Conflux: Fandom Encounter

di WhiteSkull95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo- Il Tempio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Idillio ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: L'Eremita ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Inizia la partita ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Giochi pericolosi ***



Capitolo 1
*** Prologo- Il Tempio ***


Prima di leggere, dai un'occhiata qui !!!!

Prologo



-Swasssh- Un altro raggio di energia schizza veloce verso la sua direzione. Il giovane mago urla una formula e il raggio rosso fuoco si scontra con la barriera che ha evocato; evidentemente il suo inseguitore non demorde. Senza perdere altro tempo si lancia a capofitto nella cripta, sperando di seminarlo nel dedalo umido e buio. Gira a destra, poi a sinistra, poi ancora a destra. Infine, si ferma in una alcova ed inizia a cantilenare in una lingua antica.
Dal corridoio sente dei passi che si avvicinano, sempre più vicini. Lui continua a bisbigliare, rimanendo sempre immobile. D’ improvviso una torcia illumina l’alcova. Trattiene il respiro mentre vede il piromante che lo inseguiva esaminare lo stretto passaggio. Dopo secondi che sembrano anni, l’uomo continua la sua corsa verso le profondità. Evidentemente l’incantesimo di camuffamento è riuscito appena in tempo. Senza attendere oltre, si rialza e continua la sua ricerca. Si muove veloce, ricordando la mappa che aveva visto sulla pergamena nella biblioteca. Deve cercare nella cripta, superare otto rampe di scale e scendere nella parte più antica del palazzo.
Dopo una rapida ricerca, trovata la porticina che dà sulle scale, inizia la discesa, facendo attenzione a non farsi scoprire di nuovo. Veloce e silenzioso, riesce ad arrivare ai piedi dell’ottava rampa. Inizia ad esaminare le colonne e, una volta trovata quella scheggiata a metà, recita la formula che ha trovato sulla pergamena.
«Serpentis vox» sussurra. La colonna inizia a scricchiolare, poi ruota abbastanza da rivelare una piccola apertura. Il giovane, infilatosi il cappuccio, si introduce nello stretto passaggio. Lentamente scende, fino a quando non ruzzola fuori in un’area molto più estesa del palazzo soprastante. L’aria è calda e satura di zolfo, ed alcune torce illuminano una gigantesca sala sotterranea, al centro della quale si trova una pozza di lava incandescente. Poco lontano dalla pozza si intravede un altare di ossidiana, dove alcune figure umane stanno parlando. Strisciando per non farsi vedere, e pregando che i suoi incantesimi di schermatura lo proteggano dalle attenzioni indesiderate, il giovane riesce ad avvicinarsi abbastanza da osservare la scena. Due uomini stanno apparentemente discutendo, mentre sull’altare qualcosa brilla e mostra mille scene diverse. Sporgendosi al massimo per osservare di cosa si tratti, il mago incappucciato resta sospeso tenendosi ad una stalattite. Si tratta di una specie di specchio, alimentato da qualche magia, dove i due osservano diversi piani, a lui del tutto sconosciuti.
«Allora, come procede la ricerca?» tuona ad un certo punto una voce profonda, che scuote l’intera caverna. Il giovane fa in tempo ad ancorarsi saldamente alla sporgenza, evitando di finire nei flutti incandescenti. Immediatamente uno dei due afferma, con voce atona «Padrone, siamo a buon punto. Abbiamo trovato alcuni soggetti che sembrano rispondere al profilo…» dice, mentre con la mano muove l’inquadratura dello specchio mostrando diverse immagini. Dalla sua posizione il giovane riesce a vedere una nazione combattere con strani arnesi tecnologici, quando l’obiettivo ingrandisce su una ragazza armata di arco e frecce, che scaglia con precisione contro strani uccelli metallici.
«Bene, ma serve che si accorcino i tempi. Dobbiamo cominciare a…..» continua la voce profonda, che sembra provenire dal costante gorgoglio della lava nel pozzo. Nel frattempo il giovane mago cerca di allontanarsi dalla sporgenza, ormai ha colto l’informazione che desiderava. «Un attimo. Siete sicuri di essere da soli?». «Certo, Padrone, siamo solo noi due» afferma una voce acuta e strillante, decisamente differente da quella fredda e meccanica del primo ceffo.
«Silenzio! Percepisco qualcosa nella caverna…»
«Lassù! Sul parapetto!» strilla la voce più acuta. In un attimo una palla di fuoco viene scagliata contro la posizione del giovane. La sporgenza sulla quale si trova esplode in mille pezzi e lui si ritrova appeso alla sporgenza.
«Brucialo, Tibalt!» afferma la voce, che ora sembra quella di un terremoto «Con piacere, Padrone» la lava gorgoglia e ruggisce ed in poco tempo un geyser di magma si innalza verso il mago, che per salvarsi è costretto a lasciare la presa, cadendo a capofitto nell’inferno sottostante.
Tuttavia, dieci metri prima dello schianto mortale la sua figura inizia a tremolare, per poi dissolversi in una nube di vapore.


~


Il giovane mago si mescola tra la gente della città, spaventata dal tremore della terra nei pressi del tempio. Le guardie dicono che sono solo scosse di assestamento, che non c’è nulla di cui preoccuparsi. Ma lui sa che non è così. Sa che deve fare in fretta, deve raggiungere le persone che ha visto nello specchio. E sa anche chi sono i primi che cercherà di colpire. Perché mentre erano occupati ad attaccare la sua illusione, lui è riuscito a vedere gli altri “soggetti” come li ha definiti la voce. E nell’ultimo guizzo di tempo si è impresso nella mente l’immagine di un giovane con un paio di occhiali ed uno sfregio sulla fronte che combatteva un uomo alto e vestito di nero.


~


«Ci siamo fatti fregare da un’illusione» afferma la voce acuta, con disappunto
«Non è questo il punto. Questa variabile può cambiare gli interi risultati del piano. Dobbiamo prendere delle contromisure» dice la voce meccanica, appartenente ad un uomo alto e dal portamento rigido. Entrambi attendono disposizioni dalla voce nella lava, che tuttavia tace.
Dopo un lasso di tempo prolungato, l’essere nella lava impartisce due ordini, accolti con la solita freddezza dall’uomo e da un ghigno ferino e sadico dal secondo tizio.








Piano dell'autore
Salve a tutti, cari utenti di EFP! Come tante altre volte, eccomi di nuovo a cimentarmi in una nuova Fanfict. Perché la mia creatività malata si accende sempre quando ho 12000 cose da fare? Ah che sfiga! Comunque, come avete notato, il prologo è molto misterioso, e a tratti un po' blando, ma vi assicuro che quando la storia ingranerà.... ne vedremo delle belle... :D detto ciò, se volete lasciate una recensione. Se invece volete essere stuzzicati ancora un pochino.... eccovi una sorpresina ;) Chissà cosa sarà?

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Idillio ***


Trailer

Capitolo 1: Idillio

14 agosto 2000
Porto fluviale di Gravesend, dock 7 e ½ 1
Londra, Piano terrestre numero 394



«Ginny, tesoro, sei sicura di aver preso tutto?» chiese Harry per la trecentonovantaquattresima volta.
«Certo caro, ho imbarcate tutte e quattro le mie valige» rispose lei, indaffarata a cercare il traghetto che l’avrebbe portata negli States. Harry si concesse un momento per ammirare la sua bellezza. Erano tornati dalla luna di miele da appena un mese, e lei doveva subito ripartire.
«Cosa c’è?» le chiese rendendosi conto di essere osservata
«Niente» disse lui cingendole dolcemente i fianchi «è solo che non voglio separarmi da te» disse lui, baciandola timidamente. Lei, entusiasta, ricambiò il bacio, per poi si divincolarsi, e lo fissò negli occhi, con quell’aria ferma e dolce che lo aveva fatto innamorare.
«Lo sai che anche io non voglio separarmi da te neppure per un’istante, ma sai anche quanto me quanto sia fondamentale per la mia carriera questa opportunità: potrei essere ammessa nella rosa titolare delle Holyhead Harpies!» dice, entusiasta.
«Lo so, so quanto ci tieni ad andare, ed è per questo che non ho fatto alcuna obiezione. Volevo solo farti sapere che mi mancherai» dice lui. A queste parole lei perse la sua aria un po’ seriosa e si abbandonò ad un bacio lungo e passionale. Rimasero lì, dolcemente abbracciati finché una voce, da sopra il traghetto richiamò la ragazza.
«Ginny! Farai meglio a salire, stiamo per salpare!» gridò Angelina Johnson, l’ex capitano della squadra di Grifondoro di Hogwarts
«Arrivo!» rispose lei, afferrando la sua ultima borsa, saltando sulla passerella. Non appena raggiunse il ponte si voltò e gridò all’indirizzo di Harry: «Tesoro, ci rivediamo tra due settimane! Non dimenticarti quanto ti amo!»
«Non dimenticarti che ti amo anch’io! Mi raccomando, dai il massimo!» gridò Harry di rimando. Nonostante sentisse il cuore pesante, una piccola parte di lui era felice di poter trascorrere un po’ di tempo da solo. Avviandosi lungo la banchina, raggiunse la vecchia catapecchia piena di boe che serviva a connettere il dock 8 e ½ col dock 8 ed il dock 9 babbani, facendo attenzione, una volta uscito, a chiudere bene la porta dietro di sé. Si prospettano due settimane tranquille, pensò. Non poteva sbagliarsi di più.




Giorno 43 della Primavera, anno 3090
Campagna del Giacimento, zona boschiva
Distretto 12, Panem, Piano terrestre numero 76



L’aria tiepida di metà primavera era una vera toccasana. Faceva venir voglia di sdraiarsi sul prato a dormire rilassati, magari dopo un buon pasto a base di cavoli e patate dolci, che erano diventati la produzione principale del Distretto 12 dopo l’esaurimento dei giacimenti di carbone. Katniss assaporò il tepore del primo sole del mattino, prima di stiracchiarsi e di addentrarsi nel bosco. Prima di addentrarsi nella macchia, si avvicinò al segnalatore, l’apparecchio tecnologico piantato nel palo sul limitare della brughiera, che rilevava il passaggio di tutti gli esseri più grossi di un tasso che superavano il perimetro. Ci aveva messo un bel po’ ad abituarsi a quella regola, le ricordava la recinzione elettrificata che, ai tempi dei Giochi, precludeva l’accesso della gente alla foresta. Ma quello, a differenza della prima, aveva uno scopo preciso: qualche mese prima un orso aveva superato il limitare del bosco e aveva aggredito una famigliola che stava raccogliendo funghi. Erano morti in tre, tra cui una bambina, e da allora tutti i sentieri erano allarmati. Se non si premeva il bottone, dopo cinque metri una sirena partiva, avvisando ogni persona nei vicini cinque acri. Anche lei, volente o nolente aveva accettato questo cambiamento, se non altro per la sicurezza dei suoi concittadini.
Premuto il pulsante, si addentrò dentro il bosco, ove la natura iniziava a risvegliarsi. Una farfalla svolazzava elegantemente tra i fiori, succhiando il dolce nettare dalle primule. Più a destra una coppia di tassi si prodigavano nell’accudire i loro tre piccoli, che ancora non sapevano badare a loro stessi, mostrandogli come scavare per mangiare le radici ed i tuberi nelle vicinanze. La Katniss di qualche anno prima avrebbe senza dubbio considerato quella famigliola come una benedizione e, nonostante la crudeltà del gesto, avrebbe ucciso sia i genitori che i piccoli per procurarsi da mangiare. Ma adesso a casa loro il cibo non era più un grosso problema: suo marito, pur con i suoi problemi alla gamba, aveva iniziato a coltivare la terra nelle vicinanze della loro piccola fattoria. Quindi lasciò in pace quei piccoli mammiferi. In più, secondo quanto gli aveva spiegato Gale, i tassi della zona davano la caccia ai favi degli aghi inseguitori, poiché, essendo piuttosto ottusi, non distinguevano gli alveari delle api da quelli delle pericolose vespe ibride; tale errore sarebbe letale per la maggior parte degli animali, ma i tassi, a causa forse della loro dieta avevano sviluppato una specie di immunità a quelle vespe maledette. La Natura, pensò Katniss si sta riprendendo dagli orrori della guerra. E noi? Si chiese.
Superati i tassi si diresse verso il fiume, controllando le trappole per conigli, soddisfatta delle prede che era riuscita a catturare. Decise di recuperarle più tardi, sperando di trovare anche qualcosa di più sostanzioso per Peeta.


~


Quando Katniss rientrò in casa erano circa le nove, e l’odore di pane caldo appena sfornato aveva già avvolto tutta la casa. Peeta la accolse con un grande sorriso ed un filone appena uscito dal forno che profumava deliziosamente. Per un attimo rimasero ad osservarsi così, lui col filone di pane in mano e lei con i conigli ed un fagiano appena presi, poi scoppiarono entrambi a ridere, poggiarono le vettovaglie sul tavolo e lui la abbracciò, baciandola.
«Vedo che hai fatto una buona caccia» disse, adocchiando le lepri ed il fagiano «visto qualcosa di interessante?»
«Un paio di tassi. E qualcos’altro» disse poi, ammiccandogli maliziosamente, poi aprì la sua bisaccia e tirò fuori due uova di fagiano, prese direttamente dal nido, il piatto preferito di Peeta per colazione.
Lui la osservò raggiante e la sollevò da terra, scatenando le sue proteste, anche se niente affatto credibili. Rimasero lì per un po’ a godere del reciproco contatto e calore, sperando che quell’attimo durasse secoli.




Giorno imprecisato, anno imprecisato
Regione delle cuspidi, Città del Governo
Ex Frammento di Bant, Piano di Nuova Alara2



La Città del Governo era un vero prodigio. Era la vera dimostrazione che la testardaggine di alcuni governanti illuminati può congiungere anche razze che sono rimaste separate per millenni e che, non appena si erano riunite, avevano intrapreso una guerra fratricida che stava per spazzare via la vita da quel piano. Il Visitatore osservava le guglie perfette, frutto della tecnologia di Esper, che ospitavano immensi nuclei famigliari. Qui e là, nella piazza del mercato, qualche commerciante stava strillando all’indirizzo di un goblin furfante che gli aveva sottratto qualche ninnolo, mentre i Rhox guardiani facevano largo ai delegati e ai dignitari dei diversi frammenti, che con gran fretta correvano verso il Palazzo Centrale, la sede del Governo dei Cinque, l’organo principale che si era preso l’immenso fardello di mantenere la pace in un luogo dove tecnicamente non potrebbe esistere. Il Visitatore, facendosi largo tra la folla riuscì ad accedere al Palazzo, una costruzione immensa, fatta di puro Eterium3, pietra magmatica, legname di alberi secolari, marmo bianco ed ossa, in modo che ogni razza del piano si sentisse rappresentata dall’imponente costruzione. All’interno, i visitatori potevano osservare il viavai di impiegati e delegati, mentre i cinque parlamenti si riunivano in cinque stanze diverse. Nei primi tempi le risse erano all’ordine del giorno, e se avvenivano tra un rinoceronte bipede da quattro tonnellate ed un drago alto dodici metri era una fortuna. Quando a lottare erano un paio di angeli contro un gruppo di demoni, era stato necessario l’intervento di alcune delle menti magiche più forti della città per impedire il disastro. Ma il punto era proprio quello; se si fosse lasciato che le differenze avessero prevalso, il piano stesso sarebbe stato condannato. Aveva aiutato il fatto che i due frammenti più ostili l’uno all’altro, Bant, patria degli angeli e Grixix, quella dei demoni, fossero al momento privi di leadership. L’arcangelo Asha era disperso dal piano fin dalla sua guerra col demone Malfegor4, il quale aveva tentato di conquistare il piano angelico quando i frammenti si erano riuniti, venendo ucciso nel tentativo. I nuovi leader degli schieramenti dei due piani, invece sembravano più “inclini” ad un dialogo, sebbene fosse chiaro a tutti che sia l’Arcangelo Empireo sia il demone detto Principe degli Schiavi si sopportassero a stento l’un l’altro. Nel frattempo arrivò il gruppo che avrebbe parlato quel giorno: un Vedalken con fattezze femminili rappresentante di Esper, un giovane uomo lucertola Viashino di Jund, un Uomo alto e dall’aspetto marziale di Bant, uno Sciamano Nactal del mondo selvaggio di Naya ed un vecchio Negromante per Grixix. Il Visitatore si diresse alla porta, dirigendosi fuori dalla città. Era sempre bello tornare a casa, anche se difficilmente l’avrebbe riconosciuta, la prossima volta, vista la velocità con la quale la situazione si evolveva. Poi, come la rugiada al mattino, sparì nell’aere.






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1 Ho immaginato che i maghi, se prendono il treno alla stazione di King’s Cross al binario 9 e tre quarti, probabilmente prenderanno la nave al dock 8 e mezzo
2 Allora, qui è necessaria una spiegazione per tutti i non-fan di Magic. In pratica, nell’universo MTG (Magic the Gathering) Alara era un mondo ricco di energia magica come molti altri. Tuttavia ad un certo punto si divise in cinque frammenti, dove la magia dominante creò cinque differenti ecosistemi. Bant, un regno feudale abitato da uomini, angeli e dei rinoceronti umanoidi, detti Rhox; Esper, un mondo privo di qualunque passione o spinta naturale, mosso unicamente dall’intelletto e dalla conoscenza, abitato da sfingi ed umani con corpi modificati dal metallo, detti “Vedalken”; Grixix mondo umido e privo di vita, abitato da non-morti e demoni; Jund, un mondo primitivo e selvaggio, dove l’unica regola è che il forte regna sovrano ed il debole viene mangiato, abitato da goblin e lucertole antropomorfe dette “Viashini”; Naya, un luogo anch’esso selvaggio, ma dedito al culto della vita e della natura, abitato da umani e da felini bipedi detti Nactal. Tuttavia, a seguito delle azioni di un personaggio che comparirà nella storia (no spoiler) i cinque frammenti si riuniranno, causando immensi cataclismi e (guarda un po’) guerre fratricide. Mi sa che metterò qualche immagine per aiutarvi ad immaginare meglio le diverse razze.
3 L’Eterium è il metallo, simile al titanio ma prodotto in filamenti sottili, che su Esper viene utilizzato per costruire qualunque cosa, dalle imponenti guglie alle protesi meccaniche.
4 Malfegor e Asha erano i regnanti, rispettivamente, di Grixix e di Bant. Asha è sparita dopo lo scontro con Malfegor, secondo alcuni sacrificando la vita nel tentativo di esiliarlo; Malfegor, dopo la riunificazione dei frammenti, ha raso al suolo diverse città di Esper, prima di dare battaglia all’esercito di Bant, venendo però sconfitto ed ucciso dal leggendario cavaliere Rafiq.


Un Vedalken______________________Un Viashino________________________Un Nactal
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Piano dell'autore
Ma salve miei cari lettori! Eccoci col primo capitolo, eccezionalmente meno di un giorno dopo la pubblicazione del Prologo! Sono diventato pazzo? Decisamente si! :D
Allora, sembra proprio che la situazione descritta in questo capitolo sia... idilliaca, da qui il nome. Mi è piaciuto sopratutto soffermarmi su come è cambiata la vita dei nostri eroi, come abbiano trovato (nel caso di Katniss con una certa difficoltà) un equilibrio. Altra cosa: ho deciso di mettere note all'apice per tutti coloro non conoscano l'universo MTG o delle Cronache. Detto ciò, come ho detto all'inizio la storia è un po' lenta. Ma circa al Cap 3 dovrebbe cominciare l'azione... ed il caos... Beh, che dire? Non ci resta che aspettare.
Se vuoi, dai un'occhiata al Trailer

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: L'Eremita ***


Trailer

Capitolo 2: L'Eremita

15 agosto 2000
Quartiere di Grantchester
Cambridge, Piano terrestre numero 394



«Regina in a1» disse il ragazzo davanti a lui, scostandosi la lunga frangia rossa «Scacco matto. Mi sembra che tu sia fuori allenamento vecchio mio» disse Ron con fare sornione. Lui ed Hermione non si erano ancora sposati, ma la richiesta era nell’aria, dato che convivevano da alcuni mesi. Si erano trovati un bell’appartamento a Cambridge (Hermine amava, quando aveva tempo, frequentare le lezioni universitarie per apprendere di più sulle scienze babbane), cosìcchè Ron, che aveva fatto richiesta per lavorare al Ministero, potesse andare a Londra senza problemi.
«Ronald Weasley, che ne dici di alzare quelle grasse terga dalla poltrona e darmi una mano ad apparecchiare?!?» disse la voce di Hermione dalla cucina.
«Sto arrivando tesoro!» rispose Ron alzandosi pigramente e rimettendo a posto la scacchiera ed i pezzi, che nel frattempo avevano inscenato una rissa senza quartiere. Un gesto di bacchetta e tutto fu in ordine. Harry si alzò e andò anch’egli ad aiutare. Quando entrò nella cucina però si rese conto che c’era ben poco da fare. Coltelli di diverse dimensioni affettavano verdure e ortaggi, che poi prendevano il volo e si tuffavano nell’acqua bollente preparata da Hermione, che nel frattempo leggeva un libro di ricette magiche. A quanto pareva si stava cimentando in qualcosa della massima difficoltà, perché era concentrata come quando armeggiava davanti al paiolo di Severus Snape durante un compito in classe.
Finito di preparare il tavolo e organizzata la cena, la ragazza fece accomodare Harry e si sistemò accanto a Ron, passando ad ognuno una tazza di the come aperitivo.
«Dunque, com’è andata la partenza di mia sorella?» chiese Ron, sorseggiando la sua tazza
«Mah, l’ho lasciata con Angelina, sembra che se la passino bene negli Stati Uniti, quindi mi sento abbastanza tranquillo. Voi piuttosto, che piani avete per il prossimo futuro?» rispose Harry
«Ronald come sai si prepara ad entrare nel Ministero, ed io mi dò da fare per portare avanti le istanze della C.R.E.P.A. A quanto pare Kingsley sembra molto più aperto dei suoi predecessori sui diritti delle creature magiche, ma c’è ancora tanto da fare» disse Hermione
«Lascialo perdere, ultimamente è sempre più indaffarato. L’ho visto uno di questi giorni e sembra che ci sia qualcosa che lo turba… qualcosa di grosso.» disse Ron, inzuppando un biscotto nella sua tazzina
«Che cosa pensi che sia?» chiese Harry
«Non sono autorizzato a parlarne, ma…» iniziò Ron abbassando la voce «sembra che sia qualcosa di colossale. Ultimamente si sono aperti strani portali in Irlanda del nord, e qualcuno ha rischiato di finirci dentro»
«Portali?» chiese Hermione «come una Passaporta?»
«Sì, ma che rimane aperta, e senza il bisogno di un oggetto che funga da chiave. Alcuni sono inerti, mentre altri generano strani fenomeni. Pare che uno in Australia abbia generato un fulmine rosso che ha polverizzato un’automobile babbana. Nessuna vittima» si affrettò a sottolineare «ma ci siamo andati vicino».
I tre rimasero lì a sorseggiare il the parlando del più e del meno, finché una piccola sirena non fece sobbalzare Harry dalla sedia.
«Oh cielo!» esclamò Hermione «devo togliere lo stufato di mandragola dal fuoco!!» disse precipitandosi ai fornelli
«Cosa accidenti era quel rumore?» chiese Harry
«Oh, miseriaccia, temo che sia la ricordella che mio padre ha regalato ad Hermione» affermò Ron affranto
«Da quando le ricordelle strillano?» chiese Harry, confuso
«Oh, è un suo esperimento, sta cercando di fondere la magia della ricordella con la tecnologia babbana di… com’è che si chiama amore?» chiese Ron ad Hemione, grattandosi la testa nel tentativo di ricordare.
«Grammofono» rispose lei mentre ordinava ai mestoli di girare lo stufato
«Ecco si, col grammofono… ma i risultati sono abbastanza…»
«Fastidiosi?» chiese Harry, sorridendo
«In realtà volevo dire deludenti, ma sì, anche fastidiosi» disse Ron, poi entrambi si misero a ridere e si prodigarono per aiutare Hermione, per quanto possibile.


Giorno imprecisato, stagione delle piogge.
Casa sulla collina
Terre Ignote, Piano terrestre del mondo Emerso e Sommerso



Il vecchio passeggiava mesto, aiutandosi col bastone. Era una figura quasi eremitica, una lunga barba incolta bianca come la neve incorniciava un volto rugoso, duro come il cuoio ed un paio di occhi profondi come il mare della sua terra. Ma era la malinconia la sensazione che emanava la figura in tutta la sua interezza. Malinconia e perdita.
“Se n’è andata. Sono da solo, di nuovo. Ho avuto l’occasione di rivederla una seconda volta e lei è di nuovo perduta” rimuginò.
Aveva passato la sua vita studiando la magia, diventando probabilmente uno dei maghi più potenti che avessero mai calcato quelle terre. Eppure aveva perso l’amore della sua vita, non una ma ben due volte. Ma la cosa peggiore era che aveva perso suo figlio e suo nipote nel processo. Ma a lui ormai importava davvero poco. Era un rudere, un fossile del vecchio mondo. Gli erano giunte voci riguardo agli elfi che preparavano la conquista del Mondo Emerso, ma anche quello lo tangeva ben poco. Che lo facessero, che portassero pure morte e distruzione. Tanto anche volendo non sarebbe riuscito a fare nulla per fermarli, erano spinti da un tale odio e da un tale fanatismo, del tutto impermeabili all’empatia o al perdono. Erano stati loro a prendere la vita della sua donna… il suo unico amore… il solo pensiero lo fece cadere sulle ginocchia, con lacrime acide che gli colavano lungo il viso segnato dagli anni. Per quale ragione era ancora in vita? Perché il suo corpo si ostinava a respirare, mangiare, dormire? Perché la sua anima non abbandonava la sua carcassa e lo riuniva col suo defunto, perduto amore? Perché la sua vita era così invivibile?
«Ora non esagerare. Sai anche tu che non è così brutta.» disse una voce profonda e pacata dietro di lui.
Il vecchio si alzò di scatto, incurante delle fitte che gli provocava la gamba malconcia, asciugandosi il volto con rabbia.
«Ti ho detto mille volte che non devi leggermi nella mente!» urlò l’uomo al suo interlocutore
«Ed io ti ho ripetuto altrettante volte che sono del tutto incapace di leggere la mente. Sono solo in grado di leggere i vari stati dell’anima, come tu sei in grado di vedere il colore dei miei occhi o il colore del cielo. Non è qualcosa che posso impedirmi di fare» rispose il Visitatore.
L’anziano imprecò, recuperando il bastone, per poi osservare meglio il suo interlocutore. Alto almeno due metri e mezzo, non era di una razza umana, o nemmeno di alcuna razza che esistesse su quel mondo. Il volto leonino e le braccia muscolose erano quelle di una fiera, come anche le gambe, le mani (o zampe, munite di regolari artigli) e la coda. Ma era il colore che destava maggior stupore. Il Visitatore era un perfetto ibrido uomo-leone, ma completamente bianco, con profonde iridi azzurre. Era talmente bianco da poter sembrare una apparizione, una sorta di essere ultraterreno. Ed in effetti era ben più di un semplice uomo, o bestia: era probabilmente uno dei pochi maghi che il vecchio eremita non avrebbe mai affrontato volontariamente.
«Cosa sei venuto a fare?» gli chiese, bruscamente.
«In realtà ero di passaggio, ed ho pensato di venire a darti un saluto» rispose pacificamente il leone albino
«Balle. Sono sicuro che c’è dell’altro» rispose il vecchio mago. Poi fece segno all’altro di seguirlo e lo accompagnò, zoppicando, nella sua casa. Nonostante fosse stato via per pochi mesi, sembravano passati anni. L’esterno era pieno di erbacce e all’interno c’era un forte odore di muffa anche per un umano, figuriamoci per un felino. L’eremita spalancò una finestra e un fascio di luce rivelò la polvere che danzava, avvolgendo la catapecchia. Il mago offrì l’unica sedia al suo ospite, che declinò l’offerta offrendosi di aiutarlo a sedersi. Tuttavia, l’uomo lo scansò bruscamente, poggiando il bastone su un tavolo ingombro di libri e polvere e arrancando fino a trovare una posizione comoda, mentre il Visitatore sedette per terra a gambe incrociate.
«Dunque, cosa succede altrove?» chiese il vecchio
«Oh, nulla di nuovo. Guerre, scontri, distruzione. Le solite cose» rispose il felino
«Già, è così dovunque. Ho sentito che gli elfi hanno messo su un esercito per conquistare le terre al di là del Saar 1» disse l’uomo accendendo una pipa.
«Mhm, non mi sembra una buona cosa. Mi pare che non si avventurassero da quelle parti da secoli, sbaglio?» chiese il Visitatore, muovendo la coda.
«Millenni a dire il vero. Ma certe cose, prima o poi, tendono a ripetersi. Come hai detto tu, guerre, scontri e distruzione; al mondo non c’è altro, né speranza di miglioramento. Guarda io cosa ne ho ricavato, a combattere una vita per un mondo migliore: una catapecchia piena di erbacce ed una tonnellata di polvere.» rispose il vecchio, tirando poi una lunga boccata dalla pipa, per poi generare una serie di anelli di fumo.
«Beh, non è tutto nero come lo vuoi dipingere. Hai vissuto una vita piena» affermò l’altro, arricciando il naso quando un anello si avvicinò al suo volto «… e riguardo alla speranza per il mondo migliore, forse ho trovato qualcosa che ti potrebbe far riflettere: ricordi il mondo di cui ti parlai l’ultima volta?»
«Ah, sì. Quello diviso in cinque e poi riunito. Non mi pareva che anche lì se la passassero così bene, no? Anzi, mi sembrava che le guerre fratricide fossero all’ordine del giorno…com’è che si chiamava quel posto? Adara? Amara?» rimuginò l’uomo grattandosi la testa canuta.
«Alara. E sì, la situazione era così prima. Ora invece sembra che i governanti delle cinque parti si siano decisi a mettere da parte le ostilità, almeno per il momento per perseguire un progetto più grande» lo corresse il Visitatore con fare paziente.
«Bah! Non durerà.» disse l’uomo, cambiando posizione sulla sedia, sollevando delicatamente la gamba inferma e poggiandola su quella sana. «Detto ciò, penso che tu possa dirmi perché sei qui. Non ti scomodi a fare un viaggio interdimensionale solo per fare una discussione con un vecchio derelitto come me. Cosa succede?» disse, assumendo per la prima volta un’espressione seria.
«Vedo che non ti si può distogliere facilmente da ciò che ti interessa. Molto bene. Sono venuto a metterti in guardia… e a cercare il tuo aiuto.» disse il leone bianco.
Il vecchio rimase spiazzato, poi scoppio in una risata acida, triste «Ah! Mettermi in guardia da cosa? Al momento dubito che perfino le lucertole e le bestie qua attorno potrebbero mai rappresentare un pericolo per me, visto quanto poca carne potrebbero ricavare dal mio corpo. E tutti quelli che mi conoscono, o sono morti, o credono che io sia morto.»
«Eppure… sembra che qualcuno ancora desideri la tua testa. La tua…» disse il nactal aprendo il palmo e generando un globo di luce bianca «e quella di altri». Il globo si illuminò dall’interno, raggiungendo un diametro di un metro, per poi iniziare a macchiarsi di diversi colori. Al suo interno l’anziano vide una coppia godere del sole del mattino nel portico di una fattoria. L’uomo, dai corti capelli biondi si stava posizionando su una sedia a dondolo, aiutato da una donna da folti capelli neri e l’aspetto selvaggio. L’eremita non potè fare a meno di notare che anche l’uomo, per quanto muscoloso e prestante, era claudicante, esattamente come lui. «E dunque?» chiese «solo perché una allegra famigliola è in pericolo dovrei seguirti in chissà quale viaggio attraverso il mondo (o i mondi, come dici tu) per combattere per l’ennesima volta, contro chi poi, e per quale scopo?! Perché dovrei salvare loro e non le innumerevoli famiglie umane, di gnomi, di fammin2 che moriranno nella guerra contro gli elfi?!» disse, mentre il volume della sua voce si alzava. Il Visitatore intanto continuava a mantenere un piglio paziente e pacifico, nonostante il repentino cambio di umore del suo interlocutore.
«No. Devi aiutarmi perché te lo sto chiedendo. Devi aiutarmi perché quei due, come te, hanno passato l’inferno prima di approdare in quella piccola oasi di pace. Devi aiutarmi perché se non lo farai loro, e latri come loro moriranno. Devi aiutarmi perché loro sono la nostra unica speranza di salvare non solo il loro mondo, ma molti altri e fermare un nemico ancestrale ed estremamente potente. E devi aiutarmi perché anche lei lo avrebbe voluto» concluse il leone albino.
«NON AZZARDARTI A NOMINARLA! NON OSARE USARLA PER I TUOI SCOPI, TU BRUTTO SUBDOLO…» iniziò a strillare il vecchio facendo per alzarsi. Tuttavia inciampò sulla sua stessa gamba e ruzzolò a terra. Il nactal fece per aiutarlo ma lui gridò «Non toccarmi!» disse, strisciando verso la sedia. Poi, mentre cercava di issarsi nuovamente sibilò «Vattene».
«Sennar…» cercò di farlo ragionare il leone.
«VATTENE!» strillò di nuovo quello. Per la prima volta col volto rabbuiato, il Visitatore raggiunse l’uscita della catapecchia, congedandosi dicendo: «nel caso cambiassi idea, ti lascio questo pendente. Sfiora la pietra bianca ed io ti raggiungerò il prima possibile». Dopo avergli lasciato il pendente sul tavolo impolverato, il Visitatore che conosceva il nome dell’eremita lasciò la casa dell’eremita che non conosceva il nome del Visitatore.
Non appena se ne fu andato, Sennar scoppiò in un pianto disperato, mugolando sempre la stessa parola, prima di cadere in un oblio senza sogni…
«Nihal...Nihal…»


Nessun tempo
Luogo imprecisato
Luogo imprecisato, Il Vuoto




Stava cadendo nel buio più assoluto, in una completa e liquida oscurità. Una delle sue più grandi paure era sempre stato il buio, ed ora era costretto a conviverci. Non sapeva da quanto stava cadendo, non aveva idea del luogo in cui si trovasse. Non sapeva nemmeno cosa fosse diventato. Riusciva solo a ricordare… ed odiare. Odiare i suoi servi, troppo deboli, per averlo tradito o essersi dimostrati inetti. I suoi nemici, pavide larve biancaste indegne di lui. Ma soprattutto odiava il ragazzo. Il ragazzo, la fonte di ogni suo problema, da quando era nato la sua più profonda ossessione. Lui ed i suoi amici. D’improvviso la sua caduta si arrestò. Era ancora avvolto in una perenne oscurità, quando udì – no, percepì – una voce
«Tom Orvoloson Riddle» disse la voce «io so cosa il tuo cuore agogna, più di ogni altra cosa»
«Chi sei tu?» chiese il Signore Oscuro
«Il mio nome non è importante. Più importante è che io posso esaudire il tuo più profondo ed inconfessabile desiderio» rispose lui
«Ovvero?» chiese Lord Voldemort
Davanti a lui un bagliore rossastro illuminò una figura serpentina, troppo immensa per essere concepita, e nella sua mente Lord Voldemort potè concepirne l’immensa conoscenza, la terribile intelligenza e la raccapricciante volontà di potere. Tom Riddle era un Occulmante eccezionale, ma l’entità con la quale aveva a che fare era qualcosa al cui controllo e potere non era possibile sfuggire.
«Il potere… ma soprattutto, la vendetta.» disse la voce, mentre la luce si condensava in volute che rappresentavano i suoi nemici ed ex servitori, intenti nelle loro faccende quotidiane, vista che gli fece ribollire il sangue nelle vene «Ad un prezzo congruo»
«Quale prezzo? E soprattutto, dove mi trovo al momento?» chiese Lord Voldemort
«Sai bene dove ti trovi. Nel profondo lo hai sempre saputo. Sai di essere morto, sai che il ragazzo ti ha sconfitto» disse la voce sibilante
«No, questo non è vero, è impossibile» urlò il Voldemort, ma persino alle sue orecchie la sua sembrava la pigolante supplica di un bambino che non riesce a comprendere la verità.
«Bene, vedo che ti stai avvicinando alla risposta. Io posso riportarti indietro, posso ridarti ciò che hai perso. Il mio prezzo è solamente…» la voce di fece più suadente «la tua fedeltà, e la morte dei tuoi nemici»



1 Il Saar è il gigantesco fiume che separa le Terre Note dalle Terre Ignote nel mondo fantasy de “Le Cronache del Mondo Emerso”
2 I Fammin sono creature create grazie all’impiego massiccio della magia proibita su comuni gnomi ed esseri umani. Sono molto simili a scimmie, dal pelo rossiccio, con grandi mani munite di artigli e volti bestiali. Quando il mago oscuro che li creò (il “Tiranno”) venne sconfitto molti vennero massacrati, i sopravvissuti vivono in piccoli villaggi sperduti.








Piano dell'autore
Bentornati, cari lettori :D
Dunque dunque, ecco che compare il terzo coprotagonista di questa storia, Sennar. Ho rifletuto moltissimo su come avrei potuto renderlo per fargli giustizia, ma poi, riflettendo, mi sono reso conto che non potevo renderlo un personaggio "positivo" a tutti i costi. Perciò ho deciso che la cosa migliore fosse renderlo brusco, acido, pieno di rimpianti e di rimorsi. Un po' un anti-eroe se volete. L'incontro col Visitatore (spero che qualche fan di MTG lo riconosca) è ispirato al suo primo incontro con Lorelain nel secondo libro delle Guerre del Mondo Emerso. Che altro dire? Spero di continuare a pubblicare con questa frequenza; dovrebbero venir fuori una decina di capitoli, spero... ma si vedrà ;)
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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Inizia la partita ***


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Capitolo 3: Inizia la partita



Giorno 44 della Primavera, anno 3090
Campagna del Giacimento, zona boschiva
Distretto 12, Panem, Piano terrestre numero 76



Katniss stava raccogliendo la legna per il camino, buttando l’occhio di tanto in tanto alla spianata dove un paio di bambini giocavano allegramente. Una parte di lei forse desiderava avere un figlio o una figlia, ma non ancora, non era il momento. Gli eventi della guerra e della rivolta ancora erano vivi nella sua psiche. Non passava notte senza che gli incubi la svegliassero in preda al terrore più puro, e solo la vicinanza di Peeta riusciva a calmarla e a consentirle di continuare. Ogni tanto sua madre chiamava, dalla loro vecchia casa nel Giacimento. A quanto sapeva Haymitch e Effie ogni tanto la andavano a trovare, per lenire un po’ la sua solitudine. Katniss sopportava di chiamarla, ma rivederla significava fare i conti col passato e versare altro sale su una questione ancora troppo dolorosa, quella di sua sorella. E lei sentiva di non essere ancora in grado di affrontarla. Un suono acutissimo la distolse da quei pensieri, mettendola sul chi-va-là. Era il suono del segnalatore, il che voleva dire che qualcosa si stava avvicinando dalla foresta. Katniss abbandonò la legna che aveva raccolto e si fiondò sulla spianata, arco in pugno, per cercare i tre bambini che aveva visto giocare poco prima. Due erano ancora scossi dal suono, e si guardavano intorno, prossimi al pianto. Accertatasi che nessuno dei due fosse ferito li inviò immediatamente a casa, invito che loro accolsero con gioia, schizzando via velocemente. Ma la terza, la bambina che aveva visto con loro, dov’era? Uno strillo al limitare della radura la fece sobbalzare. Evidentemente era nel bosco. Katniss si lanciò in una corsa a grandi falcate, mentre la faretra le sbatteva sul collo e sulla schiena, cercando di raggiungere in fretta la fonte di quell’urlo di terrore.
La radura nella quale entrò era completamente vuota, fatta eccezione per un piccolo insieme di stoffe bianche e stracciate adagiato nel mezzo. Senza indugio, Katniss incoccò una freccia e si mosse con circospezione, cercando la fonte che aveva fatto scattare l’allarme.
«Aiuto» sussurrò il mucchio di vesti. La voce era chiaramente di una bambina, e aveva un che di familiare. Probabilmente l’aveva vista al Giacimento di recente.
«Va tutto bene, piccola, ora ci penso io» disse Katniss avvicinandosi lentamente alla piccola «dov’è l’animale che ha fatto scattare l’allarme»
«Non lo so Katnip, non lo so» disse lei con voce piagnucolante
Katniss rimase impietrita. Era pure possibile che la ragazzina la conoscesse, era una persona abbastanza nota. Ma il modo in cui aveva pronunciato il suo nome… non era possibile, doveva trattarsi di una coincidenza…
Una testolina bionda fece capolino dagli stracci e la bambina iniziò ad avvicinarsi, ciondolando, a lei.
«chi…. Chi sei?» iniziò a balbettare Katniss
«Come, non mi riconosci? Sono io Katnip» la distanza tra le due era inferiore ai dieci metri e per Katniss era impossibile sbagliarsi
«No, questo non è possibile» iniziò a gridare lei
«Oh, ma certo che è possibile» disse Prim con un sorriso maligno in volto «cosa c’è, non sei felice di rivedere la tua sorellina?»
«Stammi lontano! Mia sorella è morta!» urlò Katniss. Per qualche ragione non riusciva a muovere un singolo muscolo delle gambe. Era come se fossero congelate.
«Certo che sono morta. Sono morta per colpa tua!» urlò Prim, iniziando a ridere istericamente. Ormai si trovava a circa cinque metri da lei ed il suo volto iniziò a mutare. La pelle, da pallida che era divenne color dell’ebano, ed i capelli divennero nerissimi e crespi. Le dimensioni della bambina erano più o meno le stesse la fisionomia era totalmente cambiata
«NO! Lei no!» urlò Katniss
«Oh, e perché no?» ghignò Rue «certo che sei davvero difficile da accontentare, umana. Beh, poco male, perché tra poco non sarai più nel regno dei vivi» detto ciò le afferrò il collo e iniziò a soffocarla, con una forza prodigiosa per una ragazzina di quelle dimensioni. Katniss iniziò a boccheggiare. Sapeva che, qualunque cosa fosse quella con cui aveva a che fare non aveva speranze di farcela. Era assolutamente provata dal punto di vista mentale, le emozioni che l’avevano soggiogata l’avevano anche lasciata alla mercè di quell’essere. Lentamente, iniziò a vedere tutto nero…
Poi improvvisamente la pressione sulla sua trachea diminuì aprendo gli occhi e boccheggiando Katniss vide Peeta con un pugno sanguinante sovrastarla mentre fronteggiava Rue, che aveva il volto coperto di sangue.
«Sparisci, chiunque… qualunque cosa tu sia!» gridò Peeta
«Uh oh, sembra che la ragazzina abbia qualche asso nella manica» disse la bambina, per nulla provata dal colpo subito. Ciò detto gli arti iniziarono ad allungarsi e le fattezze del volto mutarono. Ben presto il suo colorito divenne color rossiccio, le mani divennero quelle di un uomo, anche se di carnagione rossastra e munite di grosse unghie nere. Sulla fronte comparvero due piccoli corni.
«Sei il Diavolo?» domandò Peeta, confuso e spaventato
«Oh, voi umani siete davvero privi di fantasia» affermò Tibalt1. Detto ciò levò le dita in direzione di Peeta e un fulmine cremesi colpi in pieno il petto del ragazzo facendolo crollare a terra. Katniss, a tentoni, afferrò l’arco gridando il suo nome.
«Bene signorina. Sembra che questo piano sia davvero troppo affollato per i miei gusti. Trasferiamoci in un posto un po’ più comodo, ti va?» sghignazzò il mezzo diavolo, afferrandola per la collottola. Poi, in un’esplosione magica sparirono.

~

Viaggiavando ad una velocità impensabile, il demone la teneva saldamente per la collottola e non accennava a mollarla. Intono a loro sembrava di essere in un immenso caledoscopio, uno spettacolo da far venire il voltastomaco. Ad un tatto il diavolo si mise ad urlare.
«Ah, sudicio umano, vuoi scroccare un passaggio? Mollami la gamba!» disse, scalciando. Katniss si rese conto troppo tardi che Peeta si era in qualche modo ancorato alla gamba del tizio. Con un ultimo, violento colpo il demone lo lanciò nell’oblio, mentre lui urlava.
«Peeta, nooooooo» strillò Katniss.
«Adesso basta» gridò Tibalt, sferrandole una violenta gomitata sulla tempia «a nanna!» disse, prima che Kaniss svenisse sul colpo.


Giorno imprecisato, stagione delle piogge
Casa sulla collina
Terre Ignote, Piano terrestre del mondo Emerso e Sommerso



Sennar gridò, svegliandosi grondante di sudore. Aveva sognato ancora quel dannato leone bianco. In cuor suo sapeva che il felino aveva dannatamente ragione, era suo dovere aiutarlo. Ma continuava a chiedersi: perché proprio lui? Non aveva dato abbastanza? Non aveva dedicato anima e corpo alla salvezza del suo mondo? Perché adesso doveva catapultarsi chissà dove, a salvare qualcuno di cui non conosceva nemmeno il nome? Senza contare che lui non conosceva neppure il nome di quello strano leone antropomorfo. Sospirò girandosi dall’altra parte del letto. Stava per addormentarsi, quando i suoi sensi, nonostante l’età e la spossatezza, percepirono che qualcosa non andava. C’era attività magica nelle vicinanze. Fece appena in tempo a pensarlo che uno strano ragno delle dimensioni di un piccolo cane balzò sulla finestra. Alla luce della luna risplendeva in maniera del tutto innaturale, era lucido più di ogni altro ragno Sennar avesse mai visto. Senza contare che lui non aveva mai visto un ragno di quelle dimensioni.
Senza lasciargli il tempo di riflettere sulla questione, lo strano aracnide si lanciò sul soffitto e poi tento di saltargli in faccia, ma Sennar, senza esitare alzò la mano e recitò una breve formula. In men che non si dica il ragno fu scosso da una violenta scarica elettrica e cadde a terra. Avvicinandosi per esaminarlo il mago si rese conto, stupefatto, che lo strano essere non era un ragno, ma era un semplice disco metallico con otto zampe, affilate come rasoi. Era costituito di un metallo che non riuscì ad identificare, qualcosa di estraneo sia alla manifattura umana che a quella elfica. E, sebbene potesse essere gnomico, il metallo che lo costituiva non sembrava nulla di appartenente al Mondo Noto, né a quello Ignoto. Sennar venne distratto da questi ragionamenti da uno strano rumore simili ad un ticchettio, proveniente dal soffitto. Con orrore apprese che altri due ragni stavano cercando di introdursi in casa, mentre quello privo di vita lentamente iniziava a rianimarsi. Il vecchio senza indugio afferrò il bastone, che utilizzava anche come catalizzatore e iniziò a scagliare fulmini azzurrini contro gli orridi aracnidi meccanici. Tuttavia ai tre che lo stavano attaccando, ben presto se ne aggiunsero molti altri, tanto che la casa ne fu invasa. Sennar, sempre più disperato, iniziò a scagliare palle di fuoco, notando come ogni colpo liquefacesse le zampette, che rendevano gli esseri inabili al movimento. Con uno scatto afferrò il pendente che il leone e sfiorò la pietra, pensando “sono in pericolo, ti prego, aiutami”. Tuttavia l’oggetto rimase inerte. Imprecando contro sé stesso ed il leone il mago raddoppiò i suoi sforzi, sparando lingue fiammeggianti contro la legione meccanica che lo assediava. Tuttavia i suoi colpi sfoltivano sempre di meno la calca zampettante, che ormai aveva superato il davanzale della finestra e stava cercando di sfondare la porta. Allora Sennar maturò un proposito folle e suicida al tempo stesso “Morirò, ma me li porterò con me nella tomba” detto questo afferrò il bastone ed il pendente, usando entrambi gli oggetti magici come catalizzatori, iniziando ad intonare una lunga cantilena. Incurante dei ragni che iniziarono ad arrampicarsi sul suo corpo, testardamente continuò fino a completare la litania.

~

All’esterno della catapecchia, un uomo alto e dalla postura rigida osservava l’attacco dei suoi costrutti. Era evidente che il vecchio era riuscito a scovare la loro debolezza al fuoco. Poco male, ai fini dell’equazione quella variabile era irrilevante. Era impossibile generare un calore abbastanza elevato per distruggerli tutti, ed ognuno degli artefatti era di per sé stesso una letale macchina di morte. Piuttosto, era il caso di avvicinarsi alla casa e valutare se porre fine in fretta a quel compito o meno. Non fece in tempo a formulare quel pensiero che un’esplosione cataclismica avvolse la piccola casa in un pinnacolo di fiamme ardenti. Il mago riuscì per istinto a salvarsi, erigendo un robusto muro di acciaio. I suoi ragni al contrario furono meno fortunati e vennero liquefatti all’istante insieme alla catapecchia. Eliminato il muro, l’uomo si apprestò a cercare il cadavere del vecchio, ma non ne trovò traccia.
“Evidentemente ha usato sé stesso come combustibile per quell’incantesimo. Gli umani sono decisamente folli.” Pensò lucidamente. Dunque il suo compito era finito.





1Lo so che questo personaggio è comparso anche nel prologo, ma volevo presentarvelo meglio dopo che si fosse lasciato un po’ conoscere. Tibalt è un essere mezzo uomo e mezzo demone, esperto in un genere di magia che definirei “sadica”. Sa istintivamente cosa più produce dolore (fisico e psicologico) nei confronti di ogni singola persona, e si diverte un mondo a causare distruzione e confusione in giro per i piani. Oltre a ciò ha il classico arsenale di ogni piromante o demone che si rispetti, incluse palle di fuoco, geyser di magma o serpenti fiammeggianti (tipo Ardemonio).








Piano dell’ autore
Bentornati, lettori. Sono riuscito a continuare (inspiegabilmente) questa fanfict. Bene, come promesso, si entra nel vivo dell’azione. La povera Katniss se la sta vedendo brutta, e Sennar è apparentemente morto… brutta situazione vero? Onestamente sto provando a dedicare il giusto spazio ai tre “intrecci” diversi, ma a breve mi sa che scombinerò tutto (mi piace smontare e rimontare le cose daccapo) quindi, preparatevi ad un altro po’ di confusione. Detto ciò, ci vediamo al prossimo capitolo :D
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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Giochi pericolosi ***


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Capitolo 4: Giochi pericolosi
15 agosto 2000
Quartiere di Grantchester
Cambridge, Piano terrestre numero 394



«Harry? Harry, mi senti?» disse Hermione
Harry si sollevò, mettendosi a sedere di scatto ed una nuova fitta alla testa lo fece quasi svenire. «Fermo, fermo, stai buono» disse subito Hermione, applicandogli una pezzetta sulla fronte
«Co… Cosa è accaduto?» chiese Harry, spaesato.
«È quello che ci domandavamo anche noi. Non ti ricordi nulla?» chiese Hermione. Al suo segno di diniego, lei spiegò: «Eravamo a cena, ricordi? Stavamo mangiando lo stufato, ricordando i vecchi tempi della scuola. Poi di punto in bianco sei diventato pallido, hai iniziato a tossire. Temevo di aver esagerato con la paprika nel brodo, ma né io né Ronald abbiamo sentito nulla di strano. Poi ha lanciato un grido e sei caduto a terra, in preda alle convulsioni.» concluse
«Volevamo portarti al San Mungo, ma poi abbiamo pensato di aspettare un attimo. A parte il colorito non sembravi stare così male. E, per la cronaca, sei gelido. Hermione ti ha coperto con il piumone invernale e ti ha fatto degli impacchi caldi, mentre io ho acceso il camino. In AGOSTO.» disse Ron, dopo una fugace occhiata i due fissarono Harry con apprensione.
«Io… grazie. Non so… non ho ben chiaro cosa sia successo» disse Harry ancora spaesato. Gli faceva male la testa, come se una lancia gli si fosse piantata nella…
No. Un brivido gelido gli percorse la schiena. Non era possibile. Erano passati anni. Perché ora?
«Harry, cos’hai? Stai per svenire di nuovo?» chiese Hermione
«Tanto, a questo punto…» ammiccò Ron con un mezzo sorriso. Hermione gli rivolse un’occhiataccia.
«La cicatrice…» disse solo Harry. Immediatamente i due si voltarono verso di lui, con espressioni spaventate.
«No Harry, non è possibile! Magari è solo un capogiro che ti ha fatto male alla testa!» disse Hermione, pratica.
«Oltretutto sono anni che non senti niente.» disse il rosso
«Magari hai solo bisogno di riposo» rincarò la ragazza.
«Ragazzi, ragazzi, non so cosa mi sia successo, ma so di sicuro che sono svenuto a causa della cicatrice.» disse Harry «ora, non ho idea del perché né di cosa fare. È una ferita magica unica nel suo genere, magari mi brucia per quello… o magari è altro» concluse, confuso.
«Harry… tu non credi che… insomma in passato è successo…» iniziò Ron.
«Ron, sai benissimo che non è possibile riportare in vita i morti.» disse Hermione, ritrovando la sua aria da studentessa modello «oltretutto Harry non parla più il serpentese, e dopo lo scontro in cui tutti lo credevano morto non è stato più in grado di sentire i pensieri di… i Suoi pensieri» disse Hermione. Anche se era passato del tempo, nella comunità magica molti ancora faticavano a pronunciare il nome di Voldemort.
«È vero Hermione, ma la cicatrice mi ha fatto male fino a che non l’ho sconfitto» disse Harry, pensieroso. I due si guardarono un attimo negli occhi, poi Ron imprecò e se ne andò di sopra mentre Hermione fu scossa da un lieve fremito. Harry disse «Ragazzi, mi dispiace un sacco»
«Harry, nessuno ti dà la colpa… è solo che stavamo tanto bene, stiamo in pace da quanto, due anni? Eravamo tutti sicuri che fosse finita…» disse Hermione. Harry si rese conto che aveva gli occhi lucidi, stava trattenendo a stento le lacrime. Si alzò dal letto dove si trovava e l’abbracciò.
«Andiamo a vedere dove si è cacciato Ron» disse Hermione, dopo un momento. Salirono le scale dell’appartamento fino al piano superiore, dove c’era il letto dei due. Ronald era seduto da un lato, accanto ad un comodino, reggendo una fotografia con una mano. Harry la riconobbe. Era la foto di quando lui e la sua famiglia erano andati in viaggio in Egitto.
«Ron…» disse Hermione, avvicinandosi a lui e cingendogli dolcemente il collo.
«Due anni. Sono passati due anni, Harry. Avevamo finito, no?» disse Ronald, contemplando l’unica foto che aveva della sua famiglia al completo. «abbiamo passato l’inferno. Abbiamo cercato i maledetti Horcrux, abbiamo attaccato il Ministero, svaligiato la Gringott e siamo scappati su un fottuto DRAGO.» Disse, con voce atona, come se fosse in trance. «Per cosa?» chiese poi, guardandoli.
«Ron, io non ho idea di cosa sia successo, onestamente. Ma temo di sapere cosa dobbiamo fare.» disse Harry
«Non dovremmo avvisare il Ministero?» disse Hermione
«È inutile. Lui in teoria è morto, chi vuoi che ci creda?» disse Ron alzandosi. Detto ciò guardò Harry negli occhi, con una determinazione che di rado gli si era vista. «Harry, io sono con te, lo sai. Ma questa volta voglio vederlo ridotto in pezzi, miseriaccia!».
I tre si fissarono negli occhi l’un l’altro, poi si abbracciarono. Poi, senza il minimo preavviso, l’appartamento implose.




Giorno imprecisato, anno imprecisato
Regione delle paludi
Ex Frammento di Jund, Piano di Nuova Alara



«Aaaaaaaaaaaa!!!!» strillò Katniss ruzzolando tra le sterpaglie. Non aveva idea di cosa fosse successo, né del perché, ma il suo istinto agì per lei. Dopotutto, anche se era a riposo da un po’, era sopravvissuta a due diverse edizioni dei Giochi. Scattò in piedi e prese l’arco, guardandosi intorno. Si trovava in una strana foresta, calda ed umida, completamente soffocata dai rampicanti. Non c’era una sola pianta che riuscisse a riconoscere, nonostante la sua immensa esperienza nel campo botanico. I suoi pensieri sulla flora vennero interrotti da un sibilo. Fece appena in tempo a scansarsi che una palla di fuoco che scosse tutti gli alberi nelle vicinanze guizzò a pochi passi da lei. Il mezzo-diavolo emerse dal fogliame, con l’onnipresente ghigno sadico stampato in faccia.
«Mi vuoi spiegare chi accidenti sei e per quale ragione ce l’hai con me?» gridò Katniss, con l’intensione di prendere tempo. Si era appena resa conto che non aveva più la sua faretra, ma solo una freccia, a poca distanza da lei. Non era un problema da poco, se avesse avuto un po’ di tempo sarebbe riuscita a costruire qualche freccia, ma allo stato attuale se non trovava qualcosa da scagliare contro il nemico, sarebbe finita arrosto.
«Oh oh, ma come? Non hai sentito il tuo ragazzo? Io sono il Diavolo!» ridacchiò sguaiatamente Tibalt
«Peeta!» dise Katniss di getto «cosa gli hai fatto?»
«Oh, io nulla. Ma si era attaccato alla mia gamba per il salto, e io l’ho preso a calci. A quest’ora sarà morto, se ha fortuna. Se è sfortunato probabilmente si sarà materializzato all’interno di una roccia. L’ho visto succedere sai? Dicono sia orribile, ihihihihi!» rispose l’altro, materializzando un’altra palla di fuoco. Katniss, decise che ne aveva abbastanza e si fiondò nella vegetazione, sperando di seminarlo. Corse veloce come il vento, schivando palle di fuoco, incurante dei rovi che le graffiavano le braccia. Svoltato un angolo, si ritrovò faccia a faccia con qualcosa che non era preparata ad affrontare. Era una specie di albero, coperto di muschio e funghi, che stava camminando, ondeggiante, verso una piccola pozza d’acqua stagnante. L’essere si girò, fissandola (ammesso che potesse effettivamente fissarla), poi, appurato che non era un pericolo, iniziò a bere dal piccolo stagno. Katniss si rincosse da questo strano incontro, girandosi in cerca di un riparo. Vide una grossa pianta e ci si nascose dietro, appena in tempo per evitare l’ennesima palla di fuoco scagliata dal suo inseguitore… che si schiantò contro l’essere che si stava abbeverando nello stagno.
Il Fungus1 lanciò un acuto strillo di dolore, seguito da un secondo urlo di pura rabbia. Il demone, incurante lo continuò a bersagliare, finché non lo ridusse ad una carcassa annerita. Scese il silenzio nella piccola radura. L’aria, Katniss si accorse, era assolutamente immobile. Nonostante quella foresta fosse apparentemente equatoriale, non c’era un solo insetto o uccellino. Non un alito di vento muoveva le fronde di quel luogo. Tibalt continuava a guardarsi intorno. Dove accidenti era finita la ragazzina? Poi all’improvviso, un lieve tremore scosse gli alberi vicini. Poi un secondo. Katniss, rimanendo immobile si sporse per osservare la scena, rimanendo stupefatta. Sembrava che dal folto della foresta stessero uscendo…. Cespugli? In realtà non aveva la più pallida idea di come considerarli. Erano esseri delle dimensioni di una lepre ma fatti di liane, di legno e foglie. Si stavano radunando in gran numero, evidentemente attirati dai rumori della lotta appena finita.
«Oh merda. Fottuti Saprolingi2» esclamò il mezzo diavolo, poi iniziò a colpire le creature simili a piante. Tuttavia, sempre più ne arrivavano, uscendo dal fogliame a dozzine.
Sfiancato dall’inseguimento, alla fine Tibalt desistette, scappando nella direzione opposta, imprecando. Improvvisamente tornò a regnare il silenzio surreale di prima. Katniss uscì dal suo nascondiglio, con cautela. Gli strani esseri si erano raccolti intorno alla carcassa dell’albero vivente bruciato. Con orrore Katniss si accorse che lo stavano divorando. Senza esitare, ancora scossa, si allontanò dallo stagno, decisa a trovare una via d’uscita da quel bosco. Camminò per un paio di minuti, evitando i fitti roveti e gli alberi immensi. Ogni tanto trovava piccole pozze scure, che gorgogliavano. Con stupore si accorse che non erano piene d’acqua ma ribollivano di catrame, che fuoriusciva dalla terra. Il cielo, o meglio, quel piccolo fazzoletto che riusciva ad intravedere, era in qualche modo illuminato ma sembrava ricoperto di nuvole. D’ improvviso, così come era comparsa la piccola radura con lo stagno, la foresta si interruppe, lasciando spazio ad un precipizio che dava su di un immenso canyon. Il cielo, come aveva intuito, era completamente coperto da un manto grigio, ma non erano affatto nuvole: erano ceneri, prodotte da un vulcano in eruzione a diversi chilometri di distanza. Per la prima volta dall’inizio di quella follia, Katniss si sentì prendere dallo sconforto. Non solo era molto lontana da casa, ma sembrava che non fosse più neppure sulla Terra. Aveva letto, di quando in quando, qualche libro sullo spazio e sugli alieni ma all’epoca le erano sembrate fantasie, sciocche superstizioni. Invece adesso pensava di essere davvero capitata su un pianeta alieno, lontanissima da casa… lontanissima da Peeta. In prenda all’angoscia, si accasciò a terra, singhiozzando. Per la prima volta si stava rendendo conto dell’assurda e tragica situazione nella quale si trovava. Il destino era davvero beffardo. Era trascorso così poco da quella loro guerra maledetta. Non avevano sofferto abbastanza. Avrebbe voluto gridare, avrebbe voluto battere i piedi per terra, lasciarsi andare alla crisi di nervi. No, no, doveva stare calma. Inspira, espira, inspira, espira. Non poteva arrendersi. Non poteva, non dopo tutto quello che era successo. Lo doveva a Peeta e a sé stessa. Doveva tornare indietro.
Si alzò, colma di una nuova determinazione. Anche se l’idea non la allettava, doveva ritrovare il demone che l’aveva trascinata in quel posto e costringerlo a riportarla indietro. Ok, ma prima doveva trovare dell’acqua, l’aria calda e umida la stava facendo respirare a fatica, ed era già madida di sudore. Forse sul fondo del canyon avrebbe trovato un fiume o un ruscello. Si spostò sul limite del precipizio per osservare meglio la situazione.
Sembrava che in fondo al canyon vi fossero altri boschi e foreste; valeva la pena di andare a dare un’occhiata. Persa in questi pensieri non fece in tempo ad accorgersi che dietro di lei qualcosa aveva mosso il fogliame. Se ne accorse solo quando due zampe artigliate la afferrarono, spingendola giù oltre il baratro.  Katniss si ritrovò a penzolare attaccata ad una strana lucertola…. No, un attimo, le lucertole non hanno ali… anche se le sembrava impossibile, quando la creatura la osservò come un gustoso bocconcino, e ruggì, producendo una piccola fiammella, ogni dubbio cessò di esistere. Stava planando verso la valle, trasportata da un drago.




Un saprolingio ed un Fungus



1 I Fungus sono un’esemplare di flora tipica delle foreste di MTG. La loro principale caratteristica è quella di generare spore che diventano piccoli Saprolingi.
2 I Saprolingi sono piccoli esseri a metà tra un animale ed una pianta. Non sono molto pericolosi, ma tendono a riunirsi in gruppi di diverse centinaia. Di norma sono molto amichevoli con i Fungus, ma data la peculiare natura di Jund (o mangi o vieni mangiato) episodi di cannibalismo come quello che ho descritto diventano la norma.

<--- Jund



Piano dell'autore
Bentornati! Ed ecco che finalmente torno a pubblicare. Mi dispiace per tutto questo altalenarsi ma, sapete com'è *coff coff* esami, università, rogne *coff coff*. Ma poco importa! Finalmente la trama sta entrando nel vivo, Katniss è sola su jund e Peeta è disperso. Il trio invece... che cosa gli sarà successo?
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