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di artemisia reight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


“Finalmente fuori!” esclama Edward, respirando l’aria fresca all’esterno del cinema.
“Oh andiamo, non era poi così male” Elettra gli dà un pugno scherzoso sul braccio.
“Solo il peggio film che abbia mai visto” Edward ride, vedendo la ragazza offendersi. “Non è mica colpa tua” riprende in modo più dolce “non l’hai mica diretto tu!”.
“No, ma sono stata io a scegliere cosa vedere stasera. Ed ecco il risultato..ti sei annoiato!” Elettra incrocia le braccia sul petto e volge lo sguardo altrove.
Il ragazzo si fa più vicino. Le prende il mento e avvicina le labbra alle sue.
“Elettra Stain, annoiarsi passando del tempo con te è la cosa meno possibile che sia stata mai immaginata dalla mente umana”
La ragazza sorride di nuovo e riprende a baciare il suo fidanzato, ritenendosi incredibilmente fortunata ad aver trovato qualcuno che la ami così profondamente.
“Andiamo, ti riaccompagno a casa” Edward la prende per mano e insieme si incamminano verso la fermata più vicina.
 
 
 
“E’ semplicemente stupido!” Matthew sbatte il pugno sul tavolo “lavoro tutto il giorno, guadagno soldi per entrambi, mando avanti la famiglia e tutto ciò che chiedo in cambio è la cazzo di cena la sera quando torno a casa! Non capisco cosa ci sia di così difficile in questa piccola accortezza che mi renderebbe migliore la giornata”.
“Non puoi pensare solo a cosa fai tu durante il giorno” Phil dà un morso al suo panino “anche tua moglie si dà da fare, solo che non ne sei informato. Di sicuro non sta l’intera giornata a non fare nulla e ad aspettare che tu rincasi”.
Matthew scuote la testa, esaminando con sguardo critico il piatto che ha davanti.
La caffetteria vicina al loro ufficio è praticamente piena e loro intrattengono le loro solite conversazioni chiassose, tentando di sovrastare il vociare del resto dei clienti.
“Dovreste tutti fare come me” si intromette Steven “una donna diversa ogni sera e nessuna pressione. Tutte ai tuoi piedi, nessuna che tiene il guinzaglio. Io non vi capisco. Non capisco proprio come potete continuare a farvi mettere i piedi in testa in questo modo da anni, senza mai ribellarvi o desiderare dell’altro”.
“Se solo ti innamorassi ti renderesti conto di quanto assurdi i tuoi discorsi suonino alle mie orecchie” Bruce, il più giovane, scuote le spalle alle parole del suo collega.
“La fai facile tu” riprende Steven “tua moglie è uno schianto, ti tratta come un principe ed è praticamente priva di lati negativi. Avessero tutti la vita facile come te, caro mio!”.
“Io la penso come Bruce” Phil accartoccia la carta del panino “quando sei innamorato non pensi più alle altre donne. L’unica che ti interessa è tua moglie e non senti il peso di dover rimanere fedele. Ma John, tu invece come la pensi?”
L’ultimo e più silenzioso del gruppo, intento a finire il suo pranzo, alza lo sguardo dal tavolo e fissa gli amici incerto.
“Personalmente devo ammettere che a volte mia moglie è pesante. Non che abbia mai pensato a qualcun altro o cose del genere.. ma a volte mi fa davvero imbestialire. Non sto dando ragione a Steven, ma sto dicendo che non ha tutti i torti”.
I cinque uomini continuano a conversare del più e del meno, attendendo senza entusiasmo il momento di tornare nei loro uffici.
 
 
 
Edward ed Elettra scendono dall’autobus, entrambi accaldati dall’ammasso di corpi cui erano stati costretti a schiacciarsi contro. Edward ha sempre amato il tratto di strada che separa la fermata dalla casa di Elettra. Lo considera il momento più tranquillo e rilassante, dove lei gli racconta tutto ciò che le passa per la testa in quel momento, prima di rientrare a casa. Ama sentirla parlare di qualsiasi cosa. Il modo in cui si agita quando racconta un episodio che le è capitato, le espressioni  che fa quando ricorda di aver incontrato un cane da qualche parte ed il modo in cui gli stringe involontariamente la mano quando parla di qualcosa che la appassiona particolarmente. Lui, per la maggior parte del tempo, rimane in silenzio ad ascoltarla e guardarla, tentando di mantenere impressi nella sua mente più gesti e parole possibili.
“Oh, quasi dimenticavo!” la stretta si fa più forte, ed Edward intuisce che qualcosa di importante è in arrivo “il direttore del giornale mi ha detto che devo scrivere un articolo sulla finanza e che è particolarmente importante per il mio risultato finale e quindi per le future referenze”
Il giornale della sua scuola, una delle cose che le piaceva più fare. Amava scrivere. Scriveva qualsiasi cosa: articoli, storie, riassunti, recensioni.. le piaceva esprimere con la scrittura tutto ciò che non era capace di esprimere a parole. Lui adorava leggere qualsiasi cosa lei producesse.
“Dovrei trovare un’azienda disponibile a farmi curiosare in giro per un po’ di tempo, ma sarà così difficile! Nessuno si fida di una diciassettenne” Elettra alza gli occhi al cielo.
“Mio padre è un consulente finanziario, non so se può esserti utile” Edward comincia a ragionare.
“Stai scherzando? Sarebbe perfetto!” Elettra comincia a saltellare eccitata “E’ la cosa migliore che potesse capitarmi! Oh mio Dio, non ci posso credere!”
“Stasera gli chiedo se può darti una mano e ti faccio sapere, ok?”
Per tutta risposta Elettra lo bacia con tutta la passione che ha in corpo, provocandogli brividi lungo la schiena.
 
 
 
John scende dalla macchina, quella sera, più stanco del solito. Il sabato lo rende sempre sfinito. Non c’è molto lavoro da fare, ma il personale è dimezzato e non c’è modo di sottrarsi ai vari incarichi.
L’unica cosa che sogna in quel momento è un bel bagno caldo.
Apre la porta di casa e Daisy, il suo pastore tedesco, gli viene incontro con entusiasmo. John si getta a terra, lasciandosi leccare la faccia e godendosi il modo in cui quel cane lo fa sentire amato.
“John sei tu?” la voce di sua moglie che viene dalla cucina lo convince ad alzarsi da terra.
“Sì, Julia, sono io” John la raggiunge in cucina, lasciandole un rapido bacio sulla guancia.
“Come è andata a lavoro?” gli domanda lei, senza distogliere lo sguardo dal pasticcio di patate che sta preparando.
“Il solito stress” John scuote le spalle, osservando il modo in cui il grembiule cade in modo perfetto sui suoi fianchi. Per un attimo ricorda il modo in cui era solito baciarla in modo appassionato la sera quando tornava a casa, molti anni prima.
Si avvicina di nuovo a lei, baciandole il collo in modo delicato. Julia si volta verso suo marito, sorpresa da quell’atteggiamento improvviso ed indecisa se ricambiare il bacio. Lo guarda intensamente, come non lo guardava da tempo, e si blocca.
“Ti sei messo questa camicia oggi?” domanda allarmata.
“Sì, perché?” John tenta di mantenere vivo in lui il ricordo di quel momento, mentre la situazione cambia atmosfera.
“Non l’avevo stirata! Sei andato a lavoro con una camicia stropicciata!” Julia comincia ad urlare “come puoi essere così distratto?!”
“Julia, è solo una camicia” John si allontana di nuovo, alzando gli occhi al cielo.
Solo una camicia?” Julia alza ancora di più il tono di voce.
Il rumore della porta che si apre interrompe la loro discussione.
“Sono a casa!”
“Edward, finalmente!” Julia accoglie il figlio dall’ingresso “mi chiedevo dove fossi finito”
“Ero fuori con Elettra” spiega Edward “a proposito, papà. Elettra avrebbe bisogno di aiuto per un articolo del giornale scolastico”
“Elettra?” John aggrotta le sopracciglia.
“Ma si! La ragazza di Edward!” Julia si tocca la fronte “possibile che non ricordi mai niente? State insieme da quanto? 5 mesi?”
“Sì, infatti” Edward annuisce impaziente “allora papà, potrebbe venire al lavoro da te per un po’ e vedere come funziona?”
“Sono molto impegnato, Eddie” John scuote la testa “non mi sembra proprio il momento giusto”
“Oh andiamo, John” Julia gli posa una mano sulla spalla “troverai sicuramente del tempo da dedicarle. Possibile che non hai neanche un momento di pausa?”
John reprime l’impulso di gridare. Vorrebbe gridare a sua moglie che no, non ha nessun momento di pausa e di sicuro  nessun attimo da dedicare ad una ragazzina. Vorrebbe gridarle che in questi mesi ha per le mani dei casi importanti e che lo saprebbe anche lei se solo si fosse degnata di informarsi un momento sulle sue giornate lavorative.
Invece di dire tutto ciò, fa un respiro profondo. Dopo di che annuisce e dice, con tono pacato “hai ragione, troverò di sicuro un attimo da dedicarle”
Julia batte le mani soddisfatta.
“Perfetto!” trilla “e poi direi che è anche ora che la conosciamo. Mi sembra che la storia stia diventando seria e tu mi sembri molto preso da lei. Falla venire a cena domani! Almeno lei e tuo padre potranno discutere di quando e come organizzarsi”.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Elettra arriva in anticipo quella sera. Aveva rassicurato Edward che passarla a prendere non sarebbe servito, ed ora si sente una stupida per non aver accettato quella cortesia.
Si era fatta la doccia in fretta e furia. Aveva asciugato i capelli come capitava, per poi realizzare che non poteva sembrare trascurata la prima volta che i genitori di Edward la vedevano. Si era quindi piastrata i capelli corvini fino a renderli lisci e setosi. Aveva applicato un po’ di trucco, l’aveva tolto perché le sembrava troppo pesante e non voleva fare la figura della sfacciata, e quindi lo aveva applicato di nuovo con mano più leggera. Aveva rubato uno dei pochi vestiti di sua sorella che non fossero adatti esclusivamente ad una discoteca e aveva scelto delle scarpe delicate ma non troppo anonime.
Ora era lì, con il suo vestito rosa pallido, aderente sul busto e morbido sui fianchi, la borsetta bianca che le aveva regalato sua madre un paio di mesi prima e le sue scarpe preferite: bianche, con un fiocchetto viola al lato ed il tacco di sette o otto centimetri.
Era già abbastanza alta, arrivava quasi all’altezza di Edward, ed aveva sempre odiato le scarpe con il tacco perché la facevano sembrare un gigante. Quelle scarpe, invece, esaltavano la sua figura senza renderla troppo esagerata.
Aveva preso l’autobus prima possibile, agitata dalla possibilità di arrivare un ritardo e fare una brutta figura. Suo padre le aveva sempre insegnato che arrivare in ritardo era sinonimo di inaffidabilità e, considerato che quel giorno si presentava come fidanzata di loro figlio ma anche come giornalista emergente in cerca di aiuto, l’inaffidabilità era la cosa che voleva dimostrare di meno.
Aveva infatti raggiunto casa loro in meno di dieci minuti, camminando a passo svelto dalla fermata fino a lì, sperando di non sudare.
Solo una volta arrivata aveva controllato di nuovo l’orologio e si era accorta di essere terribilmente in anticipo. Suo padre non le aveva mai detto niente sull’arrivare prima ad un appuntamento, ma di sicuro non era sinonimo di buona educazione.
Trema dal freddo mentre immagina quanto potrebbero odiarla se si presentasse troppo presto e loro non fossero ancora pronti a riceverla.
Non vuole assolutamente fare una brutta figura, ma non ha neanche un giacchetto e l’aria si sta rapidamente facendo frizzante.
Fa avanti e indietro sulla porta per un po’ finché delle voci provenienti dall’interno dell’appartamento non la persuadono a citofonare.
“Deve essere arrivata!” sente una voce femminile trillare soddisfatta.
È Edward ad aprirle la porta, e lei non potrebbe essergli più grata. L’imbarazzo di conoscere i suoi genitori, unito alla paura del fastidio che la sua richiesta poteva avergli procurato, la rendevano nervosa come mai prima.
Edward le fa cenno di entrare e subito una donna bionda e slanciata, dalle fattezze affascinanti le viene incontro con aria amichevole.
Ha i capelli biondi e lunghi, che le ricadono in onde delicati sulle spalle. I suoi occhi sono di un verde così splendente da sembrare finto e ha una leggera spruzzata di lentiggini sul naso.
“Devi essere Elettra!” Julia si presenta allegra, mentre la ragazza le sorride cordiale ed osserva discretamente il modo in cui la casa è arredata.
Tenta di farsi un’idea generale del modo in cui il suo ragazzo vive e di come sia sua madre, di sicuro molto accogliente, quando realizza che all’appello manca qualcuno.
Proprio in quel momento, un pastore tedesco enorme le salta sul petto.
“Non mi avevi detto di avere un cane!” esclama sorpresa rivolgendosi ad Edward, che scrolla le spalle.
Elettra accarezza l’animale amorevolmente e quest’ultimo le lascia leccate energiche sulle braccia e sul collo.
“Buona, Daisy” un uomo alto e possente si fa strada verso di loro, tranquillizzando l’enorme bestia.
“Non si preoccupi, non mi da fastidio” Elettra continua ad accarezzare Daisy, mentre alza lo sguardo e lo rivolge all’uomo appena arrivato.
E’ alto più o meno un metro e novanta ed è di corporatura possente. Ha i capelli lunghi fino al collo, neri come i suoi ed ugualmente lisci. Assomiglia molto ad Edward, ma la sua espressione è molto più arcigna di quella del suo ragazzo.
“Piacere, sono Elettra” si presenta lei.
“John” borbotta il padre di Edward.
La ragazza sorride, in imbarazzo per il modo in cui quell’uomo la fa sentire fuori luogo. Che la sua richiesta l’abbia fatto innervosire? Comincia a sudare freddo.
Edward le mostra velocemente il soggiorno, mentre sua madre annuncia che la cena è in tavola.
‘E io che pensavo di essere in anticipo!’ pensa Elettra stupita.
Mentre la ragazza si accomoda lentamente sulla sua sedia, osservando il soggiorno ed evitando di guardare il padre di Edward che mantiene lo sguardo basso ed ombroso, il ragazzo si dirige in cucina, dove sua madre sta prendendo le ultime stoviglie.
“E’ davvero carina!” esclama Julia.
“Mamma, abbassa la voce” le intima Edward ma quest’ultima scrolla le spalle.
“E’ un complimento, mica un insulto..” si interrompe “tu piuttosto” continua, rivolgendosi a suo marito appena entrato in cucina “vedi di essere un po’ più garbato. Non mi sembra proprio il modo di accogliere la fidanzata di nostro figlio!”
Per l’ennesima volta, John reprime il forte impulso di rispondere a sua moglie per le rime. Ha imparato ormai da tempo che risponderle non fa che accrescere la sua voglia di litigare. Il modo migliore per spegnere una discussione con Julia è quello di annuire e restare in silenzio, reprimendo qualsiasi istinto.
Annuisce, quindi, in silenzio e torna in soggiorno. Ignorando i borbottii di sua moglie, si siede a tavola e fissa il piatto.
 
 
Una volta a tavola, la conversazione tra Elettra e Julia prosegue quasi senza nessuna interruzione, mentre quest’ultima le domanda ogni cosa sui dettagli della sua storia d’amore con suo figlio.
Elettra, stupita che Edward non abbia raccontato nulla ai suoi genitori, racconta con gusto il loro primo incontro.
Le spiega che si trovava in biblioteca quando questo ragazzo così impacciato e tenero le aveva chiesto informazioni su dove trovare il libro che cercava. Lei lo aveva aiutato innocentemente e solo dopo aveva saputo che Edward aveva architettato tutto per parlarle. A questo proposito, il giorno dopo si era ripresentato in biblioteca avvisandola che aveva trovato il libro fenomenale e che voleva sapere da lei se ci fosse qualcosa di simile che potesse leggere. In realtà sapeva perfettamente dai social network che quello era il suo libro preferito e che avrebbe quindi adorato parlarne. Per questo si era preparato perfettamente sull’argomento. Il suo piano aveva funzionato. Elettra aveva acconsentito a prendere un caffè insieme e gli aveva raccontato nei particolari come quel libro era importante per lei. Lui era rimasto a guardarla ed ascoltarla per quasi un’ora, prima di rivelarle che l’aveva notata da tempo e che era molto interessato a lei. Erano usciti spesso e lui le aveva chiesto di mettersi insieme sopra una mongolfiera, dove si erano dati il loro primo bacio.
La madre di Edward ascolta tutto ciò sempre più deliziata. Continua a lanciare a suo figlio raggianti sguardi d’intesa per fargli capire che non poteva scegliere meglio.
Edward sorride impacciato durante tutta la conversazione.
“Non ama molto parlare di quello che fa con noi, sai?” spiega sua madre “magari potresti cambiare un po’ il suo carattere!”.
Elettra ride, felice per il modo in cui la madre di Edward la fa sentire a suo agio nonostante si conoscano così poco ma allo stesso tempo imbarazzata dal fatto che il signor Bates non partecipi minimamente alla discussione.
Si accorge che a volte Julia, quando pensa di non essere vista, gli lancia occhiatacce. Ma vede anche che John guarda perennemente verso il basso, ignorando completamente sua moglie.
Mentre fa queste riflessioni, mangia come altri, il primo ed il secondo piatto. Avvisa Julia che il cibo da lei cucinato è veramente buono e lei si gongola soddisfatta.
John rimane in silenzio a lungo, finché sua moglie non comincia ad informarsi sul motivo per cui Elettra lavori per il giornale scolastico.
“Mi ha sempre appassionato scrivere” spiega lei in imbarazzo.
“Beh direi che è ora che vi organizziate!” esclama Julia “John, devi discutere con Elettra dei giorni in cui potrà venire in ufficio”.
Suo marito alza improvvisamente lo sguardo dalla tavola.
“Siamo sempre molto impegnati, quindi non credo di poter essere molto disponibile, comunque i giorni in cui il lavoro è meno pesante ed il personale meno agitato sono il martedì, il giovedì ed il sabato” recita quasi automaticamente.
“Il sabato no” si lamenta Edward “è l’unico giorno in cui non è impegnata e andiamo quasi sempre in qualche posto insieme”.
“Per me può anche non venire mai”John scrolla le spalle “fate come vi pare”.
L’occhiataccia di sua moglie gli fa intuire di essere stato scortese, ma non gli interessa più di tanto.
Il tavolo si fa improvvisamente silenzioso, mentre Julia cerca velocemente qualcosa da dire per scusarsi velatamente per il comportamento di suo marito, ma Elettra interviene subito, senza scoraggiarsi.
“In effetti” comincia tranquillamente “potrei anche evitare di venire il sabato, in modo da risparmiarle ulteriori fastidi. Tenterò di farmi bastare il martedì ed il giovedì, se potrò venire per più di una settimana”.
“I giorni meno agitati sono sempre quelli” annuncia John, senza cambiare tono “salvo imprevisti puoi venire anche per tutto il mese”.
“Le sono veramente grata per l’opportunità che mi sta dando” dice improvvisamente Elettra, realizzando che non era stata riconoscente come avrebbe dovuto nei confronti del padre di Edward “riesco ad immaginare quanto possa essere difficile per lei trovare del tempo per una ragazzina ed il suo articolo con tutto il lavoro che deve svolgere. Non potrò mai ringraziarla abbastanza”.
John annuisce, provando una sensazione di importanza che non provava da tempo mentre i suoi impegni vengono finalmente riconosciuti.
“Ma non preoccuparti!” si intromette Julia “non fa poi chissà cosa! Si lamenta sempre di quanto sia impegnato, ma gli piace esagerare. Per noi è una gioia poterti aiutare con il tuo progetto e per le tue future referenze”.
Elettra sorride, ma percepisce John irrigidirsi dalla parte opposta del tavolo.
Fortunatamente Edward, percependo la tensione, sposta rapidamente la conversazione su argomenti più leggeri e John sprofonda di nuovo nel silenzio.
 
 
Quando Julia va in cucina per prendere il dolce, Edward annuncia di dover andare in bagno.
A tavola, il silenzio tra i due rimanenti si fa totale.
La ragazza giocherella distrattamente con una forchetta, tentando di non guardare l’uomo negli occhi. Quest’ultimo non sembra invece affatto in imbarazzo. Sembrerebbe abituato a quelle situazioni di silenzio così profondo. Non finge di fare nulla, rimane fisso con lo sguardo nel vuoto e l’espressione esausta di un impiegato a fine giornata.
La sua cravatta è stropicciata e Elettra intuisce che sua moglie deve averlo costretto a tenerla anche durante la cena. Le sue mani, appoggiate sul tavolo, sono enormi e particolarmente autoritarie. La giacca è impeccabile nonostante debba averla portata per l’intera giornata.
La ragazza intuisce che il signor Bates deve ricoprire un ruolo molto importante all’interno della sua azienda. A parte gli abiti, non sa con precisione cosa glielo suggerisce. È come se lo sentisse nell’aria. Percepisce un’aura di importanza attorno a quell’uomo, come se fosse la persona a cui tutti si rivolgono se non sanno cosa fare. Dev’essere molto intelligente, pensa.
Dopo aver aspettato in silenzio per un pò, decisa a migliorare i suoi rapporti con la persona che dovrà aiutarla nel suo importante articolo, decide di dover un modo per intavolare con lui una conversazione degna di questo nome.
“Nel mio articolo, suppongo comincerò parlando della finanza in generale” comincia energica “per poi concentrarmi sulla vita all’interno di un’azienda finanziaria”.
“Non so darti grandi consigli al riguardo” risponde John, ostile “non ho idea di come si scriva un articolo di giornale”.
“Oh, non si preoccupi” continua Elettra, senza perdersi d’animo “sono in grado di scrivere e strutturare articoli in modo decente. Volevo solo sapere se aveva qualche consiglio da darmi sul mondo finanziario..” notando l’espressione infastidita di John, decide di smettere di provare. In fondo la cosa importante è avere l’opportunità di entrare in un ufficio come il suo ed informarsi al riguardo. Avere un buon rapporto con il signor Bates sarebbe stato piacevole, ma non di sicuro non era fondamentale.
Certo, le dispiace anche perché è il padre del suo ragazzo e ovviamente vorrebbe fare una buona impressione e poterci parlare in modo amichevole. Ma aveva sempre considerato i suoi obbiettivi come la cosa più importante e, in quel momento, la cosa più importante era non infastidirlo a tal punto da convincerlo a non farla entrare nel suo ufficio.
“Mi scusi” annuncia rassegnata “smetto di infastidirla”.
John alza improvvisamente lo sguardo, guardando per la prima volta la ragazza negli occhi.
La guarda, con il suo sguardo arreso e allo stesso tempo innervosito perché le cose non sono andate secondo i suoi piani. Osserva come si morde il labbro per il nervoso e come si tira inconsapevolmente una pellicina sul dito per l’imbarazzo di essere fissata in quel modo senza parlare.
Ad un tratto si sente in colpa per lei, per il modo in cui l’ha trattata durante l’intera serata nonostante i suoi tentativi di socializzazione. In fondo non è altro che una diciassettenne con grandi ambizioni, che tenta di raggiungere tutti gli obiettivi da lei prefissati senza accorgersi di quanto siano pretenziosi.
Lui stesso era così alla sua età. Credeva di poter dominare il mondo, voleva raggiungere risultati mai raggiunti prima.
Riconosce la sua espressione quando voleva che qualcosa accadesse ma gli eventi non andavano secondo la sua programmazione. Capisce che anche lei, come lui, è una calcolatrice spietata che vuole avere tutto sotto controllo e che ogni cosa vada come lei si aspettava per sapere esattamente cosa fare.
Con il passare del tempo, lui aveva realizzato di non essere invincibile. Aveva capito che il futuro non era luminoso come se lo immaginava ed ora, adulto, viveva ormai in quel modo, quasi per inerzia, che da giovane era solito chiamare non ‘vivere’ ma ‘sopravvivere’.
Si rattrista al pensiero che anche quella ragazza così piena di vita presto o tardi scoprirà di non poter far altro sopravvivere in quel mondo imperfetto. Gli dispiace immaginare il momento in cui capirà che quasi niente va secondo i nostri piani e la vita non è altro che una lotteria dove pochissimi vincono ed i restanti perdenti si struggono per andare avanti senza ciò che volevano davvero.
Il suo volto si fa meno contrito. Tenta di accennare un sorriso verso quella ragazza che pensa di sapere molto ma è ancora così ingenua. Solleva gli angoli della bocca la proprio in quel momento Julia torna a tavola portando pezzi di torta su piccoli piattini.
John si chiede se Elettra abbia visto il suo sorriso ed abbia capito che lui non ce l’ha davvero con te. Non ha modo di assicurarsene. Decide che se avrà occasione di parlarle lo farà.
“Spero ti piaccia il cioccolato” annuncia sua moglie, rivolta ad Elettra.
“Lo adoro!” risponde lei, sorridendo di nuovo come niente fosse.
L’uomo tenta curiosamente di capire se lo stia facendo apposta per non fargli capire che è stata messa in difficoltà. La sua rapida occhiata verso di lui gli fa capire che è così.
Soffoca una risata per quella ragazza così di carattere.
 
 
Una volta terminata la cena, Elettra muore dalla voglia di vedere la camera di Edward.
Il piano superiore di casa Bates è particolarmente curato. Elettra riesce quasi ad immaginare la signora Bates pulirne minuziosamente ogni centimetro da cima a fondo, finché tutta la casa non risplende di luce propria.
La ragazza nota con sorpresa che la camera dl suo fidanzato riceve lo stesso trattamento delle altre stanze. Alcuni suoi amici non permettono alle loro madri di toccare i loro oggetti, ed entra spesso in camere che non vengono sistemate da mesi.
Ma quella di Edward è decisamente diversa: l’ordine regna sovrano. La libreria è sistemata a regola d’arte, con una piccola pila di libri e quaderni usati di recente al lato di una scrivania lucida e sgombra. Il letto, dalla parte opposta, è rifatto e tirato, con un paio di cuscini sistemati in modo preciso e sopra nient’altro. Solo un paio di poster attaccati alla parete distolgono l’attenzione dall’aria asettica di quella stanza.
“Wow” commenta Elettra, sincera.
“Nah” Edward si stringe nelle spalle “mia madre sapeva che saresti venuta e mi ha costretto a sistemare meglio del solito” fa un passo all’interno della camera “sul letto ci si può anche sedere, eh” scherza, facendola accomodare.
Entrambi si siedono con imbarazzo, guardandosi in silenzio.
Non sapendo cosa dire, Edward comincia a baciarla.
La ragazza, spaventata dal fatto che i genitori di lui potrebbero vederli o sentirli da un momento all’altro, fa per scansarsi. Quasi immediatamente realizza, però, che un atteggiamento del genere potrebbe offendere il suo ragazzo, e si convince che qualche bacio non è poi così scandaloso.
Allaccia quindi le braccia intorno al collo di Edward, ricambiando il suo bacio con la stessa passione.
Dopo un paio di minuti, la posizione comincia a diventare scomoda per entrambi. Il ragazzo spinge allora delicatamente Elettra sul letto, e lei si sdraia senza pensare.
Continuando a baciarsi quasi ininterrottamente, Edward si stende sopra di lei, avvolgendola con il suo corpo in un modo che la fa sentire allo stesso tempo desiderata e protetta. Lei lo attrae a sé ulteriormente, finché i loro corpi non sono quasi totalmente a contatto.
Nella mente di Elettra tutto è ormai appannato dalla passione.
Anche Edward è completamente concentrato sulla presenza della ragazza sotto di lui, sul suo respiro pesante vicino al suo, sulle sue mani avvinghiate alla sua schiena, sul modo in cui spesso gli mordicchia il labbro tra un bacio e l’altro, quasi senza accorgersene.
La sua mano si posa distrattamente sul petto di lei, per poi esplorare quell’area del suo corpo sempre più minuziosamente.
Quel tocco così intimo fa tornare Elettra alla realtà. Si rende conto di quanto la situazione potrebbe essere imbarazzante se i signori Bates il sorprendessero in quel momento.
“Che stiamo facendo?” si interrompe.
Edward la guarda fissa, mentre riacquista contatto con l’ambiente circostante. Anche lui realizza che i suoi genitori non sono poi così distanti da loro e, non avendo mai portato una ragazza a casa prima, non sa come potrebbero comportarsi e reagire.
Si allontana di scatto, vergognandosi per il modo in cui si era lasciato trascinare dai suoi istinti un attimo prima.
“Hai ragione” ammette, con lo sguardo basso.
Elettra gli solleva il mento, per poi lasciargli un bacio leggero e delicato sulle labbra.
“Vado un attimo in bagno” annuncia, anche lei bisognosa di un po’ d’aria per calmare i suoi spiriti.
Si incammina fuori dalla porta senza ricordarsi di chiedere dove sia la toilette.
Gira a sinistra, seguendo il suo istinto, e si scontra con il padre di Edward.
“Mi scusi” esclama spaventata “cercavo il bagno”.
“E’ proprio qui” John glielo indica.
“Grazie mille” la ragazza si volta verso la porta.
“Aspetta” Elettra sente la mano di John posarsi sulla sua spalla e un brivido le percorre la schiena.
“Sì?” domanda incuriosita. John fa un respiro profondo.
“Mi dispiace per come mi sono comportato per tutto questo tempo” borbotta con un tono di voce così basso che la ragazza deve sforzarsi per capirlo “non avevo intenzione di metterti in difficoltà o in imbarazzo. Non sono stato un bravo padrone di casa e non sono stato affatto educato”.
“Non importa” dice Elettra, stupita.
“Invece si” John la interrompe “ci tenevo a farti sapere che in realtà mi piaci. Sei una brava ragazza e sono contenta che Eddie stia con te”.
Elettra sorride, un po’ a disagio in quella situazione inaspettata ma felice che finalmente il rapporto con il signor Bates sia migliorato.
“E’ davvero importante per me, signor Bates” annuncia “la ringrazio”.
John annuisce rapidamente e si volta, scendendo le scale senza più degnarla neanche di uno sguardo. Elettra intuisce che quelle scuse gli sono costate molto e le apprezza ancora di più.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Quel martedì, Elettra riceve una telefonata alle sei del mattino.
“Papà dice che non ha tempo di passarti a prendere” le spiega Edward, assonnato “puoi passare sotto casa tra un’ora?”.
Reprimendo un’esclamazione di sconforto, la ragazza si prepara ad una lunga giornata. Nonostante non l’abbia ancora visto, percepisce immediatamente che dovrà passare quel giorno con il signor Bates nervoso che aveva conosciuto domenica.
Si prepara in fretta e furia, temendo di arrivare in ritardo. Oltre a voler evitare di creare ulteriori fastidi al padre di Edward, ci tiene ad arrivare puntuale ed approfittare il più possibile del tempo che ha a disposizione per stare all’interno dell’azienda finanziaria. Vuole scrivere un articolo degno di questo nome, un articolo che diventi il motivo per cui la gente compra il giornale scolastico.
Scende alla fermata più vicina a casa Bates e cammina a passo veloce verso il luogo dell’appuntamento, controllando ossessivamente l’orologio. È in anticipo di 5 minuti, e questo la rende soddisfatta di sé stessa. Dimostrerà a tutti che non è solo una ragazzina ambiziosa.
 Da sempre, è ossessionata dal primeggiare. Non per essere migliore degli altri, ma per sfruttare al meglio le sue capacità e rendere la sua vita il più soddisfacente possibile.
Citofona, con il fiatone ma lo sguardo raggiante.
John apre la porta, già pronto per uscire. La sorpassa accennando un saluto veloce e si dirige verso la macchina.
Elettra lo segue, salutando velocemente Edward che si trova sulla soglia.
Sale in macchina, rapida. John non la degna neanche di uno sguardo, sicuro che non abbia bisogno di indicazioni.
Parte subito, e la ragazza si domanda se abbia davvero controllato che la sua portiera fossa chiusa prima di dare il gas.
Villette a schiera sfilano davanti al finestrino, nascoste da una leggera nebbia mattutina. Elettra osserva signore passeggiare con i loro cagnolini, ragazzini mattinieri che gironzolano nei parchi, vecchi signori seduti nei loro portici che guardano le macchine passare. Uno di quest’ultimi incrocia velocemente il suo sguardo e le sorride. Lei fa per ricambiare, ma la macchina lo ha già superato.
Entrano nell’autostrada, ed il traffico li costringe a rallentare.
Elettra percepisce John innervosirsi a causa di quell’impedimento. Nota le sue mani che stringono il volante sempre di più, finché le nocche non gli diventano bianche.
Tenta di convincersi a non parlare. In fondo è già arrivata alla conclusione che non deve per forza fare conversazione con il signor Bates. Si è ripetuta per l’intera mattina che non lo avrebbe infastidito e che si sarebbe limitata a prendere i suoi appunti e guardare il modo in cui l’azienda veniva gestita.
Non vuole rischiare che il padre di Edward la consideri una palla al piede e decida che non può più andare a lavoro con lui.
Pensa e ripensa al fatto che l’unica cosa che le interessa davvero è il suo articolo e che deve fare molta attenzione a non rovinare tutto. Immagina quanto sarebbe brutto ritrovarsi nuovamente senza un’idea per la fonte da cui trarre i suoi spunti, di nuovo alla ricerca di qualcuno disposto ad aiutarla nel suo progetto.
Nonostante ciò, però, la sua indole la spinge a parlare. Non riesce proprio a rimanere in silenzio per così tanto tempo, dato anche il fatto che non sa quanto ancora ci vorrà prima di arrivare a destinazione.
“E’ lontano da qui?” domanda, maledicendosi per aver aperto bocca.
“Mezz’ora” mugugna John.
“C’è spesso traffico?” chiede lei.
“Si” risponde l’uomo, secco. Dopo di che accende la radio, stroncando qualsiasi ulteriore possibilità di conversazione.
Elettra ricomincia a guardare fuori dal finestrino, lasciandosi distrarre dalla musica e dalle macchine che le passano vicino.
Riflette sul motivo per cui il signor Bates è così scostante. È sempre stato così? Ne dubita, altrimenti un tipo pimpante come la madre di Edward non se ne sarebbe mai innamorato. Deve esserci un motivo ben preciso, qualcosa che lo ha spinto a comportarsi in maniera così antipatica.
Mentre ragiona su quale potrebbe essere il motivo, la parola ‘insoddisfatto’ continua a ronzarle nella testa. Non sa come spiegarlo, ma dal primo momento in cui l’ha visto ha percepito un senso di insoddisfazione latente, come se passasse la giornata in attesa che finisse.
Ovviamente, non può esserne sicura. D’altronde ha conosciuto quell’uomo solo per poche ore, e di certo non si sono scambiati molte parole. Ma il modo in cui il suo sguardo è perennemente perso, il suo accarezzare il cane in modo malinconico, le scrollate di spalle che dà per qualsiasi cosa, tutto le suggerisce che qualcosa lo rende veramente infelice.
Sua moglie, d’altro canto, dà l’impressione di non accorgersene minimamente. Da quello che ha visto, il comportamento spento di suo marito non riesce affatto ad intaccare la sua vivacità.
Mentre pensa, un bambino seduto nella macchina ferma accanto alla sua la saluta con la mano. Lei ricambia il saluto, sorridendogli cordiale, e il bimbo le fa una smorfia. Lei gonfia allora le guance e strabuzza gli occhi, facendo ridere il piccolo a crepapelle. Ride anche lei a quella scena, per poi ringraziare la musica per aver coperto il suono della sua risata. Se il signor Bates l’avesse sentita ridere senza un’apparente motivo l’avrebbe probabilmente scaraventata fuori dalla macchina. Le viene da ridere nuovamente, mentre immagina la faccia che avrebbe fatto se lei gli avesse spiegato il motivo per cui rideva. Fortunatamente, riesce a fermarsi in tempo.
‘Owner of a lonely heart’ degli Yes inizia a suonare, e lei, anche se a voce bassa, non riesce a trattenersi dal canticchiarla.
John si volta di scatto a guardarla. Elettra si aspetta che gli dica che non può cantare nella sua macchina, o che ha una voce orribile.
“Conosci questa canzone?” le domanda invece, sinceramente curioso.
“Certo che sì” conferma lei.
“Beh, non è poi così recente” dice John, impressionato “mi fa piacere sapere che ci sia qualche giovane che ancora apprezza la buona musica”.
“Ho sempre amato la musica” spiega la ragazza “fin da quando ero bambina, mio padre mi ha sempre fatto ascoltare i suoi gruppi preferiti.. che sono diventati anche i miei”.
C’è un momento di silenzio ed Elettra intuisce che la conversazione è finita. Si domanda se non abbia esagerato raccontandogli qualcosa di così personale, ma sentirlo finalmente parlare l’aveva convinta ad approfittarne.
“Ad esempio?” la domanda di John arriva così in ritardo rispetto alle precedenti parole di Elettra che lei stenta a ricordarsi a cosa si riferisca. Solo dopo si rende conto che il signor Bates, di sua spontanea volontà, le ha fatto una domanda per continuare a parlare con lei ed informarsi sui suoi gusti musicali. Le sembra così incredibile che quasi si dimentica di rispondere.
“Vediamo” pensa infine “prima di tutto i Led Zeppelin! Poi.. Deep Purple, Pink Floyd, Queen, Nirvana” John annuisce “ma anche gruppi meno conosciuti: Jethro Tull, Emerson Lake and Palmer, Genesis..”.
“Wow” esclama lui, colpito “sei davvero istruita sull’argomento!”
Elettra si stringe nelle spalle, imbarazzata. È finalmente riuscita a parlare con il padre di Edward e lui non è stato ostile con lei.
“Io sono cresciuto con la loro musica, sai” le racconta il signor Bates “ricordo che, quando andavo a scuola, con i miei amici ero solito scambiarmi i vinili. Eravamo fissati! Volevamo sentire più musica possibile. La nostra generazione non aveva tutti i mezzi che avete voi. Non potevamo andare comodamente su internet e sentire qualsiasi cosa ci passasse per la testa. Per questo la scelta del vinile era così importante. Costavano tanto, non potevamo comprarne chissà quanti” Elettra pende dalle sue labbra, incredibilmente interessata “inizialmente, si compravano senza poterli sentire. Quindi dovevi scegliere a seconda della copertina, che tra parentesi era molto più bella e curata di quelle dei cd che ci sono oggi. Comunque, dovevi riuscire ad intuire quale poteva essere l’album che valeva la pena comprare. A volte eri fortunato, altre compravi una schifezza e ti odiavi per il tuo intuito scadente” la ragazza ridacchia, lui le sorride “quando eri fortunato e trovavi un disco veramente bello, lo sentivi e risentivi milioni di volte, fino a farti sanguinare le orecchie.
Ricordo quando con i miei amici sono entrato per la prima volta in un negozio di dischi che dava la possibilità di ascoltare i vinili prima di acquistarli. Era la cosa migliore che potesse capitarci! Passavamo ore ed ore a sentire ogni disco possibile. Le scelte dei dischi da comprare divennero terribilmente accurate. Finché sceglievi senza sapere cosa ti aspettasse eri giustificato se poi rimanevi deluso dal tuo acquisto, ma una volta avuta la possibilità di valutare davvero le nostre scelte.. dovevamo essere sicuri di aver fatto la scelta migliore i assoluto!”.
“Sembra davvero fico” ammette Elettra.
“Lo era” sospira John “gli anni migliori della mia vita”.
Nel frattempo, la macchina si è fermata davanti ad un edificio grigio, molto grande.
“Siamo arrivati?” domanda Elettra.
“Siamo arrivati” conferma John.
Entrambi scendono e la ragazza segue l’uomo all’interno della costruzione.
L’interno del palazzo è caotico. Tutti corrono da una parte all’altra, senza neanche guardarsi intorno, e il rumore di tastiere arriva da ogni parte.
John si dirige verso un ascensore e, dopo essere sceso al terzo piano, a sinistra verso una porta chiusa.
“Questo è il mio ufficio” dice, spalancandola ed entrando. Elettra lo imita, guardandosi intorno interessata.
Una finestra enorme occupa due pareti, affacciando sul paesaggio urbano sottostante. Di fronte ad essa, una grande scrivania con due computer e pile immense di documenti. Una sola poltrona girevole, nera ed imbottita, si trova quasi al centro della stanza. Accanto alla scrivania, un piccolo scaffale pieno di cassetti è addossato alla parete.
“La stanza è solo per te?” domanda Elettra, notando l’unica sedia. John annuisce.
“E’ molto grande” commenta lei.
“Mhmh” John si ferma a ragionare “ora prendo una sedia anche per te. Puoi rimanere qui, se vuoi, altrimenti puoi girare e prendere appunti su ciò che vuoi. Ti prendo anche il badge per gli ospiti, così nessuno ti infastidirà”.
“Grazie” dice Elettra “se non le dispiace vorrei fare entrambe le cose. Potrei stare un po’ qui e poi girare per gli uffici quando avrò bisogno di informazioni extra”.
“Come vuoi tu” risponde John, stringendosi nelle spalle.
 
 
 
Dopo essere stata con il signor Bates per un po’, Elettra comincia a credere di sapere qualcosa di più sulla finanza di quanto non ne sapesse prima di quella mattina, ma non si sente ancora molto confidente sull’argomento.
Mentre John discute al telefono su qualche società a lei sconosciuta, un uomo bussa rapidamente alla porta per poi affacciare la testa all’interno dell’ufficio.
Senza riuscire a scorgere altro che il suo volto, Elettra intuisce che è molto alto e le sembra abbastanza magro per la sua età.
È un uomo sulla cinquantina, con piccole rughe sulle guance e gli occhi stanchi.
Nonostante il suo sguardo spento, la ragazza ritiene che potrebbe essere stato molto attraente anni prima e che lo sarebbe anche ora, se non fosse per la sua espressione.
L’uomo, che affacciandosi aveva subito diretto lo sguardo verso John, lo volge ora verso Elettra, interrogativo.
La ragazza lo guarda a sua volta, indecisa se parlare o no, temendo di disturbare il signor Bates.
Fortunatamente quest’ultimo, accortosi della sua presenza, solleva l’indice per dire all’uomo di aspettare, continuando a parlare al telefono.
La ragazza segue quindi le sue istruzioni, rimanendo in silenzio e aspettando ulteriori direttive.
Il signor Bates termina velocemente la sua conversazione telefonica ed attacca, rivolgendosi finalmente all’uomo fermo vicino all’uscio.
“Buongiorno Matthew” lo saluta, accennando un sorriso.
“Ciao John” Matthew ricambia il saluto, evidentemente impaziente di terminare i convenevoli e scoprire chi sia la ragazza seduta vicino alla scrivania dell’ufficio del suo amico.
Elettra, intraprendente, non aspetta che sia John a presentarla e si alza per stringere la mano a Matthew.
“Piacere, sono Elettra” si presenta “sono la ragazza di Edward, il figlio del signor Bates” precisa, non sapendo quanto quei due si conoscano “sono qui perché devo scrivere un articolo sulla finanza per il giornale della mia scuola ed il signor Bates è stato così gentile da permettermi di prendere gli spunti per il mio articolo in questa azienda”.
“Piacere” risponde Matthew, impressionato dalla sua parlantina. Si rivolge poi a John.
 “E’ mezzogiorno e mezza, andiamo?” gli chiede.
“Ok, sono pronto” conferma John, per poi interrompersi e guardare Elettra.
“Noi abbiamo la pausa pranzo ora” le spiega “non ti ho chiesto quanto avevi intenzione di rimanere. Se vuoi andare ora per me va bene”.
Elettra si morde il labbro, valutando cosa fare.
“Non puoi andartene ora!” Matthew interrompe i suoi pensieri “gli altri vorranno sicuramente conoscere la fidanzata di Eddie. Mi ucciderebbero se fossi l’unico ad averti vista. E poi, se vuoi informarti sul mondo della finanza devi partecipare ad ogni aspetto di questo lavoro”.
“Beh..” la ragazza ci pensa su “non vedo perché no” decide infine “sempre che a lei vada bene, signor Bates”.
“A lui va benissimo” la interrompe Matthew “non preoccuparti”.
 
 
 
Mentre John e Matthew parlano, Elettra si mantiene un passo dietro di loro, ascoltandoli solo in parte ed osservando il resto dell’edificio.
Sono tutti in giacca e cravatta e le donne hanno dei vestiti scuri e costosi.
La ragazza osserva affascinata quell’ambiente così serio, tentando di carpirne l’essenza.
Il signor Bates parla con il suo collega di quanto sia insopportabile una loro superiore ed Elettra rimane sconcertata nel sentire alcune parole uscire dalla bocca di Matthew al riguardo.
Le riesce difficile credere che tra colleghi ci sia una considerazione del genere l’uno dell’altro. Nella sua scuola ci sono persone davvero cattive e tutti si parlano puntualmente alle spalle, ma ha sempre pensato che una volta nel mondo del lavoro la situazione sarebbe stata diversa. a quanto pare, invece, si cresceva ma non si cambiava. Aveva scoperto qualcosa di importante per il suo bagaglio personale, ma non riguardava la finanza..
Escono nel frattempo dal palazzo, ritrovandosi in una piccola piazza con più diramazioni.
“Qui ci sono alcune altre società”le spiega Matthew, indicando dei grandi palazzi grigi “mentre dalla parte opposta c’è l’area ristorazione, con bar e ristoranti dove gli impiegati fanno la loro pausa pranzo”.
Elettra annuisce, immagazzinando informazioni.
“E qui” termina lui, accennando ad un piccolo ristorante arancione “è dove pranziamo noi”.
Elettra comincia ad essere sempre più curiosa di scoprire chi e quanti siano questi ‘noi’. I loro amici? I loro colleghi? Sono giovani o anziani? Maschi o femmine?
Mentre si pone questi interrogativi, segue i due uomini all’interno del ristorante, che scopre essere una mensa a buffet.
Un ragazzo muscoloso e dalla mascella squadrata gli fa un cenno con la mano e loro si dirigono verso il suo tavolo, a cui sono sedute altre due persone.
Uno di questi è biondo e con gli occhi verdi. Avrà sui trentacinque anni ed un sorriso furbo gli solca quasi perennemente il viso.
L’altro, pensa Elettra, potrebbe avere più o meno la stessa età o qualche anno in più, ma la sua espressione è totalmente diversa. Ha gli occhi scuri e dolci ed il suo volto è rilassato e cordiale. Dà l’impressione di un tipo affabile, a cui si può chiedere una mano quando si è in difficoltà.
Gli uomini si salutano tra loro, mentre tutti guardano incuriositi Elettra.
La ragazza si stupisce del fatto che il giorno prima John non gli abbia detto niente sul fatto che sarebbe venuta la ragazza di suo figlio, visto quanto sembrano intimi tra loro. Ma poi pensa che potrebbe aver avuto molto lavoro da fare e poco tempo per parlarci.
“Lei è Elettra” Matthew fa le presentazioni “la ragazza di Eddie”.
Tutti sgranano gli occhi.
“Piacere, Phil” si presenta l’uomo che le ha dato l’impressione di essere molto
amichevole.
“Io sono Bruce” dice invece il più giovane. Lei sorride ad entrambi.
L’ultimo dei tre, quello con il ghigno furbo, si alza dalla sua sedia e le stringe la mano fissandola intensamente negli occhi.
“Sono Steven” annuncia senza distogliere lo sguardo.
Elettra fa un sorriso imbarazzato, sperando che guardi presto altrove.
I tre arrivati si siedono con gli altri, e la ragazza si ritrova tra Steven e Phil.
“Allora, come mai sei qui Elettra?” domanda Bruce.
“Devo scrivere un articolo sulla finanza” spiega lei.
“Lavori per un giornale?” si interessa il ragazzo.
“Sì” conferma Elettra “scrivo per il giornale della mia scuola”.
“Wow” esclama Bruce “davvero interessante. Quindi sei una scrittrice emergente”.
Elettra si stringe nelle spalle, arrossendo.
“Beh, ti hanno dato proprio un bel argomento” commenta Matthew, sarcastico.
“Due ore nel nostro ufficio e ti ritrovi appoggiata al muro a schiacciare un pisolino” conferma Phil.
“Non è stato poi così male” Elettra li contraddice “per ora sono stata solo nell’ufficio del signor Bates, ma è stato interessante scoprire come funziona il vostro lavoro”.
Il gruppo di amici ride e la ragazza capisce che devono essere davvero esausti di lavorare.
“E così sei la ragazza di Edward” esclama improvvisamente Steven. Elettra annuisce. “Ha davvero gusto quel ragazzo” commenta rivolgendosi sia a John che alla ragazza stessa.
Quest’ultima guarda in basso, sentendosi di nuovo in imbarazzo.
“Non devi vergognarti” le dice Steven “non è da tutti possedere fattezze così perfette”.
“Scusalo” lo interrompe Bruce, ridendo “ci prova con tutte. Nessuna esclusa”.
“Ciò non toglie che tu sia una delle ragazze più belle che io abbia mai visto” riprende Steven.
“Smettila” esclama Phil “la stai mettendo in imbarazzo”.
Steve si scusa, mantenendo però il suo sorriso sornione.
“Comunque ha ragione” si intromette Matthew “Eddie ha scelto una ragazza niente male. Una scrittrice addirittura!”.
John annuisce, ridendo.
“Non sono poi così brava” sminuisce Elettra “scrivo solo da un paio di anni e quasi sempre sono piccoli articoletti su pagine secondarie. Mi piace scrivere, sì, ma non sono sicura di avere i requisiti giusti per diventare una scrittrice vera”.
“Andiamo, non sminuirti” le dice Bruce “siamo sicuri che tu sia bravissima. E poi, vogliamo assolutamente leggere il tuo articolo sulla finanza quando lo scriverai!”.
Tutti annuiscono, entusiasti.
Il telefono di Elettra comincia a squillare, e lei legge il nome di sua madre sullo schermo.
“E’ veramente tardi” annuncia guardando l’orologio “devo tornare a casa. A mia madre avevo detto che sarei tornata 10 minuti fa”.
“Sai tornare con i mezzi da qui?” le domanda John. Lei conferma.
Saluta tutti quanti, felice di aver conosciuto gli amici del padre di Edward.
“Wow” commenta Steve, dopo che Elettra se ne è andata. Phil alza gli occhi al cielo.
“Sono davvero contento per Eddie” conferma Matthew “un bravo ragazzo come lui merita una ragazza brillante come lei”.
“E’ davvero carina” Bruce annuisce “simpatica e carina”.
“E sembra anche molto intelligente” ammette Phil, voltandosi verso John che la conosce meglio di loro.
“Lo è” dice John “credo sia davvero sveglia per la sua età”.
“E non solo..” aggiunge Steven.
“Smettila Steve!” esclama John “è una ragazzina! E per di più minorenne!”.
Steve ride.
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Il traffico al ritorno dal lavoro rende John sollevato, al contrario di quello che trova la mattina.
Lo considera sempre un messaggio dal cielo che gli permette di prendersi il tempo necessario e calmarsi, così da arrivare a casa il più rilassato possibile ed evitare eventuali litigi con sua moglie.
Si sente male al pensiero che il ritorno a casa è ormai diventato un momento da temere piuttosto che da aspettare con ansia.
Purtroppo, però, non può fare a meno di odiare l’atmosfera tesa che si respira nel suo appartamento dopo una dura giornata di lavoro.
Spera sempre che troverà Julia tranquilla. Spera che lei abbia avuto una giornata diversa dalla sua, piena di momenti divertenti e felici, in modo che possa essere allegra quando lo accoglie la sera a casa invece che ostile e battagliera.
Nonostante ci ragioni costantemente, non riesce a capire come siano arrivati a quel punto, come la loro convivenza si sia fatta così insopportabile dopo anni di amore profondo.
Alza il volume dello stereo, perdendosi nelle note di uno dei suoi gruppi preferiti e sforzandosi di concentrarsi sulla musica piuttosto che sul modo in cui la sua vita era peggiorata anno dopo anno fino a diventare quasi insostenibile.
Il traffico scorre più veloce di quanto lui desideri, e in una ventina di minuti si ritrova nel vialetto di casa sua, indeciso se fare un altro giro dell’isolato ed ascoltare un altro brano prima di parcheggiare.
Non sarebbe la prima volta che tenta di rifugiarsi nella sua macchina per evitare di affrontare sua moglie.
Ricorda che una volta aveva addirittura raggiunto un fast food lì vicino e si era fermato a cenare per evitare di sorbirsi le sue grida.
Aveva dovuto cenare di nuovo una volta tornato a casa, per non dover spiegare come mai avesse già mangiato.
Purtroppo, aveva però rifiutato una seconda porzione di patate al rosmarino perché si sentiva troppo pieno. Julia aveva quindi gridato, prima di scoppiare in un pianto singhiozzante in cui mormorava ‘non posso andare avanti così’ tra un gemito e l’altro.
John l’aveva reputata una reazione terribilmente esagerata per aver detto no a delle patate, ma ormai la vita con Julia era diventato un eterno lamento e lui non poteva far altro che aspettare che uno sfogo finisse e riposarsi in attesa dell’altro.
Mentre faceva questi pensieri, quasi senza rendersene conto, aveva fatto il giro del loro quartiere. Era ormai diventata un’abitudine e, anche quando non aveva un motivo preciso per fuggire da sua moglie, non riusciva ad arrivare e parcheggiare la macchina senza prima gironzolare un po’ e guadagnare più tempo possibile lontano da lei.
Si sente crudele perché sa che lei non ha idea di quanto lui si debba sforzare per sopportare i sui scatti di rabbia, e pensa che forse è anche colpa sua se si trovano in una situazione del genere.
Riesce finalmente a parcheggiare la macchina e scendere, incamminandosi verso il vialetto.
Tira fuori le chiavi dalla tasca, facendo più rumore possibile in modo che lei sappia che lui è lì.
Apre la porta di casa e si asciuga i piedi sullo zerbino, un gesto abituale da quando Julia si era arrabbiata per il fango sulle sue scarpe.
“Sono a casa” mormora con un tono di voce così basso che sembra fatto apposta per non farsi realmente sentire.
Non ricevendo infatti risposta, si leva il cappotto e si dirige verso la cucina.
Vede Daisy mangiare i suoi croccantini e sua moglie intenta a preparare la cena.
“Dov’è Eddie?” le domanda, lasciandole un leggero bacio sulla guancia.
“E’ a cena con dei suoi amici” risponde lei.
John recepisce le sue parole, capendo che saranno solo loro due quella sera.
Si siede sul divano, accendendo la tv.
Teme molto le cene da solo con lei, perché sa che finiranno per litigare o passeranno tutto il tempo in silenzio.
Si rende conto che è ridicolo aver paura di rimanere a cena da solo con la propria moglie, e si convince che deve trovare il modo di parlarle senza provocare battibecchi.
Si ripete più volte che è lui a scatenare quei litigi e che lei non urlerebbe così spesso se lui non gliene desse motivo. Deve solo essere il marito più amorevole possibile, evitare discorsi che possano farla innervosire e trattarla in modo dolce. Se il loro matrimonio sta fallendo  è colpa di entrambi, ed il motivo principale per cui sta avvenendo tutto ciò è che nessuno dei due si sta impegnando a sistemare la situazione.
Lui sarà il primo a cominciare, e lei seguirà sicuramente il suo esempio. In quel modo riusciranno sicuramente a risolvere tutto insieme.
Continua a ripeterselo mentre Julia lo avvisa che la cena è in tavola.
Si siedono entrambi, uno di fronte all’altro, evitando di guardarsi.
John assaggia una forchettata di pasticcio fumante, masticando lentamente. Julia giocherella con il cibo, senza mangiarlo.
“E’ davvero buonissimo” le dice, sorridendo.
“Ti piace?” domanda lei di rimando.
“Molto” lui annuisce.
Continuano a mangiare in silenzio. Di tanto in tanto Julia mangia un boccone, senza il minimo entusiasmo.
“Come è andata la giornata?” le chiede John.
“Al solito” Julia si stringe nelle spalle “sono andata a fare una passeggiata con Disy la mattina tardi. Abbiamo incontrato Brb. Hai presente Barb? La cagnolina bianca di tre mesi che hanno preso i vicini”.
“Sì, ho capito chi intendi” mente John.
“Insomma” riprende Julia “era così carina! A volte penso che anche Daisy avrebbe bisogno di un po’ di compagnia. Un cucciolo che saltelli da ogni parte e scondizoli sempre”.
“Mhmh” mormora lui per non contraddirla. Anche se in realtà non crede che sia Daisy ad aver bisogno di un cucciolo.
“Quando sono tornata dalla passeggiata mi ha chiamato Elizabeth” prosegue lei, alludendo alla moglie di Matthew “ha detto che non ci vediamo da una vita, ed ha ragione! Mi ha chiesto se ci va di venire a cena da loro un giorno di questi. Le ho detto che ci farebbe molto piacere. Ma in realtà sai quanto odi il modo in cui cucina. Da quando si è fissata con le spezie arabe le sue ricette sono diventate immangiabili!”.
John ride, ascoltando con gusto la parlantina che lo ha attratto sin dal primo giorno.
“Non c’è niente da ridere!” lo riprende lei “le vedo le facce che fai quando mangiamo da loro. Fingi che ti piaccia quello che prepara per non offendere Matthew, ma sappiamo entrambi che quello che le servirebbe è che qualcuno le dicesse chiara e tonda la verità, ossia che quelle spezie rendono anche il piatto migliore una cosa impossibile da mangiare! Comunque, le ho promesso che ci organizzeremo presto. Se Matthew ti dice qualcosa al riguardo tu fingi di non sapere di cosa stia parlando”.
“Va bene” dice John, divertito.
“Ho pranzato con il tacchino avanzato da ieri sera, anche se Daisy è riuscita a rubarmi quasi tutto dal piatto. Oggi pomeriggio avevo intenzione di andare al supermercato a fare un po’ di spesa, ma facevano uno dei miei film preferiti in tv e non ho potuto fare a meno di vederlo. Mi sono preparata i popcorn per microonde che avevo comprato la settimana scorsa. Ci ho messo un po’ di cioccolato fuso sopra, erano fantastici! Devo ricordarmi di farli assaggiare ad Eddie, li amerà di sicuro. A te come è andata al lavoro?”.
“Anch’io come al solito” risponde John “dovevo chiudere un affare con una grossa compagnia che doveva affidarsi a noi, ma quell’idiota di Jason Lorenz ha rovinato tutto e parte della colpa è ricaduta indirettamente anche su di me. Sembrano sempre cascare dalle nuvole quando gli fai notare i loro errori, ma nel profondo sono del tutto coscienti quando li fanno”.
John nota che Julia sembra totalmente distratta. Non è giusto, pensa, che lui abbia ascoltato il resoconto dettagliato della sua giornata con interesse e lei non riesca neanche a fingere di ascoltare mentre lui le racconta la sua.
Decide di continuare, convincendosi che sia solo stanca e ricordandosi che in fondo è stata lei a chiederglielo.
“Ma la buona notizia è che mi hanno messo a capo di un altro progetto importante” prosegue “devo impegnarmi molto e sarà dura..”
“Stai sempre a lamentarti!” lo interrompe Julia, quasi stesse aspettando un pretesto per farlo.
“No, non è vero” replica lui.
“Sì, invece” lo contraddice lei “il mio lavoro è stancante, il mio lavoro è pesante, il mio lavoro è difficile..” lo imita “perché non cresci un po’ e non affronti le difficoltà!”.
“Non sono io a non affrontare le difficoltà!” grida John.
“Cosa vorresti dire?” urla lei di rimando.
“Niente” John si sforza di calmarsi.
“No, dimmi” continua invece lei “dimmi come io sono la cattiva e tu sei la vittima! Dimmi come sei il povero marito della moglie che lo critica! Tu non hai colpe John. Sono io la cattiva”.
“Tu non mi ascolti mai!” sbotta lui “non ti interessa cosa faccio, non ti interessa nulla della mia vita! Non mi chiedi mai niente, e se lo fai poi non senti neanche la risposta!”.
“Io ti chiedo eccome!” sbraita Julia “ma ogni singola volta tu non fai altro che lamentarti di quanto sia dura la tua vita! Sei pesante! Sei insopportabile!”.
“Ti dico la verità!” risponde lui “dico solo la verità! Non è tutto rose e fiori nella mia vita, ma tu sei mia moglie. Nella vita di coppia di dovrebbe condividere tutto, non solo le cose belle. Non puoi sentire solo quello che ti fa comodo e poi spegnere il cervello quando si tratta di condividere le cose che non ti piacciono! Una coppia deve condividere!”.
“Condividere?” domanda Julia “stai dicendo che noi non condividiamo? Noi condividiamo tutto! Qualsiasi cosa! Non ho più niente che sia solo mio, è tutto nostro! E tu ora mi parli di non condividere!”.
“Non sto parlando di cose materiali” John stringe i pugni “il matrimonio non è fatto solo di cose materiali!”.
“Non ti azzardare a dire che mi interessano solo le cose materiali” grida Julia “non te lo permetto, John. Non te lo permetto!”.
“Non ho detto questo!” l’uomo si prende la testa fra le mani “lo vedi? Rigiri sempre tutto in modo da sembrare la vittima! Perché devi sempre fare la vittima, Julia?”.
“Non ce la faccio più!” la donna si alza dal tavolo con un rumore secco.
Corre velocemente di sopra e John sente la porta del bagno chiudersi di scatto.
Rimane seduto per un po’, con gli occhi chiusi.
Si odia per non essere riuscito a controllarsi. Si era ripromesso di stare tranquillo e non litigare, e invece si erano verificate le solite urla sfrenate e prive di senso.
Si alza anche lui da tavola, chiedendosi perché non abbia seguito immediatamente sua moglie.
Sale le scale e bussa alla porta dietro la quale si trova Julia.
Nessuna risposta.
“Julia” mormora lui, mortificato “mi dispiace. Non volevo urlare così. Non intendevo le cose che ho detto. Sono solo molto stressato e spesso me la prendo con te. Dai, per favore, perdonami. Vieni fuori così possiamo parlarne”.
Si appoggia con l’orecchio alla porta.
“Julia, ci sei?” alza il tono di voce.
“Vattene” sbuffa lei dall’altra parte.
“No, Julia” John poggia una mano sullo stipite “dobbiamo chiarire. Non posso lasciarti qui. Vieni fuori e facciamo pace. O continuiamo a parlare, dirci quello che pensiamo e sfogarci. Ok?”.
Di nuovo nessuna risposta.
John si lascia scivolare per terra, sedendosi a gambe incrociate.
Guarda l’orologio e appoggia la nuca alla porta.
Aspetta in quella posizione per venti minuti, sperando che sua moglie si decida ad uscire, ma nulla di tutto ciò accade.
Alla fine, decide di alzarsi. Quando la sentirà uscire dal bagno la raggiungerà e parleranno, pensa.
Scende le scale, sospirando.
Mette via i piatti ed i bicchieri, unici testimoni rimasti della loro sfuriata seriale.
Una volta in cucina decide di dare qualche avanzo a Daisy, sapendo quanto per lei sia dura sopportarli ogni volta.
“Sei proprio una brava cagnolina” le sussurra, accarezzandola mentre lei lo ringrazia per quel pasto extra.
Si siede poi sul divano, accendendo controvoglia la tv.
Daisy, che ha già spazzolato tutto dalla sua ciotola, gli si posiziona accanto, appoggiando il muso sulla sua gamba.
I programmi televisivi sembrano tutti uguali, mentre John cambia un canale dopo l’altro in cerca di qualcosa che possa distrarlo.
Lezioni di cucina gratuite con qualche attore famoso che ha sempre fatto di tutto nella vita tranne che cucinare, documentari noiosi sulla fauna africana, reality shows con persone che urlano a squarciagola.
Trova un programma sulle auto, finalmente qualcosa di interessante.
Si perde nel programma, riuscendo per un po’ a dimenticarsi dei suoi problemi.
Improvvisamente, sente la porta di casa aprirsi e suo figlio entrare.
“Sono tornato” annuncia, sorridente e un po’ frastornato “mamma dov’è?”.
“E’ di sopra” risponde John “credo sia in bagno”.
Edward annuisce, consapevole dei loro problemi come John non avrebbe mai voluto che suo figlio fosse.
“Comunque io vado subito a letto, sono stanco” lo avvisa Eddie “buonanotte papà”.
“Buonanotte Eddie” suo figlio gli si avvicina e lui gli da un bacio sulla guancia, senza alzarsi dal divano.
Rimane fisso sulla tv, ritenendo che sua moglie sia ancora in bagno poiché non sente nessun rumore venire dal piano di sopra se non quello di Edward che si mette silenziosamente al letto.
Percepisce all’improvviso i morsi della fame per non essere riuscito a finire la sua cena, e decide quindi di aprire un pacchetto di patatine.
Torna in cucina, in cerca di qualcosa da sgranocchiare. Trova ciò che cercava: un pacchetto di patatine formato gigante, ancora chiuso.
Si siede nuovamente sul divano, concentrandosi sulle macchine e sul cibo. Daisy piagnucola ai suoi piedi, non ancora sazia.
Finisce mezzo pacchetto in meno di mezz’ora. Il programma sulle auto è ormai terminato, ma John non vuole arrendersi e cerca qualcos’altro da guardare.
Trova una replica di una serie tv uscita da poco, che Edward lo aveva convinto a vedere e che lui aveva apprezzato.
Riguarda l’intera puntata, tentando di ricordare più dialoghi possibile e fingendo di riassumere a Daisy la storia.
Le patatine sono quasi terminate del tutto quando si decide a spegnere la tv. Realizza che è passata quasi un’ora dall’ultima volta in cui ha parlato con Julia. A quel punto dovrebbe essere già uscita dal bagno.
Sale le scale tentando di fare meno rumore possibile, per evitare che si rintani di nuovo in bagno per non affrontarlo.
È deciso per l’ennesima volta a risolvere quella situazione, a porre fine ai loro interminabili litigi e tornare la coppia che erano prima.
La porta del bagno è aperta e lui si dirige speranzoso nella loro camera da letto, aspettandosi di trovarla in attesa delle sue ennesime scuse.
La trova invece già sotto le coperte.
“Julia” la chiama, prima a bassa voce, poi sempre più forte quando si accorge di non ricevere risposta.
“Julia, non puoi esserti già addormentata” ripete, senza arrendersi.
La donna rimane immobile nella sua posizione, respirando a malapena.
John si stringe nelle spalle. Non può combattere una battaglia già persa. Vorrebbe prenderla di forza e girarla, costringerla ad affrontare i loro problemi invece che scapparne, ma si blocca in tempo.
Forzarla a parlarci non avrebbe risolto niente, doveva essere lei stessa a volerlo fare.
Si infila svogliatamente il pigiama. È l’una di notte, ma sa già che non riuscirà a dormire. Quando succedono queste cose si rigira sempre nel letto fino a notte fonda, soffocato dai suoi pensieri.
Si lava i denti nel loro bagno, controllando che Julia non abbia rotto niente nella sua furia. Spesso prendeva il bicchiere dove si trovavano i loro spazzolini e lo spaccava per terra con tutta la forza che aveva.
Una volta, per fare così, una scheggia le era entrata nel palmo della mano. Era uscita improvvisamente dal bagno, così presto da meravigliare John per la sua rapidità a sbollire la rabbia.
‘Mi sono tagliata, mi sono tagliata, è colpa tua!’ aveva sbraitato, inveendo contro di lui.
Lui si era preso cura di lei amorevolmente, ignorando le sue grida e sperando che in quel modo lei si rendesse conto di doversi calmare.
Effettivamente, dopo una decina di minuti in cui Julia continuava a tenere una mano sulla sua per farsela medicare e con l’altra lo spintonava, si era tranquillizzata e la serata era finita particolarmente bene per i loro standard.
Da quel giorno John si era ritrovato quasi a sperare che qualcosa del genere accadesse di nuovo, in modo da potersi prendere cura di lei e calmarla quanto bastava da convincerla a fare pace.
Si sentiva un mostro a desiderare una cosa del genere, ma sapeva che l’unica cosa che realmente voleva era poter parlare con sua moglie senza dover litigare.
Sputa il dentifricio e rimane per un attimo fisso a guardarsi nello specchio.
Ha delle grandi occhiaie violacee sotto gli occhi, segno di tutte quelle notti insonni passate a ricordare. La barba, anche se si rade ogni due o tre giorni, gli sembra sempre un po’ incolta. Ricorda un film che aveva visto tempo prima con Edward su un naufrago in un’isola deserta. E’ diventato ormai identico a quel naufrago: disperato, senza via d’uscita, esausto.
Emette l’ennesimo sospiro e si decide ad uscire dal bagno.
Julia ha cambiato posizione, ma continua a dargli le spalle e a non dar segno di vita. Non deve sforzarsi così tanto ormai, pensa John, ha già vinto. Lui non la infastidirà più per quella sera. Può dormire, o fingere di dormire, in pace.
Si infila nella sua parte di letto, attento a non muoversi troppo. Spera per sua moglie che almeno lei sia riuscita ad addormentarsi sul serio e, se è così, non vuole svegliarla.
Una volta sotto le coperte, come sempre la stanchezza scompare e diviene più sveglio che mai.
Fissa il soffitto, con gli occhi spalancati, tentando di convincersi a dormire nonostante sappia perfettamente che è inutile provare.
Cominciano, puntuali, ad affiorare valanghe di ricordi.
Non riesce a smettere di pensare a sua moglie da giovane, a quanto era attraente e spensierata. Sa di non aver smesso di amarla neanche per un secondo in tutti quegli anni, ma a volte gli sembra di aggrapparsi a quell’immagine di lei ormai scomparsa come la sua ultima ancora di salvezza prima che tutto si frantumi.
Vorrebbe amare la Julia di adesso. Le aveva promesso al loro matrimonio che l’avrebbe amata per il resto dei loro giorni ed era sempre stato intenzionato a farlo, ma il modo in cui era cambiata..
Provava, provava con tutto se stesso, ma spesso non riusciva proprio ad amare quella figura nervosa e depressa che scaricava ogni sua frustrazione su di lui.
Ricorda all’improvviso il loro primo incontro. Julia aveva solo vent’anni, lui venticinque. Era una ragazza splendida, con i capelli ramati e gli occhi di un verde brillante.
Lavorava in una gelateria durante l’estate e lui, insieme ai suoi amici, era entrato un giorno per un cono.
Gli era bastata un’occhiata per capire di essersi innamorato follemente.
Era passato nuovamente alla gelateria, quella sera, per parlarle una volta che avesse finito di lavorare.
All’inizio, lei sembrava quasi non ricordarlo neppure. Ma John non si era arreso e le aveva chiesto di uscire.
Aveva scoperto, durante quell’appuntamento, che Julia non era solo bella. Era una ragazza brillante, con uno spirito avventuriero ed idee rivoluzionarie. Parlare con lei era qualcosa di magico e John avrebbe voluto non smettere mai.
Erano usciti altre quattro volte la settimana dopo. John voleva passare ogni momento possibile con quella ragazza così speciale.
Si erano fidanzati e, dopo solo quattro anni, avevano celebrato il loro matrimonio.
Julia era piena di ideali. Voleva fare tantissime cose ed aveva molte passioni. La più grande di tutte era sfondare nel mondo del cinema.
In quei quattro anni aveva partecipato ad ogni provino possibile.
John, che la accompagnava in tutto, la riteneva fenomenale. Purtroppo però, gli sceneggiatori ed i registi non la pensavano allo stesso modo. La rifiutarono tutti, tranne qualche compagnia di teatro da quattro soldi che non la rendeva affatto soddisfatta.
I primi anni, lo spirito battagliero di Julia le permetteva di non demordere. Continuava a partecipare a casting su casting, senza mai farsi scoraggiare dai commenti negativi che riceveva.
Un giorno però, John ricorda con tristezza, era venuta a conoscenza dell’esistenza di un casting per il suo musical preferito: Rocky Horror Picture Show.
Aveva partecipato a quel provino con uno spirito diverso. Si era esercitata ininterrottamente giorno e notte, impedendo a John, fresco di matrimonio, di dormire.
Lui era felice di sentirla provare e di aiutarla, ma era anche preoccupato dal modo in cui metteva tutta sé stessa in quel musical.
Aveva sempre partecipato a quelle selezioni in modo spensierato, senza preoccupazioni.
Per la prima volta, invece, la vedeva agitata. Speranzosa, sì, ma anche molto ansiosa. Quando non provava, fissava il vuoto con sguardo perso.
Il giorno del provino aveva vomitato per tutta la mattina.
John non sapeva come esserle d’aiuto. Anche lui sperava in una risposta positiva, ma temeva di doverla preparare alla possibilità di una negativa.
Il provino andò malissimo. Julia non recitava con la sua solita leggerezza. Era tesa e rigida, non trasmetteva nulla.
John era pronto a consolarla, convinto che se ne sarebbe dimenticata come le volte passate.
Julia, però, aveva smesso di parlare per quasi una settimana. Una volta ripreso a parlare, si esprimeva quasi solo a monosillabi e aveva perso la sua vitalità.
Per un paio di mesi, John aveva temuto di aver perso sua moglie per sempre. Gli sembrava di parlare con un’altra persona, una persona spenta e perennemente triste.
Un giorno si era invece svegliata sorridente, con una voce allegra che John credeva non avrebbe più risentito.
Gli aveva preparato la colazione al letto e avevano fatto l’amore come non lo facevano da mesi.
Julia gli aveva chiesto scusa per il suo atteggiamento. Gli aveva detto che non lo meritava e che era stata crudele a prendersela anche con lui per un suo fallimento. Al che lui l’aveva rassicurata che non era stato un fallimento. Erano loro a non capire niente di cosa significhi recitare. Lei aveva riso, come non faceva da tempo, e gli aveva promesso che sarebbe tornata la Julia di sempre. E così era stato.
Tutto era di nuovo splendido. Loro si amavano profondamente e la loro vita non poteva essere più felice.
Si era però presentato il problema dei soldi. John lavorava in un fast food e non voleva chiedere a Julia di lavorare, visto che per lei quell’argomento sembrava ancora molto delicato.
Aveva quindi deciso di cambiare lavoro e gettarsi nel mondo della finanza.
Aveva iniziato dal livello più basso possibile, venendo promosso rapidamente fino ad arrivare al suo lavoro attuale.
Julia era inizialmente molto soddisfatta di lui. Lo supportava come lui aveva fatto con lei in passato. Con il migliorare della sua carriera si spegneva però anche l’entusiasmo di sua moglie.
Ogni volta che lui doveva rimanere in ufficio fino a tardi, lei si faceva trovare a casa triste, spesso addirittura in lacrime.
Necessitava improvvisamente di moltissime attenzioni.
La mattina lo pregava di non uscire e la sera lo faceva sentire in colpa per la sua solitudine.
John tentava di farla ragionare. Tentava di farle capire che lui doveva lavorare per entrambi, che quel lavoro gli permetteva di vivere nel modo in cui vivevano.
La amava, e non voleva che tornasse la Julia depressa di anni prima. Per questo non le chiese mai di lavorare, in modo da poter distribuire meglio le sue ore di lavoro.
In seguito, era nato Edward.
Lei aveva goduto delle bellezze di essere madre. Lo aveva accudito nel modo più amorevole possibile, senza fargli mancare niente.
Edward era poi cresciuto. Julia aveva perso anche quello svago ed era diventata la donna di adesso: nevrotica e litigiosa.
John si sentiva responsabile per il modo in cui sua moglie era cambiata. Sapeva che lei lo incolpava per il suo lavoro, ma non aveva avuto scelta.
Quando era giovane aveva ambizioni totalmente diverse.
Avrebbe voluto diventare uno scrittore o un professore universitario. Aveva invece supportato la carriera di Julia trascurando la sua e, quando c’era stato il bisogno di trovare un lavoro che desse un buono stipendio, aveva optato per una carriera diversa da quelle che realmente desiderava.
Sapeva che Julia aveva rinunciato ai suoi sogni, ma lei non era l’unica ad averne. Anche lui aveva rinunciato ai suoi.
Da giovane sognava una carriera interessante, dove poter esprimere al meglio le sue capacità.
Era molto simile alla ragazza di Eddie.
Quando la vede parlare così appassionatamente di ciò che vuole fare una volta adulta, gli sembra sempre di vedere sé stesso.
La passione nei suoi occhi rispecchia la sua e capisce con quanta dedizione quella ragazza di dedica a ciò che ama.
Potrebbe fare molto, potrebbe rendere la sua vita degna di essere vissuta, ma riuscirci non è facile come lei pensa.
A quell’età ci si sente capaci di qualsiasi cosa. Si vede il futuro davanti a noi come un orizzonte pieno zeppo di possibilità.
Ma la realtà è diversa. Nella realtà c’è solo una possibilità su cento di realizzare i propri sogni.
Anche se la conosce da poco, sa che è una ragazza intelligente e seria.
Si sente terribilmente in colpa per il modo in cui deve essersi presentato a lei. L’aveva trattata con accondiscendenza ed era stato scostante. Non era giusto prendersela con lei per frustrazioni personali.
Vorrebbe parlarle. Chiederle scusa e dirle di fare attenzione, che la vita è breve e che in un battito di ciglia ci si ritrova a guardare i propri anni migliori passare e sgretolarsi senza poter far niente per impedirlo.
Lei non merita una vita noiosa, merita una vita piena di soddisfazioni e, se ne avrà la possibilità, lui la aiuterà ad ottenerla con i suoi consigli.
Julia si rigira improvvisamente nel letto, distogliendolo dai suoi pensieri.
Sente uno strano senso di colpa nello stomaco, ma non riesce a capire il perché.
Decide di voler bere un bicchier d’acqua. Qualsiasi pensiero stesse facendo, se lo è già dimenticato.
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Quel giovedì, Elettra decide di rimanere di nuovo nell’ufficio di John.
“Mi interessa molto il modo in cui parla con i clienti” gli spiega, imbarazzata “mi prenderà per stupida, ma vorrei restare un po’ qui a sentirla contrattare”.
John acconsente di buon grado.
Dopo l’ennesima telefonata, Elettra lo interrompe senza riuscire a trattenersi.
“Non so se se ne rende conto” dice sorridendo “ma si trasforma in un’altra persona quando parla con le aziende. Diventa carismatico e convincente”.
John ride di gusto.
“Sai” le spiega il motivo della sua risata “prima ero sempre così. A scuola vincevo le gare di dibattito a mani basse. I miei amici mi prendevano in giro perché dicevano che ogni mio discorso sembrava mirato a convincere tutti che avevo ragione. Avrei potuto fare l’avvocato”.
Elettra sorride, divertita. Resta poi in silenzio per un momento.
“Come mai non è più così?” gli domanda, senza riuscire a fermarsi.
“Beh” John ragiona sul modo in cui dire quello che pensa senza sembrare troppo disperato “la vita non è sempre come ci si aspetta che sia. A volte capitano cose che cambiano il tuo atteggiamento”.
“E cosa è successo?” domanda Elettra, insistente.
John si rabbuia.
“Forse dovresti uscire e prendere appunti altrove” le ordina, autoritario.
Elettra si irrigidisce, improvvisamente consapevole di aver esagerato.
Indecisa sul da farsi e terribilmente triste per aver rovinato uno dei pochi momenti in cui il signor Bates era disposto a conversare serenamente, chiude il suo quaderno e volge lo sguardo al pavimento.
E’ convinta che la cosa che John apprezzerebbe di più in quel momento sarebbe che lei se ne andasse senza proferir parola, ma si conosce abbastanza da sapere che non riuscirà a rimanere a bocca chiusa.
“Mi dispiace” mormora, mantenendo gli occhi bassi “non dovevo insistere, lo so”.
John non le risponde e la ragazza sa di doversi togliere di mezzo per un po’.
Tuttavia la sua lingua continua a muoversi senza che riesca a fermarla.
“A volte..” fa un sorriso triste “in realtà spesso, sono indiscreta ed insistente. Non riesco a frenarmi e tutto quello che so fare è continuare a parlare. Mi dispiace tantissimo di averla infastidita, signor Bates. Sono veramente spiacente”.
Il volto di John le sembra meno duro, ma l’uomo non proferisce comunque parola.
Finalmente Elettra si alza. Raccoglie le sue cose ed esce dall’ufficio sussurrando un “ci vediamo a pranzo” appena udibile, tanto per essere sicura che lui non l’abbandoni in quell’agglomerato di uffici senza sapere dove andare.
 
 
 
Passa il resto della mattinata in giro, tentando di essere il più discreta possibile ma riuscendo comunque a carpire informazioni.
Quando è quasi ora di pranzo, comincia a sudar freddo. Non ricorda dove si trovava il punto in cui il signor Bates ed i suoi colleghi andavano a pranzare e non è riuscita ad individuare nemmeno uno dei loro uffici.
Valuta la possibilità di tornare nell’ufficio di John, ma accantona presto l’idea.
Non vuole essere ancora più fastidiosa di quanto non lo sia stata già.
Il suo piano era quello di farsi rivedere da lui solo a pranzo, quando sarebbero stati circondati da altre persone e non sarebbero stati costretti a parlare.
Purtroppo però, il suo piano prevedeva che lei sapesse dove andare..
Si guarda intorno per l’ennesima volta, in cerca di un volto amico.
Stagiste e impiegati la guardano curiosi, ma lei non riesce a riconoscere nessuno.
Quando sta per arrendersi a chiedere ad uno sconosciuto, sperando che sappia dove pranzano John e gli altri, avvista in lontananza un gruppo che le è familiare.
Matthew la vede e le fa un cenno amichevole. Elettra li raggiunge, sollevata.
“Come va il secondo giorno?” le chiede Bruce, esibendo un sorriso smagliante “cosa hai fatto fin’ora?”
“Beh..” decide di sorvolare sullo spiacevole episodio accaduto con il padre del suo ragazzo “sono stata ancora nell’ufficio di John per un bel po’; poi sono andata in giro. Per ora mi sto solo facendo un’idea di come funziona, sapete”.
“Ah ma tu ti vuoi fare del male, ragazza mia!” esclama Steve “l’ufficio di John è uno dei luoghi più noiosi dell’universo! Se rimani lì per tanto, finirai per scrivere un articolo di odio profondo sulla finanza e tutto ciò che la riguarda” gli altri ridono e John fa un sorriso imbarazzato “se vuoi qualcosa di interessante” prosegue Steve “devi venire nel mio di ufficio”.
Elettra percepisce il fastidio di John mentre Steve lo schernisce.
Ha capito che sono ottimi amici, per cui suppone che il fastidio sia motivato dalla sua presenza durante quello scherzo.
“In realtà io trovo l’ufficio del signor Bates molto interessante” interviene, cercando di allentare la tensione “sono stata io a decidere di rimanere lì anche oggi. Sono convinta che il signor Bates dia il meglio di sé quando parla con i clienti ed aspiro a diventare così in futuro”.
Steve annuisce divertito e John solleva gli angoli della bocca all’insù. Un buon risultato per i suoi standard.
Sono nel frattempo arrivati alla piazza con i vari locali di ristorazione. Elettra è pronta a prendere nota del loro percorso, in modo da non doverli cercare tra gli uffici la volta successiva come quel giorno, ma John la sorprende.
“In realtà volevo far assaggiare ad Elettra gli hot dog di Charlie” esclama quest’ultimo, stupendo anche gli altri per un minuto.
Bruce è il primo a riprendersi.
“John ha assolutamente ragione, Elettra deve provarli!” esclama.
La ragazza lo guarda confusa, per cui prosegue “prima andavamo sempre al chiosco di Charlie a mangiare quei favolosi hot dog. Ma poi Phil e Matthew hanno deciso di mettersi a dieta e ora andiamo alla mensa, dove servono le loro insalate” alza gli occhi al cielo.
“Ehi, mica possiamo essere tutti giovani e con il metabolismo veloce come il tuo!” dichiara Matthew di rimando “alcuni di noi hanno bisogno di controllare quello che mangiano per mantenersi in linea”
“Per fortuna Elettra non è ancora in quella fase della sua vita, direi” scherza John.
“Ti auguro di arrivarci il più tardi possibile” Phil ride.
I colleghi accettano quindi la decisione presa da John e i due gruppi si dividono.
Lui ed Elettra, ormai rimasti soli, si avviano in silenzio verso il famoso chiosco.
La ragazza ha stranamente timore di aprir bocca. Ha scoperto di apprezzare molto il modo di pensare del signor Bates, e le piace molto sentirlo parlare. Per questo non vuole rovinare di nuovo tutto parlando troppo presto.
Decide di aspettare che sia lui a parlare per primo, ma quel momento sembra non arrivare mai e la situazione comincia a farsi imbarazzante mentre il silenzio tra i due diventa pesante.
“Puoi aspettarmi ad uno dei tavoli mentre prendo da mangiare” dice John all’improvviso.
Elettra ubbidisce e si dirige verso uno dei tavolini di marmo posti nel cortile vicino al piccolo chiosco.
Si accorge di quanti impiegati siano seduti lì, intenti a mangiare quel cibo.
Valuta che la qualità degli hot dog debba essere davvero ottima, perché di certo l’ubicazione delle panchine e dei vari posti a sedere non sembra delle migliori.
Mentre è intenta a guardarsi intorno, John la raggiunge. Ha due hot dog giganti in una mano e nell’altra una porzione grande di patatine fritte.
“Wow!” esclama Elettra.
“Aspetta di assaggiarli” la blocca John, sorridente.
Lei è sollevata nel vederlo così e sorride a sua volta.
Dà un morso al panino e mormora un “mhh” di estasi.
“E’ davvero buono!” afferma, con la bocca ancora piena.
John annuisce, mentre divora il suo.
“Le porzioni sono grandi, lo ammetto” risponde, dopo aver inghiottito un enorme boccone “e ammetto che alla mia età pranzare qui è un vero e proprio suicidio, ma questi hot dog sono davvero irresistibili. Quando Matthew e Phil hanno annunciato di non voler più pranzare qui, ho quasi cercato di trovarmi altri amici con cui condividere la pausa pranzo”.
Ridono entrambi di gusto, continuando a trangugiare i panini.
Elettra vorrebbe ribadire quanto dispiaciuta sia di averlo innervosito quella mattina con la sua cocciutaggine, ma non vuole rovinare quel momento così pieno di spensieratezza.
E’ John il primo a parlarne.
“Mi dispiace per questa mattina” mormora, stupendo la ragazza “sei solo curiosa, e io dovrei capirlo. Alla tua età è normale essere curiosi, soprattutto se si è intelligenti e si vuole sapere il più possibile di ogni cosa”.
Lei arrossisce a quel complimento, indecisa su come rispondere.
“Sono curiosa, sì” ammette infine “ma anche troppo insistente. Questo atteggiamento fa innervosire spesso le persone. Il fatto è che.. quando mi concentro su una cosa, quando questa mi incuriosisce, non mi fermo davanti a niente se si tratta di avere qualche informazione in più al riguardo”
Mentre ammette con vergogna le sue colpe, avverte distrattamente che John ne è divertito.
Una volta finito di parlare si volta quindi a guardarlo e lo vede sorridere. Senza bisogno di chiedergliene il motivo, l’uomo comincia a spiegarsi.
“E’ che mi sembra spesso di rivedermi nei tuoi occhi”  afferma, sorridendo e scuotendo la testa “è bello sapere che ci sono ancora ragazzi ambiziosi in giro, nonostante la vostra generazione sia a volte preoccupante”.
“Preoccupante?” chiede Elettra, confusa.
“Vedo Eddie sempre al computer o fuori con i suoi amici” spiega John “le poche volte in cui afferma che sta studiando si chiude in camera sua e dio solo sa se studia veramente quando è là. Se apro la porta per chiedergli qualcosa o avvisarlo che la cena è pronta, lo trovo al telefono o con lo sguardo rivolto al computer. Sì, potrebbe stare cercando qualcosa che riguardi i suoi compiti, ma come posso esserne sicuro?”
Elettra si stringe nelle spalle.
“Edward è un bravo ragazzo” afferma “a scuola non è dei migliori, questo lo so anch’io. Ma non beve, non fuma, non si droga e ha una ragazza fissa. Direi che come genitore dovrebbe essere abbastanza soddisfatto”.
“Certo, certo, quello che dici è tutto vero” ammette John “ma se tuo figlio fosse così, ti sentiresti fiera di lui?”
Quella domanda coglie di sorpresa entrambi. Sanno tutti e due cosa risponderà Elettra e John si chiede perché mai stia facendo un discorso del genere con la ragazza di suo figlio.
La verità, capisce poco dopo, è che con Elettra riesce a parlare con tranquillità come non riusciva a fare da tempo.
Non sa perché sia così, in fondo ha quattro amici che gli vogliono bene e che frequenta sempre. Ma con loro ultimamente è sempre stato molto taciturno, o per lo meno ha parlato solo di argomenti leggeri. Alcuni di loro si lamentano delle loro mogli, sì, e non avrebbero problemi a sentire anche le sue di lamentele. Magari addirittura a dargli dei consigli. In realtà è lui il problema.
Lui e Julia sono sempre stati la coppia perfetta invidiata da tutti, e lui non vuole ammettere che in realtà non sono affatto invidiabili.
Sa con certezza che anche Elettra non vorrebbe mai ammettere la sua sconfitta di fronte a gente che la ammira, e questo lo fa sentire talmente a suo agio con lei da rivelarle cose che non ha mai rivelato neanche a Matthew.
“No, non sarei soddisfatta di mio figlio solo perché non è un cattivo ragazzo” ammette Elettra, sentendo anche lei quell’alone di intimità così strano tra due persone che si conoscono da meno di una settimana.
“Vorresti che fosse il migliore, che sentisse cosa si prova ad essere quello che tutti aspirano ad essere” aggiunge John, e la ragazza annuisce in silenzio.
“In realtà io sarei contento anche solo se lui ci provasse” confessa John “il fatto è che so che se si impegnasse anche solo un po’ otterrebbe dei buoni risultati. Il problema è che non vuole neanche tentare”.
“Lei vorrebbe vederlo interessato a ciò che gli interessava alla sua età” comprende Elettra “anch’io vorrei vederlo interessato a quello che interessa me..”
“Ma io non voglio affatto che lui diventi un piccolo me o che riesca in quello in cui io non sono riuscito o cose simili” la interrompe John.
“No, no, non intendevo quello” Elettra scuote la testa “il motivo per cui vogliamo vederlo appassionato alle nostre stesse passioni, secondo me, è che noi le riteniamo fondamentali. Siamo convinti che siano il meglio a cui aspirare, l’obbiettivo massimo di ogni individuo. Forse, però, non è così. Edward ha delle passioni. Gli piace la fotografia, per esempio, e lo vedo così coinvolto quando si parla di foto come non lo vedo con nessun altro argomento”.
“E’ vero” conviene John “ha fatto un lavoro estivo l’anno scorso, per l’intera estate, solo per pagarsi quella macchina fotografica che ha ora. Non gli è avanzato neanche un centesimo!”
Entrambi ragionano in silenzio per un po’.
“A volte penso che essere ambiziosi non sia affatto un pregio” esordisce Elettra, ammettendolo in quel momento anche a se stessa “sono perennemente stressata, soffro di attacchi di panico e l’idea di fallire in qualsiasi cosa mi terrorizza come il peggiore degli incubi”.
John è sempre più sbalordito dal modo in cui quella ragazza rappresenta il suo io più giovane ed intraprendente.
“La cosa più spaventosa” continua lei “è che non mi capita quasi mai di vedere adulti realizzati e felici di quello che fanno. Mentre vedo ogni giorno persone infelici e depresse. Pensare a quante poche possibilità ho di riuscire a sfondare in qualsiasi cosa io voglia fare mi fa tremare e delle volte ci penso così tanto che non riesco più a respirare e il panico mi oscura la mente”.
Solo dopo aver finito di parlare si rende conto di essere stata di nuovo indelicata.
Ha parlato di adulti infelici quasi senza pensare al fatto che anche il signor Bates faceva parte di quel vasto gruppo di individui. Lo vede irrigidirsi.
“Ho esagerato di nuovo, mi scusi” si accalda “parlo senza pensare e offendo le persone, sono così spiacente..”
John rimane con i pugni chiusi per un po’, prima di riaprirli e rilassarsi.
“Non fa niente” esclama, sorprendendola “hai perfettamente ragione, in fondo. Non sono soddisfatto di quello che faccio. Non so neanche io perché in realtà. Ma è così. Qui mi vengono riconosciute molte capacità e guadagno anche molto. Forse è perché avevo pianificato il mio futuro in maniera diversa, o forse perché non vengo apprezzato da chi davvero mi interessa..”
Elettra capisce che sta accennando a sua moglie e sa che non lo ha fatto di proposito.
John smette infatti di parlare subito dopo e resta in silenzio, consapevole di essersi aperto troppo con una ragazzina di soli diciassette anni.
“Signor Bates..” comincia Elettra, ma John la interrompe.
“Dammi del tu” interviene, dicendo l’unica cosa che gli viene in mente in quel momento per impedirle di continuare a parlare di quella frase imbarazzante e fuori luogo.
“Oh” esclama lei, interdetta “va bene”.
Nel frattempo, sta finendo le patatine che dovevano essere per entrambi.
“Sembri molto affamata!” scherza John, per sdrammatizzare.
“Oh si, mi dispiace” si scusa Elettra, sorridendo “adoro le patatine, sono il mio piatto preferito”.
“Beh, allora la prossima volta che vieni a cena da noi te ne preparo quante ne vuoi!” si offre John, cordiale.
“Cucini?” domanda lei, stupita.
“Quasi mai, perché i turni di lavoro non me lo permettono” ammette “ma mi piace molto, sì. Mi piace creare nuove ricette, mischiare ingredienti che nessuno metterebbe insieme e che invece creano un connubio perfetto”.
“Dovrebbe insegnarmi un po’ allora” risponde Elettra “a casa mia i piatti sul menù non vanno oltre la pizza d’asporto e il cibo precotto da mettere semplicemente al microonde!”
“Nessuno cucina da voi?” si informa John.
“Papà cucinava” mormora lei “io, mia madre e mia sorella non sappiamo fare neanche un piatto di pasta”.
John sussulta a sentire quelle parole.
“Non preoccuparti” aggiunge quindi Elettra, con una risata triste “non è morto. È solo andato via un paio di anni fa, forse tre. Continuiamo a sentirci al telefono di tanto in tanto, quindi non è niente di tragico”.
John vorrebbe dissentire, ma non si permette di aprire bocca.
Lei percepisce, come capita spesso quando affronta questo argomento, la curiosità del suo interlocutore, mista alla paura di farle una qualsiasi domanda al riguardo.
“A quanto pare mia madre non è una moglie fenomenale” gli spiega, senza bisogno di sentirselo chiedere “non ho voluto sapere i dettagli, ma temo che ci sia un altro uomo di mezzo. Temo anche di conoscerlo. Anche papà aveva un’altra donna in realtà. Un’intera famiglia altrove.. insomma non si amavano più e lo capisco. Mia madre è davvero difficile da apprezzare”.
John capisce al volo che, come molte figlie femmine, Elettra ama il padre nonostante tutto. Vede la dolcezza nei suoi occhi quando ne parla e ha notato come abbia spiegato prima di sua madre e aggiunto solo dopo che suo padre aveva una seconda famiglia.
Decide di non insistere sull’argomento ed apprezza il modo in cui lei si è aperta con lui.
Lei stessa ne è stupita. Non è un problema per lei dire che i suoi si sono separati, ma non ha mai detto a nessuno che suo padre aveva già altre figlie quando ancora viveva con loro. Aveva sempre spiegato a tutti che una volta scoperto che sua madre lo tradiva se ne era andato e aveva vissuto la sua vita con un’altra persona, sorvolando sull’età delle sue nuove figlie.
Nonostante fosse convinta che suo padre avesse tutti i motivi per fare qualsiasi cosa avesse fatto, e nonostante lo amasse con tutta se stessa, una vocina dentro di lei sembrava urlarle costantemente che suo padre non era in realtà il papà perfetto a cui si ostinava a credere.
Si sente spaventata, quando capisce che vorrebbe parlarne con John. Vorrebbe esporgli i suoi dubbi su suo padre e come si sente sempre divisa in due quando pensa a lui.
Non gliene parla davvero, in fondo si conoscono da pochissimo tempo e lui è il padre del suo ragazzo. Ma sa che potrebbe farlo se volesse. Sa che non si sentirebbe in imbarazzo e questo le fa paura perché non riesce a spiegarlo.
Come può un uomo, più grande e quasi totalmente sconosciuto, ispirarle tanta confidenza?
Finiscono il cibo parlando ora del più e del meno.
Mentre conversano tranquillamente, entrambi pensano a quanti argomenti privati e profondi abbiano affrontato durante quella pausa pranzo.
John ne è meravigliato perché della maggior parte di esso non aveva mai parlato con nessun altro e perché la sua interlocutrice ha solo diciassette anni ma lo fa sentire come se stesse parlando con la sua migliore amica dai tempi dell’asilo.
Elettra, dal suo canto, è stupita di aver parlato tranquillamente di suo padre e delle sue ansie per il futuro con un uomo di cui potrebbe essere figlia e che per di più conosce veramente poco.
Mentre la conversazione prosegue su argomenti leggeri, i due hanno la sensazione che il loro rapporto sia salito di livello. Come se da quel momento si conoscessero profondamente.
Non sono più in imbarazzo, almeno per il resto del pranzo.
Dopo aver spazzolato tutto il cibo sul tavolo, John si offre di andare a comprare una bibita.
Elettra rimane nuovamente seduta da sola, ma questa volta è felice e a suo agio.
Si guarda intorno tranquilla, notando che la maggior parte delle persone sono tornate ai loro uffici e la piazzetta è quasi completamente vuota.
“Vogliamo assolutamente un resoconto riguardo gli hot dog!” la voce di Bruce alle sue spalle la fa sussultare.
Si volta a guardare il gruppetto che la raggiunge.
“Sarà più di un anno che non ne assaggio uno” si lamenta Matthew “parlamene in modo da farmi ricordare il sapore”.
Elettra ride di gusto e spiega a tutti quanto quei semplici hot dog l’abbiano stupita con il loro sapore.
John torna, portando con sé una bibita gassata.
“La ragazza è un’intenditrice!” lo informa Phil.
“Lo so” risponde John, sorridendole.
Elettra arrossisce di nuovo, senza capirne il motivo.
È convinta che debbano tornare ognuno al proprio ufficio, ma vede Steve sedersi accanto a lei. A poco a poco, tutti gli amici lo imitano e si ritrovano tutti e sei al tavolo.
“Non ho proprio voglia di tornare in quella gabbia di matti” annuncia Steve. Gli altri sono d’accordo.
“Non farete tardi?” azzarda Elettra.
“Nessuno si mette a controllare a che ora torniamo” la rassicura Phil.
“Scommetto che John non te lo ha detto” interviene Matthew “ma c’è un motivo se esiste questo gruppetto di amici”.
Ammicca a Steve, mentre John e Bruce si lanciano un’occhiata esasperata e Phil ride scuotendo la testa.
Elettra li guarda, attendendo chiarimenti.
“Matthew è convinto che il motivo per cui siamo così amici” spiega Phil “è che siamo i migliori dell’azienda”.
“Ma noi siamo i migliori dell’azienda” lo interrompe Steve.
“Questo non significa niente” gli risponde Phil, continuando a ridere.
“Siamo i cinque impiegati più produttivi, quelli con lo stipendio maggiore e coloro che vengono chiamati per i casi più importanti” continua Steve.
Elettra annuisce, ammirata.
“Siamo amici perché ci conosciamo da tanto e ci troviamo bene l’uno con l’altro, non fraintendermi” dice Matthew “ma ci siamo anche accorti che da quando formiamo un gruppo compatto, i nostri colleghi hanno una soggezione di noi che è quasi esilarante”.
“Così sembriamo una banda di bulli” Phil ride ancora più forte, mentre Bruce scuote la testa.
“Ma no” Steve lo guarda in cagnesco, ma poi sorride “quello che vogliamo dire, Elettra, è che spesso qui ci si azzanna a vicenda per accaparrarsi i casi migliori, ma il nostro gruppo di professionisti di successo convince tutti, anche i nostri superiori, che siamo i più affidabili”.
“Insomma” aggiunge Matthew “è come avere un bravo avvocato totalmente solo e un avvocato altrettanto bravo con molti amici, anche loro avvocati affermati. Tutti sceglierebbero il secondo avvocato, perché in caso di difficoltà potrebbe ricevere delle dritte da altri avvocati talentuosi. Avrebbe quindi molte più possibilità di successo”.
Elettra comprende quello che stanno tentando di spiegarle.
“E voi non siete d’accordo?” chiede a Bruce.
“Io so solo che quando sono arrivato qui, per quanto bravo fossi, non conoscevo nessuno ed ero spaventato a morte da questo ambiente così nuovo” le risponde lui “questi cretini, qui, mi hanno aiutato ad ambientarmi e la mia decisione di rimanere loro amico non è affatto dettata dalla loro capacità lavorativa. Fanno aumentare il numero di casi che mi vengono affidati? Probabile. Ma questo non significa che rimarrei loro amico se non mi piacessero”.
“Bruce è un piccolo fenomeno” Matthew gli da un buffetto scherzoso “è abituato ad ottenere tutto facilmente e che tutto gli risulti semplice. Per questo non sa che nel mondo del lavoro, per quanto si è bravi, gli amici e le conoscenze servono sempre”.
 
“Su questo sono d’accordo” acconsente Phil.
“Ma dovete ammettere che il motivo principale per cui siamo amici è che altrimenti questo posto sarebbe insopportabile” insiste Bruce.
John ride e gli altri lo seguono a ruota, annuendo divertiti.
“C’è anche da dire che le nostre mogli sono ormai diventate amiche inseparabili, e ci ucciderebbero se smettessimo di frequentarci” aggiunge Matthew.
“A proposito” continua “Elizabeth vuole organizzare un barbecue. Siete tutti invitati. Scommetto che ha già chiamato tutte per avvisarle, ma in caso contrario lo dico a voi”.
“La cucina di Elizabeth è imbattibile” annuncia Steve.
“Siete tutti sposati?” domanda Elettra.
“Steve no, ovviamente” la informa Bruce.
“Sono uno spirito libero” conferma Steve “non ho radici e mi diverto quanto voglio. Non sopporterei di essere legato ad una sola donna per il resto della mia vita”.
John alza gli occhi al cielo.
“Interessante punto di vista” ammette Elettra “quindi non vuoi avere figli?”.
Gli altri si voltano a guardarlo, improvvisamente interessati. Nessuno di loro glielo aveva mai chiesto, ma era ovvio che se lo domandassero.
“Ho molto nipoti” risponde lui, prontamente “Ho Eddie, i figli di Phil, quelli di Matthew, e tra poco sarò di nuovo zio si spera” conclude lanciando un’occhiata a Bruce.
“Io e mia moglie Scarlett stiamo provando ad avere un bambino” spiega lui ad Elettra.
“Ma è splendido!” esclama lei.
Continua ad informarsi sui figli degli amici di John, scoprendo così che Phil ha due gemelli di otto anni e Matthew due figlie di quattordici e dodici anni.
Dopo un quarto d’ora abbondante decidono di tornare a lavoro, mentre Elettra torna direttamente a casa per lavorare sugli appunti che ha preso quel giorno.
Una volta sull’autobus, invece di avvantaggiarsi e cominciare a rileggere quello che ha scritto, non riesce a far altro che guardare fuori dal finestrino e pensare alla strana mattinata che ha passato.
Non riesce a spiegarsi il modo in cui si è sentita, ma sa che non si sentiva così tranquilla e rilassata da tempo.
Le dispiace dover ammettere che con Edward non si è mai sentita così libera di parlare nonostante il loro amore.
È convinta che sia perché John è molto più simile a lei di quanto non lo sia suo figlio, e che per questo si sente sicura di potersi aprire e che lui capirà quello che lei intende.
Ma ciò non toglie che si sente in qualche modo in colpa.
Non capisce da cosa sia provocata quella sensazione, ma sente di aver fatto o pensato qualcosa di sbagliato.
Tenta di individuare la natura di quel malessere ma non ci riesce e dopo poco se ne dimentica completamente, ricordando solamente la sensazione di leggerezza che provava.
Si aggrappa a quel sentimento mentre lavora al suo articolo e scopre con felicità che l’aiuta a concentrarsi senza la solita ansia.
Finisce di riordinare gli appunti quasi nella metà del tempo che impiega di solito e questo le lascia molto più tempo per chiacchierare al telefono con Edward.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Quel sabato, John è praticamente privo di lavoro. Ovviamente, le ore di ufficio gli servono per aumentare lo stipendio, ma qualcosa gli dice che il motivo principale per cui si trova lì è per stare lontano da Julia.
Il senso di colpa lo spinge a chiamarla.
“Ciao John” le risponde la voce dall’altra parte del telefono, assonnata.
“Stavi dormendo?” le chiede premuroso.
“No..” Julia esita “in realtà si. Eddie è uscito con Elettra e io sono sul divano con Daisy. Lei dorme e non c’è nulla in tv. Temo di essermi assopita un po’”.
“Non c’è niente di male” la rassicura lui “riposati un po’, tu che ne hai il tempo”.
Non voleva sembrare un’accusa, ma percepisce Julia innervosirsi.
“Amore” cambia velocemente argomento “ti ha per caso chiamata Elizabeth? Mi sono scordato di dirti che Matthew ci ha invitato ad un barbecue a casa loro tra una settimana. Lo sapevi?”
“Sì, ieri ci siamo sentite” conferma lei “almeno rivedrò Janet e Beth dopo quasi un mese” allude alle figlie di Matthew ed Elizabeth.
Anche lei, come Steven, si sente come una zia per i figli dei suoi colleghi. John lo apprezza molto, almeno finché non comincia con i paragoni tra loro ed Edward..
Un bussare improvviso alla porta lo fa tornare alla realtà.
“Scusa Julie, mi cercano” la avvisa, e lei sembra felice di interrompere la conversazione.
Mentre attacca, Steve si affaccia nel suo ufficio. Lo avvisa che stanno per prendersi un caffè e lui lo segue, contento di avere finalmente qualcosa da fare.
“Dov’è Elettra?” gli domanda Steven una volta al bar.
Vengono nel frattempo raggiunti da Matthew e Bruce, che li avvisano che Phil ha troppo lavoro per unirsi a loro.
“Non c’è Elettra oggi?” domanda anche Bruce.
“Esce con Eddie il sabato” spiega John.
“Di sabato?” si stupisce Matthew “perché uscire il sabato quando hanno tutta la settimana libera? È estate, almeno per loro!”
“Lei è sempre molto impegnata con tutti i suoi progetti e non ha molto tempo libero” risponde John.
“E’ veramente brava, vero?” ammira Bruce.
“E’ una studentessa modello” conferma John “ha il massimo di voti in tutte le materie, da quello che mi ha detto Eddie. Vuole diventare una scrittrice o una giornalista e ce la mette tutta per farsi strada in quel campo. Non ho mai letto un suo articolo, ma scommetto che è bravissima”.
Pensa a quello che ha appena detto e capisce che ci crede davvero, anche se non ci aveva mai pensato prima. Improvvisamente muore dalla voglia di leggere qualcosa scritto da lei e si stupisce di non averlo ancora fatto.
Vuole avere la conferma, anche se ne è già completamente convinto, che è davvero il genio che sembra essere.
Pensa al modo in cui potrebbe chiedere a Eddie uno dei suoi articoli senza destare sospetti, quando gli viene in mente che non ci dovrebbe essere niente da sospettare. Come mai ha pensato una cosa del genere?
Si sente in imbarazzo a chiedere a suo figlio un articolo della sua ragazza, ma non riesce a spiegarsi perché non dovrebbe essere una cosa normale.
In fondo è ovvio che i genitori vogliano informarsi su chi frequenta loro figlio. Quindi perché si sente così strano?
“Devi essere proprio soddisfatto di Edward” la voce di Matthew gli fa dimenticare quei pensieri, almeno per il momento “ha scelto una ragazza super intelligente, e per di più davvero carina. Non che Eddie non sia il ragazzo di diciassette anni più bello dell’universo, ma deve stare attento.. una ragazza del genere non passa inosservata”.
“Sì, hai ragione” ammette John.
Pensa al colore dei suoi capelli, così incredibilmente neri. Il modo in cui le ricadono sulle spalle e le incorniciano il viso magro. Pensa ai suoi occhi azzurri e dal taglio allungato. Al naso delicato e alla bocca carnosa. Al modo in cui la camicetta le aderisce sui fianchi e la gonna che le ha visto indossare due volte le risalta le gambe lunghe e magre. Immagina come sarebbe la sensazione di contatto tra le sue mani e quella pelle abbronzata. Immagina come sarebbe baciare quelle labbra piene e coperte da un velo di rossetto scuro.
Si rende improvvisamente conto di quanto quei pensieri siano assurdi e il cuore gli batte a mille.
Ma che cosa stava pensando? Come gli era venuto in mente?
Si vergogna di sé stesso e ringrazia il cielo che i suoi amici non possano leggergli nel pensiero.
Nel frattempo Bruce e Steve hanno cambiato argomento e parlano tranquillamente, totalmente ignari di quello che è appena successo nella sua testa.
Matthew, però, non parla. Sente il suo sguardo fisso su di lui e non riesce a ricambiarlo.
Si conoscono da tanto, da troppo. Anche se può sbagliarsi, è abbastanza sicuro che il suo migliore amico abbia intuito a cosa stesse pensando e questo gli fa venire voglia di nascondersi dalla vergogna.
“Vado un attimo in bagno” annuncia quindi, per sottrarsi a quella situazione imbarazzante.
Si incammina velocemente verso la porta della toilette e, una volta dentro, si siede con la schiena contro il muro e la testa fra le mani.
Guarda la fila di bagni davanti a lui ed è felice di constatare che sono tutti liberi. Non sopporterebbe che qualcuno si mettesse a parlargli di lavoro in quel momento.
Chiude gli occhi e cerca di riordinare le idee.
Che cosa gli era preso? Non aveva mai pensato a nessuno al di fuori di sua moglie in quel modo. Sì, gli capitava di far attraversare le donne perché erano attraenti e se vedeva un programma televisivo di certo non distoglieva lo sguardo se si presentava qualche ballerina poco vestita. Ma non aveva mai pensato di tradire sua moglie. E per di più con una ragazzina! Anzi, la ragazza di suo figlio!
Era attraente? Sì, molto. Ma come qualsiasi diciassettenne, ossia giovane e piena di vita. In realtà quella era una bugia. Sapeva che ad attrarlo non era solo la sua bellezza. Era la sua intelligenza, il modo in cui i suoi pensieri rispecchiavano quelli di lui.
Sapeva che se avesse conosciuto una ragazza del genere quando era anche lui un ragazzo sarebbe caduto ai suoi piedi come un pesce lesso. Ma ora era adulto. E sposato.
Quei pensieri erano totalmente fuori luogo. Per non menzionare il fatto che si trattava della fidanzata di suo figlio.
Tenta di convincersi che sia colpa del caldo, che annebbia i pensieri e fa delirare. Ma dentro di sé sta cominciando a realizzare che non è la prima volta che ci pensa.
Gli era capitato un paio di volte, mentre parlava o sorrideva, di pensare a quanto fosse bella e quanto sarebbe stato piacevole darle un bacio.
Aveva ignorato quei pensieri fino a quel momento, in cui erano riapparsi tutti insieme come uno tsunami.
La porta del bagno si spalanca improvvisamente e lui si alza in piedi in modo quasi automatico.
Entra Matthew, chiudendosi la porta alle spalle.
“Qualcosa ti turba?” gli domanda l’amico, fissandolo ancora con quel suo sguardo indagatore.
“Ho solo caldo” John si stringe nelle spalle “oggi l’afa mi sta facendo impazzire. E non sono l’unico. Ho visto un sacco di gente tornare a casa perché non si sentiva bene durante la giornata”.
Le parole gli escono troppo velocemente e suonano incredibilmente false anche alle sue stesse orecchie.
Matthew lo guarda ancora, facendogli capire che decide di credergli.
“Torna a casa se non ti senti bene” gli risponde “se qui fa troppo caldo, conviene che ti tieni alla larga per un po’. Sai.. in modo da non rischiare. A volte basta appoggiarsi sul letto e riposarsi. Non frequenti il posto che temi ti faccia stare male per un po’ e vedrai che la prossima volta che ci tornerai non ci sarà pericolo e starai bene”.
John capisce che allude ad altro e gli è grato perché ha davvero capito a cosa sta pensando ma non lo aggredisce per questo.
Sa che gli sta suggerendo di non frequentare Elettra, in modo da non cadere in nessun tipo di tentazione, ma non può evitarlo.
Se le dicesse improvvisamente che non può più venire a lavoro con lui suonerebbe ancora più sospetto. E suo figlio e sua moglie lo odierebbero per non averle dato la possibilità di scrivere l’articolo.
Inoltre vuole davvero darle la possibilità di scrivere un buon articolo.
Non se la sente di parlarne apertamente a Matthew, quindi lo rassicura semplicemente che starà bene dopo aver bevuto un bicchier d’acqua.
Il suo migliore amico lo guarda ancora per un po’ ed annuisce.
Si avvicina alla porta ma poi si blocca.
Fa un respiro profondo e si volta di nuovo a guardarlo.
“Solo..” scuote la testa “non fare cazzate, John”.
Esce, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandolo di nuovo solo.
John da un calcio nervoso alla porta di uno dei bagni, prima di tornare anche lui al bancone con gli altri.
 
 
 
Elettra e Edward sono sdraiati sotto un albero nel parco vicino casa di lei.
La ragazza sta leggendo ad alta voce ed Eddie pende dalle sue labbra mentre la ascolta narrare ‘Alice nel paese delle meraviglie’.
“Hai una voce bellissima” dice, una volta terminato il capitolo.
“E’ troppo profonda” lei si stringe nelle spalle “non è per niente femminile”.
“E’ femminile e come!” la contraddice Edward “anzi, è la voce più sexy del mondo”.
Lei ride e lui la bacia, facendola cadere all’indietro sull’erba.
Continuano a ridere e baciarsi, finché il telefono di Edward non emette una breve vibrazione ripetuta.
“Ti chiamano?” chiede Elettra.
“No” Eddie scuote la testa “sono solo messaggi”.
Controlla il telefono e lei legge il nome di Tom, il migliore amico di Eddie.
“Ommidio è uscita la nuova puntata della nostra serie tv preferita!” esclama lui “Tom dice che è incredibile e piena di colpi di scena”.
Elettra alza gli occhi al cielo. Non le piacciono le serie tv, le trova una perdita di tempo. Ama i film, ma non riesce a sopportare di dover stare davanti al televisore per più di tre ore. Le vengono in mente tremila cose da fare e non riesce proprio a seguire una storia con più di due puntate senza dare di matto.
“Vuoi che andiamo a vederla?” gli propone comunque, perché sa lui che vorrebbe farlo e lei adora vederlo felice.
Edward si morde il labbro, ragionando sul da farsi. Guarda l’orologio.
“Possiamo pranzare a casa mia con un panino davanti alla tv” propone infine “ma solo se ne hai voglia, El”.
Lei gli sorride amorevole “ma certo che ne ho voglia”.
Si avviano quindi verso la fermata degli autobus mano nella mano.
Trovano posto sul mezzo pubblico e si siedono. Elettra, come sempre, si siede verso l’esterno e si mette a guardare con curiosità i paesaggi che scorrono veloci.
“Ehi sono io quello con la passione per ciò che mi circonda” ragiona Edward “dovrei essere io a volermi sedere vicino al finestrino e guardare tutto quello che c’è fuori, magari valutando cosa verrebbe bene in una foto”.
Elettra ride.
“Non so perché lo faccio” spiega “so solo che mi è sempre piaciuto osservare come ognuno è intento a svolgere un’attività diversa. E’ così assurdo pensare che a volte io sono terribilmente triste e quelli che guardo sono felici senza neanche sapere come mi sento io e quando sono felice magari qualcuno di loro è triste e.. non lo so neanche io Eds”. Fa una risata imbarazzata.
“Sei così tenera quando sei in imbarazzo” Edward continua ad osservala “ecco perché non mi interessa dove mi siedo! Quando sono con te è inutile, tanto so che l’unica cosa che guarderò sarai tu”.
Le guance di Elettra di tingono di rosso e lui gliele accarezza delicatamente, rimanendo come sempre stupito dalla perfezione dei suoi lineamenti.
“Allora” esordisce Edward “come va con mio padre?”
“Benissimo” esclama Elettra con entusiasmo “sto imparando così tanto stando lì! E’ un opportunità pazzesca e non potrò mai ringraziare la vostra famiglia abbastanza. Sono stata nel suo ufficio ed è formidabile quando contratta. Adoro il suo tono autoritario e perentorio. E poi è veramente simpatico. Anche i suoi colleghi lo sono un sacco! Li vedo molto affiatati e si vede che tengono moltissimo anche a te. Con me sono così cordiali e mi hanno messo a mio agio da subito visto che, sai, ho pranzato con loro un paio di volte. Steven ci ha provato con me.. è stato imbarazzante”.
Elettra ride e anche Eddie sorride.
“Sì, è il suo modo di approcciarsi con il sesso opposto” spiega, stringendosi nelle spalle “Comunque.. mio padre simpatico? Direi più scontroso”.
“Ma no” Elettra scuote la testa “all’inizio forse un po’, ma suppongo sia normale visto che non mi conosceva. Adesso parliamo molto e devo dire che hai davvero un padre intelligente, Eds”.
“Bah” Edward sbuffa “con me non parla mai. Cioè, mi parla sì, ma quando è a casa è sempre silenzioso e serio. Guarda la tv o parla al telefono per lavoro. Le poche volte che parla con mamma litigano, e suppongo sia per questo che evita di parlare in generale”.
Elettra si rattrista a sentirgli dire così, pensando a quanto l’ha fatta stare male la situazione tra i suoi genitori in passato.
“Litigano molto?” domanda, maledicendosi per la sua indiscrezione.
“Decisamente” risponde lui, per niente offeso “ogni volta che torno a casa tardi trovo mamma chiusa in bagno o già al letto con le lacrime agli occhi e papà che guarda la tv o accarezza Daisy. Loro tentano sempre di far vedere che va tutto bene, e quando ci sono io riducono al minimo le liti, ma io non sono stupido e ormai sono abbastanza cresciuto da capire quando due persone non si sopportano”.
“Non dire così Eds” lo riprende lei.
“Secondo me si amano ancora” si corregge Edward “ma sembra che se lo siano dimenticato o qualcosa di simile. Mamma sta sempre a lamentarsi di cose stupide, cose prive di senso e che valgono meno di niente. Se qualcuno lascia un piatto sporco sul tavolo senza metterlo nel lavandino, sembra che sia scoppiata la terza guerra mondiale. Se sono stato io, mi riprende e basta, ma se è stato papà allora smette di rivolgergli la parola e la cosa può andare avanti per giorni. Dal suo canto, papà fa chiaramente qualsiasi cosa per essere a casa il meno possibile e quando c’è non parla né sorride mai. Secondo me questa situazione la stanno creando entrambi, dando però la colpa l’uno all’altro”.
Elettra si morde l’interno per la guancia per non controbattere.
Secondo lei la madre di Eddie è il vero problema. Ha conosciuto John, e non vede come potrebbe essere lui la ragione di un clima così pesante in casa.
Sa essere molto loquace e divertente quando vuole, per cui deve esserci un motivo ben preciso per cui non parla quando si trova in presenza di sua moglie.
Povero John, pensa, incastrato con una moglie che non lo apprezza nonostante sia formidabile. In fondo cosa vorrebbe di più la madre di Edward? John porta molti soldi a casa ed è intelligente e sveglio. Per non parlare di quanto sia attraente. Insomma, non molti uomini della sua età possono ancora essere considerati desiderabili, ma lui è davvero molto bello.
Si sente terribilmente triste per il modo in cui Edward e John sono costretti a vivere per colpa di quella donna, ma sa che non può fare nulla per aiutarli.
“Siamo arrivati” Edward interrompe il corso dei suoi pensieri “ti eri incantata a guardare i paesaggi?”.
“Già” risponde lei, sorridendogli.
 
 
 
Una volta a casa, Edward si offre di preparare i sandwich mentre Elettra tenta di collegare il computer al televisore senza successo.
“Dov’è tua madre?” urla ad Eddie dal divano, mentre continua a muovere fili senza capirci nulla.
“Deve essere andata dalla vicina” le risponde lui dalla cucina “sono amiche e spesso la invita a prendere un caffè da lei”.
Daisy fa continuamente avanti e indietro tra la cucina e la camera da pranzo, tentando invano di ricevere qualcosa da mangiare e guardando interdetta il lavoro di Elettra con la tv.
“Qualche suggerimento?” le chiede infine la ragazza, seduta per terra vicino allo schermo.
Il cane la guarda inclinando la testa per un attimo, poi le lecca la faccia un paio di volte e torna in cucina.
Elettra ride di gusto.
“Vuoi la maionese nel panino?” urla Eddie.
“Si grazie” risponde lei “mettici tutto quello che ti salta in mente. Voglio che sia il panino più strano di sempre!”
Edward ride e comincia ad elencare gli ingredienti a voce alta mentre li inserisce tra le due fette di pane.
“Maionese, mostarda, ketchup, cetriolini, formaggio, prosciutto, cipolla..”
“No la cipolla no!” lo interrompe Elettra, ridendo.
“Allora vada per l’aglio!” le risponde lui, ridendo a sua volta.
La porta si apre in quel momento e Daisy abbaia festosa.
“Ciao fiorellino!” esclama John, entrando in casa mentre l’enorme cane lo accoglie con gioia.
Si volta verso il salone e vede Elettra seduta sul pavimento con tre fili diversi in mano. Lei gli fa un cenno con la mano e gli sorride. Il cuore di John salta un battito.
“Mamma?” chiede Edward dalla cucina.
“No, sono papà” gli risponde John, faticando a distogliere lo sguardo da Elettra “è sabato, ricordi? Torno prima”.
“Papà” prosegue Eddie dalla cucina “già che sei qui aiuta El con la tv. Riesco a percepire anche da qui che è in difficoltà”.
Elettra protesta un po’ ma ammette suo malgrado di esserlo davvero.
John ricorda le parole di Matthew e scuote la testa.
“Avrei da fare..” borbotta.
“Ti prego, John” lo interrompe lei, unendo le mani in preghiera e sorridendo “non so neanche da dove cominciare, lo ammetto”
“Lo sapevo!” esclama Edward, da lontano.
Nonostante tutto, John si ritrova a sedersi sul tappeto accanto ad Elettra.
“Devi collegare questi due fili” le spiega, mentre il contatto delle loro mani quando prende il filo gli provoca dei brividi “poi accendi la tv e premi questo tasto qui”.
“Lo sapevo che era facile” piagnucola lei “potevo riuscirci da sola”.
“Almeno ora sai come fare” risponde lui.
“E’ vero” acconsente lei, sorridendogli di nuovo.
John si domanda come possa esistere un sorriso così perfetto, e distoglie velocemente lo sguardo.
Vorrebbe salire e farsi una doccia, in modo da distrarsi, ma sta morendo di fame.
Si dirige quindi in cucina, mentre Edward va verso il divano con due panini in mano.
“Il panino più farcito del mondo per la signorina” dice porgendo un sandwich enorme alla sua ragazza.
“Wow” commenta lei, dandogli subito un morso.
Storce il naso, poi ride.
“Troppa farcitura?” chiede Eddie.
“Direi di si” lei annuisce, ridendo “ma lo adoro”.
Eddie preme play e Elettra si appoggia a lui.
La puntata inizia ed Edward è completamente rapito dallo schermo.
Senza farsi vedere, la ragazza lo osserva interessata. Nota il modo in cui di tanto in tanto morde il panino per poi masticarlo per un tempo infinito. Quando finalmente si ricorda di inghiottire, lei nota il suo pomo d’Adamo salire e poi riscendere.
Osserva la curva del collo ed i muscoli della mascella tesi. Il modo in cui, quando è molto interessato, quasi non batte le palpebre. Studia il modo in cui la sua mano sinistra tamburella sul ginocchio lentamente, quasi fosse un riflesso incondizionato.
Ama vederlo concentrato e per questo è grata della sua decisione di vedere la nuova puntata con lui.
Nel frattempo, in cucina, John si prepara un panino. Prova a farlo velocemente, in modo di spendere meno tempo possibile a una sola camera di distanza da Elettra, ma si accorge ben presto di non poterci riuscire. Le mani gli tremano in maniera incontrollata e rischierebbe di gettare tutto a terra.
Farcisce quindi il suo sandwich lentamente, tentando di distogliere la mente dalla ragazza.
L’idea che lei sia sul suo divano lo fa impazzire.
Pensa al modo in cui le loro dita si sono toccate e l’ennesimo brivido gli percorre la schiena.
Non sa che fare, né come comportarsi.
Vorrebbe stare con lei il più possibile, parlarci e sentirla ridere, ma sa che non deve assolutamente farlo. Per nessun motivo.
Nonostante il panino sia pronto, non riesce a forzarsi di uscire dalla cucina. Ha paura di quello che potrebbe fare una volta vicino a lei.
Ha paura che qualcuno di loro si accorga di quello che prova. Soprattutto teme che lei possa accorgersene e ritenerlo un maniaco schifoso.
Si prende la testa fra le mani e si appoggia al ripiano dietro di lui.
Quando rialza gli occhi, la persona a cui a pensato per l’intera giornata si trova proprio davanti a lui.
Per un momento crede quasi sia frutto della sua immaginazione.
“Eddie dice che anche tu guardi questa serie tv” gli dice Elettra “è uscita la nuova puntata”.
“Oh” risponde lui, sorpreso “non lo sapevo”.
“Se vuoi puoi vederla con noi” propone lei “abbiamo appena iniziato, possiamo ricominciare”.
“Io..” tremila idee gli passano per la mente, mentre sa con certezza che l’unica opzione possibile è rifiutare con tutte le sue forze “in realtà vorrei farmi una doccia”.
“Ah” replica Elettra, e a John sembra delusa “certo, va bene”.
Si volta e si dirige verso la camera da pranzo, ma poi si blocca e si volta di nuovo.
“In realtà a me non piace quella serie” ammette “la guardo solo perché piace a Edward”.
“Io la trovo interessante” controbatte lui, consapevole di farlo solo per prolungare la conversazione. Ma comunque, perché lei lo aveva informato dei suoi gusti al riguardo? Non era anche il suo un modo per continuare a parlare?
“Ammetto che a volte è intrigante” concede lei “ma non riesco proprio a sopportare le serie tv, è più forte di me”.
“Come no!” esclama lui “sono bellissime! Mentre la trama di un film si riduce a quella incastrabile in un paio d’ore, quella di una serie può protrarsi all’infinito e tenere il tuo interesse sempre acceso”.
“Sarà” Elettra si stringe nelle spalle “io so solo che trovo tutte quelle ore sprecate. Un conto è un film di due ore, un altro è spendere ore e ore davanti alla stessa storia”.
“Secondo me dovresti dargli un’opportunità” John non si arrende “devi trovare una trama che ti interessa, e a quel punto vedrai che non riuscirai più a staccarti dallo schermo”.
“Può darsi” acconsente lei.
“Fammi sapere se la trovi” le sorride e lei sente le ginocchia cederle.
E’ veramente un bell’uomo, pensa distrattamente.
“Bene, torno a far compagnia ad Eddie” annuncia infine “se sei è proprio sicuro di non volerti unire a noi.. buona doccia!”.
John ragiona sul fatto che quel sorriso sta velocemente diventando una droga per lui, ma si costringe a sorriderle a sua volta e a dirigersi al piano di sopra con in mano il panino ancora intatto che ormai, ne è sicuro, non riuscirà a mangiare.
Il suo stomaco sembra un nido di vespe. Lo sente torcersi e sa che non riuscirebbe a mettere in bocca niente.
Sale le scale e si decide a rimanere nel bagno finché non sentirà Elettra andarsene. Anche se si trattasse di ore ed ore, lui rimarrà chiuso lì.
In quel modo potrà anche evitare sua moglie il più possibile. Non che lei possa in qualche modo accorgersi del suo stato d’animo. Non lo degna neanche di uno sguardo ormai da tempo e di questo è più che certo. Vuole solo evitare di litigare, almeno fino all’ora di cena.
Mentre prende il necessario per la doccia, una parte di lui si maledice per non aver acconsentito a vedere la tv con loro.
In fondo non ci sarebbe stato nulla di strano, si sarebbe seduto sul suo divano e nessuno avrebbe potuto pensare che qualcosa non andasse come doveva andare.
Magari, con un po’ di fortuna, avrebbe potuto sedersi vicino ad Elettra.
Avrebbe potuto sentire il contatto della sua gamba contro la sua, del suo braccio o la sua spalla. In fondo quel divano non era poi tanto grande. Ci entravano tre persone, ma un po’ di contatto fisico era inevitabile.
La sua immaginazione viaggia sempre più lontano, fino a fantasticare sulla ragazza addormentata su quel divano, con la testa appoggiata alla sua spalla e il respiro delicato contro il suo petto.
Sente l’ennesima stretta allo stomaco, ma non è affatto spiacevole.
Scuote la testa, sconcertato da sé stesso e dalla sua scarsa capacità di costringersi a pensare ad altro.
È sbagliato, continua a ripetersi, è la cosa più sbagliata che tu possa immaginare.
Chiude la porta del bagno dietro di sé e decide di farsi una doccia ghiacciata, in modo da doversi concentrare sul freddo e nient’altro.
Quando esce dal bagno, non sa se essere sollevato o triste.
Elettra è già andata a casa sua, mentre Julia è tornata.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


La luce entra nella camera di Elettra dall’unica finestra, centrale e con le tendine rosa.
La sveglia suona all’improvviso e la ragazza la spegne con un sospiro.
I suoi amici la prendono spesso in giro per la sua abitudine di tenerla accesa anche durante l’estate, ma lei sa che senza di essa sarebbe capace di dormire fino all’ora di pranzo.
Sa di avere molto sonno arretrato. Lavora fino a tardi e spesso fatica a prendere sonno per la quantità di pensieri che l’affollano la mente.
Nonostante non vada a scuola durante quel periodo, ha molte cose da fare e non può permettersi di passare l’intera mattinata a poltrire.
Si alza, quindi, stropicciandosi gli occhi e dirigendosi verso il suo bagno personale.
“E’ una fortuna in fondo che tuo padre abbia un’intera vita lontano da qui” le aveva detto sua madre anni prima, mentre il trucco le colava in grumi scuri sulle guance ed i capelli le ricordavano quelli della signora pazza che viveva nel loro stesso quartiere “questo ci da la possibilità di tenerci questa splendida casa tutta per noi”.
Elettra non riusciva a capire. In fondo quella era sempre stata casa loro, ed era certa che suo padre non avesse nessuna intenzione di togliergliela comunque, ma preferiva non contraddire sua madre in un momento che era per lei così delicato.
Ora, si terge il viso nel lavandino, chiedendosi per l’ennesima volta se ci sia qualche possibilità che suo padre davvero non voglia che loro continuino a vivere lì dopo la separazione.
Scuote la testa, sentendosi come sempre stupida anche solo per averlo pensato.
Esce dal bagno e si stiracchia.
Osserva la sua stanza, come sempre pulita ed ordinata in un modo che potrebbe essere definito maniacale.
È uno dei posti in cui è solita studiare, e detesta farlo in un luogo confusionario.
Per questo motivo ha voluto che ci fosse una sola finestra, grande e posta in modo da poter illuminare l’intera stanza e permetterle di guardare il paesaggio sottostante mentre lavora.
Spesso le piace anche sedersi sul suo letto, rivolta verso il vetro, e leggere un libro lasciandosi trasportare dall’atmosfera dell’esterno.
Ama farlo soprattutto durante le giornate di pioggia.
La maggior parte della sua camera è in effetti ricoperta da libri.
Una libreria gigante si trova dalla parte opposta dell’armadio, mentre il resto di essi sono sparsi qua e là.
E’ l’unico oggetto che non le dispiace trovare in giro.
Quando aveva esaurito gli scaffali su cui impilarli, aveva realizzato che poteva lasciarli dove le pareva senza che questo intaccasse la sua concentrazione quando aveva qualche lavoro da svolgere.
Apre l’armadio e guarda dentro, valutando i posti che deve visitare e quale potrebbe essere l’abbigliamento adatto ad essi.
Opta per un vestito rosa pallido e delle scarpe da ginnastica estive.
Si lega i capelli in una semplice coda, con un po’ di ciuffi ribelli che le ricadono sulle spalle e sul viso.
Non ha mai amato truccarsi, ma ha scoperto da tempo che per sembrare più grande e autoritaria un po’ di trucco è necessario.
Come le dice sempre sua madre, il suo viso è molto bello e delicato.
Anche a lei piace, perché i suoi occhi sono talmente grandi e particolari da non avere bisogno di essere abbelliti ulteriormente, e sa anche che il suo viso struccato e talmente bello da lasciare i ragazzi a bocca aperta.
Ma quello che le importa è il messaggio che il suo viso può mandare a dei futuri datori di lavoro e sa che il suo faccino acqua e sapone sembra quello di una ragazzina e di certo non trasmette sicurezza.
Per questo torna in bagno e apre la sua borsetta dorata.
Estrae un piegaciglia e un tubetto di rimmel. Applica poi sugli occhi un po’ di ombretto marrone scuro e uno strato di rossetto rosso chiaro sulle labbra.
Si guarda allo specchio, inclinando la testa. Tampona un pezzo di carta igienica sulla bocca e, una volta reso il rossetto un po’ meno acceso, si guarda di nuovo.
Esamina il suo sguardo allo specchio, tentando di sembrare il più professionale possibile.
È abbastanza soddisfatta del risultato anche se, come si ripete spesso, si può sempre migliorare.
Scende quindi le scale e si dirige in cucina.
Prende la ciotola con il suo nome scritto sopra, il bricco del latte ed una scatola di cereali.
Si siede su una delle sedie accostate al ripiano di fronte al piano cottura e comincia a fare colazione.
Immerge il cucchiaino nella ciotola, facendo affogare i fiocchi d’avena uno alla volta.
Se ne mette in bocca un paio e mastica pensierosa.
Si sente ancora molto dispiaciuta per il modo in cui Edward soffre la situazione di tensione tra i suoi genitori.
È convinta che sua madre sia davvero una persona orribile per fare una cosa del genere al proprio figlio. Per non parlare di suo marito.
Ricorda il modo in cui John ride e parla tranquillamente quando non è con lei.
Deve essere sicuramente spaventato a morte di parlare in sua presenza visto che, da quello che le ha detto Edward, Julia non aspetta che un pretesto per cominciare a litigare.
All’improvviso si sente furiosa. Furiosa perché il suo ragazzo deve avere molta tristezza dentro se stesso. Lo sa perché anche lei si sentiva così. Non vuole che Edward provi quello che ha provato lei.
È furiosa anche per John. Neanche lui merita di faticare tutto il giorno per poi tornare a casa e sentirsi urlare contro.
Sabato le era sembrato un po’ nervoso, probabilmente per qualcosa successo al lavoro. Ma lei aveva provato a parlarci e pian piano l’aveva visto rilassarsi.
E’ contenta di fargli quell’effetto. Lo ammira sempre di più ogni giorno.
Le ricorda in qualche modo suo padre, molto saggio e di successo.
Nota il modo in cui, in ufficio, tutti lo trattano con rispetto e sa che se lo merita.
Come ha detto anche ad Edward, adora davvero parlare con lui.
Gli piace sentirlo raccontare le sue esperienze passate e ama il fatto che tra di loro si sia creata una sintonia incredibile, che permette ad entrambi di aprirsi senza vergogna sui loro problemi.
“Mi accompagni al centro commerciale?” esclama una voce squillante alle sue spalle.
“Direi di no” risponde Elettra, senza neanche voltarsi.
“Perché no?” piagnucola Eva, sua sorella, appoggiandosi con la testa sulle mani di fronte a lei e guardandola negli occhi “ti preeeeeego” la supplica sbattendo le ciglia.
E’ una ragazza di ventiquattro anni, con gli occhi grandi e blu come quelli di Elettra. È un po’ più slanciata di lei ed è sempre stata l’anima della festa, mentre sua sorella era a casa a studiare.
Da quando i loro genitori si sono separati, al contrario di Elettra che continua a fingere che non sia successo niente di grave, Eva è diventata se possibile ancora più tra le nuvole.
Non è andata oltre la scuola superiore e da anni ormai oscilla tra un lavoretto e l’altro in attesa di trovare qualcosa che possa pagarle una casa lontana da sua madre.
“Ma non dovevi lavorarci, al centro commerciale, oggi?” ragiona Elettra.
“No, oggi no” nega lei “è il mio giorno libero”.
La ragazza annuisce, poi ci ripensa.
“Non era giovedì il tuo giorno libero?”.
Eva esita, guardandosi le unghie.
“E va bene” sbotta “devo lavorare. Ma volevo fingere di sentirmi male e andarmene”.
Sua sorella alza gli occhi al cielo.
“E’ che ho bisogno di un vestito” insiste Eva “voglio un vestito per un appuntamento”.
“Ne hai almeno un milione!” osserva Elettra.
“Nessuno è come lo voglio io” la contraddice la sorella “voglio un vestito che gridi ‘sono una bomba sexy’. Uno che faccia girare i ragazzi quando passo. Mi serve per fare colpo! E mi serve entro stasera”.
“Non posso accompagnarti, mi dispiace” ripete Elettra “devo andare in redazione e temo di rimanere lì per un bel po’ di tempo”.
“La scuola è finita, El!” le ricorda la sorella “è estate! Quando avevo la tua età non vedevo l’ora che arrivasse l’estate per godermi un po’ di meritato riposo. Non mi passava nemmeno per la mente di continuare a lavorare”.
“Già” acconsente lei “ma c’è chi deve farlo se vuole diventare qualcuno”.
Quel commento si riferisce chiaramente al modo in cui Eva non si preoccupa minimamente del suo futuro e continua a farsi licenziare per delle stupidaggini, ma lei si stringe nelle spalle come se non l’avesse neanche sentita.
“Secondo me esageri” commenta “e comunque, non sei per niente curiosa di sapere perché mi serve così urgentemente un vestito?”.
“Scommetto che muori dalla voglia di dirmelo” di arrende Elettra.
“Ho conosciuto un tipo!” esplode subito Eva “un tipo fantastico! E’ bellissimo, e ha frequentato una famosa scuola di cui non ricordo il nome. È venuto al negozio in cui lavoro e mi ha chiesto di provare alcune cravatte. Abbiamo parlato e lui continuava a provare cravatte nonostante gli stessero tutte benissimo. Alla fine ho capito che lo faceva per parlare con me!”.
“Che romantico” commenta la sorella minore.
“Da morire!” prosegue lei “quindi gli ho chiesto se quelle cravatte gli servivano per un appuntamento. E sai lui cosa mi ha risposto?”.
“Cosa?” domanda automaticamente Elettra.
“Mi ha detto ‘beh, lo saranno solo se accetti di venire a cena con me lunedì’. Non è la cosa più romantica dell’universo?”
“Ma certo” l’accontenta El.
Quest’ultima fa per prendere la ciotola ormai vuota, residuo della sua colazione, ma si ferma ad osservare sua sorella.
“Quella canottiera mi è familiare..” le dice, in tono sospettoso.
“Questa?” Eva si guarda il petto in modo teatrale “oh, questa l’ho.. presa al negozio.. sai quello..”.
Comincia a sudar freddo e si arrende.
“E va bene, l’ho presa dal tuo armadio” ammette.
“Lo sapevo!” sbraita Elettra “devi smetterla di fregarmi i vestiti! Ne hai un sacco, non capisco perché senti tutta questa necessità di rovistare nel mio misero armadio quando potresti mettere su una sfilata con tutti gli abiti che hai tu!”.
“Ma che diavolo succede qui?” interviene una donna in pantaloncini e canottiera.
“Mamma, Eva mi ruba i vestiti” annuncia Elettra.
“Beh, sei tu che non vuoi accompagnarmi a comprarne di nuovi!” replica la sorella maggiore.
“Sei piena zeppa di vestiti” commenta Loren “perché dovresti comprarne altri o rubarli a tua sorella? E tu” prosegue voltandosi verso la più giovane “perché non vuoi accompagnarla?”.
“Devo lavorare” risponde lei.
“Tu lavori troppo..”
“Lo dico anch’io” interviene Eva “sono d’accordo”.
“E tu non lavori abbastanza” Loren si massaggia le tempie.
“A proposito, El” continua sua madre “vedo che esci più spesso ultimamente. Che c’è? Fai lavoro extra? Spero proprio di no”.
“In realtà mi sono fidanzata” ammette la ragazza.
Eva soffoca una risata e lei la guarda in cagnesco.
“Finalmente!” Loren batte le mani “era ora che una ragazza splendida come te trovasse qualcuno interessato a lei. Ma devi assolutamente farmelo conoscere!”.
“Anche io sarei molto curiosa di conoscerlo” aggiunge Eva, in tono aspro.
“Cos’è, pensi me lo sia inventato?” chiede la sorella.
“Certo che no” Eva scuote la testa “ma le possibilità sono infinite. Potrebbe essere brutto, fastidioso, stupido, pieno di brufoli, insopportabile quando mangia, fissato con le farfalle o gli animali morti.. per non parlare del tuo incubo peggiore: potrebbe andare male a scuola!”.
Ride di gusto e anche Loren non riesce a trattenere un sorriso.
Elettra si sente per un attimo in imbarazzo ad ammettere che in effetti Edward non è affatto una cima, per cui decide di sorvolare sull’argomento, almeno per il momento.
“Vorrei farvelo conoscere, davvero” dice, in parte sincera “ma sono proprio piena di impegni ed è difficile fare tutto. In più sto facendo una specie di stage.. diciamo che più che altro il padre di Edward mi permette di stare nel suo ufficio per prendere appunti per il mio prossimo articolo due volte alla settimana”.
“Edward, che bel nome!” commenta sua madre.
“Comunque ragazze” prosegue la donna “stasera farò tardi a scuola. Iniziano gli orali e sarà tutto un pandemonio. Di sicuro mi chiederanno di fermarmi a sistemare e vorranno chiacchierare. Vi cucinate da sole?”.
La madre di Elettra è una professoressa di letteratura da più di vent’anni e spesso d’estate ha orari più pesanti che durante l’anno scolastico vero e proprio.
“Non importa mamma” le risponde Eva “tanto stasera sono a cena fuori..”.
“Ti prego, dimmi che non è di nuovo uno dei miei studenti” la interrompe Loren, alzando gli occhi al cielo.
“E’ successo solo una volta! Al massimo due!” ribatte lei “e comunque no, non è uno dei tuoi studenti. E’ un tipo bellissimo”.
Comincia quindi a ripetere a sua madre quello che ha raccontato a sua sorella pochi minuti prima, arricchendo la storia di ancora più particolari fino ad arrivare a mimare il modo in cui il ragazzo le aveva sfiorato la mano per prendere una cravatta e tutti e due si erano guardati come se fossero fatti l’uno per l’altra.
Nel frattempo, Elettra decide di scrivere ad Edward per chiedergli di cenare con lei, in modo da non rimanere a casa tutta sola.
La risposta affermativa del suo ragazzo le strappa un sorriso e si incammina verso la redazione, ancora con quel sorriso sulle labbra.
 
 
 
 
Seduta sull’autobus, con la testa appoggiata al vetro, Elettra osserva come suo solito le casette a schiera che la separano dalla sua destinazione.
Oggi deve essere un giorno produttivo, si ripete ancora ed ancora.
“El?” domanda la voce accanto alla sua “Elettra?”.
Lei si gira di scatto e riconosce una sua compagna di scuola.
“Ciao, Amanda” esclama, dandole un rapido abbraccio.
“Come va l’estate?” si informa la ragazza.
“Sto andando in redazione” le risponde lei “sai, continuo a lavorare per il giornale della scuola”.
Amanda annuisce, pensierosa.
“La nostra futura scrittrice” commenta.
“Lo spero” ridacchia Elettra.
“Lo diventerai sicuramente” la rassicura Amanda “con tutto l’impegno che ci metti, sarebbe strano il contrario. Io non mi immaginerei mai di lavorare anche d’estate dopo tutta la fatica di quest’anno”.
Sa che Amanda non va male a scuola, ma non si è neanche mai distinta. Le risulta difficile immaginare che abbia faticato a raggiungere la media più anonima possibile, ma annuisce comunque.
“Comunque, io tra un paio di giorni vado alla mia abitazione estiva, quella vicino alla spiaggia, hai presente?”.
Elettra fa mente locale, ricordando che quando era più piccola era stata invitata a quella casa un paio di volte e si era divertita molto.
“Ma certo che mi ricordo” conferma “hai dato un paio di feste di compleanno lì. Facevamo i falò sulla spiaggia?”.
Amanda conferma.
“Un po’ di amici di scuola vengono con me” la informa, elencando tutti nomi a lei famigliari “potresti unirti a noi se riesci a trovare un attimo di pausa”.
“Non so..” Elettra esita “mi piacerebbe davvero tanto Amy, ma sono così impegnata..”.
“Puoi venire anche solo per un pomeriggio!” la rassicura la sua amica “quella casa è aperta per tutti i miei amici. Puoi portare le tue cose e fermarti una settimana o venire solo a dare un’occhiata durante il weekend. Sentiti libera di scegliere. Apprezzeremo molto la tua compagnia”.
Elettra ne dubita, in fondo non è mai stata molto loquace in un gruppo di amici, ma sa anche che le vogliono davvero bene. Decide quindi di pensarci su e Amanda le suggerisce di mandarle un messaggio una volta deciso.
“E’ la mia fermata” annuncia poi, guardando fuori “vado a trovare mia nonna”.
Elettra la saluta cordialmente, mentre le porte dell’autobus si richiudono lasciandola fuori.
Alla redazione manca ancora un po’, e questo le permette di ragionare meglio sull’invito di Amanda.
Senza riuscire a spiegarsi bene il perché, sa che i suoi amici apprezzano la sua compagnia. Molti ragazzi sono contenti della sua presenza in quanto è una delle ragazze più affascinanti della scuola, ma di certo non è una di quelle che si mette a chiacchierare e provarci con loro.
Spesso quando i ragazzi capiscono che è la stessa ragazza che viene menzionata spesso a scuola per i suoi risultati eccellenti, si allontanano velocemente.
Ma nonostante questo, sa che le persone si trovano bene con lei. Probabilmente è perché ha un’innata capacità di mettere tutti a  proprio agio ed è una brava ascoltatrice.
Sa che, in un gruppo, la sua parte non è di certo quella di animatrice, ma apprezza il fatto che vogliano comunque che lei ne faccia parte.
Potrebbe raggiungere Amanda e gli altri alla sua abitazione estiva? Probabile. Lo farà? Quasi sicuramente no.
Non se la sente proprio di prendersi una pausa ora. Le sembrerebbe di star sprecando del tempo prezioso e non riuscirebbe di certo a rilassarsi con quel pensiero in testa.
Ma decide di mantenere aperta la possibilità.
Non si sa mai, sua sorella potrebbe farla uscire fuori di testa come suo solito e lei potrebbe decidere di voler staccare la spina per un po’, dopo tutto.
Chissà se Amy le permetterebbe di portare Edward.
Non ricorda di averle detto che si era fidanzata, ma è abbastanza sicura che se lo avesse saputo le avrebbe detto di portare anche lui.
Amanda è sempre stata molto carina con lei. Nonostante non parlino di certo tutti i giorni e i loro discorsi non vadano mai troppo sul profondo, quando parla con lei si sente come se stesse parlando con una sua cara amica, e questo le fa molto piacere.
Comunque, se per caso decidesse di raggiungerla dovrebbe assolutamente chiedere prima conferma che anche Eddie abbia il permesso di venire.
A volte le dispiace non essere mai in grado di rilassarsi. Vorrebbe fare come le sue amiche e staccare totalmente la spina d’estate.
Vorrebbe poter fare una vacanza tranquilla senza che il panico l’assalga ogni volta che realizza di non star facendo niente di produttivo.
Si ripete che è solo perché quello per lei è un periodo importante, in cui tutto quello che fa influenzerà il suo futuro, e per questo non può permettersi pause.
Si convince che, una volta ottenuto il lavoro dei suoi sogni, sarà abbastanza tranquilla da poter fare tutte le vacanze che vuole e riuscire a dormire la notte senza pensare a cosa dovrà fare il giorno dopo.
Purtroppo, è consapevole che quello è solo un modo di rassicurarsi e niente di più. In realtà sa che una ragazza ossessionata dalla carriera rimarrà tale.
Se pensa a sé stessa una volta ottenuto il suo lavoro ideale, riesce ad immaginarsi solo intenta a studiare il modo migliore per svolgerlo. Si vede rimanere in ufficio fino a tardi. Le viene il panico a pensare di avere dei figli perché non vuole sottrarre del tempo al suo lavoro rischiando così di perderlo.
Quando pensa al suo futuro, si agita perché sa che la sua mania di perfezionismo non farà che aumentare e teme di non poter mai vivere in pace.
Si sforza quindi di pensare ad altro e, per fortuna, dopo un paio di minuti l’autobus si ferma alla sua fermata.
Scende, con le gambe tremanti per la quantità di pensieri irrequieti che le hanno affollato la mente.
Una volta fuori, respira l’aria fresca dell’esterno e si decide a concentrarsi solo sulla giornata di oggi e di non andare oltre.
Attraversa la strada e si incammina verso l’edificio freddo e grigio che rappresenta la sua scuola.
Nota un paio di ragazzi che fumano una sigaretta seduti su dei gradini esterni e si sente sollevata a vedere che non è l’unica a lavorare in quel periodo.
La loro scuola è molto seria quando si parla del giornale, perché sa che ci sono studenti ambiziosi come lei e vuole dargli la possibilità di esprimersi.
In effetti, nonostante la concorrenza le crei sempre il desiderio quasi malato di prevalere ad ogni costo, la redazione le da anche un senso di sicurezza.
Quando è lì, si rende conto che non è la sola a preoccuparsi per il futuro e a non pensare esclusivamente alle vacanze.
I due ragazzi le fanno un cenno con la testa e lei ricambia il saluto, mentre apre la pesante porta a vetri ed entra nel palazzo.
Il piano terra è deserto. Classi vuote circondano un ingresso ampio e privo di vita.
La ragazza si dirige verso le scale e sale al piano superiore. Lì la situazione è diversa.
Da una stanza in fondo al corridoio proviene un brusio che aumenta di intensità mentre lei si avvicina.
Una volta arrivata alla porta, la apre e rivela una decina tra ragazzi e ragazze intenti a leggere e rileggere pile di fogli.
Si sente finalmente a casa.
“No, no, questo pezzo non va” un ragazzo basso e sovrappeso si lamenta con una ragazza castana ed impaurita.
“Non mi piace, sembra scritto da una bambina” continua, scuotendo il foglio in faccia alla poverella.
Si interrompe sentendo la porta richiudersi e si volta verso Elettra.
Smette di agitare il foglio e sorride.
“Ecco il nostro fenomeno” annuncia, dirigendosi verso di lei e lasciando finalmente stare la ragazza ormai terrorizzata “sei venuta a vedere il tuo ultimo articolo stampato?”.
“Sì, Andrew” ammette Elettra “in realtà volevo sapere in che pagina lo avreste messo”.
“Quinta pagina” la informa lui, sorridendole senza sosta “una delle pagine che vengono lette di più, secondo recenti studi”.
Elettra è consapevole dello sforzo incredibile che Andrew fa per piacerle.
In teoria è di un grado superiore al suo, ma entrambi sanno che l’unico motivo è che si trova nel giornale da più tempo ed è più grande.
Sa che ha un debole per lei e una volta le ha persino chiesto di uscire. Lei è riuscita a rifiutare senza offenderlo, e sperava che quel giorno suggellasse la fine del suo eterno corteggiamento disperato, ma così non era stato.
Le faceva comodo, perché Andrew riusciva spesso a mettere una buona parola per lei, ma le dispiaceva vederlo perennemente alla ricerca di un suo coinvolgimento emotivo.
“Beh” gli risponde esitante “la quinta non è proprio una delle pagine principali..”.
“Elettra mi dispiace da morire” interviene subito lui “ho tentato di farti mettere in prima o seconda pagina, lo ammetto. Ho amato il tuo articolo, come d’altronde tutti quelli che ho letto fin’ora”.
Lei abbozza un sorriso.
“Purtroppo però” continua il ragazzo “Sarah non ha voluto sentirne. Il fatto è che Jonathan ha scritto quell’articolo sull’incendio e poi c’è stata la statistica sulla mensa scolastica e altre cose interessanti. Tu hai scritto delle biciclette e, come ha detto Sarah, quasi a nessuno interessa molto. In realtà, lei non voleva neanche che andassi tra le prime dieci pagine. Ti ha salvata il fatto che scrivi meglio di chiunque altro qui. Se fosse in base al modo in cui è scritto e non all’argomento, quell’articolo sarebbe in copertina”.
“Andrew, non sono io a scegliere gli articoli” spiega pazientemente Elettra “siete voi ad assegnarmeli. Se scrivo bene come dite, potreste evitare di darmi argomenti così noiosi. Non è colpa mia se mi sono trovata a dover parlare di biciclette”.
Andrew annuisce, comprensivo.
“Sai come funziona, El” dice, stringendosi nelle spalle.
“A proposito di questo” aggiunge poi “Sarah ha detto che voleva vederti. Suppongo voglia parlare del nuovo articolo che stai scrivendo”.
“Mh, ok” risponde la ragazza, guardandosi intorno “dov’è?”.
“Credo sia qui a fianco a fumarsi una sigaretta” la informa Andrew.
Elettra si dirige quindi alla classe vicina, che a prima vista sembrerebbe totalmente vuota.
Solo una volta entrata nota una ragazza bionda seduta su un banco vicino alla finestra, con una sigaretta accesa tra le dita.
È una diciannovenne alta e formosa, con dei capelli lisci e chiarissimi che le ricadono sulle spalle e gli occhi azzurri molto scuri. Indossa una camicetta chiara e quasi trasparente e pantaloni lunghi color crema.
Elettra ha da sempre ammirato il suo modo da vestirsi, che la fa sembrare allo stesso tempo professionale e provocante.
“Volevi vedermi?” le chiede, facendola voltare.
“Oh, sì El” conferma con voce soave “vieni qui”.
Il suo tono, come sempre, risulta ad Elettra molto finto.
La ragazza si siede sul banco di fronte al suo e Sarah, come sempre, le offre una sigaretta nonostante sappia perfettamente che non fuma.
Lei rifiuta, sforzandosi di essere gentile, ripetendole per l’ennesima volta che non ha mai fumato una sigaretta né ha intenzione di fumarla in futuro.
“Il preside è molto interessato ai tuoi articoli” la avvisa, riempiendole il cuore di gioia “ha detto che vuole che tu ne faccia altri in modo da poterti scrivere delle buone referenze per il futuro”.
“E’ fantastico!” esclama Elettra.
“Sì, lo è” conviene Sarah, suonando poco convincente.
“Il fatto è che..” Elettra si fa forza per continuare a parlare “gli articoli che mi assegnate.. insomma, continuo a ricevere complimenti per il mio modo di scrivere e tu stessa hai detto che ho molto talento. Pensavo che magari.. potreste darmi degli argomenti di maggiore spessore, in modo da poter scrivere articoli più interessanti, ecco”.
“E la finanza non ti sembra di maggiore spessore?” ride malignamente Sarah.
“Nessuno legge articoli sulla finanza” mormora Elettra.
“Vedi El, è questo il tuo problema” Sarah le poggia una mano sul ginocchio “devi imparare a sacrificarti. Tu vuoi che tutto sia facile e veloce. Vuoi gli articoli migliori, la strada più semplice. Vuoi che tutti ti lascino passare senza che tu faccia nessuno sforzo”.
“Non è così” nega la ragazza.
“Ci vuole impegno per riuscire ad avere buoni risultati” la informa Sarah, materna.
“Ma io mi sto impegnando” risponde lei lentamente, cercando di mantenere la calma “mi sto impegnando moltissimo tutti i giorni, Sarah, mi sto dedicando anima e corpo a questo giornale. Come ho già detto, vorrei solo che il mio impegno venisse ricompensato”.
“Sai che non ruota tutto intorno alla bravura” le fa notare Sarah “ci sono delle gerarchie qua. Persone che sono qui da molto tempo, persone che si impegnano da molti più anni di te. Dovresti essere felice anche solo di essere qui”.
Sarah sta per finire la scuola superiore e vuole diventare capo di qualche giornale o rivista famosa.
Elettra sa che si sta allenando per quello scopo e le dispiace ritrovarsi a pensare che fallisca nell’intento, in modo da risparmiare ad altri in futuro di essere trattati come vengono trattati loro da lei all’interno di quel giornale.
Quello che non sa è che Sarah non è mai stata neanche lontanamente brava come Elettra o altri scrittori di lì.
Nonostante la sua passione per la scrittura non è mai stata capace di scrivere qualcosa di più che articoli e storie mediocri.
L’invidia che prova per quei ragazzi talentuosi e con un brillante futuro davanti la spinge a trattarli come se non valessero niente, approfittandone finché può.
Dubita che in futuro ne avrà ancora la possibilità..
Elettra si congeda, sfruttando il fatto che riesce ancora a rimanere calma, e si dirige verso il bagno.
Una volta lì, si chiude in una delle cabine e si tiene la testa fra le mani.
Le viene da piangere, ma si sforza di non farlo.
È da quando i suoi hanno divorziato che per lei vige questa regola. Si proibisce di versare lacrime per qualsiasi cosa.
Non sa neanche lei perché. A volte crede sia perché teme che, una volta avuta la libertà di sfogarsi, comincerebbe a piangere e non smetterebbe più.
Altre volte pensa che sia perché vuole dare a tutti un’immagine di sé che sia quella di una donna forte. E con tutti intende anche sé stessa.
Non vuole essere ‘la ragazzina che piange’.
Si preme quindi i palmi sugli occhi finché non è sicura che le lacrime non siano più una minaccia.
Fa respiri profondi e lunghi. Costringendosi a mantenere la calma, sentendo che il solito attacco di panico è in arrivo.
Non mi sentirò male, si convince, non devo sentirmi male.
Sente la gola stringersi e fatica a respirare. Apre istintivamente le labbra, in cerca d’aria.
Poi si ricorda nuovamente di calmarsi e le richiude. Rallenta il respiro e lo controlla il più possibile.
Sente il cuore pompare sangue, che le martella le orecchie. Il suo battito aumenta pericolosamente.
Si concentra su un’immagine, come spesso fa in queste situazioni.
Pensa a suo padre, seduto su una poltrona marrone nel loro salone. Lei aveva sei anni. Era seduta sul divano e si strofinava gli occhi con le mani mentre le lacrime continuavano a scenderle continuamente lungo le guance.
Ha preso un brutto voto a scuola e la maestra le ha detto che deve impegnarsi di più o riceverà una nota di demerito.
Una volta a casa si era vergognata di dirlo a suo padre ed era scoppiata quindi in un pianto isterico, ma lui l’aveva fatta sedere in silenzio finché non si era calmata.
“Non riuscivo a concentrarmi” gli aveva spiegato, singhiozzando “continuavo a pensare che volevo prendere il massimo e non sono riuscita a scrivere niente”.
“Mi dispiace, Elly” le aveva risposto la voce profonda di suo padre “ma non posso dirti di non pensare a prendere il massimo”.
La bambina lo aveva guardato, stupita.
“Io lo so che tu puoi prendere il massimo” le aveva spiegato “ne sono sicuro. Quello su cui dobbiamo lavorare, è fare in modo che la tua ambizione non ti impedisca di raggiungere i risultati che desideri”.
La bimba aveva annuito, smettendo momentaneamente di singhiozzare.
“Punta al massimo, se è quello che vuoi” l’aveva rassicurata suo padre “ma ricorda che l’unico modo per arrivarci è essere sicuri di farcela. Tu puoi farcela senza problemi, quindi smettila di preoccuparti. Lascia che il tuo talento ti porti dove vuoi arrivare, senza stare a tormentarti troppo”.
Quel consiglio le era servito più di quanto pensasse. Suo padre era la persona di cui si fidava di più e, da quel momento, si era finalmente convinta di potercela fare. Se lo diceva suo padre, doveva essere per forza così. E con quella nuova convinzione in mente, era riuscita quasi sempre a mettere da parte l’apprensione e raggiungere le vette più alte.
Il respiro di Elettra si fa più controllato e il cuore smette di batterle all’impazzata.
Si leva le mani dal viso e fa un piccolo sorriso.
Ce la farà anche questa volta, come sempre.
Suo padre credeva in lei e ci crede ancora. E anche lei, di conseguenza, crede in sé stessa e nelle sue capacità.
Si sente improvvisamente capace di qualsiasi cosa si metta in testa di fare, proprio come le dice sempre lui.
Esce dal bagno e torna in redazione, tranquilla.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Una volta tornata dalla redazione, Elettra, colma di rinnovato entusiasmo, si era messa a ricontrollare gli appunti presi i giorni precedenti per un paio d’ore.
Intorno alle 6, Edward l’aveva chiamata per ricordarle del loro appuntamento e questo l’aveva finalmente scossa dal suo lavoro frenetico.
Si era quindi mangiata uno yogurt mentre guardava il notiziario, poi si era sistemata i capelli in una coda ordinata, ed ora era intenta a scegliere il vestito giusto.
“Sono tornata!” sente sua sorella trillare dal piano di sotto.
Elettra alza gli occhi al cielo e continua a rovistare nel suo armadio. Eva irrompe però in camera sua, carica di buste.
“Ho comprato dei vestiti!” annuncia felice. Comincia, subito dopo, a svuotare le buste sul letto della più giovane.
“Dei assolutamente aiutarmi a scegliere!” la informa.
Elettra si volta verso i nuovi acquisti e si strofina il mento.
“Vediamo …” mormora, osservando gli abiti “Questo è perfetto!” annuncia indicando un vestito rosso.
“Dici?” Eva prende subito l’abito e lo avvicina al volto “sicura che stia bene con la mia carnagione?”.
Senza darle tempo di rispondere, si leva la maglietta dicendo: “Me lo provo”.
Elettra decide allora di interrompere per un po’ la sua ricerca dell’outfit perfetto, convinta che sua sorella ricambierà il favore e l’aiuterà a sua volta.
“E’ perfetto!” commenta Eva mentre la sorella le chiude la zip.
Entrambe fissano lo specchio incantate, quel vestito le sta davvero d’incanto.
“Oh mio Dio, quasi dimenticavo!” Eva rovista tra la pila di vestiti nuovi sparsi sul letto “ne ho preso uno anche per te”.
Solleva quindi davanti a sé un abitino nero e si volta verso sua sorella.
Elettra rimane senza parole.
Il bustino rigido è pieno di perline e piccoli diamanti rosa pallido, mentre la parte inferiore è larga e ricoperta di tulle nero, quasi fosse un tutù.
“E’ bellissimo …” mormora, ancora senza fiato.
“Devi assolutamente provarlo!” le impone Eva.
La più giovane indossa quindi quel delicato vestito e si osserva guardinga allo specchio.
Le sta davvero molto bene.
“Sei bellissima” conferma sua sorella.
“E’ vero” Elettra sorride imbarazzata, poi si rattrista “però non posso metterlo stasera! Andremo a mangiare la pizza, non è proprio adatto …”
“Vorrà dire che lo conserverai per un’occasione speciale!” la rassicura Eva “E ora, cerchiamo i vestiti giusti per questa cena”.
In pochi minuti, Eva ha già trovato l’outfit perfetto, proprio come Elettra si aspettava.
Ora quest’ultima indossa dei jeans scuri aderenti ed una camicetta bordeaux che le risalta le curve.
La sorella la convince a farsi truccare, così si spostano entrambe in bagno.
“Questo Edward ti piace proprio, eh?” indaga la più grande, mentre rovista tra la sua ampia collezione di ombretti.
“Direi di  si” risponde Elettra, vaga.
Le dispiace per sua sorella, così ingenua e spesso molto affettuosa, ma non riesce proprio ad aprirsi, neanche con lei.
“Almeno è carino?” insiste Eva.
“Molto carino, sì” conferma lei.
“Come vi siete conosciuti?”
“In biblioteca”
“Tipico!” ride Eva.
“Eddai” Elettra le da una leggera spinta “è stato molto tenero”.
“L’avete fatto?” chiede improvvisamente Eva.
Elettra esita.
“A me puoi dirlo” insiste la più grande.
“Sono ancora troppo piccola per una cosa del genere” cede Elettra, sicura che Eva la prenderà in giro.
“Forse è vero” la stupisce sua sorella “ almeno per come sei fatta tu. Ma ormai state insieme da quanto? Cinque mesi, avevi detto?” Elettra annuisce “potresti anche lasciarti andare”.
La più giovane ride, consapevole che per lei lasciarsi andare è praticamente impossibile.
“Ecco fatto” annuncia Eva “ti piace?”.
Elettra si avvicina allo specchio, esaminandosi il volto.
“Wow, Eva” ammette “sei proprio brava”.
La sorella fa una risatina.
Dal piano di sotto si sente uno scampanellio.
“E’ arrivato, corro giù” esclama Elettra e si avvia verso le scale, poi si blocca.
Si volta di nuovo verso la sorella.
“In bocca al lupo” le dice, sorridendo.
Eva la abbraccia, felice.
Elettra si precipita quindi giù per le scale e si affretta ad aprire la porta.
“Non mi odiare” mormora Edward, appena la vede.
“Che succede?” domanda lei, allarmata.
“Ho scordato il portafoglio a casa” spiega lui.
“E qual è il problema?” esclama Elettra, sollevata “pago io!”.
“Sei pazza? Assolutamente no” Edward inorridisce “che gentiluomo sarei?”.
“Uff” Elettra alza gli occhi al cielo “se proprio non vuoi che paghi io, posso anticiparteli e me li ridarai la prossima volta che ci vediamo”.
“Non se ne parla” la interrompe subito Ed “è già successo una volta, so come fai. Non mi hai più permesso di ridarteli. Stavolta sono preparato. Se non ti dispiace, possiamo passare un attimo a casa mia e prenderlo prima di andare al ristorante. Tanto è di strada”.
“Va bene” acconsente Elettra.
 
 
Sull’autobus, Elettra racconta ad Edward la sua giornata in redazione e quanto Sarah l’abbia fatta innervosire.
“E’ così passivo aggressiva!” esclama, furiosa “sembra quasi che non voglia buoni scrittori per il giornale”.
“E se fosse così?” la interrompe Edward, pensieroso “magari lei non è brava quanto dice di essere e le dà fastidio che voi siate migliori di lei”.
“Ma no!” Elettra ride “magari fosse così, ma dicono tutti che era la più brava del suo corso”.
“Corso?” domanda lui.
“Ha fatto un corso di giornalismo un anno fa” spiega Elettra.
“E come fai a sapere con certezza che era la più brava?” insiste Ed.
“Ma perché lo dicono tutti!” ripete Elettra “ti sembra possibile che dicano tutti una bugia?”.
“Può darsi che lei li abbia convinti, così come ti sei convinta tu” spiega Edward.
Elettra scuote la testa, poco convinta.
“Guarda!” esclama la ragazza, all’improvviso.
L’autobus si è fermato e una donna con un cagnolino in braccio sta salendo.
Non appena la signora si siede accanto a loro, Elettra si avvicina e comincia ad accarezzare il cucciolo.
“E’ così tenero!” commenta, grattandolo dietro le orecchie.
Edward, rimasto seduto al suo posto, la osserva.
Rimane come sempre incantato dalla sua dolcezza e da quanto ami gli animali.
Osserva le sue labbra carnose perennemente tese in un sorriso, mentre il piccolo cagnolino le scodinzola felice. Osserva le sue gambe flesse, così lunghe e perfette.
Come gli succede spesso, si sente improvvisamente investito da emozioni contrastanti.
E’ incredibilmente felice di stare con lei perché sa che non potrebbe trovare nessun’altra capace di fargli provare tutte quelle sensazioni. Nessuna così bella, attraente ed intelligente.
Ma, allo stesso tempo, si sente spaventato da quanto Elettra sia … Elettra!
È spaventato da quanto sia determinata, inarrestabile, sicura di sé. Percepisce l’enorme differenza presente tra loro due, la sua pigrizia, la sua mancanza di interesse per la maggior parte delle cose e il suo essere quasi privo di obbiettivi.
Ha una passione, la fotografia, ma ogni volta che paragona il suo modo di approcciarsi a ciò che lo appassiona al modo della sua ragazza, si sente completamente incapace.
Elettra si impegna in tutto, anche in ciò che non le piace. Lui, invece, si impegna poco anche in ciò che ama.
Sente spesso la sensazione di ansia e paura per le capacità di Elettra rispetto alle sue, perché teme di non essere abbastanza per lei.
Sa che lei lo giudica, probabilmente senza neanche volerlo, quando lo vede poco impegnato o lo vede così poco interessato alla scuola, ma lui non può farci niente.
Non vuole cambiare il suo modo di essere solo perché si è fidanzato, ma allo stesso tempo non vuole che la ragazza che ama e stima più di chiunque altro lo consideri un fallito.
Elettra interrompe il flusso rapido dei suoi pensieri, tornando a sedersi accanto a lui.
“Aveva solo tre mesi!” lo informa, tutta felice “Quando avrò una casa tutta mia, adotterò almeno cinque cani”.
“Come mai ora non puoi?” le domanda Ed, da sempre incuriosito dal fatto che Elettra non ha mai posseduto un animale in vita sua.
“Beh, io non sono quasi mai a casa” gli risponde lei “mia madre neanche perché a scuola fa dei turni assurdi. L’unica che è spesso a casa è mia sorella, e di certo non mi fiderei ad affidarle qualcosa!”.
“A proposito” la interrompe Edward “io voglio conoscerla! Quando mi farai conoscere la tua famiglia?”.
Elettra alza gli occhi al cielo.
“Non lo so Ed” gli risponde controvoglia “dovrei trovare un momento in cui sono tutti disponibili, ma non è facile”.
In realtà è lei il problema. Non riesce bene a spiegarsi il perché, ma sa che un confronto tra queste due parti della sua vita la metterebbe terribilmente in imbarazzo. Sa che non ce ne sarebbe motivo, in fondo è molto fiera del ragazzo che ha scelto per sé stessa, ed è soddisfatta anche di sua madre e sua sorella per la maggior parte del tempo.
Entrambe le parti la rendono felice, ma nessuna delle due la rende completamente soddisfatta.
Non vuole che sua madre sappia che Edward non va bene come lei a scuola e non vuole che sua sorella, che la considera superiore in tutto quello che fa, scopra che in fondo come ragazzo non ha scelto qualcuno simile a lei.
Allo stesso tempo, non vuole che Edward si renda conto che il suo mondo perfetto, con la sua famiglia perfetta, non è affatto tale.
Non vuole che si accorga di quanto sua madre non si interessi più di lei e sua sorella da quando il padre se ne è andato, non vuole che si accorga che Eva non fa né ha intenzione di fare nulla della sua vita.
E più di ogni altra cosa, teme che Edward percepisca, così come lo percepisce lei ogni giorno, quel vuoto perenne rappresentato dalla figura mancante di suo padre.
“Non capisco perché non mi parli mai di loro” riprende Edward.
“Non lo so” Elettra si stringe nelle spalle “non ho molto da dirti, suppongo”.
Il ragazzo capisce che per lei quello è un tasto dolente, e decide di non proporle più quella cena. Sarà lei a proporgliela quando si sentirà pronta.
Decide di cambiare discordo.
“Non vedo l’ora di avere la macchina” annuncia sospirando, mentre una signora passando gli da una busta della spesa sulla faccia “così non dovremo più stare chiusi qua dentro”.
“Dovresti prendere prima la patente” gli ricorda Elettra.
“Giusto” acconsente lui “appena avrò diciotto anni, la prima cosa che farò sarà prenderla”.
“Anch’io” Elettra annuisce.
“A te non serve” ribatte Ed “ti porto io dove vuoi!”.
Lei ride.
“Voglio essere indipendente” gli spiega, dandogli un bacio affettuoso sulla guancia “ma grazie per la proposta”.
Edward la bacia a sua volta.
“Siamo arrivati!” annuncia poi, dando un’occhiata fuori.
Entrambi scendono, facendosi strada a fatica tra quei corpi ammassati.
Fuori dall’autobus, si fermano a respirare un po’ d’aria pulita.
“Dobbiamo sbrigarci” osserva il ragazzo, guardando l’orologio “altrimenti arriveremo in ritardo al ristorante”.
Si incamminano quindi verso casa di Ed a passo veloce.
“Mamma è andata a cena fuori con alcune sue amiche” spiega Edward, strada facendo “ho lasciato papà tutto solo”.
“Poverino!” commenta Elettra, dispiaciuta.
“Non preoccuparti” Edward scrolla le spalle “sono sicuro che è felice di avere un po’ di tempo per sé”.
Arrivano nel frattempo a destinazione, ed Edward suona il campanello.
Un John confuso e con una tuta consumata apre la porta.
“Che ci fate qui?” domanda, tentando di sistemarsi velocemente.
“Ho scordato il portafoglio” lo informa Edward “aspettami qui” si rivolge poi ad Elettra.
La ragazza acconsente e si appoggia alla porta aperta.
“Come va?” domanda a John, che evita il suo sguardo.
“Al solito” risponde lui, sfuggente.
Elettra non riesce a spiegarsi il motivo per cui il padre del suo ragazzo è di nuovo così scontroso.
“Almeno non ci sono io a darti fastidio con le mie domande” prova a scherzare.
“Ma no” John scuote la testa e finalmente Elettra lo vede sorridere.
“Dai puoi dirlo, non mi offendo mica” continua la ragazza, sorridendogli senza sapere le emozioni che quel sorriso gli provoca.
“Assolutamente no” nega John, alzando lo sguardo verso di lei “anzi, senza di te è una vera noia! Non vedo l’ora che sia domani”.
Si interrompe bruscamente e ricomincia a guardare verso il basso.
Elettra, però, non se ne accorge, felice com’è del complimento che le è appena stato fatto.
“Eccomi!” annuncia Edward, mentre scende velocemente le scale.
“Buona cena” gli augura John, che richiude velocemente la porta appena suo figlio esce.
Rimasto di nuovo da solo, John si siede sul divano vicino a Daisy.
Ha il cuore che gli batte all’impazzata e non riesce a respirare liberamente.
Alza il volume della tv, rimasta accesa durante l’interruzione, e tenta di concentrarsi solo su di essa.
Gli risulta però difficile non pensare a cosa ha appena detto ad Elettra.
Cosa gli era venuto in mente?
Poteva passare come un commento innocente?
Non riesce a capirlo.
Lei non gli è sembrata particolarmente shockata, anzi, gli è sembrata felice.
Ma come può esserne sicuro? A lui non sembrava affatto un commento innocente, e questo gli basta per essere turbato.
Sta pensando molto, in quei giorni, a ciò che gli sta succedendo.
È certo che sia solo una smania, una fantasia spintasi troppo oltre e data dalla sua insofferenza.
Sa che non c’è nulla di cui preoccuparsi.
In fondo, è normale che qualcuno con la sua situazione abbia bisogno di sfogarsi un po’. Ovviamente solo nella sua mente.
Allo stesso tempo, però, sa che non dovrebbe assolutamente essere attratto dalla ragazza di suo figlio.
Si è ripromesso, mentre al lavoro pensava e ripensava a quella situazione, di ignorare del tutto i suoi pensieri e continuare con la sua vita come se nulla fosse.
È convinto che, qualsiasi cosa quei pensieri significhino, se ne andranno da soli.
Improvvisamente si sente meglio.
Quel commento era insignificante.
È solo un padre interessato, che approva la ragazza del figlio.
Niente di più normale.
Daisy lo guarda e lui annuisce come se lei potesse leggergli nel pensiero.
“Non faccio niente di male, Daisy” dice ad alta voce “non c’è nulla che non va”.
Il cane appoggia il mento sulle zampe.
John sorride.
Non c’era niente di sbagliato. Quel commento era un commento innocente e lui non aveva fatto niente di male.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Quel martedì, Elettra prende l’autobus di prima mattina per dirigersi a casa Bates.
Per tutto il tragitto, spera di non ritrovare il John rabbuiato, al suo arrivo.
Non capisce perché il giorno prima era stato così scostante, ma allo stesso tempo così dolce.
In fondo le aveva detto che preferiva la sua compagnia durante il lavoro, e questo l’aveva riempita di orgoglio, però non riusciva a scordarsi il modo in cui aveva evitato il suo sguardo per quasi tutta la durata della conversazione.
Quasi le dispiace di non poter rimanere nel suo ufficio quel giorno, considerando il complimento che lui le ha fatto.
Ha deciso che, almeno per ora, ha imparato abbastanza del suo lavoro.
Non sa per quanti altri giorni John le darà la possibilità di restare, perciò vuole esplorare anche il resto dell’azienda finché ne ha la possibilità.
Spera che John non ci rimanga male.
Scende alla sua fermata alle sette in punto.
Da lontano avvista John uscire di casa, quindi aumenta il passo.
Lo raggiunge quasi senza fiato.
“Pensavo di essere in orario” ansima, mentre lo vede salire in macchina.
Lui si volta verso di lei, stupito. Non l’aveva vista.
“Non me ne stavo mica andando senza di te” le dice, ridendo “avevo intenzione di aspettarti in macchina, tutto qui”.
Elettra ride a sua volta, sollevata di scoprire che John è sereno.
Sale quindi in macchina, tranquilla.
Appena John parte, la ragazza tira fuori dalla borsa un piccolo quaderno e si mette ad esaminarlo.
Lui la osserva con la coda dell’occhio.
Legge e rilegge gli appunti che John suppone abbia scritto lei stessa.
E’ stupito da quante pagine lei abbia consumato sui pochissimi giorni in cui è stata lì.
È terribilmente incuriosito.
Vorrebbe leggerli e capire come ha fatto a ricavare così tante informazioni dalle poche cose che ha visto.
Ha proprio del talento, pensa.
Ma non può esserne certo.
In fondo non ha mai letto un suo articolo, e non sa se su quelle pagine c’è davvero scritto qualcosa di valido.
Nonostante ciò, non può fare a meno di pensare che quella ragazza ha del talento.
Dal canto suo, Elettra, notando le occhiate di John nella sua direzione, teme di essere stata scortese.
Magari lui avrebbe preferito fare conversazione e lei glielo stava impedendo.
Decide quindi di chiudere il quaderno.
In fondo conosce quegli appunti a memoria.
“Insomma” esclama subito dopo “oggi, se non ti dispiace, avrei intenzione di girare un po’ per gli uffici”.
“Certo, va bene” John annuisce “puoi lasciare le cose nella mia stanza e poi andare dove vuoi”.
“Sicuro che agli altri andrà bene?” domanda improvvisamente Elettra, che non ci aveva riflettuto fino a quel momento “magari do fastidio”.
“Ma no!” la rassicura John “non si accorgeranno neanche di te. Non hai visto il caos che regna per i corridoi? Sono tutti così impegnati per conto loro, che non si accorgono neanche di chi hanno accanto”.
“E’ vero” conferma Elettra “ho notato. È molto affascinante vedere tutto quel movimento. Spero di trovarmi anch’io in una situazione del genere in futuro”.
John ridacchia e scuote la testa.
“Non è come pensi” le spiega “non è affatto come può sembrare a te che vieni da una realtà differente. Quando lavori in un posto del genere da tanto tempo, capisci che il risultare impegnati è solo un meccanismo di difesa. Tutto diventa una gara, che però non porta a niente. Cominci a non sopportare i tuoi colleghi e senti di dover dimostrare che hai più impegni di lavoro di loro. È folle, ma è la verità.”
“E perché mai un po’ di competizione sul posto di lavoro dovrebbe essere una cosa negativa?” domanda Elettra, confusa.
“Perché la metà di noi, o almeno la parte in competizione, in realtà voleva fare altro della sua vita” le spiega John, con voce spenta “e quindi, nel momento in cui un di noi ‘vince’ sugli altri, si rende conto che in realtà non ha vinto proprio un bel niente”.
Elettra annuisce, pensierosa.
John si volta verso di lei e sorride nel vederla così improvvisamente persa nei suoi pensieri.
“Non volevo deprimerti, scusa” le dice “sono certo che tu farai il lavoro che desideri, non ti preoccupare”.
“Tu dici?” Elettra gli sorride.
“Certo” lui la guarda di nuovo, annuendo convinto “una ragazza determinata come te … e poi con il tuo talento. Nessuno riuscirà a dirti di no”.
“Come fai a sapere che ho talento?” ride Elettra.
John ci riflette.
“Me lo sento” dice infine.
“Wow” la ragazza arrossisce “beh, grazie”.
“Ma devo ammettere” prosegue John “che non mi dispiacerebbe scoprire che ho ragione”.
“Intendi leggendo il futuro articolo?”
“Intendo leggendo un qualsiasi articolo tu abbia scritto” l’uomo si stringe nelle spalle “non deve per forza essere sulla finanza”.
Elettra ci riflette.
“Il fatto è che la maggior parte degli articoli che mi fanno scrivere sono su argomenti noiosi” ammette infine “penso che … quegli articoli non riflettano le mie reali capacità”.
“Mh” John annuisce “capisco”.
“Va bene te li farò leggere la prossima volta” decide improvvisamente Elettra.
“Come mai hai cambiato idea?” si informa lui.
“Per due ragioni” risponde la ragazza “la prima è che non voglio che tu pensi che sia tutta una scusa per non farti leggere i miei lavori. La seconda è che ho paura che tu possa farti l’idea sbagliata. Non voglio che pensi che la redazione mi dia argomenti noiosi su cui scrivere perché non sono brava”.
“Non lo stavo affatto pensando” la avvisa John, divertito da quel discorso.
“Ah” aggiunge lei, imperterrita “non voglio neanche che pensi che io non sia abbastanza modesta. Non mi piace dover fingere di ritenermi mediocre perché le persone mi dicano il contrario. Io sono oggettiva. So quanto sono brava. Non sono un fenomeno, ma non sono neanche un’incapace. Detto questo, giovedì ti porterò un paio di miei articoli e potrai giudicare tu stesso”.
Lui non riesce a non sorridere.
Quella ragazza è davvero incredibile.
 
 
Dopo aver lasciato la borsa nell’ufficio di John, Elettra si ritrova nel corridoio principale.
Solo una volta lì, si rende conto che non sa bene da dove iniziare.
La gente le passa vicino, quasi urtandola.
Nessuno la guarda, ognuno sembra concentrato sulle sue faccende e basta.
Che può fare? Dove può andare?
Avanza lentamente, tentando di non intralciare la strada a nessuno.
Verso la fine di quel corridoio affollato, nota alla sua sinistra una stanza a vetri.
All’interno sono riunite alcune persone, e una di loro sta mostrando dei grafici proiettati sulla parete.
La porta è chiusa e lei sa che non si azzarderebbe mai ad entrare.
Farebbe qualsiasi cosa per i suoi obiettivi, ma non si sognerebbe mai di infiltrarsi in una riunione di una società per cui nemmeno lavora.
Probabilmente sarebbe anche illegale.
Mentre è ancora persa nei suoi pensieri e fissa la stanza, si accorge che una delle persone sedute al tavolo le sta facendo cenno con la mano.
Riconosce il volto cordiale di Phil e si sente sollevata. Per un attimo aveva temuto che le stessero dicendo che non poteva sbirciare all’interno.
Ricambia il saluto, imbarazzata dal fatto che un paio di colleghi seduti vicino a Phil stanno guardando nella sua direzione incuriositi, ma poi nota che l’uomo si sta alzando e sta uscendo dalla porta di fronte a lei.
Poteva fare una cosa del genere nel bel mezzo di una riunione?
È così shockata che non fa nulla finché Phil non le rivolge la parola.
“Ehi, Elettra” la saluta “come va?”.
La ragazza da un’occhiata dentro, constatando che si sono davvero tutti interrotti come temeva e stanno aspettando che il loro collega rientri.
“Bene” gli risponde, nel panico “mi sto facendo un giro. Phil, dovresti davvero …”
“Non devi vedere nulla in particolare?” la interrompe lui.
Lei scuote semplicemente la testa.
“Allora perché non partecipi anche tu?” le propone, indicando la sala alle sue spalle “è una riunione pallosa, ma almeno ti sarà utile per l’articolo”.
“Sarebbe splendido” ammette lei, sincera “ma sei sicuro che posso fare una cosa del genere?”.
“Fidati di me” Phil le fa l’occhiolino e varca di nuovo la soglia.
Lei lo segue, disorientata.
“Scusate l’interruzione” annuncia lui ad alta voce “questa è Elettra, la futura nuora di John Bates”.
Alcuni ridacchiano e le fanno un cenno, e lei risponde con un sorriso imbarazzato.
“Scrive per il giornale della sua scuola” continua Phil “e deve scrivere un articolo sulla finanza” si sentono brusii di approvazione “siete tutti d’accordo sul fatto che possa assistere alla riunione e trarne spunti per il suo articolo?”.
Le persone annuiscono e nessuno si oppone.
Elettra, sollevata e terribilmente riconoscente, si siede in un angolo e prepara il suo quaderno per gli appunti.
Dopo pochi minuti si accorge del motivo per cui Phil non aveva esitarlo ad invitarla dentro.
È praticamente venerato ed ammirato dall’intero gruppo.
Quando prende parola tutti si zittiscono e lo ascoltano con attenzione.
Se disapprova qualche proposta, questa viene immediatamente scartata dalle opzioni.
Mentre prende velocemente appunti e tenta di imparare il più possibile da quell’esperienza, Elettra riflette sul fatto che probabilmente anche John viene trattato con lo stesso rispetto. Anzi, ne è sicura.
Lo ha visto più volte in azione nel suo ufficio e sa quanto ci sa fare.
Improvvisamente muore dalla voglia di vederlo partecipare ad una riunione come quella.
Chissà come mai è così insoddisfatto.
Lei sarebbe così felice se avesse quel tipo di notorietà!
Deve trattenersi un paio di volte dallo scoppiare a ridere davanti a tutti, mentre alcuni colleghi si rivolgono in modo esageratamente ossequioso a Phil e quest’ultimo le lancia divertiti sguardi d’intesa.
Terminata la riunione, Phil si offre di accompagnarla in un piccolo tour dell’azienda.
Elettra accetta molto volentieri.
“Qui ci sono i segretari” le dice indicando un lungo corridoio laterale pieno di uffici “e dalla parte opposta gli stagisti. Potresti fare la stagista qui tra un po’ di tempo, che dici?” le domanda ridendo.
Lei scuote la testa, ridendo a sua volta “pensavo a qualcos’altro”.
“Mh” lui scuote le spalle “comunque, spero la riunione ti sia stata utile”.
“Moltissimo, grazie” conferma Elettra.
“Mi fa piacere” commenta Phil “visto quanto timore reverenziale?”.
“Già” la ragazza ridacchia “ma tu saresti il loro superiore? Non ho ben capito”.
“Sì, si può dire così” Phil annuisce.
“Hai una segretaria?” si informa lei, curiosa.
“In realtà ne ho due” ammette l’uomo.
“Due?” ripete Elettra, sconvolta.
“Una che condivido con altri due colleghi e una personale” conferma lui, divertito.
“E come mai ti servono addirittura due segretarie?” domanda ancora la ragazza, tentando di capirci qualcosa di più.
“Servono per gestire tantissime cose” le spiega Phil “non mi lavano mica i vestiti. Mi tengono informato sui cambiamenti della borsa, registrano i vari investimenti che facciamo per ciascun cliente. Sarebbe impossibile per me lavorare senza il loro aiuto”.
Elettra annuisce, e scrive anche quello sul suo taccuino.
“Vuoi vedere il mio ufficio?” le domanda.
“Certo” acconsente lei.
Si dirigono quindi entrambi lungo l’ennesimo corridoio.
La ragazza si stupisce di quanto quel posto sia grande.
Non aveva esaminato l’edificio abbastanza bene dall’esterno, a quanto pare, perché non pensava che l’interno potesse essere così dispersivo.
Capisce che la volta scorsa aveva visto solo una piccolissima parte di ciò che c’era da vedere fuori dall’ufficio di John.
È stata davvero fortunata ad incontrare Phil, pensa, altrimenti si sarebbe persa di sicuro.
“Eccolo qui” Phil le fa strada all’interno di una stanzetta.
Lei nota che è più piccola rispetto a quella di John.
Si guarda quindi un po’ attorno.
Deve ammettere, però, che è decisamente più accogliente.
Dalla finestra vede il traffico sottostante.
“La vista non è il massimo” la avvisa lui.
“A me piace” lo contraddice “si vede l’autostrada, che la sera deve essere davvero bella con tutte le luci delle automobili, e poi si vedono i palazzi, con i fiori alle finestre! Quella è una scuola?” domanda indicando un palazzo basso e variopinto ad un paio di kilometri di distanza da loro.
“Un asilo” conferma lui “ci sono andate entrambe le mie figlie”.
Elettra si volta e nota una foto sulla scrivania che ritrae due ragazzine bionde e una donna sui trentacinque anni molto attraente.
“Sono loro?” domanda.
Phil annuisce, fiero.
“Ti assomigliano molto” commenta lei, esaminando la foto “e wow, tua moglie è davvero stupenda!”.
Lui ride.
“Sì, me lo dicono in molti” commenta, ridendo “ma non sono geloso. Il nostro è un rapporto basato sulla fiducia reciproca, e devo dire che la mia famiglia è la cosa migliore che potessi desiderare”.
La ragazza quasi si commuove a sentirlo parlare così.
Quell’argomento la prende sempre in contropiede.
Mentre sta per fargli i complimenti per la sua splendida famiglia, squilla il telefono dell’ufficio.
Phil risponde ed Elettra riconosce la voce di John.
“Sì” Phil ascolta, poi apre un cassetto pieno di fogli e ne estrae uno “sì, ce l’ho proprio qui non preoccuparti”.
La ragazza percepisce commenti sollevati dall’altra parte della cornetta.
“Beh, dovrei mettere la riunione a verbale ora” continua Phil “ti serve subito?” si volta verso Elettra “ho qui Elettra, te lo porta lei? Ok, a dopo John”.
Subito dopo aver attaccato, si rivolge a lei “John ha bisogno di un documento, potresti portarglielo?”.
“Va bene” acconsente lei “se mi dici dov’è il suo ufficio da qui”.
Phil ride.
 
 
Dopo essersi fatta dare indicazioni da Phil, Elettra cammina velocemente per i corridoi tentando di ricordarsi quando svoltare e in che direzione.
Una volta avvistata la porta, alza il pugno in aria in segno di vittoria.
Si affretta ad entrare nell’ufficio e si chiude la porta alle spalle.
“Eccomi” annuncia varcando la soglia “ho fatto tardi?”.
John solleva lo sguardo da un raccoglitore di plastica e la guarda stupito.
“In realtà pensavo ci mettessi di più” la tranquillizza.
“Come?” domanda lei, interdetta “non era un documento urgente?”.
“Sì, lo è” John sorride “ma di solito Phil mi porta questi documenti dopo secoli, perché se ne dimentica. Pensavo ti dicesse di prendertela comoda”.
“In effetti lo ha fatto” ammette Elettra “ma io non gli ho dato ascolto”.
Posa il documento sulla sua scrivania.
John la ringrazia e lo sfoglia subito, cominciando a copiare alcuni dati sul computer.
“Insomma sei stata con Phil oggi” le dice senza alzare lo sguardo “ti sei divertita?”.
“E’ stato interessante” conferma Elettra “ho partecipato ad una riunione e ho raccolto moltissimo materiale”.
“Si, beh” John si stringe nelle spalle, mentre continua a scrivere “lui riesce a rendere tutto più interessante in effetti …”
“No” Elettra scuote la testa “io preferisco vedere te all’opera”.
“Non devi mica farmi il favore” John ride.
“Non lo sto facendo” lei rimane seria “avrei voluto vedere te a quella riunione, invece di Phil. Sono sicura che ti avrebbero trattato tutti con ammirazione, anche più di quanto hanno fatto con lui”.
John alza per la prima volta lo sguardo verso di lei. “Dici sul serio?”.
“Sì, ovvio” Elettra annuisce “ho sentito quanto sei bravo, è chiaro che ti trattano con ammirazione e rispetto”.
“No” lui scuote la testa “intendo, è vero che avresti preferito vedere me al posto suo?”.
Elettra è sorpresa dalla domanda.
Non si era neanche resa conto di aver detto quella cosa ad alta voce.
O comunque non pensava John la prendesse così sul serio.
Ora non sa perché ma si sente in imbarazzo.
“Sì” risponde, esitante “sì, certo che è vero”.
“Io …” John sembra essersi completamente dimenticato del documento e fissa Elettra intensamente “posso farti assistere ad una riunione, certo. Ne ho una giovedì, e devo presentare io il progetto”.
“Se posso, mi farebbe molto piacere” risponde Elettra, felice.
John riprende a trascrivere il documento.
Elettra non capisce fino a che punto le sue parole l’hanno colpito.
Non nota le sue mani tremare mentre preme i pulsanti della tastiera.
Non sa che in quel momento, John non sta pensando affatto al documento.
Non riesce a concentrarsi, ma continua a muoversi automaticamente per evitare che la ragazza noti qualcosa di strano.
In realtà, riesce solo a risentire le parole di Elettra nella testa.
Ha detto che avrebbe preferito vedere lui al posto di Phil.
Che significava?
Riesce a trovare mille significati per quelle parole, ma sono tutti toppo pittoreschi.
Sa che in realtà non è che un commento senza senso, più che altro di circostanza.
Però non riesce a non leggerci qualcosa di più profondo.
Sì, è il padre del suo ragazzo, ma questa non può essere la vera motivazione.
Non può aver detto una cosa così personale solo per quel tipo di legame.
È convinto che tra loro ci sia un legame più profondo di quello. Decisamente più profondo.
Magari lei non sente le stesse sensazioni che sente lui, ma è certo che anche lei sappia che il loro legame è diverso.
Lei è solo una ragazzina, ma la sua approvazione per lui è importante.
È come se fosse lui stesso ad approvarsi, quando lo fa lei.
E ora quel commento.
È chiaro che anche lei lo considera un suo simile. Qualcuno di successo come lei vuole diventare. Qualcuno con la sua stessa mentalità.
C’è qualcosa di strano tra loro, qualcosa che non si può spiegare.
E per quanto provi ad ignorare tutto, non è possibile.
Non può far finta che i suoi commento non lo riempiano di gioia come un bambino a Natale.
Non può ignorare il fatto che quando va a lavoro e lei non è con lui, per lui è una giornata inutile.
Sentire qualcuno che crede in lui, che gli fa notare come gli altri lo trattino con rispetto, per lui è un sogno che si avvera.
E poi lei è cosi dolce e sincera.
Così determinata e concreta.
Così bella ed interessante.
Ha finito di trascrivere, quindi posa il documento in un cassetto.
Non desidera altro che continuare a parlare con lei, sentirla raccontare le sue esperienza, vederla così vitale.
In pochi minuti tutte le sue strategie, tutto quello che si era ripromesso di non pensare, svanisce e rimane solo lei.
Si arrende a quel sentimento che sembra essere l’unica cosa che lo fa muovere.
In fondo da quando ha cominciato a provare qualcosa per Elettra la sua vita ha cambiato colore.
Per quanto sappia che è sbagliato, per quanto si ripeta che non dovrebbe affatto pensare a lei, gli rimane comunque questa sensazione di serenità, da quando si sveglia a quando va a dormire, che non sentiva da tempo.
Per la prima volta da anni, la sua vita non è solo noia e litigi.
Per la prima volta da anni riesce a pensare ad altro, a qualcosa di luminoso e bello.
Non può fare a meno di qualcosa del genere.
Non può permettere alla sua vita di ritornare quell’ammasso grigio di giorni monotoni e tutti uguali come era prima.
Non sa bene cosa farà. Di certo non può dirle niente. Ma gli va bene così.
Non deve diventare qualcosa di concreto.
Pensare a lei lo fa stare bene, quindi  non smetterà di farlo.
Ma farà solo quello.
Tanto nessuno può entrare nella sua testa, quindi nessuno saprà nulla e nessuno ne soffrirà. E lui potrà finalmente dare un nuovo senso alla sua vita.
“Andiamo a pranzo?” le propone guardando l’orologio, colmo di rinnovata felicità.
“Oggi vado via prima” lo avvisa però lei, mortificata “mamma ha bisogno di qualcuno che vada a fare la spesa con lei”.
“Oh” commenta John “Va bene. Come non detto”.
Le fa un sorriso forzato.
 
 
Dopo aver accompagnato Elettra all’uscita, John decide di passare da Matthew, considerando che avrebbero avuto la pausa pranzo dopo poco.
Risale quindi i vari piani con l’ascensore e, dopo essere arrivato al loro, si dirige direttamente verso destra.
Un paio di stagisti lo salutano e lui ricambia controvoglia.
Bussa alla porta dell’ufficio e Matthew gli fa cenno di entrare dal vetro trasparente.
È al telefono.
“No, non mi interessa” ripete ad alta voce “devi dirgli che lui ha firmato un contratto che dice chiaramente che non può investire in altre società senza il nostro consenso. Sì. Sì, chiamala. Dille cosa ha intenzione di fare questo stronzo. Chiedile se possiamo denunciarlo subito. Non mi interessa del trattamento clienti. Che mi metta un punteggio basso sulla scheda, che me lo metta! Voglio denunciare questo stronzo, Tina. Chiama l’avvocato e dille tutto. Ora.”
Attacca il telefono con rabbia.
“Tutto bene?” chiede John, divertito.
“Ma sì, chissenefrega” risponde Matt, allenta dosi il nodo alla cravatta e appoggiando i piedi sulla scrivania di fronte a lui.
John si siede dalla parte opposta del tavolo.
“Ho fame” dice al suo amico.
“Bruce ha chiesto se possiamo aspettare dieci minuti prima di andare” lo informa Matthew “deve finire una cosa”.
John alza gli occhi al cielo.
“Devo riempirmi di cibo oggi” aggiunge l’amico “Elizabeth sta cominciando a sperimentare nuovi tipi di cucina. Soprattutto quella cinese. Prepara sushi ogni sera , senza capire che non fa proprio per lei”.
“Non mi piace il pesce crudo” John scuote la testa.
“A me sì!” continua Matthew “Io adoro il sushi, ma il modo in cui lo cucina Elizabeth … ha rovinato tutto ciò che c’era di bello in quel piatto”.
John sghignazza.
“Hai poco da ridere” lo riprende lui “domenica c’è il barbecue. Sono certo che riuscirà a farti assaggiare qualche rotolino di salmone anche in quell’occasione”.
“Devo fingere che siano buoni” John smette di ridere “o devo farle capire che forse dovrebbe cambiare cucina? Fammi sapere la strategia”.
“Ti ringrazio per la solidarietà” ora è Matthew a ridere “ma chi la sentirebbe poi? La conosci, lo sai che si offende subito. Meglio continuare a farle complimenti finché non si stufa e passa ad altro da sola”.
John annuisce.
“Ho detto ad Elizabeth di Elettra” riprende Matt “intendo del fatto che Eddie ha finalmente trovato una ragazza. Ne è entusiasta. Mi ha detto di dirti che è assolutamente invitata al barbecue anche lei” si stava strappando una pellicina dall’indice mentre parlava, ma ora solleva lo sguardo e fissa il suo amico negli occhi “per te va bene se viene?”.
John ricorda il loro discorso accennato nel bagno e come gli aveva fatto capire che avrebbe dovuto starle lontano e dimenticarla.
Ma ormai ha deciso, no?
Non vuole starle lontano per nessun motivo al mondo.
Vuole godere della sua presenza il più possibile, guardarla divertirsi e ridere.
Sa che non sta facendo nulla di male, quindi ascoltare Matthew non avrebbe alcun senso.
In più, lui non sa quanto la sua vita sia vuota e triste.
Non può capire cosa significhi svegliarsi e desiderare solo che sia sera per potersi rimettere a dormire.
Non sa cosa voglia dire avere una moglie che ti odia e fa di tutto per scoraggiarti. Ed è fortunato a non saperlo.
Vorrebbe spiegare tutto ciò al suo migliore amico, vorrebbe fargli capire quanto Elettra sia importante per lui, e quanto la sua vita sia pesante, ma non ci riesce. Non ci è mai riuscito.
Preferisce fare semplicemente finta di niente, perché sa che Matt non insisterà.
“Certo che mi va bene” gli risponde quindi, tranquillo “Edward ne sarà felicissimo”.
“Mh” Matthew continua ad osservarlo.
Vorrebbe che lui gli dicesse qualcosa, che si sfogasse con lui, ma sa che John non è il tipo.
Si tiene sempre tutto dentro, al contrario suo che gli dice qualsiasi cosa, anche la più intima.
Gli arriva un messaggio da Bruce.
“Possiamo andare a mangiare ora” avvisa John.
“Finalmente, sto morendo di fame!” esclama lui di rimando, come se non si fossero detti niente. Come se non ci fosse nessun problema da risolvere e tutto stesse andando come doveva andare.
Ma entrambi sanno che non è così.
Con dispiacere, Matthew intuisce che quella conversazione è ufficialmente finita e che l’argomento non verrà mai più ripreso, per quanto lui possa provarci.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***



Quel mercoledì, Elettra si sveglia stanca.
Non ha dormito molto ed ha sognato le poche ore in cui è riuscita a chiudere occhio.
Non ricorda cos’abbia sognato, ma sa che è così.
Si veste quindi in fretta, scegliendo il primo vestito che le capita.
Vuole iniziare ad essere produttiva di primo mattino, non sopporterebbe di non fare nulla fino a pranzo.
Fortunatamente, il primo vestito che trova nell’armadio è un adorabile abitino a fiori color panna.
Ci abbina delle scarpe aperte con delle perline.
Si sposta poi in bagno ed osserva la sua massa disordinata di capelli corvini per un paio di minuti.
Non può lasciarli sciolti.
Prima di tutto la fanno sembrare una pantera dopo aver lottato per la cena, e poi non può studiare con i ciuffi che le cadono davanti gli occhi.
Una coda?
Se l’era già fatta ieri …
Si raccoglie i capelli con le mani e si guarda allo specchio, pensierosa.
Come le dice sempre la mamma, i capelli tirati su le fanno un bel viso.
Ha deciso.
Prende un paio di forcine e li lega in un morbido chignon.
Mentre perfeziona l’acconciatura, si organizza mentalmente per quello che deve fare.
Passerà la giornata in biblioteca, a scrivere il suo nuovo articolo.
Due giorni fa, in redazione, Sarah le aveva assegnato l’argomento della settimana a venire: l’importanza dei funghi nell’alimentazione.
Uno strano giornalista visionario aveva da poco scritto un articolo simile su una rivista di scienza, dichiarando e tentando di dimostrare che chiunque non abbia mai mangiato funghi nella sua vita sia meno sviluppato.
“E’ esilarante!” aveva riso malignamente Sarah, riassumendole la notizia “scrivi cosa ne pensi e se sei d’accordo o no”.
Lei non aveva potuto far altro che accettare, ma percepiva la gioia della sua superiore nell’immaginarla in difficoltà per un argomento così noioso e allo stesso tempo difficile da trattare.
Per questo, quel giorno aveva intenzione di cercare più informazioni possibili e cominciare a scrivere un articolo degno di un giornale famoso, pur di non darle soddisfazione.
In fondo Sarah ci prova sempre a darle argomenti impossibili, ma fino ad ora nessuno ha mai definito un suo articolo ‘brutto’.
Anzi, la maggior parte delle persone che leggono i suoi lavori dicono che lei ha la capacità di rendere interessante qualsiasi cosa.
Alcuni lettori del giornale avevano addirittura mandato delle lettere alla redazione chiedendo di poter leggere più spesso i suoi scritti.
Sarah voleva continuare ad assegnarle quel tipo di articoli?
Non le importa.
Continuerà a dimostrarle quanto vale giorno dopo giorno, senza mai cedere, finché non sarà così palese da non poter più essere ignorato.
Si guarda di nuovo allo specchio.
È molto carina, non a di bisogno di truccarsi per quella giornata.
Esce dal bagno, sistema i libri che le servono nella borsa e scende le scale.
In cucina, all’alto tavolo di marmo, trova la madre intenta a sorseggiare una tisana e leggere un libro.
Quest’ultima non si accorge della sua presenza finché non chiude lo sportello del frigo e si avvicina a lei con il bricco del latte in mano.
“Buongiorno” la saluta la donna, dandole un bacio sulla guancia e tornando a guardare il libro.
Elettra prende una ciotola, la scatola dei cereali e si siede di fronte a Loren.
Immerge i cereali nel latte e giocherella un po’ con il cucchiaio prima di iniziare a mangiarli.
Rimangono entrambe in silenzio per un po’, finché Loren non chiude il libro e guarda sua figlia.
“Lavori di prima mattina?” le domanda la ragazza, accennando con il mento al romanzo appena terminato appoggiato sul tavolo.
“Mi hanno invitato ad un convegno” la informa lei “devo commentare questo giovane scrittore, quindi ho bisogno di informarmi. Comunque non è proprio niente di che. Che dici, devo essere sincera?”.
Elettra ride.
“Sono rimasta incantata da questo ragazzo” continua la madre con finto tono serioso fingendo di parlare ad un pubblico, mentre la giovane continua a sghignazzare “è incredibile come riesca a rendere noiosa anche una storia d’amore così semplice e priva di sfaccettature. Ha una dote innata!”.
Continuano entrambi a divertirsi, poi Loren torna seria.
“Cercavo tua sorella stamattina, ma non l’ho trovata in camera sua” commenta “e di certo non si è svegliata presto e non si è rifatta il letto. Dov’è?”.
“Giusto” Elettra si da uno schiaffetto sulla fronte “mi sono scordata di avvisarti che oggi dormiva da una sua amica”.
“Certo, come no” sorride sua madre.
Elettra si stringe nelle spalle sorridendo a sua volta.
Sanno entrambe che l’amica in realtà è un amico.
“Sarà quel ragazzo con cui è uscita l’altra sera?” ipotizza la mamma.
“Probabile” conferma lei “magari è quello giusto”.
“Non scherziamo” Loren scuote la testa “sarà sicuramente un uomo sposato in cerca di avventura”.
“Non puoi saperlo” mormora Elettra, che da sempre odia quando sua madre dà per scontato qualunque cosa riguardi Eva.
Conosce bene sua sorella, ed è realista con il suo futuro, ma non crede sia spacciata solo perché si innamora facilmente ed ha lasciato la scuola.
Non sarà una plurilaureata, ma non è stupida.
È ancora giovane ed ha tutto il tempo di dimostrare quanto vale, magari in un modo totalmente diverso da quello che loro si immaginano.
Per sua madre, invece, è come se Eva avesse la sua vita futura proiettata sulla fronte.
Parla sempre di lei come di qualcuno che non farà mai niente di importante e vivrà sulle spalle di qualcun altro.
Lei è convinta che il motivo principale per cui sua sorella ha abbandonato la scuola ed ha cercato dei lavori totalmente diversi da quelli che i suoi genitori si aspettavano, è sua madre.
Loren è convinta che la colpa sia nel fatto che Eva, quando il padre se ne è andato, si è depressa e non ha più avuto voglia di fare nulla.
Elettra non è d’accordo.
Eva non è mai stata una buona studentessa.
Era sempre in punizione e ricevevano sempre lettere dai professori per le sue insufficienze.
E questo da molto prima che i loro genitori si separassero.
Secondo lei, sua sorella ha sempre desiderato trovare un modo per sfuggire al controllo di sua madre.
Sin da piccola, ricorda che le piaceva fare il contrario di qualsiasi cosa sua madre le dicesse.
Quando Loren tentò di inscriverla a danza, lei espresse un’improvvisa infatuazione per la pallavolo.
Un Natale le regalò un violino. Lei lo vendette per comprarsi una chitarra elettrica.
Loren si era poi arresa, rallegrandosi del fatto che almeno la sorella più piccola le desse molte soddisfazioni.
Eva, però, continuava a vivere in modo opposto a quello insegnatole da sua madre.
“Elettra” la chiama quest’ultima, guardandola negli occhi “nessun uomo di successo si innamora di una ragazza che fa la commessa in un negozio di vestiti”. 
Ed eccolo di nuovo, l’ennesimo insegnamento di vita di sua madre: bisogna essere di successo per potersi permettere una vita di successo.
Elettra, come sempre in quei casi, annuisce e le fa capire che è d’accordo.
Non si sognerebbe mai di contraddirla su una cosa del genere.
“Tu, piuttosto” Loren torna più affabile, sorseggiando la sua tisana mentre parla “che fai oggi?”.
“Vado in biblioteca” risponde lei.
“Anche oggi?” la madre posa la tisana.
“Devo scrivere un nuovo articolo, mà” le spiega lei “ed ho bisogno di trovare più informazioni possibili”.
“Sei stressata” prosegue la donna “soffri ancora di attacchi di panico?”.
“Cosa?” Elettra aggrotta le sopracciglia “perché me lo chiedi?”.
“Non voglio vederti troppo stressata, tesoro” le dice la mamma “ho paura che tu stia esagerando con lo studio”.
Elettra fa una risatina nervosa.
“Sto bene” la rassicura “non posso sprecare un’estate. Devo migliorare come scrittrice, altrimenti non sarò mai una giornalista”.
Loren annuisce lentamente.
“E’ solo che …” esita “non vorrei che io e tuo padre ti avessimo inculcato troppo l’idea del successo. Mi ricordo cosa ti diceva sempre: ‘tenta di essere sempre la migliore nella stanza’. Magari pensi che questa sia la sola cosa importante e …”.
Elettra smette di ascoltarla.
Sa che in realtà sta incolpando solo suo padre.
Non nomina mai il suo ex marito.
Quando lo fa, non dice mai ‘lui’ ma ‘noi’. Comunque non fa differenza, lei sa che in realtà si riferisce solo a lui.
“Papà mi ha insegnato a vincere” le dice, a voce bassa ma decisa “e questo non potrà mai essere un cattivo insegnamento”.
“Dipende da come lo interpreti, El” le risponde dolcemente sua madre “non voglio che pensi che se non vinci non ti vogliamo più bene. Non voglio che tu lo faccia solo per lui”.
“Non lo faccio per lui. Che stai dicendo?” la ragazza alza la voce e Loren capisce di aver esagerato.
Elettra non si arrabbia mai. È la sua figlia perfetta.
L’unica pecca è che non si accorge di quanto suo padre non sia interessato a lei. Di quanto poco valga in realtà.
Lei non vuole disilluderla, ma non vuole neanche che viva nell’illusione di un padre che in realtà non esiste.
“Mi fido di te, tesoro” riprende con più calma “mi raccomando, non esagerare”.
Elettra sembra più tranquilla.
Le sorride.
“Almeno hai quel ragazzo a distrarti. Come si chiama? Edward? Perché non lo porti a cena lunedì?”.
“Mamma …” Elettra tenta di farsi venire in mente una scusa.
“Lunedì è perfetto” continua Loren, imperterrita “io sono a casa e Eva lavora quindi tornerà di sicuro a casa per la cena”.
“Va bene” cede lei “glielo proporrò”.
“Non accetto un no come risposta!” scherza sua madre, ma non del tutto.
 
 
Elettra arriva in biblioteca intorno alle dieci.
L’autobus è passato tardi, per cui ora deve sbrigarsi o dovrà passare l’intera giornata lì.
L’edificio antico è circondato da un prato molto curato che Elettra adora.
Quando non deve usare i computer che si trovano all’interno, si siede sull’erba a studiare.
In quel periodo ci sono solo un paio di ragazzi, tre al massimo, che leggono romanzi sotto gli alberi o al sole estivo.
Quando era più piccola anche lei passava l’estate a divorare libri sulle panchine esterne della biblioteca.
Li leggeva così velocemente che rimaneva nei paraggi per poter rientrare appena finito e prenderne in prestito un altro.
Ora non ha più tempo per farlo, o almeno non così spesso.
Quando non studia e non lavora a nessun articolo, ne approfitta per uscire con Edward. Ma deve ammettere che un po’ le manca quella pratica così interessante.
In quel posto si sente come a casa.
Chiunque è lì, soprattutto d’estate, condivide la sua passione per i libri.
Nessuno la guarda male o la giudica se passa le ore a sfogliare pagine senza mai stancarsi.
Respira, ad occhi chiusi, l’aroma di erba tagliata da poco ed entra nella biblioteca.
All’interno non c’è quasi nessuno.
La bibliotecaria la saluta, cordiale.
Le fa un paio di domande su sua madre, la quale frequenta spesso quel posto a sua volta, e poi le augura buon lavoro.
L’angolo computer è praticamente vuoto, tranne che per una ragazza che sta controllando la sua chat e di Facebook e Miles, un insopportabile ragazzo della sua scuola.
Elettra si siede al suo solito posto, sperando che lui non la noti.
Il ragazzo, però, volta la testa verso di lei ed alza una mano, facendole segno di aspettare, mentre continua a digitare tasti sulla tastiera.
Elettra alza gli occhi al cielo e spera che lui si dimentichi della sua presenza.
Apre poi internet e cerca l’articolo sui funghi della rivista scientifica.
Lo legge un paio di volte, cercando di capirlo fino in fondo.
Non riesce a trovarci nulla di interessante.
Quel giornalista è decisamente pazzo.
Cerca informazioni sulla nutrizione, poi su piante e verdure, infine sui funghi in particolare.
Niente conferma quello che è scritto sull’articolo.
I funghi fanno bene, sì, ma decisamente non sono fondamentali.
Cerca saggi di alcuni nutrizionisti famosi e allergie legati ai funghi.
Legge pagine e pagine di informazioni su quel cibo.
Finalmente trova alcuni atleti intolleranti ai funghi.
Comincia a buttar giù qualche idea e scrive l’introduzione del suo articolo.
Tira fuori dalla borsa una bottiglietta d’acqua minerale e la sorseggia mentre ticchetta con le dita sulla tastiera.
Dopo un paio di minuti si alza, si dirige al reparto enciclopedie e raccoglie una pila di libri che pensa possano esserle utile.
Torna alla postazione e ricomincia a scrivere.
“Buongiorno” una voce la sorprende alle spalle.
“Miles, non ho tempo” risponde senza neanche voltarsi, continuando a scrivere.
“Siamo gli unici a lavorare in questo periodo” continua lui, sedendosi accanto a lei “possiamo anche permetterci una pausa”.
“No” Elettra scuote la testa e sfoglia le pagine di uno dei libri.
“E’ scientificamente provato che pause di quindici minuti ogni quarantacinque minuti di studio lo rendono più efficace” insiste lui “prendiamoci un caffè da quindici minuti”.
Miles è un genio della matematica.
Un anno fa ha creato il suo primo algoritmo per computer, ma l’ha ritenuto troppo semplicistico e distrutto.
È in continuo sviluppo e tenta perennemente di informarsi su qualsiasi cosa gli capiti.
Un paio di anni fa si erano trovati entrambi nello stesso progetto extracurricolare.
In una delle discussioni intavolate dagli insegnanti, riguardante etica e religioni, si erano confrontati per la prima volta.
Erano entrambi talmente convinti delle loro posizioni che ognuno tentò a tutti i costi di convincere l’altro di avere ragione per una buon mezz’ora.
Miles era subito rimasto colpito da Elettra, così bella e allo stesso tempo così intelligente.
Si erano rincontrati spesso.
Erano entrambi dei giovani geni e si presentavano entrambi a qualsiasi progetto scolastico.
Miles aveva il vizio di primeggiare e far sentire gli altri inferiori.
Approfittava del fatto che spesso era più informato dei professori stessi su svariati argomenti e confutava le opinioni di chiunque con una valanga di fatti ad avvalorare le sue tesi.
Elettra però, sebbene con un carattere decisamente più delicato e discreto, non si faceva mettere i piedi in testa.
Per la prima volta, Miles aveva trovato qualcuno capace di rispondergli a dovere, qualcuno con cui poter essere in competizione davvero.
Si era innamorato subito, e da quel giorno non faceva altro che tentare di conquistarla.
Il suo carattere, però, non lo aiutava.
Era sempre proiettato verso il futuro, si annoiava facilmente e non era capace di star zitto in nessuna situazione.
Ad Elettra, invece, erano bastate un paio d’ore per capire che non era il suo tipo di ragazzo.
Era molto intelligente, certo, ma la sua saccenteria la faceva innervosire.
Era stimolante discutere con lui in un dibattito, ma non avrebbe mai sopportato di uscirci a cena.
Inoltre, non le piaceva come trattava le ragazze.
Non che le maltrattasse, ma spesso le faceva piangere comunque.
Alcune rimanevano colpite dalla sua intelligenza e se ne infatuavano, ma lui riusciva sempre a rendere ogni appuntamento un inferno.
Cercava qualcuno alla sua altezza e appena una ragazza parlava con lui, la ridicolizzava per la su scarsa cultura.
Non era di certo un gentiluomo.
“Miles, sono fidanzata lo sai” gli ricorda, con aria annoiata.
“Ancora?” si meraviglia lui “wow, quant’è? Cinque mesi, ormai? Non pensavo sarebbe durata tanto!”.
Elettra smette di scrivere e si volta a guardarlo con rabbia.
“Non so come fai” continua lui, sospirando “un ragazzo a malapena nella media, per una ragazza decisamente sopra la media”.
Miles si era informato alla perfezione su Edward.
Inizialmente aveva pensato che Elettra semplicemente non volesse fidanzarsi per non distrarsi dallo studio.
Per lui era completamente comprensibile.
Anche perché capiva che le altre ragazze potessero essere inibite dalle sue capacità, ma non riusciva a trovare un singolo motivo per cui Elettra non potesse desiderare di stare con lui.
Erano così intelligenti, così pieni di potenzialità, così simili. Erano praticamente fatti per stare insieme.
Poi, cinque mesi prima, l’aveva vista abbracciata ad un ragazzo.
Lo aveva cercato su ogni social, scandagliando ogni suo account per tracciare un profilo di quell’individuo così anonimo.
Le sue paure erano state confermate: non era niente di speciale.
Era uno studente mediocre, non faceva nulla dopo la scuola, in pratica un perfetto signor nessuno.
Come aveva potuto preferire un signor nessuno a lui, un giovane genio?
Erano cinque mesi che cercava una risposta a questa domanda, ma nel frattempo non aveva smesso di tentare.
In fondo si incontravano praticamente ogni giorno lì in biblioteca. Posto che, ne era sicuro, Edward non aveva mai visto neanche in foto.
“Sai, ho scoperto una cosa incredibile” gli dice Elettra, la cui attenzione è stata ormai totalmente catturata a causa del commento sul suo ragazzo “si chiama amore. So che non sai cos’è. Non preoccuparti. Potrai sicuramente informarti al riguardo, no? Non c’è solo la scuola. Ci sono milioni di cose al mondo e, fidati, la scuola non è l’unica importante”.
“Dillo a te stessa!” la rimbecca lui “bel discorso, complimenti, ma so che non lo pensi davvero. Nega quanto ti pare, ma ti conosco abbastanza da sapere che anche per te la scuola è ciò che conta di più”.
Elettra non risponde.
Vorrebbe replicare, ma le sua parole le hanno provocato un leggero brivido dietro la schiena.
È convinta di quello che ha detto, ma sente anche che Miles ha ragione.
In fondo è vero che per lei la scuola è fondamentale.
Non sa come può rispondere a quel dato di fatto.
Non vuole mentire, ma allo stesso tempo ha paura di confermare la teoria di Miles.
“Perché non scopri cosa vuol dire stare con qualcuno come te?” prosegue il ragazzo “con uno che sa cosa vuol dire studiare anche d’estate? Con cui discutere di argomenti che non riguardino esclusivamente il tempo?”.
Elettra sbuffa.
“E tu perché non cerchi qualcuno single a cui proporre cose del genere?” replica.
“Perché nessuno è attraente come te, né altrettanto intelligente” risponde pronto lui “almeno io punto a qualcuno alla mia altezza”.
“Sei estremamente presuntuoso, Miles” commenta lei, tornando a concentrarsi sul suo articolo “ne sei almeno consapevole?”.
“Sono realista, Elettra” il ragazzo scuote la testa e sorride “non lo direi se non sapessi con certezza che è la verità”.
Elettra si stringe nelle spalle.
“Suppongo tu partecipi al progetto Summer School organizzato quest’anno” Miles decide di cambiare discorso.
“Lo sto valutando” risponde Elettra, scostante.
In realtà ha deciso di andarci nel momento stesso in cui ne ha sentito parlare.
Si tratta di due settimane in cui i migliori studenti di tutti i licei della regione hanno la possibilità di studiare e lavorare su ciò che più li appassiona.
“Che c’è, hai paura a lasciare Eddino da solo per un paio di settimane?” Miles fa una sarcastica voce stridula “non dirmi che sacrifichi la tua carriera per questo”.
“Carriera? Forse stai un po’ esagerando” Elettra inarca un sopracciglio “è solo un corso estivo”.
“Se lo dici tu” lui scrolla le spalle.
“Hai tutto questo tempo da perdere tu?” gli domanda improvvisamente Elettra, tentando invano di concentrarsi sul suo lavoro.
“Sì” Miles sorride “io non devo scrivere articoli pallosi per un capo irrealizzato”.
“Già, beato te” replica lei, ironica.
“Funghi, eh?” Miles legge il titolo sul computer della ragazza e scoppia a ridere “Wow!”.
“Vattene, Miles” gli intima Elettra, innervosita.
“Non te la prendere” lui smette di ridere “non ridevo mica di te. Mi fa ridere la situazione: una delle migliori scrittrici emergenti che ci sono in circolazione e questi sono gli argomenti che ti fanno trattare. Sai perfettamente anche tu che meriti di meglio”.
“Sì, beh, cosa proporresti di fare?” sbotta lei.
“Ma rifiutati, cazzo!” esclama lui “quelli sarebbero persi senza di te. Pretendi di scrivere qualcosa di meglio! Imponiti! Vedrai come ti daranno retta”.
“Non lo posso fare” lei scuote la testa, ma ha smesso di ignorarlo “Sarah mi caccerebbe senza batter ciglio”.
“Chi? Quella bionda fallita?” Miles alza gli occhi al cielo “campa sulle tue spalle, Elettra. Non dovresti permetterglielo!”.
“Sai, non siamo poi così uguali” le spiega lei, sommessamente “io sono disposta a sopportare alcune ingiustizie pur di arrivare in alto. Non pretendo tutto e subito”.
“Io lo pretendo perché so che me lo merito” insiste lui.
“Purtroppo il successo non dipende solo dal merito” mormora lei “bisogna sottostare e sopportare, la maggior parte delle volte. Ma ci si arriva. L’importante è non mollare. La perseveranza è un mezzo potente”.
“Vedremo chi ha ragione” conclude Miles, alzandosi “torno a lavoro”.
Lei annuisce distrattamente, di nuovo completamente assorbita dal suo lavoro.
 
 
Quella sera Elettra rimane sdraiata sul letto a fissare il soffitto, esausta.
Era rimasta in biblioteca fino alle sei del pomeriggio, ed era quasi riuscita a terminare l’articolo.
Una volta tornata a casa aveva cenato da sola con un panino al prosciutto e si era lasciata cadere sul letto della sua stanza subito dopo.
Eva l’aveva chiamata per avvisarla che con Christian, così si chiamava l’uomo delle cravatte, andava tutto a meraviglia e che sarebbe rimasta a dormire ‘da un’amica’ anche quella notte.
La madre ha lezione all’università fino alle otto, quindi lei è completamente sola.
Vorrebbe approfittare del silenzio per fare mille cose, ma è così stanca che non riesce ad alzarsi.
Si era trovata sul telefono un paio di chiamate perse da Edward e si era ripromessa di chiamarlo più tardi.
“Devo prepararmi le cose per domani” ricorda a sé stessa ad alta voce.
Parla spesso ad alta voce quando è da sola.
Le piace sentire la sua voce spesso, per imparare a modulare bene l’intonazione.
In più, ritiene che parlare ad alta voce l’aiuti ad organizzare il caos di idee che ha nella testa.
“Lo farò domani mattina” decide, stiracchiandosi per poi tornare alla stessa identica posizione di prima “sono troppo stanca ora”.
Sente la porta d’ingresso aprirsi e richiudersi al piano di sotto.
Controlla l’orologio che ha al polso.
Sono già le nove.
Percepisce il passo frettoloso di sua madre che passa in salotto e poi sale le scale.
La testa di Loren sbuca dall’uscio della sua stanza.
“Tutto bene?” le chiede.
“Sì” risponde la ragazza “sì, sono solo un po’ stanca”.
“Tutto bene in biblioteca?” si informa sua madre “l’articolo come procede?”.
“Bene” conferma Elettra “sto facendo progressi”.
“Sei esausta, vero?” Loren sorride alla voce debole della figlia.
“Mhmh” lei annuisce.
“Anch’io” la madre si siede sul letto vicino a lei “abbiamo parlato di Marx oggi. Nella sala c’erano duecentoventi studenti e riuscivo a percepire che nessuno di loro mi stava seguendo. Ad un certo punto ha smesso di seguirmi anch’io. Andavo avanti a dire frasi filosofiche con il pilota automatico, mentre sognavo ad occhi aperti la torta al cioccolato avanzata che è nel frigo”.
“Uh, l’ho assaggiata” la interrompe lei “è davvero buona”.
“Vero?” la madre le accarezza una ciocca di capelli, gesto che fa da quando lei aveva due anni “l’ho presa al supermercato qui vicino al reparto forno. La prossima volta prendo i biscotti alla menta”.
“Non mi piace la menta” si lamenta Elettra.
Quando la mamma la coccola così, torna quasi ad essere una bambina.
“Lo so” la tranquillizza dolcemente la madre “a te li prendo al cacao, non ti preoccupare”.
Lei sorride e chiude gli occhi.
“Ho sonno” mormora, sbadigliando.
“Mettiti a letto” le consiglia Loren “ma prima, hai avvisato Edward della cena di lunedì?”.
La ragazza fa un mugolio scocciato, mantenendo gli occhi chiusi.
“Elettra, su!” la rimprovera lei “chiamalo e diglielo, forza”.
“Va bene” cede lei “lo chiamo domani”.
“No, lo chiami ora” le ordina sua madre “altrimenti so che non lo farai più”.
“Uffa!” Elettra si solleva controvoglia e afferra il telefono.
“Brava” Loren le da un bacio affettuoso sulla guancia “vado a farmi una doccia”.
Esce dalla stanza e chiude la porta.
Elettra digita il numero di telefono di Edward e attende.
“El!” il ragazzo risponde al primo squillo.
“Eddie, ciao” lei sorride sentendo la sua voce “scusa se non ti ho risposto oggi pomeriggio. Stavo lavorando e avevo il silenzioso. Che volevi dirmi? Va tutto bene?”.
“Ma si, tranquilla” la rassicura lui “anzi, scusami tu se ti ho disturbato. Mi mancavi e avevo voglia di sentirti, tutto qui. Ho pensato dopo che avrei potuto deconcentrarti, scusami tanto”.
“Ma no” Elettra ride “non scusarti! Sei stato tenero. Sono io la stronza che ti ha ignorato. Comunque, come mai ti mancavo? Che hai fatto oggi?”.
“Niente di che” risponde Edward “ho visto la prima stagione di quella serie tv di cui ti avevo parlato, quella ambientata nel futuro. E, tra parentesi, avevo ragione: ti piacerebbe da morire. Dovresti decisamente vederla”.
“Ed, lo sai che non mi piacciono” gli ricorda lei.
“Lo so, lo so” insiste lui “ma ti dico che questa serie di piacerebbe davvero! Me l’ha consigliata papà e, a quanto ho capito, avete gusti simili, no?”.
“Beh, suppongo di si” deve ammettere Elettra “non lo so, Eddie. Va bene, ti assicuro che ci proverò, ma non ti prometto niente”.
“Mi basta” accetta Edward “semmai ce la vediamo insieme un giorno”.
“D’accordo” acconsente lei “ ma se non mi piace lasciamo perdere”.
“Ok, ok, lo giuro” Elettra è sicura che abbia alzato gli occhi al cielo dall’altra parte della cornetta “però dalle una possibilità, altrimenti è tutto inutile. Comunque, per il resto del tempo ho visto alcuni video divertenti su internet, tra cui uno di un gattino che assomigliava troppo a te, ed ho giocato un po’ con la Xbox. Tu che hai fatto in biblioteca?”.
“Niente di interessante” risponde lei “ti ho detto che Sarah mi ha dato questo nuovo articolo su cui lavorare. I funghi, no? Insomma, ho tentato di renderlo il più interessante possibile, ma è così difficile! Se avessi un giornale, so con certezza che eviterei di leggere una notizia del genere. Non interessa a nessuno. Posso solo sperare che il lettori appassionati al mio modo di scrivere lo leggano comunque, altrimenti sono spacciata. Ho scritto qualcosa di decente, eh. Ma niente di che. Quel giornalista è completamente fuori di testa! Si capisce da come scrive. Non è stupido, certo, ma dice cose quasi inquietanti.
Te l’ho detto che definisce chi non mangia i funghi un ‘essere inferiore’?”.
“A me non piacciono i funghi” commenta Ed, offeso.
“Ecco” ridacchia lei “ti sembra normale? Per questo penso che imposterò l’interno articolo come una critica nei confronti delle sue tesi decisamente confutabili. Spero venga bene”.
“Sarà splendido come sempre, El” la rassicura lui “su questo non ci sono dubbi. Piuttosto, scommetto che eri l’unica a frequentare la biblioteca a giugno!”.
“Nah” Elettra si finge offesa “c’erano altre persone. Saremmo stati minimo cinque”.
“Wow! Praticamente una folla” scherza Ed.
“Smettila!” ride lei.
Non gli racconta di Miles.
Non vuole nascondergli nulla, ma non vuole neanche che lui pensi di avere concorrenza.
Tanto non ce l’ha.
Lei è felicissima di stare con lui e non lo scambierebbe con tutti i Miles del mondo, perciò gli darebbe solo una preoccupazione inutile.
Che ci sia un secondo motivo per cui omette la sua conversazione con Miles?
Sicuramente no.
Forse non vuole riferirgli cosa le aveva detto il ragazzo?
Beh, certo che non vuole.
Non vuole che Eddie si senta insultato da Miles solo perché non passa gli anni interi in biblioteca.
Ha paura che si senta davvero inferiore.
Anche perché non saprebbe come rassicurarlo, avrebbe paura di non essere credibile.
Ma se ci crede davvero, perché mai non dovrebbe esserlo?
Che lo consideri anche lei inferiore?
No, lei lo considera fantastico, il ragazzo ideale.
Ma un’idea continua a tentare di insinuarsi nella sua testa.
Se fosse sicura di quello che dice, riuscirebbe senza dubbio a convincerlo.
Se ha paura di fallire, è perché è lei stessa a nutrire dei dubbi.
Comunque, non importa.
Non glielo dirà perché in fondo non c’è niente da dire.
Miles è un pallone gonfiato. Qualcuno con cui le sarebbe impossibile condividere qualcosa in più di un’interessante conversazione.
E anche i suoi discorsi su di lei non volevano dire nulla.
Erano solo i tentativi fallimentari di flirt da parte di un ragazzo infatuato.
“Senti, Ed” Elettra ricorda le parole di sua madre “mamma vorrebbe invitarti a cena qui a casa, lunedì prossimo. Ma non c’è ancora niente di deciso, eh. Possiamo disdire quando vuoi”.
“Disdire?” ripete Edward “ma assolutamente no! Anzi, non vedo l’ora. Finalmente conoscerò la tua famiglia”.
“Beh, solo mia madre e mia sorella” rettifica Elettra.
“Sì, hai ragione” esita lui, sapendo che per lei parlare del padre è difficile “ma sono comunque al settimo cielo. Non vedo l’ora sia lunedì”.
La ragazza, approfittando del fatto che nessuno può vederla, alza teatralmente gli occhi al cielo e finge di infilarsi un pugnale nello stomaco.
“Mi fa piacere che sei contento” esclama poi, tentando di non suonare troppo falsa “allora, ci sentiamo domani?”.
“Certo” conferma lui “ah, a proposito. Papà mi ha detto di dirti che domani ti passa a prendere a casa. Gli ho dato l’indirizzo. Così non devi venire fino da noi con l’autobus!”.
“Wow, grazie mille” commenta lei stupita, consapevole che questo per lui significherà un bel po’ di strada in più “è davvero fantastico”.
Si salutano subito dopo.
Elettra è terribilmente grata a John per quella cortesia, anche se non le sarebbe costato nulla arrivare fin lì con l’autobus.
E’ abituata ad utilizzare i mezzi pubblici, e svegliarsi presto le dà la sensazione di essere produttiva.
All’improvviso si sente in colpa per tutto il tempo extra che John dovrà passare in macchina per colpa sua.
Dovrebbe rifiutare?
In fondo non le pesa, quindi non le servirebbe.
No, sarebbe maleducato rifiutare un’offerta del genere.
L’unica cosa che farà sarà ringraziarlo non appena si vedranno, decide.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Elettra è seduta sugli scalini di fronte al portone di casa sua.
Sono appena le sette e lei tenta di avvistare la macchina di John.
L’uomo arriva puntuale e si ferma davanti all’abitazione.
Mentre Elettra si alza e si dirige verso l’auto, John osserva per l’ennesima volta la sua bellezza delicata.
Indossa dei jeans slavati che le risaltano le gambe magre, e una       t-shirt grigia.
I capelli sono sciolti, come lui li aveva visti solo a cena a casa loro, e gli ricadono sulle spalle in onde scure ed ammalianti.
“Buongiorno” lo saluta, dopo essersi seduta ed aver chiuso lo sportello.
“Buongiorno” ricambia lui “come va?”.
“Benissimo” risponde subito la ragazza, entusiasta “John devo ringraziarti, so che arrivare fin qui significa molti chilometri in più …”
“Scherzi?” la interrompe subito lui “sono in macchina, mica a piedi! Non preoccuparti, non mi pesa affatto. Anzi, non so perché non te l’abbia proposto prima. Chissà a che ora avrai dovuto svegliarti per prendere l’autobus in tempo”.
“Niente di impossibile” lo rassicura lei “non mi è mai pesato. Certo, niente a che vedere con la comodità della macchina” ride “ma si devono fare dei sacrifici per avere dei risultati, e io approfitto di qualsiasi situazione di disagio per abituarmi”.
John non riesce a trattenere un sorriso: lo stupisce sempre di più con i suoi discorsi così maturi.
“Sono d’accordo” commenta “ma non mi sarei mai perdonato se avessi dovuto vederti ancora arrivare a casa mia da sola sapendo che avrei potuto tranquillamente evitartelo”.
Elettra gli sorride, riconoscente.
“Oh” esclama poi “quasi dimenticavo! Ti ho portato un po’ di miei articoli. In realtà un bel po’ …” aggiunge imbarazzata “non devi leggerli tutti, eh. Ne ho portati tanti per precauzione, ma non mi offendo se ne leggi solo un paio. Anzi, lo capirei. Comunque, in questa cartella” estrae una cartella viola dalla borsa “ci sono tutti gli articoli che ho scritto per il giornale della scuola. Non sono tantissimi. Ho cominciato da poco a scrivere per loro, e in più hanno cominciato a pubblicarmi solo dopo un paio di mesi”.
Ricorda come Sarah le aveva fatto scrivere un articolo a settimana per due mesi, rispondendole poi sempre che non era ancora abbastanza brava da essere pubblicata.
Era stato Andrew, il ragazzo della redazione che ci provava sempre con lei, a leggere i suoi lavori e convincere Sarah a pubblicarli.
“Qui, invece” prosegue, tirando fuori dalla borsa una seconda cartellina, questa volta verde “ci sono degli articoli che ho mandato ad alcuni giornali. Non so perché l’ho fatto, mi hanno comunque tutti risposto che non potevano pubblicarmi in quanto minorenne. Suppongo l’abbia fatto semplicemente per fare pratica e perché adoro scrivere, anche quando non porta a niente. Questi li ho portati perché trattano argomenti interessanti, in un modo o in un altro. Quelli del giornale della scuola sono i più recenti, ma ti capisco se non hai voglia di leggerli: gli argomenti sono veramente stupidi e noiosi”.
“Volevo chiedertelo martedì” ricorda John “come mai ti assegnano articoli così noiosi?”.
“Beh …” Elettra esita, indecisa su cosa rispondere.
In fondo John non ha ancora letto niente di suo, e potrebbe pensare che sia solo convinta, erroneamente, di essere brava.
Non vuole sembrare una presuntuosa.
“Sinceramente non lo so” alla fine opta per la sincerità “la capo redattrice nutre un po’ di antipatia per me, questo è innegabile. Mi dicono spesso, anche i ragazzi che lavorano con me, che ho del talento. Sono addirittura arrivate delle lettere da parte dei lettori che chiedevano al giornale di darmi più spazio” John solleva un sopracciglio, colpito “ma Sarah, il capo, continua a dirmi che non sto da abbastanza tempo nel giornale e devo imparare molto prima di arrivare alla vetta. Non che non sia d’accordo, si può sempre migliorare, ma gli altri articoli non sono di certo scritti meglio dei miei e …”.
John ridacchia ed Elettra lo guarda stupita.
“Non serve che tenti di spiegarmi in questo modo concitato” le spiega “so esattamente di cosa stai parlando”.
“Ah sì?” domanda lei, incerta.
“Assolutamente” conferma lui “ ne ho conosciute tante di persone così, purtroppo. Mi sono trovato spesso nella tua stessa situazione. Capisco la sensazione. Se una cosa mi viene bene, perché mi trattano come il peggiore? Sfortunatamente, Elettra, il talento è spesso scomodo. Soprattutto se i tuoi superiori non sono al tuo livello. Sono semplicemente invidiosi. Ti temono, e per questo tentano di tenerti il più in basso possibile, dove puoi rimanere sotto il loro controllo. Hanno paura che, se ti dessero spazio, prenderesti il sopravvento”.
“Non lo so” Elettra riflette “non penso che Sarah non abbia talento”.
“Come scrive?” si informa John.
“Non ne ho idea” la ragazza si stringe nelle spalle “non ho mai letto niente di suo. Da quando è diventata capo redattore ha smesso di scrivere. Ma questo non significa che non sia brava”.
“Può darsi” conviene lui “come può darsi che non sia poi questo granché. Potrebbe essere il motivo per cui le stai così antipatica e non ti concede lo spazio che ti meriti”.
Elettra lo ascolta, ancora poco convinta.
Se fosse vero, come avrebbe fatto a diventare il capo del giornale?
“Comunque l’importante è non abbattersi” le dice John “la cosa fondamentale è lasciare che i commenti degli altri definiscano chi sei” ad Elettra quella frase sembra terribilmente personale, quasi lo stesse ricordando a sé stesso “ci saranno sempre persone che ti diranno che non hai talento, che non sei niente di che. Tu sei una ragazza intelligente, sei in grado di capire da sola quanto vali. Non lasciarti convincere da nessuno di qualcosa in cui non credi. Se sei convinta di saper fare qualcosa, dimostralo a tutti. Non permettere a nessuno di definirti. Sei tu a definire te stessa”.
Elettra lo guarda e gli sorride.
Prova un moto di affetto improvviso verso quell’uomo, le cui parole le ricordano incredibilmente quelle di suo padre.
Lo vede come non lo aveva mai visto.
Comincia ad apprezzare i suoi modi, a tratti bruschi e a tratti così paterni e gentili.
Osserva il suo naso pronunciato, i capelli che gli arrivano quasi alle spalle, le mani grandi.
Prova una sensazione che non sa descrivere.
Qualcosa di intimo, come se si conoscessero da sempre e se ne rendesse conto per la prima volta.
Vorrebbe dirglielo, ma ha paura che lui la consideri fuori di testa.
“Lo so” dice invece “mi è stato insegnato quando ero piccola e non l’ho più dimenticato”.
Fa un respiro profondo, automaticamente.
Non gli capita mai di parlare del padre ed è come se il suo corpo si preparasse all’impatto, ma allo stesso tempo lo fa senza quasi rendersene conto.
Non gli costa nulla, apre semplicemente la bocca e le parole scorrono fuori come un fiume in piena, come se non aspettassero altro che uscire.
“Mio padre mi diceva sempre che devo essere consapevole di quanto valgo e non scordarlo mai. Mi ha insegnato ad essere sempre la versione migliore di me stessa, a spingermi oltre il limite per poi realizzare che posso riuscire a superarlo”.
“Uomo saggio” commenta John, inconsapevole di quanto sia raro che Elettra parli di lui.
“E’ il migliore” conferma lei “ora non lo vedo più molto, ma lo sento ancora. E ricordo ognuna delle sue lezioni di vita. Se sono brava nella maggior parte delle cose che faccio lo devo a lui”.
John non sa come rispondere.
Percepisce l’amore di Elettra per il padre, ma allo stesso tempo non gli sembra che il padre sia particolarmente interessato a lei.
Non vuole dire qualcosa che potrebbe offenderla.
“E’ un avvocato bravissimo, sai” continua lei, come se non avesse desiderato altro che poterne parlare fino a quel momento “quando ero più piccola andavo sempre a vedere le sue udienze. Rimanevo incantata a sentirlo a parlare. Ha un potere persuasivo incredibile. Vince praticamente ogni caso. Quando parla la gente pende dalle sue labbra, anche se non lo conosce”.
“Sembra davvero fenomenale” John le sorride, intenerito dal suo entusiasmo.
Vorrebbe abbracciarla, coccolare quella ragazza che meriterebbe il meglio e invece si ritrova con un padre che nemmeno la va a trovare.
Vorrebbe darle tutto l’affetto che non ha ricevuto, vorrebbe essere lui a supportarla e farle capire quanto vale.
Elettra, dal canto suo, si sta lentamente rendendo conto di tutte le cose di cui ha parlato negli ultimi minuti.
Cose di cui non parla da anni, che ha conservato nel suo cuore come il più prezioso dei regali, ma che non si azzardava mai a rivelare a nessuno.
E ora, con una facilità che non credeva possibile, le aveva espresse tutte.
Si sente libera da un peso.
Si rende conto di quanto le pesasse non poter più parlare della persona che stima di più al mondo.
Ma la madre aveva abolito suo padre dagli argomenti, facendo finta che non fosse mai esistito, e lei si era quasi abituata a vivere con quel tabù.
“Non parlo mai di queste cose” dice, sorridendo imbarazzata “è la prima volta che dico queste cose ad alta voce da quando papà se ne è andato”.
“E perché le dici a me?” John approfitta di quel momento per capire se anche lei prova quel senso di inspiegabile familiarità che prova lui quando sono solo loro due.
“Sinceramente non lo so” confessa lei “non riesco a spiegarmelo. E’ come se ti conoscessi da sempre. Non sento il minimo imbarazzo a dirti quello che penso, anzi mi viene quasi naturale! Oddio, penserai che sono fuori di testa …”.
“No, affatto” John scuote la testa “anch’io mi sento così con te”.
“E’ strano” commenta Elettra, poi scoppia a ridere.
“Già” anche John ride.
Sono risate quasi nervose, di sollievo, di felicità pura.
Elettra è sollevata di essere riuscita a parlare di argomenti che pensava sarebbero rimasti un tabù per il resto della sua vita.
John è sollevato di non essere l’unico a percepire che il loro rapporto è speciale e di aver finalmente trovato, dopo anni, qualcuno con cui poter parlare davvero.
Il resto del viaggio è silenzioso, ma è un silenzio tranquillo, rilassato.
Il silenzio di due persone a proprio agio l’una con l’altra.
 
 
In ufficio, Elettra comincia a fremere in attesa di vedere John in azione durante la riunione.
Lui sistema i documenti in attesa delle dieci, e la invita a sedersi nel frattempo.
La ragazza è ancora scossa da quanto successo in macchina.
Non tanto da quello che ha detto, ma dalle sensazioni che ha provato.
Ancora non sa identificarle, né tantomeno spiegarle.
Quello che sa con certezza, è che ora lo vede con occhi diversi.
Se prima provava solo un’ammirazione distaccata, come la si può provare per un bravo professore, ora prova l’ammirazione che si ha per un genitore, per un amico stretto.
È come se avesse trovato qualcuno come suo padre, finalmente.
Qualcuno da poter considerare la verità assoluta.
Da cui poter imparare ogni giorno qualcosa di nuovo.
Ma non è suo padre, e questo lo sa.
Rivede suo padre nei suoi modi di fare, nelle sue parole, ma non lo vede come un padre.
Quando è vicino a lui sente lo stomaco contrarsi in maniera strana, e questo non le è mai capitato con suo padre.
Forse è perché è il papà di Edward, perché prova le stesse sensazioni che aveva provato quando aveva conosciuto il figlio.
Eppure non li trova simili.
Eddie è adorabile, ma non è di successo come John e non ha neanche intenzione di diventarlo.
Quindi come mai lei si sente così?
“Sono le dieci” annuncia John, destandola dai suoi pensieri “andiamo?”.
Entrano in una stanza molto grande, con un tavolo ovale a cui sono sedute una ventina di persone.
“Sicuro che io possa entrare?” gli sussurra Elettra all’orecchio, mentre avanza.
“Non preoccuparti” le sorride John.
La ragazza si siede quindi in un angolo, come quando aveva assistito alla riunione con Phil.
Anche questa volta, osserva come tutti lo salutano con rispetto e raddrizzano la schiena quando lo vedono arrivare.
Sapeva che era ammirato da tutti!
Mentre le sue idee vengono confermate sempre di più ad ogni collega che gli stringe la mano, John si dirige verso la parte opposta della sala.
Elettra attende, convinta che l’uomo accenderà il proiettore per mostrare dati e grafici, invece John comincia a parlare ed il computer davanti a lui rimane spento.
Wow, pensa subito lei, ci vogliono grandi capacità per tenere un discorso complicato senza nessun ausilio esterno.
John, invece, parla come il più bravo dei presentatori.
Le sembra un’altra persona rispetto a l’uomo che le diceva continuamente che quel lavoro non lo appagava.
Sembra nato per fare quello.
Ricorda quando, mentre pranzavano insieme, le aveva rivelato che avrebbe potuto fare l’avvocato perché era bravo a discutere e catalizzare l’attenzione del pubblico.
Ora capisce cosa intendeva.
Parla di spese, di soldi entrati all’azienda e di interessi come se fosse l’argomento più facile del mondo ed Elettra comincia per la prima volta a capirci davvero qualcosa.
I suoi colleghi sono tutti intenti ad ascoltarlo rapiti e lui è il leader perfetto: parla in tono autoritario e serioso, ma alterna battute leggere per mettere a loro agio le persone che ha davanti.
Elettra pende dalle sue labbra.
Si è completamente dimenticata di dover prendere appunti sull’economia e tenta solo di imparare il più possibile sul suo modo di esporre.
Aspira a diventare esattamente come lui: carismatica, sicura di sé.
Osserva il modo in cui le sue mani si muovono, le maniche della camicia arrotolate al di sopra dei gomiti.
Si accorge di quanto i suoi bicipiti siano pronunciati.
Va in palestra?
Edward le aveva detto che non faceva altro che lavorare.
John la guarda per la prima volta dall’inizio della riunione, e le sorride.
Il cuore di Elettra salta un battito.
Quello scambio di sguardi, quel sorriso.
Sente la stretta allo stomaco più forte che mai.
Il cuore le batte forte e ha le mani che tremano.
Cosa le sta succedendo?
Probabilmente era il fatto che tutti lo consideravano un’autorità, e lui aveva rivolto quel gesto affettuoso solo a lei.
Come se lei contasse più degli altri.
L’aveva fatta sentire speciale, ecco tutto.
Si tranquillizza.
John, invece, è al settimo cielo.
Per un po’, quella mattina, aveva temuto che non sarebbe riuscito a farcela.
Di solito non aveva problemi, ma la presenza di Elettra avrebbe potuto cambiare tutto.
Aveva talento in quel genere di cose, era innegabile, ma non avrebbe voluto trovarsi lì.
Vedere colleghi che volevano davvero quel posto ma non erano bravi quanto lui e vedere sé stesso non fare il minimo sforzo ed avere comunque successo, gli dava sempre la tranquillità necessaria ad essere sciolto e spigliato.
Per la prima volta, quel giorno, si era reso conto che avrebbe avuto un motivo per essere bravo.
Era la prima volta che in quel lavoro aveva un minimo di motivazione, ma con la motivazione era arrivato anche il terrore di sbagliare e rovinare tutto.
Fortunatamente, una volta cominciato a parlare, aveva capito che in tutti quegli anni di discorsi disinteressati aveva in realtà fatto pratica per il momento in cui gli sarebbe importato davvero.
Da quell’attimo in poi era tornato ad essere una passeggiata come sempre.
Anche se non aveva incrociato il suo sguardo per un bel po’, percepiva che Elettra era rimasta colpita dal suo talento.
Per la prima volta, l’atteggiamento reverenziale che i suoi colleghi avevano nei suoi confronti non gli dava fastidio. Anzi, era fiero di poter dimostrare ad Elettra che gli altri lo consideravano il migliore.
Dopo una decina di minuti, però, non aveva più resistito e le aveva lanciato un’occhiata.
Lei era proprio come lui sperava: stupita, ammirata.
Il sorriso gli era nato spontaneo sulle labbra e ne aveva approfittato per fingere che fosse semplicemente un attraente sorriso d’intesa.
Per la prima volta da quando era entrata a far parte dell’azienda, una riunione l’aveva davvero reso fiero di sé stesso.
 
 
Una volta a pranzo, gli amici di John vengono a sapere che Elettra ha assistito a ben due riunioni quella settimana.
“Ti sei annoiata?” si informa Bruce.
“A dire il vero per niente” risponde lei “anche se non è un argomento che di solito mi appassiona, devo ammettere che è stato interessante assistere ad un evento a cui non avevo mai partecipato”.
“Non ci offendiamo” insiste Steve “anzi, puoi tranquillamente dirci che John è insopportabile quando si mette a fare i suoi lunghissimi discorsi”.
Phil ride e da una pacca scherzosa a John, che sorride in imbarazzo.
“No, no” Elettra lancia uno sguardo affettuoso a John “è incredibile. Un vero talento. È riuscito a farmi interessare alla finanza!”.
Steve fa un applauso e guarda l’uomo con ironico stupore.
“E comunque avevi ragione” aggiunge la ragazza, rivolgendosi a Matthew “siete davvero venerati all’interno dell’azienda”.
Steve e Matthew sghignazzano.
“Te ne sei accorta, eh” Matthew le sorride soddisfatto, ma Elettra lo vede distante.
Non ne capisce il motivo, ma le sembra quasi arrabbiato con lei.
Vorrebbe chiedergli se qualcosa non va, ma non lo conosce abbastanza bene.
E comunque sarà sicuramente qualcosa che non la riguarda.
Se ne dimentica appena Phil le fa alcune domande sul suo articolo.
“Di solito ne scrivo uno a settimana” spiega, mentre il gruppo di amici la ascolta in silenzio “e mi danno l’argomento la settimana stessa. Ma a volte capita che me lo diano con più anticipo. Di solito lo fanno con gli argomenti più difficili da trattare, come questo, perché permettono a noi ‘giornalisti’ di informarci quanto serve per poter fare un buon lavoro. Sto comunque scrivendo un articolo a settimana, ma considero questo un grande progetto. È più interessante di quello di cui scrivo di solito e, se viene bene come spero, potrebbe essere pubblicato tra le prime pagine del giornale”.
“Una settimana di preavviso è davvero poco” commenta Bruce “e tu riesci a scrivere in così poco tempo? Quanto ti ci vuole a completare un intero articolo?”.
“Dipende” Elettra si stringe nelle spalle “di solito vado in biblioteca a lavorare. Lì trovo tutte le informazioni facilmente, e a quel punto riesco a finire anche in un paio di pomeriggi di studio intenso. Se invece sono a casa mia è più difficile, perché devo trovare tutto su internet e non mi ci trovo bene, preferisco il cartaceo. Anche perché su molte cose è più affidabile. Se sono a casa mia posso metterci anche l’intera settimana a completare il lavoro”.
“E tutto questo anche d’estate?” si meraviglia Phil “non ti concedi neanche una pausa?”.
“Questa non è l’età giusta per potersi concedere una pausa” Elettra scuote la testa “se prendessi una pausa adesso rischierei di perdere qualche occasione importante e non posso permettermelo”.
“Sì, ma potresti arrivare al punto in cui prenderti pause non ti è più permesso” le dice sconsolato Steve e Phil annuisce.
“In effetti è vero” aggiunge “questi sono i tuoi anni migliori. Dovresti divertirti”.
Elettra rimane per un attimo priva di risposte da dare.
È sempre stata fiera del suo impegno e non si aspettava dei commenti del genere.
“Lei non è una ragazza come tante” le viene immediatamente in aiuto John, che percepisce il suo disagio “è piena di progetti, ambizioni … e dovrebbe continuare a lavorare per esaudire i suoi desideri. Non vedo perché impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi dovrebbe essere una cosa negativa”.
Elettra lo guarda con gratitudine: è stato bravissimo nel difenderla.
“Certo, certo, hai ragione” Steve solleva i palmi delle mani.
“Non li ascoltare” le dice Bruce all’orecchio “continua così”.
Le da una pacca amichevole sulla spalla, poi si volta verso Matthew.
Non era mai stato così silenzioso a pranzo e lui non ne capisce il motivo.
“Tutto bene?” gli domanda, mentre i suoi amici continuano a tempestare Elettra di domande sulle riunioni.
“Sì” Matthew si volta a guardarlo e gli risponde con voce poco sincera.
“Sì, sto bene” ripete poi, più convinto.
Bruce annuisce, tentando invano di decifrare il suo sguardo, poi torna a prestare attenzione agli altri.
Matthew, invece, torna ad osservare John ed Elettra.
La settimana scorsa si era accorto che il suo migliore amico non considerava Elettra solo la fidanzata di suo figlio, ma quel giorno si sta rendendo conto che la cosa è molto più seria di quanto temesse.
Tra i due c’è un’intesa, una sintonia, che non riesce a comprendere.
Nota le occhiate che si lanciano ogni tanto, il modo in cui lei elogia John e lui la difende.
Li sta osservando da quando si sono incontrati per andare a mangiare, ed è quasi sicuro di aver capito qualcosa in più: anche Elettra prova qualcosa per John.
Gli altri non se ne accorgono, ma lui conosce John meglio di chiunque altro e sa come decifrarlo.
Quanto ad Elettra, i suoi sguardi ed il modo in cui parla di lui gli fa pensare che lo ammiri. Molto. Forse anche troppo.
È un disastro, pensa, un vero disastro.
Loro non si rendono conto di quanto folle e pericolosa la situazione sia, ma lui sì.
Ha provato a farlo capire a John, ma lui non ha seguito i suoi consigli e, anzi, non sembra affatto turbato ora.
Se dirgli di non starle accanto fa aumentare la sua voglia di farlo, non sa come risolvere la situazione. Ma sa che deve risolverla.
John è il suo migliore amico, e se lui in questo momento non si rende conto di quello che sta facendo, il suo compito è quello di aiutarlo a capirlo in ogni modo possibile.
 
 
Dopo pranzo, Elettra passa all’ufficio di John per prendere le sue cose e tornare a casa.
“Non dargli ascolto” le dice improvvisamente John, come se avesse aspettato il momento giusto per parlargliene “non vorrei che le parole di adulti che hanno scordato cosa significhi sacrificarsi per degli obbiettivi ti inducano a pensare che non dovresti farli neanche tu”.
“Oh, non preoccuparti” Elettra ride “non riuscirebbero a persuadermi”.
“Bene” John apre l’armadio e le passa il suo zaino.
“Anzi …” la ragazza esita.
John si volta a guardarla “Cosa?”.
“In realtà avrei addirittura intenzione di andare ad un corso estivo per giovani talenti tra meno di un mese”.
Non lo aveva ancora detto ad Edward, perché non sapeva come l’avrebbe presa.
Non voleva dirlo prima a suo padre che a lui, ma le parole le erano uscite di bocca senza che riuscisse a fermarsi.
“Ma è fantastico!” esclama lui.
“Sì” lei annuisce e abbassa lo sguardo, poco convinta “sì, lo è”.
“Qual è il problema?” le domanda, vedendolo esitare.
“Nessun problema” risponde subito lei “solo … non l’ho ancora detto ad Edward, ecco. È un’occasione abbastanza speciale, potrebbe essere davvero utile. Ma significherebbe non vedersi per due settimane intere. Già non ci vediamo spesso durante l’anno scolastico perché sono sempre impegnata …”.
“Beh, inutile dire che per me sarebbe una grandissima stupidaggine lasciar perdere questa cosa per poter uscire con Eddie” John la interrompe “avrete tutto il tempo di stare insieme, non ti preoccupare. E lui capirà, ne sono sicuro. Sa quanto vali”.
Elettra lo ascolta in silenzio, tentando di convincersi.
Non sa neanche lei perché gliene ha parlato.
Non sapeva come dirlo ad Edward, ma a detta di lui stesso il padre non lo conosceva poi così bene.
Non avrebbe potuto aiutarla in questo.
Forse aveva solo bisogno di parlare con qualcuno.
Di sentirsi dire che stava facendo la cosa giusta. E che quel qualcuno non fosse Miles.
La verità è che si sente terribilmente egoista a passare due settimane d’estate in quel modo piuttosto che con il suo ragazzo.
E si sente in colpa soprattutto perché sa che preferisce trovarsi lì, con persone che condividono le sue passioni e la sua voglia di migliorare, rispetto che a guardare serie tv con Edward.
“Beh quindi ormai avrai poco tempo da dedicare a questo articolo” ragiona John, rendendosi conto che quando avrà scritto l’articolo non si vedranno più così spesso.
E questo lo riempie di una tristezza che non gli permette quasi si respirare.
Si sente smarrito.
Dovrà trovare un altro modo per vederla spesso, altrimenti tornerà alla deprimente vita di sempre.
“Sì, suppongo di sì” conviene Elettra “ho ancora poco tempo per finire”.
“Potresti venire anche il sabato” propone lui.
Solo dopo averlo detto di rende conto di quanto sia stato avventato.
Il sabato è il giorno in cui lei sta con suo figlio, e la sua proposta potrebbe sembrare un modo per allontanarla da lui.
Forse lo è davvero.
Oddio, teme John, forse ora lei capirà quanto conta per lui. E penserà che è solo un pazzo maniaco.
Tutta l’ammirazione che aveva per lui scomparirà.
Sta sudando freddo.
Sta per dirle di lasciar perdere quello che ha appena detto, ma lei lo stupisce.
“Forse hai ragione” gli risponde “in effetti mi sarebbe utile”.
Non se lo aspettava.
“Devo decidere, ok?” continua lei “se decido di venire te lo farò sapere tramite Edward”.
“Non serve” John, a quel punto, le sorride “ti do il mio numero”.Elettra è seduta sugli scalini di fronte al portone di casa sua.
Sono appena le sette e lei tenta di avvistare la macchina di John.
L’uomo arriva puntuale e si ferma davanti all’abitazione.
Mentre Elettra si alza e si dirige verso l’auto, John osserva per l’ennesima volta la sua bellezza delicata.
Indossa dei jeans slavati che le risaltano le gambe magre, e una       t-shirt grigia.
I capelli sono sciolti, come lui li aveva visti solo a cena a casa loro, e gli ricadono sulle spalle in onde scure ed ammalianti.
“Buongiorno” lo saluta, dopo essersi seduta ed aver chiuso lo sportello.
“Buongiorno” ricambia lui “come va?”.
“Benissimo” risponde subito la ragazza, entusiasta “John devo ringraziarti, so che arrivare fin qui significa molti chilometri in più …”
“Scherzi?” la interrompe subito lui “sono in macchina, mica a piedi! Non preoccuparti, non mi pesa affatto. Anzi, non so perché non te l’abbia proposto prima. Chissà a che ora avrai dovuto svegliarti per prendere l’autobus in tempo”.
“Niente di impossibile” lo rassicura lei “non mi è mai pesato. Certo, niente a che vedere con la comodità della macchina” ride “ma si devono fare dei sacrifici per avere dei risultati, e io approfitto di qualsiasi situazione di disagio per abituarmi”.
John non riesce a trattenere un sorriso: lo stupisce sempre di più con i suoi discorsi così maturi.
“Sono d’accordo” commenta “ma non mi sarei mai perdonato se avessi dovuto vederti ancora arrivare a casa mia da sola sapendo che avrei potuto tranquillamente evitartelo”.
Elettra gli sorride, riconoscente.
“Oh” esclama poi “quasi dimenticavo! Ti ho portato un po’ di miei articoli. In realtà un bel po’ …” aggiunge imbarazzata “non devi leggerli tutti, eh. Ne ho portati tanti per precauzione, ma non mi offendo se ne leggi solo un paio. Anzi, lo capirei. Comunque, in questa cartella” estrae una cartella viola dalla borsa “ci sono tutti gli articoli che ho scritto per il giornale della scuola. Non sono tantissimi. Ho cominciato da poco a scrivere per loro, e in più hanno cominciato a pubblicarmi solo dopo un paio di mesi”.
Ricorda come Sarah le aveva fatto scrivere un articolo a settimana per due mesi, rispondendole poi sempre che non era ancora abbastanza brava da essere pubblicata.
Era stato Andrew, il ragazzo della redazione che ci provava sempre con lei, a leggere i suoi lavori e convincere Sarah a pubblicarli.
“Qui, invece” prosegue, tirando fuori dalla borsa una seconda cartellina, questa volta verde “ci sono degli articoli che ho mandato ad alcuni giornali. Non so perché l’ho fatto, mi hanno comunque tutti risposto che non potevano pubblicarmi in quanto minorenne. Suppongo l’abbia fatto semplicemente per fare pratica e perché adoro scrivere, anche quando non porta a niente. Questi li ho portati perché trattano argomenti interessanti, in un modo o in un altro. Quelli del giornale della scuola sono i più recenti, ma ti capisco se non hai voglia di leggerli: gli argomenti sono veramente stupidi e noiosi”.
“Volevo chiedertelo martedì” ricorda John “come mai ti assegnano articoli così noiosi?”.
“Beh …” Elettra esita, indecisa su cosa rispondere.
In fondo John non ha ancora letto niente di suo, e potrebbe pensare che sia solo convinta, erroneamente, di essere brava.
Non vuole sembrare una presuntuosa.
“Sinceramente non lo so” alla fine opta per la sincerità “la capo redattrice nutre un po’ di antipatia per me, questo è innegabile. Mi dicono spesso, anche i ragazzi che lavorano con me, che ho del talento. Sono addirittura arrivate delle lettere da parte dei lettori che chiedevano al giornale di darmi più spazio” John solleva un sopracciglio, colpito “ma Sarah, il capo, continua a dirmi che non sto da abbastanza tempo nel giornale e devo imparare molto prima di arrivare alla vetta. Non che non sia d’accordo, si può sempre migliorare, ma gli altri articoli non sono di certo scritti meglio dei miei e …”.
John ridacchia ed Elettra lo guarda stupita.
“Non serve che tenti di spiegarmi in questo modo concitato” le spiega “so esattamente di cosa stai parlando”.
“Ah sì?” domanda lei, incerta.
“Assolutamente” conferma lui “ ne ho conosciute tante di persone così, purtroppo. Mi sono trovato spesso nella tua stessa situazione. Capisco la sensazione. Se una cosa mi viene bene, perché mi trattano come il peggiore? Sfortunatamente, Elettra, il talento è spesso scomodo. Soprattutto se i tuoi superiori non sono al tuo livello. Sono semplicemente invidiosi. Ti temono, e per questo tentano di tenerti il più in basso possibile, dove puoi rimanere sotto il loro controllo. Hanno paura che, se ti dessero spazio, prenderesti il sopravvento”.
“Non lo so” Elettra riflette “non penso che Sarah non abbia talento”.
“Come scrive?” si informa John.
“Non ne ho idea” la ragazza si stringe nelle spalle “non ho mai letto niente di suo. Da quando è diventata capo redattore ha smesso di scrivere. Ma questo non significa che non sia brava”.
“Può darsi” conviene lui “come può darsi che non sia poi questo granché. Potrebbe essere il motivo per cui le stai così antipatica e non ti concede lo spazio che ti meriti”.
Elettra lo ascolta, ancora poco convinta.
Se fosse vero, come avrebbe fatto a diventare il capo del giornale?
“Comunque l’importante è non abbattersi” le dice John “la cosa fondamentale è lasciare che i commenti degli altri definiscano chi sei” ad Elettra quella frase sembra terribilmente personale, quasi lo stesse ricordando a sé stesso “ci saranno sempre persone che ti diranno che non hai talento, che non sei niente di che. Tu sei una ragazza intelligente, sei in grado di capire da sola quanto vali. Non lasciarti convincere da nessuno di qualcosa in cui non credi. Se sei convinta di saper fare qualcosa, dimostralo a tutti. Non permettere a nessuno di definirti. Sei tu a definire te stessa”.
Elettra lo guarda e gli sorride.
Prova un moto di affetto improvviso verso quell’uomo, le cui parole le ricordano incredibilmente quelle di suo padre.
Lo vede come non lo aveva mai visto.
Comincia ad apprezzare i suoi modi, a tratti bruschi e a tratti così paterni e gentili.
Osserva il suo naso pronunciato, i capelli che gli arrivano quasi alle spalle, le mani grandi.
Prova una sensazione che non sa descrivere.
Qualcosa di intimo, come se si conoscessero da sempre e se ne rendesse conto per la prima volta.
Vorrebbe dirglielo, ma ha paura che lui la consideri fuori di testa.
“Lo so” dice invece “mi è stato insegnato quando ero piccola e non l’ho più dimenticato”.
Fa un respiro profondo, automaticamente.
Non gli capita mai di parlare del padre ed è come se il suo corpo si preparasse all’impatto, ma allo stesso tempo lo fa senza quasi rendersene conto.
Non gli costa nulla, apre semplicemente la bocca e le parole scorrono fuori come un fiume in piena, come se non aspettassero altro che uscire.
“Mio padre mi diceva sempre che devo essere consapevole di quanto valgo e non scordarlo mai. Mi ha insegnato ad essere sempre la versione migliore di me stessa, a spingermi oltre il limite per poi realizzare che posso riuscire a superarlo”.
“Uomo saggio” commenta John, inconsapevole di quanto sia raro che Elettra parli di lui.
“E’ il migliore” conferma lei “ora non lo vedo più molto, ma lo sento ancora. E ricordo ognuna delle sue lezioni di vita. Se sono brava nella maggior parte delle cose che faccio lo devo a lui”.
John non sa come rispondere.
Percepisce l’amore di Elettra per il padre, ma allo stesso tempo non gli sembra che il padre sia particolarmente interessato a lei.
Non vuole dire qualcosa che potrebbe offenderla.
“E’ un avvocato bravissimo, sai” continua lei, come se non avesse desiderato altro che poterne parlare fino a quel momento “quando ero più piccola andavo sempre a vedere le sue udienze. Rimanevo incantata a sentirlo a parlare. Ha un potere persuasivo incredibile. Vince praticamente ogni caso. Quando parla la gente pende dalle sue labbra, anche se non lo conosce”.
“Sembra davvero fenomenale” John le sorride, intenerito dal suo entusiasmo.
Vorrebbe abbracciarla, coccolare quella ragazza che meriterebbe il meglio e invece si ritrova con un padre che nemmeno la va a trovare.
Vorrebbe darle tutto l’affetto che non ha ricevuto, vorrebbe essere lui a supportarla e farle capire quanto vale.
Elettra, dal canto suo, si sta lentamente rendendo conto di tutte le cose di cui ha parlato negli ultimi minuti.
Cose di cui non parla da anni, che ha conservato nel suo cuore come il più prezioso dei regali, ma che non si azzardava mai a rivelare a nessuno.
E ora, con una facilità che non credeva possibile, le aveva espresse tutte.
Si sente libera da un peso.
Si rende conto di quanto le pesasse non poter più parlare della persona che stima di più al mondo.
Ma la madre aveva abolito suo padre dagli argomenti, facendo finta che non fosse mai esistito, e lei si era quasi abituata a vivere con quel tabù.
“Non parlo mai di queste cose” dice, sorridendo imbarazzata “è la prima volta che dico queste cose ad alta voce da quando papà se ne è andato”.
“E perché le dici a me?” John approfitta di quel momento per capire se anche lei prova quel senso di inspiegabile familiarità che prova lui quando sono solo loro due.
“Sinceramente non lo so” confessa lei “non riesco a spiegarmelo. E’ come se ti conoscessi da sempre. Non sento il minimo imbarazzo a dirti quello che penso, anzi mi viene quasi naturale! Oddio, penserai che sono fuori di testa …”.
“No, affatto” John scuote la testa “anch’io mi sento così con te”.
“E’ strano” commenta Elettra, poi scoppia a ridere.
“Già” anche John ride.
Sono risate quasi nervose, di sollievo, di felicità pura.
Elettra è sollevata di essere riuscita a parlare di argomenti che pensava sarebbero rimasti un tabù per il resto della sua vita.
John è sollevato di non essere l’unico a percepire che il loro rapporto è speciale e di aver finalmente trovato, dopo anni, qualcuno con cui poter parlare davvero.
Il resto del viaggio è silenzioso, ma è un silenzio tranquillo, rilassato.
Il silenzio di due persone a proprio agio l’una con l’altra.
 
 
In ufficio, Elettra comincia a fremere in attesa di vedere John in azione durante la riunione.
Lui sistema i documenti in attesa delle dieci, e la invita a sedersi nel frattempo.
La ragazza è ancora scossa da quanto successo in macchina.
Non tanto da quello che ha detto, ma dalle sensazioni che ha provato.
Ancora non sa identificarle, né tantomeno spiegarle.
Quello che sa con certezza, è che ora lo vede con occhi diversi.
Se prima provava solo un’ammirazione distaccata, come la si può provare per un bravo professore, ora prova l’ammirazione che si ha per un genitore, per un amico stretto.
È come se avesse trovato qualcuno come suo padre, finalmente.
Qualcuno da poter considerare la verità assoluta.
Da cui poter imparare ogni giorno qualcosa di nuovo.
Ma non è suo padre, e questo lo sa.
Rivede suo padre nei suoi modi di fare, nelle sue parole, ma non lo vede come un padre.
Quando è vicino a lui sente lo stomaco contrarsi in maniera strana, e questo non le è mai capitato con suo padre.
Forse è perché è il papà di Edward, perché prova le stesse sensazioni che aveva provato quando aveva conosciuto il figlio.
Eppure non li trova simili.
Eddie è adorabile, ma non è di successo come John e non ha neanche intenzione di diventarlo.
Quindi come mai lei si sente così?
“Sono le dieci” annuncia John, destandola dai suoi pensieri “andiamo?”.
Entrano in una stanza molto grande, con un tavolo ovale a cui sono sedute una ventina di persone.
“Sicuro che io possa entrare?” gli sussurra Elettra all’orecchio, mentre avanza.
“Non preoccuparti” le sorride John.
La ragazza si siede quindi in un angolo, come quando aveva assistito alla riunione con Phil.
Anche questa volta, osserva come tutti lo salutano con rispetto e raddrizzano la schiena quando lo vedono arrivare.
Sapeva che era ammirato da tutti!
Mentre le sue idee vengono confermate sempre di più ad ogni collega che gli stringe la mano, John si dirige verso la parte opposta della sala.
Elettra attende, convinta che l’uomo accenderà il proiettore per mostrare dati e grafici, invece John comincia a parlare ed il computer davanti a lui rimane spento.
Wow, pensa subito lei, ci vogliono grandi capacità per tenere un discorso complicato senza nessun ausilio esterno.
John, invece, parla come il più bravo dei presentatori.
Le sembra un’altra persona rispetto a l’uomo che le diceva continuamente che quel lavoro non lo appagava.
Sembra nato per fare quello.
Ricorda quando, mentre pranzavano insieme, le aveva rivelato che avrebbe potuto fare l’avvocato perché era bravo a discutere e catalizzare l’attenzione del pubblico.
Ora capisce cosa intendeva.
Parla di spese, di soldi entrati all’azienda e di interessi come se fosse l’argomento più facile del mondo ed Elettra comincia per la prima volta a capirci davvero qualcosa.
I suoi colleghi sono tutti intenti ad ascoltarlo rapiti e lui è il leader perfetto: parla in tono autoritario e serioso, ma alterna battute leggere per mettere a loro agio le persone che ha davanti.
Elettra pende dalle sue labbra.
Si è completamente dimenticata di dover prendere appunti sull’economia e tenta solo di imparare il più possibile sul suo modo di esporre.
Aspira a diventare esattamente come lui: carismatica, sicura di sé.
Osserva il modo in cui le sue mani si muovono, le maniche della camicia arrotolate al di sopra dei gomiti.
Si accorge di quanto i suoi bicipiti siano pronunciati.
Va in palestra?
Edward le aveva detto che non faceva altro che lavorare.
John la guarda per la prima volta dall’inizio della riunione, e le sorride.
Il cuore di Elettra salta un battito.
Quello scambio di sguardi, quel sorriso.
Sente la stretta allo stomaco più forte che mai.
Il cuore le batte forte e ha le mani che tremano.
Cosa le sta succedendo?
Probabilmente era il fatto che tutti lo consideravano un’autorità, e lui aveva rivolto quel gesto affettuoso solo a lei.
Come se lei contasse più degli altri.
L’aveva fatta sentire speciale, ecco tutto.
Si tranquillizza.
John, invece, è al settimo cielo.
Per un po’, quella mattina, aveva temuto che non sarebbe riuscito a farcela.
Di solito non aveva problemi, ma la presenza di Elettra avrebbe potuto cambiare tutto.
Aveva talento in quel genere di cose, era innegabile, ma non avrebbe voluto trovarsi lì.
Vedere colleghi che volevano davvero quel posto ma non erano bravi quanto lui e vedere sé stesso non fare il minimo sforzo ed avere comunque successo, gli dava sempre la tranquillità necessaria ad essere sciolto e spigliato.
Per la prima volta, quel giorno, si era reso conto che avrebbe avuto un motivo per essere bravo.
Era la prima volta che in quel lavoro aveva un minimo di motivazione, ma con la motivazione era arrivato anche il terrore di sbagliare e rovinare tutto.
Fortunatamente, una volta cominciato a parlare, aveva capito che in tutti quegli anni di discorsi disinteressati aveva in realtà fatto pratica per il momento in cui gli sarebbe importato davvero.
Da quell’attimo in poi era tornato ad essere una passeggiata come sempre.
Anche se non aveva incrociato il suo sguardo per un bel po’, percepiva che Elettra era rimasta colpita dal suo talento.
Per la prima volta, l’atteggiamento reverenziale che i suoi colleghi avevano nei suoi confronti non gli dava fastidio. Anzi, era fiero di poter dimostrare ad Elettra che gli altri lo consideravano il migliore.
Dopo una decina di minuti, però, non aveva più resistito e le aveva lanciato un’occhiata.
Lei era proprio come lui sperava: stupita, ammirata.
Il sorriso gli era nato spontaneo sulle labbra e ne aveva approfittato per fingere che fosse semplicemente un attraente sorriso d’intesa.
Per la prima volta da quando era entrata a far parte dell’azienda, una riunione l’aveva davvero reso fiero di sé stesso.
 
 
Una volta a pranzo, gli amici di John vengono a sapere che Elettra ha assistito a ben due riunioni quella settimana.
“Ti sei annoiata?” si informa Bruce.
“A dire il vero per niente” risponde lei “anche se non è un argomento che di solito mi appassiona, devo ammettere che è stato interessante assistere ad un evento a cui non avevo mai partecipato”.
“Non ci offendiamo” insiste Steve “anzi, puoi tranquillamente dirci che John è insopportabile quando si mette a fare i suoi lunghissimi discorsi”.
Phil ride e da una pacca scherzosa a John, che sorride in imbarazzo.
“No, no” Elettra lancia uno sguardo affettuoso a John “è incredibile. Un vero talento. È riuscito a farmi interessare alla finanza!”.
Steve fa un applauso e guarda l’uomo con ironico stupore.
“E comunque avevi ragione” aggiunge la ragazza, rivolgendosi a Matthew “siete davvero venerati all’interno dell’azienda”.
Steve e Matthew sghignazzano.
“Te ne sei accorta, eh” Matthew le sorride soddisfatto, ma Elettra lo vede distante.
Non ne capisce il motivo, ma le sembra quasi arrabbiato con lei.
Vorrebbe chiedergli se qualcosa non va, ma non lo conosce abbastanza bene.
E comunque sarà sicuramente qualcosa che non la riguarda.
Se ne dimentica appena Phil le fa alcune domande sul suo articolo.
“Di solito ne scrivo uno a settimana” spiega, mentre il gruppo di amici la ascolta in silenzio “e mi danno l’argomento la settimana stessa. Ma a volte capita che me lo diano con più anticipo. Di solito lo fanno con gli argomenti più difficili da trattare, come questo, perché permettono a noi ‘giornalisti’ di informarci quanto serve per poter fare un buon lavoro. Sto comunque scrivendo un articolo a settimana, ma considero questo un grande progetto. È più interessante di quello di cui scrivo di solito e, se viene bene come spero, potrebbe essere pubblicato tra le prime pagine del giornale”.
“Una settimana di preavviso è davvero poco” commenta Bruce “e tu riesci a scrivere in così poco tempo? Quanto ti ci vuole a completare un intero articolo?”.
“Dipende” Elettra si stringe nelle spalle “di solito vado in biblioteca a lavorare. Lì trovo tutte le informazioni facilmente, e a quel punto riesco a finire anche in un paio di pomeriggi di studio intenso. Se invece sono a casa mia è più difficile, perché devo trovare tutto su internet e non mi ci trovo bene, preferisco il cartaceo. Anche perché su molte cose è più affidabile. Se sono a casa mia posso metterci anche l’intera settimana a completare il lavoro”.
“E tutto questo anche d’estate?” si meraviglia Phil “non ti concedi neanche una pausa?”.
“Questa non è l’età giusta per potersi concedere una pausa” Elettra scuote la testa “se prendessi una pausa adesso rischierei di perdere qualche occasione importante e non posso permettermelo”.
“Sì, ma potresti arrivare al punto in cui prenderti pause non ti è più permesso” le dice sconsolato Steve e Phil annuisce.
“In effetti è vero” aggiunge “questi sono i tuoi anni migliori. Dovresti divertirti”.
Elettra rimane per un attimo priva di risposte da dare.
È sempre stata fiera del suo impegno e non si aspettava dei commenti del genere.
“Lei non è una ragazza come tante” le viene immediatamente in aiuto John, che percepisce il suo disagio “è piena di progetti, ambizioni … e dovrebbe continuare a lavorare per esaudire i suoi desideri. Non vedo perché impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi dovrebbe essere una cosa negativa”.
Elettra lo guarda con gratitudine: è stato bravissimo nel difenderla.
“Certo, certo, hai ragione” Steve solleva i palmi delle mani.
“Non li ascoltare” le dice Bruce all’orecchio “continua così”.
Le da una pacca amichevole sulla spalla, poi si volta verso Matthew.
Non era mai stato così silenzioso a pranzo e lui non ne capisce il motivo.
“Tutto bene?” gli domanda, mentre i suoi amici continuano a tempestare Elettra di domande sulle riunioni.
“Sì” Matthew si volta a guardarlo e gli risponde con voce poco sincera.
“Sì, sto bene” ripete poi, più convinto.
Bruce annuisce, tentando invano di decifrare il suo sguardo, poi torna a prestare attenzione agli altri.
Matthew, invece, torna ad osservare John ed Elettra.
La settimana scorsa si era accorto che il suo migliore amico non considerava Elettra solo la fidanzata di suo figlio, ma quel giorno si sta rendendo conto che la cosa è molto più seria di quanto temesse.
Tra i due c’è un’intesa, una sintonia, che non riesce a comprendere.
Nota le occhiate che si lanciano ogni tanto, il modo in cui lei elogia John e lui la difende.
Li sta osservando da quando si sono incontrati per andare a mangiare, ed è quasi sicuro di aver capito qualcosa in più: anche Elettra prova qualcosa per John.
Gli altri non se ne accorgono, ma lui conosce John meglio di chiunque altro e sa come decifrarlo.
Quanto ad Elettra, i suoi sguardi ed il modo in cui parla di lui gli fa pensare che lo ammiri. Molto. Forse anche troppo.
È un disastro, pensa, un vero disastro.
Loro non si rendono conto di quanto folle e pericolosa la situazione sia, ma lui sì.
Ha provato a farlo capire a John, ma lui non ha seguito i suoi consigli e, anzi, non sembra affatto turbato ora.
Se dirgli di non starle accanto fa aumentare la sua voglia di farlo, non sa come risolvere la situazione. Ma sa che deve risolverla.
John è il suo migliore amico, e se lui in questo momento non si rende conto di quello che sta facendo, il suo compito è quello di aiutarlo a capirlo in ogni modo possibile.
 
 
Dopo pranzo, Elettra passa all’ufficio di John per prendere le sue cose e tornare a casa.
“Non dargli ascolto” le dice improvvisamente John, come se avesse aspettato il momento giusto per parlargliene “non vorrei che le parole di adulti che hanno scordato cosa significhi sacrificarsi per degli obbiettivi ti inducano a pensare che non dovresti farli neanche tu”.
“Oh, non preoccuparti” Elettra ride “non riuscirebbero a persuadermi”.
“Bene” John apre l’armadio e le passa il suo zaino.
“Anzi …” la ragazza esita.
John si volta a guardarla “Cosa?”.
“In realtà avrei addirittura intenzione di andare ad un corso estivo per giovani talenti tra meno di un mese”.
Non lo aveva ancora detto ad Edward, perché non sapeva come l’avrebbe presa.
Non voleva dirlo prima a suo padre che a lui, ma le parole le erano uscite di bocca senza che riuscisse a fermarsi.
“Ma è fantastico!” esclama lui.
“Sì” lei annuisce e abbassa lo sguardo, poco convinta “sì, lo è”.
“Qual è il problema?” le domanda, vedendolo esitare.
“Nessun problema” risponde subito lei “solo … non l’ho ancora detto ad Edward, ecco. È un’occasione abbastanza speciale, potrebbe essere davvero utile. Ma significherebbe non vedersi per due settimane intere. Già non ci vediamo spesso durante l’anno scolastico perché sono sempre impegnata …”.
“Beh, inutile dire che per me sarebbe una grandissima stupidaggine lasciar perdere questa cosa per poter uscire con Eddie” John la interrompe “avrete tutto il tempo di stare insieme, non ti preoccupare. E lui capirà, ne sono sicuro. Sa quanto vali”.
Elettra lo ascolta in silenzio, tentando di convincersi.
Non sa neanche lei perché gliene ha parlato.
Non sapeva come dirlo ad Edward, ma a detta di lui stesso il padre non lo conosceva poi così bene.
Non avrebbe potuto aiutarla in questo.
Forse aveva solo bisogno di parlare con qualcuno.
Di sentirsi dire che stava facendo la cosa giusta. E che quel qualcuno non fosse Miles.
La verità è che si sente terribilmente egoista a passare due settimane d’estate in quel modo piuttosto che con il suo ragazzo.
E si sente in colpa soprattutto perché sa che preferisce trovarsi lì, con persone che condividono le sue passioni e la sua voglia di migliorare, rispetto che a guardare serie tv con Edward.
“Beh quindi ormai avrai poco tempo da dedicare a questo articolo” ragiona John, rendendosi conto che quando avrà scritto l’articolo non si vedranno più così spesso.
E questo lo riempie di una tristezza che non gli permette quasi si respirare.
Si sente smarrito.
Dovrà trovare un altro modo per vederla spesso, altrimenti tornerà alla deprimente vita di sempre.
“Sì, suppongo di sì” conviene Elettra “ho ancora poco tempo per finire”.
“Potresti venire anche il sabato” propone lui.
Solo dopo averlo detto di rende conto di quanto sia stato avventato.
Il sabato è il giorno in cui lei sta con suo figlio, e la sua proposta potrebbe sembrare un modo per allontanarla da lui.
Forse lo è davvero.
Oddio, teme John, forse ora lei capirà quanto conta per lui. E penserà che è solo un pazzo maniaco.
Tutta l’ammirazione che aveva per lui scomparirà.
Sta sudando freddo.
Sta per dirle di lasciar perdere quello che ha appena detto, ma lei lo stupisce.
“Forse hai ragione” gli risponde “in effetti mi sarebbe utile”.
Non se lo aspettava.
“Devo decidere, ok?” continua lei “se decido di venire te lo farò sapere tramite Edward”.
“Non serve” John, a quel punto, le sorride “ti do il mio numero”.Elettra è seduta sugli scalini di fronte al portone di casa sua.
Sono appena le sette e lei tenta di avvistare la macchina di John.
L’uomo arriva puntuale e si ferma davanti all’abitazione.
Mentre Elettra si alza e si dirige verso l’auto, John osserva per l’ennesima volta la sua bellezza delicata.
Indossa dei jeans slavati che le risaltano le gambe magre, e una       t-shirt grigia.
I capelli sono sciolti, come lui li aveva visti solo a cena a casa loro, e gli ricadono sulle spalle in onde scure ed ammalianti.
“Buongiorno” lo saluta, dopo essersi seduta ed aver chiuso lo sportello.
“Buongiorno” ricambia lui “come va?”.
“Benissimo” risponde subito la ragazza, entusiasta “John devo ringraziarti, so che arrivare fin qui significa molti chilometri in più …”
“Scherzi?” la interrompe subito lui “sono in macchina, mica a piedi! Non preoccuparti, non mi pesa affatto. Anzi, non so perché non te l’abbia proposto prima. Chissà a che ora avrai dovuto svegliarti per prendere l’autobus in tempo”.
“Niente di impossibile” lo rassicura lei “non mi è mai pesato. Certo, niente a che vedere con la comodità della macchina” ride “ma si devono fare dei sacrifici per avere dei risultati, e io approfitto di qualsiasi situazione di disagio per abituarmi”.
John non riesce a trattenere un sorriso: lo stupisce sempre di più con i suoi discorsi così maturi.
“Sono d’accordo” commenta “ma non mi sarei mai perdonato se avessi dovuto vederti ancora arrivare a casa mia da sola sapendo che avrei potuto tranquillamente evitartelo”.
Elettra gli sorride, riconoscente.
“Oh” esclama poi “quasi dimenticavo! Ti ho portato un po’ di miei articoli. In realtà un bel po’ …” aggiunge imbarazzata “non devi leggerli tutti, eh. Ne ho portati tanti per precauzione, ma non mi offendo se ne leggi solo un paio. Anzi, lo capirei. Comunque, in questa cartella” estrae una cartella viola dalla borsa “ci sono tutti gli articoli che ho scritto per il giornale della scuola. Non sono tantissimi. Ho cominciato da poco a scrivere per loro, e in più hanno cominciato a pubblicarmi solo dopo un paio di mesi”.
Ricorda come Sarah le aveva fatto scrivere un articolo a settimana per due mesi, rispondendole poi sempre che non era ancora abbastanza brava da essere pubblicata.
Era stato Andrew, il ragazzo della redazione che ci provava sempre con lei, a leggere i suoi lavori e convincere Sarah a pubblicarli.
“Qui, invece” prosegue, tirando fuori dalla borsa una seconda cartellina, questa volta verde “ci sono degli articoli che ho mandato ad alcuni giornali. Non so perché l’ho fatto, mi hanno comunque tutti risposto che non potevano pubblicarmi in quanto minorenne. Suppongo l’abbia fatto semplicemente per fare pratica e perché adoro scrivere, anche quando non porta a niente. Questi li ho portati perché trattano argomenti interessanti, in un modo o in un altro. Quelli del giornale della scuola sono i più recenti, ma ti capisco se non hai voglia di leggerli: gli argomenti sono veramente stupidi e noiosi”.
“Volevo chiedertelo martedì” ricorda John “come mai ti assegnano articoli così noiosi?”.
“Beh …” Elettra esita, indecisa su cosa rispondere.
In fondo John non ha ancora letto niente di suo, e potrebbe pensare che sia solo convinta, erroneamente, di essere brava.
Non vuole sembrare una presuntuosa.
“Sinceramente non lo so” alla fine opta per la sincerità “la capo redattrice nutre un po’ di antipatia per me, questo è innegabile. Mi dicono spesso, anche i ragazzi che lavorano con me, che ho del talento. Sono addirittura arrivate delle lettere da parte dei lettori che chiedevano al giornale di darmi più spazio” John solleva un sopracciglio, colpito “ma Sarah, il capo, continua a dirmi che non sto da abbastanza tempo nel giornale e devo imparare molto prima di arrivare alla vetta. Non che non sia d’accordo, si può sempre migliorare, ma gli altri articoli non sono di certo scritti meglio dei miei e …”.
John ridacchia ed Elettra lo guarda stupita.
“Non serve che tenti di spiegarmi in questo modo concitato” le spiega “so esattamente di cosa stai parlando”.
“Ah sì?” domanda lei, incerta.
“Assolutamente” conferma lui “ ne ho conosciute tante di persone così, purtroppo. Mi sono trovato spesso nella tua stessa situazione. Capisco la sensazione. Se una cosa mi viene bene, perché mi trattano come il peggiore? Sfortunatamente, Elettra, il talento è spesso scomodo. Soprattutto se i tuoi superiori non sono al tuo livello. Sono semplicemente invidiosi. Ti temono, e per questo tentano di tenerti il più in basso possibile, dove puoi rimanere sotto il loro controllo. Hanno paura che, se ti dessero spazio, prenderesti il sopravvento”.
“Non lo so” Elettra riflette “non penso che Sarah non abbia talento”.
“Come scrive?” si informa John.
“Non ne ho idea” la ragazza si stringe nelle spalle “non ho mai letto niente di suo. Da quando è diventata capo redattore ha smesso di scrivere. Ma questo non significa che non sia brava”.
“Può darsi” conviene lui “come può darsi che non sia poi questo granché. Potrebbe essere il motivo per cui le stai così antipatica e non ti concede lo spazio che ti meriti”.
Elettra lo ascolta, ancora poco convinta.
Se fosse vero, come avrebbe fatto a diventare il capo del giornale?
“Comunque l’importante è non abbattersi” le dice John “la cosa fondamentale è lasciare che i commenti degli altri definiscano chi sei” ad Elettra quella frase sembra terribilmente personale, quasi lo stesse ricordando a sé stesso “ci saranno sempre persone che ti diranno che non hai talento, che non sei niente di che. Tu sei una ragazza intelligente, sei in grado di capire da sola quanto vali. Non lasciarti convincere da nessuno di qualcosa in cui non credi. Se sei convinta di saper fare qualcosa, dimostralo a tutti. Non permettere a nessuno di definirti. Sei tu a definire te stessa”.
Elettra lo guarda e gli sorride.
Prova un moto di affetto improvviso verso quell’uomo, le cui parole le ricordano incredibilmente quelle di suo padre.
Lo vede come non lo aveva mai visto.
Comincia ad apprezzare i suoi modi, a tratti bruschi e a tratti così paterni e gentili.
Osserva il suo naso pronunciato, i capelli che gli arrivano quasi alle spalle, le mani grandi.
Prova una sensazione che non sa descrivere.
Qualcosa di intimo, come se si conoscessero da sempre e se ne rendesse conto per la prima volta.
Vorrebbe dirglielo, ma ha paura che lui la consideri fuori di testa.
“Lo so” dice invece “mi è stato insegnato quando ero piccola e non l’ho più dimenticato”.
Fa un respiro profondo, automaticamente.
Non gli capita mai di parlare del padre ed è come se il suo corpo si preparasse all’impatto, ma allo stesso tempo lo fa senza quasi rendersene conto.
Non gli costa nulla, apre semplicemente la bocca e le parole scorrono fuori come un fiume in piena, come se non aspettassero altro che uscire.
“Mio padre mi diceva sempre che devo essere consapevole di quanto valgo e non scordarlo mai. Mi ha insegnato ad essere sempre la versione migliore di me stessa, a spingermi oltre il limite per poi realizzare che posso riuscire a superarlo”.
“Uomo saggio” commenta John, inconsapevole di quanto sia raro che Elettra parli di lui.
“E’ il migliore” conferma lei “ora non lo vedo più molto, ma lo sento ancora. E ricordo ognuna delle sue lezioni di vita. Se sono brava nella maggior parte delle cose che faccio lo devo a lui”.
John non sa come rispondere.
Percepisce l’amore di Elettra per il padre, ma allo stesso tempo non gli sembra che il padre sia particolarmente interessato a lei.
Non vuole dire qualcosa che potrebbe offenderla.
“E’ un avvocato bravissimo, sai” continua lei, come se non avesse desiderato altro che poterne parlare fino a quel momento “quando ero più piccola andavo sempre a vedere le sue udienze. Rimanevo incantata a sentirlo a parlare. Ha un potere persuasivo incredibile. Vince praticamente ogni caso. Quando parla la gente pende dalle sue labbra, anche se non lo conosce”.
“Sembra davvero fenomenale” John le sorride, intenerito dal suo entusiasmo.
Vorrebbe abbracciarla, coccolare quella ragazza che meriterebbe il meglio e invece si ritrova con un padre che nemmeno la va a trovare.
Vorrebbe darle tutto l’affetto che non ha ricevuto, vorrebbe essere lui a supportarla e farle capire quanto vale.
Elettra, dal canto suo, si sta lentamente rendendo conto di tutte le cose di cui ha parlato negli ultimi minuti.
Cose di cui non parla da anni, che ha conservato nel suo cuore come il più prezioso dei regali, ma che non si azzardava mai a rivelare a nessuno.
E ora, con una facilità che non credeva possibile, le aveva espresse tutte.
Si sente libera da un peso.
Si rende conto di quanto le pesasse non poter più parlare della persona che stima di più al mondo.
Ma la madre aveva abolito suo padre dagli argomenti, facendo finta che non fosse mai esistito, e lei si era quasi abituata a vivere con quel tabù.
“Non parlo mai di queste cose” dice, sorridendo imbarazzata “è la prima volta che dico queste cose ad alta voce da quando papà se ne è andato”.
“E perché le dici a me?” John approfitta di quel momento per capire se anche lei prova quel senso di inspiegabile familiarità che prova lui quando sono solo loro due.
“Sinceramente non lo so” confessa lei “non riesco a spiegarmelo. E’ come se ti conoscessi da sempre. Non sento il minimo imbarazzo a dirti quello che penso, anzi mi viene quasi naturale! Oddio, penserai che sono fuori di testa …”.
“No, affatto” John scuote la testa “anch’io mi sento così con te”.
“E’ strano” commenta Elettra, poi scoppia a ridere.
“Già” anche John ride.
Sono risate quasi nervose, di sollievo, di felicità pura.
Elettra è sollevata di essere riuscita a parlare di argomenti che pensava sarebbero rimasti un tabù per il resto della sua vita.
John è sollevato di non essere l’unico a percepire che il loro rapporto è speciale e di aver finalmente trovato, dopo anni, qualcuno con cui poter parlare davvero.
Il resto del viaggio è silenzioso, ma è un silenzio tranquillo, rilassato.
Il silenzio di due persone a proprio agio l’una con l’altra.
 
 
In ufficio, Elettra comincia a fremere in attesa di vedere John in azione durante la riunione.
Lui sistema i documenti in attesa delle dieci, e la invita a sedersi nel frattempo.
La ragazza è ancora scossa da quanto successo in macchina.
Non tanto da quello che ha detto, ma dalle sensazioni che ha provato.
Ancora non sa identificarle, né tantomeno spiegarle.
Quello che sa con certezza, è che ora lo vede con occhi diversi.
Se prima provava solo un’ammirazione distaccata, come la si può provare per un bravo professore, ora prova l’ammirazione che si ha per un genitore, per un amico stretto.
È come se avesse trovato qualcuno come suo padre, finalmente.
Qualcuno da poter considerare la verità assoluta.
Da cui poter imparare ogni giorno qualcosa di nuovo.
Ma non è suo padre, e questo lo sa.
Rivede suo padre nei suoi modi di fare, nelle sue parole, ma non lo vede come un padre.
Quando è vicino a lui sente lo stomaco contrarsi in maniera strana, e questo non le è mai capitato con suo padre.
Forse è perché è il papà di Edward, perché prova le stesse sensazioni che aveva provato quando aveva conosciuto il figlio.
Eppure non li trova simili.
Eddie è adorabile, ma non è di successo come John e non ha neanche intenzione di diventarlo.
Quindi come mai lei si sente così?
“Sono le dieci” annuncia John, destandola dai suoi pensieri “andiamo?”.
Entrano in una stanza molto grande, con un tavolo ovale a cui sono sedute una ventina di persone.
“Sicuro che io possa entrare?” gli sussurra Elettra all’orecchio, mentre avanza.
“Non preoccuparti” le sorride John.
La ragazza si siede quindi in un angolo, come quando aveva assistito alla riunione con Phil.
Anche questa volta, osserva come tutti lo salutano con rispetto e raddrizzano la schiena quando lo vedono arrivare.
Sapeva che era ammirato da tutti!
Mentre le sue idee vengono confermate sempre di più ad ogni collega che gli stringe la mano, John si dirige verso la parte opposta della sala.
Elettra attende, convinta che l’uomo accenderà il proiettore per mostrare dati e grafici, invece John comincia a parlare ed il computer davanti a lui rimane spento.
Wow, pensa subito lei, ci vogliono grandi capacità per tenere un discorso complicato senza nessun ausilio esterno.
John, invece, parla come il più bravo dei presentatori.
Le sembra un’altra persona rispetto a l’uomo che le diceva continuamente che quel lavoro non lo appagava.
Sembra nato per fare quello.
Ricorda quando, mentre pranzavano insieme, le aveva rivelato che avrebbe potuto fare l’avvocato perché era bravo a discutere e catalizzare l’attenzione del pubblico.
Ora capisce cosa intendeva.
Parla di spese, di soldi entrati all’azienda e di interessi come se fosse l’argomento più facile del mondo ed Elettra comincia per la prima volta a capirci davvero qualcosa.
I suoi colleghi sono tutti intenti ad ascoltarlo rapiti e lui è il leader perfetto: parla in tono autoritario e serioso, ma alterna battute leggere per mettere a loro agio le persone che ha davanti.
Elettra pende dalle sue labbra.
Si è completamente dimenticata di dover prendere appunti sull’economia e tenta solo di imparare il più possibile sul suo modo di esporre.
Aspira a diventare esattamente come lui: carismatica, sicura di sé.
Osserva il modo in cui le sue mani si muovono, le maniche della camicia arrotolate al di sopra dei gomiti.
Si accorge di quanto i suoi bicipiti siano pronunciati.
Va in palestra?
Edward le aveva detto che non faceva altro che lavorare.
John la guarda per la prima volta dall’inizio della riunione, e le sorride.
Il cuore di Elettra salta un battito.
Quello scambio di sguardi, quel sorriso.
Sente la stretta allo stomaco più forte che mai.
Il cuore le batte forte e ha le mani che tremano.
Cosa le sta succedendo?
Probabilmente era il fatto che tutti lo consideravano un’autorità, e lui aveva rivolto quel gesto affettuoso solo a lei.
Come se lei contasse più degli altri.
L’aveva fatta sentire speciale, ecco tutto.
Si tranquillizza.
John, invece, è al settimo cielo.
Per un po’, quella mattina, aveva temuto che non sarebbe riuscito a farcela.
Di solito non aveva problemi, ma la presenza di Elettra avrebbe potuto cambiare tutto.
Aveva talento in quel genere di cose, era innegabile, ma non avrebbe voluto trovarsi lì.
Vedere colleghi che volevano davvero quel posto ma non erano bravi quanto lui e vedere sé stesso non fare il minimo sforzo ed avere comunque successo, gli dava sempre la tranquillità necessaria ad essere sciolto e spigliato.
Per la prima volta, quel giorno, si era reso conto che avrebbe avuto un motivo per essere bravo.
Era la prima volta che in quel lavoro aveva un minimo di motivazione, ma con la motivazione era arrivato anche il terrore di sbagliare e rovinare tutto.
Fortunatamente, una volta cominciato a parlare, aveva capito che in tutti quegli anni di discorsi disinteressati aveva in realtà fatto pratica per il momento in cui gli sarebbe importato davvero.
Da quell’attimo in poi era tornato ad essere una passeggiata come sempre.
Anche se non aveva incrociato il suo sguardo per un bel po’, percepiva che Elettra era rimasta colpita dal suo talento.
Per la prima volta, l’atteggiamento reverenziale che i suoi colleghi avevano nei suoi confronti non gli dava fastidio. Anzi, era fiero di poter dimostrare ad Elettra che gli altri lo consideravano il migliore.
Dopo una decina di minuti, però, non aveva più resistito e le aveva lanciato un’occhiata.
Lei era proprio come lui sperava: stupita, ammirata.
Il sorriso gli era nato spontaneo sulle labbra e ne aveva approfittato per fingere che fosse semplicemente un attraente sorriso d’intesa.
Per la prima volta da quando era entrata a far parte dell’azienda, una riunione l’aveva davvero reso fiero di sé stesso.
 
 
Una volta a pranzo, gli amici di John vengono a sapere che Elettra ha assistito a ben due riunioni quella settimana.
“Ti sei annoiata?” si informa Bruce.
“A dire il vero per niente” risponde lei “anche se non è un argomento che di solito mi appassiona, devo ammettere che è stato interessante assistere ad un evento a cui non avevo mai partecipato”.
“Non ci offendiamo” insiste Steve “anzi, puoi tranquillamente dirci che John è insopportabile quando si mette a fare i suoi lunghissimi discorsi”.
Phil ride e da una pacca scherzosa a John, che sorride in imbarazzo.
“No, no” Elettra lancia uno sguardo affettuoso a John “è incredibile. Un vero talento. È riuscito a farmi interessare alla finanza!”.
Steve fa un applauso e guarda l’uomo con ironico stupore.
“E comunque avevi ragione” aggiunge la ragazza, rivolgendosi a Matthew “siete davvero venerati all’interno dell’azienda”.
Steve e Matthew sghignazzano.
“Te ne sei accorta, eh” Matthew le sorride soddisfatto, ma Elettra lo vede distante.
Non ne capisce il motivo, ma le sembra quasi arrabbiato con lei.
Vorrebbe chiedergli se qualcosa non va, ma non lo conosce abbastanza bene.
E comunque sarà sicuramente qualcosa che non la riguarda.
Se ne dimentica appena Phil le fa alcune domande sul suo articolo.
“Di solito ne scrivo uno a settimana” spiega, mentre il gruppo di amici la ascolta in silenzio “e mi danno l’argomento la settimana stessa. Ma a volte capita che me lo diano con più anticipo. Di solito lo fanno con gli argomenti più difficili da trattare, come questo, perché permettono a noi ‘giornalisti’ di informarci quanto serve per poter fare un buon lavoro. Sto comunque scrivendo un articolo a settimana, ma considero questo un grande progetto. È più interessante di quello di cui scrivo di solito e, se viene bene come spero, potrebbe essere pubblicato tra le prime pagine del giornale”.
“Una settimana di preavviso è davvero poco” commenta Bruce “e tu riesci a scrivere in così poco tempo? Quanto ti ci vuole a completare un intero articolo?”.
“Dipende” Elettra si stringe nelle spalle “di solito vado in biblioteca a lavorare. Lì trovo tutte le informazioni facilmente, e a quel punto riesco a finire anche in un paio di pomeriggi di studio intenso. Se invece sono a casa mia è più difficile, perché devo trovare tutto su internet e non mi ci trovo bene, preferisco il cartaceo. Anche perché su molte cose è più affidabile. Se sono a casa mia posso metterci anche l’intera settimana a completare il lavoro”.
“E tutto questo anche d’estate?” si meraviglia Phil “non ti concedi neanche una pausa?”.
“Questa non è l’età giusta per potersi concedere una pausa” Elettra scuote la testa “se prendessi una pausa adesso rischierei di perdere qualche occasione importante e non posso permettermelo”.
“Sì, ma potresti arrivare al punto in cui prenderti pause non ti è più permesso” le dice sconsolato Steve e Phil annuisce.
“In effetti è vero” aggiunge “questi sono i tuoi anni migliori. Dovresti divertirti”.
Elettra rimane per un attimo priva di risposte da dare.
È sempre stata fiera del suo impegno e non si aspettava dei commenti del genere.
“Lei non è una ragazza come tante” le viene immediatamente in aiuto John, che percepisce il suo disagio “è piena di progetti, ambizioni … e dovrebbe continuare a lavorare per esaudire i suoi desideri. Non vedo perché impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi dovrebbe essere una cosa negativa”.
Elettra lo guarda con gratitudine: è stato bravissimo nel difenderla.
“Certo, certo, hai ragione” Steve solleva i palmi delle mani.
“Non li ascoltare” le dice Bruce all’orecchio “continua così”.
Le da una pacca amichevole sulla spalla, poi si volta verso Matthew.
Non era mai stato così silenzioso a pranzo e lui non ne capisce il motivo.
“Tutto bene?” gli domanda, mentre i suoi amici continuano a tempestare Elettra di domande sulle riunioni.
“Sì” Matthew si volta a guardarlo e gli risponde con voce poco sincera.
“Sì, sto bene” ripete poi, più convinto.
Bruce annuisce, tentando invano di decifrare il suo sguardo, poi torna a prestare attenzione agli altri.
Matthew, invece, torna ad osservare John ed Elettra.
La settimana scorsa si era accorto che il suo migliore amico non considerava Elettra solo la fidanzata di suo figlio, ma quel giorno si sta rendendo conto che la cosa è molto più seria di quanto temesse.
Tra i due c’è un’intesa, una sintonia, che non riesce a comprendere.
Nota le occhiate che si lanciano ogni tanto, il modo in cui lei elogia John e lui la difende.
Li sta osservando da quando si sono incontrati per andare a mangiare, ed è quasi sicuro di aver capito qualcosa in più: anche Elettra prova qualcosa per John.
Gli altri non se ne accorgono, ma lui conosce John meglio di chiunque altro e sa come decifrarlo.
Quanto ad Elettra, i suoi sguardi ed il modo in cui parla di lui gli fa pensare che lo ammiri. Molto. Forse anche troppo.
È un disastro, pensa, un vero disastro.
Loro non si rendono conto di quanto folle e pericolosa la situazione sia, ma lui sì.
Ha provato a farlo capire a John, ma lui non ha seguito i suoi consigli e, anzi, non sembra affatto turbato ora.
Se dirgli di non starle accanto fa aumentare la sua voglia di farlo, non sa come risolvere la situazione. Ma sa che deve risolverla.
John è il suo migliore amico, e se lui in questo momento non si rende conto di quello che sta facendo, il suo compito è quello di aiutarlo a capirlo in ogni modo possibile.
 
 
Dopo pranzo, Elettra passa all’ufficio di John per prendere le sue cose e tornare a casa.
“Non dargli ascolto” le dice improvvisamente John, come se avesse aspettato il momento giusto per parlargliene “non vorrei che le parole di adulti che hanno scordato cosa significhi sacrificarsi per degli obbiettivi ti inducano a pensare che non dovresti farli neanche tu”.
“Oh, non preoccuparti” Elettra ride “non riuscirebbero a persuadermi”.
“Bene” John apre l’armadio e le passa il suo zaino.
“Anzi …” la ragazza esita.
John si volta a guardarla “Cosa?”.
“In realtà avrei addirittura intenzione di andare ad un corso estivo per giovani talenti tra meno di un mese”.
Non lo aveva ancora detto ad Edward, perché non sapeva come l’avrebbe presa.
Non voleva dirlo prima a suo padre che a lui, ma le parole le erano uscite di bocca senza che riuscisse a fermarsi.
“Ma è fantastico!” esclama lui.
“Sì” lei annuisce e abbassa lo sguardo, poco convinta “sì, lo è”.
“Qual è il problema?” le domanda, vedendolo esitare.
“Nessun problema” risponde subito lei “solo … non l’ho ancora detto ad Edward, ecco. È un’occasione abbastanza speciale, potrebbe essere davvero utile. Ma significherebbe non vedersi per due settimane intere. Già non ci vediamo spesso durante l’anno scolastico perché sono sempre impegnata …”.
“Beh, inutile dire che per me sarebbe una grandissima stupidaggine lasciar perdere questa cosa per poter uscire con Eddie” John la interrompe “avrete tutto il tempo di stare insieme, non ti preoccupare. E lui capirà, ne sono sicuro. Sa quanto vali”.
Elettra lo ascolta in silenzio, tentando di convincersi.
Non sa neanche lei perché gliene ha parlato.
Non sapeva come dirlo ad Edward, ma a detta di lui stesso il padre non lo conosceva poi così bene.
Non avrebbe potuto aiutarla in questo.
Forse aveva solo bisogno di parlare con qualcuno.
Di sentirsi dire che stava facendo la cosa giusta. E che quel qualcuno non fosse Miles.
La verità è che si sente terribilmente egoista a passare due settimane d’estate in quel modo piuttosto che con il suo ragazzo.
E si sente in colpa soprattutto perché sa che preferisce trovarsi lì, con persone che condividono le sue passioni e la sua voglia di migliorare, rispetto che a guardare serie tv con Edward.
“Beh quindi ormai avrai poco tempo da dedicare a questo articolo” ragiona John, rendendosi conto che quando avrà scritto l’articolo non si vedranno più così spesso.
E questo lo riempie di una tristezza che non gli permette quasi si respirare.
Si sente smarrito.
Dovrà trovare un altro modo per vederla spesso, altrimenti tornerà alla deprimente vita di sempre.
“Sì, suppongo di sì” conviene Elettra “ho ancora poco tempo per finire”.
“Potresti venire anche il sabato” propone lui.
Solo dopo averlo detto di rende conto di quanto sia stato avventato.
Il sabato è il giorno in cui lei sta con suo figlio, e la sua proposta potrebbe sembrare un modo per allontanarla da lui.
Forse lo è davvero.
Oddio, teme John, forse ora lei capirà quanto conta per lui. E penserà che è solo un pazzo maniaco.
Tutta l’ammirazione che aveva per lui scomparirà.
Sta sudando freddo.
Sta per dirle di lasciar perdere quello che ha appena detto, ma lei lo stupisce.
“Forse hai ragione” gli risponde “in effetti mi sarebbe utile”.
Non se lo aspettava.
“Devo decidere, ok?” continua lei “se decido di venire te lo farò sapere tramite Edward”.
“Non serve” John, a quel punto, le sorride “ti do il mio numero”.
Elettra è seduta sugli scalini di fronte al portone di casa sua.
Sono appena le sette e lei tenta di avvistare la macchina di John.
L’uomo arriva puntuale e si ferma davanti all’abitazione.
Mentre Elettra si alza e si dirige verso l’auto, John osserva per l’ennesima volta la sua bellezza delicata.
Indossa dei jeans slavati che le risaltano le gambe magre, e una       t-shirt grigia.
I capelli sono sciolti, come lui li aveva visti solo a cena a casa loro, e gli ricadono sulle spalle in onde scure ed ammalianti.
“Buongiorno” lo saluta, dopo essersi seduta ed aver chiuso lo sportello.
“Buongiorno” ricambia lui “come va?”.
“Benissimo” risponde subito la ragazza, entusiasta “John devo ringraziarti, so che arrivare fin qui significa molti chilometri in più …”
“Scherzi?” la interrompe subito lui “sono in macchina, mica a piedi! Non preoccuparti, non mi pesa affatto. Anzi, non so perché non te l’abbia proposto prima. Chissà a che ora avrai dovuto svegliarti per prendere l’autobus in tempo”.
“Niente di impossibile” lo rassicura lei “non mi è mai pesato. Certo, niente a che vedere con la comodità della macchina” ride “ma si devono fare dei sacrifici per avere dei risultati, e io approfitto di qualsiasi situazione di disagio per abituarmi”.
John non riesce a trattenere un sorriso: lo stupisce sempre di più con i suoi discorsi così maturi.
“Sono d’accordo” commenta “ma non mi sarei mai perdonato se avessi dovuto vederti ancora arrivare a casa mia da sola sapendo che avrei potuto tranquillamente evitartelo”.
Elettra gli sorride, riconoscente.
“Oh” esclama poi “quasi dimenticavo! Ti ho portato un po’ di miei articoli. In realtà un bel po’ …” aggiunge imbarazzata “non devi leggerli tutti, eh. Ne ho portati tanti per precauzione, ma non mi offendo se ne leggi solo un paio. Anzi, lo capirei. Comunque, in questa cartella” estrae una cartella viola dalla borsa “ci sono tutti gli articoli che ho scritto per il giornale della scuola. Non sono tantissimi. Ho cominciato da poco a scrivere per loro, e in più hanno cominciato a pubblicarmi solo dopo un paio di mesi”.
Ricorda come Sarah le aveva fatto scrivere un articolo a settimana per due mesi, rispondendole poi sempre che non era ancora abbastanza brava da essere pubblicata.
Era stato Andrew, il ragazzo della redazione che ci provava sempre con lei, a leggere i suoi lavori e convincere Sarah a pubblicarli.
“Qui, invece” prosegue, tirando fuori dalla borsa una seconda cartellina, questa volta verde “ci sono degli articoli che ho mandato ad alcuni giornali. Non so perché l’ho fatto, mi hanno comunque tutti risposto che non potevano pubblicarmi in quanto minorenne. Suppongo l’abbia fatto semplicemente per fare pratica e perché adoro scrivere, anche quando non porta a niente. Questi li ho portati perché trattano argomenti interessanti, in un modo o in un altro. Quelli del giornale della scuola sono i più recenti, ma ti capisco se non hai voglia di leggerli: gli argomenti sono veramente stupidi e noiosi”.
“Volevo chiedertelo martedì” ricorda John “come mai ti assegnano articoli così noiosi?”.
“Beh …” Elettra esita, indecisa su cosa rispondere.
In fondo John non ha ancora letto niente di suo, e potrebbe pensare che sia solo convinta, erroneamente, di essere brava.
Non vuole sembrare una presuntuosa.
“Sinceramente non lo so” alla fine opta per la sincerità “la capo redattrice nutre un po’ di antipatia per me, questo è innegabile. Mi dicono spesso, anche i ragazzi che lavorano con me, che ho del talento. Sono addirittura arrivate delle lettere da parte dei lettori che chiedevano al giornale di darmi più spazio” John solleva un sopracciglio, colpito “ma Sarah, il capo, continua a dirmi che non sto da abbastanza tempo nel giornale e devo imparare molto prima di arrivare alla vetta. Non che non sia d’accordo, si può sempre migliorare, ma gli altri articoli non sono di certo scritti meglio dei miei e …”.
John ridacchia ed Elettra lo guarda stupita.
“Non serve che tenti di spiegarmi in questo modo concitato” le spiega “so esattamente di cosa stai parlando”.
“Ah sì?” domanda lei, incerta.
“Assolutamente” conferma lui “ ne ho conosciute tante di persone così, purtroppo. Mi sono trovato spesso nella tua stessa situazione. Capisco la sensazione. Se una cosa mi viene bene, perché mi trattano come il peggiore? Sfortunatamente, Elettra, il talento è spesso scomodo. Soprattutto se i tuoi superiori non sono al tuo livello. Sono semplicemente invidiosi. Ti temono, e per questo tentano di tenerti il più in basso possibile, dove puoi rimanere sotto il loro controllo. Hanno paura che, se ti dessero spazio, prenderesti il sopravvento”.
“Non lo so” Elettra riflette “non penso che Sarah non abbia talento”.
“Come scrive?” si informa John.
“Non ne ho idea” la ragazza si stringe nelle spalle “non ho mai letto niente di suo. Da quando è diventata capo redattore ha smesso di scrivere. Ma questo non significa che non sia brava”.
“Può darsi” conviene lui “come può darsi che non sia poi questo granché. Potrebbe essere il motivo per cui le stai così antipatica e non ti concede lo spazio che ti meriti”.
Elettra lo ascolta, ancora poco convinta.
Se fosse vero, come avrebbe fatto a diventare il capo del giornale?
“Comunque l’importante è non abbattersi” le dice John “la cosa fondamentale è lasciare che i commenti degli altri definiscano chi sei” ad Elettra quella frase sembra terribilmente personale, quasi lo stesse ricordando a sé stesso “ci saranno sempre persone che ti diranno che non hai talento, che non sei niente di che. Tu sei una ragazza intelligente, sei in grado di capire da sola quanto vali. Non lasciarti convincere da nessuno di qualcosa in cui non credi. Se sei convinta di saper fare qualcosa, dimostralo a tutti. Non permettere a nessuno di definirti. Sei tu a definire te stessa”.
Elettra lo guarda e gli sorride.
Prova un moto di affetto improvviso verso quell’uomo, le cui parole le ricordano incredibilmente quelle di suo padre.
Lo vede come non lo aveva mai visto.
Comincia ad apprezzare i suoi modi, a tratti bruschi e a tratti così paterni e gentili.
Osserva il suo naso pronunciato, i capelli che gli arrivano quasi alle spalle, le mani grandi.
Prova una sensazione che non sa descrivere.
Qualcosa di intimo, come se si conoscessero da sempre e se ne rendesse conto per la prima volta.
Vorrebbe dirglielo, ma ha paura che lui la consideri fuori di testa.
“Lo so” dice invece “mi è stato insegnato quando ero piccola e non l’ho più dimenticato”.
Fa un respiro profondo, automaticamente.
Non gli capita mai di parlare del padre ed è come se il suo corpo si preparasse all’impatto, ma allo stesso tempo lo fa senza quasi rendersene conto.
Non gli costa nulla, apre semplicemente la bocca e le parole scorrono fuori come un fiume in piena, come se non aspettassero altro che uscire.
“Mio padre mi diceva sempre che devo essere consapevole di quanto valgo e non scordarlo mai. Mi ha insegnato ad essere sempre la versione migliore di me stessa, a spingermi oltre il limite per poi realizzare che posso riuscire a superarlo”.
“Uomo saggio” commenta John, inconsapevole di quanto sia raro che Elettra parli di lui.
“E’ il migliore” conferma lei “ora non lo vedo più molto, ma lo sento ancora. E ricordo ognuna delle sue lezioni di vita. Se sono brava nella maggior parte delle cose che faccio lo devo a lui”.
John non sa come rispondere.
Percepisce l’amore di Elettra per il padre, ma allo stesso tempo non gli sembra che il padre sia particolarmente interessato a lei.
Non vuole dire qualcosa che potrebbe offenderla.
“E’ un avvocato bravissimo, sai” continua lei, come se non avesse desiderato altro che poterne parlare fino a quel momento “quando ero più piccola andavo sempre a vedere le sue udienze. Rimanevo incantata a sentirlo a parlare. Ha un potere persuasivo incredibile. Vince praticamente ogni caso. Quando parla la gente pende dalle sue labbra, anche se non lo conosce”.
“Sembra davvero fenomenale” John le sorride, intenerito dal suo entusiasmo.
Vorrebbe abbracciarla, coccolare quella ragazza che meriterebbe il meglio e invece si ritrova con un padre che nemmeno la va a trovare.
Vorrebbe darle tutto l’affetto che non ha ricevuto, vorrebbe essere lui a supportarla e farle capire quanto vale.
Elettra, dal canto suo, si sta lentamente rendendo conto di tutte le cose di cui ha parlato negli ultimi minuti.
Cose di cui non parla da anni, che ha conservato nel suo cuore come il più prezioso dei regali, ma che non si azzardava mai a rivelare a nessuno.
E ora, con una facilità che non credeva possibile, le aveva espresse tutte.
Si sente libera da un peso.
Si rende conto di quanto le pesasse non poter più parlare della persona che stima di più al mondo.
Ma la madre aveva abolito suo padre dagli argomenti, facendo finta che non fosse mai esistito, e lei si era quasi abituata a vivere con quel tabù.
“Non parlo mai di queste cose” dice, sorridendo imbarazzata “è la prima volta che dico queste cose ad alta voce da quando papà se ne è andato”.
“E perché le dici a me?” John approfitta di quel momento per capire se anche lei prova quel senso di inspiegabile familiarità che prova lui quando sono solo loro due.
“Sinceramente non lo so” confessa lei “non riesco a spiegarmelo. E’ come se ti conoscessi da sempre. Non sento il minimo imbarazzo a dirti quello che penso, anzi mi viene quasi naturale! Oddio, penserai che sono fuori di testa …”.
“No, affatto” John scuote la testa “anch’io mi sento così con te”.
“E’ strano” commenta Elettra, poi scoppia a ridere.
“Già” anche John ride.
Sono risate quasi nervose, di sollievo, di felicità pura.
Elettra è sollevata di essere riuscita a parlare di argomenti che pensava sarebbero rimasti un tabù per il resto della sua vita.
John è sollevato di non essere l’unico a percepire che il loro rapporto è speciale e di aver finalmente trovato, dopo anni, qualcuno con cui poter parlare davvero.
Il resto del viaggio è silenzioso, ma è un silenzio tranquillo, rilassato.
Il silenzio di due persone a proprio agio l’una con l’altra.
 
 
In ufficio, Elettra comincia a fremere in attesa di vedere John in azione durante la riunione.
Lui sistema i documenti in attesa delle dieci, e la invita a sedersi nel frattempo.
La ragazza è ancora scossa da quanto successo in macchina.
Non tanto da quello che ha detto, ma dalle sensazioni che ha provato.
Ancora non sa identificarle, né tantomeno spiegarle.
Quello che sa con certezza, è che ora lo vede con occhi diversi.
Se prima provava solo un’ammirazione distaccata, come la si può provare per un bravo professore, ora prova l’ammirazione che si ha per un genitore, per un amico stretto.
È come se avesse trovato qualcuno come suo padre, finalmente.
Qualcuno da poter considerare la verità assoluta.
Da cui poter imparare ogni giorno qualcosa di nuovo.
Ma non è suo padre, e questo lo sa.
Rivede suo padre nei suoi modi di fare, nelle sue parole, ma non lo vede come un padre.
Quando è vicino a lui sente lo stomaco contrarsi in maniera strana, e questo non le è mai capitato con suo padre.
Forse è perché è il papà di Edward, perché prova le stesse sensazioni che aveva provato quando aveva conosciuto il figlio.
Eppure non li trova simili.
Eddie è adorabile, ma non è di successo come John e non ha neanche intenzione di diventarlo.
Quindi come mai lei si sente così?
“Sono le dieci” annuncia John, destandola dai suoi pensieri “andiamo?”.
Entrano in una stanza molto grande, con un tavolo ovale a cui sono sedute una ventina di persone.
“Sicuro che io possa entrare?” gli sussurra Elettra all’orecchio, mentre avanza.
“Non preoccuparti” le sorride John.
La ragazza si siede quindi in un angolo, come quando aveva assistito alla riunione con Phil.
Anche questa volta, osserva come tutti lo salutano con rispetto e raddrizzano la schiena quando lo vedono arrivare.
Sapeva che era ammirato da tutti!
Mentre le sue idee vengono confermate sempre di più ad ogni collega che gli stringe la mano, John si dirige verso la parte opposta della sala.
Elettra attende, convinta che l’uomo accenderà il proiettore per mostrare dati e grafici, invece John comincia a parlare ed il computer davanti a lui rimane spento.
Wow, pensa subito lei, ci vogliono grandi capacità per tenere un discorso complicato senza nessun ausilio esterno.
John, invece, parla come il più bravo dei presentatori.
Le sembra un’altra persona rispetto a l’uomo che le diceva continuamente che quel lavoro non lo appagava.
Sembra nato per fare quello.
Ricorda quando, mentre pranzavano insieme, le aveva rivelato che avrebbe potuto fare l’avvocato perché era bravo a discutere e catalizzare l’attenzione del pubblico.
Ora capisce cosa intendeva.
Parla di spese, di soldi entrati all’azienda e di interessi come se fosse l’argomento più facile del mondo ed Elettra comincia per la prima volta a capirci davvero qualcosa.
I suoi colleghi sono tutti intenti ad ascoltarlo rapiti e lui è il leader perfetto: parla in tono autoritario e serioso, ma alterna battute leggere per mettere a loro agio le persone che ha davanti.
Elettra pende dalle sue labbra.
Si è completamente dimenticata di dover prendere appunti sull’economia e tenta solo di imparare il più possibile sul suo modo di esporre.
Aspira a diventare esattamente come lui: carismatica, sicura di sé.
Osserva il modo in cui le sue mani si muovono, le maniche della camicia arrotolate al di sopra dei gomiti.
Si accorge di quanto i suoi bicipiti siano pronunciati.
Va in palestra?
Edward le aveva detto che non faceva altro che lavorare.
John la guarda per la prima volta dall’inizio della riunione, e le sorride.
Il cuore di Elettra salta un battito.
Quello scambio di sguardi, quel sorriso.
Sente la stretta allo stomaco più forte che mai.
Il cuore le batte forte e ha le mani che tremano.
Cosa le sta succedendo?
Probabilmente era il fatto che tutti lo consideravano un’autorità, e lui aveva rivolto quel gesto affettuoso solo a lei.
Come se lei contasse più degli altri.
L’aveva fatta sentire speciale, ecco tutto.
Si tranquillizza.
John, invece, è al settimo cielo.
Per un po’, quella mattina, aveva temuto che non sarebbe riuscito a farcela.
Di solito non aveva problemi, ma la presenza di Elettra avrebbe potuto cambiare tutto.
Aveva talento in quel genere di cose, era innegabile, ma non avrebbe voluto trovarsi lì.
Vedere colleghi che volevano davvero quel posto ma non erano bravi quanto lui e vedere sé stesso non fare il minimo sforzo ed avere comunque successo, gli dava sempre la tranquillità necessaria ad essere sciolto e spigliato.
Per la prima volta, quel giorno, si era reso conto che avrebbe avuto un motivo per essere bravo.
Era la prima volta che in quel lavoro aveva un minimo di motivazione, ma con la motivazione era arrivato anche il terrore di sbagliare e rovinare tutto.
Fortunatamente, una volta cominciato a parlare, aveva capito che in tutti quegli anni di discorsi disinteressati aveva in realtà fatto pratica per il momento in cui gli sarebbe importato davvero.
Da quell’attimo in poi era tornato ad essere una passeggiata come sempre.
Anche se non aveva incrociato il suo sguardo per un bel po’, percepiva che Elettra era rimasta colpita dal suo talento.
Per la prima volta, l’atteggiamento reverenziale che i suoi colleghi avevano nei suoi confronti non gli dava fastidio. Anzi, era fiero di poter dimostrare ad Elettra che gli altri lo consideravano il migliore.
Dopo una decina di minuti, però, non aveva più resistito e le aveva lanciato un’occhiata.
Lei era proprio come lui sperava: stupita, ammirata.
Il sorriso gli era nato spontaneo sulle labbra e ne aveva approfittato per fingere che fosse semplicemente un attraente sorriso d’intesa.
Per la prima volta da quando era entrata a far parte dell’azienda, una riunione l’aveva davvero reso fiero di sé stesso.
 
 
Una volta a pranzo, gli amici di John vengono a sapere che Elettra ha assistito a ben due riunioni quella settimana.
“Ti sei annoiata?” si informa Bruce.
“A dire il vero per niente” risponde lei “anche se non è un argomento che di solito mi appassiona, devo ammettere che è stato interessante assistere ad un evento a cui non avevo mai partecipato”.
“Non ci offendiamo” insiste Steve “anzi, puoi tranquillamente dirci che John è insopportabile quando si mette a fare i suoi lunghissimi discorsi”.
Phil ride e da una pacca scherzosa a John, che sorride in imbarazzo.
“No, no” Elettra lancia uno sguardo affettuoso a John “è incredibile. Un vero talento. È riuscito a farmi interessare alla finanza!”.
Steve fa un applauso e guarda l’uomo con ironico stupore.
“E comunque avevi ragione” aggiunge la ragazza, rivolgendosi a Matthew “siete davvero venerati all’interno dell’azienda”.
Steve e Matthew sghignazzano.
“Te ne sei accorta, eh” Matthew le sorride soddisfatto, ma Elettra lo vede distante.
Non ne capisce il motivo, ma le sembra quasi arrabbiato con lei.
Vorrebbe chiedergli se qualcosa non va, ma non lo conosce abbastanza bene.
E comunque sarà sicuramente qualcosa che non la riguarda.
Se ne dimentica appena Phil le fa alcune domande sul suo articolo.
“Di solito ne scrivo uno a settimana” spiega, mentre il gruppo di amici la ascolta in silenzio “e mi danno l’argomento la settimana stessa. Ma a volte capita che me lo diano con più anticipo. Di solito lo fanno con gli argomenti più difficili da trattare, come questo, perché permettono a noi ‘giornalisti’ di informarci quanto serve per poter fare un buon lavoro. Sto comunque scrivendo un articolo a settimana, ma considero questo un grande progetto. È più interessante di quello di cui scrivo di solito e, se viene bene come spero, potrebbe essere pubblicato tra le prime pagine del giornale”.
“Una settimana di preavviso è davvero poco” commenta Bruce “e tu riesci a scrivere in così poco tempo? Quanto ti ci vuole a completare un intero articolo?”.
“Dipende” Elettra si stringe nelle spalle “di solito vado in biblioteca a lavorare. Lì trovo tutte le informazioni facilmente, e a quel punto riesco a finire anche in un paio di pomeriggi di studio intenso. Se invece sono a casa mia è più difficile, perché devo trovare tutto su internet e non mi ci trovo bene, preferisco il cartaceo. Anche perché su molte cose è più affidabile. Se sono a casa mia posso metterci anche l’intera settimana a completare il lavoro”.
“E tutto questo anche d’estate?” si meraviglia Phil “non ti concedi neanche una pausa?”.
“Questa non è l’età giusta per potersi concedere una pausa” Elettra scuote la testa “se prendessi una pausa adesso rischierei di perdere qualche occasione importante e non posso permettermelo”.
“Sì, ma potresti arrivare al punto in cui prenderti pause non ti è più permesso” le dice sconsolato Steve e Phil annuisce.
“In effetti è vero” aggiunge “questi sono i tuoi anni migliori. Dovresti divertirti”.
Elettra rimane per un attimo priva di risposte da dare.
È sempre stata fiera del suo impegno e non si aspettava dei commenti del genere.
“Lei non è una ragazza come tante” le viene immediatamente in aiuto John, che percepisce il suo disagio “è piena di progetti, ambizioni … e dovrebbe continuare a lavorare per esaudire i suoi desideri. Non vedo perché impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi dovrebbe essere una cosa negativa”.
Elettra lo guarda con gratitudine: è stato bravissimo nel difenderla.
“Certo, certo, hai ragione” Steve solleva i palmi delle mani.
“Non li ascoltare” le dice Bruce all’orecchio “continua così”.
Le da una pacca amichevole sulla spalla, poi si volta verso Matthew.
Non era mai stato così silenzioso a pranzo e lui non ne capisce il motivo.
“Tutto bene?” gli domanda, mentre i suoi amici continuano a tempestare Elettra di domande sulle riunioni.
“Sì” Matthew si volta a guardarlo e gli risponde con voce poco sincera.
“Sì, sto bene” ripete poi, più convinto.
Bruce annuisce, tentando invano di decifrare il suo sguardo, poi torna a prestare attenzione agli altri.
Matthew, invece, torna ad osservare John ed Elettra.
La settimana scorsa si era accorto che il suo migliore amico non considerava Elettra solo la fidanzata di suo figlio, ma quel giorno si sta rendendo conto che la cosa è molto più seria di quanto temesse.
Tra i due c’è un’intesa, una sintonia, che non riesce a comprendere.
Nota le occhiate che si lanciano ogni tanto, il modo in cui lei elogia John e lui la difende.
Li sta osservando da quando si sono incontrati per andare a mangiare, ed è quasi sicuro di aver capito qualcosa in più: anche Elettra prova qualcosa per John.
Gli altri non se ne accorgono, ma lui conosce John meglio di chiunque altro e sa come decifrarlo.
Quanto ad Elettra, i suoi sguardi ed il modo in cui parla di lui gli fa pensare che lo ammiri. Molto. Forse anche troppo.
È un disastro, pensa, un vero disastro.
Loro non si rendono conto di quanto folle e pericolosa la situazione sia, ma lui sì.
Ha provato a farlo capire a John, ma lui non ha seguito i suoi consigli e, anzi, non sembra affatto turbato ora.
Se dirgli di non starle accanto fa aumentare la sua voglia di farlo, non sa come risolvere la situazione. Ma sa che deve risolverla.
John è il suo migliore amico, e se lui in questo momento non si rende conto di quello che sta facendo, il suo compito è quello di aiutarlo a capirlo in ogni modo possibile.
 
 
Dopo pranzo, Elettra passa all’ufficio di John per prendere le sue cose e tornare a casa.
“Non dargli ascolto” le dice improvvisamente John, come se avesse aspettato il momento giusto per parlargliene “non vorrei che le parole di adulti che hanno scordato cosa significhi sacrificarsi per degli obbiettivi ti inducano a pensare che non dovresti farli neanche tu”.
“Oh, non preoccuparti” Elettra ride “non riuscirebbero a persuadermi”.
“Bene” John apre l’armadio e le passa il suo zaino.
“Anzi …” la ragazza esita.
John si volta a guardarla “Cosa?”.
“In realtà avrei addirittura intenzione di andare ad un corso estivo per giovani talenti tra meno di un mese”.
Non lo aveva ancora detto ad Edward, perché non sapeva come l’avrebbe presa.
Non voleva dirlo prima a suo padre che a lui, ma le parole le erano uscite di bocca senza che riuscisse a fermarsi.
“Ma è fantastico!” esclama lui.
“Sì” lei annuisce e abbassa lo sguardo, poco convinta “sì, lo è”.
“Qual è il problema?” le domanda, vedendolo esitare.
“Nessun problema” risponde subito lei “solo … non l’ho ancora detto ad Edward, ecco. È un’occasione abbastanza speciale, potrebbe essere davvero utile. Ma significherebbe non vedersi per due settimane intere. Già non ci vediamo spesso durante l’anno scolastico perché sono sempre impegnata …”.
“Beh, inutile dire che per me sarebbe una grandissima stupidaggine lasciar perdere questa cosa per poter uscire con Eddie” John la interrompe “avrete tutto il tempo di stare insieme, non ti preoccupare. E lui capirà, ne sono sicuro. Sa quanto vali”.
Elettra lo ascolta in silenzio, tentando di convincersi.
Non sa neanche lei perché gliene ha parlato.
Non sapeva come dirlo ad Edward, ma a detta di lui stesso il padre non lo conosceva poi così bene.
Non avrebbe potuto aiutarla in questo.
Forse aveva solo bisogno di parlare con qualcuno.
Di sentirsi dire che stava facendo la cosa giusta. E che quel qualcuno non fosse Miles.
La verità è che si sente terribilmente egoista a passare due settimane d’estate in quel modo piuttosto che con il suo ragazzo.
E si sente in colpa soprattutto perché sa che preferisce trovarsi lì, con persone che condividono le sue passioni e la sua voglia di migliorare, rispetto che a guardare serie tv con Edward.
“Beh quindi ormai avrai poco tempo da dedicare a questo articolo” ragiona John, rendendosi conto che quando avrà scritto l’articolo non si vedranno più così spesso.
E questo lo riempie di una tristezza che non gli permette quasi si respirare.
Si sente smarrito.
Dovrà trovare un altro modo per vederla spesso, altrimenti tornerà alla deprimente vita di sempre.
“Sì, suppongo di sì” conviene Elettra “ho ancora poco tempo per finire”.
“Potresti venire anche il sabato” propone lui.
Solo dopo averlo detto di rende conto di quanto sia stato avventato.
Il sabato è il giorno in cui lei sta con suo figlio, e la sua proposta potrebbe sembrare un modo per allontanarla da lui.
Forse lo è davvero.
Oddio, teme John, forse ora lei capirà quanto conta per lui. E penserà che è solo un pazzo maniaco.
Tutta l’ammirazione che aveva per lui scomparirà.
Sta sudando freddo.
Sta per dirle di lasciar perdere quello che ha appena detto, ma lei lo stupisce.
“Forse hai ragione” gli risponde “in effetti mi sarebbe utile”.
Non se lo aspettava.
“Devo decidere, ok?” continua lei “se decido di venire te lo farò sapere tramite Edward”.
“Non serve” John, a quel punto, le sorride “ti do il mio numero”.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Venerdì pomeriggio, Elettra torna a casa dopo essere stata in redazione quasi l’intera giornata.
Si dirige subito in camera sua e cerca qualcosa di comodo da mettersi.
Sarah, per l’ennesima volta, l’aveva resa furiosa.
Aveva consegnato l’articolo sui funghi e, se doveva essere sincera, non le dispiaceva come era venuto.
Probabilmente quella era la sua più grande abilità, perché era riuscita a rendere interessante anche un argomento del genere.
Era riuscita a focalizzarsi sul lato divertente della faccenda ed aveva mixato ironia e fatti in un connubio decisamente di successo.
Sarah, però, aveva negato le sue capacità per l’ennesima volta e l’aveva avvisata che il suo duro lavoro sarebbe finito a pagina ventidue, tra altre storie altrettanto noiose.
Lei sapeva che replicare non sarebbe servito a niente, per cui aveva semplicemente annuito e aveva aiutato i suoi amici ad impaginare il giornale.
Si era divertita con loro, come sempre, e la sua rabbia si era raffreddata un poco.
Quello che aveva notato, in realtà, era che non era arrabbiata come al solito.
Si sentiva nervosa, ma non in modo esagerato.
Era abbastanza tranquilla e, nonostante tutto, rilassata.
Sapeva il perché di quella situazione: John.
Da quando aveva ritrovato alcuni atteggiamenti di suo padre in lui, era come se la sua vita fosse più luminosa.
Forse non si era resa conto fino in fondo di quanto le mancasse qualcosa.
Il giorno prima si era sentita completa, sollevata, come non si sentiva da tre anni. Precisamente da quando Kevin, suo padre, se ne era andato.
La cosa più strana di tutto ciò, però, era che non ritrovava una figura paterna in John.
Sì, si vedeva che teneva a lei e che voleva che lei avesse successo, ma non riusciva proprio a vederlo come un genitore o qualcosa di simile.
Nonostante fosse molto più grande di lei, le sembrava fosse semplicemente un suo amico stretto.
Era una situazione singolare, ma non le importava. Era felice di aver trovato qualcuno con cui aveva così tanto in comune, e che di più fosse il padre del suo ragazzo.
Estrae dall’armadio una tuta grigia e si cambia.
Finalmente un po’ di comodità!
Si lega i capelli e va in bagno.
Non le era mai piaciuto truccarsi, ma adorava la cura della pelle.
Anni prima aveva sofferto di acne e questo le aveva permesso di scoprire prodotti per il viso miracolosi.
L’acne se ne era andata in meno di un anno grazie alla sua dedizione e al suo impegno in quelle cure, ma lei aveva continuato ad usarle.
Un po’ per evitare che l’acne potesse tornare, ma soprattutto perché amava il modo in cui la pelle appariva fresca e perfetta dopo ogni trattamento.
Prende quindi dall’armadietto a specchio una maschera idratante.
Apre il barattolo e lo trova mezzo vuoto.
Eva ha usato di nuovo le sue cose.
Deve ricordarsi di dirglielo, per l’ennesima volta …
Applica la crema rimanente sul viso.
È rosa e molto pastosa. Adora quel contatto così rilassante.
Si massaggia le guance e avvia il timer.
Scende poi le scale e va in salotto.
Si siede sul divano e accende la televisione.
Fa zapping pigramente.
Trova un programma televisivo a premi e tenta di rispondere correttamente alle domande poste ai concorrente.
Il più delle volte ci riesce.
Dopo una decina di minuti si alza di nuovo e si dirige verso il frigo.
È quasi ora di cena, ma non le importa.
È stanca e ha davvero bisogno di zuccheri per non crollare a dormire sul divano.
Opta per i biscotti al cioccolato che sua madre aveva comprato per lei al supermercato il giorno prima e torna in salotto con la scatola trasparente in mano.
Il programma è finito, quindi cambia canale.
Si blocca su un film che le piace.
È iniziato da un bel po’, in realtà sta finendo, ma non le importa.
Adora i film.
Li guarderebbe in continuazione.
In poco tempo si perde nella storia, come le capita spesso.
All’improvviso il suo telefono emette un suono breve ed acuto.
Lo estrae dalla tasca: un messaggio da sua sorella.
 
Se vedi mamma, dille che sto tornando. Non vedo l’ora di farti conoscere Christian!
 
Elettra alza gli occhi al cielo.
 
Smettila di usare le mie cose!
 
Le risponde.
Il film è giunto al momento clou.
A protagonista sta per prendere il volo che la separerà per sempre dal suo ex, che l’ha tradita.
All’ultimo momento l’uomo in questione la chiama, proprio mentre sta per imbarcarsi.
‘Era tutto falso!’ le dice ‘non ti ho tradito! Non lo farei mai!’.
Lei corre ad abbracciarlo e le persone intorno a loro applaudono.
Un po’ scontato, pensa Elettra. Ma in fondo adora i finali sdolcinati.
Un altro messaggio da sua sorella.
 
Non so di cosa parli … ti voglio bene!
 

È sempre la solita.
Non c’è modo di farle ammettere le cose, nega sempre anche l’evidenza.
Però Elettra è felice che con Christian vada tutto bene.
Non lo conosce, quindi non si fida totalmente, ma di solito Eva scopre sempre che gli uomini con cui esce sono sposati dopo un paio di giorni.
Questa volta, invece, è passata quasi una settimana e tutto sembra procedere serenamente.
Purtroppo sua sorella ha un debole per gli uomini più grandi di lei, intorno ai trentacinque anni, e con un bel lavoro.
La maggior parte degli individui con queste caratteristiche sono però solo in cerca di avventure passeggere.
Lei ci rimane sempre male e ad Elettra dispiace vederla soffrire.
Non le importa cosa dice sua madre, lei spera che Christian non la deluda e la renda felice.
Proprio mentre pensa a sua madre, quest’ultima apre la porta di casa.
Si stupisce di vederla sul divano.
“Pensavo volessi riposarti” le dice appena entrata.
“Lo sto facendo” lei indica la sua maschera di bellezza e la larga tuta.
“Intendevo dormendo” precisa sua madre.
“Lo sai che non mi piace dormire il pomeriggio” le ricorda lei.
“El” sua madre sbuffa “devi riposare un po’. A che ora sei tornata?”.
“No so” Elettra  scrolla le spalle, tentando si pensare ad un orario accettabile ma anche credibile “un paio di ore fa?”.
“Davvero?” sua madre inarca un sopracciglio, incerta se crederle o no.
“Mhmh” lei annuisce vigorosamente.
Loren apre il frigorifero.
“Cosa vuoi per cena?” le domanda a voce alta.
“Quali sono le opzioni?” si informa Elettra, che ha appena trovato un documentario interessante.
“Vediamo …” la mamma ispeziona minuziosamente il frigo in cerca di qualche idea, poi si arrende e lo chiude “cinese?”.
“Chiamo” annuisce Elettra, già con il telefono pronto.
Dopo aver ordinato,la ragazza va velocemente a lavare via dal viso la sua maschera idratante.
Dopo di che aspettano entrambe il fattorino davanti alla tv.
“Wow, non lo sapevo” commenta la ragazza, dopo aver ascoltato un aneddoto sulla cultura etrusca.
Il presentatore parla di popoli antichi continuando a camminare avanti e indietro in mezzo a grandi foto tridimensionali.
“Io sì” si vanta sua madre, poi le fa la linguaccia.
Elettra ride, seguita a ruota da Loren.
Se c’è una cosa che le piace di sua madre, è che con lei può parlare di argomenti interessanti e la troverà sempre preparata.
Le piace parlare di argomenti di cultura generale e sua madre è sempre disponibile per quel genere di cose.
È stato suo padre, in realtà, a trasmettergli la passione per i documentari.
Erano soliti guardarli insieme, dopo cena, con dei popcorn o un paio di cioccolate calde.
A volte Loren si univa a loro, ma non capitava poi così spesso.
I suoi genitori erano entrambi estremamente intelligenti, e questo l’aveva sempre spronata a diventarlo a sua volta.
Era così fiera della sua famiglia perfetta, tempo fa.
La stessa Eva, con il suo spirito da ribelle, stava bene in quel quadretto perfetto.
Quando c’era suo padre, i disastri di Eva venivano discussi insieme.
Si cercava una soluzione.
Di solito Kevin andava in camera di sua sorella e le parlava.
Iniziava sempre seriamente, facendole capire dove aveva sbagliato e perché quello che aveva non andava bene, ma finivano sempre a ridere e scherzare alla fine.
Tutto era sereno quando c’era lui.
Ora le sembrava tutto forzato.
Sì, sta bene lì sul divano a commentare i documentari con sua madre, ma sente che qualcosa manca e questo non le permette di godersi quel momento.
“Hai consegnato l’articolo?” le domanda Loren.
Elettra annuisce.
“Di cosa trattava?” si informa la donna.
“Funghi” mormora Elettra, un po’ imbarazzata.
“Funghi?” ripete lei “Incredibile! La scrittrice migliore della città e le fanno scrivere queste stupidaggini”.
“Mamma, sai come funziona” le ricorda la ragazza, sconsolata.
“Non mi importa” esclama sua madre “un giorno di questi andrò da Sarah e gliene dirò quattro. Sono stufa di sentire che ti trattano così. Non lo meriti affatto!”.
Elettra le sorride.
Le fa piacere sapere che la considera capace. Non è il tipo che lusinga le figlie se non se lo meritano.
Inutile dire che non ha mai gratificato Eva in tutta la sua vita, e anche lei non si sente fare spesso complimenti.
“Grazie, mamma” le dice “ma preferirei non lo facessi. Peggiorerebbe solo la situazione”.
“Hai più visto Miles?” domanda improvvisamente Loren.
Lo aveva conosciuto un anno fa, quando era andato alla sua università per un orientamento.
Si era accorta subito che era molto intelligente e se lo era immediatamente immaginato al fianco di Elettra.
Lei le aveva fatto notare che era un ragazzo estremamente presuntuoso, ma l’idea di Loren era rimasta abbastanza positiva.
“Forse un paio di volte” risponde la ragazza, vaga.
“Sa che ti sei fidanzata?”.
“Ma cosa vuoi che gliene importi!” non ha detto alla madre che Miles è innamorato di lei.
Se lo sapesse, organizzerebbe direttamente il loro matrimonio.
“Piuttosto” continua la ragazza “posso uscire sabato?”.
“Perché me lo chiedi?” si stupisce Loren.
In realtà non lo sa neanche lei.
Il fatto è che non ha ancora deciso se uscire con Edward o andare al lavoro con John e vorrebbe qualche aiuto per scegliere.
“Non so” si stringe nelle spalle “volevo sapere se potevo stare fuori la mattina o no. Magari hai bisogno di me per qualcosa”.
“La mattina?” sua madre inarca un sopracciglio “esci con Edward la mattina?”.
“No, no” lei scuote la testa “dovrei andare al lavoro con suo padre. Per l’articolo, ricordi?”.
“Anche di sabato?” insiste Loren.
“Devo scrivere un buon articolo” le ricorda la figlia “non posso finire di nuovo tra le ultime pagine”.
“Come vuoi tu, tesoro” sua madre solleva i palmi delle mani.
Come vuole lei.
Ma cosa vuole lei?
Non ne è sicura.
Le è sempre piaciuto il sabato, perché è l’unico giorno in cui di solito si rilassa e non ha niente di importante da fare.
Le piace uscire con Edward e non fare nulla di serio per l’intera giornata.
Ma le piace anche lavorare ai suoi articoli.
A quello specialmente.
Sente di star imparando così tanto in quegli uffici e,  soprattutto, da John.
Vuole sfruttare fino in fondo quell’opportunità.
Non può sprecarla per uscire con il suo ragazzo.
E poi ora ha quel rapporto così speciale con John!
Si sente così felice con lui e vorrebbe passare più tempo possibile al suo fianco.
Ma in qualche modo si sente di star facendo un torto ad Edward.
Forse perché preferisce la compagnia di suo padre alla sua.
Sa che è terribile da dire, ma probabilmente è così.
Non lo fa apposta, e con Edward si trova benissimo, ma c’è qualcosa in John … il loro è un rapporto speciale.
Eddie lo capirà?
Forse dovrebbe spiegargli quanto è simile a suo padre.
Forse in quel modo capirebbe.
E comunque, lo ama ma la sua carriera viene prima di tutto.
Si vedranno comunque domenica, al barbecue, quindi non dovrebbe prendersela poi tanto.
Ma sì, capirà sicuramente.
Sa quanto il suo lavoro è importante.
Decide di chiamarlo e dirglielo.
“Vado un attimo in camera mia” dice a sua madre, alzandosi dal divano.
Una volta lì, chiude la porta e si siede sul suo letto.
Compone il numero ed attende.
Edward risponde dopo un paio di squilli.
“Ciao Eddie” lo saluta.
“Buonasera” ricambia lui “tutto bene”.
“Sì, sì” conferma lei, che si sente già in colpa.
Decide di tergiversare un po’.
“Come è andata la giornata?” gli domanda quindi.
“Oh, tutto bene” risponde lui “sono uscito con Tom, abbiamo mangiato insieme. Siamo andati al negozio di fumetti, sai quanto gli piace, e ne ha comprati tipo venti!”.
Elettra ride.
Il suo migliore amico, Tom, è appassionato di supereroi ed ha una collezione di fumetti infinita.
Lei l’aveva vista solo in fotografia, anche perché aveva conosciuto Tom solo un mese prima, ma le era comunque sembrata una cosa incredibile.
Tom le è simpatico. Le fa piacere stare con lui, la fa ridere spesso.
Lui ed Eddie sono amici da quanto andavano alle elementari.
Elettra adora vederli insieme. Scherzano sempre, non litigano mai.
Secondo lei, potrebbero passare un mese intero chiusi in una stanza e non si stancherebbero comunque di stare insieme.
“Abbiamo mangiato ad un fast food” continua Ed “e abbiamo fatto a gara per chi riuscisse a mangiare più hamburger. Ho vinto io! Ne ho mangiati otto. Ho ancora lo stomaco che scoppia, ma ne è valsa la pena”.
“Eddie …” lo rimprovera la ragazza.
“Sto bene!” si difende lui “non ho fatto nulla di impossibile”.
“No, ma se continui a fare queste cose diventerai obeso!” le ricorda Elettra.
Edward ride. È molto magro e anche se mangia un pollo intero non ingrassa di un chilo.
“Dai, non lo faccio quasi mai” dice, sempre ridendo.
“Mh” Elettra sospira “avete fatto altro oltre a rovinarvi il fegato?”.
“Eccome” conferma Ed “abbiamo giocato con la Xbox a casa mia, con quel videogioco che ho comprato una settimana fa. Tom ha detto che gli piace e che probabilmente lo comprerà presto anche lui, così potremo giocarci insieme ognuno a casa propria”.
Elettra scuote la testa, queste cose proprio non le capisce.
Non le sono mai piaciuti i videogiochi. Anzi, teme che questo tipo i situazioni in cui i ragazzi possono utilizzarli insieme semplicemente parlandosi con delle cuffie e vedendo l’un l’altro i rispettivi alter ego nello schermo contribuiscano a far sì che i suoi coetanei non escano più e rimangano perennemente chiusi in casa con l’illusione di aver socializzato comunque.
Ed i racconti di Edward non fanno altro che confermare le sue paure.
“Cena con voi?” domanda allora la ragazza, riferendosi a Tom.
“No, se ne è appena andato in realtà” le risponde il suo ragazzo “la mamma gli aveva preparato il polpettone che adora. Mi ha chiesto se volevo cenare io con loro, ma …”.
“Ma cosa?” chiede Elettra, poi capisce: non vuole lasciare i suoi genitori da soli a litigare fra loro.
Le sembra di rivedere lei tre anni prima.
Quanto le dispiace. Non vuole che lui sia costretto a parlarne, ma ormai gli ha già posto la domanda.
“Beh, sai come sono i miei” mormora Ed “non gli piace che esca la sera. Soprattutto durante la settimana”.
“Mhmh” Elettra finge di crederci.
Non se la sente di parlarne, lo capisce.
Deve essere difficile aprirsi sui problemi dei genitori, anche con lei.
Ma in fondo lei è la sua ragazza.
In questi mesi pensava di aver raggiunto con Edward un livello di intimità tale da poter parlare di questo genere di cose.
Invece a quanto pare non è così.
Forse il loro rapporto non va poi così bene come credeva.
Si sente un po’ innervosita, ma non ne capisce fino in fondo il motivo.
Le dispiace che lui abbia dovuto rifilarle delle scuse come se non si fidasse di lei.
Dovrebbe capire cosa significa non voler affrontare quel genere di argomenti, ma l’unica cosa a cui riesce a pensare è che le ha mentito spudoratamente quando lei pensava di potersi fidare ciecamente di lui.
E se le mentisse anche su altre cose?
A questo punto non può essere certa del contrario …
“Tutto bene?” chiede Edward, sentendola incerta.
“Sì, sì, tutto bene” finge lei, in realtà ancora nervosa.
“Allora, programmi per domani?” Ed cambia discorso.
“A proposito di domani” approfitta la ragazza, che in quel momento non si sente neanche molto in colpa “non possiamo uscire, scusa”.
“Come mai?” si allarma subito lui “è successo qualcosa?”.
“Ma no, tranquillo” lo rassicura lei “è solo che tuo padre mi ha proposto di andare al lavoro con lui anche di sabato e io penso sia una buona idea. Ho bisogno di più tempo possibile per carpire informazioni. Tanto ci vedremo al barbecue domenica, no?”.
“Ah” Edward le sembra deluso “va bene. Se pensi sia così necessario …”.
“Lo è” risponde Elettra, offesa dal suo tono quasi accusatorio “ti pare che altrimenti avrei deciso così?”.
“Certo che no” Ed cambia subito atteggiamento, sentendola stizzita “non intendevo quello”.
“Allora cosa intendevi?” insiste lei, ormai davvero infastidita.
“Ma niente, El” il ragazzo tenta di smorzare la conversazione “mi sono espresso male”.
Non vuole litigare con lei.
In cinque mesi non avevano mai litigato e non voleva di certo iniziare in quel momento.
Non l’ha mai vista arrabbiata, forse un po’ solo nei confronti di Sarah, ma mai troppo seriamente e di certo mai con lui.
È sempre così dolce e tenera.
Se ora la sente così seccata è sicuramente perché ha esagerato.
Si odia per averla fatta irritare.
“Allora, pronta per questo barbecue?” tenta di nuovo di cambiare argomento e raffreddare la situazione.
Spera sia la volta buona.
“Abbastanza” risponde lei, ora più tranquilla “sono solo un po’ in ansia perché non conosco nessuno …”.
“Non preoccuparti” la interrompe Edward “ti faremo un elenco dettagliato degli invitati prima di arrivare, te lo giuro”.
“Va bene” sorride la ragazza.
All’improvviso sente bussare alla porta.
“El, è arrivato il fattorino!” la avvisa sua madre dall’esterno della stanza.
“Arrivo!” le risponde lei “devo andare a mangiare” avvisa poi Edward.
“Lo immaginavo” risponde lui “che mangiate?”.
“Cinese” ridacchia Elettra.
“Strano!” scherza Ed, che è ormai abituato al fatto che la madre della sua ragazza non cucina quasi mai.
Julia, al contrario, prepara ogni sera qualcosa di diverso.
A volte preferirebbe che anche sua madre facesse come Loren.
Ma capisce che quest’ultima spesso, se non sempre, torna a casa sfinita da una giornata di lavoro e giustamente non ha voglia di cucinare, e quello a sua madre di certo non succede …
“Allora ci vediamo domenica” la saluta.
“Ciao Ed” saluta anche Elettra, poi allontana il telefono dall’orecchio.
Apre la porta e scende velocemente le scale, attirata dall’invitante profumo di cucina orientale.
“Hai ordinato anche per Eva?” si informa Loren mentre la ragazza la raggiunge in cucina.
“Sì” conferma quest’ultima “mi ha detto che sta arrivando”.
“Dobbiamo aspettarla?” si lamenta sua madre “il cibo si raffredda!”.
Elettra si stringe nelle spalle.
Quando sua sorella le dice che sta arrivando non è mai sicura di cosa intenda.
A volte arriva dopo cinque minuti dal messaggio, altre dopo un’ora e mezza.
Di certo non vincerebbe un premio per la sua affidabilità …
Fortunatamente, proprio mentre entrambe ragionano sul da farsi, la porta d’ingresso si apre ed entra in casa un’Eva raggiante.
“Sono a casa, gente!” annuncia, con un sorriso a trentadue denti.
“Uh, cinese!” commenta deliziata, saltellando in cucina.
“Bentornata, signorina” la saluta sua madre.
Eva saluta lei e la sorella con un bacetto sulla guancia.
“Che mi avete preso?” domanda, sempre con quell’aria estasiata.
“Gli involtini” risponde Elettra, con meno entusiasmo.
“Perfetti!” la sorella le sorride e le fa l’occhiolino.
“Come va?” le chiede Loren, vedendola così felice.
“Benissimo” replica subito “a proposito, Christian può venire a cena lunedì?”.
Elettra e la madre si guardano interdette.
Di solito Eva non porta mai dei ragazzi a casa.
Racconta qualcosa alla sorella quando la vede o le scrive, ma fa di tutto per informare la madre il meno possibile.
Elettra sorride, questa volta deve per forza essere una cosa seria.
“Christian?” ripete Loren, che appunto non ha mai sentito nominare quel nome.
“Sì, il mio ragazzo” quasi canticchia la figlia.
Il suo ragazzo? Anche Elettra rimane shockata.
Eva si riferiva sempre ai ragazzi come persone con cui si frequentava, usciva o si sentiva.
Non aveva mai definito nessuno ‘il suo ragazzo’.
“Visto che viene anche Edward, ho pensato potesse essere una buona idea” prosegue Eva, visto che le sue due interlocutrici stanno ancora digerendo quelle informazioni e nessuna delle due proferisce parola.
“Ma certo” risponde alla fine la mamma “può venire quando vuole”.
Iniziano quindi a mangiare, tutte e tre in silenzio.
Eva fischietta tra un boccone e l’altro, mentre Elettra e Loren continuano a pensare a quanto appena successo e si lanciano di tanto in tanto occhiate interdette.
La diciassettenne si ricorda poi di dover avvisare John che domani andrà al lavoro con lui.
Probabilmente gliel’ha già detto Edward, ma se così non fosse?
E comunque è stato lui a darle il suo numero e a dirle di avvisarlo.
Sarebbe scortese non farlo.
Tira quindi fuori il telefono dalla tasca mentre infilza un pezzo di pollo al limone con una bacchetta.
Di solito la madre non vuole che usino il telefono a tavola, ma ha idea che in quel momento Loren non si accorgerebbe di lei nemmeno se si trasformasse in un lupo mannaro davanti ai suoi occhi.
 
Ciao John, sono Elettra! Ti confermo che domani posso venire con te! Ci vediamo ;)
 
Scrive quindi.
Si sente un po’ in imbarazzo con se stessa.
Le sembra un messaggio forzato. Come se si fosse sforzata di essere simpatica.
Ma che le succede?
Probabilmente è in imbarazzo perché non sa come scambiarsi correttamente messaggi con il padre del suo ragazzo.
Non le era capitato prima.
Continua a ragionare in silenzio.
Spera solo che John non la consideri fuori di testa.
Dopo meno di un minuto le vibra il telefono.
 
Me lo ha detto Eddie! Passo a prenderti alle 7 ;)
 
Sorride raggiante. Non sa perché quel messaggio la renda così felice, ma è così.
Percepisce un’intimità in quei messaggi che adora.
Subito dopo, il suo cellulare vibra di nuovo.
 
Comunque ho letto gli articoli …

 
Il suo cuore salta un battito.
Perché le ha scritto solo quello?
Perché non le ha scritto i suoi pareri?
E poi quei puntini di sospensione! Che significavano?
 
E …?
 
Digita velocemente.
Attende invano che il telefono vibri di nuovo.
Lo stomaco le si è chiuso.
Tiene sempre molto in conto i giudizi degli altri sui suoi lavori, e questa volta in particolare.
John è intelligente, quindi il suo parere è molto importante.
Inoltre, sta cominciando a realizzare che c’è un altro motivo per cui è così in ansia.
Suo padre se ne è andato prima che lei cominciasse a scrivere articoli seri, quindi non ha mai avuto l’occasione di farglieli leggere.
La mamma le impedisce di spedirglieli e lei si era praticamente arresa all’idea che non avrebbe mai potuto sapere l’opinione di suo padre al riguardo.
Ma John la pensava così simile a lui su così tanti argomenti!
Molto probabilmente, una volta saputo il suo giudizio avrebbe saputo automaticamente anche quello del padre.
Ora che si è permessa di ragionarci, capisce che è proprio così.
Finalmente le arriva un nuovo messaggio.
 
Sono senza parole.
 
Solo questo?
Che vuol dire?
Queste cose le mettono ansia.
Non sopporta quando non riesce ad interpretare una risposta.
Il suo giudizio è fondamentale e non riesce neanche a decifrarlo!
Essere senza parole è qualcosa di positivo, giusto?
Non può essere un commento negativo.
Dovrebbe scrivergli di nuovo e chiedergli di essere più preciso?
Non vuole essere pressante.
Ma sa che non ci dormirebbe quella notte.
Ha bisogno di esserne sicura.
Decide di chiedergli delucidazioni.
Non le interessa se risulterà fastidiosa.
In quel momento l’unica cosa che le interessa è saperne di più.
Prende il telefono per scrivere il messaggio, ma nota che ce n’è uno che non ha letto.
Lo apre, impaziente.
 
Ero certo fossi brava, ma non pesavo fino a questo punto!
 
Ride, sollevata.
“Che succede?” chiede sua madre.
“Niente” risponde sbrigativa, nascondendo subito il telefono nella tasca “ho finito di mangiare, vado in camera”.
Si affretta a salire al piano di sopra e si chiude la porta della sua stanza alle spalle.
È al settimo cielo per la risposta di John.
Vuole rispondergli in modo sagace.
In realtà potrebbe anche scrivergli semplicemente grazie, ma non vuole farlo.
Inspiegabilmente, ha voglia di prolungare il più possibile quella conversazione scritta.
Opta infine per un messaggio semplice ma che costringerà John a risponderle.
 
Non hai ancora visto niente. Aspetta di leggere quello sulla finanza!
 
Il cellulare emette subito una breve vibrazione.
 
Non vedo l’ora … Buonanotte.
 
Il cuore le batte all’impazzata. Ma che sta facendo?
Le sembra quasi stiano flirtando. È strano.
Basta con i messaggi per oggi, decide.
Posa il telefono sul comodino, ma sa già che penserà ai messaggi di John tutta la sera.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Elettra sente un clacson suonare forte e si volta.
È John.
È sabato mattina, e lei è seduta sugli scalini esterni di casa sua.
Mentre lo aspettava, si era messa a pensare ad Eddie e quel giorno, con la mente più lucida, non era più nervosa ed i sensi di colpa erano tornati a farsi sentire.
Doveva essersi persa nelle sue riflessioni, perché non aveva proprio visto John arrivare.
“Tutto bene?” le domanda quest’ultimo, dopo aver abbassato il finestrino.
“Sì, sì” Elettra si affretta a salire.
La macchina parte e, dopo pochi minuti, la ragazza si ritrova a cantare a squarciagola una canzone alla radio.
John l’accompagna battendo le mani sul volante come fosse una batteria.
Il senso di colpa è già svanito.
John ride quando lei finge di avere in mano un microfono e, quando rivolge quell’oggetto fantasma verso di lui, si ritrova a cantare a sua volta.
Ridono entrambi come matti.
Se potessero guardarsi in quel momento, non si riconoscerebbero.
Sono spensierati, si divertono come bambini.
Sono felici.
La canzone finisce e John abbassa il volume.
Uno speaker li informa sulle previsioni del tempo di quel sabato soleggiato.
“Quindi, hai letto gli articoli” dice Elettra, impaziente di parlarne dalla sera prima.
Chissà come, da quando era salita in macchina se ne era completamente dimenticata, tanto stava bene. Ma ora le è tornato in mente e niente le sembra più importante.
“Eccome se li ho letti” risponde John “tutti d’un fiato, uno dopo l’altro”.
Elettra annuisce e lo guarda, impaziente.
Lui sa che vuole sentire il suo parere e adora vedere quanto importante sia per lei.
Prova ad aspettare il più possibile prima di parlare, in modo da godere appieno di quella situazione.
Era da tanto che qualcuno non dava così importanza a quello che lui pensava.
No, non è vero.
Al lavoro praticamente tutti gli chiedono consigli.
Allora, diciamo, nessuno a cui lui desse importanza.
I suoi colleghi erano solo dei poveri insulsi alla disperata ricerca di un leader.
Elettra invece …
Il fatto che a lei interessi il suo parere lo rende orgoglioso di sé stesso.
Dopo aver goduto il più possibile della considerazione che lei ha di lui, decide di accontentarla.
“Non riuscivo a smettere di leggere” ammette “ero completamente rapito dalle tue parole. Anche sugli argomenti più noiosi, cavolo, riuscivi ad attirare la mia attenzione. Biciclette, funghi, ormai mi interessa tutto!”.
Elettra ride “dici sul serio?”.
“Ma certo” conferma lui “ero certo che fossi brava, ma non pensavo a questi livelli. Hai decisamente talento”.
La ragazza arrossisce.
Non le capita spesso.
Le fa sempre piacere ricevere complimenti, ma non arrossisce mai se non quando li riceve da qualcuno di davvero importante.
È come pensava: i commenti di John le sembrano quelli che potrebbero essere di suo padre.
È come se fossero in due a parlare in quel momento.
Ora sa che suo padre sarebbe fiero di lei, e sa anche che John la considera un talento.
Quasi non sa cosa la renda più felice.
Vorrebbe abbracciare John, ma non sa come reagirebbe.
Fortunatamente sta guidando, quindi non potrebbe farlo comunque.
“E poi” prosegue l’uomo “leggere quegli articoli non ha fatto che confermare la mia tesi: quella Sarah è invidiosa delle tue capacità. Non avrebbe altri motivi per darti quel tipo di argomenti. Sei una delle scrittrici migliori che conosco, e hai solo diciassette anni!”.
Elettra sorride e le sue gote si fanno di nuovo scarlatte.
Dovrebbe ringraziarlo, ma non sa che dire.
Decide di non dire nulla, John sa già quanto questi commenti la rendano felice.
“Ah, volevo chiederti” cambia argomento, non le piace sentirsi in imbarazzo “come devo vestirmi domani?”.
John ci mette un po’ a capire.
“Giusto, il barbecue” ricorda infine “non saprei … non sono esperto di queste cose”.
“Beh, dimmi che tipo di evento sarà” tenta di aiutarlo lei.
“Niente di importante” lui si stringe nelle spalle “arrostiremo hamburger e salsicce e mangeremo in giardino, probabilmente in piedi”.
Elettra annuisce, prendendo mentalmente appunti.
“E gli invitati?” continua.
“Allora” John tenta di non dimenticare nessuno “in sostanza ci sono solo gli amici che hai conosciuto a lavoro: Matthew, Phil, Bruce e Steve, e le rispettive mogli e figli”.
“Ho visto le figlie di Phil in foto” gli comunica lei “sono bellissime, quanti anni hanno?”.
“Vediamo, Beth ne ha undici, Janet quattordici. Sono fantastiche. Noi le conosciamo da quando erano ancora nella pancia di Lucy, la moglie di Phil. Ci chiamano zii e spesso passiamo il Natale insieme”.
“Wow” commenta lei ammirata “da quanto vi conoscete tu e Phil?”.
“Conosco Phil e Matthew da quando ho iniziato a lavorare nell’azienda, quindi direi quasi vent’anni”.
Elettra spalanca la bocca, shockata.
“Eh già” John le sorride “quindi, come stavo dicendo, poi ci sono Matthew ed Elizabeth. Loro hanno due gemelli adorabili. Hanno cinque anni e sono delle vere pesti, ma ti fanno morire dal ridere. Matthew ti dirà sicuramente che lo fanno andare al manicomio, ma si vede che sono la cosa più importante che ha. So cosa stai pensando: è un po’ vecchio per avere dei figli così piccoli. Il fatto è che Elizabeth non riusciva ad avere figli e si erano entrambi arresi al fatto di non poter avere prole. Lei era distrutta e Julia ha dovuto consolarla tanto, ma alla fine lo aveva accettato. Poi, sei anni fa, ci chiama quasi gridando e ci avvisa che è incinta. Noi quasi non ci credevamo. Pensare a quanto erano devastati … quei due bimbi sono un miracolo e la felicità di Elizabeth quando la siamo andati a trovare all’ospedale e aveva quei due fagottini in braccio … non ho mai visto nulla di più magico”.
Elettra quasi si commuove per la sensibilità di quell’uomo che due settimane prima, incredibilmente, le sembrava privo di sentimenti.
“E i figli sono finiti.” continua John “Poi ci sono Bruce e Scarlett, che sono ancora giovani, ma stanno tentando di averne. In fondo Bruce ha un lavoro sicuro e ben pagato quindi, perché no? E l’ultimo rimasto è Steve, che di solito porta qualche ragazza conosciuta una settimana prima e che nessuno di noi rivedrà più”.
Elettra ride.
“Va capito” John scuote la testa e sorride a sua volta “ha una sua filosofia di vita e si attiene a quella. Non vuole legarsi e preferisce divertirsi per sempre”.
“Non mi sembra un bel piano” si lascia sfuggire la ragazza.
“Già, probabilmente no” risponde lui “ma non tutti la pensano nello stesso modo, ed è giusto così. Il mondo è bello perché è vario. Non si può pretendere di comprendere chiunque. Steve semplicemente non è fatto per innamorarsi o per rimanere fedele. Ha bisogno di sentirsi libero, di non avere radici”.
“O magari è solo che non si è ancora mai innamorato” lo contraddice Elettra.
“E’ un’idea” conviene John “può darsi che non abbia mai trovato qualcuno che lo faceva sentire allo stesso tempo al settimo cielo e senza speranza. Qualcuno che gli da un motivo per svegliarsi la mattina, e qualcosa a cui pensare la sera per addormentarsi. Qualcuno che lo faccia sentire importante, vivo. Qualcuno che gli tolga il respiro ogni volta che gli rivolge la parola, che gli lasci sempre lo stomaco chiuso in una morsa che è in qualche modo piacevole”.
Elettra lo ascolta rapita.
“Nah” John cambia improvvisamente tono, rendendosi conto di quello che sta dicendo “secondo me Steve è solo uno a cui non importano queste cose”.
“Chi lo sa” Elettra solleva le spalle “potrebbe stupirti”.
“Non credo” insiste John “ormai sono anni che lo sento parlare di come non capisce chi si lega ad una sola persona per il resto della sua vita e di come non crede al matrimonio. E, in fondo, lo capisco. A volte il matrimonio può essere una vera prigione. Un incubo da cui speri sempre di risvegliarti per poi scoprire ogni giorno che non puoi. Magari pensi di aver trovato la persona perfetta per te e che stare con lei per il resto dei tuoi giorni non può essere altro che un sogno ad occhi aperti. Ma se poi non è così? Se quello che credevi in realtà era una visione distorta di come stanno davvero le cose? Cosa puoi fare a quel punto? Mandi all’aria anni di progetti? Ricominci da capo? Purtroppo non è più possibile. O, almeno, non è affatto facile. Non dico che Steve abbia ragione al cento per cento, dico solo che a volte capisco cosa intende”.
Elettra è senza parole.
Le ha palesemente detto che vorrebbe non essersi mai sposato.
Come dovrebbe rispondere?
Lui non le sembra turbato da ciò, quasi fosse normale per lui parlare di quelle cose.
Ma lei è certa che non sia così.
È felice che lui si senta libero di parlarle di tutto, ma non sa proprio come reagire ad una confessione di quella portata.
Ha paura che lui si penta di averglielo detto.
Le dispiace così tanto che lui si senta così. Che sia intrappolato in un matrimonio infelice.
Ancora una volta, si chiede come faccia Julia a non essere follemente innamorata di suo marito.
È stupendo, attraente, intelligente, tutto quello che si possa desiderare.
Se lei fosse nei suoi panni, non vedrebbe l’ora che arrivi la sera per poter stare con lui.
In qualche modo, quel pensiero la mette in imbarazzo.
Ma cosa diamine sta pensando?
Si concentra sulla strada.
John è silenzioso, ora, ma le sembra sereno. Quasi si sia tolto un peso.
 
 
“Il sabato si fa poco” le dice John quando arrivano in ufficio.
“Non c’è quasi nessuno” nota Elettra.
“Il personale è dimezzato” conferma John “perché non ci sono molte faccende da sbrigare. È tranquillo, a me piace”.
L’uomo si siede sulla poltrona e sospira, godendosi il silenzio.
Elettra si accomoda di fronte a lui.
“Hai qualcosa da fare?” gli domanda vedendolo estremamente rilassato.
“Per ora no” risponde lui con un sorriso “se nessuno mi chiama o mi chiede qualcosa, sono libero. Vuoi approfittarne? Puoi chiedermi quello che vuoi”.
Per un attimo Elettra pensa di chiedergli qualcosa su sua moglie, prima di ricordarsi che si riferisce alla finanza.
“Non so” si stringe quindi nelle spalle “ci sono così tante cose che ancora non riesco a comprendere. Volevo impostare il mio articolo su concetti finanziari, ma ho capito che non sarebbe abbastanza interessante”.
“Sono d’accordo” ride John.
“Quindi ho deciso di utilizzare invece il vostro ambiente lavorativo come nocciolo dell’articolo”.
“Mhmh” l’uomo annuisce, concentrato.
“Mi piacerebbe far entrare il lettore all’interno della vostra azienda. Fargli capire la vostra giornata tipo” spiega Elettra “ci sono tecniche di scrittura perfette per questo. Quello che fate è davvero complesso e per voi sono ordinarie giornate di lavoro. Ecco, vorrei trasmettere a chi legge allo stesso tempo la difficoltà di quello che fate e la facilità con cui lo fate”.
“Sembra figo” commenta John.
“Lo sarà, lo prometto” gli sorride lei.
“Da come parli, mi fai sembrare un supereroe”.
“In qualche modo lo sei” conferma la ragazza “potrei fare un articolo solo su di te”.
“Ah sì?” ride lui.
“Sul serio” insiste lei “avrei così tanto da scrivere!”.
“Non ci credo” John continua a divertirsi, le guance rosse nascoste dalla barba scura.
“Giuro” Elettra si alza in piedi e comincia a camminare su e giù per la stanza “John Bates: un uomo, una leggenda. Non ci sono abbastanza parole per catturare appieno il profilo del perfetto lavoratore, ma noi ci proveremo comunque. Il signor Bates è un uomo di successo, un marito ed un padre. Lui si sveglia la mattina e sa che dovrà far firmare più contratti di tutti i suoi colleghi per essere felice. E, indovinate? Ci riesce sempre. Un uomo, una garanzia. I suoi amici lo adorano, i suoi colleghi lo venerano, la fidanzata di suo figlio lo ritiene uno degli uomini più intelligenti del mondo. Tante le testimonianze su John Bates, tanti i certificati che attestano la sua bravura. E voi, cosa ne pensate? Fatecelo sapere”.
“Sembravi più un’inviata televisiva” ridacchia John, segretamente entusiasta della sua descrizione.
“Lo ero” conferma Elettra “so fare tante cose!”.
Entrambi ridono a crepapelle.
“Puoi passarmi il microfono?” le domanda poi John.
Lei finge di avere un microfono in mano e di lasciarlo nella sua, divertita.
“Elettra Stain” fa una voce da annunciatore, avvicinando la mano, in realtà vuota, alle labbra “una ragazza di soli diciassette anni, ma che ha già superato ogni record. Giornalista migliore in vita e studentessa migliore del paese. Nonostante la sua tenera età, questa ragazza non si pone limiti e punta sempre più in alto. I suoi coetanei la guardano come si guarda il sole, splendente ed irraggiungibile. Un potere davvero accecante il suo: un’intelligenza fuori dal comune unita ad una bellezza strabiliante. Come si potrebbe desiderare di più? Nah” si interrompe e torna alla sua voce normale “così sembra che ti stia descrivendo per un sito di incontri”.
Elettra esplode in una risata.
“Eri partito bene” lo consola “mi sono sentita un supereroe anch’io”.
“Sai, quand’ero giovane” le dice John “ricordo che con i miei amici passavamo le ore a scervellarci su quale poteva essere il nostro potere se fossimo stati supereroi”.
“Io vorrei la telepatia, senza dubbio” risponde subito Elettra.
L’uomo le sorride.
“Che c’è?” domanda lei, confusa.
“Anche io” le spiega.
“Figo” sorride a sua volta “e quale sarebbe la prima cosa che faresti con il tuo potere?”.
 
 
Un’ora dopo, sono entrambi seduti per terra dietro la scrivania.
John ha fatto vede ad Elettra cosa significa avere un segretario, il suo è un ragazzo, e le ha fatto ordinare tutto quello che voleva al bar.  Meno di due minuti dopo il ragazzo in questione si era presentato nell’ufficio con due buste cariche di schifezze sia dolci che salate.
Ora, mentre sgranocchiano patatine al formaggio e palline di cioccolato e wafer sul pavimento di linoleum, chiacchierano di qualsiasi cosa gli passi per la mente.
Dopo i supereroi erano passati agli alieni.
Ognuno aveva esposto all’altro le proprie teorie e si erano divertiti a tentare di confutarle.
Poi avevano parlato di filosofia, di libri, di musica.
Era così bello potersi capire a vicenda.
Parlavano di tutto, come se non avessero aspettato altro che confrontarsi l’un l’altro riguardo qualsiasi cosa.
Si ascoltavano, ridevano, si contestavano a vicenda.
Elettra era abituata a discutere di argomenti seri con sua madre, con alcuni suoi amici del giornale, con lo stesso Miles, ma con nessuno si divertiva come con John.
Lui la faceva riflettere, accettava le critiche ed era sempre costruttivo.
Lui, invece, non era proprio abituato a qualcuno con cui poter fare un discorso serio.
Sua moglie era intelligente, ma in un modo diverso e con i suoi amici parlava solo di stupidaggini.
Non faceva da tanto discorsi così profondi.
Si sentono entrambi così presi dalle loro stesse parole, come se stessero tentando di imparare il più possibile l’uno dall’altro, da desiderare che quel momento non finisca mai.
La sintonia che hanno raggiunge l’estremo.
Nessuno dei due aveva mai riso in maniera così spontanea prima di quel momento.
Ora, Elettra lancia delle caramelle gommose e John tenta di prenderle al volo con la bocca.
La maggior parte finisce a terra vicino a loro, finché non riesce a mangiarne una.
“Sì!” esulta la ragazza “ce l’hai fatta!”
L’uomo fa un inchino teatrale.
“Tocca a te” le dice.
“Non ci sono più caramelle” constata Elettra, guardando nella bustina di plastica.
Si stiracchia e sospira.
“E’ questo che fate il sabato?” gli domanda, scherzando.
“Magari!” risponde lui “Di solito sto semplicemente seduto alla scrivania, controllo Amazon, a volte compro qualcosa, o guardo qualche serie tv in streaming. A proposito, hai visto la serie che ti ha consigliato Eddie? Io sono sicuro che ti piacerebbe”.
“Sinceramente ancora no” ammette la ragazza “devo prendere coraggio”.
“Dai, non è mica una tortura!” la schernisce John “potremo vederla insieme”.
“E’ un’idea” Elettra scrolla le spalle “devo trovare il tempo però”.
“Lo troverai” insiste lui “ne vale la pena. E comunque io sono il primo a dirti di impegnarti al massimo, ma ti assicuro che puoi tranquillamente concederti una pausa: non penso tu possa diventare più brava di così!”.
La ragazza sorride, lusingata.
“Sono davvero contenta gli articoli ti siano piaciuti” gli confessa, poiché quel pensiero le è rimasto fisso in testa dalla sera prima.
“Beh, cosa ti aspettavi” risponde John “è impossibile non amarli. Scommetto che nessuno ti ha mai fatto commenti negativi, a parte quella stupida di Sarah”.
“E’ vero, ma …” esita “mio padre non li ha mai letti. Non perché non volesse leggerli, eh. Solo che non c’è stato modo di darglieli, quindi non so quale sarebbe il suo parere”.
John annuisce, ascoltandola il silenzio.
“Il punto è che tu sei molto intelligente, credi che il successo sia importante, sei bravo in quello che fai … insomma, se c’è qualcuno il cui parere può essere simile a quello di mio padre, sei tu. Quindi la tua opinione vale il doppio”.
“Capisco” John le sorride amorevolmente “e sono sicuro che tuo padre sia fiero di te e che lo sarebbe ancora di più se leggesse i tuoi articoli”.
Gli occhi di Elettra si fanno lucidi e John se ne accorge prima che lei riesca ad impedirlo.
“Scusa, sono una stupida” gli dice, asciugandosi le guance.
“Di che ti scusi” la rassicura lui “di essere umana?”.
La tentazione di toccarla si fa troppo forte e lui cede.
Avvicina lentamente la mano fino a sfiorare la sua, che tiene posata su una gamba.
Per un attimo teme che lei possa ritirarsi e sta quasi per allontanarsi, ma lei all’improvviso gliela stringe.
Quel contatto lo fa rabbrividire, come se avesse preso la scossa.
Sente il cuore battergli così forte che teme possa uscirgli da petto.
Si concentra sulla mano di Elettra, così morbida e calda.
Gli sembra di assaggiare un frutto proibito ma allo stesso tempo squisito.
Sa che non dovrebbe farlo, ma non riuscirebbe in nessun modo a trovare la forza di allontanarsi da lei in quel momento.
L’aria è così carica di tensione che chiunque entrasse riuscirebbe a percepirlo.
Poi, Elettra alza lo sguardo ed incrocia il suo.
Il cuore di John ormai batte così rapido che è come se non battesse affatto.
Lui sente di non riuscire a respirare, ma non gli importa.
Gli occhi di Elettra sono asciutti ora. Mentre lo guarda intensamente, suo padre non è affatto nei suoi pensieri.
John sente le labbra carnose della ragazza così vicine alle sue. Basterebbe avvicinarsi un poco, per farle toccare.
È una settimana che pensa a come sarebbe il contatto con la sua bocca, a quale sarebbe il suo sapore.
Deve farlo, deve sapere cosa si prova a baciare quella ragazza che nella sua mente ha ormai fissa dimora.
Ma non può farlo. Non deve.
Per mille ragioni che, anche se in quel momento gli sembrano futili, in realtà non lo sono affatto.
Per questo, raccogliendo tutte le briciole di forza di volontà che gli rimangono, impedisce al suo corpo di abbandonarsi a quella sensazione paradisiaca e allontana il volto da quello della ragazza.
Elettra batte le palpebre, come se si fosse appena svegliata da un sonno profondo.
Stavano per baciarsi?
È successo tutto così in fretta, ma è sicura che le loro labbra stessero per toccarsi.
E lei non vedeva l’ora di farlo.
Deve essere stata colpa dell’atmosfera, del modo in cui si era aperta con lui, dell’intimità che si era creata.
Non poteva essere qualcosa che lei voleva davvero.
Ma non poteva negarlo: mentre erano così vicini, stava morendo dalla voglia di baciarlo.
“Devo andare” dice sbrigativa, alzandosi e afferrando la sua borsa “è quasi ora di pranzo e mamma mi aspetta a casa”.
Lo saluta con la mano e si dirige verso la porta.
“Elettra” la chiama lui, quasi sussurrando.
Lei si blocca un attimo, indecisa, poi si volta a guardarlo.
“Ci vediamo al barbecue, no?” le domanda, tentando di riacquistare il suo solito tono di voce.
Elettra capisce che in quella domanda è nascosta una domanda più seria: tra noi è ancora tutto come prima?
Gli sorride e gli fa l’occhiolino “Ma certo, a domani”.
 
 
A pranzo John è silenzioso, mille pensieri gli affollano la mente.
Il ricordo di quel momento gli si proietta davanti gli occhi ogni secondo.
Le mani ancora gli tremano.
“Ti giuro che è una svolta” Bruce sta discutendo con Matthew di una nuova app rivoluzionaria “basta cliccare su un contatto e dire a voce alta cosa vuoi scrivere. Non fai il minimo sforzo. Scrive tutto il telefono”.
“Bruce, ti rendi conto che il telefono capisce quello che dici?” gli fa notare Matthew “significa che potrebbe intercettarti in ogni momento”.
“Si attiva solo quando glielo chiedi tu” contesta il più giovane “e poi, anche fosse, non avrei nulla da nascondere”.
“Non è quello il punto” interviene Phil “il punto è che non dovrebbe averne il diritto. Il diritto alla privacy esiste, anche se non si ha niente da nascondere”.
Bruce scuote la testa, poco convinto.
Sono tutti seduti al loro solito tavolo e masticano i propri panini lentamente.
“Quasi dimenticavo” Bruce si da una pacca sulla fronte “Scarlett ha fatto una crostata ed ha insistito perché ne assaggiaste un pezzo. Le ho detto che poteva portarla al barbecue, ma mi ha risposto che per domani ha già preparato una torta”.
“Gnam!” Steve si sfrega le mani, mentre Bruce estrae dal suo zaino delle piccole cartate argentate.
Ne porge una ad ognuno di loro, finché John non gli fa segno di fermarsi quando arriva al suo turno.
“Non ho molta fame, grazie comunque” gli dice “sono sicuro che è deliziosa”.
“Lo è, eccome!” conferma Steve, con la bocca ancora piena.
Matthew, seduto vicino a lui, lancia a John l’ennesima occhiata preoccupata.
“Tutto bene?” gli sussurra in modo che nessun altro possa sentirlo, sapendo con certezza che qualcosa non va.
“Io …”
John muore dalla voglia di confidarsi.
Ha bisogno di un parere, di qualcuno che gli dica cosa deve fare.
Finché era tutto nella sua testa, finché si limitava ad immaginare e basta, aveva tutto sotto controllo.
Non sentiva il bisogno di parlarne con qualcuno, solo per poi sentirsi dire che non era giusto e che doveva smettere.
Ma ora la cosa era seria!
Ora qualcosa era quasi successo e di certo poteva succedere di nuovo.
Aveva avuto la forza di allontanarsi da lei, di fermarsi in tempo, ma non era sicuro che sarebbe riuscito a fermarsi se fosse successo ancora.
La tentazione era così forte …
E ora anche lei gli sembrava presa.
Gli serviva disperatamente qualcuno che lo riportasse con i piedi per terra.
“Tutto bene, tranquillo” dice infine.
Non è ancora pronto.

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