Conflux: Fandom Encounter di WhiteSkull95 (/viewuser.php?uid=766787)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo- Il Tempio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Idillio ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: L'Eremita ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Inizia la partita ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Giochi pericolosi ***
Capitolo 1 *** Prologo- Il Tempio ***
Prima di leggere, dai un'occhiata qui !!!!
Prologo
-Swasssh- Un altro raggio di energia schizza veloce verso la sua
direzione. Il giovane mago urla una formula e il raggio rosso fuoco si
scontra con la barriera che ha evocato; evidentemente il suo
inseguitore non demorde. Senza perdere altro tempo si lancia a
capofitto nella cripta, sperando di seminarlo nel dedalo umido e buio.
Gira a destra, poi a sinistra, poi ancora a destra. Infine, si ferma in
una alcova ed inizia a cantilenare in una lingua antica.
Dal corridoio sente dei passi che si avvicinano, sempre più
vicini. Lui continua a bisbigliare, rimanendo sempre immobile.
D’ improvviso una torcia illumina l’alcova.
Trattiene il respiro mentre vede il piromante che lo inseguiva
esaminare lo stretto passaggio. Dopo secondi che sembrano anni,
l’uomo continua la sua corsa verso le profondità.
Evidentemente l’incantesimo di camuffamento è
riuscito appena in tempo. Senza attendere oltre, si rialza e continua
la sua ricerca. Si muove veloce, ricordando la mappa che aveva visto
sulla pergamena nella biblioteca. Deve cercare nella cripta, superare
otto rampe di scale e scendere nella parte più antica del
palazzo.
Dopo una rapida ricerca, trovata la porticina che dà sulle
scale, inizia la discesa, facendo attenzione a non farsi scoprire di
nuovo. Veloce e silenzioso, riesce ad arrivare ai piedi
dell’ottava rampa. Inizia ad esaminare le colonne e, una
volta trovata quella scheggiata a metà, recita la formula
che ha trovato sulla pergamena.
«Serpentis vox» sussurra. La colonna inizia a
scricchiolare, poi ruota abbastanza da rivelare una piccola apertura.
Il giovane, infilatosi il cappuccio, si introduce nello stretto
passaggio. Lentamente scende, fino a quando non ruzzola fuori in
un’area molto più estesa del palazzo soprastante.
L’aria è calda e satura di zolfo, ed alcune torce
illuminano una gigantesca sala sotterranea, al centro della quale si
trova una pozza di lava incandescente. Poco lontano dalla pozza si
intravede un altare di ossidiana, dove alcune figure umane stanno
parlando. Strisciando per non farsi vedere, e pregando che i suoi
incantesimi di schermatura lo proteggano dalle attenzioni indesiderate,
il giovane riesce ad avvicinarsi abbastanza da osservare la scena. Due
uomini stanno apparentemente discutendo, mentre sull’altare
qualcosa brilla e mostra mille scene diverse. Sporgendosi al massimo
per osservare di cosa si tratti, il mago incappucciato resta sospeso
tenendosi ad una stalattite. Si tratta di una specie di specchio,
alimentato da qualche magia, dove i due osservano diversi piani, a lui
del tutto sconosciuti.
«Allora, come procede la ricerca?» tuona ad un
certo punto una voce profonda, che scuote l’intera caverna.
Il giovane fa in tempo ad ancorarsi saldamente alla sporgenza, evitando
di finire nei flutti incandescenti. Immediatamente uno dei due afferma,
con voce atona «Padrone, siamo a buon punto. Abbiamo trovato
alcuni soggetti che sembrano rispondere al
profilo…» dice, mentre con la mano muove
l’inquadratura dello specchio mostrando diverse immagini.
Dalla sua posizione il giovane riesce a vedere una nazione combattere
con strani arnesi tecnologici, quando l’obiettivo ingrandisce
su una ragazza armata di arco e frecce, che scaglia con precisione
contro strani uccelli metallici.
«Bene, ma serve che si accorcino i tempi. Dobbiamo cominciare
a…..» continua la voce profonda, che sembra
provenire dal costante gorgoglio della lava nel pozzo. Nel frattempo il
giovane mago cerca di allontanarsi dalla sporgenza, ormai ha colto
l’informazione che desiderava. «Un attimo. Siete
sicuri di essere da soli?». «Certo, Padrone, siamo
solo noi due» afferma una voce acuta e strillante,
decisamente differente da quella fredda e meccanica del primo ceffo.
«Silenzio! Percepisco qualcosa nella
caverna…»
«Lassù! Sul parapetto!» strilla la voce
più acuta. In un attimo una palla di fuoco viene scagliata
contro la posizione del giovane. La sporgenza sulla quale si trova
esplode in mille pezzi e lui si ritrova appeso alla sporgenza.
«Brucialo, Tibalt!» afferma la voce, che ora sembra
quella di un terremoto «Con piacere, Padrone» la
lava gorgoglia e ruggisce ed in poco tempo un geyser di magma si
innalza verso il mago, che per salvarsi è costretto a
lasciare la presa, cadendo a capofitto nell’inferno
sottostante.
Tuttavia, dieci metri prima dello schianto mortale la sua figura inizia
a tremolare, per poi dissolversi in una nube di vapore.
~
Il giovane mago si mescola tra la gente della città,
spaventata dal tremore della terra nei pressi del tempio. Le guardie
dicono che sono solo scosse di assestamento, che non
c’è nulla di cui preoccuparsi. Ma lui sa che non
è così. Sa che deve fare in fretta, deve
raggiungere le persone che ha visto nello specchio. E sa anche chi sono
i primi che cercherà di colpire. Perché mentre
erano occupati ad attaccare la sua illusione, lui è riuscito a
vedere gli altri “soggetti” come li ha definiti la
voce. E nell’ultimo guizzo di tempo si è impresso
nella mente l’immagine di un giovane con un paio di occhiali
ed uno sfregio sulla fronte che combatteva un uomo alto e vestito di
nero.
~
«Ci siamo fatti fregare da un’illusione»
afferma la voce acuta, con disappunto
«Non è questo il punto. Questa variabile
può cambiare gli interi risultati del piano. Dobbiamo
prendere delle contromisure» dice la voce meccanica,
appartenente ad un uomo alto e dal portamento rigido. Entrambi
attendono disposizioni dalla voce nella lava, che tuttavia tace.
Dopo un lasso di tempo prolungato, l’essere nella lava
impartisce due ordini, accolti con la solita freddezza
dall’uomo e da un ghigno ferino e sadico dal secondo tizio.
Piano dell'autore
Salve a tutti, cari utenti di EFP! Come tante altre volte, eccomi di nuovo a cimentarmi in una nuova Fanfict. Perché la mia creatività malata si accende sempre quando ho 12000 cose da fare? Ah che sfiga! Comunque, come avete notato, il prologo è molto misterioso, e a tratti un po' blando, ma vi assicuro che quando la storia ingranerà.... ne vedremo delle belle... :D detto ciò, se volete lasciate una recensione. Se invece volete essere stuzzicati ancora un pochino.... eccovi una sorpresina ;) Chissà cosa sarà?
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Capitolo 2 *** Capitolo 1: Idillio ***
Trailer
Capitolo 1: Idillio
14 agosto 2000
Porto fluviale di Gravesend, dock 7 e ½ 1
Londra, Piano terrestre numero 394
«Ginny, tesoro, sei sicura di aver preso tutto?»
chiese Harry per la trecentonovantaquattresima volta.
«Certo caro, ho imbarcate tutte e quattro le mie
valige» rispose lei, indaffarata a cercare il traghetto che
l’avrebbe portata negli States. Harry si concesse un momento
per ammirare la sua bellezza. Erano tornati dalla luna di miele da
appena un mese, e lei doveva subito ripartire.
«Cosa c’è?» le chiese
rendendosi conto di essere osservata
«Niente» disse lui cingendole dolcemente i fianchi
«è solo che non voglio separarmi da te»
disse lui, baciandola timidamente. Lei, entusiasta, ricambiò
il bacio, per poi si divincolarsi, e lo fissò negli occhi,
con quell’aria ferma e dolce che lo aveva fatto innamorare.
«Lo sai che anche io non voglio separarmi da te neppure per
un’istante, ma sai anche quanto me quanto sia fondamentale
per la mia carriera questa opportunità: potrei essere
ammessa nella rosa titolare delle Holyhead Harpies!» dice,
entusiasta.
«Lo so, so quanto ci tieni ad andare, ed è per
questo che non ho fatto alcuna obiezione. Volevo solo farti sapere che
mi mancherai» dice lui. A queste parole lei perse la sua aria
un po’ seriosa e si abbandonò ad un bacio lungo e
passionale. Rimasero lì, dolcemente abbracciati
finché una voce, da sopra il traghetto richiamò
la ragazza.
«Ginny! Farai meglio a salire, stiamo per salpare!»
gridò Angelina Johnson, l’ex capitano della
squadra di Grifondoro di Hogwarts
«Arrivo!» rispose lei, afferrando la sua ultima
borsa, saltando sulla passerella. Non appena raggiunse il ponte si
voltò e gridò all’indirizzo di Harry:
«Tesoro, ci rivediamo tra due settimane! Non dimenticarti
quanto ti amo!»
«Non dimenticarti che ti amo anch’io! Mi
raccomando, dai il massimo!» gridò Harry di
rimando. Nonostante sentisse il cuore pesante, una piccola parte di lui
era felice di poter trascorrere un po’ di tempo da solo.
Avviandosi lungo la banchina, raggiunse la vecchia catapecchia piena di
boe che serviva a connettere il dock 8 e ½ col dock 8 ed il
dock 9 babbani, facendo attenzione, una volta uscito, a chiudere bene
la porta dietro di sé. Si prospettano due settimane
tranquille, pensò. Non poteva sbagliarsi di più.
Giorno 43 della Primavera, anno 3090
Campagna del Giacimento, zona boschiva
Distretto 12, Panem, Piano terrestre numero 76
L’aria tiepida di metà primavera era una vera
toccasana. Faceva venir voglia di sdraiarsi sul prato a dormire
rilassati, magari dopo un buon pasto a base di cavoli e patate dolci,
che erano diventati la produzione principale del Distretto 12 dopo
l’esaurimento dei giacimenti di carbone. Katniss
assaporò il tepore del primo sole del mattino, prima di
stiracchiarsi e di addentrarsi nel bosco. Prima di addentrarsi nella
macchia, si avvicinò al segnalatore, l’apparecchio
tecnologico piantato nel palo sul limitare della brughiera, che
rilevava il passaggio di tutti gli esseri più grossi di un
tasso che superavano il perimetro. Ci aveva messo un bel po’
ad abituarsi a quella regola, le ricordava la recinzione elettrificata
che, ai tempi dei Giochi, precludeva l’accesso della gente
alla foresta. Ma quello, a differenza della prima, aveva uno scopo
preciso: qualche mese prima un orso aveva superato il limitare del
bosco e aveva aggredito una famigliola che stava raccogliendo funghi.
Erano morti in tre, tra cui una bambina, e da allora tutti i sentieri
erano allarmati. Se non si premeva il bottone, dopo cinque metri una
sirena partiva, avvisando ogni persona nei vicini cinque acri. Anche
lei, volente o nolente aveva accettato questo cambiamento, se non altro
per la sicurezza dei suoi concittadini.
Premuto il pulsante, si addentrò dentro il bosco, ove la
natura iniziava a risvegliarsi. Una farfalla svolazzava elegantemente
tra i fiori, succhiando il dolce nettare dalle primule. Più
a destra una coppia di tassi si prodigavano nell’accudire i
loro tre piccoli, che ancora non sapevano badare a loro stessi,
mostrandogli come scavare per mangiare le radici ed i tuberi nelle
vicinanze. La Katniss di qualche anno prima avrebbe senza dubbio
considerato quella famigliola come una benedizione e, nonostante la
crudeltà del gesto, avrebbe ucciso sia i genitori che i
piccoli per procurarsi da mangiare. Ma adesso a casa loro il cibo non
era più un grosso problema: suo marito, pur con i suoi
problemi alla gamba, aveva iniziato a coltivare la terra nelle
vicinanze della loro piccola fattoria. Quindi lasciò in pace
quei piccoli mammiferi. In più, secondo quanto gli aveva
spiegato Gale, i tassi della zona davano la caccia ai favi degli aghi
inseguitori, poiché, essendo piuttosto ottusi, non
distinguevano gli alveari delle api da quelli delle pericolose vespe
ibride; tale errore sarebbe letale per la maggior parte degli animali,
ma i tassi, a causa forse della loro dieta avevano sviluppato una
specie di immunità a quelle vespe maledette. La Natura,
pensò Katniss si sta riprendendo dagli orrori della guerra.
E noi? Si chiese.
Superati i tassi si diresse verso il fiume, controllando le trappole
per conigli, soddisfatta delle prede che era riuscita a catturare.
Decise di recuperarle più tardi, sperando di trovare anche
qualcosa di più sostanzioso per Peeta.
~
Quando Katniss rientrò in casa erano circa le nove, e
l’odore di pane caldo appena sfornato aveva già
avvolto tutta la casa. Peeta la accolse con un grande sorriso ed un
filone appena uscito dal forno che profumava deliziosamente. Per un
attimo rimasero ad osservarsi così, lui col filone di pane
in mano e lei con i conigli ed un fagiano appena presi, poi scoppiarono
entrambi a ridere, poggiarono le vettovaglie sul tavolo e lui la
abbracciò, baciandola.
«Vedo che hai fatto una buona caccia» disse,
adocchiando le lepri ed il fagiano «visto qualcosa di
interessante?»
«Un paio di tassi. E qualcos’altro» disse
poi, ammiccandogli maliziosamente, poi aprì la sua bisaccia
e tirò fuori due uova di fagiano, prese direttamente dal
nido, il piatto preferito di Peeta per colazione.
Lui la osservò raggiante e la sollevò da terra,
scatenando le sue proteste, anche se niente affatto credibili. Rimasero
lì per un po’ a godere del reciproco contatto e
calore, sperando che quell’attimo durasse secoli.
Giorno imprecisato, anno imprecisato
Regione delle cuspidi, Città del Governo
Ex Frammento di Bant, Piano di Nuova Alara2
La Città del Governo era un vero prodigio. Era la vera
dimostrazione che la testardaggine di alcuni governanti illuminati
può congiungere anche razze che sono rimaste separate per
millenni e che, non appena si erano riunite, avevano intrapreso una
guerra fratricida che stava per spazzare via la vita da quel piano. Il
Visitatore osservava le guglie perfette, frutto della tecnologia di
Esper, che ospitavano immensi nuclei famigliari. Qui e là,
nella piazza del mercato, qualche commerciante stava strillando
all’indirizzo di un goblin furfante che gli aveva sottratto
qualche ninnolo, mentre i Rhox guardiani facevano largo ai delegati e
ai dignitari dei diversi frammenti, che con gran fretta correvano verso
il Palazzo Centrale, la sede del Governo dei Cinque, l’organo
principale che si era preso l’immenso fardello di mantenere
la pace in un luogo dove tecnicamente non potrebbe esistere. Il
Visitatore, facendosi largo tra la folla riuscì ad accedere
al Palazzo, una costruzione immensa, fatta di puro Eterium3, pietra
magmatica, legname di alberi secolari, marmo bianco ed ossa, in modo
che ogni razza del piano si sentisse rappresentata
dall’imponente costruzione. All’interno, i
visitatori potevano osservare il viavai di impiegati e delegati, mentre
i cinque parlamenti si riunivano in cinque stanze diverse. Nei primi
tempi le risse erano all’ordine del giorno, e se avvenivano
tra un rinoceronte bipede da quattro tonnellate ed un drago alto dodici
metri era una fortuna. Quando a lottare erano un paio di angeli contro
un gruppo di demoni, era stato necessario l’intervento di
alcune delle menti magiche più forti della città
per impedire il disastro. Ma il punto era proprio quello; se si fosse
lasciato che le differenze avessero prevalso, il piano stesso sarebbe
stato condannato. Aveva aiutato il fatto che i due frammenti
più ostili l’uno all’altro, Bant, patria
degli angeli e Grixix, quella dei demoni, fossero al momento privi di
leadership. L’arcangelo Asha era disperso dal piano fin dalla
sua guerra col demone Malfegor4, il quale aveva tentato di
conquistare il piano angelico quando i frammenti si erano riuniti,
venendo ucciso nel tentativo. I nuovi leader degli schieramenti dei due
piani, invece sembravano più “inclini”
ad un dialogo, sebbene fosse chiaro a tutti che sia
l’Arcangelo Empireo sia il demone detto Principe degli
Schiavi si sopportassero a stento l’un l’altro. Nel
frattempo arrivò il gruppo che avrebbe parlato quel giorno:
un Vedalken con fattezze femminili rappresentante di Esper, un giovane
uomo lucertola Viashino di Jund, un Uomo alto e dall’aspetto
marziale di Bant, uno Sciamano Nactal del mondo selvaggio di Naya ed un
vecchio Negromante per Grixix. Il Visitatore si diresse alla porta,
dirigendosi fuori dalla città. Era sempre bello tornare a
casa, anche se difficilmente l’avrebbe riconosciuta, la
prossima volta, vista la velocità con la quale la situazione
si evolveva. Poi, come la rugiada al mattino, sparì
nell’aere.
______________________________________________________________________________________________________________
1 Ho immaginato che i maghi, se prendono il treno alla stazione di
King’s Cross al binario 9 e tre quarti, probabilmente
prenderanno la nave al dock 8 e mezzo
2 Allora, qui è necessaria una spiegazione per tutti i
non-fan di Magic. In pratica, nell’universo MTG (Magic the
Gathering) Alara era un mondo ricco di energia magica come molti altri.
Tuttavia ad un certo punto si divise in cinque frammenti, dove la magia
dominante creò cinque differenti ecosistemi. Bant, un regno
feudale abitato da uomini, angeli e dei rinoceronti umanoidi, detti
Rhox; Esper, un mondo privo di qualunque passione o spinta naturale,
mosso unicamente dall’intelletto e dalla conoscenza, abitato
da sfingi ed umani con corpi modificati dal metallo, detti
“Vedalken”; Grixix mondo umido e privo di vita,
abitato da non-morti e demoni; Jund, un mondo primitivo e selvaggio,
dove l’unica regola è che il forte regna sovrano
ed il debole viene mangiato, abitato da goblin e lucertole antropomorfe
dette “Viashini”; Naya, un luogo
anch’esso selvaggio, ma dedito al culto della vita e della
natura, abitato da umani e da felini bipedi detti Nactal. Tuttavia, a
seguito delle azioni di un personaggio che comparirà nella
storia (no spoiler) i cinque frammenti si riuniranno, causando immensi
cataclismi e (guarda un po’) guerre fratricide. Mi sa che
metterò qualche immagine per aiutarvi ad immaginare meglio
le diverse razze.
3 L’Eterium è il metallo, simile al titanio ma
prodotto in filamenti sottili, che su Esper viene utilizzato per
costruire qualunque cosa, dalle imponenti guglie alle protesi
meccaniche.
4 Malfegor e Asha erano i regnanti, rispettivamente, di Grixix e di
Bant. Asha è sparita dopo lo scontro con Malfegor, secondo
alcuni sacrificando la vita nel tentativo di esiliarlo; Malfegor, dopo
la riunificazione dei frammenti, ha raso al suolo diverse
città di Esper, prima di dare battaglia
all’esercito di Bant, venendo però sconfitto ed
ucciso dal leggendario cavaliere Rafiq.
Un Vedalken______________________Un Viashino________________________Un Nactal
______________________________________________________________________________________________________________
Piano dell'autore
Ma salve miei cari lettori! Eccoci col primo capitolo, eccezionalmente
meno di un giorno dopo la pubblicazione del Prologo! Sono diventato
pazzo? Decisamente si! :D
Allora, sembra proprio che la situazione descritta in questo capitolo
sia... idilliaca, da qui il nome. Mi è piaciuto sopratutto
soffermarmi su come è cambiata la vita dei nostri eroi, come
abbiano trovato (nel caso di Katniss con una certa
difficoltà) un equilibrio. Altra cosa: ho deciso di mettere
note all'apice per tutti coloro non conoscano l'universo MTG o delle
Cronache. Detto ciò, come ho detto all'inizio la storia
è un po' lenta. Ma circa al Cap 3 dovrebbe cominciare
l'azione... ed il caos... Beh, che dire? Non ci resta che aspettare.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2: L'Eremita ***
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Capitolo 2: L'Eremita
15 agosto 2000
Quartiere di Grantchester
Cambridge, Piano terrestre numero 394
«Regina in a1» disse il ragazzo davanti a lui,
scostandosi la lunga frangia rossa «Scacco matto. Mi sembra
che tu sia fuori allenamento vecchio mio» disse Ron con fare
sornione. Lui ed Hermione non si erano ancora sposati, ma la richiesta
era nell’aria, dato che convivevano da alcuni mesi. Si erano
trovati un bell’appartamento a Cambridge (Hermine amava,
quando aveva tempo, frequentare le lezioni universitarie per apprendere
di più sulle scienze babbane),
cosìcchè Ron, che aveva fatto richiesta per
lavorare al Ministero, potesse andare a Londra senza problemi.
«Ronald Weasley, che ne dici di alzare quelle grasse terga
dalla poltrona e darmi una mano ad apparecchiare?!?» disse la
voce di Hermione dalla cucina.
«Sto arrivando tesoro!» rispose Ron alzandosi
pigramente e rimettendo a posto la scacchiera ed i pezzi, che nel
frattempo avevano inscenato una rissa senza quartiere. Un gesto di
bacchetta e tutto fu in ordine. Harry si alzò e
andò anch’egli ad aiutare. Quando entrò
nella cucina però si rese conto che c’era ben poco
da fare. Coltelli di diverse dimensioni affettavano verdure e ortaggi,
che poi prendevano il volo e si tuffavano nell’acqua bollente
preparata da Hermione, che nel frattempo leggeva un libro di ricette
magiche. A quanto pareva si stava cimentando in qualcosa della massima
difficoltà, perché era concentrata come quando
armeggiava davanti al paiolo di Severus Snape durante un compito in
classe.
Finito di preparare il tavolo e organizzata la cena, la ragazza fece
accomodare Harry e si sistemò accanto a Ron, passando ad
ognuno una tazza di the come aperitivo.
«Dunque, com’è andata la partenza di mia
sorella?» chiese Ron, sorseggiando la sua tazza
«Mah, l’ho lasciata con Angelina, sembra che se la
passino bene negli Stati Uniti, quindi mi sento abbastanza tranquillo.
Voi piuttosto, che piani avete per il prossimo futuro?»
rispose Harry
«Ronald come sai si prepara ad entrare nel Ministero, ed io
mi dò da fare per portare avanti le istanze della C.R.E.P.A.
A quanto pare Kingsley sembra molto più aperto dei suoi
predecessori sui diritti delle creature magiche, ma
c’è ancora tanto da fare» disse Hermione
«Lascialo perdere, ultimamente è sempre
più indaffarato. L’ho visto uno di questi giorni e
sembra che ci sia qualcosa che lo turba… qualcosa di
grosso.» disse Ron, inzuppando un biscotto nella sua tazzina
«Che cosa pensi che sia?» chiese Harry
«Non sono autorizzato a parlarne, ma…»
iniziò Ron abbassando la voce «sembra che sia
qualcosa di colossale. Ultimamente si sono aperti strani portali in
Irlanda del nord, e qualcuno ha rischiato di finirci dentro»
«Portali?» chiese Hermione «come una
Passaporta?»
«Sì, ma che rimane aperta, e senza il bisogno di
un oggetto che funga da chiave. Alcuni sono inerti, mentre altri
generano strani fenomeni. Pare che uno in Australia abbia generato un
fulmine rosso che ha polverizzato un’automobile babbana.
Nessuna vittima» si affrettò a sottolineare
«ma ci siamo andati vicino».
I tre rimasero lì a sorseggiare il the parlando del
più e del meno, finché una piccola sirena non
fece sobbalzare Harry dalla sedia.
«Oh cielo!» esclamò Hermione
«devo togliere lo stufato di mandragola dal
fuoco!!» disse precipitandosi ai fornelli
«Cosa accidenti era quel rumore?» chiese Harry
«Oh, miseriaccia, temo che sia la ricordella che mio padre ha
regalato ad Hermione» affermò Ron affranto
«Da quando le ricordelle strillano?» chiese Harry,
confuso
«Oh, è un suo esperimento, sta cercando di fondere
la magia della ricordella con la tecnologia babbana di…
com’è che si chiama amore?» chiese Ron
ad Hemione, grattandosi la testa nel tentativo di ricordare.
«Grammofono» rispose lei mentre ordinava ai mestoli
di girare lo stufato
«Ecco si, col grammofono… ma i risultati sono
abbastanza…»
«Fastidiosi?» chiese Harry, sorridendo
«In realtà volevo dire deludenti, ma
sì, anche fastidiosi» disse Ron, poi entrambi si
misero a ridere e si prodigarono per aiutare Hermione, per quanto
possibile.
Giorno imprecisato, stagione delle piogge.
Casa sulla collina
Terre Ignote, Piano terrestre del mondo Emerso e Sommerso
Il vecchio passeggiava mesto, aiutandosi col bastone. Era una figura
quasi eremitica, una lunga barba incolta bianca come la neve
incorniciava un volto rugoso, duro come il cuoio ed un paio di occhi
profondi come il mare della sua terra. Ma era la malinconia la
sensazione che emanava la figura in tutta la sua interezza. Malinconia
e perdita.
“Se n’è andata. Sono da solo, di nuovo.
Ho avuto l’occasione di rivederla una seconda volta e lei
è di nuovo perduta” rimuginò.
Aveva passato la sua vita studiando la magia, diventando probabilmente
uno dei maghi più potenti che avessero mai calcato quelle
terre. Eppure aveva perso l’amore della sua vita, non una ma
ben due volte. Ma la cosa peggiore era che aveva perso suo figlio e suo
nipote nel processo. Ma a lui ormai importava davvero poco. Era un
rudere, un fossile del vecchio mondo. Gli erano giunte voci riguardo
agli elfi che preparavano la conquista del Mondo Emerso, ma anche
quello lo tangeva ben poco. Che lo facessero, che portassero pure morte
e distruzione. Tanto anche volendo non sarebbe riuscito a fare nulla
per fermarli, erano spinti da un tale odio e da un tale fanatismo, del
tutto impermeabili all’empatia o al perdono. Erano stati loro
a prendere la vita della sua donna… il suo unico
amore… il solo pensiero lo fece cadere sulle ginocchia, con
lacrime acide che gli colavano lungo il viso segnato dagli anni. Per
quale ragione era ancora in vita? Perché il suo corpo si
ostinava a respirare, mangiare, dormire? Perché la sua anima
non abbandonava la sua carcassa e lo riuniva col suo defunto, perduto
amore? Perché la sua vita era così invivibile?
«Ora non esagerare. Sai anche tu che non è
così brutta.» disse una voce profonda e pacata
dietro di lui.
Il vecchio si alzò di scatto, incurante delle fitte che gli
provocava la gamba malconcia, asciugandosi il volto con rabbia.
«Ti ho detto mille volte che non devi leggermi nella
mente!» urlò l’uomo al suo interlocutore
«Ed io ti ho ripetuto altrettante volte che sono del tutto
incapace di leggere la mente. Sono solo in grado di leggere i vari
stati dell’anima, come tu sei in grado di vedere il colore
dei miei occhi o il colore del cielo. Non è qualcosa che
posso impedirmi di fare» rispose il Visitatore.
L’anziano imprecò, recuperando il bastone, per poi
osservare meglio il suo interlocutore. Alto almeno due metri e mezzo,
non era di una razza umana, o nemmeno di alcuna razza che esistesse su
quel mondo. Il volto leonino e le braccia muscolose erano quelle di una
fiera, come anche le gambe, le mani (o zampe, munite di regolari
artigli) e la coda. Ma era il colore che destava maggior stupore. Il
Visitatore era un perfetto ibrido uomo-leone, ma completamente bianco,
con profonde iridi azzurre. Era talmente bianco da poter sembrare una
apparizione, una sorta di essere ultraterreno. Ed in effetti era ben
più di un semplice uomo, o bestia: era probabilmente uno dei
pochi maghi che il vecchio eremita non avrebbe mai affrontato
volontariamente.
«Cosa sei venuto a fare?» gli chiese, bruscamente.
«In realtà ero di passaggio, ed ho pensato di
venire a darti un saluto» rispose pacificamente il leone
albino
«Balle. Sono sicuro che c’è
dell’altro» rispose il vecchio mago. Poi fece segno
all’altro di seguirlo e lo accompagnò, zoppicando,
nella sua casa. Nonostante fosse stato via per pochi mesi, sembravano
passati anni. L’esterno era pieno di erbacce e
all’interno c’era un forte odore di muffa anche per
un umano, figuriamoci per un felino. L’eremita
spalancò una finestra e un fascio di luce rivelò
la polvere che danzava, avvolgendo la catapecchia. Il mago
offrì l’unica sedia al suo ospite, che
declinò l’offerta offrendosi di aiutarlo a
sedersi. Tuttavia, l’uomo lo scansò bruscamente,
poggiando il bastone su un tavolo ingombro di libri e polvere e
arrancando fino a trovare una posizione comoda, mentre il Visitatore
sedette per terra a gambe incrociate.
«Dunque, cosa succede altrove?» chiese il vecchio
«Oh, nulla di nuovo. Guerre, scontri, distruzione. Le solite
cose» rispose il felino
«Già, è così dovunque. Ho
sentito che gli elfi hanno messo su un esercito per conquistare le
terre al di là del Saar 1» disse l’uomo
accendendo una pipa.
«Mhm, non mi sembra una buona cosa. Mi pare che non si
avventurassero da quelle parti da secoli, sbaglio?» chiese il
Visitatore, muovendo la coda.
«Millenni a dire il vero. Ma certe cose, prima o poi, tendono
a ripetersi. Come hai detto tu, guerre, scontri e distruzione; al mondo
non c’è altro, né speranza di
miglioramento. Guarda io cosa ne ho ricavato, a combattere una vita per
un mondo migliore: una catapecchia piena di erbacce ed una tonnellata
di polvere.» rispose il vecchio, tirando poi una lunga
boccata dalla pipa, per poi generare una serie di anelli di fumo.
«Beh, non è tutto nero come lo vuoi dipingere. Hai
vissuto una vita piena» affermò l’altro,
arricciando il naso quando un anello si avvicinò al suo
volto «… e riguardo alla speranza per il mondo
migliore, forse ho trovato qualcosa che ti potrebbe far riflettere:
ricordi il mondo di cui ti parlai l’ultima volta?»
«Ah, sì. Quello diviso in cinque e poi riunito.
Non mi pareva che anche lì se la passassero così
bene, no? Anzi, mi sembrava che le guerre fratricide fossero
all’ordine del giorno…com’è
che si chiamava quel posto? Adara? Amara?»
rimuginò l’uomo grattandosi la testa canuta.
«Alara. E sì, la situazione era così
prima. Ora invece sembra che i governanti delle cinque parti si siano
decisi a mettere da parte le ostilità, almeno per il momento
per perseguire un progetto più grande» lo corresse
il Visitatore con fare paziente.
«Bah! Non durerà.» disse
l’uomo, cambiando posizione sulla sedia, sollevando
delicatamente la gamba inferma e poggiandola su quella sana.
«Detto ciò, penso che tu possa dirmi
perché sei qui. Non ti scomodi a fare un viaggio
interdimensionale solo per fare una discussione con un vecchio
derelitto come me. Cosa succede?» disse, assumendo per la
prima volta un’espressione seria.
«Vedo che non ti si può distogliere facilmente da
ciò che ti interessa. Molto bene. Sono venuto a metterti in
guardia… e a cercare il tuo aiuto.» disse il leone
bianco.
Il vecchio rimase spiazzato, poi scoppio in una risata acida, triste
«Ah! Mettermi in guardia da cosa? Al momento dubito che
perfino le lucertole e le bestie qua attorno potrebbero mai
rappresentare un pericolo per me, visto quanto poca carne potrebbero
ricavare dal mio corpo. E tutti quelli che mi conoscono, o sono morti,
o credono che io sia morto.»
«Eppure… sembra che qualcuno ancora desideri la
tua testa. La tua…» disse il nactal aprendo il
palmo e generando un globo di luce bianca «e quella di
altri». Il globo si illuminò
dall’interno, raggiungendo un diametro di un metro, per poi
iniziare a macchiarsi di diversi colori. Al suo interno
l’anziano vide una coppia godere del sole del mattino nel
portico di una fattoria. L’uomo, dai corti capelli biondi si
stava posizionando su una sedia a dondolo, aiutato da una donna da
folti capelli neri e l’aspetto selvaggio. L’eremita
non potè fare a meno di notare che anche l’uomo,
per quanto muscoloso e prestante, era claudicante, esattamente come
lui. «E dunque?» chiese «solo
perché una allegra famigliola è in pericolo
dovrei seguirti in chissà quale viaggio attraverso il mondo
(o i mondi, come dici tu) per combattere per l’ennesima
volta, contro chi poi, e per quale scopo?! Perché dovrei
salvare loro e non le innumerevoli famiglie umane, di gnomi, di fammin2
che moriranno nella guerra contro gli elfi?!» disse, mentre
il volume della sua voce si alzava. Il Visitatore intanto continuava a
mantenere un piglio paziente e pacifico, nonostante il repentino cambio
di umore del suo interlocutore.
«No. Devi aiutarmi perché te lo sto chiedendo.
Devi aiutarmi perché quei due, come te, hanno passato
l’inferno prima di approdare in quella piccola oasi di pace.
Devi aiutarmi perché se non lo farai loro, e latri come loro
moriranno. Devi aiutarmi perché loro sono la nostra unica
speranza di salvare non solo il loro mondo, ma molti altri e fermare un
nemico ancestrale ed estremamente potente. E devi aiutarmi
perché anche lei lo avrebbe voluto» concluse il
leone albino.
«NON AZZARDARTI A NOMINARLA! NON OSARE USARLA PER I TUOI
SCOPI, TU BRUTTO SUBDOLO…» iniziò a
strillare il vecchio facendo per alzarsi. Tuttavia inciampò
sulla sua stessa gamba e ruzzolò a terra. Il nactal fece per
aiutarlo ma lui gridò «Non toccarmi!»
disse, strisciando verso la sedia. Poi, mentre cercava di issarsi
nuovamente sibilò «Vattene».
«Sennar…» cercò di farlo
ragionare il leone.
«VATTENE!» strillò di nuovo quello. Per
la prima volta col volto rabbuiato, il Visitatore raggiunse
l’uscita della catapecchia, congedandosi dicendo:
«nel caso cambiassi idea, ti lascio questo pendente. Sfiora
la pietra bianca ed io ti raggiungerò il prima
possibile». Dopo avergli lasciato il pendente sul tavolo
impolverato, il Visitatore che conosceva il nome dell’eremita
lasciò la casa dell’eremita che non conosceva il
nome del Visitatore.
Non appena se ne fu andato, Sennar scoppiò in un pianto
disperato, mugolando sempre la stessa parola, prima di cadere in un
oblio senza sogni…
«Nihal...Nihal…»
Nessun tempo
Luogo imprecisato
Luogo imprecisato, Il Vuoto
Stava cadendo nel buio più assoluto, in una completa e
liquida oscurità. Una delle sue più grandi paure
era sempre stato il buio, ed ora era costretto a conviverci. Non sapeva
da quanto stava cadendo, non aveva idea del luogo in cui si trovasse.
Non sapeva nemmeno cosa fosse diventato. Riusciva solo a
ricordare… ed odiare. Odiare i suoi servi, troppo deboli,
per averlo tradito o essersi dimostrati inetti. I suoi nemici, pavide
larve biancaste indegne di lui. Ma soprattutto odiava il ragazzo. Il
ragazzo, la fonte di ogni suo problema, da quando era nato la sua
più profonda ossessione. Lui ed i suoi amici.
D’improvviso la sua caduta si arrestò. Era ancora
avvolto in una perenne oscurità, quando udì
– no, percepì – una voce
«Tom Orvoloson Riddle» disse la voce «io
so cosa il tuo cuore agogna, più di ogni altra
cosa»
«Chi sei tu?» chiese il Signore Oscuro
«Il mio nome non è importante. Più
importante è che io posso esaudire il tuo più
profondo ed inconfessabile desiderio» rispose lui
«Ovvero?» chiese Lord Voldemort
Davanti a lui un bagliore rossastro illuminò una figura
serpentina, troppo immensa per essere concepita, e nella sua mente Lord
Voldemort potè concepirne l’immensa conoscenza, la
terribile intelligenza e la raccapricciante volontà di
potere. Tom Riddle era un Occulmante eccezionale, ma
l’entità con la quale aveva a che fare era
qualcosa al cui controllo e potere non era possibile sfuggire.
«Il potere… ma soprattutto, la
vendetta.» disse la voce, mentre la luce si condensava in
volute che rappresentavano i suoi nemici ed ex servitori, intenti nelle
loro faccende quotidiane, vista che gli fece ribollire il sangue nelle
vene «Ad un prezzo congruo»
«Quale prezzo? E soprattutto, dove mi trovo al
momento?» chiese Lord Voldemort
«Sai bene dove ti trovi. Nel profondo lo hai sempre saputo.
Sai di essere morto, sai che il ragazzo ti ha sconfitto»
disse la voce sibilante
«No, questo non è vero, è
impossibile» urlò il Voldemort, ma persino alle
sue orecchie la sua sembrava la pigolante supplica di un bambino che
non riesce a comprendere la verità.
«Bene, vedo che ti stai avvicinando alla risposta. Io posso
riportarti indietro, posso ridarti ciò che hai perso. Il mio
prezzo è solamente…» la voce di fece
più suadente «la tua fedeltà, e la
morte dei tuoi nemici»
1 Il Saar è il gigantesco fiume che separa le Terre Note
dalle Terre Ignote nel mondo fantasy de “Le Cronache del
Mondo Emerso”
2 I Fammin sono creature create grazie all’impiego massiccio
della magia proibita su comuni gnomi ed esseri umani. Sono molto simili
a scimmie, dal pelo rossiccio, con grandi mani munite di artigli e
volti bestiali. Quando il mago oscuro che li creò (il
“Tiranno”) venne sconfitto molti vennero
massacrati, i sopravvissuti vivono in piccoli villaggi sperduti.
Piano dell'autore
Bentornati, cari lettori :D
Dunque dunque, ecco che compare il terzo coprotagonista di questa storia, Sennar. Ho rifletuto moltissimo su come avrei potuto renderlo per fargli giustizia, ma poi, riflettendo, mi sono reso conto che non potevo renderlo un personaggio "positivo" a tutti i costi. Perciò ho deciso che la cosa migliore fosse renderlo brusco, acido, pieno di rimpianti e di rimorsi. Un po' un anti-eroe se volete. L'incontro col Visitatore (spero che qualche fan di MTG lo riconosca) è ispirato al suo primo incontro con Lorelain nel secondo libro delle Guerre del Mondo Emerso. Che altro dire? Spero di continuare a pubblicare con questa frequenza; dovrebbero venir fuori una decina di capitoli, spero... ma si vedrà ;)
Se vuoi, dai un'occhiata al Trailer
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