobile per pochi attimi, si
era voltata lentamente ed era scivolata a terra vicino a DiNozzo.
Tony
si era rilassato, alleggerito dal peso della paura, con la consapevolezza che
tutto era finito.
Aveva
chiuso gli occhi, stanco, lasciandosi trasportare dagli eventi.
Aveva
avvertito semplicemente un tocco leggero sulle sue labbra che debolmente aveva
risposto con un bacio fugace, percependo subito dopo il dolce peso del corpo della
compagna disteso su di sé.
Cinque giorni che ti ho perso
quanto freddo in questa vita
ma tu
non mi hai cercato più
Tony
aprì gli occhi per l’ennesima volta.
La
sua camera d’ospedale era immersa nella penombra, il sole piano, piano stava
lasciando il posto alla notte, incendiandosi al tocco
gentile della luna che lo salutava.
Cinque giorni.
Cinque
giorni che era disteso in quel letto d’ospedale, senza
provare e né sentire nulla nell’animo ma soprattutto nel cuore, ancora
incredulo che tutto quello fosse realtà, che tutte le sue paure fossero
diventate vere.
L’aveva
persa e lui non aveva potuto fare niente per opporsi a quel destino, l’unica
cosa che riusciva a fare era rivivere ogni attimo di quel momento che
tormentava senza sosta il suo animo ferito.
Troppa gente che mi chiede scava dentro la ferita e in me
non cicatrizzi mai
Ritornare
al lavoro non era stato facile per Tony.
Ovunque
andasse si ritrovava gli sguardi sconsolati e
dispiaciuti addosso, su di sé, come qualcosa di fastidioso che non riusciva ad
allontanare o scacciare, perché qualsiasi sforzo cercasse di fare, la ferita
che aveva sul cuore non cicatrizzava mai.
Gli
bastava un niente per farla sanguinare: vedere la scrivania della collega priva
di vita, vuota, senza di lei, era un peso sul cuore.
Tutto
gli parlava di Ziva e anche se cercava qualsiasi modo
per far tacere quella voce, lui stesso non smetteva di cercarla ovunque con la
speranza che tutto quello non era vero.
La
sua maschera da burlone non era più sufficiente a far smettere quell’insistente
domanda che i colleghi, McGee e la premurosa Abby continuavano a porgli “Come stai?”.
Aveva
una gran voglia di urlare ogni volta che glielo domandavano.
Come
si può continuare a chiedere “come stai”
a qualcuno che ha perso la ragione della sua vita?
Come
doveva stare?
Lui, non era niente senza di lei.
Niente.
Faccio male anche a un amico
che ogni sera è qui
gli ho giurato di ascoltarlo
ma tradisco lui e me
perché quando tu sei ferito non sai mai
oh mai
se conviene più guarire o affondare giù
per sempre
Gibbs, una volta che Tony era stato dimesso
dall’ospedale, aveva passato ogni sera a casa dell’Agente ed era rimasto al suo
fianco per non permettergli di lasciarsi andare in quel duro momento che solo
lui poteva capire che cosa stesse passando nell’animo dell’uomo, poiché molti
anni prima, lo stesso dolore l’aveva quasi annientato.
Jade era diventata ormai tutti gli effetti una
consulente dell’Ncis. Ogni sera, dopo il lavoro,
accompagnava Jethro a casa di DiNozzo.
I
due, come se fosse un rituale, si salutavano con un lungo e delicato bacio e
prima di congedarsi la donna lo stringeva forte tra le sue braccia
infondendogli il conforto necessario per affrontare il mutismo ostinato di Tony
nel quale si era rifugiato.
L’agente,
senza farsi scoprire e senza poterlo evitare, osservava quel momento di
tenerezza tra i due, e odiava con tutto se stesso la loro felicità perché a lui
era toccato solo per poco, giusto il tempo di un alito
di vento.
Jethro, entrava in casa immersa nella consueta
semi oscurità, si dirigeva verso il frigo, prendeva due birre e poi raggiungeva
DiNozzo in salotto, si sedeva accanto a lui e gli porgeva la bottiglia.
Tony
l’afferrava con un gesto meccanico, accennando un
flebile movimento del labbro vero l’alto.
I
due rimanevano in silenzio per lo più del tempo.
Raramente
parlavano, ma si sa il silenzio era la migliore cura per quel male che provava
il cuore.
-
Devi rimetterti in carreggiata DiNozzo.-
Aveva intimato Gibbs in una delle tante sere.
Il
tempo era volato, i giorni si erano succeduti ai mesi e i mesi
si erano trasformati in un anno.
L’Agente
l’aveva guardato sorpreso.
-
E’ tempo che ti dai una scrollata. Ho bisogno di te nella mia squadra non di un
fantoccio.-
Jethro gli aveva appoggiato una mano sulla
spalla e lo aveva guardato profondamente negli occhi.
-
Basta Tony.- Aveva affermato
più serio con voce ferma e dura.
L’uomo,
senza aggiungere altro, era andato via lasciandolo solo con i suoi pensieri.
DiNozzo sapeva benissimo che il capo aveva
ragione, ma lui, non era ancora pronto.
Cinque giorni che ti ho perso mille lacrime cadute
ed io
inchiodato a te
tutto e ancora più di tutto
per cercare di scappare
ho provato a disprezzarti a tradirti a farmi male
perché quando tu stai annegando non sai mai
oh mai
se conviene farsi forza o lasciarsi andare giù
nel mare
Il
tempo era passato, la vita continuava a scorrere come al
solito.
Si
svegliava, si vestiva, andava al lavoro, sbrigava le sue pratiche, investigava…
tutto come sempre.
Quel
sempre… però aveva perso colore, sapore, amore.
Più
di una volta le donne avevano cercato di instaurare un rapporto confidenziale
con lui, attirate dalla sua apparenza di uomo brillante e gioviale ma DiNozzo, alla fine, le allontanava sempre da sé.
Tony
aveva creduto veramente di poter riuscire, di poter dimenticare, abbandonare il
cuore che era solamente suo e donarlo
uno nuovo a un’altra, ma qualsiasi sforzo facesse, tutto risultava
vano e rimaneva inchiodato a lei: a Ziva.
Il
tempo trascorreva senza che lui potesse fermarlo o meglio ancora senza che lui
potesse farlo ritornare indietro a quel giorno.
Tutto
cambiava e anche il dolore si evolveva trasformandosi completamente in quel
sentimento così simile all’odio ma che in realtà era solo rancore.
Ogni
giorno cercava di ignorare quella scrivania vuota di fronte alla sua, evitava
di sentire quel vago profumo di vaniglia e rosa che aleggiava nell’aria il quale percepiva appena chiudeva gli occhi.
Allontanva da sé il ricordo di quella risata
cristallina, del suo sguardo furbo o duro da ninja killer impressi nella sua
mente che prontamente ritornavano a galla quando il caso lo richiedeva.
La
rabbia ben presto, prese il sopravvento.
La
rabbia per essere stato abbandonato, per aver creduto a quella promessa “vivi per me” e la delusione di essere
stato illuso di vivere una vita felice con lei.
Se
solo si fermava a pensare a quell’attimo, che ormai era solo un insieme
d’immagini sfuocate, il fiato gli mancava, togliendogli la facoltà di respirare
e il senso d’impotenza dilagava nel suo animo affondando il suo essere che
tentava in tutti i modi di rimanere a galla.
Come
se Gibbs riuscisse a prevedere il suo stato,
prontamente, in quei momenti, gli tirava uno scappellotto, che riusciva a
riportarlo alla vita.
Amore mio come farò a rassegnarmi a vivere e proprio io che ti amo ti sto implorando aiutami a distruggerti
Il
tempo era volato e il dolore si era attenuato ma la voglia di Tony di riavere Ziva tra le sue braccia non si era mai placata.
La
vita va avanti anche quella dei non vivi ma che in realtà vivono.
Tony,
in aereo, seduto al suo posto, chiuse gli occhi.
L’immagine
della donna gli comparve come al solito.
Sorrise
al volto felice della donna e una dolce sensazione di calore gli incendiò il
cuore.
“Una
nuova vita mi sta aspettando”. Pensò, respirando a fondo, volgendo lo sguardo
verso il finestrino e immergendosi nel profondo cielo azzurro.
Era
stato difficile prendere quella decisione, ma alla fine, aveva capito che
doveva allontanarsi se veramente voleva riprendere la sua vita tra le mani.
Non
avrebbe mai smesso di amarla, sarebbe stata sempre la persona più importante,
ma ora doveva voltare pagina.
Cambiare
stato.
Cambiare
posto.
Cambiare
colleghi e lavoro.
Cambiare
semplicemente vita.
Quando
il Direttore Vance gli aveva proposto di dirigere
un’unità dei corpi speciali all’Ncis
di Los Angeles non aveva esitato un attimo e aveva accettato subito.
Un
unico pensiero, come una preghiera dolorosa, si era materializzato nella sua
mente mentre osservava la tomba di Ziva una volta che
aveva sfogato tutta la sua frustrazione.
“Ti amo, ti amerò
per sempre, ma aiutami a distruggerti solo così
potrò mantenere la mia promessa e vivrò
per te”.
Si
era inginocchiato e aveva lasciato l’orchidea che le aveva portato.
Aveva
scelto quel fiore per il suo profumo delicatissimo e i petali vellutati, un
fiore che gli ricordava lei così sensuale e profonda.
Aveva
tenuto per qualche secondo la mano sulla pietra fredda mantenendo gli occhi
chiusi.
“Vai” Ziva gli
aveva sussurato dolcemente sulle labbra.
Tony,
a sentire nuovamente la sua voce, si era destato scoprendo poi che in realtà,
era stato semplicemente il tocco della mano di Gibbs
sulla spalla che lo incitava ad andare.
Con
un lieve peso sul cuore se ne era andato incontro alla sua nuova vita, senza
voltarsi.
Aveva
lottato con tutte le sue forze per opporsi e rimanere incatenato a lei, ma alla
fine, aveva capito che non poteva farlo, avrebbe continuato solamente a farsi del male.
Aveva
preso il coraggio tra le mani e aveva accettato il suo destino, in fondo chi
era lui per mettersi contro di esso?
Anthony
DiNozzo, Agente Speciale Anthony DiNozzo
molto speciale!
Semperfidelis
Qualcuno
ha bisogno di un fazzoletto? Beh, non chieda a me che li ho esauriti tutti e
sto usando la carta igienica, quella foxy perché è
morbida e non termina mai o è quella regina? ^^
Pare
proprio che sia finita.
Confermo:
Sì, è finita. (Ehi! Cos’è quel sospiro di sollievo???)
Confesso,
fin dall’inizio, Ziva doveva morire, anche se ho
lottato contro la parte di me stessa, che voleva una fine diversa, per portare
avanti la prima visione che ho avuto quando ho
iniziato a scrivere Mai dire Mai.
E’
stato difficile, per un attimo il mio potere Polly
aveva preso il sopravvento, ma poi la canzone di Zarrillo,
tramite la voce di Laura Pausini, cinque
giorni, una mattina di questa settimana, mi ha fatto capire che non sarebbe
stato giusto opporsi al destino che aveva già scritto la storia.
Spero
che questa scelta non abbia deluso nessuno, in fondo non sempre ci può essere
il lieto fine e a volte è così che deve andare.
Ma passiamo a cose più piacevoli ovvero ai ringraziamenti:
Che
dire a queste splendide fanciulle: Maia, slurmina, Roxy, piccoli giganti, identity se non un enorme grazie, con tutto il mio cuore.
Siete
state l’energia portante di tutta la storia e nonostante abbia fatto fatica a
prendere il volo e procedere nella stesura siete rimaste al mio fianco.
GRAZIE
davvero.
Grazie
anche a chi ha seguito a modo suo la storia, ha collaborato e ha aspettato
pazientemente il proseguo.
Bene,
ora finalmente un po’ di riposo, ma fino a quando? E chi lo sa ^^