Skinny Love

di Queen Elsa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO I ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO II ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO III ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO IV ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO V ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO VI ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO VII ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO VIII ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO VIX ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO X ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO XI ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO XII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


PROLOGO


L’avevano capito subito. Sin da quel mattino quando, appena atterrato, Beck non aveva visto Jade saltargli addosso come sempre. La ragazza si era limitata a venirgli incontro a braccia incrociate, fissarlo con i suoi occhi azzurri e baciarlo sussurrandoli un piccolo “Bentornato” a mezza voce. Lui le aveva sorriso e lei aveva notato che anche quel sorriso era diverso da tutti gli altri. Beck l’aveva presa per mano, cercava di ignorare, probabilmente senza successo, quello strano presentimento che si era fatto strada nella sua mente e nel suo cuore nelle ultime settimane. L’aveva vista rabbrividire al contatto con la sua pelle calda. Era la prima volta che lo faceva  da tanto tempo e adesso sussultava, come se si fosse dimenticata com’era sentirlo davvero. Aveva stretto la presa, mentre il ragazzo cercava di mascherare lo sconcerto, seguendola fuori dall’aeroporto, verso l’auto nera di Jade.
“Guido io?” – chiese Beck. Lei annuì, porgendogli le chiavi dell’auto e salendo a bordo sbattendo la portiera. Il ragazzo, dopo aver sistemato il piccolo borsone nel portabagagli la imitò. Mise in moto, osservando la sua ragazza. Aveva la fronte stranamente corrucciata, sembrava stesse riflettendo su qualcosa di importante. Nonostante questo però, non riuscì a non pensare a quanto fosse bella, anche con quella buffa espressione. Jade era un tipo impulsivo, diceva quello che le passava per la testa senza dare retta a nessuno. Questa volta però ci aveva pensato mesi. Quella situazione stava diventando insostenibile e lo sapeva anche lui. Se questa però sarebbe dovuta essere la sua ultima giornata con Beck, non la avrebbe certo sprecata tenendogli il muso.
“ Ehi ,qualcosa non va?” – domandò premuroso lui. 
“ Come? Oh- no, niente.- rispose la ragazza scuotendo la testa, sorrise - Dove ti va di andare?”
“Cioccolata?” – Jade annuì. Non era una cattiva idea, visto il freddo invernale. Il tragitto in macchina passo veloce tra stupide chiacchiere e timidi sorrisi. 
“Che fai?” – chiese Beck guardando per un attimo la ragazza seduta accanto a lui e notando che aveva in mano il suo cellulare.
“Spengo il telefono, ma prima avverto Cat. Non vorrei si preoccupasse.” – rispose atona – “ voglio dedicarmi a te oggi” – concluse posando il telefonino nella borsa. Se questo giorno sarà l’ultimo – pensò – non mi perderò neanche un attimo di te, dolcezza.
“Puoi spegnere anche il mio, è nella tasca della giacca”
Jade fece come le aveva detto, soffermandosi più del necessario vicino a lui.
“Jade …” 
“ Si?” – sussurrò.
“ Ti consiglio di non distrarmi mentre guido, o finiremo entrambi contro un muro” – La ragazza si allontanò facendogli la linguaccia. Lui rise - “Avrai tutto il tempo di provocarmi stasera.”
“E cosa le fa pensare, signor non-avvicinarti-che-mi-distrai-anche-solo-respirando che io ne avrò voglia?”
“  Uhm … - finse di pensarci un po’ su, poi disse – “beh sono sicuro di aver indovinato tre punti. Primo: sono due settimane che non ci vediamo. Secondo: sei terribilmente attratta da me e non sarò così modesto da negarlo e terzo … sono così sicuro di conoscerti bene, da sapere che mi ami.”
“ Presuntuoso!”
“Ti amo anch’io” – rispose impertinente, sorridendo soddisfatto notando le guance di Jade imporporarsi. Almeno questa reazione era la stessa di tutte le altre volte.
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“ Si, e tu sei così scemo da esserti macchiato con la cioccolata.” Stavano passeggiando mano nella mano al molo, poco lontano dalla casa di Jade. Il mare in tempesta li riempiva di spruzzi salati. Scuro e arrabbiato, si abbatteva contro gli scogli e le barche, come a sfogare la frustrazione causata da qualcosa di sconosciuto. Il cielo grigio di fine novembre che avvolgeva la città come un pesante piumone sembrava quasi voler ricordare ai cittadini che non era più tempo di stare fuori casa.
“Questo è successo solo perche mi hai fatto ridere, urlando contro quella poveraccia della cameriera!”
“Si dia il caso che quella povera e  innocente cameriera non ti togliesse gli occhi di dosso!” – rispose a tono Jade.
“Gelosa!”
“Bambino!”
“Ti amo.”
Anch’io”- il flebile suono della sua voce fu quasi sommerso dalle urla dell’oceano, ma a lui bastò. Era raro sentire dire una cosa del genere da lei. Le passo un braccio attorno le spalle e la strinse a se, in quel silenzio che valeva più di mille parole.
“ Andiamo a caasa?” – sarebbe quasi sembrata una bambina con quel tono petulante, se non fosse per il sorriso malizioso che le aveva increspato le labbra.
“Ma io ho faame!” – rispose Beck utilizzando il suo stesso tono. Lei lo guardò con un sopracciglio sollevato e le braccia incrociate.
“Okay okay” -  rispose il ragazzo alzando le braccia in segno di resa –“ andiamo a casa. Prima però mangiamo la pizza eh? La mangiamo sul divano mh?” - Lei acconsentì a malincuore, ma per quel giorno avrebbe fatto decidere lui.
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Avevano mangiato, si erano fatti le coccole, si erano presi in giro e come ogni volta erano finiti a fare l’amore. Si erano sussurrati i ti amo più sinceri, si erano uniti in una cosa sola. Erano rimasti così, abbracciati sotto le coperte, non si sa per quanto tempo, mentre Beck accarezzava i capelli corvini di Jade.
“Quando parti?” – la ragazza aveva rotto il silenzio con una flebile domanda. Era già consapevole della risposta, ma per un momento  -forse un po’ egoisticamente- sperò che quella fosse cambiata.
“Domani sera”
Dannata Vancouver. Doveva dirglielo o domai sarebbe stato troppo doloroso. Sarebbe suonato come un addio di quelli che si vedono nei film in bianco e nero dove lui parte e lei, sola e depressa lo saluta piangendo.
“Non possiamo continuare così.” 
La lontananza di Beck la stava piano piano mangiando. La paura che lì potesse trovare qualcuno di migliore la distruggeva. Il fatto di non trovarlo al suo fianco dopo un incubo la faceva sentire sola. L’ultima litigata era stata la più pesante, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Avevano cercato di ignorarla, ma era impossibile. Beck sarebbe ripartito e loro avrebbero litigato di nuovo. Erano due attori, non avevano nessuna certezza. Sarebbero stai sempre separati, per quanto si potessero amare.
“Lo so” – il sorriso giocoso del ragazzo era sparito, sostituito da un espressone stanca, sofferente.
“Dobbiamo”– s’interruppe per ingoiare il nodo che le bloccava la gola –“ dobbiamo rompere Beck, ci faremo solo del male”  - Dio solo sa quanto le costarono quelle parole. Beck era la cosa migliore che le fosse capitata e adesso anche lui se ne sarebbe andato. Lo avrebbe fatto, lei lo avrebbe costretto. Odiava vedere quella espressione di sofferenza sul suo volto. L’avrebbe fatta sparire, anche se quello sarebbe significato morire.  
“Io ti amo- 
“Cristo Beck , ma non lo capisci?! Tu non devi, non puoi! Quale futuro avremmo? Dimmelo! Quale? Non ci sarà una fottuta volta in cui non litigheremo per colpa mia. E non posso. Non ci riesco a smettere di essere gelosa.” – silenzio- “Non voglio litigare. Domani tu partirai e tra noi sarà finita. No!”- aveva esclamato Jade notando che Beck si era passato una mano sul viso, pronto a ribattere.- “stavolta non è un mio stupido capriccio. Io ci ho pensato sul serio. Non voglio vederti soffrire. Forse ti mancherò all’inizio, ma poi ti sentirai meglio senza le mie urla e il peso oh si non credere che non lo sappia, so che ti senti in colpa per dovermi lasciare sola qui per tutto l’anno. Andiamo avanti così da mesi ed è già insopportabile, come pensi che resisteremmo un anno. E poi? Se venissi chiamata io per un film o tu di nuovo? Dovremmo separarci e soffrire ancora. Non voglio questo per te. Per noi.”
“Vuoi rompere adesso?”
Un sospiro.
“No”- sussurrò poi la ragazza- “no perché non potrei resistere sapendo che sei qui. Perciò ti prego, ti prego ti chiedo solo questo. Per un ultima volta resta con me. Domani sera partirai, ma fino ad allora ti prego, godiamoci gli ultimi momenti che ci rimangono.”- si era voltata e aveva fissato negli occhi, per la prima volta in tutta quella discussione, il ragazzo –“ ti amo, lo farò sempre e per questo ti chiedo, ti supplico Beck non opporre resistenza, non costringermi a lasciarti. Voglio che sia una decisone che abbiamo preso insieme.”
Beck le aveva preso il viso tra le mani e l’aveva baciata, un bacio che sapeva tanto di addio. Si erano accucciati sotto le coperte, stretti stretti, combattendo le lacrime. L’indomani sarebbe cominciata una nuova vita.
“Teneva lo sguardo fisso sulle sue labbra 
come fossero le ultime righe di una lettera d’addio.”
 
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Salve^^
Sono una nuova autrice qui su EFP e questa è la prima storia che scrivo!
Ho deciso di scrivere su Jade(il mio personaggio preferito *-*) e Beck, una coppia che adoro. Il mio piccolo cuore di fangirl si è frantumato quando, leggendo la lettera di Victoria, ho scoperto che i miei piccioncini si sarebbero lasciati. Ho deciso, quindi (dopo che la mia pigrizia mi ha abbondonato), di raccontare la loro storia dopo questo fatidico evento. La frase finale sottolineata e in corsivo non è mia, ma l'ho presa da Tumbrl (The Dreamer In Wonderland è il mio account per chi lo volesse sapere uwu).Lasciate un commento per farmi sapere che ne pensate mio raccomando!
 Beh, con questo è tutto, ci si legge al prossimo capitolo. 
Ve

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Capitolo 2
*** CAPITOLO I ***


 
Capitolo I
 
Teneva lo sguardo basso camminando a passo veloce. I suoi vecchi anfibi neri facevano ciaff ciaff sul marciapiede bagnato. Odiava Bath. Odiava Novembre. Odiava quel giorno. Erano passati due anni da quando lei e Beck si erano lasciati e adesso si trovava in Inghilterra per girare le ultime scene di un film horror in cui interpretava la protagonista. Essendo l’ultimo giorno di riprese, aveva pregato il suo agente di lasciarla girovagare da sola per la città, fingendo di avere una voglia matta di visitarla prima di ripartire. La verità era che non sopportava più tutte quelle attenzioni addosso. Tutti quei signorina West, signorina West le avevano dato su i nervi. Così, ottenuto il permesso, si era ficcata le auricolari nelle orecchie, aveva alzato il volume e si era incamminata senza una meta precisa. La musica era fondamentale per non pensare troppo. E l’avrebbe anche rilassata se, improvvisamente non avesse cominciato a cadere una fitta pioggerellina che l’aveva puntualmente inzuppata da capo a piedi. Il tempo sembrava ironicamente voler sottolineare il suo stato d’animo tetro, dando il via ad una serie di spiacevoli flashback che aveva cercato di ignorare per tutta la giornata.
Si erano lasciati in silenzio. Jade era semplicemente 
rimasta a guardarlo uscire, il borsone in spalla.
Aveva sussurrato, bloccandolo sulla porta-“Non smetterò di amarti.” 
Lui si era fermato, la mano sulla maniglia, aveva risposto, senza voltarsi
“Neanch’io.”- e poi era uscito. Aveva sentito la porta sbattere.
 La fissava senza realmente vederla, mentre sentiva qualcosa di freddo 
scivolarle giù per le giù per le guance.
Si era voltata, aveva salito le scale,come in trance.
 Era entrata in camera da letto e si era rannicchiata sulle coperte stropicciate 
che ancora profumavano di lui. Non sapeva quanto tempo era rimasta lì,
scossa dai singhiozzi di un pianto silenzioso, di quelli disperati che ti fanno venire i brividi. 
Poi Cat, notando che aveva ancora il cellulare staccato, era venuta a cercarla. 
Non aveva detto niente, si era semplicemente seduta sul letto con lei, a gambe incrociate.
Le aveva raccontato la sua giornata, di Sam che la faceva tanto ridere, di sua nonna, dei bambini.
Poi lei si era addormentata e al suo risveglio Cat era ancora lì, che le accarezzava i capelli.
“Cat”- aveva sussurrato
“Si?”- aveva sorriso lei.
“Grazie”
“Mh-mh. Però adesso alzati Jade”- la rossa si era fatta improvvisamente seria.
“Devi reagire. Dov’è quella guerriera che urlava contro le stupidaggini
che escono dalla mia bocca? Anche se alcune volte mi fai paura, mi piace quando 
urli, significa che sei la solita Jade.”- aveva aggiunto l’ultima frase tra se e se,
come se per la ragazza accanto a lei potesse avere senso. 
Cosi Jade si era alzata e, con pazienza, aveva raccolto ogni singola scheggia
della sua anima in frantumi. Aveva cercato di rimetterle assieme alla bene e meglio
e con un enorme sforzo, aveva tentato di tornare alla normalità.
 
Stava giusto pensando a quando aveva fatto il provino per il film, che ,nel bel mezzo del suo assolo di chitarra elettrica preferito, la musica si era improvvisamente interrotta, mentre il suo peraphone rosso cominciava a vibrare. Il viso sorridente di Cat occupò la schermata e Jade sfioro con il dito l’icona verde per accettare la chiamata.
- Pronto?
- Ciaaao - la vocina di Cat era stranamente malinconica.
- Cat. - rispose solo la ragazza, che nel frattempo si era seduta a gambe incrociate su una panchina, riparata da una piccola pergola. Un cartello rosso e bianco annunciava una fermata della metro.
Come stai?
Jade esitò un attimo, poi rispose brusca: 
- Come sempre. Tu?
- Io bene. Mi manchi, quando torni?
- Domani
- Evviva! E’ proprio una cosa fantastica, si si.
- Cat, mi stai nascondendo qualcosa?
- …
- Cat? CAT?
Tu-tu-tu-tu …
Jade imprecò contro il suono metallico che annunciava la caduta della linea. Dannata Inghilterra! Cat le stava nascondendo qualcosa, si capiva subito. Non era brava a mentire con lei. Decise di aspettare la metropolitana e tornare in hotel. L’avrebbe videochiamata e l’avrebbe costretta a dirle ciò che sapeva.
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Cat fissò il cellulare pensierosa. Era caduta la linea e Jade aveva scoperto che nascondeva qualcosa. Con la fronte corrucciata andò a sedersi a gambe incrociate sul divano, accanto alla sua coinquilina che mangiava allegramente le sue polpette da un’enorme ciotola di vetro blu. Si strinse di più nella usa felpa.
Beck le aveva telefonato quel pomeriggio.
- Cat?
- Beeeck! Quanto tempo che non ti fai sentire!
 Mi sei mancato! - aveva risposto con entusiasmo la rossa.
- Si scusa, anche tu mi sei mancata piccola Cat. Io volevo …  ecco - parlarti di un-
“Che ti prende Cat?” – la voce di Sam interruppe il corso dei suoi pensieri. “ Di solito non stai un attimo zitta … sei triste perché vado via? Guarda che torno presto, non lascerei le tue polpette per tutto l’oro del mondo!”
“Ma no! Cioè, certo che sono un po’ triste, mi mancherai. Però sono contenta che passi un po’ di tempo con Freddie. Il fatto è che-
“Jade?” – la interruppe l’amica.
“Come fai a saperlo?”
“Ti ho sentito parlare con lei al telefono.” – rispose alzando le spalle Sam, ricominciando a divorare le sue polpette.
“Sai avevo pensato di invitarla a stare qui, visto che sono sola, ma adesso è successa una cosa e non riuscirò a nascondergliela a lungo …”  Cat si torceva le mani, consapevole che in qualunque modo fosse andata Jade, anche se non l’avrebbe dato a vedere, non l’avrebbe presa bene.
“Vedrai che si risolverà tutto. Dai vieni qui” – Sam l’abbracciò – “ ti va se guardiamo Travestiti?”
“Siii”
La ragazza sorrise, cambiando canale. Sarebbe partita verso le sette di quella sera e,per quello che poteva, avrebbe cercato di far sentire meglio la sua piccola e ingenua combina guai dai  capelli rossi. 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO II ***


CAPITOLO II


Beck sedeva nervoso su un sedile dell’aeroporto con il suo pc sulle ginocchia. Sarebbe dovuto partire circa due ore fa, ma il suo volo era stato cancellato e adesso era costretto a passare la notte lì. Le riprese per la seconda e ultima stagione del telefilm in cui recitava erano terminate e lui sarebbe tornato a casa, a Hollywood. Non lo aveva detto a nessuno, sarebbe tornato in silenzio. A quello che sarebbe successo rivedendo Jade ci  avrebbe pensato dopo. E sarebbe pure andata così, se l‘agenzia non avesse deciso di cancellare il volo. Rimasto solo con i suoi pensieri aveva chiamato Cat e le aveva detto tutto, scoprendo che Jade non si trovava in città, ma era a Bath per girare le scene finali di un film. Meglio così, avrebbe pensato qualcun altro, ma lui no. No, lui da cocciuto innamorato voleva ancora vederla, anche sapendo che sarebbe solo stato un atto di masochismo. Sospirò, chiedendosi perché non l’aveva contraddetta, perché non aveva combattuto invece di lasciarla andare. Stava giusto per spegnere il computer per andare a comprare qualcosa al distributore di fronte quando una richiesta di videochiamata da parte di Andrè comparì sullo schermo. 
- Ehi amico! - la voce allegra del ragazzo lo raggiunse come una doccia fredda.
- Andrè - Beck sorrise stancamente.
- Cavolo Beck, sei conciato male. - constatò sincero Andrè - sei in aeroporto? - aggiunse notando dove si trovava l’amico.
- Si, le riprese sono finite, torno a Hollywood.
-  Sei sicuro sia una buona idea? Intendo … Jade … sei davvero pronto a rivederla? Magari si è rifatta una vita e forse dovresti provarci anche tu insomma … - s’interruppe imbarazzato.
- Credi davvero che non ci abbia provato? Ma sono ancora innamorato di lei. Si hai ragione, magari si è rifatta una vita … ma se non lo avesse fatto? - le ultime parole uscite dalla bocca di lei si rifecero strada nella sua mente. Non smetterò di amarti, così gli aveva detto.
- Che vuoi dire? Vuoi provarci di nuovo? Amico voglio essere sincero, ma secondo me non concluderete niente. Siete due attori, non potete lasciarvi ogni volta che uno di voi due parte per le riprese di un nuovo film.
Silenzio. Andrè aveva maledettamente ragione, ma lui senza di lei non ce la faceva più.
- Dove ti trovi? - Beck cambiò discorso, era confuso, non sapeva ancora cosa volesse davvero fare e l’unica certezza che aveva era l’amore che provava per lei.
- Messico amico! La tournee va alla grande! - rispose con entusiasmo il musicista.
- Sono contento per te - sorrise gentile - senti adesso devo andare, ci sentiamo va bene?
- Certo, ci sentiamo. Bada a non buttarti troppo giù!
Beck chiuse il portatile e si alzò. Infilò il pc nel borsone, se lo mise in spalla e s’incamminò verso l’uscita. Doveva schiarirsi le idee e l’unico modo per farlo era prendere una boccata d’aria.

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“ Oh andiamo Cat! Collegati maledizione!” – Jade stava urlando contro il computer da una decina di minuti senza evidentemente sorbire l’effetto sperato. “E’ inutile che urli contro gli oggetti, loro non ti sentono”, Beck glielo ripeteva sempre. Si diede mentalmente della stupida per averlo pensato. Era incredibile come ogni cosa che facesse o dicesse le ricordasse il ragazzo dagli occhi color cioccolata di cui era innamorata. Prese a mordicchiarsi le unghie, fissando imperterrita lo schermo alquanto privo della faccia sorridente con tanto di fossette di Cat. Aveva uno strano presentimento, come se la cosa che l’amica le stava nascondendo fosse brutta quanto allo stesso tempo buona e la cosa peggiore era che lei di solito non si sbagliava mai.
- Ciaaao.
-  Cat! Ma quanto diavolo ci hai messo?! – l’aggredì subito Jade.
- Scusa è che stavo salutando Sam.
- Perché, dove va Sam? – chiese confusa l’attrice.
- In vacanza con Freddie … - rispose mogia Cat.
- Oh, mi dispiace – per un attimo il tono di Jade si addolcì, ma dopo tre secondi ricominciò ad urlare – si può sapere cosa diavolo mi nascondi?! Pensavo fossi contenta di rivedermi!
- Ma lo sono! – si difese la rossa – pensavo anche di invitarti a stare da me visto che Sam non c’è … a proposito, ti va?
- Cat, questo non è importante adesso! Voglio sapere perché questo pomeriggio hai risposto in quel modo!
- Okay , okay te lo dico! Mphf … mi ha chiamato Beck e …
- BECK?!
- Sì, lasciami finire per favore! Mi ha chiamata e mi ha detto che torna domani.
- T- torna? Torna dove?
- A Hollywood.
Oh …  
- Anche tu torni domani …
Beck domani torna Hollywood … oh no… 
- Jade mi hai sentita?
- S-si Cat ti ho sentita.
- Incontrerai Beck.
- Ti pare che non lo sappia?! – esplose la ragazza.
- Beh … qual è il problema?
- Qual è il problema? QUAL’E’ IL PROBLEMA?! Cat potrei vederlo all’aeroporto! Non sono pronta … io non so che effetto potrebbe farmi ritrovarmelo davanti.
- A che ora parti? 
- Non ricordo l’orario del volo … mi sembra di pomeriggio. – rispose Jade.
- Allora non vi incontrerete all’aeroporto.
- E’ un inizio …
- Tu lo ami ancora. – era un affermazione, non una domanda e detta dall’ingenua Cat sembrava più vera che mai. – cosa hai intenzione di fare?
- Non lo so – sospirò la ragazza portando le dita alla base del naso, come se una forte emicrania fosse improvvisamente venuta a ricordarle di non pensare troppo. Vedere Cat così seria era strano e accadeva rare volte … adesso che ci pensava a provocare quella buffa rughetta sulla fronte della rossa era quasi sempre qualcosa che riguardava lei.
- Devo andare – disse alla fine, riemergendo dai suoi pensieri, spezzando il silenzio che si era creato.
- Okay ciao … Jade aspetta! – il richiamo di Cat la bloccò appena in tempo, prima che cliccasse sull’icona di fine chiamata.
- Che c’è?
- Ci vieni a stare a casa mia?
- ‘kay – rispose solamente Jade per poi chiudere di colpo il pc, abbandonandolo sul comodino che utilizzava a mo’ di scrivania. Si buttò sul letto a pancia in su e intrecciò le dita dietro la nuca, fissando il soffitto. Aveva fatto di tutto per cercare di dimenticarlo, per consentirgli di realizzare il suo sogno e adesso tutto stava per essere mandato all’aria. Se fingere di non amarlo più e stargli lontano era difficile quando era a Vancouver, figuriamoci abitando a pochi isolati di distanza … beh c’era anche da dire che finché Sam non sarebbe tornata avrebbe vissuto da Cat ... ma sempre troppo vicini erano. L’attrazione che provavano l’uno verso l’altra avrebbe rischiato di prendere il sopravvento. Jade gemette strofinandosi gli occhi , come a volersi svegliare da un incubo. Si girò con il viso contro il materasso, schiacciandosi il cuscino sulla testa. Cercava di ignorare, senza il dovuto successo , la vocina che dentro la sua testa continuava a ripeterle che infondo, era terribilmente contenta di rivederlo.
 

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Capitolo 4
*** CAPITOLO III ***


CAPITOLO III

Sorseggiava la sua cioccolata accoccolata sul divano, la sua giraffa viola stretta al petto, la tv accesa. Stringeva in mano il suo cellulare giallo, in tinta con il suo pigiama ricoperto di nuvolette stilizzate. La conduttrice del telegiornale elencava veloce una lunga lista di brutte notizie con voce fredda. Si chiedeva sempre come facessero a raccontare tutte quelle notizie così spiacevoli senza farsi scappare mai una lacrimuccia di dispiacere. Insensibili pensò. Il peraphone vibrò nella sua mano e la ragazza sorrise leggendo il messaggio di buongiorno del suo ragazzo.
Buongiorno piccola!
Cat mosse veloce le dita sulla tastiera del cellulare, rispondendo a Robbie. Probabilmente si sarebbero visti per pranzo. Gettò uno sguardo all’orario indicato in alto a destra della schermata del cellulare : le 09:05. Beck dovrebbe essere arrivato da un pezzo. Ripensò a Jade, a quanto fosse stata male dopo la sua partenza … chissà come doveva sentirsi adesso. Ripose il cellulare sul tavolinetto davanti a lei, constatando che in effetti, non avrebbe ricevuto un messaggio da Sam prima delle undici di quella mattina. Tic tic – tac tac tic tic – tac tac … la forte pioggia batteva contro i vetri delle finestre con un ritmo regolare.
“ Tic tic – tac tac” – canticchiò sovrappensiero la ragazza alzandosi e posando nel lavandino la  sua tazza a forma di coniglietto, i residui della cioccolata formavano strani disegni astratti sul fondo. Si mosse veloce verso la sua stanza, prendendo degli abiti puliti e portandoli in bagno. Avrebbe fatto una doccia veloce e poi avrebbe preparato la stanza per Jade, magari anche cucinato qualcosa di buono … così, per tirargli su il morale. Sorrise, spogliandosi e infilandosi nel box, sotto il getto dell’acqua calda, aggrottando la fronte cerando di ricordare qual’era la dose perfetta di farina per preparare una squisita torta al cioccolato.
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Aveva cominciato a piovere appena aveva messo piede a terra. Adesso fissava le altre auto ferme in coda dal finestrino posteriore del taxi su cui era salito. Procedevano lentamente verso la meta, imbottigliati nel traffico. Era stato strano tornare in città dopo tutto quel tempo. Il traffico, lo smog, tutta quella gente super indaffarata che correva a testa bassa per le strade, ignorando i mendicanti che cercavano qualche spicciolo. Si era quasi dimenticato com’era. La cosa peggiore però, erano stati tutti quei ricordi, piombati su di lui come affamati avvoltoi. Lui si era lasciato beccare, graffiare, mordere, come un cadavere inerme. Non era stato, come lo aveva ingenuamente immaginato, un commovente ritorno a casa dopo un lungo viaggio. Era stato  fottutamente terribile. Jade non c’era ad aspettarlo all’aeroporto, non sorrideva accanto a lui. Jade non era più la sua Jade. Incredibile – pensò sbuffando. Dopo poco raggiunse finalmente la meta. Pagò l'autista, prese il trolley che gli porgeva e si diresse verso la sua vecchia roulotte. Aprì la porticina arrugginita e s‘infilò dentro, scuotendo il folti capelli bagnati e gettando sul letto il borsone. Abbandonò il trolley in un angolo, guardandosi intorno e inspirando quell’odore di casa che gli era tanto mancato. Tutti i momenti, tutte le discussioni, le coccole, le stupidaggini fatte con Jade affollarono la sua mente. Davvero lei aveva dovuto affrontare tutto questo? Sospirò, passandosi una mano sul viso. Si buttò a peso morto sul letto, che si abbassò di una spanna con un gran cigolio, causato dal movimento delle vecchie molle del materasso. Si massaggiava le palpebre con le dita. A che cosa serviva quel distacco, se il suo unico risultato era farli stare male? Lui non sapeva effettivamente come stesse Jade, ma se quella luce che aveva visto risplendere nei suoi occhi azzurri in tutti quelli anni era amore, allora non poteva stare bene. Gemette, tirandosi a sedere. Strinse i pugni -così forte che le sue nocche erano diventate bianche- e li spinse con forza contro le pareti della roulotte, ancora e ancora, fino a far sanguinare le dita. Era la sua valvola di sfogo e dopo tanti -troppi- sorrisi forzati, notti insonne e pianti trattenuti doveva liberarsi o sarebbe scoppiato. Ed era proprio questo il problema di Jade, lei non aveva una valvola di sfogo, perlomeno una accettabile. Tratteneva e tratteneva e poi scoppiava per stupidaggini. Sbuffò. Ogni cosa in quella dannata città parlava di lei, così tanto che anche i suoi atteggiamenti venivano involontariamente collegati alla ragazza dalla sua mente. Il ragazzo si alzò e si chiuse in bagno. Forse una doccia fredda l’avrebbe aiutato a rilassarsi.
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Si svegliò di soprassalto, la fronte madida di sudore, il cuore batteva così forte che sembrava voler scappare via dal petto. Quell’incubo. Di nuovo. Tremava come una foglia. Si strinse di più nella coperta, cercando di calmarsi. Afferrò il cellulare che giaceva inerme sul comodino. Era un atto involontario ormai, scorreva veloce i nomi della rubrica fermandosi sempre sul solito. Lo osservava per un po’ con occhi vitrei e poi posava nuovamente il cellulare. Non aveva smesso di farlo, neanche una volta. Prima, quando l’incubo la svegliava la notte, le bastava una telefonata. Lui sarebbe arrivato, veloce come la luce. L’avrebbe consolata, sussurrandole all’orecchio che davvero, non era colpa sua. Lei si sarebbe addormentata, senza paura. Ma adesso lui non c’era. Non c’era da due anni. Neanche una volta, in quell’arco di tempo aveva smesso di prendere il suo peraphone, cercare il numero di Beck e osservarlo per un po’. Non sapeva, non aveva idea, se questo fosse positivo o no. Avrebbe continuato a farlo, senza saperne il perché. O forse infondo ne era a conoscenza, ma  era una verità troppo difficile da accettare. Accese la piccola l’abat-jour  che stava sul comodino dell’hotel. Una vecchia foto immortalava una sorridente Jade di sette anni che abbracciava un uomo con i suoi stessi occhi grandi, lo stesso sorriso. Suo padre la guardava sorridendo. Una strana espressione negli occhi. Amore forse. Portava sempre quella foto con se. Ovunque. Anche nella sua vecchia borsa della Hollywood Arts e l’unico a saperlo, ovviamente, era Beck. 

La Hollywood Arts era fantastica, riusciva a isolarsi benissimo.
Nessuno la disturbava. Nessuno eccetto un irritante ragazzo di  nome Beck Oliver.
Non riusciva davvero a capire perché non volesse lasciarla in pace.
“Ehi.”-  come non detto, si parla del diavolo e …
“Che vuoi Oliver?” – era incredibile quanto la irritasse. Glielo aveva chiesto
perché non la lasciasse in pace e lui aveva risposto,
come fosse la cosa più ovvia del mondo, che lei nascondeva qualcosa
e lui voleva scoprirla.
 Fai la tanto la dura, diceva, ma so che la tua è solo una maschera.
“Mi sorprende sempre la tua gentilezza, Jade.” 
rispose lui ,calcando sull’ultima parola.
“Lasciami in pace!”- Jade si era alzata di scatto, 
allontanandosi così velocemente che dalla borsa ancora aperta
 scivolò via una piccola cornicetta di legno.
“Jade aspetta!” Beck afferrò la cornice senza guardarla,
 fermando la ragazza prima che rientrasse in classe – “Ti è caduta questa.”
Gli occhi di Jade si spalancarono, animati da qualcosa 
che su di lei non aveva mai visto. Paura. Gli strappò di mano la cornicetta
osservandola mortificata. Un piccolo taglio divideva in due l’immagine di un uomo 
incredibilmente somigliante alla ragazza che aveva davanti.
“E tuo padre?” – Beck chiese piano.
 Lei non rispose, si limitò a fissarlo con quell’espressione spaventata.
 Poi ripose la foto nella borsa, gli voltò le spalle e si sedette in classe.

 
Sfioro con l’indice tremante il taglio sul vetro, proprio sulla figura del padre, immobile in quell’espressione serena. Com’è buffo che le persone nelle foto restino sempre uguali, mentre nella realtà cambino totalmente. Cos’era rimasto di quella piccola bambina? Niente.
“Scusa Papà” – sussurrò. Jade spense la luce, voltando le spalle alla foto. Si rintanò sotto coperte. Aveva freddo, ma per quanti piumoni potesse mettersi addosso, non sarebbe mai riuscita a riscaldarsi. L’inverno, quello che aveva dentro, era eterno. L’unico che fosse riuscito a trasformarlo in primavera lei non poteva averlo. E adesso chiedeva, a chiunque stesse lassù, quale razza di piano aveva in mente per lei. Perché davvero non capiva, quale senso aveva far innamorare le persone, farle illudere dell’esistenza di una possibile felicità per poi distruggere tutti i loro sogni in un istante, come fossero stati castelli di sabbia. Strinse la presa sul lenzuolo, cercando di non avere troppa paura e addormentarsi di nuovo.
_______________________________________________________________________________

Saltellava allegra, mentre alla radio mandavano una delle sue canzoni preferite. Quasi non lo sentiva il campanello. Guardò l’orologio. Non poteva essere Robbie … era troppo presto. Il campanello suonò di nuovo. Cat abbassò il volume della musica e andò ad aprire.
“Beck?” – sussurrò.




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N.A.
Buonasera!
Scusatemi per il ritardo nell'aggiornamento, ma connessione, impegni scolastici,
verifiche e un sacco di altre cose mi hanno impedito di farlo prima.
Vorrei ringraziare di cuore tutti i lettori e le persone che hanno recensito
con complimenti e consigli davvero gentilissimi.
In particolare chi ha ggiunto la storia tra le preferite ovvero hermionegranger394 e
AmyLynnLee(che mi ha addirittura aggiunta negli autori preferiti!Grazie mille!)
e chi tra le seguite ovvero Fating e meryxD!
Vi invito  a lasciare una recensione per dirmi cosa ne pensate e consigliarmi.
Mi scuso per eventuali errori
e a proposito ,su consiglio di AmyLynnLee e Mel_mel98, ho riletto e corretto il primo capitolo.
Spero di aver eliminato tutti gli errori!
Con questo è tutto, alla prossima!

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Capitolo 5
*** CAPITOLO IV ***


 CAPITOLO IV
 
Beck si sedette sul divano, mentre Cat chiudeva piano la porta.
“Che ci fai qui?” – chiese la ragazza, sedendosi accanto a lui. Non era cambiato molto, solo i capelli. Quelli erano ancora più lunghi e disordinati. Ma c’era qualcosa … qualcosa di diverso.
“Avevo bisogno di parlarti.” – rispose il ragazzo, fissando gli occhi in quelli della rossa. In quello sguardo, però, mancava qualcosa. – “ Ma se disturbo io- io me ne vado e solo che-”
“Nooo!” – esclamò la ragazza, sorridendo – “sono solo sorpresa!”
“Come stai?”
“Bene! Non sembra lo stesso per te però …”
Il ragazzo sorrise stancamente, passandosi una mano tra i capelli.
“Tornare qui è stato- strano.”
Doloroso, vorrai dire.” – lo corresse Cat, puntando lo sguardo su Beck che la guardava confuso – sai, sarò pure distratta, ma non sono stupida.” – aggiunse dopo alzando le spalle.
“Dov’è Sam?” – cambiò discorso rapidamente. Era sempre quella la sua arma segreta per riuscire ad evitare un argomento poco piacevole. 
“Con il suo ragazzo, in vacanza.”
Restarono in silenzio per un po’, mentre Cat canticchiava un motivetto improvvisato. La ragazza s’interruppe, tornando improvvisamente alla realtà.
“Di cosa volevi parlarmi?” – chiese portandosi una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio. Osservò bene il ragazzo. Solo allora notò la pelle scorticata sulle nocche.
“Io-”
“Anche mio fratello ha una valvola di sfogo sai … lui urla. Beh … in effetti lui urla un po’ sempre. Jade me lo ricorda molto.” – sorrise tra se. Suo fratello le mancava tantissimo. Beck all’inizio non capì il motivo di quelle frase, poi cercò di seguire lo sguardo della ragazza e si accorse che stava fissando le sue mani. Solo in quel momento capì.
“Come sta?”
“Chi?”
“Jade.”
“In realtà non lo so. Sai com’è fatta, non fa mai capire come sta veramente o cosa vuole che tu faccia realmente. Pur essendo la sua migliore amica – almeno credo di esserlo – lei non mi ha mai detto come sta. So solo che dopo la tua partenza è stata davvero male. Non ha smesso di piangere per giorni io sono l’unica che l’ha vista in quello stato.”
“Non ha fatto qualche ca-” - s’interruppe per evitare una parolaccia – “ –volata vero?” – continuò cercando di apparire disinvolto. 
“No … non credo. Sai a Jade non piace molto cucinare … e neanche la verdura.”
Beck si portò una mano alla fronte.
“No Cat mi hai frainteso … intendevo non ha fatto qualcosa di stupido no?”
“Beck, sinceramente, pensi sul serio che Jade possa non aver fatto qualcosa di stupido?” – rispose la rossa guardandolo scettica – “ a dire la verità credo che lei non abbia mangiato per un periodo. Credo continui a non farlo se non per lo stretto necessario.” – concluse osservando concentrata una macchia di ketchup sul tappeto.
“Nient’altro?”
    
“Jade che hai sulle braccia?”
La mora stava cercando qualcosa tra i suoi cassetti,
 le sue maniche si erano alzate e Cat aveva visto.
“Nulla”- rispose indifferente, voltandosi e abbassando le maniche.
“No!”- aveva urlato la rossa – “I-io lo so cosa sono quelli!
Lo fanno le persone tristi, la mia mamma me lo diceva sempre
che dovevo stare attenta e non farlo mai!” – indicava senza parole
l’amica, implorandola con gli occhi.
“Calmati” – aveva risposto Jade fissandola – “Io sto benissimo.”
“Tu menti!”
La mora non aveva negato,
le si era avvicinata e aveva sussurrato, pianissimo –
“Io mi fido di te Cat. Qualunque cosa accada, non dirlo a nessuno.
Hai capito Cat? Per favore.”
Cat aveva annuito. Era passato un mese dalla rottura con Beck.
 
“No.”- Cat aveva risposto, continuando a fissare il tappeto, richiamando a se tutte le sue doti di buona attrice. Avrebbe voluto dirglielo, davvero. Ma non poteva tradire la fiducia di Jade. E poi era successo solo in quel periodo. Adesso aveva smesso no?
“Ne sei sicura?”
“Si.”
Beck sprofondò ancora di più nel divano, le mani tra i capelli, gli occhi chiusi.
“È colpa mia … se solo non me ne fossi andato, se avess-”
“No!” – urlò la rossa – “Non dirlo e soprattutto non dirlo davanti a lei! Jade lo ha fatto per te! Se tu le dici questo tutte le sue sofferenze verrebbero vanivicate!
“Volevi dire vanificate vero?”
“Non m’importa come si dice! Ma non dire mai più una tale scemenza.”
“Okay, scusami …”
La ragazza si sporse in avanti e lo abbracciò. Beck ricambiò con affetto il suo abbraccio. Cat era una ragazza sensibile ed ingenua, non avrebbe dovuto rattristarla con i suoi problemi.
“Scusami se ti ho reso triste …”
“Non fa niente” – sorrise la ragazza. 
“Adesso vado” - si alzò e si diresse verso la porta, seguito dall’amica. Beck si voltò e prima di uscire ringraziò Cat per averlo ascoltato. La ragazza rispose, come sempre con un largo sorriso e lo osservò sparire oltre il vialetto.
 
_______________________________________________________________________________
 
Cercava con lo sguardo la chioma rosso fuoco di Cat, nervosa. Era arrivata da due minuti e tutta quella confusione proprio non la sopportava. Aveva ancora il sapore dell’incubo fatto la notte precedente in bocca. La mattina si era svegliata con un gran mal di testa che, evidentemente, era molto restio a lasciarla in pace. Una coppietta si parò nel suo campo visivo. Trattenne un conato di vomito.
“Jaaade!” – l’acuta vocina di Cat le perforo i timpani. Uno scricciolo rosa le saltò addosso abracciandola forte. Jade rimase rigida per un po’, poi ricambiò la stretta.
“Ciao Cat.”
“Bentornata Jade” – la salutò Robbie.
“Grazie” – rispose la ragazza separandosi dall’abbraccio dell’amica, che ora le saltellava contenta intorno.
“Come è andato il viaggio?”
Jade alzò le spalle. Non è che Robbie non le piacesse … insomma in quegli anni si era rivelato un vero amico e poi teneva molto a Cat. Ma lei era pur sempre Jade e il modo di fare del ragazzo la infastidiva un po’. Vide Cat correre avanti verso l’auto di Robbie, canticchiando un motivetto improvvisato di cui riuscì ad afferrare soltanto “la mia amica Jade è tornata”. Invidiava un po’ la spensieratezza e l’allegria che caratterizzavano quel piccolo uragano rosso. Continuò a camminare lentamente, trascinando il suo trolley nero, mentre Robbie rincorreva Cat, che stava per fiondarsi nella macchina sbagliata.
“Robbie metti la mia valigia nel portabagagli” – ordinò al ragazzo appena li raggiunse, infilandosi in auto e sedendosi sul sedile posteriore, seguita da una raggiante Cat. La rossa le diede un bacio sulla guancia.
“Mi sei mancata!” 
“Anche tu, piccolo marshmallow” – rispose sorridendo Jade, approfittando dell’assenza di Robbie. Era il primo vero sorriso che faceva a Cat da due anni. La ragazza ridacchiò. Adorava i soprannomi che le dava l’amica. Robbie salì in macchina e mise in moto.
“Non vedo l’ora di arrivare a casa!”- esclamò Cat.
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Jade guardava il suo riflesso sullo specchio del bagno di Cat. Una giovane donna le restituiva la sguardo, gli occhi spenti. Sospirò posando la spazzola con cui stava pettinandosi i capelli prima di andare a letto. Le due fette torta al cioccolato che l’amica l’aveva costretta a mangiare faticavano ad andare giù. Non che non fosse buona, no. Il problema era che il suo appetito era notevolmente diminuito e faticava a mandare giù qualunque cosa. Aveva appena finito di asciugare i capelli dopo aver fatto una doccia ghiacciata e, osservandosi, poteva ufficialmente affermare che senza trucco era decisamente orribile. Strinse le dita attorno al lavandino di ceramica azzurra osservandole diventare man mano sempre più bianche. La risata cristallina di Cat la riportò alla realtà . Decise di andare a vedere cos’era che divertiva tanto l’amica. Spense la luce e si diresse verso la camera che, finché Sam sarebbe stata via, avrebbe condiviso con Cat. La rossa era seduta a gambe incrociate sul letto di Sam, il computer sulle ginocchia e sembrava chiacchierare allegramente con qualcuno, probabilmente in video-chat.
“Oh, Jade vieni qui! C’è Sam in collegamento dall’Italia!” – la chiamò Cat.
Jade si avvicino e si sedette sul letto accanto all’amica.
“Sam.”- disse a mo’ di saluto Jade.
“Jade.”- rispose la bionda dall’altro lato dello schermo.
“Italia? Wow, cosa doveva farsi perdonare Freddie questa volta?” – chiese la mora sistemandosi meglio a gambe incrociate sul letto.
“ Ehi! Io non devo farmi perdonare proprio niente! Vero Sam che sono un fidanzato perfetto?” -  Freddie apparve sullo schermo, guardava Sam con gli occhi dolci. Jade distolse lo sguardo, fingendo di trovare qualcosa di veramente interessante nelle sue unghie ricoperte di smalto nero.
“Oh sta zitto tu.” – rispose la ragazza trattenendo a stento un sorriso – “Vai che devo parlare con Cat e Jade, rinchiuditi nel bagno per un po’!” – Sam spinse via il suo ragazzo, che se ne andò borbottando qualcosa sulla gentilezza.
Jade tornò a guardare lo schermo, puntando annoiata lo sguardo su Sam.
“È sempre così smielato?” – chiese irritata.
“Nah … solo che mi ha fatto questa sorpresa bellissima. Sapete, la mia amica Carly abita qui e approfittando dell’anniversario in arrivo Freddie mi ha portata qui, così posso passare un po’ di tempo con lei e poi possiamo festeggiare in un bellissimo ristorante italiano.” – spiegò allegra Sam, passandosi una mano sulla pancia al pensiero del cibo italiano. Cat rise, ma poi tornò subito seria.
“Non è che poi l’Italia ti piace troppo, decidi di restare lì e non torni più?” – chiese preoccupata.
“No Cat, te l’ho già detto. Le tue polpette sono troppo buone per lasciarle andare così.”
“Notevole.” – disse Jade.
“Già.”
“Quando torni?” – domandò la mora.
“Tra una settimana giorno più o giorno meno” – rispose Sam – “ Oh e vedi di non distruggermi la stanza mentre stai lì!” – aggiunse puntando un dito verso Jade.
“Ci proverò. Posso utilizzare la tua moto vero?”
“Sicuro. Sai dove sono le chiavi.”
“Tanto lo avrei fatto lo stesso.” – ghignò Jade.
Sam la ripagò mandandola al diavolo, con non poche proteste di Cat. Jade rise, una risata spenta.
“Adesso chiudiamo, ciao Sam!” – salutò Cat. La bionda rispose con un cenno e la rossa chiuse le chiamata. Si alzò dal letto, posò il computer sul suo comodino e s’infilò sotto le sue coperte rosa.
“Non vai a dormire?” – chiese vedendo Jade apprestarsi ad uscire dalla stanza.
“Si arrivo subito, tu dormi.”
“Okay.”
Jade andò in bagno, raccolse i capelli in una crocchia disordinata, si tolse il pigiama e infilo una tuta e un paio di converse trovate nella valigia che aveva lasciato accanto alla vasca. Si affacciò sulla stanza di Cat per controllare che si fosse addormentata. Afferrò le chiavi della moto e uscì.
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Non sapeva perché fosse andato lì, soprattutto a quell’ora. O forse si. Quello era il loro posto. Alzò lo sguardo. Il cielo, dopo la sfuriata della mattina e del pomeriggio, era stranamente limpido. Le stelle brillavano, sembravano quasi in competizione tra loro. In quel luogo poco illuminato dalle luci artificiali sembravano più luminose che mai. Si chiese per un momento quale lo fosse di più. Abbassò lentamente lo sguardo, il legno del molo scricchiolava sotto i suoi passi. Si avvicinava sempre di più alla ringhiera di metallo che costeggiava la spiaggia. Una figura, una ragazza, ci stava seduta sopra, i capelli raccolti. Sembrava incurante degli schizzi di cui il mare in tempesta la ricopriva. Era vicinissimo, ad un passo da lei. Tanto vicino da accorgersi che quella ragazza la conosceva troppo bene.
“Non immaginavo che saresti venuto qui.” – sussurrò lei – “Beck.” – aggiunse piano.













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Buona sera a tutti!
Ho solo una piccola annotazione da fare. Credo che tutti abbiate capito cosa sono i segni sulle braccia di Jade.
So che l'autolesionismo di Jade è una cosa un po' banale e appare in molte fanfiction, ma mi serve per la trama della storia.
Detto questo ringrazio tutti i lettori silenziosi e non e mi scuso per eventuali errori. Non esitate a farmi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima!
Ve

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Capitolo 6
*** CAPITOLO V ***


CAPITOLO V

La osservava muovere veloce le dita sulla ringhiera a tempo di una musica che conosceva solo lei. I capelli legati le lasciavano scoperto il collo e, nonostante il buio, si accorse che aveva la pelle d’oca. 
“Pensavo fossi a Bath.” – disse Beck piano, gli occhi puntati su di lei, cercando di cogliere ogni minimo dettaglio.
“Sono tornata questa sera.”
Jade non si era voltata. Continuava imperterrita a fissare le onde infrangersi sugli scogli.
“Credevo che non saresti più tornata qui.”
“Non ho mai smesso” – rispose la ragazza, capendo che si riferiva al molo.
Silenzio. Una folata di vento li travolse, ma Jade non accennò ad un movimento. Beck guardò l’orologio. Era quasi mezzanotte.
“Non hai freddo?” – chiese il ragazzo. Non lo sopportava quel silenzio.
Lei aspettò un po’ prima di rispondere. Si passò la lingua sulle labbra, portando via le goccioline d’acqua salata che vi si erano posate sopra, poi disse:
“Il freddo non mi ha mai dato fastidio.”
Lo aveva così vicino che poteva sentire il suo profumo, eppure non si voltava. Aveva paura della reazione che avrebbe potuto provocarle rivederlo davvero.
“Come hai fatto a capire che ero io?”
Avrebbe potuto rispondere in un sacco di modi a quella domanda. Avrebbe potuto dire che i suoi passi avevano un rumore diverso da tutti gli altri, che il suo profumo si sentiva a chilometri di distanza o avrebbe potuto rispondere con la verità, dire che semplicemente non sapeva che fosse lui … ma ci sperava così tanto che quella frase le era scivolata via dalle labbra da sola. Invece scelse di dare la spiegazione più fredda e distaccata possibile.
“È quasi mezzanotte, è inverno e l’unico pazzo in città da venire qui oltre a me sei tu.”
Lui sbuffò divertito e si passò le dita tra i capelli.
“Perché  non mi guardi?” – domandò in un sussurro.
Jade smise improvvisamente di picchiettare le unghie contro la ringhiera, rimanendo interdetta per un attimo. Poi rise, rise perché non sapeva cosa fare e chiese acida:- 
“Cos’è questa, la notte delle domande?”
“Perché Jade?”
La ragazza scese improvvisamente dalla ringhiera, facendo attenzione a non guardare Beck e disse fredda:-
“Devo andare.”
“Guardami Jade.” – disse Beck afferrandola per un polso impedendole di andare via. Lei lo strattonò con forza. La pelle tirava,bruciava. Faceva male.
“Guardami … ti prego.”
Lei alzò lo sguardo verso di lui, i suoi occhi lampeggiarono nel buio.
“Lasciami Beck.”
Per tutta risposta lui le afferrò anche l’altro polso e lei trattenne un sibilo di dolore. Perché ora che ci pensava i suoi occhi scuri su di lei bruciavano più di ogni altra cosa. Beck poggiò la fronte su quella della ragazza e sussurrò:-
“Cos’è successo? Come ci siamo arrivati a questo?”
Jade si liberò dalla sua presa e si voltò, incrociando le braccia sotto al seno, come a impedire che il suo corpo andasse in frantumi.
“Era un amore fragile il nostro ed a un certo punto si è spezzato. Forse, se fossi stata diversa, sarei riuscita a salvarlo. Ma è questo che sono, un pericolo. Come una droga, all’inizio ti piaccio, poi mi ami, divento quasi un’ossessione e alla fine, lentamente ti uccido.” – sussurrò, combattendo il nodo alla gola.                                                                                  
“Perché sei così dura con te stessa e continui a rifilarmi tutte queste cazzate?”- Beck si portò i capelli all’indietro, stanco. Quasi esasperato. Lei continua a fissare il vuoto. Poi lentamente rispose:-
 “Sono solo sincera. Tutti quelli che amo finiscono col farsi male.” - alzó le spalle come se non le importasse - “ Ci ho fatto l’abitudine” – aggiunse.
 “Mi ami?”
“Devo andare.” – ripeté la ragazza, tirando fuori le chiavi del motorino dalla tasca dei pantaloni.
“Jade aspetta …”
“È tardi Beck. Lasciami in pace.”
Lui sospirò sconfitto, passandosi per l’ennesima volta le dita tra i capelli. Aveva sbagliato a dire quelle cose, ma lei gli faceva questo effetto … non riusciva a pensare, il suo cervello smetteva di funzionare razionalmente. Jade camminava a passo veloce verso la moto che aveva parcheggiato lì vicino.
“Dove stai andando?” – le urlò Beck, notando che si stava dirigendo nella direzione opposta alla sua casa.
“Che t’importa?” – fece Jade di rimando. Sentì il rumore dei passi del ragazzo più chiaramente, segno che si stava avvicinando.
“Andiamo, Jade …”
La ragazza alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
“Sto da Cat per questa settimana. Adesso Beck, se hai finito l’interrogatorio, mi piacerebbe andare a dormire.” – detto questo saltò in sella alla moto, si allacciò il casco con un rapido movimento delle mani e partì.
“Buonanotte anche a te.” – sussurrò Beck.

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Dovette mettere tutta se stessa per non sbattere la porta appena arrivata a casa di Cat. Le mani le tremavano così forte che le chiavi le caddero a terra almeno tre volte. Era arrabbiata, furiosa. Era distrutta. Era innamorata. Cosa cazzo gli era passato per la testa? Perché le aveva detto quelle cose? Mi ami? le aveva chiesto. Si avrebbe voluto rispondergli, glielo avrebbe voluto urlare in faccia,avrebbe voluto  prenderlo a pugni, a schiaffi e gridare a pieni polmoni che lo amava. E invece aveva fatto ciò che le riusciva meglio: essere odiosa. Chiuse la porta del bagno e scivolo giù, sedendosi con la schiena appoggiata ad essa. Strinse i pugni così forte da conficcare le unghie nei palmi. Dio cosa avrebbe voluto fare adesso. Ma non poteva, era casa di Cat e lei stava dormendo nella camera accanto. Doveva smettere di pensarci, almeno per ora. Mise il pigiama e spense la luce. Si infilò nel letto, cercando di fare meno rumore possibile e scoppiò piangere. I singhiozzi scuotevano il suo corpo mentre lei cercava con tutte le sue forze di trattenerli. Se Cat si fosse svegliata sarebbe stato un disastro. La cosa peggiore era che aveva creduto di avere finito le lacrime una volta per tutte e invece eccola lì. Si voltò su un fianco e si asciugò le lacrime con gesto rabbioso. Non voleva essere debole. Lei doveva essere forte, la Jade dura e scontrosa che tutti conoscono. Tirò su col naso e si strinse nella coperta, chiudendo gli occhi e tentando di prendere sonno. Nel letto di fronte, la piccola Cat fingeva di dormire, e sperava con tutta se stessa che Jade smettesse presto di piangere.





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N.D.A
Salve!
Scusate se il capitolo è un po' più corto degli altri,
ma prometto che mi farò perdonare con il prossimo.
Ringrazio tutti i lettori e vi invito come al solito a lasciare un commento.
Alle prossima!
Ve.

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Capitolo 7
*** CAPITOLO VI ***


CAPITOLO VI

Quando Cat si svegliò quella mattina, Jade dormiva ancora. Si alzò facendo attenzione non far rumore e si diresse verso la cucina. Si apprestò a preparare il caffè sbadigliando. Era sicura che appena sveglia Jade ne avrebbe pretesa una tazza, soprattutto se si prendeva in considerazione la notte che aveva passato. Non sapeva dove fosse andata dopo essere uscita con la moto, ma evidentemente non era finita bene, visto che prima di addormentarsi aveva passato quasi un'ora a piangere, nonostante gli sforzi di trattenere le lacrime. Controllò il calendario: era sabato. Presto sarebbero arrivati i bambini e lei doveva anche andare a fare la spesa. Prima di partire Sam, come sua abitudine, non aveva lasciato neanche una briciola nel frigo, che adesso era praticamente vuoto. Verso il caffè nella tazza che sapeva essere la preferita di Jade e mise dentro due zollette di zucchero. Proprio in quel momento la vide entrare nella stanza e lasciarsi cadere pesantemente su una sedia.

"Buongiooorno" – esclamò contenta la rossa porgendo all'amica la tazza di caffè.

"Grazie" – rispose lei senza guardarla, afferrando la tazza e portandola alle labbra.

Cat la osservò sottecchi: aveva i capelli castani spettinati e delle occhiaie piuttosto evidenti le cerchiavano gli occhi. Jade posò la tazza vuota sul tavolo e si strinse di più nella giacca del pigiama.

"Devo andare a pendere alcune cose a casa oggi" – esordì afferrando il cellulare. La sua pagina di The Slap era intasata di messaggi dai fan come al solito. Gli ignorò e posò nuovamente il telefono sul tavolo. Cat annuì, andandosi a sedere sul divano.

"Io devo andare a fare la spesa più tardi."

Jade non rispose, si alzò e si chiuse in bagno. Ne uscì mezz'ora dopo completamente vestita.

"Io vado." – disse sistemandosi una forcina che si era allentata. Afferrò le chiavi della moto, rigirandosele tra le dita ... doveva prendere la sua auto e casa sua era solo a pochi isolati di distanza. Decise di andare a piedi. Inforcò un paio di scuri occhiali da sole, prese la sua borsa nera e uscì accompagnata da un " a dopo" urlato da Cat. Incrociò le braccia al petto e s'incamminò verso casa sua. Il cielo era grigio e l'aria fredda le sferzava il viso, ma non le importava. Gli avvenimenti della sera prima continuavano a farsi strada nella sua mente. Aveva la certezza che adesso le cose sarebbe state molto più difficili di prima, addirittura peggio di quanto avesse previsto e lei non era di certo ottimista. Sospirò, formando una nuvoletta di vapore davanti al viso, sentì il cellulare vibrare nella borsa, ma lo ignorò. Sperava solo che non cominciasse a piovere. Il cellulare ricominciò a vibrare e lei lo tirò fuori irritata scorgendo il nome di chi la stava chiamando. Ci mancava solo lei – pensò. Rifiutò la chiamata, mise il cellulare silenzioso e aumentò il passo. Prima sarebbe arrivata e prima avrebbe potuto rifugiarsi al caldo nella sua auto.

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Beck non aveva dormito tutta la notte. Steso sul suo letto continuava a pensare alla notte precedente, a come Jade gli fosse sembrata fredda e scostante, al fatto che si rifiutasse di guardarlo, come se solo con un sguardo avesse potuto ucciderla. Non aveva potuto osservarla per bene a causa del buio e l'unica cosa che era riuscito a notare era lo scintillio dei suoi occhi quando aveva alzato lo sguardo. I suoi occhi, Dio quanto gli mancavano. Ci erano arrivati così vicini ieri, era a pochi centimetri da lei ... ma forse tutto questo era sbagliato. Forse Andrè aveva davvero ragione, la loro storia era troppo difficile, una guerra che non potevano vincere. Si alzò sbuffando, rabbrividendo al contatto dei piedi col pavimento gelato e si avviò verso il suo piccolo frigo. Trovò una piccola boccetta piena di caffè, proprio quello che stava cercando. Ne bevve un sorso e si diede mentalmente dello stupido per aver deciso di bere il caffè freddo appena sveglio in quella mattina gelata. Il cellulare vibrò da qualche parte sotterrato dalle coperte. Lo prese pigramente e scorse un messaggio di sua madre che gli chiedeva, appena pronto, di andare al supermercato, senza dimenticarsi di passare prima a casa loro per prendere la lista. Sghignazzò divertito. Era tornato da un giorno soltanto e sua madre già lo sfruttava per sbrigare le faccende casalinghe. Un po' la capiva però, lei e suo padre lavoravano sempre molto e una mano era loro molto utile. In fondo era grato a sua madre, forse per almeno al mattinata avrebbe evitato di pensare a Jade.

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Parcheggiò nel vialetto e scese dall'auto sbattendo forte la portiera. Alla fine da casa aveva preso le sue forbici preferite e un libro. Prese il cellulare dalla borsa avviandosi verso l'appartamento di Cat. Ignorò le chiamate perse e si mise a scorrere l'homepage del suo account di The Slap. Jade aprì la porta senza guardare e la richiuse con forza.

"Sono tornata!" – urlò appendendo la sua giacca nera all'attaccapanni e lanciando la borsa sul divano.

"Ahia!" – una vocetta lamentosa le giunse alle orecchie. La ragazza alzò gli occhi di scatto. La sua borsa non aveva colpito, come aveva previsto, il divano ma era arrivata addosso a una bambinetta con  dei rossi capelli arruffati e il visino lentigginoso.

"E tu chi saresti?" – chiese Jade alzando un sopracciglio e osservando la bambina che si liberava della borsa e si sistemava meglio sul divano.

"Milly e tu chi sei?" – rispose la bambina guardandola curiosa con un paio di enormi occhi verdi-azzurri.

"Jade." – disse la ragazza dirigendosi verso il tavolo e sedendosi su uno sgabello, tornando a dedicare tutta la sua attenzione al suo cellulare.

Sentì dei passetti, qualcuno che tirava su con il naso e le strattonava la gonna. Lei la ignorò. La bambina imperterrita continuò a tirarla e sussurrò:

"Jade?"

"Che vuoi?" – sbuffò lei posando lo sguardo su Milly.

"Giochi con me?"

"No."

"Per favooree! Io mi sto annoiando." – insistette la bambina stringendo tra le dita il tessuto della gonna di Jade.

"E io mi annoio a giocare con te. Và a giocare con Cat." – disse Jade tornando a fissare lo schermo del suo PeraPhone.

"Cat non c'è! È andata a fare la spesa."

La ragazza non rispose, si limitò a fissarla con lo sguardo più minaccioso che riusciva a fare.

"Ti preeeegooooo." – Milly strattonò più forte la gonna di Jade, sporgendo il labro inferiore.

"E va bene!" – acconsentì spazientita Jade alzandosi. La bambina sorrise, rivelando la finestrella che avevano lasciato i due incisivi cadendo, due adorabili fossette spuntarono sulle sue guance.

"A cosa vuoi giocare?"

"Con Cat gioco sempre a nascondino! Però se non ti va possiamo fare un altro gioco."

"Lo soffri il solletico?" –domandò con un sorriso malizioso la ragazza.

"Si, ma non mi piace quando me lo fanno." – rispose Milly dondolandosi sui talloni.

"Vada per nascondino, ma se ti trovo dovrai subire i dispetti del coniglio solletichello."

"Chi è il coniglio solletichello?" – chiese ingenuamente la bambina.

"Aspetta e vedrai."

"Conti fino a diec-"

"NO!" – urlò Jade.

"Io sto per uscire da quella porta e inizio a contare fino a dieci."

"Perché?"

"Ti avverto che se al dieci non sei lì fuori, io vado a casa ..."

"Non mi piace contare fino a dieci." – fece la ragazza , cercando di mantenere il controllo. Strinse i pugni. Forse il nascondino non era stata una buona idea.

"E finisce qui."

"Allora facciamo che conti fino a cinque?" – propose la piccola rossa.

Jade annuì, chiuse gli occhi, si appoggiò al muro e iniziò a contare. Sentì dei passetti leggeri passarle vicino e una vocina borbottare concentrata.

"Cinque." – si voltò annoiata. Notò immediatamente sporgere da una montagnetta di cuscini sul divano la punta di una scarpetta rosa. L'angolo destro della sua bocca s'incurvò verso l'alto. Si avvicinò di soppiatto e strappò via il cuscino in cima.

"TROVATA!" – urlò facendo un piccolo saltello.

"Noooo!"- fece Milly – "Non vale, se conti fino a cinque non riesco a concentrarmi!"

"Non m'interessa, ti ho trovata e adesso conoscerai il coniglio solletichello. – detto questo si avventò sulla bambina e cominciò a farle il solletico ovunque le sue dita riuscissero ad arrivare. Milly scoppiò a ridere, trascinandosi dietro anche Jade. Ma non era la sua solita risata sarcastica, era quella vera, liberatoria. Quella che la legava alla bambina che era stata, alla persona felice che era stata. Ridevano così forte che non si accorsero che qualcuno era entrato in casa.

"Sono tornataaa!" - annunciò Cat.

Jade smise immediatamente di fare il solletico a Milly e si raddrizzò, cercando di darsi un contegno. Alzò lo sguardo e il piccolo sorriso che ancora persisteva sul suo viso, scivolò via dalle sue labbra vedendo chi era entrato insieme a Cat.















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N.D.A.

Salve a tutti!
Ho finalmente aggiornato! Spero di avervi accontentati con questo nuovo capitolo.
Mi scuso per il ritardo causato da ragioni che non sto qui ad elencare
e vi invito come al solito a recensire per farmi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima!

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Capitolo 8
*** CAPITOLO VII ***


Cat aveva aperto la porta e davanti agli occhi del ragazzo era apparsa l'immagine più bella e dolce del mondo. Jade che rideva e giocava con una bambina. Oh e la sua risata cristallina, che non sentiva da tanto -troppo- tempo, era il suono più bello del mondo. Poi Cat annunciò il suo arrivo e tutto svanì. Jade si era voltata e non appena lo aveva visto aveva smesso di sorridere. Ed eccolo lì, la ragione della sua felicità e della sua tristezza, un cespuglio di capelli castani e le mani cariche di buste della spesa, ecco Beck Oliver.  Non aveva avuto, quella notte, la possibilità di osservarlo bene così adesso Jade lo fissava, con le braccia conserte e le mani che stringevano convulsamente il tessuto del suo maglione blu notte. Non era cambiato molto, i suoi capelli erano più lunghi e sembrava più stressato del normale. La ragazza vide con la coda dell'occhio un lampo rosso-arancio gettarsi tra le braccia di Cat e cadere rovinosamente a terra cercando di aiutarla a portare una grossa busta rossa carica di roba da mangiare.

"Che ci fai qui?" – la voce tagliente di Jade ridestò il ragazzo, che si era incantato a fissarla. 

Anche lui non aveva avuto la possibilità di guardarla bene e adesso gli sembrava la creatura più bella che avesse mai visto. I suoi capelli, tutti arruffati, erano tornati del suo castano scuro naturale e le ciocche colorate non c'erano più. Due ombre violacee le cerchiavano gli occhi, anche se sapeva che lei aveva provato a coprirle con il trucco. E adesso perdendosi nelle sue iridi vedeva il mare in tempesta, scorgeva il dolore e la tristezza che lei cercava di celare dietro maschere di freddezza e cattiveria.

"Io-" – cercò di rispondere Beck ma Cat lo precedette. 
 

"L'ho incontrato al supermercato e siccome ha visto che avevo tante buste – grazie Milly quello mettilo lì – si è offerto di aiutarmi." – spiegò la rossa sistemando un brik di latte nel frigo.

Jade sbuffò, distolse lo sguardo da quello del ragazzo e si sedette sul divano accavallando le gambe. Beck posò a terra le buste che aveva in mano e rimase lì, sulla soglia della porta, spostando il suo peso da un piede all'altro. La tensione era così concreta che sembrava si potesse toccare. A spezzare il silenzio erano solo i costanti borbottii di Milly e Cat. 
 

"Forse – ehm – è meglio che vada, devo ancora portare la spesa a mia madre." – disse alla fine Beck, grattandosi nervoso la nuca.

"Si è meglio se vai." – la voce fredda di Jade non faceva trasparire alcuna emozione. 
 

"Va bene Beck, grazie mille per l'aiuto. Fatti sentire mi raccomando." – rispose con la sua solita euforia Cat, andando verso la porta. Jade trattenne l'istinto di rispondere con un "ma anche no".  Il ragazzo annuì imbarazzato per poi uscire in silenzio.

"Perché lo hai trattato così male?" – domandò la rossa, tornando vicino al cucinino trascinandosi dietro le pesanti buste. 
Jade non rispose, si limitò ad accendere la tv.

"Insomma uff"- aggiunse sbuffando per il peso delle buste che aveva cercato di depositare il più delicatamente possibile sul tavolo – "non ti ha fatto nulla" – concluse passandosi una mano sulla fronte, come per asciugarsi il sudore. 

La ragazza avrebbe voluto rispondere "mi ha fatto innamorare" ma decise di continuare a stare in silenzio.

"Cat, ma chi era quel ragazzo?" – chiese Milly, mentre cercava di mordere una tavoletta di cioccolata. 
 

"Vedi Milly, quello era un mio carissimo amico, andavamo a scuola insieme." – rispose Cat prendendole dalle mani la cioccolata tagliandola a pezzettini.

"E perché Jade ce l'ha tanto con lui?" – sussurrò la bambina prendendo la ciotolina piena di cioccolata che la ragazza le porgeva e ficcandosene due quadratini in bocca. 
Cat esitò. 
 

"È una lunga storia ... lui e Jade-"

"CAT!" – tuonò Jade, voltandosi verso la ragazza che trasalì. 
 

"Che c'è?" – si lamentò.

Jade si limitò a incenerirla con lo sguardo e sibilare un "zitta" a mezza voce. 
 

"Okaay" – sospirò Cat tornando a chiacchierare con la bambina che continuava divorare cioccolata.

Si buttarono a capo fitto in una lunga discussione in cui la piccola Milly cercava di spiegare alla sua super fantastica e spumeggiante babysitter perché quella mattina sua madre non l'aveva mandata a scuola. Jade gettò uno sguardo all'orologio appeso sulla cucina, era quasi mezzogiorno. Rifletté un attimo,  poi si alzò e afferrò le chiavi del motore. 
 

"Dove vai?" – domandò accigliata Cat.

"Esco" – rispose brusca l'altra, infilandosi la giacca e aprendo la porta. 
 

"Ma è quasi ora di pranzo!" – esclamò la rossa preoccupata.

"Non ho fame." – fece atona Jade, prima di uscire sbattendo la porta. 

 

~°~°~°~°~

 

Guidava come una pazza da almeno un quarto d'ora, veloce sempre più veloce. Premeva il  piede sull'acceleratore e più andava veloce più si sentiva libera. Ma per quanto potesse allontanarsi si sentiva ancora bloccata, prigioniera di una gabbia che aveva creato con le sue stesse mani e da cui non riusciva ad uscire. Non aveva idea di dove stesse andando e non le importava, come non le importava del fatto che andando a quella velocità poteva avere un incidente, che la moto fosse di Sam o del fatto che non aveva mangiato e la notte prima dormito poco e niente. Non era riuscita a restare in quella casa un secondo di più. Era arrabbiata e la cosa che la faceva infuriare di più era l'esagerata ingenuità di Cat, che aveva portato Beck a casa sapendo benissimo come stavano le cose tra di loro. Strinse le dita attorno al manubrio, rallentando un poco. È vero, lei non poteva sapere della notte prima, ma la situazione non cambiava. I suoi sentimenti erano mischiati. Si sentiva arrabbiata con Cat e in colpa per esserlo, arrabbiata con se stessa, con Beck e con il mondo. Già Beck ... quella situazione non poteva andare avanti. Era in città da praticamente due giorni e loro non riuscivano ad avere un "rapporto" normale. Doveva parlagli e risolvere la situazione, litigare non serviva a niente, non serviva ne a lui ne tantomeno a lei. I suoi pensieri furono interrotti da un sinistro borbottio proveniente dal motore del veicolo che stava guidando. 

Oh no

Un'auto la sorpassò a tutta velocità suonando il clacson, facendola sobbalzare. La moto rallentava sempre di più. 

No no no no no.

Jade controllò il cruscotto del motore: il serbatoio era vuoto. Nella fretta di partire non aveva controllato la benzina. Cercò di accostare prima di venire investita, si fermò e scese dal  motorino. La ragazza si guardo attorno, calcolando che rispetto alla casa di Cat si trovava praticamente dall'altra parte della città e la stazione di servizio più vicina a dove lei era bloccata era distante almeno quattro chilometri.

"MERDA!" – urlò calciando un sassolino sul marciapiede. Cercò di calmarsi, afferrò il cellulare dalla tasca della giacca e chiamò Cat. 
 

- Pronto? – dalla vocina di Cat traspariva la preoccupazione.

- Cat! 

- Jade! Ma dove sei?! Ti ho chiamato un sacco di volte! Ero preoccupata.

- Sono da qualche parte nella St. Coin avenue ... sono rimasta a piedi. Manda Robbie a prendermi. – ordinò. 
 

- Ma non posso! Non è a Hollywood.

- Come non è  Hollywood? 

- Vedi-

- Fa niente lascia stare.

Jade chiuse bruscamente la chiamata imprecando. Si passò una mano tra i capelli e sbattè un piede a terra, come faceva sempre quando era nervosa. Tornò a guardare il telefono e lo sguardo le cadde sul contatto di Beck nella sua rubrica. Forse il momento di parargli era arrivato molto più presto di quanto si fosse aspettata.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO VIII ***


Una Jeep nera si fermò proprio davanti a lei, da essa ne scese un Beck tutto fiero e sorridente. Alla fine aveva deciso di chiamarlo, primo perché non aveva voglia di tornare a casa di Cat da sola e a piedi, secondo perché doveva parlare con lui sul serio e questa volta cercando di non lasciarsi sopraffare dalle emozioni.

"Ciao." - sorrise lui.

Aveva i capelli legati, indossava una camicia a scacchi sopra un maglioncino di lana verde scuro, un paio di skinny jeans neri e i suoi soliti anfibi. Era buffo con quei baffetti e gli occhiali da sole, anche se di luce proprio non ce n'era.

"Ciao" - gli angoli della bocca della ragazza si sollevarono un po'.

Era strano, sembravano due estranei al primo incontro, imbarazzati e incerti su cosa dire.

"Hai cambiato auto?" - chiese Jade osservando l'enorme veicolo dal quale era sceso il ragazzo.

" In realtà no, ma sapendo che eri con la moto ho preso la Jeep di mio padre, così possiamo portarla con noi."

Restarono in silenzio per un po' in imbarazzo, mentre Beck caricava la moto sul retro della macchina.

"Scusami se ti ho disturbato, ma non sapevo chi chiamare e-"'- cercò di scusarsi la ragazza.

"Non preoccuparti"- la interruppe lui voltandosi e alzando una mano - " mi fa piacere aiutarti. Dai sali." - fece indicandole il posto del passeggero.

La ragazza salì,chiudendo la portiera con gentilezza, al contrario di come faceva di solito. "Un giorno lo staccherai quello sportello." Beck glielo diceva sempre.

"Senti... dobbiamo parlare." - esordí Jade non appena Beck fu salito sull' auto e messo in moto.

"Dimmi." - rispose lui, cercando di respingere giù il cuore che gli era saltato in gola. Strinse di più le dita sul volante, senza distogliere gli occhi dalla strada.

"Non possiamo continuare a fare così." - borbottó la ragazza accavallando le gambe e stringendo i pugni.

"Così come?" - cercò di apparire disinvolto, scorgendo con la coda dell'occhio la figura elegante di lei portare la gonna più avanti in modo di coprire le cosce.

"Lo sai." - sbottó acida, poi sospirò - "Non possiamo continuare a litigare ogni volta che ci vediamo... Beck non è salutare ne per me ne per te. Dobbiamo riuscire a comportarci come due persone civili."

"Ma noi non siamo due semplici persone o conoscenti." - obbiettó lui.

"Beck per favore non complicare le cose." - esclamò esasperata Jade.

"Va bene" - si arrese alzando le mani dal volante,poi sussurró -  "Quindi adesso siamo amici?"

"Sai che non potremo mai essere semplici amici."

"E allora che cosa siamo?"

"Non lo so che cosa siamo. Siamo e basta." - sbottó lei.

Calò un silenzio tombale interrotto solo dai correnti sbuffi spazientiti di Jade. Osservò il ragazzo alla sua sinistra e non poté evitare di pensare a quanto fosse dannatamente attraente, il che certamente non migliorava la situazione. Spostò lo sguardo sul suo petto,dove luccicava un piccolo ciondolo.

"La porti ancora?" - chiese piano Jade.

"Jade! JADE? MA DOVE SEI?!" -sentiva Beck che la stava chiamando. 
Si alzò dal pavimento dove stava giocherellando con le sue forbici e andò ad aprire le porta dello stanzino del bidello.Si riufugiava sempre lì quando era arrabbiata o triste o qualunque altra cosa.

"NON URLARE! Sono qui."

"Oh eccoti m-"

"Zitto, non voglio sentire una parola di più. Sono arrabbiata."

"E dai, scusami io-"

Jade scoppio in una risata sarcastica.

"Scusarti?SCUSARTI?! MA MI PRENDI PER UNA CRETINA?" - urló la ragazza furiosa, le guance  rosse di rabbia - " TI SEI DIMENTICATO DEL NOSTRO PRIMO MESIVERSARIO! Non ti importa niente di me? - aggiunse sussurrando, un velo di tristezza le coprì il volto.

"Certo che m'importa di te picc-"

"NON CHIAMARMI PICCOLA!"

"JADE IO NON HO DIMENTICATO IL NOSTRO MESIVERSARIO!"

"NON DIRE CAZZ-" - non fece in tempo a finire la frase che le labbra del ragazzo si posarono prepotentemente sualle sue.

Jade inizialmente ricambió il bacio poi, accortasi di quello che stava facendo si allontanò da Beck di scatto.

"Ma che fai?! PENSI DI FARTI PERDONARE CON UN SEMPLICE BACIO?!" - urlò.

"No Jade, volevo solo che ti calmassi e mi facessi spiegare."

"Non c'è niente da spiegare."

"Si invece. Non ho dimenticato il nostro mesiversario, volevo semplicemente farti una sorpresa. Per questo non sono venuto a prenderti stamattina e ho fatto finta di non ricordare che giorno era."

"Oh..."

" Dai vieni qui." sorrise il ragazzo. 
Jade si avvicinò e Beck le porse un laccetto con appeso un piccolo anellino. Lei lo prese alzando un sopracciglio.

"Guardalo bene, cosa c'è scritto?"

La ragazza osservò meglio il piccolo ciondolo.

"Ma non c'è scritto nulla!" - sbuffó.

Beck scoppiò a ridere alla vista del broncio della sua ragazza.

"Lo so. Ma puoi inciderci una frase diversa ogni giorno con la tua immaginazione. Questo ciondolo sarà imprevedibile come il nostro amore. Insomma, quante volte avremmo litigato in questo mese? Ma siamo ancora insieme."

Jade sorrise e Beck lo bació quel meraviglioso sorriso, poi le mise la collana.

"Ne ho presa una anche per me, ti va di mettermela?" - chiese il ragazzo.

Lei annuì e si alzò in punta di piedi per mettergli la collana.

"Beck..." - sussurró.

"Si?"

"Ecco... anche io ti avevo preso una cosa ma... ehm..."

"Ma?"

"Uh... Io l'ho distrutta in un impeto di rabbia." - concluse abbassando lo sguardo.

Beck scoppió a ridere, trascinandosi anche la ragazza.

"La mia piccola furia scatenata!"-  esclamò lui un attimo prima di posare le sue labbra su quelle di Jade.

"Non ho mai smesso." - rispose lui.

Jade rimase un attimo in silenzio, incerta su cosa dire, poi ricordando la notte prima disse:-

"Ehi, quella è la mia battuta."

Beck scoppiò a ridere, e la ragazza contagiata rise con lui. L'atmosfera era molto più rilassata adesso.

"Oh no!" - Jade saltó su improvvisamente, facendo spaventare Beck. - "Che giorno è oggi?"

"Uh... trenta credo." - rispose confuso il ragazzo alla sua sinistra.

"Cazzo. Portami al cimitero." - ordinò.

La sua voce era piena di ansia e rancore, un rabbia che sembra più che altro rivolta a se stessa.

"Ma che succede?"

"Come ho fatto a dimenticarlo..." - borbottó lei tra se, senza dare ascolto al ragazzo.

Beck rimase interdetto per un attimo, poi capì e senza parlare cambiò strada verso il cimitero.

 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO VIX ***


Udí il telefono squillare, saltó su dalla sedia dove era seduta e con uno scatto felino lo afferrò.

- Pronto? - rispose speranzosa.

- Ehi Piccola Rossa!

- Oh, ciao Robbie. - salutò con molto meno entusiasmo Cat riconoscendo la voce del suo ragazzo.

"È Robbie al telefono?" - chiese Milly alzando la testa dai libri e posando la penna con cui stava rispondendo alle domande d'Inglese.

"Si Milly."

"Salutamelo!" - esclamò la bambina per poi tornare a fare i suoi compiti per casa.

- Ti saluta Milly. - riferì la rossa tornando a parlare al telefono.

- Dille che la saluto anch'io.

"Ricambia il saluto" - fece atona rivolta alla bambina.

- Cat c'è qualcosa che non va? Sei arrabbiata con me? - chiese preoccupato il ragazzo all'altro capo del telefono.

- No Robbie, è che aspettavo un'altra telefonata.

- Da chi?

- Jade.

- Oh capisco. Avete litigato?

- Non è che abbiamo litigato... è una lunga storia. È uscita in tutta fretta con la moto di Sam ed è rimasta a piedi con la benzina... adesso non risponde al cellulare e sono preoccupata.

- Dai Cat sta tranquilla, Jade non è un incosciente. - cercò di tranquillizzarla Robbie.

Cat avrebbe avuto qualcosa da ridire sulla sua ultima affermazione, ma preferì cambiare discorso.

- Quando torni?

- Prestissimo piccola. Spero lunedì.

- Va bene. - sorrise lei.

- Mi manchi tanto. - sussurró il ragazzo.

- Anche tu.

- T-ti amo - anche attraverso il telefono Cat riuscì a percepire l'imbarazzo nella voce di Robbie.

Lui non era mai stato bravo ad esprimere i suoi sentimenti, lei lo sapeva bene.

- Ti amo Robbie. - rise e staccò la chiamata, posando il cellulare bene in vista e controllando che la suoneria fosse al massimo, in modo che se Jade si fosse fatta viva, lei avrebbe risposto subito.

Incrociò le braccia al petto, spostando lo sguardo verso le finestra, preoccupata. Il cielo sembrava promettere pioggia. Grandi nuvoloni grigi si spostavano pigramente coprendo ogni piccolo squarcio di cielo azzurro.

"Jade dove sei?" - sospirò Cat, buttandosi a peso morto sul divano.

~°~°~°~°~°~

Accostó difronte al cancello del cimitero e spense il motore dell'auto.

"Grazie Beck ora puoi andare, torno da sola." - sentenzió Jade e senza aspettare una risposta dal ragazzo al suo fianco scese dall'auto.

Sentí un'altra portiera sbattere e dei passi raggiungerla. Si voltò di scatto.

"Cosa non hai capito della frase 'puoi andare, torno da sola'? - chiese ironica.

"Non puoi chiedermi di lasciarti qui e andarmene. Casa di Cat dista almeno sei isolati." - rispose serio Beck guardandola da sopra gli occhiali da sole.

"Beck non rompere, io me la cavo da sola." - Jade distolse lo sguardo voltandosi.

"Aspetta!" - la richiamò lui afferrndola per un polso.

"Ahia!" - sibiló la ragazza spalancando gli occhi.

Beck molló subito la presa. Non lo aveva stretto poi così forte eppure... non riuscì a finire il pensiero, interrotto dalle urla di Jade.

"INSOMMA TI HO DETTO CHE ME LA CAVO DA SOLA! LASCIAMI IN PACE!"

"NON TI LASCIO QUI DA SOLA, LONTANA DA CASA DI CAT E PER DI PIÙ CON QUESTO TEMPO."
Jade alzò lì sguardo, notando enormi nuvoloni avvicinarsi.

"Vengo con te." - disse.

"NO!"

"NON TI LASCIO QUI SOLA!"

Restarono a fissarsi, uno difronte all'altra. Sul viso di Jade era scolpita un'espressione dura, le braccia incrociate e i capelli scompigliati dal vento.

"Lascia almeno che ti aspetti qui fuori."

Jade distolse lo sguardo, mordicchiandosi l'interno della guancia e battendo il piede destro sul marciapiede.

"Perfavore."

La ragazza sbuffó.

"Va bene." - sibiló alla fine, arrendendosi - " ma non ti muovere da qui."

"Sissignora."

Jade spinse il cancelletto all'ingresso del cimitero che si aprì cigolando. Imboccó un piccolo sentiero che conosceva troppo bene, camminando tra le lapidi e i vasi di fiori. Il cimitero era deserto, lo era sempre quel giorno e non aveva capito mai perché. Sembrava quasi che la gente lo facesse di proposito, per lasciarla sola insieme al suo dolore. Ecco era quasi arrivata. S'inginocchió difronte ad una lapide, posta proprio sotto una grande quercia. Sarebbe stata una lapide come tutte le altre, grigia e fredda, se non fosse per quel bellissimo albero che la sovrastava creando stupendi giochi d'ombra su di essa. Jade passò una mano sulla scritta incisa sulla pietra.

Colin James West

N. 30 Novembre 1972

M. 27 Luglio 2003

Si bloccò sulla cornice della foto che ritraeva il defunto. Tirò fuori un fazzoletto di stoffa bianca dalla giacca di pelle e la passò sulla foto. Eccolo lì suo padre, bloccato in quell'espressione di eterna felicità che la guardava e lei- forse, anzi molto probabilmente per effetto della sua coscienza- riusciva a vedere l'amarezza e il rimprovero nel suo sguardo. Ma quegli occhi che ricordava essere più blu dei suoi, non emanavano più quella luce e quello scintillio tipico della persona piena di vita che era. Spostò lo sguardo sul vaso posato accanto alla tomba, pieno di margherite bianche, i fiori preferiti di suo padre e anche i suoi. C'era una sola persona che poteva averli portati, una persona a cui preferiva non pensare.

"Hai visto che razza di figlia hai papà? Si stava dimenticando del tuo compleanno e per scusarsi non ha neanche il coraggio di portarti dei fiori." - disse sorridendo amaramente.

"Sarebbero 46 oggi, papà. Vorrei tanto averti qui con me e poterti abracciare e-" - le si spezzò la voce, strinse i pugni. Sentiva l'odio verso se stessa salire su per la gola, scorrere nelle sue vene.

"Non sarai mai fiero di me." - gli occhi le bruciavano,ma lei non voleva piangere. Il rimbombo di un tuono coprì il rumore di passi che si avvicinavano. Una pioggia fine ed intensa cominciò a cadere inzuppandola da capo a piedi.

"Papà..."

Sentí delle braccia circondariale le spalle e stringerla forte. Rabbrividí al contatto con quel calore. Sapeva benissimo chi era.

"Avevi promesso..." - sussurró.

Gli occhi fissavano la foto del padre, ma lo sguardo era vuoto.

"Papà papà! Dove sei?" - una bambinetta mingherlina con degli enormi e spaventati occhi color del cielo chiamava a gran voce il padre dalla sua stanza.

"PAPÀ!"

"Amore mio che succede?" - il padre arrivò nella stanza trafelato, avvicinandosi subito alla bambina.

Lei non disse niente,ma si limitò a guardarlo bene con i suoi occhi chiari che lampeggiavano nel buio.

"Hai avuto un incubo?"

Non rispose di nuovo. Allora l'uomo si sedette sul letto accanto alla bambina e le passo un braccio attorno le spalle minute. Si sentì tirare una manica del pigiama e abbassò lo sguardo verso la piccola Jade.

"Papà mi prometti una cosa?"

"Tutto quello che vuoi piccola mia."

"Resterai per sempre con me?"

"Certo, per sempre Jade."

La bambina sorrise e si voltò su un fianco, addormentandosi soddisfatta accanto al padre.

"AVEVI PROMESSO CHE SARESTI RIMASTO PER SEMPRE CON ME!" - urlò Jade disperata, in preda ai singhiozzi. Non si era nemmeno accorta di star piangendo.

"Shh è tutto apposto" - Beck sussurró nel suo orecchio, stringendola più forte.

"NO! Tu non capisci! LUI ME LO AVEVA PROMESSO!" - gridò lei voltandosi verso il ragazzo e guardandolo negli occhi.

In quel momento Beck riuscì a vedere la rabbia che animava gli occhi della ragazza venire sostituita dalla tristezza. Sentì il respiro di Jade accelerare. Lei si voltò verso la lapide, allentando la presa sul braccio di Beck, che stava stringendo convulsamente.

"È tutta colpa mia..." - disse con un fil di voce.

"Non è vero." - ribbatté il ragazzo accarezzandole i capelli nel tentativo di calmarla.

"È colpa mia!" - ripeté lei più forte, tirando su col naso.

"Non è colpa di nessuno Jade. Adesso andiamo, è tardi e sta diluviando. Cat sarà preoccupatissima."

Jade scosse la testa.

"Andiamo piccola." - il soprannome uscì fuori dalla sua bocca senza preavviso, tanto le era sembrata piccola e fragile tra le sue braccia.

"No, voglio stare qui." - si oppose lei - " Lasciami." - ordinò con voce roca, asciugandosi gli occhi.

"Non ti lascio sola hai capito? È tardi e sei sconvolta." - insistette Beck.

"Andiamo." - aggiunse poi lui più dolcemente.

Jade lo guardò un attimo, poi tornò a rivolgere lo sguardo alla lapide. Allungò una mano tremante ed accarezzó la foto del padre. Si lasciò sollevare da Beck, che le passò un braccio attorno alla vita.

"Ti porto da Cat, va bene?" - chiese il ragazzo conducendola fuori dal cimitero.

Lei non rispose.

"Tu conosci la storia, sai che è colpa mia." - sussurró un attimo prima di entrare in auto e quelle furono le uniche parole che disse per tutto il tragitto.

 

~°~°~°~°~°~°

 

Non si erano accorti, Beck e Jade, della donna magra, dai capelli biondi e gli occhi verdi-nocciola che li osservava da lontano. Erano partiti già da un pezzo quando la donna s'inginocchió proprio dove prima c'era Jade.

"Ho sbagliato tutto Col." - sussurró con una nota di tristezza e rancore nella voce.
 

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Capitolo 11
*** CAPITOLO X ***


Girò la chiave nella serratura e aprì la porta. Era riuscita a convincere Beck di stare bene e che non aveva bisogno di essere accompagnata fin dentro casa. Non aveva detto una parola per tutto il viaggio in auto. Solo alla fine, un secondo prima di scendere dalla macchina aveva detto:-

"Dovresti smettere di portarla... la collana intendo."

"C-cosa? Perché?

"Perché io ho smesso di portare la mia."

E poi aveva sbattuto lo sportello. Sentiva ancora gli occhi del ragazzo puntati sulla sua schiena e la cosa la irritava parecchio, perciò si sbrigó ad entrare nell'appartamento di Cat e chiudere la porta.

"JADE!"

Trasalí nel sentire il calore delle braccia di Cat stringerla forte attraverso i suoi abiti fradici.

"Scollati Cat." - ordinò

La ragazza obbedí e si allontanò un poco da Jade.

"Hai pianto?" - chiese la ragazza notando gli occhi rossi dell'amica.

"No."

"Ma dove sei stata?"

"Non sono affari tuoi." - rispose brusca Jade, poi alzò un sopracciglio.

"Che ci fai tu ancora qui?" - domandò infastidita rivolgendosi a Milly, che stava giocando a gambe incrociate sul tappeto.

"Aspetto che la mia mamma venga a prendermi." - spiegò la bambina con il tono di una che la sa lunga.

Proprio in quel momento suonò il campanello.

"Oh salve signora McCartney!" - esclamò Cat aprendo la porta. - "Milly! Vieni c'è la mamma!

La bambina scattò in piedi e si gettò tra le braccia della madre, una signora con dei lunghi boccoli rossastri e gli occhi grigi.

"Ciao piccola mia!" - salutó la figlia prendendola in braccio. - " Grazie Cat. Domani è possibile che chiederò il tuo aiuto di nuovo... dovrò andare da mio marito e sarò via per tutto il giorno."

"Non si preoccupi! Per me è un piacere badare alla piccola Milly, è davvero un tesoro." - disse la ragazza dando una carezza alla piccola.

La donna sorrise alle parole di Cat e posò la bambina nuovamente a terra, in modo da poter mettersi in spalla il piccolo zainetto di Milly.

"Va bene, togliamo il disturbo. Ciao Cat."

"Ciao Cat! Ciao Jade!" - salutó tutta contenta Milly, muovendo la mano.

Jade sussultó nel sentirsi chiamare. Alzò una mano in un imbarazzato cenno di saluto. Non era brava con i bambini... di solito gli metteva paura, ma questa era diversa. Lei sembravano non aver paura di niente.

"Arrivederci." - disse Cat per poi chiudere la porta.

"Scusami Jade... anche domani avremo dei bambini in casa..." - cercó di scusarsi mortificata la ragazza torturandosi le dita.

"Non preoccuparti Cat, è il tuo lavoro." - sbuffó l'altra, passandosi le dita tra i capelli ancora umidi di pioggia.- " Vado a farmi una doccia."

"Va bene, preparo la cena... cosa vuoi mangiare?" - chiese premurosa Cat, saltellando verso i fornelli.

"Io... quello che vuoi"- rispose Jade alzando le spalle e indirizzandosi verso il bagno.

~°~°~°~°~°~°~


Beck mangiava in silenzio il polpettone che giaceva spezzettato nel suo piatto, mentre sua madre lo scrutava sottecchi.

"Qualcosa non va tesoro?" - chiese sorridendo dolcemente al figlio.

"Mh?" - Beck alzò lo sguardo dal piatto, come riscuotendosi da cupi pensieri.

"Ti ho chiesto se c'è qualcosa che non va."

"No mamma, va tutto bene."

La donna alzò un sopracciglio scettica, ma decise di non insistere. Si era accorta che il suo Beck era cambiato. Da quando si era lasciato con Jade, non era più lo stesso ragazzo allegro e spensierato. Certo, lui continuava ad insistere dicendo che era tutta colpa del lavoro, ma lei sapeva che la verità era un'altra. Ad essere sincera Jade all'inizio non le era piaciuta neanche un po'. Arrogante e presuntuosa, con tutti quei piercing e quel trucco nero sulla faccia. La ragazza dal canto suo non aveva fatto nulla per farsi accettare, quindi avevano continuato ad odiarsi cordialmente a vicenda per vari anni. Poi una sera era cambiato tutto. Non lo aveva fatto di proposito -sia chiaro- ma, incamminandosi verso la roulotte di Beck per portargli alcuni abiti puliti, gli aveva visti insieme. Stavano camminando mano nella mano. Così si era accucciata dietro un albero e si era messa ad origliare.

"No Beck io non voglio venire!" - Jade si fermò di colpo, facendo bloccare anche il ragazzo che aveva le dita intrecciate alle sue.

"Ma perché?" - chiese Beck cercando di guardarla negli occhi.

"Perché io non piaccio ai tuoi genitori!" - sbuffò lei sciogliendo le dita da quelle del ragazzo e incrociando le braccia.

"Veramente mio padre crede che tu sia forte." - obbiettò lui.

"Tua madre mi ODIA."

Beck non seppe cosa rispondere.

"Senti Beck, io non lo so come ci si comporta con una madre. La mia non è mai praticamente esistita." - continuò Jade.

Lui le si avvicinò.

"Sono un disastro..." - sussurrò la ragazza mordendosi le labbra e voltando la testa di lato.

Beck le spinse dolcemente il mento con due dita in modo che lo guardasse.

"Ehi, non è colpa tua. Non pensarlo mai. Sei perfetta così, capito?"

La ragazza annuì.

"Ti amo. Non importa di cosa dice la gente di noi. Perché loro non sanno niente ne di te ne di me."

Jade sorrise a quelle parole, arrossendo un poco. Beck la prese per i fianchi avvicinandola a se.

"Ti amo." - sussurrò sulle sue labbra un secondo prima di baciarla.

Così dopo aver sentito quella conversazione aveva cambiato completamente comportamento con Jade. La ragazza era rimasta molto sorpresa quando le aveva chiesto di andare a pranzo da loro per il giorno del ringraziamento.

"Mamma?" - la chiamò Beck sventolando una mano di fronte al suo viso.

"Si?"

"Io vado, sono molto stanco."

"Va bene ci sentiamo domani." - sorrise.

Beck le diede un bacio su una guancia. Il padre, che non aveva staccato gli occhi da un match di hockey alla tv, alzò una mano e diede il cinque al figlio. La donna osservo il ragazzo uscire dalla porta e sospirò.

"Hai visto tesoro?" - chiese rivolta al marito.

"Mh-mh." - rispose l'uomo senza staccare gli occhi dalla tv.

"Beck mi preoccupa, non è più lo stesso... "

"Mh-mh."

"Frank mi stai ascoltando?" - la moglie alzò un sopracciglio.

"Mh-mh."

"E cosa ho detto?"

"Mh-mh."

"FRANK!" - urlò la donna facendo trasalire il marito.

"Amore c'è la partita!" - si lamentò l'altro tornando a rivolgere la sua attenzione all'apparecchio che aveva davanti.

"Non cambierai mai... " - sospirò la moglie alzandosi per sparecchiare.

~°~°~°~°~°~°~

Jade uscì dal bagno con solo l'accappatoio addosso e si diresse verso la sua valigia. Tirò fuori una felpa enorme e un paio di leggins e li gettò sul letto. Chiuse la porta della camera e cominciò a vestirsi. Appena finito chiuse il trolley e lo spinse sotto il letto. Si diresse verso la sua borsa, che Cat aveva dovuto portare nella sua camera mentre non c'era e si mise a cercare il suo portafoglio. Voleva controllare quanti soldi le erano rimasti e vedere se era necessario fare un salto in banca l'indomani mattina. Proprio mentre lo apriva udì un tintinnio. Guardò in giù e vide un piccolo ciondolo rotondo. Si abbassò sulle ginocchia portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Jade sospirò prendendolo e sedendosi sul letto. Era il ciondolo che le aveva regalato Beck. Lo stesso ciondolo che si era strappata via dal collo dopo quella volta che si erano lasciati a casa della Vega. Lo stesso che quella sera gli aveva imposto di togliere. Lo stesso ciondolo che lei stessa non aveva mai smesso di portare con se. Lo metteva sempre nel portafoglio, come portafortuna. Si era autoimposta di non portarlo più al collo e non sopportava che lui lo facesse ancora. La loro storia era finita per sempre e questa volta non avrebbero tentato di ricostruire un rapporto troppo fragile per sopravvivere. Strinse tra le dita la catenina, i suoi occhi chiari guizzavano da una parte all'altra della stanza. Poi si alzò e fu un attimo, non ebbe neanche il tempo di pensare veramente a quello che stava facendo. Con un gesto veloce e rabbioso del braccio scagliò la collana fuori dalla finestra aperta sul letto di Sam. Chiuse con forza la finestra voltandosi in modo da darle le spalle. La loro storia era finita ed era ora che la smettessero di fare i sentimentali. Fece un respiro profondo stringendo forte i pugni, le sue unghie scavavano piccole mezze lune rosse sui suoi palmi pallidi. Si passó le dita tra i capelli, buttando in fuori tutta l'aria che aveva inspirato. Voltò la testa all'indietro, scrutando i vetri della finestra mentre la preoccupazione e il pentimento salivano su per il suo corpo, bloccandosi in gola, formando un groppo che inevitabilmente l'avrebbe portata alle lacrime. Conosceva troppo bene quella sensazione, ed era stanca di piangere, era stanca di tutto. Si obbligò a voltarsi e tornare in cucina da Cat e questa volta neanche una lacrima avrebbe solcato il suo volto.

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Capitolo 12
*** CAPITOLO XI ***


Cat saltellava per casa sistemando oggetti e spolverando qua e là. Jade era uscita una mezz'ora prima, dicendo che aveva alcune cose da sbrigare. Proprio mentre stava per prendere l'aspirapolvere qualcuno bussò insistentemente.

"Arrivo!" - gridò la ragazza prima di correre verso la porta.

Sulla soglia si ritrovò il vecchio barbone che abitava nel vicolo proprio sotto la finestra di Sam.

"Oh, buongiorno." - salutò sorpresa.

"Ehm, salve. Ieri sera ho visto volare via dalla finestra questa" - borbottò mostrandole una collanina dorata. -" avevo pensato di venderla perché sembrava preziosa, ma poi ci ho riflettuto e ho deciso di non farlo." concluse infilando le mani nelle tasche dei pantaloni sudici.

Cat si rigirò tra le dita la catenina che l'uomo le aveva porso.

"È sua?" - chiese interessato.

"N-no..."

"Cat! CAT!"

"Sono qui! Che cos-aaah?!" - non fece in tempo a finire la frase che una Jade piuttosto su di giri la trascinò nello stanzino del bidello.

"Guarda!" - esclamò tenendo tra il pollice e l'indice un ciondolo dorato che penzolava da una catenina che aveva al collo, mostrandoglielo entusiasta.

"È un ciondolo!" - disse Cat tutta contenta, convinta di aver scoperto una cosa importante, battendo le mani.

"Si Cat lo so che è un ciondolo." - sbuffò spazientita l'altra, lasciando ricadere l'anellino sul petto. - " Me lo ha regalato Beck ieri, è stato così carino!"

"Ma non eri arrabbiata con lui?" - chiese confusa la rossa.

"Beh appunto lo ero... è una lunga storia." - Jade mosse la mano verso l'alto come a dire che non aveva importanza.-" mi ha fatto una sorpresa!"

"Ma tu odi le sorprese..." - le ricordò ancora più confusa la piccola Cat.

"Si, ma lui è stato così carino e..."

"Jade sei qui?" - Beck infilò la testa nello spiraglio che aveva creato aprendo la porta.-" Oh ciao Cat."

"Ciaao!"

Il ragazzo sorrise, poi rivolse di nuovo la sua attenzione a Jade.

"Ti stavo cercando... andiamo a prendere un caffè?"

"Certo." - la ragazza sorrise uscendo dallo stanzino, facendo un cenno di saluto a Cat con la mano.

Era bello vederla così felice.

Cat si ridestò dai suoi pensieri, tornando a focalizzare la sua attenzione sull'anzianetto davanti a lei.

"Appartiene ad una mia amica."

"Uhm, va bene. Allora arrivederci." - disse l'uomo girando le spalle a Cat e incamminandosi verso la strada.

"Signore! Aspetti!" - la ragazza lo chiamò un attimo prima che lui sparisse dietro l'angolo.

Il vecchietto si voltò.

"Perché ha deciso di riportarlo?"

"Ho perso tutto nella mia vita signorina, ma fino a prova contraria non sono un ladro." - alzò le spalle - E poi, dalla faccia che ha fatto appena lo ha visto direi che è una cosa importante, non è così?" - detto questo se ne andò fischiettando.

Cat rientrò nell'appartamento chiudendo la porta sconcertata. Si diresse verso la sua camera, stringendo il ciondolo tra le dita. Se Jade aveva gettato la collana fuori dalla finestra la sera prima un motivo doveva esserci, perciò decise di riporre l'oggetto nel suo portagioie e ridarlo all'amica quando sarebbe arrivato il momento. I suoi pensieri andarono al povero vecchietto che abitava nella strada. Era stato così gentile... le sarebbe piaciuto conoscere la sua storia.

~°~°~°~°~°~


Alzò il volume dello stereo mentre partiva un assolo di chitarra elettrica spacca timpani. Ticchettava le unghie sul volante a ritmo della batteria. Nel frattempo il suo cellulare vibrava a vuoto nella borsa abbandonata sul sedile del passegero accanto al suo. Si passò una mano tra i capelli, sfiorando il piercing sul suo sopracciglio con il palmo.Spinse il piede sull'acceleratore, facendo scattare improvvisamente l'auto in avanti. La borsa cadde da dove era appoggiata rovesciando parte del suo contenuto sul tappetino. Jade sbuffò rallentando un poco, piegandosi per raccogliere la borsa e gettarla con poca grazia sui sedili posteriori. Prese il cellulare e lo posò sul cruscotto dell'auto. Stava per ritornare a dare tutta la sua attenzione alla strada quando sentì il telefono vibrare. Sbuffò per l'ennesima volta prendendolo in mano trovando otto avvisi di chiamate perse e un messaggio. Ignorò prontamente le chiamate perse e aprì il messaggio, lanciando un'occhiata fugace alla strada.

|Jade

Il mittente era Beck. La ragazza digitò velocemente la risposta e la inviò.

|Che vuoi?

Girò il volante verso sinistra, svoltando in una stradina stretta.

|Ti ho chiamato 
almeno 3 volte

|Sto guidando.

|Non si messaggia
mentre si guida

|Faccio quello
che mi pare.

|Finirai per 
ammazzarti

Jade accostò e spense l'auto.

|Che vuoi?

|Ti sei fermata?

|Si. Mi dici che 
vuoi o preferisci 
fare lo stalker 
ancora un po'?

|Non mi dispiace 
stalkerare te

La ragazza non rispose, sospirando. Per un minuto sembrava fosse tornato tutto normale.

|Che vuoi?!

|Ieri sera hai 
dimenticato la 
moto nella Jeep

|E quindi? 
Riportala 
da Cat no?

|Nella mia auto 
non entra. 
Mio padre è al lavoro

|Aspetta che
tuo padre torni.

|Senti io ho altre 
cose da fare non 
posso stare ai tuoi 
comodi

|Ma cosa vuoi 
che faccia?!

|Vieni da me

|E la mia macchina? 
E poi chi ti dice che io 
abbia le chiavi 
della moto con me?

|Ti conosco

|Resta il problema 
della mia auto.

|Io guido la tua auto
e tu guidi la moto

|Certo e tu poi
torni a piedi.

|....

|Passo a prenderti
pomeriggio, ti faccio
sapere a che ora,
possiamo prenderci un 
caffè e poi recuperi 
la moto

|Okay.

Jade posò il cellulare sul sedile accanto al suo e rimise in moto. Sorrise. Sembrava proprio che il destino non volesse tenerla a distanza da Beck. Si colpì la fronte con la mano destra. Ma cosa le prendeva? Non aveva mai creduto nel destino e adesso si abbassava a queste sciocchezze da adolescente innamorata e molto da... Vega.

Benissimo sono impazzita. Adesso mi metto anche a pensare a Tori.

Nel corso degli anni erano arrivate a tollerarsi, ma di certo non erano amiche del cuore. Doveva riconoscere che la giovane pop star aveva sempre cercato di aiutarla, seppur con qualche lamentela, quando le aveva chiesto aiuto. Ma ci aveva comunque provato con Beck e quindi restava una gallina. Sbuffò per la centesima volta in quella giornata. Il suo manager l'aveva cercata un paio di volte la sera scorsa, ma lei l'aveva cortesemente ignorato. Non aveva voglia di partecipare a stupidi show serali, dove la gente voleva solo sapere cosa faceva della sua vita privata e a cui non fregava niente del suo lavoro e della sua professionalità. Quando era una ragazzina la prospettiva di essere famosa le sembrava il massimo, per la prima volta poteva essere lei quella al centro dell'attenzione, quella acclamata e amata da tutti, la figlia di cui essere fieri. Al contrario adesso le sembrava solo un intoppo, qualcosa che avrebbe preferito non essere. Aveva rinunciato all'amore per i suoi sogni e invece sembrava solo che il rifiuto di esso comportasse la rovina dell'altro.

~°~°~°~°~°~

Beck sorrise riponendo il cellulare accanto a se sul letto. Incrociò le braccia dietro la testa, distendendosi rilassato. Non era vero che aveva molto da fare, voleva solo passare un po' di tempo con Jade, così aveva inventato una scusa. Aveva riflettuto tantissimo dopo gli avvenimenti della sera prima e aveva capito -o forse l'aveva sempre saputo- che per il loro amore valeva la pena combattere. Non aveva smesso di portare la collana come non aveva mai smesso di amarla. Lui la conosceva più di qualunque altro, l'amava più di qualunque altro. Sapeva che Jade aveva la sua collana ancora con se nascosta da qualche parte, come i sentimenti che provava per lui. Avrebbe combattuto per lei, e non gli importava se non era facile. In fondo aveva sempre trovato le cose facili noiose.

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Capitolo 13
*** CAPITOLO XII ***


Ticchettava le unghie sul tavolo della cucina, appollaiata su uno sgabello con le gambe accavallate. Cat canticchiava contenta aspettando l'arrivo dei bambini che doveva accudire. La fulminò con lo sguardo, proprio mentre lei stava per abbracciarla.

"Antipatica!" - la canzonò la rossa, incrociando le braccia e tirando su col naso come una bambina.

"Io non sono antipatica!" - ribattè irritata l'altra.

"Ah-ah..."- annuì Cat sarcastica, poi si avvicinò a Jade e la guardò maliziosa - " allora cosa sei?"

"N-nulla Cat. Cosa dovrei essere?!" - rispose abbassando lo sguardo e fingendo di trovare qualcosa d'interessante nelle borchie appuntite dei suoi stivali neri.

"Te lo dico io cosa sei. Tu sei nervosa! Sei in ansia!" - esclamò la ragazza alzando un pugno in alto in segno di vittoria.

"Non dire sciocchezze." - sbuffò Jade, scoppiando in una risata sarcastica.

"Ma è vero! Sei nervosa perchè devi uscire con Beck!" - Cat le puntò un dito contro saltando.

"Non devo uscire con lui, andiamo solo a prendere un caffè e poi recupero la moto di Sam. Tutto qui."

"Si certo certo..." - la rossa si allontanò saltellando, cercando un qualche aggeggio che sarebbe servito per far divertire i bambini.

Jade si mise a giocherellare nervosamente con il pizzo dell'abito nero che aveva indossato quel giorno, mordicchiandosi il labbro inferiore con gli incisivi. Beck le aveva mandato un messaggio circa un ora prima, comunicandole l'orario di quando sarebbe venuto a prenderla e adesso lei aspettava seduta sullo sgabello, facendo oscillare lo sguardo dal suo cellulare alla porta ogni tre secondi. Scattò in piedi al suono del campanello, incamminandosi verso la porta per aprirla, ma fu preceduta da Cat che arrivò correndo a tutta birra dalla stanza accanto. Una bambinetta familiare a Jade saltò al collo della rossa con un gridolino eccitato.

"Ciao Cat!"

Milly si staccò da Cat e sollevò lo sguardo verso Jade che la osservava annoiata.

"Ciao Jade!" - si avvicinò alla ragazza per abbracciarla ma fu bloccata da un acido "Non ci provare".

Una ragazzina sui quattordici anni, con gli stessi capelli della piccoletta che ora era attaccata alle gambe di Cat, alzò improvvisamente lo sguardo dal cellulare nero che aveva in mano, entrando nell'appartamento. Si bloccò alla vista di Jade, spalancando occhi e bocca in un espressione scioccata.

"No, non ci posso credere!" - urlò portandosi le mani alla bocca.

"Io te lo avevo detto!" - si lamentò Milly.

"Zitta tu!" - abbaiò la ragazzina - "Sei Jade West! Quella che ha interpretato Josy nel remake di The Scissoring e la stessa attrice che interpreterà la protagonista Katy nel nuovo film horror Don't Look Behind you!"

"Si e tu saresti?" - alzò un sopracciglio.

"Lei è Lizzy la mia sorell-"

"EMILY!"

"Che c'è?"

"Non chiamarmi Lizzy." - disse a denti stretti, poi si rivolse di nuovo a Jade e si presentò - "Io sono Elizabeth McCartney, ma tutti mi chiamano Liz. Ti adoro, sei il mio idolo. Ho visto tutti i film horror a cui hai partecipato!"

"Anche io gli ho visti!" - sbuffò facendo il broncio Milly e in quel momento Jade capì perché quella bambina non aveva paura di nulla.

"Posso avere un autografo?"

"No." - rispose brusca ritornando a sedersi dov'era prima. Va bene forse era un po' nervosa, ma era normale lei era sempre nervosa no?

"Bambine io vado, ci vediamo stasera. Fate le brave." - la madre delle due sorelle, che per tutto il tempo aveva parlato con Cat, si avvicinò alle bambine dando un bacio sulla guancia a ciascuna.

"Si mamma" - risposero in coro Milly e Liz.

"Salutaci Papà!" - le raccomandò la più piccola.

La signora sorrise, assicurandole che lo avrebbe fatto, ringraziò ancora una volta Cat e se ne andò. In quel sorriso Jade scorse un velo di tristezza che le ricordava quello di suo padre quando, senza farglielo capire, voleva farsi perdonare da qualcosa che conosceva solo lui. Si stava chiedendo cosa avesse quella donna per fare proprio quella espressione, quando il suo telefono vibrò sul tavolo.

|Sto arrivando.

Uno sciame di farfalle impazzì nel suo stomaco. Okay forse Cat aveva ragione, era nervosa. Le sembrava quasi di essere tornata al suo primo appuntamento con lui. La stessa ansia, la stessa sensazione di paura, paura di fare qualcosa di sbagliato e rovinare tutto. Si alzò per andare in bagno per darsi un'ultima occhiata, portando il telefono con se. Entrò nel bagno, fermandosi davanti allo specchio sopra al lavandino. Cercò di sistemarsi la mezza coda in cui aveva raccolto i suoi lunghi capelli color caffè, ravvivandosi i boccoli. Si era già truccata poco prima, perciò non c'era bisogno di passare un'altro filo di eyeliner sulle palpebre. Abbassò le maniche del vestito fino a coprire metà della sua mano. Se Beck avesse visto le sue cicatrici sarebbe stata la fine, avrebbe dato di matto, sarebbe voluto tornare con lei solo per non vedere più quei segni rossi che spiccavano sulla sua pelle chiara. Sentì il campanello suonare così, con un sospiro si avviò verso la cucina, ma fu interrotta a metà del corridoio da un urlo e da un "OH MIO DIO" gridato da una vocetta stridula e su di giri. Dedusse che la persona ad aver emesso quel suono doveva essere stata Liz. Arrivata nella stanza la scena che le si parò davanti era alquanto buffa. La ragazzina saltellava tutta felice in cerca di qualcosa mentre sulla soglia Beck si grattava la nuca imbarazzato.

"Puoi farmi un'autografo?" - chiese petulante la voce di Liz.

"Certo." - il ragazzo sorrise prendendo il foglio di carta che la ragazzina gli porgeva e Jade, che li osservava da dietro il divano perse un battito alla vista di quel sorriso che aveva curato tante delle sue ferite. Si schiarì la voce per annunciare la sua presenza. Beck alzò lo sguardo e quando i loro occhi s'incontrarono nacque un sorriso spontaneo.

"Ciao."

"Ciao... andiamo?" - chiese la ragazza afferrando borsa e giacca.

"Aspetta un attimo... tu stai uscendo con Beck Oliver?!" - Liz spalancò la bocca, alternando lo sguardo da una all'altro.

"Fatti gli affaracci tuoi ragazzina!" - sibilo Jade spingendo fuori il ragazzo - "Torno presto Cat." - uscì fuori e chiuse la porta sbattendola.

"Allora, dove andiamo?" - chiese Beck infilando le mani nelle tasche della giacca che aveva addosso, camminando a ritroso per poter guardare la ragazza.

"Dovresti dirmelo tu visto che l'idea è stata tua... hai detto che volevi prendere un caffè." - rispose lei infilandosi la giacca e mettendosi la borsa in spalla. Il ragazzo le si avvicinò arrivando a un millimetro dal suo viso. Jade stava per bloccarlo e chiedergli cosa diavolo stesse combinando, ma lui la precedette.

"Intanto metti questi" - le posò un paio di occhiali da sole scuri sul naso e ne indossò un paio simili, alzandosi la sciarpa che aveva al collo fino a coprire la bocca. " e ora sali in macchina, ti porto a prendere un caffé."

~°~°~°~°~°~°~

Erano seduti ad un tavolo da un po'. Beck le aveva detto che poteva togliere gli occhiali e stare tranquilla perché lì né fan impazziti né paparazzi curiosi -o come avrebbe preferito definirli lei impiccioni e rompi scatole- li avrebbero disturbati. Così adesso aspettavano seduti una di fronte all'altro il loro caffè e le ciambelle al cioccolato che Beck aveva voluto prendere a tutti i costi. Il ragazzo si stava sganasciando dalle risate, sotto lo sguardo assassino di Jade.

"Hai finito?!" - sbottò, incrociando le braccia - ci guardano tutti!"

"Scusami ma la scenata che hai fatto alla cameriera è stata esilarante!" - disse tra una risata e l'altra lui.

"Quella ti stava praticamente mangiando con gli occhi, per non dire altro... e io volevo il mio caffè." - Jade gonfiò le guance mettendo il broncio.

"Con altro intendi scopando?" - domandò Beck, sul suo viso si dipinse un ghigno beffardo.

"BECK!" - sibilo indignata la ragazza, cercando di rimanere seria mentre gli angoli della sua bocca s'inclinavano verso l'alto.

Lui scoppiò a ridere, guardondola con quegli occhi che Dio solo sa cosa le facevano venir voglia di fare. Non si sentiva così bene da troppo tempo. Rise contagiata da Beck. A portare il caffè e le ciambelle non fu, per la gioia di Jade, la stessa cameriera che aveva presto le ordinazioni, ma un ragazzo alto con dei corti capelli biondicci che sembrava essere rimasto incantato dagli occhi della ragazza. Beck strinse i pugni, sentiva la gelosia salire su per la gola. Non appena il cameriere se ne fu andato, il ragazzo si rilassò, prendendo una ciambella e inzuppandola nel caffè. Jade scosse la testa.

"Non capirò mai che cosa ci trovi nelle ciambelle inzuppate nel caffè." disse bevendo un sorso dalla sua tazza.

"Sono buonissime, sei tu che non hai mai voluto provarle." - si difese lui, puntandole contro l'indice della mano sinistra.

Lei alzò le spalle e continuò a bere il suo caffè, sorridendo sotto i baffi.

~°~°~°~°~°~°~

"Eh dai Cat... ce lo dici?" - per l'ennessima volta la richiesta supplicante di Elizabeth spezzo il silenzio dell'appartamento.

"Liz, non posso!" - la risposta di Cat era sempre uguale.

"Ma Cat!" - intervenne Milly - " non lo diciamo a nessuno!"

"Si non lo diciamo nessuno Cat, promesso!" - annuì con forza la sorella più grande.

Le due volevano sapere cosa c'era o c'era stato tra Jade e Beck, ma lei non ne voleva parlare. La ragazza era ancora titubante così Milly si avvicinò e fece i suoi fatidici occhi dolci.

"Per favoreee!" - disse tenendo le manine giunte vicino al viso.

A Cat non rimase che arrendersi sospirando.

"E va bene. Venite qui..."

Le due ragazzine si diedero il cinque sorridendo e si sedettero a gambe incrociate sul tappeto di fronte al divano. Cat raccontò tutta la storia a Milly e Liz partendo dai tempi di scuola fino ad arrivare all'ultima rottura, facendo attenzione ad omettere i crolli emotivi di Jade.

"Wow." - disse Liz, poggiando il mento sulle ginocchia e portandosi le gambe al petto.

"Che storia triste... " - Milly si alzò e andò a sedersi vicino a Cat - ma dimmi, loro si vogliono ancora bene?" - chiese poi alla babysitter.

"Certo, sono ancora buoni amici e-"

"No Cat, io credo che mia sorella intendesse chiedere 'si amano ancora'?"

~°~°~°~°~°~°~

Il rumore della risacca delle onde accompagnava i loro passi, mentre il sole scendeva oltre l'orizzonte e il giorno lasciava il posto alla notte. Beck aveva insistito per farle fare una passeggiata, perché secondo lui non usciva abbastanza, così l'aveva portata al molo, vicino a casa sua.

"Ti ricordi la prima volta che ti ho portata qui?" - chiese improvvisamente.

Jade lo guardò un attimo, poi tornò a rivolgere il suo sguardo alle onde che si susseguivano infrangendosi sugli scogli.

"Si, io avevo paura del mare."

"Già, poi io ti ho fatto vedere la mareggiata sotto il cielo stellato e tu hai deciso che saresti venuta a vivere qui. Per poter vedere le onde e le stelle ogni volta che volevi." - sorrise, ripensando a quei momenti bellissimi.

"Perché hai tirato fuori questo argomento?" - chiese lei, continuando a fare di tutto per non incontrare il suo sguardo.

"Forse... forse è solo un po' di nostalgia dei vecchi tempi no?"

Passarono un battito, due.

"Forse un po' di nostalgia di te."

"Un po'?"

"Un po' tanta..." - il ragazzo le si avvicinò sempre di più, fino ad arrivare ad un millimetro dalle sue labbra.

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Ehy :3

Scusatemi davvero, ma a casa non ho connessione Wi-Fi ed
aggiornare con il cellulare mi riesce difficile. In compenso
ho parecchi capitoli già pronti che spero posterò con piu rapidità.
Vi ringrazio di cuore per tutte le visualizzazioni e le recensioni carinissime, mi scuso 
per non aver risposto e per eventuali errori.
Fatemi sapere che ne pensate e niente... a presto!

ps: ho pubblicato tre capitoli in una volta, spero
vi piacciano.

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Capitolo 14
*** Capitolo XIII ***


Jade allontanò il ragazzo con gentilezza, guardando in basso.

"Beck ti prego, non rendere tutto ancora più difficile..." - sussurrò facendo un passo di lato.

Beck aprì la bocca per ribattere ma lei lo bloccò.

"Ne abbiamo già parlato-"

"No, tu hai parlato. Stai decidendo tutto tu Jade." - disse lui, portandosi due dita alla base del naso.

"Per favore non rovinare tutto. Stava andando così bene..."

Niente va bene senza di te - pensò il ragazzo cercando lo sguardo della ragazza che invece rimaneva fisso sull'oceano. Odiava quando parlavano di una cosa seria e lei si ostinava a non guardarlo negli occhi.

"Portami a prendere la moto." - la voce di Jade si udì appena, coperta dal frastuono delle onde, ma il suo tono era inconfondibile.

Era tornata fredda e distaccata, era tornata ad indossare l'armatura che si permetteva di togliere solo con le persone che la conoscevano davvero. Aveva ricostruito il muro che lui era riuscito a sgretolare almeno un po', nascondendosi dietro alle sue pareti per evitare che il proprio cuore già danneggiato subisse altri attacchi. Adesso teneva puntate tutte le sue armi contro ogni probabile nemico capace di farle del male. S'incamminarono verso l'auto del ragazzo in silenzio riflettendo entrambi sulla discussione appena avvenuta.

~°~°~°~°~°~

Cat udì l'inconfondibile rombo della moto di Sam, si avvicinò alla porta a vetri che dava sul cortiletto, mentre mescolava un'intruglio con un grande cucchiaio di legno dentro una ciotola viola. Vide Jade scendere dal motorino scura in volto e la osservò conservare il casco nel piccolo portabagagli del veicolo.

"Milly puoi aprire la porta e far entrare Jade che io sono occupata?" - chiese posando la ciotola ed alzandosi in punta di piedi per prendere una teglia nella credenza.

"Certo" - rispose la bambina posando i pastelli con cui stava colorando un gattino di rosa confetto.

Nel frattempo Liz, seduta sul divano, continua a muovere velocemente le dita sullo schermo del suo cellulare di ultima generazione, non prestando attenzione a quello che succedeva intorno a lei.

Jade entrò senza salutare, posando la giacca e la borsa sull'attaccapanni.

"Jade va tutto bene?" - domandò preoccupata la rossa, spuntando fuori da sotto il tavolo con un mestolo giallo in mano.

"Si."

Cat stava per chiederle se ne era sicura e se fosse successo qualcosa, quando sentì il suo cellulare squillare. Scattó in avanti afferrandolo per rispondere.

- Pronto? Oh, ciao Robbie! -

Jade alzò gli occhi al cielo, avvicinandosi alla cucina per vedere cosa stava combinando la sua amica. Il tavolo era pieno di ingredienti e decorazioni per torte e da una piramide di ciotole sporche colava un po' di crema rosa. Un forte aroma di fragola le colpì il naso facendolo arricciare. Nel frattempo Cat continuava a chiacchierare amorevolmente con il suo ragazzo. In quell'istante cominciò a squillare anche il telefono di casa. La rossa abbassò il cellulare, coprendo il microfono con le mani.

"Jade puoi rispondere tu per favore?" - senza aspettare una risposta si riportò il peraphone all'orecchio.

L'amica sbuffò prendendo il telefono e rispondendo.

-Pronto?

- Ehm... c'è Cat? Sono la madre di Milly e Liz.

- Cat non può parlare ora.

- Oh va bene... potresti dirle che ho bisogno che mi tenga le bambine anche questa notte e domani?

- Okay.

- Grazie, salutami tanto le bambine e Cat!

Jade attaccò nel preciso momento in cui Cat aveva staccato la chiamata con Robbie.

"Allora? Chi era?"

"La mamma delle due mocciose." - rispose atona Jade sedendosi sul divano e portandosi indietro irritata una ciocca di capelli che le penzolava sugli occhi.

"E cosa voleva?" - domandò l'amica raggiungendola e sedendosi vicino a lei, cacciando via Liz che con un verso indignato si spostò verso lo sgabello di fronte al tavolo.

"Dice che le devi tenere le bambine sta notte e domani pomeriggio."

"Oh, e come mai?"

Jade si strinse nelle spalle. Milly alzò la testa corrucciata.

"Cat non è che è successo qualcosa a papà?" - chiese tirandosi su dal pavimento e andando verso la sua babysitter.

A quelle parole anche Liz alzò lo sguardo, posando il cellulare e lanciando un'occhiata preoccupata alla ragazza.

"No piccolina, vieni qui." - disse sorridendo dolcemente, facendo sedere sulle sue ginocchia la bambina che aveva già le lacrime agli occhi. - "La tua mamma avrà avuto un imprevisto, ce lo avrebbe detto se fosse successo qualcosa."

"Mamma non ci dice mai niente!" - intervenne la sorella più grande alzandosi in piedi. - " nostro padre potrebbe anche morire e noi lo sapremmo solo al momento del funerale." concluse incrociando le braccia.

A queste parole Milly si gettò tra le braccia di Cat, iniziando a piangere. Jade, che aveva osservato la scena senza capire, s'innervosì nel notare la freddezza e la mancanza di tatto della ragazzina, perciò senza volerlo si ritrovò a difendere la piccola bambina che piangeva tra le braccia amorevoli di Cat.

"Ehy ma ti sembra il modo di reagire? Pensa a tua sorella quando parli! E poi cosa avrà di così tanto grave tuo padre da-"

"Mio padre ha un tumore. Non c'è cura." - la interruppe Liz, con una vena di tristezza nella voce.

La ragazza rimase senza parole.

"CHE COSA?!" - urlò Milly - "MI AVEVATE DETTO CHE PAPÀ SAREBBE GUARITO! CHE SAREMMO TORNATI TUTTI INSIEME A CASA!"

Elizabeth abbassò lo sguardo, stringendo le braccia al petto, mentre sua sorella girava la testa a destra e a sinistra agitata, con gli occhi rossi di pianto. Jade era ancora senza parole, una strana sensazione le attnagliava il cuore. Forse un po' di compassione per quelle bambine che prima o poi si sarebbero ritrovate senza un padre, proprio come era successo a lei.

"Basta Liz, hai detto abbastanza." - rimproverò la ragazzina, facendo segno alla piccola Milly di venire verso di lei. - ".Vieni con me Milly, ti faccio vedere una cosa, non pensare a queste faccende brutte. " - sorrise, strappandone uno sdentato anche alla piccola rossa. La prese per mano, avviandosi insieme a lei verso la camera da letto, sotto lo sguardo sorpreso di Cat. Jade non si era mai comportata così con una bambina, sembrava quasi una mamma. E pensare che lei aveva sempre detto di non volere bambini, adesso il modo in cui si comportava, l'insolita dolcezza nella sua voce e il sorriso sincero che si dipingeva sul suo viso la facevano apparire perfetta per quel ruolo.

"Dovrai chiedere scusa a tua sorella dopo... " - disse triste la ragazza alzandosi per continuare a preparare la torta.

"Qualcuno glielo doveva dire. Lei doveva sapere la verità." - controbatté l'adolescente riafferrando il suo cellulare.

"Si, ma non era questo il modo per dirglielo."

~°~°~°~°~°~°~°~

Andrè stava sedendosi finalmente per la prima volta nella giornata. Il tour lo stava lasciando sfinito, senza dargli nemmeno il tempo di fare una telefonata ai suoi amici. Gli mancavano parecchio i vecchi tempi, quando andava a scuola. Le uscite con il suo gruppo, le stramberie di Cat, Robbie e il suo Rex. Provava nostalgia perfino le infinite litigate e discussioni di Beck è Jade. E poi c'era Tori, con le sue pazze idee e i suoi folli piani in cui lo trascinava sempre, finendo inevitabilmente nei guai. Pensare a lei gli faceva provare una strana sensazione, proprio all'altezza dello stomaco, a cui non sapeva dare un nome. Afferrò il portatile dal comodino della stanza d'albergo in cui alloggiava. Aveva intenzione di fare una videochiamata con Beck, dopo l'ultima volta non si erano più sentiti e non sapeva com'era andata con Jade. Ovviamente il suo amico era on-line, fece partire la richiesta di chiamata e dopo pochi minuti Beck accettò.

"Ehy amico!" - salutò Andrè alzando una mano.

"Ciao Andrè." - sorrise l'altro -" come te la passi?"

"Sono stanco, ma va bene così. Tra poco torno ad Hollywood!" - rispose ricambiando il sorriso.

"Fantastico, così ci rivediamo finalmente! Mi manca fare cazzate con te."

Andrè rise.

"Si anche a me. A proposito di simpatiche rimpatriate, com'è andata con Jade?"

Beck allungò il busto per afferrare una lattina di limonata, l'aprì e ne bevve un sorso.

"È andata com'è andata." - rispose, sistemandosi meglio sul letto facendo oscillare il computer.

"Che risposta e mai questa?!"

"Andrè, io la amo ancora. Non posso farci niente."

"Hai provato a distrarti con qualcun'altra?"

"Sei impazzito per caso?! La gloria ti sta dando alla testa..."

"Stavo scherzando Beck, calmati." - disse Andrè, alzando le braccia in segno di resa.

"Era una battuta di cattivo gusto." - borbottò l'altro, passandosi una mano tra i capelli.

"Okay scusa. Hai intenzione di riconquistarla?"

"Non ce n'è bisogno, so che è ancora innamorata di me, lo vedo nei suoi occhi ogni volta che mi guarda. È complicato... lei è troppo spaventata, crede che il nostro amore sia troppo fragile per resistere."

" Allora cosa hai intenzione di fare?"

"Le farò capire che in realtà il nostro è l'amore più forte del mondo." - rispose Beck, bevendo l'ultimo sorso della sua limonata.

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Capitolo 15
*** Capitolo XIV ***


"Uffa Jade, mi sono stancata di fare questo gioco! Io voglio sapere la verità sul mio papà!" - sbuffò Milly posando il pupazzetto che le aveva dato Jade e avvicinandosi al letto dove lei stava armeggiando con il suo computer.
La ragazza alzò un sopracciglio squadrando la bambina dalla testa ai piedi. La piccoletta, per tutta risposta, incrociò le braccia e alzò a sua volta il sopracciglio. Jade trattenne una risata, mordendosi il labbro inferiore. Milly si arrampicò sul letto fino a sedersi vicino a lei, continuando a guardarla tutta seria. La ragazza sospirò e fissò i suoi occhi azzurri in quelli verdi della bambina.
"Senti mocciosetta, io non posso dirti che tuo padre guarirà, mi dispiace. Posso solo dirti che anche io ho perso il mio papà quando ero una bambinetta impertinente e rompiscatole come te. Ma crescendo mi sono accorta che in realtà mio padre non se n'è mai andato ed è sempre rimasto con me. Non so che tipo di malattia abbia il tuo, ma adesso non ci devi pensare. Fai in modo di passare tutto il tempo che puoi con lui e ricordati che quando ne avrai bisogno lo troverai sempre qui" - puntò l'indice sul petto della bambina, all'altezza del cuore. Sorrise e la bambina, anche se un po' triste, lo fece a sua volta.
"Anche il tuo papà era malato?" - chiese innocentemente Milly.
"N-no... lui... ha avuto un incidente..." - spiegò a fatica la ragazza, facendo scomparire il sorriso dal suo volto.
Il suo sguardo si perse nel vuoto, mentre quello attento della bambina si posò sullo schermo del pc appoggiato sulle gambe di Jade.
"Perché vi siete lasciati?" - domandò curiosa Milly, toccando con la manina il ginocchio della ragazza.
Lei all'inizio non capì, poi seguendo li sguardo della bambina vide dove i suoi occhi erano andati a posarsi. In qualche modo si era aperta una foto sua e di Beck l'ultimo anno di scuola, alla festa d'istituto. Sinjin, il fotografo in questione, aveva scattato proprio mentre il suo ex ragazzo si stava chinando per baciarla. Quella foto le era piaciuta così tanto che l'aveva anche fatta sviluppare e adesso giaceva in una cornicetta da qualche parte in un baule nella soffitta di casa sua. Era una delle sue foto preferite.
"Non sono affari tuoi." - rispose dopo un attimo Jade, chiudendo di colpo il portatile.
"Oh dai Jade! Non lo dico a nessuno!"
"Ma che t'importa?"
"Sono curiosa... e poi non hai detto che volevi distrarmi dalle cose brutte?"
Jade sbuffò irritata.
"Non ci volevamo bene abbastanza. Il nostro amore è troppo gracile..." - rispose guardando fisso davanti a se. Non poteva crederci, si stava confidando con una bambina.
"Che cosa significa gracile?" - domandò Milly.
"Fragile, qualcosa che si può spezzare facilmente."
"Ma come, non lo sai?" - eccolo, di nuovo il tono che Jade aveva imparato a riconoscere come quello di quando la bambina stava per dire qualcosa di importante e particolarmente maturo. - " Le cose fragili sono le più forti, solo che non lo sanno! Ne sono sicura, me lo dice sempre il mio papà. Io mi metto spesso a piangere e i miei compagnetti di scuola mi prendono in giro, dicono che sono troppo fragile, ma papà mi ha confidato che in realtà sono le cose fragili ad essere le più forti, devono solo credere un po' di più in loro stesse." - concluse incrociando le braccia.
"Non è così semplice." - sospirò la ragazza, poi si voltò di scatto verso Milly -" Ma si può sapere quanti anni hai mocciosetta?!"
"Ne ho quasi sette! Li compio la prossima settimana!"
Jade la guardò meravigliata. Quella bambina era davvero molto matura per la sua età.
"Ragazze è pronta la cena." - Liz aveva aperto la porta della camera e adesso le osservava dalla soglia. Si portó una ciocca di capelli color carota dietro l'orecchio.
"Volevo chiederti scusa Milly, per prima." - aggiunse sottovoce, abbassando la testa.
La bambina le saltò addosso e le stampò un bel bacio sulla guancia. La ragazzina si toccò sorpresa la parte di pelle che sua sorella aveva toccato con le labbra.
"Non fa niente!" - esclamò saltellando - " Adesso andiamo a mangiare! Siii!" - esclamò fiondandosi in cucina.
"Jade tu non vieni?" - chiese Liz, un attimo prima di seguire la sorellina fuori dalla stanza.
"Arrivo... Liz?" - chiamò la ragazzina, che si voltò.- " Hai una sorella davvero speciale. Trattala bene."
Elizabeth annuì per poi correre verso la cucina. I pensieri nella testa di Jade si rincorrevano, troppo veloci per poterli controllare, procurandole un gran mal di testa. Stava per alzarsi dal letto quando sentì il suo cellulare squillare. Osservo il nome lampeggiante sul display annoiata. Perfetto, ci mancava solo un'altra chiamata dal suo agente.
- Pronto? - rispose cercando di avere il tono più innocente del mondo.
- Jade, mio Dio finalmente! Ma dov'eri finita?! Ti avrò chiamata almeno venti volte in questi due giorni. - sbraitò dall'altro capo del telefono l'uomo.
La ragazza sospirò.
- Sono stati dei giorni difficili, Josh. - confessò, massaggiandosi una tempia con due dita. - Perché mi avevi chiamata comunque?
- Si ecco... ti vogliono per un'intervista. So che non ti piacciono, ma purtroppo non possiamo farne a meno Jade. - le comunicò Josh con un tono di scuse.
- Si, lo so. Dimmi cosa devo fare.
Rimase a discutere su data, luogo e i tempi del futuro intervista che sarebbe stata costretta a fare per almeno mezz'ora, mentre prendeva appunti dettati dall'uomo velocemente. Quando finalmente staccò la chiamata la fame le era del tutto passata ed il mal di testa era aumentato a dismisura. Non aveva nessuna voglia di mangiare, ma se non l'avesse fatto Cat avrebbe cominciato a lamentarsi perciò con un sospiro si avviò verso la cucina, sovrappensiero.
~°~°~°~°~°~°~
Era nel letto da un po', con il suo cellulare in mano, scorrendo con il pollice la home del suo profilo TheSlap. Cat, nel letto di fronte, era già nel mondo dei sogni, con le braccia strette alla sua giraffa viola. Sorrise lanciandole un'occhiata. In cucina le due bambine dormivano sul divano, o almeno si supponeva dormissero. I suoi pensieri furono interrotti dall'arrivo da un messaggio. Ovviamente il mittente era Beck.
|Scusa per 
questo pomeriggio
Sbatte le palpebre un paio di volte, poi decise di rispondere.
|Non fa niente.
Non passò neanche un minuto che il suo cellulare vibrò ancora.
|E solo che è 
difficile starti lontano
In altre situazioni questa frase l'avrebbe fatta sciogliere, quella notte invece le provocò solo altro mal di testa. Non rispose continuando a fissare lo schermo del telefono preoccupata, finché non comparì un altro messaggio da parte del ragazzo.
|Che fai?
|Stavo cercando
di dormire.
|Ti sto 
disturbando
quindi?
|Si.
|kay, allora
ti dò solo un'altra 
notizia e ti lascio
dormire
|Sbrigati.
|Presto Andrè
tornerà ad 
Hollywood!
|Wow, grande.
|Era sarcastico?
|No Beck,
sono davvero
felice che André
torni.
|Potremmo
uscire tutti insieme
quando sarà qui
|Si sarebbe
fantastico, posso
dormire adesso?
|Va bene 
signorina 
vado-a-letto-alle-9
|Beck sono le 11.
|Mi arrendo,
buonanotte
|Notte.
Jade appoggiò il cellulare sul comodino accanto al letto, un piccolo sorriso le increspava le labbra. Beck era proprio testardo, ma in fondo era questo che le era sempre piaciuto di lui, il fatto che con la sua testa dura riuscisse a contrastarla e farla ragionare quando sbagliava. Sbatté la fronte contro il cuscino con un verso esasperato. La stanchezza le stava dando alla testa... adesso perché si metteva a pensare a cosa le piaceva di Beck?
Si voltò su un fianco portando una mano sotto il viso e chiudendo gli occhi, cercando di addormentarsi. Stava per cadere tra le braccia di Morfeo quando un manina calda le toccò la spalla, scuotendola gentilmente.
"Jade?" - sussurrò la vocina acuta di Milly.
La ragazza grugnì, portandosi il piumone fin sopra la orecchie. Di questo passo avrebbe passato insonne anche quella notte.
"Jaaade?"
Si tolse la coperta dal viso con un gesto brusco, girandosi a guardare la figura nera che intuì fosse Milly.
"Che vuoi mocciosetta? Torna a dormire!" - esclamò sottovoce.
La bambina strinse al petto un pupazzetto a forma di tigre, avvicinandosi di più a Jade.
"Non riesco a dormire!" - si lamentò -" Mia sorella parla nel sonno, mi fa paura..." - spiegò rabbrividendo.
"E perché vieni a rompere da me? Non puoi dormire con Cat?" - domandò spazientita Jade alzandosi a sedere sul letto.
"Il letto di Cat è piccolo... e poi lei è strana." - disse la bambina toccandosi con l'indice la tempia.
Jade sbuffò di nuovo, gettandosi a peso morto all'indietro sul letto e coprendosi con la coperta.
"E va bene, ma non ti appiccicare e non toccarmi. E soprattutto NON SVEGLIARMI."- acconsentì la ragazza, parlando con la voce ovattata dalle coperte.
Forse la stanchezza l'aveva davvero fatta impazzire. Non solo si metteva a pensare a cosa la attraeva di più di Beck, ma faceva anche dormire una bambina nel suo stesso letto. Rimase immobile per circa cinque minuti, quando sentì delle braccine magre stringerle la vita. Udì la bambina alle sue spalle fare un verso soddisfatto. Lì per lì stava per dirle di scollarsi, poi però ci ripensò e non disse nulla, semplicemente sorrise nel cuscino, stringendo il lenzuolo tra le dita. Si autoconvinse del fatto che non stava cacciando Milly solo perché era troppo stanca ma in realtà, e sapeva che non l'avrebbe mai ammesso, sentire le braccia della mocciosetta stringerla forte la faceva sentire un po' meno sola

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Capitolo 16
*** Capitolo XV ***


La settimana a casa di Cat era passata velocemente tra risate, torte e i battibecchi di Jade con le due sorelle McCartney. Si perché le bambine avevano passato la maggior parte del tempo a Casa Valentine, periodo in cui le due amiche Jade e Cat avevano avuto il piacere di scoprire che Liz provava una certa simpatia per Dice, il ragazzino riccioluto che spesso e volentieri andava a far visita alla rossa, cosa che sembrava essere ricambiata dal ragazzo.

"Caat! Io sto uscendo!" - urlò Liz dalla cucina, per farsi sentire da Cat che, chiusa nel bagno preparava la vasca per la più piccola delle sorelle.

Nel frattempo Milly cercava di togliersi il fango che le era rimasto sulla faccia. Era andata al parco con la sua babysitter e Robbie, che era tornato dal suo viaggio quella mattina, ma per colpa di una serie di sfortunati eventi lei era finita in una pozzanghera e il ragazzo si era beccato un morso nel sedere da un cagnolino arrabbiato.

"Dove vai?" - chiese la ragazza.

"Esco a fare un giro con Dice. Ci vediamo più tardi, per qualunque cosa ho il cellulare acceso!" - detto questo scappò via senza dare la possibilità a Cat di protestare.

Jade intanto girava per tutto l'appartamento alla ricerca delle sue cose che stava sistemando per tornare a casa sua. L'indomani infatti sarebbe tornata Sam e anche se Cat le aveva proposto di restare pure per quella notte, lei aveva rifiutato. Aveva troppe cose da fare, tra cui prepararsi all'intervista che distava pochi giorni.

"Non azzardarti a sederti sul letto conciata in quel modo mocciosetta!" - avvertì la piccola bambina che, stanca di stare in piedi stava per appoggiarsi sul letto di Sam.

Milly sbuffò.

"Jade si può sapere quand'è che imparerai che il mio nome è MILLY e non mot- mocco- oh uffa quello che dici tu?!"

"Ti chiamo come mi pare. Vai a lavarti che Cat ti sta chiamando."

La bambinetta trotterellò verso il bagno, lasciando per terra impronte marroncine. Jade le sorpassò schifata, cercando con lo sguardo il foglietto dove aveva appuntato orario e luogo dell'intervista. Emise un verso annoiato, sbattendo ripetutamente il piede per terra e cercando di ricordarsi dove diavolo lo aveva messo. Era troppo disordinata, un difetto che non era mai riuscita a correggere, un po' come tutti gli altri. Si fiondò improvvisamente verso il cassetto del comodino, dove aveva riposto il suo libro preferito. Prese il piccolo volume e lo aprì trovando il tanto ricercato pezzo di carta. Sospirò sollevata. Richiamare Josh sarebbe stato parecchio imbarazzante, oltre a fatto che avrebbe dovuto sorbirsi le innumerevoli lamentele del sottoscritto sul suo essere immensamente disordinata e disinteressata nei confronti del suo lavoro, cosa non affatto vera. Odiava le interviste e i giornalisti, ma amava immensamente il suo essere un'attrice. Ma sapeva che infondo Josh, per quanto burbero, le voleva un gran bene e diceva quelle cose solo perché teneva a lei. Posò il libro sul letto e aprì il foglietto per leggerne il contenuto, giusto per essere sicura che fosse quello giusto, appena terminato lo ficco nella cover del cellulare, dove era sicura -o quasi- che lo avrebbe trovato subito. Si apprestó a posare il libricino nel cassetto quando vide scivolare qualcosa fuori dalle sue pagine. Si fermò col braccio a mezz'aria, guardando confusa il pezzetto di carta tutto stropicciato che era caduto a terra. Si piegò sulle ginocchia per recuperarlo e non appena lo ebbe tra le dita lo riconobbe. Si era quasi dimenticata di quel pezzo di quaderno a righe, impregnato del profumo del ragazzo che era stato il suo primo e unico amore, scarabbocchiato da lui al loro primo anno di accademia.

"Ehy Jade! Che fai leggi?" - una voce irritante che conosceva troppo bene interruppe la sua tranquilla lettura.

"Si Oliver. Tu sai farlo o sei troppo stupido anche per questo?"

Lui non si lasciò impressionare dalla sua risposta acida e continuò a sorridere ebete. Lo odiava, aveva un faccia da riempire di bac- schiaffi. Aveva una faccia da riempire di schiaffi.

"Mi dispiace deluderti, ma anche a me piace leggere ed adoro il libro che hai in mano." - disse sorridendo sbruffone Beck.

Lei chiuse di scatto il volumetto tutto rovinato che aveva in mano, sbuffando.

"Beh, sembra che abbiamo qualcosa in comune Oliver." - sussurrò guardandolo fisso negli occhi.

"Ovvero?" - domandò lui sedendosi accanto a lei sulla panchina verde.

"Questo è il mio libro preferito."

"Ottima scelta direi."

"Io faccio sempre ottime scelte." - detto questo Jade si alzò e s'incamminò verso la classe di recitazione.

Dopo quella discussione il suo libro era scomparso per un paio di giorni finché non lo aveva trovato poi nel suo armadietto e dentro c'era il bigliettino stropicciato che ora teneva tra le dita magre. Con la sua calligrafia sconnessa e disordinata Beck le aveva scritto il suo primo invito ad uscire con lui, citando una delle frasi preferite della ragazza dette dal protagonista del libro. Fu così che avevano cominciato a uscire insieme. Le sembrava di essere tornata a quel periodo. Lei che continuava a rifiutare Beck e lui che non la smetteva di provare. Era strano come la vita fosse tutta un ciclo di avvenimenti che, inevitabilmente, si sarebbero ripetuti all'infinito, dandoti sempre quella sensazione di déjà-vu. Per un momento ebbe l'impulso di gettare via il foglietto come aveva fatto con il ciondolo, ma non ce la fece. Lo infilò tra le pagine 161 e 162, proprio dove lo aveva trovato la prima volta, poi prese il volume e lo mise con cura nel trolley tra i maglioni di lana scuri in modo da non rovinarlo. Chiuse la cerniera della valigia, posandola per terra e avviandosi verso la cucina.

~°~°~°~°~°~°~

"E potresti prenotare il volo per San Diego perfavore?"

"Certo signorina Vega."

"Oh andiamo Bart, ti ho detto mille volte che puoi chiamarmi Tori!" - lo risprese la ragazza sorridendo.

"Va bene Tori." - acconsentì l'ometto paffuto accanto a lei, spingendola poi nella stanza che avevano di fronte dicendo che aveva bisogno di riposare e di non preoccuparsi di nulla perché avrebbe pensato a tutto lui.

Tori chiuse la porta della suite dove alloggiava, buttandosi sul letto con un verso sfinito, la testa che piano piano affondava nel cuscino . Mosse il braccio a tentoni cercando di afferrare il cellulare posato lì da qualche parte. Una volta che lo ebbe trovato si voltò sulla schiena iniziando a armeggiare con il suo peraphone di ultima generazione.

|Chiamata persa da:
Andrè

Il messaggio lampeggiò sul display. Decise di richiamarlo per vedere cosa voleva. Andrè le mancava tanto, tutte le avventure passate con lui erano impossibili di dimenticare. Si portò il cellulare all'orecchio.

-Pronto? - la voce di assonnata di Andrè le giunse piano all'orecchio.

-Andrè? Sono Tori! - esclamò la ragazza - ti disturbo, stavi dormendo?

- Beh, qui è l'una di notte, vedi tu. - farfuglió lui.

- Oh mio Dio scusa! - squittì Tori, coprendosi la bocca con la mano. - stacco subito è solo che avevo trovat-

- No no, tranquilla, possiamo parlare. Ormai mi hai svegliato. - si affrettò a fermarla Andrè.

La ragazza sorrise, passandosi una mano tra i capelli e arrotolandone una ciocca attorno all'indice sinistro.

- Ho visto che mi avevi chiamata, è successo qualcosa? - chiese aggrottando la fronte.

- No avevo solo voglia di sentirti sai... mi manca la mia migliore amica pazza.

- Aw, anche tu mi manchi Andrè! - rise lei. - ma non sono pazza!

- Ceeerto e mia nonna non urla per niente.

-ANDRÈ!

- Okay okay, la smetto. Quando torni ad Hollywood?

- Non lo so, fra un mese o poco più credo.

- Fantastico, credo che ci sarà una bella rimpatriata allora!

- Che vuoi dire? - chiese confusa Tori alzandosi a sedere.

- Che Jade e Beck sono entrambi ad Hollywood. Cat e Robbie non si sono mai spostat-

- Aspetta... Jade e Beck sono a Hollywood INSIEME? - lo interruppe prima che potesse finire la frase.

Il ragazzo dall'altra parte del cellulare sospirò.

- Si

- E non è ancora successo nulla? Niente casini, non vogliono tornare insieme? - domandò curiosa, con quel accenno di eccitazione nella voce che lui conosceva troppo bene.

- Non lo so Tori e noi non dobbiamo impicciarci. Troppe volte li abbiamo aiutati a ricostruire la loro relazione. Questa volta se proprio lo vogliono, devono riuscirci da soli. - rispose con voce dura, stroncando sul nascere l'idea che sapeva stesse passando nella testa della cantante.

- Va bene. Non ho detto che volevo fare qualcosa. - si difese borbottando a voce bassa.

- Ma lo hai pensato. - instette Andrè.

Lei non rispose, cambiando velocemente argomento. Parlarono per almeno un'altra ora, discutendo del più e d meno, battibeccando e prendendosi in giro, ma non presero più il discorso Beck e Jade. Andrè aveva ragione, troppe volte quei due avevano mandato all'aria il loro rapporto e poi non erano stati in grado, forse per orgoglio o magari per l'insicurezza e la paura di soffrire ancora, di raccogliere i pezzi del loro amore, fragile e trasparente come vetro, e ricongiungerli per ricominciare da capo. Troppe volte avevano avuto bisogno di qualcuno che desse loro una piccola spinta per riconciliarsi, per riuscire a capire cos'era che volevano davvero. Adesso non erano più due adolescenti in preda all'euforia del primo amore, erano due adulti ed era ora che crescessero e imparassero a cavarsela da soli.

~°~°~°~°~°~°~°~

Jade stava tranquillamente twittando, seduta sul divano, ticchetando con le unghie smaltate di nero sullo schermo del suo cellulare. Nel frattempo Cat continuava a girare agitata per tutta la casa con il telefono appoggiato all'orecchio gesticolando e discutendo con sua nonna.

- Ma nonna adesso?!

Le bambine facevano una confusione incredibile rincorrendosi per tutto l'appartamento.

"LIZ! RIDAMMI SUBITO IL MIO PUPAZZO!" - urlava Milly alzando il pugnetto pallido in aria, cercando di non inciampare nei vari giocattoli sparsi sul pavimento.

"NO! NON TE LO DÒ FINCHÉ NON MI DICI DOVE HAI NASCOSTO IL MIO CELLULARE!"

- Va bene nonna, stai tranquilla, arriviamo subito. Dammi il tempo di chiamare Robbie. - sospirò la ragazza al telefono, portandosi indietro una ciocca ondulata di capelli rosso fuoco.

"Ma che succede?" - domandò risvegliandosi dalla momentanea trance Jade sollevando un sopracciglio. -" LA VOLETE SMETTERE VOI DUE?! MILLY RIDAI IL TELEFONO A TUA SORELLA." - urlò irritata verso le due sorelle, stanca di vederle girare attorno al divano correndo come matte e inveendosi contro.

Milly e Liz si zittirono immediatamente e fecero come era stato loro detto. Cat invece posò il telefono sulla tavola avvicinandosi all'attrice che stava seduta con le gambe accavallate.

"La nonna è caduta, quindi devo andare da lei." - sbuffò incrociando le braccia e mettendo su il broncio.

Jade si strinse nelle spalle guardando nel vuoto.

"Uffa! - continuò l'amica muovendo verso l'alto le braccia, la sua voce era più acuta che mai, come sempre quando era arrabbiata - " una volta tanto che il venerdì sera decido di uscire con Robbie, la nonna si fa male!"

"Quindi adesso che devi fare?"

"Chiamerò Robbie per dirgli di passare prima, potresti aspettare qui finché non torno? La madre delle bambine arriverà non prima delle otto. A quanto ho capito ha avuto qualche problema con il marito, ma nulla di grave." - spiegò guardando con la coda dell'occhio Milly che accarezzava la sua tigre di peluche.

"Si. Basta che non perdi tempo." - disse annuendo Jade giocherellando con l'orlo della sua gonna rigorosamente nera, che faceva tanto contrasto con il tessuto a fiori del vaporoso abito di Cat.

"Va tutto bene? Sicura che non vuoi restare qui? Mi fa sentire triste lasciarti soletta in quella casa enorme."

"Va tutto alla grande Cat. Sto bene." - Jade rispose atona, portandosi una mano tra le ciocche castane e mosse, portandole indietro sospirando.

La ragazza accanto a lei la osservò per un po' con i suoi dolci occhi bruni ma non osó parlare, perché sapeva che quando l'amica si comportava in quel modo non aveva nessuna voglia di confidarsi o anche solo chiacchierare. Le si avvicinò di soppiatto mentre era distratta, piegata sotto il peso dei mille pensieri che le passavano per la testa, e la abbracciò. Sentì Jade irrigidirsi tra le sue braccia e la vide stringere i pugni sulle ginocchia, ma non si allontanò. Cat mosse piano la sua mano su è giù sul braccio della ragazza, come a farle coraggio. Sapeva che Jade aveva tanta voglia di piangere in quel momento, solo che era troppo orgogliosa anche per questo. Milly, che passava di lì, vedendo le due ragazze strette l'una all'altra gli saltò addosso.

"Abbraccio di gruppo!" - esclamò stringendole più che poteva con le sue esili braccine.

"Scollatevi!" - sibilo Jade, lanciando sguardi di fuoco alle due.

Poi si aggiustò i capelli e ritornò a dedicare tutta la sua attenzione al cellulare, guardandolo annoiata e scorrendo con il pollice destro sullo schermo, leggendo senza attenzione tutte le sue ultime notifiche.

Robbie arrivò un'ora dopo placando finalmente un agitato uragano rosso di nome Cat, troppo preoccupata per il ritardo del ragazzo. Al contrario di come lei aveva previsto la madre delle bambine era arrivata prima, perciò in casa erano rimaste solo una Jade annoiata e una Cat in pensiero.

"MA DOV'ERI FINITO? Mi hai fatto a preoccupare!" - sbraitó saltando addosso a Robbie e sferrandogli un pugnetto leggero sulla spalla.

Il povero ragazzo, bloccato sulla soglia, cercò do giustificarsi.

"Non è stata colpa mia ho avuto un imprevisto..."

"E quale sarebbe sentiamo?"

"Sono io." - una voce rispose con tono di scuse.

Jade udendo quel suono si voltò verso la porta.

"Che cosa ci fai tu qui?" - chiese alzandosi in piedi.

"Oh ciao Beck non ti avevo visto!" - salutò Cat, abbracciando il ragazzo.

"Ciao Cat!" - lui ricambiò il saluto, stringendola forte.

"Bene visto che nessuno si degna di rispondermi, lo chiederò ancora una volta. Perché diavolo Beck è qui?"

Lui la guardò entrando in casa seguito da Robbie che chiuse la porta.

"Sono rimasto a piedi con la macchina, sai è un po' vecchiotta." - spiegò grattandosi la nuca.

"Così io l'ho incontrato, poi ha chiamato Cat e sono corso qui, ma abbiamo perso tempo per chiamare il carro attrezzi." - concluse l'amico andando verso la ragazza dai capelli rossi di fronte a se.

"Ma visto che sapevi di dover venire qui perché non lo lasciavi dov'era?"

"Perché non poteva venirlo a prendere nessuno."

"Poteva andarsene col carro attrezzi." - rispose piccata Jade, stringendo le braccia sotto il seno.

"Andiamo Jade!" - sussurrò Cat gurdandola.

Lei sbuffò alzando gli occhi al cielo.

"Avevo pensato che potremmo portarlo noi mentre andiamo verso la casa di riposo."

"No!" - esclamò Cat.

"E perché scusa?!" - domandò Jade alzando un po' troppo la voce.

"Perché siamo già in ritardo." - spiegò la rossa afferrando giacca e borsa e tirando per il braccio il suo fidanzato, conducendolo verso la porta. -" Torniamo presto, voi intanto aspettate qui."

"CHE COSA?!" - urlò l'amica avvicinandosi a Cat.

"Hai sentito, ora dobbiamo andare!"

"Cat aspetta-"

"Ciao ciao!" - salutò la ragazza prima di sgattaiolare fuori, chiudendo la porta a chiave.

"CAT!" - chiamò Jade -" Hai chiuso a chiave la porta, così non posso uscire! Cat!?"

"Maledizione!" - gridò dando un calcio alla porta e soffiando via una ciocca di capelli dal viso.

"Beh... " -iniziò Beck, avvicinandosi alla ragazza - "Sembra che siamo solo noi due" - disse sorridendo verso di lei.

 

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