New York, New York.

di AuroraEverdeen99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Staccarsi è difficile ***
Capitolo 2: *** Ricordare è doloroso ***
Capitolo 3: *** Mostrarsi non è facile ***
Capitolo 4: *** Restare a galla ***
Capitolo 5: *** ... andando via ***
Capitolo 6: *** Il ritorno... ***



Capitolo 1
*** Staccarsi è difficile ***


"Sofia merita due mamme felici. Sto dicendo di essere tutti felici!"
"Grazie!" 
E mi abbracció. Fu uno degli abbracci piú dolorosi della mia vita. Stavo lasciando andare le "mie ragazze". Le ragazze che a causa mia avevano sofferto più di una volta. Per questo volevo che Callie partisse, meritava di essere felice con qualcuno che amasse e che la trattasse come merita.
Stavo assaporando l'odore della sua pelle, quando si staccó da me e mi disse: - Perché non vieni anche tu? Almeno per la prima settimana? Potresti stare con Sofia, a lei farebbe piacere. 
- Oh... forse dovreste andare da sole, insomma tu dovresti parlarne con Penny, dovreste chiarirvi... io non voglio stare in mezzo, tranquilla.
-Cosa? No di lei non devi preoccuparti, sei la mamma di Sofia, capirà benissimo, credo... Eddai Arizona! Dovremmo iniziare a fare le cose insieme e per Sofia trasferirsi sará difficile, se invece ci sarai anche tu, forse un po meno.
La guardai attentamente. Era bella da morire.
Si vedeva che aveva appena finito di piangere, per colpa della mia reazione di oggi in ospedale, ma era davvero bella. Che grande stronza sono stata. Ci pensai un attimo. Pensai che forse anche per me sarebbe stato difficile allontanarmi cosi bruscamente da mia figlia. E da Callie.
-Bhe forse potrei venire per qualche giorno! 
-... o magari per qualche settimana. Insomma Arizona, siamo una famiglia.
-Allora va bene! Yay! 
Mi abbracció di nuovo. 
- Lo sai che io ci sarò sempre per te, insomma per qualsiasi cosa.non potrò prometterti che saró la tua migliore amica, ma potrei essere la persona che chiami quando avrai dei problemi. Tanto ci dovremmo sentire comunque spesso per via di Sofia. Io non voglio perderti.
Questa volta l'abbracciai io, perché non avevo le parole giuste. Di parole da dirle ne avevo tante in realtà, ma sicuramente avrebbero rovinato tutto e non era più mia intenzione farlo.
- Okay. - mi staccai dall'abbraccio, dopo essermi inebriata per l'ennesiama volta del suo odore- adesso dovresti chiamare Penny e iniziare a preparare le valige, mentre io chiamo in agenzia per vedere se hanno un altro posto in aereo.
- si certo! Aiuti tu Sofia con la sua valiga? 
-Si si, ora vai o non ce la faremo.
  Mi sorrise, uno dei migliori sorrisi che io abbia mai visto. E io le sorrisi. 
Poi prese il telefono e corse di sopra. Io la guardai andare. Rimasi sotto l'arco della porta per qualche secondo per ricacciare indietro le lacrime, poi presi il telefono e chiamai l'agenzia, sperando come non mai di riuscire a prendere quell'aereo con le mie ragazze.

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Capitolo 2
*** Ricordare è doloroso ***


Riuscii a raccattare un altro biglietto, fortunatamente, dopodiché aiutai Sofia a preparare la sua piccola valigia. 
  - Quindi vieni anche tu mamma?
  - Si amore, per qualche giorno starò con voi, così ti aiuterò a mettere a posto la stanza, a vedere la tua nuova scuola...
  Sofia era felice perché, diceva lei, che sarebbe andata a vivere in una grande mela. E ora lei continuava a parlarmi e a racccontarmi di tutto cio che avrebbe voluto fare, di come era felice di dover prendere un aereo e infondo anche di vivere insieme a Penny. Penny, era una brava ragzza senza dubbio, ma per lei provavo una sorta di gelosia; una gelosia che nasceva dal cuore. Quando Callie e lei si erano lasciate, dopo la causa, avevo provato una gioia immensa. Avevo sperato che magari Callie avrebbe iniziato a sopportare la sua assenza e che forse io e lei avremmo potuto avere un'altra possibilità. Ma invece Callie inizió ad incupirsi ed in quelmmomento eccoci, che partiamo per New York, come una famiglia certo, dove peró io e lei non stavamo più insieme. In quel momento mi venne in mente quando litigammo la prima volta sulla questione di avere figli. Callie mi disse:
" -Chiudi gli occhi. Ora immagina un bambino. Un bambino dolce e paffuto che ti stringe le braccine cicciotte intorno al collo. Ora respira con l'inebriante profumo di bambino. Non ti fa sciogliere?
  - No. Sai cosa mi fa sciogliere. La Spagna, la spiaggia, tu in bikini, io che bevo una sangria... oh aspetta, che cosa sento? Oh il bambino che piange. Non possiamo andare in Spagna."
  A pensarci in quel momento mi veniva da darmi solo della stupida. Peró una cosa era vera: la vacanza in Spagna non l'avevamo neanche più pensata. Quindi in teoria questo era il primo viaggio che stavamo facendo insieme, solo che lo stavamo facendo per il motivo sbagliato. I miei pensieri furono interrotti dalle urla di gioia di Callie che provenivano dall'altra stanza. Evidentemente Penny le aveva detto che la stava aspettando a braccia aperte e Callie doveva essere al settimo cielo, sentirla ridere mi faceva stare bene. Poco dopo Callie venne in camera correndo: - Penny verrá a prenderci all'areoporto! É tutto sistemato. Oddio! Sono al settimo cielo!
Io annuii solamente, perche non sapevo davvero cosa ridponderle, mi godevo solo l' immagine di lei che entusiata stringeva Sofia a sé mentre le spiegava la situazione. Alla fine Sofia disse solamente: -Che bello! Certo che peró mamma Arizona ti vuole molto bene.
Callie si giro verso di me, e con un sorriso amaro ma carico di gratitudine disse:
  - Certo che me ne vuole! E anche io le voglio molto bene.... non si smette mai, vero mamma Arizona?
  Mi chiese conferma, come se in quel momento lei mi stesse leggendo dentro tutto quello che provavo per lei. Ma è vero che non si smette mai di voler bene ad una persona. E nemmeno di amarla.
  - Certo Sofia, mai mai. - risposi semplicmente. E mia figlia mi venne ad abbracciare come se anche lei capisse che in un certo modo stavo soffrendo.
  Con la coda nell'occhio potevo vedere che Callie ci guardava come se anche lei avesse voluto partecipare a quell'abbraccio e anche io avrei voluto dirle "vieni Calliope, stringiamoci in questo abbraccio come facevamo quando vivevamo tutte insieme".
Dopo un paio d'ore eravamo sull'aereo. Sofia dormiva, era comunque tardi per una bambina di sei anni. Saremmo arrivate a New York nel giro di poche ore. Io mi sistemai, magari avrei potuto dormire per qualche ora. Callie invece si disperava perché aveva dimenticato la sua maschera per dormire, senza di cui non riusciva a chiudere gli occhi.
  -Vuoi la mia sciarpa? Tanto io non la uso.- le chiesi gentilmente, passandole la mia sciarpa. 
  - Oddio si! Ne ho proprio bisogno, non sai..
  - ...quanto mi diano fastidio i neon in faccia mentre dormo.- completai al suo posto la frase. - ti conosco bene Callie! 
  - A volte lo dimentico. Tu invece tutto okay? 
  Sapeva che ero un po nervosa, alla fine la paura di prendere un aereo era rimasta, anche se in realta c'era già prima. Comunque feci cenno di si con la testa. E poi le dissi: - Non credo riuscirò a chiuder occhio, ma tutto sommato andrà bene. 
  - Oh magari potrei farti compagnia?- mi disse lei. E senza che io le dessi una risposta mi disse per attacar bottone:
  - Sai ora dovresti iniziare ad uscire con qualcuna. Ora che Sofia viene con me, dovresti trovarti della compagnia, magari uscire con qualcuna seriamente...
  - ..o forse sto anche bene così.- risposi seccamente. In realtà mi dava semplicemente fastidio l'idea che lei mi spingesse verso nuove persone. Perché io non volevo nuove persone.Mi resi conto di averle risposta troppo bruscamente cosi le disse:
  - Beh magari ora avró bisogno di tempo per abiutarmi, poi magari chi lo sa.
  - Già, comunque lo sai che con me potrai sempre parlarne, insomma chi ti conosce meglio di me?! Potrei darti dei consigli...
  - Come se ne avessi bisogno!- le risposi giocosamente e lei scoppió in una fragorosa risata. In quel momento mi sembró di essere tornata indietro di un sacco di tempo, quando eravamo felici e ci prendevamo in giro sui difetti di una e dell'altra. Mi sembró davvero di essere ancora le Callie Arizona di un tempo, che discutevano delle farfalle della mia cuffietta, della sua voglia infrenabile di pizza e di caffé e delle nostre serate di salsa. Dei progetti che avevamo insieme. Di una casa grande, di cani, di polli e dei nostri dieci figli. Per farla ridere mi venne in mente una cosa da dirle, che ormai non aveva più importanza:
  - Sai, quando hai preso la varicella, in realtá ti ho mentito... io l'ho presa da piccola.
  - Lo sapevo!- disse lei, forse un po troppo ad alta voce da far svegliare una signora a cui Callie fu costretta a chieder scusa, mentre io ridevo di nascosto.
  - Sei stata una vera stronza! Mi hai lasciata in compagnia di Lexi tutta la giornata facendomi credere che tu non l'avesi presa. Poi mi venne il dubbio quando venisti la sera nella mia camera.- Scoppiamo a ridere e fummo trasportate entrambe nei ricordi delle carezze e delle parole che ci scambiammo in quell'occasione. Entrambe arrossimmo così per evitare l'imbarazzo dissi:
  - Tanto avevi Mark che ti consolava cosi bene! - feci per provocarla.
  - oh si, lui mi aiutó molto! - mi rispose lei tenedo il gioco com cui ci provocavamo.
  - Dio quanto lo invidiai quel giorno! - mi lasciai sfuggire. E lei rise, perche altro in realtà non potevamo fare. Ridemmo, ridemmo forte, forse per non crollare. Forse perche ci mancavamo, o meglio , forse io le mancavo come lei mancava a me. E un po perche ad entrambe mancava Mark. Forse se ci fosse stato Mark non saremmo arrivate fin qui; forse staremo ancora insieme. Forse...
  Purtroppo però arrivammo a New York, e fummo riportate alla realtá.  
  
 

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Capitolo 3
*** Mostrarsi non è facile ***


Erano le cinque del mattino, non riuscivo piu a dormire, forse per il viaggio o forse non lo so. Eravamo nel piccolo ma confortante appartamento di Penny, quando siamo arrivate era già tardi per cui andammo subito a dormire. Io e Sofia eravamo nel divano letto del piccolo salotto. La mia piccola aveva le sue braccine attorno al mio corpo, il viso rilassato e contento. Dormiva poche volte nel letto con le sue mamme, perché Callie non voleva che ci prendesse l'abitudine; in realtà quando Sofia veniva a dormire da me, la maggior parte delle notti se non tutte, la facevo dormire nel mio lettone. Era una spettacolo senza fine. Aveva lo stesso sorriso di Callie, il suo stesso sorriso di quando dormiva. Sarei potuta rimanere a fissarla e a massaggiare i capelli della mia piccola per tutto il giorno probabilmente. Fui riportata alla realtà quando la porta della camera in cui dormivano Callie e Penny si aprì. Penny, ancora assonnata e probabilmente esausta, stava andando in bagno. Quando notò che ero sveglia, mi sorrise e a bassa voce per non svegliare Sofia mi disse:
-Buongiorno dottoressa Robbins, spero di non averla svegliata.
  - Buongiorno, no no tranquilla ero giá sveglia. E .... Penny, non chiamarmi più dottoressa Robbins, solo Arizona.
  - oh si certo... Arizona. -mi sorrise ancora e io ricambiai senza smettere di carezzare i capelli di mia figlia.
  - Comunque io stamattina devo andare in ospedale, ma tornerò alle 5 di questo pomeriggio, quindi ci vediamo dopo, magari andiamo a mangiare qualcosa tutte insieme.- mi informó lei.
  - si certo, avviso io Callie, tranquilla. Buona giornata. - lei entrò in bagno e dopo un po uscì per andare a lavoro. 
  A malincuore mi alzai dal letto e dopo essermi data una sistemata, uscii di casa. Fortunatamente vidi subito un bar, così ordinai due caffe montati con la panna e una ciambella. Non me la sentivo ancora di tornare in casa, faceva sembrare il trasferimento di Callie ancora più reale. Cosí decisi di fumarmi una sigaretta, avevo sempre un pacchetto per le emergenze dentro la mia borsa. Fumavo in due occasioni soltanto: quando ero nei guai e quando ero nervosa. Ero decisamente nervosa. Non mi sentivo pronta, avrei voluto davvero scappare da tutta quella situazione. Ma avevo promesso a me stessa e a Callie, tanto tempo fa, che avrei smesso di scappare quando le cose si facevano difficili. E non potevo farlo adesso. Grazie a Callie ero migliorata, ero diventata un'altra persona. Ero davvero un buon marinaio nelle tempeste. D'un tratto, sentii il telefono squillare.
  - Pronto?- risposi.
  - Dove diavolo sei? - dall'altro lato del telefono Callie sembrava preoccupata e molto molto arrabbiata. 
  - Sono andata a comprare la colazione Callie! 
  - Si ma non puoi prendere e andartene! Scrivermi un messaggio o un bigliettino con su scritto "Callie, vado a prendere la colazione, torno subito." ti faceva proprio schifo?- parlava abbassa voce, ma molto vivacemente, forse per non svegliare Sofia.
  - Ehi ehi Callie, calmati! Mi dispiace pensavo di tornare prima che tu ti svegliassi. Ho sbagliato. Mi dispiace.
  Callie fece un grosso respiro prima di rispomdermi: -Okay, ma sbrigati a tornare che ho fame.-e riattaccó. 
Sorrisi e aspirai l'ultima volta dalla sigaretta e poi mi alzai per fare ritorno all'appartamento. Appena arrivata sul pianerottolo, Callie mi aprí la porta e mi disse: 
-Che diavolo ti salta in mente di andartene e... -annusó per un attimo l'aria- aspetta... Hai fumato?! - era arrabbiata quanto sorpresa. 
-Ehi ne avevo bisogno! Ora calmati... Sofia dov'è? - Callie mi squadró per capire cosa mi fosse preso.
-È in bagno.- mi rispose cercando i miei occhi, cercando un contatto. Io evitai quel contatto e lei continuó a guardarmi con uno sguardo carico di compassione, come se capisse il mio stato d'animo. E la compassione era l'ultima cosa che volevo. Mi tolsi il giubbotto e nel frattempo Sofia uscì dal bagno e mi corse incontro con uno dei più bei sorrisi. 
-Buongiorno mammina! -la presi in braccio.
 - Buongiorno principessa! - le risposi baciandole le guanciotte. 
 - Mammina hai preso la colazione?- fece Sofia entusiata.
  - Bhe si, ho preso una buonissima ciambella per te... e un caffé montato con la panna per te.- dissi rivolgendomi a Callie sorridendole. Lei ricambió il mio sorriso, molto forzatamente. Ci sedemmo a tavola, come una vera famiglia e facemmo colazione tutte ridendo e scherzando. Poi Sofia andò a lavarsi e io e Callie rimanemmo sole. 
  - Mi hai fatto prendere un colpo stamattina.- fece Callie con gli occhi bassi. 
  - Ma non ho fatto nien...
  - Pensavo te ne fossi andata- Callie tratteneva a stento le lacrime. - Pensavo fossi andata via! Perché la situazione si era fatta difficile e...
  - Ehi ehi.. no fermati.- presi un momento per chiarirmi le idee. Poi la guardai negli occhi e dissi:
  - Non me ne vado. Non scapperó. Te l'ho promesso una volta e lo rifaró di nuovo. Non vado via. Non sono piu quella persona ormai da molto tempo. Ma avevo bisogno di un momento per me. Un momento per riflettere. E per realizzare cosa sta succedendo...- abbassai lo sguardo perché altrimenti Callie avrebbe intuito tutto.
  - Lo so Arizona, la sitazione è molto diffi...
  - No ehi! Basta non voglio parlarne. È tutto okay.- cercai di sorriderle. Lei avrebbe voluto ribbattere mai poi abbandonó l'idea, forse perché sapeva che non avrei parlato fino a quando non fossi stata io a tirar fuori l'argomento.  
 Si alzò e ando verso la camera da letto, io d'istino la seguii. -Ti odio quando fai cosi Arizona! - mi disse lei, scoppiando in una risata che lasció senza parole anche me per un momento per poi farmi ridere.
  - Beh se è per questo anche io!- feci tirandole uno dei cuscini che stavano sul letto.
  Mi guardó cercando di trattenersi dal ridere. Poi prese un altro cuscino e me lo lanció.
  - Non è vero io sono fantastica! - disse lei, pavoneggiandosi. Io la guardai cercando di fare la mia miglior faccia imbronciata. Poi le lanciai di nuovo il cuscino. 
  - Vuoi fare una guerra di cuscini adesso?!- disse lei. Ma non mi diede neanche il tempo di rispondere che inizió a tirarmi altri cuscini uno dopo l'altro. Iniziammo a ridere e a farci linguacci mentre giocavamo. Una volta che tutti i cuscini furono finitia terra, mi buttai di pancia sul letto dicendo: - Okay, stop! Calliope hai vinto! - ero stremata e con il fiato corto.
  - Oddio! Tu che ti arrendi così facilmente in una guerra di cuscini, non ci credo! Stai proprio invecchiando Robbins! 
 Risi di gusto con la faccia sul cuscino. Poi mi venne un' idea. Mi girai di botto e le iniziai a fare il solletico, buttandola di schiena sul letto.
  - Solo perche hai tre anni in meno di te e una gamba in piú, non significa che tu sia piu forte di me, Torres!
  Callie rideva e ripeteva tra le risate: -Ti prego, non respiro!
  - Oh no Calliope, non te la cavi con un "ti prego"! Dovresti implorarmi per farmi smettere! - le dissi ridendo.
  - oh no, non cederó!- nel frattempo era riuscita a portare le sue mani sui miei fianchi e a farmi il solletico a sua volta, ribaltando la situazione. Ero di schiena sul letto, Calliope sopra di me e i nostri visi pericolosamente vicini. Era diventata tutta rossa e mi guardava negli occhi. Le sue mani erano ancora sui miei fianchi ma si erano fermate. Le mie mani invece erano sulla sua schiena. Era bellissima. Aveva il fiato corto e il battito accelerato. Probabilmente il mio cuore invece smise di battere. Si mordeva le labbra, come se cercasse di trattenersi. Trattenersi dal baciarmi. Io l'avrei baciata senza esitazioni ma fortunatamente Sofia ci chiamó dalla cucina. E continuando a guardarci negli occhi, ci rialzammo. Era ancora rossa in viso. La piccola ci raggiunse in camera e guardando i cuscini a terra disse:
  - Mamme! Avete fatto la guerra dei cuscini senza di me?- era delusa di non aver potuto partceipare.
  - In relatá ho anche battuto la mamma con il solletico!- dissi a mia figlia in tono giocoso.
  Con quella frase a Callie passó l'imbarazzo e disse: -Non è vero! -poi rivolgendosi a Sofia disse: -Amore che ne dici se facciamo un secondo round io e te contro la mamma, visto che è così brava?
Non mi diedero nemmeno il tempo di rispondere che mi si fiondarono addosso. Sofia aveva lo stesso sorriso di Callie. Si divertiva cosí tanto che non mi venne in mente nemmeno per un momento di chiedere di smettere. Sofia aveva le sue manine vicino al mio collo, mentre Callie sfiorava i miei fianchi. Le sue mani erano calde. Quando poi Sofia si stancó di giocare disse a Callie:
- Mamma hai visto? Ti ho aiutata a sconfiggere la mamma!- Sofia era al settimo cielo. 
  - Si, da sola non ci sarei mai riuscita! Menomale che ci sei tu!- le rispose Callie abbracciandola e lasciandosi baciare dalla piccola.
  - Ehi d'accordo siamo pari. Peró credo di meritarlo anche io un grosso abbraccio e tanti baci!- dissi facendo finta di mettere il broncio. 
 Poco dopo mi ritrovai sia le braccia di Sofia al collo sia quelle di Callie dietro la schiena. Mentre Sofia mi riempiva di bacini, guardai Callie negli occhi e avrei voluto che quel momento durasse in eterno. Avevo le mie ragazze tutte per me in quel momento, non capitava ormai da molto. Soprattutto non capitava mai che io e Callie avessimo questi momenti. 
Sofia si lasciò baciare da entrambe per piu tempo del solito poi disse: 
 - Mamme peró adesso basta! - e si staccó dal nostro abbraccio. 
Callie non aveva tolto la sua mano dalla mia schiena e io neanche dal suo collo. Ci avvicinammo pericolosamente. Era più forte di me. Pochi centimetri separavano i nostri visi. Stavamo per complicare tutto. Per rovinare tutto quello che stava accadendo.
 Non andava affatto bene. 
Riuscimmo a staccarci però. Anzi, Callie riuscii a staccarsi, senza dire una parola. Io chiusi gli occhi e mi concessi un minuto per riprendermi prima di uscire di casa. 
Avevamo molto da fare, trovare una scuola per Sofia e una casa nuova, visto che quella di Penny era piccola per tre persone. Uscimmo di casa, Sofia era tra di noi, ci teneva la mano, ci univa, ci separava. Fortunatamente direi. Non volevo, non dovevamo rovinare tutto. Non dovevamo, non in questo modo. 
Accompagnammo Sofia nella sua probabile scuola e la lasciammo seguire un corso che sarebbe durato fino alle quattro con lo scopo di farle fare amicizia con i suoi futuri e probabili compagni di scuola. 
Io e Callie invece ci dirigemmo a visitare un appartamento che Callie aveva scovato su internet e in cui era già riuscita ad avere un appuntamento. 
La padrona di casa, una signora gentile, ci chiese:
  - Verrete a vivere a New York per lavoro immagino.
  - Oh si bhe, sono un chirurgo ortopedico e sono venuta qui per stare con la mia ragazza, con cui andrò finalmente a convivere.- rispose Callie feliccissima. La signora, avendo frainteso la situazione, rivolgendosi a me disse:
  - É una donna davvero fortunata sa. Pochi sono disposti a lasciare tutto per seguire la persona che amano.
 Rimasi senza parole. Era vero. Pochi sono disposti a lasciare tutto per la persona che amano. Callie ad esempio per me non fu disposta, quando vinsi il Carter Madison. Comunque Callie rispose al mio posto. 
  - No, in realtà lei è la mia ex moglie. La mia ragazza si chiama Penny ed ha ricevuto una borsa di studio in chirurgia.
  Sorrisi amaramente. Essere definita la sua ex moglie fu un po' come una coltellata. La signora invece era imbarazzata, così ci disse che ci avrebbe concesso del tempo per discutere della casa da sole. Callie inizió a blaterare qualcosa sulla camera di Sofia, della cucina, ma io non la stavo ascoltando così con tono pacato le chiesi:
  - Non eri disposta a seguirmi in Africa?
  - Come scusa? - Disse lei confusa.
  - Non hai voluto seguirmi in Africa. 
  - Arizona, vuoi parlarne adesso? 
  - Non hai voluto seguirmi in Africa per tre anni. 
  - Arizona, stavamo parlando di andare dall'altra parte del mondo.- fece per concludere il discorso, ma io continuai.
  - Solo per tre anni! Poi saremmo tornate e probabilmente avremmo avuto lo stesso tutto quello che abbiamo ora.
  - Abbiamo avuto Sofia, grazie al fatto che io non ti abbia seguita! - Callie iniziava ad innervosirsi. 
  Io invece stavo perdendo la testa. 
  - Si ma probabilmente l'avremmo avuta lo stesso. O avremmo avuto anche altri figli. E... magari non sarebbero successe tutte le cose che invece sono successe!- si, stavo decisamente delirando.
  - Cosa non sarebbe successo, Arizona?! Spero tu stia scherzando.
  - Prima di tutto, non ci saremmo lasciate. Secondo, tu non saresti andata a letto con Mark. Terzo, non avremmo avuto un incidente d'auto nel quale stavi per morire e nel quale ti stavo quasi per perdere. Quarto, non sarei salita su quello stupido aereo.- stavo urlando, non so perché ma avevo perso la testa. E ora ci trovavamo di nuovo ad urlare l'una contro l'altra.
  - Adesso vuoi dare la colpa a me?! Perché se così fosse direi che secondo il tuo ragionamento malato non mi avresti neanche tradita, sbaglio? Stai dicendo che è tutta colpa mia, di tutte le cose che ci sono successe, di tutti i nostri problemi. E torniamo sempre allo stesso punto: in una relazione ci sono due persone e non è mai solo una a sbagliare e a rovinare tutto. E poi dimentichi che grazie al fatto che sono stata a letto con Mark, abbiamo avuto una figlia. Figlia che tu non volevi, ma che hai imparato ad amare dopo e per la quale siamo andate in tribunale. Eravamo in causa, causa che hai vinto ed hai ottenuto l'affidamente esclusivo. Ci siamo fatte la guerra per tutto il tempo, continuamente. Perché dovevamo fare sempre quello che volevi tu!
 Callie aveva iniziato a piangere, a piangere forte. Le sue parole erano arrivate come uno schiaffo dritto in faccia, anzi no, come un pugno o forse tutte e due le cose insieme. In quel momento non ero in me.
  - In realtà alla fine abbiamo fatto sempre quello che volevi tu. Mark non mi piaceva, ma tu volevi che noi fossimo amici ed è successo. Io non volevo un bambino e tu si, e abbiamo avuto una figlia. Io volevo andare in Africa e tu no, e non ci siamo andate. Io volevo rimanere insieme a te nonostante tutto e tu invece non volevi "sistemarci più" e ci siamo lasciate. Volevi seguire Penny e portare con te Sofia e io non volevo, ma eccoci qua. Ti sto perfino aiutando a scegliere la casa in cui andrai a vivere insieme alla tua ragazza. 
  Ero arrabbiata, perché? Non riuscivo a capire il perché. 
  - Arizona! - urló il mio nome ma non mi rispose, si sedette a terra con la testa tra le gambe per nascondere le lacrime. 
 Piangeva forte e io invece rimasi immobile al mio posto. Mi sentivo una vera merda. Lo stavo rifacendo di nuovo, la stavo facendo soffrire di nuovo. Come può una sola persona sbagliare così tante volte? Come poteva essere che stavo facendo soffrire la persona piu importante al mondo per me, di nuovo? 
  - Calliope...
  - Cosa? Cosa, Arizona?! Ti dispiace?! Lo ripeti in continuazione ogni volta che sbagli, ma non impari mai a non sbagliare?! Continuava a piangere, ma non sapevo davvero cosa fare. Avevo fatto un casino, per cose di cui in realtà neanche mi importava, perché amavo la vita che avevo avuto con lei e non l'avrei mai cambiata. Non mi dispiaceva neanche di dover essere tornata dall'Africa, volevo stare con lei. Ma come potevo spiegarle tutto questo e non complicare ancora le cose. Per spiegarle tutto quanto avrei dovuto mettere a nudo i miei sentimenti ma non potevo. Mi avvicinai a lei e mi sedetti affianco. 
  - Arizona..- pronunciò questa volta il mio nome non con rabbia ma con un specie di delusione che non saprei ben definire. 
 Le misi un braccio sulle spalle e lei non reagí, continuava a tenere la testa tra le ginocchia. Continuava a singhiozzare. 
Dio! Ero stata una vera bastarda. Poi senza alzare la testa, mi chiese:
  - Perché continui a ferirmi ogni volta che faccio un passo per allontanarmi da te? Lo vuoi capire che nonostante tutto io sarò sempre con te e che tu sei sempre nella mia testa?- questa volta il suo tono era gentile. Era un tono di resa. Continuó:
  - L'ho notato sai? Il tuo disperato bisogno di amore. E non sai quanto vorrei essere io a darti quell'amore di cui tu hai bisogno. Ma alla fine lo sai tu e lo so io. Non è l'amore che manca tra noi. Siamo come due fuochi che insieme diventano enormi ed incendiano tutto. Ma siamo pur sempre un incendio. E siamo indomabili, e cerchiamo di bruciarci a vicenda perche ci sismo solo noi. Ma alla fine lo sappiamo che attorno a noi c'è tutto un mondo in cui non possiamo stare insieme, perche eliminiamo tutto, sempre. Per questo ci siamo lasciate. - aveva alzato il capo, ma guardava davanti a sé, nel vuoto. 
  - Il problema tra noi non è mai stato l'amore o la passione... - risposi fissando lo stesso punto che guardava lei. 
  - Esatto, lo so quello che tu provi per me. E dovresti sapere che anche per me è lo stesso. Ma non possiamo... non potevamo continuare a distruggerci a vicenda. Non ci riuscirei un'altra volta. - mi guardó negli occhi.
  Aveva ragione. La maggior parte delle persone si lasciano non perché non si amino più ma perche l'amore non basta. Ci vuole qualcosa di più per andare avanti. 
  - Calliope..- allungai anche l'altro mio braccio. E la strinsi forte a me. Come se mi ci dovessi aggrappare. 
  La mia ancora continuava ad essere lei.
  - Come fai a stare con lei se pensi ancora a me? - le chiesi. 
  La mia domanda non aveva nessun tono provocatorio ma volevo capire come avesse fatto lei andare avanti.
  - Io amo Penny e amo te... Ma lei è calma. Il suo amore non mi fa distruggere, il suo amore mi rende felice. Amo te ed amo lei. Tu mi fai perdere la testa, lei invece mi fa controllare. Ed io ho bisogno di controllo.
 Annuii, non sapevo cosa rispondere. Rimanemmo strette in quell'abbraccio fino a quando non tornó la padrona di casa.
  
 
 

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Capitolo 4
*** Restare a galla ***


Callie aveva deciso che quella sarebbe stata la casa in cui sarebbe andata a vivere insieme a Penny e Sofia. La mia bambina aveva una stanza tutta per sé. In piu c'era una camera degli ospiti, in modo tale che quando avessi voluto far visita a Sofia non avrei dovuto stare in albergo. Era un piccolo appartamento, ma accogliente proprio come quello in cui vivevamo prima io e Callie. 
Decidemmo di prendere qualcosa da mangiare fuori e pranzare nell'appartamento di Penny e in tutto il tragitto fino a casa restammo in silenzio. Callie era arrabbiata, o meglio stava sbollendo. Io avevo la coda tra le gambe e non avevo il coraggio di dirle niente per paura di peggiorare le cose. Ci sedemmo a tavola, sempre in religioso silenzio e con la testa bassa, tanto che per poco la mia fronte toccava il piatto. Poi ci fu la prima proposta di pace da parte sua:
  - Vuoi dell'acqua?- mi chiese guardandomi con molta sufficienza. 
  Mi andò il boccone di traverso, poi risposi: -Si grazie.- accennai un sorriso e le porsi il bicchiere. Poi di nuovo silenzio.
A rompere quel silenzio che mi rendeva nervosa, e soprattutto colpevole, fu il mio cellulare. Mi era arrivato un messaggio di April. Era una foto della sua piccola.
  -Uh Callie guarda.. la bambina di Kepner! - le mostrai la foto. 
Quando guardó la foto, il suo sguardo cambiò, ma evidentemente ancora arrabbiata e troppo orgogliosa, come sempre, rispose soltanto: - Si, molto carina.... bella come i genitori. 
  - Bhe si è una bellissima bimba.- risposi, continuando a guardare la foto. 
  Callie fece un sorriso, un sorriso amaro e capí che stava per sbottare. Era arrivato il suo turno. 
  - Cosa c'è che non va? .. Anzi, cosa ho detto che ti innervosisce tanto?- risposi a mia volta secca. Ero arrabbiata anche io. 
  Diedi un un altro morso alla pizza, evitando così il suo sguardo. E così fece lei con il suo pezzo di pizza.
  - Callie, lo vedo che ti stai innervosendo, cosa c'è?- continuai, forse volevo provocarla, o forse... forse non lo sapevo. Forse volevo creare un contatto.
  - Oh nulla nulla- rispose lei.
  - Callie, ti preg...
  - Okay, dimmi che non hai scelto di fare la tua specializzazione con la Herman perché non volevi avere un altro figlio.
  - Callie, non iniziare...Lo sai..
  - Avevamo intenzione di averne un altro, ma tu.. tu hai mandato tutto all'aria! Avevamo trovato una surrogata!
  - Sono stata io però a convincerti di farlo con la surrogata e tu all'inizio non volevi... ma Callie, basta. Non possiamo continuare...
  - Cosa?! Non possiamo continuare a pensare che potevamo essere felici se tu non avessi fatto l'idiota?!
  - Stavo per dire non possiamo continuare a pensare al passato, perché a cosa arriveremmo con queste litigate?!-
   In realtà non volevo parlarne perché era doloroso. C'avevamo provato diverse volte, ma non era andata.
  - Perché, ti fai schifo da sola?- mi disse lei arrabbiatissima. 
 La guardai, ed in quel momento realizzai che ero appena stata delusa, delusa dall'amore della mia vita.
  - Come puoi dire questo?! Dovrei farmi schifo perché ho perso un bambino? Perché evidentemente non sono adatta? - avevo iniziato a piangere. E Callie si rese conto di aver detto una delle sue puttanate. 
 Presi la borsa e il giubbotto e corsi via, avevo bisogno di aria, di starle lontano. Lei cercó di fermarmi, di prendermi tra le sue grandi braccia, ma in realtà quello era l'ultimo posto in cui volevo stare.
Mi allontanai di un paio di strade dall'appartamento, o cosí mi sembró, giusto per non farmi trovare da lei. Presi un' altra sigaretta dal pacchetto delle emergenze. Di questo passo avrei ricominciato a fumare. Ma ne avevo troppo il bisogno. Ricordo che anche quando ero al college facevo così. Mi arrabbiavo e per ricompormi fumavo, fumavo tanto a quei tempi. Già allora non avevo delle amiche che riuscivano a confortarmi, non perché non fossero brave ma perché ero io che le allontanavo. E solo in casi gravi, chiamavo Tim o Nick. Loro c'erano sempre. Mi mancavano molto. Nel frattempo squilló il mio telefono.
  - Pronto?
  - Ciao Arizona, sono April! 
  - April! Come stai? La bambina sta bene? C'è qualcosa che non va? - mi ero preoccupata per lei, per la bambina.
  - Cosa? Si si benone! No in realtà volevo parlarti di un'altra cosa...
  - Dimmi pure April..
  - ... dal tono di voce in cui mi stai parlando, cioè così tranquillamente, direi che nessuno ti abbia detto ancora niente...
  - April, mi stai facendo preoccupare, cosa c'è che non va?!- mi stavo quasi per innervosire.
  - Bhe ecco.. Alex..- 
  - Cosa, si è fatto male? Ha bisogno di aiuto, perche posso prendere il primo volo e ...
  - No no no! Alex sta benissimo, Arizona! Ecco in realtà, Alex ha picchiato DeLuca...- completó la frase tutta d'un fiato. 
 Cosa aveva fatto Alex? Lo avrei ammazzato con le mie mani appena tornata. 
  -Oddio! E Andrew come sta? 
  - Emh Arizona, Andrew...
  -ARIZONA! - Callie era a due passi dietro di me, aveva appena urlato il mio nome. Prese il mio cellualre e disse: 
  - Chiunque tu sia, adesso la dottoressa Robbins non puó parlare, richiamate più tardi o tra qualche settimana!- era ancora più arrabbaiata di prima. 
  - Ehi! Era April! Mi stava dicendo che Alex ha picchiato Andrew!- feci io cercando di riprendere il telefono.
  - Non so neanche chi sia questo Andrew! E comunque tranquilla, sono le solite cazzate alla Alex Karev..
  - Andrew DeLuca! Il mio coinquilino, Callie! E Alex non fa cazzate!
  - Si va be, ora spegni quella cazzo di sigaretta, alza il culo e torna a casa con me! Non abbiamo ancora finito di palrare! 
  - Parlare di cosa? Vuoi prendermi ancora a parole?! Non ci torno a casa con te!
  - Oh Dio! Quanto sei .....! Va bene, vorrà dire che lo farò qui.
  Mi bació. Era successo tutto così velocemente. Aveva messo una mano dietro il mio collo e mi aveva fatta avvicinare. E mi stava baciando. Era calda. E io rimasi per qualche istante immobile per avermi colto di sorpresa, poi liberai le mie mani, dalla sigaretta, dal cellulare e le portai al suo viso. Il suo viso era morbido e bello come sempre. E le sue labbra erano quelle di sempre, sapevano di pizza e di piccante, ma sapevano di casa. Lei inizió a mordermi le labbra forte e io gemetti nella sua bocca. Voleva farmi perdere il controllo e ci stava riuscendo. Poi con mia grande disapprovazione lei si staccó dalle mie labbra.
  - Adesso ci vieni a casa con me?- mi disse Callie rossa in viso.
  - Calliope... io ci verrei anche a casa con te.. ma Penny? Questo vuol dire tradire, e tu sai cosa significa essere traditi.
  - Arizona, in questo momento, voglio solo stare con te, baciarti e farlo con te.. Niente Penny, niente Sofia, niente Alex, niente Kepner, niente .. come hai detto che si chiama? 
  - Andrew DeLuca! 
  - ah giusto, bhe non mi interessa. Voglio solo che tu venga a casa con me. Ora. Allora che fai vieni?
  Ci pensai un momento. Non sapevo cosa fare, non mi sembrava corretto nei confronti di Penny. E soprattutto non sapevo questo dove ci avrebbe portate. Cosa significava? Ma in quel momento decisi di seguire l'istinto. 
  - Andiamo allora! - le risposi. Le presi la mano, e gliela baciai. Poi ci incamminammo verso "casa". 
Non appena entrammo dentro, Callie chiuse la porta, e ricominció a baciarmi. Le sue mani stringevano il mio sedere, mentre le mie erano sempre sul suo viso, come se avessi paura che potesse andarsene da un momento all'altro.
Facemmo l'amore. Era un amore disperato, un pó come l'ultima volta, quando eravamo in terapia, non ci parlavamo. Ma le nostre mani, i nostri baci, le nostre carezze, riuscivano ad esprimere tutto meglio delle parole.
Erano gesti che chiedevano scusa, perdono, che volevano amore, volevano tutto quello che avevamo lasciato andare. Volevamo aggrapparci al ricordo di una vita che ormai non c'era più. Erano le parole non dette di due donne che ormai non avevano la forza di stare insieme ma che in realtà era la cosa che entrambe desideravamo di più. Era l'amore di due donne che si erano amate così tanto da annientarsi a vicenda, ma erano anche come calamite. Destinate a stare insieme. Avevamo visto tante persone sprecare la propria vita dietro ad un amore mediocre, per paura di vivere un amore vero. E lo stavamo facendo anche noi. Anzi, anche Callie. E stavamo tornando al punto di partenza.
Alla fine ci ritrovammo a guardare un punto davanti a noi, immobili per non rovinare il momento, ma avevamo rovinato tutta la nostra complicità e il rispetto che avevamo costruito in questi due anni che non stavamo più insieme. Eravamo abbracciate, Callie aveva la testa sulla mia spalla e con le sue braccia mi cingeva i fianchi. Io invece le accarezzavo un pó le braccia, un pó i capelli. Solo ora stavo realizzando quanto mi fosse mancata. Mi era mancata davvero tanto, tanto che il pensiero che prima o poi ci saremmo dovute separare faceva male.
  - Come ti senti?- le chiesi, continuando ad accarezzarle il braccio.
  - Come una traditrice e anche come in un sogno.- alzó lo sguardo e mi sorrise.
 - Mmh preferisco sentirti dire che é stato un sogno.. - le risposi e ridemmo di gusto.
  - Già e prima o poi i sogni finiscono.- disse lei sospirando pesantemente. 
  - Già, cosa hai intenzione di fare adesso?- avevo un brutto presentimento, poiché lei non rispose.- Cosa c'è te ne stai pentendo? - le chiesi ancora, piuttosto arrabbiata. 
  - No no... certo che no, ma quello che ti ho detto quando stavamo guardano l'appartamento era vero. 
  - Cioè cosa sono stata io, una scopata oppure un passatempo?!- mi spostai dalla posizione in cui eravamo per guardarla negli occhi.
  - No ovvio che no Arizona! É stato bello e importante, ma ...io non posso- si era rituffata tra le lenzuola, mentre io ero ormai seduta a guardarla. 
  - Io non capisco, cosa mi stai dicendo che adesso hai intenzione ritornare a Seattle, lasciare Penny e lasciare me anche, come se niente fosse?!- mi stavo innervosendo, come poteva dire una cosa del genere.
  - No no certo che no! - Callie si era rigirata e aveva la faccia nel cuscino. 
  - E allora cosa?- le chiesi, lasciando sulla sua spalla nuda diversi baci. Era più forte di me, non riuscivo a controllarmi.
  - Io non torno a Seattle, non per ora...- disse lei, senza guardarmi.
  - .. e cosa vuoi fare, restare qui, magari? E magari resti anche con Penny e non le dici nulla? - dissi ridendo per prenderla in giro mentre le continuavo a baciare tutta la schiena dolcemente e inebriandomi del suo profumo. 
  - Si..- disse lei con voce roca a causa dei miei baci. 
  Ma a me la risposta non era piaciuta. Pensavo scherzasse, così continuai a scendere ancora piu giú con i miei baci. 
  - Umhh e poi dicono che sia io la traditrice tra me e te...- la provocai.
  - Arizona...- disse lei, ansimando. Stavo continuando a baciare, mordere e toccare la sua pelle con molta passione, sfiorando i punti giusti per provocarla. Poi lei prese la mia mano e cerco di attirarmi verso il suo viso. La baciai, non capivo come avessi fatto in questi anni a respirare senza di lei. Tornai a baciarle il collo.
  - Arizona..- mi richiamó lei.
  - Calliope..- le risposi senza smettere di darle piacere.
  -Io..- cominció a dire lei- Ho... davvero... intenzione di...- trattenne un gemito.
  - Tu hai davvero intenzione di ....- la incoraggia a finire la frase mentre la provocavo.
  - Restare con Penny. - concluse. 
 Fu come se mi avessere tirato un secchio di acqua gelata addosso in pieno inverno. E ritornare in apnea.  

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Capitolo 5
*** ... andando via ***


Mi fermai di colpo.
  - Cosa?!- non riuscivo a crederci.
  - Arizona...-
  - Dimmi che stai scherzando! Callie ...- mi alzai, raccolsi la mia biancheria e cercai di rivestirmi.
  - Arizona! Aspetta, fammi spiegare..- mi prese per un braccio e mi fece sedere di nuovo.
 Cercavo di non guardarla negli occhi, se lo avessi fatto avrei iniziato a piangere.
  - Arizona... io non posso tornare con te, tu...tu sei l'amore della mia vita, ma sono convinta che se tornassimo insieme io ti farei soffrire poi tu faresti soffrire me. E io non voglio più soffrire in questo modo, non ne ho più le forze.- disse con dolcezza.
  Sentivo il suo sguardo pesare sopra di me, ma non avevo il coraggio di rispondere, di muovermi, di guardarla.
  - Arizona, guardami... ti prego...- mise una mano sotto il mio mento e mi costrinse a guardarla. Non me ne ero accorta ma alcune lacrime già rigavano il mio viso.
  - No, Arizona... ti prego non piangere...- disse Callie e mi abbracciò mentre io cercavo in tutti i modi di staccarmi da lei. Le tiravo pugni sul petto e sulle braccia, urlavo e mi dimenavo. Ma lei continuava a stringermi.
  - Callie, lasciami... ho detto lasciami. IO TI ODIO... non.. voglio rivederti... mai più...- Callie continuava a stringermi come se non ascoltasse ció che le urlavo. Piano piano però stavo cedendo. I miei pugni diventavano sempre più deboli, mentre si facevano strada i singhiozzi e un dolore nel petto.
  -... lasciami, ti prego...- continuavo a ripetere mentre Callie mi stringeva a sé e io invece rimanevo immobile con le mie braccia contro il suo petto. Mi teneva stretta, quasi da non respirare. Le sue braccia però dopo un pó mi fecero calmare, mentre la sua bocca baciava punti inprecisi della mia testa. Quando mi calmai e i singhiozzi sparirono, mi ritrovai a fissare un punto di fronte a me. Ero arrabbiata. Ero arrabbiata che Callie continuasse a baciarmi e ad accarezzarmi i capelli. Aveva le guance umide e non sapevo se erano le mie lacrime oppure aveva pianto anche lei. Con calma e timore inizió a scendere per tutto il mio viso con i suoi baci. E anche le sue braccia iniziavano ad allentare la presa. Una sua mano liberò il mio viso dai capelli che avevo davanti agli occhi, poi prese ad asciugare le mie lacrime e poi accerezzó il mio viso.
Quando mi ripresi del tutto e realizzai ciò che era successo mi mancava il fiato. 
  - Shh.. Arizona calmati, sono qui.. andrà tutto bene.. respira...- e dopo aggiunse: - ora peró si è fatto tardi e dovremmo andare a prendere Sofia. E poi volevo andare a cenare con Penny...- continuava a guardarmi cercando una mia reazione. 
  - Se non vuoi venire capiró...- mi propose. Feci segno di no con la testa. Volevo uscire, dovevo. E in silenzio uscimmo di casa.
 Cercai di comportarmi normale, risi con la mia bambina come se niente fosse, perché lei non centrava e meritava tutte le mie attenzioni visto che il tempo che ci rimaneva insieme era poco. Anche durante la cena con Penny cercai di concentrarmi solo su Sofia, ma Penny era una ragazza sveglia e se ne accorse.
  - Arizona ti senti bene? - mi chiese realmente preoccupata.
  - Si si solo un leggero mal di testa, nulla di preoccupante.- le risposi cercando di farle uno dei miei migliori sorrisi. 
  Poi guardai in direzione di Callie: aveva la testa bassa. Poi presi in braccio mia figlia mentre lei mi raccontava tutto ciò che aveva fatto. La sera tornammo tutte a casa insieme e le uniche due persone felici in quella casa erano Penny e Sofia. 
A Penny piaceva giocare con Sofia e prenderla in giro. E alla mia piccola peste piaceva Penny e di questo ero felice. 
Passarono le settimane in fretta, troppo in fretta. Io avevo ripreso quasi del tutto a fumare, ormai era una volvola di sfogo, come al college. Dovevo ritrovare le mie persone e per farlo dovevo aspettare il giorno della mia partenza. Il giorno in cui sarei tornata a Seattle, a casa mia, da Alex, da Andrew, da April. Quelle erano le uniche persone care che mi rimanevano. 
Arrivó la metà di settembre, Sofia avrebbe iniziato la scuola e io dovevo tornare a lavoro. In tutto quel tempo io e Callie non avevamo più parlato di ció che era successo. Io non volevo, era troppo doloroso e pericoloso, non volevo rischiare di fare ancora casini, di farmi del male. Avevamo fatto finta di niente per non allarmare Penny. Avevamo ritrovato una sorta di equilibrio. E giorno dopo giorno era arrivato anche quello della mia partenza. 
Quel giorno accompagnammo prima tutte insieme Sofia a scuola. Piansi, non mi sembrava vero che la stavo lasciando andare. Lei sembrava non rendersi conto del fatto che ci stavamo salutando e che non ci saremo più viste per un po. E poi soprattutto dopo cio che era successo com Callie, non potevo proprio tornare spesso. La cicatrice non si sarebbe mai rimarginsta. Ma pensare che di essere sua mamma e che non l'avrei avuto piú con me molto spesso mi stava distruggendo. Fortunatamente le avevo promesso che sarei tornata per Halloween, cosí da festeggiare insieme. L'abbracciai forte e stranamente lei si fece abbracciare per tutto il tempo di cui avevo bisogno. Era una bambina intelligente. Poi accompagnammo Penny.
  - Beh, dottoressa Robbins... anzi Arizona- si corresse la rossa- buona fortuna per tutto e spero di rivederla presto.
   Mi porse la mano. E io la strinsi: - Grazie di avermi ospitata..e si ci vedremo presto!- le sorrisi.
  - È stato un piacere.- rispose. Poi Callie si allontanó perché la sua macchina stava bloccando il traffico e Penny fece per entrare nell'ospedale dove lavorava. 
  - Penny!- la richiamai. - Devi promettermi una cosa.
  La ragazza fece una faccia sorpresa ma annuì.
  - Devi prenderti cura di loro da parte mia. Di Callie e di Sofia. Soprattuto di Cal.. di Sofia. Se qualcosa non va, non esitare a chiamarmi. Qualsiasi cosa. Rendile felici. Dovrai essere un buon marinaio nelle tempeste... ma non dirle che te l'ho detto.
  - ... un buon marinaio nelle tempeste.. Si certo, non devi preoccuparti. Sarò più che un buon marinaio nelle tempeste. Saró un capitano.- mi fece lei, molto convinta di ciò che aveva detto. 
  Le sorrisi e poi l'abbracciai. Restò inizialmente sorpresa ma poi ricambió l'abbraccio. Sapevo che sarebbe stata molto più brava di me. Sarebbe stata un capitano. 
Ritornai da Callie e per tutto il tragitto in macchina fino in areoporto non ci scambiammo una parola.
Aspettammo l'apertura del gate in silenzio, sedute senza neanche guardarci. Era nervosa perche muoveva ke gambe in modo frenetico e si stava torturando le mani. Le sue bellsisime mani. 
Quando chiamarono il mio volo per Seattle scattammo in piedi. Ci guardammo e ci avvicinammo ai canelli. Era arrivato il momento di salutarci, così mi girai verso di lei.
Le sorrisi, uno dei miei super sorrisi magici, poi dissi parole che mi avevano giá portato fortuna in passato: 
  - Calliope... prenditi cura di te stessa. Tu stai qui e sii felice. E io andrò li e saró felice...- 
 Sorrise anche lei, aveva capito cosa stavo facendo cosí mi rispose:
  - Se sali su quell'aereo senza di me, è finita...- e una lacrima le scese sulla guancia sinistra.
  - Siamo nel mezzo di un areoporto a gridare l'un l'altra... é gia finita.- Continuai trattenendo le lacrime. 
  - no.. Arizona..- disse ormai piangendo. 
  Si avvicinò velocemente, lasciando cadere a terra la sua borsa e posó le sue labbra sulle mie. 
Era un bacio casto, adatto alla situazione. Le sue lacrime avevano bagnato il mio viso. Portai dolcemente una mia mano sulla sua guancia. Non era un bacio d'addio. Era un bacio che prometteva ancora amore, forse un giorno avremmo avuto il nostro lieto fine, come nelle favole. Volevo crederci, perché con Callie era stata tutta una favola. Forse avremmo superato anche questo. Io l'avrei sempre aspettata, perché per lei ne sarebbe valsa sempre la pena. Ne ero certa. 
Quando allontanó le sue labbra dalle mie, mi guardò negli occhi. I suoi occhi, erano dei begli occhi, i suoi occhi erano magici.
  - Quindi.. ci vediamo...- disse lei asciugandosi le lacrime. 
  - Quindi si, ci vediamo..- le sorrisi. Ci guardammo per qualche istante poi le dissi soltanto:
  - Calliope... ad un certo punto dovrai perdonarmi per tutto il dolore che ti ho dato..- sorrise ricordano quando avevo già detto quelle parole.- .. non metterci troppo però!- e scoppiammo entrambe a ridere.
  - Vuoi una seconda occasione? - mi disse sempre ridendo.
  - Si più di ogni altra cosa. - le risposi, guardandola negli occhi.
  Callie si avvicinò al mio orecchio e sussurró :- Allora aspettami.
L'abbracciai e prima di superare i cancelli. Prima di staccarmi da lei le dissi: 
- Sempre Calliope, per te sempre.
Le donai un ultimo mio super sorriso magico e lei me ne donò uno dei suoi più sinceri per poi allontanarci e ognuna proseguire per la propria via. 
 
 
{Mi manchi ogni giorni, credi. É il modo di dirtelo che io non ho. Ti devo un ritorno vedi e solo il percorso che io non so.
Chiedilo al cielo, forse ce lo dirà cosa succede contro la volontà. Come un grattacielo che precipita, il vuoto che vanifica. A volte ci si perde per errore. 
Chiedilo al cielo, forse ce lo dira cosa succede contro la volontà, come un grattacielo precipita, l'impatto vanifica l'intera costruzione di un amore. A volte ci si perde per errore. 
Dopo tanta polvere, la pace. Non farà rumore quando cadono le foglie in pieno ottobre. 
Chiedilo al cielo, forse ce lo dirà quando lo scopri, dimmi come si fa. Come un tempo perso si recupera e l'abbraccio si fortifica se è vero che una volta è stato amore.
Chiedilo al cielo o chiedilo a chi lo sa, quando lo scopri dimmi come si fa. Come un tempo perso si recupera e l'abbraccio si fortifica se è vero che una volta è stato amore. Se tutto si riduce ad un errore.}
 
●Con questa canzone di Laura Pausini, Chiedilo al cielo, volevo informare che questo è il penulitimo capitolo. Questo a mio parere sarebbe dovuto essere il finale adattoa due grandi personaggi come i loro. Volevo ringraziare quelli che hanno recensito o che semplicemnte hanno messo tra le favorite o seguite questa storia. Per prepararvi al prossimo e ultimo capitolo, vi consiglio di ascolatre una canzone, anzi due di Elisa: "Un filo di seta negli abissi" e "Bruciare per te". 
Con questo vi auguro una buona settimana, e aggiungerò il prossimo capitolo nel prossimo weekend. 
A presto!●
 
 
 

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Capitolo 6
*** Il ritorno... ***


1 SETTEMBRE DI 10 ANNI DOPO
 
Mi svegliai, una ragazza bellissima dormiva a pancia in giù nel mio letto. Credo si chiamasse Alessandra, doveva avere una trentina d'anni, conosciuta la sera prima in un bar, dopo che avevo rotto con Emily, la mia, ormai, ex.
Emily l'avevo conosciuta 5 anni prima ad una festa, mi era subito piaciuta ed evidentemente io ero piaciuta a lei. Ci siamo frequentate incostantemente per un anno, perché quell'anno Sofia stava con me. Alla fine quando mia figlia tornó a New York, Emily mi mise con le spalle al muro e mi disse che o ci provavo seriamente oppure potevo andare al diavolo. E io ci provai. Lei aveva appena iniziato la sua carriera da avvocato e all'epoca aveva 28 anni mentre io 45. Essere single a quell'età significava malinconia continua, perché ormai non andavo più bene per le storie di una notte, anche se modestamente avevo ancora il mio fascino. Così nel giro di pochi mesi venne a vivere con me. All'inizio litigavamo per ogni minima sciocchezza. La colpa era tutta mia. Ero scontrosa, cercavo di capire quanto fosse disposta a sopportare pur di stare con me. Ogni volta cercavo di ferirla sempre di piu, ma quando capí che la mia era solo una maschera, iniziò a ricambiare le mie offese con l'amore. Un anno dopo iniziai a fidarmi di lei, la presentai a Sofia, che l'adorava. Avevano costruito un bel rapporto, ma ovviamente Emily con il tempo voleva sempre di più. Voleva sposarsi e mettere su famiglia. Era il suo sogno. Non potevo biasimarla, aveva 30 e non le bastava più una ragazza, o meglio una donna che già non era molto presente a causa del lavoro, inoltre aveva una figlia e per di più conquilino.
Ma lei mia amava, così quando le chiesi di aspettare perché non me la sentivo ancora, o forse non volevo, lei acconsentì. I due anni successivi furono i migliori degli ultimi dieci. Avevo una donna che mi amava alla follia e che anche io amavo davvero tanto, una donna che mi aveva fatto dimenticare i dolori del passato o perlomeno li aveva attenuati. Lei, insieme a Sofia e ai soliti amici, Alex, Andrew, April, Meredith e Richard erano diventati la mia famiglia. Ero stata davvero felice in quel periodo con lei. Avevo tutto, non mi mancava nulla. Non sentivo neanche la mancanza di Callie. 
I primi anni senza la mia ex moglie furono duri perché l'aspettavo, come mi aveva chiesto, ma lei non era mai tornata. Nei primi tempi ci vedevamo almeno 5 volte l'anno, ma già dal terzo anno ci vedevamo solo nelle festività, per arrivare ad una volta all'anno. Iniziammo a non sentirci più, poiché Sofia era cresciuta e aveva un telefono tutto suo e non dovevamo fare più da intermediari. Ma non mi mancava, la pensavo raramente e lei anche era felice. Viveva a New York, con sua moglie Penny, dove entrambe erano diventate primario. Penny era una dei migliori neurochirurghi del mondo. Eravamo tutti felici.
 Comunque avevo lasciato Emily perché lei non era più disposta ad aspettarmi. Non stavo soffrendo, non molto comunque. Io non volevo avere un altro figlio, non con lei. Ne avevo una che era l'unico amore che potessi avere. E non volevo litigare, non ne avevo le forze. 
Decisi di alzarmi ma di non svegliare Alessandra. Scesi in cucina e trovai Andrew. 
  - Buongiorno, splendore.
  - Buongiorno anche a te!- gli risposi e gli schioccai un bacio sulla guancia.
   Era diventato come un figlio per me. E non volevo che se ne andasse da casa mia e neanche lui. 
  - Allora... visto che la ragazza che hai portato ieri sera non assomiglia ad Emily, deduco che vi siete lasciate..- disse lui mentre versava il caffè nella mia tazza.
  - Deduci bene. E tu? Ieri non sei stato con Maggie? -gli chiesi, mentre mi accomodavo al tavolo per fare colazione. 
  - Aveva da lavorare- disse lui con il volto basso. Stava mentendo. E si sedette di fianco a me. 
  - Avete litigato di nuovo? - gli chiesi costringendolo con una mano ad alzare lo sguardo. 
  - Vuole andare a vivere dall'altra parte della città!- scoppió lui.
  - E mi sembra anche il momento sai! E non lo dico perche voglio cacciarti.- lo rimproverai.
  - Lo so, ma io sto bene qui, con te... non mi sento pronto ad andare a vivere insieme. 
  - Andrew... non potrai stare sempre qui, lo sai. Per quanto lo desideri che tu non vada via, prima o poi dovrai farlo.- e lo abbracciai. Era un bravo ragazzo. 
  - Ma cambiamo argomento.. oggi è il grande giorno, a che ora la festa?- chiese lui entusiasta. 
  Lo guardai perplessa, non capivo di cosa stava parlando. Poi mi ricordai.
  - Certo! Oggi arriva Sofia, giusto! Con tutta la storia di Emily me ne stavo dimenticando. Arriverà per le sei, quindi la festa inizierà verso le otto.- dissi sorridendo al limite del possibile.
  - Perfetto! Mi occupo io di far diventare questa casa presentabile tranquilla. Ho solo un'intervento, per il resto posso delegare.
 Dopo che finimmo di fare colazione tra le risate come sempre, andai a svegliare la ragazza che stava nel mio letto, poiché io dovevo andare a lavoro. Dopo un paio di tentativi, si svegliò e tutta contrariata se ne andò. Le promisi che mi sarei fatta risentire per farmi perdonare. Poi insieme ad Andrew ci recammo in ospedale. Era diventato il primario di pediatria. Aveva suggerito io alla Bailey di fargli prendere il posto di Alex, non perché lui non fosse più il più bravo, ma perché aveva deciso di avere dei figli e quindi era troppo impegnato per fare anche il capo.
 Dopo un paio di interventi andai in aeroporto a prendere la mia bambina. Era cresciuta molto. Aveva 16 anni ed era veramente bella, la fotocopia di Callie, se non fosse per lo sguardo vispo che aveva preso da suo padre. Catterialmente era un misto tra Mark e me. Era una brava ragazza, sempre sorridente, altruista e gentile, anche se negli ultimi due anni aveva preso la brutta abitudine di spezzare i cuori dei ragazzi che le giravano attorno. Come Mark. 
Quando mi scorse tra la folla dell'aeroporto mi corse incontro per abbracciarmi. La strinsi forte e dopo poco, come sempre mi disse: - Mamma, amche tu mi sei mancata, ma adesso é il caso di andare a casa. Avrai un anno intero per stringermi.
  - Giusto giusto, non sforiamo con le dimostrazioni di affetto. - la presi in giro, aiutandola con le valige.
  - Dai mamma, lo sai che sono allergica agli abbracci.- disse lei mentre ci incamminavamo per casa.
  - Si si lo so. Ma pensavo ti fosse passata, visto la foto che hai postato ieri. Sembrava che non volessi staccarti dal abbraccio di quel ragazzo..- la punzecchiai. 
 E lei spavalda mi disse: -Si chiama Sebastian.. e comunque non mi è passata l'allergia, puoi chiederlo anche alla mamma.
Alzi le mani, come per dire "non lo metto in dubbio" e lei scoppió a ridere. 
Per tutto il tragitto in macchina, non facemmo che scherzare, avevamo la musica a palla e cantavamo a squarcia gola. Lei aveva una bella voce, proprio come Callie. Con il tempo avevo costruito un bel rapporto con mia figlia, io non ero mai il poliziotto cattivo e questo mi stava più che bene.
Dopo che Sofia ebbe avvisato Callie di essere arrivata e che fosse tutto apposto, andammo a casa. Quando aprì la porta, c'era Zola che la aspettva a braccia aperte. Erano molto amiche, come da piccole. Poi salutó Bailey, Ellis e Harriet. Sofia era legata ad ognuno di loro. Aveva in pratica fatto da sorella maggiore a Ellis e Harriet, le più piccole. Dopo che ebbe salutato Sofia, Harriet mi venne ad abbracciare e disse: 
- Zia, è vero che Sofia starà con noi per un anno intero? 
  - Certo piccola e quando vuoi potrai venire a trovarla. - le dissi sorridendo.
 Dopo qualche minuto ci raggiunse anche Andrew, che abbracciò Sofia sollevandola da terra.
  - Allora, come sta la mia ragazza preferita?- le disse.
  - Alla grande. Sai che quest'anno ti daró la morte!- disse mia figlia ridendo.
  - O forse sarò io a darla a te!- ribbatè Andrew. Ed entrambi scoppiarono a ridere. 
  Qualche ora più tardi passarono anche April, Meredith e Maggie per salutare Sofia e per venire a riprendere i loro figli. Dopodiché, restammo ancora qualche altro minuto e poi Andrew uscì con la sua ragazza mentre io e Sofia decidemmo di andare a dormire. Ci infilammo sotto le lenzuola. Quella notte avremmo dormito insieme. La mia piccola si sistemó con il viso appoggiato al mio petto e si lasciava accarezzare i capelli, come quando era bambina.
  - Mamma...- mi chiamó lei con voce assonata. 
  -Dimmi piccola...- le risposi senza smettere di fare quello che stavo facendo.
  - Mi sei mancata molto sai? Soprattuto mi mancano le giornate che passavamo io tu e la mamma. Quando mi compravate il gelato e per quel giorno mi era concesso fare ciò che volevo...
  - Amore mi sei mancata anche tu! - le risposi con calma- Bhe Sofia magari puoi chiamare tutta madre e chiederle se vuole passare un weekend con noi. Sai che non c'è problema. 
  - Ummh- annuí, poi mi disse:
  - Ti svelo un piccolo gossip- io la guardaí con aria interrogativa- tra mamma e Penny le cose non vanno proprio bene ultimamente... perché la mamma vuole trasferirsi di nuovo qui a Seattle, visto che ormai Penny ha finito la specializzazione.
  - E Penny cosa dice?- le chiesi incuriosita. 
  - Penny non vorrebbe tornare, ma lo sai come è fatta, farebbe di tutto per vedere la mamma felice.- disse lei scrollando le spalle. Poi aggiunse:- Dovresti chiamarla, le manchi molto.... e credo che anche a te lei manchi.
  La mia bambina era davvero cresciuta. Non le avevo mai dato modo di pensare che io volessi ancora sua madre, ma era una ragazza intelligente e in queste cose era più brava di me, proprio come Callie. 
  - Ti prometto che domani mattina la chiamerò. Ora, a nanna, buonanotte scricciolo. - dissi dandole un bacio sulla testolina. E ci addormentammo.
  
La mattina seguente mi svegliai presto e senza svegliare la mia piccola che dormiva dandomi le spalle, scesi giu in cucina, presi il telefono, digitai il numero e dopo vari ripensamenti chiamai. 
  - Pronto? - rispose una voce magnifica dall'altro lato, un pò assonnata. Era passato il tempo anche per lei, ma sapevo che era rimasta sempre la stessa. 
  - Calliope, sono.. Arizona.- dissi piano. Ripensai che forse stavo facendo uno dei più grandi errori.
  - Arizona, Sofia sta bene? Le é successo qualcosa?- iniziò ad agitarsi. Era strano anche per lei che la stessi chiamando. 
  -No no, Sofia sta benissimo! Calmati, non le è successo niente...- cercai di tranuquillizarla. Lei fece un grosso sospiro di sollievo.
  - Arizona, mi hai fatto prendere un colpo... perché mi hai chiamata allora? - ora era sulla difensiva. E ancora non avevo detto niente.
  - Io.. vole... Sofia ha detto che le manchi. E vorrebbe che tu venissi a stare un weekend qui a Seattle.- dissi d'un fiato. 
  - Ma se è appena partita! - mi rispose spazientita.
  - Si lo so, ma ecco, dovresti venire, sai che non c'è problema a casa ci sono delle stanze in più....- iniziai a dirle con calma.
  - Arizona.. non lo so.. io... ti faccio sapere...- disse lei con fare dispiaciuto e alquanto imbarazzato.
  -Callie.. è per Sofia...- dissi in tono supplicante.
  - È per Sofia, o per te?- mi domandò speranzosa.
  - Se anche fosse per me ci sarebbero problemi?- risposi senza espormi troppo.
  - No, non ce ne sarebbero.-rispose lei.- Comunque cercheró di venire, magari per una settimana o due. - continuó.
  - Va benissimo. Tutto il tempo che vuoi!- dissi entusiasta. E lei se ne accorse, infatti rise. Poi feci per chiudere la chiamata quando lei disse:- Comunque mi sei mancata anche tu...- e riattaccò.
  Dopo qualche minuto, si creó la baraonda in casa mia. Andrew e Sofia, fecero la corsa dal piano di sopra alla cucina, dove ero io. -Ah vinco sempre io!- fece Andrew canzonandola.
- Si perché tu bari!-le rispose di rimando Sofia facendogli la linguaccia.
  - Buongiorno!- mi intromisi nella loro conversazione. E loro come se si fossero appena accorti che fossi li, mi salutarono. Pochi secondi dopo, bussarono alla porta: erano Alex, Jo e il piccolo Lucas di due anni.
  - Robbins! Dov è la mia nipotina preferita?- fece Alex portando in mano un grosso pacco. Salutai Jo, presi in braccio il piccolo ometto e raggiungemmo gli altri due in cucina. Sofia andó ad abbracciare Alex. E poi Jo.
  - Allora? Come stai?- disse Alex sorridendole.
 -Benissimo! E ieri non sei venuto alla mia festa? - chiese lei facendo finta di essere offesa.
  - Ieri sera la peste che è in braccio a tua mamma, non faceva altro che piangere!- disse Alex.
  - Uuh amore della zia! Perché piangevi?- dissi a Lucas che si trovava in braccio. Lui si toccò il ginocchio e disse solamente :- Bua!
  - Allora è proprio il caso che io usi i miei poteri, vero? - dissi io cercando di essere molto comvincente. Lui annuì sorridendomi.
  - E super sorriso magico sia!- dissi sorridendogli. Suonarono di nuovo alla porta e Andrew andò ad aprire. 
 Jackson, April e i loro due bambini entrarono in cucina. Anche loro erano venuti per salutare la mia piccola.
  - Quindi quest'anno starai con noi, eh? - le chiese Jackson. Sofia annuí.
  - Allora domani non prendete impegni tu e tua madre! Siete invitate a cena!- disse April sorridendole.
  -Siamo invitati anche noi, vero Kepner?- fece Alex ricevendo una gomitata da Jo. 
  - Tu sei invitato solo perché non posso invitare tuo figlio e tua moglie senza di te!- fece April prendendolo in giro.
 - E Callie come sta? - fece Jo a Sofia. 
  - Bene bene... è diventata una vera NewYorkese!- disse mia figlia.
  - In realtà ci raggiungerà nel week end.- dissi con falsa indifferenza. Tutti reagirono con frasi "Ma è fantastico! "Che bello!". L'unico che si accorse che qualcosa non andava fu Alex. Infatti quando con una scusa banale me ne andai in camera mia, lui mi seguì. 
  -Arizona, sembra che ti sia morto qualcuno... - disse lui.
  - E insomma, ci manca poco..- risposi non guardandolo in faccia.
  - Cosa succede?- disse lui, venendosi a sedere affianco a me,
  - Non lo so... io voglio che Callie torni, ma poi non so se sarò in grado di affrontare la situazione una volta che sarà ritornata a New York...- qualche lacrima rigó il mio viso. 
  -Dovresti dirglielo... devi almeno provarci a chiederle di restare...- disse lui asciugandomi qualche lacrima.  
  - Ma lei ha un'altra Alex! E non è come una delle mie storielle! È una cosa seria, insomma.. stanno insieme da 10 anni e sono sposate per di più. 
  - Eh allora! Callie era sposata con te anche! E tra voi c'è sempre amore! 
  - Si, tant è che non ci vediamo da almeno 3 anni! - dissi io.- io non credo che ce la faró...
  - Robbins ce la DEVI fare! Per te, per Sofia e per la marea di persone che contano su di te! Mi hai insegnato tu a non mollare. Bisogna sempre combattere! - con queste parole Alex non avrebbe permesso nessuna controrisposta.
 Lo avevo istruito bene,mi sentivo fiera di lui.
Tormammo al piano di sotto, gli altri stavano finedndo di fare la loro colazione e Sofia che era in braccio ad Andrew stava raccontando della sua vacanza in Giappone fatta il mese scorso. Dopodiché visto che era domenica, decidemmo di incontrarci tutti piu tardi a casa di April e Jackson. 
Così io mi misi a preparare un dolce per la serata, mentre le due pesti che vivevano con me, si continuavano a prendere in giro.
  - Quindi quand è che mi presenterai il tuo ragazzo? - disse Andrew.
  - Probabilmente mai.-disse Sofia
  - Già perché dovresti farlo conoscere prima a me, che sono tua madre... poi se mi piace potrai dire che hai un ragazzo!- dissi io scherzando. O forse ero seria.
  - Mamma! Ma a te non piace nessun ragazzo che conosco!
  - Ah lascia stare, piccola, i genitori sono sempre cosi.. sai che anche a me rompe le scatole?- disse Andrew facendo ridere Sofia e anche me.
  - Allora, precisiamo...UNO, esci con troppi ragazzi e questa cosa non mi piace molto!- dissi rivolta a Sofia- DUE, tu sei una testa marcia!- rivolgendomi ad Andrew. Scoppiammo tutti a ridere. Poi arrivó Maggie e Andrew decise di uscire con lei.
 Quando ebbi finito di fare il dolce, anche io decisi di andare a fare un po di shopping con mia figlia. 
Tornammo a casa nel pomeriggio, stanchissime. Avemmo giusto il tempo di prepararci e poi andammo in macchina insieme ad Andrew e Maggie.
A CENA
Eravamo seduti attorno ad un grande tavolo, ricco di cibo che poteva sfamare almeno trenta persone. Sofia era con tutti gli altri invitati, mentre io ero rimasta in cucina con April che stava finendo di preparare. 
  - É cresciuta molto!- disse la rossa sbirciando verso il salotto.
  - Si è cresciuta proprio....- dissi bevendo tutto d'un fiato un bicchiere di vino bianco.
  - Credo che però non sia il caso che ti veda ubriaca -disse mentre riempivo un altro bicchiere.
  - Eh senti avrei fumato una delle mie sigarette, ma poi non sarei una madre che da il buon esempio!
  April rise, scuotendo la testa. 
  - Allora, sei felice che tra un po tornerà anche Callie?-mi chiese
  - Bhe si ovviamente! Ma sono anche inquieta. Insomma non so come comportarmi...
  - Fai tutto con calma, non affrettare le cose e si sincera. Fai cosí e vedrai che non farai pasticci, fidati. Parlo per esperienza personale. Ora andiamo che è pronto.
 Mandai giu un altro bicchiere e annuii.
Durante la cena non parlai molto, ma ascoltai Webber che cercava di convincere mia figlia a intraprendere la carriera da medico, mentre Sofia con grande disapprovazione di tutti voleva fare l'avvocata. Io d'altronde volevo che fosse felice e per questo non dissi una parola.
  - Allora come sta la dottoressa Torres?- chiese Richard molto interessato.
  - Molto bene, è sempre molto allegra!- rispose mia figlia.
  - E Penny?- chiese Meredith.
  - Anche lei molto bene, è diventata uno dei migliori neurochirurghi dello stato! Ed è fantastica anche lei!- disse mia figlia.
  Non potei non provare una piccola fitta di gelosia, anche se dovevo saperlo che Sofia avesse molta stima per Penny.
  -Ehi e con Emily come va?- mi chiese sottovoce Sofia, mentre gli altri continuavano a parlare chi di lavoro chi di bambini.
  - Umh... Ci siamo lasciate... ma tranquilla sto benone!- le risposi cercando di fare uno dei miei migliori sorrisi. Lei si accorse comunque che qualcosa non andava.
 Con le chiacchiere il tempo passò velocemente e quando mi accorsi che Sofia stava per addormentarsi in piedi, decidemmo di tornare a casa. Accompagnai Sofia in stanza e decisi di scendere giu in cucina visto che non avevo sonno.
Aprii una bottiglia di vino e mi sedetti davanti la finestra, dopo poco mi raggiunse Andrew.
  - Nervosa?- disse mettendomi una mano sulla spalla.
  - Abbastanza.. sai credo di star sprecando la mia vita. E questa cosa mi innervosisce...- risposi sconsolata.
  DeLuca dopo essersi riempito anche lui il bicchiere disse: - Allora dovresti cercare di evitare di farlo... insomma se qualcosa della tua vita non ti piace cambiala.- fece una pausa.- so che ti manca Callie. So che è stat l'amore della tua vita, da come me ne hanno parlato. Voglio solo dirti che nulla è perduto, magari ritrovandovi vi renderete conto che c'è amcora qualcosa tra voi...- mi fece un sorriso.
  - Questo avviene solo nelle favole e le favole non esistono.- dissi scolandomi il resto della bottiglia.
 
 
 
 
Mi dispiace di aver fatto tardare questo capitolo. Ma ho avuto dei problemi alcuni gravi altri meno. Comunque per fsrmi perdonare invece di concludere con questo capitolo, ho deciso che ne aggiungeró forse altri due.
Mi dispiace per l'attesa. E fatemi sapere cosa ne pensate se vi va! ;) 
Ps. Ringrazio coloro che hanno commentato precedentemente e vorrei scusarmi con le autrici di alcune storie che seguivo per non aver continuato a recensire. Scusate ancora e grazie per la lettura.
 
  

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