Pinky Swear - A Christmas Tale

di silbysilby_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Part 1 ***
Capitolo 2: *** Part 2 ***



Capitolo 1
*** Part 1 ***


Eccomi tornata con una nuova storia! Non lasciatevi ingannare, non si tratta di una ff. Sarebbe dovuta essere una one shot, ma era venuta di venticinque pagine e quindi ho pensato fosse meglio dividerla in due parti per renderla più comoda da leggere.
E niente, è natalizia. Sono consapevole del ritardo mostruoso, ma giuro che questa idea mi è venuta in mente il venti di dicembre e ci ho provato davvero a scrivere il più possibile. Era iniziata come una flashfic, una cosa brevissima da tre facciate, ma alla fine come al solito proprio non ci riesco ad essere breve. 
Spero vi faccia piacere riceverla comunque adesso!
(Non lasciatevi neanche ingannare dalla leggerezza di questo capitolo. La tristezza arriverà.)
Alle mie Kinderly,
anche se ogni volta che menziono la vkook mi ucciderebbero. 

Pinky Swear 
- A Christmas Tale - 

1/2
Il vento minacciava di portarsi via il berretto di Taehyung ogni volta che quest'ultimo si attentava a mollare la presa su di esso. Era costretto a tenerselo calcato sulla testa con una mano, i capelli biondo cenere che ne fuoriuscivano che gli frustavano sulla fronte. 
L'elfo doveva ringraziare la cintura di sicurezza che lo teneva ben ancorato al suo posto sulla slitta senza la quale avrebbe rischiato più e più volte di fare un bel volo nel vuoto. 
Non che si sarebbe fatto tanto male; stavano sorvolando un deserto e la sabbia delle cune avrebbe parato la sua caduta. 
In realtà era un fastidio maggiore dover stare attento a non perdere il prezioso copricapo fattogli dalla madre che l'aria schietta sulle orecchie a punta; ad una tale quota d'altezza, completamente avvolti dalla notte, isolati da tutto e da tutti, il freddo aveva ancora molta strada da fare per poter minimamente sperare di poter far beccare un raffreddore agli abitanti del Polo Nord. Il gelo con cui erano abituati a convivere non era paragonabile con quello di nessun'altro posto al mondo. E loro, di posti al mondo, ne visitavano parecchi. 
Era la fatidica notte di Natale ed il lavoro di tutto un anno avrebbe presto dato i suoi frutti.
Le decine di elfi seduti intorno a Taehyung, apparentemente composti solo perchè obbligati dalla cintura, si dividevano tra chi era eccessivamente entusiasta e chi si sarebbe morso un dito a forza di mangiarsi le unghie. Bastava un piccolo sbaglio, un errore grammaticale sulla Lista dei Buoni, un equivoco per rovinare la festa più dolce dell'anno a tanti bambini. 
L'unico ad essere calmo tra tutti quanti era proprio Taehyung. Il che era un paradosso. 
Se c'era una cosa per cui il ragazzo era conosciuto al Polo Nord era la sua goffaggine. Anzi, diciamo proprio che era quello che chiamano un disastro. 
Come tutti i giovani elfi, lavorava sodo dodici mesi su dodici alla produzione di balocchi seguendo le regole e la formazione che gli era stata data fin da piccolo. Usava i materiali che usavano tutti, gli stessi coloranti, gli stessi arnesi, ma per un motivo inspiegabile riusciva sempre a far andare qualcosa storto: i suoi robottini di latta parlanti si inceppavano sempre alla terza sillaba della quinta parola; le sue costruzioni giocattolo avevano sempre qualche buco di meno o qualche d'uno di troppo; i bavaglini dei suoi bambolotti finivano sempre cuciti insieme al colletto dei loro pagliaccetti. 
Taehyung ci provava a stare attento e a farsi dare lezioni da chi era più esperto di lui, ci provava davvero, ma sembrava una congiura. Finiva spesso per essere additato come sfaticato o buono a nulla. In una società ben compatta e scandita come quella che gli elfi avevano creato un operaio mal funzionante era solo d'impiccio. Preferivano dare gli incarichi a qualcun altro piuttosto che perdere del tempo e della voglia dietro a quello che ritenevano uno zuccone senza speranze. 
E a forza di sentirsi dire che era un disastro e che sarebbe sempre stato un sassolino nella scarpa, Taehyung aveva iniziato a crederci lui stesso. 
Ma se c'era una cosa per cui nessuno avrebbe potuto screditarlo quella era la consegna dei regali: non c'era nessuno più agile, più veloce e più pimpante di lui. Da quando era stato grande abbastanza per poter partecipare alla distribuzione senza dover rimanere ad aspettare al Polo Nord il ritorno della slitta in compagnia degli elfi più anziani, aveva battuto ogni record. Non solo riusciva a tornare alla slitta quando non era neanche passata la metà del tempo a disposizione, aveva anche un'incredibile capacità di memorizzare le strade e le vie assegnatogli. 
Taehyung teneva tremendamente tanto a quel record non ufficiale che deteneva da ormai una decina d'anni. Era il suo piccolo riscatto, il suo motivo d'orgoglio. Quando durante il resto dell'anno tutto andava male e si sentiva escluso dalle attività gli bastava pensare alla notte di Natale per poter tirare avanti. 
E finalmente era arrivata, ogni volta più trafelata. 
Era Natale, di nuovo, e Taehyung poteva dichiararsi libero. 
Libero dalle occhiate dei suoi superiori, libero di correre per i tetti, libero di essere un disastro. 
Inebriato da questi pensieri, respirò a pieni polmoni l'aria fredda. Era bastato non tenere gli occhi fissi sul paesaggio sottostante per perdersi una fetta consistente del globo terrestre. I centri abitati si facevano sempre più numerosi e agglomerati, le case più vicine. 
Con uno scossone la slitta atterrò in un grande parco innevato. Non fece neanche in tempo a fermarsi del tutto che Taehyung si era già strappato la cintura di dosso ed era saltato giù, il suo sacco di juta a penzoloni contro la coscia. 
Il divertimento poteva cominciare.  
 
Taehyung si sedette sul comignolo del quinto camino che gli era stato assegnato nella vecchia New York, le gambe rivolte all'interno. Si assicurò le braccia intorno al busto per evitare di graffiarsi con la pietra grezza e con una piccolissima spinta si lasciò cadere all'interno della canna fumaria.  
Da un umano ci si sarebbe aspettati stramazzi, ruzzoloni, tonfi, ma non da un elfo. Questi esseri erano per natura molto più leggeri degli uomini, così leggeri che bastava loro uno spiffero di vento ben cavalcato per librarsi nell'aria. Certo, approfittare delle correnti d'aria era comodo per spostarsi al Polo Nord, dove al massimo se ti andava male atterravi in un mucchio di neve, ma nelle città come quella che stavano visitando dovevano stare parecchio attenti a restare con i piedi ben saldi a terra; tra lampioni, strade, carri e tegole un paio di belle abrasioni erano assicurate. 
Era per questo che per gli elfi era così facile infiltrarsi nelle case. Nessun rumore allarmava i proprietari della loro presenza, sia che camminassero sul tetto sia che lo facessero sul liscio pavimento di una abitazione. Come se non bastasse sopra le scarpe erano soliti portare un soffice paio di babucce per ovattare definitivamente ogni passo.   
Quando Taehyung atterrò nel focolare e si ritrovò la cenere scura ed insidiosa fino alle caviglie però desiderò poter indossare un paio di pratici stivaletti in gomma. I resti di quel fuoco spento scricchiolarono sotto il suo peso pressapoco inesistente, appiccicandoglisi sotto la pianta del piede. 
Il nero bluastro della notte puntinato da una scarsità di stelle fù sostituito da un buio più intenso, caldo, formicolante. Quella che doveva essere la flebile luce di qualche candela accesa illuminava l'elfo dal bacino in giù, incorniciando le sue gambe tra i due piedritti del camino. Taehyung si chinò sulle ginocchia, il suo viso che veniva compreso nel quadro aranciognolo. Allungò le mani alle due estremità del focolare, smontando con le sue dita scaltre la griglia che gli bloccava il passaggio. Conosceva a memoria ogni tipo di aggancio o apertura, la maestria con cui operava una dote dovuta ai tanti anni di pratica. 
Con un rumore secco, il clangore che ci si sarebbe aspettati cammuffato dalla ruggine, Taehyung rimosse la griglia e chinò il capo per evitare di zuccare contro l'architrave, entrando in quello che doveva essere un salotto. 
Le luci calde e fioche di un terzetto di candele illuminavano l'ambiente spoglio, come si era aspettato. Si alzò in piedi, resettandosi le gambe sottili dalla cenere. 
Non seppe dire se era la stanza in sè ad essere piuttosto grande o se era la scarsità di mobilio a farla apparire tale. Le pareti erano completamente spoglie, salvo qualche credenza dall'aria austera. Non c'era nessun tappeto a ricoprire il pavimento, le piastrelle di ceramica lasciate nude. I due divani e le poltroncine che accerchiavano il camino erano visibilmente usurati dal tempo; addirittura in alcuni punti l'imbottitura dei cuscini sbucava dalle cuciture. 
L'elfo sapeva che non gli era di certo stata assegnata la zona più benestante di New York, ma non si era aspettato quella desolazione. E dire che, considerato il numero di regali che doveva consegnare a quell'indirizzo, si era immaginato di far visita ad una famiglia bella numerosa e di conseguenza la loro casa sarebbe dovuta essere accogliente e vissuta. 
L'unica cosa a corrispondere alle aspettative di Taehyung era l'albero di Natale: si trattava di un moncherino sbilenco posto in un angolo, pericolosamente vicino al camino. Nonostante l'aria triste, era talmente zeppo di decorazioni che quasi non si notavano i rami un po' spelacchiati dell' abete.
Taehyung si avvicinò all'alberello, allungando una mano verso di esso. Gli aghi verdi, quasi marroni alla luce delle candele, gli solleticarono le dita sottili mentre faceva dondolare docilmente gli addobbi. 
Non si trattava di pigne dipinte, fiocchi o nastri, come si poteva vedere comunemente nelle case più povere. Erano cartoncini spessi e ruvidi, ritagliati un po' grossolanamente e tenuti appesi ai rami da un anello di spago. Avevano le forme più svariate tra stelle, cuori e cerchi, ogniuna più storta e sgangherata dell'altra. 
Con i lumi delle candele filtrati dai rami che proiettavano le proprie ombre affilate sul suo viso, Taehyung strinse gli occhi per mettere a fuoco le parole scritte sopra di essi. Lesse di preghiere, canti, auguri, nomi. 
Avrebbe desiderato mettersi lì a leggerli uno ad uno, incuriosito dalla faccenda, ma il dovere lo chiamava. 
Sfoderò il suo sacco di juta ed infilò l'intero braccio attraverso l'apertura. Nonostante il sacco apparisse più che vuoto Taehyung fece emergere un pacco grande quanto la sua testa. E poi un altro. Ed un altro ancora. 
I regali vennero impilati uno sopra l'altro in equilibrio precario, tutti ricoperti di carte colorate e fiocchi di velluto. 
Taehyung arrotolò il sacco per la sua lunghezza e lo infilò stretto nel passante della sua cintura solo dopo averne tirato fuori un dodicesimo. 
Lo stava ponendo con gli altri quando le sue orecchie colsero il più lieve degli scricchioli. 
I biscotti rischiavano di cadergli giù ad ogni scalino sceso. Il piattino su cui li portava era di porcellana, troppo liscio per un'operazione così mirabolante. 
Le gambe di Jungkook erano ancora troppo corte, le sue mani troppo piccole e paffute per poter pretendere che scendesse quei gradini così alti senza potersi aggrappare al corrimano. Procedeva lento e a passi misurati, il fiato sospeso nel tentativo di fare meno rumore possibile. 
Ogni volta che il legno cigolava sotto di lui si immobilizzava, rimanendo in ascolto. Dalle stanze del dormitorio che si era lasciato alle spalle non proveniva nessun suono, per cui poteva procedere a scendere. 
Lo sbalzo di temperatura tra il mite legno della scalinata e le fredde piastrelle del salotto lo fecero pentire di essere partito scalzo. 
Jungkook non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo per essere riuscito a non spargere briciole ovunque che subito notò la catasta di regali sotto l'albero di Natale dall'altra parte del salotto.    
Era arrivato troppo tardi. Babbo Natale era già passato. 
Gli venne voglia di piangere tanta la delusione. 
Quell'anno avevano incaricato lui, essendo tra i bambini più grandi del dormitorio, di portare la merenda a Babbo. Alle solite le cuoche si erano fermamente rifiutate di sprecare il loro tempo e i loro ingredienti per cucinare dei dolci che nessuno avrebbe mangiato, costringendo i bambini a ridursi al piano di riserva: tutti quanti avevano sacrificato un biscotto della loro già ristretta colazione e lo avevano messo da parte. Portare del cibo in camera era severamente proibito, ma i bambini avrebbero fatto di tutto pur di non lasciare a bocca asciutta Babbo Natale e le sue renne. 
Jungkook aveva tentato con tutte le sue forze di restare sveglio fino a quando le badanti non si sarebbero coricate, ma il sonno aveva avuto la meglio. Appena si era reso conto di essersi addormentato era balzato giù dal letto, ma evidemente non aveva fatto in tempo. 
Mogio mogio il bambino attraversò la stanza. Si alzò sulle punte dei piedi per poggiare il piattino sulla credenza che aveva concordato tempo prima con i suoi compagni. Come per sottolineare il suo fallimento, ad aspettarlo c'era una grande tazza che ormai non sarebbe stata riempita di latte.  
Tenendosi le mani, andò a sedersi su uno dei divani senza mettersi davvero comodo. I suoi occhioni scuri vagarono per la stanza, trovando altri indizi del passaggio di Babbo Natale; la cenere si era sparsa appena fuori il camino, la griglia non era stata riagganciata. Un paio delle decorazioni sull'albero parevano addirittura dondolare...
Lo sguardo di Jungkook si fece vispo, il sonno e la tristezza spazzati via in un istante. 
Le decorazioni oscillavano decisamente troppo. Se Babbo Natale fosse andato via da così poco tempo avrebbe dovuto sentito lo scampanellio della sua slitta, gli zoccoli delle renne sul tetto. 
Le fiammelle delle candele tremolavano, sfumando i contorni delle ombre. Tra le scintillanti carte regalo, gli addobbi e tutti quei piccoli spazietti tra un ramo e l'altro dove si sarebbe dovuta intravedere la parete di fondo, Jungkook avrebbe detto di aver visto qualcosa muoversi. 
Nascosto dietro l'albero di Natale, era il turno di Taehyung di trattenere il fiato. Non sarebbe stata la prima volta che un umano lo coglieva in flagrante. 
Teneva gli occhi serrati, le sopracciglia e la bocca tutte corrucciate in un'espressione buffa tipica di lui. Se lui non vedeva il bambino, il bambino non poteva vederlo. Questa era sempre stata la sua strategia vincente. 
O forse non così vincente dato che il soggetto si era alzato dal divano e si stava pericolosamente avvicinando. 
Taehyung, già silenzioso per natura, provò con tutto sè stesso a spostarsi verso la direzione opposta dalla quale l'altro veniva senza muovere una particella d'aria. Jungkook, sempre più sospettoso, continuava a scrutare l'albero di Natale con il naso all'aria. 
"Babbo? Sei tu?" sussurrò, la sua voce tanto fioca quanto la luce. 
Jungkook mosse qualche passo avanti, Taehyung ne mosse qualche d'uno indietro. 
Quest'ultimo fu costretto ad aprire gli occhi, ritrovandosi il primo molto più vicino di quanto si aspettasse. L'unica cosa che poteva fare era saltare fuori e sgattoiolare su per la cappa fumaria in un lampo. 
Il bambino stava scavalcando il mucchio di regali con le sue gambette, inoltrandosi dietro l'abete. Taehyung scattò di lato con un balzo, senza tenere conto della griglia del camino che gli finì tra i piedi. Nel giro di due secondi l'elfo si ritrovò con le gambe all'aria, l'albero che per poco non gli cadeva addosso. L'unica spiegazione possibile al perchè non avesse perso i sensi dopo aver sbattuto la testa così violentemente sul pavimento era da cercare nella sua natura sovrannaturale. 
Tutto quell'improvviso trambusto fece sussultare Jungkook. Istintivamente acchiappò l'albero per i rami, mantenendolo in equilibrio. Fece il giro da dove era arrivato, pronto a soccorrere Babbo Natale. 
Il suo faccino trafelato assunse un'espressione bianca quando nella figura a terra non riconobbe le caratteristiche di cui aveva sentito parlare da tutta la vita. Prima di tutto non si trattava certamente di un uomo anziano e panciuto; da sotto la griglia poteva chiaramente vedere un fisico giovane e smilzo, vestito da una giubba dalle tinte verdi. Non vedeva nessuna lunga barba, nè bordi di pelliccia bianca. 
Taehyung, un po' frastornato, si sollevò sui gomiti, il berretto troppo largo che gli era calato sugli occhi. 
La preoccupazione di Jungkook si volatilizzò nell'aria, sostituita dalla seconda delusione della nottata. Incrociò le braccia al petto, facendo labbruccio. 
"Tu non sei Babbo Natale." disse in tono lamentoso. 
L'elfo sorrise. Ovviamente adorava i bambini, anche quelli capricciosi. In fondo lavorava trecentosessantacinque giorni all'anno solo per farli felici. 
Protese alla cieca un braccio in avanti per farsi aiutare a rialzarsi. "Non si aiutano più le persone in difficoltà?" 
Jungkook ignorò la sua mano e si piegò su Taehyung per tirare verso l'alto un lembo del berretto, scoprendogli un occhio solo. 
"Perchè non sei Babbo Natale?" 
Il suo viso paffuto, tutto guance, occhioni e una zazzera scura già folta, entrò finalmente in modo chiaro nella visuale dell'elfo. 
"Perchè lui non può far tutte le consegne di persona." 
"Perchè no?" 
"Perchè è vecchio e pesante, non passerebbe per un camino neanche se prima lo imburrassimo." 
"E perchè?" 
Taehyung ritirò la mano e si alzò a sedere da solo. Sollevò la griglia dalle proprie gambe e la risistemò contro un piedritto. Rimase seduto con le gambe divaricate dalla caduta, il suo viso all'altezza del petto del bambino in piedi di fianco a lui. 
Se c'era una cosa che all'elfo non mancava era esperienza con i marmocchi come lui. Doveva essere nel bel mezzo della fase dove ogni cosa provocava una serie di domande infinita. Se Taehyung gli avesse dato corda non ne sarebbe più uscito. La soluzione migliore in questi casi era fare addormentare il bambino e andarsene. 
Jungkook e i suoi grandi occhi non smisero di studiarlo mentre si metteva a frugare in una tasca della giubba. 
Se quel tipo faceva le veci di Babbo Natale non poteva che essere un elfo. O uno gnomo. Non ricordava mai la differenza. 
Eppure era strano. Vestita un po' eccentrica a parte, Jungkook non avrebbe distinto quello che aveva davanti da un comunissimo ragazzo umano. Forse i suoi denti erano un po' più bianchi del normale, le labbra un po' più scure, ma per il resto non vedeva differenze. 
Ma se davvero si trattava di un elfo c'era un solo modo per appurarlo. 
Taehyung era finalmente riuscito a trovare quello che stava cercando quando il suo berretto rosso gli venne sfilato dalla testa. I capelli biondo cenere gli si erano attaccati alla testa, mettendo ancora più in risalto le orecchie appuntite. 
Subito le manine di Jungkook si posarono su di esse, una per orecchio, tastando la forma insolita con aria critica. Sembravano autentiche.
"Ahia..." si lamentò Taehyung quando gli venne tirato un orecchino.  
"Sei un elfo." appurò Jungkook con tono professionale, come se gli avesse rivelato chissà che cosa. 
"Mi fai male, piccolo." 
Lo sguardo in tralice del bambino si posò sul suo, le sopracciglia corrugate in quella che doveva essere un'aria minacciosissima. 
"Io non sono piccolo. Ho otto anni." 
"Cosa? Otto anni? Solo?" 
Lo sbigottimento di Taehyung si riflesse ingenuamente sul suo viso, indispettendo ancora di più Jungkook. Non poteva sapere che la sorpresa dell'altro era più che lecita.
Gli elfi avevano una vita molto, molto più lunga comparata con quella degli uomini; non continuavano a invecchire all'infinito, semplicemente le fasi della loro vita venivano potratte per più tempo. Taehyung in primis aveva una trentina d'anni ma era in tutto e per tutto un adolescente. Nel corpo e nella mente. 
Per questo era così stupito dalla risposta di Jungkook. L'avrebbe detto un quindicenne. 
Nel frattempo l'altro aveva iniziato a tastare contemporaneamente anche il proprio orecchio, concentrato nel sentire con le sue dita tozze tutte le piccole differenze. 
Per quanto amasse ritrovarsi faccia a faccia con i bambini, Taehyung doveva tornare al punto d'incontro dove la slitta sarebbe passato a prendere lui e i suoi colleghi. 
Sfilò con delicatezza la mano di Jungkook dal suo orecchio, inglobando quel pugnetto nel suo palmo ampio. 
"Senti, piccolo, resterei volentieri a chiacchierare con te, ma i regali non si consegnano da soli." 
Se il castano avesse ignorato appositamente il resto della frase o semplicemente si fosse concentrato sull'unica parte che gli interessasse, Taehyung non lo capì. 
"Non mi chiamare piccolo." 
L'elfo sapeva di dover mettere davanti a tutto le sue priorità, ma questo non significava che doveva essere brusco e sgarbato. Mettendosi a sedere sui talloni, pronto ad alzarsi in qualsiasi momento, era il turno dell'altro di arrivargli al petto. "E allora come ti posso chiamare?" 
Qualcosa sembrò attraversare gli occhi dell'interrogato, una macchiolina di luce d'orata, un pensiero sfuggente. Per un attimo parve rattristarsi, ma quando pronunciò il suo nome lo scandì per bene. 
"Jungkook. Kookie per gli amici." 
Taehyung regalò un vivace sorriso al bambino, felice di fare la sua conoscenza. Erano così carini quando erano ancora piccoli. 
Fù una lampeggiante luce azzurrognola proveniente dalla tasca della giacca a ricordargli i suoi doveri. 
"Okay, Kookie," disse, la voce calma. " io ora devo proprio andare. Mi dispiace." 
Gli occhi già immensi di Jungkook parvero farsi ancora più grandi, le virgolette delle sue sopracciglia si arcuarono tutte. Le sue dita si chiusero sulla manica dell'elfo, i filamenti di lana che gli tiravano le pellicine delle unghie. 
"Davvero vivete al Polo Nord? Non avete freddo?" 
Taehyung si alzò in piedi, costringendo Jungkook a sollevare il mento verso il soffitto per poterlo guardare in faccia. "Rischio di far tardi." 
Mosse due passi verso il camino ma il castano lo pedinò subito.
"Come sei arrivato fin qui? Dove avete lasciato la slitta? Le renne magiche come le usate per il resto dell'anno?" 
Al biondo non rimaneva altra scelta. Diede le spalle a Jungkook e sfilò dalla sua tasca una tipica sfera di Natale, la luce azzurra ora limpida. La percosse un paio di volte per far smuovere la neve al suo interno, poi con una mano afferrò il piedistallo mentre con l'altra la parte tondeggiante; le mosse come se si trattasse di un macinapepe, con tanto di rumore sgranocchiellante. Parte della finta neve fu incanalata dentro un piccolo camino in miniatura e fuoriuscì asciutta direttamente da sotto l'oggetto. L'elfo la raccolse tutta in un palmo, stando attento a non sprecarla facendola cadere. 
Si voltò verso Jungkook, ancora impegnato a sommergerlo di domande, e gli soffio sul viso i granellini bianchi. 
La voce del bambino si spense. Per un attimo parve frastornato mentre continuava a fissarlo dal basso. Poi il sonno lo colpì facendolo cadere all'indietro, ma Taehyung lo sostenne prontamente. 
Prendendolo in braccio lo adagiò su uno dei due divani, il suo corpicino così incredibilmente corto rispetto al suo. Lo avrebbe coperto con un panno, ma non ne vide. 
Gli scompigliò la frangia in segno di saluto prima di infilarsi dentro il focolare del camino e riagganciare la griglia di ferro. 
Con un unico balzo verso l'alto, sparì nella notte. 
 
 
 
* * *
 
 
Taehyung aveva considerato l'incontro con Jungkook uno dei suoi tanti piccoli incidenti di percorso, nulla di grave. Si era limitato a non menzionare con nessun collega l'accaduto, giusto per non compromettere la sua già malfamata reputazione. 
Poteva capitare di essere beccati dagli umani. Di certo non gli faceva onore, ma a tutti gli elfi migliori era capitato almeno una volta in tanti anni di carriera. 
Infatti l'anno successivo Taehyung si lasciò cadere nella cappa di quello stesso camino a cuor leggero, sicuro che la sua strada e quella di Jungkook non si sarebbero più incrociate, se non tramite i regali. 
Invece, quando atterrò nel focolare, il bambino si trovava già nel salotto, seduto composto sul divano. 
Quel suo sguardo assente volò subito sull'elfo, destato dal cigolio della griglia che veniva aperta. Mentre Taehyung ne usciva Jungkook si spinse in avanti e scese dal divano ancora troppo alto per la sua statura minuta. 
Ad una prima occhiata la stanza gli parve immutata in ogni singolo particolare, solo rischiarata da un maggior numero di lumi. Non avrebbe saputo dire se erano quest'ultimi a dare un effetto leggermente più sfilato al viso tondeggiante di Jungkook o se era merito della crescita. 
Nel momento in cui non ci fu più niente a dividerli e i due poterono guardarsi direttamente in faccia, Taehyung rimase perplesso nel vedere il visino del più piccolo così serio. 
Non che si aspettasse chissà quale sorriso smagliante, dato che sospettava di non stargli particolarmente simpatico. Va bene che doveva essere rimasto parecchio deluso per non aver visto Babbo Natale in persona, ma di sicuro non avrebbe dovuto guardarlo in quel modo. 
Sperò di sbagliarsi di grosso quando in quegli occhioni scuri intravide una qualche sorta di timore nei suoi confronti, gli angoli della bocca che pendevano pericolosamente verso il basso.
Le sue teorie parvero confermarsi quando Jungkook parlò, la voce così insicura rispetto a quella spigliata ed intraprendente che ricordava.
Il bambino puntò un dito verso la parete alla sua destra, indicando un mobiletto nello specifico.  
"I biscotti." disse. "Ci sono i biscotti, vedi?" 
L'elfo non capiva cosa c'era che non andasse. 
"Si, li vedo. Tu non dovresti essere a letto?" 
"Volevo farti vedere i biscotti. C'erano anche l'anno scorso, non è colpa mia se tu non li hai notati." 
Jungkook lo trattava con una freddezza adulta che faceva a pugni con la sua immagine; continuava a starsene lì in piedi, le braccia distese lungo i fianchi, la testa bassa. Sembrava accusarlo di qualcosa. 
Scusarsi parve a Taehyung l'idea migliore. "Non è che non li ho notati, è che non ne avevo voglia. E poi ero già in ritardo, non potevo fermarmi a mangiare." 
Jungkook alzò appena il capo, le fiammelle delle candele riflesse nei suoi occhi lucidi. Tirò su con il naso, la voce che andava assottigliandosi man mano che parlava. 
"Erano vecchi? E' per questo che mi hai messo nella Lista dei Cattivi?" 
Taehyung rimase interdetto. 
"Ma tu non sei nella Lista dei Cattivi, Kookie." 
Avrebbe di nuovo perso minuti preziosi, ma non importava. Doveva capire cosa c'era sotto quella storia. Cosa poteva essere cambiato in un anno?
Il biondo si chinò sulle ginocchia, ponendosi alla stessa altezza di Jungkook. Voleva che l'altro capisse il suo non ritenersi superiore, che interpretasse il suo atteggiamento come aperto e confidenziale. Mai e poi mai un bambino avrebbe dovuto temere un elfo. 
Forse quel gesto ebbe un significato ancora più profondo per Jungkook. 
Taehyung lo fissava tutto serio, evidentemente intento a cercare di intuire quale fosse il problema.
Non gli era mai capitato. Di solito la gente si limitava a tenerlo buono con la prima distrazione o ad imporgli di fare silenzio. Da quando non si dava per scontato che i problemi dei più piccoli fossero meno gravi di quelli degli adulti?
Lacrime calde iniziarono a colare giù dalle guance rotonde di Jungkook. Un mare di tristezza sbocciò dal suo sguardo duro, come se iniziando a piangere ne avesse rotto uno strato superficiale. 
Con finalmente un'espressione infantile e un tono lamentoso che gli si addicessero, il castano ritrovò la voce. "E allora perché mi hai messo a dormire sul divano?" 
L'elfo continuava a non cavare un ragno dal buco. Jungkook era rimasto arrabbiato per un intero anno perché aveva preso freddo? Era stato scomodo? Non gli era sembrato quel tipo di bambino. 
Da una parte Taehyung si scervellava per capire cosa volesse dire con quelle parole, quale parte del ragionamento non stesse cogliendo, dall'altra voleva prima di tutto consolarlo. Peccato che Jungkook fosse un giocattolo mal funzionante di cui non conosceva gli ingranaggi; come poteva attentarsi ad aggiustarlo senza rischiare di romperlo? 
"Ti ho dato il regalo sbagliato? Non è quello che avevi chiesto?" 
I capelli del più piccolo seguirono il movimento della sua testa quando fece segno di no, deglutendo.
"Il mattino dopo mi hanno trovato fuori dal letto e si sono arrabbiate tantissimo con me. Sono stato in punizione senza mangiare per tutto il giorno di Natale." 
Ci si sarebbero potute aspettare tante cose, ma non questo. 
Le mani di Taehyung, che fino ad un attimo prima erano rimaste sospese a mezz'aria, indecise se abbracciare Jungkook, accarezzargli i capelli o dargli qualche pacca sul braccio, trovarono istintivamente spazio sui suoi zigomi. I guanti senza dita che indossava si frapponevano tra i suoi ampi palmi e la pelle morbida e vellutata del bambino. 
Dire che era mortificato non era abbastanza. 
Il Natale era il giorno più felice di sempre, la festività dedicata a rendere felici tutti i bambini di tutto il mondo, nessuno escluso, e Taehyung lo aveva rovinato a Jungkook con un gesto a cui non aveva dato assolutamente peso. Desiderò mettersi a piangere pure lui tanta era la rabbia nei propri confronti. 
Con la punta del pollice rincorse con tutta la delicatezza che aveva in corpo l'ennesima lacrima dell’altro. 
"Non ci credo che i tuoi genitori siano stati così crudeli con te. E' ingiusto." 
A questa frase Jungkook parve riscuotersi. Smise immediatamente di piangere, come se avesse chiuso un rubinetto dimenticato aperto. Scostò le mani di Taeyung per strofinarsi le guance con la propria manica, arrossandole ancora di più. 
O questo bambino era meno bambino degli altri bambini, o Taehyung aveva perso il tocco. Eppure era stato piccolo anche lui per così tanto tempo, come mai non riusciva a capire cosa gli passasse per la testa?  
Tante cose presero un senso quando Jungkook disse: "Sono orfano. Lo siamo tutti, qui." 
Ecco spiegato l'insolito numero di regali da consegnare ad un singolo civico. Ecco spiegata l'assenza di cognomi sulla Lista. 
Dire che gli dispiaceva sarebbe stato inutile. Chissà quanta gente ogni giorno compativa Jungkook e i suoi compagni senza mai aiutarli veramente. Di certo non sarebbero state delle belle parole a sistemare la situazione. 
Taehyung lasciò che l'altro si ricomponesse, deciso a rispettare i suoi spazi. 
Sapeva che non sarebbe riuscito a fare ammenda al precedente sbaglio, ma provare a rallegrare il castano non gli sarebbe costato niente se non un altro paio di minuti.
Slacciò il suo vecchio sacco di juta dalla cintura, lisciandone la stoffa contro le gambe. 
"Ti va di aiutarmi con i regali?" propose a Jungkook, testando il terreno con un sorriso. 
L'altro squadrò prima lui poi il sacco, le ciglia ancora bagnate di pianto. 
"Ma è vuoto." 
Il sorriso bianco di Taehyung si amplificò. Infilò una mano all'interno dell'apertura e ne uscì stringendo due colorati bastoncini di zucchero; uno se lo portò alla bocca, con l'altro bussò gentilmente sul nasino di Jungkook.
"Solo se lo guardi. Lo metti in soggezione." 
Aspettò fino a quando il bambino non si decise ad afferrare il proprio dolciume, analizzandolo con i suoi occhietti sospettosi. Diede una leppatina di prova, insicuro se mangiarlo o meno. 
L'elfo, assicurandosi di avere la sua attenzione, con un gesto teatrale rinfilò tutto il braccio nel sacco, rovistando tra la stoffa piatta. Poco dopo porse a Jungkook un grande pacco abbellito da un vivace fiocco giallo. 
Il bambino non si capacitava di quello che stava vedendo. Quel sacco era evidentemente vuoto, non c'era alcun tipo di spessore a gonfiarlo dall'interno. Da dove provenivano i regali? 
Divertito dalla sua espressione meravigliata, quella che aspettava dall'inizio, Taehyung aprì il sacco per bene e lo mostrò a Jungkook. Come presumeva, era vuoto, nessun luccichio, nessun regalo. 
Eppure Taehyung tirò fuori un altro regalo. 
"Non è possibile..." sussurrò Jungkook. Un guizzo si stava accendendo nei suoi occhi. 
Tuffò anche lui il braccio nel sacco, tastando le ruvide pareti di tela. Niente. 
Senza darsi per vinto aggiunse l'altro braccio, cercando allibito la tasca che nascondesse i doni. Taehyung approfittò dell'occasione per far scivolare tutto il sacco sopra la testa di Jungkook, inglobandolo fino alle caviglie. La risata argentina che il bambino cacciò risuonò per il salotto mentre l’elfo strofinava il punto in cui doveva trovarsi la testa, spettinandolo tutto. Si unì alle sue risa quando lo fece riemergere, una miriade di lustrini colorati che gli si erano appiccicati un po' ovunque che catturavano la luce delle candele, le ciocche della frangia tutte sparate in direzioni diverse. 
Quando si misero a tirare fuori tutti i regali per i bambini dell'orfanotrofio leggendo i loro nomi uno per uno, Taehyung si disse che forse non era poi così malaccio con i più piccoli. In fondo era riuscito a mettere di buon'umore Jungkook con un gioco così semplice. 
"Kookie." disse senza aver bisogno di leggere, stringendo in mano l'ultimo pacco. Al posto di aggiungerlo alla catasta di regali sotto l’albero lo porse al diretto interessato che lo ringraziò con un sorriso timido. Quest’ultimo lo prese con entrambe le mani, facendo ammiccare la scintillante carta rossa.
Alzò lo sguardo su Taehyung, intento a riallacciarsi il sacco in vita. Da sotto il cappello erano ben visibili le orecchie a punta, un’attrazione irresistibile per Jungkook. Perfino i suoi capelli biondi sembravano fatti apposta per essere tirati. 
Fù in quel momento, perso a fissare gli strani lineamenti del più grande, che realizzò una cosa.
"Non mi hai detto come ti chiami." 
L'elfo parve sorprendersi di una domanda così banale. Si indicò con l'indice. "Io?" 
"E chi altri?" 
Quasi imbarazzato, il biondo abbassò lo sguardo e accennò ad un sorriso, mettendo in mostra quei suoi denti innaturalmente bianchi. 
"Mi chiamo Taehyung." 
Jungkook annuì, come se trovasse che quell'insieme di suoni gli si addicesse. 
"TaeTae." rispose. 
Il sorriso che rivolse al più grande sapeva per la prima volta di affetto. Una morsa piacevole strinse il petto dell'elfo che si trovò a ricambiare il gesto.
Un soprannome era una cosa seria. Era un modo diverso con cui chiamarsi, un richiamo immediato alla confidenza. Taehyung non poteva che sentirsi un pizzico orgoglioso nell'essersene fatto affibbiare uno dallo stesso bambino che un minuto prima sembrava temerlo. 
Nell'immediato non pensò a come quel gesto si riflettesse su di lui. Quando nei mesi successivi si ritrovò sempre più spesso a rivolgere i suoi pensieri al bambino dell'orfanotrofio di NewYork in parte lo infastidiva farlo usando un nomignolo che non fosse una sua esclusiva. 
Jungkook interruppe il contatto visivo per dirigersi verso la credenza appoggiata alla parete; alzandosi sulle punte afferrò come poté da sopra di essa un piattino identico a quello dell'anno precedente. Scelse uno dei biscotti meno sbriciolati e si voltò verso Taehyung, porgendoglielo. 
Notò subito la palla di vetro che l’elfo stringeva in una mano, l'altra che ancora lisciava la tasca da dove 
l'aveva sfilata. Tra le feritorie delle sue dita lampeggiava una luce turchese. 
"Te ne vai?" 
Taehyung alzò lo sguardo sul viso del bambino. Gli era rimasta la bocca socchiusa, la fronte distesa, il colorito della pelle che ad intermittenza passava da dorato ad azzurrognolo. Il tono con cui Jungkook aveva parlato era piatto, improvvisamente distaccato. 
Scrollò le spalle, come a voler minimizzare la cosa. "Già. E' arrivata l'ora." 
"Ma non hai ancora fatto merenda..." 
L'elfo appoggiò la mano libera sulla spalla del più piccolo, chinandosi su di lui. "Li prendo con me e li mangio quando arrivo a casa, va bene?" 
Celando male la sua delusione, Jungkook ripose il biscotto nel piattino, la testa bassa e le manine che lo tenevano saldamente da entrambi i lati. 
Vedendo che non gli rispondeva, con un gesto leggero dell'indice Taehyung sfiorò la folta frangia del bambino facendone dondolare le punte. 
Jungkook seguì con lo sguardo la punta del suo dito quando l'altro disegnò una grande virgola nell'aria, come se i suoi capelli fossero corde di un’arpa da strimpellare. I suoi occhi atterrarono su quelli spensierati dell'elfo. 
"Non andartene via, TaeTae. Possiamo giocare a tante cose insieme." 
Ormai la luce emanata dalla sfera era sempre più insistente. Se avesse voluto raggiungere la slitta in tempo avrebbe fatto meglio a darsi una mossa. 
Con una manciata di granellini bianchi stretti nel pugno, Taehyung sorrise affabile. 
"Tipo a cosa?" 
 
Taehyung per una volta dovette dar ragione agli elfi più grandi di lui: avrebbe veramente dovuto imparare a pensare di più prima di agire d'impulso. 
Se lo avesse fatto non si sarebbe ritrovato in un orfanotrofio di cui conosceva unicamente il salotto con un bambino insonnolito tra le braccia e la benché minima idea su dove si trovasse la sua camera da letto. Sempre che ne avesse una. 
I piedi scalzi di Jungkook gli sfioravano le ginocchia, le braccia gli circondavano mollemente il collo e la testa, dopo aver ciondolato avanti e indietro per un po’, era piombata sulla sua spalla.
Prima di affrontare la scalinata, il suo unico punto di partenza sicuro, Taehyung lo fece sussultare di pochi centimetri per poterlo afferrare più saldamente dietro alle gambe. 
A quanto pare aveva anche fatto male i conti con la polvere di ghiaccio. Jungkook sarebbe dovuto crollare sul posto dal sonno, invece era finito in dormiveglia; continuava a borbottare qualcosa d'incomprensibile contro la sua giubba. 
L'elfo iniziò a salire i gradini in legno, il suo proverbiale silenzio nel muoversi guastato dal peso aggiuntivo di cui si era fatto carico. Arrivato in fondo, non senza rischiare più di una volta di sbilanciarsi e rompere la testa ad entrambi, si ritrovò in uno ampio corridoio. 
Taehyung dovette ringraziare l’innato spirito creativo degli elfi per avergli suggerito di prendere una delle candele che rischiaravano il salotto ed infilarla all'interno della tazza da latte che gli era stata lasciata insieme ai biscotti; ovviamente il resto dell'edificio non era illuminato a quell'ora della notte e quel corridoio non faceva eccezione. Così arrangiato almeno poteva concentrarsi sul trovare la stanza giusta e sul non svegliare nessuno senza doversi preoccupare di far prendere fuoco al pigiama di Jungkook.
L'ambiente che stava attraversando continuava ad essere un mistero scandito da una serie di porte tutte uguali messe a intervalli regolari. Dei pesanti tendaggi proiettavano le loro ombre contro le pareti spoglie. Come per il salotto, l'atmosfera generale era quella di desolazione e trascuratezza. Chissà se illuminate a giorno quelle mura parevano più accoglienti. 
Taehyung si risistemò Jungkook contro il petto, il suo corpicino caldo e sempre più inerte che gli scivolava giù. 
Fortuna volle che quest'ultimo avesse precedentemente lasciato la porta del proprio dormitorio socchiusa. Taehyung la vide e ci si avvicinò di soppiatto, sollevando la tazza vicino alla targa appesa di lato per farla emergere dal buio. 
5 - 10 
m
Taehyung spinse la porta con delicatezza, sperando che la sua interpretazione sull'indicare che la stanza fosse occupata da bambini maschi dai cinque ai dieci anni d'età fosse giusta. 
Sentendosi un ladro posò un piede davanti all'altro con estrema accuratezza, le orecchie tese per cogliere ogni minimo movimento. Due fila di letti erano disposte ordinatamente sulla sinistra e sulla destra, ad occhio e croce una dozzina. 
Trovò un lettino vuoto, le coperte scostate di lato. L’elfo sperò che Dio gliela mandasse buona e si trattasse di quello di Jungkook. 
Appoggiò la tazza sulla comò apposita, controllando con un'occhiata fugace che l'alone della candela non puntasse sulla faccia del bambino del letto a fianco. 
Quando provò a posare Jungkook sul materasso quelle sue manine fecero presa sui capelli del biondo, già infiltrate da prima sotto il berretto. Taehyung allora si sedette sul letto, portando il busto in avanti per appoggiare la schiena del bambino su di esso. Avendo così riacquisito la libertà di muovere le braccia si portò le mani dietro al proprio collo, slacciando le dita di Jungkook dalla sua nuca.
Il bambino si lamentò quando gli rimboccò le coperte ormai fredde fin sotto al mento. 
Ancora non si era addormentato, sembrava solo parecchio stordito. Forse era dovuto al fatto che era cresciuto; Taehyung aveva utilizzato più o meno la stessa quantità di polvere dell'anno prima, per cui non era da escludere che il suo fisico ponesse più resistenza. 
"Io vado, Kookie. Buon Natale." sussurrò. 
A Jungkook ci volle un po' per realizzare che l’elfo si stava congedando. 
Subito le sue braccia annasparono per trovare una via d'uscita da sotto le coperte pesanti. Andando a tentoni riuscì a stringere un polso di Taehyung. 
Il modo di parlare di Jungkook, così preciso e articolato per essere quello di un bambino, era ridotto ad un borbottio assonnato. 
"TaeTae, resta..."
"Non posso, mi dispiace. Ma torno l'anno prossimo."
Una scintilla di speranza divulgò nella voce del più piccolo. "Davvero?" 
"Quanti anni hai?" chiese Taehyung.
"Nove." 
L'elfo posò una mano su quella più piccola aggrappata al suo polso. Il visino di Jungkook era immerso nella penombra, ma il luccichio dei suoi occhi la perforava. 
Mise da parte i sorrisi, pronto a giurare. 
"Tornerò ogni anno. Sempre. Te lo prometto." 
Jungkook rimase in silenzio a guardarlo, il capo sprofondato nel cuscino. Dopo qualche istante liberò il biondo dalla sua presa per sollevare il pugno a mezz'aria, il mignolo dritto come un fuso.  
Taehyung non esitò ad allacciare il proprio mignolo al suo. 
Sorrise a Jungkook, intenerito. 
"Non solo ho promesso durante la notte di Natale, ma me l'hai pure fatto fare in due modi diversi. Tu sì che sai come incastrare la gente."
"Perchè?" chiese Jungkook strofinandosi un occhio. 
"Ssshhh..." mormorò Taehyung, rimboccandogli nuovamente le coperte in un paio di mosse. 
Doveva proprio andare. Un altro secondo in quell'edificio e sarebbe stato lasciato a piedi. 
Posò leggere le labbra sottili sulla fronte di Jungkook e soffiò sulla tazza, spegnendo la candela.  
Nel giro di una manciata di secondi Taehyung aveva già lasciato il dormitorio e si stava precipitando al Central Park, pronto per partire verso la città più vicina.
Il viaggio in slitta fu brevissimo, ma trovò comunque il tempo di sgranocchiare un paio di biscotti che si era infilato in tasca. 
 
* * *
 
Più Jungkook cresceva più gli anni sembravano passare velocemente.
Taehyung, deciso a mantenere la sua promessa ad ogni costo, si era accertato di essere incaricato degli stessi civici di anno in anno, senza mai farsi passare di turno. Ogni Natale, appena i suoi polmoni si riempivano dell’aria di New York, l’elfo sgattaiolava giù dalla slitta senza aspettare il cenno concordato, bruciando tutte le tappe che precedevano l’orfanotrofio in tempo record. Dopo di che non gli rimaneva altro da fare se non passare il resto del suo tempo con Jungkook, ritardando ogni volta l’orario di andare via un po’ di più. 
L'elfo non poteva evitare, nell'istante in cui i suoi occhi incontravano la figura di Jungkook, di notare tutte le piccole cose che lo differenziavano dalla volta precedente. Fino a quando si trattava di una manciata di centimetri in più non si sorprendeva, ma quando cambiò voce, sostituendo quella sua vocina affabile con una più solida, passò tutto il tempo che avevano a disposizione a cercare di ascoltarlo parlare per registrarne le varie inclinazioni. Non gli piaceva l'idea di non saperlo riconoscere ad occhi chiusi.
Tae, d'altro canto, rimase sempre lo stesso. 
Dopo aver promesso a Jungkook di tornare ogni anno, Taehyung si era prefissato per il Natale successivo di introdurlo al mondo in cui viveva, spiegargli come funzionassero le cose al Polo Nord e raccontargli aneddoti. Voleva dargli una spolverata generale di come fosse la sua esistenza quando non era impegnato a consegnare regali, e così fece. 
Prima di tutto gli parlò delle promesse. Il loro era stato un gesto affrettato, forse dettato dall'atmosfera del momento, ma normalmente Taehyung ci avrebbe pensato due volte prima di giurare sotto Natale. Nella comunità degli elfi, in generale molto più rigida, moralista e dottrinale di quella degli umani per via del loro singolare lavoro, era considerato un vero e proprio disonore non essere coerenti a sé stessi e alle proprie affermazioni. Una promessa era una promessa, e in quanto tale andava rispettata.
Il fatto che poi loro l’avessero stretta a Natale amplificava il tutto: il Natale era sacro agli occhi degli elfi, la notte più importante dell'anno, e ciò rendeva il loro giuramento una promessa infrangibile. 
Accontentando per una volta Jungkook, i due stavano bevendo una tazza di latte insieme quando Taehyung gli parlò di Babbo Natale e del perché non svolgesse il lavoro per cui era famoso. 
L'uomo dalla barba bianca, così come ogni elfo, dimostrava parecchio anni in meno rispetto alla sua età effettiva. Erano decenni che ormai non saltava da un tetto all'altro, giù e su per i camini. Si limitava a fare la sua parte guidando la slitta trainata dalle renne, scaricando gli elfi più giovani in tutte le città. Lasciava loro esattamente un quarto d'ora di tempo ad ogni tappa mentre lui accompagnava un secondo gruppo da qualche altra parte, tornando poi a prenderli. In questo modo nel giro di sei ore tutti i regali erano stati consegnati a tutti i bambini del mondo. 
Tutti gli anni Taehyung non faceva neanche in tempo a varcare il focolare del camino che subito le sue gambe venivano abbracciate strette strette. L'elfo si chinava in avanti con il busto, avvolgendo la schiena del bambino.
Con il tempo quelle stesse braccia gli arrivarono al bacino, poi al petto, fino a quando a Taehyung non bastò semplicemente allungare il collo verso il basso per poter poggiare il mento sul capo di Jungkook.
All’inizio, quando Jungkook non aveva ancora compiuto dodici anni, l'elfo tornava al Polo Nord dalle sue escursioni Natalizie pieno zeppo di disegni e biglietti che il bambino gli aveva fatto durante l'anno passato. Li teneva tutti, dal più brutto al più riuscito, che fossero scarabocchi o ritratti. 
Una volta per ricambiare aveva portato a Jungkook un berretto identico al suo, ma lui lo aveva rifiutato. Se le donne che gestivano l'orfanotrofio, le così dette badanti, avessero notato che possedeva oggetti di cui loro non conoscevano la provenienza gli avrebbero dato del ladro e non l'avrebbero più fatto uscire. 
Taehyung fu tentato più di una volta di andare a curiosare negli archivi destinati alle lettere dei bambini per cercare quelle di Jungkook. A volte, quando il Natale sembrava non arrivare mai, gli sarebbe bastato un pezzo di carta, una linea d'inchiostro, qualsiasi cosa purché fosse prima passata per le mani del castano. Ma lui era un elfo di parola, e non sarebbe mai andato oltre quelle porte. 
Con il tempo questo bisogno prese a tormentarlo sempre più frequentemente. 
Da quando aveva iniziato ad estendere le sue visite fino al limite massimo del tempo concessogli, Taehyung aveva perso quel primato di velocista che lo caratterizzava agli occhi degli altri elfi. 
Se almeno prima poteva usarlo per scusare la sua imbranataggine nella fabbricazione di giocattoli adesso non aveva più neanche quello. I commentini e le battute non divennero più una novità per le sue orecchie, ma il biondo aveva imparato a ripetersi di lasciarseli scivolare addosso. 
Aveva pensato se confidare agli altri elfi di quella strana relazione che stava mantenendo, ma trovò che fosse meglio non farne parola. Non che stringere amicizia o mostrarsi ai bambini fosse vietato dalle regole, ma diciamo che non era visto di buon occhio. Se per un qualsiasi motivo avessero deciso che la cosa non andava bene e gli avessero impedito di incontrare Jungkook, Taehyung non sapeva cosa avrebbe fatto. Era molto meglio tacere il tutto e accettare le critiche. 
Alla fine valeva sempre la pena di stringere i denti trecentosessantaquattro giorni per quel trecentosessantacinquesimo. 
Taehyung era così abituato ad essere considerato e a considerarsi uno dei tanti, sia al lavoro che in famiglia, che essere accolto con una tale gioia da qualcuno che lo aspettava così tanto ripagava sempre di ogni cosa. Era bello sentirsi insostituibili. 
 

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Capitolo 2
*** Part 2 ***


Eccomiiiiiii
Ecco a voi la seconda parte. Preparatevi all'angst (Andy, amami). 
Siamo arrivati al 13 di gennaio e finalmente posso dichiarare questa storia pubblicata SI.
Grazie per esservi presi il tempo di leggerla! 
Non sono sicura di quandocon cosa tornerò su efp. Ho un paio di storie in corso. Nel frattempo potrebbe sempre capitare qualche one shot...
 
A chi ha passato un Natale molto meno magico di quanto si aspettasse. 
A chi aspetta ancora la neve. 
A chi non riceve più regali perchè troppo grande. 
 
 
Pinky Swear 
- A Christmas Tale - 
1/2
 
Più che lasciarsi cadere all'interno della canna fumaria, Taehyung ci si tuffò proprio. 
Atterrò nella cenere a piedi pari e fece immediatamente correre le dita agli agganci della griglia del camino. Stava ancora uscendo dal focolare quando Jungkook gli buttò le braccia al collo, facendogli zuccare la nuca contro i duri mattoni. L'elfo gemette di dolore, più per riflesso che per il male effettivo. 
Una volta recuperato l'equilibrio, Jungkook tastò subito la parte lesa della testa dell'altro, gettando il solito berretto rosso a terra e spettinando quei fini capelli biondo cenere. Taehyung si limitò a stringersi forte a lui mentre l'altro rideva e si scusava allo stesso tempo. 
Una volta assicuratosi che l'elfo non sanguinasse, Jungkook lasciò semplicemente le mani dove stavano; le fece salire fino a quando i suoi gomiti non furono sulle spalle dell'altro, le sue braccia una gabbia intorno ai loro capi. Taehyung teneva le proprie intorno alla sua schiena, i loro petti premuti insieme. Con il respiro caldo del castano contro la sua pelle, non poté fare a meno di valutare le forme sotto le sue mani, i muscoli che fino all'anno prima erano inesistenti, la forza della sua stretta. 
I due si decisero a staccarsi e Taehyung poté constatare quei piccoli cambiamenti anche a vista; notò la pelle tesa sulle clavicole, il modo diverso in cui il maglione gli cadeva dalle spalle, le sottili vene sul collo. La mandibola si era fatta ancora più affilata mentre qualcosina era rimasto di quelle guanciotte paffute. 
Di quel fagottino che aveva conosciuto tanto tempo prima erano rimasti solo i grandi occhi scuri e l'aria sveglia, poco più. 
Jungkook era così, tutto uguale ma tutto diverso.
A guardarli da fuori si sarebbe potuto dirli due coetanei. 
Quando i secondi passati a fissarsi sorridenti sembrarono troppi, il ragazzo e l'elfo tornarono meno bruscamente uno tra le braccia dell'altro. 
Avvolto da quel calore corporeo così piacevole dopo aver volato per l'aria gelida della notte, Taehyung non si fece problemi ad affondare il viso nella piega del collo di Jungkook per riscaldarsi la punta del naso, ora che poteva farlo comodamente. 
"Ma quanti anni hai?" chiese meravigliato. 
"Sedici." rispose Jungkook, la sua voce camuffata dal colletto aperto della giubba di Taehyung che gli premeva leggera sul viso.
"Non ne avevi quattordici?" 
"Quello era due anni fa." 
Jungkook fece sedere Taehyung su una delle poltrone, imponendogli di starsene buono mentre lui si dirigeva nella stanza a fianco. Fece ritorno con un panno bagnato d'acqua fredda che, dopo essersi appollaiato sul bracciolo di quella stessa poltrona, premette sulla nuca dell'altro per prevenire un bernoccolo colossale. 
Taehyung chiuse le palpebre e mise su un'espressione sofferente, contento di farsi coccolare. 
Non riusciva neanche a ricordarsela l'ultima volta che qualcuno lo aveva soccorso per una lesione che non fosse grave o bisognosa d'attenzioni. Era pur sempre un elfo, non si faceva male così facilmente, ma per Jungkook la cosa non faceva alcuna differenza. 
Iniziarono a parlare del più del meno, raccontandosi in generale come era trascorso l'anno ormai agli sgoccioli. Poteva sembrare un discorso banale e scontato, ma per loro ogni piccola informazione era oro. 
A Taehyung non sfuggirono le numerose occhiate che Jungkook lanciava ad un orologio appeso alla parete. Le solite candele proiettavano la lunga ombra della lancetta dei minuti contro la sua superficie dando l'impressione che ce ne fossero due. Era un aggeggio diverso da quello che possedevano loro al Polo Nord; a New York il tempo era scandito in cifre anziché in mansioni. A completare il tutto ci si mettevano i numeri romani che l'elfo non aveva mai imparato a leggere.  
"Va bene così, grazie." disse Taehyung quando la botta smise di pulsare. "Sarà meglio che inizi a mettere i regali sotto l'albero, così poi posso mettere te a letto senza dover correre per le scale."  
Jungkook abbassò il braccio con cui sorreggeva il panno appallottolato per appoggiarlo allo schienale della poltrona, rifilando all'elfo una divertita occhiata scettica. 
"Posso andarci anche con le mie gambe, sai? Non ho più bisogno di essere addormentato a suon di granelli bianchi da un pezzo ormai." 
"L'anno scorso ti ho portato in braccio e non mi sembra che tu ti sia lamentato." 
"Questo perché ero troppo occupato a trattenermi dal ridere: dovevamo fare silenzio e tu continuavi a sbilanciarti. Per poco non ci cadeva la lampada a terra e mandavamo a fuoco e fiamme il corridoio."   
Taehyung non tentò di camuffare un sorrisetto. 
"Stai cercando di dirmi che sono debole, Kookie?" 
"Lo sei, in confronto a me." 
La virgola scura del sopracciglio del diretto interessato si sollevò, l'aria di sfida colta. 
Taehyung era già pronto con le mani sulla sua schiena; attirò a se il ragazzo, facendolo scivolare dal bracciolo alle sue gambe. Una risata sonora scappò dalla bocca di Jungkook che subito se la tappò, la regola del dover far silenzio sempre vigilante. 
"Oh, aspetta." disse Taehyung cambiando improvvisamente espressione. "I regali." 
Jungkook annuì e scese dalle sue gambe, ma non senza prima avergli sfilato dalla cinta il sacco di juta di soppiatto. Fece un paio di passi all'indietro verso l'albero addobbato, una smorfia giocosa sul volto. Dandogli la schiena aprì il sacco e ci infilò il braccio fino al gomito, tastando le vuote pareti di tela. Nel frattempo Taehyung lo aveva raggiunto da dietro, silenzioso come un gatto; recuperò la refurtiva e ci tuffò il braccio a sua volta. Quando ne venne fuori un pacco regalo era appeso al suo dito per il nastro che lo avvolgeva. 
Jungkook guardò deluso quella carta scintillante, poi rifilò all'altro un'occhiata scocciata che venne ricambiata con un sorriso. 
Elfo o umano, il ragazzo non avrebbe mai smesso di credere che un giorno sarebbe riuscito a tirar fuori di persona dei doni da quel sacco. 
Taehyung si mise a leggere i nomi ad alta voce dei vari biglietti, passando poi i regali a Jungkook che li sistemava sotto l'albero, in una breve catena di montaggio funzionale. 
Quando superarono la dozzina, il biondo mise il braccio nel sacco un'ultima volta, ma non trovò niente sotto le sue dita. Provò una seconda volta ma il risultato non cambiò. Aprì gli orli del sacco ma anche alla sua vista l'interno era completamente vuoto. 
Mancava il regalo di Jungkook. 
"Ci deve essere un errore." disse più a se stesso che all'altro, agitandosi. "Devono aver sbagliato qualcosa nel catalogarli, forse hanno messo il tuo in un altro sacco..." 
Pacato, Jungkook posò una mano sul suo avambraccio, fermandolo dal continuare a rovistare inutilmente. Il suo sorriso calmo e morbido contrastava gli occhi vivaci. 
"Va tutto bene, Tae. Non c'è problema." 
Taehyung si voltò verso di lui, afferrando la mano che Jungkook non aveva rimosso con le proprie. Mentre continuava tutto trafelato a scusarsi per qualcosa di cui non aveva colpe, le sue dita callose e lunghe che non stavano ferme un attimo, il castano non potè evitare di incantarsi a guardarlo. 
Taehyung non era cambiato di una virgola in tutti i suoi ricordi, sia caratterialmente che d'aspetto. Eppure era solo da un paio di anni a quella parte che Jungkook si era ritrovato a schizzare la sua figura anche agli angoli dei quaderni durante le lunghe e noiose ore di lezione, perfezionando la linea delle sue guance incavate e l'inclinazione degli occhi con un'attenzione che non aveva mai riservato a nessun ritratto. Le orecchie a punta erano sempre l'ultima cosa che aggiungeva, un particolare indispensabile con cui era fissato in modo quasi mal sano.
L'elfo era consapevole di questa sua ultima bizzarria e, nonostante non perdesse occasione per prenderlo in giro, lo lasciava sempre fare. Perfino prima, seduti a chiacchierare sulla poltrona, Jungkook aveva inconsciamente passato un braccio intorno al collo dell'altro per arrivare a giocherellare con il suo orecchio con le punta delle dita. 
Jungkook si accorse che l'altro aveva finito di parlare solo quando Taehyung si appoggiò l'involucro delle loro mani contro il viso, socchiudendo le palpebre. Quelle ciglia lunghe sfiorarono la pelle di Jungkook, impercettibili. 
"Dai, ti portò sù. E' inutile perdere tempo qui a rimuginare su chi ha fatto cosa." disse l'elfo, autoconcludendo il proprio discorso.
Ancora trasognato, Jungkook pose in automatico le mani sulle sue spalle, le proteste che lui stesso aveva precedentemente mosso riguardo l'essere preso in braccio dimenticate in un qualche angolo del cervello. 
Ormai il biondo era pronto a sollevarlo quando l'orologio batté le ore. Ne rintoccò solamente due, boriose nell'atmosfera soffusa delle candele. 
I due giovani si immobilizzarono. I loro sguardi si sollevarono simultaneamente sul marchingegno. 
Non aveva mai suonato quando Taehyung era ancora presente. Di solito Jungkook ne sentiva lo scandire solo dopo che se ne era andato, quando era ancora troppo emozionato per scivolare nel sonno. 
"E' avanti?" chiese Taehyung mollando la presa sul ragazzo. 
"No, non credo." 
L'elfo frugò nella tasca della propria giubba, pescando la palla di vetro. La finta neve all'interno aleggiava nell'acqua come polvere nell'aria, ricadendo su dei tetti in miniatura.  
"Questa non è New York." disse. Era un'affermazione ma suonava più come una domanda 
Scosse la sfera e se la portò all'orecchio, come per udire se qualche ingranaggio fosse saltato. 
"Qual'è il problema?" chiese Jungkook. 
Se l'attenzione di Taehyung non fosse stata tutta concentrata sull'oggetto nelle sue mani si sarebbe accorto dello sguardo negli occhi dell'altro. Avevano un che di fuggente, un luccichio indefinito. 
"Dovrebbe brillare." disse, la voce che gli si faceva profonda ogni volta che diventava serio. "Hai presente? Dovrebbe illuminarsi d'azzurro." 
Ci fu qualche secondo di silenzio mentre la consapevolezza di quello che era successo si depositava su entrambi. 
Fu Jungkook a romperlo, esternando i loro sospetti.  "Non c'è da preoccuparsi, no? Una volta mi hai detto che se qualcuno di voi perdeva la slitta gli bastava aspettare che facesse ritorno alla fine della nottata. Dicevi che non c'erano conseguenze negative, vero?" 
"Vero." disse Taehyung. 
Prima un regalo mancava dal sacco e poi la sua sfera di vetro perdeva i colpi. Jungkook aveva ragione, non ci sarebbe stato alcun problema nella consegna dei doni, c'era sempre un elfo pronto a prendere il posto di qualcun altro in caso di infortuni o altro, ma veniva da chiedersi se i suoi colleghi avessero fatto comunella per sabotarlo. 
Tornò a fissare l'orologio, come se potesse capirci qualcosa. 
"Non torneranno prima delle cinque del mattino. Ho ben tre ore da far passare." 
Taehyung si voltò verso Jungkook di scatto, le conseguenze positive di quella sventura che finalmente lo colpivano.
Esitò prima di convincersi a riaprir bocca."Tu che fai, sei dei miei?" 
Jungkook sarebbe già dovuto essere nel suo letto, questo Taehyung lo sapeva bene, ma quando mai gli sarebbe capitato di nuovo di perdere la slitta e rimanere incastrato a New York? Era abbastanza sicuro che il ragazzo avrebbe passato più che volentieri del tempo supplementare con lui, ma non poteva darlo per scontato. 
In tutta risposta l'espressione di Jungkook si sciolse nel sorriso più ampio che Taehyung gli avesse mai visto addosso. 
"E lo chiude pure?" 
L'elfo annuì con il capo, imponendosi di non cantare ancora vittoria. 
Jungkook si dondolò sulle punte dei piedi, come se avesse bisogno di pensarci. Si guardò intorno, studiando il salotto intorno a loro, le lucine delle candele riflesse nei suoi occhi scuri. 
"Vado a prendere la giacca. Non resteremo ad annoiarci qui dentro."  
 
 
Un minuto più tardi Jungkook fece ritorno dal primo piano vestito dalla testa ai piedi. La giacca che portava era evidentemente di seconda mano, probabilmente dismessa da un qualche ragazzo più grande, e la lana della sua sciarpa pareva essere parecchio grezza, ma al ragazzo non era mai importato meno. 
In una mano stringeva un paio di scarpe che non aveva indossato per evitare di fare rumore per il corridoio, mentre sull'avambraccio teneva piegata una seconda giacca identica alla sua. Appoggiò le prime ai piedi del divano così da poterle infilare da seduto e porse la seconda a Taehyung. 
"Metti questa. Non credo che a quest'ora ci sia gente in giro, ma è meglio evitare di sbandierare ai quattro venti la tua divisa." 
Taehyung accettò la giacca, indossandola sopra la propria giubba. Fece per allacciarsela, ma il tirino della cerniera non ne voleva sapere di infilarsi nei passanti giusti. 
"Sei sicuro di voler uscire? Se le tue badanti ti beccano sarà un miracolo se si limiteranno a farti saltare i pasti..."  
Le mani di Jungkook intervennero per sbrogliare la situazione, le scarpe ora ai suoi piedi. Era lo stesso atto che ripeteva giorno dopo giorno con la metà dei bambini più piccoli dell'orfanotrofio, sempre alle prese con le cerniere difettose. 
"Non m'importa. Ne varrà la pena."
"I bambini disubbidienti finiscono automaticamente nella Lista dei Cattivi." disse l'elfo, in parte scherzoso.
"Non sono più un bambino, Tae."
Jungkook sollevò la cerniera e il viso in simultanea, trovandosi il naso sottile dell'altro a pochi centimetri dal proprio, i suoi capelli biondi nuovamente costretti sotto il berretto. Entrambi sviarono subito lo sguardo in direzioni opposte, evitando il contatto visivo. 
Fatto un passo indietro, Taehyung riacquistò l'uso della parola. 
"Lo so." rispose. 
Jungkook deglutì, alla ricerca di un altro argomento che potesse scacciare quel vago disagio che aleggiava tra di loro. Non ci mise molto a trovarne uno anche parecchio ovvio. 
"Come facciamo ad uscire? Il portone d'ingresso fa un baccano assurdo, si sveglierebbero tutti quanti." 
Taehyung non ebbe bisogno di pensarci un gran che. Con un nuovo sorriso che gli andava da un orecchio all'altro mosse qualche passo, appoggiando una mano sull'architrave del camino. 
"Nello stesso modo in cui sono entrato." 
Jungkook lo guardò allibito. "Come?" 
Taehyung si piegò sulle ginocchia ed abbassò la testa per infilarsi nel focolare, facendo segno al ragazzo di seguirlo. Quest'ultimo gli lasciò prendere in pugno la situazione dato che non aveva un piano migliore. 
Quando poi Jungkook si ritrovò con le scarpe buone nella fuliggine e zero idee su come diamine avrebbe scalato un camino si disse che forse l'elfo aveva un po' troppa fantasia. A Taehyung sarebbe bastato un nonnulla, un balzo, uno stranuto per essere incanalato verso l'alto e arrivare in cima al comignolo. Ma lui era un umano, non c'era modo che riuscisse a fare una cosa del genere. 
Taehyung, d'altra parte, era tutto indaffarato; muovendosi a fatica in quello spazio già limitato senza la presenza di una seconda persona, sfilò il sacco dalla cinta e ne riempì il fondo di granellini bianchi, svuotando gran parte della sfera di vetro. Sotto lo sguardo esterrefatto di Jungkook iniziò a soffiare al suo interno, come se si trattasse di un palloncino, e più soffiava più dalla tela grezza traspariva la ormai familiare luce azzurrognola. Il sacco continuò a gonfiarsi e a riempirsi d'aria fino a quando non sollevò Taehyung di pochi centimetri, tirandolo verso l'alto. 
Il biondo si assicurò che l'orlo del sacco fosse ben chiuso prima di metterlo nelle mani del castano e tornare con i piedi ben saldi a terra. Quando Jungkook afferrò quello che aveva già capito da tempo non essere un semplice sacco di juta toccò ai suoi piedi sollevarsi un poco, facendogli scappare un verso di sorpresa. La sua umanità gli impediva di librarsi verso l'alto con la stessa velocità con cui aveva fatto prima Taehyung. Quest'ultimo gli diede una decisiva spinta da sotto e Jungkook si ritrovò ad attraversare tutta la lunghezza della canna fumaria, le dita strette strette a quello che era un pezzo di stoffa e il corpo irrigidito. 
In un modo o nell'altro Jungkook arrivò in cima al camino e ne superò il bordo del comignolo, continuando a lievitare seguendo quella rotta verticale. Improvvisamente immerso in tutto quel blu notte e in quell'aria fredda, il terreno solido che si allontanava sempre di più, Jungkook si sentì più sveglio che mai. 
Taehyung sbucò sul tetto, puntellando i piedi sull'apertura del camino. Afferrò Jungkook per una caviglia, ridendo della sua espressione buffa. 
Il ragazzo lo fissava dall'alto, il sacco luminescente sopra di lui come una seconda luna celeste. 
"Non scherzare, Tae, aiutami. Non so come si scende da questo coso." 
Il biondo fece per tirarlo giù, ma poi gli mollò la caviglia facendolo tornare verso l’alto. Prese la spinta muovendo ampiamente le braccia in avanti e indietro, piegò le ginocchia e spiccò un salto nel vuoto. Taehyung si aggrappò al busto dell'altro nello stesso modo in cui i bambini si attaccano alle corde appese agli alberi, ridendo. 
I due oscillarono pericolosamente, il loro dondolio accompagnato dalle proteste e dagli schiamazzi di Jungkook che non si aspettava una mossa del genere; per quanto continuasse a sgolarsi nel dirgli che cogliendolo così di sopresa aveva rischiato di fargli mollare la presa, elencandogli tutto quello che ne sarebbe derivato, non poteva smettere di sorridere. 
Quando la situazione si fu calmata i due poterono spostarsi e lasciare che il sacco li portasse su, ancora più su, lontano dall'orfanotrofio, sopra i tetti delle case. 
 
Ci vollero un paio di minuti affinchè iniziassero la loro lenta discesa, atterrando docilmente su un marciapiede non troppo distante dal centro della città. Jungkook, sentendosi come un padrone di casa, condusse Taehyung per svariate stradine, fino a raggiungere un vicolo mal illuminato.
Decine di volantini e pubblicità incollate alle pareti in mattoni svolazzavano sotto il soffio leggero del vento, il selciato della strada che rifletteva le poche luci che lo colpivano, bagnato dall'ultima nevicata. 
Nelle mani di Jungkook era comparso un ferretto poco più lungo del suo palmo, proveniente da una tasca interna della giacca. Lui si avvicino ad una delle tante finestre basse che davano sul vicolo, facendo leva su una delle imposte di legno. 
"Che fai?" chiese Taehyung alle sue spalle, abbastanza sicuro di non star assistendo ad un atto legale. 
Con un movimento del polso più secco degli altri, Jungkook riuscì ad allargare la fessura tra le due imposte con uno schiocco sordo. Rivolse all'altro un sorriso rassicurante, ponendosi l'indice sulle labbra per intimargli di far silenzio.  
Un cigolio accompagnò il suo spalancare la finestra. Impilò un paio di malandate cassette per la frutta accatastate lì sotto, pronte per essere raccolte l'indomani e gettate. Sfruttandole come un gradino, Jungkook arrivò a sedersi sul davanzale della finestra, per poi scavalcarlo con le gambe ed infiltrarsi all'interno dell'abitazione. Il tutto era stato fatto con la stessa maestria e confidenza di chi ha compiuto una sequenza di azioni più volte. 
Taehyung volse la testa un paio di volte verso gli estremi del vicolo, controllando che non ci fosse nessuno, prima di imitarlo.
In quella nuova oscurità poteva vedere Jungkook aggirarsi per l'ambiente con un fiammifero, impegnato ad accendere svariate lampade ad olio di cui evidentemente conosceva già l'ubicazione. Man mano che la stanza veniva illuminata a giorno vennero svelati un paio di banconi larghi, mattarelli di tutte le misure, fruste, lavandini, un forno a legna e burrazzi ben ripiegati. Quella che all'elfo sembrava farina era spolverata ovunque, insidiata nello spazio tra le piastrelle del pavimento, rinchiusa in grandi sacchi ammonticchiati in un angolo, mescolata alla polvere nell'aria.
Doveva trattarsi di una cucina, pensò Taehyung. O più precisamente di un retro di una bottega.
Quando Jungkook finì con il suo giro di ronda agitò il fiammifero nell'aria, spegnendolo. 
Si voltò verso l'elfo per spiegargli che cosa ci facessero lì, ma rimase interdetto dalla limpidezza con cui improvvisamente lo vedeva. All'orfanotrofio non si erano mai attentati ad accendere più candele di quante ne fossero effettivamente necessarie, per cui era ormai abituato a vederlo sempre accerchiato dal buio, offuscato, come se le ombre intorno a lui potessero inghiottirselo da un momento all'altro.
"Vengo in questo forno da sempre." disse, confermando le supposizioni di Taehyung. "Da quando ho compiuto dodici anni ci vengo ogni giorno a prendere il pane per tutti."
"E di solito lo fai passando dall'entrata principale o ti servi della finestra?" chiese Taehyung, una punta di rimprovero nel tono della voce. 
Jungkook si mise subito sulla difensiva, capendo solo in quel momento come l'altro stesse interpretando la situazione. "Io non rubo niente, Tae. Pago l'ordine giornaliero con quello che mi danno le badanti." 
Taehyung si odiò per la domanda seguente. 
"E quello non giornaliero?" 
Appoggiando le mani su uno dei taglieri, Jungkook finse di non esserci rimasto male. 
"Ho stretto un patto con la madre del proprietario di questo forno." spiegò senza guardarlo in faccia. "Lei sa che all'orfanotrofio i pasti sono quello che sono e mi ha proposto di fare qualche lavoretto per lei in cambio di un paio di filoni di pane in più. Devo solo ricordarmi di scrivere nel libro della contabilità cosa prendo e in che quantità e posso servirmi a piacimento." 
Un profondo senso di vergogna cadde su Taehyung. Anche se Jungkook fosse stato un ladro non avrebbe potuto biasimarlo; se all'orfanotrofio non li nutrivano abbastanza avrebbe avuto tutte le ragioni per cercare di sfamarsi, seppur nel modo sbagliato. 
"Mi dispiace, Kookie. Non volevo dubitare di te. Non mi devi spiegazioni." 
L'altro accennò un sorriso mesto, scrollando le spalle. "Fa niente. Non potevi saperlo." 
Così non andava bene.
Se c'era una cosa che Jungkook desiderava con tutto se stesso era che quei momenti fossero i più felici possibili. Passava mesi interi a pensare che se solo avesse avuto Taehyung al suo fianco tutto sarebbe andato per il verso giusto, che se fossero stati insieme sarebbero stati bene. 
Aveva sempre questa paura perenne di starlo idealizzando, di associargli caratteristiche che non gli appartenevano. E aveva anche paura che la stessa cosa accadesse a ruoli inversi. Magari Taehyung vedeva in lui cose che in realtà non c'erano. Magari lo credeva speciale. 
Jungkook passava le vigilie di Natale in questo stato ansioso che lo faceva andare fuori di testa. Una parte di lui avrebbe voluto che Taehyung non arrivasse mai, che tradisse la sua promessa; almeno così non avrebbe rischiato di scoprire che la loro amicizia era stata tutta una fantasticheria, qualcosa che la sua mente aveva partorito pur di farlo sentire meno solo. 
Ma Jungkook non si sarebbe arreso così facilmente. Non avrebbe lasciato che l'infelicità si infiltrasse nella cosa più perfetta che avesse mai chiesto per se. 
Riappropriarsi di un'espressione più disinvolta, il castano aprì una delle credenze dove sapeva essere tenuto tutto ciò che non era stato venduto la giornata precedente. Iniziò a tirar fuori strie, gnocchi farciti, pagnotte di pane. Strappò un pezzo dalle prime, felice di appurare che fossero ancora fresche, e lo allungò a Taehyung. 
"Sbaglio o mi avevi detto che al Polo Nord certe cose non si trovavano da mangiare?" 
L'elfo accettò di buon grado il cibo, tastandone la morbidezza e portandoselo al naso per odorarlo. 
Sapeva di buono, seppure fosse un po' unto. "Non ti sbagli." 
I due si sedettero sul pavimento, spalla contro spalla, le schiene appoggiate ad uno dei due banconi e i piedi che premevano sull'altro, incastrati in quella sorta di stretto corridoio. L'atmosfera si rifece allegra mentre iniziarono a mangiare di gusto, ignorando l'orario notturno; dopotutto Jungkook non metteva qualcosa sotto i denti da più di sette ore e Taehyung non aveva potuto prendere i dolci lasciatogli dai bambini essendo bloccato a New York. 
Quest'ultimo assaggiava estasiato tutto quello che l'altro gli offriva, gemendo ad ogni nuovo sapore che si ritrovava sulla lingua. Il cibo esotico era davvero imparagonabile a quello a cui era abituato. 
Taehyung stava ancora masticando un pezzo di focaccia quando, chinando il capo all'indietro contro uno dei cassetti, il suo sguardo finì sul soffitto. Proprio là, appeso all'ennesima lampada ad olio, posta troppo in alto perché Jungkook ci arrivasse ad accenderla, c'era un ramoscello di vischio.
Lui era pur sempre un elfo. Aveva le tradizioni natalizie inculcate nel cervello da quando era nato, la società in cui viveva era completamente basata su di esse. Da loro non le consideravano nemmeno "natalizie"; erano semplicemente buon costume. 
Per questo, con la stessa naturalezza con cui avrebbe fatto gli auguri di buone feste ad un passante, Taehyung si allungò verso Jungkook e schioccò le labbra sulle sue. Il castano, precedentemente in sovrappensiero, non aveva fatto neanche in tempo a rendersi conto di cosa stesse accadendo quando aveva visto l'altro avvicinarsi con la coda dell'occhio; aveva sporto appena le labbra all'ultimo, senza nemmeno chiudere gli occhi. 
Il bacio era finito ancora prima di iniziare e Taehyung tornò alla sua posizione originaria, continuando a masticare il cibo che non aveva ancora deglutito. Jungkook, senza parole, mantenne lo sguardo fisso davanti a sé. Staccò un altro morso dalla sua fetta di baguette, desiderando seppellire il viso nel colletto della giacca per liberare quel sorriso che gli formicolava sulla bocca. 
 
Taehyung si fece portare da Jungkook al Central Park dove sapeva essere il punto d'atterraggio della slitta. Gli mostrò i profondi solchi del suo passaggio precedente nello spesso strato di neve, facendo riemergere il lato più infantile dell'altro quando vide le orme di zoccoli. 
Tutto il parco era una soffice distesa di bianco, così smagliante a confronto con la volta blu notte del cielo. Le stelle là in alto, uno sprazzo di puntini candidi, sembravano piccoli fiocchi esclusi fuori da una sfera di vetro invisibile agli occhi. 
I due ragazzi si ritrovarono a pattinare su un fiumiciattolo ghiacciato, ovviamente senza essere muniti delle calzature adatte. 
Uno aggrappato alle dita dell'altro, Taehyung fronteggiava Jungkook e procedeva di spalle, tirandoselo dietro. Al contrario dell'elfo che in pratica era abituato a pattinare con la stessa frequenza con cui camminava, il ragazzo non aveva mai avuto modo neanche di provare per cui si limitava a puntare i piedi e a farsi trascinare. 
All'inizio procedevano a rilento ma una volta preso il via il biondo non si fece tanti problemi a prendere velocità. Preso dall'euforia non si accorse nemmeno che la pianta dei suoi piedi sfiorava a malapena il ghiaccio, pattinando su un qualche spiffero d'aria che minacciava di portarselo via. 
Fecero passare in questo modo buona parte del loro tempo: Jungkook che ogni volta che rischiava di scivolare conficcava le unghie nei palmi di Taehyung, Taehyung che rideva e si beccava un doloroso pizzicotto sul polso. I loro fiati si condensavano in nuvolette che si sovrapponevano, i loro schiamazzi e le loro risa che si libravano nell'aria dopo tanti anni di sussurri e mormorii.
Con i ridenti occhi di Taehyung dritti davanti ai suoi, i denti esposti dal suo sorriso indelebile che facevano a gara con la neve a chi fosse più bianco, Jungkook provò quel senso di completezza, di complementarità che aveva tanto cercato. 
Ne valeva la pena. Per tutto. 
Valeva la pena sentirsi costantemente malinconici, avere sempre qualcosa che non andava anche nelle giornate migliori per quei quindici minuti all'anno. Se avesse preso tutti quei quarti d'ora passanti insieme avrebbe raggiunto si e no le due ore, ma ne valeva comunque la pena. 
Valeva la pena di passare le sere a raccontare ai bambini storie, favole e leggende per farli addormentare. Valeva la pena di trovare sempre un modo di associare un bel paio di orecchie a punta al protagonista e una gentilezza senza pari.
Valeva la pena essere richiamati in classe per essersi distratto con i suoi scarabocchi. 
Era anche valsa la pena di non aver baciato nessuno nonostante non avesse mai sperato di ricevere da lui primo bacio. 
Taehyung valeva tutto questo e anche di più. 
Per la prima volta nella sua vita, Jungkook si disse che forse era anche valsa la pena di essere stato rinchiuso in un orfanotrofio se quella era stata la condizione necessaria affinché Taehyung lo trovasse. 
 
Quattro rintocchi di campana risuonarono nella notte. 
Jungkook e Taehyung camminavano per le strade senza una meta precisa. La neve spalata ai lati rendeva inagibili i marciapiedi, ma non era un problema se i quartieri erano desolati come nel loro caso. 
Sulle finestre, sui davanzali, tra i vasi, sugli scalini, sui muretti, ovunque erano state seminate candele su candele. Come voleva la tradizione, dovevano star accese tutta la notte per illuminare il passaggio di Babbo Natale o Gesù bambino, a seconda delle credenze.
I due ragazzi si lasciavano guidare da esse, evitando le strade più buie. 
Taehyung se la sarebbe presa con comoda, ma Jungkook camminava a passo spedito, molleggiando con le ginocchia sul posto quando era costretto ad aspettarlo. Ora che avevano smesso di pattinare e si erano dati una calmata il ragazzo aveva sentito tutto il freddo piombargli addosso in un colpo solo. Non aveva più sensibilità alle mani e sospettava gli stessero diventando blu. 
Taehyung rise, vedendo il suo naso arrossato e la postura intirizzita. "Hai freddo solo perché non sei mai stato da me. In confronto al Polo Nord qui sembra di stare al mare." 
Jungkook gli lanciò un'occhiataccia, portandosi le mani alla bocca per riscaldarle. Dopo appena un secondo non resistette più e riprese a muoversi giù per la stradina. 
"Se vuoi possiamo incamminarci verso l'orfanotrofio. Ormai la slitta sarà di ritorno e sarebbe meglio che tu non ti ammalassi. Magari così riesci anche a non farti beccare e non ti mettono in punizione." 
La proposta dell'elfo catturò l'attenzione del ragazzo che si bloccò sul posto. Da dietro l'altro poté vedere che si stava guardando intorno, scrutando il cielo come se potesse leggere l'orario dai colori che lo tinteggiavano, come se il campanile non avesse appena suonato. 
"Di ritorno? Ma sono a malapena le quattro del mattino..." 
Anche il sorriso di Taehyung si tinse, ma d'amarezza. 
"Con la storia del fuso orario non mi so regolare bene, ma considerando che se fossi riuscito a prendere la slitta in tempo nel giro di tre orette sarei stato a casa... Si, credo lo siano." 
Se Jungkook aveva risposto qualcosa non si era sentito. Taehyung si disse di non lasciare che il silenzio calasse tra di loro proprio in quegli ultimi minuti. 
Mosse qualche passo nella sua direzione, le mani nelle tasche di quella giacca che non gli apparteneva. 
"Appena sarò a casa andrò dritto alla fabbrica e chiederò notizie sul tuo regalo. Magari riesco a fartelo recapitare entro Pasqua."
Ancora silenzio. Taehyung iniziava a faticare a trovare un qualsiasi argomento che potesse fare da ponte tra lui e il ragazzo che non lo facesse apparire un idiota totale. 
Per sua fortuna, Jungkook si voltò verso di lui prima che potesse chiedergli come avrebbe festeggiato l'anno nuovo. 
Lo sguardo nei suoi occhi era cambiato. Nella serietà che avvolgeva le sue pupille si agitava qualcosa somigliante all'indecisione. 
Aprì bocca e sospirò, prima di parlare. "Non perdere tempo a cercarlo, Tae. Non c'è nessun pacco." 
L'altro lo guardo stranito.
"Come non c'è nessun pacco? Deve esserci. Anche se tu non avessi chiesto niente Babbo Natale ti avrebbe sicuramente mandato qualcosa." 
"Oh, ma lui ha già esaudito la mia richiesta. Gli ho chiesto un favore quest'anno." 
L'occhiata di Taehyung espresse la sua domanda. 
Jungkook, che fino a prima aveva tenuto lo sguardo puntato sulle proprie scarpe, alzò gli occhi sull'elfo. Mordendosi una guancia spostò gli occhi ancora più sù, al cielo, come se stesse incamerando aria nei polmoni. Un ultimo respiro in superficie prima di immergersi. 
Gli angoli della sua bocca si sollevarono appena verso l'alto, in una smorfia che sapeva di tristezza e di imbarazzo. 
"Gli ho chiesto se fosse possibile far rimanere il mio migliore amico con me, almeno a Natale." 
Taehyung dovette ripetersi la frase in testa più volte per arrivare a due conclusioni: la prima era che davvero non c'era nessun regalo da recuperare, la seconda era che il migliore amico a cui Jungkook si riferiva doveva essere lui. 
Non sapeva cosa gli facesse più effetto, se le parole migliore amico o l'aggettivo mio
Si accorse di star pensando senza effettivamente dare un responso vocale solo dopo un po'. Per tutto quel tempo non si era mosso di un millimetro, gli occhi sgranati e luminosi, la bocca socchiusa. 
"Questo significa- La sfera non brillava perch- è stata una tua richiesta?" 
Jungkook annuì senza saper cosa fare delle proprie mani. 
Un sorriso spontaneo sbucò sul viso di Taehyung, qualcosa che stringeva all'altezza del cuore. Non seppe perché si trattenne dall'abbracciarlo. 
"Oh, Kookie." sospirò. 
Ora che aveva superato la parte più difficile, le parole sfuggirono a Jungkook con molta più facilità. 
"Dici che è una cosa che potremmo fare tutti gli anni a venire? O era più un'eccezione?" 
"Gli anni a venire?" 
L'entusiasmo per la notizia che aveva sulla punta della lingua prendeva così tanto Jungkook che non esaminò l'inclinazione del tono di voce con cui l'altro gli aveva posto quell'ultima domanda. 
"Il prossimo anno sarà l'ultimo in cui sarò legalmente affidato all'orfanotrofio. Dopo potrò andarmene, capisci? Potremmo addirittura chiedere a Babbo di lasciarti a New York una settima, un mese, un anno e andare ovunque ci vada!" 
Il ragazzo si aspettava che l'elfo esplodesse in risate e strepiti, che l'abbracciasse tanto forte da fargli male. Ma l'espressione di Taehyung continuava a scemare sempre di più, ingrigendosi poco a poco. 
Per il momento in cui parlò ormai era una maschera di tristezza. 
Taehyung lo disse come se stesse leggendo da un manuale, la voce piatta. "Passata la maggiore età i bambini vengono considerati adulti. Smettono di ricevere regali automaticamente." 
Jungkook non provò neanche a dirsi che aveva sentito male. Aveva sentito benissimo. 
"Cosa?"
"Non hai mai notato che i grandi non ricevono niente?" 
 "Pensavo fosse perché non credevano in voi! Mi avevi detto che chi non crede finisce nella Lista dei Cattivi, anche se è una brava persona." 
"Infatti, è così. E' quello che succede alla maggior parte dei bambini quando entrano nell'adolescenza. Non riesco a ricordarmi di un solo bambino arrivato al limite d'età." 
Nell'enfasi dello spiegare la voce di Taehyung si alzò di qualche ottava. Iniziava a sentirsi come se Jungkook lo stesse attaccando personalmente per qualcosa su cui non aveva potere. 
Come per tutti i bambini, anche Jungkook sentì le lacrime salirgli agli occhi appena i toni della conversazione si scaldarono.  Reclinò la testa in avanti, nascondendole. 
Non poté però nascondere la sua voce roca alle orecchie di Taehyung. 
"Perché non me l'hai mai detto?" 
"Pensavo lo sapessi." rispose l'elfo, impotente. 
Jungkook si smascherò da solo, strusciandosi il polso sul viso. 
"Ma io ho fatto dei progetti, ho pianificato come potremmo fare per continuare a vederci. Non puoi mandare tutto a rotoli così."
"Che progetti?" 
Il castano sollevò nuovamente il capo, le guance asciutte e lo sguardo serio che lo caratterizzava sin da piccolo. "Ormai so bene come funziona la vostra società. Non so come si svolga il lavoro di preciso ma imparo in fretta e mi so adattare facilmente a qualsiasi mansione. Mi accontenterei di fare quello che a nessun'altro elfo va di fare, starei dietro alla stalla delle renne, pulirei i laboratori..." 
Questa era l'ultima cosa che Taehyung si sarebbe aspettato di sentire. Preso alla sprovvista, non seppe neanche come reagire. 
"Jungkook, è assurdo. Non puoi fare quello che fanno gli elfi, la slitta non si solleverebbe neanche con te a bordo. Sarebbe impossibile anche solo farti arrivare al Polo Nord." 
"Perché?"
"Perché no. E' contro natura." 
Nei mesi successivi Taehyung si sarebbe odiato ripensando alla durezza con cui gli rivolse queste parole. Non che i concetti fossero sbagliati, ma non avrebbe dovuto farlo. Non così. 
L'esasperazione con cui Jungkook aveva mandato avanti quella conversazione si sgretolò, lasciandogli un senso di solitudine senza pari. 
Il suo sguardo fece pressione su quello del biondo, abbassandosi senza discrezioni sulla sua bocca. "Tante cose vengono considerate contro natura ma non mi sembra che tu ti sia fatto tutti questi problemi." 
L'elfo si zittì, colpito. 
Una luce azzurra iniziò a lampeggiare ad intermittenza, proveniente dalla sua tasca. Normalmente non avrebbe esitato a tirarla fuori ma in quel momento, con i suoi occhi e quelli di Jungkook allacciati, non sembrava esserci gesto più sbagliato. 
Jungkook riprese per la seconda volta parola. "Dai, lavori per Babbo Natale. Dovrete pur avere una qualche magia che faccia al caso nostro." 
L'enfasi con cui disse Babbo Natale fece corrucciare le sopracciglia a Taehyung.  
"Non credi in lui?" 
"Io credo in te." 
E non c'era più niente da aggiungere. La limpidezza con cui Jungkook lo disse parve portarli ad un bivio. 
La gola di Taehyung era ormai completamente secca e a corto di scuse. 
"Jungkook, io... vorrei poterti dire di sì." 
Con questa il ragazzo si dichiarò sconfitto definitivamente. Cedette e guardò in un'altra direzione, sorridendo d'infelicità. 
Aveva frainteso. Aveva frainteso tutto quanto. 
Come aveva potuto scambiare la pietà per affetto, le consolazioni per incoraggiamenti? 
Che bambino sciocco ed irrealista era stato.
Quando ritrovò la forza per parlare la sua voce era monotona, spenta. 
Tanto valeva finirla lì. 
"Mi dispiace di averti sabotato la consegna dei regali. Mi dispiace anche di averti infastidito con le mie stupidaggini infantili. Prometto che non lo farò più." 
Taehyung si allarmò subito sentendolo giurare. 
"Kookie..." 
"Non ti disturbare a cercarmi l'anno prossimo; fa pure il tuo dovere, non preoccuparti per me. Prometto che farò la mia parte non scendendo in salotto, non portandoti qualche stupido dolce. Prometto anche di non provare a guardarti nemmeno da lontano."  
Se la voce non gli si fosse strozzata probabilmente Jungkook avrebbe stretto tante altre promesse in quella notte di Natale. 
Consapevole delle conseguenze di ciò che aveva appena detto, Jungkook immerse i suoi occhi in quelli scuri e profondi di Taehyung un'ultima volta. Le sue pupille arraffarono tutto quello che poterono, scolpendo nella sua mente pieghe, linee e colori in un ennesimo ritratto che sperò essere indelebile. 
La palla di vetro ancora zampillava luce, seppur più lentamente, riflettendosi sul viso pallido del castano. Taehyung fece per allungare una mano verso il suo polso nello stesso momento in cui lui gli diede la schiena e si mise a camminare a passo sostenuto, abbandonandolo in quella stradina. 
L'elfo non provò ad andargli dietro. Che succedesse prima o dopo, il risultato non cambiava: doveva succedere. 
Con un primo fiocco di neve che gli calò sulla fronte, Taehyung si voltò dalla parte opposta e sparì nella notte. 
Le strade ormai erano ricoperte da un velo bianco per l'ora in cui Jungkook giunse all'orfanotrofio. Non avendo nè le chiavi, nè la capacità di saltare giù per i camini si appoggiò ad una parete esterna, le mani in tasca e il naso sepolto sotto la sciarpa, aspettando che il giorno arrivasse. 
 
* * *
Per il secondo anno di fila del regalo di Jungkook non c'era neanche l'ombra. 
Taehyung non si sforzò di guardare meglio all'interno del sacco; sapeva perfettamente da cosa fosse causato quel disguido. 
Il suo nome era finito nella Lista dei Cattivi, in un qualche modo. 
A Taehyung era bastato scivolare giù dalla canna fumaria dell'orfanotrofio per capire di non essere il benvenuto. Sporco di fuliggine dalla testa ai piedi, si ritrovò il vecchio salotto completamente immerso nell'oscurità. Lo stesso spiffero di vento che doveva aver spento le candele gli accapponò la pelle del collo. All'elfo bastò farsi luce con la sfera di vetro per constatare che sì, la finestra era stata chiusa male, ma che le candele o il piatto di dolciumi erano proprio assenti. 
Tutte cose su cui Jungkook aveva sempre avuto l'esclusiva. Le badanti dell'orfanotrofio non erano certo il tipo da tenere dietro alle tradizioni solo per far felici i bambini.
Taehyung non avrebbe potuto dire di non esserselo aspettato. Ci aveva sperato, certo, ma le possibilità che l'altro ragazzo lo accogliesse con un abbraccio travolgente erano state davvero minime. 
Una volta che tutti i regali furono sistemati sotto l'albero Taehyung si sollevò in piedi, le braccia abbandonate contro i fianchi, solo in quella stanza vuota.  
Durante l'anno appena passato si era ritrovato più volte di quante ne volesse ammettere a cercare una soluzione che sapeva non esserci. Non per loro. Aveva cercato di scucire nel modo più disinteressato possibile vecchie storie e regole da elfì più maturi di lui, ma tutto quello che ne aveva ricavato erano inviti a tornare al lavoro e racconti infiniti di aneddoti che andavano a parare ovunque tranne dove voleva lui. 
D'altronde era tutto inutile, ne era cosciente. La prassi era quella e non c'era modo di discuterne: se avessero trasgredito le regole per un umano poi avrebbero dovuto farlo per tutti quelli che lo richiedevano e il Polo Nord non poteva certo permettersi una cosa del genere. Tutto, tutto il loro lavoro si basava su questo equilibrio precario tra mantenere la segretezza dell'ubicazione e del funzionamento della fabbrica e continuare a mantenere alto il numero di bambini credenti. 
Taehyung sospirò e terminò di allacciarsi il sacco di juta alla vita. 
Non avrebbe mai sopportato l'idea che un litigio potesse aver concluso la sua relazione con Jungkook. Voleva un addio come si doveva, voleva andarsene sapendo che non era rimasto rancore. Si trattava sempre del bambino che aveva visto crescere, non poteva permettere che un solo ricordo marcio affliggesse tutti quelli che lo avevano preceduto. 
Già, non poteva. 
Il suo lavoro era finito lì, era libero di andarsene. Ma il fatto era che se se ne fosse andato non sarebbe mai stato libero dai rimorsi. 
Con una mano posata leggera sul corrimano impolverato, Taehyung iniziò a salire le scale dall'altra parte del salotto, veloce, senza causare uno scricchiolio. Era già con un piede oltre lo stipite della porta che lo avrebbe portato al corridoio che dava sui dormitori quando una voce lo bloccò. 
"Se vai di là sveglierai tutti inutilmente." 
Il biondo si voltò e Jungkook era lì, sulla scalinata che portava al secondo piano. Era seduto per la lunghezza del gradino, la schiena al muro e le braccia avvolte attorno al busto. Le ombre parallele delle colonnine che limitavano la scala gli si proiettavano addosso, sezionando il suo corpo con la luce soffusa. Così mimetizzato in quel gioco di linee, congelato nella sua posizione, il ragazzo era quasi impossibile da notare ad un'occhiata superficiale. 
Il sollievo pervase Taehyung. Gli aveva parlato, si stava rivolgendo a lui. Quello passato non sarebbe stato il loro ultimo incontro. 
Attraversò il pianerottolo, giungendo ai piedi della rampa di scale dove l'altro era seduto. 
Lo sguardo di Jungkook rimase piantato dritto di fronte a se, donandogli una perfetta visuale del suo profilo. I suoi tratti erano più spigolosi, marcati, contrastanti con la morbidezza delle curve del pigiama che indossava. 
A Taehyung si strinse il petto nel realizzare quanto effettivamente fosse diventato bello. 
"Hai diciassette anni, vero?" chiese, già sicuro della risposta. 
Jungkook annuì con un movimento del capo. Non parlare all'elfo non era tra le promesse che aveva strinto, ma non aveva intenzione di farlo. 
Come aveva previsto, per trattenersi dal guardarlo negli occhi gli servì tutto l'autocontrollo di cui era capace. Si costringeva a tenere le pupille fisse nel vuoto, le palpebre a mezz'asta. 
Taehyung sollevò un angolo della bocca, iniziando a salire un gradino alla volta. 
"Te ne darei una decina in meno. Il carattere è sempre rimasto quello, orgoglioso e pignolo uguale." 
Sempre lui si sedette sul gradino subito sotto quello di Jungkook, appoggiando a sua volta la schiena alla parete e sistemando i talloni tra le colonnine. Prendendo l'altro per il gomito sfilò una delle sue braccia da quell'intreccio, liberandogli la mano che poi strinse fra le sue. Se ne appoggiò il dorso sulla propria gamba, le dita mollemente intrecciate e i palmi morbidi che non combaciavano. 
Rimasero un minuto o più in silenzio. Taehyung giocherellava con le sue dita, accarezzava le fossette tra le sue nocche e Jungkook non si opponeva. Appoggiò il capo contro il braccio di quest'ultimo, seduto troppo in basso per arrivare bene alla sua spalla, quando l'altro strinse le labbra tra i denti, trattenendosi dal piangere. Le mani iniziavano a sudargli, ma lui le strinse un po' di più. 
Taehyung, notando il polso troppo esposto di Jungkook, provò a tirargli giù la manica della maglia del pigiama, ma quella tornò al suo posto. Doveva andargli corto nonostante sembrasse abbondare in larghezza. 
"Sai cos'è divertente?" mormorò piano il biondo, un senso di leggerezza che gli impregnava la voce profonda. "Che in tutto questo tempo sono cambiate così tante cose. Eppure io continuo a volermi prendere cura di te e tu continui a fingere di non averne bisogno. Bambino testardo." 
A quell'epiteto Jungkook si lasciò scappare una risata sbuffata. Raccolse una lacrima salata con la punta della lingua. 
Taehyung si staccò dalla parete, sistemandosi in modo da poter guardare il viso di Jungkook. Automaticamente il ragazzo lo girò appena un po' dalla parte opposta, come se servisse effettivamente a prevenirlo dall'incappare nei suoi occhi. 
"Mi dispiace tanto, Kookie. Davvero, davvero tanto." 
Incapace di parole più profonde che esprimessero al meglio i suoi sentimenti, Taehyung si portò la sua mano alle labbra. 
Le loro dita si districarono nel momento in cui si alzò nuovamente in piedi. Quella di Jungkook ricadde sulle cosce del proprietario, accartocciata. 
Taehyung scese le scale senza guardarsi indietro, portandosi dietro l'unica fonte di luce. 
Jungkook poteva ancora avvertire la sensazione di quelle guance fredde sul dorso della sua mano quando l'orfanotrofio piombò nel buio. 
Cinque secondi dopo si stava già infilando il primo cappotto che gli capitò sottomano. 
 
Jungkook affondava nella neve fino alle caviglie, i calzini e l'orlo dei pantaloni del pigiama completamente fradici. 
L'aria gelida gli ustionava la gola, il fiatone tramutato in nuvolette bianche lottava per stare al suo passo, ma lui non poteva darsi tregua dal correre. 
Senza dubbio l'indomani si sarebbe ritrovato con un febbrone storico, ma non gli poteva importare di meno. Anzi, forse sarebbe stato meglio avere una vera scusa per restare a letto per tutta la settimana successiva, isolato da tutti. Oltre a quella della punizione, anch'essa storica, che gli avrebbero dato. 
Era riuscito fino all'ultimo ad essere forte, a mantenere la sua promessa di non guardare l'elfo negli occhi. Avrebbe dovuto esserne almeno in parte sollevato, essendo la parte peggiore superata. 
Ma poi Jungkook si era ricordato che Taehyung ne valeva la pena. 
Valeva la pena affondare il coltello nella piaga. 
Valeva anche la pena di trasgredire le regole e precipitarsi fuori dall'orfanotrofio in piena notte, correndo come un matto con la speranza di raggiungere Central Park in tempo. 
Quando finalmente arrivò, l'urgenza che gli aveva messo le ali ai piedi, la slitta era già sollevata in aria di una manciata di centimetri.
Pur quanto la visione nel suo insieme fosse disarmante e maestosa, con tutte quelle luci, quei colori e quelle decine di elfi tutti in divisa che parevano brulicare all'interno del mezzo, Jungkook non vedeva niente che non fosse Taehyung. 
Nel solito caos che precedeva ogni partenza, riempito da indicazioni urlate a destra e manca, renne da nutrire e sacchi da sistemare, più di un elfo notò il ragazzino umano che correva dritto verso di loro. Sentendo tutta quell'improvvisa agitazione, Taehyung si guardò intorno confuso, cercando di cogliere i fili dei loro discorsi concitati. 
Uno dei suoi colleghi gli prese contro nel passargli vicino, facendolo barcollare. L'elfo in questione, un pezzo grosso che aveva smesso da decenni di consegnare regali, arrivò al limite di una delle due fiancate della slitta, afferrandone il bordo con le sue manone. Urlò qualcosa indirizzato verso l'esterno di essa, ma le sue parole burbere andarono disperse nella confusione. Taehyung lo affiancò, cercando di capire quale fosse il problema. 
Fu allora che lo vide. 
Quello strano cappotto svolazzava tutto dietro la figura di Jungkook, sempre più somigliante ad una misera vestaglia che non doveva tenere particolarmente caldo, i suoi capelli castani tirati dall'aria, le guance paonazze. Correva come un dannato verso la loro direzione, sempre più vicino, una scia di orme nella neve che lo seguiva. 
Come incantato, Taehyung non poté capire esattamente quanto lo fosse fino a quando non si trovò a pochissimi metri dalla slitta. 
Jungkook notò l'elfo colossale gli stava sbraitando qualcosa contro con un'aria anche parecchio minacciosa, ma proprio alla sua destra c'era Taehyung, perciò ne valeva la pena. 
Con un balzo il ragazzo piombò con i piedi sopra una delle assi sottostanti la slitta, aggrappandosi ai bordi di essa. Provocò un'esclamazione generale da parte di tutti gli elfi; la slitta aveva cessato di lievitare nel cielo con uno scossone, inclinata tutta di lato, appesantita da un umano. 
Mollando il bordo, Jungkook protese le mani in avanti nello stesso istante in cui lo fece Taehyung. Il primo si ritrovò le braccia dell'altro intorno alla schiena a trattenerlo dal cadere all'indietro, il secondo si ritrovò il berretto rosso calato sugli occhi e le labbra dell'altro premute forte sulle sue. 
Dopo un istante di sorpresa, trovatosi improvvisamente privato della vista, la presa di Taehyung si strinse su Jungkook che poté circondare il collo dell'elfo con le braccia, la sponda della slitta stretta fra loro a dividerli. Le loro bocche si ammorbidirono, indugiando l'una sull'altra. 
Per un qualche motivo che non si seppe spiegare, con quel bacio Jungkook realizzò a pieno quanto l'amore di Taehyung nei suoi confronti fosse diverso dal suo modo di amarlo. 
La vide nettamente quella linea che separa affetto e passione. Il problema era che lui era da una parte, Taehyung dall'altra. 
Eppure Taehyung, Taehyung sempre così irraggiungibile, Taehyung che lo considerava come un fratello, stava ricambiando il gesto comunque. 
Una strana senzazione si impossessò di Jungkook: era arrabbiato, tremendamente arrabbiato con tutto e tutti. Era innamorato, dannatamente innamorato e cosciente di non essere corrisposto, ma inseguiva quel bacio per capriccio. 
Quando la sorpresa sembrò consumare i suoi effetti e gli altri elfi riniziano a vociferare, Jungkook si assicurò di stringere le palpebre mentre sollevava alla cieca l'orlo del berretto nuovamente sopra le sopracciglia di Taehyung. Si impose di allontanare le labbra dalle sue ed appoggiò la fronte su una delle sue guance, disperato per qualsiasi contatto fisico, le sue dita che trovavano la loro strada per i corti capelli biondi sulla nuca. 
I due si tennero stretti in quel fermo immagine, investiti dalle luci smaglianti della slitta che li macchiava di ogni colore, il flusso d'aria che si ripiegava sotto il veicolo che scompigliava loro i vestiti e le chiome. 
Intorno a loro gli elfi tornarono a mobilitarsi come niente fosse, probabilmente incitati da qualcuno. 
Con le ciglia dell'altro che gli solleticavano il viso, Taehyung non sarebbe stato in grado di comprendere le sue parole se non fosse stato così vicino.
Jungkook mosse le labbra senza che ne uscisse alcun suono, la voce rotta. 
"Portami con te." 
L'elfo grande e grosso di prima diede una pacca indelicata alla spalla di Jungkook. "Ragazzino, devi scendere. Ci stai rallentando la tabella di marcia." 
Nonostante fossero avviluppati uno intorno all'altro, i suoi ordini arrivano forte e chiaro alle orecchie di entrambi. Si strinsero impercettibilmente un po' di più, sapendo che per quanto potessero opporre resistenza si trattava di un vicolo cieco. 
La loro presa si allentò fino a sciogliersi. Jungkook scese dall'asse, tornando con i piedi nella neve, e la slitta singhiozzò in aria di un metro. 
Non seppe dire se dai suoi occhi scendessero lacrime o meno, ma ormai non aveva più vergogne. Chinò il capo, sapendo che Taehyung lo guardava dall'alto. 
"Non andare." riuscì a dire. 
Non era più una richiesta o una proposta. Lo stava supplicando. 
Da un punto indefinito qualcuno ridacchiò, divertito nel vedere Taehyung cacciarsi sempre in situazioni scomode. Questa volta aveva davvero superato sè stesso; la scenetta a cui avevano appena assistito era così drammatica da rasentare il patetico. 
"Non andare." ripeté Jungkook, più forte . 
Le renne scalpitarono, i fari si accesero. La slitta sobbalzò per la terza volta, alzandosi ulteriormente. L'elfo fece segno a Taehyung di andare a sedersi al suo posto ed allacciare la cintura di sicurezza. 
Tutto suggeriva a Jungkook che fossero in partenza. Non c'era più niente a trattenerli a New York. 
La disperazione lo tirò per i capelli, facendogli sollevare il viso al cielo, gli occhi ben aperti. 
"Taehyung!" chiamò. 
Il veicolo si alzava ancora e ancora, mostrando al ragazzo la sua parte sottostante e nascondendogli l'elfo alla vista. 
In quel momento capì cosa Taehyung aveva sempre inteso dicendogli che non poteva essere un elfo. Nonostante Jungkook non fosse riuscito a scambiare un ultimo sguardo con i suoi occhi aveva tradito la promessa moralmente, provandoci. 
Eppure Jungkook voleva così tanto poter riavere quegli occhi scuri sui suoi, solo un'ultimissima volta. Solo un'ultimissima volta prima di crescere e arrendersi, lasciare che i ricordi sbiadissero. 
Si ritrovò a urlare nel cuore della notte, tentando di raggiungere il biondo. 
Il nomignolo che aveva sempre usato da bambino gli sfuggì dalle labbra senza permesso, senza tornare più indietro. 
"TaeTae!" 
Sopra la slitta, disperso tra i tanti elfi, seduto composto in uno dei tanti posti delle tante file, Taehyung reclinò la testa in avanti, nascondendo gli occhi bagnati da tutte quelle occhiate curiose che gli erano rivolte. 
Le renne vennero incitate a prendere alta quota con un fischio e l'elfo seppe di starsi lasciando alle spalle uno dei più grandi rimorsi della sua vita.
Jungkook si ritrovò completamente solo in mezzo al Central Park, la vestaglia che gli pendeva da una spalla, i solchi della slitta sulla neve e lo sguardo rivolto al cielo sgombro. 
 
 
* * *
 
Jungkook aveva smesso di fare tante cose da quando aveva compiuto diciotto anni. 
Aveva smesso di essere mantenuto dall'orfanotrofio gratuitamente. Un letto c'era ancora per lui, ma se lo guadagnava ogni giorno lavorando con i bambini più piccoli. Per le badanti era stato molto più semplice fare affidamento su qualcuno che sapeva già come funzionasse il lavoro anziché cercare un qualche giovincello che non sapeva dove sbattere la testa. 
Jungkook aveva smesso di studiare, non potendoselo permettere di tasca propria. Aveva smesso di andare nel retrobottega del fornaio, preferendo farsi servire come i normali clienti. 
Aveva smesso di fare tante cose, ma non tutte quelle che avrebbe dovuto. 
Non poteva smettere di raccontare favole ai bambini. Non poteva smettere di disegnare. 
Non poteva neanche smettere di sentirsi sulle spine per tutta la durata della vigilia. E nemmeno poté imporsi di dormire, quando quella sera si mise a letto. 
Tutto quello che voleva era addormentarsi e svegliarsi con le prime luci dell'alba. Un sonno profondo, senza sogni, di quelli che ti fanno chiedere se effettivamente ci si sia appisolati. 
Più lo desiderava più quello non giungeva. 
Giunse qualcun altro, invece. 
Non un singolo rumore lo aveva insospettito del suo arrivo. La sua presenza era stata introdotta solo dall'opaca luce di una lampada ad olio, sempre più forte, sempre più vicina, fino a quando quel rettangolo di luce ritagliato dalla porta non smise di proiettarsi contro le pareti della sua minuscola camera. Si espanse su ogni superficie quando la sua fonte entrò.  
Taehyung ci aveva messo un po' a trovarlo, ma alla fine ce l'aveva fatta. 
Il castano gli dava la schiena, raggomitolato su un fianco. La lampada ad olio venne appoggiata da qualche parte, stabilizzandosi. 
Il materasso si abbassò appena sotto il peso nullo dell'elfo che ci si appoggiò con i gomiti, accovacciato nello stretto spazio dietro il corpo di Jungkook. Prese ad accarezzare delicatamente i capelli di quest'ultimo, attento a non tirarglieli. 
Sapeva benissimo che il ragazzo non stava nemmeno fingendo di dormire, ma volle lasciargli credere il contrario. 
"Buon Natale, Kookie." soffiò. 
Sporgendosi appena oltre la sua schiena posò un bacio impalpabile all'estremità del suo occhio. 
Limitandosi a questo, scivolò giù dal letto e lasciò la stanza. 
Jungkook si chiese se quella sua ferita fosse mai destinata a rimarginarsi. 
 
Negli anni a venire la storia continuò a ripetersi. 
Jungkook si chiedeva perché Taehyung stesse infrangendo le regole, continuando ad andarlo a trovare anche dopo il compimento della sua maggiore età. Un elfo così di parola e fedele alle proprie origini come lui non lo avrebbe mai fatto con leggerezza. 
Solo dopo tanto tempo si rese conto che l'altro stava trasgredendo la legge degli elfi proprio perché era di parola. 
Taehyung stava mantenendo un giuramento fatto ad un bambino tanto tempo prima, quando aveva stretto il suo mignolino con il proprio e aveva promesso di tornare ogni anno. Sempre. 
 
Un Natale come i tanti che lo avevano preceduto, Taehyung andò all'orfanotrofio, il sacco di juta legato alla vita e la sua sfera di vetro nella tasca della giubba.  
Dopo aver consegnato i regali raggiunse la camera di Jungkook, ma trovò il suo letto vuoto, il materasso spogliato dalle coperte. 
Non seppe mai dove si fosse trasferito, che lavoro facesse o quali fossero i nomi dei suoi figli. 
Ma quel Natale Taehyung tornò in salotto mesto, il cuore fallato. 
La stanza era più inospitale che mai, fredda, svuotata di quella magia che ci aveva sempre visto. 
La sua mente galoppava a ritroso, ricordava tutto quel che c'era da ricordare di Jungkook e lui, lui e Jungkook. 
Taehyung si permise di rivolgersi la domanda che aveva evitato di farsi in tutti quegli anni: se non ci fossero stati tutti quei "se", se non ci fossero stati tutti quei "ma", quella linea tra affetto e passione sarebbe stata così netta?
La risposta non arrivava. Poco male, perchè la risposta ormai era inutile. 
Taehyung era in procinto di entrare nel  focolare quando qualcosa attirò la sua attenzione, frenandolo al centro del salotto. Quel vecchio albero di Natale era ancora lì, sempre uguale, sempre lo stesso. 
Ci si nascose dietro, gli aghi secchi dei rami che lo pizzicavano. 
Chiuse le palpebre, sospirando profondamente. 
Se lui non vedeva il bambino, il bambino non poteva vederlo. Questa era sempre stata la sua strategia vincente. 
 

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