La fine del mondo

di the beast02
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un altro mondo ***
Capitolo 2: *** L'orda ***
Capitolo 3: *** Nuovi nemici ***
Capitolo 4: *** Nuovi nemici ***
Capitolo 5: *** Nuovi nemici ***



Capitolo 1
*** Un altro mondo ***


Capitotolo 1

Un altro mondo

Immaginate, se potete, un mondo come il nostro, ma fermato al medioevo, senza polvere da sparo, ma con una chiesa accondiscendente e al tempo stesso violenta. Questo è il mondo di Alessandro e di Lucia, lui un fedele combattente cristiano, lei "un'infedele" come la chiama la chiesa, un'eretica.

Ci fu un violento scontro tra la chiesa e gli eretici, i primi erano di più e più aggressivi. I cristiani vinsero, non senza perdite, la battaglia, Lucia e molti dei suoi furono fatti prigionieri per farli convertire. Appena Alessandro la vide se ne innamorò perdutamente, così appena scoprì che la ragazza sarebbe stata condannata al rogo se non si fosse convertita entro il giorno dopo, il cristiano si precipitò nelle prigioni per scoprire che la ragazza era già scappata, uccidendo le guardie e i suoi stessi compagni convertitia alla santa chiesa per scrivere con il loro sangue: morte agli oppressori cristiani.

Quando suonò l'allarme la ragazza era già lontana, e gli dispiaceva solo un po' per quel bel ragazzo che non gli aveva mai staccato gli occhi di dosso. "Devo aver fatto colpo " pensò tra se ridendo.

Alessandro entro nella chiesa riccamente decorata, chiedendosi come le persone non volessero amare quella religione. Avvicicnandosi al prete notò che questo era molto preoccupato, nervoso. Il ragazzo chiese che cosa ci fosse di tanto pericoloso da spaventare perfino un prete, il prelato indicò tremante una stanza dalla quale fuoriuscivano urla indemoniate. "Chi è che urla così?" chiese Alessandro, Don Giovanni rispose quasi tra le lacrime "La fine del mondo.... La ha predetta Don Paolo. Ha detto che gli eretici e i cristiani marceranno insieme per sottomettere i padroni."

Alessandro si allontanò confuso, richiamato da un ufficiale di grado pari al suo. Gli eretici chiedevano udienza. Il ragazzo si avviò fuori dalla chiesa e la vide, Lucia era bella, come sempre. Aveva però uno sguardo più duro, scrutava una per una tutte le guardie, e quando i loro sguardi si incrociarono il tempo sembrò fermarsi. L'ufficiale lo richiamò alla realtà, strattonandolo per il braccio.

"Arrivo subito al punto." Disse deciso il re degli eretici, "uno dei nostri avamposti è stato attacato dai barbari, loro sono troppi, e non sono nè cristiani ne eretici." Il Papa ascoltava con gli occhi fissi nel vuoto e la mente concentrata sulle parole di Don Paolo.

"Ciò che chiediamo è di mettere da parte le divergenze e collaborare per scofiggere il nemico comune, se lavoriamo insieme possiamo..."

Il Papa alzò la mano per frenare la lingua rapida e veloce dell'imperatore Giustiniano.

"Va bene, accettiamo"

Tutti i presenti atterirono. Perfino l'Imperatore, che di certo si aspettava una più dura resistenza da un Papa come poteva essere Leone IV.

"Bene allora, noi ci accamperemo fuori dal castello e spero che insieme potremo far fronte al nemico comune."

Gli eretici uscirono dalla tenda, e Alessandro, in assoluto il suddito più devoto, si avvicinò a Leone IV e, una volta che fu rimasto solo con lui disse:

"Sua santità, perchè mai a fatto un accordo con gli eretici?"

"Perchè mai un peccatore fa notare il peccato al Papa? Tranquillo figliolo, so tutto."

Alessandro, ora cupo in volto disse solamente "Chi?"

"Non serve occhi in più quando il segreto è sugli occhi di tutti, ho visto come la guardavi, prima quando era prigioniera e ora da ragazza libera. Attento però, l'amore è l'unica cosa che ci può salvare da questo mondo, ma sta attento lei è, e rimane, un'eretica, non farti contagiare."

"Non ha ancora risposto alla mia domanda"

"Mio buon figliolo per il tuo coraggio meriti una risposta, mi sono alleato con gli eretici solo per fare in modo che la profezia di Don Paolo si avveri, se i barbari sono i padroni, secondo la profezia noi ci dovremmo unire agli eretici per uccide i padroni ed è proprio ciò che succederà. Ora và, tutti i tuoi peccati sono perdonati."

Alessandro si prostrò in ginocchio facendo il segno della croce, quindi si alzò in piedi e uscì dalla tenda. Gli eretici se ne erano andati tutti, il ragazzo si avviò verso il suo alloggio, pronto per il giorno dopo, che sarebbe stato molto impegnativo.

Alice seguiva il suo re, fino a che lui non gli parlò

"Mi serve un favore" La ragazza era sorpresa, si avvicinò lo stesso, "Cosa c'è, mio signore?"

"Devi infiltrarti tra i Cristiani, scoprirne i segreti" La ragazza era ora incurisita, "Ma come posso fare?" Il re allargò le labbra come in una risatina sommessa e disse "Quell'ufficiale che non ti ha mai staccato gli occhi di dosso, quello è il tuo lascipassare, gli fai la corte, scopri i segreti dei cristiani e i loro punti deboli" Alice sarebbe stata disposta a tutto fino, però il tradire la fiducia, andava contro ttutto quello a cui credeva, la sua stessa fede si basava sulla fiducia. Quindi prese un respiro e disse "Accetto"

Il re fu colpito da quell'atto di fede, e pensò quindi a una giusta ricompensa. "Allora è deciso, a lavoro compiuto avrai la tua ricompensa"

La ragazza guardò il re dritto negli occhi "Se mi vuole dare veramente una ricompensa" cominciò lei "Non mi facci uccidere degli innocenti" quindi rallentò il passo, andando nelle ultime file. Il re era stupito, sembrava che la ragazza gli avesse letto la mente, come se già sapesse che gli avrebbe ordinato di uccidere il Papa. "Quella ragazza non è stupida, se riesco a incanalarla nella giusta direzione potrebbe anche diventare la nuova regnante di Roma" disse l'imperatore tra se e se.

Così, mentre entrambe le parti si preparano a una difficile convivenza a un giorno di distanza cavalcano rapidi e veloci i barbari.

Mentre nella giungla tenbrosa vicino a Roma, dentro un tempio sperduto un libro si apre, e una voce tenbrosa comincia a dire una strana cantilena, come fosse una preghiera. Al suono di queststa tutta la natura si agita, tutto il mondo trema

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Capitolo 2
*** L'orda ***


Capitolo 2

L'orda

 

Lucia si svegliò si svegliò sudata, si alzò lentamente da quella branda che occupava il centro della tenda, dal apertura si intravedeva il castello illuminato dalle fiaccole, uscita dalla tenda rabbrividì per il freddo. Camminò lentamente per il percorso in terra battuta, il quale fungeva da terreno per quel accampamento.

"Anche tu sveglia?" Lucia si girò di scatto, mentre tutti i suoi pensieri scappavano dalla mente, la voce era di Paolo, un soldato semplice come lei, con cui aveva da sempre condiviso tutto, anche la famiglia. Infatti Lucia era orfana, e la famiglia di Paolo la aveva accolta come fosse figlia loro.

"Già, faccio continuamente incubi." Paolo le si avvicinò e le disse "me ne vuoi parlare?"

La collina dove si erano sistemati aveva una panoramica sulla vallata, la luna era alta in cielo e rischiarava la notte scura.

"Ho paura." Paolo la guardò curioso e notò una lacrima argentata scivolare timida sulla guancia della ragazza, alzò il braccio e accolse la testa della ragazza sul petto. Lucia ascoltava sovrappensiero il battito del cuore di Paolo, chiedendosi se questo era effettivamente ciò che voleva, alzò la testa e guardò il ragazzo dai capelli marroni nei suoi occhi color castano. "Non posso, mi dispiace" detto ciò la ragazza si alzò e se ne andò, lasciando Paolo su quella collina.

 

Alessandro aveva passato la notte insonne, tutti i suoi pensieri erano concentrati su quella bellissima ragazza di cui non sapeva neanche il nome, sapeva solo che era bella, adesso stava guardando l' accampamento degli eretici dalla feritoia della sua sua stanza, e sognava un mondo senza stupide guerre religiose, sognava di poter conoscere quella ragazza così bella, così vicina eppure così lontana.

Ma erano fantasie, sogni inutili nella vita vera, quindi si allontanò dalla feritoia e si rimise a dormire, ignaro di ciò che sarebbe accaduto l'indomani.

 

La tromba squillò imperiosa mentre file di soldati fuoriuscivano dalle tende e si disponevano in riga per l'appello, Lucia stava già dal suo re per farsi dire cosa cercare nel castello dei cristiani.

"Cerca tutto ciò che possa esserci utile, piante del castello, orari delle guardie, schemi delle trappole, schemi di armi, d'assedio e non, insomma qualsiasi cosa possa esserci utile."

"Sarà fatto, mio re." La ragazza risplendeva di luce dorata quando, nel prostrarsi, i raggi del sole colpivano quella scintillante armatura d'acciaio. "E ricorda, è un compito difficile, non sottovalutarlo, o potresti essere risucchita in quel vortice di perdizione che è la loro religione.

Lucia uscì dalla tenda e si avvicinò all'entrata dell'accampamento, dalla quale stavano entrando i Cristiani, tra cui Alessandro.

 

"Benvenuto, io mi chiamo Lucia e sono stata incaricata dal re in persona di farvi visitare l'accampamento"

Alessandro era incantato da quella ragazza, così bella e determinata, riuscì tuttavia a rimanere composto nello scendere da cavallo.

"Alessandro, incantato." Era fin troppo evidente che il sorriso di Lucia fosse forzato, ella infatti non capiva il perchè di tutto questo, avrebbe di gran lunga preferito estrarre il pugnale dalla tasca e colpirlo fino alla morte, ma aveva ricevuto un ordine, e lo avrebbe eseguito.

 

Le ore successive passarono rapide, mentre cristiani ed eretici costruivano insieme un muro per tenere lontani gli invasori, una volta che Lucia ebbe mostrato tutto l'accampamento al cristiano, le trombe squillarono potenti,i barbari erano stati avvistati. Una strana luce si accese negli occhi della ragazza, e, mentre un altrettanto strano sorriso si faceva strada sulla sua bocca, Alessandro prese la balestra dalla bosa appesa al cavallo e si avviò sulle mura del castello, ciò che vide lo lasciò sconvolte, orde di nemici camminavano rapidi, urlando come un solo uomo, la prima ondata fu eliminata velocemente dalle salve rapide e precise degli arcieri, infatti sia cristiani che eretici discendevano comunque dai Romani, e da loro avevano ereditato le tattiche di combattimento.

Quando però, eliminati gli arcieri, i nemici erano arrivati sotto le mura, i portoni vennero aperti, e, a capitanare la squadra c'era lei, la prima della formazione.

Alessandro scese anche lui dalle mura, e andò incontro ai nemici, usando la balestra come arma di riserva e un gladio come arma da mischia. Poi successe, una freccia, o meglio un dardo,colpì la ragazza alla schiena, facendo fuoriuscire la punta insanguinata dal petto, il tempo sembro fermarsi, Lucia si girò tenendosi il dardo con una mano e guardando il barbaro con occhi di fuoco, stavano una di fronte all'altra, apchi metri di distanza l'una dall'altro, quindi lei scattò pugnalando l'aggressore alla gola, e facendolo affogare nel suo stesso sangue, per poi svenire priva di forze vicino a quello.

 

Alessandro stava fuori dalla tenda dove era ricoverata la ragazza, camminava in tondo, disperandosi a bocca chiusa, continuava a chiedersi cosa sarebbe successo se, invece di scendere dalla barricata, fosse rimasto sopra essa e avesse ucciso per tempo il balestriere. La porta si aprì cigolando, e da essa ne uscì fuori Lucia, ella camminava appoggiata a Paolo. "Lei, cara mia, è stata veramente fortunata, il dardo le ha sfiorato il cuore, un pò più a destra e non saremmo qui a parlare" Detto ciò ildottore prese la valigetta di pelle nella quale erano riposti i suoi attrezzi e uscì fuori dalla tenda, seguito da Alessandro, il quale, una volta fuori chiese "Dottore, quanto tempo ci vorrà perchè Lucia si riprenda?"

"Non molto, la guarigione dipende tutto dalla ragazza, che sembra determinata a guarire. In men che non si dica sarà di nuovo in piedi a tagliare teste ai barbari."

 

Sul campo di battaglia i corpi dei nemici erano illuminati dalla luce della luna, mentre una strana nebbiolina si insinuava in quei corpi, ridestandoli dal sonno eterno, così mentre eretici e cristiani festeggiano la vittoria e onorano i caduti, gli stessi morti, cristiani, barbari ed eretici si alzavano da terra e tornavano nella foresta buia, tornando all'accampamento barbaro.

 

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Capitolo 3
*** Nuovi nemici ***


Capitolo 3

Nuovi nemici

 

3 giorni dopo

"Alessandro sbrigati, il Papa ci ha mandati a chiamare"

Andrea, ufficiale di pari grado a quello di Alessandro, già risplendeva nella sua armatura metallica, come pronto ad andare in battaglia.

"Il tempo di prepararmi e arrivo" Il ragazzo aspettò che l'altra guardia se ne andasse e, dopo essersi vestito, guardò un' ultima volta dalla feritoia della sua stanza, quindi si incamminò per incontrare il Papa.

"Vi ho mandato a chiamare..." Cominciò "Perchè le nostre spie, mandate a controllare l'accampamento dei barbari, sono tornate due giorni fa piene di graffi e morsi, sostenendo che "i morti" li avevano attaccati. In poche parole, sono morti ieri mattina, li stavamo seppelendo, e mi è testimone Dio, hanno alzato le braccia, pensavamo ad un miracolo, poi vedemmo gli occhi, bianchi ed inespressivi, le loro bocche si contorcevano in smorfie disgustose."

Il silenzio creatosi venne interrotto da una guardia, la quale disse solamente "Che ne avete fatto?" Il Papa guardò negli occhi uno per uno "Gli abbiamo bruciati, come impuri. Ma non vi ho chiamato qui solo per questo, bensì perchè le sentinelle hanno avvistato quei demoni. C'è, a mio parere un'unica soluzione, restare alleati con gli eretici fin quando non avremo eliminato ogni minaccia" Alessandro fu richiamato all'attenzione del leader religioso prima che potesse fare altro.

"Alessandro, li avvertirai tu gli eretici. E mi raccomando, appronta qualunque difesa possibile per fermare quei mostri. Conto su di te, hai carta bianca."

"Sarà fatto"

Alessandro si avviò verso l'accampamento, deciso a sbrigare la faccenda velocemente, per poi andare da Lucia.

Appena arriavto cominciò ad approntare le difese: arcieri scelti sulle mura, fossati attorno al accampamento, fu ordinato a tutti di usare armi da distanza, lance, picche, spade lunghe, qualunque cosa permettesse una minima distanza da quei mostri.

La notte arrviò veloce, accompagnata da urla e fuochi in lontananza, le difese erano pronte. Il ragazzo si avvicinò alla tenda di Lucia, lei stava poggiata sulla branda, lo sguardo, dapprima perso nel vuoto si animò quando vide entrare quella persona per la quale si domandava come mai provasse sentimenti d'amore, insomma, era un cristiano, avevano ucciso la sua gente, i suoi genitori. Si creò un silenzio innaturale, entrambi si guardavano solo negli occhi, ognuno scrutava l'anima dell'altro. Alessandro non potè fare a meno di abbassare lo sguardo sul petto della ragazza, dove si vedeva la piccola macchia di sangue, testimonianza della sua ferita, ora quasi sparita.

"Perchè sei qui?" Il silenzio venne rotto dalle parole dellla ragazza, esse suonavano quasi accusatorie, gelide.

"Il Papa mi ha mandato qui a preparare le difese, stanno arrivando altri nemici..." Alessandro si fermò, aspettando una risposta da quel volto rimasto impassibile.

"Questo non spiega perchè tu stia nella mia tenda"

"Ero solo venuto ad avvertirti, non sono nemici normali, forse un tempo sono stati pure umani, ma ora non lo sono più. Consiglio a tutti quelli che non possono combattere di ripararsi in un posto più sicuro"

"E dove!? Ci avete tolto tutto,ci obbligate a diventare cristiani oppure ci torturate e ci uccidete, avete messo a ferro e fuoco i nostri villaggi, le nostre case!"

"Non ho chiesto io di essere ciò che sono, una maledetta pedina di questo perverso gioco"

"Forse non lo hai chiesto tu, ma da pedina sei diventato alfiere, e da alfiere torre. Adesso vai a fare il tuo dovere, alfiere."

Alessandro uscì dalla tenda, ripensava continuamente alle parole di lei, "da pedina sei diventato alfiere, e da alfiere torre" Forse aveva ragione, fosre non era altro che una stupida pedina, agli ordini di un Papa re. A risvegliarlo da questi pensieri furono delle trombe e delle grida, erano arrivati, quel puzzo cadaverico si era espanso per l'accampamento già da tempo, e adesso si udivano chiaramente i lamenti. Gli arcieri furono i primi ad accorgersi che qualcosa non andava, alcuni erano pieni di frecce, ma avanzavano con la stessa forza e determinazione degli altri. Il generale cristiano si ricordò allora delle parole del Papa "Li purificammo con il fuoco" diede allora l'ordine di mirare alle pozze di pece, poi prese dei panni e li immerse nella stessa, quindi li legò alle spade degli spadaccini, e, quando il primo muro cadde sotto i colpi di quella massa cadaverica venne dato fuoco alle armi. Quei corpi brucianti non accennavano a fermarsi, solo quando venivano ridotti a ossa carbonizzate la minaccia era finita, ma prima che accadasse ciò il villaggio aveva già preso fuoco. Alessandro si diresse verso la tenda di Lucia, facendosi strada tra quegli incubi, ne uccise un paio tagliandoli la testa, a quel punto il corpo cadeva e non si rialzava più. Alice era lì, con le spalle al muro, accerchiata da tre abomini, li teneva bada con la spada, riuscendo a farli cadere, ma essi si rialzavano, avanzando sempre di più. Alessandro si avventò su quei mostri, decapitandoli, poi guardò Alice, aveva uno sguardo freddo e distaccato, trasmetteva puro odio, lei continuava a pensare che fosse tutta colpa dei cristiani. Infondo sapeva che non era così, ma non lo voleva ammettere, la ragazza sollevò la spada, lanciandola verso Alessandro, che spostandosi potè vedere l'arma infilarsi nella testa di quello che una volta era un'ufficiale cristiano. "Ora siamo pari " disse senza battere ciglio, la sua voce era ferma, ma lei si sentiva un groppo alla gola, stva per piangere, ricacciò dentro ogni emozione umana e girò per il campo alla ricerca di superstiti, trovando solo corrotti che banchettavano con le carni dei suoi compagni. Quindi, insieme ad Alessandro, uscì dall'accampamento, che venne bloccato e lasciato divorare dalle fiamme. I mostri tornarono nel bosco, richiamati da suoni di campane in lontananza.

E così, mentre un'accampamento bruciava, e i vivi piangevano i morti una nuova piaga si sviluppava negli animi e nei cuori delle persone, una piaga peggiore delle eresie, i portatori ne portavano il marchio, un morso, o un graffio dato da quegli esseri immondi 

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Capitolo 4
*** Nuovi nemici ***


Capitolo 3

Nuovi nemici

 

3 giorni dopo

"Alessandro sbrigati, il Papa ci ha mandati a chiamare"

Andrea, ufficiale di pari grado a quello di Alessandro, già risplendeva nella sua armatura metallica, come pronto ad andare in battaglia.

"Il tempo di prepararmi e arrivo" Il ragazzo aspettò che l'altra guardia se ne andasse e, dopo essersi vestito, guardò un' ultima volta dalla feritoia della sua stanza, quindi si incamminò per incontrare il Papa.

"Vi ho mandato a chiamare..." Cominciò "Perchè le nostre spie, mandate a controllare l'accampamento dei barbari, sono tornate due giorni fa piene di graffi e morsi, sostenendo che "i morti" li avevano attaccati. In poche parole, sono morti ieri mattina, li stavamo seppelendo, e mi è testimone Dio, hanno alzato le braccia, pensavamo ad un miracolo, poi vedemmo gli occhi, bianchi ed inespressivi, le loro bocche si contorcevano in smorfie disgustose."

Il silenzio creatosi venne interrotto da una guardia, la quale disse solamente "Che ne avete fatto?" Il Papa guardò negli occhi uno per uno "Gli abbiamo bruciati, come impuri. Ma non vi ho chiamato qui solo per questo, bensì perchè le sentinelle hanno avvistato quei demoni. C'è, a mio parere un'unica soluzione, restare alleati con gli eretici fin quando non avremo eliminato ogni minaccia" Alessandro fu richiamato all'attenzione del leader religioso prima che potesse fare altro.

"Alessandro, li avvertirai tu gli eretici. E mi raccomando, appronta qualunque difesa possibile per fermare quei mostri. Conto su di te, hai carta bianca."

"Sarà fatto"

Alessandro si avviò verso l'accampamento, deciso a sbrigare la faccenda velocemente, per poi andare da Lucia.

Appena arriavto cominciò ad approntare le difese: arcieri scelti sulle mura, fossati attorno al accampamento, fu ordinato a tutti di usare armi da distanza, lance, picche, spade lunghe, qualunque cosa permettesse una minima distanza da quei mostri.

La notte arrviò veloce, accompagnata da urla e fuochi in lontananza, le difese erano pronte. Il ragazzo si avvicinò alla tenda di Lucia, lei stava poggiata sulla branda, lo sguardo, dapprima perso nel vuoto si animò quando vide entrare quella persona per la quale si domandava come mai provasse sentimenti d'amore, insomma, era un cristiano, avevano ucciso la sua gente, i suoi genitori. Si creò un silenzio innaturale, entrambi si guardavano solo negli occhi, ognuno scrutava l'anima dell'altro. Alessandro non potè fare a meno di abbassare lo sguardo sul petto della ragazza, dove si vedeva la piccola macchia di sangue, testimonianza della sua ferita, ora quasi sparita.

"Perchè sei qui?" Il silenzio venne rotto dalle parole dellla ragazza, esse suonavano quasi accusatorie, gelide.

"Il Papa mi ha mandato qui a preparare le difese, stanno arrivando altri nemici..." Alessandro si fermò, aspettando una risposta da quel volto rimasto impassibile.

"Questo non spiega perchè tu stia nella mia tenda"

"Ero solo venuto ad avvertirti, non sono nemici normali, forse un tempo sono stati pure umani, ma ora non lo sono più. Consiglio a tutti quelli che non possono combattere di ripararsi in un posto più sicuro"

"E dove!? Ci avete tolto tutto,ci obbligate a diventare cristiani oppure ci torturate e ci uccidete, avete messo a ferro e fuoco i nostri villaggi, le nostre case!"

"Non ho chiesto io di essere ciò che sono, una maledetta pedina di questo perverso gioco"

"Forse non lo hai chiesto tu, ma da pedina sei diventato alfiere, e da alfiere torre. Adesso vai a fare il tuo dovere, alfiere."

Alessandro uscì dalla tenda, ripensava continuamente alle parole di lei, "da pedina sei diventato alfiere, e da alfiere torre" Forse aveva ragione, fosre non era altro che una stupida pedina, agli ordini di un Papa re. A risvegliarlo da questi pensieri furono delle trombe e delle grida, erano arrivati, quel puzzo cadaverico si era espanso per l'accampamento già da tempo, e adesso si udivano chiaramente i lamenti. Gli arcieri furono i primi ad accorgersi che qualcosa non andava, alcuni erano pieni di frecce, ma avanzavano con la stessa forza e determinazione degli altri. Il generale cristiano si ricordò allora delle parole del Papa "Li purificammo con il fuoco" diede allora l'ordine di mirare alle pozze di pece, poi prese dei panni e li immerse nella stessa, quindi li legò alle spade degli spadaccini, e, quando il primo muro cadde sotto i colpi di quella massa cadaverica venne dato fuoco alle armi. Quei corpi brucianti non accennavano a fermarsi, solo quando venivano ridotti a ossa carbonizzate la minaccia era finita, ma prima che accadasse ciò il villaggio aveva già preso fuoco. Alessandro si diresse verso la tenda di Lucia, facendosi strada tra quegli incubi, ne uccise un paio tagliandoli la testa, a quel punto il corpo cadeva e non si rialzava più. Alice era lì, con le spalle al muro, accerchiata da tre abomini, li teneva bada con la spada, riuscendo a farli cadere, ma essi si rialzavano, avanzando sempre di più. Alessandro si avventò su quei mostri, decapitandoli, poi guardò Alice, aveva uno sguardo freddo e distaccato, trasmetteva puro odio, lei continuava a pensare che fosse tutta colpa dei cristiani. Infondo sapeva che non era così, ma non lo voleva ammettere, la ragazza sollevò la spada, lanciandola verso Alessandro, che spostandosi potè vedere l'arma infilarsi nella testa di quello che una volta era un'ufficiale cristiano. "Ora siamo pari " disse senza battere ciglio, la sua voce era ferma, ma lei si sentiva un groppo alla gola, stva per piangere, ricacciò dentro ogni emozione umana e girò per il campo alla ricerca di superstiti, trovando solo corrotti che banchettavano con le carni dei suoi compagni. Quindi, insieme ad Alessandro, uscì dall'accampamento, che venne bloccato e lasciato divorare dalle fiamme. I mostri tornarono nel bosco, richiamati da suoni di campane in lontananza.

E così, mentre un'accampamento bruciava, e i vivi piangevano i morti una nuova piaga si sviluppava negli animi e nei cuori delle persone, una piaga peggiore delle eresie, i portatori ne portavano il marchio, un morso, o un graffio dato da quegli esseri immondi 

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*** Nuovi nemici ***


Capitolo 3

Nuovi nemici

 

3 giorni dopo

"Alessandro sbrigati, il Papa ci ha mandati a chiamare"

Andrea, ufficiale di pari grado a quello di Alessandro, già risplendeva nella sua armatura metallica, come pronto ad andare in battaglia.

"Il tempo di prepararmi e arrivo" Il ragazzo aspettò che l'altra guardia se ne andasse e, dopo essersi vestito, guardò un' ultima volta dalla feritoia della sua stanza, quindi si incamminò per incontrare il Papa.

"Vi ho mandato a chiamare..." Cominciò "Perchè le nostre spie, mandate a controllare l'accampamento dei barbari, sono tornate due giorni fa piene di graffi e morsi, sostenendo che "i morti" li avevano attaccati. In poche parole, sono morti ieri mattina, li stavamo seppelendo, e mi è testimone Dio, hanno alzato le braccia, pensavamo ad un miracolo, poi vedemmo gli occhi, bianchi ed inespressivi, le loro bocche si contorcevano in smorfie disgustose."

Il silenzio creatosi venne interrotto da una guardia, la quale disse solamente "Che ne avete fatto?" Il Papa guardò negli occhi uno per uno "Gli abbiamo bruciati, come impuri. Ma non vi ho chiamato qui solo per questo, bensì perchè le sentinelle hanno avvistato quei demoni. C'è, a mio parere un'unica soluzione, restare alleati con gli eretici fin quando non avremo eliminato ogni minaccia" Alessandro fu richiamato all'attenzione del leader religioso prima che potesse fare altro.

"Alessandro, li avvertirai tu gli eretici. E mi raccomando, appronta qualunque difesa possibile per fermare quei mostri. Conto su di te, hai carta bianca."

"Sarà fatto"

Alessandro si avviò verso l'accampamento, deciso a sbrigare la faccenda velocemente, per poi andare da Lucia.

Appena arriavto cominciò ad approntare le difese: arcieri scelti sulle mura, fossati attorno al accampamento, fu ordinato a tutti di usare armi da distanza, lance, picche, spade lunghe, qualunque cosa permettesse una minima distanza da quei mostri.

La notte arrviò veloce, accompagnata da urla e fuochi in lontananza, le difese erano pronte. Il ragazzo si avvicinò alla tenda di Lucia, lei stava poggiata sulla branda, lo sguardo, dapprima perso nel vuoto si animò quando vide entrare quella persona per la quale si domandava come mai provasse sentimenti d'amore, insomma, era un cristiano, avevano ucciso la sua gente, i suoi genitori. Si creò un silenzio innaturale, entrambi si guardavano solo negli occhi, ognuno scrutava l'anima dell'altro. Alessandro non potè fare a meno di abbassare lo sguardo sul petto della ragazza, dove si vedeva la piccola macchia di sangue, testimonianza della sua ferita, ora quasi sparita.

"Perchè sei qui?" Il silenzio venne rotto dalle parole dellla ragazza, esse suonavano quasi accusatorie, gelide.

"Il Papa mi ha mandato qui a preparare le difese, stanno arrivando altri nemici..." Alessandro si fermò, aspettando una risposta da quel volto rimasto impassibile.

"Questo non spiega perchè tu stia nella mia tenda"

"Ero solo venuto ad avvertirti, non sono nemici normali, forse un tempo sono stati pure umani, ma ora non lo sono più. Consiglio a tutti quelli che non possono combattere di ripararsi in un posto più sicuro"

"E dove!? Ci avete tolto tutto,ci obbligate a diventare cristiani oppure ci torturate e ci uccidete, avete messo a ferro e fuoco i nostri villaggi, le nostre case!"

"Non ho chiesto io di essere ciò che sono, una maledetta pedina di questo perverso gioco"

"Forse non lo hai chiesto tu, ma da pedina sei diventato alfiere, e da alfiere torre. Adesso vai a fare il tuo dovere, alfiere."

Alessandro uscì dalla tenda, ripensava continuamente alle parole di lei, "da pedina sei diventato alfiere, e da alfiere torre" Forse aveva ragione, fosre non era altro che una stupida pedina, agli ordini di un Papa re. A risvegliarlo da questi pensieri furono delle trombe e delle grida, erano arrivati, quel puzzo cadaverico si era espanso per l'accampamento già da tempo, e adesso si udivano chiaramente i lamenti. Gli arcieri furono i primi ad accorgersi che qualcosa non andava, alcuni erano pieni di frecce, ma avanzavano con la stessa forza e determinazione degli altri. Il generale cristiano si ricordò allora delle parole del Papa "Li purificammo con il fuoco" diede allora l'ordine di mirare alle pozze di pece, poi prese dei panni e li immerse nella stessa, quindi li legò alle spade degli spadaccini, e, quando il primo muro cadde sotto i colpi di quella massa cadaverica venne dato fuoco alle armi. Quei corpi brucianti non accennavano a fermarsi, solo quando venivano ridotti a ossa carbonizzate la minaccia era finita, ma prima che accadasse ciò il villaggio aveva già preso fuoco. Alessandro si diresse verso la tenda di Lucia, facendosi strada tra quegli incubi, ne uccise un paio tagliandoli la testa, a quel punto il corpo cadeva e non si rialzava più. Alice era lì, con le spalle al muro, accerchiata da tre abomini, li teneva bada con la spada, riuscendo a farli cadere, ma essi si rialzavano, avanzando sempre di più. Alessandro si avventò su quei mostri, decapitandoli, poi guardò Alice, aveva uno sguardo freddo e distaccato, trasmetteva puro odio, lei continuava a pensare che fosse tutta colpa dei cristiani. Infondo sapeva che non era così, ma non lo voleva ammettere, la ragazza sollevò la spada, lanciandola verso Alessandro, che spostandosi potè vedere l'arma infilarsi nella testa di quello che una volta era un'ufficiale cristiano. "Ora siamo pari " disse senza battere ciglio, la sua voce era ferma, ma lei si sentiva un groppo alla gola, stva per piangere, ricacciò dentro ogni emozione umana e girò per il campo alla ricerca di superstiti, trovando solo corrotti che banchettavano con le carni dei suoi compagni. Quindi, insieme ad Alessandro, uscì dall'accampamento, che venne bloccato e lasciato divorare dalle fiamme. I mostri tornarono nel bosco, richiamati da suoni di campane in lontananza.

E così, mentre un'accampamento bruciava, e i vivi piangevano i morti una nuova piaga si sviluppava negli animi e nei cuori delle persone, una piaga peggiore delle eresie, i portatori ne portavano il marchio, un morso, o un graffio dato da quegli esseri immondi 

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