From tiny i got lost in love

di ale_lu_maguire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Prima della partenza. ***
Capitolo 3: *** Capitolo II: Prima parte ***
Capitolo 4: *** Capitolo II: seconda parte ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


"Ed eccomi dopo tanto tempo, 
con una soria totalmente nuova!
Spero vi piaccia questo primo capitolo.
Buona lettura tesori miei!"


 
 


[Robin]
Non avevo mai visto tanta confusione in tutta la mia vita, ma credo che sia normale per il proprietario della Velvet. Mio padre, Jefferson Locksley, aveva investito tutto se stesso in quella galleria di moda, e sinceramente non sono mai stato presente in tutto questo per il semplice motivo che paparino mi ha mandato in collegio per tutta l’infanzia. La nostra macchina nera guidata dal solito autista, che forse avrà più di quarant’anni, si fermò davanti al lungo tappeto rosso che iniziava dalla porta d’ingresso e finiva proprio sotto i miei piedi. La prima a scendere dall’auto fu mia madre, Almira Blanco, una donna bella sì, ma non riesco mai a vederla come madre nei miei confronti. La seconda fu mia sorella Zelena, o per meglio dire sorellastra. Non sto qui a raccontarmi, almeno per ora, le falle della vita amorosa dei miei genitori. L’ultimo a scendere fui io, insieme a mio padre. C’erano un sacco di fotografi, un sacco di giornalisti, credo di non averne mai visti cosi tanti tutti insieme, notai un giornalista avvicinarsi nonostante il nastro che gli impedisse di farlo.
-Suo figlio è tornato dopo una lunga assenza, è vero che vuole cedere la guida della galleria a lui?- cioè ero tentato dal rispondere “Fatti una dose di affari tuoi” ovviamente non lo feci, mi armai di un bel sorriso e cercai di apparire abbastanza diplomatico.
-Se crede che mio padre lasci la Velvet, non lo conosce affatto!- esclamai sorridendo.
-Aspetti un’altra domanda! Che cosa cerca di ottenere da questa sfilata Signor Locksley!- più che una domanda sembrava una mezza accusa, come se volessimo ottenere chissà che cosa dalla nostra clientela.
-Soddisfare i nostri clienti come abbiamo sempre fatto! O meglio come la Velvet ha sempre fatto!- furono queste le ultime parole di mio padre prima di entrare dentro seguito da mia sorella, da mia madre e ovviamente anche dal sottoscritto. Non appena entrammo fummo invasi da degli applausi che non finivano mai, mio padre e mia madre si misero davanti a me e Zelena, che fece una specie di smorfia. Non appena i miei genitori si spostarono e andarono in giro per la galleria a parlare con gli invitati, l’unico a farmi festa in quel momento fu il  mio migliore amico, Killian Jones, che venne a congratularsi anche se non c’entravo nulla con tutta quella baraonda di persone.
-Ho due ragazze qua fuori, se vieni con me passiamo una bella serata- lo disse ridendo mentre gironzolava vicino alla mia spalla.
-Come stai Killian- risposi tra una risata e l’altra mentre lo guardavo in faccia, era sempre lo stesso mezzo idiota che si faceva scappare le uniche occasioni di matrimonio che gli capitavano fra le mani.
-Sono felice che tu sia qui Robin!- esclamò ridendo. Vidi mio padre che mi aspettava in mezzo alla folla, con sguardo severo, ma non sapevo se era severo o meno.
-Un secondo Killian- mi allontanai mentre lui farfugliava qualcosa mentre rideva, qualcosa del tipo “Ci vediamo dopo”
-Sei pronto Robin?- mi chiese mio padre non appena mi avvicinai a lui. Ero nervoso.
-Questa sera devi essere tu a presentare la sfilata- che bella notizia, prego solo il signore che non mi si impigli la lingua mentre parlo.
-Dobbiamo parlare un momento, è importante- gli dissi guardandolo fisso negli occhi fregandomene del fatto che avrei dovuto presentare la sfilata.
-Che cosa c’è- mi disse lui. Il suo sguardo era sempre lo stesso, possibile che dentro quel corpo non ci sono emozioni?
-Non qui- gli dissi guardandomi intorno, e potei notare mia madre e mia sorella osservarci quasi sdegnate. Mio padre non rispose, si limitò a farmi strada verso l’ascensore che si trovava a pochi passi da noi. Un ascensore che ci avrebbe portati dritti nel suo ufficio. Non credo che vi importi cosa ci siamo detti dentro quella stanza piena di documenti e bozzetti di vestiti mai confezionati. Fatto sta che non appena scendemmo nuovamente con l’ascensore al piano dove eravamo pochi minuti prima, l’unica a rivolgermi la parola fu mia sorella.
-Cosa c’è, hai di nuovo discusso con papà?- mi chiese guardandomi negli occhi. Mi avvicinai a lei e le lasciai un bacio sulla guancia, senza parlare mi allontanai e mi diressi altrove, rimanendo sempre dentro la sala.
-Credevo che tuo padre ti volesse sequestrare per tutta la sera- disse una voce a me conosciuta, mi voltai verso essa e mi accorsi che era Marian.
-Ciao Marian!- mi avvicinai e le diedi un bacio sulla guancia in segno di vecchia amicizia.
-Come stai?- le chiesi poco dopo.
-Queste feste sono una noia mortale! Per fortuna ci sei tu a farm compagnia!- disse afferrandomi la mano e io risi, ma non credo sia un’ottima idea rimanere con lei. Mi dava sui nervi dopo circa venti minuti.
-Non pensare che io sia più divertente- dissi cercando di scappare senza farmi notare.
-Questo lascialo decidere a me- rise e mi fissò dritto negli occhi, cosa che odiavo.
-E poi se vogliamo possiamo sempre fare qualcosa di diverso- si guardò intorno mentre pronunciava queste parole, ma forse non si accorse che me ne stavo letteralmente fregando.
-Ti va di andare in un posto più tranquillo?- mi chiese mentre la mia testa cercava una scusa per sbarazzarmi di lei.
-La sfilata sta per iniziare- dissi poco dopo ringraziando il mio cervello per averla trovata.
-Non dirlo a tuo padre- si avvicinò al mio viso mentre pronunciava queste parole.
-Non sono venuta qui per i vestiti- lo disse con sguardo di chi si aspettava qualcosa di molto intimo. Detto questo mi guardò per qualche istante e si allontanò verso l’ascensore, per poi entrarvi dentro. Mi avvicinai al tavolo dove veniva messo lo champagne e mentre stavo per prenderne un bicchiere vidi in lontananza una ragazza dal vestito rosso con i capelli raccolti in una sorta di coda, che si guardava intorno. Mi resi conto di essere rimasto a fissarla finche il suo sguardo non incrociò il mio. Mi guardò e pochi secondi dopo svanì tra gli invitati. Presi di corsa due bicchieri e una bottiglia di champagne e la seguì. Con grande piacere la vidi entrare dentro l’ascensore, ma mi dispiacqui non appena vidi una signora entrare dopo di lei. Beh entrai anche io.
-A che piano?- domandai guardando entrambe.
-Al terzo- rispose una signora sulla cinquantina, vestita di bianco, un bianco equivalente ai suoi capelli.
-Alla toilette- disse dopo la ragazza con il vestito rosso. Schiacciai il pulsante e mi misi dietro ad entrambe.
-Ecco la toilette è al quarto, e credo che lei sia l’unica qui a non sapere a che piano è la toilette- dissi ridendo sotto i baffi.
-Non conosce il nostro atelier?- le domandai con un pizzico di presunzione. Lei si voltò appena verso di me e scosse la testa.
-Però quello che indossa è un classico della nostra collezione. Mi sbaglio signorina?- lei sbuffò leggermente e credo che socchiuse anche gli occhi, ma non ne sono sicuro al cento per cento visto che ero dietro di lei.
-Ah certo, preferisce non rispondere alle mie domande. Allora tirerò ad indovinare- tutto questo accadeva mentre la signora se la rideva senza farsi accorgere dalla ragazza.
-Non mi sembra straniera, inoltre non indossa la fede quindi il che significa che non c’è un marito che la aspetta da qualche parte. Non indossa gioielli e questa la dice lunga. Lei è una donna semplice- dissi sfoderando un ampio sorriso, un sorriso che venne sgamato solo dalla signora al nostro fianco.
-Sto indovinando?- chiesi aspettando qualche secondo.
-Sì sto indovinando- dissi dandomela vinta.
-Lei è un buon osservatore- disse lei dopo un lungo silenzio.
-Sì ma è una dote che abbiamo in comune. A lei piace osservare tanto quanto me- guardai ogni sfaccettatura del suo profilo, era così bella, la donna più bella che avessi mai visto.
-Su questo ha ragione- oh ecco che finalmente apre di nuovo la bocca.
-Allora ammette che mi stava guardando- dissi osservandola da dietro.
-Non guardavo lei, guardavo la gente. E mi congratulo con suo padre e anche se non mi crede non tutto ruota intorno a lei- disse mentre le porte dell’ascensore si aprirono lasciando uscire la donna che non aveva emesso nemmeno una parola da quando eravamo entrati tutti in quella scatoletta Sali e scendi. Non appena la porta dell’ascensore si richiuse il mio sguardo si buttò su di lei. Era cosi bella. Cosi perfetta. Mi volta con testa e corpo verso la ragazza, e lei fece lo stesso ma non mi diede nemmeno il tempo di realizzare che mi ritrovai travolto da mille emozioni. Le sue labbra, erano le sue labbra, le sue mani erano le sue mani e i suoi baci, erano sempre i suoi baci. Sentì la sua mano sulla mia guancia mentre le sue labbra si gustavano le mie e viceversa. Mi era mancata. Dopo tutto questo tempo, era ancora lei.
 
 
[Regina]
 
Ogni vestito, ogni singolo indumento che stava all’interno del mio armadio lo afferrai in fretta e furia e lo gettai all’interno della valigia che mi sarei portata dietro. Fu proprio mentre mettevo le ultime cose al suo interno che sentì la porta alle mie spalle aprirsi. Non avevo tempo di voltami a guardare chi era, Robin mi stava aspettando. Dovevamo andarcene e anche alla svelta.
-Quanto sei bella!- disse guardandomi infilare i vestiti dentro l’enorme valigia.
-Che stai facendo?- mi chiese non appena la notò piena di vestiti e di ogni indumento possibile.
-Non me lo chiedere Mary Margaret- mi voltai mentre sistemavo le cose e le sorrisi ampiamente, segno che di mezzo ci stava Robin.
-Vai via?- il suo sorriso svanì, e in un certo senso mi rattristai anche io, ma in fondo, molto in fondo.
-Sì- risposi semplicemente mentre il suo viso si rabbuiava sempre di più. Presi la lettera e la misi nelle sue mani, era una lettera per mio zio Henry.
-Dalla a mio zio per favore- era un favore personale che lei avrebbe svolto senza se e senza ma. Chiusi la valigia e presi la qualcosa per coprirmi dal freddo che mi attendeva oltre l’enorme portone della Velvet, per poi mettermi di fronte alla porta ma prima di aprirla vidi la mia migliore amica, rattristarsi. Posai tutto per terra e la avvolsi in un caldo abbraccio.
-Ti voglio bene- le dissi stringendola forte a me, sapevo che i suoi occhi sarebbero scoppiati in una valle di lacrime.
-Anche io. Abbi cura di te tesoro mio- la sua voce era sottilissima, quasi non riuscivo a sentirla. Era giù e si vedeva. Eravamo migliori amiche da molti anni orami ed eravamo inseparabili. Le sorrisi e uscì dalla porta della mia stanza, vicino al laboratorio dove confezionavamo i vestiti avevamo ognuno le nostre stanze. Ad ogni passo che facevo stavo attenta a non beccare qualcuno, se mi avessero vista con una valigia erano cavoli amari per me e per Robin. Corsi verso la porta di servizio e non mi accorsi che il mio scialle rosso, intonato al vestito, cadde proprio li. Non appena fuori un razzo di carta cadde proprio davanti a me. Era un’idea di Robin. Ogni volta che ne vedevo uno c’era un messaggio scritto al suo interno, solo ed esclusivamente per me.
-Ti ha seguita qualcuno?- mi chiese non appena mi avvicinai a lui.
-No- risposi sorridendo per poi mettere la valigia nel bagagliaio della macchina con l’aiuto di Robin.
-Sicura?- sorrise anche lui e mi diede un bacio non appena fummo in macchina.
-Sì- sorrisi nuovamente e aspettai che mettesse in moto. Finalmente dopo tutto questo tempo potevamo essere felici. La macchina partì e imboccammo la strada dove dava la facciata principale della galleria Velvet. Dove eravamo diretti? Ovunque. Qualunque posto è migliore di questo, l’importante è stare insieme.
-Andrà tutto bene vedrai- sussurrò Robin dandomi un altro bacio mentre guidava. Forse fu questo, forse fu colpa del nostro bacio se tutto per l’ennesima volta andò storto. Robin perse il controllo dell’auto. Finimmo fuori strada, e sicuramente sbattemmo contro qualcosa. Io ricordo solo il buio. Un oscurità dalla quale non sapevo se mi sarei svegliata o no.
 
 
 
 
[20 anni prima]
 
Era così piccola Regina quando morì sua madre, non aveva nemmeno un parente. Era rimasto solo lo zio Henry che abitava a Madrid, in una galleria di moda chiamata Velvet. Henry aveva accettato di prendersene cura, ormai era vecchio e non aveva nemmeno una famiglia, pensò che forse un po’ di compagnia non gli avrebbe fatto male. Una sera, mentre lo zio Henry dormiva, la piccola Regina era entrata di nascosto nel laboratorio dove venivano confezionati gli abiti che venivano esposti al piano di sopra nelle grandi vetrine.
-Cosa ci fai qui ladra!- disse quasi urlando donna Cora accendendo la luce sorprendendo la piccola Regina con un filo rosso in mano. La piccola non sapeva cosa rispondere, era spaventata non stava rubando nulla era solo curiosa.
-Donna Cora. La piccola è mia nipote e le posso assicurare che non stava rubando nulla- la giustificò lo zio Henry sentendo la voce della donna un po’ troppo alta per l’ora.
-Signor Henry! Che diamine ci fa questa bambina nella nostra galleria? Non è di certo un hotel!- donna Cora era la caporeparto, faceva rispettare le regole e chi non le rispettava filava dritto dal proprietario e poi licenziato su due piedi.
-La piccola non ha nessun parente. Ha solo me. La madre è morta qualche giorno fa- cercò di spiegare l’uomo ma per la donna non c’erano scuse.
-Domattina fili subito dal signor Locksley- furono queste le sue ultime parole prima di uscire dalla stanza lasciando zio e nipote a guardarsi in faccia.
-Zio- tentò di pronunciare la bambina ma lo zio l’ammonì in un istante facendola filare a letto. Non appena svegli andarono dritti nell’ufficio del signor Locksley.
-E’ libero?- chiese Henry alla segretaria del proprietario della galleria.
-Un secondo potete entrare-  rispose lei. Henry fece sedere la piccola Regina sulle poltrone che stavano fuori dall’ufficio.
-Io non stavo rubando nulla zio ve lo giuro- cercò di spiegare la piccola.
-Non dovevi essere li. Ne lì dentro ne da nessun’altra parte!- disse lo zio. Pochi istanti dopo dall’ufficio del signor Locksley uscì una bambina piccola, molto più piccola di Regina, una signora che la teneva per mano e un ragazzino che aveva all’incirca l’età di Regina, o forse aveva due annetti in più.
-Chi è?- chiese allo zio.
-E’ il signorino Robin. Il figlio del signor Locksley- spiegò lo zio guardando la segretaria in attesa del permesso di entrare. Regina guardò Robin che si fermò qualche passo più avanti a lei. Le regalò un sorriso.
-Robin!- lo chiamò la madre e lui scappò da lei. Quello che successe dentro l’ufficio è inutile raccontarlo, in due semplicissime parole il signor Locksley negò ad Henry di tenere Regina li.
-Aspettami fuori Regina- disse lo zio aprendo la porta dell’ufficio per indicarle la poltrona dove era seduta poco prima. Lei obbedì e la porta dell’ufficio si richiuse. Non seppe mai cosa accadde al suo interno, fatto sta che mentre era seduta lì l’ascensore si aprì senza mostrare nessuno che ne uscisse. Poi vide volare un razzo di carta. Poi un altro. E l’ultimo cadde proprio addosso a lei. Si voltò verso l’ascensore e vide il signorino Robin che le faceva segno di andare da lui. Lei silenziosamente sorrise e entrò nell’ascensore che poco dopo si chiuse.
-Io sono Robin- disse il bambino buttandosi per terra vicino alla ringhiera del secondo piano che mostrava il piano inferiore dove stavano preparando la sfilata.
-Io sono Regina. Tu sei il figlio del signor Locksley- disse la bambina mettendosi accanto a lui.
-Robin!-
-E’ tua madre?- chiese Regina.
-No è la mia matrigna- rispose guardando di sotto.
Tutto andò avanti tra razzi di carta volanti, chiacchierate di nascosto fino a quando non si ritrovarono adolescenti…
-Un giorno confezionerai anche tu vestiti!- le disse il giovane Robin.
-A me fanno cucire solo gli orli!- disse ridendo.
-Ma un giorno, dice lo zio, s emi impegnerò lavorerò con qualcuno di famoso!- risero entrambi sognando la loro vita alle prese con qualcuno di famoso.
-Ad esempio?- chiese Robin avvicinandosi a lei.
-Philipe Ride!- rispose Regina con un ampio sorriso.
-E chi sarebbe?- chiese il ragazzo.
-Non lo so ma suona bene!- aveva letteralmente sparato a caso un nome o meglio, lo aveva inventato.
-Lo faremo insieme- furono queste le ultime parole da amici. Un bacio. Si amavano. Già si amavano di nascosto.
E quando tutto sembra andare bene in realtà va tutto storto.
Una sera, quando finalmente avevano escogitato un piano per fuggire insieme, qualcosa decise di andare storto come la maggior parte delle volte che facevano qualcosa insieme. Regina stava andando alla porta di servizio dove l’attendeva Robin per scappare, ma sfortunatamente lo zio Henry la sorprese e l’afferrò per un braccio e la rinchiuse nella sua stanza.
-Regina! Sono qui e non mi arrendo!- urlò Robin da dietro la porta prima che suo padre lo portasse via dal corridoio.
-TI AMO- 


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Capitolo 2
*** Prima della partenza. ***


Prima della partenza.

 

 

[Robin]

 

Quella sera prima che Regina mi raggiungesse alla porta di servizio della galleria e prima di incontrarla alla sfilata, come tutti sapete, sono andato dentro insieme a mio padre nel suo ufficio. Non ho detto di cosa abbiamo parlato e su cosa abbiamo discusso, quindi mi sembra giusto raccontarvi tutto sin dall’inizio.

La sera prima della sfilata.

-Regina devi ascoltarmi per favore!- cercavo in tutti i modi di farmi ascoltare, ero appena arrivato alla galleria dopo un’assenza durata chissà quanti anni, e sinceramente non posso biasimarla, non vuole vedermi lo capisco ma era l’unica persona che volevo vedere in tutta quella giostra che girava nelle mani di mio padre.
-Che cosa devo ascoltare? Mi hai mentito su tutto Robin!- disse lei cercando di uscire dalla sua stanza ma io essendo più forte di lei chiusi la porta con una mano sola.
-Sbaglio o quella notte volevo scappar econ te? Non è colpa mia se mio padre ci ha scoperti!- cercavo di giustificarmi, stavamo per scappare, lo so eravamo giovani ma, potevamo farcela.
-Non ti sei fatto sentire in tutti questi anni! Nemmeno una lettera!- dal suo viso potevo notare la sofferenza di tutti quegli anni.
-Io ti ho scritto Regina. parla con il postino! Firmavo le lettere Philipe Ride!- dissi appoggiandomi alla porta guardandola negli occhi.
-Credi che un vesito possa riparare tutto?- mi guardò schifata, in un certo senso lo era.
-Regina per favore! ti ho mandato un sacco di lettere firmate Philipe Ride. Prova a credermi ti prego!- era la verità quella che le stavo dicendo ma lei non sentiva nessuna ragione allora cercai di pensare ad un modo convincnte per farmi credere.
-Esci dalla mia stanza!- senza dire una parola uscì dalla sua camera e lei mi chiuse la porta in faccia.
-Regina ascoltami ti prego- anche se non vedevo cosa faceva sapevo che era appoggiata alla porta ad ascoltarmi.
-Se verrai alla sfilata ti dimostrerò che è tutto vero. ce ne andremo te lo giuro. Ma se non verrai, sparirò dalla tua vita per sempre promesso- l’idea di sparire dalla sua vita in modo definitivo non mi piaceva molto ma sembrava l’unica strada per dimostrarle che l’amavo dopo tutti questi anni, e dopo tutta questa sofferenza che c’è stata regalata sia da mio padre e sia da suo zio Henry. Lei non disse nulla, non diede nemmeno una risposta alla mia proposta, allora mi allontanai dalla sua stanza in modo molto silenzioso.

 

[Regina]

Non sapevo se credergli o meno, era passato troppo tempo e non avevo ricevuto nessuna lettera da parte sua. Nemmeno una. Osservai il vestito rosso che mi aveva appena regalato, era uno di quelli con una scollatura non molto ampia, e sinceramente lo avevo confezionato io qualche settimana prima. Indossare un capo del genere e con un determinato prezzo scritto nell’etichetta, non rientrava nelle mie capacità economiche. pensai allungo a cosa avrei fatto, pensai se avrei dovuto andare o rimanere in camera come la maggior parte delle sfilate. Ci sarei andata. Ero pronta a beccarmi un’altra delusione, ma qualcosa dentro di me mi diceva che stavolta dovevo fidarmi. qualcosa mi diceva che quello che mi aveva detto prima di uscire dalla mia stanza, era la verità. Forse lo zio o il signor Locksley avevano corrotto il postino, e nascosto le lettere da qualche parte ma ho detto a me stessa che se dovevo credere a Robin dovevo farlo senza avere prove. Perche? Beh perchè lo amo e l’ho sempre amato.

 

 

 [Robin]

Ero nell’ufficio con mio padre che era un pò seccato per aver abbandonato la salva per ascoltare la mia richiesta. Chiusi la porta alle nostre spalle e mi avvicinani a lui.
-E’ una conversazione così importante che no può aspettare domani?- la sua voce era irritata e scocciata, di certo non lo avrei portato nel suo ufficio se non avessi intezione di dirgli qualcosa di importante.
-Avanti cosa devi dirmi? ti ascolto- disse lui guardandomi in faccia.
-Mi dispiace papà, ma questa sera non farò la presentazione- dissi guardandolo il più serio che mai.
-Perchè?- mi chiese lui co tono calmo.
-Perchè non voglio occuparmi dell’azienda- era vero, non volevo occuparmi di tutta quella giostra che girava attorno a mio padre.
-Ascolta Robin sei nato in questo mondo, hai terminato gli studi e adesso è giunta l’ora di dirigere l’azienda- disse lui allontanandosi da me.
-E di sposarmi. Questo ti sei dimenticato di dirlo?- mi avvicinai a lui che stava per prendere un bicchiere di rum.
-Quando avevo la tua età avevo già un figlio di cinque anni- mi disse voltandosi con il bicchiere in mano, dio solo sa quanto volevo buttarlo in aria.
-Questa non è la tua vita papà, è la mia!- dissi avvicinandomi nervoso.
-Non ti ho mai imposto niente Robin!- disse iniziando ad alzare la voce.
-Se questo è vero allora non costringermi a guidare l’azienda!- lo dissi quasi urlando.
-Qui non cambia mai niente papà. Abbiamo modi molto diversi di vedere le cose- questa frase la pronuncia a voce più bassa.
-Non insistere- mi stava facendo innervosire il fatto che si muoveva, sembrava che non mi stesse a sentire.
-E tu come la vedi?- mi chiese quasi ridendo per poi bere quel rum.
-La vita o l’azienda?- risposi a mia volta con una domanda, mi faceva innervosire il fatto che dall’espressione sembrava che mi stesse prendendo per i fondelli.
-Secondo me dovremmo rinnovare tutto. Lo stile, ogni vestito. Presentiamo la stessa collezione da anni!- dissi tutto ad un fiato.
-Dobbiamo rinnovarlo anche per i giovani!- aggiunsi poco dopo.
-I giovani non comprano le nostre collezioni- disse mi padre bevendo.
-Forse perchè sono per vecchi i vestiti che produciamo? Forse il semplice fatto che non piacciono dovrebbe passarti per il cervello- beh i giovani non compravano da noi per questo motivo, i vestiti erano orribilmente da adulti.
-Va bene, allora prendi i tuoi soldi e investili! Corri il rischio di perdere tutto! E’ così che funziona un’azienda!- disse lui alzando la voce.
-Sono stanco Robin! Di ripeterti sempre le stesse cose! Fa come ti pare!- urlò lui guardandomi più arrabbiato che mai.
-Ma almeno non farlo stasera che presentiamo la nuova collezione- aggiunse dopo alcuni secondi di silenzio.
-Presentiamo la stessa collezione da dieci anni!- dissi dirigendomi verso la porta d quel maledetto ufficio. mi aveva fatto innervosire, da oggi, o meglio da stasera avrei fatto come mi diceva la testa e il cuore.
-Me ne vado!- urlai seccato.
-E dove?- mi chiese serio.
-Ovunque possa decidere della mia vita in pace- risposi guardandolo dritto occhi.
-Tua madre aveva ragione- aggiunse lui.
-Lei non è mia madre!- finalmente riuscì ad uscire da quell’ufficio del cavolo per poi prendere l’ascensore, sperando di trovare qualcuno ad aspettarmi. speravo di trovare Regina con indosso il suo vestito rosso e una valigia nascosta dietro l’angolo per fuggire insieme.

 

 

[Regina]

Notai una busta fuori uscire da sotto il cuscino della poltrona dove si sedeva spesso lo zio Henry. Cosa ci facevo dentro la sua stanza? Volevo sapere solo se lo zio c’entrava qualcosa con la sparizione delle lettere e non appena notai quella busta pregai il signore che fosse una delle tante lettere di Robin. Alzai il cuscino della poltrona e non trovai una lettera, ma decine e decine di lettere tutte aperte. Avrei voluto leggerle tutte in quel momento ma non potevo, il tempo stringeva e dovevo correre a prepararmi. Le afferrai tutte con cura e stando attenta a non dimenticarne nemmeno una, le portai nella mia stanza e le nascosi tutte dentro la valigia. Era l’unico posto dove mio zio non avrebbe mai guardato. Non appena scesa nel salone, l’unico sguardo che cercavo era quello di Robin. In mezzo a tutta quella gente cercavo solo i suoi occhi, solo il suo sguardo posato su di me. E fu proprio quello che sentì addosso pochi minuti dopo essere scesa nel salone. Con un semplice sguardo cercai di fargli capire che doveva seguirmi, mi diressi verso l’ascensore e poco dopo di me entrò una signora vestita di bianco, un bianco che faceva invidia persino i suoi capelli.
-A che piano?- disse Robin entrando dopo di noi.

-Al terzo- rispose la signora al mio fianco.
-Alla toilette- dissi io, ovviamente risposi dopo la signora, almeno non appena fosse scesa lei io e Robin saremmo rimasti soli finalmente.
-Ecco la toilette è al quarto, e credo che lei sia l’unica qui a non sapere a che piano è la toilette- che bell’umorismo Robin! avrei voluto strozzarlo ma lo amo da impazzire.
-Non conosce il nostro atelier?- mi chiese con presunzione, mi voltai appena verso di lui e scossi leggermente la testa portando lo sguardo verso destra.
-Però quello che indossa è un classico della nostra collezione. Mi sbaglio signorina?- sbuffai a tutte quelle domande e socchiusi leggermente gli occhi.
-Ah certo, preferisce non rispondere alle mie domande. Allora tirerò ad indovinare- ma dai adesso si divertiva anche a prendermi in giro mentre la signora al mio fianco se la rideva.
-Non mi sembra straniera, inoltre non indossa la fede il che significa che non c’è un marito che la sta aspettando da qualche parte. Non indossa gioielli e questa la dice lunga. Lei è una donna semplice- se non lo conoscessi bene a quest’ora gli avrei piantato cinque dita sulla guancia.
-Sto indovinando?- aggiunse alcuni secondi dopo.
-Sì sto indovinando- lo disse dopo aver ottenuto il mio silenzio.
-Lei è un buon osservatore- dissi sorridendo a me stessa.
-Sì ma è una dote che abbiamo in comune- ma sentitelo mi viene solo da ridere quando fa così.
-Su questo ha ragione- volevo ridere ma riuscì a trattenermi per evitare figuracce davanti a quella signora.
-Allora ammette che mi stava guardando- oh si ti stavo guardando Robin ma, non te la do vinta davanti a una vecchia come questa!
-Non guardavo lei, guardavo la gente. E mi congratulo con suo padre e anche se no mi crede non tutto ruota intorno a lei- non appena pronunciai queste parole le porte dell’ascensore si aprirono e lasciarono uscire la signora che se la rideva da quando Robin aveva iniziato a palare di me. Volevo che quelle porte si chiudessero. Dovevano chiudersi. Volevo baciarlo, erano passati secoli dall’ultimo bacio. Le mie preghiere vennero esaudite, quelle porte si richiusero, dove ci avrebbe portato l’ascensore? all’ultimo piano della galleria. Nella nostra terrazza. Mi voltai verso Robin, lui fece lo stesso poco dopo e io non riuscì a resistere. Le mie labbra si posarono sulle sue e lentamente lo spinsi verso la parete dell’ascensore lasciandomi andare ad un’ondata d’amore e di passione. Avrei voluto dirgli quando lo amavo ma le mie labbra erano talmente impegnate a baciarlo che non si staccavano nemmeno un’istante. Eravamo solo noi e mi importava solo questo in quel momento. Non appena salimmo sulla terrazza lui non smetteva di baciarmi, e io non riuscivo a scollarmi dalle sue labbra.
-Vieni con me a Londa- mi disse staccandosi un secondo dalle mie labbra.
-Tu sei matto- gli risposi ridendo.
-Sono stanco di stare qui a farmi dire cosa fare. Io voglio stare con te per sempre- mi prese in braccio mentre pronunciava queste parole e le sue labbra si posarono di nuovo sulle mie.
-Non abbiamo pià quindici anni- mi disse guardandomi negli occhi, e sapevo che era vero, non ce la facevo più nemmeno io a rimanere li a fare la sguattera per donna Cora.
-Regina, vuoi venire o no?- mi chiese dopo alcuni secondi. La mia risposta? Fu un bacio. Un semplice bacio per fargli capire tutto.

 

 

[Robin]

Avevo parcheggiato la mia macchina proprio vicino la porta di servizio per aiutare Regina con la valigia. Non appena la vidi sbucare dalla porta le tirai un razzo di carta come era mio solito fare e mi diressi verso il bagagliaio della macchina per poi aprirlo.
-Ti ha seguito qualcuno?- le dissi sorridendo per poi mettere la sua valigia nel bagagliaio e chiuderlo.
-No- rispose lei sorridendo a sua volta per poi sedersi in macchina, cosa che feci anche io pochi istanti dopo.
-Sicura?- non volevo spiacevoli incontri mentre fuggivamo.
-Sì- erano semplici parole sussurrate dalle sue labbra ma le leggevo in volto che era felice. Le diedi un bacio e misi in modo l’auto per poi imboccare la via principale dove si affacciava l’entrata della galleria Velvet.
-Andrà tutto bene vedrai- le dissi cercando di rassicurare il fatto che stavolta nulla sarebbe andato storto. Ero ignaro di quale disgrazia stava per colpire me e Regina durante il viaggio, e quale disgrazia stesse per colpire la galleria Velvet. Fu quando con un braccio strinsi a me Regina mentre guidavo che la radio dell’auto iniziò a parlare.
-Interrompiamo il programma di questa sera per informarvi di un tragico evento accaduto alla galleria Velvet. Il proprietario, Jefferson Locksley è deceduto improvvisamente questa sera- erano parole che mi distrassero dalla guida, e credo che Regina se ne accorse. L’auto finì fuori strada e da allora non ricordo più nulla. Solo il buio.



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Capitolo 3
*** Capitolo II: Prima parte ***


Capitolo II

 

[Robin]

Non ho idea di quanto tempo sia passato da quando abbiamo sbattuto con l’auto. La mia vista tentenna un pò prima di iniziare a stabilizzarsi per darmi un’immagine migliore di ciò che è accaduto ore prima.
-Regina?- cercai di stabilizzare ancora di più la vista, ma non appena ci riuscì l’immagine che mi si presentò davanti mi spezzò il cuore.
-Regina!- mi avvicinai a lei, il suo corpo era inerve, il suo viso pieno di sangue. Sangue che colava da tutto il viso e si posava lentamente sul suo petto, senza macchiare il vestito. Scesi di corsa da quello che ne rimaneva della mia auto e andai ad aprire la portiera per tirarla fuori. Lo feci lentamente, senza farle del male la presi in braccio e l’appoggiai sulla quella soffice erba che c’era a pochi metri dalla macchina.
-Andrà tutto bene- le dissi, ma lei continuava a rimanere incosciente. Le accarezzai il viso e mi diressi verso la strada con la speranza di trovare qualcuno. Arrivai lì e come un segno mandato dal cielo, arrivava un’auto. Mi misi in mezzo alla strada e l’uomo alla guida si fermò. Ero totalmente ricoperto di sangue ma a me no importava, l’unica cosa che volevo in quel minuto, era che Regina sopravvivesse a quell’incidente.
-Aiuto! La prego mi aiuti!- urlai disperato all’autista che vedendomi pieno di sangue non esitò nemmeno un secondo a scendere dall’auto e seguirmi.
-La prego dobbiamo aiutarla!- ero disperato, non volevo perderla. Era tutto ciò che mi rimaneva. Era la mia vita. Il signore che mi aveva soccorso, prese in braccio Regina e delicatamente la mise nella sua auto. Eravamo troppi in quella macchina, c’era tua moglie e i suoi due figli. Presi Regina e la appoggiai a me fra le lacrime, era strano che non si fosse ancora svegliata.
-Regina- sussurrai appena tra un singhiozzo e un’altro. Era così pallida, così fragile che mi spaventavo a toccarla. L’auto arrivò e con tanta gentilezza, l’autista mi aiutò a portarla dentro quell’enorme palazzo. Eravamo in ospedale. L’unica cosa che riuscivo a fare mentre Regina era nelle mani dei medici, fu prendermi a parole in una maniera assurda e maledirmi, perchè quella era tutta colpa mia. Non doveva accadere. Dovevo guidare. Non dovevo distrarmi con la radio. Fu in quell’istante che pensai a mio padre, e che fu lui a distrarmi dalla guida.
-Ci sono parenti della signorina Regina Mills?- sentì un dottore pronunciare queste parole e l’unica cosa che riuscì a fare fu correre su per quelle maledette scale e presentarmi.
-Sì! Io!- dissi quasi urlando nonostante fossimo vicini. Senza dire una parola mi fece strada verso una piccola stanza, aprì la porta e vidi Regina distesa sul letto. Bianca come un lenzuolo, o meglio bianca come il lenzuolo che la copriva.
-Il trauma cranico è piuttosto serio, fincje non si riprende è difficile sapere quali danni ha subito- non appena finì di pronunciare quelle parole uscì dalla stanza lasciandomi solo con lei. Ogni mia speranza di rivederla sveglia stava svanendo. Presi la sedia e la misi accanto al suo letto.

 

[Mentre alla Galleria]

-Allora signora Almira che cosa è successo esattamente?- le chiese il polizziotto mentre i solleghi facevano le foto a mezzo ufficio del padre di Robin.
-Abbiamo trovato la finestra aperta- rispose la donna con gli occhi lucidi.
-Nemmeno una lettera di addio? Un biglietto un qualcosa?- beh in effetti una lettera quel poveraccio prima di morire l’aveva lasciata ma quella sfacciata di sua moglie se l’era infilata nella borsa solo perche sopra c’era scritto “Per Robin” 
-No. Nessuna lettera. Adesso se non le dispiace ho un funerale da organizzare- disse la donna allontanandosi dal polizziotto.
-Se avremo altre domande la contatteremo- queste parole le sentì in lontananza, ma la signora Almira si era dimenticata che in ufficio c’era anche il signor Henry. Infatti la seguì fino all’ascensore e lo chiamò per lei.
-Saranno vent’anni che lavoriamo insieme Henry- disse poco dopo la signora.
-Per suo marito trenta. E comunque qualsiasi cosa sia accaduta nei trascorsi di suo marito, resta fra me e il signore. Non aprirò mai bocca- disse Henry poco prima che la signora entrasse nell’ascensore.
-Bene. Perchè è meglio che alcune cose non vengano a galla- disse lei mentre l’ascensore si chiudeva.

 


[Laboratorio]

-Signor Henry! Questa è da parte di Regina!- disse Mary Margaret dandogli la lettera scritta da Regina la sera prima per poi andare vicino alla porta di servizio, dove si trovava il telefono.
-Mary Margaret hanno chiamato per dire che Regina ha avuto un incidente insieme a Robin-  il viso della ragazza si riempì di lacrime e mentre lo zio Henry leggeva la lettera lei piangeva disperata.
-Dobbiamo dirlo al signor Henry- disse David alla giovane ragazza.
-Non adesso che sta leggendo la lettera. Appena finisce magari puoi- disse lei asciugandosi le lacrime.
-Ma- il giovane voleva avvertire lo zio di Regina, ma Mary Margaret lo fulminò con lo sguardo.
-David! Devi stare zitto! Finchè il signor Henry non viene qui nessuno deve sapere che Regina ha avuto un incidente e sta in ospedale!- Mary Margaret cercava di far tacere David, ma sembrava tutto inutile.

 

[La lettera di Regina allo zio Henry]

 

“Mio caro zio,

Mi spiace se ti ho creato dei problemi, non era mia intenzione

ma anche io e Robin meritiamo una possibilità e so che se rimarremo qui

non l’avremo mai. Non ti arrabbiare.
Rallegrati per me perchè non ho fatto altro che seguire il tuo insegnamento,

lottare per ciò che voglio.

Non appena leggerai questa lettera sarò lontana ma non mi dimenticherò mai di te

e ti chiamerò non appena ci saremo sistemati.

Con Affetto.

Regina”

 

-Bene ha finito di leggere la lettera ora posso dirglielo?- chiese David a Mary Margaret.
-Sì, fai come ti pare- disse lei sbuffando e con tono preoccupato per Regina.
-Signor Henry- David avanzò verso di lui e poteva notare benissimo lo sguardo seccato del signor Henry nei suoi confronti.
-Che c’è David!- lo disse quasi urlando e David potè capire che era seccato per essere stato interrotto.
-Ecco, è arrivata una telefonata dall’ospedale. Regina ha avuto un incidente con il signor Robin- non riuscì nemmeno a finire la frase che il signor Henry era già scappato verso l’uscita.

 

 

[Ospedale.]

 

[Robin]

Ero seduto accanto a lei con lo sguardo rivolto verso il basso. Presi la sua mano e lastrinsi nella mia per poi alzare gli occhi verso il suo viso.
-Regina non puoi farmi questo- dissi con le lacrime agli occhi.
-Non adesso. Ti prego apri gli occhi- era così pallida, era così bella ma vederla così mi si spezzava il cuore.
-Voglio creare una famiglia con te- le dissi baciandole la mano.
-Avere dei figli, guardarti giocare con loro e baciare le tue labbra ogni mattina. Ti prego apri gli occhi adesso amore- la guardai distesa sul letto che ancora non dava nessun segno di vita.
-Dobbiamo andare insieme a Parigi per lavorare insieme, insiame a tutti gli stilisti che tanto ti piacciono- abassai lo sguardo per qualche istante iniziando a pregare per la mia amata hce ancora, dopo ore, non aveva ripreso conoscenza.

 

 

[Regina]

Sentivo la voce di Robin in lontananza, come se fosse lontano più di dieci chilometri da me, l’ultima cosa che ricordo è la voce della radio che annunciava la morte del signor Locksley. Poi ricordo solo il buio. Cercai di aprire gli occhi, ma non appena lo feci non riuscivo a distinguere nulla. Era tutto sfocato. Non riuscivo a distinguere se ci fosse Robin o era solo una macchia in mezzo a tante altre macchie.
-Regina?- disse Robin, sentivo la mia mano nelle sue, sentivo anche il suo calore e il suo sguardo su di me. La vista dopo alcuni secondi mi permise di distinguere ogni figura. Gli sorrisi non appena vidi i suoi occhi azzurri come il cielo. Mi limitai a sorridere, mi sentivo ancora molto debole ma stavo bene. Volevo solo rimanere lì a guardarlo. Era l’unica cosa che mi faceva stare meglio.

 

[Robin]

Uscì fuori non appena il dottore entrò per controllare Regina, almeno per sapere se c’erano danni celebrali o meno visto che non mi aveva nemmeno risposto, si era solo limitata a sorridere e a guardarmi negli occhi.
-Avevo paura di perdere anche lei- dissi non appena vidi suo zio fissarmi in malo modo. Lui non rispose alla mia frase. Rimasimo in silenzio finche il dottore non uscì dalla camera di Regina.
-Allora? Come sta?- con il dottore parla e con me no, beh non posso biasimarlo. Per colpa dell’incidente avremmo potuto perdere entrambi Regina.
-Non ha subito danni celebrali, è stata davvero molto fortunata. Ma ha bisogno di riposare per qualche giorno- il dottore concluse così la sua diagnosi e io mi avvicinai al signor Henry.
-Se ne può anche andare signor Robin, ha già fatto abbasta- mi disse mettendosi davanti alla porta della stanza dopo ch eil dottore se ne fu andato.
-Ma voglio stare con lei- gli risposi guardandolo.
-Non ha saputo che suo padre è morto? Perchè non torna a casa! La sua famiglia la sta cercando e ha bisogno di lei- sapevo che aveva ragione ma anche Regina aveva bisogno di me. Mi dissi che sarei andato a casa a cambiarmi, e sarei tornato li in ospedale appena possibile solo per starle accanto e non lasciarla nemmeno un secondo. Tornai a casa con il primo taxi che trovai e entrai dentro. Trovai tutti vestiti di nero. Mi sentì un pò a disagio, ero con una camicia bianca inzuppata di sangue, quindi direi che il mio stato d’animo era più che ovvio. Mia madre si diresse verso di me e mi afferrò per un braccio per poi portarmi verso le scale e chiudere la porta che separava i due ambienti.
-Dove diamine eri? Ti abbiamo cercato ovunque!- mi disse mia madre guardandomi arrabbiata.
-Sei il solito Robin!- mi rimproverò Zelena.
-Ho avuto un incidente con Regina! Stavo in ospedale!- quasi lo urlai.
-Con quella? Non posso crederci- disse quella sottospecie di madre che mi ritrovavo solo per sventura.
-E adesso vorrei vedere mipadre!- salì le scale e andai dritto nel suo ufficio, che ormai era diventato una specie di camera ardente. C’era la bara chiusa.
-Aprite la bara!- dissi al becchino.
-Vostra madre ha espresso chiaramente di tenerla chiusa- rispose lui. Lo fissai qualche istante e poi andai in camera mia a lavarmi e cambiarmi i vestiti.
-Tuo padre si è suicidato Robin- le sue maniere di apparire senza bussare mi facevano innervosire.
-Ha lasciato qualcosa!?- chiesi alzando la voce incredulo alle sue parole.
-No. Nemmeno una lettera- rispose Almira, si la chiamavo così perchè non era mia madre, non riuscivo minimamente a vederla come tale.
-Secondo te perche aveva tutta questa fretta che ti occupassi dell’azienda? Che trovassi una moglie facoltosa da sposare?- disse lei alzando la voce.
-Perchè non me lo ha detto?- chiesi aspettandomi una risposta decente.
-Perchè gli sarebbe costato molto ammettere il suo fallimento- disse lei uscendo dalla camera lasciandomi solo. E nella mia solitudine andai nella stanza dove si trovava la bara di mio padre. Dopo esser rimasto li per una buona mezz’ora, avevo bisogno di prendere aria allora scesi in giardino e mi sedetti sulla sedia vicino alla piscina.
-Robin- disse una voce a me conosciuta, sedendosi al mio fianco, ovvero sulla sedia vicino alla mia.
-Killian ho litigato con lui- gli dissi fra le lacrime.
-Prima di andare via con Regina ho litigato con mio padre- continuai pochi secondi dopo.
-Robin- lo interruppi, non lo facevo nemmeno parlare ero talmente distrutto che non ascoltavo nessuno.
-Gli ho detto che era incapace di riprovarci. Gli ho detto che le sue clienti erano imbalsamate. Invece di aiutarlo sono saltato in macchina e sono scappato via con Regina- mi sentivo in colpa per aver provato ad essere felice almeno un pò con la donna che amo.
-Non sapevamo che fosse in crisi Robin. Non è colpa tua- mi disse lui mettendomi una mano sulla spalla.
-Era mio padre Killian, dovevo accorgermene- gli dissi poco dopo.
-Robin non è colpa tua- ripete lui.
-Invece sì. E’ solo colpa mia- dissi io piombando in un silenzio enorme. Poco dopo riuscì a sentire le braccia del mio migliore amico stringermi in un abbraccio fraterno.

 

 

[Regina]

Erano notte fonda, ma io e mio zio eravamo ancora svegli. Lui leggeva il giornale, io invece ascoltavo la radio che spiegava l’itinerario del funerale della famiglia Locksley. Ringrazio il cielo che insieme alla bara del signor Locksley non ci sia quella dei Robin. Pochi minuti dopo aver annunciato cosa sarebbe successo l’indomani, entrò un’infermiera giovane e bionda.
-Signorina Mills, c’è una telefonata per lei- mi disse e come risposta da parte mia ricevette un accenno con la testa. Cercai di alzarmi ma non riuscivo nemmeno a muovermi. Non appena provai a mettere un piede giù dal letto la testa divenne una trottola.
-Sta ferma, ti porto il telefono- disse lo zio alzandosi per poi uscire dalla stanza. Attesi che lo zio arrivasse con il telefono, e non appena arrivò mi misi seduta e presi la cornetta.
-Regina, scusami se ti ho fatta alzare a quest’ora- era Robin, dalla voce si sentiva che stava davvero male.
-Ma no tranquillo, lo zio mi ha portato il telefono in camera, non credevo che esistessero fili così lunghi- con quella battuta riuscì a strappargli una risata dalle labbra.
-Come stai?- gli chiesi poco dopo.
-Non lo so. Vorrei tornare indietro per dirgli che gli volevo bene- era affranto e sapevo che si sentiva in colpa.
-Lo sa Robin, anche se eri un pezzo rigido nei suoi confronti- cercavo di rassicurarlo ma dal telefono non potevo fare un granchè
-Dove sei?- gli chiesi sperando che fosse in un posto vicino, così avrei potuto raggiungerlo, ma così conciata non sarei arrivata nemmeno alla porta della camera.
-A casa- rispose lui.
-Vorrei essere li per consolarti amore- avrei voluto essere al suo fianco, non potevo sentirlo cosi e non poterlo aiutare mi spezzava il cuore.
-Tu dovresti riposare, scusami. Non pensare a me- mi disse cercando di mascherare il suo stato d’animo,
-Non posso riposare se ti sento cosi amore- era la verità. Non ci sarei mai riusicita a dormire.
-Non pensare a me. Sto bene devo solo dormire un po- aggiunse poco dopo.
-Sicuro?- gli chiesi preoccupata.
-Si. Ti amo. Dormi bene amore- cercava di non farmi preoccupare, ma entrambi sapevamo che nessuno dei due avrebbe chiuso occhio quella notte.
-Ti amo- posai la cornetta e pochi secondi dopo mio zio portò via il telefono. Meditai a lungo su quello che avrei potuto fare l’indomani. Robin aveva bisogno di me, e non lo avrei abbandonato proprio il giorno del funerale di suo padre. Quindi costi quel che costi sarei andata con lui. Gli sarei stata accanto.



[Fine Prima parte]









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Capitolo 4
*** Capitolo II: seconda parte ***


Captiolo II: Seconda parte.

 

 

[Robin]

Ero dentro l’ufficio che fino alla sera prima era quello di mio padre. Adesso è il mio. Davanti a me ho l’uomo più fidato che mio padre abbia mai avuto al suo fianco oltre il signor Henry.
-Il registro parla chiaro, la galleria è sull’orlo della rovina- mi disse facendomi scattare in piedi per poi dirigermi verso di lui e afferrare il registro.
-Impossibile- dissi per poi leggere le righe. Lo chiusi e lo tirai sul tavolo.
-Come può essere finita così?- chiesi all’uomo.
-Suo padre lo sapeva, voleva alzare i prezi, nuove finanziarie e tutto il resto- rispose lui.
-E come aveva intenzione di pagare!?- pace all’anima sua sì, ma era stato leggermente idiota su questo campo.
-Con il ricavo della vendita dell’ultima collezione e se me lo permette signor Locksley, è stata una pessima idea- beh si era già capito non c’era bisogno della tua parola.
-Che mi consiglia di fare?- chiesi guardando il registro dei conti.
-O trovate un nuovo finanziatore che vi aiuti a risollevare l’intera azienda e un nuovo stilista. Oppure, come ho detto a vostro padre, vedere la galleria- in pratica quello che mi stava dicendo era o trovi i soldi o chiudi baracca. Ero letteralmente in mezzo al casino. Ma per adesso non volevo pensarci, dovevo andare a seppellire mio padre.

 

[Regina]

Avevo chiamato Mary Margaret da un bel pezzo e stavo aspettando che arrivasse con quello che le avevo chiesto. Lo zio Henry non era in camera con me, e non era nemmeno in ospedale. Si era preparato anche lui per andare al funerale del signor Locksley, ma non sapeva nulla del mio piano, ovvero andare al funerale senza che lo sappia. Se lo zio lo avesse saputo con largo anticipo che avrei partecipato anche io al funerale mi avrebbe legata a letto con un sacco di corde pur d qui. Sono testarda lo ammetto. Sentì bussare mentre ero seduta nel letto, la porta si aprì ed era la mia migliore amica.
-Regina!- disse avvicinandosi per poi stritolarmi in un abbraccio, ammetto di essermi fatta un pò male ma non le feci notare nulla. Era cosi felice di vedermi.
-Mary, tutto bene alla galleria?- le chiesi stringendola a mia volta.
-Più o meno, sono andati tutti al funerale. Ho portato ciò che mi hai chiesto- mi disse porgendomi il sacco dopo essersi staccata da me.
-Sei sicura? Dovresti riposare Regina- mi disse seriamente per poi esaminarmi dalla testa ai piedi.
-Ce la faccio, devi solo tenermi altrimenti ti cado come un palo- dissi ridendo. Afferrai la busta per poi, in modo molto veloce, darmi una lavata e vestirmi.
-Andiamo- dissi cercando di rimanere in piedi.
-Regina sei bianca come la cera sul serio non ti fa bene- disse lei guardandomi per poi tenermi sotto braccio.
-Andiamo Mary o arriviamo in ritardo- lei annuì e in modo silenzioso uscimmo per non farci notare. Ero pronta a stare vicino a Robin.

 

[Robin]

Arrivai al funerale inisme a mia madre e mia sorella. Dovevo qualcosa a mio padre, anche se mi aveva separato da Regina per un sacco di tempo, lo volevo bene. Portavo la sua bara, ero il primo di tutti insieme al mio migliore amico. Killian non mi aveva abbandonato. Era come un fratello per me. C’erano un sacco di persone e io ne conoscevo solo la metà. Tutte vestite di nero. le lacrime iniziarono a solcare il mio viso. Piansi. Piansi silenziosamente mentre portavo la bara di mio padre. Tutti vestiti di nero e io in una circostanza davvero orribile, mi sono ritrovato fra di loro, anch’io vestito dello stesso colore.

 

 

[Regina]

Non ho idea da dove abbia tirato fuori la forza per correre. Stavo correndo e Mary Margaret mi seguiva implorandomi di fermarmi solo per evitare che le morissi a cavolo.
-Fermati Regina!- mi disse lei correndo dietro di me.
-No Robin ha bisogno di me- correvo, correvo sempre più forte fino ad arrivare a destinazione. Tutti vestiti di nero, e chi non lo era, stava lì perche si trovava di passaggio.
-Finalmente Regina! Se svieni mi fa piacere- mi disse guardandomi negli occhi.
-Di certo il signor Locksley non scappava!- mi disse lei riferendosi al padre di Robin.
-Mary era una pessima battuta, perfettamente fuori luogo!- lasciai perdere il suo umorismo fuori campo e mi concentrai a cercare Robin tra la folla. Lo trovai. Portava la bara. Eravamo lontani un miglio ma almeno ero molto vicina lì che in ospedale. Non appena la bara fu messa nella tomba di famiglia, tutti andarono a fare le condoglianze a Robin e alla sua famiglia. Da lontano potevo vedere Marian che gli dava un bacio sulla guancia, non era mio solito essere gelosa ma diamine c’è bisogno? siete amici va bene ma giragli alla larga tesoro.
-Sta arrivando tuo zio Henry e sono nei guai Regina- mi disse guardando dietro di noi.
-Vai. Ce la faccio, non voglio che finisci nei guai a causa mia- le sorrisi e lei fece lo stesso per poi andarsi a mettere vicino sua sorella Emma.
-Che ci fai qui?- disse mio zio avvicinandosi a me.
-Devo starevicino a Robin, è morto suo padre ha bisogno di me- gli dissi guardando dritto aspettando il mio turno per fargli le condoglianze.
-Dovevi restare in ospedale Regina- lo so che dovevo rimanere la ma Robin ha bisogno di me, com’è che non riesce a metterselo in testa?
-Questa è la sua gente Regina. Suo padre è morto ma ciò non significa che tu possa stare con lui. Non fare altri errori- perchè non voleva che io e Robin stessimo insieme? Era ancora una domanda alla quale non trovavo una risposta. Le parole di mio zio furono delle coltellate profonde, non potevo fare a meno di pensarci. Mi avvicinai a fare le condoglianze, c’era la sorella di Robin, Zelena. Mi guardava sdegnata e schifata Arrivai a Robin. Lo guardai negli occhi e non appena mi vide nel suo visto triste e nei suoi occhi arrossati, si dipinse un debole ma sincero sorriso.
-Mi dispiace Robin- gli sussurrai, avrei voluto baciarlo ma non potevo farlo, non davanti ala sua matrigna che non poteva nemmeno vedermi. Mi avvicinai a sua madre, le porsi la mano in segno di condoglianze e lei esitò, poi la prese e infine mi fece una smorfia. Mi allontanai da loro. Le parole dello zio mi riepirono la testa, che a sua volta iniziò a girare. Non vidi più nulla qualche minuto dopo.

 

 

[Robin]

Sentì lo zio di Regina urlare il suo nome, mi voltai nella loro direzione e vidi Regina a terra.Lo sapevo, non doveva venire era ancora troppo debole per uscire dall’ospedale.
-Regina!- mi allontanai di corsa da mia madre e mia sorella.
-Regina!- dissi di nuovo non appena fui vicino a lei. La vidi in viso, era tornata pallida e i graffi che aveva in volto si evidenziarono ancora di più. La presi in braccio e quando lo feci sentì qualcuno parlare alle mie spalle.
-Ma che fa!?- disse mia sorella, era rivolto sia a Regina che a me.
-Vorrei saperlo anche io. Tuo fratello è un deficente e quella e una sgualdrina numero uno!- disse mia madre. Dovevano ringraziare Regina del perchè non tirai una sberla ad entrambe. Non lo feci perche avevo lei in braccio. Tutti mi guardarono e io rivolsi loro uno sguardo cagnesco, sdegnato dei loro sguardi sdegnati e sorpresi. Portai Regina a casa mia e feci chiamare un dottore. Stava ancora senza sensi quando il medico arrivò.
-Si è solo affaticata, dopo un incidente del genere doveva stare a riposo- disse lui mentre Regina si svegliava.
-Ne è sicuro dotoe?- gli chiesi ancora spaventato e preoccupato.
-Sì, deve stare a riposo- mi rispose.
-Bene non si preoccupi a questo ci penso io- guardai Regina che mi rivolse la sguardo di chi si sentiva in colpa, come se fosse stata colpa sua se aveva perso i sensi.
-Tu resterai qui Regina, mi occuperò di te- le dissi sorridendo.
-No. Voglio tornare alla galleria- mi rispose, notai che non mi stava guardando, ma guardava dietro di me.
-Robin ti posso parlare un momento? Da soli- disse Almira per poi uscire. Sorrisi a Regina e lei si rabbuiò, la guardai per un’istante e poi andai da mia madre.
-Per quanto dovremo vergognarci delle tue azioni?- mi chiese.
-A me non importa di quello che pensate! A me importa di Regina e lei rimane qui!- le risposi alzando un pò il tono della voce.
-Lei non resta qui Robin!- rispose anche lei a voce alta.
-Questo è amore non so se sai di cosa sto parlando, oh vero tu non lo provi nemmeno per il cane!- ero arrabbiato, tutti che mi dicevano cosa dovevo o non dovevo fare. Spostai lo sguardo verso il corridoio che portava nella stanza dove stava Regina e la vidi li, in piedi, pallida ad ascoltarci.
-Questa è una vergogna- disse mia madre per poi scnedere le scale, fui tentato dal buttarla di sotto, ma non lo feci.

[Regina]

Robin era rimasto in camera con me mentre donna Almira accompagnava mio zio alla porta. Era sopra di me che mi stava coccolando, o meglio mi stava baciando quando gli sorrisi e avvistai una foto alla mia destra.++-Chi è?- gli chiesi sorridendo per poi guardare la foto.
-E’ mia madre, è l’unica foto che ho di lei- mi rispose sorridendo per poi guardare anche lui la foto.
-E’ molto bella- sorrisi e gli diedi un bacio ma poi sentì qualcuno schiarisi la gola dietro di lui.
-La nostra casa è una casa per bene, e da ora in poi questa porta resterà aperta!- Almira non mi voleva tra i piedi e lo dava molto a vedere.
-Ti prego Almira non voglio discutere di nuovo potresti uscire?- le disse Robin alzandosi e guardandola truce.
-Non so come sia abituata Regina, ma si vede che fa la sgualdrina- non dissi nulla perchè non avevo ne le forze, e ne la voglia di picchiarla, anche se forse fare a botte con quella sottospecie di stronza mi avrebbe fatta stare meglio.
-Robin ha chiamato l’esecutore testamentario di tuo padre, ci aspettano alla Velvet per leggere il testamento vedi di muoverti- era così antipatica e arrogante, forse ero più educata io che i suoi modi brutali di parlare. Uscì pochi secondi dopo e Robin mi guardò negli occhi.
-Pultroppo devo andare amore, ma per qualsiasi cosa chiamami- gli sorrisi e feci di si con la testa, lui si alzò e si diresse alla porta.
-A dopo amore- sorrise e stava per uscire ma ritornò indietro e mi diede un bacio.
-Riposa- gli sorrisi di nuovo e lo lasciai andare.

 
[Robin]

Ero appena entrato  nel corridoio che portava nel mio ufficio, quando una delle dipendenti, molto benestante, si avvicinò a me e dal suo sguardo riuscì a capire che non era una bella notizia quella che doveva darmi.
-Signorino Robin, mi duole dirvelo ma io lascio la galleria- avevo intuito quello che voleva dirmi.
-Non posso biasimarti- le dissi guardandola.
-Non è per voi ma,- la interruppi e le sorrisi.
-Robin ti muovi?- mi disse Almira tirandomi via, per poi trascinarmi dentro il mio ufficio, dove c’era l’esecutore testamentario.
-Possiamo iniziare- disse lei non appena tutti fummo a sedere.
-Il signor Locksley ha lasciato tutto al figlio Robin. Ha diviso le azioni della galleria sia per Robin che per la signorna Zelena- disse lui. Ascoltavo ogni parola, oltre alla galleria avevo ereditato i debiti, che se non venivano saldati potevo chiudere i battenti.

 

 [Regina]

Scesi di sotto dopo circa due ore che Robin era uscito per andare alla galleria. Ero rimasta li solo perche lui aveva insistito altrimenti sarei tornata alla galleria. Avevo sete quindi iniziai a cercare la cucina, ma mi persi totalmente.
-Signorina ha bisogno di qualcosa?- mi chiese la cameriera.
-Oh no, io cercavo solo la cucina per un bicchiere d’acqua- dissi arrossendo non appena fui beccata.
-Il signorino Robin ha detto che dovete riposare, salite di sopra io vi porto l’acqua- sorrisi a quelle parole, e lei fece altrettando. Stavo per salire di sopra ma davanti mi ritrovai Donna Almira e la signorina Zelena.
-Vedo che già ti comproti come una padrona- disse donna Almira guardandomi storta.
-Vado a cambiarmi per la cena Zelina, tienile compagnia- alcuni secondi dopo svanì sulle scale.
-So cosa significa perdere i genitori signorina Zelena, io ho perso mia madre quando avevo otto anni- volevo solo confortarla un pò, ma a lei sembrava non importare delle mie parole tantomeno di suo padre.
-Non ho chiesto la tua amicizia- disse passandomi davanti per poi sedersi su una poltrona di pelle scura.
-Volevo solo- mi guardò truce e m iinterruppe con un gesto della mano.
-Non siamo come Robin, e nemmeno tu sei come noi. Quindi taci. Poveraccia- non avevo ne la voglia e ne la forza di insultarla, quindi rimasi in silenzio finchè non ebbe finito.
-Ah Gloria ci siamo solo io e mia madre- disse poco dopo alla cameriera che si era avvicinata solo per darle un bicchiere di wisky.
-Robin non torna?- le chiesi non appena la cameriera si fu allontanata.
-No èrimasto a lavorare, adesso ha un’azienda da dirigere. Non credo che abbia il tempo per occuparsi di te- era così odiosa. Lasciai perdere Zelena e tornari nella mia stanza per un semplice motivo, oltre alla stanchezza avevo anche crampi alla pancia quindi era meglio andare in camera. Mi sdraiai nel letto e chiusi gli occhi per qualche istante, sperando che il dolore calmasse. Mi addormentai in preda ai crampi.

 

[Robin]

Tornai a casa dopo aver preso un vestito alla galleria, un vestito per Regina, avevo passato la giornata tra fogli e timbri solo per sistemare le cose ma sembravano tutte uguali.
-Buona sera signorino Robin- mi disse la domestica non appena aprì la porta. Entrai in salotto e vidi Marian.
-Marian sei qui- le sorrisi appena, era ogunque. Lei si alzò interrompendo il suo discorso con Zelena, e si avvicinò a me.
-Scusa se non ti ho avverto, ma volevo vedere come stavi- disse lei mentre Zelena si alzava.
-Rimani Zelena- avrei voluto che restasse in modo da rimanerelei con Marian.
-No. Abbiamo parlato fino ad ora, tocca a voi- uscì dalla stanza pochi secondi dopo lasciandoci da soli.
-Volevo farti compagnia dopo il funerale, con quello che è successo alla tua amica, soero che stia bene- ma per favore a chi vuoi prendere in giro?
-Si sta bene- risposi di striscio.
-Io vado allora, volevo solo dirti che se hai bisogno di qualcosa, soldi o altro puoi contare sulla mia famiglia- disse lei prendendo la giacca per poi avvicinarsi ancora di più in cerca di un bacio da parte mia. Rimasi immobile.
-Grazie. Buona serata- le dissi sempre di striscio lasciandola andare via. Salì di sopra con tutte le buste in mano aprì la porta silenziosamente e lo spettacoo che mi si mostrò davanti era il più bello di questo mondo. Regin dormiva, aveva il viso pallido e un’espressione strana, come se avesse qualcosa.
-Ei amore- le sussurrai cercando di scoprire se stesse bene o meno mentre mi sdraiavo al suo fianco dopo aver posato le buste.
-Ei- sussurrò ei aprendo gli occhi.
-Stai bene?- le chiesi accarezzandole il viso.
-Sì, solo qualche crampo. Ma tutto bene- mi sorrise e si strinse a me.
-Te la senti di fare una cosa?- volevo farla stare meglio allora le presi il vestito e glielo misi vicino.
-Metti questo e ti aspetto di sotto fra dieci minuti- sorrisi e la baciai.
-Dove mi porti?- mi chiese.
-Lo vedrai dopo aver tolto la benda- risi e la lasciai vestire. Speravo che con questa sorpresa si sarebbe divertita e sarebbe stata meglio.

 

[Robin: Di sotto pochi minuti dopo]

-Pronta?- le chiesi prendendola per mano dopo averle messo la benda negli occhi.
-Sì- disse lei ridendo.
-Andiamo allora- la presi per mano e la guida ipasso dopo passo fino al giardino, o meglio fino alla piscina. La lasciai.
-Robin? Dove sei!?- mi chiese non sentendo più il mio calore.
-Sono qui- dissi apparendo dietro di lei per poi stringerla e darle un bacio. Mi misi davanti a lei dopo alcuni secondi.
-Non ti preoccupare non me ne andrò mai- le sorrisi anche se lei non potva vederlo, le diedi un’altro bacio e la strinsi di nuovo.  Le tolsi la benda poco dopo e lei sorrise in una maniera unica.
-E’ bellissimo amore- disse lei guardando la piscina piena di candele galleggianti.
-Sono stufo Regina. Stufo di scappare sempre. Stufo di fare quello che gli altri si aspettino che faccia- la guardai negli occhi e le sorrisi.
-Abbiamo passato la vita scappando e nascondendoci, adesso basta. Andiamo a Parigi, a Londra o ovunque tu voglia ma dobbiamo farlo per piacere, non perchè stiamo scappando- mi inginocchiai e tirai fuori dalla tasca una scatolina.
-Robin cosa stai facendo?- mi chiese ridendo non appena mi inginocchiai.
-Fammelo dire bene Regina- dissi ridendo.
-Voglio passare il resto della mia vita con te. Voglio avere cinque figli o tre, o quanti ne vuoi tu. Voglio vivere a Parigi o ovunque basta che ci sei tu. Vuoi essere mia moglie?- lei scoppiò quasi a piangere, o meglio rideva e piangeva allo stesso tempo. Ero lì, e attendevo solo la sua risposta.

 

[Regina]

Non potevo crederci, no npotevo credere alle sue parole. Voleva sposarmi. Non ci pensari due volte, mi inginocchiai come lui e lo baciai intensamente.-Sì. Sì e sì- dissi ridendo e baciandolo.
-Ti amo Regina- mi disse pochi secondi dopo togliendosi la giacca per poi mettersi in piedi e afferrandomi la mano dopo averm imesso l’anello.
-Farò pazzie con te amore mio- non poteva farlo, non poteva sul serio. Mi tirò a se sull’orlo della piscina e cademmo entrambi dentro.
-Che fai Robin no!- urlai ridendo prima di cadere insieme a lui.
-Ti amo amore mio- gli dissi baciandolo. Eravamo bagnati fradici ma a nessuno dei due importava. Eravamo solo noi ed era questo l’importante.

 

[Regina: L’indomani mattina]

Sentivo qualcuno che mi baciava il viso, e non ebbi nessun dubbio che quello era Robin. Aprì leggermente gli occhi e non appena vidi che era davvero lui saltai già dal letto di corsa.
-Non fare quella faccia Regina, ho dormito nell’altra stanza- mi disse e io scoppiai a ridere.
-Vado a lavoro, ho una riunione- gli sorrisi e lui si avvicinò a me per poi baciarmi.
-Allora ci vediamo alla galleria, voglio vedere mio zio per dirglielo- indicai l’anello e sorrisi.
-Auguri- rise lui prendendomi in giro conoscendo il carattere di zio Henry.
-Ciao amore- gli dissi ridendo prima che uscisse dalla stanza. Mi vestì e scesi in giardino dove trovai donna Almira intenta a leggere il giornale. Sulla copertina del giornale c’era scritto qualcosa, La galleria Velvet in rovina. Robin non mi aveva detto nulla, forse per non farmi preoccupare. Non mi arrabbiai per questo, sinceramente anche se avrebbero chiuso mi avrebbe dispiaciuto per le mie amiche e per Robin. A me non importa dei soldi.

 

 [Robin: Riunione alla banca]

-Mi dispiace signor Robin ma stando alle ultime notizie, la banca non è disposta a farvi un prestito per rilanciare la galleria- avrei voluto picchiare quello stronzo che aveva diffuso la notizia.
-Robin andiamo- disse Killian prendendomi per il braccio.
-Dobbiamo trovare un altro modo Killian o la galleria sarà perduta, e con essa anche tutto il lavoro di mio padre- dissi guardandolo per poi lasciare la banca.

 

 [Regina: Alla galleria con zio Henry]

-Molti fornitori hanno iniziato a disdire i contratti, e se nessuno ci manda la mercie non avremo nulla da vendere- lo guardai mentre camminavamo, dovevo dirglielo adesso o mai più.
-Zio, io mi sposo con Robin- gli dissi mostrando l’anello.
-Me lo ha chiesto ieri- aggiunsi poco dopo guardandolo negli occhi. Ma lui non pronunciò nemmeno una parola.
-Zio non mi dici nulla?- chiesi rattristandomi.
-Sono felice per te- disse serio per poi allontanarsi da me senza dire una parola. Il mio cuore finì in mille pezzi.

 

 [Robin: Ufficio alla galleria]

-Signorino Robin, c’è la signorina Mills- non appena sentì quelle parole mi rallegrai, avevo bisogno di vederla dopo una mattinata del genere.
-Falla passare- dissi sedendomi davanti alla scrivania.
-Amore, ciao- mi disse entrando con un sorriso smagliante, ma entrambi sapevamo che era finto.
-Lo hai già saputo vero?- le chiesi facendole segno di sedersi sulle mie gambe.
-Sì. Ma perchè non mi hai detto nulla?- mi chiese pochi secondi dopo rifiutando di sedersi sulle mie gambe.
-Perchè non era grave- risposi alzando il tono della voce, ma non appena me ne accorsi mi alzai di corsa e mi avvicinai a lei.
-Scusami amore. Non volevo- cercai di scurarmi, le afferrai la vita e la baciai intensamente appoggiandola alla porta di vetro quasi trasparente dietro di lei.
-Ci vedono- disse lei scoppiando a ridere.
-Che ci importa- ridemmo entrambi poi lei si staccò dalle mie labbra tra una risata e l’altra.
-Ci vedono meglio che vada- rise per poi uscire. Ammetto che sul mio viso si dipinse un sorriso che nemmno con la notizia più terrificante sarebbe svanito.

 

[Robin: L’indomani, ufficio. Incontro con la zia Pilar organizzato da donna Almira]

-Non intendo firmare zia, non voglio i tuoi soldi se tu non lasci l’attuale personale- dissi gurdandola in cagnesco. Non volevo che venissero licenziate persone che mi erano sempre state fedeli, ma in particolar modo a mio padre. Soprattutto dopo quello che avevamo fatto io e Regina la sera prima all’interno della sartoria. Ci siamo messi a ballare inisme a Marty Margaret, David e Emma. Eravamo felici, ed eravamo tutti amici. Lasciai il contratto sul tavolo accompagnato dalla penna, un contratto che prevedeva il pagamento dei debiti della galleria in cambio delle mie azioni, e licenziamento del personale attuale. Uscì fuori dall’ufficio e a mia sorpresa trovai Regina.
-Hai firmato?- mi chiese.
-No. Vieni con me- le dissi afferrandole la mano per poi entrare nell’ascensore che si aprì al secondo piano, quello che dava al piano di sotto.
-Vedi tutto questo?- le chiesi non appena rrivammo alla ringhiera.
-Sì- rispose lei.
-Voleva cambiare tutto, e io non le ho permesso nulla- sorrisi e la baciai. I debiti rimanevano sempre, se non firmavo la galleria avrebbe chiuso e di conseguenza i dipendenti sarebbero rimasti senza lavoro comunque. Se invece firmavo avrebbero perso il posto di lavoro per mano di zia Pilar.

 

 [Robin: l’indomani sera a casa sua]

Se crede che sono talmente disperato da accettare una proposta del genere è un folle. La società come poteva essere così cattiva e senza cuore?
-Robin? Che hai?- mi chiese Regina non appena mi vide nervoso nel salone di casa mia.
-Quel folle del padre di Marian vuole pagare i debiti- le spiegai.
-E’ una bella notizia!- esclamò la mia amata.
-No! Perchè per farlo ha una condizione! Vuole che mi sposo con sua figlia Marian!- il suo viso divenne cupo e buio. Non avrei dovuto dirle nulla, ma dal tronde meglio che lo venga a sapere da me e non da altri.
-Se non pago i debiti sono costretto a vendere- le spiegai poco dopo facendola sedere al mio fianco.
-Robin non puoi fare questo al personale della galleria- mi disse non appena appoggiò la testa sulla mia spalla.
-Non ho altra scelta Regina- le risposi stringendola a me.
-Chi lavora lì, è come una famiglia per me amore- lo so amore mio, lo so. Ma non posso fare nulla.

 

 [Regina: Stessa sera nella sua stanza]

Mi sedetti davanti alla finestra con il viso bagnato dalle lacrime da quando avevo visto Robin affranto per la galleria, presi carta e penna e iniziai a scrivere una lettera che avrei lasciato a Robin non appena finita. La lasciai sulla scrivania insieme all’anello, e dopo aver fatto la valigia, nel cuore della notte mentre Robin dormiva nella camera accanto, me ne andai. Tornai al mio posto. Ovvero, alla galleria, nella mia stanza, nel mio letto e dalla mia migliore amica.

 

 [Robin: L’indomani mattina]

Entrai come era mio solito fare, nella camera di Regina per darle il buongiorno.
Non c’era.
Il letto era fatto, e non c’erano neppure le sue cose. Mi guardai intorno e l’unica cosa che vidi, era un foglio piegato a metà e l’anello che le avevo dato.
Presi quel foglio.
Lo aprì come se fosse la cosa più delicata al mondo.
L’avevo persa. L’avevo persa per sempre.

La lettera diceva:

 “Perdonami se affido a questa lettera le mie parole amore mio,
ma guardandoti negli occhi non sarei capace di separarmi da te.
Mio amato Robin, ho molto apprezzato i tuoi tentativi di salvare la galleria,
ma è giunto il momento di fare la mia parte.
Non posso sposarmi con te amore mio, non posso farlo.
Rinuncio al nostro amore vita mia, lo faccio per te, per tuo padre
per la galleria, per mio zio e per le mie amiche.
Siete tutto quello che ho e non posso accettare di essere la causa della vostra sventura.
Amore mio, vita mia, ti amo e ti amerò per sempre in segreto nel mio cuore.
Forse mio zio e la tua famiglia hanno ragione, siamo figli di due mondi diversi
che non possono e non devono confondersi,
Io sono solo una misera sarta, e forse non avrei dovuto finire di esserlo.
Adesso va da Marian e salva la galleria

Ti amo.
Regina.”




NDA: Spero di non ritrovarmi tutto il fandom OutlawQueen sotto casa ahahah. Spero vi sia piaciuto e che dire Stavolta la foto la vedrete solo su wattpad è un onore scrivere per voi miei tesoro u.u 

 

 

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