Pokemon - Una storia di tradimento e amore - La Lega di Kanto

di alaal
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0 - Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 - Un nuovo amico ***
Capitolo 3: *** 2 - Il ritorno di Jessie, James e Meowth ***
Capitolo 4: *** 3 - BoscoSmeraldo ***
Capitolo 5: *** 4 - Arrivo a Plumbeopoli ***
Capitolo 6: *** 5 - Perché le colpe dei padri devono ricadere sui figli? ***
Capitolo 7: *** 6 - I Pokémon di Brock ***
Capitolo 8: *** 7 - Guai in vista ***
Capitolo 9: *** 8 - Questione di energia ***
Capitolo 10: *** 9 - Volo! ***
Capitolo 11: *** 10 - Partenza ***
Capitolo 12: *** 11 - Un vecchio rancore ***
Capitolo 13: *** 12 - MonteLuna crollerà ***
Capitolo 14: *** 13 - Fosse di Diglett ***
Capitolo 15: *** 14 - Polizia a Celestopoli ***
Capitolo 16: *** 15 - Ritornare insieme... ***
Capitolo 17: *** 16 - Combattimento sott'acqua ***
Capitolo 18: *** 17 - Tocca a te, Laura ***
Capitolo 19: *** 18 - Il nemico di Alex (prima parte) ***
Capitolo 20: *** 18 - Il nemico di Alex (seconda parte) ***
Capitolo 21: *** 19 - Una decisione avventata ***
Capitolo 22: *** 20 - Un nuovo supereroe ***
Capitolo 23: *** 21 - Gary e la gara di pattinaggio ***
Capitolo 24: *** 22 - Un Pokémon dispettoso ***
Capitolo 25: *** 23 - Paura notturna ***
Capitolo 26: *** 24 - Miramare ***
Capitolo 27: *** 25 - La Centrale Elettrica è in crisi ***
Capitolo 28: *** 26 - Zapdos è di nuovo tra noi ***
Capitolo 29: *** 27 - I Master del TunnelRoccioso ***
Capitolo 30: *** 28 - Lotta per il Clan ***
Capitolo 31: *** 29 - La forza dello spirito! Machop VS Hariyama!! ***
Capitolo 32: *** 30 - Un incontro nelle nebbie ***
Capitolo 33: *** 31 - Torre Radio a Lavandonia ***
Capitolo 34: *** 33 - La gara di canto ***
Capitolo 35: *** 34 - I fischi dei Traduttori ***
Capitolo 36: *** 35 - Un regalo molto gradito ***
Capitolo 37: *** 36 - Il mistero della Torre Pokémon (prima parte) ***
Capitolo 38: *** 37 - Il Mistero della Torre Pokémon (seconda parte) ***
Capitolo 39: *** 38 - Il mistero della Torre Pokémon (terza parte) ***
Capitolo 40: *** 39 - Il Mistero della Torre Pokémon (quarta parte) ***
Capitolo 41: *** 40 - Il Mistero della Torre Pokémon (quinta parte) ***



Capitolo 1
*** 0 - Prologo ***


-....e così....sei tornato....-
Tutto era pronto, le Master Ball c’erano, il Charizard di Fred era pronto a sferrare un incredibile attacco Turbofuoco al Pokémon che svolazzava un po’ di qua e un po’ di là della grotta oscura dove si trovavano in quel momento. L’uomo, sulla cinquantina d’anni, era vestito da esploratore, con indosso un vistoso cappello di paglia rotondo e con la visiera, dei pantaloncini azzurri e una maglia rosso scura con delle scritte nere. La possente fiamma della coda del Charizard di Fred era così sfolgorante da accecare quasi il suo padrone.
-MOLTO BENE, CHARIZARD! E ora completiamo l’opera!- Con un imperioso cenno della mano, l'allenatore sfidò il Pokémon che si trovava proprio sopra di lui, racchiuso in quello stretto cunicolo dove sembrava che non passasse neppure un filo d'aria.
Il Pokémon sfidato da Fred era maestoso ed impressionante: emanava una scia di luce ogni volta che sbatteva le ali. Si poteva udire pure la sua incredibile voce, e parlava con il pensiero.
-Ti pentirai delle tue malvagità, Fred...- L’uomo rise sguaiatamente, a bocca aperta... la risata divenne un insopportabile eco alle orecchie di quel Pokémon leggendario.
-Ah! Credi di incantarmi, specie di mostro marino? Sappi che manchi solo tu nella mia collezione!- Il Pokémon ruggì, furioso, mostrando al suo avversario uno sguardo feroce e sanguinario, ma in cuor suo... era terrorizzato. Non sapeva come arrestare la sfrenata crudeltà di quell’individuo. Aveva già avuto a che fare con quel pazzo... era un umano insignificante, piccolo, meschino, ma l'aura che emanava era semplicemente terrificante.
-Cosa...! Hai catturato anche Suicune...?- L’uomo annuì, mostrando un diabolico sorriso. Aveva un paio d’occhiali da vista sul naso. Dal suo zaino a tracolla, che aprì con esagerata e frustrante lentezza, estrasse una sfera poké di colore viola, con incisa una M sopra. La mostrò al Pokémon marino, il quale non poteva credere ai suoi occhi. Lì dentro... lì dentro c'era proprio Suicune.
-Oh, sì!! Suicune, Entei, Raikou, Articuno, Zapdos, Moltres, Mew, Mewtwo, Latios, Latias, Kyogre... e perfino il potente Deoxys! Senza neanche citarti tutti gli altri di Kalos, Unima e Alola! Tutti, TUTTI QUANTI!!! MANCHI SOLO TU!!!- Ed additò, ridendo come un pazzo, quel Pokémon. Quel dito contro di sé mise ancora più angoscia al mostro marino. La bestia leggendaria planò a terra e indietreggiò di pochi metri, con gli occhi incollati sullo spregevole umano, e sentiva che lo sguardo minaccioso di Charizard non lo lasciava un solo istante. Si sentiva braccato, un solo errore e per lui sarebbe stata la fine.
-Sei...sei un pazzo! Nessuno...nessuno aveva mai osato tanto...!- Fred rise ancora, riponendo nello zaino la Master Ball che conteneva lo sventurato Suicune.
-Oh sì invece! Oso, oso eccome!- Poi lanciò l’attacco contro il Pokémon, senza pietà. Puntò il dito contro il Pokémon leggendario e, con voce stentorea, gridò al suo Charizard di scagliarsi contro il nemico.
-AVANTI, CHARIZARD! Attacco Turbofuoco!- Immediatamente il Pokémon Drago, con un'estrema e feroce soddisfazione che scintillava dai suoi occhi spiritati, sputò dalla sua bocca un’impressionante ondata di fuoco che avvolse completamente il Pokémon leggendario, il quale non ebbe particolari problemi ad evitare l’attacco.
-Ti pentirai....TI PENTIRAIII!- La sua voce era rimbombante e potente, produsse una eco che fece tremare anche la grotta marina... riuscì a mettere in difficoltà persino il forte Charizard. Il Pokémon leggendario si alzò in volo, e rimase sospeso a mezz’aria, senza più battere le ali. Fred era perplesso, lo osservò stralunato e digrignò i denti, livido di collera.
“E ora cosa vuol fare quella gallina spennacchiata?” Il Pokémon era rabbioso, dalla testa ai piedi. Emetteva energia da tutti i pori. Era così potente che mise in agitazione anche Charizard. Fred osservò il suo Pokémon, supito: che gli stava accadendo? Perché stava indietreggiando?
-HAI CATTURATO I Pokémon LEGGENDARI! Tu....tu sarai...tu sarai punito per tale arroganza...giuro...giuro sui miei compagni che...li vendicherò...devo fermare la tua presunzione... tu sei un essere meschino e malvagio... come quel tipo, Giovanni... il capo del Team Rocket.... io ti farò subire la sua stessa fine!!!! IO TI PUNIRO’!!!!- Unì le ali e le puntò contro Fred, il quale rimase basito di fronte a quel gesto inaspettato. Le cose, di punto in bianco, stavano prendendo una gran brutta piega. Un sudore freddo pervase l'anima di Fred Blake, costringendolo ad indietreggiare di qualche passo. Lo zaino a tracolla dell'allenatore si sfilò dalla spalla e cadde a terra, producendo un rumore assordante al cozzare contro una pietra appuntita. La fodera si sfilacciò e le Master Ball caddero dallo sguarcio, rotolando lungo il pavimento roccioso.
-E ora... e ora cosa vuoi fare...?- Tutto ad un tratto si sentì strano. Le gambe cominciavano a tremargli, le braccia si indolenzivano sempre più e la testa sembrava scoppiargli. Si inginocchiò e si lamentò, tenendosi la testa fra le mani.
-Ahh....cosa....cosa mi sta succedendo...ahhh.....argh...- Il Pokémon continuava la sua predica, sempre più furiosa. Charizard non riuscì più ad avanzare, ormai era ridotto ad un elemento dello sfondo. L'ambiente, dapprima di color turchese e freddo, divenne rosso fuoco ed incandescente. Le Master Ball... Fred le seguì con lo sguardo. Le stava perdendo... tutte, tutte quante.
-PAGHERAI PER TUTTO IL MALE CHE HAI FATTO! Hai anche ucciso dei Pokémon... pagherai...la pagherai cara...!- Fred non riuscì più a resistere e fu sopraffatto, alla fine, dal potente attacco del Pokémon leggendario. Tutto quello che riuscì a percepire, prima di svenire completamente, erano le parole del Pokémon volante.
-Tu, da ora in poi, diventerai un Pokémon, di mia scelta... tu servirai fedelmente un allenatore di tuo gradimento, e quando avrai imparato la lezione, potrai tornare ad essere un umano... e uno che conosci pagherà con la sua vita le tue azioni malvagie...ma fino da allora, allenati ad essere più buono con te stesso e con gli altri...!!!!!- Fred fu sollevato in aria, e si vide il suo corpo trasformarsi lentamente. Tutto il suo lavoro... il lavoro di una vita...
-NO....NON VOGLIOO! NOOOO!- Buio totale. La storia va ad iniziare.....

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Capitolo 2
*** 1 - Un nuovo amico ***


La sveglia cominciò a squillare prepotentemente. Come al solito, Ash Ketchum non aveva voglia di alzarsi. Da quando aveva vinto tutti i simboli del Parco Lotta e conseguito il titolo di Master dei Pokémon nella regione di Alola, qualche anno fa, dopo essersi diplomato all'accademia e avere brillantemente superato i gironi del famoso "Torneo del Maestro Pokemon" di Levantopoli di sei mesi fa, se l’era presa comoda, ed era ritornato a Biancavilla, da sua madre. Lì prese tutto il tempo necessario per allenare al meglio il suo Pikachu e tutti gli altri Pokémon, ed era felice di essere tornato. Ormai aveva poco più di vent’anni, ne era passato del tempo da quando si era conosciuto con il topo elettrico. La sveglia continuava a ronzare, e a furia di tremare cadde per terra. Il tremolio aveva segnato un passaggio sul comodino e, com’era facile a prevedersi, la sveglia era caduta in terra come una pera matura. La mamma di Ash, Delia, era di sotto, in cucina, intenta a preparare la colazione al suo caro figlio.
-Ehi, Ash, sbrigati, altrimenti arriverai tardi dal Professor Oak!- Già, il caro, vecchio Professor Oak. È da tanto che Ash non era andato a trovarlo, e da quando era tornato a casa non era nemmeno passato a salutarlo. E certo che non era tanto distante il Laboratorio.
-Mhhh....sì...arrivo mamma...- Il ragazzo buttò via le coperte svogliatamente e cercò con i piedi le pantofole.
-Uffa...quando le cerco non le trovo mai...- Quando la vista si abituò al buio della sua cameretta, riuscì a vederle quasi affiorare da sotto al letto. Le prese con la punta dei piedi e poi se le infilò.
“Ormai devo partire di nuovo...il Professor Oak mi ha chiesto di fare da maestro ad un suo giovane aiutante... sembra che costui voglia cominciare a diventare allenatore!” Poi, tutto ad un tratto, qualcosa gli venne addosso, saltellando. Dapprima non riuscì a capire che cosa fosse quell’essere, quindi si spaventò e gridò dalla sorpresa. Ma poi capì dalla vocina del Pokémon che si trattava del buon vecchio Pikachu.
-Pika, pika!- Ash fece un sorriso di gioia. Quando vedeva il suo Pokémon, non poteva fare altro che sorridere.
-Buongiorno, Pikachu! Lo sai? Fra un po’ partiremo per una nuova avventura!- Il topo elettrico era entusiasta. Era con il suo allenatore da più di dieci anni, ma la voglia di stare insieme a lui e l’energia per affrontare nuove sfide non gli mancavano di certo. Il ragazzo si indirizzò verso la finestra e alzò le tapparelle. Un cielo splendido e di un azzurro intenso raggiunse gli occhi di Ash, e i raggi del sole inondarono presto la camera.
-Uao! È una giornata fantastica!- Poi si diresse verso l’armadio, il quale stava dall’altra parte della stanza. Ash lo aprì, e guardò all’interno di esso.
-Vediamo... credo che un paio di jeans e una maglietta andranno benissimo...- Pikachu annuì, ed indicò al suo allenatore il cappellino rosso, ormai consumato dal tempo. Ash sorrise, e scosse la testa.
-No, ormai non posso più mettermelo quello lì... mamma mi ha detto che il Professor Oak me ne ha comprato uno nuovo...- Poi si rabbuiò, leggermente. "Almeno, quello mi fa tornare in mente brutti ricordi... dovrei buttarlo via..." Pikachu sorrise, non riuscendo a scorgere l'improvviso malumore del suo allenatore, e si avvicinò alla porta. Indicò il bagno, e Ash si avviò senza tanti complimenti. Si lavò in fretta e furia e si vestì. Una volta finito scese le scale con Pikachu, eccitatissimo.
-Non riesco a crederci! Sono il maestro di Pokémon più forte in assoluto, con tanto di riconoscimento internazionale, e avrò anche un allievo a cui insegnare le basi di combattimento!- Anche il Pokémon era entusiasta, e si ritrovarono ben presto in cucina. La mamma era ai fornelli, e nell’aria c’era un odore squisito di frittelle.
-Buongiorno, poltrone!- E si voltò. Il tavolo era già imbandito, e apparecchiato. C’era di tutto: marmellata, pane, biscotti, fette biscottate, caffelatte bollente e crepes. Pikachu aveva già l’acquolina in bocca, e non -Ciao, mamma! Sai, il nuovo allievo pare che sia un orfano, perciò dovrò essere anche un fratello maggiore per lui!- Delia annuì, e poi sospirò.
-Già... ha perso la madre quando non era neppure nato, e ha perso anche il padre, un anno fa... e oggi, quanti anni ha?- Ash si sedette e fece razzia di marmellata e pane insieme al suo Pokémon.
-Credo che ne abbia quattordici... così mi aveva detto Brock l'ultima volta che ci siamo sentiti al telefono, ma lo scoprirò soltanto più tardi al laboratorio del professore!- Già, Brock. Delia non l’aveva più visto da due anni, ormai.
-Capisco... beh, dai, le frittelle sono pronte!- Prese la padella e servì sia Ash, Pikachu che se stessa. I due non persero tempo e divorarono tutto quello che c’era sul tavolo. Anche la mamma si sedette e mangiò lentamente. Vide Ash ingozzarsi come se non avesse toccato cibo da un bel pezzo.
-Sei sempre il solito, Ash! Ti potrebbe venire l’acidità di stomaco!- Ash ingollò il tutto bevendo un buon bicchiere di aranciata.
-Scusa, mamma, ma sono in ritardo! Il Professor Oak ci sta aspettando!- Delia rise, e lo vide darsi dei colpi alla bocca dello stomaco, imititato alla perfezione dal suo Pokémon elettrico.
-Ah, capisco! Allora datti da fare, altrimenti quel ragazzo partirà senza di te!- Finì il tutto e si alzò. Il ragazzo sorrise e, dandosi frettolosamente delle manate sui capelli e allisciandoseli alla bell'e meglio, si allontanò dal tavolo, seguito dal suo fedele Pokémon.
-Grazie, mamma, era tutto squisito! Dai, Pikachu, andiamo!- Il Pokémon si alzò e saltò sulla spalla dell’allenatore. Il ragazzo diede un bacio alla mamma e prese lo zainetto che era accanto a lui, incredibilmente preparato con estrema cura dal ragazzo stesso tre giorni prima.
-Ricordati, Ash, non essere troppo duro con quel ragazzo! E vedi di non far arrabbiare il Professor Oak!- L’allenatore sorrise, e si allontanò.
-Non preoccuparti, mamma, so quello che devo fare!- Ultimi saluti, e Ash chiuse la porta. Inspirò a pieni polmoni la brezza marina che si prolificava dal mare vicino casa.
-Bene! Il Laboratorio non è tanto distante, andiamo!- Percorsero pochi metri a piedi, svoltando sulla sinistra, salì gli scalini della piccola collinetta e subito Ash e Pikachu videro l’immenso e bellissimo Laboratorio del Professor Oak. Era stato ingrandito a vista d’occhio, in quegli anni. Grazie alle catture da parte di Ash, il Professore poté ampliare i suoi studi, garantendogli un certo livello di benessere e popolarità. Il Team Rocket non si era più fatto vedere, in quegli anni, specialmente quei tre imbranati di Jessie, James e Meowth. Era tornata davvero la tranquillità, salvo la costante presenza di altre bande criminali le cui scorribande stavano piano piano mettendo a tacere l'entusiasmo di aspiranti allenatori Pokémon. Ash arrivò davanti al cancello di metallo del Laboratorio e vide il citofono. Premette un pulsante e rimase in attesa.
“Speriamo che sia in casa...!” Il video schermo si accese, e comparve il faccione del Professor Oak.
-Sì, chi è?- Ash sorrise. Non era cambiato per nulla, in quei tre anni. Stesso taglio di capelli, stesso tono di voce, stesso sorriso sornione.
-Professore, sono io, Ash Ketchum!- Oak sorrise.
-Oh, Ash! Finalmente, ti stavamo aspettando! Entra, entra pure!- Si sentì un suono elettronico, e il cancello si aprì. Ash era emozionato, erano tre anni che non entrava più nel Laboratorio. L’interno era gigantesco, e c’erano vari Pokémon che stavano un po’ qua e un po’ là del grande giardino che si trovava nella parte sud del Laboratorio. I due poterono vedere dei Mankey, dei Lickitung e dei Pidgey giocare insieme, e poi dei Rhydon combattere a suon di cornate. Poi vide dei Nidoran, un Bulbasaur e un Poliwag sguazzare felici nel laghetto. Ash proseguì ed entrò nella parte più interessante: il Laboratorio stesso. Ash aprì il portone e riuscì a vedere il Professor Oak in lontananza. Si guardò attorno, e capì felicemente che nulla era cambiato. Nulla era stato modificato. Si sentì trasportato indietro di dieci anni, quando ebbe iniziato il suo viaggio con Pikachu. Oak lo scorse e rise.
-Ash, ti sei incantato? Da questa parte!- Il ragazzo si avvicinò di corsa, e poté notare che i libri, come al solito, non erano sugli scaffali di legno, bensì a terra, alla rinfusa. Il computer era sempre lo stesso modello, nulla era cambiato, ed Ash fu felice.
-Buongiorno, professore! Da quanto tempo non ci vediamo!- Si diedero un forte abbraccio, e dopo un po’ lo sciolsero. Il vecchio Samuel osservò il suo allenatore di Pokémon prediletto e lo squadrò da cima a fondo.
-Allora, Ash! Ti vedo cambiato, cresciuto! Come mai non porti il berretto che ti piaceva tanto?- Ash sorrise.
-Perché mia madre mi ha detto che lei me ne ha fatto uno nuovo, di zecca!- Oak fece una faccia stupita.
-Cosa? Davvero? Non me lo ricordo...- Poi sorrise.
-Ah sì, il cappellino rosso! Eccolo, è lì, sulla mensola!- Ash lo vide e subito se ne innamorò. Era uguale a quello vecchio, soltanto era più leggero e più confortevole. E poi, era nuovo. Nuovo di zecca. Avrebbe segnato la fine di un periodo difficile della sua vita. Era il momento giusto per ricominciare.
-Che bello! Grazie, professore!- E se lo mise in testa, provando un piacere intenso. Pikachu sorrise nell'osservare il ghigno del suo allenatore. Poi il ragazzo si guardò attorno.
-Strano, mi sembrava che Gary fosse qui con lei!- Oak scosse la testa.
-No, mi dispiace, Gary è partito il mese scorso per Smeraldopoli... sai, ora è diventato un grande ricercatore di Pokémon... gli è sempre bruciato che tu sia diventato il Master...!- Ash sorrise.
-Ah, ah! Sempre il solito!- Poi smise di ridere.
-Professore, mi dica, dove si trova il suo aiutante?- Oak sorrise.
-Ah sì, il mio aiutante!- Guardò la porta alla sua destra e cominciò a gridare.
-EHII, ALEX, E’ ARRIVATO IL TUO MAESTROOO!- Si sentì un gran fracasso, e poi un grido. Ash, Pikachu e il Professore si guardarono negli occhi, straniti.
-Ma che è successo?- Oak strinse i denti.
-Non lo so! Andiamo a vedere!- Corsero verso la porta rossa, e l’aprirono di scatto. Videro che la stanzetta era piena di Poké Ball, riposte ordinatamente su vari scaffali. Peccato che le mensole fossero cadute tutte, e che le sfere rosse e bianche fossero saltate tutte a terra. Oak non riuscì a vedere il suo assistente.
-Alex, rispondimi, dove sei?- Ash guardò il mucchio di scaffali, e notò che si stavano muovendo. Li additò stupito.
-Professore, forse è lì!- Si avvicinarono e tentarono di alzarli, senza successo. Gli scaffali pesavano come un macigno, da soli non ce l’avrebbero mai fatta. L’aiutante di Samuel Oak era ancora lì sotto e bisognava trovare una soluzione al più presto per toglierlo d’impiccio. Il Professor Oak era perplesso e meditò per qualche istante.
-No, così non va! Dovrò per forza chiedere aiuto!- Si guardò attorno, poi raccolse una Poké Ball e la lanciò.
-MACHOP, ESCI!- Apparve il Pokémon forzuto e muscoloso, e, una volta ascoltati gli ordini del vecchio scienziato, subito alzò gli scaffali come se fossero dei semplici fogli di carta. Quando gli scaffali vennero fatti rialzare, Ash riuscì a vedere un ragazzo per terra, rannicchiato in se stesso. Si inginocchiò verso di lui e si sincerò che fosse ancora tutto intero.
-Ehi, va tutto bene?- Il ragazzo col cappello aiutò l’altro ad alzarsi, e l’aiutante di Oak si pulì gli indumenti. Era alto quanto l’allenatore, aveva un paio di jeans neri e una maglia bianca, un paio di occhiali da vista ed aveva dei capelli castani, lunghi fino alle spalle. Era rosso di vergogna, e stava balbettando.
-Io...io chiedo scusa... sono scivolato... e gli scaffali sono caduti... e le Poké Ball sono cadute tutte...- Oak incrociò le braccia al petto, sbuffando.
-Ora le raccogli tutte!- Il ragazzo annuì, e in silenzio, pieno di vergogna, le raccolse una ad una, e le mise tutte al loro posto. Ash sorrise mentre osservava il ragazzo con gli occhiali darsi un mucchio da fare per rimettere scaffali e Poké Ball al loro posto. Era molto veloce e sbrigativo, non rallentava mai nel suo lavoro.
-Allora tu devi essere Alex Blake, l’aiutante del Professor Oak!- Il ragazzo, quando finì, si tirò su gli occhiali e sorrise timidamente.
-Sì...sono proprio io...- Ash prese la mano di Alex e la strinse con forza. Il ragazzino dall’aria impacciata osservò stralunato il campione di Pokémon ed avvertì distintamente la vigorosa presa della mano di Ash.
-Io sono Ash, il vicino di casa del professore e tuo maestro! Molto piacere!- E la lasciò andare. Oak era perplesso dalle reazioni dell’orfanello, ma poi si lasciò andare in un grosso sorriso ed appoggiò una mano sulla spalla del suo assistente, il quale era ancora scosso dall’incidente provocato pochi minuti prima.
-Bene, Alex, sai quello che ti aspetterà... un Pokémon non è un pupazzo, è un essere vivente. Ti dovrai prendere cura del tuo amico, giocare con lui e rispettare le sue esigenze! Se farai così, lui ti vorrà bene, e poi potrai cominciare ad allenarti con lui...- Alex era esitante. Guardò prima il professore e poi Ash, come se cercasse un consenso.
-Sì...però sembra difficile...- Ash sorrise, ed imitando il Professor Oak, una volta che quest’ultimo si fu allontanato dal suo assistente, posò una mano sulla spalla del suo primo, nuovo allievo.
-Non preoccuparti! All’inizio sembra difficoltoso, ma appena avrai fatto un po’ di esperienza, potrai allenare tutti i Pokémon che vorrai!- Oak annuì, poi assunse un volto piuttosto austero nei confronti del Master dei Pokémon.
-Ricordati, Ash, che i Pokémon che Alex catturerà serviranno per ampliare le mie conoscenze sui Pokémon... tu non ne hai catturati chissà quanti, ma quelli che hai sono dei campioni!- Il ragazzo rise, imbarazzato. Portò una mano dietro la testa ed il suo Pokémon elettrico fece altrettanto.
-Oh, beh, così si dice...- Il ragazzo con gli occhiali era attratto dal Pikachu di Ash. Si avvicinò verso di lui e il topo elettrico, confuso, lo fissò con occhi sbarrati. Alex non aveva visto mai un Pikachu da vicino, salvo sui libri di enciclopedia sui Pokémon e sulle riviste dedicate esclusivamente ai mostriciattoli.
-Che bel Pikachu! Posso... posso vederlo?- Ash annuì, sorridendo. Osservò il suo fido Pikachu, il quale gli sembrava un poco tentennante dalle esclamazioni vigorose di quello strano ragazzino con gli occhiali.
-Certo! Pikachu, salta sul tavolo lì vicino!- Il Pokémon annuì, presa fiducia dalle parole di Ash e andò dove il suo allenatore voleva. Alex prese una sedia, si sedette accanto al tavolo e lo ammirò da vicino. Pikachu rimase su due zampe, leggermente imbarazzato con quegli occhi vispi addosso. Il visino del Pokémon elettrico divenne rapidamente rosso quando Alex iniziò ad elogiarlo.
-I muscoli possenti, il pelo lucido, le tasche guanciali piene di elettricità, le orecchie guizzanti... questo è un Pokémon eccezionale!- Ma appena toccò la coda di Pikachu, il Pokémon, forse temendo un attacco, forse per l’emozione, diede una scossa al poveretto, il quale rimase pesantemente folgorato. Ash e Samuel Oak sgranarono gli occhi quando si accorsero quello che Alex aveva appena fatto.
-NO! PIKACHU, BASTA!- -ALEX! PER CARITA’!- Pikachu ritirò l’attacco e spaventato si rifugiò sulla spalla del suo allenatore, mentre il ragazzo cadde per terra, mezzo bruciacchiato. Ash ed il Professor Oak si avvicinarono a lui. Si inginocchiarono e, preoccupati, osservarono il ragazzino annaspare e tremare sdraiato sul pavimento.
-Alex, stai bene?- L’assistente era mezzo intontito, faticava ad articolare le parole. Pareva però che ridacchiasse, non si capiva se di divertimento, ira o follia.
-Oh...sì...va tutto bene...- Dopo avere constatato che l’assistente del Professor Oak fosse ancora integro, Ash guardò Pikachu, un po’ perplesso, tremare sulla sua spalla. Lo accarezzò con una mano per tranquillizzarlo.
-Pikachu, la prossima volta vacci piano con lui, lo so che non lo conosci, ma ti assicuro che è un amico, di cui ti puoi fidare...!- Pikachu annuì, un po’ tristemente. Oak aggrottò le sue bianche sopracciglia e rimproverò aspramente il suo assistente, una volta che lo ebbe aiutato a rialzarsi da terra.
-Quante volte ti avevo detto di non toccare le code dei Pikachu? Lo sai che loro possono intendere la tua presa come un attacco ai loro danni?- Oak teneva una mano dietro la schiena e l’altra per tenere l’indice sollevato, con le altre dita chiuse in pugno. Il professore faceva spesso così quando aveva qualcosa di molto importante da dire. Quel rimprovero, in effetti, era un argomento molto importante. Alex, ripresosi, deglutì, amareggiato. Abbassò lo sguardo fino ad osservare le scarpe grigie del nonno di Gary Oak.
-Sì...lo sapevo...soltanto che me ne ero scordato...- Il Professore sbuffò, scuotendo leggermente la testa.
-Sarei ben felice di non dovertelo più ripetere!- Alex annuì lentamente con la testa, scoraggiato.
-Sì...non succederà più...- Ash, per stemperare la tensione creatasi nel momento, scosse la testa, ridendo a bocca aperta. Dopotutto non era successo nulla di grave, un errore per inesperienza o per la grande emozione ci poteva anche stare.
-Professore, non sia così duro! Mi occuperò della sua preparazione, e vedrà, diventerà il campione mondiale di Pokémon... e chissà... forse riuscirà anche a battermi!- Alex recuperò una lucidità sufficiente e sorrise con timidezza, con lo sguardo incollato in quel momento al pavimento.
-Ce ne vorrà di tempo!- Poi, raccogliendo coraggio a due mani, si avvicinò a Pikachu, il quale era ancora un po’ esitante. Il volto del Pokémon era teso, i suoi occhi scintillanti e dalle sue tasche guanciali piroettava qualche scarica elettrica. Alex sentiva che Pikachu aveva una paura matta di lui, forse per qualche misunderstanding, forse perché non si era molto in confidenza.
-Scusa, Pikachu, io non volevo toccarti la coda... facciamo pace?- Pikachu esitò ancora, ma il dubbio fu presto vinto. Scrutò per l’ultima volta il suo allenatore, trovando il suo assenso. Sorrise con grande gioia e fece amicizia con l’assistente del Professor Oak. Il buon vecchio professore annuì, soddisfatto. Incrociò le mani dietro la schiena e si allontanò di qualche passo dai due ragazzi.
-Bene! Questo è già il primo passo per diventare un allenatore di Pokémon! Ash, mi fido di te, istruiscilo come si deve!- Ash sorrise di rimando.
-Non si preoccupi! Alex, con me, è in buone mani!- Alex fu autorizzato dal Professor Oak a dirigersi verso la sua stanzina (di Alex), la quale era situata proprio al fondo del ripostiglio delle sfere Poké. Il ragazzino aprì la porta ed Ash, dal fondo del magazzino, riuscì ad intravedere unicamente un lettuccio dalle bianche fodere ed un’altra porta chiusa vicino al misero giaciglio. Oak lo informò che dietro quella porta vi era un modesto bagno privato per il suo assistente. L’orfano tornò al cospetto degli uomini con uno zainetto blu elettrico sulle spalle, evidentemente riempito dei pochi vestiti che Alex possedeva. I quattro uscirono dallo stanzino e si indirizzarono nella sala principale, dove Ash e Oak stavano parlando prima. Oak si staccò di poco dai due ragazzi, accelerando il passo, e riprese il discorso interrotto poc’anzi dallo sfortunato incidente con Pikachu.
-Bene, Alex, la strada per diventare un bravo allenatore di Pokémon è lunga e tortuosa! Ma se avrai un buon feeling con i tuoi Pokémon, non ci sarà avversario che potrà tenerti testa!- Si allontanò verso la sua scrivania e ne estrasse una Poké Ball. La consegnò nelle mani di Alex.
-Ecco, questo è un Pokémon che ho appena catturato ieri, durante il mio viaggio per Ebanopoli! È un Dratini! L’ho trovato in un angolo della città, solo e spaurito! È ancora piccolo e ha bisogno di molte cure!- Alex annuì, e felice come una pasqua prese la sfera Poké dalle mani del vecchio professore.
-Grazie...grazie Professor Oak!- Ash e Pikachu rimasero sinceramente sbalorditi nel comprendere che il Professor Oak, invece di elargire al novello allenatore un classico Pokémon starter, ovvero uno tra Bulbasaur, Charmander e Squirtle, gli avesse dato un rarissimo Dratini. Oak incontrò lo sguardo dell’allenatore col cappello e gli sorrise bonario. Gli si avvicinò e, ignorando apposta la grande gioia del suo assistente, parlò sommessamente ad Ash.
-Ti starai chiedendo perché gli abbia consegnato quel Dratini… beh, è presto detto, Ash! La scorta degli starter ancora non è arrivata al Laboratorio… ho scoperto inoltre che il Dratini che ho affidato ad Alex soffre molto rinchiuso tra queste mura. Ho pensato, correggimi se sbaglio, che affidare Dratini nelle mani di Alex, sotto la tua supervisione, fosse il modo più ragionevole per garantirgli una buona salute e una buona crescita!- Ash fu d’accordo con il professore. La felicità dei Pokémon innanzitutto. Il maestro, l’allievo e Pikachu salutarono il Professore ed uscirono dal Laboratorio. Alex era ancora incredulo di ciò che stava succedendogli e con un sorriso che partiva da un orecchio e finiva all’altro, osservò il suo nuovo maestro di Pokémon, il quale condivideva il suo sentimento.
-Non...non riesco a crederci... ho un Pokémon tutto mio...un Dratini... ti rendi conto, Ash?- Il ragazzo annuì, scendendo gli scalini con perfetta calma, mentre l'allievo sembrava che corresse sulle scale, con la Poké Ball tra le mani.
-Direi proprio che Oak abbia estrema fiducia in te! Quel Pokémon, che ora è diventato di tua proprietà, è estremamente raro! Lo sai come si evolve Dratini?- Alex ci pensò su, lambiccandosi il cervello, e si fermò alla base delle scale, attendendo l'arrivo del suo maestro.
-Mah...direi in un Dragonair.... e poi in un Dragonite...- Poi si bloccò, assai sorpreso di quella eccezionale scoperta. Guardò negli occhi il suo maestro, quasi terrorizzato.
-Cosa...? ma è un Pokémon difficilissimo da accudire! Non so se riuscirò a cavarmela..- Ash scosse la testa, sorridendo. Ripresero il loro cammino e imboccarono la strada principale della cittadina rurale.
-Non preoccuparti, Alex! Con il mio aiuto te la caverai benissimo!- Pikachu annuì, contento.
-Pika, Pikachu!- I ragazzi si allontanarono da Biancavilla e cominciarono a percorrere il pezzo di strada che separava la città natale di Ash da Smeraldopoli. L'ambiente boschivo si estese quasi immediatamente attorno ai ragazzi che, assaporando il dolce tepore dell'estate, parlavano del loro argomento preferito. Ash, nel tragitto, dava alcune dritte al suo allievo, il quale teneva la Poké Ball stretta nelle sue mani, quasi come fosse un tesoro di estremo valore.
-Allora, per prima cosa dovrai assicurare al Pokémon un’estrema fiducia e simpatia, hai capito bene?- Alex annuì, tentennante, tenendo la sfera Poké con due mani, davanti a sé, all’altezza dello stomaco.
-Sì...certo...ma che faccio se Dratini mi volta le spalle?- Ash sorrise.
-Non preoccuparti! All’inizio non ci sarà una vera e propria sintonia, ma ben presto capirai come guadagnarti la fiducia di Dratini!- Alex sorrise a sua volta, e tornò a guardare la sua sfera Poké, dove c'era il suo primo Pokémon. Il suo primo Pokémon! Qualche anno addietro non lo avrebbe mai ottenuto. Suo padre, per qualche strano motivo che ancora non gli era chiaro, gli aveva proibito qualsiasi contatto con i Pokémon.
-Ok!- Ash fece un mezzo sorriso, tossendo leggermente. Si guardò attorno, e vide che il terreno era erboso, un poco dislocato dal sentiero principale. Annuì con decisione e schioccò le dita della mano destra, ridacchiando.
-Bene! Questo è il posto ideale!- Alex lo guardò perplesso, fermandosi accanto al suo maestro.
-Ideale? E per cosa?- Ash sorrise ancora, continuando a guardarsi attorno. La brezza soffiava dolcemente sull'erba verde, muovendone i fili con grazia.
-Perché Dratini conosca il suo nuovo allenatore!- Alex era terrorizzato e spalancò gli occhi e la bocca. Non sapeva che cosa fare. Così, su due piedi? Nel mezzo del nulla? Iniziare senza un minimo di preparazione?
-Cosa...? io non...non sono ancora pronto...!- Il maestro di Pokémon diede una pacca sulla schiena ad Alex, incitandolo ad avanzare di qualche passo, verso l'erba. -Dai, non aver paura! Non ti morde mica!- Alex era ancora tentennante, ma poi si decise, deglutendo. Se il suo primo Pokémon non si fosse deciso a collaborare, Ash avrebbe pensato come risolvere la faccenda nel migliore dei modi.
-Va bene...! Dai, Dratini, vieni fuori!- Lanciò la Poké Ball davanti a sé e apparve il draghetto azzurro in un bagliore, in mezzo al mare verde di erba. Dopo qualche secondo di stupore, Alex osservò il suo nuovo Pokémon. Era un serpentello azzurro chiaro, dalle delicate orecchie trasparenti e dallo sguardo disorientato. Sembrava che Dratini non fosse ancora conscio di essere stato catturato e di essere diventato un Pokémon domestico. Dratini sbadigliò a bocca aperta e, dopo un certo periodo di tempo, finalmente si accorse della presenza di estranei accanto a lui. Guardò leggermente spaventato il ragazzo col cappello ed il suo Pokémon, poi voltò la testa e vide il suo allenatore. Alex era preoccupato e non sapeva che pesci pigliare. La voce di Ash lo fece risvegliare dal torpore in cui l’assistente del Professor Oak era caduto.
-Ora, Alex, dovrai fare amicizia con lui!- Alex deglutì, e si inginocchiò nell'erba. Dratini, tentennante, lo annusò sporgendosi un poco e lo guardò perplesso e lievemente coi sensi all’erta. Anche Alex provava quei sentimenti, poi si decise a parlare.
-Ehm...ciao, io sono Alex...il tuo allenatore... vorrei dirti soltanto che sono contento di conoscerti...e credo che saremo dei grandi amici...!- Alzò la mano destra, ma Dratini si ritrasse velocemente, serpeggiando all’indietro, quasi scomparendo nell'erba alta. Alex sgranò gli occhi dallo stupore ed incollò il suo sguardo verso Ash, voltandosi verso di lui. Il ragazzo col cappello, ancora in piedi nel sentiero principale di terra battuta, sorrise e gli disse che stava andando bene, che doveva insistere con delicatezza. Alex si mosse lentamente verso il tremante Dratini, sempre con la mano alzata.
-Non voglio farti del male, voglio solo accarezzarti…- Dratini, seppure non convinto pienamente, rimase fermo sulla sua posizione. Quando finalmente il ragazzino raggiunse il draghetto, lo vide chiudere gli occhi, tremare ed abbassare il capo. Sembrava quasi che Alex lo volesse colpire in testa con una violenta manata. Dolcemente, il novello allenatore lo accarezzò sulla testa, e dopo qualche attimo di tensione, sembrò che a Dratini piacesse la carezza ricevuta. L’assistente del Professor Oak riuscì a sbloccarsi e sorrise, così come il drago.
-Benvenuto, Dratini!- Il Pokémon, felice di avere trovato un nuovo amico, saltò sul collo del suo allenatore e si attorcigliò attorno ad esso, euforico. Alex era terrorizzato e chiese aiuto al suo maestro, il quale se la rideva con il suo fedele Pikachu.
-Oh no! E ora cosa fa? L’ho offeso?- Ash rise, si ivertì un mondo nel vedere come quel cucciolo di drago stesse facendo le feste al suo nuovo allenatore. E che rapidità! Una semplice carezza è bastata a guadagnarsi la sua amicizia!
-No, no, non preoccuparti! Dratini ti sta manifestando la sua amicizia!- Dopo un po’ Dratini lasciò la presa e, appollaiato su una sua spalla, guardò il suo allenatore sorridente. Ash si avvicinò, immergendosi nell'erba.
-Bravo, Alex! Ora che hai conquistato la sua fiducia, è giunto il momento di testare immediatamente la tua sintonia con il Pokémon!- Alex lo guardò stranito. Quella proposta pareva impossibile, era troppo presto per mettere Dratini immediatamente all’opera.
-Cosa...? Di già? Ma l’ho appena conosciuto!- Il maestro di Alex sospirò. Lo sguardo di Ash divenne molto serio ed il ragazzo con gli occhiali iniziò a preoccuparsi.
-Alex, ascoltami... devi alternare momenti di svago e momenti di lotta, se vuoi diventare un abile allenatore di Pokémon... capisci cosa intendo, vero?- Il ragazzo con gli occhiali ci pensò su, poi annuì.
-Sì... spero che Dratini apprezzi quello che vorrò fare...- Camminarono ancora un po’ nell'erba, e in lontananza videro un piccolo Pidgey che, razzolando con le sue corte zampette, stava cercando il cibo in terra. Si trovava ai piedi di un grande cedro e, tra i rami di quel mastodontico albero, il Master dei Pokémon riuscì a scorgere un nido. Probabile che quel Pidgey fosse un Pokémon nato da poco tempo e che fosse inesperto nel combattere. L’allenatore di Pokémon più forte al mondo giudicò quel Pokémon volante adatto per il primo combattimento di Dratini e, sorridendo a denti stretti, disse ad Alex quello che doveva fare.
-Vedi quel Pidgey? – e lo indicò con un dito – Di’ quello che deve fare Dratini, e lui lo farà!- Alex era preoccupato ed osservò tremante il suo maestro.
-Cosa...? Con Dratini? Ma io non...- Poi il Master dei Pokémon diede una Poké Ball vuota al suo compagno di viaggi. Alex la osservò stranito, come se stesse vivendo in un sogno.
-E una volta che lo hai steso, dàgli con la cattura!- Alex deglutì, e Dratini guardò il Pidgey. Il ragazzo con gli occhiali non sembrava minimamente convinto di quello che stava per accadere, ma nel suo profondo, era quello che più desiderasse al mondo.
-Beh... allora... sei pronto, Dratini? Cominciamo ad allenarci con quel Pidgey!- Dratini aggrottò le sopracciglia, e guardò il suo allenatore con un vago dubbio. Alex era perplesso, guardando preoccupato prima il suo Pokémon, poi il suo maestro, il quale aveva appoggiato una mano su un fianco.
-Cosa... cosa vuol dire quello sguardo?- Ash era un po’ dubbioso, poi scosse la testa, deciso.
-Alex, così non va! Devi convincerlo! Hai usato un tono di voce troppo arrendevole! Se vuoi che Dratini segua i tuoi ordini, devi credere in quello che dici!- Pikachu era alquanto scoraggiato, e scosse la testa, chiudendo gli occhi.
-Pika, Pika...- Il ragazzo con gli occhiali annuì, deglutendo ancora, e poi guardò Dratini, ancora sulla sua spalla. Gli sorrise, accarezzandolo ancora con un mano.
-Dai, andiamo ad allenarci! Dopo andremo a mangiare una succosa Pokémella al limone!- Dratini sorrise, i suoi occhioni dai riflessi viola scintillarono di gioia e poi si avviò con Alex verso il Pidgey. Ash era stupefatto nell'osservare quella scenetta, che si era risolta nel migliore dei modi in breve tempo.
-Corruzione alimentare! Questa non la sapevo ancora!- Alex e Dratini, quest’ultimo ora sceso dalla spalla del suo inesperto allenatore, erano a due passi dal Pokémon uccello, vicino al grande cedro, e l'uccellino si era già accorto dei due. Con uno sguardo ben poco raccomandabile, stava già caricando con la zampa, pronto all’attacco. Sia Alex che Dratini cominciarono a tremare dalla fifa. Ash e Pikachu, da dietro, li incitavano a non arrendersi. Anche Pikachu era sceso dalla spalla del suo allenatore e, ritto su due zampe, aveva unito le zampe anteriori attorno alla bocca in modo tale da amplificare il suo tono di voce, proprio come stava facendo Ash per incoraggiare il suo nuovo allievo.
-Dai, Alex, non mollare! Sai già quali attacchi può eseguire un Dratini!- Anche Pikachu incoraggiava il Dratini. -Pi! Pika! Pikachu!- Alex prese una buona dose di coraggio e poi andò anch’egli alla carica. Pure Dratini sembrava più coraggioso, ora che sia lui che il suo allenatore vennero spronati dai loro amici.
-Dratini! Cominciamo con un attacco Avvolgibotta!- Il draghetto azzurro partì all’attacco, deciso ad avvolgere il suo minuscolo corpo contro quello del Pokémon volante. Il cucciolo di drago serpeggiò rapido e sinuoso nell'erba e, approfittando della sua quasi totale invisibilità, aggredì l'avversario lanciandosi a capofitto. Pidgey però lo evitò, inseguì il draghetto che si era sporto troppo in avanti e beccò Dratini sulla testa, svolazzando, e non lo mollò per un istante.
-Dra! Dratini..!- Ash aggrottò le sopracciglia e strinse i pugni.
-Alex! Quello è un attacco Beccata!- Alex annuì e poi diede un nuovo ordine, nel tentativo di sbloccare la situazione.
-Dratini! Indietreggia e poi prova ancora con Avvolgibotta!- Il Pokémon indietreggiò, approfittando del terreno scivoloso, e riuscì ad avvolgere il Pokémon uccello con il suo corpo. Pidgey si trovò in difficoltà, e non riuscì più a liberarsi! Alex sorrise, e trovò finalmente la sintonia con Dratini. O almeno, così parve agli occhi del maestro dei Pokémon.
-Molto bene! Ora proviamo con l’attacco Azione!- Dratini srotolò il suo corpo da Pidgey e si allontanò un po’. Poi partì alla carica e colpì in pieno il Pokémon uccello. Ash e Pikachu sorrisero e applaudirono nell'osservare il proseguimento dell'incontro.
-Sìì! Stai andando alla grande!- -Pi! Pikachu!- Ma Pidgey si rialzò e si voltò, dando le spalle ad Alex e Dratini. Cominciò a scavare la terra con le zampe e la lanciò addosso a Dratini, il quale non riuscì più a veder niente.
-Oh, no! È un attacco Turbosabbia! Alex, stai attento!- Alex si guardò attorno, ma non riuscì più a vedere nulla, così come lo stesso Dratini. Il campo di battaglia fu invaso da quella spessa fuliggine e sembrava proprio che Pidgey fosse scomparso.
-Cosa... sta succedendo...- Pidgey ne approfittò per sbucare dalla foschia, colpire in pieno Dratini con un colpo d'ala e metterlo K.O. in due secondi. Alex sgranò gli occhi spaventato nel vedere il suo nuovo Pokémon volare per aria.
-DRATINI! NO!- Niente da fare, il draghetto era caduto a terra, privo di sensi. Ash e Pikachu erano rimasti sbigottiti, quasi increduli nel constatare l'esito dell'incontro, che sembrava proprio essere a favore del cucciolo di drago.
-No! Ha perso!- Si avvicinarono, mentre il Pidgey volò via, verso il suo nido. Alex si inginocchiò e prese il corpo di Dratini, il quale era sdraiato a terra.
-Oh, no, Dratini, stai bene?- Il drago faticava a tenere gli occhi aperti.
-Dra...Dratini...- Alex era scoraggiato. Aveva già perso in partenza. Non aveva vinto neanche contro un piccolo Pidgey.
-Che fallimento...non ho saputo fronteggiare la situazione...- Ash aggrottò le sopracciglia e scosse la testa, incrociando le braccia al petto.
-Alex! Non voglio sentire questi discorsi! Eri partito alla grande, e con un po’ di esperienza alle spalle avresti vinto!- Il ragazzo guardò il suo maestro un po’ tristemente.
-Tu...tu credi?- Ash annuì. Permise al suo allievo di alzarsi, tenendo tra le mani il corpicino del Pokémon, e poi il maestro appoggiò una mano sulla sua spalla.
-Certo! Non devi demoralizzarti soltanto perché hai perso una battaglia! Credo proprio che Dratini abbia apprezzato quello che hai fatto per lui oggi!- Alex vide Dratini, tra le sue mani, il quale, anche se ferito, mostrava gratitudine verso il suo nuovo allenatore.
-Hai...hai ragione...- Ash sorrise, e poi una volta che Alex smise di lamentarsi indicò una città piuttosto vicina con un dito.
-Ecco, quella è Smeraldopoli. Lì c’è un Centro Medico per Pokémon, potrai curare Dratini!- L’assistente annuì, rincuorato. Non aveva un minuto da perdere, sapeva benissimo cosa avrebbe dovuto fare. -Va bene! Andiamo!- E, con Dratini tra le braccia, Alex seguì il suo maestro ed insieme corsero verso la città di Smeraldopoli.

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Capitolo 3
*** 2 - Il ritorno di Jessie, James e Meowth ***


-Presto, fate largo! Questa è un’emergenza!- Ash e Alex si stavano dirigendo verso il Centro Medico per Pokémon alla massima velocità. Dratini era gravemente ferito, e Alex non voleva che il suo nuovo amico ci rimettesse le penne, proprio il primo giorno. I ragazzi si fermarono davanti alle porte scorrevoli del centro medico per Pokémon, e attesero un po’.
-Eddai, quanto ci metti...- Finalmente le porte si aprirono, e i due videro in fondo alla stanza l’infermiera Joy che stava al bancone, con il fedele Blissey. Appena l’infermiera dai capelli rossi vide Ash, sorrise.
Joy: -Ah, Ash, bentornato! È da tanto tempo che non ci si vedeva!- Ma alla vista di Dratini, l’infermiera divenne immediatamente seria. Alex lo posò sul bancone, e Joy lo prese in braccio.
Joy: -Ma cosa gli è successo?- E poi vide Alex, il quale aveva lo sguardo basso.
Joy: -Immagino che questo piccolo Dratini sia tuo, vero?- Alex annuì, tremante.
Alex: -Eh sì... è proprio mio...- L’infermiera fece alcuni cenni con le mani a Blissey, il quale se ne andò nell’altra stanza. Poi l’infermiera si voltò di nuovo verso l'assistente del Professor Oak.
Joy: -Lo hai fatto combattere?- La voce dell'infermiera dai capelli rosa sembrava stranamente calma e pacata. Ash intervenne, per aiutare il suo nuovo amico.
Ash: -Vede, infermiera Joy, il Professor Oak ha dato questo Dratini perché Alex possa dimenticare le sue disgrazie familiari... capisce, è la prima volta che addestra un Pokémon, e quindi...- L’infermiera era perplessa, e poi guardò Alex sorpresa, quando scrutò finalmente il volto del ragazzino.
Joy: -No! Non dirmi che tu sei il figlio di Fred Blake!- Il ragazzo con gli occhiali annuì ancora, sempre più perplesso e confuso.
Alex: -Sì...perchè, conosce mio padre?- La ragazza aggrottò le sopracciglia. ASh sgranò gli occhi, così come fece il suo fedele Pikachu. Avere accennato il nome del padre di Alex, così tanto odiato e temuto da tutti, mise in evidente imbarazzato il povero allenatore novizio.
Joy: -Quell’uomo...quella sottospecie di uomo è la persona più crudele che io abbia mai conosciuto! Pensa un po’, il signor Fred è venuto tempo fa per curare il suo Spinarak. C’erano un bel po’ di Pokémon in attesa, e lui, con prepotenza, ha voluto per forza mettersi in cima alla lista! Così facendo ha fatto morire tre Bellsprout ed ha ridotto un Magikarp in fin di vita! Ogni volta che ci penso... mi vengono le lacrime agli occhi...- E strinse i pugni. Ash tentò di consolare l’infermiera.
Ash: -Sì...conosco la storia... se vuole che la consoli, anche se lei li avesse curati subito, non ci sarebbe stato niente da fare comunque...- Joy si asciugò rapidamente le lacrime. Alex era rimasto attonito, in silenzio.
Joy: -Io ti credo sulla parola, perché sei il Maestro di Pokémon per eccellenza!- Poi guardò Alex, sorridendo.
Joy: -Mi dispiace per quello che ho detto prima... tu non sembri così malvagio come tuo padre, lo sai?- Alex la guardò esitante.
Alex: -Ecco...io...- Ash intervenne ancora.
Ash: -Oh sì! Pensi un po’, prima ha stretto amicizia con Dratini usando amore e sicurezza! Se avesse avuto un pizzico di fiducia in più, avrebbe vinto contro un Pidgey!-In quel momento arrivò Blissey con la barella. Joy mise l’infortunato Dratini su di essa e venne trasportato in sala medicazioni.
Joy: -Ora, Alex, dovrai aspettare un po’. Siediti lì, tanto ora non c’è nessuno!- Ed indicò le sedie in fondo alla stanza. Ash e Alex andarono a sedersi, poi l’allenatore disse la sua, tanto per distrarre il suo allievo dalla preoccupazione che gli attanagliava le viscere.
Ash: -Alex, non preoccuparti, i Centri Medici per Pokémon sono i migliori! Mettono i Pokémon in perfetta salute nel giro di cinque, dieci minuti al massimo!- Il ragazzo con gli occhiali scosse la testa.
Alex: -No, no, non mi preoccupo per questo! Che reazione avrà Dratini dopo questo insuccesso?- Il maestro ci pensò un po’ su, poi sorrise.
Ash: -Nessun problema, scommetto che sarà contento di tornare a combattere con te! Non è vero, Pikachu?- Il topolino giallo annuì.
Pikachu: -Pika, Pikachu!- Alex si sprofondò sullo schienale della poltrona.
Alex: -Lo spero tanto...- Il ragazzo attese cinque snervanti minuti. Fissò in continuazione la luce rossa che lampeggiava, il che voleva dire che il Pokémon era ancora in medicazione. Quando la luce si spense, ad Alex venne un tuffo al cuore. Si alzò addirittura dalla sedia. Ash lo fece nuovamente sedere, afferrandolo per una manica della maglia.
Alex: -Hanno...hanno finito?- Ash sorrise. Ash: -Rilassati! Andrà tutto bene!- La porta si aprì, e Alex scattò nuovamente in piedi. La barella arrivò, con Blissey e l’infermiera Joy. L’assistente di Oak si avvicinò preoccupato.
Alex: -Allora, infermiera Joy? Come sta?- L’infermiera sorrise.
Joy: -Alex, il tuo Dratini si è ristabilizzato e ora è sano come un pesce!- Il ragazzo vide il suo Pokémon sorridente, e in perfetta forma. Alex lo abbracciò e poi quasi pianse.
Alex: -Dratini... mi dispiace... non credevo che fosse andata a finire così...- Il Pokémon saltò ancora una volta sul collo del suo allenatore e si contorse contro di esso. Ash e Joy risero.
Joy: -Si vede lontano un miglio che ti vuole un mondo di bene!- Ash annuì.
Ash: -Infatti! Io l’avevo già previsto!- Alex e Dratini erano felici. Erano finalmente affiatati, come un vero allenatore con il suo Pokémon. Uscirono dal Centro Medico e tornarono nel pezzo di strada erboso che separava Biancavilla da Smeraldopoli. Dratini stava comodamente appoggiato sulla spalla di Alex, così come Pikachu sulla spalla di Ash. Il ragazzo con gli occhiali diede una Pokémella al suo compagno azzurro e Ash fece altrettanto con Pikachu.
Alex: -Ora, Dratini, ci alleneremo ancora! E questa volta sono sicuro che non falliremo!- Dratini fece un versetto di felicità.
Dratini: -Drati! Dratini!- Ash era soddisfatto di com’erano andate le cose in quel giorno.
Ash: -Ci pensi, Alex? È bastata mezza giornata perché tu sia diventato un buon allenatore di Pokémon!- Alex annuì, raggiante.
Alex: -Sì! E lo devo grazie a te, Ash!- Il ragazzo con il cappello si schiarì la voce, portandosi una mano stretta in pugno sulla bocca.
Ash: -Ricordati, Alex, che sei appena all’inizio del tuo viaggio con Dratini! Appena ti sentirai pronto, potremo andare a trovare Brock a Plumbeopoli!- Alex lo guardò perplesso.
Alex: -Sì... mi farà piacere andare a trovare il tuo vecchio amico... il Professor Oak mi ha parlato della tua amicizia con il signor Peters… - Ash scosse la testa. Ash: -No, Alex, non sarà una semplice visita di cortesia... Brock è un capopalestra, e tu dovrai andare alla sua palestra e vincere una medaglia!- Alex e Dratini rimasrto stupiti dall'affermazione appena fatta dal Master dei Pokémon.
Alex: -Cosa? Dici davvero?- Dratini: -Dra? Dratini?- Ash annuì, sorridendo.
Ash: -Ma sì, certo! Comunque non agitarti! Hai tutto il tempo del mondo! Allena con calma i Pokémon, non ti corre dietro nessuno! Non c’è un tempo stabilito per vincere tutte e 56 le medaglie delle leghe Pokemon del mondo...!- Il ragazzo con gli occhiali si grattò la testa.
Alex: -Cinquantasei...! sarà un viaggio interminabile!- Dratini fu attratto da qualcosa all'improvviso, e Alex lo vide concentrato su un punto. Anch’egli lo vide e riuscì a scorgere la sagoma di un Pidgey che becchettava il terreno, vicino ad un gigantesco albero al lato della strada. Il ragazzino aggrottò le sopracciglia, e poi fece un mezzo sorriso.
Alex: -Ah! È lo stesso Pidgey di prima...!- Ash sorrise, intuendo i pensieri del suo allievo e di quelli del draghetto azzurro.
Ash: -Allora buon divertimento, Alex!- Pikachu annuì, augurando a Dratini di fare il meglio che avesse potuto per vincere contro il Pokémon avversario.
Pikachu: -Pi! Pikachu!- Alex strinse i pugni, e poi sospirò. Guardò a lungo il suo Dratini e poi volse lo sguardo verso il piccolo Pidgey, reo di avere sconfitto in battaglia il suo draghetto azzurro.
Alex: “Questa volta ce la posso fare! Sì! Catturerò quel dispettoso di un Pidgey, così impara!” Dratini si preparò all’attacco. Anche Alex si preparò mentalmente, mentre Pidgey osservava incuriosito i due personaggi.
Alex: -Dratini! Comincia con un attacco Fulmisguardo!- Gli occhi di Dratini lampeggiarono, e Pidgey ne fu stupito ed indietreggiò a piccoli balzi. Il Pokémon volante, infastidito dagli occhi luccicanti del draghetto, tentò di attaccarlo correndo in mezzo all'erba, ma Dratini si scansò a pochi passi dall'impatto e lo colpì con un attacco Azione. Pidgey cadde a terra, e poi Alex sorrise.
Alex: -Molto bene! Dratini! Finisci con l’attacco Azione!- Dratini caricò ancora e colpì nuovamente Pidgey. L’uccellino cadde a terra tramortito, zampe all'aria, e non riuscì più a rialzarsi per poter proseguire il combattimento. Poi Alex guardò Ash. Il ragazzo col cappello annuì e, con un grosso sorriso, suggerì al suo allievo di terminare l’incontro con la definitiva cattura di Pidgey.
Ash: -Vai, Alex! Ora è il momento giusto!- Alex annuì sorridendo, e poi prese la Poké Ball vuota che gli aveva regalato il suo maestro dalla tasca dei suoi pantaloni.
Alex: -Molto bene! Ora, Pidgey, sarai mio!- Lanciò la sfera Poké verso il Pokémon volante e, una volta toccato, Pidgey sparì in un bagliore rosso, catturato dalla sfera Poké. Alex notò che la palla si stava muovendo e contorcendo una volta toccato terra, e dopo un po’ di frenetica attesa la luce del cerchio in mezzo alla sfera si spense. Ash applaudì il successo di Alex.
Ash: -Bravo! Stai imparando in fretta, vedo!- Alex si avvicinò lentamente, e poi raccolse la Poké Ball. La guardò perplesso, temendo che Pidgey potesse uscire dalla sfera Poké. Poiché la Poké Ball non si muoveva e non succedeva niente di particolare, il ragazzo con gli occhiali sorrise. Alex aveva catturato il suo primo Pokémon! Portò la sfera Poké in alto con una mano e gridò a squarciagola per la grande emozione del momento.
Alex: -Sì...sì....sììììì! evviva! Ho catturato un Pidgey! Urrà!- Anche Dratini era al colmo della felicità. I due si abbracciarono e risero.
Alex: -Evviva! Bravo, Dratini! Gli abbiamo dato una bella lezione!- Il draghetto era al settimo cielo, e ormai non c’era nulla che gli impedisse di essere il Pokémon prediletto di Alex. Ash, intanto, si avvicinò ad Alex, raggiante per il successo appena conseguito. Si inginocchiò e si tolse lo zainetto dalle spalle, quindi lo aprì. Alex e Dratini osservarono il maestro di Pokémon perplessi.
Ash: -Tieni, prendi questa, il Pidgey che hai appena catturato sarà debole!- E gli porse una fiala, contenente un liquido verde. Poi il ragazzo col cappello chiuse lo zainetto, si alzò e se lo mise nuovamente sulle spalle. Alex annuì, sorridendo.
Alex: -Ah, una pozione! Grazie, Ash!- Alex liberò il Pidgey appena catturato e gli fece bere quell’intruglio. Dopo un po’, il Pokémon si sentì meglio. Alex e Dratini gli sorrisero.
Alex: -Pidgey, benvenuto nella nostra squadra! Io sono Alex e lui è Dratini! Spero che facciate amicizia!- Pidgey, dapprima tentennante, riuscì a sbloccarsi, e poi i due Pokémon divennero grandi amici. Ash era felice dei progressi fatti dal suo allievo.
Ash: -Mi complimento con te, Alex! Sei riuscito ad avere un buon rapporto con Dratini, e non contento, hai catturato un altro Pokémon e hai fatto amicizia pure con lui!- Alex sorrise. Era da tanto tempo che non si sentiva così allegro.
Alex: -Ash, ti ringrazio! I Pokémon sono delle creature meravigliose! Grazie per avermelo fatto capire!- Il sorriso dell’amico di Alex si congelò. L’assistente del Professor Oak era preoccupato dello sguardo pietrificato di Ash, ed Alex era ancora più preoccupato quando comprese che gli occhi del suo maestro erano puntati verso il cielo. Alex: -Ash? Che ti prende?- Il ragazzo indicò un punto, in cielo, dietro di Alex.
Ash: -Non...non è possibile... sono loro...sono tornati!- Alex voltò lo sguardo in cielo, proprio nel punto indicato dal suo maestro, e vide una grande mongolfiera a forma di Meowth allontanarsi rapidamente da loro. Alex era perplesso. Se Ash li conosceva, probabilmente erano suoi amici. Tornò ad osservare il suo maestro, ma scorse nello sguardo di Ash rabbia ed apprensione.
Alex: -Tu sai chi sono?- Ash annuì, digrignando i denti. Ash: -Oh, sì che li conosco! Sono il Team Rocket!- Alex era stupito.
Alex: -Cosa? Il malvagio Team Rocket?- Il Professor Oak aveva parlato ad Alex del Team Rocket, delle scorribande dei componenti e della malvagità del capo del Team, Giovanni; ma sia il vecchio Samuel che il ragazzo con gli occhiali avevano creduto fino a quel momento che, dopo la morte del leader (per motivi ancora sconosciuti), il team si fosse oramai sciolto. A quanto parve, le supposizioni furono completamente errate. Il ragazzo con il cappello annuì, deglutendo un rospo amaro.
Ash: -Sì! E dalla mongolfiera, deduco che si trattano di Jessie, James e di quell’antipatico di Meowth!- Anche Pikachu sembrava arrabbiato, e dalle sue tasche rosse guanciali uscivano scariche elettriche.
Alex: -E...che vorranno mai fare?- Ash era terrorizzato. Si stavano dirigendo proprio verso il Laboratorio del Professor Oak, in cima alla collina, ben visibile dal punto in cui i due ragazzi si trovavano.
Ash: -Vorrei sbagliarmi, ma credo che stanno andando a Biancavilla! Presto, Alex, dobbiamo aiutare il professore!- E lo prese per mano. Tutti corsero verso la città natale di Ash e non fecero in tempo a prevenire l’attacco del Team Rocket. Essi, infatti, avevano già lanciato delle bombe contro il tetto del Laboratorio, e nel giro di pochi attimi si calarono giù dal buco creato con delle corde. Ash era al limite della collera.
Ash: -Oh, no! Il Professor Oak è da solo! Anche se ha un mucchio di Pokémon dalla sua parte, non ce la farà mai a combattere due contro uno!- Pikachu e Dratini si guardarono in faccia, e poi guardarono Pidgey. I tre annuirono e poi, una volta raggiunto l’edificio, colpirono il portone con i loro attacchi. Alex rimase stupefatto nel constatare quanta energia impiegassero i Pokémon per abbattere il portone di metallo.
Alex: -Incredibile! Hanno capito la situazione e stanno tentando di aprire la porta!- Non ci volle molto per far saltare la centralina e per far scattare il congegno d’apertura del portone. Ash, Alex, Pikachu, Dratini e Pidgey si precipitarono verso il Laboratorio. Nel cortile non c’era nessuno, probabilmente Oak aveva ritirato tutti i Pokémon nello loro sfere Poké. Appena arrivati al Laboratorio, la porta che conduceva all’interno dell’edificio fu sprangata. Probabilmente l’avevano bloccata quegli individui. Ash picchiò i pugni contro la porta.
Ash: -PROFESSOR OAK! RISPONDA!- Niente, non sentì nulla. Neanche un rumore. Alex si guardò attorno, poi si inginocchiò in un punto del corridoio.
Alex: -Aspetta, Ash! Guarda!- Tirò su una mattonella del pavimento, e poi i due videro un passaggio. Ash era perplesso e guardò il suo allievo con uno sguardo interrogativo.
Ash: -Cosa vuol dire questo?- Il ragazzo con gli occhiali sorrise, imbarazzato.
Alex: -Ecco... questo è un passaggio che conduce al Laboratorio... l’ho creato perché spesso mi dimentico le chiavi all’interno...e allora lo utilizzo per entrarci...ma non lo dire al professore, altrimenti mi punirà!- Ash rise di allegria.
Ash: -Alex, la tua bravata è la nostra salvezza! Mi calerò giù, e poi tu mi seguirai!- I ragazzi, seguiti dai Pokémon, si calarono giù dalla grande mattonella, e poi riaffiorarono proprio in mezzo al Laboratorio. Ash scostò una mattonella e poi tutti quanti uscirono. Non videro nessuno, però sentirono delle voci provenire dallo stanzino. Ash fece cenno ad Alex di rimanere in silenzio, poiché le voci appartenevano proprio ai membri del Team Rocket.
Ash: -Shhh! Sono loro!- I ragazzi si avvicinarono alla porta, e poterono udire le grida di disapprovazione del Professor Oak.
Oak: -LADRI! FARABUTTI! Quando andrete in prigione, non uscirete più fino al giorno del giudizio!- Una voce femminile, alquanto isterica, zittì il professore. Era Jessie.
Jessie: -ZITTO, NONNETTO! Metti tutte le sfere Poké nel sacco, e guai a disobbedire!- Si sentì pure miagolare. Quello era Meowth.
Meowth: -Miao! E poi devi consegnarci i progetti per la caverna del Pokémon più forte al mondo... e tu sai a chi alludo...!- Oak gridò ancora.
Oak: -NO! QUELLO NO!- James sbottò di rabbia.
James: -ORA BASTA! SNEASEL, ATTACCO SFURIATE!- Si sentì il professore gridare, e poi nulla. Ash gridò di rabbia.
Ash: -NOOO! ADESSO BASTA!- Il ragazzo entrò di corsa insieme a Pikachu nello stanzino, e vide il professore a terra, accucciato, con le mani sulla testa, completamente graffiato dagli artigli di Sneasel. Jessie, James e Meowth erano sempre uguali, non erano cambiati di una virgola. Però sembravano essere diventati più malvagi e intelligenti di come non lo furono un tempo. Jessie fu la prima a parlare ed additò spaventata il ragazzo col cappello.
Jessie: -Non...non è possibile! Il moccioso... è di nuovo qui!- James strinse i denti e guardò con occhi di fuoco Ash..
James: -Ancora tu! Possibile che dovunque andiamo tu sia sempre tra i piedi!- Meowth rise, zittendo i due.
Meowth: -Non dobbiamo certo arrabbiarci, ragazzi! Da quando questo piccolo ficcanaso non si è più mosso da Biancavilla, i nostri colpi hanno sempre avuto successo!- Il ragazzo, con Pikachu, ruggì dalla abbia e strinse un pugno davanti a sé.
Ash: -Ah, è così, eh? Beh, ora la pacchia è finita, perché sono tornato!- Jessie scoppiò dalle risate, e si mise la mano davanti alla bocca, come una snob.
Jessie: -Ah! Ah! Ma l’avete sentito? Che ingenuo! Piccoletto, non sai che abbiamo dei nuovi Pokémon, ancora più potenti?- Ash sogghignò.
Ash: -Ah! I tuoi Pokémon mi hanno sempre fatto ridere!- Il Pokémon gatto si fece una risata sotto ai baffi, e poi guardò i suoi amici.
Meowth: -Ragazzi, è giunto il momento di cantare nuovamente il nostro inno!- I due annuirono, poi si misero in posizione per “l’ouverture” che il Team Rocket aveva sempre preparato, per entrare in scena.
Jessie: -Preparati a passare dei guai, moccioso, da ben tre anni!-
James: -Dei guai molto grossi, da ben tre anni aspettavamo questo momento!-
Jessie: -Proteggeremo il mondo dalla devastazione!-
James: -Uniremo tutti i popoli della nostra nazione!-
Jessie: -Denunceremo i mali della verità e dell’amore!-
James: -Estenderemo il nostro potere fino alle stelle!-
Jessie: -Io sono Jessie!- James: -E io sono James!-
Jessie: -Team Rocket! Pronto a partire alla velocità della luce!- James: -Preparati a combattere, a soffrire e umiliarti come ai bei vecchi tempi!- Dopo la pappardella, Alex entrò nella stanza delle Poké Ball e si avvicinò al Professor Oak, il quale era ancora per terra. James lo notò e lo bloccò, prendendolo per la maglia. Lo sollevò addirittura da terra.
James: -Ehi, tu, dove pensi di andare? Qui è proprietà privata, bambino, vai a giocare da qualche altra parte!- Alex tentò di liberarsi, senza successo.
Alex: -Maledetti! Lasciatemi andare!- Jessie guardò Pikachu con interesse, e poi guardò Dratini, il quale guardava spaventato il suo allenatore. Fu affascinata dai due Pokémon, e li volle entrambi.
Jessie: -Pikachu è sempre stato il mio pallino, e ora quel Dratini... è troppo tenero, è troppo simpatico! Beh, prenderò due piccioni con una fava!- Prese la sua sfera Poké e la lanciò.
Jessie: -VAI, DELIBIRD, SCELGO TE!- Apparve il Pokémon di ghiaccio rosa e bianco. Ash strinse i denti.
Ash: -Ah! Delibird e Sneasel! Una nuova accoppiata, eh? Ma tanto non mi fate paura!- James rise borioso, incrociando le braccia al petto.
James: -Sappi, scarafaggio, che questi Pokémon ci sono stati concessi da Giovanni in persona!- Jessie puntò l’indice contro i due Pokémon.
Jessie: -E ora che il nostro vecchio, generoso capo non c’è più, cattureremo Pikachu e Dratini per commemorare l’anniversario della sua scomparsa!- Sia Alex che Ash gridarono all’unisono.
-NOOO!- Alex si liberò dalla presa di James e, insieme ad Ash, si misero in mezzo tra il Team Rocket e i Pokémon.
Ash: -Dovrete prima sconfiggerci!- Alex annuì.
Alex: -Sì! Vedrete che saranno dolori per voi!- James scosse la testa, e prese una rosa dalla tasca sinistra dei suoi jeans bianchi ed appoggiò il suo delicato stelo sulle labbra.
James: -Errore, ragazzo! questa volta saranno dolori per voi! Ci vendicheremo di tutti i torti subiti in passato...- Meowth concluse il discorso.
Meowth: -E ci prenderemo una bella rivincita sul moccioso! Abbiamo aspettato anche troppo a lungo!- Alex era impressionato. Non aveva mai visto un Pokémon parlante. Ash tornò a parlare e distrasse il ragazzo con gli occhiali dai suoi pensieri.
Ash: -Se credete che vi lasceremo andare con i Pokémon del professore e con i nostri... vi sbagliate di grosso!- Cercò nelle sue tasche e ne estrasse una Poké Ball.
Ash: -Alex, tu, Dratini, Pidgey e il Professor Oak scappate da qui! Io me la vedrò con questi buffoni!- Alex scosse la testa.
Alex: -No, Ash! Combatterò con te!- Il ragazzo lo guardò stupito.
Ash: -Cosa? Ma...- Il ragazzo con gli occhiali strinse i denti, furioso. Il ragazzo col cappello rimase stupito dalla imprevista reazione del suo allievo.
Alex: -Per troppo tempo ho dovuto subire angherie da tutti, rimproveri e mai un complimento o un incoraggiamento! Ora che ho conosciuto te, Ash, la mia vita è cambiata! E so che, insieme, sconfiggeremo il Team Rocket!- Il Professor Oak, ancora rannicchiato a terra, era sbalordito dalle parole di Alex.
Oak: -Alex...! Sei cambiato così tanto, in un giorno...- Jessie sbadigliò, annoiata.
Jessie: -Ah, ah, che scenetta strappalacrime... MA ORA SI FA SUL SERIO! DELIBIRD, ATTACCO GELORAGGIO!- Ed indicò i Pokémon schierati per la battaglia. Il Pokémon si apprestò ad attaccare Pikachu, ma Dratini bloccò il colpo avvolgendo il proprio corpo sul capo di Delibird, oscurando temporaneamente la vista del Pokémon. Il colpo mancò il bersaglio di parecchio. Ash sorrise, e poi liberò il Pokémon scelto dalla sua sfera Poké.
Ash: -Grazie, Alex! Vai, Magcargo, scelgo te!- Il Pokémon lumaca venne fuori, e si posizionò per l’attacco. L’allenatore più forte del mondo sorrise e poi partì alla carica.
Ash: -Molto bene, Magcargo! Proviamo immediatamente a far tacere Delibird con un attacco Lanciafiamme!- Il Pokémon di terra e fuoco aprì la bocca e ne uscì un potentissimo getto di fuoco, il quale investì in pieno Delibird. Jessie non era minimamente preoccupata dell’attacco ordinato da Ash.
Jessie: -Delibird, attacco Ricciolscudo, vai!- Delibird immediatamente si raggomitolò su se stesso, e l’attacco Lanciafiamme andò a vuoto. Questa volta fu James ad attaccare.
James: -Ora è il mio turno! Sneasel! Attacco Finta!- Il Pokémon partì all’attacco e colpì di striscio Magcargo. Ma bastò quel colpetto per mettere fuori uso il Pokémon di Ash.
Ash: -Oh, no, Magcargo!- Niente da fare, il Pokémon era crollato a terra, svenuto. Alex guardò i suoi due Pokémon, poi tornò ad osservare i Pokémon in campo.
Alex: -Va bene! Allora volete la guerra! Pidgey! Prendi Dratini in volo ed insieme usate un attacco Azione contro Sneasel!- L’uccellino ubbidì e prese per le zampe il corpo azzurro del draghetto. Volarono fin sulla testa di Sneasel, e poi si lanciarono in un attacco travolgente. Colpirono entrambi il Pokémon di James, e Sneasel cadde per terra frastornato. Jessie era al limite della furia.
Jessie: -MA NO, IMBRANATO! Cosa stai facendo, ti stai lasciando battere da due Pokémon appena catturati?- Meowth scosse la testa, e poi si decise di partire all’attacco.
Meowth: -Come al solito ci devo pensare io!- Estrasse fuori dalle zampe i suoi artigli. Probabilmente anche lui voleva attaccare con Sfuriate. Alex non era minimamente spaventato, e diede precisi ordini ai suoi Pokémon.
Alex: -Pidgey, usa un attacco Turbosabbia, e Dratini userà nuovamente Azione!- Il Pokémon uccello si voltò e con le zampe sollevò un grande polverone. Meowth fu sopraffatto dalla difesa di Pidgey e si guardò attorno confuso.
Meowth: -Cosa...che succede? Non vedo più nulla!- Dratini sbucò fuori dalla polvere all’improvviso e colpì in pieno Meowth, il quale cadde addosso a Delibird. Ash sorrise, e poi guardò Pikachu.
Ash: -Molto bene, Pikachu, usa il Superfulmine!- Pikachu, con le sue scariche elettriche, colpì in pieno il Team Rocket, il quale, con un esplosione, volò via dal tetto, creando un nuovo buco.
-IL TEAM ROCKET E’ TORNATO AI VECCHI TEMPIII!- (Blink...) Quando tutto finì, il Professor Oak si rialzò e poi sorrise.
Oak: -Ash, Alex, grazie! Siete stati formidabili!- Il maestro di Pokémon scosse la testa.
Ash: -Non ringrazi me, ma Alex! È lui che ha fatto il lavoro!- E lo indicò. Il ragazzo con gli occhiali arrossì ed abbassò lo sguardo timidamente, come i suoi Pokémon.
Alex: -Ma no...è stato facile...- Il Laboratorio fu ricostruito e rimesso in ordine grazie ai Pokémon, e quando tutto finì, Oak tornò nel Laboratorio seguito dai due ragazzi.
Oak: -Sono veramente fiero di te, Alex! La tecnica di combattimento dei tuoi Pokémon è stata eccezionale, per non parlare della cooperazione di Dratini e di Pidgey! Ash, hai fatto un buon lavoro!- L’allenatore sorrise.
Ash: -Io ho spinto Alex a cominciare, e poi lui ha fatto tutto da solo!- Oak annuì, e poi si avvicinò nuovamente alla scrivania.
Oak: -Alex, hai agito nel modo che mi aspettavo! Come ricompensa dei tuoi sforzi, voglio farti un altro regalo!- Aprì il cassetto della scrivania, e ne estrasse un piccolo oggetto, rosso, dalla forma rettangolare. Alex era perplesso.
Alex: -Che cos’è?- Oak sorrise.
Oak: -Ash, glielo vuoi spiegare tu?- L’allenatore annuì. Ash: -Certo! Alex, quello è un Pokédex, una sorta di enciclopedia dei Pokémon elettronica! Se il Professor Oak te lo consegna, vuol dire che ha estrema fiducia in te!- Il professore consegnò il Pokédex nelle mani del suo assistente, il quale era ancora confuso.
Alex: -Io...io non so che dire...- Oak sorrise. Oak: -Non devi dire niente, te lo sei meritato! Ah, dimenticavo, questo è importante!- Frugò nelle tasche del suo camice bianco, e ne estrasse un altro aggeggio, che sembrava una cuffia senza fili.
Oak: -Questo è il Pokémon Traduttore. È una mia scoperta recente, esso servirà per far capire agli allenatori ciò che il Pokémon vuole, trasforma le onde della voce del Pokémon in voce umana! Ash, Alex, voglio che voi lo prendiate uno per ciascuno e lo facciate funzionare!- I due lo presero entusiasti. Era una cuffia, e bastava appoggiarlo all’orecchio. Sull’estremità della cuffia c’era un pulsante bianco. Lo premettero, e poi attesero. Oak continuò a sorridere.
Oak: -Molto bene! Ora potete ritirarlo!- I due si guardarono in faccia confusi.
Ash: -Cosa? E perché?- Il Professor Oak girò intorno al Laboratorio, con le mani incrociate dietro la schiena.
Oak: -Una volta che il Pokémon Traduttore è stato attivato la cuffia non serve più! Esso è soltanto il dispositivo di accensione!- Ash sorrise, e poi guardò il suo Pikachu, il quale era rimasto in silenzio.
Ash: -Fantastico! Dai, Pikachu, dimmi qualsiasi cosa!- Il Pokémon deglutì, e poi aprì la bocca.
Pikachu: -....cosa...cosa dovrei dire...?- Fantastico, la voce del Pikachu di Ash era squillante. Sia Ash che Alex potevano ascoltarla. L’allenatore più forte al mondo era entusiasta.
Ash: -Professore! Questa è una scoperta straordinaria! Ma funziona con tutti i Pokémon?- Oak scosse la testa, e tornò alla scrivania.
Oak: -No, purtroppo funziona solo con i Pokémon catturati! Voi potrete ascoltare i discorsi dei Pokémon domestici di tutti gli allenatori! Il Pokémon Traduttore serve per rinforzare il legame tra allenatore e Pokémon!- Alex era felice, e Dratini lo guardò negli occhi.
Alex: -Allora...se Dratini parlasse, potrei capirlo, e non sarebbe un problema allevarlo...!- Dratini sorrise.
Dratini: -...e saremmo dei buoni amici!- La sua voce era quella di un bambino. Era davvero un cucciolo. Alex era estasiato, ed abbracciò il suo Pokémon.
Alex: -Dratini! Sono felice per te!- Oak sorrise, e poi salutò i ragazzi, i quali erano già sul piede di partenza.
Oak: -Una volta che Alex avrò imparato molte nozioni sui Pokémon, dovrete andare fino a Borgo Foglianova, che si trova dall’altra parte del mare di Biancavilla, oltre l’Isola Cannella! Lì, il Professor Victor Elm potrà studiare il Pokémon Traduttore, e potrà estendere la sua potenza anche sui Pokémon selvatici!- Ash annuì.
Ash: -Molto bene! Allora ci vediamo, prof!- Saluti, baci e abbracci, e poi i due ragazzi uscirono dal Laboratorio. Si ritrovarono in strada, e poi decisero di andare a Smeraldopoli.
Alex: -Sono così felice... oggi è il miglior giorno della mia vita!- Dratini annuì, dando ragione al suo nuovo allenatore.
Dratini: -Ed anche quello della mia vita!- Tutti risero, e poi si diressero verso Smeraldopoli.

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Capitolo 4
*** 3 - BoscoSmeraldo ***


Ash, Alex, Pikachu e Dratini si avviarono verso la città di Smeraldopoli. Il maestro di Pokémon più forte al mondo era eccitatissimo, si sentiva come se avesse ricominciato da capo il suo viaggio.
Ash: -Sono contento davvero, Alex! Hai cominciato nel migliore dei modi la tua avventura di allenatore di Pokémon!- Alex sorrise.
Alex: -Voglio diventare ancora più forte di mio padre! Devo pulire la macchia che egli ha versato sulla nostra famiglia!- E strinse un pugno. Dratini era perplesso ed osservò il suo allenatore, comodamente appoggiato sulla sua spalla.
Dratini: -Lo hai conosciuto il tuo papà?- Alex annuì, guardando tristemente il suo Pokémon.
Alex: -Sì...egli è morto un anno fa, alle Isole Vorticose, mentre stava tentando di catturare l’ultimo Pokémon che gli mancava nella lista... se fosse riuscito a catturarlo, non so che cosa sarebbe accaduto...!- Ash mise una mano sulla spalla dell'assistente del Professor Oak.
Ash: -Dai, non abbatterti. Vedrai che quando diventerai un maestro tutte queste brutte cose svaniranno come nebbia al sole!- Pikachu sorrise.
Pikachu: -Sì! Non abbatterti!- Alex si sentì meglio, e rispose al sorriso dei suoi amici.
Alex: -Vi ringrazio tutti quanti!- Ash portò il suo allievo davanti ad un edificio. Era abbastanza grande, molto simile al Centro Medico per Pokémon, il quale stava proprio a fianco della costruzione dove i ragazzi stavano davanti.
Alex: -Ash, e questo cosa sarebbe?- Il ragazzo sorrise.
Ash: -Ecco, vedi, nei tuoi viaggi incontrerai parecchie difficoltà... i tuoi Pokémon saranno in preda a terribili attacchi di paralisi, potrebbero essere avvelenati, scottati, addormentati o, nei casi più terribili, addirittura congelati!- Il ragazzo con gli occhiali era preoccupato.
Alex: -Oh, no! E allora cosa bisognerebbe fare?- Il maestro di Pokémon sorrise ancora.
Ash: -Ed ecco la risposta ai nostri problemi! Il Centro Commerciale per i Pokémon!- E si mise a mo’ di presentazione davanti al negozio. Dratini e Pikachu si avvicinarono, e fissarono gli oggetti esposti in vetrina.
Pikachu: -Uao! Hai visto quella Roccia di Re?- Il Dratini annuì.
Dratini: -Già! Ma guarda quel Fiocco Rosa!- I ragazzi si avvicinarono e poi aprirono le porte del negozio. L’emporio era modesto, ma conteneva un mucchio di oggetti. Il commesso, seduto al banco, stava in fondo a sinistra, e alla destra invece c’erano un mucchio di scaffali ripieni di ogni genere di roba per Pokémon. Ash e Alex si avvicinarono, e il commesso, appena notati i ragazzi, sorrise loro.
-Buongiorno! Benvenuti nel Negozio per Pokémon!- Ash sorrise.
Ash: -Ciao, Gianni! Ti ricordi di me? Sono io, Ash di Pallet!- Gianni lo guardò meglio, e poi contraccambiò al sorriso.
Gianni: -Ash! Ragazzo mio! Da quanto tempo non ti ho visto! Quanto sei cresciuto, sono passati ormai diversi anni!- Il signor Gianni era grassoccio, con due grossi baffi, capelli brizzolati e mossi. Aveva un paio di jeans, una camicia e delle bretelle.
Ash: -Sì, è vero! Alex, ti presento Gianni, un mio vecchio amico! Gianni, ti presento Alex, il mio nuovo allievo!- Gianni sorrise al ragazzo con gli occhiali.
Gianni: -Ah, ma noi ci conosciamo già! Tu sei l’assistente del Professor Oak, non è così?- Alex annuì.
Alex: -Sì, sono io!- Gianni si fece una grassa risata.
Gianni: -Sì, sì, mi ricordo! Ero venuto per portare del cibo per Pokémon al Laboratorio, e tu eri appena arrivato! Eri ancora inesperto, e combinavi disastri uno dietro l’altro!- Alex annuì, arrossendo.
Alex: -Eh sì... erano altri tempi quelli!- Il commesso, poi tornò serio.
Gianni: -Cosa posso fare per voi, ragazzi?- Ash si guardò attorno.
Ash: -Allora, Gianni, vorrei che mi procurassi delle Pozioni, degli Antidoti... e anche dei Revitalizzanti... ah, poi anche un sacchetto di Pokémelle! I gusti... fai tu, metti un po’ di questo e un po’ di quello! Poi cinque Poké Ball e delle Bacche! Che non siano tutte mature, mi raccomando!- Gianni annuì.
Gianni: -Bene! Ai tuoi ordini, Ash!- Prese un sacchetto di plastica dal banco e si aggirò per il negozio, prendendo tutto il necessario richiesto da Ash. Alex guardò il suo amico con aria interrogativa.
Alex: -Scusami una cosa... ma perché stai comprando tutta questa roba?- Il ragazzo con il cappello lo fissò perplesso.
Ash: -Ma come? Non sai dove ci stiamo dirigendo?- Alex scosse la testa.
Alex: -No, non mi sono mai mosso da Biancavilla... al massimo sono venuto due volte a Smeraldopoli, ma non mi sono spinto più in là, perché non avevo un Pokémon per me!- Ash annuì.
Ash: -Ah, capisco! Oltre Smeraldopoli c’è un bosco, chiamato BoscoSmeraldo! Lì ci alleneremo, tu ed io, con i Pokémon selvatici! E chissà, forse riusciremo a catturare anche qualche Pokémon esclusivo!- Dratini annuì, sorridendo.
Dratini: -Sì! Si torna a combattere! Evviva!- Era strano riuscire a comprendere ciò che dicevano i Pokémon. Era strano, e divertente. Era un’esperienza nuova ed interessante. Gianni tornò al banco, con il sacchetto di plastica, colmo di altri sacchetti piccoli di cartone.
Gianni: -Ecco qua, Ash! Tutto quello che mi hai chiesto! Parti per un altro viaggio?- Ash annuì.
Ash: -Sì, Gianni, Alex è diventato un allenatore, e io gli farò da maestro!- Il commesso sorrise.
Gianni: -Ah, capisco! Allora vi auguro un buon viaggio... e siate prudenti!- I ragazzi pagarono il tutto e poi si allontanarono. Alex, quando fu fuori dal negozio, si guardò attorno, per cercare il famoso BoscoSmeraldo. Ash rise, guardando il suo allievo girarsi a destra e a sinistra.
Ash: -Dove stai guardando? BoscoSmeraldo è proprio dietro di te!- Il ragazzo con gli occhiali si voltò, e finalmente lo vide. Sorrise imbarazzato, rosso di vergogna.
Alex: -Ah...beh sì...naturalmente io già sapevo dov’è...credimi!- Sia Ash che Pikachu risero allegramente.
Ash: -Sì, sì, certo! Dicono tutti così!- E finalmente i due si diressero verso il bosco. Appena messo piede dentro, Alex fu meravigliato di quanta vegetazione potesse contenere il BoscoSmeraldo.
Alex: -Incredibile...ci saranno come minimo centinaia di alberi!- Ash annuì.
Ash: -Oh, sì! Per non contare i Pokémon che ci abitano! Saranno centinaia anch’essi!- Il ragazzo con gli occhiali guardò il suo maestro spaventato.
Alex: -Cosa...? Centinaia...di Pokémon...?- Il ragazzo con il cappello disse di si ancora una volta.
Ash: -Certo! Credevi che i Pokémon selvatici fossero soltanto tra Biancavilla e Smeraldopoli?- Quella scoperta mise in agitazione l’allievo di Ash. Se quello fosse appena l’inizio della sua avventura, figuriamoci il resto! Il maestro di Pokémon più forte del mondo si stiracchiò, e cominciò a camminare.
Ash: -Su, dai Alex, avviamoci verso Plumbeopoli! Devi vincere la tua prima medaglia!- Alex era perplesso, poi lo seguì.
Alex: -Sì...eccomi, arrivo!- La stradina di terra era lineare, e facile da seguire. Gli alberi erano ordinati ai lati della strada, e l’erba era appena stata tagliata dai boscaioli. L’odore di erba tagliata era così forte che faceva quasi venire la nausea. Ash sorrise, e poi guardò il suo Pokémon preferito.
Ash: -Pikachu, ti ricordi quando catturammo quel Caterpie?- Il Pokémon annuì, sorridendo.
Pikachu: -Sì! E mi ricordo anche la faccia di Misty! Faceva ridere soltanto a vederla!- E risero. Alex non capì il perché di quell’ilarità.
Alex: -Scusami, Ash, chi sarebbe Misty?- Ash smise di ridere, e poi tornò serio, quasi rabbuiato in se stesso.
Ash: -Eh? Ah, scusa, tu non la conosci... Misty è la capopalestra della città di Celestopoli, non molto lontana da Plumbeopoli... o meglio, era la capopalestra...- Silenzio. Lo stormire degli alberi era il solo suono udibile dai ragazzi oltre allo stropicciarsi delle suole delle scarpe da ginnastica sul terreno.
Alex: -E perché “era” la capopalestra? È per caso stata radiata?- Il maestro di Alex sospirò.
Ash: -Scusami...ma non mi va di raccontare ora... è una lunga storia...- Anche Pikachu, dapprima sorridente, divenne triste. Abbassò addirittura le orecchie.
Pikachu: -Già...è una lunga storia... scusami se te l’ho fatta ricordare, Ash...- Ash espresse un debole sorriso.
Ash: -No, scusami te, Pikachu, sono io che ho cominciato...- E l’accarezzò con una mano, con l’obiettivo di dargli fiducia. Dratini era perplesso, e si mise in disparte con Alex.
Dratini: -Mi piacerebbe sapere di più di questa storia...- Alex annuì, sconsolato.
Alex: -Anche a me...- Poi i quattro si ripresero, e tornarono a sorridere. Mentre Pikachu scese dalla spalla del suo allenatore per sgranchirsi un po’ le zampe, Ash tornò a parlare del BoscoSmeraldo.
Ash: -Devi sapere, Alex, che questo bosco ospita il maggior numero di Pokémon Coleottero di tutta la regione di Kanto! E, forse, di tutta Jotho, Hoenn e Sinnoh! Qualunque Pigliamosche sa che deve venire da queste parti per catturare qualche Pokémon insetto esclusivo!- Alex era meravigliato e continuava a guardarsi attorno.
Alex: -Davvero? È semplicemente incredibile!- Pikachu si fermò di scatto, attratto da alcuni suoni misteriosi. Anche Ash si fermò, guardingo. Alex e Dratini non capivano cosa stesse succedendo.
Alex: -Che...che succede, Ash?- Il ragazzo si guardò attorno.
Ash: -C’è qualcuno qui! Ci sta seguendo!- Pikachu strinse i denti.
Pikachu: -E se fosse il Team Rocket?- L’allenatore del topo elettrico scosse la testa.
Ash: -No, no, non possono attaccare due volte nello stesso giorno! L’unico che può essere da queste parti...credo che sia...- Un Pokémon saltò improvvisamente fuori da un cespuglio, e sembrava molto pericoloso. Ash e Alex erano stupiti.
Ash: -Quello...quello è un Arcanine...!- Il cane di fuoco era maestoso, e sembrava anche molto forte. Il suo pelo era lucido, e la chioma bionda di Arcanine si rifletteva al sole. Alex e Dratini erano terrorizzati, ma Ash e Pikachu no.
Dratini: -Da...da dove salta fuori quello...?- Alex non sapeva che cosa fare. L’Arcanine stava guardando giusto verso il gruppetto.
Alex: -Ci...ci sta guardando...! che dobbiamo fare...?- Ash sorrise. Aveva già capito di chi fosse quel Pokémon.
Ash: -Non preoccuparti, quell’Arcanine è di un allenatore! Intanto, prendi il Pokédex che ti ha dato il professore e puntalo contro il Pokémon!- Alex ubbidì e fece come aveva detto Ash. Il Pokédex si aprì e mostro l’immagine di Arcanine. La voce del Pokédex era fredda e metallica.
“Arcanine, Pokémon leggenda. Esso si evolve da Growlithe. Questo Pokémon leggendario cinese affascina per la sua grazia e bellezza quando corre”. Detto questo il Pokédex si richiuse nuovamente. Ash annuì, e sorrise.
Ash: -Bene! Ora andiamo!- E si incamminò verso Arcanine, il quale stava ringhiando. Alex tentò di fermare Ash.
Alex: -No, aspetta, Ash! Non vedi che si è schierato contro di te?- Ash rise, e continuò la sua marcia.
Ash: -Non preoccuparti! Conosco questo Arcanine!- Il Pokémon leggendario continuò a ringhiare.
Arcanine: -....questa è proprietà privata...sparisci, microbo!- Alex era impressionato.
Alex: -Ha...ha parlato... ciò vuol dire che...- Ash sorrise.
Ash: -Sì, è un Pokémon domestico!- Lo accarezzò sulla testa, e Alex e Dratini si spaventarono.
Alex: -SEI IMPAZZITO? Potrebbe morderti!- Dratini annuì, con gli occhi quasi fuori dalle orbite.
Dratini: -Può...può bruciarti la mano!- Ash rise, e fece cenno con la mano di avvicinarsi.
Ash: -Dai, coraggio, non abbiate paura! Arcanine mi conosce, non morde mica!- Poco a poco Alex e Dratini si avvicinarono, ancora intimoriti dallo sguardo cattivo del Pokémon di fuoco.
Alex: -Sei...sei sicuro, Ash?- L’allenatore sbuffò.
Ash: -Di che hai paura?- Quando i due si furono avvicinati abbastanza, lo sguardo cattivo di Arcanine si accigliò ancora di più. Alex e Dratini erano congelati dalla fifa.
Arcanine: -...e questi chi sono...?- La sua voce era profonda e grave. Incuteva ancora più timore.
Ash: -Sono Alex e Dratini... Alex è l’assistente del Professor Oak...- Arcanine ringhiò, e cominciò ad avvicinarsi ai due.
Arcanine: -Quindi...tu saresti Alex... giusto?- Alex, terrorizzato, indietreggiò.
Alex: -Sì...so-so-sono io...- Poi fissò il Pokémon di Alex.
Arcanine: -E tu saresti il suo Pokémon, vero?- Dratini deglutì faticosamente.
Dratini: -S-s-sì...- Arcanine mostrò le zanne appuntite. Era piuttosto arrabbiato.
Arcanine: -Bene...Alex e Dratini...voglio darvi... IL BENVENUTO CHE VI MERITATE!- Fece un gran balzo verso i due, i quali gridarono dalla paura. Con le zampe atterrò l’assistente del Professor Oak, il quale cadde supino.
Alex: -NO! ASH, AIUTAMI!- Ash sorrise, si stava divertendo un po’ nell’assistere a quella scena.
Ash: -Non preoccuparti!- Il muso di Arcanine stava già sfiorando il naso di Alex, il quale era bloccato dal terrore. Finiva dunque così la sua avventura? Divorato da un Arcanine, seppur domestico?
Arcanine: -...tu...sei...- Le parole erano ferme, e placide. Eppure la voce era rabbiosa nello stesso tempo.
Alex: -Io...sono...- Arcanine aprì la bocca. Le zanne erano innumerevoli, e acuminate. Alex sgranò gli occhi. Il Pokémon tirò fuori la lingua e gli leccò la faccia. Il ragazzo con gli occhiali era spaventato, e non osava proferire una parola. Il Pokémon si ritirò, e poi sorrise.
Arcanine: -...sei il benvenuto nel BoscoSmeraldo! Complimenti, hai superato la prova!- Alex si alzò, ansimando. La sua faccia era bavosa.
Alex: -Co...come? ho...ho superato la prova...?- Ash rise, così come Pikachu. Il tono delle risate degli amici di Alex pareva quasi come fosse una canzonatura.
Ash: -Ah! Ah! Credevi davvero che ti volesse mangiare? Arcanine ha voluto testare il tuo coraggio!- Anche Dratini era impressionato.
Dratini: -Quindi...era una prova...!- I due si guardarono, e poi risero imbarazzati.
Alex: -Eh, eh... eh già! Era soltanto una prova!- Una voce fuori campo interruppe la frase di Alex.
-Già...solo una prova...- Arcanine sorrise. Conosceva già quella voce.
Arcanine: -Vieni fuori, allenatore!- Il ragazzo con gli occhiali si guardò attorno perplesso. Chi poteva mai essere? Ash e Pikachu erano tranquilli, probabilmente era un amico.
-Una delle tante prove...che un allenatore in erba deve saper affrontare con saggezza e coraggio... anche con un pizzico di fortuna!- Un ragazzo uscì dal cespuglio da dove era sbucato fuori Arcanine. Era alto, con un paio di jeans neri, una camicia azzurra, e aveva dei capelli un po’ arruffati, castano chiari. Aveva press’a poco la stessa età di Ash a prima vista.
Alex: -Chi...chi sei tu...?- Il ragazzo sorrise. Aveva un paio di occhi castano scuri.
-Io sono Gary Oak...il nipote del professore...- Il ragazzo aiutò a calmare l’assistente del Professor Oak. Gli porse un fazzoletto.
Gary: -Scusami per questa prova improvvisa... scommetto che quello sprovveduto del tuo maestro non te ne abbia parlato...- E gli lanciò una occhiataccia. Ash gli rispose con una linguaccia.
Ash: -Eravamo d’accordo con tuo nonno!- Alex e Dratini stavano ancora ansimando dallo spavento.
Alex: -No...figuriamoci...eravamo prontissimi lo stesso!- Gary sorrise e poi accarezzò la testa del suo Arcanine.
Gary: -Sai, Alex, abbiamo deciso di venire qui a BoscoSmeraldo per allenarci...poi ho sentito le vostre voci e, d’accordo con mio nonno, ho detto ad Arcanine di fare un po’ di commedia... spero che non serbiate rancore...!- Il Pokémon abbaiò, un po’ imbarazzato. Alex capì la situazione, e sorrise.
Alex: -Capisco! Non preoccuparti, Gary, nessun problema, davvero!- Ash intervenne.
Ash: -Ehm... scusate... ci sarei anche io, sapete?- Gary rise, e poi guardò il nuovo allenatore.
Gary: -Sai, Alex, da quando sono diventato capopalestra della città di Smeraldopoli, i miei Pokémon sono diventati ancora più potenti! Ed ho deciso di aprire una scuola per Pokémon!- Alex era estasiato dallo stile di Gary. Sembrava molto più forte del suo maestro.
Alex: -Ah! Una scuola per Pokémon...- Il campione di Pokémon tossicchiò, catturando l’attenzione dei due ragazzi. Il suo sguardo era severo e non traspirava nulla di buono nei confronti del suo rivale di sempre.
Ash: -Vorresti prenderti con te Alex, è vero?- Gary era tentennante, ci pensò un po’ sopra, e poi annuì.
Gary: -Beh...le mie intenzioni erano infatti queste!- Ash ringhiò, e poi guardò con rabbia il nipote del Professor Oak.
Ash: -Signor Oak, si dà il caso che tuo nonno abbia dato a me questo compito!- E si portò l’indice al petto, con un atteggiamento spavaldo. La rabbia di Gary non era da meno e anche il nipote del professore iniziò ad alzare la voce.
Gary: -Ma si dà il caso che tu sia il più capriccioso fra gli allenatori che io abbia mai incontrato!- Ormai si stavano trovando naso contro naso. Lo scontro era inevitabile. Fu Alex a mettersi in mezzo, da mediatore.
Alex: -Ehi, ehi, ehi, calmatevi! Il Professor Oak aveva già scelto Ash come mio maestro! Gary, apprezzo la tua offerta implicita, ma tuo nonno...sai com’è...disubbidire ai suoi ordini non è tanto saggio...!- Gary si allontanò, quasi sdegnato.
Gary: -Peccato, Alex, hai perso una grande occasione! E allora vai, vai pure con quel perdente!- Arcanine, al contrario del suo allenatore, era felice della decisione del ragazzo.
Arcanine: -Hai fatto bene, ragazzo mio! Gary non ha ancora esperienza come maestro di Pokémon, ne ha di strada da fare! Invece Ash è un perfetto maestro... e questo ha sempre suscitato invidia nel mio allenatore!- Gary si era allontanato un po’, e poi si voltò ancora.
Gary: -Le tue decisioni devono essere rispettate, Alex, se hai scelto di rimanere con Ash... beh, tanti auguri!- Arcanine scosse la testa, e si avviò insieme con il suo allenatore a Smeraldopoli. Ash gli fece la linguaccia.
Ash: -Bleeh! Che cafone che sei! Te ne vai senza neanche salutare!- Gary e Arcanine scomparirono alla vista dei due ragazzi e dai loro Pokémon. Dopo un po’ di silenzio imbarazzante, Ash ridacchiò.
Ash: -Ehi, non è niente di grave! Sono soltanto dei battibecchi fra vecchi amici!- Alex fece spallucce.
Alex: -Ah, l’avevo capito sai?- Proseguirono nel loro cammino, fino a quando un Weedle attraversò la strada di largo. Ash si fermò, e poi sorrise.
Ash: -Prima di giungere a destinazione, Alex, devi allenare i tuoi Pokémon!- Alex fece un mezzo sorriso, e prese la sfera Poké nella cintura Porta-Sfere.
Alex: -Ok! Allora Pidgey, vieni fuori!- Il Pokémon si materializzò, e si guardò attorno perplesso.
Pidgey: -Ehi, perché è così buio qui? Ho fame!- Alex guardò Weedle, il quale si era fermato, terrorizzato nell'osservare l'affamato Pidgey.
Alex: -Vedi quel Weedle dietro di te? Scommetto che lo farai fuori con una zampata!- Pidgey fece un mezzo sorriso.
Pidgey: -E in cambio cosa mi dai?- Alex sbuffò, poi si decise a parlare.
Alex: -In cambio...in cambio ti do un piatto di cibo per Pokémon in più!- Dratini protestò, corrugando le sopracciglia.
Dratini: -Ehi, non è giusto! Lo voglio anche io!- Ash e Pikachu risero.
Ash: -Ah! Ah! Si vede che ha preso il tuo carattere!- Pidgey annuì.
Pidgey: -Ok, mi hai convinto!- Si voltò, e si preparò ad attaccare Weedle. L’allenatore del Pokémon uccello partì alla carica.
Alex: -Pidgey, attacco Turbosabbia!- L’uccellino, voltandosi, provocò con le zampe una grande fuliggine, che accecò il Pokémon coleottero.
Alex: -...e continua con un attacco Azione!- Pidgey partì di corsa e colpì in pieno Weedle, il quale non si arrese e colpì sul petto il volatile. Pidgey si fermò un istante e si toccò il torace con un’ala.
Pidgey: -Ahi...che dolore...- Alex era preoccupato dalla reazione del suo Pokémon.
Alex: -Pidgey, ti senti male?- L’uccellino, incurante del dolore, fece un sorriso sprezzante.
Pidgey: -Niente di grave! Lo aggiusto io il signorino!- Alex annuì e poi diede ordine a Pidgey di scagliarsi nuovamente
Alex: -Ok! Allora dacci dentro con un attacco Raffica!- Pidgey agitò le corte ali, e si formò una piccola tempesta, la quale colpì in pieno il coleottero.
Alex: -Attacco Azione! Vai!- Pidgey saltò in alto e colpì in pieno Weedle, il quale cadde a terra svenuto. Alex sorrise, e prese una Poké Ball vuota dalla tasca dei suoi jeans.
Alex: -Molto bene! Ora posso dire di lanciare la sfera Poké...- Ma il tentativo di cattura da parte di Alex fu interrotto bruscamente dall’intervento verbale di Pikachu. Il topo elettrico stava guardando preoccupato Pidgey, il quale stava ansimando.
Pikachu: -Aspetta! Pidgey sta male!- Tutti lo guardarono preoccupati. Si stava toccando ancora il petto con l’ala destra, e stava ansimando.
Pidgey: -Ahi...ahia...che male...dev’essere stato il corno di Weedle...- Alex e Dratini si avvicinarono.
Alex: -Che hai? Fammi vedere...- Pidgey ritrasse l’ala e Alex notò con stupore che il petto del Pokémon era bluastro. Ash era perplesso.
Ash: -Ahi, ahi...Pidgey è stato avvelenato dal colpo di Weedle... probabilmente ha lanciato l’attacco Velenospina...- Alex deglutì, preoccupatissimo.
Alex: -E...e cosa si può fare, Ash?- Il maestro di Pokémon frugò nella busta di plastica, e lanciò al ragazzo un flacone rossiccio.
Ash: -Tieni! Prendi questo!- Alex lo fissò, e notò che il liquido era rossastro, come il contenitore.
Alex: -Che...che cos’è?- Poi guardò l’etichetta, e lesse “Antidoto per Avvelenamento”. Alex sorrise, e lo fece vedere a Pidgey.
Alex: -Allegro, Pidgey! Ho qui l’Antidoto!- La reazione del Pokémon fu tutt’altro che positiva. Ciò fece stupire parecchio l’allenatore con gli occhiali.
Pidgey: -No! Non lo voglio! Scommetto che è amaro come...come il veleno!- Dratini aggrottò le sopracciglia e si avvicinò di un poco al suo amico pennuto con un atteggiamento leggermente minaccioso.
Dratini: -Non fai ridere nemmeno i polli! Prendilo e basta!- L’uccellino scosse la testa più volte, rifiutandosi categoricamente di assumere quella brodaglia.
Pidgey: -No! No, non lo voglio!- Alex sospirò.
Alex: -Ma è l’unico modo per farti passare il male...- Pidgey deglutì, e ansimò. L’avvelenamento stava diffondendosi in tutto il corpo. Se non prendeva l’Antidoto in fretta, rischiava di rimanerci secco.
Pidgey: -Mai! Mai lo berrò!- Alex e Dratini si guardarono, poi annuirono. Il draghetto si contorse contro il corpo di Pidgey.
Pidgey: -Ehi, ma... cos’hai intenzione di fare...? Ferm...fermati...!- Cominciò a raggomitolarsi sempre più il corpo dell’uccellino. Pareva volesse stritolarlo.
Dratini: -O lo bevi, e in fretta, o non ti lascio!- Ash era perplesso. Non credeva che con le minacce si potesse arrivare lontano, ma i continui incitamenti di Pikachu gli faceva pensare il contrario.
Pikachu: -Dai! Fagli vedere chi sei!- Alex si inginocchiò, e tolse il tappo al flacone.
Alex: -Dai, Pidgey, non fare il capriccioso! Tutti i Pokémon, ammalati, bevono l’Antidoto!- Pidgey scosse la testa. Era bloccato dall’Avvolgibotta di Dratini.
Pidgey: -Ma io no! Non mi piace!- Alex sapeva benissimo che quello era uno dei moltissimi intoppi fra il Pokémon e l’allenatore. Avrebbe dovuto prevedere che con i suoi amici ci sarebbe voluto un sacco di pazienza. Dovette racimolarne parecchia.
Alex: -Se non lo bevi, morirai!- Pidgey strinse il becco, quasi fino a sigillarlo. Dratini strinse di più, e Pidgey non resistette più di tanto. Fu costretto ad aprire la bocca, e a forza Alex glielo fece bere. Dopo un po’ di tempo, la macchia bluastra sul busto dell’uccellino scomparve, e Dratini mollò la presa. Pidgey si sentiva molto meglio. Si leccò il becco, e poi sorrise.
Pidgey: -Ehi, è buono! Sa di sciroppo di mele!- Alex era un po’ arrabbiato nei confronti di Pidgey.
Alex: -Sei proprio disubbidiente! Lo sai che avresti potuto morire per avvelenamento? E perché non mi dai ascolto?- La paternale di Alex era piuttosto severa, e Ash dovette per forza intervenire.
Ash: -Alex, non essere troppo duro con Pidgey...in fondo, anche lui è giovane, e non sa nulla, come te...- Il ragazzo con gli occhiali dedusse che il suo maestro aveva ragione. Decise di accarezzare la testa dell’uccellino, il quale era triste.
Pidgey: -Mi...mi dispiace...io non volevo farti arrabbiare....- Alex sorrise. Il suo sorriso rinfrancò il giovane Pokémon.
Alex: -Ehi, non è niente di grave! Ora sappiamo tutti e due che cosa si prova ad essere disubbidienti e rimproverati...anche io con il professore ero capriccioso, e lui ogni volta mi riempiva la testa di ramanzine...!- I due, dopo un po’, risero. Era bello vedere che Alex stava andando d’accordo con i suoi Pokémon. Anche grazie all’aiuto di quel geniaccio del Professor Oak. Ash sorrise, e poi fissò il punto dove c’era Weedle, ancora a terra. Richiamò l’attenzione di Alex.
Ash: -Alex, dai, cattura Weedle!- Alex annuì, e prese la Poké Ball che voleva lanciare prima.
Alex: -Molto bene! Ora, Weedle, farai parte dei nostri!- La lanciò, e il Pokémon coleottero scomparve in una luce rossa. La sfera cadde a terra e si agitò. Dopo un po’, la sfera si fermò: Weedle era stato catturato. Ash e Pikachu applaudirono il ragazzo con gli occhiali.
Ash: -Bravo, Alex! Hai catturato un nuovo Pokémon!- Alex era al massimo della gioia: era diventato allenatore, aveva catturato tre Pokémon e Dratini era il suo migliore amico. E questo tutto in una giornata. Suo padre avrebbe di certo approvato i suoi progressi.

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Capitolo 5
*** 4 - Arrivo a Plumbeopoli ***


(N.B. Ad un certo punto ci sarà un dialogo tra due Dratini. Per non far confusione ho denominato i due Dratini A, di proprietà di Alex, e Dratini L, di proprietà di Laura...NdA)

Ash e Alex stavano camminando da un bel pezzo. Il sole era già alto sulle loro teste ed i raggi del sole, filtrati dalle folte chiome degli alberi del fitto bosco, si espandevano in un gradevole gioco di luci ed ombre che mettevano in risalto le bellezze di quel luogo colmo di flora. Alberi a bizzeffe, a non finire, di ogni specie e natura si ripetevano in un susseguirsi di avvistamenti di Pokémon coleottero appollaiati sui rami, attaccati sui tronchi e sulle cime, tutti con gli occhi incollati sui due viandanti, incuriositi dai loro battibecchi su quanto il bosco fosse lungo da percorrere. Qualche Pokémon volante, stanco per il viaggio effettuato tra le nuvole, planava sui rami di pini, abeti e larici per far riposare le sue ali. Anche Pokémon di natura diversa abitavano nel bosco e sembrava che condividessero con i Pokémon coleottero l’ambiente silvano in buona pace ed armonia. Il silenzio oppressivo del bosco era spezzato qualche volta dai versi gutturali dei Pokémon insetto e raramente dal battito d’ali del Pokémon volanti appollaiati sui rami, pronti per riprendere il volo interrotto.
La temperatura si aggirava sui 17 gradi centigradi, era confortevole viaggiare a quell’ora del pomeriggio sul finire dell’estate. I ragazzi si trovarono molto bene in quell’ambiente mite. Il terriccio composto da sassi, licheni e foglie secche cadute dagli alberi risuonava dello scalpiccio dei piedi e delle zampe dei viandanti. Le foglie secche cedevano sotto i piedi dei ragazzi ed emettevano il caratteristico scricchiolio, gradevole alle loro orecchie. Di tanto in tanto Ash ed Alex poterono osservare spuntare dai piedi di alcuni alberi alcuni funghi multicolore ed ai ragazzi venne un colpo nel vedere questi funghi muoversi rapidamente. Capirono subito dopo che i funghi in questione erano piantati sulla schiena di alcuni Paras, ecco perché si muovevano velocemente. BoscoSmeraldo pareva interminabile ed Alex arrancava nel seguire il passo svelto di Ash, il quale non provava alcuna fatica nel proseguire il suo cammino verso la città successiva.
Alex: -Ash...quando arriviamo a Plumbeopoli...? Sono stanco morto...!- L’allenatore di Pokémon più forte del mondo si voltò verso il suo allievo, un po’ irritato dalla domanda fuori luogo.
Ash: -Ma quanto sei lagnoso! Se ti lamenti adesso, figuriamoci quando dovrai camminare per arrivare nelle prossime città!- L'assistente del Professor Oak era imbarazzato dalle parole eccessivamente dure del suo amico. Non era abituato al ritmo del maestro di Pokémon, aveva sempre vissuto una vita sedentaria.
Alex: -Sì, lo so... ma è tutto il giorno che camminiamo... non potremmo fare una pausa...?- Ash scosse la testa, sicuro del fatto suo. Anche Pikachu proseguiva con cadenza regolare, per nulla infiacchito dal ritmo di marcia del suo allenatore.
Ash: -Nossignore, non se ne parla! Quando arriveremo a Plumbeopoli, potrai riposarti!- Tutto ad un tratto il dolce brusio dei versi dei Pokémon fu brutalmente scalfito da un agghiacciante e stridulo suono. Si sentirono delle grida, ed i due ragazzi si fermarono di scatto. Le grida si ripeterono più di una volta tutt’intorno ai ragazzi e ciò fece preoccupare parecchio i due, con il loro Pokémon. Si guardarono attorno, spaesati. I Pokémon che seguivano con gli occhi il tragitto dei viaggiatori si erano dileguati al sicuro nelle loro tane, anch’essi spaventati dalle grida giunte all’improvviso.
Ash: -Cosa? Chi è che grida così?- Alex era perplesso. Un altro grido, più acuto questa volta. Poi delle risate maligne, ad Alex venne un tuffo al cuore.
Alex: -Non saprei... andiamo a vedere!- I due, col cuore in gola, corsero verso il luogo da dove provenivano quelle urla. Dovettero attraversare una macchia di alberi piuttosto folta e non senza fatica riuscirono ad avanzare verso le grida di aiuto. Si trovavano in quel momento nel tratto di sentiero successivo al loro, se avessero proseguito per la loro strada l’avrebbero incontrato subito dopo, poiché la fine del sentiero si chiudeva in una stretta curva a gomito. Ash ed Alex preferirono tagliare per il tratto erboso per raggiungere il pezzo di sentiero il più velocemente possibile. Si acquattarono nei cespugli lì vicino, e notarono che a gridare era stata una ragazzina. Questa ragazzina stava gesticolando concitatamente verso una direzione. Ad alcuni metri di distanza c’erano due loschi figuri. Erano nuovamente loro, Jessie e James. La voce della ragazza si fece sentire, acuta e furibonda.
-LADRI! RIDATEMI LA MIA DRATINI!- James scosse la testa, ridacchiando.
James: -Mi dispiace, piccola, ma proprio non possiamo... se ti obbedissimo, che cosa ci faremmo qui?- Meowth sogghignò, e fissò il draghetto che era finito nelle mani del Team Rocket. Era un draghetto azzurro, imprigionato in una gabbia per cardellini piuttosto piccola. Il Dratini si stava agitando come un forsennato, ma gli scossoni non permisero al Pokémon drago di liberarsi. Il Pokémon gatto alzò le braccia per mettere in risalto la gabbia con il contenuto.
Meowth: -Bene, bene, finalmente le cose stanno tornando a funzionare! Vedo con piacere che questo Dratini... è una femmina!- Alex e Ash stavano guardando inorriditi lo spettacolo.
Alex: -Cosa? Un Dratini femmina?- Ash strinse i denti e si alzò di scatto. Pikachu fu con lui.
Ash: -Ma chi se ne frega se è maschio o femmina! Dobbiamo immediatamente salvare quel Pokémon!- Finalmente uscirono dal loro nascondiglio, e corsero ad aiutare la ragazza. Ash corse in avanti e si mise in bella mostra perché tutti i presenti potessero accorgersi di lui.
Ash: -Ehi, voi, chi non muore si rivede!- Il Team Rocket, una volta accortosi della presenza del loro nemico giurato, ovvero Ash Ketchum, indietreggiò, spaventato.
Jessie: -Che cosa? Di nuovo i mocciosi!- James stava digrignando i denti e stringendo con forza un pugno. Dietro al Team Rocket c’era l’immancabile mongolfiera con il pallone a forma di Meowth, pronta probabilmente per concedere ai loschi figuri una rapida e facile fuga con il bottino.
James: -Ma è possibile che dobbiate saltare sempre come funghi ogni parte che andiamo? Siete insopportabili!- Ash strinse un pugno infuriato a sua volta e rispose per le rime al ragazzo dai capelli azzurri.
Ash: -Maledetti! anche se il vostro capo è andato a miglior vita, voi non vi risparmiate minimamente!- Jessie rise, facendosi beffe dell’allenatore. Alex, una volta raggiunto il suo maestro, ascoltava impressionato il discorso appena instaurato tra Ash ed il Team Rocket.
Jessie: -Ma è naturale! Anzi, ti dirò una notizia in anteprima! Hanno eletto un nuovo capo!- Alex era perplesso una volta che ebbe compreso la gravità della situazione.
Alex: -Cosa? E come si chiama?- James scosse la testa, chiudendo gli occhi.
James: -Ah-ah-ah. Non si può dire, è un segreto militare...- Ash corrugò con forza le sopracciglia, e Pikachu fece lo stesso.
Ash: -Al diavolo i vostri segreti di Pulcinella! Facciamola finita una volta per tutte!- Tirò fuori una Poké Ball dalla cintura Porta Poké.
Ash: -Vai, Pelipper! Inonda questi ladri con un attacco Surf!- Il Pokémon pellicano uscì fuori dalla sfera e dalla sua enorme bocca sputò un violentissimo getto d’acqua, il quale stava per travolgere i tre. James rise, e prese una sfera Poké.
James: -Niente paura! Vai, Delibird, attacco Riflesso!- Il Pokémon rosa e bianco uscì fuori e formò con le mani una sorta di specchio, il quale riuscì a bloccare l’attacco devastante di Pelipper. Jessie e Meowth risero allegramente.
Jessie: -Vi conviene arrendervi, mocciosi! Non sarete mai alla nostra altezza!- Ash grugnì dalla rabbia.
Ash: -Mai! Mai porterete via quel Dratini!- Meowth gli fece la linguaccia, mettendo un dito sotto l’occhio, tirando la palpebra inferiore.
Meowth: -Bleeh! Devi imparare a perdere, ragazzino! Fai vincere gli altri, una volta tanto!- La ragazzina, dietro ai due, stava piangendo e unì le mani in segno di preghiera.
-No, Dratini...torna da meee!- Il Pokémon della ragazza, ingabbiato, stava anch’egli gridando.
Dratini: -LAURAAA!- Alex stava già male al pensiero della vincita del Team Rocket. Bisognava fare qualcosa, e alla svelta. Se quei tre fossero riusciti a fuggire non se lo sarebbe mai perdonato.
Alex: -Ok, provo con Pidgey...- Ash lo guardò perplesso. Lo sguardo incredulo e severo del suo maestro quasi tagliò le gambe all’assistente del Professor Oak.
Ash: -Cosa credi di fare? Se non c’è riuscito Pelipper, figurati con quel Pokémon!- Alex prese la Poké Ball, e poi sorrise scuotendo la testa. Tentare, dopo tutto, non costava nulla. Era giunto il momento di farsi valere.
Alex: -Mai dire mai!- Tirò la sfera davanti a sé, ed uscì il Pokémon in questione. Pidgey era già pronto per la battaglia.
Alex: -Vai, Pidgey, abbatti il Riflesso con un attacco Raffica!- Jessie, James e Meowth, dapprima increduli, si guardarono in faccia, e poi scoppiarono a ridere, facendosi altamente beffe del ragazzo con gli occhiali e dell’uccellino.
Jessie: -VUOLE ABBATTARE RIFLESSO!- James: -QUELL’AMMASSO DI PIUME!! DA NON CREDERE!- Meowth: -QUESTA E’ LA MIGLIORE DEL SECOLO!!!- L’uccellino, offeso dagli improperi dei tre lestofanti, sbatté le ali mettendo in campo una forza inaudita, e formò un vero e proprio ciclone. La gigantesca folata di vento andò a sbattere proprio contro il vetro trasparente che aveva appena creato Delibird. Jessie lo indicò e continuò a sghignazzare, mettendo in ridicolo gli sforzi del Pokémon volante.
Jessie: -Ma guardatelo! Quanto gran daffare si da! È davvero patetico!- James rise tenendosi il ventre con le braccia.
James: -Lo sanno tutti che un attacco Riflesso non può essere abbattuto fino a quando il Pokémon che lo ha creato non è ritirato dal campo di battaglia!- Un suono secco, però, catturò l’attenzione dei tre. Un suono molto simile ad una crepa che si forma su di un vetro. Meowth si guardò attorno, leggermente spaventato.
Meowth: -Che...che cos’era stato...?- James cominciava a preoccuparsi e anche lui guardò a destra e a sinistra.
James: -Non...non è quello che sto pensando io, vero...?- La donna dai capelli lunghi color magenta tentò di ridacchiarci sopra, incrociando le braccia al petto.
Jessie: -Ma no, cosa vuoi che sia! Saranno le vecchie ossa di Meowth che staranno cigolando!- Il Pokémon aggrottò le sopracciglia e guardò con rabbia la donna.
Meowth: -Ehi, non sono mica una carcassa io!- La crepa sull’attacco Riflesso cominciava a ingrandirsi. James era incredulo e additò la vistosa crepa ad occhi sgranati.
James: -Non...non è possibile...ditemi che non è vero... quel microscopico pennuto è riuscito a creare una breccia…!- Ash capì la strategia di Alex, e comandò a Pelipper di lanciare il prossimo attacco.
Ash: -Dai, Pelipper, aiuta Pidgey con un attacco Turbine!- Il Pokémon sorrise malignamente.
Pelipper: -Con moooolto piacere!- Con le sue ali scatenò una devastante tormenta che andò a finire contro lo specchio, il quale si incrinò ancora di più. L’impatto fu tremendo, il suono generato era pari ad una caduta di un pianoforte al suolo. Jessie, James e Meowth iniziarono a rabbrividire dal terrore.
Meowth: -Temo...temo che non siano le mie giunture...- Jessie: -Il vetro si sta rompendo...- James: -Mamma... si romperà in mille pezzi!!- Infatti il muro di vetro cedette, e cadde a terra, spaccandosi in mille pezzi. Scomparve, senza lasciare traccia. I membri del Team Rocket deglutirono, e poi tornarono a ridere con un atteggiamento da spacconi. Nulla era successo di particolarmente significativo, soltanto la caduta di Riflesso.
James: -Fiù... pensavo che ci fosse cascato sopra... per un momento ho temuto il peggio...- Ash fece un mezzo sorriso e poi caricò il suo Pokémon per un nuovo, decisivo attacco.
Ash: -Questo lo credete voi! Vai, Pelipper, con la Pistolacqua!- Il Pokémon sputò leggermente sui tre un po’ d’acqua. Jessie rise.
Jessie: -Ah! Non mi sembra un granché come attacco! Questa volta il tuo Pokémon mi sembra a corto di energie…- L’allenatore nascose gli occhi sotto la visiera e ridacchiò maliziosamente. Alex deglutì spaventato, quella risatina non prometteva nulla di buono.
Ash: -Questo lo credete voi...- Senza neanche pronunciare l’attacco Pikachu usò un potentissimo Superfulmine che colpì in pieno i tre. La gabbia dove c’era la Dratini di Laura volò nelle mani della proprietaria.
Laura: -Dratini! Tesoro mio!- Il Team Rocket volò via, insieme alla loro mongolfiera, pronto a ripartire alla velocità della luce. Sparirono letteralmente alla vista dei tre ragazzi, volando in orbita. La ragazza aggredita dai tre ladri, nel frattempo, liberò il draghetto azzurro dalla sua gabbia e buttò via quest’ultima.
Dratini: -Laura...!- La proprietaria del Pokémon era davvero carina: aveva dei capelli lunghi, castano scuro, degli occhi verdi, molto bianca di carnagione, una maglietta rossa con delle scritte in lingua sconosciuta, un paio di jeans piuttosto larghi e delle scarpe da ginnastica. Aveva uno zainetto nero nulle spalle. La ragazza sorrise ai due una volta che tutto tornò tranquillo.
Laura: -Voi avete liberato la mia Dratini! Se non fosse stato per il vostro aiuto, a quest’ora quei malviventi l’avrebbero di certo portata via...!- Ash sorrise, e Alex rimase bloccato, così come il draghetto del ragazzo con gli occhiali.
Ash: -Figurati! Per noi è stato un piacere! Dico bene, Alex?- E si voltò verso il suo allievo. L’assistente del Professor Oak non rispose. Era bloccato emotivamente: già dal primo sguardo si era impappinato. Teneva gli occhi incollati a terra e cercava di trovare le parole giuste per iniziare ad instaurare un discorso con quella ragazza.
Alex: -Ecco...veramente...io non...- Laura lo guardò perplessa e inarcò le sopracciglia. Si avvicinò di qualche passo e lo squadrò meglio.
Laura: -Beh? Perché balbetti?- Ash sorrise imbarazzato. Appoggiò una mano sulla spalla del suo allievo, ed Alex si sentì un po’ meglio.
Ash: -Non preoccuparti, fa sempre così con i nuovi amici! A proposito, non ci siamo ancora presentati! Io sono Ash Ketchum...- La ragazza era impressionata. Lo indicò quasi terrorizzata, così come la sua Dratini fece con la sua coda.
Laura: -TU!- Ash e Pikachu rimasero basiti da tanta meraviglia.
Ash: -Cosa? Io cosa?- Laura aveva un sorriso che partiva da un orecchio e finiva all’altro.
Laura: -Tu...tu sei il Maestro di Pokémon! Che...che onore incontrarti proprio all’inizio del mio viaggio! Ti prego, dimentica la nostra scadente prestazione... ti prego, non giudicarci negativamente...- L’allenatore con il cappello era imbarazzatissimo.
Ash: -No, no, aspetta, non tirare conclusioni affrettate! Io non giudico nessuno!- Poi guardò Alex seriamente, per cambiare discorso.
Ash: -Ehi, villano, tu non ti presenti?- Alex deglutì, poi trovò nuovamente il coraggio.
Alex: -Io...io mi chiamo Alex Blake...molto piacere!- La ragazza rispose al sorriso. Niente da fare, Alex non riusciva a tener testa a quella ragazza. Se lo sentiva già.
Laura: -Io sono Laura Ferguson... sono nata a Ciclamipoli, nella provincia di Hoenn, ma ci siamo trasferiti qui perché i miei genitori sono diventati proprietari di un ostello a Plumbeopoli, così ci siamo trasferiti qui!- Ash annuì, e sorrise.
Ash: -Ah, capisco!- Laura guardò Ash un’altra volta con fare supplichevole. Il ragazzo col cappello si sentiva all’improvviso quasi come un dio, ma la voce della Ferguson lo riportò immediatamente in terra.
Laura: -Ash, ti prego, ho bisogno di un Pokédex! Tu ne hai uno, vero?- Il ragazzo scosse la testa.
Ash: -No, mi dispiace... ma se vuoi, ti accompagniamo dal Professor Oak! Lui ne ha certamente uno, te lo darà molto volentieri!- La ragazza sorrise.
Laura: -Non vi dispiace se mi unisco al vostro gruppo, vero?- Alex era tentennante. Non si aspettava di certo quella proposta.
Alex: -Io..io sarei d’accordo! Tu che ne dici, Dratini?- Anche il draghetto era indeciso. Laura lo guardò sorridente.
Laura: -Alex, pure tu hai un Dratini? Posso vederlo?- Gli accarezzò la sua testa, e Dratini divenne rapidamente rosso.
Laura: -Sai, anche io ho Dratini, ma è una femmina! Volevo tanto un maschio, ma non mi è stato possibile trovarlo! Così mi sono accontentata di allevare un Pokémon femmina! Spero che facciano amicizia al più presto!- La Dratini di Laura guardò il Dratini di Alex, e sorrise.
Dratini L: -Ciao...- Il draghetto deglutì, e rispose con vistosa difficoltà al saluto.
Dratini A: -Cia..cia...ciao...- Pikachu rise a crepapelle.
< Pikachu: “Di questo passo non andranno molto lontano, quei due!” Decise di intervenire.br> Pikachu: -Ciao! Io sono Pikachu, molto piacere!- La Dratini sorrise al topo. Dratini L: -Ciao! Sono contenta di avere incontrato dei nuovi amici!- Dratini, incoraggiato da Pikachu, scese dalla spalla di Alex.
Dratini A: -Il...il piacere è tutto mio...!- Pikachu sorrise.
Pikachu: -Io sono un po’ avanti negli anni, ma mi sento in gran forza! Spero che voi vi alleniate insieme...!- La Dratini di Laura era perplessa.
Dratini L: -Come? Non mi sembri tanto vecchio!- Quell’affermazione mise in imbarazzo Pikachu, al quale si formò un gocciolone sulla nuca.
Pikachu: -Ehm... non intendevo dire proprio questo...ma lo scoprirete da soli...- E provocò Dratini maschio, il quale capì l’allusione del Pokémon prediletto di Ash. Però non ci diede tanto peso, e cercò di essere il più naturale possibile.
Dratini A: -Ah, bene! Io mi sto allenando da poco, e tu?- E si rivolse alla femmina. La Dratini fece spallucce.
Dratini L: -Oh, anche io...pensa un po’, prima ci stavamo allenando, e sai chi abbiamo incontrato? Un Poochyena!- Pikachu annuì.
Pikachu: -Ah, interessante! E com’è andata?- Dratini femmina sorrise ancora.
Dratini L: -Beh, abbiamo vinto con facilità... era piuttosto forte, però, ho dovuto bere più pozioni... mi è già venuta la nausea!- E risero. I due Dratini erano già diventati buoni amichetti. Ma Alex era di tutt’altra pasta. Probabilmente avrà bisogno di molto più tempo...
Laura: -Dai, andiamo allora! Sai, Ash, non mi sono mai mossa da Plumbeopoli! Come si chiama la tua città?- Il gruppetto tornò indietro, e i Pokémon saltarono sulle spalle dei loro corrispettivi allenatori.
Ash: -Oh, è Biancavilla... è una bella città, non è tanto distante da qui... dobbiamo soltanto attraversare Smeraldopoli...!- Uscirono da BoscoSmeraldo, e tornarono a Smeraldopoli. Fecero una capatina al Centro Medico per Pokémon e poi tornarono immediatamente nella città natale di Ash, più precisamente nel Laboratorio del Professor Oak. L’allenatore col cappello premette il tasto del citofono all’ingresso e Oak gli aprì subito. Attraversarono il cortile, procedendo avanti al giardino pieno di Pokémon, ed andarono verso il Laboratorio. Lì ci trovarono nuovamente Oak, il quale stava alla scrivania, intento a riparare una Esca Ball.
Oak: -Scusatemi, ragazzi, ma da quando Magikarp si è evoluto in Gyarados, l’Esca Ball si rompe sovente... la dovrò per forza sostituire con una Peso Ball...!- Poi alzò lo sguardo, e vide che c’era una nuova allenatrice a fianco di Ash e Alex. Le fece un sorriso, e posò gli strumenti di precisione.
Oak: -Ah, ciao! Tu chi sei?- Laura si presentò, facendo un leggero inchino.
Laura: -Piacere, io sono Laura Ferguson...provengo da Plumbeopoli, ed ho bisogno di un Pokédex...- Oak annuì. Aprì il famoso cassetto inesauribile della scrivania e ne estrasse un Pokédex. Lo porse in mano alla ragazza.
Oak: -Ecco, mia cara, è tutto tuo! Mi fa davvero piacere sapere che ci sono ancora dei ragazzi che desiderano diventare allenatori! Sai, Ash, l’ultimo allenatore a cui ho dato un Pokédex è stato... vediamo...uno, un anno e mezzo fa...- Ash era perplesso.
Ash: -Che strano...eppure lo sanno tutti che chi vuole prendere un Pokédex deve per forza passare di qui...- Oak sospirò, rassegnato.
Oak: -Non è questo il punto... ora che il Team Rocket è tornato più forte che mai, i ragazzi preferiscono rimanere a casa, e nessuno vuole più allenare i Pokémon...e poi, sono nate altre bande di malviventi!- L’allenatore era esterrefatto, così come lo era il suo fedele Pikachu.
Ash: -Cosa! Altre bande!- Oak annuì.
Oak: -Già... sono due... si fanno chiamare... Team Davidson e Team Richardson... sono due gruppi di malviventi forse ancora più terrificanti del Team Rocket!- Alex era perplesso. Conosceva la storia di quei due Team e dovette contenere un impeto di rabbia.
Alex: -Sono coloro che vogliono ripercorrere le orme di mio padre, se non sbaglio...!- Oak annuì ancora.
Oak: -Esatto... soltanto che il Team Davidson vuole controllare anche la penisola di Jotho e Sinnoh, mentre quello di Richardson vuole impossessarsi di Kanto e Hoenn!- Il tono di voce del Professore divenne molto cupo e privo di qualsivoglia sfumatura di felicità. Laura rimase impressionata dopo avere udito il breve racconto del luminare di Pokémon ed il commento di Alex.
Laura: -Oh, ma è terribile! Ecco perché ci sono così pochi allenatori!- Oak tornò sereno e si alzò dalla scrivania quasi di scatto.
Oak: -Bando alle tristezze! So che voi tre potrete sconfiggere quei maledetti teppisti, se unirete le forze! E la pace tornerà sovrana tra gli umani e i Pokémon!- Alex si stava rodendo già il fegato. La sua voce, infatti, era colma di rabbia. Ricordare quei due Team aveva portato in mente al ragazzo gran brutti ricordi.
Alex: -La pace c’era anche prima con il Team Rocket da solo... se soltanto quel pazzo di mio padre non avesse sfidato i Pokémon Leggendari...ah, che rabbia!- Ash scosse la testa. Posò nuovamente una mano sulla sua spalla al fine di consolarlo.
Ash: -Alex, non ti deprimere. Vedrai che, in un modo o nell’altro, questi due nuovi gruppi verranno distrutti! E, forse, potrai vendicare la morte di tuo padre...- Alex, con una manata, gettò via il braccio di Ash. Lo guardò con estrema rabbia. La reazione spaventò i due Dratini, i quali si rifugiarono tremanti dietro Laura.
Alex: -NON MI INTERESSA LA VENDETTA! Quel pazzo è sempre stato così, smanioso e arrogante con tutti! Anche con la mamma, non si è mai smentito! Tutti mi odiano e mi evitano, soltanto perché ho il cognome di...di mio padre...!- Silenzio. Ash era rimasto quasi scandalizzato dalla reazione del suo allievo, non lo aveva mai visto così tanto arrabbiato da quando l’aveva conosciuto per la prima volta. Oak tentò di sbloccare la situazione intervenendo direttamente.
Oak: -Ecco perché ho voluto che Ash sia il tuo maestro! Dimostrerai al mondo intero che la famiglia Blake non è composta da soli tiranni!- Laura annuì, sorridendo.
Laura: -Oh, sì... eccome se lo dimostrerai...- Ash fece un mezzo sorriso.
Ash: -Capisci, Alex, perché siamo qui? Abbiamo una missione da compiere!- Ancora silenzio. Fu Alex a romperlo, questa volta.
Alex: -E va bene! Mi avete convinto! Andremo a Plumbeopoli e sconfiggeremo Brock! Quella vittoria sarà l’inizio di una vera avventura!- Dratini gridò di gioia, e tornò sulla spalla del suo allenatore.
Dratini: -Bravo, ben detto!- Oak sorrise, e diede in mano ai due un altro oggetto.
Oak: -Poiché siete in viaggio, e credo che non ritornerete tanto presto, vi consiglio di portare con voi il Pokémon Navigator!- Alex fissò lo strano aggeggio, che pareva un cellulare dalle mille funzioni.
Alex: -Ah, un PokéNav! E come funziona?- Ash sorrise.
Ash: -Te lo spiego io! Ha molte funzioni... può contenere le tue medaglie, può essere un telefono cellulare e anche una mappa!- Alex era impressionato.
Alex: -Cosa? Davvero? È...semplicemente incredibile!- L’assistente del Professor Oak lo aprì, e vide che dentro c’era la cavità per la custodia delle medaglie, c’era la cornetta e pure il tastierino numerico... Era davvero uno strumento molto utile. Oak sorrise, e li spinse via.
Oak: -Bene, bene ragazzi, ora vi devo lasciare perché ho un mucchio di cose da fare... spero che non vi dispiaccia partire!- E li portò fino al cancello. Lì lo chiuse, ed i tre ragazzi erano piuttosto perplessi.
Ash: -Ma...ma che maniere! Non ci ha mai trattati così!- Alex fece spallucce, e poi rise.
Alex: -Probabilmente ha da fare... Dai, che aspettiamo? La palestra di Brock ci aspetta!- L’allenatore sorrise. Gli parve, per un istante, di vedere se stesso quando aveva appena iniziato il suo viaggio per diventare Maestro di Pokémon. Erano passati molti anni da allora. Ripresero il loro viaggio interrotto e proseguirono fino a BoscoSmeraldo, il luogo dove si erano incontrati con Laura. Lì Ash si fermò un istante, e li guardò sorridendo.
Ash: -Perfetto! Voi due siete da ora in avanti miei allievi!- Alex era perplesso.
Alex: -Veramente questo lo sapevamo già da un pezzo...- Laura era ancora più perplessa di Alex. Ash: -Come vostro maestro, vi ordino di allenare i vostri Pokémon, prima di andare a Plumbeopoli!- Alex annuì.
Alex: -Va bene... dai, andiamo a cercare dei Pokémon...- Ash scosse la testa, e bloccò Alex il quale stava già per incamminarsi nell’erba.
Ash: -Ehi, ehi, ehi, dove credi di andare? Vi allenerete qui, in strada!- Laura era un po’ preoccupata.
Laura: -Ma come faremo? Non possiamo di certo combattere contro noi stessi...!- Ash rise, e poi prese una Poké Ball.
Ash: -E qui voglio vedere voi! Dai, Machamp, vieni fuori!- Il Pokémon a quattro braccia comparì. Era veramente grosso, ed era muscolosissimo. Alex e Laura erano impressionati dalla grandezza di quel Machamp. Ash: -Semplicissimo! Quello che dovete fare è tirare fuori i Pokémon e cominciare a lottare contro Machamp!- Laura rise, un po’ imbarazzata.
Laura: -Ehm...sono contenta che ti preoccupi così tanto per il nostro allenamento... ma poi come farai con il tuo Machamp? Dopo un po’ si stancherà...- Alex annuì.
Alex: -Già! Pozioni non ne abbiamo molte, e andare avanti ed indietro per il Centro Medico non è tanto utile!- Ash rise. Era molto sicuro di sé.
Ash: -Ah, tirate le Poké Ball, le Pozioni non serviranno, né a me né a voi!- I due allenatori erano perplessi, ma tirarono fuori i loro Pokémon. Alex aveva Dratini, Pidgey e Weedle, mentre Laura aveva Dratini, Poochyena e Sandshrew. Ash ordinò ad Alex di sferrare il primo attacco, con qualsiasi Pokémon voleva.
Alex: -Va bene! Pidgey, usa Azione!- Il Pokémon partì all’attacco e colpì in pieno Machamp, il quale non sembrava minimamente risentito dall’attacco dell’uccellino. Ash scosse la testa.
Ash: -No, no, dovete utilizzare TUTTI i Pokémon alla volta! Altrimenti l’allenamento non funzionerà!- Laura era quasi sconvolta.
Laura: -Cosa...? ma stai bene?- Machamp rispose al posto del suo allenatore. Aveva una voce cupa e profonda.
Machamp: -Fate quel che vi ordina! Altrimenti vi riduco a brandelli!- I Pokémon partirono tutti all’attacco, ed eseguirono gli ordini impartiti dai propri allenatori. Pidgey utilizzava Raffica, Sandshrew Graffio, i Dratini Avvolgibotta, Poochyena e Weedle tentavano in tutti i modi di far perdere al vista al Machamp con degli attacchi Turbosabbia. Ma un solo soffio della bocca da parte di Machamp fece finire tutti i Pokémon a gambe all’aria, esausti. Ash scosse la testa.
Ash: -Mi sa che dovremo impegnarci un po’ di più...- Alex guardò Ash ancora più perplesso.
Alex: -Ash, mi spieghi come potrai curare i Pokémon? Sono tutti esausti!- Ash fece spallucce.
Ash: -Mai sentito parlare di Ripresa?- I due si guardarono nuovamente in faccia. Videro stupiti che dalle mani del Pokémon si stava prolificando una strana luce rossastra.
Ash: -Mi sono dimenticato di dirvelo... Machamp ha appreso da poco Ripresa, e perciò non serve andare al Centro Medico per Pokémon!- Il Pokémon lotta toccò gli altri, e a poco a poco tutti si rialzarono. Finita la scena, tutti parevano che stessero bene, e anzi sprizzavano energia da tutti i pori. Laura era addirittura impressionata.
Laura: -Si...si sono ripresi...e sembrano molto più forti di prima!- Ash annuì.
Ash: -Certo! bene, ragazzi, continuiamo con l’allenamento!- Alex e Laura proseguirono l’allenamento fino all’ora di pranzo. Tutti erano esausti non per mancanza d’energia, ma per mancanza di cibo nello stomaco. Ash e Alex facevano a gara per vedere quale stomaco borbottava di più.
Ash: -Ohh, sto morendo di fame!- Alex deglutì. Prese un fazzoletto dalla tasca dei suoi pantaloni e si pulì gli occhiali.
Alex: -A chi lo dici, sembrano secoli che non tocco più cibo!- Anche i Pokémon avevano molta fame. Laura sorrise.
Laura: -Ehi, perché non andiamo dai miei genitori? Lì, nell’Ostello, c’è anche la sala ristorante...- Ash e Alex erano già in piedi, pronti a partire.
Ash: -Dai, cosa stiamo aspettando? Non facciamo attendere i genitori di Laura!- Tutti risero, e poi proseguirono fino all’uscita di BoscoSmeraldo. Quando raggiunsero la città di Plumbeopoli, ad Ash venne il magone.
Ash: -Plumbeopoli...città grigia come il piombo...non è cambiato proprio nulla dall’ultima volta che l’ho vista...- La città era disposta così: ad est, in lontananza, c’era Monteluna, che portava direttamente a Celestopoli. A nord c’era il Museo e la Palestra di Brock, mentre a sud e a sud ovest c’erano il Centro Medico, il PokéMarket e l’Ostello dei genitori di Laura. La ragazza sorrise.
Laura: -Bene! Ora possiamo andare all’Ostello!- L’edificio era di colore verde, e c’era una scritta di presentazione che portava l’immagine di alcuni Pokémon. La costruzione era enorme, e si poteva vedere che aveva anche altre edificazioni all’esterno. La ragazza aprì la porta e vide che c’era una grande hall piuttosto ricca di dettagli e di oggetti. Il tappeto rosso, le sedie di velluto, oggetti d’antiquario che all’apparenza valevano un bel po’, e al fondo c’era il banco d’accettazione, dove lavorava il padre di Laura. Ash era impressionato dalla maestosità di quell’ambiente.
Ash: -Non...non mi ricordavo che ci fosse stato un Ostello da queste parti!- Laura rise. La meraviglia dell’allenatore col cappello era più che giustificabile.
Laura: -L’albergo è piuttosto recente, è stato costruito l’anno scorso! Hanno aperto da poco, e ieri c’è stata l’inaugurazione!- Alex annuì.
Alex: -Sì, ne hanno parlato molto in televisione! E dicono che hanno riscosso un notevole successo!- L’allenatrice sorrise ancora.
Laura: -Sì! Abbiamo fatto, come si dice, l’en plein!- I proprietari dell’albergo erano vestiti molto bene: giacca e cravatta di lusso, pantaloni di seta e scarpe così lucide che facevano accecare chiunque osasse guardarle. Il padre di Laura era un distinto signore all’incirca quarantacinquenne, capelli un po’ brizzolati, barba folta e occhi di ghiaccio, mentre la madre era una gran signora, magra, non tanto truccata, giacca con sotto una veste rossa e una gonna molto elegante. Scarpe col tacco. I due sorrisero alla figliola. Ash e Alex poterono leggere i nomi sulle targhette che portavano attaccati alla giacca: si chiamavano Thomas Ferguson e Valeria Smith (non chiedetemi chi sono... NdA). Thomas fu il primo a parlare, quando i ragazzi si avvicinarono al bancone.
Thomas: -Laura! Che bello rivederti! Scommetto che sei stata attratta dal profumo di arrosto, non è così?- Laura arrossì.
Laura: -Ti prego, papà, non davanti ai miei amici!- Valeria fece un grande sorriso. Non aveva nemmeno il rossetto, ma aveva delle labbra molto seducenti.
Valeria: -Oh, siete amici di Laura? Siete allora i benvenuti nel nostro modesto albergo!- Ash si guardò attorno. era estasiato. Pareva il Grand Hotel a cinque stelle di Fiordoropoli. La sala principale aveva un mucchio di porte, e il ragazzo poté capire che c’era la palestra, il ristorante, la piscina, la sauna, un campo d’allenamento per Pokémon, il teatrino, il cinema e addirittura lo spazio per il Karaoke. E non solo, alla destra del banco c’era un ascensore che pareva un’altra stanza. Poteva persino portare uno Snorlax e due Gyarados senza problemi. Le scale proseguivano al lati del banco, e probabilmente portavano alle camere. Tutto ciò era incredibilmente straordinario.
Laura: -Papà, mamma, ti presento Ash Ketchum di Pallet e Alex Blake di Fiorlisopoli!- I genitori di Laura guardarono in cagnesco il ragazzo con gli occhiali, il quale si sentiva già mortificato da quegli sguardi non certo benevoli nei suoi confronti.
Thomas: -Ah! Il figlio del tiranno, eh? Ed hai anche la faccia tosta di venire fin qui?- Laura agitò le braccia. Già i suoi genitori erano caduti nell'inganno del cognome.
Laura: -No, no, papà, non è come pensi! Io lo conosco solo da oggi, ma ti posso assicurare che è completamente diverso da suo padre!- Valeria stentava a mantenere la tranquillità.
Valeria: -Pensate un po’, quel mascalzone è venuto qui quando si stava costruendo l’albergo... ha preteso il venti per cento degli incassi, quando avremmo dovuto cominciare!- Alex era perplesso.
Alex: -Cosa? E perché?- Thomas sbatté un pugno sul tavolo. Si spaventarono tutti.
Thomas: -TE LO SPIEGO IO PERCHE’! perché tuo padre è un malvagio, avido, insensibile USURAIO!- Ah, ecco un altro punto in negativo per il padre di Alex. I genitori di Laura, alla fine, risero con malvagità.
Thomas: -Per fortuna, il periodo di fame e carestia è finito! Dalla sua morte nessuno è venuto più a prendere il suo posto, e finalmente abbiamo potuto riprendere il controllo della società! Quel farabutto aveva il 51% del controllo... era praticamente suo questo albergo!- No, quello era troppo. Alex non poté fare a meno di scappare via, uscendo di corsa dall’albergo. Ash e Laura lo osservarono stupiti.
Ash: -Alex, dove vai? Torna qui!- Valeria capì immediatamente la situazione.
Valeria: -Allora...allora avevate ragione...! il figlio di Blake non è così malvagio come suo padre!- Laura sbatté i pugni contro il tavolo, e gridò contro suo padre. Thomas: -Aspetta Laura...cerca...cerca di capire, io ho detto la mia impressione, non lo volevo offendere...- Laura non stette nemmeno ad ascoltare suo padre. Si voltò e prese per mano Ash, uscendo dall’albergo senza saluti e senza tanti complimenti. Rimasti soli, Valeria scosse la testa, un po’ arrabbiata.
Valeria: -Thomas, ma la pianti di essere così chiacchierone? Ora hai offeso quel ragazzo! se Alex è arrivato fin qui con nostra figlia e il grande campione di Pokémon, vuol dire che è davvero diverso da suo padre!- Già, diverso. Laura poteva riconoscere benissimo un uomo buono da uno malvagio. Lo poteva distinguere anche da un’occhiata. Aveva aiutato il padre a sventare una rapina proprio ieri, giorno dell’inaugurazione. C’era un uomo sospetto, e già dalla camminata Laura poté informare il padre che quello aveva cattive intenzioni. E infatti la polizia non tardò a mettergli le manette ai polsi. Thomas aveva dimenticato le straordinarie capacità di sua figlia.
Thomas: -Mi...mi dispiace, io non volevo... vado subito a chiedergli scusa!- Valeria sbuffò, e prese il posto di Thomas.
Valeria: -Fai in fretta, perché qui la gente comincia ad arrivare!-

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Capitolo 6
*** 5 - Perché le colpe dei padri devono ricadere sui figli? ***


Ash e Laura, appena usciti dall’Ostello, si guardarono intorno, per cercare Alex. Erano molto preoccupati per l’improvvisa fuga del loro amico, e soprattutto dalla sua reazione.
Ash: -Oh, no! Dov’è andato a cacciarsi, quell’altro?- Laura deglutì. Non sapeva più cosa fare. La sfuriata dei suoi genitori nei confronti di Alex proprio non ci voleva.
Laura: -Ma perché ho avuto l’idea di presentarvi ai miei genitori...? che stupida che sono stata... una stupida, stupida, stupida!- E si picchiò la fronte con la mano. Ash scosse la testa, e fermò la sua mano agguantando il suo braccio.
Ash: -Non fare così, Laura! Non è colpa tua, non avresti previsto comunque la rabbia di tuo padre!- Laura era molto triste. Era strano, ma quel ragazzo gli stava già molto a cuore, anche se era il figlio dello sfruttatore dei suoi genitori, e lo conosceva da poco. Qualcosa le diceva che quel ragazzino aveva dentro di sé un qualcosa di misterioso e speciale.
Laura: -Mi...mi dispiace...- Si sentiva già un groppo alla gola. Ash la fermò subito, tentando di consolarla. Non c'era tempo per piangucolare, pensò tutto ad un tratto il Master dei Pokémon.
Ash: -Non fare così... dai, invece di piangere andiamo a cercare Alex, non può essere andato molto lontano...- Poi notò che il Dratini dell'assistente del Professor Oak era ancora appoggiato sulla spalla della ragazza. Annuì e sorrise, guardandolo.
Ash: -Ehi, Dratini, te la sentiresti di trovare le tracce del tuo allenatore?- Il draghetto annuì sorridendo.
Dratini A: -Naturalmente!- Scese con un balzo fino a terra e cominciò ad annusare il terreno. Ash guardò il suo Pikachu.
Ash: -Dai, Pikachu, aiuta Dratini!- Il topo annuì e fece come il suo nuovo amico, annusando il terreno. Laura prese una Poké Ball e la lanciò.
Laura: -Aspettate, forse il mio Poochyena può essere di aiuto!- Il Pokémon buio uscì, e anche lui cominciò ad annusare il terreno. Dopo un po’ di tempo il cane fiutò una traccia.
Poochyena: -Woof! È andato...è andato a nord...!- I tre Pokémon cominciarono a correre in quella direzione, e Ash e Laura non poterono fare altro che seguirli. Dopo un po’ di corsa i due allenatori poterono notare che il paesaggio dapprima grigio e cittadino si era profondamente modificato, diventando una splendida radura con al centro un lago azzurro e apparentemente pulito. Al fondo c’era un boschetto, e alla destra c’era il Museo di Pokémon. Ma di Alex non c’era traccia. Laura cominciava ad avere paura della sorte di Alex, non vi erano posti in cui ci si poteva nascondere per così tanto tempo, eludendo gli occhi di tutti i ricercatori.
Laura: -Non...non lo vedo...che gli sarà successo?- Ash digrignò i denti e prese una Poké Ball dalla sua cintura. La osservò per un certo istante, pensieroso. Dopo si decise ad agire.
Ash: -Beh, questo è un lavoretto per Pidgeot!- Il Pokémon uccello uscì fuori, e rimase sospeso a mezz’aria, sbattendo le ali. Il suo allenatore dal basso gridava quello che Pidgeot avrebbe dovuto fare.
Ash: -Pidgeot, devi immediatamente trovare Alex! Vola in alto e guarda in ogni luogo, in ogni roccia, in ogni anfratto...insomma, dappertutto!- Pidgeot annuì e si levò in volo. Cominciò a volare a destra e a sinistra, facendo delle giravolte. Talvolta si spostava verso il Museo, di tanto in tanto verso il boschetto, altre volte verso il laghetto. Dopo un po’ scese fino a terra, e i due allenatori si avvicinarono a lui.
Ash: -Allora, Pidgeot, lo hai trovato?- Il Pokémon era tentennante. La sua voce era colma di dubbio.
Pidgeot: -Direi di sì... è oltre quel boschetto... ma cercate di essere gentili, perché sta piangendo...- La sua voce era gracchiante come quella di un pappagallo. Ash annuì e fece tornare Pidgeot nella Poké Ball. Si diressero verso il boschetto, e dopo un po’ di camminata gli alberi si diradarono, lasciando spazio ad un’altra radura. Al centro di essa c’era un tronco d’albero, e seduto su di esso Alex, il quale dava le spalle ai due. Era chino in avanti, e stava singhiozzando.
Laura: -Eccolo...andiamo!- E si fece avanti. Ash tentò di fermarla.
Ash: -No...aspetta!- Troppo tardi, la ragazza era già partita in quarta, seguita fedelmente dal Dratini di Alex. Era decisa a consolarlo con tutte le sue forze, ma appena si era trovata a pochi passi da lui le venne meno la volontà di fare e agire. Si sentiva troppo triste anche lei. Laura: “Questa situazione...l’ho già vissuta...” La sua mente tornò a qualche anno addietro, precisamente in una tempestosa giornata di fine agosto...

FLASHBACK

Thomas: -MALEDIZIONE! Quel maledetto d’un Blake mi ha fregato di nuovo!- Era ormai tempo di iniziare la costruzione di un nuovo ostello a Plumbeopoli. La città era ormai in notevole crescita economica e demografica, perciò le piccole imprese potevano prosperare senza particolari problemi. Laura era al settimo cielo pensando che i suoi genitori erano proprietari di uno dei più lussuosi alberghi di tutta la regione di Kanto, e forse anche di tutte le altre. La rabbia improvvisa del padre, però, fece immediatamente sbollire la felicità della ragazzina.
Laura: -Cosa... cosa succede, papà?- L’uomo era furente. La sua faccia era paonazza dalla grande ira.
Thomas: -Quel...quel maledetto! Gliela farò pagare molto cara!- Teneva in mano un foglio e certe volte lo stringeva energicamente. Poi lo lisciava e nuovamente lo stropicciava. Era talmente furioso che gli usciva il vapore dal naso come i tori. Laura ancora non capiva cosa stesse accadendo in quel momento.
Laura: -Dai, dimmi cos’è successo!- Thomas, in preda alla rabbia, lanciò un urlo feroce alla figlia.
Thomas: -STAI ZITTA! Non sono affari che ti riguardano!- Laura non era molto impressionata dall’urlo, tanto che era abituata. Sapeva benissimo che suo padre si comportava così quando era nervoso. Le prime volte, rimembrava, piangeva scappando via, ma quella volta si era ripromessa di andarsene senza sbattere il minimo ciglio. E c’era riuscita. In quel momento padre e figlia si trovavano in mezzo ad un rettangolo impresso sul prato, e intorno a loro c’erano muratori, spalatori, ingegneri, elettricisti etc. che stavano aspettando con i loro attrezzi le direttive del capomastro (Thomas NdA). Attorno a loro, inoltre, c’erano sacchi di calce, cemento, mattoni, ghisa, ferro e quant’altro per costruire un edificio a prova di bomba. Ma la reazione di Thomas era tutt’altro che favorevole a dare l’inizio alla costruzione.
Thomas: -IMMEDIATAMENTE IL CAPOINGEGNERE!- L’uomo all’istante si avvicinò all’importante uomo d’affari di Plumbeopoli. Era un ometto piccolo, quasi alto quanto Laura, aveva in testa un elmetto giallo, vestito di camice, cravatta nera e un paio di jeans un po’ scuciti sulle ginocchia.
-Sì, signore!- Thomas consegnò sgarbatamente il foglio nelle mani del capoingegnere, il quale era rimasto notevolmente basito dopo aver letto quasi terrorizzato il contenuto della lettera.
-Non...non mi aspettavo che... i costi fossero così elevati...- Laura, volendo sapere a tutti i costi ciò che stava accadendo, si nascose dietro ad un albero lì vicino, e stette in ascolto.
Thomas: -Certo, invece! Quel Blake ha davvero esagerato! Ha aumentato del venti per cento il costo dei mattoni! Ora quanto dovrebbero costare, cinquemila yen l’uno?- Il capoingegnere capì la situazione al volo.
-Ho capito. Dovremo stare attenti a maneggiare i mattoni, affinché non se ne rompa neanche uno...- Thomas annuì, sbuffando più volte.
Thomas: -Esatto... andateci piano anche con il cemento, che quello mi è costato un occhio della testa!- Laura, dietro all’albero, non capì tutte le parole, ma comprese comunque la situazione.
Laura: “Quel Blake è davvero un vampiro senza scrupoli!” L’ometto continuò a leggere la lettera.
-Senta, capomastro, qui c’è una clausola!- L’uomo prese nuovamente la lettera e la lesse.
Thomas: -Cosa? Fammi vedere! Non mi ero accorto che ci fosse una clausola...!- La lesse ad alta voce, affinché tutti, compresa Laura, la comprendessero.
“...addì 28 agosto bla, bla... è stato deciso all’unanimità che...grazie al presidente Fred Blake... ci sarà una sovrattassa su tutta la prole di ogni famiglia! Il costo medio è di ventimila yen a cranio...” Thomas buttò la lettera a terra e la calpestò più volte.
Thomas: -AH! PURE I VENTIMILA YEN! Ci mancava soltanto questa! Ah, io non pagherò niente!- L’ometto con il casco in testa tossicchiò.
-Le ricordo che se non paga porteranno sua figlia all’orfanotrofio...oppure, con molta probabilità, venduta come schiava a qualche famiglia benestante, onde pagare il debito...- Laura aprì gli occhi terrorizzata.
Laura: “Cosa...? non avrà il coraggio di farlo?” Thomas continuò a calpestare la lettera sempre più indignato.
Thomas: -NON AVRANNO UN CENTESIMO DA ME! Io non pagherò niente!- Basta, quello era troppo. Anche se erano pochissime parole, furono sufficienti per uccidere emotivamente la ragazzina. Laura non ci vide più nulla dalla disperazione e scappò via piangendo. Andò a sbattere contro qualsiasi cosa e cadde più volte a terra, tanto gli occhi erano accecati dalle lacrime.
Laura: -Papà, pensavo che tu mi volessi bene!! Tu...tu mi vuoi vendere...sei cattivo, cattivo, CATTIVOO!- Tornando da Thomas la situazione era un po’ più diversa. Se la ragazzina fosse rimasta un po’ più a lungo ad ascoltare...
Thomas: -No, non pagherò!- Il capoingegnere era un po’ perplesso, e tentò di far ragionare quella testa calda di Thomas. -Rifletta, capomastro, rifletta! Vuole che sua figlia sia venduta ad una famiglia di ricconi? Ha quindi più interesse nei suoi soldi che in sua figlia?- L’uomo con i baffi strinse i pugni, digrignando i denti.Riuscì a calmarsi un poco, ma le mani continuvano a tremargli dalla gran rabbia accumulata.
Thomas: -No, maledizione, no! Certo che no! Quel maledetto Blake... ci tiene tutti in scacco! Pagherò anche questa volta... io mi svenerei per mia figlia... voglio che lei abbia il meglio dalla sua vita... io la assisterò in tutto...- Raccolse la lettera e poi si guardò intorno.
Thomas: -Che strano, mi è sembrato di udire la voce di Laura...- La ragazza correva più non posso, e raggiunse il boschetto. Ansimò e singhiozzò dalla fatica e dal gran pianto.
Laura: -Perché...perchè papà... perché mi vuoi così male...perchè...?- Tirò su con il naso e si sedette sul ceppo di legno in mezzo al bosco...

FINE FLASHBACK

Laura: -Per colpa del padre di Alex mi sono sentita cascare il mondo addosso... ma papà ha pagato lo stesso...lo sapevo che non mi avrebbe mai abbandonata...- Il ragazzo con gli occhiali si voltò di scatto spaventando sia la ragazza che il Pokémon. Laura, talmente si era concentrata sui suoi ricordi, non si accorse di avere parlato a voce alta.
Alex: -TI CI METTI ANCHE TU? Non bastavano i tuoi genitori per rendermi la vita come un inferno, e poi tutti gli altri?- Laura agitò le mani imbarazzata.
Laura: -No, no, scusami, non volevo offenderti! È solo che...- Ma non riuscì a terminare la frase. Alex aveva già smesso di piangere, e si era alzato dal ceppo di legno. Laura, preoccupata, lo seguì con gli occhi.
Laura: -Ora dove vorresti andare?- Il ragazzo con gli occhiali alzò le spalle, e poi si guardò intorno, senza trovare un qualche cosa di interessante.
Alex: -Non lo so... sarà meglio tornare indietro...il sole sta calando...- Laura annuì, e il Dratini di Alex saltò sulla spalla del suo allenatore, felice di averlo ritrovato. Tornarono indietro, e si avvicinarono al lago. La ragazza si fermò davanti alla distesa d'acqua, ed Alex si accorse che la sua amica si era bloccata solo qualche passo più avanti. A Laura era venuta un’idea. Laura: -Alex, dai, sediamoci vicino al lago!- Il ragazzo annuì, poi i due ragazzi con i loro Pokémon si avvicinarono ancora di più al lago. Si sedettero a terra, e videro che il sole era ormai calato di parecchio. Era quasi sera. I raggi del sole si spandevano sulla superficie dell’acqua del lago ed essa brillava. Era uno spettacolo incredibile. Il tramonto, visto da quel punto, era emozionante, e bellissimo. Laura si era distesa a terra, e stava scrutando il cielo.
Laura: -Sai, Alex?- Il ragazzo stava fissando il lago, alla ricerca di chissà cosa. Dratini lo risvegliò mordendogli lievemente il pollice della mano sinistra.
Alex: -Cosa?- Poi si voltò, e vide che la ragazza era sdraiata. Ad un tratto divenne rosso di imbarazzo.
Laura: -Non so... è tutto successo in un giorno... ho conosciuto sia Ash, il più forte Maestro di Pokémon di tutti i tempi che te, l’assistente del famoso Professor Oak...- Alex si sforzò di sorridere, ma non ci riuscì. Quello che avevano detto i genitori della ragazza pesava ancora parecchio.
Alex: -Io non ho avuto mai nessuno che mi abbia voluto bene...- Laura si mise seduta di scatto, e lo fissò negli occhi stupita.
Laura: -COSA? Non hai mai avuto amici? Dico, stai scherzando?!- Alex scosse la testa, e tornò a guardare il lago seriamente.
Alex: -No...da quando mia madre è morta, il solo che potevo vedere era papà... ma non sapevo che venisse considerato uno spietato aguzzino assetato di sangue... ho vissuto sempre nell’ombra, senza mai poter legare con nessuno... quello che faceva mio padre non giungeva a me...- Laura rimase in silenzio, e Alex continuò a parlare.
Alex: -Quando uscivo mi vergognavo ancora di più. Vedevo bambini felici che giocavano insieme ai loro genitori e ai loro Pokémon....- Laura tentò di sdrammatizzare il suo racconto, lanciandosi in qualche commento.
Laura: -Perché non ti sei fatto amico un Pokémon? Ce ne sono moltissimi, lo sai?- Alex sospirò, e divenne ancora più triste. Laura si maledisse mentalmente. Quello che aveva appena chiesto aveva ferito ancora di più il suo amico. Poteva starsene zitta?
Alex: -Ah...i Pokémon... papà mi ha categoricamente vietato di avere mai a che fare con i Pokémon... non ho mai capito il perchè di questo divieto. Comunque...lui era un collezionista, ed ambiva in tutti i modi di catturare tutti i Pokémon di questa Terra... ma uno è morto... e un altro gli è mancato per un soffio...- Laura tentò di continuare a mantenere quel discorso.
Laura: -E tu sai chi?- Il ragazzo con gli occhiali ci pensò un po’, e poi annuì.
Alex: -Sì...mi pare che il Pokémon defunto sia...se non mi sbaglio... Mewtwo...- Laura aprì gli occhi spaventata dalla rivelazione di Alex.
Laura: -COSA? Ma è terribile! Ho letto sulla enciclopedia che Mewtwo è il clone modificato del leggendario Mew! Ma come ha fatto ad ucciderlo?- Alex si tolse gli occhiali, chiuse gli occhi e se li stropicciò con le mani. Laura ed i due Dratini rimasero in silenzio, in attesa che l'assistente del Professor Oak riprendesse a parlare.
Alex: -Ho sentito dire dalla gente che Mewtwo non voleva più subire ordini da mio padre... così egli non ha avuto nessun rimorso a farlo fuori con un attacco del suo potentissimo Charizard...-

FLASHBACK

Mewtwo si trovava bloccato al muro, incatenato alle mani e ai piedi. Quelle maledette catene non volevano schiodarsi di un solo centimetro. Era rimasto in quella posizione per tre lunghi giorni, ridotto a soli pane ed acqua. Era ormai ridotto ad uno scheletro, ma aveva ancora le facoltà mentali lucide. Si trovava in una sorta di prigione, e di fronte a lui c’era una scala a tre gradini che conduceva ad una porta robusta d’acciaio. La porta si aprì, manifestando un agghiacciante clangore e una fortissima luce investì il quasi cieco Pokémon. Nella luce improvvisa riuscì ad intravedere la sagoma di una persona e, dopo un po', lo vide. Fred entrò sghignazzando, la sua risata echeggiava in quel lugubre luogo.
Fred: -Bene, bene, molto bene... chi abbiamo qui? Il potentissimo Mewtwo ai miei piedi...! eh, eh, eh....!- Il Pokémon ringhiò, e parlò mentalmente come solo lui sapeva fare.
Mewtwo: “Che cosa vuoi ancora da me?” Fred lo guardò, e notò che, nonostante la dieta forzata, si opponeva ancora. Certo che ne ha di coraggio questo Pokémon, pensò Fred.
Fred: -Vedo che non vuoi desistere... le torture non ti sono bastate...- Sul corpo di Mewtwo c’erano delle profonde ferite che gli avevano lacerato la carne. Il sangue che era fuoriuscito aveva attirato topi e scarafaggi, ma venivano sempre cacciati via dal Raticate di Fred. Mewtwo chiuse gli occhi e fece un mezzo sorriso.
Mewtwo: “Puoi torturarmi finché vuoi, tanto non mi sottometterò mai a te!” Fred strinse i denti dalla gran rabbia, ma mantenne il suo sinistro sorriso.
Fred: -Odio quando i Pokémon mi si ribellano contro!- Ormai le ferite erano state rimarginate. Fred era perplesso che Mewtwo avesse ancora le capacità di risanarsi. Aveva un’energia infinita. Uno strano gorgoglio si sentì, echeggiando per diversi secondi. Mewtwo divenne rosso dalla vergogna e spostò lo sguardo da un'altra parte, alla ricerca di qualsiasi cosa potesse catturare la sua attenzione, fuorché osservare il volto del suo aguzzino. Fred ridacchiò ancora e continuò a canzonare il Pokémon.
Fred: -Oh-ho! Cosa sento mai! Il più potente Pokémon al mondo è preso dai morsi della fame! Dammi retta, Mewtwo, mangia, altrimenti verrai divorato da te stesso!- Il Pokémon scosse la testa più volte.
Mewtwo: “NO! MAI!!” Le catene d'acciaio che tenevano ferme le braccia e le gambe del Pokémon tintinnavano ogni volta che Mewtwo si muoveva. Fred scosse la testa, sorridendo malvagiamente. Il sorriso dell'uomo era una continua tortura per Mewtwo, poiché si manteneva freddo e canzonatorio.
Fred: -Se ti unirai a me, diverremo invincibili...! dammi ascolto... se accetterai ti libererò e potrai mangiare quel che vuoi, fino a quando sarai sazio! Per sempre!- Il Pokémon ringhiò ancora una volta, e si limitò a voltare lo sguardo da un'altra parte.
Mewtwo: “Le tue proposte, a casa mia, sono dei ricatti!” Fred sbottò, e poi guardò Mewtwo dritto negli occhi. Gli puntò un dito contro il petto, il quale poco spazio lasciava all'immaginazione.
Fred: -POCHE STORIE! Questa è l’ultima volta che te lo chiedo! Vuoi o no lavorare per me?- Il Pokémon chiuse gli occhi, e poi scosse la testa.
Mewtwo: “Scordatelo!” Fred, in preda alla collera, mandò fuori il suo Pokémon migliore, Charizard. L’allenatore di Pokémon istigò il suo progioniero ancora una volta di cambiar scelta. Mewtwo non lo mostrò al suo torturatore, ma nel suo inconscio tremava di paura. L'aura che avvolgeva Fred Blake consisteva in pura malvagità, così come quella del Pokémon fuoco appena invocato.
Fred: -Ti avverto, se non cambi idea ti ucciderò!- Il Pokémon psico fece spallucce. Ormai non aveva più nulla da perdere.
Mewtwo: “Tanto peggio...” Basta, quello era troppo. Fred ordinò a Charizard di far fuori il disertore con un attacco Lacerazione. Il Charizard, sotto la malvagità del suo allenatore, divenne ben presto anch’egli malvagio. Affondò i suoi artigli nell’addome del Pokémon fino a trapassare il suo corpo. Mewtwo non poté fare altro che gridare....
FINE FLASHBACK

Laura si mise un dito in bocca e si mangiò l’unghia. Era terrorizzata dall’ascolto di quella orrenda, tragica storia.
Laura: -Mamma mia... che storia tremenda... tuo padre era un maledetto assassino... togliere la vita così a un povero Pokémon... anche se si trattava di Mewtwo...- Rimasero in silenzio per un bel pezzo. Ormai il sole era tramontato, e le stelle erano comparse sulla volta celeste. Alex decise di sdraiarsi a fissare intensamente anche lui il cielo con la sua nuova amica.
Alex: -Chissà se Mewtwo è salito fino in cielo...- Laura annuì tristemente.
Laura: -Io credo di sì... secondo me, quando i Pokémon si spengono, le loro anime salgono fino al cielo e diventano delle stelle... più si sono comportati bene sulla Terra, più la loro luminosità sarà forte...- Alex sospirò. Il discorso non aveva in sé una logica, ma non gli importava.
Alex: -Allora quella di Mewtwo sarà molto debole... ma lui non ne ha colpa, è stato programmato per essere malvagio...- Altro silenzio di tomba. Il silenzio divenne molto pesante ed avvolgente, quindi Laura si voltò verso il suo nuovo amico per romperlo.
Laura: -Alex, non te la devi prendere per questo... la vita va avanti!- Il ragazzo con gli occhiali fece spallucce, e continuò a guardare il cielo notturno.
Alex: -Oh, non preoccuparti... ci sono abituato... fin dalla nascita...- La ragazza si mise seduta, un poco urtata dalle parole di Alex, e scosse la testa.
Laura: -No, Alex, non dire queste cose! Se tu sei convinto che tu non possa avere amici che ti vogliano bene, tu non ne avrai mai!- L’assistente del Professor Oak manifestò un debole sorriso, ma Laura non poté vederlo a causa dell’oscurità.
Alex: -Se sei il figlio del più temibile terrorista di Pokémon di tutti i tempi... beh, ti ci abituerai col tempo...- La ragazza non poté fare a meno di dare un ceffone sulla guancia di Alex. I due Dratini si guardarono in faccia confusi, e più confuso di loro era il ragazzo con gli occhiali. Alex si levò a sedere, e guardò Laura mezzo stordito.
Alex: -Cosa... perché mi hai dato uno schiaffo?- Laura strinse i pugni, e poi aggrottò le sopracciglia.
Laura: -SMETTILA, ALEX! Non puoi pensare sempre in negativo! Anche se tu sei il figlio di Fred Blake, ciò non vuol dire che tu debba per forza essere emarginato da tutti! Tutti potrebbero guardarti storto, ma tu dovresti fare qualcosa per conquistare la fiducia della gente!- Le parole di Laura erano continue frecciate velenose per Alex, ed il ragazzo rimase ancora più sconvolto.
Alex: -Ma... ma io...- La ragazza scosse ancora la testa. Laura: -Ma tu un corno! Tu stai affrontando questo viaggio per diventare un ottimo allenatore di Pokémon, giusto?- Alex annuì. Momento di suspanse per i due Dratini. Laura sospirò, e poi il suo tono di voce tornò ad essere un po’ più pacato.
Laura: -Bene... tutto quello che stai facendo, credimi, gioverà molto alla tua immagine... se continuerai ad ascoltare il tuo cuore e i tuoi Pokémon... potrai salvarti...- Alex era impressionato. Nessuno si era rivolto così dolcemente e amichevolmente verso di lui prima d’ora. Laura era una persona speciale, era riuscita a stringere amicizia con quell’orso solitario di Alex Blake. L’assistente del Professor Oak era stralunato. Si sentiva felice, in quel momento. Mai stato così felice in quel preciso istante. Quel magico momento, come tutti del resto, era destinato a svanire ben presto. Tutto ad un tratto, infatti, si sentirono delle grida, e sembravano quelle di Ash e Pikachu. Laura si alzò di colpo e si guardò attorno.
Laura: -Alex, alzati! Mi sembra di avere ascoltato la voce di Ash!- Il ragazzo si alzò ed insieme a Laura si guardò intorno. Finalmente riuscirono a scorgere la sagoma del ragazzo e del topo elettrico. L’allenatore di Pokémon più forte al mondo si era portato una torcia elettrica.
Ash: -ALEEX! LAURAA! RISPONDETEE!- Anche Pikachu si stava sgolando.
Pikachu: -FATEVI VEDEREEE!- I due ragazzi si avvicinarono ad Ash e Pikachu velocemente, e il ragazzo col berretto fu felice di rivederli. Puntò la torcia contro di loro e sorrise.
Ash: -Alex, Laura, finalmente! Vi abbiamo cercato in lungo e in largo...!- Poi guardò il suo allievo seriamente. Ash: -Alex, ti senti bene?- Il ragazzo con gli occhiali annuì lentamente.
Alex: -Sì... grazie, Ash...- Laura sorrise, e la sua Dratini saltò sulla sua spalla sinistra.
Laura: -Ora è tutto a posto! La crisi è superata, vero Alex?- Il ragazzo annuì, sorridendo.
Alex: -Sì! Ora sto decisamente meglio!- Ash sospirò, sorridendo a sua volta.
Ash: -Meno male! Sai, Alex, i genitori di Laura ti hanno cercato tutto il giorno!- L'assistente del Professor Oak rimase perplesso dopo avere ascoltato le parole del suo maestro.
Alex: -Cosa? E perché?- L’allenatore di Pokémon più forte al mondo sorrise ancora. Quel sorriso diede incredibilmente un'estrema sicurezza nel figlio di Fred Blake.
Ash: -Appena sei scappato via di corsa, i proprietari dell’Ostello si sono scusati... sanno fin dalla nascita della loro figlia che Laura ha dei poteri speciali...- La ragazza arrossì, e tentò di guardare qualcos’altro per trattenersi.
Laura: -Poteri speciali... tu esageri, Ash...- Ash in quel momento non stava sorridendo. Sembrava che fosse diventato un vero saggio, come non mai prima d’ora. Addirittura il buon vecchio Pikachu osservò sbalordito il suo allenatore quando riuscì ad udire le sue parole.
Ash: -Parlo sul serio, Laura... i tuoi genitori mi hanno raccontato che tu riesci a percepire soltanto con un’occhiata se una persona è buona o malvagia... e tu hai subito avuto fiducia in Alex!- La ragazza tornò seria e annuì.
Laura: -Sì... questo è vero...- L’allenatore con il berretto tornò a sorridere, e guardò il suo allievo negli occhi.
Ash: -Alex, Thomas vorrebbe scusarsi personalmente con te... vorresti tornare nell’Ostello?- Il ragazzo con gli occhiali era spaesato. Era tutto successo in un sol giorno. La sua vita era completamente cambiata. Prima era un disgraziato emarginato da tutti, insultato, deriso e abbandonato a se stesso. Da quando aveva conosciuto Ash tutto il mondo, dapprima in bianco e nero, era lentamente diventato a colori. Aveva cominciato ad allenare i suoi Pokémon, aveva degli amici e soprattutto non era più odiato. Certamente molti continuano a conservare la loro diffidenza nei suoi confronti, ma le poche e precise parole di Laura gli avevano risvegliato una voglia di vivere che era rimasta assopita per tanto tempo. Il ragazzo con gli occhiali era al colmo della felicità, ed a stento riuscì a trattenere la sua gioia.
Alex: -Sì...andiamo!- Finalmente tornarono all’Ostello, dove fuori dall’albergo c’era Thomas che guardava a destra e a sinistra, con molta probabilità alla ricerca di sua figlia. Il proprietario dell'Ostello tamburellava le dita sulle braccia conserte al petto, in un'attesa snervante per il ritorno di Ash.
Thomas: -Ma dove sono andati a finire... ormai è buio pesto!- Poi vide una luce che stava arrivando dalla sua sinistra. Era la sua torcia elettrica che aveva imprestato ad Ash. Si rasserenò, e sorrise.
Thomas: -Meno male, eccoli di ritorno!- Vide con grande piacere che Ash era in buona compagnia. C’erano tutti e tre, meno male. Thomas sospirò, e poi andò incontro ai tre ragazzi.
Thomas: -Laura, Ash, Alex, finalmente!- I quattro si unirono e Thomas sorrise.
Thomas: -Ero in pensiero per voi! Dove eravate andati?- Laura fece un dolcissimo sorriso. Thomas, nell'osservare quel sorriso, si tranquillizzò completamente.
Laura: -Appena ho trovato Alex, siamo andati al lago. Il tramonto è stato eccezionale!- Thomas annuì. Poi il proprietario dell’albergo guardò Alex un po’ tentennante.
Thomas: -Alex... ti devo porgere le mie più sentite scuse... oggi pomeriggio mi ero completamente dimenticato delle capacità di mia figlia di distinguere un uomo buono da uno cattivo...- Alex sorrise, e chiuse gli occhi.
Alex: -Nessun problema, signor Ferguson... sono cose che succedono... non dovevo scappare via così...- Il padre di Laura lo guardò stupito.
Thomas: -Allora mi perdoni?- Il ragazzo con gli occhiali annuì felice.
Alex: -Certo!- L’uomo con i baffi rise, e poi prese per mano sua figlia e l’assistente del Professor Oak.
Thomas: -PERFETTO! Sono felice che tutto si sia risolto per il meglio! Ma vi vedo stanchi! Se volete vi offro una buona cena, poiché oggi non avete toccato cibo!- E li trascinò con una vigorosa e rinnovata forza fino all’albergo. Ash e Pikachu erano perplessi e si guardarono in faccia.
Pikachu: -Ma che modo ha di trattare le persone? Sembravano asini da soma!- Ash rise divertito dall’osservazione del suo amico beneamato.
Ash: -Hai proprio ragione!- Poi gli stomachi dei due borbottarono, e risero imbarazzati.
Ash: -Credo che sia arrivato il momento di mettere qualcosa sotto i denti... giusto Pikachu?- Il topo elettrico annuì sorridendo.
Pikachu: -Sì! Sto morendo dalla fame!- E ridendo corsero verso l’Ostello illuminato dei Ferguson.

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Capitolo 7
*** 6 - I Pokémon di Brock ***


N.B.: Tutti i commenti, anche negativi, sono bene accetti! Ditemi se questa fanfiction è di vostro gradimento! Grazieeeee!!!! ^__^

Laura si svegliò lentamente. Venne svegliata dai dolci raggi del sole del mattino che arrivavano dalla finestra della sua cameretta. Essa era molto semplice, però comprendeva tutto quello che una stanza dovrebbe possedere: il letto di piume, la scrivania con il computer, l’orologio appeso alla parete, il tavolino al centro della camera, con su di esso libri, quaderni e penne alla rinfusa. La scrivania della ragazza era stata appena riordinata da poco, e gli scaffali che erano accanto alla ribaltina erano pieni di libri su Pokémon, Pokémon, e ancora Pokémon. Sui muri, oltre che a dei poster di Pokémon, ce n’era uno in particolare che Laura adorava più di tutti: esso rappresentava un ragazzo sulla ventina d’anni, capelli mossi, castani, occhi azzurri e un sorriso a trentadue denti. Era un ragazzo che Laura amava da sempre, o per lo meno amato da tutte le sue fan: egli era Jim Sheridan, il protagonista della soap opera basata sui Pokémon più amata dalle teenager di tutte le regioni. Egli era il più bel ragazzo che Laura avesse mai potuto vedere. Lei, come tutte le altre, era una fan sfegatata di Jim. E non era finita lì. La ragazza aveva avuto la rarissima occasione di vedere il suo idolo durante gli allenamenti con i Pokémon. Il suo Blastoise, poi, era uno schianto: muscoli possenti e intelligenza sopraffina. Era un mix che la faceva impazzire. Laura sbadigliò, e si stiracchiò.
Laura: -Hmmm....- L’ultimissimo piano di quell’albergo a cinque stelle, che il signor Ferguson chiamava Ostello, era adibito soltanto per la stanza e il bagno della figlia dei proprietari dell’edificio. Oltre alla loro sala da letto e da pranzo. Insomma, l’ultimo piano dell’Ostello di Plumbeopoli era l’appartamento dei Ferguson. Laura si alzò e svogliatamente rassettò il suo letto. Meccanicamente cercò i suoi vestiti, che erano buttati lì a terra. Li mise in ordine e li appoggiò sulla sedia accanto alla scrivania. Si diresse verso l’armadio e lo aprì, notando che era quasi vuoto. Rimase stupita che i suoi vestiti erano ancora tutti da lavare.
Laura: -COSA? E ora che cosa mi metto?- Non poteva certamente rimanere in mutande e reggiseno che figura avrebbe potuto farci? I vestiti di ieri, poi, non ne parliamo. Neanche un Koffing avrebbe mai appestato l'aria tanto. Si guardò attorno perplessa. Notò che la sua Dratini stava dormendo pacifica sul tappeto accanto al tavolino al centro della stanza, raggomitolata su se stessa.
Laura: -Devo chiamare mamma!- Si diresse verso la porta e l’aprì. Corse verso la camera da letto dei suoi genitori e li chiamò a gran voce. Nulla, non c’era nessuno. Guardò in bagno, nella sala da pranzo, nel salotto. Nulla, i genitori della ragazza stavano già lavorando. Laura incrociò le braccia al petto.
Laura: -Ma è mai possibile che si devono alzare sempre così presto...?- Poi guardò l’orologio, e lo fissò incredula.
Laura: -COSA? LE 10? MA E’ TARDISSIMO!!!!- Si guardò intorno ancora una volta, poi pensò che, per chiamare sua madre, era necessario un telefono. Il numero di telefono dell’albergo lo sapeva a memoria, ma dove trovare un apparecchio? Se fosse stato presto avrebbe potuto sgattaiolare fino alla stanza della lavanderia, poiché nessuno si azzarderebbe ad uscire dalla propria stanza prima delle otto del mattino. Ma era molto tardi, sicuramente Ash e Alex avranno già fatto colazione. Sospirò, e rifletté su quello che avrebbe potuto fare in quel momento.
Laura: -Come...come posso chiamare mamma...?- Poi il lampo di genio. Il giorno prima il Professor Oak aveva dato ad Alex il Pokémon Navigator, il quale conteneva anche un cellulare. Il ragazzo l’aveva dato a lei poiché voleva andare a fare il bagno nella sauna insieme ai Pokémon e ad Ash e Pikachu. E ora il PokéNav era lì, sul tavolo. La ragazza lo prese di corsa e lo aprì. Compose il numero e rimase in attesa, appoggiando lo strumento sul suo orecchio. Due, tre squilli, e finalmente risposero.
-Sì, pronto, Ostello di Plumbeopoli! Sono Thomas Ferguson, in cosa posso servirvi?- Laura sorrise. Laura: -Papà, sono Laura!- Il padre della ragazza si scompose. Non si aspettava di certo di essere chiamato dalla figlia.
Thomas: -Laura! Ma che ti salta in mente di comporre il numero dell’hotel?- La ragazza lo interruppe velocemente. Doveva pure subirsi la paternale? No, era troppo tardi per rimanere in ascolto.
Laura: -Non ora, papà, è un’emergenza! Passami mamma!- Il padre passò la cornetta a Valeria. La madre di Laura rimase in ascolto.
Laura: -Mamma, non ho neanche un vestito! Perché non c’è stato nessuno che li abbia portati fino in camera?- La donna si grattò la testa.
Valeria: -Laura, tesoro, lo sai benissimo che i camerieri e i governanti non possono accedere all’ultimo piano! Te l’ho detto ieri di andare a ritirare la roba in lavanderia, ma tu hai detto: “No, no, devo andare dal Professor Oak! Lo faccio dopo!” Te lo ricordi, vero?- Laura, imbarazzata, deglutì un grosso rospo.
Laura: -Ehm... sì, è vero ma... poi ci sono state delle cose che...non avevo previsto...- Valeria sospirò, ridendo.
Valeria: -E va bene, Laura... ti porterò su della roba... ma non lamentarti se non ti piacerà!- Laura annuì.
Laura: -Va benissimo mamma! Qualsiasi vestito andrà benissimo! Ti ringrazio tanto!- E chiuse la conversazione. Iniziò ad andare in bagno e si fece una doccia rapida. Quando finì di lavarsi il telefono si mise nuovamente a squillare. La ragazza, con l’accappatoio, si diresse verso quell’oggetto infernale che il Professor Oak aveva consegnato ad Alex. Lo aprì nuovamente e avviò la conversazione.
Laura: -Sì, pronto!- Era sua madre.
Valeria: -Laura, sono mamma! Ho trovato un vestito che forse potrebbe piacerti...!- Laura annuì.
Laura: -Ok! Me lo porteresti su, per piacere?- Valeria era tentennante, e poi si schiarì la gola.
Valeria: -Laura... è successo un piccolo problema...- Laura sospirò. Se sua madre parlava di un piccolo problemino, voleva dire che tutto era andato storto.
Laura: -Cos’è successo questa volta?- La donna rise imbarazzata.
Valeria: -Ecco vedi, il fatto è che... beh, io salgo, vedrai tu stessa!- E chiuse nuovamente la chiacchierata. Laura rimase in attesa di chissà cosa, poi la Dratini si svegliò, sbadigliando.
Dratini: -Mhhh... che dormita!- Poi si guardò attorno, e sorrise all’allenatrice.
Dratini: -Buongiorno! Ti ho sentita gridare... che è successo?- Laura si voltò, e sorrise.
Laura: -Oh, nulla di che... mi sono ritrovata senza vestiti!- Dratini scese, con un balzo, dal tavolo.
Dratini: -Ah, capisco! Per me è la stessa cosa quando bisogna cambiare pelle durante la muta...- E rise. Laura annuì, e rise pure lei.
Laura: -Certo! Ci si sente troppo nudi!- La ragazza portò la draghetta in bagno e la lavò, insaponandole la testa e il corpo. Quando finì l’asciugò con il fon.
Laura: -Dratini ti senti pronta per la grande sfida di oggi?- Il Pokémon annuì.
Dratini: -Certo! ci siamo allenati duramente per questo!- Laura rimase un istante in silenzio, e Dratini rimase perplessa dalla strana calma della ragazza.
Dratini: -Laura? C’è qualcosa che non va?- L’allenatrice era perplessa, e stava guardando fissa davanti a sé. Il Pokémon si voltò verso il punto in cui la ragazza guardava, ma non vide altro che la finestra chiusa. Si voltò nuovamente e la guardò un po’ spaventata.
Dratini: -Laura? Stai male?- L’allenatrice scosse la testa, e poi sorrise.
Laura: -Scusami, ero soprappensiero! Mi stavo chiedendo chi potrebbe iniziare per primo...- Dratini era perplessa.
Dratini: -Di chi parli?- La ragazza sorrise ancora.
Laura: -Ma di me e Alex! Tra un po’ ci sarà la sfida con Brock, e insieme non potremo gareggiare! Mi sa che dovremo fare a turno...- Dratini annuì.
Dratini: -Penso che tu abbia ragione...- Bussarono alla porta, e l’allenatrice andò lentamente verso la porta.
Laura: -Sì, chi è?- La voce che le rispose era familiare. Era la madre.
Valeria: -Sono mamma!- La ragazza aprì la porta, fece entrare la donna e richiuse il passaggio immediatamente. Era ormai fine estate, e gli spifferi si sentivano distintamente. Aveva fatto ancora un po’ di caldo in quei giorni, ma le previsioni annunciavano giorni e giorni di pioggia a catinelle. La ragazza guardò sua madre entusiasta.
Laura: -Grazie, mamma! Mi hai salvata da un bel pasticcio!- Poi la sua felicità si interruppe immediatamente, notando che quello che aveva sua madre in mano non era assolutamente uno dei suoi vestiti. Indicò quell’abito quasi raccapricciata.
Laura: -Che...che roba è quella lì?- Valeria stava ridendo goffamente. Era difficile spiegare quel che era veramente successo, ma lo doveva fare comunque.
Valeria: -Ecco vedi... come dire, c’è stato un piccolo incidente di percorso...- La ragazza fissò sua madre negli occhi.
Laura: -Che è successo? Spiegati meglio!- La donna fece vedere alla figlia quel vestito. Era orrendo: un paio di jeans scuciti alle ginocchia colorati di un disgustoso blu marino, una maglietta che non era certamente intonata con il suo modo di vestire, ed un paio di scarpe da ginnastica mezzo rotte.
Valeria: -C’è stato uno scambio di vestiti... questi qui che vedi dovevano andare direttamente nella spazzatura, insieme ad altri stracci...!- Laura capì il resto. Le cominciarono a tremare le mani dalla grande ansia che stava provando in quel momento.
Laura: -Cioè...vorresti dire che i miei...vestiti....- Valeria annuì tristemente.
Valeria: -....tutti bruciati....- Laura, disperata, si lasciò cadere e rimase in ginocchio, con le mani a terra.
Laura: -Ma non è possibile! Perché è successa questa cosa? Di chi è stata la colpa?- Valeria scosse la testa.
Valeria: -Non saprei... questa cosa è successa l’altro giorno... ho detto a qualcuno di mettere a posto i cartellini sulle buste, ma forse lo scambio è partito da lì...- Laura scosse la testa e si rialzò.
Laura: -E ora che cosa faccio? Non posso presentarmi così alla palestra! Penseranno tutti che sia trasandata!- Valeria aggrottò le sopracciglia e puntò un indice contro sua figlia.
Valeria: -Ehi! Che cosa sono tutte queste urla? Mi avevi promesso che non avresti fatto capricci! E ora mettiti questi!- Laura, controvoglia, dovette accettare. La donna se ne andò e la ragazza si vestì lentamente. Notò che i jeans erano al di sopra della sua taglia, perciò dovette cercare una cintura. Ma neanche quella c’era nell’armadio. Tutto, era stato bruciato tutto. La ragazza si maledisse mentalmente e poi, una volta vestita, si guardò allo specchio. Dratini sopraggiunse in quel momento e guardò stralunata la sua allenatrice.
Dratini: -Che...che razza di vestiti sono?- Laura chiuse gli occhi e sospirò.
Laura: -Ahhh... non me ne parlare... e ora che cosa faccio...?- Poi pensò ad una soluzione. Poteva benissimo mascherarsi e andare da Brock da sola, senza aspettare Ash e Alex. Così nessuno avrebbe potuto riconoscerla. L’allenatrice sorrise e guardò il suo Pokémon prediletto.
Laura: -Ho trovato una soluzione! Potrò mascherarmi da ragazzo!- La Dratini fece un balzo in aria, stupita.
Dratini: -COSAAA? Ma sei fuori? E se qualcuno ti riconoscesse?- Laura scosse la testa, e rise.
Laura: -No, no, non preoccuparti! Tutti dicono che sono un maschiaccio! D’altronde non mi trucco mai, perciò sarà facile farla in barba a tutti! Basta che prendo questo berretto e questa fascia....- Si svestì nuovamente e fece tutto quello che aveva in mente. Prima di tutto, con l’aiuto dei suoi Pokémon, strinse la fascia intorno al suo petto, in modo da schiacciare il seno, poi con dovuti accorgimenti mise i capelli a mo’ che sembravano corti. Infine prese il berretto con la visiera (simile a quello di Ash nella prima serie NdA), si rivestì e poi si guardò allo specchio. Stentava a crederci pure lei.
Laura: -Quella...quella sarei io?- I Pokémon la guardarono sorpresi.
Sandshrew: -Se non t’avessi vista, non ti avrei riconosciuta neanche se me l’avessi detto tu!- La ragazza annuì divertita, e si guardò nuovamente allo specchio.
Laura: -Va bene! Credo che così conciata non mi riconoscerà nessuno!- E così radunò i suoi tre Pokémon e se ne andò dalla stanza. Scese le scale di corsa e notò che c’era molta gente all’androne dell’Ostello, e tutti conoscevano Laura. Tutti stavano guardando la ragazza, e la figlia di Thomas rimase bloccata in mezzo alla hall, imbarazzata, con tutti quegli occhi addosso.
Laura: “Oddio... mi avranno scoperta...?” Nessuno spiccicava parola, e Thomas stesso si avvicinò all’allenatrice. La ragazza deglutì terrorizzata.
Laura: “Oh no! Mi hanno scoperta!” Thomas, infuriato, prese per il colletto della maglietta sua figlia, ma non la riconobbe.
Thomas: -EHI, RAGAZZINO! Si può sapere che stai bazzicando da queste parti? Lo sai che non si può entrare da soli, senza essere accompagnati da un genitore?- La reazione di suo padre era il documento scritto che dimostrava che il suo travestimento era perfetto. La ragazza tentò di ingrossare la voce, imitando quella di un maschio.
Laura: -Ehm...sì lo so... stavo cercando Ash Ketchum!- Thomas la lasciò andare e poi la guardò perplesso.
Thomas: -Ash Ketchum hai detto...? strano, mi pare di averti già incontrato da qualche parte...- La ragazza travestita rise imbarazzata.
Laura: -No, no, si sbaglia signor Ferguson! Io sono di un’altra città, molto molto lontana!- Thomas annuì sospirando.
Thomas: -Ok... ma come ti chiami tu?- La ragazza deglutì ancora una volta. Si guardò intorno, e poi sorrise.
Laura: -Io... io mi chiamo Frank... e vengo da Fucsiapoli!- Thomas annuì.
Thomas: -Ho capito... Frank, se stai cercando Ash Ketchum lo troverai nella sala da pranzo lì a destra... sta ancora mangiando con il suo amico Blake...- Ed indicò la sala da pranzo. Laura sorrise, e ringraziò suo padre.
Laura: -Perfetto! Grazie per l’informazione...!- E se ne andò. Thomas tentò a fermarla, senza successo. Si grattò la testa confuso.
Thomas: -Ma come? Prima mi chiede dove si trova una persona e poi se ne va?- A un centinaio di metri dall’Albergo, dietro ad un albero, Laura stava gioendo per la vittoria del suo piano strategico.
Laura: -Sì! Nessuno mi ha riconosciuta... eh, eh...!- Poi si ricompose, guardando l’edificio in lontananza che si ergeva su una maestosa collina. La costruzione era enorme, e la ragazza travestita non fece neanche fatica a leggere i caratteri cubitali che stavano sullo striscione sulla facciata principale della Palestra di Plumbeopoli. Si leggeva chiaramente “Per chi volesse scontrarsi con la roccia, i Pokémon di Brock fanno al caso vostro”. Laura era eccitata, poteva dimostrare ad Ash che lei era già pronta per battere Brock. Si incamminò velocemente verso la Palestra, e notò con grande disappunto che le porte erano chiuse. Era un edificio immenso: già dall’entrata si poteva capire tutto. Le porte in vetro erano fatte apposta che potessero assomigliare a lastre di pietra, il tetto era di un grigio accecante che s’intonava perfettamente con il colore della città. Le finestre al di sopra delle porte erano enormi, così che la luce del sole potesse filtrare all’interno senza difficoltà. L’attenzione dell’allenatrice fu catturata da un tizio seduto lì vicino che le faceva cenno di avvicinarsi.
-Ehi, tu! Sì, parlo proprio con te!- Laura si avvicinò perplessa. Il ragazzo era seduto dietro ad un bancone, e su di esso c’era scritto “Accettazione Gare Pokémon”. Probabilmente quello era il banditore per l’iniziazione alla battaglia diretta con Brock. Il ragazzo aveva un paio di occhiali scuri, capelli sparati castani, pelle olivastra e ostentava un ridicolo gilet viola su una ancor più ridicola maglietta azzurra, con degli incommentabili pantaloncini rossi.
-Vorresti sfidare Brock, vero?- La ragazza annuì. Laura: -Esatto! Sono qui per sfidarlo!- E anche Dratini annuì. Il ragazzo sorrise, e poi si tolse gli occhiali. Aveva gli occhi chiusi, come se avesse delle linee al posto degli occhi.
-Capisco! Io sono Forrest, il fratello minore di Brock... il più vicino a lui, per l’esattezza...- Laura era perplessa.
Laura: -Che...che intendi dire?- Forrest sorrise.
Forrest: -Vedi, noi siamo in totale nove fratelli... Brock è il più grande, e io sono il secondogenito! Ho già diciotto anni!- E si indicò con un pollice, quasi fiero di averglielo detto. Laura sorrise.
Laura: -Ah, ho capito! Molto piacere, io sono...- E si bloccò. Non poteva certamente dirgli il suo vero nome. Ma poi ci rifletté sopra. Tanto Ash e Alex non erano con lei, perciò poteva dire anche il suo falso nome.
Laura: -Io...mi chiamo Frank Thomson!- Il ragazzo continuò a sorridere e le fece vedere un foglietto su cui c’era scritto in stampatello come titolo “SFIDANTI DI BROCK IL MAGNIFICO”. E sotto c’era una caterva di nomi su più colonne, che incredibilmente erano tutti cancellati con un tratto di penna. Era strano e Laura dovette chiedere spiegazioni per quel gesto.
Laura: -scusami.... ma tutte queste persone hanno rinunciato a sfidarlo o sono state costrette a ritirarsi?- Il ragazzo rise, e scosse la testa.
Forrest: -Cosa? Oh no, sono tutti gli allenatori che Brock ha sfidato in questi ultimi tempi... e che naturalmente ha sconfitto!- Laura deglutì un rospo enorme, e aprì la bocca stupita.
Laura: -Come...? Dici davvero?- Tornò a guardare quella lista. Erano minimo una cinquantina di nomi. Brock sembrava molto forte, e Laura cominciò a perdere quella sua voglia di sfidarlo. Ma poi scosse la testa e sorrise. Ormai era arrivata fino a quel punto, perché tirarsi indietro?
Laura: -Bene! Ne può battere anche mille, ma io non mi tirerò indietro di sicuro!- Il ragazzo le porse una penna. Forrest: -Perfetto! Allora scrivi il tuo nome qui!- Ed indicò una cella vuota. Laura scrisse il suo nome e poi consegnò il tutto al ragazzo.
Laura: -Ecco fatto! Quando potrò sfidare tuo fratello?- Il ragazzo si alzò dalla sedia e poi indicò una casetta accanto alla palestra. Era di legno, con il tetto rosso e le finestre a balcone. La classica casetta in Canadà.
Forrest: -Ecco, noi abitiamo in quella casa! Se vuoi ti accompagno! Brock in questo momento è lì, e sta riposando insieme ai suoi Pokémon!- La ragazza accettò e insieme andarono nella casa dove c’era il campione di Plumbeopoli. Il ragazzo aprì la porta in legno e Laura poté vedere che Brock era seduto su una poltrona viola con in braccio un Pokémon. Pareva un cucciolo di Bulbasaur. La casa era accogliente e molto carina: l’entrata era costituita da un ingresso che si collegava direttamente con il salone dove c’era Brock con il Pokémon. Il divano, al centro della stanza, era appoggiato su un tappeto blu scuro, e davanti al sofà c’era una televisione. I muri, adornati da quadri, facevano da sfondo a quel panorama di gusto e di classe. Il capopalestra di Plumbeopoli si alzò dal divano e si diresse verso la porta.
Brock: -Ce c’è, Forrest? Abbiamo visite?- La voce di Brock si era parecchio ingrossata. Aveva già venticinque anni, ed era diventato un ragazzo affascinante. Era vestito con un gilet verde scuro, una maglietta rossa ed un paio di pantaloni neri. Laura lo vide e ne rimase estasiata.
Laura: -Quello...quello è Brock...?- Forrest annuì divertito, e si addentrò nella casa.
Forrest: -Proprio lui! Aspetta un momento qui, vado a farti le presentazioni a mio fratello...!- Forrest parlottò nell’orecchio del suo fratello maggiore ed egli immediatamente diede in custodia il piccolo Pokémon a Forrest. Brock si avvicinò a grandi passi verso l’allenatrice travestita e la ragazza iniziò ad avere paura. Paura di essere riconosciuta. All’inizio volle indietreggiare per poi andarsene via, ma il volto del capopalestra fu tutt’altro che austero.
Brock: -Ciao, Frank! Benvenuto a Plumbeopoli!- E le strinse la mano. Laura sospirò e poi sorrise, ingrossando anch’ella la voce.
Laura: -Ciao! Piacere di fare la tua conoscenza!- Ma la presentazione si interruppe di colpo poiché il cucciolo di Bulbasaur si stava già lamentando e Forrest non riuscì a farlo calmare. Si agitò e sbraitò ma non ci fu nulla da fare per placare il suo piagnisteo. Brock si voltò e si avvicinò verso Forrest.
Brock: -Forrest! Te l’avevo detto che Bulbasaur deve bere il latte a piccoli sorsi, altrimenti gli va tutto di traverso!- Forrest fece un sorriso imbarazzato.
Forrest: -Ah sì, è vero! Ti chiedo scusa!- Laura vide che Brock aveva preso il cucciolo dalle braccia di suo fratello e che gli stava dando da mangiare come se quel Pokémon fosse suo figlio. Difatti il Pokémon erba smise immediatamente di piangere e ben presto ricominciò a mangiare. L’allenatrice si sentiva di troppo in quel momento.
Laura: -Scusami, vedo che hai da fare… se vuoi passerò un’altra volta…- E già era pronta per girare i tacchi ed andarsene. Brock sorrise e scosse la testa. Il Bulbasaur pareva rasserenato.
Brock: -No, no, non devi scusarti! Anzi, sai una cosa? Ero già pronto per riaprire la mia palestra! L’ho chiusa perché da giorni non si è più fatto vivo neanche uno sfidante, perciò… per fortuna che sei arrivato tu!- Forrest annuì, avvicinandosi a suo fratello.
Forrest: -Già… devi sapere, Frank, che in questo periodo non ce la stiamo passando molto bene… anche se hai visto un elenco innumerabile di allenatori sfidati da Brock è da un bel pezzo che nessuno si è più scritturato…- Laura annuì tristemente.
Laura: -Certo, capisco… la paura spinge le persone a non allenare più i Pokémon… ma com’è possibile? Ormai Fred Blake è scomparso da tempo, ormai! L’epoca del Terrore dovrebbe essere finita per sempre!- La parole di Laura lasciarono perplessi i due fratelli. Brock alzò il capo e assunse uno sguardo piuttosto preoccupato.
Brock: -Spiacente ricordarti che, anche se il signor Blake è morto, il Team Rocket è più vivo che mai! E ora che un mio vecchio amico si è ritirato, non c’è più nessuno che possa batterli…- La ragazza parve interessata dal discorso. Laura: -Scusa se insisto, ma chi sarebbe questo tuo amico?- Il capopalestra della città di Plumbeopoli fece un mezzo sorriso di orgoglio.
Brock: -Egli è il campione dei campioni, ha vinto nelle leghe di Kanto, Jotho e Hoenn! E a Sinnoh, naturalmente, è già stato acclamato Master per merito!- Laura sorrise. Aveva già capito di chi stava parlando.
Laura: -Ash Ketchum, vero?- Brock rise e annuì.
Brock: -Proprio lui! Allora è più famoso di quanto abbia potuto immaginarmi! Sarebbe bello se riuscissi nuovamente a incontrarlo!- Il cucciolo di Pokémon finì il latte e fu sazio. Ben presto infatti cadde in un sonno profondo e il capopalestra di Pokémon di Roccia adagiò con estrema cura il Bulbasaur sul divano. Forrest si preoccupò di rimboccargli le coperte e Laura sorrise per quel gesto così semplice ma così profondo nello stesso tempo. La ragazza notò che sulla parete più in là c’era appesa una foto in cui era raffigurato Brock che stringeva la mano ad un uomo con i baffi. Incuriosita fece qualche domanda su quell’immagine.
Laura: -Ti chiedo ancora scusa, Brock, chi sarebbe quell’uomo?- Ed indicò la foto. Il ragazzo si voltò e sorrise.
Brock: -Quello è il signor Jonathan Pringle, il vecchio presidente della “Moo-Moo and Company”…- Laura fu sorpresa da quella rivelazione.
Laura: -“Moo-Moo & Co.”? L’azienda che si preoccupa di recuperare Pokémon feriti, abbandonati e orfani?- Il capopalestra disse di sì quasi commosso.
Brock: -Proprio quella… e ora ne sono io il presidente…- L’allenatrice si avvicinò a Brock e gli strinse la mano ondeggiando le braccia.
Laura: -Che onore! Sono così felice di avere conosciuto il presidente di un’azienda così importante!- Sciolsero la stretta, poi Brock si voltò verso suo fratello.
Brock: -Forrest! Se c’è qualche problema con Bulbasaur avvertimi! Io sto andando a riaprire la palestra!- La ragazza travestita fece un sorriso che partì da un orecchio e finì all’altro.
Laura: -Quindi accetti la mia sfida?- Brock sorrise a sua volta guardando l’allenatrice.
Brock: -Certo! Andiamo!- I due uscirono dalla casetta lasciando solo Forrest. Una volta fuori Brock e Laura si avvicinarono alla porta della palestra e il capopalestra estrasse le chiavi dell’edificio. Aprì il portone e la ragazza non riuscì a vedere nulla all’interno.
Laura: -Accidenti, è buio pesto!- Brock rise ed applaudì due volte.
Brock: -Ah! Ah! Guarda un po’!- E di colpo le luci si accesero. La figlia dei Ferguson fu stupita dalla visione che le si era posta davanti agli occhi: un’enorme palestra in cui delle rocce facevano capolino dal pavimento. Era tutto color blu metallico e le rocce variavano il loro colore dal bianco al nero con chiazze castane.
Laura: -La palestra… è immensa!- Brock prese il suo telefono cellulare dalla tasca dei pantaloni color beige e compose un numero. Stette in attesa poi parlò.
Brock: -Pronto, Steve? Ciao, sono Brock… sì, c’è bisogno di te… ok, a fra poco!- Chiuse la conversazione e mise via il telefonino a onde corte.
Brock: -Era l’arbitro… fra un po’ arriva!- La ragazza annuì e i due si introdussero nell’edificio. Frattanto, poco più in là, Ash e Alex stavano cercando disperatamente Laura, la quale pareva essere svanita nel nulla. Si erano pure divisi nel tentativo di rendere più rapido il ritrovamento ma tutte le ricerche avevano condotto ad un buco nell’acqua. Quando i due si riunirono si chiesero l’un l’altro i risultati delle loro ricerche.
Ash: -Allora? L’hai trovata?- Alex scosse la testa. Alex: -No… sembra che la terra l’abbia inghiottita! Ho chiesto a tutti ma non c’è neanche uno che l’abbia intravista!- Pikachu sospirò.
Pikachu: -Non resta che mettere un foglio con su scritto “Ragazza scomparsa”…- Ash scosse la testa.
Ash: -No! Quella sarà l’ultima cosa che faremo! Anzi, sai cosa facciamo? Chiediamo ai nostri Pokémon di unirsi nella ricerca!- Alex annuì e poi tutti i Pokémon furono chiamati all’appello. C’erano Pikachu, Magcargo, Machamp, Pidgeot, Tyranitar e Pelipper, i quali erano i Pokémon di Ash. Alex poteva contare su Dratini, Weedle e Pidgey. I due allenatori diedero precise informazioni su cosa fare ai Pokémon, i quali partirono immediatamente alla ricerca della compagna sperduta. Ma le ricerche proseguirono invano per un certo periodo di tempo e, stanchi e stremati, i Pokémon tornarono dai loro allenatori. Ash era molto preoccupato: come aveva potuto dimenticarsi dell’esistenza della sua allieva? Avrebbe dovuto prestarle maggiore attenzione.
Ash: -Maledizione! Se le fosse successo qualcosa…io non me lo perdonerei mai…!- Pikachu e Alex gli andarono incontro poiché il maestro di Pokémon si era seduto per terra. Alex: -Non fare così, Ash! Io scommetto che sta bene e ci starà aspettando!- Il topo giallo annuì, dando ragione al ragazzo con gli occhiali.
Pikachu: -Sì! Stiamo perdendo tempo inutilmente! Se la caverà!- Ash annuì senza dire una parola e poi si rialzò.
Ash: -Va bene… Alex, ti accompagno da Brock… tanto abbiamo cercato in lungo e in largo… spero che voi abbiate ragione!- E così dicendo richiamarono tutti i Pokémon nelle loro sfere Poké, eccezion fatta per Pika e per Dratini, il quale non ne voleva sapere di tornare nella sfera. Ash sorrise al capriccio del Pokémon Drago. Ash: -Ah! Ah! È proprio come Pikachu! Anche lui all’inizio non ne voleva sapere di rientrare nella sfera!- Alex era perplesso.
Alex: -Davvero, Pikachu?- Il Pokémon elettrico era imbarazzato e ridacchiò.
Pikachu: -Beh, ecco… io, veramente… era troppo scomodo lì dentro! E poi soffro di claustrofobia!- A passi lenti ma regolari si incamminarono verso la palestra di Brock. Alex e Ash notarono che la palestra aveva le luci accese, segno che Brock era all’interno di essa. Il ragazzo con il cappello fu abbastanza rincuorato da questo.
Ash: -Alex, non sto nella pelle! Fra un po’ rincontrerò il mio amico Brock!- Alex fece un mezzo sorriso.
Alex: -Senti, è davvero forte come dicono tutti?- Il topolino giallo disse di sì.
Pikachu: -Puoi giurarci! Mi ricordo la prima volta che ho combattuto… aveva un Onix così grande che occupava tutta la palestra! E dire che l’edificio era bello grosso!- Ash rise.
Ash: -Sì, sì, me lo ricordo!- Ma poi smise immediatamente di ridere, dandosi uno schiaffo.
Ash: -Accidenti, non dovrei ridere! Laura è scomparsa e io mi comporto come se niente fosse successo!- Alex strinse i denti. Anche lui era notevolmente preoccupato dalla misteriosa scomparsa della sua nuova amica. Cercò comunque di osservare il bicchiere mezzo pieno e con un sorriso si rivolse al suo maestro.
Alex: -Non essere troppo duro con te stesso… non l’abbiamo proprio vista per tutto il giorno…!- Quando si avvicinarono di più notarono che al banco c’era Forrest. Il fratello minore di Brock notò Ash e gli andò incontro meravigliato. I due ragazzi si fermarono.
Forrest: -Non…non ci posso credere! Tu sei Ash?- E lo indicò. Il Master dei Pokémon annuì.
Ash: -Sì, sono proprio io…!- Forrest rise a crepapelle. Forrest: -Non ci posso credere! È da un sacco di tempo che non ci vediamo! Sai, mio fratello Brock mi ha parlato moltissimo di te negli ultimi tempi! Non vedeva l’ora di incontrarti di nuovo!- Alex si grattò la testa così come fece Dratini usando la coda.
Alex: -Eh! Addirittura?- Ash sorrise.
Ash: -Ah, capisco! Beh, digli che sono tornato e che c’è un mio amico che vorrebbe sfidarlo!- Poi il suo volto si oscurò.
Ash: -Almeno…ci sarebbe stata un’altra sfidante, però…- Forrest rise ancora e diede una pacca sulla schiena del ragazzo.
Forrest: -Suvvia, Ash, non essere così triste! Dai, appena finita la battaglia nella palestra che si sta svolgendo in questo momento vi porterò dal capopalestra!- Mentre i due dialogavano l’occhio di Alex cadde sul registro degli allenatori battuti da Brock nelle ultime settimane. Oltre a tutti gli altri, l’allenatore e il Pokémon notarono che un nome non era stato cancellato con un tratto di penna. E alla lettura di quel nome ai due venne un tuffo al cuore.
Alex: -Dratini… leggi tu quello che leggo io…?- Il Pokémon tremante annuì.
Dratini: -Sì… credo di sì…- Si voltarono e chiamarono a gran voce il maestro di Pokémon.
Alex e Dratini: -AAAASH!- L’allenatore più forte al mondo si voltò stupito e quasi spaventato al grido dei suoi amici.
Ash: -Che c’è? Perché gridate così tanto?- Gli fecero cenno di avvicinarsi a loro. Ash e Forrest corsero verso di loro e videro Alex indicare il registro.
Alex: -Guarda, Ash! Laura…Laura si è iscritta per gareggiare contro Brock!- Tutti rimasero sbigottiti dalla rivelazione dell’aiutante del Professor Oak.
Ash: -COSA? Dici sul serio?- Dratini annuì.
Dratini: -Sì! E la data è quella di oggi! E si è registrata giusto mezz’ora fa!- Forrest rimase molto preoccupato da ciò e prese il registro in mano, quasi scandalizzato dalla rivelazione. Grosse gocce di sudore si formarono sulla fronte e scesero lungo le tempie.
Forrest: -Cosa? Mezz’ora? Ma l’unica persona che è venuta da me… era un maschio! Si chiamava Frank! Me lo ricordo benissimo!- Alex fece vedere che nel registro c’era il nome di Laura Ferguson. Quando lo lesse, il ragazzo con gli occhiali scoppiò a ridere.
Alex: -Ecco perché non riuscivamo a trovarla, Ash! Era già nella palestra!- Ash per un momento parve molto arrabbiato, ma poi rise anch’egli. Laura aveva organizzato la sua messinscena fin nei più piccoli dettagli, e si era tradita dalla sua stessa firma.
Ash: -AH! AH! Che sagoma! Travestirsi da ragazzo… e poi per cosa?- Il fratello minore di Brock rimase quasi sconvolto. Aveva parlato con una ragazza, credendo che fosse un maschio! Per un certo istante a Forrest venne il mal di testa e dovette per forza sostenersi su un traliccio del banco di accettazione.
Forrest: -Certo che recitava molto bene la parte del ragazzo!- Pikachu saltò dalla spalla dell’allenatore e si avvicinò al portone. Aveva stampato sul volto un sorriso che partiva da un orecchio e finiva all’altro.
Pikachu: -In questo caso andiamo! O ci perdiamo la battaglia!- Tutti annuirono e si precipitarono nell’edificio. Percorsero pochi metri che giunsero nelle gradinate dove gli spettatori potevano assistere ai match di Pokémon. Videro Laura, travestita da maschio e Brock, il quale era intento a gareggiare. Videro pure un arbitro su una pedana al lato del campo sulla metà.
Alex: -Quello è Laura! La riconosco dai Pokémon!- Infatti sul campo c’erano Poochyena e Dratini e Brock aveva schierato il suo fido Geodude e Kabuto. Ash rimase più stupito dal Pokémon fossile del suo amico che della follia che Laura aveva appena fatto facendo spaventare tutti a morte.
Ash: -Caspita! Chissà dove avrà trovato il fossile!- Alex prese il PokéDex e controllò i due Pokémon di Brock.
“Geodude, il Pokémon Roccia. Di solito si trova vicino ai sentieri di montagna. Se per sbaglio viene urtato diventa furioso.” “Kabuto, il Pokémon Crostaceo. Pokémon primitivo resuscitato da un fossile. Quando è in fondo al mare usa gli occhi superiori”
Ash notò che i Pokémon di Laura erano spossati, probabilmente stavano lottando già da molto tempo. Invece il Geodude e il Kabuto del capopalestra di Plumbeopoli sembravano traboccare di energia. Laura, alias Frank, non si lasciò scoraggiare e cercò di partire con un nuovo attacco doppio.
Laura: -Forza! Proviamoci ancora una volta! Poochyena, scava una fossa e tu, Dratini, usa l’attacco Fulmisguardo per distrarre Kabuto!- Il Pokémon buio iniziò a scavare in terra e ben presto il cane sparì dalla vista dei ragazzi. Dratini incentrò il suo sguardo sul fossile resuscitato il quale rimase basito dall’intensità dello sguardo della draghetta. Brock dal canto suo non pareva molto turbato dalle scelte di Laura.
Brock: -Geodude, mantieni la calma e usa l’attacco Pazienza! E tu, Kabuto, usa Surf su Dratini!- Sugli spalti Ash fu molto preoccupato.
Ash: -No! L’attacco Surf è devastante in un campo di roccia!- Alex rimase perplesso dall’osservazione del suo maestro.
Alex: -Cosa? E perché?- Ash strinse i denti e i pugni contro il corrimano che c’era davanti a sé che fungeva da ringhiera.
Ash: -Usare un attacco d’acqua in un campo di sole rocce è terribile perché lo trasforma ben presto in un pantano! Se Dratini lo evita, Kabuto userà Surf sul terreno e Poochyena rimarrà invischiato nel terreno!- Forrest annuì.
Forrest: -Già… questa è la tecnica che ha sempre permesso a mio fratello di vincere!- Alex fu spaventato e iniziò a gridare.
Alex: -LAURA! NON USARE L’ATTACCO FOSSA, E’ PERICOLOSO!- Tutti si voltarono stupiti verso il ragazzo con gli occhiali. Brock rimase spaesato dal richiamo.
Brock: -Cosa…? Come l’ha chiamato?- Anche l’arbitro fu piuttosto sorpreso.
Steve: -Laura? Ma è impazzito? Non vede che è un ragazzo?- Laura fu messa in un profondo disagio ma decise di far finta di nulla e di accettare il consiglio di Alex. Diede nuovi, precisi ordini ai due Pokémon.
Laura: -Dratini! Usa l’attacco Avvolgibotta su Kabuto in modo tale da fargli fermare l’attacco Surf! Poochyena! Esci dal tunnel e usa il Morso su Geodude!- I due Pokémon fecero il loro lavoro e la femmina di drago riuscì a bloccare la mossa di Kabuto, mentre Poochyena dal canto suo con un mozzico riuscì a mettere K.O. il suo avversario di roccia. Brock si voltò quasi spaventato.
Brock: -COSA? Come è potuto accadere?- Steve diede un punto a Laura.
Steve: -Geodude non è più in grado di combattere! Il vincitore è Frank!- Ash rimase perplesso.
Ash: -Frank? Ma che razza di nome è? E perché si è agghindata in quel modo? È irriconoscibile!- Forrest sghignazzò. Certo che per essere una novellina, sapeva travestirsi in un modo eccezionale.
Forrest: -Pensa un po’, è riuscita ad ingannare tutti con quel travestimento! Anche a quel vecchio volpone di Brock!- Brock, nel frattempo, strinse i denti e richiamò Geodude nella sua sfera Poké. Poi alzò lo sguardo e sul suo volto apparve un leggero sorriso.
Brock: -E va bene! Per ora stai conducendo la partita tu, Frank, o per meglio dire… Laura Ferguson!- Tutti rimasero ammutoliti dalla scoperta di Brock, più fra tutti Laura stessa.
Laura: -Cosa…cosa stai dicendo?- Il ragazzo venticinquenne fece un mezzo sorriso e mise le mani sui fianchi.
Brock: -Pensi che non l’abbia capito? È logico! Ho già sentito la tua voce quando ho soggiornato nell’Ostello di tuo padre, il signor Ferguson! E poi mi sarebbe parso strano che un allenatore si presentasse ad un incontro serio vestito di stracci! E poi quei Pokémon, chi mai può allenare con così tanto garbo due Pokémon del genere? Una ragazza, ovvio!- Laura, ormai scoperta, decise di gettare la maschera. Si tolse il cappello con la visiera all’indietro e i suoi capelli castani le caddero velocemente sulle spalle. Steve rimase sconvolto dalla scoperta di Brock.
Steve: -INCREDIBILE! Non era mai successa una cosa del genere!- Laura rise e decise di rendere la situazione grottesca e comica. Non voleva lasciarla cadere nel ridicolo.
Laura: -E va bene, Brock! Ora che hai scoperto la mia identità?- Il capopalestra fece spallucce.
Brock: -Beh, si continua la gara!- Alex rimase molto stupito e molto dubbioso da tutta questa messinscena.
Alex: -Ash, secondo te perché Laura avrebbe dovuto travestirsi?- Il ragazzo scosse la testa rassegnato. Pure Pikachu non seppe trovare una risposta logica.
Ash: -Bah! Valle a capire, le donne!-

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Capitolo 8
*** 7 - Guai in vista ***


Laura, una volta scoperta, non seppe più che pesci pigliare. Era stata identificata, pure Brock aveva capito la sua vera identità. Che fare, era meglio scappare a gambe levate o terminare l’opera? Per un momento le venne voglia di piangere, ma lo sguardo deciso della sua Dratini le fece capire che era giunto il momento di agire. Non bisognava assolutamente piangere, doveva dimostrare a tutti i presenti che era cresciuta, sia fisicamente che mentalmente. Fece un mezzo sorriso di sfida. Brock fece lo stesso e rispose alla sfida “facciale” della ragazza.
Brock: -Allora, vogliamo continuare?- Laura annuì e strinse i denti.
Laura: -Certo!- Steve intanto intervenne usando il fischietto. Era riuscito a monopolizzare l’attenzione di tutti, così che non gli fu difficile articolare il contenuto del suo intervento.
Steve: -Vi chiedo scusa per l’interruzione, ma devo chiedere a Brock di scegliere un altro Pokémon!- Tutti rimasero congelati dalla richiesta dell’arbitro, la più colpita fu proprio la sfidante. Per un certo momento nella palestra scese un silenzio di gelo, rotto dopo molti secondi dalla ragazza.
Laura: -Cosa…? Che cosa vuol dire? I patti non erano questi, la sfida richiedeva due Pokémon per ciascuno!- Steve annuì.
Steve: -Non lo nego… ma il regolamento parla chiaro! Le generalità dell’allenatore devono essere chiare come la luce del sole! E tu, Laura Ferguson, hai contravvenuto a questa regola! Mi dispiace ma devo consegnarti un penalty!- Brock scosse la testa. Non pareva molto favorevole alla decisione dell’arbitro.
Brock: -Perché questa regola insulsa? Se uno non vuol far sapere agli altri la propria identità non può gareggiare? E la privacy dove la si mette?- Ash annuì e sostenne la tesi del suo amico capopalestra dalle scranni della palestra.
Ash: -Esatto! Se uno vuole fare un po’ il misterioso non può farlo?- L’arbitro scosse la testa e usò nuovamente il fischietto per far zittire tutti.
Steve: -Queste sono le regole! Non le ho fatte io!- Laura fece spallucce e tornò ad osservare il suo avversario, il quale stava ancora discutendo con l’arbitro.
Laura: -Tanto peggio! Dai, Brock, scegli il tuo Pokémon!- Il capopalestra acconsentì con riluttanza la richiesta dell’allenatrice e prese una Poké Ball dalla sua cintura.
Brock: -E va bene! ONIX! VIENI FUORI!- Lanciò la sfera sul campo e ne uscì il gigantesco Pokémon roccia. Faceva paura solo a guardarlo. Infatti i due Pokémon di Laura furono rimasti agghiacciati.
Dratini e Poochyena: -Pa…pa…pa…pa…paura…- Anche la ragazza rimase intimidita dalle enormi dimensioni del serpente di roccia, ma decise comunque di continuare. Rincuorò i suoi Pokémon e partì all’attacco.
Laura: -Avanti, ragazzi, non facciamoci vedere che siamo dei fifoni! Ricordate che ci siamo allenati duramente per arrivare fino a qui, non possiamo mollare proprio sul più bello!- Le incitazioni dell’allenatrice fecero prendere coraggio ai due Pokémon schierati e decisero di partire all’attacco.
Laura: -MOLTO BENE! DRATINI, AVVOLGIBOTTA SU KABUTO! E TU POOCHYENA USA L’ATTACCO FINTA!- Dratini con quattro balzi fu nuovamente sul Pokémon Fossile e il cane sparì in un lampo. Brock non si deconcentrò e diede pochi ordini ai suoi fedeli.
Brock: -Kabuto, liberati subito dell’attacco con Capocciata! E tu, Onix, usa l’attacco Pazienza!- Ma Dratini riuscì comunque a stritolare il Pokémon d’acqua, il quale cadde a terra svenuto. Era già provato dai continui attacchi Surf usati prima. Brock strinse i denti.
Brock: -No, maledizione!- Steve annunciò la disfatta di Kabuto e che Onix era l’unico Pokémon rimasto sul campo. Laura non esultò anzi si concentrò ancora di più.
Laura: “Va bene! Posso usare Dratini per indebolire la difesa di Onix!” Intanto il cane di buio aveva già colpito Onix e l’aveva addirittura buttato giù per terra. Ash strinse i denti e scosse la testa.
Ash: -No! Così Laura fa il gioco del suo avversario!- Alex lo guardò stranito.
Alex: -Che vuoi dire, Ash?- Il ragazzo col cappello era sicuro che la tattica di usare Pazienza fosse stata vincente.
Ash: -L’attacco Pazienza sembra una mossa alquanto sbagliata… Onix rimarrà fermo per tre turni, ma quando si raggiungerà il quarto… il Pokémon di Brock scaricherà sui Pokémon di Laura tutto il danno subito!- Il ragazzo con gli occhiali rimase quasi spaventato dalla notizia.
Alex: -COSA? Ma è terribile!- Forrest fece un mezzo sorriso.
Forrest: -Possiamo dire che la vostra amica… è spacciata!- Forrest ci aveva visto bene. Dopo il primo attacco da parte dei Pokémon di Laura, l’Onix di Brock pareva fermo come una statua di sale. Si era sdraiato a terra e aveva chiuso gli occhi come se nulla fosse, come se si stesse riposando. Ciò fece sragionare la ragazza e diede immediatamente l’ordine ai suoi amici di attaccarlo senza sosta. Ash e Alex cercarono in tutti i modi di avvertire la ragazza che quello che stava facendo era sbagliato, ma nulla da fare. Brock intanto sogghignava e attendeva con moderata smania l’arrivo dell’esplosione da parte del suo fedele Pokémon.
Brock: “Bene… ancora un attacco e…” Dopo che il Poochyena di Laura ebbe terminato con l’attacco Azione, Onix iniziò a brillare di luce propria. La luce fu così splendente che sia i Pokémon che gli esseri umani dovettero schermarsi gli occhi per non rimanerne accecati. Approfittando di questo momento di distrazione, Onix ne approfittò per scatenare tutto il danno subito sul Pokémon Buio, il quale, colpito da un potente fendente da parte del Pokémon Roccia, andò a schiantarsi contro la parete al di là della palestra. Quando la luce se ne andò, l’arbitro Steve constatò che Poochyena non fu più in grado di combattere. Soltanto Dratini era ancora in gara. Sugli spalti Alex strinse i denti quasi furioso.
Alex: -Oh, no… questa non ci voleva! Dratini non ce la farà mai da sola!- L’allenatore più forte del mondo, dopo un po’ di apprensione, si mise in posizione eretta (poiché era appoggiato sulla ringhiera di metallo) e fece un sorriso che non distese affatto i cuori dei suoi amici.
Ash: -Aspetta… non la sottovalutare… lei e Laura sanno quello che fanno!- Il ragazzo con gli occhiali non riuscì a scovare tanto ottimismo quanto invece lo aveva il suo maestro.
Alex: -Da cosa lo puoi capire?- Ash indicò al suo amico un punto non precisato con una mano. Anche i due Pokémon si affrettarono di guardare il punto indicato dal campione.
Ash: -Nota, Alex. Hai visto quello sguardo così intenso in Laura? E nel suo Pokémon? Mi sai dire che sguardo è?- Alex scosse la testa, così come il suo Dratini.
Alex: -Non ti seguo Ash…- Forrest, dopo un po’ di tempo, rise. Forse aveva compreso quello che intendeva dire Ash e glielo disse direttamente.
Forrest: -Intendi forse la concentrazione?- Ash sorrise. Era proprio quello che stava per dire al suo allievo.
Ash: -Sì, esatto! Vedo che te ne intendi, Forrest!- Alex tornò a guardare lo scontro, ma lui vide soltanto una ragazza vestita in abiti maschili che non sapeva proprio che pesci pigliare. Stette in attesa di chissà che cosa, poi Ash tornò a parlare con un sorriso sprezzante sulle labbra.
Ash: -Quello che voglio dire… hai notato l’intensità del suo sguardo? Ecco, Alex, imparalo fin da ora e non potrai sbagliarti mai! Quello non è lo sguardo della disperazione, ma… lo sguardo di un allenatore che sta per vincere!- Alex parve un po’ sorpreso dalla dichiarazione del suo maestro e glielo disse direttamente.
Alex: -Come fai a dirlo? Potrebbe darsi che Laura perda l'incontro!- Il ragazzo col cappello scosse la testa. Aveva visto tanti allenatori con quell’espressione, era così abituato a vedere quello sguardo corrucciato e teso che non poteva sbagliarsi.
Ash: -No, Alex, non perderà. Perché lei e il suo Pokémon… lotteranno fino alla fine!- Fu il turno di Onix e usò l’attacco LegaTutto su Dratini, la quale rimase intrecciata nel suo corpo a serpente di roccia. La strinse con forza e quasi ci mancava che non la stritolasse sul serio. Laura rimase spaventata da quello spettacolo e più volte tentò di richiamare il suo Pokémon.
Laura: -No! Dratini, non ti arrendere!- Non era facile comunque. Alex se lo avrebbe dovuto aspettare, forse per lui era un po’ troppo presto affrontare un campione come Brock. Vista la situazione sarebbe stato meglio fare dietrofront e tornare nelle verdi praterie. Ma la voce d’incitamento di Ash lo fece sviare dai suoi propositi di resa.
Ash: -Vai, Laura! Non mollare proprio ora!- Al suo incoraggiamento si unirono anche Pikachu e Dratini. Un po’ per divertimento, dopo un po’, anche il fratello di Brock iniziò a gridare, lo faceva anche per puro spirito sportivo. Alex rimase affascinato da quel tifo indiavolato da parte dei suoi amici.
Alex: “Che strano… Laura è in netto svantaggio e nonostante tutto Ash crede ancora nella sua vittoria… e non contento la incita… certo che ne deve sapere di cose, per essere un ragazzo così giovane!” Ben presto fu contagiato dalla febbre del tifo e anche l’assistente del Professor Oak iniziò ad esortare la ragazza. Quando Laura capì che i suoi amici stavano facendo il tifo per lei, comprese ben presto che era impossibile rinunciare alla vittoria, alla Medaglia Sasso. La ricompensa era troppo ghiotta e la vittoria troppo ambiziosa per arrendersi. Aggrottò le sopracciglia e gridò con tutto il fiato che aveva in gola.
Laura: -DRATINI! FAI UN GIRO SU TE STESSA E USA IRA DI DRAGO!- Brock rimase impressionato da ciò che la ragazza aveva appena gridato.
Brock: -Ma che cosa…!- Non fece in tempo a ordinare un contrattacco che il draghetto, contorcendosi come meglio poteva, sgusciò dalla presa dell’enorme serpente di roccia e toccato terra lanciò un potente raggio rossastro che colpì in pieno volto Onix. Il Pokémon non resistette all’attacco e ben presto andò miseramente a terra, creando un gran polverone. Quando esso si fu diradato, Steve con solenne calma pronunciò la vittoria di Laura e alzò la bandierina verde che teneva nella mano destra, quella dalla parte della ragazza. Quando l’arbitro smise di parlare i ragazzi esplosero in un grido di gioia: Laura aveva battuto Brock!

Ash: -Fantastico! Visto, Alex? Alla fine avevo ragione, Laura ha vinto!- I ragazzi avevano già raggiunto l’allenatrice sul campo di battaglia. Laura stava abbracciando la sua Dratini e rideva, vorticando su se stessa.
Laura: -EVVIVA! Abbiamo vinto la nostra prima medaglia!!- Brock si avvicinò al gruppetto e rise apertamente. Aveva intanto già ritirato dal campo il suo Onix.
Brock: -Caspita, che partita! Era da un bel pezzo che non mi trovavo così in difficoltà! Sarà perché non ci sono più stati allenatori, mi sono fiaccato, eh già!- Forrest ridacchiò e diede ragione al fratello maggiore.
Forrest: -Proprio vero! Sarà meglio tornare ad allenarsi, Brock!- Steve fu congedato e l’arbitro abbandonò lentamente il campo. Ash rise e abbracciò Brock, il quale con euforia contraccambiò la stretta.
Ash: -Brock!! Vecchio mio, da quanto tempo non ci siamo più visti??- Il capopalestra di Plumbeopoli rise anch’egli, tirando qualche volta enormi sospiri per l’amico ritrovato.
Brock: -Da quando sei diventato Master, temevo di averti perduto per sempre! Già mi immaginavo che tu fossi impegnato in chissà quale viaggio, ed invece… rieccoti qua!!- Sciolsero l’abbraccio. Alex era rimasto impressionato da come fossero andate le cose. Era felice per Laura, aveva compiuto il suo primo passo per diventare a tutti gli effetti campionessa. Ma ora era afflitto da mille dubbi. Sarebbe stato sufficientemente potente da sconfiggere Brock? Aveva notato l’attacco Ira di Drago della Dratini di Laura: il suo Pokémon non era ancora in grado di utilizzare quel tipo di attacco. Non c’era dubbio, la ragazza era molto più avanti rispetto ad Alex sulla preparazione dei Pokémon. Mentre Ash e Brock continuavano a chiacchierare, Laura osservò Alex e gli rivolse un enorme sorriso.
Laura: -Hai visto? Abbiamo vinto! Immagino che tu farai molto meglio di me!- Il ragazzo con gli occhiali non ne era assolutamente convinto, Laura era troppo ottimista. Anche Dratini era rimasto colpito dalla bravura del suo simile e glielo riferì.
Dratini A: -Bravissima, complimenti!- La draghetta annuì ridacchiando.
Dratini L: -Anche tu, se ti impegni, vincerai!- Neanche il Dratini di Alex era persuaso dall’incoraggiamento. Forrest prese la parola con una sonora risata.
Forrest: -Adesso, Laura, dovrai spiegarci perché hai dichiarato di essere un maschio!- La ragazza annuì e lasciò andare la sua Dratini, la quale le scivolò su una spalla e si appollaiò lì.
Laura: -Beh, è presto detto! Mi sono ritrovata a corto di vestiti, ed avevo solo questi che indosso in questo momento! Non avevo alcuna intenzione di ritardare il mio primo incontro in palestra, così ho preferito convertirmi in maschio! Tanto, qual è la differenza?- Brock aggrottò leggermente le sopracciglia e ammonì l’entusiasmo della ragazza.
Brock: -Attenta, Laura. D’ora in avanti dovrai sempre formulare la tua vera identità. Hai visto, prima, che a causa della tua menzogna hai avuto uno svantaggio?- La ragazza sorrise al capopalestra.
Laura: -Me ne rendo conto, Brock. Ma era solo per questa volta…- L’assistente del professor Oak strinse i denti, quasi furioso della sua netta inferiorità nei confronti di Laura. Non solo la sua compagna di viaggio aveva vinto contro Brock, ma aveva saputo destreggiarsi anche con un penalty. Ash chiamò il suo allievo a gran voce.
Ash: -Alex! Allora, sei pronto per affrontare la sfida?- Il ragazzo sbatté gli occhi più volte, poi fissò con una certa inquietudine Brock. La luce del sole che inondava il volto del capopalestra sembrava ergerlo su un altissimo piedistallo, e lo faceva riflettere in tutta la sua magnificenza.
Alex: -Ecco, io… non saprei…- Il ragazzo di Plumbeopoli sorrise ed appoggiò una mano sulla spalla di Alex. L’assistente di Oak trasalì al gesto.
Brock: -Non devi affannarti, Alex. Quando sarai pronto, vieni a trovarmi! Sarò lieto di mettere alla prova le tue capacità, in qualsiasi momento!- Rincuorato dal suggerimento di Brock, Alex annuì. Venne deciso che l’incontro tra Alex e il capopalestra di Plumbeopoli venisse disputato quel pomeriggio, verso le quattro e mezza. Erano quasi le undici, c’era un po’ di tempo prima di pranzo.
Brock: -Bene! Allora siamo d’accordo, alle quattro e mezza ci ritroveremo nuovamente in palestra!- Ash annuì, poi rivolse un altro sguardo verso il suo allievo.
Ash: -Mi raccomando, Alex, metticela tutta!- Il ragazzo con gli occhiali annuì, sorridendo leggermente.
Alex: -Farò del mio meglio, Ash!- Laura rise e ricevette da Brock la sua medaglia.
Laura: -Evviva! La Medaglia Sasso, quanto è bella!- La rimirò al sole e la medaglia grigio piombo luccicò. La medaglia simboleggiava una figura tridimensionale fatta a dodecaedro. Prese dalla tasca dei suoi pantaloni il PokéNav e lo aprì. Nello scompartimento dedicato alle medaglie di Kanto inserì con solennità la medaglia, ed essa fece automaticamente parte del sistema informatico del Pokémon Navigator. Chiuse l’agenda elettronica e la ripose nella tasca. Alzò un pollice verso il suo compagno d’avventura e gli ammiccò.
Laura: -Sta bene, Alex! Ora tocca a te!- Alex ne era cosciente, si sentiva teso come una corda di violino. Quasi gli sembrò che la sfida fosse un’interrogazione a scuola.
Alex: -Non mi risparmierò, Laura!- Il gruppetto abbandonò la palestra. Una volta usciti, Brock spense le luci e chiuse la palestra a chiave. Poco distante, al banco d’accettazione, Alex scrisse il suo nome sulla tabella dei sfidanti di Brock. Il nome di Laura fu cerchiato con un pennarello fosforescente e accanto fu scritto che aveva superato la prova quel giorno stesso. Forrest sorrise e tornò ad indossare i suoi occhiali scuri.
Forrest: -Ecco, questo è il modo in cui vengono segnalati gli allenatori che vincono contro Brock! Spero che tu, Alex, - ed osservò divertito l’allenatore – avrai il privilegio di essere cerchiato e non cancellato!- Alex si augurò con tutto il cuore che le cose andassero in quel modo. Ash si stiracchiò, sbadigliando sonoramente.
Ash: -Molto bene! Ora, se nessuno ha meglio da fare, proporrei di andare nuovamente alla sauna! Brock, vieni con noi?- Il capopalestra di Plumbeopoli scosse la testa sorridendo al suo amico.
Brock: -No, Ash, mi dispiace. A casa ho un Bulbasaur da accudire e l’ho lasciato da solo per troppo tempo! Senti, si sta già lamentando!- E dalla casa vicina si sentirono dei vagiti di un Pokémon, probabilmente il Bulbasaur cucciolo di Brock. Il ragazzo col cappello sorrise e scrollò le spalle.
Ash: -Oh, beh, dai, poco male! Ci vediamo oggi pomeriggio!- Il gruppo si staccò, con Ash, Laura e Alex diretti verso l’Ostello e Brock e Forrest indirizzati verso la casetta in Canadà. Nel viaggio di ritorno Laura fremette ancora di gioia per la vittoria conseguita. Anche Dratini, il suo Pokémon, era raggiante.
Laura: -Evviva! Che bello! Che bellezza! Ho vinto!!- Ash cercò di placare la sua euforia, poiché si era reso conto che Alex, al suo fianco, serrava la mascella in modo molto visibile quando la ragazza gridava.
Ash: -Va bene, Laura, però contieniti! Cerca di rimanere seria, così la sorpresa della vittoria sarà ancora maggiore per i tuoi genitori!- La ragazza vestita da maschiaccio annuì, con stampato sul volto il suo enorme sorriso.
Laura: -Più che giusto!- Ben presto raggiunsero l’Ostello. Era quasi mezzogiorno, l’androne principale che conduceva al ricevimento degli ospiti dove lavoravano Thomas e Valeria era praticamente deserto. Tutti gli ospiti si erano riuniti nella sala da pranzo, intenti a consumare il loro cibo. Il padrone dell’hotel alzò lo sguardo e sorrise alla figlia.
Thomas: -Ehi, ehi! Guarda un po’ chi si rivede! Allora eri tu quel ragazzino, vero Laura?- La ragazza annuì, leggermente rossa in volto. La madre scoppiò in un’allegra risata e fece il giro del bancone, avvicinandosi alla figlia. L’abbracciò e Laura contraccambiò. I ragazzi rimasero impalati, in attesa di una controbattuta di Valeria che non tardò ad arrivare.
Valeria: -La mia piccola trasformista! Ti avverto che i vestiti buoni sono già stati messi nel tuo armadio, potrai cambiarti adesso!- La ragazza sciolse l’abbraccio e ridacchiò.
Laura: -Davvero?? Grazie, mamma!!- Ash intervenne, ridendo anch’egli.
Ash: -Pensate un po’, quando siamo giunti in palestra non l’avevamo neanche riconosciuta! Si era truccata davvero bene!!- Thomas annuì, corrugando leggermente le sopracciglia. Laura notò immediatamente il cambio d’umore del padre e la sua allegria cessò in un istante.
Thomas: -Già… però, Laura, non farci mai più uno scherzo del genere! Quando non ti abbiamo più trovata nella tua cameretta e i ragazzi che ti cercavano, ho pensato che ti fosse successo qualcosa di grave!- Silenzio. Laura annuì col capo, seria.
Laura: -Lo so, papà… non potevo presentarmi così, con questi stracci…- Alex la osservò e la ragazza rivolse lo sguardo verso di lui. Il ragazzo le fece capire che era giunto il momento di rivelare la sorpresa. Laura assentì e estrasse dalla tasca dei suoi pantaloni il PokéNav. Lo diede in mano al padre e l’uomo rimase leggermente stupito dall’azione della figlia.
Thomas: -Che succede, Laura? Perché mi dai il tuo Pokémon Navigator?- Laura ridacchiò, spensierata.
Laura: -Aprilo, e lo scoprirai!- Thomas e Valeria avvicinarono i loro sguardi al PokéNav e una volta che il proprietario dell’Ostello lo aprì la medaglia della palestra di Plumbeopoli risaltò all’occhio immediatamente, ormai elettronizzata. I genitori di Laura rimasero a bocca aperta per qualche lungo secondo, poi alzarono con molta difficoltà il loro sguardo verso la ragazza.
Thomas: -Ma… ma questa è….- Ash annuì con solennità.
Ash: -Sì, è la Medaglia Sasso! Laura l’ha conquistata usando tutte le sue forze!- Sia il padre che la madre rimasero attoniti, osservando sia la medaglia che la figlia. Quello strano silenzio iniziò a preoccupare Laura, la quale osservò a sua volta i suoi amici e i Pokémon.
Valeria: -Ormai… ormai nostra figlia è cresciuta…- Thomas annuì gravemente. Laura iniziò a provare confusione in testa e volle vederci chiaro sulla questione appena sollevata.
Laura: -Cosa… cosa state dicendo?? Perché dite questo?- Anche i ragazzi iniziarono a provare una certa apprensione e osservarono i Ferguson con aria interrogativa. Valeria sorrise, ma quel tipo di sorriso non piacque a nulla a Laura.
Valeria: -Quella medaglia… lo sai, Laura, provoca… onori ed oneri… sai che cosa significa, vero?- Laura non disse nulla. Ash rispose al posto suo, comprendendo i pensieri della signora Ferguson.
Ash: -Forse ho capito quello che vuole intendere. Questa vittoria è l’inizio di una nuova avventura, e ciò comporterà viaggiare in lungo e in largo per accaparrarsi più medaglie possibile…- Thomas annuì e mise le mani nelle tasche dei suoi abiti di seta.
Thomas: -Già…. Proprio vero… Laura sta per partire… ed è successo così, in una sola giornata…- Laura aggrottò le sopracciglia, gli eventi avevano assunto una strana piega. Non si era certo immaginata tutti quei discorsi paternalistici, dove si voleva arrivare con tutte quelle prediche?
Laura: -Ma… perché dite questo?- E guardò più volte sia il padre che la madre. Valeria si avvicinò ancora e mise a posto il colletto stropicciato della maglia della figlia. La osservò con adorazione e con un profondo senso di tristezza.
Valeria: -Laura… ora hai iniziato un progetto che ti porterà lontano da casa tua. Forse pensavi che vincere le medaglie fosse così semplice, viaggiando così per poi ritornarsene sempre a casa propria? No, non vanno così le cose. Dovrai partire, Laura…- A questa cosa la ragazza non aveva minimamente pensato. Certo, un viaggio per diventare un’esperta allenatrice era davvero emozionante, ma l’idea di abbandonare Plumbeopoli e soprattutto i suoi genitori la mortificava. Questo dunque era il prezzo per esaudire il suo desiderio di bambina? Rinunciare ai propri cari per inseguire un sogno? Laura abbassò il capo e la sua chioma nascose i suoi occhi. Ash, Pikachu, i Dratini e Alex osservarono tristemente la ragazza, la quale strinse i denti.
Laura: -Avete ragione… mi lascereste il tempo di riordinare le idee?- Thomas annuì ed espresse un mezzo sorriso.
Thomas: -Certo, tutto il tempo che vuoi, mia cara. Quando avrai deciso cosa fare, torna qui e prendi la tua decisione!- Momenti di silenzio. Laura alzò il capo ed osservò Alex con occhi lucidi. Il ragazzo con gli occhiali fu colpito da quello sguardo triste.
Laura: -Mi dispiace, Alex… non potrò assistere al tuo incontro… devo prendere tempo… devo decidere… devo riflettere…- Ash intervenne ancora una volta, però utilizzò maggior delicatezza. Non si poteva scherzare in un momento del genere.
Ash: -Alex, devi capirla. Se per te non fosse un problema, possiamo rimandare l’incontro…- Il ragazzo sospirò e scosse la testa. Ciò sorprese non poco il miglior allenatore di Pokémon al mondo.
Alex: -No, Ash, mi dispiace. Ho fatto una promessa a Brock, non voglio certo disattenderla!- Osservò la ragazza e le sorrise.
Alex: -Laura, prendi il tempo che ti serve. Io saprò cavarmela da solo!- Laura annuì e senza più riferire una parola si allontanò e salì velocemente le scale, salendole due a due. Il gruppetto osservò Laura e Dratini, in groppa sulla spalla della sua allenatrice, allontanarsi come dei cerbiatti. Quando la ragazza voltò l’angolo, Thomas sospirò ancora una volta, ma poi tornò a sorridere come sempre.
Thomas: -Su, avanti! Non fate quelle facce! Accidenti, possiamo sempre tenerci in contatto per telefono! Eh, che sarà mai!- Ash annuì. Dopo tutto, non era poi una scelta così gravosa. Forse per Laura sì, ma il Master comprese che la ragazza, dopo un po’ di tempo, avrebbe accettato la cosa con serenità. L’unica cosa che non aveva accettato molto bene fu che Alex avrebbe combattuto da solo, senza il tifo di Laura. Aveva sperato che il ragazzo posticipasse l’incontro con Brock, ma la decisione del ragazzo fu irremovibile. Da un lato era contento che Alex non avesse cambiato idea, ma dall’altro lato no. Valeria interruppe quel momento triste con una sonora risata.
Valeria: -Dai, animo, non siate così mogi! La casa vi offre un lauto pranzetto! Andate a lavarvi le mani e presentatevi nella sala da pranzo entro cinque minuti!- La donna non finì neanche la frase che i ragazzi con i loro Pokémon erano già spariti. Thomas rise, ma poi tornò serio. Così serio da far preoccupare sua moglie. Lesse i suoi pensieri nei suoi glaciali occhi azzurri.
Valeria: -Che dici… Laura ce la farà senza di noi?- Thomas batté nervosamente le dita sul bancone, molto perplesso su quello che realmente voleva dire a Valeria. Sfogliò velocemente il registro che teneva davanti a sé, leggiucchiando qua e là nomi alla rinfusa.
Thomas: -Io…- Si interruppe. Sospirò, poi scosse la testa. Chiuse il registro con un colpo secco.
Thomas: -Non lo so, Valeria. Non lo so. Laura è riuscita da poco a stabilizzarsi mentalmente. Da quando abbiamo viaggiato in lungo e in largo per tutte le città, alla ricerca di un appalto ideale per la costruzione dell’albergo, nostra figlia ha accusato problemi di incostanza del carattere… capisci a cosa alludo- Valeria annuì, dando ragione a suo marito.
Valeria: -Ti prego, non farmelo ricordare… abbiamo vissuto momenti di puro inferno… da quando ci siamo trasferiti qui, però – qui Valeria recuperò il suo smagliante sorriso – Laura ha ritrovato se stessa. E con Dratini, poi, è in ottima forma!- L’uomo con la barba sospirò ancora una volta, poi prese dal bancone nuovamente il registro degli ospiti riuniti nell’albergo e lo leggiucchiò ancora, distrattamente.
Thomas: -Spero solo che il distacco non causi in lei nuove ricadute… il dottore ha chiesto di andarci piano con le novità…- Terminando la frase arrivarono i ragazzi. Thomas e Valeria indicarono loro dove sedersi e Ash e Alex, seguiti dai loro Pokémon, sparirono nella sala ristorante. Essa era divisa in più sezioni. Era un rettangolo, cento metri per ottanta, dove alla sinistra vi erano delle finestre che davano ad un giardino molto lussureggiante (si poteva infatti vedere Boscosmeraldo dalla sala da pranzo), al fondo c’erano le mense con i camerieri vestiti di tutto punto che servivano i clienti e i tavoli erano sistemati ordinatamente in più file. I tavoli erano agghindati con molta ricercatezza, con tovaglie di lino di vari colori, tovagliette e posate di gran classe, piatti di porcellana pregiata e cibi di estrema qualità. L’aria era permeata di ottimi odori, e i Pokémon la annusarono con estrema avidità. Anche gli allenatori non furono da meno e ben presto si fiondarono in un posto libero. Notarono che alcuni Pokémon erano seduti ai tavoli, intenti a mangiare, ma la maggior parte di essi se ne stavano comodamente seduti a terra. Una volta che i due allenatori ebbero preso posto fecero uscire dalle sfere Poké i loro Pokémon. Erano nove in totale, c’erano Pikachu, Magcargo, Pelipper, Pidgeot, Machamp, Absol, (i Pokémon di Ash), Dratini, Pidgey e Weedle (i Pokémon di Alex). I camerieri, vestiti di tutto punto, arrivarono ben presto al tavolo dei ragazzi e con la penna in pugno su un foglio bianco presero annotazioni su cosa si volesse mangiare. Anche ai Pokémon fu data ampia scelta di cibo. Ash fu meravigliato: Thomas aveva un ristorante super lusso e ciò lo poteva capire non solo dai clienti, i quali appartenevano a classi di alta società, ma anche dai pranzi molto ricercati. Ciò che lo affascinava di più, però, fu che questi pranzi venivano offerti ai ragazzi gratuitamente. Alex, dal canto suo, non ne era poi così stupito.
Alex: -Siamo gli amici di sua figlia, dopotutto. Non vedo nulla di male se restassimo qualche giorno in più… anche per il bene di Laura…- Il ragazzo col cappello annuì e i suoi occhi luccicarono una volta che venne servito il pranzo. Anche ai Pokémon vennero servite prelibatezze su piatti d’argento e i camerieri dettero loro dei mini tavoli lussuosi. Non permisero ai mostriciattoli di mangiare per terra. Mentre consumavano il loro pasto, Alex continuò ad osservare il suo maestro e Ash rimase infastidito da quello sguardo incollato su di lui.
Ash: -Hai qualcosa da dirmi, Alex? Ti chiedo scusa, ma mi dà noia se qualcuno mi fissa mentre mangio, sappilo fin da ora!- Il ragazzo rimase in silenzio per un po’, poi distolse lo sguardo, quasi risentito dall’osservazione dell’allenatore di Pokémon più forte al mondo.
Alex: -Non… non lo so…- Poi tornò a guardarlo. Ash parve molto perplesso osservando la sua preoccupata espressione che si poteva leggere sul suo volto.
Alex: -Ash… non so se… non so se io sia pronto ad affrontare Brock!- Il maestro di Alex inarcò un sopracciglio e deglutì ciò che stava masticando.
Ash: -Ma che dici? Con il Team Rocket te la sei cavato benissimo per ben due volte! Jessie e James sembrano delle mezze calzette, ma in realtà sono fortissimi! Lo hanno dimostrato negli incontri… il Delibird non ha avuto alcuna difficoltà ad abbattere Magcargo e a fermare l’attacco Surf di Pelipper…- La frase terminò quasi in un sussurro e il ragazzo con gli occhiali dovette avvicinarsi al suo maestro per udire meglio. Quando Ash terminò di parlare il ragazzo ansimò e scosse la testa, quasi impaurito.
Alex: -Ash… non lo so… io non mi sento pronto mentalmente!- Il Master annuì e comprese i sentimenti del suo allievo. Gli donò uno splendente sorriso.
Ash: -Alex… so perfettamente come tu ti senta in questo istante. Credimi, anche io avevo lo stesso timore la prima volta che affrontai Brock, molto tempo fa. Una volta in partita, però, ogni emozione scompare! Quando vieni colto dalla frenesia del combattimento, tutto ciò che è intorno a te, oltre al tifo, è quasi nullo! Tu e il tuo Pokémon sarete un unico essere, con un’unica mente!- Alex rimase impressionato dalle parole decise del suo maestro. Ne rimase così rapito che a stento non fu catturato dall’impulso di prendere carta e penna e di prendere appunti.
Alex: -Così… questo è quello che tu senti durante i combattimenti, Ash?- Il ragazzo annuì, parve molto serio quando parlava.
Ash: -Già. Quando combattiamo, io e Pikachu sappiamo tutto alla perfezione… di noi, Alex. Io so tutto di Pikachu, e Pikachu sa tutto di me. Non abbiamo segreti da nasconderci, quello che sa uno, lo sa anche l’altro! Chiaro il concetto?- Il ragazzo, sospirando, scosse la testa. Ash comunque non fu sorpreso da ciò e continuò a sorridere al suo allievo. I Pokémon, intanto, continuarono a mangiare come se nulla fosse. Tutti, tranne uno: il Dratini di Alex. Ascoltava con attenzione il discorso dei due ragazzi seduti al tavolo.
Alex: -Temo di no… me ne accorgerò solo quando fra un po’ affronterò Brock…- Ash assentì ridacchiando.
Ash: -Molto bene! Ciò è più che sufficiente, Alex! So che non mi deluderai, farai un’ottima figura!- L’assistente del professor Oak si strinse le labbra con molta apprensione. Dratini osservò con un certo timore l’angoscia crescente del suo allenatore.
Alex: -E… se dovessi fallire?- Il ragazzo scosse la testa, continuando a sorridere.
Ash: -Nessun problema, Alex. Ricordati: un’amara prova fortifica e rinnova. Questo l’ho imparato quando persi la finale di Pokémon League contro Gary. Da quel giorno ho imparato che solo con un allenamento costante e con un amore sincero e fedele verso i propri amici Pokémon avrei potuto soltanto immaginare di continuare per la mia strada! E, come vedi, ci sono riuscito!- Silenzio. Alex si sentiva mortificato ed osservò i suoi Pokémon. Gli sembravano così felici. Che figura avrebbe potuto farci se non avesse superato la prima prova? Poi notò che Dratini lo stava guardando attentamente, ma quando il Pokémon si accorse che lo sguardo dell’allenatore era piombato su di lui subito si volse e ricominciò a mangiare.

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Capitolo 9
*** 8 - Questione di energia ***


Rieccomi! La storia continua! Spero che continuiate a leggere ed a commentare! ^__^

Alex scrutò nervosamente l’orologio al polso. Erano le quattro in punto, tra mezz’ora avrebbe incontrato Brock, il capopalestra di Plumbeopoli. Aveva iniziato a camminare molto velocemente per la città e si era proposto di andare a visitare il Museo con Ash. Appena raggiunto il Museo, però non riuscì a trovare la tranquillità che tanto stava cercando. Troppi pensieri gli turbinavano in testa, troppi quesiti erano ancora senza risposta. I fossili dei Pokémon preistorici, per di più, non lo quietarono affatto. Anzi aumentarono il suo stato di agitazione. Ash, al suo fianco, tentò in tutti i modi di calmare il suo allievo, ovviamente senza successo. Se il ragazzo con gli occhiali non avesse smesso presto di innervosirsi per nulla, non avrebbe cavato un ragno dal buco.
Ash: -Alex, per favore, smettila! Ti assicuro che non è così traumatico come tu pensi!- Pikachu annuì, anch’egli cercava in qualunque modo di rincuorare il ragazzo con gli occhiali. Ci rise addirittura sopra, e la risata nasale del migliore amico di Ash echeggiò in quella stanza dal pesante odore di chiuso.
Pikachu: -Non succederà nulla se perdi! Potrai sempre riprovarci!- Dratini, al contrario dell’allenatore, pareva molto deciso ad affrontare il combattimento a viso aperto e il suo sguardo era concentrato su un punto della teca che conteneva i resti fossili di un Omanyte. I ragazzi, con i loro Pokémon, si trovavano al primo piano del museo: era composto da uno spazio piuttosto piccolo, venti metri per trenta, e ospitava molte teche, anch’esse di piccole dimensioni. Molte di esse contenevano pochi resti di vari Pokémon antichi e solo nel pian terreno vi era uno scheletro di un Pokémon completo in tutti i suoi aspetti. La teca da sola occupava tutto il piano terra. Alex, per distrarsi, iniziò a leggere la didascalia che c’era accanto alla teca dell’Omanyte. Era incollata su un leggio piuttosto scalcinato e la scritta era pregevole, ma dal carattere piuttosto piccolo. Alex dovette strizzare gli occhi ed inchinarsi per leggere meglio.
“Diversi milioni di anni fa i Mari del Sud erano popolati da diversi Pokémon conchiglia, oggi estinti. I resti fossili di questo Omanyte risalgono addirittura a tre milioni di anni fa. Il suo guscio calcareo è composto da…” Un tuono spaventò il ragazzo, tanto da farlo sobbalzare. Si era interessato così tanto alla lettura che non si era preparato psicologicamente allo scoppio. Si sentì la pioggia cadere, dapprima lentamente, poi con insistenza sempre più frequente, battendo con un ritmo cadenzato sulle finestre squadrate dell’edificio. L’odore dell’asfalto bagnato arrivò direttamente alle narici dei ragazzi, poiché alcune finestre del museo erano aperte: era quasi fine estate, in quel periodo faceva ancora un po’ di caldo. Ash rise e osservò la pioggia cadere dalla finestra con una certa dose di spensieratezza.
Ash: -Fantastico, che acquazzone! Immagino che i Tentacool del Professor Oak siano felici in questo momento, vero Pikachu?- Il topo giallo annuì, entusiasta.
Pikachu: -Sì! Era da un pezzo che non pioveva così!- Alex notò che il suo Dratini aveva perso interesse per la teca e che ora si era interessato alla pioggia. L’allenatore non poté fare a meno che osservare la pioggia anch’egli. Riuscì a trovare un po’ di tregua dalla sua angoscia, ma un altro tuono la risvegliò improvvisamente. Ash e Alex notarono che la gente in strada stava correndo all’impazzata, diretti verso l’Ostello di Plumbeopoli, probabilmente a cercare un riparo per la pioggia. Ash sorrise al pensiero di quanti clienti avesse potuto avere Thomas in quell’occasione.
Ash: -Con tutte le sale a tema che ha quell’albergo… i signori Ferguson faranno ottimi affari! Non trovi anche tu, Alex?- Il ragazzo con gli occhiali annuì. Osservò nuovamente l’orologio metallico al suo polso. Le quattro e un quarto. Era tempo di incamminarsi verso la palestra di Brock.

Grandi squarci si erano formati nel cielo, ma continuava a piovere. Era divertente osservare che un fantastico cielo azzurro facesse capolino da grigie nuvole cariche di acqua. Brock era in paziente attesa del suo sfidante, davanti alla porta della sua palestra, con l’ombrello in mano. Con lui c’erano l’arbitro Steve e Forrest, con i suoi inseparabili occhiali da sole. (Con la pioggia? Molto utili! NdA) Brock scrutò a lungo l’orizzonte, alla ricerca del suo sfidante e finalmente, dopo un bel po’ di tempo, vide arrivare i suoi amici. Espresse un sorriso e annuì.
Brock: -Eccoli, sono puntuali!- Si voltò e chiuse l’ombrello. Lo porse a Forrest e aprì le porte della palestra. Quando lo fece si voltò ancora e strinse la mano ad Alex, il quale era arrivato nei pressi dell’edificio di proprietà di Brock insieme al maestro Ketchum ed ai loro Pokémon.
Brock: -Ah, Alex, finalmente! Hai spaccato il secondo, molto bene! La puntualità è essenziale per diventare il più forte allenatore di Pokémon… non lo dimenticare mai!- Ash ridacchiò e cinse le spalle del suo allievo con un braccio.
Ash: -Ah! Ah! Su questo aspetto l’allievo ha decisamente superato il maestro!- Gli occhiali di Forrest scintillarono quando si accorse che una persona mancava all’appuntamento. Prese voce e chiese informazioni al ragazzo col cappello.
Forrest: -Ehm… scusa Ash… non vedo Laura… è in ritardo?- La risata del Master dei Pokémon si spense quasi subito. Anche Pikachu si rabbuiò ben presto. Alex e Dratini rimasero immobili, in un composto silenzio.
Ash: -Laura… no, è impossibilitata ad assistere all’incontro. Ha delle questioni urgenti da risolvere…- Brock osservò con inquieta attenzione il suo amico. Quando il suo umore cambiava così rapidamente – ormai lo conosceva così bene – significava che qualcosa non era andato per il verso giusto. Però non volle ficcare il naso più di tanto, poiché notò che l’argomento era spinoso per entrambi gli amici. Sorrise e incrociò le braccia al petto.
Brock: -Ehi, ehi, va tutto bene! Al massimo Forrest può riprendere l’incontro con una videocamera! Che ne dici, Forrest?- E si rivolse a suo fratello. Il ragazzo annuì ridendo e diede una pacca al suo zaino rosso a tracolla, dove aveva riposto l’ombrello di Brock.
Forrest: -La porto sempre con me! Sarà il reportage più tosto dell’universo!- Alex sgranò gli occhi terrorizzato. Pure l’incontro filmato! Così la sua magra figura sarebbe stava vista e rivista da tutti! Ash appoggiò una mano sulla spalla del suo allievo, nel tentativo di tranquillizzarlo. Si era immediatamente accorto che Alex era sobbalzato appena Forrest ebbe fatto accenno della sua videocamera.
Ash: -Ehi, guarda che filmare un incontro serve molto anche a te! Se lo rivedessi, potresti capire quali errori tu abbia commesso! Non è vero, Brock?- L’allevatore di Pokémon annuì, poi osservò l’arbitro, il quale era sempre rimasto in un dignitoso silenzio.
Brock: -Bene! Bando agli indugi, direi che siamo pronti per iniziare!- Steve annuì e lentamente iniziò ad entrare nella palestra. Alex deglutì e vide Forrest recuperare dal suo zaino una telecamera digitale ultimo modello. Pareva molto costosa. Sullo schermo LCD, dalla parte posteriore (ovvero non dalla parte del vetrino!) c’era attaccata una figurina di un Rattata.
Forrest: -Molto bene! Benissimo! Non sto nella pelle, sarà un incontro formidabile!- Ed in preda all’euforia seguì suo fratello nella palestra. Ash spostò avanti Alex, spingendolo alle spalle.
Ash: -Coraggio! Hai una missione da completare, ricordalo! Fallo per il buon nome della tua famiglia!- Fosse solo per quello! Ormai si era in ballo e bisognava ballare, succedeva quel che succedeva. Le luci della palestra si accesero e il campo di pietra brulla riprese nuovamente il suo splendore. Il campo era ancora provato dal combattimento del mattino che c’era stato tra Laura e Brock e Alex lo osservò attentamente. Poté riconoscere la pietra scheggiata dove il Kabuto del capopalestra aveva sbattuto prima di capitolare. Non poteva tollerare il pensiero che su quella stessa pietra avrebbe potuto sbattere il capo di uno dei suoi Pokémon. Se fosse capitato qualcosa di brutto a Dratini, a Pidgey e a Weedle non se lo sarebbe mai perdonato. Steve frattanto prese postazione al bordo della linea bianca che contornava il campo di battaglia ed estrasse dalle tasche due bandierine: una colorata di verde ed apparteneva al campo di Alex; una rossa ed apparteneva al campo di Brock. Il capopalestra prese postazione al fondo del campo di battaglia ed Alex fece lo stesso, dall’altro lato. Le finestre diffondevano i timidi raggi del sole che si facevano strada tra le nuvole proprio sul volto di Brock. Alex ansimò, e poi guardò alla sua sinistra. Sugli spalti c’erano Ash, Pikachu e Forrest che lo osservavano, appoggiati sulla ringhiera color violetto. Forrest aveva già iniziato a filmare.
Brock: -Molto bene!- La voce del capopalestra di Plumbeopoli fece sobbalzare il ragazzo. Alex si voltò e in preda al panico osservò Brock, il quale pareva al contrario molto tranquillo.
Brock: -Alex, sei pronto? Come ho gia chiesto a Laura, chiedo anche a te se desideri gareggiare con un Pokémon o con due!- Quella proposta mise in sollucchero il ragazzo. Perché Laura non gliene aveva parlato? Avrebbe potuto riflettere sulle strategie da adottare da soli o in coppia. Il ragazzo aveva pensato al principio che il doppio Pokémon era riservato soltanto ai novizi. Ed invece faceva parte di una tattica molto più sottile. Alex tornò ad osservare Ash, il quale si limitò ad annuire.
Ash: -So che farai la scelta giusta, Alex! Mi fido di te!- Il ragazzo tornò ad osservare Brock. Gli sembrava così piccolo e così lontano. Così irraggiungibile. Iniziò a tamburellare le dita sulle Poké Ball attaccate alla cintura. Che fare, quale decisione era meglio prendere? Un Pokémon oppure due? Se Alex avesse optato per due Pokémon, anche il suo avversario avrebbe potuto lottare con due Pokémon. Laura aveva combattuto così ed aveva vinto. Ma la sua Dratini conosceva Ira di Drago, un attacco formidabile che aveva messo K.O. Onix senza tanti complimenti. I Pokémon di Alex, al contrario, non avevano che attacchi convenzionali. A questo punto Alex annuì e si decise. Tirò fuori dalla cintura una Poké Ball, aveva deciso. Avrebbe lottato con un solo Pokémon alla volta. Steve annuì e con solennità annunciò l’inizio della battaglia. Mentre Forrest filmava, Ash e Pikachu iniziarono ad osservare in silenzio l’inizio dell’incontro. Brock annuì e sorrise al suo sfidante.
Brock: -Bene! Cominciamo pure!- Il ragazzo con un assenso lanciò la Poké Ball e ne uscì fuori Pidgey. Dratini era rimasto accanto all’allenatore, perché aveva espresso il desiderio di combattere contro Onix. E aveva appreso durante il combattimento che Brock avrebbe lanciato all’attacco Onix molto più tardi. Il Pokémon uccello, una volta che il bagliore che lo attorniava scomparve, si guardò a destra e a sinistra e poi osservò il capopalestra molto distante. Rimase in attesa di conoscere il suo avversario, in silenzio. Brock meditò un istante e decise il suo Pokémon. Senza una parola lanciò una sfera Poké sul campo e si materializzò davanti agli occhi attenti di Alex e Pidgey il Pokémon acqua del capopalestra: Kabuto.
Steve: -Potete iniziare a combattere!- Ed incrociò le bandierine. Brock concesse ad Alex la prima mossa e il ragazzo annuì, accettando la proposta.
Alex: -Ok…! Bene, Pidgey, proviamo immediatamente ad accecare il nostro avversario con un attacco Turbosabbia!- L’uccellino si voltò e raschiò il pavimento con le sue zampe. Si prolificò in aria una densa polvere che colpì in pieno il Pokémon di Brock. Il capopalestra, però, non si scompose e diede precise indicazioni al suo guerriero.
Brock: -Kabuto, schiva l’attacco e abbatti Pidgey con Capocciata!- Il Kabuto virò a destra e per un soffio mancò l’ala di Pidgey. L’attacco Turbosabbia aveva funzionato, almeno per quel turno. Alex iniziò a sudare parecchio e deglutì. La tensione che in quel momento il ragazzo stava provando era altissima. Anche Dratini, appoggiato sulla spalla del suo allenatore, percepiva in ogni atomo del suo corpo l’eccitazione della gara che era appena iniziata.
Alex: -Pidgey, ora prova a far volare via Kabuto con Raffica!- E subito Pidgey sbatté le sue corte ali, nel vano tentativo di far prendere il volo al Pokémon acqua. Kabuto, però, si era ancorato ad una roccia con i suoi artigli e, sebbene il Pokémon di Alex avesse aumentato l’intensità dell’attacco, Kabuto non si mosse di un millimetro. Forrest, dagli spalti, ridacchiò mentre Ash strinse i denti, aggrottando leggermente le sopracciglia.
Ash: -No, no, così non va! Sta facendo sprecare troppe energie a Pidgey! Così per Kabuto sarà più semplice sconfiggere il Pokémon di Alex!- Il fratello minore di Brock annuì, proseguendo con la sua risata. Forrest continuò a mantenere la telecamera fissa sul Pidgey di Alex che persisteva a sbattere come un dannato le sue ali.
Forrest: -Eh, eh, già! Vediamo quanto tempo ci impiegherà a capirlo!- L’attacco Raffica proseguì senza soste per diversi minuti. Kabuto, avvinghiato alla roccia, non subiva alcun danno grazie al guscio protettivo che cingeva il suo corpo. Pidgey, frustrato e stanco, non accennava comunque a diminuire l’intensità del suo attacco. Alex strinse con forza i pugni e meditò su un possibile attacco.
Alex: “Qui si tira per le lunghe… quel Kabuto sembra invincibile! Proviamo con un altro attacco!” Annuì e poi diede precise disposizioni a Pidgey.
Alex: -Ora proviamo con un attacco Azione!- Pidgey, confortato nel terminare quello spossante attacco, corse con tutta la velocità che le sue corte zampette gli permisero e si indirizzò verso il Pokémon. Brock sogghignò, aspettandosi un repentino cambio di strategia da parte del suo avversario e preparò un contrattacco.
Brock: -Kabuto! Usa Capocciata quando Pidgey arriverà a destinazione!- Sia Alex che Ash aprirono gli occhi stupefatti. Ma fu troppo tardi per ritirare l’attacco o per eseguire qualsiasi altra mossa: Kabuto liberò gli artigli poderosi dalla roccia e si tuffò contro il Pokémon uccello che stava per sopraggiungere. I loro crani si scontrarono in un impatto tremendo. Pidgey usò l’attacco Azione con tutta la forza che aveva in corpo, mentre Kabuto faceva lo stesso con Capocciata. Rimasero lì, a guardarsi corrucciati negli occhi, fronte contro fronte. Ash rimase stupito dalla forza d’animo dell’uccellino.
Ash: -Incredibile… non ho mai visto così tanta potenza in un Pidgey…- Forrest rise ancora una volta e filmò l’incontro con la sua videocamera, non perdendosi neanche un nanosecondo di quell’incredibile match.
Forrest: -Eh, eh! L’incontro si fa sempre più interessante!- Brock sorrise e incrociò le braccia al petto.
Brock: -I miei complimenti, Alex! Il tuo Pidgey è stato allenato a dovere… ma non ancora abbastanza per sconfiggere Kabuto!- L’assistente del Professor Oak strinse i denti e il suo sguardo osservò più volte il capopalestra e i due Pokémon che si fronteggiavano. Tornò a guardare lo scontro e deglutì, quasi amareggiato.
Alex: “Se si va avanti così, il collo di Pidgey si romperà. È già in crisi, devo cambiare tattica!” In effetti il Pidgey stava iniziando ad indietreggiare. Era sopraffatto dalla potenza dell’attacco di testa di Kabuto. Nella palestra scese un silenzio quasi irreale, anche i Pokémon smisero di gemere a causa dello sforzo che ne conseguiva l’attacco. Il ragazzo con gli occhiali iniziò a riflettere.
Alex: “Qui non si va da nessuna parte. Devo… devo riuscire ad intercettare il prossimo attacco di Kabuto… ma come? Forse prendendolo alle spalle…? Forse dall’alto?” Tutto ad un tratto Alex capì. Comprese la tattica per conseguire la giusta strategia. Se soltanto Brock non se ne accorgesse… il ragazzo con gli occhiali osservò molto preoccupato lo sguardo di Brock, il quale appariva molto tranquillo e sicuro del fatto suo. Tornò ancora una volta ad osservare lo scontro e comprese infine che Pidgey stava per cedere. Un altro minuto e il suo Pokémon sarebbe andato sicuramente a gambe all’aria. Con un atto di disperazione lanciò un nuovo ordine all’uccellino.
Alex: -Pidgey! Indietreggia e spicca il volo! Poi devi compiere un giro di 220 gradi e piroettarti sul tuo avversario con un attacco Azione!- Ash, Pikachu, Forrest e Brock rimasero stupefatti quando ascoltarono gli ordini di Alex. Il fratello di Brock si voltò verso l’allenatore di Pokémon più forte al mondo, mostrandogli un volto quasi impallidito.
Forrest: -Incredibile… Ash, lo hai istruito per bene… tutto ad un tratto, sembra molto sicuro del fatto suo…- Ash, dopo un po’, scosse la testa e sorrise. Molto probabilmente la tattica di Alex, in qualche modo, era stata costruita, mattone dopo mattone, dagli incontri di Fred. In qualche maniera suo figlio aveva assistito agli incontri ed aveva imparato così a destreggiarsi. C’era un elemento però che impensieriva il ragazzo col cappello.
Ash: “Perché ha chiesto a Pidgey di fare una cosa del genere? Forse non ha un piano in mente… ma perché? Perché vuole scagliare Pidgey come fosse un meteorite? Non ha energie sufficienti!” L’esperienza del Maestro di Pokémon era molto vasta, gli bastò un’occhiata di sfuggita per rendersi conto che l’uccellino era già molto provato dagli attacchi precedenti. Un attacco Surf, uno solo, sarebbe stato in grado di abbatterlo. Frattanto Pidgey, come richiesto dall’allenatore, scivolò indietro e Kabuto cadde goffamente in avanti. Brock rimase perplesso dall’azione del suo avversario e poi comprese immediatamente il suo gioco quando Pidgey alzò il volo.
Brock: -Niente paura! Kabuto, usa l’attacco Capocciata quando Pidgey arriverà a destinazione!- Pidgey aveva già compiuto il suo giro di duecentoventi gradi ed aveva raggiunto la sommità della palestra. Essa era alta almeno venti metri, i ragazzi presenti nell’edificio videro un puntino beige e marrone che svolazzava freneticamente sul soffitto. Videro Pidgey buttarsi a capofitto contro il suo avversario, il quale si era preparato per un contrattacco. Le loro teste si scontrarono nuovamente e il rumore dello scontro fu assordante. I due Pokémon volarono in direzioni differenti. Alex aprì gli occhi impressionato: entrambi i Pokémon erano a terra, apparentemente privi di sensi, caduti come meteore sul campo di battaglia scagliati a diversi metri di distanza l’uno dall’altro. Brock, però, non aveva perso la calma. Nuovamente il silenzio scese nella palestra, nessuno dei due Pokémon sdraiati a terra aveva intenzione di rialzarsi. Steve, dopo un periodo ragionevole di attesa, si schiarì la gola e iniziò lentamente a parlare.
Steve: -Bene! Poiché nessuno dei due Pokémon è più in grado di combattere, dichiaro questa prima manche pari!- Ash fece un mezzo sorriso, ma si sentì inquieto. Il suo allievo aveva perso l’uso della ragione fin dalle prime battute dell’incontro: perché aveva utilizzato Pidgey come fosse stato un kamikaze? Avrebbe potuto benissimo vincere, se avesse ragionato un po’ di più. Forrest era in preda all’euforia e riprendeva tutto l’incontro.
Forrest: -Uao!! Fantastico, fenomenale!! È il migliore incontro al quale io abbia mai assistito! È un vero peccato che Laura non sia qui! Non sa cosa si sta perdendo!!- Sotto, sul campo, Alex sudava freddo ed ansimava. Osservò quasi con terrore il suo Pokémon esanime. Quello di cui voleva evitare di assistere era lì, davanti ai suoi occhi.
Alex: “Oh, no… che cos’ho fatto…? Come mi è saltato in mente di lanciare così in picchiata Pidgey…?” Lanciò un’occhiata ad Ash, il quale stringeva con forza il corrimano della ringhiera.
Ash: “No, Alex, non lasciarti sopraffare dalla paura! Devi farcela!” Il ragazzo con gli occhiali si ripromise di stare più attento la prossima volta. Non doveva fallire, altrimenti i suoi Pokémon non avrebbero retto per molto tempo.
Alex: “… è una semplice questione di energia… devo riuscire a sfiancare il mio avversario prima che lui lo faccia fare a me! I miei Pokémon possono lanciare attacchi molto forti…” poi osservò il suo Dratini, il quale era ancora scosso dall’esito dell’incontro.
Alex: “Dratini non conosce ancora Ira di Drago… e Weedle non ha ancora appreso tecniche così efficaci… però gli attacchi che conoscono sono molto potenti…” Alex annuì e richiamò il suo Pidgey. Così Brock fece con il suo Kabuto. Alex osservò la sfera Poké bianca e rossa, ed infine sorrise.
Alex: -Sei stato formidabile, Pidgey! Ti sei meritato tante Pokémelle!- Ritirò la sfera Poké per poi tirarne fuori un’altra, contenente l’altro Pokémon. Brock lo osservò in silenzio, sorridendo. Alex osservò il capopalestra di Plumbeopoli a sua volta, e contraccambiò per qualche secondo il sorriso. Lanciò la sua Poké Ball dritta davanti a sé.
Alex: -E va bene! Ora si cambia musica! Weedle, esci!- Il Pokémon coleottero fece la sua comparsa. Weedle si guardò attorno, poi iniziò a tremare impaurito.
Weedle: -Mamma mia… siamo in una palestra… non sono pronto…!- Alex rimase stupito dalla reazione del suo Pokémon. Sia il ragazzo che il draghetto lo osservarono sbalorditi, non aspettandosi un’uscita del genere da parte del Pokémon coleottero.
Alex: -Ma… Weedle! Ci siamo allenati parecchio per fronteggiare un evento del genere! E poi non mi hai mai detto che hai paura delle palestre!- Il Pokémon si voltò e l’allenatore con gli occhiali poté notare che il suo Weedle aveva i lucciconi agli occhi.
Weedle: -Io… l’ho scoperto solo ora…- Questa rivelazione tagliò le gambe ad Alex. Brock intanto aveva pronto il suo secondo Pokémon e senza esitazioni lo lanciò sul campo.
Brock: -Molto bene! Vai, Onix!- Il Pokémon serpente entrò in scena. Ash rimase stupito dalla scelta del suo amico, così quanto il suo Pokémon.
Ash: -Non credevo che avesse messo subito Onix! Forse… forse Brock sta temendo la capacità di Alex! Non è così, Pikachu?- Il topo elettrico, osservando Weedle spaventarsi e piangere, fu di tutt’altro parere.
Pikachu: -Io non ne sarei così sicuro…- Weedle era terrorizzato, il Pokémon che aveva davanti a sé era gigantesco e il suo sguardo non era certo benevolo. Alex si era già immaginato una simile reazione da parte del suo Pokémon, perché anche quelli di Laura ebbero paura quando videro Onix per la prima volta. L’allenatore con gli occhiali iniziò a rincuorare il Pokémon coleottero.
Alex: -Avanti, Weedle! Fagli vedere chi sei!- Weedle scosse la testa più volte.
Weedle: -No…no!! Non vorrei…!- Ed iniziò ad indietreggiare. Alex deglutì iniziò a provare timore anch’egli. Brock stava aspettando la prossima mossa di Alex, poiché il capopalestra era stato l’ultimo ad ordinare un attacco.
Alex: -Ma… Weedle, ti prego!- Nulla da fare, il Pokémon fu irremovibile. Steve osservò perplesso il Pokémon di Alex dimenarsi e scuotere la testa.
Steve: -Ehm… perdona l’osservazione, Alex, ma temo che il tuo Pokémon non abbia intenzione di lottare…- Brock alzò un sopracciglio perplesso, mentre Onix continuò ad osservare il tremante Weedle, impassibile come soltanto un Pokémon di roccia era in grado di fare.
Brock: -Alex… se Weedle non se la sente, non lo devi obbligare a combattere…- Alex dedusse che Brock aveva ragione. Decise di rispettare le volontà di Weedle e il Pokémon abbandonò il campo di battaglia a testa bassa. Dratini osservò tristemente il suo amico.
Dratini: -Weedle…- Il Pokémon scosse la testa e si allontanò un po’ di più, fino a tenersi a debita distanza dai due personaggi. Steve sospirò e scosse la testa.
Steve: -A questo punto… sono costretto ad assegnare una vittoria a Brock, per abbandono dell’avversario!- E sollevò il braccio destro, nella cui mano impugnava la bandierina rossa. Ash strinse i denti e aggrottò con forza le sopracciglia. Gridò al suo allievo e si sporse pericolosamente dalla ringhiera. Pikachu tentò in ogni modo di trattenere il suo allenatore, afferrandolo con le zampe anteriori per i suoi pantaloni, onde evitare che il maestro di Pokémon cascasse in terra.
Ash: -Ma cosa sta succedendo? Alex, che cosa ti prende? Perché hai ritirato il tuo Pokémon prima ancora di lottare?- Alex alzò lo sguardo fino ad incontrare gli occhi severi del suo maestro. Provò estrema vergogna e mormorò delle parole sconnesse.
Alex: -Ho… avuto paura per Weedle… Pidgey si è fatto molto male durante il primo incontro, ed allora…- Dratini aggrottò leggermente le sopracciglia, scese dalla spalla del suo allenatore e si strusciò contro la gamba di Alex. Il ragazzo con gli occhiali abbassò la testa per osservarlo, perplesso.
Dratini: -Fammi lottare, ti prego!- Alex sgranò gli occhi spaventato. Due Pokémon contro Dratini! Non c’era speranza.
Alex: -Io… non so se… non so se tu possa…- Inutile, Dratini si era già proiettato sul campo ed aveva uno sguardo molto corrucciato. Ash annuì e ringhiò, in preda alla collera.
Ash: -Alex, vedi di riflettere prima di ordinare qualsiasi mossa! Non mi deludere, questa volta!- Forrest ridacchiò e continuò a registrare.
Forrest: -Oh, oh… un piccolo draghetto contro un gigantesco ciclope… ne vedremo delle belle…!- Dratini era visibilmente agitato, ma decise di affrontare a viso aperto il suo gigantesco avversario. Un poco distante Weedle osservava attonito l’avanzare sul campo di Dratini.
Weedle: -No… non farlo… è pericoloso…- Brock sorrise e attese per un primo attacco da parte di Alex. Steve diede il via al terzo incontro e Alex partì all’attacco, ma con moderazione questa volta.
Alex: -Dratini, avvicinati e usa Fulmisguardo!- Dratini obbedì e folgorò con il suo sguardo penetrante il suo avversario. Il capopalestra non fu particolarmente spaventato dall’offesa e diede precise disposizioni ad Onix, il quale attese con molta pazienza.
Brock: -Onix, usa Legatutto su Dratini! Ma vacci piano, però!- Onix non se lo fece ripetere due volte e accerchiò immediatamente il piccolo Dratini, il quale osservò spaventato la massa di roccia che si stringeva intorno a lui sempre più velocemente. Ben presto fu avvolto da vari giri del corpo sinuoso ma massiccio del Pokémon di Brock e Onix si strinse contro il corpicino del cucciolo. Alex, improvvisamente, fu assalito dalla paura. Paura per Dratini, per la sua incolumità, per l’incontro, che stava perdendo con troppa disinvoltura. Brock osservò con molta perplessità il suo avversario.
Brock: -Ehi, Alex, non dirmi che ti vuoi arrendere proprio ora! Scusa se sono così schietto, ma questa prestazione è piuttosto scadente, so che puoi fare molto meglio di così!- L’assistente del Professor Oak, con una disperazione inaudita, chiese a Dratini di contorcersi su se stesso per sfuggire all’attacco vigoroso di Onix. Dratini fece del suo meglio, ma invano. Si arrotolò, si dimenò, ma non ci fu nulla da fare. Era impossibile sfuggire a quella morsa.
Alex: -Oh, no, e ora che cosa devo fare... che cosa posso fare…?- La stretta divenne più dolorosa e Dratini iniziò a mandar gemiti, l’allenatore poté udirlo chiaramente. In preda al panico ordinò a Dratini di liberarsi con un attacco Fulmisguardo. Gli occhi di Dratini si illuminarono e l’attacco riuscì ad abbagliare il suo avversario, permettendo al draghetto di divincolarsi e di liberarsi dalla presa ormai allentata. Ash approvò la decisione di Alex e iniziò a fare il tifo per lui.
Ash: -Forza Alex! Avanti così!- Brock rimase esterrefatto che un semplice Fulmisguardo, seppure a una certa distanza, avesse potuto accecare così facilmente il suo Onix.
Brock: -Però, niente male dopotutto!- Finalmente Alex ritrovò la calma una volta che il suo cucciolo di drago aveva recuperato la libertà. Decise di farla finita con quell’incontro.
Alex: -Dratini! Usa Avvolgibotta avvolgendoti alla coda di Onix!- La decisione di Alex stupì un po’ tutti, ma non fu così irrazionale. Onix era ancora innalzato sulla sua coda e non era tornato nella sua posizione iniziale. Dratini ne approfittò subito per avventarsi sulla parte del corpo più debole del suo avversario e così facendo fece perdere l’equilibrio ad Onix. Il Pokémon roccia cadde pesantemente a terra e fece un tale baccano da far fischiare le orecchie ai presenti per un bel pezzo. Si sollevò una gran fuliggine a causa del terreno polveroso e una volta che la tempesta si dissolse Steve poté constatare che l’attacco di Dratini era stato sufficiente per abbattere Onix in un sol colpo. Ash spiccò un salto e rise apertamente, esultando per la vittoria conseguita così rapidamente da Dratini.
Ash: -YUPPIEE! Evviva! È stato fantastico Dratini!- Forrest, questa volta, rimase serio.
Forrest: -Io aspetterei prima di esultare…- Ash scemò il suo entusiasmo e guardò Forrest con aria interrogativa.
Ash: -Cosa…? E perché?- Forrest tenne in una mano la videocamera e con l’altra indicò il campo di battaglia.
Forrest: -Osserva molto attentamente Dratini… pare molto provato dall’attacco subito…- Ash diede ragione a Forrest. Osservò meglio Dratini, il Pokémon stava ansimando e sembrava già a corto di energia. Brock aveva ancora dalla sua parte un Pokémon. Chissà se da solo Dratini sarebbe stato in grado di abbattere anche quello. Alex chiese al suo Pokémon come si sentisse, se fosse ancora in grado di continuare a lottare e per tutta risposta ricevette uno sbuffo da parte di Dratini, il quale non si voltò neppure. Era un assenso, Alex comprese perfettamente. Decise dunque di continuare e Brock mandò senza indugio il suo Pokémon in campo, richiamando Onix nella sua Poké Ball. Come avrebbe potuto prevedere l’assistente di Oak il Pokémon chiamato da Brock fu Geodude. Il Pokémon roccia osservò abbastanza malamente il Pokémon malconcio, e poi strinse i pugni delle sue braccia, pronto all’attacco. Brock attese con pazienza il via dell’arbitro e partì subito all’attacco.
Brock: -Geodude! Attacco Azione!- Dratini non fece neanche in tempo ad accorgersi dei pugni di Geodude che gli arrivarono sul muso a folle velocità. Fu quasi sbalzato fuori dal campo, ma atterrò in piedi. Alex osservò in preda al panico il volto di Dratini, ed esso apparve leggermente tumefatto. L’attacco, però, non aveva ancora distrutto il draghetto azzurro. Alex sapeva che non si poteva esitare, quindi ordinò a Dratini di usare Avvolgibotta contro le braccia di Geodude, per immobilizzarle. L’effetto sperato si attuò e ben presto Dratini legò le mani a Geodude, il quale tentò di divincolarsi senza successo. Brock annuì ridendo.
Brock: -Ehi, è una mossa fantastica! Complimenti, Alex, il tuo Dratini è fenomenale!- Alex aggrottò le sopracciglia e ordinò a Dratini di colpire sul volto Geodude con un attacco Azione. Sul muso di Geodude rimase un segno rosso e furioso il Pokémon roccia si liberò dalla presa di Dratini. Fu sufficiente comunque a procurare dei danni al suo avversario.
Alex: -Scusa, Brock, ma chi la fa l’aspetti!- I due Pokémon si fissarono accigliati, così come i due allenatori si osservarono per un certo periodo di tempo. Brock lanciò nuovamente Geodude contro Dratini e Alex fece altrettanto. Ash strinse i denti ancora.
Ash: -No! Così rischia di far fare la fine di Pidgey a Dratini! L’incontro probabilmente finirebbe in parità, ma ciò non garantisce la medaglia ad Alex!- Forrest rise questa volta.
Forrest: -Osserva lo sguardo di Alex…- Ash lo osservò, poi comprese quello che voleva dire il fratello di Brock. Annuì e gli sorrise.
Ash: -Hai ragione! Alex è molto concentrato… ha un piano in mente!- I due Pokémon si erano lanciati nella loro corsa frenetica. Se nessuno dei due allenatori avesse ordinato qualcosa ai loro Pokémon, l’impatto sarebbe stato terrificante. Molto probabilmente Dratini avrebbe fatto la fine di Pidgey. Dratini e Geodude erano lanciatissimi uno contro l’altro, entrambi volevano usare l’attacco Azione alla massima potenza. Brock strinse i denti, aggrottando le sopracciglia.
Brock: “Perché vuole ripetere l’errore di poco prima? Così non vincerà mai!” Alex, dal canto suo, sapeva già che cosa fare.
Alex: “Spero che ciò che ho pensato vada bene, altrimenti… addio medaglia!” Venti metri separavano i due Pokémon. Dratini continuò a strisciare sul terreno a buona velocità, mentre il Pokémon roccia si indirizzò verso il draghetto con l’aiuto delle sue braccia muscolose. Dieci metri, l’impatto era imminente. Nove metri. Sei metri. Cinque, due, mezzo metro. Ash rimase in attesa di un ordine di Alex, il quale sopraggiunse in una frazione di secondo.
Alex: -SALTA!- Arrotolando il corpo su se stesso, come fosse una molla, Dratini saltò in alto, lasciando di stucco sia Brock che Geodude.
Brock: -Cosa! Ma che diavolo…?- Alex alzò un braccio verso Dratini, il quale aveva già srotolato il suo corpo serpeggiante. La luce del sole rifletteva sul suo corpo umidiccio.
Alex: -ORA! USA AZIONE SU GEODUDE!- Dratini cadde a tutta velocità su Geodude e non sbagliò mira. Urtò violentemente contro il capo del Pokémon roccia, il quale andò a sbattere contro un masso. I due Pokémon caddero a terra, privi di sensi. Ash deglutì, quasi spaventato dal probabile esito dell’incontro.
Ash: -No! Dratini…! È svenuto…!- Steve osservò pazientemente se uno dei due Pokémon fosse ancora in grado di combattere. Dratini e Geodude non si alzarono. L’arbitro annuì e con solennità procedette al verdetto finale.
Steve: -Poiché né Geodude né Dratini sono in grado di continuare il match, giudico la partita chiusa in pa…- La frase non fu finita, poiché Alex iniziò a gridare.
Alex: -UN MOMENTO!- L’arbitro voltò il proprio sguardo sull’allenatore, il quale indicò il suo Pokémon. Steve notò che Dratini, lentamente, si stava rialzando. Ma Geodude no. Brock rimase esterrefatto da quanta energia avesse usato quel piccolo drago per abbattere il suo veterano.
Brock: -Non… non ci posso credere…- Steve mutò atteggiamento ed alzò la bandierina verde.
Steve: -Bene! Dichiaro questo incontro vinto regolarmente dal Dratini di Alex!- Ash e Pikachu saltarono in aria all’unisono e gridarono di felicità.
Ash: -EVVIVA!! ALEX HA VINTO!!!- Forrest ridacchiò e spense la sua videocamera.
Forrest: -Un incontro entusiasmante! Che colpi, che attacchi! E che zucche robuste!- Alex si avvicinò lentamente verso il suo beneamato Dratini, il quale si accasciò quando l’allenatore lo raccolse. Il ragazzo con gli occhiali sorrise quando scoprì che il suo cucciolo si era addormentato, esausto per la battaglia. Notò che sul volto aveva parecchi bernoccoli, ma ciò non guastò il suo dolce sonno.
Alex: -Dratini… sei stato meraviglioso… io non osavo neanche immaginare quanta energia avessi nel tuo corpo… ma ora mi hai fatto ricredere. Grazie, Dratini…- Weedle si avvicinò, meravigliato.
Weedle: -Mamma mia… che forte! Alex, perdonami… prometto che domani mi impegnerò al massimo…- Alex si inginocchiò ed accarezzò il suo Pokémon. Gli sorrise.
Alex: -No… non devi scusarti… sono stato io che non ti ho fatto abituare agli eventi in palestra! La prossima volta… faremo con calma, va bene?- Il Pokémon coleottero annuì, felice come una pasqua. Ben presto Alex fu raggiunto da Brock, Ash e Forrest. Il più raggiante era sicuramente l’allenatore più forte al mondo, il quale abbracciò il suo allievo.
Ash: -FANTASTICO! Alex, hai superato brillantemente la prova al primo colpo! Sapevo che non mi avresti deluso! Tu e Laura siete FENOMENALI!!- Brock cercò di calmare l’euforia di Ash separandolo da Alex, il quale era arrossito violentemente.
Brock: -Ehi, ehi, va bene, Ash! Ora calmati, ti prego!- Quando la calma tornò a regnare, Forrest prese la parola.
Forrest: -Ehi, è stato un incontro mozzafiato! Il tuo Dratini, Alex… è fortissimo!- Il ragazzo con gli occhiali annuì, ancora stupito da quanta vitalità avesse in corpo il suo prediletto. Aveva sconfitto un gigante come Onix e, non contento, anche quella furia di Geodude. Due in un colpo solo, che storia.
Alex: -Già… non sapevo che fosse così forte… mi sono spaventato quando ho visto Dratini rialzarsi dopo il primo attacco di Geodude come se niente fosse… per un momento mi era sembrato che fosse fatto di ferro!- Brock rise e appoggiò una mano sulla spalla di Alex.
Brock: -Anche a me è sembrato… Alex, hai vinto, è stata una bellissima battaglia!- Ash annuì, soddisfatto.
Ash: -Oh, sì! All’inizio la tua strategia mi è parsa molto confusa, ma poi hai dato il meglio di te! Congratulazioni!- Tutti quegli elogi fecero arrossire ancora di più Alex, il quale si allontanò indietreggiando.
Alex: -Io… io non…- Fu raggiunto dal capopalestra di Plumbeopoli, il quale gli mostrò la Medaglia Sasso. Alex questa volta sbiancò quando la vide scintillare davanti a sé.
Brock: -Tieni, ora è tua!- E la posò su una mano tremante dell’assistente del Professor Oak. Il ragazzo con gli occhiali l’osservò per più di un minuto, girandola e rigirandola. Era bellissima, con quel color grigio lucente. Il ragazzo non ci credeva ancora, ma aveva vinto! Aveva vinto la sua prima battaglia, la sua prima medaglia! Saltò di gioia e rise a bocca aperta.
Alex: -SIII!! EVVIVAA!- Ash fu compiaciuto che il suo allievo avesse fatto passi così giganti nella sua preparazione. Si era comportato molto bene fino a quell’istante, ma la sua strategia, come ovvio che fosse, era ancora da migliorare. Non poteva il suo allievo vincere a suon di cornate, non allenava mica una mandria di Tauros!

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Capitolo 10
*** 9 - Volo! ***


Rieccomi con un altro capitolo! Spero che la fanfiction sia di vostro gradimento! Ciaoooo! ^__^

Alex ancora non poteva crederci: nelle sue mani c’era il frutto dei suoi sforzi, ed era avvenuto così in fretta che per un lungo istante gli era sembrato che quella medaglia fosse un sogno e che da un momento all’altro potesse sfuggirgli di mano. Invece no, stropicciava gli occhi ma la Medaglia Sasso era ancora lì, davanti ai suoi occhi. I suoi occhi luccicavano dalla gran gioia e Ash fu estremamente orgoglioso dei suoi grandi progressi. Appena furono in città, l’allenatore con il cappello si congratulò con il suo allievo con un grande sorriso.
Ash: -Bravissimo, Alex… ce l’hai fatta, complimenti! Per un solo istante ho temuto il peggio... ma sapevo che alla fin fine non mi avresti deluso!- Naturalmente anche il buon vecchio Pikachu era entusiasta per i progressi di Alex e soprattutto di Dratini. Il topo elettrico, però, aggiunse una nota di critica che colse di sorpresa il ragazzo con gli occhiali.
Pikachu: -Il Dratini di Alex non è allo stesso livello della Dratini di Laura... come mai?- Attimi di silenzio. Ash conosceva il giudizio esperto del suo fido compagno di avventure e annuì, perdendo il suo sorriso. Il suo volto divenne rapidamente cupo e entrambi osservarono preoccupati sia Alex che il draghetto. Il ragazzo con gli occhiali scosse la testa, un po' titubante.
Alex: -Non... non ci siamo allenati abbastanza, a quanto pare... a parte il fatto che Laura sta allenando il suo Pokémon da più tempo rispetto a me...- Dratini annuì, dando ragione all'allenatore. L'osservazione di Alex fu più un'accusa lanciata a Pikachu, il quale scosse la testa meditabondo per l'incomprensione.
Pikachu: -No, no, non era questo che volevo dire... voglio soltanto farvi notare che Laura è di parecchi gradini più in alto di voi sulla preparazione... riconosco al volo la potenza di due Pokémon messi a confronto...- Le sentenze di Pikachu, ben presto, sbollirono l'entusiasmo di Alex e Dratini. Ash però con una fragorosa risata catturò l'attenzione dei tre personaggi.
Ash: -Ehi, ehi, quanto la fate lunga! Ricordatevi che abbiamo a malapena iniziato... però, Alex - e guardò il suo allievo negli occhi, facendosi nuovamente serio - non ti adagiare sugli allori perché hai sconfitto Brock... anzi, d'ora in poi l'allenamento si farà sempre più intenso e difficile...- Il suo sguardo passò in rassegna anche su Dratini, il quale deglutì annuendo. La pioggia batteva sugli ombrelli dei due esseri umani incessantemente e sembrò proprio che non volesse accennare a smettere. L'assistente del Professor Oak comprese perfettamente quello che Ash e Pikachu volessero intendere: Laura Ferguson era molto più avanti rispetto a lui. Ma in quel momento non gli pesava più di tanto, era da solo una giornata e mezza che aveva iniziato ad allenarsi. Laura, forse, aveva impiegato una settimana - o forse di più - per permettere alla sua Dratini di raggiungere un livello così elevato. Scacciò quei pensieri e poi osservò nuovamente Ash, il quale aveva permesso al suo campione elettrico di salire su una spalla.
Alex: -Beh, per allenarsi c'è sempre tempo... perché non raggiungiamo un telefono e raccontiamo al Professore ciò che è successo?- Sia Ash che Pikachu annuirono sorridendo e raggiunsero in breve tempo il Pokémon Center di Plumbeopoli. Appoggiarono i loro ombrelli fradici per la pioggia nel vano adibito per i paracqua vicino all'uscita e Alex si indirizzò alla sua destra, dove sui muri troneggiavano alcuni videofoni. Il ragazzo alzò la cornetta e compose il numero del Laboratorio del Professor Oak. In quel momento del pomeriggio non c'era nessuno, tanto meno l'infermiera Joy. Ash comprese che la buona infermiera era in sala chirurgica, poiché la luce rossa che segnalava che era in corso un'operazione era accesa. Blissey era con lei ed Ash si augurò con tutto il cuore che qualunque operazione si trattasse potesse andare per il meglio. Due, tre squilli e finalmente il buon vecchio Professor Oak rispose. Sulla schermata grigia del videofono comparve infatti il suo faccione e però parve molto affaticato.
Oak: -Sì pronto?- Alex sorrise, ma il suo sorriso ben presto si spense. Già dal tono di voce del Professore aveva intuito che qualcosa non andava per il verso giusto. Ash però non comprese immediatamente il perché, ma rimase ugualmente in silenzio. Il ragazzo con gli occhiali studiò per un istante lo sguardo del Professore ed iniziò a parlare. Voleva annunciargli la vittoria nella palestra di Plumbeopoli, ma quello pareva il momento meno opportuno. Alex: -Professore...- Oak sospirò così a fondo che anche le orecchie allenate di Pikachu riuscì a sentirlo da qualche metro di distanza.
Oak: -Alex... finalmente hai chiamato... mentre tu ed Ash eravate via, sono sopraggiunte due brutte notizie...- Alex sgranò gli occhi ed Ash notò quasi immediatamente il repentino cambio d'umore del suo allievo. Si avvicinò un poco, ma continuò a non proferire parola. Il ragazzo col cappello entrò nel quadro di visione del videofono, così da farsi vedere anche da Oak. Il Professore espresse un mesto sorriso alla visione di Ash, ma poi mutò immediatamente sentimento.
Oak: -La prima notizia, forse quella meno grave, è che Laura è arrivata a Biancavilla... in lacrime, mi sembra. Mi ha raccontato che sta per partire con voi e che non vuole lasciare i suoi genitori...- Alex serrò la mascella e non seppe che cosa dire. In quel momento riusciva a capire i sentimenti della ragazza e nello stesso tempo non la comprendeva. Ash rimase ancora in attesa, ma osservò a lungo il suo allievo tanto che quest'ultimo si sentì sotto pressione dagli sguardi dei due uomini.
Alex: -Doveva... doveva saperlo... in fondo un viaggio è pur sempre un viaggio, no?- Oak annuì gravemente. L'aspetto dello studioso di Pokémon pareva invecchiato di almeno dieci anni.
Oak: -Già... mi era sembrata molto sconvolta... comunque Laura è ospite in casa di Delia, la madre di Ash...- Il ragazzo con gli occhiali riferì la notizia ad Ash, il quale immediatamente recuperò dalla sua cintura una Poké Ball. Essa si ingrandì al tocco della sua mano e il suo sguardo era corrucciato.
Ash: -L'avrei dovuto prevedere... Alex, io torno dunque a Biancavilla...- Oak però aveva già catturato nuovamente l'attenzione del ragazzo.
Oak: -La seconda notizia è che proprio alcuni minuti fa il professor Elm mi ha informato che il Team Richardson ha già iniziato a colpire dalle parti di Celestopoli... ragazzi, per l'amore degli dei, state attenti!- Alex volle comunicare la notizia della conquista della sua prima medaglia, ma Oak troncò la conversazione. Si sentì un nodo alla gola, avrebbe desiderato tanto dirgli che aveva vinto, lui ed i suoi Pokémon. Ash continuava a tenere lo sguardo incollato su di lui, apparentemente infischiandosi dei tentennamenti del suo allievo.
Ash: -Allora? Vieni con me o no?- Alex non seppe cosa rispondere. Osservò il suo Pokémon drago, il quale anch'egli lo stava guardando negli occhi. Poi alzò lo sguardo verso il suo maestro.
Alex: -Io... non lo so... il Professore ci ha appena comunicato che il Team Richardson ha appena attaccato Celestopoli...- I volti sia di Ash che di Pikachu si indurirono nell'udire quella notizia. Soprattutto quello di Ash.
Ash: -Ah... brutto segno... gli scagnozzi di tuo padre non vogliono perdere tempo, allora...- Poi si tappò la bocca con una mano, notando lo sguardo rattristato del suo allievo. Decise di uscire di corsa dal Pokémon Center, recuperando gli ombrelli che avevano posato poco prima, e di lanciare la Poké Ball che aveva appena estratto dalla cintura. Ne uscì fuori il Pokémon pellicano Pelipper, il quale attese con pazienza che anche il ragazzo con gli occhiali fosse uscito dall'ospedale. Comprese che il pellicano da solo non sarebbe mai riuscito a portare in groppa sia Ash che Alex, non era ancora così grosso e forte da portare in volo due persone. Aveva dunque bisogno di un sostegno, e quello l'avrebbe dato il buon vecchio Pidgeot. Invocò anche l'altro Pokémon uccello a sua disposizione e Pidgeot apparve nella sua maestosità più grandiosa. Appena Alex e Dratini furono fuori dal Pokémon Center, il ragazzo con gli occhiali osservò perplesso la presenza di Pelipper e di Pidgeot. Osservò con aria interrogativa il suo maestro, il quale sorrise.
Alex: -Ash, scusa... cosa vorresti fare con loro?- Ash ridacchiò ed indicò un punto imprecisato alla sua sinistra, puntando il dito con decisione.
Ash: -Biancavilla è piuttosto lontana da qui... ci impiegheremmo troppo tempo a piedi. Ma noi abbiamo i Pokémon giusti, Alex, che ci permetteranno di arrivare a Biancavilla in men che non si dica!- Dratini parve molto agitato dalla questione e pose tremando la sua domanda.
Dratini: -E... come... faremo?- Pikachu esplose in una risata e con un agile balzo saltò sulla schiena di Pelipper.
Pikachu: -Volando!- La reazione di Alex e Dratini fu ben prevista da Ash, infatti stavano tremando come delle foglie. Deglutirono all'unisono e si guardarono in volto terrorizzati. Pidgeot stava ridendo sotto i baffi nel frattempo.
Alex: -Co...co....cosa??? Vo...volare...?- Alex osservò Ash, il quale stava ridendo della grossa.
Ash: -Ehi, di che cosa hai paura? Non cadrai mica di sotto, Pidgeot è molto grande, non hai di che temere!- Il volto dell'assistente del Professor Oak era molto pallido per l'emozione. Non aveva mai volato su un Pokémon, perché proprio in quel momento? Non era psicologicamente pronto per la nuova esperienza.
Alex: -Io... io non... non so se...- Ash si avvicinò verso il suo allievo e lo spintonò verso Pidgeot, il quale osservò perplesso il ragazzo con gli occhiali.
Ash: -Avanti, non abbiamo tempo da perdere! Ricordati che dobbiamo andare a prendere Laura! Lo sai come si sente in questo momento?- Alex avrebbe voluto contraddirlo, avrebbe voluto gridare che non la capiva assolutamente. Lui non li aveva più i genitori, cosa avrebbe dovuto comprendere del malessere di una ragazzina? L'allontanamento dai suoi genitori? E che cosa importava all'assistente del Professor Oak? La paura però gli bloccava la lingua, impedendogli di pronunciare anche la più piccola sillaba e ben presto Pidgeot, con delicatezza, lo acciuffò per il suo enorme becco rossiccio e lo appoggiò sulla sua schiena. Ash avrebbe voluto vedere la situazione con un tono di divertimento, ma le notizie del Professor Oak lo stavano martoriando mentalmente. Il Team Richardson... chissà quali obiettivi avrebbe potuto avere in testa. Migliori o peggiori del Team Rocket? L'allenatore di Pokémon più forte al mondo si augurò con tutto il cuore che Celestopoli non fosse ancora caduta nelle mani di quei malviventi.
Ash: -Non abbiamo tempo da perdere Alex! Che tu lo voglia o no, partiamo!- I Pokémon volanti di Ash, senza aspettare un ordine preciso da parte del loro allenatore, presero immediatamente il volo, senza avere bisogno di prendere la rincorsa. Alex e Dratini gridarono con tutto il fiato che ebbero in gola, ma Pidgeot non volle saperne di fermarsi. Ben presto i due ragazzi furono nell'immensità del cielo e i due Pokémon uccello superarono la coltre di nuvole nere che attanagliava Plumbeopoli. Alex aveva serrato gli occhi e non stava affatto ammirando lo spettacolo. Si stringeva convulsamente contro il muscoloso collo di Pidgeot e mugugnava, con Dratini serrato contro il suo corpo.
Alex: -Per favore, portami giù... per carità... ti prego...- Pidgeot rise della grossa e iniziò ad agitarsi. Alex gridò come un isterico e si aggrappò con ancora più forza al collo del Pokémon, così tanto che sembrò che lo stesse per strozzare. Ash lo osservò divertito e lo richiamò.
Ash: -Ehi, fifone! Guarda che se fai così uccidi il mio Pidgeot!- Alex scosse la testa e continuava a tenere chiusi gli occhi, tremando come una foglia.
Alex: -Non mi interessa! Soffro di vertigini, portami giù ti prego!- Pelipper si accostò a Pidgeot per permettere ad Ash di bussare sulla testa del suo allievo. Il ragazzo con il cuore in gola si voltò e finalmente aprì gli occhi. Osservò con reticenza il suo maestro. Ash gli stava sorridendo e Pikachu era sulla sua spalla, sorridente anch'egli.
Ash: -Ehi, buongiorno! Cos'hai da strillare in quel modo?- Alex scosse nuovamente la testa e tenne gli occhi incollati sul maestro di Pokémon. Non si accorse di tutto quanto gli stesse intorno, del cielo azzurro, del sole splendente e dei Pokémon uccello che svolazzavano di qua e di là.
Alex: -Te l'ho detto... non mi piace volare! Tanto meno trovarmi ad un'altezza così gigantesca! Per favore... torniamo a terra!- Poi finalmente si accorse che la schiena di Pidgeot era davvero grande. Osservò meglio la postura del Master dei Pokémon: stava perfettamente in piedi su Pelipper, il quale era decisamente più piccolo del gigantesco Pidgeot. Eppure Ash pareva non avesse particolari problemi a stare sul Pokémon pellicano.
Ash: -Hai visto? Io non cado, Pidgeot è meglio di una piattaforma! Con lui non potresti mai cadere!- Alex notò che Ash aveva ragione. Il suo campo visivo, dapprima ristretto per la grande paura, si allargò poco a poco. Si accorse dapprima del cielo azzurrissimo e sereno, poi del sole che scaldava le loro teste e successivamente della presenza di altri Pokémon uccello nel cielo. Sia Alex che Dratini rimasero estasiati da quello splendido spettacolo. Videro dei Pidgey, degli Hoothoot, degli Spearow e qualche Fearow isolato. Ce n'erano stormi interi, pareva che stessero emigrando chissà dove. Forse perché l'estate stava per terminare.
Ma la cosa che mozzò loro il fiato fu senza dubbio quello che stava sotto: una coltre densa e compatta di nuvoloni neri. Quando Alex li osservò il suo cuore provò un tuffo e iniziò a tremare per la paura.
Alex: -Non... non avrei dovuto... guardare sotto!- Il ragazzo col cappello rise e si allontanò un po' dall'allievo.
Ash: -Appena il tuo Pidgey sarà cresciuto, gli insegnerai a volare!- L'assistente del Professor Oak osservò con occhi sgranati il suo maestro. Allevare il piccolo Pidgey per volare? Ma era a malapena un cucciolo! Glielo fece notare con un certo timore e l'allenatore di Pokémon più forte al mondo annuì.
Ash: -Questo è vero... però ti rendo noto che anche il mio Pidgeot, quando ho iniziato ad allenarlo, era pressappoco come il tuo Pidgey... con un costante allenamento è diventato quello che è ora! Con il tempo anche il tuo Pokémon diventerà forte e robusto come il mio!- Pidgeot parve arrossire ai complimenti del suo allenatore. Alex fu eccitato al solo pensiero di vedere il suo coraggiosissimo Pidgey solcare i cieli infiniti di tutta Kanto e fare Biancavilla-Zafferanopoli in meno di dieci minuti. Già lo vedeva, rapido e scattante come un Fearow. Pikachu riportò il ragazzo alla realtà con la sua voce squillante ed i due allenatori osservarono il punto indicato con fervore dal topo elettrico.
Pikachu: -Siamo arrivati!- Sullo sfondo si poteva vedere Biancavilla e il mare che circondava l'immacolato paesino. Alex notò con estremo stupore che il cielo di Biancavilla non fu assolutamente coperto da alcuna nuvola, perché il banco temporalesco non aveva ancora raggiunto il paese natale di Ash. Alex si chiese mentalmente se anche la sua città natale, Fiorlisopoli, fosse coperta come lo era Plumbeopoli. Che cosa ci faceva lì a Kanto? Ah già, assistere il Professor Oak. I due Pokémon uccello con grazia ed eleganza atterrarono sul prato limitrofo al Laboratorio del Professor Oak e Alex disarcionò da Pidgeot in preda alla nausea. Barcollò come fosse stato ubriaco e poi si inchinò fino a terra.
Alex: -Terra... terra, finalmente! Pensavo di rimanere ucciso, dopo un viaggio del genere!- Ash rise e con un salto da Pelipper fu a terra. Si avvicinò al suo allievo e lo aiutò a rialzarsi e a fare mente locale.
Ash: -Il solito esagerato! Per un volo di neanche dieci minuti, sei proprio un fifone!- Alex non si preoccupò dell'osservazione del suo maestro e osservò con un certo timore prima il Laboratorio, poi la casa di Ash che non era molto distante dal luogo di studi di Oak. A Biancavilla regnava un silenzio quasi irreale e le orecchie dei Pokémon ben presto ronzarono dal massiccio silenzio. Fortunatamente il vento iniziò ad ululare e il mare si infranse sul bagnasciuga, il rumore delle onde rinfrancò un poco lo spirito di Pikachu e di Dratini.
Alex: -Ash... forse è meglio se... se ci dividessimo...- Ash alzò un sopracciglio perplesso ed osservò con aria interrogativa il suo allievo.
Ash: -E perché, scusa?- Il ragazzo deglutì e abbassò leggermente lo sguardo. Si concentrò sulla giacchetta del suo maestro per ordinare i suoi pensieri.
Alex: -Laura... Laura ha un problema familiare... non mi va di parlarne ora con lei... ti chiedo scusa...- Pikachu comprese perfettamente i sentimenti del ragazzo con gli occhiali e spiegò al suo allenatore ciò che disturbava l'assistente del Professor Oak. Dratini ascoltò il dialogo in silenzio, senza proferire parola.
Ash: -Sì... certo, capisco...- Osservò anch'egli in silenzio Alex. La brezza marina solleticava le narici dei Pokémon, tanto più che Dratini starnutì. Gli faceva pena vedere in quello stato il suo allievo, ma non si poteva continuare in quello stato di depressione. Ash aggrottò leggermente le sopracciglia e annuì, incrociando le braccia al petto. Pikachu fece lo stesso, tenendo anch'egli uno sguardo corrucciato e facendo ciò suscitò una risata da parte di Dratini.
Ash: -Va bene... Alex, tu vai dal Professore e dagli la bella notizia... io torno a casa. Fai quello che ti pare. Ma ti voglio a casa mia fra mezz'ora! Non tollero cose strane, sono stato chiaro? Non voglio che ci sia cattivo sangue tra i miei allievi!- Il tono della voce di Ash risuonò molto duro alle orecchie del ragazzo con gli occhiali. Profondamente amareggiato per il severo ordine annuì, con un nuovo groppo alla gola.
Alex: -S..sì...- Le strade di Alex e Ash ben presto si divisero. Fu esaminata per prima la situazione dell'assistente del Professor Oak. Alex di corsa e con un certo magone al posto dello stomaco si diresse verso il portone di ferro del Laboratorio. Premette il pulsante del citofono e ben presto Oak gli aprì. Alex, con una falcata incredibile, fu in pochi secondi al cospetto del luminare di Pokémon, il quale rimase basito dalla solitudine del suo assistente. Alzò le sopracciglia canute e lo osservò stupito.
Oak: -Alex! Cosa succede? Perché sei da solo?- In breve Alex gli spiegò quello che lui ed Ash ebbero deciso di fare. Oak annuì e si alzò dal tavolo. Iniziò a girovagare per il Laboratorio, con tutta l'aria di volere cercare qualcosa fra i disordinatissimi scaffali.
Oak: -Alex... è una situazione molto dura, questa! E' qui, mio caro, che viene la parte difficile della tua vita!- Alex sgranò gli occhi, rosso in volto perché stava per sopraggiungere il pianto, se lo sentiva. Anche la sua voce era già rotta.
Alex: -In... in che senso?- Oak estrasse dallo scaffale un libro molto vecchio ed impolverato. Pareva fosse di qualche secolo fa. Era rilegato in cuoio ed aveva attaccata una corda doppia dorata. Il Professore lo appoggiò delicatamente sul tavolo e aspettò con pazienza che il suo assistente si avvicinasse al tavolo.
Oak: -Mi è capitato, molti anni addietro, di assistere ad una scena del genere... agli inizi della mia carriera, lo sai? ero proprio come te! Un assistente!- Lo sguardo di Alex rimase incollato al libro. Riuscì con fatica a leggere la scritta "Biancavilla - Album" ed una data che indicava un tempo molto distante. Oak continuò, dato che Alex non osava spiccicare parola.
Oak: -Un assistente... ah, già, il buon vecchio Dottor Harrow! Ah, quanto tempo sarà passato...? Quaranta, cinquant'anni? Beh, poco importa. Alex, dai un'occhiata all'album...- Il ragazzo con gli occhiali esitò parecchio davanti alla raccolta di foto. Con una mano tremante afferrò la prima pagina e lentamente aprì l'album di fotografie ingiallite dal tempo. La prima foto su cui l'occhio di Alex cadde fu la seconda a sinistra della prima pagina: erano raffigurati un uomo vestito di nero e un ragazzetto dalle folte sopracciglia. Ad Alex venne un colpo riconoscendo in quel ragazzino, che avrebbe potuto avere la sua età, il vecchio Oak. Il Professore esplose in una risata notando l'incredulità del suo assistente.
Oak: -Ah! Ah! ti sembra incredibile, vero? Beh, tu ci creda o no, in quel periodo io ero assillato, come te, da un cruccio esistenziale...- La sua risata si spense. Nel Laboratorio cadde un silenzio irreale e il figlio di Fred Blake volle con tutto il cuore romperlo. Ma non ci riuscì, la sua gola non emetteva alcun suono. Oak aggrottò le sopracciglia e si avvicinò di più al tavolo.
Oak: -In quel periodo iniziai con entusiasmo il mio tirocinio all'Accademia Scientifica e Biologica di Pokémon di Lavandonia... avevo la tua stessa età, Alex. All'epoca avevo una specie di cotta per una ragazza... il suo nome era Lidia. Era una ragazza fantastica, splendida, intelligente... frequentavamo la stessa scuola, eravamo nello stessa classe. Andavamo pazzi per lo studio biologico e naturalistico dei Pokémon... avevamo in comune tante cose: lo studio, i divertimenti, il lavoro... l'età. Che tu lo voglia o no, Alex, mi innamorai perdutamente di Lidia- Ed indicò una foto nell'altra pagina. Alex riuscì ad intravedere la fisionomia della ragazza, una bellissima ragazza dai boccoli biondi e con un libro verde in mano. Alex continuava a rimanere in silenzio, attonito.
Oak: -Gli studi procedevano bene... tutto andava a gonfie vele, fino a quando... fino a quando...- Oak tossì violentemente ed Alex sussultò, in preda al panico. Osservò il Professore come se fosse stato un fantasma.
Oak: -Tuo padre. Tuo padre si è messo in mezzo. Non ebbi il coraggio di dichiarare il mio amore per lei...- Alex si tappò le orecchie e si mise a gridare come un pazzo in preda alla rabbia. Lidia, la madre, Oak, il probabile marito, Fred, suo padre. Alex non avrebbe voluto credere alle sue parole. Gli sembrava di vivere in un incubo dal quale non si sarebbe mai potuto risvegliare.
Alex: -BASTA! NON VOGLIO SENTIRE ALTRO!!- Oak afferrò con decisione i suoi polsi, gli fece allontanare le mani dalle orecchie e lo costrinse ad ascoltare. Ma non fu arrabbiato, la sua voce era stranamente calma.
Oak: -Invece devi ascoltare. Come te, Alex, non avevo più nessuno al mondo. Ripudiato ed abbandonato, ho pensato a lungo di abbandonare gli studi... ma il Dottor Jack Harrow - ed indicò il vecchio con i grossi baffoni - mi ha fatto riflettere molto su un fatto. I Pokémon, Alex, i Pokémon. Non sono solo fatti per essere studiati. Sono i nostri amici, i nostri consiglieri, i nostri sostegni. Se imparerai questo... so che ce la potrai fare... io l'ho imparato, Alex, e sono sopravvissuto. Ma non ho inteso alla perfezione il consiglio del Dottor Harrow. Io mi sono avvicinato di più ai Pokémon, questo è vero, ma... solo per studiarli, per ammirarli da lontano. Sta a te decidere se continuare per la tua strada, oppure farla finita...- Alex non riusciva neppure a respirare tanta era la voglia di mettersi a piangere. Ma aveva promesso al Professor Oak che non avrebbe pianto in sua presenza. Non in quel momento.
Alex: -Come... come ha fatto...?- Oak chiuse gli occhi, sospirando tristemente.
Oak: -Ci sono passato anche io, Alex. So benissimo cosa provi. Anche io fui sul punto di abbandonare tutto. Ma Harrow mi fece riflettere. E ora chiedo a te, Alex Blake, di non abbandonare tutto quello che hai appena costruito. Ne va della tua salute psichica. Non abbandonare Ash, non abbandonare Laura, non abbandonare Dratini... e non venirmi a dire che non è vero, che queste intenzioni non ti sono passate per la testa, perché tanto so che è così! Lo leggo nei tuoi occhi!- E gli puntò, con occhi fissi sul suo allievo, un dito contro. Dratini si agitò in preda al panico ed Alex non poté in quel momento evitare di lacrimare. Prontamente si asciugò gli angoli degli occhi con un dito ma non riuscì a trattenere il torrente in piena. Si nascose il volto con le mani e singhiozzò, vanamente cercando di trattenersi. Oak sorrise dolcemente e si avvicinò al suo assistente, e lo abbracciò. Alex non disse nulla e continuò a tenere le mani sul volto.
Oak: -Ora sai che cosa vuol dire avere degli amici che contano su di te. Non abbandonare i tuoi sogni, non fare gli stessi errori che ho fatto io. Io abbandonai il sogno di diventare allenatore per seguire il Dottor Harrow, ma tu... tu sei sprecato per restare qui, Alex. Ti prego, spicca il volo, non restare più qui... non hai più bisogno di me- Sciolse lentamente l'abbraccio ed Alex abbassò le mani, il volto arrossato, gli occhi gonfi. Osservò sorridere Oak, ma dal suo volto non sfuggì neppure una lacrima. Anzi, la sua espressione parve molto più sollevata. Forse fu il Professore stesso a sentirsi più sollevato dopo essersi liberato di quel fardello che gli gravava sulle spalle da così tanto tempo.
Oak: -Hai studiato abbastanza. Alex, è giunto il momento di unire l'utile al dilettevole! Con la tua sapienza e, con un briciolo di allenamento, diventerai un degno avversario per Ash, ne sono certo!- Attimi di silenzio. L'occhio del Professore cadde distrattamente sul Pokémon Navigator di Alex e senza che il ragazzo se ne accorgesse, talmente era assorto dal discorso del suo insegnante, glielo prese.
Oak: -Laura, quando è venuta qui, mi ha detto che ha vinto alla palestra di Plumbeopoli... tu hai fatto lo stesso, Alex?- Senza che il ragazzo potesse dire una sola parola Oak aprì il PokéNav nello scompartimento dedicato alle medaglie. Sullo schermo LCD riluceva la fisionomia della Pietra Sasso e le altre sette erano ancora in filigrana. Gli occhi del Professor Oak brillarono di gioia quando osservò la medaglia. Guardò il suo assistente con adorazione e Alex dovette abbassare gli occhi per la timidezza.
Oak: -Hai... hai vinto la prima medaglia! Con...Congratulazioni, Alex! Fai di me un uomo estremamente... orgoglioso!- Tutti quei complimenti sprofondarono ancora di più il ragazzo con gli occhiali, ma Alex si sforzò di sorridere ad ogni modo.
Oak: -Sì... sì! Fantastico! Allora avevo visto giusto, tu diventerai un ottimo allenatore di Pokémon! Ah, l'istinto non mi ha dunque abbandonato!- Alex raccontò per filo e per segno l'andamento della battaglia contro Brock e alla fine del racconto Oak annuì, sorridendo.
Oak: -Beh, per Weedle la questione è molto semplice... non si sentiva pronto, tutto lì. Devi concentrarti sugli allenamenti... ma questi discorsi sarà meglio che te li faccia Ash, è più esperto di me in questo!- Rise a bocca aperta e poi strinse una mano al suo assistente. Alex trasalì nuovamente al gesto di confidenza.
Oak: -Ti auguro buona fortuna, Alex. Mi raccomando, voglio che tu segua tutti i consigli di Ash. Io mi fido ciecamente di lui, vai e fatti onore! Cancella tutti i pregiudizi della gente, fai valere il buon nome della tua famiglia!- Alex annuì tremante e salutando il Professore recuperò il PokéNav. Si voltò si allontanò lentamente, diretto verso casa di Ash.

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Capitolo 11
*** 10 - Partenza ***


Evvai! Un nuovo capitolo della saga! La trama si sta facendo avvincente, vero ?(E come no...?) Ah ah buona lettura! ^__^

Ash aprì delicatamente la porta di casa sua e osservò con estrema calma se tutto fosse al suo posto. Il corridoio, il salotto che si potevano vedere dallo stipite della porta… tutto era silenzioso. Con Pikachu sulla spalla l’allenatore attraversò lentamente il salotto e si ritrovò ben presto in cucina. Vide che sua madre, Delia, era accanto al lavabo e stava tranquillamente lavando alcuni piatti. Oltre a lei, però, non c’era nessuno. Si schiarì leggermente la voce e catturò immediatamente l’attenzione della madre, la quale chiuse il rubinetto dell’acqua e si voltò verso suo figlio. La donna sorrise, ma non per molto.
Delia: -Ash, tesoro… Oak mi ha avvertito che saresti arrivato…- Il ragazzo annuì. Si tolse il cappello, zaino e giacca e depose tutto sul tavolo della cucina, che nel frattempo era libero. Si sedette su una sedia e osservò sua madre tornare alla pulitura dei piatti. Attese un po’ di tempo prima di formulare la sua domanda.
Ash: -Mamma… Laura è qui, vero?- La donna annuì, ma gli diede le spalle. Continuò a lavorare e gli parlò con voce soave.
Delia: -Ash… raccontami di questo tuo nuovo allievo… com’è? È bravo, vero? Oak me ne ha già parlato… pare che abbia già vinto la prima medaglia, a Plumbeopoli…- Il Master dei Pokémon raccontò alla madre la storia del suo allievo, il primo approccio con i Pokémon, con il suo Dratini, l’incontro con Laura, le scorribande del Team Rocket, l’incontro con i signori Ferguson a Plumbeopoli e il ritrovo di Brock nella palestra. Descrisse con esagerata minuziosità l’incontro tra Alex e il vecchio amico Brock svoltosi in quel pomeriggio e la vittoria del suo allievo per il rotto della cuffia. Quando terminò di parlare, la donna aveva già finito di lavare i piatti e si era seduta su una sedia vicina al tavolo, di fronte a suo figlio. Delia era piuttosto assorta dal racconto di Ash, tanto più che non si accorse del tempo che stava volando via. Quando se n’accorse si alzò dalla sedia con uno scatto e andò ai fornelli.
Delia: -Cielo, è tardissimo! Ash, fammi una cortesia… vai in camera tua, Laura è lì, ti sta aspettando… i tuoi allievi sono invitati a cena, questa sera… ma Alex dov’è?- Il ragazzo disse alla madre che il suo allievo era dal Professor Oak, perché avrebbe dovuto rivelargli la vittoria a Plumbeopoli, ma quell’osservazione mise sul chi va là Ash, notando lo strano ritardo di Blake. Osservò l’orologio analogico appeso alla parete e notò che erano quasi le sette di sera, era piuttosto tardi. Fuori era quasi buio e del suo allievo non c’era traccia.
Ash: “Ma che cosa sta combinando quello lì?” Scotendo la testa s’indirizzò con Pikachu verso il secondo piano della casa, dove c’era camera sua. Aprì la porta e notò che Laura era seduta alla sua scrivania, immobile a fissare il tavolo, con la testa fra le mani. Ash la osservò in silenzio e cercò di capire se avesse pianto o no. Non muoveva un muscolo, pareva una statua greca. Si avvicinò lentamente verso la sua allieva e rimase in attesa di chissà cosa. Notò che Dratini era raggomitolata sul tavolo e pareva dormisse.
Naturalmente, pensò Ash, era ancora provata dalla battaglia della mattinata contro Brock. Pikachu saltò dalla spalla del suo allenatore verso il tavolo e si avvicinò con circospezione verso Laura, la quale non batté ciglio. Pikachu la osservò tristemente e si pose proprio tra il suo sguardo e il tavolo. Il topo elettrico notò che aveva gli occhi gonfi, forse aveva pianto da poco. Trasalì quando la bocca della ragazza s’increspò in un debole sorriso.
Laura: -Pikachu…- Il Pokémon elettrico indietreggiò un poco e la ragazza finalmente si mise composta sulla tavola. Ash attese che il suo prediletto tornasse da lui e osservò in silenzio la ragazza, la quale tirò su col naso. Osservò il suo maestro e sorrise.
Laura: -Ash… ho approfittato della generosità di tua madre… scusami…- Il ragazzo sorrise e scosse la testa.
Ash: -Ah, nessun problema, a mia madre fa piacere avere ospiti…- Il suo volto divenne un poco duro e osservò con severità la ragazza, la quale deglutì spaventata dal cambio d’umore del suo maestro.
Ash: -Perché non hai detto nulla che saresti venuta qua? Hai almeno avvertito i tuoi genitori?- La ragazza annuì lentamente e sospirò. La ragazza provò sollievo nel sospiro dopo avere pianto per parecchio tempo. Accarezzò con dolcezza la sua Dratini, la quale agitò le cartilagini bianche che aveva come orecchie.
Laura: -Ash… non me ne volere, ti prego… ho voluto fare una passeggiata per schiarirmi le idee… mi sono allenata un po’, nel pomeriggio… non mi sono accorta che ho fatto tutto il tragitto, da sola, fino a Biancavilla! I miei Pokémon erano stanchi per l’intenso allenamento ed anche io lo ero. Ho visto in lontananza il Laboratorio del Professor Oak e, una volta giunta, lui mi ha indirizzato a casa tua… tua madre è stata così gentile che non ho potuto rifiutare il suo invito a rimanere in casa, nella vostra attesa…- Ash annuì, ma non disse nulla. Lasciò che Laura parlasse a ruota libera. La parlantina della ragazza in quel momento si sciolse un poco.
Laura: -Ho riflettuto molto… ho esaminato i pro e i contro. Mamma mi ha messo in guardia dalle nuove esperienze che giungono inaspettate, pare che la mia mente non sia troppo stabile per quanto riguarda le novità… o almeno, così mi hanno detto i dottori…- Il ragazzo col cappello scosse la testa ed incrociò le braccia al petto.
Ash: -Da quando ci siamo conosciuti, però, non hai mai dato segno di squilibrio mentale!- La ragazza sorrise debolmente e tornò a guardare innanzi a sé. Il sole stava scendendo lentamente fino a che il cielo divenne rossastro. Di Alex nessuna traccia. Ash sarebbe voluto uscire di casa per cercarlo, ma in quel momento Laura era bisognosa di attenzione.
Laura: -Credi che io sia matta, vero?- Ash non poté evitare una risata questa volta e scosse energicamente la testa. Così fece Pikachu, il quale si era seduto sulla scrivania e osservava con attenzione l’allenatrice dagli occhi verdi.
Ash: -No, no, affatto! Hai bisogno di prenderci la mano… sai, i tuoi genitori ci hanno raccontato la tua storia…- Laura arrossì violentemente e Ash notò il suo imbarazzo. Tentò di prendere un tono di voce più dolce possibile per non metterla più in difficoltà di quanto fosse necessario.
Ash: -Laura… davvero, tu non hai nulla di anormale. Forse hai bisogno davvero di viaggiare. Chissà se non ti farà bene! Anche a quell’addormentato di Alex… ne sono sicuro!- Questa volta fu Laura a ridere a crepapelle per la battuta di Ash sul compagno di viaggi con gli occhiali e la sua risata argentina risvegliò Dratini, la quale si stiracchiò e sbadigliò a bocca aperta. La ragazza l’accarezzò e fece così anche con Pikachu, il quale gradì i grattini dietro le orecchie.
Laura: -Hai ragione… devo smetterla di comportarmi da bambina piccola… ormai sono cresciuta, devo convincermi che sono guarita dalle mie fissazioni… sai, Ash? Mi hanno sempre considerata una specie di strega, perché io riesco a percepire i sentimenti di una persona…- Ash annuì sorridendo.
Ash: -Sì, tuo padre ci ha avvertito di questo…- La ragazza strinse le labbra, perplessa. Rifletté molto prima di riprendere la parola.
Laura: -Queste… queste sensazioni mi hanno più volte fatto perdere la bussola. Crescendo, però, questa bravura si va rafforzando, e la mia mente va a pari passo con questa capacità… hai notato, Ash, che ho superato brillantemente la prima prova, senza andare in escandescenze?- L’allenatore scrollò le spalle, indeciso sul da farsi.
Ash: -Non saprei… non ti ho mai vista arrabbiata…- La ragazza sorrise e grattò delicatamente la testa del topo elettrico. Pikachu mugugnò qualcosa, ed in quel momento era completamente in estasi.
Laura: -Meglio così… in ogni caso, credo proprio che sia merito tuo… forse la tua vicinanza… la tua e di Alex… miei nuovi amici…- Scese un silenzio imbarazzante. I due ragazzi udirono la madre di Ash cantare serenamente e dal basso si percepì il gustoso odore di arrosto. Delia, a quanto pareva, si era già messa all’opera. Lo stomaco di Ash protestò sonoramente borbottando e la ragazza ridacchiò.
Laura: -Qualcosa mi dice che tu abbia un leggero appetito…- Ma anche la pancia della ragazza gorgogliò. Pikachu e Dratini risero ed entrambi i Pokémon salirono sulle spalle dei loro allenatori.
Ash: -Mi sa che anche tu hai lo stomaco vuoto! Beh, che ne dici di scendere? Tra un po’ sarà pronto in tavola!- Laura annuì, ma aveva uno sguardo triste. Ash lo notò e chiese alla ragazza cosa ci fosse che non andava. La ragazza strinse i pugni, quasi sconvolta.
Laura: -Ash, io… devo mettere piede fuori da Plumbeopoli… non so… io…- Ash sorrise dolcemente e mise una mano su una spalla della ragazza. Laura si tranquillizzò un poco osservando lo sguardo deciso e rassicurante del suo giovane maestro.
Ash: -Ehi, ehi, tranquilla, l’hai detto tu stessa. Ti sei sentita più sicura nella battaglia con Brock quando siamo stati vicino a te, no? Ebbene, Laura, anche durante il viaggio noi saremo sempre vicini a te. Non ti abbandoneremo, ti aiuteremo a sentirti bene…- Laura lo ringraziò timidamente e il profumo dell’arrosto fece letteralmente ringhiare gli stomaci dei due ragazzi.
Ash: -Beh, se non mangerò qualcosa entro due minuti, credo che cadrò svenuto. Andiamo?- La ragazza annuì sorridendo e, felice di avere trovato qualcuno che riuscisse a capirla veramente, scese a grandi passi verso la cucina. Nella stanza i due ragazzi scoprirono con enorme sorpresa che c’era qualcuno seduto alla tavola. Quel qualcuno era proprio Alex. Laura abbracciò il suo amico da dietro, felice come una Pasqua, ma si distaccò subito notando la tristezza del suo compagno di viaggi.
Laura: -Alex… cosa succede? Perché sei così triste? Hai perso contro Brock?- Alex scosse la testa ma non disse nulla, lo sguardo incollato al muro davanti a sé. Delia, intenta a cucinare e a rimestare l’arrosto nel forno, parlò al suo posto.
Delia: -Ragazzi… credo che vi dovrò dare due spiegazioni di quello che è successo ad Alex mentre voi eravate a parlare di sopra…- In breve la madre di Ash informò Laura della vittoria di Alex contro Brock, dell’esperienza del volo con Pidgeot e della separazione dei due ragazzi al ritorno a Biancavilla. Ash si ricordò della cassetta imprestatagli da Kazuya in cui vi era il combattimento fra Alex e Brock e la estrasse dal suo zainetto, che era rimasto lì sul tavolo.
Ash: -Beh, mentre Alex racconta quello che Oak ha detto, Laura si può vedere la cassetta dell’incontro di Alex…- Gli occhi della ragazza s’illuminarono e ben presto il televisore fu accesso, così come il videoregistratore. La cassetta fu inserita e le immagini dello scontro partirono. Alex osservò, mentre parlava, la ragazza la quale non staccava un secondo gli occhi dallo schermo. Era rimasta come rapita da quello che Forrest aveva registrato quel pomeriggio. Quando terminò di parlare l’arrosto fu servito in tavola. Anche Pikachu, i Dratini e i vari Pokémon degli allenatori furono invitati a cena e mentre i mostriciattoli si sorbivano il loro cibo Pokémon, Ash e gli altri si gustavano il manicaretto preparato dalle sapienti mani di Delia. I Pokémon di Ash non ci stavano in cucina, quindi dovettero uscire fuori a mangiare. Il clima era abbastanza confortevole a quell’ora della sera, i Pokémon non si lamentarono. Solo Pikachu, i Dratini, Sandshrew, Poochyena, Weedle e Pidgey rimasero seduti sul pavimento.
Alex: -… e questo è quanto. Io… non so che cosa dire, Ash. Non ci capisco più nulla!- Ash rimase molto sorpreso nello scoprire che il Professor Oak si fosse invaghito della madre di Alex, ora defunta. Tanto più della strana, quasi identica storia che accomunava il Professore con Alex. Delia cercò di ironizzare sul dialogo di Alex avuto con Oak e ci rise sopra.
Delia: -Beh, se non altro Oak è stato molto sincero! Mi sarei stupita se invece avesse voluto scherzare… il Professore è uno che ama burlarsi delle persone!- Alex scosse la testa, le foto di Oak da giovane le aveva viste. No, in quel momento il Professore non era assolutamente in vena di scherzi, tanto più che aveva visto pure il volto di sua madre da giovane nell’album di fotografie. Ash, con ancora la bocca piena, parlò direttamente al suo allievo. Alex non osò sollevare gli occhi dal piatto ancora pieno.
Ash: -Alex… secondo me Oak ti ha voluto lanciare un messaggio chiaro! Ha capito che anche tu, come Laura, abbia pensato di abbandonare l’allenamento di Pokémon…- Delia inorridì e scosse la testa più volte.
Delia: -Oh, no, che cosa terribile! Spero che non debba accadere mai, che peccato sarebbe!- Alex annuì agitando la testa ma non espresse alcuna parola, neppure un monosillabo. La ragazza che stava osservando lo scontro di Dratini con Onix stava molto attenta anche alla conversazione, si interessò molto di rimanere vigile qualora il caso le fosse chiesta la parola, la quale non tardò a venire. Fu interpellata direttamente da Ash, il quale deglutì un boccone enorme.
Ash: -Tu che ne pensi, Laura?- La ragazza voltò lo sguardo perplessa verso di Ash, sbatté le palpebre più volte e poi sorrise dolcemente.
Laura: -Queste cose, a mio parere, devono essere gettate nel dimenticatoio… io credo proprio che domani sia l’alba di una nuova vita…- Tutti rimasero in silenzio, ma il Master dei Pokémon comprese alla perfezione ciò che Laura volesse intendere, al contrario di Alex.
Alex: -Cosa… cosa vuoi dire?- L’allenatore col cappello scosse la testa, sbuffando. Masticò un altro pezzo di arrosto e deglutì, tenendo gli occhi fissi sul suo allievo. Pikachu e i Dratini, intanto, avevano finito di mangiare e si erano avvicinati ai loro rispettivi allenatori.
Ash: -Te lo spiego io… domani partiremo per Celestopoli!- La notizia fu lanciata con così tanto impeto da far sobbalzare Alex sulla sedia. Le sue pupille si rimpicciolirono per la grande emozione e lacrime di sudore grondarono dalla sua fronte aggrottata. Osservò tremante dapprima il suo maestro e poi il suo Dratini, il quale scrutava il suo allenatore preoccupato a sua volta.
Alex: -Per... per Celestopoli…? E dove…?- La frase spezzettata di Alex fu interrotta da una allegra risata di Delia, la quale aveva già comprese il suo ruolo nella storia del viaggio.
Delia: -Oh, cielo! Credo proprio che il vostro viaggio vi porterà per MonteLuna, dico bene Ash?- Il figlio annuì, sorridendo. Alex iniziò a tremare di paura, mentre Laura aveva ripreso a guardare rapita lo scontro tra Dratini e Geodude in tv.
Ash: -Già!- Ma il sorriso di Ash scomparve ben presto. Alex lo osservò molto preoccupato, si chiese perché il suo maestro avesse mutato così repentinamente l’espressione sul suo volto. Anche il buonumore della madre di Ash sparì, seppur lentamente. Ash squadrò Pikachu, il quale abbassò le orecchie tristemente. Il ragazzo con gli occhiali si azzardò a voler fare una domanda, ma lo sguardo rabbioso di Ash lanciato su Alex appena il ragazzo aprì bocca lo invitò a rimanere in silenzio e ad abbassare nuovamente gli occhi sul piatto. Laura, intanto, fremeva di contentezza una volta che il video terminò e si voltò verso di Alex in preda a qualcosa misto fra orgoglio e allegria.
Laura: -Alex! I tuoi Pokémon… sono formidabili! Non mi sarei mai aspettata che fossero arrivati ad un tale livello! Soprattutto Weedle, mi è parso in gran forma! Peccato che non abbia voluto partecipare…- Weedle, ancora intento a mangiare, divenne rosso sul volto, ma Pidgey lo rincuorò immediatamente. Alex annuì, ma non staccò gli occhi dal piatto, perché sentiva incollato su di sé lo sguardo indagatore del maestro di Pokémon, ancora risentito dall’argomento toccato poco prima e non aveva il coraggio di alzarli. La ragazza si alzò e Dratini balzò sulla sua spalla. Pareva esplodere dalla gran soddisfazione che aveva nel suo corpo.
Laura: -Mi sento decisamente bene! Domani si parte… per una nuova medaglia! Sono prontissima, Ash!- Il ragazzo annuì e sorrise alla sua allieva.
Ash: -Molto bene! Domani, durante il viaggio verso MonteLuna, vi darò alcune dritte su come fronteggiare Pokémon che possono paralizzare con il solo uso dello sguardo…- Fu così deciso che gli allievi di Ash, almeno per quella notte, avrebbero dormito sui divani che, una volta aperti, avrebbero funzionato da letto. La madre di Ash sfruttò il resto della serata per cucinare alcune cibarie per il lungo viaggio dei ragazzi verso Celestopoli. Preparò alcuni panini per loro e alcune ghiottonerie per i compagni di viaggio degli allenatori verso Celestopoli, che si trovava a nord est di Plumbeopoli. Da Biancavilla avrebbero volato fino alla città in cui Brock gestiva la sua palestra e da lì avrebbero proseguito a piedi fino a MonteLuna. Ash avrebbe approfittato della sosta a Plumbeopoli per riconsegnare la videocassetta a Forrest, il quale l’aveva imprestata per fare vedere unicamente l’incontro a Laura. Ash, Laura e Alex passarono una buona mezz’ora fuori casa nell’allenamento coi Pokémon e raggiunta una tale ora andarono tutti a letto. I due allievi di Ash, lavati e vestiti dai pigiami offerti gentilmente da Delia, si coricarono in due divani separati. Se Laura e i Pokémon si addormentarono ben presto, Alex invece non riusciva in nessun caso a chiudere occhio. Stava ripensando alle parole del Professor Oak che l’avevano tanto traumatizzato quel pomeriggio. Si mise supino e osservò il soffitto per qualche minuto, riflettendo sugli avvenimenti accaduti dal primo incontro con il maestro Ketchum fino al dialogo con il Professore del pomeriggio. La sua vita, non poteva negarlo, era decisamente cambiata in meglio. Ma alcune cose non avrebbe mai voluto che cambiassero. Era diventato a tutti gli effetti allenatore di Pokémon, aveva già vinto una medaglia. Avrebbe però continuato volentieri gli studi di biologia con il Professor Oak, avrebbe voluto un giorno prendere il suo posto nello studio dell’habitat dei Pokémon, delle loro abitudini, della loro genetica. Invece i suoi sogni erano stati spezzati per volontà stessa di Oak.
Alex: “Il comportamento strano di Ash, per quanto riguarda Celestopoli, mi rende particolarmente nervoso… perché non mi vuole dire nulla a proposito? Mi piacerebbe saperlo…” E con quest’angoscia in corpo Alex finalmente riuscì ad assopirsi, solo per risvegliarsi qualche ora dopo, ancor più tormentato. Aveva sognato di volare in groppa a Pidgeot, aveva visto nel sogno le nuvole che coprivano il terreno sottostante, ma per osservarle meglio si era sporto troppo ed era scivolato dalla schiena del Pokémon uccello. Iniziò a precipitare a testa in giù, ma non riusciva neppure a gridare, talmente la paura si era impossessata del suo corpo. Non si schiantò al suolo, ma vide che lì in basso lo stavano aspettando Ash, ancora inflessibile in volto e Laura, felice con i suoi genitori. Osservò la ragazza che manovrava il PokéNav, facendo sfoggio a Thomas e a Valeria della sua bravura, mostrando loro di avere vinto tutte le medaglie. Vide Ash adirarsi contro il suo allievo per non avere superato la battaglia contro il prossimo capopalestra e notò che alle spalle del suo maestro c’era un uomo che traspirava malvagità da tutti i pori. Lo riconobbe immediatamente, ebbe paura di lui. Era suo padre, ora lo perseguitava anche nei sogni.

Quando Alex si svegliò erano quasi le nove del mattino. Aprì gli occhi e scoprì che Laura era già alzata, il letto rifatto e ritirato nel divano. Udì voci indistinte provenire dalla cucina e un allettante profumo di caffé appena versato dalla caffettiera. Con lo stomaco che brontolava, poiché non aveva toccato cibo l’altra sera, Alex fu in piedi e in due mosse sistemò il letto anch’egli nella parte interna del divano. Recuperò i suoi vestiti (che nel frattempo erano stati lavati e stesi ad asciugare fuori) e si lavò velocemente. Successivamente fu in cucina, dove ad attenderlo ci furono Laura e i due Dratini. Il suo draghetto lo salutò saltandogli addosso.
Dratini: -Ciao! Sei pronto per il viaggio?- Alex disse di sì e vide la ragazza seduta al tavolo, intenta a finire il suo caffelatte. Versò del caffé fumante nella tazza del suo compagno di viaggio e gli sorrise.
Laura: -Il latte è nel fornello… dai, sbrigati, sei in ritardo!- Alex obbedì e versò il latte nella tazza rossa. Iniziò a mangiare e si guardò attorno. Di Ash e Delia nessuna traccia. Notò che fuori c’era un bel cielo azzurro e raggi di sole giungevano sulla tavola e sulle braccia scoperte di Alex, tiepidi e piacevoli. Il mare, lo si poteva vedere dalla finestra, era calmo e colorato di un blu vivace. Sì, quello era il clima giusto per una partenza che avrebbe cambiato, forse per sempre, il suo destino e quello della sua amica. Laura lo osservò di sottecchi e poi gli parlò.
Laura: -Senti… hai sognato per caso tuo padre?- La domanda arrivò a bruciapelo mentre il ragazzo con gli occhiali stava sorbendo la zuppa. Alex non si aspettava di certo questa domanda e finì per scottarsi la lingua.
Alex: -Cosa… cosa? Perché, scusa?- La ragazza scrollò le spalle indifferente. Notò che Pikachu era appena giunto in cucina e si era messo a sedere accanto alla sua Dratini.
Laura: -Non so… mugugnavi qualcosa riguardo a tuo padre stanotte… poi hai iniziato a urlare, ma per poco…- Alex arrossì violentemente e abbassò lo sguardo, fino ad osservarsi i lacci delle scarpe.
Alex: -Scusa… non avrei mai voluto svegliarti e gridare come un pazzo…- La ragazza esplose in un’allegra risata che rincuorò un poco lo sfortunato.
Laura: -Ah! Ah! Nessun problema… me ne sono capitate di peggiori!- Scese il silenzio, ma fu interrotto ben presto da Pikachu, il quale saltò sulla tavola con un balzo aggraziato.
Pikachu: -Siete pronti per il viaggio?- Sia Alex che Laura annuirono. Il topo elettrico sorrise e indicò con una zampa anteriore la porta.
Pikachu: -Quando avrete finito troverete Ash ad aspettarvi al litorale. Lì sta facendo riscaldare Pidgeot e Pelipper per il volo verso Plumbeopoli. Da lì andremo a piedi per MonteLuna…- Se la ragazza fremeva per l’eccitazione del volo, Alex rabbrividì dal terrore. Era ancora viva la strana sensazione di caduta libera provata nel sogno e doveva nuovamente volare in groppa a quel Pokémon. Alex avrebbe volentieri percorso a piedi il tratto da Biancavilla a Plumbeopoli, ma ci avrebbe messo troppo tempo. Poi attraversare da solo BoscoSmeraldo non era indicato, se poi avrebbe dovuto resistere fino a Celestopoli. Con la morte nel cuore Alex seguì Laura fino alla porta, una volta terminato di mangiare, ed uscì dalla casa. Lo sguardo dell’assistente del Professor Oak cadde immediatamente sul Laboratorio in cima alla collina. Alex avrebbe sinceramente desiderato passare un istante da Oak per salutarlo prima della partenza, ma Laura e Pikachu lo avevano già distanziato di parecchio. Alex, con Dratini sulla sua spalla, dovette rincorrere la sua compagna d’avventure per non correre il rischio di perdersi. Dopo qualche minuto Alex e Laura raggiunsero Ash, il quale voltava loro le spalle ed osservava pensoso il mare. Quando i due furono arrivati, Ash si girò e sorrise loro. Laura, grazie alla sua ipersensibilità, percepì un vago sentimento negativo nell’animo di Ash, ma non volle indagare troppo a fondo.
Ash: -Finalmente, era da un pezzo che vi aspettavo! Pidgeot e Pelipper sono pronti da qualche minuto! Su, saltate in groppa!- Ash, con un balzo, saltò su Pelipper seguito da Pikachu. Laura eccitatissima saltò su Pidgeot e osservò Alex, il quale rimase sull’attenti.
Laura: -Ehi, lumacone! Sbrigati, non abbiamo tutto il giorno!- Ash osservò accigliato il suo allievo.
Ash: -Non dirmi che la paura non ti è passata! Muoviti, che ieri ti sei comportato benissimo!- Alex non ebbe neppure il tempo di protestare che, come successe la volta precedente, Pidgeot lo afferrò con il becco per la maglia e lo adagiò delicatamente sulla sua schiena. Espletata questa formalità, Pelipper e Pidgeot presero immediatamente il volo e sparirono in un lampo nell’immensità del cielo più blu del mattino. Frattanto, Delia e il Professor Oak osservarono dal Laboratorio i due Pokémon uccello alzarsi in volo. La donna osservò perplessa Oak sorridere mestamente.
Delia: -Professor Oak… mi dica, Alex e Laura se la caveranno?- Il Professore sospirò, scotendo la testa.
Oak: -Di Ash mi fido ciecamente, non lo metto in dubbio… ma qualcosa non mi convince, mi tormenta… mi sembra di non avere fatto la scelta giusta dicendo ad Alex di seguire i suoi sogni fino in fondo…-

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Capitolo 12
*** 11 - Un vecchio rancore ***


Ok! Siete pronti per un nuovo capitolo? Dal prossimo capitolo inserirò anche un breve riassunto all'inizio e un breve anticipo alla fine! Ciaooooo! ^__^

Il viaggio verso Plumbeopoli fu un po’ più complicato rispetto all’andata del giorno precedente, poiché il possente Pidgeot dovette trainare in volo non uno, ma addirittura due passeggeri in una volta sola. La sua andatura, infatti, risultò un poco più lenta rispetto a quella del suo degno compare Pelipper, che ogni tanto gli lanciava un'occhiata di traverso, alla sua sinistra, un po' perplesso di tutto quel carico. Ash osservò molto attentamente se il suo Pidgeot fosse stanco, ma notò con soddisfazione che lo sguardo del pennuto era molto lucido, la testa era dritta davanti a sé e le ali ben tese verso l’esterno. Il ragazzo col cappello aveva allenato il Pokémon uccello per bene nelle settimane precedenti proprio per l’occasione di questo viaggio: aveva iniziato molto leggermente, facendogli portare sul dorso qualche oggetto molto leggero, e a mano a mano che il suo Pokémon ebbe la possibilità, i pesi portati sulle sue spalle crebbero di peso e di volume, fino al punto che era tutto pronto per trainare per una lunga distanza un uomo di corporatura media. Il Master dei Pokémon però non si era fermato a questo, Pidgeot crebbe notevolmente, oltre alle sue aspettative e aumentò vertiginosamente il livello di allenamento per rimorchiare più persone. In quel momento non solo trasportava due persone ad un’altezza non inferiore ai cinquecento metri dal suolo, ma anche i loro pesanti bagagli e le sfere Poké, che da sole avrebbero potuto far penare anche uno Spearow bene allenato. Alex si teneva bene stretto al collo di Pidgeot ma non lo strinse, si limitò a stare vicino alla testa del Pokémon uccello. Di tanto in tanto la folta chioma biondo rossiccia del volatile lo solleticava sulla faccia, causandogli qualche starnuto. Laura invece stava seduta comodamente dietro ad Alex, tenendo le mani ed i piedi bene appoggiati sulla schiena del forzuto Pidgeot. Osservò di sfuggita Ash, il quale non ebbe problemi a rimanere in piedi su Pelipper. Pikachu era addirittura saltato amichevolmente sulla testa del Pokémon uccello di mare e spesso gli dava indicazioni sulla giusta via da seguire. La risata della ragazza dagli occhi verdi interruppe la catena di pensieri che Alex stava formando nella sua testa.
-Sai, Alex, non mi sono mai sentita così bene… così libera! La mia testa… è libera da ogni preoccupazione! È così leggera…! Ma non credere di farmi battutacce, eh? Non sono senza cervello, eh! Eh! Eh!- E riprese a ridere, mentre il vento le scompigliava i capelli. Era divertente ascoltare Laura porsi da sola i botta e risposta senza che nessuno intervenisse a riprenderla. Ad Alex sfuggì un grosso sorriso, ma esso fu alquanto limitato nel tempo. Divenne nuovamente scuro e Laura lo osservò perplessa. Anch’ella smise dopo un po’ di ridere, notando come il suo amico non fosse di buon umore come lei.
-Alex… cos’hai? Non hai parlato per tutto il giorno…- Il ragazzo si limitò a scuotere la testa e sorrise mestamente, per poi tornare a guardare la nuca di Pidgeot. Laura riuscì a percepire il sentimento negativo nell’animo del suo compagno di viaggi, ma era una sensazione un po' strana... ma molto, molto pesante.
-Nulla, nulla…- Pidgeot, con la sua voce stentorea, esplose in una roca risata e i due ragazzi riuscirono chiaramente a percepire l’ondeggiare della sua cassa toracica sotto ai loro corpi.
-Scommetto che hai ancora paura di volare, giovanotto!- Laura non poté evitare di partecipare alla risata di Pidgeot e il ragazzo con gli occhiali arrossì di vergogna. Nascose il suo volto tra i lunghi capelli del Pokémon uccello e scosse la testa. -No, no, non è per quello, no!- I due Dratini, i quali si trovavano tra i due allenatori, ben appollaiati tra le piume del Pokémon uccello, osservarono sorridenti Pidgeot, il quale aveva leggermente voltato lo sguardo verso di loro per riuscire a guardarli in faccia.
-Ha davvero così tanta paura?- domandò la Dratini di Laura. La risata di Pidgeot colpì tutti come un tuono, talmente era fragorosa e dirompente.
-Paura? Diciamo pure terrore! Ieri per la paura a momenti mi strozzava!- Alex si tirò su, sentendosi chiamato in causa e scosse più volte la testa, strizzando gli occhi e afferrando con più decisione le penne di Pidgeot, il quale rabbrividì per la tensione esercitata dalla presa di Alex.
-No, no, non è affatto vero, non mi sento così perché ho paura di volare!- Ash osservò severamente il gruppetto sulla schiena di Pidgeot e gridò loro di calmarsi, avvicinandosi di qualche metro per farsi sentire per bene dai loro allievi, che stavano urlando come degli ubriachi. -Ehi, voi, meno schiamazzi! State facendo spaventare gli altri Pokémon in volo! Abbassate la voce, non siete a casa vostra!- Il tono di voce dei ragazzi subito si acquietò e Alex finalmente decise di confessare il suo malessere, però dopo un bel pezzo dal richiamo del maestro Ketchum. Alcune delle parole del ragazzo vennero catturate dal vento, e Laura dovette chiedere più di una volta al suo amico di ripetere il racconto, nonostante fossero vicini l'uno all'altra.
-Stanotte… stanotte ho fatto un gran brutto sogno. Ho sognato che ero in volo su Pidgeot, ma dopo un po’ cadevo giù – Pidgeot esplose in un’altra risata nel frattempo – precipitosamente verso il suolo. Lì però non sbattevo la testa in terra, ho incontrato te e Ash, mi stavate aspettando. Ho notato che il tuo Pokédex era pieno di medaglie e lo mostravi felice ai tuoi genitori, i quali ovviamente erano felici dei tuoi risultati. Io però sono stato rimproverato da Ash per non avere vinto contro il prossimo capopalestra…- Laura sorrise in modo molto dolce e Alex abbassò gli occhi timidamente.
-Lo sai che i sogni, il più delle volte, profetizzano gli eventi al contrario! Significa che vincerai sicuramente, e non ho dubbi!- Alex strinse i denti, profondamente irritato da quella consolazione alquanto presuntuosa, e osservò il suo Dratini che lo stava guardando molto preoccupato.
-Il sogno non è finito. Dietro ad Ash… dietro c’era… c’era mio padre…- Laura annuì, ma il dolce sorriso scomparve dal suo volto. Rimase solo un solco inespressivo e Alex rimase basito da quel spento sentimento. Decise di continuare a parlare.
-… rideva con malvagità… ho la netta sensazione che lui non sia morto… dicono tutti così, ma il suo corpo… non è stato più ritrovato… io credo che sia vivo e vegeto, e che mi stia pedinando…- Laura poté per un certo verso comprendere gli ingarbugliati sentimenti del suo compagno. Volle infondergli un poco di sicurezza, ma Alex immediatamente agitò una mano e guardò altrove, concentrato.
-Non fa nulla… è passato, ora, è stato solo un brutto sogno, nulla di più…- Laura gli parlò, volle sapere di più sul suo stato emotivo attuale, ma il ragazzo si chiuse in un ostinato mutismo. La sua Dratini balzò su una sua spalla, molto preoccupata. Le bisbigliò in un orecchio, così che Alex non potesse sentire i loro discorsi.
-Laura… io ho paura… il suo sguardo non mi piace…- La ragazza aggrottò leggermente le sopracciglia. Qualcosa non stava affatto andando per il verso giusto, si ripromise mentalmente che appena giunti a Plumbeopoli avrebbe a tutti i costi sollevato l’umore generale. Non si sarebbe potuto proseguire con quei sentimenti negativi. Iniziò immediatamente richiamando l’attenzione di Ash. Si sbracciò verso di lui e il ragazzo col cappello chiese a Pelipper di avvicinarsi di un poco. Quando il Maestro di Pokémon fu abbastanza vicino, Laura gli parlò sommessamente.
-Dimmi, Ash, è tanto lungo il percorso di MonteLuna?- Il ragazzo scosse la testa, scuro in volto. La ragazza comprese il suo stato d’animo: forse era preoccupato per l’attacco del Team Richardson a Celestopoli. Dopotutto, anche il Team Rocket da solo faceva molta paura.
-No… no…- Si allontanò nuovamente. Il resto del viaggio proseguì in silenzio e, dopo dieci minuti, finalmente le prime grigie casupole di Plumbeopoli fecero la loro comparsa tra le basse nuvole bianche. Pidgeot aumentò leggermente l’andatura, inseguito da Pelipper. I due Pokémon scesero di diversi metri (suscitando le grida di orrore di Alex e le urla di eccitazione di Laura) e atterrarono in uno spazio erboso sufficientemente ampio per permettere ai due pesi massimi di scendere senza particolari problemi. Alex disarcionò da Pidgeot e si inchinò nuovamente in terra, appoggiando le mani sull’erba.
-Finalmente… anche questo viaggio è terminato!- Ash balzò a terra e richiamò nelle sfere Poké i suoi due Pokémon. Ritirò le Poké Ball nella cintura e sorrise ai suoi due allievi, appoggiando le mani sui fianchi.
-Bene! Direi che siamo pronti per affrontare l’inizio del vero viaggio! Cominceremo ad attraversare Plumbeopoli verso est, diretti verso MonteLuna. Non preoccupatevi per la direzione da seguire, il vostro PokéNav funziona anche da bussola! Ve lo ricordate, vero?- I due annuirono, mentre Alex si risollevava da terra e Laura si sitemò alla meglio i suoi capelli scomposti dal vento del viaggio. Ash allargò il suo sorriso e consegnò nelle mani dei due ragazzi alcune sfere Poké. Alex e Laura osservarono sbalorditi i contenitori e osservarono il loro maestro con aria interrogativa.
-Ash… cosa dovremmo fare con queste Poké Ball?- Domandò Laura, guardando prima Ash e poi le Poké Ball. Il Maestro di Pokémon fece una smorfia tra il divertito e la noia, allontanandosi di qualche passo. Spiegò brevemente alla ragazza che, se avesse voluto proseguire nella sua avventura, avrebbe dovuto catturare qualche Pokémon esclusivo. La sua Dratini avrebbe potuto essere molto forte, ma da sola non avrebbe combinato assolutamente nulla, e il ragazzo col cappello si soffermò con dovizia di particolari sull'importanza della team, della collaborazione tra i Pokémon e la necessità di elaborare strategie di vari tipi, non concentrandosi unicamente su alcune specie preferite. Alex osservò perplesso le sfere Poké e subito tornò a pensare alle parole del Professor Oak. Varie immagini passarono nella sua mente e non ascoltò assolutamente le parole di Ash. Il ragazzo col cappello, voltando lo sguardo verso di lui, lo richiamò verbalmente.
-…anche tu sei d’accordo, Alex?- L’assistente del Professor Oak sussultò ascoltando la voce del suo maestro. Alzò il capo e lo osservò stralunato.
-Eh? Non… non ho ascoltato…- Ash sbuffò scuotendo la testa e, dopo avere guardato sconsolato il suo Pikachu (il quale scuoteva anch'egli la testa) spiegò nuovamente ciò che aveva appena detto a Laura. Il ragazzo con gli occhiali annuì dopo avere compreso "l'importanza delle varie tipologie di Pokémon in squadra" e osservò molto turbato le montagne che si ergevano ad ovest di Plumbeopoli.
-Sembra un percorso tortuoso e complicato… Ash – il Maestro lo osservò negli occhi – quanto tempo ci hai impiegato a percorrere tutta MonteLuna?- Il ragazzo sorrise mestamente alla domanda, rabbrividendo e costringendosi ad allontanarsi dai due ragazzi che non smettevano solo un secondo di guardarlo. Troppi ricordi affiorarono al solo pensiero del monte. Ricordi brutti e dolorosi.
-Un giorno… è il tempo che ci impiegheremo noi… giudico l’uscita da MonteLuna verso sera, sul presto…- Laura fu più entusiasmata rispetto al suo compagno di viaggio nell'udire quella notizia. Elettrizzati furono anche i due Dratini, i quali non vedevano l’ora di passare attraverso il monte per puntare direttamente verso la prossima palestra.
Gli allenatori iniziarono a camminare verso Plumbeopoli scendendo dalla radura dove erano atterrati poco prima con Pidgeot e Pelipper e qui i tre si divisero. Ash si indirizzò verso la casetta di proprietà di Brock, mentre Laura e Alex si avviarono verso l’Ostello, verso il centro del paese. I due allenatori entrarono nel lussuoso albergo e furono immediatamente accolti da un sereno Thomas, il padre di laura. L’uomo, in quel momento, era solo alla reception.
-Laura, Alex! Bentornati, vi stavo aspettando!- I due ragazzi si avvicinarono al banco, salutando con la mano il proprietario dell'edificio. Notarono che l’uomo con gli occhi azzurri stava sorridendo con bontà, Alex non lo aveva mai visto così disteso e sorridente. Sembrava addirittura un'altra persona. Laura contraccambiò al sorriso del padre e si scambiarono un veloce bacio sulla guancia.
-Papà… siamo pronti per iniziare il viaggio!- L’uomo annuì ridendo e si alllontanò dal banco, appoggiando una mano sul tavolo di legno lì vicino.
-Non ne avevo dubbi… Laura, ti prego, teniamoci in contatto, ok? Alex – osservò negli occhi l’assistente del Professor Oak – ti raccomando l’incolumità di mia figlia. Non ti perdonerò mai se le accadesse qualcosa, sono stato chiaro?- Alex fu sconvolto non tanto dalla minaccia di per sé, ma dal tono con cui l’aveva pronunciata. Era comunque felice anche se lo stava mettendo con le spalle al muro. La ragazza ridacchiò e scosse la testa.
-Papà… ora sono grande… non ho bisogno della guardia del corpo!- In quel momento comparve Valeria, la madre di Laura, entrata dall aporta principale dell'Ostello. Con sé aveva un sacchetto di carta piuttosto piccolo e appoggiò quest’ultimo sul banco. I due Dratini compresero subito dall’odore che l’interno si trattava di Pokémelle. Pokémelle blu! La donna rise di gusto quando osservò i due Pokémon drago leccarsi le labbra.
-Oh, oh… sono giunta appena in tempo… tenete, cari, una per ciascuno!- I due Dratini, senza tanti complimenti, balzarono dalle spalle dei due allenatori e si fiondarono come rapaci sulle Pokémelle zuccherine, appena versate nel cestino di vimini sul banco di accettazione. Le finirono in un lampo, non dando neppure il tempo di gustarsi il sapore zuccherino delle Pokémelle e Laura rise con gioia quando osservò il musetto della sua Dratini. Era sporco di blu.
-Dratini! Ah! Ah! Ah!- Anche Alex sorrise quando vide il suo Dratini, il quale si era sbrodolato completamente, leccarsi le labbra e zirlare di piacere. I due allenatori pulirono con cura i loro Pokémon con un fazzoletto dato dalla madre di Laura e quando terminarono la pulizia, la ragazza osservò negli occhi suo padre.
-Papà… ho riflettuto molto sulla decisione giusta da prendere. Mamma – voltò lo sguardo verso di lei – questo viaggio mi terrà lontana da Plumbeopoli forse per parecchio tempo…- I due annuirono. Alex rimase in silenzio e tenne il suo sguardo incollato sul suo Dratini, mentre la riunione famigliare andava avanti.
-Non c’è nessun problema, tesoro. Approviamo la tua decisione, ancora di più se questo favorirà la tua salute…- Attimi di silenzio, poi Thomas tossicchiò leggermente, spostandosi dal tavolo di legno in mezzo alla sala. Osservò Alex negli occhi, una volta che il ragazzo con gli occhiali li alzò verso il proprietario dell’Ostello.
-Mi hanno informato che Celestopoli è stata invasa dal Team Richardson… ebbene, state molto attenti. Mi sta bene che voi viaggiate in lungo e in largo per le quattro terre, ma… in campana!- Il ragazzo annuì e dopo gli ultimi saluti i due allenatori con i loro Pokémon si allontanarono lentamente. Uscirono dall’Ostello e quando furono abbastanza lontani, Laura si asciugò una lacrima solitaria che le stava scendendo sulla guancia.
-Sai, Alex… questo incontro mi è sembrato molto più difficile, eppure... hai visto, no? Sono stata lucida, e non sono andata di matto, no? - Il ragazzo osservò di sbieco la sua amica, e si limitò a dire di sì, non troppo convinto. -… ora sono pronta, in tutti i sensi!- Il ragazzo annuì ancora, ma non aggiunse altro. Dopo altri cento metri, osservarono la palestra in cima alla collina e notarono in lontananza Ash che stava discutendo con Brock e Forrest.

Ash bussò alla porta della casetta in Canadà vicina alla palestra ed immediatamente gli aprì Forrest. Gli occhiali scuri del fratello di Brock scintillarono quando quest'ultimo riuscì a scorgere l’allenatore di Pokémon più forte al mondo.
-Oh, Ash, benvenuto! Sei di buon’ora!- Ash annuì sorridendo e consegnò la cassetta nelle mani di Forrest. Il ragazzo lo osservò dapprima sorridente, poi perplesso ed infine abbastanza arrabbiato. Si guardò attorno e non scorse la presenza di Alex e Laura.
-Beh? Cos’è questo muso lungo? Dove sono finiti Alex e Laura?- Ash sospirò mestamente ed indicò un punto imprecisato dietro a sé. Brock, in quel momento, si trovava nel salotto e osservò i due ragazzi in silenzio.
-Sono andati all’Ostello… Laura probabilmente sta salutando i suoi genitori…- Forrest fece un cenno col capo e poi osservò la videocassetta. Lesse l’etichetta, con sopra scritto “Alex Blake VS Brock Harrison”. Parlò ad Ash continuando ad osservare l’etichetta bianca a scritte verdi.
-Così… stai per partire per un nuovo viaggio, è vero?- Ash annuì, senza aggiungere altro, guardandosi distrattamente attorno. Brock intanto stava dando il latte al piccolo Bulbasaur per mezzo di un biberon, con un braccio lo sorreggeva e con l’altra mano serrava il poppatoio. Il suo sguardo – Ash riuscì a scorgerlo – divenne molto duro e i suoi lineamenti divennero spigolosi, quasi appuntiti.
-Sì… purtroppo sono costretto a passare per Celestopoli…- Forrest osservò perplesso l’allenatore di Pokémon più forte al mondo e in un primo momento non riuscì ad afferrare il vero motivo della costrizione di Ash di passare per la cittadina a nord di Zafferanopoli. Brock, dal canto suo, lo comprendeva benissimo, e corrugò la fronte, continuando a rivolgere l'attenzione al piccolo cucciolo di Bulbasaur.
-Perché, scusa? La città non è forse di tuo gradimento?- Forrest sembrava quasi offeso dal fatto che Ash, il migliore amico di suo fratello Brock, disprezzasse così la sua città natale. Si avvicinò per guardarlo dritto negli occhi: Forrest era leggermente più alto di Ash, la fisionomia affusolata e i capelli scarmigliati di Forrest contrastavano con il volto pallido di Ash. Il ragazzo col cappello scosse la testa, ostinandosi a concentrare la sua attenzione sul tappeto blu in mezzo alla sala. Pikachu divenne molto triste e abbassò le orecchie dalla afflizione, ripensando ai brutti momenti passati.
-No, no, al contrario… la città mi piace… in passato, però, ho avuto dei problemi con una persona… una persona che abita lì….- Forrest scrollò le spalle e ridacchiò, riacquistando il suo smalto e allontanandosi di qualche passo.
-Dimmi, quale sarebbe il problema? Passi da lì, non la incontri, prosegui per la tua strada! Io non la vedo così difficile… vero Brock?- E si voltò, cercando l’approvazione del fratello maggiore. Forrest però si spaventò quando si accorse che il volto di Brock fu segnato da tante piccole rughe. Pareva molto corrucciato, non l’aveva mai visto con quell’espressione, e ancora meno così furioso. Rarissime volte infatti Brock ebbe modo di arrabbiarsi così tanto, e quello era uno di quei rarissimi momenti.
-Forrest… non penso che la situazione sia così semplice… la persona in questione, vedi…- Tentennò un istante. Osservò Ash, il quale annuì, confermandogli implicitamente che poteva parlare. Brock iniziò dunque il suo racconto e Forrest lo ascoltò con molta attenzione.
-Questa persona… si tratta della capopalestra di Celestopoli…- Brock fece una pausa, la quale fu occupata da una riflessione rapida del fratello minore di Brock. -La capopalestra… è Misty Waterflower, se non sbaglio…- Brock annuì gravemente. il piccolo Bulbasaur, ignaro della situazione, continuò a ingurgitare il latte con amena soddisfazione.
-Esatto… qualche anno fa, durante il viaggio via mare verso la regione di Sinnoh – segnalò il suo amico con il cappello con un cenno del capo – nel quale io e Misty lo accompagnammo, fummo colpiti da una terribile tempesta. La barca su cui eravamo sballottò più volte e il mare placido si trasformò ben presto in una burrasca. Misty, Ash ed io volemmo tornare indietro, ma ben presto Fred Blake giunse sulla nostra barca, arrivato dal cielo sul suo enorme Charizard. Volle sfidare Ash in quel luogo, e tragicamente lui accettò- Ash abbassò gli occhi fino a terra. Forrest fu molto interessato dal discorso che non si curò del crescente disagio del Master dei Pokémon.
-La battaglia fu terribile - proseguì Brock - i colpi massacranti per entrambi i Pokémon duellanti… si sfidarono in duello Charizard, il campionissimo di Blake e Pidgeot. Pidgeot e Charizard usarono l’attacco Volo insieme e in cielo si cozzarono. I corpi dei Pokémon caddero pesantemente sulla barca e nel tremendo impatto uno dei Pokémon di Misty rimase ferito gravemente, colpito alla testa…- Forrest non poté credere alle parole di suo fratello, sbiancò letteralmente e poi osservò tremante il ragazzo col cappello, il quale stava serrando le mascelle con durezza.
-E ora… come sta?- mormorò il fratello minore del capopalestra. Brock tornò a parlare e posò il biberon sul tavolino vicino. Il piccolo Bulbasaur fu aiutato dal capopalestra di Plumbeopoli a fare il ruttino dandogli delle leggere pacche sulla schiena.
-Non molto bene… il Pokémon in questione fu Psyduck. Il preferito di Misty. Ora non è più in grado di lottare… il colpo alla testa gli ha fatto dimenticare ogni cosa. Non c’è neanche verso di insegnargli qualcosa, perché tende sempre a dimenticare tutto…- Forrest deglutì, profondamente amareggiato. Abbassò anch’egli lo sguardo ed osservò il tappeto blu posto al di sotto del tavolino, esattamente lo stesso che stava guardando Ash con molto interesse.
-Sarebbe come… un vegetale, insomma…- Momenti di silenzio, intervallati dai versi di Bulbasaur che si godeva un mondo la poppata. Ash sollevò la testa e strinse i denti, furioso. Brock aggrottò le sopracciglia e con un gesto della mano lo zittì.
-No, non dire nulla, Ash. È stato un incidente, non hai di che rimproverarti…- Il ragazzo col capello, rosso in volto, ansimò dalla gran rabbia. Talmente grande fu la sua collera nei confronti di se stesso che per poco l’allenatore di Pokémon più forte al mondo non si strozzava.
-Non avrei mai dovuto accettare quella maledetta sfida… mai… mai avrei dovuto!- Forrest comprese lo stato d’animo di Ash. Misty, con tutta probabilità, odiava a morte il campione di Pokémon per questo incidente. Per colpa della sua ricerca continua di sfidanti, il povero Psyduck era rimasto vittima della tremenda botta conseguita alla testa. Per accompagnare Alex e Laura nel loro viaggio avrebbe dovuto anche incontrare la capopalestra di Celestopoli.
-Non puoi evitare di incontrare Misty?- Ash scosse la testa, in preda all’ira. Pikachu dovette scendere dalla sua spalla per timore di un attacco isterico. Era abituato alle sue grida, ma mai l’aveva visto così arrabbiato, arrabbiato con se stesso.
-No… Celestopoli è invasa dal Team Richardson… bisogna fermarli, in qualche modo…- Attimi di silenzio, dove Bulbasaur era l'unico a emettere qualche rumore con la poppata di latte. Brock rifletté un istante guardando meditabondo il cucciolo di Pokémon erba e poi sollevò lo sguardo, annuendo. Ash lo osservò dubbioso e gli chiese cosa gli passasse per la testa in quel preciso istante. Il capopalestra di Plumbeopoli adagiò il Bulbasaur ormai dormiente sul divano e poi si voltò verso i ragazzi.
-Ash… stai attraversando un brutto momento. La notizia del Team Richardson, poi, è devastante. Non credo che da solo riuscirai ad avere la meglio, questa volta. Credo proprio invece, che tu abbia bisogno di un aiuto…- Ash fissò il suo vecchio amico stralunato, temendo che lo stesse prendendo in giro. Non riusciva assolutamente a comprendere quello che volesse intendere in quel momento. Brock intanto invitò suo fratello e il ragazzo col cappello ad uscire dalla casa per permettere al piccolo Bulbasaur di dormire in santa pace. Insieme si incamminarono verso l’entrata della palestra, con un Ash leggermente turbato dalla frase sibillina pronunciata poc’anzi dal capopalestra di Plumbeopoli.
-Cosa… cosa vorresti dire, Brock?- Anche Forrest osservava il fratello, piuttosto preoccupato. Il viso di Brock, dapprima corrucciato nel ricordo dell’incidente sulla barca, improvvisamente divenne solare e disteso. Ash non aveva più visto un’espressione così quieta nel volto di Brock dal viaggio verso Hoenn.
-Te lo spiego… Ash, come ti ho detto prima, non credo che da solo ce la farai. Non intendo mettere in dubbio le tue qualità di maestro. Intendo dire… Celestopoli, Ash. La capopalestra. Avrai bisogno di un supporto morale… non penso che Alex e Laura, per quanto stimi i tuoi allievi, possano comprendere la tua angoscia esistenziale…- Ash non poté non dare ragione a Brock. Forrest scosse la testa borbottando qualche frase incomprensibile. -Ehi, ehi, ehi, frena! Che cosa vuoi dire, Brock? Che cosa stai farneticando?- Brock rise a bocca aperta e incrociò le braccia al petto. Pikachu aveva già capito e stava sorridendo allegramente. Ash notò il sorrisetto del topo elettrico e intuì quello che Brock stava per pronunciare.
-Forrest… fratellino… ho preso la mia decisione…- Forrest deglutì un rospo amaro. Si sentì alla bocca dello stomaco una gelida apprensione, come se qualcosa dovesse prendere una gran brutta piega.
-Che… che decisione?- Il fratello maggiore di Forrest, a passi lenti, si avvicinò verso di lui. Mise delicatamente una mano sulla sua spalla e lo guardò dritto negli occhi. Il suo sguardo era disteso, ma celava piuttosto malamente una nota di malinconia.
-Forrest… fra qualche mese è il tuo diciannovesimo compleanno. Io… io voglio farti un regalo di compleanno… in anticipo. Non averne a male, ma io… ho deciso di lasciare il posto di capopalestra… a te, Forrest…- Scese un gran silenzio. Il volto di Forrest divenne impermeabile da descrivere con aride parole. L’emozione tagliava ogni possibile parola che Forrest avrebbe voluto pronunciare in quel preciso istante. Ash osservò il tutto con estremo silenzio. Forrest abbassò gli occhiali da sole sul naso e osservò ad occhi spalancati il fratello maggiore.
-Cosa… no, non può essere…- Brock annuì, sorridendo. La decisione di Brock sembrava essere ormai cosa fatta.
-Invece sì, Forrest. Ormai sei grande, hai diritto più di me a diventare il nuovo capopalestra di Plumbeopoli. Ricordi le parole di nostro padre? Una volta che tu, secondogenito della famiglia, avrai raggiunto la maggiore età, io mi sarei impegnato formalmente a cedere la palestra. Quel momento è giunto. Ho osservato tutti i tuoi allenamenti con i Pokémon. Soprattutto con Nosepass. Forrest, io credo che… sì, sono sicuro che diventerai un formidabile capopalestra!- Forrest non disse più nulla. Il suo sguardo era fisso, incredulo. Ash decise di intervenire con una piccola osservazione.
-E la ditta “Moo-Moo and Company”? So che il presidente sei tu…- Brock esplose in un’allegra risata che non piacque affatto a Forrest, il quale abbassò lo sguardo a terra, serrando le mascelle.
-La ditta? Ah, ora la gestisce Max Riffley! Ti ricordi di lui, vero Ash?- Il piccolo Max? quello con gli occhiali, il fratellino di Vera? Ash rimase anch’egli esterrefatto dalla notizia e fissò Brock a bocca aperta.
-Ma…! Non me lo hai mai detto! Anche Laura mi ha detto che il presidente eri tu!- Brock annuì ancora una volta. -Infatti… in questi giorni, però, ho incrociato nuovamente Max… si è fatto davvero grande… è stato lui ad aiutarmi nelle faccende burocratiche della azienda… so di potermi fidare di lui… è vero che era un affare di famiglia la “Moo-Moo”, ma in questi ultimi tempi non è saggio andare per il sottile…- Ash scosse la testa, meravigliato dalla notizia appena compresa. Forrest osservò suo fratello negli occhi per un tempo limitato, poi li riabbassò nuovamente, la sua voce era poco più di un mormorio. -Perché molli tutto? La palestra, l’azienda…- Brock sospirò, poi si discostò da Forrest indietreggiando di qualche passo.
-Vuoi sapere la verità? Da quando ho conosciuto Ash, ho scoperto che la mia forza è incentrata sul viaggio, sul movimento continuo, alla visita di molte città! Ritornato a Plumbeopoli la mia potenza si è affievolita di parecchio! Te ne sei accorto, Ash?- Il ragazzo col cappello annuì tentennante. Non avrebbe voluto dirlo per non offendere il suo amico, ma dato che lo stesso Brock ammetteva la sua debolezza, disse di sì. Forrest comprese immediatamente ciò che suo fratello volesse intendere.
-Capisco… in effetti anche l’azienda andava molto bene quando tu eri in viaggio… anche se eri via, tu la tenevi sempre sotto controllo… perché non fai come allora, Brock? “Moo-Moo” fa sempre parte della famiglia!- Brock annuì ridendo, e tornò a guardare la palestra in lontananza, appoggiando le mani sui fianchi.
-Certo, certo… Max dirigerà l’azienda per un tempo limitato… quando mi sarò ripreso riprenderò in mano l’azienda… anzi, riprenderemo. Anche tu, con me, sarai il dirigente…- Brock mise le mani in tasca e ne estrasse un mazzo di chiavi colorate. Con un sorriso le consegnò nelle mani del fratello minore.
-Forrest… queste sono le chiavi della palestra e della casa. Domani mattina vai con i nostri genitori all’Anagrafe e registra sotto il tuo nome il possesso della palestra. D’ora in avanti, è tua. So di poter contare su di te…- Forrest, tremante dalla felicità, disse meccanicamente che aveva capito e, dopo un lungo abbraccio di commiato col fratello, tornò in casa e chiuse la porta. Ash osservò perplesso il suo amico, il quale aveva già in spalla uno zainetto.
-Brock… hai mollato tutto… anche l’azienda… non ti sembra una decisione un po’ troppo precipitosa?- Brock scosse la testa. Anche Pikachu, come l’allenatore, era perplesso dalla decisione impegnativa di Brock.
-No, Ash, credimi. È stata una decisione a lungo ponderata. Ho osservato per troppo tempo passivamente la decadenza delle mie capacità in battaglia con i Pokémon e in dirigenza con l’azienda. Non ero mai riuscito a venire a capo di questa rovina… poi sei tornato tu, con l’idea di partire per un nuovo viaggio. Allora ho cominciato a capire. Ecco che cos’era che mi mancava… l’avventura, il viaggio con gli amici più cari! Ash, quanti ricordi affiorano alla mente! Se tornassimo insieme… tutti insieme! Tu, io… con Laura e Alex al nostro fianco! Potrei insegnare loro tante cose… come allevare nel modo giusto i Pokémon. Devo ricominciare da zero, Ash…- Il ragazzo col cappello annuì sorridendo.
“Dovrò cominciare da zero anche io… con Misty…” Venne così deciso che Brock si sarebbe unito al gruppetto per una nuova avventura verso terre lontane, alcune bene conosciute, altre mai viste ed inesplorate. Quando Laura ed Alex vennero a conoscenza della notizia, dapprima rimasero stupiti che Brock avesse lasciato tutto, ma poi comprendendo le vere ragioni di questa decisione approvarono senza tante discussioni. Verso le undici del mattino i quattro componenti del gruppetto salutarono per l’ultima volta Plumbeopoli e si incamminarono verso est, direzione MonteLuna. Ash notò con estrema sorpresa che fra le braccia di Brock ci fosse il piccolo Bulbasaur, il quale pareva molto felice in quello stesso istante. Glielo fece notare e l’ex capopalestra di Plumbeopoli ridacchiò, accarezzando il cucciolo di Pokémon erba sulla testa.
-Beh, devo tornare ad esercitarmi nell’allevamento dei Pokémon! E chissà… tra qualche tempo potrei iniziare anche ad allenare Bulbasaur!-

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Capitolo 13
*** 12 - MonteLuna crollerà ***


Riassunto del capitolo precente...
Sia Alex che Laura hanno vinto contro Brock, il capopalestra di Plumbeopoli. I ragazzi, guidati dal maestro Ketchum, devono ora attraversare MonteLuna per raggiungere la prossima città, Celestopoli. Forrest è venuto a conoscenza della storia avvenuta 3 anni fa che ha causato l'inimicizia tra Ash e Misty. Brock decide di cedere l'attività di capopalestra al fratello Forrest e di seguire Ash nel viaggio di formazione dei suoi allievi...


Ash: -FORZA! È il momento di combattere!- Il viaggio verso MonteLuna fu incentrato soprattutto nell’allenamento dei Pokémon di Alex e Laura. In quel momento si stava esercitando il Poochyena della ragazza, la quale stava fronteggiando in quel momento un Rattata piuttosto forte. Il Pokémon Buio, infatti, aveva già subito qualche attacco ed era molto stanco. Alex osservava in silenzio con Brock al suo fianco l’incontro. Mentre Ash incitava la figlia dei Ferguson a continuare, Brock spiegava al ragazzo con gli occhiali i metodi migliori per continuare l’incontro. Poochyena riuscì, grazie all’attacco Finta, ad abbattere il Pokémon Ratto. Il problema però fu che Laura non poté catturarlo, poiché Poochyena era caduto in terra, sfinito. Ash scosse la testa e aggrottò leggermente le sopracciglia, disapprovando l’esito dell’incontro.
Ash: -No, no, così non va! Poochyena deve riuscire ad evitare più attacchi possibili!- Laura annuì, per nulla risentita dal commento arido del maestro. Brock ridacchiò e si avvicinò di un poco ai due amici, con Bulbasaur fra le braccia.
Brock: -Ehi, Ash, prendila con filosofia! Non puoi, in pochi giorni, insegnare tutto lo scibile dei Pokémon! Quanto ci hai impiegato tu?- Laura rise e scosse la testa. Posò a terra il suo zainetto nero e si inginocchiò accanto al suo Pokémon sdraiato a terra su un fianco. Aprì il suo zaino e ne estrasse una boccetta verde, contenente la Pozione. Gliela fece bere al Pokémon, il quale si riprese all’istante. Pochi secondi infatti furono sufficienti perché Poochyena fu nuovamente in piedi. Ash osservò il tutto annuendo.
Ash: -Bene! Ricorda, Laura, è molto importante tenere gli occhi aperti! I Pokémon possono attaccare alle spalle, te ne sei resa conto tu stessa!- Infatti quel Rattata selvatico era riuscito in chissà qual modo ad usare un Attacco Rapido proprio alle spalle del cane. Forse era stata proprio la velocità a permettere al topo viola di aggirare la vista eccellente di Poochyena. Brock terminò il sermone di Ash con una piccola introduzione ai vantaggi delle Bacche da dover far tenere ai Pokémon durante i combattimenti. Quando Brock terminò di parlare, Ash osservò il suo amico di vecchia data e sorrise disteso.
Ash: -Brock… è bello rivederti di nuovo! Non sai quanto tu mi sia mancato in questi ultimi tempi!- Brock contraccambiò al sorriso del Maestro di Pokémon più forte al mondo.
Brock: -La stessa cosa dico di te, Ash!- Alex era rimasto impressionato dal rapporto così intimo che c’era tra Ash e Brock. Si scambiavano battute, osservazioni, risate come se fossero stati amici di vecchia data. Fu contento per loro di essersi ritrovati, ma quella gioia era oscurata per bene dal ricordo dell’incubo avuto quella notte. La visione del padre malvagio riempiva il suo cervello tanto da non fargli notare dove stesse camminando. Il viaggio infatti era proseguito ed Alex, per distrazione, aveva calpestato la coda di un Sentret. Il grido acuto di dolore del Pokémon risvegliò la mente dell’assistente del Professor Oak tanto da farlo sobbalzare. Osservò il Pokémon furetto correre via, lamentandosi. Ash si avvicinò al suo allievo e ridacchiò.
Ash: -Alex! Che ti prende, dormi camminando? Non lo hai assolutamente visto!- Alex, per un istante, pensò che il suo maestro avesse ragione sul fatto che dormisse. La risata argentina di Laura, però, lo rinfrancò un poco.
Laura: -Meno male che non si trattava di un Ekans! Se no, Alex, tanti baci e abbracci!- Era il modo di dire di Laura che Alex sarebbe morto avvelenato da un probabile Morso del Pokémon serpente. Alex promise al maestro ed ai suoi amici che in futuro sarebbe stato più attento a dove avrebbe messo i piedi. Il viaggio riprese senza particolari interruzioni e dopo un quarto d’ora Brock sorrise ed indicò un punto davanti a sé, tenendo con l’altro braccio il Bulbasaur cucciolo.
Brock: -Ehi, direi che ci siamo! Laggiù, oltre a quella collina, c’è MonteLuna!- MonteLuna era una grotta di medie dimensioni, costituita di pietre, rocce sedimentarie, sabbia e meteoriti provenienti dallo spazio siderale. Da lontano si poteva osservare che la cima del monte era spaccato di netto, come se qualcosa di molto grosso ci fosse piombato sopra a folle velocità. Il sole, con i suoi raggi, penetravano all’interno attraverso il foro divenuto circolare a causa del passare del tempo e dell’azione degli agenti atmosferici. Si narrava infatti che diverse migliaia di anni fa un gigantesco meteorite fosse atterrato proprio sulla cima di MonteLuna, causandone la distruzione della sommità. Quelle voci sostenevano inoltre che da quel gigantesco meteorite fossero venuti sulla Terra i Clefairy, strani Pokémon Fata portatori della Pietra Lunare. I Clefairy, non a caso, erano tutti riuniti in quella zona. La storia del meteorite fu raccontata da Brock e Laura, eccitatissima, corse avanti con la sua Dratini aggrappata sulla sua spalla.
Laura: -Vorrei tanto catturare un Clefairy! Ho visto una loro foto e sono DELIZIOSI!!- Ash, Brock, Alex, Pikachu e Dratini fecero del loro meglio nel tentativo di raggiungere la ragazza, ma dopo pochi chilometri la raggiunsero. Andarono a cozzare su di lei, poiché Laura si era arrestata di botto. Il gruppetto cadde pesantemente a terra e dopo un po’ Ash si rialzò, tenendosi la testa con una mano.
Ash: -Ahi, che botta! Laura, che cosa ti salta in mente di fermarti così di botto?- Laura scosse la testa, scusandosi con il maestro. Indicò freneticamente alla sua destra, dove c’era un sentiero sassoso che conduceva proprio all’ingresso di MonteLuna.
Laura: -Avete… avete visto?- I ragazzi osservarono meglio l’ingresso. Tutto intorno era costituito di roccia, gli alberi che contornavano il sentiero tra Plumbeopoli e MonteLuna erano letteralmente scomparsi. Crescevano qua e là solo pochi arbusti brulli, il resto era costituito da tristi sassi. Brock rimase stupito notando che davanti all’ingresso ci fossero molte persone vestite da scavatori, con le pale in mano. Rimase basito quando scorse vicino all’ingresso un segnale di pericolo rosso fuoco con il punto esclamativo colorato di nero.
Brock: -Cosa… cosa è successo?- Ash scosse la testa. Osservò quei lavoratori e si accorse che erano estremamente agitati. Furono una dozzina ed erano tutti riuniti intorno ad un uomo vestito con il camice, la cravatta nera, un paio di jeans scuciti sulle ginocchia e un casco giallo sulla testa. Laura sorrise, riconobbe quell’uomo alto quasi quanto lei. Era il capoingegnere che aveva progettato qualche anno prima l’Ostello. Tutti i lavoratori avevano alzato di parecchio la voce tanto che i ragazzi furono piuttosto preoccupati da come stessero andando le cose. Decisero di avvicinarsi agli operai, dapprima guardinghi, poi curiosi. Le voci si mescolavano le une alle altre in una sarabanda di grida ed insulti rivolti al capoingegnere, il quale miseramente cercò di proteggersi dietro al quaderno ad anelli che teneva in mano.
-MA SIAMO MATTI?- -ENTRARE LA’ DENTRO!- -NEANCHE MORTO!- -PIUTTOSTO SCIOPERIAMO!- Ash, Brock, Laura e Alex spintonando e sgomitando riuscirono a raggiungere il capomastro ed a portarlo fuori da quella barriera umana. Lo portarono via dall’ingresso di MonteLuna, in attesa che quelle teste calde si calmassero. Il capoingegnere era un ometto minuto e magrolino, il volto ben curato, le sopracciglia fini come le sue labbra. Gli occhi erano color castano chiaro ed era leggermente brizzolato. Il capomastro era ancora tremante dalla paura, a causa degli operai furibondi. Ash attese che il capomastro si calmasse prima di iniziare a parlare.
Ash: -Ci dica, che cosa è successo? Perché tutte quelle persone ce l’avevano con lei?- Il capoingegnere ansimò più volte prima di riuscire a ritrovare la parola, tanta la paura che aveva ancora in corpo. Gli operai intanto si erano appostati proprio davanti all’ingresso di MonteLuna e davano le spalle alla grotta, con le braccia incrociate.
-Oh… lei è Ash Ketchum! Santi Numi, è la provvidenza che la manda!- Si sbracciò come se fosse stato in preda all’euforia. Alex e Brock tentarono in qualche maniera di calmare quello strano tizio.
Ash: -Sì, sì, va bene… ma che cosa diamine è successo? Perché ci sono segnali di pericolo davanti all’ingresso di MonteLuna!- Il capomastro, finalmente calmatosi, recuperò la cartellina che gli era caduta a terra e si sistemò il camice sulle spalle dando alcuni colpetti con la mano.
-Beh, è presto detto! Qualche mese fa è giunta notizia che la pavimentazione della grotta che conduce a Celestopoli è ceduta in alcuni punti… ebbene, la nostra squadra si è subito messa in opera, ma qualcosa… o per meglio dire, qualcuno… non vuole che continuiamo i lavori!- Laura sgranò gli occhi meravigliata. Chi poteva o cosa poteva essere così tanto forte o perverso da bloccare dei lavori di ristrutturazione? Erano comunque, secondo il parere della ragazza, dei semplici lavori di routine. Perché bloccarli, allora? Il capoingegnere continuò nel suo racconto, riacquistando scioltezza nel linguaggio.
-Nel giro di una settimana le impalcature che sostengono le pareti della grotta sono venute giù più di tre volte! Abbiamo perso due scavatrici a causa dei crolli delle pareti e del soffitto!- Brock alzò lo sguardo molto preoccupato verso la cima di MonteLuna. Il suo occhio allenato non poté non notare che vicino al foro superiore della grotta dove il sole poteva illuminare l’interno di MonteLuna ci fossero delle crepe piuttosto evidenti. L’ex capopalestra di Plumbeopoli deglutì amareggiato, sembrava proprio che MonteLuna stesse per sgretolarsi definitivamente. Indicò le crepe e rese noti i suoi timori ai suoi amici. Il capomastro annuì, sospirando mestamente.
-Le incrinature si stanno allargando sempre più… se non fosse per questi malnati incidenti, avremmo potuto rinforzare la grotta con delle placche in acciaio! Ma nulla, appena avanziamo un poco nella nostra opera, tutto crolla inesorabilmente! E lo sfacelo continua, non so più che pesci pigliare!- Con un gesto di stizza buttò a terra la cartellina, esasperato. Ash osservò a lungo il monte nel suo insieme: era magnifico, imponente, sacro. Sacro perché covo naturale dei Clefairy. Senza MonteLuna, non ci sarebbero stati i Clefairy, forse si sarebbero spostati, forse avrebbero potuto addirittura estinguersi. Il ragazzo col cappello non poteva tollerare che una simile calamità si abbattesse su quelle creature provenienti dalla Luna. Ne andava del suo onore personale. Ipotizzò alcuni probabili responsabili di quel disastro naturale, iniziando dai più temibili nemici: il Team Rocket o il Team Richardson? Il Team Davidson fu immediatamente scartato, non c’era fortunatamente traccia di quei loschi figuri nelle terre di Kanto. Ma se i Team Rocket e Richardson avessero unito le forze nel tentativo di abbattere MonteLuna, solo per fare man bassa di tutti i Pokémon abitanti nella grotta… un brivido percorse la schiena dell’allenatore di Pokémon più forte al mondo. Era una giustificazione più che valida, ma pur sempre scellerata. Posò lo sguardo sul capoingegnere, risoluto.
Ash: -Se ci dà il permesso, noi indagheremo e scopriremo il motivo di questi crolli!- Tutti lo guardarono stupiti, più fra tutti l’uomo con l’elmetto giallo in testa. Sulla sua fronte comparvero rughe sottili, come se fossero disegnate da un tratto delicato di matita.
-Cosa…? Cosa? Voi… vorreste entrare lì dentro? Prima dovrete superare quegli operai in sciopero! Ragazzi, è causa persa, non vi permetteranno mai di entrare!- Ash aggrottò leggermente le sopracciglia e si sbottonò il gilet verde. Aprì il lato destro del gilet con una mano e fece notare al capomastro che all’interno dell’indumento c’era uno stemma piuttosto grande, una M verde contornata da una cornice rossa. L’uomo impallidì quando osservò quel contrassegno.
Ash: -Si dia il caso che io sia il Master da queste parti! Sono l’allenatore più forte al mondo, ho conquistato tutto quello che potevo conquistare! I miei Pokémon sono potentissimi, si aggirano ad un livello minimo di 70! Ho viaggiato in lungo e in largo in tutte le città… sarà una grotta decadente a fermarmi? Ha! Lei non mi conosce affatto!- Il capoingegnere, pallido in volto e completamente sudato per la grande emozione, agitò le braccia davanti a sé.
-Oh, signor Ketchum, il suo operato è degno di lode… ma queste cose non dovrebbe dirle a me, bensì a loro!- Indicò alla sua destra, verso l’entrata di MonteLuna, nella direzione degli operai furiosi a braccia incrociate sul petto. Alex rabbrividì al solo pensiero di dovere affrontare quei bisonti tutti insieme. Forse erano allenatori di Pokémon anche loro. Il capomastro tornò a parlare ancora una volta, richiamando l’attenzione del ragazzo con gli occhiali.
-Se riuscirà a convincerli, allora avrà via libera!- Brock annuì, piuttosto perplesso. Non aveva ancora staccato gli occhi dalle crepe che si erano formate sulla cima di MonteLuna.
Brock: -Dobbiamo per forza entrare… è l’unico modo per andare a Celestopoli…- Laura osservò il suo maestro di Pokémon piuttosto preoccupata.
Laura: -Ash… davvero non c’è altro modo per raggiungere Celestopoli?- Il ragazzo col cappello strinse i denti convulsamente e scosse la testa più volte. Pikachu abbassò le orecchie tristemente.
Ash: -No… diavolo, no! È l’unico passaggio! Potremmo andare a Zafferanopoli, per poi andare a Celestopoli, ma… il viaggio non sarebbe più emozionante e soprattutto prolifico per voi se prima non visitassimo MonteLuna!- Si voltò corrucciato verso gli operai e li osservò uno dopo l’altro, con fare molto risoluto. Brock notò l’ardore scintillare nei suoi occhi.
Ash: -Non starò qui, con le mani in mano, ad assistere a questo scempio! Ladri, Pokémon o fantasmi, io non ho paura! MonteLuna non crollerà!- Con passo marziale si indirizzò con un Pikachu molto eccitato per la battaglia verso gli operai. Alex rimase leggermente sconvolto per la decisione così improvvisata del maestro Ketchum, ma dovette ad ogni modo rincorrerlo, poiché anche Brock e Laura si erano incamminati per raggiungere Ash. Il quartetto si avvicinò al limitare del monte con nell’animo un atteggiamento molto sicuro e controllato nei sentimenti, eccezion fatta per il ragazzo con gli occhiali. Uno degli operai intercettò immediatamente il gruppo con lo sguardo ed intimò loro di fermarsi alzando il palmo della mano destra.
-Alt! Ehi, voi, mocciosi, dove credete di andare?- L’operaio che parlava era enorme quanto un armadio a quattro ante: era alto quasi il doppio del campione di lotta Pokémon e Brock, il quale era il più alto della comitiva, arrivava quasi a sfiorare con l’altezza i gomiti del gigantesco lavoratore. Ash non si scompose e parlò al manovale con voce calma e relativamente tranquilla.
Ash: -Salve… noi vorremmo passare per MonteLuna… la nostra destinazione è Celestopoli…- L’operaio gigante strabuzzò gli occhi udendo la richiesta dell’allenatore col cappello e le sue labbra si incresparono in un orribile ghigno. Così fecero anche gli altri lavoratori.
-Cosa!! Tu… voi…! Passare per MonteLuna! Ma dico… avete letto il cartello, figlioli?- E con una mano che poteva essere grande quanto il cranio di Ash indicò alla sua sinistra, verso l’entrata della caverna. Accanto all’ingresso, sulla parete, era appeso un cartello di plastica, dove c’era scritto “Vietato entrare ai non addetti ai lavoratori” ed insieme c’era anche il segnale di pericolo. Ash annuì, rimanendo estremamente cosciente di sé. Brock era estasiato dal self control del suo amico: anni addietro avrebbe già perso completamente le staffe, anche per molto meno di questa situazione.
Ash: -Certo che lo abbiamo letto… ma non temete… noi siamo allenatori esperti… nientemeno ci accompagna il capopalestra Brock, nel nostro viaggio per MonteLuna!- Brock fece un passo in avanti sentendosi chiamato in causa. Il Bulbasaur che aveva tra le braccia osservò terrorizzato tutte quelle persone e si mise a piangere. Fu accudito da Pikachu, il quale saltò dalla spalla di Ash a quella dell’ex capopalestra di Plumbeopoli.
Brock: -Sì, esatto… con i miei Pokémon non ci sarà nessun problema ad attraversare MonteLuna…- Un altro operaio si fece avanti, più furioso di quello precedente. Era grosso quanto il primo ed aveva una grossa cicatrice sul braccio destro. Alex la notò quasi subito.
-AH NO! NON SE NE PARLA! Lì dentro è troppo pericoloso! Neanche se ci implorassero le anime dei Pokémon defunti, io e i miei colleghi non ci muoveremo da qui e non faremo passare nessuno!- Il primo operaio tornò a parlare, ridacchiando. Le sue immense spalle ondeggiarono al ritmo delle risatine ironiche lanciate contro il gruppetto.
-Eh, eh… e poi, dove credereste di andare? Un recente terremoto ha completamente ostruito l’unica via d’uscita possibile per Celestopoli… una volta entrati, dovrete tornare per forza di cose indietro!- Laura deglutì amareggiata. Se le cose stessero in quel modo, allora era inutile continuare per quella strada. Avrebbero sicuramente volato per Zafferanopoli e da lì per Celestopoli. Volle confidare al maestro Ketchum e agli altri la sua idea, ma ogni sua parola morì nella sua gola, poiché lo stesso Ash era tornato a parlare agli operai.
Ash: -Dite che i terremoti danneggiano le impalcature, vero? Non possono essere terremoti naturali, perché essi non potrebbero piegare i vostri tornelli d’acciaio! Dico bene?- Gli operai annuirono perplessi. Il ragazzo col cappello fece cenno con la testa a sua volta.
Ash: -Bene! Ciò vuol dire che possiamo escludere calamità naturali dalla nostra lista! Restano in gara… Pokémon! Io credo, signori, che i terremoti generati siano causati da dei Pokémon sotterranei!- Gli operai risero all’unisono quando Ash terminò di parlare. Anche Laura ed Alex furono piuttosto dubbiosi dopo avere ascoltato il loro maestro.
-Ah! Questa è buona!- Disse il primo operaio. Brock, dal canto suo, non trovò così assurda l’idea del suo amico. Pikachu intanto continuò a coccolare il piccolo Bulbasaur, il quale parve smettere di frignare. Il topo elettrico giocherellò con il cucciolo di Pokémon Erba, il quale sembrò gradire le carezze del buon vecchio Pikachu.
Brock: -In effetti potrebbero essere dei Pokémon talpa che si spostano sottoterra… dopotutto l’autunno è alle porte, è il periodo giusto per le migrazioni!- Gli operai smisero automaticamente di ridere quando ascoltarono le parole sagge dell’ex capopalestra di Plumbeopoli. Si guardarono in volto, stupiti e smarriti, non sapendo più cosa replicare ai ragazzi. Iniziarono a bisbigliare tra loro e, dopo qualche minuto di raccoglimento, i lavoratori si girarono nuovamente verso il gruppetto e rimasero in silenzio. Solo il secondo operaio approvò il ragionamento di Brock e Ash.
-Mister Brock, Mister Ash… il vostro ragionamento è più che valido. Il nostro compito non è di ostacolare nessuno di voi, ci mancherebbe… ma di mettere in guardia qualunque individuo, allenatore o Pokémon, sui pericoli di MonteLuna. Sapete, i terremoti sono iniziati da più di tre settimane… non c’è sosta! Ogni tre ore un fortissimo sisma mette al tappeto le nostre strutture portanti… ed ogni volta la grotta sembra franarci addosso! Cercate di capirci… abbiamo rischiato più di una volta la vita in quella caverna… non vorremmo fare… la fine del topo!- Alex non capì l’antifona e se lo fece spiegare da Brock. Fare la fine del topo era un gergo per dire che presto o tardi i lavoratori avrebbero potuto finire seppelliti vivi dalla grotta franata. Laura non poté comunque dare torto a quegli sfortunati: notò infatti che, appena gli operai pronunciavano il nome del monte, subito rabbrividirono. Analizzò i loro sentimenti con il suo spiccato sesto senso e percepì un enorme sentimento negativo. Sentimento di paura. Ash non demorse in qualunque caso e chiese al primo operaio che aveva parlato di fare loro strada. Il lavoratore era ancora reticente a lasciar loro il passo. Gli altri avevano già indietreggiato di qualche passo nel frattempo.
-Ma… mi mettete in difficoltà, ragazzi…! No, non posso avervi sulla coscienza…!- Ash sorrise ed estrasse una Poké Ball dalla sua cintura con disinvoltura. La lanciò davanti a sé e come per incanto un enorme Pokémon apparve in tutta la sua magnificenza. Ash aveva scelto nientemeno che Tyranitar, uno dei sei campionissimi dell’allenatore col cappello. Quando gli operai osservarono il gigantesco Pokémon Terra, essi illividirono dallo stupore e dalla meraviglia nel constatare che quel Tyranitar fosse davvero capace di attraversare MonteLuna e scortare i ragazzi. Il primo operaio, però, era ancora tentennante e scosse energicamente la testa.
-Ah…! Pure un Pokémon… io non… non credo che vi lascerò passare!- Gli altri operai iniziarono a parlottare tra loro, facendo un cerchio di raccolta. Si erano di parecchio distanziati dal manovale refrattario. Ash annuì e aggrottò leggermente le sopracciglia.
Ash: -Capisco… lei pensa che un Pokémon così potrebbe non essere sufficiente per sostenere dei massi, qualora il caso si verificassero altri terremoti… beh, spero che quest’altro Pokémon la convinca!- Estrasse un’altra Poké Ball e la lanciò. Ne uscì fuori un Pokémon altissimo e muscolosissimo, dotato di quattro braccia e spessi bicipiti. Le orecchie del Dratini di Alex si agitarono quando Machamp fece il suo ingresso in campo. Il ragazzo con gli occhiali cercò di quietare il suo amico, ma anche l’allenatore aveva abbastanza timore di quel peso massimo. Ash rimase molto divertito osservando il volto allucinato dell’enorme operaio.
Ash: -Allora… ho altri Pokémon con me di queste dimensioni e di questa forza. Vogliamo continuare? Io non ho problemi a farli uscire dalle sfere Poké…- Alex e Laura rimasero sbigottiti nel vedere insieme dei ciclopi del calibro di Machamp e di Tyranitar. Anche se i Pokémon davano le spalle agli allenatori, essi incussero molto timore nei ragazzi. Brock sorrise nell’osservare i due Pokémon di Ash: essi erano incredibilmente forti ed allenati al punto giusto. Non sembrò che ci fossero punti deboli nel loro fisico e nella loro espressione fiera e concentrata.
Brock: “Ash è davvero un valido Master… con una squadra del genere, chi mai potrebbe sconfiggerlo?” L’operaio, nonostante la presenza di due montagne quali Machamp e Tyranitar, non fu ancora completamente convinto. Il lavoratore indietreggiò di qualche passo e, con il cuore in gola, scosse a scatti la testa.
-Io…non credo… vi giuro, non vorrei che vi faceste male…- Gli altri operai, una volta che smisero di parlare tra loro, decisero di lanciarsi verso il manovale che ancora resisteva caparbiamente. Lo spinsero da una parte e quando egli fu abbastanza lontano per non essere d’intralcio, il secondo lavoratore, quello con la cicatrice sul braccio, sorrise al gruppetto.
-Sapete… ci avete convinti! Sì, sì, credo proprio che con i vostri Pokémon non ci sarà nessun motivo di preoccuparci! Ma… mi raccomando, state attenti! Potete andare…- Gli operai andarono verso l’entrata di MonteLuna e tolsero tutti i segnali di pericolo e le barriere che impedivano l’accesso alla caverna. Quando tutto fu smontato il capoingegnere raggiunse raggiante il gruppetto di ragazzi e si congratulò con loro.
-Fantastici! Siete stati fenomenali! Allora… potrete indagare per noi perché ci sono questi terremoti?- Laura annuì sorridendo e si indicò con un pollice. La sua Dratini, accucciata sulla spalla dell’allenatrice, fece lo stesso, indicandosi con la coda.
Laura: -Nessun problema! Indagheremo e scopriremo la causa di questo sisma ballerino! E non temete, egregi, tornerete ben presto al lavoro e vi giuro, su tutti i Pokémon… MonteLuna non crollerà!- Ash fece un mezzo sorriso e si limitò a scuotere la testa. Gli operai e il capoingegnere ringraziarono i ragazzi e augurarono loro buon viaggio. Finalmente, dopo una buona mezz’ora di trattative, Ash, Brock, Laura e Alex, con i rispettivi Pokémon, entrarono finalmente nella grotta di MonteLuna. La grotta divenne sempre più scura mano a mano che la comitiva proseguiva nel suo cammino, ma Pikachu, grazie alla sua coda elettrificata, rischiarò il cammino agli allenatori. Le scariche elettriche si diffondevano in tutto il cupo ambiente e la fioca luce bastò per permettere ai ragazzi di vedere dove mettessero i piedi.

Nel prossimo capitolo...
Ash, Brock, Laura e Alex scopriranno ben presto la causa dei terremoti che stanno causando il crollo di MonteLuna. I ragazzi dovranno acchiappare un Clefairy fuggiasco e dovranno fronteggiare un Pokémon terra impazzito! Tutto questo nel prossimo episodio! Ciaooooo! ^__^

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Capitolo 14
*** 13 - Fosse di Diglett ***


Riassunto del capitolo precedente...
I nostri amici sono arrivati nei pressi di MonteLuna, ma con loro immenso dispiacere scoprono che la grotta consacrata ai Clefairy è destinata a crollare! Ash decide di indagare a fondo sul mistero e insieme ai suoi amici si inoltra nella caverna pericolante! Che cosa attenderà lungo il pericoloso rettilineo? Non resta altro che leggere! Ciaoooo! ^__^


MonteLuna era una grotta costituita da una pianta piuttosto semplice. Il percorso, lineare, era delimitato da pietruzze di vario genere, alcune scintillanti, altre opache e di varie forme. Le pareti, da entrambi i lati, erano sormontate, almeno per i primi venti metri di cammino, dalle impalcature in ferro dei carpentieri di Plumbeopoli per la ristrutturazione della caverna. La coda di Pikachu, elettrificata, riuscì a creare una fioca luce e permise agli allenatori di osservare profonde crepe sulle pareti e un pavimento molto dissestato. Sembrava proprio che un violento terremoto si fosse abbattuto di recente in quella caverna, specialmente in quella caverna e non altrove. In alcune zone del suolo, poi, si erano create profonde voragini scure che al solo sguardo facevano accapponare la pelle.
Alcune armature erano cadute a terra e si erano spaccate a metà. I ragazzi dovettero per necessità di cose zigzagare fra i resti delle impalcature per poter proseguire. Le varie macerie interrompevano il passaggio e i ragazzi dovettero saltare letteralmente i detriti per poter proseguire. Pikachu, da buon atleta, pareva non incontrare difficoltà nel saltare i vari ostacoli. Alex aveva più difficoltà a causa della vita sedentaria che aveva fatto fino a quel momento con il Professor Oak. Più volte incespicò infatti nei resti delle impalcature e una volta rischiò di cadere faccia a terra. Laura si guardò attorno e notò con estremo dispiacere che non era presente neanche un Pokémon nella grotta.
Laura: -Questi terremoti hanno fatto scappare tutti quei poveri Pokémon… la loro casa è ormai distrutta, dove saranno andati…?- Ash sospirò e scosse la testa lentamente. I Dratini rabbrividirono a causa delle correnti d’aria che si erano addentrate nella fredda grotta disabitata. I due allenatori tentarono in ogni modo di tenere al caldo i loro diletti avvolgendoli nelle loro giacche, ma invano. Anche il cucciolo di Bulbasaur tremava dal freddo e Brock tenne stretto il Pokémon al petto, nel tentativo di riscaldarlo un po’.
I ragazzi non poterono non osservare la decadenza della grotta: Ash si ricordava molto bene la maestosità dei minerali di zinco, rame, ferro e diamante che spuntavano fuori dalle mura della caverna. Ora, però, non vi era più nulla di quella grandiosità. I muri erano completamente spogli, rovinati dalle profonde crepe dovute ai frequenti terremoti. Non erano presenti neanche i funghi locali di MonteLuna, fonte quotidiana di cibo per i Pokémon del luogo. Senza quei funghi, molto probabilmente i Pokémon dovettero migrare altrove, forse in luoghi ben peggiori della loro adorata dimora. Al ragazzo col cappello salì un groppo in gola. Tutto era decadente, tutto era in rovina. Dal principio del suo nuovo viaggio: nulla era come dieci anni prima. Maledisse il Team Rocket e il Team Richardson borbottando, digrignando i denti e il suo sguardo si spostò in molteplici punti di vista, alla ricerca di un essere animato, qualsiasi esso fosse. Nulla, tutto intorno era pietra, roccia, sassi scalfiti dal sisma. Non un Pokémon, non un lichene, non un allenatore. Niente di niente.
Ash: “Sembra di essere entrati in un abisso… regna un silenzio assordante. Il solo brusio che sento è lo scalpiccio dei nostri piedi sul suolo sassoso. Perché nessuno parla..:? Mi sembra di impazzire! Non c’è proprio nessuno in questa grotta? È così lunga… così deserta… così inutile. Mi verrebbe un colpo al cuore al solo pensiero che, una volta distrutta la caverna, in questo luogo sorgessero centri commerciali e parcheggi. Sarebbe un… disastro ecologico!” Ash, tutto ad un punto, inciampò su qualcosa di duro. Franò a terra rovinosamente e un frastuono si diffuse in tutta la caverna. I suoi amici, disorientati dal suono echeggiante e impauriti dalla caduta del Master, si chinarono per aiutare Ash a rialzarsi.
Brock: -Ash! Stai bene?- L’allenatore col cappello annuì, facendo stridere i denti dal dolore. Si tenne un ginocchio con una mano e lo massaggiò.
Ash: -Sì… credo di sì. Devo essere inciampato contro un masso… o qualcosa del genere…- Laura si guardò attorno alla ricerca di quel fantomatico sasso contro cui il suo maestro aveva appena inciampato, ma non trovò nulla. Notò solamente un buco dal diametro di venti centimetri a qualche metro di distanza, ma nulla di più. Una volta che Ash si riprese, il cammino poté proseguire. Mano a mano che il gruppetto avanzava, il silenzio si fece sempre più avvolgente e l’umidità iniziò a fare effetto nei polmoni degli allenatori. Alex iniziò a tossire e il suo naso iniziò a colare.
Alex: -Ash… siamo sicuri che questa marcia ci condurrà da qualche parte? Non hai sentito quell’operaio? A quanto pare l’uscita è bloccata da un cumulo di massi…- Ash dovette constatare che il ragazzo con gli occhiali ebbe assolutamente ragione. Voleva soltanto trovare qualcosa di esistente, qualcosa di vivo. Ma la sua ricerca sfortunatamente non stava conducendo a buoni risultati.
Ash: -Per l’uscita… quello è l’ultimo dei miei problemi. Ora dobbiamo trovare almeno un Pokémon… dobbiamo chiedergli chi o cosa abbia causato questi terremoti… si sa, i Pokémon sanno sempre le origini delle catastrofi!- Improvvisamente la luce fioca che proveniva dalla coda di Pikachu sparì. Tutto divenne buio e Laura iniziò a balbettare dalla paura. Il più delle volte il silenzio più totale avrebbe potuto essere ben peggiore di qualche strana voce emessa da chissà chi.
Laura: -Cosa… cosa sta succedendo? Pikachu… cosa succede?- La voce di Pikachu era piuttosto affannata e faticava ad articolare le parole. Ash strinse le labbra, corrucciato. Attese con pazienza che il suo amichetto iniziasse a parlare.
Pikachu: -Troppo… troppo stanco! Non ce la faccio più…!- Ash si maledisse mentalmente e chinatosi cercò a tastoni il suo amico elettrico del cuore procedendo tortuosamente. Ancora una volta il suo piede incontrò qualcosa di duro e inciampò nuovamente, cascando a terra. Pikachu, colto dalla paura nell’avere udito il grido del suo allenatore, si agitò e la sua coda tornò ad illuminarsi. Brock, Laura e Alex videro Ash a terra e a pochi decimetri di distanza un nuovo buco in terra. Fatto rialzare il loro amico, Brock aggrottò le sopracciglia perplesso.
Brock: -Ancora un buco nel terreno… cosa potrà mai significare…?- Alex scosse la testa tristemente. Il suo Dratini fece altrettanto.
Alex: -Non ne ho la più pallida idea… cosa possiamo fare, Ash?- Il ragazzo col cappello si tolse la polvere di dosso dandosi delle manate sul gilet e sui pantaloni. Il suo sguardo fu attirato da un qualche cosa provenire dal fondo della caverna. Socchiuse gli occhi per vedere meglio, ma la sensazione sparì. Nuovamente vide qualcosa e corse avanti per osservare meglio. I ragazzi, ignari di quanto avesse voluto fare Ash, seguirono il campione della Lega Pokémon senza fiatare. Ash riuscì finalmente a scorgere qualcosa in fondo al tunnel: una fioca luce rossastra. Con il sorriso sulle labbra aumentò l’andatura e fece segno ai suoi amici di accelerare il passo.
Ash: -Ehi! Penso di avere visto qualcosa laggiù! Una luce! Credo proprio che ci sia qualcuno!- La luce fioca che Ash aveva visto divenne sempre più intensa, ma sembrava provenisse dall’alto. Quando furono abbastanza vicini a quel fascio di luce, notarono che un’enorme scala naturale costituita da rocce portava ad un piano superiore. Laura strabuzzò gli occhi e rimase a naso in su per parecchio tempo, in attesa di chissà cosa.
Laura: -Caspita! Questa scala sembra piuttosto lunga! Che cosa ci sarà lassù?- Brock sorrise ed annuì. Aveva già capito dove si trovassero in quel giusto istante.
Brock: -Credo proprio di capire dove porti… al cratere! Siamo nel giusto mezzo della caverna! Ti ricordi, Ash?- Il Master dei Pokémon annuì sorridendo. Forse al piano superiore ci sarebbe potuto essere qualcuno. Con il cuore in gola Ash salì per primo le scale, seguito dall’affannatissimo Pikachu, ormai con le energie ridotte al lumicino. Brock fu il secondo, seguito dai due allenatori novizi. Appena l’ultimo ebbe salito le scale, esse si disintegrarono, franando a terra sbriciolate. Ash si voltò terrorizzato ed osservò attonito le scale spezzarsi.
Ash: -Non riesco a crederci… il terremoto si è addentrato fino a questo punto… il problema è più grave di quanto credessi!- La voce di Alex interruppe lo sgomento di Ash, richiamando l’attenzione di tutti i presenti. Il ragazzo con gli occhiali strabiliato indicò una roccia davanti a sé.
Alex: -Ehi! Guardate laggiù!- La roccia indicata da Alex rassomigliava ad un totem inciso da strumenti rudimentali innalzata da un piedistallo naturale. Il totem in questione aveva le vaghe sembianze di un Clefable. L’opera, però, pareva essere rimasta a metà, poiché parte del volto e buona parte dell’addome non erano stati ancora scolpiti. La statua era illuminata dalla luce naturale che proveniva da sopra. La luce del sole giungeva all’interno della caverna grazie all’ampio cratere posto in cima, a vari metri di altezza. Brock riuscì a scovare alcuni strumenti in terra, quali martello e scalpello, in terra.
Brock: -Sembra proprio che degli artisti avessero voluto erigere una statua in onore dei Clefairy… è davvero triste osservare questo capolavoro incompiuto…- Ash non fu così depresso come lo fu invece Brock. Osservò le pareti e scoprì con gioia che molti minerali erano ancora incastonati fra le pareti e vari licheni crescevano sul terreno. Osservò che anche in quel luogo sacro erano presenti sul pavimento varie fosse dal diametro esattamente uguale a quelle scovate nel tunnel principale. All’allenatore venne un gran magone ed osservò perplesso Pikachu, il quale stava osservando molto attento un punto alla sua sinistra.
Ash: -Pikachu… cosa stai guardando?- Il topo elettrico indicò con la sua zampa anteriore destra il punto che stava osservando. Ash alzò lo sguardo in quel punto, e comprese che Pikachu stava osservando la statua. Non notò nulla di particolarmente interessante. Brock si avvicinò verso di lui esitante.
Brock: -Ash… cosa sta succedendo?- L’allenatore col cappello scosse la testa, incerto sul da farsi.
Ash: -Non saprei… Pikachu ha visto qualcosa, ma io non vedo nulla…- Quando il suo sguardo passò nuovamente sulla statua, alla base di quest’ultima il Master intravide qualcosa nascondersi velocemente. Le tasche guanciali di Pikachu iniziarono a scintillare, il Pokémon era pronto ad attaccare.
Pikachu: -Eccolo! L’ho visto!- Alex alzò le sopracciglia stupito. Si guardò attorno quasi spaventato, ma non vide nulla e nessuno. Solo minerali, i licheni e la statua. Oltre ai suoi amici, non c’era nessun altro.
Alex: -Cosa? Chi? Chi c’è qui, oltre a noi?- Ash, Pikachu e Brock si avvicinarono alla statua e la osservarono meglio. La statua del Clefable era appena abbozzata, ma già il presunto artista stava lavorando sui dettagli. Si potevano infatti notare le fossette sulle guance del sorridente Pokémon fata ed i canini che spuntavano dalla sua bocca. L’attenzione dei tre passò rapidamente dalla statua al piedistallo, dove avevano intravisto qualcosa muoversi velocemente. Guardarono meglio e fecero il giro della statua, senza però trovare nulla.
Ash: -Impossibile… che me lo sia sognato? Eppure ho visto qualcosa muoversi…- Laura emise un grido ed indicò stralunata davanti a sé.
Laura: -Ehi! Ho visto un’ombra sulla parete! Sembra allontanarsi verso… il piano di sotto!- Ash ringhiò e strinse i pugni. Forse quell’essere vivente era un Pokémon. Non potevano lasciarselo sfuggire, forse era l’unico essere vivente presente in quella grotta.
Ash: -Molto bene! Ascoltatemi bene, ragazzi! Il nostro obiettivo è di trovare quell’essere! Umano o Pokémon che sia! Forse lui potrà darci maggiori spiegazioni riguardo a questi terremoti!- Tutti annuirono e si precipitarono verso l’apertura naturale che conduceva al piano inferiore, proprio da dove Ash e i suoi amici erano giunti. Alex deglutì spaventato notando che la scala era ormai un ricordo ed osservò terrorizzato il suolo del piano inferiore.
Alex: -Cosa vogliamo fare? Non saltare, vero? Sarà un salto di oltre cinque metri!- Ash e Pikachu risero e spiccarono immediatamente il salto. Alex gridò dalla paura e li guardò atterrare con un ginocchio in terra. Si inginocchiò e si sporse per vedere meglio il suo maestro.
Alex: -Ash! Pikachu! State bene?- Ash sollevò lo sguardo ed annuì ridacchiando. Pikachu intanto fece luce con la sua coda.
Ash: -Noi stiamo bene! Su, avanti, non abbiamo molto tempo! Dobbiamo trovare l’oggetto della nostra ricerca!- Laura indietreggiò leggermente e poi iniziò a correre come una forsennata. Fece un salto ed atterrò nel piano inferiore con grazia ed eleganza. Brock rise e fece rialzare Alex da terra, il quale era bianco in volto dallo sgomento.
Brock: -Ehi, non ti devi preoccupare, Alex! È un salto di pochi metri, in fondo!- Alex scosse la testa, deglutendo. Dratini condivideva gli stessi sentimenti del suo allenatore. Il ragazzo con gli occhiali guardò ancora una volta di sotto, tremando.
Alex: -Forse… lo dici perché sei abituato! Io no… non ho passato la mia vita a fare salti più grandi di un metro!- Ash, grazie alla luce offerta da Pikachu, riuscì a scorgere nuovamente l’ombra sul muro della caverna procedere a tutta velocità verso l’interno della grotta. Il ragazzo col cappello sorrise, aveva già capito di chi si trattasse. Alzò la testa e parlò agli amici rimasti sopra.
Ash: -Alex, Brock, ascoltate! Io e Laura iniziamo ad incamminarci, tanto il percorso è lineare! Se non sbaglio, Brock, il tuo Onix conosce Flash, sì?- Brock annuì e fece il segno dell’ok con la mano, formando un cerchio con il pollice e l’indice e stendendo le altre dita.
Brock: -Sì! Voi andate, noi vi raggiungeremo in seguito!- Ash e Laura iniziarono a correre all’impazzata verso l’interno della grotta, preceduti da un energico Pikachu che rischiarava agli allenatori la visuale. Tornando indietro verso il santuario dei Clefairy, Brock posò a terra Bulbasaur e osservò sorridendo il ragazzo con gli occhiali, il quale non era ancora convinto di riuscire a saltare.
Brock: -Allora, vogliamo andare?- Alex era ancora esitante. Il suo sguardo si era incollato sul piccolo Bulbasaur, il quale si era messo a giocare con un minerale color verde smeraldo caduto a terra chissà quanto tempo fa. Lo faceva rotolare a terra con le zampe, facendogli aumentare la velocità, e poi lo inseguiva al galoppo.
Alex: -Va… va bene! Speriamo di non farci troppo male…!- L’ex capopalestra di Plumbeopoli afferrò con decisione il braccio dell’assistente del Professor Oak ed indietreggiò con lui di vari passi. Alex osservò stupito l’allevatore di Pokémon, il quale aveva nel frattempo raccolto Bulbasaur da terra.
Alex: -Cosa… cosa vuoi fare? No… dimmi che non vuoi saltare!!- Brock iniziò a ridere a crepapelle e iniziò a correre, trascinando con sé lo smarrito ragazzo.
Brock: -Dai che non succederà nulla! Dobbiamo raggiungere Ash e Laura, potrebbero avere bisogno di noi!- Ma a pochi passi dell’apertura che conduceva al piano inferiore, dal suolo iniziarono a sollevarsi strani cilindri, in tutto dodici, all’unisono. Brock non riuscì a frenare in tempo ed andò ad inciampare contro quegli strani esserini. La velocità fu così elevata che Brock ed Alex si tuffarono letteralmente al piano inferiore, rischiando di sfracellarsi al suolo. Mentre Alex urlava dal terrore, l’ex capopalestra di Plumbeopoli ebbe l’accortezza di invocare Onix, lanciando davanti a sé la sfera Poké. Il Pokémon serpente apparve e sollevò la sua immensa coda, attutendo la caduta dei due ragazzi di diversi metri. Li adagiò a terra lentamente ed Alex cadde a terra, mezzo svenuto.
Alex: -Non… non c’era da preoccuparsi… vero?- Brock ridacchiò ed accarezzò il suo Onix sulla testa. Il Pokémon serpente sibilò dolcemente quando il suo allenatore lo accarezzava. Il piccolo Bulbasaur pareva molto divertito dal fuori programma causato da quei strani ostacoli incontrati proprio sul limitare dell’entrata.
Brock: -Coraggio… io e Ash abbiamo affrontato prove ben peggiori di questa!- Il buio fu il centro del discorso fra Alex e Brock. Il Pokémon serpente, fortunatamente, conosceva l’attacco Flash e lo usò immediatamente. I suoi occhi si illuminarono e divennero dei fari abbaglianti, e subito illuminarono quasi a giorno fatto l’intera caverna. Subito agli occhi dei due ragazzi risaltarono le profonde crepe che furono presenti sulle pareti della caverna. Brock strinse i denti nervosamente e strinse al petto il cucciolo di Bulbasaur.
Brock: -Alex… temo che un altro terremoto potrebbe compromettere definitivamente la stabilità di questa grotta… se non riusciamo a capire la causa di questo sisma, rischiamo seriamente di venire seppelliti vivi!- Alex iniziò a tremare dalla paura, così come il suo Pokémon drago. L’idea di venire messi sotto terra non allettò per niente sia l’assistente del Professor Oak che Dratini. Deglutendo, Alex iniziò a guardarsi attorno convulsamente.
Alex: -Forse… forse una spiegazione logica c’è…! Ti ricordi che Ash ha sbattuto più di una volta contro qualcosa, che poi spariva immediatamente in strane fosse circolari?- Brock annuì, perplesso.
Brock: -Sì… e allora?- Alex indicò una buca che stava proprio sotto ai loro piedi. Con un sorrisetto spiegò la sua teoria all’ex capopalestra di Plumbeopoli.
Alex: -Io credo che i terremoti siano causati da Pokémon… io sono più che sicuro che ci sia un legame tra quelle buche ed i terremoti! Anche Ash lo ha detto, no? Beh, io sono d’accordo con questa teoria! Quei cilindri… non ti ricordano dei Diglett?- Brock iniziò a riflettere sul possibile collegamento tra gli ostacoli che Ash aveva incontrato poco tempo prima e quelli che l’ex capopalestra di Plumbeopoli era andato a cozzare contro. Brock annuì sorridendo e iniziò ad incamminarsi con l’allievo di Ash verso l’interno della caverna.
Brock: -Già, potrebbe essere! Allora sbrighiamoci, diciamolo ad Ash prima che i terremoti tornino a manifestarsi!- Iniziarono a procedere, ma davanti a loro qualcosa sbucò fuori dal terreno improvvisamente. Gli occhi folgoranti dell’Onix di Brock si indirizzarono immediatamente verso quell’apparizione ed i due ragazzi notarono che una fila di piccoli Diglett si era interposta tra loro e il percorso. Alex impallidì tentando di contare quei piccoli esseri: pareva che fossero minimo una cinquantina, e tutti sembravano furiosi. Brock invece era totalmente tranquillo e chiese ad Onix di tenersi pronto a tradurre per loro su quanto i Diglett avessero voluto dire agli allenatori. L’ex capopalestra di Plumbeopoli iniziò dunque a dialogare con i Pokémon talpa, i quali non stavano fermi neanche un secondo. Andavano avanti ed indietro, guizzando ora sul pavimento, ora sul soffitto, ora sulle pareti. Scomparivano nelle piccole fosse e ricomparivano in altri luoghi piuttosto distanti in un battito di ciglia.
Brock: -Ehi, Diglett! Diteci, siete stati voi a causare tutti questi terremoti?- I Diglett iniziarono a pigolare concitatamente e Onix tradusse, con la sua voce stentorea, che effettivamente erano stati loro a produrre i vari sismi. Alex rimase stupito dalla capacità di diplomazia di Brock con i Pokémon, il ragazzo con gli occhiali era più che sicuro che se ci avesse provato lui da solo non ci sarebbe mai riuscito in così poco tempo. Brock tornò a parlare e il suo volto fu piuttosto tirato dall’emozione di parlare con così tanti Diglett e dalla delicatezza del momento.
Brock: -Diteci… perché lo state facendo? State distruggendo MonteLuna con i vostri terremoti!- I Diglett parlottarono tutti insieme furibondi e il Pokémon serpente riferì ai ragazzi che i Pokémon erano furiosi per tutti i rumori molesti causati dalle ruspe. Dissero inoltre che causarono i sismi proprio per allontanare quelle macchine infernali che avevano fatto fuggire tutti i Pokémon da MonteLuna, specialmente Dugtrio, il loro capotribù, esperto di spostamenti. Il gruppetto dei Diglett si trovava a MonteLuna solo di passaggio, riferì il Pokémon serpente. Con il sopraggiungere dell’autunno, i piccoli Pokémon terra avrebbero dovuto spostarsi verso le loro tane invernali. Il caos dei lavori di ristrutturazione, riferirono i Diglett, avevano fatto fuggire la loro guida in preda al panico e ora quei poveri Pokémon non sapevano proprio dove andare. Senza Dugtrio, i piccoli Diglett non erano mai riusciti a fuggire da MonteLuna e per timore di quelle ruspe che sicuramente avrebbero potuto ferirli generarono i terremoti. Alex, mentre Onix traduceva loro le proteste veementi dei piccoli Diglett, estrasse il PokéDex, lo aprì e lo puntò verso i Pokémon. La voce metallica dello strumento di catalogo di Pokémon iniziò a parlare.
Diglett, Pokémon Talpa. La sua pelle è sottilissima. Se si espone alla luce, il sangue si riscalda, indebolendolo”. Gli occhiali da vista dell’assistente del Professor Oak iniziarono a scintillare quando Onix terminò di parlare o, per meglio dire, terminò di far vibrare la grotta con la sua voce imponente.
Alex: -Un Pokémon terra! Quasi, quasi…- Brock interruppe i progetti di conquista di un Diglett di Ash strattonandolo per un avambraccio. I Diglett parevano troppo furiosi per una battaglia regolare. Se avessero voluto, avrebbero fatto crollare MonteLuna in pochi secondi.
Brock: -No, Alex, non mi pare una buona idea catturarne uno! Li faresti arrabbiare ancora di più!- L’osservazione di Brock era giusta. I Diglett, osservando la Poké Ball che Alex teneva in mano, si infuriarono ancora di più e con un gesto di stizza scomparirono dalla vista dei due ragazzi. Alex e Brock si guardarono attorno, spaventati. I Pokémon talpa sembrava che se ne fossero andati, senza lasciare alcuna traccia del loro avvento.
Brock: -Dove sono andati a finire?- La risposta non si fece attendere. Un nuovo, impressionante terremoto iniziò a manifestarsi, facendo sobbalzare l’intera caverna. I due allenatori, colti alla sprovvista, caddero in terra seduti e osservarono attoniti la volta della grotta iniziare a crollare. Grandi frammenti di roccia precipitarono dal soffitto e le crepe si diffusero in tutto il pavimento sotto ai piedi di Brock e Alex.
Alex: -AHHH! Per noi è la fine!- Onix prontamente si posizionò sopra i due ragazzi, proteggendoli dalle rocce con il suo corpo. Il Pokémon serpente, fortunatamente, era molto resistente e sebbene la quantità di massi caduti fosse esorbitante, non subì danni ingenti. Quando il terremoto finì di ruggire, Onix permise ai due ragazzi di tornare a respirare togliendosi di dosso. Alex e Dratini erano bloccati dalla paura, ma Brock era già in piedi, molto preoccupato. Stava osservando la grotta: era incredibile, dopo un terremoto del genere era ancora in piedi. Le crepe però, osservo l’ex capopalestra di Plumbeopoli, si erano diramate ancora di più. Un altro, un altro solo terremoto, e la grotta avrebbe finito per crollare sul serio. Osservò il fondo della caverna, digrignando i denti.
Brock: -Ash e Laura sono distanti… cosa sarà successo…?-

Ash: -L’ho visto! Sta andando verso la fine della grotta!- Ash e Laura stavano inseguendo a tutta velocità il piccolo essere che l’allenatore col cappello e Pikachu erano riusciti a scorgere al piano superiore di MonteLuna. Laura stava dietro al suo maestro, ma non aveva così tanto fiato in corpo quanto lui. Faticava a tenere il suo passo e più di una volta si fermò, inchinandosi in avanti, ansimando per la grande fatica. L’euforia di Pikachu per la caccia aveva permesso alla coda di brillare di una luce splendente, rendendo addirittura abbagliante le rocce che formavano le pareti della grotta. La corsa, dopo qualche minuto, si interruppe poiché l’uscita, come previsto dall’operaio con il quale Ash e gli altri avevano dialogato poco prima, era bloccata. Il piccolo essere era davanti a loro, impaurito, ansimante. Gli occhi di Laura quando videro quell’essere vivente brillarono di stupore e meraviglia: era un Clefairy! Un teneroso e pacioccone Pokémon fata! La ragazza non poté fare a meno di ridacchiare e di saltellare dalla gioia.
Laura: -Oh, che bello! Un Clefairy! Quanto è carino!!- Ash strinse i denti dalla collera e richiamò la sua allieva con il suo sguardo. Laura subito si calmò e in preda all’eccitazione tirò fuori dalla tasca il suo PokéDex e lo puntò verso Clefairy.
Clefairy, Pokémon Fata. Il suo verso e il comportamento lo rendono molto popolare, anche se questo dolce Pokémon è raro”. Il Clefairy era attonito e osservava prima Ash, poi Laura a grandi occhi sbarrati. Si guardava attorno, alla ricerca di un’uscita, ma non la trovò. Con un sorriso Ash si inchinò e toccò la testa del Pokémon rosa con una mano. Il Pokémon, dapprima diffidente e terrorizzato, si calmò lentamente.
Ash: -Ehi, non ti devi preoccupare, piccolino! Noi siamo amici, vorremmo chiederti delle informazioni… su, calmati…- Laura osservò sorridente il cambio d’espressione del Pokémon, dapprima spaventato, successivamente tranquillo e sereno. Ash iniziò a porgere delle domande al Pokémon, il quale sembrava contento di parlare al Maestro di Pokémon.
Ash: -Clefairy… forse tu sei l’unico che potrebbe darci una chiarificazione… chi sta provocando questi ingenti terremoti?- Il Pokémon iniziò a mugolare qualcosa nella sua lingua e prontamente Pikachu tradusse, parola per parola.
Pikachu: -Dice che una banda di Diglett si è persa, a causa dell’allontanamento del loro caposquadra, Dugtrio… essi provengono da Grotta Diglett, la caverna che lega Smeraldopoli con Aranciopoli. I Diglett avrebbero dovuto tornare a casa, la Grotta Diglett, da molto tempo ma la sparizione di Dugtrio li ha fatti perdere qui, a MonteLuna! La comparsa delle ruspe ha messo in agitazione i Diglett, rendendoli feroci e cattivi. I Pokémon già presenti nella grotta, per evitare i terremoti e incontri spiacevoli con questi teppisti, si sono dileguati settimane fa…- Laura perse il suo bel sorriso e si immalinconì. Anche la sua Dratini divenne molto triste.
Laura: -Oh, che storia terribile… non si può fare più nulla per mandare a casa quei poveri Pokémon?- Clefairy continuò a parlottare e Pikachu recuperò nella traduzione.
Pikachu: -Un modo c’è! È quello di ritrovare Dugtrio! Ma non è un’impresa facile… Dugtrio, oltre che fortissimo, è diventato molto, molto cattivo!- Alla fine del discorso Ash ringraziò Clefairy e si rialzò, osservando accigliato i massi che ostruivano l’uscita. “L’unico modo, pensò Ash, è quello di toglierli di mezzo con Machamp!” Con un sorriso sulle labbra estrasse dalla sua cintura una Poké Ball e la lanciò, lasciando uscire il Pokémon forzuto a quattro braccia. Laura osservò perplessa il suo maestro e si grattò la testa.
Laura: -Scusami, Ash… cosa vorresti fare con Machamp?- Il Master dei Pokémon, con un sorrisetto, indicò l’uscita ostruita con un dito. La ragazza sgranò gli occhi stupita: voleva far saltare quelle rocce con il Pokémon lotta?
Ash: -L’unica via per uscire da qui è quell’apertura… ebbene, noi usciremo da lì! Vai, Machamp! Colpisci quelle rocce con un Dinamipugno!- Il Pokémon forzuto non se lo fece ripetere due volte e usando tutte e quattro le braccia riuscì ad abbattere l’ostruzione. Laura, sbigottita, deglutì guardandosi attorno, timorosa che la grotta le crollasse addosso.
Laura: -Ash… sei un incosciente, lasciatelo dire! MonteLuna sarebbe potuta crollare!- La luce del giorno che entrava dall’apertura, però, riuscì a calmare i bollenti spiriti della figlia dei Ferguson. Una piacevole brezza si prolificò nel tunnel, rendendo l’aria finalmente respirabile. L’ossigeno, mano a mano che i ragazzi si erano addentrati nella caverna, era diminuito considerevolmente, facendo disperare più di una volta i due ragazzi. Dratini, infatti, respirò a pieni polmoni la nuova aria e sorrise.
Dratini: -Finalmente liberi!- Ash si voltò e guardò preoccupato dietro di sé, in attesa che Brock ed Alex arrivassero. Ma dalla grotta non proveniva alcun suono. Tutto taceva, fatta eccezione del gruppetto che era sulla soglia di MonteLuna.
Ash: “Stanno tardando troppo.. cosa sarà successo…?” Clefairy iniziò a gridare come un ossesso e gli amici osservarono spaventati il Pokémon. Sembrava terrorizzato ed indicava tremante il fondo della grotta. Ash chiese angosciato a Pikachu cosa stesse dicendo Clefairy e il Pokémon elettrico rispose con il cuore in gola. La situazione, a quanto pareva, stava precipitando inesorabilmente.
Pikachu: -Clefairy… sente l’arrivo di un nuovo terremoto!- Neanche finita la frase che il terremoto provocato dai Diglett iniziò a manifestarsi. Ash, senza perdere un secondo in più, prese per mano Laura e Clefairy e con Pikachu e Machamp uscì dalla caverna. Si buttarono a terra in attesa che il terremoto finisse e, una volta terminato, Laura si rialzò in preda al panico. Con stupore notò che MonteLuna non era ancora crollata, ma Alex e Brock erano attualmente dentro.
Laura: -Oh, no! Alex e Brock sono dentro! Dobbiamo tornare indietro a riprenderli!- E si indirizzò di corsa verso l’entrata di MonteLuna, terrorizzata per i suoi amici. Ash cercò di farla tornare indietro gridando, ma senza successo. A pochi passi dall’imbocco, però, Laura dovette frenare. Qualcosa di gigantesco era emerso dal terreno, bloccando l’accesso: quel qualcosa aveva tre teste, di color marrone scuro. Parevano tre teste dallo sguardo molto arrabbiato. L’allenatrice indietreggiò inorridita e puntò un indice contro quella nuova minaccia, tremando. La sua Dratini fu dello stesso sentimento della sua giovane trainer.
Laura: -Ash… credo proprio… che Dugtrio sia tornato… e non mi pare che abbia buone intenzioni con noi!- Dugtrio iniziò a ruggire qualche parola incomprensibile ai due ragazzi e Pikachu riferì loro che il Pokémon a tre teste sbarrava l’accesso a MonteLuna al fine di proteggere i piccoli Diglett da altri pericoli. Dugtrio sottolineò, disse Pikachu, che il pericolo maggiore era rappresentato dalle ruspe e dagli allenatori che aveva in quel momento davanti agli occhi. Ash strinse i denti furioso e sbraitò contro il capogruppo dei Diglett.
Ash: -Hai preso un granchio, Dugtrio! Noi non vogliamo attaccare i tuoi Diglett! Noi vogliamo riportarli a casa! In queste settimane hanno scatenato diversi terremoti, e hanno rischiato di far crollare MonteLuna! Noi non c’entriamo niente, torna dai tuoi amici e cerca di farli ragionare prima che sia troppo tardi! Due nostri amici, a causa dei tuoi Diglett, sono rimasti indietro e rischiano di essere sfracellati dal crollo imminente della volta della caverna!- Fu tutto inutile, Dugtrio non volle sentire le asserzioni del Master dei Pokémon e, con lo sguardo accigliato, iniziò a caricare contro Ash. L’allenatore col cappello accettò automaticamente la sfida e osservò Machamp, il quale era ancora in attesa di ordini. Laura era paralizzata dalla paura e non osava muovere un muscolo, piena di apprensione per i suoi amici. lo sentiva, quel Dugtrio era molto più forte di quanto avrebbe potuto immaginare. Ash non perse ulteriore tempo e mandò in campo il Pokémon forzuto usato per abbattere i massi che ostruivano l’uscita.
Ash: -Molto bene, Machamp! Facciamogli vedere chi siamo! Iniziamo con un Dinamipugno!- Le braccia di Machamp iniziarono a brillare di una luce accecante. Il Pokémon lotta corse contro Dugtrio, il quale non fece attendere la sua risposta più di tanto. Egli, infatti, sparì sotto terra, evadendo con facilità il colpo micidiale del campionissimo di Ash. Clefairy, intanto, osservava attonito lo spettacolo, gettando di tanto in tanto un occhio verso l’imboccatura della grotta. Ash non perse la testa e chiese a Machamp di tenersi pronto per il ritorno in superficie del suo avversario.
Ash: -Può darsi che giunga sotto ai tuoi piedi. Prepariamoci ad accoglierlo come si deve, Machamp!- Il Pokémon lotta annuì e, come ben previsto dal saggio allenatore, Dugtrio fece la sua comparsa proprio sotto ai piedi del peso massimo. Ash ordinò un Movimento Sismico e Machamp lo eseguì, lanciando sul Pokémon terra dei massi, prendendo quelli che ostruivano l’uscita. Il contraccolpo fu piuttosto potente, ma non abbastanza per fermare l’attacco di Dugtrio, il quale colpì in pieno il suo avversario. Machamp cadde a terra frastornato e, non contento della vittoria, il Pokémon terra lanciò un attacco Terremoto contro Ash. Il terreno sassoso, infatti, si spaccò in una netta fenditura ed essa si estese proprio verso il maestro di Pokémon. Laura si accorse del pericolo e mandò fuori dalla sfera Poké il suo Sandshrew perché deviasse con l’attacco Fossa il Terremoto di Dugtrio. Il Pokémon topo riuscì a deviarlo, ma l’attacco ricadde sfortunatamente su di lui. Ash sgranò gli occhi stupito dalla strepitosa forza degli attacchi di quel Pokémon. Sembrava quasi invincibile, era riuscito addirittura a resistere ad un Movimento Sismico del poderoso Machamp. Se non c’era riuscito lui, nessuno avrebbe potuto fermarlo. Ash era conscio del fatto che non avrebbe mai potuto mettere in campo il suo fido Pikachu, poiché il tipo elettrico era inefficace contro quello di tipo terra. Avrebbe potuto mettere in campo Pelipper, il pellicano aveva il vantaggio elementale dell’acqua, ma Dugtrio senza dubbio aveva dalla sua parte l’attacco Sassata, micidiale per un Pokémon di tipo volante. Ash aveva le mani legate: come abbattere un Pokémon così potente? Forse mettere in campo Tyranitar? No, era fuori discussione, in gioco c’era anche l’incolumità degli amici rimasti dentro MonteLuna. Dugtrio, anche per errore, avrebbe potuto rivolgere un Terremoto verso la caverna naturale dei Clefairy, distruggendola. Con Tyranitar, un Pokémon di tipo terra, le cose avrebbero potuto degenerare in modo pressoché terribile. Magcargo e Pidgeot erano in svantaggio a causa degli attacchi di tipo lotta e roccia di Dugtrio, non si poteva attaccare quel carro armato rinforzato. Come fare, allora? Ash avrebbe potuto abbattere quel Pokémon senza problemi, ma il pensiero di Brock e Alex ancora dentro la grotta gli impediva di commettere qualsiasi azione.
Ash: -Maledizione! Qualsiasi scossa, anche dall’esterno, potrebbe far crollare MonteLuna!- Poiché i Pokémon di Ash non si decidevano a combattere, Dugtrio passò immediatamente all’azione. Lanciò l’attacco Sassata contro Pikachu, il quale si limitò a saltare in aria. Laura notò con terrore che il Pokémon terra aveva già raccolto con le tre teste alcune rocce e le voleva lanciare contro Pikachu ancora in aria.
Laura: -Stai attento, Ash! Vuole lanciare dei massi contro Pikachu ancora in volo!- Troppo tardi, l’attacco era già stato lanciato. Pikachu, sbalordito, vide avvicinarsi tre massi giganti a folle velocità. Ash non ebbe neanche il tempo materiale per ordinare qualsiasi difesa per il suo Pokémon, tutto stava succedendo nel giro di una manciata di secondi. Avvenne però qualcosa di straordinario: un getto d’acqua potente, proveniente da chissà dove, deviò la traiettoria dei massi e protesse Pikachu dall’attacco. I macigni caddero a notevole distanza dal campo di battaglia, ma il frastuono della caduta dei massi si udì rimbombare per un periodo di tempo prolungato. Tutti si voltarono sorpresi verso il luogo da dove il getto d’acqua era partito e Ash notò con gioia che a lanciare l’attacco era stato un Kabuto ben noto. Sì, era il Kabuto di Brock, il quale era in compagnia di Alex. L’ex capopalestra di Plumbeopoli sorrise e osservò Ash, sospirando.
Brock: -Ash, Laura, state bene, ringraziando il Cielo!- Il Master dei Pokémon si sentì finalmente disteso nel vedere che i suoi amici stavano bene, anche se era sopraggiunto un nuovo terremoto provocato da quei pestiferi Diglett. Con il cuore molto più leggero decise di farla finita con quell’incontro mandando in campo Tyranitar. Il ciclope scese in campo in tutta la sua statura e insieme a Kabuto abbatté con un colpo solo Dugtrio. Finita la battaglia, Ash e Laura si avvicinarono agli amici appena usciti dalla caverna e li abbracciarono.
Ash: -Brock, Alex! Ho temuto per voi, quel terremoto…- Brock ridacchiò e narrò quello che aveva passato con il suo amico con gli occhiali quando erano ancora nella grotta. Parlò dell’incontro con i Diglett, della loro furia e del nuovo terremoto, parlò inoltre di Onix che con il suo corpo aveva fatto da scudo per proteggere i ragazzi dalla frana. Laura annuì e poi indicò sorridente Clefairy, il quale era ancora fermo nella sua posizione, a bocca aperta.
Laura: -Noi siamo venuti a conoscenza della storia dei Diglett grazie a Clefairy! Se non fosse stato per lui non saremmo mai arrivati a capo della questione! Forse avremmo lasciato perdere quel Dugtrio, se non avessimo saputo che era così importante per i Diglett… giusto, Ash?- Il ragazzo col cappello annuì ridendo. L’attenzione dei quattro allenatori era rivolta nuovamente verso l’entrata di MonteLuna, poiché i Diglett erano finalmente riusciti ad uscire dalla grotta. Appena i piccoli Pokémon talpa ebbero visto il loro caposquadra, subito si avventarono su di lui, felici come delle Pasque. Alex sorrise notando la gioia dei Pokémon di avere finalmente ritrovato la loro guida persa tanto tempo prima. Finalmente il problema dei Diglett era praticamente risolto e Dugtrio, ripresosi dal colpo, si mostrò felice con gli allenatori. Pikachu spiegò che Dugtrio ringraziava Ash e gli altri per la comprensione del problema dei Diglett e soprattutto per avere impedito ai piccoli Pokémon talpa di disperdersi ulteriormente. Detto questo Dugtrio, seguito fedelmente dalla brigata di Diglett, sparì nel terreno, diretto finalmente verso la grotta natale, la Grotta Diglett. Una volta che i Pokémon terra svanirono, il silenzio tornò a regnare sulla vallata. Gli occhi di Alex si spostarono verso il fondovalle: notò con estremo stupore che in fondo c’era la città di Celestopoli ed oltre ancora c’era il mare. Non l’aveva mai visto prima d’ora, oltre a quello di Biancavilla. Ash rise ed appoggiò una mano sulla spalla dell’assistente del Professor Oak.
Ash: -Ehi, Alex, sei sorpreso di vedere una città vicina al mare, vero? Celestopoli è a pochi chilometri da qui… ormai si è fatto tardi, è meglio fermarsi nel Centro Pokémon per questa sera!- Il sole, infatti, stava per tramontare. Il cielo era diventato di un rosso vivo grazie al crepuscolo e tutto l’ambiente circostante era diventato così naturale e romantico. Il gruppetto salutò Clefairy, il quale ringraziò Ash ed i suoi amici offrendo loro una PietraLunare come ricompensa per avere risolto il problema dei Diglett. Il gruppo ringraziò a sua volta Clefairy, il quale tornò nella grotta. Gli altri Pokémon che erano dovuti fuggire per la presenza dei Diglett finalmente tornarono nella caverna, ma avrebbero dovuto sopportare la presenza delle ruspe per un certo periodo di tempo. Brock sorrise e tenne stretto a sé Bulbasaur.
Brock: -Sopporteranno anche le ruspe ed i rumori molesti… MonteLuna è la loro casa e non se ne andranno più, crollasse anche il mondo!- E con una risata, il gruppetto finalmente si incamminò verso Celestopoli, verso un vecchio destino per Ash che stava per riaffiorare, verso un nuovo destino per Alex e Laura, un destino da campioni…

Nel prossimo capitolo...
I nostri amici finalmente raggiungono la città di Celestopoli, dove i nostri amici allenatori conquisteranno la loro seconda medaglia. Ma la notte appare molto lunga e movimentata, e il Team Richardson è dietro l'angolo, pronto a colpire per la conquista della città! Tutto questo nel prossimo capitolo! Ciaoooo! ^__^

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Capitolo 15
*** 14 - Polizia a Celestopoli ***


Riassunto del capitolo precedente...
I nostri amici sono riusciti a sfuggire all'ira di Dugtrio ed a prevenire il crollo definitivo di MonteLuna. Ora, finalmente fuori dalla caverna, partono per la volta di Celestopoli, dove incontreranno Misty ed un losco Team ad attenderli...


Brock, Alex e Laura raggiunsero in tarda serata il Centro Medico per Pokémon di Celestopoli. I ragazzi avrebbero voluto fermarsi per osservare meglio la città, ma da quelle parti il sole era tramontato molto presto. I grandi edifici della città, inoltre, impedivano qualsiasi visuale del paesaggio. Celestopoli era indubbiamente più grande di Plumbeopoli, e senza dubbio i due giovani allenatori avrebbero potuto perdersi se non ci fosse stato Brock a scortarli. Ash, intanto, si era recato nell’edificio del comando provinciale di polizia, per ottenere maggiori informazioni sullo stato d’emergenza che avvolgeva la cittadina dove abitava Misty.
Il primo piano del Centro Medico era adibito per le stanze da letto per gli allenatori dei Pokémon che avrebbero dovuto pernottare nell’ospedale. Lo Sandshrew di Laura aveva subito ingenti danni dagli attacchi di Dugtrio nel tentativo di proteggere Machamp, ed Ash si era ritrovato a corto di Pozioni. C’erano una ventina di stanze su tutto il piano e tutte erano occupate, nessuna esclusa. Anche al piano terreno l’infermeria era colma di Pokémon che versavano in gravi condizioni. Quando i tre ragazzi entrarono nell’edificio se ne resero immediatamente conto. Fu Brock ad andare al bancone, lasciando gli allenatori novizi a riposare seduti sulle poltrone rosse vicino all’uscita. Al banco ricevimento, però, l’infermiera Joy di Celestopoli non c’era, molto probabilmente impegnata nel tentativo di curare più Pokémon possibili nel minor tempo possibile. L’ex capopalestra di Plumbeopoli osservò la sala d’attesa che stava proprio alla sua sinistra: era gremita di allenatori e Pokémon feriti. C’erano alcuni Bellsprout con delle foglie spezzate, dei Rattata paralizzati, qualche Sentret, diversi Swinub e tanti altri Pokémon ancora. Gli allenatori – Brock poté notare la diversità delle loro età, che si aggirava dagli 8 ai 70 e passa anni – erano stremati, probabilmente per la lunga attesa. Sandshrew avrebbe dovuto aspettare parecchio, forse addirittura il sorgere del sole del giorno seguente. Il ragazzo strinse i denti dalla rabbia e poté prevedere il perché di quella situazione spaventosa. Si introdusse nella sala d’attesa e gli si strinse il cuore nel vedere quei Pokémon ridotti ad uno stato pietoso. Si avvicinò ad un vecchietto dall’aria avvilita che sorreggeva un Kadabra conciato per le feste. Il vecchietto era pallido e smunto, vestito di un ampio kimono bianco e da un paio di pantaloni di seta blu. Il Bulbasaur cucciolo iniziò a piagnucolare, visibilmente impressionato dallo spettacolo che gli si parava davanti. Brock iniziò a parlare, stando attento alle parole da esprimere.
Brock: -Buonasera, mi scusi… è da tanto tempo che aspetta?- Il vecchietto annuì, chiaramente contrariato.
-Tanto tempo… saranno più di sette ore!- Il Kadabra si lamentava per il dolore alla spalla destra e l’uomo anziano, con somma delicatezza, massaggiò la parte del corpo dolorante del suo Pokémon psico. Brock inorridì nell’udire quella notizia.
Brock: -Cosa… cosa?? Più di… sette ore?- Un giovanotto vestito alla marinara, seduto proprio vicino al vecchietto, si alzò dalla sedia furioso. Fra le braccia sorreggeva un Mankey addormentato, ma sul suo corpo si intravedevano varie escoriazioni.
-Io… io aspetto da stamattina!!! Naturalmente, davanti a me, c’era una fila più lunga di questa!!- Un’altra ragazza, vestita da contadina, si alzò a sua volta dalla sedia. Nelle sue mani c’era un Sentret ed il poverino aveva un braccio rotto, sostenuto al collo da un fazzoletto di stoffa.
-Questo è niente! Io sono qui da ieri notte! Tutto questo per colpa di quel maledetto gruppo di teppisti! Ah, se li prendo…- Altre persone iniziarono ad alzare la voce ed a protestare vivamente. In quel momento nella sala d’attesa intervennero alcuni gendarmi in compagnia dell’Agente Jenny, randelli in mano e Growlithe al fianco.
Jenny: -Signori, vi prego di fare silenzio! Il Centro Pokémon di Celestopoli è sovraffollato, chi di voi è in attesa da più di sei ore è pregato di seguirci fuori da quest’edificio! Nel cortile dell’ospedale alcuni Pokémon volanti sono stati predisposti per trasportare i Pokémon feriti nei Centri medici per Pokémon delle città più vicine!- La metà delle persone presenti nella sala d’attesa, rincuorata dal nuovo servizio di Pokémon volanti, si alzò compostamente dalle sedie e in silenzio seguirono i poliziotti fuori dall’edificio. Brock era troppo preoccupato dell’allarmante situazione per angustiarsi della bellezza dell’Agente Jenny.
Brock: “Sono più che sicuro che questi allenatori hanno avuto che fare con il Team Richardson… solo loro avrebbero potuto massacrare in questo modo quei poveri Pokémon!” La gente rimasta, in ogni caso, era ancora parecchia e sarebbe passato molto tempo prima che fosse stato il turno di Sandshrew. Brock ne approfittò per uscire dalla sala e raggiungere i due allievi di Ash, i quali si erano assopiti a causa della stanchezza provata dal viaggio per MonteLuna. A Brock dispiacque interrompere il loro riposo, ma dovette svegliarli per dare loro la notizia della lunga attesa.
Brock: -Ragazzi, svegliatevi!- Laura si destò e osservò con occhi pesanti il suo Sandshrew, il quale si era raggomitolato fra le braccia della sua allenatrice e mugolava dal dolore. Anche Alex si svegliò di soprassalto, solo per riaddormentarsi subito dopo. Così fecero i due Dratini, vinti dalla fatica del viaggio per la caverna. Laura si stropicciò gli occhi con le mani chiuse a pugni e sbadigliò a bocca aperta.
Laura: -Cosa succede, Brock…?- L’ex capopalestra di Plumbeopoli aggrottò le sopracciglia ed indicò alla ragazza la sala d’attesa ancora gremita di persone.
Brock: -Purtroppo è successo quello che temevo… in sala d’aspetto ci sono parecchi Pokémon feriti, in attesa di essere curati… ho timore che ne avremo per parecchio tempo…- Laura, spaventata, si alzò dalla sedia ed iniziò ad agitarsi, col suo Pokémon stretto al petto. Quella notizia era riuscita a svegliare la figlia dei Ferguson completamente, la fatica del viaggio attraverso MonteLuna sembrava svanita in un colpo.
Laura: -Cosa… non posso aspettare, Brock! Sandshrew è ferito, devo subito curarlo!- Il più grande dei Peters afferrò con decisione le spalle della ragazza e la fece sedere nuovamente. La tenne ancora per le spalle, perché la figlia dei Ferguson si dimenava nel tentativo di divincolarsi dalla presa dell’ex capopalestra di Plumbeopoli.
Brock: -Lo so che è ferito, ma dovremo aspettare come tutti gli altri! Ho paura che tutti questi Pokémon in gravi condizioni siano conseguenza degli attacchi del Team Richardson…- Nell’androne del Centro Medico scese il silenzio. Oltre a loro non c’era nessuno, tutti gli altri erano riuniti nella sala d’aspetto. Alla destra, attaccato al muro, c’era un enorme poster rosso con impressa un’immagine di una splendida ragazza dai lunghi capelli arancioni. La ragazza, però, non pareva assolutamente sorridente e stringeva a sé uno Psyduck dallo sguardo spento e drammaticamente inespressivo. Sotto c’era una scritta, chiedeva di donare soldi per l’ampliamento degli impianti di risanamento di Pokémon per il Centro Medico. Lo slogan accusava inoltre l’ospedale per Pokémon di Celestopoli di avere un solo letto per curare un solo Pokémon alla volta. I tempi di attesa avrebbero potuto così rendersi straordinariamente lunghi. Un Pokémon, per essere completamente ristabilito, avrebbe richiesto perlomeno venti minuti se leggermente ferito e minimo quattro ore se avesse dovuto essere ricoverato d’urgenza. Ciò non era assolutamente tollerabile secondo il parere di Brock, ma la rabbia sbollì ben presto in tristezza e meraviglia nell’osservare il volto della ragazza del poster. Era cambiata parecchio, il suo corpo si era irrobustito, forse a conseguenza di un costante allenamento in piscina, ma quegli occhi color verde acqua erano inconfondibili. Sì, era lei, Misty. Laura osservò mestamente il poster che stava fissando anche Brock e chiese all’ex capopalestra di Plumbeopoli l’identità di quella fanciulla avvenente. Brock, con un sospiro, rivelò alla figlia dei Ferguson il nome della loro amica del cuore.
Brock: -Il suo nome è Misty… è la capopalestra di Celestopoli. O almeno lo era fino a poco tempo fa, non ne sono sicuro… dopo quello che è successo…- Anche Laura era stata messa al corrente dell’incidente accaduto a Psyduck durante lo scontro feroce tra Pidgeot e Charizard. Poté comprendere lo stato d’animo della capopalestra di Celestopoli, sapere che il proprio Pokémon del cuore fosse ridotto ad uno stato così pietoso avrebbe sbriciolato il più duro tra i cuori di pietra. Si sviluppò un silenzio ancora più penetrante dopo l’osservazione di Brock e Laura lo ruppe dopo qualche minuto con un sospiro di sollievo. Osservò con un dolce sguardo il suo Sandshrew: sebbene avesse molte ferite era riuscito ad assopirsi. Aveva chiuso gli occhietti ed un flebile ron-ron si udì provenire dalla sua bocca semichiusa. Brock non poté non sorridere osservando l’espressione affettuosa dell’allieva di Ash. Le si avvicinò e si sedette accanto a lei su una sedia appena liberata.
Brock: -Laura… sai una cosa? Ho avuto modo di osservare il rapporto che ti lega con i Pokémon… da esperto allevatore, posso trarre la conclusione che li stai accudendo in una maniera sorprendente. Ti devo fare i complimenti… si vede lontano un miglio che Dratini, Poochyena e Sandshrew ti vogliono un mondo di bene… stanno crescendo bene, con serenità. Ma io sono anche un capopalestra… dunque, in qualità di allenatore, noto con piacere che Sandshrew ha resistito con tenacia all’attacco di Dugtrio, proteggendo Machamp! Il sodalizio che c’è tra te ed i Pokémon è più forte che mai!- Laura arrossì leggermente udendo tutti i complimenti di Brock – le parvero esagerati – ed inclinò la testa su di un lato, socchiudendo gli occhi. Concentrò la sua attenzione sul cactus che troneggiava sul bancone dove di solito lavorava l’infermiera Joy. Trovò la pianta grassa molto carina, la disposizione degli steli le ricordava vagamente un Wobbuffet, ma il vaso viola in cui la pianta venne collocata era orrendo. Con lo sguardo incollato sul cactus rispose balbettando a Brock, ma le sue parole morirono in gola. In quel momento, infatti, era entrata nel Centro Medico l’Agente Jenny, la quale sembrava che fosse molto agitata. Al suo fianco c’era il fido Growlithe, il quale stava abbaiando ferocemente. Il ringhio del Pokémon fuoco e le grida della poliziotta riuscirono entro breve termine a richiamare l’attenzione di tutte le persone presenti in quel momento nell’ospedale dei Pokémon. Pure Alex si era risvegliato, così come i Dratini. Anche il povero Sandshrew si era ridestato e con lui le ferite.
Jenny: -Signori, vi prego, ascoltate! Dovete andarvene immediatamente da qui, l’incendio che ha colpito l’Acquario si sta diffondendo a macchia d’olio in tutta la città! Le squadre dei pompieri Pokémon non riescono a domare l’incendio, sembra che qualcosa di stregato controlli il rogo, incitandolo a bruciare ogni cosa!- Brock si alzò dalla sedia terrorizzato udendo la notizia del rogo dell’Acquario e dell’incendio della città. Conosceva abbastanza bene l’edificio azzurro dell’Acquario dei Pokémon Acqua, fatto erigere dalla capopalestra di Celestopoli. Esso conteneva tutti i Pokémon subacquei orfani, feriti ed abbandonati trovati nell’intera regione di Kanto. Lì dentro c’erano un sacco di specie di Pokémon: Magikarp, Sharpedo, Clamperl, Squirtle, Feebas, Mantine, Corpish, Poliwag e molti altri ancora. Questi Pokémon erano divisi secondo il loro habitat naturale: chi viveva in acque salate molto calde, chi in quelle fredde, chi in acquari normali, chi in zone artiche simulate, chi in mare, chi nei fiumi, chi nei laghi. Era un edificio maestoso ed imponente, ogni cabina era attrezzata perché i Pokémon presenti non fossero tristi di vivere in un banale acquario. Ora il Team Richardson voleva infrangere il sogno ed il lavoro di Misty: uccidere la gran parte dei Pokémon Acqua più deboli per accaparrarsi quelli più forti, sequestrandoli. Le persone presenti nel Centro Medico non si fecero ripetere due volte di uscire dall’edificio e se ne andarono in blocco. Il servizio dei Pokémon volanti era ancora fortunatamente disponibile e la maggior parte dei pazienti poté usufruirne per essere trasportati nei Centri Pokémon limitrofi in un arco di tempo ragionevole. Brock imprecò a voce bassa ed uscì dal Centro Medico, trascinando con sé i due allievi di Ash. Lo spettacolo che si presentò davanti agli occhi dei ragazzi fu tragico: l’Acquario era proprio innanzi a loro e stava ardendo. Tutt’intorno squadre di Blastoise, Gyarados, Quagsire e Poliwrath fecero del proprio meglio per sedare il tremendo incendio scoppiato da poco, ma invano. Più attacchi Idropompa i Pokémon usavano, più l’incendio si alimentava. Alex sgranò gli occhi terrorizzato: il fuoco aveva raggiunto già alcuni edifici vicini alla struttura per i Pokémon Acqua e non accennava a placarsi.
Alex: -Che cosa mai avrà scatenato questo enorme incendio…?- Brock ringhiò furiosamente e si guardò intorno alla ricerca di Ash. Vide solo un esercito di uomini vestiti di una tunica rossa e di poliziotti sparpagliati, ma del suo amico nessuna traccia.
Brock: -Il Team Richardson, senza dubbio! Dannazione… se l’incendio non verrà presto domato, divorerà ogni cosa! Prima di domani mattina non resterà più nulla in piedi della città!- Laura emise un grido involontario ed indietreggiò di qualche passo. Anche la sua Dratini era in preda al panico e rabbrividì dal terrore.
Laura: -Oh, no… non riesco a credere che quel branco di teppisti sia così determinato ad uccidere tutti quei poveri Pokémon, solo per prendersi i più forti… non hanno un cuore?- L’esercito degli uomini dalle tuniche rosse iniziò ad avanzare da est e procedeva compatto contro i poliziotti confusi e male organizzati. L’Agente Jenny, capitano della Squadra Mobile di Celestopoli, non perse la testa ed una volta che anche l’ultimo Pokémon volante si era librato in volo, portando con sé l’ultimo Pokémon ferito, diede precisi ordini alla sua squadra contro il Team Richardson. Riorganizzò la squadra e mise in campo, oltre al fido Growlithe, Mightyena e Tyrogue. Incuriositi dai Pokémon dai Pokémon invocati dall’Agente Jenny, Alex e Laura estrassero dalle tasche i PokéDex ed esaminarono i tre Pokémon.
“Growlithe, Pokémon Cagnolino. Coraggioso e fedele, si oppone senza timore anche ai nemici più grandi e forti di lui.” “Mightyena, Pokémon buio. È l’evoluzione di Poochyena. Il suo cupo ringhio può anche spaventare il più coraggioso dei Machamp.” “Tyrogue, Pokémon Baruffa. È sempre traboccante di energia. Per rinforzarsi continua a combattere anche dopo aver perso.”
Dopo che i PokéDex degli allenatori finirono di specificare la natura dei Pokémon dell’Agente Jenny, la poliziotta estrasse dalla custodia di cuoio attaccata alla cintura dei pantaloni una ricetrasmittente e ci parlò attraverso.
Jenny: -Pronto, centrale, qui è Jenny che parla! La situazione a Celestopoli è drammatica, inviate immediatamente altre pattuglie e altre squadre di vigili del fuoco, siamo in inferiorità numerica! Abbiamo bisogno dei rinforzi delle forze dell’ordine di Zafferanopoli, da soli non ce la faremo mai!- Finito di trasmettere il messaggio di aiuto, la poliziotta ripose il ricetrasmettitore nella sua custodia ed osservò i suoi Pokémon, in attesa di ordini. Gli altri gendarmi avevano estratto dalle sfere Poké i loro Pokémon, pronti per la battaglia contro il Team Richardson. Jenny, accigliata, osservò i tre ragazzi che erano rimasti davanti alla porta d’ingresso del Centro Medico.
Jenny: -Beh? Che fate ancora qui? Dovete andarvene via subito, Celestopoli è sotto assedio da quei malfattori! Ci sono ancora dei Pokémon volanti in attesa, al di là del centro medico. Affrettatevi, o sarà troppo tardi!- Laura, in preda alla collera, scosse la testa e fece un passo in avanti. Alex, terrorizzato, la osservò senza proferire parola. Brock, al contrario, era piuttosto nervoso. Non riusciva a scorgere Ash da nessuna parte.
Laura: -Agente Jenny… noi vogliamo dare una mano! Vogliamo renderci utili!- Un poliziotto piuttosto corpulento, che faceva parte della squadra di Jenny, rispose all’offerta di aiuto con una risata che risultò amara alle orecchie della giovane Ferguson.
-Ragazzi, vi ringraziamo per il vostro interessamento… ma questo non è un gioco di battaglia fra Pokémon! Qui c’è in gioco la sicurezza di tutta la popolazione di Celestopoli, e forse di tutta Kanto! Se non riusciamo a respingere l’attacco del Team Richardson, potete dire addio alle vostre case!- Alex deglutì, in preda al panico. Osservò ad occhi sgranati gli uomini ammantati dai drappi rossi tenere in mano delle Poké Ball dal colore strano. Quelle sfere Poké non avevano nulla a che fare con le comuni Poké Ball, erano di colore giallo con delle striature nere. Fece notare quel dettaglio a Brock, il quale strinse i denti dall’angoscia.
Brock: -A quanto pare quelle sono Ultra Ball… i Pokémon all’interno devono essere particolarmente forti!- Vennero spiegate ad Alex e Laura le differenze di qualità che c’erano tra le diverse sfere Poké. Le Poké Ball che i due giovani allenatori erano soliti lanciare contro i Pokémon selvatici erano le più semplici ed economiche che esistessero sul mercato. Le sfere successive, le Mega Ball, servivano per catturare Pokémon leggermente più potenti e duri da sconfiggere. Le Ultra Ball, invece, erano a disposizione per catturare Pokémon già evoluti ed immensamente forti. Costavano un occhio della testa, ma erano davvero efficaci. L’Agente Jenny non si preoccupò di questo dettaglio ed attese con trepidante inquietudine l’arrivo della squadra di ribaldi. A quanto parve anche loro ebbero un uomo alla testa del gruppo. Quell’uomo cavalcava un Rhydon, il quale emetteva un’aura malvagia. Laura la percepì anche a molti metri di distanza. L’uomo, completamente avvolto dal mantello vermiglio, aveva un cappuccio in testa, sempre di colore rosso, e non si poteva scorgerlo. Il Rhydon era piuttosto veloce e con poche zampate era già arrivato al centro della città, una piazzetta spoglia ai cui lati vi erano tutti gli edifici principali della città. Jenny ed i poliziotti indietreggiarono leggermente onde evitare la polvere che il Pokémon trapano aveva sollevato con i piedi. Anche se avviluppato completamente, l’uomo in sella sul Pokémon incuteva molto timore. Jenny si staccò dal gruppetto di poliziotti spauriti e preceduta dai suoi ringhianti Pokémon si avvicinò al capo del Team Richardson.
Jenny: -Ehi, tu devi essere il capo di questi briganti, non è così?- L’uomo non rispose ed i suoi occhi gelidi penetrarono lo sguardo della poliziotta, la quale dovette per forza di cose voltare la testa da un’altra parte. I tre ragazzi osservarono la scena con il cuore in gola, spaventati per l’assenza di Ash. Se ci fosse stato in quel momento, forse avrebbe potuto scacciare quei delinquenti anche da solo. Jenny continuò a parlare imperterrita e voltò nuovamente lo sguardo verso il capo del Team Richardson.
Jenny: -Di qui non si passa! Avete già combinato parecchi guai, è il momento di consegnarvi alla giustizia!- Lanciò immediatamente i suoi Pokémon all’attacco. Growlithe, Mightyena e Tyrogue, all’unisono, si scagliarono contro il Rhydon dell’uomo incappucciato, ma senza che il malfattore dicesse nulla, il Pokémon trapano girò su se stesso e con una formidabile codata colpì i tre Pokémon di Jenny. Essi caddero a terra, strisciando sul terreno per diversi metri e non si mossero più. La poliziotta, spaventata, si avvicinò di corsa ai suoi Pokémon, ma l’uomo avvolto dal mantello estrasse da sotto il soprabito una corda. La lanciò contro Jenny e riuscì ad immobilizzarla, stringendo il cappio intorno alle braccia della gendarme. La squadra di poliziotti, inorridita, lanciò subito all’attacco i suoi Pokémon, ma essi soccombettero ben presto contro i Pokémon della squadra di uomini appiedati. Laura, con i nervi a fiori di pelle, consegnò nelle mani di Alex Sandshrew e corse verso il campo di battaglia. Il ragazzo con gli occhiali non riuscì a trattenerla e ben presto la figlia dei Ferguson si ritrovò faccia a faccia con il capo del Team Richardson. Estrasse dalla cintura dei pantaloni una Poké Ball e la lanciò in campo.
Laura: -Poochyena, taglia la corda con un attacco Morso!- Una volta che fu comparso con un bagliore, il cane, con una dentata, dilaniò la fune che avvolgeva la poliziotta e l’Agente Jenny fu liberata. Jenny, con un cenno del capo, ringraziò la ragazza e richiamò nelle sfere Poké i suoi Pokémon. Così fecero tutti i poliziotti. I Pokémon avversari erano ancora tutti in piedi e traboccavano d’energia da tutti i pori. Jenny, aggrottando le sopracciglia, non ebbe scelta: estrasse da un’altra custodia una pistola e la puntò contro l’uomo seduto su Rhydon. I poliziotti la imitarono e tutti tennero sotto mira il capo del Team Richardson.
Jenny: -Non mi lasci altra scelta! Arrenditi subito, o ti ritroverai bucherellato come uno scolapasta!- L’uomo non mostrò la benché minima traccia di timore e da dietro Rhydon fece la sua comparsa un nuovo Pokémon, venuto da chissà dove. Forse era un Pokémon di un allenatore militante nel team. Era un Misdreavus. Alex approfittò del momento di pausa per accertarsi su chi fosse quel Pokémon.
“Misdreavus, Pokémon strido. Si diverte a fare brutti scherzi, come gridare e lamentarsi in piena notte spaventando la gente.” Un brivido percorse la schiena di Alex e anche Dratini lo percepì. Osservò Brock un istante, alla ricerca di un consiglio. Brock lo guardò a sua volta e posò per terra Bulbasaur, il quale si sdraiò a terra e si addormentò di colpo. L’ex capopalestra di Plumbeopoli prese dalle braccia dell’assistente del Professor Oak il Sandshrew di Laura e gli consigliò di andare ad aiutare l’amica in battaglia. Il ragazzo con gli occhiali tremò dalla paura e scosse la testa.
Alex: -Cosa? Io andare lì, tra tutti quei Pokémon assetati di sangue? No, no, io…- Brock lo spintonò avanti e lo costrinse ad avanzare.
Brock: -Forza, non essere spaventato! Ci sarò anche io con voi, difenderemo la città di Celestopoli!- Pur con riluttanza, Alex entrò in campo ed assistette in un primo momento allo scontro tra il Pokémon di Laura e Misdreavus. Il Pokémon spettro, nel frattempo, aveva già addormentato i poliziotti e l’Agente Jenny. L’attacco fu così potente da far addormentare suo malgrado anche i Pokémon e gli allenatori del Team Richardson. Ancora svegli furono il Pokémon spettro, il capo del Team Richardson, Rhydon, Laura ed i suoi Pokémon (aveva schierato anche Dratini in campo). Brock, tenendo su un braccio Sandshrew, afferrò con la mano libera una Poké Ball e fece uscire Kabuto. Alex mandò in campo Weedle, il quale si trovò a suo agio in campo. Laura si voltò e sorrise ai suoi amici, e poi voltandosi nuovamente verso il Pokémon trapano lanciò un nuovo attacco combinato.
Laura: -Dratini! Usa Ira di Drago contro Misdreavus! Poochyena! Attacco Morso contro la coda di Rhydon!- Fu il turno di Brock, il quale diede precise disposizioni al suo Pokémon preistorico.
Brock: -Kabuto! Usa Surf, Rhydon è un Pokémon debole contro un attacco simile!- Anche Kabuto lanciò il suo attacco diretto contro il Pokémon che sembrava una montagna. Alex, ancora tremante, balbettò qualcosa, ma Weedle non comprese l’ordine. Il Pokémon coleottero si voltò e osservò con aria interrogativa il suo allenatore.
Weedle: -Cosa succede? Stai male?- Il ragazzo con gli occhiali scosse a scatti la testa, ma farfugliò parole sconnesse. Era congelato dalla paura, il piccolo Weedle l’aveva capito anche troppo bene.
Alex: -Io… io non… è troppo grosso, non vorrei che ti facessi male…- Dratini, il quale era accovacciato sulla sua spalla destra, salì sulla sua testa e poi si sporse, fino ad incontrare i suoi occhi. Alex vedeva Dratini a testa in giù e la stessa cosa fu per il draghetto azzurro.
Dratini: -Non devi avere paura… se tu hai paura, anche noi abbiamo paura…- Alex annuì e serrò i denti, furioso con se stesso. Quanto avrebbe voluto che Ash fosse lì in quel momento! Di sicuro lo avrebbe rinfrancato con le giuste parole e non avrebbe avuto più timore. D’altro canto, Alex aveva combattuto insieme al suo maestro contro il Team Rocket, ed aveva vinto. Brock e Laura erano con lui, ma non era la stessa cosa. Senza togliere nulla ai suoi amici, ma Ash gli ispirava fiducia, un’incredibile ed incondizionata fiducia. Poi si rimproverò con se stesso. Che avrebbe detto il Professor Oak se lo avesse visto in quel momento? Cosa avrebbero detto Ash e Gary? Cosa avrebbe detto suo padre? Il padre, se fosse stato lì in quel giusto istante, sicuramente lo avrebbe umiliato davanti a tutti, gridandogli che era solo un rammollito ed un perdente. Era dunque un perdente? Un rammollito?
Alex: “Nossignori! Io ho vinto una medaglia…! La mia prima medaglia…! Da solo, senza Ash! I miei Pokémon… hanno avuto fiducia in me. Io ho avuto fiducia in loro… ma ora non li sto ripagando, non sto avendo più fiducia in loro. Sto commettendo lo stesso errore… anche in quell’occasione ho avuto paura che i miei Pokémon si facessero male. Ma ora so dell’efficacia delle Pozioni e dei Centri Medici… tanto più che qui vicino ce n’è uno, anche deserto…” E voltò lo sguardo alla sua sinistra, dove capeggiava il Centro Medico tuttora sgombro. Tornò a guardare lo scontro e notò con estrema sorpresa che Rhydon aveva abbattuto con un attacco Azione Poochyena e Misdreavus aveva addormentato la Dratini di Laura con un attacco Ipnosi. Kabuto ebbe un po’ di fortuna, perché riuscì a colpire Rhydon. L’attacco da solo non servì a molto, ma riuscì ad inginocchiare il Pokémon trapano. Misdreavus, dal canto suo, era già sopra il Pokémon di Brock. Alex decise di intervenire e diede un’indicazione a Weedle, il quale era pronto per l’attacco.
Alex: -Weedle! Attacco Velenospina contro Rhydon! Dratini, usa Fulmisguardo per distrarre Misdreavus!- I Pokémon di Alex obbedirono. Weedle, con il suo corno, colpì in pieno il ginocchio non appoggiato in terra di Rhydon e gli inoculò del veleno con successo. Dratini, con i suoi occhi lampeggianti, distrasse Misdreavus, deviando il nuovo attacco Ipnosi, ma sfortunatamente l’offesa ricadde sul cucciolo di drago, il quale si addormentò di colpo. Laura raccolse entrambi i Dratini e cercò di svegliarli, senza successo.
Laura: -Per favore, Dratini, svegliatevi! Abbiamo bisogno di voi…!- Brock non perse la testa e lanciò nuovamente il suo Kabuto contro Rhydon, il quale iniziò ad avere dei problemi con il veleno iniettato da Weedle.
Brock: -Molto bene, Kabuto! Usa nuovamente Surf e concludiamo con Rhydon!- Il Pokémon preistorico creò una nuova ondata marina con i suoi poteri, ma l’attacco fu bloccato e rispedito al mittente da una nuova forza imprevista. Questa forza colpì in pieno Kabuto con un Iper Raggio e lo mandò K.O. in un colpo solo. Kabuto cadde a terra privo di sensi e fu richiamato immediatamente da Brock nella sfera Poké.
Brock: -Kabuto, ritorna!- Poi osservò in alto, perplesso.
Brock: -Che cosa è successo…?- Anche Laura e Alex guardarono in su. Si resero conto, terrorizzati, che in cielo era presente un Pokémon volante di enormi dimensioni. La luce dei lampioni riverberava sulle sue penne d’acciaio, abbagliando chi osasse guardarlo direttamente. Era maestoso, incredibile, feroce, spaventoso. Il Pokémon volante atterrò vicino a Rhydon e Weedle fu spazzato via dalla folata causata dal suo atterraggio. Alex afferrò al volo Weedle e lo tenne in braccio. Era terrorizzato, come il suo allenatore, da quel Pokémon. Brock comprese finalmente chi fosse quel Pokémon: era uno Skarmory, ma non uno Skarmory qualunque. Era un Pokémon gigante, dai riflessi color rosso fuoco, gli occhi erano di un giallo fosforescente ed i muscoli dell’addome erano ben sviluppati, così come lo erano tutti i muscoli di tutto il corpo. Laura esaminò il Pokémon con il PokéDex.
“Skarmory, Pokémon Armuccello. Le imponenti ali sembrano pesanti, ma in realtà sono vuote e leggere, e lo fanno volare libero nel cielo.” Quel Pokémon, ad una prima occhiata, sembrava invincibile. Sprizzava malvagità da tutti i pori e il suo sguardo perverso era incollato su Alex, il quale rimase congelato dalla paura. Le sue ginocchia facevano giacomo-giacomo, e gli fu impossibile scappare. Lo sguardo dello Skarmory lo incollava al suo posto, impedendogli qualsiasi tipo di fuga. Brock gli gridò contro, poiché aveva già compreso le intenzioni di Skarmory.
Brock: -ALEX! Skarmory ti attaccherà, togliti da lì!- Nulla, la voce dell’ex capopalestra di Plumbeopoli non arrivava alle orecchie del ragazzo con gli occhiali. Troppa era la paura di quel Pokémon volante, il quale si era alzato in volo fino ad una certa altezza e si era fermato in cielo. Si inclinò fino a che la sua testa fosse all’ingiù e planò in picchiata verso il giovane allenatore. Le sue ali brillavano di luce propria, aveva sfoderato un attacco micidiale. Brock, fuori di sé dallo spavento, gridò nuovamente verso Alex, il quale ad occhi sgranati osservò attonito il Pokémon avvicinarsi verso di lui ad una velocità supersonica.
Brock: -ALEX!! Quello è un attacco Alacciaio! E lo sta usando contro di te!!- Skarmory, in una manciata di secondi, era ad un palmo dal naso di Alex. Il ragazzo con gli occhiali chiuse gli occhi, poiché la luce che il Pokémon volante emanava era davvero abbagliante. Riuscì soltanto ad udire un effetto acustico di una scarica elettrica provenire dalle sue spalle ed il verso gracchiante di Skarmory. Udì inoltre l’agitare frenetico delle sue ali per prendere nuovamente quota e sentì che il Pokémon si stava allontanando. Aprì timidamente gli occhi e notò che davanti a lui, in posizione d’attacco, c’era un Pokémon di tipo elettrico, il quale in quel momento gli stava dando le spalle. Alex riconobbe con gioia il Pokémon: era Pikachu. Insieme al topo elettrico, però, c’era un altro Pokémon a forma di stella, di colore viola. C’erano due stelle posizionate geometricamente una alle spalle dell’altra. Voltò la testa dietro di sé e scorse Ash, in compagnia di una ragazza dai capelli lunghi, arancioni. Il Master dei Pokémon alzò un avambraccio, lo piegò verso di sé e strinse un pugno, corrucciato.
Ash: -Alex, stai bene?- Il ragazzo annuì. Brock riconobbe immediatamente la ragazza in compagnia di Ash e si avvicinò stupito. Era identica alla ragazza che era raffigurata nel poster attaccato al muro del Centro Medico per Pokémon. Era possibile che si trattasse della capopalestra di Celestopoli. Ma sì, era lei, era Misty! Brock alzò una mano e salutò la ragazza con grande entusiasmo.
Brock: -Misty! Ma sei proprio tu? Che piacere rivederti! Ti ricordi di me, vero?- La ragazza annuì, ma non disse nulla. Era molto seria ed osservò con molto interesse Laura ed Alex, i quali osservarono a loro volta la ragazza dai capelli lunghi.
Misty: -Quelli sono vostri amici?- Brock assentì, per nulla risentito dalla fredda accoglienza di Misty. Dopotutto, doveva aspettarselo, dopo quello che era successo l’ultima volta. Anzi, Brock se l’era ancora cavata a buon mercato.
Brock: -Sì… loro sono Alex e Laura. Sono gli allievi di Ash…- Senza permettere a Brock di proseguire, Misty ordinò al suo Pokémon un nuovo attacco contro Skarmory.
Misty: -Vai, Starmie! Attacco Idropulsar, ora!- Dalla sfera rossa al centro del corpo del Pokémon stella si formò una strana onda color bluastro, la quale prese immediatamente forma di una bolla. Queste bolle si moltiplicarono e vennero scagliate ad una velocità impressionante contro lo Skarmory volante. Il Pokémon venne colpito in pieno e, stordito dall’attacco subito, andò a cozzare contro Rhydon, il quale stava per aggredire un Pikachu disattento. I Pokémon nemici caddero a terra e Ash ordinò al suo amico elettrico di lanciare loro un attacco Fulmine. L’uomo, prima che il Fulmine di Pikachu fosse scagliato, balzò in terra con agilità felina. I Pokémon furono colpiti e lo strano individuo avvolto dal drappo rosso, una volta richiamati i Pokémon nelle Ultra Ball, indietreggiò con velocità a grandi salti. La squadra del Team Richardson fece lo stesso e ben presto la città di Celestopoli fu sgombrata da quei loschi tipi. Quando se ne furono andati, Brock tirò un sospiro di sollievo. Voltò lo sguardo verso Misty e le sorrise. La ragazza, però, parve molto corrucciata.
Brock: -Misty… grazie, a nome di tutti. Se non fosse stato per il tuo intervento avremmo disperato nel trovare la vittoria in questa difficile battaglia…- Laura, con un enorme sorriso, indicò con una mano libera l’edificio dell’Acquario dei Pokémon. L’incendio finalmente si era estinto.
Laura: -Guardate! Il rogo è scomparso, l’Acquario è salvo!- Un fumo nero denso si alzò dall’edificio bruciacchiato, ma ancora integro. I pompieri umani erano già entrati nell’edificio per sincerarsi delle attuali condizioni dei Pokémon e delle strutture che li ospitavano, e scoprirono con gioia che tutti i Pokémon stavano bene e che l’interno dell’edificio era intatto. I poliziotti furono risvegliati dai ragazzi e l’Agente Jenny si guardò attorno, perplessa.
Jenny: -Dove sono finiti quei miserabili? Se li prendo, io…- Brock sorrise con dolcezza e, con charme e galanteria, prese una mano della poliziotta. Intorno a Brock si crearono strane luci e sbocciarono fiori di natura diversa. Ash ridacchiò per la situazione che si stava creando: il vecchio Brock era tornato in azione e stava corteggiando la bella Agente Jenny, la quale osservò stupita l’ex capopalestra di Plumbeopoli. Con una voce soave e profonda Brock iniziò a parlare a Jenny.
Brock: -Oh, Agente Jenny, quando la tua rabbia esplode come un vulcano, il mio corpo freme e si inebria di strane sensazioni… ma non temere, abbiamo scacciato il nemico per te, abbiamo lottato per te, abbiamo vinto per te… i nostri Pokémon sono al tuo servizio eAHIO!- Il grido di Brock fu più che giustificato: Laura, infatti, aveva arpionato un orecchio di Brock ed in questa maniera lo trascinò da un’altra parte, lontano dall’Agente Jenny.
Laura: -Che figure ci stai facendo fare? Ti prego, spegni i tuoi bollori!- Una risata generale riempì l’aria intorno ai ragazzi. Quando l’ilarità del momento terminò di aleggiare, l’Agente Jenny sorrise ad Ash ed i suoi amici. Qualche poliziotto si avvicinò e strinse la mano degli allenatori, congratulandosi del coraggio mostrato in battaglia.
Jenny: -Complimenti! Siete più forti di quanto avessimo potuto immaginare! Avete dato una bella lezione al Team Richardson, vi ringraziamo a nome della Squadra Mobile di Celestopoli!- Laura, con fare altezzoso, agitò una mano e scosse la testa, ridacchiando piena di sé.
Laura: -Ha! È stato un giochetto, non è vero ragazzi?- Alex scosse la testa e strinse i denti, ancora spaventato dallo sguardo sanguinario dello Skarmory dell’uomo a cavalcioni sul Rhydon. Gli sembrava che la battaglia non fosse ancora finita, aveva la netta sensazione che Skarmory fosse pronto ad attaccarlo ancora una volta dall’alto, cabrando in picchiata sulla sua testa e sui suoi Pokémon. Quando la polizia se ne andò, Brock risvegliò con delle Sveglie i Dratini e consegnò nelle mani di Laura Sandshrew, il quale era ancora ferito dallo scontro con Dugtrio del pomeriggio. Recuperando il Bulbasaur addormentato, Brock parlò a Misty.
Brock: -Misty, da quanto tempo non ci si vedeva! Allora, raccontaci! Sei ancora la capopalestra di Celestopoli?- Misty annuì, sorridendo debolmente all’ex capopalestra di Plumbeopoli. La tristezza di Misty fu subito riconosciuta dalle straordinarie capacità di Laura e l’allenatrice poté comprendere che questa tristezza era enorme e apparentemente senza confini.
Misty: -Ebbene sì, Brock… con un grande sforzo di volontà, ho ricominciato l’allenamento da zero e sono nuovamente in pista…- Ash volle partecipare ai saluti, ma un’occhiataccia fulminante da parte della ragazza dai capelli arancioni mise immediatamente a tacere l’allenatore di Pokémon più forte al mondo. Alex rimase sbigottito da quello sguardo minaccioso e guardò Ash, il quale aveva abbassato la testa, nascondendo gli occhi sotto la tesa del cappello. Misty, però, catturò immediatamente l’attenzione del ragazzo con gli occhiali con una stretta di mano. Alex, infatti, non si interessò più ad Ash e vide la fanciulla sorridere a bocca aperta.
Misty: -Tu devi essere Alex, non è vero?- Il ragazzo con gli occhiali annuì. Misty lasciò la mano di Alex per stringere quella di Laura. La vigorosa stretta di mano di Misty fece vedere le stelle alla figlia dei Ferguson. Laura non si lamentò e subì a denti stretti la presa a tenaglia della mano della capopalestra di Celestopoli.
Misty: -Tu invece devi essere Laura… Ferguson, il tuo cognome, vero? Sai, sono stata presente all’inaugurazione dell’Ostello dei tuoi genitori, l’apertura dell’hotel mi ha suggerito un’idea niente male! Guardate, vi prego, guardate alle vostre spalle!- Gli allenatori si voltarono all’unisono e notarono che dietro di loro c’era l’Acquario, ancora fumante. La ragazza dai capelli arancioni sorrise ed indicò l’Acquario con un gran sospiro.
Misty: -Sapete… gli architetti che hanno costruito l’Ostello hanno edificato a tempo di record l’Acquario… esso contiene quarantasei stanze, divise in più settori. Infatti c’è il settore per i Pokémon d’acqua dolce, per i Pokémon d’acqua salata, per i Pokémon di lago, di fiume, dei ruscelli di montagna, di mare, degli oceani, degli abissi… ogni acquario è stato fabbricato per far sentire il Pokémon d’acqua a casa propria… oh, scusate, vi sto annoiando?- Alex scosse la testa, meravigliato dalla gigantesca mole dell’edificio color azzurro.
Alex: -No, affatto! Questa costruzione è enorme! Mi piacerebbe visitarla, un giorno di questi!- Misty perse il suo entusiasmo e si rabbuiò. Brock lo notò e le appoggiò dolcemente una mano su una spalla. Ash si era discostato dal gruppetto e con lo sguardo basso rimase in silenzio.
Misty: -L’Acquario… ho dedicato l’edificio al mio Pokémon preferito, Psyduck… povero il mio tesorino, per quanto si sforzi nel ricordarsi una mossa, non riesce… è veramente patetico osservarlo mentre si impegna nell’eseguire degli attacchi, ma che poi si dimentica dopo neanche cinque secondi…- Lanciò una nuova occhiata infuocata ad Ash, il quale non si accorse dello sguardo infiammato di Misty incollato su di lui. Brock si piazzò proprio davanti alla capopalestra di Celestopoli, per impedirle di tormentare Ash con la sua adocchiata penetrante.
Brock: -Misty… sappiamo bene cos’è successo, è stato un incidente. Ash non ha colpa…- Misty divenne tutto d’un tratto furibonda ed iniziò a gridare dalla rabbia. Il cambio d’umore repentino della capopalestra di Celestopoli mise in sollucchero i giovani allenatori ed i loro Pokémon.
Misty: -INCIDENTE UN CAVOLO! Se Ash non avesse lottato contro quel maledetto Charizard… tutto questo non sarebbe successo! La colpa è sua, è stato lui a causare l’amnesia permanente di Psyduck! Prima non era tanto intelligente, questo è vero, ma ora è un’ameba al cento per cento! Non riesce neanche a camminare dritto…! Tu! Hai ancora il coraggio di mostrare la tua faccia da queste parti?– ed indicò Ash con un dito – Ehi, dove credi di andare?- L’allenatore col cappello aveva già voltato la schiena e si stava allontanando dalla piazza spoglia. Pikachu si era voltato verso i ragazzi e con tristezza scosse la testa. Ash e Pikachu scomparvero dalla vista dei ragazzi. Brock a stento riuscì a trattenere la ragazza dai capelli arancioni, afferrandola per le spalle. L’ex capopalestra di Plumbeopoli si era collocato proprio davanti a Misty, e le impediva di muoversi. Misty oppose resistenza, ma non riuscì a smuovere la posizione di ferro di Brock.
Misty: -Lasciami! Devo fargli pagare tutto il male che ha fatto al mio povero Psyduck! Lasciami, ho detto!- Starmie, il quale era ancora fuori dalla sua Poké Ball, si pose in mezzo tra Misty e Brock e lanciò un attacco Bollaraggio contro il volto della sua allenatrice. Brock indietreggiò e attese che Starmie terminasse di sparare bolle a bassa velocità sulla faccia di Misty. Le piccole bolle scoppiarono vicino alla faccia della capopalestra di Celestopoli e dopo che terminarono di esplodere le bolle, Misty si diede dei leggeri schiaffi sulle guance. Starmie si posò a terra e parlò, grazie al Pokémon Traduttore del Professor Oak.
Starmie: -Così dovrebbe calmarsi un po’!- La voce di Starmie era suadente e molto calda, avvolta da un sussurro di acqua corrente. Misty rinsavì e si inginocchiò per accarezzare una delle punte del corpo del suo Pokémon.
Misty: -Scusatemi, ho perso il controllo, succede spesso quando mi arrabbio…- Si rialzò, e poi sorrise. Laura comprese lo stato d’animo di Misty, anche lei quando si arrabbiava perdeva il lume della ragione. Misty osservò Sandshrew con preoccupazione e lo prese dalle braccia di Laura.
Misty: -Il tuo Pokémon è ferito… dobbiamo andare nel centro Pokémon, mi sembra grave!- Laura e Brock seguirono Misty di corsa, ma l’ex capopalestra di Plumbeopoli consigliò ad Alex di andare a cercare Ash, il quale si era allontanato anche troppo rapidamente. Consegnando le sfere Poké contenenti Weedle e Pidgey nelle mani di Brock, il quale si sarebbe occupato di ricaricare i Pokémon nel Centro Medico, Alex con Dratini sulla sua spalla iniziò a correre dando le spalle al centro medico per Pokémon, alla ricerca di Ash, il suo maestro.

Nel prossimo capitolo...
Finalmente i nostri amici hanno ritrovato Misty, ma non sarà facile per Ash riconciliarsi con la sua vecchia amica. La ragazza dai capelli arancioni perdonerà Ash? Ed accetterà la sfida di Alex e Laura per la conquista della Medaglia Cascata? Tutto questo nel prossimo capitolo! Ciaoooo! ^__^

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Capitolo 16
*** 15 - Ritornare insieme... ***


Riassunto del capitolo precedente...
I nostri amici, finalmente, hanno raggiunto Celestopoli, ma la città é stata presa d'assedio dai loschi membri del Team Richardson. Essi hanno anche incendiato l'Acquario, edificio adibito per l'accoglienza dei Pokémon d'acqua, ma l'intervento dei nostri eroi, con l'aiuto della capopalestra Misty, ha scongiurato l'assedio delle truppe del Team! Ora rimane solo un dubbio per i nostri amici: dove è andato a finire Ash?


Alex, mentre passava su un piccolo ponte sospeso sul mare leggermente increspato dalla brezza notturna, batté i denti per il grande freddo. Degli schizzi d’acqua, infatti, lo avevano investito mentre il ragazzo con gli occhiali stava transitando. Anche il piccolo Dratini era zuppo d’acqua, e bagnò il suo giovane allenatore ulteriormente togliendosi l’acqua di mare di dosso, scrollandosi. Il ragazzo con gli occhiali poté notare che alla luce della luna il corpo del draghetto brillava di una barlume molto intenso.
Il ponte portava lontano dalla città di Celestopoli, direzione nord. Alex sapeva che Ash sarebbe passato di lì, anche perché altre vie non c’erano dove passare inosservati. Il ragazzo con gli occhiali dubitava fortemente che il suo maestro avesse preso il volo con Pidgeot o con Pelipper, sarebbe stato intercettato dalle torri di vedetta installate lungo il perimetro della città, disattivate qualche tempo prima sfortunatamente dalle truppe del Team Richardson. Pokémon psico non ne aveva, Ash non avrebbe potuto neanche teletrasportarsi in un altro luogo. "Certo che se fosse capitato a me" Alex si ritrovò a pensare, "io me ne sarei servito senza batter ciglio". L’assistente del Professor Oak iniziò a correre velocemente lungo il ponte, tenendo abbracciato Dratini contro il suo petto. Sentiva il corpo umidiccio del cucciolo di drago impiastricciare la sua maglia bianca, ma Alex non diede peso a ciò. Anzi, era un elemento di legame indissolubile che avrebbe potuto esserci tra lui ed il suo Pokémon, e ne fu felice. All’inizio avrebbe potuto fare lo schizzinoso, ma in quel momento era contento di abbracciare il suo umido amico.
La fine del ponte era finalmente visibile, dopo cinque minuti di corsa. Alex ci arrivò con il fiatone, non era abituato alle grandi falcate come lo era invece il suo maestro. Il tratto di mare che separava la città alla periferia boschiva non era molto ampio, le due coste erano piuttosto vicine l’una all’altra. Il passaggio si stringeva proprio in quel punto, e certamente per questo motivo il ponte di legno rinforzato con travi d’acciaio venne costruito in quella posizione. Quando Alex e Dratini giunsero alla fine del cavalcavia, scorsero un sentiero terroso che conduceva nel fitto della foresta notturna. Il sentiero era molto stretto, ma lineare. Ad Alex vennero i brividi al solo pensiero di andare a cercare Ash nella foresta, solo soletto, nell’oscurità più totale. Dratini si agitò fra le sue braccia e permise al Pokémon di fare un balzo in terra. Gli occhi di Dratini erano fissi su un punto.
Alex: -Dratini, hai visto qualcosa?- Il punto di vista dell’amico di Alex era incentrato sulla costa dove i due stavano in quel momento. Alla destra del ponte si prolificava una spiaggia molto ampia. Il bagnasciuga era martoriato da piccole onde marine che emettevano schiuma nel loro andirivieni perenne. Si era alzato un po’ di vento in quell’istante, e la sabbia raggiunse i piedi del ragazzo con gli occhiali. Alex si concentrò nel punto adocchiato da Dratini e nell’oscurità intravide una sagoma accovacciata sulla spiaggia. La battigia era leggermente in discesa, perciò Alex e Dratini dovettero letteralmente fare un salto dall’estremità del ponte alla sabbia. I due raggiunsero quella silhouette di corsa, e scoprirono con gioia che si trattava della persona ricercata: Ash. Il ragazzo si era tolto il cappello e lo aveva adagiato in terra, al rovescio. Pikachu era accanto a lui e si era sdraiato sulla sabbia, con il muso rivolto al mare. Il Master dei Pokémon non si era accorto dell’avvento del suo allievo, il suo sguardo corrucciato era concentrato verso un punto indefinito del mare oscuro... o sembrava che avesse fatto finta di non essersi accorto. Alex e Dratini rimasero immobili, in piedi, ad osservare i due. Non sembravano affatto felici. Lo sguardo enigmatico di Ash inquietò molto l’assistente del Professor Oak e quello di Pikachu lo mise in pena. Decise finalmente di prendere la parola, ma Ash lo intercettò, rivolgendogli la parola, senza staccare gli occhi dall’orizzonte.
Ash: -Perché sei qui?- La domanda colse Alex di sorpresa. Aveva un contorno acido e indubbiamente uno sfondo retorico. Ash sapeva benissimo perché Alex fosse giunto sulla spiaggia. Il ragazzo con gli occhiali, dapprima confuso da quella domanda, rispose con un sorriso. Si sedette accanto a lui e Dratini gli saltò sul ventre.
Alex: -Eravamo in pensiero per voi… tutto ad un tratto eravate scomparsi…- Ash aggrottò con forza le sopracciglia, Dratini se ne accorse e fece notare al suo allenatore lo sguardo furioso del maestro.
Ash: -Avevamo le nostre buone ragioni, Alex. Di’ un po’… Hai fatto tutta questa strada da solo?- Questa volta fu Dratini a rispondere, con la sua vocina da bambino. Alex rimase in silenzio, attratto dalla bellezza dell’orizzonte notturno.
Dratini: -Sì, siamo soli. Non volete tornare indietro?- Pikachu si mise seduto e scosse la testa. Voltò la testa verso il giovane Pokémon e sorrise mestamente. Quel sorriso generò molta angoscia sia in Alex che in Dratini.
Pikachu: -Non ora… no- Si sviluppò un silenzio molto intenso tra i due allenatori. Alex distese le gambe davanti a sé e si tolse le scarpe e le calze. Le posò sulla sabbia e si massaggiò i piedi nudi, felice di far riposare finalmente gli arti inferiori dopo quella furiosa corsa sul ponte. Lo sciabordare dell’acqua sul bagnasciuga era l’unico rumore netto che giunse alle orecchie dei ragazzi, oltre alla brezza marina e al verso di qualche Pokémon selvatico isolato. Dopo un relativo periodo di silenzio, Ash sospirò e posò una mano sulla sabbia, sollevandone alcune manciate per poi rigettarle a terra.
Ash: -Misty non mi ha ancora perdonato… come posso istruirti come si deve, Alex? Non posso proseguire nel mio lavoro, sapendo che una mia amica del cuore mi odia nel profondo del suo cuore… mi distraggo molto facilmente, te ne sarai accorto dopo l’attacco del Team Rocket e dopo l’avventura a MonteLuna…- Alex riuscì a comprendere i sentimenti del suo maestro. Anche lui, durante tutta l’infanzia, non aveva ricevuto che odio ed ostilità dalle altre persone. Non una parola di conforto, non una parola d’amore. Non una. Ash continuò il discorso, preceduto da un grosso sospiro.
Ash: -Mi sento un verme dopo quello che è successo… pensavo che l’illusione di una nuova avventura avrebbe cancellato questa tragedia dalla mia mente, ma devo dedurre che il ricordo è ancora indelebile…- Alex spostò lo sguardo verso il cielo. Era magnifico osservare le varie costellazioni, non disturbate ed ostacolate dalle luci artificiali della città. Solo un tenue bagliore viola si prolificava all’orizzonte, le luci della città di Celestopoli. Era entusiasmante osservarla da lontano.
Alex: -Ma ti sei scusato, no? Dovrebbe perdonarti…- Ash ridacchiò sommessamente con amarezza ed accarezzò la testa del suo amico Pikachu, il quale si era nuovamente sdraiato sulla sabbia.
Ash: -Tu non conosci Misty. Una volta che le procuri un torto, voglia il cielo a farle capire che bisogna mettere una pietra sopra nelle situazioni passate! Ma non le voglio male per questo. No, Alex, non le voglio del male…- Nuovamente silenzio. Un Hoothoot solitario fluttuò nell’aria, proveniente dalla città, diretto verso il boschetto. Alex lo seguì con gli occhi e lo vide dileguarsi nel sottobosco oscuro. Voltò nuovamente lo sguardo verso il suo maestro e ruppe il silenzio con una domanda.
Alex: -Ash… dove si va da quella parte?- Ed indicò il bosco. Ash si voltò e poi scrollò le spalle con relativa indifferenza.
Ash: -Di là si va per Miramare… è il punto marittimo più bello di tutta Kanto. Hanno costruito di recente delle villette a schiera e lì vanno la gente ricca per le vacanze estive… qui non ci viene mai nessuno, se non turisti provenienti da altre regioni…ah, il sentiero si divide in un bivio dopo un bel po’. Se si gira a destra si va verso la Centrale Elettrica e verso il TunnelRoccioso… è la nostra prossima meta!- Alex sgranò gli occhi impietrito. Una nuova grotta da esplorare, forse più pericolosa della precedente! Il ragazzo con gli occhiali sospirò rassegnato. Il suo viaggio da allenatore nella regione di Kanto era in netta salita, non c’era alcun dubbio. Ash emise un grosso sospiro e si alzò da terra, ripulendosi i pantaloni ed il gilet nero dalla sabbia rimasta appiccicata con sonore manate. Alex lo osservò con la coda dell’occhio e si domandò cosa avesse voluto fare Ash in quel momento.
Ash: -Bando alle tristezze! Sai, Alex, domani è un gran giorno per te e Laura!- E sorrise. Quel sorriso inquietò molto Alex. Aveva sorriso in quel modo, a denti stretti e ad occhi socchiusi, il mattino prima dell’incontro in palestra con Brock. Ciò voleva significare che…
Alex: -Gran giorno? E per cosa?- Il ragazzo ridacchiò ed osservò il suo Pikachu, il quale lesto come una gazzella salì sulla sua spalla con un agile salto.
Ash: -Ma mi pare abbastanza ovvio! Domani ci sarà un nuovo incontro in palestra! Misty sarà più che felice di sfidare te e la tua amica!- In quel giusto istante scese il gelo. Alex si alzò di scatto impaurito e Dratini, con quell’azione fulminea, cadde di faccia sulla sabbia. Alex, rammaricato, si chinò per raccogliere il suo amichetto, il quale stava annaspando e sputando la sabbia che aveva ingurgitato quando era con il muso a terra.
Alex: -Dratini, scusami, non l’ho fatto apposta…- Ash sollevò un sopracciglio perplesso. Attese con pazienza che Alex si rialzasse prima di tornare a parlare.
Ash: -Alex… che succede? Non ti vedo molto entusiasta… come mai?- Il ragazzo rise imbarazzato e si grattò la testa con una mano. Permise al suo Dratini di giungere sulla sua spalla, ancora sputante sabbia.
Alex: -Non averne a male… ma non mi sento pronto… la mia strategia è ancora da rifinire… i Pokémon devono essere allenati ancora per bene…- Ash esplose in una risata. Il riverbero della risata si sviluppò in una eco agghiacciante nella foresta alle loro spalle, ed il rimbombo riuscì a spaventare qualche Pokémon volante appollaiato su un ramo di un albero. I Pokémon svolazzarono lontani dalla foresta, ed i due ragazzi li osservarono. Ash tornò a parlare, trattenendosi dal ridere. Alex lo osservò stralunato: prima era così triste e malinconico, quasi sul punto di dare forfait come ruolo di maestro di Alex, e ora sembrava nuovamente sulla cresta dell'onda. Il ragazzo con gli occhiali, in quel momento, si ritrovò molto confuso e non seppe che cosa dire.
Ash: -No, Alex, no… che stai dicendo? I tuoi Pokémon sono prontissimi…- Poi tornò serio. Alex l’osservò direttamente negli occhi, con il cuore in gola, il ritmo delle pulsazioni sanguigne in costante aumento. Il ragazzo raccolse il cappello da terra, lo pulì con qualche pacca veloce e se lo rimise in testa, con la visiera però capovolta all’indietro. Un ciuffo di capelli comparve nello spazio tra la stoffa del berretto rosso e l’attaccatura di plastica che teneva stretto il cappellino. Pikachu sorrise entusiasta, aveva già capito cosa volesse fare il suo allenatore. Ash mise le mani sui fianchi e aggrottò leggermente le sopracciglia.
Ash: -Alex, una volta per tutte, la devi smettere con questo tuo atteggiamento pessimista! I tuoi Pokémon sono fantastici! Credimi, non sono nato ieri, se lo dico io che sono pronti per una nuova palestra… che diamine, tu domani andrai in palestra a sfidare Misty!- E lo indicò con un dito, stendendo il braccio davanti a sé. Il ragazzo con gli occhiali balbettò qualcosa, ma Dratini coprì la voce del suo allenatore con un grido di felicità.
Dratini: -Sìì! Evviva! Si torna a lottare!- Ash ridacchiò e non tolse il suo sguardo dagli occhi di Alex, il quale iniziò a sentirsi a disagio con quell’occhiata indagatrice addosso.
Ash: -Visto? Alex, tu devi abbandonare i vecchi problemi, ormai sono alle tue spalle… ormai sei un allenatore a tutti gli effetti, hai già vinto contro un capopalestra… perché non vuoi combattere contro Misty? Non dirmi che hai paura, perché non ci credo!- Il ragazzo tentennò, scotendo la testa. Dratini avvertì i muscoli del collo del suo allenatore allungarsi e restringersi ogni volta che spostava la testa a destra e a sinistra per negare.
Alex: -No, non è questo il fatto…- Strinse un pugno, aggrottando le sopracciglia. Ash l’osservò attentamente, così come Pikachu. Il suo respiro, tutto ad un tratto, era diventato irregolare, come se fosse sul punto di scoppiare in un pianto dirotto.
Alex: -Ash, parliamoci chiaro. Io ho iniziato il mio viaggio da neanche tre giorni. La mia vita, grazie a te, è cambiata in meglio, tu mi hai restituito la gioia di vivere. Te ne sono grato. Ho tre nuovi amici, Dratini – lo accarezzò dietro un orecchio, il draghetto gradì il gesto – Pidgey e Weedle. Sono gli amici più mitici che avessi mai potuto desiderare… Ma c’è un fatto che non mi va a genio, Ash. Io non sono al livello di Laura… non credo che la mia preparazione sia così elevata come la pensi tu! Ho bisogno di più tempo… mi stai sopravvalutando in modo eccessivo. Non vorrei deluderti se dovessi perdere contro Misty…- Alex non ebbe il coraggio di riferire il suo incubo avuto in casa del maestro la notte prima della partenza. Suo padre che lo derideva, dietro ad Ash che rimproverava il suo allievo della battaglia persa contro la capopalestra di Celestopoli. Ash rimase serio ed immobile per un certo periodo di tempo. Alex, durante la conversazione, si era distanziato un po’, ed ora i due ragazzi si trovavano lontani quasi due metri l’uno dall’altro. Ash annuì, rimise la visiera davanti ed abbassò la testa: i suoi occhi scomparvero alla vista del suo allievo.
Ash: -Ah… capisco…- La voce del Master dei Pokémon fu sottile come un alito di vento. Alex dovette metterci del suo per riuscire a comprendere quello che Ash gli stava dicendo. L’assistente del Professor Oak, inorridito di quello che aveva appena detto, agitò le mani davanti a sé, temendo di avere offeso il suo maestro.
Alex: -No, no, no, non fare così! Non ho voluto lamentarmi, ho soltanto detto quello che pensavo! Ma se tu vuoi che domani vada a gareggiare… ebbene, ci andrò!- Sempre con lo sguardo basso, Ash continuò a parlare. Pikachu osservò il suo allenatore più stupito che altro.
Ash: -Avresti dovuto dirmelo prima, però…- Alex abbassò le braccia lentamente e prese un bel respiro. La brezza marina solleticò le sue narici, come quelle di Dratini, ed entrambi starnutirono all’unisono. Dal nasino di Dratini scese del muco, ed il suo allenatore si preoccupò di prendere un fazzoletto di stoffa, dono del Professor Oak, dalla tasca dei pantaloni e di far soffiare il naso al suo Pokémon. Ritirò il fazzoletto e tornò a parlare al suo maestro.
Alex: -Io te l’ho sempre detto… fin dal tempo in cui ho conosciuto Dratini. Ma le cose sono successe così in fretta… non mi ci sono ancora abituato! Sai, io sono un tipo molto lento di comprendonio… forse l’avrai già capito…- E ridacchiò, rosso in volto. Continuò a parlare, poiché Ash non osava pronunciare sillaba. Alex sollevò lo sguardo e notò che in cielo c’era una bella luna rotonda, la luna piena. Era splendida, senza quelle noiose luci artificiali. I crateri erano ben visibili, ed il satellite della Terra rischiarò un poco la spiaggia ed i volti dei due ragazzi.
Alex: -Io ho appena iniziato a leggere un libro che mi ha dato il Professor Oak… il “Pocket Monster Basic Trainer”…- Si tolse lo zainetto dalle spalle e lo appoggiò in terra. Si inginocchiò, aprì la zip dello zaino ed estrasse con una mano il libercolo color arancione a scritte blu. Il ragazzo con gli occhiali si rialzò, si avvicinò ad Ash e porse la rivista al suo maestro. Ash diede un’occhiata alla copertina del libro: in primo piano c’era un Lapras sorridente (da quanto tempo non vedeva un Pokémon del genere?) in mezzo ad un oceano. Alcune scritte sovrastavano il resto della copertina e facevano tutte riferimento alle pagine dei capitoli interni al libro. Ash sorrise lievemente, in un tempo così breve che neanche Pikachu si accorse dell’increspamento delle labbra.
Ash: -Conosco questa rivista… è adatta per i principianti, tu non te ne devi fare nulla…- E la buttò dietro a sé. Alex osservò incredulo il gesto del suo maestro e, con occhi sgranati, chiese il motivo di quell’azione. Ash non tardò a rispondere e riprese, con immensa gioia di Pikachu, il suo brio.
Ash: -Quelle sono spiegazioni teoriche da poppanti! La tua esperienza non deve basarsi su un apprendimento accademico! La rivista è andata bene solo per introdurti nel mondo degli allenatori di Pokémon, ma ora davanti a te c’è il maestro di Pokémon più forte al mondo! Io, Ash Ketchum, il più forte del mondo! Hai capito bene?? IL PIU’ FORTE!- Il tono della voce di Ash era un costante crescendo, fino a raggiungere lo squarciagola. Alex dovette per forza di cose tapparsi le orecchie con le mani, perché il ragazzo col cappello stava gridando come un ossesso. Quando Ash ebbe finito di sbraitare, Alex lo osservò perplesso. Vide il suo maestro ansimare per tutto il fiato usato poc’anzi, poi lo vide sorridere a denti stretti.
Ash: -Scusami se sono stato un po’ brusco… ma dovevo sfogarmi in qualche maniera. Mi sentivo oppresso nell’animo… quella rivista mi ha aperto la valvola di sfogo, ora mi sento molto meglio!- Si voltò e si indirizzò verso la rivista caduta a terra. La raccolse e poi rimase ad osservare il Lapras impaginato sulla copertina. Sospirò per un breve periodo di tempo e poi la consegnò nuovamente ad Alex, il quale ne capiva sempre meno.
Ash: -Alex… apprezzo molto il fatto che, oltre all’azione, ti dedichi allo studio! Ma devi unire, ascoltami, l’utile al dilettevole! Questo libro dice un sacco di sciocchezze, un sacco di convenevoli… in dieci minuti potrei insegnarti tutto quello che questo libro – e lo indicò – ti fa studiare per tre ore!- Alex comprese di avere offeso il suo maestro. Avere citato quella rivista ad altre persone, d’altronde, avrebbe messo in cattiva luce l’operato di Ash. Questi altri avrebbero potuto capire che Ash non sarebbe stato un valido insegnante per nessuno. Ed Alex, questo non lo voleva. Si guardò attorno e trovò l’oggetto della sua ricerca. Corse verso un cestino e gettò la rivista nella spazzatura. Quando tornò, l’assistente del Professor Oak vide un Ash più disteso.
Ash: -Hai fatto bene, Alex, a buttare quella rivista! Qui l’unico a dovere insegnare sono io!- L’atmosfera, di tutto ad un tratto, divenne molto più sciolta, ed anche Alex riacquistò il sorriso. Ash, con una certa sorpresa da parte dell’assistente del Professor Oak, si tolse le scarpe anch’egli, e pure le calze. Rimase a piedi nudi come il suo allievo. Ancor prima che Alex potesse rivolgere ad Ash una domanda, il ragazzo col cappello lanciò davanti a sé una Poké Ball. Con un lampo di luce venne chiamato in causa un Pokémon che Alex non aveva mai visto prima di allora. Era un Pokémon piccolissimo, di colore verde, costituito di piccole zampe e un becco tozzo e curvo. Gli occhi del Pokémon erano lucidi ed inespressivi, così come inespressivo era lo sguardo di Dratini quando scorse quel Pokémon. Alex, colto alla sprovvista dall’azione del maestro, chiese a quest’ultimo maggiori delucidazioni. Il ragazzo rise e chiese a Pikachu di allontanarsi e si mettersi da un lato, proprio tra lui e Alex.
Ash: -Vedi, ti sembrerà strano vedere questo nuovo Pokémon… sai di per certo che un allenatore, come numero massimo, può portare sei Pokémon alla volta… hai già conosciuto Pikachu, Pidgeot, Pelipper, Magcargo, Tyranitar e Machamp. Ora scommetto che la tua domanda è: chi è questo Pokémon? da dove salta fuori?- Alex annuì, messo in difficoltà da quelle domande retoriche. Osservò meglio quel batuffolo di piume verdi: era così piccolo che a malapena riusciva a distinguerlo nel buio. Ash tornò a parlare, sorridendo con una certa maliziosità.
Ash: -Bene, Alex, questa che stai per assistere è una lezione di pratica, un allenamento preparatorio, diciamo, in vista dell’incontro in palestra con Misty di domani mattina! Innanzitutto… tira fuori il PokéDex e controlla l’identità di questo Pokémon!- Alex non se lo fece ripetere ed estrasse dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni l’aggeggio elettronico color rosso. Lo aprì e lo punto verso il Pokémon di Ash. La voce del PokéDex iniziò a parlare con il suo solito tono metallico.
“Natu, Pokémon piumatino. Poiché le sue ali non sono ancora ben sviluppate, deve saltellare. Sembra fissare sempre qualcosa”. Alex osservò con cura lo sguardo distratto di Natu: in effetti quello strano Pokémon sembrava essere concentrato su di un punto, alla ricerca di chissà cosa, oppure era semplicemente soprappensiero, così come era il piccolo Dratini in quel momento. Il ragazzo con gli occhiali ripose il PokéDex nella tasca e, non sapendo che pesci pigliare, chiese informazioni al suo maestro.
Alex: -Che hai in mente di fare, Ash?- Il Master dei Pokémon, con un sorrisetto, puntò un indice contro il suo Pokémon, il quale era ancora immobile in quella posizione innaturale, concentrato su un punto nell’orizzonte, apparentemente pronto a scattare, ma più semplicemente in uno stato di profondo dormiveglia.
Ash: -Ora ti spiego un concetto basilare che tutti gli allenatori devono conoscere… come ti ho detto poc’anzi, un allenatore di Pokémon può portare con sé sei Pokémon massimo… ciò rende l’allenamento degli altri Pokémon impossibile se non si possono sostituire i Pokémon! Chiaro il concetto?- Alex scosse la testa, più confuso che mai. Ash indicò col dito che aveva usato per additare Natu la città di Celestopoli, sorridendo, si aspettava la completa ignoranza di Alex sull’argomento.
Ash: -Non so se te ne sei accorto… ogni città che si rispetti ha un Centro Pokémon! ed ogni Centro Pokémon che si rispetti ha nel suo interno il computer ScambiaSfere! Esso ha una duplice valenza: non solo ti permette di scambiare i Pokémon che tu possiedi con i Pokémon che hai lasciato a casa, ma anche ti consente di scambiare una Poké ball con quella di un altro allenatore! Un esempio… un allenatore ha un Pokémon, facciamo caso un Caterpie, il quale piace tanto a te… questo allenatore ha messo gli occhi su uno dei tuoi Pokémon… Vi accordate con lo scambio e, grazie al computer Scambiasfere, il Caterpie che ti piaceva tanto automaticamente passa di tua proprietà! Naturalmente, il Pokémon che prima era tuo passa in mano all’altro allenatore…- Alex annuì, molto perplesso. Osservò con certa sorpresa il Natu di Ash, e poi tornò a guardare il suo maestro.
Alex: -Mi dici queste cose… perché vuoi fare uno scambio con me?- Ash aggrottò le sopracciglia e scosse la testa. Pikachu ridacchiò nell’udire quella domanda leggermente fuori contesto.
Ash: -No, no, Natu non c’entra. Ti ho detto questo per sottolineare l’importanza del Computer Scambiasfere! Io, questa sera, appena giunto nel Centro Pokémon, ho scambiato un Pokémon per far posto a Natu! Ho lasciato a casa Tyranitar… pensa un po’, è diventato padre da poco!- Alex e Dratini furono felici per quella notizia, posero le loro congratulazioni e poi chiese ad Ash chi controllasse la mediazione degli scambi tra Pokémon. L’allenatore col cappello, soddisfatto della domanda postagli, rivelò all’assistente del Professor Oak il nome del genio dei computer, Bill Thompson. L’allenatore di Pokémon più forte al mondo tralasciò altri dettagli e chiese ad Alex di mettere in campo uno dei suoi Pokémon per l’allenamento. Pikachu avrebbe svolto il ruolo di arbitro, ecco perché si era posizionato proprio in mezzo tra Ash e Alex. Il ragazzo con gli occhiali, preso alla sprovvista, disse al suo maestro che Pidgey e Weedle in quel momento si trovavano nel centro medico per Pokémon. Aveva consegnato a Brock i suoi Pokémon, in quel momento c’era solo Dratini disponibile per un po’ di allenamento. Prima che Alex potesse decidere se accettare o meno la sfida di Ash, Dratini saltò giù dalla spalla del suo allenatore e si preparò al combattimento.
Ash: -Devi scaldarti un po’ prima del combattimento di domani… Alex, sei pronto? Non preoccuparti se Natu sia forte oppure no, fai conto che io sia un allenatore qualunque e che ti abbia lanciato una sfida! Sei pronto?- Alex, leggermente titubante, annuì. Pikachu, con un salto sul posto ed una risata, diede il via all’incontro tra Dratini e Natu.

Brock, Laura e Misty erano seduti sulle poltroncine nell’androne principale del centro medico per Pokémon. Era molto tardi, ma nessuno dei tre aveva sonno, data la scorribanda del Team Richardson di qualche minuto fa. L’infermiera Joy, appena rientrata con il suo fedele assistente Chansey, aveva già preso in custodia tutte le Poké Ball degli allenatori, comprese quelle di Alex. La Dratini di Laura preferì accoccolarsi sul ventre della sua allenatrice ed addormentarsi, mentre Sandshrew, ancora ferito dal pomeriggio, fu subito giudicato grave dall’infermiera e venne trasportato con urgenza nella sala d’infermeria. La ragazza aveva deposto il Pokémon di terra sulla barella e Chansey, in tutta fretta, era sparito nel retrobottega. Le Poké Ball, invece erano state appoggiate su di un piatto di metallo, vicino al bancone, chiuse con una campana di vetro. Essa era collegata, tramite alcuni fili, al computer che fungeva anche da Scambiasfere. Le Poké Ball, in tutto, erano sei, numero giusto per mettere le sfere a ricaricare. Un sottile ronzio della macchina rigenera Pokémon deturpò il silenzio che si era sviluppato tra i tre ragazzi. Brock, dopo un po’, lo ruppe con una risata leggermente amara.
Brock: -Però, ce la siamo vista brutta! Se non fosse stato per te, Misty, il Team Richardson avrebbe conquistato la città!- Misty fece un cenno col capo, ancora risentita di avere visto l’odiato ragazzo col cappello. Non spiccicò una parola e lasciò che Brock continuasse a parlare. Dopotutto, l’ex capopalestra di Plumbeopoli non aveva nessuna colpa. Il suo sguardo era incollato sulle sfere che brillavano ad un ritmo costante. Segno che la cura funzionava alla perfezione.
Brock: -La città non è cambiata di una virgola dall’ultima volta che l’ho vista… l’unica cosa di diverso è l’Acquario, che mi pare abbia abbellito ancor di più Celestopoli! Non trovi anche tu, Laura?- La ragazza annuì, sorridendo. Sbadigliò a bocca aperta e tenne una mano davanti alla bocca. Anche lei iniziava ad accusare la stanchezza del viaggio e del combattimento notturno.
Laura: -Oh, sì… è un bellissimo edificio, all’esterno… ma immagino che all’interno sia ancora più bello!- Nuovamente silenzio. Brock non sapeva più che cosa dire. La cura dei Pokémon proseguiva, così come quella individuale di Sandshrew. Misty osservò per un pezzo la luce rossa sopra la porta dove erano entrati Joy e Chansey, simbolo che il Pokémon di Laura era ancora in cura. L’ex capopalestra di Plumbeopoli si accorse che Bulbasaur aveva un certo appetito, infatti il Pokémon cucciolo stava rantolando e il suo stomaco brontolava. Brock estrasse dal suo zaino un sacchetto di cartone, con all’interno un biberon pieno di latte. Brock appoggiò il poppatoio sulle labbra di Bulbasaur ed il Pokémon ben presto finì di mugolare. Misty osservò la scena e non poté non sorridere per quel gesto così naturale e finalmente ruppe il ghiaccio con un sorriso.
Misty: -Noto che quel Bulbasaur è un cucciolo… ti dedichi ancora alla azienda “Moo Moo and company”?- Brock annuì, tentennante. Laura non disse nulla, concentrò il suo sguardo unicamente sulle cartilagini trasparenti della sua Dratini, che fungevano da paraorecchie.
Brock: -Sì… ho avuto un periodo di crisi quando sono tornato dal viaggio compiuto quasi tre anni fa… ho notato che le mie tecniche di combattimento con i Pokémon hanno iniziato a lasciar desiderare, così come il mio lavoro di allevatore. Ho pensato che, dopotutto, non ho più allenato a dovere i miei Pokémon. Sono tornato a Plumbeopoli, ho riaperto la palestra. Per un certo periodo ho preso nuovamente la mano, sono tornato a vincere, pochi riuscivano a spuntarla contro di me. Ma nel profondo del mio animo qualcosa non andava. Il rapporto che c’era tra me ed i miei Pokémon… sapeva di stantio, era qualcosa di logoro ed arrugginito. Anche l’azienda, non sentivo più quel… come dire… pizzico di volontà in più per gestirla, quell’entusiasmo iniziale! Mi capisci, vero?- Misty annuì, comprendendo lo stato d’animo del suo amico di vecchia data. Aggrottò leggermente le sopracciglia, ma Laura non notò astio nella sua espressione.
Misty: -Quindi hai deciso di ricominciare a viaggiare…- Brock annuì, sorridendo. Con una mano teneva il piccolo Bulbasaur, e con l’altra reggeva il biberon. Il Pokémon erba mangiava che era un piacere.
Brock: -Sì… il tutto è iniziato quando Laura si è presentata a casa mia, in incognito…- E si lasciò sfuggire una risata. Laura, arrossendo, spiegò a Misty il piccolo incidente accadutole all’Ostello di Plumbeopoli. Brock proseguì il discorso.
Brock: -Solo quando scopersi che si trattava dell’allieva del mio caro amico Ash, ho iniziato a comprendere l’esistenza di un nuovo viaggio! Laura e Alex me lo hanno fatto capire, quindi ho deciso di levare baracche e burattini e di partire insieme a loro… naturalmente, la palestra è ora in mano a Forrest, mio fratello… ha l’età, ormai!- Misty annuì, sorridendo. La capopalestra di Celestopoli sospirò ed appoggiò la schiena sullo spalliera della sedia.
Misty: -Capisco… Ash è il maestro dei due ragazzi, no?- Laura disse di sì, prendendo la parola.
Laura: -Sì! È il maestro di Pokémon più bravo al mondo! Pensa un po’, ho conosciuto lui ed Alex a BoscoSmeraldo, proprio nel giorno in cui la mia Dratini era stata catturata dal Team Rocket!- La ragazza spiegò nei dettagli il lavoro eseguito dai Pokémon dei due ragazzi nel tentativo di salvare il Pokémon drago di Laura. Misty soffocò una risata e scosse la testa lentamente. Misty: -Ash, Ash… ha una mania di protagonismo, non c’è niente da dire!- Ancora silenzio. Brock dedusse che quello era il momento giusto per parlare a Misty di un argomento molto spinoso. Era sempre difficile parlarne, ma sapeva che non avrebbe potuto aggiornare la questione all’infinito. C’era di mezzo la serenità di Ash e del resto del gruppo, compreso lui stesso. Osservò Misty, la quale si era chinata in avanti, appoggiando gli avambracci sulle gambe e le mani sul mento. Brock non aveva ancora notato i suoi vestiti: una maglietta azzurra ed un paio di pantaloncini rossi a jeans. Nulla di femminile, del resto. Se lo sarebbe dovuto aspettare.
Brock: -Misty…- La ragazza si voltò verso di lui.
Misty: -Sì? Cosa c’è, Brock?- Il ragazzo sorrise mestamente e guardò davanti a sé. Bulbasaur, nel frattempo, aveva già finito di mangiare e Brock aveva riposto il biberon nel sacchetto, e poi tutto nello zaino.
Brock: -Ascolta… una volta che Alex e Laura termineranno la loro sfida contro di te, in palestra… il nostro viaggio proseguirà. Tu che hai intenzione di fare?- La domanda era arrivata così, a capofitto, detta in un soffio. Misty non si aspettava una domanda del genere proprio in quel momento della notte. Con le idee leggermente confuse, la ragazza dai capelli arancioni sospirò e scosse la testa.
Misty: -Non lo so… Brock, non lo so. Mi sembra così assurdo ricominciare tutto da capo… dopo quell’incidente, poi…- Laura si sporse leggermente ed osservò la capopalestra di Celestopoli, leggermente preoccupata.
Laura: -Ma non puoi metterci una pietra sopra? Con tutto rispetto, Misty… credo che un bel viaggio farebbe bene anche a te…- Misty comprese che la ragazza dai capelli castani aveva ragione, ma qualcosa le impedì di accettare la proposta dei suoi amici. Scosse lentamente la testa ed abbassò il capo, arrivando ad osservare le piastrelle azzurre della stanza.
Misty: -Brock, Laura, io non so… me l’avete chiesto tutto ad un colpo! Non so se viaggiando con voi la serenità possa essere preservata… immagino che starei a litigare notte e giorno con Ash… Brock – tornò a guardare il suo vecchio amico – tu mi conosci bene. Quante volte ho litigato ferocemente con Ash?- L’ex capopalestra di Plumbeopoli non poté non dare ragione a Misty. Nelle ultime settimane di viaggio i rapporti tra i due erano sempre più degenerati, fino a giungere ad una vera e propria rissa. Brock si ricordava molto bene quel giorno e scosse mestamente la testa, osservando il cucciolo di Bulbasaur che si era addormentato pacificamente tra le sue braccia.
Brock: -Già… anche se volessimo, gli antichi dissapori non possono essere cancellati con un semplice colpo di spugna…- Laura, con una grande rabbia in corpo per avere ascoltato quei discorsi insulsi, si alzò di scatto, afferrando con decisione Dratini tra le sue braccia. Si posizionò proprio di fronte ai due ragazzi e li guardò in faccia, osservandoli a turno.
Laura: -Scusate se mi intrometto, ma da quel che ho capito il litigio e la separazione del gruppo sono derivati solamente dall’incidente scaturito dal combattimento tra Charizard e Pidgeot… ditemi, non vi sembra troppo esagerato accusare Ash di essere l’artefice di questo incidente? È stata una fatalità… Misty, una fatalità!- Ed osservò la ragazza dai capelli arancioni con atteggiamento di preghiera. Aveva anche unito le mani sul petto, intrecciando le dita, in segno di implorazione. Misty e Brock osservarono stupiti la ragazzina, aveva parecchio pepe nel suo carattere. La capopalestra di Celestopoli si alzò anch’ella e scosse la testa, rubiconda in faccia. Pareva molto adirata in quel momento.
Misty: -BASTA!- Il grido inatteso di Misty svegliò Bulbasaur e Dratini di soprassalto. Il cucciolo di Pokémon erba piangeva per lo spavento e la draghetta si era avvolta intorno al collo della sua allenatrice, impaurita. Misty serrò i pugni, tenendo gli avambracci tesi davanti a sé, come se tenesse qualcuno per il bavero.
Misty: -Non mi dovete dire che cosa devo fare o che cosa non devo fare! Sono abbastanza grande e vaccinata! Se ce l’ho con Ash avrò i miei buoni motivi, non vi pare?- Laura non osò più dire nulla, aveva rovinato ancora di più una situazione già di per sé tesa. Brock, con un cenno dello sguardo, chiese alla ragazza dagli occhi verdi di andarsi a sedere. L'ex capopalestra di Plumbeopoli chiese anche a Misty di tornare a sedere, ma per tutta risposta la ragazza dai capelli arancioni pronunciò un dissenso molto secco.
Misty: -No, grazie! Me ne torno a casa! Mi avete già rovinato abbastanza la serata, entrambi! E se volete farmi il piacere di non presentarvi domani in palestra... beh, fatemelo!- E con passo affrettato si indirizzò verso l'uscita del Centro Pokémon, senza degnarsi di un saluto di congedo. Laura, congelata dalla vergogna, abbassò la testa, non sapendo più che cosa dire. Anche Dratini era sbigottita da quella triste conclusione del colloquio con Misty. Osservò timidamente Brock, il quale stava serrando le mascelle in una maniera molto convulsa.
Laura: -Brock... mi dispiace, io non volevo giungere a questa conclusione... io volevo esprimere la mia idea, e...- L'ex capopalestra di Plumbeopoli sorrise dolcemente alla ragazza e con un gesto della mano la invitò a non parlare più.
Brock: -Laura... tu non hai colpa. Hai fatto bene, anzi, a esprimere la tua opinione. L'unica persona che dovrebbe darsi una calmata, quella è Misty! E non preoccuparti per l'incontro in palestra di domani... una bella dormita e i bollenti spiriti saranno passati!- Con un rospo in gola, Laura annuì. Bulbasaur e Dratini caddero nuovamente in uno stato di trance e si addormentarono ben presto, dimenticando la sfuriata di Misty. Brock e Laura attesero con pazienza che l'infermiera Joy terminasse di curare il piccolo Sandshrew, ancora dall'altra parte della porta che conduceva alla sala chirurgico-infermieristica.

Nel prossimo capitolo...
La sfida contro Misty si preannuncia piena di colpi di scena. Riusciranno Alex e Laura a sconfiggere la capopalestra di Celestopoli? Ma Misty accetterà la loro sfida, malgrado il diverbio avvenuto in serata? Lo sapremo solo nel prossimo capitolo! Ciaoooo! ^__^

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Capitolo 17
*** 16 - Combattimento sott'acqua ***


Riassunto del capitolo precedente...
Alex ha raggiunto il suo maestro alla spiaggia di Celestopoli, dove ha svolto un allenamento in vista della prossima sfida contro Misty in palestra! Nel frattempo, Laura ha chiesto a Misty di perdonare Ash, sostenendo che l'incidente accaduto a Psyduck non è stato altro che un incidente dettato dalla fatalità! Misty però non l'ha presa bene... Alex e Laura riusciranno a sfidare Misty ed a ottenere la Medaglia Cascata di Celestopoli?


Ash: -Ehi, Alex, ti va di fare una pausa?- La domanda dell’allenatore col cappello risuonò melodiosa alle orecchie dello spossato Dratini. Era da più di mezz’ora che il cucciolo di drago stava tentando, in ogni modo, di avere la meglio sul Natu di Ash, ma senza successo. Ogni attacco lanciato dal draghetto andava a vuoto, tutto merito della difesa del Pokémon psico, chiamata Individua. Essa era una tecnica di difesa molto speciale: riusciva a determinare ciascun tipo di attacco dell’avversario e, di conseguenza, era in grado di difendersi egregiamente. Alex, levandosi il sudore dalla fronte con una manata, acconsentì alla richiesta del suo maestro.
Alex: -Sì, per me va bene…- Poi guardò il suo Pokémon, che gli sembrava stremato dagli attacchi incessanti. Il Master dei Pokémon ritirò dal campo il suo Natu e Pikachu tornò ad accomodarsi sulla spalla del suo allenatore. Il ragazzo con gli occhiali raccolse da terra Dratini e lo tenne tra le sue braccia. Lo guardò negli occhi: il suo Pokémon era molto stanco, aveva il corpo leggermente graffiato dalla sabbia e si era impiastricciato con le alghe quando fu caduto in mare, dopo un’azione di combattimento piuttosto violenta. Ash sorrise e ritirò la Poké Ball nella cintura.
Ash: -Questa sessione notturna è stata particolarmente produttiva! Per Dratini e per Natu… ci siamo rinforzati, e anche divertiti! Non è vero, Pikachu?- Il topo elettrico annuì, sbadigliando a bocca aperta. Lo sbadiglio del Pokémon contagiò ben presto il suo allenatore, così come contagiò Alex e Dratini. Il draghetto azzurro, ben presto, si addormentò tra le braccia di Alex e l’allenatore gli augurò una buona notte con un sorriso. Ash raccolse il suo zaino e si sistemò le calze e le scarpe. Alex fece lo stesso e raccolse anch’egli lo zaino. Dratini fu adagiato attorno al collo di Alex, di modo tale che rassomigliasse ad una sciarpa di visone (povero Dratini… ridotto ad un capo di abbigliamento! NdA)
Ash: -Caspita, saranno già le due di notte… abbiamo fatto le ore piccole, ma ne avevo bisogno! Ascolta, Alex! Adesso andiamo a fare una capatina al Centro Medico, così curiamo i nostri Pokémon e recuperiamo i tuoi, va bene?- Alex annuì, sbadigliando ad occhi chiusi. I due ragazzi si incamminarono verso il ponte lentamente. La brezza notturna rinfrancò un poco lo spirito degli allenatori e mutò in meglio il carattere dell’allenatore di Pokémon più forte al mondo. Ash era davanti ad Alex e di tanto in tanto si girava indietro, verso il suo allievo, per parlargli durante il viaggio.
Ash: -Allora, Alex, sei pronto per la sfida di domani?- Alex abbassò gli occhi, perplesso, afferrando con decisione le bretelle del suo zaino. Aveva allenato solo Dratini, non era sicuramente sufficiente per sperare di abbattere i Pokémon addestrati da Misty. Starmie, da solo, pareva estremamente forte. Non voleva rovinare il momento di euforia del suo maestro, quindi decise di dir di sì, anche se non era pienamente convinto del risultato finale. L’allenamento notturno, però, aveva portato, come ricordato da Ash, dei buoni risultati: un nuovo asso nella manica che avrebbe permesso ad Alex di vincere contro Misty e che avrebbe stupito non poco Laura. Nel fondo dello stomaco Alex provava una certa inquietudine nel ricordare il sogno avuto la notte della partenza da Biancavilla: la sconfitta contro Misty, il rimprovero da parte di Ash, la vittoria su tutti i fronti di Laura, la presenza del padre dietro il suo maestro. Scosse veemente il capo e poi tornò a parlare ad Ash, che nel frattempo aveva distanziato Alex di qualche metro.
Alex: -Ash… e se non riuscissi a battere Misty?- L’allenatore col cappello si fermò di scatto, costringendo anche Alex a fermarsi. Non si voltò questa volta, ma la voce risultò molto chiara alle orecchie dell’assistente del Professor Oak. Non aveva però un timbro di voce severo e rigido.
Ash: -Alex… non ti avevo già fatto questo discorso all’Ostello? Non ti corre dietro nessuno, se non dovessi superare questa prova… riprovaci. Non devi fartene un’ossessione… non è una verifica valida per l’esame finale! Qui hai diritto di rivincita, quante volte vuoi! E non ti costa nulla… sai, ti ricordo, nel tempo in cui conquistai le medaglie, incappai in sonore sconfitte…- Finalmente Ash si voltò. Era sorridente, Alex si sentì più tranquillo.
Alex: -Immagino che siano stati grossi rospi da mandare giù!- Ash ridacchiò e annuì. Pikachu fu con lui nel riesumare i ricordi del suo allenatore.
Ash: -Oh, sì, non puoi neanche lontanamente immaginare la rabbia che ho provato quando persi contro Sabrina, la capopalestra di Zafferanopoli… la rabbia mi accecava, mi impediva di compiere qualunque ragionamento, anche il più semplice. Ma con l’aiuto degli amici e soprattutto dei Pokémon, riuscii a superare l’amara delusione della sconfitta e tornai qualche giorno dopo in palestra. Naturalmente in quel frangente mi allenai moltissimo! E alla fine vinsi!- Alex ammirò il coraggio che il suo maestro era riuscito a mettere in pratica. Si ricordò in quel momento il motto pronunciato da Ash il mattino prima dell’incontro con Brock: un’amara prova fortifica e rinnova. Certo, forse a permettere la vittoria finale c’era anche il desiderio di rivalsa, di rivincita, oltre alla volontà di migliorarsi sempre di più. Alex riuscì a sentire, dal profondo del suo cuore, che anche lui avrebbe dovuto affrontare presto o tardi il più temibile degli avversari: lo sconforto della sconfitta. Con ancora quei pensieri che frullavano nella sua testa, Alex percorse in fretta e furia gli ultimi metri di ponte. Ash era già avviato verso il Centro Medico per Pokémon, dove ad attenderli c’erano i due Pokémon ricaricati, pronti per la battaglia contro Misty dell’indomani.

Ash, Brock, Laura e Alex, accompagnati da Pikachu e dai Dratini, si avviarono di buon’ora verso la palestra di Misty. La palestra aveva una forma piuttosto strana, ed il ragazzo col cappello non si ricordava che l’edificio avesse avuto una fisionomia del genere: la palestra infatti ricordava un grosso acquario a forma di sfera, con tanto di bocca in cima. L’edificio era dipinto di varie tonalità di blu: dall’azzurrino cielo al blu notte, era presente tutta la gamma di colori possibili ed immaginabili. A quanto pareva, Misty aveva dato fondo ai suoi risparmi per abbellire a più non posso la cittadina di Celestopoli. E c’era riuscita. La porta della palestra, dipinte di un bel castano mogano, erano chiuse con il lucchetto. Laura osservò attonita le porte chiuse della palestra e guardò tremante Brock, il quale stringeva i denti convulsamente e stringeva il piccolo Bulbasaur con le braccia fino a farlo quasi soffocare.
Laura: -Misty… non c’è! Cosa può significare, questo?- L’ex capopalestra di Plumbeopoli scosse la testa più volte, deglutendo un rospo amaro. Ash, dal canto suo, aveva già previsto un trattamento del genere da parte di Misty: il ritrovo con la ragazza non era stato certo fra i più rosei. Le luci all’interno della palestra erano spente, tutto era immobile, compresi i ragazzi davanti alle porte della palestra. Alex abbassò lo sguardo fino a terra, dispiaciuto per l’imprevisto. Aveva allenato il suo Dratini a lungo la notte scorsa. Ma dall’altro lato si sentiva sollevato, avrebbe potuto prepararsi ulteriormente in vista della prossima apertura della palestra. Avrebbe potuto allenare il suo Dratini fino a fargli imparare Ira di Drago, e poi…
Brock: -Ehi, guardate laggiù!- Brock, con una risata, ruppe il filo dei pensieri del ragazzo con gli occhiali. Come un forsennato stava indicando una persona che si stava avvicinando sempre di più verso la palestra. I tre ragazzi voltarono lo sguardo verso il punto indicato da Brock e intuirono immediatamente l’identità di quella persona: era un uomo alto, biondiccio, dagli occhi grigi ed indossava una tenuta molto particolare. Aveva appeso al collo un fischietto. Se Laura fu contenta di riconoscere quell’uomo, Alex inorridì addirittura: quell’uomo era Steve, l’arbitro conosciuto a Plumbeopoli. Laura e Brock salutarono l’uomo agitando un braccio e l’arbitro fece altrettanto.
Laura: -Ehi, signor Steve! Che piacere incontrarvi di nuovo!- I ragazzi si avvicinarono verso l’uomo alto e osservarono con meraviglia che in mano teneva una chiave color giallo ocra, con un portachiavi a forma di Staryu. Ash lo riconobbe al volo: era la stessa chiave che aveva visto in mano a Misty quando aveva aperto la sua palestra in onore del loro combattimento, tanti anni prima. Ciò voleva dire una sola cosa: Ash avrebbe rivisto Misty in azione! Per un lato fu quasi contento di essere tornato a Celestopoli. Steve ridacchiò osservando Laura in vestiti adeguati al suo sesso. La ragazzina indossava infatti un top rosso, una bandana dello stesso colore annodata intorno al collo, dei pantaloncini color jeans.
Steve: -Oh, salve, Frank… Ehm, ehm! Volevo dire… Laura!- Si era sbagliato apposta, con fare ironico. Ricordando lo scambio di identità della ragazza alla palestra di Brock (ora di Forrest), i ragazzi risero a crepapelle. Laura mise il broncio e guardò da un’altra parte, indispettita, incrociando le braccia al petto. La sua Dratini, appoggiata ad una sua spalla, non poté fare a meno di sorridere al ricordo dell’imbarazzante scambio di identità.
Laura: -Ve l’avevo già detto, non avevo neanche un vestito buono!- Passata la ridarola, Ash si incupì leggermente e parlò direttamente all’arbitro, il quale si stava già avvicinando alle porte della palestra. Alex iniziò già a fremere: il ricordo dell’incubo avuto a Biancavilla era ancora vivido.
Ash: -Steve… ma Misty…- L’arbitro sorrise e inserì la chiave nella serratura. Fece scattare il chiavistello e la porta si aprì, inondando l’interno della palestra con la luce del sole. Alex e Laura osservarono immediatamente il pavimento, esso era corredato di piastrelle bianche, piccoli quadratini uno di fianco all’altro. L’aria sapeva di umido e di cloro, sembrava di essere entrati in una piscina. Soltanto che il resto della palestra era in ombra, perciò i due ragazzi non si accorsero di quello che effettivamente c’era dentro. Ash e Brock furono i primi a stupirsi del cambiamento della palestra: dapprima non conteneva un ambiente così originale, la loro amica di vecchia data non aveva di certo badato a spese. La voce dell’arbitro catturò nuovamente la loro attenzione.
Steve: -La signorina Misty è proprio davanti a voi… vi stava aspettando!- Ed invitò i ragazzi ad entrare con un gesto della mano. Il primo ad entrare fu Brock, seguito a ruota da Laura ed Alex. Ash, ancora titubante, entrò dopo un pezzo. Non era ancora sicuro di vedere Misty dopo la sfuriata dell’altra sera. Steve fu l’ultimo ad accedere alla palestra e, appena chiusa dietro di sé la porta, accese le luci che stavano nella centralina proprio alla destra dell’ingresso. Una luce soffusa rischiarò l’ambiente e la comitiva rimase sbalordita nell’osservare l’ambiente circostante: era una stanza piuttosto grande, ampia quasi come la palestra di Brock, con al centro un’enorme piscina rettangolare. Ai lati estremi della piscina, quelli più corti in lunghezza, erano state montate delle pedane che molto probabilmente sarebbero servite per la postazione dello sfidante e del capopalestra. Le sponde della vasca da nuoto erano adornate da un rigonfiamento color azzurro e, osservando con attenzione, si poteva constatare che le piastrelle al fondo della vasca erano colorate di blu. Sulle pareti erano appesi quadri di svariati Pokémon d’acqua, tra i quali troneggiava la gigantografia di un Wartortle, proprio al fondo della sala. Gli spalti erano sistemati alla destra dei ragazzi rispetto a dove erano entrati, e per accedere ai posti a sedere vi erano delle pregevoli scale a pioli color bianco oro. L’attenzione dei ragazzi, però, era monopolizzata verso la piscina. L’acqua, infatti, era increspata da una persona che nuotava sott’acqua. Con un elegante salto dall’acqua, Misty entrò in scena, presentandosi proprio davanti a degli increduli ed affascinati amici. La capopalestra di Celestopoli indossava un costume da bagno intero color azzurro ed i suoi capelli le cadevano sulle spalle, bagnati. Ancora fradicia si avvicinò agli amici sorridenti e li abbracciò, inzuppandoli.
Misty: -Oh, ragazzi! Finalmente siete arrivati! Pensavo che non sareste venuti, dopo la sfuriata di ieri! Sapete com’è, ho un carattere piuttosto irrequieto!- Abbracciò tutti, anche l’arbitro, salvo Ash, il quale si era già indirizzato verso gli spalti salendo le scale. Si accomodò con il suo fedele Pikachu e mantenne lo sguardo basso, permettendo così alla visiera del suo cappello di nascondere il suo volto. Brock, ignorando il malessere del suo amico, sorrise a Misty e asciugò il Bulbasaur con un fazzoletto, rimasto imprigionato fra la ragazza e l’allevatore di Pokémon durante l’abbraccio.
Brock: -Non potevamo dubitare della tua puntualità ad una sfida! Ti conosco molto bene, Misty, non potresti mai rifiutare una lotta!- Misty ridacchiò e mise le mani sui fianchi. Attaccate al costume, all’altezza della vita, c’era la cintura di pelle, munita di quattro Poké Ball. Alex rimase stupito: avrebbe dovuto combattere quattro contro tre, era in svantaggio numerico! Ma poi si ricordò di due fattori: l’indisponibilità di Psyduck e il regolamento. Esso parlava chiaro: non più di tre Pokémon alla volta per le gare in palestra. Uno dei Pokémon di Misty era sicuramente Starmie, il quale sembrava molto forte, ma il ragazzo con gli occhiali ignorava l’identità degli altri due. Pokémon d’acqua, in ogni caso. La ragazza dai capelli arancioni tornò a parlare e si staccò dal gruppetto, diretta verso la piscina. Il resto della stanza sembrava così insignificante in confronto alla bellezza di quella vasca a due corsie.
Misty: -Sì, non posso negarlo… avere nuovi avversari con cui confrontarmi mi ha messo di buon umore, stamattina! Era da un po’ di tempo che nessuno si è presentato in palestra, così mi sono dedicata, anima e corpo, alla direzione dell’Acquario…- Laura sgranò gli occhi meravigliata. Lei, Misty, la direttrice dell’Acquario di Celestopoli e capopalestra nello stesso tempo? Glielo fece notare e la capopalestra non poté fare a meno di ridacchiare. Ogni tanto buttava un occhio verso Ash, il quale non osava muoversi dalla sua posizione, piegato in avanti, con gli avambracci sulle cosce.
Misty: -Oh, se fosse solo per quello… io voglio dedicare la mia vita ai Pokémon d’acqua di tutta la regione di Kanto! Le mie sorelle, Daisy, Lily e Violet, hanno aperto degli Acquari anche in altre regioni! Daisy è andata a Jotho ed ha stabilito l’edificio a Mentania! Lily, invece, è andata a Hoenn ed ha inaugurato da poco tempo l’Acquario a Porto Selcepoli! Violet, invece, si è conquistata da poco l’appalto per la costruzione dell’Acquario nella regione di Sinnoh!- Alex e Laura ignoravano completamente il nome delle città menzionate dalla capopalestra di Celestopoli, ma Brock comprese perfettamente. Si congratulò con Misty e poi si accorse dell’assenza del suo caro amico col cappello. Lo vide sulle gradinate, cupo come se fosse stato appena turlupinato da qualche imbroglione, e gli gridò di scendere.
Brock: -Ehi, Ash! Cosa fai lì tutto solo, vieni qui a vedere la piscina! È bellissima, credimi!- Ash non si mosse e non rispose neppure alla chiamata dell’ex capopalestra di Plumbeopoli. Pikachu, stanco di rimanere relegato lontano dai suoi amici, non si consigliò con il suo allenatore e decise di allontanarsi da Ash di sua iniziativa, balzando oltre la ringhiera azzurra delle gradinate. Atterrò ad un passo da Misty, la quale raccolse da terra Pikachu e gli sorrise.
Misty: -Pikachu, buon vecchio Pikachu! Come stai, ti trovo bene!- Il topo elettrico sorrise alla ragazza e… rispose! Con tutta sorpresa della capopalestra di Celestopoli.
Pikachu: -Grazie! Anche tu mi sembri in forma!- Misty, ovviamente spaventata, lasciò andare Pikachu e si allontanò di qualche passo. Guardò in preda al panico prima Brock, poi Pikachu, Alex, Laura e Steve per poi ricominciare da capo il giro. I due allenatori novizi spiegarono a Misty della nuova invenzione del Professor Oak, il Pokémon Traduttore. Misty, rincuorata di non essere andata fuori di melone tutto d’un colpo e incantata dell’invenzione, osservò quasi speranzosa Brock, il quale aveva già capito dall’espressione del suo volto la domanda che stava per porgere.
Misty: -Ma… funziona… anche con i miei Pokémon?- Brock spiegò che il Pokémon Traduttore, una volta attivato, funzionava per tutti gli allenatori ed i Pokémon domestici nel raggio di pochi chilometri dal punto in cui era stato acceso. Non si poteva però capire il linguaggio dei Pokémon selvatici, ma poco importava. Forse, pensò Misty, si poteva fare ancora qualcosa per il povero Psyduck con quella invenzione! Infervorata dalla scoperta chiese a Steve di posizionarsi proprio a metà della vasca e osservò con una dolce espressione i due giovani allenatori. Alex e Laura stavano sull’attenti, in attesa che Misty dicesse qualcosa.
Misty: -Mi sento meglio… ora che siete tornati voi. All’inizio non avrei mai potuto credere di rivedervi, dopo l’incidente, poi… ma scoprire che Ash è diventato il maestro di Alex e Laura… e poi tu, Brock, che ti sei messo nuovamente in moto per un nuovo viaggio… ah, che voglia di lottare che mi è venuta!- Brock annuì sorridendo. Quelle frasi sibilline furono sufficienti a far capire a Brock che Misty era dell’umore giusto per perdonare Ash dell’incidente. Non volle riferire nulla, per il momento. Era giunto il momento di combattere per la conquista della seconda medaglia! Misty tornò ad osservare i due giovani allenatori, i quali erano rimasti fino ad allora in un dignitoso silenzio. Prima guardò Laura negli occhi, e trovò una grande determinazione ed un fare deciso. Quando posò gli occhi su Alex, però, la capopalestra di Celestopoli notò solo paura e disagio. Il suo Pokémon Drago, al contrario, sprizzava energia da tutti i pori. Quei sentimenti contrastanti misero in sollucchero Misty. I sentimenti discordanti, di solito, portavano ad una facile vittoria per l’avversario, ma non sembrava affatto il caso dell’assistente del Professor Oak. Brock glielo aveva confermato la sera scorsa. Dopo un’accurata decisione, additò Alex e gli sorrise.
Misty: -Tu, Alex Blake! Tu avrai l’onore di essere il primo ad accedere alla pedana dello sfidante! Mi sembri molto agitato, quindi vediamo di rompere subito il ghiaccio!- La decisione di Misty quasi terrorizzò il ragazzo con gli occhiali. In preda al panico osservò prima Misty, poi Laura e poi Brock. L’ex capopalestra di Plumbeopoli si avvicinò all’allievo di Ash e posò una mano sulla sua spalla libera (sull’altra c’era appoggiato Dratini!!)
Brock: -Alex, ti prego, mantieni la calma! Ricordati ciò che hai imparato nella palestra di Plumbeopoli, sangue freddo!- Alex avrebbe voluto ascoltare Brock, ma in quel momento la sua mente era troppo impegnata ad elaborare strategie per lottare fino alla fine contro Misty. Ma la non conoscenza dell’identità dei due Pokémon compagni di Starmie annullava qualsiasi strategia, anche la più semplice. I Pokémon di Alex avrebbero dovuto andare alla cieca, senza un buon piano in mente. Così sarebbe dovuto essere di normale routine durante il suo viaggio per la regione di Kanto. Avrebbe conosciuto un numero impressionante di allenatori, i quali avrebbero potuto sfidarlo con Pokémon a lui sconosciuti. Ed ogni volta nuovi piani da elaborare, mosse, contromosse, cambi di tattica improvvisi, sotterfugi e imbrogli. Al ragazzo con gli occhiali venne un gran cerchio alla testa, ma la voce di Laura ancora una volta lo risvegliò dai suoi torbidi pensieri.
Laura: -Avanti, Alex! Fatti coraggio, vedrai che andrà bene!- La vide sorridere, così come la sua Dratini. Quanto avrebbe voluto avere almeno la metà del suo ottimismo! La ringraziò contraccambiando il sorriso e lentamente Laura, Pikachu e Brock si allontanarono da Alex, diretti verso gli spalti. Raggiunsero Ash e, mentre il Pokémon elettrico saltò sulla spalla del suo allenatore dallo sguardo assente, i due ragazzi si sedettero accanto all’allenatore di Pokémon più forte al mondo. Alex li osservò per un certo istante, poi il suo sguardo si concentrò su Ash. Il suo maestro non partecipava in quel momento, lo si poteva capire benissimo. I suoi pensieri lo stavano portando altrove, lontano da quella palestra a forma di acquario. Il suo sguardo basso, poi, diceva tutto. Alex non avrebbe avuto l’appoggio di Ash. Forse, si augurò con tutto il cuore, Ash si sarebbe risvegliato durante la gara e avrebbe fatto il tifo per lui. Così aveva fatto durante il combattimento a Plumbeopoli, si sperava che Ash avesse fatto il tifo anche lì. Dratini balzò dalla spalla di Alex fino a terra e si indirizzò serpeggiando verso la piscina. Alex, con un brivido, si incamminò lentamente verso la pedana dove avrebbe lanciato gli ordini ai suoi Pokémon, con un atteggiamento di un condannato alla sedia elettrica. Misty intravide subito quel comportamento e lo additò severamente. Misty era già dall’altra parte della piscina, sulla pedana opposta a quella di Alex. In fondo alla piscina, sul fondo, proprio a metà della vasca, si poteva distinguere la fisionomia di una Poké Ball color violetto. Era il simbolo del campo di battaglia.
Misty: -Ehi, Alex, io combatto solo con delle persone vivaci e sveglie, non con degli zombi! Se vuoi continuare nella tua strada verso la Lega Pokémon, vedi di cambiare atteggiamento! Altrimenti scendi pure da quella pedana, io ho dei miei gusti personali sul fatto di sfidanti!- Dagli spalti Laura deglutì, leggermente spaventata. Misty sapeva provocare per bene il suo avversario, non c’era niente da dire.
Laura: -Ahi, ahi… Alex non comincia sotto dei buoni auspici!- Brock sorrise e scosse la testa, tranquillizzando la sua giovane amica. Conosceva bene Misty, se diceva quelle cose ci sarebbe stato un motivo plausibile. La ragazza dai capelli arancioni non era tipo di provocare le persone per niente.
Brock: -Tranquilla… Alex si farà valere, vedrai! Giusto, Ash?- Brock era seduto proprio in mezzo tra Ash e Laura. Il ragazzo col cappello era ancora perso nel profondo dei suoi pensieri e il richiamo dell’ex capopalestra di Plumbeopoli finalmente lo svegliò. Ash sbatté le palpebre più volte e si raddrizzò in posizione eretta. Guardò dapprima stralunato Brock, poi annuì sorridendo.
Ash: -Sì… hai ragione! Alex si è allenato duramente in vista di questa battaglia! Lotterà fino alla fine, ne sono sicuro!- Alex, nel campo di battaglia, si sforzò di sorridere alla capopalestra di Celestopoli, ma gli fu dannatamente difficile farlo. Era troppo teso, troppo agitato. Forse era meglio seguire il consiglio di Ash, in battaglia la tensione si sarebbe allentata. E poi l’assistente del Professor Oak era troppo curioso di sapere l’identità dei guerrieri di Misty, avrebbe tanto desiderato vedere i loro volti e testare le loro capacità. Alex decise di prendere coraggio a due mani e afferrò dalla cintura una Poké Ball. Dratini sarebbe entrato nel corso della battaglia, avrebbe risparmiato per dopo l’asso nella manica. Steve osservò con pazienza Alex e notò che l’avversario di Misty era pronto per la battaglia. L’arbitro guardò poi Misty e vide che anche lei teneva in mano una sfera Poké. Steve tirò fuori dalle tasche le bandierine rossa e verde e le alzò al cielo, incrociandole.
Steve: -Molto bene! Vi annuncio che la battaglia tra Misty, la capopalestra di Celestopoli e Alex, proveniente da Biancavilla, ha inizio a partire da ora! Vi ricordo che potete combattere con soli tre Pokémon, uno contro uno oppure in coppia! Un’altra cosa… l’avversario sfidante ha il diritto di ritirare anzitempo il suo Pokémon nella sfera Poké durante la battaglia e non verrà dato nessun penalty per questo! Bene, detto questo… Signori, combattete!- E con un gesto simbolico delle bandierine proclamò l’inizio della sfida. Alex optò nuovamente nello scontro uno contro uno e lanciò con decisione la sfera Poké davanti a sé, in direzione dell’acqua.
Alex: -VAI, PIDGEY!- Il Pokémon volante fece la sua apparizione e iniziò a svolazzare freneticamente sopra il pelo dell’acqua. Dopo un po’ si adagiò sull’acqua e rimase a galla, come fosse stato un’anatra o un cigno. Laura sorrise nel vedere Pidgey in così gran forma e le venne da ridere nell’osservarlo appollaiato sull’acqua.
Laura: -Ah! Ah! Sembra davvero che sappia nuotare!- Misty non perse tempo e lanciò anche lei la sfera Poké nella piscina. Con somma sorpresa Alex capì di che Pokémon si trattasse: era Starmie, il Pokémon già visto la sera prima. Per il momento le identità degli altri due guerrieri di Misty sarebbero rimaste ancora ignote. Brock sorrise ed appoggiò il piccolo Bulbasaur sulle sue gambe, poi incrociò le braccia al petto. Bulbasaur si era accovacciato comodamente e si era addormentato.
Brock: -Bene, Pidgey contro Starmie! Chissà cosa succederà!- Laura non stava più nella pelle dall’ansia e dall’eccitazione: avrebbe visto il suo amico Alex in gara dal vivo per la prima volta! Ne avrebbe anche approfittato per studiare le mosse di Misty e così scegliere con calma la strategia da adottare in vista del suo incontro. Starmie si era già immerso nell’acqua e dallo specchio acquoso sbucavano fuori tre delle sue nove punte. Alex fu il primo a dare l’ordine e Pidgey eseguì, obbediente.
Alex: -Pidgey, proviamo a distrarre Starmie volando in cerchio sulla piscina!- Pidgey si alzò presto in volo ed eseguì l’ordine dell’allenatore. L’uccellino iniziò a volteggiare speditamente in tondo e lo sguardo di Starmie seguì l’andamento di Pidgey. Misty non si lasciò scoraggiare da questa decisione ed aveva già pronta un’offensiva.
Misty: -Starmie! Colpisci Pidgey con un attacco Comete!- Starmie si sollevò un poco dall’acqua, di modo tale che il suo centro color rosso fosse fuori dalla piscina. Il Pokémon acqua sparò alcune stelle luccicanti contro Pidgey, ma l’astuto uccellino riuscì ad evitarle tutte quante, piroettando e zigzagando con eleganza. Brock sorrise e fu affascinato dal livello di preparazione di Pidgey.
Brock: -Però, che ve ne pare? Come inizio non c’è male!- Ash annuì e fu concorde con il suo amico di vecchia data. Laura non staccò gli occhi dall’incontro, letteralmente rapita dallo scontro tra Pidgey e Starmie.
Ash: -Sì, per ora Pidgey si limita a schivare, ma so che ben presto inizierà ad attaccare! E se non mi sbaglio, gli attacchi saranno incessanti e senza tregua!- Difatti Alex cambiò improvvisamente tattica e chiese a Pidgey di lanciarsi come un fulmine contro Starmie, ancora impegnato a scagliare comete. Era un attacco Azione in piena regola. Pidgey centrò in pieno il suo avversario, ma sembrò che il colpo non avesse minimamente attutito il potere di Starmie. Quando l’attacco ebbe termine, Alex si accorse con stupore che un’ala di Pidgey era rimasta incastrata tra due punte del corpo di Starmie. Vide il suo Pokémon dimenarsi come un matto nel vano tentativo di liberarsi, ma inutilmente. Misty strinse un pugno, soddisfatta, ed ordinò a Starmie di scagliare un nuovo attacco.
Misty: -Bene! Sfruttiamo l’occasione finché siamo in tempo! Immergiti e porta Pidgey nel fondo della vasca!- Starmie si immerse velocemente e portò con sé lo spaventato uccellino. Alex, inorridito, vide il suo Pokémon colare a picco come un pezzo di ferro e lo seguì con lo sguardo. Si inginocchiò sulla pedana e mise le mani sul pavimento, con lo sguardo rivolto verso il fondo della piscina. Riuscì a scorgere una sagoma indefinita: erano Starmie e Pidgey incollati al fondo della vasca. L’assistente del Professor Oak, in preda alla paura, fulminò con lo sguardo la sua avversaria, la quale invece stava sogghignando per la vittoria che stava avvicinandosi.
Alex: -Cosa stai facendo!! Pidgey non ha le branchie, portalo su!!- Misty mise le mani sui fianchi e scosse la testa, ridacchiando. Alex osservò preoccupato Steve, ma l’arbitro non stava trovando infrazioni nell’incontro.
Misty: -Fino a quando il tuo Pokémon non sarà svenuto, Starmie resterà incollato al pavimento della vasca! Per quanto tempo credi che il tuo Pidgey resisterà?- Alex, stringendo i denti, tornò a guardare l’acqua e gridò con tutto il fiato che aveva in gola. La sua voce produsse una eco tale da rimbombare in tutta la sala.
Alex: -PIDGEY! ATTACCO BECCATA! A TUTTA FORZA! LIBERATI!- Il povero Pidgey, con l’ala sinistra ancora bloccata tra le punte del suo avversario, riuscì a percepire il messaggio e come un matto colpì Starmie con tutta la forza che gli rimaneva in corpo. Con il becco percosse il centro del corpo di Starmie più e più volte. Gli attacchi di Pidgey risultarono particolarmente violenti, perché Starmie si stava agitando sott’acqua ed il movimento convulso dell’avversario permise a Pidgey di liberarsi. L’uccellino, approfittando del momentaneo disorientamento dell’avversario, tornò a galla rapidamente e respirò a pieni polmoni, ansimando. Si trascinò fino al bordo della vasca e si aggrappò, nel tentativo di uscire. Steve, con il fischietto, lo fermò e gli parlò direttamente.
Steve: -Fermo! Se esci dalla piscina è come se uscissi dal campo di battaglia! Sarebbe un abbandono della sfida e darei la vittoria automaticamente a Starmie!- Ash aggrottò le sopracciglia e deglutì, leggermente preoccupato per il Pidgey di Alex. Il combattimento strava diventando estremamente estenuante per il piccolo Pokémon di Alex, ma Pidgey non dava segno di cedimento, per il momento. Il Master dei Pokémon, però, era ugualmente inquieto per la strabiliante potenza dell’avversario a forma di stella.
Ash: -Per la miseria… Starmie è davvero forte, ha una corazza che pare di acciaio! Per quanto tempo resisterà ancora?- Pidgey tornò in acqua e si guardò attorno, perplesso. Di Starmie nessuna traccia. Anche Alex si guardò attorno, stupito di non vedere più neanche l’ombra del suo avversario. Osservò Misty, ma il suo sguardo si era trasformato in una maschera impenetrabile ed enigmatica: certamente aveva un piano in mente. Con tutta probabilità avrebbe chiesto a Starmie di apparire all’improvviso dall’acqua e di travolgere Pidgey con il suo peso, per portarlo nuovamente sott’acqua. La sua previsione si rivelò azzeccata e Misty diede l’ordine al Pokémon stella di riapparire dall’acqua, proprio alle spalle del Pokémon svolazzante.
Misty: -Starmie! Riporta giù Pidgey!- Alex non si lasciò prendere in castagna una seconda volta e chiese a Pidgey di librarsi in volo. L’uccellino evitò per un soffio l’attacco di Starmie e il prediletto di Misty si tuffò nuovamente in acqua, sparendo alla vista di tutti. Dagli spalti i ragazzi rimasero in silenzio, in attesa che gli allenatori sul campo di battaglia disponessero nuovi ordini. Ancora una volta Starmie saltò dall’acqua all’improvviso, proiettato verso Pidgey. Il Pokémon di Alex fu colpito questa volta, ma non venne trascinato giù dal peso del corpo di Starmie. Il Pokémon acqua si tuffò per l’ennesima volta, e ancora una volta di Starmie si persero le tracce: se andava avanti così Pidgey avrebbe perso rapidamente le forze. Non poteva volare in continuazione ed evitare i colpi di Starmie. Alex doveva adottare una strategia, e in fretta. Osservò con attenzione le ali di Pidgey che sbattevano concitatamente. E se l’aria sprigionata dalle ali di Pidgey fosse gettata in acqua, o meglio ancora sott’acqua, per rispondere alle offese di Starmie? Non era una cattiva idea dopo tutto. Parlò a Pidgey e Misty aggrottò le sopracciglia perplessa.
Alex: -Pidgey, te la senti di andare di nuovo sott’acqua e di movimentare un po’ la piscina con un attacco Raffica?- L’uccellino annuì entusiasta e si buttò a capofitto nell’acqua, un istante prima che Starmie saltasse nuovamente dall’acqua per colpirlo. Ash, Brock e Laura si sporsero dalla ringhiera per vedere meglio ciò che stava succedendo sott’acqua. Riuscirono a vedere che l’acqua della piscina, dapprima leggermente increspata a furia dei continui tuffi di Starmie, divenne molto mossa. Segno che l’attacco di Pidgey sott’acqua stava andando alla grande. Misty divenne conscia del pericolo e gridò a Starmie di saltare fuori dall’acqua. Il Pokémon stella sbucò fuori dall’acqua, ma le correnti subacquee generate dalle ali di Pidgey fecero schizzare via Starmie, facendolo cozzare contro il muro della palestra. Misty sgranò gli occhi impressionata: quel piccolo batuffolo di piume era riuscito a lanciare Starmie fuori dalla piscina con l’aria sviluppata sott’acqua! Alex, come i suoi amici, rimase in perfetto silenzio, sull’attenti. Quello che era appena accaduto non era rientrato nei suoi piani. Pidgey riemerse poco dopo, stremato. Raggiunse col fiatone il suo allenatore, il quale era rimasto sconcertato dalla forza delle ali di Pidgey. Sott’acqua la pressione era maggiore rispetto all’atmosfera, ma Pidgey era riuscito a cavarsela egregiamente. Si aspettava all’inizio un calo di attenzione da parte di Starmie, ma non di certo un volo dell’avversario dall'acqua della piscina contro il muro! Il prezzo pagato in energia dal piccolo Pidgey, come facile era da prevedersi, fu alto. Appena Alex raccolse il Pokémon volante dall’acqua, Pidgey perse i sensi. Steve si accorse dello stato di Pidgey ed incrociò le bandierine.
Steve: -Bene! Poiché né Pidgey né Starmie sono in grado di continuare, dichiaro che l’incontro sia finito con una parità!- Tutti rimasero ancora in silenzio. Era la prima volta che Ash vedeva una tattica del genere: un attacco Raffica sott’acqua. Certo non era possibile colpire Starmie dall’alto, ma c’era voluto un assurdo dispendio di energie per quell’attacco subacqueo. L’attacco lanciato da Alex gli piacque molto e infervorato dall’incontro iniziò a gridare a voce alta.
Ash: -Vai così, Alex! Stai andando benissimo, conserva le energie per gli altri due incontri!- Anche Brock e Laura iniziarono ad incitare l’assistente del Professor Oak. Alex ringraziò mentalmente i suoi amici e, impressionato dalla strabiliante forza di Pidgey, si complimentò con lui e lo accarezzò con una mano.
Alex: -Pidgey… sei stato formidabile! Hai una forza eccezionale! Ora… ti meriti molto riposo!- E lo richiamò nella sfera Poké. Misty fece altrettanto con Starmie e, una volta ritirato il Pokémon nella Poké Ball, sorrise. Misty: -Hai fatto un ottimo lavoro! Bravo, Starmie!- Misty ritirò la sfera Poké nella cintura e ne estrasse un’altra. Era finalmente giunto il momento di scoprire l’identità di uno dei due Pokémon rimasti di Misty. Pokémon d’acqua, certo. Ma chi? Alex decise di chiamare in causa Weedle e lanciò la sfera Poké in acqua. Il Pokémon bruco apparve e si trovò immediatamente a suo agio in acqua. Nuotava a zigzag come avrebbe potuto fare Dratini con il suo corpo sinuoso.
Alex: -Weedle… come trovi l’acqua? È fredda?- Weedle si fermò e scosse la testa, rimanendo a galla.
Weedle: -No, no, è tiepida!- Si guardò attorno e si accorse di essere in una nuova palestra. Osservò Ash e gli altri sugli spalti e davanti a sé c’era Misty. Era in palestra! Weedle iniziò a tremare dall’emozione, ma non voleva far fare brutta figura a sé e al suo allenatore. Aveva promesso che non avrebbe avuto più paura, avrebbe lottato fino alla fine, costasse quello che costasse. Osservò il volto di Misty, non traspirava alcunché di buono per lui. Chissà quale Pokémon avrebbe dovuto fronteggiare… forse un Gyarados? Un Wailord? Un Blastoise? Oppure ancora un Poliwrath? Misty lanciò ben presto la Poké Ball in acqua e il Pokémon contenuto nella sfera Poké fece il suo ingresso. Ash, Laura e Brock rimasero sbalorditi non appena videro il Pokémon che era stato convocato: era il preferito di Misty, Psyduck! Alex rimase interdetto e leggermente offeso dalla scelta di Misty. Un Pokémon completamente incapace di intendere e di volere avrebbe dovuto combattere in un incontro valevole per la conquista della Medaglia Cascata? Forse la sua avversaria giudicava Weedle una mezza calzetta, non all’altezza di sfidare gli altri due guerrieri senza nome. Alex fece per aprire bocca, ma Misty anticipò ogni sua domanda.
Misty: -Ti stai chiedendo perché ho voluto mettere in campo Psyduck, non è vero? Se soltanto riuscissi a farlo evolvere, forse recupererebbe la memoria… tu mi aiuterai, Alex!- Brock, dalle gradinate, annuì sorridendo. Il piano di Misty, dopo tutto, non era così malvagio come gli altri ragazzi stavano pensando.
Brock: -Beh, potrebbe essere un’idea! Se Psyduck si evolvesse in un Golduck, la memoria di certo tornerebbe!- Ash si augurò con tutto il cuore che il suo amico avesse ragione. Anche l’allenatore di Pokémon più forte al mondo desiderava più fra tutte le altre cose che Psyduck tornasse a combattere come una volta. In quel momento, però, Psyduck non stava collaborando: in piscina, infatti, il papero giallo si era messo a fare il morto, disteso sull’acqua. Laura, ridendo per avere visto il Pokémon di Misty fare il morto a galla, tirò fuori il PokéDex ed analizzò le generalità di Psyduck.
“Psyduck, Pokémon Papero. Ha poteri soprannaturali ma non ricorda di averli usati. Per questo sembra sempre perplesso”. Steve annunciò incrociando le bandierine l’inizio del combattimento. Ad Alex dispiacque far del male ad un Pokémon inoffensivo, così la pensava anche il suo Pokémon coleottero. Brock, intanto, richiamò l’attenzione di Misty gridando il suo nome. La ragazza si girò e l’osservò perplessa.
Brock: -Ehi, Misty! Mi fa piacere sapere che la paura per i Pokémon coleottero ti sia passata!- Misty rimase congelata sul posto. Brock, in quel momento, le aveva fatto ricordare la sua antica fobia per i Pokémon coleottero: davanti a lei ce n’era proprio uno! Come aveva fatto a non accorgersene? Talmente era concentrata per il suo Psyduck che non aveva minimamente considerato l’identità del Pokémon avversario. Agitandosi come una forsennata sulla pedana gridò dall’orrore. Alex e Weedle rimasero stupiti dalla reazione della capopalestra di Celestopoli. Il Pokémon insetto rimase anche amareggiato dal sentimento di Misty nei suoi confronti.
Misty: -AHH! Un Pokémon coleottero! Non li posso sopportare, mi fanno senso!!- Steve si avvicinò alla capopalestra e la afferrò per un braccio, cercando di fermarla. La ragazza si dimenava e si agitava sempre di più e mentre Psyduck stava andando lentamente alla deriva facendo ancora il morto con il suo sguardo assente, Alex meravigliato dall’atteggiamento di Misty, Ash, Pikachu e Brock ammutoliti dallo spettacolo e Laura sempre più in preda alle sghignazzate, Weedle aveva iniziato ad infuriarsi e anch’egli aveva iniziato ad agitarsi. L’allenatore con gli occhiali tentò in ogni modo di far calmare il suo Pokémon ma invano. Steve, vedendo la situazione degenerare sempre di più, tornò al suo posto e soffiò prepotentemente nel suo fischietto. La nota suonata fece male ai timpani dei ragazzi e dovettero tapparsi le orecchie fino a quando l’arbitro non smise di fischiare.
Steve: -BASTA! Questo non è l’atteggiamento giusto da conseguire in palestra! Ora vediamo di finirla con queste bambinate e procedete con l’incontro, altrimenti espello i vostri Pokémon per assenza di attacchi!- Ash deglutì spaventato. Non aveva mai visto l’arbitro Steve arrabbiarsi così tanto in vita sua. Se andava avanti così la situazione, il suo allievo si sarebbe innervosito e non avrebbe più cavato un ragno dal buco. Alex accolse la richiesta di Steve al volo e lanciò immediatamente il suo furente Weedle all’attacco.
Alex: -Presto, Weedle! Raggiungi Psyduck e colpiscilo con un attacco Velenospina!- Nuotando come un matto, Weedle raggiunse il suo avversario e tentò di colpirlo con il suo corno, ma Psyduck improvvisamente si immerse. Il Pokémon di Alex andò a cozzare contro la parete della vasca e rimase confuso dalla gran botta subita. Misty osservò la scena meravigliata e osservò il suo Psyduck riaffiorare da un’altra parte. Gli parlò sorridendo.
Misty: -Psyduck! Ma allora… riesci ancora a schivare gli attacchi!- Il Pokémon acqua si voltò verso la sua allenatrice con uno sguardo perso e interrogativo nello stesso tempo.
Psyduck: -Eh? Eh?- Misty volle fare un tentativo per esaminare lo stato di salute del suo Psyduck in battaglia. Era da parecchio tempo che il papero non si allenava più, dal giorno in cui Psyduck subì l’incidente derivato dallo scontro tra Pidgeot e Charizard. Approfittò del momento in cui Weedle era ancora confuso ed ordinò a Psyduck di attaccare.
Misty: -Molto bene, Psyduck! Colpisci Weedle con un potente Getto d’Acqua!- Il Pokémon continuava a fissare Misty con un atteggiamento di chi cadesse dalle nuvole. Misty chiese ancora una volta di attaccare, ma Psyduck si tenne la testa con le zampe anteriori. Sembrava soffrire un gran mal di testa in quel momento, aveva lo sguardo contratto e strizzava gli occhi. A Misty le si strinse il cuore: il povero Psyduck cercava in ogni maniera di ricordarsi come lanciare l’attacco Getto d’Acqua, ma inutilmente. Weedle, nel frattempo, si era ripreso dalla botta ed Alex si avvalse del momento propizio per lanciare la controffensiva.
Alex: -Ancora, Weedle! Colpisci Psyduck con Velenospina!- Serpeggiando sul pelo dell’acqua, Weedle lanciò il suo attacco contro Psyduck. Il suo corno brillava di luce propria e finalmente l’attacco ebbe un esito positivo. Colpì il Pokémon acqua in un fianco, ma Psyduck sembrò non essersene accorto. Era troppo impegnato a ricordarsi come lanciare quell’attacco. Weedle lo osservava stralunato: come era possibile non accorgersi di quell’attacco lanciato con così tanta potenza? Tutto ad un tratto Psyduck aprì gli occhi e osservò Weedle, perplesso. I suoi occhi iniziarono a brillare di una strana luce e Weedle, impaurito, si sollevò dall’acqua, trasportato da una forza invisibile. Tutti osservarono stupiti il volteggiare di Weedle in aria, più fra tutti Alex.
Alex: -Cosa sta succedendo? Perché Weedle ha iniziato a volare?- Misty scosse la testa, confusa. Non riusciva a spiegarsi neanche lei quello che stava accadendo in quel momento. Dagli spalti, però, Brock aveva già capito che cosa stava accadendo sul campo di battaglia e spiegò ai suoi amici meravigliati la causa del problema.
Brock: -In realtà è molto semplice… Psyduck ha lanciato l’attacco Confusione su Weedle!- Ash, Pikachu, Dratini e Laura aprirono la bocca stupiti. Psyduck stava lanciando un attacco contro il suo avversario, anche se non quello desiderato dalla capopalestra? I ragazzi tornarono ad osservare lo scontro e notarono che Psyduck era contratto in uno sforzo incredibile per preservare la concentrazione. Misty si sentì in quel momento molto orgogliosa del suo Psyduck, il suo Pokémon stava tentando l’impossibile nel tentare di ricordarsi gli attacchi. L’attacco Confusione, però, cessò ben presto e Weedle piombò nuovamente in acqua. Psyduck, sfinito, si sdraiò nuovamente sull’acqua e tornò a fissare il soffitto serissimo. Weedle era ancora confuso e tentò di riacquistare il senno, ma andò a sbattere nuovamente contro la parete della vasca e perse i sensi. Steve, osservando la stato di salute dei due Pokémon, annunciò un secondo pareggio tra Alex e Misty. Ash strinse i denti e aggrottò le sopracciglia, scuro in volto.
Ash: -Oh, no, un altro pareggio… se anche il terzo incontro finirà così, la Medaglia Cascata non andrà ad Alex!- Brock sorrise ed incrociò le braccia al petto, più sollevato nell’aver visto Psyduck decisamente migliorato dall’ultima volta che l’aveva visto.
Brock: -Ehi Ash… aspetta, prima di giudicare! Fino a questo momento Alex ha disputato un ottimo incontro! Non trovi anche tu, Laura?- La ragazza dai capelli castani annuì, raggiante. Anche la sua Dratini era felice per come stavano andando le cose: per il momento Alex aveva conservato l’equilibrio numerico ed era ad un passo dalla fine dell’incontro. Il Dratini di Alex pareva in ottima forma, c’erano tutti i requisiti necessari per vincere la seconda medaglia. Misty, nel frattempo, era letteralmente esaltata dai progressi del suo Psyduck, tanto che la ragazza dai capelli arancioni si tuffò in acqua e raggiunse a nuoto il suo Psyduck ancora disteso sull’acqua. Lo raggiunse con poche bracciate e lo abbracciò teneramente.
Misty: -Psyduck, piccolo mio! Ti sei dato tanto da fare… sei stato bravissimo, angioletto mio!- Psyduck tornò a guardare la sua allenatrice molto perplesso.
Psyduck: -Eh? Eh?- Steve attese con pazienza che Misty tornasse alla sua postazione originaria. Una volta che Misty ritornò sulla pedana, con in braccio Psyduck, l’arbitro incrociò le bandierine e proclamò l’inizio della terza ed ultima sfida tra Misty ed Alex. La capopalestra di Celestopoli richiamò Psyduck nella sfera Poké e la ritirò, per poi prenderne un’altra. Alex deglutì emozionato: finalmente era giunto il momento di conoscere l’identità di uno dei due guerrieri di Misty! Osservò Dratini e, con un cenno, l’allenatore con gli occhiali fu pronto per riprendere la sfida. Il draghetto saltò in acqua e iniziò a volteggiare felice come una pasqua. Per Dratini era sempre una gioia tuffarsi in acqua e anche in quel momento era allegro. Ash, Laura e Brock, con i loro Pokémon, osservarono contenti il buonumore del Pokémon di Alex. Entrambi erano abbastanza tranquilli, e per l’allenatore di Pokémon più forte al mondo quel sentimento era fondamentale per gestire al meglio una sfida importante.
Misty: -Molto bene, Alex! Finora ci siamo soltanto riscaldati, ma ora è giunto il momento di fare sul serio! Sei pronto?- L’assistente del Professor Oak annuì, leggermente spaventato dalla prepotenza che era presente nella voce della sua avversaria. Misty lanciò la sfera Poké in acqua e finalmente il Pokémon scelto dalla ragazza apparve. Era un Pokémon di colore azzurro, di forma sferica. Aveva una coda che terminava con una punta tonda. La sua espressione era bonaria e traspirava energia da ogni poro. Ash aprì gli occhi stupito: quello era un Marill! Il ragazzo col cappello non si ricordava che la sua amica del cuore avesse catturato anche un Pokémon del genere. Forse era diventato un suo Pokémon durante il periodo tra l’incidente e quel giorno. Alex e Laura esaminarono la natura di quel Pokémon con i loro PokéDex.
“Marill, Pokémon Acquatopo. La punta della coda, contenendo un olio più leggero dell’acqua, lo fa nuotare senza affogare”. La spiegazione del PokéDex lanciò un avvertimento ad Alex: Marill non avrebbe potuto far affogare il suo Dratini, spingendolo verso il fondo della vasca. La punta della coda, infatti, non poteva permettere a Marill di scendere al di sotto di un certo livello sott’acqua. Misty non perse ulteriore tempo ed ordinò a Marill di lanciare un attacco Bollaraggio su Dratini. Alex non si lasciò distrarre e chiese a Dratini di immergersi onde evitare l’attacco offensivo di Marill. Fu la volta di Alex ad ordinare al suo Pokémon di attaccare, e Alex chiese al suo Pokémon drago di lanciare un attacco Azione. Dratini riapparve e a tutta birra si lanciò verso Marill. Il Pokémon acqua saltò come una molla e si tuffò dall’altra parte della piscina e Misty ne approfittò per lanciare un nuovo attacco contro il suo avversario.
Misty: -Vai, Marill! Colpiscilo con un attacco Rotolamento!- Sbalordito, Alex vide il Pokémon di Misty letteralmente fare delle giravolte sul pelo dell’acqua. Era grazie all’olio contenuto nella punta della coda a permettere a Marill di volteggiare sullo specchio, senza infrangerlo. Dratini, preso alla sprovvista, fu colpito e venne allontanato di qualche metro. Alex chiese a Dratini se stesse bene, ed il draghetto annuì con la testa. Brock sorrise ed indicò ai suoi amici il Pokémon di Misty.
Brock: -Guardate! Ha lanciato un attacco Rotolamento senza infrangere il pelo dell’acqua! Pochissimi Pokémon ci riescono, è un attacco molto difficile!- Ash diede ragione a Brock.
Ash: -Stai parlando del Marill della regina dei Pokémon acqua! Non mi stupirei più di tanto se fossi in te!- Laura era molto attenta all’incontro e non diede peso alle parole di Ash e Brock. Osservava con attenzione gli attacchi di Marill e stava elaborando qualche strategia per poter sopraffare il Pokémon di Misty. Anche la Dratini di Laura teneva gli occhi incollati alla sfida. Alex, nel frattempo, ordinò a Dratini di usare l’attacco Avvolgibotta su Marill, il quale aveva ancora in attivo l’attacco Rotolamento. Il ragazzo con gli occhiali conosceva quel tipo di attacco e il Professor Oak glielo aveva spiegato: più l’attacco Rotolamento persisteva in un combattimento, più esso diveniva potente, ogni turno che fosse passato. Era giunto il momento di mettere a tacere immediatamente quell’attacco pericolosissimo e Dratini, infatti, si era avviluppato contro il corpo di Marill, obbligandolo a fermarsi. Dratini e Marill rimasero incollati l’uno contro l’altro ed Alex approfittò della situazione per lanciare Dratini in un attacco Azione. Il draghetto si scansò da Marill e partì a tutta carica contro il Pokémon di Misty. La ragazza diede chiare delucidazioni a Marill su come affrontare quell’attacco diretto.
Misty: -Marill! Schiva e poi colpisci Dratini con un attacco Azione!- Marill si sottrasse per un capello all’attacco di Dratini e si avvantaggiò del fatto che il suo avversario desse le spalle. Colpì Dratini da dietro e il Pokémon drago andò a sbattere contro la parete della vasca. Laura strinse i denti ed osservò preoccupata le condizioni di salute del Dratini di Alex. Non parevano molto buone in quel momento.
Laura: -Ahi, che botta… dopo quel colpo chissà cosa succederà!- Ash sorrise e guardò la sua allieva. Laura incrociò il suo sguardo e notò solo sicurezza ed ottimismo. Poi osservò Pikachu e notò che il Pokémon elettrico era abbastanza tranquillo e sereno.
Ash: -Laura… non ti preoccupare, le cose stanno andando molto bene, per ora! Alex ce la farà, vedrai!- Se Ash aveva fiducia in Alex, voleva dire soltanto una cosa: il suo amico avrebbe vinto l’incontro. Alex, sul campo di battaglia, osservò il suo Dratini e notò con sollievo che il suo Pokémon era ancora in grado di combattere. Ritenne che fosse giunto il momento di sfoderare l’asso dalla manica, il nuovo attacco appreso durante l’allenamento notturno con il Pokémon di Ash. Non ci pensò due volte e chiese a Dratini di lanciarsi nel suo nuovo attacco.
Alex: -Vai, Dratini! Usa l’attacco Tornado! Ora!!- Brock e Laura sgranarono gli occhi stupiti: non si aspettavano che Dratini avesse imparato quella mossa. Lo stesso sentimento ebbe Misty, non riuscì a trovare un contrattacco per evitare che Marill venisse colpito dal nuovo attacco di Dratini. L’acqua della piscina, come per incanto, iniziò a sollevarsi e affluì in un unico punto. Si sollevò ed iniziò a vorticare a senso orario. Marill finì dentro al vortice e girò su se stesso per un tempo che gli amici di Alex ritennero infinito. Misty osservò la scena meravigliata e spaventata nello stesso tempo, ma Alex aveva finalmente la vittoria in pugno.
Alex: -VAI DRATINI! ATTACCO AZIONE!!- L’uragano d'acqua smise di esistere in un secondo e l’acqua della piscina si riversò nuovamente nella vasca, scrosciando come se ci fosse stata una cascata. Marill, invece, continuava a girare su se stesso in aria e Dratini, con un balzo, colpì in pieno il Pokémon d’acqua, stordendolo. Marill volò fuori dal campo di battaglia e Misty lo acchiappò al volo. Niente da fare, Marill era svenuto. Senza tanti complimenti Steve sollevò la bandierina rossa e, con chiare e poche parole, diede la vittoria a Dratini.
Steve: -Poiché Marill non è più in grado di combattere, assegno la vittoria per K.O. a Dratini e Alex si aggiudica l’incontro!- Nella sala scese il silenzio più profondo. La strana quiete si prolungò per diversi secondi, ma essa fu rotta da un grido di felicità. Quel grido lo aveva lanciato Laura.
Laura: -SIIII’! ALEX HA VINTO!- Ash, Brock e Laura si alzarono all’unisono ed applaudirono Alex per la sua vittoria di misura. Alex era ancora bloccato sulla pedana e stava osservando Dratini. Il Pokémon drago immerso nell’acqua della piscina osservava il suo allenatore, ed entrambi erano ancora agitati. La confusione del momento, però, lasciò ben presto spazio alla gioia e all’incredulità. Avevano sconfitto Misty, Alex si era aggiudicato la Medaglia Cascata! Aveva ragione Laura, il sogno non c’entrava nulla, era causato solamente da una stupida fobia di Alex. Aveva dimostrato sul campo che i suoi Pokémon erano in grado di fronteggiare qualsiasi palestra, sfidare qualsiasi Pokémon, vincere qualsiasi medaglia, percorrere qualsiasi paese. Alex non percepiva più la paura dell’inesperienza, in quel momento sentiva i suoi vecchi problemi ormai alle spalle. Alex ne era certo: la vittoria contro Misty era l’inizio di una nuova vita e di un’amicizia infinita per i Pokémon.

Nel prossimo capitolo...
Ora che Alex ha vinto la Medaglia Cascata, tocca a Laura sfidare Misty per la conquista della seconda medaglia! Un avvenimento infausto, però, condizionerà la gara e la vita di un Pokémon. Di che cosa si tratta? Lo si scoprirà solo nel prossimo capitolo! Ciaoooo! ^__^

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Capitolo 18
*** 17 - Tocca a te, Laura ***


Riassunto del capitolo precedente...
Misty è tornata nella palestra di Celestopoli ed ha sfidato Alex perchè questi si decidesse finalmente a scendere in campo per la conquista della Medaglia Cascata. Dopo qualche iniziale tentennamento, il nostro amico riesce a prendere il pallino della situazione e trionfa contro Misty! Ora tocca a Laura: riuscirà anche lei a sconfggere Misty ed a conquistare la seconda medaglia della regione di Kanto?


Ash, Brock e Laura scesero dalle gradinate per mezzo delle scale a pioli color bianco oro, seguiti dai loro Pokémon. I tre ragazzi raggiunsero ben presto l’ancora incredulo Alex e gli posero le loro più sentite congratulazioni. Laura, però, teneva il broncio e Alex lo notò. La indicò ridendo, e la figlia dei Ferguson aggrottò leggermente le sopracciglia vedendosi quel dito puntato contro.
Alex: -Perché fai il muso? Sei rimasta colpita dalla bravura dei miei Pokémon? Ah! Ah!- La ragazza dai capelli castani strinse i denti e scosse la testa, leggermente arrabbiata per il fatto che il suo Dratini avesse imparato una mossa a sua insaputa. Glielo fece notare, con un poco di stizza nel tono della sua voce e, nel frangente, intervenne Ash a placare gli animi. Con una risata il maestro dei Pokémon spiegò alla ragazza come Dratini avesse imparato l’attacco Tornado dopo l’impegnativo allenamento notturno contro Natu. La ragazza dagli occhi verdi incrociò le braccia al petto e guardò da un’altra parte, leggermente offesa.
Laura: -Grazie tante per non avermi avvisata! Mi avete tenuta all’oscuro di tutto fino a questo momento!- Al contrario della sua allenatrice, la Dratini era invece entusiasta per come fossero andate le cose nel combattimento. Il Dratini di Alex, seppur spossato, ringraziò la sua amichetta con un certo fare energico, tanto da far perdere l’equilibrio al suo allenatore (ricordo che Dratini è sempre appollaiato sulla spalla di Alex! NdA). Misty giunse proprio in quell’istante accompagnata dall’arbitro Steve e la capopalestra di Celestopoli teneva in mano una scatola color viola. Alex la osservò per un certo periodo di tempo, poi vide che Misty stava aprendo quella scatola. All’interno la scatola era riempita da una sorta di gommapiuma, dove al centro troneggiava un piccolo oggetto a forma di goccia, completamente azzurro. Brock sorrise ed osservò meglio quell’oggetto.
Brock: -Fantastico, Misty! È più bella di quanto potessi immaginare!- Misty espresse un dolce sorriso al complimento dell’allevatore di Pokémon.
Misty: -Ti piace, vero? In queste ultime settimane mi sono data da fare per migliorare l’aspetto estetico della Medaglia Cascata! E, come puoi vedere, ci sono riuscita!- Ad Alex venne meno il fiato: quella goccia appoggiata sulla gommapiuma era in realtà l’ambita Medaglia Cascata di Celestopoli! Osservò Misty avvicinarsi verso di lui e porgergli la scatoletta viola, contenente il trofeo della palestra di Celestopoli. Con una mano tremante, Alex prese la medaglia e poi la rimirò estasiato. Era sì a forma di goccia, ma se la si sottoponeva ad un raggio di luce, la medaglia risplendeva di mille colori, come se dentro ci fosse un arcobaleno. In preda all’euforia Alex si mise a saltare come un bambino e a correre a destra e a sinistra della palestra. Gli altri lo osservarono dapprima stupiti per quella reazione, poi felici.
Alex: -EVVIVA!! La mia seconda medaglia!! È fantastico!!- Ash in quel momento si sentì molto più sollevato e contento di avere svolto un lavoro brillante. Vedere il suo allievo allegro e vincente era dopotutto il suo compito, ma anche un suo orgoglio personale. Sentiva che nel profondo del suo animo aveva compiuto una buona azione, e questo sentimento sarebbe diventato ancora maggiore se anche Laura avesse proseguito per quella strada. Tutto stava andando secondo i piani e ben presto i suoi allievi avrebbero potuto accedere alla Lega Pokémon di Kanto! Ma era ancora presto per dire una cosa del genere, erano a malapena a Celestopoli e ci sarebbero state ancora cinque palestre da affrontare (sei per Laura, per il momento) prima di accedere alla Indigo Plateau della regione di Kanto. Misty ruppe il filo dei pensieri di Ash con una risata allegra. Era un piacere sentirla ridere in quel modo, ancora una volta, dopo tanto tempo.
Misty: -Caspita, il Tornado del tuo Dratini è davvero strepitoso, Alex! Se continui ad allenare il tuo Pokémon di questo passo, ben presto Dratini potrebbe smuovere una montagna!- Alex, fermata la sua cavalcata di felicità, ridacchiò e si grattò la testa leggermente imbarazzato. Così fece il suo Dratini.
Alex: -Eh, eh, mi sembra un po’ difficile, però!- Laura era di tutt’altro sentimento in quel momento, non condivideva affatto il buonumore dei ragazzi presenti nella stanza della piscina. Era concentrata unicamente alla sua prossima sfida contro Misty. Aveva osservato le mosse dei Pokémon della capopalestra di Celestopoli ed analizzato la loro forza fisica: i suoi Pokémon avrebbero potuto cavarsela egregiamente. L’unico problema, però, era dovuto al fatto che Sandshrew non si sarebbe trovato bene in acqua, il Pokémon era di tipo terra. Laura ci aveva riflettuto durante lo scontro tra Marill e Dratini. Forse era giunto il momento di catturare qualche Pokémon esclusivo… la voce di Misty catturò nuovamente la sua attenzione. La vide nuovamente in acqua a fare alcune bracciate. I suoi movimenti erano molto eleganti e sembrava di essere al cospetto di una vera e propria sirena. Laura fu così ammaliata nell’osservarla che per un certo periodo di tempo si dimenticò completamente delle strategie che aveva appena elaborato. A rompere quell’incantesimo, però, fu Brock, il quale stava conversando con Ash a voce abbastanza alta perché lo potessero sentire tutti.
Brock: -Che ne dici, Ash, il combattimento tra Misty e Laura si potrà disputare oggi pomeriggio?- Il maestro di Pokémon annuì e poi sorrise. Osservò Misty uscire dall’acqua con un salto ed atterrare con dolcezza sul pavimento che a prima vista sembrava molto scivoloso. La ragazza fu entusiasta dell’idea avuta da Brock e chiese a Steve di ripresentarsi nel pomeriggio all’ora convenuta. Misty guardò Laura e poi le rivolse un sorriso.
Misty: -Ehi, Laura, ti dispiacerebbe se posticipassimo la sfida? I miei Pokémon devono ricaricarsi…! Ti va per le tre?- La ragazza annuì, sorridendo a sua volta. Avrebbe avuto tempo per affinare le tecniche di combattimento dei suoi Pokémon e, forse, per catturare un nuovo Pokémon! Ma questo elemento avrebbe dovuto essere una sorpresa, quindi Laura, per il momento, non disse nulla. Alex, ancora al colmo della felicità, stava abbracciando il suo Dratini e gli altri due Pokémon invocati. Li abbracciò tutti in una sola volta.
Alex: -Ragazzi, siete stati magnifici! Abbiamo vinto grazie al duro lavoro che abbiamo fatto in questi giorni!- Poi guardò Weedle, il quale rimase perplesso dalla profondità dello sguardo del suo allenatore. Il ragazzo con gli occhiali accarezzò la testa del Pokémon coleottero e gli diede una Pokémella all’ananas.
Alex: -Tu, Weedle, ti sei mostrato coraggioso! Il tuo coraggio mi ha permesso di andare avanti, sei stato bravissimo!- Weedle, in preda alla contentezza, si buttò sul suo allenatore e gli riservò un sacco di baci ed abbracci. Anche a Dratini e a Pidgey vennero date delle Pokémelle. Misty, dall’altra parte della stanza, stava borbottando qualcosa di incomprensibile e Brock cercò di capire cosa stesse dicendo avvicinandosi un poco.
Misty: -Io non capisco cosa ci trovi di così magnifico in un Pokémon coleottero…- L’allevatore di Pokémon tentò di rincuorarla e Misty, poco dopo, si sentì meglio. Ash richiamò l’attenzione di tutti con un battito delle mani e, una volta ottenuta, iniziò a parlare.
Ash: -Ragazzi, statemi a sentire! Che ne direste se andassimo al ristorante che si affaccia proprio sul mare? Sì, quello andando verso il boschetto che conduce al TunnelRoccioso!- Tutti furono concordi e, con somma gioia di Ash, anche Misty. Sembrava davvero contenta della decisione di Ash, ed il ragazzo col cappello ne fu felice. Forse era giunto il momento di una riconciliazione, perché non approfittare del momento? L’unica a distruggere quel momento di serenità fu Laura, che con un secco rifiuto respinse la proposta di Ash.
Laura: -No, io non vengo con voi, vorrei allenarmi un po’ in vista della sfida con Misty!- Brock, perplesso, tentò di far cambiare parere alla ragazza, ma la figlia dei Ferguson scosse la testa più volte, leggermente arrabbiata. Ash sorrise e fece desistere il suo amico allevatore da ogni vano tentativo di far cambiare idea a Laura.
Ash: -Lasciala stare… immagino che avrà lo stomaco chiuso… vero, Laura?- Laura annuì e poi osservò Misty, la quale a sua volta stava osservando sia la ragazza che il suo Pokémon.
Laura: -Allora è deciso… ci rivedremo alle tre!- Laura girò i tacchi e si allontanò velocemente dalla palestra di Celestopoli con la sua Dratini, ancora più determinata della sua allenatrice. Pikachu era leggermente preoccupato per la reazione di Laura, ma Ash gli diede conforto immediatamente con una sonora risata.
Ash: -Stai tranquillo, Pikachu… ormai conosco abbastanza bene Laura, so che ci riserverà qualche sorpresa!- Alex controllò l’ora sul suo orologio da polso e si accorse che erano già le dodici suonate. La mattinata era passata così in fretta che il ragazzo con gli occhiali non si era minimamente accorto dello scorrere del tempo. Il brontolio dello stomaco confermò il periodo della giornata attuale: era ora di mettere qualcosa sotto i denti! Così Alex, Dratini, Ash, Pikachu, Brock, Bulbasaur e Misty decisero di andare immediatamente verso la spiaggia, destinazione ultima il ristorante. Lasciarono la palestra e Misty chiuse il tutto a chiave dopo avere spento le luci della palestra. Misty e Brock si erano distratti solo un momento per non vedere più Ash ed Alex. Si erano letteralmente dileguati, erano spariti dalla circolazione ed alla vista dei due ragazzi. Misty si guardò attorno stupita, ma Brock aveva già capito dove fossero andati a finire i loro amici.
Brock: -Immagino che staranno facendo a gara per chi deve arrivare per primo al ristorante!- E rise di gusto. Anche Misty rise e la ragazza scosse la testa. La capopalestra di Celestopoli non aveva bisogno di cambiarsi d’abito, poiché nel giro di tre ore avrebbe dovuto nuovamente combattere in palestra. Decise di andare al ristorante così, in costume, anche altra gente si recava a quel ristorante in costume da bagno.
Misty: -Che Ash fosse un ingordo me lo ricordo perfettamente, ma anche Alex…! Si vede anche lontano un miglio che sono maestro ed allievo! Spero solo che l’allievo non superi il maestro in fatto di ingozzamento, altrimenti sai il conto come diventa salato!- E con una risata i due ragazzi procedettero con calma verso il ristorante sul mare.

Alle tre in punto le porte della palestra si aprirono nuovamente per accogliere una nuova sfida alla capopalestra di Celestopoli. Laura, con i vestiti sporchi di terra e fango, aveva uno sguardo risoluto e determinato. Aveva allenato duramente i suoi Pokémon in quel misero arco di tempo, ma ciò fu sufficiente per affrontare con lucidità i guerrieri di Misty. Ash ed Alex, invece, avevano combattuto al ristorante su chi avesse lo stomaco più grande e ad averla spuntata fu l’allenatore col cappello, tanto per cambiare. Al ristorante gli amici si erano fatti una scorpacciata di pesce alla griglia, specialità locale, ed i Pokémon vennero sfamati con cibo piccante. La cucina della città di Celestopoli era famosa infatti per la preparazione di piatti molto pepati e Pikachu l’aveva scoperto quando ormai si era rimpinzato per benino. Per un quarto d’ora infatti aveva galoppato per le sale della tavola calda sputando fiamme dalla sua bocca e ci volle l’intervento di Pelipper per spegnere i bollori del Pokémon elettrico. Oltre a questo inconveniente, l’atmosfera instaurata tra i ragazzi fu molto buona. Ash e Misty dialogarono senza particolari problemi e con la mediazione di Brock e di Alex il pranzo continuò sereno, liscio come l’olio. Quando i ragazzi giunsero alla palestra videro una Laura sfinita e consumata dal frenetico allenamento di tre ore consecutive. Sullo stesso avviso era anche il Pokémon drago. Ash la osservò per un certo istante, ma non osò pronunciare sillaba. Dopotutto era stata una decisione della sua allieva allenarsi in vista del combattimento con Misty. Misty sorrise osservando la risolutezza brillare negli occhi della sua sfidante.
Misty: -Posso constatare che per questo combattimento disporrai tutt’altro atteggiamento dimostrato invece dal tuo amico con gli occhiali, vero?- Alex, leggermente risentito dal commento di Misty, volle controbattere, ma uno sguardo da parte di Ash bastò per far tacere il ragazzo con gli occhiali. Laura annuì e correndo come una disperata si piazzò sulla pedana, al bordo della piscina. Steve era già stato richiamato e stava nella sua posizione in mezzo alla piscina. Ash, Brock ed Alex, insieme ai loro Pokémon, si accomodarono sulle gradinate e rimasero in attesa che Misty raggiungesse la sua postazione. Una volta che Misty arrivò dall’altra parte della piscina, Steve iniziò a parlare e ad estrarre le bandierine colorate dalle tasche.
Steve: -In questa sfida si fronteggiano la capopalestra di Celestopoli, Misty, e Laura Ferguson, proveniente da Plumbeopoli! Vi ricordo che per questo combattimento è consentito l’uso di tre soli Pokémon, si possono mettere in campo da soli o in coppia! Soltanto lo sfidante avrà la possibilità di ritirare anzitempo il proprio Pokémon dal combattimento, senza subire penalty! Il campo, come vedete, è la piscina stessa! L’uscita dall’acqua di uno dei Pokémon è indicata come un abbandono della sfida da parte del Pokémon stesso! Quindi in campana e non uscite dai bordi della piscina! Bene, detto questo – incrociò le bandierine – possiamo dare inizio al combattimento!- Ed alzò le braccia, portando al cielo le aste colorate. Misty sorrise malignamente ed osservò la sua avversaria dritta negli occhi. Laura sostenne lo sguardo della capopalestra di Celestopoli ed afferrò una sfera Poké dalla cintura dei suoi pantaloni.
Misty: -Voglio proprio vedere che cosa riuscirai a combinare ridotta in quello stato pietoso! Ma almeno hai mangiato qualcosa?- Laura preferì non rispondere al quesito di Misty e lanciò immediatamente la Poké Ball in acqua. Il Pokémon che uscì fuori dalla sfera Poké fu Poochyena, il quale con qualche difficoltà tentava di rimanere a galla nuotando con le zampe anteriori. Brock osservò la scena e aggrottò leggermente le sopracciglia.
Brock: -Osservate… Poochyena non mi sembra un gran nuotatore… può darsi che questo inconveniente sia determinante per una facile vittoria per Misty!- Ash ridacchiò e scosse la testa, massaggiandosi lo stomaco soddisfatto. Aveva mangiato per cinque persone, secondo un “modesto” parere dell’ex capopalestra di Plumbeopoli.
Ash: -Ah, l’importante è la sostanza, non la forma! Non lasciarti ingannare da ciò che vedi, gli attacchi sono più importanti di una nuotata elegante!- Misty non perse tempo e lanciò la sfera Poké in acqua a sua volta. Il Pokémon chiamato in causa fu Marill ed Alex rimase sorpreso da ciò. Anche Dratini rimase spiazzato dalla decisione di Misty, entrambi erano convinti che Misty avrebbe iniziato l’incontro con l’inseparabile Starmie. Poi, tutto ad un tratto, la risposta a quell’angosciante quesito venne in mente, chiara come la luce del sole.
Alex: “Ma certo! Il Rotolamento di Marill è veloce e molto potente! Poochyena è molto goffo in acqua, non riuscirà mai ad evitare le offese del Pokémon di Misty in tempo!” Laura fu la prima ad iniziare le danze. Chiese a Poochyena di lanciarsi contro Marill con un attacco Azione. Il cane, alla bell’e meglio, si avvicinò al Pokémon acqua, ma la rapidità di Marill superava ogni umana immaginazione. Gli attacchi di Poochyena, anche se a prima vista sembravano potenti, non riuscirono neppure a scalfire il Pokémon di Misty, che nel frattempo acquistava sempre più velocità. Laura aveva previsto questo particolare esaminando il duello tra Dratini e Marill nella sfida precedente e sapeva che Misty, ben presto, avrebbe ordinato al suo Pokémon di sfoderare l’attacco Rotolamento per affondare con facilità il Poochyena di Laura. Misty, infatti, non aveva perso tempo ed aveva chiesto al suo Pokémon di lanciarsi proprio in quell’attacco. Marill iniziò a vorticare su se stesso sul pelo dell’acqua, elegantemente. Iniziò a girare intorno alla piscina dapprima con giri molto larghi e lenti, poi in pochi istanti i giri divennero molto veloci e stretti e Marill si proiettò proprio verso Poochyena. Dagli spalti Alex si era alzato in piedi, col cuore in gola, per vedere meglio la situazione sul campo di battaglia, ma Ash lo afferrò per la maglia e lo fece sedere nuovamente.
Ash: -Rilassati! Laura sa cosa deve fare per rispondere adeguatamente a questo tipo di attacco! Ti ha già visto in azione, no? Quindi resta seduto e goditi lo spettacolo!- Alex osservò meravigliato il suo maestro. Aveva in corpo una capacità di rasserenarsi in qualsiasi scontro tra Pokémon. Nelle diatribe tra esseri umani si mostrava intrattabile e poco incline al dialogo, ma quando si trattava di Pokémon, Ash si trasformava in un vero e proprio saggio traboccante di cultura e prodigo di consigli. Se fosse stato così anche nel campo delle amicizie, Ash sarebbe stato il ragazzo più straordinario del mondo. Le grida di Laura catturarono immediatamente l’attenzione di Alex sul campo di battaglia ed i ragazzi osservarono il Pokémon di tipo Buio saltare dall’acqua come se fosse stato scagliato da un lanciamissili. Misty guardò attentamente il Pokémon avversario e notò che il suo punto di atterraggio sarebbe venuto a coincidere proprio sul luogo in cui Marill sarebbe dovuto passare. Valutò un cambio di strategia improvviso e decise di metterlo in atto proprio nel momento in cui Poochyena stava per saltare al collo di Marill con un potentissimo Morso.
Misty: -Marill! Immergiti nell’acqua e poi colpisci Poochyena con un attacco Bollaraggio!- Il Pokémon acqua subito si inabissò, giusto in tempo. Poochyena, infatti, stava per tuffarsi in acqua e mordere l’avversario, ma il cane mancò per un soffio il suo avversario. Marill, a causa dell’olio contenuto nella sua coda, riemerse quasi subito e approfittò della velocità di riemersione per dedicare più forza al suo attacco. Il risucchio dell’acqua, inoltre, consentì al Pokémon di saltare un po’ più in alto per dare maggiore influenza al Bollaraggio. Decine di bolle multicolori fuoriuscirono dalla bocca di Marill, talune piccole, altre molto grosse, tutte proiettate verso Poochyena, il quale stava tentando disperatamente di schivare la mossa del suo avversario. Laura, spaventata dal cambio di strategia improvviso, strillò al suo Pokémon di immergersi a sua volta, ma l’attacco andò a segno in ogni caso.
Laura: -Poochyena! No!!- Misty: -Bene, Marill, continua così!- Alex strinse i pugni attorno la ringhiera che delimitava le gradinate dal piano di sotto. Si era nuovamente alzato in piedi ed era angosciato più che mai per l’incontro. Più di una volta Ash aveva chiesto al suo allievo di calmarsi e sedersi, ma il ragazzo con gli occhiali non riusciva a placare il suo animo. Sembrava che il Marill di Misty fosse più forte in quell’istante rispetto allo scorso incontro. Poochyena, sfortunatamente, stava avendo la peggio. Alex fu assalito da mille pensieri riguardo la sfida tra Laura e Misty e iniziò a proporsi delle statistiche sulla vittoria della sua amica contro la capopalestra di Celestopoli. Si guardò le mani, le quali serravano con forza il corrimano.
Alex: “Di questo passo Poochyena rischia di venire sconfitto. Se Laura non decide di cambiare tattica, Marill potrebbe vincere! Misty potrebbe invocare il suo quarto Pokémon, il quale è ancora sconosciuto a tutti noi! Poi c’è la questione Sandshrew… è un Pokémon di terra, dubito fortemente che riuscirà a combattere con questa umidità! Dratini non ce la potrà mai fare da sola, e…” Una brusca tirata, particolarmente forte data alla maglia, obbligò Alex a sedersi. Con ancora la mente occupata dai pensieri osservò chi gli aveva appena strattonato la maglia e scoprì che quel tizio era Ash. Sembrava corrucciato nei confronti del suo allievo e sia Alex che Dratini rimasero imbambolati da quello sguardo severo.
Ash: -Alex, quante volte te lo dovrò ripetere? Stai tranquillo ed osserva il combattimento! Non credo proprio che da qui tu possa fare qualcosa!- Alex annuì, sbuffando. Ash aveva ragione, lui non avrebbe potuto fare nulla dagli spalti. La battaglia era unicamente di Laura, lei avrebbe dovuto cavarsela e sbrogliarsela. Poi, tutto ad un tratto, gli venne da ridere. Non era per caso la ragazza dagli occhi verdi ad avere i Pokémon meglio allenati di quelli di Alex? Non era forse vero che i Pokémon di Laura avevano più esperienza di quelli del ragazzo con gli occhiali? Se la risposta fosse senza orma di dubbio positiva, perché Alex era in pena per il Pokémon della sua amica? Laura sarebbe uscita vincitrice da quella sfida, e che diamine! Poochyena, infatti, era riuscito a sopravvivere al forte attacco di Marill ed era pronto per un nuovo affronto. Laura riacquistò la lucidità persa per qualche istante e predispose il suo Pokémon per un nuovo attacco.
Laura: -Vai, Poochyena! Nuota verso Marill, che è ancora in aria, e colpiscilo con attacco Azione!- La corporatura di Marill era di costituzione leggera, l’attacco Bollaraggio aveva fatto sollevare il Pokémon ancora più in alto dalla posizione in cui era. Marill avrebbe impiegato un po’ di tempo prima di rituffarsi nuovamente in acqua, Poochyena ne avrebbe potuto approfittare. Misty si accorse di quel dettaglio ed ordinò a Marill di spostarsi con un altro attacco Bollaraggio. Marill era proprio sulla rotta di collisione con Poochyena, il Pokémon buio era già balzato fuori dall’acqua per colpire il suo avversario con un potente attacco Azione. La potenza dell’attacco Bollaraggio, però, permise a Marill di evitare per il rotto della cuffia l’attacco di Poochyena. Misty, in preda all’euforia per l’attacco mancato di Poochyena, strinse i pugni soddisfatta.
Misty: -Sì, sì, vai così, Marill!- La contentezza di Misty, però, le fece dimenticare un piccolo dettaglio. Fu troppo tardi per rimediare, l’attacco Bollaraggio aveva spinto Marill al di fuori della piscina, ovvero del campo di battaglia. Quando si accorse del rischio che Marill avrebbe potuto correre, il suo Pokémon era ormai fuori dalla vasca, seduto in terra, ansimante per avere impiegato molta energia per il Bollaraggio. Anche Poochyena, troppo sbilanciato a destra nel tentativo di colpire Marill, cadde fuori dalla vasca. Ash, Alex, Brock ed i loro Pokémon osservarono attoniti l’esito della prima sfida tra Misty e Laura: era un pareggio! Steve inctrociò le bandierine con un piglio molto deciso e proclamò senza esitazioni il pareggio nel primo combattimento. Misty esplose a ridere quando Marill tornò dalla capopalestra. Anche Poochyena era tornato dalla sua padroncina, con lo sguardo mesto. Laura accarezzò dolcemente il suo Pokémon sulla testa e Poochyena si scrollò di dosso l’acqua che impregnava il suo scuro pelo. Misty: -Incredibile! Eravamo entrambe concentrate ad eseguire i nostri attacchi che ci siamo dimenticate della limitatezza del campo di battaglia! Come è strano a volte, il caso!- Laura dovette constatare che la sua avversaria ebbe ragione. Laura era così impegnata a colpire il Pokémon nemico che per un certo periodo di tempo l’allenatrice non si era più preoccupata di guardarsi attorno, di estendere la vista e la ragione. La sua disattenzione avrebbe potuto degenerare in una sconfitta per la figlia dei Ferguson, in quell’occasione l’allenatrice se l’era cavata anche a buon mercato. La ragazza sorrise al suo Pokémon e lo richiamò nella sua Poké Ball.
Laura: -Hai fatto un ottimo lavoro, Poochyena! Bravissimo!- Anche Misty ritirò il suo Pokémon e la Poké Ball a sua volta nella cintura. Estrasse da quest’ultima una nuova Poké Ball e la lanciò verso l’acqua, con un fare vincente. Ash conosceva quello sguardo limpido e sereno: Misty era intenzionata a fare sul serio contro la sua rivale, e non avrebbe concesso sconti. Il Pokémon della capopalestra di Celestopoli fece la sua comparsa e, con sorpresa di tutti, quel Pokémon era l’unico rimasto sconosciuto ai ragazzi fino a quel momento. Alex e Laura afferrarono immediatamente i loro PokéDex ed esaminarono quel Pokémon color rosso fuoco.
“Krabby, Pokémon Granchio. Se si sente in pericolo, si circonda di bolle che produce con la bocca per sembrare più grande”. Brock rimase stupito dalla gran varietà dei Pokémon di Misty: durante il viaggio con Ash, la ragazza dai capelli arancioni non aveva mai posseduto Pokémon del genere. Molto probabilmente era intenzionata a diventare l’allenatrice di Pokémon d’acqua più in gamba al mondo. Un obiettivo ambizioso, in ogni caso. Laura non fece attendere più di tanto la sua risposta e chiese alla sua Dratini di entrare in campo per la seconda manche. La draghetta, proprio come il pupillo di Alex, entrò in acqua con un elegante tuffo. Krabby era rimasto a galla, ma si muoveva a destra e a sinistra. Quella danza ritmica fece ben presto perdere le staffe all’allenatrice di Plumbeopoli e, dopo avere attesto con spasmodica attesa il segnale d’inizio da parte dell’arbitro Steve, Laura attaccò immediatamente quel Pokémon.
Laura: -Vai, Dratini! Attacco Avvolgibotta! Ferma quell’irritante Krabby!- Dratini, serpeggiando sul pelo dell’acqua, si indirizzò verso il movente Pokémon acqua. Misty previde quel genere di mossa avventata e ordinò al suo guerriero di evitare l’offesa del Pokémon drago. La danza divenne ancor più frenetica, tanto da confondere Dratini. Sembrava che sul campo di battaglia ci fossero più Krabby che si movessero a sinistra e a destra della sua posizione frontale. Brock strinse i denti e spiegò ad uno sconvolto Alex cosa stesse succedendo in campo. L’allevatore di Pokémon pareva molto perplesso sul riguardo.
Brock: -Krabby ha appena usato un attacco Doppioteam… che strano, però… un Krabby normale non dovrebbe essere in grado di usare un attacco elusivo del genere…- Ash fu concorde con il suo amico di vecchia data ed osservò silenzioso il combattimento. A quanto pareva, i Pokémon di Misty erano fortissimi e disposti di attacchi molto speciali. Dratini, nel frattempo, si era fermata e stava guardando quasi sconvolta il volteggiare di Krabby, il quale era giunto fino ad una velocità inaudita. Gli occhi del Pokémon drago sfortunatamente furono ingannati: in quel momento le parve di vedere ben quattro Krabby, perfettamente immobili. La velocità dell’attacco Doppioteam aveva fatto il suo dovere egregiamente. Laura cercò in tutti i modi di far riprendere la sua Dratini da quello stato di dormiveglia in cui era caduta, ma non ci fu nulla da fare. Quella strana danza era riuscita addirittura a fare assopire il Pokémon della figlia dei Ferguson. Misty approfittò dell’istante di disorientamento della sua avversaria per ordinare a Krabby di passare al contrattacco.
Misty: -Vai, Krabby! Attacco Presa!- Tutto ad un tratto i quattro Krabby svanirono come nebbia al sole e quella strampalata danza cessò di esistere. Dratini riuscì a riprendersi scotendo violentemente la testa, ma di Krabby nessuna traccia. Forse si era inabissato approfittando di quella strana nebbiolina che quella danza scalmanata aveva creato. Dratini si guardò attorno, a destra e a sinistra, ma non riuscì a scorgere il suo avversario. Anche Laura, con il cuore in gola, squadrò il campo di battaglia con rapide occhiate, ma di Krabby neanche l’ombra. Poi, tutto ad un tratto, una sagoma scura si era appena creata sotto ai piedi di Dratini e Krabby fece nuovamente il suo ingresso, arpionando il corpo sinuoso del Pokémon di Laura con una delle sue chele. Impressionati, i ragazzi rimasero a bocca aperta nel notare l’estrema velocità del Pokémon di Misty.
Laura: -DRATINI! NO!!!- La draghetta era stata catturata a puntino: quella presa sembrava micidiale, poiché Dratini era sul punto di avere meno il fiato. Non contento, Krabby utilizzò anche l’altra chela per afferrare con più forza e decisione il suo avversario. Ora lo teneva davanti a sé, con le chele sollevate, pronto a fare del Pokémon drago quello che gli pareva. Laura osservò inorridita le pinze trituratrici di Krabby: sembravano delle cesoie, pronte a tagliuzzare in più parti il corpicino del suo Pokémon. Era giunto il momento di passare alla controffensiva, ma Dratini non poteva certo fare azioni convulse, pena il tagliuzzamento. Misty, sogghignando, si era messa a ballare sul posto e si faceva beffe della sua avversaria. Ash rimase quasi sconvolto dall’atteggiamento della capopalestra di Celestopoli e lo fece notare ai suoi amici.
Misty: -Ta-ta-ta! Mi dispiace, Laura, ma sei caduta nella mia trappola come un’ingenua! Le chele di Krabby sono più potenti di qualsiasi tenaglia! Mi dispiace, piccola, ma temo proprio che dovrai ritirare il tuo Pokémon, se non te lo vuoi ritrovare sbrindellato!- Laura sbottò, aggrottando con forza le sopracciglia. Non poteva finire così, che figura avrebbe potuto farci? Bisognava resistere a quella presa, ma Dratini sembrava sull’orlo dello svenimento. Se al suo Pokémon venissero meno le forze, l’allenatrice poteva considerarsi spacciata. Non c’era scampo per Sandshrew, il campo di battaglia non era certo l’ideale per un Pokémon di terra. Come salvare la situazione? Come permettere a Dratini di sfuggire da quella impugnatura micidiale? Osservò meglio il corpo azzurro della sua draghetta: l’esposizione prolungata all’aria aveva asciugato il suo fisico. Krabby, infatti, aveva trattenuto il suo avversario fuori dall’acqua per un periodo di tempo prolungato. Forse il suo Pokémon non riusciva a liberarsi proprio a causa del suo corpo privo d’acqua sulla superficie. Se Dratini avesse potuto trascinare con sé il suo avversario in acqua, forse c’era ancora una possibilità per svincolarsi. Il corpo di Dratini, una volta inumidito, sarebbe diventato scivoloso come l’olio e le tenaglie di Krabby non avrebbero più potuto trattenere il suo avversario per molto tempo. Laura decise di giocare il tutto per tutto e ordinò a Dratini di passare immediatamente alla controffensiva. Dratini voltò lo sguardo verso Krabby e sfoderò un micidiale Fulmisguardo che per un certo periodo di tempo riuscì a far allentare la presa del suo avversario, seppure di poco. Misty osservò la scena impressionata, mentre Laura era sicura di avere la vittoria ormai in pugno.
Laura: -Vai, Dratini! Ora tuffati in acqua con Krabby e dai libero sfogo all’Ira di Drago!- Dratini non se lo fece ripetere: approfittando del fatto che Krabby era rimasto leggermente stordito dal Fulmisguardo del Pokémon drago, il Pokémon di Laura si inabissò, trascinando con sé il Pokémon granchio. Ash, Brock e Alex rimasero stupiti dal cambio di strategia da parte della loro giovane amica. Era una strategia piuttosto rischiosa, ma a secondo giudizio vincente. I due Pokémon scomparirono alla vista dei ragazzi e per un certo intervallo di tempo non successe nulla di rilevante. Misty e Laura restarono ad osservare bloccate come statue di sale il campo di battaglia spoglio e nessuna disse una parola. Tutto ad un tratto alle orecchie delle due sfidanti giunse un cupo rombo provenire da sotto il livello dell’acqua. Le due ragazze si inginocchiarono sulle pedane per osservare meglio il fondo della vasca e riuscirono a scorgere le sagome dei due Pokémon avvicinarsi nuovamente al pelo dell’acqua. Un ampio boato avviluppò la stanza e una grande esplosione fece schizzare l’acqua da tutte le parti. L’acqua della piscina raggiunse anche gli spalti e inondò gli spettatori presenti sulle gradinate. Laura si era resa conto che la deflagrazione era stata causata dal potente attacco Ira di Drago della sua Dratini e Krabby, suo malgrado, era stato trasportato lontano dal campo di battaglia. Il Pokémon granchio, infatti, era stato scaraventato dal fondo della vasca della piscina al muro stante alle spalle della capopalestra di Celestopoli. Krabby aveva sbattuto violentemente la testa contro la parete ed era svenuto. Dratini, invece era rimasta a mollo nell’acqua della piscina ancora rimanente. Ne era rimasta all’incirca la metà del livello originario. Ash si alzò in piedi e rimase a bocca aperta per un certo periodo di tempo, meravigliato dalla sfolgorante potenza della Dratini di Laura.
Ash: -Ma…! È incredibile! Così tanta potenza…!- Anche Misty era rimasta sbigottita dall’incredibile forza del Pokémon drago della sua avversaria. Era bastato un semplice attacco per scagliare Krabby lontano diversi metri. Steve alzò senza tanti complimenti la bandierina rossa ed assegnò la vittoria a Laura per K.O. Anche Alex e Brock si alzarono dalle gradinate e si misero ad applaudire. Anche Ash e Pikachu, dopo un po’, si unirono all’applauso.
Ash: -Wow! Che potenza, che forza, che energia! Dratini sta andando alla grande!- Brock annuì, sorridendo. Alex era rimasto letteralmente sconcertato dalla travolgente potenza della Dratini della sua amica. Anche se il suo Pokémon aveva appreso una buona mossa Drago l’altra notte, Laura era molto più avanti nella preparazione, questo non c’era dubbio.
Brock: -Di questo passo non dovrebbe avere problemi a sconfiggere anche l’ultimo avversario!- Misty ritirò Krabby nella sua sfera Poké e poi l’osservò, sorridendo.
Misty: -Hai disputato un ottimo incontro, Krabby. Bravo!- Laura, ridacchiando, incrociò le braccia al petto. Dratini era ancora in acqua e stava aspettando con ansia il suo prossimo avversario da battere per ottenere l’ambita Medaglia Cascata per la sua allenatrice. La ragazza puntò poi un dito contro la sua rivale.
Laura: -E chi sarebbe ora l’ingenua? Ora siamo due a uno per me, se non vado errata! Ah! Ah! Ah!- Misty sogghignò ed afferrò una nuova sfera Poké dalla cintura Porta Poké. Attese il via da parte dell’arbitro Steve prima di lanciare la Poké Ball in acqua.
Misty: “Ride bene chi ride l’ultimo, ti aspetta una gran brutta sorpresa…” Ash stava osservando il volto di Misty e iniziò a preoccuparsi. Il suo sorrisetto non prometteva nulla di buono per la sua allieva, forse la ragazza dei Pokémon d’acqua aveva in serbo un terribile asso nella manica a sfoderare in quell’ultima sfida.
Ash: “Forse Misty ha un Pokémon potentissimo che ha lasciato a riposo fino a questo momento… Misty riesce sempre a sorprendermi, ormai la conosco fin troppo bene… quella Poké Ball che tiene in mano potrebbe contenere un Corsola, un Remoraid, Un Mantine, o ancora peggio un Poliwrath, un Blastoise…” Misty sballottò per un certo tempo la sfera Poké prima di lanciarla nella piscina. Osservò perplessa il livello dell’acqua, era sceso di parecchio a causa del potente attacco di Dratini. Misty: “Di certo Laura non potrebbe ordinare alla sua Dratini di usare un attacco Avvolgibotta sul mio Pokémon, per poi inabissarsi ancora una volta e poi utilizzare Ira di Drago… il livello dell’acqua è troppo basso! Stando così le cose…” Lanciò senza pensarci più di tanto la sfera Poké. Il Pokémon apparve sul campo di battaglia e tutti rimasero sbalorditi che il Pokémon chiamato in causa fosse… Psyduck! Laura sgranò gli occhi stupefatta, così come Dratini e tutti gli altri presenti sugli spalti. Misty avrebbe voluto chiudere il match con il Pokémon papero, e ad Alex suonò molto strana la decisione della ragazza dai capelli arancioni. Chiese maggiori delucidazioni a Brock, il quale non si fece attendere più di tanto.
Brock: -Molto probabilmente Misty vuole fare evolvere Psyduck in un Golduck… per far ricordare al suo Pokémon le mosse e gli attacchi, l’unico modo migliore è farlo in un incontro in palestra! Non ti pare? Anche con te ha voluto fare la stessa cosa!- Alex annuì, dando ragione a Brock. Il Pokémon papero, nel frattempo, si era rimesso nuovamente a fare il morto a galla e ad osservare il soffitto, in preda a chissà quali pensieri. Steve diede il via per il terzo incontro e Misty ordinò a Psyduck di attaccare il suo avversario con un attacco Confusione. Il papero giallo si mise in posizione verticale e, con uno sguardo interrogativo, fissò la sua allenatrice. Misty strinse i denti e chiese più volte a Psyduck di lanciare quell’attacco, ma il suo Pokémon sembrava che non stesse ascoltando. Laura non si fece intenerire da quello spettacolino e chiese senza indugio alla sua Dratini di colpire Psyduck con un potente attacco Azione. Serpeggiando, la draghetta arrivò in rotta di collisione e colse nel segno il suo obiettivo. L’impatto fu tremendo, ma il fatto strano fu che Psyduck non si era affatto accorto di nulla, era ancora lì ad osservare intensamente la sua allenatrice. Alex era rimasto basito dalla capacità di incassare gli attacchi da parte di Psyduck.
Alex: -Incredibile! Sembra essere fatto di acciaio, nulla sembra scalfirlo!- Ash annuì e aggrottò le sopracciglia, domandandosi perché Misty avesse scelto Psyduck piuttosto che Starmie. Il Pokémon stella avrebbe svolto un buon lavoro contro Dratini, ma quel papero smemorato non sembrava proprio in grado di contrattaccare. Per il Master dei Pokémon la mossa azzeccata di Psyduck del match scorso era dettata soltanto dalla casualità. Misty continuò imperterrita a chiedere a Psyduck di lanciare un attacco Confusione, ma per tutta risposta il suo Pokémon iniziò a tenersi la testa con le mani, molto perplesso. Laura sentiva di tenere in mano il pallino del gioco ed ordinò a Dratini numerosi attacchi, tranne Ira di Drago. Anche il suo Pokémon era provato dagli attacchi scagliati contro Krabby nel combattimento scorso e non c’era bisogno di infierire più di tanto su quel Pokémon indifeso. Dratini colpì alla schiena Psyduck con un attacco Azione, per poi proseguire lo stesso attacco su fianchi, ventre e faccia. Psyduck sembrava una roccia, nessuna mossa sembrava segnarlo neanche di una virgola. Quando Dratini cessò di bastonare Psyduck con la sua testa, la draghetta ansimò allontanandosi di qualche metro. Laura era letteralmente sbiancata nel notare la straordinaria capacità di resistenza del Pokémon avversario: sembrava tonto, ma in realtà era fortissimo.
Laura: “Qui non si va da nessuna parte… Dratini è molto provata da tutti quegli attacchi, se non cambio tattica alla svelta qui va a finire molto male!” Ecco che accadde un evento inatteso che lasciò a bocca aperta tutti i presenti nella sala della sfida: Psyduck aveva iniziato a strizzare gli occhi ed a serrare la testa con le mani. Sembrava soffrire molto in quel momento, tutti ritennero per un certo momento che l’effetto delle batoste di Dratini iniziò a farsi sentire, seppure in ritardo. Invece no, Misty comprese che il suo Psyduck stava avendo una fortissima emicrania: sintomo che il papero giallo iniziava a ricordare qualcosa. La ragazza dai capelli arancioni non perse tempo ed ordinò a Psyduck di colpire la stanchissima Dratini con un potente Getto d’Acqua. Anche questa volta, però, la disposizione non fu rispettata: Psyduck, tutto ad un tratto furente, si era letteralmente scaraventato contro la sua avversaria. Afferrò Dratini con una zampa e con l’altra iniziò a prenderla a ceffoni, colpendola sia sulla guancia sinistra che sulla guancia destra. Ash, sbalordito, si alzò a sua volta in piedi per osservare meglio il combattimento. Psyduck stava avendo la meglio su Dratini!
Ash: -Incredibile, ragazzi! Psyduck sta usando l’attacco Doppiasberla su Dratini! Evidentemente gli episodi di mal di testa alimentano le probabilità di ricordare le mosse da usare in combattimento!- Quello che stava succedendo sul campo di battaglia dava ragione al pensiero del Master dei Pokémon. Psyduck colpì con foga il suo avversario, più volte, con così tanta forza che alla fine dell’attacco Dratini si sdraiò sul pelo dell’acqua, priva di sensi. Laura sgranò gli occhi sorpresa, non si aspettava un epilogo del genere. Ecco dimostrato che un avversario, per quanto debole potesse apparire, non era assolutamente da sottovalutare. Le onde della piscina, proliferate durante i movimenti dei due Pokémon in acqua, portarono il Pokémon drago dalla sua allenatrice. Laura raccolse Dratini e si sincerò delle sue attuali condizioni di salute.
Laura: -Dratini… oh, Dratini, come stai?- La draghetta aprì gli occhi a fatica. Volle parlare alla sua allenatrice, ma la ragazza dagli occhi verdi non glielo consentì. Le sorrise e l’accarezzò sulla testa con dolcezza.
Laura: -Hai svolto un ottimo lavoro, hai vinto in un incontro! Non potevi fare di meglio, ora riposati e lascia che anche gli altri facciano qualcosa… non vorresti fare tutto tu, vero?- E rise. Solo per quell’occasione Laura ritirò Dratini nella sua sfera Poké per consentire alla sua prediletta di riposarsi e di recuperare le forze in vista di un’eventuale visita al Centro Medico per Pokémon. Dagli spalti, Brock aggrottò le sopracciglia ed osservò l’allieva di Ash in volto. Era sinceramente preoccupato per lei, in quel momento disponeva soltanto di un Pokémon, ovvero Sandshrew. Il campo di battaglia era la piscina, Sandshrew non avrebbe potuto combattere sulla pedana, non era consentito. In acqua il Pokémon terra avrebbe perso gran parte delle sue forze e Psyduck, in quello stato, avrebbe potuto trionfare con facilità. Osservò in seguito Ash, il quale era anch’egli impensierito dall’esito dello scontro.
Brock: -Laura è con le spalle al muro… cosa succederà, adesso?- L’allenatore col cappello scosse la testa, ma poi tornò a sorridere ed incrociò le braccia al petto. Era sicuro del fatto che la sua allieva avrebbe trovato la soluzione per conseguire la vittoria in quel difficile incontro.
Ash: -Lo so, Sandshrew non può combattere in acqua, non è il suo habitat preferito… però ogni Pokémon dovrebbe gareggiare in qualsiasi luogo! Perché un Pokémon sia abbastanza forte, esso deve sapersi destreggiare in ogni situazione che si presenti! Un Pokémon di fuoco dovrebbe lottare in acqua, un Pokémon d’erba nei pressi di un vulcano, un Pokémon d’acqua tra i fili dell’alta tensione! Chiaro il concetto?- Alex annuì, ma gli sembrò comunque impossibile obbligare un Pokémon a combattere in luoghi a lui sfavorevoli. Era tutto controproducente, il Pokémon avrebbe potuto subire ingenti danni con un allenamento del genere. Alex iniziò ad essere in disaccordo con il maestro, ma il tono di voce di Ash fu così sereno e sicuro di sé che il ragazzo con gli occhiali non trovò più il coraggio di dissentire. Nel luogo dello scontro, intanto, Steve aveva annunciato la vittoria per lo Psyduck di Misty ed aveva chiesto a Laura di disporre sul campo il suo prossimo Pokémon. Laura non aveva scelta: era necessario abbattere Psyduck ad ogni costo! Avrebbe voluto preservare la sua sorpresa per un’occasione più ghiotta, ma alla ragazza non era rimasta più altra scelta. Afferrò una sfera Poké dalla cintura Porta Poké ed osservò la Poké Ball ingrandirsi. (Già, perché le sfere Poké possono ingrandirsi e rimpicciolirsi per questioni di spazio! Ve ne sarete resi conto guardando i cartoni animati? NdA) Laura: “E va bene! Ora, o mai più!” Lanciò la Poké Ball verso l’alto. Tutti rimasero a naso in su, convinti di veder apparire Sandshrew. Quando la sfera Poké si aprì e il Pokémon invocato apparve, i ragazzi spalancarono gli occhi meravigliati, più fra tutti Misty. La ragazza dai capelli arancioni indicò quel Pokémon quasi stralunata. Quel Pokémon… volava!!
Misty: -Scusami, Laura… non mi avevi detto di possedere un Pokémon del genere!- Laura espresse un enorme sorriso e la sua espressione, agli occhi di Brock, era tranquilla e serena. Dopo quel sentimento, però, venne lasciato spazio ad un altro ben più noto ad Ash: la concentrazione. Laura era sicura di poter vincere. Alex non considerò quei dettagli ma focalizzò la sua attenzione su quel Pokémon svolazzante. Era di colore rosso, sulla schiena c’erano delle macchie nere e il dorso era di colore marrone chiaro. Aveva delle zampe bianche e il suo volto era bonario. Non poté aspettare oltre, afferrò il PokéDex dalla tasca dei suoi pantaloni ed analizzò la natura di quel nuovo Pokémon di Laura.
“Ledyba, Pokémon Pentastra. È timidissimo. Ha sempre paura di muoversi da solo. Ma in gruppo sa diventare molto attivo”. A giudicare da quel Ledyba, egli era tutt’altro che timido. Si muoveva con disinvoltura, sicuro di sé e del fatto suo. Si mise a svolazzare sulla piscina e si mosse elegantemente, formando un “otto” sulla vasca per la sua lunghezza. Laura rise a crepapelle, appoggiando le mani sui fianchi.
Laura: -Ah! Ah! Non te l’aspettavi, vero? Durante il mio allenamento di poco fa, ho riflettuto parecchio sulla condizione di specie del mio Sandshrew! Il Pokémon è di tipo terra, quindi ho pensato che, se fossi rimasta soltanto con Sandshrew a disposizione, avrei perso il combattimento! E così sono partita alla ricerca di un nuovo Pokémon... il primo Pokémon in cui mi sono imbattuta fu proprio Ledyba! Con Sandshrew lo abbiamo sfidato e poi l'ho catturato!- Ash e Brock furono felici dei progressi della ragazza, ma Alex lo fu ancora di più. Era giunto il momento che anche lui catturasse un nuovo Pokémon. Dopotutto aveva imparato la tecnica di cattura, trovarne uno nuovo non sarebbe stato così complicato. Misty annuì e sorrise anch'ella. distese un braccio dinanzi a lei e sollevò il pollice, chiudendo le altre dita. Fece l'occhiolino alla sua avversaria.
Misty: -Mi complimento con te, Laura! Hai applicato una strategia di combattimento vincente!- Poi strinse i pugni e aggrottò le sopracciglia, pronta al combattimento. Quello avrebbe dovuto essere il loro ultimo incontro e Steve, una volta che la capopalestra di Celestopoli smise di parlare, diede il via al loro ultimo incontro.
Misty: -Bene, Psyduck! Ora che sei in grado di combattere, colpisci Ledyba con un Getto d'Acqua!- Ma il papero non collaborò questa volta: si stava tenendo il capo con le mani e si stava agitando come un forsennato. Il mal di testa sembrava lancinante a prima vista e Psyduck aveva svolto un brillante lavoro fino a quel momento. Misty ritenne di avere preteso un po' troppo dal suo Pokémon, ma Laura non si lasciò ingannare dal momento di debolezza di Psyduck. Brock, nel frattempo, rise e richiamò Misty gridando il suo nome.
Brock: -Ehi, Misty! Ti ricordo che Ledyba è un Pokémon di tipo coleottero!- La ragazza dai capelli arancioni, però, non si lasciò andare in escandescenze come tutti si aspettavano. La capopalestra di Celestopoli sorrise addirittura all'allevatore di Pokémon ed unì le mani, intrecciando le dita.
Misty: -Lo so che Ledyba è un Pokémon coleottero, ma è troppo carino! Forse è l'unico Pokémon coleottero che mi piacerebbe accudire!- Laura non si lasciò intenerire dai commenti positivi di Misty per il suo Pokémon. Lanciò Ledyba all'attacco e non attese oltre. In palio c'era la Medaglia Cascata, non avrebbe permesso che un Psyduck qualsiasi si intromettesse fra lei e la Medaglia!
Laura: -Vai, Ledyba! Colpisci Psyduck con un Cometapugno!- Ledyba smise di colpo di fluttuare sulla piscina e le sue zampe anteriori iniziarono a brillare di luce propria. La luce fu così intensa da riuscire ad abbagliare anche i ragazzi seduti sulle gradinate. Bulbasaur, spaventato da quel bagliore improvviso, iniziò a piangere ma fu subito accudito teneramente da Pikachu e da Dratini. Il colpo di Ledyba fu devastante e fulminante: Psyduck, a causa del contraccolpo, volò dal punto in cui stava a mollo della piscina ed andò ad atterrare contro la parete della piscina, sbattendo violentemente il capo. Misty sgranò gli occhi terrorizzata: l'impatto sembrava piuttosto doloroso per il suo povero Pokémon. Osservò attonita Psyduck riaffiorare sul pelo dell'acqua (nel frattempo si era inabissato) e rimanere sdraiato a pancia in giù. Non si mosse più, rimase immobile per un tempo che per Misty fu lunghissimo. Tutti rimasero in silenzio, in attesa che Psyduck si rialzasse e riprendesse il combattimento. Invece no, il papero giallo rimaneva immobile nella sua posizione innaturale. Laura e Ledyba guardarono con il cuore in gola il Pokémon di Misty, non si aspettavano che un colpetto del genere provocasse un danno così elevato. Misty iniziò a balbettare ed indicò tremando il suo Pokémon.
Misty: -Cosa... cosa succede... Psyduck, come ti senti?- Il Pokémon acqua non rispose. Era ancora bloccato in quella posizione, con il volto immerso nell'acqua della piscina. Psyduck non aveva branchie, aveva un paio di polmoni, lui respirava aria, non acqua! Gridando come un'ossessa, Misty si tuffò in acqua e nuotando più velocemente che poté arrivò ad abbracciare Psyduck. Ash, Brock e Alex osservarono addolorati il susseguirsi della vicenda. Psyduck aveva ricevuto un altro colpo alla testa, forse questa volta fatale. Misty squadrò in preda al panico il suo Psyduck, il quale era svenuto e non dava segno di volersi riprendere. Steve rimase in silenzio, non avrebbe dovuto intervenire dando la vittoria a Laura per K.O. In campo era accaduto un grave incidente.
Misty: -Psyduck... per favore, tesorino, riapri gli occhi...- Nulla da fare, Psyduck non collaborava. Misty appoggiò il suo orecchio sul ventre di Psyduck per ascoltare il battito cardiaco e la respirazione. Per fortuna Psyduck respirava ancora, ma probabilmente aveva inalato parecchia acqua quando era rimasto con la testa a mollo. Laura, con un forte senso di colpa che le attanagliava le viscere, ritirò Ledyba nella sfera Poké e si tuffò lei stessa in acqua. I tre ragazzi sugli spalti si alzarono in piedi all'unisono e osservarono stupiti la loro amica tuffarsi in acqua e raggiungere Misty. La ragazza dai capelli arancioni era così concentrata sul suo Pokémon che non degnò di uno sguardo la sua avversaria.
Laura: -Misty, mi dispiace, io...- Misty non ascoltò le scuse di Laura e continuò invece a parlare a Psyduck, con la voce rotta dal pianto.
Misty: -Psyduck... per favore, riprenditi... non fare così...- Si voltò di scatto verso l'arbitro, il quale era rimasto congelato nella sua posizione. Il volto della capopalestra di Celestopoli era già segnato dalle lacrime, le quali iniziarono a scendere copiosamente. Ash riuscì a vederla in volto e quelle lacrime per il Master dei Pokémon furono un vero e proprio pugno allo stomaco.
Misty: -STEVE!! Che cosa stai facendo lì imbambolato, chiama un'ambulanza!!!- L'arbitro, finalmente ripresosi dallo shock, annuì e si schiodò dalla sua postazione. Iniziò a correre verso l'uscita alla ricerca del telefono più vicino. Laura osservò stupita la parte superiore della testa di Psyduck: presentava un bernoccolo, ora diventato molto rosso e molto gonfio. Aveva già notato quel bernoccolo in precedenza, forse era lo stesso ricevuto dalla mazzata di qualche tempo prima, durante lo scontro tra Pidgeot e Charizard. Ash, Brock e Alex, seguiti dai loro Pokémon, scesero le scale color bianco oro e si avvicinarono velocemente alla piscina. Ash iniziò a gridare anch'egli come un isterico, tentando di richiamare l'attenzione della sua amica.
Ash: -MISTY! Togliti dall'acqua, così non fai che peggiorare la situazione! Mettiamo Psyduck sul pavimento, poi proviamo a farlo rinvenire!- Troppo era il dolore di Misty per Psyduck, la ragazza non riusciva più ad ascoltare le frasi dei suoi amici. Continuò ad ascoltare il battito cardiaco del suo Pokémon: continuava a rallentare, senza sosta. In preda ad una crisi senza precedenti, Misty iniziò a gridare dalla disperazione ed abbracciò il papero giallo, tenendolo stretto al petto.
Misty: -PSYDUCK!!! TI PREGO, NON LASCIARMI!- Laura tentò in ogni modo di far ragionare Misty, senza successo. La ragazza dai capelli arancioni non volle ascolarla, le dava le spalle e continuava a tenere abbracciato Psyduck. Alex non riuscì ad articolare una parola: stava assistendo in diretta al decesso di un Pokémon. Si voltò da un'altra parte e diede così le spalle alla piscina. Si turò addirittura le orecchie con le mani, non aveva il coraggio di udire le grida di disperazione di Misty e vedere Psyduck spirare nelle braccia della sua allentarice. La situazione precipitò ben presto e il cuore di Psyduck cessò di battere. Misty, non percependo più il battito cardiaco, osservò Psyduck per un periodo molto lungo. Laura si allontanò di qualche bracciata, tremando per la paura. Per una tragica fatalità Psyduck aveva nuovamente sbattuto la testa, ma questa volta la percossa non gli aveva lasciato scampo. Ash si inginocchiò a terra ed appoggiò le mani sul pavimento, osservando con rabbia quest'ultimo.
Ash: "Psyduck è morto... tutto questo per colpa mia!!! Che cos'ho fatto... io non potrò mai perdonarmi quella mia decisione di sfidare Fred..." Con un gesto di stizza si tolse il cappello e lo scagliò lontano. Iniziò anch'egli a gridare con tutto il fiato che aveva in gola. Alex, dal canto suo, si era allontanato di diversi metri, diretto verso l'uscita. Aveva assistito anche troppo a quella macabra scena, iniziò a correre a perdifiato, deciso di andarsene lontano. Dratini era con lui, terrorizzato fino al midollo. Tutto ad un tratto, però, qualcosa di imprevisto accadde. Psyduck aveva iniziato a brillare di luce propria e Misty osservò incredula lo spettacolo. La luce riuscì anche a catturare l'attenzione di Alex e quest'ultimo, infatti, si era fermato e si decise a voltarsi per vedere. Ash, Brock e Laura osservarono meravigliati quello che stava accadendo a Psyduck. Con una risata liberatoria, Brock descrisse ai suoi amici quello che stava capitando a Psyduck.
Brock: -Psyduck... incredibile, si sta evolvendo!!- La mutazione di Psyduck avvenne in pochi istanti. Misty ancora non poteva crederci: fra le mani, in quel momento, stava stringendo a sé un Golduck! Misty guardò con il fiato sospeso il suo Pokémon e si accorse con estrema gioia che stava bene e si era ripreso. Con la voce tremante chiese a Golduck se stesse bene, ed il papero azzurro annuì, sorridendo.
Golduck: -Sì, ora sì che sto bene!!- La voce di Golduck era grottesca, simile a quella di un doppiatore che doveva dare la voce ad un'anatra nei cartoni animati. Ma a Misty non importò nulla della sua voce, era euforica e sollevata per avere nuovamente con sé il suo adorato Pokémon, vivo e finalmente nel pieno delle sue facoltà mentali e fisiche.

Nel prossimo capitolo...
Laura otterrà la sua seconda medaglia? E' quello che si vedrà nel prossimo capitolo! Continuate a leggere, mi raccomando! Ciaoooo! ^__^

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Capitolo 19
*** 18 - Il nemico di Alex (prima parte) ***


Riassunto del capitolo precedente...
Dopo che Alex ha conquistato la Medaglia Cascata, tocca a Laura sfidare Misty per l'ottenimento del secondo riconoscimento per accedere alla Indigo Plateau. Durante l'incontro, però, qualcosa di imprevisto accade: Ledyba, il nuovo Pokémon di Laura, attacca con violenza Psyduck, il Pokémon di Misty, facendolo cozzare contro il muro della piscina. Questo colpo, dopo una morte apparente, permette a Psyduck di evolversi!


Ash iniziò a saltare dalla gioia. Quasi non poteva crederci, Psyduck si era finalmente evoluto in un Golduck! E stava bene, fortunatamente. Vide Misty ridere e piangere nello stesso momento, in quell’istante l’allenatore di Pokémon più forte al mondo si sentì liberare da un macigno il suo animo. Vedere felici la sua amica del cuore ed il suo Pokémon era il massimo che Ash avrebbe potuto desiderare. Il pesante attacco di Ledyba aveva permesso a Psyduck di evolversi e Misty non si dimenticò della ragazza. Le allenatrici, infatti, erano ancora in acqua e Misty, tenendo Golduck con un braccio, abbracciò la giovane trainer con l’altro.
Misty: -Laura… grazie! Io non so come ringraziarti…! Tu hai permesso a Psyduck di evolversi…!- La giovane Ferguson, imbarazzata da quell’affettuoso abbraccio, cercò di replicare a tutti quei ringraziamenti, ma non riuscì a rispondere. Era anche lei felice per Golduck, così contenta da non trovare le parole giuste per esprimere la sua gioia. Anche Alex e Brock si unirono alla gioia di Ash, Misty e Laura e alle loro risate. I ragazzi aiutarono le loro amiche ad uscire dalla vasca, ma Misty in preda alla felicità iniziò ad abbracciare tutti i presenti, inzaccherando i loro vestiti.
Misty: -Ragazzi, amici… vi ringrazio tanto… se non foste stato per voi, il mio Psyduck non si sarebbe più ripreso…- L’abbraccio più caloroso di Misty, però, fu riservato ad Ash. Il ragazzo col cappello (Ash nel frattempo lo aveva recuperato) contraccambiò il gesto di amicizia con estrema semplicità, ma il suo cuore iniziò a battere all’impazzata. La sua mente era proiettata nello stesso istante in due pensieri diversi: il combattimento positivo disputato da Laura e l’abbraccio vigoroso di Misty. L’allenatore di Pokémon più forte al mondo arrossì leggermente e si distaccò lentamente da Misty, la quale stava osservando il suo amico anch’ella rossa in volto. Se Ash avesse chiesto ciò che avrebbe voluto dirle, probabilmente quel momento magico si sarebbe rotto per sempre. Il ragazzo avrebbe voluto preservare quel minuto meraviglioso, ma sapeva già che se non si fosse aperto con lei, non avrebbe mai più trovato il coraggio e l’occasione giusta per chiederglielo una seconda volta. Iniziò a ridere imbarazzato e a grattarsi la testa, mutando punto di vista più volte.
Ash: -Mi…Misty… allora… visto che Psyduck… ehm, volevo dire Golduck… è guarito… mi perdoni…?- L’allenatrice di Pokémon d’acqua rimase ad osservare Ash negli occhi per un pezzo. Dapprima tentennante, Misty riacquistò un poco di lucidità e sorrise al ragazzo col cappello con malizia.
Misty: -Perché allora ti avrei abbracciato, Ash Ketchum?- Ed i due ragazzi esplosero a ridere. Proprio in quel momento, però, si udirono da lontano le sirene spiegate di un’ambulanza avvicinarsi molto velocemente verso la palestra di Celestopoli. Si udì inoltre il fischio dei freni sull’asfalto e il rombo delle sirene cessò di colpo. Si udirono porte sbattere più volte e voci concitate avvicinarsi sempre più alla sala della piscina dove i ragazzi erano ancora riuniti. In quel momento sopraggiunse come un ciclone l’arbitro Steve nella palestra, accompagnato da due infermieri in divisa, i quali trasportavano una barella. I tre personaggi si introdussero nella sala in fretta e furia. Riuscirono a catturare l’attenzione dei ragazzi facendo un grande schiamazzo. Il più agitato fra tutti era, come facile era da prevedersi, l’arbitro biondo.
Steve: -Eccoci, signorina Misty! Abbiamo fatto il più presto che potevamo! Come sta Psyduck?- Gli infermieri, senza aspettare una replica dalla ragazza dai capelli arancioni, si fiondarono come rapaci sul confuso Pokémon papero. Lo afferrarono per le spalle e per le zampe e lo adagiarono sulla barella. Senza che nessuno riuscisse ad intervenire per bloccare l’azione degli efficienti infermieri, Golduck fu prelevato e trasportato nell’ambulanza parcheggiata fuori dalla palestra. Misty, spaventata dall’entrata in scena inattesa dell’arbitro e degli infermieri, iniziò a inseguirli e gli gridò dietro, lasciando confusi e perplessi i suoi amici.
Misty: -EHI!! Guardate che quello che avete preso non è Psyduck, ma Golduck! Si è evoluto, e ora sta bene! Lasciatelo andare!!- Il teatrino messo in scena suscitò più di una risata negli amici di Misty e l’ilarità divenne ancora maggiore quando Ash e gli altri osservarono la capopalestra di Celestopoli tentare di recuperare il povero Golduck fuori dalla palestra dalle grinfie degli infermieri a mò di “tiro alla fune”: Misty aveva afferrato il suo Pokémon al torace e lo tirava dalla sua parte, mentre i due giovani sanitari strattonavano lo sfortunato papero azzurro per le zampe, tirandolo dalla loro parte. La disputa terminò ben presto (i ragazzi erano tutti usciti dalla palestra nel frattempo), poiché gli schiamazzi avevano catturato l’attenzione della poliziotta Jenny, la quale stava transitando con il suo ciclomotore da quelle parti. Emise un sibilo con il suo fischietto e frenò con la sua motocicletta proprio a due passi dei tre contendenti.
Jenny: -EHI, VOI! Cosa sta succedendo? Perché state maltrattando quel povero Golduck? Ehi, dico a voi!!- Gli infermieri, udendo il nome del Pokémon, rinsavirono tutto un colpo e lasciarono subito la presa. Golduck, ancora trattenuto da Misty, non più tirato dai due infermieri piombò sulla sua allenatrice ed i due fecero un bel capitombolo, finendo a gambe all’aria contro la parete dell’edificio della palestra. Gli amici di Misty accorsero subito ad aiutare la capopalestra di Celestopoli, mentre gli infermieri si stavano inchinando, in segno di scuse.
-Ci dispiace tanto! Ci avevano avvertito che nella palestra di Celestopoli uno Psyduck si era sentito male! Noi siamo accorsi il più presto possibile, ma nell’agitazione del momento non ci eravamo accorti che quel Pokémon non fosse uno Psyduck, bensì un Golduck! La luce della palestra, poi, era soffusa e non abbiamo visto bene!- Ad Ash la situazione parve assolutamente grottesca e non poté fare a meno di ridere a crepapelle. Anche Pikachu si mise a sghignazzare, ma la voce severa dell’Agente Jenny fece ritornare seri i due personaggi immediatamente.
Jenny: -Badate che non tollero scherzi di nessun tipo! La centrale di polizia è ancora in fermento per quanto è accaduto l’altra notte… sì, mi riferisco al Team Richardson!- Nell’udire pronunciare il nome del malefico gruppo criminale organizzato, ai ragazzi si rizzarono i capelli in testa. Brock, però, non parve molto intimorito da quell’intimidazione, anzi fu una vera e propria scintilla a fare esplodere il ragazzo di un nuovo attacco di “innamoramento” feroce e repentino. L’ex capopalestra di Plumbeopoli, correndo all’impazzata verso l’Agente Jenny, avvinghiò le mani di quest’ultima con le sue e le sollevò lentamente. Il volto del primogenito dei Peters era in fiamme, così come lo erano quelli degli altri ragazzi imbarazzati.
Brock: -Agente Jenny, il pericolo dei una nuova incursione da parte del team Richardson non avrà luogo, perché io, Brock della città di Plumbeopoli, sarò qui a difendere la città! Con te e io a difendere la giustizia, nessuno oserà sfidarci! Noi combatteremo in nome dell’amore e AHIO!-
Misty: -Per favore, paladino della giustizia, cerca di rispettare la legge iniziando a non importunare la gente!!- Misty era intervenuta, arpionando un orecchio di Brock, e lo trascinò lontano. Ash non poté evitare di ridere alla scena e di sospirare dalla gran contentezza. Era tutto tornato come ai bei vecchi tempi. Brock che ci provava con tutte e Misty immediatamente pronta a calmare i suoi bollenti spiriti. Eh già, sembrava che tutte le cose fossero tornate a girare nel senso giusto. Quando la calma fu ristabilita, l’Agente Jenny se ne andò in sella alla sua motocicletta, non prima di avere raccomandato ai ragazzi di evitare qualsiasi bagarre dovesse presentarsi. Gli infermieri giunti sul posto presero in custodia i Pokémon di Laura e di Misty e trasportarono i prediletti delle allenatrici direttamente nel Centro Pokémon della città. Avrebbero provveduto le ragazze stesse a recuperare i loro mostriciattoli nel pomeriggio, una volta completamente ricaricati. Steve, prima di essere congedato, consegnò nelle mani di Misty l’ambita scatola viola, contenente la ancora più ambita Medaglia Cascata. La capopalestra di Cerulean City la affidò direttamente nelle mani di Laura la quale, confusa, scosse la testa. Abbassò lo sguardo fino a incontrare i piedi nudi della ragazza dai capelli arancioni.
Laura: -Ma noi… noi non abbiamo ancora terminato la sfida… il colpo è stato troppo violento, forse Ledyba è andato incontro ad un penalty…- Misty sorrise e agitò una mano, in segno di rinuncia.
Misty: -Dopo quello che abbiamo passato, perché mai non dovrei consegnarti la Medaglia Cascata? Hai disputato un’ottima gara, hai fatto evolvere il mio Psyduck, facendolo per di più guarire dal suo stato confusionale… e ti preoccupi di uno stupido penalty? Prendi qua, altrimenti mi offendo e non ti darò più la medaglia!- E scoppiò in una risata. Laura non poté fare a meno di ridere anche lei e con un entusiasmo rinnovato prese la medaglia dalle mani della capopalestra di Celestopoli. Dapprima la ammirò, la soppesò e la controllò fino alla nausea, poi iniziò a gridare dalla gioia e a saltellare sul posto. Ash, Alex, Brock ed i loro Pokémon osservarono divertiti la scena.
Laura: -EVVIVA!!! Ho conquistato la mia seconda medaglia!!!- E, afferrandola con due dita, la portò al cielo. In quel momento non c’era la sua Dratini a condividere con l’allenatrice la letizia del momento, ma poco importava, avrebbe potuto festeggiare dopo con lei. Ash, con Pikachu sulla sua spalla, si avvicinò e si congratulò con la sua allieva. Le sorrise e anche Brock e Alex si avvicinarono.
Ash: -Bravissima, Laura! Anche questa missione è completata! Non avevo dubbi che avresti cambiato strategia, la cattura di Ledyba ci ha colti tutti di sorpresa! Ma dovevamo aspettarci una decisione del genere, Sandshrew era in difficoltà in una palestra di questo tipo!- Laura annuì ridendo e poi, tutto ad un colpo, iniziò a lacrimare. Erano lacrime di gioia, era riuscita a mantenere la calma in due grandi eventi. Qualche anno fa non avrebbe sicuramente retto l’emozione, avrebbe perso sia la concentrazione che l’incontro. Ma ora aveva superato quel suo strano malessere che le attanagliava sempre lo stomaco, quello che tutti definirono come manifestazione esagerata dei propri sentimenti. Quella era sempre stata la sua malattia, la sua “sindrome”. Con i due incontri disputati in palestra, però, la razionalità aveva prevalso sull’angosciante miscuglio di sentimenti che premevano per uscire dall’inconscio di Laura. Forse era sulla via della guarigione. I genitori, ancora una volta, ebbero ragione. Forse quel viaggio avrebbe fatto davvero del bene alla salute di Laura.

L’orologio sui Pokémon Navigator dei giovani allievi di Ash segnalava le sette in punto di sera. Ash, Brock, Misty, Laura e Alex, con i loro Pokémon, erano arrivati al Centro Medico per Pokémon e le ragazze avevano ritirato le loro sfere Poké. I Pokémon impegnati nella battaglia stavano tutti bene e sprizzavano energia da tutti i pori. Brock, di tanto in tanto, tentava di conquistare il cuore della dolce infermiera Joy, senza successo. Misty non glielo permise. Una volta rientrato l’allarme terrorismo, nel centro medico era tornata la fiducia e gli allenatori di Pokémon erano tornati a curare i loro lottatori senza avere in corpo la preoccupazione di una prossima incursione da parte del Team Richardson. Ash, soddisfatto per come stavano accadendo gli eventi, si stiracchiò per bene e chiese ai suoi allievi di andare a telefonare al Professor Oak. I telefoni, che consentivano di vedere in volto le persone con cui ci si connetteva (sarebbe il caso di chiamarli videofoni?? NdA), erano molto comodi e completamente gratuiti. Misty si aggregò ai ragazzi, desiderosa di rivedere in volto il vecchio “Sam il poeta”. I telefoni erano sistemati su delle mensole color mogano, vicino alla sala d’aspetto, e tutti i ricevitori erano corredati di una sedia. Alex si sedette, afferrò la cornetta e compose il numero di telefono di casa Oak. Misty e Laura rimasero in piedi, ma si avvicinarono di un poco al monitor per vedere il Professore. Due, tre squilli e finalmente qualcuno rispose. I tre ragazzi rimasero stupiti nel scoprire che a rispondere non fosse stato il vecchio Professore, ma suo nipote, Gary. Dietro si poteva intravedere un salotto dalle pareti color azzurre e buona parte di un divano alla destra di Gary (che per il ragazzo era la sua sinistra).
Gary: -Sì, pronto, casa Oak… ehi, Alex!! Ma sei proprio tu??- Il faccione di Gary occupava quasi tutto il monitor (la webcam era posizionata proprio sopra il monitor), poiché il nipote del professore fu molto felice di rivedere l’assistente di suo nonno. Alex, imbarazzato, rise.
Alex: -Sì, sono io…- Gary si scostò un poco dal monitor e si accorse della presenza delle due ragazze dietro al ragazzo con gli occhiali. Espresse un sorriso sornione e gli fece l’occhiolino.
Gary: -Ah, ah… vedo che ti sei dato da fare… con Ash non si scherza… ebbene, lo devo ammettere, quel ragazzino, con le donne, ci sa fare, e ti ha insegnato molto bene, a quanto pare…- Misty, leggermente offesa dalle rime irridenti del nipote del Professor Oak, si sporse in avanti e diede uno spintone al povero Alex, il quale si ritrovò ben presto in terra.
Misty: -Sentimi bene, signorino Oak! Che cosa vuoi intendere che Ash ci sa fare con le donne? E non rubare il mestiere a tuo nonno, solo lui può fare delle rime decenti!!- Laura scoppiò in una risata. Il litigio tra Gary e Misty era molto divertente e anche i Dratini si unirono alla risata dell’allenatrice. Gary scosse la testa, imbarazzato e si scusò ridacchiando.
Gary: -Oh, oh!! Misty, Misty Waterflower!! Perdonami, non ti avevo mica riconosciuta! Con quei capelli lunghi, poi, sembri una vera sirena, lo sai?- Il complimento di Gary riuscì a placare subito l’ira di Misty, la quale con l’aiuto di Laura raddrizzò il ragazzo con gli occhiali sulla sedia. Ristabilita la calma Alex presentò Gary a Laura e viceversa. La ragazza fu affascinata dallo stile poetico del nipote del professore e soprattutto dal suo sguardo enigmatico. Ispirava fiducia e mistero nello stesso istante. Alex risvegliò la mente della sua amica parlando direttamente all’eterno rivale di Ash.
Alex: -Gary… dove si trova ora tuo nonno, il Professore?- Gary scosse la testa e chiuse gli occhi, leggermente tentennante. Impiegò un certo lasso di tempo prima di rispondere al quesito del ragazzo con gli occhiali.
Gary: -Beh, ecco… ora si trova alla convention di Biologia ed Etica di Pokémon erba di Ebanopoli… stamani è partito molto presto, credo verso le sei… è andato fino a Zafferanopoli, poi da lì ha preso il treno, per arrivare alla regione di Jotho! Da Fiordoropoli è poi proseguito in macchina… Ebanopoli è piuttosto lontana da Fiordoropoli, eh! Comunque mi ha chiamato verso il pomeriggio, quando era ancora in treno, e mi ha chiesto di badare alla casa ed ai Pokémon durante la sua assenza… gli devo riferire un messaggio quando tornerà?- Alex riferì a Gary di avere vinto la seconda medaglia contro Misty e anche Laura riuscì a perseguire lo stesso obiettivo. Gary, visibilmente felice dei risultati ottenuti dai due giovani, si complimentò con loro. Nel frattempo nella visuale del monitor, accanto al nipote del professore, apparve Arcanine, il quale abbaiò di contentezza quando riuscì a vedere Alex e Dratini.
Gary: -Ah, mi fa molto piacere! Devo dedurre che Ash non è così impreparato come sembra!- Il diretto interessato, ovvero il ragazzo col cappello, riuscì ad udire il commento sarcastico del suo rivale di sempre dal bancone dell’infermeria (il quale distava dai telefoni almeno dieci metri). Si voltò verso il luogo dove Alex e gli altri stavano e gridò arrabbiato.
Ash: -EHI! Guarda che ti ho sentito, sai?- Risate generali, poi Gary tornò a parlare. Accarezzava intanto la testa del Pokémon fuoco, lisciando i peli con le dita. Solo la testa di Arcanine si intravedeva, era probabile che si fosse messo a sedere.
Gary: -Sono davvero contento per voi, ragazzi! Un giorno di questi dovremmo trovarci, così mi fate vedere i vostri progressi! Quali saranno i vostri progetti prossimi?- Misty prese nuovamente la parola, sporgendosi e mettendosi davanti al video.
Misty: -Domani vorrei far vedere a tutti quanti l’Acquario di proprietà della mia famiglia! Vado molto orgogliosa di quell’edificio, sai? Dovresti venirci anche tu, invece di fare l’asociale come il tuo solito!- E terminò la frase con una sfumatura ironica nella voce. I ragazzi risero, anche Gary partecipò alla risata.
Gary: -Ah, ah… mi piacerebbe venire, davvero. Però domani ho un impegno urgente a MonteLuna, sapete… io, oltre ad allenare i Pokémon come Ash, ho coltivato un altro mestiere… sono diventato un ricercatore. In questi giorni, io e la mia squadra ci stiamo occupando dello stato di salute dei Pokémon, disturbati dalle ruspe e dalle scavatrici intente a riparare i danni inferti dai terremoti dei giorni scorsi!- Gli allievi di Ash drizzarono le orecchie, interessati. Misty, dal canto suo, mise il broncio e voltò lo sguardo da un’altra parte, risentita.
Misty: -E figuriamoci se il signorino Oak non avesse una scusa plausibile per restare lontano da noi! Sei proprio un orso, lo sai? Anzi, sei proprio un Ursaring, lasciatelo dire!- Altra risata. Alex, però, era rimasto perplesso dalle parole di Gary. Anche lui avrebbe voluto osservare come la situazione si stesse evolvendo nella grotta e dintorni.
Alex: -Sembra un lavoro molto interessante, il tuo… semmai domani ti verrò a trovare!- Gary risultò felice nell’udire le parole dell’assistente del Professor Oak. Anche Arcanine lo fu ed iniziò ad abbaiare dalla gioia. Le ragazze, però, erano rimaste leggermente stupite dalla decisione di Alex.
Gary: -Oh, mi farebbe davvero piacere! Immagino che ne avrete passate di cotte e di crude nell’attraversare MonteLuna! Scommetto che avrete visto degli operai davanti all’ingresso bloccarvi l’entrata! Eh, quelli fanno parte della mia squadra! Anche l’ingegnere è con me!- Frattanto anche Ash e Brock si erano uniti ai tre ragazzi che stavano parlando con Gary. I due amici di vecchia data furono informati di tutto quello che Gary aveva appena detto ad Alex ed alle ragazze, e l’ex capopalestra di Plumbeopoli fu desideroso di tornare a MonteLuna anch’egli.
Brock: -Io sono uno specialista dei Pokémon di roccia ed è di mia responsabilità preoccuparmi della sorte dei Pokémon di questo tipo che abitano nelle grotte e nelle caverne! Alex, domani partiamo di buon mattino e vediamo come stanno le cose! E… perché no, forse ci scappa di catturare qualche Pokémon esclusivo!- La proposta fu accettata di buon grado da tutti ed i due ragazzi avrebbero potuto visitare l’Acquario nel pomeriggio del giorno dopo. L’edificio era così grande che una mattinata da sola non sarebbe potuta bastare per visitarlo completamente. Gary tornò a parlare, felice di aver ritrovato due vecchi amici: Misty e Brock, finalmente riuniti ad Ash.
Gary: -Perfetto! Allora ci vediamo domani! Scusate se mi intratterrò poco a parlare con voi, ma ci sarà parecchio lavoro da sbrigare domani…- I ragazzi annuirono con un cenno del capo, saluti finali e la conversazione terminò.

Come annunciato l’altra sera, Brock e Alex partirono di buon mattino dal Centro Medico per Pokémon. Una colazione al volo, e via. Brock, come al suo solito, non poteva tenere non impegnata l’infermiera Joy, così le affidò tutti i suoi Pokémon rinchiusi nelle sfere Poké, tranne Bulbasaur, il quale non ne voleva sapere di rimanere lontano dal suo allevatore. Il ragazzo lo aveva fatto perché l’infermiera Joy si ricordasse di “Brock il Magnifico”. Lasciarono degli assonnati amici a terminare la colazione e si allontanarono lentamente dalla città. Fecero una capatina al Pokémon Market con l’intento di comprare varie cibarie per sfamare se stessi ed i Pokémon durante il viaggio verso MonteLuna. Terminate le compere, si diressero verso la caverna naturale che collegava Plumbeopoli a Celestopoli. Il viaggio di ritorno a MonteLuna, essendo tutta salita, fu più difficile rispetto all’andata. Se Brock non accusava problemi per scalare la collina, Alex ne accusava eccome. Provava enormi difficoltà a mantenere il passo spedito dell’ex capopalestra di Plumbeopoli e ad ogni passo l’assistente del Professor Oak arrancava ed annaspava. Il suo Dratini, accomodato sulle sue spalle (quindi disteso per lungo), dormiva ancora. Il suo flebile russare era l’unico rumore che i ragazzi riuscirono ad udire fino a quel momento, oltre ai passi dei ragazzi sull’erba. A quell’ora del mattino, infatti, ancora nessun Pokémon era in attività. Il sole era appena sorto e faceva molto fresco in collina, ormai la fine dell’estate era alle porte ed era arrivato il momento di indossare qualcosa di molto più pesante. Alex rabbrividì per il freddo e si pulì gli occhiali con un fazzoletto, appannati per il vento che sibilava da quelle parti.
Alex: -Accidenti, non pensavo che quassù facesse così tanto freddo…- Brock rise. Entrambi i ragazzi si erano equipaggiati di uno zaino molto capiente. Lo zaino dell’ex capopalestra di Plumbeopoli, però, sembrava molto più pesante di quello dell’allievo di Ash.
Brock: -Dovrai abituarti a queste temperature… tra un po’ arriverà l’autunno, è la stagione giusta per catturare tanti Pokémon diversi… sai, Alex, certi Pokémon si fanno vedere dagli umani a certe condizioni atmosferiche. Se, per esempio, la giornata è molto fredda e traspira aria di pioggia, ti capiterà di osservare molti Pokémon d’erba gironzolare nei dintorni delle grandi città! Invece, se la giornata è molto calda e afosa, i Pokémon veleno escono dalle loro tane per fare… baldoria!- Alex non finiva mai di stupirsi nell’ascoltare Brock. Il grande amico di Ash sembrava un vero e proprio pozzo di conoscenza, sapeva tutto di tutto dell’argomento Pokémon. Invece lui non sapeva un bel niente, era a conoscenza solo delle fredde nozioni imparate a scuola e sui libri per principianti, come aveva ripetuto più volte Ash al suo allievo. C’era un altro mondo da scoprire con Brock, e Alex ne fu felice. Il vento iniziò a sibilare con più forza, ma non fu di particolare intralcio alla scalata dei due giovani ragazzi. La cima di MonteLuna, finalmente, iniziò a farsi intravedere tra le punte dei pini silvestri della fredda collina del promontorio di Celestopoli. Oltre alla montagna consacrata ai Clefairy i due amici poterono osservare alcune impalcature all’esterno della caverna: armature di metallo di vari colori, ruspe, intelaiature… elementi che fino a qualche giorno prima non c’erano. Brock fece notare il tutto al ragazzo con gli occhiali additando le macchine.
Brock: -Hai visto? Sembra che i lavori stiano procedendo regolarmente, ora che il problema dei Diglett si è praticamente risolto!- Alex annuì e poi osservò il terreno sotto ai suoi piedi. La collina, dapprima erbosa, divenne ben presto ricoperta di vari ciottoli di varie dimensioni, taluni piccoli e squadrati, altri grossi ed irregolari. La vegetazione divenne molto brulla e rada e gli alberi iniziarono a distanziarsi dalla vista di Brock e Alex. La caverna di MonteLuna era molto vicina ormai e nell’aria si poteva odorare l’aroma di terra fresca, muschio e acqua stagnante. Oltre a questi odori naturali, il profumo che risaltava alle narici dei due giovani era quello di cibo. A pochi passi dall’entrata di MonteLuna, infatti, c’era seduto su di una sedia un operaio, il quale era intento a divorare un panino con la mortadella. Quell’operaio fu già noto a Brock e Alex, era uno di quelli che bloccarono l’accesso alla caverna ad Ash e agli altri. I due ragazzi lo riconobbero per la grossa cicatrice che aveva sul braccio destro. L’operaio, appena sollevati gli occhi dal suo gustoso panino, sorrise ai due giovani e li salutò con la mano libera.
-Ehilà, siete di buon’ora! Il signor Oak è qui già da qualche ora, lo troverete all’interno della caverna, verso la fine! Non sappiamo come ringraziarvi per avere risolto il problema dei terremoti, a causa di quei Pokémon teppisti avremmo rischiato di rimanere senza lavoro!- Brock sorrise, ma la sua attenzione fu subito catturata dal suo Bulbasaur, il quale aveva tirato uno starnuto. Mentre Brock puliva il nasino del suo Pokémon cucciolo e parlava del più e del meno con il lavoratore, Alex si guardò attorno. Osservò il pavimento attiguo alla caverna e poté osservare i segni lasciati dalla feroce battaglia tra i Pokémon di Ash e il potente Dugtrio: la terra smossa, massi sbriciolati e appoggiati a metà strada (erano sistemati in una posizione innaturale, segno evidente che erano stati scagliati da qualcuno), buche molto profonde che qualcuno aveva già provveduto a riempire con terra battuta. Osservando l’uscita della caverna di MonteLuna, Alex comprese che i massi che ostruivano l’uscio, sbriciolati tempo prima dal Machamp di Ash, erano stati spazzati via e l’arcata della soglia era molto ampia. Avrebbe potuto passarci addirittura uno Snorlax senza difficoltà. Brock non attese oltre e chiese ad Alex di entrare a MonteLuna insieme a lui. Il ragazzo con gli occhiali annuì e, con passo spedito, raggiunse l’ex capopalestra di Plumbeopoli, il quale fu in procinto di dare da mangiare a Bulbasaur tramite il poppatoio. MonteLuna appariva molto diverso dall’ultima volta che i due ragazzi ebbero potuto osservarlo: sulle mura furono installate delle torce elettriche al neon, così come sul soffitto. La luce era gradevole e anche Alex iniziò a sentirsi più tranquillo. Le lampade furono tutte assicurate da una fitta serie di fili e, cosa molto importante, non permettevano ai faretti appesi al soffitto di ciondolare, rendendo così la vista faticosa. Ai lati del sentiero sassoso, proprio negli angoli con le pareti verticali, erano stati piantati di recente alcuni licheni, i quali erano stati distrutti dai terremoti di fresca data. Alcuni Pokémon erano tornati a vivere tra gli anfratti della grotta e Brock poté riconoscere dei Paras, dei Rattata e qualche Zubat. Erano molto pochi rispetto al numero consueto di Pokémon che MonteLuna avrebbe potuto ospitare, ma la diffidenza degli abitanti della caverna era ancora forte e la paura di nuovi terremoti anche. Quei Pokémon, però, risultavano agli occhi dei ragazzi molto coraggiosi nell’affrontare i rumori molesti causati dalle macchine scavatrici e dagli uomini al lavoro per il restauro della grotta. La normalità, ad ogni caso, stava per essere ripristinata e tutte le cose sembravano tornare a girare nel senso giusto.
Durante il cammino per gli stretti cunicoli della grotta consacrata ai Clefairy, Brock aveva consegnato nelle mani di Alex alcune buste contenenti prelibato cibo per Pokémon. Era già da qualche ora che i ragazzi stavano procedendo e la fame e la stanchezza si stava già facendosi sentire. Il tragitto era ostacolato e reso piuttosto pericoloso dalle impalcature, talune molto grandi, altre legate ai lunghi passaggi di legno sospesi alla bell’e meglio, altre ancora prive di protezioni e con strumenti di lavoro pericolanti. Le impalcature erano presenti per diversi metri dall’inizio della grotta e proseguivano verso il fondo, e la vista si perdeva nel tentativo di trovare la fine delle intelaiature. Alcuni operai stavano lavorando insieme a diversi Pokémon forzuti, quali vari Machoke, diversi Primeape e anche Pokémon d’erba aiutavano a sollevare le armature con le loro liane. L’ex capopalestra di Plumbeopoli chiarificò le generalità di tutti i Pokémon all’assistente del Professor Oak. I due ragazzi, inoltre, videro alcuni Geodude, tre, per la precisione, alle prese con alcuni massi di colore bianco dalle venature verde rame. Con i loro pugni stavano tentando di spaccare quei macigni, ma senza successo. Con loro c’era l’operaio che i ragazzi ebbero incontrato qualche giorno prima davanti all’entrata di MonteLuna, il primo con cui ebbero parlato. Stava dando alcuni ordini ai Geodude su come spaccare quelle rocce, ma i risultati non furono tra i migliori.
-Avanti, dai, dovete usare l’attacco Spaccaroccia! Coraggio, metteteci un po’ di grinta…!- Brock e Alex si avvicinarono ed osservarono i Pokémon: parevano molto stanchi e alla luce delle lampade al neon riuscirono a vedere le loro mani. Erano graffiate dalle continue percosse contro i massi e bitorzolute dovuti ai calli. I loro occhi erano spenti, i loro movimenti erano meccanici e rallentati dalla gran fatica. Al primogenito dei Peters vedere quei Pokémon così stanchi e infiacchiti giunse una gran pena e, deciso ad aiutare quei Geodude, parlò direttamente all’operaio, il quale stava sbattendo i piedi per terra dalla gran rabbia.
Brock: -Mi scusi, signore, ma non vede che questi Geodude sono stravolti dalla fatica? Non possono lavorare in queste condizioni!- Alex annuì e poi comprese che quei massi avrebbero dovuto sostituire le scalinate distrutte dal terremoto, quelle che avrebbero dovuto condurre al secondo piano. Il manovale, rabbioso per l’inefficienza dei suoi Pokémon, sputò a terra e scosse la testa più volte.
-Ah, finitela! Siamo già in ritardo con il programma, dobbiamo ricostruire la scalinata entro oggi pomeriggio e non abbiamo neanche iniziato! Questi Geodude hanno lavorato tutta la notte per installare tutti i cavi elettrici che vedete lassù!- Ed indicò i collegamenti appesi al soffitto. Brock fece una smorfia e posò in terra lo zaino. Aveva già capito che cosa poteva fare per quei Pokémon stanchi.
Brock: -Non potete sostituirli?- L’operaio scosse la testa ancora una volta, mestamente.
-Naturalmente no! Questi Pokémon sono gli unici che posseggo, non posso chiedere in prestito altri Pokémon! Stanno tutti lavorando… credo di essere nei guai fino al collo…- Ci furono attimi di accorato silenzio, ma furono prontamente rotti da un’allegra risata di Brock. Aprì lo zaino per mezzo della zip ed estrasse un tavolo pieghevole color verde scuro, dopodichè lo aprì e lo appoggiò in terra. Alex e l’operaio osservarono stupiti le azioni dell’ex capopalestra di Plumbeopoli e lo guardarono prendere dallo zaino una scodella, diversi barattoli, un frullino manuale e qualche spezia.
Brock: -Il problema dei Geodude, appunto, è dovuto dalla grande stanchezza provata dopo il lavoro d’installazione delle reti elettriche… dite, questo sarà l’ultimo lavoro per i Geodude almeno per oggi?- Il manovale annuì con la capoccia. Brock sorrise e iniziò a lavorare con l’impasto dal color crema.
Brock: -Sto preparando un impasto per cibo per Pokémon, ricco di vitamine e di proteine! Appena sarà finito ed appena i Pokémon lo mangeranno, ritroveranno così tanta energia da poter terminare il lavoro in quattro e quattr’otto! Alex – e si volse verso il ragazzo con gli occhiali – mi daresti una mano?- L’assistente del Professor Oak annuì e si avvicinò perplesso al tavolo. Osservò come le mani sapienti dell’ex capopalestra di Plumbeopoli amalgamassero l’impasto fino a renderlo fluido e privo di scorze. Aiutò Brock a sistemare l’impasto in un’altra scodella più capiente, la quale era situata su un fornello a gas. Mentre l’impasto e le varie spezie bollivano sul fuoco, Brock dispose sul tavolo le ciotole nelle quali sarebbe giunto il prodotto finito ed attese con pazienza che la pasta assunse un colorito dorato. Una volta raggiunta questa tonalità di colore, tolse dal fuoco la scodella e la posizionò sul tavolino. Accanto alla terrina contenente l’impasto si trovava una sorta di tritacarne e Brock, con l’aiuto di Alex, ne versò dentro tutto l’impasto. La manovella del tritacarne dovette essere azionata da ben quattro mani, poiché l’impasto, ancora caldo e cremoso, metteva in difficoltà l’ingranaggio. Con un poco di fatica il prodotto finito giunse finalmente nelle ciotole: tanti bastoncini di ottimo cibo per Pokémon, appena fatto e ancora caldo. Il profumo era invitante: nell’aria aleggiò un mix di spezie aromatiche, rosmarino, pepe, salvia, cannella e altri aromi dolciastri. I Geodude, nel percepire quel profumino, si avvicinarono alla tavola insicuri. La loro perplessità svanì nel momento in cui osservarono il cibo nelle ciotole: come ben previsto da Brock i Pokémon roccia si avventarono come rapaci sui piattini e divorarono in un sol boccone il preparato speciale del primogenito dei Peters. L’operaio e i ragazzi attesero fino al momento in cui i Pokémon terminarono il loro lauto pasto, poi osservarono i Geodude. Il loro sguardo spento e stanco non c’era più ed era stato sostituito da un altro più sveglio e sprizzante d’energia. Anche i loro movimenti mutarono all’istante, dapprima lenti e macchinosi, ora fluidi e scattanti. Felici come delle pasque ritornarono immediatamente al lavoro, senza neanche dare il tempo al loro allenatore di pronunciare una sola sillaba. Dratini, nel fratemmpo, si era svegliato dall'aroma prelibato del cibo preparato da Brock e già si stava leccando i baffi. Brock decise di dare un’ulteriore mano a quei Pokémon roccia e, conscio della sua sapienza nel gestire quel tipo di Pokémon, prese in mano la situazione e diede sotto consiglio dell’operaio validi ordini.
Brock: -Geodude, riuscireste a disporre le rocce in modo tale che il risultato finale sia di una scalinata? So che avete le possibilità per fare un ottimo lavoro! Il vostro allenatore ha estrema fiducia in voi!- I Geodude annuirono con il sorriso sulle labbra e con rinnovato entusiasmo. Alex e l’operaio sorrisero a loro volta nell’osservare tanta buona volontà da parte dei Geodude comandati da Brock.
Geodude: -Esercizio fisico, finalmente! Era da tempo che non avevamo così tanta energia!- E con entusiasmo rinnovato i Geodude unirono le loro forze e si misero immediatamente al lavoro. Grazie al cibo superenergetico di Brock e all’aiuto dell’ex capopalestra di Plumbeopoli, i Pokémon del manovale riuscirono a terminare ben presto i lavori di ricostruzione della scalinata e l’accesso al secondo piano del monte consacrato ai Clefairy fu ripristinato. L’operaio fu soddisfatto dell’incarico appena terminato e ringraziò calorosamente i due amici intervenuti per aiutarlo.
-Grazie, ragazzi! Ci avete dato una mano per ben due volte! Prima avete risolto il mistero dei terremoti, adesso mi avete aiutato a terminare il lavoro in tempo utile! Come potrò mai sdebitarmi?- Brock ridacchiò e scosse la testa con esagerata modestia. Con l’aiuto di Alex ritirò tutti gli arnesi da cucina e il tavolino nel suo zaino, poi tornò a parlare al operaio edile.
Brock: -Beh… potreste dirci dove si trova Gary Oak in questo istante!- L’operaio, felice come una pasqua, indicò un punto lontano della grotta con il suo indice della mano sinistra. La grotta era bene illuminata ed i ragazzi non ebbero particolari difficoltà ad intravedere alcune persone in lontananza sedute su dei cassettoni di legno. Alcuni erano degli operai vestiti con le loro uniformi, altri indossavano il camice bianco. Tra gli uomini che indossavano il camice bianco, Brock ed Alex riuscirono a riconoscere il nipote del Professor Oak.
-Ecco, il signor Oak è laggiù! Sta discutendo con altre persone sull’andamento dei lavori di ristrutturazione della caverna!- I due amici annuirono e ringraziarono il manovale. L’operaio avanzò in compagnia dei suoi Geodude, proprio nella direzione indicata poc’anzi. Brock sorrise e guardò negli occhi il suo amico con gli occhiali.
Brock: -Che ne dici, Alex, ci incamminiamo anche noi?- L’assistente del Professor Oak annuì sorridendo. Anche Dratini fu felice del suggerimento ed entrambi accolsero con entusiasmo la proposta dell’ex capopalestra di Plumbeopoli. Fecero per mettersi in cammino, ma proprio nel momento in cui i due ragazzi iniziarono a spostarsi, un grido acuto arrivò alle loro orecchie. Quel grido provocò un brivido nelle schiene dei due ragazzi e dei loro Pokémon. L’operaio ed i tre Geodude erano troppo lontani perché potessero udire anche loro quello strillo. Alex, con il cuore in gola, guardò Brock con occhi sgranati.
Alex: -Brock… di chi era quel grido…?- Brock, serrando con forza la mascella, strinse con foga il piccolo Bulbasaur tra le sue braccia. Anche il cucciolo di Pokémon era tremante dalla paura, così come Dratini. Sollevò lo sguardo fino all’apertura che conduceva al secondo piano e rifletté per un istante.
Brock: -Non lo so, però non possiamo restare qui e fare finta di niente. Dobbiamo andare a vedere che cosa sta succedendo lassù!- Ci furono altre grida, però i due ragazzi intesero la presenza di più voci al piano superiore della caverna. Quelle voci, ad una prima analisi, erano piene di collera. Brock non resistette oltre e, senza aspettare ancora, corse verso le scalinate nuove di zecca. Alex, basito, osservò l’allevatore di Pokémon correre verso la fonte di quelle grida con terrore.
Alex: -Brock, cosa stai facendo? Non è affar nostro, dobbiamo chiamare i rinforzi…!- Brock era già sul terzo scalino e, leggermente infuriato, si fermò e si voltò verso il ragazzo con gli occhiali.
Brock: -Alex, se restiamo in attesa dei rinforzi potrebbe essere troppo tardi per quello che sta accadendo lassù! Non avere paura, siamo in due e abbiamo a disposizione la nostra squadra di Pokémon, qualora dovessimo combattere!- Rinfrancato dalle sagge parole di Brock, Alex annuì e seguì il vecchio amico di Ash. Salirono le scale molto velocemente e si fermarono proprio sulla soglia dell’entrata del secondo piano. Si appiattirono contro il muro per il timore di essere scoperti e, di tanto in tanto, Brock si sporse per osservare quello che stava succedendo nell’ampio anfratto. L’ex capopalestra di Plumbeopoli riuscì a scorgere nei pochi frammenti di tempo in cui poteva osservare l’interno della grotta unicamente la statua di Clefable e l’ampio cratere in cima alla sala naturale che permetteva ai raggi solari di entrare e irradiare l’ambiente. Le voci tornarono a farsi udire e Alex, tremando come una foglia, si appiattì ancora di più contro il muro vicino alla soglia del passaggio. Nuca, schiena, cosce e talloni erano praticamente incollati contro i massi della parete della caverna.
Alex: -Brock… cosa sta succedendo là dentro?- L’allevatore di Pokémon scosse la testa e si sporse ancora di più. La visuale divenne quindi più ampia e il ragazzo riuscì a scorgere la sagoma di una persona che, in quel momento, dava le spalle ai due amici. La silhouette del misterioso personaggio stava in un angolo della sala e sembrava che stesse osservando qualcosa di particolarmente interessante. Brock fece cenno al ragazzo con gli occhiali di sporgersi per osservare anch’egli, ma Alex scosse la testa, rifiutando di seguire il suggerimento di Brock. Alex era dall’altra parte dell’arcata dove si trovava l’allevatore di Pokémon in quel momento.
Alex: -No, no, non voglio guardare! E se ci fosse un mostro?- Il primogenito dei Peters afferrò con decisione il braccio di Alex sporgendosi completamente e riuscì a scollarlo dalla parete. L’assistente del Professor Oak in quel momento si ritrovò sotto la volta del passaggio alla sala della statua di Clefable ed i suoi occhi riuscirono a scorgere, nella semioscurità, il profilo del losco individuo. Alex riuscì a notare inoltre che ai piedi di quel tizio, spalle contro il muro, c’era un Pokémon, tremante dalla paura. Alex riconobbe al volo l’identità di quel Pokémon. Era Clefairy, il Pokémon che Alex e gli altri avevano incontrato qualche tempo prima! Se non fosse stato per quel Pokémon fata, il gruppetto avrebbe rischiato di finire sepolto vivo dal crollo della grotta. La voce del figuro che stava evidentemente intimorendo Clefairy si fece sentire, roca e minacciosa. Aveva in mano una Poké Ball e la sventolava davanti agli occhi di Clefairy.
-Smettila di piagnucolare! Che tu lo voglia o no, dovrai seguirmi! Entra nella sfera Poké, avanti!- Brock raggiunse Alex e strinse i denti, angosciato. Senza orma di dubbio quell’uomo era un allenatore di Pokémon e chiaramente voleva catturare Clefairy. Lo sguardo terrorizzato del Pokémon, però, suggerì ai due amici che l’animo di quell’allenatore fosse tutt’altro che benigno. L’allevatore di Pokémon bisbigliò alcune parole nell’orecchio di Alex.
Brock: -Ascolta, Alex, dobbiamo proteggere Clefairy! Attacchiamolo insieme, due contro uno! Vinceremo facilmente e libereremo Clefairy!- Alex accettò la proposta del vecchio amico di Ash e, insieme, si misero a gridare come dei pazzi, a squarciagola. Il loro grido non fu ignorato e catturò immediatamente l’attenzione del losco personaggio e di Clefairy. Il Pokémon, ovviamente, fu molto felice dell’avvento dei due amici e fu loro immensamente grato. Non tanto contento, invece, fu il turpe personaggio: era un ragazzo pressappoco dell’età e dell’altezza di Alex, capelli corvini, arruffati, sguardo torvo, maglietta bianca con gilet blu scuro, jeans verde militare e scarpe da ginnastica. Aveva sulle spalle uno zainetto verde scuro. Ad Alex vennero i brividi quando incrociò lo sguardo di quel tizio, ma Brock non si lasciò impressionare. L’ex capopalestra di Plumbeopoli già sapeva che se avesse lasciato campo libero a quell’allenatore dall’animo oscuro, per Clefairy sarebbe stata la fine. Per togliersi ogni dubbio, il primogenito dei Peters parlò direttamente all’allenatore. Corrugò le sopracciglia e avanzò di un passo, molto lentamente.

Nel prossimo capitolo...
Ahi ahi ahi, un losco individuo sta minacciando Clefairy! E quel Clefairy non è un Pokémon qualsiasi, è l'ultimo rimasto a MonteLuna! Se l'allenatore dai capelli corvini dovesse catturarlo, MonteLuna non sarebbe più protetta dai cataclismi! Alex riuscirà a vincere la sfida di MonteLuna? Lo sapremo solo nel prossimo capitolo! Ciaoooo! ^__^

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Capitolo 20
*** 18 - Il nemico di Alex (seconda parte) ***


Riassunto del capitolo precedente...
Dopo che Laura ha vinto la sua seconda medaglia nella palestra di Celestopoli, Alex, accompagnato da Brock, si dirige verso MonteLuna per osservare il proseguimento dei lavori di ristrutturazione, coordinati nientemeno che da Gary Oak! I due ragazzi, nella grotta, aiutano un operaio a ripristinare la scalinata in roccia distrutta tempo prima dai Diglett. Un urlo attira l'attenzione dei due allenatori: al piano superiore Clefairy, il Pokémon che aveva aiutato Ash e gli altri a sfuggire al crollo della grotta, è minacciato da un misterioso allenatore, e costui non ha affatto buone intenzioni con il Pokémon fata! I due allenatori decidono di intervenire...


Brock: -Ehi, tu, chi sei? Che intenzioni hai con quel Clefairy?- La luce, proiettata dall'alto del cratere, non irradiava il volto del misterioso allenatore. La penombra contribuì ad avvolgere il ragazzo ancor di più nel mistero e favorì inoltre ad alimentare la paura di Alex che in quel momento stava provando, molto intensa.
-Non sono affari tuoi quale sia il mio nome, tanto meno cosa voglia fare con questo Pokémon frignone!- E lo indicò con un dito. Clefairy era appiccicato alla parete e sembrava che non ci fossero vie d’uscita per il piccolo Pokémon. Stava piangendo copiosamente e Alex lo notò. La furia crescente di Brock suggerì all’assistente del Professor Oak che fosse giunto il momento di combattere.
Brock: -E invece sì che sono affari miei! Il tuo sguardo non mi piace affatto, come sei riuscito ad entrare qui e ad eludere la sorveglianza? E soprattutto, come hai potuto arrivare al secondo piano, quando le scale non erano ancora state costruite?- L’allenatore dallo sguardo minaccioso, con un gesto simbolico del braccio, mise a tacere Brock. Bulbasaur si stava agitando come un forsennato tra le braccia di Brock e l’allevatore di Pokémon dovette per forza di cose adagiarlo a terra. Il cucciolo di Pokémon d’erba, lesto come un fringuello, corse verso la statua di Clefable e lì si nascose, accucciandosi dietro. Brock aveva visto giusto dunque, quell’allenatore non aveva buone intenzioni con Clefairy. Alex osservò il suo Dratini e lo vide tremare come una foglia dalla paura. La situazione, di punto in bianco, era diventata molto difficile per i due amici e Brock decise di tagliare immediatamente la testa al toro, affrontando il misterioso personaggio.
Brock: -Bada a te, ragazzino! Dicci immediatamente chi tu sia e quali siano le tue intenzioni, o ne subirai le conseguenze!- Il ragazzo dai capelli corvini scosse la testa e chiuse gli occhi, sogghignando con sinistra malvagità. La sfrontatezza dell’allenatore che minacciava Clefairy fece uscire dai gangheri anche Alex, il quale avanzò di tre passi, stringendo i pugni dalla collera. La paura, così come era arrivata, se ne andò di colpo.
Alex: -Che cosa significa quella risatina? Ti credi così tanto superiore, per caso?- Il bieco personaggio aprì gli occhi ed incollò il suo duro sguardo su quello di Alex, che per una strana ragione resse il confronto per un buon periodo di tempo. Anche Dratini, incoraggiato dallo spirito del suo allenatore, inveì contro quel prepotente e si agitò sulla spalla del suo allenatore con gli occhiali. L’aguzzino di Clefairy sbottò per il comportamento aggressivo del Pokémon drago nei suoi confronti.
-Ehi, moscerino! Che cosa credi di fare? Ritira immediatamente quella lucertola dalla mia vista, non vorrei che rimanesse schiacciata dai miei scarponi da viaggio!!- Le ingiurie del losco personaggio fecero impazzire di rabbia Alex ben presto e Brock non fu da meno. Il primogenito dei Peters era solito mantenere la calma, ma in quel frangente la sbruffoneria di quell’individuo avrebbe fatto perdere la pazienza anche ad un santo.
Brock: -Bene! Dal tuo atteggiamento deduco che tu faccia parte di uno dei Team che circolano nelle terre di Kanto! Sei del Team Rocket o del Team Richardson? Avanti, rispondi!- L’allenatore, a questo punto, rise a bocca aperta e mise le mani in tasca. Clefairy volle approfittare della situazione per fuggire, ma il ragazzo dallo sguardo torvo spostò un piede, posizionandosi proprio davanti a Clefairy e bloccò il passaggio al Pokémon fata. Ciò non passò inosservato agli occhi di Brock, Alex e Dratini.
-Certo che ne avete di fantasia! Attaccarmi così all’improvviso, di spalle, accusarmi di far parte di uno dei due Team… siete dei vigliacchi!- Alex puntò un dito contro il ragazzo dai capelli corvini, il quale non cessò per istante di scollare lo sguardo malevolo dagli occhi dell’assistente del Professor Oak.
Alex: -Da queste parti il vigliacco sei tu! Rispondi alla domanda, chi diavolo sei?- Momenti di silenzio assoluto, intercalati da brevi e sommessi rumori provenire dal piano sottostante. Non durarono a lungo, poiché furono rotti dal ringhio del losco personaggio.
-ADESSO BASTA! State facendo troppe domande tutte insieme! Se volete combattere… accomodatevi, ma dopo non implorate il perdono!- Brock pose una mano sulla cintura alla ricerca delle sue Poké Ball ed intanto continuava a parlare al suo avversario. Anche Alex era pronto per la battaglia, era conscio del fatto che due contro uno avrebbero vinto facilmente.
Brock: -Sei uno sbruffone! Adesso ti tarperemo le ali noi con i nostri Pokémon!- Ma quando l’ex capopalestra di Plumbeopoli si ricordò di avere lasciato le Poké Ball al Centro Medico per Pokémon, si maledisse mentalmente e guardò il suo amico leggermente preoccupato. Quell’esitazione snervante fece arrabbiare di parecchio l’allenatore dai capelli corvini, tanto da farlo gridare dalla grande ira accumulata in quel breve periodo di tempo. Le grida di quel ragazzo fecero letteralmente accapponare la pelle a Bulbasaur, il quale continuava ad agitarsi da dietro la statua.
-Allora!! Io sto aspettando la vostra mossa!- Alex incontrò lo sguardo dell’ex capopalestra di Plumbeopoli e rimase addirittura agghiacciato dalla preoccupazione che riusciva a leggere nei suoi occhi. Quando comprese che Brock non aveva a disposizione neanche un Pokémon (fatta eccezione per Bulbasaur, il quale era ancora un cucciolo), il ragazzo con gli occhiali si persuase del fatto che avrebbe dovuto combattere contro quell’allenatore malvagio da solo. Non era molto confortante come idea, ma bisognava in qualunque caso salvare quel Clefairy. Lo sguardo e le intenzioni di quel ragazzo non erano affatto buone. L’assistente del Professor Oak prese coraggio a due mani e lanciò la sua sfida contro l’allenatore dallo zainetto verde scuro. Quel dito puntato contro mise ancora più rabbia nell’aguzzino di Clefairy.
Alex: -E va bene! Chiunque tu sia, io ti sfido!- Nella sua rabbia, il ragazzo dai capelli corvini riuscì a trovare uno spiraglio per permettersi di sogghignare e chiudere gli occhi.
-Ah… sei proprio un pollo! Non sai con chi hai a che fare!- La sfida, dunque, fu lanciata e Brock decise, suo malgrado, di assumere il ruolo di arbitro per gestire la difficile sfida tra Alex ed il misterioso allenatore. Il premio in palio era Clefairy. Alex e Brock dovevano assolutamente preservare la sua incolumità, dovevano vincere a tutti i costi! Venne deciso che il campo di battaglia sarebbe stato l’intero secondo piano di MonteLuna e che i Pokémon da mandare in campo sarebbero stati tre. Brock si posizionò proprio davanti alla statua incompiuta di Clefable, la quale era situata in mezzo tra i due sfidanti, leggermente posizionata in fondo della grande stanza. C’era una bella quantità di spazio per combattere senza preoccupazioni. Dopo che Alex e il suo sfidante si furono posizionati ai limiti della grande sala naturale, Brock iniziò a parlare dalla sua posizione centrale rispetto ai due ragazzi.
Brock: -Sta avendo luogo la sfida tra Alex Blake e l’allenatore che pretende la cattura di Clefairy! Le regole sono molto semplici e vi pregherei di seguirle alla lettera! Ogni allenatore ha diritto di mandare in campo tre soli Pokémon e l’incontro avrà termine nel momento in cui tutti e tre i Pokémon di un allenatore saranno messi al tappeto o ritirati nelle loro sfere Poké! Il premio in palio è Clefairy e decideremo subito le condizioni di vittoria! Se vincerà Alex, lo sfidante dovrà abbandonare MonteLuna e non fare più ritorno, fino a quando conserverà le sue cattive intenzioni!- L’allenatore dai capelli corvini prese la parola in modo improvviso, alzando la voce e coprendo quella di Brock.
-E se dovessi vincere io mi prenderò quel Clefairy e voi andrete a farvi un giro in pista! Sono stato chiaro?- Alex sentiva che il suo Dratini, anche se arrabbiato, provava molto timore per quel perfido allenatore. Anche il ragazzo con gli occhiali non si sentiva affatto tranquillo e provò in ogni modo di tranquillizzare il suo amico con le squame. Lo accarezzò sulla testa e gli sussurrò parole dolci e confortanti.
Alex: -Non avere paura… è pur sempre una lotta… so che ce la potremo fare, perché io ho fiducia in te e nei nostri amici Pidgey e Weedle!- Dratini era triste, la sua voce tremava e anche Brock se ne accorse.
Dratini: -Ma.. se dovessimo perdere? Che ne sarà di Clefairy?- L’assistente del Professor Oak scosse la testa e corrugò leggermente le sopracciglia. Non voleva assolutamente sentire quei discorsi pessimisti, non potevano arrendersi così, senza lottare. Avevano vinto insieme due medaglie della regione di Kanto! È stato un inizio di avventura strepitoso, perché lasciarsi intimorire da un allenatore spaccone? Poteva darsi che quel ragazzo dallo sguardo torvo fosse il classico “tutto fumo e niente arrosto”, il classico bulletto che tutti quanti, prima o poi, sono costretti ad incontrare nella propria vita. Alex era sicuro di vincere, con Dratini aveva fatto passi da gigante nel mondo dei Pokémon. Ed era soltanto all’inizio. Rincuorò ancora una volta Dratini e poi il draghetto, finalmente rassicurato, saltò dalla spalla del suo allenatore in terra e si preparò fisicamente e psicologicamente per la battaglia. Alex gridò a Brock e al suo avversario che lui ed il suo Pokémon erano pronti per la sfida che avrebbe decretato il destino del piccolo Clefairy.
Alex: -Noi siamo pronti! Io ho scelto Dratini come primo Pokémon per la sfida!- Il ragazzo dai capelli corvini osservò attentamente il draghetto azzurro. Notò con piacere che il Pokémon del suo rivale stava tremando come una foglia per la grande tensione e volle approfittare dello stato emotivo del draghetto azzureo. Il misterioso allenatore afferrò con decisione una sfera Poké dalla sua cintura Porta Poké Ball e la ingrandì toccando il cerchio bianco collocato al centro della sfera. Lanciò la Poké Ball sul campo di battaglia e un Pokémon mai visto prima fece la sua comparsa in un bagliore accecante. Quando la luce scomparve, un Pokémon di medie dimensioni, massiccio e tutto colorato di rosa fece la sua apparizione. Non aveva uno sguardo molto intelligente, la sua testa pareva molto piccola rispetto alle dimensioni del suo corpo, ma la sua lingua raggiungeva dimensioni impressionanti. Talmente fu lunga da toccare terra senza particolari problemi.
Osservando con stupore quel nuovo Pokémon, Alex agguantò il PokéDex ed esaminò la natura del Pokémon avversario. La voce metallica del PokéDex descrisse con precisione l’identità del Pokémon rosa.
Lickitung, Pokémon linguaccia. La sua lingua ha nervi ben sviluppati che vanno fino alla punta, ed è quindi facilmente governabile”. Alex ritirò il PokéDex nella tasca ed osservò a sua volta il Pokémon avversario: non sembrava così forte a prima vista e, ricordando di avere sconfitto un gigante del calibro di Onix, quella sfida poteva essere vinta facilmente dal suo Dratini. Bastava prestare attenzione alle contromosse del Pokémon avversario. Dopo che entrambi gli allenatori ebbero disposto i loro guerrieri in campo, Brock si fece nuovamente sentire. Alzò le braccia e le incrociò tra loro per decretare l’inizio della sfida.
Brock: -Dratini contro Lickitung! Che la sfida abbia inizio!- L’allenatore dallo zainetto verde scuro, con un sogghigno, parlò al ragazzo con gli occhiali e Alex provò stizza nell’osservare l’atteggiamento del suo rivale.
-Lascio a te la prima mossa, fai come meglio credi. Il risultato non cambierà, il tuo Dratini è un moscerino paragonato al mio fortissimo Lickitung!- Alex non si lasciò impressionare dalle parole del suo avversario e lanciò Dratini contro il Pokémon avversario senza indugiare oltre.
Alex: -Questo lo credi tu! È stato grazie a Dratini che ho vinto le prime due medaglie della regione di Kanto! ORA, DRATINI! Usa Avvolgibotta su Lickitung!- Dratini non se lo fece ripetere due volte: schizzando come un’anguilla ben presto si strinse e si contorse contro il suo avversario e Lickitung si ritrovò aggrovigliato addosso quel Pokémon drago, il quale gli bloccava le braccia, negandogli ogni piccola mossa. Alex sorrise e strinse i pugni, soddisfatto. Il primo attacco del suo Dratini era andato facilmente a segno e Lickitung pareva completamente immobilizzato. L’allenatore avversario, dal canto suo, non pareva minimamente preoccupato dalla piega che stava per prendere il primo incontro il quale, a quanto parve, pendeva in netto favore di Alex. Lo sguardo accigliato del misterioso allenatore mise in uno stato di inquietudine Brock. Quello strano ragazzo gli ricordava in maniera impressionate Paul, lo scorbutico allenatore senza cuore incontrato con Ash e Lucinda durante il viaggio per le città di Sinnoh. Ma non poteva essere lui, la fisionomia di quel ragazzo dai capelli corvini era completamente diversa da quella di Paul. Il comportamento e lo spirito messi in campo, però, sembravano i medesimi. Forse, addirittura peggio.
Poiché l’avversario di Alex sembrava non volere dare ordini al suo Pokémon per passare alla controffensiva, Alex prese la palla al balzo immediatamente e ordinò a Dratini di lanciare un Fulmisguardo contro Lickitung. Continuava a bloccare il Pokémon linguaccia grazie all’attacco Avvolgibotta, ma sembrava proprio che lo stritolamento non provocasse nessun effetto particolare. Gli occhi del draghetto scintillarono e colpirono in direzione di quelli del Pokémon rivale, ma nessun effetto in particolare venne messo in luce. Lickitung pareva immobile nella sua posizione, sull’attenti, con lo sguardo fisso davanti a sé, insensibile a qualsiasi dolore provocato dagli attacchi di Dratini. Alex tornò ad osservare l’allenatore suo rivale e poté leggere nei suoi occhi un sentimento di scherno e derisione nei confronti del ragazzo con gli occhiali e del Pokémon drago che si affannava tanto per tentare di abbattere Lickitung. Il misterioso ragazzo dai capelli corvini espresse un mezzo sorriso e parlò ad Alex.
-Allora? Tutta qui la tua preparazione? Il tuo Pokémon mi sembra già a corto di energia! Ed abbiamo a malapena iniziato!- Alex aggrottò con forza le sopracciglia e strinse i pugni con rabbia. Le provocazioni dell’avversario dell’assistente del Professor Oak stavano per mettere in pratica l’effetto desiderato, ovvero far perdere le staffe e la lucidità ad Alex. Alex, con un ringhio, ordinò a Dratini di srotolarsi dal corpo di Lickitung e di allontanarsi un poco da lui.
Alex: -Ora basta! Diamo un taglio a questa faccenda! Colpisci Lickitung con un attacco Azione!- Dratini, furioso e provato per la stanchezza, iniziò a serpeggiare molto velocemente sul terreno sassoso in direzione del Pokémon avversario, il quale continuava a rimanere imperterrito nella sua posizione. L’allenatore dai capelli corvini, intanto, continuava a sogghignare e commentare con crescente derisione il comportamento del suo rivale e del suo Pokémon.
-Siete entrambi patetici! Credi davvero che il tuo Pokémon possa abbattere il mio Lickitung?- L’attacco Azione andò a segno, ma non con gli effetti sperati. Dratini utilizzò tutta la sua forza a disposizione per usare l’attacco Azione, ma il risultato che ne conseguì fu che il draghetto venne ben presto ghermito dalla lunga lingua del Pokémon avversario. Alex osservò a bocca aperta e ad occhi sgranati l’esito dell’offensiva: Lickitung aveva incassato il colpo senza particolari danni ed aveva catturato il suo Dratini. Brock, Bulbasaur e Clefairy osservarono spaventati il proseguirsi dell’incontro e non osarono proferire una parola per incitare Alex nella sua disperata sfida contro quell’arrogante e fortissimo antagonista. L’allenatore dallo zainetto verde scuro esplose in una risata a dir poco agghiacciante e continuò ostinato a canzonare il ragazzo con gli occhiali, il quale iniziò a non sapere più che pesci pigliare per ribaltare la situazione.
-AH! AH! AH! Di questo passo il tuo Pokémon andrà al tappeto… non hai una speciale contromossa?- Alex strinse i denti, ma non trovò nessun espediente per far uscire il suo Pokémon drago da quella prigione vischiosa. Ordinò a Dratini di usare il nuovo attacco Tornado, ma la mossa risultò inefficace e vanificata dalla sua immobilità. Senza tanti complimenti Lickitung utilizzò la sua lunga lingua come trampolino per lanciare il suo avversario contro la parete della grotta a folle velocità. Alex non riuscì ad intercettare la rotta di collisione e il Pokémon drago si andò a schiantare contro il muro, proprio alle spalle dell'assistente del Professor Oak. Il ragazzo con gli occhiali voltò le spalle, sgranò gli occhi e corse a perdifiato verso il suo Dratini, il quale era ancora stampato sulla parete.
Alex: -DRATINI! Oh, povero Dratini!- Ma quando arrivò nel luogo dello schianto il cucciolo azzurro venne nuovamente catturato dalla lingua lunga di Lickitung. Il Pokémon rosa la usò come fosse stato un lazo ricoperto di una colla molto resistente. La lingua, infatti, andò ad attaccarsi alla parete dove Dratini era ancora impresso e con uno strattone lo scollò dal muro, portandolo con sé. La linguaccia si ritirò lentamente e quando raggiunse la sua forma primordiale (ovvero lunga fino al pavimento), Lickitung la agitò fino a quando Dratini cadde a terra. Brock osservò molto preoccupato il proseguire dell’incontro ed analizzò lo stato di salute di Dratini: era conciato piuttosto male, forse era giunto il momento di sospendere l’incontro e dare la vittoria a Lickitung. Ma l’allenatore dai capelli corvini proseguì nell’ordinare a Lickitung di attaccare il Pokémon riverso a terra.
-Ora, Lickitung! Schiaccia quella mosca con un Pestone!- Lickitung, sorridendo malignamente e con gli occhi iniettati di sangue, si inarcò all’indietro e sollevò una delle due zampe posteriori e si portò nel raggio dove Dratini era ancora sdraiato a terra. La mole massiccia del Pokémon rosa suggerì ad Alex che l’attacco Pestone avrebbe potuto essere devastante. Senza pensarci troppo afferrò la sfera Poké di Dratini e richiamò il Pokémon nella Poké Ball, proprio un istante prima che Lickitung affondasse il piede nel terreno, provocando un boato sordo e prolungato. Brock decise di intervenire per interrompere l’incontro, il quale stava prendendo una gran brutta piega.
Brock: -Stop! Basta, il primo incontro è terminato! Sono costretto a consegnare la vittoria a Lickitung per abbandono dell’avversario!- Ed indicò il Pokémon del misterioso allenatore. Il ragazzo dai capelli corvini bubbolò in una odiosa risatina e incrociò le braccia al petto, corrugando le sopracciglia.
-Ah, bene, quello è il Dratini che ti ha permesso di vincere le prime due medaglie della regione di Kanto… le motivazioni di questa sconfitta sono due: o Dratini è più debole di quanto tu creda, oppure sono le palestre ad esserlo! E, a giudicare della prestazione di quella lucertola, entrambe le motivazioni potrebbero essere valide!- Alex digrignò i denti ed iniziò ad ansimare dalla gran rabbia. Per tentare di calmarsi spostò lo sguardo verso la Poké Ball dove dimorava Dratini e la osservò, preoccupato.
Alex: -Dratini, non starlo ad ascoltare. Tu hai svolto un ottimo lavoro, non hai nulla da recriminare!- E ritirò la sfera Poké nella cintura. Mentre il ragazzo con gli occhiali si accingeva ad afferrare la seconda Poké Ball, il bieco sfidante tornò a parlare con un tono ancor più provocatorio.
-Ma sentitelo, sai che il tuo Pokémon ha fatto una pessima figura e invece, cosa fai? Gli dici che ha fatto un ottimo lavoro! Hai gli occhi foderati di prosciutto, per caso? La tua lucertola ha perso su tutta la linea, nessun attacco è riuscito neanche a spostare di un centimetro il mio Lickitung!- Le continue istigazioni fecero sbottare nuovamente Alex, il quale stava perdendo rapidamente l’uso della ragione. Con Alex privo della lucidità necessaria per proseguire nella sfida, il ragazzo dallo zainetto verde scuro avrebbe trionfato facilmente. Brock si era già accorto dello stratagemma usato dall’avversario dell’assistente del Professor Oak e tentò di intervenire per sedare la discussione.
Alex: -NON INSULTARE DRATINI!- Brock: -BASTA, ALEX! Riprendi la lotta, non perdere tempo in chiacchiere!- L’obiettivo del misterioso allenatore, però, era ormai raggiunto. Alex era in preda all’ira e come una furia scagliò nel campo di battaglia la sfera Poké che aveva in mano.
Alex: -VAI, PIDGEY!!- La Poké Ball si aprì e l’uccellino, in un flash, fece la sua comparsa. La Poké Ball era stata lanciata con così tanta foga che il contraccolpo con il terreno aveva fatto rimbalzare la sfera ed a farla aprire a diversi metri di altezza. Pidgey, non aspettandosi di comparire così in alto, fu così costretto a prendere quota con goffaggine per non ritrovarsi spiaccicato a terra. Quando il Pokémon volante riuscì a stabilizzarsi e ad atterrare in terra, il ragazzo dai capelli corvini rise a bocca spalancata, facendo infuriare ancora di più Alex.
-AH! AH! AH! Dunque è così che tratti i tuoi Pokémon! Non mi stupisco che poco prima il tuo Dratini abbia perso con disinvoltura! Ha preso il carattere dal suo allenatore, avventato e sconsiderato!- Basta, quella era la goccia che faceva traboccare il vaso. Alex gridò dalla collera e pestò i piedi in terra, stringendo pugni e denti.
Alex: -STAI ZITTO! Metti in campo il tuo Pokémon e falla finita!- Anche Brock iniziò a spazientirsi, ma non per le continue battute irriverenti del ragazzo con lo zainetto scuro, bensì per il ragazzo con gli occhiali. Alex stava perdendo le staffe e in quello stato non avrebbe mai potuto vincere. Lo riprese più di una volta, ma Alex ormai non lo stava più a sentire. Troppa era la rabbia nei confronti di quello sfrontato allenatore, troppa era la voglia di sconfiggerlo e di umiliarlo. Con estrema calma e continuando a ridacchiare, il misterioso allenatore finalmente si decise ad afferrare la seconda sfera Poké e chiese al suo Lickitung di farsi da parte e di mettersi a sedere per godersi lo spettacolo. Alex trovò la pensata di far assistere Lickitung al secondo incontro insensata e oltraggiosa.
Alex: -Non dovrebbe riposare in questo momento il tuo Lickitung? Perché non lo ritiri nella sua sfera Poké?- L’allenatore scosse la testa, ingrandì la sua Poké Ball e la lanciò in campo.
-Nessuna legge vieta di fare assistere agli scontri altri Pokémon!- Alex osservò con aria interrogativa Brock, il quale dava pienamente ragione all’avversario del ragazzo con gli occhiali. Non c’era nulla che potesse impedire ad un Pokémon di assistere agli scontri successivi al suo in una regolare sfida. Lickitung si sedette in un angolino e, sempre con la lingua fuori dalla bocca, assunse nuovamente quello sguardo ebete che possedeva prima di abbattere Dratini con un colpo solo. In quell’occasione il volto di Lickitung divenne arcigno e ostile.
Il secondo Pokémon del misterioso ed arrogante allenatore fece il suo ingresso in campo. Quando la luce scomparve, Alex inghiottì un rospo amaro: aveva di fronte a sé un Pokémon piuttosto alto rispetto a Lickitung, tutto colorato di verde e provvisto di corte ali incollate sulla schiena e di due scimitarre al posto delle braccia. Lo sguardo malevolo di quel Pokémon riuscì ad intimorire il coraggioso Pidgey ed a sedare per un certo periodo di tempo la crescente ira di Alex. Con una mano tremante, l’allenatore con gli occhiali afferrò per una seconda volta il PokéDex ed esaminò la natura del secondo Pokémon del ragazzo dai capelli corvini. La voce del PokéDex pronunciò il nome del Pokémon con cadenza lenta e monotona.
Scyther, Pokémon mantide. Si fa strada tra l’erba grazie alle lame affilate, muovendosi troppo velocemente per l’occhio umano”. Le zampe anteriori di Scyther apparivano molto affilate ed Alex fu conscio del fatto che se quelle lame avessero colpito il suo Pidgey, il povero uccellino sarebbe uscito dallo scontro a fettine. La strategia da adottare onde evitare il tagliuzzamento era di far svolazzare il piccolo Pidgey attorno alla gigantesca mantide a gran velocità, di modo tale da istupidire il Pokémon avversario a puntino e di farlo svenire senza colpirlo direttamente. Se Pidgey avesse attaccato Scyther frontalmente, avrebbe dovuto fare i conti con i suoi rasoi affilatissimi. Non era arrivato ancora il momento per Pidgey di andare dal barbiere. Alex decise di ordinare a Pidgey di colpire lontano, per ora.
Alex: -Vai, Pidgey, colpisci Scyther con un attacco Turbosabbia!- L’uccellino si voltò, dando le spalle al suo avversario, e iniziò a raspare con le sue corte zampette. Ben presto si prolificò una grande fuliggine di polvere che investì in pieno il Pokémon coleottero. Il turpe personaggio dal gilet blu, però, non si lasciò scoraggiare da quella mossa e chiese al suo Pokémon coleottero di scansare quel nugolo di polvere che Pidgey gli stava riversando addosso. Scyther, con una velocità sorprendente, sparì alla vista dei due ragazzi e improvvisamente riapparve alla loro destra, per poi scomparire nuovamente. Dopo qualche secondo ricomparì alla loro sinistra, più lontano stavolta. Anche in questa occasione il Pokémon coleottero scomparve, per poi ripresentarsi molto più vicino a Pidgey. Brock aveva compreso per quale motivo Scyther si movesse con così tanta velocità e lo disse ad Alex, il quale cercava di inseguire il Pokémon velocissimo con gli occhi.
Brock: -Stai attento, Alex! Scyther sta usando l’Agilità! Se cerchi di seguirlo con gli occhi non lo troverai mai!- Alex annuì e ringraziò mentalmente Brock. Il ragazzo con gli occhiali osservò il suo Pidgey e notò che anche l’uccellino cercava di scorgere con la vista il rapidissimo Scyther, naturalmente senza successo. Ordinò a Pidgey di attaccarlo volando nell’istante in cui ricomparisse. Pidgey prese il volo e rimase sospeso in aria. Pidgey riuscì a intravedere Scyther alla sua sinistra e virò in picchiata in quella direzione. Scyther, però, era già scomparso e Pidgey lo mancò per un soffio. Nuovamente lo vide davanti a sé e con tutta la rapidità che le sue ali poterono permettergli, Pidgey usò un attacco Azione in volo contro il Pokémon coleottero, colpendolo al torace. Scyther, sorpreso di vedersi addosso il Pokémon volante, incassò il colpo ed andò a sbattere per terra. Alex strinse i denti soddisfatto e si complimentò con Pidgey, il quale aveva già raggiunto terra.
Alex: -Bravissimo, Pidgey! Ottimo scatto, bravo!- L’allenatore dai capelli corvini, però, espresse un duro commento per le prestazioni di Scyther e lo rimproverò.
-Alzati, buono a nulla! Ti fai mettere sotto da un mucchietto di piume? Usa piuttosto un Doppioteam!- Scyther, furioso, si rialzò con uno scatto e iniziò a sdoppiarsi, fino a raggiungere la quantità numerica di sette. Sette Scyther, uno vicino all’altro, si manifestarono agli occhi di Alex, Pidgey e di Brock. Le sette figure di Scyther ebbero una caratteristica: tutte tremolavano e rimanevano sospese a mezz’aria. L’allenatore dal gilet blu rise nell’osservare le facce stupite dei suoi avversari.
-AH! AH! AH! Ebbene, che ve ne pare? Ora prova a trovare il vero Scyther, quattrocchi!- E schernì Alex. Il ragazzo con gli occhiali strinse i denti ed incassò a sua volta la canzonatura dell’allenatore suo rivale. Osservò i sette Scyther per un certo istante, poi chiese a Pidgey di colpirli, uno alla volta, con un attacco Raffica. Pidgey obbedì ed iniziò ad agitare le sue ali, provocando un piccolo uragano. Lanciò la forte folata di vento verso quelle immagini vacillanti e Alex scoprì che, una volta colpite, le figure scomparivano per magia. Così fece per tutte le altre figure di Scyther. Quando finì, Alex notò con sorpresa che di Scyther non c’era neppure l’ombra. Le immagini illusorie del Pokémon coleottero si erano tutte dileguate. Pidgey iniziò a guardarsi intorno, ma non riuscì più a trovare il Pokémon coleottero. Soltanto vedeva il ragazzo dai capelli corvini in un angolo, con lo sguardo corrucciato e le braccia incrociate al petto e vicino il Pokémon linguaccia seduto a terra, che faceva da guardia a Clefairy. Anche Brock iniziò a muovere gli occhi a destra e a sinistra alla ricerca di Scyther e, quando riuscì ad intravederlo, il Pokémon dalle lunghe lame al posto delle braccia era già alle spalle di Pidgey. Il ragazzo si spaventò e gridò per avvertire Alex dell’incombere del Pokémon avversario, ma non ci fu nulla da fare. Era già troppo tardi. Scyther colpì Pidgey alle spalle con un potente attacco Lacerazione e l’uccellino, a causa del contraccolpo, andò a sbattere contro al muro vicino dove stava l’allenatore dai capelli corvini. Alex deglutì, meravigliato dalla velocità di Scyther. Pidgey cadde a terra e non si rialzò più. Alex dovette richiamare anche Pidgey nella sua sfera Poké e Brock assegnò la vittoria al Scyther dell’allenatore misterioso. Alex osservò la sfera Poké e sorrise, ancora incredulo della velocità del Pokémon mantide.
Alex: -Sei riuscito a colpire Scyther nella sua Agilità! Sei sempre il migliore, Pidgey, ora meriti molto riposo!- L’allenatore dallo zainetto verde scuro non risparmiò neanche questa volta un commento sarcastico per le prestazioni del ragazzo avversario in battaglia.
-E invece tu sei sempre il migliore a collezionare brutte figure! Credi davvero che il tuo Pidgey abbia fatto un buon lavoro nel colpire Scyther? Il mio Pokémon, con un colpo solo, ha messo K.O. il tuo! E il tuo Pokémon, al contrario del mio, si è fatto pure prendere alle spalle come un principiante!- Alex, digrignando i denti dalla collera rinnovata, ritirò la sfera Poké di Pidgey nella cintura e ne estrasse la terza Poké Ball, contenente Weedle.
Alex: -Ma io non tratto male i miei Pokémon, al contrario di come fai te! WEEDLE, ESCI!- E lanciò la sfera Poké contenente il Pokémon coleottero. Weedle apparve e si guardò intorno, mezzo spaurito. Il rivale di Alex non poté non esplodere in un’altra risata nell’osservare Weedle guardarsi attorno spaesato.
-Ma guardatelo, il piccolo Weedle! Non sa nemmeno dove si trovi in questo momento! Alex – e guardò l’allenatore con strana serietà, eliminando il ghigno dal suo volto – dammi retta, è una causa persa! Quell’insetto non lancerà neppure un attacco e si ritroverà già con le ossa rotte, ancor prima di iniziare!- Alex scosse la testa e strinse i pugni, sollevando gli avambracci.
Alex: -Scordatelo! Tu non conosci affatto il potenziale di Weedle!- Attese con snervante attesa che il suo rivale ritirasse nella sfera Poké Scyther e che afferrasse la Poké Ball contenente il terzo ed ultimo Pokémon di quella logorante sfida. Alex e Weedle seguirono con gli occhi il percorso che la sfera Poké intraprese e non chiusero gli occhi quando la luce emanata dall’apertura della sfera si pronunciò. Finalmente il terzo Pokémon fece la sua comparsa e quando Alex e Weedle osservarono negli occhi l’ultimo mostriciattolo dell’allenatore dai capelli corvini, deglutirono insieme. Il ragazzo con gli occhiali, sussultando per la tensione, afferrò per la terza volta il PokéDex ed esaminò per l’ennesima volta la natura del Pokémon che si trovava davanti.
Mankey, Pokémon suinpanzé. Ha un pessimo carattere. Può attaccare in gruppo qualsiasi obiettivo senza alcuna ragione”. Alex aveva davanti un Pokémon lotta e, a giudicare dallo sguardo, molto nervoso. Forse il ragazzo dallo zainetto verde scuro aveva disturbato il suo Pokémon durante il sonno, e forse l’aveva fatto apposta. Gli occhi del Pokémon color bianco latte, infatti, erano molto gonfi e la fronte era corrugata nello sforzo di mantenere la mente lucida e sveglia. Alex volle far notare al suo avversario lo stato di dormiveglia del suo Pokémon, ma la voce di Brock spense ogni tipo di iniziativa da parte del ragazzo con gli occhiali, sovrapponendosi alla sua.
Brock: -Weedle contro Mankey, ultimo round! E che vinca il migliore!- Alex non riuscì in nessun caso a far notare ai presenti la stanchezza di Mankey, perché il Pokémon in questione fu subito lanciato all’attacco dall’allenatore dai capelli corvini. Come una furia, Mankey si scagliò contro lo spaventato Weedle e non lasciò neanche il tempo ad Alex di riflettere su quale strategia adottare.
-Ora, Mankey! Attacco Sfuriate, massima potenza!- Correndo all’impazzata verso il povero Weedle, Mankey diede un pugno al Pokémon coleottero in pieno volto. Alex e Brock gridarono all’unisono osservando l’atteggiamento non proprio ortodosso di Mankey.
Brock: -Ehi, quello non è un attacco Sfuriate! Non barare sugli attacchi!- Il richiamo dell’ex capopalestra di Plumbeopoli non piacque per nulla al misterioso allenatore dallo zainetto verde scuro. Aggrottò con forza le sopracciglia e riservò a Brock uno sguardo affatto rassicurante.
-Bada di farti gli affari tuoi, capopalestra dei miei stivali! Io l’incontro lo gestisco come voglio!- Brock strinse i denti e scosse la testa, risentito da quella frase completamente fuori dal contesto da parte del ragazzo dai capelli corvini. Deglutì un rospo amaro e abbassò la testa, iniziando a meditare.
Brock: “La situazione ci sta sfuggendo di mano… Alex sta perdendo su tutta la linea. Quell’allenatore non mi piace per niente… se soltanto avessi i miei Pokémon con me! Non avrei potuto prevedere una simile evenienza… devo proprio ammetterlo, avere i Pokémon con sé è come avere una dose di cortisone a disposizione per una puntura di una vespa, indispensabili!” Frattanto Weedle si era rialzato da terra e, con il naso gonfio per il pugno ricevuto, era pronto per il contrattacco. Alex si rese conto, in quel momento, che lottare contro quella furia di Mankey era causa persa. I Pokémon di quell’allenatore sfrontato, per quanto il ragazzo fosse megalomane, erano davvero potenti. Il ragazzo con gli occhiali non avrebbe mai potuto scoprirlo se non in una lotta Pokémon. Ad Alex sarebbe andata anche bene la sconfitta, peccato che Clefairy fosse vincolato a quel delicato match. Quella sfida, alla fine dei conti, era servita ad Alex per calmare i suoi bollenti spiriti. Le due vittorie nelle altrettante palestre gli avevano montato un po' troppo la testa e, dopo quella sconfitta, l’assistente del Professor Oak era conscio di poter tornare con i piedi per terra. Aveva necessità di addestrare al meglio i suoi Pokémon, riprendere gli allenamenti in vista di un prossimo incontro in palestra. Scacciando quei pensieri con una scrollata del capo, Alex ordinò a Weedle di lanciare un attacco Millebave a Mankey, il quale si era nuovamente lanciato contro il Pokémon coleottero. Mankey, non aspettandosi una controffensiva da parte di Weedle, si ritrovò invischiato in quella specie di colla lattiginosa, braccia e gambe bloccate. Con l’avversario immobilizzato, sicuramente per un lasso di tempo molto breve, Weedle prese l’iniziativa e, sotto ordine del suo allenatore, si scagliò contro Mankey con un attacco Velenospina. Il corno di Weedle andò a segno dopo una corsa trotterellante e il veleno venne inoculato nel corpo del Pokémon ancora invischiato nella rete gelatinosa. L’allenatore dai capelli corvini sbarrò gli occhi dalla sorpresa, non si aspettava di certo che un piccolo insetto avesse potuto avere la meglio sul furioso Mankey. Mankey, in quel momento, era diventato ancora più nervoso a causa del veleno iniettato dal piccolo corno di Weedle e, con alcuni strattoni, riuscì a liberarsi da quella bava ormai solidificata. Spezzò la rete biancastra con certi colpi e, in preda all’ira, si scaraventò su Weedle, il quale era ancora stravolto dalla corsa di poc’anzi per iniettare il veleno nel corpo del suo avversario. Il Pokémon lotta afferrò Weedle per il suo corpicino con entrambe le mani e, dopo che ebbe compiuto questo atto, saltò in alto. Brock rimase a bocca aperta nel constatare quale mossa Mankey avesse in mente di fare. Alex non riusciva a capire quale fosse e chiese aiuto all’allevatore di Pokémon.
Brock: -Stai attento, Alex! Mankey sta per usare un Movimento Sismico!- Mankey girò su se stesso fino a che non si ritrovò con Weedle a testa in giù per aria. In quella posizione i due Pokémon precipitarono al suolo e, proprio nel momento in cui sia Mankey che Weedle avrebbero dovuto schiantarsi, il Pokémon suinpanzé lasciò andare il Pokémon di Alex e lo scagliò al suolo con tutta la forza che aveva in corpo. Mankey approfittò del rimbalzo per compiere un altro giro su se stesso per tornare in posizione eretta a qualche metro di distanza dall’impatto del Pokémon coleottero. Atterrò in piedi ma, a causa del veleno instillato dal corno di Weedle, Mankey cadde in ginocchio. Sia l’allenatore dai capelli corvini che Lickitung rimasero impassibili ed immobili nelle loro posizioni, ignorando completamente lo stato di salute di Mankey. Alex, invece, corse verso il piccolo cratere che Weedle aveva formato quando era stato scagliato da Mankey verso il suolo. Il ragazzo con gli occhiali si inginocchiò, raccolse il suo Pokémon e lo tenne tra le braccia una volta rialzatosi. Lo osservò e concluse con amarezza che Weedle era svenuto per il gran colpo subito. Brock dovette, a malincuore, assegnare la vittoria al Mankey dell’allenatore misterioso. Alzò il braccio sinistro ed indicò il vincitore della sfida.
Brock: -Weedle non è più in grado di combattere! La vittoria va a Mankey e la sfida è vinta dall’allenatore dallo zainetto verde scuro!- Il ragazzo dal gilet blu chiuse gli occhi ed espresse un mezzo sorriso. Intascò le mani e scosse la testa.
-Era più che ovvio che avrei vinto io…- Alex non ebbe il coraggio di alzare gli occhi da Weedle per scorgere lo stato d’animo di Clefairy che avrebbe potuto avere in quel momento. Non era stato capace di salvare il Pokémon fata dalle grinfie di quell’allenatore poco raccomandabile, aveva perso su tutta la linea. Tre Pokémon a zero, che delusione. Alex non era tanto preoccupato per la cocente sconfitta, ma era tormentato per il destino prossimo di Clefairy. MonteLuna, a quanto sembrava, era sguarnito di altri Pokémon simili a Clefairy. Lo stesso Pokémon rosa aveva confermato il dubbio di Alex qualche giorno fa. A causa dei terremoti che stavano per demolire la grotta che collegava Plumbeopoli a Celestopoli, i Clefairy erano fuggiti all’impazzata, lasciando nella caverna l’unico Clefairy rimasto. Fino a che gli altri Clefairy non fossero tornati, Alex non avrebbe potuto permettere che l’unico Pokémon fata rimasto a MonteLuna fosse portato via da un allenatore qualsiasi. Alex con una mano sorresse Weedle e con l’altra frugò nella tasca dei suoi pantaloni. Le sue dita incontrarono un oggetto freddo e dalla forma di un ciottolo. Alex estrasse quell’oggetto e l’osservò. Natura grezza, forma irregolare, di colore blu scuro, con al centro, immessa nella pietra, un’immagine di una luna color giallo pallido. Il regalo di Clefairy all’allenatore con gli occhiali, la Pietralunare. Alex strinse il ciottolo nella mano, chiudendo le dita sopra la pietra e serrò gli occhi, afflitto dal senso di colpa che stava per nascere in quel momento, sempre più crescente. Brock osservò attentamente l’allievo di Ash e poté comprendere i sentimenti che lo affliggevano in quel preciso momento. L’allenatore dai capelli corvini iniziò a ridacchiare e tornò a parlare, dopo un certo periodo di tempo.
-Bene, bene, a quanto pare ho vinto io… come stabilito dal nostro patto, ora il Clefairy è mio…- Alex strinse i denti ed iniziò a tremare tra un mix di sentimenti quali la rabbia, l’angoscia e la frustrazione. Il misterioso allenatore, osservando lo stato nel quale Alex era piombato, scoppiò in una risata malefica. Bulbasaur impallidì nell’udire quella sghignazzata ed iniziò a rabbrividire dalla paura.
-AH! AH! AH! Come ci si sente nell’aver compreso di avere fallito in pieno, eh? Male, vero? Malissimo, oserei dire!- Poi tornò serio tutto d’un colpo e cambiò improvvisamente tono di voce, facendosi minaccioso ed ostile. -Ora, come stabilito dagli accordi, voi dovete abbandonare MonteLuna, e alla svelta! Io ho vinto in questo incontro ed io ho vinto Clefairy!- Alex scosse lentamente la testa e con una forza sovrumana riuscì a ritirare Weedle nella sua sfera Poké.
Alex: -N…No…- Sia Brock che l’allenatore misterioso osservarono meravigliati Alex, il quale nel frattempo aveva ritirato la sfera Poké nella cintura. Il ragazzo dai capelli corvini, con evidente ironia, mise una mano dietro all’orecchio, non convinto di avere udito bene la risposta del suo rivale.
-Cosa? Potresti ripetere, prego?- Alex sollevò lo sguardo fino ad incontrare gli occhi del suo antagonista. Brock iniziò a preoccuparsi per Alex, nei suoi occhi era presente un’ira fiammeggiante.
Alex: -Ho… ho detto di no… non puoi catturare… Clefairy!- Attimi di silenzio raggelante. L’allenatore dallo zainetto verde scuro, visibilmente contrariato per la risposta, inspirò violentemente l’aria nei polmoni, intascò nuovamente le mani ed iniziò a battere un piede.
-A quanto sembra io ho vinto in questo incontro! Di’ un po’, non ti sembra di essere ingiusto? Non stai nei patti a quanto sembra! Mettiti il cuore in pace e fatti da parte!- Alex scosse ancora la testa ed iniziò ad incamminarsi abbastanza velocemente verso il suo rivale. Sia Brock che l’avversario rimasero stupiti dall’azione dell’assistente del Professor Oak. Brock cercò di far ragionare Alex, convinto del fatto che il suo amico con gli occhiali stesse tentando di arrampicarsi sugli specchi.
Brock: -Alex, lascia stare… ha vinto lui in una regolare sfida…- Alex, sordo agli appelli dell’allevatore di Pokémon, si avventò su Lickitung e, nel tafferuglio con il Pokémon, riuscì ad afferrare Clefairy ed a portarlo fuori dalla sua minuscola prigione. Il misterioso allenatore, non aspettandosi quell’azione da parte di Alex, gli gridò contro e finalmente si smosse dalla sua postazione.
-EHI! Che cosa credi di fare? Restituiscimi Clefairy!- Brock, scotendo la testa, tentò di avvicinarsi ad Alex per poter organizzare una rocambolesca fuga sul momento, ma ogni progetto fu stroncato sul nascere, poiché Lickitung, ripresosi dalle percosse di Alex, lanciò la sua lunga lingua verso l’ex capopalestra di Plumbeopoli. Brock, in pochi istanti, si ritrovò stampato contro la parete, impossibilitato a compiere anche la più piccola mossa. Alex, spaventato da come stessero andando le cose, si rifugiò con Clefairy nell’altro angolo della caverna e lì posò il terrorizzato Pokémon fata. Il ragazzo guardò negli occhi il piccolo Pokémon e riuscì a leggere unicamente paura e angoscia. Alex sorrise a Clefairy, si inginocchiò verso di lui e tentò di rincuorare il batuffolo rosa, il quale si stava agitando come un forsennato.
Alex: -Non devi avere paura… finché ci sarò io, non ti sarà fatto alcun male…- L’assistente del Professor Oak era il primo a tremare dalla paura, ma non doveva mostrarsi spaventato davanti a Clefairy, doveva invece essere coraggioso e sprezzante del pericolo che si avvicinava sempre di più a loro. Alex sentì che la resa dei conti era già arrivata, si sentiva il fiato dell’avversario sul collo. Si rialzò di scatto e si voltò, osservando il suo antagonista. Davanti a sé aveva ancora Mankey, il quale stava soffrendo per il veleno inoculato da Weedle. La tossina del Pokémon coleottero stava entrando in circolo in modo pericolosamente veloce, gli occhi del Pokémon lotta erano già velati di un leggero color lilla. La voce dell’allenatore misterioso si fece nuovamente sentire, roca e minacciosa.
-EHI, TU! Levati di mezzo!- Alex scosse la testa, rifiutandosi di obbedire all’ordine del ragazzo dai capelli corvini.
Alex: -No, io non mi sposto di qui! Sei tu che ti devi levare di torno!- Brock, dalla sua prigione appiccicosa, tentò in ogni maniera che gli fosse possibile di far ragionare Alex e di farlo desistere dalla sua disperata posizione di difesa.
Brock: -Alex, lascia stare! Il tuo avversario ha vinto regolarmente! Sei tu che non rispetti le regole!- Il misterioso allenatore dallo zainetto verde scuro e con un sogghigno indicò l’ex capopalestra di Plumbeopoli con un cenno del mento. Alex osservò Brock con la coda dell’occhio, ma non si spostò di un millimetro dalla sua posizione.
-Ascolta i consigli del tuo amico, lui sì che è saggio!- Ma Alex si intestardì e scosse la testa ancora una volta, respingendo i consigli del figlio maggiore dei Peters. Preferì instaurare un dialogo con il suo rivale, tanto per guadagnare tempo e permettere al veleno di Weedle di indebolire ancora di più Mankey, il quale si stava agitando in modo delirante, scalciando per la gran rabbia accumulata.
Alex: -Perché vuoi catturare questo Clefairy, proprio ora? è l’unico rimasto in tutta MonteLuna, ti prego di attendere il ritorno degli altri Clefairy! È stato l’allontanamento dei Pokémon fata a causare gravi calamità alla caverna! Se i Clefairy non si fossero allontanati tutti in massa, avrebbero sicuramente respinto i Diglett e li avrebbero rispediti a casa loro! Se anche l’ultimo Clefairy dovesse abbandonare la grotta, non ci sarebbero più protezioni, potrebbe succedere di tutto! Ti prego di ascoltare la mia richiesta. Aspetta il ritorno degli altri Clefairy e potrai catturarne quanti ne vuoi!- L’accorato appello di Alex, come facile era da prevedersi, cadde miseramente nel vuoto. L’allenatore antagonista iniziò a spazientirsi e, togliendo una mano dalla tasca, distese il braccio in direzione di Alex e lo additò con l’indice. Quel dito accusatore provocò molta suggestione in Alex, tanto da farlo deglutire più di una volta.
-Adesso basta con le buffonate! Ho perso anche fin troppo tempo, quindi decidiamoci! Per l’ultima volta, Alex Blake, ti decidi a cedere il passo, sì o no?- Alex fece cenno di no con la testa con ostinazione. Con grande coraggio, invece, divaricò le gambe ed allargò le braccia, con tutta l’intenzione di fare da scudo al Clefairy che aveva dietro le spalle. Brock lo vide e gli gridò spaventato che quello che stava facendo avrebbe potuto riscontrare conseguenze negative.
Brock: -ALEX! NON FARE PAZZIE!- Ma il ragazzo con gli occhiali persisteva a mostrarsi sordo agli avvertimenti dell’allevatore di Pokémon. Quasi con sprezzo del pericolo sostenne lo sguardo malevolo del suo avversario e si permise di ridacchiare, ormai convinto di essere in un vicolo cieco.
Alex: -Se proprio hai deciso di catturare Clefairy, allora dovrai passare sul mio corpo! Io di qua non mi sposto!- Le parole di Alex colpirono tutti, soprattutto Clefairy, il quale osservò il suo difensore ad occhi sbarrati. Con un ghigno malefico l’allenatore dai capelli corvini strinse i pugni sollevando entrambi gli avambracci.
-E VA BENE! Se è questo quello che desideri, non mi faccio certo pregare! VAI, MANKEY! COLPO BASSO SU QUELL’ARROGANTE!- Infuriato ed accecato dalla gran quantità di veleno iniettato dal corno di Weedle, Mankey si scagliò contro il ragazzo con gli occhiali, il quale dovette incassare il gran pugno al ventre datogli dal Pokémon. Brock, terrorizzato dal procedere degli avvenimenti, gridò come un pazzo, tentando di far rinsavire Alex.
Brock: -ALEX!! SPOSTATI DA LI’!!- Ormai era troppo tardi per tornare indietro. Mankey diede un altro pugno al volto di Alex, ed il ragazzo con gli occhiali iniziò a vacillare dalla sua posizione. Ma non espresse un solo lamento, non voleva dare alcuna soddisfazione al suo rivale. Il ragazzo dai capelli corvini corrugò con forza le sopracciglia folte e scosse la testa lentamente.
-Sei un idiota, Alex! Ti stai riducendo ad un colabrodo solo per difendere un piccolo Pokémon! Ne ho incontrati di uomini stupidi nella mia vita, ma tu li batti tutti!- Alex non disse nulla per replicare agli insulti del ragazzo dallo zainetto verde scuro, ma rimase nella sua posizione. Testa bassa, braccia e gambe ancora divaricate. Mankey, ancora più furioso, andò dietro al ragazzo ed afferrò Alex per il torace e con lui saltò in alto. Brock paventò l’uso dell’attacco Movimento Sismico da parte di Mankey, e purtroppo comprese di avere avuto ragione. Nel punto più alto del salto Mankey girò su se stesso e si ritrovò con Alex con la testa in giù, contro il suolo. Caddero insieme e l’impatto fu devastante. L’assistente del Professor Oak cadde malamente di schiena ed un gemito sfuggì dalle sue labbra. Bulbasaur e Clefairy assistettero sgomenti al progressivo annientamento dell’amico di Brock e non osarono battere ciglio per intervenire ed aiutare il ragazzo con gli occhiali.
-NON NE HAI AVUTE ABBASTANZA??- Alex era ancora in terra e Brock approfittò del momento di quiete per tornare a parlare ad Alex. Il ragazzo con gli occhiali (ormai non c’erano più sul naso, erano volati via durante la collisione) era ancora a terra e presentava varie escoriazioni, lividi e ferite su tutto il corpo. Brock: -Alex, per l’amore del Cielo, desisti! Se continui così rimarrai ucciso!!- La voce di Brock era tremante per il grande terrore che stava provando in quel momento. Alex, forse per follia, forse per noncuranza, ebbe ancora la forza per tirarsi sui gomiti e scuotere la testa. L’atteggiamento dell’assistente del Professor Oak fece uscire ancor di più dai gangheri i suoi nemici.
Alex: -Io…non…non mi muovo!- Con furia rinnovata, Mankey saltò su di Alex e diede al povero ragazzo una poderosa gomitata al ventre. Ad Alex venne meno il fiato e crollò nuovamente a terra. Mankey iniziò a prendere a calci Alex per tutto il corpo ed il dolore accumulato nel corso degli attacchi di Mankey si fece sentire con prepotenza.
-TI MUOVI DA LI’ OPPURE NO??- La voce del rivale di Alex era stridula dalla gran rabbia accumulata e rimbombava in tutta la sala naturale. Brock continuava ad agitarsi nella sua insolita posizione ed implorava il ragazzo dai capelli corvini di fermare il suo Pokémon.
Brock: -BASTA!!! BASTA, PER CARITA’!!- La situazione era disperata. Alex continuava ad essere preso a calci da Mankey e né Brock né Clefairy poterono fare qualcosa, bloccati nelle loro posizioni. Il piccolo Bulbasaur era ancora dietro la statua ed osservava intimorito il procedere degli eventi. Aveva notato però che nessuno gli stava prestando particolare attenzione, tutti erano concentrati in quel massacro. La grande apertura che conduceva al piano inferiore era proprio a due passi ed il cucciolo di Pokémon d’erba decise di correre verso l’uscita, conscio che nessuno lo stava osservando. Nessuno, tranne Brock, il quale lo stava seguendo con la coda dell’occhio, pieno di angoscia.
Brock: “Bulbasaur… mettiti in salvo, almeno tu…!” Con molta difficoltà Bulbasaur riuscì a raggiungere i grandi scalini di pietra costruiti poco tempo prima dai Geodude. Ma i gradini erano molto ampi e scendere uno scalino alla volta fu molto complicato per il cucciolo. Dovette per forza di cose buttarsi giù per scendere ogni gradino. All’ultimo scalino Bulbasaur si sporse troppo e precipitò al suolo, facendosi male ad una spalla. Scoppiò in lacrime, ma non c’era nessuno che avesse avuto la possibilità di assisterlo. Ignorando il dolore pulsante e con estremo coraggio si inoltrò nella caverna alla ricerca di aiuto. Fortunatamente un gruppetto di persone, che stavano chiacchierando tra loro, si stava avvicinando molto velocemente e tra quel gruppetto di persone c’era anche Gary Oak, il quale riconobbe al volo il Bulbasaur di Brock. L’occhio allenato del ricercatore di Pokémon gli permise di capire che il cucciolo era ferito e Gary si inchinò per raccoglierlo.
Gary: -Bulbasaur! Che cosa ci fai qui da solo? Perché sei ferito, dove sono gli altri?- Tremando, Bulbasaur indicò il piano superiore con una zampetta e fatto ciò svenne di colpo. Il capoingegnere, che era in compagnia di Gary insieme a tre operai, spalancò gli occhi impressionato. Aveva udito alcune grida provenire proprio dal secondo piano consacrato a Clefable.
-Cosa… cosa sta succedendo lì?- Gary scosse la testa, aggrottando le sopracciglia. Con una mano teneva Bulbasaur e con l’altra afferrò una Poké Ball, convinto del fatto che i suoi amici fossero in pericolo. Anche gli altri operai afferrarono le loro sfere Poké.
Gary: -Non lo so… vorrei sbagliarmi, ma ci sono delle persone in pericolo!- I cinque uomini corsero a perdifiato verso la scalinata, la quale era a pochi passi dall’uscita, e salirono i gradini fino a raggiungere il secondo piano. La prima cosa che gli uomini in divisa videro era la statua di Clefable che troneggiava in mezzo alla sala, ma non passò molto tempo che si accorsero del gruppetto di persone alla loro sinistra. Videro un Mankey prendere a calci una persona distesa a terra, un ragazzo che dava loro le spalle e l’ex capopalestra di Plumbeopoli incollato alla parete dalla lingua di Lickitung. Spaventati, gli uomini iniziarono a gridare.
Gary: -EHI!! CHE COSA STA SUCCEDENDO??- La voce imponente di Gary fu udita da tutti e il ragazzo dai capelli corvini, preso alla sprovvista, strinse i denti e richiamò i suoi Pokémon nelle sfere Poké.
-Maledetti! Avete chiamato i rinforzi, eh? Oggi devo rinunciare a catturare Clefairy, ma tornerò molto presto!- E senza una parola di commiato si allontanò di corsa verso l’uscita. Gli operai, storditi per quello che era appena accaduto, furono spintonati dal ragazzo con lo zainetto verde scuro e lo lasciarono passare. Gli operai tentarono di seguire il misterioso allenatore, mentre Gary ed il capoingegnere corsero verso Alex. Brock, intanto, era caduto a terra e, una volta rialzatosi, si avvicinò e si inginocchiò verso l’allievo di Ash. Mankey lo aveva percosso per bene, Alex era pieno di lividi, ferite, tagli e lacerazioni su tutto il corpo ed il ragazzo si stava lamentando per le botte ricevute. Brock scosse Alex per le spalle, ma così non fece altro che peggiorare il senso di dolore del suo amico.
Brock: -Alex! Alex, mi senti? Ti prego, rispondimi!- Il capoingegnere, spaventato, chiese che cosa fosse successo ma Gary tralasciò ogni discussione consegnando il Bulbasaur infortunato direttamente nelle mani di Brock. Al più grande dei Peters venne un colpo nell’osservare in che stato pietoso fosse caduto anche il suo cucciolo.
Gary: -A dopo le spiegazioni! Adesso dobbiamo portare Alex nel più vicino ospedale! Mi dia una mano, capoingegnere!- E così Gary e il capomastro afferrarono Alex per la schiena e per le gambe e lo trasportarono non senza difficoltà nel piano inferiore. Fortunatamente nella caverna erano presenti strumenti di primo soccorso, quali bende, pomate ed una portantina. Adagiarono Alex su di essa, poiché il ragazzo non poteva muoversi sulle proprie gambe. Brock raccolse gli occhiali di Alex, e seguì a ruota i due uomini che portavano in barella il suo amico infortunato, con Clefairy sulle spalle dell’ex capopalestra di Plumbeopoli. Percorsero l’ultimo tratto di caverna di corsa e ben presto si ritrovarono all’aria aperta, con il sole che era già alto sull’orizzonte. La loro destinazione era l’ospedale di Celestopoli.

Nel prossimo capitolo...
Quale sarà il destino di Alex e dei suoi Pokémon, gravemente feriti? Quale sarà il futuro di allenatore per Alex, dopo essersi comportato in modo così avventato? Le risposte a queste domande verranno svelate nei prossimi capitoli! Ciaooooo! ^__^

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Capitolo 21
*** 19 - Una decisione avventata ***


Riassunto del capitolo precedente...
Alex e Brock si sono diretti di buon mattino verso MonteLuna, dove ad attenderli ci sarebbe dovuto essere Gary con la sua squadra di operai! Tra una cosa e l'altra, i due allenatori si prodigano per aiutare altri operai nello svolgere i propri doveri, ma la loro attenzione è catturata dal grido di Clefairy, protettore della caverna, proveniente dal piano di sopra! I due ragazzi salgono al piano successivo ed incontrano un allenatore che vuole catturare Clefairy! Alex e Brock ( quest'ultimo senza Pokémon) affrontano questo turpe personaggio nel tentatico di salvare Clefairy, ma Alex, al termine della sfida, viene sconfitto e viene anche malmenato dal Mankey del suo rivale, nel tentativo di proteggere Clefairy! Alex viene trasportato d'urgenza all'ospedale di Celestopoli...


Ash Ketchum chiuse gli occhi ed emise un grande sbadiglio a bocca aperta, e Pikachu lo imitò alla perfezione. Laura scoppiò in una risata nell’osservare la perfetta affinità tra allenatore e Pokémon, somiglianti anche nello stile dello sbadiglio. La ragazza dai capelli castani fece notare questo divertente dettaglio al suo maestro e Ash, visibilmente imbarazzato, ridacchiò. Il legame che univa Ash a Pikachu era così forte che le loro azioni sembravano essere compiute da una sola persona. Le loro menti e le loro anime parevano legate indissolubilmente, se non fosse perché Ash fosse un umano e che Pikachu fosse un Pokémon, i due avrebbero potuto essere fratelli di sangue.
Brock ed Alex avevano lasciato gli amici da una buona mezz’ora in direzione di MonteLuna. Il maestro di Pokémon e la ragazza avevano stabilito l’incontro con Misty all’Acquario per le nove e mezzo, c’era ancora un poco di tempo per mettere qualcosa sotto ai denti. Vicino al Centro Medico per Pokémon iniziavano le vie del centro, dove erano presenti vari negozi, tra i quali boutique d’alta moda, panettieri, banche, lattai, vari centri commerciali e drogherie. A quell’ora del mattino c’era ancora poca gente, ed i due ragazzi approfittarono di quel momento di relax per passeggiare tra quei negozietti. La loro attenzione non si focalizzò su cappotti e pellicce costosissimi, su gadget per allenatori, su sfere Poké nuove di zecca, su offerte superscontate per viaggi via treno/mare/aereo, ma si concentrò su un bar cui esposte in vetrina c’erano saccottini al cioccolato appena sfornati, brioches al gelato, tranci di torte alla frutta, tramezzini imbottiti di varie verdure, croissant alla marmellata dall’odore allettante. Come rapaci, i due ragazzi si fiondarono immediatamente nel bar, dove ad attenderli c’era un commesso dall’aria burbera, piuttosto anzianotto, tarchiato con i capelli spettinati tendenti al grigio. Ash e Laura ordinarono i loro cappuccini con brioches ed ai Pokémon vennero servite porzioni extra di cibo dedicato esclusivamente ai mostriciattoli: non era cibo così invitante come quello che preparava Brock. Il locale era disposto così: appena entrati, sulla destra, il bancone occupava tutto il settore est, mentre tavoli, sedie e sgabelli era tutto ammassato in fondo. Una grande finestra, al fondo della stanza, che permetteva di osservare un lago maestoso, era stata aperta e vari avventori si erano posizionati nei tavoli migliori per godere della visuale migliore. I due ragazzi preferirono restare in disparte, poiché a loro interessava unicamente una cosa: mangiare! Durante la colazione, Laura pose alcune domande al Master dei Pokémon che le stavano più a cuore.
Laura: -Senti, Ash, ma questa Misty… che tipo è? La volta scorsa, al Centro Medico, non ho avuto occasione di conoscerla meglio…- Ash seppe fin da subito che poteva parlare liberamente con la sua allieva della sua cara amica amante dei Pokémon d’acqua, ormai avevano fatto pace e l’incidente patito da Psyduck era un ricordo ormai lasciato alle spalle. Il ragazzo col cappello sorseggiò lentamente la sua bevanda mentre Pikachu e Dratini masticavano i croccantini dall’odore nauseabondo seduti comodamente sul tavolo. Ash posò la tazzina sul piatto e poi sorrise.
Ash: -Misty… posso dirti che ha un buon carattere… te ne sarai già accorta, immagino… è una ragazza spericolata, amante dei viaggi, non si tira mai indietro se qualcuno la sfidasse in una battaglia Pokémon… è generosa, paziente, ma non sopporta i Pokémon coleottero!- Laura scoppiò in un’altra risata, ricordando la reazione di Misty quando la capopalestra di Celestopoli aveva visto il Weedle di Alex. Ash proseguì nel suo discorso ed incollò il suo sguardo ad un quadro di natura morta appeso al muro sopra il bancone. Il barista stava tranquillamente lavando le stoviglie sotto l’acqua corrente.
Ash: -Si offende facilmente… se dovesse capitare il giorno in cui tu litigassi con lei, non venga mai! Ti terrebbe il broncio per tutta la settimana!- Ash dava le spalle alla porta d’uscita ed aveva davanti a sé la finestra (in posizione decentrata) mentre Laura poteva vedere le persone che entravano ed uscivano dalla porta. In quel momento una persona era entrata nel bar e si stava lentamente avvicinando verso i due ragazzi. Laura la vide, ma non disse nulla per avvertire Ash. Anche Pikachu e Dratini si accorsero della presenza di quel qualcuno, ma non fiatarono per avvisare il ragazzo con il cappello. Ash continuò nel descrivere la sua amica Misty ed iniziò a ridacchiare, ma le parole del ragazzo divennero pesanti nel descrivere Misty a Laura.
Ash: -E poi Misty è molto suscettibile… non può sopportare le persone che parlano male dietro di lei… poi è troppo lunatica, ipertesa, stressata, sempre fissata con i Pokémon d’acqua e le piscine! Ogni volta che ci avvicinavamo ad un lago quando eravamo in viaggio insieme, dovevamo per forza fermarci a sostare perché lei doveva pescare un Pokémon d’acqua dolce! Ed io e Brock non potevamo neanche fiatare, non potevamo spostarci finché lei non catturava un Pokémon d’acqua!- La persona dietro ad Ash diede uno scappellotto sulla nuca del ragazzo, e lo schiaffo fece volare via il cappello del Master dei Pokémon. Il berretto rosso cadde a terra ed Ash, risentito di quel gesto, si voltò furioso.
Ash: -Ehi! Chi si permette di prendermi a schiaffi alle spalle?- Appena incrociò lo sguardo della persona che era dietro di lui, ad Ash vennero i brividi alla schiena. La persona in questione era ben conosciuta dal maestro di Pokémon. La persona era una ragazza dai capelli arancioni, lunghi fino alle scapole, vestita con una t-shirt rossa, un paio di pantaloncini blue jeans, scarpe da ginnastica bianche… era Misty! La capopalestra di Celestopoli aveva raggiunto i due ragazzi al bar ed aveva ascoltato i commenti poco carini di Ash. Con un sorriso ironico sulle labbra rispose alla descrizione completata poco prima da Ash.
Misty: -Sì, è vero, hai ragione. Non posso sopportare le persone che parlano male di me! Specialmente se quella persona è un certo Ash Ketchum!- Ma poi esplose in una risata. I ragazzi si unirono alla sua risata e Misty, una volta che Ash espose le proprie scuse, raccolse il berretto del Master dei Pokémon ed afferrò una sedia libera dal tavolino più vicino a quello dei ragazzi. Sistemò lo sgabello nero tra Laura ed Ash e si sedette con compostezza. La ragazza esperta di Pokémon d’acqua riprese la parola, poiché né Ash né Laura riuscirono ad aprire bocca.
Misty: -Vi starete domandando perché sono riuscita a trovarvi qui? Beh, è presto detto! Conoscendo molto bene Ash, mi sono chiesta… dove andrebbe Ash di primo mattino? Lui, di solito, si alza sempre tardi al mattino, quindi le possibilità di questo evento raro – qui utilizzò tutta la sua ironia per sottolineare la frase, suscitando le risate di Laura e l’offesa di Ash – diventano due: o Ash si deve allenare con i suoi Pokémon, oppure deve fare colazione, poiché i morsi della fame sono più forti di quelli del sonno! Indovinate un po’, la seconda opzione era quella giusta!- Ash corrugò le sopracciglia e voltò lo sguardo, offeso, ed incrociò le braccia al petto. Pikachu però non poté trovare nulla di errato nella descrizione di Ash da parte di Misty e scoppiò anch’egli in un’allegra risata.
Ash: -Nel 90% dei casi, ti faccio notare signorina Waterflower, è giusta la prima opzione!- L’ultimogenita dei Waterflower sorrise con un accenno di furbizia ad Ash. Come sempre aveva toccato un tasto molto dolente per Ash e, ringalluzzita da ciò, agitò ancora di più il coltello nella piaga. Misty si divertiva troppo nello stuzzicare il suo vecchio amico, sottolineando ai presenti i suoi grandi difetti.
Misty: -Oggi, però, è valido il 10 per cento!- Quando le acque tornarono calme e quando Ash e Misty tornarono seri, Laura domandò a Misty il motivo che legasse il ragazzo col cappello a lei. A Misty piacque particolarmente quel quesito e non fece attendere oltre la figlia dei Ferguson. Si schiarì la voce e, lanciando qualche occhiata astuta verso Ash, il quale tentava di presentarsi indifferente, narrò alla ragazza dai capelli castani il legame che c’era tra loro due.
Misty: -La nostra amicizia è basata su un antico debito… tutto ebbe inizio quando, dieci anni or sono, mi misi a pescare nel fiume dei Magikarp (fiume che percorre l’intera regione di Kanto, toccando tutte le città NdA). Con me avevo una bicicletta rossa, un bel regalo delle mie sorelle. Quel giorno non era proprio uno dei miei fortunati: ero lì da quasi due ore e non avevo pescato un bel niente! Proprio nel momento in cui volli alzarmi per ritirare la mia canna da pesca, ecco che la lenza inizia a tirare come una furia! “Accidenti!” pensai “Questo deve essere particolarmente grosso!” Iniziai a tirare con tutte le mie forze. Sembrava un pesce gigante, con quello avrei potuto vincere il primo premio per il pesce più grosso dell’anno! Ed invece… attaccato alla lenza c’era un bambino col berretto…- Ed indicò, con un cenno del mento, Ash alla ragazza dai capelli castani. Laura sbarrò gli occhi osservando Ash e le sembrò quasi incredibile che il più forte allenatore di Pokémon al mondo si fosse ritrovato in una situazione del genere, così imbarazzante. Ash notò l’evidente stupore di Laura ed intervenne nel discorso, tentando di correggere il tiro di Misty, la quale sghignazzava sotto i baffi.
Ash: -Laura, non ti lasciare manovrare da lei! – e la indicò con un dito – In quei tempi ero all’inizio del mio viaggio di allenamento nella regione di Kanto! Pikachu era stato attaccato da degli Spearow, loro erano in molti e…- La capopalestra di Celestopoli mise una mano sulla bocca di Ash per zittirlo. Laura, Pikachu e Dratini iniziarono a ridere a crepapelle osservando i due ragazzi mentre litigavano.
Misty: -Zitto! Laura ha chiesto a me di raccontare, quindi stai muto!- Ristabilita la calma, Misty tornò a parlare. Ash offeso più che mai, voltò la schiena alle due ragazze. Se Laura si preoccupava dell’atteggiamento del Master dei Pokémon, al contrario Misty non ci diede particolare peso e calcò la voce nel suo racconto.
Misty: -Ash, in quei tempi, era all’inizio del suo viaggio per diventare il più forte allenatore di Pokémon al mondo. Aveva con sé solo Pikachu, donatogli dal Professor Oak, ed il Team Rocket, composto anche allora da Jessie, James e Meowth, aveva iniziato a colpire.
Ebbene, una volta che pescai Ash dal fiume, egli, senza neanche presentarsi, corse verso la mia bicicletta e me la rubò, pedalando come una furia. Io iniziai ad inseguirlo, ma quando riuscii a raggiungerlo, ahimè la mia bicicletta fu bell’e che carbonizzata da un attacco Tuonoshock di Pikachu. Io ci rimasi molto male e decisi così di seguire Ash nei suoi viaggi, solo per ripicca nei suoi confronti!- Laura annuì e ogni tanto lanciò delle occhiate fugaci ad Ash, il quale continuava a mostrare la schiena alle due ragazze. Pikachu annuì e diede ragione alla ragazza dai capelli arancioni.
Pikachu: -Quel giorno eravamo attaccati da uno stormo di Spearow e per proteggere Ash, dovetti usare un attacco elettrico, che malauguratamente colpì anche la bicicletta di Misty…- E ridacchiò, imbarazzato. Laura iniziò a comprendere i motivi dei loro battibecchi e comprese ancor di più le cause del rancore della capopalestra di Celestopoli nei confronti di Ash quando il Pokémon acqua della ragazza subì l’incidente durante l’aggressione del Charizard del padre di Alex. La loro amicizia era basata dunque su un debito. A giudicare così, su due piedi, non era granché come inizio. Terminato il racconto di Misty, Ash si voltò e prese prepotentemente la parola. La voce grossa del Master dei Pokémon spaventò tutti i presenti di quel tavolo. Molto probabilmente riesumare quei vecchi ricordi non piaceva affatto all’allenatore di Pokémon più forte al mondo. Il ragazzo si alzò addirittura dalla sedia.
Ash: -Adesso basta! Abbiamo perso anche fin troppo tempo! Misty, già che sei qui, portaci all’Acquario, come ci avevi promesso ieri sera!- Misty rimase perplessa dallo strano comportamento del ragazzo col cappello e cercò di smorzare i toni ridendo. La ragazza dai capelli arancioni era abituata a far perdere le staffe al suo amico, ma questa volta Ash non aveva affatto voglia di scherzare.
Misty: -Ehi, ehi, calma e gesso, signorino Ketchum! Ero venuta proprio per questo motivo!- Poi, riacquistata la calma, Ash si sedette nuovamente, con il malumore. Misty diede un’occhiata dapprima a Laura, poi al suo draghetto ed infine a Pikachu. Tutti la stavano guardando attentamente.
Misty: -Benissimo! Siete pronti per andare all’Acquario dei Pokémon d’acqua più grande della regione di Kanto?- Laura e Dratini annuirono all’unisono. Pure Pikachu fecce cenno di sì col capo e Misty, raggiante, saltò dalla sedia e fu ben presto in piedi.
Misty: -Sapevo che tu saresti stata una buona intenditrice, Laura! Tutto il contrario del tuo maestro, cafone e ignorante!- Ash aggrottò le sopracciglia e nuovamente balzò in piedi dalla sedia per controbattere, ma non poté dire nulla perché le ragazze con Dratini erano già fuori dalla porta ed erano scattate per la via alberata di corsa. Ash e Pikachu si guardarono in faccia e poi scossero la testa, ridendo.

Ben presto gli amici si ritrovarono all’interno del più grande Acquario della regione di Kanto. L’edificio era disposto così: tre piani contraddistinti da soffitti molto alti, sale ampie dotate di un’unica direzione di cammino. Ogni sala era dedita ad un settore ben preciso: vi erano sale dedicate ai Pokémon d’acqua dolce, salata, di lago, di fiume, di mare, di oceano, di acquitrini, di valle, di montagna. Ogni sala conteneva dai due ai sette acquari ed ogni vetro conteneva da un unico Pokémon a decine e decine in un ambiente solo. Ogni vetro ospitava un ambiente marino diverso per permettere ai Pokémon in cui vivevano di non soffrire lo stato di cattività. Ogni vetro portava una locandina con il nome dei Pokémon che soggiornava. Era impossibile non fermarsi almeno mezz’ora per vedere ogni Pokémon di ogni sala del primo piano: vi erano dei Magikarp che nuotavano pigramente in un simil-stagno, con tanto di ninfee e terriccio; dei Seel e dei Dewgong che danzavano vivaci tra l’acqua congelata (con tanto di lastra di ghiaccio sul pelo dell’acqua); dei Krabby e degli Shuckle che si abbrustolivano su una riproduzione verosimile di una spiaggia riscaldata da un faro; degli Sharpedo che si ingozzavano di carne dalla mattina alla sera; un Lapras addormentato in fondo alla sala del primo piano. Laura monopolizzò la sua attenzione sull’ultimo vetro della sala ed appiccicò il viso al cristallo per osservare meglio il Lapras. Il Pokémon marino era così distante che la sua pregevole immagine azzurrina venne offuscata dall’acqua. Misty, la quale faceva da cicerone alla ragazza e ad Ash, spiegò il motivo della solitudine di quel Lapras.
Misty: -Questo è il periodo in cui i Lapras sono alla ricerca della propria anima gemella. Questo Lapras, tallonato da bracconieri, è stato tratto in salvo da alcuni marinai nel mare vicino alla regione di Johto. Quando lo avevano tirato sulla nave, i marinai scoprirono che il Lapras era stato menomato di una zampa anteriore. Questo evento è successo all’incirca un mese fa.
Per proteggere Lapras, i marinai decisero di traghettare il Pokémon fino alla regione di Kanto e, per curarlo, io e le mie sorelle decidemmo di ospitarlo qui, nell’Acquario. Per ora Lapras non dà segnali di recupero. Stiamo facendo di tutto per farlo sentire a suo agio, ma quello che gli manca realmente è un Pokémon della sua specie, che condivida il suo dolore. Stiamo cercando di rintracciare un altro Lapras nei dintorni di Kanto, ma ogni ricerca sembra vana. Non è rimasto che questo esemplare, e gli altri Lapras, per timore di altri attacchi da parte dei bracconieri, hanno deciso di migrare verso remote regioni, al di fuori della nostra giurisdizione…- La voce di Misty, dapprima colma di allegria e dalla parlantina svelta, divenne sempre più calda e le parole rallentarono di velocità. Ash comprese perfettamente il dolore di Lapras, non era raro trovare un Pokémon del genere allontanato dal suo branco e dalla sua famiglia. Il ragazzo col berretto aveva avuto egli stesso, nella sua squadra, un Lapras ferito dagli arpioni, colpito forse dagli stessi cacciatori di frodo di quel Pokémon che ora stava in quell’acquario, mesto e solitario. Misty riprese a parlare, con il tono di voce sempre più accorato mentre procedeva nella narrazione.
Misty: -Abbiamo inoltre tentato di clonare un Lapras, sfruttando le risorse genetiche del Laboratorio-Museo di Plumbeopoli, ma finora non si è cavato un ragno dal buco. Il dna di Lapras è troppo complicato perché si possa riprodurre per via scientifica. Non resta altro che aspettare che i Lapras tornino a navigare nei pressi delle nostre regioni. Non c’è altra soluzione- Laura continuava ad osservare Lapras negli occhi, avvilita dal racconto della capopalestra di Celestopoli. Ogni tanto il Pokémon apriva gli occhi per osservare la figlia dei Ferguson, per poi richiuderli. La ragazza dai capelli castani si voltò verso Misty, la quale stava scotendo la testa lentamente, scoraggiata dai tentativi inutili per riuscire a rinfrancare il Pokémon marino.
Laura: -Qualcuno potrebbe adottare Lapras! Sono più che sicura che ne sarebbe felice! Essere accudito da qualcuno, essere allenato, curato, coccolato! Io credo che potrebbe essere una buona idea!- Misty, dopo un certo periodo di tristezza, abbozzò un sorriso e continuò a scuotere la testa.
Misty: -Non ora, Laura. Apprezzo il tuo ragionamento, ma è ancora troppo presto perché Lapras esca dall’Acquario. È ancora ferito. Liberarlo o consegnarlo a qualcuno potrebbe peggiorare le ferite ancora fresche. Diamogli il tempo necessario per recuperare le forze…- Laura, per nulla soddisfatta delle risposta dell’allenatrice di Pokémon d’acqua, si voltò nuovamente verso il vetro e tornò ad osservare il Pokémon d’acqua. Era sempre lì, immobile nella sua posizione. Poi, tutto ad un tratto, Lapras sollevò la testa ed aprì la bocca. Dalla sua gola uscì una strana melodia che i ragazzi riuscirono ad ascoltare. Quella canzone era ben nota al Master dei Pokémon, era la stessa che il suo Lapras cantava quando si sentiva solo e triste. Una canzone lenta, struggente. Misty tornò a parlare ancora una volta. Questa volta riprese il sorriso.
Misty: -Suvvia, sono più che sicura che ci saranno ancora un sacco di Lapras in circolazione! Non sarà certo un paio di uomini sprovveduti a demoralizzare i nostri amici con le pinne! Vedrete che il nostro amico avrà presto compagnia, ne sono sicurissima!- Ash e Laura vollero accettare le previsioni ottimistiche di Misty e a malincuore lasciarono Lapras nella sua solitudine. Seguirono Misty verso la fine della sala dove c’erano gli scalini che portavano al secondo piano, ma l’attenzione di Laura fu catturata da un vetro che prima non aveva notato. In quell’acquario erano presenti alcuni Pokémon che la ragazza non aveva mai visto prima. Si indirizzò a gran velocità verso quel vetro ed osservò quei Pokémon d’acqua a bocca aperta. Misty ed Ash, i quali stavano già salendo le scale, si fermarono e si voltarono per osservare quello che stava facendo Laura.
Misty: -Laura! Che cosa hai visto?- I ragazzi osservarono la figlia dei Ferguson con il volto appiccicato ad un altro vetro. La raggiunsero, scendendo i pochi scalini che avevano appena salito ed osservarono anche loro il contenuto del vetro. L’ambiente era molto variopinto, con un tratto d’acqua non tanto profondo, una lingua di sabbia, terra e una minuscola macchia di licheni al fondo del rettangolo. Così come era successo nell’acquario dei Krabby e degli Shuckle, anche lì era presente un faro che illuminava e riscaldava l’habitat artificiale abitato da due soli Pokémon. Quei Pokémon erano un Wartortle ed uno Squirtle. Il Wartortle era accovacciato in mezzo alla lingua di sabbia e sembrava osservare attentamente il piccolo Squirtle, il quale pareva avere serie difficoltà a rimanere in piedi. I tre ragazzi guardarono Squirtle cadere sulla schiena ed agitarsi freneticamente, nel vano tentativo di rimettersi in piedi. Il Pokémon tartaruga piangeva e si dimenava, ma continuava a girare in tondo sul suo guscio. Ecco però che il Wartortle si alzava ed accorreva in aiuto del piccolo Squirtle, aiutandolo a rimettersi in piedi. Ash e Laura sorrisero commossi nell’osservare la simpaticissima scenetta e Misty spiegò loro la relazione che c’era tra lo Squirtle e il Wartortle.
Misty: -Dovete sapere che Wartortle è la mamma di Squirtle. Squirtle è nato una settimana fa ed ora sta già tentando di camminare. Vedete il guscio di Squirtle? Di solito è di colore castano chiaro, mentre quello è di un verde ramato. Il guscio, per ora, è molto molle e potrebbe rompersi facilmente, però si irrobustisce e si scurisce col passare del tempo.- Il piccolo Squirtle aveva monopolizzato l’attenzione di Laura, alla ragazza iniziarono a tremare le mani e le labbra dalla grande emozione. Con gli occhi lucidi e con il sorriso sulle labbra si voltò verso Misty, la quale guardava Laura con occhi interrogativi.
Laura: -Misty… hai detto… hai detto che in questo Acquario si possono adottare Pokémon…?- Misty annuì, molto seria. Misty: -Sì, possono essere adottati. Devi sapere che in questo mese sono stati più adottati Pokémon che abbandonati!- E lo disse con rinnovata allegria. Anche Ash fu dello stesso sentimento ed osservò felice, con il suo fedele Pikachu, l’entusiasmo delle due ragazze.
Ash: -Questa sì che è una bella notizia!- Laura indicò con un dito il vetro, in direzione di uno dei due Pokémon. Iniziò a battere un piede in terra ed a piagnucolare, proprio come potrebbe fare un bambino capriccioso. Misty, Pikachu, Dratini ed Ash si stupirono nell’osservare il comportamento di Laura.
Laura: -Allora vorrei avere quello Squirtle! È troppo carino, è troppo tenero! Lo voglio avere con me!- Dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio, Ash e Misty si guardarono in faccia, perplessi. La capopalestra di Celestopoli tornò a guardare la figlia dei Ferguson e tentò di spiegarle che quello Squirtle era ancora troppo piccolo perché potesse distaccarsi dalla madre. Aveva solo una settimana di vita, Misty sapeva molto bene che, più fra tutti, i Pokémon d’acqua erano quelli che avevano bisogno maggiormente dell’attaccamento dei propri genitori. Chissà cosa sarebbe potuto accadere se il piccolo Squirtle fosse portato via proprio in quel momento dalla madre. Laura, non comprendendo il legame affettivo che vi fosse tra il cucciolo e la madre, scosse la testa e sbuffò come un toro. L’atteggiamento della ragazza dai capelli castani iniziò a non piacere ad Ash e Pikachu.
Laura: -Io voglio quello Squirtle! Ho deciso così e non mi farai cambiare idea! Sono disposta a comprartelo, i soldi non mi mancano di certo!- Misty scosse a sua volta la testa e tentò in ogni maniera di far ragionare quella testa calda. Assunse un tono accondiscendente nella sua voce e chiese aiuto al ragazzo col cappello, lanciandogli qualche occhiata.
Misty: -Laura, non puoi prenderti Squirtle in questo momento… però potrai prenderlo quest’inverno! Quando sarà cresciuto abbastanza, diventerà tuo! Dai, non lo darò a nessun altro!- La proposta di Misty non piacque per nulla a Laura e la ragazza, perso completamente il controllo di sé, iniziò a gridare come un’ossessa. Il suo sguardo, dapprima mite e sorridente, divenne molto duro e cattivo. Gli occhi di Laura non esprimevano più quella bonarietà cui Ash e Misty furono abituati, la ragazza si era completamente trasformata. L’atteggiamento della figlia dei Ferguson spaventò parecchio i ragazzi ed i Pokémon presenti. Dietro al vetro, Wartortle e Squirtle si rifugiarono nei loro gusci, temendo che la ragazza, impazzita tutta d’un colpo, potesse rompere il cristallo che separava i Pokémon d’acqua dagli allenatori.
Laura: -NO! LO VOGLIO ORA!! SUBITO!- Ash iniziò a comprendere le raccomandazioni dei genitori di Laura sul carattere irrequieto della loro figliola. All’inizio aveva pensato che Thomas e Valeria avessero esagerato, confidando del fatto che qualche piccolo capriccio ci potesse stare, ma la furia improvvisa della ragazza fece cambiare rapidamente opinione al Master dei Pokémon. Ne aveva conosciuta di gente incostante, ma la sua allieva li superava tutti di almeno tre spanne. E chi era Barry al suo confronto? Un sempliciotto, senza dubbio. Ash decise che fosse giunto il momento di dare un taglio a quella sceneggiata, perché le altre persone presenti in quel piano avevano voltato spaventate il loro sguardo verso il gruppetto. Ash gridò anch’egli ed iniziò a fare la voce grossa, spaventando ancor di più Misty ed il suo Pikachu.
Ash: -ORA BASTA! STAI ZITTA!- L’urlo sconsiderato dell’allenatore di Pokémon più forte al mondo riuscì incredibilmente nel suo intento. Il grido fu così elevato che al ragazzo fece male la gola. Si tenne il collo con una mano e si schiarì la voce più di una volta. Riprese a parlare solo quando fu sicuro che Laura avesse tutta la sua attenzione. Lo sguardo di Ash fu duro nei confronti della figlia dei Ferguson, la quale osservava il suo maestro con occhi sbarrati.
Ash: -Vedi di darti una calmata, ragazzina! Nel mondo dei Pokémon niente è immediato e scattante ai tuoi ordini! Ottenere tutto con la forza non ti porterà da nessuna parte! I tuoi genitori mi hanno avvertito dei tuoi sbalzi improvvisi d’umore e mi hanno anche concesso il privilegio di riprenderti e di rimproverarti per ogni tuo capriccio! Il mio compito non è solo quello di istruire te ed Alex nel vostro viaggio d’apprendistato dell’allenamento dei Pokémon, ma di controllare che il tuo carattere migliori! Sì, parlo proprio del tuo carattere, Laura! – e sottolineò la parola “tuo”, quasi sillabandola – Se Misty ha detto che Squirtle non può essere prelevato dalle braccia di sua madre, vuole dire che non può essere prelevato dalle braccia di sua madre! Lo capisci, questo?- Il tono di voce di Ash divenne sempre più duro e severo mentre proseguiva nella sua feroce ramanzina. Pikachu iniziò ad agitarsi sulla spalla destra di Ash ed intervenne direttamente nel discorso del suo allenatore, interrompendolo. Aveva osservato lo stato d’animo di Laura e comprese che il rimprovero era durato anche abbastanza.
Pikachu: -Siamo soltanto all’inizio del nostro viaggio, quindi conta fino a dieci, cento, mille se necessario. Lo facciamo per il tuo bene…- Misty trovava ancora particolarmente bizzarro riuscire ad ascoltare quello che pensava il Pikachu di Ash. Ma i discorsi del topo elettrico erano tutti azzeccati e ripieni di profonda saggezza: tutto il contrario delle frasi farneticanti del suo allenatore. Laura, con un enorme rospo che le attanagliava la gola, abbassò lo sguardo e, tremante, chiese scusa a tutti i presenti. Era conscia di essersi comportata malissimo, ma si rese conto anche di non essere ancora in grado di controllare i suoi violenti scatti d’ira. Si era illusa di avere superato il momento critico della sua malattia, ma si era sbagliata di grosso. Osservò la sua Dratini e notò la sua paura nei confronti della sua allenatrice. Si sentiva una sciocca, una stupida e non ebbe più il coraggio di guardare in faccia i suoi amici, i quali la stavano osservando preoccupati.
Laura: -Scu…scusate…- E scoppiò in un pianto dirompente. Ash capì che la sua allieva aveva accumulato troppe emozioni tutte in una volta, ed era facile a comprendersi che prima o poi un violento scatto d’ira potesse scoppiare. Si avvicinò a lenti passi e si inginocchiò vicino alla ragazza dai capelli castani, la quale si era accasciata al suolo ed aveva nascosto il viso in lacrime tra le mani. Dolcemente, il Master dei Pokémon mise una mano sulla spalla della ragazza, si avvicinò ad un orecchio e le sussurrò parole rassicuranti.
Ash: -Non fare così… sappiamo benissimo come tu ti senta ora. So che vorresti quello Squirtle e te lo prometto, lo avrai. Dovrai soltanto avere un po’ di pazienza… un bravo allenatore di Pokémon deve riuscire ad amministrare la propria calma e controllare i propri nervi… fai conto che questa sia una prova di maturità per ottenere il tuo Pokémon d’acqua!- Laura, confortata dalle parole gentili e benevole del suo maestro, si sentì decisamente meglio. Allontanò le mani dal suo volto rigato dalle lacrime scese abbondantemente e, singhiozzando in modo irregolare, espresse un sorriso molto forzato. I suoi occhi erano gonfi e rossi, erano molto simili a quelli di Misty nel periodo in cui Psyduck subì il grave incidente durante lo scontro tra Pidgeot e Charizard.
Laura: -Sì… grazie, Ash…- Il ragazzo col cappello aiutò Laura a rialzarsi da terra. Quando la crisi isterica della figlia dei Ferguson fu superata con successo, Misty tornò a sorridere ed indicò con solennità le scalinate alla sua destra, segno che potevano procedere nella loro visita all’edificio dedicato ai Pokémon d’acqua più grande della regione di Kanto.
Misty: -Bene! Se tutto è a posto, proporrei di proseguire la nostra visita! Sapete, ci sono un sacco di altri Pokémon da vedere! E sono tutti uno più bello dell’altro!- E lo disse con esagerata allegria, battendo le mani più di una volta. Ash e Laura si guardarono in faccia perplessi, ma successivamente anche loro furono investiti dalla travolgente allegria dell’ultimogenita delle Waterflower. Con il sorriso sulle labbra Ash, Laura, Pikachu e Dratini seguirono a ruota la capopalestra di Celestopoli, allontanandosi così dalla famigliola composta da Wartortle e da Squirtle. Riuscirono a salire a malapena tre gradini quando furono richiamati verbalmente da alcuni uomini vestiti come degli operai. Le loro grida attirarono l’attenzione di tutti i presenti al pian terreno dell’edificio, compresa quella del gruppetto di amici che stavano salendo le scale. Ash, Misty e Laura si voltarono all’unisono e riuscirono a vedere tre operai che stavano gridando come dei matti il nome della capopalestra di Celestopoli.
-SIGNORINA WATERFLOWER! È successa una disgrazia!- Misty, alla parola “disgrazia”, deglutì e le si accapponò la pelle. Ash aggrottò le sopracciglia e, osservando attentamente i tre manovali, riconobbe l’identità di uno dei tre. Era quello gigantesco con cui aveva parlato qualche tempo prima davanti all’ingresso di MonteLuna, quello reticente a far passare i ragazzi per la caverna, allontanato poi dai suoi colleghi. Il suo volto e quello dei suoi compagni di lavoro erano contratti in una smorfia mischiata tra il terrore e l’apprensione. Senza pronunciare una parola, i tre ragazzi scesero ancora una volta i pochi gradini saliti e raggiunsero i tre operai al centro della sala. Gli altri avventori osservarono impalliditi i manovali, i quali furono completamente sudati ed ansanti per la grande corsa che avevano appena compiuto. Misty passò con lo sguardo tutti e tre gli operai e, con il cuore in gola, chiese ai tre uomini cosa fosse successo. Fu l’operaio noto ad Ash e Laura a parlare, molto concitato.
-Poco fa uno strano individuo ha attaccato i vostri amici a MonteLuna con i suoi Pokémon e noi lo abbiamo rincorso! Lo abbiamo visto correre fino all’interno dell’edificio… voi avete per caso visto un ragazzo fatto così e così, alto così e così, vestito così e così?- Descrivendo minuziosamente l’identikit del nemico di Alex ai tre ragazzi, Misty cercò di immaginarsi questo ipotetico personaggio. Conclusa la descrizione del manovale, Misty scosse la testa scoraggiata.
Misty: -Mi dispiace, con tanta gente quest’oggi all’Acquario, è difficile dire se l’abbia visto oppure no…- Ash non era preoccupato per l’identità del tizio misterioso, bensì per la disgrazia appena accennata dal manovale, accaduta a MonteLuna. Era lì che Brock e Alex si erano diretti quella mattina, sul presto! Avendo timore che ai suoi amici fosse successo qualcosa di molto grave, il Master dei Pokémon afferrò l’operaio per le bretelle e lo avvicinò a sé, ritrovandosi naso contro naso. Date le evidenti disuguaglianze di altezza, il manovale dovette per forza di cose chinarsi di parecchio per ritrovarsi faccia a faccia con il ragazzo col cappello.
Ash: -Avete detto che c’è stata una disgrazia! Che genere di disgrazia? A chi è successo?- Misty e Laura riuscirono ad allontanare il terrificato operaio dalle grinfie del Master dei Pokémon, visibilmente agitato per l’avvento improvviso dei tre operai edili. Riprendendo un po’ di fiato, l’uomo raccontò per filo e per segno quanto accaduto poco prima al secondo piano di MonteLuna, nella sala consacrata a Clefable. Laura controllò l’orario sul suo PokéNav e si accorse che, a causa della osservazione prolungata dei vari Pokémon d’acqua del primo piano, s’era fatto tardi, ed erano già le undici e mezza.
-… noi ed il dottor Oak stavamo aspettando l’arrivo dei signori Peters e Blake, come annunciato dal nostro stesso capoingegnere in mattinata! Il nostro collega (quello con la cicatrice sul braccio, seduto all’ingresso di MonteLuna in direzione per Plumbeopoli) ha visto i due ragazzi, ed un altro nostro collaboratore si è fatto aiutare nella costruzione delle gradinate per il secondo piano, sempre dai ragazzi! Noi – ed indicò se stesso ed i suoi colleghi – eravamo nei paraggi ed avevamo assistito agli aiuti dei ragazzi dati al nostro collega. Siamo andati avanti per raggiungere il dottor Oak ed il capoingegnere, ma quando ci siamo voltati non abbiamo più visto i vostri amici! Abbiamo atteso per parecchio tempo, e quando finalmente ci siamo decisi per andare a vedere che fine avessero fatto, ecco spuntare dal nulla un cucciolo di Bulbasaur, ferito ad una spalla…- Ash spalancò gli occhi inorridito, quel Bulbasaur era sicuramente di proprietà di Brock. Non disse una sillaba, ogni parola gli moriva in gola per l’agitazione crescente. L’operaio proseguì nel suo angosciante racconto.
-…Abbiamo sentito dei rumori provenire dal secondo piano. Noi, – ed indicò ancora una volta se stesso e gli altri due – il dottor Oak ed il capoingegnere ci siamo precipitati per vedere cosa stesse succedendo, ed abbiamo visto uno spettacolo terrificante…- Ci fu una pausa molto frustrante per i tre ragazzi, avevano compreso che ciò che l’operaio avrebbe detto in seguito, non sarebbe piaciuto affatto a loro.
-…quello strano individuo di cui vi ho parlato prima, ha attaccato il signor Peters ed il signor Blake, senza pietà. Quando siamo saliti, abbiamo visto il signor Peters incollato alla parete dalla lingua di un Lickitung, ed il signor Blake…- Ancora una pausa. Ash non riuscì più a resistere ed improvvisamente sbottò dalla collera mischiata ad una frenetica apprensione, spaventando tutte le persone accanto a lui.
Ash: -E poi? Continuate!! Non fermatevi ogni cinque minuti! Che cosa è successo ad Alex?- Gli operai si voltarono all’unisono e fecero cenno ai tre ragazzi di seguirli con una mano. Ash, Misty e Laura si guardarono in faccia molto preoccupati. Iniziarono a temere per l’incolumità del povero Alex, iniziarono a chiedersi che cosa fosse successo di così terribile a MonteLuna. E poi cosa aveva a che fare quello strano tizio dai capelli corvini con Brock ed Alex? I tre operai scortarono i ragazzi fino al Centro Medico per Pokémon. Le porte scorrevoli si aprirono molto lentamente ed i tre manovali si congedarono dai tre ragazzi smarriti, tornando verso le intelaiature di MonteLuna. Ash, Pikachu, Laura, Dratini e Misty si guardarono attorno alla ricerca dell’infermiera Joy, ma la ragazza dai capelli rossi non era presente nel suo solito punto di lavoro, ovvero dietro al bancone con il suo fedele Chansey. Si udirono, però, delle voci concitate provenire proprio al di là della porta giusto accanto al banco di accettazione. Laura osservò sgomenta la targhetta affissa al muro accanto all’anta destra della porta color mogano: recitava la frase “Poliambulatorio – sala ospedaliera”. Senza pensarci due volte, la figlia dei Ferguson scattò di corsa verso quelle porte e lasciò indietro i suoi due confusi amici. Aprì le porte con una manata (poiché esse potevano essere spinte e ritornavano al loro punto di partenza, dopo avere eseguito l’effetto ad “altalena”) e si introdusse come una furia in un lungo e stretto corridoio dalle pareti azzurre e dal pavimento a scacchi, dalle mattonelle gialle e blu. Ai fianchi del corridoio vi furono diverse porte, tutte di legno dipinte di un giallo ocra e contraddistinte ciascuna da un’ampia vetrata liscia. Tutte quelle porte erano chiuse, tranne l’ultima in fondo a destra, dove le grida giungevano. La ragazza dai capelli castani, senza perdere ulteriore tempo, corse in quel corridoio e le sembrò, per un certo istante, che la porta aperta sembrava che non si potesse raggiungere mai. Quando finalmente arrivò lesse il cartellino in plastica attaccata al muro vicino alla porta e si poteva leggere “Sala letti 15-16-17”. Nel frangente di tempo impiegato dalla ragazza per leggere la targhetta giunsero senza fiato Ash e Misty, ed i due ragazzi attesero fino a che Laura non terminasse la lettura. Quando la ragazza terminò di leggere, voltò lo sguardo verso i suoi amici ed iniziò a balbettare dalla paura.
Laura: -Questi… questi sono letti… letti d’ospedale…- Ash osservò a sua volta l’etichetta e, aggrottando le sopracciglia, non disse una parola. Osservò Pikachu per un certo periodo di tempo, poi si decise a varcare la soglia di quella porta aperta. Le voci che giungevano dal fondo di quella stanza furono ben note alle orecchie del Master dei Pokémon: erano quelle di Gary Oak e dell’infermiera Joy. Ash voltò l’angolo, perché davanti a sé c’era il muro, e proseguì alla sua sinistra. Fu seguito fedelmente da Misty e successivamente da una titubante Laura. Il corto corridoio portò alla stanza in cui i due personaggi erano riuniti, i quali davano le spalle ai tre ragazzi appena giunti. Il nipote del Professor Oak e l’infermiera Joy erano vicini ad un letto, ma da quella distanza Ash non riuscì a vedere chi ci fosse sdraiato. Gary, vestito con un camice bianco e con un paio di pantaloni beige, stava discutendo animatamente con l’infermiera.
Gary: -Mi dica, infermiera Joy, le ferite sono molto gravi?- La ragazza dai capelli rossi sembrava molto incerta e continuava ad osservare il suo Chansey, il quale si trovava ancora più in fondo della stanza, vicino ad una grande finestra a due ante. Lì, appoggiato contro il davanzale a braccia incrociate, c’era Brock con in spalla Clefairy. Sembrava molto teso anch’egli e pareva che non si fosse accorto dell’avvento dei tre ragazzi. Il Pokémon fata continuava ad osservare confuso i personaggi che parlavano. Le tapparelle erano state tirate e nella sala si sviluppò una deliziosa luce soffusa.
Joy: -Non posso mentirti, Gary. Le lesioni riportate dal Pokémon sono molto gravi. Temo che dovremo operare d’urgenza…- Ash, Misty e Laura si accorsero che nella stanza, proprio accanto al letto al quale Gary e Joy si trovavano, erano presenti altri letti, più piccoli. Con grande terrore i tre ragazzi riconobbero le identità dei Pokémon sdraiati sui candidi materassi: c’erano Dratini, Pidgey, Weedle e Bulbasaur. Tutti e quattro versavano in gravi condizioni. Ash non poté evitare di gridare alla scoperta dei Pokémon feriti e, come un fulmine, si avvicinò ai letti di degenza. Finalmente i personaggi in piedi si accorsero dell’avvento del Master dei Pokémon e dei suoi amici. Ash aveva appoggiato le mani sulle coperte del lettino di Dratini, il quale era il più vicino al ricercatore dei Pokémon. Gary si era messo proprio in mezzo tra il letto del cucciolo di drago e l’altro letto più grande, non permettendo ad Ash di vedere chi fosse sdraiato su quel materasso.
Gary: -Ash, finalmente!- Brock, Laura e Misty non si mossero dalle loro posizioni, quasi fossero delle statue di sale: l’ex capopalestra di Plumbeopoli rimase appoggiato sullo spigolo del davanzale, mentre le ragazze rimasero in disparte, attonite. L’allenatore di Pokémon più forte al mondo osservò con occhi sgranati prima Dratini, poi Pidgey, Weedle ed infine il piccolo Bulbasaur. Tutti e quattro i Pokémon erano stati incerottati e bendati alla bell’e meglio, in attesa di veri e propri medicamenti. Con lo sguardo incollato alla copertina gialla che copriva Dratini, Ash parlò al suo eterno rivale ed assunse un tono di voce molto aspro e minaccioso. L’infermiera Joy ne risultò così spaventata da indietreggiare, quasi avesse avuto paura che il ragazzo col cappello la potesse aggredire da un momento all’altro.
Ash: -Che cosa è successo ai Pokémon di Alex? E perché anche Bulbasaur è ferito?- Gary riferì, parola per parola, l’esatto racconto udito già dalle voci dei tre operai incontrati nella sala dell’Acquario al pian terreno. Ash guardò Brock, il suo vecchio amico, e gli riservò un’occhiata tra l’incredulo e il furioso. Il primogenito dei Peters non batté ciglio e rimase nella sua posizione di ferro.
Ash: -Brock, come è potuta accadere una cosa simile? E perché, poi?- Anche Brock sembrava molto arrabbiato e, sbottando, rispose per le rime ad un sempre più furente Ash. Pikachu e Clefairy si agitavano come dei forsennati sulle spalle dei due ragazzi.
Brock: -Te lo spiego subito! Il Clefairy che ho qui sulla spalla – e lo indicò con un pollice, chiudendo la mano in un pugno – è stato attaccato da uno strano ragazzo! Noi abbiamo tentato di fermare quell’allenatore, ma il risultato è stato disastroso!- La versione di Brock non piacque assolutamente al Master dei Pokémon, tanto da farlo mandare ancora di più in bestia. Facendo scendere Pikachu dalla sua spalla in una maniera fin troppo sbrigativa, il ragazzo col cappello si avvicinò addirittura a Brock con fare minaccioso, ma l’ex capopalestra di Plumbeopoli non si lasciò impressionare da quella camminata decisa e scattante e da quel dito puntato contro. La reazione di Ash, invece, spaventò parecchio gli altri presenti nella sala.
Ash: -Mi meraviglio di te, Brock! Sai perfettamente che di questi tempi non ci si può più fidare di nessuno! Ve la siete cercata, tu e Alex, avete tentato di attaccare qualcuno più forte di voi! Che cosa avete pensato di fare? Tu non avevi neanche a disposizione la tua squadra!- Mentre parlava, il ragazzo ostile continuò a premere il dito accusatore violentemente sul petto del suo amico, ma a sorpresa di tutti Brock si liberò di quella mano gettandola via con uno schiaffo. Ash fu il primo a rimanere stupito della inaspettata opposizione di Brock.
Brock: -Smettila di fare la paternale! Io ti conosco molto bene, Ash! Se tu fossi stato al nostro posto avresti fatto lo stesso! Non credere di essere esente da ogni colpa!- Le parole, poche ma molto dure di Brock ferirono il suo amico nell’intimo. I due ragazzi si guardarono negli occhi, furiosi, accigliati. Ash, stringendo i denti dalla gran rabbia, sapeva di stare per commettere una grossa sciocchezza, la quale avrebbe potuto rovinare per sempre l’amicizia tra lui e Brock. Addirittura tremando dalla collera, si obbligò a scostare lo sguardo dall’ex capopalestra di Plumbeopoli e si guardò attorno, alla ricerca di Alex. Gary lo osservò ed attese che il suo amico-nemico di sempre si fosse calmato a sufficienza prima di parlare.
Gary: -Stai cercando Alex, vero?- Ash annuì e si avvicinò a grandi passi verso il ricercatore di Pokémon. Pikachu era sulla sua strada e dovette per forza farsi da parte per non venire investito dalla falcata veloce del suo allenatore.
Ash: -In che condizioni si trova? Anche lui è ferito?- Gary si voltò verso l’infermiera Joy e la ragazza dai capelli rossi annuì tristemente. Il nipote del Professor Oak tornò a guardare il Master dei Pokémon e, con molta riluttanza, decise di allontanarsi dal letto più grande della stanza. Quando Gary si fu allontanato, agli occhi di Ash apparve una visione raccapricciante: Alex versava in gravissime condizioni. I suoi vestiti erano completamente laceri, ferite sanguinolente erano estese su tutto il corpo, lividi ed ecchimosi ricoprivano gran parte del volto e del torace. Alex era irriconoscibile. Le due ragazze rimaste in disparte, gridando acutamente dallo spavento, si avvicinarono velocemente al letto su cui Alex era sdraiato. Ash, Misty e Laura osservarono terrorizzati il loro amico, chiedendosi angosciati quale calamità si fosse abbattuta sul povero ragazzo.
Ash: -ALEX!! CHE COSA TI E’ SUCCESSO?- Una flebo d’emergenza era già stata applicata al braccio sinistro dell’assistente del Professor Oak. Il ragazzino si lamentò e continuava ad agitarsi sul letto. Chansey e l’infermiera Joy, avvicinatisi anche loro al letto più grande, tentarono in tutti i modi di placare il dolore, esteso in tutto il corpo.
Alex non rispose alla domanda del suo maestro. Le mani di Ash iniziarono a tremare violentemente e tornò a guardare Gary, il quale si era messo a passeggiare avanti ed indietro per la sala di degenza, meditabondo. Anticipando le lampanti domande di Ash colme di rabbia, Gary tornò a parlare, continuando a camminare. La sua voce era stranamente calma.
Gary: -Lo abbiamo trovato in terra, brutalmente percosso dal Mankey dell’allenatore sfidato da Alex. Quando siamo intervenuti il ragazzo dai capelli nerissimi è fuggito. Mentre i miei collaboratori tentavano di inseguirlo, io e Brock abbiamo recuperato una barella ed abbiamo trasportato il ragazzo fin qui. Se non fosse stato per il piccolo Bulbasaur, Alex avrebbe potuto versare in condizioni ancora più critiche. In ospedale non c'era posto, avevamo avuto l'idea di portarlo fin lì. Fortuna volle che Joy avesse un posto disponibile per una persona- Laura e Misty continuarono ad osservare Alex, il quale si agitava e si dimenava dal letto per il grande dolore fisico che stava provando in quel momento. La figlia dei Ferguson si sedette su uno sgabello trovato lì vicino ed afferrò una mano del ragazzo, quella del braccio libero dall’ago che iniettava il liquido della flebo.
Laura: -Alex… sono io, Laura… mi riconosci?- La voce dell’allieva di Ash era ovattata e rotta dal sopraggiungere di un fragoroso pianto. Un grosso rospo alla gola le impediva, infatti, di articolare bene le parole e di farsi capire. Alex aprì leggermente gli occhi e li strizzò più volte. Osservò la ragazza seduta accanto a lui e la guardò lacrimare. Non poté sopportare il suo sguardo infelice e voltò la testa. Dall’altra parte trovò solo il suo Dratini sdraiato accanto, sofferente anch’egli. Misty aggrottò le sopracciglia e tentò di allontanare la ragazza dai capelli castani, aiutando nel frattempo l’infermiera Joy nel tentativo di calmare Alex. Misty lo bloccava per le gambe, mentre Chansey e Joy lo tenevano per le spalle. Misty: -Ti prego, Laura, non ti fa bene restare qui. Allontanati da qui con Dratini, non voglio che tu cada un’altra volta in una delle tue crisi depressive!- Misty ebbe perfettamente ragione, la visione del suo amico e dei Pokémon sofferenti nei letti d’ospedale la faceva sentire terribilmente male ed in colpa. La sua Dratini, appoggiata sulla sua spalla sinistra, tremava e piangeva. Poiché la ragazza non decideva di alzarsi e di andarsene, Brock decise di spostarsi dalla sua posizione ed accompagnò Laura fuori dalla stanza insieme a Clefairy. Ash stringeva i denti ed osservò severamente il suo allievo, il quale tentava di evitare lo sguardo feroce del suo maestro. Gary, intanto, si fermò dalla sua camminata pensierosa e si posizionò proprio dietro ad Ash. Non gli fu permesso prendere la parola, perché essa fu catturata in modo molto violento dal Master dei Pokémon e fu usata da quest’ultimo per inveire in maniera dura contro il suo allievo.
Ash: -Alex… mi hai deluso profondamente. Hai messo a repentaglio la tua stessa vita e quella dei tuoi Pokémon per sfidare un pazzo scatenato!- Alex cercò di trovare la lucidità necessaria per rispondere alle accuse del suo maestro, ma gli fu molto difficile. Lo sguardo severissimo di Ash gli impediva di rispondere in maniera corretta: quando Ash si arrabbiava, un motivo logico c’era sempre. Alex: -Ho… ho voluto proteggere… Clefairy da quel ragazzo...- La risposta di Alex non piacque assolutamente ad Ash, l’allenatore la giudicò insufficiente per motivare un’azione così azzardata. Il ragazzo col cappello, insoddisfatto dalla risposta, iniziò a sbraitare dalla gran rabbia. Il suo comportamento, malgrado fosse giustissimo, non fece altro che agitare i Pokémon sofferenti nei loro lettini.
Ash: -NON E’ UNA SCUSA! Ti rendi conto di quello che hai fatto a MonteLuna? Pensavo di potermi fidare del tuo buon senso e di quello di Brock! Ho pensato che, al fianco del mio amico, potessi avere un po’ di sale in zucca per cavartela senza di me! Appena ti lascio da solo per un minuto, finisci nei guai!- Ash fece un pausa per riprendere fiato, ma non durò a lungo. L’allenatore riattaccò il discorso con ancora più foga.
Ash: -Devo ammettere di essermi sbagliato in pieno, considerandoti una persona con la testa sulle spalle… hai agito in un modo troppo avventato. Il Professor Oak ha commesso uno sbaglio nel consegnarti il PokéDex. Dimmi un po’, eri stanco di vivere per caso?- Alex non fu più in grado neanche di respirare a causa dell’aspro rimprovero di Ash. Le grida del ragazzo fecero sentire parecchio in colpa l’assistente del Professor Oak, come se non bastasse quello che già stava provando in quel momento per i suoi Pokémon feriti. Ash percepì una mano posarsi sulla sua spalla ed il ragazzo col cappello si voltò, molto accigliato. Era Gary ad averlo fermato proprio nel mezzo della sua feroce ramanzina. Sulla sua spalla c’era Pikachu, molto preoccupato per lo stato d’animo del suo allenatore.
Gary: -Ash, ora basta. Non capisci che tutti i Pokémon di Alex si sono sacrificati per proteggere l’ultimo Clefairy di MonteLuna? Cerca di ragionare… se Alex ha voluto combattere contro un nemico così forte, un motivo ci sarà, non credi?- Le parole di Gary colsero nel segno e riuscirono incredibilmente a calmare il Master dei Pokémon. Il suo volto teso e tirato per la gran rabbia si placò un poco. Rifletté per un istante sul discorso del suo vecchio rivale e iniziò a comprendere il significato delle parole di Gary e dell’azione di Alex. Osservò il suo Pikachu, ed il topo elettrico annuì sorridendo. Leggermente tranquillizzato dal ragionamento di Gary, Ash si voltò nuovamente verso Alex. Si accorse che il suo allievo lo stava guardando con occhi terrorizzati e molto sofferenti. Quegli occhi sbarrati riuscirono a far tentennare il Master dei Pokémon.
Ash: -Alex… hai combattuto per un motivo… non lo hai fatto perchè ti sei montato la testa, dopo aver vinto le due medaglie, vero?- Alex annuì, ma in ritardo. Dopo qualche attimo di silenzio, Ash osservò il suo allievo distendersi, finalmente quieto. Il potente siero contenuto nella flebo stava facendo effetto, placando gli atroci dolori fisici del ragazzo. Joy, Misty e Chansey, tranquillizzati, si allontanarono da Alex e si avvicinarono al maestro dei Pokémon.
Alex: -No… mi sono reso conto, dall’ultima avventura vissuta a MonteLuna, che i Clefairy di per sé possono essere uno scudo magico contro le calamità naturali. Se non sbaglio… Clefairy aveva predetto l’ultimo terremoto, prima dell’avvento di Dugtrio…- Ash si ricordò dell’avvertimento tempestivo di Clefairy che permise a lui ed ai suoi amici di allontanarsi rapidamente dalla soglia d’uscita della grotta e di evitare così i massi caduti dalle pareti. Ketchum sapeva inoltre delle particolari capacità dei Clefairy, Alex aveva agito così proprio per salvaguardare l’ultimo Clefairy rimasto a MonteLuna. Le azioni di Alex e dei suoi Pokémon non gli sembrarono più così avventate e prive di fondamento. Il Master dei Pokémon si concesse un sorriso ed annuì con la testa. Chiuse gli occhi e si appoggiò sulla ringhiera di ferro che si trovava alla base del letto, proprio vicino ai piedi di Alex.
Ash: -Ora capisco… i tuoi Pokémon hanno lottato per salvare un amico… la tua decisione è stata molto buona, Alex. Però non approvo il tuo senso dell’immolazione. Rimanere quasi ucciso dalla follia di un Pokémon… chissà quale, poi!- Alex glielo disse ed Ash annuì ancora, più deciso questa volta.
Ash: -Ecco! Calpestato da un Mankey!- L’allenatore di Pokémon più forte al mondo si ricordò, in quel giusto istante, della disputa avuta con Brock. Osservò per un lungo tempo il suo allievo, il quale aveva già iniziato ad assopirsi. Lo sguardo del ragazzo col cappello, poi, passò su Misty, la quale aveva incrociato le braccia al petto e raggiunto lo stretto corridoio che portava alla porta d’uscita.
Misty: -Ash, credo che tu debba scusarti con Brock. Non è stata molto carina la sfuriata che gli hai riservato…- Dopo avere detto quelle parole, la ragazza dai capelli arancioni uscì. L’infermiera Joy, la quale stava sostituendo le flebo agli altri Pokémon, diede ragione alla capopalestra di Celestopoli ed aggrottò leggermente le sopracciglia quando il suo sguardo e quello di Ash si incontrarono.
Joy: -Ash, ti sei comportato molto male. Non me lo sarei mai aspettata da un maestro come te!- L’infermiera Joy ha perfettamente ragione, pensò Ash. Si era comportato molto male. Questo perché non era stato preparato a dovere per un incidente di quella portata. Aveva perso la lucidità necessaria per affrontarlo al meglio. Gary, il quale era proprio accanto al Master dei Pokémon, sorrise e mise le mani sui fianchi.
Gary: -Ash, non è successo niente di grave. Vedrai che tra una settimana tutto sarà sistemato! Certo, a MonteLuna è successo un vero e proprio atto di bullismo, ma vedrai che il tuo allievo saprà vendicarsi a dovere!- L’allenatore col cappello fece una smorfia e scosse la testa, sorridendo leggermente. Pikachu, nel frattempo, era saltato dalla spalla del ricercatore di Pokémon per arrivare a quella del suo allenatore.
Ash: -Gary… la vendetta non mi è mai piaciuta, lo sai. Sta al mio allievo decidere cosa fare, non a me. Lo sai meglio di me che il perdono è la migliore vendetta…- Lasciando senza parole il suo eterno rivale, Ash si allontanò rapidamente dalla stanza in cui Alex ed i suoi Pokémon erano ricoverati, non prima però di essersi congedato dall’infermiera Joy.
Ash camminò a passi lenti nel corridoio dalle pareti azzurre che conduceva, al fondo, all’androne principale del Centro Medico per Pokémon. Il suo volto era contratto in una smorfia, mischiata tra la rabbia ed il disgusto. Pikachu se ne accorse e gli domandò che cosa gli frullasse per la testa. Il ragazzo col cappello scosse la testa e poi accennò un lieve, malinconico sorriso.
Ash: -Pikachu… non ho dato prova di essere un brillante maestro, vero?- Il topo elettrico, sulla sua spalla, si agitò per quella domanda fuori luogo e scosse la testa più volte, concitatamente.
Pikachu: -Che dici? No, no, hai fatto molto bene il tuo lavoro!- Ash chiuse gli occhi e, raggiunta finalmente la sala principale, si fermò. Rimase fermo, immobile, con gli occhi che contemplavano il manifesto affisso sul muro, recante l’immagine di Misty e di Psyduck. Riuscì anche a notare che Brock, Laura e Misty erano proprio fuori dal Centro Medico, al di là delle porte scorrevoli.
Ash: -Pikachu, per favore, sii obiettivo nel tuo giudizio. Non devi avere paura di esprimere la tua opinione…- Pikachu strinse i suoi denti seghettati ed abbassò leggermente la testa. Rifletté sulle parole del suo allenatore. Sembrava così triste, era da poco tempo che aveva riacquistato il buonumore. Il Pokémon elettrico sorrise e poi tornò a guardare il suo amico del cuore.
Pikachu: -Io ti ripeto che hai svolto un lavoro eccezionale! Non devi rimproverarti per quello che è successo… lo ha detto anche Brock, se tu fossi stato al posto di Alex, a MonteLuna, avresti fatto la stessa, identica cosa! Quindi…- Ash comprese che il suo Pikachu aveva perfettamente ragione. il ragionamento del Pokémon non faceva una piega e, rinfrancato dalle sagge parole del topo elettrico, finalmente decise a muoversi. I due raggiunsero le porte ad apertura automatica ed essa si aprì lentamente. Ash e Pikachu uscirono dal Centro Medico per Pokémon ed osservarono i tre ragazzi seduti su una panchina lì vicino, proprio al di là della stradina. Oltre il vicolo e oltre la panchina si prolificava un parco di medie dimensioni, contenente vari alberi, quali platani, pioppi, castagni e qualche cespuglio contenente alcune bacche per i Pokémon. Ash non si era mai accorto di quel parco. In alcune zone del parco vi erano veri e propri rettangoli di terra battuta in cui erano disegnati i campi di battaglia per le sfide Pokémon. ce n’erano tre nel parco. Il ragazzo col cappello raggiunse i suoi amici ed il primo ad accorgersi della presenza del Master dei Pokémon fu Brock, il quale rivolse uno sguardo duro al suo amico.
Brock: -Finalmente sei arrivato!- Laura aveva smesso di piangere da poco ed i suoi occhi erano ancora gonfi. La ragazza dai capelli castani, però, si sentì sollevata nel vedere il suo maestro. La sua Dratini era avvolta intorno al suo collo, aveva condiviso il dolore della sua giovane allenatrice. Misty conservò il suo volto enigmatico ed impermeabile che aveva usato nello scontro con Alex Blake.
Ash: -Brock, ascolta, io…- L’ex capopalestra di Plumbeopoli, con somma sorpresa di Ash, scosse la testa con ira. A quanto parve, Brock non voleva ascoltare una sola parola di più da Ash.
Brock: -Basta, Ash. Hai parlato anche fin troppo. Hai esagerato con le accuse!- Il ragazzo col cappello annuì ed abbassò la testa, di modo tale che i suoi occhi fossero nascosti dalla tesa del suo berretto.
Ash: -Lo so, me ne rendo conto. Finalmente ho capito il significato della decisione di Alex… sai, Brock – sorrise – io ho la testa molto dura, dovresti conoscermi bene!- Il primogenito dei Peters scrollò le spalle e scosse la testa. Ash sollevò nuovamente lo sguardo e si accorse che Clefairy non era presente sulla spalla del suo amico. Chiese maggiori informazioni a Brock ed il ragazzo gli riferì che il Pokémon fata era tornato velocemente a MonteLuna. Laura prese la parola e chiese al suo maestro in quali condizioni si trovasse Alex.
Ash: -Ora sta riposando… l’infermiera Joy è anche brava nel gestire gli uomini feriti!- Scese rapidamente il silenzio. Il parco era popolato da diversi Pokémon volanti, qualche Pokémon coleottero e da alcune persone sedute sulle varie panchine disseminate lungo il percorso che attraversava il parco e che portava al centro della città. Qualche Spearow era appollaiato tra i rami di un pioppo ed aveva raggiunto il suo nido.
Ash: -Brock, ascoltami… sono venuto per porgerti le mie scuse. Mi sono comportato molto male poco prima, ma capiscimi… ero agitato, non ero in me! La notizia degli operai ci ha sconvolti!- Laura annuì e soffiò il naso per mezzo di un fazzoletto, offertole gentilmente da Misty.
Laura: -Vero, Brock. La notizia è arrivata così all’improvviso, che non avevamo avuto il tempo neanche di ragionare…- Brock annuì, poi si informò sullo stato di salute del suo Bulbasaur. Ash sorrise e riacquistò un poco di colore in faccia.
Ash: -Ora sta dormendo… l’infermiera Joy rassicura che, entro una settimana, tutti saranno guariti...- Ancora silenzio. Nessuno si decideva di muoversi dalle loro posizioni. Ash incrociò le mani dietro la schiena, guardò il suolo ed iniziò a battere una punta del piede, molto nervosamente. Brock rimase a braccia conserte sulla panchina, ancora imbronciato. Le ragazze non osarono spiccicare parola. Il ghiaccio fu rotto da una risatina del Master dei Pokémon, rivolta verso l’ex capopalestra di Plumbeopoli.
Ash: -Allora… eh, eh… che cosa mi dici, Brock? Accetti le mie scuse?- Brock finalmente si degnò di voltare lo sguardo verso il suo amico di vecchia data. Si alzò e porse una mano al Master dei Pokémon. Sia Ash che Pikachu rimasero quasi stupiti dal gesto così naturale di Brock.
Brock: -Se fosse solo questo litigio a rompere la nostra amicizia… ne abbiamo passate di ben peggiori, Ash. Mi congratulo con te per la tua prova di maturità…- Poi esplose a ridere, finalmente rasserenato. Ash strinse la mano di Brock con vigore e le ragazze applaudirono il gesto di pace dei due amici.
Brock: -Ho pensato che non ti saresti mai deciso di venire da me e di scusarti… so della tua testardaggine…- Ash rise e scosse la testa, quasi imbarazzato. Pikachu osservò il suo allenatore molto attentamente.
Ash: -Allora perché, secondo te, sono diventato un maestro?- E tutti risero nuovamente.

Nel prossimo capitolo...
Ora che cosa succederà, visto che Alex dovrò rimanere in ospedale per un bel po'? Un oscuro presagio si avvicina, e metterà a dura prova la resistenza dei nostri eroi. A quanto pare, il Team Richardson sta per tornare. Ma per cosa? E per chi, soprattutto? Le risposte a questi inquietanti quesiti si avranno solo nei prossimi capitoli! Ciaoooo! ^__^

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Capitolo 22
*** 20 - Un nuovo supereroe ***




Ciao a tutti! Rieccomi con un nuovo capitolo! Scusate per tutto questo tempo di attesa, ma finalmente la vena creativa è tornata. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate di questo mio romanzo (che sembra avere una lunga durata!)... fermatemi in tempo se non vi piace! Ciaoooo! ^__^

Oak: -COSA MI STAI DICENDO, GARY??- Nel tardo pomeriggio, il Professor Oak venne informato dell’accaduto da suo nipote tramite videofono. Uno di quei strani marchingegni era stato usato proprio da Alex, qualche sera prima, per informare il ricercatore di Pokémon del suo avvento e di quello di Brock a MonteLuna nella mattinata del giorno corrente. Il Professor Oak, nel momento in cui l’aveva contattato Gary, si trovava ancora a Ebanopoli, alla convention dei Pokémon d’erba. Gary, seduto su uno sgabello, poté osservare lo sfondo dietro al nonno: il professore si trovava in una stanza d’albergo, Oak stava comunicando con il suo PokéGear senza fili. Si poterono osservare una parte di un letto dalle coperte blu e le pareti color violetto.
Gary: -Nonno, è andata così. Alex, in questo momento, sta riposando insieme ai suoi Pokémon in una sala degenza del Pokémon Center di Celestopoli. Domani mattina verrà trasportato in un luogo più consono alle cure per un essere umano…- Gary riuscì a percepire lo stato d’animo di suo nonno, anche se il vecchio Professor Oak non accennava a battere ciglio. Dopo l’iniziale alzata di voce di Oak, il Professore si schermò in un volto serio ed enigmatico. Oak si limitò ad aggrottare leggermente le folte sopracciglia. La notizia doveva essere stata molto dura per lui, ma tentò in tutti i modi di non far comprendere a suo nipote la sua crescente preoccupazione.
Oak: -Ero già venuto a conoscenza del progressivo spopolamento di MonteLuna dai suoi abitanti, i Clefairy… molto probabilmente i Pokémon fata sono diventati, in questi tempi, oggetto di conquista da parte di bracconieri senza scrupoli. Il ragazzo dai capelli neri sfidato da Alex, senza orma di dubbio, è uno tra questi. Forse si è riuscito a comprendere del perché di tutti questi terremoti accaduti negli ultimi tempi alla caverna… i Clefairy non c’erano più! Mi sembra che i ragazzi abbiano agito in una maniera giusta, ma un poco avventata nel tentativo di proteggere l’ultimo Clefairy di MonteLuna…- Gary fu d’accordo con il ragionamento di suo nonno. Il Professor Oak continuò nel suo discorso, ma il suo tono di voce divenne leggermente aspro nei confronti di suo nipote.
Oak: -Perché Alex e Brock si trovavano da soli a fronteggiare un individuo così scellerato? Tu, Gary, dov’eri in quel momento?- Le domande del nonno, seppur degne e legittime, misero in difficoltà l’eterno rivale di Ash. Gary dovette riflettere per bene prima di rispondere ai quesiti del Professor Oak.
Gary: -…stavo svolgendo il mio lavoro, nonno. Come sempre. Soltanto l’avvento di Bulbasaur ci ha permesso di capire quello che effettivamente era successo al secondo piano della caverna. Se non fosse stato per il Pokémon di Brock, non saremmo mai intervenuti per salvare Alex. Abbiamo fatto il possibile per inseguire quel folle, ma non ci siamo riusciti. Siamo stati in grado, però, di portare immediatamente Alex ed i suoi Pokémon al Centro Medico di Celestopoli. I Pokémon se la caveranno in una settimana…- Oak rimase in silenzio per qualche secondo quando Gary terminò di parlare. Il sole si trovava quasi a livello dell’orizzonte, ed i pochi raggi filtravano dalle porte scorrevoli, lucidissime, accecando il ricercatore di Pokémon. Tra poco avrebbe fatto buio e Gary doveva assolutamente tornare a Smeraldopoli prima di sera. Il professore sospirò, quasi rassegnato, e chiuse gli occhi.
Oak: -...capisco. Questo fatto mi addolora molto. Sai, Gary, sto ancora riflettendo seriamente se abbia fatto bene a lasciare partire Alex alla ventura… lo sai, è sempre stato un po’ impacciato ed insicuro…- Gary scosse la testa, sorridendo dolcemente ai tentennamenti del nonno. A quell’ora non c’era più nessuno al Centro Medico per Pokémon, quindi il rivale di Ash poté parlare liberamente con il Professore.
Gary: -Nonno, posso assicurarti che Alex ha fatto passi da gigante. Me lo hanno confermato tutti, sia Ash, sia Brock, sia Misty. Ha vinto già due medaglie, non so se è poco in neanche una settimana! Se non fosse stato per questo incidente di percorso, i nostri amici sarebbero già arrivati a Lavandonia di questo passo!- Oak annuì e ringraziò il nipote per le informazioni comunicate quasi tempestivamente. Si informò sullo stato di salute degli altri componenti della comitiva, poi chiese maggiori dettagli sull’andamento dei lavori per la ristrutturazione della caverna di MonteLuna. Gary rispose con un leggero sorriso sarcastico.
Gary: -I lavori procedono, ma richiedono tempo. Quei Diglett hanno combinato parecchi danni, è già un miracolo se la volta non abbia ceduto! Penso che rimarrò a MonteLuna per un pezzo. Ne approfitterò per tenere sott’occhio anche Alex. Dopo l’ultima batosta subita, penso proprio che avrà bisogno di una spalla su cui piangere…- Le parole del nipote rincuorarono il vecchio professore. Infatti Oak si permise un sorriso, seppur temporaneo. Gli ultimi raggi di sole a Celestopoli caddero e ben presto nella sala principale del Pokémon Center subentrò l’oscurità. Ultimi consigli da parte del nonno e l’informazione che il Professore sarebbe tornato a Biancavilla nel fine settimana. La linea cadde dopo gli ultimi saluti di arrivederci. Gary ripose la cornetta nel suo scompartimento, quindi si alzò, sospirando. Era stata una lunga giornata, piena di imprevisti e di paure. Chi se lo sarebbe aspettato un epilogo del genere per quel giorno lavorativo? Gary aveva dovuto per forza sospendere i lavori di ristrutturazione per buona mezza giornata, anche perché la polizia era intervenuta nella caverna, informata dagli stessi operai dell’accaduto, rallentando notevolmente l’attività. Dopo i primi sopralluoghi dell’Agente Jenny (e non rilevando nulla di particolarmente interessante per la ricerca di indizi per il caso), i manovali tornarono al lavoro molto tardi, per poi smettere definitivamente a causa di quella strana giornata dopo poco tempo.
Gary: -Ora devo tornare alla sede della mia azienda… è tempo di rincasare, domani mattina il lavoro dovrà essere doppio rispetto ad oggi!- E scotendo la testa si decise ad abbandonare il Centro Medico per Pokémon, a passi lenti.

Alex era ancora sdraiato sul letto di degenza nella sala in fondo al Centro Medico per Pokémon. Il giorno dopo sarebbe stato trasportato nell’ospedale più vicino, poiché in quell’edificio mancavano i giusti medicamenti per un umano. A fargli compagnia, in quel momento, c’era Brock, il quale era seduto su uno sgabello vicino al suo cucciolo di Bulbasaur. Il Pokémon d’erba era il Pokémon più vicino alla finestra e l’ex capopalestra di Plumbeopoli era seduto proprio tra il lettino e la finestra a due vetrate. I Pokémon di Alex stavano dormendo e sembrava che le cure dell’infermiera Joy stessero facendo un buon effetto su di loro. L’allievo di Ash sentiva ancora molto dolore per tutto il corpo, ma l’anestetico iniettato per endovena svolgeva il suo egregio risultato. Il ragazzo osservava Brock dare da mangiare al suo Pokémon, un qualcosa di pastoso e giallastro dentro una scodella azzurra. Il primogenito dei Peters si mantenne molto premuroso ed attento nel periodo in cui alimentava Bulbasaur: si preoccupò che il Pokémon mangiasse tutto, che non si strozzasse con il cibo ingurgitato e che non sbavasse sulle coperte cambiate da poco dall’amorevole Chansey. Bulbasaur fu sistemato prono sul materasso, poiché il bulbo impiantato sulla sua schiena non gli permetteva di rimanere sdraiato sulla schiena. La grandezza del Pokémon fu così esigua da occupare neanche un quinto del lettino di degenza. Bulbasaur rimaneva rannicchiato su se stesso e tremava come una foglia. Brock si preoccupò inoltre di continuare a consolare il suo Bulbasaur e di tranquillizzarlo mentre gli dava da mangiare.
Brock: -Bravo, Bulbasaur… bravo… sei stato coraggioso… se hai fame, non devi fare altro che aprire la bocca…- Lo accarezzò affettuosamente e gli mise davanti al muso il cucchiaino contenente parte della miscela di cibo all’interno della scodella. Bulbasaur, tentennante, aprì lentamente la boccuccia ed assaggiò la pappetta preparata poco tempo prima da Brock. Gli piacque molto e finalmente il Pokémon d’erba sorrise, disteso.
Brock: -Devi mangiare tanto se vuoi guarire, oggi ti do da mangiare una Baccarancia, domani ti darò la tua preferita, la Baccapesca… so che ti piace tanto…- Alex continuò ad osservare, in silenzio, l’operato dell’allevatore di Pokémon. Era incredibile come Brock riuscisse, ogni volta, a comprendere le necessità di ogni Pokémon. Bulbasaur era riuscito ad inghiottire quella poltiglia senza protestare neanche una volta. Quando Bulbasaur ebbe terminato di mangiare, l’ex capopalestra di Plumbeopoli sollevò delicatamente il Pokémon d’erba e lo appoggiò su una sua spalla. Diede alcune leggere pacche sulla sua schiena, per permettere a Bulbasaur di digerire. Brock si riservò inoltre, dopo averlo nuovamente appoggiato sul letto, di cantare una pregevole ninnananna sottovoce in un orecchio del cucciolo, continuando ad accarezzarlo. La nenia ebbe rapidamente effetto e tosto, il Pokémon si addormentò. Solo allora Brock si alzò ed osservò Alex, il quale teneva gli occhi fissi su di lui.
Brock: -Come ti senti, Alex?- Il ragazzo strizzò gli occhi e poi appoggiò una mano sul comodino che stava alla sua destra, alla ricerca dei suoi occhiali. Non riusciva a vedere nulla da lontano, Brock in quell’istante gli apparve sfocato. Le tenebre erano salite ben presto, soffocando il breve color vermiglio del tramonto. L’assistente del Professor Oak si mise gli occhiali sul naso e poi riuscì nuovamente ad osservare la figura di Brock.
Alex: -Mi sento uno straccio…- Brock sorrise e si avvicinò a lenti passi felpati verso il letto dove Alex era sdraiato. Lo osservò per un tempo indeterminato, poi incrociò le braccia al petto. Si era messo proprio davanti alla ringhiera metallica del letto.
Brock: -Sfido io che ti senti male… domani mattina potrai ricevere maggiori cure, cerca di tenere duro fino ad allora!- Alex annuì e ringraziò Brock per l’incoraggiamento. Il ragazzo con gli occhiali osservò attentamente l’amico di Ash e si domandò come stesse fisicamente Brock. Anch’egli era stato colpito da un attacco di Pokémon, era andato a sbattere con la schiena contro il muro. Il primogenito dei Peters aveva già intuito la preoccupazione di Alex ed immediatamente lo rassicurò sul suo stato di salute fisica.
Brock: -Io sto bene, non devi preoccuparti per me. Ehi, Alex, io sono un allenatore di Pokémon roccia! Ci vuole ben altro per mettermi fuori uso!- L’allievo di Ash si chiese sorridendo in cosa consistesse questo “ben altro”. Se neanche un terremoto fosse stato in grado di fermare Brock, ben poco o nulla avrebbe potuto scalfire la resistenza rocciosa dell’ex capopalestra di Plumbeopoli. Dopo aver formulato questo breve pensiero, Alex domandò a Brock dove si trovassero in questo momento i loro amici. Il ragazzo in piedi lo informò che Ash, Laura e Misty erano seduti sulle sedie nella sala principale del Pokémon Center e stavano aspettando che i loro Pokémon fossero ricaricati nella speciale macchina rigenera forze.
Brock: -Ora dovresti riposare anche tu, Alex. Domani mattina il trasporto verso l’ospedale non sarà una cosa semplice. Dovrai reggerti in piedi per riuscire a superare quello stretto corridoio…- Ed indicò, dietro di sé, il corridoio ad angolo retto che impediva ad una comune barella di passare per la stanza. I letti erano stati trasportati nella stanza attraverso la finestra, ma per un tragitto più breve per l’ospedale bisognava raggiungere la sala principale del Centro Medico per Pokémon.
Alex: -Non… non sarà facile…- E ridacchiò per un breve periodo di tempo. I dolori si acutizzarono a causa della contrazione dei muscoli nel periodo della risata ed il ragazzo con gli occhiali strinse i denti, gemendo. Brock aggrottò leggermente le sopracciglia e scosse la testa, molto pensieroso. Mise le mani sui fianchi e sospirò, osservando a turno i Pokémon sdraiati sui loro lettini. Brock: -Quel pazzo furioso vi ha conciato proprio per le feste… chi mai avrà avuto il coraggio di educarlo in quel modo? Sei andato incontro ad un grosso pericolo, Alex. La prossima volta devi ragionare prima di lanciarti in una sfida. Sono d’accordo che la posta in palio fosse la salvaguardia di Clefairy, ma…- Alex fece un cenno di assenso con la testa. Brock aveva assolutamente ragione, però il ragazzo con gli occhiali aveva voluto dare una svolta alla sua vita ed al suo metodo di allenatore. Se un Pokémon fosse stato in pericolo, in qualunque luogo ed in qualunque circostanza, bisognava aiutarlo a cavarlo d’impaccio. Non importava se il Pokémon in questione fosse malvagio. Brock, concluso il suo repertorio di consigli, lasciò ad Alex qualche rivista da leggere, in attesa che il sonno vincesse l’assistente del Professor Oak. I periodici, cinque per l’esattezza, erano vecchi di qualche mese. Trattavano disparati argomenti, ed il più ripetitivo fu senza dubbio la rassegna sul Festival dei Pokémon Coleottero a Fucsiapoli, che si sarebbe tenuto nell’omonima città nel prossimo inverno. Alex accese la lampadina sistemata sul comodino ed iniziò a sfogliare avidamente le riviste consegnategli da Brock. L’ex capopalestra di Plumbeopoli si congedò, non prima di avere gettato un ultimo sguardo ai Pokémon dormienti.
Brock: -Buonanotte, Alex. Cerca di dormire bene- Uscì dalla stanza e chiuse la porta dietro di sé. Il primogenito dei Peters, dopo avere sospirato un’altra volta, incominciò a camminare molto lentamente, in preda a mille pensieri che avevano iniziato ad aggredirlo appena varcata la porta. Mise le mani in tasca, meditabondo. Con lo sguardo fisso alle piastrelle del pavimento, Brock proseguì lungo il corridoio dalle pareti azzurre. Era preoccupato per il suo nuovo amico, per i suoi Pokémon e per il suo Bulbasaur. Iniziò inoltre a domandarsi se fossero in grado, tutti e cinque, di superare senza troppi patemi quella lunga notte. Le ferite del corpo erano molte, e tutte molto dolorose. Ricordò ancora una volta lo scontro avuto quella mattina con i Pokémon di quel misterioso ragazzo dai capelli corvini. Nella furia della battaglia, quel frenetico allenatore non si era neanche presentato. Brock analizzò mentalmente le mosse eseguite dai Pokémon dell’allenatore sfidato da Alex, e le giudicò prive di ogni motivazione positiva. Durante lo scontro, a Brock fu sembrato che quelle mosse, seppur potenti e velocissime nell’azione, fossero applicate quasi con costrizione. I Pokémon del ragazzo dallo zainetto verde scuro non sembrarono, infatti, troppo felici di effettuare quegli attacchi contro gli inesperti guerrieri di Alex.
Brock: “Quel che è stato, è stato!” Scosse la testa ancora una volta. Il suo lento cammino terminò proprio nei pressi della porta dalle ante mobili. Finalmente Brock alzò lo sguardo, risoluto, ed aprì la porta con decisione. Si ritrovò nella hall del Centro Medico per Pokémon, e da quel locale riuscì a scorgere i suoi tre amici seduti nelle sedie della sala d’aspetto, stanza attigua a quella dove Joy e Chansey erano soliti lavorare. Li osservò immobili, assopiti sulle loro sedie, inermi. Brock decise di scuoterli un po’ con il suo proverbiale buonumore e, a grandi passi, si avviò verso la sala d’attesa del Pokémon Center. Quando finalmente raggiunse i suoi amici, l’ex capopalestra di Plumbeopoli si accorse che Dratini e Pikachu erano seduti su di un’altra sedia, addormentati, appoggiati di schiena l’uno contro l’altro. Laura era sorretta faticosamente dallo schienale legnoso della seggiola, con la testa abbassata e gli occhi chiusi: sembrava che avesse appena preso sonno, probabilmente distrutta dalle grandi emozioni della giornata. Lo stesso discorso valeva per Misty, la quale, a braccia incrociate, tentennava con la testa, ciondolante, in preda ad un’imminente sonnolenza. Ash, invece, sembrava avere già risolto il suo problema: perfettamente spaparanzato sulla sedia, un braccio ciondoloni, dietro lo schienale, faccia all’indietro e gran russare a bocca aperta. La testa fu così volta all’indietro che il Master dei Pokémon aveva perduto il cappello, il quale era capitolato in terra. Brock, una volta osservati i suoi amici dormienti, si rese conto che disturbare il loro quieto stato d’essere, in quel momento, non fosse pertinente. Con un passo leggero e silenzioso si avvicinò verso Ash (il quale era seduto in una delle sedie che facevano parte della fila che fronteggiavano l’ingresso, mentre le ragazze ed i Pokémon erano seduti nella fila alla sinistra della soglia d’entrata) e, inchinandosi, raccolse il berretto da terra. Con un paio di manate lo pulì dalla polvere che si era annidata nella tela del cappello, poi lo appoggiò sull’addome dell’allenatore di Pokémon più forte al mondo. Misty si accorse finalmente di Brock e, non ancora vinta dal sonno, si alzò dalla sedia, leggermente intontita. Si tenne il capo con una mano e, a passi incerti, si avvicinò a Brock.
Misty: -Brock…- Il primogenito dei Peters, vedendosi arrivare l’amica dai capelli arancioni con un’andatura da ubriaco, l’afferrò per un braccio delicatamente e, insieme, si sedettero accanto ad Ash. Misty si ritrovò proprio accanto il suo compagno di viaggio addormentato. Il maestro di Alex e Laura mugugnò qualcosa, digrignando i denti, ma poi riprese a ronfare rumorosamente. Brock e Misty osservarono divertiti l’atteggiamento di Ash, poi la capopalestra di Celestopoli voltò lo sguardo verso Brock, preoccupata.
Misty: -Dimmi, Brock, come sta Alex?- Brock annuì, sorridendo. Il suo sorriso cordiale riuscì a tranquillizzare, almeno in parte, l’allenatrice di Pokémon d’acqua.
Brock: -Ora è riuscito a riposarsi. I Pokémon stanno tutti dormendo sereni. Domani mattina il dolore fisico dei Pokémon dovrebbe essere notevolmente diminuito, ho dato a tutti e quattro da mangiare una gustosa Baccarancia! Febbre, fortunatamente, nessuno ce l’ha. Anche Bulbasaur ha mangiato qualcosa, ed ora dorme tranquillo. L’infermiera Joy provvederà all’assistenza notturna, in caso di problemi. Ho lasciato Alex che era abbastanza tranquillo…- Misty sospirò, rincuorata dalle ottime e speranzose analisi di Brock. La ragazza dai capelli arancioni tornò a pensare alle parole dell’infermiera dette a Gary in quel pomeriggio e, nuovamente angosciata, ricominciò a parlare a Brock.
Misty: -L’infermiera Joy aveva detto che bisognava operare d’urgenza… a chi si riferiva, Brock?- Il ragazzo dai capelli castani, leggermente dubbioso, si ricordò dell’affermazione di Joy. Brock era stato presente alla discussione che ebbe luogo tra il ricercatore di Pokémon e l’infermiera. Sorrise in modo che piacque a Misty e scosse la testa.
Brock: -Tranquilla, quella frase non era rivolta a nessuno dei presenti in quella stanza. Era riferita ad un altro Pokémon, ricoverato da tempo in questo Centro Medico… Gary aveva trovato quel Pokémon tempo fa, sempre a MonteLuna…- Il suo sorriso, però, si spense ben presto. Misty si sentì decisamente sollevata, ma nel suo animo nacque una sottile punta di amarezza per il Pokémon ricoverato nel Centro Medico per Pokémon. A fugare ogni inquietudine ci pensò Ash Ketchum, il quale, risvegliatosi dal profondo coma in cui era caduto, tornò nel mondo dei vivi. Si stiracchiò per bene, sbadigliò e si stropicciò, gli occhi, guardandosi attorno.
Ash: -Mhh… che ore sono…?- Quando riprese sufficiente conoscenza, il Master dei Pokémon riconobbe i volti dei suoi due amici e sorrise loro. Quando guardò Brock, però, il suo sorriso venne meno. Con leggero imbarazzo abbassò lo sguardo, richiamandosi alla mente il litigio avuto con l’ex capopalestra di Plumbeopoli nella tarda mattinata.
Ash: -Devo… devo essermi appisolato…- Misty, raggiante per l’intervento non proprio ortodosso di Ash nel discorso tra lei e Brock, rispose al ragazzo col cappello (il quale se l’era nuovamente messo in testa) con una pacata risata di scherno. Pacata per non svegliare Laura ed i Pokémon dal loro leggero dormiveglia.
Misty: -Quando mai non ti appisoli, Ash?- Il ragazzo col cappello, sorridendo ironicamente alla capopalestra di Celestopoli, le rispose per le rime, rinvigorito dal riposino avuto poc’anzi. Brock li osservò in silenzio, rallegrato.
Ash: -Io mi appisolo ogni volta che tu apri bocca, cara la mia signorina!- Misty, per nulla offesa dall’osservazione bambinesca del suo amico, rise divertita e controbatté con notevole energia, tanto da far svegliare la figlia dei Ferguson dal suo torpore.
Misty: -Ed io invece mi addormento ogni volta che scendi in campo per una sfida Pokémon!- Brock, accortosi del risveglio di Laura e dei Pokémon, mise fine alla disputa verbale dei due ragazzi, mettendosi in mezzo. Anche Brock, però, non poté evitare di ridere per le incalzanti frecciatine che i due allenatori si scagliavano l’un l’altro.
Brock: -Ok, va bene, basta così. La nostra amica, per colpa delle vostre grida, si è svegliata da un meritato riposo. Non ha le orecchie dure come le tue, Ash!- Ed esplose in una risata. Ash accettò la battuta dell’amico di Plumbeopoli e anch’egli rise, insieme a Misty. Quando finalmente ebbero terminato di sghignazzare, i tre volsero lo sguardo verso la figlia dei Ferguson la quale, ormai piena di coscienza, aveva preso in braccio il suo Pokémon drago. Pikachu, ancora mezzo intontito dal sonno, sbadigliò e si stiracchiò (proprio come aveva fatto il suo allenatore qualche minuto prima) e, una volta ripresosi completamente, con due balzi fu già tra le braccia di Ash. Ash rivolse un sorriso benevolo alla sua allieva e Laura lo colse, sorridendo a sua volta.
Ash: -Come va, Laura? Hai finito di piangere?- La ragazzina annuì, sospirando lievemente. Dopo essersi scusato con Brock, Ash aveva saputo dal suo amico che Laura aveva pianto per parecchio tempo nel periodo in cui l’allenatore di Pokémon più forte al mondo rimase nella stanza in cui Alex ed i Pokémon erano ricoverati. Ash si era già accorto dello stato d’animo negativo della sua allieva quando il ragazzo col cappello uscì dal Centro Medico per Pokémon per porgere le sue scuse all’ex capopalestra di Plumbeopoli. Laura annuì con un cenno del capo. Si alzò, lustrandosi il vestiario che aveva indosso, si lisciò la bandana di stoffa rossa che aveva annodata sul collo e raggiunse i suoi amici, i quali non staccarono gli occhi da lei. Osservarono ogni suo piccolo movimento, ogni mimica facciale, ogni piccolo gesto di braccia, gambe e busto. Laura comprese di essere dettagliatamente osservata dal suo maestro e dai capopalestra, però non diede peso ai loro sguardi indagatori, limitandosi nello sedersi degnamente alla destra di Ash e recintandosi in un neutro sorriso.
Laura: -Sì, grazie Ash. Ora mi sento molto meglio- Brock informò immediatamente la figlia dei Ferguson dei celeri miglioramenti fisici dei Pokémon di Alex. Le disse che entro una settimana i Pokémon sarebbero stati in piena forma. Per Alex la situazione fu diversa: non avendo ancora avuto una precisa osservazione terapeutica da parte di illustri luminari, il ragazzo con gli occhiali sarebbe dovuto essere trasferito in un edificio più adatto per le cure di un essere umano in non buone condizioni fisiche. Laura afferrò le parole di Brock ed intanto analizzò gli stati d’animo interiori dei suoi amici: da loro traspirava una certa tranquillità, ma la ragazza dalle capacità sensitive non poté non osservare una certa entità di preoccupazione affiorare dal profondo delle anime dei ragazzi indagati. Le parole del primogenito dei Peters, però, riuscirono a mitigare quella vaga sensazione di timore e di conseguenza permisero alla spensieratezza di prendere maggior spazio nelle anime degli allenatori. Con un certo slancio Ash si alzò dalla poltroncina imbottita e riacquistò una buona dose di spirito, dopo essere rimasto in silenzio per qualche istante.
Ash: -Bene, dopo che Alex si sarà ripreso a dovere, riprenderemo gli allenamenti da zero! Dovremo lavorare parecchio per irrobustirci e per migliorare la nostra resistenza fisica! Anche noi dobbiamo tornare ad allenarci…- E guardò Pikachu, il quale non poté non essere d’accordo con l’affermazione del suo allenatore. Laura, Misty e Brock furono con lui e, dopo avere ritrovato una motivazione sufficiente per scacciare le preoccupazioni alle loro spalle, un Pokémon entrò nella sala d’aspetto dove il gruppetto era riunito. Era Chansey, con la sua immancabile cuffietta da crocerossina. Tra le mani porgeva un vassoio di similargento, e sopra di esso erano poggiate le sfere Poké degli allenatori, con tutti i Pokémon all’interno completamente ricaricati e ristorati. Ash, Brock, Misty e Laura recuperarono le loro sfere Poké, ringraziarono il Pokémon assistente di Joy (il quale si era già allontanato per assistere i Pokémon degenti) ed uscirono dal Pokémon Center. Fuori era già buio inoltrato, decisero di andare in un fast food del centro della città per mettere qualcosa sotto ai denti. In seguito sarebbero tornati al Centro Medico per avere un buon bagno caldo ed un soffice letto per riposare le stanche membra, provate per l’emozionante giornata avuta. Il Pokémon Center era predisposto anche per il pernottamento degli allenatori che avevano lasciato i loro Pokémon in custodia in quell’edificio. Sapendo di dovere rimanere a Celestopoli per un imprevisto periodo di tempo prolungato, Ash optò di sospendere momentaneamente il viaggio verso il TunnelRoccioso e di rimanere nella città dove Misty era capopalestra, approfittando per tornare ad allenare i suoi Pokémon e di istruire con maggiore profondità la sua allieva. Brock ne avrebbe approfittato, inoltre, per ricaricarsi di varie scorte di medicamenti e di ingredienti da cucina per un imminente lungo viaggio.

Come annunciato il giorno precedente dall’infermiera Joy, Alex Blake fu trasportato (non senza difficoltà) dal Centro Medico per Pokémon, dove Dratini, Weedle, Pidgey e Bulbasaur erano ricoverati al vicino ospedale per esseri umani, molto più grande dell’edificio dove il ragazzo con gli occhiali era degente da un giorno e molto più confortevole agli occhi dei ragazzi che osservarono il policlinico, una volta dentro per andare a visitare l’infermo. L’ospedale era strutturato in questo modo: dodici piani, entrata con porte automatiche che si affacciava su un grande parcheggio, retro con un immenso giardino destinato per i ricoverati. All’interno vi era una grande hall che venne destinata all’accettazione dei pazienti da ricoverare nell’ospedale e, lì vicino, un fornitissimo pronto soccorso. L’aria sapeva di alcol e di medicinali ed Ash, Brock, Laura e Misty ne vennero subito aggrediti. La hall era pregevole agli occhi dei ragazzi, pianta regolare, soffitti molto alti, ascensori moderni al fondo della stanza, piastrelle quadrate e dal colore giallognolo-biancastro. Ampie finestre contornavano l’ampio salone d'ingresso, inondando il triste ambiente di rassicuranti raggi solari. Erano quasi le dieci del mattino del giorno in cui Alex venne trasportato nell’ospedale per esseri umani. C’era una bagarre di persone affollate all’accettazione, erano tutti quei personaggi rimasti coinvolti durante lo scontro con i delinquenti del Team Richardson. Facevano un gran baccano, parlavano tutti assieme ed i ragazzi, ancora in piedi vicino alla porta d’uscita, dovettero turarsi le orecchie per non rischiare di rimanere assordati.
Ash: -Brock, per favore, mi puoi ricordare dove si trova Alex in questo momento?- Brock gli disse, alzando un poco la voce, che Alex era già stato visitato da alcuni dottori nella mattinata (era giunto in ospedale verso le sette del mattino) e che ora si trovava nella stanza 715, all’ottavo piano. Facendosi largo tra le persone ammassate all’accettazione, i quattro ragazzi con i loro Pokémon raggiunsero a stento il bancone. Videro che una strana signora dai modi molto civettuoli stava archiviando a velocità da record tutte le richieste di quegli strani individui urlanti in attesa di un controllo medico. Ash tentò di catturare l’attenzione dell’impiegata dai capelli voluminosi per ottenere il lasciapassare, ma le altre persone urlavano più di lui. Il ragazzo col cappello tentò ancora una volta, ma la folla si compresse ancora di più intorno al bancone, smorzando ogni tentativo di Ash di farsi sentire. Pikachu si ritrovò schiacciato tra il bancone ed il suo allenatore e, per nulla contento di quella strana situazione in cui si era trovato impelagato, nervosamente iniziò a far scaturire dalle sue tasche guanciali qualche scarica elettrica di avvertimento. Non ottenendo i risultati sperati (ovvero l’allontanamento immediato degli altri personaggi dallo sportello di accettazione), il topo elettrico fu costretto a lanciare un Fulmine. L’attacco elettrico si estese per tutta l’ampia sala soleggiata e disgraziatamente colpì per intero la folla ammucchiata attorno al luogo di lavoro della donna in camice rosso. Gli uomini riuniti, spaventati da quella scarica elettrica, fuggirono in massa dalla sala e raggiunsero le porte d’uscita. L’attacco di Pikachu riuscì nel suo intento e, finalmente raggiunta una certa calma, la donna dal camice rosso concesse la sua attenzione ai quattro ragazzi ansimanti.
Ash: -Salve, vorremmo raggiungere la stanza 715… una visita di cortesia per un malato giunto questa mattina…- E sorrise. La donna, lavorando al computer, squadrò i quattro: un ragazzo col cappello con sulla spalla un Pikachu; due ragazze, una delle quali portava un pacchetto giallo tra le mani; un altro ragazzo vestito da montanaro. Con una certa aria di sufficienza, la donna rilasciò i lasciapassare ai quattro ragazzi, avvertendoli che l’orario delle visite sarebbe terminato alle 13 in punto. Considerando l’età di Alex, l’impiegata concesse ad uno dei quattro di rimanere con il ricoverato oltre l’orario di visita, stabilendo che tutti i presenti (salvo Laura) fossero maggiorenni. I ragazzi ringraziarono l’impiegata e, proprio nel momento in cui Ash e gli altri afferrarono dalle mani ben curate della donna i lasciapassare, nuovamente il gruppo inferocito di persone si riversò attorno al banco d’accettazione. Per un soffio il gruppetto di amici riuscì a non essere travolto dalla “mandria” scatenata e, a grandi passi, si avvicinarono agli ascensori nuovi di zecca. L’ascensore era già disponibile ed i quattro entrarono senza commentare. Le porte si chiusero dolcemente una volta che il gruppetto fu a bordo e, con un suono armonioso, l’ascensore iniziò a salire. Il sollevamento dell’ascensore fu più lungo del previsto e, tanto per ammazzare il tempo, Ash osservò Laura, la quale continuava a tenere tra le mani quel pacchetto giallo.
Ash: -Sono sicuro che ad Alex piaceranno quei vestiti! Quello squilibrato è partito con quelli che aveva indosso ed un altro ricambio…- Misty rise di cuore e rispose alla sarcastica battuta del suo amico.
Misty: -Ah, ah… ha parlato il maniaco del ben vestirsi! Ma se in dieci anni che ti conosco indossi sempre gli stessi stracci!- Ash si voltò verso l’allenatrice di Pokémon d’acqua e le riservò un sorrisetto isterico. Incrociò le braccia e la guardò di sbieco.
Ash: -Questi stracci, mia cara, sono molto comodi e si lavano molto bene in acqua fredda! Al contrario dei tuoi costumi troppo ricercati!- Brock intervenne verbalmente, mettendo a tacere i due contendenti. Il numero di colore rosso che c’era sul gabellino sopra i pulsanti numerati era il “6”.
Brock: -Ora basta litigare, voi due! Siamo quasi arrivati, se non ve ne siete accorti siamo in un ospedale, non in un’osteria!- Le sortite di Brock fecero il loro immediato effetto. I due contendenti, infatti, avevano smesso di battibeccarsi e la esigua comitiva era giunta all’ottavo piano con una certa dose di armonia. Le porte dell’ascensore si aprirono molto lentamente e una voce metallica, femminile, annunciò ai ragazzi che erano appena giunti al piano desiderato. La prima ad uscire dall’ascensore fu Laura con la sua Dratini, seguita da Misty, Brock e poi Ash. Le porte, come lentamente si furono aperte, altrettanto lentamente si richiusero. I quattro si guardarono attorno e capirono di trovarsi in una sorta di pianerottolo, in cui si dividevano più stanze, corridoi e scale. Tutte le stanze erano ermeticamente chiuse da porte robuste antipanico, e ad ogni porta c’era di guardia un energumeno dall’aspetto ben poco raccomandabile. Accanto ad ogni porta (disposte ad ogni parete), attaccati al muro, c’erano dei ben leggibili cartelli. Essi raccontavano il numero delle stanze d’ospedale che erano presenti su quel piano. Il cartello di sinistra dichiarava il numero delle stanze tra il 682 e il 718. Alex era rinchiuso in una di quegli scompartimenti, controllati da quell’enorme e muscoloso uomo della sicurezza. Il gruppetto si avvicinò verso quella porta, ma il sorvegliante li bloccò immediatamente con un gesto della mano.
-In quale stanza vorreste recarvi, signori?- Ash disse chiaramente il numero della stanza. Il sorvegliante chiese espressamente di esporre i biglietti di lasciapassare ottenuti alla reception ed il gruppetto fece vedere i ticket. L’energumeno annuì, rosso in volto, completamente pelato. Si voltò e, mazzo di chiavi in mano, fece scattare la serratura della porta antipanico. Essa si aprì e lo spettacolo che apparve agli occhi dei ragazzi fu ben poco raccomandabile: un lunghissimo corridoio che portava ad una porta lontanissima, ed ai lati del corridoio tante porticine, l’una accanto all’altra. Non vi erano finestre, salvo qualche gigante condotto di aerazione installato sul soffitto. Grandi lampadari, infine, illuminavano quella deprimente corsia.
-Scusate!- La voce roca del sorvegliante fece spaventare parecchio i quattro allenatori di Pokémon. I ragazzi tornarono a guardare l’uomo della sicurezza, che frattanto aveva lasciato spazio ai quattro per entrare. -L’orario delle visite è dalle 10.00 alle 13.00, al pomeriggio dalle 15.00 alle 19.00. Vi prego di non trattenervi oltre questi orari. Se il degente che andrete a trovare è da solo, uno di voi quattro potrà trattenersi anche oltre l’orario previsto per le visite, ma ad una condizione, che l’interessato sia maggiorenne- I quattro ragazzi annuirono e si inoltrarono, lentamente, nel tetro corridoio. Appena il gruppetto si inoltrò in quell’ambiente, la porta alle loro spalle fu nuovamente sprangata da quel bisonte. Laura deglutì, spaventata, e strinse fra le braccia il pacchetto di abiti.
Laura: -Ma perché in un ospedale c’è così tanta burocrazia?- Brock poté comprendere il timore del personale dell’ospedale. Esso, infatti, paventava un altro attacco del pericoloso Team Richardson. La sorveglianza era stata moltiplicata notevolmente dall’ultima volta che il primogenito dei Peters entrò in quell’ambiente ospedaliero, ma Brock non si aspettava di certo un aumento così netto. Ad ogni modo, i quattro proseguirono lentamente per l’angusto corridoio costellato di porte di legno e di targhette bianche dalle scritte blu, fino ad arrivare alla famigerata stanza 715, dove Alex era ricoverato. La stanza era proprio al fondo del lungo e stretto corridoio, e l’aria, mano a mano che il gruppetto avanzava, diventava sempre più satura di medicine e di ammoniaca. La porta, come le altre, era contraddistinta da una verniciatura di un pregevole similrosso che ingagliardiva i toni accesi del passaggio interno in cui Ash e gli altri ebbero appena percorso. La barriera in legno, inoltre, conteneva al suo interno una vetrata molto spessa, la quale sembrava bollata da tante piccole picchiettature di gocce di pioggia. Come se il vetro fosse stato scheggiato da piccoli chiodi leggeri. Ash, Pikachu, Misty, Brock, Laura e Dratini osservarono in silenzio l’interno della camera che si poteva vedere attraverso il vetro cristallizzato: non si osservava nulla, poiché le luci erano spente. Forse il loro amico dormiva, forse aveva bisogno di aiuto. Qualunque fosse la risposta, Ash non attese oltre e, con uno scatto deciso, afferrò il pomello rotondo della porta con una mano e girò la maniglia in senso orario, facendo scattare la serratura. Il suono secco del saliscendi riverberò per parecchio tempo, ed i ragazzi ebbero il timore che quello strano suono metallico potesse mettere in allarme qualcuno o qualcosa. Ash rimase in quella posizione, la mano sul pomello, gli occhi incollati sul vetro della porta, in silenzio. Nulla sembrava fosse accaduto, Alex non dava segni di vita dall’altra parte della porta. Il ragazzo col cappello guardò i suoi amici uno dopo l’altro ed attese di essere sicuro che loro fossero pronti psicologicamente per entrare nella stanza. Una volta che essi lo furono, Ash si voltò nuovamente verso la porta socchiusa e, lentamente, spinse la porta. La fioca luce del corridoio (il lampadario era abbastanza lontano nel punto in cui i ragazzi si trovavano in quel momento) non dava molto scampo alla vista del gruppetto: poco o nulla si riusciva ad intravedere. Pikachu riuscì soltanto ad intravedere vagamente la fisionomia di un letto, o qualcosa del genere. Proprio alla sinistra di Ash, appena varcata la volta rettilinea della soglia, c’era l’interruttore della luce. L’allenatore di Pokémon più forte al mondo esitò parecchio prima di decidersi ad accendere, con un altro scatto secco della mano, la luce. Quando finalmente gli occhi ebbero trovato un certo grado di luminosità nella stanza, i ragazzi osservarono mestamente il misero contenuto della stanza: una finestrella minuta e serrata al fondo, un lettuccio ad una piazza dove Alex, bendato e fasciato era sdraiato, un comodino mezzo rotto ed accanto una porticina che conduceva a dei compassionevoli servizi igienici. Alex pareva che dormisse, ed impiantato nel braccio c’era sempre l’immancabile flebo. Vari oggetti erano appoggiati sul malandato comodino: gli occhiali, alcune riviste (erano quelle di Brock!), il PokéNav, il PokéDex, due sfere Poké vuote, una sacchetto di carta più vuoto che pieno, una PietraLunare. Altro, non ce n’era. I vestiti di Alex, ridotti oramai a brandelli dopo il duro scontro con il misterioso ragazzo a MonteLuna, giacevano su una sedia di paglia accanto al comò. Davanti al lettino c'era una televisione, spenta, che sicuramente aveva conosciuto tempi migliori. Fu una visione pietosa per i ragazzi e Laura, per poco, non si mise a singhiozzare. Ash abbassò lentamente lo sguardo, sempre più, ad ogni passo che si avvicinava al lettuccio.
Ash: -Come... come è stato possibile... ancora non me ne capacito...- Brock era proprio dietro ad Ash, il ragazzo col cappello gli stava dando le spalle. Il primogenito dei Peters comprese appieno lo stato d'animo del suo amico di vecchia data e tentò di consolarlo, mettendogli una mano sulla spalla. (Quella in cui non c'era Pikachu...)
Brock: -Ash, non devi tormentarti. Sai, è già un miracolo che non abbiano trovato neanche un osso rotto. Dopo quello che quel Mankey gli ha fatto, è stato molto fortunato!- L'ottimismo di Brock, però, non ottenne l'effetto sperato. Anzi, non fece altro che aumentare l'angoscia che Ash stava covando in quell'istante. Misty allontanò un poco l'ex capopalestra di Plumbeopoli dal maestro di Pokémon, afferrando l'allevatore di Pokémon a sua volta dalla spalla. La ragazza dai capelli arancioni, infatti, aveva osservato le mani di Ash, strette in pugni, serrate in un modo molto energico. Forse era meglio distanziarsi un poco da una collera improvvisa dell'allenatore.
Ash: -Che cosa ne sarà della fiducia...? Non sono neanche riuscito a proteggere il mio allievo nel momento del bisogno... Per colpa di un'inosservanza, di una leggerezza, Alex avrebbe potuto rimanere anche... anche...- Non riuscì a dirlo, talmente la parola gli procurava disgusto nell'anima. Pikachu teneva incollato lo sguardo su di Alex: l'assistente del Professor Oak era anche intubato, probabile che durante il viaggio per l'ospedale qualcosa di imprevisto avesse aggravato il quadro clinico del ragazzino. Una mascherina per l'ossigeno gli copriva mezzo volto. Una piccola pompa era stata installata lì accanto, dedita al pompaggio dell'ossigeno. Ash inspirò profondamente con il naso ed altrettanto violentemente espirò con la bocca. Forse erano giunti in un momento non tanto carino per svegliare Alex con i loro regalini. Laura, con un andamento incerto, appoggiò sul ripiano inferiore del comodino il pacchetto di vestiti, mentre Brock e Misty, rispettivamente, appoggiarono sulla sommità del mobiletto una cornice rossa, con dentro foto di loro insieme ed una scatola di caramelle. Il Master dei Pokémon, invece, si tolse il berretto donatogli qualche tempo prima dal Professor Oak e lo appoggiò alla cima di una sbarra verticale della spalliera del letto.
Ash: -Fino a quando Alex non si sarà ripreso completamente, noi non ci muoveremo di qui! E quando Alex si sarà rimesso, giuro sul mio onore che darò la caccia a quel maledetto bracconiere! Fosse l'ultima cosa che faccio!- Lo disse quasi sibilando, suscitando una sinistra inquietudine negli animi dei suoi amici. Misty sorrise leggermente e cercò in qualche modo di smorzare la durezza del momento con una battutina.
Misty: -Beh, molto nobile da parte tua, Ash! Però ci andrei piano con gli atti di eroismo... per poco un gesto simile non aveva tolto di mezzo uno dei nostri!- Scese un silenzio quasi irreale, perché nessuno osò replicare alla frase della capopalestra di Celestopoli. Brock esaminò meglio la stanza: dopotutto il luogo non sembrava poi così malvagio, anzi. La stanza era piuttosto grande e c'era anche un altro lettino, vuoto, in attesa di accogliere un altro malato. E poi, con gli oggetti regalati dagli amici di Alex, la stanza sembrava quasi accogliente.
Brock: -Qui c'è odore di chiuso, meglio aprire un po'... chissà se l'aria frizzante del mattino non possa giovare ad Alex!- Gli altri non poterono non essere d'accordo con l'allevatore di Pokémon. Brock, con passo spedito, si indirizzò verso le finestre chiuse e, con due mosse, sollevò le tapparelle ed aprì le finestre. Una gradevole luce solare entrò nella stanzetta ed uno spettacolo mozzafiato si presentò davanti agli occhi di uno esterrefatto Brock: da quell'altezza si poté osservare tutta quanta Celestopoli ed in lontananza si poterono inoltre osservare una buona fetta di mare, le città di Plumbeopoli e Smeraldopoli, MonteLuna e l'altissima Torre Radio di Lavandonia (che comunque, data l'evidente lontananza, non era che un puntino nell'orizzonte, ma comunque ben visibile). L'allegria del panorama, però, fu ben presto offuscata da un particolare che inquietò parecchio Brock: da un punto preciso della città, infatti, stava salendo un bel po' di fumo nero. Sembrava infatti che qualche edificio avesse preso fuoco. La posizione dell'edificio nella città di Misty non lasciava molto spazio all'immaginazione. Con un volto contratto dal terrore, Brock si voltò verso i suoi amici e discusse agli altri la sua scoperta. Ash sgranò gli occhi terrorizzato una volta che ebbe appreso la notizia e chiese al suo amico se non avesse avuto un'allucinazione.
Brock: -No, no, è proprio vero! Il Centro Medico per Pokémon... sta andando a fuoco!- Laura e Misty aprirono la bocca, sconcertate e si guardarono in volto, terrorizzate. Venne immediatamente deciso che Misty sarebbe rimasta per controllare lo stato di salute di Alex, mentre Ash, Brock e Laura sarebbero accorsi in strada per scongiurare imminenti, gravi danni dell'incendio appena appiccato da chissà chi o chissà cosa.
Ash: -Mi chiedo che cosa possa avere scaturito l'incendio!- Brock strinse i denti e con i due amici, iniziò a correre per il corridoio.
Brock: -Vorrei tanto sbagliarmi, ma sembra proprio che il Team Richardson sia tornato all'attacco!- Quell'infausta notizia gettò nel più profondo sconforto sia il Master dei Pokémon che la figlia dei Ferguson. Quest'ultima perseverava nel non credere alle affermazioni appena fatte di Brock: il Team Richardson non avrebbe mai potuto colpire la città di Celestopoli in un arco di tempo così limitato: due attacchi in una sola settimana! Chissà quale fosse il loro obiettivo, si era chiesta più volte la ragazzina. Purtroppo non c'era tempo per mugugni, tentennamenti ed indecisioni, Ash aveva visto bene dalla finestra: l'edificio in questione era senza dubbio il Centro Medico per Pokémon. Lì dentro, oltre ai Pokémon degenti, c'erano anche altre persone che lavoravano! Ben presto i tre ragazzi, insieme ai loro Pokémon, lasciarono il lungo ed asfissiante corridoio aprendo con un colpo secco la porta rossa al fondo. Con questo gesto misero K.O. il sorvegliante che era appostato proprio davanti alla porta (Ash aveva spinto la porta, all'andata la porta si poteva solo tirare) e gli altri vigilanti che erano di guardia alle altre entrate, sgranarono gli occhi quando videro il loro collega accasciarsi al suolo a causa della gran botta ricevuta.
-EHI! CHE COSA STATE FACENDO?- Ash, Brock e Laura non persero tempo inutilmente in chiacchiere e si fiondarono nel primo ascensore disponibile. Fortuna volle che, proprio in quel momento, un ascensore gravido di quattro persone fosse giunto in quel piano. I tre ragazzi attesero con frenesia che l'ascensore smettesse di vomitare gente e, una volta che l'angusto congegno di trasporto si fu svuotato, il gruppetto esiguo entrò nell'ascensore e premette il pulsante per tornare al pian terreno. Durante il viaggio di ritorno al pian terreno, i tre ragazzi furono molto agitati e nervosi. Laura osservò attentamente il suo maestro e l'amico allevatore di Pokémon: entrambi si presentavano accigliati, furiosi e pronti a menar le mani, e nello stesso momento estremamente concentrati. Anche se ci si fosse augurati che una situazione del genere già vissuta non avrebbe potuto ripetersi, i ragazzi in cuor loro seppero e furono coscienti che avrebbero potuto nuovamente scontrarsi con l'intero esercito del losco team che attanagliava, da qualche tempo in là, la placida regione di Kanto. Brock discusse con il suo amico l'eventualità del caso e il Master dei Pokémon, per tutta risposta, emise un ruggito ben poco raccomandabile. Il suo sguardo era perennemente incollato sulle porte dell'ascensore: fremeva che esse si aprissero e facessero vedere loro l'ambiente rassicurante del piano terreno.
Ash: -Osino, osino soltanto presentarsi davanti al Centro Pokémon! Giuro su tutti quelli che conosco che farò piazza pulita una volta per tutte!- Le parole molto dure di Ash non fecero altro che crescere il tormento di Laura. Cosa voleva fare il suo maestro, una carneficina per caso? Non avrebbe fatto altro, secondo un primo giudizio della ragazza dai capelli castani, che peggiorare una situazione già complicata di per sé. Finalmente, dopo un'attesa snervante di qualche minuto, le porte si aprirono, lente e quasi refrattarie a far passare i ragazzi. I tre giovani iniziarono a correre a rotta di collo e non fecero caso su chi avessero davanti a loro. Con spintoni, sgomitate e urti piuttosto violenti contro molte persone ed alcuni Pokémon incontrati sulla strada, i ragazzi guadagnarono l'agognata uscita. Quando furono finalmente fuori, un grosso nuvolone nero sovrastava già gran parte degli edifici attigui al Centro Medico. Alcune autopompe erano già presenti sul luogo con diverse squadre di Pokémon d'acqua, ma l'operato dei pompieri sembrava fosse ostacolato da qualcosa. L'edificio usufruito per la cura dei Pokémon non era molto distante, fortunatamente, dall'ospedale. I tre ragazzi decisero di mettersi a correre per raggiungere lo stabile in fiamme.
Ash: -Che cosa può avere scatenato l'incidente, secondo voi?- Brock parve molto perplesso mentre correva con Laura ed Ash.
Brock: -Non saprei dirtelo. Può essere stato un corto circuito, un incidente, un malfunzionamento, un atto doloso... le cause possono essere anche molteplici!- Laura, in cuor suo, era molto agitata così come era angustiata la sua piccola Dratini, avvolta intorno al collo della sua allenatrice. Dentro il Centro Pokémon c'erano i Pokémon di Alex! Laura non osava neanche lontanamente immaginare che cosa sarebbe potuto accadere ai prediletti del ragazzo con gli occhiali: forse un'intossicazione, un avvelenamento da fumo; ustioni su tutto il corpo; edificio demolito; vittime per un incendio... Laura scosse energicamente la testa e decise di mettere la quarta nel suo ritmo di corsa. Superò i suoi compagni di viaggio e, poiché la strada scendeva in un dolce pendio, Ash e Brock videro la loro amica letteralmente sprofondare sotto il livello del terreno. L'ospedale era in cima ad una collina, il percorso verso il centro della città era tutto in discesa.
Finalmente, quando i tre ragazzi raggiunsero l'edificio in fiamme, oltre ai pompieri c'era anche la squadra di agenti della poliziotta Jenny in azione. La donna in uniforme, infatti, aveva già fatto evacuare con successo gli edifici circostanti, ma trovava difficoltà enormi nel tentare di evacuare il personale ed i Pokémon feriti dal Centro Medico per Pokémon. Alcuni individui, infatti, posti proprio davanti alle porte d'ingresso impedivano ai Pokémon d'acqua impiegati per spegnere l'incendio di dirigere i loro getti d'acqua verso le fiamme. Alcuni Pokémon caricavano ed attaccavano i Pokémon pompieri e li mettevano al tappeto. Le grida dell'Agente Jenny attirarono immediatamente l'attenzione di Ash, Brock e Laura.
Jenny: -FERMI! In nome della legge! Che cosa state facendo?? Perché ci state ostacolando? Non vedete che il Centro Medico sta andando a fuoco?- Le fiamme, sfortunatamente, avevano accumulato una forza tale da raggiungere il tetto rosso dell'edificio. Ash riuscì ad intravedere, tra gli sbuffi e le lingue di fuoco dell'incendio divampato improvvisamente, due persone completamente avviluppate da un mantello rosso fronteggiare la poliziotta e la sua squadra.
Ash: -Cosa sta succedendo qui?- I tre ragazzi raggiunsero finalmente l'Agente Jenny la quale, in preda ad un grande sconforto, indicava ora l'incendio, ora i due personaggi che ostacolavano l'operato dei pompieri.
Jenny: -Quei... quei due...! Temo che quei due facciano parte del Team Richardson!- Brock osservò meglio i due tizi che davano le spalle all'edificio in fiamme. L'ex capopalestra di Plumbeopoli non riuscì ad osservare in volto quei due, a causa dell'ampio cappuccio che nascondeva loro il volto. Ad ogni modo, se quei due erano lì, un motivo di sicuro ci sarebbe stato. Il primogenito dei Peters raccolse coraggio a piene mani e gridò collerico contro i due membri del Team Richardson.
Brock: -EHI, VOI! Si può sapere che ci fate qui? Siete voi che avete appiccato l'incendio?- Per tutta risposta, i due si misero a ridere a bocca aperta. Di loro si riusciva unicamente a scorgere la parte inferiore del viso. Ash, inviperito da quella sinistra risatina, sbottò improvvisamente e strinse i pugni davanti a sé, sollevando gli avambracci.
Ash: -RISPONDETE! Avete causato voi questo incendio??- Non ci fu nulla da fare, i misteriosi personaggi continuarono a sghignazzare, suscitando la profonda collera di Ash Ketchum. Già il Master dei Pokémon aveva agguantato una sfera Poké in mano, con tutto l'intento di porre fine a quella sciagura.
Ash: -Se non volete rispondere, mi vedrò costretto a farvi del male! Avanti, dite! Siete stati voi ad appiccare l'incendio?- Finalmente la risata smise di echeggiare nelle orecchie dei ragazzi, dei poliziotti e dei pompieri presenti. Laura si accorse tutto ad un tratto che uno strano Pokémon di colore castano scuro, da due teste, stava ostacolando un attacco Idropompa del Poliwrath di un pompiere. Quel Pokémon a due teste si era avventato come un pazzo sul povero ranocchio blu e, come una furia, beccò la testa del suo nemico ritmicamente, una testa e poi l'altra. La ragazza dai capelli castani, impressionata da quel Pokémon, estrasse dalla tasca della sua minigonna di jeans il PokéDex, per scoprire l'identità di quell'uccello a due teste.
"Doduo, Pokémon biuccello. Alzando e abbassando le due teste alternativamente, si rende più stabile durante la corsa". Non appena la voce metallica del PokéDex ebbe terminato di descrivere la natura di quel Pokémon, uno dei due loschi figuri iniziò a parlare, con una voce sommessa e roca.
-Siamo venuti qui per uno scopo preciso...- Ash, digrignando i denti per il grande stress accumulato in quei giorni, riservò uno sguardo molto duro per il malfattore che aveva appena aperto bocca. Pikachu fu con il suo allenatore ed osservò anch'egli severamente il farabutto. Già dalle sue tasche guanciali saettarono alcune piccole scariche elettriche di minaccia.
Ash: -Oh, oh! Finalmente ci siamo decisi a parlare! E sentiamo, quale scopo vi ha portato qui, nuovamente a Celestopoli? Non è bastata la notte della vostra disfatta a farvi cambiare idea?- L'altro personaggio misterioso, incrociando le braccia al petto, scuoteva la testa lentamente, suscitando un'ira implacabile nell'animo del maestro di Pokémon. Brock, il quale sembrava essere leggermente più calmo rispetto al suo amico, tentò in tutti i modi di instaurare un dialogo razionale con i biechi stranieri. Aggrottò le sopracciglia ed avanzò di qualche passo, lentamente.
Brock: -Siete stati voi ad appiccare l'incendio?- Risposta affermativa con un accenno della testa.
Brock: -Perché lo avete fatto? Vendetta del vostro Team?- Risposta negativa. Il secondo personaggio (quello con le braccia conserte) si decise finalmente a parlare, e con sorpresa di tutti si comprese che il secondo personaggio era una donna. Aveva una voce suadente ed affascinante, e nello stesso tempo pericolosa e ammaliante.
-Le nostre spie ci hanno appena comunicato la presenza di un Dratini nel Centro Medico per Pokémon. Meglio ancora se è gravemente ferito- Le affermazioni della donna misteriosa fecero uscire dai gangheri l'allenatore di Pokémon più forte al mondo, tanto da fargli alzare la voce all'improvviso, con prepotenza. Il tono di voce alzato di parecchi decibel fece spaventare i suoi amici, non i suoi avversari, i quale sembravano sghignazzare sommessamente.
Ash: -Che cosa intendete fare, eh? Rubare quel Dratini?- I due personaggi misteriosi avvolti dal mantello rosso rimasero in un angosciante silenzio. Ash sapeva benissimo che il Dratini di cui quei turpi individui parlavano si trattasse di quello di Alex, ferito e impossibilitato nella lotta. Il maestro di Pokémon non riusciva a capacitarsi inoltre perché i membri del Team Richardson avessero dovuto appiccare l'incendio al Centro Medico quando avrebbero potuto benissimo agire indisturbati nottetempo, rapendo direttamente il piccolo drago azzurro. Forse messinscena, forse piano stravolto, oppure al contrario, dettaglio importante di un piano perfetto. Finalmente l'uomo della coppia si decise a muovere la sua lingua ed a riprendere il discorso interrotto dalla sua collega.
-Dratini, Dratini... il cucciolo di drago è soltanto la punta dell'iceberg, mio caro maestro di Pokémon...- Brock strinse i denti, adirato ed iniziò a guardarsi attorno. Laura non osava pronunciare neanche una sillaba e cercò in qualsiasi modo di nascondere alla vista di quei criminali la sua Dratini. Fatica sprecata, perché la donna aveva già ripreso la ragazzina, intimandole di smettere di rendere invisibile il suo Pokémon drago. Laura non ebbe altra scelta, dunque, che ritirare la sua piccola guerriera nella sua sfera Poké.
Brock: -Punta di un iceberg? Perché, avete altri obiettivi in mente?- Ancora silenzio. L'Agente Jenny, approfittando dello stato di tensione che si era venuto a creare tra il gruppetto di ragazzi e la coppia criminale, decise di rimboccarsi le maniche e di assumere il comando del plotone di pompieri impiegati per estinguere l'incendio divampato. I Pokémon d'acqua, incoraggiati dai loro allenatori pompieri, ripresero ben presto il loro lavoro e, fortunatamente, gli attacchi Idropompa utilizzati non furono nuovamente ostacolati dal fortissimo Doduo della coppia del Team Richardson. Ash osservò per brevi periodi i Pokémon d'acqua in azione ed annuì, soddisfatto. Forse c'era ancora una via per uscire da quella delicata situazione: quella coppia di malfattori sembrava molto pericolosa, forse quegli individui avrebbero potuto essere ancora più temibili del Team Galassia. Il Master dei Pokémon non attese oltre: con uno sguardo d'intesa tra lui ed il suo fedele Pikachu, l'allenatore era pronto a dare battaglia, al fine di permettere alla squadra dei Pokémon pompieri di terminare il lavoro di estinzione delle fiamme.
Ash: -E va bene! Se non volete dirmi nulla, ve lo caverò fuori! Io, Ash Ketchum di Pallet Town, vi sfido in una battaglia Pokémon! Chi perde, dovrà andarsene di qua!- Brock scosse la testa, molto contrariato dall'atteggiamento del suo amico. Quelle che Ash aveva appena pronunciato erano le stesse parole che il malvagio ragazzo dai capelli corvini disse ad Alex, in una battaglia Pokémon impari. I due membri del Team Richardson non sembravano affatto contrariati dalla proposta del loro sfidante e, con sorpresa dei presenti, accettarono la sfida di Ash. Sorrisero addirittura, forse convinti di avere già la vittoria in pugno. Il loro atteggiamento non fece altro che aumentare il desiderio di rivincita di Ash: rivalsa contro quei delinquenti, per avere tentato di demolire un edificio pubblico; orgoglio personale, per sconfiggere i nemici del suo allievo.
-Per noi va bene!- -Se è una sfida che vuoi...- Pikachu, entusiasta di entrare nuovamente in azione, scese dalla spalla del suo allenatore e si posizionò per la battaglia che stava per avere luogo. Il topo elettrico sembrava molto carico e sicuro di sé, tanto da osservare i suoi avversari con molta perfidia negli occhi. Il sinistro sorrisetto del Pokémon giallo dalle striature marroni, però, non ottenne il risultato sperato. I due membri del Team Richardson non parvero affatto ipnotizzati dallo sguardo magnetico di Pikachu, al contrario avanzarono di qualche passo, sfere Poké in mano. Forse quei criminali volevano attaccare il Pokémon di Ash insieme. Era proprio quello che quella coppia misteriosa stava per fare. La spavalderia di Pikachu si esaurì improvvisamente alla spaventevole vista dei Pokémon apparsi magicamente dalle Poké Ball aperte con uno scatto. Due bestie sovrumane, infatti, fecero la loro comparsa sul campo di battaglia (composto da uno squallido acciottolato, di scarsa qualità, con qualche crepa qua e là). Uno di questi due mostri sbuffava dalle sue enormi narici e caricava con una zampa, raschiando il terreno. L'altro svolazzava da una parte all'altra del vicolo dove i ragazzi si trovavano, mostrando i suoi canini appuntiti. Tremando come una foglia nell'osservare quei due famelici Pokémon, Laura controllò le generalità di quei due Pokémon. La voce elettronica, come sempre, fu implacabile.
"Tauros, Pokémon torobrado. Lottano tra loro incrociando le corna. Il capobranco è fiero dei segni delle lotte sulle sue corna".
"Golbat, Pokémon pipistrello. E' la forma evoluta di Zubat. Per quanto dura sia la pelle della vittima, la fora con le zanne affilate macchiandosi di sangue". Laura emise un gridolino stridulo, colmo di terrore. Tauros e Golbat, che bella accoppiata! Ash non poteva far combattere il piccolo Pikachu, per quanto fosse forte, da solo. Quei due esseri immondi erano dei giganti, paragonati al piccolo topolino elettrico! Bisognava dunque che Ash mettesse in campo almeno un altro Pokémon, ma il Master sembrava non avere questa idea in mente. Due contro uno, era un'assurdità! Ash non sembrava affatto impressionato dai Pokémon dei suoi avversari e, convinto di riuscire a spiazzarli in due colpi bene assestati, ordinò al suo Pikachu di compiere la prima mossa. Brock e Laura osservarono, inebetiti, il prologo di quella delicata sfida. Ad aprire le danze dunque ci avrebbe pensato il topo elettrico. Pikachu arcuò la schiena ed abbassò il mento fino a portarlo quasi a terra, con intenzioni bellicose. Il Pokémon prediletto di Ash era su quattro zampe, pronto per l'attacco iniziale. Tauros e Golbat, con Doduo in disparte che osservava interessato il match sbilanciato, minacciarono l'avversario con un'occhiata minacciosa. Ma, ancor prima che Tauros potesse caricare con una zampa e che Golbat potesse spiegare le ali per prendere sufficiente quota, il lesto Pikachu, per ordine di Ash, aveva già colpito contemporaneamente i suoi nemici con un Attacco Rapido. I membri del Team Richardson, presi alla sprovvista dall'incredibile velocità del piccolo Pikachu, inorridirono visibilmente, suscitando una grassa risata di scherno da parte di Ash.
Ash: -Ah, ah! Impressionati, eh? State a vedere, miei cari! Per le reali capacità di Pikachu, l'Attacco Rapido non è altro che una bazzecola! Non è neanche al 20% del suo vero potenziale!- Pikachu si indicò con un dito, ritto su due zampe, e sogghignò spavaldo. Brock e Laura si sentirono rincuorati dalle parole di Ash: quello che Pikachu aveva fatto in campo, fino ad ora, non era che banale riscaldamento prima della vera partita.
Pikachu: -Non saranno certo quei due a spaventarmi!- Le parole umanamente espresse da Pikachu, però, non impressionarono affatto i due misteriosi personaggi. Non badarono infatti alla possibilità che Pikachu potesse esprimersi a parole, ma concentrarono la loro attenzione sull'allenatore di Pokémon più forte al mondo. Gli riservarono un severo sguardo indagatorio, misto tra l'arrogante e l'infastidito.
-Invece di fare tanto lo spaccone, vantandoti delle chissà quali potenzialità del tuo sorcetto giallo, perché non ti comporti seriamente, come dovrebbe realmente fare un Maestro serio?- A parlare fu il maschio della coppia. Ash Ketchum, leggermente risentito dalle esclamazioni del nemico e Pikachu, profondamente offeso dall'epiteto affibbiatogli, digrignarono i denti dalla gran rabbia e congelarono quasi con uno sguardo i loro nemici che si paravano di fronte.
Pikachu: -Ti faremo vedere noi chi è il sorcetto giallo da queste parti!!- E si mise nuovamente su quattro zampe, inferocito come una fiera rimasta a digiuno per quasi tre giorni. Il suo allenatore con il gilet nero fu furioso come il suo Pokémon e, deciso di dare grande spettacolo davanti ai presenti (in totale ci saranno state una decina di persone), ordinò al suo Pokémon di proiettarsi in avanti con una rapidità tale che i suoi avversari non lo potessero vedere. Fu a pochi metri di distanza da Tauros e da Golbat, ed i due Pokémon rimasero stupiti dalla velocità elevatissima del topo elettrico.
Ash: -Mettiamoli a tacere con un Attacco Fulmine!- Le tasche guanciali di Pikachu cominciarono a scintillare sinistramente, ma i suoi nemici non furono così storditi da lasciarlo continuare. La donna iniziò a gridare ordini, improvvisamente, al suo Tauros.
-Tauros!! Carica Pikachu con un attacco frontale!- L'imbestialito Tauros, muggendo con grande vigore, si lanciò in un'impressionante e tumultuosa cavalcata, proprio in direzione di Pikachu, il quale si stava accingendo a scagliare il potentissimo Fulmine. Il Pokémon di Ash ebbe sì lanciato il suo attacco elettrico, ma lo spostamento improvviso di Tauros rese inutile l'offesa. Ash non perse la testa e consigliò al suo Pokémon di spostarsi lateralmente, cosa che Pikachu fece immediatamente, con elevata velocità, eludendo di un soffio il treno che stava per giungere a tutta birra. Ad ogni modo, Pikachu dovette fare i conti senza l'oste: sopra di lui, minacciosamente svolazzante, ci fu Golbat. Appena il topo elettrico si accorse del gigantesco pipistrello sopra la sua testa, fu quasi troppo tardi per lui. In quel momento, fortunatamente, un potente getto d'acqua colpì in pieno Golbat, il quale stava per abbattersi come un pesante macigno sul suo nemico, molto probabilmente usando un devastante attacco Morso. A lanciare l'attacco Pistolacqua era stato Kabuto, il Kabuto di Brock. Ash osservò quasi stralunato il suo compagno di avventura di vecchia data, il quale si era posizionato a sinistra del Master dei Pokémon.
Ash: -Brock, ma cosa...?- L'intervento in campo di Brock con il suo Pokémon mise in solluchero la coppia del Team Richardson, come i loro Pokémon. Tauros sbuffò energicamente dalle sue ampie narici, caricando ancora in terra (Tauros era tornato nella posizione primitiva nel frattempo) mentre Golbat, ripresosi dall'attacco a sorpresa di Kabuto, era tornato al fianco del Pokémon munito di corna. Il maestro di Pokémon osservò in volto il suo amico, cercando probabilmente una traccia di complicità che gli aveva sempre visto negli occhi quando lui e Brock, in passato, avevano combattuto insieme. Quello sprizzò di complicità non c'era, sul suo volto riusciva a scorgere unicamente nervosismo ed apprensione. Molto strano, quasi Ash rimase sconvolto.
Brock: -Scusami Ash per il mio intervento non troppo galante, ma Pikachu sembrava essere nei guai!- Ash apprezzò le intenzioni di Brock, ma gli garantì che tutto era comunque sotto controllo. Scosse il capo e sorrise leggermente, osservando per sporadici secondi il lento operato dei Pokémon pompieri ancora in azione per spegnere le lingue di fuoco, che ostinatamente continuavano ad alzarsi in cielo.
Ash: -Avevo in mente di usare Locomovolt da distanza ravvicinata... un colpo del genere l'avrebbe messo K.O. in una sola mossa!- L'ex capopalestra di Plumbeopoli scosse la testa, quasi furioso. L'atteggiamento del primogenito dei Peters nei confronti dell'amico questa volta lasciò senza parole Ash Ketchum.
Brock: -Ti sbagli. Locomovolt, come certo ben saprai, ha necessità di una buona dose di rincorsa perché metta in pratica un maggiore risultato! Da quella distanza così ravvicinata, e con Golbat che cadeva così a strapiombo sul tuo Pokémon, le conseguenze sarebbero state fatali per Pikachu!- Ash, ripresosi leggermente dopo avere osservato quel volto così tirato e contratto, annuì.
Ash: -D'accordo, ma Pikachu ha la scorza dura, non penso che Golbat lanciato a capofitto su di lui possa danneggiarlo molto...- Il discorso tra Brock e Ash fu spezzato da una voce acuta e stridula, nonché sgraziata. Era quella della donna del Team Richardson, visibilmente infastidita all'intervento in battaglia del Pokémon di Brock e della confabulazione insolente tra i due allenatori.
-SCUSATE! Non siamo in un salotto a chiacchierare ed a prendere il tè! Se volete discutere, fatelo in un altro momento! Ora vorremmo combattere, se non vi dispiace!- Ash e Brock, leggermente intimoriti dalla voce potente della donna incappucciata, tornarono a guardare lo scontro. Pikachu e Kabuto contro Tauros e Golbat, due nanetti contro due mastodontici giganti. Forse l'ex capopalestra di Plumbeopoli avrebbe fatto meglio a far intervenire Onix, ma la sua mole avrebbe potuto impedire ai Pokémon d'acqua di svolgere senza preoccupazioni il loro mestiere. Forse Geodude era il Pokémon migliore da mandare in campo in quel momento, ma il Pokèmon di roccia non aveva massi a disposizione da scagliare contro Golbat, impedendo al pipistrello di abbattersi con tutto il suo corpo su Pikachu e non aveva attacchi a lunga gittata nel suo repertorio. L'unico Pokémon a disposizione di Brock per colpire Golbat da una lunga distanza era Kabuto, quindi il Pokémon fossile fu scelto dall'allevatore di Pokémon per fiancheggiare il topo elettrico.
Brock: -Vuoi sapere il vero motivo del mio intervento?- Ash fu colto di sorpresa dalla domanda del suo amico, tanto che il maestro di Pokémon si girò spaventato verso Brock. Kabuto, intanto, aveva già lanciato un attacco Graffio contro Tauros, il quale lo evitò semplicemente correndo avanti.
Ash: -Perché sei intervenuto?- Ash ordinò a Pikachu di colpire Golbat con un Fulmine, ma anche questa volta l'attacco andò a vuoto.
Brock: -Quando io ed Alex eravamo andati a MonteLuna, ieri, ho commesso il gravissimo errore di non portare con me i Pokémon! Alex si è trovato scoperto contro quel ragazzo malvagio, io non ho potuto aiutarlo!- Tauros si era lanciato in un attacco Azione contro Kabuto, ma il Pokémon cornuto fu fermato appena in tempo da un attacco Codacciaio di Pikachu, il quale riuscì per il rotto della cuffia a deviare la traiettoria del toro in corsa.
Ash: -Non devi prendertela per questo, Brock... non avresti mai potuto prevedere un imprevisto del genere, tu non hai nessuna colpa!- Brock strinse i denti ed annuì. Kabuto si scagliò ancora una volta contro Tauros con un attacco Graffio, e, questa volta il colpo centrò il bersaglio. Tre profondi graffi si scorsero sulla coscia destra di Tauros, fortunatamente non sanguinanti. La mossa del Pokémon di Brock fece aumentare però a dismisura la collera già dirompente di Tauros, rendendolo imbufalito e scalciante come un forsennato. Golbat emise dalla sua enorme bocca alcuni piccoli cerchi viola, indirizzati verso Pikachu. Era un attacco Stordiraggio. Pikachu neutralizzò l'offesa rispondendo con un attacco Fulmine.
Brock: -Sì, però... non potere aiutare Alex nel momento del bisogno mi ha fatto stare molto male... e ora che cosa succede? Tu che fronteggi, da solo, una coppia di malviventi, forse ben lontano da qualche speranza di vittoria! Non ho potuto resistere, non potevo rimanere ancora con le mani in mano, così sono intervenuto!- Ash sorrise e fece un cenno di approvazione a Brock. Non tolse però lo sguardo dal campo di battaglia, perché più di una volta Pikachu aveva rischiato di rimanere investito dalla carica dirompente di Tauros. Cosa che, purtroppo, avvenne qualche minuto dopo. Ash sgranò gli occhi nel vedere Pikachu a terra, immobile, probabilmente svenuto dalla gran botta subita.
Ash: -NO! PIKACHU!- Tauros fu già vicino al Pokémon in terra, con le zampe anteriori vicine alla testa di Pikachu. L'uomo e la donna incappucciati risero sommessamente e schernirono in modo molto pesante il loro avversario.
-Oh, il piccolo sorcetto giallo si è fatto la bua? Mi sa che soffre tanto...-
-Se vuoi possiamo por fine alle sue sofferenze...- Tauros si era pericolosamente impennato sulle zampe posteriori, con tutta intenzione di schiacciare, con il suo peso massiccio, il corpicino di Pikachu. Il Pokémon elettrico, strizzando gli occhi, lo osservò stordito, ancora sdraiato a terra. Scorgeva Tauros con molta difficoltà, la vista era annebbiata ed era abbagliato anche dal sole. Le immagini gli apparivano distorte, tutto era confuso e tutto si svolgeva con troppa velocità. Kabuto volle intervenire, sotto ordine di Brock, per salvare Pikachu con un potente attacco Surf. Golbat però intercettò l'attacco marino di Kabuto, colpendo il Pokémon fossile con un attacco Stordiraggio. La controffensiva di Kabuto mancò il bersaglio e colpì invece il Pokémon uccello a due teste, mettendolo K.O. La donna del Team Richardson, visibilmente contrariata dall'imprevisto e dal suo Pokémon, steso a terra svenuto, ringhiò quasi selvaggiamente nella direzione dei ragazzi. Scrollò le braccia e strinse i pugni convulsamente, lasciando poco spazio all'immaginazione. Fortunatamente per il piccolo Pikachu, il fuorionda inatteso aveva distratto il possente Tauros, sbilanciandolo sulla sua posizione innaturale su due zampe e costringendolo ad indietreggiare di diversi passi, per poi atterrare abbastanza goffamente su quelle anteriori, nuovamente a quattro zampe.
-Come... come avete osato?? Non posso lasciarvela passare liscia dopo quello che avete fatto... no, nossignori!!- Con una ferocia inusuale contenuta nella sua voce, ordinò a Golbat di lanciarsi in picchiata verso il Kabuto di Brock, ancora frastornato dallo Stordiraggio lanciato dal gigante pipistrello poc'anzi. Brock osservò la scena inorridito: quel Golbat aveva tutta l'intenzione di colpire il Pokémon fossile dell'ex capopalestra di Plumbeopoli con un Attacco d'Ala. Una delle due mastodontiche ali azzurre di Golbat, infatti, si era illuminata sinistramente, non lasciando alcuno scampo per Kabuto. Ash, resosi conto che Pikachu si era rialzato e che potesse riprendere a combattere, ordinò al suo prediletto di colpire quella sanguisuga volante con un Codacciaio. Pikachu si preparò per il colpo che avrebbe dovuto mettere K.O. quella minaccia svolazzante, ma Tauros intercettò il topo elettrico in volo, colpendolo al fianco destro con la testa, dopo avere caricato con le zampe sul terreno per un pezzo. Il Pokémon elettrico venne sbalzato dall'altra parte del terreno di scontro ed andò a finire proprio tra i piedi dell'allenatore, paralizzato dalla sorpresa. I Pokémon di quei due malviventi, dopotutto, non erano così deboli come il Master dei Pokémon ebbe pensato in un primo momento. Golbat, non più disturbato da un disperato tentativo da parte di Pikachu di fermarlo, colpì con tutta la potenza delle sue ali Kabuto, il quale sbatté il capo violentemente in terra. Kabuto strisciò per terra per diversi metri, formando un solco netto col suo corpo sul terriccio ghiaioso che delimitava il Centro Medico per Pokémon dal parco antistante l'edificio emanante una densa coltre di fumo nero. Ash e Brock rimasero senza parole, entrambi sbigottiti dall'incredibile energia dei due Pokémon avversari.
Pikachu e Kabuto, forse i migliori che i due allenatori avevano a disposizione nella loro squadra, avevano miseramente fallito. Tutti e due erano svenuti dalle gran botte subite. Invece Tauros e Golbat sembravano ancora pieni di energia, pronti per continuare a lottare. O era già finita?
L'uomo della coppia ridacchiò con tono leggermente smorzato ed acidulo. Incrociò le braccia al petto e scosse la testa lentamente. Il cappuccio che celava il suo viso ondeggiò lievemente, suscitando la grande ira del maestro di Pokémon più forte al mondo.
-Oh, oh... temo che il tuo baldanzoso Pikachu abbia smesso di fare lo spaccone! E noi che temevamo il peggio... ci aspettavamo sinceramente di più da te, Ash Ketchum, e dal tuo energico Pokémon elettrico, ma dubito di averti incontrato in un periodo di massima forma. Che ne pensi, hai battuto la fiacca in questi ultimi tempi?- Ash sgranò gli occhi dalla gran rabbia. Come si permetteva quel villanzone di giudicare così il suo operato e quello dei suoi Pokémon? Ash era il maestro dei Pokémon, era il Campione incontrastato di tutte e quattro le regioni! Glielo avrebbe voluto gridare in faccia con tutta l'aria che aveva nei polmoni, sissignori. Ma, a giudicare dalla pietosa sconfitta, il ragazzo non si era più allenato seriamente per mantenere le abilità che dovrebbero servire per osservare il titolo di Maestro di Pokémon. Già, la sua testa era troppo impegnata, in quegli ultimi mesi, a pensare all'incidente accaduto a Psyduck ed al senso di colpa schiacciante. Così impegnata da trascurare quasi completamente l'allenamento dei suoi guerrieri. I suoi Pokémon erano davvero caduti così in basso? Erano caduti nei trastulli e nell'ozio, convinti di essere invincibili ed inattaccabili? Era sicuro lo stesso Ash di essere invincibile? Dopo la sconfitta contro la coppia del Team Richardson, il Master dei Pokémon non ne fu più così sicuro.
La donna dalla voce stridula e suadente risvegliò Ash dal suo torpore.
-Bene, poiché noi abbiamo vinto contro di noi, rispettate i patti come noi rispettiamo i nostri! Voi ve ne andrete, noi ci prendiamo il Dratini che ci spetta!- Entrambi gli individui si stavano avvicinando pericolosamente al Centro Medico per Pokémon, con tutta l'intenzione di andare a prelevare il Dratini di Alex. Laura lo fece notare al suo maestro ed Ash iniziò a correre verso di loro. Nella mano destra Ash aveva agguantato una sfera Poké, con tutto l'intento di proseguire nella sfida. Al diavolo le regole, pensò. C'era in gioco la vita di un Pokémon, e quel Pokémon era di Alex!
Ash: -EHI! Dove pensate di andare? TORNATE QUI!!- Sfortunatamente non ebbe il tempo necessario per lanciare la sfera Poké, perché davanti a lui, con aria notevolmente minacciosa, si era piazzato un Pokémon alquanto strano. Alto da raggiungere la cintola del Master dei Pokémon, con il corpo color violetto, la testa ricoperta da uno strano fiore rossastro, il mostriciattolo pareva avanzare con spiccata determinazione verso Ash ed i suoi amici, i quali raggiunsero un Ash Ketchum sbalordito, il quale serrava tra le braccia Pikachu, sveglio e cosciente degli avvenimenti che stavano capitando.
Il Pokémon era stato invocato dalla donna del Team Richardson, molto probabilmente per ostacolare la strada ai difensori del Dratini di Alex. Il Pokémon appariva molto nervoso ed osservava, con sguardo accigliato, la Poké Ball del maestro di Pokémon. Laura, non avendo alcuna conoscenza delle generalità di quel mostriciattolo viola, afferrò con la mano destra il PokéDex, lo aprì con uno scatto e lo puntò senza indugiare oltre verso il nuovo nemico.
Gloom, Pokémon malerba. È la forma evoluta di Oddish. Ciò che sembra bava è in realtà dolce miele. È molto viscoso: si attacca appena lo si sfiora”. La bava che effettivamente colava dalla bocca del nuovo Pokémon chiamato in causa dal Team Richardson aveva un buon odore, ma gli allenatori non furono così stupidi da cadere in una trappola così insulsa.
Proprio nel momento in cui l'uomo e la donna incappucciati si trovarono alle soglie dell'edificio lievemente divorato dall'incendio, ora domato dalle possenti acque dei Pokémon pompieri, la coppia si voltò ridacchiando verso Ash, Brock e Laura. I tre ragazzi, con differenti sentimenti in corpo, fissarono i loro nemici.
-Ah, no. No, no, no! Non si fa così, non state rispettando gli accordi!- Ash lanciò uno sguardo infuocato verso l'uomo della coppia, il quale stava schernendo il Master dei Pokémon con una vocina denigratoria e prettamente ironica.
Ash: -Si dà il caso che anche voi non le state rispettando! Che intenzioni avete con quel Dratini?- La coppia smise automaticamente di ridere e notò con inquietudine che l'Agente Jenny, accompagnata da un nugolo di poliziotti armati fino ai denti, si stava avvicinando abbastanza pericolosamente sul campo di battaglia. La donna non perse tempo ed ordinò al suo Gloom di lanciare contro i loro avversari una generosa porzione di Spore Paralizzanti. Il Pokémon erba si slanciò in alto e, agitando la sua testa ricoperta di uno strano fiore rossastro, diffuse nell'aria una strana polverina arancione che, favorita dal vento, raggiunse il gruppetto di personaggi. Bastò anche un respiro soffocato per paralizzare completamente Ash e gli altri, colti incredibilmente di sorpresa da quell'attacco velocissimo e sorprendentemente potente. Quando i nemici non poterono più muoversi dalle loro posizioni di sale, l'uomo poté finalmente rivelare all'allenatore di Pokémon più forte al mondo le loro vere intenzioni. Abbassò leggermente il capo, oscurando completamente il suo volto. Ciò non fece altro che aumentare la solennità della voce imponente dell'uomo.
-A noi è stato dato il compito di trovare, nel più breve tempo possibile, un esemplare giovane, sano, energico, virtuoso di Dratini. Grazie ai ritrovati moderni della scienza, abbiamo potuto monitorare tutte e quattro le regioni a noi conosciute e, con somma sorpresa, lo abbiamo trovato abbastanza facilmente. Dapprima l'obiettivo della nostra ricerca si nascondeva nelle grotte gelate della regione di Jotho, e sembrava che da lì il nostro Pokémon non avesse intenzione di muoversi. Poi, per qualche strano motivo che ancora ci sfugge, il Dratini si è mosso improvvisamente, scomparendo letteralmente dalla regione! Il segnale sul video, infatti, era scomparso. Tempo dopo abbiamo ritrovato il segnale, seppur debole, nella regione di Kanto. Lo abbiamo tenuto sott'occhio per diverso tempo, ed abbiamo potuto convenire, senza margine di errore, che il nostro obiettivo si nascondeva nella città di Biancavilla! Ci siamo mobilitati per raggiungere la città, ma inspiegabilmente il nostro Dratini ha iniziato a muoversi per le città! Abbiamo capito infine che il Pokémon è stato preso in consegna da un allenatore...-
Ash, con la sfera Poké ancora bloccata nella mano destra, non poté neppure stringere i denti dalla collera. Quei miserabili volevano il Dratini di Alex, questo era chiaro. Ma il perché non era ancora stato rivelato. Con un incredibile sforzo della volontà, Ash poté ancora aprire la bocca per parlare a quella coppia di malviventi molto pericolosa. Sentiva che lo sguardo incattivito di Gloom studiava ogni sua mossa, sebbene il Master dei Pokémon fosse completamente paralizzato.
Ash: -Perché... fate... ciò?- L'uomo non rispose. Si guardò attorno, abbastanza circospetto. Le Spore Paralizzanti di Gloom avevano svolto un ottimo lavoro: tutti i presenti, salvo la coppia del Team Richardson, erano bloccati nelle loro posizioni innaturali. Quando prese coscienza che nessuno avrebbe potuto muoversi, l'uomo riprese a parlare, con un certo tono di soddisfazione nella voce.
-Ebbene, ve lo possiamo anche rivelare, perché il nostro compito è ormai giunto al termine. Noi due abbiamo ricevuto l'incarico dal nostro capo, il quale ha ricevuto la richiesta, da parte di una misteriosa società segreta, della ricerca di un giovane Dratini, sano e vigoroso. Questa società, la quale è sconosciuta anche a noi, avrebbe pagato fior di quattrini pur di ottenere un Dratini molto, molto speciale!- Un Dratini speciale? Perché non potevano procurarsi la draghetta di Laura, a due passi da loro, bloccata nella sua Poké Ball? La risposta non tardò a giungere alle orecchie dei ragazzi, sebbene loro non avessero pronunciato la domanda.
-Il Dratini di quella ragazzina non ci interessa. Abbiamo tenuto sotto controllo anche quel Pokémon, ma le sue abilità non rispecchiano quelle di cui la società segreta aveva richiesto...- Quando ebbe terminato di parlare, l'uomo si lasciò andare in una sonora risata di scherno, così non fece altro che far impazzire di rabbia il Master dei Pokémon.
-Ah! Ah! Non credevo fosse così facile... il nostro operato sarà lautamente ricompensato!- Ash ebbe ancora la facoltà di parlare e non permise che questa sua possibilità potesse essere gettata al vento. Con un altro sforzo immane ringhiò, brontolò e sputò una frase che fece innervosire parecchio la coppia.
-Ve...la...faremo....pa...pagare...- La donna, imbestialita dalla resistenza ad oltranza di Ash Ketchum, non attese oltre. Lanciò nuovamente il suo Pokémon erba verso il gruppetto di persone paralizzate e gli ordinò di scagliare un nuovo attacco.
-ADESSO BASTA! Gloom, lancia un potente Sonnifero verso questi insulsi individui, mi stanno facendo diventare matta con le loro parole!- Il Pokémon veleno, immensamente felice per quella richiesta, si avvicinò pericolosamente verso i ragazzi paralizzati e terrorizzati. Quel Gloom, quel grasso Gloom avrebbe messo a tacere, per un tempo determinato, il più forte allenatore di Pokémon al mondo, Ash Ketchum! Sconfitta ingloriosa per il Master dei Pokémon. Da quando Ash ebbe deciso di iniziare un nuovo viaggio per addestrare i suoi due allievi, i Pokémon del ragazzo avevano sempre messo in luce inquietanti segnali di annichilimento e di decadenza fisica e psichica. Bisognava ricominciare da capo, ricominciare da quella brutta figura.
Qualcosa di veramente eccezionale accadde in quel momento. Ash, anche se avesse voluto immensamente farlo, non poté chiudere gli occhi. Un raggio accecante, di colore arancione, aveva colpito il terreno proprio davanti ai piedi di Gloom. Il Pokémon erba, sconvolto e colto di sorpresa da quell'attacco improvviso, indietreggiò di diversi passi, fino a cadere seduto, visibilmente scosso dall'evento. Chi poté farlo alzò gli occhi, alla ricerca della fonte di quel possente attacco intimidatorio. Nel cielo azzurro, con sorpresa di tutti, si era prolificata una piccola ombra, completamente avvolta da un mantello azzurro. Il volto era nascosto da una maschera di un Pokémon, forse un Miltank, era difficile giudicare da quell'altezza. Sta di fatto che quello strano essere stava volando, e che stava planando verso il campo di battaglia, dove gli amici ed il Team Richardson furono riuniti.
-Ma che diavolo è quella roba?- L'uomo incappucciato indicò, quasi spaventato, quello strano individuo nascosto dal mantello e dalla maschera di plastica di Miltank. Il nuovo arrivato si abbassò di diversi metri, così da rendersi visibile a tutti. La donna scosse la testa, quasi infastidita dall'ingresso in campo di quello strano essere volante. Frattanto Gloom si era rialzato e pronto per combattere nuovamente.
-Qualunque cosa o individuo sia, sta intralciando i nostri piani. Gloom – e gridò al suo Pokémon veleno – scaccia immediatamente questo seccatore!- Gloom, senza diretta indicazione dell'allenatrice, lanciò verso il Pokémon volante una rapida scarica di piccole protuberanze fangose. Ash e Brock capirono che dalla bocca di Gloom era stato scagliato un Fangobomba. L'intrepido personaggio mascherato prese immediatamente quota, evitando così di essere colpito da quelle bombe di fango. Dalle minuscole braccia di quell'essere svolazzante si formò un bagliore accecante in direzione del Pokémon erba dell'allenatrice incappucciata. L'attacco venne ben presto lanciato e, con sgomento da parte dei presenti, l'offesa lanciata dal Pokémon nascosto dall'ampio mantello venne identificata con un poderoso Lanciafiamme. L'attacco ebbe successo e colpì Gloom ancor prima che l'allenatrice potesse ordinare qualunque cosa al suo Pokémon. Golbat venne istigato dall'allenatore maschio a colpire il nuovo avversario con un potente attacco Morso. L'enorme pipistrello si librò in volo e si proiettò verso il Pokémon mascherato, ma Golbat venne miseramente accolto da un nuovo attacco che colpì anch'egli senza pietà. Un attacco Tuono, di incredibile intensità. Golbat, folgorato e sconfitto, si lasciò cadere verso il suolo ad una velocità consistente. L'uomo della coppia riuscì al pelo ad acchiapparlo al volo, evitando così che il pipistrello si sfracellasse al suolo.
-Ma chi diavolo è quello? Ha degli attacchi potentissimi!- La donna ringhiò, richiamando nelle sfere Poké sia Doduo che Gloom, ormai svenuti. L'uomo fece la stessa cosa con Golbat. Restava ancora Tauros, ma quel Pokémon mascherato non sembrava accingersi a scendere in terra.
-Dobbiamo fermarlo a tutti i costi, altrimenti riuscirà a sventare i nostri piani!- Un incredibile boato si sviluppò proprio alla destra dei malfattori. Un'enorme massa d'acqua, infatti, si era originata dal suolo, proprio sotto ai piedi di Tauros. Con la potenza di un mastodontico geyser, il getto d'acqua riuscì a sollevare da terra il greve Pokémon cornuto. Quell'attacco era senza orma di dubbio un Idropulsar, realizzato grazie all'acqua presente nel sottosuolo. L'uomo incappucciato, per evitare che anche il suo Tauros si schiantasse in terra, richiamò il suo Pokémon nella Poké Ball. Non avendo più a disposizione nessun Pokémon, i due gaglioffi si guardarono in volto, storditi e confusi. Videro scendere il Pokémon mascherato a velocità supersonica. Il Pokémon avvolto dal mantello si reggeva sui suoi piedi, era piccolo ed in volto aveva una maschera di Miltank. In quel momento tutti poterono osservarla. Scoprirono che dalla mano destra del Pokémon misterioso si stava prolificando un nuovo attacco. Temendo che quell'attacco potesse essere devastante, i membri del Team Richardson iniziarono ad indietreggiare circospetti.
-Non vorrà attaccarci direttamente!- La donna strinse i denti convulsamente, mentre l'uomo deglutiva spaventato.
-Le sue intenzioni sembrano proprio queste...- Il Pokémon mascherato unì entrambe le mani e portò le braccia al cielo. Dalle mani si generò un'immensa forma d'acqua conica in poco tempo, con la base che partiva dai palmi delle mani. Un gigantesco uragano marino, dalla forza inimmaginabile, era pronto per essere lanciato contro i due lestofanti. Un Attacco Mulinello in piena regola. Con le spalle ormai al muro, i due membri del Team Richardson trovarono più salutare levare le tende dal campo di battaglia e fuggire nel più breve tempo possibile. I ragazzi videro scappare i due malviventi a gambe levate, in direzione delle baia di Celestopoli. Il Mulinello, ora non più fondamentale, perse poco a poco la sua intensità. Rimpicciolì molto velocemente, fino a scomparire misteriosamente, come misteriosamente era comparso.
Attimi di imbarazzante silenzio seguirono al momento della sorprendente vittoria di quel piccolo essere contro i malviventi del Team Richardson. Il vento iniziò a sibilare, spandendo i suoi gelidi aliti d'inizio autunno contro i corpi dei ragazzi, ancora paralizzati dall'attacco di Gloom. Quando Ash comprese che il misterioso Pokémon dalla maschera di Miltank lo stava osservando, il ragazzo fece del proprio meglio per farsi intendere ed udire. Digrignò i denti e mugolò grottescamente.
Ash: -Per... favore.. libera...noi...- Il Pokémon coperto dall'ampio mantello non se lo fece ripetere due volte. In quattro e quattr'otto utilizzò una nuova mossa per liberare gli amici, i poliziotti ed i pompieri da quelle pose innaturali. Brock la identificò con Rintoccasana. Come era possibile che un solo Pokémon fosse in grado di usare così tante mosse? E così bene, per giunta? Quegli attacchi si rivelarono incredibilmente potenti per un Pokémon di dimensioni minute. L'ex capopalestra di Plumbeopoli scosse la testa, scacciando quegli insulsi pensieri, una volta che fu abilitato a compiere il gesto. Poco alla volta tutti i personaggi si sbloccarono e sciolsero i muscoli, intorpiditi per essere rimasti immobili in una determinata posizione per un periodo di tempo prolungato. Ash si sgranchì i muscoli di testa e braccia facendo alcune rotazioni, dopodiché passò alle gambe, eseguendo alcune flessioni prima su una gamba, spostando l'intero corpo da una parte, poi sull'altra. Ripeté l'esercizio ginnico imitato da Pikachu, rinvigorito e risanato dallo speciale atto curativo del misterioso Pokémon. Dopo avere terminato gli esercizi, il Master dei Pokémon sorrise ai suoi amici. Ritirò la sfera Poké inutilizzata nella cintura.
Ash: -Siamo stati fortunati che questo Pokémon dalle capacità sorprendenti ci abbia aiutato contro il Team Richardson!- Laura e Brock si avvicinarono al loro amico dai capelli neri e abbastanza lunghi. La figlia dei Ferguson ancora rabbrividiva al ricordo delle parole minacciose del Team Richardson nei confronti del Dratini di Alex. Chiuse gli occhi e mise le mani a conchetta su di essi, mettendosi a piangere. Brock e Pikachu tentarono immediatamente di consolarla.
Laura: -Ma...cosa sta succedendo... perché ci sta capitando tutto questo? Perché ce l'hanno con noi... io non capisco...- Brock, una volta che la ragazza lacrimante alzò lo sguardo, le consegnò un tenero sorriso che fece stare un poco meglio la ragazza dai capelli castani.
Brock: -Laura, non devi piangere. È andato tutto bene, questi sono, purtroppo, inconvenienti che dobbiamo superare... insieme!- Ash annuì ed osservò, con un volto molto serio, l'edificio dedicato alla cura dei Pokémon malati. Il Centro Medico per Pokémon era stato danneggiato dalle fiamme in modo evidente. Il tetto rosso era completamente andato, alcune tegole erano cadute sul terreno e certe erano ancora in fiamme. Si erano create delle crepe profonde sull'intonacato esterno delle mura dell'ospedale dei Pokémon, la parte sana dei muri non se la passava meglio. L'interno dell'edificio, fortunatamente, non era stato toccato dalle fiamme. Una buona dose di restauro e tutto sarebbe tornato come prima. Tutti erano stati evacuati dal Centro Medico, salvo i Pokémon malati, al sicuro nelle loro stanzette, protetti dalle fiamme grazie alle speciali porte tagliafuoco. Il tempestivo intervento dell'infermiera Joy aveva evitato, infatti, il peggio. L'Agente Jenny si avvicinò ai tre amici e si congratulò con loro, sorridendo a tutti.
Jenny: -Complimenti, ragazzi! Avete sconfitto per la seconda volta il Team Richardson, sono davvero impressionata!- La poliziotta, però, non riuscì a terminare la frase. Il solito Brock, infatti, aveva già arpionato le mani della bella gendarme, sollevandole e tenendole strette alle sue. Il volto di Brock era paonazzo, i suoi occhi erano luccicanti ed aveva un sorriso quasi estasiato.
Brock: -Per te, Agente Jenny, potrei sconfiggere il Team Richardson anche mille volte in un solo giorno! Potremmo, insieme, proteggere tutti i deboli dalle grinfie di quei lestofanti, e noi saremmo per sempre... insieme!- La liturgia amorosa di Brock fu interrotta ben presto da Laura, la quale si era ripresa dallo sconforto avuto poc'anzi. Proprio come aveva fatto Misty qualche tempo prima, afferrò con decisione un orecchio dell'allevatore di Pokémon e lo trascinò via di prepotenza. Brock si lamentò, ma non ci fu nulla da fare per impedire di essere allontanato da una costernata Jenny.
Laura: -Smettila di fare il Don Chisciotte! Abbiamo già abbastanza problemi, non crearne di nuovi!- Ash ridacchiò e rimase stupito dalla capacità di reazione da parte della sua allieva. Dapprima sembrava così triste, indifesa, bisognosa di attenzioni. E ora? Un leone, in suo confronto, sembrava il micio di casa!
Una volta che la calma si fu ristabilita, la polizia si congedò dai ragazzi, così come fecero i pompieri. La zona fu ben presto sgomberata e gli unici a rimanere sul terreno davanti al Centro Medico per Pokémon furono i ragazzi, Joy e il Pokémon mascherato, il quale si teneva a debita distanza dal gruppetto. L'infermiera dai capelli rosa, congratulatasi anch'ella con Ash e gli altri (Brock fu nuovamente accalappiato per un orecchio da un'energica Laura) osservò curiosa il misterioso ed inaspettato supereroe.
Joy: -Così quel piccolo Pokémon ha scacciato quei banditi tutto da solo?- Ash annuì, rinvigorito nell'avere osservato la straordinaria potenza di quel Pokémon portante una maschera di Miltank.
Ash: -Certo! Avreste dovuto vedere i suoi attacchi! Uno più potenti dell'altro!- Si voltò verso Brock, il quale trovò il suo assenso. Laura stava ancora riflettendo sulle parole del Team Richardson, sul loro presunto obiettivo e sul legame tra l'incidente accaduto qualche notte scorsa e quel mattino. Qualcosa di molto losco c'era sotto. La ragazza era riuscita ad analizzare i sentimenti nascosti dei due personaggi, ed aveva trovato molta presunzione e sicurezza. Si sentivano forti, quasi invincibili. Dopo avere assistito alla lotta, come dare loro torto?
Laura: -Se non fosse stato per quel Pokémon, però...- Ash ridacchiò allegramente e scosse la testa. La rabbia di poc'anzi era sparita improvvisamente. Il ragazzo aveva capito che fosse giunto il momento di ricominciare gli allenamenti. Quel periodo di infortunio il Master dei Pokémon l'avrebbe utilizzato completamente per addestrare i suoi Pokémon in vista di nuovi scontri con il Team Richardson. Era più che sicuro che quella non sarebbe stata l'ultima apparizione della coppia.
Ash: -Beh, sono i fatti che contano, non le supposizioni! Direi che è giunto il momento di ringraziare il nostro amico nel modo giusto, ricompensandolo con qualcosa di gustoso, ad esempio una Pokémella, una Bacca, cibo per Pokémon, oppure...- Brock interruppe subito le fantasticherie in cui Ash si stava perdendo mettendogli una mano sulla spalla. Ash lo osservò perplesso.
Brock: -Non credo che potrai dargli qualcosa in questo momento. Se ne è andato.- Ash voltò la testa alla sua sinistra e, con sua sorpresa, non vide più l'eroe della giornata. Si era dileguato chissà come. E dire che Ash lo aveva tenuto sott'occhio per tutto il tempo di conversazione con l'Agente Jenny e l'infermiera Joy.

Bene! Anche questo capitolo è terminato! Sto iniziando a farli diventare un po' lunghi, ma il gioco vale la candela! Al prossimo capitolo, e spero che abbiate avuto la pazienza di leggere fino a qui! Ciaooo! ^__^

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Capitolo 23
*** 21 - Gary e la gara di pattinaggio ***


Ciaoooo! Buon anno nuovo a tutti! Eccomi con un nuovo capitolo del romanzo! Spero che sia di vostro gradimento!! ^__^

Quando Alex si destò, era già pomeriggio inoltrato. Si era svegliato di soprassalto, come gli capitava di tanto in tanto. Quella sveglia improvvisa gli creò un indistinto cerchio alla testa, ma non si preoccupò del suo vago malessere. Ciò che in quel momento lo spaventava di più era l’odore di fumo che permeava nell’aria. Un nauseabondo odore di bruciato. Tutto però era buio, le serrande erano ancora abbassate e, quando gli occhi del ragazzo si abituarono in quella oscurità, Alex riuscì a scorgere i deboli raggi del sole che filtravano tra le imposte. Le finestre erano comunque aperte, segno che qualcuno era entrato nella stanza. Scoprì inoltre, esaminando il proprio corpo, che non era più intubato e che le macchine del pompaggio dell’ossigeno erano state rimosse. Ecco chi erano entrati, gli infermieri! Voltò la testa alla propria sinistra e, per un certo momento, si spaventò nel non osservare più i lettini dove i Pokémon erano adagiati. Poi scosse la testa, ancora rintronato dai sedativi che i dottori gli avevano immesso nel sangue per endovena. Lui si trovava nell’ospedale, non più nel Centro Medico per Pokémon.
Faticava a ragionare. Le percosse subite dal Mankey di quell’allenatore sfrontato e crudele si sentivano ancora, forti e pulsanti. Gli doleva, più fra tutti gli arti, la gamba destra. Durante il pestaggio, infatti, il Pokémon suinpanzé ci aveva dato dentro, calpestando la gamba del ragazzo e martoriandola per un periodo di tempo prolungato. Non riusciva neanche a muoverla, talmente gli faceva male. Scoprì inoltre che la gamba era bloccata da qualcosa di legnoso, forse una stecca, per impedire di piegare la gamba inavvertitamente, lacerando più del dovuto le articolazioni già compromesse. Una stecca robusta e sostenuta da bende, garze e tanti cerotti larghi una decina di centimetri. Alex alzò le coperte (le braccia gli dolsero parecchio) e scoprì il bastone di legno attaccato alla gamba. Capì inoltre di trovarsi in pantaloncini corti e canottiera, non suoi, forse di qualcuno a lui sconosciuto. I vestiti, quello se lo ricordava, erano distrutti ed inservibili. Cerotti, bende e garze su tutto il corpo. Comprese infine che anche parte della sua testa era fasciata, per largo, da una tempia all’altra. Si toccò il capo con le mani e dedusse che la fasciatura era bella spessa. Nel buio non se n’era accorto, ma toccandosi il viso aveva capito che anche un occhio era stato bendato, con una fasciatura trasversale. Altri cerotti erano disseminati sul volto e sul collo.
Alex: “Mi ha conciato proprio per le feste…” Temeva per il suo occhio. L’occhio sinistro. Sbatté le palpebre e si accorse che non provava dolore. Che fosse stato operato? Difficile da stabilire. Quello di cui era certo fu che al Centro Medico per Pokémon non aveva così tante bende. Gli pareva di essere una mummia.
Accanto alla sua mano destra, Alex si accorse di avvertire un oggetto di medie dimensioni sotto le coperte, cubico, freddo e da una strana protuberanza spiccare da un lato. Lo esaminò col tatto e comprese che quello strano oggetto era collegato ad un filo stretto. Era un interruttore. Premette il pulsante e la luce al neon che stava al di sopra del suo letto si accese. Un tenue bagliore verdastro si diffuse per la stanza. Guardò davanti a sé e vide solo la porta chiusa alla destra del suo campo visivo. Leggermente alla sinistra, invece, il televisore spento situato sopra un mobile. Sotto il televisore, nel ripiano inferiore, il ragazzo scorse inoltre alcune videocassette con le loro copertine di carta, ma senza gli occhiali Alex non riuscì a leggere le scritte riportate sui fianchi stretti delle cassette. Voltò lo sguardo alla propria destra e si accorse che, su un pomello metallico del proprio letto, un cappello era stato appoggiato. La testa era all’ingiù, il berretto era stato appeso per il cinturino. Alex capì che quel cappello era di Ash. I suoi amici erano stati lì, e probabilmente lui dormiva quando loro erano arrivati. Sul comodino c’era anche una cornice rossa che conteneva una foto di alcuni ragazzi sorridenti. Quella cornice era in piedi grazie ad un sostegno. In quella foto c’erano Ash, Brock, Laura, Alex ed i Pokémon, foto scattata qualche giorno fa, prima di disputare la gara in palestra contro Misty. Accanto alla foto c’era un pacchetto di carta, ma il ragazzo senza occhiali non riuscì a vederne il contenuto. Nel ripiano inferiore del comodino c’era un pacchetto giallo, chiuso con un fiocco di colore indecifrabile con quella poca luce. Poteva essere rosso come poteva essere blu.
Alex era immerso in innumerevoli pensieri. Tornò a guardare davanti a sé e pensò ai suoi Pokémon. Si sentiva come un perfetto idiota, aveva agito come un forsennato mettendo in pericolo la vita dei suoi piccoli amici. Non aveva esitato a buttarsi nella mischia, pur sapendo di uscire dalla rissa con le ossa rotte. Poco ci mancava comunque. Temeva il loro giudizio, come l’avrebbero presa una volta guariti? Si sarebbero fidati ancora di quel mentecatto di allenatore? Era difficile che lo avrebbero visto come un eroe, molto difficile. Gli avrebbero voltato le spalle una volta per tutte? Si sarebbero dileguati alla sua vista, scappando terrorizzati? Eppure aveva agito con uno scopo ben preciso, si permise di pensare. I suoi Pokémon non avevano disobbedito agli ordini dell’allenatore, pur essendo consci della disparità di potenza tra le due squadre.
Lenti passi si avvicinarono verso la stanza in cui Alex stava riposando. Voci soffuse divennero sempre più distinte ed Alex riuscì a riconoscerne quattro: quella del dottore, già nota alle orecchie del ragazzo; quelle di un uomo e di una donna; quella di un bambino che si lamentava. Alex rimase in ascolto poiché le persone rimasero proprio davanti alla porta, e ci rimasero per un bel po’ di tempo.
-…non si preoccupi, signora. Suo figlio ha superato la crisi. Dovremo tenerlo qui per almeno un paio di giorni…-
-In che senso, mi scusi?- La voce della donna era molto concitata, ed il dottore, dalla voce roca e gutturale, faticava a farsi udire dalle orecchie di Alex.
-Temiamo che ci possano essere delle ricadute, lei mi potrà capire. Soltanto due giorni per effettuare le dovute analisi- La voce dell’uomo sembrava consolare la donna. Il tono di voce, infatti, pareva molto caldo e mellifluo.
-Due giorni, cara. I dottori troveranno anche l’antidoto. Non è così, dottor Rufus?- Il dottore dalla voce gutturale, raschiando la gola con un paio di colpi di tosse, sembrava annuire. La silhouette del grasso medico si poteva vedere attraverso il vetro della porta. La luce si era accesa, poiché i sensori installati nel corridoio permettevano alla luce di accendersi spontaneamente una volta che ebbero captato dei corpi in movimento.
-Sì, senza nessun problema. Una volta completate le analisi del sangue, riusciremo a capire quale antidoto somministrare a vostro figlio. Ora, se volete scusare, possiamo adagiare il piccolo sul letto. Ha bisogno di molto riposo- Ciò detto aprì con un molta delicatezza la porta, completamente. La luce dell’ ingresso inondò parzialmente lo stretto corridoio e raggiunse la parte inferiore del letto su cui Alex riposava. Il ragazzo, con la vista offuscata dagli anestetici e dalla mancanza degli occhiali, non riuscì a notare in volto i personaggi che stavano entrando. Il dottore non ebbe bisogno di accendere la luce della stanza, ed Alex gliene fu immensamente grato. Tra le varie immagini confuse in movimento, l’allievo di Ash poté scorgere comunque una sedia a rotelle e tre persone che parlavano a bassa voce.
-Shh… questo ragazzo ha bisogno di riposo, vi prego di non fare alcun rumore.- Il buon dottore dal ventre gonfio voleva preservare il sonno di Alex, seppur rotto poco tempo prima dallo stesso ragazzo. Il ragazzo infortunato chiuse gli occhi rimanendo assolutamente immobile, ma non ebbe bisogno di mascherare più di tanto il suo dormiveglia poiché la luce fioca presente in quella stanza lo copriva molto bene. La lampada al neon si era spenta automaticamente qualche tempo prima che i personaggi sconosciuti entrassero nella stanza di degenza. Dopo seguì un brusio di voci che Alex non riuscì assolutamente a decifrare. Riuscì soltanto ad intravedere, ad occhi semichiusi, il dottore che, aiutato da un uomo, sollevava un bambino piagnucoloso dalla sedia a rotelle e che lo adagiava sul letto accanto al suo. Il letto del bambino era posizionato con la spalliera attaccata dall’altra parte del muro, poiché non vi era spazio sufficiente in quella stanza per posizionare due letti di degenza sullo stesso lato di un solo muro. La voce della donna si fece risentire.
-Senta, mi scusi… ma qui non c’è un parco dove si possono allenare i Pokémon? Mio figlio vorrebbe trascorrere del tempo insieme ai Pokémon… in questi ultimi mesi non ha potuto più giocare con loro, per via della scuola…- L’uomo dalla pancia grossa sembrò felice per la richiesta della donna. Alex, con le palpebre socchiuse, riuscì a scorgere l’uomo col camice sbracciarsi e gesticolare.
-Ma certo! Proprio dietro l’ospedale c’è un parco, con quattro basi d’allenamento. Suo figlio, però, sembra un po’ piccolo per avere già dei Pokémon tutti suoi, però…- La voce del dottore si era velata di un tono molto dubbioso. In quel mentre intervenne il padre, ridacchiando sommessamente.
-Sono i nostri Pokémon… sa com’è, noi lavoriamo tutto il giorno e qualcuno deve badare al nostro Timmy. I Pokémon si preoccupano di fare da bambinaie al nostro piccolo ometto!- Il dottore riacquistò il buonumore. Lo si poté comprendere dalla loquacità nella sua voce.
-Ah, capisco! Bene, qui i Pokémon sono permessi, soltanto però nel parco. Qui nell’ospedale no, dopo gli ultimi avvicendamenti con il Team Richardson… c’è poco da scherzare!- I tre personaggi parvero dileguarsi, perché il cigolio delle ruote della sedia a rotelle sembrava spostarsi lentamente verso la porta d’uscita. Essa infatti si aprì, permettendo alla luce di entrare per un tempo determinato e ristretto. La porta si chiuse nuovamente, per poi riaprirsi ancora una volta. Alex strizzò gli occhi per scorgere la persona solitaria che si avvicinava, a passi lenti, verso di lui. Non riusciva a riconoscere quella ragazza (sì, era una ragazza, Alex lo comprese) per via della sua vista appannata. La ragazza, senza fiatare, si sedette sulla sedia che c’era lì accanto, adagiando i vestiti ormai ridotti a brandelli sul letto di Alex. C’era troppo buio, Alex continuava a non riconoscere la ragazza che si era seduta accanto a lui. Quando finalmente la nuova entrata si decise ad accendere la luce al neon situata sopra il letto, il ragazzo riconobbe Misty. La capopalestra di Celestopoli, dai capelli raccolti a coda di cavallo, aveva uno sguardo stupito nel comprendere che Alex fosse sveglio.
Misty: -Alex! Da quanto tempo sei sveglio?- Il ragazzino sorrise, ma per poco. Gli effetti degli anestetici non sembravano essere così potenti. La flebo era regolarmente attaccata al suo braccio, al braccio sinistro.
Alex: -Da un po’. Dove sono gli altri, Misty?- Alex avrebbe voluto alzare il capo per vedere il nuovo arrivato, ma appena alzò la testa dal cuscino, rinunciò all’istante. I muscoli del collo erano quasi fuori uso. Già inclinare la testa a destra e a sinistra era quasi proibitivo. La ragazza dai capelli arancioni sorrise dolcemente nel constatare che Alex fosse lucido e che non accusasse problemi particolari.
Misty: -Ash, Brock e Laura sono al Centro Medico per Pokémon…- Poi si chiuse in uno strano silenzio. Il sorriso lucente scomparve dal suo volto, ed Alex iniziò a preoccuparsi per quel sentimento mutato così all’improvviso. Negli occhi della ragazza, infatti, riuscì a leggere un vago sentimento di ansia ed inquietudine.
Alex: -Misty… è successo qualcosa?- La ragazza scosse la testa. Era inutile tormentare adesso il ragazzino con il racconto dell’avvento del Team Richardson al Centro medico Pokémon. quando Ash glielo ebbe raccontato, qualche ora fa, la capopalestra di Celestopoli era rimasta quasi scioccata. Meglio tacere, per ora.
Misty: -Va tutto bene, scusami se ti sembro tesa…- E sorrise nuovamente. Il ragazzo non parve molto soddisfatto dalla risposta quasi sibillina della sua amica, ma decise di metterci una pietra sopra, perché gli anestetici non gli permettevano di ragionare in profondità. Il mal di testa continuava a pulsare come un ossesso nella sua scatola cranica, rinvigorito da quello strano odore di bruciato che si era manifestato qualche istante fa alle sue narici. Alex osservò ancora la ragazza, la quale aveva preso tra le braccia il pacchetto giallo, il regalo di Laura Ferguson. La vide aprirlo con estrema delicatezza, tirando da una parte il fiocco argentato e scartare l’involucro pregiato.
Misty: -Hai dormito per parecchio tempo da quando ti hanno portato qui…- Le parole di Misty risvegliarono Alex dal torpore in cui era caduto. Chissà da quanto tempo dormiva. Glielo chiese direttamente e Misty non fece attendere più di tanto la sua risposta.
Misty: -Beh, ora sono le cinque del pomeriggio… ti sei fatto una bella dormita, va’!- E ridacchiò. Appoggiò da una parte la carta del pacco regalo ed insieme scoprirono il contenuto: due paia di jeans scoloriti, taglia 40; qualche t-shirt colorata; due maglie col cappuccio, una blu, l’altra nera; una blusa piuttosto ampia per le dimensioni toraciche del ragazzo; uno stock di calze invernali multicolori; un pacchetto di canottiere e boxer monocromi. C’era pertanto un intero arsenale di vestiario per Alex. Laura non aveva dunque badato a spese. I ragazzi avevano già notato che il ragazzino fosse a corto di vestiario, quindi avevano probabilmente sfruttato quei giorni per comprare qualcosa di molto carino per il loro amico infortunato. Alex non poteva crederci: tutti quegli abiti solo per lui! E che abiti. Un abbigliamento del genere, tutti i capi messi insieme, avrebbe dovuto costare un occhio della testa. Misty fu compiaciuta nel vedere gli occhi di Alex brillare osservando quei capi d’abbigliamento.
Misty: -Ti piacciono, vero? Eh, eh… a scegliere tutto è stata Laura, la ragazza ha occhio per certe cose…- Misty utilizzò i cassetti del comodino, piuttosto ampi, per adagiare e conservare tutti i vestiti del ragazzo. Eseguì quest’operazione con perizia e con molta calma. Quasi ad Alex sembrava che Misty fosse la sua madre premurosa. Madre di cui non ebbe possibilità di ricordare le coccole, i vestiti, la voce, il volto. La foto della madre che il Professor Oak gli aveva mostrato non importava, tanto che ad Alex non suggeriva assolutamente nulla. La capopalestra di Celestopoli chiuse il cassetto, con all’interno i vestiti accomodati e piegati con diligenza.
Misty: -Bene! Penso che per quest’inverno non patirai il freddo. Appena ti rimetterai in sesto, Alex, vorrei mostrarti l’Acquario. Se avessi desiderio di allevare un Pokémon d’acqua, sai dove cercare…- Alla parola Pokémon, pronunciata dalle labbra di Misty con esagerata euforia, Alex rabbrividì vistosamente. Misty si accorse immediatamente dello stato d’ansia del suo giovane amico e, preoccupata, gli chiese cosa c’era che non andasse. Quasi in un mormorio, Alex confessò alla ragazza dai capelli arancioni il suo malessere interiore provato dopo avere visto, con i suoi occhi, i Pokémon di sua proprietà, feriti in letti d’ospedale. Gli occhi del ragazzo iniziarono ad inumidirsi e la voce a rompersi per l’insorgere di un pianto.
Alex: -Io… ho commesso una sciocchezza… per cosa, poi? Cosa… cosa volevo dimostrare, di essere un mentecatto, per caso?- Alex riprese fiato per un istante, poiché la voce già rotta dai singhiozzi gli impediva di articolare per bene le parole. Misty osservò l’allievo di Ash sempre con il suo volto impermeabile ed enigmatico.
Alex: -Ora, io… non so cosa fare… cosa penseranno di me, i miei Pokémon…?- Si lasciò andare in un pianto fragoroso. Nascose il volto tra le mani e, dopo un po’, capì di avere inzuppato la fascia che gli copriva l’occhio sinistro. Al diavolo la fascia, c’erano cose molto più importanti di una benda. Misty non rimase con le mani in mano e, con una voce molto calda ed amorevole, tentò di rincuorare il disperato. Anche lei era passata per quei momenti, era stata molto male e più di una volta aveva pensato di troncare ogni rapporto con i Pokémon e soprattutto con Ash Ketchum. Il ritorno dell’odiato ragazzo, però, era riuscito a rimettere le cose a posto. La capopalestra di Celestopoli attese che Alex abbassasse le mani dagli occhi per sorridergli con estrema sincerità.
Misty: -Alex, abbiamo già compreso che i tuoi Pokémon abbiano obbedito ai tuoi ordini per uno scopo ben preciso… salvaguardare l’incolumità di Clefairy. Secondo te, perché non hanno disertato il combattimento, pur sapendo di avere davanti a sé Pokémon più potenti di loro?- Misty attese che Alex desse una risposta, ma come ben previsto dalla ragazza dai capelli arancioni, l’allievo di Ash non seppe rispondere. I suoi occhi, rossi ed umidi (o perlomeno, l’occhio non coperto dalla fascia) trasparivano un’aria interrogativa, fissi sul volto di Misty.
Misty: -Ti dico io il perché. Hanno avuto fiducia in te, Alex. E avranno ancora fiducia, forse più di prima. E sai per quale motivo? Perché hai dimostrato a loro, ma soprattutto a te stesso, che davanti ad un pericolo non volti le spalle. Hai rischiato molto per salvare un Pokémon in difficoltà, i tuoi amici sono rimasti molto ammirati. Non sto scherzando, Alex!- Disse ciò perché il volto di Alex si era trasfigurato in una smorfia di perplessità. Pur continuando a singhiozzare, Alex riuscì a ritrovare la parola.
Alex: -E come puoi esserne così sicura? Chi ti dà la conferma di queste certezze?- Misty ridacchiò a denti stretti e fece un occhiolino al ragazzo.
Misty: -Mah, forse intuito femminile… chi lo sa?- Poi tornò seria. La ragazza dai capelli arancioni attese con premurosa pazienza che l’allievo di Ash smettesse di piangere. La lagna di Alex continuò per parecchio tempo, perché i suoi pensieri andavano in continuazione ai suoi Pokémon. Anche se Misty continuava a rassicurarlo, il ragazzo infermo perseguitava ad autoaccusarsi di avere agito con imprudenza. La dose di adrenalina accumulatasi nel sangue durante il combattimento con quel misterioso allenatore si era scaricata completamente e ora, nell’animo di Alex, era solo rimasta angoscia e un’acuta punta di rimorso.
Le rasserenanti parole di Misty riuscirono nel loro intento, tranquillizzando il ragazzino, dopo un po’ di tempo. L’odore di bruciato se ne era andato finalmente, permettendo ai due ragazzi di respirare aria pulita a pieni polmoni. Misty aveva preso il sacchetto di carta che era appoggiato sul comodino e lo aveva aperto, estraendone parte del contenuto. La ragazza aveva acchiappato un certo numero di caramelle e cioccolatini e, con occhio selettivo, optò per una caramella al gusto di limone. Ne offrì una anche ad Alex il quale, con l’amaro in bocca che si ritrovava, accettò. Le caramelle erano dure e dovettero essere sciolte con la saliva.
Misty: -Domani mattina verranno anche a trovarti Ash, Brock e Laura. Stamattina sono venuti a trovarti, ma ti hanno trovato addormentato…- Alex annuì, sorridendo lievemente. La caramella era molto acerba, senza zucchero.
Alex: -Sarò felice di ritrovarli. Spero di non averli messi troppo in ansia con il mio comportamento troppo avventato…- Risero per un periodo di tempo limitato. Quando ebbe finito di ridere, Misty controllò l’ora sull’orologio da polso in metallo appoggiato sul comodino e si accorse che si era fatto relativamente tardi. La ragazza doveva ancora occuparsi dell’Acquario e lei era l’unica che sapeva gestire la direzione di quell’edificio. E doveva farlo fino al ritorno di una delle tre sorelle nella regione di Kanto. L’occhio di Misty si posò sul PokéNav di Alex ed il pensiero volò fino al Professor Oak. Molto probabilmente Gary aveva avvertito il nonno dell’accaduto a MonteLuna ed il vecchio professore era in attesa di una chiamata del suo assistente. La ragazza riferì quello che aveva appena pensato ad Alex ed il ragazzino annuì, perplesso.
Alex: -Sì, devo avvertite il professore che sono cosciente…- Misty consegnò ad Alex il PokéNav, non prima di averlo aperto e di avere sollevato l’antenna radio. Il PokéNav aveva anche questa potenzialità: funzionava anche come telefono cellulare, ma aveva il difetto di poter chiamare i residenti di una regione solo se ci si trovasse nella medesima regione. Se Alex avesse voluto chiamare il Professor Oak da Jotho, non lo avrebbe potuto fare.
Misty: -Ora il PokéNav sta chiamando il professore. Mi dispiace, Alex, ma io devo uscire dall’ospedale. Devo tornare all’Acquario… non sarai da solo, domani torneremo a trovarti, ok?- Alex annuì ancora una volta e salutò la capopalestra di Celestopoli, la quale sembrava essere colta da una fretta improvvisa ed inaspettata. La ragazza si alzò dalla sedia e, congedandosi rapidamente da Alex, uscì dalla camera. Una volta che Misty se ne era andata, Alex si concentrò sul marchingegno elettronico. Doveva portare l’altoparlante, posto nella parte superiore dell’oggetto, all’orecchio. Ma aveva quasi le braccia paralizzate, come poteva farcela? E poi avrebbe dovuto mantenere le braccia in quella posizione. Con uno sforzo sovrumano afferrò il ritrovato tecnologico e lo avvicinò, con molta difficoltà, all’orecchio destro. Riusciva a percepire con l’udito il tipico suono della chiamata inoltrata. Rimanere in quella posizione richiese molta fatica e molto sudore. La fronte di Alex iniziò ad imperlarsi dopo appena cinque secondi avere spostato il braccio da una posizione all’altra. Finalmente il tormento ebbe fine: qualcuno rispose alla chiamata di Alex. Era il Professor Oak. Aveva una voce stranamente calma e pacata.
Oak: -Pronto?- Bene, pensò Alex. Almeno il professore sembrava disposto a parlare. Non pareva arrabbiato, tanto meno angosciato. Forse non sapeva ancora con chi stesse parlando. Il ragazzo deglutì più di una volta, la gola raschiata dalla caramella dal sapore aspro, ed iniziò a parlare a bassa voce. Il bambino che stava dall’altra parte della stanza stava dormendo, immobile nella sua posizione supina.
Alex: -Professore… sono io, Alex!- Oak non disse una parola. Si udiva soltanto il lieve ronzio del collegamento radio, nulla di più. Ad Alex sembrò che il professore non respirasse neppure più. Solo dopo un bel po’ di tempo Oak decise di tornare a parlare.
Oak: -Alex… come stai?- La voce divenne rapidamente colma d’inquietudine e di apprensione. Il mutamento così inaspettato mise in agitazione Alex, il quale smarrì la poca concentrazione accumulata durante l’attesa della risposta. Sbatté le palpebre più volte, quasi stordito, poi si riscosse e rispose alla domanda del nonno di Gary.
Alex: -Io… io mi sento un po’ meglio, grazie. Ho avuto un piccolo contrattempo, dunque, vediamo… come posso spiegarmi…- Narrare al professore tutti i guai del giorno prima era un’impresa titanica. Ricordarseli tutti con lucidità sufficiente era quasi impossibile in quel momento. Fortuna volle che Samuel Oak lo interrompesse proprio nel momento in cui Alex si accinse a raccontare tutti i fatti dal principio.
Oak: -Alex, so già tutto. Gary mi ha informato.- La voce divenne rapidamente spenta, fino ad esaurirsi in un greve sospiro. Alex si sentì decisamente sollevato: almeno qualcuno aveva raccontato ad Oak i fatti e si era risparmiato inoltre i sentimenti di sorpresa e di smarrimento conseguenti al racconto. Chissà che pensieri si era fatto nel frattempo il professore su di lui. Brutti e negativi, senza orma di dubbio. Alex tornò a parlare, poiché si era formato un vuoto imbarazzante nella conversazione.
Alex: -Professore, io ho agito per difendere…- Oak lo bloccò con prepotenza. Questa la voce del vecchio poeta scienziato fu colma di rabbia e di agitazione, così tanto da spaventare il ragazzino.
Oak: -Alex, ciò che hai fatto è intollerabile. Hai agito senza riflettere sulle conseguenze che le tue azioni avrebbero potuto incorrere. I Pokémon non sono strumenti di vendetta o di risentimento, Alex. Mi sta bene che lo hai fatto per difendere un Pokémon in pericolo, ma… avresti dovuto chiedere aiuto!- Alex seppe benissimo che il Professor Oak aveva perfettamente ragione. Riflettendo a mente fredda, forse era l’unica cosa da fare sul momento. Ma quell’allenatore arrogante gli aveva fatto saltare i grilli in testa, in quel momento il ragazzo con gli occhiali non poteva assolutamente ragionare. L’assistente del Professor Oak deglutì ancora e tentò di recuperare la parola. Si accorse di balbettare anche troppo.
Alex: -Ma… ma io… non potevamo fare altrimenti… la situazione era pericolosa, e noi…- Oak sospirò ancora, e ciò fu sufficiente per zittire nuovamente Alex. La voce di Oak tornò tranquilla ed Alex ne fu notevolmente sollevato.
Oak: -L’importante, Alex, è che siate tutti vivi. Non sani, ma almeno salvi. Spero che questa esperienza, Alex, ti serva di lezione per sempre. Anche se le occasioni in cui ti capitasse di trovarti fossero complicate ed estenuanti, non perdere mai la lucidità. Non gettarti a capofitto in sfide impossibili, non dimostrare mai a nessuno di essere un impavido sconsiderato. Mi ascolti, Alex?- Alex disse di sì, tranquillizzato dai consigli del Professor Oak. Il vecchio professore tornò dunque a parlare, consapevole dell’attenzione del suo assistente.
Oak: -Questa volta è andata così, d’accordo. Se ti capitasse di incontrare nuovamente quell’allenatore, ti prego, pensa molto bene prima di accettare una nuova sfida. Conta fino a cento, mille, diecimila se necessario. Se dovesse capitare nuovamente che tu ed i tuoi Pokémon usciste dalla sfida con le ossa rotte, e che la colpa dell’accaduto fosse solo tua, stai certo che non ti perdonerò una seconda volta. Qualunque sfida, non importa quale, è da disputare con serenità. Se le cose dovessero andare male, non avere paura a ritirarti. È meglio essere conigli ma preservarsi sani, piuttosto che leoni e diventare cibo per cani…- Alex rise. Il consiglio in rima del Professor Oak era sempre carino e pertinente, in ogni situazione. Quello, poi, era il più pertinente in particolare. Alex ringraziò il professore, saluti finali ed il ragazzo chiuse la conversazione. Con un altro sforzo eccezionale Alex spostò il braccio alla sua destra e posò il PokéNav sul comodino. Gemendo e stringendo i denti riportò il braccio nella sua posizione originale. Quando finalmente il dolore all’articolazione dell’arto superiore sinistro si decise a placarsi, Alex sospirò, più sollevato. Il ragazzo si diede mentalmente dello stupido, si ripromise inoltre di non incappare più in queste trappole dettate dalla rabbia. Se avesse dovuto nuovamente incontrare sul suo percorso quell’arrogante allenatore, Alex non avrebbe più agito come un irriflessivo. Forse aveva agito così anche per l’illusione di essere diventato invincibile, dopo avere vinto in due palestre di fila. Che errore idiota! Alex si sarebbe dato volentieri degli schiaffi in faccia se le braccia non gli avessero fatto così male. Ben mi sta, pensò. Con la consapevolezza di avere ottenuto il perdono dai suoi amici, ma soprattutto dai suoi Pokémon, Alex riuscì a rilassarsi.
I minuti passarono lenti, noiosi, tutti uguali l’uno all’altro. Alex era riuscito ad assopirsi ed avrebbe dormito volentieri, se un rumore improvviso non lo avesse svegliato all’improvviso. Il ragazzo sollevò la testa e guardò a destra ed a sinistra, poi comprese, sollevato: era stato uno starnuto. Nel dormiveglia, di solito, i rumori distorti dai sensi ottenebrati si associano a delle immagini particolari. In quel caso Alex aveva immaginato che fosse caduto in terra qualcosa. A starnutire, comunque, era stato il bambino che era giunto nella stanza in quel tardo pomeriggio. Il bimbo si era accorto di avere spaventato parecchio il suo compagno di stanza e lo osservò con occhi sgranati, seduto sul letto.
-Scusa! Ti ho spaventato?- Alex osservò il bambino. I suoi occhi ormai si erano abituati alla penombra, e poté scorgere l’esile figura del fanciullo. Sembrava che avesse i capelli corti, un pigiama scuro e la voce squillante faceva pensare che fosse molto sveglio e vivace. Alex sorrise, ma con quella poca luce il sorriso avrebbe potuto non essere visto dal bambino.
Alex: -No, no, non preoccuparti. Non ero preparato ad un rumore improvviso, tutto qui…- Il bambino rise. La risata argentina gli ricordava molto quella di Laura, limpida e allegra.
-Sì, sì, dicono tutti così!- Il bimbo smise quasi subito di ridere. Aveva visto probabilmente i numerosi cerotti disseminati sul corpo dell’assistente del Professor Oak. La sua voce, infatti, iniziò a riempirsi di preoccupazione.
-Che cosa ti è successo?- Alex non aveva voglia di raccontare da capo ciò che gli era successo. Si limitò restando sul vago, senza scendere in inutili dettagli che avrebbero potuto dare il via ad una sequenza di domande interminabili.
Alex: -Sono… caduto e mi sono fatto male…- Il bambino non era stupido e aveva capito molto bene che quello che gli aveva detto Alex non era assolutamente vero. Tralasciò, anch’egli indebolito dal suo malessere, ogni tentativo di insistenza e gli fece un’altra domanda.
-Quella ragazza non era Misty, per caso?- Alex annuì. I genitori di quel bambino ancora non tornavano, che fine avevano fatto? Alex iniziò a chiederselo, sinceramente preoccupato per la loro sorte.
Alex: -Sì…- Poi si chiuse in un imbarazzante silenzio. Vide il bambino alzarsi dal letto con un’agilità inconsueta per la sua età. La penombra non permise ancora all’assistente del Professor Oak di poter vedere in volto il fanciullo con cui stava dialogando. Lo osservò comunque procedere con rapidità e senza indugi verso il televisore spento. Il bimbo si fermò davanti al monitor grigio topo e lo contemplò, quasi rapito dalla grandezza dell’apparecchio televisivo.
-Sei un allenatore di Pokémon?- La domanda fu pronunciata così, a bruciapelo. Fu pronunciata in un momento di assoluto silenzio e per poco Alex non si spaventò nell’udire nuovamente la voce bianca del fanciullo dai capelli corti. Lo vide armeggiare un telecomando piuttosto corroso dal tempo e puntarlo verso lo schermo spento. Voleva accenderlo, presumibilmente.
Alex: -Sì… da cosa lo hai capito?- Finalmente il televisore si accese. Il segnale era abbastanza buono e le immagini non erano disturbate dal noioso nevischio che si formava quando il segnale è debole o quasi assente. Con semplicità, il bimbo ridacchiò ed indicò gli strumenti che ogni allenatore come si deve dovrebbe portare sempre con sé. Alex comprese infine: sul comodino erano disposti in vista, ordinati, il PokéDex, il PokéNav ed alcune sfere Poké vuote. Chissà se anche il ragazzino fosse un allenatore. Difficile comunque assentirlo, sembrava non avesse neppure otto anni, il minimo indispensabile per ottenere il rango di allenatore dal Professor Oak. Alex rise anch’egli ed annuì, quasi felice dalla domanda del bambino.
Alex: -Esatto… io ho iniziato da poco il mio viaggio di allenatore… conosci Ash Ketchum?- Il bambino, udendo il nome del maestro di Pokémon, si voltò quasi esterrefatto. I suoi occhi scuri luccicavano di una gioia ineccepibile e straripante, il suo volto era teso dall’emozione. Probabile che il suo maestro fosse molto più famoso di quanto Alex avrebbe mai potuto immaginare.
-Tu… tu conosci Ash Ketchum? Io ho seguito tutti i suoi incontri in tv! È l’allenatore di Pokémon più forte del mondo! Vorrei diventare forte quanto lui, voglio viaggiare per le regioni conosciute, diventare l’amico di tutti i Pokémon, conquistare le medaglie e diventare il campione della Lega Pokémon!- Già, anche io lo vorrei diventare, pensò Alex. Osservare quel bambino scoppiare di felicità al solo pensiero di iniziare il viaggio per diventare un bravo allenatore di Pokémon riempì Alex di sincera invidia. Lui, quando era stato bambino, non ebbe mai la possibilità di avvicinarsi neanche ad un Pokémon. Non lo poté neanche ammirare da lontano. Ogni rivista Pokémon, dalla sua casa di isolamento, venne bandita. I suoi fratelli maggiori, invece, erano diventati famosi capo coordinatori e allenatori di venerabile rango. Si era chiesto spesso il perché di quel trattamento, ma non aveva mai ottenuto una risposta soddisfacente.
Alex: -Beh, io sono un suo allievo!- Ed espresse un debole sorriso. Il bambino quasi ammirò l’assistente del Professor Oak e tornò a sedersi sul suo letto. Con le gambe a penzoloni, non staccò gli occhi di dosso dal suo compagno di stanza.
-Uao! Deve essere emozionante avere Ash Ketchum come maestro! Dovresti sentirti molto onorato, sai?- Alex annuì, ma non replicò nulla. Dopotutto, era stato il Professor Oak a chiedere direttamente ad Ash di allenare Alex nel suo lavoro. Il bimbo scosse la testa, quasi arrabbiato. Poi sorrise e divenne più cordiale, dimenticando le lusinghe di poco fa.
-Scusami! Io non mi sono neanche presentato! Io mi chiamo Timmy… Timmy Prowse!- Alex sorrise al bimbo, ma rifletté prima di pronunciare il suo cognome al suo compagno di stanza. Se sapeva così tante cose su Ash Ketchum, figurarsi cosa avrebbe potuto sapere su un noto imprenditore come Fred Blake.
Alex: -Mi chiamo Alex… piacere di conoscerti!- In tv, intanto, stavano trasmettendo lo sport. Sia Timmy che Alex guardarono lo schermo, impressionati nell’osservare una vecchia conoscenza di Alex esibirsi da vero campione. Un folto pubblico stava inneggiando con cori e striscioni un ragazzo che stava pattinando sul ghiaccio, in compagnia di un Pokémon. Sembrava quasi che fosse un pattinaggio in sincronia, parlando con un linguaggio tecnico. La gara di questo ragazzo era già cominciata da un pezzo, come dimostrava il punteggio sovrimpressione, a caratteri rossi su uno sfondo blu, in basso allo schermo. Era una gara con quattro partecipanti. Il concorrente che i due ragazzi stavano osservando volteggiare e piroettare era Gary Oak, in compagnia di un Sunflora in forma smagliante. Ed erano primi in classifica, con un distacco netto di 47 punti dalla seconda coppia. Il bambino sembrava quasi entusiasmato nell’osservare l’eterno rivale di Ash esibirsi in modo impeccabile in tv. Alex, invece era rimasto enormemente sorpreso nel comprendere che Gary, oltre che ricercatore ed allenatore, fosse un esperto pattinatore. Vestito con una calzamaglia grigia, pantaloni bordeaux, Gary pattinava ad una velocità incredibile, seguito fedelmente dal Pokémon girasole, il quale sfoggiava abiti tali ed uguali come il suo… allenatore? Trainer? Compagno occasionale? Alex non avrebbe potuto capirlo fino a quando non lo avesse chiesto direttamente a lui. Se quel tenero Sunflora fosse di proprietà di Gary non importava in quel momento, comunque. I due parvero una coppia molto affiatata e sembranti avere alle spalle diversi mesi di duro allenamento.
Timmy: -Hai dei Pokémon tutti tuoi?- La vocina del bimbo risvegliò Alex dalla sua immaginazione sul rapporto che vi fosse tra i due personaggi che pattinavano perché fossero così bravi nello sport più affascinante effettuato sul ghiaccio. Alex guardò il bambino in volto, il quale si era seduto sulla sedia dove poco tempo prima era rimasta seduta la capopalestra di Celestopoli. Il ragazzo con gli occhiali rifletté a lungo prima di rispondere alla domanda. Si guardò intorno, quasi cercando le parole in quella stanza ormai quasi buia.
Alex: -Beh, direi proprio di sì… io possiedo tre Pokémon… con questi tre Pokémon, ho vinto in due palestre della regione di Kanto…- Timmy voltò lo sguardo stupito verso Alex, il quale si era messo con la schiena contro la spalliera, molto difficoltosamente. Senza neanche chiedere il permesso al proprietario, il bambino afferrò con decisione il Pokémon Navigator di Alex e lo aprì con uno scatto. Premette qualche pulsante e ben presto si ritrovò nella sezione dedicata alle medaglie virtuali. Lo schermo LCD parlava ben chiaro: su otto medaglie, di cui sei ancora in filigrana, spiccavano ben colorate e luccicanti due distintivi: la Medaglia Sasso della palestra di Plumbeopoli e la Medaglia Cascata della palestra di Celestopoli. Proprio in quel mentre tornarono nella stanza d’ospedale i genitori di Timmy. I due signori, all’apparenza di trenta-trentacinque anni, rimasero leggermente stupiti nel vedere il proprio figlio armeggiare con disinvoltura il PokéNav del ragazzo infermo. Il padre, un uomo mingherlino tutto barba e capelli scuri, si avvicinò lentamente a Timmy, il quale sembrava neanche essersi accorto della presenza dei suoi genitori nella stanza.
-Timmy! Cosa stai facendo? Quante volte ti ho detto di non disturbare gli altri?- Alex si permise di esprimere un leggero sorriso al padre molto preoccupato del suo nuovo amico. Dopotutto quel bambino sembrava sapere molte cose sul mondo dei Pokémon, era senza dubbio un tipetto molto sveglio.
Alex: -Non si disturbi, signor Prowse, Timmy non mi dà nessun disturbo, anzi!- La madre di Timmy, una signora bene in carne portante un grosso fazzoletto rosso in testa, dal quale scendevano alcuni boccoli color rosso fuoco, stava sorridendo a denti stretti. I denti bianchi e perfettamente curati scintillarono in quella poca luce presente.
-Vedo che sei un allenatore! Sai, a nostro figlio piacciono molto i Pokémon! Non fa altro che studiare e guardare incontri ed allenamenti! Quando esce, poi, continua ad andare a trovare il Professor Oak! Sempre con la sua bicicletta…- Alex si rese conto dal racconto che il piccolo Timmy doveva fare, ogni volta che avrebbe voluto andare a trovare il buon vecchio Samuel, un bel pezzo di strada. Le strade erano queste: la via più rischiosa, ma ricca di Pokémon, ovvero tornare indietro per MonteLuna, proseguendo poi per BoscoSmeraldo; la via più sicura, ma noiosa e stancamente frustrante, ovvero andare a Zafferanopoli e da lì per Aranciopoli, poi prendere il traghetto verso Biancavilla. Non c’erano dubbi, Biancavilla da quel punto della regione era molto distante. Il bambino sorrise ai genitori e poi tornò a parlare delle gesta di Alex: raccontò ai signori Prowse delle vittorie del ragazzo con gli occhiali a Celestopoli ed a Plumbeopoli e fece vedere ai suoi genitori le medaglie sullo schermo del PokéNav. Il signor Prowse, tutto barba e capelli scuri, rise. La sua voce pareva fin troppo cavernosa per un omino gracile come lui.
-Ah! Ah! Devono essere stati degli incontri emozionanti!- Timmy raccontò inoltre che Alex era allievo del Maestro di Pokémon, ovvero del famosissimo Ash Ketchum. Continuò a parlare sempre più velocemente, quasi mai riprendendo fiato. L’emozione e la contentezza di avere a che fare con un allenatore così capace, allievo dell’allenatore di Pokémon più forte al mondo, erano indescrivibili.
Timmy: -Mi stavi dicendo quali Pokémon hai con te!- Alex strinse i denti, corrugando leggermente le sopracciglia. Già, i Pokémon… chissà come stavano in quel momento. Misty gli aveva assicurato che non erano arrabbiati con lui, però… dovevano passare altri cinque giorni prima che Dratini, Pidgey e Weedle potessero essere dimessi dal Centro Medico per Pokémon. Sarebbero state ore interminabili e frustranti, se non fossero entrati in scena i signori Prowse con il dinamico figlioletto a vivacizzare l’ambiente ospedaliero. L’assistente del Professor Oak scacciò dalla testa quelle preoccupazioni e, con un sorriso, rispose al quesito pressante di Timmy.
Alex: -Ok, te lo dirò, ma abbi pazienza! Dunque… io posseggo un Dratini, un Weedle ed un Pidgey…- La signora Prowse – ecco, aveva pure una vistosa collana di perle giganti intorno al collo – batté le mani, super contenta, come se avesse vinto alla lotteria. Anche il marito sembrò alquanto felice.
-Oh, Dratini! Noi amiamo i Pokémon drago!- Il signor Prowse annuì e si accarezzò la folta barba, con gli occhi in alto, trasognando chissà cosa.
-Proprio vero, cara!- Poi tornò a guardare Alex, il quale osservò attentamente i genitori del piccolo Timmy.
-Noi possediamo un Seadra, due Horsea ed un Gyarados molto grande, ma molto gentile e per nulla cattivo. Sono i nostri amici, noi amiamo il genere dei draghi!- Alex fu felice di sentire queste affermazioni. I suoi occhi caddero nuovamente sullo schermo tv e si accorse che la gara era terminata da un pezzo. C’era Gary, ansimante, fuori dalla pista, intervistato da un giornalista dai capelli brizzolati, giacca marrone scura. La voce del giornalista, grave e ben comprensibile, subissava di domande il nipote del Professor Oak.
-Ci dica, signor Oak, quali impressioni ha sperimentato durante la gara, da lei vinta?-
-Mah, sinceramente mi sono sentito molto tranquillo. Sunflora ha eseguito un ottimo lavoro, non ha sbagliato neanche un passo. È stato molto attento e rilassato, abbiamo lavorato molto per conseguire questo risultato…-
-Primo posto in classifica, dall’inizio del girone. Sembra proprio che anche quest’anno la Coppia d’Oro arriverà in finale!-
-Beh, non sarebbe male! Se ci si demoralizza per un posto non guadagnato, si rischia di perdere scarpe, posto e casato!-
Il giornalista ringraziò il vincitore della gara di quel giorno e si voltò verso la telecamera, mentre Gary si allontanò velocemente dal posto di intervista.
-Bene, dopo avere udito le sagge parole del signor Oak, direi che possiamo concludere. Qui è tutto dallo Stadio Ghiacciato di Zafferanopoli! Qui Tom Hurkle, ci rivediamo domani alla stessa ora per nuovi volteggi sul ghiaccio!-

Bene! Anche questo capitolo è terminato. Come finirà la faccenda? Alex riuscirà ad ottenere il tanto desiderato perdono da parte dei suoi Pokémon? Sarà quello che andremo a scoprire nel prossimo capitolo. Ciaooooo! ^__^
P.s. Buon anno a tutti ^__^

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Capitolo 24
*** 22 - Un Pokémon dispettoso ***


Riassunto del capitolo precedente...
Alex è stato ricoverato all'ospedale di Celestopoli, mentre i suoi Pokémon sono ancora degenti al Centro Medico per Pokémon della stessa città. Il Team Richardson, già comparso nel recente passato a Celestopoli, torna a colpire e l'obiettivo del losco team (in questa occasione composta da due membri) sembra che sia il Dratini di Alex. Ash e gli altri tentano invano di fermare il Team Richardson, ma fortunatamente un misterioso personaggio accorre in aiuto dei nostri amici! Alex, inoltre, fa la conoscenza di Timmy, un bambino molto sveglio e determinato a diventare un allenatore di Pokémon...


I giorni passarono lenti, uguali, monotoni. La ripresa fisica di Alex tardava a completarsi, ma questo non ostacolò il ragazzo dal ricominciare a camminare, dopo la batosta conseguita a MonteLuna. Il dottore dal gonfio ventre consegnò all’assistente del Professor Oak un paio di stampelle di metallo, luccicanti in quel giorno pieno di sole e di cielo azzurro. Ash, Laura, Brock furono presentati al piccolo Timmy due giorni dopo l’avvento del ragazzino nella camera d’ospedale. Il piccolo Prowse fu contentissimo di poter avere a che fare con il Master dei Pokémon, soprattutto con il suo fedele compagno d’avventure, il Pokémon elettrico Pikachu. Subissò l'allenatore immediatamente di domande, non lasciandogli neppure un minuto per respirare.
Timmy: -A che età hai iniziato a viaggiare? Sei stato in tutte le città di Sinnoh? Hai conosciuto anche il professor Elm di Borgo Foglianova? Hai per caso visto di persona degli Stantler?- I genitori del piccolo Timmy erano presenti anche loro nella stanza d’ospedale e chiesero scusa ai ragazzi per l’irrequietezza e la loquacità del loro figliolo. Mentre Ash e Pikachu stavano discutendo amabilmente con il piccolo Timmy, Brock e Laura si avvicinarono al loro amico infortunato sorridenti.
Brock: -Ciao, Alex! Come stai, oggi?- Alex era seduto di traverso sul letto, gambe penzoloni e stampelle contro il muro accanto al letto. Laura si sedette sulla sedia lì accanto, mentre Brock preferì rimanere in piedi. Alex si accorse della presenza del piccolo Bulbasaur, abbastanza tranquillo tra le braccia del suo allenatore. Portava un’appariscente benda attorno alla zampetta infortunata a MonteLuna. Ad Alex si illuminarono gli occhi: se Bulbasaur era uscito di già dal Centro Medico per Pokémon, voleva dire che anche gli altri sarebbero usciti presto.
Alex: -Potrebbe andarmi meglio… vedo che Bulbasaur sta decisamente meglio!- Laura annuì, sorridendo con felicità. Dratini, appoggiata sulla spalla della sua allenatrice, con uno scatto serpeggiante passò su quella di Alex, torcendo il suo corpo flessibile contro il collo di Alex. Alex ridacchiò, ma la stretta di Dratini gli fece dolore i muscoli della gola, ancora indolenziti.
Alex: -Ehi, piano, mi fai male, ah! Ah!- Mentre Alex si metteva a giocare con il Pokémon di Laura, Brock tornò a parlare. Il suo volto, però, piombò in un’espressione dura e mesta. Il ragazzo con gli occhiali se ne accorse subito, anche gli occhi di Laura furono velati da un alone di tristezza e di rammarico.
Brock: -Alex, dobbiamo parlarti di una cosa, molto importante. Quando tu sei stato messo fuori gioco dal tuo rivale a MonteLuna, il Centro Medico per Pokémon ha subito un attacco… alcune persone hanno voluto far incendiare l’edificio!- Alex aggrottò la fronte, stupito dalla rivelazione dell’ex capopalestra di Plumbeopoli. Passò lo sguardo nuovamente su Laura, la quale era rimasta bloccata nella sua posizione di ghiaccio, occhi incollati al pavimento. Che strano, dapprima così felici e sorridenti, ora tristi e mesti. Come sono imprevedibili e volubili i sentimenti, pensò Alex.
Brock: -Qualche giorno fa venimmo a trovarti, ma tu dormisti. Io decisi di alzare le tapparelle e di spalancare la finestra, tanto per cambiare l’aria viziata presente nella stanza… fu un bene per noi, perché ci accorgemmo quasi subito del fumo nero che si innalzava a tutto spiano. Capimmo immediatamente, dalla posizione dell’edificio, da dove proveniva il fumo nero e ci precipitammo in strada. Quando raggiungemmo il Centro Medico per Pokémon, vedemmo le squadre dei pompieri dannarsi l’anima nel tentativo di sedare l’incendio. Il loro operato fu ostacolato dai Pokémon di due persone incappucciate, avviluppate da pesanti mantelli, come dei sudari. Mantelli rossi, con cappucci calati sul volto…- Alex strabuzzò gli occhi, visibilmente impressionato. Il volto del primogenito dei Peters, però, divenne quasi istintivamente più sereno: forse Brock si era accorto della crescente apprensione di Alex per i suoi Pokémon. Anche Laura si permise un sorriso, staccando finalmente gli occhi dal pavimento di marmo bianco.
Brock: -Questi personaggi facevano parte del team Richardson… ma li sconfiggemmo rapidamente. Sembrava che fossero allenatori professionisti, però si rivelarono inetti proprio come quelli del Team Rocket…- Laura osservò perplessa Brock. Se l’ex capopalestra di Plumbeopoli in quel momento taceva sui veri fatti accaduti qualche giorno prima, un motivo ci doveva pure essere, grave o semplice che fosse. Improvvisamente la figlia dei Ferguson comprese, annuendo a se stessa: inutile gettare sale sulle ferite, Alex sarebbe potuto impazzire dal dispiacere nell’intendere che il suo Dratini, bloccato a letto come infermo, fosse tallonato da alcuni cacciatori di trofei. Meglio tacere sui veri resoconti della battaglia quasi persa, per ora. I ragazzi dovettero ritenersi fortunati se quello strano essere mascherato fosse intervenuto proprio nel momento giusto, scacciando i due membri misteriosi del Team Richardson. Facile a prevedersi, Alex si sentì molto più sollevato e ringraziò i due ragazzi per avere difeso l’edificio ed i Pokémon dimoranti in esso dalle fiamme e da quei pericolosi criminali. L’assistente del Professor Oak, non scorgendo Misty tra i presenti, chiese a Brock maggiori delucidazioni. Il primogenito dei Peters si permise un disteso sorriso e tranquillizzò Alex, sostenendo l’urgente presenza della ragazza dai capelli arancioni all’Acquario. Dopotutto, Misty era il direttore dell’edificio dedicato ai Pokémon d’acqua, se non ci fosse stata lei a coordinare il benessere degli ospiti marini con la necessità di gestire l’afflusso dei turisti, chi mai avrebbe potuto farlo al suo posto? Alex comprese perfettamente ciò che Brock voleva dire ed annuì, sorridendo leggermente. Laura sorrise nel notare che il suo amico infortunato si stesse riprendendo, seppur lentamente, dalle percosse subite. Qualche giorno fa Alex non riusciva neppure a rimanere seduto.
Laura: -Hai idea, Alex, di quando potrai uscire?- Il ragazzo con gli occhiali rifletté per qualche secondo sulla domanda della figlia dei Ferguson, poi scosse la testa, mantenendo comunque alta la speranza, rinvigorita dal recente successo dei suoi amici contro il Team Richardson. (Successo…?)
Alex: -No, il dottore non mi ha ancora accennato nulla. Penso però che, nel giro di un mese, sarò completamente guarito dai miei affanni. Dopo essermi ristabilito, voglio che torniamo a viaggiare per raggiungere la prossima città!- Brock rise nel constatare quanta forza di volontà avesse l’assistente del Professor Oak in corpo. E pensare che neanche un mese fa, il ragazzo con gli occhiali era così timido e riservato! Forse la notizia della vittoria (vittoria…?) dei suoi amici contro il Team Richardson, proteggendo così i suoi Pokémon, gli aveva consegnato una dose massiccia di fiducia, di speranza e di volontà. L’incidente accaduto a MonteLuna sembrava ormai un ricordo lontano, quasi opaco, semicancellato dal tempo.
Brock: -Ehi, calmati! Hai ancora parecchia strada da fare nella riabilitazione! Quando ti sarai ripreso a dovere, ne riparleremo! Per ora pensa solo a riposarti!- Alex annuì, decisamente gratificato per l’intervento dei suoi amici al Centro Medico per Pokémon. Mentre Alex discuteva con Laura e Brock, Pikachu fece divertire parecchio il piccolo Timmy con i suoi giochetti da prestigiatore e da giocoliere. Il topo elettrico si era messo sul letto del bambino, mentre il piccolo Prowse si sedette su di una sedia, affiancato dai suoi genitori e da Ash. Pikachu, con la sua coda simile ad una saetta, iniziò a far volteggiare per aria alcune palline da tennis prelevate dalla sacca di Timmy. Tre palline verde chiaro iniziarono a piroettare fino al soffitto, per poi tornare alla coda di Pikachu, per poi tornare verso il soffitto. Così, con un movimento rotatorio da destra verso sinistra, i globi lanosi eseguirono uno spostamento di 360°. L’impegno del topo elettrico fu ben apprezzato dai presenti e fu applaudito calorosamente. Il più entusiasta tra tutti, senza orma di dubbio, fu il piccolo Timmy, il quale applaudiva con così tanta foga fino a scorticarsi i palmi delle mani.
Timmy: -Che bello!! Sei bravissimo!- La mini esibizione di Pikachu durò pochi secondi e terminò con una chicca: le palle da tennis terminarono, tutte e tre, sulla punta estrema della coda di Pikachu, il quale si era eretto su una zampa anteriore. Pikachu, in questo modo, si ritrovò con il corpo sottosopra, con la coda ritta verso il soffitto e le sfere verdastre una sopra l’altra, in un equilibrio precario. I Prowse spalancarono gli occhi stupefatti: quel Pikachu, oltre che simpaticissimo, fu anche estremamente agile, sicuro di sé e muscoloso. Non era da tutti, infatti, mantenersi in equilibrio su una sola mano, per così tanto tempo. Timmy fu estasiato da quel numero improvvisato sul momento e schizzò addirittura dalla sedia per l’entusiasmo.
Timmy: -Uao! Incredibile!! Questo è un Pokémon degno di un Maestro!- Ash ridacchiò e si grattò la testa, ancora sprovvista di berretto, un po’ imbarazzato. Anche Pikachu, ritornato alla sua posizione consueta (ovvero seduto), sorrise emozionato.
Ash: -Lo pensi veramente?- Pikachu tornò, con un balzo molto agile e leggero, sulla spalla sinistra del suo allenatore prediletto. Ash si allontanò da Timmy e si avvicinò verso Alex, il quale si era nel frattempo alzato e si era messo a passeggiare, molto difficoltosamente, per la stanza di medie dimensioni, per mezzo delle stampelle di ferro, resistenti. Il Master dei Pokémon lo osservò abbastanza perplesso, così come Laura e Brock. Alex incespicava, vacillava e la sua fronte era madida di sudore. Il suo respiro si fece grosso in un tempo molto breve e per poco gli mancarono le forze per reggersi sui bastoni di sostegno.
Ash: -Alex, non esagerare…- Il ragazzo annuì, annaspando vistosamente e fu aiutato da Brock e da Laura a rimettersi sul letto. Con la dovuta premura, i due ragazzi porsero aiuto al loro amico, alzando le gambe e rimettendole sul letto. L’assistente del Professor Oak proruppe in una smorfia di fastidio, forse per una fitta improvvisa provenire da una delle sue molteplici ferite disseminate lungo il corpo. Quando il dolore acuto finalmente si placò, Alex pose una domanda al suo maestro di formazione.
Alex: -Ash… che ore sono?- Il ragazzo rispose che era giunta l’ora del pranzo. I tre ragazzi se ne sarebbero dovuti andare, poiché l’orario delle visite non permetteva di intrattenersi oltre una certa ora. Ash, Brock e Laura erano giunti nell’ospedale di buon’ora e tenevano compagnia ad Alex da un bel po’ di tempo. Timmy salutò i tre amici di Alex con un caloroso cenno con la mano, agitandola freneticamente.
Timmy: -Ciao, Ash! Ciao, Brock! Ciao, Laura! È stato un vero piacere conoscervi!- I tre salutarono il bambino, il quale si era avvicinato al Master dei Pokémon ed accarezzava sulla testa il Pokémon elettrico. Pikachu gradì il gesto lasciandosi andare in effimere fusa.
Brock: -Il piacere è tutto nostro, Timmy! Speriamo di ritrovarti fuori di qui!- Ash, Brock e Laura salutarono Alex e si allontanarono lentamente dalla stanza. Alex si voltò verso il pomello destro della spalliera e scorse il berretto rosso del suo maestro. Quando si accorse della presenza del cappello, Alex richiamò Ash ad alta voce e gli rammentò di non dimenticare il suo berretto in quella stanza. L’allenatore, voltatosi, sorrise al suo allievo e scosse la testa.
Ash: -Oh, lascia perdere. Quando sarai fuori di qui, me lo rimetterò. Fino ad allora, il mio berretto resterà in quella posizione.- Con queste parole, Ash si congedò e fu seguito dai suoi amici. Quando se ne furono andati, il signor Prowse ridacchiò a si strofinò la barba con una mano.
-Che bravi ragazzi! Timmy, mi raccomando, se vuoi diventare un buon allenatore di Pokémon, ispirati a loro!- Gli occhi di Timmy stavano luccicando per la grande emozione di avere incontrato nientemeno che Ash Ketchum di Biancavilla. Il bambino era rimasto in mezzo alla stanza, in piedi, con i pugni stretti davanti a sé, e stava sorridendo. Alex se ne accorse, perché era proprio davanti al suo letto.
Timmy: -Oh, sì! Puoi contarci, papà! Appena sarò un po’ più grande, inizierò il mio viaggio e diventerò il più bravo, forte come il maestro Ketchum!- Alex sorrise ed ammirò ancora una volta la grande forza di volontà del suo piccolo amico. Anche l’allievo di Ash si sentiva, in quel momento, molto determinato per riprendere il suo viaggio interrotto. E poi, aveva un nuovo scopo: oltre a conquistare le medaglie e così tentare di accedere alla Indigo Plateau, Alex doveva sconfiggere il ragazzo che lo umiliò a MonteLuna, mandandolo dritto in ospedale con le ossa (quasi) rotte.

I giorni, grazie alla notizia di Ash e degli altri della vittoria sul Team Richardson, sembrarono passare molto velocemente. La settimana trascorse abbastanza in fretta e ormai si era in settembre inoltrato. I dolori fisici di Alex si erano parzialmente dileguati, e molti ematomi disseminati sul fisico asciutto del ragazzo si erano sgonfiati e ridotti. La gamba sostenuta dalla stecca di legno fu ben presto liberata e Alex riuscì finalmente a camminare come un essere umano. Il sostegno di una stampella però era ancora necessaria e Alex dovette viaggiare quindi ancora con un bastone di ferro, dimenticandosi del suo compagno. Timmy era felice nel constatare che il suo nuovo amico avesse compiuto grandi passi verso la riabilitazione fisica finale: le cure avevano svolto il loro egregio effetto. Timmy sembrava in forma ed aveva assunto un acceso colorito in faccia, cosa che prima Alex non ebbe avuto ancora modo di osservare. Il bambino pareva ancora più contento da quando ebbe incontrato Ash ed i suoi amici.
Alex: -Timmy, posso farti una domanda?- Il bambino stava giusto rientrando in stanza dal bagno. Si era lavato per bene e si era messo alcuni vestiti molto sgargianti: una maglia rossa con cappuccio, un paio di pantaloni blu elettrico, scarpe verdi quasi fosforescenti. Sembrava quasi fosse in partenza.
Timmy: -Sì! Dimmi pure!- E sorrise a denti stretti. Il piccolo Timmy si mostrava di possedere un’enorme quantità di buon umore, forse era naturale per dei bambini. Alex non ebbe mai avuto l’opportunità di esprimere neppure un sorriso, ecco perché gli sembrava che Timmy scoppiasse di contentezza. La sua capacità di giudizio era cresciuta e maturata manipolata nel tempo.
Alex: -Perché sei capitato qui? Hai sofferto di qualche male preciso?- Timmy non fu assolutamente turbato dalla domanda di Alex (il quale, per un momento, l’aveva giudicata fuori luogo) e rispose con tutta la semplicità di questo mondo. Si sedette sul suo letto rifatto da poco ed ondeggiò lentamente la gamba sinistra, avanti ed indietro. Timmy: -Sono capitato qui perché un Pokémon veleno mi ha iniettato il suo siero… mi ha punto, capisci?- Alex annuì. Probabile che il bambino fosse stato colpito da uno shock anafilattico. Non era raro di questi tempi.
Timmy: -Credo che sia accaduto a BoscoSmeraldo… sì, sì, è capitato lì! Sai, a me piace andare a trovare il Professor Oak! Ero sulla mia bici, spedito verso Smeraldopoli, come sempre del resto… all’improvviso vidi, sulla mia strada, un Pokémon svenuto! Era piccolo, dall’aspetto tranquillo e docile. Mi fermai per osservare se si muovesse, ma nessun movimento giunse ai miei occhi…- E se li additò con gli indici delle mani, con i polpastrelli sulle palpebre inferiori. Alex annuì.
Timmy: -Poiché non aveva intenzione di muoversi, decisi di raccoglierlo e di portarlo ad un centro Pokémon! Sfortuna volle che mi imbattei in un altro Pokémon, abbastanza arrabbiato! I Pokémon erano simili, ma quello che era arrivato dal fitto del sottobosco fu molto più grande di quello che era svenuto sulla strada. Indietreggiai, spaventato, verso la mia bici, ma appena mi voltai per fuggire, sentii qualcosa di freddo penetrarmi le gambe… sai, ero in pantaloncini!- Alex annuì ancora.
Timmy: -All’inizio non diedi peso alla faccenda, continuai a correre verso la bici, ma una volta raggiunta le mie gambe erano, come dire… intorpidite! Le toccavo con le mani, ma non le sentivo più! Iniziai a sentire freddo, quella sensazione era terribile e continuava a salire, colpendo anche la pancia, le braccia e la testa! Oh, poi quando mi sedetti a terra, quasi stordito, vidi le cosce. Erano violacee! Tanti piccoli puntini viola sulle mie gambe!- Alex iniziò a capire. Probabile che i Pokémon incontrati da Timmy fossero degli Spinarak e che l’attacco lanciato verso Timmy fosse il VelenoSpina.
Alex: -Questo, quando è accaduto?- Timmy non perse il suo sorriso spontaneo. Sembrava che l’accaduto non lo avesse assolutamente traumatizzato, anzi sembrava proprio che lo avesse divertito.
Timmy: -La stessa mattina in cui giunsi all’ospedale. Sai, è stata un’esperienza incredibile! Il corpo era immobile, non riuscivo neppure a muovere un muscolo! Sembrava che qualcuno mi avesse voluto addormentare con del sonnifero!- Alex non riuscì a trovare il lato divertente del racconto, come invece Timmy descriveva. Avere del veleno in corpo non era poi una cosa piacevole.
Alex: -Chi ti ha trovato in quello stato?- Timmy scosse la testa, chiudendo gli occhi, leggermente perplesso.
Timmy: -Ah, non saprei proprio. Una volta che mi fui destato, scopersi di essere sulla sedia a rotelle.- Il bambino riacquistò il sorriso ed addirittura si mise a ridere. La risata era genuina e naturale, non da spaccone, non triste, non esitante, non imbarazzata. Solo genuina e naturale.
Timmy: -Che storia! Ora capisco che cosa provano i Pokémon avvelenati!- Alex non lo avrebbe voluto sapere comunque. Non gli andava a genio rischiare di morire avvelenato. Quando, tempo fa, vide il suo Pidgey intossicato dal VelenoSpina di Weedle, era sicuro di aver perso la testa dalla disperazione. Fortuna che con lui ci fosse il saggio Ash, con un Antidoto a portata di mano. Proprio in quel momento la porta si aprì ed entrarono tre persone: i genitori di Timmy ed il dottore dal ventre gonfio, il quale ghermiva dei fogli. Tutti e tre stavano sorridendo, segno che nell’aria ci fossero buone notizie.
-Allegro, Timmy!- Il dottore era quello che sorrideva di più. Alex comprese immediatamente: Timmy stava per lasciare l’ospedale. Anche i genitori sembravano molto contenti e distesi. Il bambino scese dal letto ed andò ad abbracciare i suoi genitori, i quali lo aspettarono ginocchioni a braccia aperte.
-Le ultime analisi del sangue sono ottime! Ormai sei completamente guarito, piccolo. Stasera potrai lasciare l’ospedale, sei contento?- Il bambino annuì, felice come una pasqua. Anche Alex fu contento per Timmy, ma da un lato se ne dispiacque. Quella settimana passata con il suo nuovo amico era volata davvero troppo in fretta. I genitori si Timmy, frattanto, iniziarono a parlottare premurosamente con il loro figlioletto.
-Stasera andiamo a casa… ti preparerò il piatto che ti piace tanto!- Il bambino abbracciò la mamma. Quando c’era una grande occasione, la mamma preparava sempre il suo piatto preferito. Il papà invece aveva qualcosa nella mano destra. Qualcosa di sferico. -Indovina cosa ho nella mano!- Timmy si allontanò un poco dalla madre ed osservò perplesso l’oggetto rotondo che il padre teneva ben saldo in mano. Il palmo della mano era rivolto in giù, stringeva l’oggetto dalla base superiore. Il bambino riuscì soltanto ad intravedere un colore dell’oggetto in questione: il bianco. Timmy guardò suo padre perplesso, poi sua madre, i quali guardavano il loro figlio sorridenti.
Timmy: -Che cos’è?- L’uomo con la barba chiese a Timmy di allungare una mano, ben distesa. Timmy lo fece ed il padre consegnò il misterioso oggetto sferico sulla palma aperta del bambino. L’oggetto appariva freddo, metallico. Quando finalmente la mano del padre lasciò l’oggetto, Timmy comprese, ancora più contento. L’oggetto era una sfera Poké, ben pulita e lucidata. Splendeva infatti ai raggi del sole. Con occhi lucidi, Timmy guardò nuovamente i suoi genitori.
Timmy: -Ma… questa…- Il padre e la madre di Timmy annuirono. Timmy appoggiò la mano libera sulla base superiore della Poké Ball e non seppe contenere la sua gioia. Iniziò a lacrimare copiosamente, la sua voce era rotta da singhiozzi.
Timmy: -Questa Poké Ball… contiene un Pokémon…?- I genitori di Timmy annuirono ancora. Che colpo di fortuna, Timmy aveva guadagnato un Pokémon! Alex fu felice per il suo amichetto, era tutta la settimana che Timmy gli parlava di avere il desiderio di possedere un Pokémon tutto per sé.
-Vedi, abbiamo riflettuto parecchio sull’incidente avvenuto a BoscoSmeraldo… se tu avessi avuto un Pokémon, probabilmente non saresti stato attaccato! Hai studiato tanto su come diventare un buon allenatore di Pokémon… credo che questo, ora, appartenga a te!- Il bambino, piangendo come una fontana, abbracciò entrambi i suoi genitori. Se la memoria di Alex non lo tradiva, probabile che il Pokémon regalato a Timmy dai genitori fosse un Pokémon drago. Nulla vietava che fosse un Pokémon di altro genere, abbastanza facile da allevare. Timmy non stava più nella pelle per la curiosità, voleva assolutamente sapere quale Pokémon i suoi genitori gli avessero regalato. Un Pokémon forte? Intelligente? Simpatico? Grande? Multicolore? Di che genere? Volante? Veleno? Psico? Acqua? Le domande si susseguirono una dietro l’altra a ritmi febbrili, come se il piccolo Timmy non fosse padrone più del tempo materiale a sua disposizione. I genitori risero e, rialzandosi da terra, scossero la testa con faccia sorniona. Il padre di Timmy, l’uomo tutto barba e capelli, adorava tenere suo figlio sulle spine il più a lungo possibile. E lo fece anche in quel frangente.
-Perché non lo scopri tu stesso? Qui vicino c’è un campo di allenamento per Pokémon, datti una mossa e vai a conoscere il tuo nuovo amico!- Timmy non se lo fece ripetere due volte. Con le ali ai piedi, corse verso la porta. Quando però raggiunse il vano d’uscita per il corridoio si arrestò. Si volse, con occhi sbarrati, ed osservò il dottore dal ventre gonfio. Il dottor Rufus osservò a sua volta perplesso il bambino, il quale teneva con entrambe le mani la sfera Poké lucente.
Timmy: -Dottore, Alex può venire con me? Può accompagnarmi?- Alex, seduto sul letto, rimase sorpreso dalla richiesta del suo amichetto. Chissà perché Timmy voleva che lo accompagnasse di sotto. Forse voleva che gli insegnasse qualcosa sui primi concetti d’amicizia sui Pokémon. Che buffo, Alex che doveva insegnare qualcosa sui Pokémon a Timmy! Proprio lui, forse ancora più esperto di Alex stesso! Il dottore fece per aprire bocca, ma dietro Timmy si prolificò un’ombra di medie dimensioni. Gli occhi del dottore si alzarono verso quell’ombra e Timmy, non sentendosi più osservato, si voltò verso quell’oscura presenza. Dietro di lui c’era un ragazzo dai capelli neri e dal sorriso disteso, dal gilet nero e accompagnato da un Pikachu. Ma sì, era Ash Ketchum! Timmy sorrise a bocca aperta quando incontrò lo sguardo del Master dei Pokémon.
Timmy: -Ash! Che bello vederti!- L’allenatore contraccambiò al sorriso del bambino ed entrò nella stanza. Ash salutò tutti i presenti nella stanza con educazione e, con passo deciso, senza perdere altro tempo, si avvicinò verso Alex. Il ragazzo con gli occhiali osservò il suo maestro con perplessità.
Alex: -Ash, che succede?- L’allenatore sorrise e, senza troppi preamboli e tentennamenti, prelevò dalla tasca dei suoi pantaloni una sfera Poké. Alex strabuzzò gli occhi nel scoprire che quella sfera Poké, luccicante e pregevole alla vista, appartenesse proprio a lui. Ash porse la Poké Ball ad Alex, il quale l’afferrò senza pensarci troppo. Il sorriso di Ash sembrava molto tranquillo e rassicurò molto Alex.
Ash: -Ti starai domandando perché io sia venuto fino qui per recarti questa Poké Ball… ebbene, ti dirò che poco tempo fa, siamo andati al centro Medico per Pokémon, per controllare lo stato di salute dei tuoi Pokémon…- Alex annuì, drizzando le orecchie come un segugio. Timmy si interessò immediatamente al racconto di Ash e si avvicinò di soppiatto, con anch’egli le orecchie bene aperte.
Ash: -I tuoi Pokémon smaniavano per rivederti! Sembrava che stessero per impazzire, continuavano a chiedermi di farli uscire da quella stanza per ricongiungerli a te!- Le parole di Ash erano tutto miele per le orecchie di Alex. I suoi Pokémon addirittura smaniavano per tornare dal loro allenatore? Quasi il ragazzo con gli occhiali non ci credé. Ash annuì, sorridendo a denti stretti, e Pikachu continuò il discorso. Timmy non poté ascoltare il discorso di Pikachu, poiché non era stato sottoposto all’influsso radiofonico del Pokémon Traduttore del Professor Oak.
Pikachu: -Purtroppo solo uno ha potuto lasciare l’ospedale, poiché gli altri due avevano bisogno di completare le analisi! L’unico Pokémon che ha lasciato il centro Medico è in piena forma, pronto per tornare ad allenarsi!- Le parole di Pikachu bastarono per far tornare il buonumore all’assistente del Professor Oak. Il dilemma di Alex era basato unicamente su un unico quesito: la fiducia dei Pokémon. Se lo stesso Ash gli aveva confermato che Dratini, Pidgey e Weedle avevano piena fiducia nel suo allenatore, vuol dire che era tutto vero. Inutile perdere tempo in mugugni, era invece tempo di tornare ad allenarsi. Alex afferrò le stampelle, si alzò dal letto ancora una volta, aiutato gentilmente dal suo maestro, e si avvicinò a Timmy, il quale serrava ben stretta tra le mani la sua splendida Poké Ball. I due si scambiarono un sorriso d’intesa ed osservarono entrambi il dottor Rufus, il quale aveva già compreso la domanda ancora prima che i due ragazzi potessero dire qualunque cosa.
-Scendete al piano terra, proseguite lungo il corridoio. L’ultima porta, quella verde, conduce al parco degli allenamenti. Mi raccomando, non stancatevi troppo!- Timmy fu molto felice di avere Alex al suo fianco. Non vedeva l’ora di sapere quale Pokémon ci fosse all’interno della sfera Poké. Chissà, un Pokémon d’acqua? Oppure uno di fuoco? Addirittura un Pokémon roccia? Timmy addirittura pestava i piedi in terra dall’impazienza e, guardando tutti i presenti nella stanza, iniziò ad avviarsi verso la porta d’uscita della camera.
Timmy: -Dai, dai, dai, non perdiamo altro tempo! Alex, io ti precedo! Ash, vieni con noi? Vorrei che assistessi all’allenamento!- Senza concedere il tempo al campione di Pokémon di rispondere, il bambino era già fuori della stanza. I signori Prowse risero serenamente e scossero la testa entrambi.
-Oh! Oh! Oh! Il nostro Timmy ha riacquistato tutto il suo brio! Vero, cara?- La signora dal foulard rosso in testa ridacchiò ed annuì garbatamente con il capo.
-Oh sì! È proprio bello riavere il nostro piccino!- Raccomandando l’incolumità di Timmy ad Alex e ad Ash, i signori Prowse poterono dunque lasciare l’ospedale con tranquillità. Anche il dottor Rufus si congedò dai due ragazzi e tutti e tre lasciarono la stanza silenziosamente. Quando furono soli, Ash ed Alex si osservarono in volto, sorridendo.
Ash: -Allora, vogliamo andare?- Alex annuì e non se lo fece ripetere due volte. Con lieve difficoltà, Alex si aiutò con le stampelle ed insieme lasciarono la stanza, chiudendola a chiave.

Ash Ketchum e Alex Blake, dopo una decina di minuti di tragitto, raggiunsero finalmente il parco d’allenamenti, sul retro dell’ospedale. Era formato così: di forma rettangolare, 170 metri di lunghezza per novanta di larghezza, erano presenti quattro campi d’allenamento per Pokémon in terra battuta, immersi questi ultimi nel verde più totale. Erano presenti, sulla sinistra, alcuni intrattenimenti per bambini piccoli, quali l’altalena, il girello e le pertiche di corda. Alla destra era presente il parco vero e proprio per coloro che desideravano camminare in un sentiero lastricato di recente. Erano presenti infatti diverse panchine lungo quel percorso che conduceva chissà dove. Dalla porta dell’ospedale non fu possibile scorgere la fine, perché il sentiero aveva una pendenza del 5% verso l’alto. Al centro del parco, l’oggetto d’interesse dei due ragazzi, erano presenti i campi d’allenamento. Videro in uno di essi il piccolo Timmy in compagnia di un Pokémon minuscolo, razza indecifrabile da quella distanza. I due ragazzi si avvicinarono al campo d’allenamento e finalmente compresero chi fosse il Pokémon che i genitori di Timmy ebbero consegnato al loro figlio: un Caterpie. Timmy non si accorse della presenza dei suoi amici, poiché era assorto nella lettura di un messaggio scritto a mano. Quando finalmente ebbe terminato di leggere, Timmy alzò lo sguardo verso i suoi amici e sorrise loro.
Timmy: -Finalmente siete arrivati!- Ash e Alex osservarono a lungo il piccolo Caterpie: intorno al collo del Pokémon bruco era presente una sorta di cordicella rossa, molto probabile che una volta reggesse la lettera che Timmy stava leggendo in quel momento. Timmy sembrava molto contento del Pokémon ricevuto e, ridendo, faceva svolazzare la lettera davanti ai nasi dei due ragazzi appena giunti.
Timmy: -Guardate! Leggete, su!- Ash prese la lettera e lesse la lettera ad alta voce, così che Pikachu e Alex potessero ascoltare attentamente. La lettera era abbastanza breve, di calligrafia ordinata e ben visibile, molto probabile che fosse stata redatta da uno scrittore incallito.
Carissimo Timmy,
io e la mamma ti abbiamo voluto regalare questo esemplare di Caterpie femmina per il motivo che sai già. Ormai hai sette anni, l’anno prossimo potrai a tutti gli effetti frequentare la scuola per Pokémon. A dieci potrai iniziare il tuo viaggio di formazione per diventare l’allenatore di Pokémon più forte al mondo.
E pensare che tutto è accaduto così in fretta… il nostro Timmy sta crescendo, è doveroso che i suoi genitori si diano da fare per aiutarlo nella crescita, nella cultura e nei suoi sogni!
Da ora in poi, questa Caterpie è di tua proprietà. Dalle il nome che più ti aggrada, fai amicizia con lei, trattala bene e dalle sempre da mangiare. Questo è un test di maturità, Timmy! Non prendere l’evento sottogamba!
Ti auguriamo tanta felicità e un radioso futuro.
Mamma e papà
”. Una volta che la lettera fu letta Timmy la piegò con cura diligente, sfiorando quasi livelli maniacali, e la inserì in una delle sue tasche dei pantaloncini. La lettera aveva causato molti sospiri in Alex. Facile da prevedersi, quella lettera avrebbe fatto commuovere anche il più arcigno dei cuori di pietra. Ash, però, non considerò il lato sentimentale della lettera. Enfatizzò invece la grande responsabilità che i genitori di Timmy avevano assegnato al loro figliolo ed iniziò immediatamente il suo ampio discorso al bambino, il quale teneva in braccio il Caterpie femmina. Il Pokémon bruco sembrava abbastanza soddisfatto tra le braccia del suo nuovo allenatore.
Ash: -Per prima cosa, Timmy, dovrai stabilire un nome per il tuo Pokémon. Sai, dare dei nomi ai Pokémon è molto carino! Una volta che hai deciso quel nome, il Pokémon lo porterà sempre con sé!- Timmy accettò il consiglio del maestro di Alex ed iniziò a riflettere su un nome da poter dare alla sua nuova amica. I suoi occhi iniziarono a brillare quando finalmente trovò l’ispirazione.
Timmy: -Ci sono! La chiamerò… Susy!- Il Pokémon bruco sembrava apprezzare il nome fin già da subito e, in men che non si dica, il nome per il Pokémon fu deciso. Timmy e Susy iniziarono a giocare per il campo d’allenamento, rincorrendosi a vicenda, saltando, ballando, gridando e ridendo. I due nuovi amici sembravano che si fossero immediatamente affiatati l’uno con l’altro e Alex fece notare questo dettaglio ad Ash.
Alex: -Sembra proprio che Timmy ci sappia fare con i Pokémon! Credo che, nel giro di pochi anni, diventerà un ottimo allenatore!- L’allenatore di Pokémon più forte al mondo annuì, sorridendo. Pikachu fu così entusiasta nell’osservare i due amici che giocavano che decise, di sua spontanea volontà, di unirsi ai passatempi di Timmy e di Susy. Il Pokémon elettrico fu subito bene accolto dal Pokémon bruco e tutti e tre giocarono spensieratamente. Ash e Alex rimasero ad osservarli per un bel pezzo, contenti nel constatare che tutti i loro amici si stessero divertendo in un luogo così triste quale era l’ospedale.
Altre persone, a quell’ora del pomeriggio, non ce n’erano. Probabile che fossero tutti a pranzo: l’orologio da polso di metallo di Alex parlava chiaro. Era mezzogiorno spaccato. Anche lo stomaco di Ash Ketchum confermava che fossero le dodici suonate, borbottava che era un piacere. I due ragazzi ridacchiarono, poi decisero all’unanimità di richiamare i loro amichetti e di risalire in stanza per il pranzo. Timmy, Pikachu e Susy si avvicinarono ai ragazzi ma il piccolo Prowse non sembrava affatto d’accordo della proposta lanciata dal maestro di Pokémon.
Timmy: -Uffa, ma è proprio necessario salire ora? Non potremmo restare ancora un po’? Il cielo è magnifico, c’è un tepore niente male, non c’è quasi nessuno in giro e…- Le proteste di Timmy, però, non ottennero il risultato sperato. Ash fu irremovibile, potevi discutere con lui su tutto, ma non potevi assolutamente azzardarti a protestare quando in ballo c’era un pasto. Ash, infatti, riservò uno sguardo abbastanza duro verso il bambino, il quale cedette immediatamente e fece scendere Susy dalle sue braccia. Sbuffando vistosamente, Timmy afferrò la sfera Poké lucente del suo Caterpie e la puntò, con braccio disteso, verso Susy.
Timmy: -Va bene, ho capito! Susy, ora ritorna…- Non riuscì a terminare la frase, perché proprio sotto ai piedi di Susy iniziò ad estendersi una crepa di medie dimensioni. Ash, Alex, Pikachu e Timmy osservarono stupiti la crepa formatasi in pochi secondi: che cosa stava succedendo alla pavimentazione naturale di uno dei campi di allenamento del parco dell’ospedale? Qualche smottamento imprevisto? Ash iniziò immediatamente a collegare la crepa inaspettata ad un probabile attacco del Team Rocket. Di solito, prima che lui ed i suoi amici cascassero in una delle solite voragini create dai membri dell’organizzazione criminale, il terreno si sbrindellava, si frantumava ed infine cedeva sotto ai piedi dei ragazzi. In quel momento stava succedendo la stessa cosa al Caterpie di Timmy. Ash, d’istinto, alzò lo sguardo verso al cielo, aspettandosi di trovare la mongolfiera a forma di Meowth del Team Rocket nei paraggi. Con sua somma sorpresa, il Team Rocket non stava girovagando tra i cieli della regione di Kanto. A richiamare la sua attenzione fu Alex, il quale strattonò il suo maestro per il gilet.
Alex: -Ash! Guarda! Il terreno…!- Ash riabbassò lo sguardo ed osservò incredulo il terreno sollevarsi, come una piccola montagna di terra. Susy era proprio in cima a questa mini montagna, altezza all’incirca trenta centimetri. Il cumulo di terra continuava a crescere e Timmy, con gli occhi sbarrati, osservava passivamente quello che stava accadendo. Alex notò che Timmy stava lì, con il braccio sospeso, a fissare lo spettacolo che sarebbe potuto diventare molto pericoloso. Il ragazzo con gli occhiali chiamò a gran voce il suo amichetto, tanto per dargli la sveglia.
Alex: -Timmy! Che cosa stai aspettando, sbrigati!- Timmy, scossosi grazie alla voce di Alex, non perse ulteriore tempo e puntò nuovamente la sfera Poké luccicante verso il suo Pokémon coleottero.
Timmy: -SUSY! RITORNA NELLA…- Non riuscì a richiamare in tempo il suo Pokémon. Una piccola esplosione, infatti, aveva fatto saltare in aria la povera Susy. Ash, Pikachu, Alex e Timmy spalancarono gli occhi stupefatti quando finalmente iniziarono a comprendere che cosa avesse potuto creare quella piccola montagna di terra: un Pokémon, da sotto il suolo, aveva creato un cunicolo e l’emersione, forse per dispetto, era localizzata proprio sotto Caterpie. Era un attacco Fossa in tutta regola. Susy, intanto, stava rotolando via, colpita con violenza dall’attacco Fossa di quel Pokémon… ma di che Pokémon si trattava? Ancora sporco di terra, finalmente Ash riconobbe il colpevole: statura bassa, tozzo, di colore viola e dalle lunghe foglie verdi, filiformi, come foglia. Quel Pokémon era un Oddish, senza alcun dubbio. Timmy non si preoccupò affatto di analizzare la natura del responsabile dell’attacco Fossa, infatti il bambino stava correndo incontro al suo Pokémon, finalmente fermatosi in mezzo al campo di combattimento. Mentre Timmy si allontanava verso il suo Pokémon, Alex analizzò il Pokémon appena sbucato dal terreno con il suo PokéDex.
Oddish, Pokémon Malerba. Gira di notte, svegliandosi con la luce lunare. Di giorno se ne sta tranquillamente sottoterra”. L’Oddish che Ash e Alex si trovavano davanti era l’eccezione che confermava la regola. A mezzogiorno spaccato, con il sole brillante ed accecante, un Oddish sbuca fuori dal terreno, colpendo volontariamente il Caterpie di Timmy. Ash osservò perplesso il Pokémon d’erba appena giunto e scoprì con irritazione che il Pokémon si stava dirigendo verso Timmy inginocchiato a terra. Sul volto del Pokémon, infatti, era comparso un sorrisetto piuttosto strano. Ciò fece presagire al Master dei Pokémon che Oddish voleva colpire ancora Caterpie. Ash seguì Oddish con lo sguardo nel suo trotto moderato e si sbalordì quando non riuscì più a vederlo. Oddish si era nuovamente inabissato nel terreno. Davvero strano che un Oddish così piccolo fosse così veloce e conoscesse l’attacco Fossa.
Ash: -TIMMY! STAI ATTENTO!- Ash e Alex erano distanti almeno una trentina di metri dal loro amichetto. Timmy si voltò stupito verso Ash, ma non riuscì neanche ad alzarsi che il terreno iniziò nuovamente a tremare leggermente. Sotto ai piedi di Timmy, Oddish venne fuori e colpì il bambino con violenza. La potenza del colpo subito fu tale che sia Timmy che Susy volarono letteralmente via dal punto in cui Oddish era nuovamente apparso. Ash, Pikachu e Alex inclinarono la testa all’indietro e videro Timmy librarsi in aria per qualche tempo. L’altezza raggiunta non poteva fare altro che far sfracellare al suolo il ragazzino. Alex non rimase lì a riflettere più di tanto: gettò lontano la stampella sinistra, con la mano libera afferrò la sfera Poké consegnata da Ash qualche tempo prima e la lanciò davanti a sé. Il Pokémon che si materializzò davanti a lui era Weedle. Alex ordinò subito al Pokémon coleottero di avvolgere Timmy e Susy con vari strati di bava, per attutire la caduta. Weedle non se lo fece ripetere: utilizzando l’attacco Millebave, Weedle avvolse quasi completamente i due personaggi come un sudario che stavano precipitando al suolo. L’idea di Alex si rivelò fortunatamente buona: l’ovatta creata dall’attacco Millebave si comportò come ammortizzatore e, quando Timmy e Susy cascarono in terra, non si fecero alcun male. Ribalzarono per tre volte, poi si fermarono un poco distante dai due ragazzi. Ash e Alex notarono con molto stupore che Timmy e Susy, invece di essere spaventati per quello che era appena accaduto, se la stavano ridendo della grossa.
Alex: “Possibile che quel bambino non abbia paura di nulla?” Mentre Alex si domandava sul perché Timmy prendesse tutto così alla leggera, Ash Ketchum passo all’azione e ordinò a Pikachu di tagliare di netto la bambagia creata dal Millebave di Weedle, che avvolgeva ancora Timmy ed il suo Caterpie. Con uno scatto fulmineo, il topo elettrico fu a pochi passi dai prigionieri dell’ovatta e, con un salto avvitato in avanti, Pikachu si librò in aria e la sua coda iniziò a brillare. La coda argentata del Pokémon elettro funzionò come un temperino affilatissimo e, in men che non si dica, Timmy e Susy furono liberati. Timmy era in preda ad una frenesia incontrollabile mentre si accingeva a rialzarsi. I suoi occhi brillavano di gioia immensa, le sue mani erano strette in pugni ed il suo sorriso partiva da un orecchio e finiva all’altro.
Timmy: -Uao! Uao, uao, uao!!! Che forza quel Pokémon! È troppo tosto, lo voglio! Voglio che sia il mio primo Pokémon catturato!- Oddish, nel frattempo, si era nuovamente inabissato nel terreno, con tutta probabilità di colpire i suoi nemici dal di sotto. Ash avvertì il ragazzino del pericolo imminente, ma trovò Timmy particolarmente attento. Il bambino, infatti, stava perlustrando il terreno circostante con gli occhi e anche Susy stava facendo di ugual maniera. Alex riuscì ad intravedere nuove crepe nel suolo, proprio nel punto in cui il Caterpie di Timmy poggiava i piedi. Indicò il punto con foga e tutti quanti osservarono il luogo additato da Alex con sorpresa.
Alex: -Eccolo! Sta tornando!- Oddish stava nuovamente attaccando Susy dal sottosuolo, ma Timmy non si lasciò buggerare un’altra volta. Ordinò al suo Pokémon di rotolare all’indietro, appallottolando il suo corpo come fosse un armadillo. Caterpie, divenuto una piccola palla, indietreggiò abbastanza velocemente da poter evitare con successo l’attacco insidioso di Oddish. Quando Susy finalmente poté fermarsi, Timmy ordinò al suo Pokémon di lanciarsi in un attacco Azione. Susy strisciò con velocità inaspettata verso Oddish, ma proprio nell’istante in cui Susy stava per colpire Oddish in pieno volto, quel dispettoso di un Pokémon erba si scansò all’ultimo momento. La povera Susy, non aspettandosi assolutamente uno sgarbo del genere da parte del suo avversario, si sbilanciò troppo in avanti e andò a finire faccia a terra, scivolando sul terreno per qualche metro. Ora era Oddish a correre velocemente verso Susy ancora a terra, lanciato probabilmente con un attacco Azione. Ash avvertì Timmy del rischio che il suo Caterpie stava correndo, e il bambino cercò di incitare il suo Pokémon a rialzarsi.
Timmy: -Susy, coraggio! Alzati, ti prego!- Il Caterpie di Timmy si era sì alzato, però ci aveva impiegato troppo tempo nel farlo. Oddish approfittò del momento confusionale del suo avversario per colpirlo con tutte le sue forze. Susy rotolò nuovamente sul terreno di battaglia ed andò a capottare a diversi metri di distanza dall’attacco subito. Quell’attacco Azione doveva fare molto male.
La battaglia stava volgendo al peggio per il Pokémon di Timmy. Il maestro di Pokémon, vista la situazione, consigliò al bambino di richiamare Susy nella sua sfera Poké, perché aveva già subito troppi danni. Timmy non era d’accordo sul fatto di ammettere la sconfitta al suo primo match, però Susy era conciata davvero male. La sua Caterpie aveva svolto un ottimo lavoro contro quell’Oddish. Timmy osservò il Pokémon erba e notò con rabbia che stava facendo le pernacchie al Pokémon disteso in terra. Quell’affronto non poteva essere tollerato. Il bambino vide che Susy si era nuovamente rialzata, seppure con qualche difficoltà, e riprese coraggio. L’affronto di Oddish verso il Pokémon disteso a terra non poteva essere accettato. Timmy chiese direttamente a Susy se fosse in grado di proseguire la battaglia, e la sua Caterpie annuì con il capo. Anch’ella era risentita per la presa in giro ed entrambi, allenatore e Pokémon, erano pronti per riprendere la battaglia. Ash rimase perplesso della decisione presa da Timmy e glielo disse chiaramente.
Ash: -Timmy, sei sicuro di voler continuare?- Timmy Prowse, in quel momento, stava dando le spalle ad Ash e Alex. Voltò la testa su una spalla per guardare il maestro di Pokémon di sbieco e gli riservò uno sguardo piuttosto duro.
Timmy: -Sì! Io voglio catturare quell’Oddish!- Ash aggrottò leggermente le sopracciglia. Pikachu, invece, era entusiasta della decisione presa dal piccolo Prowse e con rinnovata vivacità saltò sulla spalla del suo allenatore.
Ash: -Ma non possiedi neanche delle Poké Ball per catturare quel Pokémon!- Timmy tornò a guardare davanti a sé. Davanti a lui c’era sempre quell’irriverente Pokémon erba, il quale stava sogghignando perché il suo avversario non aveva Poké Ball per catturarlo. Con una certa fatica, Alex si avvicinò al suo amichetto. Mentre zoppicava, l’assistente del Professor Oak parlò al bambino.
Alex: -Aspetta… io avrei ancora qualche Poké Ball… ma ne ho davvero poche…- Riuscì finalmente ad arrivare al fianco sinistro di Timmy. Il bambino osservò il suo amico perplesso e notò che nella mano libera stava stringendo qualcosa. Timmy comprese infine che dentro la mano sinistra di Alex c’erano due Poké Ball rimpicciolite. Alzò lo sguardo fino ad incontrare i suoi occhi. Alex stava sorridendo leggermente e non distolse gli occhi dai suoi.
Alex: -Ti darò una Poké Ball…- Timmy stava già per allungare il braccio verso la mano che agguantava le sfere Poké, però l’allievo di Ash allontanò a sua volta la mano dal raggio d’azione di Timmy. Il bambino mutò espressione in viso, dapprima meravigliata e contenta, ora arrabbiata e stupita.
Alex: -…a patto però che combattiamo insieme! Quell’Oddish è troppo forte per te, sarà meglio che Susy combatta insieme a Weedle!- L’idea di combattere due contro uno, contro quel dispettoso di un Oddish non piacque affatto a Timmy. Il bambino si voltò completamente verso Ash, il quale stava sorridendo. A quanto parve, al maestro di Pokémon l’idea interessava.
Ash: -Io sono d’accordo con Alex! Timmy, è la tua prima battaglia, non lasciarti sfuggire l’occasione! Con Alex sei in buone mani!- Se lo diceva Ash, voleva dire che Alex era parecchio forte. Timmy non mise in dubbio la bravura del suo amico, però avrebbe voluto catturare Oddish da solo, con la sua Susy. Si voltò verso il Pokémon selvatico e volle discutere su questo evento che non gli piaceva per niente. Non riuscì comunque neanche ad aprire bocca, perché Alex era già partito all’attacco con il suo Weedle, rimasto ancora lì in attesa di ordini.
Alex: -Weedle, attacco Millebave su Oddish!- Il Pokémon bruco lanciò la sua potente ragnatela verso Oddish, però il Pokémon erba non si lasciò intimidire da quell’attacco improvviso. Con una velocità inaspettata, Oddish si inabissò nuovamente nel terreno e scomparve alla vista dei due allenatori che in quel momento stavano combattendo. Timmy si guardò attorno, spaesato, alla ricerca di ogni possibile indizio perché potesse identificare il punto di riemersione di Oddish. Alex non perse la testa e attese in silenzio il ritorno di Oddish, il quale si mostrò proprio sotto ai piedi di Weedle. Weedle si fece trovare pronto: aveva evitato l’attacco con successo e con uno scatto rapidissimo colpì in pieno Oddish con un Velenospina. Oddish, a causa del colpo subito dall’aculeo del Pokémon di Alex, venne allontanato abbastanza violentemente e strisciò con i piedi sul terreno per diversi metri alla destra dei due allenatori. Con sorpresa di Alex, Oddish parve non avere subito danni rilevanti. Ash aveva già capito perché Oddish non avesse accusato il colpo e lo disse chiaramente ai due ragazzi.
Ash: -Vi ricordo che Oddish è un tipo veleno, oltre ad erba! Logico che un Velenospina non abbia arrecato chissà quanti danni al vostro avversario!- Timmy, ascoltata con attenzione la predica del Master dei Pokémon, passò egli stesso all’attacco. Chiese a Susy di colpire Oddish alle spalle con un attacco Azione, e l’attacco ebbe successo. Oddish, in quel mentre, doveva ancora riprendersi dalla sorpresa di quell’attacco inaspettato da parte di Weedle. La botta ricevuta alle spalle da Susy, poi, risultò devastante. Oddish cadde in avanti, trascinandosi ancora sul terreno per qualche metro. Timmy non attese oltre, riflettendo che quello fosse il momento più adatto per catturare Oddish. Prese dalla mano di Alex una delle due sfere Poké e, con una certa disinvoltura, la ingrandì toccandola con un dito nel cerchio bianco situato nel centro della linea nera che separava nettamente la parte rossa da quella bianca. Non ebbe neanche il tempo di lanciarla che Oddish era già in piedi ed aveva colpito con un attacco Azione sia Weedle che Susy. Entrambi i Pokémon coleottero caddero a terra, storditi dall’attacco a sorpresa. Timmy si spaventò parecchio nel vedere Susy a terra e anche Alex vedendo il suo Weedle sdraiato. Ancora una volta, Oddish si tuffò nel terreno come potrebbe fare unicamente un coniglio e scomparve nuovamente nel terreno. Un altro Attacco Fossa avrebbe potuto concludere il match e gli sconfitti sarebbero stati Timmy ed Alex. Il bambino tornò a guardarsi intorno, quasi spaventato. Se Susy e Weedle non fossero stati in grado di alzarsi dal punto in cui si trovavano in quel momento, Oddish li avrebbe colpiti senza alcuna pietà.
Timmy: -Alex… cosa facciamo?- Alex sorrise, scotendo leggermente la testa. Notò che Weedle si stava già rialzando e che anche Susy si stava levando da terra. Timmy lo guardò ancora, leggermente intimorito per come stessero andando le cose.
Timmy: -Hai in mente qualcosa?- Il ragazzo con gli occhiali annuì. I due Pokémon, fortunatamente, erano in piedi.
Alex: -Dobbiamo distrarre Oddish…- Timmy rimase un momento in silenzio. Che cosa voleva intendere Alex con “distrarre”? Oddish era sotto il suolo calpestato, come si poteva distrarre un Pokémon quando questo è nelle viscere della terra? Anche Ash espresse il suo dubbio ad Alex e l’assistente del Professor Oak, continuando a sorridere, ordinò a Weedle di muoversi il più velocemente possibile. A zigzag, in linea retta, a semicerchio, a grandi falcate, a piccoli passetti, non importava come, ma l’importante era muoversi. Alex consigliò a Timmy di fare lo stesso con Susy e il bambino, per nulla convinto della decisione dell’allievo di Ash, iniziò ad ordinare a Susy di camminare speditamente sul campo di battaglia. In questo modo, Weedle e Susy iniziarono a strisciare velocemente sul pavimento di terra battuta, indirizzandosi verso tutte le direzioni, senza una meta precisa. Il più delle volte i due Pokémon si incrociavano nel loro cammino, deviando di tanto in tanto il percorso verso un’altra direzione inaspettata. L’idea di Alex non sembrava così geniale secondo Timmy. Oddish poteva comunque colpire i due Pokémon da sotto terra in qualsiasi istante. I fatti però smentirono ben presto il bambino: Oddish, confuso dai continui spostamenti veloci dei due Pokémon, affiorò dal terreno in un punto ben lontano dalla retta di passaggio dei due Pokémon coleottero ed i movimenti del Pokémon avversario sembravano quelli di un ubriaco. Nuovamente corroborato dal momento propizio, Timmy ordinò a Susy di lanciarsi in un attacco Azione contro Oddish. L’attacco andò ancora una volta a segno e Alex terminò il combattimento con un potente attacco Millebave di Weedle. Oddish, mezzo stordito dalle percosse e completamente immobilizzato dall’ovatta, era ormai alla mercè più totale del giovane Prowse. Timmy guardò di sfuggita prima Alex, poi Ash. Entrambi annuirono sorridendo: era il momento buono per lanciare la sfera Poké. Timmy, con un poco di emozione nel corpo, scagliò con foga la Poké ball davanti a sé con la mano destra, come se fosse una pallina da baseball. La sfera Poké eseguì un volo molto preciso, senza sbavature, verso l’obiettivo Pokémon. La sfera bianca e rossa colpì con un tocco Oddish ed il Pokémon erba ben presto scomparve nella sfera Poké in un bagliore rosso accecante. La Poké Ball cadde sul terreno ed iniziò a muoversi, quasi impazzita, dondolando a destra e a sinistra. Ash, Pikachu, Timmy, Alex, Weedle e Susy focalizzarono la loro attenzione sul cerchio bianco della sfera Poké: in quel momento lampeggiava di un colore rosso sinistro, segno che Oddish ancora resisteva alla cattura. Timmy stringeva i pugni convulsamente e digrignava i denti, emozionantissimo. Se la cattura fosse andata in porto, cosa che il bambino si augurava più che mai, il merito spettava alla sua Susy ed al Weedle di Alex. Insieme avevano formato una coppia fenomenale, gli attacchi uno-due risultarono molto efficaci contro quel Pokémon impertinente.
La Poké Ball continuava a danzare sul campo di battaglia. Ash strabuzzò gli occhi impressionato: quell’Oddish lottava come un toro scatenato, resisteva ad oltranza già da più di dieci secondi. La luce rossa sul cerchio bianco, però, sentenziava un epilogo molto lieto per Timmy: lentamente la vivacità della luce rossa andava scemando ed i movimenti della sfera Poké rallentandosi. Finalmente, dopo qualche secondo di totale apnea, la sfera Poké placò i suoi movimenti convulsi e la luce rossa si spense del tutto. Tutti e tre i ragazzi rimasero immobili, attendendo chissà quale evento manifestarsi davanti ai loro occhi. Nulla però si era mosso in quel momento, tranne il sole che si era spostato di parecchio dalla sua posizione originaria. Alex controllò l’orologio di sfuggita: erano le due spaccate. Due ore per catturare un Oddish! Catturare? Qualcuno ha detto catturare? Timmy aveva sentito questa parola, ed infatti non nascose la sua felicità per l’evento fortunato. Spiccò un salto verso l’alto e si precipitò verso la sua Susy, la quale si lasciò afferrare ed abbracciare come fosse un pupazzo venerato. Timmy si era inginocchiato per poter abbracciare il Pokémon coleottero.
Timmy: -Susy!! Ce l’abbiamo fatta! Abbiamo vinto!- Ash e Alex si avvicinarono e porsero le loro congratulazioni al ragazzino. Pikachu si complimentò con Weedle e gli fece notare quanto fosse migliorato nei suoi attacchi.
Ash: -Bravissimo! Sapevo che ce l’avresti fatta! L’avevo già letto nei tuoi occhi: l’ardore che brucia dentro di te ti farà fare molta strada!- Alex annuì, sorridendo.
Alex: -Proprio vero! Hai delle qualità spiccate per un allenatore! Catturare un Pokémon al primo colpo non è cosa da tutti!- Timmy si alzò da terra e riacquistò il suo sorriso spontaneo e genuino.
Timmy: -Non ce l’avrei mai fatta senza di voi! Questa è stata la giornata più bella ed emozionante della mia vita!- In quel mentre, però, una voce nota ai ragazzi stava richiamando a gran voce Ash e Alex. I due ragazzi si voltarono verso la fonte di quella voce e notarono che a chiamarli era stato Brock Peters. L'ex capopalestra di Plumbeopoli aveva raggiunto i suoi amici nel parco dell'ospedale e sembrava abbastanza agitato. Ash lo osservò perplesso.
Brock: -Ash, Alex, finalmente! E' da più di un'ora che vi sto cercando! Che fine avete fatto? La porta della stanza è chiusa, ho bussato più volte ma non mi ha risposto nessuno!- Ash ridacchiò un poco imbarazzato. Nella furia della lotta il tempo era volato e l'allenatore di Pokémon più forte al mondo si era dimenticato di appiccicare un foglietto di avvertimento sulla porta. Mise una mano dietro la testa e l'altra sul fianco.
Ash: -Ops! Eh eh eh... sai com'è, quando c'è di mezzo un allenamento, io sono irreperibile!- Brock scosse la testa e rise quando udì gli stomaci dei ragazzi brontolare come fossero dei leoni infuriati.
Brock: -Addirittura irreperibile all'ora di pranzo? Non è da te, Ash!- Il Master dei Pokémon esplose in una fragorosa risata e, accompagnato dai suoi amici, si diresse verso l'ospedale.
Ash: -Pazienza! Mi rifarò a cena!- Alex ridacchiò e non poté fare a meno di lanciare una piccola frecciatina al suo maestro.
Alex: -Lasciaci almeno qualcosa, conoscendoti non rimarrà nulla per noi!- Finalmente raggiunsero le porte sul retro dell'ospedale di Celestopoli e rientrarono nell'edificio, per poi risalire alla camera di degenza di Timmy e di Alex.

Bene! Anche questo capitolo è concluso. Ci auguriamo che Alex guarisca presto e che venga dimesso senza problemi, per poi continuare il suo viaggio di formazione insieme ai suoi amici! Alla prossima, ciaoooooo! ^__^

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Capitolo 25
*** 23 - Paura notturna ***


Riassunto del capitolo precedente...
Alex, ricoverato nell'ospedale di Celestopoli, ha conosciuto il vivace Timmy Prowse, figlio di una coppia di genitori a cui piacciono molto i Pokémon drago! Alex ha aiutato inoltre il giovane Timmy a socializzare con il suo nuovo Pokémon, un Caterpie di nome Susy, ed a catturare il suo primo Pokémon, un Oddish!


Quella sera, nella stanza 715 dell’ospedale di Celestopoli si erano riuniti tutti gli amici per salutare il piccolo Timmy, ormai completamente ristabilito dallo shock anafilattico contratto la settimana precedente. Erano presenti Ash, Brock, Misty, Laura, i genitori di Timmy e incredibilmente anche Gary. Il nipote del Professor Oak, più che altro, era giunto in serata per sincerarsi sullo stato di salute di Alex. Non disdegnò comunque il piccolo Prowsie, il quale non perse tempo per raccontare al ricercatore di Pokémon la cattura del suo primo Pokémon. Gary rimase letteralmente di sasso quando venne a sapere che il contributo alla cattura di Oddish l’aveva dato nientemeno che Alex, ancora malfermo sulle sue stesse gambe.
Gary: -Sei sicuro di quello che dici, Timmy?- Il bambino annuì, sorridendo. Alex si era sdraiato sul letto, sopra le coperte, e andava lamentandosi di qualche strano dolore alle articolazioni. Lo strapazzo del pomeriggio lo aveva sfiancato non poco. Laura era un poco arrabbiata con Alex e la ragazza dai nuovi vestiti e dalla nuova acconciatura (capelli raccolti a coda di cavallo, un pullover rosso fuoco e dei jeans…???) aveva infatti il broncio contro l’assistente del Professor Oak.
Laura: -Così impari a non metterti a correre con i muscoli ancora a pezzi!- Tutti risero al rimprovero non troppo amorevole di Laura nei confronti di Alex. Misty invece era tutta rivolta ai Prowsie, genitori e figlio, per invitarli a trascorrere il giorno successivo nell’edificio più grande per Pokémon d’acqua di tutta Kanto: l’Acquario. Ash e Brock chiesero al nipote del Professor Oak come stessero procedendo i lavori a MonteLuna e se avessero trovato il ragazzo che aveva sfidato Alex nella caverna consacrata ai Clefairy. La risposta di Gary, però, non fu molto confortante.
Gary: -Mi dispiace, ragazzi, ma non ci sono ancora novità. Appena c’è qualcosa di nuovo, ve lo farò sapere, ok?- Ash fece una smorfia, ancora furioso ed incredulo di quanto accaduto a MonteLuna. Ce ne voleva di coraggio per massacrare di botte un allenatore avversario. Lo sguardo di Ash (il ragazzo si trovava nei pressi della porta di entrata, insieme a Brock e Gary) passò in rassegna prima Misty, Timmy ed i suoi genitori (vicini alla finestra e al letto di Timmy), poi Alex e Laura (situati proprio dove c’era il giaciglio dell’assistente del Professor Oak). Ash rimase sorpreso quando scorse Alex stringere convulsamente nella mano destra ancora il frammento di PietraLunare regalatogli da Clefairy il giorno in cui la mandria di Diglett aveva causato quasi il tracollo definitivo della volta di MonteLuna. Quel modo impulsivo di stringere quella pietra evolutiva appariva anche fin troppo chiaro agli occhi esperti del Maestro di Pokémon: Alex Blake si sentiva ancora terribilmente in colpa per quanto accaduto a MonteLuna. Non aveva saputo fronteggiare la situazione come avrebbe desiderato, non aveva garantito una sufficiente protezione al Pokémon fata che, con i suoi poteri, garantì tempo addietro salva la vita ai suoi amici. Quella PietraLunare rappresentava dunque un profondo impegno tra Alex e Clefairy, un impegno che solo con la vittoria contro il nemico avrebbe potuto essere rotto. Gary notò lo sguardo disperso del suo eterno rivale e si avvicinò verso Ash, piuttosto guardingo. Anche Brock osservò perplesso il suo amico, dall’attenzione nulla.
Gary: -Ash! Ci sei? Sei ancora su questo mondo?- Ash si riscosse alla voce imperiosa di Gary Oak e tornò a guardare il ricercatore di Pokémon. Sbatté le palpebre più volte e annuì, sorridendo leggermente. Pikachu, sulla sua spalla, scosse la testa sconsolato. Al topo elettrico non sfuggì la preoccupazione del suo allenatore per Alex, ormai lo conosceva anche troppo bene per dubitare dei suoi sentimenti.
Ash: -Sì, sì, ho capito!- Gary recuperò il discorso di poco prima, ma non passarono neanche due minuti che perse nuovamente l’attenzione del Maestro di Pokémon. Ash Ketchum, infatti, aveva voltato la testa verso il gruppetto situato vicino alla finestra, ed i suoi occhi si concentrarono sulla figura esile di Misty Waterflower. Gary e Brock rimasero in silenzio, ancora più perplessi quando notarono la sempre più crescente disattenzione di Ash. Non pronunciarono una parola fino a quando lo stesso Ash tornò a guardare i suoi amici. Quando Ash si rese conto di avere i loro sguardi incollati addosso, l’allenatore di Pokémon più forte al mondo divenne rosso di imbarazzo. Prese la parola come se niente fosse e diventò improvvisamente prolisso e prodigo nel tono di voce.
Ash: -Alex si sta riprendendo molto rapidamente. Tra non molto potremo riprendere il nostro cammino verso la prossima città! Questo intoppo, dopotutto, non è stato poi così negativo. Abbiamo conosciuto dei nuovi amici, ci siamo riposati per bene, abbiamo ricaricato le nostre scorte. Appena Alex verrà dimesso, ci inoltreremo per il TunnelRoccioso! Giusto, Brock?- E guardò l’ex capopalestra di Plumbeopoli con il sorriso sulle labbra. Il primogenito dei Peters annuì, sorridendo anch’egli. Incrociò le braccia al petto, diventando improvvisamente serio (Bulbasaur è al centro medico per Pokémon NdA) e guardò fisso davanti a sé (davanti a sé aveva solo il muro).
Brock: -Sì. Speriamo solo che questo episodio rimanga isolato. Spero inoltre che tu – e guardò dritto negli occhi Ash – e Laura non conoscerete mai il pazzo che ha sfidato Alex a MonteLuna. Posso assicurarvi – ora il suo sguardo passò anche su Gary – che è un allenatore potentissimo, in quattro e quattr’otto ha sconfitto tutti i Pokémon di Alex.- Gary strinse i denti, abbastanza furioso con se stesso. Se quel giorno fosse soltanto intervenuto cinque minuti prima, l’assistente del Professor Oak non sarebbe di certo in quelle condizioni pietose. Forse avrebbe potuto anche bloccare la fuga del farabutto, ma ormai era troppo tardi per poter piangerci sopra. Gary voltò lo sguardo verso Alex e sorrise. Il suo sorriso era leggermente tirato, era senza dubbio preoccupato ed angosciato dalle parole di Brock pronunciate poco fa.
Gary: -Non dobbiamo giudicare Alex per quello che ha fatto. Ognuno di noi, in quel preciso momento, avrebbe fatto le stesse, identiche cose che ha fatto il nostro amico. Certo che se i Pokémon di Alex si fossero evoluti, non avrebbero perso contro quello spaccone!- Gary aveva ragione. I Pokémon di Alex erano ancora allo stadio iniziale. Ash ricordò invece che il suo primo Pokémon catturato, Caterpie, si era evoluto abbastanza presto in un Metapod, ed ancora più presto in un bellissimo Butterfree. Il Weedle di Alex sembrava ormai pronto per evolversi in un Kakuna, ma mancava ancora qualcosa perché il Pokémon coleottero del suo allievo si rinchiudesse per chissà quanto tempo in una crisalide. Il Master dei Pokémon scosse la testa, liberandosi di quei pensieri e sorrise, tornando a guardare Gary Oak.
Ash: -Beh, inutile rimuginarci sopra. Che ne dite se stasera ci fermassimo qua? Giusto per salutare il nostro piccolo allenatore che ha catturato Oddish!- Brock annuì, condividendo l’idea del suo vecchio amico. Anche Gary accettò di fermarsi fino a sera, e tutti e tre si avvicinarono verso la parte della stanza in cui si trovava Alex, il quale si era ritrovato completamente solo. Laura, infatti, si era allontanata verso il gruppetto vicino alla finestra, e stava conversando amabilmente con i genitori di Timmy e con Misty. Il ragazzo con gli occhiali parve non essersi accorto della presenza del suo maestro nelle vicinanze e dei suoi amici: Alex, infatti, stava leggendo con particolare attenzione una rivista (una di quelle che Brock Peters consegnò ad Alex quando l’assistente del Professor Oak si trovava ancora al Centro Medico per Pokémon). La voce abbastanza allegra di Ash catturò immediatamente l’attenzione del suo allievo.
Ash: -Ci sono novità per il giorno in cui potrai finalmente uscire?- Alex abbassò la rivista colorata e guardò perplesso il suo maestro negli occhi. La sfera Poké che conteneva Weedle era sul comodino, alla destra del lettino di degenza, insieme ad altri oggetti.
Alex: -Sì, il dottor Rufus è giunto pochi minuti fa per dirmi che tra una settimana potrò uscire di qui.- La notizia appena resa nota da Alex riuscì a rallegrare anche Brock e Gary, ma il ricercatore di Pokémon provò un livello di allegria più basso rispetto all’ex capopalestra di Plumbeopoli. Brock infatti fu molto contento che, in capo ad una settimana, Alex potesse uscire finalmente dall’ospedale di Celestopoli.
Brock: -E’ fantastico! Tra una settimana allora potremo riprendere il viaggio!- Ash e Pikachu sorrisero al ragazzo con gli occhiali ed augurarono al loro amico di riprendersi completamente in una settimana. Ash parve molto più tranquillo dopo quella notizia e, senza pensarci due volte, si avvicinò verso il pomello del letto in cui era ancora appoggiato il suo berretto rosso. Lo afferrò e se lo mise nuovamente in testa, ed il maestro di Pokémon apparve molto più motivato di qualche minuto fa.
Ash: -Perfetto! Alex, non vedo l’ora di rimettermi in cammino! I tuoi Pokémon stanno bene, tu stai recuperando abbastanza velocemente. Dovresti essere contento!- Anche Pikachu fu concorde con il suo allenatore e, sorridendo, fece l’occhiolino ad Alex.
Pikachu: -E quando sarai guarito, catturiamo qualche nuovo Pokémon!- Alex annuì, sorridendo, e ringraziò i suoi amici. Erano quasi le sei di sera, tra qualche ora Timmy avrebbe dovuto abbandonare il suo posto in ospedale, perché congedato dal dottor Rufus. Ash e gli altri avrebbero dovuto salutare il loro nuovo amichetto, sperando vivamente che questo saluto corrispondesse in tutto e per tutto in un arrivederci.

Le dieci erano scoccate da un pezzo. Timmy ed i suoi genitori, dopo lunghi e calorosi abbracci da parte del gruppetto, se ne erano andati da una mezz’ora. Il buio regnava sovrano al di fuori dell’ospedale di Celestopoli, rischiarato dai lampioni disseminati lungo il sentiero del parco e tra le vie della città dove Misty era capopalestra. Gary se ne era andato anch’egli insieme a Timmy, così nella stanza di degenza erano rimasti Ash, Brock, Laura e Misty a fare compagnia ad Alex. Erano rimasti fino a quell’ora, però se ne sarebbero andati anche loro ben presto. Ormai il ragazzo con gli occhiali stava abbastanza bene per rimanere anche da solo, una settimana prima sarebbe dovuto essere assistito continuamente almeno da una persona.
Gli amici di Alex, zaini in spalla, erano già sullo stipite della porta, pronti per uscire dalla stanza. Alex si era infilato prontamente sotto le coperte, indossando il pigiama fresco di bucato, quello regalatogli da Laura Ferguson. Le coperte, soffici e molto calde, parvero un toccasana alle sue membra stanche e provate dal faticoso giorno di allenamento di Pokémon. Appena il ragazzino ebbe appoggiato la testa sul cuscino, i suoi occhi iniziarono a calare, lentamente, e la sua mente si offuscò, ottenebrando così i suoi cinque sensi. Le parole di Ash Ketchum, però, riuscì ancora ad intenderle chiaramente. La voce del suo maestro parve colma di felicità e sembrava che parlasse con Laura.
Ash: -Tra una settimana ricominceremo a viaggiare!- Anche Laura sembrava abbastanza contenta. Lo si capiva anche in questo caso dalla sua voce, e dalle risposte della sua Dratini.
Laura: -Già! In vista della prossima palestra! Giusto, Dratini?- La draghetta sembrava entusiasta della proposta della sua allenatrice, così come lo era il buon vecchio Pikachu di assistere a nuovi combattimenti in palestra. Era già da un bel po’ di tempo che Alex e Laura sconfissero Misty nella palestra di Celestopoli, era tempo di muoversi in vista della conquista della terza medaglia della ragione di Kanto.
Dratini: -Sì! Non vedo l’ora!- Alex, da questo punto in poi, non riuscì più a percepire le voci dei suoi amici. Forse si accorsero che il ragazzo con gli occhiali si era assopito. Ash, Brock, Laura e Misty si allontanarono dalla stanza alla chetichella e, senza fare rumore eccessivo, chiusero la porta, lasciando il loro amico nella più totale oscurità. Un silenzio irreale regnava nella stanza 715, interrotto saltuariamente dal vento che sibilava con moderazione tra le fronde degli alberi del parco. Tutto sembrava caduto nell’oblio più totale, Alex non ebbe più la forza di resistere ai dolci richiami del sonno e, ben presto, si lasciò placidamente cadere tra le braccia di Morfeo.

Un tonfo secco fece aprire gli occhi di scatto ad Alex. Tutto intorno a lui era buio, il ragazzo era ancora stordito dall’uscita improvvisa dallo stato soporifero alla veglia totale. Che cosa era stato quel suono? Alex non riuscì a comprendere. Accusava però un forte cerchio alla testa ed un dolore indistinto e soffuso tra le sue articolazioni. Che ore saranno state? Il ragazzo non avrebbe mai potuto capirlo se non girandosi verso il quadrante del suo orologio, illuminato debolmente dalla luce lunare proveniente dal cielo tempestato di stelle, al di là della finestra. Le due e un quarto. Che brutto svegliarsi proprio nel cuore della notte, il problema era ritrovare la giusta sintonia con il proprio cervello, nuovamente operativo, alla ricerca della tanto agognata fase REM. Il mal di testa molto acuto, poi, non permise ad Alex di addormentarsi immediatamente. Che cos’era stato quel tonfo secco?
I suoi amici se ne erano andati, lasciandolo solo. Che tristezza ritrovarsi nuovamente da solo, sembrò al ragazzo di essere tornato nel passato, qualche mese prima di essere entrato nel laboratorio del Professor Oak in qualità di assistente. Tutto intorno a lui era silenzioso, sinistro, quasi minaccioso. Scaturiva una certa dose di apprensione non riuscire ad inquadrare alcun punto di riferimento in tutto quel buio. Se non fosse per la luna… luna calante. Uno spicchio davvero minimo, però sufficiente per infondere ad Alex un poco di tranquillità. Che strano, le luci dei lampioni erano tutte spente… forse volevano risparmiare preziosa energia elettrica? O era saltata la corrente? La luce del corridoio, per quel poco che fosse luminosa, aveva cessato di vivere. Sembrava inoltre che in quell’ospedale non ci fosse più nessuno, non più un lamento, non più passi frettolosi degli infermieri cui Alex ormai era avvezzo ascoltare di notte, non più il soffice e lieve rumore dell’ascensore quando veniva azionato, non più le risate di Timmy in piena notte, per le barzellette che Alex gli raccontava. Il ragazzo con gli occhiali, per un solo istante, fu assalito dal terrore. Lo avevano abbandonato? Se i suoi Pokémon fossero con lui in quel momento, non si sarebbe sentito più così solo.
Alex: “Giusto, almeno c’è Weedle!” Si voltò nuovamente verso il comodino, ma non riuscì ad intravedere la sfera Poké che conteneva il Pokémon coleottero. Allungò il braccio verso il comò, alla ricerca cieca della Poké Ball, a tastoni, ma non riuscì ad agguantarla. Desistette dopo poco, anche perché gli dolevano da matti le braccia.
All’improvviso, però, un rumore colse impreparato Alex. Un rumore dietro la porta. Somigliava molto al tonfo secco che lo aveva risvegliato. Alex strabuzzò gli occhi verso la porta e deglutì, spaventato. Prima non c’era neanche un rumore, neanche il più lieve, e ora… quello strano rumore, che si faceva più vicino. Il suono secco, infatti, assunse una cadenza piuttosto regolare, facendosi sempre più udibile e più agghiacciante. Che cosa stava accadendo dietro la porta? Qual era la causa scatenante di quel suono spezzanervi? Alex non dovette attendere oltre, la sua curiosità fu presto premiata: qualcuno aveva afferrato la maniglia della porta dal di fuori e stava tentando di abbassarla, permettendo così alla serratura di non bloccare il passaggio. La porta si aprì lentamente ed Alex sgranò addirittura gli occhi. Con tutto quel buio, chi poteva mai essere? Alle due del mattino, per giunta. Forse uno dei suoi amici che voleva fargli uno scherzo? No, non poteva essere. Ash, Brock, Laura e Misty erano abbastanza grandicelli per capire che quello scherzo fosse di pessimo gusto. Uno dei suoi Pokémon? Così forte addirittura da aprire, tutto da solo, quella porta spessa e pesante? Anche questa ipotesi fu ben presto scartata. Il dottor Rufus? Era probabile. Ma perché il dottore con il grosso ventre avrebbe dovuto entrare nella stanza con tutto quel buio asfissiante? Forse per non svegliare il paziente? Se ci fossero delle cattive notizie, il buon dottore non avrebbe esitato a destare il malato.
La porta era ormai aperta completamente. Il buio del corridoio fece rizzare i capelli in testa al povero Alex. Che cosa aveva fatto scattare la serratura? Chi aveva mai impugnato la serratura ed aperto misteriosamente la porta? Un vento gelido entrò nella stanza, ed Alex prontamente si coprì con le coperte fino al volto, rabbrividendo per il freddo e per la paura che, stranamente, continuava a crescere in lui. Per quale motivo doveva avere paura della porta che si era aperta? Il vento glaciale, forse proveniente dall’esterno, entrato da una finestra lasciata spalancata, aveva aperto la porta, lasciata socchiusa dai suoi amici. Con questa teoria un poco più credibile, Alex si tranquillizzò. Un altro suono, però, fece sobbalzare il ragazzo: un rumore felpato, quasi impercettibile, ma acutissimo alle orecchie vigili di Alex. Qualcuno era entrato nella stanza e si stava avvicinando verso di lui. Il ragazzo con gli occhiali non ebbe il coraggio di scostare le coperte e di alzare il capo per vedere chi fosse. Alle due del mattino…
Alex: “Chi…chi potrà mai essere…? Io non… aspetto visite a quest’ora…” I passi non si fecero più udire. Alex, però, riusciva a percepire una presenza proprio davanti a lui, in piedi, il respiro greve ed intenso. L’assistente del Professor Oak avrebbe voluto gridare per l’angoscia che saliva sempre più, ma non riuscì a causa della paura che attanagliava la sua bocca e la sua gola.
-Alex.- Una voce a lui non nota pronunciò il suo nome. Chi diavolo era a quell’ora di notte? Una voce maschile, senza dubbio. Perché era giunto fin lì, completamente al buio? Alex, un poco rinfrancato dal fatto che quel misterioso individuo (umano, fantasma o Pokémon che fosse) lo conoscesse, staccò le coperte dal suo viso e levò un poco il capo. Alex, con gli occhi finalmente abituati all’oscurità, riuscì a scorgere una vaga silhouette davanti a lui. Sembrava che tenesse le mani in tasca. Chi era quel tipo?
Alex: -S…Sì…?- Il respiro di quel misterioso personaggio, sbucato da chissà dove e per chissà quale motivo, si fece ancora più profondo e quasi colmo d’ira. Le sue parole furono aspre e dure come la roccia.
-Pensavi davvero di voler fuggire da me? Credevi sul serio che, in questo ospedale, avresti trovato rifugio?- Quella voce…. Quella voce… ad Alex venne in mente, finalmente, a chi potesse appartenere quella voce roca e minacciosa. Ma la scoperta non fu affatto allegra. Quando Alex riuscì finalmente a collegare la voce al viso del misterioso personaggio, iniziò a balbettare dal terrore. Il suo volto divenne rapidamente cereo, le sue pupille si dilatarono ancora di più e, per un lungo istante, pensò di fuggire da quella stanza. Con il corpo ridotto in pessime condizioni, la fuga era impossibile. Il turpe personaggio si fece avanti, e finalmente il suo volto venne a coincidere con un raggio lunare filtrato alla finestra: gli occhi iniettati di sangue, le folte sopracciglia, le rughe espressive fortemente visibili. Era lui, il suo nemico, era arrivato all’ospedale. E cercava vendetta.
-Fai bene a tremare di paura… non sai che cosa ti aspetta…- Alex volle gridare, nel disperato tentativo di attirare l’attenzione di qualcuno. La sua voce, però, venne meno. Inutile alzarsi e scappare, sia la sua schiena che le sue gambe non risposero ad alcuno stimolo. Era come se Alex fosse semiparalizzato a letto.
Alex: -A…aspetta…io…- La voce del ragazzo malvagio divenne improvvisamente alta e stridente. I suoi occhi lanciavano saette e parve quasi che dalla sua bocca trasalisse schiuma a causa della grande ira.
-HO ASPETTATO ANCHE ABBASTANZA! I tuoi amici credono davvero di darmi la caccia? Lo faranno quando deciderò io!- Intanto il suono secco tornò a farsi sentire. Era spaventosamente vicino ad Alex questa volta. Dall’ombra spettrale del corridoio, un’altra presenza si manifestò. Si avvicinò al nemico di Alex, posizionandosi alla sua destra. Nuovamente la luce lunare ebbe il compito di rischiarare il volto del nuovo arrivato: si trattava di Scyther, il Pokémon coleottero del suo avversario. Il “suono secco” erano i suoi piedi, rivestiti come del resto in tutto il corpo di una corazza simile ad una lamiera, che rendeva il Pokémon molto agile e scattante. Le lame di Scyther, che possedeva al posto delle braccia, scintillavano sinistramente ai raggi della luna. Lo sguardo della mantide verde era addirittura spiritato, sembrava quasi che non possedesse neanche le iridi e le pupille. Mostrò infatti solo il bianco degli occhi. Alex iniziò a sudare freddo.
Alex: -Cosa….cosa vuoi fare…?- Il turpe ragazzo dai capelli corvini apparve molto infastidito dalla domanda sbocconcellata di Alex. Digrignò i denti dalla gran rabbia e tolse fuori una mano dalla tasca, al fine di stendere un braccio innanzi a sé e puntare il dito contro il ragazzo sdraiato sul letto.
-Cosa voglio fare io non ha importanza. Quello che farai tu, però, è molto importante. Quello che dovrai fare è molto semplice e lampante. Sai cosa dovrai fare, vero?- Il quesito dell’avversario di Alex non ottenne risposta. Gli occhi dell’assistente del Professor Oak erano incollati sullo Scyther, il quale portò in alto una delle sue terribili lame, pronto a calare sulle membra del ragazzino, come un coltello affilatissimo.
-Recita le tue ultime preghiere, e fai in modo che siano abbastanza convincenti…PERCHE’ TI SERVIRANNO TUTTI GLI ANGELI DI QUESTO MONDO PER USCIRE VIVO DA QUESTA STANZA!- Le grida del ragazzo dai capelli corvini furono l’ordine per Scyther di procedere all’esecuzione. Stava tutto succedendo così in fretta. Come era possibile tutto ciò? Eppure era vero, quel Scyther stava per uccidere Alex. Il ragazzo con gli occhiali gridò di terrore quando vide abbassare, come un lampo, l’arma tagliente del Pokémon coleottero. Alex non poté nemmeno difendersi da quell’attacco micidiale. La lama tagliò di netto la coperta, il pigiama ed il ventre di Alex, con un colpo secco e ben preciso. Fiotti di sangue iniziarono a sbucare dalla ferita rettilinea, da addome a stomaco, copiosamente. Voci confuse iniziarono a riempire la testa di Alex, attonito e incredulo di quello che era appena successo. Tutto era diventato paurosamente buio intorno a lui. Quelle voci lo chiamavano con insistenza, ripetevano il suo nome sempre più forte e sempre più velocemente. Davanti a lui non c’era più nessuno, la ferita era diventata uno sgorbio rossastro che si confondeva con il colore scuro della coperta. Non era possibile, era stato colpito così, a tradimento, senza che avesse avuto la possibilità di contrattaccare. E ora, Alex si sentiva cadere verso un abisso dove non sarebbe più tornato. Un viaggio senza ritorno nell’oblio. Le voci, però, continuavano a chiamarlo, veementi. Erano più di una sola voce. Due voci, per l’esattezza. Due voci, ora, divenute chiare e perfettamente udibili. Chi lo stava chiamando? Ormai era ferito a morte, cosa sarebbe potuto servire tentare di salvarlo? Le voci non gli davano tregua, continuavano a chiamarlo senza sosta.

-ALEX!-

Una mano sbucò fuori dall’oscurità in cui Alex era appena caduto. La mano iniziò a strattonarlo per una spalla e tutto intorno al ragazzo con gli occhiali iniziò a girare vorticosamente.

-ALEX!-

Il dolore della ferita divenne molto più acuto. Lo spasimo divenne tale da occupare completamente ogni stimolo nervoso del suo corpo. Iniziò a tremare per la gran paura, le mani intorno a lui iniziarono a moltiplicarsi a dismisura e lo afferrarono per tutto il torace, dimenandolo come fosse in preda ad una crisi epilettica. -ALEX!- -ALEX!-

-AHHHH!- La luce accecò letteralmente Alex. Le mani intorno a lui c’erano veramente a scuoterlo, varie entità umane erano raccolte in cerchio. Tremava come una foglia, batté i denti dal gran freddo e tentò di mettersi seduto sul letto, senza successo. Le mani lo bloccavano, tenendolo ben disteso, fermo, sul materasso.
-Alex, mi senti? Riesci a capirmi?- La voce era calda e amichevole. Chi poteva mai chiamarlo dopo quello che era successo quella notte? Era ancora vivo, per caso? Alex non riusciva ancora a comprenderlo. La fitta all’addome era forte e chiara, ma quando finalmente la vista si disappannò a sufficienza per permettergli di tornare a vedere, notò che non vi era alcuna ferita lacero contusa. Le coperte erano bene intatte, il suo pigiama era integro e, cosa molto più notevole, il suo corpo non presentò quella lunga ferita rettilinea procurata dalla lama affilata di Scyther. Nessun getto di sangue, ma il dolore alla pancia era più vivo che mai. Qual era la causa scatenante di tutto quello spasmo? La voce calda e amichevole tornò a parlare, ora chiaramente proveniente dalla sua sinistra.
-Alex, come stai?- Alex sollevò lo sguardo, ancora terrorizzato da quello che aveva appena provato sulla sua pelle. Incontrò lo sguardo dell’uomo che gli aveva appena rivolto la domanda. Lentamente, ma progressivamente, Alex riuscì finalmente a comprendere la fisionomia del suo maestro, Ash Ketchum. Poco alla volta, Alex riuscì anche a scorgere Brock e Misty intorno a lui, con le mani ancora sul suo torace. Cosa stavano tentando di fare con tutte quelle mani addosso su di lui?
Ash: -Gridavi come un pazzo! Ci hai fatto prendere un colpo, accidenti! Non riusciamo ad allontanarci che sembri essere posseduto dal demonio!- Allontanarci? Ciò voleva dire che i suoi amici erano ancora nei paraggi quando il suo nemico era entrato nella stanza. Ma era poi veramente entrato nella stanza? Brock e Misty lo guardavano quasi spaventati. I loro occhi erano tutti fissi su di lui, con le mani ancora bloccate sul suo busto.
Brock: -Temevamo che ti fossi fatto male…- Alex scosse la testa, confuso. Quando finalmente il ragazzo riuscì a calmarsi, i tre ragazzi allontanarono le loro mani dal corpo di Alex. La vista di Alex si chiarificò sufficientemente per comprendere che era giorno fatto. Le imposte erano alzate, raggi solari penetravano dai vetri delle finestre per annunciare che quel giorno sarebbe stato splendido.
Alex: -Cosa… che è successo…?- Misty abbozzò un lieve sorriso notando lo smarrimento comprensibile di Alex.
Misty: -Hai fatto un brutto sogno. Doveva essere terrificante, sembrava quasi che ti avessero squartato vivo!- Alex rabbrividì vistosamente alla battuta della capopalestra di Celestopoli. Il dolore acuto provocato dalla lacerazione della carne era ancora palpabile ai sensi leggermente intorpiditi di Alex. Sembrava davvero che il Pokémon del suo nemico avesse calato la scure e lo avesse dilaniato. La battuta spiritosa di Misty ricordò ad Alex il fitto spasmo del ventre che provava veramente in quel momento. Forse non aveva digerito bene la cena della scorsa sera. Fortuna che era già mattina, e chissà quale ora fosse. A riaddormentarsi dopo quello che aveva sognato, Alex non pensava proprio. La paura provata nell’incubo era stata così tanta da averlo fatto gridare come un ossesso, spaventando a morte i suoi amici. Alex li vide in volto ed erano ancora tutti scossi. Aveva nuovamente fatto un brutto sogno e, ancora una volta, aveva gridato come un isterico durante la notte. Fortuna che Laura non fosse nei paraggi: conoscendola, avrebbe sicuramente schernito il suo amico per l’atteggiamento non proprio ortodosso assunto durante la notte.

Bene! Dopo questo terrificante (eeehh!) capitolo, ci aspetteranno altri colpi di scena da far rizzare i capelli in testa al lettore! Spero che continuerete a seguire questa storia. Ciaooo! ^__^

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Capitolo 26
*** 24 - Miramare ***


Ciao! Rieccomi con un nuovo capitolo di questa saga! Abbiamo lasciato il povero Alex nei meandri dei suoi incubi, ma ora è tempo che il nostro amico lasci l'Ospedale di Celestopoli! A cosa andranno incontro i nostri amici? Lo scopriremo leggendo questo nuovo capitolo! Ciaooo! ^__^

L’ultima settimana da trascorrere nell’ospedale passò molto presto. Alex migliorò fisicamente e, con sua grande gioia, tutti e tre i suoi Pokémon tornarono a sua completa disposizione, in forma e con una volontà di ricominciare il viaggio interrotto rinnovata. L’incubo avuto una settimana prima non si presentò più fortunatamente, e ben presto fu gettato nel dimenticatoio. La settimana trascorse più che altro con la ripresa degli allenamenti per Alex, in vista del prossimo imminente impegno in una nuova palestra. Con più precisione, il prossimo impegno sarebbe stato dislocato a Zafferanopoli, il “cuore” della regione di Kanto, nella palestra di Sabrina. Prima, però, bisognava fare un lungo tragitto per raggiungere la città. Non di certo con il collegamento diretto tra le due città di Celestopoli e Zafferanopoli, nossignori. Ash Ketchum fu irremovibile su questo punto. Bisognava innanzitutto valicare la lingua di sabbia che si chiamava Miramare, poi il TunnelRoccioso, dopodichè far sosta a Lavandonia e solo allora si poteva procedere per Zafferanopoli, non prima. I Pokémon di Alex erano di ottimo umore e sembrava che sprizzassero energia da tutti i pori. In quel momento (era una mattina piuttosto triste, grigia ed uggiosa, ma ciò non sminuì l’entusiasmo di Alex) Dratini, Weedle e Pidgey si erano appollaiati sul letto oramai rifatto su cui Alex aveva riposato per due lunghe settimane. Alex si stava allacciando le scarpe, seduto su una sedia. Faticava ancora un poco nel camminare, il dottor Rufus gli aveva consigliato, con ovvio intento paterno, di camminare con la stampella ancora integra (l’altra si era frantumata durante il combattimento della settimana scorsa contro Oddish). Alex, quando ebbe terminato di allacciarsi le scarpe, sollevò lo sguardo verso i suoi Pokémon e sorrise.
Alex: -Allegri, amici! Tra poco si parte!- I tre Pokémon sorrisero al loro allenatore. Era da tanto tempo che aspettavano questo momento. Erano contenti soprattutto nel vedere il loro amico umano finalmente in piedi, pronto per ricominciare a viaggiare alla conquista di nuovi Pokémon e di nuove medaglie.
Dratini: -Per che ora si parte?- Alex consultò il suo orologio di metallo. Erano le nove e mezzo, tra mezz’ora Ash e gli altri sarebbero venuti a prenderlo.
Alex: -Alle dieci in punto. Spero proprio che non ci siano più intoppi, ho aspettato anche abbastanza questo giorno…- Weedle e Pidgey conclusero in coro la frase meditabonda dell’assistente del Professor Oak.
Weedle e Pidgey: -Anche noi!- Alex calzava, in quel momento, vestiti freschi e di stoffa un poco più pesante degli abiti che era solito indossare, ormai ridotti in brandelli. Indossava una camicia azzurra e un cardigan nero dai bordi rossi, un paio di jeans neri e scarpe da ginnastica nere, di gran marca. Ancora una volta Alex sorrise nel constatare che Laura non aveva badato a spese pur di acquistare abiti decenti per il suo amico. Il ragazzo controllò che tutto fosse al suo posto: il PokéDex, oggetto di vitale importanza per un allenatore, era presente nella tasca posteriore sinistra dei suoi pantaloni; il Pokémon Navigator, nella tasca della giacca a vento; le tre Poké Ball attaccate alla cintura; gli oggettini regalatigli dai suoi amici, tutti presenti nello zainetto blu elettrico; le Pokémelle, in modesta quantità, anch’esse presenti nello zaino. Sembrava che tutto rispondesse presente nella sua lista mentale. No, qualcosa mancava ancora. Alex frugò con una mano nella tasca sinistra anteriore dei suoi jeans e trovò l’oggetto della sua ricerca. La PietraLunare, eccola. C’era, nessun problema. Non mancava più nulla. La metodica ricerca di Alex portò via una buona mezz’ora al ragazzo, tanto che l’assistente del Professor Oak si spaventò parecchio quando vide davanti a sé il suo maestro, sorridente, con in spalla il fedele Pikachu.
Ash: -Alex! Sei pronto per ripartire?- Alex annuì, ma temeva di avere ancora dimenticato qualcosa. Avrebbe voluto inchinarsi per vedere sotto al letto, ma non lo fece per due ovvi motivi: il primo, era che la sua gamba destra, ancora malconcia, non gli permetteva di inginocchiarsi; il secondo, era che ogni giorno l’addetta delle pulizie ramazzava per terra, e sicuramente avrebbe trovato qualcosa sotto al giaciglio di Alex. Ed il ragazzo era sempre presente quando la donna delle pulizie si metteva al lavoro. Perfetto, tutto era in ordine e il ragazzo con gli occhiali finalmente poté richiamare nelle loro sfere Poké i Pokémon, eccezion fatta per Dratini, il quale con uno scatto secco fu raggomitolato sul collo del suo allenatore.
Dratini: -Dai, dai, dai! Mettiamoci in marcia!- Ash e Pikachu risero di gusto nel notare la grande vivacità del Pokémon di Alex. Il ragazzo afferrò saldamente la stampella di ferro e, scortato dal suo maestro, uscì lentamente dalla stanza numero 715 dell’ospedale di Celestopoli. Mentre i due ragazzi camminavano verso l’ascensore, Ash prese la parola. La sua voce risultò strana alle orecchie dell’allievo di Ash.
Ash: -Sarebbe stato bello se Misty fosse venuta con noi…- Alex (il quale era alla destra di Ash) voltò lo sguardo verso il suo maestro. Il suo sorriso possedeva un velo di tristezza mal celato. Anche i suoi occhi castano scuro erano annebbiati da uno strato di malinconia.
Alex: -Come? Scusami, ma Misty non faceva parte del vostro gruppo? Perché non…?- Alex non riuscì a terminare la frase, perché Pikachu prese voce in capitolo improvvisamente. Il Pokémon elettrico, però, sembrava più felice rispetto al suo allenatore col cappello.
Pikachu: -Beh, lei è la direttrice dell’Acquario di Celestopoli, e anche la capopalestra della città. Se almeno una delle sue tre sorelle maggiori fosse rimasta qui, Misty non avrebbe esitato a seguirci. Ce lo ha confermato lei stessa. Se dovesse abbandonare la città, non ci sarebbe più nessuno a dirigere l’edificio e la palestra contemporaneamente. Peccato, Misty è una nostra cara amica, sarebbe stato bello averla nel nostro gruppo.- La spiegazione di Pikachu era splendente come il sole. La spiegazione lampante del topo giallo fu sufficiente ad Alex per chiarirsi le idee. Finalmente Ash e Alex raggiunsero l’ascensore, il quale era pronto apposta per loro. Entrarono senza un commento e il ragazzo col cappello premette il pulsante del piano terreno. Le porte si chiusero lentamente ed altrettanto lentamente l’ascensore si abbassò fino al piano desiderato.

Ad attendere Ash ed Alex all’uscita dell’ospedale c’erano Brock e Laura. L’ex capopalestra di Plumbeopoli reggeva in braccio il piccolo Bulbasaur, felice di rivedere i due ragazzi, mentre Laura parve scoppiare di contentezza nel vedere il suo amico con gli occhiali, finalmente in piedi, fuori dall’ambiente ospedaliero. Gli corse incontro senza tante storie e gli buttò le braccia al collo, quasi investendo il povero Dratini di Alex, appollaiato su una spalla del suo allenatore.
Laura: -Alex! Finalmente, non ne potevamo più di aspettare! È da una settimana che aspettavo questo momento, ma sembra che siano passati secoli!- Alex, visibilmente imbarazzato dal trattamento molto amorevole ricevuto dalla sua amica, divenne rosso come un peperone. La figlia dei Ferguson si accorse quasi istantaneamente dell’agitazione dell’assistente del Professor Oak, grazie al suo sviluppato sesto senso, e si staccò macchinalmente da lui. Lo fissò negli occhi, quasi spaventata di avergli causato una simile resistenza psichica. Ash e Brock osservarono a loro volta Alex, e per poco non esplosero in una risata, che lasciava pochissimo spazio all’immaginazione. L’intervento provvidenziale di Pikachu, però, riuscì a rimettere sull’attenti tutto il gruppo.
Pikachu: -Forza, forza, forza! Miramare ci aspetta! Siamo già in enorme ritardo sulla tabella di marcia!- Quando Pikachu alzava da voce, c’era poco da scherzare. Ash e Brock finalmente smisero di sghignazzare e guardarono un poco severamente, a loro volta, i due allenatori novizi, i quali si stavano ancora guardando negli occhi rossi in volto.
Brock: -Ehi, voi, smettetela di tubare! Pikachu ha ragione, dobbiamo incamminarci!- Ash annuì, severamente. Incrociò le braccia, assumendo un contegno degno di un grande maestro, ma il suo volto austero certe volte si rompeva in una smorfia di sogghigno.
Ash: -Miramare non è molto distante da qui. Ci inoltreremo per la cittadina marittima, poi da lì andremo per il TunnelRoccioso.- Alex e Laura guardarono serissimi il loro maestro e annuirono, ancora leggermente imbarazzati. I due Dratini si stavano ancora chiedendo del perché di tutta quella ilarità, ma decisero di lasciar perdere. Era inutile scervellarsi in questioni umane, sconosciute in larga parte ai Pokémon.

Miramare, in quel giorno triste e dal cielo pesantemente nuvoloso, non era molto popolata. La piccola località marittima consisteva in diversi bungalow di legno disposti in file rette, alcune casette in mattoni e diversi negozietti isolati cui disponevano di ogni primaria necessità. Il terreno, in gran parte sabbioso, in quel periodo di fine estate risultava abbastanza acquitrinoso e, come facile era da prevedersi, le scarpe dei ragazzi si inzaccherarono della poltiglia farinosa che contraddistingueva. Alex, a causa di quel terreno disconnesso, faticava a camminare con la sola stampella a disposizione. Alcune dune rendevano ostico il cammino, rischiando addirittura di impedire il precario cammino incerto del ragazzo convalescente. L’appoggio morale e pratico dei suoi amici, però, rendeva quel terreno accidentato una nuova prova da superare per l’assistente del Professor Oak.
I ragazzi, di tanto in tanto, intravidero dei villeggianti completamente abbronzati ancora in tenuta da spiaggia bivaccare lungo la lingua di sabbia che contraddistingueva la spiaggia vera e propria. Il litorale sabbioso si trovava un poco più in basso dal punto in cui il gruppo si trovava. Dal sentiero principale di Miramare, infatti, si originava un nuovo percorso costituito da assi di legno, unite le une alle altre, le quali fecero da sicuro pavimento ai turisti, a causa del dislivello che c’era tra la spiaggia e la pianura adibita per ospitare i villeggianti. Ai bordi della pianura rialzata c’era un piccolo passaggio acciottolato delimitato da un piccolo muretto di pietra e mattoni. Dal contorno che delimitava i confini di Miramare ci si poteva sedere ed ammirare il mare a pochi metri di distanza, che si ergeva alla vista imponente e immenso. Aguzzando meglio la vista, i ragazzi si accorsero che vicino alla spiaggia era presente il ponte di legno che collegava la località turistica alla città di Celestopoli. Alla estrema sinistra si espandeva invece una fitta foresta lussureggiante, la quale portava al bivio per la Centrale Elettrica e per il TunnelRoccioso, prossimo obiettivo di Ash e dei suoi amici.
La giornata era molto brutta, i due allenatori novizi avrebbero voluto con tutto il cuore ammirare estasiati il mare color cobalto, ma la nebbia era scesa prepotentemente ed impedì ai due ragazzini di espandere il loro campo visivo e di accogliere con un solo sguardo la vastità d’acqua che quasi racchiudeva il promontorio di Miramare. Ash Ketchum non rimase a guardare lo spettacolo che gli si parava davanti, perché il suo obiettivo principe era raggiungere il più presto possibile il TunnelRoccioso, collegamento naturale tra Celestopoli e Lavandonia, la più grande città vicina. Il Master dei Pokémon, ogni tanto, guardava il suo amico con gli occhiali, anche per sincerarsi delle sue condizioni fisiche. L’assistente del Professor Oak non parve molto stanco dalla lunga camminata, il bastone di ferro sembrava attutire ogni fatica della camminata. Il ragazzo, infatti, si appoggiava dolcemente sul pomello della stampella e tutto il peso del suo corpo si appoggiava sul suo sostegno.
Ash: -Alex, tutto a posto?- Il ragazzo annuì, felice per l’interessamento del suo maestro. I due Dratini parvero molto contenti, anche grazie all’umidità presente nell’aria.
Alex: -Sì, grazie. Diciamo che me la cavo…- Davanti a loro (la strada era rettilinea, senza particolari biforcazioni) non si parò nessuno ad ostacolare il cammino. Solo un edificio catturò l’attenzione dei quattro ragazzi: un enorme edificio rispetto alle altre costruzioni di legno, sorprendentemente elegante e munito di vari fronzoli ai cornicioni e alle imposte delle finestre. L’edificio, rigorosamente di mattoni, era di quattro piani e un’insegna gigantesca troneggiava nella facciata anteriore del palazzo. A lettere cubitali, infatti, si poteva leggere “Asilo per Pokémon”. Le porte principali (porte d’acciaio) erano aperte, e Ash non poté evitare di deviare il suo cammino verso quell’immenso stabile. Brock, Alex e Laura, affascinati anch’essi dalla bellezza quasi barocca dell’edificio riservato ai Pokémon, seguirono a ruota il loro amico. Ben presto il gruppetto si ritrovò a camminare non più sul terreno arenoso e sconnesso, ma su un lastricato molto ordinato e pregevole alla vista.
L’androne consisteva in un’ampia stanza praticamente deserta, salvo per un ometto collocato in un piccolo bancone. Tutt’attorno la stanza dalle pareti colorate di verde e riempite di quadri d’autore sui Pokémon, vi erano sedie, sedie, sedie e ancora sedie. Sedie di ogni genere, da poltrone soffici e di velluto a panchine di pietra. Tutti quei posti, rigorosamente vuoti, erano perfettamente strutturati lungo la parete per ordine di altezza. Sembrava quasi l’opera di uno squilibrato a primo avviso.
Laura ebbe un leggero tremito quando osservò quello strano assestamento di sedie su cui nessuno era seduto. Al soffitto erano appesi diversi arazzi, cristalli, lampadari immensi e perfettamente inutili in quel momento, dal momento che tutte le lampadine che reggevano erano spente. L’ometto in fondo, strano a dirsi, non era seduto: non raggiungeva con il capo neanche il bancone, era un personaggio piuttosto basso di statura, dagli enormi occhiali a fondo di bottiglia e dai capelli bianchi come la neve. Rigorosamente vestito in doppiopetto, stivali di cuoio e orologio d’oro al polso, non sembrava neanche un dipendente di quell’affascinante edificio, forse non più così valido per l’ospitalità di Pokémon. L’ometto in questione si accorse dell’avvento dei quattro ragazzi smarriti e, con un salto a dir poco acrobatico, fu ben presto sopra il bancone.
-Ehi, dico a voi! Ragazzi, sì, sì! Siete venuti per un motivo preciso, vero?- Il gruppetto di ragazzi osservarono molto stupiti l’omino dagli occhiali a fondo di bottiglia: era esageratamente basso, il tono di voce era a dir poco mellifluo ed i vestiti non si addicevano di certo ad un normale addetto ad un apparente box informazioni. Ash, leggermente intimorito dall’ambiente, ma soprattutto da quel vecchietto vestito di tutto punto, balbettò frasi sconnesse e disarticolate.
Ash: -Mi…mi scusi… sembrava che questo…fosse…- Il vecchietto sorrise a denti stretti ed i ragazzi poterono osservare un particolare incisivo superiore della dentatura del vecchietto: esso era rivestito d’oro.
-Oh, avete letto fuori la scritta? Ebbene, sì, sì! Siete nel posto giusto, ragazzi, non lasciatevi ingannare dal lusso dell’ingresso! Ah, le sedie vi spaventano? Ragazzi, rappresentano la comodità che i Pokémon riceveranno sotto la mia custodia! Ragionate, ragazzi, ragionate!!- La parlantina scattante del sorprendente vecchietto alto quanto un nano da giardino mise ancora più confusione ai quattro ragazzi. Brock, Laura ed Alex iniziarono ad indietreggiare lentamente, lasciando così Ash e Pikachu un passo avanti a loro. L’angosciante vecchietto, così felice e così sicuro di sé, fece un nuovo salto dal bancone e si ritrovò sul selciato pulito ed ordinato, e si avvicinò ad Ash Ketchum a passetti piccoli e veloci.
-Ah, siete allenatori di Pokémon! Bene, bene, bene! Siete venuti per iscrivere qualche vostro Pokémon? Oh, sì, i vostri Pokémon saranno curati come si deve, nutriti, lavati ed allenati se volete! Il vostro Sam Macmadison, al vostro servizio! Preferite sedervi? Oh male signori, dovreste rimanere in piedi, così giovani come siete! Ah, le sedie vi attraggono? No, no, no, non potete sedervi! Oggetti di esposizione, non di utilizzo!- Finalmente lo stravagante vecchietto si ritrovò a mezzo metro da Ash. Il proprietario dello stranissimo quanto inquietante asilo per Pokémon stava tendendo la mano destra al Maestro di Pokémon ed Ash dovette per forza di cose inchinarsi per stringere la mano al signor Macmadison. La stretta vigorosa del vecchio fece vedere le stelle al ragazzo col cappello, ma non ebbe neanche il tempo di lamentarsi, perché il vecchietto dagli occhiali a fondo di bottiglia stava già pacioccando il volto di Pikachu con le sue mani ad artiglio.
Macmadison: -Ah, il tuo Pikachu! È davvero bello, non c’è che dire! Peccato davvero che io non possa tenere in custodia Pokémon del genere, già, già, già! Solo Pokémon erba, signori, come quel Bulbasaur lì!- Ed indicò il Pokémon erba che Brock stava reggendo in mano. L’ex capopalestra di Plumbeopoli iniziò ad interessarsi ai discorsi repentini del vivace vecchietto e fece un passo avanti, raggiungendo nuovamente Ash. Pikachu, intanto, iniziò a tremare, intimorito dalla espansività esagerata del signor Macmadison.
Brock: -Avete detto…Pokémon d’erba, signore?- Il signor Macmadison osservò quasi stralunato il primogenito dei Peters. Gli occhi del vecchietto iniziarono a scintillare di una luce quasi sinistra e, con uno scatto sorprendente, fu già davanti all’amico di vecchia data di Ash. Con un salto, il vecchietto vestito in doppiopetto diede una sonora pacca alla spalla di Brock. La forza eccezionale di Sam Macmadison per poco non fece cadere Brock in terra. Mentre parlava, lo strano vecchietto aveva preso da chissà dove una sorta di lavagna nera girevole, con su scritto con un gessetto bianco alcuni appunti. Mentre specificava le sue mansioni, lo strampalato signor Macmadison indicava le scritte con un bastone da passeggio ottenuto dalla tasca dei suoi pantaloni di stoffa pregiata.
-Oh sì, sei perspicace ragazzo! Ogni genere di Pokémon erba! Sissignori, avete capito bene! Io sono uno specialista dei Pokémon erba! Di ogni tipo! Veleno, erba semplice, da fiore, germogli, grandi, piccoli, giganteschi, bambini, vecchi, maschi e femmine! Non potete non complimentarvi con il sottoscritto! Se avete bisogno, il signor Sam Macmadison si prenderà cura dei vostri Pokémon erba, mansione garantita!- E, come erano comparsi, lavagna e bastone scomparirono davanti agli occhi dei ragazzi. Il gruppetto non riuscì neanche a replicare che il vivace anziano ebbe ghermito l'ex capopalestra di Plumbeopoli con un braccio, trascinandolo verso una porta di legno massiccio, alla loro destra. L'aprì senza tanti complimenti e si inoltrò per uno stretto ed illuminatissimo corridoio, dove non si riusciva a scorgere una fine. Le luci erano prodotte da alcuni faretti appesi o lungo le pareti, oppure sistemati alla bell'e meglio sul pavimento moquettato, con la luce proiettata verso le pareti di sinistra.
Macmadison: -Animo, dunque, animo! Se abbiate la compiacenza di seguirmi, vi mostrerò il miglior asilo di Pokémon della regione di Kanto! Sissignori! Allora, voi tre, mi seguite sì o no? Guardate che vi lasciamo qui, eh?- Ogni tanto l'arzillo vecchietto, mentre si inoltrava in un altro, ampio corridoio, si voltava indietro, verso i ragazzi confusi, rimasti nella hall principale. Finalmente scossi ai richiami tempestivi del proprietario dell'edificio per Pokémon, Ash, Laura e Alex raggiunsero il loro amico ed il signor Macmadison. Per fortuna di Alex, il vecchietto ebbe perso il suo passo frettoloso e la sua parlantina sciolta. Lungo il corridoio, infatti, il signor Macmadison si fermava spesso, soffermandosi in particolar modo su dei quadri appesi lungo le pareti tappezzate di una carta traslucida color oro. Il corridoio non presentava ulteriori stanze ai fianchi, conduceva unicamente in una sola direzione.
Macmadison: -Bene, signori! Vi starete domandando perché di questa accoglienza così esagitata... ebbene, è presto detto! Il mio motto, prestatemi orecchio, signori, è semplicemente riassunto in poche parole: "Tratta i tuoi clienti come vorresti che fossi trattato tu!". Questo motto è stato tramandato di generazione in generazione, è sempre stato il nostro cavallo di battaglia.- Il vecchietto stralunato si fermò davanti ad un quadro, di medie dimensioni, il quale era protetto da una teca di vetro, degna dei più grandi musei di storia. Questo quadro, dipinto a mano da un autore dalle capacità eccelse, raffigurava un personaggio, pressoché identico al signor Macmadison, salvo per la presenza di due mustacchioni canuti e l'occhialino da barone che si usava un tempo assai remoto.
Macmadison: -Questo motto lo ideò mio nonno, Arthur Macmadison! Lui proveniva dalle alture di Nevepoli. Sissignori, dalla regione di Sinnoh! Lì, grazie al suo proverbiale motto, ottenne uno strepitoso successo! Gentilezza, premurosità, spirito di iniziativa, giustizia... ecco le basi della nostra filosofia!- La voce del simpatico vecchietto echeggiava in continuazione in quell'immenso corridoio, che sembrava fosse destinato a non terminare più. Più i ragazzi proseguivano lungo quel tortuoso ed interminabile passaggio, più i quadri sembravano che si diradassero di numero, ma aumentassero di dimensioni. Verso il fondo del corridoio i soggetti dei quadri mutarono: non erano più riprodotti i ritratti degli antenati del signor Macmadison, ma quelli di Pokémon d'erba. I dipinti, pregevoli capolavori a tempera, a olio, a pastello ed a pennarello, raffiguravano ogni tipo di Pokémon erba nel suo habitat ideale. Vi erano dei Bellsprout che simulavano una danza nel fitto di una foresta; dei Sunflora che prendevano il sole una radura, felici e spensierati; degli Oddish e dei Gloom che sguazzavano contenti in un laghetto, in compagnia di qualche Chikorita e di vari Tangela. Ash sorrise impressionato dalla grande varietà di Pokémon erba che erano presenti come dipinti in quel lunghissimo corridoio: sembrava davvero di essere entrati in un museo o in una mostra di dipinti sui Pokémon. Brock fu più interessato a raggiungere i mostriciattoli in carne ed ossa, per osservarli nel loro ambiente naturale, accuditi con così tanta premurosità, come spesso sosteneva il signor Macmadison di se stesso. A quelle parole, gli occhiali del signor Macmadison scintillarono sinistramente ancora una volta e, afferrando con decisione un polso dell'ex capopalestra di Plumbeopoli, iniziò a correre vertiginosamente verso una portone di ferro, alla fine del lungo corridoio. Brock venne nuovamente trascinato in avanti ed i due uomini lasciarono indietro i ragazzi.
Macmadison: -Adesso vi mostrerò i cuccioli di Pokémon! Vedrete come stanno bene, la loro vita é la quintessenza della tranquillità!- Ash, Laura e Alex si guardarono in volto, molto perplessi ed iniziarono a chiedersi sul serio se avessero fatto bene a recarsi in quel posto assurdo e quasi fuori dal tempo. Pikachu ed i due Dratini, al contrario dei loro allenatori angosciati, si stavano rotolando in terra dal gran ridere. Parve loro di grande comicità osservare il povero Brock arpionato dal signor Macmadison e correre con lui per la stanza senza neanche toccare i piedi in terra (ps: per avere un’idea chiara della gag comica, si osservi nell’intro di Dr. Slump e Arale la scena in cui Akane viene trascinata via dalla ragazzina… bene, l’effetto desiderato è più o meno quello NdA).
Ash, Laura e Alex finalmente raggiunsero il termine di quella lunghissima e stretta stanza illuminata dagli inquietanti faretti. Il loro obiettivo era davanti a loro: un portone rosso in ferro battuto, leggermente socchiuso, sulla parete perpendicolare ai quadri di sinistra. I ragazzi tesero l’orecchio per un certo istante per captare qualche segno di vita dall’altra parte, ma nulla trasalì alle orecchie del gruppetto. Laura deglutì, lievemente impaurita dallo strano silenzio che si profilava dall’altra parte del portone dischiuso. La sua Dratini condivideva il panico che iniziava a serpeggiare nell’animo della sua allenatrice dai capelli castani.
Laura: -Ash… che cosa sta succedendo da quella parte? Quel signore… non mi piace! È troppo impulsivo, è troppo… energico! Non mi convince!- Il sesto senso di Laura Ferguson non poteva sbagliare. Ash fu dunque messo sul chi va là dal commento poco felice della sua allieva e, con un cenno d’intesa scambiato con Alex, i due ragazzi fecero un passo avanti e, con tocco secco delle loro mani, spalancarono completamente un battente del portone di medie dimensioni. Lo spettacolo che si prolificò agli occhi dei ragazzi fu incredibile anche al solo descriversi: il portone conduceva all’aperto. Un enorme recinto delimitava una vastissima area erbosa i cui confini non poterono essere visti da quella posizione. Una miriade di Pokémon erba, tutti quanti cuccioli, erano teneramente accuditi da altri Pokémon erba della stessa specie, i quali portavano appesi al collo alcuni medaglioni dorati, con impresso il faccione rubicondo del signor Sam Macmadison. Alla destra dei ragazzi si estendeva un placido laghetto dove alcuni Oddish sguazzavano felici, sotto gli occhi attenti di un Vileplume, portante l’immancabile ciondolo al collo. Intorno al recinto si allargava invece un fitto sottobosco che in parte oscurava gli esigui raggi solari, celati a loro volta dalle nuvole grigie gravide di pioggia. Una piccola oasi verde in un bosco. Il bosco in questione, molto probabilmente, era quello che si estendeva oltre Miramare, verso le montagne dell’hinterland. Ash, estasiato da cotanto spettacolo della natura, osservò quasi sogghignando la sua allieva, la quale stava guardandosi intorno quasi sperduta.
Ash: -Credi ancora che il nostro amico sia squilibrato?- Alex ridacchiò e non poté fare a meno di entrare in quell’immensa prateria, oltrepassando un piccolo cancello di legno dai cardini leggermente arrugginiti. La base della sua stampella a volte sprofondava in pozze di fango molle, segno che da quelle parti era piovuto anche parecchio. Sembrava di essere finiti in un pantano. Il ragazzo con gli occhiali riuscì ad intravedere il primogenito dei Peters nella nebbia, un poco distante dal laghetto che era alla loro destra, a cinquanta metri. Stranamente però la sua silhouette non era accompagnata da quella del piccolo Bulbasaur e, non appena Ash e Laura riuscirono a raggiungerlo, l’assistente del Professor Oak disse loro il suo dubbio. Ash rimase perplesso alle parole del suo allievo ed anch’egli aguzzò gli occhi nella nebbia alla ricerca del suo amico. Riuscì ad intravederlo, ma non aveva con sé, infatti, il cucciolo. Ash, temendo immediatamente il peggio e conscio delle supposizioni di Laura, si incamminò faticosamente insieme a Pikachu per l’erba impaludata, avvicinandosi verso degli alberi di noce e di pesco, all’estrema sinistra del campo adibito per i Pokémon. Finalmente lì riuscì a vedere chiaramente il suo amico il compagnia del signor Macmadison, il quale era completamente sprofondato nell’erba alta. Ash, quando fu a pochi passi da Brock, lo vide stare fermo, a braccia conserte, con il naso in su, proprio come stava facendo anche il proprietario dell’Asilo per i Pokémon.
Brock: -Coraggio! Ce la puoi fare! Abbi fiducia in me!- Ash non riuscì a comprendere con chi Brock stesse parlando. Sicuramente con qualcuno che stava tra i rami del pesco alla sinistra, ormai quasi spoglio dei fiori immacolati che spesso contraddistinguevano il fusto che si sviluppava in primavera e poi in estate. Curioso di quello che stava accadendo in quel momento, il ragazzo col cappello parlò direttamente a Brock.
Ash: -Brock… cosa sta succedendo?- Il ragazzo di Plumbeopoli sorrise al suo amico e finalmente scostò lo sguardo dai rami dell’albero, per osservare Ash in volto.
Brock: -Sai cos’è successo? Bulbasaur si è staccato da me ed ha voluto inseguire un Butterfree, su per il tronco di quell’albero!- E lo indicò con un braccio. Ash rimase incredulo quando finalmente riuscì a scorgere il piccolo Pokémon Erba appollaiato su un grosso ramo. Il cucciolo di Bulbasaur non sembrava troppo contento della posizione precaria in cui si era ritrovato e, di tanto in tanto, Bulbasaur abbassava gli occhi fino a terra e tremava dalla paura. Accanto a lui c’era Butterfree, il quale svolazzava qualche volta intorno al pesco ormai spoglio. Il signor Macmadison ridacchiò piuttosto concitatamente e si sistemò gli occhialini sul naso.
Macmadison: -Devo dire che quel Bulbasaur ha molte energie per essere ancora un cucciolo! Avresti dovuto notare… Ash Ketchum, giusto? Sì, sì, avresti dovuto notare come i suoi artigli affondassero nella robusta corteccia del ramo del pesco! Ah sì, uno spettacolo davvero eccezionale!- Ash non era molto convinto del procedimento appena effettuato da Brock per insegnare a Bulbasaur come vincere la paura. Dopotutto, Bulbasaur era ancora troppo piccolo per altezze di quel genere (due metri e mezzo da terra), se fosse caduto da quella quota si sarebbe potuto fare anche molto male. Era già successo a MonteLuna, Brock avrebbe desiderato che tale accaduto si ripetesse anche lì? Il Master dei Pokémon espose i suoi dubbi all’ex capopalestra di Plumbeopoli, ed il primogenito dei Peters, di tutta risposta, rise in faccia al suo amico. Brock, usando il braccio per indicare l’albero di pesche, indicò il terreno acquitrinoso.
Brock: -Non c’è nessun pericolo, Ash! Come puoi notare, il terreno è molto morbido, grazie alla pioggia che è caduta in questi ultimi giorni. Il compito che Bulbasaur deve eseguire non è tanto spiccare un salto dal ramo fino a terra, ci mancherebbe… deve usare le sue liane per afferrarsi al mio braccio e trasportarsi dolcemente fino a terra!- La Stretta con Liane è la prima mossa che ogni buon Pokémon erba dovrebbe imparare, è sicuramente di vitale importanza per la sicurezza del Pokémon in questione. Se Bulbasaur si fosse ritrovato in una situazione simile, senza avere imparato come si usassero le liane, come avrebbe potuto fare? Ash annuì e diede ragione al suo amico: era tempo che il piccolo Bulbasaur iniziasse ad imparare le mosse rudimentali che ogni Pokémon erba dovrebbe imparare a gestire. Brock posizionò il braccio destro davanti a sé ed arcuò il gomito a 90 gradi, come se volesse leggere l’orologio sul polso. Strinse il pugno con forza e contrasse i muscoli dell’avambraccio, e si posizionò in bella mostra sotto il cucciolo tremante. Alzò il volto ed iniziò a parlare con decisione.
Brock: -Bulbasaur, ascoltami! Devi utilizzare le liane che possiedi ed afferrare il mio braccio! Arrotolale più volte, se necessario, quante volte desideri. Devi farlo però con decisione, con coraggio! È l’unico modo per riuscire a scendere da quell’albero!- Bulbasaur avrebbe voluto farlo, ma l’altezza incredibile in cui il cucciolo si era ritrovato faceva venire le vertigini appena si poggiava l’occhio in terra. Frattanto anche Pikachu, Ash ed il signor Macmadison si unirono agli incoraggiamenti. Subito dopo anche Laura ed Alex, con i loro Dratini, si unirono al coro di esortazioni.
Pikachu: -Dai! Ce la puoi fare!- Ash: -Credici!- Macmadison: -Siamo tutti con te!- Il volto di Bulbasaur, tra una smorfia di terrore e l’altra, era contratta in un visibile e quasi grottesco grugno di concentrazione. Brock sorrise leggermente ed ammirò con molta soddisfazione quanto impegno il piccolo Bulbasaur ci impiegasse per riuscire ad eseguire l’azione. Bulbasaur, dall’alto della sua postazione, ebbe una visuale piuttosto ampia dei dintorni della riserva naturale dei Pokémon e riuscì a scorgere un Chikorita eseguire la Stretta con Liane con disinvoltura e fluidità, afferrare una mela da un albero grazie alle liane verde chiaro e portarsela alla bocca e mangiare la mela apparentemente succosa con gusto. Bulbasaur tornò a guardare sotto di sé e focalizzò la sua attenzione su Brock e sul suo braccio piegato, che sembrava dovesse servire da trespolo per un’aquila in fase d’atterraggio. Si concentrò e si lambiccò il cervello su quale metodo potesse utilizzare per riuscire ad eseguire la Stretta con Liane, ma sembrò proprio che neanche un’idea trapelasse nell’anticamera del suo cervello. Continuò ad osservare Brock e notò che gli stava sorridendo serenamente.
Brock: -So che ce la puoi fare. È insito in te, so che riuscirai ad eseguire la Stretta con Liane alla perfezione!- Bulbasaur, leggermente ringalluzzito dal commento positivo del primogenito dei Peters, annuì e iniziò nuovamente a pensare una strategia per riuscire ad allungare le liane che lui possedeva. Pensa che ti ripensa, finalmente il cucciolo di Pokémon erba riuscì, seppur lentamente, a protendere verso il cielo le due liane che ogni Bulbasaur poteva usare come lazos naturali. Sotto, i ragazzi ammirarono estasiati il successo parziale del Pokémon di Brock: la prima parte dell’esercizio era stata completata con successo. Adesso bisognava che le liane si avviluppassero attorno al braccio contratto dell’ex capopalestra di Plumbeopoli, per permettere così a Bulbasaur di avere una base solida cui aggrapparsi e scendere senza pericoli dall’albero di pesche. Brock, nel frattempo, offriva consigli al suo Pokémon, mentre il signor Macmadison, i Pokémon tutti attorno ed i ragazzi persistevano a fare il tifo per il Pokémon bloccato sull’albero.
Brock: -Bene! Ora distendi lentamente le liane verso il basso. No, no, non così velocemente! Non cambiare direzione! Ecco… ora scendi… piano, senza fretta…- Mentre le parole di Brock guidavano Bulbasaur verso la meta finale, le liane aumentarono lentamente di lunghezza fino a raggiungere le teste dei ragazzi. Però, proprio quando le liane verde chiaro del cucciolo furono ad un palmo dal braccio di Brock, qualcosa di imprevisto accadde. Altre liane, verde ramato, afferrarono con decisione le estensioni naturali del cucciolo di Pokémon erba. Tutti i presenti, stupiti, osservarono l’evento inaspettato a bocca aperta. Bulbasaur, spaventato dall’entrata in scena di due nuove liane, perse il controllo della sua tecnica ed iniziò a singhiozzare. Le liane verde ramato diedero un potente strattone che fecero proiettare il cucciolo in avanti, sporgendolo pericolosamente verso il vuoto. Brock strabuzzò gli occhi terrorizzato: qualcuno aveva tirato in avanti Bulbasaur, con il proposito di farlo cadere in terra.
Brock: -BULBASAUR!!!- Butterfree, il quale era rimasto sempre vicino al cucciolo di Pokémon erba, non perse tempo e volò come una scheggia verso il Pokémon che stava cadendo contro il terreno. Bulbasaur non si sarebbe fatto comunque alcun male, a causa del terreno acquitrinoso che componeva il parco per Pokémon di Miramare, ma Butterfree non volle correre rischi. Il Pokémon coleottero volò in picchiata verso Bulbasaur, lo raggiunse e lo aggirò, compiendo un giro di 180 gradi. Butterfree, in tal modo, fu proprio tra il cucciolo che stava cadendo ed il terreno, e fermò il volo del Pokémon di Brock, facendo da soffice cuscino. Il signor Macmadison sorrise a Butterfree e gli fece l’occhiolino.
Macmadison: -Ottimo lavoro, Butterfree! Non per niente, sei il guardiano di questo parco! Eh sì, sì!- I ragazzi, con ancora il cuore in gola, spostarono lo sguardo, seguendo le liane color verde ramato, alla loro destra. Videro in lontananza, seminascosto dalla fitta nebbia che continuava imperterrita a scendere, la fisionomia di un Gloom. Questo Pokémon erba/veleno non era da solo. Insieme a lui c’erano due tizi, avviluppati da un appariscente mantello rosso, i cui volti erano celati parzialmente da un cappuccio. Ash, Pikachu, Brock, Laura e la sua Dratini sgranarono gli occhi spaventati, riconobbero al volo l’identità di quei due misteriosi individui: li avevano visti il giorno dell’incendio al Centro Medico per Pokémon di Celestopoli. Quei due personaggi appartenevano al Team Richardson, erano tornati a far visita al gruppetto di ragazzi.
-Finalmente ci rincontriamo, maestro Ketchum…- A parlare era stato l’uomo della coppia. Alex, non essendo ancora a conoscenza dell’esistenza di quel paio di persone, chiese a Brock e Laura chi fossero quei due. I due ragazzi deglutirono e rivelarono all’allievo di Ash l’identità dei loro avversari. Erano coloro che avevano appiccato l’incendio al Centro Medico per Pokémon di Celestopoli, i malfattori che volevano rapire ad ogni costo il Dratini di Alex. L’attenzione dei due miserabili, in quel momento, non era più concentrata sul Master dei Pokémon, ma sulla loro preda finale: Dratini. Il Pokémon drago, sentendosi quegli occhi iniettati di sangue addosso, iniziò a tremare, ed Alex percepì la paura crescere nel suo amichetto.
Alex: -Cosa… cosa vogliono…?- Gloom lasciò andare lo spaventatissimo Bulbasaur e ritirò le sue liane color verde ramato. Brock ne approfittò per recuperare il suo Pokémon e di tranquillizzarlo, perché il cucciolo stava piangendo copiosamente per il grande spavento subìto.
-Dateci quel Dratini, senza opporre resistenza!- Questa volta era la donna del gruppo ad avere gridato. Alex e Dratini, terrorizzati, iniziarono ad indietreggiare di qualche passo, convinti di riuscire a scappare da quei due lestofanti. Immediatamente Brock e Laura si posizionarono davanti al loro amico, ed avevano già agguantato delle sfere Poké, pronti per dare battaglia contro il duo… di cui non sapevano neppure il nome dei componenti. Anche Ash era pronto a combattere, soprattutto per vendicarsi del torto subito nel primo combattimento a Celestopoli. Pikachu scese dalla spalla del suo allenatore e si mise a quattro zampe, con il capo leggermente inclinato, ed assunse un aspetto minaccioso.
Ash: -Prima dovrete vedervela con noi… chiunque voi siate!- Il signor Macmadison, intanto, stava tremando come una foglia dal gran terrore e si era messo anche a gridare a squarciagola. Correva un po’ di qua e un po’ di là, e nella sua corsa confusa non cavò un ragno dal buco.
Macmadison: -No! No, no, no! Non potete combattere qui! No, no, non potete!- La donna del Team Richardson, visibilmente irritata dall’andirivieni di quello strano vecchio squinternato, ordinò al suo Pokémon veleno di utilizzare le Spore Paralizzanti contro il signor Macmadison. Grazie all’umidità presente nell’aria, la polverina color arancione era resa ancora più potente e viscosa e, non appena l’effluvio raggiunse la silhouette del vecchietto in doppiopetto, il pulviscolo paralizzante compì il suo operato, immobilizzando all’istante il proprietario dell’Asilo dei Pokémon di Miramare. Il vapore acqueo presente nell’aria riuscì ad espandere il raggio d’azione dell’attacco di Gloom e, complice una raffica di vento inattesa diretta verso il maestro di Pokémon, colpì sia Ash che Pikachu, i quali si ritrovarono nuovamente imbalsamati come già accaduto a Celestopoli. Brock, Laura e Alex sgranarono gli occhi terrorizzati: il Team Richardson aveva già messo K.O. il Master dei Pokémon, il loro amico, Ash Ketchum, paralizzato per una seconda volta. I due membri del losco Team, visti gli eccellenti risultati dell’attacco Paralizzante del loro Pokémon veleno, esplosero in una gelida risata ed iniziarono ad avvicinarsi, lentamente, verso i tre ragazzi ancora capaci di muoversi. Brock, Laura ed Alex indietreggiarono a loro volta. Il passo dei due individui avviluppati dal manto rosso come un sudario aveva una cadenza marziale, la loro tronfia postura riuscì a mettere in soggezione il gruppetto di allenatori. I passi, nel terreno paludoso, echeggiavano tutt’intorno, producendo un rumore spaventoso.
-La tempesta si scatenerà presto sulle tranquille città di Kanto…-
-Non avremo mercè di voi, e per noi questo è un vanto!-
-Travolgeremo chiunque osi porsi sul nostro cammino!-
-Il sole, la luna, le stelle ed anche i pianeti più vicino!-
-Tutto sarà in nostro potere…-
-E distruggervi sarà per noi un piacere!- A due passi dai ragazzi tremanti dalla paura, i due membri del Team Richardson si fermarono e, con uno scatto secco di una spalla, si tolsero di dosso il pesante drappo rosso che li avvolgevano completamente. Finalmente Brock, Alex e Laura riuscirono ad osservare in volto i loro avversari. La donna, dai capelli a caschetto neri, gli occhi blu scuro e un sorriso sinistro; l’uomo, dalla chioma fluente rossa e dagli occhi castano scuro, caratterizzato da uno sfregio che gli attraversava diagonalmente la bocca, dall’angolo superiore destro del labbro a quello sinistro inferiore del labbro sottostante. I ragazzi non si erano mai accorti di quella peculiarità agghiacciante. I loro vestiti erano caratterizzati da una divisa color rosso fuoco, proprio come il mantello. La maglia a maniche lunghe, di una stoffa apparentemente grezza, recata sul petto un simbolo strano, contrassegnato da cerchi concentrici e da una saetta blu all’interno di essi. I pantaloni reggevano le loro cinture porta Poké Ball. Un paio di guanti neri e due scarponi militari altrettanto neri completarono l’uniforme del Team Richardson. Sembrava che l’età dei due componenti del Team si aggirasse sulla trentina d’anni.
-Io sono Cassandra!- La donna, finalmente, rivelò ai ragazzi la sua identità. La voce imponente della donna continuò a tormentare il povero Bulbasaur, il quale non smetteva più di piangere e Brock, suo malgrado, non riusciva a calmare il cucciolo.
-Io sono Elio!- Anche l’uomo, dalla voce gracchiante, annunciò il suo nome ai due ragazzi che fissavano inebetiti la coppia del Team Richardson. Finita l’introduzione, il volto della donna dagli occhi blu scuro divenne rapidamente torvo e la luce che brillava nei suoi occhi divenne inquietante e poco raccomandabile.
Cassandra: -Ora che ci siamo presentati… consegnateci quel Dratini senza tante storie!- Elio, l’uomo dalla folta criniera rossa, incrociò le braccia al petto ed iniziò a digrignare i denti, producendo un sibilo insopportabile alle orecchie dei ragazzi. Ash iniziò a soffrire i tormenti delle gambe addormentate e continuò ad osservare con estremo odio i due componenti del Team Richardson.
Ash: “Mi hanno immobilizzato un’altra volta! Non è possibile… mi hanno giocato ancora!” Il Team Richardson proseguì nel suo discorso, facendo leva soprattutto nel timore che stava iniziando a crescere dentro i due ragazzi non rimasti paralizzati dall’attacco di Gloom.
Cassandra: -Oltre a Dratini, noi pretendiamo il legittimo possesso di questo parco dei divertimenti per i Pokémon! L’Asilo di Miramare diventa automaticamente di proprietà del Team Richardson!- Brock, Alex e Laura sgranarono gli occhi terrorizzati. I loro avversari stavano facendo sul serio, non si poteva più esitare. Il signor Macmadison rantolava e mugugnava nella sua posizione fissa di statua, ma non poteva muovere neanche un muscolo. Ash ringhiò addirittura, ma non riuscì a muovere neanche le labbra per parlare. Stesso discorso per Pikachu, il quale pareva avesse un diavolo per capello.
Brock e Laura, finalmente ripreso coraggio dopo l’iniziale smarrimento, avanzarono di un passo e, in posizione di lancio, avevano già in mano una sfera Poké ciascuno. Alex e Dratini erano rimasti indietro, spaventati, congelati nelle loro posizioni contratte, come se anche loro fossero stati colpiti dalla Polvere Paralizzante di Gloom. Ash, Pikachu ed il signor Macmadison, sullo sfondo, sembravano delle statue greche, raffigurate in una posizione strana e innaturale: il vecchio in doppiopetto era immobile, un braccio avanti a sé, l’altro indietro, il busto leggermente piegato in avanti, una gamba indietro e l’altra piegata in avanti, sembrava un fotogramma di un uomo che stava correndo; Ash aveva ancora le mani strette nei pugni davanti a sé, il suo ringhio congelato come se in quel momento ci fosse solo una sua foto e non la persona in carne e ossa. Anche Pikachu era paralizzato nella sua posizione e, cosa buffa, anche le scintille che scoppiettavano nelle sue tasche guanciali rimanevano staticamente ferme, come se ci fosse un dipinto di Pikachu e non il Pokémon vero e proprio. Elio e Cassandra osservarono sarcasticamente sorridenti i loro avversari afferrare in mano una Poké Ball. La donna dagli occhi blu scuro mise le mani sui fianchi e scosse la testa, per nulla intimorita dall’atteggiamento dei ragazzi avversari.
Cassandra: -Volete combattere ancora? Ma non avete ancora imparato la lezione? Non vorreste fare una brutta figura come l’altra volta, spero?- Le parole di Cassandra resero molto perplesso Alex. Laura e Brock, già coscienti del sospetto che stava iniziando a serpeggiare nell’allievo di Ash, voltarono la testa meccanicamente verso il ragazzo con gli occhiali, il quale aveva assunto un atteggiamento triste e stava facendo gli occhi dolci, così come il piccolo Dratini (avete presente la tattica del Gatto con gli Stivali di Shrek, quando vuole far commuovere qualcuno? L’idea è questa… NdA).
Alex: -Che cosa significano queste parole? Non li avevate sconfitti…?- Brock e Laura iniziarono a comprendere che Alex e Dratini stavano iniziando a mangiare la foglia. Loro avevano mentito al loro amico a fin di bene, ma sapevano benissimo che non avevano assolutamente vinto a Celestopoli. Se non fosse stato per quel misterioso supereroe avvolto dal mantello e nascosto in una buffa maschera di Miltank, Dratini certamente non sarebbe stato più con il suo allenatore a questo punto della storia. Brock si voltò verso Laura, la quale stava iniziando a perdere la poca sicurezza che aveva accumulato in quegli istanti, così come la sua Dratini, ancora più impaurita del Pokémon drago di Alex. Il primogenito dei Peters guardò poi Ash ed il signor Macmadison, per poi osservare attentamente il suo amico di vecchia data. Si accorse che il Master dei Pokémon lo stava fissando intensamente. Quando lo sguardo dei due ragazzi si incrociarono, Ash sbatté le palpebre due volte. Brock comprese immediatamente: era giunto il momento di combattere. L’affiatamento che scorreva tra Ash e Brock era così immenso, costruito mattoncino dopo mattoncino in quegli anni di viaggi insieme, che si potevano intendere perfettamente anche senza bisogno di parlarsi tra loro. Brock annuì al suo amico e tornò a guardare davanti a sé, dove il Team Richardson aveva agguantato una sfera Poké per componente del Team.
Elio: -Poche storie! Volete consegnarci quel Dratini ed andarvene da qui? Se ci consegnerete il Pokémon senza resistenza, vi lasceremo in pace e non vi disturberemo più!- Brock espresse un mezzo sorriso di sfida che non piacque affatto al giovanotto dalla folta criniera color rosso fuoco. Brock adagiò Bulbasaur in terra ed il cucciolo, terrorizzato, non si mosse dalla sua posizione. I suoi occhi erano incollati sul Gloom di Cassandra, il quale a sua volta non staccava gli occhi di dosso dal Pokémon erba. L’ex capopalestra di Plumbeopoli obbligò il suo Pokémon a scostare lo sguardo e Bulbasaur riuscì finalmente a sbloccarsi, correndo verso l’albero di pesco. Butterfree era ancora nei paraggi ed aiutò il cucciolo ad arrampicarsi lungo il tronco del pesco, per poi adagiarsi insieme sul ramo dove i due si trovavano prima appollaiati. Con Bulbasaur al sicuro, Brock sentì molto più disteso e tornò ad osservare Laura, la quale anch’ella aveva riacquisito fiducia. Entrambi annuirono e poi osservarono Alex, il quale afferrava in mano una Poké Ball.
Alex: -Mi dispiace, ma vorrei combattere anche io! Non voglio che dei bricconi mi portino via il mio Dratini! Tanto meno vorrei che conquistino questo angolo di paradiso!- Il povero ragazzo non riuscì neanche a terminare la frase che Gloom, con una velocità pazzesca, lanciò una liana verso la stampella dell’allievo di Alex, su cui quest’ultimo si appoggiava per rimanere in piedi. La liana color verde ramato si attorcigliò contro il bastone di ferro e, con un colpo secco, Gloom tirò verso di sé la stampella. Alex, non avendo più un sostegno su cui appoggiarsi e, a causa dello strattone imprevisto, perse l’equilibrio e cadde di faccia sul fango che costituiva il terreno. Dratini per poco non andò anch’egli di faccia sul terreno acquitrinoso. Laura e Brock osservarono spaventati il loro amico cadere come un sacco di patate. Vollero aiutarlo a rimettersi in piedi, ma senza stampella poco si poteva fare. La risata della donna dai capelli neri a caschetto, poi, catturò immediatamente la loro attenzione.
Cassandra: -Oh, oh, oh, oh! Mi dispiace, mocciosetto! Tre contro due non va bene! Coppia contro coppia, questo è nei patti!- Brock strinse i denti irritato e riservò uno sguardo fulminante alla donna del Team Richardson. Preferì in seguito lasciar perdere ed inchinarsi a rimettere almeno seduto il povero Alex, il quale stava annaspando nel tentativo di levarsi il fango dagli occhi.
Brock: -Alex, lascia fare a noi. Vedrai che vinceremo questo scontro, nessuno ti porterà via Dratini!- Anche Laura incoraggiò il suo amico, ma appariva meno determinata rispetto all’ex capopalestra di Plumbeopoli. Lo si poteva capire chiaramente dal tono di voce della ragazza dagli occhi verdi.
Laura: -Sì, stai tranquillo… non conquisteranno neanche questo parco! È del signor Macmadison, non possiamo lasciare che il Team Richardson si impadronisca di questo luogo!- Il ragazzino annuì. Gli incoraggiamenti di Brock e Laura iniziarono a sortire il loro effetto ed Alex si tranquillizzò un poco. Si guardò i vestiti nuovi, completamente inzaccherati dalla melma. I vestiti nuovi che Laura gli aveva comprato con così tanta premura! Il ragazzo con gli occhiali avrebbe voluto volentieri dare una lezione a quei lestofanti, se non fosse che la stampella fosse volata via a metri di distanza dal campo di combattimento. Brock e Laura, non perdendo ulteriore tempo, lanciarono le loro sfere Poké nel campo melmoso e dalle Poké Ball apparvero con un lampo Geodude e Sandshrew. Elio strinse i denti ed afferrò a sua volta una Poké Ball, non approvando il gesto di sfida dei suoi avversari. Sia Elio che Cassandra indietreggiarono di diversi passi per far posto ai loro Pokémon, i quali avrebbero potuto combattere in un piano di combattimento più ampio.
Elio: -Ma bene! Volete prendervi ancora un sacco di cazzotti, eh? Non mi faccio certo pregare! VAI, TAUROS!- Lanciò la sfera Poké davanti a sé e dalla luce abbagliante della sfera apparve il Pokémon bovino, più furioso che mai. Con una zampa anteriore caricava e spruzzava fango da tutte le parti. Anche Cassandra lanciò una sfera nel campo di battaglia, ed il Pokémon scelto dalla donna dagli occhi blu scuro era Doduo, il Pokémon uccello a due teste che aveva causato un sacco di problemi ai pompieri quando questi ultimi dovevano estinguere l’incendio. Cassandra esplose in un’altra irritante risatina ed osservò dal basso verso l’alto i Pokémon avversari.
Cassandra: -Ah! Ah! Ah! Cosa credete di combinare, mandando in campo quei due nanetti? Vi consiglio di chiamare il Pokémon più forte che avete a disposizione, noi non siamo tipi che si lasciano sconfiggere molto facilmente!- Brock Peters espresse un nuovo mezzo sorriso e, con un poco di boria e di rinnovata autostima, si indicò al petto con un pollice.
Brock: -Si dà il caso che io sia il miglior allevatore di Pokémon della regione di Kanto! I Pokémon che ho a disposizione sono tutti di ottima qualità, qualsiasi Pokémon che scelgo avrà ragione sui vostri! E ve ne darò una dimostrazione pratica!- Laura annuì, rinvigorita dalla grande fiducia dell’ex capopalestra di Plumbeopoli. Il suo Sandshrew appariva in ottima forma e in quel terreno paludoso sembrava che si muovesse molto bene. Non aveva lottato con lui nell’ultima palestra, ma questo poco importava, in fin dei conti.
Laura: -L’altra volta non avete potuto osservare i nostri Pokémon in campo perché il vostro Gloom ci ha paralizzati! Dite la verità, avete voluto anticiparci perché avevate paura di non riuscire a sconfiggere i nostri Pokémon?- Elio ridacchiò e scosse la testa lentamente, incrociando le braccia al petto. Nessuna risposta però uscì dalle labbra dell’uomo dalla folta chioma rosso fuoco. La donna dagli occhi blu scuro, però, rimase leggermente indispettita dalle parole dei suoi rivali e, come una furia, ordinò al suo Pokémon volante di attaccare.
Cassandra: -VA BENE! Volete la dimostrazione pratica? Vi accontento subito! DODUO! Attacco Furia su quei nanetti!- Il Pokémon biuccello, lesto come un fulmine grazie alle sue forti e snelle zampe che bene si adattavano al terreno acquitrinoso, fu addosso a Geodude e Sandshrew. Doduo tentò invano di colpire con i becchi cui aveva a disposizione i suoi nemici, perché Geodude e Sandshrew, nel frattempo, avevano colpito il loro avversario con un attacco Fangata e con un Turbosabbia. Doduo, non aspettandosi una contromossa del genere, venne fermato a pochi metri dai suoi avversari e si ritrovò gli occhi accecati da flutti di fango lanciati velocemente dalle braccia muscolose di Geodude, e per di più, annebbiati da una folta tormenta di sabbia. Anche Tauros fu aggredito dall’attacco Turbosabbia di Sandshrew e, con la vista appannata, divenne rapidamente furioso ed iniziò a scalciare a destra e a manca, con le zampe anteriori e con quelle posteriori, così, alla cieca. Elio perse ben presto il controllo del suo Pokémon furioso e Tauros, completamente fuori di sé, iniziò a caricare dritto avanti a sé, senza preoccuparsi di cosa avrebbe potuto trovare, amici o nemici che fossero, sulla sua strada. Sandshrew, il quale godeva di un’ottima vista nelle tempeste di sabbia (seppure si tratti di una talpa, Sandshrew è un Pokémon di tipo terra), sotto ordine specifico di Laura fu su Doduo e lo colpì con un potente attacco Graffio. Doduo, ferito dagli artigli affilati di Sandshrew ai suoi due volti, iniziò a strillare come un ossesso. L’attacco Furia che aveva iniziato ad usare divenne ancora più potente e, quando la polvere di sabbia che si era alzata iniziò a diradarsi e quando il Pokémon biuccello finalmente riuscì ad inquadrare il suo nemico, Doduo si scaraventò addirittura sul Pokémon terra e lo buttò a terra con una zampata. Laura aprì gli occhi spaventata dal fatto che Doduo si fosse ripreso così velocemente e che avesse colpito il suo Pokémon con così tanta forza. Sandshrew, ora, si trovava a terra supino e Doduo gli era sopra, con lo sguardo torvo, con le gambe divaricate, pronto ad attaccarlo senza pietà.
Cassandra: -Ora colpiscilo nuovamente con Furia!- Nuovamente le due teste iniziarono a colpire, una avanti ed una indietro e viceversa, con collera e foga. Sandshrew, bloccato a terra da una zampa di Doduo sul ventre, non riuscì a contrattaccare in tempo ed i becchi duri come le rocce del Doduo colpirono senza pietà e senza sosta il Pokémon terra. Laura gridò al suo Pokémon di rialzarsi e di rilanciare all’offesa subita, ma nulla poteva impedire a Doduo di continuare a colpire il Pokémon della ragazza dagli occhi verdi.
Laura: -SANDSHREW, RIALZATI!- Le beccate furiose proseguivano senza un attimo di tregua e la donna dai capelli a caschetto, preannunciando una facile vittoria per il Team Richardson, avanzò di qualche passo con un atteggiamento superbo e visibilmente canzonatorio per i due amici di Alex.
Cassandra: -Dobbiamo continuare, o preferite usare finalmente la testa, cedendoci il Dratini oggetto della nostra ricerca?- Laura strinse i denti ed i pugni, poi osservò Brock. Il primogenito dei Peters stava guardando attentamente lo scontro tra Geodude e Tauros. Il Pokémon bovino stava continuando ad inseguire Geodude, il quale tentava di sfuggire alle corna del toro scappando via con l’ausilio delle forti braccia. Il Pokémon roccia stava eseguendo uno strano percorso per il parco giochi dei Pokémon dell’Asilo, ma non era affatto casuale. Seppure abbastanza rozzamente, il percorso di fuga eseguito da Geodude corrispondeva ad una spirale. Brock comprese immediatamente la tattica di Geodude: oltre a sfiancare l’avversario, il suo Pokémon voleva confondere Tauros, facendolo girare in tondo! La spirale, inoltre, tendeva ad avvicinarsi sempre più al Team Richardson, i quali non sembravano affatto preoccupati del girotondo dei due Pokémon corridori. Se la spirale eseguita da Geodude fosse un poco più larga, certamente la rotta di collisione di Tauros, furioso come era a quel punto, avrebbe colpito tutti quanti avesse incontrato nella sua strada. Anche i suoi padroni. Brock osservò ancora una volta il percorso compiuto da Geodude e da Tauros e gridò al suo Pokémon di allargarsi ancora di più. Elio squadrò perplesso l’ex capopalestra di Plumbeopoli, sembrava che il suo avversario fosse di punto in bianco impazzito completamente.
Elio: -Ehi, tu! Ti ha dato di volta il cervello, per caso? Perché ordini al tuo Pokémon di allargarsi? Non farai altro che avvantaggiare il mio Pokémon! Più i giri compiuti da Tauros sono larghi, più il mio Pokémon acquisterà velocità!- Brock rise, aggrottò le sopracciglia ed incrociò le braccia al petto. Ash, Alex ed il signor Macmadison osservarono stupiti il sogghigno quasi malvagio dell’allevatore di Pokémon.
Brock: -Cassandra ci ha consigliato di usare la testa… ebbene, noi la useremo!- I due membri del Team Richardson iniziarono a sentirsi inquieti osservando quello strano sorrisino sfoggiato dal loro avversario. Di sicuro quel ragazzo aveva qualcosa in mente. Ma cosa? Elio e Cassandra non riuscirono ad afferrare il piano escogitato in quel momento dall’ex capopalestra di Plumbeopoli. Quando finalmente iniziarono a comprendere quello che sarebbe successo, i due loschi individui del Team voltarono la testa alla propria sinistra. Un rombo tuonante stava espandendosi sempre più alla loro sinistra. Due Pokémon si stavano avvicinando sempre più alla loro sinistra. I due Pokémon li avrebbero investiti alla loro sinistra. Anche Geodude sarebbe rimasto urtato dalla carica dirompente del furente Tauros? Laura sapeva che il suo amico non era così pazzo da scagliare il suo Pokémon verso una collisione così devastante. Brock, infatti, ordinò al suo Pokémon di tenersi pronto quando sarebbe giunto a pochi passi dai due membri del Team Richardson. Quando finalmente i due Pokémon corridori furono a pochissimi metri dalle due statue di sale, Brock ordinò a Geodude di saltare.
Brock: -SALTA!!- Geodude utilizzò la potenza delle sue braccia come un trampolino di lancio. Saltò oltre i due membri del Team Richardson e, quando fu sulle loro teste, utilizzò quest’ultime per darsi una maggiore spinta. Come se avesse dovuto saltare sul cavallo che di solito si utilizza in palestra. Ma questo poco importava ai due, alla loro sinistra Tauros sopravanzava alla velocità di un treno, e sembrava non avesse alcuna intenzione di fermarsi. Elio e Cassandra sgranarono gli occhi e gridarono dalla sorpresa, Tauros li avrebbe presto travolti e schiacciati con i suoi possenti zoccoli se non fosse che Doduo, conscio del pericolo che si stava avvicinando ai suoi padroni, lasciò perdere Sandshrew e colpì al fianco il suo compagno di squadra Tauros con i becchi, di slancio, riuscendo a deviare la traiettoria di impatto del toro furente. Tauros, deviato leggermente sulla destra, caricò come una furia verso l’unico bersaglio posizionato sul tragitto, ovvero l’albero di noce, quell’albero piantato proprio accanto a quello dove Bulbasaur e Butterfree si erano rifugiati. Le corna di Tauros si conficcarono con un rumore assordante nella corteccia del noce, penetrarono nel tronco per la bellezza di cinque centimetri e non si staccarono più. Tauros si dimenava, sbuffava e continuava a caricare, ma l’albero rimase ben stabile nella sua posizione e non si smosse di un millimetro. Fortunatamente aveva le radici ben salde nel terreno.
Finalmente ripresi dallo shock, Elio e Cassandra si avvicinarono allo stanco Doduo felici e paghi dell’intervento prezioso del loro Pokémon. La donna dai capelli a caschetto accarezzò una delle due teste e ringraziò dolcemente il Pokémon biuccello.
Cassandra: -Doduo! Sono orgogliosa di te! Ci hai protetto, non potremo mai sdebitarci abbastanza… ci hai salvato la vita, lo sai?- Elio annuì, quasi con i lucciconi agli occhi. Incrociò le braccia ed espresse un sorriso alquanto bizzarro. Sembrava che stesse quasi trattenendo le lacrime dallo sgorgare dagli occhi.
Elio: -Il tuo intervento è stato incredibile! Sei stato velocissimo, sei migliorato tanto da quando abbiamo iniziato ad allenarti…- Brock e Laura si guardarono in volto, leggermente stupiti e confusi. Non si aspettavano di certo un epilogo simile di quel combattimento. Brock commentò a voce alta mentre il Team continuava a vezzeggiare e coccolare il loro Pokémon.
Brock: -Chi l’avrebbe mai detto, anche il Team Richardson ha dei sentimenti!- La ragazza aveva in cuore ancora molti più dubbi dell’ex capopalestra di Plumbeopoli. Socchiuse leggermente gli occhi ed assunse un volto molto tirato.
Laura: -Eh già…- Cassandra non si era certo dimenticata dei suoi avversari e, udendo i loro commenti a caldo, si stizzì notevolmente e gridò loro, inviperita.
Cassandra: -CERTO CHE LI ABBIAMO, per chi ci avete presi!?- Nel periodo in cui Cassandra stava gridando, però, un evento prodigioso avvenne sotto gli occhi di tutti. Doduo, infatti, aveva iniziato a brillare di una luce addirittura accecante che spaventò non poco i due membri del Team Richardson. Brock e Laura osservarono a loro volta intimoriti il succedersi delle circostanze, uno dei Pokémon del Team si stava evolvendo davanti ai loro occhi. Cassandra, però, era la più emozionata dei presenti ed i suoi occhi stavano brillando di una viva luce di gioia. Sorrise con un fare beato e unì le mani davanti a sé, incrociando le dita tra loro.
Cassandra: -Elio… il mio Doduo… si sta evolvendo!- Elio annuì, sgranando leggermente gli occhi. Anch’egli era rimasto sorpreso dall’evento inaspettato.
Elio: -Lo vedo… è incredibile!- Brock e Laura, dal canto loro, non sembravano così entusiasti come invece lo erano i loro avversari. Il primogenito dei Peters iniziò ad interpretare l’inaspettata evoluzione di Doduo come un avvenimento sicuramente a loro danno. Doduo era già abbastanza forte nella sua forma base, se si fosse addirittura evoluto in un Dodrio le cose si sarebbero messe molto male per loro.
Doduo, dopo qualche secondo di luce sfavillante che lo attorniava, si evolse. Il Pokémon biuccello non esisteva più, al suo posto era comparso un Pokémon inquietante e quasi terrificante al solo vederlo negli occhi. Molto più alto della sua forma precedente, Dodrio possedeva ben tre teste. Le zampe apparivano molto più muscolose di quelle antecedenti e le piume possedevano un colore molto più acceso di quelle possedute nello stadio precedente. I becchi stretti ed appuntiti, se fossero stati utilizzati come prima da Doduo in un attacco Furia, avrebbero potuto perforare qualsiasi cosa. Laura approfittò dello stato di estasi del Team Richardson per l’evoluzione di Doduo in un Dodrio per arraffare il Pokédex ed analizzare la natura del nuovo Pokémon. La voce elettronica del Pokédex iniziò a farsi sentire, chiara e limpida.
Dodrio, Pokémon Triuccello. Raccoglie dati e li elabora con le sue tre teste, ma se si concentra troppo si immobilizza”. Il Team Richardson continuava a festeggiare l’ingresso ufficiale nel Team Richardson di un nuovo Pokémon, Dodrio. Dapprima diffidenti, i due ragazzi si ammorbidirono quando osservarono i quattro far feste insieme (nel frattempo si era unito anche Gloom ai festeggiamenti, mentre il povero Tauros era ancora rimasto bloccato contro l’albero). Si lasciarono andare in una risata, ma ben presto dovettero tapparsi la bocca quando il Team Richardson si voltò verso di loro, con una strana luce negli occhi. Nel frattempo, Geodude e Sandshrew si erano riavvicinati ai loro allenatori, ma fu chiaro come la luce del sole che i due guerrieri erano stanchi e molto provati per il combattimento appena concluso. Brock strinse i denti leggermente spaventato, forse era arrivato il momento di riprendere a combattere. Afferrò un’altra sfera Poké e fu quasi sul punto di lanciarla davanti a sé, ma fu ostacolato da una risata della donna dagli occhi color blu scuro.
Cassandra: -Davvero avete intenzione di proseguire?- Laura, intimorita dalla domanda della donna dai capelli neri a caschetto, annuì tremante. Anche la sua Dratini paventava un altro combattimento.
Laura: -Che altro possiamo fare?- I due loschi membri del Team iniziarono a ridere, ma la loro risata non parve provocatoria o malvagia. Sembrava davvero che fosse una risata naturale. Brock e Laura rimasero perplessi, non sapendo più che pesci pigliare. Con una mossa inaspettata da parte di Elio e Cassandra, Dodrio, Gloom e Tauros furono ritirati nelle loro sfere Poké. I due ragazzi aprirono la bocca stupefatti, così come fece Alex. Ash ed il signor Macmadison non riuscirono a farlo, per motivi abbastanza ovvi.
Brock: -Ma… cosa state facendo!?- Elio scrollò le spalle, incurante della domanda piena di meraviglia dell’ex capopalestra di Plumbeopoli. Rispose Cassandra al suo posto, visibilmente contenta e incredibilmente radiosa agli occhi di Brock.
Cassandra: -L’evoluzione di Doduo ci ha scombussolato la strategia che solitamente attuiamo… dobbiamo ritirarci per rinnovare le nostre tattiche di combattimento. Per questa volta vi lasciamo andare, ma non credete che vi siate liberati di noi! Torneremo ben presto, vedrete!- Elio e Cassandra non lasciarono neanche il tempo a Brock e Laura di pronunciare una domanda che girarono sui tacchi e si allontanarono dal parco di proprietà del signor Sam Macmadison. Saltarono agilmente lo steccato e si inoltrarono per la foresta circostante, e fecero perdere rapidamente le loro tracce. Brock e Laura li seguirono con lo sguardo e poi non riuscirono più a vederli. I due ragazzi si guardarono nuovamente in faccia perplessi.
Brock: -Incredibile… un altro colpo di fortuna…- Laura annuì, ancora confusa dagli avvenimenti che si erano succeduti in quel breve lasso di tempo.
Laura: -Qualcuno deve vegliare su di voi…- Alex ascoltò per nulla soddisfatto i commenti finali dei suoi amici. Li osservò con occhi di fuoco ed iniziò a sbraitare, così come fece il suo Dratini.
Alex: -COME SAREBBE A DIRE COLPO DI FORTUNA? Non li avevate sconfitti??- Brock e Laura si voltarono verso Alex ed iniziarono ad indietreggiare, ponendo le mani avanti a loro, sorridendo imbarazzati.
Brock: -Come? Ho detto colpo di fortuna? Ah, ah, ma no, intendevo dire colpo da maestro! E chi si aspettava una vittoria di misura?- Laura ridacchiò rossa in volto e diede ragione all’ex capopalestra di Plumbeopoli. Gli sguardi perplessi di Alex e Dratini, però, misero ben presto alle strette i due ragazzi, i quali continuarono ad indietreggiare sempre più. Brock e Laura giunsero in prossimità di Ash, il quale era ancora rimasto bloccato come uno stoccafisso nella sua posizione innaturale. Brock, nel suo retrocedere, non aveva fatto caso dove mettesse i piedi e senza farlo apposta diede un pestone ad Ash, il quale si limitò a strizzare gli occhi ed a digrignare i denti. Quando riuscì ad ascoltare i grugniti strozzati del suo amico di vecchia data, Brock si fermò e lo osservò stupito.
Ash: -Vi siete…dimenticati di noi? Per favore… liberateci!- Il Master dei Pokémon, il suo fedele amico Pikachu ed il signor Sam Macmadison sembravano delle statue greche. Mancava soltanto che fossero dipinti completamente di bianco, issati su un pilastro, ed i passanti li avrebbero scambiati davvero per delle sculture in marmo.

Bene! E anche questo capitolo è terminato. Certo che il Team Richardson è piuttosto potente, se non fosse stato per l'evoluzione di Doduo, non so cosa sarebbe accaduto ai nostri amici. Beh, l'importante è avere salvato l'Asilo dei Pokémon e il Dratini di Alex! Ma... cosa accadrà adesso? Lo scopriremo insieme nel prossimo capitolo! Ciaooo! ^__^

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Capitolo 27
*** 25 - La Centrale Elettrica è in crisi ***


Riassunto del capitolo precedente...
Abbiamo lasciato i nostri amici a Miramare, la località costiera proprio nei pressi di Celestopoli. Il gruppo ha fatto conoscenza con il signor Macmadison, direttore nonché proprietario dell'Asilo dei Pokémon. Hanno fatto anche la loro comparsa i membri del Team Richardson, Elio e Cassandra: per un evento imprevisto i loschi membri del team hanno desistito alla conquista dell'edificio di proprietà dei Macmadison. E ora che cosa succederà??


Grazie alle proprietà curative di alcuni attacchi dei Bellossom ospiti del parco dell’Asilo dei Pokémon, Ash Ketchum, Pikachu ed il signor Macmadison furono sbloccati dalle loro assurde posizioni causate dall’attacco Paralizzante del Gloom del Team Richardson. Mentre il Master dei Pokémon ed il suo fedele Pokémon eseguivano qualche esercizio per sgranchire i muscoli, il signor Macmadison preferì ringraziare Brock e Laura ed i loro Pokémon per essere tempestivamente intervenuti contro il losco Team e per avere salvato l’Asilo dei Pokémon di Miramare. Butterfree, ancora in cima all’albero del pesco, afferrò il cucciolo di Bulbasaur per il tenero bulbo che era impiantato sulla sua schiena e con lui planò verso terra, la cui direzione finale era costituita dalle braccia di Brock. Butterfree depositò delicatamente l’ancora spaventato Pokémon erba tra le mani dell’allevatore di Pokémon e, quando questa operazione venne terminata con successo, il signor Macmadison iniziò a ridacchiare ed agitarsi come un forsennato.
Macmadison: -Ragazzi, avete salvato me ed i Pokémon da me custoditi! Se non fosse stato per voi, ragazzi, sì, sì! Proprio per merito vostro! Se non fosse stato per voi, il Team Richardson avrebbe sicuramente conquistato questo angolo di paradiso! E cosa sarebbe accaduto di me? Avrebbero preso il comando di questo edificio! Ma ora è tutto a posto, grazie al vostro intervento!- Brock e Laura vennero letteralmente travolti dalla fiumana di parole del prolisso Macmadison. Lo strampalato vecchietto, i cui occhiali avevano dalle lenti a fondo di bottiglia, afferrò con decisione le mani dei ragazzi e le strinse con esagerata forza, facendole ondeggiare su e giù. Ash, Pikachu, Dratini e Alex rimasero a guardare in disparte, divertiti dall’improvvisato teatrino. Si spaventarono quando osservarono i loro amici trascinati via dalla carica dirompente dell’incredibile vecchietto. Il signor Macmadison, infatti, stava portando con sé i due ragazzi verso la porta dell’edificio che stava sul retro. Il problema era che Brock e Laura non stavano minimamente toccando terra con i piedi, il signor Macmadison stava correndo all’impazzata e in pochi secondi svanirono alla vista di Ash e Alex. I due ragazzi si guardarono in volto sorpresi, poi scoppiarono a ridere a crepapelle.
Procedettero a passi lenti verso la porta che conduceva al corridoio dei quadri illuminato artificialmente, e quando finalmente varcarono completamente quell’angusta stanza, videro i due amici nella hall principale afferrare qualcosa dalle mani del signor Macmadison. Ash e Alex raggiunsero finalmente l’atrio dall’acciottolato regolare e dalle decorazioni ampollose e videro l’energico vecchietto alla scrivania, che stava facendo dei cenni ai due ragazzi di avvicinarsi verso di lui. Ash e Alex aprirono leggermente gli occhi, un poco intimoriti da quella mano che intimava loro di avvicinarsi verso il proprietario dell’Asilo dei Pokémon.
Macmadison: -Ehi, voi due! Ho qualcosa per voi! La vostra ricompensa!- I due ragazzi ridacchiarono e scossero la testa, imbarazzati da quello che il signor Macmadison stava afferrando in quel momento in mano: erano quattro sfere Poké di colore blu, contraddistinte da due protuberanze rosse sulla cima colorata della Ball. Erano delle Mega Ball. Alex non aveva mai visto ancora una Mega Ball, fino a quel momento aveva sempre maneggiato le comuni Poké ball bianche e rosse.
Ash: -Noi non abbiamo fatto nulla… non siamo neanche intervenuti!- Alex annuì, dando ragione al suo maestro.
Alex: -Non… non possiamo accettare la ricompensa…- Pikachu e Dratini, però, parevano in netto contrasto con il pensiero dei loro allenatori. Senza tante storie balzarono dalle spalle dei due ragazzi verso la scrivania di mogano del signor Macmadison ed afferrarono (Pikachu con le zampe, Dratini attorcigliandosi attorno alle Mega Ball) la ricompensa generosamente offerta dal proprietario dell’Asilo dei Pokémon.
Macmadison: -Beh, chiunque sia amico del sottoscritto, il signor Sam Macmadison, dovrebbe essere trattato nel migliore dei modi! Sareste comunque intervenuti se non fosse stato per quegli inconvenienti!- Sam Macmadison si riferiva chiaramente all’attacco Paralizzante di Gloom che aveva immobilizzato Ash e Pikachu e all’impossibilità da parte di Alex di muoversi a causa della stampella che venne strappata via dalle sue mani. Ora la stampella l’aveva recuperata ed i vestiti furono energicamente ripuliti da un potente Getto d’acqua da parte di Pelipper. I vestiti di Alex, infine, furono rapidamente asciugati dall’alito infiammabile di Magcargo. Un servizio degno di un lavasecco. Gratis, per giunta. Ash e Alex accettarono il regalo del signor Macmadison ma, appena vennero gentilmente consegnate dai loro Pokémon le quattro Mega Ball, la luce improvvisamente partì. Era quasi ora di pranzo, ma il sole era coperto da una pesante coltre di nebbia e, a settembre inoltrato, il sole non era più così luminoso come invece lo era stato fino ad allora, quando era ancora estate. In quel luogo senza finestre, inoltre, il buio si notava ancora di più. Laura si guardò attorno, quasi spaventata dell’improvviso blackout. Non era mancata la corrente solo nella hall, ma anche nel corridoio. I fari che illuminavano i quadri dei Pokémon erba erano anch’essi inspiegabilmente spenti. Alex si guardò attorno, perplesso.
Alex: -Cosa è successo? È mancata la luce all’improvviso?- Il signor Macmadison non perse occasione per ridacchiare e quell’avvenimento non deturpò la sua ondata d’ottimismo e di vitalità. Con un nuovo balzo dalla sedia fu sulla scrivania e, con un altro saltello, atterrò elegantemente in terra. A passetti piccoli e veloci si indirizzò dall’altra parte della hall, ovvero verso il portone d’entrata, meglio precisamente la porta di destra. Accanto c’era un piccolo scompartimento scavato nel muro di mattoni, dove risiedeva il contatore elettrico. Il loculo era coperto da un’anta che si poteva aprire comodamente con un pomello d’ottone.
Macmadison: -Calma, ragazzi, niente panico! Ogni tanto scatta il salvavita, sapete io devo consumare molta energia elettrica per rendere il parco giochi dei Pokémon il più accogliente possibile! Il calore non deve mai mancare, soprattutto con il sopraggiungere dell’autunno! Ogni tanto si eccede e raggiungo la quota massima dei megawatt consentiti. Il salvavita, che di solito è collocato sulla posizione 1, scivola sulla posizione 0, bloccando così l’erogazione dell’energia elettrica!- La spiegazione terminologica del signor Macmadison tranquillizzò un poco i due allenatori novizi, i quali stavano già temendo un nuovo attacco da parte del Team Richardson. A Celestopoli, quando ebbe luogo l’attacco in massa da parte dell’intero esercito del Team, la corrente elettrica era mancata più di una volta. Per un momento era sembrato proprio ai due giovani che Elio e Cassandra avessero voluto isolare completamente l’edificio, privandolo dell’energia elettrica necessaria per salvaguardare il comfort dei Pokémon erba che dimoravano temporaneamente al parco. Brock sorrise e si avvicinò a lenti e moderati passi verso il signor Macmadison, il quale stava ancora osservando perplesso il contatore elettrico.
Brock: -Bene! Ora credo proprio che sia giunto il momento di salutarci! Noi dobbiamo proseguire per il nostro viaggio per le città di Kanto. Dobbiamo procedere per il TunnelRoccioso, la nostra prossima destinazione è Lavandonia!- Quando terminò di parlare, Brock era giunto alla sinistra del vecchietto vestito in doppiopetto. L’attenzione del simpatico anziano però era ancora focalizzata verso il contatore e l’ex capopalestra di Plumbeopoli rimase quasi sconvolto quando osservò il volto del proprietario dell’Asilo. Il signor Macmadison era serio, gli occhi leggermente spalancati, la bocca semiaperta. Il vecchietto, da quando gli amici lo conobbero, non lo avevano mai visto serio. O sempre felice e spaventato a morte. Mai serio. Brock si avvicinò un altro po’ al vecchietto, il quale continuava imperterrito a fissare il contatore elettrico.
Brock: -Signor Macmadison, cosa sta succedendo?- Ash, Laura e Alex si avvicinarono anch’essi al vecchietto, il quale finalmente scostò lo sguardo dal lettore elettronico. Osservò l’ex capopalestra di Plumbeopoli in volto e scosse la testa, leggermente imbronciato.
Macmadison: -Che strano… il salvavita non è scattato. La luce è mancata sul serio.- Alex e Laura, quando udirono le parole del vecchietto, addirittura inorridirono. I loro sospetti, forse, stavano per diventare fondati. Il Team non se ne era andato davvero da Miramare, il ritiro e le belle parole di Cassandra erano state soltanto uno specchietto per le allodole, solo per far abbassare la guardia ai ragazzi. I due allenatori novizi vollero comunicare agli altri le loro supposizioni, ma in quel momento il PokéNav di Ash si mise a squillare. Il maestro di Pokémon afferrò l’oggetto ovale e lo aprì con uno scatto. Diversamente da quelli di Alex e Laura, il PokéNav di Ash aveva anche un piccolo schermo LCD in centro, e su di esso apparve il volto della madre di Ash, Delia. La madre appariva in penombra, tutto intorno a lei era scuro.
Delia: -Ash, mi senti?- Ash osservò il volto della madre: sembrava molto preoccupata. La donna, con quell’oscurità che avvolgeva i lineamenti delicati del suo viso, ricordava molto un ritratto ottocentesco, caratterizzato da colori scuri e dalla quasi assenza di luce nell’uso degli oli. L’allenatore col cappello impiegò un po’ di tempo prima di rispondere al quesito della madre dai capelli color castano ramato. Sapeva perfettamente che, quando sua madre era inquieta, era neccessario soppesare per bene le parole da pronunciare.
Ash: -Mamma… che cosa è successo?- Delia si sentì leggermente rincuorata nell’avere finalmente udito la voce del suo adorato figliolo. Sospirò e chiuse gli occhi, suscitando una crescente apprensione in Ash Ketchum. Gli amici del Master dei Pokémon si avvicinarono al ragazzo e riuscirono a vedere sullo schermo LCD del Pokémon Navigator il volto della madre di Ash.
Delia: -Oh, caro Ash, è una tragedia! La luce è venuta a mancare! In tutta la città! Anche il Laboratorio è rimasto senza corrente, tu ne sai qualcosa?- A quanto parve, il problema della corrente elettrica non era limitato soltanto alla cittadina di Miramare. Anche a Biancavilla il problema esisteva, ed il problema stava iniziando a diventare un grosso grattacapo. Se il problema dell’energia elettrica che è venuta a mancare si fosse esteso a macchia d’olio su tutta la regione di Kanto, si sarebbero creati pericoli per tutti. I criminali ne avrebbero approfittato per seminare il panico nelle città, derubando e creando scompiglio. I Pokémon Center non avrebbero potuto funzionare e non avrebbero potuto curare i Pokémon feriti. Insomma, sarebbe stata una vera catastrofe. La luce tardava a ricomparire nei filamenti al tungsteno delle lampadine e la preoccupazione negli animi dei ragazzi iniziava a tormentarli non poco. Ash era il più inquieto di tutti, pensava alle possibilità con cui il Team Richardson avrebbe potuto utilizzare per impadronirsi facilmente delle città di Kanto. Poco bastava perché il losco Team occupasse Celestopoli in passato.
Ash: -Che cosa possiamo fare? Come tentare di comprendere la fonte del problema?- Brock, Pikachu, Alex, Laura ed i due Dratini iniziarono a pensare su come risolvere quell’improvviso problema. Abbassarono tutti quanti il capo e, chi poteva, incrociarono le braccia al petto. I ragazzi si lambiccarono il cervello per qualche minuto, ma non cavarono un ragno dal buco. Il signor Macmadison, molto preoccupato dall’improvvisa ed inspiegabile sospensione dell’energia elettrica, tornò a passetti veloci verso la sua scrivania. Fece il giro del tavolo, si sedette nuovamente sulla sua poltrona ed aprì un cassetto alla destra dello scrittoio. Ne estrasse diversi fogli e scartoffie varie e li poggiò sul piano in legno. Iniziò a sfogliare nervosamente, alla ricerca di chissà cosa.
Macmadison: -Che strano… eppure le bollette le ho pagate tutte! Se non è un sovraccarico di energia, se non sono stati tagliati i fili, che cosa mai potrebbe essere?- La madre di Ash, ancora collegata telefonicamente con il figlio attraverso il PokéNav, tornò a parlare. Il tono di voce, questa volta, apparve molto più sicuro di sé.
Delia: -Ash, tesoro, sei a Miramare, vero? Ma da quelle parti non c’è per caso la Centrale Elettrica?- Ash, dapprima confuso per avere pensato troppo nella ricerca di una possibile soluzione a quel problema, trovò la proposta della madre particolarmente ingegnosa e degna di rappresentare l’unica risposta veramente accettabile in quel delicato momento. Il ragazzo col cappello annuì sorridente e tornò a pensare alle volte in cui Ash era già stato alla Centrale Elettrica, periodo in cui aveva catturato il suo Muk.
Ash: -Ma certo! La Centrale Elettrica! Come ho fatto a non pensarci? Grazie, mamma! Se non ci fossi tu…- L’allenatore di Pokémon più forte al mondo ringraziò sua madre, concluse la conversazione con Delia con un caloroso ed affettuoso saluto e, una volta riposto il PokéNav nella tasca anteriore dello zainetto, condivise le informazioni datogli da sua madre ai suoi amici. Brock, Laura, Alex ed il signor Macmadison trovarono la proposta molto interessante ed i ragazzi decisero di partire immediatamente per la Centrale Elettrica. Quel piccolo contrattempo, ragionando a mente fredda, non era affatto un altro ostacolo nel cammino dei ragazzi verso la prossima città e verso la prossima palestra. Al contrario, quel contrattempo venne in aiuto per il percorso degli amici. Un poco più distante della Centrale si estendeva infatti il TunnelRoccioso. Il signor Macmadison era il più entusiasta di tutti e, buttando le carte che stava leggendo in aria, spiccò un nuovo salto verso il pavimento ed in quattro passi fu addosso al gruppetto di allenatori. Con un solo colpo di mano afferrò le mani destre dei ragazzi e, serrandole tutte quante con la sua mano destra, le strinse contemporaneamente. Ash, Brock, Alex e Laura dovettero simultaneamente inchinarsi per raggiungere l’altezza (o la bassezza?) del bislacco ma vivace proprietario dell’Asilo dei Pokémon.
Macmadison: -Andate alla Centrale Elettrica? Fantastico! Allora vi prego, ragazzi! Dovete assolutamente trovare la fonte del problema! Ancora mille grazie per avere salvato i cuccioli dati in custodia al sottoscritto! Ah, dovete proseguire per Lavandonia? Proseguendo per Sludge City, luogo dove è situata la Centrale Elettrica, ci arriverete in un baleno! Mi raccomando, siate prudenti!- Dopo avere ringraziato i quattro allenatori di Pokémon, il signor Macmadison lasciò finalmente andare le mani dei ragazzi. Ash ridacchiò imbarazzato ed intanto si massaggiò la mano forse troppo vigorosamente stretta dal vecchietto vestito in giacca e cravatta.
Ash: -Faremo del nostro meglio, promesso!- Ultimi saluti al signor Sam Macmadison ed i quattro ragazzi, finalmente, uscirono da quell’edificio dall’arredamento un po’ troppo sontuoso e dal personale un po’ troppo dinamico. Il gruppetto tagliò di larghezza la stradina sabbiosa e si inoltrò per l’angusta scalinata fatta di pietre che conduceva dabbasso alla spiaggia di Miramare. L’aria si era ulteriormente impregnata di umidità, segno che il maltempo stava iniziando a peggiorare. Un vento fresco da nord-ovest iniziò a soffiare prepotentemente dal mare verso i volti dei ragazzi e delle minuscole gocce di piogge cominciarono a cadere dal cielo plumbeo. La nebbia avvolgeva la spiaggia come un sudario, e la foresta in cui si diramavano i sentieri per Sludge City e per il TunnelRoccioso sembrava scomparsa nel nulla. Brock, per maggior sicurezza, chiese a Laura di impugnare il suo PokéNav e di studiare a fondo la cartina geografica incorporata nello strumento ovale. Con quella scarsa visibilità, i quattro amici si sarebbero di certo persi.

Appena raggiunsero Sludge City, i quattro allenatori ed i loro Pokémon rimasero impressionati alla vista della città. Secondo i ricordi ed i racconti di Ash e di Brock, Sludge City sarebbe dovuta essere un territorio costituito unicamente da fabbriche, inceneritori, fiumi dal colore grigiastro e dalla popolazione assente. Davanti agli occhi dei quattro giovani, però, i fatti erano ben diversi. Dapprima osservarono i fabbricati che costituivano il piccolo centro industriale. Non vi erano più le disgustose ciminiere che emanavano quei cattivi odori e che ammorbavano l’aria, non vi erano più tubi di scarico che dalle fabbriche perennemente attive giungevano ai canali d’acqua vicino, riversando liquami stomachevoli e dai componenti interni molto dubbi, non vi erano più grigiore e tristezza. Ora la cittadina di Sludge City si presentava con una fisionomia del tutto diversa. La cittadina industriale, dalle vie tracciate quasi con maniacale perfezione, era un quadrato assoluto. A nord di questo centro artificiale vi erano alcune fabbriche color verde scuro, ai cui tetti svettavano imponenti lastre di vetro azzurre, sollevate da diversi sostegni di metallo, visibili a diversi chilometri di distanza. Quelle fabbriche ricavavano energia dai pannelli solari, ma in quel giorno uggioso non avrebbe potuto convogliare molta energia. Queste fabbriche, allora, erano collegate attraverso molteplici fili della corrente elettrica alle fabbriche centrali, e la fabbrica più centrale tra tutte era l’edificio cui Ash e gli altri si sarebbero dovuti dirigere ben presto. A ovest e ad est, lungo le spiagge che contornavano Sludge City, vi erano alcune fabbriche, colorate di rosso, le quali ricavano energia da diversi aeromotori disposti uno accanto all’altro, le cui ventole erano proiettate verso il mare. Queste fabbriche di colore rosso erano le centrali eoliche, ed i mezzi di produzione di energia pulita e rinnovabile erano costituiti da queste ventole, o per meglio dire dalle giranti assiali, dalle bandiere per l’orientamento automatico delle giranti e da alberi di trasmissione, i quali convogliavano la forza del vento e la convertivano in energia elettrica, distribuendola in queste fabbriche e poi nella Centrale Elettrica. A sud, invece, alcune fabbriche di colore giallo erano addossate al ciglio di un torrente le cui acque, pulite e chiare, scorrevano tumultuose e piuttosto agitate. Enormi pale, attaccate ad una turbina, giravano in senso orario spinte dalla forza impetuosa delle acque e, grazie a questi mulini costruiti in metallo ed in ghisa, l’energia dell’acqua venne anch’essa impiegata e trasformata in nuova energia elettrica. Tutte queste fabbriche costruite ai limiti di Sludge City erano collegate, attraverso i fili dell’alta tensione, alla Centrale Elettrica, il più grande edificio della città. Le vie erano sì deserte, perlomeno erano linde e pulite. La città appariva dunque agli occhi dei ragazzi completamente diversa da come se la ricordavano Ash e Brock. Il Master dei Pokémon, dall’entrata per la città (si accedeva da sud), poteva vedere tutte le fabbriche in azione voltando la testa da destra verso sinistra: le centrali eoliche erano in piena attività, poiché il vento si era notevolmente ingrossato; le centrali idroelettriche producevano tonnellate di kilowatts all’ora, grazie alla sorprendente forza dell’acqua del torrente vicino; le centrali solari, in quei giorni, lavoravano poco o nulla, ma la loro produzione era ben compensata dalle altre industrie della città. Tutto procedeva dunque alla perfezione a Sludge City, la città dell’elettricità. Tutte le officine svolgevano egregiamente il loro lavoro, dove era dunque il problema dell’assenza di luce nelle varie città di Kanto? Ash notò inoltre le varie torri di metallo che sostenevano i fili dell’alta tensione, i quali si espandevano in tutte le direzioni, diretti in tutte le città. I collegamenti erano dunque garantiti. L’unica cosa da fare, dopo una rapida conclusione, era andare a controllare di persona alla Centrale Elettrica.
Mano a mano che i quattro ragazzi si avvicinavano all’edificio più importante di Sludge City, ovvero la Centrale Elettrica, il Pikachu di Ash acquistava sempre più vigore e vitalità. Il Pokémon elettrico, vivacizzato dalla grande tensione elettrica presente nell’aria, sorrideva, rideva e si agitava sulla spalla sinistra del Master dei Pokémon. A stento il suo allenatore riusciva a contenere la sua contentezza. Gli altri Pokémon (Bulbasaur ed i due Dratini) non sembravano assorbire le onde magnetiche prodotte dalle fabbriche circostanti la Centrale Elettrica. Brock sorrise nel notare la grande allegria del topo elettrico.
Brock: -Sembra che qualcuno, da queste parti, sia spensierato! Ash, - ed osservò il suo amico – dovresti prendere esempio dal tuo Pokémon!- Ash annuì e sorrise anch’egli nel notare lo stato di salute del suo migliore amico colorato di giallo. L’allenatore di Pokémon più forte al mondo ricordava, infatti, il malessere avuto da Pikachu la prima volta che i ragazzi si erano avventurati alla Centrale Elettrica dieci anni prima. Il rinnovo delle fabbriche e la produzione di energie alternative per la creazione di energia elettrica pura non avrebbe potuto fare altro che bene al prediletto di Ash. La voce di Laura catturò immediatamente l’attenzione del ragazzo col cappello e quella dei suoi amici. La figlia dei Ferguson si era bloccata in mezzo alla strada lastricata e stava indicando un edificio avanti a sé.
Laura: -Ehi, ragazzi, guardate quanta gente!- L’edificio indicato dall’allenatrice era nientemeno che quello ricercato con tanta foga e tanto desiderio dal gruppetto, la Centrale Elettrica, situato quasi in fondo alla strada. Anche la fabbrica più importante di Sludge City era stato rinnovato: era un edificio colorato di viola scuro, di dodici piani, dalle ampie vetrate e costruito tra altri due edifici praticamente uguali però più piccoli. Di fronte all’entrata principale della Centrale Elettrica, come indicato poc’anzi da Laura, vi era una moltitudine di gente. Pareva che fossero diversi giornalisti e reporter, con microfoni, taccuini e telecamere in mano, che facevano ressa per entrare nell’edificio viola. I ragazzi riuscirono a scorgere inoltre l’Agente Jenny ed altri poliziotti tentare in qualsiasi modo di respingere la calca che continuava a spingere per entrare nella fabbrica. Ascoltarono inoltre la poliziotta dai capelli azzurri gridare minacce verso il gruppo apparentemente inferocito di giornalisti, purtroppo invano.
Jenny: -STATE INDIETRO! Non c’è niente da vedere qui! Allontanatevi, o vi farò arrestare tutti!- Brock, appena udita la voce della “sua” Agente Jenny, iniziò a tremare violentemente e, senza chiedere alcun consiglio o parere ai suoi compagni di viaggio, corse avanti verso la fabbrica di dodici piani, verso il gruppo di giornalisti e verso la sua meta finale, ovvero la bella poliziotta. Con una forza sovrumana, l’ex capopalestra di Plumbeopoli si fece largo tra i reporter, salì gli scalini e si avventò sull’Agente Jenny, la quale sovrintendeva che tutto fosse sotto controllo con la sua squadra. Jenny quasi si spaventò quando si vide arrivare quel ragazzo con il Bulbasaur tra le braccia contro.
Brock: -AGENTE JENNYYYY!!!- Ma, appena Brock ebbe riuscito a salire le scale, la poliziotta, spaventata, aveva già estratto il randello il quale era attaccato alla sua cintura e, con un colpo magistrale, colpì in pieno volto il povero Brock il quale, a causa del contraccolpo e della perdita d’equilibrio, volò giù dagli scalini ed andò a cozzare contro la comitiva di giornalisti alla base dei gradini. L’esito fu disastroso: tutti si ritrovarono sdraiati in terra e Brock, stordito dalla percossa del randello dell’Agente Jenny, giacque svenuto sul pavimento umano di reporter. Poco più in là, gli amici dell’amico infortunato scossero la testa, leggermente divertiti dal piccolo spettacolo appena creato dall’improvviso avvento di Brock.

L’ex capopalestra di Plumbeopoli aprì gli occhi di scatto e comprese di trovarsi sdraiato su una panca di legno. Questa panca, attaccata ad una parete vicino ad una porta che conduceva alle scale, era un po’ piccola per contenere tutto il corpo per lungo di Brock ed i piedi del primogenito dei Peters toccavano terra, con le gambe penzoloni. Brock comprese inoltre di trovarsi all’interno di un edificio. Il soffitto, bianco come il latte, era piuttosto basso e le pareti erano tutte piastrellate con un marmo di colore blu scuro. L’aria che si respirava era molto pesante e si sentiva un forte odore di grasso per macchine e di bruciato. Brock si levò dalla panca e si dovette tenere la testa con una mano: il colpo preso poc’anzi non era stata di certo una carezza.
Brock: -Ehi… che sta succedendo… dove mi trovo?- L’unica cosa che riusciva ad intendere fu che non aveva più Bulbasaur tra le braccia. L’ex capopalestra di Plumbeopoli si spaventò molto per quel fatto ed iniziò a guardarsi a destra ed a sinistra. A quanto parve, Brock si era ritrovato in una sorta di sala macchine con due mega generatori di corrente a turbina magnetica al centro della stanza, dai quali partivano una miriade di fili di rame e di tungsteno di qualsiasi colore. Non vi era neanche una finestra in quella stanza larga, ma dal soffitto molto basso, ma vi erano molte grate disseminate lungo le pareti che sprigionavano molta aria fresca. Dentro a quelle grate dal colore grigiastro, molto probabilmente, vi erano dei ventilatori che mantenevano fresca la stanza e che, cosa ancora più verosimile, non facevano surriscaldare i due generatori. A Brock, però, non interessava assolutamente quello che vi era all’interno di quella stanza, bensì la misteriosa scomparsa del suo cucciolo di Pokémon erba. La sua attenzione, però, fu ben presto catturata da delle voci a lui note. Intravide nei pressi dei due generatori di corrente elettrica il suo vecchio amico Ash con in braccio il suo oggetto di ricerca, Bulbasaur. Brock tirò un sospiro di sollievo e, conscio di potere ancora camminare senza dover barellare, recuperò il suo zaino (che nel frattempo era stato appoggiato a terra, vicino alla panca) e si indirizzò verso il Master dei Pokémon. In sua compagnia c’erano Alex, Laura ed i due Dratini, ed il gruppetto stava ascoltando le parole di un ometto dall’aria professionale, il quale stava spiegando il funzionamento della macchina ai tre allenatori. L’ometto in questione era il capoingegnere già incontrato a MonteLuna, quello minacciato dagli operai edili. Quando Brock raggiunse il gruppetto, il primo ad accorgersi della presenza dell’ex capopalestra di Plumbeopoli fu il cucciolo di Pokémon erba, il quale saltò letteralmente dalle braccia dell’allenatore col cappello verso quelle dell’allevatore di Pokémon. Ash sorrise quando finalmente comprese che il suo amico di vecchia data si fosse completamente rimesso dal colpo subito poco tempo fa.
Ash: -Tutto bene, Brock?- Il ragazzo annuì, poi rivelo anche ai due allievi di Ash le sue condizioni fisiche. Il capoingegnere fu lieto di rivedere l’ex capopalestra di Plumbeopoli, ma non ricominciò il discorso interrotto dall’avvento di Brock. Riattaccò proprio dal punto in cui si era fermato.
-…e l’energia convogliata in queste macchine fa sì che la corrente elettrica venga distribuita equamente in tutto il palazzo! Questi fili – ed indicò la miriade di fili elettrici colorati – come potrete ben capire, sono collegati tutti alla centralina elettrica che da qui, partono verso il muro – ed indicò la parete dove i fili si dirigevano – e vengono distribuiti poi in tutto il palazzo! Naturalmente il punto nevralgico del passaggio della corrente elettrica attraverso i fili di rame è all’esterno di questo palazzo. Se dovesse svilupparsi un incendio repentino, saremmo già preparati ad estinguerlo, e gli ambienti interni sarebbero al sicuro!- Ash annuì, leggermente annoiato dai discorsi teorici del capoingegnere. Non aveva tempo da perdere, il blackout che aveva colpito Miramare non aveva ancora accennato a smettere, neppure per una breve interruzione di ritorno di corrente.
Ash: -Interessante… ma come ci spiegate i blackout improvvisi? Qual è il problema principale?- Il capoingegnere rimase per un istante in silenzio. Passò in rassegna con lo sguardo i quattro ragazzi, poi i loro Pokémon. Fece un cenno ai quattro di seguirlo in una stanza dall’altra parte dell’ambiente. Ash, Brock, Laura e Alex seguirono a ruota l’uomo con l’elmetto giallo in testa e non dissero una parola. Quando entrarono nella stanzetta e videro il suo interno, rimasero quasi sconcertati da quello che riuscirono a vedere. La stanza, completamente oscura salvo per dei monitor accesi, conteneva unicamente un computer. Questo computer, però, era gigante ed occupava quasi per intero il piccolo ambiente. Tre monitor LCD sovrastavano sulle pareti, ed alle loro basi postazioni di lavoro con tastiere, microfoni, case di computer di ultima generazione e pulsanti luccicanti da tutte le parti. Un solo uomo, seduto su una sedia girevole, stava in mezzo alla stanza, a controllare l’andamento dei tre computer, contemporaneamente. L’uomo che stava di guardia ai computer, una volta che scorse il capoingegnere, smise ogni sua attività lavorativa e balzò in piedi, posizionandosi sull’attenti. Salutò il capoingegnere ed i ragazzi con fare militare, portando una mano posizionata a taglio sulla fronte.
-Buongiorno, signor capoingegnere! Tutti i sistemi sono sotto controllo e pienamente operativi! Non si riscontrano cali di tensione!- L’attenzione dei ragazzi fu attratta dalle scritte che si potevano osservare sugli schermi LCD: vi era una miriade di numeri senza senso uno accavallato sull’altro e, unico dato comprensibile a prima vista, vi era un tachimetro su ogni schermo con la lancetta proiettata all’estrema destra del marchingegno virtuale. Una scritta rossa, al di sotto del chissà-conta-cosa, mutava in continuazione. Era un numero in percentuale del voltaggio che veniva prodotto, molto probabilmente, dai due generatori di corrente a turbina magnetica. Il numero si aggirava dal 97 al 99.7%. Tutto funzionava, dunque. Ma perché, allora, i blackout? La risposta dell’ometto con il camice bianco non si fece attendere.
-Da qualche giorno in qua abbiamo riscontrato dei cali improvvisi di tensione, col passare delle ore sempre più prolungati ed intensi. I cali di tensione, abbiamo finalmente appurato, si concentrano sempre in un unico luogo.- Il capoingegnere si avvicinò verso uno dei tre schermi LCD e, con un dito, sfiorò il vetro del monitor a cristalli liquidi. Automaticamente il videoterminale, probabilmente un touchscreen, mutò il suo output e mostrò ai ragazzi una pianta del palazzo di dodici piani della Centrale Elettrica, i cui livelli erano divisi in più parti. Il video, però, si concentrò soprattutto sulla pianta del pian terreno dell’edificio viola. La mappa, completamente colorata di verde scuro per il terreno circostante l’edificio e di verde chiaro per identificare gli ambienti interni della Centrale Elettrica, apparve molto semplice da comprendere ai ragazzi. Vi erano infatti scritte che identificavano vie di fuga, estintori in caso di incendio, i punti in cui erano presenti le scale, i nomi delle rispettive stanze e così via. Solo un minuscolo punto, però, non era colorato di verde, bensì in rosso. Il capoingegnere appoggiò il dito proprio sul punto in questione e la mappa si allargò ulteriormente, proprio come se la mappa in questione fosse una carta geografica fotografata dall’alto dei satelliti circolanti nello spazio orbitante intorno alla Terra.
-Ecco, questo è il punto in cui avvengono i cali di tensione.- Ash, Brock, Laura e Alex rimasero sbalorditi quando capirono che il punto di “fuga” di elettricità fosse il luogo più esterno e, forse, più indifeso dell’intera Centrale Elettrica. Il convoglio di passaggio della corrente elettrica posto all’esterno dell’edificio, onde evitare cortocircuiti e dispersioni inutili di corrente. Ash iniziò ad immaginare come le cose fossero potute andate e, per rendere certe le sue supposizioni, tornò a parlare al capoingegnere.
Ash: -E’ possibile che si tratti anche di furto, non è vero?- Gli amici del Master dei Pokémon si voltarono verso Ash, quasi increduli di quanto appena espresso dal ragazzo col cappello. Il capoingegnere, anch’egli alquanto sorpreso dalla considerazione del campione di Pokémon, lo squadrò perplesso, massaggiandosi la poca barbetta che gli spuntava dal mento.
-Furto… furto, hai detto? È un’evenienza che abbiamo escluso a priori… ma ripensandoci, non potrebbe esserci una risposta più esauriente e convincente di questa. L’unica cosa che possiamo fare è capire come questi misteriosi ladri abbiano potuto sottrarre energia elettrica dai cavi di corrente!- Brock iniziò a capire che l’ipotesi del suo amico non fosse così malvagia come si era frainteso in un primo momento. Il Team Richardson avrebbe potuto utilizzare il diversivo del rapimento del Dratini di Alex per poter concedere del tempo ai loro colleghi di scorribande di prosciugare la Centrale Elettrica della corrente d’energia necessaria per far funzionare le altre fabbriche intorno. Un evento imprevisto accadde tutto ad un tratto: l’allarme iniziò a squillare con inaudita prepotenza e la stanzetta di controllo quasi perennemente buia fu illuminata, pressoché abbagliando gli allenatori e gli elettrotecnici, con una forte luce rossa ad intermittenza. Il tecnico adibito al controllo dell’afflusso costante di energia elettrica attraverso i cavi di corrente si voltò verso i monitor e quasi esplose in un grido lancinante quando osservò la lancetta del tachimetro deviare pericolosamente verso sinistra, ed il numero in percentuale scritto in rosso scemare sempre più. Il capoingegnere sgranò gli occhi quando si accorse che anche uno dei tre computer, a causa della mancanza improvvisa di corrente, si spense.
-Signor capoingegnere! La potenza di elettricità della Centrale Elettrica… si sta prosciugando a vista d’occhio! Siamo al 47…no, al 43… al 39… al 24… al 12% di potenza….!- La mappa di uno dei tre monitor rimasti ancora accesi si concentrava ancora nel punto rosso indicato poc’anzi dal capoingegnere. Molto probabilmente, chi stava prosciugando le scorte di energia elettrica, stava attaccando proprio nel punto nevralgico di tutta la Centrale Elettrica, situato proprio all’esterno dell’edificio. I dubbi di Ash stavano diventando sempre più certezze ogni secondo inesorabile che passava. Il Master dei Pokémon decise di entrare in azione e consigliò all’uomo con l’elmetto in testa ed ai suoi amici di andare a controllare di persona quello che stava accadendo in quel momento. I cinque abbandonarono la sala di controllo e si diressero verso le scale. Scesero i gradini molto velocemente e, in meno di un minuto, si ritrovarono al pian terreno. Raggiunsero ben presto l’uscita e scesero la rampa degli scalini dove ancora l’Agente Jenny ed i suoi colleghi poliziotti stavano tentando di tenere a bada la calca dei giornalisti, che nel frattempo era diventata ancora più folta e numerosa.
-La centralina di passaggio di corrente elettrica, da cui si dipanano successivamente i cavi dell’alta tensione, è sul retro! Andiamo!- I ragazzi annuirono e seguirono a ruota il capoingegnere. Corsero intorno all’edificio di dodici piani ed oltrepassarono uno dei due edifici più piccoli uniti al fabbricato principale più grande. Appena riuscirono a superare l’ultimo edificio, lo spettacolo che si mostrò al gruppetto fu abbastanza singolare. La centralina era abbastanza grossa e la si poteva scorgere anche da diverse centinaia di metri di distanza. Da quella centralina partivano i cavi di tensione, e da lì i cavi si disperdevano per ogni dove, sia in direzione delle fabbriche, sia in direzione delle altre città. Oltre le fabbriche generali si estendeva un fondovalle molto ampio, di cui non si riusciva a scorgere il fondo, talmente il suolo si inabissava in basso. Più in là un bosco che si estendeva a vista d’occhio. Ciò non procurò nessun interesse ai ragazzi, poiché la loro attenzione venne catturata da un gruppetto di Pokémon, i quali stavano nei pressi proprio della centralina.
-Cosa… che sta succedendo?! Chi sono quei Pokémon?- Il grido del capoingegnere catturò subito l’attenzione dei Pokémon. I loro denti e le loro zampe erano tutte attaccate ai cavi della corrente elettrica, i quali erano stati letteralmente strappati e sbrindellati dagli artigli di quei Pokémon. Ash era rimasto scioccato di vedere davanti a sé dei Pokémon che si comportavano da ladri, ma il fatto che lo sconvolgeva ancora di più fu che, una volta, tanto, una sua supposizione fosse corretta. Alex e Laura sfruttarono il momento di attesa per conoscere l’identità di quelle due razze di Pokémon con i loro Pokédex.
Mareep, Pokémon Lana. Se il suo corpo si riempie d'elettricità, il volume della lana raddoppia. Il contatto causa uno shock.” “Flaaffy, Pokémon Lana. È la forma evoluta di Mareep. Avendo immagazzinato troppa elettricità, su intere parti del corpo non cresce neppure la lanugine.” Ecco dunque scoperti i misteriosi ladri di elettricità, colti in flagrante con le mani nel sacco. Dei Mareep e dei Flaaffy. Laura non riusciva a credere ai suoi occhi: dei graziosi e paffuti Mareep che utilizzavano la loro capacità di immagazzinare elettricità allo scopo di rubarla! I Pokémon pecora non parvero molto contenti di avere ricevuto visite e, una ventina in tutto (più Mareep che Flaaffy), si disposero quasi con una formazione a piramide, pronti a difendersi dagli attacchi degli aggressori. Il capoingegnere puntò un dito contro i ladri di energia elettrica, quasi tremando.
-Voi…! Voi avete causato le interruzioni di energia elettrica!- Poi, quando osservò lo stato inaccettabile in cui si trovavano i cavi della corrente elettrica, sgranò nuovamente gli occhi. Era stato fatto un danno di entità abbastanza grave, la centralina era stata quasi distrutta da quei Pokémon vandali. Ash e Pikachu erano già pronti per la battaglia, il topo elettrico aveva già le tasche guanciali colme di elettricità statica. Il Master dei Pokémon aggrottò le sopracciglia ed osservò i Pokémon belanti, pronti ad attaccare gli allenatori.
Ash: -Ehi, voi! Perché avete causato tutti questi danni? Se volevate dell’elettricità, potevate chiederla gentilmente! E non rubarla, come avete fatto in questi giorni!- Le pecore iniziarono a belare tutte insieme e le orecchie dei ragazzi iniziarono a fischiare con prepotenza. Brock, con difficoltà, spiegò all’amico che i Flaaffy stavano eseguendo un attacco Stridio.
Ash: -Pikachu, cosa stanno dicendo quelle pecore del malanno?!- Il Master dei Pokémon aveva chiesto al suo Pokémon elettrico di tradurre per lui e per i suoi amici quello che quei ladri di elettricità stavano gridando contro. Il topolino elettrico, a causa delle acute grida delle pecore e anche a causa del possente attacco Stridio, non riuscì a comprendere neanche una parola.
Pikachu: -Non…non si capisce nulla! Stanno parlando tutti insieme…!- Ash comprese, dalle parole pronunciate con evidente difficoltà da Pikachu, che in quel momento non si poteva scendere a patti. I Mareep ed i Flaaffy non sembravano allontanarsi dalla centralina di convoglio di corrente elettrica, non si smossero di un millimetro. Il Master dei Pokémon osservò con un certo sbigottimento quei Mareep e quei Flaaffy. Non si aspettava di certo l’entrata in scena di tutti quei Pokémon di tipo elettrico, era persuaso fino al midollo di trovarsi di fronte il Team Richardson. Ash aveva in mente di organizzare una battaglia Pokémon, qualora Elio e Cassandra fossero stati in quei paraggi, e l’allenatore col cappello non scartò questa opzione malgrado la sconcertante scoperta. Il ragazzo afferrò una Poké Ball, ma fu anticipato da Brock, il quale aveva già scagliato una sfera Poké sul campo di battaglia erboso. Il Pokémon chiamato in causa dall’ex capopalestra di Plumbeopoli fu il fido Geodude, non ancora abbastanza provato dallo scontro con il Team Richardson avuto poco tempo prima. Il Master dei Pokémon osservò il suo amico perplesso, ed il primogenito dei Peters si limitò ad esprimere un sorriso sicuro di sé.
Brock: -Con tutti questi Pokémon di tipo elettrico, l’unico modo per vincere questa battaglia è mandare in campo dei Pokémon di tipo roccia, oppure di tipo terra!- Anche Laura volle partecipare alla sfida e mandò in campo Sandshrew, come suggerito dal commento di Brock. Ash, nel frattempo, parlò nuovamente a Pikachu, il quale sembrava che si fosse ripreso dall’attacco Stridio usato poco tempo prima dai Pokémon pecora.
Ash: -Pikachu, riesci ad interrogare quel Mareep? – Ed indicò il Pokémon in testa alla piramide – Vorremmo sapere che cosa sta accadendo!- Pikachu annuì e si avvicinò di un poco alla pecora. Domandò a Mareep quello che Ash gli aveva appena chiesto e la pecora, di tutta risposta, voltò la testa da un’altra parte, snobbando in tutti i sensi il topo elettrico. Pikachu non desistette e riprovò a domandare a Mareep cosa stesse succedendo, ma Mareep non volle sentire ragioni. Infastidita dalle continue domande di Pikachu, la pecora elettrica partì con uno slancio sorprendente e colpì in pieno Pikachu con un Attacco Azione. Pikachu, impreparato nel cogliere quell’offesa, incassò il colpo completamente e volò dalla sua posizione, finendo nelle braccia del suo allenatore. Il colpo era stato violento, e Pikachu lo aveva percepito.
Ash: -Pikachu! Ti senti bene!?- Laura sgranò gli occhi, leggermente infuriata dall’attacco inatteso da parte di Mareep. Lo scontro era dunque inevitabile, i ragazzi ed i loro Pokémon erano pronti a menare le mani di santa ragione, ma qualcosa di imprevisto accadde. Buona parte del gruppetto di Mareep e di Flaaffy, forse spaventati dall’azione fortuita di Mareep e dall’ingresso in campo di Geodude e di Sandshrew, retrocessero molto velocemente, salvo per il Mareep che aveva colpito Pikachu, il quale non si levò dalla sua salda posizione. Questo Mareep (il quale era proprio in testa alla piramide creata poc’anzi dai Pokémon pecora) aveva lo sguardo accigliato e, a quanto parve, non provava nessun timore nel fronteggiare due avversari in un colpo solo. Sì, da solo, perché frattanto gli altri Pokémon stavano scappando nel fondovalle. Forse non volevano combattere. Alex li indicò meravigliato: erano in soprannumero, avrebbero potuto vincere facilmente, perché fuggire?
Alex: -Ehi! Stanno scappando via!- Il capoingegnere non fu preoccupato per la ritirata delle pecore, ma i suoi occhi erano incollati alla centralina ormai completamente rovinata. Il guaio combinato da quei Pokémon ladri era piuttosto evidente e, a causa di questo inconveniente, le altre città presenti nella regione di Kanto avrebbero potuto ritrovarsi senza corrente elettrica per un buon periodo di tempo. Brock e Laura osservarono dubbiosi l’unico Mareep rimasto nei pressi della Centrale Elettrica: dall’atteggiamento e dallo sguardo fiero, sembrava che fosse il capo di quella brigata di Pokémon pecora.
Laura: -Che dobbiamo fare, Brock? Gli altri Pokémon stanno scappando, se dovessimo rincorrerli questo Mareep ci bloccherebbe sicuramente la strada!- Per appurare il dubbio dell’allieva di Ash, Brock fece uno scatto alla sua destra e, come ipotizzato dalla figlia dei Ferguson, Mareep tagliò la strada all’ex capopalestra di Plumbeopoli. Brock tentò più di una volta di “dribblare” il suo avversario, ma Mareep non lo mollò per un istante, impedendogli ogni via di fuga. Brock tornò al suo posto indietreggiando e scosse la testa, leggermente innervosito dal bloccaggio della pecora.
Brock: -Niente da fare! Dobbiamo far combattere i nostri Pokémon, per forza!- Purtroppo per gli allenatori, Brock non riuscì neppure a terminare la frase che Mareep, con un sorprendente Attacco Rapido, sottomise Sandshrew. I quattro ragazzi rimasero sbalorditi dalla straordinaria velocità di quel Mareep, sebbene nella sua lana trattenesse un’elevata quantità di elettricità statica. La lanugine che avvolgeva il suo corpo, infatti, era molto ampia ed a stento si riusciva ad osservare il volto del Pokémon, talmente la lana copriva il fisico. Brock non perse ulteriore tempo e, senza consultarsi con i suoi amici, ordinò a Geodude di scagliarsi contro Mareep, conscio che il suo guerriero fosse in vantaggio a livello elementale.
Brock: -Geodude! Attacco Azione!- Il Pokémon roccia partì immediatamente alla carica e si scaraventò contro il Pokémon pecora. Mareep, però, non era così addormentato quanto si aspettasse Brock: il Pokémon elettrico evitò con disinvoltura l’offensiva dell’avversario e utilizzò a sua volta l’attacco Azione contro Geodude. Lo colpì violentemente alle spalle ed il Pokémon di Brock, colto alla sprovvista, andò a cozzare contro la parete posteriore dell’edificio della Centrale Elettrica. L’allevatore di Pokémon rimase più che sorpreso anche dalla forza degli attacchi di quel Pokémon elettrico. Iniziò a riflettere su una sua possibile cattura per un duplice scopo: togliersi d’impiccio da quella situazione e farsi dire cosa stava accadendo con quei furti di energia elettrica.
Brock: -Ash, ascolta una cosa.- Il Master dei Pokémon si avvicinò al suo amico, stupito di sentirsi chiamato in causa. Pikachu, nel frattempo, si era leggermente ripreso dall’Attacco Azione di Mareep.
Brock: -Io ho deciso di catturare quel Mareep. Dammi una mano…- Ash, dapprima sorpreso dalla decisione del suo amico, volle controbattere. Quella cattura spettava ad uno dei suoi allievi, ma la determinatezza presente nella voce di Brock nel momento in cui l’ex capopalestra di Plumbeopoli gli aveva parlato fece ben presto cambiare idea all’allenatore col cappello. E poi bisognava rimettere in riga quello sfrontato Mareep, aveva colpito il suo Pikachu di proposito! Afferrò anch’egli una sfera Poké e chiamò in causa uno dei suoi Pokémon. Alex e Laura rimasero ad osservare piuttosto meravigliati il proseguirsi degli eventi.
Ash: -Natu, abbiamo bisogno di te! Utilizza l’attacco Stordiraggio su Mareep!- Il Pokémon piumatino eseguì immediatamente l’ordine. Il suo sguardo si concentrò intensamente sul corpo della pecora ed i suoi occhi iniziarono a brillare sinistramente. Una strana onda distorta si prolificò davanti al Pokémon psico e questa onda incominciò a vorticare su se stessa, come una spirale. L’attacco Stordiraggio assunse un colore bluastro e, in pochi secondi, la mossa fu scaraventata su Mareep, il quale non si era ancora accorto dell’attacco lanciato dal Pokémon di Ash. Il bersaglio fu centrato con successo e lo Stordiraggio ebbe immediatamente effetto. Mareep cadde in un pesante stato di confusione e Brock, senza perdere ulteriormente tempo, afferrò una delle due Mega Ball regalategli dal signor Macmadison quella mattina e la lanciò verso il Pokémon frastornato. La sfera di colore blu e rosso toccò il vello elettrificato di Mareep e la pecora, con un bagliore rosso, scomparve nella Mega Ball. La sfera Poké cadde in terra ed iniziò a muoversi a destra ed a sinistra. Mentre Mareep continuava a dimenarsi per riottenere la libertà, Ash parlò al suo amico, senza però staccare gli occhi dalla Mega Ball che continuava a danzare sul prato inumidito ancora di rugiada.
Ash: -Brock, era proprio necessaria questa cattura?- Il ragazzo annuì, certo di avere eseguito la mossa migliore con la cattura del Pokémon pecora. Anche Brock non distolse lo sguardo dalla sfera Poké.
Brock: -Non vuoi andare a fondo di questo mistero? Con questo Mareep dalla nostra parte, finalmente riusciremo a sapere di più su questi inspiegabili furti di energia elettrica!- Finalmente la Mega Ball smise di dondolare e di muoversi, la luce sul cerchio bianco si era spenta. Mareep era stato catturato abbastanza facilmente. Brock si avvicinò verso la Mega Ball e la raccolse. Ash, Alex e Laura si accostarono all’ex capopalestra di Plumbeopoli, poi attesero fino a quando lo stesso Brock tornò a parlare. L’ex capopalestra di Plumbeopoli sembrava soddisfatto della cattura appena eseguita. Mostrò ai suoi amici la Mega Ball contenente il suo Pokémon appena catturato.
Brock: -Molto bene! Direi che è giunto il momento di interrogare il nostro amico!-

Così i misteriosi responsabili del furto di elettricità sono i Mareep! Ma una domanda sorge spontanea... perché rubare elettricità, quando loro stessi sono Pokémon elettrici? La risposta a questa domanda verrà svelata nel prossimo capitolo! Ciaoooo! ^__^

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Capitolo 28
*** 26 - Zapdos è di nuovo tra noi ***


La cattura di Mareep da parte di Brock, per mezzo di una delle due Mega Ball regalate dal signor Macmadison in quella mattinata sembrava davvero l'unica soluzione per sapere qualcosa in merito ai misteriosi furti di energia elettrica dai cavi della Centrale. Ash Ketchum, però, non condivise la necessità della cattura del Pokémon elettrico, solo se il fine ultimo era quello di scoprire da Mareep quello che stava accadendo in quel momento. I suoi allievi erano di tutt'altro parere: Alex e Laura, infatti, si erano avvicinati ancora di più verso Brock ed i due giovani allenatori stavano stringendo la mano al loro amico. Il più entusiasta era sicuramente Alex, il quale aveva osservato una Mega Ball in azione per la prima volta. Era bastato un solo colpo dal repertorio degli attacchi di Natu perché la sfera di colore blu avesse ragione sul Pokémon pecora. Il ragazzo con gli occhiali continuò a congratularsi con Brock e chiese a quest'ultimo di fare uscire fuori il nuovo Pokémon appena conquistato dalla sua sfera Poké. Brock esaudì immediatamente il desiderio dell'allievo di Ash e lasciò cadere dolcemente in terra la Mega Ball. Appena la sfera toccò terra, essa si aprì con uno scatto repentino e, in un bagliore, apparve la pecora che tanto aveva fatto penare, con i suoi incredibili attacchi, i Pokémon del gruppetto di allenatori. Il Mareep apparve ancora leggermente frastornato dallo Stordiraggio lanciato poco tempo prima da Natu e lo sguardo del Pokémon elettrico, infatti, rivelava il suo malessere. Gli occhi lucidi e lo sguardo vagamente assente resero perplesso Brock, il nuovo allenatore di Mareep. L'ex capopalestra di Plumbeopoli s’inchinò per osservare meglio gli occhi di Mareep e scoprì che l'effetto di Stordiraggio non si era affatto placato. Ash notò la crescente apprensione del suo amico e gli chiese cosa c'era che non andasse. Brock si rialzò ed incrociò le braccia al petto. Bulbasaur, nel frattempo, incurante di quello che era appena accaduto (ovvero la fuga dei Flaaffy e dei Mareep e la cattura), se la stava spassando allegramente con i Dratini di Alex e Laura.
Brock: -Tutto ciò è molto strano. Ash – e voltò lo sguardo verso l’allenatore con il cappello – come di certo ben sai, gli attacchi che possono causare ai Pokémon lo stordimento, se i Pokémon tornano nella sfera Poké, dovrebbero dileguarsi. Ora osserva Mareep – e lo indicò con un dito – non sembra affatto che lo Stordiraggio di Natu sia passato…- Ash annuì, condividendo l’osservazione del primogenito di Peters. Anche Alex e Laura osservarono preoccupati Mareep, il quale pareva proprio che stesse soffrendo per l’attacco subito da Natu.
Ash: -Ora che me lo fai notare, anche a me è venuto il dubbio…- Il Maestro di Pokémon osservò incuriosito il manto lanoso che avvolgeva per intero il corpo di Mareep. Il candido vello, per qualche strana ragione, apparve agli occhi del ragazzo circa tre volte più ampio del normale. Tra i peli del tosone, inoltre, schizzavano lampi di energia statica sporadicamente. Gli occhi del Master dei Pokémon si aprirono dallo stupore quando finalmente comprese il motivo del malessere di Mareep e condivise ai suoi amici il suo ragionamento.
Ash: -Ragazzi, sentite. Forse ho capito perché l’effetto dello Stordiraggio si persevera anche dopo che Mareep è stato richiamato nella sfera. Ha accumulato troppa elettricità nella sua lana!- Ed indicò, con una certa frenesia, il manto lanoso di Mareep. Brock, Alex e Laura osservarono quasi sbalorditi il rigonfiamento eccezionale del vello di Mareep e giunsero alla conclusione che il loro amico col cappello aveva ragione. Ash era arrivato a questo ragionamento anche per esperienza diretta di allenatore di un Pokémon elettrico: Pikachu accusava gli stessi sintomi quando nel suo corpo permeava una dose di elettricità statica in eccessiva abbondanza. Laura iniziò a provare un serio timore per la salute del Pokémon catturato di recente da Brock ed osservò preoccupata il suo maestro, il quale non aveva ancora smesso di osservare Mareep con una certa dose di apprensione.
Laura: -Ash… cosa possiamo fare?- La risposta del maestro si fece attendere più tempo del previsto. In quel lasso di tempo lasciato aperto dalle riflessioni mentali di Ash, Alex ne approfittò per suggerire qualche soluzione al fine di aiutare lo sventurato Pokémon elettrico.
Alex: -Forse… forse potremmo provare tosandolo completamente! Di certo l’energia eccessiva si disperderebbe…!- Brock scoppiò in una risata quando ascoltò la proposta di Alex. La risata, alle orecchie dei due giovani allenatori, parve molto beffarda e denigratoria. Anche Pikachu si era messo a ridere di gusto.
Brock: -Ah! Ah! Ti ricordo, Alex, che il metallo è un buon conduttore di elettricità. Se davvero vuoi usare un tosatore, ti consiglio di utilizzare un paio di guanti di gomma!- Alex abbassò gli occhi fino a terra, colmo di vergogna per le risate dei suoi amici ai suoi danni. Soltanto dopo l’osservazione logica dell’ex capopalestra di Plumbeopoli, Alex si accorse di avere appena detto una sciocchezza. Laura intervenne ed iniziò a saltellare sul posto, agitando la mano in aria con il braccio sollevato, come se volesse catturare l’attenzione dei presenti. Bulbasaur, ancora tra le braccia della figlia dei Ferguson, trovò molto divertente quel sobbalzare frenetico, ma dopo un po’ iniziò ad accusare un forte mal di testa ed ebbe anche il mal di mare.
Laura: -Io lo so! Io lo so! Dobbiamo semplicemente aspettare che l’energia statica si disperda nell’ambiente!- Brock scosse la testa, aggrottando le sopracciglia. Alex rimase meravigliato nel constatare con quale velocità il primogenito dei Peters avesse mutato espressione.
Brock: -No, ci vorrebbe troppo tempo, i ladri di elettricità acquisterebbero troppa distanza!- In quel mentre, Ash iniziò a ridere e mise le mani sui fianchi. I tre ragazzi osservarono il loro amico di sghembo, temendo che il Master dei Pokémon fosse rincitrullito di colpo.
Ash: -Nulla di più semplice, ragazzi! Dobbiamo scatenare l’elettricità accumulata da Mareep!- Alex non riuscì a leggere tra le righe nel discorso del suo maestro e, alzando un sopracciglio perplesso, parlò direttamente ad Ash.
Alex: -E… scusa, Ash, come dovremmo fare?- Ash smise immediatamente di ridere ed osservò torvo il suo allievo. Sia Alex che Dratini si sentirono piccoli ed inermi nell’osservare quello sguardo arcigno. Come sono volubili i sentimenti umani, si trovò a pensare il cucciolo di drago azzurro compagno di Alex.
Ash: -Possibile che tu non ci sia ancora arrivato? Con un po’ di combattimento Pokémon, ecco come!- Alla parola “combattimento”, la Dratini di Laura si galvanizzò ed iniziò ad agitarsi ed a fremere di contentezza sulla spalla della sua allenatrice. Anche la ragazza dagli occhi verdi iniziò a tremare dall’eccitazione e, senza pensarci due volte, chiese alla sua prediletta di scendere in terra e di lanciarsi immediatamente all’attacco, scagliandosi senza tanti complimenti contro l’indifeso Mareep. Per Ash Ketchum il Pokémon pecora non apparve troppo indifeso, tanto da fargli tentare di bloccare la ragazza ed il suo Pokémon. Il Master dei Pokémon alzò un braccio, ponendo un alt secco verso la sua allieva, ma non ottenne sfortunatamente l’evento desiderato.
Ash: -Laura, non ora!- Nulla da fare, la Dratini di Laura si scagliò con una foga incredibile contro Mareep, in un dirompente attacco Azione. La circostanza temuta dall’allenatore col cappello purtroppo ebbe luogo: appena Dratini ebbe toccato con il corpo il vello lanoso di Mareep, la povera femmina di drago fu fulminata sul colpo. L’attrito con l’elettricità statica fu così potente e devastante da proiettare Dratini dietrofront, verso le braccia della sua allenatrice. Nessuno riuscì a fare o dire nulla, poiché gli avvenimenti successero in un lasso di tempo troppo breve. Laura osservò stordita e stralunata la sua Dratini la quale, più stupita che dolorante, si ritrovò con una bruciatura lungo il corpo.
Laura: -Dra…Dratini! Stai bene, piccola mia?- Alex ed il suo Dratini sgranarono gli occhi nel constatare quanta energia elettrica avesse immagazzinato Mareep nel suo tosone. Il tentativo di scaricare tutta quella elettricità statica iniziò ad apparire più difficile del previsto. Ash non perse la testa dopo quello spiacevole imprevisto e, con un certo entusiasmo di rivedere nuovamente i Pokémon di Alex in azione, domandò al suo allievo di colpire con attacchi a lunga gittata il Pokémon di Brock. L’ex capopalestra di Plumbeopoli, il quale aveva già recuperato Bulbasaur dalle braccia di Laura, acconsentì all’inizio dell’incontro per eliminare la corrente elettrica che circolava nel corpo di Mareep. Alex aveva già chiamato in causa Weedle, al quale ordinò di scagliare contro Mareep un attacco Millebave. Il Pokémon coleottero spruzzò con un inaspettato vigore la sostanza vischiosa contro l’inerme Mareep, e gli effetti sperati dal maestro di Pokémon si fecero notare quasi subito. Numerose scintille elettriche iniziarono a “divampare”, a rotolare e ad allungarsi nei punti in cui l’attacco Millebave di Weedle colpiva il manto lanoso del Pokémon di Brock. In pochi minuti il corpo di Mareep fu completamente avvolto, fuorché la testa, dalla sostanza appiccicaticcia, e diversa elettricità statica venne fatta sfogare. L’ampiezza del vello della pecora diminuiva a vista d’occhio, ma Mareep continuava inspiegabilmente a soffrire dell’attacco Stordiraggio di Natu. Brock aggrottò le sopracciglia perplesso, meditando sull’attuazione di un nuovo piano per scaricare l’elettricità ancora residua nel corpo di Mareep, ma la sua attenzione fu ben presto catturata, come quella dei suoi amici, da un boato che si innalzò all’improvviso nel cielo plumbeo. Proprio verso il fondovalle, nella direzione in cui erano fuggiti di gran carriera i Flaaffy ed i Mareep rei di avere derubato la Centrale Elettrica della corrente, diversi fulmini piroettavano dal basso e si scagliavano con un’inaudita potenza verso l’alto. I lampi accecanti spaventarono gli allenatori ed iniziarono a chiedersi cosa stesse succedendo in quel giusto istante, giù nel fondovalle. Da quella posizione, nei pressi delle fabbriche color viola, era impossibile definire cosa stesse accadendo a qualche centinaio di metri di distanza. Le tasche guanciali di Pikachu, nel frattempo, iniziarono a sfrigolare ed a produrre tenui e leggere scariche elettriche ed il suo sguardo, attento e leggermente tirato per l’angoscia, era proiettato verso la direzione presa dai ladri di elettricità. Ash osservò il suo Pokémon prediletto molto preoccupato: qualcosa di inquietante stava accadendo più avanti, ed il topolino elettrico aveva già presentito un pericolo imminente.
Ash: -Pikachu, cosa stai ascoltando?- Il Pokémon elettrico annusò l’aria con il suo olfatto sviluppato e le orecchie, tese a percepire qualunque suono, si drizzarono. Il volto di Pikachu mutò rapidamente in una maschera di apprensione e di timore.
Pikachu: -Qualcuno sta cantando… un tono lamentoso, si direbbe. Sembra quasi che siano cantando un rito funebre…- Un suono secco, seguito da molti altri a distanza ravvicinata, spaventò gli allenatori. L’attacco Millebave lanciato da Weedle si era ormai indurito a contatto con l’ossigeno e Mareep, contorcendosi all’interno di quella ovatta, aveva distrutto le precarie pareti del bozzolo che lo circondava. Il problema però non sembrava essersi risolto: il volto del Pokémon pecora appariva ancora molto tirato ed il volume del candido vello non era ancora diminuito. Brock deglutì, leggermente spaventato dal fatto che l’effetto di Stordiraggio non avesse ancora cessato di manifestarsi. Ash digrignò i denti, incollerito dalla situazione che si era andata a creare. Nel frattempo, nel fondovalle, altri fulmini vennero generati dal basso verso l’alto, ed il canto intercettato dall’udito sensibile di Pikachu fu ascoltato da tutti: un canto doloroso e struggente, costituito soprattutto da belati, riempì il paesaggio, cospargendo gli animi dei Pokémon e degli allenatori di un sottile velo di malinconia e di tristezza. Laura si chiese mentalmente quale fosse il significato della canzone commovente.
Brock: -Cosa possiamo fare, Ash?- La domanda improvvisa e repentina di Brock risvegliò la mente della ragazza dai capelli verdi. La figlia dei Ferguson osservò il suo maestro, il quale parve assorto in chissà quali pensieri. Tutto ad un tratto, al Master dei Pokémon venne un’idea ed osservò Alex, il quale aveva già richiamato Weedle nella sua sfera Poké.
Ash: -Ma certo! Alex, il tuo Dratini conosce la mossa Tornado, giusto? Se unissimo la forza di questo attacco a una potente mossa di sabbia, sicuramente l’elettricità verrà sfogata! Laura – e volse lo sguardo verso la ragazzina – come sta il tuo Sandshrew?- Il Pokémon di tipo terra della ragazza sembrava essersi parzialmente ripreso dall’attacco subito tempo prima da Mareep. Laura si sincerò delle condizioni fisiche del suo Pokémon e, una volta che comprese che Sandshrew fosse in grado di riprendere a combattere, lo disse al suo maestro. Ash annuì e, con entusiasmo rigenerato, chiese ai suoi due allievi di tenersi pronti per attuare il piano del ragazzo col cappello. Brock sollevò lo sguardo verso il cielo grigio e si accorse con meraviglia che i fulmini scagliati dal basso verso l’alto dal fondovalle avevano attirato delle nuvole più scure, sicuramente gravide di pioggia. Avvertì i suoi amici dell’improvviso peggioramento climatico ed intimò loro di sbrigarsi. Ash annuì ed osservò ancora una volta i due allenatori novizi: Alex e Laura erano pronti.
 Il primo ad aprire le danze fu il Dratini di Alex. Il cucciolo azzurro di drago, su ordine dell’allenatore, sfoderò il suo attacco migliore, ovvero Tornado. Il draghetto si emozionava sempre quando doveva utilizzare quella mossa imparata nello scontro con Natu alla spiaggia di Miramare. Il suo corpo snello ed elastico si inclinò leggermente in alto per dare maggiore risalto alla potenza della sua mossa. I nuvoloni carichi di pioggia vennero decisamente in aiuto per la creazione del Tornado più efficace che Dratini avesse mai pensato di creare. Si voltò quando Alex lo richiamò per nome e, quando notò il suo sguardo preoccupato, comprese che non doveva esagerare con Mareep. Giusto un piccolo uragano, senza mostrarsi megalomani. Il cielo grigiastro si squarciò di netto e qualche lembo di cielo azzurro si poté intravedere da quella fenditura, causando un moto di allegria negli animi degli allenatori. Le nuvole che erano state tagliate a metà iniziarono a vorticare su se stesse, scendendo lentamente verso terra, iniziando con giri molto larghi per poi divenire sempre più stretti. Mareep osservò quel capolavoro di natura Drago con apprensione e meraviglia nello stesso tempo. Purtroppo lo Stordiraggio ancora presente nel corpo e nella testa della pecora non gli permise di comprendere pienamente il piano architettato da Ash Ketchum. L’uragano di medie dimensioni (di medie dimensioni perché partito dagli strati, ovvero le nuvole più vicine al suolo terreste NdA), filiforme e lineare, venne creato in pochi secondi. Il vortice piroettava con calma quasi ovattata, quasi che fosse in attesa degli ordini di Dratini. Il Maestro di Pokémon sorrise compiaciuto: il Pokémon di Alex aveva, in poco tempo, saputo padroneggiare quella tecnica nel modo corretto. Laura era rimasta impressionata nell’avere visto con i suoi occhi, dal vivo, il crearsi di un uragano, seppure non dei più forti in circolazione. Non lo aveva mai visto, se non nei documentari. Vederlo dal vivo gli aveva causato nell’animo un’eccitazione che a stento riusciva a controllare. La sua Dratini, inoltre, parve entusiasta del lavoro compiuto dal Dratini di Alex. Ash richiamò la sua allieva chiamandola direttamente.
Ash: -Ok! Noi siamo pronti! Laura, il tuo Sandshrew deve utilizzare Turbosabbia alla massima potenza, diretto verso quell’uragano!- E lo indicò. La ragazza dagli occhi verdi era rimasta ancora stupita nel constatare che quella tromba d’aria stesse lì buona, in attesa di ordini. Ancora non le parve possibile immaginare che i Pokémon potevano controllare, in parte, i figli della Natura. La figlia dei Ferguson scosse la testa, risvegliandosi dal torpore in cui era caduta, poi osservò Sandshrew, il quale era pronto per l’attacco desiderato da Ash. I due si scambiarono un’occhiata d’intesa, e Dratini sorrise ai due.
Laura: -Bene! Sei pronto, Sandshrew?- Il topo color senape annuì, felice di rendersi utile in quel frangente delicato. Non c’era altra maniera più veloce per aiutare Mareep, il Centro Medico per Pokémon distava parecchi chilometri per poterci portare la pecora. E poi quei fulmini scagliati dal fondovalle… non c’era tempo da perdere. Laura ordinò infine al suo Pokémon di scagliare il più potente attacco Turbosabbia che Sandshrew potesse creare, in direzione del Tornado creato poco prima da Dratini. La ragazza dagli occhi verdi osservò sconvolta il Pokémon drago di Alex: appariva spossato dopo l’esecuzione della tecnica. Molto probabile che quella mossa richiedesse un dispendio eccessivo di energia. Motivo in più per non fallire. Sandshrew si chinò fino in terra ed utilizzò le sue forti braccia per vangare il terreno ai suoi piedi. Era presente della sabbia marina, poiché il luogo dove sorgeva la Centrale Elettrica non era così distante dalle spiagge di Miramare. Sandshrew iniziò a scavare come un forsennato e, con un’azione ritmica delle due braccia che andavano avanti ed indietro, il Pokémon di Laura sollevò uno spesso strato di sabbia e di fuliggine. Questa foschia sabbiosa venne ben presto catturata dal ciclone che aveva iniziato a roteare più vorticosamente, in senso orario. L’attacco Tornado, ben presto, si tramutò in una vera e propria tempesta di sabbia: l’uragano sabbioso iniziò a muoversi verso Mareep, il quale non riusciva ancora a muoversi a causa della colla vischiosa dell’attacco Millebave di Weedle che lo bloccava in quella posizione innaturale. Brock osservò perplesso l’uragano di sabbia, il quale era un’idea partorita dalla mente del Maestro di Pokémon. Era davvero necessario creare questo trambusto per un Pokémon elettrico che aveva immagazzinato troppa elettricità? Il primogenito dei Peters voltò lo sguardo verso il suo amico col cappello e, notando il suo sguardo serio e concentrato sull’uragano, non poteva pensare che questo piano fosse privo di fondamento. Infatti, quando il terribile ciclone colpì l’inerme Mareep, la sabbia fece il suo corso, proprio come previsto dal saggio allenatore: l’elettricità statica, a contatto con la sabbia e con l’aria, venne rapidamente sfogata per attrito. Varie scintille elettriche divamparono dal manto lanoso del Pokémon pecora e, mentre Mareep belava e si dimenava nel tentativo di liberarsi della colla scagliata poco prima da Weedle, il volume del vello diminuiva a vista d’occhio. Alex e Laura osservarono sbalorditi lo spettacolo dell’esplosione di elettricità statica, sembrava che non dovesse terminare mai. Le saette continuavano a diramarsi tutt’intorno al Pokémon appena catturato da Brock e non accennavano ad arrestarsi: quanta elettricità aveva accumulato Mareep? Tutto da solo, poi? Ben presto però, come tutte le cose che hanno un principio ed una fine, anche l’elettricità statica accumulata da Mareep venne completamente esalata. Ash Ketchum, osservando lo stato di Mareep, finalmente libero di quell’ingombrante elettricità, ordinò a Pikachu di colpire il tornado sabbioso creato da Dratini e da Sandshrew con un Fulmine. Pikachu eseguì quanto richiesto dal suo allenatore e, con un colpo secco, l’uragano come era stato creato, svanì in un istante. Le nuvole che avevano lasciato posto al Tornado creato dal Dratini di Alex recuperarono il loro posto immediatamente e lo fenditura di cielo azzurro che si poteva ancora osservare venne ben presto coperto.
Brock: -É…è finita?- Per qualche istante, nessuno osò fiatare. Un silenzio irreale si era venuto a creare in quella vallata, e solo il vento si poteva udire sibilare, leggermente rinvigorito dal Tornado. Era iniziato anche a piovigginare, il capoingegnere che fino a quel momento era rimasto in silenzio iniziò a borbottare ed a tossire. I quattro giovani, con i loro Pokémon, si voltarono verso di lui. Notarono che il danno causato dai denti e dagli artigli dei Pokémon pecora sembrava essersi risolto: la centralina era tornata a posto. L’uomo con l’elmetto giallo in testa sorrise ai ragazzi.
-Beh, anche io mi sono dato da fare! Mentre voi vi davate da fare con quel Pokémon, io mi sono dato da fare per riparare questi cavi! Ed ho terminato in tempo, poiché sta iniziando a piovere!- I quattro ragazzi diedero ragione al capoingegnere, probabile braccio destro di Gary Oak. Alzarono gli occhi al cielo ed osservarono attentamente il procedere repentino delle nuvole scure cariche di pioggia e di fulmini. La pioggia, lentamente, crebbe di intensità, e gli allenatori furono costretti a recuperare dai loro zaini gli ombrelli allungabili dal manico. Laura inspirò a pieni polmoni e sorrise quando rilasciò l’aria, espirando con dolcezza.
Laura: -L’odore dell’erba bagnata mi riempie sempre di felicità! Mi ricorda la mia città, Ciclamipoli, completamente immersa nel verde…- Alex osservò perplesso la sua amica ed il suo modo di evocare i ricordi di una città lontana per mezzo di odori. Il ragazzo con gli occhiali non era ancora riuscito, fino a quel momento, a ricordarsi della sua città natale, Fiorlisopoli, al di là delle Isole Vorticose. Forse era proprio il ragazzo stesso a non volere ricordare nulla della cittadina insulare.
Ash: -I fulmini si sono intensificati!- Il grido del Maestro di Pokémon risvegliò nuovamente Alex dai suoi torbidi pensieri. Dal fondovalle una miriade di lampi, tuoni, fulmini e saette, forse rinvigoriti dai rovesci temporaleschi che si stavano abbattendo in quel momento a Sludge City con foga, prillavano e si contorcevano come fiamme di un braciere. Il Mareep di Brock, osservando stupito il grande groviglio di fulmini che si stava scatenando più in basso in quel momento, si rialzò sulle proprie gambe e, con passo deciso, si indirizzò verso il suo nuovo allenatore, il quale come gli altri stava guardando inebetito lo strano spettacolo “pirotecnico”.
Mareep: -Preeeesto! Non c’è teeempo da peeerdere!- I ragazzi si voltarono verso Mareep, incuriositi dalla sua strana voce ovattata e belante. Per poco Pikachu non scoppiò in una fragorosa risata, trattenuto in zona Cesarini da un provvidenziale mano di Ash, il quale gliela appoggiò proprio sul muso.
Ash: -Cosa sta succedendo, Mareep? Tu lo sai?- La pecora annuì, ed il suo sguardo apparve molto lucido e determinato. Nei suoi occhi bruciava un fuoco luminoso e Brock si avvicinò di più al suo nuovo Pokémon appena catturato, finalmente ripresosi dallo Stordiraggio di Natu.
Mareep: -Dobbiamo andaaaare in fooondo! Un graaave periiicolo incooombe su un Poookémon!- Mentre parlava con quel suo fare belante che suscitava ilarità anche nei due Dratini, la pecora iniziò a muoversi, impacciata dal suolo erboso che, a causa della pioggia che stava cadendo dal cielo nuvoloso a catinelle, si era trasformato in un pantano. Poco male, pensò Ash, si sarebbe proceduti con lentezza ugualmente, con Alex infermo con la sua stampella. Il ragazzo con gli occhiali, infatti, trovò difficoltà a mantenere il passo dei suoi amici, i quali stavano già iniziando a seguire il galoppante Mareep. Il capoingegnere si unì al gruppetto di allenatori, curioso di sapere cosa stesse accadendo nel fondovalle, e curioso inoltre di sapere perché quel drappello di Pokémon elettrici avessero deciso di derubare dell’elettricità la Centrale Elettrica. Ash dovette per forza di cose allungare il passo, poiché Mareep aveva iniziato a galoppare più velocemente. Mentre iniziava a correre, il Master dei Pokémon porse al Pokémon elettrico delle domande, sbocconcellate a causa del fiatone del ragazzo col cappello che in quel momento aveva per il gran correre.
Ash: -Cosa intendi con Pokémon in pericolo? È ferito?- La pecora rispose senza neanche voltarsi. Si stavano dirigendo proprio verso la direzione presa tempo prima dai Flaaffy e dai Mareep fuggiaschi. I canti belanti divennero ancora più forti d’intensità ed i fulmini scagliati dal suolo verso il cielo divennero più vicini ad ogni passo che gli amici compivano.
Mareep: -Mooolto peeeggio! Un Poookémon alle soooglie del graaande sooonno!- Ash comprese immediatamente quello che Mareep gli stava dicen…pardon, belando. Anche Brock e Laura, che seguivano a ruota la pecora ed il ragazzo col cappello insieme al suo fedele Pikachu, compresero in pieno la perifrasi di Mareep. Alex ed il capoingegnere, in difficoltà, rimasero un po’ indietro rispetto ai ragazzi che stavano inseguendo il Mareep che diventava sempre più nervoso e sempre più veloce mano a mano che si avvicinava al luogo in cui sembrava che si fossero riuniti i ladri di elettricità.
Quando finalmente il gruppetto degli allenatori raggiunse il fondovalle, uno spettacolo inimmaginabile si presentò davanti ai loro occhi: due cerchi concentrici di Pokémon elettrici stavano danzando e cantando intorno ad un grande Pokémon uccello, completamente colorato di giallo, il quale sembrava sdraiato a terra privo di sensi. Nel cerchio più stretto c’erano i Mareep, mentre in quello più largo i Flaaffy. Il loro canto lamentoso, spiegò brevemente Mareep, costituiva un rito propiziatorio per risvegliare il grande Pokémon uccello completamente colorato di giallo. Ash, Brock, Laura, Alex ed il capoingegnere rimasero sbalorditi nel constatare che il Pokémon al centro di quel cerchio di Pokémon pecora fosse nientemeno che Zapdos, uno dei tre uccelli leggendari insieme a Moltres ed a Articuno. Il Pokémon elettrico non sembrava possedere una buona cera, i suoi occhi chiusi e la sua totale amovibilità misero immediatamente in agitazione il Master dei Pokémon. Alex e Laura afferrarono il loro Pokédex (il ragazzo con gli occhiali dovettero consegnare il suo ombrello al capoingegnere, poiché aveva entrambe le mani occupate) e lo puntarono verso il Pokémon leggendario.
Zapdos, Pokémon Elettrico. Battendo le ali splendenti, questo Pokémon uccello leggendario causa violente tempeste.” A giudicare dallo stato in cui Zapdos si trovava, non fu assolutamente in grado, in quel momento, di scatenare violente tempeste come indicato dal savio Pokédex. Tutto ad un tratto all’allenatore col cappello la situazione fu chiara come la luce del sole: i Pokémon pecora, sicuramente ammiratori del Pokémon elettrico per eccellenza, ovvero Zapdos, consci del pericolo che stava correndo il Pokémon leggendario, decisero di curare il Pokémon uccello inondandolo di enormi quantità di energia elettrica purissima. Trovandosi a corto di corrente elettrica loro stessi, impiegando a fondo i loro attacchi elettrici, i Mareep ed i Flaaffy decisero, loro malgrado, di vestire i panni di ladri di corrente elettrica, al solo scopo di poter curare quello Zapdos… che sembrava ferito. I canti dei Pokémon elettrici proseguirono senza sosta, mentre i Mareep ed i Flaaffy continuavano a girare in tondo all’inerme Pokémon leggendario. Laura iniziò ad incamminarsi verso il luogo dove i Pokémon elettrici stavano compiendo il loro rito, incuriosita e nello stesso tempo preoccupata per lo stato di salute non ottimale di Zapdos. Un braccio, però, si contrappose nel suo cammino, sbarrando la strada. Era stato Brock a bloccarle il passaggio, e la ragazza dagli occhi verdi osservò stupita l’ex capopalestra di Plumbeopoli, domandandosi perché avesse fatto ciò.
Brock: -Non ti avvicinare, Laura! Non è sicuro disturbare un sacra liturgia di questi Pokémon elettrici!- Appena Brock ebbe terminato di parlare, un’altra potentissima scarica elettrica grondò dai gonfi velli dei Mareep e dei Flaaffy per riversarsi, come fosse un unico fulmine, sul corpo di Zapdos. Le scariche elettriche continuarono ad affascinare i due giovani allenatori novizi: le scintille si diramavano in ogni dove, colorandosi di varie tonalità di blu per arrivare fino al giallo limone. Quei lampi, però, durarono solo pochi istanti per poi scomparire nuovamente. La figlia dei Ferguson continuò ad osservare angustiata Zapdos, il quale non sembrava rispondere ai continui attacchi dei Pokémon pecora. Gli occhi dell’uccello leggendario, infatti, continuavano a rimanere chiusi. Non un lamento usciva dalla sua gola, non un battito d’ali o soltanto un leggero fremito riuscì ad eseguire. Nulla accadde.
Laura: -Ma che cosa, o chi, lo ha ridotto in questo stato? Quali tremendi crimini ha commesso per essere annientato?- Il Mareep di Brock, dopo essersi nuovamente unito al suo gregge e dopo avere dato il suo contributo alla generazione di un fulmine ancora più potente, tornò verso gli allenatori disorientati e, dopo avere eseguito un respiro profondo, iniziò a parlare… pardon, a belare la storia di Zapdos.
Zapdos, raccontò Mareep, era sempre stato un Pokémon pieno di energie e scagliare tuoni e fulmini per tutto il giorno non lo appagava mai completamente. Zapdos vagava da una città all’altra, su nei cieli, tra una montagna e l’altra, su per le colline e lungo gli oceani, volando quasi a sfiorare la velocità del suono. Era libero, nessuno gli poteva ordinare cosa fare e cosa non fare. Zapdos decideva di sé e delle proprie azioni. Un brutto giorno, però, tre anni or sono, un allenatore di Pokémon malvagio e dalla bramosia di potere e di conquista, catturò il Pokémon leggendario sul Monte Corona, acquisendo tutti i diritti di proprietà su Zapdos. All’inizio il Pokémon uccello non sembrava molto d’accordo di essere catturato e di essere comandato a bacchetta, ma la scaltrezza e la sapienza nel comandare dell’allenatore fecero ben presto capitolare Zapdos, il quale finì per obbedire ciecamente ad ogni ordine del suo nuovo padrone.
Alex: “Conosco l’identità di quell’allenatore!” Gli occhiali di Alex scintillarono ed il ragazzo aggrottò leggermente le sopracciglia, ma non aprì bocca per non interrompere il racconto di Mareep.
Con il passare del tempo, Zapdos si abituò all’indole malvagia del suo allenatore e, giorno dopo giorno, eseguendo azioni sempre più crudeli e efferate, la sua mente risultò quasi del tutto plagiata e del vecchio Zapdos non rimase quasi più nulla. Zapdos dimenticò quasi completamente la bellezza e lo splendore della libertà, ma un altro Pokémon leggendario intervenne per sopprimere l’ascesa di questo allenatore malvagio. I Pokémon leggendari, al 99% conquistati dal padrone di Zapdos, vennero rilasciati dopo che questo fantomatico Pokémon ebbe lanciato una tremenda maledizione su questo essere umano privo di scrupoli, compreso il Pokémon elettrico. Zapdos, purtroppo con la visione del mondo suggestionata dalle azioni malvagie del suo allenatore, non riuscì a riprendersi completamente. La mente di Zapdos, però, non fu completamente travolta da questa fiumana di malvagità, ebbe la facoltà di conservare un brandello di coscienza e con questo riuscì, per un certo periodo di tempo, a controllare i suoi istinti aggressivi. Con una grave crisi d’identità, Zapdos lottò per un bel po’ di settimane tra l’istinto di distruggere ogni cosa che incontrava ed il desiderio di salvaguardare le vite dei Pokémon che abitavano lungo la sua strada. Per sfogare questi istinti sempre più ossessivi, il Pokémon leggendario spesso saliva su nella stratosfera e si lasciava letteralmente esplodere in una selva di lampi e di tuoni che continuava a trattenere nel suo corpo. Questa valvola di scarico permise a Zapdos di controllare la malvagità presente nel suo corpo, ma naturalmente ci fu il rovescio della medaglia: perseverando con questo comportamento, Zapdos si esaurì nell’arco di un mese e, giusto qualche giorno fa, precisò Mareep, l’uccello leggendario cadde in quel fondovalle, a pochi passi dalla Centrale Elettrica.
E da quel giorno, Zapdos non si era più mosso, caduto forse in un sonno profondo.
Ash Ketchum, venuto a sapere della storia di Zapdos, non si preoccupò di conoscere l’identità di quel miserabile allenatore. La sua attenzione era concentrata unicamente sullo Zapdos sdraiato a terra, prono, con le ali distese in orizzontale rispetto al suo corpo, quasi come fosse in croce. Nell’aria era presente parecchia energia elettrica, come poteva dimostrare Pikachu: le sue tasche guanciali gonfie di elettricità e la sua vivacità confermarono li impressioni del Master dei Pokémon. Con tutta quella elettricità riversata su Zapdos, il Pokémon leggendario non si era ancora ripreso, neppure minimamente. Doveva essere molto più grave del previsto. E non c’era neanche il modo di trasportare un così enorme Pokémon in un Centro Medico. Figuriamoci Zapdos, un Pokémon leggendario. Brock osservò in volto il suo amico col cappello e concentrò il suo sguardo nei suoi occhi fissi sul Pokémon colorato di giallo. Ash stava pensando a qualcosa.
Ash: -Pikachu…- L’allenatore col cappello chiamò il suo fedele amico senza staccare gli occhi da Zapdos. Pikachu sollevò lo sguardo fino ad osservare il volto del suo allenatore.
Ash: -Per favore, usa l’attacco Tuono su Zapdos!- Pikachu annuì e si avvicinò di un poco verso Zapdos. I Flaaffy ed i Mareep, intanto, continuarono nella loro monotona cantilena e nei loro attacchi elettrici, sempre meno potenti e sempre più sporadici. Segno che la  corrente elettrica immagazzinata nel loro corpo stava per esaurirsi rapidamente. Pikachu convogliò tutta l’energia elettrica che scorreva nel suo corpo nelle sue tasche guanciali e, con una potenza sovrumana, scagliò il più forte attacco Tuono cui potesse essere in grado di fare sull’uccello leggendario. La luminosità della mossa del Pokémon elettrico fu tale da dover costringere i Pokémon e gli allenatori a schermarsi gli occhi con le mani e serrarli con forza. L’attacco Tuono di Pikachu ebbe vita breve: parecchio fu lo sforzo impiegato nella mossa da lasciare il topolino elettrico senza fiato. Ash si incamminò velocemente verso di lui quando ebbe terminato l’esecuzione del suo attacco.
Ash: -Pikachu, hai esagerato!- Si inchinò e lo afferrò, sorreggendolo tra le braccia, poiché l’allenatore si era accorto che il suo Pokémon aveva iniziato a barcollare sulle proprie zampe. L’effetto sperato da Ash, però, non avvenne: Zapdos era ancora lì, bloccato a terra, gli occhi chiusi, quasi come fossero sigillati. Alex sgranò gli occhi impressionato: neanche il potente attacco Tuono di Pikachu era riuscito a sbloccare quella delicata situazione. Con tutti quei fulmini scagliati dal basso verso l’alto avrebbero potuto richiamare l’attenzione di qualcuno, qualcuno anche molto losco. Non c’era più tempo da perdere, bisognava fare qualcosa, e subito. Ash però aveva esaurito le idee a sua disposizione, ed anche l’arsenale di Pokémon elettrici. Ben presto anche i Flaaffy ed i Mareep, costantemente impegnati a emettere elettricità su Zapdos, consumarono le loro forze e si ritrovarono a corto di fiato e di energie. Le pecore caddero a terra simultaneamente, mezzo stordite per il grande sforzo, e l’inquietante ballo esoterico dei Pokémon elettrici cessò definitivamente, così come i fulmini scagliati contro il Pokémon leggendario. Il Mareep di Brock iniziò ad agitarsi ed a belare come un forsennato, stava iniziando a preoccuparsi seriamente per la salute di Zapdos.
Mareep: -Dobbiaaamo fare qualcooosa! Non possiaaaamo lasciaaarlo in queeesto staaato!- Già, fare qualcosa. Ma cosa? Gli allenatori pensarono a lungo, alla ricerca di un espediente per trarre fuori d’impiccio Zapdos, ma si lambiccarono il cervello inutilmente. Dopo qualche minuto di profonda riflessione, Ash scosse la testa e strinse i denti, furioso con se stesso per non avere trovato una soluzione a quell’emergenza.
Ash: -Maledizione! Se solo potessimo avere più energia! Credo che una dose maggiore di elettricità possa ricaricare a sufficienza Zapdos!- Il volto e gli occhi di Laura si illuminarono quando ebbe ascoltato il commento del suo maestro. I ragazzi osservarono la loro amica perplessi: il sorriso della ragazza partiva da un orecchio e finiva all’altro.
Laura: -Ehi! Ma noi abbiamo tutta l’elettricità che ci serve! Qui, a pochi passi, c’è la Centrale Elettrica!- E si voltò dietro di sé, indicando con foga l’immenso edificio color viola. Il capoingegnere, il quale era rimasto in silenzio per tutto quel periodo, approvò l’idea della figlia dei Ferguson con un cenno del capo ed anch’egli sorrise.
-Ma sì… ma certo! Basta utilizzare una sorta di defibrillatore collegato ad una batteria, a sua volta collegata direttamente alla centralina generale della fabbrica! Otterremo tutti i megawatts necessari per far riprendere Zapdos dal suo coma!- L’idea partorita dalle menti di Laura e dell’uomo coll’elmetto fu accolta con calorosa gioia da tutti i presenti. Ben presto tutto il necessario per attuare il piano fu messo a disposizione: il defibrillatore, la batteria ed i fili della corrente, collegati alla centralina distrutta tempo prima dalle pecore, ora riparata. Mareep saltò sul posto dalla gioia e consigliò al capoingegnere, il quale aveva indossato dei guanti di gomma per afferrare senza pericoli il defibrillatore, di scaricare tutta l’energia elettrica che fosse possibile generare sui Pokémon elettrici, di modo tale che i loro attacchi fossero ancora più potenti. Brock approvò l’idea e sorrise, speranzoso.
Brock: -Ottima pensata! Gli attacchi dei Pokémon elettrici sono molto più potenti di un comune defibrillatore!- Il capoingegnere, dopo avere posizionato gli aggeggi elettronici per terra, implorò i ragazzi di allontanarsi di qualche passo, onde evitare problemi di natura elettrica. Il Mareep di Brock fu il prescelto per essere il primo ad ottenere la scarica elettrica dal defibrillatore e gli altri Pokémon pecora, attaccati uno di fianco all’altro, assorbirono l’elettricità statica percorrendosela l’uno con l’altro, come fosse stata una catena, fino all’ultimo Pokémon più lontano rispetto al marchingegno collegato tramite i fili della tensione alla centralina elettrica. Il livello di tensione raggiunto fece vibrare un bel po’ la batteria, la quale stava iniziando ad andare su di giri. I Mareep ed i Flaaffy, accumulando sempre più elettricità, videro aumentare di volume il loro tosone fino a raggiungere dimensioni pazzesche: un livello pari al quadruplo del normale. L’elettricità presente nell’aria fece andare K.O. i Pokédex ed i PokéNav degli allenatori, mandandoli quasi in corto circuito.
-I Mareep ed i Flaaffy sono pronti!- La voce dell’uomo con l’elmetto giallo risuonò molto chiara alle orecchie dei giovani ragazzi. Il gruppetto di Pokémon elettrici, disposti in fila, l’uno accanto all’altro, erano pronti per scagliare il più potente attacco elettrico che la storia potesse ricordare. Avevano accumulato così tanta energia elettrica da farsi venire quasi la nausea. Ma sopportarono molto bene quel senso di gonfiore causato da tanta elettricità: in ballo c’era la vita di Zapdos! Intorno ai corpi lanosi dei Mareep e dei Flaaffy si era sviluppata una cappa piuttosto spessa di scariche elettriche che si diffondevano nell’aria, segno evidente che le pecore stavano trattenendo a stento tutta quella elettricità immagazzinata in così poco tempo. Era giunto il momento di ordinare a quei Pokémon uno degli attacchi a loro disposizione per sfogare tutta quanta quell’energia. Ash Ketchum fu autorizzato dal capoingegnere di prendere in mano le redini della situazione e, piazzandosi proprio dietro i Pokémon che stavano iniziando a rantolare per la fatica crescente nel trattenere tutta quanta quell’elettricità statica, prese un respiro profondo e riordinò per un breve istante le idee.
Ash: “Bene! Ora ci siamo, non si torna indietro! Questi Pokémon hanno speso parecchie energie nel tentativo di aiutare Zapdos nella sua ripresa, non possiamo mollare proprio ora! L’unica cosa da fare, in questo momento, è ordinare il più potente attacco elettrico mai esistito sulla faccia della terra!” Sbatté le palpebre più volte, mezzo accecato dalla folgorante luce che proveniva dalle scariche elettriche che giravano intorno agli enormi manti lanosi delle pecore e, dopo qualche secondo di attesa, finalmente si decise. Osservò di sfuggita Pikachu, il suo migliore amico, il quale aveva deciso di unirsi alla causa, incamerando nel suo corpo l’elettricità proveniente dalla centralina della fabbrica. I due, Pokémon e allenatore, si scambiarono un’occhiata fugace e fecero un ceno d’intesa. Ash divaricò leggermente le gambe, serrò la mascella, strinse i pugni ed osservò a lungo lo Zapdos ancora in terra, disteso in quella posizione innaturale.
Ash: “Dobbiamo salvare Zapdos! Dobbiamo farlo!” I suoi amici rimasero ad osservarlo, attenti e leggermente accigliati. I due Dratini rimasero con gli occhi sbarrati, in attesa di chissà quale evento e di chissà quali parole da parte del maestro di Pokémon. La voce di Ash si alzò improvvisamente, spaventando quasi a morte di due tremanti draghetti. Le sue parole, chiare e concise, furono udite da tutti i presenti.
Ash: -ATTACCO TUONO! ALLA MASSIMA POTENZA!!!- Come un sol Pokémon, i Mareep, i Flaaffy e Pikachu scaricarono nell’attacco indicato dal Master tutta l’energia elettrica convogliata fino in quel momento, e quasi furono grati all’allenatore col cappello di avere chiesto ciò. Gli attacchi furono lanciati simultaneamente verso Zapdos, e la potenza del Tuono scagliato dalle pecore e dal topolino elettrico fu molto più di quanto Ash ed i suoi amici avessero mai potuto immaginare. Il bagliore emanato da quel mastodontico attacco elettrico, di proporzioni gigantesche, fu tale da accecare anche il capoingegnere, il quale in quel momento indossava addirittura gli occhiali di protezione. Ash Ketchum fu addirittura sbalzato indietro a causa dell’onda d’urto che lo aveva investito in pieno. Alex, Laura e Brock riuscirono anch’essi a percepire l’attrito del fulmine e si ritrovarono spintonati all'indietro, strisciando i piedi sul terreno erboso. La pioggia che continuava a cadere, a causa dell’immenso fulmine che stava colpendo in quel momento Zapdos, si ritrovò a cadere quasi parallela al terreno. L’onda d’urto era dunque così potente da riuscire anche a deviare il flusso della pioggia che scendeva a terra nei dintorni. La luce dell’attacco Tuono continuò ad emanare i suoi bagliori per un buon periodo di tempo e, dopo qualche minuto, la luminosità iniziò a scemare. La pioggia, non più a contatto con quella incredibile onda d’urto, riprese la sua regolare caduta perpendicolare al suolo e Ash, caduto a terra, fu soccorso dai suoi amici e fatto nuovamente rialzare. Gli occhi del Maestro di Pokémon scintillarono quando finalmente fu in grado di articolare le parole. La soglia di udibilità della sua voce alle orecchie dei presenti, nel periodo in cui Pikachu e le pecore scagliavano con tutta la loro potenza l’attacco Tuono, era pari a zero.
Ash: -Che…che potenza! Non me lo sarei mai aspettato! Che storia, ragazzi!- Alex e Laura ancora non riuscirono a credere a quanta potenza i Pokémon elettrici potessero fare uso. Se neanche quella sorta di Giudizio Universale aveva dato i suoi frutti, non c’era più nulla che si potesse fare per Zapdos. Quando la luce accecante e la fuliggine si dissiparono, per permettere ai ragazzi di poter nuovamente vedere Zapdos, la meraviglia e lo stupore attorniarono le menti e gli animi degli allenatori. Brock indicò con un dito il Pokémon leggendario, e la sua voce tradiva un nota di emozione.
Brock: -Guardate… guardate Zapdos!- Il Pokémon elettrico, ancora sdraiato nella sua solita posizione, era questa vola circondato da infinite, capillari scariche elettriche che il suo corpo continuava ad assorbire. Il suo sguardo, infine, pareva corrucciato e Zapdos continuava a strizzare gli occhi. Con una certa difficoltà, il Pokémon leggendario sembrò volesse raccogliere le ali e volersi rialzare. I Pokémon intorno a Zapdos, benché sfiniti, non vollero dare ragione alla stanchezza che attanagliava i loro occhi, costringendoli a chiudersi. Videro con una buona dose di meraviglia e di felicità il loro idolo di sempre, Zapdos, riprendersi lentamente e rialzarsi con le sue zampe, fino a che si ristabilì quasi completamente. Ci furono degli attimi di imbarazzante silenzio, perché nessuno dei presenti riuscì a trovare delle parole per esprimere quello che stava provando in quel momento. Ci pensò lo stesso Zapdos a rompere il ghiaccio: una volta che fu nuovamente cosciente di sé e padrone delle sue facoltà mentali e fisiche, il Pokémon leggendario si sgranchì il collo, inclinando la testa a destra e poi a sinistra. In seguito spiegò le ali, inarcò il collo sollevando il becco ed iniziò ad emettere un grido terrificante, che i ragazzi non compresero bene se di felicità, di rabbia o di chissà quale sentimento. Pareva si trattasse comunque di un sentimento positivo, perché i Pokémon elettrici che avevano dato l’anima per permettere a Zapdos di risvegliarsi lo stavano acclamando con grandi feste. Anche Pikachu, sebbene stesse grondando di sudore per la gran fatica appena sopportata, stava festeggiando il ritorno di Zapdos tra i viventi danzando e facendo delle giravolte su se stesso. Pareva proprio, secondo l’allenatore del topolino elettrico, che il suo Pokémon provasse un venerabile rispetto per Zapdos e che fosse più che contento che il Pokémon leggendario si fosse ripreso.
Laura: -Ehi! Zapdos sta per prendere il volo!- Come annunciato dalla ragazza dagli occhi verdi, il Pokémon leggendario iniziò a sbattere le ali, dapprima lentamente, per poi prendere sempre più velocità e sempre più forza. Zapdos corse un poco in avanti per prendere abbastanza slancio nel decollo e, una volta che ci riuscì, passò sopra le teste dei Pokémon elettrici che lo aiutarono nel recuperare le forze ed iniziò a prendere sempre più quota, librandosi con abbastanza sicurezza nel corpo. Gli allenatori ed i Pokémon videro, con molto sollievo e contentezza, il Pokémon leggendario librarsi e sbattere le magnifiche ali nel cielo plumbeo di Sludge City. Ogni volta che Zapdos sbatteva le ali, un fulmine accompagnava il suo movimento, quasi cadenzato. I ragazzi osservarono meravigliati, a naso in su, il maestoso Pokémon elettrico che volteggiava, felice, nel cielo carico di pioggia e di elettricità. Avevano sicuramente fatto una buona azione nel salvare lo Zapdos da una morte certa e, quello che rese ancora più euforico il maestro di Pokémon, era che aveva riconsegnato alla libertà allo stato brado uno dei tre Pokémon uccello leggendari, nientemeno che il signore dei fulmini. Ash aveva già avuto a che fare con Zapdos in passato, ma mai ad un livello così ravvicinato. Per un momento, quando gli si era avvicinato per percepire il suo debole respiro, al ragazzo col cappello era sembrato che il Pokémon stesse gridando aiuto. Non con la voce, certo. Forse si sbagliava, forse era una sua impressione, però quella sensazione lo aveva colpito nel profondo del suo cuore. Alex, arrancando con la sua stampella di metallo, si avvicinò al suo maestro e, quando gli fu proprio accanto, sorrise e gli parlò.
Alex: -Che giornata fantastica! Ti rendi conto, Ash? Abbiamo salvato Zapdos, un Pokémon leggendario! Non è una cosa che capita tutti i giorni! Incontrarlo dal vivo… è stato emozionante!- Ash voltò lo sguardo verso il suo allievo e gli sorrise. Tornò nuovamente a guardare il cielo e, con suo enorme stupore, si accorse che le nuvole gravide di pioggia si stavano lentamente, ma inesorabilmente, dissipandosi per lasciare spazio al cielo color turchese, illuminato da un tiepido sole di fine estate. A quanto parve, Zapdos, nell’allontanarsi da Sludge City, quasi volesse fare un favore ai suoi nuovi amici che gli ebbero da poco salvato la vita, volle portare con sé anche il maltempo. Il Master dei Pokémon rammentò a se stesso la frase del Pokédex, soffermandosi sul fatto che Zapdos, sbattendo le sue ali imponenti, causava forti tempeste. La frase del Pokédex non poteva essere più azzeccata. Alex inspirò a pieni polmoni, con le narici continuamente solleticate dall’odore dell’erba bagnata di pioggia e poi il suo sguardo cadde su Brock, il quale si era ritrovato davanti a sé il Mareep che aveva catturato poco prima, per farsi raccontare la storia dei furti di energia elettrica. Sembrava proprio che l’allevatore di Pokémon avesse intenzione di liberare la pecora.
Brock: -Ti ringraziamo per averci raccontato la storia di Zapdos, Mareep. Ora, però, devi tornare nel tuo gregge, i tuoi amici ti stanno aspettando da quella parte…- Ed indicò il gruppetto di pecore, inzuppate d’acqua fino al midollo, che si era ricomposto dopo l’attacco lanciato a Zapdos. L’uccello leggendario era scomparso dall’orizzonte, Pikachu era tornato sulla spalla del suo allenatore, stanco ma felice. Mareep non sembrava affatto d’accordo con la decisione dell’ex capopalestra di Plumbeopoli e, guardando il ragazzo con uno sguardo torvo, il suo vello si ispessì di qualche centimetro di volume e tutt’intorno, quasi fosse un’aura, si sviluppò un concentrato di scariche elettriche.
Mareep: -Come sareeebbe a dire? Mi voleeete scaricaaare così?! Io veeengo con voooi, non mi piace reeestare in uno stuuupido greeegge! Mi credeeete un peeecorone, per caaaso? Io sono intraprendeeente, sono un avventurieeero, io!- Brock e Bulbasaur sgranarono leggermente gli occhi, spaventati dal tono di voce quasi minaccioso di Mareep. Il primogenito dei Peters non pensò due volte a non voler fare arrabbiare Mareep e, come “gentilmente” richiesto da Mareep, Brock fece rientrare il suo nuovo Pokémon nella Mega Ball. Quando il Pokémon pecora fu rientrato nella sfera Poké, Laura schernì il suo amico con una risata.
Laura: -Certo che quella pecora si fa rispettare! Non è certo un peeecorone come il suo allenatore, vero?- Brock, leggermente risentito dalla battuta della figlia dei Ferguson, aggrottò le sopracciglia e gridò contro la ragazza.
Brock: -Si dia il caso che il peeecorone in questione abbia catturato un nuovo Pokémon! Che cosa state aspettando, voi due, a catturarne di nuovi?- La controbattuta di Brock fu più dura di quanto lo stesso ragazzo si aspettasse. I due allievi di Ash abbassarono gli occhi in terra, lievemente rossi in volto per la vergogna, ma Brock immediatamente spezzò l’imbarazzante rimprovero con una sonora risata. I quattro allenatori, dopo avere ricevuto “i più vivi complimenti” dal capoingegnere, salutarono quest’ultimo con un cenno della mano. Girarono i tacchi e (seppure lentamente, a causa dell’andatura claudicante ed incerta di Alex) si diressero finalmente verso il TunnelRoccioso, collegamento naturale tra Celestopoli e Lavandonia, prossima meta più vicina.

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Capitolo 29
*** 27 - I Master del TunnelRoccioso ***


Ciao ragazzi, scusatemi per avere rallentato il proseguimento della storia, ora sono riuscito a pubblicare un altro capitolo! Presto ne arriveranno altri, buona lettura! ^_^
Riassunto del capitolo precedente: i nostri amici sono riusciti a salvare nientemeno che Zapdos, uno dei tre uccelli leggendari per mezzo dell'aiuto di Pikachu, Mareep e degli altri Pokémon elettro! Adesso marciano spediti verso il TunnelRoccioso...
 
L’aria frizzante che soffiava nelle pianure attorno alla città industriale di Sludge City fece rabbrividire Laura. Sebbene in quel momento fossero le due del pomeriggio e il temporale si fosse dileguato da quasi un’ora, portato via da Zapdos (forse in segno di riconoscenza verso i giovani allenatori che lo avevano aiutato a recuperare le forze), il vento di burrasca girava ancora per i vasti tappeti erbosi delle pianure costiere. Ash, Pikachu, Brock, Bulbasaur, Alex, Laura ed i due Dratini si erano fermati nei pressi del bosco vicino a Miramare, proprio all’altezza del bivio che da una parte conduceva alla spiaggia vera e propria, dall’altra portava alla città della Centrale Elettrica e alla prossima meta dei ragazzi, ovvero il TunnelRoccioso. Si erano seduti su dei massi squadrati, ovviamente rivestiti da delle coperte onde evitare di bagnarsi i vestiti, e si prestarono a consumare il loro leggero e veloce pranzo. Non c’era tempo da perdere, aveva ricordato il Maestro di Pokémon, bisognava superare il TunnelRoccioso ed essere a Lavandonia, prima città dopo la grotta, prima che il sole si celasse dietro le montagne. Mentre sgranocchiava un cracker, la ragazza dagli occhi verdi si informò sulla composizione del TunnelRoccioso ponendo domande direttamente al miglior allenatore del mondo. Ash Ketchum fu ovviamente compiaciuto che Laura chiedesse proprio a lui riguardo quella strana grotta. Il ragazzo col cappello si alzò dal giaciglio provvisorio e, con Pikachu sulla sua spalla, prese fiato e si accinse a descrivere il TunnelRoccioso alla sua allieva.
Ash: -Devi sapere, Laura, che il TunnelRoccioso ha una conformità ben diversa da quella di MonteLuna. La grotta consacrata ai Clefairy, come di certo avrai potuto notare, possiede un percorso pressoché regolare e lineare, con un solo bivio che porta al piano superiore, ovvero nella stanza con la statua di Clefable. Il TunnelRoccioso, invece, si perde in svariati cunicoli che portano chissà in quali posti, ed è facile perdersi.
Contrariamente a MonteLuna, che si erige su per una montagna, il TunnelRoccioso si inabissa nel sottosuolo, salvo poi risalire verso la fine del tortuoso percorso, nei pressi di Lavandonia. Non è un luogo dalla esplorazione semplice, però il TunnelRoccioso ha il pregio di contenere, al suo interno, dei Pokémon interessanti. Vale la pena esplorarlo!- La breve spiegazione di Ash soddisfò, in parte, il desiderio di conoscenza della figlia dei Ferguson. Alex intervenne solo nel momento in cui né Ash né Laura decisero di aprire bocca per proseguire nel discorso.
Alex: -Scusa, Ash… che Pokémon ci possono essere lì dentro?- Ed indicò in direzione est, verso delle montagne brulle e prive di ogni traccia di neve. Nel giro di qualche settimana però i primi fiocchi di neve si sarebbero visti su quei monti. Da quelle parti iniziava a distendersi la caverna naturale prossima meta dei giovani allenatori.
Ash: -Beh, è presto detto! Negli ultimi anni è stata registrata una relativa abbondanza di Pokémon lotta… ma non è raro incontrare anche Pokémon di tipo roccia, terra e spettro! Se c’è una cosa che non può mancare nel TunnelRoccioso, quella è sicuramente la varietà di Pokémon abitanti in esso. Chissà, ragazzi – ed osservò i suoi due allievi, sorridendo loro – se non ci scappa qualche cattura esclusiva!- Ad Alex si rizzarono i capelli in testa. L’ultima volta che quella frase venne pronunciata fu detta da Brock, un quarto d’ora prima di incontrare quel ragazzo privo di scrupoli a MonteLuna, causa di mille disavventure. Scosse la testa, imponendosi di dimenticare quel triste episodio, e sorrise.
Alex: -Sento che questo è il mio giorno fortunato! Catturerò un Pokémon incredibile, fortissimo e potentissimo!- Laura, la quale era seduta accanto al ragazzo con gli occhiali, esplose in una risata, a giudizio dello stesso ragazzo leggermente denigratoria e schernente.
Laura: -Ah! Ah! Ah! Allora se questo succederà, io mi tingerò i capelli di viola!- Alex, lievemente offeso dalla battuta della sua amica, lanciò a Laura un’occhiataccia che avrebbe potuto incenerire qualsiasi persona, ma non la figlia dei Ferguson, la quale stava continuando imperterrita a ridere ed a canzonare l’assistente del Professor Oak.
Alex: -E allora preparati a diventare una melanzana, perché io, nel TunnelRoccioso, catturerò un Pokémon molto potente!- La ragazza, continuando a ridere a crepapelle, volse lo sguardo verso il suo compagno di avventure. I due Dratini, sonnacchiosi, sdraiati sul terriccio del sentiero boscoso, sollevarono la testa, frastornati dalle grida dei due allenatori e li osservarono un poco stralunati. I loro discorsi, a giudizio dei due draghetti, non avevano né capo né coda.
Laura: -Io potrò essere una melanzana, ma tu sei un povero illuso! Non farai neanche in tempo a vedere l’ombra di un Pokémon che io ne avrò già catturati almeno tre!- Il battibecco tra Alex e Laura assunse un tono un poco più acceso, tramutandosi lentamente ma inesorabilmente in un litigio. Ash, Brock e Pikachu osservarono stupiti il progressivo deteriorarsi del discorso dei due giovani allenatori e si prepararono in vista di una mediazione tra i due, qualora le cose dovessero precipitare in una rissa. E poco ci mancava: Alex, infatti, aveva alzato la voce contro Laura, la quale non fece attendere la sua risposta, gridando anch’ella.
Alex: -Ah sì? Se tu ne catturerai tre, io ne catturerò almeno cinque!- Laura fece un mezzo sorriso, carico di irrisione, e scosse la testa lentamente, con i suoi capelli sciolti che ondeggiavano con delicatezza.
Laura: -Non mi importa quanti tu ne catturerai, i miei saranno sicuramente più forti dei tuoi!- Il tono di voce dei due ragazzi, per i gusti di Ash e di Brock, si stavano alzando anche abbastanza, oltrepassando il livello di tolleranza. Il maestro di Pokémon e l’allevatore si alzarono in piedi e si posizionarono proprio davanti ai due allenatori novizi, i quali si stavano fulminando con lo sguardo a vicenda. I due Dratini osservarono ancora più perplessi i due allenatori.
Ash: -Alex, Laura, adesso basta! Vi state comportando come due bambini! Chi di voi due catturerà più Pokémon, questo non ha assolutamente importanza! L’importante è che facciate del vostro meglio e che non perdiate la calma proprio ora! Siamo in una fase cruciale del nostro viaggio, quindi…- Ash, tutto ad un tratto, iniziò a ricordare. Ma sì, la mente confusa di Laura! Come poteva essersene dimenticato? Era più che ovvio che Laura si comportasse in quel modo… il ragazzo col cappello, il quale stava tenendo a bada Alex, osservò il suo allievo negli occhi e questi, dopo qualche minuto, parve tranquillizzarsi un poco.
Ash: -Alex, non rendere le cose più complicate. Sai perfettamente quale sia il problema di Laura.- Alex scosse la testa, ancora risentito dalle offese della ragazza dagli occhi verdi. Il suo volto era ancora rosso dalla rabbia e avrebbe volentieri voluto menare le mani per calmarsi. Lo sguardo inflessibile del suo maestro, però, non sembrava ammettere repliche. Ciononostante, Alex continuò a rimanere testardamente sulla sua posizione.
Alex: -Ma perché te la prendi con me?! È stata lei ad iniziare!- E la indicò con un dito. Brock, nel frattempo, era riuscito in qualche modo a tranquillizzare Laura, trattenendola per una spalla con una mano, e con l’altra teneva in mano Bulbasaur. Non era stato semplice, ma l’ex capopalestra di Plumbeopoli riuscì nel suo intento. Pikachu, convinto di potere anch’egli risolvere la situazione rapidamente, spiccò un salto sulla spalla del suo allenatore e, con uno sguardo inspiegabilmente torvo, incollò lo sguardo su di Alex, il quale non poté fare a meno di osservare il Pokémon del suo maestro. Lo sguardo ostile e le scariche elettriche provenire dalle tasche guanciali del topo elettrico riuscirono a placare l’assistente del Professor Oak. Ash sorrise nel constatare che il suo allievo si fosse definitivamente calmato.
Ash: -Vedi che con le buone maniere si ottiene sempre tutto?- Brock si voltò verso i due ragazzi, una volta che fu completamente sicuro che Laura non esplodesse una seconda volta, e ridacchiò con un fare molto civettuolo.
Brock: -Ma guardateli… non si conoscono neanche da un mese e già bisticciano come due fidanzatini…- Sia Alex che Laura, rapidamente, divennero rossi in volto e sgranarono gli occhi sull’allevatore di Pokémon. Ash, come il suo solito, non capì l’antifona del suo vecchio amico e si limitò a fare spallucce. Al contrario i due allenatori novizi strepitarono in maniera un po’ troppo concitata contro l’ex capopalestra di Plumbeopoli, il quale continuava a ridacchiare.
 
Ash: -Eccoci, siamo arrivati!- Dopo avere percorso l’ultimo tratto di bosco, gli alberi iniziarono a diradarsi, per lasciare spazio ad una nuova catena montuosa che separava la zona costiera di Celestopoli da quella collinare di Lavandonia. Le montagne, completamente spoglie di qualsiasi tipo di vegetazione e dalle pareti pressoché verticali, sembravano non concedere alcun appiglio se uno scalatore avesse voluto arrampicarvisi in cima. Ad Ash Ketchum però non interessava affatto arrampicarsi su per la montagna, ma inoltrarsi nella buia caverna chiamata TunnelRoccioso. L’apertura della caverna era proprio davanti ai loro occhi e sembrava proprio che il terreno scendesse verso le viscere della terra. Dei sibili di vento si ripercuotevano tra le gallerie del TunnelRoccioso, fuoriuscendo dallo sbocco creando suoni sinistri e spettrali. Nell’udire quei suoni, i due Dratini si spaventarono e si rifugiarono nella parte interna delle giacche dei loro allenatori. Anche Bulbasaur, nell’udire quel vento sibilante, iniziò ad agitarsi tra le braccia di Brock.
Laura: -Ash… siamo sicuri che questa via è sicura? Non mi pare che sia molto stabile…- TunnelRoccioso non era affatto Monteluna. La galleria, questo era vero, conduceva in un luogo sotterraneo, ma non c’era affatto di che preoccuparsi. Questo era il messaggio sicuro e conciso del maestro di Pokémon. Lì, in quella galleria, abitavano una miriade di Pokémon in attesa di essere catturati. Come per dimostrare che non c’era nulla di cui avere timore, il ragazzo col cappello, con un fare molto sicuro di sé, si avvicinò alla galleria naturale che conduceva ai cunicoli misteriosi del TunnelRoccioso.
Ash: -Io, Brock e Misty abbiamo superato senza problemi il TunnelRoccioso, l’abbiamo girato in lungo ed in largo senza avere provato, neanche per un minuto, la benché minima paura! Non capisco perché voi due dobbiate avere paura di una comunissima ed innocua caverna!- Brock Peters, riprendendo la sua risatina, afferrò dalla tasca della sua giacca una sorta di libricino colorato e lo sventolò, mettendolo bene in mostra perché tutti i presenti lo potessero osservare. Alex e Laura riconobbero immediatamente quel libercolo: era la Guida turistica della regione di Kanto.
Brock: -Beh, i nostri amici avranno paura di perdersi nei cunicoli del TunnelRoccioso, non ti pare? E poi non inventarti azioni e fatti che non abbiamo mai intrapreso, noi non abbiamo mai attraversato il TunnelRoccioso! Durante il tuo viaggio di allenatore, dopo avere sfidato Misty, ci recammo direttamente ad Aranciopoli, senza attraversare grotte o caverne!- Le riflessioni dell’allevatore di Pokémon non facevano una grinza. Alex e Laura voltarono lo sguardo da Brock, il quale aveva appena terminato di parlare, verso il maestro di Pokémon. L’allenatore col cappello, avvertendo lo sguardo di quattro individui su di lui (ovvero i due ragazzi ed i loro Dratini), ridacchiò imbarazzato e si grattò la testa con una mano.
Ash: -Ops! Ehm… eh, eh, è vero! Non ci siamo mai inoltrati nel TunnelRoccioso…- La figlia dei Ferguson, una volta che ebbe compreso perfettamente che il suo maestro non era mai stato nel TunnelRoccioso e che si sarebbe inoltrato così, alla cieca, senza un elemento di guida, le si rizzarono i capelli in testa dal terrore. Indicò il ragazzo, tremando, con la voce rotta dallo spavento.
Laura: -Tu...tu saresti andato... alla ventura...così??- Il ragazzo col cappello ridacchiò ancora e fece spallucce, causando ancora più spavento nella ragazza dagli occhi verdi.
Ash: -E con ciò? Ci sarebbe stato ancora più divertimento! Ed i nostri sensi sarebbero messi alla prova! Durante il mio viaggio non ho mai avuto bisogno di una guida per orientarmi!- Brock rise a sua volta e scosse la testa, aprendo una pagina a caso della sua Guida.
Brock: -Infatti ogni volta, puntualmente, perdemmo la via. Ore e ore a girovagare in tondo...- Venne dunque stabilito che Brock avrebbe svolto il ruolo di guida durante l'attraversamento del TunnelRoccioso. Alex e Laura si chiesero mentalmente che cosa avrebbero fatto senza quell’inserto speciale nella Guida, raffigurante la pianta completa della caverna. Probabilmente si sarebbero persi ed avrebbero impiegato molto tempo per trovare l’uscita. Forse ce ne sarebbero state molteplici, ma questo nessuno poteva saperlo, dato che nessuno del gruppo, prima d’ora, c’era mai stato nel TunnelRoccioso. Non si poteva di certo procedere a caso in quella caverna, anche per un fatto abbastanza ovvio: Alex era ancora in convalescenza, tutto quel camminare in tondo sarebbe stato uno sforzo perfettamente inutile e avrebbe ritardato di parecchio il recupero totale della gamba destra. Laura si domandò infine come stesse il suo compagno di avventure infortunato, se tutto quel camminare lo stesse sfiancando. Alex però sembrava non accusasse nessun problema particolare, pareva fresco come una rosa. La figlia dei Ferguson sorrise leggermente nel notare che Alex non soffrisse della sua ferita.
Laura: “Secondo me Alex fa incetta di morfina!” Ash e Pikachu seguirono a ruota Brock, il quale aveva davanti a sé la mappa del TunnelRoccioso ben spiegata e chiara come la luce del sole. Bulbasaur venne adagiato nello zainetto dell’ex capopalestra di Plumbeopoli e Bulbasaur trovò particolarmente comoda quella posizione.
La mappa si divideva in tre piani: il primo, quello in cui vi era l’entrata, era quello che la cartina indicava come “livello superiore”. Vi erano due piani inferiori, che conducevano dabbasso. Bisognava dunque che qualche Pokémon rischiarasse l’ambiente con un po’ di luce. Mareep e Pikachu potevano fare al caso dei ragazzi. Brock liberò la pecora dalla Mega Ball e Pikachu, intuendo le intenzioni del primogenito dei Peters, balzò dalla spalla del suo allenatore verso terra, affiancando il Pokémon lanoso.
Il secondo piano era contraddistinto unicamente da un ampio locale diviso per metà da una fitta serie di colonne di roccia calcarea, opera di chissà quale evento naturale. L’unico passaggio era contraddistinto da un’apertura creata appositamente diversi anni fa da mano umana per permettere il collegamento tra Celestopoli e Lavandonia.
Il terzo piano, invece, pareva quello più complesso tra tutti: era il più umido, stretto e buio dei piani del TunnelRoccioso, caratterizzato da diversi cunicoli che conducevano a vicoli ciechi, precipizi e burroni. Uno solo tra questi conduceva all’uscita, ed era facilmente identificabile: era infatti l’unico il cui suolo procedeva in netta salita rispetto agli altri cunicoli. Il problema era riuscire ad identificare la galleria d’uscita: per i primi trenta metri non era possibile infatti osservare alcun pendio, neanche il più dolce. Non vi era problema per i ragazzi: la Guida Turistica indicava chiaramente quale galleria attraversare. Ash, dopo avere inspirato un bel po’ di aria fresca nei polmoni, espirò con violenza e sorrise, volgendosi nuovamente verso i suoi due allievi.
Ash: -Molto bene! Ora possiamo procedere!- I due ragazzi annuirono, una volta che furono sicuri che non si sarebbero persi nei meandri di quella sorta di labirinto.
La strada apparve subito in netta discesa: il suolo terroso ed umido causò non poche scivolate al gruppetto di allenatori. Per maggiore sicurezza, i ragazzi si disposero in fila indiana, seguendo questo ordine: Pikachu manteneva la testa del gruppo, illuminando l’immensa caverna al gruppetto e soprattutto a Brock, che seguiva il topolino elettrico a ruota. L’ex capopalestra di Plumbeopoli osservava la cartina per ambientarsi più facilmente. Dietro il ragazzo c’era Laura, la quale non staccò neanche per un minuto gli occhi dal terreno, preoccupandosi solamente di coprire con le sue scarpe le impronte lasciate da Brock. La sua Dratini, invece, si dilettò ad osservare le ombre confuse degli allenatori sui muri di granito. Mareep era dietro Laura: il suo compito era di rischiarare maggiormente il percorso dei ragazzi che chiudevano la fila, anche perché Pikachu, di tanto in tanto, allungava il passo e avrebbe quasi lasciato Ash e Alex  fra lusco e brusco. Il ragazzo con gli occhiali era proprio dietro a Mareep e la luce che proveniva dalla coda della pecora era così abbagliante da non permettere all’allievo di Ash di osservare chiaramente dove stessero andando. Ash chiudeva la fila, e non spiccicava una parola per rompere lo strano silenzio che si era creato in quel momento. Si limitò soltanto ad osservare la costituzione della galleria: le pareti, in granito, sembravano essere state scavate e levigate da mano umana in tempi molto recenti. Dal soffitto basso pendevano sporadicamente una certa quantità di stalattiti, segno che la terra che componeva la montagna era molto friabile e permeabile. Funghi e licheni apparivano qua e là, e si concentravano soprattutto nelle zone in cui vi era dell’acqua stagnante. Non era raro trovare sul percorso veri e propri “laghetti” dove cresceva una selva di funghi.
Dei Pokémon erano presenti: degli Zubat pendevano a testa in giù dal soffitto, e quando la coda luminosa di Pikachu proiettò loro luce, i pipistrelli si spaventarono ed iniziarono a battere concitatamente le ali, per volarsene altrove. Erano presenti ovviamente anche dei Paras e raramente qualche Parasect, attratti dalla copiosa abbondanza di funghi. Vi erano anche degli Aron, seminascosti nella terra acquitrinosa, forse attratti a loro volta dai minerali presenti nella galleria. Mano a mano che i ragazzi procedevano lungo la lenta discesa, le pareti divenivano sempre più grezze e meno lavorate e l’aria iniziò a diventare più umida e difficile da respirare. Il primo ad accorgersene fu Alex, il quale tossì più di una volta ed iniziò inoltre a temere di beccarsi i reumatismi.
Brock: -Aspettate un secondo!- L’ordine lanciato dall’ex capopalestra di Plumbeopoli sortì immediatamente il suo risultato: la fila si bloccò in un istante e Laura, preoccupata da quella sosta improvvisa, parlò direttamente al primogenito dei Peters.
Laura: -Brock… che cosa succede? Non ci saremmo persi, spero?- Il ragazzo si voltò verso la figlia dei Ferguson e le sorrise, scotendo la testa.
Brock: -No, no, la strada è molto chiara. Solo che volevo farvi notare una cosa…- Indicò alla sua destra (per i ragazzi era la sinistra, dato che Brock si era voltato) ed il gruppetto osservò quasi stupito la presenza di alcuni graffiti presenti sulla roccia, ora non più di granito, ma dalla composizione più complicata, rappresentata maggiormente da rocce sedimentarie.
Quei graffiti erano divisi in più parti sulla roccia, la maggior parte erano dei disegni e rappresentavano un gruppetto di Pokémon facilmente identificabili: Machop e Makuhita. Questi Pokémon, però, erano divisi per specie, e sembravano quasi che fossero schierati uno contro l’altro. Anche gli altri disegni rappresentavano gli stessi Pokémon, impegnati in simulazioni di combattimento. Si potevano anche osservare chiaramente le loro mosse: vi era un Machop che si era lanciato in un Colpo Basso, un Makuhita che colpiva il terreno con Spaccaroccia, un altro ancora che lanciata un masso con Forza…  Ash si grattò la testa, perplesso, e sbuffò, borbottando.
Ash: -Bah! Che cosa vorrà significare tutto questo? Sarà sicuramente l’opera di qualche buontempone!- Brock, leggendo più attentamente la brochure compresa nella cartina, fu di parere completamente diverso dal suo amico e si avvicinò meglio alla parete piena di graffiti per osservare i disegni grezzi, quasi privi di ogni dettaglio.
Brock: -No, Ash, questi disegni… raccontano una storia!- Alex e Laura rimasero letteralmente a bocca aperta una volta che ebbero udito le parole dell’allevatore di Pokémon. I disegni rappresentavano una storia! Ma quale storia? Quei graffiti non apparivano molto chiari agli occhi dei due giovani allenatori, e se lo fossero, indicavano solo dei Pokémon impegnati in un combattimento, oppure in uno dei tanti allenamenti.  Brock intervenne per aiutare i due ragazzi a decifrare quei graffiti, leggendo uno stralcio della brochure allegata alla cartina.
“Centinaia di anni or sono, un gruppetto esiguo di Pokémon lotta si ritrovò loro malgrado a lottare per la conquista di una vasta zona di terra…” –Il TunnelRoccioso, all’epoca, non esisteva ancora– commentò Brock. “…questo gruppetto di Pokémon era caratterizzato da due specie ben differenti: i Machop ed i Makuhita. I Machop, forti lottatori esperti del corpo a corpo, pretendevano il possesso di questa zona di terra per allargare il loro clan, decimato dalle intemperie e dalle continue migrazioni per la regione di Kanto…”Scorrendo gli occhi sui graffiti, la storia iniziò ad avere un senso: i primi scarabocchi, quelli più in alto, rappresentavano infatti i Pokémon delle due specie uniti in un gruppo unico. Il secondo disegno rappresentava tre Machop in atto di camminare verso una landa desolata ed immensa. La voce di Brock tornò a farsi sentire, energica e chiara nel pronunciare le parole.
“…i Makuhita, specialisti degli attacchi a lunga gittata, preferirono quel posto per stabilire il luogo di ritrovo con il loro Master…” Ash spostò gli occhi dai disegni che stava osservando in quel momento, ovvero due Makuhita ed un altro Pokémon dalla rappresentazione grafica non molto chiara, più grosso dei due Makuhita, verso il volto di Brock. Inarcò leggermente le sopracciglia, stupito.
Ash: -Master?- Brock annuì, senza sollevare lo sguardo dal carnet. L’allevatore di Pokémon, però, non diede alcuna spiegazione al maestro di Pokémon sul concetto di Master dei Makuhita, preferendo continuare a leggere. Alex e Laura rimasero in silenzio, quasi intimoriti dalla maestosità di quei disegni incisi sulla pietra sicuramente da martello e scalpello. I due allenatori novizi non riuscirono a staccare gli occhi dallo strano Pokémon gigante che era in compagnia dei due più piccoli Makuhita, quello che venne definito “Master”.
“Ben presto i conflitti tra il clan dei Machop ed il clan dei Makuhita si inasprirono a tal punto che i due gruppi di Pokémon si dichiararono guerra a vicenda. Per decine di anni i due clan si sfidarono per ottenere il possesso della vasta terra, ma alla fine, stanchi e stremati, i Makuhita decisero di ritirarsi verso le montagne, creando la grotta che noi oggi conosciamo.” I disegni incisi sulla pietra davano ragione al racconto del libercolo: si vedevano, nei disegni incisi quasi alla base della parete, dei Makuhita che fuggivano verso delle montagne e distruggere intere mura rocciose a suon di Spaccaroccia per creare le gallerie che costituivano il TunnelRoccioso. Laura, finalmente, riuscì a distogliere lo sguardo da quella parete colma di graffiti e voltò gli occhi verso l’ex capopalestra di Plumbeopoli, il quale aveva oramai smesso di leggere.
Laura: -Ma…cosa accadde ai Machop? Ottennero quello che si erano prefissati di avere?- Brock scosse lentamente la testa, leggermente incupito. La strana reazione del primogenito dei Peters preoccupò non poco la ragazza dagli occhi verdi.
Brock: -No. La creazione di una nuova grotta nella catena montuosa da parte dei Makuhita costrinse i Pokémon che abitavano su per la montagna a fuggire, terrorizzati dai continui colpi e sballottamenti improvvisi degli attacchi Spaccaroccia e Megapugno. Questi Pokémon spaventati si rifugiarono a valle, proprio dove i Machop ebbero decisero di fermarsi e di mettere su famiglia. La presenza di così tanti Pokémon nella valle preoccuparono di molto i Machop, i quali decisero loro malgrado di aiutare i Makuhita e di completare il TunnelRoccioso…. ock scosse lentamente la testa, leggermente incuipto.esso di leggere.
 di graffiti e voltò gli occhi verso l' base della pare- Ash, reso perplesso dall'avere udito quel racconto, sbuffò e incrociò le braccia al petto, aggrottando le sopracciglia.
Ash: -Mi chiedo se questi clan dei Machop e dei Makuhita esistano ancora oggi, se abbiano avuto dei discendenti...- Brock distolse anch'egli lo sguardo da quei graffiti imponenti ed osservò il maestro di Pokémon, sorridendo.
Brock: -Qualcosa mi dice che lo scopriremo molto presto! I disegni confermano che i due clan non si sono più spostati da questa grotta!- Laura e Alex iniziarono a guardarsi attorno, alla ricerca di questi due gruppi di Pokémon. Per un certo momento era sembrato loro di riuscire a scorgere i Machop ed i Makuhita, ma comprendendo che intorno a loro non vi erano altro che Zubat attaccati al soffitto e Paras affamati di funghi, si resero conto di avere avuto una allucinazione visiva, forse dovuta alla luce intensa delle code di Pikachu e di Mareep. I due ragazzini udirono uno scalpiccio sul terreno acquitrinoso che contraddistingueva il terreno del TunnelRoccioso: era stato Brock, il quale aveva già girato i tacchi, pronto per ripartire verso il cuore della caverna costruita dai Makuhita.
Brock: -Bene, direi che possiamo proseguire! La lezione di storia è finita, dobbiamo uscire prima che faccia buio!- Ash Ketchum sorrise, felice di poter proseguire nel loro cammino.
Ash: -Era ora! Speriamo di fare in fretta, il mio stomaco è vuoto e necessita di cibo!- I ragazzi, però, non riuscirono a compiere neanche un passo che un frastuono li colse impreparati. Il riverbero, cupo e lontano, giunse fino agli allenatori ed ai loro Pokémon e fu così potente da spaventare addirittura gli Zubat appollaiati sul soffitto, causando un fuggi-fuggi generale. Ash, Brock, Alex, Laura ed i loro Pokémon si voltarono verso la direzione in cui era giunto quell'effetto acustico impressionante, ma non videro altro che la via rettilinea, che procedeva sempre in discesa, completamente oscura venti metri più in là. Il suono si ripeté ancora una volta, ancora più cupo e prolungato, e questa volta il soffitto diede prova di essere estremamente pericolante: del pulviscolo cadde sulle teste dei ragazzi, un certo materiale friabile e verdastro. Laura sgranò gli occhi terrorizzata da quel frastuono infernale, il quale continuava imperterrito a emanare il suo effetto acustico che faceva tremare le pareti del TunnelRoccioso.
Laura: -Cosa... cosa sta succedendo?- Brock aggrottò le sopracciglia e tornò ad osservare la cartina. Dalla posizione in cui si trovavano in quel momento, erano quasi arrivati agli scalini che conduceva al piano inferiore. Di qualunque entità si trattasse, quel rumore assurdo proveniva dal piano inferiore.
Brock: -A giudicare dai rumori, sembra che qualcosa o qualcuno stia colpendo con foga le pareti del piano sottostante. Non capisco cosa, però...- Un altro colpo, ancora più forte stavolta, fece tremare anche il pavimento ed i ragazzi persero l'equilibrio, finendo seduti in terra. Il terremoto improvviso, però, non durò molto e, dopo un po' di tempo, il silenzio tornò a governare nell'aria. Alex si sistemò meglio gli occhiali da vista e, con fatica, si rialzò in piedi aiutato dalla sua stampella.
Alex: -Che...che siano stati di nuovo i Diglett?- Brock scosse la testa, ed anch'egli si rialzò. Osservò con attenzione le pareti, il soffitto ed il pavimento, ma non notò neanche una crepa su di essi. Non potevano essere stati quei Pokémon talpa, causa dei notevoli danni a MonteLuna. Bulbasaur, accovacciato nello zainetto dell'ex capopalestra di Plumbeopoli, si era appena svegliato a causa della caduta improvvisa da parte di Brock e si mise a piangere. Brock posò la cartina topografica a terra ed estrasse il cucciolo di Pokémon erba dallo zaino, per poi tenerlo sulle braccia e cullarlo.
Brock: -No... i Diglett si sono recati alla loro grotta, ad Aranciopoli... è ben distante da dove ci troviamo ora!- Tutto ad un tratto si udirono delle grida baritonali ed alcune stridule. Sembrava che qualcuno stesse gridando dal piano di sotto. Ash riconobbe quasi al volo le voci che stavano gridando in quel momento a squarciagola: erano quelle dei Makuhita! Si rialzò di scatto e strinse i pugni, agitato come una foglia al vento.
Ash: -Quelli sono dei Makuhita! Il loro verso è inconfondibile! Pikachu - ed osservò il suo fedele amico Pokémon - riesci a capire che cosa stanno dicendo con così tanta foga?- Pikachu tese l'orecchio verso l'oscurità e verso la fonte di quelle grida, ma non ne ricavò un bel niente. Le voci erano troppo concitate perché si riuscisse a comprendere qualcosa. Mareep, intanto, stava belando e stava iniziando a scalpitare sul posto, frenetico e propenso a proseguire nel cammino.
Mareep: -Dobbiamo assolutameeente sapere che cooosa sta succedeeendo!- Anche la Dratini di Laura era terribilmente curiosa di sapere che cosa stesse accadendo nel piano inferiore e, vinta ormai ogni paura, scese dalla spalla della sua allenatrice e si tuffò in terra, slittando sul terreno fangoso.
Dratini L: -Qualcuno potrebbe essere in pericolo!- Ad Alex vennero i brividi: e se fossero tornati per caso Elio e Cassandra, i due membri del Team Richardson? O peggio ancora, Jessie e James del Team Rocket, in compagnia del loro perfido Meowth? O addirittura peggio, quell'allenatore spietato incontrato a MonteLuna? Alex non poteva tirarsi indietro proprio in quel momento, e per di più era in ottima compagnia. Insieme ai suoi amici avrebbe affrontato a testa alta chiunque fosse presente nel piano sottostante, forse nemico dei Makuhita. Corsero verso gli scalini che conducevano dabbasso (Mareep decise di caricare sulle gambe malconce di Alex e di farlo cadere seduto sulla sua schiena lanuginosa, facendo sì che il ragazzo fosse trasportato per le scale, il tutto senza chiedergli nessun parere) ed i ragazzi per poco persero l’equilibrio su quei gradini sdrucciolevoli, a causa di un’onda d’urto che li sferzò in pieno, simile ad una tempesta in piena regola. I gradini svoltavano un poco alla sinistra e non era chiaro cosa stesse succedendo nel piano inferiore. I ragazzi dovettero percorrere gli scalini fino alla fine per capire finalmente il motivo di tutte quelle percosse alle pareti e di quell’improvvisa ondata di vento.
Brock: -Ragazzi, guardate là!- Ed indicò con un dito dritto davanti a sé, una volta che i gradini terminarono. Gli allenatori si trovarono al primo piano sotterraneo, ma la volta della galleria, rispetto al piano superiore, era immensa: quasi tre metri separavano le teste dei ragazzi dal soffitto. Alcune torce erano appoggiate su dei sostegni in ferro battuto tutt’intorno alla galleria ellittica e questa galleria era divisa, quasi con precisione maniacale, da diversi “scompartimenti” costruiti in mattoni crudi e fango. In fondo all’enorme galleria si poteva intravedere la fitta serie di colonne che divideva a metà la galleria: sembravano a prima vista ben salde e solide. Bastava che quelle colonne crollassero per fare sprofondare l’intera montagna fin nelle sue fondamenta. Ash e gli altri rimasero sbalorditi nell’osservare la miriade di “casette” in mattoni e fango, ma soprattutto nel notare la presenza di alcuni Pokémon noti al Master dei Pokémon. Questi Pokémon svolgevano le attività più disparate, ed erano tutti dei Makuhita. Alcuni di essi aravano il terreno al di là delle casette in mattoni, altri seminavano alcuni semi di qualche pianta sconosciuta (che Brock poi riconobbe essere delle Baccastagne) ed altri mescolavano il terreno, tutto ciò con la loro mossa preferita: Spaccaroccia. Era incredibile notare che proprio nel TunnelRoccioso si sviluppasse una vera e propria comunità di Makuhita, una sorta di minitribù stabilitasi nelle profondità della caverna costruita proprio dai Pokémon. Avevano anche costruito un complesso processo di irrigazione che trasportava l'acqua da un laghetto sotterraneo vicino proprio verso i campi coltivati. Brock sorrise, quasi emozionato nell'osservare con quanto zelo quei Makuhita lavorassero sul terreno quasi duro come la roccia: era il luogo ideale per coltivare delle Baccastagne, molto probabilmente il nutrimento di base di quei Pokémon. Dei canaletti di irrigazione convogliavano appunto verso i campi appena arati. I rumori uditi e percepiti poco tempo prima dagli allenatori, però, non erano derivati da quell'arare lentamente le zolle dure come la roccia. Doveva essere derivato da qualcos'altro. Il frastuono non si fece attendere una seconda volta: questa volta avvenne in modo più chiaro e distinto, provenire dalla loro destra, nel luogo in cui cresceva rigogliosa un'intera foresta di funghi rossi e bianchi, taluni piccoli, altri giganteschi. I ragazzi si voltarono verso la fonte di quell'assurdo rumore e compresero che, poco più in là di quella selva micotica, alcuni Pokémon stavano circondando un altro Pokémon, apparentemente disteso a terra, appoggiato alla parete delle colonne fitte che dividevano in due quell'immensa caverna. I Pokémon che stavano circondando quello a terra erano pressappoco tutti uguali tra loro, salvo per uno in particolare, il più grosso degli aggressori del Pokémon. Ash aprì gli occhi inorridito: dei Makuhita stavano aggredendo un Machop a suon di cazzotti! I due allenatori novizi, spaventati da ciò che stava accadendo in quel momento, afferrarono incerti i loro PokéDex e li puntarono verso i Pokémon.
Makuhita, Pokémon granforza. Makuhita è estremamente tenace: anche se messo al tappeto più volte si rialza sempre e contrattacca. Ogni volta che riceve aiuto, questo Pokémon accumula ulteriore energia per la futura evoluzione.” “Machop, Pokémon forzuto. Machop si allena sollevando rocce sui monti. Può persino reggere un Graveler senza difficoltà.” Il Pokémon più grande, però, sembrava il più incollerito tra i Pokémon presenti che stavano aggredendo il povero Machop a terra. Il PokéDex dei ragazzi tornò a parlare e svelò l’identità di quel Pokémon incredibilmente grosso e minaccioso.
Hariyama, Pokémon granforza. Hariyama sferra potenti schiaffi a braccia tese in ogni occasione. Un colpo delle sue violente mani aperte è in grado di spaccare in due un palo della luce.” Il Machop a terra pareva che fosse in netta difficoltà: aveva già subito numerose percosse dai Makuhita ed ora, il possente e forzuto Hariyama, si era allontanato di poco ed aveva sbattuto uno dei suoi pugni conto il terreno. Una spaccatura si creò nel terreno, e la sua direzione era indirizzata proprio verso il Machop aggredito. Brock strinse i denti turbato: Hariyama aveva usato l’attacco Spaccaroccia contro Machop! L’ex capopalestra di Plumbeopoli osservò gli altri molto preoccupato.
Brock: -Ragazzi, dobbiamo fare qualcosa! Altrimenti Machop è spacciato!- Anche i Makuhita si stavano preparando per l’attacco, ma parve che loro non stessero usando l’attacco Spaccaroccia. I piccoli abitatori gialli del TunnelRoccioso preferirono utilizzare i loro pugni per percuotere lo sfortunato Machop, utilizzando l’attacco Sberletese. Il Pokémon forzuto, oltre essere minacciato di essere colpito da un potente attacco Spaccaroccia, dovette incassare anche i colpi piuttosto furenti dei Makuhita. Ash Ketchum non restò più a guardare, restando con le mani in mano: ordinò al suo fedele Pikachu di colpire i Makuhita con un attacco Fulmine. Il topo elettrico spiccò il volo, sorpassando la foresta di funghi sotterranea e diede sfogo ad un potente attacco elettrico, colpendo direttamente i Makuhita, tranne Hariyama, il quale era fuori tiro. Lo Spaccaroccia, però, venne deviato e si infranse contro le solide colonne che tagliavano esattamente a metà l’immensa caverna che contraddistingueva il secondo piano interrato del TunnelRoccioso. I Makuhita, colpiti alla sprovvista dal vigoroso attacco di Pikachu, caddero in uno stato di confusione misto a terrore e si diedero ad una precipitosa fuga, sparpagliandosi in più direzioni. Hariyama però rimase nella sua posizione, lontano diversi metri da Pikachu, il quale si era interposto tra il gigantesco Pokémon lotta e quello sdraiato a terra, ricoperto di lividi e vistosamente sofferente.
Pikachu e Hariyama si osservarono per un periodo di tempo che parve infinito agli allenatori di Pokémon. Che cosa avrebbe voluto fare Hariyama? Attaccare il difensore di Machop oppure fare dietrofront come avevano fatto i suoi amici? Hariyama borbottò qualcosa al Pokémon elettrico, il quale di tutta risposta mostrò i piccoli denti aguzzi, ed i suoi occhi si accesero di una luce sinistra. Hariyama parve scuotere lentamente la testa e, con altrettanta lentezza, si voltò, dando le spalle a Pikachu. Si incamminò senza fretta verso il piccolo villaggio dei Makuhita, forse convinto di avere ottenuto ciò che si era prefissato. Dopo che Hariyama si fu allontanato a sufficienza, i ragazzi si avvicinarono velocemente verso il Machop ferito e si apprestarono a fornirgli i primi soccorsi necessari.

Nel prossimo capitolo sapremo più dettagli sulla storia dei "Master" del TunnelRoccioso e della storia di Machop. Riuscirà il Pokémon lottatore a rimettersi in sesto? Come andrà a finire la vicenda? Lo scopriremo nel prossimo capitolo, ciaooo! ^_^

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Capitolo 30
*** 28 - Lotta per il Clan ***


Una volta attraversata l’ampia apertura creata molti anni addietro dai Makuhita, attraverso le fitte colonne di pietra che dividevano l’immensa caverna perfettamente in due parti, il gruppetto di allenatori finalmente si decise di fermarsi. Avevano recuperato il Pokémon infortunato da terra e, onde evitare un nuovo attacco da parte degli inferociti abitanti del secondo piano del TunnelRoccioso, i ragazzi decisero di allontanarsi al più presto da quella bizzarra ma bellicosa civiltà sotterranea. I Makuhita, ma soprattutto Hariyama, non avevano accolto nel migliore dei modi lo sfortunato Machop, il quale presentava diversi lividi e ferite lungo tutto il corpo. Mentre Brock si accingeva a recuperare dal suo zaino vari unguenti, cerotti e medicamenti di pronto soccorso, Laura e Alex si guardarono attorno, nel tentativo di comprendere quale strada avesse compiuto Machop per arrivare fino alla città dei Makuhita. Attorno a loro non vi erano altro che massi e silenzio, quest’ultimo rotto poche volte da un costante gocciolio proveniente da chissà quale stalattite attaccata al soffitto, distante molti metri dalle loro teste. Il Master dei Pokémon, invece, osservò Pikachu e Mareep per sincerarsi delle loro condizioni fisiche. Il topo elettrico sembrava che conservasse ancora parecchie energie, mentre la pecora di proprietà di Brock pareva che accusasse la fatica, soprattutto per avere trasportato Alex fino a lì. Mareep, dal canto suo, non volle assolutamente mostrarsi debole nei confronti di Pikachu e, eliminando il leggero strato di nebbia che si era formato davanti ai suoi occhi a causa della stanchezza scotendo con veemenza la testa, rialzò lo sguardo e alimentò la luminosità proveniente dalla sua coda, rischiarando ulteriormente la grotta apparentemente vuota e priva di qualsivoglia presenza, flora o fauna che fosse. L’assistente del Professor Oak ora era in piedi, appoggiato alla stampella, e si stava guardando attorno piuttosto preoccupato, giocherellando con la mano con la PietraLunare nella tasca della sua giacca.

Alex: -Da dove viene questo Machop? Qui non c’è assolutamente nulla!- La ragazza dagli occhi verdi scosse la testa, chiedendosi anche lei da dove potesse provenire quel Pokémon. Molto probabilmente dal piano sottostante, pensò Laura. Un lamento stridulo giunse alle orecchie dei due allenatori novizi e questi ultimi si voltarono verso la fonte di quel gemito. Machop era appoggiato con la schiena contro il muro, seduto in terra, accanto alla apertura che conduceva alla città dei Makuhita e Brock era lì accanto, che stava curando le ferite con della Pozione spray. Ogni volta che il premuroso allevatore di Pokémon spruzzava il liquido curativo su una delle contusioni del Pokémon forzuto, quest’ultimo digrignava i denti e mugolava.

Brock: -Stai fermo, lo so che fa male, ma devi resistere qualche minuto! Dopo ti sentirai meglio!-

 

-E’ giunto il momento che tu ben sai, figliolo.- La voce imperiosa del vecchio Machoke, il “Master” del suo clan, seduto a gambe incrociate, continuava a imperversare nella buia grotta, illuminata qua e là da deboli fiamme scarlatte. L’atmosfera umida e quasi soffocante che avvolgeva la piccola nicchia in cui era accomodato il vecchio Machoke metteva a disagio il piccolo Machop. Sulle pareti di quella nicchia non vi erano altro che strani graffi, segni antichissimi lasciati probabilmente dai suoi antenati nella notte dei tempi.

-Mi sono allenato per questo!- La voce di Machop era chiara e dal tono deciso, ma i suoi occhi tradivano comunque una nota di apprensione. Si era allenato duramente in quei mesi, aveva affinato l’arte del combattimento corpo a corpo con i suoi simili e con i campioni più robusti del suo clan. Machop, durante quell’allenamento, aveva appreso la sacra arte che la sua stirpe si tramandava di generazione in generazione, l’aveva raffinata fino a farla diventare quasi parte della sua stessa vita. Il ColpoKarate, il Colpo Basso, il Movimento Sismico… la lotta corpo a corpo, gli attacchi diretti, un vanto e una distinzione per ogni Machop che si rispetti.

Machop aveva raggiunto finalmente l’età adatta per far parte a tutti gli effetti del clan della sua famiglia. Doveva solamente portare a termine un ultimo compito prima di potere essere acclamato dagli altri come un “famigliare”. Il rito di iniziazione prevedeva infatti, oltre all’iniziale addestramento da parte degli altri Machoke, una sfida contro gli “abitanti del piano superiore”.

-La sfida prevede che tu, giovane Machop, affronti a viso aperto un avversario a tua scelta tra gli abitatori del piano soprastante al nostro. Migliaia di anni passarono quando noi ed i Makuhita ci stabilimmo qui, nel TunnelRoccioso come lo definiscono gli umani, e migliaia di anni non servirono a placare le nostre diatribe. Quindi abbiamo deciso di organizzare questo rito di iniziazione per stabilire chi tra noi debba restare nella grotta…chi non vince contro il suo avversario, è costretto ad andarsene. Hai capito bene?- Machop ascoltava attentamente le parole del vecchio Machoke, capo assoluto ed indiscusso del loro clan. I suoi muscoli, a dispetto della veneranda età del suo leader, non parevano affatto accusare la longevità della sua vita in quella terra. Solo il viso appariva molto tirato, stanco, sormontato da una miriade di piccole rughe che infestavano il suo volto. Non aveva la sua cintura da lottatore professionista, come di solito ogni Machoke portava con sé, bensì un drappo di stoffa rossa che cingeva la sua vita. Machop si era spesso chiesto che cosa dovesse rappresentare quel lembo di stoffa, ma non ebbe mai trovato la risposta al suo quesito.

-Sei sicuro di volere affrontare gli abitatori del piano soprastante?- Machop, risvegliatosi al suono delle pacate parole dell’anziano Machoke, sollevò lo sguardo ed annuì, con un atteggiamento un poco più risoluto.

-Certo! Io ho intenzione di far parte di questa nobile stirpe! I Machop disseminati nel resto del mondo, umiliati dai Makuhita, avranno la loro vendetta!- Il vecchio Machoke sorrise, e le rughe disseminate sul suo viso si stropicciarono ancora di più.

-Questo è l’atteggiamento giusto, figliolo! Vai, e fatti onore!- Attimi di silenzio. A Machoke bastò qualche secondo per intravedere l’angoscia serpeggiare nell’animo del giovane guerriero. I suoi occhi rossi stavano osservando, quasi con rammarico, il pavimento roccioso della grotta.

-Sei libero di non affrontare la sfida. Solo che, se non dovessi accettare, saresti costretto ad allontanarti.- Machop sollevò nuovamente lo sguardo e scosse la testa, riacquistando la fiducia in se stesso. Gonfiò il petto muscoloso e strinse un pugno davanti a sé, con fare molto risoluto.

-Non sia mai detto che io non accetti la sfida! Sconfiggerò un Makuhita oggi stesso! Farò parte di questo glorioso clan!-

 

Ash: -E così… questa è la tua storia.- La storia raccontata da Machop, tra un lamento e l’altro, era stata tradotta da Pikachu, il quale assunse il compito di tradurre il linguaggio Pokémoniano del giovane lottatore. Essere sconfitti da ben più di un Makuhita, nel combattimento corpo a corpo, specialità dei Machop, doveva essere un affronto difficile da digerire. Soprattutto se i Makuhita erano esperti nel combattimento a distanza.

Pikachu: -Machop è stato ferito nell’orgoglio. Questa sconfitta ha determinato il suo futuro lontano dal clan dei Machop del TunnelRoccioso.- Brock avvolse la spalla destra del giovane guerriero con un po’ di bende, poiché in quel punto le ferite erano più gravi delle altre. Le altre contusioni erano scomparse semplicemente spruzzandoci su un poco di Pozione spray. Una volta che ebbe terminato, l’ex capopalestra di Plumbeopoli ripose il kit di primo soccorso nel suo zaino, soddisfatto.

Brock: -Ecco fatto! Nel giro di due giorni starai molto meglio! Fai in modo di non fare movimenti bruschi…- Alex e Laura si erano seduti accanto al Machop infortunato e la ragazza, sorridendo al primogenito dei Peters, lo ringraziò per il soccorso offerto al Pokémon.

Laura: -Grazie mille, Brock! Se non ci fossi tu con noi…- Alex, più vicino a Machop, osservò a lungo in silenzio il giovane lottatore, in preda a mille pensieri. Machop, proprio come lui, era stato sconfitto da un avversario, ledendo il suo orgoglio. Anche lui, proprio come il ragazzo con gli occhiali, era uscito ferito dallo scontro e, uguale al ragazzo, portava una benda al braccio destro. Sicuramente Machop stava meditando vendetta, ma ormai il danno era stato fatto e, molto probabilmente, non si poteva più riparare. Alex, dopo avere pensato per un po’ su quale domanda fosse migliore porre al Pokémon forzuto, aprì la bocca per parlare a Machop, ma fu anticipato sul tempo da Ash, il quale si rivolse direttamente al Pokémon bendato.

Ash: -Perché eri uno contro tre? Addirittura un Hariyama… era una sfida un po’ difficile da superare!- Machop strinse i denti, socchiudendo gli occhi, e volse lo sguardo da un’altra parte, forse punto sul vivo da quella domanda posta dal Master dei Pokémon. Pikachu si avvicinò un poco al Pokémon, con lo scopo di consolarlo, e Machop si decise finalmente a parlare. Mentre parlava, Pikachu ascoltava e annuiva, sgranando sporadicamente gli occhi su alcune affermazioni riferitegli dal lottatore. Quando Machop terminò il suo discorso, Pikachu si voltò verso gli allenatori riferì parola per parola quello che Machop gli aveva riferito.

 

-Ma guarda un po’, un Machop è venuto a sfidarci!-

-Solo soletto, e neppure tanto forte!-

-Deve essere sicuramente un pazzo, o qualcosa del genere!- Machop aveva risalito la scalinata di roccia che collegava il piano inferiore, territorio dei Machop, con quello superiore, sotto giurisdizione dei Makuhita. Dopo avere oltrepassato la parete costellata dalle fitte colonne, Machop aveva gridato ai Makuhita che stavano arando il terreno il suo desiderio di fronteggiarne uno, per dimostrare al suo clan che lui fosse meritevole di restare in mezzo a loro.

-Ah! Ah! Sentitelo, il coraggioso ragazzino! Ne ha di fegato per giungere fino a noi e pretendere una lotta!- Machop, offeso a morte e fortemente contrariato perché la sua sfida non fosse stata presa sul serio dai suoi sfidanti, puntò un dito accusatore verso i Makuhita che stavano arando il terreno, azione che stavano compiendo in assoluta tranquillità poco prima del burrascoso avvento del giovane lottatore del piano di sotto.

-Io non sto affatto scherzando! Io mi sono allenato duramente in questi mesi, con il solo scopo di fronteggiare un Makuhita e rendermi meritevole per entrare a far parte di diritto del mio clan! Avanti, scegliete uno tra i vostri migliori combattenti e che si dia l’inizio all’incontro!- Le parole minacciose del Machop risuonarono a lungo nella caverna illuminata da alcune fiaccole appese ai muri. Quando l’eco cessò di riverberare l’acuta, stridula voce del giovane lottatore, i Makuhita abbandonarono in terra i loro strumenti di lavoro e, guardandosi in faccia, rimasero per un tempo indefinito ammutoliti. I loro volti, dapprima seri e quasi meditabondi, si ruppero dopo un certo periodo di tempo, in una smorfia. Le loro bocche iniziarono a contorcersi e si aprirono all’unisono, dando sfoggio di una delle più fragorose risate che il giovane Machop avesse mai potuto udire.

Umiliato e fortemente offeso da quelle continue risate di scherno, perlopiù oltraggiose per la sua nobile causa, Machop aggrottò le sopracciglia e diede inizio a sbuffare dalle narici, proprio come fanno i tori quando vogliono iniziare a caricare su un determinato obiettivo.

-Così… così vi prendete gioco di me, vero? Pensate che io non sia abbastanza forte per voi, non è così? Io vi posso giurare che vi state sbagliando di grosso!- e, con un grido di guerra abbastanza intenso, si scagliò in avanti con foga, sorprendendo quasi tutti i presenti. Per sua disgrazia volle che fosse presente anche il Master della fazione opposta ai Machop, il venerabile Hariyama, e che lo stesse seguendo con gli occhi. La rabbia di Machop fu tale da renderlo completamente cieco, non gli importò assolutamente quale obiettivo si fosse imposto nella sua mente. “Non importa” pensò “tanto i Makuhita sono tutti uguali”. Stringendo con foga un pugno, colpì in volto il primo Makuhita che si era piazzato, per sua sciagura, nella sua strada. Il suo obiettivo, a quanto pare, era stato conseguito con successo: l’avversario colpito in piena faccia, preso completamente alla sprovvista, cadde all’indietro e fu trascinato via da quella posizione di diversi metri, creando un profondo solco in terra. Tutti i Makuhita, addirittura il venerabile Hariyama, rimasero basiti per quanto appena accaduto. Un roco grido di rabbia si sollevò quasi immediatamente in tutto il clan dei Makuhita, ma Machop si accorse quasi subito che quelle grida avevano qualcosa di diverso da quello che lui si era immaginato. Quando aveva studiato da apprendista guerriero nella scuola dei lottatori, Machop aveva ben memorizzato il grido che i Makuhita avrebbero osato pronunciare una volta che uno dei loro lottatori fosse stato sconfitto da uno dei Machop. Quelle grida non avevano niente in comune di quello che Machop si sarebbe potuto immaginare.

-Che cosa hai fatto!! Ma ti rendi conto, scellerato!- La voce imperiosa e terrificante del venerabile Hariyama sovrastava le altre voci di protesta dei Makuhita. Machop si guardò attorno, finalmente la vista gli tornò, offuscata poc’anzi dalla grande rabbia accumulata per i continui sberleffi dei suoi avversari e finalmente comprese ciò che aveva appena fatto. Con le sue stesse mani! Aveva abbattuto un esemplare di Makuhita femmina, lo poteva scorgere benissimo. Il Makuhita femmina, ancora dolorante in terra, si stava lamentando per la percossa subita e prontamente era stata fatta rialzare da due Makuhita. Il venerabile Hariyama, scosso come fosse posseduto dal demonio, dalla testa ai piedi, incenerì con lo sguardo il tentennante Machop, il quale non si era ancora ripreso dallo shock di avere abbattuto – con quale onta e disonore! – un esemplare femmina del clan nemico. Tutto sarebbe andato bene, ma non donne e bambini, questo mai. Due Makuhita, funesti in volto e dallo spirito fortemente belligerante, corsero con rabbia verso il confuso Machop e, come fossero stati un sol Pokémon, scaricarono sul volto dell’infelice Pokémon lotta una miriade di pugni che lo fecero ben presto capitolare in terra, cozzando violentemente in terra…

 

Ash: -Sì, il resto lo sappiamo. Ecco che cos’erano quei misteriosi rumori sordi provenire dal piano di sotto…- Machop, una volta che Pikachu ebbe terminato di raccontare la triste disavventura del Pokémon lotta, si era rialzato e, senza perdere ulteriore tempo, si diresse verso il fondo della caverna, in direzione delle scale di roccia che davano al piano inferiore del TunnelRoccioso. Tutti gli allenatori osservarono sbalorditi il Pokémon rialzarsi ed incamminarsi verso il piano sottostante, ed Ash, senza perdere ulteriore tempo, rincorse Machop e, una volta che lo superò, si piazzò di fronte a lui, sbarrandogli la strada. Pikachu raggiunse il suo allenatore e, con un agile balzo, gli fu sulla spalla destra.

Ash: -Ehi! Dove credi di andare? Sei debole, ti hanno malmenato, non puoi scendere le scale da solo!- Machop, borbottando a denti stretti, riferì al maestro di Pokémon che la sua intenzione fosse quella di tornare di sotto e riferire al suo clan ciò che era appena accaduto. Meditava di tornare a sfidare un Makuhita e di essere più accorto nel futuro. Gli altri ragazzi raggiunsero lentamente gli amici che si erano distanziati un po’ dalle colonne ed approvarono le intenzioni del lottatore Pokémon sconfitto.

Brock: -Potrebbe essere una buona idea! Se ti potesse fare piacere, ti accompagniamo noi!- Laura annuì, sorridente, approvando l’idea appena sbocciata dalla sapiente mente dell’ex capopalestra di Plumbeopoli.

Laura: -Sì! Così sarà meno amaro il ritorno a casa! Non trovi, Machop?- Il lottatore Pokémon, dapprima diffidente, ascoltò le parole amorevoli della figlia dei Ferguson e si lasciò convincere abbastanza presto. I quattro allenatori, con i loro Pokémon al seguito, seguirono a ruota il lesto aspirante membro del clan dei Machop fino alle scale e, uno alla volta, gli amici scesero i gradoni di pietra che conducevano dabbasso. Ancora una volta, l’intraprendente Mareep si rese utile, conducendo Alex giù per le scale. Il poverino non poté neanche protestare che la pecora, con un gesto alquanto bizzarro e felino, percorse con un sol balzo tutti gli alti gradoni che separavano il piano inferiore da quello superiore.

Il terzo piano del TunnelRoccioso, l’ultimo che separava il gruppo di allenatori dall’uscita, accolse gli amici nella più totale oscurità. Non vi era neppure un briciolo di luce che filtrasse in nessun luogo. La pietra circondava gli allenatori come fosse un sudario. L‘umidità stagnante permeava nell’aria, rendendo difficoltosa la respirazione. Se non fosse per le code luminose di Pikachu e di Mareep, i ragazzi non avrebbero potuto vedere nulla oltre il proprio naso. Quando tutti gli amici scesero l’ultimo gradino di pietra, Machop iniziò a parlottare ed indicò un punto indefinito verso l’oscurità, proprio davanti a sé. Pikachu tosto tradusse il discorso abbastanza conciso del lottatore.

Pikachu: -Siamo quasi arrivati! Tra duecento metri vedremo l’ingresso della zona dei Machop!- I ragazzi annuirono e, senza perdere ulteriore tempo, si inoltrarono ancora di più nelle viscere della terra. Stranamente, il livello del terreno era perfettamente lineare, cosa che non era accaduta negli altri due piani del TunnelRoccioso. Per di più, la presenza di altri Pokémon era diventata sempre più esigua. “L’importante, però” rifletté il maestro di Pokémon “è che siano presenti lo stesso dei Pokémon. Inoltre vi sono due prolifici clan, e ciò è più che sufficiente per me.”

Dopo qualche minuto di camminata, finalmente le code dei Pokémon elettrici illuminarono la volta dell’ingresso per il territorio dei Machop, ultimo luogo prima dell’uscita da quella caverna soffocante. L’entrata arcuata (in alcuni punti sembrava che fosse stata modellata alla bell’e meglio) raggiungeva dimensioni notevoli, contraddistinta da materiali solidi ma contornata da funghi e licheni. Laggiù l’umidità era notevole. Anche il pavimento era contraddistinto da un sottile strato di muschio, ed aveva completamente inzaccherato le scarpe e le zampe del gruppetto di amici. I Dratini furono i primi ad accorgersi della presenza di altre entità, situate proprio davanti all’ingresso senza porta, e li indicarono per mezzo delle loro code. Gli allenatori seguirono con lo sguardo l’indicazione dei due draghi ed anche loro poterono osservare, grazie alla luce brillante delle code di Pikachu e di Mareep, i due esseri. Costoro, che pareva proprio che stessero di guardia al vestibolo, erano molto alti, possenti, muscolosi, con le braccia conserte. Alla vita cingevano ciascuno una cintura dorata, che rifletteva la luce dei Pokémon elettrici, abbagliando i giovani allenatori. Laura, schermandosi gli occhi con una mano, cercò di guardare nella direzione dei due misteriosi personaggi muscolosi.

Laura: -Ma chi sono quelli?- Machop sembrava alquanto felice di incontrare quei tizi muscolosi ed andò loro incontro senza troppi ripensamenti. Qualcosa di imprevisto, però, accadde quasi subito: non appena Machop fu nelle prossimità di quei due tizi nerboruti, costoro respinsero il lottatore Pokémon con i loro sguardi ostili. Machop rabbrividì addirittura ed indietreggiò lentamente. Ciò non passò inosservato agli occhi di Brock, il quale ripose automaticamente la mappa nella tasca dei suoi pantaloni ed accorse in aiuto dello spaventato Machop.

Brock: -Machop! Cosa sta accadendo?- Dovette allungare il passo, perché il Pokémon lotta aveva iniziato a barcollare sulle sue stesse gambe, rischiando di cadere in terra. L’ex capopalestra di Plumbeopoli si inginocchiò nelle vicinanze di Machop e lo afferrò saldamente per le spalle, impedendogli di cadere in terra. Anche gli altri ragazzi si avvicinarono verso Machop e tutti si accorsero del grande spavento che si poteva leggere sul volto dell’aspirante membro del clan dei Machop. Il maestro di Pokémon, temendo che quei due esseri appena incontrati potessero recare ulteriore dolore fisico al loro amico lottatore, avanzò di un passo, aggrottando leggermente le sopracciglia.

Ash: -Ehi, voi! Chi siete, che cosa volete da Machop?- La risposta non tardò ad arrivare. I due esseri molto muscolosi si staccarono dalla parete su cui si trovavano appoggiati con la schiena e si avvicinarono lentamente verso il Master dei Pokémon. La luce elettrica di Pikachu e di Mareep finalmente permise ai ragazzi di osservare in volto quei due misteriosi personaggi: non erano altro che dei Machoke, dei Pokémon lotta, evoluzione di Machop. Laura e Alex afferrarono immediatamente i loro Pokédex e li puntarono verso i due Pokémon atletici.

Machoke, Pokémon Megaforza. È l’evoluzione di Machop. Utilizza sempre il massimo della sua energia, ma questo Pokémon potente e resistente non si stanca mai.” Una volta che il Pokédex ebbe terminato di gracchiare, i Machoke iniziarono a borbottare nella loro lingua, e sembrava proprio che fossero molto adirati nei confronti del giovane Machop. Pikachu fu lesto a tradurre per gli allenatori il contenuto del discorso dei due Pokémon lotta, e si venne a sapere che il clan dei Machop era già venuto a conoscenza dell’accaduto, del nefasto accaduto. Il Machop, ancora trattenuto dalle mani di Brock, non osava più, dal tempo di un minuto, staccare gli occhi del suolo.

L’evento era già noto a tutti, anche al venerabile Master Machoke, il quale pareva che fosse molto addolorato per la disonorevole azione di Machop (ovvero avere percosso un Makuhita di sesso femminile). I due Machoke erano stati incaricati dallo stesso leader del clan dei Machop di sorvegliare l’ingresso al loro territorio, inibendo l’accesso a chiunque si inoltrasse fino al piano sotterraneo del TunnelRoccioso. Questa novità non fu affatto positiva per gli allenatori di Pokémon, i quali dovevano per forza di cose attraversare anche il territorio dei Machop per guadagnare l’uscita dal tunnel.

Pikachu: -E non è finita – il Pokémon elettrico riprese la parola, dopo un attimo di silenzio – Machop è stato bandito per sempre dal clan per essersi macchiato di questo atto deplorevole. Così i Machoke sentenziano.- La notizia appena pronunciata da Pikachu apparve come un colpo di grazia per Machop, il quale si accasciò su se stesso e si ritrovò seduto in terra, con lo sguardo ancora incollato al pavimento. Era dunque terminato così il sogno di Machop di poter far parte del glorioso clan dei Machop? E per di più, era destinato a terminare in quella maniera il viaggio degli allenatori di Pokémon per il TunnelRoccioso? A due passi dall’uscita? Ash rifiutò testardamente l’esito di quella situazione e, osservando a muso duro i due Machoke, i quali erano tornati a presidiare l’ingresso del loro territorio, parlò loro.

Ash: -Non si può più fare niente per ribaltare la situazione? O almeno per rimediare all’errore? Machop è giovane, tutti possono commettere degli sbagli! Concedetegli una seconda opportunità!- I due Machoke furono irremovibili, la loro risposta fu un secco rifiuto. Il maestro di Pokémon non gradì la risposta dei due Machoke e in quel momento si ritrovò a pensare a due possibili soluzioni.

La prima era di sconfiggere i due Machoke che sbarravano la strada e potere così proseguire il cammino.

La seconda era quella di parlare direttamente al Master Machoke, il leader di quel gruppo di Pokémon. Sicuramente il saggio Pokémon lotta avrebbe potuto scendere a patti con i ragazzi, lasciandoli proseguire nel loro cammino, ed inoltre avrebbe potuto permettere a Machop di redimersi dopo il grave errore di mezz’ora prima. Ma come convincere i due Machoke a farli passare? Non sembrava che la coppia di guardia all’ingresso fosse disposta a scendere a compromessi. Forse se si potessero sommare le due soluzioni (abbattere i Machoke ed andare a parlare al Master) si sarebbe potuto concludere qualcosa.

Alex: -Un momento!- Il ragazzo con gli occhiali, il quale era rimasto in silenzio per tutto il tempo, raccolse l’attenzione di tutti i presenti. Si rialzò faticosamente dalla schiena di Mareep (il quale lo ringraziò, essendo diventato il ragazzo troppo pesante) e si avvicinò al suo maestro, il quale era a sua volta il più vicino fisicamente ai due Machoke.

Ash: -Alex, tu hai per caso un’idea?- L’allievo di Ash si guardò attorno, meditando su ciò che avrebbe potuto dire ai due Machoke per sbrogliare la situazione, e dopo qualche secondo di riflessione annuì al suo maestro.

Alex: -Sì, forse c’è una scappatoia.- Ash cedette il passo al ragazzo con la stampella ed i due Machoke lo osservarono avvicinare, seguendolo con gli occhi, alquanto diffidenti nei confronti dell’umano. Alex si fermò a circa due metri dai due Machoke, i quali si erano nuovamente staccati dalla parete ed avevano alzato la guardia contro di lui. Dratini, sulla sua spalla, provava un certo timore di fronte a quei due nerboruti personaggi.

Alex: -Machoke, per favore ascoltatemi! Non è dunque possibile concedere una seconda opportunità ad un vostro consanguineo? Egli ha commesso un errore, questo è vero, ma egli si è ritrovato in netta minoranza di fronte al suo nemico, il quale lo ha insultato e schernito come pochi! Sapete inoltre che… tutti i Makuhita sono uguali, vero?- L’ultima frase, lasciata quasi in sospeso da Alex, ebbe l’effetto sperato dallo stesso ragazzo: i due Machoke, quasi stupiti dall’espressione rivelatrice, si guardarono in volto perplessi. Alex, conscio di avere colto nel segno, continuò con il suo tentativo di persuasione.

Alex: -Lo sapete meglio di me che il nemico, maschio o femmina che sia, è pur sempre un nemico! Immagino che anche voi due, all’epoca in cui vinceste contro i Makuhita, trovaste molto difficoltoso distinguere gli elementi maschi da quelli femmine! O sbaglio?- Le ingiunzioni di Alex iniziarono a preoccupare non poco l’ex capopalestra di Plumbeopoli, il quale iniziò a paventare un secondo “fallimento di Monteluna”. Ma con sé, questa volta, aveva i Pokémon. Cambiò radicalmente idea quando osservò in volto i due Machoke, i quali avevano iniziato a guardarsi intorno, quasi smarriti.

Alex: -Vi prego dunque, Machoke, di concedere una seconda opportunità al vostro simile…- I due Machoke, risvegliatisi improvvisamente alla preghiera del giovane Blake, tornarono nuovamente ad assumere uno sguardo torvo nei suoi confronti e ad alzare un'altra volta la guardia. Alex mise le mani davanti a sé e le ondeggiò, consapevole di essere stato male interpretato.

Alex: -No, no, non intendo una seconda opportunità per far parte del clan! Intendo una seconda opportunità… per lavare via l’onta subita!- Tutti i presenti rimasero in perfetto silenzio dopo avere udito la richiesta dell’assistente del Professor Oak. Che fosse impazzito tutto d’un colpo? Le sue preghiere sembrava che non stessero né in cielo né in terra, dove voleva arrivare con tutti quei giri di parole? Incredibile a dirsi ed a vedersi, l’effetto desiderato dal ragazzo con gli occhiali si verificò: uno dei due Machoke, visibilmente in difficoltà, stava guardandosi attorno quasi spaesato, ed aveva abbandonato, seppure di pochi centimetri, la sua postazione di guardia. Anche l’altro Machoke appariva perplesso, ma non era così smarrito come invece diede ad intendere il suo compare. Alex aveva visto dunque giusto: la resistenza dei due Machoke non era così stabile come loro ebbero voluto mostrare. Bastava ancora una piccola forzatura ed avrebbe scardinato le menti dei due lottatori. Sicuramente i due Machoke provavano una gran pena per il loro simile, così bistrattato ed umiliato dai Makuhita al piano soprastante.

Alex: -Vi prego, Machoke! – il ragazzo tornò a parlare, e l’attenzione dei due guardiani fu nuovamente catturata dalle preghiere dell’assistente del professor Oak. –Parlatene con il venerabile Machoke, il vostro Master! Io so che in questo momento sta attraversando un periodo di grande sofferenza per l’accaduto di poc’anzi, ma sono certo che lui voglia concedere una seconda possibilità a Machop di riscattare il proprio onore! Per favore, andate a parlarci!- Finalmente, dopo tanto parlare da parte di Alex, il risultato sperato fu raggiunto. Uno dei due Machoke (il più spaesato dei due) fu finalmente convinto e decise a girare i tacchi ed inoltrarsi nella caverna dove si era stabilizzato, da centinaia di anni, il clan dei Machop. Il giovane lottatore Pokémon, notati i risultati positivi delle implorazioni del ragazzino, riprese coraggio e finalmente osò togliere gli occhi dal pavimento: si accorse che all’ingresso del territorio dei Machop era rimasto un solo Machoke, il quale si era piazzato proprio in mezzo e faceva buona guardia, osservando gli allenatori a braccia conserte. Pikachu ascoltò i borbottii del Machoke rimasto a presidiare l’ingresso e spiegò ai ragazzi che il suo collega, come gentilmente richiesto da Alex, si era ritirato per chiedere maggiori informazioni al Master Machoke riguardo al destino del giovane Machop. Ash annuì e sorrise, compiaciuto dalla tecnica persuasiva del suo allievo.

Ash: -Straordinario! Temevo che non potessimo mai accordarci con i due Machoke! Già mi aspettavo di dovere usare i Pokémon e lottare contro quei due per avanzare nel TunnelRoccioso e guadagnarci l’uscita!- La figlia dei Ferguson era rimasta in perfetto silenzio per tutto il monologo del ragazzo con gli occhiali tenuto con i Machoke, ma si era resa perfettamente conto che Machop, seppure avesse tenuto per la maggior parte del tempo gli occhi a terra, ogni tanto aveva gettato l’occhio su Alex, ed il suo sguardo parve colmo di stupore ed ammirazione. L’aura che emanava il Pokémon, inoltre, fu assolutamente positiva nei confronti dell’assistente dell’allievo di Ash Ketchum. La ragazza sorrise al suo compagno di viaggio e gli parlò direttamente.

Laura: -Congratulazioni, Alex! È pur vero che riesci a convincere chi ti sta di fronte! Per un certo momento ho temuto che non ci riuscissi, ma per fortuna mi sono sbagliata!- E gli riservò un altro, radioso sorriso, illuminato dalla luce costante di Pikachu e di Mareep. Alex osservò la sua amica per un lungo periodo di tempo, poi i suoi occhi si spostarono verso un punto indefinito del muro di granito della caverna. Il suo sguardo, dapprima lieto per essere riuscito a convincere uno dei due Machoke, si rabbuiò ben presto.

“Già” pensò Alex “questa volta ci sono riuscito. Mi sarebbe piaciuto che fossi riuscito a convincere quel tizio a MonteLuna … ma non si può avere tutto nella vita”. Il ragazzo tornò ad osservare la figlia dei Ferguson e si limitò a sorridere alla sua compagna di avventure; poi il suo sguardo si spostò sul suo Dratini (il Dratini di Alex NdA). Notò che il suo compagno squamoso lo stava fissando dritto negli occhi, sempre appollaiato per traverso su entrambe le spalle del giovane.

Dratini: -Io… ho avuto paura! Potevano farti del male!- Alex trovò quasi commovente il timore del suo amichetto azzurro nei suoi confronti e sorrise, accarezzandolo dolcemente sulla testa. Dratini trovò particolarmente gradito il gesto e la sua apprensione si placò un poco.

Alex: -Questa volta non ho perso la calma. Ho imparato la lezione… e poi, c’eri tu accanto a me, non potevamo non riuscirci! Giusto?- Il draghetto rimase leggermente titubante dopo avere ascoltato le parole del suo allenatore, in seguito annuì col capo e sorrise.

 

Ash: -Ma insomma! Quanto ci sta impiegando? È da più di mezz’ora che se n’è andato!- L’attesa per il ritorno del Machoke che aveva abbandonato il suo presidio all’ingresso al territorio del clan dei Machop iniziò a farsi letteralmente spasmodica. Il Maestro dei Pokémon, dopo neanche un quarto d’ora di attesa, aveva iniziato a camminare avanti e indietro per l’anticamera naturale che costituiva il breve rettilineo che partiva dai grossi scaloni che conducevano al piano superiori e che terminava all’ampia volta a tutto sesto che costituiva appunto l’ingresso all’ultima zona del TunnelRoccioso. L’ombra che proiettava il ragazzo col cappello sulla parete si allungava e si restringeva ad ogni passo ch’egli effettuava, dipendendo direttamente dalla posizione delle luci create dalle code dei Pokémon elettrici. Il primo a stancarsi fu Mareep, il quale dovette abbassare di parecchio la luminosità del suo attacco Flash. Pikachu sembrava stare in migliori condizioni e la luce proveniente dalla sua coda era più viva che mai.

Più l’attesa aumentava, più il passo del Master accelerava nel ritmo e, inversamente proporzionale al tempo, la sua pazienza andava scemando velocemente. Il continuo andirivieni di Ash non fece altro che alimentare il mal di testa che già i Pokémon stavano accusando, a causa della forte umidità che imperversava in quel luogo.

Brock si era seduto accanto a Laura ed Alex, con le schiene dei ragazzi appoggiate al muro, ed aveva approfittato della pausa per sfamare il cucciolo di Bulbasaur, il quale era rimasto calmo e pacifico nello zainetto dell’ex capopalestra di Plumbeopoli fino a quel momento. Il Pokémon di tipo erba trangugiò il latte dal biberon senza troppe proteste, ed i Pokémon dei giovani allenatori, ed anche quelli dell’ex capopalestra di Plumbeopoli, vennero fatti uscire dalle loro sfere Poké per essere spazzolati e sfamati a loro volta. I Dratini, Poochyena, Pidgey, Sandshrew, Weedle, Ledyba, Geodude, Onix e Kabuto, riuniti davanti ai tre ragazzi, mangiarono con entusiasmo i croccantini nelle loro ciotole. Pikachu e Mareep si unirono al banchetto con grande gioia. I Pokémon di Ash, invece, rimasero nelle loro sfere Poké, per volontà dello stesso allenatore. Anche a Machop venne offerto da mangiare, e la ciotola di prelibato cibo per Pokémon gli venne offerta gentilmente dal ragazzo con gli occhiali. Alex, infatti, aveva afferrato con una mano il contenitore di plastica, aveva afferrato con l’altra mano la stampella e, rialzatosi con difficoltà, si incamminò verso il giovane lottatore Pokémon, il quale si era messo a sedere in disparte rispetto all’allegro gruppetto.

Alex: -Avrai sicuramente fame! Tieni, questo è per te!- Machop, più che osservare la ciotola di cibo per Pokémon, osservava l’ultimogenito dei Blake. Si comportava così gentilmente e così premurosamente nei suoi confronti… prima lo aveva addirittura difeso dalle accuse dei due Machoke, le guardie del corpo scelte del reverendo Master Machoke. Chi mai lo avrebbe fatto al suo posto? Con un sorriso, Machop accettò l’offerta di cibo ed agguantò con entrambe le mani il contenitore di plastica. Divorò tutto il contenuto in pochi minuti, visibilmente soddisfatto: la ricetta di Brock era sempre e comunque una scelta molto valida per tutti i Pokémon di qualsiasi genere appartenessero.

Quando i Pokémon ebbero terminato di mangiare, finalmente qualcosa al fondo del sentiero buio ed umido iniziò a muoversi: il secondo Machoke, quello che era stato convinto a riferire il messaggio degli allenatori al venerabile Master Machoke, fece la sua comparsa e, prima di rispondere al quesito dei ragazzi, parlottò all’orecchio della guardia sua compagna. Ash si era avvicinato di diversi passi alle guardie, con gli occhi sgranati, la mascella serrata ed i pugni stretti fino allo spasmo.

Ash: -Allora? Che cos’ha detto il vostro capo?- Il Machoke che si era allontanato dalla sua postazione per diverso tempo osservò a lungo Machop, il quale si era nuovamente posizionato vicino al muro, in disparte rispetto al gruppo di viaggiatori ed ai loro Pokémon. Il Machoke farfugliò qualcosa nella sua lingua, e tutti i Pokémon dei ragazzi che stavano ascoltando con attenzione il comunicato della guardia, rimasero piuttosto sbalorditi quando compresero il significato delle sue parole. Ash Ketchum si voltò verso i Pokémon (quando Machoke stava parlando, il ragazzo dava ai Pokémon le spalle) e li osservò in volto, uno per uno, in rassegna, quasi terrorizzato dai loro volti meravigliati.

Ash: -Che cos’ha detto? Avanti, parlate! Non restate lì a bocca aperta!- I Pokémon iniziarono a bisbigliare ed a borbottare tutti insieme. Solo il tono squillante di Pikachu si levò al di sopra di tutte le altre voci.

Pikachu: -Machop deve trovare la forza nel suo spirito, affinché il disonore venga cancellato… queste sono le parole del venerabile Machoke. Ma che diamine significherà?- Ash si voltò nuovamente verso le guardie, quasi incredulo di essere giunto ad un nuovo vicolo cieco. Le sentinelle, braccia incrociate al petto, avevano riassunto le loro postazioni davanti all’ingresso del territorio dei Machop, e non risposero più alle domande del Master dei Pokémon.

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Capitolo 31
*** 29 - La forza dello spirito! Machop VS Hariyama!! ***


Ciao ragazzi, rieccomi con un nuovo capitolo, dopo tantissimo tempo. Ho avuto un periodo di forte crisi personale, ma ora sono ritornato, ben deciso a volere proseguire la fanfiction, spero che sia di vostro gradimento e commentate numerosi! ^_^

I minuti nella grotta umida del terzo piano sotterraneo del TunnelRoccioso passavano lenti, monotoni, uguali uno all’altro. Ash Ketchum, Brock Peters, Laura Ferguson, Alex Blake ed i loro Pokémon iniziarono a riflettere sulle parole pronunciate dalla guardia che era stata convinta con inaspettata maestria dal ragazzo con gli occhiali…

Solo con la forza dello spirito si potrà eliminare l’onta subita.

Ma che diavolo vorrà mai significare questa frase?

Il Master dei Pokémon era il più irrequieto del gruppo di allenatori che si erano ritrovati in quel corridoio granitico, asfittico e quasi in penombra, perché anche aa Pikachu, nonostante tutto l’impegno e tutta la buona volontà che aveva impiegato dall’inizio del viaggio all’interno del TunnelRoccioso, iniziavano a mancare le forze e la luce proveniente dalla sua coda elettrica stava lentamente ma inesorabilmente andando scemandosi. Il gruppetto di allenatori si ritrovò ben presto quindi in una sorta di semioscurità, pensando e rimuginando alle parole pronunciate dal Machoke di guardia all’ingresso del regno dei Machop e rabbrividendo per le correnti d’aria che stavano iniziando a girare per i lunghi corridoi delle caverne. Anche se ben imbacuccati, i ragazzi patirono comunque il freddo che già iniziava a penetrare nelle loro ossa. Era difficile scorgere l’ora sul quadrante dei propri orologi con tutto quel buio, ma dal varco del TunnelRoccioso ad essere arrivati in quel punto saranno passate almeno un paio d’ore, tre al massimo.

Brock, Alex e Laura rimasero in un silenzio quasi di tomba, se non fosse per i loro respiri resi un po’ affannosi per l’umidità presente nell’aria. I Dratini iniziarono a parlottare tra loro e il loro crescente nervosismo era evidente agli occhi di tutti. I Pokémon degli allenatori erano stati ritirati nelle sfere Poké, anche Mareep, il quale aveva dato ogni briciolo di energia che possedeva in corpo per illuminare quell’immenso atrio che sembrava non dovesse terminare mai. Machop stava allenandosi in disparte, tirando calci e pugni all’aria, ad un nemico immaginario. Le ombre del corpo muscoloso del Pokémon si contorcevano sul muro ad una velocità impressionante… Machop, appena udita la notizia dalla guardia Pokémon, si era alzato dal pavimento e si era immediatamente messo in moto per ricominciare gli allenamenti. La sconfitta contro Hariyama ancora gli gravava sulla coscienza, e ciò era peggiorato ulteriormente dal grave errore di avere messo al tappeto un Makuhita femmina.

Gli allenatori che stavano in terra, seduti, all’improvviso iniziarono ad instaurare un discorso tra loro, spaventando il meditabondo Ash Ketchum, il quale non aveva smesso un secondo di marciare avanti e indietro per il corridoio.

Brock: -Una soluzione comunque ci dovrà essere. Se il Master del clan dei Machop ha pronunciato quelle parole… un motivo ci deve essere, per forza.- Laura annuì, ma la soluzione all’intricato mistero appariva lontana anni luce, frammentaria e oscura. Alex, dal canto suo, non aveva mai tolto gli occhi di dosso dal Machop che si allenava in solitudine, contorcendosi le mani e dannandosi il cervello nel tentativo di comprendere il significato delle parole del venerabile Machoke.

Laura: -Non so, Brock… io non ci capisco nulla! E se le parole del Machoke fossero riferite ad una particolare tecnica, oppure ad uno stato d’animo, o ancora uno stato mentale?- Brock scosse la testa, molto deluso con se stesso. Lui era il più abile allevatore di Pokémon della regione di Kanto… non poteva lasciarsi sconfiggere da una affermazione che, a prima vista, sembrasse semplicemente un aforisma per spingere Machop ad impegnarsi di più. Quella frase, solo con la forza dello spirito si potrà eliminare l’onta subita, racchiudeva un universo, dove alla fine di quest’ultimo, era presente la soluzione. Ma come coglierla? L’unico modo era di individuarla con un lampo di genio… Alex, che in quel momento stava osservando distrattamente il suo maestro camminare avanti e indietro per la stanza, ebbe solo la capacità di udire parte della frase di Laura. Si voltò verso di lei, quasi meravigliato, e le parlò.

Alex: -Cosa hai detto, Laura? Potresti ripetere quello che hai appena detto?- La ragazza osservò il suo amico un po’ perplessa. Temeva di avere detto qualcosa di sbagliato, perché negli occhi del suo compagno di viaggi si era accesa una luce un po’ strana.

Laura: -…ecco… io ho detto che le parole di Machoke potrebbero essere riferite ad uno stato d’animo di Machop, un suo grado di preparazione… o forse una tecnica… non so che pesci pigliare!- Il lampo di genio. Alex si voltò verso il Pokémon che si stava allenando ed osservò attentamente i movimenti di Machop per più di dieci minuti, senza quasi sbattere le palpebre, per non perdere neanche una mossa del giovane lottatore. Brock e Laura si guardarono in volto per un bel periodo di tempo, non capendo neanche perché Alex avesse chiesto a Laura di ripetere le frasi appena pronunciate dalla ragazza poc’anzi.

L’allievo di Ash rifletté parecchio sulla frase in questione lanciata dal Master del clan dei Machop, e tutto ad un tratto la risoluzione venne chiara e limpida come la luce del sole. Tale fu l’emozione per avere capito il significato delle parole del venerabile Machoke che Alex si alzò in piedi di scatto, senza l’ausilio della stampella. Gridò come un ossesso, quasi come se fosse stato posseduto dal demonio.

Alex: -HO CAPITO!!- Il suo grido, come facile era da prevedersi, catturò immediatamente l’attenzione di tutti, atterrendo i suoi amici più vicini di distanza. Il suo Dratini addirittura, per lo spavento, fece un salto dalla spalla del suo allenatore a quella di Brock (che in quel momento si trovava alla sinistra rispetto al ragazzo con gli occhiali). Ash abbandonò istantaneamente la sua lenta e monotona peregrinazione e si avvicinò al suo allievo ad occhi sgranati, quasi incredulo. Incredulo non tanto che fosse stato Alex a trovare la soluzione prima di lui o dei suoi amici, ma incredulo perché è stata trovata una soluzione ad un problema molto complicato da risolvere.

Ash: -Hai capito? Su, dai, racconta!!- L’ultimogenito dei Blake, con un sorriso che partiva da un orecchio e che finiva all’altro, spiegò al Master dei Pokémon ed ai suoi amici, che nel frattempo si erano rialzati, l’idea appena avuta. Machop non si era fermato neanche un momento durante il suo allenamento, talmente era concentrato nel suo lavoro che quasi non si accorse del grido lanciato con enfasi dal ragazzo con gli occhiali.

Alex: -In realtà il suggerimento me l’ha lanciato Laura… ho pensato che la frase fosse riferita ad una particolare tecnica che Machop dovrebbe imparare per sconfiggere Hariyama….- I tre ragazzi che accerchiavano l’assistente del Professor Oak aggrottarono le sopracciglia, non comprendendo dove Alex volesse andare a parare.

Ash: -Una tecnica…? Ma cosa c’entra con quello che ha detto Machoke?- Alex raccolse un momento le idee, perché non era semplice spiegare un concetto un poco astruso in poche parole.

Alex: -Io ho collegato ciò che ha detto Machoke con una tecnica particolare che i Pokémon lotta possono imparare senza problemi… una tecnica che proviene dallo spirito e che moltiplica ad un livello impressionante la forza del Pokémon che la utilizza…- I tre ragazzi rimasero un momento in silenzio, ma questo istante non durò a lungo, perché la figlia dei Ferguson ebbe l’impressione di avere compreso l’idea del suo amico.

Laura: -Forse… forse… è l’Introforza!- L’affermazione della ragazza dagli occhi verdi fu quasi paragonabile come un fulmine a cielo sereno per tutti i presenti. Lo stesso Brock trovò il ragionamento così giusto da darsi mentalmente dello stupido per non averci pensato prima.

Brock: -Ma certo… l’Introforza! La forza dello spirito… scaricare al di fuori del proprio animo l’offesa subita… è questa la soluzione!- Gli allenatori si sentirono nuovamente sulla cresta dell’onda e con il morale alle stelle e, complimentandosi con l’assistente del Professor Oak, Ash e Brock tornarono ad osservare i Machoke che facevano di buona guardia al territorio del clan dei Machop. Alex, naturalmente, era il più euforico del gruppo, grazie alla bella figura che aveva dimostrato davanti ai presenti e, quasi dimenticandosi di ricuperare la stampella, si diresse a grandi passi verso Machop, il quale sembrava che non si stancasse mai durante il suo allenamento solitario. Non era solo entusiasta di avere dato mostra di possedere una certa logica, ma anche di poter aiutare il piccolo Machop nel suo problema che a prima vista sembrava irrisolvibile.

Alex: -Il mistero è quindi risolto! Possiamo finalmente dare l’opportunità a Machop di redimersi ed a noi di passare per il territorio dei Machop!- Ma non fu neanche a pochi passi dal giovane lottatore Pokémon che la voce imperiosa del Master dei Pokémon catturò la sua attenzione, costringendolo a voltarsi.

Ash: -Aspetta un minuto, Alex! Non avere tanta fretta!- L’ordine di Ash, improvvisamente, ebbe la capacità di rompere l’incantesimo di felicità che si era costruito così di sorpresa intorno al ragazzo con gli occhiali. Il richiamo conteneva tutto il sapore di un rimprovero. Dove aveva sbagliato, questa volta?

Alex: -Cosa… cosa succede, Ash?- Il ragazzo col cappello apparve abbastanza accigliato nei confronti del suo allievo. Ecco, si disse Alex, ho commesso un altro errore! Però non riuscì a comprendere dove avesse sbagliato, questa volta.

Ash: -Hai dimenticato un piccolo particolare… tu sai come far apprendere la tecnica dell’Introforza ad un Pokémon?- La constatazione di Ash (che appariva a tutti gli effetti una constatazione, più che un rimprovero) arrivò come una doccia gelata sull’entusiasmo di Alex. Era riuscito a rovinare con le sue stesse mani l’unica eventualità che poteva dimostrare a tutti la sua perspicacia nel mondo dei Pokémon. Il dolore alla gamba destra, per lo sforzo appena compiuto per incamminarsi senza stampella verso Machop, arrivò tutto ad un colpo, imponendogli di appoggiarsi al muro di granito lì accanto. Ash trovò molto divertente lo sgonfiarsi dell’eccitamento del suo allievo come fosse stato un semplice palloncino e, avvicinandosi ancora di più al suo allievo, lo rinfrancò con qualche parola di conforto.

Ash: -Ehi, sei stato formidabile nell’avere individuato la soluzione del problema. Non lasciarti abbattere da queste stupidaggini.- Brock annuì, stringendo a sé il cucciolo di Bulbasaur, sorridendo.

Brock: -Se non fosse stato per te, saremmo stati ancora qui a scervellarci alla ricerca della soluzione…- Laura, riconquistando il suo smagliante sorriso, recuperò la stampella d’acciaio che nel frattempo era caduta a terra e la riconsegnò ad Alex, il quale ringraziò la sua amica con lo sguardo.

Laura: -… e la prossima volta, vedi di non strafare con i movimenti! Se Ash non ti avesse fermato in tempo, con la velocità del tuo passo ora saresti già arrivato sull’Isola Cannella!- E tutti risero per la battuta molto spiritosa della figlia dei Ferguson. Dopo che tutti smisero di ridere, il maestro dei Pokémon si allontanò dal suo allievo di qualche passo, afferrò da dietro la sua giacchetta, all’altezza della cintura dei suoi jeans, una Poké Ball e gliela mostrò.

Ash: -Ora, se non ti dispiace, è arrivato il mio turno. Il mio Machamp sa alla perfezione come eseguire l’attacco Introforza, glielo insegnerà a Machop durante il suo allenamento di rivincita contro Hariyama!- Alex rimase perplesso alle parole del suo maestro. Voltò lo sguardo verso il suo Dratini, il quale era ancora appollaiato sulla spalla dell’ex capopalestra di Plumbeopoli, e notò che stava sorridendo. Incrociò ancora una volta gli occhi dell’allenatore di Pokémon più forte al mondo e annuì, increspando le labbra in un sorriso.

 

Machop ora si sentiva pronto. Si sentì in grado di guardare in volto tutti i presenti e sorridere. L’allenamento con il Machamp di Ash era stato lungo ed impegnativo, e molto faticoso… ma alla fine riuscì a fare sua la tecnica dell’Introforza. La tecnica che avrebbe consentito al giovane lottatore Pokémon di avere la meglio contro il rivale che lo aveva annientato poche ore prima… il venerabile Hariyama. Il capo del clan dei Makuhita. Machop era stato allenato non solo dal possente e vigoroso Machamp, ma anche da Alex Blake, il quale ritenne di avere il compito di spronare il Pokémon lotta. Più di una volta, infatti, il giovane Machop sembrava essere sul punto di gettare la spugna. Se non fosse stato per l’assistente del Professor Oak, Machop avrebbe disperato di ottenere l’ambita tecnica di attacco. I sorrisi del Pokémon forzuto erano per la maggior parte rivolti al giovane allenatore di Pokémon.

Ash Ketchum, dopo avere constatato che Machop non fosse troppo stanco per affrontare la prova decisiva che opponeva il valoroso Pokémon al temibile e venerabile Hariyama, annuì e disse ai suoi amici che fosse giunto il momento di salire di un piano e di dare inizio alla battaglia finale.

Laura: -Se Machop dovesse vincere, verrà finalmente riconosciuta la sua appartenenza al suo clan? Basterà questa vittoria?- Brock scosse la testa molto perplesso, dopo avere recuperato dal suo zaino una torcia elettrica a dinamo. Mareep e Pikachu apparivano anche fin troppo esausti per poter chiedere loro di illuminare ancora una volta il corridoio con le loro code luminose.

Brock: -Non so… è molto difficile che il saggio Machoke possa cambiare idea… ma non lasciamo niente di intentato! Prima Machop deve affrontare il suo avversario!- Venne dunque deciso che la rivincita di Machop si disputasse tra un quarto d’ora al massimo, e che i due Machoke che continuavano a fare di buona guardia al territorio del clan dei Machoke partecipassero al pubblico di testimoni nella battaglia tra i due avversari. Mareep, sentendosi nuovamente in causa dal suo nuovo allenatore, recuperò un poco di vigore e, trotterellando con inaspettata vitalità, caricò ancora una volta sul povero Alex e, conscia che il ragazzino fosse montato sulla sua schiena, la pecora corse con uno slancio improvviso verso gli scaloni che davano di sopra. Gli allenatori ed i Pokémon li seguirono a passo moderato.

 

Una volta che tutti raggiunsero il piano soprastante a quello in cui si erano ultimamente ritrovati, oltrepassate le fitte colonne che dividevano a metà l’immensa grotta, una luce soffusa ed un fumo dolciastro avvolsero gli allenatori. Ritrovarono le torce affisse alle pareti inclinate per mezzo di paletti, ritrovarono i campi coltivati dagli strumenti rudimentali dei Makuhita, ritrovarono le bicocche rudimentali dei lottatori Pokémon esperti in attacchi a lunga gittata, ritrovarono la selva di funghi rossi che si reperiva posizionata proprio nelle prossimità degli scaloni che convogliavano al piano superiore, ritrovarono gli abitanti di quella strana comunità. Ecco, gli abitanti di quella strana comunità abbandonarono qualsiasi attività di cui si stavano occupando in quel momento e voltarono lo sguardo unanime verso i nuovi venuti. Un gruppetto sparuto, insignificante rispetto alla moltitudine di “teste gialle” che occupavano quella porzione di grotta… quattro umani, due draghi, un topo giallo, una pecora dalla testa blu, un cucciolo di Pokémon erba, due rocce muscolose, un ometto muscoloso dagli occhi rossi… gli sguardi erano tutti concentrati su quest’ultimo, Machop. Il lottatore Pokémon percepiva su di sé tutte quelle occhiate indagatorie, accusatorie e intimidatorie. Machop non riusciva a distinguere in quella folla di Makuhita (che nel frattempo si erano uniti in un solo luogo, rendendo ancora più complicato il riconoscimento dei volti) la femmina che aveva colpito qualche ora prima. Forse il pugno che le aveva affibbiato in pieno volto era stato ancora più violento di quanto lo stesso Machop pensasse. Neanche Hariyama era presente in quel momento, e sì che Machop era convinto che il primo Pokémon che avrebbe potuto notare fosse stato proprio il Master dei Makuhita. Non solo per la stazza fisica, naturalmente.

Poiché nessun membro del gruppo pareva intenzionato a parlare o avanzare, furono i Makuhita a dare inizio alla diatriba. Evidentemente infastiditi dal ritorno del Pokémon che aveva causato molto dolore alla loro compagna oggetto di violenze, iniziarono a borbottare ed a discutere animatamente. Qualcuno addirittura arrivò a levare le braccia al cielo, con fare molto minaccioso verso Machop. I due Machoke, dietro al gruppetto degli allenatori, rimasero in silenzio a braccia conserte.

Ash: -Makuhita… vi prego, ascoltate!- La voce del Master dei Pokémon si innalzò su tutte le altre all’improvviso, spaventando non poco anche i suoi amici prossimi a lui. Il suo grido riuscì inoltre a placare temporaneamente l’ira crescente dei membri del clan dei Makuhita. Quando fu cosciente che l’attenzione che prima i Makuhita concentravano su Machop fosse focalizzata solo su di lui, l’allenatore di Pokémon più forte al mondo prese un bel respiro e iniziò a parlare.

Ash: -Machop è tornato per chiedere una sfida al vostro Master, il venerabile Hariyama!- I pochi borbottii che ancora persistevano durante il discorso di Ash cessarono definitivamente. I Makuhita apparvero quasi congelati sul posto.

Ash: -Machop è cosciente di avere commesso un orrendo crimine per avere colpito una vostra compagna – proseguì, concitato – e ora vuole ripulire il proprio onore macchiato poc’anzi sfidando il vostro venerabile capo. Egli ha appreso la nobile tecnica dell’Introforza, il legame che unisce i Machop ai Makuhita e viceversa!- I Makuhita sollevarono le loro voci in un grido di sorpresa. Ash Ketchum aveva appreso, durante il racconto della storia della creazione dei clan delle due specie di Pokémon, che per creare il TunnelRoccioso non furono sufficienti un paio di pugni e qualche colpo al terreno ben assestato. I due clan riuscirono a creare i propri rifugi grazie alla tecnica imparata in comunione… ma durante il passare dei secoli, questa arte millenaria è andata dimenticata, quasi il segreto dell’Introforza portata nella tomba assieme ai patriarchi gelosi delle proprie tecniche. Se non fosse stato per qualche ricercatore Pokémon, appassionato di antichità… oggi questo segreto sarebbe rimasto tale. Nell’udire la parola “Introforza”, da lontano, un’oscura e immane figura si materializzò, a passi lenti e moderati. Il terreno iniziò a tremare e i sassi a sballottare al cupo rumore dei suoi piedi sul nudo terriccio. I Makuhita non si voltarono, ancora stupiti e quasi meravigliati che il loro nemico più odiato, quel miserabile Machop, avesse imparato una tecnica di lotta così antica e così sconosciuta ai più. Circolava la storia dell’Introforza nei racconti orali che si tramandavano i Makuhita, generazione dopo generazione, ma si riteneva ormai che la tecnica dell’Introforza fosse ormai una leggenda.

La luce delle torce, apparentemente perenni e quasi inesauribili, finalmente illuminarono il volto dell’essere invocato dal maestro di Pokémon. Finalmente l’avversario di Machop fece la sua comparsa, il possente e venerabile Hariyama. Il suo sguardo, contornato da una miriade di piccole e sottili rughe, spaziava sullo striminzito gruppetto che era giunto dal piano sottostante, con lo scopo di redimere il piccolo ed insignificante Machop. La tecnica dell’Introforza… com’è possibile che una misera nullità come quel piccoletto l’avesse imparata? Era incredibile anche il solo pensiero. Eppure dagli occhi di quel piccoletto traspariva una forte determinazione di redenzione. I due Machoke, inoltre, sembravano che recassero fiducia nel loro consanguineo. Ash Ketchum, osservando in volto Hariyama, lo vide avvicinarsi sempre più, finché non si collocò davanti al gruppo dei Makuhita, a diversi metri di distanza tra loro e il gruppo di allenatori.

Ash: -Hariyama, il venerabile Machoke ha suggerito al nostro amico Machop il segreto della redenzione. Vuoi tu, potente protettore dei Makuhita, accettare la sfida di Machop?- La voce di Ash rimbombò a lungo nella grande stanza di granito e roccia dove i Makuhita abitavano ormai da tempi immemorabili. Nessuno osò fiatare fino a che l’eco della voce del Master dei Pokémon si spense definitivamente. Si poté udire solamente il noioso e ripetitivo scricchiolio dal carbon fossile che fiammeggiava nelle torce appese ai muri della grande caverna naturale. Il venerabile Hariyama fissò a lungo il giovane lottatore Pokémon, ed i due si osservarono in volto per un tempo che per gli allenatori sembrò infinito. Poi, tutto ad un tratto, Hariyama alzò il braccio destro al cielo e, con una terribile voce da baritono, gridò qualcosa che i ragazzi non riuscirono a comprendere appieno. I Makuhita, Machop, Pikachu, i Dratini e Bulbasaur invece compresero benissimo le parole del capo del clan dei Makuhita: aveva accettato la sfida di Machop, gli avrebbe concesso una seconda chance. Quando Ash ne venne informato, tirò un grosso sospiro di sollievo ed increspò le labbra in un sorriso.

 

Come deciso dal venerabile Hariyama, tutto il popolo dei Makuhita, compresi gli allenatori, si trasferirono nella zona di caverna non abitata, ovverosia dall’altra parte delle colonne che dividevano esattamente a metà il secondo piano seminterrato del TunnelRoccioso. Diverse decine di Makuhita furono preposti nel sorreggere le torce che avrebbero illuminato quasi a giorno quella parte di caverna buia ed umida. Quando quell’enorme stanzone fu rischiarato, gli allenatori si accorsero solo in quel momento che alla sinistra, verso fondo dell’ambiente, esisteva un enorme masso di colore grigio scuro che era stato adibito ad avere la funzione di gradinate per il pubblico. La roccia era stata intagliata con degli strumenti di alta precisione, sembrava addirittura che fosse stata trattata con il laser. Al centro della sala non c’era nulla, salvo un vasto terreno composto unicamente di pietre, sabbia e fango… il luogo dove Machop e Hariyama si sarebbero ben presto scontrati. I Makuhita che sorreggevano le torce si disposero attorno alle pareti, così facendo la luce si uniformò in tutta l’area, permettendo agli spettatori presenti e agli allenatori di poter scrutare con minor difficoltà il campo di lotta. Lotta che sarebbe stata senza esclusione di colpi.

I Makuhita si accomodarono sugli spalti di roccia, le cui gradinate apparvero agli occhi degli allenatori perfettamente lisce e levigate, quasi come fossero trattate con strumenti adoperati dagli umani. Gli allenatori si sedettero a loro volta sulle scalinate, ma piuttosto distanti da dove si trovavano gli abitanti del secondo piano sotterraneo del TunnelRoccioso. Si sedettero tutti, tranne Alex Blake, il quale si era recato senza indugio verso Machop, il quale tradì un certo grado di tensione e di nervosismo di fronte a tutti quegli occhi che lo scrutavano. Alex era accanto a lui, in un angolo della grande sala di pietra e di rocce, e gli stava parlando sommessamente. Hariyama, già situato sul posto di combattimento, stava effettuando alcuni esercizi di riscaldamento, stirano bracca e collo, ma non toglieva lo sguardo dai due personaggi esiliati in quell’angolo lontano e buio.

Alex: -Machop… te la senti davvero di combattere? Guarda che se dovessi rinunciare, nessuno si offenderebbe…- Il giovane lottatore Pokémon scosse lentamente la testa, osservando un punto lontano e impreciso della grande stanza naturale. Era seduto contro al muro, sembrava che tutto ad un tratto le energie gli si fossero completamente prosciugate. Con tutta sincerità, Machop si aspettava che Hariyama rifiutasse la sua sfida. Ora non si sentiva più così baldanzoso e belligerante come lo era stato fino a un quarto d’ora prima. L’assistente del Professor Oak sorrise al giovane Pokémon lotta e gli sedette accanto, precisamente alla sua sinistra. Dagli spalti, i tre ragazzi osservarono preoccupati l’angolo in cui Machop e Alex si erano misteriosamente rintanati.

Laura: -Perché Machop e Alex sono andati a finire laggiù? L’inizio dell’incontro è tra dieci minuti… che cosa sta succedendo?- Brock iniziò a riflettere e aggrottò leggermente le sopracciglia. Le gradinate proseguivano a gomito contro l’angolo opposto a quello dove si trovavano in quel momento Alex e Machop: i tre allenatori erano seduti sulle scalinate che erano state costruite contro le colonne che separavano il centro abitato dalla stanza dei combattimenti. I Makuhita, invece, erano seduti sulle gradinate costruite nell’altra parete, dunque erano alla sinistra dei tre ragazzi.

Brock: -Forse gli vuole dare ancora qualche dritta prima dell’inizio del combattimento…- Ash Ketchum tamburellò nervosamente le dita sulle ginocchia, con i palmi delle mani appoggiati sulle cosce. Stavano perdendo troppo tempo rinchiusi in quella caverna, avrebbero potuto correre il rischio di uscire dal TunnelRoccioso accolti dal firmamento notturno. Ciò non era assolutamente buono, perché la città di Lavandonia era distante almeno tre ore di marcia sostenuta, ed il meteo preannunciava nuove piogge nella nottata.

Ash: -Ma insomma, quanto tempo ci vuole perché si dia inizio al match? Sono stufo di respirare quest’aria umida e malsana…- A Brock sfuggì una risata mentre teneva abbracciato in grembo il cucciolo di Bulbasaur, il quale si era appena addormentato.

Brock: -Abbi pazienza… tra un po’ inizia… guarda che la città di Lavandonia non fugge, rimane lì dove l’hanno costruita!- La battuta spiritosa di Brock non ebbe l’esito sperato dall’ex capopalestra di Plumbeopoli. Dopo avere dato una veloce occhiata al suo Bulbasaur, il primogenito dei Peters tornò ad osservare il suo amico di vecchia data, e si accorse della sua ansia immutata, anzi sembrò accresciuta in pochi secondi. “Forse” pensò Brock “è preoccupato di un probabile ritorno del Team Richardson… vorrebbe uscire di qui prima che sorga la notte e prima che quella squadraccia torni a combinare qualche guaio”.

Frattanto i Makuhita che si erano seduti sugli spalti iniziarono a convogliare i loro stati d’animo in nervosismo e frustrazione. L’attesa per l’inizio del match stava incominciando a diventare spasmodica, non solo per l’allenatore di Pokémon più forte del mondo. Machop stava impiegando anche fin troppo tempo per decidersi a scendere in campo. Hariyama era immobile, braccia incrociate al petto, in mezzo alla stanza, con gli occhi fissi sui due personaggi che ancora non avevano intenzione di spostarsi dall’angolo buio della grande grotta scavata centinaia di anni or sono dagli antenati degli stessi Makuhita e dei Machop. Laura osservò preoccupata dapprima i Makuhita – ecco, qualcuno iniziò a protestare vivacemente – poi il suo amico seduto in terra in lontananza, accanto a Machop.

Laura: -C’è qualche problema… percepisco confusione da quelle parti…- Sia Ash che Brock voltarono i loro sguardi attoniti verso la ragazza dagli occhi verdi. Sapevano delle peculiari capacità sensoriali della figlia dei Ferguson. L’allieva di Ash continuò a parlare senza staccare gli occhi da Alex e Machop.

Laura: -I sentimenti di Machop appaiono contrastati. La volontà di alzarsi e combattere è presente in lui, ma qualcosa di impreciso, che non riesco a definire con esattezza, lo rende titubante. Sembra proprio che non si aspettasse l’accettazione della sfida da parte di Hariyama…- Il ragazzo col cappello sgranò gli occhi per qualche secondo dopo avere udito le affermazioni della sua allieva, poi scosse la testa, leggermente infastidito.

Ash: -Sciocchezze! Abbiamo fatto di tutto perché si potesse disputare questo match… Machop ha addirittura appreso l’Introforza, e… credimi, Laura, conoscere l’arte dell’Introforza non è alla portata di tutti.- Brock corrugò le sopracciglia. La situazione non gli era affatto chiara. Informò i suoi amici che Machop si era rialzato e che si stava avvicinando lentamente verso il campo di battaglia. L’allevatore di Pokémon osservò a lungo il volto del giovane lottatore Pokémon, e notò che vicino ad Alex appariva più sicuro di sé. Lo notava nei tratti marcati del viso di Machop. Appena Alex si allontanò da lui – come in quel caso, dove il ragazzo con gli occhiali si diresse a passi spediti, con l’aiuto della sua stampella, verso le gradinate dove i suoi amici erano seduti – i suoi occhi si offuscarono e il suo passo divenne immediatamente incerto. Brock allargò il suo campo visivo e notò i due Machoke seduti accanto agli scaloni che davano dabbasso, diversi metri più in là.

Brock: -Sapete che vi dico? Machop ha accettato il nostro aiuto non per entrare a far parte del clan…- L’incontro finalmente era iniziato. Il saluto d’inizio match, il caratteristico inchino all’avversario, fu anticipato dallo stesso Hariyama, i cui occhi non si erano ancora scollati da quelli di Machop. Il Pokémon lotta contraccambiò il saluto, inchinandosi a sua volta.

Ash: -E allora perché, Brock? Non avrà voluto imparare la tecnica dell’Introforza a sbafo?- Il ragazzo scosse la testa. Il tifo iniziò subito a rumoreggiare, galvanizzato dalle prime mosse d’attacco di Hariyama. Era evidente che il pubblico tifasse unicamente per il venerabile Hariyama.

Brock: -Certo che no… se l’avesse fatto, a che sarebbe servito impararla? Forse voleva impararla per un altro motivo…- Alex, finalmente, raggiunse i suoi amici sulle gradinate pressoché vuote e si sedette accanto all’ex capopalestra di Plumbeopoli. Hariyama, con due balzi, fu quasi addosso a Machop, con tutta l’intenzione di appioppargli un Dinamipugno.

Ash: -Tu sai per quale motivo?- La domanda del Master dei Pokémon giunse quasi all’improvviso. Alex, ovviamente, non aveva seguito il filo del discorso e voltò il suo sguardo verso Ash. Frattanto Machop, evitando per un soffio l’attacco di Hariyama, tentò di colpire il suo avversario alle ginocchia con un Colpo Basso, ma il venerabile capo dei Makuhita lo scansò con un agile salto. Le grida dei Makuhita divennero più acute, inneggiando il loro Master.

Brock: -Machop sa già in cuor suo che non potrà più entrare nel clan dei Machop. Ricordi le parole dei Machoke che facevano la guardia all’ingresso?- Laura anticipò il suo maestro, ripetendo le parole che tutti avevano ascoltato poco tempo prima. Hariyama sfoderò un potente Spaccaroccia che frantumò con un pugno il terreno, spezzandolo in due fenditure. La crepa era proprio diretta verso Machop, ma il giovane lottatore Pokémon semplicemente schivò l’offesa saltando da un’altra parte. Dovette mettersi d’impegno perché la spaccatura apparve quasi telecomandata, deviava a comando di Hariyama.

Laura: -Solo con la forza dello spirito si potrà lavare l’onta subita. Abbiamo già capito che si trattava dell’Introforza…- Brock annuì. Machop riuscì finalmente a colpire il venerabile Hariyama con un potente ColpoKarate – un colpo di braccio a taglio sul ventre – ma nessun danno evidente sembrò essere stato inflitto al suo avversario. Hariyama mise in mostra un nuovo Dinamipugno che questa volta colpì in pieno Machop, trafiggendolo al ventre. Machop realizzò un volo a campanile di diversi metri, cadendo successivamente a terra a diversi metri di distanza. Il giovane lottatore si rialzò comunque quasi subito e nuovamente corse contro Hariyama, il quale si preparò ad accogliere una seconda volta il suo avversario.

Brock: -Sicuro. L’Introforza è la chiave della vittoria di questo scontro. Ma… siamo davvero certi che Machop l’abbia imparata per vincere questo combattimento? Oppure, secondo una mia teoria, è forse vero che Machop l’abbia appresa per uno scopo ben preciso?- E voltò il suo sguardo verso Alex, il quale dovette avere già compreso il pensiero dell’ex capopalestra di Plumbeopoli.

Alex: -Mi rendo conto che Machop non abbia prestato la benché minima attenzione alle nostre conversazioni che ci hanno portato a scoprire la soluzione dell’enigma. A me è sembrato che Machop fosse stato più entusiasta ad imparare l’Introforza perché glielo avevo chiesto io, piuttosto che per tornare nelle grazie del venerabile Machoke…- Brock sorrise. Machop era riuscito, nel frattempo, a consegnare una scarica di pugni che Hariyama aveva incassato senza riuscire a difendersi. Ecco che Hariyama indietreggiò di qualche passo, preparandosi al suo colpo migliore.

Brock: -Diciamo piuttosto che le sue intenzioni primordiali erano quelle di voler entrare a far parte del clan dei Machop e di voler chiedere ad Hariyama la rivincita, ma da quando ha conosciuto Alex… il suo sguardo è cambiato, il suo atteggiamento è cambiato. L’ha capito quasi subito, da quando ha messo al tappeto il Makuhita di sesso femminile, che quello non sarebbe stato più il suo posto, che quella all’interno della comunità non sarebbe più stata la sua vita.- Ash apparve pensieroso. Hariyama era pronto a scatenare la sua furia contro Machop attraverso Sberletese, ma Machop trovò il suo contrattacco parando i colpi fulminei del suo rivale con calci e pugni.

Ash: -Va bene… il ragionamento fila. Ancora non è chiara una cosa… perché non allontanarsi definitivamente da questo posto, invece di rimanere qui e chiedere ad Hariyama la sfida della rivincita?- Hariyama continuò ad agitare le sue possenti braccia contro il suo avversario, il quale si difese bene per un buon periodo di tempo. Dopo qualche minuto, però, Machop decise di rompere i tempi del venerabile Hariyama e di passare alla controffensiva. Le sue mani iniziarono a brillare di luce propria: Machop era pronto per sfoderare la sua tecnica che gli avrebbe permesso di trionfare in quel combattimento.

Brock: -Beh, per due motivi. Il primo, forse quello più evidente, è quello di permetterci di avere la strada libera per proseguire nel nostro cammino. Il secondo… ma non te l’avevo già detto prima? È per riscattare il proprio onore macchiato… forse non solo del piccolo Machop.- Già, Brock aveva perfettamente ragione. Alex e Machop seduti in quell’angolo sperduto, con il giovane lottatore Pokémon quasi incredulo nell’avere constatato che il suo avversario avesse accettato così a cuore aperto la sua richiesta di rivincita… con Alex, accanto a lui, che lo rincuorava e lo incitava a perseverare nella sua decisione. Se non fosse stato per quel ragazzo con gli occhiali… Machop non avrebbe mai imparato la nobile tecnica dell’Introforza.

Un fortissimo boato riempì tutto ad un tratto l’ambiente anfrattuoso della caverna del TunnelRoccioso. Il venerabile Hariyama, usufruendo del suo devastante attacco Breccia, riuscì a penetrare nella difesa disperata di Machop e di impedire che l’attacco dell’Introforza avesse successo. Machop, trovandosi sbilanciato indietro e colpito violentemente al torace da una delle due massicce mani del suo avversario, barcollò e venne scaraventato di diversi metri lontano dalla posizione del capo dei Makuhita. Gli allenatori e gli stessi Pokémon lotta si alzarono dagli spalti, con due sentimenti opposti nell’anima: i ragazzi erano basiti ed attoniti nell’osservare quanto potente fossero gli attacchi di Hariyama; i Makuhita gridavano di gioia e di giubilo nel constatare che il loro venerabile capitano stesse vincendo con scioltezza. Alex osservò ad occhi sgranati il suo nuovo amico, Machop, con le cui energie ridotte quasi al lumicino: a stento riusciva a reggersi in piedi. Le palpebre semichiuse, la posizione di guardia incerta, le gambe traballanti, le mani tremanti: così appariva il giovane lottatore Pokémon agli occhi dell’assistente del Professor Oak. Alex ebbe anche il tempo di osservare i due Machoke che si trovavano seduti in disparte: sembravano due statue di cera, impassibili ed inamovibili. Non era chiaro se stessero facendo il tifo per il loro consanguineo oppure no. Laura si morse il labbro inferiore e scosse lentamente la testa, distogliendo lo sguardo dal Pokémon che stava per avere la peggio.

Laura: -Machop… Machop sta per perdere. Ora che cosa può fare?- Il maestro di Pokémon, con le braccia incrociate al petto, non rispose immediatamente al quesito angoscioso della sua allieva. Non staccò gli occhi da Machop, il quale non sembrava avesse intenzione di abbandonare lo scontro.

Ash: -Deve trovare lo spirito e l’astuzia necessaria per vincere questo incontro. Mi rendo conto che è davvero dura sottomettere un colosso come Hariyama, ma ne va del suo onore. E del nostro cammino nel cuore del TunnelRoccioso.- Alex, in preda ad una agitazione incontrollata, non volle ascoltare le lente ma impietose riflessioni del suo maestro e, scattando all’improvviso in piedi, si portò le mani a conchetta intorno alla bocca e, gridando come un ossesso nella direzione di Machop, gli urlò il suo sostegno.

Alex: -Coraggio Machop! So che ce la puoi fare! Devi solo trovare la tempistica giusta per sbaragliare il tuo avversario!- Machop si voltò per un istante per osservare negli occhi l’umano che lo aveva esortato a rimettersi in piedi ed a reagire nel momento più buio della sua esistenza. I loro sguardi si incrociarono per qualche secondo, e nel cuore del giovane lottatore Pokémon tutto finalmente fu chiaro.

Le parole del Master Machoke…

Solo con la forza dello spirito si potrà lavare l’onta subita.

L’Introforza.

L’Introforza. Tutto divenne indistinto e brumoso intorno a lui, salvo l’allenatore con gli occhiali. Il tempo parve addirittura fermarsi. Ora aveva capito. L’Introforza era il nuovo ed indissolubile legame che univa ed intrecciava i destini di Machop e di Alex, insieme avevano lavorato perché fosse possibile apprendere la nobile arte della contemplazione dello spirito. Lo spirito finalmente si era risvegliato, la tecnica in sé e per sé non era fondamentale per vincere lo scontro.

Il tempo tornò a scorrere lentamente, sempre più frenetico e veloce. Si accorse appena in un lampo di secondo che Hariyama era nuovamente sopra di lui, lanciato ancora una volta nel suo attacco Breccia. Machop si scansò, buttandosi letteralmente alla sua sinistra. Il pugno a martello di Hariyama sprofondò nel terreno, causando un nuovo fragore assordante e una nuova pioggia di pietre e schegge di sassi, i quali si scagliarono dappertutto ad una velocità supersonica.

Ma certo, era chiaro! Il messaggio di Machoke era lampante: la forza dello spirito non era nient’altro che la ricerca del coraggio nel trovare la propria strada nella vita. Machop era sicuro di averla individuata… l’Introforza era il punto d’unione tra lui e il suo nuovo amico, il ragazzo con gli occhiali.

E fu da quel punto di unione che avrebbe tratto la sua vittoria contro Hariyama.

Il vociare inconsulto dei Makuhita divenne ben presto rintronante alle orecchie dei ragazzi, ma Machop parve diventare sordo alle loro grida quasi disumane. Hariyama gli stava dando le spalle, impegnato a liberare il suo braccio destro dalle rocce che quasi lo avevano seppellito dopo avere quasi smottato il terreno ai suoi piedi. Era giunto il momento di contrattaccare, di colpire l’avversario, di vincere! Osservò per l’ultima volta Alex, capì che era il momento giusto per cogliere nel segno il suo obiettivo. Machop intersecò le braccia a X, chiudendo i pugni, come se volesse proteggersi da un attacco frontale di un avversario. Le sue mani, improvvisamente, si illuminarono di una luce immacolata ed accecante ed intorno a lui si formarono dal nulla misteriose sfere di luce, dapprima poche, poi sempre più numerose che iniziarono a girare vorticosamente intorno a lui. Queste sfere seguivano due rettilinei indipendenti l’uno dall’altro, ma entrambi sembravano che fossero trattenuti con fatica per essere rilasciati con violenza successivamente.

Questo istante finalmente avvenne e, con un grido quasi da far spaccare i timpani ai presenti, aprì le braccia e le portò al cielo. Le sfere di energia create ed accumulate si fermarono all’unisono e, come fossero guidate a distanza, si proiettarono ad una velocità incredibile verso il loro obiettivo, Hariyama. Il disgraziato ebbe solo il tempo di voltarsi e di osservare impotente il rapido svolgersi degli eventi. L’Introforza ebbe successo, colpì con violenza il suo obiettivo, ebbe anche la particolare abilità di confondere il Master dei Makuhita, che dopo qualche passo andò a terra con un fragoroso schianto. Le grida dei Makuhita cessarono di colpo, gli occhi di tutti i presenti erano indirizzati verso Hariyama caduto a terra. Persino i Machoke si sporgevano dalle loro posizioni per osservare meglio l’accaduto. I ragazzi, con il cuore in gola, non osarono fiatare per non rompere l’incantesimo misterioso del momento. I Dratini, fermi nelle loro posizioni, aggrovigliati attorno al collo dei loro allenatori, trattenevano addirittura il respiro. Passarono diversi secondi, lenti, inesorabili, interminabili. Hariyama non si rialzò più.

 

-Hai svolto un ottimo lavoro.- La voce roca del Master dei Machop risuonò celestiale alle orecchie del vincitore, Machop. Il giovane lottatore Pokémon, vittorioso contro il venerabile Hariyama, era stato addirittura agguantato dai Machoke e dai ragazzi e portato al cielo, in segno di vittoria contro Hariyama. I Makuhita non furono arrabbiati contro Machop, anzi applaudirono sportivamente il Pokémon e furono più sollevati nel constatare quanto desiderio di espiazione possedesse un membro della fazione opposta. Rapidamente Machop fu condotto al piano sottostante (non prima di aver fatto riprendere Hariyama con una Superpozione di Ash) e portato direttamente nella nicchia dove stava seduto a gambe incrociate la guida dei Machop, scortato dalle guardie e dagli allenatori. Il territorio dei Machop era somigliante a quello dei Makuhita: anche loro possedevano zone coltivate, casette di pietra, luoghi dove allenarsi e anche per raccogliersi in preghiera e in contemplazione. Gli allenatori furono accolti dal venerabile Machoke a braccia aperte e poterono assistere al pubblico perdono nei confronti di Machop.

-Hai trovato la fiducia in te stesso ed hai sconfitto valorosamente Hariyama. Hai anche imparato l’arte dell’Introforza. Congratulazioni.- Machop si sentiva al settimo cielo, ma qualcosa di impalpabile sembrò incrinare quella situazione di assoluta letizia. Quella sensazione divenne una certezza quando Alex si fece avanti ed appoggiò una mano su una spalla del suo nuovo amico. Machop rabbrividì vistosamente.

Alex: -Questo significa… che Machop può tornare a far parte del vostro clan?- La risposta fu affermativa. Machop alzò lo sguardo alla sua sinistra fino ad incontrare gli occhi di Alex. No, non era quello che voleva, non aveva lottato per questo.

-Certo. Questo io volevo da Machop. Machop ha trovato il suo io interiore e lo ha utilizzato per rimediare ad un grave errore. Può tornare nel nostro clan. Voi – ed indicò gli allenatori – siete liberi di andare.- Tutto questo venne tradotto alla buona da Pikachu. Ash, Laura e Brock furono contenti sia per Machop che per loro stessi, il problema finalmente sembrava essersi finalmente risolto. Alex si inginocchiò per osservare dritto negli occhi Machop, il quale non sembrava essere molto convinto della decisione del Master.

Alex: -Machop… hai vinto. Non sei contento? Finalmente potrai tornare a vivere nel clan. Sei un eroe! Hai sconfitto Hariyama!- Non era quello che Machop voleva. L’Introforza era stata possibile solo con l’incondizionata fiducia che Alex riponeva in Machop e viceversa. Non era servita solo per soddisfare una richiesta del suo mentore. Alex si risollevò faticosamente in piedi e, impugnando con decisione la stampella, indietreggiò di qualche passo e, nuovamente unitosi ai suoi amici, osservò ancora una volta il giovane lottatore Pokémon. Machop, in quel momento, si trovava alla destra del venerabile Machoke, mentre le due guardie si erano disposte al fondo della nicchia, a braccia conserte.

Alex: -Beh… direi che è giunto il momento di salutarci. Le nostre strade si dividono. Noi dobbiamo proseguire nel nostro cammino… ma ti prometto che tornerò qui, tornerò a salutarti e vederti allenare insieme ai tuoi simili.- Machop vide il suo nuovo amico allontanarsi di qualche passo insieme ai altri componenti del gruppo, diretti verso le scalinate che conducevano verso la fine del TunnelRoccioso e la piccola foresta che dava finalmente all’esterno. Li seguì con lo sguardo fino a che i ragazzi non divennero così piccoli e così distanti che non riuscì più ad osservarli.

-Cosa stai facendo qua?- La voce placida ma decisa del Master dei Machop si accese all’improvviso, spaventando Machop. Il Pokémon si voltò verso il venerabile Machoke, il quale aveva corrugato leggermente le sopracciglia. Le rughe intorno agli occhi si accentuarono leggermente.

-Il tuo sguardo parla chiarissimo. La scelta l’hai fatta sul campo di battaglia. Cosa stai aspettando?- Machop non si sentiva sicuro di andare a fondo nella sua scelta. Il sorriso sincero del suo mentore ed i suoi occhi vivaci però, lo rinfrancarono un poco, e finalmente prese la sua decisione.

 

Finalmente i ragazzi erano fuori dal TunnelRoccioso. Come previsto dal Master dei Pokémon, ne uscirono soltanto a sera inoltrata. Il sole era scomparso da parecchio tempo dall’orizzonte, ma ancora una fioca luce rossastra si intravedeva oltre le colline scure che separavano Lavandonia dal tratto pescoso che portava alla città di Fucsiapoli. Ancora un’ora di marcia, al massimo due, prima di poter mettere finalmente piede nel Centro Medico per Pokémon di Lavandonia.

Laura inspirò a pieni polmoni la frizzante aria autunnale che spirava in quei dintorni. Provò un singolare sollievo nel riabbracciare il puro ossigeno montano che penetrava dolcemente nei suoi bronchi. Non le importava di tutto quello che era capitato in quella giornata ricca di avvenimenti… l’incontro con il signor Sam Macmadison, il ritorno del Team Richardson, il cammino verso la Centrale Elettrica, i Mareep e i Flaaffy, Zapdos, il TunnelRoccioso… tutto questo in una sola giornata. Ancora stentava a crederci. Eppure appariva come un ricordo ormai lontano. La sua Dratini, appollaiata sulla sua spalla sinistra, le stava sorridendo.

Ash e Brock si sentirono molto più sollevati all’idea di poter finalmente andare a riposare in un Centro Medico per Pokémon dopo le scorribande intense della giornata. Avevano percorso un bel tratto di strada in neanche 24 ore. Erano partiti di buon ora da Miramare, e in serata erano già arrivati a Lavandonia. Non male, avevano recuperato parecchio sul tabellino di marcia. Certo, nessuno vietava loro di proseguire verso sud per Zafferanopoli, ma il viaggio non sarebbe stato così esaltante come lo ebbero constatato fino a quel momento. Pikachu e Mareep, inoltre, diedero sfoggio delle loro abilità di mantenere la concentrazione nel periodo in cui dovettero raccogliere le forze per mantenere il loro Flash per illuminare il passaggio dei ragazzi nei meandri del TunnelRoccioso. Insomma, un viaggio più entusiasmante di quello non avrebbe mai potuto verificarsi.

Tutti erano contenti, insomma. Anzi, non proprio tutti. Alex, leggermente scuro in volto, camminava lentamente aiutato dalla sua stampella e teneva lo sguardo incollato al suolo. Stavano camminando per uno stretto sentiero di terra battuta, circondato da una oscura prateria e varie depressioni piuttosto accentuate: questo sentiero proseguiva in linea retta, salvo ondularsi dolcemente in alcuni tratti della strada, in direzione di una città di grandi dimensioni, proprio situata in fondovalle. La città di Lavandonia, illuminata quasi fosse a giorno. Il Maestro di Pokémon, ringalluzzito alla vista della prossima città, riuscì a trovare la forza di ridere e di aumentare la velocità del suo passo. Pikachu fu con lui, accovacciato sulla sua spalla.

Ash: -Ragazzi, finalmente ci siamo! Lavandonia è a pochi passi, se arriviamo in tempo forse ce la possiamo fare per l’ora di cena!- Trovò il rapido assenso di Brock, Laura, Dratini e Mareep, ma appena voltò lo sguardo verso Alex, notò il suo sguardo assente e lo fissò per un certo periodo di tempo. Sembrava quasi che il suo allievo stesse perdendo tempo.

Ash: -Alex… c’è qualcosa che non va?- Alex, sentendosi chiamato in causa, alzò di scatto la testa e osservò il suo maestro con occhi sgranati. Il Dratini di proprietà del ragazzo con gli occhiali era anch’egli perplesso e tradiva un senso di preoccupazione, che si leggeva chiaramente negli occhi del draghetto.

Alex: -Beh, io.. non so come spiegartelo… cercherò di essere conciso. Credo di essermi affezionato a quel Machop…- Anche Laura e Brock si fermarono e decisero di voltarsi verso il loro compagno di viaggio. Stavano sorridendo, ma era difficile scorgere i loro volti in quel buio penetrante, e quella notte senza luna rendeva il tutto ancora più tenebroso. Ash comprese i sentimenti del suo allievo, e gli parlò.

Ash: -Capisco che cosa provi. Hai condiviso con lui i momenti più brillanti della sua vita. È stato grazie a te che ha imparato Introforza, lo sai?- Adesso l’attenzione dell’assistente del Professor Oak era completamente concentrata sul maestro di Pokémon. Poco fa, mentre Alex parlava, ogni tanto si girava ad osservare l’uscita del TunnelRoccioso.

Alex: -Ma se non fosse stato per te e per Machamp…- Ash ridacchiò e strinse le mani sulle bretelle del suo zainetto.

Ash: -Ah, noi ci siamo limitati a far osservare a Machop come eseguire la tecnica. Sei stato tu ad incitarlo, a sostenerlo, ad incoraggiarlo… a credere in lui.- Brock e Laura annuirono, dando ragione al loro amico con il berretto.

Laura: -Sì! Sei stato incredibile nel ruolo di allenatore di Machop, gli hai dato tanti buoni consigli e hai creduto in lui fino alla fine!- Già, Alex aveva creduto in Machop, soprattutto nel periodo di tempo in cui si era verificato il match tra il piccolo lottatore Pokémon ed il venerabile Hariyama. Aveva creduto in lui, non aveva smesso un solo secondo di porre una fiducia incondizionata in Machop. Anche quando le cose si stavano mettendo male per il suo nuovo amico, aveva mantenuto alto il livello del tifo. Machop aveva ripagato la sua fiducia con una vittoria. E la vittoria era arrivata grazie alla tecnica che aveva imparato grazie ad Alex, la tecnica dell’Introforza. Alex sorrise: era stato bello aiutare quel Pokémon, ma ora bisognava andare avanti.

Alex: -Sì… sarebbe stato bello averlo in squadra… continuare ad allenare Machop, ma il suo posto è nel clan… ha lottato così duramente per riuscire a rimediare al suo errore… non mi è sembrato giusto portarlo via dai suoi simili.- Brock sorrise di rimando. Bulbasaur, adagiato nello zainetto dell’ex capopalestra di Plumbeopoli, stava dormendo della grossa.

Brock: -Beh, il tuo gesto è più che nobile. Qualcuno, però, non sembra essere d’accordo con il tuo ragionamento.- Alex non comprese dapprincipio le parole del suo amico, ma quando notò che un braccio di Brock era steso verso una direzione alle spalle del ragazzo con gli occhiali, con un dito puntato, comprese. L’allievo di Ash si voltò di scatto e una figurina scura, avvolta nel buio della notte, faceva capolino dalla volta d’uscita del TunnelRoccioso. Con passo spedito si diresse proprio verso i quattro allenatori e, senza neanche dare il tempo ad Alex di pronunciare una sillaba, spiccò un balzo e si gettò letteralmente tra le sue braccia. Il ragazzo, impreparato, lasciò andare la stampella e cadde a terra seduto. Abbracciò il Pokémon che tanto aveva aiutato in quelle ore, e che tanto aveva ripagato la sua fiducia: Machop aveva deciso di unirsi alla squadra di Alex e di seguire il sogno del suo nuovo allenatore, che li avrebbero portato lontani dal luogo in cui si trovavano ora.

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Capitolo 32
*** 30 - Un incontro nelle nebbie ***


Il gruppo di ragazzi, appena varcata la soglia dell’ingresso della città di Lavandonia, fu letteralmente sommerso dalle luci al neon dei lampioni, delle insegne dei negozi, dei semafori e di ogni altra cosa. Lavandonia si presentò così agli occhi quasi accecati degli allenatori: pianta quadrata, le vie erano quasi disegnate con il righello, senza alcuna curva. Le strade erano state costruite una perpendicolare all’altra, in un mistico dedalo di luce vivente. In ogni angolo di ogni strada, infatti, era stata costruita una fonte di luce: un lampione, un’insegna stradale al neon, un semaforo, e poi da capo un lampione, un’insegna al neon, un semaforo. La gente era stranamente abituata a vivere in simbiosi con tutta quella luce artificiale: nei marciapiedi della città tutti apparivano lesti e stranamente iperattivi, data l’ora tarda. Nel centro della città, inoltre, nel parco cittadino (illuminato a giorno anche questo), era stata costruita un’enorme torre orologio, che recava nel suo quadrante quadrangolare (visibile dunque da tutte e quattro le direzioni) una chiarissima definizione di orario analogico e digitale allo stesso tempo. Le dieci di sera. Il rimbombo delle campane interne risuonò alle orecchie di tutti i viandanti e ciò non fece altro che aggiungere altro sprint ai loro passi già fin troppo spediti. Più di una volta gli allenatori si scontrarono spalla contro spalla con i passanti, senza che questi si degnassero di voltare lo sguardo e chiedere scusa (e senza neanche attendere una risposta di scusa da parte dell’altra persona).

La città pareva essere costruita intorno a questo mastodontico orologio digital-analogico: sembrava fosse il punto nevralgico di tutta la città. Il parco che accoglieva quest’enorme costruzione era gigantesco: migliaia e migliaia di metri quadri di verde, migliaia di alberi di ogni tipo, sentieri di terra battuta a non finire, decine di laghetti e innumerevoli Pokémon abitanti costituivano questa “riserva naturale”. E per non parlare delle panchine e degli immancabili lampioni.

Le strade erano strette e tutte uguali, i palazzi identici l’uno all’altro. Se non fosse stato per i negozi (fortunatamente uno diverso dall’altro) e per il nome delle vie, i ragazzi sarebbero ben presto impazziti in quella città così apparentemente simile a Zafferanopoli. Il fatto strano fu che Lavandonia, dieci anni prima, era un villaggio tranquillo e popolato da persone altrettanto tranquille. Ora la città appariva agli occhi stralunati di Ash e Brock tale e quale a quella di Zafferanopoli. Più di una volta il Maestro di Pokémon si domandò di avere sbagliato strada e di essere davvero capitati nella città di Sabrina, la capopalestra di quella città.

Finalmente gli amici raggiunsero una costruzione in cemento armato che assomigliava in tutto e per tutto ad un Centro Pokémon: palazzo un poco più basso rispetto agli altri, dal tetto a spiovente colorato di rosso, un poco dislocato rispetto al caos equilibrato della città. Addirittura gli allenatori si fiondarono all’interno dell’edificio con una dolce letizia in corpo: finalmente avrebbero potuto trovare un tiepido ristoro in quella notte che si preannunciava più fredda delle precedenti.

L’androne del Centro Medico per Pokémon si mostrò molto austero e decisamente diverso da come se lo ricordava Ash: locali dall’area perfettamente quadrata, stanze una identica all’altra, soffitti alti e mura completamente bianche, ma ciò non importò agli occhi dei ragazzi, nel vano d’ingresso si stagliava infatti un’enorme segnaletica che recava scritto nel dettaglio qualsiasi direzione intraprendere per indirizzarsi verso qualsiasi reparto specifico. L’attenzione si focalizzò nella scritta: “Area ristoro – 2° Piano”. Gli occhi di Laura si illuminarono di gioia quando lesse quella scritta.

Laura: -Finalmente possiamo riposarci!- La giornata era stata lunga e piena di impegni, ma nonostante la stanchezza, erano soddisfatti per come erano andate le cose. I ragazzi presero l’ascensore e, una volta aperte le porte, un manifesto colorato di rosso accolse gli allenatori, appeso con una riga di nastro adesivo sulla parete di fronte. Gli occhi della figlia dei Ferguson caddero immediatamente sul volto della persona impressa su quel manifesto: quel tipo non era altri che Jim Sheridan, la sua rock star preferita! Aveva la sua cameretta nell’Ostello di Plumbeopoli completamente tappezzata dai suoi poster. I ragazzi neanche si accorsero dell’esistenza di quel manifesto, ma Laura sì. Mentre gli altri componenti del gruppo parlavano tranquillamente mentre l’ascensore saliva al secondo piano, la ragazza dagli occhi verdi lesse avidamente l’annuncio presente su quel manifesto rosso.

Ash: -Domani possiamo anche prendercela con calma. Abbiamo fatto molta strada quest’oggi, Zafferanopoli non è molto distante da qui. Alex – ed osservò il suo allievo – stai bene?- Il ragazzo con gli occhiali ancora teneva il mano la Mega Ball che aveva permesso all’allenatore di catturare Machop. Tuttora non riusciva a capacitarsi di avere catturato il suo quarto Pokémon… addirittura il Machop che aveva aiutato ad apprendere Introforza nel TunnelRoccioso. Sprovvisto di Poké Ball (l’ultima l’aveva regalata a Timmy per permettergli di catturare Oddish) Alex aveva adoperato una delle due Mega Ball che il signor Sam Macmadison gli ebbe regalato quella stessa mattina, per ringraziarlo di avere salvato l’Asilo dei Pokémon Erba dall’attacco di Elio e Cassandra del Team Richardson. La sua mente divagava ancora ai momenti in cui il suo Machop – il suo Machop! – lottava strenuamente contro Hariyama. La voce del Master dei Pokémon lo richiamò al presente e, dopo avere dato un ultimo sguardo alla Mega Ball prima di porla nella cintura Porta Poké Ball, annuì. Il suo Dratini, avvolto intorno al collo del suo allenatore, era caduto in una sorta di catalessi, così come la Dratini di Laura. Pikachu sembrava essere ancora in forze, mentre il Bulbasaur di Brock dormiva placidamente nello zainetto dell’allevatore di Pokémon.

Brock: -Incredibile… Lavandonia è diventata una vera e propria metropoli… sinceramente me la ricordavo diversa. Che fine ha fatto la Torre Pokémon?- La Torre Pokémon… l’edificio adibito a contenere i resti mortali dei Pokémon deceduti. Ash se lo ricordava molto bene, era stato in quel luogo che catturò Haunter. Chissà cosa stava facendo Haunter in quel momento… all’epoca l’aveva regalato a Sabrina.

Ash: -Ho sentito dire che l’hanno demolita, per poterla ricostruire in un altro luogo. Sembra che l’abbiano riedificata ai margini della città, prima era proprio nei pressi del centro di Lavandonia.- Uno squillo elettronico di campanello informò i ragazzi che erano giunti al secondo piano dell’edificio. Le porte verde rame si aprirono lentamente, permettendo ai ragazzi di poter proseguire. I ragazzi uscirono dall’ascensore, ma Laura non seguì i suoi amici. Ash ebbe appena il tempo di voltarsi, vedere le porte dell’ascensore richiudersi e la sua allieva gridare: -Tornerò dopo!-. Il maestro di Pokémon ebbe intenzione di seguirla per capire dove volesse andare, ma la mano ferma e decisa di Brock sulla sua spalla e un profumino squisito di carne lo fecero ben presto cambiare idea.

 

Ormai era notte fonda. Laura era tornata dai suoi amici un quarto d’ora dopo, e tutti insieme avevano mangiato alla mensa del Centro Medico per Pokémon. Mentre i cari Pokémon venivano curati dalle sapienti mani dell’infermiera Joy, gli allenatori cenarono ed andarono a letto quasi subito. I piani superiori erano quasi tutti adibiti ad accogliere gli allenatori di Pokémon che avevano il desiderio di fermarsi la notte. Ash, Brock, Laura e Alex si fermarono in una stanza al quarto piano, con quattro letti a disposizione. Erano a castello, nessun tipo di problema. Sembravano camere di un albergo: camera da letto con bagno, più balcone che si affacciava sulla via principale della città. I corridoi dei vari piani dell’albergo adattato a Centro Medico per Pokémon possedevano una certa classe: pavimenti di marmo, tappeti rossi splendenti, alle pareti quadri d’autore e lucernari a mezzaluna appesi alle pareti. Gli interni, poi, facevano un poco di invidia in confronto all’Ostello di Plumbeopoli. Il prezzo da pagare, ovviamente, fu abbastanza caro. Ma nulla importò ai stanchi viaggiatori, né della classe dei lampadari, né delle sciccherie contenute nei bagni d’avorio e di ceramica. A loro importò unicamente di gettarsi sui morbidi letti e di dormire profondamente, fino a mattina inoltrata. Con gli allenatori erano rimasti Pikachu, Bulbasaur ed i due Dratini, amici inseparabili.

Notte fonda, si diceva. Tutti dormivano profondamente, tranne uno. Alex, sdraiato nel letto inferiore a destra, non riusciva a chiudere occhio. Gli avvenimenti di quella giornata lo avevano emozionato a tal punto da non permettergli di dormire. Si sentiva ancora terribilmente entusiasmato per la cattura di Machop e, sebbene fosse mezzanotte passata, il sonno ancora non volle accogliere la mente del ragazzo con gli occhiali. Si girò e si rigirò nel letto di piume, ora su un fianco, ora a pancia in giù. Osservò i comodini sistemati agli angoli della stanza: belli a vedere, ma praticamente inutili. Si costrinse a chiudere gli occhi, nel vano tentativo di trovare il sonno tanto agognato, ma non ci riuscì. Accanto a lui, accoccolato sul cuscino, Dratini era ancora sveglio, come il suo allenatore. La sua mente però era più annebbiata, ma non al punto da farlo dormire. Vide il suo allenatore alzarsi lentamente, togliersi il pigiama e rivestirsi in assoluto silenzio. Gli altri ragazzi dormivano, nessuno si mosse e tutto era avvolto nelle tenebre più fitte. Le luci dei lampioni non raggiungevano l’altezza del quarto piano del palazzo e nel cielo la Luna era scomparsa.

Dratini: -Dove vai?- La voce del draghetto era ovattata per la stanchezza, e Alex si voltò per osservare in volto il suo amico squamoso.

Alex: -Non ho sonno. Vado a fare un giro…- Appena l’assistente del Professor Oak indossò il giaccone blu, Dratini scivolò dal letto sulla sua spalla. Il ragazzo sorrise e recuperò gli occhiali e la stampella appoggiati vicini al comodino.

Alex: -Ok, mi correggo. Andiamo a fare un giro.- Alex, in punta di piedi, lasciò la stanza. Non si preoccupò di recuperare lo zainetto, né PokéDex, né tantomeno le altre sfere Poké (che erano ancora sotto, al Centro Medico per Pokémon). Aprì la porta lentamente, ed immediatamente la luce soffusa del corridoio inondò la buia stanza. Un mugolio colse impreparato Alex, il ragazzo si voltò di scatto, ma nulla accadde. Tutto era nuovamente quieto. Alex scivolò silenziosamente oltre la porta e la richiuse dolcemente.

Avviandosi verso l’ascensore con Alex, Dratini si svegliò completamente. Nel corridoio faceva molto più fresco rispetto all’interno della camera, ed un leggero brivido gli percorse il corpicino. Alex non si era dimenticato del suo amico Pokémon: tra i vari indumenti che Laura gli aveva procurato mentre lui era ricoverato nell’ospedale di Celestopoli, vi era una piccola sciarpa rossa che Alex non indossava mai. Il ragazzo con gli occhiali decise di farla indossare al suo Dratini, il quale apprezzò il regalo. L’avvolse intorno al suo collo, e la fissò con un nodo semplice. Non era granché come protezione contro il freddo, ma era sempre meglio di niente.

Dratini: -Dove vuoi andare?- La domanda fu pronunciata quando Alex e Dratini erano ormai nelle prossimità dell’ascensore. La stampella non aveva fatto alcun rumore, il tappeto aveva attutito ogni suono, anche quello delle scarpe.

Alex: -Vorrei camminare un po’ nel parco… quest’aria di città è troppo polverosa.- Dratini annuì, e fu felice di poter assaporare nuovamente l’odore degli alberi, dell’erba e della flora in generale. L’umidità presente nel TunnelRoccioso l’aveva fatto un po’ raffreddare e colare il naso, e la sciarpa che ora aveva lo teneva discretamente al calduccio. L’ascensore si mosse con discrezione e con solenne calma, facendo quasi attenzione a non svegliare gli altri inquilini di quel mastodontico hotel a quattro stelle adibito a Centro Medico per Pokémon. L’ambiente all’interno di quell’ascensore era confortevole e sicuro, ma Alex si sentiva stranamente a disagio. Dratini si accorse immediatamente della sua sinistra ansia e lo guardò perplesso, senza però domandargli nulla. Per la domanda di poco prima, il suo allenatore aveva impiegato un bel pezzo prima di rispondere. Fu lo stesso Alex a rompere improvvisamente il ghiaccio che si era formato tra loro.

Alex: -Domani torneremo ad allenarci. La prossima palestra è a Zafferanopoli, non è molto lontana da qui. Ci aspetterà una bella sfida…- Dratini sorrise, contento di rimettersi nuovamente all’opera. Adesso il team si era allargato con l’approdo di Machop, le varie tattiche di combattimento sarebbero divenute molto più ostiche per il suo allenatore con gli occhiali. La scelta su chi schierare per primo sul campo di battaglia, quali mosse eseguire, da soli oppure in coppia… no, non era assolutamente semplice. I Pokémon erano sempre messi a dura prova con allenamenti, mosse da imparare e strategie, ma anche gli umani allenatori avevano il loro gran bel daffare.

Ma ecco, le porte dell’ascensore si erano aperte, ed il campanello squillò con delicata moderazione. Alex e Dratini si guardarono intorno, ma non trovarono nessuno ad accoglierli. L’androne del pian terreno era praticamente deserto. “Sfido io” pensò Alex “sarà mezzanotte passata”. Con passo lento ma deciso, il ragazzo con gli occhiali si indirizzò verso le porte di uscita, porte automatiche che permisero il passaggio dei due amici senza alcun rumore. Quel palazzo poteva contenere almeno duecento persone, ma era stato costruito a prova di rumore. Non un cigolio si poteva udire, neanche le molle del materasso scaturivano il benché minimo stridio.

L’esterno, in strada, era tutto silenzioso. Una fitta coltre di nebbia era calata all’improvviso, limitando la visuale dei due amici di molto. Si poteva vedere almeno ad una distanza massima di 20 metri, il resto era tutto avvolto da questa strana nebbia che avvolgeva la città come un sudario. Le luci dei lampioni rischiaravano l’ambiente, ed Alex poté osservare la fuliggine della nebbia che danzava nell’aria grazie ai coni di luce. Inspirò l’aria nei polmoni, il dolciastro odore della nebbia subito lo aggredì. L’umidità presente nell’aria non fece altro che aumentare il raffreddore del povero Dratini che, imbacuccato e nascosto nel giaccone di Alex, continuò a starnutire. La testa del draghetto faceva capolino dal colletto dell’allenatore e, per un momento, Alex pensò che lui e il suo amico Pokémon sembravano essere un’unica cosa, un’unica persona.

Alex: -Stai bene, Dratini? Se vuoi, possiamo tornare indietro- Il draghetto scosse la testa e allungò il collo affusolato verso nord est, precisamente verso una fonte di luce verdastra situata piuttosto in alto rispetto al livello della terra. Alex strizzò gli occhi per osservare meglio quella grossa scritta e si accorse dopo un po’ che era l’orario digitale della torre orologio del parco di Lavandonia. La scritta, con un po’ di attenzione, recava la dicitura “00:24”. Alex decise dunque di dirigersi verso quella direzione, perché sapeva che l’orologio era stato costruito proprio in mezzo al parco cittadino.

Camminando con tranquillità per mezzo della sua stampella, Alex si inoltrò sempre più in una nebbia che appariva più densa mano a mano che si avvicinava al parco della città. Dratini canticchiò una canzoncina che aveva ascoltato poco prima nel Centro Medico per Pokémon e fu l’unico suono udibile in quel momento, oltre allo scalpiccio delle scarpe di Alex e del rumore metallico della sua stampella sul marciapiede. Il ragazzo con gli occhiali non poté neanche osservare il paesaggio cittadino, talmente la nebbia era concentrata. Qualche volta apparivano le insegne dei negozi, ma era tutto chiuso e se non fosse stato per la luce dei lampioni, non si sarebbe potuto vedere nulla. Il quadrante dell’orologio ormai era molto vicino e, dopo dieci minuti di camminata e di nebbia assoluta, finalmente Alex varcò il cancello di ferro del parco cittadino. L’atmosfera era un po’ sinistra con tutta quella nebbia e quel silenzio opprimente: tutto appariva calmo, troppo calmo per i gusti di Alex. Neanche un Pokémon era ancora sveglio in quel momento, tutti dormivano placidamente nei loro rifugi e nelle loro tane. Addirittura Dratini smise di canticchiare, talmente il silenzio lo schiacciava moralmente.

Dratini: -Forse… forse non è stata una buona idea giungere al parco a quest’ora della notte, poi con questa nebbia…- Non era neanche possibile osservare la bellezza del paesaggio floreale. Neppure un albero era possibile distinguere in quella fittissima nebbia e, tanto per rendere l’atmosfera ancora più inquietante, le luci dei lampioni del parco non tutte funzionavano.

Alex, fin da piccolino, era ossessionato da un punto in particolare: l’esistenza degli alieni. Non avendo mai avuto a che fare con la grandiosa specie dei Pokémon, il ragazzo con gli occhiali era solito leggere racconti di avventura e di fantascienza, e nel suo immaginario si era prefigurato immagini di grandi eroi che combattevano contro mostri malvagi, creature abominevoli, esseri provenienti da un altro pianeta. Da allora, Alex ha sempre avuto la paura di incontrare un essere proveniente dalle stelle. Quando riuscì a osservare per la prima volta un Pokémon con i suoi stessi occhi, per poco l’ultimogenito dei Blake non ci perse la vita dallo spavento: era convinto di avere a che fare con extraterrestri. Adesso, che era diventato un allenatore di Pokémon a tutti gli effetti, ripensò alle sue ingiustificate fobie e rise della sua fifa.

Alex: -Forse hai ragione… non pensavo ci fosse così tanta nebbia… per di più, non c’è nessuno a quest’ora della notte…- Non terminò neppure la frase che la sua riflessione sul fatto che lui e Dratini fossero da soli nel parco venne giudicata infondata. Qualcuno era presente nel parco, si potevano udire delle voci provenire dalla zona centrale del parco.

Incuriosito da quelle voci e soprattutto desideroso di chiacchierare con qualcuno, Alex si inoltrò nei tortuosi sentieri di terra battuta impregnati di nebbia con un certo stato di inquietudine nel corpo. Le viuzze erano tutte curve, alcune volte procedevano a zigzag, addirittura i percorsi tornavano indietro formando una curva stretta. Più di una volta Alex temette di aver perso la strada, ma le voci di quei personaggi si sentivano sempre più chiaramente: segno che il ragazzo ed il suo Pokémon si stavano dirigendo nella giusta direzione.

La zona centrale del parco era divisa da tutto il resto da una sottile striscia di fiume, che attraversava la riserva naturale orizzontalmente e che isolava il lembo di terra dove era stata costruita la grande torre ad orologio. La zona centrale appariva più come un’isola dove i punti di collegamento furono ponticelli di legno con ringhiere in ferro ed ottone. La nebbia in quel punto si mostrava quasi palpabile talmente era fitta in quella zona. I ponti, si diceva, erano presenti in quel parco, e ve ne erano parecchi che attraversavano il fiumiciattolo che scorreva tranquillo nel suo letto. Alex, giungendo da sud, dovette attraversare solo due ponticelli prima di arrivare finalmente sull’isolotto centrale dove era presente la torre e dove erano presenti quelle persone che stavano chiacchierando sommessamente. La nebbia era però così fitta che Alex dovette vagare a lungo prima di osservare la silhouette di due persone… di cui una delle quali sembrava non appoggiare i piedi a terra.

Alex e Dratini sgranarono gli occhi dal terrore quando osservarono queste due persone, o almeno le loro sagome: nei pressi della grande torre ad orologio costruita interamente di ferro, vetro e mattoni, una figura era alta, slanciata, dai grandi capelli color mogano, appoggiata di schiena contro la parete nord della torre. L’altra figura, quella che sembrava fluttuare in aria, apparve in tutta la sua oscurità: un drappo completamente nero l’avvolgeva come un sudario. Il fatto che questa seconda figura fluttuasse in aria riempì il cuore di Alex di puro e genuino terrore: i suoi pensieri fluttuarono e si depositarono immediatamente sulle stravaganti storie fantascientifiche sugli alieni che leggeva da bambino. Che quella figura davanti a lui fosse un alieno? Ma l’altra persona… non ne aveva timore? Dratini, terrificato anch’egli dalla visione di quei due misteriosi personaggi, tremò come una foglia e fece rabbrividire anche il petto di Alex, talmente il povero draghetto si dimenava sotto il suo giubbotto.

Dratini: -Alex… ti prego, andiamo via! Ho paura!- Anche lo stesso ragazzo con gli occhiali volle scappare via, ma qualcosa di imprevisto accadde. Forse per la paura, forse per il freddo che era calato nel suo animo, forse per disattenzione, ad Alex cadde la stampella di mano. Quella zona di pavimento dell’isolotto era completamente costruita in pietra levigata, e quando la stampella andò a cozzare contro il selciato, il rumore che ne scaturì spaventò quasi tutti i presenti nel parco. Alcuni Pokémon volanti dormienti appollaiati sugli alberi fuggirono all’unisono, sbattendo con foga le ali e spiccando il volo. Alcuni Pokémon d’acqua sbucarono fuori dai laghetti, creando un gorgoglio sinistro di sottofondo dovuto al continuo inabissarsi ed emergersi sul pelo dell’acqua. Fu insomma un fulmine a ciel sereno, con tanto di tuono. Le due figure oscure si accorsero immediatamente della presenza di un intruso nei pressi della torre orologio: la prima ad accorgersi ed a voltarsi fu la silhouette completamente avvolta dall’oscuro drappo. Alex fece solo in tempo ad accorgersi che questa figura possedeva un paio di occhi rosso fuoco luminosi, solo quello, perché non passò neanche un secondo che la nebbia inghiottì questa figura. Svanita, dileguata, scomparsa. Non c’era più traccia di questo personaggio, come se fosse stata un’illusione. Sull’isola centrale erano rimasti solo Alex, Dratini, e l’alta figura dai capelli color mogano, la quale si era staccata dalla parete e si stava dirigendo a grandi passi verso i due spauriti amici. Il volto collerico della donna (sì, Alex riconobbe il volto di una donna) non lasciava a pensare nulla di buono.

-Voi… voi due! Che cosa state facendo qui in giro a quest’ora della notte?! Con una nebbia così fitta, per giunta!- Alex osservò, seppure spaventato a morte, i lineamenti del volto della donna: occhi di un viola scuro, tenebrosi, viso scarno e fronte aggrottata, ma di una bellezza quasi infernale. Era molto alta, la frangia dei suoi capelli nascondeva una parte del viso, un cappotto lungo fino all’altezza delle ginocchia nascondeva tutto il suo corpo (magro). Appena la donna si accorse di essere osservata dal suo interlocutore, la sua ira crebbe nei confronti di Alex e Dratini.

-I bambini come voi dovrebbero immediatamente andarsene a dormire! È molto pericoloso avventurarsi di notte in questi posti!- Negli occhi della donna, però, apparve una luce sinistra che riempì Alex di rinnovato terrore. La donna si avvicinò un po’ di più verso Alex, e le parve di riconoscere il volto del ragazzino.

-Tu… tu devi essere Alex Blake! Maledizione…- Anche Alex riconobbe, dopo un certo periodo di tempo, l’identità della donna. Quella donna così alta e così misteriosa era nientemeno che Sabrina, la capopalestra di Zafferanopoli, considerata il maestro dei Pokémon psico. Che ci faceva lei a Lavandonia a quest’ora della notte? Alex, passata un po’ la fifa, iniziò a subissare la donna di domande, dapprima sbocconcellate e timide, poi sempre più incalzanti e perentorie.

Sabrina non rispose neanche ad una domanda del povero Alex (“Tu sei Sabrina?” “Che ci fai qui?” “Chi era quella persona con cui stavi parlando?” “Perché quella persona fluttuava in aria?”), ma la sua reazione fu nuovamente colma di rabbia. Con un dito della mano, indicò un punto imprecisato a sud ovest e, con voce colma di ira e sdegno, gridò al ragazzino di andarsene.

Sabrina: -Tu hai iniziato il tuo viaggio di allenatore insieme ad Ash Ketchum… torna indietro finché sei in tempo! Tornatene a Biancavilla, il più in fretta possibile! E non osare presentarti a Zafferanopoli!- Le grida della donna non solo stordirono Alex e Dratini, ma li riempirono nuovamente di angoscia e paura. L’assistente del Professor Oak volle controbattere, dicendo che dopo tutto quello che aveva passato sarebbe stata una follia tornare indietro, ma non poté controbattere, perché Sabrina si era dileguata per mezzo del Teletrasporto. Alex e Dratini, ben presto, si ritrovarono da soli, turbati e tremanti, nel ben mezzo del parco cittadino, avviluppati nella più fitta nebbia mai incontrata in vita loro.

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Capitolo 33
*** 31 - Torre Radio a Lavandonia ***


Ed ecco un nuovo capitolo, cercherò di stringere i tempi il più possibile, recuperando il tempo perduto (ahimè). Nei prossimi giorni modificherò tutti i dialoghi dei protagonisti e stravolgerò un po' di cose, se siete così gentili da farmi sapere se la modifica è di vostro gradimento oppure no, fatemelo sapere, grazie! ^__^


Ancora Laura stentava a crederci. Dopo avere letto quel manifesto, credeva di vivere in un sogno bellissimo. A pochi giorni si sarebbe annunciato un concorso di canto, proprio a Lavandonia. Era un concorso di canto molto speciale: ad essere giudicate sul palcoscenico sarebbero state persone normali, accompagnate però da un’orchestra composta da soli Pokémon canterini. Tra i giudici, inoltre, vi sarebbe stato anche Jim Sheridan, la rockstar più amata dalla figlia dei Ferguson e dalle teenager di Kanto. Un’occasione irripetibile, irrinunciabile e soprattutto unica per ottenere un autografo dal grande e fascinoso cantante rock e per osservarlo da vicino, molto vicino.

Il manifesto enunciò l’apertura del concorso con queste parole:

Cittadini della regione di Kanto!

Volete essere stelle della musica per una notte? Sapete cantare? Allora che aspettate, accorrete numerosi ad iscrivervi a Lavandonia, nella Torre Radio! Tra i giudici che selezioneranno le ugole migliori della regione, avremo la guest star Jim Sheridan, l’idolo rock delle folle!

Per i fortunati vincitori del concorso, il premio in palio è una settimana da trascorrere nelle lussuose ville delle più grandi celebrità del canto!” Una settimana intera vicino a Jim Sheridan. Laura ancora non poteva crederci. Una settimana intera accanto al suo idolo! Era un’occasione da prendere immediatamente al volo. Fortunatamente Ash aveva programmato qualche giorno di sosta nella città, anche per ricaricare i Pokémon esausti e rinnovare le scorte di cibo. Laura avrebbe potuto partecipare al concorso senza il timore di vedere i suoi amici presi dalla foga di voler ripartire a tutti i costi. E poi… no, l’occasione di vedere dal vivo il suo idolo di sempre non poteva essere sciupata. Aveva la stanza piena dei suoi poster! Aveva ascoltato tutte le sue canzoni! Avrebbe partecipato a quel concorso…

Con passo spedito, Laura e Dratini si diressero verso il grande edificio che costituiva la Torre Radio di Lavandonia. Questo edificio di ventisette piani, era costruito interamente in vetro, dalla base esagonale. Le vetrate rappresentavano le pareti del palazzo, completamente traslucide e illuminate a giorno all’interno. In cima al palazzo, enormi antenne, parabole e quant’altro sovrastavano indomite, innalzandosi nel cielo per diversi metri. Era sicuramente l’edificio più alto di Lavandonia, forse addirittura più alto della Silph S.p.A. situata a Zafferanopoli.

Le porte scorrevoli si aprirono non appena Laura e Dratini si avvicinarono ad esse. L’ingresso, costituito da un’ampia sala dalle pareti tappezzate di un rosso vivo, era sobrio ma elegante nello stesso tempo. Alcune piante ornamentali erano presenti accanto alle finestre del piano terreno della Torre Radio, talune piccine come bonsai, altre grandi come palme da dattero. Al soffitto, lumiere al neon illuminavano la stanza quasi fosse mezzogiorno. Al fondo della sala vi era un enorme ascensore color mogano, che sicuramente portava ai piani superiori. Lì accanto vi erano le scale che portavano anch’esse ai piani di sopra. Tutto intorno all’androne erano disseminati piccoli uffici separati da dei divisori in ferro battuto, ma molti di essi erano vuoti, anche per l’ora tarda. Solo un piccolo ufficio era ancora operativo, dove una signora dai capelli castani, dall’apparente età di 50 anni, stava lavorando al PC. Appoggiata alla scrivania c’era una targhetta, con su scritto “Ufficio Iscrizioni Bando di Concorso”. La figlia dei Ferguson si recò verso quell’ufficio quasi marciando, e con il fiato in gola. Per arrivare ad un’ora decente, la ragazza dagli occhi verdi aveva addirittura corso per un pezzo di strada.

Laura si presentò davanti alla donna, ma essa non sembrò accorgersi della presenza dell’allenatrice di Pokémon. La ragazza ne approfittò per guardarsi attorno: sulla scrivania vi erano un monitor piuttosto datato, la tastiera su cui la donna stava lavorando alacremente, il mouse, alcuni blocnotes, un calendario-agenda, alcuni fogli di cui Laura non riuscì a leggere il contenuto e un altro foglio in cui vi erano raccolte un sacco di firme. Finalmente, dopo qualche minuto, la donna (che indossava un paio di occhiali dalla montatura verde) sollevò gli occhi dal monitor per incontrare quelli dell’allieva di Ash Ketchum.

-Desidera?- La ragazza deglutì, un po’ per la fatica intrapresa per arrivare in quel luogo, un po’ per l’emozione. Solo l’idea di poter incontrare Jim Sheridan, il suo idolo di sempre, le faceva tremare le gambe.

Laura: -Io… io vorrei sapere.. se questo… se questo fosse il luogo dove.. dove ci si iscrive per il concorso…- La donna continuò ad osservare Laura negli occhi. Il suo sguardo indagatore diede più fastidio a Dratini che alla stessa ragazza.

-Sì, è questo il posto. Ma… mi dica un po’, signorina, si rende conto che ore sono?- In effetti era piuttosto tardi. Fuori dall’edificio non era stato esposto alcun manifesto con relativi orari d’ufficio, e tanto meno negli uffici vi era alcun orario.

Laura: -Sono… sono arrivata adesso in città… so che il concorso è tra due giorni…- La segretaria, afferrò il foglio delle firme dei candidati al concorso e lo avvicinò alla ragazza dagli occhi verdi, senza staccarle mai gli occhi di dosso.

-Lei è molto fortunata ad incontrarmi in questo momento. Domani non sarebbe stato possibile iscriversi! Metta una firma su uno spazio vuoto.- Laura, esitando, osservò attentamente il foglio gravido di innumerevoli firme di innumerevoli candidati al concorso canoro. Saranno stati almeno un’ottantina! Sarebbe stata dura…

“No!” Laura pensò “Non mi interessa particolarmente vincere, a me basta poter osservare Jim Sheridan da vicino… il resto non mi importa!” e, con le gambe tremanti, si avvicinò al foglio delle candidature, firmando con una strana lentezza. Una volta che ebbe terminato di scrivere in calco il suo nome sul foglietto, la ragazza dagli occhi verdi tirò un respiro di sollievo. Il più era fatto ormai.

-Congratulazioni!- La voce della segretaria tornò ad echeggiare nel locale ormai deserto –Quello era l’ultimo posto a disposizione! Ne ha di fortuna addosso, ragazzina! Chissà se non possa sul serio vincere il concorso!- Vincere il concorso? Una settimana insieme a Jim Sheridan…? Laura arrossì fino alla punta dei capelli e chinò la testa, sorridendo timidamente. La Dratini osservò la sua allenatrice perplessa. Non capiva il motivo di così tanta emozione.

Lentamente, Laura e il suo Pokémon drago si diressero verso l’uscita. Le porte si aprirono piano piano, senza pena e senza fretta, e mentre queste si aprivano, la ragazza sospirò più di una volta. I suoi occhi trasudavano emozione e sogni a non finire.

Laura: -Dratini… ma ci pensi? Poter vedere da vicino l’idolo di sempre… Jim Sheridan! Hai capito bene? Jim Sheridan! Oh Kami.. Non sto nella pelle per l’emozione! Non vedo l’ora che sia già il giorno del concorso!- Dratini aggrottò le sopracciglia, perplessa. Il vento notturno autunnale investì le ragazze, facendole tremare di freddo, ma ciò non fece cambiare atteggiamento al draghetto verso la sua allenatrice.

Dratini: -…ma chi è poi questo Jim Sheridan?- L’attenzione delle due fu subito catturata dalle condizioni ambientali esterne. Pure la mente sognante della figlia dei Ferguson si svegliò di colpo, osservando stupita l’esterno.

Laura: -Ehi! La nebbia si sta infittendo. Sarà meglio correre di filato verso l’albergo, prima che la situazione peggiori.- E, riprendendo il passo spedito di poco tempo prima, si diressero verso l’hotel-Centro Medico per Pokémon, il quale edificio avrebbe accolto i ragazzi per la notte. Di lì a poco, Alex sarebbe sceso in strada in compagnia del suo fido Dratini, diretto verso il Parco Cittadino di Lavandonia.

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Capitolo 34
*** 33 - La gara di canto ***


I profumi dei croissant appena sfornati, delle arance spremute sul momento, del caffé tostato in loco e del cappuccino appena fatto misero immediatamente di buon umore il Maestro dei Pokémon. Era sceso dal letto con lo stomaco che gli brontolava, la cena evidentemente non era stata sufficiente per calmare il suo indomabile appetito. La sala ristoro situata al secondo piano, alle 8 del mattino, era già gremita di gente proveniente sia dall’albergo soprastante che dal Centro Medico per Pokémon. Ash e Pikachu dovettero per forza di corse sgomitare tra la folla che si assiepava davanti al bancone del bar per poter effettuare la sua ordinazione e quella dei suoi amici.

I tavoli erano disposti nella sala, ordinatamente, per file. La sala, bene illuminata da lampadari al neon, era accogliente e ravvivata da ampi finestroni che mostravano agli avventori del bar un’ampia visuale del Parco Cittadino di Lavandonia. La nebbia, fortunatamente, si era diradata e quella giornata si sarebbe prospettata piena di sole e di cielo azzurro. Laura aveva già comunicato ai suoi amici la sua intenzione di partecipare al concorso canoro, e non aveva incontrato particolari resistenze. Ash e Pikachu furono entusiasti dell’idea, mentre Brock e Alex, seduti al tavolo, non avevano ancora pronunciato una sola sillaba da quando si erano alzati dal letto. L’allevatore di Pokémon, in particolare, era scuro in volto e non possedeva quel giorno la naturale spigliatezza che era solito possedere.

Dopo poco tempo, Laura e Ash, accompagnati dai loro fedeli Pokémon, arrivarono al tavolo color panna con i vassoi colmi di ogni delizia. Li adagiarono ai tavoli, ma non ottennero neanche un “grazie” da parte dei loro amici. Ciò fece indispettire notevolmente il Master dei Pokémon, tanto da spingerlo a chiedere spiegazioni agli altri membri del gruppo.

Ash: -Ragazzi, che vi succede? Siete così seri…- Pure il Dratini di Alex era stranamente assorto in chissà quali pensieri. La sua sciarpina rossa contrastava notevolmente con il color turchese della sua pelle.

Brock: -Io ho dormito male. Lo sai che quando dormo male di notte, al mattino sono un po’ di cattivo umore.- Ash non rimase molto convinto dalle parole un po’ biascicate di Brock. Ormai lo conosceva fin troppo bene: anche se avesse dormito poco, un briciolo di spirito riusciva sempre a scovarlo. Invece quella mattina il suo amico era completamente spento, cupo, quasi… preoccupato. Alex, poi, appariva come uno zombie, si presentava agli occhi del Maestro completamente apatico e inerte. Questa situazione non piacque affatto all’allenatore di Pokémon più forte al mondo e, quasi furioso, strinse i pugni e gridò come un ossesso verso gli altri membri del gruppo.

Ash: -Insomma! Che cosa vi accade? Sembra quasi che un mostro abbia divorato le vostre anime! Amici miei, riprendetevi! Fate una buona colazione e vedrete che ritroverete il sorriso!- Laura, finalmente sedutasi accanto all’ultimogenito dei Blake, incitò il suo maestro alla calma. Pure la sua Dratini fece altrettanto con Pikachu, ugualmente infervorato come il suo allenatore.

Laura: -Ash, per favore, non gridare come un’aquila! Ci cacceranno dal Centro Medico…- Ash, quasi offeso dall’atteggiamento negativo dei suoi amici, afferrò la sedia e con un movimento brusco l’allontanò dal tavolo. Lo stridio dello strisciare della sedia sul pavimento fece rizzare il pelo al suo fedele amico Pikachu, il quale strinse i denti per sopportare il fastidiosissimo suono. Ash Ketchum si sedette sulla sedia quasi a peso morto e, riavvicinata la sedia al tavolo con un atteggiamento ugualmente brusco, si chinò sulla sua tazza di tè ed iniziò a fare colazione in silenzio. Laura si guardò attorno preoccupata: Ash era quasi furioso, Brock e Alex continuavano a non spiccicare una sola parola. La ragazza dagli occhi verdi si sentì un poco smarrita e anch’ella ben presto perse il suo magico sorriso.

Laura: -Che peccato, oggi è una bella giornata, non capisco il motivo di questo malumore…- Ash sollevò la testa di scatto ed osservò negli occhi la sua allieva. Pure Pikachu fece altrettanto, seduto sul tavolo, intento a sgranocchiare una pannocchia tostata.

Ash: -Laura, non preoccuparti di questo. Oggi sarà una magnifica giornata. Ti accompagneremo alla Torre Radio, dove potrai eseguire delle prove canore per il concorso. Gli altri vedano di darsi un contegno e di mangiare qualcosa, poiché stiamo perdendo tempo inutilmente qui!- e il suo sguardo si gettò verso i due ragazzi che ancora non avevano toccato cibo. Alex non osava neppure sospirare, talmente si sentiva angosciato in quel momento. Brock invece era un mistero, il suo sguardo stranamente corrucciato era raro poterlo osservare, specialmente in un mattino così radioso che si presentava all’esterno.

 

Finalmente il gran giorno era arrivato. In quella sera di ottobre inoltrato si sarebbe disputato il grande concorso canoro… e il concorso sarebbe stato trasmesso in diretta in mondovisione! La gara si sarebbe svolta al quarto piano della Torre Radio: esso era dedicato unicamente al vasto studio dove si sarebbero registrate le varie prove dei diversi cantanti. Gli studi televisivi erano situati al piano superiore. Un sacco di persone avevano deciso di prendere parte a quel concorso: un’ottantina di persone. Solo venticinque, però, furono ammesse alla trasmissione, e Laura fu tra queste. Nella giornata scorsa i giudici (tra cui vi era anche la rockstar preferita di Laura, Jim Sheridan) scelsero i migliori cantanti che avrebbero potuto partecipare al programma televisivo. La figlia dei Ferguson se la cavò abbastanza bene, il coro dei Chingling ebbe il fortunato compito di tranquillizzarla e di condurla alla tanto agognata prova finale. In palio c’era una settimana intera con il divino Jim Sheridan!

Gli amici di Laura non lasciarono la ragazza neanche un instante: Brock, finalmente ripresosi dal malumore di qualche giorno prima, era raggiante e continuava a fare i complimenti alla allieva di Ash Ketchum. La sua voce, egli diceva, assomigliava a quella di un violino di un grande artista.

Assistettero a tutte le prove di canto, fino all’ultima. Lo studio televisivo (al chiuso) era disposto così: una stanza gigante, quadrata. Sul soffitto erano installate i diversi fari e illuminazioni adibiti per rischiarare l’ambiente; al fondo, le gradinate dove si sarebbero seduti gli spettatori; un poco più avanti alle gradinate, un vero e proprio muro di tecnici addetti alla ripresa televisiva, armati di telecamere, microfoni e impianti audio di ultima generazione; ancora più avanti, il palco vero e proprio. Non era nulla di eccezionale, un rettangolo dove il concorrente doveva esibirsi. Il tavolo dei giudici era stato sistemato sulla sinistra, in perpendicolare al palco. La scenografia era sgargiante e molto azzeccata: rappresentava un fondale molto colorato, con disegnati due Chingling che reggevano insieme un microfono, accerchiati da innumerevoli note musicali, a un tempo, a due tempi, crome, semicrome, biscrome, semibiscrome, eccetera.

Tre Chingling fungevano da coro di sottofondo, anche per consegnare la giusta intonazione ai cantanti. Uno dei tre, il centrale, era più grande rispetto ai suoi simili ed era la mascotte del programma: aveva una voce fuori dall’ordinario, assomigliava molto ad un baritono, mentre gli altri due, più piccini, possedevano delle voci quasi bianche.

Laura era evidentemente emozionata e tremava come una foglia. La ragazza ed i suoi amici si trovavano in quel momento nei camerini situati dietro le quinte, e l’allenatrice di Pokémon era intenta a pettinarsi di fronte ad uno specchio, agitata come non mai. Anche altra gente era presente in quel camerino, era il locale dove ci si truccava e ci si dava gli ultimi ritocchi per andare in scena. Laura spazzolò energicamente i suoi capelli, su e giù, senza dar loro tregua. La sua Dratini, appollaiata sul tavolino di fronte, la osservava attentamente. Osservò quali vestiti la sua giovane allenatrice indossasse in quel momento: un delizioso completo color verde smeraldo che si intonava perfettamente con il colore dei suoi occhi, un foulard dello stesso colore, vari nastrini del medesimo colore agghindavano la sua gonna. Le scarpe erano costituite di un cuoio rinforzato, ovviamente di color smeraldo. Il foulard era fatto di un materiale setoso, mentre il suo vestito in puro cotone.

Laura: -Ahh… ma perché si devono sempre formare le doppie punte…- Ash, Brock e Alex le erano accanto, e stavano osservando in silenzio la loro amica. Dapprincipio il maestro di Pokémon si era chiesto perché Laura tenesse così tanto a partecipare a questo concorso, ma bastò osservare il fuoco che brillava negli occhi della sua allieva per fugare ogni dubbio. Sorrise nel ricordare quanto fosse somigliante quella situazione alle gare Pokémon, alle gare per coordinatori. Anche Vera e Lucinda, tempo addietro, impazzivano di fronte allo specchio perché i loro capelli erano sempre in disordine. Brock, appoggiato contro il muro, sorrise verso la ragazza dagli occhi verdi e si avvicinò a lei.

Brock: -No, non con quel movimento! Così li strapazzi. Ecco, lascia che ci pensi io.- E senza lasciare il tempo alla figlia dei Ferguson, consegnò il piccolo Bulbasaur ad Ash ed afferrò la spazzola e si posizionò dietro, in piedi. Agguantò un ciuffo e lavorò molto di polso. La spazzola obbedì ciecamente ai movimenti della mano di Brock e, ben presto, gli scarmigliati capelli della ragazza tornarono ad essere perfettamente dritti e ordinati. Laura sorrise e osservò Brock allo specchio.

Laura: -Brock, è fantastico! Sei un uomo dalle mille risorse!- L’allevatore di Pokémon si limitò a sorridere, ma non fermò il suo lavoro molto meticoloso. Ash ridacchiò ed osservò Alex, il quale si era seduto su una panca lì vicina.

Ash: -Che ne pensi, Alex? Brock potrebbe fare il parrucchiere, ha classe da vendere il nostro amico!- Il ragazzo con gli occhiali annuì, ma non replicò verbalmente al commento del suo maestro. L’allenatore di Pokémon più forte al mondo, aspettandosi una risposta al suo commento, si voltò ed osservò a lungo il suo allievo. Alex era nuovamente perso nei suoi pensieri, schiena curva, braccia appoggiate lungo le cosce, mani intrecciate. Dratini era con lui, stesso atteggiamento pensieroso. Il ragazzo col cappello, in principio, si era infuriato moltissimo per questo comportamento, l’altro giorno, ma ora stava iniziando a preoccuparsi seriamente. Non era da Alex restare in silenzio per così tanto tempo. Notò che non aveva con sé la stampella e, per stemperare quel clima surreale di inquietudine, glielo fece notare. L’assistente del Professor Oak, quasi risvegliatosi alla richiesta del suo maestro, sorrise.

Alex: -Ho buttato la stampella nella spazzatura. Mi ero stancato di usare quel bastone, ormai sto bene. Non voglio apparire come il piccolo bambino malato agli occhi della gente!- In effetti, in quella mattinata di allenamenti, Alex non aveva più la stampella d’acciaio con sé, ed aveva iniziato a camminare, seppur lentamente, con regolarità. Ash ne fu lieto. Dopo un po’ di tempo, il ragazzo col cappello fu spaventato da un inaspettato grido di Laura, la quale si stava agitando come una forsennata sulla sua sedia.

Laura: -Ahi! Brock, fai piano! Mi fai male con quella spazzola!- L’allevatore di Pokémon ridacchiò imbarazzato e si scusò con la figlia dei Ferguson.

L’ambiente circostante era allegro, pieno di gente chiassosa e di vestiti lussuosi. Colori sgargianti si manifestavano ovunque in quella stanza, decine e decine di persone indossavano i vestiti più fantasiosi e improbabili: chi un completo da boy scout, chi un completo da cow boy, chi un completo da ragazza pompon, chi un completo da scienziato… Ash, quando osservò l’uomo vestito come uno scienziato, con tanto di camice bianco, restò stupito. Quell’uomo, appena varcata la porta di entrata, lo aveva già visto da qualche parte. L’uomo, un po’ allampanato e con un paio di occhiali sul naso, scorse il Maestro di Pokémon e lo salutò con una mano, sorridendo.

-Ehilà, ma guarda un po’ chi si vede!- Anche Brock, riconosciuta la voce dell’uomo, si voltò e replicò al saluto. Alex e Laura osservarono quello strano personaggio avvicinarsi a grandi passi verso il gruppetto e si chiesero sinceramente chi fosse. Ash sorrise e si avvicinò verso l’uomo con il camice bianco.

Ash: -Ehi! Ma… lei è il Professor Elm! Con quel pizzetto non l’avevo riconosciuto…- Il professor Victor Elm di Borgo Foglianova ridacchiò e raddrizzò gli occhiali che aveva sul naso per mezzo di una stanghetta. Ash aveva ragione, il professor Elm si era lasciato crescere i baffi e anche il pizzetto. Apparve molto più alto di quanto Ash se lo ricordasse… ma non gli interessò come fosse vestito il ricercatore di Pokémon della regione di Johto. Che diavolo ci faceva a Lavandonia, alla Torre Radio per giunta?

Elm: -Beh, Ash, è presto detto! Io faccio parte della giuria che si dedicherà questa sera alla scelta del miglior cantante della serata. Attualmente a Johto non vi sono molti allenatori pronti per intraprendere il loro viaggio, quindi mi sono lasciato convincere a partecipare a questo concorso canoro…- Ash presentò Alex e Laura al Professor Elm, il quale sorrise ai due allenatori ed ai loro Pokémon drago. Li osservò da vicino, entusiasta.

Elm: -Oh, ma che bei Dratini! Sono in splendida forma, non è comune incontrare dei Dratini nella regione di Kanto. Di solito si trovano nella Tana del Drago a Ebanopoli…- Alex informò il Professor Elm che il suo Dratini glielo aveva consegnato il Professor Oak, e che lo aveva trovato nei pressi della Grotta Gelata, durante un suo viaggio verso Ebanopoli. Laura raccontò di avere ricevuto in regalo la sua Dratini dai genitori al compimento del suo quattordicesimo compleanno. Victor Elm annuì, sorridendo, poi si voltò di scatto verso Ash.

Elm: -A proposito del Professor Oak, mi aveva accennato di avere ultimato la creazione del Pokémon Traduttore, se non sbaglio…- Ash annuì e, frugando nella tasca dei suoi pantaloni, estrasse il piccolo auricolare che permetteva agli allenatori di comprendere il linguaggio dei Pokémon addestrati. Il maestro di Pokémon porse l’aggeggio elettronico nelle mani del Professor Elm e l’uomo, sbalordito, lo osservò con attenzione.

Elm: -Ahh… dunque è questo! Peccato non avere con me gli strumenti, lo avrei perfezionato oggi stesso! Avrei esteso il suo potere di azione anche sui Pokémon selvatici… ma ci pensate? Poter comprendere il linguaggio di tutti i Pokémon, l’amicizia che si instaurerebbe tra umani e Pokémon sarebbe semplificata al massimo!- Brock annuì, sorridendo. Sarebbe stato un enorme passo avanti per la scienza.

Brock: -Certo! Così anche gli allenatori più insicuri potranno capire i bisogni dei loro Pokémon senza aver timore di sbagliare.- Venne deciso il prestito del Pokémon Traduttore al Professor Elm, affinché potesse essere migliorato in Laboratorio dopo il ritorno di Victor a Borgo Foglianova. Dopo avere terminato questo dettaglio tecnico, il Professor Elm osservò Laura e sorrise. La ragazza arrossì un poco quando capì di essere osservata da quell’uomo allampanato.

Elm: -Laura Ferguson, sei pronta per questa sera? Mi aspetto un grosso successo, se sei riuscita a superare il test di ieri pomeriggio farai un figurone!- La ragazza, continuando ad arrossire, annuì a testa bassa.

Laura: -Farò del mio meglio, promesso!-

 

-Signore e signori, buonasera! Benvenuti al Pocket Monster Talent Show, il programma di attinenza musicale dedicato interamente agli allenatori di Pokémon che desiderano mettere in mostra il loro talento nel canto! Venticinque baldi giovanotti daranno del filo da torcere questa sera ai nostri tre giudici, che dovranno stabilire quale allenatore di Pokémon possieda l’ugola migliore!- Il presentatore, un tizio basso e completamente pelato, vestito in doppiopetto con una cravatta rosso fuoco e completo nero, indicò dapprincipio i venticinque cantanti, presentandoli uno ad uno. I cantanti erano piazzati su un piano rialzato rispetto al palco vero e proprio, un poco più alla destra. Laura era tra i venticinque cantanti, e al solo pensiero di essere osservata da un centinaio di spettatori e milioni di telespettatori di tutto il mondo, le fece ben presto annebbiare la vista. Tra gli spettatori vi erano anche gli amici di Laura: Ash, Pikachu, Brock, Bulbasaur, Alex ed i due Dratini. La ragazza dagli occhi verdi non riuscì purtroppo a trovare i ragazzi, talmente vi era così tanta gente e talmente la luce dei riflettori l’accecava. I tre Chingling, il baritono e le due voci bianche, si erano già posizionati sul fondo del palco, su un’alta scalinata. I loro canti di introduzione allo spettacolo fecero ben presto andare in delirio gli spettatori, ed uno scroscio di applausi riempì completamente il circondario. L’uomo pelato, il presentatore, indicò adesso alla sua sinistra, dove un grosso tavolo occupato da tre persone era appena in penombra. Il cuore di Laura iniziò a battere molto più velocemente, ben presto il presentatore avrebbe introdotto il suo idolo di sempre.

-Ma ecco, i nostri tre giudici! Uno di loro lo conoscerete sicuramente, è il ricercatore di Pokémon più famoso della regione di Johto! Il Professor Victor Elm di Borgo Foglianova, - la luce del riflettore illuminò la postazione di Elm e il professore stesso - che ha gentilmente concesso il suo tempo a questo programma!- Un’altra pioggia di applausi per l’uomo con gli occhiali: per la serata si era pure messo in ghingheri. Era seduto alla sinistra del tavolo, dando così il profilo agli spettatori. Elm si limitò a salutare i presenti con un cenno della mano, visibilmente emozionato.

-L’altro giudice è nientemeno che la nostra Infermiera Joy di Lavandonia!- E un altro riflettore illuminò la graziosa infermiera dai capelli rosa. Anche lei aveva dismesso i suoi soliti indumenti di lavoro ed aveva indosso abiti eleganti: un completo rosso che brillava alla luce dei riflettori. Brock non poté fare a meno di alzarsi dalla sua sedia e sbracciarsi come un forsennato, gridando come un pazzo il nome della bella infermiera. L’infermiera Joy era seduta alla destra del tavolo, rimaneva la postazione centrale… Laura strinse i denti, nervosa più che mai.

-Ma non è finita! Ultimo ma non ultimo, primo tra i primi, vado a presentarvi la nostra guest star!- Laura deglutì, rivoli di sudore le colavano dalla fronte. Rimase sull’attenti, rigida come un baccalà, e si limitò a puntare lo sguardo verso l’ultima postazione rimasta buia. Il brusio dei fan della guest star iniziò a brulicare come una tempesta estiva in procinto di abbattersi su quella città. La confusione, le grida, strilli e urla raggiunsero l’apice della soglia di udibilità quando i riflettori illuminarono la postazione e il volto dell’idolo dei fan della regione di Kanto: una folta chioma di capelli castani ricci, due occhi di un turchese intenso, lineamenti perfetti ed un sorriso contagioso contraddistinguevano il volto di Jim Sheridan. Il ragazzo alzò una mano per salutare la folla festante e gli spettatori gridarono in coro, superando ogni limite di decibel possibile.

-Sheridan! Sheridan! Sheridan!- Tra gli spalti, Ash, Alex e Brock cercarono di contenere le urla dei fan della rockstar tamponandosi le orecchie con le mani, ma non ottennero un grosso successo. Tutt’al più, improvvise scariche elettriche iniziarono a scoppiettare dalle tasche guanciali di Pikachu e Ash, temendo un improvviso sfogo di frustrazione da parte del suo amico Pokémon, gli parlò cercando di contenere la sua ira imminente.

Ash: -No, Pikachu, per carità! Non colpire queste persone…- Il topo elettrico scosse la testa, leggermente perplesso. Alex, Brock, Bulbasaur ed i due Dratini osservarono il fedele amico di Ash senza proferire una parola.

Pikachu: -Eh? Colpire queste persone? No, no… avverto una certa quantità di energia elettrostatica nell’aria… strane onde…- Le frasi lasciate in sospeso dall’amico elettrico lasciò Ash quasi senza fiato. Di solito, quando le tasche guanciali di Pikachu si elettrificavano senza un motivo apparente, erano presagio di qualcosa di poco piacevole. Il maestro di Pokémon si guardò attorno, perplesso, quasi angosciato, ma non notò nulla di particolare. Solo una moltitudine di persone che continuavano a gridare senza sosta, come se nei polmoni avessero conservato una scorta illimitata di aria. Dopo qualche secondo la situazione tornò alla normalità, Pikachu smise di emettere scintille elettriche e Ash si sentì più tranquillo. L’attenzione del ragazzo col cappello fu nuovamente catturata dalla voce del presentatore, che tornò a tuonare al di sopra delle urla degli scatenati fan di Jim Sheridan.

-E ora, bando alle ciance! Finiamola di parlare, mettiamo in moto le ugole, riscaldiamo le corde vocali, facciamo partire a tutto gas le voci dei nostri concorrenti!- Altre grida ed applausi a non finire. Il primo concorrente, un tizio molto alto dai capelli scuri, si avvicinò al presentatore, il quale consegnò al cantante un microfono gelato. I tre Chingling, in cima alla scalinata, vennero illuminati dai riflettori quasi a giorno fatto. Gli altri aspiranti cantanti si diressero verso il fondo del palco e dietro le quinte, in attesa del loro turno.

-Il nostro primo aspirante cantante proviene dalla città di Fucsiapoli! Egli è un valente allenatore, specializzato nei Pokémon volanti. Il suo unico sogno è poter partecipare un giorno alla Lega Pokémon di Indigo!- Altri applausi. Improvvisamente, le tasche guanciali di Pikachu tornarono a scoppiettare. Ash osservò quasi spaventato il suo amico elettrico, qualcosa di poco chiaro stava accadendo nei dintorni. Pikachu, consapevole della preoccupazione crescente del suo allenatore, sorrise e lo rassicurò sul suo stato di salute.

Pikachu: -Ehi, sto bene! Devono essere quegli aggeggi magnetici la causa della carica elettrica che ho in corpo…- Il Dratini di Laura volse lo sguardo perplessa verso Pikachu.

Dratini: -Sicuro? Sei proprio sicuro di stare bene?- Il topo elettrico annuì ancora una volta, sorridendo. Ma ecco, il presentatore si dileguò dal palco e il tizio di Fucsiapoli iniziò a cantare. La sua voce non era male, ma alcune volte andava fuori tempo ed i Chingling facevano fatica a seguirlo. I giudici (l’infermiera Joy, il Professor Elm e Jim Sheridan) esaminarono attentamente la postura del cantante, la tonalità della sua voce, la sicurezza che egli esprimeva e tanti altri fattori. Dopo avere terminato il suo pezzo canoro, il pubblico applaudì ed i giudici scrissero qualcosa sui loro bloc notes. Il presentatore tornò sul palco e ringraziò il talentuoso cantante per la sua performance. Dagli spalti, i ragazzi continuarono ad applaudire, tra poco sarebbe toccato alla loro amica dagli occhi verdi.

Brock: -Non vedo l’ora di sentir cantare Laura! Ho assistito alle prove, la sua voce è un qualcosa di semplicemente incredibile!- Ash sorrise, anch’egli era impaziente di poter ascoltare la sua allieva. Ancora una volta però, il suo Pikachu emise scariche elettriche senza un apparente motivo. Il presentatore, ignaro di ciò che stava accadendo sulle gradinate, andò a presentare il secondo concorrente, una donna di mezz’età vestita alla marinara. Mentre la donna iniziò a cantare, seguita fedelmente dai tre Chingling, Ash parlò a Brock del problema riguardante il suo amico Pikachu.

Ash: -Brock, qui c’è qualcosa che non va. Abbiamo già assistito a trasmissioni televisive, e Pikachu non ha mai dato problemi di questo genere…- Brock aggrottò le sopracciglia, perplesso. Osservò attentamente il Pokémon elettrico, ma non gli parve che accusasse alcun sintomo di malessere. Il periodo di tempo che c’era tra una scarica elettrica e l’altra si fece sempre più breve e frenetico.

Brock: -Non saprei proprio, poi con questa penombra non posso azzardare alcun parere. Forse se andaste fuori, a prendere una boccata d’aria…- Intanto il presentatore, una volta che il secondo concorrente terminò di cantare, salì nuovamente sul palco e presentò il terzo concorrente. La voce tuonante dell’uomo calvo in doppiopetto attirò nuovamente l’attenzione dei tre ragazzi.

-E ora, un giovane talento! Nata a Ciclamipoli, ma residente a Plumbeopoli, è un’allenatrice di Pokémon molto determinata! Ha già conquistato due medaglie, riuscirà anche a conquistare l’approvazione dei giudici?!- Ciclamipoli, Plumbeopoli… gli indizi erano abbastanza chiari. Due medaglie, poi, erano la prova finale. Il presentatore stava annunciando l’entrata in scena di Laura Ferguson! Era già arrivato il turno della ragazza dagli occhi verdi. Ash, Alex e Brock iniziarono a gridare acclamazioni di giubilo e di sostenimento verso la ragazza che stava per entrare in quel momento. Laura, nervosa più che mai, salì sul palco con un passo marziale, spedito e frettoloso. Elm, Sheridan e l’infermiera Joy osservarono perplessi l’allenatrice di Pokémon appena entrata. Il presentatore rimase in perfetto silenzio quando vide la ragazza, vestita in modo molto elegante, giungere sul palco come fosse stata un militare.

-Ehm… la nostra concorrente è alquanto nervosa! Tutto bene, signorina?- L’allieva di Ash Ketchum annuì e guardò dritta davanti a sé. Lo sguardo fisso di Jim Sheridan, il suo idolo di sempre, incollato su di lei la rese ancora più nevrotica.

Laura: -Certo, signore! Sono pronta ad iniziare!- I tre giudici ridacchiarono, non certo per derisione. L’infermiera Joy fu la più felice e batté le mani più di una volta.

Joy: -Oh, adoro l’ardente determinazione dei concorrenti! Così sicuri di sé, così risoluti!- Jim Sheridan appoggiò un gomito sul tavolo e si sostenne la testa con una mano, sorridendo. Non levò mai lo sguardo indagatore dalla figlia dei Ferguson, la quale trovò pure difficoltà a respirare.

Sheridan: -Una così profonda determinazione è indice di grande successo! Non mi è mai capitato un concorrente così deciso a partecipare ad un concorso…- Il presentatore, notato l’evidente rossore sul volto di Laura, decise di intervenire e, afferrando con decisione il microfono, gridò a squarciagola, catturando l’attenzione di tutti i presenti.

-Benissimo!! Direi che è giunto il momento di far tacere ogni chiacchiera e di far parlare il canto! Signore e signori, ecco per voi Laura Ferguson!- Applauso scrosciante. Naturalmente, i tre personaggi che facevano più confusione tra il pubblico erano gli amici di Laura. Ash, Brock e Alex si erano addirittura alzati in piedi e agitavano le braccia per farsi individuare dalla loro amica, ma tra la luce dei riflettori e la baraonda di gente che era presente in quello studio, era praticamente impossibile scorgerli. L’inquietudine e l’adrenalina del momento, poi, annebbiavano la vista della ragazza.

“Ed eccomi qui” Laura pensò “concorrente di una gara di canto dove Jim… Jim è il giudice. Mi… mi sta fissando. Mi sta guardando! Sono oggetto di suo interesse! Non ci posso credere… un sogno che diventa realtà…!” Voltò lo sguardo verso i tre Chingling, i quali erano in attesa di ordini sulla tonalità da immettere nel canto della ragazza. Do minore. I tre Chingling agitarono i loro corpi ed una deliziosa ouverture di campanelli quietò il pubblico rumoreggiante. Nello studio era soltanto udibile lo scampanellio dei tre Chingling, i quali iniziarono anche a cantare.

-Chiiin Chiin Chinn…- Voci bianche. Laura diede inizio alla strofa.

 

La festa può iniziare…

I rintocchi dell’orologio gridano sette.

Una scala alta mi conduce verso un uomo vestito militare

Che con voce suadente mi chiede: “Mi concede questo ballo, Claudette?”

Mano nella mano… il soldato e la brigantessa

Ballano, danzano nella dolce e festosa ressa.

 

-Yeeeeeeah…- Il baritono Chingling accompagnò il calo di registro nel canto.

 

Claudette e Rupert girano vorticosamente

Nella festa di addio al celibato del re

Un ballo soave, seppur lentamente

Il militare disse: “Mi sono innamorato di te”

La festa è una ressa.

La festa è una ressa.

 

La ragazza iniziò a distrarsi quando intravide nel buio degli spalti del pubblico una misteriosa scintilla colorata di giallo fluorescente. Laura alzò gli occhi, quasi spaventata ed interruppe la Ballata del Milite e della Brigantessa (questo è il titolo della canzone). Anche i Chingling smisero di cantare e si fermarono. Il presentatore, notando che nessuno osava più fiatare, e forse convinto che la prova della ragazza fosse terminata, salì nuovamente sul palco e diede sfoggio della sua brillante favella.

-Bene! Direi che la nostra concorrente abbia dato un notevole sfoggio delle sue abilità canore! Sinceramente non mi sarei aspettato una prova così breve, ma ha fatto il suo effetto! Egregi giudici – e si voltò verso i tre membri della giuria – avete notato lo stile della ragazza? Giudicate e… votate!- Laura si era interrotta perché aveva visto quel bagliore tra il pubblico. Quello era sicuramente il Pikachu del suo maestro. Che cosa gli stava accadendo? Non si era mai comportato in quel modo… voltò appena lo sguardo verso i giudici, e non sembrava che fossero entusiasti della sua prova. Tutto ad un tratto, però, qualcosa di imprevisto accadde: un calo di tensione elettrica spense quasi del tutto i riflettori ed i computer che controllano l’impianto audio e video delle telecamere. Un fruscio sinistro fu udito da tutti i presenti nello studio, un fruscio prolungato e quasi metallico. Quando la luce tornò, grida acute proruppero e si diffusero per tutta la stanza. Quelli che gridavano non erano i membri del pubblico spaventati dall’evento imprevisto, erano i Pokémon di Alex, Brock e di Ash. Pikachu fu il Pokémon che più gridava tra tutti: addirittura si turava le orecchie con le zampe anteriori. Ash sbarrò gli occhi sgomento: che cosa stava accadendo al suo amico del cuore? Anche i Dratini e Bulbasaur sembravano soffrire: che diavolo stava accadendo in quell’istante?

Ash: -Pikachu, che ti succede? Amico mio…- Il Professor Elm, seduto al tavolo dei giudici, si alzò di scatto ed osservò quello che stava accadendo sugli spalti. Laura osservò l’accaduto sgomenta: i Pokémon stavano soffrendo, Pikachu, inoltre, stava eseguendo il suo attacco Fulmine verso il soffitto, senza un motivo apparente. Il Professor Victor Elm indicò l’attacco elettrico e gridò dallo spavento.

Elm: -Ehi! Ma… ma che sta succedendo?- Poi afferrò dalla tasca della sua giacca da smoking un piccolo aggeggio, un rilevatore di onde magnetiche. Il rilevatore parlava chiaro: un massiccio apparecchio elettronico era stato appena attivato nei dintorni, e stava causando una distorsione acustica nell’ambiente. Addirittura così potente da aggredire i Pokémon? Che cosa mai potevano centrare i Pokémon con questo misterioso effetto elettromagnetico? L’unica cosa certa era che il misterioso apparecchio appena installato proveniva dal piano superiore della Torre Radio. Ash, Brock e Alex avevano già abbandonato le loro postazioni, diretti chissà dove. Mentre il presentatore incitava alla calma il pubblico, il Professor Elm si allontanò dal tavolo con una scusa e, avvicinandosi alla figlia dei Ferguson, le disse che il segnale che stava causando quel misterioso dolore ai Pokémon era molto vicino. Si promisero di indagare sull’accaduto, giungendo direttamente al piano superiore della Torre Radio. Il concorso intanto poteva proseguire tranquillamente con due membri della giuria, senza interruzioni.

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Capitolo 35
*** 34 - I fischi dei Traduttori ***


Ciao a tutti! Finalmente sono ritornato a scrivere, dopo un sacco di tempo. Per chi avesse voglia e piacere, eccovi un nuovo capitolo della saga! Spero che vi piaccia! ^__^

Una stanza non molto grande, buia, senza finestre, stracolma di apparecchi elettronici,monitor, tastiere e comandi a lunga distanza. Un tavolo al centro della stanza, traboccante di fogli scritti al computer e libri aperti a metà. A terra, un pavimento di marmo ricoperto di altri fogli, alcuni freschi di stampa, altri ingialliti dal tempo. Il pavimento, però, non accoglieva soltanto questi fogli.

Tre persone, dall’apparente età di 30 anni, vestite tutte uguali, con una maglia giallo ocra e pantaloni neri, erano sdraiate bocconi in terra. Una quarta era rimasta seduta sulla sedia girevole, e pareva essersi addormentata profondamente. Nell’aria permeava uno spesso strato di pulviscolo violaceo che non accennava a diradarsi. I muri assorbivano ed inglobavano questa misteriosa polverina, diventando violacei anch’essi.

Due individui sembravano osservare la scena in perfetto silenzio. Vestiti di un pesante drappo dal colore non definibile in quella penombra, indossavano entrambi una maschera antigas. Uno dei due impugnava nella mano destra una valigetta, contenente chissà quali strumenti.

-Il nostro lavoro qui è terminato.- La voce di uno dei due individui risultò metallica alle orecchie del suo compare e ciò diede a quest’ultimo un notevole fastidio. Strinse i denti e cercò di sopportare quel brusio di metallo.

-Sì. Non pensi che abbiamo esagerato un po’?- Il primo individuo, quello con la valigetta, scosse la testa, quasi sospirando. Appoggiò la mano libera sul fianco ed osservò di sbieco il suo collega.

-Il nostro piano non deve fallire, per nessun motivo. La prudenza non è mai troppa, ricordatelo!- Poi tornò a ridacchiare, compiaciuto. Osservò ancora una volta il risultato del loro piano perfettamente riuscito. Almeno, la prima parte del loro piano era perfettamente riuscita. I tecnici audio e video che stavano registrando in presa diretta lo spettacolo canoro del piano di sotto furono narcotizzati per bene, di modo tale che non avrebbero interferito con le modifiche tecniche dei due misteriosi individui vestiti con panni a prima vista molto pesanti.

Il generatore di frequenze principale… l’apparecchio elettromagnetico più grande presente in quella stanza, è quello che permetteva il collegamento tra gli impianti video e audio e l’antenna impostata sul tetto del palazzo, trasfigurando il segnale audio-video in semplici onde radio, che sarebbero state canalizzate dai satelliti e poi riconvertite in altre riceventi antenne, dalle quali il segnale sarebbe poi stato riconvertito nuovamente. Ecco, in quel punto, in quel momento in cui il segnale doveva essere convertito in onde radio, bisognava agire per modificare il livello del segnale. Un piccolo disturbatore di frequenze avrebbe agito distorcendo completamente il segnale, paralizzando completamente qualunque oggetto che funzionasse elettronicamente o per magnetismo. PokéDex, telefoni cellulari, palmari, computers, televisori… ma ai due personaggi misteriosi non interessava granché la cosa. Da un monitor di servizio vigilanza, lasciato integro apposta per osservare cosa stesse accadendo nella Torre Radio, si poté osservare un gruppetto di persone che stava correndo senza una meta precisa per i corridoi dell’edificio. Sembravano stranamente frettolosi…

 

Tre ragazzi correvano all’impazzata per i corridoi della Torre Radio, spaventati a morte e preoccupati per i Pokémon che tenevano in braccio. Ash, Brock e Alex avevano abbandonato in fretta e furia gli studi televisivi dove si stava ancora disputando il concorso di canto, sgomitando e facendosi largo tra la folla che si era alzata contemporaneamente in piedi nel tentativo di capire il problema di quell’improvviso abbassamento di tensione elettrica. Pikachu, i due Dratini e Bulbasaur stavano male, molto male, ma era Pikachu quello che stava soffrendo di più. Frasi incomprensibili provenivano dalla sua voce, frasi spezzate e grida acute per il dolore che stava provando in questo momento. Il topo elettrico addirittura tentava di turarsi le orecchie, nel vano sforzo di placare il fastidio. I due draghi parevano quasi paralizzati, non osavano muoversi tra le braccia dell’assistente del Professor Oak, mentre Bulbasaur al contrario si agitava e si dimenava tra le braccia di Brock. Strillava e piangeva, ed i tre allenatori non riuscirono a comprendere cosa stesse capitando ai loro amici Pokémon. Più di una volta Ash chiese al suo amico elettrico che cosa stava succedendo, ma non riuscì a capire nulla, perché Pikachu in quel momento stava delirando. Ash, preoccupatissimo, volse lo sguardo verso Brock ma non smise di correre verso l’ascensore che conduceva dabbasso.

Ash: -Brock, ma che succede?! Perché i nostri Pokémon tutto ad un tratto accusano dolore?- L’allevatore di Pokémon non seppe trovare una ragione plausibile a quell’improvviso peggioramento di salute dei Pokémon. Il fatto più curioso, e più angosciante, era che tutti i Pokémon iniziarono ad accusare malesseri simultaneamente, come se condividessero il dolore. Una sofferenza addolorante e misteriosa.

Brock: -Temo di non saperti rispondere. Fino a poco fa i nostri Pokémon stavano molto bene, e ora… non resta che portarli immediatamente al Centro Medico per Pokémon!- Il Centro Medico per Pokémon di Lavandonia non era situato, sfortunatamente, nelle prossimità della Torre Radio, poiché l’edificio adibito alle registrazioni radiofoniche e televisive era stato costruito quasi alla periferia della città. I ragazzi avrebbero dovuto scarpinare per un bel pezzo, peggiorando ulteriormente lo stato di salute dei loro Pokémon. Non potevano neanche ritirare i loro amici nelle loro sfere Poké, tralasciando il fatto che ad alcuni non piacesse (vedasi Pikachu), non era possibile farlo: qualcosa impediva il corretto funzionamento delle Poké Ball. Non si ingrandivano al tocco del dito sul cerchio bianco, sembravano quasi fuori uso.

Raggiunsero finalmente l’ascensore, ma si accorsero ben presto che era completamente non funzionante. Premettero più volte il pulsante di richiamo al piano, ma non ottennero nulla. Anche i loro PokéDex erano stranamente fuori uso, così come i Pokémon Navigator, non potevano neanche chiamare soccorso. Dovettero per forza di cose scendere per le scale, ma come facile era a prevedersi, Alex rimase indietro, poiché la gamba che aveva quasi rischiato di perdere a MonteLuna non era ancora al massimo delle sue capacità fisiche. Ash recuperò i due Dratini dalle spalle di Alex e corse avanti con Brock, raccomandando al suo allievo di raggiungerli il più presto possibile.

Ash e Brock scesero le scale più in fretta che poterono, tre rampe di scale per ogni piano. Dovevano raggiungere al più presto il Centro Medico per Pokémon, le condizioni fisiche dei Pokémon stavano lentamente peggiorando. Pikachu sembrava ormai non essere più padrone dei suoi attacchi elettrici, scagliava scariche elettriche a destra e a manca, rischiando più di una volta di colpire i ragazzi e gli stessi Pokémon amici. Ash ancora non riusciva a spiegarsi del perché i loro Pokémon accusassero quei misteriosi malesseri, e neanche Pikachu riusciva a spiegarglielo. Non perché non capisse cosa gli stava accadendo, perché non riusciva più a parlare. Le frasi sbocconcellate di Pikachu, dapprima difficili da comprendere, erano ora diventate impossibili da capire. Tanto che non smetteva più di gridare dal dolore, farneticava e si dimenava come un pazzo, sempre tenendosi le zampe anteriori pressate sulle orecchie. Ash non si era mai trovato in una situazione così complicata, non sapeva cosa fare, se non correre di filato all’ospedale più vicino.

Brock: -Pensi che anche i Pokémon dentro le sfere Poké stiano accusando gli stessi sintomi?- Il ragazzo scosse la testa, impotente. Ormai non sapeva più neanche cosa pensare. Tutto quello che era accaduto in quella mezz’ora gli sembrava semplicemente pazzesco.

Ash: -Non lo so, non lo voglio neanche pensare. Non poter fare nulla per i Pokémon in questo preciso istante… ah, mi sento inutile! Povero Pikachu, poveri Dratini, povero Bulbasaur!- Finalmente terminarono di scendere l’ultima rampa di scale, e raggiunsero in fretta e furia l’atrio principale del piano terreno della Torre Radio. I due allenatori corsero a perdifiato verso le porte principali, che conducevano alla strada, nel tentativo di uscire, ma dovettero fermarsi bruscamente. Le porte scorrevoli, che funzionavano per mezzo di una fotocellula, non si aprivano. Ash sgranò gli occhi terrorizzato, le porte non si aprivano. Si guardò attorno, disperato, alla ricerca di un’altra via d’uscita, ma in quel momento non riuscì a trovarle.

Ash: -Ma che diavolo sta succedendo? Perché tutto all’improvviso sembra non funzionare? Siamo chiusi dentro?!- Brock, meno agitato del suo amico, riuscì a ragionare con più freddezza, e comprese che dovevano esserci necessariamente altre porte d’uscita, qualora le porte scorrevoli non funzionassero. Tentare di abbatterle era impossibile, poiché erano costruite con un doppio vetro infrangibile. Porte tagliafuoco di sicurezza antincendio dovevano trovarsi pur da qualche parte, ogni edificio ne doveva possedere almeno una. L’allevatore di Pokémon ne parlò al suo amico ed insieme cercarono i segnali sui muri che indicassero la giusta direzione da prendere per recarsi alle porte di sicurezza che conducevano all’esterno dell’edificio. Finalmente li trovarono, le frecce indicavano i piani inferiori. Le scale erano alla sinistra dell’ascensore ormai fuori uso. Brock indicò le scale, quasi sorridendo.

Brock: -Bene, le porte antincendio si trovano laggiù! Andiamoci subito!- Corsero dunque verso quelle scale che conducevano al piano inferiore, ma dovettero nuovamente fermarsi, perché la strada fu improvvisamente sbarrata da una sorta di mini esplosione. Ash, Brock, Pikachu, i due Dratini e Bulbasaur vennero scagliati indietro dalla potenza di quella esplosione e caddero in terra, seduti. Il maestro di Pokémon comprese quasi subito che quello fu un attacco in piena regola lanciato contro di loro… un attacco Pokémon. Voltò lo sguardo verso la fonte di quell’attacco, furioso come una tigre, e gridò a squarciagola.

Ash: -Chi diavolo si è permesso di attaccarci mentre noi tentavamo di raggiungere le porte…?- La frase, lentamente, perse di consistenza e morì in un sussurro. Finalmente Ash comprese chi li avevano attaccati poco prima… un Pokémon di tipo erba/veleno era ancora in posizione d’attacco, schierato proprio davanti ad una coppia di individui avvolti completamente in un mantello. Ash deglutì, terrorizzato. Li aveva riconosciuti, erano loro, erano tornati, più forti che mai. In quel momento, le luci dell’edificio si spensero improvvisamente.

 

Laura: -Santo cielo… ma che diavolo è questo odore dolciastro?!- Il segnale dell’apparecchio di rivelatore di frequenze era praticamente impazzito quando il Professor Elm e Laura si erano recati al piano superiore degli studi di registrazione… la porta era aperta, i cardini divelti, il pavimento ricoperto di fogli, persone a terra… e quello strano odore nauseabondo che permeava nell’aria. Victor Elm e Laura si schermarono naso e bocca con dei fazzoletti, riuscirono a scorgere alcune persone all’interno di quello studio: alcune sedute, seppure scomposte, sulle sedie, altre riverse a terra. Erano state narcotizzate. Il rilevatore di frequenze del Professor Elm segnalava una forte operatività di distorsione del segnale proprio in quella stanza, ma non potevano rimanere per molto tempo in quell’angusto cubo, lui e la ragazza dai occhi verdi. La luce se n’era pure andata (tranne che per alcune luci d’emergenza e alcuni monitor di sorveglianza, alimentati da gruppi di continuità) e la situazione non era di certo migliorata.

Elm: -Il segnale… la distorsione sembra che provenga da qui…- Laura era preoccupata per i suoi amici. Da quando Pikachu aveva scagliato quel misterioso attacco elettrico, i suoi compagni di viaggio si erano completamente volatilizzati. Anche la sua Dratini era sparita… si trovava da sola, ma aveva i Pokémon con sé. Soltanto che le Poké ball erano bloccate, non funzionavano. I Pokémon erano dunque bloccati nelle sfere Poké.

Analizzarono sommariamente la stanza, nulla sembrava essere stato rimosso o manomesso. Salvo fogli a terra, aria malsana e operai narcotizzati, niente era stato toccato. Eppure la lancetta che rilevava le velocità delle frequenze era immediatamente schizzata alla destra, rischiando quasi di rompere il marchingegno del Professor Elm. Dovevano per forza trovarsi nel posto giusto…

Elm: -Mi chiedo chi possa avere scassinato la porta di questo studio e addormentato gli addetti alla registrazione. Non ci sono valori e oggetti di prestigio qui dentro…- Laura scosse la testa, assolutamente a disagio in quel momento. Non le piaceva, poi quelle persone addormentate le incutevano paura. E poi, la sua Dratini, non era con lei…

Laura: -La prego, Professor Elm, facciamo presto!- Victor Elm iniziò a muoversi molto freneticamente in quella stanza, alla ricerca della fonte di distorsione del segnale. Alcune volte la lancetta segnava un’attività più forte in un luogo, altre volte la pressione era più mitigata. La ragazza iniziò a soffrire la tensione finora accumulata e le sue gambe iniziarono a tremare. Dovette sostenersi sul tavolo centrale per non ritrovarsi lunga distesa in terra.

Elm: -Coraggio, Laura! Siamo vicini, devi resistere!- Elm eseguì un altro giro per la stanza, notando sempre la stessa differenza, seppur lieve, nella pressione del segnale in alcune zone della stanza. Voltò lo sguardo alla sua sinistra e scorse il gigantesco generatore principale di frequenze. Era direttamente collegato con l’antenna radio che distribuiva il segnale in tutta la regione di Kanto. Una macchina gigante, complicata solo ad osservarla nel suo insieme, piena di pulsanti, luci, leve e bottoni. Un errore di calcolo nell’uso di quel mega calcolatore, e tutto sarebbe terminato in fumo. Elm osservò il gigantesco marchingegno per un bel pezzo, soffermandosi sui dettagli dell’impianto elettrico, ma non notò nulla di rilevante. Il suo rileva frequenze però segnalava chiaramente un disturbo nella comunicazione radio proprio in quel punto.

Elm: -Niente di anormale, sembra tutto in regola… sembra tutto funzionante… ma il calo di corrente, da dove può derivare?- Laura iniziò a provare un serio timore. Alcune spore presenti in quell’ambiente malsano stavano già iniziando a penetrarle nei polmoni, e la concentrazione che aveva accumulato stava lentamente ma inesorabilmente affievolendosi. La vista iniziò ad indebolirsi e le gambe le tremavano come non mai. Riuscì solamente a volgere lo sguardo verso uno dei monitor di sicurezza, fortunatamente accora accesi, che controllavano ogni anfratto dell’edificio della Torre Radio. La telecamera di sicurezza di questo monitor stava riprendendo proprio in quel momento delle persone che si erano riunite nell’atrio principale del palazzo, ma appariva tutto confuso e poco nitido, anche perché le luci si erano misteriosamente spente in quella zona.

 

Ash: -Voi… siete stati voi!!- Ash Ketchum aveva riconosciuto quasi immediatamente l’identità dei personaggi che si era ritrovato improvvisamente di fronte. Due individui molto alti, avvolti in un pesante ed oscuro mantello color rosso fuoco, i loro occhi iniettati di sangue, il volto celato da ampi cappucci… il Maestro di Pokémon aveva affrontato varie volte il Team Richardson, ma non si era mai ritrovato così in netta difficoltà nei confronti del losco Team. Non aveva alcun Pokémon per poter combattere contro i malvagi Elio e Cassandra… neanche i suoi amici. Pikachu era K.O., così come i due Dratini. I Pokémon rinchiusi nelle sfere Poké non potevano essere liberati… non avevano a disposizione un solo Pokémon per poter combattere, mentre il Team Richardson… davanti al duo vi era un Pokémon, già notato in precedenza, un Pokémon non molto alto, ma dallo sguardo determinato e particolarmente agguerrito. Il ragazzo col cappello aveva già avuto a che fare con il Gloom del Team Richardson, egli era molto potente ed aveva a disposizione un arsenale di mosse particolarmente efficaci e forti.

Elio: -Non dirmi che sei sorpreso di rivederci, Maestro Ketchum!- Il tono di voce di Elio del Team Richardson non fu certo di comprensione, tutt’altro. Ash ebbe addirittura i brividi ad ascoltare quella voce roca e colma di rabbia. Il membro del Team Richardson ridacchiò ed incrociò le braccia al petto, visibilmente soddisfatto ed osservò compiaciuto il suo avversario, il ragazzo col cappello, contorcersi dalla rabbia per la scoperta appena avvenuta.

Elio: -C’è qualche problema, per caso?-Trattenendo a stento la collera, il Maestro di Pokémon indicò il duo con un dito. Il ragazzo digrignò i denti e ringhiò contro i suoi avversari, conscio del fatto che i problemi accaduti finora fossero sicuramente opera del losco Team. Una strana sensazione invase la mente del ragazzo col cappello: che cosa ci facevano Elio e Cassandra alla Torre Radio?

Ash: -Voi…! Non so perché ci avete attaccato, ma sono sicuro che siete i responsabili di quanto sta accadendo all’interno della Torre Radio!- La coppia avviluppata nel drappo rosso si mostrò ironicamente sorpresa e molto contrariata alle accuse di Ash. Cassandra ridacchiò nervosamente e, inarcando la schiena leggermente all’indietro, squadrò il suo avversario da testa a piedi.

Cassandra: -Sei sicuro di sentirti bene? Cosa ti fa pensare che noi c’entriamo qualcosa con ciò che sta accadendo? Che cosa sta succedendo, poi?-Questa volta fu Brock a prendere la parola, perché il suo amico era troppo furibondo per poter articolare le parole e anche perché l’attenzione di Ash si era completamente focalizzata su Pikachu, il quale ancora accusava misteriosi malesseri, accucciato tra le braccia del suo allenatore.

Brock: -I nostri Pokémon stanno molto male, stanno soffrendo da poco tempo! Non li ho mai visti contorcersi in questo modo… deve essere accaduto qualcosa di inspiegabile qui alla Torre Radio! E voi sicuramente ne sapete qualcosa, dato che siete qui!- Questa volta il Team Richardson esplose in una fragorosa risata, così facendo irritò molto il povero Brock, il quale non sapeva quali pesci pigliare. In quel momento si trovavano in netto svantaggio nei confronti di Elio e Cassandra, non un Pokémon era possibile utilizzare per fronteggiare il malvagio duo. I Pokémon del Team Richardson erano molto potenti – Ash ne aveva avuto conferma più di una volta – ed ora, completamente inerti contro il losco team, non potevano difendersi. Forse era un caso che si trovassero proprio lì… no! Ash scosse la testa e tornò a gridare contro i suoi avversari.

Ash: -Che cosa volete da noi? Perché ci avete bloccato la strada? I nostri Pokémon stanno molto male, lasciateci passare!-e mostrò al duo il suo Pikachu infermo, tendendo le braccia che sorreggevano il piccolo Pokémon giallo in avanti. Il Team Richardson non rispose alle domande colme di rabbia del Master dei Pokémon. Rimase immobile nel centro della stanza, con Gloom ancora schierato per la battaglia. Tra gli allenatori e le scale non vi erano ostacoli, vi era una distanza di pochi metri. Brock se ne accorse, osservando la stanza con un colpo d’occhio. Era molto buio in quel luogo, era sera e iniziava pure a fare freddo.

Brock: -Ash, ehi Ash!- Brock parlò al suo amico sottovoce, approfittando del fatto che il Team Richardson si era messo nuovamente a ridere, distraendosi momentaneamente dai loro avversari.

Brock: -Le scale… sono alla nostra sinistra. Approfittiamone per fuggire!- Ash ribollì di rabbia al solo pensiero di fuggire di fronte al nemico, ma dovette dar retta al suo amico, anche perché Pikachu e gli altri Pokémon non smisero un solo momento di soffrire di quei misteriosi malesseri. Osservò per un certo momento il suo Pikachu, ormai quasi incosciente per il dolore che stava provando in quel momento. Il ragazzo col cappello non si era mai sentito così inutile come in quella serata. Non poteva fare proprio nulla per potere far star meglio il suo compagno di avventure di una vita.

Ash: “Pikachu… che cosa ti sta succedendo…”

 

Laura: -Professor Elm, dia un’occhiata!- La ragazza dagli occhi verdi aveva visto tutta la scena nel monitor di sicurezza rimasto ancora acceso, scampato miracolosamente a quell’improvviso blackout che aveva colpito buona parte delle telecamere di videosorveglianza della Torre Radio. Aveva osservato tutto: i suoi amici, i Pokémon in difficoltà, l’avvento del Team Richardson. Non era ancora riuscita a scorgere Alex… non era presente in quel momento nell’atrio del pian terreno. Che cosa era successo al suo amico? Lo avevano per caso catturato? Era caduto in terra e la telecamera non riusciva ad inquadrarlo? Si trovava da un’altra parte? Era riuscito a mettersi in salvo? Troppi quesiti ingombrarono simultaneamente la giovane mente della figlia dei Ferguson, opprimendola interiormente. Iniziava a temere per l’incolumità del suo compagno di viaggi.

Elm: -Non… non posso adesso! Sto cercando di capire… dove si trovi la distorsione…- Gli effetti del narcotico presente nell’aria malsana di quell’ufficio stavano cominciando a mostrarsi pericolosamente anche a Victor Elm. Il professore di Borgo Foglianova aveva analizzato completamente il gigantesco macchinario che trasmutava il segnale audio e video in segnale radio per potere essere trasmesso ai satelliti, ma non riuscì ad osservare nulla di particolare o nulla di significativo per comprendere la posizione esatta della fonte di quel preoccupante problema. Laura richiamò più di una volta l’attenzione del Professor Elm, voltandosi e richiamandolo a gran voce, ma non ne ricavò nulla. Voltò ancora una volta lo sguardo al monitor, preoccupata. Il Team Richardson stava avanzando verso Ash e Brock (i due membri avevano indosso delle maschere antigas?), ed uno dei due membri del losco Team stava tendendo una mano verso di loro. Stava indicando qualcosa, o qualcuno… la direzione puntava decisamente verso Ash… il ragazzo col cappello aveva sulle spalle i due Dratini, ancora completamente confusi dal segnale radio impazzito. Volevano catturare sicuramente il Dratini di Alex, ancora non avevano deciso di abbandonare il loro obiettivo. L’angoscia interiore di Laura si intensificò a dismisura quando si accorse di non avere a disposizione neanche un Pokémon in quel momento: le sfere Poké si trovavano in quel momento al Centro Medico per Pokémon situato al secondo piano di quell’edificio. Laura si voltò ancora verso il Professor Elm, stralunata e sconvolta. Vide l’uomo con il pizzetto, con il fazzoletto bene pressato su naso e bocca, chinarsi in terra per osservare se qualcosa fosse stato impiantato nella zona sottostante il grosso marchingegno.

Elm: -Qualunque cosa essa sia… l’hanno nascosta davvero bene. Il segnale di distorsione parte da qui, non c’è alcun dubbio… ma non posso di certo spegnere questa macchina. Se la dovessi spegnere, tutti i pc di questo edificio smetterebbero di funzionare, e sarei al punto daccapo, ancora ignaro di dove possa trovarsi la fonte di questo segnale distorcente….- La ragazza, fuori di sé, ringhiò e strinse i pugni, sbattendo un piede contro il pavimento. Così facendo, sollevò una coltre di polverina che alimentò l’insalubrità dell’aria presente in quello stanzino.

Laura: -Professore, dobbiamo fare qualcosa! I miei amici… i Pokémon… il Team Richardson…- Iniziò a tossire, convulsamente. Lo sbattere il piede in terra non aveva fatto altro che aumentare il tasso di avvelenamento presente nell’aria. Il Professor Elm, colpito anch’egli dal nuvolone appena innalzato, sembrò non accorgersi della differenza e continuò a lavorare indefesso. Afferrato un cacciavite a stella controllò ogni anfratto delle pareti plastiche e ferree del mega computer. Passò in rassegna ogni dettaglio insolito che potesse far capire al maggior esperto di Pokémon di Johto dove si potesse nascondere il fantomatico distorsore di segnale radio. Laura, iniziando a sentirsi confusa per il troppo narcotico presente nell’aria, indietreggiò di qualche passo, in direzione dell’uscita ormai priva di porte.

Laura: -Io… devo aiutare i miei amici…- Afferrò qualcosa dalla tasca sinistra nel suo stordimento (aveva ancora indosso il vestito della serata), forse voleva prendere un altro fazzoletto… invece afferrò per sbaglio il PokéDex e con quello il Pokémon traduttore, il piccolo auricolare che serviva per impostare il linguaggio dei Pokémon agli stessi livelli vocali e linguistici di quello umano. Laura non si accorse di avere perduto il piccolo aggeggio elettronico – le cadde proprio di mano – finendo in terra. La polvere sul pavimento attutì la caduta dell’auricolare, smorzandone anche il rumore. La ragazza, indietreggiando lentamente verso l’uscita, non si rese conto di camminare proprio verso il piccolo apparecchio elettronico, e non diede peso neppure al sonoro CRACK che seguì la rottura del marchingegno dovuto alla pressione della pianta del piede sul Traduttore. Il Professor Elm poté osservare unicamente delle piccole scintille elettriche provenire dal di sotto della scarpa di Laura che aveva accidentalmente calpestato il Traduttore Pokémon, ma niente di più.

Appena guadagnata l’uscita, Laura riuscì finalmente a riprendersi dal torpore che l’aveva aggredita e si ridestò. Le scale che portavano dabbasso non erano molto lontane, in pochi minuti avrebbe potuto raggiungere il Centro Medico per Pokémon, recuperare i suoi guerrieri e dare man forte ai suoi amici. Non perse dunque tempo e, a rotta di collo, si diresse verso le scale. Nella corsa, la ragazza si sfilò le scarpe col tacco, poiché le impedivano di correre naturalmente. Si ritrovò a piedi nudi (poco le importava, sul pavimento era stata installata una soffice moquette) e, decisa ad intervenire contro il Team Richardson, lasciò da solo il Professor Victor Elm nelle sue riflessioni matematico-enigmatiche. Poi, all’improvviso, il lampo di genio.

Elm: -Ehi! Ma che diavolo è quel….?-

 

Ogni tentativo di fuga da parte di Ash e Brock risultò vano dai continui ed incessanti attacchi di Gloom. Le porte antincendio, a pochi passi dai ragazzi, sembravano così lontane ed irraggiungibili. Lottare contro una coppia di allenatori senza avere a disposizione un solo Pokémon era un’impresa davvero ardua. Il ragazzo col cappello e l’allevatore di Pokémon dovettero più di una volta indietreggiare per sfuggire alle offese del piccolo Pokémon erba/veleno. Pikachu aveva ormai perso i sensi, mentre i Dratini e Bulbasaur continuavano a strizzare gli occhi ed a lamentarsi. Come se non bastasse, Cassandra, la donna del Team Richardson, si era messa a ridacchiare sommessamente, appoggiando una mano sulle labbra.

Cassandra: -Vi vedo in difficoltà, amici miei… vi lasceremo in pace solo alla consegna di quel Dratini!- e, con lo stesso braccio, allungò quest’ultimo ed indicò con un certo atteggiamento minaccioso il draghetto azzurro, amico di Alex. Sia l’allenatore con il cappello che il Pokémon di tipo drago rabbrividirono per il terrore, quei due facevano maledettamente sul serio. Ash Ketchum, però, non aveva alcuna intenzione di cedere alle richieste dei due mascalzoni e, con tutto il fiato che aveva in gola, strinse i pugni fino allo spasmo e gridò selvaggiamente: -MAI!-.Consegnò con uno scatto molto brusco Pikachu ed i Dratini nelle mani dell’allevatore di Pokémon, il quale dovette arrovellarsi per riuscire a reggere tutti e quattro i Pokémon tra le sue braccia (perché Brock in quel momento reggeva il quasi febbricitante Bulbasaur NdA). Brock non riuscì, per ovvie ragioni, a trattenere il suo amico, vedendolo correre all’impazzata verso i due lestofanti. Sicuramente Ash voleva provare a danneggiarli con un pugno, un calcio, o qualcosa del genere. Cosa alquanto improbabile, poiché sia Cassandra che Elio erano più alti e molto più muscolosi del suo amico. Il Team Richardson non fu affatto spaventato dalla decisione del maestro di Pokémon di partire in un ultimo e disperato tentativo di attacco, anzi quasi se lo aspettava. Gloom non riuscì ad intercettare l’avanzata repentina del ragazzo col cappello e quasi si ritrovò investito da quel treno in corsa. Mentre correva, Ash, cercò in ogni modo di guardarsi intorno, alla ricerca di qualsiasi entità potesse rivelarsi di aiuto per loro. Ma niente da fare, oltre al buio ed ai presenti in sala, non c’era niente e nessun altro.

Ash: -AHH! PRENDI QUESTO!- Il Master dei Pokémon tentò di affondare un pugno di slancio al volto di Elio, ma sorprendentemente l’offesa andò a vuoto. Il rosso individuo deviò il pugno di Ash quasi con naturalezza, spingendolo via con un unico ma deciso strattone della sua mano sinistra. Ash si ritrovò improvvisamente squilibrato in avanti, sia per lo scatto che aveva impiegato per arrivare sin lì, sia per il colpo di mano di Elio, che di certo non si aspettava.

Elio: -Sparisci, microbo!-. Con uno scatto fulmineo, il membro del Team Richardson spostò la mano sinistra sulla schiena del suo avversario, zona lombare, mentre l’altra mano libera l’appoggiò sulla fronte di Ash. Approfittando dello squilibrio del suo oppositore, fu semplice per Elio gettare all’indietro il ragazzo col cappello. Gli bastò unicamente spostare all’indietro la testa del ragazzo, spingendo verso di lui con la mano sinistra la schiena. In meno di tre secondi, Ash fu a terra, e con l’impeto che si era procurato per arrivare fino al punto della stanza dove c’erano Elio e Cassandra, il Master dei Pokémon riuscì addirittura ad eseguire una capriola all’indietro. Terminò la sua corsa accanto a Brock, seduto a terra e stordito.

Brock: -Ash! Ti senti bene?!- Lo spettacolo appena avvenuto sotto gli occhi di Cassandra suscitò un’esagerata ilarità nel cuore della ragazza dai capelli a caschetto. La donna infatti stava ridacchiando sommessamente e continuava a provocare l’allenatore di Pokémon più forte al mondo.

Cassandra: -Ah! Ah! Ma come, non volevi darci una lezione? Non dovevi sistemarci definitivamente? Noi stiamo ancora aspettando questa famosa “lezione”!- e, con il tono della voce, sottolineò ironicamente l’ultima parola, per poi riprendere a ridacchiare. Ash, rialzatosi con il supporto di Brock, ringhiò dalla collera e aggrottò rabbiosamente le sopracciglia. Scattò nuovamente in avanti con in mente di sferrare un secondo pugno al volto di Elio. Purtroppo per lui, anche questo tentativo andò a vuoto, ma riuscì sorprendentemente a graffiare il volto del suo avversario. Una sottile ma marcata linea rossa attraversava la gota di Elio, fu così sottile che neanche lo stesso uomo dai folti capelli rossi se ne accorse. Fu la sua collega a farglielo notare, ed Elio, colto da un’improvvisa ira repressa, raccolse il ragazzo col cappello da terra, afferrandolo per il bavero con una decisa stretta, e lo sollevò quasi da terra.

Elio: -Piccolo scarafaggio… ora basta scherzare! Consegnateci immediatamente quel Dratini, altrimenti…- Ash rispose al duro sguardo del membro del Team Richardson, non voltando mai gli occhi altrove.

Ash: -Altrimenti cosa? Cosa ci farai?-La donna dai capelli a caschetto si avvicinò un poco ed incrociò le braccia al grembo, afferrando saldamente i gomiti. Anche lei iniziò a mostrare di non poter più soffrire l’arroganza del suo avversario.

Cassandra: -Fai silenzio, piccola peste! Ci hai causato un bel po’ di guai da quando ci siamo incontrati! Ci avete ostacolato a Celestopoli, ci avete ostacolato a Miramare! Ora non vi permetteremo di metterci i bastoni tra le ruote anche a Lavandonia!- Il maestro di Pokémon ridacchiò sommessamente, rimanendo ancora a penzoloni, afferrato saldamente dalla stretta di Elio.

Ash: -E noi continueremo ad ostacolarvi, di città in città, fino a quando non vi arrenderete! Sapete… sembrate tanto forti e furbi… ma mi ricordate molto i membri del Team Rocket. Siete ridicoli e patetici, forse addirittura più deboli di loro!- Brock corrugò le sopracciglia, molto preoccupato. Che cosa è saltato in mente ad Ash di dire quelle cose di fronte ai nervosissimi Elio e Cassandra? Forse un piano per far desistere il Team Richardson dai loro propositi di catturare il Dratini di Alex una volta per sempre? Oppure un tentativo piuttosto azzardato di prendere tempo, in attesa di (insperati) rinforzi? Qualunque cosa avesse avuto in mente il suo amico, Brock si augurò di uscire da quella delicata situazione il più presto possibile. Speranze immediatamente infrante, poiché un rauco grido di rabbia riempì l’androne dell’edificio. Era stato Elio a gridare dalla collera, molto probabilmente frustrato dagli ultimi commenti poco felici dell’allenatore di Pokémon più forte al mondo.

Elio: -Come ti permetti di paragonarci a quei buffoni!! Ora te le suono io, e vediamo se siamo più deboli di quegli asini patentati!-Brock sgranò gli occhi, terrorizzato. Il loro avversario, Elio, aveva intenzione di percuotere Ash. Ma per quale motivo voleva farlo? Che male gli aveva procurato il ragazzo con il cappello? Non poteva neanche intervenire in difesa del suo amico di vecchia data, per due motivi ben precisi: il primo era che doveva reggere tra le braccia ben quattro Pokémon (due di tipo drago, uno di tipo elettro e uno di tipo erba); il secondo era che il Gloom di Cassandra gli ostacolava la strada. Infatti, appena l’ex capo palestra di Plumbeopoli si accinse a fare un passo, il Pokémon erba/veleno per tutta risposta iniziò ad agitarsi e una velata coltre di polline si prolificò dal fiore rossiccio che aveva in testa. Non c’era modo di aiutare il suo malcapitato amico da una sonora batosta.

Per un istante, Brock si ritrovò catapultato indietro nel tempo e nello spazio. Gli parve di essere ritornato a MonteLuna, nella grotta consacrata ai Clefairy, nel periodo in cui la caverna era ancora in fase di ristrutturazione. Gli sembrò di rivivere l’episodio in cui Alex, nel tentativo di difendere l’inerme Clefairy, venne massacrato senza pietà dai Pokémon di quel sadico e misterioso allenatore dai capelli corvini.

Ed ora, ancora una volta, Brock si ritrovò con le mani legate, impossibilitato ad aiutare il suo amico in difficoltà. Osservò a denti stretti il susseguirsi degli eventi, colmo di rabbia e frustrazione per non poter fare nulla per cavare fuori Ash da quel guaio in cui si era volontariamente cacciato.

Elio: -Ripetilo… ripetilo ancora se hai il coraggio!!- La voce arrochita dell’uomo dai folti capelli rossi era traboccante di collera nei confronti dell’arroganza del suo avversario, Ash Ketchum, il quale continuò a sogghignare indefesso, conscio del fatto che ne sarebbe uscito con il minimo sindacabile con un occhio nero. Doveva assolutamente prendere tempo, il ragazzo col cappello, per permettere al Professor Elm di trovare una soluzione al mistero dei Pokémon malati, e per permettere alla polizia di intervenire (sicuramente qualcuno avrà avvertito la centrale dell’improvviso black-out) entro la fine di quella terrificante serata. Il Maestro di Pokémon continuò a ridacchiare, a denti stretti, suscitando un’ira sempre crescente nell’animo dell’uomo dai capelli rossi.

Ash: -Non mi rimangio assolutamente nulla! Voi siete più stupidi dei membri del Team Rocket! Non riuscireste neppure a catturare un Caterpie se vi consegnassero una Master Ball!- Vi fu un attimo di assoluto silenzio, raggelante, calatosi improvvisamente nella sala principale della Torre Radio. Nessuno osò più fiatare nel periodo immediatamente successivo le parole di fuoco pronunciate da Ash. Lo stesso Elio fu clamorosamente sorpreso dall’atteggiamento strafottente del suo rivale, nessuno prima d’ora era mai andato così avanti nella provocazione gratuita. Per un istante, all’uomo barbuto venne quasi l’istinto di lasciare andare Ash ed applaudire il suo coraggio, ma purtroppo per il ragazzo col cappello, Elio non dimenticò la sua rabbia. Ringhiò, sbraitò, gridò selvaggiamente, i suoi occhi sgranati si iniettarono di sangue, la sua bocca schiumava in un urlo di guerra. Il braccio sinistro sorreggeva saldamente il bavero del Maestro di Pokémon (quasi lo stava per strozzare), il pugno destro così serrato che le nocche si sbiancarono.

Elio: -IO TI FACCIO FUORI!! IO TI AMMAZZO!- Il pugno destro partì, di slancio. Elio aveva tutte le intenzioni di fare del male fisico ad Ash. Brock, terrorizzato, implorò più di una volta i membri del Team Richardson di placare la loro ira, ma Elio e Cassandra non lo ascoltarono. La stessa Cassandra risultò sbalordita nel constatare quanto fosse testardo il loro avversario. Nonostante le continue minacce, Ash Ketchum non si era ritirato di una virgola, era rimasto rigido sulla sua posizione, noncurante del pericolo a cui stava andando incontro.

Brock: -Ash! Stai attento!!!- Ormai era troppo tardi per tornare indietro: il diretto di Elio era ormai partito e non esisteva nulla, in quel momento, che potesse mitigare la collera dell’uomo dai capelli rossi. Ash notò quanto fossero grandi le mani del suo avversario, avvolte nei guanti scuri. Si chiese mentalmente come ne sarebbe uscito da quello scontro fisico… non tutto d’un pezzo probabilmente.

Però… qualcosa di improvviso e di inatteso accadde.

Elio si ritrovò improvvisamente sbilanciato all’indietro, con la schiena addirittura curvata, come se stesse per cadere dietro di sé, in terra. Il pugno dato con così tanto slancio mancò d’un soffio il suo obiettivo (ovvero il volto del Maestro di Pokémon) e il braccio usato per scagliare quella sorta di meteora venne portato al collo di Elio, così come l’altro braccio. Ash cadde seduto sul pavimento ed osservò inebetito il succedersi degli eventi, così come Brock e Cassandra. Le mani dell’uomo dai capelli rossi stavano artigliando un braccio che misteriosamente era sbucato fuori dall’oscurità della stanza, avvolgendo il collo taurino del membro del Team Richardson. Lo slancio che si era procurato e quella mossa inaspettata stavano facendo perdere l’equilibrio ad Elio, il quale addirittura cercò di stabilizzarsi con le gambe.

Elio: -Ma che diavolo…! Chi mi sta afferrando da dietro?!- La risposta a questo quesito venne presto dichiarata: Cassandra, munita di una piccola torcia, illuminò il volto del personaggio avviluppato nell’oscurità che stava tentando di soffocare Elio alle spalle. Quando il volto celato venne scoperto, un grido strozzato giunse dalla gola di uno stordito Dratini. Il piccolo Pokémon drago aveva riconosciuto in quel misterioso personaggio sbucato dal nulla come il suo allenatore… Alex.

Cassandra fu la prima persona a riprendersi dalla sorpresa dell’avvento del pestifero ragazzino con gli occhiali e, avanzando con un dito puntato contro di lui e con un atteggiamento a dir poco ostile, inveì contro l’allenatore e gli gridò addirittura contro.

Cassandra: -Tu…! Tu sei quel ragazzino… non solo non vuoi consegnarci il tuo Dratini, ora cerchi anche di fare l’eroe!!- Ash sgranò gli occhi terrorizzato: che cosa aveva in mente di fare Alex? Già era impacciato nei suoi movimenti a causa della sua gamba malandata… dove avrà mai trovato quello slancio per mettere le mani addosso a un armadio come Elio.

Ash: -Alex…!!- Elio non occupò molto tempo per riprendersi dall’evento inaspettato e, con un solo colpo di reni, si liberò dalla morsa, non troppo salda, del braccio del ragazzino. Alex finì in terra seduto, con il fiatone. La corsa di poco prima lo aveva prostrato, ma era riuscito a non farsi scorgere fino all’ultimo secondo, grazie alla fitta oscurità che si era creata in quella stanza.

Non avendo alcun Pokémon a disposizione (le Poké Ball non avevano alcuna intenzione di aprirsi), il figlio di Fred Blake considerò la decisione di fermare personalmente la dirompente ira del membro del Team Richardson. Per un primo momento aveva raggiunto il suo obiettivo… ma ora doveva fare i conti con le conseguenze, poiché l’uomo dai capelli rossi si era voltato verso l’allenatore con gli occhiali. La torcia accesa da Cassandra illuminò parzialmente il volto dell’uomo barbuto, ed Alex ne ebbe timore: gli occhi del farabutto erano iniettati di sangue e brillavano di una luce sinistra.

Elio: -Tu… tu non sai che cosa tu abbia appena fatto. Non lo sai vero?- La voce di Elio, stranamente, risultò particolarmente calma e profonda alle orecchie dei presenti. Lo stesso Alex si meravigliò di quella voce così pacata nei suoi confronti, nonostante la rabbia si potesse leggere nello sguardo incollerito del membro del Team Richardson.

Alex: -Io… io so… io so soltanto che dovreste fermarvi. Non potete attaccare dei Pokémon indifesi!- Immediatamente successivo all’istante in cui Alex, balbettando le sue ragioni per avere aggredito alle spalle l’uomo dalla folta barba rossa, calò un silenzio quasi irreale. Il raggio di luce che rischiarava il cupo volto di Elio tremò, forse la mano di Cassandra che agguantava la torcia elettrica non fu così stabile come era sembrato a primo acchito.

Elio: -Tutto qui quello che sai dire? Queste sono le tue ragioni?- Alex, seppure rabbrividendo dallo spavento per il forzato colloquio con l’uomo dai capelli rossi, annuì. Ash, dietro le spalle di Elio, digrignò i denti dalla collera. Non poteva intervenire per giungere in aiuto del suo allievo, perché un attento Gloom sbarrava la strada sia al Maestro di Pokémon che all’esperto allevatore.

Elio: -Mi ricordo di te, ragazzino. L’ultima volta ci siamo incrociati a Miramare… neanche tanto tempo fa. Non eri messo molto bene, ti sorreggevi con l’aiuto di una stampella… cosa mi tratterrebbe dal gonfiarti come una zampogna?- Ash, Brock e Alex sgranarono gli occhi, smarriti e sconvolti. Elio faceva maledettamente sul serio, la sua voce calma ed impostata poi contribuiva a rendere la situazione ancora più agghiacciante.

Alex: -Non… non puoi…!-Alex dovette presto ricredersi. Soltanto lo scrocchiare delle nocche per compressione del palmo della mano su di esse confermò quanto appena affermato da Elio.

Elio: -Certo che posso. I pugni che volevo riservare al tuo caro maestro, ora li darò a te. Sei contento, supereroe dei miei stivali?!- Il tono di voce di Elio, dapprima placido e quasi controllato, crebbe di intensità e di volume mano a mano che pronunciava le sillabe, fino a terminare la frase in un rauco grido di rabbia. Alex capì in quel momento di avere commesso un altro stupido, imperdonabile errore. Ora non avrebbe più avuto alcun aiuto dai suoi amici, tanto meno dai Pokémon…

Quasi correndo, Elio fu immediatamente sopra il ragazzo con gli occhiali, il quale non ebbe neanche la forza di alzarsi da terra. Ash e Brock gridarono al loro amico di scansarsi, di rotolare, di fuggire dal luogo in cui in quel momento si trovava, ma l’allievo di Ash era letteralmente pietrificato dal terrore. Elio si fermò per qualche secondo nei pressi del corpo del ragazzino, soltanto il tempo per caricare la gamba destra all’indietro, quasi volesse tirare un calcio.

Elio: -Hai finito di ostacolarmi, ragazzino! E quando avrò finito con te, torneremo al nostro piano originario, cioè appropriarci del tuo Dratini!-Il tempo parve quasi fermarsi. Addirittura l’aria che riempiva quella sala oscura sembrò bloccarsi, quasi non volesse più circolare. Gli individui presenti in quel momento nell’androne principale della Torre Radio si trasformarono magicamente in statue , quasi dei manichini inanimati. Anche lo stesso Elio si ritrovò bloccato in quella posizione, gamba piegata all’indietro, come fosse stato il ritratto di un calciatore un attimo prima che calciasse il pallone da fermo.

Il tempo tornò a scorrere normalmente quando la stanza fu inondata da un assordante boato, cupo e spaventevole. Una luce bluastra si prolificò dietro le spalle di Elio e, sia il rumore, sia la luce che l’onda d’urto improvvisi riuscirono a mitigare la collera dirompente del membro del Team Richardson. L’unica cosa che sia Elio che Cassandra riuscirono a comprendere perfettamente fu che riuscirono a scorgere, proprio accanto alle scalinate che conducevano ai pieni superiori, una massa non meglio definita appoggiata in terra, vicina al muro. Un fagottino apparentemente inanimato emetteva del fumo, quasi fosse stato sottoposto a temperature elevatissime. Cassandra riconobbe immediatamente l’identità di quel fagottino in terra, semplicemente illuminandolo. La scoperta dell’identità di quel corpicino gettò la donna nel più profondo sconforto: era Gloom, scaraventato a diversi metri di distanza dalla posizione in cui si trovava fino a quel momento, svenuto e molto probabilmente sconfitto da una mossa di Pokémon. Addirittura la mano che sorreggeva la torcia elettrica si mise a tremare senza controllo.

Cassandra: -Come… com’è possibile…! Gloom è stato sconfitto!- Effettivamente, Gloom pareva essere stato proprio sconfitto da una mossa di tipo Pokémon. Una mossa alquanto potente, a prima vista. Una volta che l’iniziale smarrimento venne rapidamente riassorbito e trasformato in rabbia e sdegno, Cassandra digrignò i denti dalla collera e puntò risoluta la torcia elettrica contro il gruppo di allenatori, ancora basiti da quanto accaduto. Alex, ripresosi finalmente dallo shock, si rialzò da terra (seppure con fatica immensa) e si avvicinò lentamente ai suoi amici.

Cassandra: -Va bene! Lo scherzo è durato anche fin troppo! Chi ha osato ridurre Gloom in questo stato?!- La risposta non tardò ad arrivare. Posizionato proprio tra lei e gli allenatori di Pokémon, una strana figurina bluastra, avvolta su se stessa, venne scoperta al passaggio del fascio di luce proiettato dalla torcia. A primo acchito quello strano essere comparso all’improvviso non appariva neppure come una forma di vita animata. Eppure… quegli occhi così lucidi… lo sguardo isterico… l’espressione minacciosa… Cassandra comprese quasi immediatamente chi si stava trovando di fronte in quel momento, proprio a tre metri di distanza da lei e da Elio, il quale anch’egli si era ripreso, proprio in quell’istante, dallo shock emotivo per la sconfitta così repentina di Gloom.

-Per fortuna ti sei ripresa!- Un’altra voce, proveniente dall’oscurità, spaventò tutti i personaggi presenti in quel momento nella hall dell’edificio ipertecnologico. Ash, Brock ed Alex, nonché i loro Pokémon, riconobbero all’istante quel timbro di voce… gentile, pacato, ma nello stesso tempo deciso, determinato.

Quel tono di voce…

Non poteva appartenere a nessun altro, se non alla voce di Laura Ferguson.

 

Ash, Brock e Alex: -Laura!!- L’improvviso avvento in scena della ragazza dagli occhi verdi risollevò notevolmente l’umore generale del gruppo di allenatori Pokémon. Anche se la luce elettrica era venuta a mancare e il fascio di luce della torcia non fosse così ampio e luminoso, all’allenatrice rischiarata dalla pila elettrica si poteva notare che le mancavano le scarpe ai piedi. Era giunta nella hall del piano terra della Torre Radio di Lavandonia a piedi nudi, il maestro di Pokémon si chiese mentalmente il perché.

Laura: -Lascia stare i miei amici! Non puoi picchiarli, non puoi!!- La voce isterica della ragazzina, sollevatasi repentinamente in quell’androne oscuro, innervosì non poco l’uomo dai folti capelli rossi, facendogli dimenticare addirittura i sentimenti di vendetta nei confronti dello spaurito Alex. Ormai tutta la concentrazione del Team Richardson si era convogliata su un unico punto, ovvero la ragazza dai capelli castani, e Alex ne approfittò, seppur lentamente, ad indietreggiare da seduto.Addirittura il grande e mastodontico Elio si voltò completamente verso la figlia dei Ferguson, provando un sentimento misto tra sorpresa, rabbia e impazienza.

Elio: -Non possiamo? … ti faccio notare, signorina, che il qui presente Maestro Pokémon – e lo indicò con un cenno del mento – ha tentato più di una volta di mettermi ko con un pugno al volto… non sei giusta dicendo che noi non possiamo picchiare le persone, mentre i tuoi amici sì!-Brevi attimi di silenzio, interrotti unicamente dal ruggito quasi indistinto che proveniva dalla gola dell’allenatrice di Pokémon. Sia Brock che Cassandra compresero lo stato d’animo della ragazzina, sembrava quasi essere sul procinto di esplodere da un momento all’altro. L’ex capopalestra di Plumbeopoli osservò molto preoccupato il susseguirsi degli eventi, soprattutto la crescente ira di Laura. Che avesse una ricaduta delle sue crisi isteriche? Non sarebbe affatto il momento giusto per crollare.

Laura: -Vi avverto… lasciate in pace i miei amici!-Elio non diede molto peso alle parole minacciose della ragazza, anzi quasi le trovò divertenti alle sue orecchie. Sogghignando quasi compiaciuto per avere in qualche modo fatto adirare Laura, incrociò le braccia al petto e si voltò ancora una volta verso di lei, dopo avere dato un’occhiata ai suoi avversari, i quali avevano già raccolto Alex da terra e messo al sicuro dietro di loro. Cassandra, al contrario, provò in cuor suo una leggera inquietudine per quel fuori programma che stava mettendo a repentaglio il loro piano.

Elio: -Oh, la piccola principessa si è arrabbiata. E ora cosa ci fai? Chiami i poliziotti e ci fai sbattere in galera? Ti avverto signorina, che tutte le linee radio sono fuori uso, quindi datti una calmata e fatti da parte!- Con il tono di voce dapprima canzonatorio, poi sempre più duro e intimidatorio, l’uomo dai capelli rossi inchiodò con lo sguardo la figlia dei Ferguson, la quale con un colpo d’occhio osservò la sua Dratini, pronta per sferrare un nuovo attacco. Anche Cassandra, la donna dai capelli a caschetto, scrutò molto preoccupata il Pokémon Drago. Non doveva essere fuori causa per il disturbo delle onde radio? Tutti i Pokémon dei ragazzi erano sotto l’influsso dei traduttori, oggetti funzionanti via radio… perché quel Pokémon invece era in buono stato di salute, non contento aveva addirittura sconfitto un campione del calibro di Gloom, il SUO Gloom?

La donna osservò perplessa il suo Pokémon, non poteva neanche ritirarlo nella sua sfera Poké a causa delle interferenze radio… causati da loro stessi, il Team Richardson. Di punto in bianco, la situazione si era improvvisamente capovolta. Ragionando per un istante a mente fredda, i nemici avevano, per uno strano caso del destino, a disposizione un Pokémon (un Dratini femmina… che umiliazione), mentre loro due… neanche uno! Gloom era stato sconfitto, non avevano strumenti per ripristinare la salute del loro Pokémon Veleno, forse sarebbe stato saggio per il suo compagno di scorribande non fare arrabbiare troppo la già inviperita ragazzina.

Cassandra: -Elio…- Frattanto, i tre allenatori furono in grado di indietreggiare abbastanza per essere in prossimità della porta di sicurezza antincendio, che conduceva all’esterno dell’edificio avvolto nella sua pesante penombra. Se anche Laura fosse abbastanza vicina a loro per poter fuggire tutti insieme… invece si trovava in quel momento dall’altra parte dell’androne, dove c’erano le scale che conducevano ai piani superiori. Il Team Richardson, al centro della stanza, era a tutti gli effetti circondato dagli allenatori di Pokémon.

Elio: -Avanti, “Signorina Perfettina”! Fatti avanti, se hai il coraggio!- L’appellativo inventato sul momento da Elio mandò su tutte le furie la ragazza dagli occhi verdi, probabilmente il nomignolo le era stato affibbiato a causa del suo vestito per lo spettacolo di quella sera.Cassandra tentò, in qualche maniera, di mitigare il tono di sfida del suo compagno di squadra, e si avvicinò verso di lui lentamente.

Cassandra: -Elio, non mi sembra il caso…!!- Un altro fascio di luce tagliò la stanza perfettamente in due, di colore bluastro. Questo lampo improvviso si sviluppò proprio nello spazio intercorso tra la donna con i capelli a caschetto e Elio. Il fragore causato da questo “fulmine” rischiò quasi di assordare i presenti, mandando fuori giri i poveri Pokémon degli allenatori, ancora storditi per il fischio radioelettronico causato da una modifica nell’impianto radiomeccanico.

Elio sgranò gli occhi stupefatto, quel fascio di color blu era stato proiettato con precisione ancora una volta dal Pokémon Drago della sua avversaria, un attacco Ira di Drago eseguito alla massima potenza. L’uomo dovette raccogliere per qualche secondo le sue idee prima di poter controbattere.

Non riuscì comunque a parlare, perché proprio in quel preciso istante, le luci della stanza si accesero improvvisamente, seppure a scatti, a causa delle lampade al neon la cui partenza era sempre stata ad effetto ritardato.

 

Brock: -…è tornata la luce..!!- Per qualche misteriosa ragione, le luci nell’androne del palazzo si accesero all’improvviso. Questo evento lasciò di stucco il Team Richardson, i cui componenti alzarono lo sguardo verso le lampade posizionate sul soffitto, quasi spaventati dall’evento.

Elio: -Cosa sta succedendo?! Hanno per caso azionato gli interruttori di emergenza? Cassandra – e si voltò verso la sua compagna, corrucciato – hai controllato di avere messo fuori uso quel dannato pulsante?!- La donna avvolta dal suo mantello, come un sudario, non staccò gli occhi dalle lampade, livida in volto. Era sicura di avere messo fuori uso anche l’interruttore di emergenza prima di modificare l’apparecchio trasmettitore.

Cassandra: -… c’è soltanto una spiegazione…- Il ritorno della luce elettronica nella Torre Radio di Lavandonia sancì il ritorno della sicurezza negli animi degli allenatori. Ma non soltanto. Un particolare catturò l’attenzione della donna dai capelli a caschetto dopo che ebbe abbassato lo sguardo verso i ragazzi, un particolare che la gettò nel panico più totale. Addirittura strattonò con una mano il mantello di Elio, per catturare la sua attenzione.

Cassandra: -Elio…! Guarda….!! I Pokémon….!!- L’uomo dai capelli rossi non si curò della crescente paura che si stava sviluppando nel cuore della sua compagna di scorribande, poiché era troppo impegnato ad osservare con uno sguardo arcigno la figlia dei Ferguson, ancora posizionata nei pressi delle scale che conducevano ai piani superiori del palazzo radiofonico.

Elio: - Credi che il ritorno della luce nel palazzo possa cambiare i nostri piani? Non credo proprio, siamo ancora in vantaggio rispetto a voi! Fino a quando il disturbo nella rete radiofonica persiste, noi…- Un altro strattone al mantello dell’uomo barbuto da parte di Cassandra finalmente permise di catturare la sua attenzione. Elio non prese affatto bene questa interruzione, e lo fece notare senza troppi giri di parole all’altro membro del Team Richardson.

Elio: -Insomma, cosa ti prende?! Che hai da piagnucolare?- La donna, tremante, indicò il gruppetto di ragazzi alle sue spalle. Elio, sbuffando, lanciò uno sguardo verso i tre ragazzi, e notò che stavano sogghignando in modo ambiguo. Focalizzò lo sguardo verso il Pikachu e il Dratini rispettivamente di Ash Ketchum e di Alex Blake, sembrò quasi che stessero riprendendosi dal torpore in cui erano caduti a causa del disturbo. Ci vollero almeno trenta secondi buoni per permettere ad Elio di capire che i Pokémon avversari si stavano riprendendo e stavano tornando in sé. L’uomo avvolto nel mantello indietreggiò, ruggendo di stupore e rabbia.

Elio: -Ma… cosa sta succedendo!! I Pokémon si stanno riprendendo..?!-

Neanche il tempo di terminare la frase sbocconcellata, che Pikachu si ridestò completamente tra le braccia di Brock e, con un gesto guizzante e fulmineo, saltò letteralmente sulla spalla sinistra del Master dei Pokémon. Ash, ridestandosi anch’egli dallo stato di agitazione in cui era caduto, si illuminò in un sorriso e puntò il suo sguardo dritto verso il Team Richardson.

Ash: -A quanto sembra, le cose si stanno mettendo molto male nei vostri confronti…- Cassandra, ormai conscia di avere ormai perso la battaglia contro i loro nemici, si avvicinò cautamente verso il suo compagno di squadra e, con atteggiamento sommesso, gli accennò di andarsene da quel luogo per il momento. Di tutta risposta, l’uomo dalla folta chioma rossa sbraitò contro la donna.

Elio: -Come sarebbe a dire “ritirarci”?! Non abbiamo neanche combattuto, come puoi pensare ad una cosa simile…!- Un lampo accecante, di colore giallastro pallido tendente al bianco, saettò lesto al fianco destro di Elio. Per poco quell’attacco di tipo elettrico non colpiva il povero Gloom, che ancora stordito e provato dall’attacco di poco prima giaceva inerme, seduto, spalle al muro dall’altra parte della stanza. Elio strinse i denti, furioso, e gettò uno sguardo inviperito verso la fonte di quel lampo improvviso. Notò con stupore che quel fascio di luce in realtà non era casuale, era un vero e proprio attacco di tipo elettrico. Il Pikachu dell’allenatore col cappello era stranamente calmo, ma le sue tasche guanciali purpuree ancora sfrigolavano e saettavano scariche elettriche, gonfie e pronte per una nuovo attacco.

Ash: -La tua amica ha detto bene, ritiratevi finché ne avete la possibilità! - Cassandra, ormai completamente disincantata e distratta, si guardò attorno in modo frettoloso e abbastanza nervoso. In quel momento, lei ed Elio erano circondati dai loro avversari. Da una parte, verso la porta antincendio, si trovavano tre allenatori armati fino ai denti, solo pochi minuti prima sembravano inermi e senza possibilità di fuga. Dall’altra parte invece si delineava un’isterica ragazzina vestita con un attillatissimo vestito da sera, piedi scalzi e il trucco che aveva sul viso, ormai pasticciato e completamente rovinato dai rivoli di sudore che ancora le colavano sul volto. La donna dai capelli a caschetto, indietreggiando sempre lentamente, si ritrovò quasi spalla a spalla con il suo compagno di squadra. Ancora una volta, sottovoce, lo esortò ad abbandonare il campo. In quel momento si trovavano in svantaggio, non potevano affrontare quattro allenatori in una sola volta. Era più che convinta, inoltre, che il disturbatore di frequenze radio era stato in qualche modo disabilitato, anche perché i Pokémon avversari si erano stranamente ripresi. Cassandra afferrò, questa volta in maniera decisa, un braccio di Elio e, con voce calma e suadente, lo invitò a fuggire insieme a lei.

Elio: -Non se ne parla! E poi… - voltò lo sguardo verso Gloom, ancora accasciato e senza una parvenza di ripresa – vuoi abbandonare il tuo Pokémon qui?! Non puoi richiamarlo… lo sai bene!- La donna scosse la testa, sorridendo mestamente. Quella testa di pietra ancora non aveva capito che avevano perso. Afferrò da sotto la tunica rossa la sfera Poké, dimora del Pokémon Veleno, con un tocco ingrandì la sfera fino a farle raggiungere la dimensioni di una palla da baseball e, puntandola decisa verso il Pokémon, lo richiamò come se nulla fosse. Elio osservò stupefatto Gloom che scomparve in un lampo rossastro, per poi dileguarsi completamente insieme al raggio purpureo dentro la Poké Ball e rimase così basito da quell’evento che quasi si dimenticò dei suoi avversari. Con un nodo alla gola, Elio deglutì un rospo e incollò con uno sguardo quasi pietrificato la sua collega di malefatte.

Elio: -Se… se Gloom è ritornato nella sua sfera Poké, questo può soltanto significare…- Lo scoppiettio di alcune scariche elettriche provenirono dalla sinistra dei due membri del Team Richardson. Il Pikachu dell’allenatore col cappello stava preparandosi ad un furioso e poco raccomandabile attacco di tipo elettrico, pronto a colpire i due personaggi al centro della stanza. Ormai la partita sembrava incredibilmente perduta e Cassandra, in quel momento più agitata del solito, afferrò con ancor più decisione il polso del suo compagno, quasi a fargli male.

Cassandra: -Qui non abbiamo più niente da fare, dobbiamo ritirarci!- Elio aggrottò le sue folta sopracciglia e digrignò i denti, schiumante di rabbia. Non riusciva a comprendere il pensiero della sua collega, così arrendevole e supplicante. Anche loro due avevano Pokémon a disposizione, potevano comunque combattere contro i loro avversari ad armi pari, supponendo che il disturbatore di frequenze fosse stato realmente disattivato. Ma a giudicare dallo stato fisico del Pikachu di Ash e della Dratini della ragazzina quasi posseduta dal demonio, l’uomo dai capelli rossi prese successivamente coscienza di essere in netta inferiorità numerica a Pokémon. Con una rapida occhiata passò in rassegna i volti di tutti i suoi avversari e, sputando in terra quasi stesse espellendo veleno, scrollò il capo nervosamente. Osservò di sottecchi il maestro di Pokémon e, con un atteggiamento a dir poco imperiale, maestoso e minaccioso, proruppe in una dichiarazione di resa.

Elio: -Per questa volta avete vinto voi, ma sappiate che torneremo ancora prima che ve ne possiate rendere conto!- E ancor prima che qualcuno potesse controbattere alle sue dichiarazioni, la stanza fu invasa da un accecante bagliore contornato da uno spesso strato di fuliggine che investì in pieno gli allenatori di Pokémon. I ragazzi si tapparono naso e bocca, paventando la fuliggine tossica, ma ben presto tolsero le mani dal loro viso poiché quella polvere era solo fumo di condensa e nulla più. Brock strabuzzò gli occhi quando si accorse che, una volta che la foschia si diradò (grazie anche ad un piccolo aiuto da parte di Pidgey con il suo attacco Raffica), di Elio e di Cassandra non rimase neanche l’ombra.

Brock: -Una manovra evasiva, grazie al fumo causato da chissà quale marchingegno si sono potuti dileguare!- La calma dunque si era ristabilita nella hall della Torre Radio, il silenzio si era impadronito di quell’ambiente, rotto irregolarmente dai respiri profondi dei ragazzi presenti. Alex non aveva mai staccato gli occhi di dosso dai due membri del Team Richardson, e solo quando la nebbia si era diradata li richiuse, sospirando.

Alex: -Meno male che è finita…- Riaprì gli occhi e voltò lo sguardo verso la sua amica Laura, la quale lo stata scrutando a sua volta. La ragazza dagli occhi verdi era abbastanza distante da dove si trovava Alex in quel momento e non riuscì a scorgere il suo stato d’animo, se potesse essere felice dell’accaduto, triste o arrabbiata.

Nel frattempo, il ragazzo con gli occhiali si alzò da terra, togliendosi la polvere di dosso. La risposta al quesito comunque non si fece attendere: la figlia dei Ferguson, con passo felpato ma deciso, si avvicinò verso il suo compagno di viaggio, non distogliendo mai lo sguardo dagli occhi di Alex. Quest’ultimo rimase un po’ meravigliato dallo scatto felino di Laura, forse la ragazza voleva sincerarsi dello stato di salute del suo amico, forse lo voleva abbracciare, come aveva fatto qualche tempo fa all’uscita dell’ospedale di Celestopoli, nel giorno delle sue dimissioni, forse…

Un sonoro ceffone riecheggiò per la hall della Torre Radio, una cinquina bene assestata sulla guancia destra affibbiata da Laura ad uno stranito Alex. Ash, Brock, Pikachu, i Dratini e Pidgey sgranarono gli occhi stupefatti, non si aspettavano di certo un’azione simile da parte della ragazza dagli occhi verdi. Alex, rimasto più fra tutti i presenti stupito dallo schiaffo ricevuto dalla sua amica, si massaggiò la guancia arrossata e balbettando domandò la ragione di quell’azione.

Laura: -Sei un incosciente!! Che cosa credevi di fare cercando di fermare Elio? Poteva anche ammazzarti di botte, l’esperienza di MonteLuna non ti ha dunque insegnato niente?! Tu non hai neanche la più pallida idea di cosa io abbia potuto pensare quando ti ho visto sul monitor della videosorveglianza…!- La sfuriata della figlia dei Ferguson nei confronti di Alex si inasprì ancora di più quando il ragazzo con gli occhiali tentò di spiegare la sua versione dei fatti alla fanciulla ancora vestita con l’abito da sera. Per forza di cose Ash e Brock dovettero allontanare Laura da Alex, perché la discussione stava rapidamente degenerando in un vero e proprio litigio.

In quel mentre, Victor Elm stava scendendo le scale lentamente, con un piccolo marchingegno in mano. Lo studioso osservava il piccolo cubo di metallo nei suoi particolari, rilevò un piccolo led rosso montato nella parte antistante il collegamento USB che permetteva di applicare il disturbatore di frequenze al generatore di onde.

Elm: -Incredibile come un piccolo ordigno elettronico potesse compromettere la salute fisica di tutti i Pokémon addestrati! Ma non solo, dei Pokémon comunque soggetti all’influsso dei Poké Traduttori, di invenzione del Professor Oak! Caspiterina, come avranno fatto quelli del Team Richardson a capire che la compromissione delle onde elettromagnetiche potesse…?- Arrivò finalmente dabbasso e, comunque soddisfatto per avere intuito la fonte di quello strano problema, giunse nella hall sorridente, agitando la mano per aria dove stringeva in pugno il deviatore di onde.

Elm: -Ehi ragazzi, credo di avere capito da dove derivino quelle strane interferenze! Ehm... ragazzi? Mi state ascoltando? Ragazzi...?- Dovette desistetere dal tentativo di pronunciarsi, poiché gli allenatori stavano ancora bisticciando tra di loro e un’idea di riconciliazione sembrava essere ancora molto lontana. Il Professor Elm li osservò per un istante in silenzio, dopodiché ripose il disturbatore di frequenze nella tasca dei suoi pantaloni ben stirati per l’evento di quella sera e rimase in paziente attesa che i giovani allenatori finissero di litigare.

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Capitolo 36
*** 35 - Un regalo molto gradito ***


Lo schiaffo rimediato dalla compagna di viaggi di Alex pulsava ancora da morire. Più che dal dolore, il ragazzo con gli occhiali rimase stupito dalla reazione di Laura: cosa aveva fatto per meritare un ceffone da Guinness dei Primati? Non osò chiederglielo direttamente, la ragazza dagli occhi verdi pareva avesse un diavolo per capello ed a stento riusciva a calmarsi, e le sembrava bellissima e così lontana nonostante avesse un decoroso vestito da sera e nonostante la sua giovane età.

L’attenzione del ragazzo fu comunque ben presto catturata dalla squillante voce del Professor Elm, il quale si complimentò per l’intervento tempestivo del Dratini di Laura e per avere compromesso il malefico piano del Team Richardson, spiegando brevemente agli allenatori di Pokémon le motivazioni del blackout e del malessere temporaneo dei loro amichetti.

Elm: -Ed è per questo – indicando il piccolo trasmettitore che ghermiva saldamente nella sua mano sinistra – che i nostri Pokémon soffrivano, speciali onde magnetiche influivano direttamente sul PokéTraduttore causando un fortissimo sibilo, non udibile dall’orecchio umano, e li faceva impazzire!- Il luminare dei Pokémon sorrise compiaciuto, continuando a rimirare lo strano aggeggio che teneva sollevato in bella mostra. Brock rimase molto perplesso dalle parole dello studioso, ma preferì non proferire parola, essendo ancora rimasto molto scosso dal brutale intervento del Team Richardson di poco tempo prima.

Perché il Team Richardson avrebbe preferito ritirarsi senza combattere? Era pur vero che i loro Pokémon si trovavano in netta minoranza rispetto a quelli a disposizione degli allenatori, però i guerrieri dei gangsters erano sicuramente più forti. L’ex capopalestra di Plumbeopoli non riuscì a trovare un valido motivo della loro dipartita, ma dopo un po’ di ripensamenti preferì lasciar perdere l’argomento. Avevano vinto dopotutto, senza combattere, e quell’aspetto lo rincuorò parecchio.

Elm: -Voi come state?- La voce del Professor Elm tornò a riempire la hall principale della Torre Radio di Lavandonia. Poiché nessuno dei presenti riuscì a ritrovare la parola, Ash superò quel momento di imbarazzo ridacchiando sommessamente. Osservò di sfuggita il suo fido compagno Pikachu, il quale pareva essere tornato in gran forma.

Ash: -A parte lo shock iniziale direi abbastanza bene! Siamo fortunatamente riusciti ad avere la meglio ancora una volta sul Team Richardson, grazie soprattutto al tempestivo intervento di Laura e… ehi, Laura! – e si voltò verso di lei, con somma sorpresa la vide indirizzarsi a testa bassa verso le scale di destra, strusciando i piedi sul parquet di legno della hall. Il maestro di Pokémon si staccò dal gruppetto che si trovava in quel momento al centro della stanza e andò di corsa verso la sua allieva, che per uno strano motivo, sconosciuto all’allenatore col capello, scansò con agilità felina il tocco di mano sulla sua spalla e scattò in avanti.

Ash: -Laura, dove vai? Stavo parlando di te…- Il ragazzo non poté neanche terminare la frase che la figlia dei Ferguson, con voce bassa e quasi rotta dal pianto che stava per irrompere, rispose al suo maestro.

Laura: -Se non sbaglio c’è una competizione in corso, siamo in netto ritardo. Professor Elm – catturò l’attenzione del luminare dei Pokémon, il quale era ancora assorto a contemplare i dettagli dell’ormai inutilizzabile PokéTraduttore – per favore, mi segua.- e senza attendere una replica da parte dei presenti, s’incamminò verso le scale che portavano ai piani superiori dello stabile più importante di Lavandonia. La piccola Dratini di Laura, rimasta raggomitolata sulle spalle della sua allenatrice, non osò proferire parola e lasciò che la ragazza facesse liberamente quello che le passava per la testa. I ragazzi rimasero leggermente meravigliati dall’atteggiamento un po’ oscuro della loro compagna di viaggio, tutti tranne Alex, il quale scosse la testa a più riprese, deglutendo un rospo amaro.

Quello schiaffo non se lo meritava, dopotutto poco fa aveva fermato appena in tempo la furia dirompente di Elio, uno dei componenti del famigerato Team Richardson, salvando la pelle del suo maestro. Alex era riuscito a guadagnare quel tanto di tempo per permettere alla figlia dei Ferguson di intervenire con i suoi Pokémon e ristabilire l’ordine, costringendo i loschi figuri alla fuga. E invece no, non solo non aveva ricevuto ringraziamenti per il suo tentativo (alquanto disperato) di fermare Elio, ma ha rimediato uno schiaffo e, non contento, una sonora sgridata. Si maledisse mentalmente, forse il suo intervento non era stato certamente uno dei migliori da eseguire in un momento così critico come quello appena trascorso, ma il ragazzo con gli occhiali non aveva visto alternative in quel momento. Ash, il suo maestro, si era ritrovato quasi a prenderle di santa ragione dall’uomo col mantello rosso… e sicuramente Elio non gli avrebbe dato un paio di carezze, tutt’altro. Alex s’immaginò mentalmente tutta la scena, riflettendo su tutti i particolari, ma la sua attenzione fu ben presto catturata dal dolore ancora acuto causato dal ceffone. Si massaggiò dolcemente la guancia, arrossata a causa del colpo ricevuto, e tirò un sospiro, alzando lo sguardo al soffitto.

Alex: -Le donne… non le capirò mai!- Scosse la testa più volte e, senza pronunciare più una sola parola, seguì lentamente gli altri ragazzi che, nel frattempo, avevano raggiunto Laura e il Professor Elm per le scale. Il piccolo Dratini, ormai ripresosi completamente dallo stordimento avuto per via delle distorsioni radiomagnetiche, sbadigliò a bocca spalancata. Il cucciolo di drago ebbe ragione a sbadigliare abbastanza vistosamente, il suo allenatore diede una rapida occhiata all’orologio che teneva allacciato sul polso sinistro e si accorse che erano già passate diverse ore dall’inizio della manifestazione canora…


 

-Signore e signori, grazie per essere stati in nostra compagnia in questa travolgente serata canora!- Il presentatore pelato dal sorriso smagliante concluse con queste parole la prova canterina dell’ultimo dei 25 concorrenti di quel concorso, ed i Chingling accompagnarono con un motivetto orecchiabile le frasi di congedo dello showman e lo scroscio di applausi degli spettatori, ignari di quanto accaduto in quei minuti di apprensione.

Il presentatore, con un piccolo cenno di una mano, catturò l’attenzione dei giudici ancora appostati ai loro posti – Jim Sheridan e l’infermiera Joy di Lavandonia – e domandò a tutti i cantanti che si esibirono quella sera di ritornare sul palco per la chiusura del programma.

-Bene, bene… i nostri concorrenti si sono sfidati in una grande gara canora e non si sono risparmiati neanche una nota! I nostri Chingling – e si voltò ad osservarli – hanno svolto un ottimo lavoro stasera, che ne dite di far loro un grande applauso?- Gli spettatori non persero tempo e, con rinnovato entusiasmo, applaudirono la bravura di quei tre Pokémon campanello, i quali erano visibilmente stanchi ma soddisfatti di avere terminato la sessione senza nessun errore. Jim Sheridan si alzò in piedi dal suo posto di giudice e, stringendo i pugni davanti a sé, con un atteggiamento di colui che cercava l’ispirazione, prese la parola una volta che il pubblico smise di battere le mani.

Sheridan: -La ferve canora di questi aspiranti cantanti… la loro passione, il loro ardore, la loro abnegazione… signori – voltò lo sguardo verso i partecipanti della serata, i quali si erano riuniti al centro del palco e si batté il petto con uno dei due pugni, aggrottando leggermente le sue sottili sopracciglia arcuate – questa serata è stata la migliore rappresentazione musicale degli ultimi tempi a cui io abbia partecipato. Dovete essere fieri delle vostre prove, il vostro talento è percepibile anche a metri di distanza!- Mentre la guest star elogiava i cantanti, i quali risposero con un sonoro applauso, da dietro le quinte riapparve il professor Elm, tutto trafelato e ansimante. Il presentatore non si scompose e anzi salutò la riapparizione dell’esperto di Pokémon come un colpo di scena.

-Ah, riecco il nostro professor Elm! Giusto in tempo per vedersi la premiazione dei nostri concorrenti!- Lo studioso salutò il pubblico con un cenno della mano e riprese il suo posto di giudice accanto all’infermiera Joy, come se la sua assenza fosse stata una cosa breve. Anche sugli spalti Ash, Brock e Alex con i loro Pokémon recuperarono i loro posti a sedere, come se non fosse accaduto nulla di particolare. Laura, nel frattempo, era riuscita a recuperare le scarpe ritornando agli studi televisivi e stava acquattata dietro le quinte, proprio nel punto in cui era uscito il professor Elm. Lo stesso studioso, in un momento di distrazione del presentatore e degli altri giudici, voltò lo sguardo verso le quinte, intercettando il volto della ragazza che faceva capolino dai grossi tendoni e la invitò ad avvicinarsi al palco. L’allenatrice, con il cuore in gola per l’emozione di essere premiata dal suo idolo di sempre – Jim Sheridan – e ancora rossa in volto per l’arrabbiatura di poco prima, abbandonò le quinte e si avvicinò a passo felpato verso gli altri concorrenti. L’entrata in scena della figlia dei Ferguson non fu vista di buon occhio sia dal presentatore che dai giudici, questi ultimi si limitarono ad osservare la ragazza con uno sguardo quasi glaciale. Il conduttore invece, ancora in preda alla ferve del brusio del pubblico, si rivolse a Laura con un atteggiamento quasi ostico e quasi le puntò un dito contro.

-Ah bene, la signorina Ferguson è tornata sul palco! Ci dica, le è piaciuto il giretto per il palazzo mentre tutti si davano da fare nello svolgimento della gara?- Quella domanda palesemente ironica quasi inorridì la ragazza dagli occhi verdi. Già la sua mente era in subbuglio ancora per quanto accaduto poco prima, ora si trovò addirittura con un dito puntato contro da un irritato presentatore, tutti gli occhi del pubblico, dei concorrenti e dei giudici su di lei… giudici? Giudice? Jim? Quasi automaticamente Laura girò gli occhi alla sua destra, verso le postazioni degli arbitri ufficiali. Lo sguardo del suo idolo, Jim Sheridan, non prometteva nulla di buono. Forse per la tensione e per lo stress accumulato, Laura iniziò a percepire un certo intorpidimento nelle sue gambe. Il suo petto iniziò a diventare sempre più pesante ad ogni respiro e gli occhi sempre più lucidi.

Laura: -Io… io… non…- Non osò scollare lo sguardo dal suo cantante preferito. Prima di cedere e abbassare la testa davanti a sé con atteggiamento vergognoso, vide solo il professor Elm parlocchiare ad un orecchio di Jim, dicendogli chissà cosa.


 

Ash: -Caspita Laura, non mi sarei mai immaginato un epilogo simile…- Gli allenatori si ritrovarono nel camerino, dove quel pomeriggio Brock aveva aiutato Laura a pettinare i capelli. I ragazzi avevano assistito fino alla fine della serata le premiazioni della gara di canto, dove – ovviamente – Laura non fu tra i presenti. Dopo il duro attacco del presentatore – giudicato dal Maestro dei Pokémon eccessivo – la figlia dei Ferguson pensò bene di ritirarsi dal palcoscenico e tornare anzitempo nei camerini a cambiarsi.

La ragazza si era cambiata d’abito in quattro e quattr’otto, senza preoccuparsi se i suoi vestiti fossero stropicciati o meno: li aveva riposti alla bell’e meglio nello zainetto da viaggio, un paio di jeans blu scuro, delle scarpe da ginnastica bianche, un maglione rosso fuoco e un cerchietto pari colore che sovrastata la sua chioma castano chiaro. Aveva un fortissimo nodo in gola e non voleva pensare a nulla... le parole del Maestro di Pokémon risuonarono lontane e sinistre. La figlia dei Ferguson, con sguardo vacuo e quasi assente, puntava lo sguardo davanti a sè, verso lo specchio. Ma la sua mente era annebbiata, e in realtà non stava osservando nulla. Il suo unico pensiero fisso era solo lui, il suo idolo, Jim Sheridan. Aveva avuto l'occasione d'oro per essere ammirata da lui... da lui in persona, per una sera, e lo aveva deluso in pieno. Brock, tirando un grosso sospiro, si inchinò leggermente accanto alla ragazza seduta sul divanetto dal posto singolo e le appoggiò dolcemente una mano sulla spalla dell'allenatrice (nell'altra teneva agguantato il cucciolo di Bulbasaur, che se la dormiva della grossa).

Brock: -Laura... non devi abbatterti... abbiamo passato dei momenti difficili questa sera... non è colpa tua se ti hanno esclusa...- La ragazza scosse lentamente la testa, tenendo sempre lo sguardo incollato allo specchio. La sua Dratini stava quasi cascando dal sonno, raggomitolata attorno le spalle della sua giovane allenatrice. Così come il Dratini di Alex, rimasto quest'ultimo leggermente in disparte rispetto agli altri due ragazzi. Era strano non poter più conversare a tu per tu con i Pokémon per mezzo del Pokémon Traduttore... Alex si era abituato così bene. Eppure quel marchingegno era risultato addirittura letale per i suoi Pokémon e per quelli dei suoi amici... fortunatamente quella questione si risolse nello stretto giro di una sera. Anche l'assistente del Professor Oak voleva consolare la sua amica, ma dopo quello che era successo poco prima, non se la sentì di schiodarsi dal muro poco distante, schiena appoggiata e mani dietro la schiena.

Laura: -Che pessima figura...vero?- Ash rimase sorpreso vedendo la sua allieva iniziare a piangere. La voce della figlia dei Ferguson si ruppe all'improvviso e con un gesto fulmineo Laura nascose il suo bel visino tra le mani, inchinandosi leggermente in avanti e appoggiando i gomiti sulle cosce.

Laura: -Era... era un'occasione d'oro... e io l'ho buttata al vento...- Ash, Pikachu e Brock si impegnarono per consolare la sfortunata ragazza, ma invano. Troppo grande era la sua tristezza per avere fallito così clamorosamente una gara di canto, anche se semplice esibizione. Uno dei giudici era Jim Sheridan... il suo idolo di sempre. Per colpa del Team Richardson, Laura aveva fatto una gran brutta figura davanti ai suoi occhi, scomparendo e ricomparendo a spettacolo ormai terminato.

Ash: -Brock ha ragione. Non devi abbatterti, non è colpa tua. La colpa è solo del Team Richardson! Ah, se dovessero ripresentarsi... - Il Master dei Pokémon ringhiò di rabbia, stringendo i denti e sollevando un avambraccio, stringendo con forza il pugno. Pikachu annuì, incrociando le zampe anteriori. Il topo elettrico si era comodamente seduto sul tavolino che sorreggeva lo specchio ovale dove Laura, in quel tardo pomeriggio, si era pettinata con l'ausilio del primogenito dei Peters. Laura volle controbattere con foga alla sentenza del suo maestro, però dei colpi secchi dati alla porta alle sue spalle interruppero la sua crescente ira. Tutti i ragazzi si voltarono all’unisono verso la porta, quasi spaventati, e non riuscirono neppure a chiedersi chi potesse bussare che la porta si aprì di scatto, ed una figura snella, alta, dai lunghi capelli curati entrò nello stanzino. Pikachu, per lo spavento, saltò addirittura sulla spalla sinistra del suo allenatore e rimase aggrappato a lui, nascondendosi un poco alla vista del nuovo entrato. Tutti i presenti identificarono il nuovo personaggio immediatamente, rimanendo anche meravigliati. Tutti, tranne Laura, la quale era così presa dallo sconforto e dalla rabbia che non si era neppure accorta dei colpi alla porta.

-Scusate… è qui Laura?- Jim Sheridan, uno dei tre giudici della gara di canto della Torre Radio di Lavandonia, apparve quasi inaspettatamente. Senza neanche aspettarsi una risposta da parte dei ragazzi, avanzò di qualche passo e richiuse la porta dietro di sé. Alex non staccò le mani da dietro la schiena e rimase dietro lo svolgimento della scena, trovandosi alle spalle dell’artista. Notò che nella tasca posteriore dei suoi pantaloni neri aveva una sorta di lettera chiusa in una busta, e non riuscì a decifrarne il contenuto.

Jim: -Ah, eccoti… ragazzi – e lanciò uno sguardo sommario agli allenatori di Pokémon, ma era come se non li vedesse affatto, tanto era concentrato sullo stato di malessere della ragazzina – potreste uscire due secondi? Vorrei parlare in privato con la vostra compagna.- La Dratini di Laura, con un sussulto, si risvegliò completamente alle parole quasi sussurrate dall’idolo di sempre della sua allenatrice. Il tremito fu percepito chiaramente da Laura, la quale alzò di scatto la testa e incrociò lo sguardo con quello del cantante. La figlia dei Ferguson cessò quasi istantaneamente di piangere, e sbarrò gli occhi.

Davanti a lui… davanti a lui c’era nientemeno che il suo idolo… Jim Sheridan! Quasi istantaneamente terminò di singhiozzare e rimase con lo sguardo inebetito incollato ai suoi occhi, i suoi occhi color turchese, così profondi, affascinanti e così penetranti… non si accorse neppure di avere ancora le braccia davanti a sé, con le mani unite a mò di conchetta, umide ai palmi per le lacrime versate poco prima. L’artista rock si accorse di questo dettaglio e, con un dolcissimo sorriso, si approssimò di più alla ragazzina seduta sulla poltroncina. Sia Laura che Dratini seguirono con lo sguardo l’avvicinarsi di quel personaggio così particolare e accattivante. I ragazzi, nel frattempo, uscirono silenziosamente dallo stanzino, richiudendosi alle spalle la porta.

Alex aveva impiegato un po’ prima di uscire dal camerino, perché, forse un po’ curioso, voleva ascoltare quello che si stavano dicendo quel Sheridan e la sua amica, ma i suoi compagni di avventura lo afferrarono per una mano e lo trascinarono fuori.

Jim: -Devi avere corso un bel rischio ad affrontare il Team Richardson poco prima…- La figlia dei Ferguson strabuzzò gli occhi, quasi stordita. Come poteva sapere quel ragazzo così avvenente, così dolce, così delicato, così…. – riprenditi, Laura, riprenditi! – sapere che lei, poco tempo fa, stava lottando contro il losco Team Richardson? Come poteva saperlo, dal momento che rimase seduto al suo posto di giudice per tutta la serata fino alle premiazioni? La rockstar più popolare di Kanto si accorse del netto stupore della sua interlocutrice e, con un sorriso che apparve soave agli occhi della ragazzina, trasse da una tasca anteriore dei suoi pantaloni un fazzoletto di stoffa. Con leggiadri movimenti, terse il volto di Laura dalle lacrime che ebbero creato il solco acquoso sul suo triste volto.

Jim: -L’esimio Professor Elm mi ha spiegato tutto durante la cerimonia delle premiazioni. La tua assenza per tutta la gara era dovuta al fatto che tu ed i tuoi amici stavate combattendo contro quegli strani personaggi e per proteggere la Torre Radio… mi ha inoltre spiegato l’esistenza di un piano per comandare tramite le onde radio i Pokémon della regione di Kanto…- Laura non stava affatto ascoltando le parole del suo artista preferito. Come incantata, osservava a bocca aperta quel volto radioso che le si era parato davanti così, all’improvviso. Fissava quelle labbra carnose muoversi con disinvoltura e con un ritmo che quasi la stavano facendo addormentare, complici anche le spore soporifere respirate qualche tempo prima e la stanchezza accumulata in quei giorni frenetici. Dratini non fu da meno, anche lei era rimasta affascinata da quell’essere umano, che sembrava così carismatico e sicuro di sé.

Jim: -Mi dispiace come ti abbia trattato il presentatore del Pocket Monster Talent Show, mi rincresce moltissimo. Spero che tu voglia accettare le scuse a suo nome.- E, con un lento ma efficace inchino, propose le sue scuse ad una sempre più stordita Laura. Non riusciva a capacitarsi di tutto quello che le stava accadendo: prima di tutto Jim Sheridan (no, proprio lui!!) era giunto fino al suo camerino, da solo, per parlarle a quattr’occhi, dopodiché le aveva pure porto le sue scuse a nome del programma canoro! Se non fosse per l’euforia che stava provando in quel momento nel suo cuore, quasi Laura non cadeva svenuta per l’emozione.

Jim: -Ah, c’è un’altra cosa…- Il tono di voce del cantante divenne improvvisamente molto più squillante e vibrante rispetto a quello ossequioso di poco prima. Laura osservò quasi distrattamente che Jim Sheridan stava afferrando qualcosa dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni, una busta bianca contenente qualcosa di abbastanza contenuto. Con un sorriso, Jim aprì la busta e ne estrasse un biglietto… no, era una fotografia ritraente il giovane cantautore immortalato durante uno dei suoi innumerevoli tour.

Jim: -Tieni, questa è per te.- Prima di consegnare la fotografia, l’artista dai capelli ricci estrasse una penna dalla tasca dei suoi pantaloni, levò il tappo con i denti e scrisse qualcosa sul fondo dell’immagine. Quest’operazione durò non più di dieci secondi, dopodiché consegnò la fotografia a Laura, con un largo sorriso. Ritirò la penna e appoggiò le mani sui fianchi, osservandola divertito mentre la ragazza strabuzzava gli occhi. Le mani di Laura tremarono come delle foglie mosse dal vento quando lesse quella scritta.

Quella scritta, quello scarabocchio… era nientemeno che la firma autentica di Jim Sheridan!

La figlia dei Ferguson alzò gli occhi di scatto e volle controbattere a quel regalo così prezioso ed inaspettandolo, gridando di gioia e sotterrando di lodi e ringraziamenti quel ragazzo così bello e garbato. Ma nessun suono uscì dalla gola di Laura, solo una rauca vibrazione delle sue corde vocali. Jim sorrise e scosse lentamente la testa, e si inchinò leggermente su di lei, ponendole dolcemente il dito indice sulle sue labbra. Le pupille degli occhi della ragazzina si dilatarono dalla crescente emozione, e Dratini rimase come inebetita dallo splendore che emanava soltanto la presenza di quel personaggio.

Jim: -Non dire nulla… ti sei meritata questo regalo da parte mia. Non avrai di certo vinto il trofeo per la migliore interpretazione canora… però non è male come premio di consolazione, giusto?- Si allontanò lentamente, lasciando letteralmente sconvolta l’allenatrice di Pokémon, la cui fronte era imperlata di gocce di sudore. Con grazia e con passo felpato, il cantante rock uscì dallo stanzino, aprendo e chiudendo la porta con dolcezza.

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Capitolo 37
*** 36 - Il mistero della Torre Pokémon (prima parte) ***


Forrest, il fratello minore di Brock, tremava come una foglia mentre descriveva la sua prima esperienza da capopalestra di Pokémon della città di Plumbeopoli. Il primogenito dei Peters aveva deciso, appena arrivato nella città di Lavandonia, di telefonare a casa, poiché erano diversi giorni che non dava più sue notizie e non voleva far preoccupare suo fratello.

Brock: -Calmati Forrest, e dimmi che cosa è successo.- La voce di Forrest era tremante, le pupille dilatate da un autentico e genuino terrrore. L’ex capopalestra di Plumbeopoli comprese quasi immediatamente che quel rabbrividire non era di certo causato dalla frenesia positiva del primo incontro ufficiale di Forrest nella palestra di famiglia. Gli occhi di suo fratello erano così sgranati, iniettati di sangue, e i lati della bocca così contratti in una smorfia che pareva avesse visto un fantasma.

Forrest: -Brock… era malvagio… era cattivo… i suoi Pokémon… erano feroci, sembrava quasi che traessero piacere dal malmenare i miei Pokémon!- Durante la conversazione telefonica avvenuta al Centro Medico per Pokémon di Lavandonia, Brock aveva lasciato in custodia il piccolo Bulbasaur nelle mani di Ash, mentre il figlio maggiore dei Peters approfittava di quel momento di relax.

Brock: -Cerca di calmarti. L’importante è che i tuoi Pokémon non abbiano subito troppi danni. Li hai portati al Centro Medico per Pokémon, giusto?- Il ragazzino annuì e deglutì un rospo amaro. Potevano vedersi tramite lo schermo al led del videofono messo a disposizione di quell’edificio. Forrest stava telefonando da casa. Era tarda sera ormai.

Forrest: -Sì..ma quel ragazzino… mi ha messo troppa paura… quello Scyther aveva gli occhi iniettati di sangue… temevo che facesse a fettine il mio Omanyte!- Scyther. Il nome del Pokémon coleottero inquietò non poco l’ex capopalestra di Plumbeopoli. Il nome degli altri due Pokémon messi in campo dall’avversario di suo fratello, dettati telefonicamente e inseriti nel racconto della sonora sconfitta rimediata da parte di uno “strano ragazzino dai capelli corvini”, confermò i sospetti di Brock in merito all’identità dell’allenatore di Scyther.

Brock: -Stai tranquillo Forrest. Ricordati che sei ancora alle prime armi. Tratta bene Omanyte, Cubone e il mio Steelix. Prenditi cura di loro, è la cosa più importante, mi hai capito?- Il ragazzo annuì ancora, leggermente più rasserenato dopo avere ascoltato le rassicurazioni di suo fratello. Il vecchio Onix di Brock… da quando si era evoluto in un bellissimo Steelix, il figlio maggiore dei Peters lo aveva donato a suo fratello Forrest, come suo regalo di compleanno. Brock aveva deciso di riprendere la palestra dopo qualche anno di assenza in giro per il mondo insieme ad Ash, ed aveva ricominciato ad allenarsi da zero, avendo come Pokémon la sua squadra originale, ovvero Geodude ed Onix. Poi un bel giorno, un ricercatore di Pokémon aveva trovato nei dintorni di Biancavilla, nei pressi della battigia del mare, due fossili di Pokémon preistorici, e li aveva donati a Brock poiché presidente della “Moo-Moo & Co.”, che tra le altre attività si occupava di resuscitare i fossili di Pokémon attraverso i Laboratori dei Fossili dell’Isola Cannella.. E, gran colpo di fortuna, si trattava di due esemplari di Kabuto e di Omanyte, ben conservati e in ottima forma quando la macchina resuscita-fossili ebbe terminato il processo di defossilizzazione. Brock decise di accudire ed allevare Kabuto, mentre Forrest, vice-presidente della “Moo-Moo & Co.” insieme a Max, ottenne come secondo Pokémon Omanyte.

Riappese il telefono e la conversazione terminò mestamente. Brock in cuor suo sapeva molto bene cosa significasse quella sconfitta per Forrest. Non tanto per la sconfitta in sé, ma per il modo di averla affrontata. Quell’allenatore… era quello incontrato qualche tempo fa a MonteLuna. Il ragazzo sospirò, inchinandosi leggermente in avanti e stropicciandosi le palpebre degli occhi.

Non ha senso riferire tutto questo ai miei amici” pensò Brock “aumenterei solamente la loro angoscia. Meglio tacere per ora….”

L’aria frizzante di quel mattino di novembre inebriò Laura Ferguson, la quale sembrava entusiasta di poter ripartire finalmente per il loro viaggio. I ragazzi si presero qualche giorno prima di ripartire per riorganizzarsi con le provviste, comprare nuovi strumenti per i Pokémon quali pozioni, antidoti, integratori e Poké Ball. I fidi compagni di lotta degli allenatori passarono qualche giorno di riposo bighellonando nel parco centrale di Lavandonia, fuori dalle loro sfere Poké, incontrando gli altri Pokémon di altri allenatori. Brock si preoccupava di preparare leccornie e piatti succulenti per tutti, Ash spiegava ad Alex e Laura nuove tecniche di combattimento da poter eseguire nelle lotte Pokémon, i due ragazzini spazzolavano e pettinavano i loro cari Pokémon.

Il parco di Lavandonia, come si diceva, pullulava di Pokémon e anche di allenatori. Vedevi in ogni dove Zigzagoon, dei Rattata, qualche Pidgeotto svolazzare qua e là sugli alberi ormai quasi spogli, dei Wooper e dei Poliwag giocare nei laghetti disseminati lungo il parco, qualche Spearow solitario alla ricerca di cibo e tanti, tanti individui che passeggiavano, correvano o semplicemente restavano seduti sulle panchine, assaporando il tepore del sole autunnale. Prima di ripartire era necessario rinforzare i guerrieri prima di poter affrontare un nuovo capopalestra in una nuova città. Non fu difficile trovare due allenatori che, su richiesta del maestro Ash, fossero disposti a lottare in una battaglia tag contro Alex e Laura. Era giunto il momento di mettere in pratica gli allenamenti insegnati in quei giorni dai due ragazzi ai loro Pokémon, e il metodo migliore era proprio una lotta Pokémon!

Alex si osservò attorno, abbastanza nervosamente. Vedere il parco di Lavandonia di giorno non suscitava alcun timore, il sole mattutino con i suoi raggi riscaldava leggermente l'ambiente e un leggero vento di maestrale faceva ondeggiare delicatamente le foglie dei castagni e delle querce presenti in quello spazio verde cittadino. La torre dell'orologio sovrastava il parco a sud-est e scoccava le 9.30 del mattino con un solo colpo di campana. L'esperienza negativa di qualche notte prima lo rabbridiva ancora, ancora non si era spiegato cosa ci facesse la capopalestra Sabrina a mezzanotte all'interno del parco, nel mezzo della nebbia più totale, in compagnia di un'altra persona… ma era poi veramente una persona? O era solo frutto della sua immaginazione, magari condizionata dalla stanchezza mentale? Eppure Dratini era con lui quella notte...

Gli allenatori invitati da Ash erano due ragazzi abbastanza grandi, quasi sulla trentina d’anni. A giudicare dai vestiti, entrambi con un giaccone di jeans e dei pantaloni larghi, parevano che fossero di buona famiglia. Dopo le presentazioni (i due ragazzi si chiamavano Terry e Phil, il primo dalle folte basette e capelli corti scuri e il secondo dai capelli castani ricci col pizzetto), il gruppetto si spostò in un luogo un po’ più isolato rispetto alle zone di percorrenza del parco. Un quadrilatero di terra battuta, quasi al margine ovest del parco, grande abbastanza per poter disputare un incontro di lotta Pokémon.

Come di consueto, Brock si era posizionato a metà strada tra le due squadre, un poco defilato, in posizione perpendicolare. Ash teneva stretto tra le braccia il cucciolo di Bulbasaur, con il fedele Pikachu sulle spalle, accanto all’ex capopalestra di Plumbeopoli. Uno dei due ragazzi, quello col pizzetto, apparve molto carico e si stava sfregando le mani in attesa dell’inizio dell’incontro.

Phil: -Bene, è da un bel po’ di tempo che non ci sgranchiamo un po’ le ossa! Vero Terry?- L’altro ragazzo annuì, sogghignando. Alex e Laura avevano saputo in precedenza che quei due ragazzi si conoscevano fin dai tempi dal liceo ed erano diventati amici inseparabili.

Terry: -Vero! Non ci alleniamo seriamente dal nostro ultimo viaggio da Aranciopoli!-E si scrocchiò il collo, piegando la testa a destra e a sinistra. Alex aggrottò leggermente le sopracciglia e osservò di soppiatto la sua compagna di squadra, anch’essa piuttosto perplessa.

Alex: -Che dici… saranno degli avversari forti?- La figlia dei Ferguson scosse la testa, pensierosa. Quei due ragazzi, con quel loro sogghigno così sinistro, la inquietarono non poco. Sembravano molto sicuri del fatto loro, soprattutto il tizio con le basette folte, ogni tanto lanciava uno sguardo enigmatico verso di lei, sorridendo leggermente.

Laura: -Non saprei dirlo. Ad ogni modo, cerchiamo di fare del nostro meglio. Giusto Alex?- L’ultimogenito dei Blake annuì, sorridendo. I due Dratini erano già scesi in terra dalle spalle dei loro allenatori ed erano pronti per la battaglia. Pikachu non aveva smesso di guardare per un solo secondo i due Pokémon drago e, con un verso di gioia, augurò loro di vincere la sfida.

Brock: -La battaglia tag tra gli sfidanti, le cui squadre sono composte così, alla mia destra – e con una mano indicò i due ragazzi vestiti con la giacca di jeans – Phil e Terry, rispettivamente delle città di Fucsiapoli e di Mogania, e alla mia sinistra – sempre con la stessa mano indicò alla sua sinistra, in direzione degli allievi di Ash – Laura e Alex, rispettivamente delle città di Ciclamipoli e di Fiorlisopoli, va a cominciare!- La voce di Brock era imperiosa e squillante. L’annuncio quasi imperiale dell’ex capopalestra di Plumbeopoli dell’inizio della sfida Pokémon catturò l’attenzione di qualche passante, che si staccò dal sentiero ed osservava a mani incrociate dietro la schiena l’inizio del match.

Brock: -Le regole sono molto semplici, si utilizzano due Pokémon a testa ed è consentito cambiare il proprio Pokémon anche in gara! Se il Pokémon mandato in campo va ko, rimane senza energia o si rifiuta di combattere e non rimangono più Pokémon a disposizione, vince la squadra a cui rimangono ancora Pokémon utili! Avete capito tutto o devo ripetere?- E guardò negli occhi tutti gli allenatori, passando in rassegna i loro sguardi. I ragazzi annuirono e Ash sorrise, pregustando una sfida coi fiocchi.

Ash: -Benissimo, è da tempo che aspettavo un momento del genere! Le battaglie Pokémon mi mettono sempre l’adrenalina nel sangue!- Il clima e la temperatura erano gradevoli e nonostante i ragazzi avessero tutti degli indumenti pesanti addosso (Brock un giaccone verde militare, Ash un maglione blu a saette gialle, Laura un pullover viola scuro e Alex un maglione dolcevita bianco), sembrava che non avessero problemi di movimento. I due Dratini strisciavano in silenzio lungo il terreno pietroso del parco di Lavandonia, in attesa che gli allenatori avversari decidessero quali Pokémon mettere in campo. Venne deciso che Alex e Laura, oltre ai loro Dratini, mettessero in campo Machop e Ledyba.

Brock: -Molto bene! Se siete pronti, potete cominciare il match!- L’inizio della sfida pronunciata con molta enfasi catturò l’attenzione di altri passanti che transitavano da quelle parti in quel momento. Il brusio delle voci degli osservatori divenne mano a mano più udibile e persistente. Sia giovani che anziani, uomini e donne, ma anche qualche Pokémon si fermarono per osservare la prosecuzione del match.

Ad aprire le danze furono i due Dratini di Alex e Laura, che apparivano in gran forma e pronti per disputare il migliore incontro della loro giovane vita. Il vento sospirò una leggera brezza che andò ad agitare leggermente le orecchie dei due cuccioli di drago. Machop e Ledyba erano stati liberati dalle loro Poké Ball e si erano seduti a lato del campo, in attesa di essere chiamati in caso di bisogno. Phil ridacchiò sommessamente nell’osservare la sciarpina avvolta sul collo del Dratini di Alex e lo indicò, prendendosi gioco di lui.

Phil: -Ehi Terry, hai visto? Quel Dratini ha paura di prendere freddo, perché non gli hai messo anche un berretto di lana già che c’eri?- Terry sorrise a denti stretti, afferrando una sfera Poké dalla cintura porta Poké Ball.

Terry: -Eh caspita, l’ho lasciato a casa! Se l’avessi saputo l’avrei portato!-Alex ringhiò sommessamente, risentito per quel commento infelice riservato al suo Dratini. Volle controbattere a quella battuta sarcastica, ma uno sguardo deciso di Laura fulminò l’assistente del Professor Oak sull’istante.

Laura: -Non stare ad ascoltare queste stupidaggini e concentrati sull’incontro!- Phil aveva già lanciato la sua sfera Poké in campo e, in un bagliore, il Pokémon invocato fece la sua comparsa. Il Pokémon di Phil – il ragazzo col pizzetto – era un essere minuto, dall’aspetto dolcissimo e allo stesso tempo preoccupante. Era così piccino che sarebbe stato quasi difficile vederlo se si fosse nascosto nell’erba alta. Laura osservò il Pokémon sgranando leggermente gli occhi e le sue labbra si incresparono in un sorriso, dapprima sghembo, poi più largo e cordiale. La figlia dei Ferguson addirittura strinse le mani al petto, inchinandosi leggermente in avanti e mangiandosi con lo sguardo il piccolo Pokémon appena entrato sul campo di battaglia.

Laura: -Oh… wow!!! Non posso crederci!! Ma è un Pokémon tenerissimo!!!- Alex osservò a sua volta il Pokémon di Phil, ormai completamente dimenticatosi dell’affronto di poco prima. Non aveva mai visto quella sorta di creatura prima d’ora. Lanciò un’occhiata di sfuggita ad Ash e Brock: anche loro erano rimasti quasi sbigottiti nell’osservare l’entrata in scena di quel Pokémon.

Ash: -Hai visto Brock? È un Pokémon … estremamente raro!- Brock annui, incrociando le braccia al petto.

Brock: -Hai ragione, non se ne vedono molti da questa parte….- Alex scosse la testa, leggermente seccato che tutti conoscessero l’identità di quel Pokémon tranne lui stesso. Era un Pokémon piccino, di colore rosa dalle orecchie a punta marroni, un ciuffo delicato sul capo e, dettaglio molto particolare, il suo corpo era a forma di stella. Con uno scatto fulmineo, il ragazzo con gli occhiali afferrò il PokéDex e lo puntò verso quell’essere delicato. La voce metallica del glossario dei Pokémon sentenziò le caratteristiche del Pokémon avversario.

Cleffa, Pokémon Stella. Per il suo aspetto bizzarro, a forma di stella, c'è chi crede che provenga da una meteora.” Al termine della spiegazione da parte del PokéDex, Alex quasi strabuzzò gli occhi e per poco perse la presa dell’enciclopedia elettronica dei Pokémon, rischiando di farla cadere a terra. Un Cleffa è la forma primordiale di Clefairy, il Pokémon Fata già incontrato a MonteLuna. Avere a che fare a tu per tu con un Cleffa, Pokémon più che inconsueto soprattutto nella regione di Kanto, vederlo così da vicino era un evento più unico che raro. Laura non si preoccupò più di tanto del fatto che non ci fossero molti Cleffa in quella regione, poiché era troppo impegnata a battere le mani ed a saltellare dalla contentezza, quasi fosse impazzita.

Laura: -No, dai, è troppo cariiiiiiiino!! Ma come hai fatto a catturarlo? È così… così…. Adorabile!!- Phil si aggiustò un ricciolo con un colpo di mano, sprezzante, e ridacchiò a denti stretti, assorbendo quei complimenti quasi come fosse una spugna. Alex rimase in silenzio, ascoltando la conversazione tra i due ragazzi. Terry sovrastò il suo compagno di squadra, quasi prendendosi il merito di quel complimento, avvicinandosi verso di lui, dandogli una gomitata al costato, ridacchiando e ingrossando il petto.

Terry: -E ancora non hai visto niente, cara la mia fanciulla!- Mentre Phil, abbastanza innervosito dalla sua mancata presa di complimenti si massaggiava le costole colpite dal gomito del suo compagno di squadra, Terry avanzò di qualche passo, e il ragazzo dalle folte basette, con una decisa mossa, si apprestò a lanciare sul campo di battaglia la sua sfera Poké. Dopo qualche sorriso verso il pubblico (suscitando una ovazione del pubblico quasi assordante) e una strizzata d'occhio alla sua avversaria (causando un altro sguardo di disappunto di Phil), lanciò con estrema disinvoltura la Poké Ball e, con un fascio di luce quasi abbagliante, essa si aprì e un altro Pokémon apparve. Quando la luce si dissolse, la sorpresa fu ancora maggiore per i ragazzi, ancora più grande di quella di avere visto Cleffa. Alex, rimasto quasi basito così come lo furono Laura ed i due Dratini, puntò quasi macchinosamente il PokéDex verso quella nuova creatura, dall’aspetto tenero e gentile.

Sylveon, Pokémon Folletto. È la forma evoluta di Eevee. Le sue antenne simili a fiocchetti emettono onde dagli effetti rilassanti, grazie alle quali fa cessare le lotte.” Il Pokémon Folletto era una novità assoluta nella regione di Kanto, ancora poco studiato e quasi esclusivo della regione di Kalos. Ben poco si sa ancora di questa nuova specie, gli unici dati certi di questo tipo è che sono resistenti a molti altri tipi, come buio, coleottero ed altri ancora. Sono molto offensivi e hanno un’ottima percentuale di attacco, ed imparano mosse molto potenti e temibili.

Ash Ketchum sorrise compiaciuto: un Cleffa e un Sylveon. Non si sarebbe mai aspettato di vedere due rarità di Pokémon del genere in un colpo solo. Pikachu sorrise a sua volta e, osservando con profondità e con attenzione i delicati lineamenti di Sylveon, quasi sentì il suo cuore accelerare. Quel Sylveon era molto carino, sicuramente era di genere femminile. I suoi profondi occhi azzurri, i fiocchietti bianchi e rosa e le sue orecchie affusolate erano uno spettacolo da vedere e da contemplare. I suoi movimenti sinuosi poi erano un piacere per gli occhi, il suo passo felpato e le sue movenze estremamente delicate fecero impazzire di gioia il Pokémon elettrico. Pikachu fu ben presto rapito da quel Pokémon e non poté fare a meno che tenergli gli occhi incollati.

Brock: -Potete cominciare l’incontro! Via!!- La voce imperiosa e quasi assordante dell’arbitro Brock diede finalmente l’inizio all’incontro. Una valanga di applausi accompagnò il preludio al combattimento tanto atteso dal pubblico improvvisato. Già qualche sporadico incitamento si levò dal pubblico variopinto, chi già tifasse per la squadra dei Dratini, chi invece per Cleffa e Sylveon.

Il primo attacco fu impostato dal Sylveon di Terry, rapido ed elegante come una saetta. Il suo passo felino quasi non poteva essere percepito dall’udito, seppur finissimo, dei due Pokémon Drago. Cleffa rimase leggermente in disparte ed avanzò anch’egli, supportato dagli incitamenti quasi isterici di Phil, il quale sembrava essersi perfettamente calato nell’atmosfera elettrizzante del match.

Terry: -Coraggio Sylveon, usa subito un attacco Comete!- Il Pokémon Fata non perse tempo e, con una agilità sorprendente, spiccò un balzo di diversi metri nella direzione dei due Dratini, i quali non si fecero trovare impreparati. Entrambi sgusciarono via prima che l’offesa sfavillante del Pokémon avversario potesse avere effetto. Le stelle create dalla bocca del Pokémon color crema centrarono il terreno sassoso, sollevando una leggera coltre di polvere. Il Dratini di Laura fu subito oggetto dell’attacco Botta di Cleffa, il quale cercò, con un balzo diagonale, di colpire il Pokémon Drago con un calcio. Il draghetto azzurro venne leggermente sfiorato dall’offesa di Cleffa e, a sua volta, il Dratini di Alex deviò un nuovo attacco Comete di Sylveon strisciando velocemente sul suolo.

Alex: -Dratini, usa Fulmisguardo!- Gli occhi scintillanti di Dratini incontrarono quasi immediatamente quelli di Sylveon. Il Pokémon Fata rimase leggermente attonito nello scrutare lo sguardo enigmatico del Pokémon di Alex, restando quasi incollato sul posto. Phil non si perse d’animo e, stringendo un pugno davanti a sé, ordinò al suo Pokémon di spostarsi di lato e correre verso il Dratini che stava utilizzando Fulmisguardo, sorprendendolo con un attacco diretto. Sylveon fu intercettato dal Dratini di Laura e colpito in pieno da un attacco Azione al fianco, ed il Pokémon Fata rotolò alla sua destra per diversi metri. Cleffa proseguì la sua offesa contro il Dratini femmina usando un nuovo attacco Botta, e questa volta l’attacco fisico riuscì nel suo intento, causando non pochi danni. La ragazza dagli occhi verdi strinse i denti e, dopo che ebbe compreso che il suo Pokémon potesse proseguire nel combattimento, ordinò al suo guerriero di restituire l’attacco subìto con Azione verso Cleffa. Il Pokémon Stella era straordinariamente agile e riuscì ad evitare quasi tutti gli attacchi diretti del Pokémon di Laura, suscitando l’ovazione del pubblico, che stravedeva per quel piccolo Pokémon.

Sylveon non fu da meno e, con un nuovo attacco Comete, riuscì a colpire, seppure di striscio, il Dratini di Alex, il quale con un repentino ed improvvisato Avvolgibotta, teneva legato a sé il Pokémon crema. Forzato a slegarsi dal suo avversario, gli venne ordinato di scatenare un attacco Tornado generando una nuvola di polvere che quasi subito accecò il suo avversario.

L’uragano crebbe di intensità e, complice il terreno sassoso, fece sollevare ciottoli e piccoli sassolini, i quali iniziarono a vorticare sempre più vertiginosamente e velocemente, e quando il vortice si spostò in direzione di un basito Sylveon, alcuni di questi sassolini vennero scagliati in ogni direzione, quasi come fossero dei proiettili impazziti. Gli astanti dovettero per forza di cose proteggersi il volto con le mani, anche se il pulviscolo rallentava comunque la gittata delle pietruzze.

Sylveon evitò quasi di un soffio quell’uragano quasi nato dal nulla, ma niente sottrasse il Pokémon dall’essere nuovamente colpito da un nuovo attacco Azione della Dratini di Laura. Cleffa approfittò della concentrazione dell’altro Dratini per colpire il suo avversario con un altro attacco Botta e, andato a segno, il Pokémon Drago cadde a terra, rotolando a terra per diversi metri, per fermarsi in una nuvola di polvere, esausto. Poiché Dratini non si mosse più nonostante i continui incitamenti del suo allenatore, Brock intervenne sollevando un braccio, in direzione di Phil e Terry.

Brock: -Dratini non è più in grado di combattere! Vince Cleffa!- Un nuovo scroscio di applausi e di incitamenti per il piccolo Pokémon arrivò dal pubblico, sempre più entusiasmato per la prosecuzione della lotta. I due ragazzi, Phil e Terry, si guardarono negli occhi e sorrisero, dandosi il “cinque” con una sorona pacca. Alex dovette per forza di cose raccogliere il suo Pokémon da terra e, sinceratosi delle condizioni fisiche del suo prediletto, lo richiamò nella sua sfera Poké per farlo riposare un po’. Senza neppure essere chiamato per nome, Machop si alzò da terra e corse velocemente verso il campo di battaglia, accolto da una nuova cascata di applausi e di nuovi cori di incitamento.

Brock: -Entra in campo il secondo Pokémon di Alex, Machop!- Sylveon non attese che l’arbitro terminasse la frase di rito e cercò di colpire nuovamente il Dratini rimasto con un nuovo attacco Comete. Dratini schivò il colpo e, con un ordine perentorio di Laura, diede sfoggio del suo migliore repertorio, ovvero la mossa Ira di Drago. Un potente getto di pura energia celeste violacea colpì in pieno il Pokémon Fata che, già prostrato per i colpi ricevuti prima, cadde a terra riverso diversi metri più in là. Anche Terry dovette richiamare il suo Pokémon poiché esausto e diede una rapida occhiata al Pokémon della sua avversaria. A Machop intanto venne ordinato di colpire Cleffa con un Colpo Basso, ma l’agilità sorprendente del piccolo Pokémon rosa gli permise di eludere tutti i pugni del suo avversario. Alex strabuzzò gli occhi, quel Pokémon così piccolo era così dannatamente veloce. Doveva pensare velocemente a qualcosa di furbo, altrimenti avrebbe fatto solo stancare il suo Machop inutilmente.

Alex: “Se Machop non riesce a colpire Cleffa, le sue energie si esauriranno ben presto…!” Decise comunque di ordinare al suo Pokémon di dare il meglio di sé, velocizzando la grandinata di pugni diretti ad un veloce ma calante Cleffa. Phil se ne accorse ben presto e rimase a pensare sul da farsi, mentre Terry lanciò la sua seconda sfera Poké sul campo, seguito da un'altra scrosciata di applausi.

Brock: -Il secondo Pokémon di Terry fa la sua apparizione!- Una volta che la Poké Ball si aprì, ne uscì con un bagliore un magnifico Pokémon dal morbido piumaggio candido e dal collo affusolato color turchese. Laura sgranò gli occhi, meravigliata, nell'osservare l'eleganza di quel Pokémon appena giunto in campo. Ash nel frattempo sogghignò, sempre più divertito.

Ash: -Che mi venga un colpo! Quello è proprio un Altaria!- Altaria balzò sul campo, proprio davanti agli occhi di Alex e Machop. Cleffa intanto stava dando filo da torcere alla Dratini di Laura, il Pokémon drago era rimasto spossato dall'incredibile sforzo usato prima per attaccare il Sylveon di Terry con Ira di Drago.

L'assistente del Professor Oak rimase molto colpito dalla bellezza di quel Pokémon uccello, non ne aveva mai visto uno prima d'ora dal vivo. Ne aveva sentito parlare qualche volta alla radio tramite il programma radiofonico del Professor Birch, “La Natura e i Pokémon”. Gli Altaria sono Pokémon quasi esclusivi della regione di Hoenn nei luoghi di montagna, puri e incontaminati. Rifuggono gli uomini e spesso tendono a nidificare in zone immerse dei boschi, cantando favolose melodie grazie alle loro stupefacenti corde vocali. Durante il programma radiofonico, la troupe radiofonica del Professor Birch era riuscita ad avvicinarsi alla minima distanza concessa per poter registrare quel suono armonioso, purtroppo durato poco poiché gli Altaria si erano accorti della loro intrusione.

Mentre Alex continuava a guardare il Pokémon appena sceso in campo, Laura afferrò il suo Pokédex e lo puntò dritto su Altaria. Dratini e Cleffa continuarono la loro lotta, il Pokémon Drago con Azione e il Pokémon fata con Doppiasberla.

Altaria, il Pokémon Canterino. È la forma evoluta di Swablu. Sfrutta le correnti ascenzionali con le sue morbide ali ed è famoso per il suo bellissimo Canto.” Laura non si limitò ad ascoltare la voce gracchiante della enciclopedia elettronica mentre descriveva il Pokémon di Terry. Esaminò nel database interno riguardo quel Pokémon per capire quali mosse potesse avere imparato, esaminare i suoi punti deboli ed elaborare una strategia d'attacco. La folla (che nel frattempo era aumentata nel corso del tempo) era rimasta sbalordita dall'ingresso del leggiadro Altaria ed aveva iniziato a rumoreggiare in merito la bellezza del Pokémon di Terry. Alcuni bambini iniziarono a gridare dalla contentezza, mentre alcuni ragazzi iniziarono ad eseguire un piccolo coro da stadio, incitando i Pokémon alla battaglia.

Terry: -Il mio Pokémon è di tuo gradimento, mia bella fanciulla?- Con un sorriso smagliante, Terry mise le mani in tasca e ridacchiò sommessamente. Phil lo guardò di sbieco, leggermente indispettito per il disinteresse del suo compagno di squadra nei confronti del sempre più affannato Cleffa. Sembrava proprio che avesse perso ogni interesse per la battaglia, mentre si pavoneggiava con il suo Altaria di fronte ad una meravigliata Laura. Alex era rimasto in silenzio fino a quel momento, intento a scrutare le reazioni di Phil nei confronti di Terry, che continuava a ridacchiare sornione.

Phil: -La vuoi piantare di fare il dongiovanni e pensare di iniziare a combattere?- Ash osservò la scena estremamente divertito. Nel pubblico calò un silenzio imbarazzante, non si aspettava una reazione simile da parte del ragazzo col pizzetto, era certamente in attesa che Terry iniziasse a descrivere la bellezza e la leggadria del Pokémon che iniziava a zampettare sul terreno, in attesa di ordini da parte del suo allenatore. Il cucciolo di Bulbasaur, completamente disinteressato all'incontro, si guardava attorno annoiato. Addirittura anche Dratini e Cleffa si erano fermati, allarmati dal grido rauco del ragazzo dai capelli ricci e dal pizzetto pronunciato.

Terry: -Sì, sì, stai calmo, finisco di parlare con lei e inizio a far combattere Altaria…- La risposta di Terry non piacque affatto al suo compagno di squadra. L'atteggiamento provocatorio e il sorrisetto sornione fecero ben presto saltare i nervi a Phil, il quale sbottò contro Terry, forse agitato e frenetico per l'adrenalina della battaglia. Ora l'incontro parve si fosse fermato a causa del battibecco tra i due compagni di squadra avversari di Alex e Laura, i quali rimasero ammutoliti dall'evolversi della situazione. Phil si sbracciò ed indicò con una certa foga con la mano il campo di battaglia dove in quel momento si trovavano ancora i loro Pokémon in attesa di ordini.

Phil: - Questo è un incontro serio, Terry, dannazione! La devi smettere di pavoneggiarti con tutte le ragazze che incontri… la tua è un'ossessione!- Terry non raccolse il rimprovero del suo compagno e, girandosi completamente verso la ragazza dagli occhi verdi (dando così le spalle a Phil, il quale rimase di stucco nel vedere la schiena del ragazzo dalle folte basette), ridacchiò e scosse la testa, tenendo le mani in tasca. Brock non poté comunque dare torto al ragazzo col pizzetto, anche lui avrebbe fatto più o meno la stessa cosa in una situazione simile in presenza di una bella ragazza.

Terry: -Quanto sei noioso Phil…- Il battibecco tra i due compagni di squadra iniziò a suscitare qualche malumore tra il pubblico. Qualche persona iniziò a fischiare e a gridare frasi di disapprovazione nei confronti dei due allenatori, che invece di impartire ordini di attacco o di difesa preferivano discutere tra di loro per delle sciocchezze. Ash e Brock osservarono l'evolversi del combattimento con un sentimento misto tra il divertito e l'incredulità. Era bastato ben poco per fare litigare i due ragazzi. Alex, dal canto suo, voleva sbloccare quella situazione che stava lentamente sfuggendo di mano un po' a tutti. Le grida dei due allenatori avversari, gli urli dei sempre più insofferenti spettatori e l'inerzia dei Pokémon in campo diede lo slancio finale alla decisione di ordinare al Pokémon lotta di colpire Cleffa con un Colpokarate. Machop eseguì l'ordine, senza preoccuparsi di capire se il Pokémon avversario lo stesse osservando oppure no. Laura con la coda dell'occhio scrutò lo scatto fulmineo del Pokémon lotta del suo compagno di squadra e si allarmò, un colpo simile avrebbe potuto fare seriamente del male al piccolo Pokémon di tipo normale.

Laura: -Alex aspetta, non penso che sia il caso…!- L'avvertimento della figlia dei Ferguson però arrivò troppo tardi, Machop era già partito di gran carriera e senza tanti complimenti affibbiò un devastante colpo di taglio della sua mano sinistra alla nuca del piccolo Cleffa. L'attacco fisico fu così impetuoso e repentino che né Cleffa, né Altaria né Dratini si accorsero di nulla e tanto meno poterono fare qualcosa per impedire l'esecuzione di quell'attacco. L'attacco di tipo Lotta (superefficace contro i Pokémon di tipo Normale come Cleffa) andò a segno senza tante storie e il piccolo Pokémon Stella fu scaraventato in avanti, eseguendo un lungo salto in avanti causato dal contraccolpo subito, sovrastando addirittura sia le teste dei due allenatori Terry e Phil (i quali smisero automaticamente di litigare appena videro volare in cielo il Pokémon), sia scavalcando la folla di spettatori che assistevano al combattimento. Il volo di Cleffa terminò inesorabilmente contro un albero, andando a sbattere la testa contro il tronco ben piantato in terra con le sue radici. Tutti i presenti voltarono lo sguardo verso l'albero (che si trovava dall'altra parte del recintato, superata una stradicciola che conduceva all'esterno del parco) ed osservarono quasi spaventati Cleffa che, con la testa ancora piantata nel tronco, scivolava pian piano verso terra. Phil strabuzzò gli occhi e si mise le mani nei capelli, disorientato e incredulo di quanto era appena accaduto.

Phil: -Cleffa!! Cleffa come stai?!- Lanciò uno sguardo di fuoco verso Terry, il quale era rimasto ammutolito dall'evento appena sviluppatosi e l'allenatore del piccolo Pokémon Stella iniziò ad incamminarsi verso l'albero dove Cleffa era andato a sbattere. Ash e Brock non dissero una parola, mentre Alex e Machop erano rimasti sorpresi da quanto fosse stato semplice abbattere quel piccolo Pokémon che aveva dato tanti grattacapi al Dratini di Laura. Phil comunque non riuscì a raggiungere il suo Pokémon in tempo (complice la staccionata e la folla che bloccava il passaggio verso la stradicciola principale), il piccolo Cleffa probabilmente sofferente del colpo ricevuto e confuso iniziò a piangere disperatamente e scappò via, veloce come una saetta, prendendo la strada principale e uscendo dal parco. Il ragazzo col pizzetto, osservando il suo Pokémon piangere e correre via dal posto in cui si trovava, addirittura inorridì e a forza di spintoni e gomitate cercò in tutti i modi di farsi spazio tra la folla, che sembrava fosse rimasta impietrita sul posto.

Phil: -Cleffa! Cleffa per favore, non scappare! Torna qui, Cleffa!- Ash comprese immediatamente che il combattimento tra i quattro allenatori era giunto prematuramente al termine, uno dei Pokémon aveva abbandonato il terreno e, molto probabilmente, confuso per la botta ricevuta poco prima e non in grado di intendere e volere, era scappato via. Brock decise di sospendere l'incontro per cause di forza maggiore e, mentre Phil cercava di divincolarsi tra la folla per raggiungere la strada principale e tentare di raggiungere il suo Pokémon che ormai aveva già superato i cancelli e si era immesso sulla strada, Alex e Laura abbandonarono immediatamente il quadrilatero di terra battuta in compagnia dei loro Pokémon rimasti ancora in gioco, preceduti da Ash e Brock che già si erano messi alle calcagna del ragazzo col pizzetto. Terry, rimasto da solo, deglutì amareggiato. Non solo aveva litigato con Phil (probabilmente questo evento infausto avrebbe potuto incrinare la sua amicizia con lui), ma aveva permesso di fare scappare uno dei suoi Pokémon prediletti. C'era il rischio concreto che il piccolo Cleffa, confuso e spaventato, nel minimo dei casi avrebbe potuto perdersi nel dedalo delle vie cittadine di Lavandonia, o addirittura peggio. Richiamò nervosamente il suo Pokémon nella sfera Poké e anch'egli abbandonò il campo, facendosi spazio tra la folla e cercando di raggiungere il suo amico che ormai era lontano.

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Capitolo 38
*** 37 - Il Mistero della Torre Pokémon (seconda parte) ***


Ash Ketchum, Brock Harrison, Laura Ferguson, Alex Blake, Terry Edwards (questo era il cognome del ragazzo con le folte basette) seguiti dai Pokémon che ancora non erano stati richiamati nelle loro sfere Poké (Pikachu, Dratini, Ledyba e Machop, con Bulbasaur riconsegnato nuovamente alla custodia di Brock, adagiato nello zainetto) corsero a perdifiato verso la periferia della città, seguendo il corso principale che dal centro di Lavandonia dove era situato il parco cittadino nel quale Alex e Laura avevano combattuto poco prima contro Phil e Terry. Percorsero di fretta e furia i marciapiedi, correndo e ignorando alcune volte i semafori negli incroci che da giallo diventava rosso, creando pericoli agli automobilisti che non si aspettavano di vedersi davanti dei ragazzi correre sulle strisce pedonali con semaforo rosso a loro sfavore. Alex, che ancora non si era ripreso del tutto dagli eventi di MonteLuna, non riuscì a correre così velocemente come i suoi amici, e mandò avanti i suoi Pokémon a seguire gli altri del gruppo (liberò Weedle e Pidgey per l'occasione dalle loro sfere Poké e, mentre Pidgey non ebbe particolari difficoltà nel volare a velocità sostenuta seguendo il ritmo dei ragazzi, il piccolo Weedle, non avendo la possibilità di correre come un pazzo a causa del suo corpo e delle sue minuscole zampette, venne caricato sulle spalle del suo compagno di squadra Machop). Il ragazzo con gli occhiali si accordò, con il cuore in gola per la corsa di poc'anzi, con gli altri del gruppo che li avrebbe raggiunti più tardi sul luogo del ritrovamento di Cleffa e Phil, fermandosi col fiatone nei pressi del Centro Medico per Pokémon, quasi a un chilometro di distanza dal parco centrale di Lavandonia. I ragazzi restanti proseguirono la loro marcia frenetica chiamando a squarciagola Phil, nel tentativo di capire dove fosse andato. Pikachu guidava il gruppo assieme a Poochyena e Sylveon (anch'essi liberati dalle loro Poké Ball), più veloci dei loro allenatori e degli altri Pokémon, fiutando il terreno sulle tracce dei fuggiaschi. Ash e Brock coi Pokémon di Alex e Laura stavano in mezzo, mentre a chiudere la fila ci stavano Laura e Terry. La ragazza sentiva qualcosa di molto opprimente nell'aria, sicuramente non dovuto alla corsa non prevista (fortunatamente aveva consumato una colazione molto leggera altrimenti le sarebbero venuti i crampi all'addome per lo sforzo), forse alla malaugurata piega che stavano prendendo gli eventi. Non dovevano raggiungere Zafferanopoli entro il pomeriggio? Quel fuori programma avrebbe rallentato il loro cammino verso la città designata, sede della prossima palestra e medaglia da ottenere per accedere alla Lega di Indigo.

Laura: -Terry – chiamò il tizio dai capelli corti, senza smettere di correre – che cosa ti è saltato in mente di metterti a litigare con il tuo amico? Per questioni futili poi!- Terry conosceva abbastanza bene il suo amico Phil, era sempre stato una testa calda e bastava un nonnulla per farlo arrabbiare. Questa volta però non c'entrava niente con il fatto che Cleffa fosse scappato, era accaduto per un caso fortuito. Ash strinse i denti, leggermente adirato per il ritardo sul tabellino di marcia. Quell'imprevisto rimescolò le carte ed i piani del Master dei Pokémon, che si era prefissato di raggiungere la città di Zafferanopoli per il pomeriggio stesso, sera al massimo, con pernottamento al Centro Medico per Pokémon della medesima città. Avrebbero potuto abbandonare Terry al suo destino alla ricerca del suo amico e del Pokémon fuggiasco, ma non era assoluta abitudine del maestro dei Pokémon abbandonare delle persone in difficoltà.

Ash: -Dove stiamo andando? Non capisco!- Le vie come facile era da prevedersi, essendo tutte uguali, misero ben presto in difficoltà l'allenatore col cappello. Se non fosse stato per l'ottimo fiuto di Pikachu, Poochyena e Sylveon il ragazzo si sarebbe perso in quel groviglio di corsi e vie pressoché identiche tra loro. Comprese comunque che si stavano lentamente avvicinando verso la periferia delle città, perché le strade divennero meno occupate dalle automobili, i negozi si stavano diradando così come i grattacieli per fare spazio a casette bifamiliari, giardini privati e ampi spazi per parchi giochi, cortili interni e altro ancora. Di Phil, però, ancora nessuna traccia, sembrava che si fosse volatilizzato.

I tre Pokémon che guidavano il gruppo si fermarono all'improvviso nei pressi di un passaggio a livello, a quasi due chilometri di distanza dal centro abitato, ormai nei pressi della periferia. I ragazzi ringraziarono i loro Pokémon, col fiatone e con il cuore in gola, perché non sarebbero riusciti a fare un solo passo in più. Addirittura Terry si tolse il giaccone di pelle per il gran caldo che percepiva in quel momento, nonostante fosse autunno inoltrato. Brock si guardò attorno, cercando di respirare col naso e accumulando più ossigeno possibile per calmare il suo battito cardiaco che sembrava essere impazzito a causa della corsa. Le zone verdeggianti oltre al passaggio a livello del treno (contraddistinto da un casello in mattoni dal tetto spiovente, nel quale c’era una guardia ferroviaria sonnecchiante, un semplice steccato e una sbarra segnaletica abbassata) delimitavano la fuoriuscita definitiva dalla città di Lavandonia. Stavano percorrendo uno stradone di terra battuta che avevano già percorso qualche tempo prima, avevano intrapreso la direzione nord est, e stavano tornando sui loro passi in direzione del TunnelRoccioso. Brock sospirò perplesso: se Cleffa si fosse inoltrato, nel colmo del suo panico, all'interno del TunnelRoccioso, avrebbero anche potuto impiegare ore, forse il giorno intero se fosse andato tutto bene, al ritrovamento dei due fuggitivi. Pikachu fortunatamente non era dello stesso avviso, stava annusando il terreno per scovare le tracce lasciate da Cleffa e Phil, testa china in avanti e zampe ben piantate nel terreno, e stava puntando con il suo muso verso un'altra direzione, una stradina laterale che si immetteva nel sentiero erboso. L'ex capopalestra di Plumbeopoli sollevò lo sguardo dove stava puntando Pikachu in quel momento: una macchia boschiva che copriva per buona parte una costruzione diroccata in lontananza. Aggrottò le sopracciglia perplesso, cercando di aguzzare la vista verso quell'edificio. L'ex capopalestra di Plumbeopoli restò un attimo in contemplazione, meditando sul da farsi.

Brock: -Ash, ascolta una cosa.- Il Master dei Pokémon, chiamato in causa dal suo amico di vecchia data, si avvicinò verso di lui, agitando il berretto contro la sua faccia, grondante di sudore per lo strapazzo di poco prima. Il sole si era alzato di parecchio rispetto a qualche tempo prima e le temperature si erano leggermente alzate.

Brock: -Osserva Pikachu, sta annusando il terreno e sembra che si stia indirizzando verso quell'edificio laggiù…- Ed indicò la costruzione dietro la macchia boschiva. Ash allungò lo sguardo verso la zona indicata da Brock, ma non riuscì a comprendere di che cosa si trattasse. Osservò a lungo la costruzione diroccata, ma scosse la testa nervosamente.

Ash: -Non ricordo di che edificio si tratti…- Terry, con ancora il fiatone, si avvicinò anch'egli (si era appoggiato con un braccio sulla staccionata e teneva la giacca dietro la schiena sostenuta da due dita, con l'avambraccio destro alzato).

Terry: -Credo che quella sia la Torre Pokémon…- Ash aprì gli occhi, meravigliato. Non si era ricordato in quel momento che la Torre Pokémon un tempo si trovava all'interno di Lavandonia, quando la città era poco più di un paese rurale, e che per esigenze urbane era stata demolita e ricostruita appunto alla periferia della città. Probabilmente qualche cartello stradale aveva giustamente segnalato che avevano preso la direzione della Torre Pokémon, che si trovava nella zona nord della città, ma che non avevano visto a causa della corsa e della frenesia del momento. Laura afferrò dalla tasca anteriore del suo zainetto blu scuro il PokéNav, alla ricerca di maggiori informazioni sull'edificio dove probabilmente Phil e Cleffa si erano diretti. (Poochyena e Sylveon confermarono le supposizioni di Pikachu, puntando decisi nella zona indicata poc'anzi da Brock).

 

La Torre Pokémon (Cimitero dei Pokémon) è un'antica costruzione risalente al XV Secolo, progettata e realizzata sotto la dinastia dell'Imperatore Hu Cheng detto Il Sommo. Fortemente voluta dall'Imperatore per dare degna sepoltura ai Pokémon utilizzati sia nei combattimenti per preservare la pace nel regno di Lavandonia (al secolo definita con un altro nome ormai caduto in disuso da oltre un secolo e mezzo) che come semplici compagni di vita, la Torre Pokémon all'inizio non era che un semplice cimitero quadrangolare di oltre cinquecento metri quadrati. Nel corso degli anni, a causa dell'urbanizzazione e dell'estensione della città di Lavandonia, il cimitero dovette essere smantellato e costruito “in verticale”, per ragioni logistiche e per permettere più zone di sepoltura in ambienti un po' più ristretti. Per i Pokémon più grandi di dimensioni si ritenne necessario prendere diverse precauzioni, come l'utilizzo della cremazione (pratica riservata in quel tempo solo agli esseri umani) oppure alla “miniaturizzazione” (arte chiromantica antichissima ora proibita dal Governo). Strutturata in nove piani, all'ultimo piano della Torre Pokémon si può trovare una piccola cappella costruita con l'ultima ristrutturazione dove il sacerdote di Lavandonia è solito tenere le orazioni funebri dei Pokémon deceduti e la Campana Chiara, gemella della campana di Fiordoropoli della regione di Johto, si trova sull'estremità della Torre, accessibile da un sottotetto, appannaggio unico del sacerdote che vi accede in vista delle funzioni religiose del caso o per segnalare eventuali calamità alla vicina città di Lavandonia.

 

Il PokéNav mostrò, oltre alla didascalia storica dell'edificio, alcune fotografie delle recenti ristrutturazioni della Torre Pokémon, e si potevano anche scrutare alcune immagini dei vari piani del cimitero. Laura rabbrividì vistosamente nell'osservare le lapidi, dislocate sia sul terreno, che nei vari loculi ammassati sulle pareti, quasi fossero degli scaffali. Con tutti i posti in cui scappare, Cleffa doveva proprio rifugiarsi in un cimitero?

Laura: -Non… non mi piace, forse è il caso di chiedere aiuto…- Ash Ketchum scosse la testa, disapprovando la richiesta della sua allieva. Avevano perso fin troppo tempo, ormai si era in metà mattinata e risalire piano dopo piano la Torre Pokémon avrebbe richiesto diverse ore, soprattutto considerando il fatto che Cleffa, data la sua minuta costituzione fisica, avrebbe potuto nascondersi perfettamente dietro a qualsiasi struttura del cimitero. E poi, nel suo intimo, il maestro di Pokémon paventava una ritorsione del famigerato Team Richardson, i loschi individui avrebbero potuto approfittare di quel momento di debolezza. Stranamente se li sentiva sempre con il fiato sul collo, forse lasciare indietro Alex non era stata una buona idea, accorgersi e capire che il gruppo si era sfaldato nel giro di una mezz'ora lo innervosiva parecchio.

Ash: -Dobbiamo trovare Cleffa entro il primo pomeriggio, altrimenti non riusciremo a raggiungere Zafferanopoli in tempo.- Laura sgranò gli occhi e osservò meravigliata il suo maestro, non capacitandosi di tutta quella fretta. Era da diverso tempo che Ash calcava la mano, volendo a tutti costi raggiungere determinati luoghi in un certo periodo di tempo. La ragazza dagli occhi verdi si era sempre immaginata la vita dell'allenatore di Pokémon costellata di varie sfumature, immagini, colori, odori, suoni, sensazioni da potere godere con calma e serenità, dedicandosi alla cura dei Pokémon e agli allenamenti blandi e pacati, magari girovagando alla ricerca di numerosi Pokémon da catturare. Invece quel viaggio sembrava destinato a diventare una prova a cronometro, quasi come se la conquista delle medaglie fosse designata a essere conseguita entro un determinato periodo di tempo. È pur vero che il torneo di Indigo si celebrava una volta all'anno, ma avevano diverso tempo davanti, era pur sempre il loro primo viaggio da allenatori di Pokémon… tutta quell'ansia, quella frenesia e quelle necessità di correre di qua e di là la stavano facendo impazzire, sembrava davvero che qualcuno li rincorresse ovunque andassero.

Tutti questi pensieri non riuscì a trasmetterli al suo maestro neppure per un momento, poiché Ash, con Pikachu nuovamente sulla sua spalla, si incamminò con passo marziale in direzione della Torre Pokémon. Non si consultò neppure con i suoi amici, i quali dovettero per forza di cose affrettare il passo per avvicinarsi all'allenatore col cappello.

Ash: -Muoviamoci, Cleffa ha bisogno di noi!- Il gruppetto di allenatori e di Pokémon si inoltrò nel sentiero erboso, lasciandosi alle spalle il corso principale e il passaggio a livello del treno. Il percorso che conduceva al boschetto proseguiva parallelamente ai binari del treno, e proprio in quell'istante si percepì il fischio del treno che, a tutto vapore, sfrecciò in direzione contraria al cammino dei ragazzi. Il rumore delle ruote metalliche sui binari, lo spostamento d'aria causato dai vagoni in transizione e la velocità dell'apparecchio suscitarono molta apprensione nei piccoli Pokémon degli allenatori, i quali rimasero congelati sul posto, spaventati a morte dal passaggio repentino del treno. Probabilmente quel treno era partito da Fiordoropoli, dalla regione di Kanto, ed era diretto a Zafferanopoli, in direzione ovest, capolinea della tratta Johto-Kanto. Rincuorati da Brock e Laura, i piccoli Pokémon si riscossero dal loro spavento e si incamminarono in fila indiana, con Ash Ketchum in testa.

 

Un silenzio opprimente calò come un sudario all'interno del boschetto di betulle, attraversato con circospezione dal gruppetto di allenatori e Pokémon. Il sentiero principale che conduceva direttamente alla Torre Pokémon era spesso interrotto da alcuni alberi che erano caduti a causa delle piogge delle settimane precedenti, il terreno fitto di muschio e foglie cadute dagli alberi rendevano poco chiara la strada da prendere. Alcuni cartelli che indicavano quale sentiero prendere in piena sicurezza per procedere spediti verso il cimitero dei Pokémon vennero ritrovati in terra, divelti e quasi sommersi dalle foglie dorate cadute in abbondanza nel periodo autunnale. Ash Ketchum si guardò attorno molto perplesso, la strana quiete che regnava in quel posto non era assolutamente positiva. I Pokémon che dimoravano in quella macchia boschiva sembravano alquanto infastiditi dal passaggio furtivo del gruppetto di allenatori. Brock teneva spiegata davanti a sé la mappa geografica dei dintorni di Lavandonia, per meglio definire la strada da intraprendere per raggiungere la Torre Pokémon senza perdersi. I tre Pokémon segugi (Pikachu, Poochyena e Sylveon) proseguivano la loro indagine olfattiva annusando il terreno tra una foglia e l'altra, precedendo il maestro dei Pokémon e Terry, il quale si era messo nuovamente addosso la giacca di pelle. All'interno del boschetto (più si inoltravano, più la vegetazione si infittiva, estendendosi in una pronunciata depressione che si collegava ad un'altra zona boschiva che raggiungeva direttamente la catena montuosa del TunnelRoccioso, alla loro destra) le temperature erano leggermente più basse rispetto a dove si trovavano poco prima.

Terry: -Ma dove diavolo possono essere finiti? È da parecchio tempo che li stiamo chiamando a squarciagola!- Ash non rispose alla domanda del ragazzo con le folte basette, lasciando dunque in sospeso la questione. Mantenne lo sguardo incollato sui tre Pokémon che continuavano tranquillamente a zampettare davanti a loro, con il muso chino tra le foglie, ben coscienti sulla strada da intraprendere. Machop giocherellava con le foglie, dando dei calci qua e là, sollevandone qualcuna, mentre Weedle si guardava attorno un po' smarrito. Pidgey e Ledyba svolazzavano tra i rami osservando più in alto, alla ricerca dei due fuggiaschi, ma senza risultato. Bulbasaur rimase accovacciato nello zainetto di Brock e non disse una parola, mantenendo gli occhi incollati su Laura, che chiudeva il gruppetto. La figlia dei Ferguson iniziava a non sentirsi nel pieno delle forze, aldilà dello sforzo fisico fatto poco prima: c'era qualcosa di non sicuro in quel luogo, si sentiva fortemente a disagio, stavano andando in un luogo sacro dove centinaia di Pokémon dormivano il loro sonno eterno, disturbandoli appositamente senza il minimo rispetto. La sua Dratini condivise il malessere e tremava come una foglia, chiudendo gli occhi e raggomitolandosi attorno le spalle della sua allenatrice.

Laura: -Ash, ti prego… torniamo indietro! Dobbiamo chiamare i soccorsi!- Ash non si voltò neppure e non rallentò la sua andatura. Chissà se all'interno della Torre Pokémon c'erano ancora gli amici di Haunter? Chissà se Haunter stava bene? Non lo vedeva da un sacco di tempo, probabilmente era ancora con Sabrina, la capopalestra di Zafferanopoli, ripensandoci aveva avuto ben poco a che fare con i Pokémon di tipo Spettro, così poco socievoli e imprevedibili.

Ash: -Non c'è tempo Laura, sarà una cosa breve. Cleffa è spaventato, e mobilitare tante persone per lui lo spaventerebbe ancora di più. Noi bastiamo e avanziamo.- La ragazza dagli occhi verdi non replicò alla sentenza del suo maestro. Non aveva neppure la forza di controbattere né di fermarsi, le sue scarpe da ginnastica ormai strascicavano nel terreno sollevando delle piccole montagne di foglie e di rami caduti. Si sentiva terribilmente a disagio, voleva tornare indietro fermandosi sulla strada maestra, magari aspettando l'arrivo di Alex che era rimasto molto indietro.

Brock: -Dovremmo essere quasi arrivati.- La voce tranquilla dell'ex capopalestra di Plumbeopoli richiamò l'attenzione del gruppetto. Piegò la cartina geografica in quattro parti e la mise nella tasca posteriore dei suoi pantaloni. Quando i tre Pokémon che guidavano il gruppo arrivarono ad una biforcazione (una che conduceva verso una zona imprecisata del bosco, in salita, l'altra che scendeva in un sentiero stretto e tortuoso, di cui non si poteva vedere la prosecuzione perché la stradina girava in un angolo) si fermarono, leggermente confusi. Si guardarono attorno perplessi, e poi si sedettero in terra.

Laura: -E adesso…? Perché i Pokémon si sono fermati?- Ash si guardò attorno, perplesso. Una enorme sequoia delimitava il sentiero principale in due parti, ed i tre Pokémon si erano attardati ad annusare le radici di quel gigantesco albero secolare. Non sembrava che ci fossero delle tracce interessanti da seguire, il Maestro dei Pokémon alzò gli occhi scrutando i rami dell'albero ma non trovò nulla di particolare. Ash avrebbe potuto chiedere a Pidgeot e Pelipper di aiutarli nella ricerca, ma quella dannata macchia boschiva era troppo estesa e in quel momento (volare e osservare i dintorni avrebbero richiesto tempo ed energie e dovevano preservarli entrambi in vista del viaggio verso Zafferanopoli), Phil e Cleffa avrebbero potuto essere ovunque.

Laura: -Terry – la ragazza, dapprima sovrappensiero e sempre più angosciata si voltò verso il ragazzo dalle folte basette, il quale si era seduto su un ceppo di un albero non meglio identificato, un poco dislocato alla sinistra del sentiero principale – prova a chiamare il tuo amico al telefono, se lui ci dicesse dove si trova in questo preciso istante, lo potremmo raggiungere immediatamente!- Terry sollevò lo sguardo verso la figlia dei Ferguson, fino ad incrociare i suoi occhi verdi. Non aveva minimamente considerato l'ipotesi di contattare telefonicamente il suo amico di vecchia data, addirittura sorrise per l'idea semplice ma geniale nello stesso tempo venuta in mente alla ragazza. Con un rapido gesto, afferrò il suo PokéNav che aveva nella tasca dei suoi pantaloni, aprì il gingillo elettronico e pigiò nervosamente alcuni tasti sul palmare, e rimase in attesa fissando lo schermo LCD. Non accadde nulla di particolare per alcuni lunghissimi secondi, tutti i presenti (eccetto Pikachu, Poochyena e Sylveon) si raccolsero attorno a Terry, osservando dietro di lui lo schermo, in trepidante attesa. Ma nulla da fare, il PokéNav non dava segni di vita.

Brock: -Molto probabilmente in questa parte del bosco non c'è segnale e non è possibile effettuare chiamate.- Ash scosse la testa, allontanandosi nuovamente e posizionandosi nuovamente al centro del sentiero. Incrociò le braccia al petto e inclinò la testa leggermente in basso, dando le spalle ai suoi amici, che lo scrutarono perplessi. Ash si passò una mano sul volto, stropicciandosi gli occhi, e sospirò lentamente.

Ash: -Va bene, fino a qui il sentiero è abbastanza lineare e non abbiamo visto né Phil né Cleffa, siamo arrivati ad un bivio e propongo di dividerci perlustrando entrambi i sentieri.- Laura strabuzzò gli occhi, ancora più angosciata nel constatare che avrebbero dovuto separarsi per andare a finire chissà dove. La mappa di Brock non era precisissima (quel bivio non era segnato sulla cartina). La ragazza si staccò dal gruppetto riunito attorno a Terry ed iniziò a sbracciarsi, lamentandosi della decisione del suo maestro, camminando a passo indeciso verso di lui.

Laura: -Ash ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Non abbiamo possibilità di parlare tra di noi perché i PokéNav non funzionano, non abbiamo ancora capito quale sentiero porta alla Torre Pokémon e vuoi che ci separiamo? Ci perderemo in questo bosco, io non so dove andare, non voglio andare al cimitero…- Le parole della ragazza erano sempre più veloci e la sua voce sempre più squillante. Ash comprese appieno il sentimento della sua allieva, si sentiva spaventata e intraprendere quel viaggio non previsto non piaceva neppure a lui. Si voltò lentamente e, riscontrato che Laura aveva iniziato a piangere, si incammino verso di lei e le mise dolcemente le mani sulle spalle. Al tocco delicato delle mani del maestro, la ragazza fu preda di forti singhiozzi, le lacrime le scivolarono velocemente lungo le guance. Dratini prontamente le asciugò con le sue orecchie, avvicinandosi al viso della sua allenatrice.

Ash: -Laura, so che quello che sta accadendo non è affatto piacevole. La vita dell'allenatore di Pokémon è spesso piena di imprevisti e prove difficili da superare, questa è una di quelle.- Laura abbassò il capo, chiudendo gli occhi. Le parole pacate del maestro erano in qualche modo riuscite a calmare, seppure leggermente, il respiro affannoso della ragazza. Ash sorrise debolmente continuò a parlare, molto più lentamente, per dare più forza e significato alle sue parole.

Ash: -Phil e Cleffa hanno bisogno di noi. Per il bene dei nostri amici, dobbiamo essere coraggiosi e affrontare delle piccole sfide. Laura, ragazza mia – e alzò leggermente il tono della voce, quasi ridendo – ti sei scontrata più volte con il Team Richardson senza battere ciglio, vuoi cedere proprio adesso?- Laura sorrise alla battuta del suo maestro e si asciugò il volto con il dorso della mano, riaprì gli occhi e osservò direttamente il ragazzo col cappello. Scosse la testa e allargò il suo sorriso. Brock, che era rimasto accanto a Terry, incrociò le braccia al petto, annuendo.

Brock: -Queste sono parole degne di un grande maestro, Ash!- Venne dunque deciso di creare due gruppetti separati, per percorrere entrambi i sentieri, augurandosi in cuor loro che entrambi avrebbero condotto all'ingresso della Torre Pokémon. Il gruppo che avrebbe intrapreso il sentiero di sinistra (quello che andava in salita) venne costituito da Terry e Brock, seguiti da Sylveon e dai Pokémon di Alex. Ash prestò il suo Pidgeot all'ex capopalestra di Plumbeopoli qualora ci fossero state delle comunicazioni urgenti da segnalare, il Pokémon si sarebbe alzato in volo alla ricerca dell'altro gruppo ma solo per questioni di imminente pericolo, il ragazzo col cappello fu irremovibile su questo punto di vista. L'altro sentiero (quello che andava in basso) sarebbe stato battuto da Ash e Laura, con i Pokémon rimanenti. Con il proposito di percorrere i rispettivi sentieri nel più breve tempo possibile, i ragazzi si separarono per inoltrarsi nelle profondità del bosco, alla ricerca di Phil e Cleffa.

 

Il sentiero percorso da Ash e Laura sembrava più essere un acquitrino che un tragitto regolare: molte volte il tratto di terriccio (che sembrava scendere sempre più in basso) si confondeva con enormi pozzanghere ed i due ragazzi furono costretti a togliersi le scarpe e le calze, tenendole in mano in alto, ed attraversare quei piccoli laghetti di fango per potere raggiungere la prossima zona di terra. Pikachu e Poochyena, seguiti da Ledyba, precedevano i loro allenatori, cercando di sporcarsi il meno possibile. Il pelo arruffato di Poochyena venne ben presto inzaccherato dalla melma e si guardava attorno, quasi spaesato. La cosa che più odiava in assoluto era quella di andare in giro sporco (le cure maniacali della sua allenatrice lo avevano un po' viziato), ma non c'era neppure una fontanella per pulirsi, anche soltanto parzialmente. Pikachu non si curò minimamente del suo stato di sporcizia, talmente era concentrato nel seguire le flebili tracce di Cleffa e Phil.

Laura: -Alex lo abbiamo lasciato indietro… come faremo a raggiungerlo? Come possiamo fargli capire dove ci troviamo?- Ash proseguì il suo cammino, tenendo gli occhi incollati sui due Pokémon che continuavano a fiutare il terreno. Avvisare il ragazzo con gli occhiali in quel momento era l'ultimo dei suoi pensieri.

Ash: -Manderò Pelipper indietro a prenderlo e lui ci raggiungerà in volo.- Poi all'improvviso si ricordò della fobia delle grandi altezze del suo allievo. Scosse la testa, imprecando a bassa voce di quell'ulteriore contrattempo. La situazione sembrava essere più complessa del previsto. Sarebbero tornati indietro e avrebbero fatto il percorso inverso semplicemente, Ash lo spiattellò alla sua allieva e la questione venne presto conclusa.

Alberi dalle larghe foglie troneggiavano ovunque in quello stretto passaggio. Numerosi Pokémon di varia natura abitavano in quella zona, era possibile avvistare degli Aipom gironzolare tra i rami di frassini, degli stormi di Spearow svolazzare dai cespugli spaventati dal passaggio improvviso degli allenatori, qualche sporadico Rattata e molti Pokémon di natura coleottero. I raggi del sole facevano capolino tra gli alti rami degli alberi di alto fusto, riscaldando l'ambiente che si era fatto leggermente più confortevole. L'aria che si respirava era più salubre mano a mano che si inoltravano in quel sentiero, che improvvisamente dirottava alla loro destra. I tre Pokémon proseguirono velocemente e scomparvero temporaneamente alla vista dei loro allenatori, dietro ai cespugli e agli alberi. Mentre Ash e Laura continuavano a camminare stando attenti a non calpestare coi loro piedi nudi zone di fango troppo profonde, Pikachu tornò indietro fino al punto della curva, rendendosi visibile ai due ragazzi. Ash osservò il suo amico prediletto quasi sorpreso: il suo Pokémon si era messo a saltellare sul posto, e con una delle sue zampette anteriori si era messo ad indicare un punto imprecisato sulla destra, agitandosi come un forsennato. Laura aprì gli occhi sgomenta, avevano trovato Cleffa e Phil? Si erano fatti male? Avevano bisogno di aiuto? Il volto di Pikachu, però, non faceva trasparire alcuna nota negativa, né apprensione o altro sentimento ostile.

Ash: -Pikachu! Hai trovato qualcosa?- Pikachu attese al suo posto l'arrivo dei due ragazzi. Il terreno sassoso era un tormento per i piedi nudi dei due ragazzi, avrebbero voluto evitare di rimettersi le scarpe in attesa di una fonte d'acqua per ripulirsi i piedi dal fango, ma si accorsero ben presto, una volta superata la curva a gomito, che l'occasione per detergersi i piedi era proprio lì, davanti a loro. Laura osservò meravigliata l'estensione del lago che occupava una vasta zona che si perdeva a vista d'occhio. Il punto in cui i ragazzi si trovavano in quel momento era in basso a sinistra rispetto allo specchio d'acqua silenzioso. Sulla destra si estendeva una folta macchia di salici piangenti, dei Poliwag e qualche Lotad ciondolavano serenamente sulla riva orientale del lago, dei Magikarp saltavano sbucando improvvisamente dall'acqua, per poi rituffarsi quasi subito dopo, un gruppetto di Surskit correva sul pelo dell'acqua a caccia di squisiti insetti. Poochyena e Ledyba restarono ad osservare meravigliati il lago, mentre Ash constatò che il lato occidentale era percorribile da una stretta lingua di terra che conduceva molto probabilmente al lato settentrionale del lago… e verso la Torre Pokémon. Il cimitero dei Pokémon, ora ben distinguibile, si stagliava di fronte a loro. La strada che avevano intrapreso era dunque quella giusta, avrebbero dovuto solo circumnavigare il lago e raggiungere l'edificio dove probabilmente Cleffa e Phil si erano diretti…

Laura: -Ash! Ehi Ash, guarda!- La figlia dei Ferguson strattonò leggermente la manica della giacca del suo maestro. La ragazza (che si trovava alla sua destra) indicò un punto alla sua sinistra, verso gli agrifogli che delimitavano il sentiero sassoso che costeggiava la riva del lago.

Laura: -Hai visto quel…?- Un brandello di stoffa attaccato ad uno dei rami dell'agrifoglio, di colore marrone scuro. Pikachu e Poochyena si avvicinarono circospetti e si arrampicarono con le loro zampe anteriori fino a raggiungere quel frammento di tessuto. Lo annusarono, lo fiutarono e lo osservarono da più lati. Ash, Laura, Dratini e Ledyba restarono in silenzio in attesa di ricevere una risposta da parte dei due Pokémon, i quali annuirono sorridendo. Ash sorrise a sua volta, quel pezzetto di indumento apparteneva senza orma di dubbio al giubbotto di pelle di Phil, era passato prima da quelle parti, ne era più che certo.

Ash: -Ottimo! La strada è quella giusta, dobbiamo proseguire…- Non fece in tempo a terminare la sua frase, che Ledyba (che in quel momento era ancora in volo, sospeso in aria accanto la sua allenatrice) venne quasi investito da un attacco lanciato alle sue spalle. Schivò per un soffio l'offesa ricevuta e si voltò di scatto, impaurito. Tutti i presenti si voltarono indietro e osservarono stupefatti un Poliwhirl con le zampe anteriori ancora protese in avanti, in direzione degli allenatori, circondato da una molteplicità di piccoli Poliwag, che stavano scrutando sgomenti il gruppetto di umani e Pokémon che erano appena arrivati alla riva del lago. Ash esaminò lo sguardo di quel Poliwhirl, e sembrava abbastanza adirato nei suoi confronti e dei suoi compagni. Le braccia protese in avanti, i palmi aperti… senza orma di dubbio, Poliwhirl aveva appena lanciato un attacco Bolla contro Ledyba, il quale si era ripreso dallo spavento e stava vivacemente protestando contro il Pokémon girino. I piccoli Poliwag risposero alle lamentele del Pokémon coleottero pigolando aspramente, erano una ventina o giù di lì, e parlottando tutti assieme crearono una confusione tale da richiamare l'attenzione di tutti i Pokémon selvatici presenti in quella zona. I Magikarp smisero di saltellare nell'acqua e guardarono, con il loro sguardo vacuo, in direzione dei Pokémon che protestavano. I Surskit si fermarono sul pelo dell'acqua e rimasero ad osservare in perfetto silenzio. I pochi Lotad non persero tempo e si inabissarono nel lago, sparendo letteralmente dalla circolazione. Alcuni Aipom si fecero largo tra i rami dei salici piangenti in lontananza e rimasero appesi per la coda, sghignazzando e battendo le mani tutti assieme.

Laura deglutì, intimorita dalla piega che stavano prendendo gli eventi.

Laura: -Ash… cosa sta succedendo? Perché questo Poliwhirl ce l'ha con noi?- Il Pokémon girino scagliò ancora una volta un attacco Bolla contro il Ledyba di Laura, il quale si limitò a schivarlo volando leggermente più in alto.

Ash: -Probabilmente abbiamo invaso il loro territorio e si sentono minacciati, forse anche Phil e Cleffa hanno avuto problemi con loro…- Poochyena iniziò a ringhiare sommessamente, pronto ad attaccare Poliwhirl. Abbassò il capo e distese leggermente le zampe, gettando uno sguardo ostile al Pokémon avversario. Laura si accorse dell'atteggiamento bellicoso del suo Pokémon buio e non si accorse che sia Ledyba che Poochyena stesso erano avanzati di qualche passo, con tutta intenzione di combattere. Ash strinse i denti, leggermente seccato da quel nuovo imprevisto. Avevano trovato la strada giusta e ora dovevano combattere molto probabilmente contro quel Poliwhirl. Voltò lo sguardo dietro di sé, dove c'era la piccola lingua di terra che costeggiava il lago, e si rese conto che un folto gruppo di Rattata, di Zigzagoon e di qualche sporadico Raticate stava risalendo quello stretto sentiero, quasi in fila indiana, sicuramente in quel momento non stavano facendo una semplice passeggiata ed erano diretti proprio contro di loro.

Ash: -Laura…- I due ragazzi, circondati dai loro Pokémon, si davano le spalle l'un l'altra.

Ash: -Qualcosa mi dice che dovremo combattere contro questi Pokémon…- Pikachu si era completamente disinteressato in quel momento di Poliwhirl e dei piccoli Poliwag e stava scrutando sommessamente quel nugolo di Rattata, con il cuore in gola. Erano almeno una trentina, per non contare decine di Zigzagoon, tutti con uno sguardo battagliero. I ragazzi compresero, all'improvviso, di essere arrivati ad un punto morto, superare il lago senza combattere risultò impossibile. Era pur vero che Ash avrebbe potuto chiedere l'aiuto di Pelipper, ma il Pokémon pellicano non era forte né grande quanto il suo degno compare Pidgeot e al limite di massima avrebbe potuto trasportare in volo uno dei due allenatori. Erano circondati in quel preciso istante e per nessuna ragione al mondo sarebbe stato saggio dividersi in quel momento.

Laura: -Temo di sì, Ledyba e Poochyena possono occuparsi di Poliwhirl, mentre tu…- Ash annuì, non ci fu neppure necessità di proseguire la frase. Pikachu si mise a quattro zampe e, come Poochyena, inclinò il capo in avanti, irrigidendo il suo volto, mentre le sue tasche guanciali iniziarono a sfrigolare di elettricità, pronto a scagliare un attacco preventivo contro il gruppo di Pokémon che non sembrava volesse fermarsi. Anzi, più i Rattata si avvicinavano a Pikachu, più il loro passo accelerò, e non vi era più dubbio che volessero proprio attaccare il Pokémon di Ash.

 

Brock: -E così, Phil è riuscito a accudire Cleffa a Monteluna…- Il percorso intrapreso da Brock e Terry, insieme ai Pokémon di Alex, era leggermente in salita. Le foglie staccatesi dagli alberi di querce e larici e cadute a terra costituivano un soffice tappeto dove i passi felpati di Sylveon, che precedeva i ragazzi e gli altri Pokémon, si appoggiavano, senza fare il benché minimo rumore. Dietro gli allenatori, Machop si divertiva a scalciare le foglie multicolori, che variavano da un tenue giallo paglierino ad un giallo ocra, quasi arancione. Weedle saltò in terra dalla spalla di Machop e, grazie alle sue corte zampette, non gli fu difficile scivolare lungo le foglie e procedere a passo sostenuto (approfittò di alcuni momenti in cui i ragazzi si fermavano per cibarsi di qualche foglia in terra), mentre Pidgey zampettava e scrutava il terreno, alla ricerca di qualche succulento lombrico da becchettare.

Terry: -Esatto, era ferito, era stato attaccato da uno stormo di Zubat, non c'erano Clefairy nelle vicinanze e Phil ha deciso di curarlo e di portarlo via… Cleffa si è affezionato a lui e non è più voluto tornare indietro.- Brock sorrise, trovare un Cleffa nello stato primordiale era comunque un gran colpo di fortuna. Aveva visto, nel periodo in cui Cleffa era schierato in campo contro i Pokémon di Alex e Laura, un grande affiatamento tra il piccolo Pokémon Stella e il suo allenatore col pizzetto.

Mentre camminavano nel percorso in salita, Terry descrisse in breve la sua vita, le sue esperienze ed i Pokémon che aveva con sé. Oltre a Sylveon e Altaria, Terry possedeva un Meowth regalatogli dalla sua ex fidanzata, una certa Violet, e un Relicanth, che chiamava in causa molto di rado, perché molto aggressivo e detestava combattere quando non era nel suo ambiente naturale, ovvero l'acqua. Phil oltre a possedere Cleffa, aveva un Furrett, un Farfetch'd e un Nidorino.

Terry: -Presto dovremo partire per la regione di Johto… dovremo partecipare ad un seminario sulla manutenzione delle piante medicinali che servono per creare le cure alternative alle Pozioni.- Brock ne aveva già sentito parlare prima d'ora, ma non si era mai interessato veramente alle cure alternative. Aveva provato ad acquistare tempo addietro una certa quantità di Vitalerba, che a detta del venditore avrebbe dovuto servire come sostitutivo naturale del costoso Revitalizzante Max. Per funzionare funzionava… peccato che fosse amarissimo e rendeva il Pokémon curato nervoso e impossibilitato ad eseguire qualunque tipo di mossa, sia di attacco che di difesa, per un certo periodo di tempo.

Finalmente, dopo tanto camminare, Brock e Terry raggiunsero un vasto piazzale dove gli alberi si erano diradati, per fare spazio ad un'ampia radura erbosa. Il sole picchiava abbastanza forte in quel momento, ma una dolce ventata di maestrale solleticava l'erba di quel promontorio, che si gettava a strapiombo verso la macchia boschiva sottostante e si perdeva per parecchi chilometri di distanza. Brock osservò il panorama, contemplandolo lentamente e concentrandosi sui dettagli. A pochi chilometri di lontananza, si poteva osservare la città di Lavandonia dall'alto (erano a quasi 600 metri di altitudine da quella zona libera da arbusti e cespugli) e più distante si vedeva il profilo di un'altra città, che si perdeva nella foschia nebulosa dell'orizzonte, molto probabilmente Zafferanopoli. Sulla destra invece si profilava la Torre Pokémon, più vicina di quanto l'ex capopalestra di Plumbeopoli si aspettasse. Brock la squadrò sommariamente, era un edificio imponente e quasi inquietante: con i suoi 60 metri circa di altezza, e la Campana Chiara in bella vista che brillava ai raggi del sole in cima all'edificio, il cimitero dei Pokémon non sembrava neppure una costruzione voluta dall'uomo, ma come se fosse sempre stata presente fin da quando erano state inventate le Poké Ball.

Terry: -Mi chiedo se Phil stia bene… lo avranno già trovato?- La domanda del ragazzo con le folte basette rimase sospesa nel vuoto. Il piccolo Bulbasaur, ringalluzzito di vedere così tanto verde, saltò dallo zainetto di Brock fino a terra e si mise a giocherellare con i fili d'erba più lunghi, accompagnato nei suoi giochi dai Pokémon di Alex. Brock incrociò le braccia al petto e scosse la testa, molto perplesso. Non si aspettò che la Torre Pokémon fosse così difficile da raggiungere, sulla mappa il percorso era abbastanza semplice e lineare da seguire… ora si trovavano su una zona d'erba che sembrava non avesse una via d'uscita.

Brock: -Mi chiedo invece quanto tempo dovremo ancora camminare…- Era già passata più di mezz'ora da quando il gruppo si era separato al bivio del bosco. Il primogenito dei Harrison non si era reso conto di quanto lui e Terry avessero camminato in salita, tra le chiacchiere e il desiderio di raggiungere una qualunque destinazione; la cartina geografica era purtroppo inservibile, quei sentieri non erano minimamente presi in considerazione e quella sorta di pianerottolo non sembrava condurre da nessuna parte. Il ragazzo con le folte basette notò il crescente disappunto di Brock e si mise a ridacchiare, scuotendo leggermente la testa.

Terry: -Dì la verità… ci siamo persi vero?- Brock non seppe rispondere con precisione alla domanda del suo compagno. Continuò ad osservare la Torre Pokémon, così vicina e così lontana nello stesso tempo. Guardò nuovamente in basso rispetto alla posizione in cui si trovavano in quel momento, scendere era praticamente impossibile, non c'erano appigli naturali, lo strapiombo era fin troppo elevato e sotto si sviluppava una pineta che si collegava naturalmente con il TunnelRoccioso, leggermente dislocata alla loro sinistra, in lontananza.

Brock: -Non abbiamo altra scelta. - Si voltò improvvisamente verso Terry, il quale stava guardandosi attorno preoccupato – dobbiamo tornare indietro. Spero che Ash e Laura abbiano avuto più fortuna di noi e… ehi Terry, mi senti?- Il ragazzo si stava guardando attorno, mezzo spaurito. Brock osservò il suo compagno di viaggio molto perplesso, e improvvisamente si accorse che i Pokémon di Alex (Machop, Weedle e Pidgey) si stavano sbracciando e cercavano in tutti i modi di catturare l'attenzione dei due allenatori.

Terry: -Brock, hai visto Sylveon? Non lo vedo da nessuna parte!- Brock aprì la bocca, stupefatto. Si guardò attorno pure lui, e con suo sommo terrore, comprese che all'appello mancava anche il piccolo Bulbasaur. Mentre Brock e Terry erano distratti a contemplare il panorama, in qualche maniera i due Pokémon si erano allontanati dal gruppo. Ora avevano un grosso problema da risolvere, oltre a Phil e Cleffa ora avevano smarrito altri due Pokémon in un colpo solo.

Brock: -Non c'è neppure Bulbasaur! Dove possono essere andati? Fino a pochi minuti fa erano qui assieme a noi!- Nel frattempo, i tre Pokémon rimasti, pur di catturare l'attenzione dei due ragazzi, si misero a strillare e Pidgey, addirittura incollerito per non essere riuscito ad avere l'attenzione su di sé, scagliò un attacco Turbosabbia contro la loro faccia, voltando loro le spalle e raspando il terreno con le sue corte zampette. Finalmente, conquistata l'attenzione di Brock e Terry, i Pokémon di Alex indicarono con una certa foga la direzione opposta rispetto al panorama, una parete fatta di pietre che si innalzava fino a congiungersi ad una macchia boschiva posteriore, che proseguiva la sua estensione fino a perdersi chissà dove. Un poco più nascosto sulla sinistra, dietro ad arbusti e cespugli colmi di bacche selvatiche, si celava una piccola entrata non notata precedentemente da Brock e Terry.

Terry: -Che cosa significa questo?- Brock osservò attentamente Machop, Pidgey e Weedle indicare con decisione la direzione della spelonca nascosta. Sembrava proprio l'ingresso di una grotta… che Bulbasaur e Sylveon abbiano preso quella direzione? Magari spinti da un istinto innato, hanno deciso di proseguire, magari pensando che quella fosse una scorciatoia che avrebbe potuto anche condurre alla base della tanto famigerata Torre Pokémon. Ma perché avventurarsi da soli? Forse non era come la pensavano così ottimisticamente, Bulbasaur si era volontariamente allontanato, magari distratto da qualcosa, e Sylveon se n'era accorto, ed aveva iniziato ad inseguirlo.

Brock: -Non perdiamo altro tempo. Bulbasaur e Sylveon si sono allontanati e li dobbiamo ritrovare!- Machop, Weedle e Pidgey non si fecero ripetere due volte gli ordini di Brock, trotterellarono davanti ai due allenatori e si indirizzarono assieme verso la grotta naturale.

L'ingresso della grotta era molto ben nascosta da arbusti e fogliame sparso qua e là. Inoltre, l'entrata era quasi del tutto ostruita da una certa quantità di massi che erano ammassati alla bell'e meglio proprio sotto l'arcata, tranne che per una piccola zona vuota in alto a sinistra, proprio a ridosso della volta d'ingresso. Terry, osservando quella zona libera, si grattò la testa perplesso.

Terry: -Vorresti farmi credere che Bulbasaur e Sylveon si siano intrufolati in quel minuscolo spazio?! Così in alto poi!- Brock osservò l'altezza di quella feritoia, dal terreno era due metri e mezzo circa. Con le pietre disposte in modo irregolare, per i due Pokémon scalare quella salita masso dopo masso non avrebbe dovuto essere così difficoltoso. L'ex capopalestra di Plumbeopoli, con una mano, provò a spingere i massi per crearsi un varco ma quelli restarono al loro posto, quasi come fossero incollati e sedimentati da secoli.

Terry: -Proviamo a chiamarli…- Terry chiamò a gran voce i nomi dei due Pokémon, cercando di sollevarsi sulle punte e dirigendo la voce verso quella piccola apertura con le mani, circondano la bocca con le mani, stendendo i palmi, ma non ottenne risposta. Il Machop di Alex iniziò a prendere a pugni i massi, Pidgey lanciò un attacco Raffica contro la parete ostruita e Weedle utilizzò il suo Millebave contro le pietre per aiutare i suoi compagni di squadra, ma invano. Brock decise di aiutare i tre Pokémon mettendo in campo il suo Geodude, mentre Terry mise in campo il suo Altaria.

Con le forze combinate di Geodude (Spaccaroccia), Altaria (Riduttore), Machop (Colpokarate), Pidgey (Raffica) e Weedle (Millebave) finalmente i ragazzi poterono crearsi un varco abbastanza sufficiente per potere entrare, piegandosi quasi in due accucciandosi e proseguire la loro ricerca. Appena furono dentro però l'oscurità era pressoché totale e il silenzio era ancora più assordante, non c'era quasi nessun suono senonché il rumore delle scarpe degli allenatori nel terriccio acquitrinoso e il raspare delle zampe dei Pokémon nel terreno.

Terry: -Ma cosa diavolo…!!- Brock lo zittì, mettendogli una mano sulla bocca. C'era qualcosa che non tornava, quello strano silenzio lo inquietava parecchio. Percepiva la presenza di qualcosa di molto strano in quella grotta. L'ex capopalestra di Plumbeopoli tese l'orecchio verso l'oscurità, tentando di ascoltare ogni piccolo rumore che proveniva dall'interno. Terry ed i Pokémon restarono in attesa, in perfetto silenzio.

Brock: -Sento il mugolare di Bulbasaur, e anche forse Sylveon… ma non riesco a capire dove si trovino…- La voce del primogenito degli Harrison era quasi un sussurro. C'era qualcosa di bizzarro, percepiva perfettamente la voce di Bulbasaur, seppure in lontananza, ma sembrava che fosse… quasi contento. Sylveon ogni tanto lanciava un guizzo con la sua voce, ma Brock non era in grado di capire cosa stesse succedendo.

Terry: -Cosa possiamo fare?- Brock scosse la testa, molto perplesso. La grotta proseguiva verso il basso e si perdeva nella più totale assenza di luce. L'allevatore di Pokémon scrutò nell'oscurità, gli sembrava che la grotta procedeva leggermente verso sinistra, ma non ne era sicuro.

Brock: -Non so… non riesco a vedere nulla…- All'improvviso, una delle Poké Ball di Brock si aprì dalla sua cintura, liberando uno dei Pokémon di sua proprietà. Con un bagliore, Mareep fece la sua comparsa, belando a gran voce, come fosse impazzito. Machop e Geodude prontamente si scagliarono sul Pokémon pecora mettendogli le mani davanti al muso, impedendogli di gridare come un forsennato. Terry squadrò il Pokémon elettrico di Brock quasi spaventato, così come fece Altaria.

Terry: -Brock! Cosa diavolo succede al tuo Pokémon?- Probabilmente Mareep voleva rendersi utile in quel momento, e comprendendo al volo la situazione in cui si erano cacciati, l'esuberante pecora si sentì chiamata in causa senza essere menzionata dal suo allenatore. In quattro e quattr'otto venne deciso che Mareep (scalciava con così tanta foga che dovettero intervenire anche Pidgey, Weedle e Altaria per calmare il Pokémon elettrico) avrebbe svolto il ruolo di apri-fila, illuminando parzialmente la grotta con il suo attacco Flash (utilizzando la sua coda, così come aveva fatto in passato percorrendo il TunnelRoccioso), seguito fedelmente dai Pokémon liberati e poi dai due ragazzi. Brock era molto inquieto e sentiva nel suo intimo che percorrere quella grotta non avrebbe portato a nulla di buono. Terry non fu da meno e l'odore di quel luogo iniziava a farsi molto pesante, l'umidità galoppava e il terreno sembrava farsi sempre più fangoso.

Terry: -Siamo sicuri di quello che stiamo facendo? - Terry si guardò attorno, mezzo spaventato da quell'asfissiante oscurità che circondava il gruppetto – inizio a non sentirmi bene…- La pecora che guidava i ragazzi voltò l'angolo con decisione e, appena osservò la prosecuzione della grotta, iniziò a saltellare sul posto ed a belare con veemenza. Machop e Geodude si avventarono nuovamente su Mareep e gli chiusero la bocca con le loro mani, cercando di impedirgli di emettere ancora dei suoni. La pecora elettrica, noncurante di quella interdizione forzata, continuava a dimenarsi tra i due Pokémon ed a belare a bocca chiusa. Brock e Terry compresero quasi immediatamente che Mareep aveva trovato qualcosa, si sporsero un po' più avanti per osservare ciò che c'era oltre la curva e videro un grande spazio, illuminato qua e là da alcuni fori scavati nella roccia, da dove filtravano i raggi del sole obliquamente. Per terra, più o meno al centro della stanza, i due allenatori ritrovarono finalmente Bulbasaur e Sylveon, incolumi e visibilmente allegri, giocherellare con altri due Pokémon, piccoli di statura, quasi uguali tra di loro, dal pelo marroncino e dall'aria gioconda e bonaria. Terry non si preoccupò di capire con quali Pokémon stessero giocando i due fuggiaschi, all'allenatore interessò unicamente di avere ritrovato il suo Pokémon folletto. Con un largo sorriso, il ragazzo dalle folte basette allargò le braccia e si incamminò verso il centro della stanza, ridendo a bocca aperta, felicissimo per avere rintracciato il suo beneamato Pokémon.

Terry: -Sylveon! Finalmente, ti abbiamo cercato dappertutto…- Terry però non poté fare più di un passo, perché venne agguantato da un braccio da Brock, il quale apparve al suo compagno scuro in volto, quasi spaventato.

Brock: -Aspetta Terry. Hai visto chi sono i due Pokémon assieme ai nostri?- Terry non aveva fatto caso agli altri abitanti di quella grotta. L'allenatore squadrò meglio i due compagni di gioco di Sylveon e Bulbasaur, e si rese conto ben presto di essere finito nella tana degli orsi. Deglutì un grosso rospo e iniziò a tremare dalla paura, sgranando gli occhi terrorizzato.

Terry: -Quelli… quelli sono…- Brock annuì, per niente rassicurato di avere ritrovato i due Pokémon nel mezzo della grotta abitata da due Teddiursa. I due orsacchiotti non sembravano avere intenzioni bellicose contro il cucciolo di Pokémon erba e il Pokémon folletto, sembrava che se la stessero spassando, giocando e rincorrendosi tra di loro. All'ex capopalestra di Plumbeopoli non interessava questo.

Brock: -Se ci sono dei Teddiursa, questo significa che siamo finiti nella loro tana.- Come era logico figurarsi, Terry cadde addirittura seduto dallo spavento. Se c'erano dei Teddiursa, quello poteva significare una cosa sola.

Terry: -E… se siamo finiti nella loro tana…- Brock strinse i denti, Bulbasaur e Sylveon avevano corso un serio rischio di essere catturati dai padroni di quella tana. Fortunatamente erano intervenuti prima loro dei genitori dei due Teddiursa. Forse erano ancora in tempo per richiamare i due Pokémon e tornare indietro, senza farsi notare da nessuno. Pazienza se i Teddiursa avessero avvisato i loro genitori dell'intrusione di persone sconosciute all'interno della grotta, dal momento in cui fossero stati avvisati, Brock e Terry sarebbero già stati lontani coi loro Pokémon.

Brock: -Non perdiamoci in chiacchiere, forse siamo ancora in tempo. Richiamiamo i nostri Pokémon e torniamo indietro. Prima che sia troppo tardi…- Non poté finire la frase, perché dietro di lui un cupo gorgoglio fece accapponare la pelle al ragazzo con le folte basette. Voltò la testa di scatto e ciò che vide lo mise in uno stato di puro terrore. Indicò il punto dietro l'ex capopalestra di Plumbeopoli e tentò di indietreggiare, velocemente, trascinandosi a terra.

Terry: -Brock… temo che sia già troppo tardi!- L'allevatore di Pokémon si voltò e quello che vide lo impressionò a tal punto da farlo indietreggiare immediatamente. Artigli acuminati, denti aguzzi e seghettati, occhi infuocati, pelo arruffato e dimensioni extralarge intimorirono sia Brock che i Pokémon presenti, i genitori dei due Teddiursa avevano fatto la loro comparsa, cogliendo con le mani nel sacco i due allenatori all'interno della loro tana.

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Capitolo 39
*** 38 - Il mistero della Torre Pokémon (terza parte) ***


Ash e Laura, circondati da decine di Rattata, Zigzagoon e Raticate da una parte e da un furibondo Poliwhirl dall'altra, si strinsero fino a restare quasi spalla contro spalla. Pikachu, di fronte al suo allenatore teneva a bada i piccoli roditori viola respingendo le loro offese con Codacciaio: se uno dei ratti si avvicinava troppo, il Pokémon elettrico lo rispediva indietro senza troppe storie. Ash era cosciente che i Pokémon avversari fossero in soprannumero rispetto a loro e di certo non sarebbe bastato qualche sporadico Codacciaio a fermare quegli inferociti roditori.

Laura nel frattempo aveva già attaccato battaglia contro il Poliwhirl che poco prima aveva colpito di proposito il Ledyba della ragazza dagli occhi verdi. Con le forze combinate del Pokémon coleottero e di Poochyena (che volle a tutti i costi partecipare alla battaglia), la figlia dei Ferguson teneva impegnato il Pokémon girino, anche se pareva essere più forte del previsto. Ledyba, librandosi in volo, evitava gli attacchi massicci dei piccoli e pestiferi Poliwag (a turno scagliavano degli attacchi Pistolacqua contro di lui) e disperdeva i Pokémon girini un po' ovunque, lanciando a terra diversi attacchi Comete come fossero dei piccoli missili, un piccolo diversivo per isolare Poliwhirl e per permettere a Poochyena di attaccare il suo avversario senza contrattempi.

Il Pokémon buio si lanciò in un rapido attacco Azione, tentando di prendere alla sprovvista Poliwhirl, ma il girino non si lasciò trovare impreparato. Schivò con una rotazione d'anca l'offesa di Poochyena e contrattaccò nuovamente con un attacco Bolla. Laura ordinò al suo Pokémon di schivare l’attacco di natura acqua e quest'ultimo rotolò su un fianco, eludendo per un soffio l’offesa. Poliwhirl non diede il tempo materiale al suo avversario di voltarsi che, di gran carriera, si avventò su di lui, colpendolo con una gran manata con il dorso della zampa anteriore destra. Poochyena cadde di lato, quasi vicino alla riva del lago, ma si rialzò quasi subito. Sincerandosi che il suo Pokémon buio potesse continuare a combattere, Laura ordinò a Poochyena di eseguire un attacco Morso contro Poliwhirl, il quale fu nuovamente pronto a scagliare con i palmi delle sue zampe anteriori un nuovo attacco Bolla, mentre i piccoli Poliwag continuavano a tenere impegnato Ledyba con il tiro al bersaglio con Pistolacqua.

Nel frattempo, Ash aveva i suoi grattacapi con i velocissimi Zigzagoon, che stavano dando parecchio filo da torcere al suo Pikachu. Il topo elettrico, a causa dei continui avanzamenti dei Rattata, era indietreggiato di qualche passo e Codacciaio non era più sufficiente per tenere a bada quei roditori impazziti. Il Maestro di Pokémon era dovuto ricorrere ad uno degli attacchi elettrici di Pikachu per poter fermare, in modo più drastico, l’avanzata dei Pokémon di tipo normale. I Zigzagoon lanciavano ogni tanto, con un colpo di zampa, delle spruzzate di fango dirette verso Pikachu il quale si limitò a schivarle saltando e schivando, accucciandosi oppure buttandosi su un lato.

Ash: -Pikachu, usa Fulmine contro i Rattata!- Un altro attacco diretto contro i Rattata, andato nuovamente a segno, fece saltare per aria la prima linea dei Pokémon roditori, costringendo gli altri Rattata, Zigzagoon e Raticate a indietreggiare a loro volta. Qualche Rattata finiva, volando, nei cespugli, altri dietro il piccolo esercito che continuava inesorabilmente ad avanzare e altri ancora direttamente nel lago, salvo poi ritornare immediatamente a riva e continuare la loro marcia verso il Pokémon elettrico. Laura digrignò i denti e ordinò a Poochyena di usare un attacco Turbosabbia verso Poliwhirl. Il Pokémon lupo obbedì e, voltando le spalle al girino, raspò per terra e sollevò una densa coltre di polvere che impedì a Poliwhirl di dirigere correttamente l’attacco Bolla contro il velocissimo Poochyena. Il Pokémon di Laura approfittò del momento di distrazione di Poliwhirl e dei Poliwag (che a causa di Turbosabbia non riuscirono più a scorgere Ledyba, che restava in alto rispetto alla fuliggine creata poco prima da Poochyena) per utilizzare un Attacco Rapido che colpì in pieno Poliwhirl. Il Pokémon acqua rotolò per diversi metri lontano da Poochyena e cadde di muso per terra, salvo poi rialzarsi lentamente, provato dal forte attacco fisico del suo avversario. I Poliwag, nel frattempo, riacquistarono la visibilità necessaria per individuare nuovamente Ledyba in cielo (il suo vorticare sopra le teste dei girini stava iniziando a calare di velocità) ed indirizzarono il loro attacco Pistolacqua contro il Pokémon coleottero, il quale non aspettandosi di essere immediatamente intercettato, incassò il colpo e precipitò a terra, mezzo malconcio.

Laura: -Ash, sono troppi! Non riusciremo a resistere a lungo! Chiama uno dei tuoi Pokémon, presto!- Il Maestro dei Pokémon voleva evitare di utilizzare la sua squadra, paventandone un utilizzo maggiore alla Torre Pokémon. In cuor suo, ebbe il forte dubbio che, una volta raggiunto il Cimitero dei Pokémon, ci sarebbe stato qualcuno o qualcosa ad attenderli. Scosse la testa velocemente e, aggrottando le sopracciglia, diede un ulteriore ordine a Pikachu, il quale spedì, con un nuovo Codacciaio, un altro Rattata distante da lui, contro i cespugli.

Ash: -Pikachu, apriti un varco con Locomovolt!- Il Pokémon elettrico, raccolte tutte le energie necessarie per utilizzare quella tecnica di sfondamento, iniziò a correre, dapprima lentamente, poi sempre più velocemente. I Rattata, i Raticate ed i Zigzagoon si bloccarono di colpo, non aspettandosi di vedersi venire incontro, a così folle velocità, il loro avversario. Pikachu guadagnò sempre più celerità e attorno a lui si formò una sinistra luce giallastra, quasi accecante ad osservarla. Più correva, più questo alone prendeva consistenza, causando scariche elettriche che si diramavano e si estendevano in ogni dove. L’allenatore col cappello non avrebbe voluto utilizzare quella tecnica, sia per la presenza di numerosi Pokémon nei dintorni, sia per la pericolosa vicinanza dello specchio d’acqua del lago. Avrebbe potuto utilizzare uno dei suoi Pokémon, ma non si erano sufficientemente riscaldati per entrare in campo. Pelipper avrebbe potuto dare una mano, ma era troppo lento per potere aiutare Pikachu in quella folle corsa contro i Rattata. Magcargo avrebbe certamente rifiutato di scendere in campo in presenza di zone d’acqua, mentre Machamp non avrebbe fatto molto, con la sua grossa stazza, in quella stretta lingua di terra. Natu era troppo piccolo per potere affrontare tutti quei Pokémon in una volta sola. Ash era certamente un Maestro, ma i suoi Pokémon restavano pur sempre Pokémon da preparare a dovere in un combattimento.

Laura: -Per l’amore del cielo, Ash, trova una soluzione!- Ledyba era stato nuovamente attaccato dal Pistolacqua dei pestiferi Poliwag, ed il Pokémon coleottero aveva evitato per un soffio di essere nuovamente colpito. Laura sapeva che Ledyba era quasi allo stremo delle forze, mentre Poochyena stava iniziando a cedere il passo a Poliwhirl, che nel frattempo aveva agguantato il suo avversario per una spalla e lo stava schiaffeggiando con una sonora Doppiasberla. Dratini era scesa in campo per dare manforte ai suoi compagni di squadra, ma era stata fermata da un grosso Raticate, che per qualche strana ragione era riuscito ad eludere il Locomovolt di Pikachu ed era penetrato fin nel luogo di combattimento dei Pokémon acqua. Con un colpo secco, per mezzo di Iperzanna, Raticate ebbe la meglio su Dratini, la quale non ebbe neppure il tempo di sferrare mezzo attacco. La situazione stava inesorabilmente scivolando di mano e Laura voltò lo sguardo terrorizzata verso il suo maestro, il quale non si curò di constatare il rapido peggioramento dell’evolversi della battaglia in sfavore della sua allieva.

Laura: -ASH! Ti prego fai qualcosa!!- Locomovolt ebbe il sopravvento, fortunatamente, contro il piccolo esercito di Rattata e Zigzagoon e, con l’attrito e il cozzare della testa di Pikachu contro la prima linea dei roditori, gli avversari del topo elettrico saltarono letteralmente in aria, mentre Pikachu con la forza e la velocità del Locomovolt penetrò sempre più in profondità nella retroguardia avversaria. Come birilli colpiti da una palla da bowling, i Pokémon di natura normale schizzarono via dal loro posto, creando un varco abbastanza largo da spezzare il piccolo esercito in due. Ash riuscì ad ottenere in poco tempo quello che desiderava: una via di fuga da quella posizione e proseguire il più velocemente possibile. La Torre Pokémon non era distante, se la fortuna fosse stata dalla loro parte, avrebbero presto raggiunto Cleffa e Phil e sarebbero tornati alla città di Lavandonia entro il primo pomeriggio. Il Maestro dei Pokémon, voltando lo sguardo, richiamò l’attenzione della sua allieva alzando la voce.

Ash: -Finché siamo in tempo, richiama i tuoi Pokémon e andiamo avanti!- Laura non se lo fece ripetere due volte. Con le due sfere Poké richiamò Poochyena (che stava per avere la peggio contro Poliwhirl, il quale stava continuando a malmenare il Pokémon buio) e Ledyba (ormai impossibilitato a combattere), mentre con un calcio allontanò il grosso Raticate e raccolse da terra la sua Dratini, che sembrava essere provata da quell’Iperzanna subito poco prima.

I ragazzi si misero in fretta e furia le calze e le scarpe, infischiandosene dei piedi sporchi di fango. Con la via libera dai Rattata e dai Zigzagoon, Ash e Laura, quest’ultima con Dratini tra le braccia, corsero in avanti, inseguiti da un inferocito Poliwhirl e dal piccolo stormo di Poliwag, ben decisi a non volere lasciar andare i due allenatori. I due ragazzi raggiunsero Pikachu, il quale era rimasto in attesa dell’arrivo dei suoi amici, e quando fu cosciente di averli finalmente alle spalle, scagliò un fragoroso Fulmine contro Poliwhirl ed i Poliwag, i quali erano saltati in avanti tutti assieme ed erano quasi arrivati ad agguantare la sua gola. L’attacco risultò così potente che colpì tutti quanti, compresi i pochi Rattata che si erano rialzati e che avevano la mezza idea di voler riprovare ad attaccare il Pokémon elettrico.

Ash, Laura e Pikachu non si curarono di controllare se i Pokémon che quest’ultimo aveva colpito si fossero rialzati e avessero ricominciato ad inseguirli, il loro obiettivo era quello di lasciarsi il lago alle spalle il prima possibile e di addentrarsi nuovamente nel fitto del bosco, in direzione della Torre Pokémon.

 

Ash: -Una radura, ci siamo!- Dopo tanto correre e procedere spediti come dei Linoone terrorizzati, Ash finalmente incontrò una radura che si estendeva a vista d’occhio, gli alberi si diradavano per perdersi in dolci colline erbose e i sentieri si diramavano per chissà dove, probabilmente negli entroterra campagnoli e nelle cascine della provincia di Lavandonia. Laura, sfiancata per il gran correre e per essersi portata di peso la sua Dratini (negli ultimi tempi era cresciuta un po’ sia di peso che di lunghezza), appoggiò sull’erba fresca il suo Pokémon e si inchinò in avanti, con le mani sulle cosce. Ansimò e deglutì, ancora spaventata dalla lotta Pokémon di prima alla riva del lago.

Laura: -Spero… che non ci abbiano… seguito!- Pikachu, che sembrava in gran forma, si guardò attorno guardingo, puntando gli occhi nella zona boschiva appena lasciata. Non sembrava che stesse accadendo nulla di particolare, il topo elettrico annusò l’aria ma non percepì l’odore salmastro di Poliwhirl e dei piccoli Poliwag che tanto avevano dato preoccupazioni alla figlia dei Ferguson. Ash recuperò tre pozioni dalla tasca laterale destra del suo zainetto rosso e chiese alla sua allieva di fare uscire fuori i suoi Pokémon dalle sfere Poké. Poochyena, Dratini e Ledyba vennero chiamati in causa e il Maestro dei Pokémon spruzzò su di loro la soluzione verdastra, a turno, ed in breve tempo i tre Pokémon di Laura ritrovarono un po’ di vigore.

Ash: -Avrei preferito dar loro delle bacche, sicuramente più genuine e naturali, ma avevo solo queste.- Una volta che ebbe terminato di curare i Pokémon di Laura, Ash ripose i tre contenitori semivuoti nuovamente nella tasca del suo zaino e si guardò attorno, perplesso.

Davanti a sé il sentiero proseguiva, lineare e un cartello piantato nel terreno a lato del percorso di terra battuta indicava la giusta direzione da prendere per la Torre Pokémon. L’edificio ormai era a pochi passi da loro, compariva alto e troneggiante in direzione nord-est, segno che la strada da loro intrapresa era quella giusta, seppure irta di pericoli e contrattempi. Ciò non fece per nulla rallegrare la figlia dei Ferguson, la quale avrebbe preferito mille volte perdere tempo attorno al lago o ritornare indietro fino al casello del treno. Laura osservò con la coda dell’occhio l’edificio biancastro del Cimitero dei Pokémon, e sollevando lo sguardo poté scrutare, quasi al limitare del cielo azzurro, parte della Campana Chiara perfettamente immobile. A quell’ora non c’era nessuno che transitava da quelle parti, quel silenzio e quella solitudine misero una profonda angoscia nell’animo della ragazza dagli occhi verdi.

Dratini, Poochyena e Ledyba si sedettero a terra, in attesa di ricevere ordini dalla sua allenatrice, la quale si guardava attorno, mezza spaurita. Dove erano andati a finire Brock e Terry? Erano già arrivati prima di loro? Dove andava a finire quella stradina in salita? Si erano persi? E dov’era Alex in quel momento? Si era perso? Stava cercando di raggiungerli? Era rimasto coinvolto nello scontro con i Rattata ed i Poliwag? Troppe domande all’unisono fecero venire il mal di testa e le vertigini alla ragazzina, la quale voleva fermarsi lì e sedersi sull’erba, in attesa che arrivassero gli altri. Ash non era di quell’avviso e richiamò Pikachu chiamandolo per nome, una volta appurato che nessun Pokémon si fosse preso la briga di seguirli in quella zona aperta. Il Pokémon elettrico saltò sulla spalla del suo allenatore il quale, aggiustata la visiera del suo cappello, si voltò verso la sua allieva, sorridendo.

Ash: -Il più è fatto. Ora dobbiamo proseguire per la Torre Pokémon!- Poochyena annusò il terreno, circospetto. Senza esitazioni, con il muso puntò verso la stradina di terra battuta, dove il cartello indicava la strada da intraprendere verso la Torre Pokémon. Laura percepì un brivido percorrerle la schiena.

Laura: -Ash, dobbiamo aspettare gli altri!- Ash si batté la fronte con una mano, ricordandosi in quel momento dei suoi amici che avevano intrapreso un’altra strada qualche tempo prima, al bivio nel bosco. Afferrò una Poké Ball dalla sua cintura e, con un tocco, la ingrandì, evocando uno dei Pokémon della sua squadra.

Ash: -Uh, hai ragione, me ne ero quasi scordato. Pelipper, esci!- Il Pokémon pellicano fece la sua comparsa e, sgranchite per qualche secondo le ali e agitato il mastodontico becco per risvegliarsi dal torpore in cui era caduto, venne istruito dal suo allenatore di alzarsi in volo ed esplorare i dintorni, alla ricerca dei loro amici. Se i suoi calcoli erano corretti, Brock e Terry dovrebbero trovarsi nei dintorni di quella radura.

Pelipper scosse le ali biancastre, agitò ancora una volta la testa, iniziò a trotterellare e, con una zampa dietro l’altra, approfittò dello spazio della radura per prendere un po’ di rincorsa prima di spiccare il volo e planare, in direzione della stradina di sinistra, che si inerpicava verso una pineta lussureggiante, in salita. Pelipper però non fece molta strada, perché una volta che si ritrovò ad un’altezza di 20 metri, vide in lontananza un Pokémon uccello dalle grandi dimensioni che, battendo le ali forsennatamente, si dirigeva verso la sua direzione. Dal basso, Ash, Laura ed i loro Pokémon stavano con il naso all’insù, tenendo gli sguardi incollati su Pelipper, in attesa di maggiori informazioni.

Laura: -Ash, ma perché Pelipper è rimasto lì a volare senza procedere? Che cosa ha visto?- Il ragazzo col cappello non riuscì a trovare una risposta al quesito della sua allieva. Sembrava quasi che il suo Pelipper avesse visto qualcosa di particolare… Poi la risposta giunse volando, proprio in direzione del Pokémon pellicano. Tutti rimasero sbalorditi, soprattutto Pelipper, nel vedersi volare incontro nientemeno che Pidgeot, il secondo Pokémon volante di Ash. L’uccello dalla folta criniera bionda sembrava sconvolto ed aveva le piume completamente arruffate, e stava gracchiando qualcosa di concitato ad uno stupefatto Pelipper, il quale più lo stava ad ascoltare (i due Pokémon erano rimasti in aria, a gracchiare tra di loro e rimasti in quella posizione, in sospeso), più lanciava grida sconnesse di spavento. Ash sbarrò gli occhi, confuso e spaventato dall’entrata in scena improvvisa del suo Pidgeot. Si ricordò benissimo in quel momento di avere prestato a Brock il suo Pokémon volante, da utilizzare soltanto se lui e Terry avessero trovato qualcosa sulla strada verso la Torre Pokémon. Eppure Poochyena poco prima era andato a colpo sicuro, indicando col muso la strada che portava dritta al Cimitero dei Pokémon… Laura, ormai completamente terrorizzata da quello che stava accadendo in quell’istante, afferrò per la manica della giacca il suo maestro ed iniziò a gridare come un’ossessa, guardandolo dritto negli occhi. Ash e Pikachu non staccarono per un secondo gli occhi di dosso ai due Pokémon volanti, che ancora stavano confabulando tra di loro.

Laura: -Ash, cosa sta succedendo? Ti prego, rispondimi! Non lasciarmi in sospeso, dimmi che cosa sta accadendo!- E anche questa volta la risposta non tardò ad arrivare. Un rauco grido proveniente dalla pineta congelò tutti i presenti sul posto, e il grido intimorì più tra tutti Pidgeot, il quale addirittura perse dallo spavento la coordinazione del suo battere d’ali, ed a momenti non cadeva a terra in picchiata. Gli sguardi di tutto il gruppo si focalizzarono verso la pineta sulla loro sinistra, quelle grida disumane e altri rumori ben poco raccomandabili sembrò che si avvicinassero sempre di più verso la radura.

Ash: -Ma cosa sta succedendo…?- Laura, ormai in preda al più forte dei terrori mai provati in vita sua, richiamò immediatamente i suoi Pokémon nelle loro sfere Poké, eccezion fatta per Dratini, la quale si raggomitolò impaurita attorno al collo della sua allenatrice. Pelipper e Pidgeot, in alto, iniziarono a farneticare grida impossibili e volarono in tondo, in preda ad forte sbigottimento. Il maestro dei Pokémon osservò i suoi Pokémon in preda al terrore, poi voltò lo sguardo verso la sua allieva, che per la paura si era inginocchiata a terra, nascondendosi il volto tra le mani, gridando disperata. Il ragazzo col cappello non riuscì a comprendere cosa stesse accadendo, la sola cosa che fu in grado di intendere era che quelle grida, che assomigliavano più a degli ululati, erano sempre più vicine. Il maestro di Pokémon poté percepire con le orecchie alcuni rami che si spezzavano e qualcosa che si stava precipitosamente avvicinando verso la radura. Pikachu aggrottò la fronte e, carico di elettricità che scoppiettava dalle sue tasche guanciali, era pronto a menare le mani ancora una volta.

Ash: -Aspetta ancora qualche secondo, Pikachu. Appena qualcuno arriverà alla radura, lo accoglieremo come meglio merita.- Quel qualcuno – o meglio, quel qualcosa – sbucò improvvisamente dalla pineta, senza dare il tempo all’allenatore di dare alcun tipo di ordine al suo Pokémon elettrico. Uno… due… tre… quattro… cinque, sei, sette, otto Pokémon saltarono fuori di colpo dagli alberi sempreverdi, correndo come dei disperati. Ash li riconobbe al volo, in ordine di apparizione: Mareep, Sylveon, Pidgey, Machop e Weedle, Altaria e Geodude (che portava sopra di sé, con un braccio, un Bulbasaur terrorizzato), seguiti a una decina di metri da due spaventatissimi Brock e Terry. Ash sgranò gli occhi, non aspettandosi di vedersi piombare i suoi amici all’improvviso nella radura. Le roche grida di rabbia erano sempre più vicine e alcuni pini vennero divelti e completamente sradicati, cadendo a terra e facendo un gran rumore. I due ragazzi raggiunsero di corsa il gruppetto che era rimasto in centro alla radura e si riunirono.

Brock: -Ash…!- Il maestro di Pokémon non aveva mai visto il suo amico di sempre così spaventato. Le urla disumane continuavano a farsi sempre più vicine ed i due Pokémon volanti tornarono a terra, planando dolcemente sul terreno erboso. Ash volle trattenere Brock e Terry, ma sembrava che volessero ancora scappare via da quel posto. Laura gemeva e non si schiodava dalla sua posizione.

Ash: -Brock, che cosa sta succedendo…?- Altri alberi divelti, altre grida e altro rumore assordante dalla pineta. Senza orma di dubbio quelle grida erano prodotte da alcuni Pokémon. Terry ansimò, quasi piegato in due dalla fatica della corsa di poco prima, e con poche parole disse che dovevano andarsene da quel luogo.

Terry: -Abbiamo… abbiamo degli Ursaring alle calcagna…- L’allenatore col cappello addirittura inorridì. Come era possibile che degli Ursaring attaccassero di proposito delle persone in quel periodo della stagione? Non avrebbero dovuto prepararsi per il letargo, in vista della stagione invernale? Brock scosse la testa ed ordinò a Terry di prendere Laura e tutti i Pokémon presenti (eccezion fatta per Pikachu ed i due Pokémon volanti) e di proseguire senza fermarsi verso la Torre Pokémon. Laura, percepita la forte presa di Terry alla sua mano, volle divincolarsi e protestò con veemenza nei confronti del ragazzo dalle folte basette. Non voleva lasciare soli Ash e Brock, i quali avevano deciso di affrontare gli iracondi Ursaring e rallentare la loro avanzata.

Laura: -Non voglio andare alla Torre Pokémon! Lasciami, lasciami ho detto!!- A nulla valsero le grida e le proteste della figlia dei Ferguson. Strattonandola e obbligandola a seguirla, la ragazza venne fatta rialzare e trascinata via dalla radura. Terry con tutti i Pokémon che erano scampati per miracolo alla grotta degli Ursaring, seguiti da Dratini, la quale era caduta a terra a causa dell’improvviso spostamento della sua allenatrice, forzarono Laura a proseguire il cammino verso il Cimitero dei Pokémon. Mentre udiva gridare e singhiozzare la poverina che veniva costretta ad abbandonare i suoi amici e la radura, Ash respirò a fondo, rimanendo in attesa che gli Ursaring giungessero allo spiazzo erboso, dando le spalle al percorso appena intrapreso dai due ragazzi. Brock aveva già afferrato una sfera Poké, e Ash fece altrettanto. Non avevano altra scelta… dovevano combattere, dovevano lottare contro gli Ursaring per permettere a Laura e Terry di mettere più spazio tra loro e la minaccia incombente, e garantire loro più tempo per la ricerca di Phil e Cleffa.

Ash: -Brock, in poche parole, che cosa diavolo è successo?- L’ex capopalestra di Plumbeopoli scosse la testa, ancora con il cuore in gola. Adesso anche il terreno tremava a causa sia degli alberi che cadevano come tanti birilli in terra e all’approssimarsi dei Pokémon in collera. Pidgeot e Pelipper stettero in attesa, in piedi, le ali conserte, come fossero delle statue di sale. Pikachu invece scese dalla spalla del suo allenatore e, con un rauco grido di battaglia, era pronto a ricevere gli orsi, con le tasche guanciali colme di energia elettrostatica.

Brock: -A dopo le spiegazioni, ora cerchiamo di fermare quei due!- Ash voltò lo sguardo, quasi spaventato, verso il suo amico, ma non riuscì a porgergli neppure una parola che finalmente, dopo tanto fracasso, giunsero i due Ursaring, non prima di avere distrutto ancora qualche albero nelle vicinanze. Il maestro dei Pokémon deglutì, spaventato dall’aspetto inferocito dei due Pokémon orso e dalla loro stazza: erano alti almeno due metri e mezzo, avevano il pelo arruffato, gli occhi iniettati di sangue, le zanne acuminate e colanti di saliva, gli artigli affusolati e taglienti e continuavano a produrre quel roco grido di battaglia. Ash non aveva mai visto in vita sua degli Ursaring così furiosi, doveva essere accaduto qualcosa di molto grave se addirittura si erano messi ad inseguire un gruppetto di Pokémon e due umani, abbandonando la loro tana, nel periodo autunnale. Non c’era però il momento di chiedersi il perché o il percome, se il maestro di Pokémon non avesse fermato i due Ursaring, probabilmente quelli avrebbero proseguito, dando la caccia agli altri che nel frattempo avevano già abbandonato la radura, in direzione della Torre Pokémon.

Ash chiamò in causa Machamp, mentre Brock invocò Onix dalle loro sfere Poké. Non c’era il tempo necessario per studiare le dovute tattiche e strategie, era come tentare di fermare un treno a mani nude. I ragazzi dovevano usare la forza bruta, che piacesse a loro oppure no.

 

Laura: -Lasciami andare!! Per favore, lasciami andare!!- Terry, eseguendo l’istanza di Brock di spostare la figlia dei Ferguson lontano dalla radura in vista dell’arrivo dei due pericolosi Pokémon orso, non ci andò troppo per il sottile e, vista la particolare resistenza della ragazza ad obbedire al percorso da seguire verso la Torre Pokémon, issò il corpo esile della fanciulla sulla sua spalla destra, sollevandola con tutte e due le braccia, abbrancandola per il bacino. Laura, vedendosi sollevata da terra contro la sua volontà, gridò e si dimenò come un’isterica e lottò con tutte le sue forze al fine di sottrarsi a quella presa di ferro. Si ritrovò dunque quasi distesa tra la spalla e le braccia del ragazzo dalle folte basette, quasi come fosse stato un tappeto, con gli occhi che guardavano la strada che avevano appena percorso e la radura che si allontanava (poteva ancora vedere il suo maestro e Brock che schieravano i loro Pokémon contro i due Ursaring appena arrivati in campo, salvo poi non scorgerli più una volta superata una curva, e potè udire solamente le grida crescenti dei due Pokémon rabbiosi). Urlò, si agitò come una forsennata e tentò più di una volta di liberarsi prendendo a pugni la schiena di Terry e prendendolo a ginocchiate sul busto.

Laura: -Fermati!! Fermati ho detto!! Se non mi lasci andare subito, giuro che io… io ti…!!- Terry non rispose neppure alle crescenti lamentele e alle nascenti minacce della ragazzina. Troppa era la sua paura provata poco prima nel vedersi faccia a faccia con i due temibili orsi della caverna. Brock e Terry avevano individuato una grotta, la cui uscita si collegava con uno dei sentieri che portavano nella pineta al di sotto del dirupo dove si trovarono ad ammirare il paesaggio, e dove persero di vista Bulbasaur e Sylveon. Peccato che quella grotta fosse dimora dei due Ursaring per il periodo invernale, e avevano dato alla luce da poco tempo quei due Teddiursa. Probabilmente l’intrusione di Brock e Terry venne interpretata come una minaccia nei confronti dei due piccoli orsacchiotti da parte dei genitori ed essi non ci pensarono due volte ad attaccarli di proposito, con il solo fine di proteggere i loro figlioletti. Di certo, Terry non si sarebbe neppure lontanamente sognato ad andare di proposito in una grotta a disturbare il sonnellino di due Teddiursa, soprattutto in quel delicato periodo della stagione, ovvero della preparazione al letargo. In qualche modo (neppure lui sapeva di preciso come), erano riusciti a sfuggire agli artigli e alle zanne dei due inferociti Ursaring e, agguantati Bulbasaur e Sylveon, corsero insieme ai Pokémon ancora fuori dalle loro sfere Poké verso il fondo della grotta, svoltando l’angolo e scendendo sempre più in basso. Con le grida dei due Pokémon orso che risuonavano per tutta l’arcata della caverna (a Terry era sembrato che crollasse tutto talmente le urla erano acute e fragorose, rischiando di causare crolli e smottamenti improvvisi), i due ragazzi corsero con le ali ai piedi verso l’uscita, che si era presentata davanti ai loro occhi, in un fascio di luce improvviso. Rivedere la luce del sole, i pini e il cielo azzurro fu un enorme sollievo per tutti, con il pensiero di essere al sicuro fuori dalla grotta, ma si sbagliarono. Gli Ursaring non rallentarono il loro passo, addirittura accelerarono quando furono fuori dal loro habitat naturale, la cui ferocia venne moltiplicata alla vista del sole e dalla luce naturale.

I Pokémon che accompagnavano i due ragazzi (Dratini, Pidgey, Weedle e Machop, Geodude con Bulbasaur tra le sue braccia, ancora spaventato a morte e piangente, Mareep, Sylveon e Altaria) seguirono a passo svelto i due allenatori e non fecero nulla per aiutare la figlia dei Ferguson. Addirittura Dratini non obbedì agli ordini della sua allenatrice di colpire Terry per farlo rallentare e desistere dal suo tentativo di trascinarla verso il cimitero dei Pokémon. Ciò fece quasi uscire fuori di testa la ragazzina, ormai in preda ad una forte crisi isterica. Terry non si curò minimamente delle grida e dei pugni sulla schiena, dovevano trovare Phil e Cleffa e abbandonare immediatamente quel luogo. Il ragazzo con la giacca di pelle si guardò attorno, nella speranza di incrociare il suo amico nel tragitto verso la Torre Pokémon (il cui edificio diveniva sempre più grande ed imponente mano a mano che il gruppo avanzava). Il panorama però gli apparve estremamente desolante: colline e spiazzi di erba che si perdevano nell’orizzonte, la pineta che aveva lasciato poco prima che si distanziava sempre di più in direzione sud ovest e l’approssimarsi delle zone agricole sulla destra, dove alcune cascine facevano capolino tra alcuni alberi disseminati qua e là nel terreno fertile.

Finalmente, dopo tanto camminare (e scalciare da parte di Laura), Terry arrivò a destinazione. Quando fu sicuro che Laura ebbe esaurito buona parte delle sue energie nel vano tentativo di liberarsi dalla presa del ragazzo, la adagiò a terra. La ragazzina, sfinita da tutte quelle grida e quel dimenarsi, si sdraiò a terra, bocconi, ansimando. Dratini fu subito su di lei e tentò in qualche maniera di portarle conforto, e notò che la sua allenatrice stava piangendo in silenzio, a bocca chiusa, i movimenti convulsi del suo torace, nel vano tentativo di smettere e controllarsi.

L’attenzione del Pokémon di Laura ben presto fu catturata dalla grande ombra che proiettava la Torre Pokémon sul sentiero percorso dai due ragazzi: una mastodontica torre interamente costruita in pietra e ampie vetrate ellittiche che si intercalavano tra un piano e l’altro. Le arcate in mattoni erano leggermente rovinate dalle intemperie e dall’usura del tempo. Una delle porte d’entrata, un grosso portone colore verde rame interamente d’acciaio grezzo, si affacciava sul sentiero ghiaioso, proprio davanti dove Laura venne fatta adagiare, e sembrava essere sigillata ed ermeticamente chiusa. Le maniglie, di ferro battuto, di forma circolare, erano adagiate perpendicolarmente sulle pareti d’acciaio del portone. Terry aguzzò meglio lo sguardo, e notò che dei passi sul terreno portavano proprio davanti a quella porta dall’arcata leggermente a sesto acuto. Le orme più piccole erano inconfondibili: erano quelle rilasciate dalle zampe di Cleffa. Il ragazzo dalle folte basette sorrise e le indicò, mostrandole ai presenti.

Terry: -Sono da queste parti! Coraggio Laura, andiamo!- La ragazza non volle rialzarsi e muoversi dalla posizione in cui si trovava in quel momento. Machop e Geodude si guardarono in faccia, perplessi se agire e rialzare la figlia dei Ferguson contro la sua volontà, oppure rimanere in attesa insieme agli altri Pokémon.

Laura: -Vacci tu da solo!- La voce della fanciulla era ancora rotta dal pianto, e sembrava che il suo tono fosse più indispettito che in collera verso il suo compagno di viaggi. Terry alzò le spalle, in modo indifferente e dall’aria sufficiente, come lo era stato poco prima che Phil e Cleffa abbandonassero il Parco Cittadino, e si incamminò lentamente verso le porte della Torre Pokémon. Sylveon e Altaria si mossero con lui, seguiti con una certa apprensione dagli altri Pokémon.

Terry: -Va bene, va bene, resta pure lì, noi proseguiamo…- Non terminò neppure la frase, che Laura si era già rialzata, con Dratini accovacciata sulla sua spalla, e corse dietro di lui, con il cuore in gola.

 

La porta della Torre Pokémon era chiusa a chiave, stranamente dall’interno, un fatto insolito che mise sul chi va là Terry e che fece accapponare la pelle ai Pokémon di Alex, nonché a Laura e Dratini. Altaria era riuscito a scardinare gli agganci della serratura con un Aeroassalto e, una volta che il Pokémon di Terry ebbe compiuto il suo attacco, tutti i presenti udirono il caratteristico tintinnare di una chiave che cadeva a terra, all’interno della costruzione. Infatti, una volta aperta la porta, che emise un sinistro cigolio che fece quasi impazzire di paura il povero Weedle, Sylveon scattò in avanti, nel buio quasi pressoché totale, e ritornò alla luce del sole, con la chiave d’acciaio tra le zanne. Laura sgranò gli occhi e si guardò attorno, incrociando le braccia e strofinandosi gli avambracci, percependo un grande gelo che le attraversava le ossa.

Laura: -Terry… non credo che sia una buona idea proseguire… aspettiamo gli altri…- Terry scosse la testa, osservando l’interno del Cimitero. Stranamente era buio l’interno, non si riusciva a vedere niente all’interno. Eppure quel luogo era solito essere frequentato da molte persone… appariva stranamente sinistro e quasi abbandonato a se stesso. Che quella costruzione fosse quella antica che menzionava il PokéNav e che la nuova Torre Pokémon fosse dislocata altrove? Eppure le tracce di Phil e Cleffa portavano esattamente in quel punto…

Terry: -Ash e Brock si sono fermati per proteggerci. Non possiamo aspettarli, dobbiamo andare avanti!- Ancora un luogo buio, Mareep era nuovamente pronto per illuminare il vestibolo delle Torre Pokémon. La luce incandescente della coda del Pokémon elettrico di Brock riuscì a rischiarare l’entrata del Cimitero, e il luogo apparve deserto e quasi pietrificato. Le lapidi erano ordinate in fila davanti a loro, alcune disposte in terra con semplici croci di legno piantate in terra, altre incassate al muro con tanto di nomi e date di nascita e di morte, altre ancora erano dei veri e propri piccoli mausolei di pietra all’interno di quella enorme torre. I ragazzi strabuzzarono gli occhi, quasi inorriditi: non si poteva scorgere il fondo della torre, potevano essere miglia e miglia di cammino. Laura ridacchiò, quasi scioccata nel constatare che dall’esterno, la Torre Pokémon potesse sembrare meno capiente.

Laura: -Bene… ora che siamo qui… che facciamo…?- Terry si guardò attorno, più attento ai dettagli di quanto fosse la sua giovane compagna di viaggio. Cercava di capire se fossero presenti delle fonti di luce… le aveva trovate, dislocate sulle pareti, alcuni lampadari grezzi e sul soffitto dei lucernari che potevano essere vecchi di anni, tutto completamente spento. Che quel giorno il cimitero fosse chiuso per tutti? Era probabile.

Terry: -Sento che Cleffa e Phil sono da queste parti…- Laura percepì un forte gelo provenire dall’interno della costruzione. Un brusco abbassamento della temperatura fece addirittura battere i denti alla figlia dei Ferguson, che si rannicchiò in ginocchio, nel tentativo di riscaldarsi.

Laura: -Non... non me la sento… Terry, ti prego…- Laura avrebbe tantissimo voluto avere il suo maestro al suo fianco. Quel personaggio, quel Terry… non gli piaceva affatto, sembrava così distante, così freddo… Ad un tratto, tornò con il pensiero ad Alex. I suoi Pokémon erano insieme a loro… Weedle, Pidgey e Machop si tenevano stretti l’un l’altro, rabbrividendo alla vista delle lapidi, che apparivano minacciose in lontananza. Geodude osservava il tutto quasi distrattamente, molto probabilmente il suo pensiero era più concentrato verso il suo allenatore che stava combattendo contro gli Ursaring nella radura, tenendo sempre Bulbasaur per un braccio, il quale si era ammutolito per il raccapricciante spettacolo che gli si parava davanti. Mareep davanti a loro guardava verso il fondo, con Altaria e Sylveon accanto alla pecora.

Così, improvvisamente, Laura si accorse di un fatto che la gettò nel più totale disorientamento: era in compagnia di uno sconosciuto, all’interno di un cimitero completamente privo di persone o di Pokémon. Poco importava se fossero passate ore in sua compagnia, il solo fatto che si trovava da sola con quel tizio col pizzetto dall’aria ambigua la terrorizzava. Non sapeva come, né perché, ma il suo istinto fu quello di scappare via, ma la presa ferrea di Terry al suo polso destro la tenne vincolata sul posto. Dratini scese dalla spalla della sua allenatrice con un balzo e osservò il tutto, attonita.

Terry: -Calmati, Laura, non ti agitare!- Niente da fare, la ragazza al contatto con la mano di Terry si dimenò e gridò a squarciagola. Tutti i Pokémon si voltarono verso i due allenatori, e tentarono di separarli, ma la figlia dei Ferguson riuscì a divincolarsi e, raccolta con un braccio il suo Pokémon drago, si fece strada tra i Pokémon che l’avevano circondata, nel tentativo di calmarla.

Terry: -Laura…! Laura, aspetta! Stai andando verso le lapidi!- La ragazza dagli occhi verdi, completamente in bambola per il terrore che le attanagliava il petto, corse senza una meta precisa, all’interno del piano terreno della Torre Pokémon. Andò a cozzare contro una delle croci di legno, perse l’equilibrio e, appoggiando la mano su una lapide di pietra semicircolare per impedire di ruzzolare per terra, essa si spostò in avanti, rivelando un passaggio segreto al di sotto, con tanto di scalinate. Terry ed i Pokémon si sporsero in avanti, nel tentativo di raggiungere Laura e Dratini, ma sia la ragazza che il suo Pokémon drago sparirono dalla loro vista, ingoiate dal sottosuolo del cimitero della Torre Pokémon.

 

 

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Capitolo 40
*** 39 - Il Mistero della Torre Pokémon (quarta parte) ***


l silenzio avvolse il primo piano del cimitero dei Pokémon come un sudario. L’atmosfera che accerchiava i Pokémon e lo stesso Terry, ancora incredulo di avere perso completamente di vista la figlia dei Ferguson, divenne ben presto quasi irrespirabile e pericolosa. La coda scintillante di Mareep, per un breve intervallo, si attenuò d’intensità, e la pecora non riuscì più a mantenere fissa l’energia impiegata per rischiarare l’ambiente ottenebrato. L’improvvisa sparizione di Laura ebbe la forza di gettare nel panico il gruppetto dei Pokémon che si era ritrovata nel vestibolo della Torre Pokémon. Quell’improvvisa foga e quelle grida… ora il ragazzo col pizzetto si trovava nei guai: doveva cercare oltre a Phil e Cleffa, anche Laura e Dratini, sparite tra le lapidi che si trovava davanti, quasi dissolte nel nulla. “Ora vai a spiegare agli altri che cosa è successo…” pensò Terry. Non doveva perdere altro tempo, Laura aveva bisogno d’immediato aiuto, avrebbe avuto bisogno d’assistenza, forse era caduta in terra e si era fatta male…

Terry incominciò a chiamare a gran voce il nome della figlia dei Ferguson, ignorando la crescente paura che iniziava a serpeggiare nel suo animo. I Pokémon, quasi paralizzati dal terrore, non osarono muovere un muscolo per partecipare al richiamo del ragazzo con le folte basette. Anche Sylveon e Altaria si accucciarono a terra e si appiattirono sul freddo pavimento di pietra, nell’attesa spasmodica che qualcosa dovesse accadere da un momento all’altro.

Terry: -Laura! Laura per favore, rispondi!- La sua voce echeggiava nel vestibolo della Torre Pokémon. Nessuna risposta, com’era facile prevedersi. Un brivido percorse la schiena del ragazzo con la giacca di pelle: che cosa diavolo era successo alla sua compagna? Non poteva tornare indietro a chiedere aiuto, Ash e Brock stavano ancora lottando contro quei pericolosi Ursaring. Il PokéGear era fuori uso in quel luogo e non poteva chiamare per mancanza di segnale. Decise di andare avanti, muovendo meccanicamente un passo dietro l’altro. I Pokémon lo guardarono in volto, inorriditi. Che intenzioni aveva l’allenatore? Voleva davvero avanzare da solo verso le lapidi? Terry osservò a sua volta tutti i Pokémon riuniti: Sylveon e Altaria, Weedle, Pidgey e Machop, Mareep, Geodude e Bulbasaur… quest’ultimo non smise per un momento di protestare e piangere tra le possenti braccia del Pokémon di roccia. Terry raccolse il Pokémon erba tra le sue braccia, inginocchiandosi, e quando tornò in posizione eretta lo cullò lentamente, nel tentativo di calmarlo.

Terry: -Forza, Bulbasaur… andrà tutto bene…- La sua vista fu catturata ben presto da un movimento in lontananza, tra le lapidi. Quel movimento rapido e quasi sfuggente era apparso in meno di un secondo… anche i Pokémon si accorsero di quello spostamento improvviso e drizzarono le orecchie in quella direzione, in allarme. Machop e Geodude, leggermente rinvigoriti e rincuorati di avere intravisto qualcosa muoversi in quell’area desolata, fecero un passo in avanti, ed ecco che il movimento era ancora più vicino, spostandosi diagonalmente tra le lapidi, prima a destra, poi a sinistra, in maniera del tutto casuale. Terry aguzzò lo sguardo, perplesso. Mareep faceva abbastanza luce da potere vedere a qualche metro di distanza, ma quella figurina era così veloce da non poterla vedere in faccia. Che fosse Dratini, il Pokémon di Laura, di ritorno dal luogo in cui la sua allenatrice si era allontanata?

Terry, deglutendo per la crescente tensione che provava in quel momento, si decise nel fare un tentativo, e chiamò per nome Dratini. Non ottenne risposta, e la figurina improvvisamente si arrestò, nascondendosi dietro una lapide dalla forma semicircolare, leggermente dislocata sulla sinistra rispetto alla porta centrale dove Terry ed i Pokémon si trovavano ancora in quell'istante. Il ragazzo dalle folte basette, paventando qualcosa di grave accaduto alla sua compagna di viaggi, non riusciva a comprendere il comportamento ritroso del Pokémon drago, ammesso che quello dietro alla lapide fosse realmente Dratini. Il ragazzo decise di fare un altro passo in avanti, seguito a debita distanza dai Pokémon, guardinghi e pronti a sferrare attacchi contro qualsiasi cosa ci fosse stato dietro quella lapide semicircolare.

Terry: -Coraggio, Dratini… siamo noi, Terry e tutti i Pokémon… non avere paura, vieni fuori…- Non sapeva perché, ma qualcosa gli suggeriva che il Pokémon dietro quella lapide fosse veramente Dratini. O forse lo sperava con tutto il cuore, probabilmente l'illusione e la speranza di ritrovare immediatamente la figlia dei Ferguson si sovrapponevano alla possibilità probabilistica di ritrovarsi davanti il Pokémon drago oggetto di ricerche. Improvvisamente, un forte colpo e un'improvvisa oscurità aggredirono Terry ed i Pokémon alle spalle, e tutti insieme si voltarono spaventati, verso il portone principale che, per una cosa o per un'altra, si era richiuso, forse per una folata di vento (dentro il Cimitero c'era effettivamente un bel po' di vento gelido che soffiava, forse arrivando dalle finestre semichiuse dei piani superiori), forse per distrazione. Terry non si spaventò comunque più del dovuto per il fatto: con la coda dell'occhio osservò Sylveon, ricordandosi che quest'ultimo poco prima aveva raccolto la chiave che era caduta all'interno dell'edificio e notò con sollievo che il suo Pokémon folletto aveva adagiato di fronte a sé la chiave. Con uno scatto fulmineo, il ragazzo dal giubbotto in pelle la raccolse e la adagiò in tasca, pronto per riutilizzarla più tardi, e senza perdere ulteriore tempo si incamminò verso la lapide dove ancora il Pokémon intruso si nascondeva, seguito da Mareep, Altaria e Sylveon. Gli altri Pokémon, per non ritrovarsi indietro nella più totale oscurità, trotterellarono mezzo spauriti, ma ben decisi a non abbandonare i loro compagni.

Terry, nel frattempo, avanzò sempre più lentamente e, estendendo le braccia in avanti, con i palmi delle mani aperti in alto, con chiare intenzioni concilianti, iniziò a parlare a bassa voce al Pokémon rannicchiato dietro la lapide. Non lo si poteva udire chiaramente, ma era evidente che stava piangendo e la tensione in quel momento era palpabile.

Terry: -Forza, Dratini, non hai niente da temere, ci sono qui io…- Ma, quando finalmente arrivò alla lapide semicircolare e fece il giro della costruzione (sulla lapide, ormai semi-cancellata del tempo, c'era scritto qualcosa di incomprensibile, visibile agli occhi di Terry solo per pochi secondi alla luce della coda di Mareep), il Pokémon che si aspettava non era assolutamente quello previsto. I tre Pokémon gemettero dallo stupore, compreso lo stesso Terry e gli altri Pokémon che erano sopraggiunti in quel momento.

No, quel Pokémon non era assolutamente Dratini.

Quel Pokémon… era Cleffa.

 

Laura non era assolutamente convinta di essere ancora viva. Tutto intorno a lei era buio, era ruzzolata in terra dopo essere scivolata dagli scalini di quella lapide semovente ed aveva sbattuto violentemente la spalla sinistra contro il terreno pietroso dei sotterranei. L'odore di muffa e di chiuso immediatamente la aggredirono e, cosciente di essere ancora intera, si rialzò a fatica, completamente all'oscuro. A tastoni cercò un appoggio con le mani, un muro, una parete, qualunque cosa che le permettesse di capire se quel luogo fosse stretto o largo. Alla sua destra trovò un muro di pietra, freddo come il ghiaccio. Dratini, accanto a lei, si era stretta attorno alla sua gamba non lasciando mai andare la sua allenatrice. Il buio pressoché totale era soffocante e Laura iniziò ben presto a perdere la poca lucidità che aveva accumulato nel tentativo di ricomporsi e capire dove diavolo si trovasse in quel momento. Era prigioniera dei sotterranei del cimitero dei Pokémon… chissà se si trovava nell'ossario principale. Non poteva tornare indietro, gli scalini che salivano dietro di lei portavano ad una piattaforma ormai diventata perfettamente ermetica e sigillata. Dratini gemeva e zirlava dalla paura, sia il Pokémon che Laura non avrebbero mai potuto neanche lontanamente immaginare di ritrovarsi in una situazione del genere, rinchiuse in un luogo simile. Il dolore alla spalla dell'allenatrice pulsava terribilmente, qualcosa di viscoso era attaccato al braccio della ragazza, probabilmente l'attrito con le pietre del pavimento le avevano causato una ferita e stava anche perdendo un po' di sangue.

Laura, ormai persa ogni cognizione del tempo e dello spazio, si sedette lentamente sul freddo scalino, il primo che si sollevava dal pavimento, e incrociò le braccia, portandosi le mani sugli avambracci, strofinandoli energicamente. Non sapeva dove fosse, che cosa fare, né a chi chiedere. Aveva persino paura a parlare in quel buio soffocante, per una paura reale che qualcuno rispondesse e non potesse vedere con chi avesse a che fare. All'improvviso si ricordò di avere nella tasca dei pantaloni il PokéNav… ma aveva una incredibile paura ad attivarlo e di accendere la torcia per puntarla davanti a sé. Se ci fossero stati degli scheletri? Se ci fossero stati dei mostri?

Laura non si capacitò di tutta quella paura provata all'ingresso della Torre Pokémon. Il terrore che le gelò il sangue nelle vene l'aveva fatta sragionare, ed ora si ritrovava in quel punto, persa e smarrita chissà dove. La sua Dratini… era lì, con lei. Ora anche lei – la sua Dratini! – era imprigionata, assieme a lei, in quell'antro soffocante e probabilmente senza via d'uscita. Si diede mentalmente della stupida, aveva coinvolto uno dei suoi Pokémon in quella folle corsa… no, sbagliato. Non un solo Pokémon. Quattro Pokémon, visto che aveva con sé le sfere Poké (Ledyba, Sandshrew e Poochyena). Una volta che la figlia dei Ferguson materializzò davanti sé le immagini dei suoi Pokémon, per poco non cadde a terra tramortita. I suoi Pokémon… erano tutti imprigionati, insieme a lei. Lei, con il suo folle gesto, aveva appena condannato a morte i suoi Pokémon. Poco le importava della sua vita in quell'istante, se avesse avuto la possibilità di portare fuori, anche per un piccolo spiraglio, le sfere Poké da quella tomba e riportarle quindi alla luce, lo avrebbe fatto senza pensarci due volte. Ma la base della lapide sembrava essere sigillata, e non vi erano alcune zone di luce che potessero fare presagire vie di fuga o qualcosa di simile. Calde lacrime sgorgarono dagli occhi dell'allenatrice, si maledisse e gridò con tutto il fiato che aveva in gola. Non sapeva che cosa fare, non le importava più cosa ci fosse all'interno di quell'anfratto, se avesse gridato, pensava, forse qualcuno l'avrebbe sentita.

Il suo grido invece ebbe l'effetto di catturare l'attenzione di qualcuno all'interno di quell'anfratto, un rumore metallico e stridente fece immediatamente ammutolire la ragazzina e Dratini, con il cuore in gola, squittiva e tremava come una foglia. Un cupo gorgoglio proveniente a diversi metri di distanza e un acuto urlo misero un gelido terrore nei cuori di Laura e Dratini.

-Chi… chi va là? C'è qualcuno?!- Gli occhi umidi di lacrime iniziarono a bruciare e, tergendoseli con il dorso della mano, la figlia dei Ferguson gridò dallo spavento verso il buio. Improvvisamente, il grido e il rumore metallico cessarono e Dratini, in preda al panico, senza il consenso dell'allenatrice, scagliò un potente attacco Ira di Drago davanti a sé. Laura, impanicata sia per il grido di poco prima che per l'attacco improvviso verso il vuoto, riuscì a scorgere, grazie alla luce scaturita dall'attacco di tipo drago, un piccolo pianerottolo completamente di pietra, sia il pavimento, che le pareti e il soffitto, e un'altra scaletta che conduceva dabbasso. L'attacco di Dratini durò qualche secondo, poi andò scemando, così come la luce proveniente da Ira di Drago. Il buio avvolse tutto l'ambiente come un pesante sudario, e il silenzio tornò sovrano.

-Dratini… perché lo hai fatto?- Nel buio asfissiante non riuscì a scorgere il suo Pokémon e dovette inchinarsi e cercarla con una mano, andando a tentoni. La trovò e le accarezzò il capo, e percepì il suo fremito di paura crescente, Dratini stava tremando come se provasse un gran freddo. Leggermente rinvigorita dal potente attacco del Pokémon drago e riuscita a scorgere qualche dettaglio dell'ambiente che la circondava, soprattutto rinfrancata per la presenza di una scaletta che sicuramente l'avrebbe condotta da qualche parte, Laura decise di utilizzare il suo PokéNav abilitando la funzione torcia. Premuto un pulsante sul lato sinistro, un sottile ma potente fascio di luce LED illuminò buona parte del pianerottolo di pietra. La ragazza si impose di calmarsi respirando a fondo, con la luce si controllò anzitutto la spalla, notando che si era procurata un graffio abbastanza esteso, ma nulla di grave. Puntò successivamente la torcia dietro di sé, controllando la piattaforma da cui era ruzzolata a terra, notando con costernazione che la base della lapide era perfettamente integrata al soffitto e non sembravano esserci leve o altro da poter toccare per potere aprire quella sorta di “botola”, perché pareva essere proprio una di quelle. Si voltò, accarezzò nuovamente il suo Pokémon, triste e felice nello stesso tempo di averla ancora al suo fianco, e con passo esitante si incamminarono, allenatrice e Pokémon, verso la scaletta che conduceva al piano sottostante.

 

-Cleffa…?- Il Pokémon stella sembrava stesse bene, era ancora impaurito e tremante e si era rannicchiato contro la parete della lapide. Tutti i Pokémon, udendo il nome del Pokémon scomparso, una volta che lo videro davanti proruppero in versi di gioia e fecero grandi feste attorno al Pokémon stella. Terry non partecipò agli schiamazzi dei Pokémon che saltellavano sul posto, piuttosto si guardò attorno, alla ricerca di Phil. Se Cleffa lo avevano ritrovato, il suo amico allenatore avrebbe dovuto essere nei paraggi. E poi c'era il nodo cruciale Laura e Dratini, dove si erano andate a cacciare quelle due? Scuotendo leggermente la testa, Terry si inchinò verso Cleffa il quale, una volta riconosciuto il volto dell'amico del suo allenatore, parve distendersi e aprire gli occhi, avendoli serrati per la gran paura provata in quel momento. Il ragazzo dalle folte basette gli sorrise, rinfrancato nel sapere che Cleffa stesse bene e Sylveon e Altaria si avvicinarono al loro Pokémon trainer, sorridendo a loro volta.

Terry: -Cleffa, sai dirmi dove si trova Phil, il tuo allenatore?- Il Pokémon stella apparve smarrito e desolato, sembrava quasi confuso dalla domanda e non seppe dare una risposta alla domanda di Terry. Fortunatamente, una voce nota al ragazzo col gilet di pelle iniziò a manifestarsi per il cimitero, e sembrava che provenisse proprio dal piano superiore. Era proprio Phil, che un poco dislocato a destra rispetto al luogo dove si trovavano in quel momento Terry e tutti i Pokémon, stava scendendo rapidamente le scale di pietra dal primo piano. Il ragazzo dalle folte basette rise a bocca aperta e si sbracciò, nel tentativo di catturare l'attenzione del suo amico ritrovato. Tutto stava andando bene, Phil e Cleffa erano stati ritrovati abbastanza velocemente, ora dovevano ritrovare Laura e Dratini e avrebbero potuto lasciare quel posto.

Terry: -Ehi, Phil! Da questa parte!- Il riso di Terry ben presto morì sulle sue labbra, poiché scorse una crescente confusione e tracce di sgomento sul volto di Phil. Il ragazzo col pizzetto si stava guardando attorno mezzo spaurito e, quasi come se stesse per perdere l'equilibrio, tentò di estendere le braccia davanti a sé.

Phil: -Cosa… ma che diavolo è successo a questo posto?!- Terry ed i Pokémon rimasero ammutoliti di fronte alla constatazione di Phil, il quale era rimasto come pietrificato di fronte allo spettacolo inquietante che gli si parava davanti.

Phil: -Tutte queste lapidi… da dove arrivano?!- Terry si incamminò a passo svelto, tenendo per le braccia sia Bulbasaur che Cleffa, in direzione di Phil (la scala di pietra si trovava all'altra estremità della torre, alla destra della porta principale) ed i Pokémon in silenzio atterrito seguirono l'allenatore di Pokémon. I due amici si ritrovarono immediatamente ma, se Terry era al settimo cielo nel rivedere il suo amico di sempre vivo e vegeto, Phil sembrava essere spaventato a morte. Non smetteva quest'ultimo di guardarsi attorno, quasi come se la visione delle lapidi lo mettessero in un profondo disagio.

Terry: -Phil, che cosa ti succede?- Anche Cleffa sembrava essere abbastanza inquieto, la coda di Mareep nel frattempo stava lentamente affievolendo l'intensità della luce e l'ambiente diveniva mano a mano più cupo e misterioso. Phil osservò il tutto con inquietudine e, gesticolando con le braccia, si guardò ancora attorno, con il cuore in gola.

Phil: -Non capisco, il piano terreno non si presentava affatto così, c'erano delle librerie, un centro di accoglienza, una sala d'aspetto enorme e tutto era illuminato a giorno! Da dove diavolo spunta questo cimitero?!- Sia Terry che i Pokémon sgranarono gli occhi, sbigottiti da quella affermazione. Di solito Phil non era tipo di scherzi, tanto meno in un ambiente come quello. Il fatto che la porta fosse chiusa a chiave dall'interno, però, aveva messo Terry sul chi va là, e ora tutto quanto sembrava incerto e allarmante.

Terry: -Quindi… mi stai dicendo che tutto quello che stiamo vedendo, prima non c'era?- Phil scosse la testa, deglutendo. Cleffa, spaventato a morte dalla conversazione tra i due allenatori, si divincolò dal braccio sinistro di Terry e si gettò a capofitto tra le braccia di Phil, in cerca di conforto e protezione. Il ragazzo accarezzò la testa del suo Pokémon, e Sylveon e Altaria fecero altrettanto con il loro allenatore. Machop, Weedle e Pidgey si strinsero tra di loro, in preda ad una forte agitazione e Mareep, affaticato dal continuo utilizzo di Flash, quasi non stava ad ascoltare le parole di Phil e Terry. Bulbasaur restava zitto, raggelato, tra le braccia di Terry e l'unico Pokémon a essere rimasto immune dai discorsi di poco prima sembrava essere Geodude, il quale era rimasto in un religioso silenzio fino in quel momento e guardava con sguardo assente in lontananza, probabilmente pensando al combattimento di Brock contro i due Ursaring.

Phil: -Il cimitero inizia a svilupparsi al primo piano… e non si presenta neppure in modo così spettrale!- Un grido acuto gettato all'improvviso nel cimitero fece accapponare la pelle a tutti i presenti. Mareep per lo spavento perse la concentrazione e l'ambiente divenne quasi completamente buio, eccezion fatta per le lapidi, le quali sembrava che rilucessero di vita propria. Terry e Phil osservarono il tutto, completamente inebetiti, così come i Pokémon non riuscirono a staccare gli occhi da quelle tombe illuminate di un blu scuro mischiato a un violetto con stralci di indaco.

Terry: -Cosa… cosa diavolo sta succedendo?!- Da quasi tutte le tombe, le luci che avvolgevano le lapidi si rischiararono e, lentamente, con un ritmo mellifluo e spaventevole, alcuni profili di spiriti si innalzarono dal pavimento, presenze sinistre e spettrali, un forte gelo calò improvvisamente al piano terreno della Torre Pokémon e un gruppo ingente di Pokémon spettro fece capolino dalle tombe, incutendo un vivo terrore negli animi del gruppetto riunito vicino alla scala di pietra. Terry e Phil, spaventati a morte dalla entrata in scena di quegli spiriti, indietreggiarono lentamente, seguiti dai Pokémon altrettanto terrorizzati. I Pokémon spettro si sollevarono lentamente dal pavimento, con il volto puntato verso l'alto – una vastissima quantità di Gastly, diversi Haunter, Misdreavus e altri Pokémon ancora – si materializzarono davanti a degli esterrefatti allenatori. Non sapeva esattamente cosa stesse accadendo, ma Terry seppe in cuor suo una cosa: trovare immediatamente Laura e scappare da quel luogo stregato.

 

Laura: “Mi chiedo dove possa portare questa scala...” La scaletta che dal pianerottolo portava al piano inferiore era ripida e a prima vista scivolosa, completamente strutturata in pietra. La ragazza puntò la torcia del suo PokéNav verso la base della scalinata e si accorse che il piano sottostante niente era altro che una sorta di seminterrato spazioso, costruito interamente in pietra, come le scale e il pianerottolo, e da quella altezza non riusciva a scorgere altro che una minuscola parte del pavimento e poco più. Quello strano suono metallico e quel grido lancinante… lo aveva udito chiaramente, anche Dratini la quale, probabilmente spaventata da quel grido improvviso, l'aveva portata a decidere di lanciare quell'Ira di Drago. Laura deglutì, amareggiata e rattristata di trovarsi in quel posto. Doveva essere più decisa e ferma nella sua decisione fin quando era in tempo, dovevano aspettare i rinforzi e cercare tutti assieme Phil e Cleffa. E ora… ora Laura, Dratini e gli altri Pokémon si trovavano bloccati nei seminterrati del cimitero dei Pokémon. La ragazza ebbe un attimo in cui avrebbe voluto riprendere a piangere, ma Dratini la rincuorò zirlando sommessamente accanto a lei. L'allenatrice incontrò con lo sguardo il suo Pokémon, si guardarono negli occhi per qualche secondo. Il suo corpo sinuoso, le orecchie che si muovevano lentamente, i suoi enormi occhi neri… il draghetto era accanto a lei, non l'aveva abbandonata. Quello fu sicuramente uno dei momenti più difficili della sua carriera da allenatore, bloccata nei sotterranei insieme ai suoi Pokémon… improvvisamente, dalla sua cintura porta Poké ball, tutti i Pokémon uscirono fuori dalle loro sfere Poké, intuendo il malessere psichico della loro allenatrice. Poochyena, Ledyba e Sandshrew apparvero in un bagliore e, assieme a Dratini, si strinsero attorno a Laura, nel tentativo di rincuorarla e di farle forza. La figlia dei Ferguson, assaporando quel momento intimo, si inginocchiò e sorridendo tra le lacrime, abbracciò tutti i suoi Pokémon, radunandoli accanto a lei e baciandoli delicatamente sulle loro teste.

Laura: -Grazie… grazie a tutti voi…- Grazie a quel gesto di amore incondizionato da parte dei suoi Pokémon, Laura riuscì a ritrovare la forza di rialzarsi e di potere proseguire nel suo cammino. I suoi Pokémon erano con lei, non l'avrebbero mai abbandonata al suo destino. Lei era per i suoi Pokémon, i suoi Pokémon erano per lei.

Si avvicinò dunque alla scaletta e, con rinnovato vigore, puntò nuovamente la torcia verso il fondo. Nessun rumore proveniva dal piano inferiore, ma non era certo il momento di restare fermi a pensare. L'autonomia del PokéNav, sebbene ancora nel pieno delle energie, non era infinita e presto l'apparecchio elettronico si sarebbe scaricato, lasciando l'allenatrice nell'oscurità più totale. Deglutì un rospo e, passando in rassegna ancora una volta i suoi Pokémon, annuì e scese il primo scalino, seguita a ruota da Dratini, Poochyena, Ledyba e Sandshrew. Il Pokémon che più si adattava a quella oscurità era senza dubbio il Pokémon terra, riusciva ad ambientarsi anche senza l'ausilio della torcia LED dell'allenatrice. Sandshrew si portò ben presto in testa al gruppo e, scendendo rapidamente le scale, si ritrovò alla base e perlustrò guardingo i dintorni. Attese comunque che i suoi compagni di squadra e l'allenatrice si avvicinassero a lui per potere proseguire l'esplorazione.

L'odore di muffa e di salmastro era molto forte, Laura comprese di essere nei pressi delle fogne cittadine. Probabilmente quella piattaforma conduceva nel sottosuolo fognario della città di Lavandonia, se l'avesse percorsa per il lungo. Da quel pianerottolo si dislocavano numerose uscite, che l'avrebbero condotta chissà dove. La ragazza puntò la luce verso il centro della stanza, alcune zone erano interamente coperte di casse di legno marcite dall'umidità e vi erano dei sacchi di iuta contenenti strani marchingegni elettronici di dubbia identità. Sollevò la torcia verso le uscite, che si concentravano sul lato est di quella enorme stanza, e la figlia dei Ferguson notò che si stringevano per andare ancora verso il basso. Per quanto tempo ancora Laura avrebbe dovuto scendere in basso? E soprattutto, quale uscita avrebbe dovuto prendere per non perdersi definitivamente?

Poochyena annusò il terreno, con la testa china sul pavimento, ma il suo grugno contratto non faceva presagire nulla di buono. Ogni tanto sollevava il muso verso l'alto, con un atteggiamento sofferente: molto probabilmente quello che stava annusando aveva un qualcosa di nauseabondo. Ledyba svolazzò intorno alla stanza, alla ricerca di qualsiasi dettaglio che potesse aiutarli nella ricerca della strada giusta da percorrere, mentre Dratini e Sandshrew perlustrarono insieme all'allenatrice i dintorni, per poi avvicinarsi tutti verso le uscite.

C'erano quattro corridoi, uno distante dieci metri dall'altro, che conducevano, a giudicare dall'odore nauseante, direttamente alle cloache di scarico della città di Lavandonia. Non era proprio l'idea di uscita che si era prefissata la ragazza, ma era sempre meglio di rimanere intrappolata sotto le tombe della Torre Pokémon… poi si fermò a pensare, perplessa.

-Dunque, io sono scivolata sotto una lapide, che si è trattato di una lapide finta, perché essa appena toccata si è spostata, quasi fosse un marchingegno. Sotto la lapide non c'era assolutamente niente, una semplice botola che conduce alle fogne.- Laura strabuzzò gli occhi, stupita di quella rivelazione.

-Ma allora quel suono…?- Neanche in tempo a nominarlo, il grido e il suono metallico si manifestarono nuovamente alle orecchie dei presenti, questa volta in modo più nitido e più vicino di quanto si aspettasse. Tremante di paura, l'allenatrice dagli occhi verdi rimase in ascolto, per comprendere da dove provenisse l'urlo disumano. Mentre Dratini, Ledyba e Sandshrew erano rimasti quasi paralizzati dal terrore, il più spavaldo Poochyena rimase in ascolto, drizzando le orecchie, e senza indugio puntò con il muso verso la seconda uscita, indicando alla figlia dei Ferguson la provenienza di quello schiamazzo infernale.

-Poochyena, sei sicuro di quello che mi stai dicendo?- Il Pokémon lupo di tipo buio ringhiò sommessamente, e si slanciò con decisione verso l'uscita da lui indicata poco prima. Laura, per non perdere di vista il suo Pokémon, lo seguì a ruota, così come Dratini, Ledyba e Sandshrew. Appena il Pokémon lupo ebbe varcato la volta di pietra stretta del secondo ingresso, percorse a grandi balzi il corridoio rettilineo, sicuro del fatto suo. Laura e gli altri Pokémon corsero a passo sostenuto per stare dietro a Poochyena, e l'aria insalubre e nauseabonda non era assolutamente un aiuto per i polmoni della ragazza. Per forza di cose, Laura dovette respirare l'aria con la bocca e tapparsi il naso con le dita, l'odore diveniva sempre più intollerabile mano a mano che il gruppetto avanzava nello stretto corridoio. L'ambiente diveniva inoltre sempre più caldo, e le pareti più viscose e il pavimento ben presto un acquitrino vischioso.

-Poochyena, dove ci stai portando…?- La domanda ebbe ben presto risposta. Dopo tanto correre, la figlia dei Ferguson svoltò l'angolo preso da Poochyena e si ritrovò quasi a ridosso di una scaletta di ferro, che svoltava ripida verso sinistra, e scendeva verso lo scolo principale delle fognature delle città. L'atmosfera era surreale e l'odore salmastro non aiutava di certo la ragazza a comprendere quale strada prendere per uscire da quell'ambiente.

Un fiumiciattolo marrone scuro attraversava placidamente il letto della cloaca, gli olezzi provenienti da questo rivolo aggredirono i Pokémon che, in un modo o nell'altro, cercarono di turarsi il muso per evitare di annusare quel tanfo irrespirabile. Due “rive” costruite in cemento armato delimitavano il percorso del fiume di scolo, e la scaletta di ferro scendeva proprio su una di queste lingue di cemento. Dislocato più a destra, Laura notò una strana luce provenire dal tunnel di immissione e il grido disumano si poté percepire chiaramente, così come il rumore metallico, come fosse una lunga catena che sbatteva contro una superficie dura e ruvida. La figlia dei Ferguson, turandosi il naso con una mano, si appoggiò alla ringhierà e si affacciò in avanti, tentando di scorgere aguzzando la vista quello strano bagliore provenire all'interno del tunnel… guardò meglio e si accorse che il fiumiciattolo non passava sotto quella galleria (che a giudicare da distante poteva essere alta due metri e mezzo circa), ma deviava decisamente verso sinistra. In quella galleria proliferava una luce… una luce sinistra, misteriosa. Laura percepì un brivido percorrerle la schiena, stava accadendo qualcosa di strano lì dentro.

Poi improvvisamente, vide, e comprese. E quando comprese, digrignò i denti dal terrore e per poco non scivolò a terra.

Cadaveri.

Spiriti.

Inaspettatamente, gli spiriti dal loro nascondiglio scomparvero, e Laura non li vide più. Si guardò attorno, disperata e con il cuore in gola, e li vide, accanto ai suoi Pokémon, forme distorte, altissime, immateriali e quasi trasparenti, dal volto contratto in una smorfia di orrore e dai connotati inumani. Le grida ora erano assordanti, la ragazza tentò in tutti i modi di tapparsi le orecchie con le mani, ma invano, quelle urla parevano romperle i timpani. Dratini, Poochyena, Sandshrew e Ledyba osservarono sbigottiti la loro allenatrice, che si contorceva dal terrore e non riusciva ad alzarsi da terra, caduta in ginocchio e sbracciandosi, agitando le braccia davanti a sé, come se stesse cercando di togliere qualcosa di immateriale davanti a sé.

-ANDATEVENE! LASCIATECI IN PACE!- I Pokémon si guardarono in faccia l'un l'altro, perplessi. Si guardarono inoltre attorno, ma non videro nulla di anormale oltre al fatto che la ragazza sembrava essere andata completamente nel pallone. La figlia dei Ferguson, notando e comprendendo che i suoi Pokémon non si erano assolutamente accorti delle entità spiritiche, iniziò a capire dolorosamente che il suo passato era tornato a bussare alla porta della sua mente sconvolta.

Le cure ricevute in passato non stavano più facendo effetto.

Laura era nuovamente ripiombata nella sua follia.

E quando questa realtà aggredì il suo spirito, smise immediatamente di gridare e di dimenarsi, per rannicchiarsi in se stessa, raggomitolandosi in terra. I Pokémon si avvicinarono alla loro allenatrice, sconvolti dalla reazione della ragazza dagli occhi verdi. Non capivano cosa le stesse accadendo, riuscirono solo ad avvicinarsi con cautela, aveva nascosto il volto e compresero che stava piangendo, invocando debolmente e fiocamente aiuto.

 

-Gambe in spalla!!- Il numero di Pokémon fantasma che si era sollevato dalle lapidi di pietra era così alto che, a giudicare dalla moltitudine dei presenti all'interno della Torre Pokémon, poteva rasentare quasi il centinaio. Erano comunque troppi per poterli affrontare in una battaglia Pokémon in un colpo solo, Terry e Phil non sarebbero mai stati in grado di reggere il confronto, e l'unica cosa sensata da fare era senza dubbio la fuga. Phil, Terry e gli altri Pokémon abbandonarono immediatamente la loro posizione, indietreggiando lentamente, non staccando gli occhi colmi di terrore dallo spettacolo raccapricciante che si era sviluppato davanti ai loro occhi. I Pokémon erano rimasti ammutoliti alla presenza di tutti quei Pokémon spettro… Gastly, Haunter, Gengar, Misdreavus, Sableye, Duskull… erano troppi e non smettevano di salire in alto, con un aspetto solenne e terrificante. I Pokémon spettro pareva che brillassero di luce propria, non era quasi più neppure necessario ricorrere al Flash di Mareep. Terrorizzato fino al midollo, Phil afferrò saldamente per un polso il suo amico e, bisbigliando per timore di essere ascoltato dai Pokémon spettro, pregò Terry di retrocedere immediatamente e di salire al piano di sopra, perché la porta d'uscita sembrava essere presa di mira da altri Pokémon spettro, completamente accerchiata e ormai irraggiungibile. Il ragazzo dalle folte basette scosse la testa e continuò interdetto a fissare i Pokémon fantasma, deglutendo ma si accorse di avere la gola secca.

-No Phil, Laura è nei paraggi e dobbiamo trovarla prima di andarcene.- Phil, stupefatto da quella affermazione, osservò stralunato il suo amico e rimase addirittura a bocca aperta: rimanere in quel posto, con la minaccia di essere attaccati da almeno cento Pokémon spettro, e rischiare di rimetterci la pelle? Terry doveva essere impazzito tutto d'un colpo. I Pokémon erano dello stesso avviso di Terry e, con il cuore in gola e terrorizzati alla visione di tutti quei Pokémon fantasma, si raccolsero attorno all'allenatore con il gilet in pelle, allontanandosi progressivamente da Phil. Anche Cleffa, spronato dalle incitazioni dei Pokémon di Terry, dapprima timoroso, decise di seguire l'esempio dei suoi alleati e, divincolandosi dall'abbraccio del suo allenatore, si unì al gruppetto che, compatto e coeso, decisero di affrontare quei fantasmi col proposito di ritrovare Laura e Dratini, disperse chissà dove in quel luogo infernale. Phil, ridacchiando e scuotendo la testa, temendo che il suo amico fosse uscito completamente di senno, si avvicinò verso Cleffa, col proposito di raccoglierlo dalla sua posizione (i Pokémon si erano schierati uno di fianco all'altro davanti a Terry, e Cleffa era quello più sulla sinistra rispetto agli altri) e di allontanarsi, diretto verso la scala del piano successivo.

-Beh… fa' come vuoi! Noi ce ne andiamo!- Cleffa non fu dello stesso avviso del suo allenatore. I Pokémon erano disposti così, uno a fianco dell'altro, con i musi rivolti verso l'alto, in direzione dei Pokémon fantasma: Cleffa, Sylveon, Altaria, Geodude (con Bulbasaur, tremante, alle sue spalle accucciato), Mareep, Pidgey, Weedle e Machop. Terry era dietro di loro e osservò con una certa meraviglia la protesta veemente di Cleffa quando quest'ultimo si ritrovò a contatto con le mani di Phil, con il proposito di farlo desistere da quella assurda idea che i suoi amici avevano in mente di affrontare.

-Cleffa, è pericoloso stare qui!- Niente da fare, il Pokémon stella non voleva sentire ragioni e tentò qualunque mezzo per sottrarsi a quella presa ai suoi fianchi, vedendosi sollevato da terra contro la sua volontà. Non pensò neppure due volte a mordere con i suoi canini la mano destra del suo allenatore, tra il pollice e l'indice. Phil, tra la sorpresa e il dolore, lasciò andare immediatamente il suo Pokémon e, ruggendo dal dolore, con una mano coprì l'altra morsicata e, aggrottando le sopracciglia, voltò lo sguardo verso Terry, il quale, con gesto di disapprovazione, scuoteva la testa, piuttosto contrariato dall'atteggiamento del suo amico.

-Phil, dovresti vergognarti. Lasceresti quindi una nostra amica al suo destino e scapperesti senza combattere?- La domanda accusatoria di Terry lasciò Phil quasi senza fiato, e per un certo momento addirittura dimenticò il dolore alla mano causato dal morso di Cleffa. Come sarebbe a dire “abbandonare l'amica”? Terry aveva nominato Laura… ma la ragazza non era nei dintorni, era venuta assieme a lui per cercarlo? E dove si trovava, in quel momento? Ben presto ed in poche parole Phil venne informato da Terry della spedizione di ricerca intrapresa da lui, Laura, Ash e Brock e tutto quello che era successo fino a quel momento, fuga dagli inferociti Ursaring compresa. Non essendo stato ovviamente informato di quello che era accaduto dal momento in cui aveva inseguito il suo Pokémon stella dal Parco centrale di Lavandonia fino alla Torre Pokémon, Phil aveva creduto di essere stato rintracciato solo dal suo amico, e non si era neppure accorto, in quel momento di panico nel vedere estendersi a perdita d'occhio quel cimitero al pian terreno, della presenza dei Pokémon degli altri allenatori. Una volta preso coscienza di quanto accaduto poco prima a Laura (scappata in preda al panico in mezzo alle lapidi e misteriosamente scomparsa insieme al suo Pokémon drago), Phil abbandonò immediatamente i suoi propositi di fuga e si guardò attorno, alla ricerca visiva della figlia dei Ferguson, disinteressandosi per qualche secondo dai Pokémon fantasma che, proprio in quel momento, avevano quasi toccato con la testa il soffitto del piano terreno e si erano fermati, spostando lo sguardo leggermente sotto di loro, in direzione dei due allenatori.

-Ora ho capito, Terry. Ti chiedo scusa, non sapevo della situazione di Laura…- Terry comprese quasi immediatamente che il tempo delle parole era finito ed era giunto il momento di combattere.

-Ne parliamo dopo, Phil! Ora diamoci dentro e creiamoci un varco in mezzo a quelle lapidi!- Il segnale dell'inizio della battaglia era arrivato. Uno stridulo fischio ruppe il silenzio angosciante coperto unicamente in quel momento dalle parole dei due allenatori e dal cupo brusio dei versi dei Pokémon che osservavano con timore, dal basso verso l'alto, i Pokémon fantasma quasi appiccicati al soffitto dell'enorme stanza. Terminato il fastidiosissimo fischio, i Pokémon, silenziosamente e confondendosi nel buio presente nella Torre Pokémon, si mossero simultaneamente e, come fossero un’unica entità, deviarono in picchiata verso lo sparuto gruppetto di Pokémon, in fibrillazione e in attesa di ricevere precisi ordini da parte dei due allenatori. Terry e Phil, pietrificati, non seppero pronunciare neppure una sillaba, talmente rimasero terrorizzati dal susseguirsi degli eventi. Sylveon e Altaria, seguiti dai Pokémon di Alex, Geodude, Mareep e Bulbasaur, i quai erano preceduti da un coraggiosissimo Cleffa, si mossero in avanti e diedero il via al contrattacco contro i Pokémon fantasma. Terry stringeva convulsamente nella mano destra la chiave che avrebbe aperto i portoni che davano all’esterno, mentre Phil, boccheggiando, osservava inebetito il suo Cleffa che, nonostante la sua corporatura minuta, capitanava con una certa disinvoltura i suoi compagni di squadra, dando precise disposizioni di controffensiva.

 

“Ragazzina! Ehi, ragazzina, dico a te!” La voce limpida e quasi infantile terrorizzò a morte la povera Laura, che non osava più rialzare lo sguardo, rannicchiata nella sua posizione fetale, nonostante ci fossero i suoi Pokémon, attorno a lei, che stavano tentando in tutti i modi di confortarla e consolarla. Troppa era la paura di essere nuovamente ripiombata nella sua malattia schizofrenica, un periodo buio della sua vita che aveva superato con enormi difficoltà. Era convinta, in cuor suo, che il viaggio di addestramento di Pokémon l’avrebbe aiutata a reagire ai suoi dubbi e alle sue paure, ma ora lei era lì, dispersa chissà dove, nelle fogne del cimitero dei Pokémon, accerchiata da spiriti che non si sapeva se fosse stato meglio se frutto della sua immaginazione o proiezioni di persone dell’oltretomba. Il pigolare dei suoi Pokémon non le era di alcun conforto, anzi peggiorò il suo stato d’animo, facendola sentire colpevole di avere trascinato tutti i suoi fidi guerrieri in quella situazione. Non sapeva come reagire, non sapeva che cosa fare… d’un tratto, un tocco leggero sfiorò il suo capo, e improvvisamente la ragazza si calmò, come se quel gesto fosse di una persona fidata. Dratini, Poochyena, Ledyba e Sandshrew interruppero il loro cicaleggio e Laura, allarmata da quel silenzio improvviso, raccolse coraggio a due mani e decise di alzare la testa per osservare cosa stesse succedendo. Le entità incorporee non erano più presenti accanto a lei, i Pokémon erano alla sua destra, perplessi, che stavano osservando davanti a loro, sul pianerottolo della scala di ferro. Laura seguì lentamente il loro sguardo e si accorse, con grande sollievo, di avere davanti un piccolo gruppetto di Pokémon fantasma, raccolti tutti uno accanto all’altro, intimoriti e circospetti, osservare con occhi sbarrati l’allenatrice di Pokémon con gli occhi verdi. Non era assolutamente chiaro cosa stesse accadendo, quei mostri altissimi non c’erano più, come se si fossero volatilizzati, ed erano rimasti quei Pokémon spettro. Due Gastly, un Haunter, un Gengar, tre piccoli Misdreavus, un Sableye che si sorreggeva in piedi a stento e un Duskull spaventatissimo, preceduti da un anziano Banette che, curvo e con gli occhi quasi velati di grigio da una evidente cecità senile, aveva appoggiato una delle sue corte zampe anteriori sul capo della figlia dei Ferguson. Quel Banette, dalla bocca simil-cucita da una zip, sembrava stesse per cadere a terra da un momento all’altro, sopraffatto da una crescente stanchezza. Il suo passo incerto e tremante mise in allarme Haunter e Gengar che, con delicatezza e premura, afferrarono dai lati le braccia di Banette e lo sostennero con amore quasi filiale. Il respiro di Banette si era fatto più affannato e respirava a fatica, ma non volle abbandonare lo sguardo attonito della ragazza. L’anziano Pokémon fantasma increspò il suo volto in un sorriso sgangherato, una miriade di rughe fecero capolino accanto ai suoi occhi, ma il sorriso non era assolutamente feroce come ci si poteva aspettare da un Banette qualsiasi.

“Ti chiediamo scusa, giovane umana…” La voce flebile e distante di Banette arrivò alle sue orecchie… o per meglio dire, alla sua mente, il vecchio Banette stava utilizzando il potere del pensiero per comunicare mentalmente con l’allenatrice dei Pokémon. All’inizio la ragazza temette di essere nuovamente in preda alle sue antiche follie e squilibri mentali, ma quando decise di allargare il suo sguardo ad Haunter e Gengar, e notò che i due Pokémon spettro stavano annuendo a loro volta con il capo, la figlia dei Ferguson abbandonò la sua posizione fetale e si sedette in terra a gambe incrociate, il contatto gelido con il pavimento di ferro la fece trasalire. Il PokéNav, abbandonato a lato del pianerottolo, illuminava di sbieco i Pokémon spettro che, eccetto Banette, Haunter e Gengar, spaventava a morte gli altri Pokémon spettro, i quali osservavano terrorizzati il fascio di luce LED che proveniva dall’apparecchio elettronico.

“Non era nostra intenzione spaventarti “ proseguì debolmente il vecchio Banette “non sapevamo chi fossi… pensavamo fossi uno degli sgherri di Dusknoir...” I Pokémon di Laura non riuscivano ad udire, come la loro allenatrice, le parole dell’anziano Banette. Preoccupati da quel silenzio che si prolungava e osservando in volto la loro allenatrice, che a sua volta guardava fisso il vecchio Banette, senza spiccicare una parola e rimanendo immobile come una statua, decisero di intervenire e, avanzando lentamente, attirarono l’attenzione dell’allenatrice e degli altri Pokémon presenti. Poochyena, il più agguerrito dei Pokémon di Laura, avanzò di qualche passo in più rispetto ai suoi compagni e, mostrando le zanne in un ringhio sommesso, scrutò con ferocia i Pokémon spettro i quali, spaventati dal volto minaccioso del Pokémon lupo, indietreggiarono velocemente, fino a quasi scomparire nella zona non illuminata dal PokéNav. Laura, ripresasi dal momento di sconforto e vista l’entrata in scena dei suoi Pokémon, voltò lo sguardo verso di loro e richiamò il suo Poochyena verbalmente. Allargò un braccio verso il Pokémon buio, con l’intenzione di fermarlo.

Laura: -Fermati, Poochyena! È tutto sotto controllo, sono Pokémon amici!- Poochyena, Dratini, Sandsdhrew e Ledyba, rincuorati di sentire nuovamente parlare la loro allenatrice, si avvicinarono più tranquilli verso di lei e si posizionarono, per meglio dire si schierarono, guardinghi e circospetti, di fronte alla loro allenatrice, con il proposito di mantenere un certo distacco tra lei e il vecchio Banette, che ne frattempo, passetto dopo passetto, si stava avvicinando di nuovo nella zona della luce, accompagnato diligentemente da Haunter e Gengar. Gli altri Pokémon, intimoriti da Poochyena, preferirono rimanere nell’ombra, nonostante la loro fisionomia era possibile osservarla nitidamente nei loro contorni.

“Grazie, giovane umana… i tuoi Pokémon ti vogliono molto bene, dovresti essere molto contenta di loro...” I tre Pokémon spettro si fermarono a due metri di distanza dai quattro Pokémon di Laura, poiché Poochyena, nuovamente ringhiando contro di loro, intimò di fermarsi minacciando di saltargli addosso. L’allenatrice di Pokémon quietò il suo Poochyena accarezzandolo sulla testa, il quale apprezzò molto il gesto, scondizolando e quietandosi quasi immediatamente.

Laura: -Chi… chi siete?- Banette sorrise alla domanda della giovane allenatrice di Pokémon. Dratini, Ledyba, Sandshrew e Poochyena poterono ascoltare le voci sommesse di Haunter e Gengar che spiegarono loro cosa stava accadendo in quel momento, mentre Banette comunicava telepaticamente con Laura.

“Siamo i Pokémon custodi della Torre Pokémon, come voi umani chiamate il nostro cimitero. Siamo sempre vissuti nei sotterranei del vecchio cimitero e, quando gli umani decisero di rinnovare, molto tempo fa, la costruzione del cimitero, spostandolo nella periferia della vostra città chiamata Lavandonia, essi che ci rispettavano moltissimo ne parlarono con noi, chiedendoci l’autorizzazione di trasferire i resti dei defunti, e accettammo di trasferirci qui.” Un colpo di tosse improvviso quasi fece barcollare il vecchio Banette, ma l’anziano Pokémon fantasma, trattenuto dai vigorosi Haunter e Gengar, non lasciarono cadere il loro compagno. Laura comprese quasi immediatamente che l’anziano Banette era, oltre essere vecchio, anche malato e bisognoso dell’aiuto dei suoi compagni. Haunter e Gengar sembrava che nutrissero un profondo rispetto nei suoi confronti.

Laura: -Cosa è successo prima? Che cos’erano quei… fantasmi?- La ragazza deglutì, ancora spaventata da quelle immagini umanoidi deformi e raccappriccianti. L’anziano Banette, tossendo ancora e deglutendo a fatica, inclinò la testa leggermente avanti e, con il suo sguardo vacuo, parve osservare i giovani Pokémon dell’allenatrice di fronte a lui.

“Una nostra protezione… una illusione che creo per allontanare chiunque voglia entrare senza il nostro consenso…” un altro colpo di tosse, e un brivido percorse l’anziano Pokémon fantasma. Laura capì, da quelle parole, che la creazione delle figure spettrali, l’immagine dei cadaveri nello stretto tunnel, le grida improvvise e quel rumore metallico sinistro erano una messinscena creata appositamente per tenere lontani i visitatori e non disturbare i Pokémon defunti che riposavano nei sotterranei. Le grida e il rumore metallico erano causate dal Sableye che si sorreggeva con una catena dagli anelli grossi quanto una Poké Ball, e causava appositamente quella confusione come prima barriera difensiva contro chiunque si avvicinasse ai sotterranei della Torre Pokémon.

Laura: -Creare quelle immagini deve costarti molta fatica…- Il vecchio Banette annuì, respirando a fatica. Lentamente, gli altri Pokémon spettro si stavano avvicinando, abbandonando la zona d’ombra e notando che i loro compagni stavano tranquillamente parlando con Laura. Banette sorrise leggermente e, con un cenno del capo, indicò gli altri Pokémon spettro che erano dietro di lui.

“Questi sono i miei nipotini… non fraintendere, giovane umana… sono la mia famiglia, tutti noi ci occupiamo di mantenere l’ordine in questo posto… alcune volte, Haunter e Gengar si rendono disponibili per indicare ai visitatori dove si trovano le tombe dei loro Pokémon.” Laura spaziò con lo sguardo verso i piccoli Misdreavus, i due Gastly, il Sableye malfermo sulle sue gambe e lo spaventato Duskull, che fissavano a occhi e bocca aperta a loro volta la figlia dei Ferguson. Che buffo, dei Pokémon fantasma che avevano timore di una ragazzina di appena 14 anni. Di solito i Pokémon spettro erano arroganti e dispettosi, alcune volte feroci e dai sentimenti negativi. Eppure Banette e la sua famiglia sembravano così gentili e innocui… il vecchio Banette sorrise nuovamente, conscio della perplessità della sua interlocutrice umana.

“Capisco il tuo smarrimento, giovane umana“ riprese con leggero vigore il vecchio Banette “ma cerca di capire, non ci aspettavamo una visita di estranei, soprattutto in questo momento...” Laura annuì, leggermente tranquillizzata dalle pacate parole dell’anziano Banette. Poi il riferimento di poco prima di un altro Pokémon nei discorsi di Banette incuriosì la ragazza, e chiese al Pokémon fantasma direttamente a chi si riferisse. Haunter e Gengar scossero la testa, rattristati e lo stesso Banette chinò il capo in avanti, sospirando gravemente.

“Dusknoir… un Pokémon aggressivo che gioca con la vita dei visitatori… adesso ti racconto la sua storia.”

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Capitolo 41
*** 40 - Il Mistero della Torre Pokémon (quinta parte) ***


I Pokémon spettro, come previsto ampiamente da Phil, non avevano sicuramente intenzioni pacifiche nei confronti del piccolo gruppetto di guerrieri che fronteggiavano in quel momento. Mareep faceva fatica a mantenere attiva la luce della sua coda con il suo Flash, la luce andava e veniva e il coraggio mostrato poco prima da Cleffa stava lentamente venendo meno.
La prima “ondata” di Pokémon fantasma si abbatté come fosse stato un uragano, dall’alto verso il basso, dove miriade di occhietti giallo fosforescenti, ghigni malefici e artigli protratti in avanti si stavano per scaraventare sulle teste dei Pokémon e, ben presto, tutti i Pokémon difensori dovettero fronteggiare dai tre ai sette Pokémon fantasma alla volta.
Altaria e Pidgey, con le loro robuste ali, scaraventarono alcuni Gengar e diversi Misdreavus lontano  da loro tramite l’attacco Raffica, ed i Pokémon fantasma volarono a diversi metri di distanza, come esseri senza forma né sostanza, disintegrandosi come fossero dei castelli di sabbia. Cleffa e Mareep risposero agli attacchi Palla Ombra di altri Gengar provenienti dall’alto rispondendo con diversi attacchi Comete, e questi ultimi attraversavano trasversalmente i corpi dei Pokémon spettro, i quali come i precedenti si dissolsero nel nulla.
Machop e Geodude decisero di rompere a pugni le piastrelle e, raccoltine i cocci con le mani, li scagliarono contro alcuni Haunter che si stavano per accanire contro di loro. Stesso discorso per questi Haunter, anche loro svanirono in una immagine tremolante e sparirono dallo spazio vitale dei due Pokémon forzuti.
Sylveon e Weedle combinarono gli attacchi Vento di Fata e Millebave, formando una poltiglia a spirale che andò a centrare numerosi Pokémon spettro i quali, proprio come gli altri, al contatto di quella colla luminosa sparirono come se la terra li avesse inghiottiti. Terry (che aveva ancora Bulbasaur in braccio) e Phil osservarono impressionati la lotta che si stava disputando in quel momento al piano terreno della Torre Pokémon. Gli attacchi dei Pokémon alleati andavano tutti a segno, ma stranamente era come se i Pokémon spettro non fossero realmente “colpiti”, infatti la massa appiccicosa formata dall’attacco combinato di Weedle e Sylveon andò a spiaccicarsi sul muro accanto al portone, per poi colare lentamente a terra a grosse gocce oleose, per poi rapprendersi e solidificarsi in terra. Phil era il più spaventato dei due e, tremando indicò con un dito i Pokémon fantasma che volteggiavano attorno ai Pokémon che si stavano difendendo come meglio poterono.
-Non… non è possibile! I Pokémon fantasma… non stanno subendo alcun attacco!- L’osservazione del ragazzo col pizzetto venne esclamata ad alta voce, ed i Pokémon che stavano difendendosi da quelli spettro si voltarono all’unisono, terrorizzati, guardando di sfuggita l’allenatore con il gilet in pelle. La distrazione fu tale che i Pokémon fantasma ripresero le loro offese, caricando dall’alto verso il basso, come se fosse stata un’immensa onda d’acqua dell’oceano. Cleffa e gli altri Pokémon si prepararono a ricevere i Pokémon fantasma, ma si accorsero ben presto che costoro, invece che colpire in qualche maniera il gruppetto, lo “attraversarono” nel vero senso della parola. I vari Gastly, Gengar, Haunter, Misdreavus, Duskull, Banette e altre specie ancora attraversarono in diagonale i Pokémon e si tuffarono, ridendo come dei forsennati, nel pavimento di pietra, a una velocità supersonica, dopodiché ritornarono, in un blocco solo, da un’altra parte del pavimento, e ripercorsero nuovamente lo stesso percorso di prima, colpendo nuovamente i Pokémon congelati sul posto dal terrore. E di nuovo, ancora una volta, e se i Pokémon avessero potuto spostarsi, gli aggressori mutavano a loro volta la loro traiettoria, rendendo impossibile ogni via di fuga. Terry sgranò gli occhi, a bocca aperta, osservando quello spettacolo raccapricciante.
-Cosa… cosa sta succedendo?!- Il piccolo Bulbasaur, tra le braccia del ragazzo con le folte basette, iniziò a piangere e a dimenarsi nella sua scomoda posizione semi-seduta e, per un caso fortuito, le liane verde ramato si estesero dal suo bulbo verde smeraldo fino quasi a toccare il soffitto, ad una velocità impressionante, e colpirono qualcosa di enorme, che stava precipitando proprio in quel momento sulle teste degli allenatori. Il contraccolpo fece sì che quella massa informe dal colore indefinito, persa la traiettoria a causa delle liane di Bulbasaur, deviò la sua caduta ed andò quasi a schiantarsi in terra di fianco a Terry e Phil che, spaventati dall’entrata in scena di quell’ammasso scuro indefinito, fecero letteralmente un salto indietro e i Pokémon fecero altrettanto. Quella sagoma oscura, caduta in terra e strisciando per diversi metri lontano dai due allenatori, rotolò su se stessa diverse volte e, quando finalmente si fermò in una nuvola di polvere e di fuliggine, sembrava dare proprio la schiena a Terry e Phil. Improvvisamente, il continuo girovagare dei Pokémon fantasma si fermò e gli spettri si dileguarono in tutte le direzioni, sparendo a destra, a sinistra, sopra e sotto, sgombrando rapidamente il terreno e sgravando i Pokémon difensori da una opprimente ed angosciante presenza.
Il silenzio cadde nuovamente nel piano terreno della Torre Pokémon, e solo il cupo brusio del respiro della massa informe che ancora era sdraiata a terra, vicino alla porta di ingresso, rompeva quella quiete irreale che si era sviluppata tra i Pokémon terrorizzati. Il respiro corto di Cleffa e compagni, causato sia dallo spavento di ritrovarsi davanti una moltitudine di Pokémon spettro, che dagli attacchi lanciati poco fa nel disperato tentativo di difesa, era l’unico suono ovattato che potesse contrastare quello gravoso di Dusknoir. Passò qualche minuto, dove non accadde nulla di rilevante, e Terry decise, nonostante il parere contrario del suo amico di lunga data, di avvicinarsi al Pokémon spettro ancora sdraiato in terra. Il ragazzo con le folte basette si incamminò lentamente, superando i Pokémon che aveva davanti a sé, e con un atteggiamento di circospezione si avvicinò a Dusknoir, che sembrava essere svenuto.
-Per carità, Terry! Non avvicinarti a lui! Può essere pericoloso!- L’allenatore si inchinò, con un ginocchio a terra, vicino alla schiena di Dusknoir e il ragazzo sorrise, voltandosi verso l’altro allenatore.
-Nessuna paura, Phil! È svenuto, non può fare alcun male!- I Pokémon erano pronti a difendere Terry, mettendosi tutti in posizione di guardia, avanzando di un passo verso Dusknoir. Solo Phil rimase paralizzato nella sua posizione, deglutendo e tremando leggermente nella voce.
-Sei… sei sicuro?- Il ragazzo annuì e continuò a sorridere.
-Certamente, non vedi che è svenuto? Non può essere offensivo. Appena si risveglierà, gli chiederemo che cosa sta succedendo in questo luogo e se può aiutarci a trovare Laura…- Non potè terminare la frase che, osservando in faccia il suo amico di vecchia data, scorse il suo crescente terrore e la bocca contratta in un grido di orrore. Passò lo sguardo verso i Pokémon e notò che anche loro si erano congelati dallo spavento, guardando leggermente alla destra di Terry, e indicando un punto indefinito, con zampe tremanti. Il ragazzo col pizzetto ridacchiò scuotendo la testa, e si voltò lentamente verso la zona indicata da tutti i suoi amici.
-Ehi, amici, rilassatevi! Che facce spaurite, sembra proprio che abbiate visto un fantasmaaaAAAHHH!!- Terry comprese immediatamente il perché di quelle facce terrorizzate. Dusknoir si era ripreso dalla botta subita poco prima e si era girato con il collo ad osservare in volto Terry, e il suo unico occhio brillava di una sinistra luce rossastra, minacciosa e il Pokémon spettro era pronto per attaccare nuovamente il gruppo, o perlomeno queste sembravano le sue intenzioni.
 
-Cosa? Dusknoir è impazzito?- Laura stentava a credere alle parole del vecchio Banette, eppure tutto quello che le era stato raccontato dall’anziano Pokémon fantasma pareva essere abbastanza verosimile. Gli ultimi sviluppi di un macabro tentativo da parte del Team Richardson di prendere possesso della Torre Pokémon, riesumando i cadaveri dei Pokémon e sequestrandoli, chiedendone poi un lauto riscatto agli allenatori e/o amici dei Pokémon defunti, non erano poi così distanti nel tempo. Banette, Dusknoir e gli altri Pokémon spettro tentarono di scacciare la losca organizzazione dalla Torre Pokémon, sprangando tutte le porte d’accesso e spaventando le reclute che infestavano il cimitero gettandole fuori dalle finestre, qualora fosse stato necessario. Dusknoir era ovviamente il più forte del gruppetto a difesa della Torre Pokémon ed era il Pokémon spettro che più si prodigava a sconfiggere i nemici che gli si presentavano davanti. Dapprincipio Banette ed i suoi compagni, che dimoravano nella sala della Campana Chiara, al piano più alto del cimitero, non si erano accorti di niente, perché il Team Richardson in qualche maniera era riuscito ad ottenere una copia delle chiavi di accesso alla Torre Pokémon, penetrando nottetempo mentre i custodi dormivano placidamente. Quando si resero conto dell’invasione ai loro danni, sarebbe stata la fine per loro se non fosse stato per Dusknoir, il quale, dando letteralmente l’anima e tutto ciò che aveva in corpo, protesse i suoi compagni dagli attacchi dei Pokémon avversari utilizzando una mossa difensiva costituita da uno schermo invisibile, dove qualsiasi tipo di attacco andava a cozzare contro.
“Erano troppi, giovane umana,” Proseguì stancamente Banette. “Saranno stati una cinquantina di individui, avevano occupato quasi interamente la nostra dimora. Tutti coperti dai loro drappi rosso fuoco, era impossibile capire chi fossero, i loro Pokémon erano terribili, uno più dell’altro.” L’anziano Banette si fermò, tossendo ancora una volta, e prese fiato per proseguire il suo racconto.
“Purtroppo la battaglia… la battaglia è stata devastante, per tutti noi. Dusknoir… ora sospetta di tutti, e di tutto. Teme anche che… pure noi, la sua famiglia, possiamo tradirlo. Quindi… ci siamo rifugiati qui… nel nostro nascondiglio, lontano da lui. Ora… lui caccia via tutti… e non fa entrare nessuno... Se il Team Richardson... come lo chiamate voi umani, fosse riuscito a raggiungere la Campana Chiara, distruggendola con i loro arnesi… come li chiamate, voi?” Laura spiegò al vecchio Banette che gli strumenti che Gengar e Haunter simulavano con le loro voci gutturali era denominato “martello pneumatico”, ma anche se non glielo avesse chiarito non ci sarebbe stata alcuna differenza poiché i tre Pokémon fantasma osservarono attoniti la figlia dei Ferguson.
“Scusa, giovane umana, martello che?” Laura scosse la testa e sorrise, lasciando perdere le spiegazioni tecniche sull’utilizzo degli strumenti di proprietà degli umani. Arrivata a quel punto della conversazione, la ragazza dagli occhi verdi fu decisamente più sollevata. La paura di essere caduta nuovamente nella sua follia era ora un pallido ricordo, era vigile e cosciente e soprattutto razionale, il che la riempì un po’ di orgoglio personale. I suoi Pokémon erano accanto a lei, attentissimi ai discorsi di Haunter e Gengar, che traducevano le parole di Banette in modo tale che anche Dratini, Poochyena, Ledyba e Sandshrew fossero informati della situazione che si stava sviluppando di sopra.
-Scusa, Banette – la ragazza interruppe dolcemente l’anziano Pokémon fantasma, anche per fargli riprendere fiato – che cosa sarebbe successo se il Team Richardson avesse demolito la campana della torre?- L’anziano Banette scosse lentamente la testa, leggermente rattristato al solo pensiero di condividere con la giovane allenatrice di Pokémon un fatto così spiacevole da ascoltare.
“Devi sapere, giovane umana... che la Campana Chiara serve per quietare le anime dei Pokémon defunti... e stabilire un equilibrio netto tra il mondo dei mortali e l’aldilà... ma la gente è più propensa a credere che la campana serva unicamente... a tranquillizzare gli animi delle persone e non farsi la guerra tra di loro...” Un altro colpo di tosse, più potente questa volta, piegò in due il vecchio Pokémon spettro ed i suoi compagni, spaventati, lo adagiarono dolcemente a terra, e velocemente gli altri componenti della famiglia si avvicinarono, per sostenere sia fisicamente che moralmente il loro anziano leader e capofamiglia. Laura non volle più fare domande a Banette, in evidente debito d’ossigeno e a corto di fiato per tutto quel parlare mentalmente, che doveva richiedere numerose energie.
-Basta, Banette, ti prego resta in silenzio, risparmia le energie.- Poi la ragazza afferrò nuovamente il  PokéNav e, osservatone lo stato della batteria, scosse la testa, leggermente preoccupata per il suo marchingegno elettronico. Aveva ancora disponibili tre tacche su sei, era già arrivata al 50% dell’autonomia elettrica e se non avesse trovato una soluzione al più presto, si sarebbe trovata nella più totale oscurità e quel tanfo terribile la prendeva per la gola, così come i suoi poveri Pokémon. Conscia che far parlare Banette era come fargli bere delle bevande amare e disgustose, la figlia dei Ferguson pose altre domande all’anziano Banette, il quale nonostante avesse gravi difficoltà a respirare, fu lieto nel rispondere alla sua giovane amica.
-Banette, io e i miei Pokémon siamo scivolati per sbaglio da una lapide e caduti nel piano inferiore, e non sappiamo come uscire da qui…- Sia Banette che gli altri Pokémon fantasma osservarono sbalorditi la ragazza, la quale si trovò in netto disagio con tutti quegli occhi luminosi addosso a lei.
“Come… come hai detto? Lapide…? Al piano terreno?” Laura annuì, chiedendosi mentalmente il perché di tutta quella meraviglia.
-Sì, certo – balbettò Laura, indecisa se rivelare quello che aveva visto di sopra – … un cimitero pieno di lapidi, che si estende a vista d’occhio…- Tutti i Pokémon spettro sgranarono gli occhi, quasi meravigliati nell’udire quelle parole. Addirittura il vecchio Banette, nell’udire la notizia, si mise in piedi da solo senza l’aiuto di Haunter e Gengar. Si protese in avanti, indicando con una zampa la giovane allenatrice, e per poco ci mancava che cadesse in avanti per lo squilibrio, se non fosse stato per i due suoi compagni.
“Giovane umana… non c’è mai stato un cimitero… al primo piano, ma solo la sala di accettazione…!” Poi all’improvviso, l’illuminazione. Banette si voltò lentamente, guardando in faccia sia Haunter che Gengar, poi un brivido percorse l’anziano Pokémon, quasi come se la rivelazione avesse potuto cambiare l’esito della sua vita per sempre.
“Dusknoir…!! E’ stato lui!!”
 
Machamp e Onix, spalla contro spalla, continuarono a lanciarsi in attacchi disperati contro i due Ursaring che non smettevano un solo istante di scagliare con tutta la loro potenza l’attacco Breccia contro i loro avversari. Il Pokémon lotta di Ash tentò in tutti i modi di bloccare l’attacco diretto verso Onix con le sue quattro possenti braccia, mentre il Pokémon roccia di Brock, con un colpo della sua potente coda, colpiva l’altro Ursaring che, caricando a velocità al limite del credibile, aveva tutta l’intenzione di abbattere Machamp con un potente Body Slam. I due allenatori, un poco più distanti rispetto al luogo dello scontro, strinsero i denti ed i pugni, coscienti di stare occupando parecchio tempo nel tentativo di fermare quei due colossi. Machamp riuscì, con l’ausilio delle altre due braccia libere, di colpire ai fianchi il primo orso con diversi Colpokarate, mentre con le altre braccia bloccava le zampe anteriori del suo avversario. Brock ordinò ad Onix di colpire l’altro Pokémon con l’attacco Sassata. Il Pokémon serpente, colpendo con energia il terreno con la sua coda, frantumò il pavimento di terra e, spazzando energicamente le varie zolle fino a creare un vorticoso uragano di terra, fango e pietre varie, ne creò una strana “pioggia” che colpì di netto il volto del secondo orso il quale, nonostante la notevole scarica precipitatagli addosso, non demorse e caricò come un treno, fino a raggiungere il suo avversario, colpendolo con un attacco Breccia.
-Onix, mantieni la calma e usa Legatutto su Ursaring!- L’altro Ursaring si era liberato dalla presa di Machamp, allargando le zampe anteriori e, avvolgendo le sue zampe attorno alle quattro braccia del Pokémon di Ash, dall’esterno verso l’interno, lo bloccò completamente e, sorridendo con ferocia, lo squadrò con sadico divertimento. Ash, con il cuore in gola, gridò un ordine di difesa a Machamp ma il Pokémon lotta, impossibilitato a qualsiasi movimento, non riuscì ad evitare una scarica di testate che Ursaring rifilò al muso del Pokémon bloccato. Il Master dei Pokémon sbarrò gli occhi, incredulo: non aveva mai visto dei Pokémon così agguerriti, potenti e ostinati come quei due Ursaring.
-Machamp – gridò Ash – usa Introforza per liberarti dalla presa di Ursaring!- Con evidente difficoltà, Machamp riuscì a crearsi un varco e l’orso venne respinto indietro di diversi metri grazie alla tecnica dell’Introforza, una potente luce bluastra scaturì dalle quattro braccia del Pokémon lotta   e andò a segno, colpendo l’avversario direttamente al torace. Nonostante tutto l’impegno messo in quella tecnica, il Pokémon di tipo normale rimase in piedi e semplicemente venne trascinato indietro, creando un solco in terra con gli artigli delle sue zampe anteriori. Ruggendo con intenzioni bellicose, ripartì nuovamente all’attacco, così come l’altro Ursaring, liberatosi dalla stretta del corpo  di Onix, saltò di lato e, afferrato il Pokémon roccia alla base della sua coda, lo sollevò con entrambe le zampe come se fosse un lazo e lo fece roteare sopra di sé, molto probabilmente con l’intenzione di scagliarlo lontano. Ash e Brock, attoniti, osservarono lo sviluppo dello scontro quasi con meraviglia.
-Non ci posso credere – commentò amaramente Brock – non ho mai visto Pokémon così potenti come quei due!- Ash annuì, deglutendo un rospo amaro. Con la coda dell’occhio osservò Pikachu, alla sua sinistra. Il Pokémon elettrico osservava a denti stretti i suoi alleati che stavano avendo grosse difficoltà ad abbattere i loro avversari, nonostante tutta la buona volontà che stavano applicando in quella battaglia. Brock dovette desistere e richiamò Onix nella sua sfera Poké, volendo evitare danni peggiori che avrebbero potuto scaturire dal lancio verso il vuoto del suo Pokémon. Machamp ansimò, provato duramente dall’utilizzo di Introforza di poco prima e, evitando un nuovo attacco Breccia girandosi di lato e mandando a vuoto il suo avversario, ne approfittò per colpire Ursaring all’addome con una ginocchiata. L’orso accusò violentemente il colpo e, proiettato in avanti, cadde prono in terra, trascinandosi sul terreno di diversi metri, fino ad arrivare quasi nei pressi dei due allenatori, che evitarono per un soffio di essere travolti da quella massa di pelo. Nonostante il brutto colpo superefficace, Ursaring aveva ancora le forze di rialzarsi, ma Pikachu, con un rauco grido di rabbia, urlò la parola “stop” colpendo il Pokémon di tipo normale con un attacco Tuono, che lo ridusse finalmente ai minimi termini. L’altro Ursaring, visto il suo compagno a terra, finalmente iniziò a ragionare e, ansimando, osservò rabbiosamente in volto il Pokémon elettrico il quale, digrignando i denti dalla gran collera, si piazzò a quattro zampe, con la schiena arcuata e ricambiò duramente lo sguardo del suo avversario, facendo scoppiettare le sue tasche guanciali di energia elettrostatica.
-Ursaring, non vogliamo farti del male, non centriamo! Siamo entrati per sbaglio nella vostra grotta, vi chiediamo scusa!- Le parole accorate del maestro di Pokémon non convinsero l’orso marrone, ma vedere in terra il suo compagno e comprendere che quel pestifero Pokémon elettrico avrebbe potuto folgorare anche lui, lasciando scoperti e senza difese i piccoli Teddiursa, lo fecero desistere. Per di più, il Legatutto di Onix aveva causato non pochi danni al suo corpo, e Ash notò che l’orso appoggiava una zampa sul suo avambraccio sinistro, ruggendo dal dolore. Ursaring si sedette e iniziò a lacrimare per il male subito. Ash e Brock, dopo un’attesa di qualche secondo, si guardarono attorno, ansimando.
-Ash, sarà meglio curare questi due Ursaring e lasciarli andare. Dobbiamo fare in fretta e aiutare i nostri amici alla Torre Pokémon.- Il ragazzo col cappello annuì, leggermente più tranquillizzato dalle pacate parole dell’ex capopalestra di Plumbeopoli. Ignorando le crescenti minacce e le grida di rabbia del Pokémon normale seduto a terra, i due allenatori si indirizzarono velocemente verso l’orso colpito dall’attacco Tuono e, posati gli zaini in terra vicino ad Ursaring, ne estrassero diverse pomate ed unguenti che strofinarono sul corpo del Pokémon folgorizzato. Inferocito e temendo per la sorte del suo simile, l’altro Ursaring si sollevò nuovamente in piedi e si avvicinò minacciosamente, con l’intenzione di proseguire il combattimento, ma ben presto si arrestò, ammutolito, quando vide il suo compagno rialzarsi e riacquistare le forze. Sembrava contento di essere nuovamente in piedi e non aveva più intenzioni bellicose nei confronti dei due ragazzi. L’Ursaring ferito, confuso da quello che era appena successo, aprì gli occhi e la bocca dallo stupore.  Ash sorrise e fece cenno all’orso di avvicinarsi, avendo in mano le pomate e le bende per curare pure lui.
-Dai, avanti Ursaring, ora ti curiamo e ce ne andiamo!- L’Ursaring ferito guardò di sbieco il Pokémon elettrico, che sembrava non avere neppure lui più intenzioni bellicose. Pikachu stava sorridendo e lo invitava ad avvicinarsi, per farsi curare. Tentennando, l’orso guardò il suo compagno, che sembrava essere molto soddisfatto, e lo invitava a fidarsi dei due ragazzi. Con circospezione, Ursaring si avvicinò ed il primo passo verso di lui lo fece Brock, con in mano una fiala di Superpozione.
-Avanti Ursaring, fammi vedere dove ti fa male. Su, da bravo.- Riluttante, Ursaring scoprì la parte del braccio che aveva sfregato contro la pelle coriacea di Onix e, senza pensarci due volte, l’ex capopalestra di Plumbeopoli spruzzò il contenuto della pozione curativa sul punto indicato dall’orso. Il Pokémon normale, paventando un dolore atroce, ringhiò e gridò di rabbia verso l’allevatore di Pokémon, ma smise quasi immediatamente di ruggire, notando sia l’assoluta tranquillità dei presenti che l’effetto benefico quasi repentino della medicina curativa. La zampa anteriore di Ursaring parve essere privata di quel brutto graffio visto precedentemente e, sinceramente sbalordito di essere stato rimesso in forma da quello strano intruglio, l’orso si guardò attorno, quasi con aria smarrita. Ash ne approfittò per allontanarsi di qualche passo, con Pikachu nuovamente sulla sua spalla, e Brock che fece un cenno a Pidgeot e Pelipper, che ancora stavano accovacciati sul terreno con occhi quasi spiritati, di allontanarsi anche loro.
-Ora ce ne andiamo, promesso. Voi dovete tornare dai Teddiursa, avete capito?- E, senza attendere la risposta dai due attoniti Ursaring, richiamato Machamp nella sua sfera Poké, i due allenatori fecero ben presto dietrofront e, senza preoccuparsi di voltarsi indietro per capire se i due orsi li stessero seguendo o meno, corsero verso i due Pokémon volanti e saltarono loro in groppa. Pidgeot e Pelipper non attesero neppure l’ordine del loro allenatore, presero immediatamente velocità sull’erba e spiccarono un salto verso il cielo azzurro, librandosi e prendendo immediatamente il volo, diretti verso la Torre Pokémon, alla ricerca dei loro compagni dispersi.
 
Lo sguardo inferocito di Dusknoir, preso alla sprovvista dal provvidenziale intervento del piccolo Bulbasaur, inquietò tutto il gruppo ancora riunito al piano terreno della Torre Pokémon, avvolto in un’oscurità quasi asfissiante. Il Pokémon spettro, furioso per l’intrusione di tutti quei personaggi e anche per il fatto che furono in grado di scoprire l’inganno dei falsi ologrammi dei Pokémon fantasma, espediente utilizzato per spaventare i suoi avversari, si rialzò da terra con una certa difficoltà e, tenendo incollato lo sguardo verso Cleffa, il quale sembrava quasi sfidare con gli occhi Dusknoir, si avvicinò con lentezza. Terry, che era riuscito ad allontanarsi da Dusknoir correndo all’indietro, si posizionò nuovamente accanto al suo amico Phil, con il fiato grosso e con il cuore in gola, spaventato a morte dall’entrata in scena di quel Pokémon.
-Che… che cosa significa questo? - balbettò tremando Terry. Il ragazzo con le folte basette osservò con terrore il Pokémon fantasma davanti a loro, e pareva proprio che si stesse preparando con un’offensiva ai danni del gruppetto di Pokémon che gli si parava davanti. Phil, con Bulbasaur in braccio, batté i denti dal terrore e rimase congelato nella sua posizione, ad occhi sbarrati, nello scrutare Dusknoir che si decise finalmente ad attaccare i primi Pokémon che gli stavano di fronte, ovvero Sylveon e Altaria. I due Pokémon evitarono per un soffio una potente Ombra notturna che andò a cozzare contro il pavimento, e quasi andò ad investire gli altri Pokémon che si allontanarono saltando da tutte le parti.
-Che cosa possiamo fare, Terry? Quello lì ci sta attaccando!!- La voce arrochita dal crescente terrore di Phil quasi si poteva udire, ormai ridotta pressoché ad un filo. Terry si guardò attorno, stringendo i denti. Ormai erano soli, non avevano più i loro compagni ad aiutarli. Non c’erano né Ash, né Brock ad aiutarli. Laura era dispersa chissà dove in quel labirinto di lapidi spuntate chissà come e chissà quando, mentre Alex era stato lasciato indietro a Lavandonia, con il solo aiuto dei suoi Pokémon, che parevano congelati anch’essi dalla paura. I soli Pokémon che sembravano in qualche maniera reagire contro i pressanti attacchi di Dusknoir furono Sylveon, Altaria, Mareep e Cleffa. Phil strabuzzò gli occhi quando vide il suo Pokémon stella lanciarsi contro il Pokémon fantasma, e cercò  in ogni modo di richiamarlo indietro, temendo per la sua incolumità.
-Cleffa! Cleffa, torna indietro!- Cleffa e Sylveon, senza attendere l’ordine dai loro allenatori, scagliarono un attacco combinato di Comete contro Dusknoir, il quale con una semplice manata allontanò l’offensiva dei due Pokémon. Mareep galoppò in avanti, e belando lanciò un attacco Tuonoshock diretto verso il suo avversario. L’offensiva andò a segno ma non durò a molto, a causa dell’utilizzo intensivo di Flash che aveva prosciugato quasi tutte le energie della pecora. Dusknoir rispose con un nuovo attacco, Palla ombra. Il Pokémon fantasma si sollevò da terra e, inaspettatamente, scagliò con una velocità impressionante la sfera violastra che andò a colpire Mareep di striscio, ma fu comunque sufficiente per mandare il Pokmon elettrico K.O. Pidgey, istigato da Altaria, zampettò in avanti ed entrambi si affannarono ad allontanare Dusknoir con un attacco combinato di tipo volante, Raffica. Machop e Geodude ripresero a spaccare il pavimento con i loro poderosi pugni e, raccoltine i cocci di pietra, li gettarono furiosamente contro Dusknoir, il quale non smise per un solo minuto di scagliare l’attacco Palla ombra contro i suoi avversari. Weedle rimase in disparte, spaventato, e faticosamente allontanò Mareep e Pidgey, caduto anch’esso dalla fatica, dal campo di battaglia. Terry decise di intervenire, visto il lento degenenerare della battaglia a loro sfavore, con uno dei suoi Pokémon e Phil gli gettò uno sguardo carico di fuoco.
-Che cosa hai intenzione di fare, Terry?! Non vorrai stuzzicarlo spero?- La voce balbettante di Phil causò parecchio fastidio al suo amico, rafforzando la sua decisione di lanciare uno dei suoi Pokémon in campo. Invocare il Meowth di Violette, la sua ex fidanzata, era un rischio fin troppo elevato, fare combattere un Pokémon di tipo normale contro uno di Pokémon spettro era una follia nonché un perfetto suicidio. Il ragazzo con le folte basette strinse i denti con rabbia, non aveva altra scelta. Decise dunque di afferrare la sfera Poké rimasta e, osservando con decisione Dusknoir che ancora stava attaccando a tutto spiano gli altri Pokémon con il suo Palla ombra, schierò in campo Relicanth.
-Phil – Terry richiamò l’attenzione del suo spaventato amico – non abbiamo altra scelta, dobbiamo trattenere quel Pokémon. Mentre io lo tengo impegnato, tu vai alla ricerca di Laura, appena la trovi torna qui e scappiamo via… le cose si stanno mettendo male!- Come giustamente osservato da Terry, Dusknoir con un nuovo attacco Palla ombra era riuscito a centrare il guizzante Altaria, evitando per un soffio di essere colpito lui stesso da un Aeroassalto. Il Pokémon di Terry era balzato in aria, librandosi per qualche secondo, e puntando con decisione verso Dusknoir, stava per eseguire la sua tecnica. Altaria, incassato il colpo, andò zampe all’aria, ruzzolando in terra per diversi metri, e non fu più in grado di continuare a lottare. Phil sgranò gli occhi terrorizzato, stavano perdendo i loro Pokémon uno dopo l’altro e sembrava proprio che quel Dusknoir fosse decisamente fin troppo potente per loro. Il ragazzo comprese ben presto che anche il Relicanth di Terry, lottando controvoglia per la mancanza del suo ambiente naturale, aveva ben poche speranze di contrastare le tecniche di Dusknoir. Con riluttanza, Phil decise di staccarsi dal gruppo e si incamminò verso le lapidi che si trovavano in lontananza rispetto al campo di battaglia, salvo poi pentirsene quasi subito. Il suo pensiero corse immediatamente a Cleffa, il quale stava continuando a combattere, insieme a Sylveon, Geodude e Machop, contro il Pokémon fantasma. Con lo stomaco in subbuglio per avere dimenticato il suo Pokémon stella, Phil si voltò di scatto ma, così facendo, inciampò su se stesso e cadde rovinosamente a terra, lasciando andare Bulbasaur, il quale si trovava tra le sue braccia. Phil nel tentativo di mantenere l’equilibrio aprì le braccia, e il cucciolo di Pokémon erba si ritrovò suo malgrado proiettato in avanti, rotolando in terra per diversi metri. Quando finalmente le sue piroette terminarono, Bulbasaur scoppiò in un pianto dirotto, causato sia dallo spavento che per i colpi subiti mentre stava rotolando sul pavimento, ma venne quasi interrotto immediatamente, perché gli occhi sbarrati del cucciolo incontrarono quelli incolleriti di Dusknoir, il quale per evitare un nuovo affondo di Sylveon si era spostato sulla sua sinistra ed ora, ai suoi piedi, si era ritrovato il cucciolo di Pokémon erba.
Phil, alzando con difficoltà la testa nel disperato tentativo di rintracciare Bulbasaur che gli era sfuggito dalle mani, lo ritrovò diversi metri più in avanti, accovacciato in terra, con la testa sollevata  verso Dusknoir, e Dusknoir che aveva a sua volta abbassato la sua, con i loro occhi che si incrociavano, e Bulbasaur terrorizzato con i suoi versi strozzati. Phil strinse i denti, nel tentativo di rialzarsi, ma non riuscì immediatamente a risollevarsi: nel momento in cui cadde, aveva urtato il suo ginocchio sinistro contro una delle pietre ricavate dalla rottura del pavimento causata dai pugni di Machop e Geodude.
-Bulbasaur… - Phil deglutì, nel tentativo di richiamare l’attenzione del piccolo Bulbasaur – per favore, spostati da lì!- Bulbasaur era in pericolo. Dusknoir, inferocito per avere riconosciuto in Bulbasaur il responsabile del mancato svolgimento del suo Gigaimpatto contro gli allenatori di Pokémon, venendo addirittura scaraventato in terra dalle liane del Pokémon erba, estese le zampe anteriori davanti a sé, in direzione dello spaurito cucciolo. Dusknoir voleva attaccarlo con Palla ombra nuovamente, e se uno dei Pokémon alleati non avesse fatto in tempo a fermarlo, sicuramente lo avrebbe colpito e per Bulbasaur sarebbe stata la fine.
-Phil! Phil, dannazione usa uno dei tuoi Pokémon!- La voce terrorizzata di Terry risuonò quasi lontana alle orecchie di Phil. Bulbasaur… il Pokémon di Brock era in pericolo, e nessuno sapeva più come fermare il Pokémon fantasma impazzito. Machop e Geodude, coscienti di non potere utilizzare nessuna delle loro mosse poiché inefficaci contro il Pokémon spettro, continuarono a scagliare con foga i sassi e le pietre ricavate dal pavimento, ma molti dei proiettili lanciati non scalfirono minimamente il Pokémon fantasma. Sylveon lanciò un nuovo attacco Comete, che incredibilmente era riuscito a colpire il fianco destro di Dusknoir, ma il colpo subito non era stato minimamente accusato da quest’ultimo. Anche Weedle in un timido tentativo tentò di bloccare una delle zampe di Dusknoir, avvolgendola nell’ovatta di Millebave, ma la sostanza appiccicosa non attutì minimamente il corpo di Dusknoir, il quale continuò a creare energia tra le sue zampe, creando una sfera sempre più voluminosa, di colore violastro, pronto per essere scagliato con rabbia  in direzione del cucciolo di Pokémon erba. Paralizzato dal terrore, Bulbasaur rimase imbambolato, con la bocca aperta, gli occhi sbarrati e rannicchiato in terra, incapace di eseguire il benché minimo movimento.
-Bulbasaur! Bulbasaur, spostati da lì!- Sia Terry che Phil continuarono ad esortare il cucciolo a scappare dalla sua posizione, ma era ormai troppo tardi. Dusknoir lanciò con tutta la potenza che aveva in corpo uno dei Palla ombra più fragorosi che ebbe mai potuto creare in vita sua, addirittura il colpo fu così dirompente che lo stesso Pokémon fantasma si ritrovò proiettato all’indietro dalla sua stessa tecnica. L’attacco era stato lanciato, proprio in direzione dello sgomento Bulbasaur…
-BULBASAUR!!- Qualcosa di imprevisto però accadde. Un bagliore rossastro esplose con un fragore assordante alla sinistra di Dusknoir e un raggio fiammeggiante intercettò la Palla ombra, colpendola in pieno, causandone una variazione della traiettoria minima ma sufficiente per evitare che Bulbasaur ne venisse colpito. Il rumore scaturito da quell’attacco improvviso fu così energico e devastante da catturare completamente l’attenzione di tutti i presenti, tra cui i presenti. Il piccolo Bulbasaur, con la bocca secca e gli occhi fuori dalle orbite per la paura, guardava senza osar proferire parola prima Dusknoir, che aveva voltato lo sguardo alla sua sinistra, quasi con rabbia, e poi quella strana figurina alla sua destra, che sembrava delinearsi e ricomporsi in mezzo alla fuliggine creata da quel lampo di luce vermiglio. Phil, che era il più vicino alla scena, riuscì finalmente a mettersi in ginocchio e, aggrottando le sopracciglia e strizzando gli occhi per capire chi fosse celato dietro quello strato di polvere che ancora piroettava in quella ampia sala semi oscura, si lasciò andare in un grido liberatorio quando finalmente poté comprendere l’identità dell’attaccante. Tutti i Pokémon ancora in grado di combattere, compreso Dusknoir, trasalirono nel vedere il piccolo Pokémon drago serpeggiare con furia in mezzo ai detriti e alla polvere che si erano sollevate poc’anzi e, insieme a Dratini, videro comparire dal nulla Laura Ferguson, accompagnata da alcuni piccoli Pokémon fantasma, alcuni dei quali sorreggevano con decisione con un braccio un altro Pokémon anziano, quasi in prossimità di cadere in terra. Dusknoir si voltò completamente questa volta verso i nuovi arrivati e, disinteressandosi completamente dal suo obiettivo principale, ovvero Bulbasaur, fulminò con lo sguardo l’anziano Banette, il quale sorrise stancamente al suo compagno e collega.
“Dusknoir… amico mio...” La voce stanca e lugubre di Banette risuonò così flebile alle orecchie di Laura, che la ragazza, un poco più avanzata rispetto al gruppetto di Pokémon spettro rimasti più indietro, si voltò preoccupata verso Banette. Haunter e Gengar non persero di vista Dusknoir, nonostante il loro gravoso compito di sorreggere fisicamente il loro anziano leader.
“So che sei spaventato… il nemico è fuggito… questi sono amici… riporta la Torre Pokémon alla sua origine...” La figlia dei Ferguson squadrò con occhio sommario il resto del gruppo, e non erano messi molto bene: Altaria, Pidgey, Mareep, Relicanth (sconfitto anch’esso da un’altra Palla Ombra), Machop e Geodude (al limite dello sfinimento) erano ormai impossibilitati a combattere, era necessario fermare Dusknoir e, se non fosse stato possibile sconfiggerlo, almeno stancarlo per poi fuggire da quel cimitero.
Laura non perse tempo e ordinò alla sua Dratini di scagliare un nuovo attacco Ira di Drago contro Dusknoir. Il Pokémon fantasma non si lasciò trovare impreparato e, incredibilmente, l’offesa trapassò trasversalmente il corpo del Pokémon fantasma, quasi come fosse stato incorporeo. L’immagine di Dusknoir, dapprima tremante e sempre più opaca, svanì nel nulla, per poi materializzarsi istantaneamente alla destra di Dratini. La draghetta scansò il Gigaimpatto lanciato a peso morto dal suo avversario e, sgusciando fino a raggiungere il piccolo Bulbasaur, che ancora stava immobile come un baccalà a guardare lo scontro, lo spostò di lato con il muso e lo convinse a indietreggiare e raggiungere trotterellando Phil, il quale lo raccolse tra le sue braccia inchinandosi a terra e si sincerò delle sue condizioni di salute.
Dusknoir si lanciò nuovamente contro Dratini con un nuovo devastante Gigaimpatto, ma il Pokémon di Laura era troppo veloce per il suo avversario. Naturalmente questa tattica di sfinimento avrebbe sconfitto prima Dratini di Dusknoir, il Pokémon fantasma sembrava avere mille energie in corpo e non dava tregua al suo nemico. Haunter e Gengar, su consiglio di Banette, entrarono in campo in aiuto di Dratini. Dapprincipio i due Pokémon fantasma inorridirono alla richiesta del loro vecchio capo, ritenendo impossibile allontanarsi da lui, che aveva bisogno di così tante cure e di assistenza, ma si fecero ben presto convincere dalle accorate preghiere di Banette e dai tre Misdreavus, che si presero carico di sorreggere l’anziano Pokémon e di sostituire così Haunter e Gengar.
Dusknoir, vedendosi arrivare contro i suoi stessi compagni, smarrì per qualche istante la concentrazione necessaria, perse l’attimo giusto per colpire Dratini con Palla Ombra e, distraendosi, venne travolto da un nuovo Ira di Drago, che lo trafisse ad un fianco. Con un cupo borbottio Dusknoir si allontanò tremando, mentre Haunter e Gengar si unirono a Dratini, preparando e creando due Palla ombra dalle loro zampe anteriori. Era il momento giusto di contrattaccare, e Sylveon approfittò dello stato di incertezza del suo avversario per aggredirlo alle spalle con un nuovo attacco Comete, seguito da Cleffa. L’attacco andò a buon fine e Dusknoir all’improvviso si ritrovò circondato su più fronti, non riuscì più a contenere le nuove massicce offese dei suoi avversari e, con un nuovo disperato tentativo di allontanare quei pestiferi Pokémon, si lanciò in un nuovo, ultimo, travolgente Gigaimpatto, diretto verso il primo che gli fosse capitato a tiro. Sfortuna volle che il malcapitato di turno fosse l’anziano Banette, lasciato in disparte rispetto al campo di battaglia, e se non fosse stato per l’improvvisa e inaspettata contromossa dello stesso Banette, il vecchio Pokémon sarebbe rimasto schiacciato dal peso del suo antico compagno.
Il leader dei Pokémon fantasma lasciò appositamente che Dusknoir piombasse su di lui per colpirlo, con entrambe le zampe anteriori, sull’addome del suo avversario, rilasciando un’esplosione cupa di energia che lo sovrastò completamente. La forza di quell’attacco risultò così elevata da creare un’onda d’urto che fece traballare sulle gambe gli stessi allenatori sul posto, e la velocità dell’aria sprigionata dal contraccolpo per poco non fece ruzzolare via tutti i Pokémon presenti in quel momento.
Laura rimase a bocca aperta, il vecchio Banette nonostante la sua veneranda età era riuscito ad eseguire alla perfezione un attacco Neropulsar. Neropulsar non poteva essere appreso naturalmente da Banette, ma solo tramite una MT. Molto probabilmente i Pokémon fantasma che custodivano la Torre Pokémon erano ricompensati con vitto, alloggio gratuiti e con qualche MT regalata da qualche visitatore. Il fragore e la luce causate da quell’impressionante quanto inaspettato contrattacco di Banette cessarono dopo un po’ di tempo e, quando la fuliggine ed i detriti smisero di vorticare per aria, la ragazza con gli occhi verdi si rialzò, dapprima inginocchiata in terra per proteggersi, e guardò con stupore Dusknoir che, colpito all’addome e sbalzato contro il portone principale facendo un grande volo di oltre dieci metri, era scivolato a terra ed era caduto prono, molto probabilmente svenuto. Banette era ancora nella sua posizione rannicchiata, vicino alle lapidi, con le zampe anteriori distese davanti a sé, ed ansimava tossendo, provato dall’enorme sforzo richiesto nel tentativo di creare Neropulsar. Sogghignò e annuì, guardando lentamente dapprima Laura Ferguson, poi Haunter e Gengar i quali ricambiarono sgomenti lo sguardo spento del loro anziano leader, e infine tutti gli altri.
“Dusknoir… figlio mio… mi dispiace tantissimo...” E, esalato l’ultimo respiro affannato, Banette cadde in avanti, lungo disteso. Tutti i Pokémon fantasma, spaventati dalla caduta del vecchio Banette, si precipitarono su di lui e Haunter e Gengar girarono delicatamente su un lato il Pokémon spettro, per poi adagiarlo dolcemente sulla schiena. Tutti i presenti trattennero il respiro e si misero le mani sul volto, inorriditi, osservando Banette: il vecchio Pokémon fantasma aveva perso conoscenza.
 
Durante il volo verso la Torre Pokémon, il silenzio che separava i due amici di vecchia data venne rotto da Brock, che ancora non si capacitava di tutti quegli imprevisti capitati tra capo e coda nell’arco di quelle poche ore. Sembrava che l’incontro nel parco centrale di Lavandonia di quella mattina si fosse disputato giorni prima. Tra lo spavento degli Ursaring, la lotta contro gli orsi e la camminata nel bosco, l’ex capopalestra di Plumbeopoli iniziava ad accusare una certa stanchezza. Seduto a cavalcioni su Pelipper, Brock osservò in volto il suo amico di sempre: lo sguardo corrucciato di Ash, le mascelle serrate e la visiera del cappello calata lo rendevano più sinistro di quanto non lo fosse stato in quei giorni.
-Ash, mi spieghi che cosa ti succede? È da un bel po’ che ti osservo. Eri partito con così tanta contentezza…- Ash non si voltò, i suoi occhi erano concentrati sull’edificio che continuava ad avvicinarsi sempre di più. Pikachu era accanto al suo allenatore, aggrappato sulla sua spalla, mentre Pidgeot procedeva con regolarità, sbattendo pigramente le ali possenti, mentre Pelipper dovette metterci dell’impegno per mantenere la costanza della velocità sostenuta dal suo compagno di squadra.
-… ora sei sempre nervoso, arrabbiato – proseguì Brock – sembra che qualcosa ti stia tormentando. Temi il Team Richardson?- Il maestro di Pokémon ricambiò lo sguardo del suo amico per un istante, per poi tornare a concentrarsi sulla Torre Pokémon. Il silenzio di Ash non piacque per nulla al ragazzo, e continuò a parlare nonostante il vento quasi stesse divorando le parole di Brock.
-Ammetto anche io che quei due, Elio e Cassandra, sono formidabili… i loro Pokémon sono veramente forti, non c’è che dire. Abbiamo rischiato di essere sottomessi per ben tre volte…-
-E’ questo il punto, Brock.- Finalmente Ash rispose, dopo qualche secondo. Il ragazzo col cappello si voltò verso il suo amico, con un volto così serio che Brock quasi non riconobbe il ragazzino spensierato e sempre ottimista che aveva sempre conosciuto. Sembrava trasformato, sembrava di parlare con un’altra persona.
-Sono riuscito a diventare maestro di Pokémon, ho la qualifica per insegnare e magari potere aprire una scuola di allenatori dove mi pare e piace. I miei Pokémon, qualche anno fa, riuscirono anche a sconfiggere i Superquattro di Kanto e, non contenti, ho potuto confrontarmi in amichevole con il campione, uscendone con un bel pareggio.- Qui Ash si permise un sorriso, condiviso dal fedele topo elettrico. Brock annuì, sorridendo anch’egli.
-Questo è magnifico Ash, ma…- Il ragazzo col cappello tornò a guardare davanti a sé, perdendo lentamente il suo sorriso.
-Lo so. So cosa pensi, Brock. Gli ultimi avvenimenti mi hanno leggermente scombussolato. L’ascesa di Fred Blake, l’incidente di Psyduck, la furibonda lite con Misty… e poi l’incidente di Monteluna…- Ash scosse la testa, stringendo i denti per la rabbia. Brock poté capire come potesse sentirsi il suo amico, l’infortunio di Alex a Monteluna era stata una cosa seria e avrebbe potuto finire molto peggio.
-Non so, Brock, mi sembra di non riuscire a tenere testa a quei due.- Questa volta fu Brock ad arrabbiarsi nell’udire quell’affermazione. Osservare Brock adirato era qualcosa di veramente eccezionale, e le sue parole lo furono ancora di più.
-Mi meraviglio di te, Ash! Da quando in qua temi il tuo avversario? Sei uno dei maestri più forti di tutte le regioni conosciute, hai raggiunto il tuo sogno da quando eri ragazzino, hai dei Pokémon formidabili e fortissimi!- Riprese un attimo fiato, per poi proseguire. Ash continuò a tenere lo sguardo fisso davanti a sé, rigido come una statua.
-Forse tu e i tuoi Pokémon non vi siete più allenati da quando sei tornato a casa, non è il caso di ricominciare ad allenarsi?- Effettivamente Ash non aveva più allenato a dovere i suoi Pokémon, si era letteralmente crogiolato nella sua grande vittoria conseguendo il titolo di maestro. Probabilmente era proprio come diceva il suo amico, poi l’incredibile e inarrestabile ascesa del padre di Alex aveva fatto tutto il resto. Quell’uomo era terrificante. Detestava ammetterlo, ma ogni volta che Ash aveva fronteggiato Fred, aveva rimediato solo sconfitte. Comunque, era necessario pensare al presente. Magari Ash avrebbe ripreso ad allenare i suoi Pokémon durante il tragitto da Lavandonia a Zafferanopoli… i suoi pensieri vennero ben presto distratti da Brock, che lo incitava a gran voce a guardare in basso. Il ragazzo guardò in basso, in direzione del punto indicato dalla mano destra di Brock.
-Ash! Ma quello… quello non è Alex?!- L’allenatore di Pokémon più forte al mondo strabuzzò gli occhi, attonito: Alex effettivamente si trovava nel bosco, quasi giunto alla prossimità della Torre Pokémon, ma era sdraiato a terra, supino, ed accanto a lui c’era il suo Dratini, sdraiato anch’esso a terra. Non si muovevano, Dratini sembrava essere stato aggredito da qualcosa, mentre Alex era ai piedi di un albero, con la testa rivolta contro il tronco. I due allenatori non persero tempo, deviarono i Pokémon volanti alla destra della torre, diretti verso l’allievo di Ash.

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