Amore Tossico

di Gaia_dc
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mark ***
Capitolo 2: *** AMELIA ***
Capitolo 3: *** ADDISON ***



Capitolo 1
*** Mark ***


Mark

 
“Si sta svegliando! La paziente si sta svegliando!”
Urla Addison da dietro il lavabo.
 
“5 minuti e siamo pronti con le tute!”
Avvisa Burke.
 
“La paziente non ha 5 minuti.”
 
Ed ecco che forse il mio peggior incubo sta avendo inizio.
 
Forse però dovrei spiegarvi chi sono, cosa ci faccio qui al Seattle Grey e perché queste semplici parole hanno stravolto la mia vita.
 
Sono Mark Sloan, o se preferite il Dottor Bollore. Perché Dottor Bollore? Se mi avete visto almeno una volta all’opera vi sarà facile capirlo! Eppure, nonostante la mia indole di gigolò, nonostante la mia eccessiva bellezza, e nonostante l’idea che tutti hanno di me, una donna continua ad affollarmi la mente, continua riempire i miei sogni e le mie giornate… Il suo nome è Addison, ma lei non mi ama, lei continua a pensare solo a Derek, il suo ex marito e il mio migliore amico.
 
È per lei che io sono qui, a Seattle, nella città più piovosa d’America… Se non fosse per lei a quest’ora sarei a NY a godermi la vita frenetica della grande mela, o a LA dai nostri vecchi amici Sam e Naomi, magari su una tavola da surf a sfoggiare il mio fisico bestiale… E invece no. Ecco un po’ cosa si fa per amore.
 
Sinceramente non so più cosa ci faccio ancora qui. Addison ha chiaramente specificato che non mi vuole nella sua vita quando ha preferito abortire nostro figlio perché non mi riteneva un buon padre… Se fosse stato di qualcun altro, chiunque altro l’avrebbe tenuto, lo so! Perché il suo desiderio più grande è avere un bambino, ma le possibilità per lei di rimanere incinta sono le stesse che ho io di innamorarmi di qualcuno… In poche parole può accadere una sola volta nella vita. E lei ha preferito gettare via la sua unica possibilità per colpa mia. Non so se sentirmi ferito o in colpa… So solo che amo quella donna e continuerò a dimostrarle che non sono l’uomo che tutti descrivono, non con lei… Almeno finché ne avrò la possibilità.
 
Il problema è che in questo momento sto vedendo le mie possibilità precipitare all’improvviso.
 
Marina Rose Wagner aveva un cancro al colon, che avevano tolto 8 anni fa, ma si è ripresentato. I medici stavano operando finché non sono collassati, scoprendo che il suo sangue è tossico. E ora siamo qui ad aspettare di indossare le tute d’emergenza per poter entrare in sala operatoria e terminare l’operazione.
 
Marina però si sta svegliando, e Addison… Quella cocciuta di Addison non ha intenzione di aspettare di avere le tute per aiutarla e somministrarle un’altra dose di tiopenthone per farla riaddormentare… Sta entrando in sala con indosso solo la mascherina, ed io sono troppo lontano per fermarla.
È entrata la vedo tossire, inizia già a sentirsi male, ed io non so che fare. Se entrassi non riuscirei a riportarla dentro, perché come ho già detto, quando si tratta di salvare un paziente è proprio cocciuta!
 
“Ho bisogno di sapere il peso”
Dice alzando lo sguardo però solo in un secondo momento. Vedendomi sembra rassicurata, come se sapesse che in me troverà sempre un complice per ogni sua pazzia.
 
“Non lo so, ipotizzo 60Kg”
Le rispondo.
 
Continua a guardarmi negli occhi per un’altra frazione di secondo… E la cosa mi renderebbe l’uomo più felice del mondo se non fosse che più tempo lei impiega a stare là dentro, più rischia di collassare.
 
“Sbrigati Addison!”
Le grido in preda all’ansia, cercando di non pensare a cosa potrebbe succedere nel peggiore dei casi.
 
“Non può…”
Mi sta rispondendo, ma la tosse la blocca… Deve sbrigarsi porca miseria!
“Non può pesare 60Kg… È troppo!”
So che se sbaglia dosi la paziente potrebbe morire, ma in questo momento il giuramento di Ippocrate è passato in secondo piano! Addison viene prima.
 
“Addison torna qui!”
 
“Vai a prendere la sua…”
La tosse la blocca ancora.
“La sua cartella clinica”
 
Sto per ribattere quando la vedo cambiare colore all’improvviso. È diventata viola sotto i miei occhi… La vedo ansimare, qualcosa non va, di tutti i medici che sono entrati in contatto con il sangue della paziente, nessuno è diventato viola…
 
Perché a nessuno era stato diagnosticato un soffio al cuore da bambina!! Merda! La tossina deve aver causato una stenosi aortica ostruendo i vasi… La paziente è ormai sveglia e intubata, si agita, e Addison… Lei è caduta per terra.
 
Non potrei entrare, non mi sono lavato e non sono sterile. Guardo Burke e Derek, stanno ancora indossando le tute, e nessuno l’ha vista cadere.
Al diavolo le procedure, non permetterò che la mia Addie stramazzi al suolo.
 
“Mark! Mark dove vai?!”
Urla il mio migliore amico.
 
Inserisco un’altra dose di tiopentone nella flebo, e dopo poco la paziente si riaddormenta.
Addison è stesa per terra accanto al tavolo ansimante. La prendo in braccio e la porto via. Mentre corro verso il poliambulatorio sento la sua testa spostarsi dal mio petto sul mio braccio, le lancio un’occhiata: ha chiuso gli occhi. Dannazione.
 
Appena entro nel poliambulatorio la Bailey e la Stevens mi chiedono allarmate cosa succede. Senza dare spiegazioni stendo Addison sul lettino e inizio il massaggio cardiaco.
 
“Dottor Sloan vuole spiegarci cosa sta succedendo?!”
Domanda la Bailey spazientita.
 
“Chiama la Yang! Dille di preparare una sala operatoria!”
Ordino alla Stevens.
 
“Il sangue tossico unito con il soffio al cuore ha causato una stenosi aortica…”
Rifletto su quello che ho appena detto.
“E Addison ha appena abortito!! Miranda chiama Naomi, Naomi Bennett dell’Ocean Side Wellness di LA”
 
So che vorrebbe fare altre domande, ma tace e va a chiamare Naomi.
 
“Addison! Ti prego resisti!”
Le sussurro mentre continuo con il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca.
 
Poco dopo vedo arrivare la Yang…
“Dottor Sloan che succede?”


“Cristina devi operare Addison!”
 
Ci ho impiegato molto tempo a convincere Cristina, ma alla fine ha ceduto. Non voleva operare l’ex moglie del fidanzato di sua sorella, e tanto meno l’incarnazione di Satana, ma non avrei mai permesso che la situazione potesse peggiorare, e siamo giunti a un compromesso…
 
 
 
 
Sono in sala operatoria con Cristina e Bokey. Tutti gli altri medici e infermieri sono impegnati nel caso di Marina.
 
Siamo qui da circa 90 minuti ma ancora non siamo riusciti a stabilizzarla, eppure ho seguito ogni singola mossa della Yang… Non capisco perché l’emorragia non si sia ancora fermata.
 
“È caduta!”
Dico improvvisamente.
“È caduta!”
Ripeto.
 
“Un’emorragia cerebrale!”
Esclama la Yang.
 
“Ricuci, vado a chiamare Derek.”
 
Esco di corsa, e incrocio Naomi che parla con Callie.
 
“Scusi un’urgenza, sa indicarmi dov’è la sala operatoria di Addison Montgomery?”
Chiede.
 
“Mi scusi ma credo si sia sbagliata… Addison non aveva operazioni in programma… Per trovarla deve vedere… Ehi Mark hai visto Addison?”
Mi domanda appena mi vede.
 
“Sala operatoria 2.”
 
“Come? Ma chi è la paziente?”
 
“È lei quella sul tavolo operatorio!”
Esclamo prima di riprendere la mia corsa verso la sala di Derek.
 
Non so cosa dicano dopo, so solo che i miei piedi non si fermano, e continuano a correre scansando infermiere e pazienti.
 
Arrivo in galleria, Derek e Burke stanno operando. Per fortuna Derek ha quasi finito.
Chiamo Derek dall’interfono. Lui alza lo sguardo verso di me e capisce. Parla con Burke ed esce dalla sala.
 
Arriviamo entrambi davanti alla sala operatoria, ma lui mi ferma.
“Tu non entrare”
 
Le porte mi si chiudono davanti, e la mia vita è in bilico. Non vado in galleria perché so che non resisterei. Scendo nella sala d’aspetto e mi siedo con le mani trai capelli, e la mente altrove.
Cosa farei se lei morisse?!  Tornerei a NY e poi non voglio più pensarci!
 
“Mark!”
Sento una voce un po’ impaurita che mi chiama. Mi volto e davanti a me compare una 24enne Amelia al primo anno di specializzazione.
 
“Amelia!”
Mi alzo e vado ad abbracciarla.
“Cosa ci fai qui?”
 
“Sono venuta con Naomi, ma nessuno vuole dirmi che sta succedendo a Addison!”
 
Sono le 8 di sera, e temo che l’intervento durerà ancora per molto. Propongo di andare da Joe per bere qualcosa.
 
“Un Vodka-tonic per Amy e un bicchiere di scotch per me”
Ordino prima di iniziare a raccontare.
 
“Quella con Addison non era solo una scappatella, vero?”
Chiede Amelia che ancora non ha toccato il suo drink.
 
“Ma che ne può sapere una 24enne come te…”
 
“Sono molto più vecchia di quello che sembro…”
Commenta lei cinica.
 
La guardo con fare paterno forse per la prima volta in vita sua.
“Lo so!”
 
“Non posso perdere anche lei, Mark!”
 
“Non succederà!”
E così dicendo torno al Seattle Grey di corsa lasciando Amelia nelle mani del barista. Forse non avrei dovuto, conoscendo i suoi precedenti, ma in questo momento non ho tempo da perdere.
 
Arrivato in ospedale la prima persona che incontro subito fuori dalla galleria è Callie. Sta piangendo. All’inizio non capisco, e il primo istinto è entrare in sala operatoria, ma lei non me lo permette.
Entro in galleria e trovo la Bailey, Webber, e tutti gli specializzandi. In un certo senso mi da fastidio la presenza di tutte quelle persone. Mi sembra che stiano violando la sua intimità, e mi concentro su questo pensiero, quando vedo Derek togliersi la cuffietta con uno sguardo affranto. Naomi guarda su e incontra il mio sguardo. Apro l’interfono e con tutta la calma possibile inizio a parlare
 
“Derek rimettiti la cuffietta e torna a lavorare!”
Ma la mia voce è oscurata da un suono fisso e minaccioso, quasi tetro. Mi convinco che è un problema di connessione, non potrebbe essere altrimenti… Vero? Vero?! No.
 
Corro giù per le scale ed entro in sala ancora una volta senza aver lavato le mani. Addison è lì, stesa sul tavolo, con il petto completamente aperto, ed il suo cuore che non batte più.
 
“Derek e io la stavamo operando contemporaneamente. Aveva un’emorragia cerebrale ed il progesterone in eccesso dovuto alla gravidanza, unito con la tossina è diventato veleno puro. Abbiamo completato entrambi l’operazione, ma dopo aver richiuso… Aveva perso troppo sangue…”
Naomi continua a parlare ma io non l’ascolto più… Derek è uscito mentre io scendevo le scale… Quel vigliacco!
 
“Dove sono le piastre?”
Chiedo.
 
“Mark…”
Naomi cerca di farmi gettare la spugna, ma io non mi arrendo, non con Addison.
 
“Dove sono?!”
Scandisco più lentamente in un ringhio.
 
“Sono qui!”
 
Mi volto e vedo Meredith Grey in sala operatoria con le piastre di rianimazione. Le sono grato per essere il contrario del suo fidanzato.
 
“Carica 300”
Dico, e Bokey anche se un po’ titubante esegue.
 
La scossa muove il suo corpo, ma il battito è ancora assente.
“Carica 360”
 
Il suo corpo ormai quasi senza vita si contorce sotto di me.
 
“Ancora!”
Urlo, e Bokey esegue, ma niente.
 
Sbatto le piastre sul tavolo. Non posso averla persa! Non Addison!
Meredith e Naomi mi guardano, e penso anche tutti coloro che sono in galleria.
 
“Meredith, massaggia il cuore!”
Alzo lo sguardo, Cristina sta parlando con Meredith tramite l’interfono. Meredith prende in mano il cuore di Addison e inizia a massaggiarlo.
 
Io sono seduto per terra, con le mani sporche di sangue sulle ginocchia. Ho già pianificato il mio futuro senza di lei: sarà tutto un punto interrogativo.
 
“Sta funzionando!”
Urla Meredith.
 
All’inizio non capisco, poi mi rendo conto che quel rumore minaccioso è stato sostituito dal suono del battito del cuore di Addison.
In galleria sono tutti in piedi, Naomi fissa lo schermo come se dentro ci vedesse Dio (il che è molto probabile tenuto conto del fatto che da giovane aveva intenzione di diventare suora prima di conoscere Sam).
 
Mi alzo in piedi, e dico a Meredith di non smettere di massaggiare il cuore. Corro fuori e vado a cercare Callie.
 
Addison e Callie sono molto legate. Lei non sa che io me ne sono accorto, perché lei non sa che io sono innamorato di lei, e non crede che mi interessi della sua vita. In realtà so tutto di lei. Il suo gelato preferito è quello al gusto di Ananas, originale e afrodisiaco… Come lei d’altronde. Adora mangiare cheeseburger perché tanto il suo metabolismo è più veloce di quello di un maratoneta, e non ingrassa mai. Quando è arrivata qui era praticamente sola. Derek era innamorato di Meredith, e l’unica persona con cui parlava era Richard. Quando Callie è arrivata sono diventate subito amiche e hanno condiviso qualcosa di speciale… Un po’ come la Yang e la Grey. Poi sono arrivato io e le ho scombussolato la vita. È sempre alla ricerca della cosa giusta da fare invece che di ciò che la rende felice, per questo diceva di essere sola perché non si concedeva di pensare che uno come me potesse essersi innamorato di una come lei. E ora sono qui a pensare a tutto questo perché pensare a lei è la cosa più naturale del mondo.
 
“Callie! Callie! Il cuore batte ancora..”
 
“Che stai dicendo, Mark?! Addison è morta!”
Ribatte lei piangendo.
 
“No! La Grey le sta facendo un massaggio cardiaco su consiglio della Yang! Non è ancora finita!”
 
 
 
 
Addison è salva… Ma non ancora al sicuro. È in coma e non possiamo sapere nulla sulle sue condizioni finché non si risveglia… Se si risveglia.
 
Non ho ancora parlato con Derek dal giorno dell’intervento. È trascorsa circa una settimana. Penso che se vedessi Derek in questo momento non ne rimarrebbe niente di lui…
 
Trascorro gran parte delle mie giornate in camera di Addison. Ogni giorno mi occupo io di lavarla, perché non voglio che qualcun altro scavi nella sua intimità più di quanto non sia successo in sala operatoria. Naomi è rimasta a Seattle, e Sam è venuto anche lui da LA il giorno dopo l’intervento.
 
All’università impari che parlare con le persone in coma aiuta, perché stimola la percezione esterna… Quando lo vivi però scopri che tutto ciò aiuta molto di più chi è seduto sul bordo del lettino a tenere la mano del proprio amore, del proprio parente, del proprio amico, pregando per lui.
 
“Sam e Naomi si stanno avvicinando molto in questo periodo, e poi chissà… Magari tornano insieme… Invece non vedo Amelia da un po’… Deve essere tornata a LA o non ne ho idea…”
Cerco di parlare sempre di qualsiasi cosa mi capiti, come se lei potesse ascoltarmi.
 
Quando mi giro vedo Derek che è appena entrato nella sua stanza.
“Scusa, non sapevo fossi qui… Ora esco”
 
“E tu da quando ti interessi di Addison?!”
Mi alzo dalla sedia e mi avvicino al suo volto.
 
“Mark non è il caso!”
 
“Nono, voglio proprio sapere! Da quand’è che ti importa di come sta Addison?! Era tua moglie e tu l’hai lasciata morire!”
Inizio ha scaldarmi.
 
“Era morta Mark! Non potevo fare altrimenti!!”
Ribatte lui.
 
“Davvero?! Perché per Meredith mi pare tu abbia obbligato proprio Addison a continuare a tenerla in vita quando era praticamente morta di ipotermia!”
 
“Era diverso! Meredith è tutto quello che ho! Non potevo perderla!”
 
“Ti sembra che io abbia qualcun altro a parte lei?! Credevo di avere te, ma a quanto pare non è così!”
Il tono della mia voce si alza senza che io me ne accorga.
 
“Credevi di avere me?! Davvero?! Credevi di avere me anche quando avete progettato una famiglia praticamente il giorno dopo della nostra separazione?! Davvero credevi di avere me?”
 
Gli tiro un pugno sulla mascella con tutta la forza che ho, spingendolo contro l’albero di Natale che Izzie ha decorato in camera di Addison, facendolo cadere per terra.
 
“Lei ha abortito il suo bambino per colpa tua! Ha abortito perché il bambino lo voleva con te! E tu hai preferito stare con la 12enne! Ma non ti biasimo, se è lei la tua storia d’amore, ma smettila di rovinare la mia!”
Sbraito.
 
“Sono io che rovino la tua storia d’amore?! Sei stato tu ad infilarti nel mio letto, a rubarmi mia moglie e a rovinare la mia famiglia”
 
“Eri tu la causa della rottura del vostro matrimonio! Tu non l’amavi  più, ma sei così egoista che non avresti permesso che un divorzio rovinasse la tua reputazione… Ma non tornavi mai a casa, e la sera preferivi dormire in macchina perché di Addison non ti è mai importato nulla!”
Ribatto con tutta la rabbia che ho in corpo.
 
Continuerei a picchiarlo, ma Callie e Richard entrano nella stanza e mi afferrano per le braccia.
 
“Non qui Mark!”
Mi urla Callie.
 
“Ma che ti prende, Mark?!”
Continua Richard
 
“Meredith! Meredith Grey! La sua fidanzata ha salvato Addison! E lui l’ha lasciata morire!”
Appena pronuncio le ultime due parole, al solo pensiero vengo pervaso da un'altra scarica di energia. Mi butto su Derek quando Callie mi riafferra.
 
“Mark! Come puoi picchiare qualcuno davanti a Addison in questo stato?!”
 
Addison. Non ci stavo proprio pensando, tanta era la rabbia.
Scosto Callie e torno a sedermi accanto a lei, alla mia storia d’amore, mentre Richard porta via Derek che per sua fortuna non dice più niente.
 
“Addison mi dispiace… Mi dispiace… Addison perdonami”
Sto delirando. Lo so. Ma questa sua situazione mi sembra una punizione per tutto quello che ho fatto nella mia vita. Ora capisco... Sono io il veleno di Addison.
 
“Ehi Mark… Va tutto bene… È tutto okay…”
Callie si siede accanto a me e mi rassicura… Ma io ho solo bisogno di riascoltare la sua voce che mi dice che va tutto bene… La sua… Nessun’altra.

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Capitolo 2
*** AMELIA ***


Amelia
 
 
Mark dice di stare tranquilla, che tutto si sistemerà, e che Addie non morirà. Vorrei credergli… Lo vorrei davvero, con tutte le mie forze, ma è più forte di me. Sono come una calamita per le tragedie, e ogni volta che Dio ha bisogno di qualcuno lassù, credo che le persone che amo siano le sue predilette. E ora mi domando se esista o no questo Grande Capo di cui tutti parlano… E se esiste, inizio a dubitare della sua grande bontà. Prende con sé le vite di bambini appena nati, innocenti puri, con un cuore bianco ed una vita che dovrebbe essere ancora scritta, e lascia sulla terra assassini, stupratori e alcolizzati… Oppure riporta in vita dopo 3 minuti quei ragazzi così stupidi che non tengono alla loro vita e si drogano fino a rimanere soffocati nel proprio vomito… Quei ragazzi come me.
 
Perché? Perché tutto ciò? Non sarebbe stato più semplice per tutti se invece di prendere le vite di mio padre, mio figlio e ora di mia sorella (l’unica che possa considerare davvero sorella… e l’unica che non ha il mio sangue),avessi preso direttamente la mia quando ne hai avuto la possibilità?! Cos’è tutto questo? Una punizione? Perché se volevi punire me, allora prendi me…
 
“Cazzo, prendi me, non lei!”
Urlo sbattendo le mani sul bancone del bar fissando quel bicchiere di Vodka-tonic che è ancora pieno, e che mi sento troppo in colpa per bere.
 
Devo aver attirato l’attenzione di un malpelo. Mi guarda con aria interrogativa… Starà per chiedermi se va tutto bene solo per attaccare bottone e portarmi a letto. Come se non si vedesse che qualcosa non va… E probabilmente io sarei così ingenua da accettare solo per poter liberare la mente e pensare ad altro che non sia Addison o quella Vodka che mi guarda come a farmi ricordare ogni secondo quanto io sia debole e stupida. La mia vita è uno schifo.
 
Poggio le braccia sul bancone e lascio cadere la mia testa su di esse.
 
“Dio non è un uno strozzino. Lui non è per quella storia della vita per una vita. Non c’è bisogno che gli chiedi di prendere la tua per salvare lei…”
Il rosso si è seduto accanto a me. Non lo guardo neanche negli occhi. Resto nella mia comoda posizione da cane bastonato perché è così che mi sento.
 
Non ha tutti i torti. Dio non chiede una vita per una vita. Dovrei solo pregare… Ma lui non sa tutta la storia. La mia fede in questo Lui è svanita giorno dopo giorno. Tragedia dopo tragedia. Non sono un’atea, non sono una credente… Non sono niente. Sono solo una specializzanda 24enne che ormai non ha più nessuno.
 
“Non ha senso torturarsi in questo modo. Non hai bisogno di avere un bicchiere pieno davanti per testare la tua forza. Se non lo vuoi, non lo berrai comunque. E se non lo berrai, lo sai già.”
Non gli rispondo. Ma anche questa volta ha ragione. Solo che quel drink era decisamente l’ultimo dei miei pensieri.
 
 “Sai ero nell’esercito. La mia compagna si chiamava Teddy. Era la mia migliore amica… O meglio, era qualcosa di più. Era la persona che avrei chiamato in caso di emergenza alle 4 di notte perché avevo fatto un incubo. Era la persona che mi spronava a fare di meglio ogni giorno. Era la persona che avrei voluto prendesse le decisioni giuste in caso di necessità, riguardo la mia vita.”
Non me ne accorgo nemmeno, ma la mia testa si alza e inizio ad ascoltare le sue parole, come se uscissero proprio dalla mia bocca... Perché Addison è per me esattamente quello che questo sconosciuto ha appena descritto.
 
Usa il passato. Mi dispiace per lui. Ma non provo compassione. So già che molto probabilmente tutto questo è solo un metodo per rimorchiare… Ma poco mi importa. Quelle parole, vere o no, mi hanno toccato. Voglio sapere di più su questo malpelo.
 
Lui mi guarda negli occhi. Non commenta… Credo abbia capito che vorrei che continuasse a raccontare. Forse semplicemente perché così mi sento meno sola in questo deserto che mi circonda.
 
A dispetto del suo aspetto, i suoi occhi sono ancora quelli di un bambino. Vedo un riflesso di tristezza e angoscia, ma probabilmente è solo la mia testa che mi fa brutti scherzi. Non so esattamente cosa farei se ora mi baciasse… Mi lascerei tutto alle spalle, mi ubriacherei di nuovo e seguirei quest’uomo nel bagno, e poi a casa sua, o lo allontanerei e rimarrei qui a rimuginare sulla mia stupida e inutile vita?
 
“Teddy era la mia compagna d’armi. Sono un medico di guerra. Ho visto i nostri soldati morire sotto il fuoco nemico. Brave persone. E ho dovuto operare quelli stessi nemici. È ingiusto lo so. Ma non prendertela con Lui. Né chiedigli uno scambio. Non si negozia col Grande Capo.”
È uno di noi… È uno come me… Questo… Questo cambia le carte in tavola…
 
“Scusa… Non volevo importunarti. Cercavo solo di aiutare… Ma non sembri il tipo in cerca di compassione…”
Si sta alzando… Ma non voglio che vada via. Voglio che resti con me… Lui… Sembrava che mi capisse… Non vuole me… Vuole solo aiutarmi.
 
Senza pensarci gli prendo il braccio
 
“Non andartene…”
Lui mi guarda, poi torna a sedersi senza dire niente. Solo per farmi compagnia. Per non lasciarmi sola. Non voglio essere più sola.
 
Il tempo passa, ma sembra cristallizzarsi intorno a noi e a quel bicchiere di Vodka che funge da separatore tra me e un burrone.
 
“Mio fratello non mi parla da quando sono morta per 3 minuti e lui ha dovuto rianimarmi. Mio padre è morto. Mio figlio è vissuto per 43 minuti. E ora mia sorella è in bilico tra la vita e la morte.”
Non so perché gli dico tutto questo… Credo che dovessi solo liberarmi di questo peso. Lui è uno sconosciuto. Non conosco il suo nome, ma è l’unica persona che adesso è qui. Ora che ne ho bisogno.
 
“Siamo tornati da Bagdad 3 mesi fa. La settimana scorsa Teddy è stata richiamata sul campo. Ed io sono rimasto qui. Sarei dovuto ripartire il mese prossimo. Ma ieri… Ieri è arrivata la notizia che Teddy è rimasta ferita durante un colpo… E poi uno dei ragazzi del fronte ha cercato di rianimarla. Non ce l’ha fatta. Ed oggi sono qui. Vorrei bere, come facevamo quando uno dei nostri moriva. Lei diceva che bisognava brindare per le vite che cadevano in guerra. Diceva che erano fortunate perché non avrebbero più dovuto vedere gli orrori di questo mondo. Considerava la morte come una medaglia al valore.”
Fa una pausa. Ed io mi perdo ascoltando la sua voce calda che ricorda le sue tragedie personali. Forse dovrei farlo smettere. O semplicemente alzarmi e andare via. Non lo conosco, e non dovrei sapere altro. In fondo è solo uno sconosciuto conosciuto in un bar.  Qualcosa però mi ferma. Qualcosa mi impedisce di muovermi, e l’unica cosa che sento di poter fare, è continuare ad ascoltarlo.
 
Prende la mia Vodka e la beve. Tutta in un sorso.
 
“Sappiamo entrambi che non l’avresti bevuta”
Io non ne sarei tanto convinta, ma credo sia meglio così.
 
“Venivamo qui tutte le sere da quando eravamo tornati”
C’è ancora dell’altro, ed io sarei rimasta ad ascoltarlo, ma vedo una mano, sento un colpo, ed il rosso vola giù dallo sgabello.
 
Non capisco cosa stia succedendo fino a quando non mi volto e vedo mio fratello con gli occhi arrossati ed il fiatone. Lui mi guarda. Non avevo sue notizie da quando lui mi ha salvato la vita. E rivederlo in questo stato, è come una cannonata dritta in pancia.
 
“Derek…”
Ho paura di sapere cosa stia succedendo al Seattle Grey’s. Ho paura perché l’unica volta che ho visto Derek in questo stato era al funerale di nostro padre.
 
“Ci ho provato. Ci ho provato, mi dispiace”
Urla. È ubriaco. Ha bevuto prima ancora di arrivare qua.
 
Sento le lacrime inumidire i miei occhi. Addison. E in un batter d’occhio sono fuori dal bar di Joe. Mi guardo indietro solo per un istante. Con lo sguardo cerco quel ragazzo che ho visto volare dallo sgabello, ma tutto ciò che vedo è Derek che scaraventa il bicchiere di vodka giù dal bancone mentre impreca in preda all’alcool.
 
Lo sapevo sin dall’inizio che Derek aveva smesso di amarla. Lo sapevo da quando Addison veniva a cercarlo a casa perché la notte non rientrava, o da quando a Natale l’albero rimaneva sempre spoglio da un lato, il lato che avrebbe dovuto decorare Derek, e lei lo addobbava la sera prima della vigilia per evitare che in casa si respirasse quell’aria di solitudine. Poi pian piano hanno iniziato a non parlarsi più… E Mark rimaneva con me. Anche lui lo sapeva. E poi alla fine è successo, e quando Derek li ha trovati, è stata per lui solo una scusa per poter andare via.
 Eppure adesso, nonostante tutto, è lì, ubriaco, a piangere per quella che è stata l’amore della sua vita per tre quarti di essa. Perché in fondo anche lui ci teneva. Tutti tenevamo a lei… E adesso la sento volatilizzarsi come sabbia tra le dita.
 
Mi volto e continuo a correre verso l’ospedale.
 
Arrivo in galleria e quel che vedo è esattamente quello che temevo. Sento il mio cuore sgretolarsi, e la mia vita è appena diventata il mio peggior incubo.
 
Mi appoggio al muro, e lentamente inizio a piangere e a cadere per terra. Webber mi viene incontro. Sa che Addison era tutto ciò che avevo, e adesso… Ora non ho più nessuno.
 
Lei è aperta sul tavolo operatorio, mentre l’elettrocardiogramma mostra una linea continua. Mark è seduto per terra con le mani tra i capelli, e una specializzanda ha in mano il cuore di mia sorella, mentre segue le indicazioni di un’altra specializzanda.
 
Questo è troppo. Scatto fuori dalla galleria, e Callie mi ferma.
 
“Non farlo. Ci stanno solo provando”
So che anche lei vorrebbe scendere in sala operatoria e richiudere quel che resta di lei, invece che assistere a questo spettacolo raccapricciante, ma le do ascolto. Corro in bagno e aspetto che Mark venga a comunicarmi l’ora del decesso.
 
 
 
 
È trascorsa una settimana. Dal giorno dell’intervento gli unici luoghi in cui sono stata sono la camera di Addie, e il bar di Joe. Ho conosciuto Meredith, la fidanzata di mio fratello… La stessa che teneva in mano il cuore di Addison, e la stessa che è riuscita a rianimarla quando tutti erano convinti che fosse morta. E Cristina. La specializzanda che diceva a Meredith cosa fare per salvare la vita dell’unica persona che ancora tiene a me, nonostante tutto.
 
Sono grata a loro due per avermi ridato mia sorella, anche se continuo a chiedermi come sia possibile che la fidanzata di Derek abbia salvato la vita della sua ex-moglie… Ma questa è solo una delle tante stranezze che ruotano attorno a  questo ospedale.
 
Callie è appena uscita dalla stanza di Addison, ed io sono sulla soglia della porta. Vorrei sedermi con lei e raccontarle delle tante cose che ho scoperto, o chiederle perché non mi avesse detto di aspettare un bambino da Mark… E di averlo abortito… Ma tutto ciò che faccio è continuare a guardarla, sperando che apra quei dannati occhi. Mi manca parlare con lei, mi mancano i suoi commenti e i suoi consigli… Che più da sorella maggiore sono quelli di una compagna di bevute. Vorrei dirle che è da più di 6 mesi che non bevo ormai, ma non avrebbe senso. So che parlare ai pazienti in coma è una buona abitudine solo che per me non ha molto senso parlare ad un corpo vuoto. Ma tutto ciò che desidero è che si risvegli, che torni da me… E così mi siedo, e inizio a raccontarle della rissa tra Mark e Derek di qualche ora fa, di come Callie si sta prendendo cura di lei, e di come cerco in tutti i modi di evitare Mark. Lo guardo di nascosto, cerco di stargli alla larga e credo anche che lui pensi che sia tornata a LA. Non so esattamente il perché, ma in questo momento non so cosa sia lui per me… Un padre, o un amante occasionale. E così mi nascondo in quel bar.
 
“Addison… Io non cela faccio più! Senza di te la mia vita è un tunnel infinito. Tu porti la luce… Ti prego svegliati… Ho bisogno di te”
 
Sono le 8 di sera e come ogni giorno vado da Joe. Non prendo niente, ma vedere altra gente, mi fa bene… Così dice Naomi.
 
Sono seduta al bar, con il mio solito bicchiere di Vodka-tonic e aspetto che il Rosso arrivi. Si chiama Owen, ma io continuo a chiamarlo Rosso. Durante questi giorni senza Addison, è diventato lui il mio compagno di bevute… Sarà il colore dei capelli che li rende ottimi ascoltatori.
 
“Ciao Rosso!”
Owen è arrivato e come ogni volta si siede accanto a me, e beve il mio bicchiere di Vodka. Oggi però sembra diverso. Vorrei chiedergli cosa succede, ma le nostre conversazioni non iniziano mai così. Ogni volta che io ero in ansia per Addison, lui me lo leggeva in viso, e sapeva che non era il caso di fare domande. Se avessi voluto, avrei parlato. E aspettava in silenzio finché io non proferivo parola. E così farò io. Ascolterò il suo silenzio…
 
“È una settimana. Una settimana che non c’è più.”
So cosa sta provando. I primi giorni non sono mai i più duri. È quando trascorre una settimana che ti rendi conto che quella persona non c’è più, ma il mondo va avanti lo stesso. E tu vorresti poter bloccare il tempo, vorresti averne abbastanza da piangere la sua morte, ma sai che non si può… E non perché non si possa bloccare il tempo, ma perché farlo ripartire poi sarebbe la cosa più difficile. Credo sia per questo che esistano i funerali. Durante le cerimonie, il tempo si blocca… Ma nessuno deve farlo ripartire. Sali in macchina, ti allontani dal cimitero, e tutto torna come prima. Non ti senti in colpa perché la tua vita va avanti… I funerali non sono per i morti. Sono per le persone che restano qui.
 
“Non si può bloccare il tempo. Ma non devi andare avanti ora. Prenditi il tuo tempo.”
Come si fa a non andare avanti quando il tempo scorre lo stesso?
 
Quando mio padre è morto io andavo sulla ruota panoramica di Los Angeles. Ci andavamo sempre insieme. Poi un giorno ho smesso. E ho capito di essere andata avanti. Perché ho capito che dimenticare e continuare a vivere sono cose diverse.
 
“Io e Teddy venivamo sempre qua perché la prima volta vidi una ragazza e me ne innamorai. Si siede sempre al quarto posto del bancone, e non le ho mai parlato. Ha i capelli lunghi e neri, e prende sempre una bottiglia di Tequila che poi divide con la sua amica. Continuavo a venire qua perché essere vicino ad un ospedale mi faceva sentire più vicino ai miei compagni a Bagdad, mi ripetevo, ma lei lo sapeva che il motivo era semplicemente quella ragazza di origini coreane. Teddy mi diceva di andare a parlarle, offrirle un drink… Ma a me bastava guardarla.”
 
Ed ecco che il mondo mi crolla sotto i piedi un’altra volta. So di chi sta parlando: Cristina. Cristina Yang. La specializzanda che ha salvato Addison. La ragazza a cui devo tutto. Io la conosco. Dovrei dirglielo?
 
“La donna di cui parli… È Cristina. Cristina Yang. La ragazza che ha salvato mia sorella.”
E mentre pronuncio quelle parole il mio cercapersone inizia a suonare. Non lavoro al Seattle Grey’s perciò l’unica ragione per cui Callie mi ha appena mandato un 911, è Addison.
 
Si è svegliata? Oppure è… No. Decido di credere che si sia svegliata. Guardo Owen prima di correre fuori, e non mi accorgo neanche che lui è dietro di me.
 
Quando arrivo nella sua stanza, Addison non c’è. Sto per sedermi e piangere. Voglio solo piangere. Perché ho solo 24 anni e non ho più nulla. Ma prima che mi possa sedere, Owen mi prende per un braccio e inizia a correre verso la sala operatoria. Ed è proprio in quel corridoio che vedo Mark sulla barella di Addison mentre le fa un massaggio cardiaco. Callie e Naomi sono ai lati della barella, e Derek è immobilizzato dietro.
 
So che non mi vuole, so che non sono più niente per lui, ma non posso resistere e gli corro incontro affondando la testa nel suo petto. Lui mi circonda con le braccia e mi rassicura.
 
“Andrà tutto bene Amy… Vedrai… Andrà tutto bene…”
Anche lui è preoccupato... Cerca di essere forte per me, ma i risultati sono deludenti.
 
La barella si ferma prima di poter entrare in sala… È occupata da un emergenza dell’ultimo minuto. E Addison non ha il tempo di cambiare sala operatoria.
 
Vedo la Yang e la Grey correre per dare una mano mentre Mark continua con le compressioni nessuno sa più cosa fare. Poi d’un tratto Owen si avvicina, e con tutta la forza che ha tira un pugno sul petto di Addison, e mentre spero che non le abbia rotto nulla, il cuore riprende a battere.
 
“È un episodio di displenia. Dobbiamo aprire per capirne l’origine.”
Mark si sposta, e scende dalla barella per prendere la mano della donna che ama, e Cristina informa Owen.
 
“Ha un soffio al cuore, credo che la displenia sia il risultato di un’insufficienza ventricolare sinistra”
Il Rosso alza gli occhi e solo in quel momento la riconosce. Si guardano per una frazione di secondo. Credo che anche lei lo avesse notato al bar. Poi riportano la barella nella stanza di Addison, ed io la seguo.
 
“Ti prego resisti”
Dico in un soffio mentre la vedo sparire dietro quelle porte, e senza il coraggio di entrare.

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Capitolo 3
*** ADDISON ***


Addison
 
 
So cosa mi sta succedendo. E so cosa succede intorno a me. So di essere viva, e so che sono in un letto di ospedale.
In questo momento il mio torace è aperto, stanno cercando di capire la causa della displenia. Sento le mani di Cristina tenere in mano il mio cuore.
 
“Quei figli di puttana l’hanno aperta di nuovo. Hanno violato di nuovo la sua privacy”
È questo che sta pensando Mark. Lo so già. Lo conosco troppo bene. Tiene a me, e me lo dimostra ogni giorno. Si reinventa ogni giorno per farmelo capire, ed io, da solita strega adultera senza figli quale sono, non gli do mai alcuna soddisfazione.
 
La verità però è che io un figlio ce l’ho. O meglio… L’ho avuto. Lo avrei tenuto. Avrei fatto di tutto per tenerlo con me, per avere una famiglia… E poi ho deciso di lasciarlo andare, di perderlo. Io che sono un chirurgo fetale, io che vedo la vita nascere ogni giorno, ho deciso di abortire. So che Mark avrebbe amato nostro figlio più di ogni altra cosa. E so che alla fine saremmo diventati una famiglia. Ma ho avuto paura. Paura che la famiglia che saremmo diventati non sarebbe stata abbastanza per lui, o che sarebbe finita come con Derek. Paura che Amelia mi avrebbe odiato… Come avrei potuto avere una famiglia sapendo quello che è successo ad Amy?! Come avrei potuto farle un torto simile? Come? E poi…Paura della vita che  avrei dato a nostro figlio… Una vita con un alto rischio malattia congenita. Un soffio al cuore con cui io convivo tranquillamente… Ma che una volta ogni 20 anni rischia di uccidermi.
 
No. Non è la prima volta che finisco in coma per colpa di questo soffio. E non è la prima volta che Mark e Derek mi vedono così. È già successo quando avevo solo 16 anni. Derek e Mark erano i migliori amici di Archie, mio fratello maggiore. Eravamo nella casa del Capitano a giocare in piscina, quando mio fratello finge di affogarmi. Non avevo preso abbastanza aria e senza pensarci ho respirato sott’acqua. Il cloro ha avuto lo stesso effetto di questa tossina, e quando mio fratello mi ha fatto risalire, ero diventata viola e avevo perso conoscenza. Credo si sia sentito in colpa per molto tempo… Non so cosa sia successo dopo, so solo che quando mi sono svegliata dopo tanti giorni, Mark era accanto a me. Era l’unico ad essere rimasto. Il Capitano era ripartito per lavoro, Bizzy non credo neanche che sapesse cosa mi fosse successo, e Derek era con Archie in attesa di tenere in braccio la neonata sorella di Derek: Amelia.
 
E ora sono di nuovo qui. Nella stesa situazione. Con due medici che osservano ogni lato del mio corpo. So che Derek non è uno di loro. Lo so perché lui adesso sta consolando Amelia. Amelia che continua a vedermi in questo stato, e ha bisogno di qualcuno che le faccia forza. Mark mi tiene la mano, riesco a sentirla. E vorrei stringergliela per dirgli che va tutto bene, per dirgli che sono viva, che si risolverà tutto. E Callie si sta tormentando per capire il motivo per cui non riesco a svegliarmi. Ma la verità è che non è qualcosa che loro stanno tralasciando a impedirmi di superare questa barriera. Sono io che non voglio svegliarmi. Sono io che ho paura di dover dire a Mark che mi dispiace per quello che ho fatto e che non è per lui che ho rinunciato a nostro figlio. Sono io che non voglio svegliarmi e scoprire che avevo ragione, che Derek sta male davvero per colpa mia, e che Amelia potrebbe ricadere in quel dannato circolo… Per colpa mia. Se invece resto qui, addormentata, e lontana dalla realtà, resta ancora la possibilità che nulla di tutto ciò sia reale.
 
Senza rendermene conto sono già stata ricucita. Hanno rimesso a posto quel che rimaneva del mio cuore… per ora… E adesso sono di nuovo tutti ad aspettare me. Sta di nuovo tutto a me. Allora cosa vuoi fare Addison Adrienne Forbes Montgomery?
 
“Mark come facevi a saperlo?”
È la voce di Callie. Lei e Mark sono nella stanza. So cosa vuole sapere Callie. Perché Mark era l’unico a sapere del soffio? Non lo so, ma era l’unica persona a cui avevo deciso di dirlo.
 
“Parli del soffio, vero? Non è la prima volta che le succede. Aveva 16 anni ed eravamo in piscina. Poi suo padre, il Capitano, la portò in ospedale, ed io e Derek rubammo uno scooter per poterlo seguire. Rimase in coma per quasi una settimana. Quando il medico disse a suo padre che aveva un soffio io ero rimasto dietro a sentire… Ma non avevo capito cosa significasse finché lei non si svegliò, e mi disse che non avrei dovuto dirlo a nessuno.”
 
Non sapevo che avessero rubato uno scooter per me… Ma questo è decisamente da Mark!
 
“Tu la ami, Mark?”
Questa è una domanda inaspettata. So che lui prova qualcosa per me. E anche io sento che c’è qualcosa che mi spinge a stare con lui. Ma amare e provare qualcosa sono cose molto diverse l’una dall’altra.
 
Credo che Callie sia uscita dalla stanza perché sento dei passi allontanarsi.
 
“Addison… Ti prego svegliati… Non riesco più a stare un solo giorno senza di te. Ho bisogno di vedere il tuo sorriso. Ti prego apri quegli occhi. Ne ho un disperato bisogno.”
 
E quelle parole muovono qualcosa in me. Sento che devo svegliarmi adesso o sarà troppo tardi. Lo sento mollare la presa della mano, e non posso permettermi di continuare a dormire. Porca miseria Addison. Non aver paura.
 
Stringo la mano. Ci provo. Ma l’impulso che il mio cervello lancia è troppo debole e non riesco a prendergli la mano. Riesco solo a muovere un dito impercettibilmente. E poi lo sento definitivamente andare via.
Non ci sono riuscita. Avrei dovuto farlo prima. Avrei dovuto provarci prima e non lasciare che la paura prendesse il sopravvento. Mark è andato via e ho paura che non tornerà mai più. Ho paura che quella sia stata l’ultima volta in cui lui sarebbe stato davvero con me.
 
Continuo ad arrabbiarmi con me stessa al punto che non mi accorgo di aver appena stretto il lenzuolo nel mio pugno. E pochi secondi dopo li sento tutti nella mia stanza.
E poi sento di nuovo le sue mani sulla mia. E la sua voce che mi sussurra di fare con calma, che mi dice di credere in me. E così prima ancora di aprire gli occhi, la cosa che mi viene più spontanea da fare è chiedergli scusa.
 
“Mi-mi dispiace… Mark”
E la sua mano stringe la mia. Amelia e Callie si avvicinano e io continuo a chiedergli scusa per averci messo troppo. Per aver ucciso il nostro bambino. Per aver avuto paura. Per non avergli dato retta quando mi diceva di uscire dalla sala operatoria di Marina Wagner, la paziente dal sangue tossico.
 
“Scusami”
Dico e mentre giro la testa i miei occhi si socchiudono. E tutto ciò che vedo sono 2 zaffiri che brillano dove dovrebbero esserci i suoi occhi. È tutto sfocato, e inizio a domandarmi se non ami davvero questo chirurgo plastico… Se davvero non sono ancora riuscita ad andare avanti dopo Derek.
 
 
 
 
 “Quindi per ricapitolare … La Yang ha lasciato Burke e Owen è stato assunto da Webber come capo di traumatologia... È pazzesco!”
Amelia continua a parlare e le sono grata per il suo tentativo di riempire questo silenzio infernale… Ma senza Mark è tutto diverso.
 
Sono passati 5 mesi da quando mi sono svegliata. Non capisco perché continuino a tenermi costretta in questo letto. Ogni tanto ho ancora degli episodi di dispnea, ma non sono più a rischio. E credo che se rimango qui ancora per qualche giorno, il rischio di mortalità più alto per me sarà quello del suicidio.
 
“E non dimentichiamo che tu sei al quinto mese”
Poco prima dell’… Incidente… Amelia era rimasta incinta di nuovo. L’ha scoperto solo pochi giorni dopo il mio risveglio. Sono contenta per la mia sorellina. Se lo merita. Un bambino la renderà felice. Lo so. Lo so perché è la stessa cosa di cui avrei bisogno io, perché so che se avessi avuto il mio bambino, probabilmente non sarei mai entrata in quella sala operatoria, e non avrei sfiorato la morte un’altra volta. Ma lui non c’era più. Tutto quel che mi rimaneva di lui era un immagine sfocata di lui che mi correva incontro dopo la scuola chiamandomi “mamma”… Una scena che tutte le future madri immaginano quando scoprono di aspettare un bambino… Ed è a quello che pensano quando partoriscono, quando si spaccano in 2… Perché è quello che io ho sempre promesso a tutte le madri. Tutte… Meno che una. Amelia. E per questo non mi perdonerò mai. So che non è colpa mia, ma il dolore che lei ha provato quando le ho dato in braccio il “bambino unicorno”, è stato peggio di un colpo di pistola al cuore. Ecco perché io ho rinunciato al mio bambino. Per lei. Perché è la cosa più cara che ho.
 
Una volta al giorno ho la possibilità di alzarmi, e passeggiare per due ore. Ricordo il giorno in cui Amelia è venuta a dirmi che temeva di aspettare un bambino. Sono andata io stessa a prendere uno stick e quando siamo entrate in bagno, l’ho vista piangere… Piangere come non faceva da tanto. L’ho abbracciata ed entrambe abbiamo pensato ai nostri bambini. Abortire è stata la cosa più dura che abbia mai fatto. E solo così, dicendole che aveva la possibilità di dare vita ai nostri bambini attraverso quella vita che le cresceva in pancia, l’ho convinta a continuare la gravidanza. Solo in questo modo. Le ho ridato la speranza di far avverare quell’immagine.
 
“Ho paura Addie…”
 
“Non devi averne. Perché qualunque cosa accada, io sarò sempre con te!”
E sarà così. Quel bambino non avrà un padre, ma avrà una zia che lo amerà come una seconda madre.
 
Amelia abbassa lo sguardo, e si porta una mano sul pancione che cresce a vista d’occhio.
 
“Derek non ha ancora detto nulla… L’ho deluso un’altra volta…”
A quelle parole mi metto a sedere sul letto e l’abbraccio, esattamente come ho fatto quando le ho messo in braccio il suo bambino unicorno.
 
Vedo Mark passare da vicino la mia camera. È la terza volta questa mattina. Lo fa ogni giorno, ogni ora. Ha paura di entrare. Lo so. Ed io ho paura di vederlo.
 
L’altro giorno ho finto di dormire. Lui allora è entrato, e Meredith è arrivata subito dopo.
 
“La ami?”
È stata la seconda persona a chiederglielo. Non posso mentire a me stessa. È vero. Quando ho abortito ho avuto paura che Mark non sarebbe stato un ottimo padre, ma sapevo che quel bambino l’avrebbe riportato sulla buona strada. Adesso però, pensare che lui mi ami, fa un forte effetto. E se fosse vero non so cosa farei.
 
“Non importa cosa provo. Tu sai che Derek ti ama. Tu per lui non sei più l’amante clandestina. Ma io si. Lei mi vedrà sempre e solo così.”
Aveva ragione? Per me in fondo resterà sempre l’amante clandestino con cui ho tradito mio marito, e ho avuto una storia di quasi un anno?
 
“Ma tu la ami?”
Meredith ha insistito e lui è andato via. Di nuovo.
 
“Ci ho provato…”
Meredith sapeva che ero sveglia.
 
Torno al presente e lentamente chiudo gli occhi. Vorrei che finisse tutto adesso, vorrei poter tornare ad operare, vorrei non essere mai entrata in quella dannata sala contaminata.
 
“Devi parlargli! Dovete parlare di tutto quello che è successo”
Anche amelia deve aver visto Mark, e probabilmente conosce i miei sentimenti meglio di me stessa.
 
“Amy…”
Cerco di farle cambiare discorso, ma lei inizia a scuotere la testa.
“Facciamo così… Gli parlerò se tu parlerai con Derek!”
Lei scuote la testa più forte e… E solo un secondo dopo mi accorgo che sta avendo delle convulsioni.
 
Scendo immediatamente dal letto e la faccio girare di lato mentre chiamo aiuto. Mark entra nella stanza prima ancora che io me ne accorga e dopo diversi minuti riusciamo a stabilizzarla e metterla su un letto nella stanza accanto alla mia. Derek arriva poco dopo. Posso leggergli la paura negli occhi. Chissà cosa provava quando ero in coma o mentre mi apriva sul suo tavolo. Non ho ancora chiesto i particolari degli interventi… Ma quando Amelia ne accenna, vedo sempre una scintilla di amarezza nei suoi occhi.
 
“Dobbiamo fare una TAC cerebrale…”
Afferma Derek. Credo sia l’idea migliore per Amelia, ma so anche che un’esposizione a quei raggi potrebbe essere dannosa per il bambino… E il bambino dovrebbe essere l’ultima cosa di cui preoccuparsi.
 
“Non credi che sarebbe pericolosa per il bambino?”
 
“Conosco i rischi Addison, e tu ora non sei un medico!”
Mi risponde in tono secco, il solito tono che usa quando parla con me. So che non mi ama, e neanche io. Sono finalmente riuscita a chiuderlo in una piccola scatolina così da non dovermi preoccupare per lui… Ma a quanto pare non ha funzionato. Il disprezzo nella sua voce quando mi parla resta sempre una pugnalata. E Mark lo sa. Se ne accorge dal cambiamento del mio sguardo.
 
“Non ti ho chiesto questo. Ti ho detto di pensare al bene di Amelia. Sai che non riuscirebbe a lasciare andare un altro bambino”
Provo a ribattere.
 
“Sto pensando al bene di Amelia… Io…”
 
“Davvero? Perché a me non sembra che ti importasse tanto di lei quando ti ha detto di aspettare un altro bambino.”
Faccio una pausa ed in un soffio aggiungo “Sei tu il veleno di mia sorella”
Solo dopo che dico questa frase mi accorgo di aver già sentito qualcosa di simile da qualche parte…
 
“Lei non è tua sorella”
Urla e sbatte la mano sul tavolo ai piedi di Amelia.


Sento una forte fitta al cuore che mi costringe a portarmi una mano sul petto. Resto con la bocca aperta e faccio un passo indietro, mentre vedo Mark protendersi in avanti e serrare il pugno. Non credo che riuscirei a sopportare una rissa tra l’uomo che ho sposato e l’uomo con cui l’ho tradito… Non davanti ad Amelia…
 
E come se avesse sentito quello a cui stavo pensando, Mark si tira istintivamente indietro, guardandosi la mano serrata. Dopo di che alza lo sguardo facendolo posare prima su Derek, poi su di me, per poi scappare via.
 
Non ci penso, ma la prima cosa che mi viene da fare è seguirlo.
 
“Che succede?”
Lui mi fissa per qualche istante
 
“Ho picchiato Derek… Mentre tu eri in coma… Davanti a te”
 
Improvvisamente chiudo gli occhi e mi sembra di rivivere un momento di quando ero in coma… Sento delle urla, dei rumori forti, e poi una voce… Dice qualcosa ma non capisco cosa… È tutto molto confuso… Ma poi mi torna in mente quella frase “sono io il tuo veleno”… Ecco dove l’avevo sentita. Mark.
 
“Lui ha ritirato in ballo la storia del tradimento, e del tuo trasferimento a NY con me… E poi… E poi…”
Ingoia. Ha gli occhi lucidi. Quei bellissimi zaffiri che si illuminano con lo scintillio delle sue lacrime.
 
“Mi dispiace Addison. Mi dispiace tanto…”
Ripete le stesse parole di quando io mi sono svegliata e capisco che qualcosa in lui non va. Mi faccio coraggio e decido di rompere il ghiaccio abbracciandolo.
 
“È per questo che continui ad evitarmi? Perché hai paura che io possa ricordare? Perché hai paura di sentirti in colpa?”
 
“No. Ti evito perché so che mi hai sentito e che la pensi esattamente come me. E se vuoi tornare ad operare, il veleno non può essere anche una medicina”
Provo a ribattere quando Owen e la Yang arrivano di corsa.
 
“Cos’è successo ad Amelia?”
Chiede il rosso con l’affanno. Io continuo a guardare Mark negli occhi. Non posso credere che pensasse davvero che starmi lontano avesse fatto bene alla mia salute. Anche lui mi guarda negli occhi per pochi altri istanti prima di rispondere.
 
“Ha avuto una crisi. Ora sta riposando. E il dottor Shepherd crede che la cosa migliore da fare sia una TAC.”
Sento che il tono della sua voce assume una vena contrariata quando espone il programma di Derek… Che ha chiamato dottor Shepherd… Credo che ancora non abbiano risolto la loro lite…
 
“Ma lei non sembra d’accordo, dottor Sloan”
Afferma Cristina interessandosi per la prima volta, credo, ad un caso che non fosse di cardio. Amelia mi parla spesso di Cristina. Credo che le sia stata più vicino rispetto a tutti gli altri in questo periodo… Forse per il fatto che mi ha salvato la vita, o che qualcosa sta nascendo con Owen grazie ad Amelia…
 
“Un’esposizione prolungata potrebbe causare una sofferenza fetale… E non sarebbe l’ideale... Specialmente dopo l’ultimo bambino!”
Mark espone le mie stesse preoccupazioni ma mi rendo conto che è necessario fare una TAC cerebrale per capire a cosa sia dovuta la crisi.
 
Owen e Cristina entrano nella camera di Amelia, mentre io e Mark restiamo fuori in disparte. Sono davvero preoccupata, e non mi sono resa conto che sono ancora in pigiama… Io… uno dei migliori chirurghi di tutto il mondo… Sto uscendo in un ospedale in pigiama.
 
Mark si accorge del mio imbarazzo.
“Tranquilla… La seta ti dona… Mette in evidenza le tue forme…”
Fa un occhiolino, ed io gli sorrido mentre penso che nonostante tutto non ha perso il suo tipico senso dell’umorismo.
“Ma se proprio non ti piace, potrei togliertelo io!”
Mi sembra di essere tornata all’anno scorso. Quando ogni occasione era buona per flirtare in questo modo… Poi mi rendo conto che la situazione è cambiata molto. Io non posso stare in piedi per più di 2 ore, Amelia è incinta in un letto d’ospedale per chissà quale problema, e Mark… No… Lui è sempre lo stesso.
 
Lui è accanto a me, e si accorge ancora una volta del mio cambiamento d’umore improvviso. Appoggio le mani sul bancone dietro di me, e inizio a pensare di fare qualcosa che non ho mai fatto prima. Pregare. Mi sento disperata. Se succedesse qualcosa ad Amelia, non so cosa farei.
 
Mark posa la sua mano sulla mia ed io lo guardo, accorgendomi davvero per la prima volta che ho bisogno di lui. Che non ho mai affrontato nulla senza il suo appoggio. Che se avessi tenuto il bambino saremmo stati una famiglia degna di essere chiamata tale.
 
Piego la testa verso il basso, ingoio le lacrime, ma quando la rialzo, i miei occhi diventano lucidi. Sento il suo sguardo addosso, quando vedo Amelia aprire gli occhi davanti ad Owen e Cristina.
 
Entro nella stanza di corsa seguita da Mark.
 
“Alla fine… Ce l’hai fatta!”
Sussurra Amelia, guardando le mani intrecciate di Owen e Cristina.  Il rosso diventa ancora più rosso, e la Yang, caparbia com’è, si allontana ed esce dalla stanza.
 
Derek arriva come un fulmine pochi secondi dopo che Mark, sotto mio consiglio, se così si può chiamare, gli ha mandato un codice blu.
 
“I codici blu significano che qualcuno sta per morire!”
Tuona con la sua voce profonda e segnata ancora da una macchia di amarezza nei confronti di Mark.
 
“Non saresti venuto se ti avessero detto che mi sono svegliata!”
 
“Tu stanne fuori, Amelia. Ti ho fatto un tossicologico!”
Non posso credere alle sue parole. Spero di aver sentito male…
 
“Tu credi davvero che io possa essermi drogata di nuovo?! Credi che butterei così la mia seconda possibilità di avere un bambino?!”


“Amelia…”
Derek ha uno sguardo stupefatto. Non aveva idea di tutto quello che era successo con il bambino unicorno. Non ha mai saputo nulla.
 
“Ah già… Tu non sai nemmeno cosa sia successo al mio primo bambino. Perché non c’eri. Perché non ti sei mai interessato a me.”
Sento che Amelia è sul punto di crollare.
 
“Amelia ma di cosa stai parlando?!”
Derek è sempre più confuso e credo sia arrivato il momento di parlarne.
 
“Derek… È il momento di fare una chiacchierata”
Cerco di smorzare la tensione ma non faccio che peggiorare le cose.
 
“Cosa?! Tu lo sapevi?”
 
“Lo sanno tutti in questa stanza. Lo sa Mark, lo sa Owen… Lo sa persino Cristina che è appena andata via. Tutti a parte te. Perché tutti mi sono stati vicino. Chi prima, chi dopo. Ma tu… Tu che sei mio fratello… Tu che eri con me quando nostro padre veniva ucciso…”
Le lacrime iniziano a scenderle dagli occhi, ed io non posso guardare.
 
“Tu non ci sei stato! Non sai che ho avuto un bambino e che è morto dopo 43 minuti perché era anencefalico. Il mio… Bambino unicorno…”
Dalle espressioni di tutti nella stanza deduco che nessuno sapeva la vera storia del bambino unicorno. Nessuno tranne me chiaramente… Che ricordo quei momenti fin troppo bene… E che fanno ancora male.
 
La Grey arriva pochi secondi dopo, e posso solo immaginare a cosa stia pensando quando vede Amelia con gli occhi rossi e le lacrime ancora fresche sulle gote, Owen e Mark con un’espressione atterrita, e Derek che sembra sull’orlo di cadere da un precipizio che solo lui vede… E chiaramente la presenza dell’ex moglie del suo fidanzato non credo che aiuti.
 
“Derek… Sono pronti la TAC e il tossicologico…”
La sua voce è esitante… Chiaramente.
 
Derek non risponde
“Derek?”
 
“Allora Meredith. Sentiamo l’esito degli esami!”
Sibila Amelia mentre continua a fissare Derek con aria di sfida.
 
“Il… Il test tossicologico è negativo… E per quanto riguarda la TAC… volete ancora farla?”
 
Derek abbassa lo sguardo, per poi girarsi e uscire dalla stanza
“Si… Facciamola”
 
Meredith si avvicina alla brandina di Amelia ed io cerco di inseguire Derek quando Amelia mi chiama.
 
“Addie!”
Mi volto immediatamente e le vado incontro.
“Ho paura Addison…”
 
“Tranquilla Amelia… Il tuo bambino starà bene… Te lo prometto… Starà bene!”
Cerco di tranquillizzarla ma anche io sono terrorizzata all’idea che possa perdere di nuovo il suo piccolo.
 
“Addison…”
Mi prende il polso, stringendolo. Vorrei che tutto ciò non fosse mai accaduto.
 
“Vado a parlare con Derek… Tornerò prima che tu abbia finito la TAC”
 
 
 
 
Lo vedo seduto davanti al bancone di Joe. Non sta bevendo. Non può. Sa che presto dovrà operare Amelia. Anche io ho la stessa sensazione. Mi siedo accanto a lui. Ha la stessa espressione da cane bastonato che ha ogni volta che deve parlare con me, anche se so che in questo momento io sono l’ultimo dei suoi problemi.
 
“2 di Acqua tonica.”
Chiedo al bancone.
 
“Okay lo so che sono l’ultima persona che vorresti vedere in questo momento, ma sono l’unica disponibile.”
 
“Sei ancora in pigiama.”
Ecco appunto. Vorrei tanto trovare la mia dignità… Magari un giorno di questi potrei usarla…
 
“Ormai ci ho fatto l’abitudine.”
 
“Amelia ha un aneurisma cerebrale. Me ne sono accorto la prima volta quando è morta per 3 minuti. Ma era troppo piccolo per essere operato. Temo che sia cresciuto”
 
“Cosa?! E non le hai detto niente?!”
Sono letteralmente sconvolta.
 
“A quanto pare non sono l‘unico a tenere delle informazioni importanti per me!”
Mi sbraita addosso. Immaginavo una reazione così.
 
“Solo perché non ti ha detto di essere incinta non è la fine del mondo.”
 
“Lo è se il bambino era senza cervello! Dannazione Addison! Io sono un neurochirurgo! Avrei potuto fare qualcosa! Avrei potuto salvarlo!”


“Derek… Sai che non avresti potuto fare niente…”
Lui mi guarda negli occhi. Qualcosa non va… E non va da tanto tempo ormai. Da più di 5 mesi.
 
“Avrei potuto fare di più per te.”
 
“Non credo sia il caso di parlarne Derek. È finita. Siamo andati avanti entrambi. Ora stai con Meredith… E io… Io vado avanti…”
Non riesco a finire la frase che lui mi interrompe.
 
“Non parlavo di questo. Parlavo del tuo coma. Avrei dovuto fare di più.”
 
“Ma di cosa stai… Cosa stai dicendo?”
Sono confusa… Tutto quello che so è che ho avuto un’emorragia cerebrale
Inaspettata che ha complicato le cose, subito dopo che la Yang mi ha ricucita.
 
“Mi ero arreso. Ci eravamo arresi tutti. Callie piangeva subito fuori dalla galleria, e Naomi era rimasta paralizzata. E tu…”
Si ferma e inizia a bere l’acqua tonica che ci hanno appena portato. Ma io devo sapere, e gli prendo il bicchiere per metterglielo giù.
 
“Io cosa?”
Chiedo esitante con un velo di rabbia.
 
“20:52”
È tutto quello che dice. Ed io capisco. È strano sentire l’ora del proprio decesso.
 
“Chi l’ha dichiarata?”
Chiedo stringendo forte le labbra e cercando di trattenere le lacrime.
 
“Tu… Tu eri morta… Eri… morta…”
 
“Derek! Chi l’ha dichiarata?!”
 
Lui mi guarda negli occhi. È stato lui.
 
“Avrei potuto fare di più!”
 
“Si avresti potuto”
Con gli occhi rossi e pieni di dolore, prendo la mia borsa e vado via.
 
Mi giro a guardarlo un’ultima volta cercando un motivo per restare. Ma io non sono Meredith Grey. Non mi seguirà. Non cercherà di riavermi indietro neanche come compagna di bevute. Devo accettare il fatto che non gli mancherò mai. Che non sarò mai abbastanza per lui. Che per quanto possa chiuderlo in una piccola scatolina, continuerà a farmi del male.
Lo vedo piegato sulla sua acqua tonica, senza pensare che mi ha appena detto che sono morta. Non so per quanto tempo, né come sia possibile che ora io sia ancora in vita.
 
Sento una fitta al petto. Qualcosa non va di nuovo. Sono più di 3 ore che sono fuori dalla mia brandina. Forse avrei dovuto dare retta a chi mi diceva che non era ancora il momento di dimettermi.
O forse è solo il mio cuore che va in frantumi un’altra volta. Sto per uscire dal bar, ma Derek mi ferma
 
“Dannazione Addison. Aspetta!”
Mi volto e lo vedo subito dietro di me.
 
“Non puoi tornare al Seattle Grey’s da sola. E io non posso permettermi di fallire anche come compagno di bevute. Ti ho persa come moglie. Ti ho persa come paziente. Ho perso Meredith. Mi ha lasciato quando mi sono arreso con te. Quindi non fallirò anche ora. Lascia che ti riaccompagni in ospedale”
 
 
 
 
Appena mettiamo piede nell’ospedale, la Grey raggiunge Derek per mostrargli i risultati della TAC. L’aneurisma è chiaramente visibile, e se non operano al più presto rischia di esplodere.
 
“Fai preparare una sala operatoria e cancella tutti gli interventi. Operiamo adesso.”
Meredith annuisce e Derek aggiunge
“E fai chiamare la dottoressa Henderson. Avremo bisogno di un chirurgo fetale che tenga al sicuro il bambino”


“Cosa?! No! Ci penso io!”
Si tratta di Amelia. Sono il chirurgo fetale migliore qui dentro. Non permetterò che qualcun altro metta a rischio la vita del piccolo!
 
“Addison solo perché sei stata in piedi per più di 2 ore non significa che tu sia in grado di reggere un intervento.”
 
“Ha ragione Derek!”
Mark compare dietro di me all’improvviso.
 
“Tu devi tornare nella tua stanza. Se ti venisse un attacco di dispnea in sala cosa farai?”
So che non posso farlo, ma se… Se Amelia…  Non ci voglio pensare e lascio che le braccia di Mark mi riportino nella mia camera… Ma prima…
 
“Addison!”
 
La Grey sta accompagnando Amelia in sala operatoria. Con lei ci sono Owen e Cristina.
 
“Andrà tutto bene Amy! Te lo prometto!”
 
“Addison… Tu... Tu sei mia sorella”
Non posso negare di aver paura che qualcosa vada storto, e tutto ciò che posso fare adesso è abbracciarla.  
 
“Lo so! Ti voglio bene! Ti prometto che dopo tutto questo avrai il tuo bambino che ti rincorre chiamandoti mamma”.
 
“Owen… Una vita… Per una vita!”
Dice prima di rimettersi la mascherina. Non so esattamente cosa significhi ma dalla faccia di Owen capisco che dev’essere una loro frase.
 
Mark mi riporta in stanza e mi aiuta a rimettermi sul letto, anche se sia io che lui sappiamo che non ce n’è alcun bisogno.
 
Il silenzio cala nell’atmosfera. Sono in ansia per Amelia, e sono passati ancora solo pochi minuti. Ho un brutto presentimento, ma mi ripeto che è solo ansia.
 
“Deve solo clampare un aneurisma… È Derek… Sai che può farlo”


“Non è quello che mi preoccupa. Se l’anestesia rallenta il battito cardiaco, il feto potrebbe non ricevere abbastanza ossigeno. E se non la aprono in tempo potrebbero perderlo.”
 
“Addison questo è solo il peggiore dei casi…”
 
“No… Non lo è… È solo uno dei tanti…”
 
È passata circa un’ora. Io sono ancora qui, non riesco a prendere sonno, e Mark sta operando un ragazzo ustionato. Sono sola in camera, e vedo arrivare la Grey.
 
“Dottoressa Montgomery…”
Ha l’affanno.
Mi ci vuole solo un attimo per capire che hanno bisogno di me… Che Amelia ha bisogno di me.
 
Hi finalmente rimesso il camice dopo 5 mesi e più… Mentre metto la cuffietta e mi lavo Meredith mi aggiorna. Il cuore di Amelia si è fermato. Lo stanno facendo battere manualmente: Cristina ha la mano letteralmente nel petto di Amelia e la Henderson… Derek non si fidava.
 
Ho bisogno di un attimo. Non opero da 5 mesi.
“Perché lo hai lasciato?”
 
“Cosa?”
 
“Derek. Perché l’hai fatto?”
 
“Io… Io… Perché… Non è più l’uomo di cui mi ero innamorata. Si è arreso troppo facilmente, e ha lasciato che 2 specializzande salvassero una vita…”
 
“La mia.”
Meredith abbassa lo sguardo. Non sa che conosco la verità… O almeno non lo sapeva fino ad un secondo fa.
 
“Bene… Sappi che è tornato il chirurgo che non si arrende mai. Torna da lui”
 
E così dicendo, entro in sala, ricordando a Derek ciò di cui aveva bisogno.
“È una bella giornata per salvare delle vite”
Lui mi guarda, e dice a Meredith di riprendere in mano l’aspiratore.
 
“Derek, fai di tutto per tenerla in vita. Yang, appena tiro fuori il bambino, tu vai con le piastre, e lei dottoressa Henderson, porti immediatamente il bambino in terapia intensiva”
 
Ho il bisturi in mano e sto per incidere il ventre di Amelia. Andrà tutto bene, Addison… Tutto bene.
Appoggio il bisturi e inizio a tagliare. Sta perdendo troppo sangue, lo so. Ma possiamo farcela.
 
Tiro fuori il bambino e immediatamente la Yang usa le piastre. Il bambino inizia a respirare dopo pochi secondi e la Henderson lo porta in terapia.
Il cuore di Amelia ha ripreso a battere, ma batte troppo in fretta. La Yang finisce di ricucire, ed io ho quasi finito quando mi viene un improvviso attacco di dispnea.
 
“Addison!”
So che Derek vorrebbe venire ad aiutarmi, ma non può, o per Amelia si metterà molto male…
“Sto… Sto bene!”
 
Riprendo a ricucire, probabilmente le resterà la cicatrice. Ma pochi secondi dopo mi rendo conto che Derek non mi stava chiamando per controllare che stessi bene.
 
“Addison… Il cervello…”
 
Lo guardo negli occhi. Sono lucidi e rossi. Ha lasciato la sonda. No… Non può essere.
 
Owen è appena entrato in sala. È spiazzato, e Cristina lo abbraccia prima che possa cadere per terra. Piangono. Piangono tutti, ed io ancora devo realizzare cosa sta succedendo.
 
Meredith spegne l’ECG, e Derek, continuando a fissarmi negli occhi, dichiara
“Ora del decesso 20:52”.
 
Corro fuori dalla sala operatoria, mentre il petto continua a pesarmi sempre di più. Cerco di aggrapparmi ad ogni angolo di muro per non cadere. Mi tolgo la cuffietta e la lancio lontano da me. Le mie gambe non reggono più, e improvvisamente crollano. Mark mi prende al volo. Non so da dove sia spuntato, so solo che mi prende con un braccio per la pancia, e con l’altro mi accarezza la schiena.
 
Piango. È tutto quello che riesco a fare. Piangere. Piego la testa indietro per prendere aria, ma non riesco. Mi fa male tutto. Il cuore, il petto, i polmoni, la testa, la pancia.
 
“Addison… Addison”
Mark chiama il mio nome ma io non sento più niente che non sia il suono fisso dell’ECG.
 
“È stata colpa mia… L’ho ucciso io!”
Dico tra le lacrime.
 
“No Addison… Non è stata colpa tua. Hai fatto il possibile.”
 
“L’ho ucciso io!”
Dico stringendo gli occhi e continuando ad appoggiarmi con tutto il peso sul braccio di Mark.
“Il nostro bambino, l’ho ucciso io”
 
Mark è spiazzato. Non si aspettava che io reagissi così, e tantomeno che il mio primo pensiero fosse il bambino che ho deciso di abortire. Ma è tutto quello a cui riesco a pensare. Amelia è morta a causa mia. Perché non ho fatto bene il mio lavoro. Perché non ho ricucito in tempo… Ma non l’ho uccisa. Stavo provando a salvarla, anche se ho fallito… Ma il mio bambino… Il mio piccolo… Ho deciso io di mettere fine alla sua vita. Ho deciso io che quel piccolo esserino che mi cresceva in pancia non avrebbe mai potuto vedere la luce del sole… Ho deciso io di rendere il suono del suo cuore una nota fissa. Per sempre.
 
Mi piego su me stessa, e Mark i prende da dietro, avvolgendomi con entrambe le sue braccia e appoggiando il mento sulla mia spalla.
 
“Va tutto bene Addison. Hai fatto la cosa giusta. Hai fatto la cosa giusta”
Mi ripete, anche se so che non è vero.
 
E così mi sento scivolare per terra, per poi finire in un buco nero. Non c’è nulla intorno a me. Mark mi prende in braccio ma io non riesco a sentire neanche le sue mani che mi stringono forte, e la sua voce che chiede aiuto mi giunge come un semplice rumore in lontananza. Poi un fischio. Un fischio che diventa sempre più forte… E man mano che si avvicina riesco a distinguerlo… È il pianto di Derek che ancora in sala stringe forte la mano di Amelia, mentre Meredith gli sta accanto. Mi giro e vedo Owen che continua a ripetere la stessa frase che gli aveva detto Amelia poco prima di fare l’intervento “Una vita per una vita”. Cristina fissa il corpo inerme di Amelia. So a cosa pensa. Un attimo prima faceva battere con la sua stessa mano il suo cuore, e un attimo dopo, Amelia è morta. Owen le prende la mano e insieme escono dalla sala operatoria, lasciando Derek e Meredith da soli. Continuo a girarmi e lo stesso suono di prima, diventa la voce di un bambino. Un bambino che vedo solo poco dopo. Non riesco a distinguerne il viso, è solo un bambino con uno zaino in spalla che scende da uno scuolabus. Corre, corre in un prato verde, chiamando sua madre. E poi finisce in 2 braccia che lo cingono, abbracciandolo. Sposto lo sguardo e Amelia è la donna che lo abbraccia. So chi è. Quello è il bambino unicorno. Uno splendido bambino, che corre tornando da scuola, urlando “mamma”. E lei è lì. Sorridente. Perché era questo che aveva sempre sognato. Prende in braccio il bambino, per poi guardarmi negli occhi. Non ha bisogno di parlare. So cosa vuole che faccia, e in un batter d’occhio mi ritrovo in terapia intensiva neonatale. Davanti a me ho una culla, e dentro il bambino più piccolo che mi sia mai capitato di vedere. Non ha le mani. Non ha i piedi, e la testa si distingue appena. Se qualcuno potesse vederlo, vedrebbe solo un piccolo, minuscolo gomitolo di pelle. Io invece riesco a vedere un bambino con una vita davanti… Ma non è reale. La sua vita non è reale. Perché quel bambino non è mai nato. Non è mai stato dato alla luce. Ed è per questo che su di lui vedo un’ombra. Non è un bambino vero. Non più, né mai lo sarà. Quello è il mio bambino. Poi accanto vedo un altro bambino. È in un incubatrice. I macchinari suonano all’impazzata, ha le mani e i piedi, e la testa è be definita. Ma è debole. Respira a fatica e le sue condizioni sono critiche. Ma è vivo. È vero. È reale. Quel bambino è il bambino che darà vita ai nostri bambini. È il feto che ho appena fatto diventare un essere umano. Amelia è morta, ma lui no. Una vita per una vita.
 
Apro gli occhi, e mi ritrovo nella stanza del guardiano fra le braccia di Mark che è seduto sul letto con la schiena appoggiata al muro. Continua ad accarezzarmi il viso. Non capisco. Ha un’espressione serena anche se il colore dei suo occhi tradisce il suo sguardo.
So che ha appena smesso di piangere, e non poco. So che sono io la causa del suo pianto. Sono io la causa di ogni suo dolore. Sono io che ho ucciso nostro figlio. Sono io che ho causato la morte di Amelia. Sono io che lo tratto come fosse ancora niente più che il mio amante clandestino. Non è lui il mio veleno, ma io il suo.
 
“Il bambino…”
È tutto quello che dico.
 
“Va tutto bene Addison… Non pensarci più.”
 
“No… Il bambino di Amelia… Sarà lui il nostro bambino.”
 
Mark continua a tenermi tra le sue braccia, anche se so che in questo momento vorrebbe lanciare le braccia in aria e fare salti di gioia.
 
“Tu… Tu vuoi che io… Che noi…”
 
Con le poche forze che ho mi metto a sedere di fronte a lui.
“Voglio che diventiamo una famiglia. So che saremo una splendida famiglia… E non voglio rischiare di morire da sola, senza una famiglia…”
 
Lui mi guarda negli occhi. Mi prende il viso tra le mani e lo avvicina al suo.
“Tu non sei sola. Non sarai mai sola.”
 
“Perché la mia famiglia sei tu.  E presto… Avremo un bambino”
Mark mi guarda negli occhi, prima di lasciarmi un bacio in fronte.
 
Scendiamo entrambi dal letto, e andiamo in terapia neonatale. Mark mi porta dal piccolo, e la prima cosa che entrambi facciamo è infilare la mano nell’incubatrice, Chiudo gli occhi per un istante e vedo gli occhi di mia sorella che sono finalmente felici prima di sparire in una nuvola di fumo blu. Li riapro e Amelia non c’è più, ma il suo bambino… Il nostro bambino si.
 
Alzo gli occhi e incontro quelli di Mark, che con la mano libera mi accarezza la guancia prima di baciarmi. Mi bacia con la tenerezza di un giovane innamorato, la dolcezza di un neo-papà, e l’amore di un anima gemella.
 
“Addison… Io…”
Sussurra.
 
“Lo so, Mark… Anche io!”
 
Ti amo sono solo 2 parole. Non c’è bisogno di dirle quando due persone si capiscono con un semplice sguardo. Noi non ne abbiamo bisogno. Fino a qualche minuto fa, il mio futuro era solo un punto interrogativo. Ora ho una famiglia, e il mio futuro è proprio ora.

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