Una ragazza, un ragazzo, un paio di converse rosa

di SerenaTheGentle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. C'era una volta... ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. Un giorno qualunque ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. Attacco coordinato con effetto sorpresa ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. Disastro in bianco ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. Help ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. Ne sono certo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Alex aprì delicatamente la finestra della sua stanza. Doveva stare attenta a non fare il minimo rumore, per non svegliare la Strega.

La serratura scattò senza problemi e la ragazza uscì fuori rapidamente, cercando di non cadere dal tetto. Piano piano, richiuse la finestra dietro di sé e raggiunse il ramo dell'albero alla sua destra. 


Si arrampicò e poi si lasciò andare sull'erba morbida del giardino. Non aveva corso nessun rischio a saltare giù in quel modo: era certa che il loro giardino fosse il più morbido della città, altrimenti la sua matrigna non avrebbe vinto il premio di "Miglior giardino del mese" per niente!

Alex era euforica! Quella sera ce l'aveva fatta! Era riuscita a non fare rumore! 
Recuperò il suo zaino, lanciato giù precedentemente, e si avviò a casa di Jeremy, a pochi metri lontano da lei.

La casa dell'amico si riconosceva per la grande bandiera italiana che i suoi genitori sfoggiavano con orgoglio accanto a quella americana. Era in bella mostra proprio sul portone del garage e sulla cassetta delle lettere.

Il suo migliore amico era difatti italiano per origine: i suoi nonni erano approdati in America molto giovani e non tornarono più in patria, con grande dispiacere di sua nonna. Tuttavia, hanno mantenuto la tradizione e l'attaccamento per il paese d'origine, insegnandolo ai figli e, di conseguenza, ai nipoti.

Alex oltrepassò il recinto e si avviò verso il retro della casa. La casetta sull'albero che avevano costruito insieme era ancora là e là sarebbe dovuta andare. La ragazza salì la scala a pioli e non appena raggiunse la botola bussò secondo l'ordine stabilito dal loro Club: un colpo, pausa di cinque secondi, tre colpi, pausa di tre secondi, un colpo. 

Tutto estremamente semplice, ma anche difficile, perché si dovevano tenere a mente i secondi e non farne passare più di uno.

Jeremy aprì la botola e con una mano, la aiutò a salire.

L'arredamento della casetta era semplice e d'effetto: appena alla destra della botola avevano un grande baule con tutti i loro viveri e i tovaglioli a sufficienza per non sporcarsi; all'angolo, vicino al baule, c'era un enorme stereo su un mobiletto, all'interno si potevano trovare vari libri e giornali per l'intrattenimento letterario dei membri del Club; ed infine, vi erano, sparsi dappertutto, dei cuscini morbidi e soffici, disposti sopra dei teli di nylon. Per le notti più fredde erano anche attrezzati di sacco a pelo e coperte in più, tuttavia non ne avrebbero avuto bisogno quella sera. 

Si ritrovavano tutti i giovedì sera da sei anni a questa parte e tutti i giovedì sera parlavano di tutto ciò che era successo nel corso della settimana e dei loro problemi. Non che non lo facessero quando erano a scuola, ma in quella casetta era diverso e, per Alex, era il modo più bello per trasgredire una delle regole impostale della Strega alias la sua matrigna alias Alicia May.

In quel nascondiglio, Alex si sentiva davvero a casa.

-Finalmente sei arrivata! Non ne potevo più di stare solo! A momenti iniziavo!- esclamò Jeremy con vivacità.

Alex si sistemò meglio sui cuscini ed incominciò a tirare fuori la razione stabilita di caramelle.

-Che fine ha fatto Mike?- chiese la ragazza confusa. Di solito, era lei ad arrivare per ultima.

-Non ne ho idea!- le rispose il ragazzo sgranocchiando delle noccioline.

-Non mangiare! Dobbiamo aspettare Mike!- lo rimproverò Alex decisa e l'amico fu costretto a smettere.

-La prossima volta inizio e basta, senza aspettarvi!- il ragazzo sbuffò prima di riprendere a mangiare di nascosto dallo sguardo indagatore di Alex.

Dei rumori li fecero destare ed entrambi smisero di fare quello che stavano facendo per ascoltare: Mike era arrivato.

Sentirono i consueti colpi e la ragazza fece per aprire, quando Jeremy la fermò.

-Mi dispiace, la combinazione da lei selezionata è errata. La preghiamo di ritentare, sarà più fortunato!- Jeremy assunse la voce tipica della segreteria telefonica non personalizzata e cercò di essere serio. Alex, invece, si fece scappare una risata, che lui bloccò, posandole una mano sulla bocca.

-Jeremy- cominciò Mike esasperato - Apri subito questa botola, altrimenti domani non avrai i compiti di storia che mi avevi chiesto!- il ragazzo concluse con il tono di chi sapeva di aver vinto. Difatti l'amico non lo fece aspettare così tanto. Tolse la sua mano dalla bocca della ragazza ed aprì la botola, rassegnato.

-Sei fortunato perché mi servono!- esclamò il ragazzo sbuffando e facendo il finto offeso. Alex scoppiò a ridere come non mai e Mike, vedendola, sorrise maggiormente. Jeremy incominciò subito a frugare nello zaino dell'amico, tirando fuori il suo compito e un pacco di pop-corn.

-Alex! Hai complottato con questo idiota contro di me!- esclamò Mike, fingendosi sgomento. 

La ragazza continuò a ridacchiare e lui allora si vendicò facendole il solletico.

-No! Mike! Smettila ti prego!!!- Alex pregò l'amico di fermarsi e appena lo fece si sentì in imbarazzo. Entrambi si ricomposero rossi in viso, con il loro migliore amico che li guardava sorridendo maliziosamente e mangiando i pop-corn.

 

Angolo Autrice 
Salve ragazzi! Rieccomi in carreggiata con la mia nuova storia! Spero vi piaccia, come sta piacendo a me scriverla!!!
Un bacione, 
Serena <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. C'era una volta... ***


"C'era una volta una ragazzina di undici anni che era stata invitata ad una festa in piscina. 
Il suo amorevole padre non le aveva certo negato di andarci: dopo la morte prematura della madre, avvenuta subito dopo il parto, la bambina aveva goduto di tutti i privilegi, senza però, crescere avida e viziata. Il padre aveva fatto il suo meglio con lei e dopo undici anni di solitudine era pronto a fare un nuovo passo per sua figlia.

Quella festa in piscina era l'occasione giusta per presentare la sua fidanzata, all'amata figlioletta. Era deciso: dopo la festa, Alexandra avrebbe conosciuto la sua nuova mamma. L'uomo era certo che dopo essersi rilassata e divertita, non avrebbe fatto storie riguardo ad un'altra possibile figura in casa loro.

La bambina, ignara dello sconvolgimento del suo futuro, andò alla festa più felice che mai! Non vedeva l'ora di riincontrare i suoi amici e di conoscere gente nuova.
Arrivò presto rispetto agli altri e subito fu accolta dalla festeggiata: una bambina di circa nove anni, con indosso il suo costumino rosa shocking e una coroncina con le piume sulla sua testa.

-Benvenuta Alex, accomodati!- la festeggiata accolse la ragazzina con gioia e la fece accomodare in giardino accanto alla piscina. Suo padre, John Berenson, l'avvocato più importante della città, l'aveva fatta preparare apposta per lei.

I minuti passarono e gli invitati incominciarono ad arrivare. Dapprima tutte le compagnucce di scuola della festeggiata e poi gli amichetti dei suoi fratelli gemelli: Tobias e Theodore, o più comunemente chiamati Toby e Theo.

La loro amata sorella, Zoey, aveva acconsentito a far partecipare anche i loro amici, ma ad una condizione: avrebbero dovuto lasciarle il posto sul sedile davanti dell'auto per almeno una settimana. 
I due avevano desistito sconfortati. Per una settimana avrebbero ascoltato le canzoni di Britney Spears a palla.

Alex si fece largo tra gli invitati, cercando Jeremy, il suo migliore amico. Si conoscevano dall'asilo ed erano inseparabili.

-Jeremy!- lo chiamò la bambina raggiungendolo. Si era ritirato in un angolino e stava bevendo la sua Coca Cola nervosamente.

-Ciao...- il ragazzino non sembrava contento di vederla, ma Alex non si arrese dinanzi a quel comportamento da vero cavernicolo. Dopotutto, non era la prima volta.

-Che hai fatto?- gli chiese allora più sicura di sé, adagiando le mani strette in un pugno sui suoi fianchi.

-Niente...-

-Quanto mi dai fastidio quando dici "niente" e invece è successo il finimondo!-

-Quanto la fai lunga Alex! Sto solo cercando di ignorare Tobias e Theodore... Ma lo senti che razza di nomi?!- Alex capì che quei due gli avrebbero dato filo da torcere per tutto il tempo e lui non voleva che lo prendessero in giro.

-Non ti dovresti vergognare delle tue origini!- lo ammonì la bambina. Dopotutto, non era colpa sua se i suoi genitori erano strani.

-Beh certo! Non sei tu ad avere genitori psicopatici che devono far sapere al mondo che loro sono i discendenti di Leonardo da Vinci!- Tony adorava i suoi genitori, ma delle volte risultavano così megalomani!

-È davvero così terribile?- chiese Alex sperando in una risposta negativa. Jeremy buttò la lattina della Coca Cola in un cestino e la portò in un luogo appartato del giardino. Si guardò intorno per vedere se c'era qualcuno e poi si calò i pantaloni.

Il costumino a pantoloncino di Jeremy richiamava perfettamente le sue origini: vi erano disegnate tre strisce, una verde, una bianca e una rossa ed i colori erano davvero appariscenti.

-Non è così imbarazzante!- Alex non vi vedeva niente di così eclatante, ma l'amico, ovviamente, ci vedeva l'Apocalisse!

-Andiamo!- la ragazzina lo prese per mano e lo guidò verso la piscina, ignorando i lamenti di Jeremy.

-Alex! Non voglio!- il ragazzino si muoveva convulsamente, sembrava un polipo o un contorsionista! Fatto sta, che Alex aveva una presa ben salda sulla sua mano e non l'avrebbe lasciata.

Jeremy doveva superare quella sua paura delle prese in giro. Ci sarebbero sempre state, perciò meglio affrontarle il più presto possibile!

Alex era arrivata a bordo piscina ed era certa che Jeremy non avrebbe fatto più alcuna resistenza, ma mollò troppo presto e l'amico la spinse involontariamente. La bambina cadde in piscina con indosso i suoi vestiti e il suo cappellino da baseball nuovo. Glielo aveva regalato suo padre e in quel momento pensò di averlo rovinato.

In piscina c'erano ancora pochi bambini, ma Alex andò a sbattere la testa contro il mento di un altro ragazzino, nel mentre che riemergeva. Quando si dice "la sfiga". Però nel suo caso fu davvero una fortuna.

Jeremy era rimasto a bordo piscina e si accorse che nessuno lo stava calcolando, nemmeno i due gemelli. Erano troppo concentrati sul "litigio" tra Alex e il loro cuginetto.

Michael Wilson aveva sei anni quando i suoi genitori morirono in un incidente stradale. Il piccolo Mike fu affidato alle cure dello zio, fratello della madre, il quale decise di trasferirsi, insieme ai figli, a casa di Mike. Per lui era importante non separarsi dalle mura domestiche, per non favorire un ulteriore trauma. Così era stato decretato dagli psicologi e psicoterapeuti che avevano seguito il suo caso.

John Berenson era un brillante avvocato e padre di due gemelli di otto anni e una bimba di quattro. Sua moglie lo aveva lasciato per un agente pubblicitario, secondo lei più ricco, ed era andata a vivere a Los Angeles.

I figli avevano risentito della mancanza materna, ma poi si erano consolati con i regali che lei gli mandava spesso tramite posta. 

Il rapporto tra i cugini non era sempre stato felice.

Zoey andava d'accordo con Mike, anzi, lo considerava un fratello; mentre Toby e Theo, non facevano che prenderlo di mira. Ogni scherzo era buono e lui era il bersaglio perfetto. Ovviamente lo zio non facevano che rimproverare il nipote per i disastri causati: allagamenti nel bagno, esplosioni in cucina, guerra delle uova, distruzione di cuscini, disegni sui muri e così via... Dopotutto, era lui che aveva perso i genitori, quindi era lui il problematico.

Mike era cresciuto con poco amore intorno a sé, eppure, aveva sempre il sorriso sulle labbra e non lo si vedeva mai giù di morale! Era davvero un ragazzino solare e pieno di vita.
Perciò, dal momento in cui si scontrò con Alex, la sua reazione fu esilarante. Si mise a ridere e la bambina lo guardò male.

-Perché ridi? Mi sono fatta un male cane! E per di più sono bagnata fradicia!- la ragazzina era alquanto alterata. Riemergendo dal suo tuffo imprevisto, aveva dato una bella capocciata e il mento di quel bambino non era certo fatto di marshmallow!

-Ehi, non ti agitare! Poteva andare peggio!- replicò Mike senza perdere il sorriso e la ragazzina si avviò verso il bordo piscina senza rispondere.

Mike la raggiunse a nuoto e le porse le sue scuse.

-Mi dispiace, non mi troverò più nel posto sbagliato al momento sbagliato! Promesso!- le porse il mignolo per fare la pace, mentre i suoi occhi brillavano di vita, così Alex decise di credergli e le porse il suo, di gran lunga più piccolo rispetto a quello del bambino.
Alex gli sorrise e Jeremy arrivò all'improvviso interrompendo quello che poteva era l'inizio di una conversazione.

-Alex! Tutto bene?- chiese l'amico alla bambina, un po' preoccupato.

-Si, sto bene, ho solo un bernoccolo, tutto qui.- non appena rammentò il bernoccolo, si toccò la fronte, appena sopra l'occhio sinistro. Di contro, Mike, si toccò il mento ed entrambi scoprirono una piccola protuberanza.

Jeremy ridacchiò, ma smise all'occhiata omicida dell'amica.

-Ehi Ranieri! Bel costume...- Toby lo prese in giro proprio in quel momento e Theo rise così forte da coinvolgere la maggior parte dei presenti. Allo sguardo rassegnato di Jeremy, Mike rise e dietro di lui, Alex.

Alla fine anche il timidone si lasciò andare e rise insieme a loro. Da quel giorno i tre furono inseparabili e si aiutarono a vicenda.

Alex tornò a casa felicissima quel pomeriggio, nonostante il bernoccolo sulla fronte.

Suo padre l'accolse felice e raggiante, chiedendole a mala pena come fosse andata la festa, baciandole la fronte frettolosamente.

La bambina percepì un cambiamento nei suoi gesti e si fece sospettosa.

In salotto, una signora dai lunghi capelli biondi e le labbra dipinte di rosso, la stava aspettando.
La accolse con un enorme sorriso, la baciò e la prese fra le mani le guance, arrossendogliele un poco. Alex sapeva dell'esistenza di una fidanzata, ma non sapeva che presto sarebbe diventata la sua matrigna.

-Alex, voglio presentarti Alicia. Abbiamo deciso di sposarci, e lei verrà a vivere qui con noi.- il padre era raggiante e innamoratissimo di questa donna, ma lei, non era altro che un avida creatura interessata al denaro.

-Ma come? No! Non voglio!- la bambina era chiaramente sconcertata. Per lei non era altro che un brutto scherzo. Alla visione del padre affranto, capì che quella sarebbe stata la realtà e lei non era stata presa in considerazione.

Avrebbe dovuto rassegnarsi all'idea e presto avrebbe accettato quella situazione.

Le nozze furono celebrate e le figliolette di Alicia presero posto nella camera degli ospiti. Le dolci Rosa e Rossella, gemelle eterozigoti, erano davvero due belle bambine: capelli biondo chiaro e occhi verdi, incorniciati però da un perenne broncio. Evidentemente non avevano gradito nemmeno loro il terzo matrimonio della madre, ma viziate come erano, non avrebbero rinunciato mai ai lussi di una bella casa.

Da quel giorno, la vita di Alex cambiò completamente e dopo un anno, la morte improvvisa del padre la gettò in una profonda disperazione.
 

Solo grazie ai suoi amici, la sua vita, le sembrò meno buia."

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. Un giorno qualunque ***


Alex.

Alex.

Alex.

Quella voce fastidiosa non smetteva di tormentarla.

Svegliati...

Cosa?

ALEX!!!!

La ragazza si svegliò di colpo, cadendo rovinosamente dal letto e finendo sul pavimento.
Se il buon giorno si vede dal mattino, allora Alex si poteva ritenere fortunata!

-Alex. La mia colazione non è pronta!- la voce di Alicia May vedova Roberts, si era sparsa squillante nella stanza della ragazza. 
La matrigna aveva fatto installare un apparecchio che facilitasse l'arrivo della sua voce alla figliastra, in modo tale che quest'ultima potesse fare tutto ciò che lei chiedeva, in qualsiasi momento.

"Oh merda!" pensò Alex. Era decisamente nei guai!!!
Si vestì velocemente ed indossò maglietta nera a maniche corte, jeans strappati e converse, rigorosamente rosa. Suo padre gliele aveva regalate il giorno del suo dodicesimo compleanno e da allora continuava a comprarle di quel medesimo colore. 
Come look non era il massimo, ma non poteva e non voleva stare a pensare a cosa mettere per essere più carina! Dopotutto, era in ritardo...

Alicia la stava aspettando in sala da pranzo, insieme alle sue figlie, mentre controllava quanti like le sue amiche le avessero messo su Instagram.

-Ecco la vostra colazione signore!- esordì Alex entrando in sala da pranzo, già apparecchiata per la mattina, in casi di emergenza come quelli. Anche la colazione era sempre preparata prima: fiocchi d'avena e latte di soia per Alicia; riso soffiato al cioccolato e latte freddo per Rosa; succo di pompelmo e un croissant per Rossella.

La spesa andava fatta tutte le settimane e ad occuparsene doveva essere Alex. Come sempre si occupava della colazione, del pranzo per Alicia e della cena. A pranzo le gemelle mangiavano a scuola e quindi non doveva sopportare le loro farneticazioni sul fatto che la carne fosse troppo cotta o il sugo di una più buono del sugo dell'altra.

Nemmeno Alex sapeva come fosse finita in quella situazione, oramai erano anni che ci si trovava, ma era certa di una cosa: voleva andare al college e per farlo servivano soldi.

Soldi che aveva Alicia.

Alex prese velocemente la sua borsa all'ingresso e senza nemmeno salutare si avviò verso casa di Jeremy. Era strano che la matrigna non le avesse urlato contro qualcos'altro, ma la giornata era appena iniziata. C'era ancora tempo per le punizioni.

Tutte le mattine, Mike, dava un passaggio fino a scuola sia a lei che a Jeremy. Quando non poteva riusciva comunque a rimediare un passaggio dall'amico italiano oppure andava con l'autobus.
Come tutti i diciassettenni, Alex aveva la patente, ma Alicia non aveva ritenuto necessario comprarle una macchina, dopotutto era solo la sua figliastra.

A Rosa e Rossella, invece, aveva regalato, per il loro sedicesimo compleanno, due maggiolini super moderni della Volkswagen. Rigorosamente rosa, per Rosa, e rosso, per Rossella.
Alex non aveva potuto resistere alla ridarella che l'aveva minacciata fin da subito alla vista delle due macchine, perciò era finita in punizione. Tuttavia, era stato così liberatorio, e la ragazza non se ne era pentita affatto.

Jeremy la aspettava con un paio di occhiali da sole calati sugli occhi, seduto sui gradini di casa sua e un cappello da basket indossato all'incontrario.

-Buongiorno Jeremy!- saluto Alex allegra, ma il ragazzo alzò una mano nella sua direzione e le fece segno di non parlare. Un segno che l'amica ignorò completamente.

-Notte movimentata?- Alex si accomodò vicino a lui, fianco contro fianco e lo spintonò leggermente.

-Alex... Non sono in condizione...- l'amica non lo lasciò finire e lo prese maggiormente in giro.

-Difatti. Sei in una condizione pietosa! Quante volte ti abbiamo detto di andarci piano con i super alcolici?- la ragazza lo spintonò ancora e un sorriso birichino si formò sulle sue labbra.

Una smorfia e un rumore non identificato da parte di Jeremy le fece capire che aveva centrato il bersaglio. Contenta, si preparò a nuove domande, ma il suono del clacson di Mike le fece cambiare idea.

Mike quella mattina si era svegliato presto e aveva dato da mangiare a Grattastinchi, il gatto che sua sorella odiava, ma aveva voluto per Natale. L'avevano chiamato così in memoria del famoso gatto di Hermione Granger, ma a lui era ignaro il perché. 
A Mike non sono mai piaciuti i gatti, ma questo era davvero diverso. Per primo non rompeva le scatole miagolando: sembrava quasi muto. Secondo, ti spingeva ad urlare come Hulk facendosi le unghie sul divano. Però dobbiamo capirlo poveretto, dopotutto non tutti si possono permettere la manicure dall'estetista. Terzo ed ultimo, Grattastinchi odiava la parola "Micio". Nutriva per queste cinque lettere, unite tra loro, un vero e proprio istinto omicida, che lo portava ad assalire colui che le aveva pronunciate.

A parte queste stranezze feline, Mike si occupava di lui e avevano costruito, con grande fatica, un rapporto di amicizia. 
Dopo aver salutato il gatto, Mike si avviò alla macchina, cercando di non svegliare i "sovrani", e mise in moto. Il ricordo della sera precedente gli fece adocchiare gli occhiali da sole poggiati sul sedile vicino al suo e li prese subito. Doveva metterli per non destare sospetti.

Suonato il clacson i suoi amici entrarono in macchina: Alex davanti, di fianco a lui, e Jeremy dietro. Avevano la stessa faccia depressa, dovuta al troppo alcool della sera prima, e gli stessi occhiali da sole.

-Ragazzi...?- Alex rimase sconcertata nel vedere l'aspetto così simile tra i due e l'assenza di sorriso sul volto di Mike.

Un mugugno da parte di entrambi la spinse a continuare.

-Che vi siete bevuti o fumati ieri sera? Siete ridotti a degli stracci!-

-Mmh...- rispose Mike per entrambi.

-Okay... La finisco...- Alex sussurrò appena e Jeremy si riprese.

-La finisci?! Mi hai rotto i maroni da quando sei arrivata a casa mia e ora lui ti dice "Mmh" e tu la finisci! Grazie!- Alex ridacchiò cercando di non farsi vedere dal suo migliore amico, ma Mike la vide e le sorrise. Era un sorriso di sostegno il suo, e ad Alex fece più che piacere vederlo.

Arrivarono a scuola e ancora la questione delle borse sotto gli occhi dei due ragazzi era irrisolta, ma la loro amica non si sarebbe rassegnata e presto avrebbe scoperto cosa le tenevano nascosto quei due.

Per adesso si doveva solo preoccupare dell'ora di scienze con la professoressa Cooper. L'anziana donna di quasi 76 anni continuava ad insegnare con grande passione, difatti ci godeva a vedere i suoi studenti in difficoltà. Alex aveva da sempre pensato che doveva avere subito un qualche tipo di sopruso lei stessa e quindi si stava vendicando con i suoi alunni.
I tre amici avevano quel corso insieme ed il più bravo dei tre, ossia Jeremy - strano ma vero - , aiutava gli altri due imbranati.

-Fammi capire: i protoni sono positivi, mentre i neutroni sono negativi?- chiese confusamente Mike con una matita tra le labbra.

-Si.- Jeremy rispose seccamente, prendendo una bottiglietta d'acqua e allungandosi sul bancone per prendere le posate di plastica.

-Ma non erano gli elettroni quelli?- chiese Alex confusa da quanto affermato dall'amico. Dopotutto aveva scritto a caratteri cubitali "Elettroni = negativi" sul suo quaderno, perciò poteva aver fatto un errore colossale, come no. Nel frattempo aveva già preso della pasta e una ciotola di cereali. Accostamento strano ma gustoso.

-Gli elettroni non hanno cariche!- esultò Michael prendendo del formaggio e avviandosi al solito tavolo insieme ai suoi amici.

-Ma a me pare strano, la Cooper ha esplicitamente detto che gli elettroni sono negativi, mentre i neutroni non hanno cariche! Il nome stesso lo dice!- Alex difese saggiamente la sua tesi e Michael le rispose che se Jeremy diceva il contrario così doveva essere.

-Basta. L'ora è passata... Non voglio più sentir parlare di chimica!- Jeremy non era di buon umore quel giorno e di certo il suo umore non sarebbe per niente migliorato!

-Lo sapevate che Betty Lee ha organizzato una festa a casa mentre i genitori non c'erano. Dovevano stare via tutto il fine settimana, ma sono tornati prima. Senza avvertire...- Alex lasciò il racconto in sospeso cercando di stuzzicare l'attenzione dell'amico italiano. A Jeremy piacevano un sacco le riviste di gossip e si poteva dire che era la persona più informata della scuola quando si trattava di scandali. Anche Rebecca Woodward, redattrice del giornalino scolastico, chiedeva a lui conferma di ogni voce.

-Betty è finita in punizione e non vedrà il suo ragazzo per almeno una settimana... La so la storia. Tu, Alexandra, stavi cercando di fregarmi il lavoro? Mi dispiace ma nessuno lo fa meglio di me.- eccolo lì il Jeremy di sempre.Forse non si sarebbe ripreso del tutto, ma almeno per un pò si.

Alex sorrise felice e Mike diede una spallata all'amico.

-Bene. Ora che ti sei ripreso, o quasi, mi potreste dire che vi è successo ieri sera?- ad Alex non sfuggì lo scambio di occhiate, molto complici, che i due ragazzi si stavano scambiando. Erano davvero ridicoli. Era ovvio che se ne era accorta...

-Ecco noi...- esordì Michael, ma venne interrotto da Jeremy che si abbassò la visiera del cappellino nervosamente.

-Noi abbiamo bevuto perché ero depresso.- Mike maledisse mentalmente l'amico. Alex avrebbe fatto altre domande dopo quella confessione, ne era sicuro e così fece. 

Alla fine si inventarono che Jeremy era depresso perché sapeva che nessuna sarebbe andata al famoso ballo di fine anno con lui e quindi doveva sfogarsi.

La ragazza non credette ad una singola parola, ma questa volta gliela passò e tutto tornò come prima.

Mike ringraziò l'amico di nascosto dalla ragazza e insieme si avviarono al corso successivo.

Le ore passarono abbastanza veloci e Michael non rimase sorpreso nel vedere che la sua macchina era sparita dal parcheggio. Toby e Theo dovevano averla presa, lasciando lui e i suoi amici a piedi. A casa avrebbe fatto rapporto allo zio, era la sua unica speranza per fermare quei due idioti!

-Scusate ragazzi! Accidenti!- Mike colpì il muro con un pugno ed Alex accorse preoccupata. Gli accarezzò la mano con delicatezza. La ritirò d'un tratto capendo l'intimità che aveva involontariamente creato e si girò verso Jeremy. Un Jeremy davvero diverso da quello della mattina. Molto più sorridente.

-Beh? Che hai da guardare?- chiese Alex imbarazzata e rossa come un peperone! Solo lei poteva fare certe figure!

-Niente...- il migliore amico della ragazza credeva infatti, o meglio sapeva a sentir lui, che i suoi amici provano un'attrazione fisica molto forte tra di loro ed era convinto che vi fosse anche qualcosa di più. Ogni tanto si poteva vedere la sua faccia felice e maliziosa, come quella di uno davanti ad un film. Aveva il posto in prima fila per ogni loro momento imbarazzante e glielo avrebbe ricordato a vita! Molto sadico...

-Mi dispiace ragazzi...- Mike era sinceramente dispiaciuto, ma soprattutto stava cercando di non pensare alla mano di Alex sopra la sua: delicata e morbida, così piccola in confronto.

-Non preoccuparti, torniamo a piedi...- lo rassicurò Jeremy e dopo essersi salutati, ognuno si diresse in direzioni opposte: Jeremy ed Alex verso casa e Mike in officina.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. Attacco coordinato con effetto sorpresa ***


Capitolo 3

Quando la giornata parte male, finisce male. Ma non sempre.

Alex sapeva che avrebbe dovuto fare i conti con la matrigna quel pomeriggio e si stava preparando mentalmente alla sgridata e alla punizione che le avrebbe dato. Probabilmente quella volta si sarebbe limitata a dirle di potare le aiuole oppure di chiamare le sue amiche per ricordare la partita di bridge. O forse avrebbe dovuto fare un doppio turno a lavoro! Forse non era stata una bella idea mollare tutto e andarsene.

Di fianco a lei, l’amico non faceva che ripensare  a quello che Mike gli aveva confidato la sera precedente. Certo, l’aveva coperto con Alex, ma non voleva nemmeno mentirle su una cosa così importante.

Sia lei che Mike erano i suoi migliori amici e in qualche modo sentiva di star tradendo uno dei due, in questo caso, Alex. Ma non c’era altra via d’uscita a quella situazione e lui doveva tenere la bocca chiusa. Almeno per quella volta. Le avevano fatto credere che era disperato come Ron Weasley poiché non trovava una ragazza per il ballo, e non sarebbe stato del tutto sbagliato, se non fosse stato per il fatto che questa ragazza fosse già impegnata.

Esatto. Lui che aveva sempre criticato i balli e le cose troppo romantiche, voleva andare al ballo. E proprio impegnata se la doveva scegliere! Mai una gioia proprio.

Jeremy salutò l’amica ed entrò in casa, cercando di non pensare alle parole che Mike gli aveva confidato.

-Ciao tesoro mio!- lo salutò sua madre baciandolo su una guancia. Jeremy odiava quell’atteggiamento così appiccicoso e tipico di ogni madre. Ogni tanto però gli prendeva l’attimo dolce e zuccheroso e diventava mammone in tre secondi, specialmente quando stava male o non voleva andare a scuola. Sua madre non cedeva quasi mai, ma adesso che stava diventando così grande, ogni tanto rimaneva fissa a guardarlo. Lo guardava con tanto amore e dolcezza, proprio come ogni madre dovrebbe guardare il proprio figlio. Lo vedava crescere e dall'oggi al domani sarebbe andato via, si sarebbe fatto una famiglia e sarebbe diventato padre anche lui. O almeno glielo augurava.

-Come è andata la scuola?- gli chiese nel mentre che metteva l'acqua a bollire.

-Benissimo mamma.- Jeremy non aveva molta voglia di parlare e stava pregando Evelyn di arrivare il più presto possibile.

-Oddio Jeremy quanto parli! Non preoccuparti affatto delle mie povere orecchie!- la signora Ranieri non faceva che prendere in giro il figlio e nonostante Jeremy fosse piuttosto apatico quel giorno, si lasciò andare ad una smorfia molto simile ad un sorriso.

A salvarlo da altre domande da parte di sua madre fu l’entrata in scena dei suoi fratelli: Jonah, Jared e Jane. Le tre pesti di casa. Insieme formano un ciclone di energia e vitalità, che spesso però è davvero disastrosa!

-Jonah! Non spingere tua sorella! Jared, non ridere!- Evelyn faceva molta fatica a gestirli tutti e tre insieme, ma essendo quasi una sorella maggiore per loro si imponeva abbastanza bene. Ovviamente, come tutti i bambini, loro non la ascoltavano così spesso, ma diciamo che tra i tre, Jane era la più tranquilla. A volte era un’impresa fermare Jonah e Jared.

-Mamma!- l’urlo e il prolungamento della “a” fecero desiderare a Jeremy di sprofondare sotto terra.

-Ciao amori miei!- Luisa Ranieri abbracciò i suoi figli uno ad uno e poi mise un pochino di sale al sugo che aveva preparato. Salutò tutti e lasciò la casa nelle mani di Evelyn.

-Jeremy! Lo sai che oggi la maestra mi ha fatto recitare la poesia, che andava imparata a memoria, davanti a tutti e poi mi ha messo una "A"!- Jane entusiasta mostrò al fratellone il quaderno dove aveva scritto, con una calligrafia poco precisa e storta, la poesia tanto amata.

-Jonah non salire sul divano con le scarpe, per favore!- Evelyn supplicò con lo sguardo quasi il suo compagno di banco a letteratura e Jeremy le rivolse un’ occhiataccia.

Evelyn aveva solo diciassette anni, ma da tanto tempo era la tata di quelle tre pesti, più precisamente da quando si era trasferita con sua madre da New York, quindi due anni circa. Aveva avuto una cotta per Jeremy in passato, ma essendo una persona molto risoluta e pratica, si era imposta di dimenticare quelle sensazioni che provava stando con lui. Difatti faceva del suo meglio per non affezionarcisi come era successo co i suoi fratelli.

Tuttavia, ogni volta che i loro occhi si incontravano il suo cuore iniziava a battere sempre più veloce. Era una cosa che non comprendeva e che le dava tremendamente fastidio.

Ovviamente Jeremy non se ne era mai accorto, ma l’aveva sempre trovata incredibilmente carina: capelli ramati, lunghi fino alle spalle,  qualche lentiggine sul viso, occhi azzurri e delle forme che si adattavano perfettamente alla sua statura. Nutriva per lei ammirazione e la trovava quantomeno irraggiungibile.

Era intelligente e molto simpatica, ma tendeva ad evitarlo a volte. Si imbarazzava se lui le faceva un complimento e si arrabbiava se la stuzzicava troppo. Forse era perché veniva dalla città, mentre loro lì erano abituati in maniera più spartana, ma rimaneva il fatto che lei era come la punta più alta del grattacielo e lui non aveva il coraggio di salire tutte le scale per guardare insieme a lei il paesaggio da lassù.

-Jared! Aiutami! Sta arrivando il nemico! Dobbiamo colpirlo!- Jonah chiese aiuto al fratello minore urlando un “fuoco” e lanciando addosso a Jeremy dei cuscini. Jeremy cercò di resistere, ma i fratelli erano troppo energici per i suoi gusti e si lasciò colpire senza opporre resistenza.

-Uffa! Ma così non c’è divertimento!- Jared, che aveva quasi dieci anni, era sempre stato abbastanza calmo e controllato, ma ultimamente stava seguendo troppo le orme del fratello dodicenne, Jonah, nelle sue avventure improvvisate.

Jeremy era certo che prima o poi anche Jane avrebbe smesso di giocare con le sue Barbie e si sarebbe unita ai fratelli. Aveva solo sette anni, ma, prima avrebbe potuto prenderla in ostaggio e lei non avrebbe fatto niente se non giocare con Mary Ann (la sua Barbie castana) e Ken; successivamente, con il tempo, era certo, neanche prenderla in ostaggio sarebbe tornato a suo favore, anzi avrebbe fomentato maggiormente gli altri due fratelli!

-Marinaio! Non ci si dispera mai in questo modo!- Jonah prese le redini del gioco e ordinò alla sorella di esporre i movimenti di Evelyn. Jeremy rimase stupefatto dalla capacità di suo fratello di rigirare la situazione e continuare il gioco come se niente fosse.

-Nessuna attività sospetta Capitano, solo ottima pasta al sugo pronta per essere mangiata!- rispose a tono Jane, concludendo la sua relazione con il saluto militare.

-Jared, organizziamo un attacco a sorpresa, quindi facciamo un attacco coordinato con effetto sorpresa. Chiaro?- Jonah tutto convinto pretendeva un “chiaro” dai suoi fratelli, ma Jeremy era rimasto ancora al “attacco coordinato con effetto sorpresa”. E adesso che si sarebbero inventati???

-Jeremy! Tu ci aiuterai a catturarla!- Jane gli puntò contro un dito e per quella volta non se la sentì di dirle di no.

Organizzato un piano, Jeremy e i bambini si misero in postazione: il fratello maggiore nascosto dietro il divano, Jared dietro la tenda della finestra, Jonah dietro Jeremy e infine Jane in cucina. Avrebbe dovuto dire ad Evelyn che Jared si era fatto male cadendo dal divano e che serviva il suo aiuto.

Pessima scusa, ma abbastanza credibile affinché la poveretta si precipitasse in aiuto del bambino.

-Evy! Devi venire subito! Jared si è fatto male!- Jane entrò in cucina esordendo in questo modo. La ragazza stava tranquillamente pensando a che vestito avrebbe indossato la sera del ballo quando ad un certo punto la bambina le raccontò della disgrazia. Senza pensarci due volte si precipitò in salotto, ma non vi trovò nessuno.

Evelyn capì troppo tardi della trappola, quando oramai Jeremy l’aveva caricata sulla sua spalla come un sacco di patate.

-Porca vacca quanto pesi!- il ragazzo non era certo un esempio di finezza per i più piccoli, ma risero tutti e tre alla sua esclamazione!

-Grazie Jeremy per avermi fatto notare il mio peso in eccesso! Ne terrò conto!- Evelyn gli diede una pacca sul sedere e una sulla schiena, facendo ridere maggiormente Jonah e Jared.

-E' inutile che mi prendi a pugni, tanto non mi fai niente... Giusto un po’ di solletico!- Jeremy si atteggiò davanti ai fratelli come un duro, ma alla ragazza venne la bella idea di fargli davvero il solletico.

-Ah si? Vediamo allora se questo ti fa effetto!- la ragazza incominciò a solleticargli la schiena e poi la pelle sopra le costole. Jeremy la mise subito giù, ma la buttò bruscamente sul divano.

-Ora ci divertiamo!- il sorriso vispo sul suo viso e l’aria da bambino nei suoi occhi fecero presagire ad Evelyn il peggio.

-Ragazzi! Scatenatevi!- Jeremy tenne ferma Evelyn per le braccia con le sue mani, mentre con le ginocchia teneva bloccate le sue gambe. I suoi fratelli la stavano torturando e lei diventava sempre più rossa. Il solletico è un'ottima arma contro gli indifesi.

-Vi prego! Basta! Non ne posso più! Jeremy!!!- queste parole veniva intervallate da risate e urla di vario tipo, sia da parte della ragazza che da parte dei fratelli Ranieri.

Alla fine Jonah fermò tutti e chiese con tono serio alla prigioniera se il cibo fosse ben cotto e pronto per essere servito.

-Dopo tanta fatica mentale e fisica un buon pasto ristora sempre gli uomini, e le donne, d’armi!- nel suo discorso incluse anche la sorella, molto attenta quando faceva richieste del genere, dopotutto era pur sempre una bambina.

-La pasta è pronta, praticamente aspetta solo che voi signor Capitano e la vostra ciurma, e ci metto dentro anche vostro fratello, vi mettiate a tavola e facciate i bravi!- Evelyn rispose stando al gioco e lanciando un occhiata a Jeremy.

In un minuto i bambini andarono ad apparecchiare la tavola in cucina e lasciarono i due ragazzi soli. Jeremy non osava spostarsi di un solo millimetro. Evelyn non era un brutto spettacolo vista dall’alto.

-Sai, non sai così male vista da quassù!- il ragazzo si fece coraggioso e senza troppi giri di parole le fece quella sorta di “complimento”.

-Sai, non pensavo che crescendo saresti diventato un maniaco!- Evelyn sorrise nel mentre che lo diceva, anche se oramai la presenza del corpo del ragazzo si faceva sentire sempre di più.

-Allora? Mi lascia andare signor vice-capitano?- la ragazza cercò di sdrammatizzare la tensione riprendendo il gioco di prima.

-Certo signorina, ma solo perché sono terribilmente affamato e i veri uomini d’armi devono riprendersi dopo un combattimento così duro!- Jeremy non perse occasione per scansonarla e la liberò.

Nonostante il suo ruolo di cattivo non le aveva fatto così male, anzi era stato delicato e non aveva fatto molta pressione, anche se lei non smetteva un secondo di muoversi.

Si ritrovarono involontariamente a pochi centimetri di distanza e la ragazza diventò rossa come i suoi capelli.

-E comunque, non sono il vice di Jonah.- le sussurrò spavaldo senza spostarsi.

-Ah no?- Evelyn lo guardò curiosa, cercando di nascondere il suo imbarazzo.

-No, sono solo la loro guardia del corpo!- Jeremy ridacchiò un po’ ed Evelyn si rilassò a quell’affermazione.

-Tu intendi uno di quelli muscolosi, che fanno paura e sono incredibilmente affascinanti nelle loro uniformi?- Jeremy si stupì della spavalderia improvvisa della sua compagna di banco, ma resse il gioco.

-Esattamente.-

-Beh, allora credo che farebbero meglio a cercarsene un altro!- Evelyn si mise a ridere e poi scappò verso la cucina.

-Ehi! Dove scappi?!- Jeremy non fece in tempo a raggiungerla. Era entrata in cucina troppo presto e per quella volta avrebbe lasciato correre, ma non avrebbe dimenticato l’affronto subito!

Evelyn si era messa in un brutto guaio e a lui non dispiaceva più di tanto. Alla fine c’era stata la sorpresa in quell’attacco coordinato.

Il campanello suonò all'improvviso e il ragazzo si allontanò dalla cucina per andare ad aprire. 

Alex era lì. Davanti a lui, ansante, tremante e tutta rossa.

-Alex?- Jeremy la chiamò piano, ma da lei non ricevette risposta per un minuto buono.



Angolo Autrice
Oh Hi!
Bene, eccoci qui con un nuovo capitolo!
Spero  vi piaccia. Ho voluto presentarvi altri nuovi personaggi, fondamentali nella storia, di cui mi fa tanto picaere scrivere!
Chi di voi non adora Jonah? O Jared o Jane? Molto diversi dal fratello maggiore vero?
E che ne pensate di Evelyn?
Spero abbiano fatto una buona impressione su di voi!
Un bacio, 
Serena :)

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. Disastro in bianco ***


Capitolo 4.
                
Alex camminava pensando alla sua futura punizione. Sapeva che tanto la matrigna avrebbe escogitato un altro modo per farla sgobbare, perciò perché prendersi la briga di comportarsi bene quando puoi farlo con sufficienza e ottenere lo stesso risultato?

Con questa filosofia abbastanza depressiva, la ragazza procedeva per la sua strada con rassegnazione. Delle urla alquanto ambigue le fecero voltare la testa. Quelle tre pesti dei fratelli di Jeremy non facevano altro che distruggere la loro babysitter: Evelyn.

Era una ragazza molto dolce, disponibile e sempre allegra, motivo principale per cui sapeva tenere testa ai fratelli Ranieri, ovviamente, tutti i fratelli Ranieri. Alex sapeva che Jeremy aveva una cotta per la sua amica, anche se lui ancora non lo sapeva, e sperava che un giorno avrebbe vinto le sue paure e le avrebbe chiesto di uscire insieme.

-Alex! – esclamò Evelyn trattenendo per il cappuccio Jared che, irrequieto come sempre, voleva correre verso casa e fare a gara con il fratello. La piccola Jane teneva la mano della sua tata, ma se avesse potuto avrebbe corso come i suoi fratelli.

-Evelyn! Ragazzi…- Alex abbracciò velocemente l’amica, mentre lei cercava di tenere buoni i fratelli più grandi.

-Jared piantala! Josh! Non dargli corda! - Evelyn era sempre autoritaria quando bisognava esserlo.

-Andiamo Evy! Vogliamo correre! Facciamo la gara! – Josh cercò di convincerla utilizzando la tecnica degli “Occhi-Dolci”, e lei, purtroppo o per fortuna, ci cadeva sempre.

-Alex scusami! Sono proprio dei ruffiani…- Evelyn calcò l’ultima parola e tutti e tre i bambini risero.

Alex, prima di salutare tutti, era stata invitata a dare il via. Mancavano solo cento metri alla casa dei Ranieri e poté godere quei piccoli pargoli che correvano felicemente. Una volta anche lei era felice in quel modo.

-Bene, siete pronti? – ad un cenno affermativo da parte di tutti e tre contò. –Uno, due, tre... Via! –

Jared partì prima del via, ma Josh lo riprese subito, Jane era dietro Evelyn, ma la ragazza diminuì il passo per farla vincere. Cosa non si fa per i bambini?

Un forte trambusto fece capire ad Alex che la strana comitiva era arrivata!

La ragazza proseguì per la sua strada e la prima cosa che vide entrando in casa fu solo un colore. Bianco.

C’era bianco dappertutto. Bianco sulle pareti, tende bianche, pizzi, merletti, stoffe e tessuti bianchi. Drappeggi, campioni di tessuti, scarpe, guanti, cappelli, fiori e addirittura posacenere di porcellana rigorosamente bianchi.

Le cose erano due: o aveva sbagliato casa, oppure la sua matrigna le stava combinando qualcosa di grosso.

-Alexandra. – parli del diavolo e spuntano le corna. Alicia la chiamava per nome intero solo quando qualcosa le dava fastidio. Come la sua sola presenza, ad esempio.

-Si, Alicia? – Alex la notò in mezzo a tutto quel casino davanti ad uno specchio sistemato in salotto, con la solita sigaretta in mano. La ragazza guardò disgustata la mise assurda della donna. Era coperta da un abito in seta bianca, con uno scollo a cuore e delle spalline molto fini, abbinato ad un paio di calze trasparenti e delle Jimmy Cho argentate. I capelli arricciati da bigodini di vari colori e il trucco leggero presagivano il peggio. Alicia sarebbe uscita quella sera.

La cosa che colpì maggiormente Alex, oltre all’orrore che i suoi occhi stavano vedendo, era la figura di un sarto, fornito di spilli e aghi, il quale stava definendo gli ultimi ritocchi al vestito “da sposa” di Alicia.

-Alexandra, ho bisogno che tu metta tutto apposto entro stasera alle nove. -  la matrigna si voltò appena, aspirò e diede delle indicazioni al sarto, un uomo basso e molto permaloso, che guadagnava sull’addome tutto ciò che perdeva sul capo, quindi anche incredibilmente grasso.

-Potrei sapere perché è proprio necessario che sia tutto pronto per le nove? E cosa cavolo stai facendo?– Alex era già abbastanza stizzita. Aveva capito che quello era un modo per “punirla” diciamo, ma questo era troppo.

-Sto rifacendo il mio guardaroba, non lo vedi? E poi abbiamo un ospite stasera? Che razza di domande cretine fai? – la matrigna le rispose in maniera seccata, senza vergognarsi davanti al sarto.

-Il guardaroba te lo sei rifatto due mesi fa Alicia! E quando pensavi di dirmi che abbiamo un ospite? - Alex era decisamente shockata.

-Alexandra! Mi sembri davvero una ritardata a volte! Ti ho detto adesso che abbiamo un ospite, quante volte te lo devo ripetere? – Alicia si sistemò una ciocca di capelli sulla spalla, liberandoli di un bigodino, e incominciò a spazzolarli.

Alex non ci vide più. Come cavolo avrebbe fatto a rimettere apposto tutto quel casino che la matrigna aveva causato in sole cinque ore? E poi, chi era questo ospite? Perché tutto quel disastro stava accadendo proprio a lei?

Domande senza risposte visto che Alicia non le rispose per almeno un minuto buono, come a valutare cosa dire alla figliastra.

-Alexandra, tu sei qui per fare quello che io ti chiedo. Sei sotto il mio affido, non puoi ribellarti al mio volere. In più, farai bene a comportarti in modo adeguato con l’ospite di stasera. – la donna diede un’occhiata alla sua silhouette e poi si avvicinò alla figliastra. - È una persona molto importante e non vorrei mai che per una sciocchezza il tuo posto alla Princeton dovesse rimanere solo un sogno. – guardò Alex negli occhi e, silenziosamente, la sfidò a ribattere.

Alex sapeva che il suo futuro dipendeva da quella strega e sapeva che avrebbe dovuto sopportare di peggio pur di non vederla mai più.
Tuttavia non poteva farsi mettere i piedi in testa da quella donna. Suo padre le diceva sempre che il Potente e il Cattivo andavano combattuti con tutti i mezzi possibili, a volte con gentilezza, a volte con crudeltà.

-Non sono una tua proprietà Alicia. Posso andarmene quando voglio. Non ho bisogno di te, come non ne aveva bisogno mio padre. So che siamo a corto di soldi e tu vuoi accalappiare un altro uomo bisognoso d’amore e logorato dal dolore come mio padre! – un rumore secco fece voltare il sarto che, nel frattempo, stava riordinando i suoi strumenti.

Alex sentì la guancia sinistra bruciare con forza e istintivamente si portò la mano dove la pelle stava prendendo un colore rossastro. Alicia le aveva dato uno schiaffo, ma non ferì la ragazza più di tanto, dato che non era la prima volta.

-Tu non puoi parlarmi così. Io sono tua madre. – con quel coraggio, si chiese Alex, osava pronunciare quelle parole?

-Tu non sei mia madre. – la ragazza si premurò di calcare ogni parola e dare giusto peso al loro significato. Quello che Alicia aveva appena detto era, per lei, una delle peggiori bestemmie e non le avrebbe permesso di ripeterlo ancora.

-Ti conviene non remarmi contro, ragazzina. – con queste parole la donna girò i tacchi e se ne andò su per le scale, seguita dal sarto che sicuramente avrebbe chiesto una somma alquanto sostanziosa per il lavoro svolto.

Pronunciando un “vaffanculo” abbastanza silenzioso, Alex uscì da quella che un tempo considerava casa sua e chiese a suo padre perché le aveva fatto quello. Perché l’aveva lasciata sola e perché si era lasciato imbambolare da una barbie siliconata?

-Alex dove stai andando? Devi aiutarci con i compiti! – Rosa non fece caso alle lacrime sulle guance della ragazza, mentre la sorella le chiese il perché della macchina di Gustavo, il sarto, nel loro vialetto.

-Vostra madre si è fatta rifare il guardaroba. – Alex era davvero sfinita, tanto che pronunciare quelle parole era davvero un peso.

-Cosa? Ma l’ha cambiato poco tempo fa! – Rossella era stupefatta ed Alex pensò per un momento che la sorellastra potesse condividere il suo stesso pensiero a riguardo.

-Non è assolutamente giusto! Se lo cambia lei dobbiamo cambiarlo anche noi! – rispose Rosa, e la ragazza capì che la gemella si riferiva solo a loro due usando “noi”.

-Abbiamo un ospite a cena. – Alex pensò che forse con questa informazione le avrebbe portate sulla sua strada. Ma in cuor suo sapeva di sperare invano.

-Davvero? Chi? È ricco? Ha figli? Perché non ce lo hai detto subito? –esclamò Rosa come se dipendesse la sua vita saperlo.

-Oh mamma! Dovremmo prepararci, truccarci, vestirci bene, aiutare la mamma a scegliere il vestito giusto! Andiamo Rosy! – Rossella intimò la sorella a muoversi, ma poi parlò ad Alex come la madre avrebbe fatto, con sufficienza. –Ovviamente tu dovrai aiutarci, quindi non perdere tempo e seguici! –

Alex si sentì umiliata ai massimi livelli e senza pensarci le mandò a quel paese entrambe e si mise a correre.

L’unico posto dove poteva rifugiarsi era da Jeremy. Solo per un momento voleva sentirsi veramente a casa, perché oramai a casa sua non poteva più farlo.

In quella corsa si ricordò dei momenti belli che aveva vissuto fino alla venuta di quella strega. Si ricordava di quando la portava a giocare a baseball, oppure quando durante le partite le permetteva di salire sulle sue spalle per vedere meglio; si ricordava dei giorni in cui la portava al locale e la faceva stare dietro il bancone a battere i conti; si ricordava delle favole che le raccontava quando era piccola e delle sere passate a ballare in salotto. Si ricordava tutti i bei momenti, che si fermavano all’età di undici anni. Dopodiché ogni ricordo appariva sfumato e pieno di pianti, pieno di fumo e cancellato dalla sua memoria.

Citofonò rumorosamente al campanello di casa Ranieri e un Jeremy sorridente e pieno di vita le aprì. Alex si sentì in colpa ad aver fatto svanire il sorriso del suo amico. Non voleva che si preoccupasse per lei, ma non poteva fare altrimenti quel giorno.

-Alex? – la chiamò Jeremy preoccupato e titubante. Sapeva che se lei era lì allora doveva essere successo qualcosa di tremendamente orribile oppure qualcosa di bello.  Ma sotto sotto aveva paura che qualcosa di bello sarebbe accaduto alla sua migliore amica solo quando sarebbe potuta andare via da quella città.

-Jeremy? – lo chiamò Evelyn arrivando con il mestolo ancora sporco di pomodoro e stupendosi anche lei dell’arrivo di Alex.

-Scusate ragazzi, non volevo interrompere. – la ragazza riprese a parlare, anche se con affanno ed Evelyn posò il mestolo per andarle a prendere un po' d’acqua. Entrata in cucina accese la tv ai bambini e ritornò in salotto dalla sua amica.

-Cosa è successo? – sentì dire da Jeremy. Sapeva che ci teneva moltissimo, ma a volte era gelosa di quel contatto tra di loro. A volte le sarebbe piaciuto essere al posto di Alex, solo per godere ancora del profumo dolce del ragazzo e bearsi dei suoi occhi. Non poteva mentire a sé stessa: si sentiva irrimediabilmente attratta da Jeremy, ma ancora non poteva considerarsi sul punto di non ritorno sulla strada dell’amore. Era meglio per lei non ritrovarcisi.

-Alicia è pazza. Si è fatta rifare il guardaroba e a casa ci sono milioni e milioni di campioni di centinaia di stoffe. Indovina il colore? – Alex sorseggiò un po' d’acqua lasciando la domanda in sospeso ed Evelyn azzardò un “Magari rosso?”, che fece strabuzzare gli occhi all’amica.

-Ma magari! No, è il bianco! – entrambe le ragazze fecero una smorfia disgustata, mentre Jeremy se le guardava come guardava Evelyn quando gli aveva confidato di odiare il burro di arachidi: decisamente confuso e impaziente di sapere il perché di quell’espressione.

-Che ha il bianco che non va? – chiese ed Alex pensò che a certe cose i maschi non potranno mai arrivare.

-Il bianco te lo metti quando ti sposi, con una gonna o un pantalone di jeans, te lo metti per un’occasione speciale oppure se hai una pelle scura! Non lo usi per rifarti il guardaroba! – esclamò Evelyn visibilmente scioccata.

-E quindi…? – incalzò Jeremy inconsapevole della gravità della situazione.

-Alicia si vestirà solo ed esclusivamente di bianco per almeno due/tre mesi. E sai cosa vuol dire? Vuol dire che io dovrò vederla tutti i giorni come l’ho vista il giorno in cui ha sposato mio padre. La devo vedere in quelle condizioni! Senza contare il fatto che il bianco a cinquant’anni suonati è veramente orribile! Non sei una ragazzina! – Alex diede man forte ad Evelyn ed entrambe sbuffarono sonoramente, come se la cosa fosse irrisolvibile.

-Sono convinto che non è questo il problema, giusto? – chiese Jeremy, sapendo che qualcos’altro turbava l’amica.

-Vuole che rimetta tutto apposto entro le nove di questa sera, e sai perché? Perché abbiamo un ospite. Non mi ha detto il numero di persone, né chi sono, né tanto meno che cosa ha intenzione di farci! – rispose Alex con acidità.

-Cosa intendi con “cosa ha intenzione di farci”? – le chiese curiosa Evelyn ed Alex le raccontò di come aveva accusato la matrigna di aver rovinato la sua vita e di aver accalappiato suo padre solo perché ricco e pieno di soldi.

-Vuole solo trovare un altro marito per risollevarsi dalla crisi economica che stiamo passando a causa sua, ma io non la aiuterò! – la ragazza bevve un altro sorso d’acqua e poi si asciugò le lacrime. –Forse adesso è ora che vada. Non me lo perdonerà mai se non metterò tutto apposto e poi potrebbe rendere la mia vita peggiore di così. –

-Alex, non le puoi permettere di fare questo! Un momento dici che le darai filo da torcere, il momento dopo cambi idea perché temi che sarà lei a dartene a te! – la riprese Jeremy con decisione.

-Vorrei vedere tu al mio posto! Devo solo farle da schiava per un po' e poi sarò libera. Avrò diciotto anni e non mi potrà impedire di vivere dove mi pare, con chi mi pare e soprattutto lontana da lei! – rispose con maggior decisione la ragazza all’amico, non facendosi intimorire dal suo sguardo.

-Devi promettermi che non ti farai mettere sotto da lei come ha fatto tuo padre. – Jeremy la prese per le spalle e la guardò dritto negli occhi. –Promettimelo! –

 
-Te lo prometto. – gli sorrise Alex abbracciandolo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5. Help ***


Mike era appena arrivato a casa, sbattendo la porta per la rabbia di aver dovuto rinunciare alla vista di Alex e dei suoi capelli lasciati alla volontà del vento. Come altre volte l’aveva vista felice, così voleva renderla quando stava con lui, così la voleva vedere, sorridente e senza pensieri. Peccato che i suoi cugini gli avessero impedito di vedere quel sorriso quel giorno.

Grattastinchi arrivò alle gambe del ragazzo facendo le fusa e reclamando i suoi croccantini.

-Mike? Sei tu? – chiese Zoey dalla cucina. La ragazza stava mangiando il suo hamburger vegetariano sorseggiando del succo di arancia ogni tanto.

-Si, sono io. – rispose educatamente alla cugina, andando a prendere i croccantini del gatto. –Lo sai che questo gatto è tuo? -  le chiese poi cercando di farla ragionare.

-Lo so, ma questo non implica il fatto che me ne occupi io. Io odio i gatti! – eccolo lì. Mike si ricordò del fatto che Zoey si era fatta regalare quel gatto per due motivi principali: in primis perché aveva appena visto “Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban” e secondo perché tutte le sue amiche avevano il gatto. Era stato un capriccio bello e buono, ma lo zio non desiderava avere rogne e Zoey sapeva essere molto fastidiosa.

-Cosa mi hanno lasciato quei trogloditi dei tuoi fratelli? – chiese il ragazzo aprendo il frigorifero e scorgendoci il nulla più assoluto.

-Non credo troverai molto, a dire la verità si sono mangiati tutto quello che la signora Miller aveva preparato l’altro ieri. – Zoey riprese a mangiare sporgendosi dal bancone per prendere un pezzo di tovagliolo. Mike glielo porse istintivamente non permettendole di sporcarsi la divisa della scuola privata in cui solo lei poteva andare. Il signor Berenson difatti, si era categoricamente rifiutato di mandare la sua innocente figliola a scuola con dei depravati mentali. Così, da tre anni a questa parte Zoey Berenson è felicemente iscritta alla Wallgate’s Private School, rigorosamente cattolica. 

-Ehi ragazzi! – una manina paffuta bussò più volte alla porta e Grattastinchi scappò in salotto arruffando tutto il pelo. Mike aprì la porta e come d’incanto la ignora Miller entrò con i rifornimenti.

-Oddio Jen ti adoro! – esclamò Mike togliendole dalle mani il peso, appoggiò tutto sul bancone della cucina e togliendo la stagnola dai contenitori. –Jen, dimmi che è davvero lei! – Mike guardava la donna un po' grassottella e con i capelli biondo cenere raccolti in due codini deliziosi.

-È proprio lei! -  Jen posò la borsa sulla sedia rialzata e si appoggiò al bancone beandosi della vista di Mike che si tuffava sulla doppia porzione di lasagna.

-Come favevi a sapeve che nov vi sabebbe stato nievte da mangiave? – chiese il ragazzo a bocca piena, senza smettere di mangiare. Zoey e Jen si lanciarono un’occhiata complice che criticava tutto il mondo maschile in una sola frase e la ragazza si alzò per mettere il suo piatto in lavastoviglie.

-A volte ci penso anche io a te Mike. – rispose Zoey alla domanda del cugino, sorridendo soddisfatta alla vista del suo viso confuso.

-Beh ci mancherebbe il contrario, dopo tutto quello che faccio per te! – Mike buttò giù l’ultimo pezzo di lasagna e poi andò ad abbracciare sua cugina che ridacchiava sotto i baffi.

-Bene, ho avuto la mia razione giornaliera di dolcezza, non ne posso più. Vado in camera mia. – Zoey era così. Un momento prima dolce e carina, quello dopo acida e terribilmente antipatica, ma Michael aveva imparato a capirla e le lasciava sempre i suoi spazi, uno dei motivi per cui malgrado tutto e tutti andavano molto d’accordo.

-Era davvero preoccupata per te, per questo sono corsa subito. – spiegò Jen guardando Mike rimettere apposto il suo piatto.

-Immagino, grazie Jen. – il ragazzo le sorrise e la donna non poté fare a meno di ricordarsi della sua migliore amica, così simile nel carattere e nell’aspetto a suo figlio.

Jen era di famiglia da più di vent’anni, sempre al fianco di Laura e Jack, i genitori di Mike, insieme alla loro cerchia di amici. Dopo la loro morte era stata l’unica, insieme al marito a prendere Mike in affido temporaneo e poi accudirlo nonostante le distanze. Era stata davvero importante per il ragazzo e sapevano entrambi che lui non l’avrebbe mai ringraziata abbastanza.

-Bene, adesso devo andare, Tiffany e Indiana staranno distruggendo Walter con i cuscini. – Jen prese la borsa tra le mani e Mike si ricordò di quando gli annunciarono la gravidanza. Jen lo aveva portato da McDonald e dopo aver mangiato gli lanciò la notizia bomba.

Mike aveva tredici anni e l’idea di diventare “zio” lo aveva eccitato molto! Quando arrivò il momento di scegliere i nomi e Walter gli rivelò che ne avrebbero dovuti scegliere due, Mike si sentì doppiamente felice e cominciò a fantasticare sul futuro delle sue “nipotine”: come avrebbe giocato insieme a loro, come le avrebbe portate al parco, come le avrebbe difese dai pericoli e come non avrebbe permesso a nessuno di farle smettere di sognare, come era successo a lui. I nomi scelti erano molto eccentrici. Il primo, Tiffany, era stato scelto da Walter poiché era di Tiffany il primo gioiello comprato alla moglie, mentre il secondo, Indiana, era l’attrice di H2O preferita da Zoey, che anche Mike trovava molto bella all’epoca.

-Certo, salutami le ragazze e Walt. Fai attenzione e non andare troppo veloce! – Mike si rassicurò e abbracciò la sua fata madrina.

-Ma sentitelo! Sono in grado di badare a me stessa io! – la donna rise e lo abbracciò con trasporto. Jen fece per infilare la porta, ma poi si ridestò e gli chiese un’ultima cosa.

-Gliel’hai detto? – la fata madrina sogghignò e Mike prese un bel colore rosso acceso.

-Jen! Che domande fai! Ovvio che no! – il ragazzo imbarazzato si passò una mano tra i capelli e poi incrociò le braccia.

-Beh, dovrai dirglielo prima o poi! – Jen scosse la testa divertita e aprì la porta. –Anche perché non puoi nasconderlo per molto...- la donna fu interrotta dal suo protetto.

-Non te ne stavi andando? – Mike rise e Jen lo seguì a ruota. Con lui non ce l’avrebbe fatta. Proprio come sua madre, si teneva tutto dentro, ma sapeva che prima o poi si sarebbe rivelato di quel peso, se peso poteva essere definito.

La grande problematica era che era arrivato al punto di non ritorno. Era irrimediabilmente innamorato della sua migliore amica, Alex, e non riusciva a togliersela dalla testa. Voleva credere che anche lei nutrisse gli stessi suoi sentimenti, ma ogni tanto era distaccata e lontana. Aveva parlato sia con Jen che con Jeremy di questo suo “problema”, motivo per il quale si era ubriacato la sera prima. Aveva paura di rovinare qualcosa di importante tra di loro e non voleva far soffrire Alex più di quanto non soffrisse già.

Da aggiungersi era il fatto che lei gli sorrideva in quel modo particolare, un sorriso che rivolgeva solo a lui, un sorriso timido, impacciato e molto sexy a parer suo. Se ne era accorto solo da qualche mese, quando lui era ancora in alto mare e non sapeva come comportarsi a riguardo. Per qualche secondo pensò ad una soffiata da parte di Jeremy, ma poi si convinse che l’amico non avrebbe mai e poi mai rivelato una cosa del genere.

Un rumore lo ridestò dai suoi pensieri e con fatica raggiunse il suo telefono, ancora coperto dalla felpa che Zoey gli aveva regalato per il suo compleanno e dallo zaino, con solo due libri, per dare l’idea di essere uno studente modello.

-Pronto? – Mike aveva la strana abitudine di non guardare mai il mittente della chiamata. Questo poteva aiutarlo come non, visto che a chiamarlo era stata la fonte dei suoi innumerevoli pensieri.

-Mike? Sono Alex! – la sua voce non era molto allegra, lei che era l’allegria fatta persona!

-Ciao! Tutto bene? – il ragazzo si preoccupò nel sentirla un po' giù, di solito era lei a tenere loro su di morale.

-Ehm... veramente no. Avrei bisogno del tuo aiuto. – Mike sapeva che Alex non gli avrebbe mai chiesto un favore se non fosse stato molto importante. –So che devi andare al lavoro, ma se potessi spostare mi salveresti la vita, letteralmente. – per un momento il ragazzo la sentì sorridere.

-Alex, non devi nemmeno chiederlo, arrivo subito. – Mike attaccò la chiamata e mandò un messaggio a Gaston, il meccanico francese presso il quale lavorava. Difatti, adorava i motori e contava di intraprendere un indirizzo di quel tipo all’università. Gaston era sempre stato molto accomodante nei suoi confronti e poi non era mai mancato, era sicuro che per una volta avrebbe chiuso un occhio.

Andò in garage e prese la moto di Theo, tanto per vendicarsi del piccolo scherzetto che gli era stato fatto quel pomeriggio. Sfrecciò verso la casa di Alex e quando arrivò la vide indaffarata con una moltitudine di scatoloni, attraverso le finestre del pianoterra. I capelli biondo cenere erano raccolti in una coda di cavallo disordinata, la maglietta bianca larga sopra una più attillata rossa, copriva le sue forme, mentre dei jeans coprivano le sue gambe e le converse rigorosamente rosa ai piedi.

Da che la conosceva non aveva mai cambiato colore a quelle scarpe!

Lo salutò dalla finestra e gli fece segno di entrare. Mike si richiuse la porta alle spalle e appoggiò il casco sul pavimento in parquet. Si levò la felpa ed entrò in salotto.

-Eccomi qua! Tuo umile servitore per aiutarti! – il ragazzo allargò le braccia teatralmente e si inchinò al cospetto della damigella, la quale corse subito a rifugiarsi sul suo petto.

-Grazie di essere venuto. Non ti avrei mai disturbato, ma Jeremy non poteva venire. – Alex lo guardò negli occhi e poi arrossì imbarazzata. Le capitava spesso di agire in un determinato modo e poi ritrovarsi ad essere rossa come un peperone. Non riusciva a capire come mai si trovava in imbarazzo con lui in certe situazioni. Era davvero frustrante non riuscire a fare le cose in modo semplice come prima.

-Jeremy? – Mike era confuso. Aveva chiamato prima il suo migliore amico piuttosto che lui?

Magari l’ha chiamato per primo perché sta a cento metri da casa sua, mentre tu a due chilometri” gli ricordò la sua coscienza. Ma il suo cuore incominciò a battere forte un po' per la sua vicinanza e un po' per la gelosia.

-Si, è che Alicia questa volta ha davvero esagerato! – la ragazza gli raccontò tutto, di come la matrigna l’avesse insultata, di come era corsa da Jeremy, di come Evelyn l’avesse confortata e di come avrebbe dovuto ricevere l’ospite quella sera.

-Okay, non preoccuparti, ora mettiamo in ordine e poi ti porto a fare un giro! Ho preso la moto a Theo! – Mike riuscì a far scappare una risata alla sua amica e istintivamente poggiò le sue labbra sulla sua guancia sinistra. Cercò di non dare a vedere che la cosa lo aveva scombussolato e si mise a sistemare delle stoffe in uno scatolone. Alex lo riprese perché non era quello lo scatolone giusto ed entrambi continuarono il loro scherzando di tanto in tanto.

Mike era contento che non fosse successo niente di più grave, ma era convinto che Alex doveva andarsene e vivere una vita migliore. Non poteva continuare a farsi trattare in quel modo, e lui sapeva quello che si prova a farsi trattare come nullità. Suo zio era stato così generoso da fargli provare quell’esperienza in prima persona. Fortunatamente adesso aveva diciotto anni, ma certe ferite non si dimenticano mai.

E fa male quando pensi che quelle persone non sono tenute, dopotutto, a volerti bene, ma fa ancora più male quando pensi che quelle persone dovrebbero volerti bene.

-Questo coso dove lo metto? – chiese il ragazzo in difficoltà davanti ad un oggetto alquanto imbarazzante da mostrare in presenza di un ragazzo, almeno per Alex.

-Beh, dovresti conoscerlo caro mio, quindi è inutile che lo guardi con sbigottimento. – la ragazza ritornò a sistemare la sua fila di stoffe e sperò che Mike non facesse altre domande.

Sentì una cosa avvolgerle le braccia e tirarla indietro dolcemente. Ridacchiò un po' prima di trovarsi fra le braccia del ragazzo terribilmente affascinante di fronte a lei.

Aveva scoperto di provare una forte attrazione nei suoi confronti e di guardarlo da tempo in maniera diversa, come se ci fosse solo lui in tutta la stanza. In quel momento era letteralmente così, ma quando non erano soli, le capitava di riservare solo a lui i suoi sorrisi più belli.

-Lo conosco infatti, ma non sapevo che Alicia ne potesse fare uso, per questo sono rimasto colpito. – Mike le sorrise beffardo e la avvicinò ancora di più a sé attraverso il frustino bianco che aveva trovato ai piedi del divano. Esatto. Un semplice frustino, molyo in “50 Sfumature di Grigio” style, che temevano sarebbero diventate di “bianco” con la nuova preda accalappiata. Il ragazzo però voleva solo giocare un po' e far imbarazzare la sua amica. Ci stava prendendo gusto a vederle quel bel viso colorato di rosso.

-Neanche io, ma a quanto pare la nostra Strega è una persona molto possessiva anche sotto le lenzuola. Mi dispiace molto per il poveretto che ha accalappiato questa sera. – Alex portò le sue braccia sopra le spalle di Mike e incominciò ad accarezzargli i capelli alla base del collo. Il ragazzo si irrigidì, quello scherzo stava diventando un’arma a doppio taglio e il suo autocontrollo vacillava spesso.

-Magari sei pure contenta di questo aggeggio eh? – Mike la stuzzicò e fece unire i loro corpi. La tensione tra loro era palpabile, ma nessuno dei due voleva staccarsi dall’altro.

-Ovviamente, potrò punire le gemelle ogni tanto! -  esclamò Alex ridendo e immaginandosi solo la scena.

-Non sapevo ti piacessero le cose a tre amica mia! – Mike la prese in giro guardandola malizioso ed ottenne quello per cui aveva lottato duramente: farla arrossire come un pomodoro.

-Cretino! – la ragazza gli rifilò un pugno bello forte sul petto, ma l’amico non aveva la minima intenzione di mollare.

-Lo sai il detto? Non c’è due senza tre, ma il quarto vien da sé, quindi mi unisco volentieri eh! – Mike sapeva che dopo questa la sua morte era inevitabile, ma era troppo divertente vederla con la faccia paonazza e gli occhi azzurri spalancati.

-Pervertito! Maiale! Porco! Deficiente! – Alex gli tirava un cuscino ad ogni epiteto poco carino che gli rivolgeva, infischiandosene del fatto che avevano appena risistemato e che avrebbe avuto poco tempo successivamente per fare altro. Mike subì ogni colpo difendendosi come meglio poté, ma un urlo destò i due dal teatrino improvvisato.

-Alexandra. – la chiamò Alicia dal piano di sopra e la ragazza venne percossa dai brividi.

Mike guardò la ragazza e le andò vicino per infonderle coraggio. Le disse che l’avrebbe aspettata e prima di lasciarla andare le posò un bacio sulla guancia, questa volta, pericolosamente vicino alle labbra.


Angolo Autrice
Stupiti di questo aggiornamento così veloce? E' piuttosto una botta di fortuna il fatto che ho molto tempo libero questa settimana e ho avuto il tempo di sistemare i capitoli già impostati!
Bene, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo!
Serena :)

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Capitolo 7
*** Capitolo 6. Ne sono certo ***


Alex salì trepidante le scale, arrivando alla camera della matrigna con molta adrenalina in corpo.

Ancora non riusciva a dimenticare quello che lei le aveva detto quello stesso pomeriggio, tuttavia non riusciva a decidere quale comportamento sarebbe stato il più adatto: la docile Alex che si fa trattare come uno zerbino, oppure l’Alex irrequieta che conosceva solo Jeremy?

Per il momento decise di adottare un comportamento abbastanza pacifico, ma non voleva certo dargliele tutte vinte alla Strega.

Senza nemmeno bussare, entrò nella stanza e attese le istruzioni, a braccia conserte.

-Alexandra. - il suo nome pronunciato da quella donna risultava così orribile.

-Che vuoi? – chiese la ragazza leggermente ostile. Forse il suo cervello non aveva recepito la voglia di sembrare “pacifica”.

Alicia si voltò e guardò la figliastra in modo saccente. Le dava fastidio. Ogni parte di quella ragazza le dava fastidio. La trovava fastidiosamente intelligente, bella e attraente. Cosa che forse lei non aveva, ma di certo aveva dalla sua l’esperienza e il denaro.

-Voglio che tu smetta di trastullarti con quello sfigato! Mandalo via. – gli ordini di Alicia non si discutevano, ma quello era un insulto bello e buono!

-Non ti permetto di rivolgerti a lui in questo modo! – Alex era il ritratto della rabbia.

Furiosa, indignata e piena di vergogna. Si chiedeva più volte che cosa avesse trovato suo padre in quella donna, ma in quel momento non aveva nemmeno voglia di saperlo. Era ovvio che aveva preso una cantonata e forse lei era davvero una strega, in grado di fare magie.

-Perché? Sennò che mi fai? Sei come tuo padre, innocuo, una preda. – a quella domanda Alex si sentì impotente e non immaginava che si sarebbe ritrovata a piangere. Sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi, desiderose di potersi riversare sulle sue guance. Si stava mostrando debole davanti a quella donna e non poteva permettere di farlo. Dopotutto aveva una dignità.

La ragazza si girò rapidamente, facendo per andarsene, ma la matrigna la richiamò prima che potesse varcare la soglia.

-Gli ospiti sono due, il mio futuro fidanzato e suo figlio. – Alicia non la guardò negli occhi mentre le diceva chi avrebbe occupato due posi in più a tavola. Si stava sistemando la gonna di un bianco panna, mentre sopra aveva sistemato un golfino beige con le perline lungo i polsi.

-Oh grandioso, ma perché non dirmelo prima, come se non avessi niente da fare! – Alex ridacchiò leggermente, ma la matrigna si avvicinò a lei guardandola con cattiveria.

-Guai a te se osi avvicinarti ad uno dei due. Ti conviene rimanere al tuo posto, tuttavia non voglio insospettirli, perciò mangerai con noi. Vedi di comportarti in maniera adeguata. – Alicia la congedò e andò a sistemarsi il trucco.

Alex cercò di riprendersi dal momentaneo shock, ma appena sentì una goccia fresca sulla pelle, comprese che presto avrebbe preso le sembianze delle cascate del Niagara.

Scese in salotto e lo trovò pulito, con tutti gli scatoloni già sistemati e i cuscini stesi sul divano.

Michael era stato un vero tesoro, ma si rese conto anche lui dell’inquietudine della ragazza.

Alex gli si avvicinò e con aria affranta andò ad abbracciarlo. Lo abbracciò forte e le lacrime uscirono con prepotenza. I singhiozzi si stavano confondendo tra di loro e Mike si sentiva sempre più arrabbiato. Alicia non aveva alcun diritto di trattare in quel modo Alex!
E lei non poteva lasciar passare tutto! Doveva ribellarsi ed uscire da quella prigione.

-Ehi, cosa è successo? - Mike prese il volto della sua amica tra le sue mani e le asciugò le lacrime dandole dei piccoli baci.

Alex si sentì subito al sicuro. Il contatto con la pelle di Mike la faceva sentire protetta e al sicuro, la faceva sentire importante e amata. La faceva sentire bene.

-Niente di che, mi sono fatta mettere i piedi in testa ancora una volta! – Alex ce l’aveva con sé stessa. Soprattutto perché non riusciva a rispondere a certe provocazioni, non riusciva a superare quell’ostacolo.

-Ma tu non sei così Alex! Tu non sei così! Tu sei una delle persone più testarde che io abbia mai incontrato, sei piena di energia e molto più forte di quello che credi! – Mike temeva che in quel momento di trasporto le potesse rivelare i suoi sentimenti, ma non poteva certo trattenere quelle verità.

-No Mike, io sono come mio padre, una preda. – Alex guardò il pavimento reggendosi all’amico e continuando a bagnargli la maglietta. Così vicina a lui poteva sentire il suo profumo e il cuore battere contro il suo.

-Questo non è vero! Chi te lo ha detto? Quella stronza vero? – Mike pretendeva delle risposte e le voleva sentire da lei, specchiandosi nei suoi occhi azzurri.

Un flebile “si” uscì dalle labbra di Alex e gli occhi di Mike si scurirono. La ragazza odiava vedere i suoi occhi così cupi, perciò cercò di farsi forza, cercando in lui le sue certezze.

-Tu credi davvero che io non sia come mio padre? – Alex sostenne lo sguardo del ragazzo e il mondo esterno sembrava non esistere.

-Ne sono certo. – Mike era sempre più vicino e non sarebbe riuscito a controllare l’impellente desiderio che lo attraeva verso Alex ancora per molto.

-Come? – Alex non capiva come potesse provare per lui certe sensazioni.

In quel momento avrebbe assaggiare il sapore delle sue labbra. Avrebbe voluto che lui la baciasse con trasporto, che la portasse via da quel posto per poter viere insieme un’altra vita.

-Perché da quel giorno in piscina che sono stato testimone dello spettacolo che sei diventata. Tu sei una bellissima persona, per questo ti dico che non devi farti annullare in questo modo. – Mike sussurrò queste parole non perdendo di vista i suoi occhi.

Non sapevano più chi si stava avvicinando a chi, ma la distanza tra loro si era notevolmente diminuita. Le loro labbra si stavano sfiorando ed entrambi si persero nelle emozioni di quel momento. Anche solo quel lieve contatto significava più di mille baci, era una carezza lieve e dolce. Una richiesta per oltrepassare il limite, per andare avanti, una chiamata verso casa.

Per Alex, la sua casa era lui. Non sapeva cosa stessero facendo, ma l’istinto le diceva che non si stava sbagliando, doveva farlo.

Per Mike, lei rappresentava tutto il suo mondo e cercare di proteggerla era il suo obbiettivo. Proteggerla da qualsiasi cosa, insicurezze, dolori, il mondo.

Entrambi si avvicinarono maggiormente, Alex fece salire le mani sulle spalle del ragazzo, nel mentre che quella carezza stava diventando un bacio.

Un rumore assordante e fastidioso fece trasalire i due ragazzi, confusi e imbarazzati dal contato avuto poco prima.

Alex sorrise, in imbarazzo ed emozionata, mentre Mike doveva ancora capire quello che era appena successo!

-Alexandra! – il suo nome urlato dal piano di sopra le fece capire che Rosa necessitava del suo aiuto. Sicuramente non riusciva a farsi entrare un vestito.

-Arrivo! – urlò la ragazza, ancora in subbuglio e decisamente emozionata.

Non era stato un vero e proprio bacio, ma era stato ugualmente bellissimo.

-Devo andare...- disse a Mike, il quale si stava passando una mano tra i capelli.

-Certo, certo. – rispose lui. Alex lo accompagnò alla porta e lo salutò, ringraziandolo di essere accorso in suo aiuto.

-Questo ed altro per lei, madamigella! – le disse lui inchinandosi, ma senza quella luce negli occhi che piaceva ad Alex. Per un momento la ragazza pensò che fosse stato uno sbaglio, forse aveva solo peggiorato le cose.

Mike la lasciò sulla porta e scese i gradini, avviandosi alla moto. “Non fare la figura dello scemo!” gli intimò la sua coscienza “Torna indietro!”. Il ragazzo si girò e fu felice di trovare Alex ancora lì, così preso del coraggio salì i gradini, mancandone uno per essere alla stessa altezza di Alex.

Lei sorrideva imbarazzata, mentre lui, senza preavviso la baciò.

Alex non se lo aspettava, ma con piacere ricambiò.

Non aveva mai baciato nessuno e Mike lo sapeva. Era felice di essere il suo primo bacio in qualche modo.

Entrambi si staccarono e Alex abbracciò il suo amico. Rifletté un secondo e realizzò che forse non sarebbe stato questo l’appellativo con cui avrebbe dovuto identificarlo, ma sarebbe rimasto sempre suo amico, a prescindere.

-Dopo ti chiamo. – la rassicurò Mike, lasciandole un dolce bacio sul collo, appena sotto l’orecchio.

Alex si sentiva felice. Sentiva di aver trovato un pezzo mancante. Sentiva che quella serata sarebbe trascorsa in maniera più piacevole, ora che poteva ripensare mille volte a quei secondi con Mike.


Angolo Autrice
Salve! Premetto che ho cercato di essere il più precisa possibile e sensibile per ricreare questa scena. Spero di esserci riuscita!
Vi apetto al prossimo capitolo "La cena"!!!

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