One hundred moments for a frog and a rabbit

di Emmy_Cr_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** God, you always make me blush so damn much... ***
Capitolo 2: *** You made this cupcake for me? ***
Capitolo 3: *** 3 Let's share my coat, since you're so cold ***
Capitolo 4: *** 4 It wasn't your fault ***
Capitolo 5: *** 5 Marry Me ***
Capitolo 6: *** 6 I shouldn't be in love with you ***
Capitolo 7: *** 7 You're jealous, aren't you? ***



Capitolo 1
*** God, you always make me blush so damn much... ***


1
God, you always make me blush so damn much...
 
Francis Bonnefoy non si riteneva un genio. 
Si riteneva un esteta. 
E da che mondo e mondo gli esteti avevano sempre quella tendenza ad osservare tutto con un opracciglio elegantemente inarcato e l'espessione corrucciata di chi sta vedendo un abominio. 
Come in quel preciso momento. 
- Lapin, mon amour, che stai facendo con quella roba? 
Alice Kirkland, invece, si era sempre ritenuta una lady. 
Una vera lady. 
Di quelle che prendono il tea alle cinque spaccate, e mai uno sgarro era pervenuto a questa abitudine.
Di quelle che non arrossivano mai, perchè arrossire non era un comportamento da signorina ben educata, capace di tenere per sè le emozioni. 
Di quelle che non alzano mai la voce nè, soprattutto, le mani. 
Ma sapeva perfettamente che, alla presenza di Francis, queste caratteristiche avevano la capacità di sfumare come neve al sole. 
Non era certo la prima volta quella rana le faceva perdere la pazienza, oh no. 
C'era stata quella volta in cui il signorino, ben consapevole della sua avversione al sudore e, più in generale, a tutto ciò che aveva a che fare col tetro mondo dell'attività fisica, l'aveva rapita e costretta a corrergli dietro per sette chilometri sotto il sole cocente.
Certo, lei avrebbe potuto benissimo fermarsi e aspettare che lui finisse la sua attività e poi tornasse a prenderla però.. però era stato bello vederlo sorridere e passare del tempo con lui.
O quella volta in cui l'aveva infilata a forza in un bikini che poco lasciava all'immaginazione, e l'aveva trascinata sul caldo sole della Costa Azzurra. 
Quel giorno avevano fatto molte cose che Alice avrebbe considerato non da vera lady. 
Prima fra tutte, avevano fatto l'amore in acqua, al largo, nascosti dagli scogli. 
Arrossì furiosamente tornando in sè. 
 
Alzò il viso, incrociando gli occhi indaco del suo interlocutore. 
- Non è ovvio?
Francis guardò con apprensione la carta da pacco stracciata e palesemente troppo piccola per poter contenere tutta la scatola. 
- Ehm.. sei sicura che si faccia così? 
Alice arricciò il nasino, ironicamente alla francese, e sbuffò via dal viso alcune ciocche sfuggite ai lacci dei codini. 
- Ovvio! Non è che perchè sono ingl-.. AHI! 
 
Si portò il dito davanti agli occhi e lo osservò critica. 
 
- Fammi vedere, avanti. 
Il francese tese la mano. 
L'inglese avvampò e si ritrasse. 
- P-perchè?! No! 
Sorrise, Francis.
Adorava quel suo ritrarsi, adorava quando lei dava il via all'inseguimento. 
- Dai, voglio solamente guardare se è profondo. 
- È un taglio con la carta! Non è grave! 
Sorrise di nuovo, le prese il polso e la attirò a sè. 
- No, ma se si infetta? 
- Se si infetta allora si gonfierà.. 
 
Quel suo sorriso così francese l'avrebbe mandata fuori di testa prima o poi. 
Sbuffò e gli concesse il dito che prontamente venne portato alle labbra. 
Divenne ancora più rossa. 
Con un sorriso predatore, Francis, potè giurare di aver sentito del calore provenire dal suo viso.
La bocca passò presto dal dito al braccio. 
- F-Francis, il taglio sta bene. 
Lo disse un po' stizzita, messa all'angolo dal respiro dell'altro sul braccio ancora coperto dalla manica della camicetta. 
- Oui? 
- Sì. 
Ridacchiando la attirò di più contro il suo petto e la baciò. 
- E tu stai bene? 
Alice abbassò gli occhi verdissimi e sbuffò.
- Sto bene, sto bene, pensa piuttosto tu a fare quel pacchetto. 
Sorrise ancora. 
 - Non ti riesce? 
- No, sono troppo brava per perdere tempo con una sciocchezza del genere. Tzè. 
 
Francis sorrise e la lasciò andare, scuotendo la testa. 
Non sarebbe mai cambiata, mai. Ed era un bene, perchè non l'avrebbe amata così tanto se la sua lapin fosse stata anche di un minimo differente. 
Sobbalzò quando la voce acuta della sua ragazza lo raggiunse, di colpo, dal salotto. 
- E vedi di piantarla di farmi arrossire! Non è per niente divertente. 
Rise felice, portandosi una ciocca dietro l'orecchio. 
 
Dio, la amava così tanto. 
 
 
Salve a tutti!! 
Grazie per essere giunti fin qui! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! 
Presto in arrivo tutto il resto della raccolta!! 

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Capitolo 2
*** You made this cupcake for me? ***


 
You made this cupcake for me? 
 
 
 
Alice era nervosa. 
 
- Come sono? 
Osservava Francis con gli occhi verdissimi spalancati e il naso che fremeva. 
Al ragazzo, lei, sembrava un coniglietto in attesa. 
Beh, in attesa lo era di sicuro. 
Di due bambini. 
I loro. 
 
- Sono... uhm... 
- Sono?
Francis fece un sospiro. 
- Alice, fanno schifo. 
- Che sciocchezze dici? Li ho comprati in una pasticceria in centro! 
- Ciò non toglie che facciano schifo! Non puoi mangiare dei cupcake alla... crusca? Sei incinta, diamine! 
- Cosa c'entra!? 
Francis la guardò, sentendo di stare per cedere quando il pensiero dei suoi due bambini che mangiavano fibre fin dalla nascita lo fece tornare in sè.
 
- La crusca fa male ai bambini! 
 
Alice sibilò. 
- Non dire cazzate, le fibre fanno bene ai bambini.
- Non vorrei che poi nascessero con le voglie da crusca!
- Ma io ne ho voglia! Già te li ho lasciati assaggiare prima di me, e non avrei dovuto farlo. E poi non esistono le voglie da crusca. 
Ribattè secca. 
- E se dovessero nascere con la voglia da crusca? Te li immagini? Oddio, non farmici pensare. 
 
Con un gesto teatrale, i cupcake, finirono nel cestino. 
 
- Un coglione. Sto con un coglione. L'unica voglia con cui nasceranno sarà quella di avere un padre meno scemo. 
Francis sospirò. 
- Alice, era per-.. 
- No! Basta! Comandi sempre tu! Vuoi avere l'ultima parola su tutto! Anche su una cosa stupida come dei cupcake alla crusca! Basta, sono stufa. Torno da mia madre. 
Sussultando appena sentì il rumore secco della porta che sbatteva, si massaggiò gli occhi. 
 
- Ma io che ho fatto di male? 
 
La risposta arrivò da sola. 
La gravidanza era agli sgoccioli e il suo autocontrollo pure. 
Non era spaventato, no. 
Era terrorizzato. 
La sua pazienza si esauriva prima del solito. 
Era sempre stanco. 
Aveva anche acquisito la capacità di pedinare la sua ragazza ovunque. 
Avevano litigato anche per il lavoro di lei. 
Anche se, quella volta, Alice aveva dovuto dargli ragione. 
- Sei una chimica, dannazione, non puoi lavorare con quelle sostanze! È pericolosissimo per i bambini! 
Quella volta avevano risolto tutto con un bacio e un film. 
Stavolta invece la minaccia era chiara. 
 
''Torno da mia madre''. 
 
Con un sospiro, il biondo, andò in cucina. 
Due ore dopo, Alice, scese in salotto con il borsone dei vestiti e il biglietto dell'aereo. 
- Ti chiamo quando stanno per nascere, Francis. 
Il ragazzo emerse dalla cucina, sporco di farina e glassa. 
La guardò con gli occhioni azzurri spalancati. 
- No, amore, aspetta, per favore. 
La rincorse fino al vialetto. 
- Alice, ti imploro, ripensaci! 
- No, sono stufa! Continui a trattarmi da invalida! Mi blocchi, non... non ho respiro, Francis! 
 
Il francese guardò la signora Marie, dall'altra parte della staccionata, che stava innaffiando la stessa pianta da quando loro erano usciti. 
 
- Alice, ti prego vieni dentro. Parliamone senza nessuno intorno. 
La ragazza voltò la testa di scatto, fulminando la vecchietta che, di contro, si spostò a dare acqua alla pianta accanto. 
Con un ringhio frustrato cedette e rientrò. 
- Io... ecco, vieni. 
 
La portò in cucina e le mise davanti il frutto del suo lavoro del pomeriggio. 
Dei cupcake. 
Alla crusca. 
 
Alice, senza parole, li osservava con una faccia sorpresa. 
 
- Mi dispiace Alice. 
Si sedette sullo sgabello davanti a lei e le prese le mani. 
- Mi sono comportato come un coglione, hai ragione. Il mio problema è che ho paura. 
Non di non essere un buon padre, di quello ne abbiamo già discusso. Io ho paura che.. che si facciano male. Ho paura che accada qualcosa, durante la gravidanza o dopo. Ho paura che.. che succeda qualcosa... io.. 
 
Alice lo fece parlare a ruota libera fino a che non lo vide arenarsi malamente a metà del discorso. 
Allora, prima di sentire un altro -io pigolato, lo baciò di slancio. 
 
Rimase un momento immobile. 
Avevano appena litigato, di solito era lui a baciarla solo per farla infastidire. 
Ciononostante non osò replicare, e nemmeno volle. 
La strinse semplicemente al petto, accarezzando lievemente i suoi bambini. 
- Sei una stupida rana. 
Annuì. 
- Hai ragione... 
- Però sei una stupida rana che è stupida in buona fede. 
Azzardò uno sguardo. 
- Sono... perdonato? 
Alice lo baciò ancora. 
- Hai fatto questi cupcake.. per me? 
- Per farmi perdonare quelli che ho buttato. 
Alice li guardò sorridendo. 
- Sono alla crusca, come li volevi tu. 
Sorrise, bellissima, e lo baciò ancora. 
- Sapevo di aver fatto bene a prendere due biglietti per Londra. 
 
Francis sbiancò. 
 
- È una vendetta, vero? Tua madre mi odia Lic! 
- Oh avanti, sei il padre dei suoi nipoti, non farla tanto lunga! 
- Ma mi odia!! 
- Certo, ti porti a letto sua figlia. 
- Ma stiamo insieme! 
- Ti aspetto in taxi, amore. 
 
Francis sospirò di nuovo. 
Guardò il cielo con aria di rimprovero. 
- Ti diverti vero? Okay, ho capito che ho fatto di male, ma anche la madre?
- FRANCIS. 
- ARRIVO AMORE. 
 
 
 
Salve!! Bentornati!! 
Grazie a tutti coloro che hanno letto il capitolo precendete! Spero che questo vi piaccia!! 
Bacioni Emmy!! 
 

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Capitolo 3
*** 3 Let's share my coat, since you're so cold ***


3 Let's share my coat, since you're so cold
 
Il campeggio era una di quelle cose che Inghilterra avrebbe sempre odiato. 
Certo, erano in guerra e quello non era campeggio, però il principio era lo stesso. 
E odiava il fango. 
Lei era una lady dannazione, non era fatta per camminare nel fango, di nascosto dai suoi soldati. 
Ma per la maledetta rana avrebbe fatto un'eccezione, come sempre. 
 
E così ora si ritrovava ad arrancare nella melma, scappando dall'accampamento inglese, per dirigersi verso le tende francesi. 
Superò di nascosto quella di Napoleone Bonaparte, tenendosi lontana dal raggio di luce delle candele che avrebbero rivelato al generale all'interno la sua presenza. 
Si diresse verso l'ultima tenda, al limitare del campo. 
Era sempre stata quella, da che ricordava. 
Alla vigilia di una battaglia, Francis, aveva l'abitudine di starsene lontano dal resto dell'esercito. 
Per concentrarsi meglio. 
O almeno, questa era stata la scusa che aveva usato le prime volte che si incontravano. 
Poi la cosa era sfuggita dalle loro mani. 
 
Adesso era un rito: incontrarsi la vigilia di una battaglia, per tenersi stretti, per ricordare a loro stessi che, qualunque cosa fosse accaduta il giorno dopo, si sarebbero sempre rincontrati. 
 
In ogni epoca. 
In ogni vita. 
 
Quella volta, però, Alice aveva paura. 
Sentiva nell'aria qualcosa di diverso. 
Se fosse andata come prevedeva Wellington, allora, un impero sarebbe finito. 
Non sapeva cosa ne sarebbe stato della Francia, in caso di sconfitta. 
E neanche cosa sarebbe successo a Francis. 
Entrò nella tenda, intirizzita fino alla punta delle lunghe code bionde. 
Francis alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo e le sorrise. 
La preoccupazione tangibile sul suo volto non impedì agli occhi azzurri di illuminarsi non appena la videro. 
Era ancora vestito. 
Con il lungo cappotto da capitano che sfiorava la sommità degli alti stivali, i pantaloni immacolati che aderivano perfettamente alle gambe scattanti e i capelli sciolti sulle spalle apparivano disordinati, come se ci avesse passato le mani dentro mille volte. 
 
Si alzò dalla branda da campo e la abbracciò stretta. 
- Sei gelata Alice. 
La ragazza annuì, spingendosi li spessi occhiali sul naso. 
- Temo che pioverà di nuovo, in effetti.. 
Francis annuì e ridusse le labbra ad una linea sottile, pensando ai pesanti cannoni da assalto che, quasi sicuramente, non sarebbero andati molto avanti col fango. 
- Vieni qui, dai. 
Si sedette e la avvolse tra le sue braccia, chiudendo intorno a lei il cappotto pesante. 
Si sdraiò, tenendola sul petto. 
- Guarda che non sono così congelata eh. È solo un po' di freddo, tutto qui. 
Nonostante il tono polemico, strinse i pugni sulla camicia di flanella. 
 
- Andrà tutto bene Alice. 
- Come puoi dirlo? Sei un veggente?  
Francis le accarezzò i capelli. 
- Andrà tutto bene, perchè qualsiasi cosa accada continuerai ad amarmi. 
Alice sentì il viso andare in fiamme. 
Lo nascose nel collo profumato del compagno e morse la pelle, per ripicca. 
- Egocentrico, montato, pallone gonfiato. 
- Ma ho anche dei difetti. 
Alice non riuscì a trattenersi e lo baciò. 
- Stupida rana. 
Francia rise, la strinse più forte a sè, rotolando su un fianco. 
- Dormi lapin, ti sveglio all'alba. 
E Alice non potè fare altro che cedere, soccombendo alle carezze delicate e alla sua voce, che cantava una melodia pregna di sicurezza e pace. 
 
Era poco prima dell'alba quando la vedetta vide la figura del capitano Bonnefoy sulla soglia della sua tenda.
Lievemente ricurvo su sè stesso, come se stesse allacciandosi qualcosa alla divisa. 
Probabilmente una delle sue medaglie, si disse la vedetta girandosi dall'altra parte. 
Ciò che non vide, però, furono le due figure staccarsi piano, gustandosi gli ultimi rimasugli del bacio e del calore. 
 
- Se dovesse andare male.. 
- Francis, non andrà male, l'hai detto tu, no? 
L'uomo annuì e le prese nuovamente il viso. 
- Ti ritroverò sempre Alice. 
La ragazza annuì, stringendogli i polsi. 
- Sei mia, lo sarai sempre. 
- Qualunque cosa accada? 
- E in qualsiasi epoca ritorneremo, se questa dovesse essere la nostra conclusione. 
Una lacrima sfuggì dai grandi occhi verdi della ragazza, subito catturata dai guanti bianchi. 
- Se oggi la Francia cesserà di esistere, e la mia anima si reincarnerà in qualcun altro, sappi che non avrò pace finchè non ti avrò di nuovo con me. 
Si impose di non lasciar andare altre lacrime, Inghilterra, mentre si sporgeva per baciarlo. 
- Ti amo Francis. 
Il sorriso sul suo volto l'avrebbe accompagnata per tutta la battaglia. 
- Anche io Alice. 
La sua schiena che si allontanava sarebbe stato il suo pretesto per combattere. 
Sarebbe tornato da lei, per stringerla ancora nel suo cappotto. 
Per scacciare ogni brivido di freddo che l'avrebbe attraversata.  




Scusate l'immane ritardo!!
Grazie mille a Lady White Witch e a Tsukiko Ishikawa che hanno commentato i capitoli precedenti e anche ai lettori silenziosi! 
Spero che vi piaccia!!! Baci Emmy! 

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Capitolo 4
*** 4 It wasn't your fault ***


4
It wasn't your fault
 
Francis aprì un occhio, ben consapevole che non l'avrebbe più chiuso. 
Osservò la stanza da letto, un braccio stretto attorno ai fianchi di Inghilterra e l'altro a farle da cuscino. 
Abbassò il viso stanco verso quello addormentato di Alice. 
Le sfiorò dolcemente i solchi lasciati dalle lacrime e poi posò un bacio dolce sulle sue labbra. 
 
-Mh, è presto, che vuoi? 
- Chiederti scusa.. 
Alice sospirò. 
- Non hai fatto niente tu, non è stata colpa tua. 
Francis le accarezzò il fianco. 
- Mi sono fatto catturare. 
Alice sorrise dolcemente, con i capelli tagliati corti e arricciati ai lati dell'ovale perfetto del viso, secondo la moda dell'epoca. 
Scosse la testa e sfiorò l'ematoma esteso sul petto del biondo. 
- Ti ho detto che non è colpa tua, Ludwig è impazzito. Ti ha preso alla sprovvista. 
Francis abbassò gli occhi sulla mano bianca che gli accarezzava dolcemente le ferite, adesso pulite e bendate. 
- Non ho onorato la promessa, non ti sono stato vicino nei momenti di difficoltà. 
 
Alice gli baciò il naso. 
 
- Hai onorato quella più importante. 
Sorrise ancora all'espressione confusa di Francis. 
- Ci siamo ritrovati Fran.. 
Si baciarono un'altra volta, poi Francis chiuse gli occhi, con un sorriso. 
Se non il tempo, le ferite, le avrebbe guarite l'amore di quella donna. 



SAAAAAAAAALVE!! 
Scusate il ritardo!!! 
Eccomi di nuovo qui!! Questa volta è una drabble, perchè? Beh, diciamo che la vedo più come una fine al capitolo precedente, che riguardava il ritrovarsi sempre e comunque... quindi si, oggi è breve e incisiva, perchè non volevo che fosse lasciato in sospeso qualcosa.
Grazie a chi ha commentato e a chi ha letto e basta!! Bacioni Emmy!! 

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Capitolo 5
*** 5 Marry Me ***


 
5
   Marry Me   


Alice spesso, molto spesso, aveva la tendenza a non ascoltare le persone. 
Non l'aveva fatto quando aveva deciso di mollare gli studi di giurisprudenza per iscriversi a quelli di chimica. 
Non l'aveva fatto quando Britney, sua madre, le aveva detto che non avrebbe potuto prendersi un cagnolino, che era fuori tutto il giorno, che sarebbe stato sempre solo. Sorrise accarezzando le orecchiette del cane, steso accanto a lei sul divano. 
Infine, non l'aveva fatto quando quella buon'anima di suo padre le aveva chiesto, l'aveva pregata, di non cucinare nel suo appartamento, da sola, perchè avrebbe bruciato tutto, cosa tra l'altro accaduta. 
E proprio per questo ora era in quella situazione. 
 
- Lo vuoi un tea? 
La voce del ragazzo, proveniente dalla cucina, le giunse lievemente sovrappensiero, affaticata dalle ore di lavoro. 
- No, mercì 
- In questa casa non si parla francese. 
Francis soffocò una risata e tornò a dipingere la parete abbrustolita. 
- L'hai detto a tuo padre che hai incenerito la cucina? 
Alice arrossì furiosamente e si voltò di scatto verso di lui. 
- Non dirglielo, ti prego non glielo dire. 
Francis stavolta rise apertamente. 
- Tranquilla, non gli dico nulla. 
 
Alice si mise in ginocchio sul suo divano verde mela, si appoggiò allo schienale con le mani curate e si mise ad osservare il suo vicino di casa. 
Lei e Francis erano stati compagni di scuola, ai tempi. 
Relativamente vicini di casa, compagni di classe, a volte anche di banco, Alice conservava ancora i libri con osceni disegnini sui margini, compagni di giochi e spesso si vedevano in palestra. 
Poi lui era partito per Parigi, per iniziare i suoi studi alla Sorbonne, e lei era andata a Cambridge. 
Si erano persi di vista, mai più sentiti, solo un cenno con la testa quando entrambi tornavano a casa durante le feste e magari si incontravano in un pub, quelle rare volte che la ragazza lasciava il suo comodo nido di coperte e libri, con i rispettivi gruppi di amici. 
Poi, di colpo, lei era stata assunta all'ospedale cittadino, nel laboratorio di ricerca e sviluppo*, lui invece era stato assunto come pediatra allo stesso ospedale. 
Si erano incontrati in mensa e si erano fatti i saluti di rito, poi in metropolitana, sotto lo stesso ombrello e, infine, davanti al portone. 
-Io abito qui.
Francis, con faccia stupita e un sorriso enorme, aveva tirato fuori le chiavi di casa e aperto il portone. 
-Anche io. 
- Al 32.
-Al 33. 
Si erano guardati poi, con le guance rosse, lei era scappata in casa. 
Si era instaurato subito un rapporto stretto di amicizia mista a odio profondo. 
Lui ascoltava la musica a volume spropositato in un orario ancor più assurdo? Nessun problema, lei gli andava a suonare per lamentarsi.
Lei cercava di cucinarsi un pasto, fallendo miseramente, e abbrustolendo l'aria del piano? Nessun problema, lui andava a suonarle per lamentarsi.
E poi ancora, si aiutavano con il lavoro, facevano spesso i turni per la spesa, per andare a dar da mangiare ai rispettivi animali, spesso Alice teneva Napoleone, il norvegese di Francis, quando lui aveva estenuanti turni di notte e gli lasciava la cena, rigorosamente comprata all'alimentare all'angolo, nel microonde. 
Avevano addirittura le rispettive chiavi di casa. 
Era lui che Alice chiamava quando, dopo non aver ascoltato i consigli degli altri, combinava qualche disastro. 
Come quella volta. 
Aveva provato a fare una ricetta nuova che comprendeva l'uso di infiammabilissima vodka. 
Aveva sfiammato con la padella e si era congratulata con se stessa, fino a che non aveva notato la tendina davanti alla finestra andare inesorabilmente a fuoco e intaccare l'intelaiatura. 
Si era presentata due ore dopo, sporca di fuliggine e bagnata dell'acqua che aveva usato per domare l'incendio, a casa del Francese che prima si era liberato in una grassa risata e poi era corso a darle una mano. 
Adesso, in salopette grigia sopra alla tuta per stare in casa, le stava ridipingendo attentamente la parete. 
Alice sospirò e si lasciò andare sul divano, coccolando Murple, il suo cucciolo di giant malamute. 
 
- Ceni da me stasera. 
Spesso Francis aveva la tendenza a non porre domande ma a dare ordini o comunque asserire qualcosa che per lui era ormai assodata. 
Alice fece un verso di assenso e tornò nella sua lettura/attenta osservazione del sedere del suo vicino di casa. 
Arrossì al pensiero e distolse lo sguardo. 
-Domani ho preso ferie, così finisco di metterti apposto questo disastro. 
-Mh, è il mio giorno libero. 
-Lo so lapin 
Ecco, altra dimostrazione che ormai sapevano tutto l'una dell'altro. 
Oltre al fatto che lui era quasi sempre da lei. Praticamente vivevano insieme. 
La rivelazione colpì in pieno il francese. Sorrise tra sè e sè e si avvicinò al divano. 
- Ehi Lic, sai che io e te siamo una bella coppia?
Alice, con signorile fermezza, sputò la sorsata di tea appena presa. 
- Come scusa? 
Francis rise di nuovo. Con quella sua risata bassa e avvolgente, che faceva sentire Alice come in una tana di calore. 
-Sì, guardaci, siamo sempre insieme, mangiamo insieme, abbiamo anche dormito insieme, molte volte, e tre di queste mi hai anche baciato. 
Alice avvampò. 
-E-Ero sbronza. 
 
Oh, entrambi ricordavano perfettamente ognuna di quelle notti. 
La prima volta Alice l'aveva chiamato, ubriaca e sola sulle rive del Tamigi. 
-John mi ha lasciata- gli aveva detto, e lui aveva infilato al volo le scarpe ed era uscito nel freddo di Londra, l'aveva portata a casa e l'aveva messa a letto, raccogliendo una ad una le sue lacrime sulla maglietta. 
Poi l'aveva cullata e, infine, quando lei aveva iniziato a colpevolizzarsi per essere stata lasciata da quell'individuo, fra l'altro mai piaciuto al francese, le aveva dato un bacio mozzafiato. 
E poi un altro. 
E un altro ancora. 
Finchè non si erano addormentati insieme in quel letto a una piazza e mezzo. 
 
La seconda volta era stata meno drammatica, avevano passato la notte a festeggiare la promozione di lei in casa di lui. 
Alice ricordava solo alcune battutine di quel suo amico albino e il sorriso caldo di quello spagnolo, poi le labbra di Francis avevano surclassato tutto il resto. 
 
La terza volta non erano sbronzi, ma per convenzione entrambi dicevano così. 
Semplicemente avevano cenato a casa dell'inglese, torta salata di verdure e carne cotta a puntino.
E il vino rosso, un pinot le pareva di ricordare, comunque borgognone. 
Aveva accettato di buon grado il primo bicchiere, sentendo il liquido fruttato scenderle giù per la gola, accendendo di un rosso brillante le sue guance e rendendole gli occhi lucidi. 
Sentì la sensazione di leggerezza dovuta dall'alcol portarla i piedi e poi la mano calda e grande di Francis sul polso. 
Poi i suoi baci e le parole basse e calde, mormorate in una lingua che sebbene proclamasse odiata in realtà le era cara.
Si erano svegliati la mattina dopo indolenziti e ancora abbracciati, con i ricordi della notte passata insieme vividi nella testa. 
Francis aveva ringraziato con il cuore a mille che lei facesse finta di dormire, per permettergli di uscire piano da quella casa e dal suo calore. 
 
Francis sorrise nel vederla arrossire. 
-Certo, lo so. 
Le alzò dolcemente il viso. 
- Ciò non toglie che mi sia reso conto che siamo perfetti insieme, potremmo sposarci. 
Alice spalancò gli occhi verdissimi e allontanò la testa. 
-Non siamo neanche mai stati fidanzati!
-Oh bien! Ottimo motivo per iniziare. 
Alice non riuscì a ribattere, sentì solo le labbra morbide di Francis sulle sue e decise di spegnere il cervello. 
Dopotutto, non era certo la prima volta che pensava ad un ipotetico matrimonio col francese. 
-Comunque sono serio, prima o poi mi sposerai. 
Ed Alice sorrise, tirandolo nuovamente giù per assaporare le sue labbra ed il suo futuro. 


*non ho la minima idea se esista una cosa del genere, tutto è puramente inventato!

Eccomi tornata!
Scusate ancora mille volte l'immane ritardo che ho fatto per aggiornare!! Grazie a tutti quelli che hanno commentato il capitolo precedente e che hanno solo letto! Grazie mille davvero!!
Baci Emmy!

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Capitolo 6
*** 6 I shouldn't be in love with you ***


6
I shouldn't be in love with you
 
 
Non aveva particolare interesse per i ricevimenti della regina Vittoria. 
Erano noiosi, legati all'etichetta, e così terribilmente inglesi e pregni di ipocrisia. 
La rigida moralità tenuta all'interno dei grandi saloni andava letteralmente a farsi benedire una volta che le coppie andavano a prendere una ''boccata d'aria fresca'' nei giardini.
I servitori fingevano di non vedere svolazzi di sete dietro i cespugli, i gemiti soffocati, lievi, nascosti dal manto oscuro della notte, lontani dal raggio d'azione delle luci delle vetrate del palazzo. 
Le guardie fingevano che gli occhi delle giovani signorine di buona famiglia non le fissassero. 
Fingevano di non cedere ai richiami e abbandonare il posto. 
Francis si passò una mano tra i capelli, ben attento a non disfare il codino stretto. 
 
Guardò la sala e una nota di sconforto adombrò il bel viso e gli occhi fiordaliso. 
Il vino non era il suo meraviglioso viso, era scialbo, così come le persone che si guardavano intorno pronte a criticare tutto e tutti. 
La regina era arguta, quello sì, glielo doveva riconoscere. In passato, nella sua gioventù soprattutto, aveva finto di non vedere la figura del francese uscire di fretta e scarmigliata dalle camere accanto alle sue, o di non vedere la sua Nazione scivolare, col favore delle tenebre, nelle camere dell'ala ovest, dove alloggiavano solitamente le delegazioni straniere. 
La regina, tutto sommato, era passabile, per essere un'inglese ovviamente, probabilmente a renderla così era il sangue tedesco, avrebbe dovuto chiedere al suo amico Gilbert. Però c'era il primo ministro che non aveva la benchè minima intenzione nè di parlare con un francese né di parlare con la Francia. 
C'erano le dame che facevano a gara per farsi vedere da lui e, un momento dopo che i suoi occhi si posassero su di loro, si ritraevano fingendosi altamente indignate. 
Poi c'erano gli uomini in tiro, che gli guardavano la chioma biondo grano e scuotevano la testa, criticando la totale assenza di cappello. 
Effettivamente aveva sfidato l'etichetta arrivando senza soprabito, guanti e cappello,con solo la giacca azzurra che riprendeva il colore profondo degli occhi e il codino basso. 
C'erano i valletti che, con l'impassibile sguardo inglese, passavano con i vassoi d'argento e i delicati flute di champagne, che giammai avrebbe assaggiato, e che gli gravitavano intorno inchinandosi riverenti. 
 
Poi c'era lei. 
 
Francis l'aveva amata in tutti i modi. 
Nelle vesti cerimoniali degli antichi popoli, quando ancora erano piccoli. 
Spesso vestita da uomo, per nascondersi tra le fila dei suoi uomini e combattere al loro fianco. 
Era la sua piratessa coraggiosa, che abbatteva navi e gli regalava baci con la stessa forza. 
Ma, Dio gli fosse testimone, amava quell'epoca. 
Adorava il modo di tenere su i capelli, almeno il suo, mai elaborato, sempre blando. 
Le ciocche biondissime erano tenute da due forcine di ferro laccate, in modo tale che lui potesse scioglierli con una semplice mossa. 
La pelle candida, arrossata sugli zigomi e priva degli strati di belletto che le dame solevano mettersi. 
E il vestito. Gliel'aveva regalato lui. 
L'aveva inviato da Parigi, da quell'atelier che adorava. 
Il corpetto stretto che si allargava nella gonna semplice, come piacevano a lei, era verde bosco, come i suoi occhi. 
Il collo lungo e pallido era adornato da una lieve cordicella in pizzo nero dalla quale pendeva una pietra rossa.
Parlava con la regina, tenendo una mano inguantata a sostenere l'altra, che portava alla bocca il flute. 
 
Francis si avvicinò piano e si schiarì la voce. 
- Perdonate Altezza, potrei avere l'onore di questo ballo? 
La regina Vittoria sorrise, allungando la mano per prendere quella protesa del giovane. 
Lo sguardo perso di Francis la fece ridacchiare per poi portare la mano callosa del biondo alla mano della Nazione inglese. 
- Ballate pure per sempre. 
Francis sorrise e la attirò a sè, infrangendo in un colpo solo cinque o sei regole dell'etichetta. 
Alice non sorrise, avvampò come sempre. 
- Ci stanno guardando tutti Francis! Allontanati! 
Il francese buttò la testa indietro e rise di gusto, cristallino in mezzo alle altre coppie. 
- Perchè non vuoi che ti tenga così? Stretta a me? 
Alice abbassò gli occhi sul suo petto e osservò le medaglie. Molte erano state date per vittorie contro il suo paese. 
Battaglie combattute contro gli inglesi, uomini uccisi, molti erano anche suoi amici. 
Gli occhi verdi si indurirono nel ballo e le dita si strinsero intorno alla stoffa. 
- Cosa diranno di me? 
- Non ti è mai importato. 
La ragazza sospirò. 
- Non mi importa quando non sono nella mia terra. Sono l'Inghilterra, Francis sono nel mio paese, davanti alla mia gente. 
Si fermarono e andarono a parlare in un posto appartato, vicino al caminetto acceso, lasciato isolato a causa del caldo primaverile. 
- Francis, la tua gente, la tua nazione, tu. Ci siamo scontrati, ci siamo alleati, ci siamo traditi. E adesso io e te siamo qui, nel centro del potere britannico, circondati da persone che vogliono, pretendono di vedermi in una certa maniera, che balliamo. 
Lui la ascoltò poi, senza preavviso la riprese tra le braccia, ricominciando a ballare. 
Alice sospirò e poggiò la testa alla spalla di Francis. 
- Non dovrei amarti.. 
- Neanche io.. però lo faccio. 
La ragazza gli strinse le mani sulle spalle. 
- Stupida rana. 
Francis sorrise e posò il naso tra i capelli biondi della sua compagna e respirò il suo odore. 
L'avrebbe amata anche se lei avesse deciso di radere al suolo la Francia. 
 
Il valzer in corso li stava portando a girare per la grande sala, sotto lo sguardo indignato di molti, sognante di altri e vigile della Regina. 
La donna più potente d'Inghilterra alzò con malinconia lo sguardo al cielo e andò a toccare la fede nuziale che ancora adornava il suo dito. 
-Ballavamo anche noi così, amore mio. Innamorati, inconsapevoli del tempo che passa. Loro invece lo sono degli anni. Per loro rimarranno sempre, perchè sono immortali, e non si separeranno mai. 
Sorrise, quando vide i due ragazzi uscire fuori dalle grandi porte che davano sul giardino. 
-Ma io sono mortale amore mio, dovrai aspettarmi ancora per poco. 
 
 
 
 
Salve!! 
Scusatemi il momento feels alla fine ma è d'obbligo se si parla di Vittoria e Albert. Spero vi sia piaciuto!! 
Grazie a Lady White Witch che ha commentato il capitolo precedente e a coloro che silenziosamente leggono! 
Bacioni Emmy!! 

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Capitolo 7
*** 7 You're jealous, aren't you? ***


 
7
You're jealous, aren't you? 
 
 
- Sei geloso? 
Il francese emise un mugolio indistinto e affondò di più nel divano rosso. 
Lanciò un'occhiata di ammonimento alla donna seduta accanto a lui, affogata in una morbida maglietta della RAF più grande di lei, i capelli rosso scuro legati in una treccia e gli stessi occhi che amava guardare la mattina appena sveglio. 
Britney Kirkland era la donna più bella che avesse mai visto, e non solo perchè era innamorato di sua figlia. 
Aveva sempre ammirato l'aura regale che la permeava in tutto quel che faceva e, non da ultimo, amava la sua cucina. 
Era l'unica che sapesse accendere un fornello e cucinare come si conveniva. 
 
- Non devi, sono solo amici, molto. 
Francis spostò lo sguardo sul coreano che stava abbracciando la SUA ragazza e grugnì. 
-Lei è mia. 
-Non ti conviene ripeterlo di fronte a Claudius.
Il francese sussultò e si guardò intorno. 
Se era facile capire da chi la sua ragazza avesse preso la bellezza, lo stesso si poteva dire per il caratteraccio. 
Claudius Kirkland, grande amico di suo padre, ex pilota della RAF congedato con onore, era l'incarnazione completa del papà orso. 
Oltre ad essere un metro e novantasei di muscoli e cattiveria verso chi aveva l'ardire di toccare sua figlia. 
 
Ovviamente Francis non lo temeva, ne era terrorizzato. 
 
-N-no, no, non lo dico. 
Sospirò, osservando nuovamente i due in giardino abbracciarsi. 
-Resta il fatto che a me Im non piaccia. 
Britney prese un sorso di tea dalla sua tazza di ceramica, regalo che i suoi figli le avevano fatto, data la scritta ''best mommy'' sul lato destro, e sorrise. 
 
-La gelosia porta a futili litigi e ad incomprensioni. 
-Non c'è nulla da non comprendere, è palese che lui abbia altre mire, oltre all'amicizia, su di lei. Palese palese. 
Stavolta, Britney, non riuscì a trattenere la risata. 
Francis si ritrovò ad osservarla mentre si teneva la pancia e si asciugava le lacrime dagli occhi verdissimi ed assunse un'aria da attrice drammatica. 
-Fa così ridere che stia soffrendo? 
La donna scosse la testa e lo abbracciò, come era solita fare con i suoi figli. 
- Francis, hai presente Dylan? Mio figlio? Quello di mezzo? Quello gay? 
Il francese annuì. 
- Im è gay e sta con Dylan. 
 
Francis dapprima non reagì. 
Poi voltò la testa verso la sua ragazza e la scosse. 
- È...? 
-Già.
Scosse il capo biondo e sorrise. 
- Sono un cretino. 
- Puoi ben dirlo. 
 
In quel momento Alice si voltò e gli sorrise, alzando la mano per salutarlo.
Un raggio di sole colpì l'anello al suo anulare e Francis sorrise ancora. 
Andava tutto bene dopotutto, a
nche se cretino, Alice l'avrebbe comunque amato. 
Per sempre. 
 
 
 
Eccomi qui!! Grazie per chi ha commentato il capitolo precedente e a chi ha solo letto!! Spero che la mamma di Inghilterra vi sia piaciuta! 
Alla prossima! 
Emmy! 

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