Insane

di YliaDavinson
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Agony pt1 ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Alice strinse a sè il bicchierino che conteneva il farmaco e si assicurò di aver chiuso bene la porta,prima di gettare il liquido nella pianta. Il Dottor Layns sosteneva che le piante e i fiori calmassero i pazienti, Alice invece pensava fossero un bel modo per sbarazzarsi di quei dannati intrugli. Un giorno le venne da ridere immaginando di versare una pozione di ingrandimento del sottomondo a quella povera Fittonia , ormai morente.
Ma come era finita in manicomio?
Dopo la morte di sua madre,Lady Kingsleigh, Alice era caduta in depressione e farfugliava strane frasi sconnesse e incoerenti su un certo mondo nascosto e di come una certa Regina Bianca avrebbe potuto salvare la madre. Fu allora che il Dottor Layns, sotto consiglio di Hamish Ascott,prese Alice con sé nel suo palazzo dei matti.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


~-Ti vedo in forma,Alice. Continua così e potrei quasi prendere in considerazione l’idea di farti uscire di qui.- Disse con un ghigno il Dottor Layns.
  Lo guardai in cagnesco,percependo l’ironia graffiante delle sue parole.
  Non sarei mai più uscita da lì. Io lo sapevo,lui lo sapeva,tutti lo sapevano.  Se mai qualcuno fosse riuscito a scappare sarebbero venute a galla tutte le malefatte di quel posto, le sedie elettriche, gli esperimenti sulle persone. E ciò avrebbe significato la fine di questo dannato ospedale per pazzi.
  Le porte della mia stanza si spalancarono,facendo entrare una barella seguita a sua volta da Emily, l’infermiera più gentile di quel piano.
-Paziente 274: Loiana Hatteir, 55 anni. Diagnosi: attacchi d’ansia e depressione.-
Lo sguardo di Layns si spostò sulla donna di mezza età e la seguì, con i suoi occhi grigi, mentre sostava accanto a me.
-Dalle il solito farmaco.- Sonnifero. -Per quanto riguarda te, Alice, continua a prendere le tue medicine e tornerai più o meno come prima,se tutto va come previsto.- Rise di gusto e uscì,con Emily alle calcagne.
  Girai la testa verso Loiana e le sorrisi, cercando di metterla a suo agio. Mi avvicinai a lei e feci per prenderle la mano. Non vedendo nessun segno di rimprovero sul suo viso, gliela presi con decisione e la strinsi. –Sono Alice Kingsleigh e…-
 -Cosa ci fai qui, ragazzina?- Mi interruppe e mi squadrò. –Mi sembri più o meno a posto.-
Stupita da quella sua affermazione improvvisa, spostai lo sguardo a terra e sospirai. –Non lo so. Da quando ho perso mia madre…-
Il suo sguardo si addolcì. -Mi dispiace tanto,tesoro… So cosa voglia dire perdere una persona cara.-
Il mio cervello ancora non aveva realizzato l’idea di aver perso l’unico punto di riferimento che avevo. Ero triste,si,ma ancora non mi capacitavo,ancora non riuscivo ad accettare l’idea di averla persa. Cacciai indietro le lacrime e sentii il viso in fiamme.
  -Vorrei solo poter tornare al Paese delle Meraviglie, qui mi sento intrappolata e sola e..-
 Lì è come se mia madre non fosse mai morta. Al Paese delle Meraviglie è talmente cosi strano e impossibile, da rendere tutto il sopramondo solo un brutto sogno, aggiunsi nella mia testa.
  Sentii Loiana sussultare, mi strinse la mano e solo in quel momento mi resi conto di averla ancora nella sua.
–Cosa?-
 -Niente,forse sono solo pazza.- Sentenziai. Non volevo parlarne, non volevo sentirmi giudicata.
-No,non lo sei! Mio figlio,lui..- Le si incrinò la voce e mi si spezzò il cuore quando, con una voce malinconica e commossa,mi disse che anche suo figlio le aveva raccontato del paese delle meraviglie.
  Cosa? Come? Chi?
  Qualcun altro sapeva l’esistenza del Paese delle Meraviglie?

 Mi alzai di scatto dal letto e quasi persi l’equilibrio,tanto della velocità e la foga con cui lo feci.
  -Cosa le ha detto suo figlio,signora Loiana?- I miei occhi erano colmi di speranza.
  Tutto quel tempo passato al manicomio mi aveva fatto ricredere sull’esistenza del sottomondo. Magari ero davvero pazza,magari era solo tutto un sogno e magari,se fossi rimasta più tempo con i piedi per terra,meno a sognare, avrei potuto salvare mia madre. Mi sarei resa conto prima della malattia che governava il suo corpo già da molto tempo, dai tempi della richiesta di matrimonio dell’odioso Hamish addirittura. Tutti i miei pensieri crollarono come un muro davanti allo sguardo stanco di Loiana.
 -Mio figlio mi raccontò di un sogno. Era un sogno cosi buffo e lui era cosi entusiasto..- Sorrise al pensiero di suo figlio e io sorrisi con lei,immaginando un piccolo Hatteir che gironzolava intorno alla madre,ridendo e tirandole l’abito per attirare l’attenzione. –Mi raccontò di un gatto che spariva,di un bruco e di pozioni strane. Delle tazze di thè e della testona rossa.-
 -Regina Rossa.- La corressi alzando un dito e risi. Risi come non facevo ormai da tempo,felice di non aver immaginato tutto.
-Si,si,hai ragione.-Mi liquidò con un gesto di mano e rise anche lei,con gli occhi lucidi. –Sono anni che non vedo mio figlio. Nessuno voleva più ascoltarmi parlare di lui, del fatto che dovevo trovarlo. Non mi arrendevo all’idea di aver perso mio figlio cosi. Ecco perché sono qui. Perché sono un cappio al collo per questo posto e un problema in meno fa sempre comodo.-
 -Cercherò suo figlio,Loiana. Potrebbe essere al Paese delle Meraviglie e,guardi il caso, sono proprio diretta lì.-  Sorrisi e feci un lieve inchino,cercando di strapparle un sorriso. Ma non ci riuscii.
  -Come pensi di scappare di qui?-
 La guardai e le feci segno di tacere. Mi avvicinai alla porta, ci poggiai l’orecchio e non respirai,temendo di coprire qualche rumore proveniente da fuori.
  Niente.
  Avanzai verso il letto con passi veloci e mi chinai. Alzai con fatica il materasso e presi un pezzo di carta ripiegato che rubai da una delle cartelle cliniche di quell’inferno e lo aprii.
-Questo è il piano.-

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Agony pt1 ***


La mensa del primo piano fu invasa da un tanfo insopportabile.

La cucina di Betty era decisamente ripugnante,sempre a base di pappette insolite di dubbia provenienza e verdure scaldate. Ma quel giorno, il mio ultimo giorno di permanenza lì, la dolce Betty si era spaventosamente superata.

Guardai Loiana seduta davanti a me con espressione contrariata e lei portò il cucchiaio alle labbra arricciando il naso.

“Qui non sono tollerati vizi. Chi non mangia sta male,di conseguenza ha bisogno di più medicine.” Dicevano.

Il piano andava messo in atto in quel momento; Nessuno si sarebbe accorto della mia uscita di scena, o almeno non subito.

Sarei sgattaiolata dalla stanza a passo felpato, avrei raggiunto le scale del corridoio e ,subito dopo, l'entrata.

Sfiorai col piede la gamba di Loiana e lei annuì.

Successe tutto in un attimo.

Loiana fece cadere rumorosamente il cucchiaio sul piatto e cominciò a urlare.

Tutti si girarono verso di lei: Alcuni la imitarono e gli infermieri le si avvicinarono con passo svelto,cercando di non dare nell'occhio e creare altra agitazione.

Ma maggior agitazione era quello di cui avevamo bisogno.

Lanciai un'occhiata a Loiana e lei mi capì al volo; Impugnò il bicchiere e lo scagliò contro una delle caposala,abbastanza vicino da spaventarla ma non tanto da farle del male. Poi passò ad altri utensili e li scagliò contro il muro con ferocia.

Restai incantata per un paio di secondi ad ammirare il suo coraggio. Tutto questo le sarebbe costato "il ricatto", una delle punizioni costruttive del posto che consisteva nel far restare in un determinato posto o in una determinata posizione il paziente per almeno un giorno intero, o peggio.

Per me, per salvare me.

Le dovevo la vita e una volta scappata da lì l'avrei fatta uscire, ricambiando il favore.

Scivolai dalla sedia e mi accovacciai. Raggiunsi velocemente le scale del corridoio e quasi slittai da un gradino tanta la velocità con cui le scesi.

Giunsi all'entrata del manicomio senza troppi intoppi, finchè un paio di barelliere non si resero conto della mia presenza. Provai ad aprire la porta ma era ovviamente chiusa.

Presa dal panico mi guardai intorno in cerca di una via di fuga e il tempo parve fermarsi. Le espressioni corrucciate delle due donne restarono ferme sul loro viso anziano, la barella che stava percorrendo il piano si fermò e con lei tutti i presenti. Silenzio.

Per un attimo non capii, poi i miei occhi si illuminarono. Il tempo, il signore del tempo.

Frugai dietro alla grossa scrivania posta al lato dell'entrata, ricca di documenti e fogli riguardanti i pazienti. Incuriosita cercai il mio nome e quello di Loiana e, una volta trovati, li strappai dalle cartelle mediche, li ripiegai e li infilai rapidamente nel taschino della mia veste bianca. Il mio sguardo fu poi attirato da un leggero luccichio proveniente dalla tasca del camice di una delle due donne. Le chiavi!

Le presi con cautela, temendo il risveglio improvviso delle due arpie. Mi tremavano le mani ma riuscii comunque ad aprire la porta.

L'aria fresca invase le mie narici e io chiusi gli occhi,accecata dal sole. Fortuna volle che a pochi passi da me ci fosse una carrozza. Corsi verso uno dei cavalli e lo liberai dalle redini.

Il tempo ricominciò a scorrere,più veloce di prima. I gesti delle mie mani erano confusi, così veloci da non riuscire a distinguere i movimenti di una e dell'altra.

-Prendetela!-

Sferrai un lieve calcio al cavallo e lui, per buona sorte, cominciò a correre.

Dovevo tornare alla mia nave.

Hamish l'avrà sicuramente venduta, quello spilorcio!

In cuor mio sapevo che solcare i mari fosse l'unico modo per tornare al sottomondo. Era un'immagine familiare, io che navigavo per il mare verso il paese delle meraviglie, l'isolotto, l'uccellaccio, i pesci in tondo. Ricordi confusi ma vivi, dentro di me.

 

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