Vita di un Daeva

di Aenris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Assassino ***
Capitolo 2: *** Antiche Ferite ***
Capitolo 3: *** L'ombra dell'ombra ***
Capitolo 4: *** Colui che era scomparso ***
Capitolo 5: *** Nuova compagnia ***
Capitolo 6: *** Scoperto ***
Capitolo 7: *** Sorpresa dal dio! ***
Capitolo 8: *** fratelli di dolore ***
Capitolo 9: *** Piani d'invasioni ***
Capitolo 10: *** Prigioniero ***
Capitolo 11: *** Asmodae sotto assedio ***
Capitolo 12: *** Mia Madre. ***
Capitolo 13: *** La felicità di un anima colma di tristezza e rabbia ***
Capitolo 14: *** Elisiani ***



Capitolo 1
*** L'Assassino ***


            L' ASSASSINO

I pugnali fremevano nei miei artigli. Li sentivo chiaramente reclamare sangue elisiano, io, invece, volevo punirli per tutto il dolore che la loro razza mi aveva causato.

Essi avevano appena conquistato un avamposto Balaur nell’arcipelago dei Banditi Alati nel Basso Abisso e stavano festeggiando la loro conquista. C'erano poche guardie all'esterno, dal loro viso non erano molto felici del loro posto e, soprattutto, non stavano prendendo seriamente il loro dovere, erano ancor più stupidi di quel che pensavo.

Oramai osservavo da parecchie ore l'avamposto in cerca di un modo per entrare senza destare fastidiosi allarmi tra gli elisiani, non avevo voglia di perdere tempo con quella feccia. Non lo trovai, decisi di entrare con qualche macchia di sangue addosso. Dato che avevo scelto come classe l'assassino potevo diventare invisibile per limitato periodo di tempo, così mi avvicinai alla guardia più vicina senza che se ne accorgesse. Notai subito l’arco a tracolla, era un cacciatore. “Che fortuna” pensai, sarebbe stato un problema in caso di “ritirata strategica”. Lo aggirai ritrovandomi dietro il mio ignaro avversario, un ghigno soddisfatto mi si stampò in faccia mentre affondavo tutt'e due i pugnali nella sua schiena. Le lame penetrarono fino all’elsa, impazzì quando il sangue della mia povera vittima colò sui miei rostri. Le ali si richiusero intorno al corpo appena ritrassi le lame e, insieme al cacciatore, scomparvero per ricomporsi davanti ad un obelisco.

Noi Daeva siamo immortali, se leghiamo la nostra anima ad un obelisco. Ogni qualvolta moriamo, il nostro corpo si ricompone davanti all'obelisco a cui abbiamo legato l'anima. Se si muore senza aver legato la propria anima non si può più resuscitare e la nostra anima vaga nell’oblio, così crediamo almeno.

Feci il giro del' avamposto uccidendo qualsiasi guardia che mi avrebbe potuto dare problemi, fattucchieri, bardi, cacciatori e tiratori. Per sfortuna erano pochi e ipotizzai che fossero alla festa. Ero ancora invisibile quindi entrai dall'entrata principale uccidendo i due guerrieri di guardia.

Un elisiano dentro l'avamposto notò l'assenza dei due ragazzoni, lo lasciai avvicinare…avvicinare…avvicinare. Arrivato di fianco a me si ritrovò in un lampo con un pugnale nell’addome e l’altro che perforava il cuore. Prima di scomparire mormoro una parola, “Vigliacco…”, non gli risposi.

Iniziai a percepire la stanchezza per la perdita di mana, dovuta all'invisibilità. Trassi fuori da un delle tante tasce sulla cintura una pozione di mana e la bevvi tutta d'un sorso.

Anni fa il mio maestro mi insegnò una magia che potevamo usare anche noi assassini. Era un attacco magico stordente, che, con l'aiuto di un mago, la perfezionai rendendola uno strumento molto versatile, che provocava anche la morte. Con essa uccisi un elisiano che passava di lì per puro caso.

Feci un giro completo della parte più esterna dell’accampamento uccidendo 4 templari, un bardo, un assassino e due fattucchieri. Quest'ultimi furono un po’ più complicati da uccidere perché le difese magiche era ancora attive. Usai l'incantesimo per disintegrare le due barriere e li uccisi con i pugnali.

Mentre terminavo l’opera un elisiano, probabilmente il capolegione, si alzò in volo sopra gli altri. Carnagione scura, occhi azzurri, mani tozze tipiche di un guerriero, capelli castani e ali candide come la neve di Morheim, forse anche di più. Indossava una scintillante armatura color oro e lo spadone era color argento. Tipico degli elisiani, erano vanitosi, arroganti e si credevano i prescelti di Aion perché abitavano ad Elysea, dove c'era un sole caldo e luminoso.

Gli asmodiani, dopo la Catastrofe, vennero catapultati nella parte opposta di Atreia: In un mondo a loro ostile, dove regnava la notte, ma siamo sopravvissuti. Avevamo sviluppato rostri sulle mani e sui piedi, la nostra pelle era diventata pallida, i nostri occhi emanavano una luce quasi spettrale e le ali divennero nere. Gli elisiani ci definivano "le creature della notte", noi li definivamo “le creature della luce”, ma dentro di loro non c’è altro che oscurità.

Il guerriero non si accorse di me, che ero tornato visibile. Mentre lodava tutti per il coraggio dimostrato in battaglia io bevvi un'altra pozione di mana e tornai invisibile. Silenzioso, salii sul palco sotto il guerriero e aspettai. Quando atterrò tornai invisibile e gli tagliai la gola, guadagnandomi l'attenzione di tutti quei Daeva.

Sui loro visi vidi prima stupore, poi dolore per il loro capo morto, infine rabbia.

Tra la folla individuai il loro ultimo fattucchiere e lo uccisi con due scariche di magia. Gli assassini che conoscevano quella tecnica parvero sorpresi della morte del compagno con una magia di stordimento. Vidi un lampo di ammirazione nei loro occhi poi di nuovo la rabbia. Erano rimasti una decina di guerrieri e 5 o 6 assassini, non sarebbe stato facile ma divertente di sicuro. Molti schiusero le ali completamente bianche. Mentre aspettavo che tutti si fossero alzati in volo li studiai uno per uno ma non notai nulla di diverso da quelli morti, tranne uno.

Non era un ufficiale ma aveva una postura piuttosto autoritaria, ed era un tiratore. "Chi sei, mostriciattolo di Asmodae?" disse con disprezzo. "Bah, solo una sporca creatura della notte che ha fatto fuori mezzo avamposto senza che voi ve ne accorgeste, e anche il vostro capitano. "risposi indicando il posto dov'era prima il Daeva. "Stupido asmodiano figlio di un Balaur!" urlò lanciandosi in una serie di insulti molto coloriti," adesso morirai per mano mia, poi ti strapperò le ali e le userò come scopa!" mormorò minaccioso, “Vieni a prenderle allora!” dissi di risposta.

Aprì le ali anche io...gli elisiani, come ogni Daeva normale, rimasero esterrefatti...le mie ali non erano corvine, come quelle asmodiane. Erano una bianca e una nera, un ondata di rabbia mi pervase il corpo, ricordando mio padre ma ci avevo fatto l'abitudine. Ero nato dall'unione di un elisiana e un asmodiano.

Con un ghigno sulla faccia mormorai "Si, ho sangue elisiano nelle vene."

Ho modificato il primo capitolo... spero che piaccia a qualcuno!
Per favore recensite il racconto così so dove devo migliorarlo!
Azphelumbra Daeva!

 

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Capitolo 2
*** Antiche Ferite ***


Aenris ascoltava da camera sua il litigio di sua madre e suo padre. Era curioso perché non accadeva spesso e quando capitava si sentiva la casetta tremare. "Abbiamo creato un mostro cara!Se lo trovano lo uccideranno!" mormoro il padre in tono grave,"Allora non lo faremo ascendere! Non voglio vedere il mio bambino andare  in guerra”rispose la madre,il ragazzino non capiva niente"mostro?guerra?lo sarei un mostro?"pensava....qualche volta gli capitava qualcosa di strano.....come il cucciolo di worg.
Aenris,con un coltello rubato dalla dispensa,era riuscito ad uccidere il cucciolo!non sapeva come aveva fatto. si era ritrovato dietro l'animale e aveva affondato il coltello nella carne del cucciolo. Quando lo portò dalla madre lei si incupì e disse”Aenris,non è giusto rubare la vita ad un altro essere vivente,non farlo piu.”
"Non puoi negargli l'ascensione......." riprese il padre,"ascensione? che cos'è,cosa centro io in tutto questo?"penso il ragazzo."Allora lo faremo di nascosto !Conosco ancora qualche fattucchiere tra gli elisiani...potremmo chiederlo a lui...."propose la madre,"Ma come faremo ad attrav..."cominciò il padre,"Ci inventeremo qualcosa Hell!"."elisiani?fattucchieri? Chi sono?"penso Aenris.

Il ragazzo tornò a letto con fin troppe domande"chissà cos'ha in serbo per me il futuro..."mormorò prima di addormentarsi.

Qualche mese dopo......

"Mamma!Papà!Ho le ali!!" urlò il ragazzo quando entrò in casa,"Sssssshhhhhh" fecero i genitori. “Aenris,dobbiamo parlarti figlio mio...."disse serio il padre.

qualche ora dopo....

"Non credevo che anche voi foste dei Daeva!" disse sorpreso sorpreso il ragazzo. “Ora potremo volare insieme! Esplorare Atreia ins...”, 
” Aenris, apri le ali per favore." ordinò il padre.  Aenris, tutto eccitato, le aprì al massimo dell'estensione. Una bianca come la neve,L'altra nera come la notte."Oh no.......che cosa ti abbiamo fatto......"lacrime uscirono dai loro occhi,stavano piangendo ma il ragazzo non capiva il perché. Capì solo quando le aprirono anche loro: Il padre nere, la madre bianche  "Cosa?!Ma......Ma.....ma voi siete di razza opposta!Dovreste odiarvi!Dovreste uccidervi a vicenda!Che....CHE COSA SONO IO?” urlò.
Allora che successe......la casa in fiamme........le frecce nel petto del padre.....la madre sotto un asse di legno infuocata che gridava "Scappa Aenris! Scappa! Vola via! Lontano da qui! Subito  o ti prenderanno!".....e il ragazzo che volava via più veloce che poteva,con le lacrime agli occhi e un immensa voragine nel cuore.


Sfruttai lo stupore per attaccare.L'elisiano prese quello che doveva essere un cannone e fece fuoco.Evitai il colpo per poco calandomi in picchiata per poi risalire alla precedente quota.Il tiratore sparò un raffica di colpi diretta alla mia testa,tutti i colpi si infransero sui due pugnali che usai come "scudo".Il terrore si fece strada negli occhi del mio avversario mentre mi avvicinavo.Provò un altra rafica che evitai facendo una serie di virate e avvitamenti, un colpo però sfiorò il polpaccio procurandomi un taglio profondo.Trattenni il dolore e lo cacciai in un angolo della mente, ci avrei pensato dopo.Tra gli spari raggiunsi un punto sotto il mio avversario. Ad una velocità che non avrei creduto possibile raggiunsi il tipo e piantai i pugnali nella sua schiena prima che potesse reagire. Lasciai i pugnali nella sua carne e mormorai "Scusa ma cos'hai detto prima?", "Vai a morire schifoso mezzosangue..." Rispose lui con un lamento. Estrassi i pugnali malamente lacerando altra carne e ,con altri lamenti il tiratore precipitò a terra . Passai subito agli altri elisiani, divenni invisibile e dilaniai il petto di un assassino con un pugnale mentre l'altro tracciava un arco diretto alla gola di un guerriero. Parai la lama di una spada con il cuoio del braccio e affondai le lame dei miei nel tronco del assassino, con la magia feci fuori tre uomini che si avvicinavano in contemporanea."Mai sottovalutare l'avversario" dissi e con fendente seccai un altro avversario, feci fuori altri due avversari con combo simili. Rimase viva solo una cacciatrice che stava cercando di fuggire volando. Feci l'unica cosa che potevo,lanciai prima un pugnale poi l'altro, l'arco lo avevo lasciato con lo zaino ad una certa distanza dall'accampamento. Il primo la mancò cadendo nelle profondità dell'abisso, procurandomi una smorfia di fastidio. Il secondo colpì l'ala, facendola precipitare sulla dura pietra dell'abisso,le ali erano una delle parti più sensibili,il dolore è insopportabile quando le colpiscono.
Atterrai vicino alla cacciatrice e, con non poco dolore a causa del taglio sul polpaggio mi sedetti canzonandola "Ma guarda tu cosa mi costringete a fare voi elisiani..ahi ahi ahi...ferire una così bella cacciatrice.","Sei un mostro!"urlò. Odiavo quella parola,gli ficcai i miei artigli nel fianco sinistro,"Bada a come parli,bambina, se ripeti quella parola inizio a smembrarti pezzo per pezzo,già ho perso il mio pugnale a causa tua,mi sto trattenendo  come non mai,quindi bada a quello che dici"mormorai in tono minaccioso."S...Si"fu la risposta della ragazza."Come ti chiami?" ,"Elra",”Bene Elra ora ti scoccherò una freccia addosso,ok?."La ragazza impallidì udendo quelle parole,ma non si ribellò. Alzandomi camminai fino al suo arco e lo raccolsi. Presi una freccia dalla faretra della ragazza,la incordai e mirando al fianco della ragazza tremante scoccai. La freccia trapassò il corpo di qualche centimetro mentre la ragazza urlava di dolore."Per....perché l'hai fatto?"domandò con un filo di voce."Perché nessuno deve sapere che sono un assassino. Un'altra cosa mi cara Elra....se sento delle voci riguardo ad un assassino asmodiano con un ala bianca e l'altra nera vengo a casa tua e ti torturo finché il tuo unico desiderio sarà morire. E, fidati, conosco Elysea molto meglio di quanto pensi”. mormorai vicino al suo orecchio ,"Capito?".
"Certo” rispose terrorizzata, “Quelli che sono morti non si ricorderanno di te? ","No, si dimenticano.Non so come ma si dimenticano sempre.Ora torna a Sanctum o dove vuoi tu e ricorda le mie parole elisiana".La ragazza prese una pergamena e dopo pochi secondi scomparve.
Tornai all'accampamento e trangugiai qualche boccone del cibo di Elysea, non era molto diverso dal nostro. Con piacere notai una grande vasca piena d'acqua,”Fatti un bagno” pensai. Mi svestii di tutto e feci ricomparire le ali sulla schiena, ogni Daeva poteva farle scomparire e comparire quando voleva, e mi immersi. Poche volte potevo tenere le ali visibili perché se gli asmodiani o gli altri me le avessero viste mi avrebbero  sicuramente catturato ed ucciso. Quei pochi momenti me li godevo fino alla fine. L'acqua era davvero deliziosa,mi abbandonai alla piacevo sensazione dell'acqua calda sulla mia pallida pelle e lavai via dalle mie ali il sangue rappreso,poi mi avvolsi in un piumato abbraccio,le mie ali erano tutto cio che mi restava di mio padre e mia madre.
Qualche tempo dopo sentii uno scalpiccio lontano, riconobbi subito gli asmodiani dal suono degli artigli sulla roccia e le loro armature nere lucenti ."Per Aion sono già arrivati?Io rimango dentro."mi dissi.
 Con evidente fastidio feci scomparire le ali e attesi la legione che doveva prendere questo avamposto. Quando entrarono urlanti nell'avamposto pensando che ci fossero ancora degli elisiani, mi misi a ridere aspettando di vedere la delusione sui loro visi,non attesi molto. Mentre mi lavavo gli artigli sentii "Ehi tu! Asmodiano!Dovevamo prenderlo noi questo postaccio!","Allora prendetelo, è ancora elisiano questo forte." risposi indicando la bandiera elisiana,ridacchiando. Il tipo borbottò qualcosa che non riuscii a sentire e andò ad issare la nostra bandiera. Quando tornò giù tutti lo acclamarono come se avesse ucciso un Dragon Lord da solo. Fu preparato un barbecue con della carne di un animale selvatico,Forse Darù,ce n'erano in abbondanza a sud-ovest di Morheim. 
Mentre mi rilassavo notai un movimento in una capanna vicina e intravidi la punta di una freccia puntarsi contro di me,fu un attimo.Scagliai la mia magia contro il sopravvissuto colpendo di striscio pure la freccia, la quale si conficcò nel mio bacino procurandomi un dolore atroce"Sporco bastardo di un elisiano"imprecai tra me e me,se non facevo in fretta rischiavo di morire il che significava che tutti avrebbero visto le mie ali e sarei stato catturato.

Tutti stavano mangiando e nessuno si era accorto di ciò che era successo,in un gesto disperato presi il pugnale rimasto,mi immersi e mi pugnalai al cuore. Dopo una scomoda sensazione di freddo metallico nel petto vidi solo nero. Passò qualche secondo in cui mi domandai se mi fossi legato ad un obelisco e poi il mio sguardo si posò sulla cattedrale di Morheim,maestosa,le guglie altissime, del colore della notte,ovviamente coperte di neve.

"Perché sono morto?Ah si la pugnalata" pensai. Speravo di avere in mano l'ultimo pugnale ma quando guardai non c'era,dannazione.

Nel abisso ero riuscito ad accumulare parecchie centinaia di migliaia di kinah e un centinaio di monete d'argento quindi passai dalla cattedrale per scambiare le monete d'argento con un paio di pugnali. Ne individuai uno che era composto da due lame triagolari completamente nere con una spaccatura verticale in mezzo che arrivava fino alla guardia"Ehi a che serve un pugnale spaccato?"dissi al venditore"Quello spazio serve ad incastrarci la lama dell'avversario per bloccarla!"protestò l'asmodiano.
"Mh furbo...ne prendo uno", "30 monete d'argento", "30 monete d'argento ci prendo uno spadone....20 e te lo prendo", "25?", "Azelphumbra amico mio" dissi posando il pugnale sul bancone,"D'accordo d'accordo 20 ed è tuo" concluse in mercante. Poi ne vidi un altro, "Wow e questo?" indicando un pugnale più lungo del solito,era del colore del sangue ed era davvero sottile"Hai beccato la punta di diamante della bottega ragazzo,,è il mio miglior pugnale.", "Lo voglio." annunciai."120 monete d'argento", "ti do 450 monete di bronzo più 500 000 kinah". Era un prezzo esorbitante ma ne valeva la pena"E un piacere fare affari con lei. D'accordo ma voglio anche l'arco."

Sborsai il prezzo e misi sul bancone l'arco,presi i due pugnali e li infilai nelle due fodere,nuove,assicurate alla cintura. Andai dal venditore di armature dove  comprai dei guanti nuovi ad un prezzo stracciato,questi avevano anche due lame sul dorso che servivano a bloccare le spade altrui. Mi fermai da una maga per prendere una pozione di mana nel caso fosse servita.
Poi feci un salto nella taverna di fianco all'obelisco. Anche se avevo mangiato da poco mi era venuto un certo languorino,succedeva spesso dopo la resurrezione. Ordinai un pezzo di carne di tayga e delle polpette offerte dalla casa. Mentre mangiavo ripensai se avevo fatto bene a non uccidere la ragazza,se avesse spifferato tutto la voce sarebbe arrivata ad Asmodae in pochissimo tempo.
Il segreto delle mie ali mi pesava tantissimo da ormai molto tempo. Volevo confidarlo a qualcuno ma non mi fidavo di nessuno da molto tempo. Dopo ore a setacciare le mie vecchie conoscenze mi venne in mente un nome che avevo sotterrato in un angolo della mia memoria "Aud.....". Si perché no? Era una brava tiratrice e sopratutto molto amichevole nei miei confronti .Sapevo dove trovarla, aveva un negozio di pistole a Pandemonium.
Pagai il portale per la capitale e poco dopo mi ritrovai davanti alla Strada dei Mercanti,mi diressi verso il negozio interessato e aspettai che venisse fuori la ragazza."Salve come posso aiutarla Daeva?"cinguettò la ragazza,"Per Aion!Aud ti sei già dimenticata di me?""Mi scusi ci conosciamo?"domandò."Ok,allora ricomincio. Azelphumbra Aud, sono Aenris.""Aenris!!!Per Aion sei cambiato in tutto!" urlò. "Aud ti posso parlare?a casa mia...""Si certo,andiamo subito".
Pagammo il portale per Pernon e in poco tempo fummo davanti casa mia. Il mio shugo servitore mi salutò con gioia quando entrai,cosi con Aud. Prima di chiudere la porta controllai se qualcuno ci avesse pedinato,nessuno.
Un corridoio è la prima cosa che vedi appena entrato, subito a estra vi è la camera dello shugo. poco dopo vi è la camera mia e alla fine del corridoio una rampa di scale porta al secondo piano. A sinistra, dopo qualche metro, la cucina  porta ad una seconda stanza adibita ai pasti. Il bagno si trova a sinistra delle scale. Il secondo piano presenta altre sei stanze dove ci sono vari cimeli di vittorie: armi, armature, pietre varie, manufatti e pergamene mai utilizzate. Un di queste sei stanze invece contine un secondo bagno con una grande vasca da bagno.
"Nemunerk,prepara due tazze di tè,per favore","Si padrone" rispose subito. Invitai Aud,che era rimasta a bocca aperta,in camera da letto. Entrò timida nella mia camera e rimase impalata davanti all'entrata."Non rimanere li come una statua Aud! siediti sulla poltrona!","Non ero mai entrata nella camera da letto di un maschio.....","Tranquilla non ho intenzione di farti niente","Ti ho mai raccontato della mia vita?","No mai." rispose lei con una punta di amaro in bocca.
E cominciai dal inizio,gli raccontai della mia infanzia,del worg,della mia adolescenza fermandomi tremante prima dell'episodio delle fiamme."Padrone il tè è pronto"
"grazie Nemunerk."Dopo averne bevuto un sorso chiesi "Nemunerk, secondo te gliele posso mostrare?","Se il padrone si fida di lei certamente." era l'unico che sapeva delle mie ali.
"Aud,mi devi promettere,mi devi giurare che non ne parlerai con nessuno di quello che ti farò vedere","Certamente Ae","Su Aion", Aion era il dio che aveva creato gli umani, i Daeva e i Balaur,"Giuro su Aion,che non dirò mai una parola" rispose serissima. "Mia madre e mio padre....erano Daeva.....di razza opposta...." e schiusi le mie ali.
Aud rimase esterrefatta,con una espressione di disgusto mista a pietà sul visto"Tu......quelle.....tu.......che cos.......che cosa sei?.....","Un mostro...sono un mostro","Oh Aenris....mi dispiace tanto....mi dispiace cosi tanto....."mormorò  alzandosi e sedendosi accanto a me. Sentì il suo leggero tocco sull'ala chiara come per accertarsi che non fosse un illusione, la lasciai fare. Per la prima volta lasciai libere le mie emozioni piangendo in silenzio. Aud mi abbracciò e con lei le sue ali corvine. 
"Le mie ali...le mie belle ali....l'unico ricordo dei miei genitori....mi rendono....mi rendono un mostro...un abominio" continuavo a ripetere mentre lei cercava di consolarmi ripetendo"No...non sei un mostro...non lo sei mai stato...." ma io non la ascoltavo,rivedevo il fuoco...la casa...i miei genitori morti...per sempre...solo perché si amavano. Di nuovo quella voragine abissale,il peso dei ricordi mi schiacciava sempre di più in fondo a quella voragine finché una mano sconosciuta mi afferrò per le ali riportandomi alla realtà. Mi separai da quel abbraccio tanto dolce come strano,le ali non le nascosi come sempre,bensì le tenni visibili e  la prima volta mi sentii libero da quel fardello.
"Ora sai perché non ho mai aperto le ali in pubblico." sorrisi triste.




Il proseguimento della storia dipende anche dal proseguimento del gioco quindi se non dovessi pubblicare per un po vuol dire che sto andando avanti col gioco.
incoraggio a criticare la storia in modo da migliorarla e come nel precedente mi scuso per gli errori che non ho corretto! il terzo capitolo  è già a buon punto spero di postarlo presto!

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Capitolo 3
*** L'ombra dell'ombra ***


Aud mi aveva aiutato più di quanto potesse immaginare. Quella notte si addormentò sul mio letto e io rimasi li, a guardarla. Era così minuta che poteva sembrare una ragazzina e mentre dormiva mi chiesi cosa stesse sognando, perché a me ritornavano i ricordi della mia infanzia,e ogni volta mi svegliavo con le lacrime agli occhi.
 Tutta la notte guardai le mie ali, “no...tu non sei un mostro” mi continuava a ripetere.”e allora che cosa sono?Chi devo sostenere?Da che parte devo stare in questa guerra?” .
Ho sempre dato per scontato di stare dalla parte asmodiana, come loro avevo gli artigli, la pelle, gli occhi, il loro carattere e la loro furia:
Quando combattei contro il generale a cui presi la spada venni ferito poco sotto il cuore,mentre mentre mi riprendevo dalla ferita il mio compagno cercò di difendermi  ma lo scaraventai via prima che potesse fare qualsiasi cosa. Non so cosa mi successe ma spiccai un balzo altissimo facendo un giro su me stesso  e con tutt'e due i pugnali gli squarciai il petto fracassandogli costole  e polmoni. Lui era rimasto immobile e guardava alla mia sinistra,capì dopo. Avevo aperto le ali, un brutto presentimento mi salì in gola. Mi girai e trovai il mio compagno intento a fissarmi, con la bocca aperta. Il mio corpo agì prima della mente, presi la spada dell'elisiano e la lanciai. La spada filò dritta dritta verso il ragazzo. La vidi, con i miei stessi occhi, trapassarlo fino all'elsa nel suo addome, sentì il suono che fece mentre tagliava la carne, sentì l'urlo spezzato del mio compagno mentre una sensazione di ribrezzo mi pervadeva da capo a piedi. Solo alla fine mi accorsi di vedere tutto rosso ,raccolsi la spada elisiana e mi specchiai su di essa. Gli occhi era completamente rossi “Ecco che cosa intendevano per Furia” mormorai sconcertato.

Era ancora presto quindi decisi di stendermi anche io, presi il Pugnale del Drago e lo posai sotto il cuscino, mi tolsi l'armatura e rimasi in casacca e pantaloni. Mi tolsi anche i pantaloni e mi distesi ad una certa distanza dalla ragazza addormentandomi quasi subito, stavolta non sognai niente.
Mi svegliai qualche ora dopo sentendo scricchiolare il legno della porta, le ali scomparirono e recuperai il pugnale da sotto il cuscino.”Nemunerk, sei tu?” dissi con un misto di rabbia e paura. “ Si, padrone ero andato a comprare del cibo".Sollevato, posai il pugnale sul mobiletto di fianco al letto, “Hai rischiato una pugnalata, la prossima volta che esci mentre dormo svegliami!”, “Le domando scusa padrone. le vado a preparare la colazione?”mormorò lo shugo, "Si grazie, preparala anche per la signora per favore." ordinai. "Agli ordini padrone jang jang.".
Ormai era inutile riappisolarsi, mi girai e provai a svegliare Aud. “Aud, svegliati ,è mattina.”mormorai dolcemente, ”mhhhhhhmmmmhhhhh” fu la risposta. Dolcemente la scrollai e si svegliò. “Buongiorno Aenris. Aspetta.....Aenris!che ci fai nel mio letto?!”, “A dire il vero sei tu che sei nel mio letto, comunque buongiorno Aud.” “Che ci faccio nel tuo letto?...ah si ora ricordo.....le...le ali” disse sottovoce “Si...le ali” ripetei.
Stavo per andare in cucina quando Aud domandò “Posso....posso vederle ancora una volta?”.Non so cosa mi prese ma la accontentai. Schiusi le ali senza girarmi. “Sei così...diverso...”disse , “Già...” , “E sono bellissime, da mozzare il fiato” , “Me ne sono accorto, soprattutto mentre affettavo gli elisiani” ridacchiai.
Rise anche lei, era una risata tanto piacevole che quando smise ne restai deluso. “Aud, da che parte dovrei stare?” domandai con un filo di voce, “Dalla nostra.” rispose subito “Sei un asmodiano, sei identico a noi artigli, occhi, capelli,ami l'oscurità come noi, sei freddo come noi,sei gentile come noi. Cos'hai di elisiano invece?”. Il discorso filava come l'olio ma una parte di me non poteva accettarlo “Un ala, una parte del sangue e anche un po della loro vanità”.
Mi guardò scioccata poi si mise a ridere, piegandosi in due dalle risate.”Tu vanitoso?!” disse mentre rideva, “E' la cosa più stupida che abbia mai sentito! Per Aion! Non riesco a smettere di ridere!”.la sua risata mi contagiò, risi anche io sentendomi subito meglio. “Dai alzati” dissi incitandola “Nemunerk ha preparato la colazione” “Si si signor vanitoso.....Devi pulirti le piume prima?” “Almeno io non mi addormento nelle camere altrui, specialmente di sesso opposto” precisai facendo l'occhiolino “Ooh ma stai zitto!”.
Fatta la colazione ritornammo a Pandemonium dove comprai un lucente arco azzurro chiaro con, incastonate, delle pietre color notte e una faretra di frecce. L'arco può servire anche ad un assassino, per colpire bersagli che neanche la magia può raggiungere, inoltre mi piace tirare con l'arco. “Aenris, hai mai pensato ad unirti ad una legione?” domando lei rompendo il silenzio, “Unirmi ad una legione significa non essere più un assassino. Essere un assassino vuol dire attaccare furtivamente,una legione che attacca urlante e con pesanti armature non è certo furtiva. E poi richiederebbe il volo e tu sai bene che non posso aprire le mie ali in pubblico.” risposi, “Inoltre mi piace contare solo su me stesso” aggiusi.”Comprati una cavalcatura e unisciti ad una legione di soli assassini”, “Le cavalcature costano milioni e dove la trovo una legione di soli assassini?” , “Centro di amministrazione Legioni in piazza, cerchi qualcuno della legione Shadow Walkers, se sie fortunato li trovi. Per le cavalcature te ne posso regalare una io, per la precisione un Veelosccoter verde smeraldo.”, “E tu? Non sei mai stata brava a volare...”, “Ehi sono passati anni dall'ultima volta che mi hai visto volare! E comunque ho un altro Veeloscooter in negozio...”, “ Cosa? Ne hai due?! Il negozio ti frutta molto vedo....” , “Ci ho messo anni a comprarmeli...non credere che sia facile mandare avanti un negozio!”, “Sai, dovresti ricominciare a combattere....vendere il negozio e il veeloscooter ti frutterebbe un paio di milioni, ti potresti prendere un ottimo equipaggiamento adatto pure all'Abisso” consigliai. “Ci stavo pensando da un po ma ho paura di aver perso la grinta e la determinazione...inoltre l'equipaggiamento della mia classe costa molto di più del vostro” disse divertita.
“Questo pugnale...” iniziai indicando il Pugnale del Drago” mi è costato 450 monete di bronzo e mezzo milione di kinah più il mio vecchio arco”, “Ma è una follia! Con quella somma io ci pago il miglior cannone ad etere sul mercato con il set d'elite di pistole di Pandemonium! Con che materiale l'hanno fabbricato?” chiese “Scaglie di due diversi draghi” dissi fiero “Oh...allora va bene...” rispose. Lasciammo cadere l'argomento e ognuno si richiuse in un piacevole silenzio. Ci fermammo in una taverna nella piazza di Pandemonium e dopo aver mangiato ci separammo, Aud andò verso Doman per andare verso Beluslan mentre io mi dirigevo dal lato opposto verso il centro di reclutamento per dare un occhiata alla legione menzionata dalla ragazza.
Era un edificio piccolo rispetto al Tempio d'Oro, e soprattutto dentro era soffocante. Quando entrai mi sentii totalmente smarrito, non amavo i posti affollati e quello superava ogni limite.”Permesso” non bastava per passare, mi facevo largo a spallate cercando un oste, uno shugo che potesse darmi informazioni, ma non ne trovai o non ne vedevo.
“chiedi in giro”  mi dissi, e lo feci. Chiesi ad asmodiani a caso una qualche informazione sulla legione ma nessuno sapeva nulla , “Sembra che questa legione sia l'ombra dell'ombra” ridacchiai a quella battuta venuta fuori senza che lo volessi.
Mentre continuavo a chiedere in giro una ragazza mi si avvicinò. Era alta poco più di me, cosa che mi seccò molto. Aveva la pelle grigia fumo e gli occhi rossi sangue. I capelli blu cobalto molto scuri erano legati in una treccia che arrivava fino ai fianchi dove partiva una lunga coda del colore dei capelli che arrivava fino alle caviglie. Indossava un tubino morbido nero che tendeva al rosso fuoco sulle spalle. Era davvero lungo per quel tipo di abito. Aveva lo strappo sui fianchi e la parte posteriore del vestito era un poco più lunga di quella anteriore. Non era di certo un abito da battaglia ma portava due pugnali attaccati ad una cintura che evidentemente stava sotto il vestito. “Ehy, stai cercando gli Shadow Walkers?” domandò guardandomi di sottecchi, “ Si, sei una di loro?” risposi sollevato, era davvero carina. “Perché vuoi entrare nella legione ombra?” domandò sospettosa. “Non si vede?” dissi indicando i pugnali. “Non è sufficente, almeno un centinaio di assassini sognano di entrare nella Legione ma siamo poco più di una trentina. Noi cerchiamo la perfezione, tu sei perfetto?” domandò. Probabilmente faceva quel discorso a qualunque assassino cerchava di entrare dato che lo disse come se fosse un robot. “Non sei una persona molto simpatica vero? Non hai neanche molta pazienza..” dissi in tono pacato, “rispondi alla domanda” disse fissandomi. La fissai anche io e sostenni il suo sguardo “Dipende. La perfezione cambia da persona a persona.” risposi sempre fissandola negli occhi. “Mi piaci... Vabene vieni come me, se superi la prova sei dentro” disse lei distogliendo lo sguardo. Si avviò verso l'uscita e  mi accompagnò fino all'arena che distava piu o meno un kilomentro dal piccolo centro di amministrazione.
Fammi vedere i tuoi pugnali” ordinò lei rompendo quel delizioso silenzio, “Come scusa? Non ci penso proprio.” risposi io, i pugnali li consideravo parte del corpo, perderne uno mi rendeva davvero irascibile , darli a qualcuno mi dava ancora più fastidio che perderli. “Vuoi entrare in legione o no? DAMMI QUEI MALEDETTI PUGNALI!” urlò lei.
Come ti sentiresti se qualcuno ti toccasse il corpo come se fosse un oggetto da usare?!” risposi. “Senti Daeva, li guardo un attimo e te li ridò ok? I pugnali dicono molto sulle persone.” trattenendo l'evidente rabbia.”Devo proprio?”, “Si”, “E vabene” mormorai arrendevole. Glieli consegnai e le si mise ad analizzarli, mi venivano i brividi ogni volta che li sfiorava. Non era piacevole, per niente. Era un impresa trattenere il fastidio e lei lo notò subito, tra una risata e l'altra disse “ Neanche tu sei un tipo molto paziente vedo, siamo simili in qualcosa.”, “Me li ridai per favore?” dissi a denti stretti, stavo tenendo a freno l'impulso di strappargli i pugnali di mano, “Te li ridò quando sarai nell'arena”, “Aion solo sa quanto ti sto odiando...” mormorai infuriato. “Aion non si sente da millenni sicuro che lo sappia?” gracchiò lei.
Tenni a freno gli artigli,che intanto si erano ficcati nei palmi, per tutta la lunghezza del tragitto. Quando fummo davanti all'entrata me li ridiede con un sorrisetto malizioso in faccia. “Bhè? E ora che facciamo ?” domandai spazientito e molto irato. “Aspettiamo gli altri membri” rispose in tono ben diverso dal mio. Nell'attesa, individuato uno straccetto ed un secchio d'acqua, mi rinfrescai  la faccia e le spalle, a causa dell'ansia avevo cominciato a sudare, poi mi misi a pulire i due pugnali e l'arco rendendoli lucidi come specchi.
Qualche ora dopo  sentii parecchi piedi avvicinarsi all'arena, svegliai la ragazza che si era appisolata e dissi con  trepidazione “Stanno arrivando.”. Nascosi le mie emozioni sotto una maschera d' indifferenza e rinfoderai i pugnali. “Nascondi bene le emozioni, bravo.”. Non le risposi e continuai ad osservare la strada, in attesa. Nessuno. Aspettai ancora qualche secondo e poi iniziai a sospettare “Forse sono invisibili.......la prova di cui parlava la ragazza potrebbe essere questa?” pensai . Mentre mi arrovellavo in cerca di soluzione notai un sorrisetto sulla faccia della ragazza che mi guardava. Poi capì.  Feci giusto in tempo a parare la lama nemica con le mie poste sui guanti per poi sguainare il pugnale nero e piantarlo nel braccio del mio aggressore invisibile. Mi accorsi dall’urlo, che scaturì subito dopo la mia reazione, che colei che mi ha quasi ucciso era una donna e, che mi odiava profondamente, ci credo: un pugnale nel braccio non è il miglior saluto del mondo. Capelli grigi e occhi blu notte, classica asmodiana. A differenza della mia accompagnatrice questa aveva un armature leggera, simile alla mia, e la coda era di un diverso colore dai capelli: argento. Provò ad attaccarmi di nuovo ma con quella ferita al braccio era lenta, fin troppo. Si lanciò in un affondo colmo di rabbia. Con la massima disinvoltura la evitai, facendola barcollare in avanti, e la atterrai. Sguainai l’altro pugnale e glielo posi alla gola. Dopo ver chiarito che avevo vinto gli scostai il secondo pugnale dalla gola e guardai gli altri compari che si rendevano visibili, trovandomi davanti una folla di una trentina di asmodiani che mi guardavano straniti. Mi girai verso la ragazza che mi aveva accompagnato e dissi “La porto da un chierico.” La presi in braccio ignorando le sue proteste ed evocai il veloscooter, la appoggiai sulle gambe e partimmo. Mentre percorrevo a ritroso la strada notai che aveva perso molto sangue e che probabilmente le avevo reciso l’arteria, era davvero pallida,più del solito.
Atterrai davanti al Tempio dell’Oro e trovai un chierico poco dopo. Il ragazzo non fiatò per tutta l’operazione, se non per le varie magie che utilizzava, e quando estrasse il pugnale sotto i gemiti della donna me lo porse con il sangue che ancora gocciolava dalla lama, sangue caldo, che gocciolava fumante con la lama che emanava un inebriante profumo…..Mi resi conto dopo che lo stavo leccando e , disgustato dal mio comportamento, mi sciaquai via il sangue dalla bocca  con un po’ d’acqua. Nell'attesa iniziai a ripulire il pugnale oramai scarlatto e ,mentre finivo di lucidarlo, la ragazza sussurrò “La prossima volta non ti andrà così bene”, “Non mi sembra di essermela cavata così male sai? Di certo non sono io che fino a poco fa  aveva un pugnale nel braccio” dissi canzonandola. Da lei usci un vero e proprio ringhio e, quando risposi a tono, si zittì subendosi tutte quelle fasciature che il chierico le stava mettendo.Una decina di minuti dopo arrivarono tutti con le loro ali corvine e atterrarono di fianco a me. Li invidiai tantissimo, loro potevano aprire tranquillamente le ali, mentre io se le aprivo rischiavo la vera morte.
La ragazza dal vestito nero si accorse della mia inquietudine e la sentii sfiorarmi il braccio, “Come ti chiami?” domandò.
“Aenris mi chiamo Aenris” risposi a bassa voce. “Tutto bene? Sembri davvero triste….”, “S…Si tranquilla, solo che non so se mostrarvi una parte di me che nascondo”, “Qui siamo tutti amici, quando ti senti pronto dicci tutto ok?”, “Vabene,". Dopo un breve silenzio domandai incuriosito "Come ti chiami?”. Lei mi guardò un attimo e poi rispose" Mi chiamo Brise”.
“Azelphumbra Brise” la salutai con un finto inchino “Azelphumbra Aenris. Benvenuto nei Shadow Walkers” disse con tono solenne.
“L’ombra dell’ombra” ridacchiai. 


[Autore]
Rieccomi qui con il terzo capitolo!
Scusate l'attesa ma ho avuto seri problemi tecnici....(stupido computer!!!)
Come al solito incito critice e consigli, scusatemi per gli errori che non ho corretto e soprattutto per le descrizioni( appena riesco a ritornare sul gioco cerchero di farle più dettagliate!)
Spero che la storia vi piaccia!

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Capitolo 4
*** Colui che era scomparso ***


CAPITOLO 4

Passarono mesi senza che me ne accorgessi, svolgevo lavoretti che risolvevo in giornata per poi tornare a casa sfinito.  In legione ero l’unico ad avere segreti. Tutti erano grandi amici, tutti si fidavano cecamente dell’altro. Molte volte mi chiedevo come fosse non avere segreti, essere un libro aperto agli altri.

  La ragazza che mi aveva attaccato all’arena mi lanciava occhiate velenose appena ne aveva l’occasione, io, invece, la ricambiavo alzando il bicchiere di sidro quando mangiavo oppure facendogli un sorriso da ebete che la mandava su tutte le furie, quanto era divertente stuzzicarla.

Pernon è suddivisa in tre stati: Aurora a nord; nord-ovest, Halcya a sud; sud-ovest e Sierra a nord-est; sud-est.

La residenza della legione si trova ad Aurora, lo stato più prestigioso. La residenza aveva una camera da letto per ogni membro. Quando aprivi la porta entravi nella hall, luogo dove venivano tenute feste e assemblee. Attaccati ai muri color notte vi erano i cimeli di varie battaglie: armi, armature, pietre preziose e…pergamene.

La hall dava accesso a tutto il resto: in fondo c’erano due scalinate che portavano agli alloggi, sulla destra una porta dava accesso all’immensa sala da pranzo, un tavolo lunghissimo la percorreva in lungo, su di esso tre candelabri d’argento erano posizionati ad egual distanza l’uno dall’altro. Sulla sinistra un’altra porta dava accesso ai bagni e alla sauna. Contai una quindicina di shugo servitori che lavavano, cucinavano e lucidavano.

Casa mia invece era ad Halcya. Dovevo percorrere un lungo tratto di strada per raggiungerla e molte volte avevo il sospetto che qualcuno mi seguisse. 

 

[Brise]

Brise era felice del nuovo “acquisto”. Quando vide Aenris pensò “Il solito assassino”. Si era dovuta ricredere, aveva qualcosa di diverso che non mostrava a nessuno, cosa che la rendeva a dir poco curiosa. Aenris era alto poco meno della ragazza, aveva i capelli argentei come la coda, che gli arrivava all’altezza del ginocchio. Gli occhi anch’ essi argento erano misteriosi, non lasciavano trasparire nessuna emozione, tranne qualche volta. Aveva la classica armatura in pelle di Morheim per gli assassini, l’unici pezzi di metallo che indossava erano una spalliera e i suoi guanti che avevano delle lame che li percorrevano per tutta la loro lunghezza. Era sfuggente, misterioso, schivo, non riusciva a capirne il perché, sembrava normale a prima vista, ma non lo era. Poi il fatto che andasse a dormire a casa propria invece di restare nella casa di legione la rendeva ancor più curiosa, qualche volta lo seguiva ma ne perdeva le tracce poco dopo, era davvero frustrante.

Non era neanche riuscita a capire perché avesse voluto entrare nella sua legione, si era un assassino come tutti, ma non era per quello che voleva entrare, lo aveva capito fin da subito.

Era uno dei migliori assassini che aveva incontrato. La sua reazione all’attacco di Samanta qualche mese fa l’aveva stupita, e non poco. Questo mistero, insieme a tanti altri, la rodeva dentro: da chi aveva imparato?

Aveva sentito in giro voci a proposito di un asmodiano che aveva preso un avamposto da solo, possibile che fosse stato lui? No, impossibile. Le voci parlavano di un cacciatore…

Andando a letto rifletteva su quali possibili segreti nascondesse, “Aenris eh? …scoprirò cosa nascondi prima o poi” si promise a bassa voce.

Mentre si infilava nel letto Brise venne chiamata da Freyr, un assassino molto giovane ma anche molto bravo, “Cosa c’è Freyr? Un'altra rissa?” domandò lei stanca, “No, è arrivata una lettera da Marchutan in persona.”  rispose lui. “Arrivo” disse. Uscita dalla sua lussuosa stanza prese ed aprì la busta:

 

Lord Marchutan

 

                                                                                                                                                           Shadow Walkers

                                                                                                                                                                              Brise

Cara Brise

Recentemente stiamo avendo seri problemi con il Campo di Addestramento di Nochasa

Pertanto richiedo il vostro aiuto.

Sarete soli, non manderò altre legioni.

Uccidete tutti i Balaur presenti e recuperate le armi presenti nel campo.

Appena terminato il compito recatevi al mio cospetto, vi consegnerò il compenso.

Mi aspetto il meglio da voi

 

                                                                                                                                                               Lord Marchutan

 

 

“Bene bene.... Freyr raduna tutti nella hall, anche il nuovo. Veloce.”  ordinò la ragazza, “Vado subito.” rispose prontamente.

 

 

 

 

Stavo mangiando un succulento pezzo di coscia di Brax quando arrivò lo shugo postino.

“Lettera per il Daeva Aenris!” gridò qualcuno dalla porta, “Nemunerk vai tu per favore” ordinai al servitore, “Subito padrone”. Tornò poco dopo con la lettera in mano.  “La leggo padrone?” chiese Nemunerk, “Va bene leggimela tu” acconsentì. “Da parte della legione Shadow Walkers, Aenris recati subito nella nostra residenza. Brise” lesse lo shugo.

“Che cosa vorrà a quest'ora” mormorai tra me e me più infastidito che curioso. “E va bene…Nemunerk pulisci tu, io esco.” dissi. “Buona serata padrone” rispose lui salutandomi.

Quando aprii la porta la hall era già affollata, evidentemente ero l'ultimo. C'era chi casacca, chi in vestiti normali e alcuni erano persino in pigiama, ero l'unico in armatura.

Intravidi Brise su un palco mai notato prima, tra le due scalinate, la raggiunsi percorrendo un lato della hall e dissi “Capolegione! Spero che hai un buon motivo di questa convocazione, hai interrotto la mia gustosa cena a base di Brax.” dissi scherzoso, “Aspetta e vedrai Aenris, ora vai con gli altri. Ci mancano ancora un paio di membri.” rispose seria. “Si si ti lascio in pace.”. Detto questo scesi dal palco e andai da un gruppetto di assassini che mi stavano simpatici: Sern, Hern, Ides, Neesa e Freyr.

“Azphelumbra Aenris! Unisciti a noi dai!” trillò Neesa, “Si si arrivo arrivo.” risposi.

Neesa era la solita asmodiana a caccia di uomini col cuore spezzato, aveva i capelli albini che terminavano con una sfumatura azzurra sulle punte, gli occhi, anch'essi azzurri irradiavano felicità.

Aveva una vestaglia addosso, ed era fin troppo scollata per i miei gusti. Della coda si intravedeva solo l'ultimo pezzo azzurro, come i capelli. Si era evidentemente appena svegliata, aveva due grosse occhiaie sotto gli occhi, forse date dal trucco che era colato, forse.

 Tra un parlottare e l’altro Neesa chiese “Ae perché non dormi qui con noi? Vai sempre a casa tua la sera…non sappiamo neanche dove abiti…” tutti si fecero attenti a quella domanda, “Sei tu che mi segui per caso?” chiesi guardandola sospettoso, “Bhè...sai...ero curiosa.......così qualche volta........si qualche volta…ti ho seguito......ma non sono l'unica sai!?Anche Brise ti segue e anche lui” si giustificò indicando un asmodiano che si stava dirigendo verso di noi. “Azphelumbra a tutti! Sono Sierra e sì, molte volte ti ho seguito, ma sei dannatamente bravo a far perdere le tue tracce.” disse con un po’ di stizza. “Perché mi segui?” chiesi al tizio “Perché sei troppo misterioso per i miei gusti…sappiamo solo che sei un bravo assassino ma da dove vieni? Chi sono i tuoi genitori? Perché non voli ma con noi? Non sappiamo nulla di te. Per questo ti seguo, non mi piace avere compagni misteriosi.” rispose lui con un tono di chi pretende risposte.

“Vi darò le vostre dannate risposte quando mi fiderò ciecamente di voi. Non mi piace parlare di me stesso, soprattutto perché non ho molti ricordi di cui gioire. Se becco qualcuno che mi segue si ritroverà con due lame nel petto chiaro?!” dissi truce, ottenni l’attenzione di tutti i presenti. “Non sei in vena di scherzi oggi…” mormorò Sierra, “No quando si tratta del mio passato no, e vedi di smetterla di seguirmi o giuro…giuro su Aion che inauguro il mio secondo pugnale su di te.” dissi minacciandolo, “Ok ok, smetterò di seguirti contento? Detto questo…avete sentito della ragazza che aveva una tresca con un elisiano? Credo si chiamasse Selhen ma potrei sbagliarmi……dicono che verrà giustiziata uno di questi giorni ma non è sicuro. Voi che ne pensate?” chiaramente cercava di cambiare argomento. Cominciò Ides “Mi fa ribrezzo solo a pensarci. Un asmodiana che si fidanza col nemico? L’unica cosa che si merita è l’oblio.”.

 Tenni a freno le mani… “chi si crede lui per giudicare gli altri?! Non hanno tradito nessuna delle due razze, a meno che non si stata una finta relazione….”pensai

“E il nostro signor Misterioso qui che ne pensa?” chiese Hern, “Non ho alcun diritto a giudicare gli altri. Credo soltanto che la ragazza sia alquanto stupida se pensava di poter amare un elisiano senza essere beccata.” risposi tranquillo. “Cominciamo la riunione!” annunciò Brise prima che Hern potesse continuare. “Allora…” cominciò la Capolegione “Abbiamo ricevuto ordini da Marchutan in persona, vuole che sterminiamo completamente il campo di addestramento di Nochasa. Andremo in tre, io compresa. Chi vuole partecipare lo dica ora.” annunciò. “Io vengo.” dissi di risposta, “Vengo anche io” disse Neesa. “Neesa?! È tutto fuor che una donna d’azione!” pensai tra me e me. “Forse pensa di scoprire qualcosa in più su di me…”. Riflettendo sul perché Neesa volesse venire non mi ero accorto che le due compagne mi avevano avvicinato “E così sei da solo in mezzo a due donne Aenris…” cominciò Brise “E anche molto carine…” concluse l’altra, “Non sapevo foste così audaci voi due…Qual è la prossima mossa? Portami a casa vostra?” scherzai io. “No no”, “Non ci pensare nemmeno” dissero frettolosamente le ragazze, con delle espressioni buffissime. “Bene perché non ne ho la minima intenzione” ammiccai.

 “Domani a metà mattina a Morheim, siate puntuali” annunciai. “Scusa? Sono io quella che pianifica! Non puoi rubarmi il mio ruolo!” piagnucolò Brise, “Stavi per dire la stessa cosa vero? Che differenza fa allora?” le risposi ridendo, “Non fa alcuna differenza ma volevo dirlo io!” rispose lei “No no no, la prepotenza non è una buona cosa ragazza… non ti hanno insegnato la buona educazione a casa?” la canzonai. “Vai al diavolo!” disse lei.

Neesa intanto si stava ammazzando dalle risate, come tutta la legione alla fine.

Non avevo voglia di restare, avevo sonno e fame quindi mi avviai verso la porta. Stavo uscendo quando Brise urlò “Ragazzi! Chi scopre dove vive il novellino dormirà nella mia stanza per un mese! È consentito tutto! Anche i pugnali!”. Doveva proprio piacergli la stanza di Brise perché ci fu il finimondo, feci giusto in tempo a evocare il veloscooter per evitare la folla di assassini inferociti che cercava di infilzarmi. Divenni invisibile e mi precipitai al teletrasporto nella piazza di Aurora. Teletrasportato nella mia regione corsi a perdifiato verso casa.

Una volta entrato mi accasciai a terra esausto e ansimante. “Che corsa…” mormorai. “Bentornato padrone, posso fare qualcosa per lei?” mi salutò il servitore, “Ciao Nemunerk, preparami la vasca per favore.” ordinai.

Mentre lo shugo preparava la vasca da bagno attraversai il corridoio per raggiungere la camera da letto, una volta giunto lì mi tolsi l'armatura di cuoio e poggiai i pugnali e l'arco sul letto. Rimasto in pantaloni mi coricai sul letto in attesa del bagno,

“Perché la legione si interessa così tanto del mio passato? Non sono abituato a così tante attenzioni, sono irritanti a volte...” dissi dando voce ai miei pensieri. “Insomma....l'importante è che svolgo il mio dovere no? Magari sanno qualcosa o lo hanno intuito...”. La mia mente viaggiava così tanto che non mi accorsi della finestra aperta. Quando la vidi rimasi un po' impensierito “L'avevo chiusa? Bah… se non sanno neanche qual è la mia casa…” e tornai ai miei pensieri.

“Padrone! La vasca è pronta!” sentii la voce di Nemunerk dal corridoio giungermi come una sveglia fastidiosa, aveva una strana sfumatura nella voce, non ci feci molto caso. In casacca e mutande attraversai il corridoio. Aveva una mensola che lo percorreva per tutta la sua lunghezza dove tenevo le mie vecchie armi e armature.

Per il resto c'erano solo due dipinti ad olio che raffiguravano due paesaggi di Asmodae, uno raffigurava Pandemonium: si vedevano perfettamente la piazza e il Tempio dell'Oro. L'altro raffigurava la Torre dell’Eternità, o quel che ne rimaneva. Era incantevole anche se spezzata, la base della torre era di un blu profondo quasi nero e man mano che si saliva diveniva azzurro giaccio. Una volta mi avvicinai al moncone ma i livelli di etere che fuoriuscivano erano tali che potevi morire. Circolavano delle voci che dicevano che, se riuscivi a toccarla da vivo ottenevi il triplo dei poteri di un Daeva normale. Proposta allettante per chiunque ma tutti quelli che ci provavano facevano una bruttissima fine, bruttissima.  Io non ci proverò mai, mai e poi mai.

Raggiunto il bagno mi spogliai e mi immersi mentre lo shugo trotterellava via. Feci il bagno godendomelo fino in fondo

Nell'aria aleggiava un vago profumo di pini che venne presto coperto dal profumo delle acque di Altgard che usai come shampoo. Finalmente potei aprire le ali e lavi anche quelle, la sensazione del contatto tra le piume e la pelle era fantastica. Per un attimo mi balenarono le immagini di mio padre e di mio padre, le ricacciai indietro insieme alle lacrime. “Siete davvero bellissime…” mormorai rivolto alle ali, per la prima volta notai quanto fosse bella quell'unione

 di colori opposti. Quando finì il bagno mi asciugai con tutta calma e ritornai in camera per farmi qualche ora di sonno.

“Selhen…sono curioso… forse andrò all'esecuzione” dissi. “Perché innamorarsi del nemico? Cosa ci hai trovato di interessante in quel elisiano tanto da rischiare l'oblio?” domande del genere mi gironzolavano per la testa, finchè una sensazione di stanchezza mi avvolse, le palpebre divennero pesanti e finalmente mi addormentai. Non sapevo che quella notte sarebbe stata singolare…

 

 Ero in un’immensa sala immersa nella penombra, all’interno una torre senza fine, un inquietante silenzio regnava in quel luogo deserto.

Al centro della sala, ad una decina di metri da me, un letto dorato inondava di luce quel posto e su di esso un ragazzo stava seduto e mi guardava.

Sembrava che il sole fosse stato rinchiuso dentro quel personaggio. Il ragazzo aveva i capelli e gli occhi dorati, tanto che pensavo che fosse un elisiano. Guardandolo meglio però dovetti ricredermi, aveva la coda e gli artigli, anch’essi dorati.

Indossava una semplice casacca e dei pantaloni, rigorosamente color oro. La pelle era rosea e con un cenno della mano mi invitò a sedermi sul letto.

“Azphelumbra Aenris. Benvenuto nella Torre dell’Eternità. Io sono il dio Aion” 





Ecco qua il 4 quarto capitolo! Spero vi piaccia! 
Spero di ricevere molte recensioni sul come migliorare la storia, vi chiedo solo 2 misere righette per dirmi come migliorare, perfavoreeeeeeeeeee....
Comunque!  Credo che staccherò un po perchè il computer non va più e di conseguenza non posso giocare...
Azphelumbra amici miei

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Capitolo 5
*** Nuova compagnia ***


Azphelumbra Aenris. Benvenuto nella Torre dell’Eternità, io sono il dio Aion”.

Quel benvenuto rimbalzò per diversi minuti tra le pareti della torre, e della mia testa. Non riuscivo a crederci. Non potevo crederci, ma qualcosa dentro di me ci credeva “Non è vero…”sussurrai in preda di una nuova fuoriuscita di emozioni. “Lo sai anche tu che è vero…Aenris…mi dispiace per tutto il dolore che ti ho causato…mi dispiace davvero ma ti prego… ho bisogno che tu ci creda…” rispose lui lasciando trapelare un immenso dispiacere e pietà.

Stetti in piedi altri minuti nel cercare una degna risposa al ragazzo che si credeva un dio, non ne trovai neanche una, principalmente perché tutte le mie forze stavano trattenendo le lacrime. Una piccola speranza si accese in me, “ Se davvero sei colui che dici di essere riportameli indietro.” Ciò che ottenni come risposta spezzò anche l’ultima, minima, speranza “Non posso farlo… neanche io posso salvare due anime dall’oblio…poi le anime dei tuoi genitori si trovano ad una profondità tale che mi consumerei solo cercandoli… i dispiace davvero tanto…”.

Decisi di abbandonare quel argomento perché se avessi continuato sarei stato assalito, di nuovo, dalle emozioni, ed ero già stanco per aver trattenuto l’assalto di qualche minuto prima. Sospirai una, due, tre volte per poi domandare “ Perché sono qui?”, il ragazzo-dio Aion-, evidentemente sollevato dal abbandonare quell’argomento, mi fece cenno di avvicinarmi a lui e di sedermi sul letto, cosa che feci. “Quindi ora credi?” chiese lui. Dopo aver ricevuto un secco sì disse: “I Balaur stanno pianificando qualcosa che neanche io posso vedere, la cosa mi preoccupa non poco. So per certo che tutti i Dragons Lord si riuniranno nella fortezza nell’Arcipelago Sulfureo. Tu, se ti impegni, se il miglior assassino di Asmodae, vorrei che ti infiltrassi nella fortezza e che scopra cosa tramano quelle creature.” disse tutto d’un fiato, “Io?!Miglior assassino?! Non mi far ridere per favore, conosco una ragazza che è decisamente più forte di me.” risposi. “Lei usa anche le ali…”, “Se io apro le ali mi catturano e mi mandano nell’oblio.”, “Puoi fidarti di loro.”, “Ancora non lo so.”, “Ti capiranno.”, “Sarò io a deciderlo.”, “Che ragazzo cocciuto.” concluse lui con una risatina. “Farai ciò che ho ti chiedo?” riprese lui, “Si.”

Finalmente. La riunione si terrà tra 7 mesi. Quando farai ritorno tocca questo per metterti in contatto con me” disse porgendomi un pugnale rigorosamente dorato -di che colore poteva essere se no?- . “Che l’oscurità di Azphel ti guidi”, “Grazie”.


 

Mi destai madido di sudore e con una strana sensazione nel petto, sembrava quasi gioia. Stringevo qualcosa nella mano destra, curioso, mi voltai. L'espressione “stupito” non è abbastanza per descrivere la confusione nella mia testa, sembrava che la guerra si stava svolgendo la dentro. “Non era un sogno allora.....devo andare a quella riunione ad ogni costo....magari se Aion è abbastanza potente potrebbe anche solo farmi parlare con loro....”mormorai ancora con gli occhi puntati sul pugnale: la lama era ricurva la guardia era composta da un intricato groviglio di fili -dorati ovviamente-, non riconobbi il materiale del manico. Non era il mio tipo di pugnale, proprio no.

 

E fai bene


 

Un urletto degno di una bambina uscì dalle labbra, “Chi a parlato?” domandai sulla difensiva.


 

Non mi riconosci? Ci siamo visti un istante fa...


 

Riconobbi dopo la voce di Aion, ed era nella mia testa. “Oh no no no. Tu ora esci di lì subito!” dissi soffocando un'imprecazione.


 

Perché? Dovresti essere contento di avere una saggia giuda dentro di te...


 

“Ma la mia testa non è mica una scatola! Per la giuda basta andare in biblioteca...E ora esci di lì!”


 

Mi rifiuto.

“Che cosa?! Sei il mio Dio questo lo so ma la mia testa? Non potevi animare un vecchio pugnale? O un animaletto?” brontolai


 

La tua testa è più interessante....con l'animaletto ci ho gia provato ma mi hanno spiaccicato dopo pochi minuti... è stato cosi….cosi….umiliante ecco.


 

“E va bene...stai nella mia testa allora...” sospirai esasperato. “Ma non sbirciare i miei ricordi!”


 

Mhhhh troppo tardi....ci sono già dentro...


 

“Che persona insostenibile che sei...” mormorai sconfitto


 

E bello farsi consolare da una così bella donna?


 

“Scusa? Ma vuoi far...Aaah....lasciamo perdere...Che si fa ora?” domandai -sarei impazzito se continuavamo così-.


 

Non dovresti andare a Morheim?


 

“Cosa? Oh...Santa Notte! Me n'ero completamente...”


 

...dimenticato?


 

“Chissà di chi è la colpa...” dissi sarcastico

Mi vestii in fretta e furia e corsi fuori. Urlai un saluto a Nemunerk e corsi in tutta fretta al teleporter. “Morheim per favore.” ordinai. “Subito.” si aprì un varco poco dopo. Diedi la somma all'asmodiano e mi lanciai dentro. Non feci in tempo a respirare che atterrai sul marmo innevato della fortezza più fredda di Asmodae. Evocai il velo scooter e mi diressi verso il soldato che ci avrebbe teletrasportato al campo di addestramento. Scorsi una spazientita Brise che mi fissava truce e mi diressi lì. Ancora in volo invocai lo scooter, che scomparve all'istante, e atterrai con una capriola vicino alla ragazza, guadagnandomi un scappellotto in testa. Mi rialzai e dopo essermi scrollato la neve dalla coda mi girai verso il mio capo. “Scusa il ritardo ma ho un dio che mi frulla in testa” mi giustificai, “Un...cosa?!” chiese lei con tono decisamente spazientito, “Niente niente... allora andiamo?” liquidai l'argomento con un gesto. “Parti decisamente male assassino delle mie scarpe” conzonò lei. “Andiamo sì o no?” ripetei di nuovo, “Si si andiamo. Neesa non viene. È dovuta andare a altgard per interessi familiari. ”


 

La prima impressione fu: caldo torrido. Appena arrivati una folata di aria secca ci fece cadere all'indietro, come per scacciarci.

La zona aveva due “strade” che formavano una specie d'occhio. Tutt'e due terminavano con l'entrata della fortezza. Al centro di quel osto dimenticato da Aion vi è un grosso cristallo stracolmo di etere. Sulla parte sinistra della mappa hanno messo un manufatto. Ovviamente c'erano balaur disseminati ovunque.

Iniziammo subito col fianco destro dirigendoci verso la fortezza. Facemmo a pezzi tutto quello che incontravamo. La fortezza venne svuotata una mezzora dopo tra invisibilità e gole tagliate. I nemici duri a morire caddero con una serie di colpi combinati della mia lama e quella di Brise. Devo proprio dirlo: quella ragazza è un mostro! Fatto fuori anche il generale -che mi provocò un doloroso taglio alla coscia- ci dirigemmo verso il grosso cristallo violetto che era letteralmente accerchiato di draghi. Per combatterli Brise spalancò le ali e combatté per aria menando fendenti e manrovesci a tutti, io non lo feci per ovvie ragioni ma avevo anche io la mia bella porzione di draghi che mi volevano arrostire. Finito pure quel combattimento la ragazza richiuse le ali e mi lanciò un’occhiata sospettosa che mi provocò brividi lungo tutta la schiena, liquidai la questione divenendo invisibile e dirigendomi al manufatto. Con un affondo uccisi la guardia sulla sinistra mentre quella a fianco la vidi irrigidirsi di colpo e rovinare a terra, con uno squarcio sul petto. Ci fu il finimondo. I balaur intorno al manufatto -tutti arcieri- iniziarono a scagliarci frecce su frecce, mentre il guardiano se ne stava comodamente seduto di fianco al manufatto sbellicandosi dalle risate. Uccidemmo gli arcieri -con non poche difficoltà- e con loro anche una specie di grossa,viscida serpe. Ora il tizio non rideva più, sulla faccia gli si leggeva la paura malcelata. Lo lasciai a Brise che abbassandosi in tempo per evitare un fendente orizzontale infilzò il nemico sia con la spada sia col pugnale -non mi ha mai detto perché non usa due pugnali-. Il manufatto lo lasciammo integro e, aprendo un portale, rientrammo nella fredda città di ghiaccio.

Appena abbiamo messo piede sul marmo tirai un sospiro di sollievo perché quell'aria torrida mi dava davvero fastidio.

“Perché non hai aperto le ali?” domando con il suo tipico sguardo indagatore, “Che vuoi?” risposi girandomi a guardarla. “Perché non hai aperto le ali?” rispose, “Oh...ehm....


 

menti!


 

“...soffro di vertigini...”.


 

Qualcosa di più credibile? Replicò Aion dentro la mia testa. Non è facile inventare una scusa così, su due piedi sai?! Risposi io.


 

Intanto Brise mi fissava, incredula. Dopo un po scoppiò in una fragorosa risata, tanto che qualche ficcanaso si girò un po stranito. “Coooooosa?! Un Daeva che soffre l'altezza?! Non stai scherzando vero?!”, “NO” fu l'unica risposta che ricevette. “Sul veloscooter però ci vai...” commentò lei. Oh cazzo! … “Ehm si.... sul veloscooter posso non guardare in basso...”, fu l'unica cosa che mi venne in mente sul momento.


 

Ci sei andato vicino sai?

Senti, l'importante è che non scopra niente ok? Preferisco delle prese in giro che un cappio intorno al collo!


 

Aion si zittì lasciandomi concentrare sulla ragazza che ancora stava ridendo. “La smetti?” chiesi, decisamente sollevato.

“Si si la smetto.” rispose cercando di fermarsi, con successo. “Bhè caro fifone, missione compiuta! Non sei stato male. Vieni con me da Marchutan?” disse lei. “Va bene. Andiamo.”

Tra un parlottare e l’altro superammo il ponte Vifrost e successivamente la Strada dei Mercanti. Raggiunta la piazza svoltammo a sinistra e ci avviammo verso La Capitol Building. Appena varcammo la soglia dell’entrata ci trovammo difronte a decine e decine di metri di tappeti rossi.

La lunghezza dell’interno era paragonabile a metà Piazza. Subito ai lati del tappeto diversi banconi esponevano particolari armature, armi e accessori. Dietro ai mercanti -tra i mercanti ed il muro- dodici asmodiani, sei per lato, ci fissavano. Sembravano degli emarginati. Il tappeto finiva davanti ad una scalinata che, ovviamente, portava al trono del Signore dell’Epireo. In silenzio, ed osservati, raggiungemmo i piedi della scalinata. Dovetti trattenere una smorfia di fastidio mentre mi inginocchiavo, non mi piaceva essere comandato -io sono uno spirito libero-. Cominciò Brise a parlare -meno male- “Azphelumbra mio Lord, io e il mio compagno abbiamo portato a termine la missione.”, “Azphelumbra Brise, chi è il tuo compagno?” domandò lui. “Sono Aenris, mi sono da poco unito alla sua legione” mi presentai celando il fastidio, “Non mi sembri molto a tuo agio… posso sapere il perché?” replicò il Lord. “Non mi piace essere comandato e fatico molto a rispettare le regole.” Risposi alla sua domanda enfatizzando le parole con il fastidio di prima. Marchutan ridacchiò prima di rispondere “Sai… anche io ero come te… non riuscivo a rispettare le regole. Col tempo ho capito che non potevo continuare da solo e ho imparato a reprimere quell’istinto fino ad eliminarlo del tutto. Ci riuscirai anche tu.”

Mi sta sempre più simpatico sai? Commentò Aion. A me no, per niente. Ho la netta sensazione che presto o tardi finiremo per discutere seriamente.

“Comunque… ritorniamo all’incarico. Congratulazioni per averlo completato. Sapevo che potevo fidarmi di voi. Vi daremo 100 milioni di kinah, bastano?”, “Si, grazie mio Lord” rispose Brise. Per un solitario quella cifra era davvero alta ma si vede che, per una legione, è una cifra normale. Finita la discussione mi affrettai ad uscire da quel posto, seguito dalla capolegione. Non avevo molta voglia di rimanere in un posto in cui tredici individui mi fissano come se fossi un pezzo di carne.

Appena fummo fuori Brise mi accompagnò fino al teletrasporto e, pagata la somma necessaria, tornammo a Pernon dove io andai a casa mia e Brise tornò alla casa della legione. Mentre passeggiavo nella piazza di Pernon, avvertì il forte desidero di riaprire le mie ali, volevo librarmi nel cielo… volevo sentirmi libero… volevo rivedere la mia eredità… ma non potevo farmi vedere.

Se vuoi posso renderti invisibile mentre voli. Se anche tu un Daeva, hai tutto il diritto di volare mormorò Aion. Sembrava dispiaciuto, forse si sentiva in colpa. Ehi guarda che non è colpa tua. Devo solo imparare ad accettare la situazione. Verrà un giorno in cui potrò volare insieme ad altri Daeva. Non sei tu la causa della mia rabbia. E non ti incolpo di nulla. Cercai di rassicurarlo ma l’unica cosa che ottenni fu l'invisibilità -quella che mi creo da solo svanisce appena schiudo le ali. Colpa del dispendio eccessivo di energia-. Feci una prova osservando le ali schiudersi. Rimasero invisibili. Finalmente posso volare tranquillo. Con un poderoso battito d’ali mi alzai in volo e con i successivi acquisii velocità. Salii di quota più veloce che potevo e lì, a quasi 3 kilometri di altezza ripiegai le ali. La salita si arrestò di colpo. Con un sorriso sul volto mi lanciai in una picchiata mozzafiato. L’aria che ti scompigliava i capelli… la coda che svolazzava a destra e a sinistra per le correnti d’aria… l’inarrestabile caduta… non mi sono mai sentito così libero in vita mia. Ad un soffio dal diventare una macchia di sporco sul selciato spalancai le ali in tutta la loro apertura. Quattro metri di piume intrise d’etere, due metri di piume asmodiane e due metri di piume elisiane, quattro metri di libertà. Volai radente fino a raggiungere casa mia e, con un altro battito atterrai sul tetto.

Puoi mantenere ancora un po’ la visibilità? chiesi ad Aion Si certo. Il suo tono era leggermente affaticato quindi decisi di spremerlo ancora un po’.

Le ali che intanto si erano richiuse dietro la schiena, si spalancarono sotto i comandi dei muscoli e dei tendini e mi librai di nuovo in aria. Senza aspettare mi diressi più in alto che potevo. A 10 kilometri l’aria iniziò a mancare e muovere le ali era sempre più faticoso, ma il paesaggio era impagabile. La luce della notte dava al paesaggio un’atmosfera surreale, magica. Le luci dei piccoli stati rilucevano e tremolavano, si spegnevano e si accendevano, come se avessero vita propria. I prati verdeggianti erano davvero suggestivi mentre il mare di Halcya dava uno spruzzo di blu al paesaggio. Nel cielo infine rilucevano di piccole stelle, o almeno così si credeva. Alcuni infatti pensavano che fossero pezzi della Torre ancora colmi d’etere. Altri pensavano che fossero nate a causa dell’etere che fuori usciva dell’abisso. Alcuni credevano invece che fossero le case d’Elysea. Io non credo a nessuna delle teorie, penso semplicemente quanto sia bella la nostra amata notte disseminata di queste luci.

E' davvero bella Asmodae. dissi con un tono adorante ad Aion, solo e unico spettatore in quel momento. La notte, le luci, le città, tutto è così ben amalgamato... non potevo chiedere vita migliore, segreti esclusi ovviamente conclusi. Sarebbe ancora più bello se non ci fosse la guerra...commentò Aion. La guerra non terminerà mai, non sono molto positivo riguardo a questo. Il tono con cui pronunciai queste parole era oltremodo ironico ma non mi andava di mentire. Tu sai il perché di questa guerra Aenris? Chiese Aion. Il giorno della catastrofe un Dragon Lord cadde, Vitra credo, e questo portò alla distruzione della Torre. Gli elisiani credono che sia stato Azphel ad uccidere Vitra mentre noi crediamo che sia stato un altro risposi. Tu invece? Chi credi che sia stato? Riprese il dio. Io penso che l'idiota che ha ucciso Vitra sia stato Israphel. Non posso credere che colui che odiava più di tutti i Balaur abbia cambiato idea così in fretta. Inoltre Azphel non credo che sia così vigliacco. Io sto dalla parte degli Asmodiani perché essi hanno una lealtà verso i compagni che gli elisiani possono solo sognare. Al contrario, dai giorni che ho passato ad Elysea, gli elisiani sono solo arroganti e vanitosi, parlano esclusivamente di loro stessi e di quanto sono belli, si vantano per ché hanno ricevuto Elysea. Un posto ospitale e rigoglioso. Noi invece siamo sopravvissuti a tutto. E per farlo ci dovevamo fidare ciecamente l'uno dell'altro. Abbiamo costruito tutto dalla polvere di questa terra inospitale e brulla rendendola un posto bellissimo. Per farlo serve una lealtà verso gli altri insuperabile. Ecco cosa credo Aion.

Detto questo il dio divenne taciturno.Scesi in picchiata fino a casa e rallentai dolcemente tracciando delle circonferenze mentre scendevo. Atterrai in mezzo alla strada e ancora invisibile rientrai in casa per un meritato riposo.

Alla guerra ci avrei pensato domani. 



Rieccomi di nuovo! Spero di aver descritto decentemente l'ultima parte dato che non sono bravissimo. 
Spero in due o tre paroline di critiche e consigli! 0
Spero che la storia piaccia a qualcuno!

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Capitolo 6
*** Scoperto ***


Dolore.

Mi svegliai in preda a un dolore inimmaginabile. Mi contorsi sul letto lanciando le lenzuola il più lontano possibile. Annaspavo in cerca d’aria. Tutto sembrava fatto di fiamme

Dolore.

Soffocai un urlo…. Poi un altro…. E un altro ancora…. La schiena andava a fuoco…. Mi sentivo bruciare dentro…. Mi sentivo il fuoco nelle vene… vedevo rosso…. Vedevo il dolore… Provavo dolore come non mai… desideravo morire… il mio unico desiderio era far finire quella tortura… Qualcosa premeva per uscire dalla schiena… Mi sarei strappato le carni per farla uscire…. Le ali… erano le ali che volevano uscire… e uscirono. Il dolore si fermò.

Scosso ancora dai brividi diedi un occhiata al mio corpo. Poi alle ali. E rimasi di sasso. Le mie ali… Ogni piuma. Sia bianca che nera, ora aveva un sfumatura argentea alla fine. Che mi è successo?

Aenris…

Che c’è! Cosa mi è successo?!

Hai del divino in te.

Cosa? Come ci è arrivato il “divino” in me??

Non ne ho idea… forse hai assorbito un po del potere quando ti ho reso invisibile… o forse è una conseguenza della mia coscienza…

E cosa comporta?

Hai parte del potere di Aion. La sfumatura sulle ali è una conseguenza. Per fortuna ne hai assorbita una parte minima…

E cosa c’entrava la scarica di dolore di prima?

Il corpo di un semplice Daeva non può sopportare un potere divino dentro di se. Se avessi scelto un altro probabilmente sarebbe morto ora. La tua natura invece ti ha “rafforzato”….come te lo posso dire…gli Empyrian Lords li ho creati in modo tale da sopportare questo potere, ma in dose limitata…

Non capisco.

Immagina il mio potere come venticinque spade.

Ok

Ho donato una spada, cioè una parte del potere, ad ogni Signore.

Si

Bene. A me quindi sono rimaste 13 spade. Ora… tu in questo momento hai assorbito parte della tredicesima spada. Il tuo corpo cercava di rifiutarla all’inizio ma la spada si è intrufolata comunque. Chiaro?

S-si abbastanza chiaro… te la puoi riprendere?

Certo che posso, ma non lo farò.

Me lo immaginavo.

Comunque. Ora puoi innalzare barriere di etere oltre a essere più veloce in volo.

Ok ora basta parlare di ‘ste cose ok? Sono già abbastanza confuso.

Vai a mangiare. Ne hai bisogno.

Aion aveva ragione… ne avevo davvero bisogno. Riempita la pancia di carne e idromele mi avviai di sopra per farmi un bagno rilassante. Entrato nella vasca studiai per un po’ il cambiamento delle ali e dopo mi rilassai nell’umidità prodotta dalla vasca.

Uscito dalla vasca mi diressi verso camera per vestirmi. Avevo ancora qualche ora prima dell’esecuzione della ragazza ma andai comunque a Sarpan. Con passo lento raggiunsi la piazza dove si sarebbe svolta l’esecuzione. Mi sedetti in un posticino appartato e attesi. Lentamente la piazza venne invasa da asmodiani ed elisiani. Notai molte legioni elisiane e un considerevole numero di asmodiani smaniosi di assistere alla cerimonia. Erano accorsi anche numerosi membri della mia legione. Calò un silenzio teso e, sul palco, un elisiano si fece avanti. Un tiratore, dagli armamenti. Con falso rammarico espresse la sua disapprovazione su quanto accaduto e disse che il loro governatore odia gli spargimenti di sangue. Iniziai a disprezzarlo fin da subito. Nessuno aveva tradito nessuno. Se uno vuole innamorarsi del nemico non tradisce nessuno. Stupido tradizionalista.

Dopo il suo finto discorso il “traditore” venne portato davanti ad un obelisco elisiano mentre un guaritore dell’anima si apprestava a consacrare quest’ultimo.

"Con il potere conferitomi dal Governatore del Sanctum, Fasimede, e dalle leggi che da sempre la governano, io, Governatore Silence, dichiaro te, Velkam, figlio di Cornelius, responsabile di alto tradimento e massimo disonore nei confronti del popolo elisiano. Per tutto ciò ti sarà negata l'immortalità dia cui un Daeva gode. Da oggi, nessun obelisco potrà più accogliere la tua anima...." annunciò il tiratore. Davanti a me passarono dei funzionari elisiani tra cui riconobbi un assassino con cui mi ero scontrato un anno addietro. Questi si diressero verso il prigioniero parlando allegramente, manco fossimo a Solorius. Un asmodiana si buttò tra le fila di elisiani cercando di arrivare in prima fila. Ci riuscì e mi stupì a guardare il volto della ragazza che si era innamorata dell’elisiano. "La traditrice!", qualcuno urlò tra la folla. "Sì, è proprio lei" urlò qualcun altro. La ragazza si divincolò da una guardia e cercò di scappare ma un incantesimo la fece rovinare a terra. Con lo sguardo individuai l’artefice dell’attacco, un fattucchiere tra i funzionari stava parlando animatamente con la mano alzata verso la ragazza. Uno sparo si levò tra la folla e un ragazzo dai capelli rossi disse "E' una zona neutrale, Cohaku, non la toccare!". Il fattucchiere rispose. "Levati di mezzo, Araziel, è una traditrice".
"E' nostra...", replicò il tiratore che si chiamava Araziel, "tocca a noi catturarla, non a te!".

La ragazza intanto cercò di fuggire ma una freccia di vento trafisse la sua coscia. Un urlo di dolore e ricadde a terra. Il fattucchiere si alzò in volo e lanciò un incantesimo al tiratore. Quest’ultimo schivò l’attacco e ruppe la barriera del fattucchiere con i proiettili.

Un'altra raffica e il fattucchiere cadde. Morto

Due legioni iniziarono a combattere al centro della piazza ignorando l’avvertimento delle numerose guardie dalle ali rosse -rosa-. Non so come la ragazza riprese a correre e lanciò uno sguardo al compagno. Si fermò di botto e fissò il Daeva legare l’anima all’obelisco. Urlò e si divincolò invano mentre due guardie asmodiane la stringevano per le braccia e la portavano al patibolo. Sentivo l’odore del sangue proveniente dalle braccia della ragazza, qualcosa iniziò a pressare nel petto. Tutto si chetò e nella piazza gli unici rumori erano i singhiozzi e le preghiere dell’asmodiana. "Un momento!", disse quello che doveva essere Lord Silense, richiamando l'attenzione di tutti con un cenno della mano.
"Adesso che la vostra prigioniera è catturata, noi elisiani ci auguriamo che giustizia sia fatta anche nei nostri confronti", aveva concluso gelidamente, invitando L’assassino a salire sul soppalco.
Il popolo elisiano sembrò levare un cenno d'assenso alle parole del Governatore.
"L'ufficiale a cinque stelle Gaar, in quanto ammirevole soldato della fazione, e rispettabile nuovo capo della prestigiosa legione degli Empirean Knights, sarà il giusto punitore del suo predecessore".
Vedevo l’assassino avanzare con le spalle ricurve verso il “traditore” con le spade già sguainate. Si fermò, esitante, davanti al amico e con evidente tristezza affondò le lame le petto dell’elisiano tra le urla della ragazza. Velkam – credo si chiamasse così- rovinò a terra e per l’ultima volta venne avvolto dalle sue ali e scomparve per sempre

Una antica rabbia mi colse. Le membra tremavano e la furia asmodiana si riaccese in me. Stavolta però riuscivo a ragionare. Diventai invisibile e schiusi le ali, pronto a scatenare l’inferno. Mi lanciai verso l’assassino pronto a fargli provare un dolore indicibile, le lame divennero ghiaccio sotto il mio comando gia pronte a squarciare carni ma prima che potessi anche solo toccarlo la ragazza svanì in una polverina dorata.

Solo ora i Daeva presenti si accorsero del rumore delle mie ali. Prima che succedesse qualsiasi cosa divenni visibile e feci svanire le ali insieme. Atterrai tra gli sguardi sconcertati dei presenti ancora con la furia che scuoteva le membra. Cercai con lo sguardo il ragazzo dai capelli rossi ma era evidentemente morto, volevo chiedergli perché non aveva cercato di salvare l’amica. “Stupidi idioti” dissi e mi allontanai a passo di marcia dalla piazza cercando di reprimere la collera. I ricordi dells mia famiglia chiedevano di essere notati, premevano per essere visti. Per la prima volta odiai Atreia con ogni fibra del mio corpo.

Una freccia. Una singola freccia mi trafisse il braccio e il mio urlo soffocato di fece largo tra il silenzio, mormorii interrogativi si levarono dalla folla. Lasciando che la rabbia divagasse in me mi voltai e riconobbi l’autrice di quell’attacco. Elra stava in piedi con l’arco teso puntato sul mio petto, ad una ventina di metri da me. “Ci re incontriamo mia cara” la salutai fremente di rabbia. “Che fortuna incontrarti proprio qui” rispose. “Non hai ancora imparato a portare rispetto a chi è migliore di te?” sospirai seriamente incazzato, stavo perdendo il controllo. Con non poco dolore sfilai la freccia dal braccio e la lanciai alla proprietaria. “No. Soprattutto con i mezzosangue.” Annunciò. “Cosa?” disse un elisiano. “Un mezzosangue?” mormorò qualcun altro. “Che cosa vuoi dire?” mormorò qualcun altro “Si Daeva. Il nostro assassino qui ha delle ali… particolari… non è vero? Credevi veramente che sotto la tua minaccia non avrei spifferato? ” riprese sorprendentemente sfacciata

Aion che faccio!?

Dovevi ammazzarla prima idiota

Le ramanzine a dopo ok? Ora che faccio?

La loro reazione sarà uguale. Se non le mostri lo prenderanno con una conferma ma se le mostri forse hai un occasione per fuggire.

Quindi le apro?

Si

Maledizione!

“Allora mostro? Che fai? Fuggi come un coniglio?” continuò lei. “Ti ricordi la nostra promessa? Sai dovresti iniziare a predisporre dei turni di guardia davanti casa perché stai sicura che verrò. E mi divertirò molto più di quanto volessi all’inizio ”risposi io. Lei rise sguaiatamente e ricominciò “dovresti preoccuparti di arrivare intero a casa non credi?”, “Tranquilla io non creperò qui a differenza di te e di tutti quelli che decideranno di attaccarmi.” Replicai torvo guardando gli asmodiani. Alcuni si fecero da parte altri iniziarono a sguainare pugnali spade e altro. Con la furia che rodeva il mio essere raggiunsi la ragazza e, sotto gli occhi attenti degli altri raggiunsi il palco. “Vi consiglio di scendere” dissi alle guardie e ai funzionari. Inaspettatamente scesero e si unirono agli altri che, in attesa, mi fissavano. l’assassino se ne andò dalla piazza riconoscendomi . Svogliatamente guardai Elra che aveva ancora l’arco puntato “Devo proprio?”. Le si innervosì non poco e urlò “MUOVITI!”, “prendere ordini da una bambina… ma dove sono finito!” sospirai. Tra le fila asmodiane individuai Neesa e Freyr e li salutai. “Ehi ragazzi. Potete comunicare a Brise che mi congedo per qualche mese?”. La ragazza che si era ritirata annuì mentre il ragazzo con i pugnali sguainati disse “Vedremo…”. Ringraziai i due e innalzai una barriera d’etere spessa parecchi centimetri e sotto lo sguardo dei Daeva li presenti le schiusi. Con una lentezza degna di nota le estesi facendo illuminare l’argento dal sole di Sarpan. Il nero divenne ancora più oscuro metro il bianco divenne così luminoso che sembrava stesse irradiando luce al posto del sole. Ovviamente c’era chi a bocca aperta, chi con i denti digrignanti di rabbia e disgusto al tempo stessoe Elra con un sorrisetto compiaciuto. Reprimendo le mie emozioni domandai “Contenta?” “Si” “Bene ora me ne posso andare”. Mi incamminai tenendo le ali richiuse, ma in vista, verso l’uscita della piazza, molti bloccarono l’uscita e rischiando seriamente di dover subir un'altra resurrezione, alcuni fattucchieri lanciarono incantesimi verso il sottoscritto con l’unico risultato ei un calo di energie spaventoso. Una pozione di mana e tornai come nuovo. Decisi di fare una dimostrazione. Mi alzai in volo e mi innalzai di dieci o venti metri. Da li mi trovai a fissare la ragazza che sembrò capire le mie intenzioni. Con un movimento fluido sguainai i pugnali e subito dopo divenni invisibile. Mi lanciai in picchiata lacerando l’aria ad una velocità spaventosa . Abbandonai l’invisibilità a pochi centimetri dal viso della ragazza, e con un montante la lama di un pugnale squarciò l’addome della giovane. Un urlo uscì dalla gola della ragazza subito soffocato dalla lama dell’altro pugnale che perforò l’ascella e il polmone destro sfiorando il cuore. Parecchi insulti udii dalla parte elisiana e dalla parte asmodiana solo alcuni “oh”. Mentre la vita sgusciava via dal corpo della mia vittima mormorai “questa è la fine di chi svela i segreti. Non ho scelto io di essere cosi ma non ho intenzione di morire definitivamente solo perché i miei genitori erano di razza opposta. Porto con orgoglio queste ali e non finirò nell’oblio tanto facilmente. Muori stupida elisiana.” Estrassi i pugnali dal corpo e, con un ultimo gemito le ali lo avvolsero per poi scomparire del tutto.

Mi voltai verso i miei excompagni di legione che mi fissavano a bocca aperta e feci loro cenno di avvicinarsi. Intimoriti si avvicinarono piano, con i pugnali bene in vista. Io li rinfoderai per chiarire di non avere intenti ostili. “Lascio la legione ragazzi, non voglio arrecarvi più alcun disturbo. Mi dispiace” mormorato questo mi alzai in volo e, letta la formula per tornare a casa, scomparii sotto gli sguardi chiaramente ostili di tutti.

Ricomparii davanti alla porta e senza alcuna fretta entrai. Lo shugo mi salutò subito e colto il mio umore chiese se c’era qualcosa che non andava. “Preparati a ricevere visite Nemunerk. Quando arriveranno di loro che il padrone non è ancora rientrato ma dovrebbe rientrare tra un paio di giorni. Se ti chiedono il perché rispondi che dormo poche volte in casa e che avverto quando arrivo. Tutto chiaro?”, “Ma certo signore. Posso sapere il perché?” domandò lui. “Sono stato obbligato a mostrare le ali.” Rivelai. Lo shugo comprese e non parlò più. Mi fece passare e, lentamente, raggiunsi la camera da letto.

poco prima della cena sentii chiaramente lo sferragliare di diverse armature e il bussare di qualcuno alla porta. I passi dello shugo non tardarono a farsi sentire. Distintamente sentii le parole dello shugo e che ritornavo tra qualche giorno. Il tizio rispose che dovevano comunque fare un controllo e iniziarono a perquisire casa partendo dalla cucina. Sfruttai le mie abilità di assassino per sgusciare fuori e passare a fianco ad un asmodiano. Hanno circondato la casa.

Il mio giardino non era nulla di che. Anche se era molto spazioso aveva solo qualche albero qua è la. Al contrario dei miei vicini. Alla destra della mia residenza una asmodiana aveva una vera e proprio foresta. Tutti alberi non alti meno di 5 metri. Tutti ben curati e sani. Invece sulla sinistra risiedeva un altro Daeva che amava i cespugli, non ho idea del perché. Sicuramente avevano lasciato guardie a tutti i teletrasporti, dato che non potevo uscire da Pernon – avevo lasciato le pergamene in casa- decisi di nascondermi. E i cespuglioni del mio vicino facevano al caso mio.

Evitai la decina di guardie appostate nel retro della casa, che le abilità di assassino siano lodate, e raggiunsi la staccionata che divideva i due giardini. Schiusi le ali e con un balzo superai quell’ultimo ostacolo. Mi ritrovai in una vera e propria foresta in miniatura. Qua è la cespugli alti due o tre metri spiccavano tra la vegetazione mentre tutto il resto non era alto più della metà. Camminai a zonzo – sempre invisibile e silenzioso- per un po’ ispezionando i vari cespugli cercando qualcosa simile ad una rientranza. Trovai una sottospecie di buco largo quanto me in una delle tante piante proprio attaccata alla casa. Mi infilai li dentro – con non poche difficoltà- e tornai visibile. Mi serve un camuffamento.

Ci penso io.

Devo preoccuparmi?

No. Ti renderò del tutto irriconoscibile!

Ho paura di svegliarmi domani.

Non ti riconoscerà nessuno vedrai!

Mi sa che non dormirò.

Dai dormi tranquillo al resto ci penso io.

Non farmi cose strane.

Dormi!

E mi addormentai chiedendomi cosa, la mente contorta del dio di Atreia, voleva farmi. 


Ritornato!
Ecco qua il sesto capitolo. Spero vi piaccia!
Spero che qualcuno mi consigli come migliorarla....Non sono uno scrittore molto bravo ma la continuerò fino in fondo!
Azphelumbra Daeva.

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Capitolo 7
*** Sorpresa dal dio! ***


Dormii talmente bene che iniziavo a pensare che fosse tutto un sogno: Aion, l’essere scoperto e il mio nuovo potere.  Mi convinsi che fosse stata solo una lunga nottata, un sogno decisamente strambo.  Mi convinsi che quando mi fossi svegliato fosse tutto come 3 giorni fa. Mi convinsi che quando mi fossi svegliato dovevo prepararmi per andare a Morheim… Tutto andò in frantumi quando aprì gli occhi.
Ci misi qualche secondo a metabolizzare dove mi trovavo: in un cespuglio. Ce ne misi un altro per rammentare quel che mi era capitato: Atreia sapeva il mio segreto. Maledizione. Non dovevo andare a quell’esecuzione.  Tanto meno lasciare il controllo alla rabbia.  Mi insultai qualche altra volta dandomi dell’idiota e scossi il capo. Una ciocca di capelli mi coprì l’occhio sinistro.  Era nera. E in quel momento rammentai che Aion mi aveva cambiato. Con una certa paura mi puntellai su un gomito e diedi un occhiata al mio corpo.  Per la seconda volta in due giorni rimasi scioccato. Aion…
Ben svegliato Aenris…
Io. Ti. Uccido…
Perché?
Ti avevo detto di non esagerare…
Non ho esagerato!
Allora… posso sopportare un dio nella testa… posso sopportare che l’unica eredità dei miei genitori venga radicalmente cambiata… e posso sopportare il fatto di essere stato scoperto a causa di una marmocchia elisiana… MA NON POSSO SOPPORTARE DI AVERE UN CORPO DA FEMMINA!
Quanto la fai grossa…
Sono un maschio santa notte! Non posso avere un corpo da femmina!
Col tempo ti abituerai… Diventerai una brava moglie te lo assicuro!
Ma col cavolo! Non potevi limitarti a, cambiarmi il colore dei capelli?  O la statura? O gli occhi?  O tutto insieme?
No
Dammi un buon motivo.
Le guardie chiederanno ad ogni maschio che incontrano di aprire le ali. Sia elisiane che asmodiane. Molti cambiano il proprio fisico di tanto in tanto ma nessuno è mai riuscito a cambiare sesso.
Oh mio dio...
Guarda che se vuoi me ne vado e ritorni come prima! Però poi affronterai Atreia intera da solo!
Scusa…e va bene…. Sarò una femmina… ma tu,  appena finiamo con tutto quello che dobbiamo fare,  mi ridai il mio corpo originario! Se no non mi muovo di un solo passo.
Non vuoi essere una brava  mogliettina?
Ma certo che no! Non voglio neanche una famiglia.
Perché  non vuoi una famiglia?
Perché nessuno accetterà mai un mezzosangue
Non è v…
No Aion. Mi va bene -più o meno-  essere cambiato fisicamente ma non provare a cambiare qualcuno mentalmente, ok? L’unica cosa che ti chiedo è questa, per ora.
Va bene.
Quindi siamo d’accordo.  Io sopporterò il cambiamento che mi hai INFERTO e tu, appena fatto ciò che dobbiamo fare,  mi ridai il mio corpo ok?
Va bene. Sicuro di non voler essere una brav…
NO
D’accordo allora…
Ancora non mi capacitavo di avere i seni,  per questo ero sempre più sbilanciato in avanti. Devo ringraziare Aion però…si è degnato di cambiarmi anche i vestiti e le armi, non potevo vedere benissimo ma indossavo un abito nero.
La maggior parte era stoffa – non so di che genere e non mi sono mai interessato agli abiti femminili- in alcune parti l’avevano indurita mescolandoci dentro piccole dosi di metallo. Non era molto lungo,  arrivava a malapena sotto l’inguine -l’intimità volevo dire….non mi ci abituerò mai,  per fortuna-. La gamba sinistra era totalmente scoperta,  al contrario dell’altra.  Inoltre una striscia di pelle che partiva dal centro del petto – un piccola parte dei seni inclusa- al fianco sinistro era scoperta. Il tutto rendeva l’abito a dir poco provocante,  cosa che mi diede sui nervi.
 Cinte ai fianchi una coppia di spade e una di pugnali mi rendeva decisamente letale.  Le spade,  come i pugnali,  erano identiche.  Una lama nera a doppio filo,  lunga un metro, brillava alla nell’oscurità. La guardia rilasciava delle fiamme blu che si spegnevano subito dopo. Davvero belle,  eleganti e letali. I pugnali invece avevano una lama ricurva. Anch’essa nera, la lama era a doppio filo e con la punta acuta. La guardia era composta da due “artigli” perpendicolari tra loro: quello più lungo finiva a metà manico, incrociandosi con esso. Quello più corto, invece, si protendeva verso l’esterno per poi incurvarsi e tornare indietro. Su tutt’e le coppie c’erano vari sfregi e decorazioni -sempre nere- che abbellivano la lama e la guardia.
Dopo aver dato un’occhiata alle armi e al vestito uscì dal cespuglio e -molto barcollante- mi incamminai verso la strada. Raggiunta la strada mi incamminai verso casa. Metà mattina era passata da un pezzo e Nemunerk stava pulendo casa. Le orecchie degli shugo erano davvero sopraffine: mi bastò bussare piano due volte e il rumore dei suoi passettini si avvicinarono alla porta. “Si?  Cosa posso fare per lei?” domandò. “Nemunerk,  sono Aenris” risposi frettoloso.  “Mi dispiace, il padrone e un Daeva maschio.  E in questo momento non è in casa.” replicò lui. Mi guardai attorno in cerca di eventuali spie ma non ne trovai, poi chiesi al dio nella mia testa se c’erano Daeva invisibili nelle vicinanze e mi ripose di no. Allora mi girai dando le spalle allo shugo e feci ricomparire le ali. “Padrone!  Mi scusi!  Mi scusi!  Entri!  Ho preparato il thè!” mormorò lui inchinandosi più del solito.  Entrammo e mi portò del thè,  poi andai in salotto, al piano di sopra, invitando il servitore a seguirmi. Ci sedemmo sulle poltrone e gli spiegai il perché del mio corpo.  Gli raccontai della scampagnata nella Torre, del dio dentro di me e il motivo del mio cambiamento. “Oggi o domani dovrebbero venire le guardie. Andrò io ad aprire e se dormissi,  mi raccomando,  svegliami.  Ok?” conclusi.  “Certo padrona.”.
Finito il discorso congedai Nemunerk e andai in camera mia. Mi avvicinai allo specchio per darmi un occhiata generale.  Nonostante tutto ero… carino. Ero più basso di prima e molto più magro.  I capelli argentati erano sostituiti da una lunga chioma corvina mentre gli occhi ora sono color ambra. Un colore raro ad Asmodae perché vicino all’oro, il mio preferito. Essi avevano delle striature di nero che li rendeva come un buco senza fondo. Il buco più bello che avessi mai visto. Mi ci persi per un paio di minuti osservando con adorazione ogni particolare di quegli occhi. Quando riemersi constatai piacevolmente che la coda è rimasta argentea. Ricontrollai il vestito.  La mia pelle,  pallida quasi albina, andava in contrasto con il vestito nero. Un particolare che ho notato ora -anzi, due- e che sembra che delle fiamme mi avvolgano sempre di più. L’altro particolare è che dei lembi del vestito,  sulla schiena, penzolano.  Due arrivano ai miei piedi facendomi il solletico alla coda,  altri due arrivano ai fianchi.
Wow ragazza sei davvero uno spettacolo!
Sono un maschio! Ero……per ora. Però devo ammettere che hai fatto un buon lavoro.
Ora sei una femmina.
Temporaneamente!
Ma ORA sei una femmina.
Si ok ma non mi dimenticherò la tua promessa.
Proprio non ti capisco… Hai un corpo mozzafiato e vuoi tornare come prima…
Si
Lasciammo cadere l’argomento, per il momento. Però Aion aveva ragione: dovevo abituarmi al fatto di parlare al femminile. La cosa non mi rallegrava affatto ma tutto era compensato da quegli occhi. Erano una calamita.
Le fiammette blu prodotte dalle lame dei pugnali e dalle else delle spade  rilucevano nell’oscurità donandomi un’atmosfera più spettrale de solito.
Mi tolsi i tacchi e slacciai le fodere delle armi, mi diressi verso il guardaroba cercando una casacca per fare il bagno – zolle di terra mi erano ancora appiccicate addosso- e notai con un certo risentimento che Aion si era dato da fare pure lì: vestiti da sera,  armature e vestaglie per la notte erano appese alle stampelle in ordine, pile e pile di intimo invece erano ripiegate con cura alla base dell’armadio. Sbuffai rumorosamente e raccolsi un intimo a caso ed una vestaglia.  Salii le scale ed entrai nel bagno.  Tirato il doppio strato di tende e mi tolsi il vestito – con troppo imbarazzo-. Mi rilassai solo quando schiusi le ali ed entrai in acqua.
Appena l’acqua calda entro in contatto con la pelle e le piume mi lasciai andare del tutto.  Le ali si afflosciarono ed affogarono nell’acqua, quest’ultima,  a contatto con la mia pelle gelida,  inizio ad evaporare. Mi immersi completamente e rimasi sotto parecchi minuti aspettando la folle voglia d’aria.  Quando arrivo riemersi lentamente e inspirai fino a farmi dolere i muscoli. Buttata fuori tutta l’aria iniziai a lavarmi.  Passai la spugna sulle piume lentamente,  seguendo il loro verso. Avere le ali pulite mi regalava una piccola soddisfazione.
Ovviamente appena ti nascono,  durante l’’ascensione, sono ingombranti. Io mi ci abituai presto, era un tale piacere avere le ali che non riuscivo a vedere lati negativi.
Finito con le ali passai al corpo e iniziai ad insaponarmi. I capelli,  il collo, il petto, l’addome, le gambe e le braccia vennero insaponati per bene. Terminata quella parte ritorni dentro l’acqua lasciandomi ad un pisolino. Saltai il pranzo e buona parte del pomeriggio con quel sonnellino. Mi svegliai soltanto di sera a causa di un fastidioso tok-tok alla porta. Stizzito risposi in malo modo “Che c’è Nemunerk!?”.  “Mi… mi scusi ma alla porta ci sono le guardie.“ comunicò il servitore.  “va bene esco subito. Falli accomodare in una delle stanze di questo piano e prepara qualcosa da bene ai nostri ospiti per favore” risposi io,  “Subito padrona”.  Arrivano sempre nel momento sbagliato!. Uscii dall’acqua e mi asciugai con calma, usci dal bagno dopo essermi rivestito.  Raggiunsi la camera e riagganciai le armi ai fianchi.  Senza tacchi, raggiunsi la camera dove si erano accomodati gli asmodiani. “Azphelumbra a tutti! Che cosa posso fare per voi?” li salutai.  Gli altri si trovarono un po’ spiazzati a trovarsi una donna difronte, non li posso biasimare. Piano piano tutti risposero al saluto e iniziarono a dividersi le poche poltrone che c’erano. Io rimasi appoggiato al muro. Quello che doveva essere il capo cominciò quel che sarebbe stato un noioso battibeccare,  “Stavamo cercando il proprietario della casa. Sa dirci dove si trova?”.  “Beh ce l’avete davanti.  Sono proprio qui.” Risposi con tono tutt’altro che serio. “E come l’ha avuta signora?” domandò l’uomo.  “Allora… “cominciai inventando una menzogna credibile. “Ero appena tornata da Eltnen quando vidi questo ragazzo,  un assassino, corrermi incontro. Quando mi raggiunse mi diede una chiave e disse che mi regalava casa sua. Mi comunicò l’indirizzo e saltò nel varco.” raccontai. “Ci può descrivere l’uomo?” chiese la guardia. “Certo… vediamo… aveva capelli e occhi del colore dell’argento. La coda sempre argentea nera.  Aveva due pugnali: uno del colore del sangue l’altro nero. Vestiva l’armatura -se così si può definire ciò  che indossa un assassino- di Morheim. Tutto questo è successo all’alba.” Raccontai. “Mh… lei non lo considera un comportamento strano quello del ragazzo?” riprese lui. “Si. Ma prima che potessi anche solo sguainare un’ arma lui era già entrato nel varco.”, “Perché  non lo ha seguito?”, “Non sembrava un principiante e non ero nelle condizioni di combattere.”, “Motivi?”, “Mi sono imbattuta in un gruppo di ufficiali elisiani.”. L’uomo si zittì per qualche minuto, probabilmente stava pensando alla prossima domanda. “Come può un assassino eludere la sorveglianza di Morheim?” riprese.  Si vede che non conosceva molto bene la nostra classe. Con un sorrisetto mi staccai dal muro e diventai invisibile.  Gli uomini si immobilizzarono all’istante.  Senza produrre alcun suono sguainai una spada e con passo felpato accorciai la distanza tra me e la guardia che mi aveva interrogato.  Posai il filo della lama ai lati del collo e ritornai visibile. La guardia trasalii al contatto con il freddo del metallo e gli altri raggiunsero velocemente i manici delle armi. “Così” ribattei.  Abbassai la spada e tornai al mio posto,  osservando i muscoli del collo della guardia rilassarsi.
“Mi è sembrata una dimostrazione sufficiente.” concluse l’uomo con voce roca. “Ora togliamo il disturbo” disse alzandosi. Mi passarono di fianco l’uno dopo l’altro finche il salotto rimase vuoto e a quel punto mi staccai anche io dal muro le li seguii.  Feci cenno a Nemunerk di andare a sistemare la stanza mentre io accompagnavo le guardie fuori dalla porta.  Mentre si avviavano verso i teletrasporti una decina di uomini uscirono dal mio giardino e intrapresero anche loro la strada dei compagni.  Sospirai e tornai in casa sbattendo la porta. Scrollandomi le armi di dosso pensai che dovevo trovare una sistemazione più comoda per i pugnali,  magari poco sopra al fondo schiena.
Ordinai allo shugo di prepararmi la cena perché lo stomaco iniziò a gorgogliare rumorosamente. In effetti non metto qualcosa sotto i denti dalla mattina del giorno precedente. Aprii la finestra della camera e osservai fuori.
Gli alberi dondolavano debolmente mentre il vento ululava dolce. Quella poca luce che filtra nell’oscurità di Asmodae nelle ore diurne ormai era stata sopraffatta dalla notte e il fruscio delle foglie era l’unico rumore oltre ad una cantilena proveniente dalla casa affianco. Sorrisi spontaneamente a quel silenzio. Nulla poteva turbare la tranquillità di Pernon. Proprio nulla. L’aria fresca entrava prepotente nella camera scacciando sostituendo quella carica odorosa di chiuso. La brezza leggera mi accarezzava il viso e io, chiudendo gli occhi, mi godevo quella sensazione fino in fondo.
Sentii distintamente il richiamo di Nemunerk. Urlai un “arrivo” e mi staccai dalla finestra, mentre la richiudevo la sensazione di essere osservati pervase il mio corpo. Un luccichio colse i miei occhi. Alzai lo sguardo e vidi due occhi verdi come le foreste di Elysea, ma neanche il tempo di inspirare e quelli erano svaniti. Rimasi un attimo impalato li a fissare il punto dove avevo visto gli occhi. Il dio dentro di me stava probabilmente frugando nel mio passato oppure era perplesso quanto me perché non azzardò ipotesi. Convincendomi che è stato frutto del troppo stress mi diressi in cucina e poi in sala da pranzo seguendo l’inconfondibile profumo di carne. Bingo. Mi aveva preparato qualche involtino di carne: pezzetti di carne di Brax avvolti delicatamente con dolci foglie di Schikro, un vegetale presente a Nord e anche a Est del Deserto di Saintus a sud-ovest di Morheim. Il sapore dolce delle foglie si sposava perfettamente con la carne sanguinolenta di Brax, e c’era anche una spolverata di spezie. Ottimo. “La tua cucina è deliziosa Nemunerk, come sempre in effetti” commentai con una voce tipicamente femminile, il che mi diede i brividi. Letteralmente. Il servitore divenne paonazzo e, balbettando rispose “Grazie padrona.”, “Quando siamo soli parlami al maschile per favore. Mi sento ancora strano...per fortuna che non rimarrò così per sempre..” Replicai dando un occhiata al mio petto. “Come desidera padrone.” rispose. “Domani se vuoi hai giornata libera. Fai quello che vuoi.”, “Grazie padrona….padrone!” si corresse subito. Cercai di non ridacchiare ma un sorrisetto mi sfuggì comunque.
Finita la deliziosa cena lasciai il piatto a Nemunerk e andai in camera, non avevo sonno ma non avevo voglia di rimanere in cucina tutta la notte. Steso sul letto cambiai parecchie volte posizione ma niente, non riuscivo a rilassarmi. Mi alzai di nuovo, mi allacciai le armi ai fianchi e usci di casa avvertendo Nemunerk.
Andai in giardino e, controllato che nessuno stesse guardando feci schiudere le ali. Con qualche battito atterrai su un ramo di un albero nel mio giardino e feci scomparire le ali, con un po’ di amaro in bocca.
Spero con tutto il mio cuore che un giorno possa tenere le ali visibili senza preoccuparmi degli altri…che un giorno possa mostrare la mia eredità a tutti…che un giorno possa volare con i pochi amici che ho…
Presi una ciocca di capelli corvini e mi misi a rimirarla negli artigli. La lasciai libera poco tempo e iniziai a osservare gli artigli, ciò che ci distingueva dalle creature dall’altra parte del mondo. Come facevano a trovarli così orripilanti? Anche se volessi non riuscirei a non farmeli piacere. Ma d’altronde….chi capirebbe delle bestie così lussuriose come loro? Perfino io, che sono in parte elisiano e capisco perfettamente la loro lingua, non riesco proprio a capirle.
E continuai così. Per ore. Forse anche di più. Alzai lo sguardo verso la notte, la mia cara notte. E di nuovo quella sensazione di essere osservato. Pensai che magri era qualcuno che curiosava in giro…poi la sensazione divenne più forte. E allora guardai giù. Li rividi. Quegli occhi. Mi scrutavano con sarcasmo, poi con rabbia e infine con odio. U profondo odio. Ma c’era qualcosa di diverso… assottigliai gli occhi per vedere meglio e lo vidi. Gli occhi non erano un immaginazione. Avevano un corpo. E quel corpo irradiava morte. Morte eterna.

Ok ora starete pensando che sia trans o robe simili....vero?
Per tutta risposta.......no sono normale, senza offesa ai trans. Rispetto le loro idee. Semplicemente prima di scrivere questo capitolo ho avanzato parecchie ipotesi ma le ho scartate tutte per un motivo o un altro: fargli cambiae classe, renderlo un nano, renderlo una specie di orso a due zampe, o un worg mooooolto aggressivo. Poi sono passato a questa e mi è sembrata la più sensata.
Se volete provate voi a farvi venire in mente un idea che vada bene.
Spero che piaccia! Io continuerò a scriverla fino alla fine ache se nessuno la legge, così per il gusto di farlo. La renderò migliore in seguito!
Comunque per chi non avesse capito le prime descrizioni si tratta semplicemte dell'equipaggiamento di Beritra!
Azphelumbra Daeva!

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Capitolo 8
*** fratelli di dolore ***


Rimasi impietrito. Rimasi immobile sotto il suo sguardo. Rimasi incatenato al suo sguardo. Mi mossi quando ance lui si mosse. Un brutto presentimento pervase il mio corpo e lo stesso Aion mi gridò di fuggire. Balzai dal ramo a schiusi le ali mentre intorno alla figura migliaia di… schegge? Non ne avevo idea ma quelle non avevano un aspetto amichevole. In tutta fretta eressi un muro di etere e provai ad allontanarmi. Troppo tardi. L’uomo fece un gesto con le mani e una prima scarica di schegge si schiantò sul guscio di etere rimbalzando via. Il problema fu che quelle dannate schegge incrinarono lo scudo. Non feci in tempo a ripararlo che il resto delle schegge lo distrusse. Lo penetrarono senza sforzo. Trapassarono le ali. Penetrarono nelle mie carni a centinaia. Le stesse ossa si incrinarono. L’addome e le braccia vennero perforate in decine di punti. Sentii distintamente ogni singolo ago trapassarmi. Riuscì a stento e proteggere gli organi vitali. Alcuni aghi elusero la mia difesa conficcandosi nei miei polmoni. Con un urlo strozzato precipitai a terra. L’osso dell’ala bianca si frantumò all’impatto.  Il dolore superò tutto il resto. L’ala sembrava andare a fuoco. Ma il fuoco si restrinse. Si restrinse sull’osso rotto. Sentii i pezzi ricomporsi uno ad uno e saldarsi come nuovi. Il dolore divenne sopportabile. Riaprii gli occhi. Tremavo. Misi a fuoco quello che avevo intorno, il giardino della asmodiana vicina. Girai la test e lo vidi. Camminava verso di me, con un sorriso beffardo in volto. Impugnava un pugnale fatto dello stesso materiale degli aghi. Sembrava sale. Una fitta percosse il mio corpo. Abbassai lo sguardo sul mio petto e lo trovai bucherellato in cinque punti. Sfilai gli aghi dai polmoni agonizzante, la carne pulsava dolorosamente e ogni volta che toccavo quelle cose una scossa mi faceva gemere. Le ferite iniziarono a rimarginarsi con mio sollievo. Alzai gli occhi e incontrai quelli dell’uomo. Si era accovacciato alla mia destra e mi fissava deluso. “E cosi tu sei il famoso mezzosangue! Atreia impazzisce nella tua ricerca.” Disse. “chi lo vuole sapere?” mormorai ancora tremante. “O nessuno di importante.  Solo chi terminerà la tua vita lurido schifoso” ribatté aspro. Alzò il pugnale sul mio petto e si preparò a colpire. Mi balenò in mente un’idea. Più che altro un piccola speranza…”Hai dimenticato qualcosa” mormorai. Lui alzò il sopracciglio ma non ci azzeccò. Conclusi io “Questi”. Artigliai la sua coscia e con l’altra mano perforai un pettorale lacerando i muscoli della spalla sinistra. Quel braccio cadde bocconi al suo fianco. Rotolai sul fianco opposto all’aggressore e tirai fuori una spada e un pugnale. Appena in tempo. La sua lama saetto in una stoccata diretta al mio collo ma la bloccai il piatto della spada.  Spinsi la sua lama con tutta la forza del braccio sbilanciandolo.  Menai un montante diretto al fianco ma venne bloccato dalla sua mano. Si era trasformata in sale solido.. Ma che diavolo!?. Un ghigno dipinse la sua faccia e con uno strattone mi strappò il pugnale di mano. Il suo strattone mi sbilanciò in avanti.  Mi tirò un pugno facendomi volare a 5 metri da lui distruggendo la staccionata. Mi rialzai intontito e con qualche pezzo di legno addosso giusto in tempo per una parata di fortuna da un suo affondo. Ogni passo erano dolori.  Sopportabili ma comunque dolori. Se non li avessi avuti gli avrei tirato un calcio all’articolazione del ginocchio ma non lo feci.  Rotolai dietro di lui e affondai la spada nella schiena. Dalla sua gola uscì un profondo ringhio “Non è finita qui.” mi sussurrò all’orecchio poi scomparve. Rimasi immobile. La spada non si era mossa dalla sua schiena ma ora infilzava solo l’aria. Ce l’ho fatta… non sono morto… non ci credo.
Caddi a terra sfinito, la spada scivolò dalla mano nella caduta. Quello non è un Daeva. Questo fu l’unico pensiero che mi attraversò. Rimasi sdraiato per un po' cercando di calmare la parata di tamburi che avevo al posto del cuore,  rallentai il respiro. Feci profondi respiri e piano piano rallentò.  Dopo qualche minuto riuscì nel mio intento e mi misi a sfilarmi quelle schegge di doso.
Passò una buona mezz’ora tra gemiti e dolore. Tolti quelli sulle gambe, sulle braccia e nell’addome passai le ali. Ogni centimetro di scheggia sfilata provocava una scossa elettrica più forte della precedente. Tolto l’ultimo ago crollai a terra una seconda volta, sfinito. Non posso rimanere qui. Mi trascinai verso le armi cadute recuperandole e con un immane sforzo scavalcai la staccionata tornando nella mia proprietà.  Non avevo neanche la forza di far scomparire le ali. Ricoprivano la mia schiena, in parte. mi trascinai verso il retro della casa dove un aiuola la abbelliva. Con l’aiuto del muro la scavalcai e crollai a terra.  L’ala bianca era nascosta dall’aiuola mentre la nera nascondeva me. Oggi ho provato troppe emozioni. Un velo di nebbia calò nella mia testa e, senza alcuna forza,  chiusi gli occhi lasciandomi nelle braccia del sonno.
“padrone? Padrone!”. Aprii gli occhi, un raggio di debole luce mi accolse ma non capii dov’ero. Abbassai lo sguardo e trovai Nemunerk intento a guardarmi preoccupato. “che c’è Nemunerk?” risposi richiudendo gli occhi.  “siete in giardino con il vostro segreto visibile.” Replicò lui. “sono… DOVE?!” urlai io aprendo gli occhi.  Misi a fuoco gli alberi e il muro di casa,  poi mi guardai le ali. E ricordai.  Balzai in piedi e iniziai a guardarmi intorno guardingo. “perché siete ridotto così?” replicò lo shugo. “ieri notte qualcuno mi ha attaccato. L’ho scampata per un soffio.” Risposi facendo sparire le ali. “qualcuno è entrato in casa ieri notte?” chiesi. Rimasi sulle spine qualche secondo mentre lo shugo ricordava. “No”.  Sospirai di sollievo e ritornai in casa. Controllai ogni centimetro del corridoio cercando qualsiasi cosa: una goccia di sangue, un pezzetto di quei misteriosi aghi, un lembo di vestito. Non trovai assolutamente nulla. Tranquillizzato, mi rinchiusi in bagno e mi lavai la terra di dosso. L’ala bianca aveva strisce di sangue secche tra le piume e la terra la ricopriva per la maggior parte.  Mi ci volle quasi un ora per renderla di nuovo bianca come la neve. Diedi l’abito nero a Nemunerk per farlo ricucire. Nudo,  mi diressi in camera e tirai fuori un altro vestito adatto a combattere.
Anch’essa completamente nera. A differenza dell’altro vestito la gamba sinistra era coperta e non aveva lembi penzolanti. Con mio immenso piacere aveva il cappuccio ma la striscia che parte dal petto fino al fianco sinistro rimaneva.  La coda argentea spiccava col vestito e la schiena non era scoperta. Una cintura, che sembrava un lungo artiglio, mi circondava i fianchi interrompendosi solo prima della striscia di pelle scoperta. Attaccai le armi a quello. Non potevo mettere i guanti, come nell’altro, perché dei grossi…bracciali? Non li conoscevo. Questi due affari mi cingevano i polsi e, forse, avevano la stessa funzione delle lame sui vecchi guanti. Ovviamente dei tacchi color pece erano abbinati. E che cavolo!.
Dopo aver capito come indossarlo me lo misi e, con le armi già al loro posto, uscì di casa. Mi teletrasportai a Morheim e mi diressi verso il Campo di Neve. Una striscia lunga un kilometro o due fatta di alberi ricoperti di neve e lande completamente bianche. Quando raggiunsi Morheim un asmodiano mi diede una missione. Dovevo semplicemente uccidere una decina di tayga e recuperare  dei pezzi di non so quale pietra tra i loro denti. Accettai subito e mi diressi verso la zona popolata dalle tigri. Inutile dire che sarà una noia.  Raggiunsi la zona e individuai subito la mia preda. Mi avvicinai lentamente e visibile. Accorciata la distanza a dieci metri circa sguainai le due spade. L’animale mi sentì e un basso ringhio uscì dalla gola, neanche a chiederglielo la tigre iniziò a correre verso di me. Feci lo stesso. A due metri di distanza la tigre balzò in aria ad artigli sguainati mentre io facevo il contrario. Scivolai con le ginocchia sotto l’animale tenendo ben alte le lame. Il filo della spada squarciò le carni dell’animale fino al posteriore. La tigre cadde a faccia in avanti schizzando sangue ovunque. Mentre mi rialzavo un altro tayga mi attaccò. Balzò come la prima, la schiavi portando sul suo fianco e affondai le spade in mezzo alle costole. Esse dilaniarono il polmone, il cuore e l’altro polmone per poi uscire dalla parte opposta del corpo. Con un ultimo rantolo la tigre rovinò a terra morta. Sfilai le spade e le rinfoderai ancora grondanti di sangue. Mi accovacciai di fianco alla testa del tayga morto e ficcai la mano nella sua bocca iniziando a toccare qualunque cosa. Finalmente toccai qualcosa di diverso. Tirai fuori ciò che avevo trovato e constatai che era uno zaffiro. Feci la stessa cosa con il primo tayga e anche con glia altri otto che uccisi in seguito.
Sfilato anche l’ultimo zaffiro mi incamminai verso la fortezza ma mi fermai nell’udire un flebile uggiolio. Mi guardai in torno in cerca di animali ma vidi solo cespugli e alberi candidi. Di nuovo quel suono. Un movimento soprese gli occhi. Cauto, camminai silenzioso verso il movimento sospetto. Tra la vegetazione trovai un worg con una ferita profonda sulla spalla, era mortale. Sulle prime fui tentato di andarmene e lasciarlo lì ma il suo sguardo mi incatenò.
Di solito i worg hanno 2 o 3 colori sul manto. Ma questo no. Era completamente nero. Il muso, le zampe, il dorso e la pacia. Tutto completamente nero. Gli unici a non essere neri erano gli occhi. Questi erano un di un azzurro elettrico davvero belli. Il suo sguardo implorante mi convinse a fare qualcosa per lui. Tirai fuori la carne secca che Nemunerk mi aveva preparato e gliene diedi un pezzo. Un mugolio felice uscì dalle sue fauci. Con una pezzetta imbevuta d’acqua pulii delicatamente la ferita -il morso, per essere precisi-. I denti dell’avversario erano penetrati in profondità ma poi per qualche ragione lo lasciò vivere. Con il potere donatomi da Aion richiusi le ferite e lascia libero l’animale. Lui alzò la testa e mi guardò. Gli feci cenno di andare ma lui rimase lì, fermo. Dopo un po’ di tempo il worg si alzo per poi accoccolarsi di fianco a me, chiuse gli occhi e si addormentò. Perché fa così?
L’hai salvato da morte certa. Lui ora vuole rimanere con te.
Non vuole andare dalla sua famiglia?
La sua famiglia è morta. Le tigri che hai ucciso sterminarono parecchie tane qualche giorno fa. E ha pure fiutato la tua tristezza.
Puzzo così tanto? Mi annusai le ascelle
Ma che cosa hai capito! Gli worg riescono a capire lo stato d’animo degli esseri viventi dall’odore che portano, non vuol dire che puzzi.
Capisce quando parlo?
Non capisce le parole ma capisce il senso delle parole. Se gli dici “Attacca il balaur” mentre gli indichi il balaur interessato lui capisce ciò che deve fare ma non sa cos’è un balaur,  capito?
Si
È la razza più intelligente oltre ai Daeva e ai Mau. Inoltre scoprono il punto debole del nemico solo guardandolo.
Come sai della sua famiglia?
Ho guardato i suoi ricordi.
Ma guardi nei ricordi di ogni essere vivente che ti circonda?
No solo quelli tristi. Lui è triste ma i sei  tayga che ti stanno circondando sono solo arrabbiati.
Cosa?!
Mi rialzai e sguainai le spade. Il worg, allarmato, si rialzo fiutando l’aria e iniziò a ringhiare furioso. Quattro teste sbucarono dal fogliame e due dietro di noi. Mormorai al worg di attaccare i due dietro di noi e lui si girò e iniziò a ringhiare dall’altra parte. Quando le tigri furono a due metri di distanza il mio compagno balzò su di loro  e iniziò una zuffa degna di quel nome. Il worg artigliava e mordeva l’aria in continuazione mentre le tigri lo accerchiavano e provavano a ferirlo. Senza risultati. Mi concentrai sulle mie avversarie. Si erano disposte a semicerchio di fronte a me. Oltre al rumore della zuffa dietro l’aria era ferma e noi 5 eravamo delle statue. Io aspettavo una loro mossa e loro probabilmente mi stavano studiando in cerca di un punto debole. Come quando si caccia. Piccolo problema: io non sono una preda. Feci una finta verso destra e partì verso sinistra. Evitai l’artigliata di difesa della tigre e affondai la lama a metà. Mi girai verso le altre tre ed estrassi la lama. Il corpo si afflosciò di lato e le tigri lo guardarono con tristezza.  Le due tigri ai lati scattarono verso i fianchi contemporaneamente.  Balzai a destra e affondai la lama nel collo della tigre poi mi girai e alzai l’altra spada per difendermi.  La tigre morse la guardia e,  con una torsione del collo a dir poco inquietante, mi strappò la spada dalla mano scaraventandola ad un paio di metri da me. Mi atterrò sul petto e provò a ferirmi al collo. Nel frattempo avevo preso un pugnale e, prima che mi agguantasse per il collo, lacerai il fianco dell’animale. Mi scrollai il corpo di dosso ma non feci in tempo a riprendere il pugnale. La tigre rimasta mi saltò addosso e mi butto per terra evitai per un pelo la morte frapponendo, tra il collo e le fauci della tigre, il braccio destro. Emisi un urlo quando i denti perforarono la carne fino ad incrinare l’osso. Una saetta oscura scaraventò la tigre lontano da me. Il worg mi aveva salvato e ora due tigri ce l’avevano con lui. Mi rialzai e corsi verso di lui. Prima che la tigre lo ferisse affondai gli artigli nel suo collo e girandomi su me stesso la lanciai contro un albero. Si senti un terribile “crak” dalla sua schiena e crollò a terra, senza rialzarsi. Mi girai pronto ad affrontare l’altra tigre ma la trovai con il collo e la spalla lacerati e il worg seduto a guardarmi.
Lo raggiunsi e mi sedetti di fronte a lui, ci guardammo per un po e poi gli porsi la mano.  Lui la annusò e poi si ritrasse. Velocemente curai la ferita e ripresi a guardarlo. Provai ad accarezzarlo, quando poggiai la mia mano sulla sua spalla lui chiuse gli occhi. Lentamente lo accarezzai,  la mano percorreva tutto il collo e parte della spalla. Il suo folto pelo risultava soffice al tatto e sembrava che anche a lui piacesse. Delicatamente gli grattai le orecchie. Lui emise delle… fusa?  Era come un ringhio dolce,  tanto che continuai per un bel po’.
Ce l’ha un nome?
Certo. La sua famiglia lo chiamava Sheed.  Gli altri worg semplicemente Nero.
“Sheed” sussurrai. Lui aprì gli occhi di scatto e drizzò le orecchie.  Mi fissò con quegli occhi così simili ai miei,  così espressivi… così pieni di tristezza e rammarico… così pieni di rabbia... “Mi dispiace per quello che ti è successo…mi è capitato anche a me… nessuno sa quanto dolore si prova… quanto smarrimento… quanta rabbia… quanto è forte la voglia di vendetta…quanto è pesante la consapevolezza di essere soli…” abbassammo le teste contemporaneamente…quasi fossimo un tutt’uno.  Gli raccontai tutto… dal mio primo ricordo alle fiamme… gli raccontai cosa provavo e quanto mi sentivo solo quando ho lasciato quella casa… quanto mi sentivo distrutto… e lui sembrò capire… lui,  che con quegli occhi così carichi di emozioni, si fece carico del mio passato… e io mi feci carico del suo… finalmente avevo trovato un compagno. Finito il racconto il mio nuovo amico mi saltò addosso e iniziò a leccarmi dappertutto. Io lo accarezzai e lo abbracciai. ci consolavamo a vicenda. Come due fratelli.
I mesi passarono veloci… io e Sheed entravano sempre più in confidenza… ogni volta che lui usciva per una passeggiatina io lo seguivo, ogni volta che dovevo fare delle commissioni lui mi accompagnava. Certo,  un worg a Pandemonium non passava di certo inosservato, la gente che passava guardava ad occhi sgranati prima l’uno poi l’altro. La creatura più inavvicinabile su Asmodae che si fa una passeggiatina a fianco di un Daeva in un posto pieno di Daeva? Ogni qualvolta qualcuno lo avvicinava e mi avvicinava lui ringhia a mettendo in bella mostra le zanne. Stessa cosa io.  Ogni volta che lui si allontanava per qualsiasi motivo tenevo le mani sulle else delle spade e controllavo il mio amico. Poche volte si allontanava da me ma ben presto capii che quando lo faceva non dovevo seguirlo. Un assodato mi avvicinò, non lo degna della beach è minima attenzione e continuai a controllarlo. “Signora?” provò. Non gli risposi. “Signora!” riprovò. “Si?” risposi scocciato. Ancora mi dava fastidio essere chiamato al femminile e poi mi dava fastidio proprio lui, con quel carattere spavaldo. “Ha proprio un bel cagnolino… mi può dire come ha fatto ad addomesticarlo?” chiese avvicinandosi. Il muso del worg si alzò e ci fissò di soppiatto, anche lui era in attesa della mia risposta. “Lui mi appartiene come io appartengo a lui. Io non l’ho in alcun modo addomesticato, è lui che vuole rimanere con me, e io ne sono estremamente felice. Lui non è il mio cane. Lui è un mio amico e compagno. Ed ora smamma se non vuoi ritrovarti senza un braccio a causa sue e senza l’altro a causa mia.” dissi stroncando ogni speranza di conversazione. Ad un cenno di Sheed mi avvicinai a lui lasciando mezza piazza di Pandemonium scioccata -anche d’orecchie gli asmodiani sono superiori agli elisiani-, gli grattali le orecchie. Ancora quel ringhio dolce. Gli piaceva proprio il grattare dei miei artigli.
Sia io che il dio diventammo smaniosi: tra due giorni ci sarebbe stata la riunione. Sheed sembrò notarlo. Sperando capisse, gli spiega della mia missione. Quando fini il worg fece una cosa inimmaginabile. Annuii. Fece su è giù con la testa. Lo guardai intontito per un po’.
Te lo ha visto fare nelle tue discussioni con gli altri e ne ha capito il senso. Ora lo fa anche lui. Che animale perfetto.
Puoi ben dirlo.
Così divenne irrequieto anche lui. Ogni volta che guardavo l’orizzonte -ogni mezz’ora- a immaginarmi cosa avrei sentito lui iniziava a grattare il pavimento o ringhiare. Mi tornò in mente quella notte. Quel tipo c’entrava qualcosa? Perché mi aveva attaccato? Prima di morire aveva mormorare “Non è finita qui”… in che senso? Più ci pensavo più non ne capivo. Il dio se ne stette zitto per tutto il tempo, sentivo la sua rabbia trattenuta e capii che lui sapeva qualcosa. Che cosa mi nascondi Aion?
N-niente.
Sento la tua rabbia.
Non te lo posso dire
Non mi sembra che tu ti sia fatto scrupolo mentre rivivevi le mie memorie.
I segreti di un dio devono rimanere tali.
Provai per una buon mezz’ora a estrapolare qualcosa dal dio ma l’unica cosa che ottenni fu silenzio. Lasciai perdere. Andai a cena e, come al solito, Sheed uscì per andare a caccia. Non avrei mai saputo cosa. Dopo cena mi infilati nella vestaglia per la notte e mi sedetti a gambe incrociate sul letto aspettando il worg. Arrivò quindici o venti minuti dopo. Due occhi sbucarono dalla finestra, sorrisi spontaneamente, “Bentornato”. Un ombra entro silenziosa in camera e Sheed si fermò ai piedi del letto, inclinò la testa di lato. Gli worg, con quel gesto, chiedono il permesso o esprimono un dubbio. “Mi stai chiedendo il permesso!? Stai scherzando vero!? Non sei mica cagnolino! Santa notte Sheed! Se mi consideri tuo padrone o simili mi offendo…” dissi assumendo una faccia dispiaciuta. Un ghigno dipinse il suo muso. Mentre capivo a rilento che quello era un sorriso, Sheed saltò sul letto e si sedette davanti a me. “stavi cercando conferma delle mia parole di oggi, vero?” sorrisi, lui annui e io sorrisi ancora di più. “Ora ne sei certo?” lui annui anche a questa domanda. Rimasi in silenzio.
A volte il silenzio vale più di mille parole*
L’ho sempre saputo
Sheed si avvicino azzerando la distanza tra noi e poggio le sue zampe sulle mie spalle. Con una spinta mi stese sopra il letto, sovrastandomi. Ci fissammo un attimo e poi si sdraiò sopra di me. Si era sistemato tra le gambe e la coda solleticava la punta dei piedi ogni volta che si muoveva. Mi immobilizzò mettendo le zampe anteriori alla base del collo e rimase fermo. Poggiò la sua testa tra i seni sulle sue zampe e attese una mia reazione. Rimasi immobile pure io, nessuno mi aveva mai trattato così ne me lo sarei mai immaginato, per lui ero una femmina. Lo sarei pure rimasto se voleva dire rimanere con lui. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di averlo al mio fianco. Con la mano libera dal suo corpo gli accarezzai il collo delicatamente, lui continuò a guardarmi. “Grazie di esistere. Grazie di essere rimasto con me. Grazie di essere tu.” mormorai melodioso emise un uggiolio e capii che voleva dire la stessa cosa. “Non lasciarmi mai.” Quelle parole, cosi cariche di sentimenti, uscirono dalla mia bocca quasi distruggendo la bolla che mi ero faticosamente creato. Quel animale mi scuoteva dentro. Ogni volta che mi guardava la bolla si incrinava, crepe facevano fuoriuscire emozioni che riscaldavano il cuore, che rinvigorivano l’anima ormai spezzata. Nei libri le donne fanno quell’effetto ma a me mi serviva solo un amico. Un fratello. Iniziai a credere che i libri fossero solo mucchi di parole. Quello sguardo era riuscito a cambiarmi completamente.
Ci addormentato così. L’uno sopra il corpo dell’altro. Lui ronfava pesantemente e io lo cullavo con l’abbassarsi e l’alzarsi del petto. Certo,  era un po’ ingombrante ma era come dormire sotto l’incarnazione della tranquillità,
 La mia mente era popolata da sogni di foreste rigogliose e verdi. Il sole brillava sopra a tutto, alto nel cielo. All’interno della foresta una luce si intensificava sempre di più. Intorno alla luce cinque esseri cantilenavano in una lingua sconosciuta, antica. Cantilenarono sempre più forte mentre la luce si intensificava sempre di più. All’interno della luce un cerchio prese forma, i cinque iniziarono a gioire. Una fila interminabile di figure che non avevo notato iniziò a saltarci dentro. La luce esplose inghiottendo tutto e tutti.
Mi svegliai in preda a sudori freddi. Il dio rimase zitto,  cosa che mi insospettì ancora di più. Sheed mi guardava allarmato,  con una traccia di follia negli occhi. “L’hai visto anche tu?” sussurrai. Annuii gravemente,  visibilmente scosso.
È la prima volta che ha un sogno. Di solito lui fa un sonno senza sogni. Questa è la prima volta, e non l’ha presa molto bene.
Ha visto anche lui quello che ho visto io?
No lui ha visto TE. Stavi morendo.  Era terrorizzato dalla prospettiva di rimanere ancora da solo.
Capii la luce di follia nei suoi occhi. Lo abbracciai e mormorai parole rassicuranti, dal pezzo do marmo che era diventato i nervi si rilassarono emise un uggiolio. Mi maledii per il fatto di non poter comprenderlo e continuai a mormorare parole dolci
Aion
Si?
Mi puoi fare da traduttore finche rmaniamo insieme? Lui può comprendere me ma io posso comprendere solo una parte piccolissima del suo linguaggio
Posso fare molto meglio.
E cioè?
Vedi gli worg come altri animali,  con un suono come un abbaio o un ringhio,  parlano. Per esempio ora lui ti ha chiesto di non lasciarlo mai, di rimanere sempre con lui. E tutto questo con un solo uggiolio.
E cosa comporta?
Nulla. E stavolta me sono sicuro.
Allor procedi
Ok
Non mi sentii cambiato in alcun modo ma non ci feci caso. Mormorai un “non ti lascerò mai” e continuai ad abbracciarlo. Ad un certo punto emise un lamento, un pensiero si formò in testa “non riuscirei a sopportare di nuovo la solitudine”. La mia gioia fu immensa,  una sensazione nuova per me.lo strinsi ancora più forte, quasi strozzandolo e urlai “Riesco a capirti! Finalmente riesco a capirti!” lui mi guardò interrogativo e chiedendo spiegazioni “prima intuivo soltanto quello che volevi dirmi,  e qualche volta male… ora i suoni che emetti per me sono parole!” dissi fissandolo negli occhi. Parlottammo ancora per un po’ e poi, lui andò a caccia,  mentre io facevo colazione e dopo un bagno. Durante il bagno pensai a quanto Aion mi avesse dato e che io non avevo ricambiato.
Tu stai facendo fin troppo. Ti sto usando come un attrezzo qualunque, to ho cambiato fisicamente e nell’anima. Hai sopportato tanto di quel dolore che se Sheed non sarebbe rimasto con te avresti iniziato a dare di matto. E Sheed non te l’ho mandato io. Certo, sono il dio di questo mondo ma non controllo il fato. Esso cambia in continuazione. Nessuno lo controlla.  Non ho mai fatto favoritismi ne li farò mai.
Ma mi hai comunque dato tanto
Involontariamente o no ti ho fornito dei mezzi per completare il mio obbiettivo. Certo, non è per scopi personali ma sto usando come strumento un essere vivente. Dovrei vergognarmi di me stesso
Tu mi stai usando per proteggere Atreia. Per me è solo un onore averti conosciuto personalmente e chiunque avrebbe accettato una missione così. Non ti devi sentire in colpa se usi mezzi non convenzionali per salvare il nostro mondo.
Un dio consolato da una sua creatura… impensabile…
Anche la mia esistenza è impensabile per le due razze
Ma esisti
E io ho consolato il mio dio.
Già
Succedono cose strane nel mondo.
Hai tremendamente ragione.
Quanto mi manca Elysea…
Vuoi andare ad Elysea?
Mi piacerebbe, si.
Oggi ho tutto il tempo che voglio.
Vuoi andarci?
Si dai, credo che anche a Sheed piacerebbe
Pensi sempre a lui eh?
È mio fratello, una specie….
Ma guarda che tipo…
Eh già…
Uscì dal bagno in tutta fretta e andai in camera fermandomi ad osservare il quadro della Torre. Mi chiesi chi fosse il pittore che l’ha fatto ma non avevo il tempo per rispondermi. Mi misi il solito abito nero con sfumature blu e mi allacciai le armi. Preparatomi del tutto mi sedetti sulla poltrona in camera e aspettai il mio compagno. Mi accorsi che le spade avevano del sangue secco sulle lame -probabilmente di qualche animale malcapitato- e iniziai a pulirle.
E di nuovo Sheed comparve dalla finestra,  entro e si accuccio di fianco a me. “Oggi ti porto in un posto che non hai mai visto. Partiamo tra un’ora ok?” annunciai. “Evvai! Nuova caccia!” abbaiò. Ridacchiai. “si, probabilmente non ci vedrai nemmeno”. Sbuffò, “sisi certo”. Ridacchiai un’altra volta. “scommetti che rimarrai accecato per un po’?”. Un altro sbuffo. “se rimango accecato io chi ti dice che non rimarrai accecato tu?”. “Sicuramente. Ma io so dove andiamo. Tu no.” Dissi. Mi fissò tra il divertito e l’arrabbiato. “me lo dici dove andiamo?”. “No. Sarà una sorpresa.”.
Aprii il portale per Eltnen e, senza tanto preamboli presi in braccio Sheed. Barcollante, dissi “chiudi gli occhi amico mio” ed entrai nel portale. 


azphelumbra a tutti! mi piaceva l'idea di un compagno canino al protagonista e allora ho fatto in modo che lo trovasse.
lasciatemi due righe di critiche pls!
spero che continuerete a segire questa storia!
Che l'ombra di Azphel vi guidi!

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Capitolo 9
*** Piani d'invasioni ***


La prima impressione fu troppa luce. D’altronde è normale ad Eltnen, il furbacchione al mio fianco, che non aveva chiuso gli occhi, stava guaendo come un matto . Girava la testa continuamente, cercando un posizione in cui la luce non gli arrivava agli occhi. “te l’avevo detto” ridacchiai. “stai fermo e tieni gli occhi chiusi. Con il tempo si abitueranno alla luce...e per il caldo ti occa sopportarlo.” Suggerii. Si fermò si accuccio. Passarono dieci minuti buoni in cui sia io che lui rimanemmo fermi ad occhi chiusi. Avevo i nervi a fior di pelle per il caldo e anche perché eravamo tremendamente vulnerabili. Parecchie volte provai ad aprirli ma vedevo solo bianco. Sheed sembrò notare il mio stato d’animo e mi chiese cos’avevo. Gli risposi solo che qui c’era il nemico. Allo scoccare dei dieci minuti i miei occhi insieme a quelli di Sheed iniziarono ad abituarsi e cominciammo a vederci. Eravamo capitati proprio nel deserto. Che fortuna. Aion divenne malinconico e si limitò ad osservare. Sheed provò a cacciare ma l’unica cosa che ottenne fu l’aria, i worg asmodiani non amano il caldo, quelli asmodiani almeno. Non ne ho mai visto uno a Elysea. Gironzolammo un po’ stando ben vicini al varco, incontrammo parecchi elisiani molti dei quali finivano con il collo spezzato o con profonde ferite nel petto. Mormoravano di ombre grosse e nere e cose simili. Sembravano scioccati nel vedere un worg completamente nero. Poi passavano ai soliti insulti verso la nostra razza. E Aion si intristiva sempre più. E in me saliva la rabbia. Tanto per cambiare. Ero arrabbiato perché anche essendo in parte elisiano cacciavo e uccidevo gli elisiani neanche fossero animali della peggior specie. Li odiavo ma ero curioso nello stesso momento. Ero curioso di Sanctum e della loro vita di tutti i giorni. Ma odiavo il loro essere. L’ossessione per la propria persona non la sopporto. Certo, io posso essere un po’ vanitoso,  ma la mia non sfocia mica nell’ossessione. Possono essere gentili tra di loro ma essi sono la causa della divisione di Atreia. Gli asmodiani li odiano per questo. Gli elisiani odiano gli Asmodiani perche sono diversi da loro.
 Dopo ore passate nel deserto e -dopo aver deciso di allontanarci al varco- zone limitrofe parecchi soldati iniziarono a tappezzare il territorio sicuramente alla ricerca di noi due. Ritornammo al varco con parecchie guardie alle calcagna. Ci avevamo provato a non farci notare ma grazie al caldo iniziai a perdere la lucidità e anche la pazienza. Caddi da un albero proprio quando la pattuglia era sulla strada affianco. Cosa ci face sull’albero? Mi riposavo. Prima di saltare salutai con la manina quegli idioti e saltai nel varco
Dopo essere saltati nel varco ci ritrovammo proprio a fianco della fortezza di ghiaccio. Una folata di vento freddo ci accolse e respirai a pieni polmoni l’aria frizzante. L’amico al mio fianco lanciò un lungo ululato di puro sollievo spaventando parecchie persone.
Era pomeriggio inoltrato e io avevo fame. Sheed si allontanò per le sue battute di caccia e io mi avviai verso la taverna. Non gli andavano a genio le taverne. Non gli andavano a genio le città in generale. Casa mia esclusa. Si sentiva fuori posto, per questo andavamo parecchie volte a fare lunghe passeggiate nelle zone selvagge di Beluslan, Morheim, Altgard e anche Brusthonin. Potevano durare intere giornate e eravamo quasi sempre soli. Per fortuna. Lui mi insegnava la società dei worg e io gli raccontavo tutto. Dallaminima pianta alla nostra gerarchia. Ovviamente la gerarchia asmodiana era basata su ranghi militari ma era abbastanza semplice. Anche la società di Sheed era piuttosto semplice. Un capobranco affiancato da due consiglieri guidava il branco. Solo lui poteva procreare e non ci sono mai stati tradimenti tra loro. I nostri erano all’ordine del giorno. Uomini idioti.
Finito di mangiare lo raggiunsi al campo di neve e con un portale tornammo a casa. Passammo il pomeriggio ad allenarci e prepararci: spade, artigli, pugnali. Tutto. Verso sera riuscivo a specchiarmi sulle lame e quelle ti squarciavano anche solo dando una leggera pressione contro la carne.  “perfetto” annunciai. Sheed si limitò ad annuire. Pensava a come sarebbe stato l’Abisso e cos’era una fortezza. Non glielo dissi.
Non dormii quella notte. Sia io che Sheed eravamo troppo agitati per l’indomani. Sarebbe stato difficile? Questo era abbastanza scontato. Il grosso del problema sarebbero state le torri intorno alla fortezza. Il portone non sarebbe stato un grosso problema. Anche se molto dispendioso noi Assassini potevamo usare una sorta di teletrasporto. Potevamo smaterializzarci e ricomporci  ad una distanza massima di 5 metri. Altro problema sarebbe stato il Generale della fortezza, un essere enorme relegato al centro della fortezza, dove probabilmente si sarebbe svolta la riunione. Di questo ne ero certo. La fortezza sarebbe stata sicuramente ghermita di guardie ovunque. Cercai di non pensarci. Lessi qualcosa sui dragon lord rimasti: Beritra, Fregion, Meslamntaeda, Ereskigal. Tiamat era morta. Nulla di interessante. Chiesi a Sheed se loro avessero legende riguardanti grandi draghi volanti e lui mi rispose che i suoi antenati ne parlavano spesso, li chiamavano i Distruttori di Razze. Ne posso capire il motivo. Gli dissi che esistono davvero e che domani li incontreremo e lui rimase paralizzato. Letteralmente. “Noi dovremmo incontrare i Distruttori di Razze?! Ma sei impazzito?! Quelli ci ridussero a delle semplici bestioline da compagnia! Distrussero in pochi secondi tutto il territorio della mia razza! Non puoi chiedermi di incontrare loro!” ringhiò così forte da far tremare le pareti. “calmati Sheed. Un drago è già morto per mano nostra. Non ci faremo vedere e se tu non vuoi venire non sei obbligato. Io sono uno scricciolo in confronto a loro ma ci devo andare. Per la mia razza, la tua e ogni altra. Pensi che io non abbia paura? Non sono mica una statua!” risposi io. Lui si quietò e continuò a pensare. Ad un certo punto. “voi come li chiamate? “domandò lui nella sia strana lingua. “noi li chiamiamo Dragon Lord. Essi prima erano 5: Tiamat, Beritra, Ereskigal, Meslamntaeda e Fregion. Tiamat è morta da poco grazie a noi ma gli altri  si nascondono. in agguato, pronti a sopraffarci. Quando il nostro mondo era unito in un unico pezzo essi superarono tutti i loro simili diventando i loro capi. Chiesero piú potere al nostro, e loro, dio ma questi non glielo diede. Ci fu una guerra. Noi umani, che proteggevamo il nostro dio eravamo troppo deboli quindi il dio creò dodici  e l’etere. Gli umani che instaurarono un legame con l’etere si trasformarono in esseri simili alle dodici figure, soprannominate Empyrian Lords, diventando così Daeva. Ciò che sono io e tutti quelli che hai incontrato.” Spiegai.  
Mi tartassò di domande per tutto il tempo rimanente  fino all’alba. Sapeva tutto. Dall’inizio alla fine della nostra storia. Il perché, il come, il quando, tutto. Mi rifiutai di schiudere le ali. E lui non la prese bene. Si volto e fino all’ora di partire non mi parlò più. Gli promisi di mostrargliele ma non ora. Non volevo che si spaventasse.
Fummo a Reshanta nel giro di 20 minuti. Dopo una decina di secondi Sheed emise un brontolio. Non gli piaceva. “puzza ed è brutta. Questo è il famoso Abisso?” brontolò “eh si questo  è l’abisso. E questo è il nostro primo insediamento. Sapeva benissimo che ci trovavamo nel Basso abisso. Sotto molteplici sguardi raggiungemmo le piattaforme di “volo”. Erano tre e circondavano per metà la fortezza. Su ognuna di esse si erigeva un teletrasporto per Morheim, Beluslan o Altgard.  Raggiunta quella dove si riusciva a vedere l’arcipelago sulfureo mi accorsi del fatto che eravamo in due. Di solito per lasciare la fortezza aspettavo le ore in cui nessuno andava o tornava e partivo. Ma oggi avevo anche un compagno. Cercai una soluzione per un paio di minuti ma un guaito mi riscosse dai pensieri. Alzai lo sguardo verso Sheed che si guardava intorno. Notai c terreno aveva delle sfumature giallastre e mi guardai attorno. Eravamo davanti alla fortezza interessata. Sei stato tu Aion?
Ovvio
Ci hai risolto un problema, grazie
Niente
E ora…Che l’ombra delle ali di azphel ci guidi…
Già
Diventai invisibile e Sheed si acquattò contro la pietra zeppa di zolfo. Ogni volta che le guardie guardavano da un'altra parte lui scattava verso il portone e io lo seguivo a ruota con l’arco pronto. Oh giusto, mi ero portato anche quello. Tesi la corda con la freccia incoccata e mi tenni pronto che caso lo scoprissero. Arrivò sano e salvo. Tirai un sospiro di sollievo. Lo raggiunsi silenzioso e quando fui li chiesi ad Aion di far diventare invisibile anche lui. Non lo fece. O almeno così credevo finche non lo toccai. Appena sfiorato il suo pelo scomparve e ricomparve solo quando staccai la mano. L’interessato non se ne preoccupò e continuò a stare in guardia. Lo richiamai e lo presi un braccio. Dopo una formula degli assassini soltanto ricomparimmo dietro il portone. Sempre toccandolo ci avvicinammo al grosso buco al centro della stanza. Iniziammo già sentire voci. Piccolo problema. I drakan hanno un udito finissimo quindi parlavano a bassa voce. Speravo che non dovessi oltrepassare la soglia del buco ma mi ci vidi costretto. Mentre il Generale sorvegliava vigile presi in braccio Sheed e, sempre invisibile, schiusi le ali e planai ad una decina di metri dal lungo tavolo posto al cntro della stanzona. Silenzioso come solo un assassino sa essere atterrai e posai Sheed di fianco a me. Sia io cje lui rimanemmo immobili ad osservare. Avevano tutti le sembianze umane ma erano in 5. Ma che diavolo? Tiamat è morta! Guardai l’intruso con più attenzione e il sangue si congelò.  La persona a capotavola era l’uomo degli aghi. Rimasi pietrificato. Stava li, fermo, a ciondolarsi sulla sedia. Guardava gli altri che probabilmente attendevano l’inizio della riunione. “Ebbene! Eccoci qui miei compagni! Come state oggi?” cominciò il mio aggressore. Ereskigal parlò per prima “i preparativi sono ultimati, siamo pronti per l’invasione. Quindi bene, per rispondere alla tua domanda.”.  Oh-oh, qui sta succedendo qualcosa di mooolto brutto. “che bella notizia! E ditemi la strategia cn cui li annienterete.” Proseguì l’uomo. Non erano bravi strateghi. Proposero cose talmente idiote da riuscire a stento a trattenere le risate di scherno. Un esempio era attaccare le capitali subito. Colpendoci al cosiddetto cuore. “Sareste accerchiati prima di poter invadere altro.” Commento acido il primo. “bene allora illuminaci Eren.” Si chiama Eren. Almeno sapevo come si chiamava. “bene. Attacchiamo le due città con maggior Daeva e li catturiamo tutti e proponiamo uno scambio. Le migliaia di Daeva che saranno prigionieri con gli Empyrean Lord. Quando i Lord moriranno elimineremo il resto dei sopravvissuti.” Le ultime parole fecero molto scalpore. Sorrisi di trionfo dipinsero tutti quei volti. Sembrava che avessero già vinto. “Rimangono quali città attaccare, io propongo dalla parte oscura Morheim e Beluslan mentre dalla parte luminosa Eltnen e Heiron.  Qualcuno ha da ridire?” disse Eren. Nessuno fiatò. “Cominceremo tra tre giorni. Ritirate la metà delle truppe dall’Abisso. Cattureremo prima i Lord della Luce e poi i Lord dell’Oscurità. Li porteremo tutti a Morheim e ci penserò io a farli fuori. Dopo averli eliminati schiacceremo la resistenza in pochi mesi. Tutto chiaro?” concluse. “Chiarissimo”, “Perfetto”, “Sono d’accordo”, “Diamoci dentro”. “MORTE AI DAEVA! MORTE AD AION!” urlò il mio aggressore. tutti urlarono pieni di determinazione e malignità, la roccaforte tremò sotto l’urlo del generale e mi dovetti tappare le orecchie per non farmele esplodere. Avevo sentito abbastanza. Tramortito dal peso di quelle notizie, raccolsi Sheed da terra e ripresi a volare il più silenziosamente possibile. Cosa dirò ora agli Shedim Lords?
Quello che hai sentito.
Mi crederanno?
Dipende da loro.
Se non mi credono?
Atreia cadrà.
E poi successe. Una folata d’aria ascendente inclinò l’ala sinistra prima di superare il buco. Appesantito da Sheed l’inclinazione aumentò. Mi avvitai e la stessa ala vittima dell’aria si scontrò contro il bordo del buco. Tra i guaiti del worg  precipitammo a terra, io di faccia. Vidi Sheed sparire e mi preparai pure io a riapparire ad Asmodae. Con mio orrore non successe. Prima che potessi reagire una forza sconosciuta mi fece volare contro il muro. Provai a trascinarmi sotto il buco ma un calcio mi fece nuovamente scontrare contro il muro. Crollai a terra e dei puntini neri iniziarono a danzare davanti agli occhi. Le ali subirono un brutto colpo a causa del fatto che atterrai in una posizione simile allo stare seduti, con la schiena contro la pietra giallastra. Alzai lo sguardo verso chi mi aveva tirato il calcio e non mi sopresi a trovarmi di fronte Eren “Me lo aspettavo. Era un travestimento. Per ora bastano due costole rotte se non ti muovi.” lo guardai con sguardo interrogativo. Abbassai lo sguardo e mi ritrovai nel mio vecchio corpo, e grazie ad Aion pure i vestiti erano cambiati. “Grazie per le costole stronzo.” Risposi senza tanti dettagli. Qualcosa di appuntito lacerò la pelle intorno all’occhio. Trattenni l’urlo e mi limitai a pulirmi il sangue. Sarebbe rimasta una bella cicatrice. Arrivarono anche i Dragon Lord ad accogliermi. Aion! Nessuna risposta. Aion! Ci sei?!. Nulla. Ritornai al presente profondamente incazzato fissando i Draghi che avevano formato un semicerchio intorno a me. “Cosa abbiamo qui? Che cosa sei tu? Un elisiano? No. Sicuramente no. Un asmodiano?” indagò Meslanmtaeda. “Stai zitta lucertola gigante” mormorai. “Come os…”, “cos’hai sentito?” la interruppe Fregion. “Tutto.” Replicai. “Fregion, non avevi detto che riuscivi ad individuare gli assassini?” chiese Eren accigliato. “Certo. L’ultimo che ho ucciso era un cacciatore invisibile.” Disse l’interessato. “E allora perché non hai individuato anche lui?” continuò Eren. “Non te lo so dire.”. “Forse ti sopravvaluti troppo. Dì un po’ quanta polvere di odella ti sei fatto” mormorai boccheggiando in cerca d’aria. Mi lanciò uno sguardo fuoco ma non rispose. “ti starai chiedendo perché non sei con il tuo amico canino vero?” cominciò Eren. “in effetti si” risposi perplesso. “il tuo amico qui, Fregion, può annullare le vostre magie tramite una sorta di campo energetico. È riuscito a intrappolare te ma non il tuo amico.” disse Eren. La guarigione era cominciata pochi secondi dopo il mio ritrasformamento in maschio. Un lato positivo c’era almeno. Anzi due. Ero davvero felice di riavere il mio corpo. Ma non avrei goduto molto rimanendo li. Ero legato all’obelisco Morheim ma non so se, con l’abilità di Fregion la mia anima resusciterebbe. E non volevo rischiare. “e ora che fate? Mi uccidete?” mormorai con un velo di timore. “Oh no, ci divertiremo molto insieme” rise minaccioso Eren, poi Beritra e poi gli altri. “Non ti sono bastati le centinaia di aghi o che so io nel mio corpo mesi fa e ora due costole fratturate…” mormorai preda dello sconforto. “Quello era solo l’antipasto mezzosangue” rispose lui divertito. “Stupide lucertole troppo cresciute…”. Mi arrivò un calcio all’altezza del fianco e un altro sulla testa. Di nuovo quei fastidiosi puntini. Tutti i suoni divennero ovattati e una stretta allo stomaco mi fece piegare in due. Le palpebre divennero piombo e gli occhi cominciarono a darmi fastidio. Persi la battaglia ingaggiata contro le palpebre. In un attimo venni avvolto dall’oscurità più completa.


Azphelumbra a tutti!
ed ecco qui la riunione. Non miè sembrata tanto terribile....ma io sono l'autore!
Ditemi se vi piace e magari pure qualche parolina di critica mi pacerebbe molto averla!
Grazie a tutti!

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Capitolo 10
*** Prigioniero ***


Tenni gli occhi chiusi anche quando mi svegliai. Le pulsazioni del cuore rimbombavano nella mia testa come una parata all’interno di una cantina. C’era puzza di zolfo nell’aria. Sono ancora nella fortezza…Almeno so dove sono… Lentamente aprii gli occhi per vedere cosa mi attendeva.
La stanzetta era grossa la metà della mia camera da letto. Pareti grigio scuro con sfumature giallastre mi circondavano. Mi sentivo soffocare là dentro. Sulle pareti era stati dipinti dei sorrisi alquanto beffardi. Sembravano pronti a schernirti da un momento all’altro. Una pesante porta in legno rinforzato mi ingabbiava là dentro. Di fianco la porta le mie armi erano accatastate in un angolo. Buttate lì come se fossero spazzatura.
Provai stropicciarmi gli occhi con la mano ma delle catene mi bloccarono. Abbassai lo sguardo e successivamente lo alzai. Vidi il mio petto –maschile- messo a nudo. Ma non mi concentrai su quello. Dei pesanti ceppi mi bloccavano le braccia oltre la mia testa. Come a formare una X con le braccia e le gambe. Oltre il braccio destro, quello che stavo osservando, notai un penneggio bianco. Le mie ali ovviamente. Provai a rilassarle ma diverse scosse di dolore mi fecero gemere. Le guardai meglio. Decine di strisce vermiglie le attraversavano dall’osso alla fine del piumaggio. Guardai ancora più attentamente verso l’inizio delle striature. Chiodi.  Le avevano inchiodate al muro piantando dodici chiodi pochi centimetri sotto le ossa. Ero bloccato a quel muro, come un trofeo. Un giocattolo con cui divertirsi. Un pupazzo. E non potevo fare niente. Il solo respirare mi faceva male. Non potevo fuggire. Sarei morto da giocattolo. Avrei finito la mia vita tra poche ore. Incatenato a quel muro. Torturato solo per soddisfare quei bastardi.
 Guardare le ali era più doloroso di ricevere una pugnalata. Un dolore non fisico ma psicologico. Mi sentivo debole. Mi avevano incatenato al muro con quello che mi rendeva Daeva. D’altronde cosa pretendevo? Una casetta accogliente? Sono pur sempre prigioniero del Balaur. Chi mai è sopravvissuto alle loro torture? Chissà se qualcuno è mai stato loro prigioniero. Sono passati quasi 300 anni da quando l’Abisso ha preso vita
Distolsi lo sguardo dalle mie povere ali per concentrarmi su qualcos’altro. Dopo parecchi minuti passati ad osservare le pareti abbassai lo sguardo abbattuto. Una sfumatura azzurra percorse i ceppi sui piedi e scomparve nell’aria. Che ci fa così tanto etere qua dentro? Un’ altra fuoriuscita. Dalle catene. Proveniva dalle catene. Ne erano intrise. “Perché non basta una fila di chiodi su ciascun’ ala…” mormorai. Avevo sentito parlare di catene capaci di assorbire l’etere ma non ci avevo mai creduto. Un rumore metallico raggiunse le mie orecchie. La serratura della porta. Anch’essa intrisa d’etere. Ovviamente. Entrò proprio Fregion. Richiuse la porta in religioso silenzio portandosi dietro una poltrona in pelle. Non volli sapere di che animale. Si sedette al centro della stanza con fare divino e mi guardò con sufficienza. “Allora?” iniziò. “Vuoi un applauso per la mia sistemazione? Oh non posso! Ho i polsi legati!” sputai velenoso. “Sei ancora capace di essere sarcastico? Mi complimento. No io voglio sentire commenti.” Disse indifferente. “Degno di voi barbari” dissi guardandolo dritto negli occhi. “noi non siamo dei barbari. Noi desideriamo solo il POTERE. Per portare ordine in questo mondo diviso in due per colpa Vostra.” Disse ricambiando il mio sguardo. “Per voi lucertole l’ordine equivale al controllo” dissi. “Qualsiasi mondo ha bisogno di una razza superiore! Superiore alle altre! In grado di control…” “LE ALTRE RAZZE NON VOGLIONO ESSERE DOMINATE!” urlai azzittendolo. L’aria si fece pesante, nella mia gola si formò un nodo per la tensione. Lentamente si avvicinò a me e mi sbatté contro il muro prendendomi per il collo. “Non provare mai più a interrompermi” mormorò nel mio orecchio. “Non prendo ordini dalle lucertole” mormorai con l’aria che mi rimaneva. Sembrò pensarci un attimo su e poi mollò la presa. “E allora da chi prendi ordini? Dai Seraphim? Dagli Shedim? O da nessuno dei due?” disse voltandosi. “Sto con gli asmodiani.” Risposi semplicemente. “Perché?” chiese sempre girato. “Non sono affari di una lucertola” sorrisi velenoso. “Prova un'altra volta a, chiamarmi come quegli esseri striscianti e ti giuro che finisci male.  E stavolta per sempre.” Mormorò col suo tono minaccioso. Stavolta rimasi zitto. Ci tenevo alla vita e non avrei sprecata per un paio di insulti. Questo non vuol dire che mi sottometterò a Fregion o agli altri. Non cadrò così in basso. Mai e poi mai.
Mi rifece la domanda, non ottenne risposta. Se voleva sapere qualcosa sul mio passato dovrà chiedere ai morti. “Non vuoi rispondere?” domandò infine., Lo guardai negli occhi come a sfidarlo e risposi “Secondo te?”.  “Sei proprio masochista.” Crepe si allargarono quando sbatté la mia testa contro il muro. Sempre tenendomi per il collo mi tirò ad un soffio dal suo viso.  Per la prima volta vidi le sue iridi violacee nascoste perennemente sotto un cappuccio. Non potei però concentrarmi sui suoi occhi. Delle nuove scariche di dolore mi fecero urlare fino a sgolarmi. Mi sembrava di andare a fuoco Provai a liberarmi dalla presa ma aveva le mani d’acciaio.
Mi tirava sempre di più. Sempre di più mi allontanavo dal muro. Sempre di più i chiodi strappavano carne. Maledì in silenzio quel sadico bastardo e provai a sopportare. Riuscì a ritrovare un po’ di lucidità per chiedergli cosa voleva. “Le tue preghiere.” Rispose. “Mai”, “L’hai voluto tu” e riprese a tirare. Con più foga stavolta. Tirava e lasciava. Mi lasciava rilassare per poi rilanciarmi nel baratro del dolore. Raggiunsi il metro di distanza in poco tempo.  Lunghe cicatrici rovinarono le mie ali ormai scarlatte. Morirò a causa di ciò che amo di più.
“Fermo!” urlò qualcuno dietro il mio sadico personale. Allentò la presa. “Perché dovrei fermarmi?” domandò senza smettere di guardarmi “Perché mi serve.” Rispose un voce conosciuta. Fregion mollò la presa. E si avvicinò di scatto. “Vitra era mio fratello” sussurrò e se ne andò. Abbassai lo sguardo,  sfinito,  senza neanche guardare il mio nuovo aguzzino. Tanto sapevo chi era. Eren. Un altro giro di torture… che bello… la mia giornata preferita. “Tranquillo non ti farò, niente per il momento. Forse.” Gli sfuggì.  Una risata grave uscì dalla sua gola. Era Inquietante, molto inquietante. Mi mossi a disagio procurandomi un’altra scarica di dolore. Digrignai i denti. “Ma guarda come sono ridotte le tue ali! Ieri erano così belle… e oggi… sembrano passate attraverso l’inferno stesso… come hai fatto a far adirare Fregion così tanto?” domandò “Beh voi siete degli animali, no peggio.  Una sottospecie di animali striscianti e schifosi,  crudeli e fin troppo sadici. Inoltre pretendeva che IO mi sottomettessi a LUI.” Velenoso risposi. “E perché non l’hai fatto?”.  Una risata isterica scaturì dalle mie labbra. “Tengo molto al mio onore di Assassino. E sono un Daeva. Nessuno dei nostri si sottometterebbe mai a degli esseri striscianti quali siete voi. E deluderei loro” conclusi alla fine. Nella sua faccia passo il disgusto puro e con le dita premette sulle ferite. Un'altra esplosione di dolore. Urlai impreparato ad arginare ciò che sentivo. Si sposto davanti a me. Urlai ancora quando le sue dita divennero artigli e iniziarono la lacerare la carne. Inesorabile l’artiglio penetro la coscia e si mosse verso l’alto. Odore di sangue riempì la stanza, di nuovo. Sempre lentamente lo fece uscire. E di nuovo lo affondò nella mia carne. Il fianco venne lacerato in più punti e sangue colava per terra. “Allora. Hai deciso di sottometterti?” domandò guardandomi negli occhi “Mai.” “Fregion aveva ragione sei un masochista.” E ricominciò. “Non avevi detto che non avrei subito nulla?” sussurrai “Se ti sottometti e mi preghi non subirai nulla.” “Sei proprio una schifosa serpe.” Le braccia e le gambe si riempirono di arabeschi macabri,  il petto e l’addome vennero riempiti di tagli e stessa cosa le ali. “Quando cederai?” “Sono sempre stato testardo.” Risposi. Se ne andò come un bambino dopo che il suo gioco si è rotto. Si voltò e uscí dalla stanza. Con un tonfo chiuse la porta e raggiunse un'altra sala probabilmente. Non ce la feci più e mi addormentai. Sperai di non svegliarmi mai più. Sperai che quelle torture fossero finite ma mi sbagliavo. Mi svegliai parecchie ore più tardi sempre in quella stanza, e con Beritra che mi osservava.
“Sei proprio un giocattolino irritante sai?” ridacchiò lui. “Stai zitto schifosa lucertola troppo cresciuta.”, “Si decisamente irritante. Sai ho avuto l’onore di decidere la tua sistemazione. E devo dire che la mia mente è davvero geniale.”, “Degno di una lucertola strisciante e sadica”, “Stai giocando con la persona sbagliata. Non ho mai avuto molta pazienza con gli esseri inferiori.”, “Ti ucciderò di persona quando esco, e se non esco ti tormenterò prima e dopo la morte. Ciò che ho subito nelle scorse ore lo ritorcerò su di te. Sarò il tuo incubo personale.”, “Pure divertente sei! Hai molte qualità mezzosangue. Ma ti preferivo donna. Ti avrei potuto usare per il mio piacere.” Mi vennero i brividi a quelle parole. “Peccato vero? Proprio un vero peccato. Ah oltre a sadico pure perverso sei? Chissà perché non mi stupisce.”. Senza girarsi raccolse da terra un pugnale ed iniziò a guardarlo con interesse. “Stai contaminando il mio pugnale.”, “No sto pensando a cosa potrei farti.” Ad un certo punto sorrise. “Sai quando ti ho incatenato ti ho reso pure più sensibile. In modo che sentissi più dolore. Ma ora…” Fece un gesto con le mani e senza preavviso nuove ondate di dolore mi fecero digrignare i denti. “…Sei sensibile il doppio. Sono orgoglioso di me stesso.” Si avvicinò ancora di più facendo vacillare il mio coraggio. Non mi ero reso conto della sua altezza ma quando si fermò ad una trentina di centimetri da me mi sovrastava di una spanna buona. Mandò in frantumi il mio coraggio quando iniziò a punzecchiare la mia pelle con la punta del pugnale. Mi ritrassi contro il freddo muro cercando di evitare quel punzecchiare continuo ma ottenni ben poco. Si riavvicino e affondò il pugnale nell’addome, soffocai un urlo e soffrì in silenzio stringendo i pugni. Senza volerlo i miei artigli si conficcarono nella carne. Non gli diedi la soddisfazione di sentirmi urlare, era l’unica cosa che potevo fare ora. Iniziai a vedere tutto rosso e a girarmi la testa. “Oh no non ho finito di divertirmi.” E tutto scomparve. Mi senti rinvigorito e poi tornò il dolore “Ma che è? Una presa per il culo?!” mormorai preda delle convulsioni. Malamente estrasse il pugnale e rispose “Si” e riaffondò, stavolta nella gamba. “Ti faccio la domanda che anche altri ti hanno fatto? Ti sottometti a me?”, “Non mi sottometto ad una lucertola.” Risposi per l’ennesima volta. “Peccato.” E girò il pugnale. La lama gratto contro l’osso. Gli artigli del bastardo precedente erano una carezza in confronto. Non saprei come descriverlo e me lo risparmiai volentieri. Faceva molto, ma molto male. E mentre io lo maledivo tra le urla lui rideva, rideva come un pazzo. Poi come aveva cominciato finì. Estrasse lentamente il pugnale e si avvicinò. Con la bocca ad un soffio dal mio orecchio mormorò “Cambiato decisione?”, “M-Mai” ma la mia voce risultava poco risoluta. Non avrei sopportato un’altra visita di Beritra. E questo lo intuì “Vedrai, domani tornerò con gli altri quattro con me. Tutti saranno testimoni delle tue parole e se non le pronuncerai saranno testimoni di un’atroce morte. E quando finirò con te farò in modo di trovare il tuo amico e lo renderò un giocattolo come te.” Non ebbi neanche la forza di protestare. Mi immaginai il worg incatenato e torturato senza un motivo…che cosa farebbe lui? Si arrenderebbe? Resisterebbe?. Beritra se ne andò camminando allegramente e io rimasi solo. Provai diverse volte ad erigere difese eteree ma probabilmente Fregion era nei paraggi perché fallivo ogni volta. Provai - di nuovo- a spezzare le catene con la magia ma anche con quella fallì miseramente. Mi arresi poco dopo lasciando che il sonno si impossessasse di me. Lo lasciai lenire in parte le mie ferite. Lui che era l’unico compagno amico in quell’inferno di lame, sangue e pietra.
Un’ ombra passo davanti al mezzosangue. Chiazze di sangue marchiavano il suo passaggio. Altre ombre inseguivano la prima. E stavano recuperando terreno. La prima si fermo e saltò addosso agli inseguitori Cadde una delle due. Sangue macchiò quella che sembrava ghiaccio. E ricominciò l’inseguimento. Il mezzosangue si muoveva nell’aria come la stessa. Senza corpo. Poi i contorni divennero nitidi e l’anima riconobbe il suo amico. “Sheed!”. Il worg si girò e fisso nella sua direzione e ripartì. Troppo tardi però la seconda ombra, ancora sfocata, catturò l’animale. E tutto svanì.
Mi svegliai coi sudori freddi e anche con un urlo. Oramai ero abituato a quel suono orribile. E presto scosse di dolore mi fecero inarcare la schiena tanto da farmi nuovamente male. Le ferite non si erano rimarginate sicuramente a causa di Fregion. Quel bastardo ha un’ abilità davvero fastidiosa. Ma perché non sono morto? Ho perso litri e litri di sangue e non sono nemmeno pallido. Più del solito almeno Che cosa mi avran fatto ora? “Ho fatto in modo che tu non morissi, sei uno strumento abbastanza importante per me.”, ”Che complimento. Cavolo, grazie mille…”, “Dovresti essere contento, fai parre di una causa praticamente divina”, “Vai a cagare tu e la tua causa divina”. Si avvicinò pericolosamente e punzecchiò il mio fianco –già abbastanza martoriato- e premette in modo sospetto. “posso andare piú a fondo stavolta sai?”, “Crepa”. E lo fece. Gli artigli uscirono dalla parte opposto e mi ritrovai con un braccio al posto di una parte d’intestino. I suoi occhi luccicarono. “il tuo sangue è dannatamente invitante, non tirare troppo la corda o finisxo per diventare un vampiro.”,” puoi sempre curarmi totalmente… “, “i giocattoli non chiedono, subiscono e basta. “infatti io non sono un giocattolo.”, “oh si che lo sei. E lo scoprirai tra poco. Molto poco.”. Estrasse il braccio -graffiando altra carne- e se ne andò.
Passarono parecchie ore e dei Dragon Lord nessuna traccia. Per un attimo sperai ma persi tutta la speranza quando rumori di voci giunsero alle mie orecchie. Mi innervosì. Si muovevano con studiata lentezza. Le voci erano allegre e tranquille a differenza della mia che era secca e muta. Si fermarono davanti alla porta e continuarono a parlare. Sconfitto mi guardai un attimo. Gambe e petto erano coperti di profonde ferite e parecchi tagli da cui sgorgava ancora sangue. Le braccia erano percorse da lunghi tagli che essendo profondi mi rendevano i muscoli praticamente un dolore continuo. La coda penzolava senza vita in mezzo alle gambe, non l’avevano toccata. Anche se toccando per terra si era insanguinata la punta. Nulla di che. Gli artigli erano messi meglio. Luccicavano nell’oscurità come lame nascoste. Ultime ma non ultime le ali. Avevano subito più di tutto il resto. Ognuna aveva dodici strappi –grazie a quei maledetti chiodi- che le percorrevano per una decina di centimetri. Decine di tagli e buchi le rovinavano ancye nella parte sotto. Il jero oscuro che caratterizzava la sinistra aveva preso la colorazione del sangue sopra e quella bianca lo stesso. Ogni movimento minimo erano dolori. Ogni respiro i chiodi sfregavano sulla carne viva e quasi anche sul osso. Preferii non entrare nei dettagli e mi voltai verso la porta dove – finalmente o purtroppo-  i Balaur avevano deciso di entrare. “Eccolo qua il nostro animaletto in gabbia” mi salutò Beritra. “Non sono io la lucertola qui.” Risposi “Ma uno scarafaggio si” replicò “Perché non vai a scavarti una tana e rimanere li per tutta la vita come fanno tutti quelli della tua specie?  Oh cavolo offenderei le lucertole a metterti sul loro stesso livello. Poverine. Hanno dei compari come voi. Condoglianze alle lucertole” dissi con finta pietà. Ovviamente intrisa di veleno. “ Mhhh non vedo l’ora delle tue suppliche…. Lo sto già assaporando… Tu che gridi “Pieta padrone ti supplico!” ohhhhhh quanto sono eccitato” mormorò Beritra. “Dovrai uccidermi”, “finirai in quel modo se non fai ciò che ti ordino”. Ridacchiai. “Perché ridi?” chiese la Signora Balaur col il nome incomprensibile “, “Perché poche volte mi sono inginocchiato ad altre persone e mi sono bastate. Dovrete chiedere a qualcun altro di essere il vostro spazzino. E povero colui che lo diventerà! Le cacche di lucertola sono cos’ viscide… “Noi non siamo degli animali siamo i loro domin…” cominciò Nome Impronunciabile “Ah è vero…”, “Bravo cominci a capire… e se ripr… “, “Siete peggio dei mangiacarogne”. E questa fu l’ultima goccia. Iniziò la peggior giornata della mia vita.
Ereskigal fu il primo, forse per recuperare, senza neanche passare dal via mi spezzò un braccio e due costole. Respirare divento più faticoso respirare ma per poco percje le rimise a posto subito. Un tremendo prurito mi prese nel frattempo. Mi spezzò tutte le ossa e di seguito le rimise a posto, lentamente. Quel prurito diventò insopportabile e faticai a non muovermi. Ad ogni osso rotto gli altri lo incitavano a fare di piú ma se ne andò al suo posto. “Nonono mi sono dimenticato del pezzo forte!” annunciò e si avvicinò alle mie ali. Strappandole dalla loro posizione facendomi gemere –il chiodo non le teneva inchiodate più al muro-. Mi preparai mentalmente e con un sonoro crack il primo osso si ruppe. Urlai di dolore soddisfacendo i balaur e iniziai a respirare in affanno. Lentamente e dondolando si avvicinò all’altra e con lo stesso movimento ruppe l’osso primo. Un altro urlo eruppe dalla mia gola e i 4 annuirono soddisfatti. Dopo avermeli sistemati torno al suo posto come se nulla fosse successo e mi lasciò lì penzolante con le ali fradice del sangue fresco sul terreno, che non si era coagulato. “Ora tocca a me” disse l’unica donna. Si avvicinò ai pugnali e ne raccolse uno. Temetti per il mio corpo. Con un movimento fluido me lo affondo nel fianco messo meglio e lasciò lo lasciò lì, conficcato fino all’elsa. “Tutto qui?”, “Certo che no!”. Con un gesto il sangue sotto di me si ghiacciò portandosi con se anche parte dei miei piedi. Si inginocchiò di fronte a me e chiesi con un velo di maliziosità “Che cosa vuoi fare?”. Lei captò subito il mio tono tiro un pugno proprio lì. Si levarono parecchi “oooohhhhh” e lei mi guardo malissimo. “Tranquilla sprecare la mi prima volta con una lucertola oltremodo brutta non è nei miei piani” risposi piegato in due dal dolore. Lei ringhiò ma non rispose. Con delicatezza –cosa che mi rese molto sospettoso- carezzò la coda e la prese in mano facendola girare intorno alla gamba. “Le vostre code…. Così lunghe e morbide… così delicate ed eleganti…ora ti mostrerò un altro uso.” Lentamente estrasse il pugnale e rifletté un attimo. Distolsi lo sguardo decisamente non interessato e lo rivolsi agli altri. Tutti guardavano lei e allora lo rivolsi alle spade. Non feci in tempo a vedere una fiammella che la nuova ferita iniziò a bruciare. Allarmato, mi voltai subito a vedere la causa. Ella aveva infilato un dito nella ferita, con quello che sembrava un pelo. Soddisfatta ritirò il dito e sorrise. “Mi hai confermato una teoria” e ficco prima la punta poi il resto della mia coda nella ferita “Ehi! Non è mica un tampone sai?! Stupida lucertola”, “Aspetta e capirai”. E aspettai. Grosso errore. Iniziai a sentire bruciore nella ferita ma pensai subito che fosse un’ immaginazione. “La coda, quando bagnata da qualcosa emette un acido per conservarsi…vale anche per il sangue” e iniziò a fare male sul serio. Stavolta non gli avrei dato soddisfazione. Strinsi denti ed artigli e provai a levare la coda da lì e ci riuscii. Ma non ebbi pace. Nemmeno un secondo. M –così la chiamerò- la riprese e la rimise dentro la ferita. Mentre io stringevo i denti e provavo a non urlare lei spiegava “Quest’acido non si stacca dalla coda. Mai.  Quando ti fai il bagno non lo senti neanche perché c’è l’acqua che viene assorbita da esso. È estremamente doloroso e posso immaginare come ti senti.”, “Crepa” dissi a denti stretti “Pensa al dolore, non pensare a me. E’ più divertente vederti soffrire”.
E passò mezzora. Mezzora in cui maledì i recettori del dolore. Mezzora in cui mi sentivo divorare da dentro. Poi si stancò “Mi sono stancata, sei diventato noioso giocattolino” e se ne andò. Eliminai il dolore togliendo la coda da lì e aspettai il prossimo giro. Già distrutto fisicamente e mentalmente, le ali iniziarono a pesare. Mi osservarono per un po’, poi Beritra mi guardò maligno. “Facciamo una gara.  Chi lo sottomette prima lo uccide dopo quel rituale che deve fare Eren.”, “Ci sto”, “Quanto sangue che scorrerà ora!” “Comincio io però.” Disse Beritra molto, molto interessato alla gara. “ohh ma dai così vinci tu!”. Ignorò le proteste e fregò il pugnale dalle mani di M. Si avvicinò con un sorrisetto compiaciuto e mi studiò. “Perché non te lo tagliamo quell’affare là sotto? Almeno abbassi la cresta.” Gli sputai in un occhio. Gesto molto stupido -da non rifare-. Avevo intenzione di andarci piano con te oggi...ma….te la sei cercata. Preparati.” Disse e io mi preparai sul serio. “Cominciamo dal tuo orgoglio” e, tenendo ferma l’ala scura menò un fendente. Quando il colpo toccò direttamente l’osso persi quasi ogni resistenza. Di nuovo quel doloroso crack. Di nuovo quel dolore da far lacrimare gli occhi. Lasciò cadere l’ala e si diresse sull’altra si preparò al colpo ma qualcosa li fermò. 5 lunghi aghi perforarono il mio corpo inchiodandolo al muro. Capì subito chi era l’artefice. Un’Eren parecchio incazzato si presentò alla porta e inchiodo tutti con lo sguardo. “Preparatevi. Partiamo tra due ore”, “Che sta succedendo qui?!” domandò Fregion. “Il suo cagnolino ci è riuscito di nuovo. Stavolta a Morheim.”, “Che c’entra mio fratello con voi?!” domandai sofferente “Il tuo bastardo è riuscito ad avvertire Morheim dell’invasione. Dal farsetto che indossava tirò fuori un coltello con decine di uncini al posto delle lame. Si avvicinò e lo affondò nel mio stomaco -di nuovo- proprio in mezzo all’addome. Lo girò in orizzontale e lo estrasse. Questo fece parecchio male. Pezzi di carne vennero strappati via e sangue iniziò a sgorgare. “E’ la terza volta che lo fa. Dopo ciò che ti dovrò fare ti strapperò la lingua con le mie mani, ti farò soffrire più di quanto ti immagini. Ti farò odiare il tuo caro fratellino.”, “Mettiti in fila allora” dissi affranto. Due ufficiali comparirono davanti alla porta e attesero ordini. “caricate tutto. Armi, Corazze e barricate. Con la massima attenzione caricate i pezzi dell’altare e soprattutto LORO. Lui legatelo e portatelo separato da tutto e tutti.” Disse guardando nella mia direzione. Non feci in tempo a replicare che caddi in un sonno profondo, pieno di sangue e lame. Quasi a farlo apposta.

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Capitolo 11
*** Asmodae sotto assedio ***


Di nuovo venni trattato da scarto. Con sempre le stesse catene, mi legarono le mani e mi gettarono in una gabbia di peso. Le ali iniziarono a pulsare facendomi davvero male. Il quella gabbietta lo spazio era sufficiente solo per me quindi, prima che richiudessero la parete frontale mi avvolsi le ali intorno, maledicendoli per il dolore e sporcandomi di sangue. Qualcuno disse “zisch!” e un’altra parola poi partimmo. Sulla specie di carro su cui ero stato scaricato apparve Eren e mi guardò con sufficienza. “Sei troppo ignoto.” Disse e fece un gesto con le mani. Mi addormentai all’istante.
Visioni o realtà? Non riuscivo a rispondere. Immagini sfocate apparivano e scomparivano subito dopo. Prima una foresta e una costruzione con un’apertura molto alta a forma di arco. Poi venne uno spazio circondato da qualcosa di grigio ed infine una specie di corridoio bluastro. L’unico suono in tutto questo che ricordavo era un cigolio ferroso. Provai per l’ennesima volta a rimanere sveglio per più di tre secondi ma caddi di nuovo nel buio. Iniziava ad essere frustrante.
Mi svegliai in compagnia di una piacevole sensazione ghiacciata e, sperando che non sparisse da un momento all’altro, rimasi a godermela per qualche minuto. Devo cercare una via di fuga… . Lentamente aprii gli occhi e una debole sfumatura bluastra li accolse. Ero sdraiato sull’ala bianca e subito iniziò a dolermi. Mi ero addormentato sugli strappi. Provai ad alzarmi per permettere all’ala di sgusciare via. Qualcuno si mosse dietro di me e temevo fosse qualcuno che mi volesse dare il buongiorno alla maniera drakoniana.  Rimasi immobile, in ascolto. Altri movimenti, stavolta dall’altra parte della cella in cui mi trovavo. Una mano si poggiò sulla spalla sinistra. L’istinto, forse per paura o forse per autoconservazione, prese il sopravvento sulla lucidità. Mi scostai dal quel contatto e con la mano poggiata sul ghiaccio afferrai quella estranea.  Mi girai pronto a qualsiasi cosa e mi ritrovi di fronte ad un elisiana. Più per sorpesa e che per altro lasciai la mano quasi fosse lava e spintonai la donna il più possibile lontano da me. Fissai quelle dieci figure divise in due gruppi ai lati della stanza.
I cinque asmodiani mi guardavano con sospetto e leggevo un po’ di curiosità. Due donne e tre uomini. Le donne avevano solo un vestito leggero nero ma non sembravano avere freddo. Gli uomini lo stesso Solo una leggera casacca e dei pantaloni neri. Dall’altra parte della stanza Lo stesso numero di uomini e donne mi guardava con: disgusto, curiosità, sospetto. Quella che mi aveva toccato si stava massaggiando il braccio e notai dei segni rossi sulle braccia rosee. Anche qui le donne vestivano una delicato e leggero vestito bianco ornato di motivi vari. Gli uomini invece erano scalzi e vestivano ancor più leggero: una canotta e dei pantaloni che arrivavano al ginocchio.  Alcuni tremavano mentre la donna che mi aveva immaginato mi guardava con tenerezza. L’altra donna si stringeva le braccia -e le ali- attorno al corpo nel tentativo di scaldarsi.
“Allora?!” ruppe il silenzio un elisiano. “Non ci hai riconosciuti?” continuò un asmodiano. Collegai il cervello con quello che stavo guardando e li riconobbi. “I Lord dell’Empireo…” mormorai stringendomi ancora di più contro le sbarre. Le ali, richiuse dietro la schiena, divennero l’oggetto di principale interesse. Nascosi al meglio i profondi squarci ma il sangue era difficile non vederlo perché aveva sostituito tutta la sfumatura argentea. Ma un piccolo risultato lo ottenni. Gli squarci divennero praticamente invisibili anche se probabilmente li hanno visti mentre dormivo. La ragazza mi guardava ancora con tenerezza, e pietà, mentre osservava me. “Non voglio la tua pietà. Mi aiuteresti di più se andresti con i tuoi simili e resteresti li senza fissare il mio corpo o le mie ali. Ed è ovvio che vale per tutti. Non sono un oggetto da esposizione.”, “Tu cosa sei?” domandò di risposta. “Non ti deve interessare. Gli elisiani di solito stanno con gli elisiani”, “Appunto. Sto con un elisiano”. Detto questo si avvicinò come un’ipnotizzata e cercò di toccarmi le ali. Mi scostai. “Non sono un elisiano”. Guardai prima il suo piumaggio. Luminoso. Vivo. Glorioso. E poi guardai il mio. Insanguinato. Pieno di cicatrici. Rovinato. Con delicatezza tolsi un po’ di sangue dal bianco ma non dall’argento. Una vocina nella mia testa mi diceva di tenerlo nascosto. “la tua ala dice il contrario.”, “E gli artigli? La coda? L’altra ala? Yustiel, torna da noi lui è anche un asmodiano” disse colui che sembrava Kaisinel. “ma è anche elisiano.” Replicò dura. “E che cosa faresti se ti dicessi che ho ucciso centinaia se non migliaia di elisiani?” dissi io sorridendo. Rimase tra il basito e l’arrabbiato e nella stanza scese il silenzio. I lord neri formularono risatine di scherno e gli elisiani mi guardarono strani. Non sapevo definire i loro sguardi. “Ti direi che sei stato obbligato…Ora ti va di unirti a noi?” riprese testarda la ragazza millenaria “No”, “Posso sedermi accanto a te?”, “No”, “Posso sedermi vicino a te?”, “No”, “posso parlarti da lontano?”, “No”, “motivi?”, “Lasciami solo”, “se conosco i balaur ne hai avuta abbastanza di solitudine”, “Allora non li conosci”, “Riformulo la domanda. Che motivi hai di allontanarmi?”, “Vai a unirti alla combriccola di piccioni e lasciami solo santa notte”. Usai un’esclamazione asmodiana per enfatizzare il concetto.”, “E ti unirai a loro?” disse facendo cenno agli asmodiani. “Senti. Fino a ieri, mi hanno usato come loro pupazzo. Mi puoi lasciare da solo per favore?! E la cosa vale per tutti” Dissi guardando i lord oscuri che stavano ancora fissando le mie ali. Sempre tenuto sott’occhio mi sedetti in un angolo della cella e mi guardai intorno
Le segrete in cui ci trovavamo avevano una forma tonda e la nostra cella era proprio al centro della stanza. Altre due celle erano presenti ma vuote. Una alla sinistra attaccata al muro mente l’altra dal lato opposto. Le pareti erano di pietra con alcune sporgenze simili alle stalagmiti di qualche caverna sul pavimento. Erano del colore della notte. Addosso al muro un corridoio percorreva un quarto del perimetro della stanza per poi sparire dietro un muro. Le sbarre della cella erano d’acciaio sempre impregnato d’etere. Tre spirali di roccia avvolgevano ciascuna sbarra, rinforzandole. Provai a capire dove ci avessero rinchiusi e mi ricordai un incarico di Brise “Vai ad Altgard e indaga sul mau tenuto prigioniero sotto la fortezza. Ti lascio libertà di decisione su ciò che scoprirai”. Altgard. Siamo nelle segrete della fortezza più piccola di Asmodae.
“Lord Azphel…se per voi può essere utile ci troviamo ad Altgard” Attirai l’attenzione dei Lord nella stanza. “E come fai a sapere che siamo sotto Alt…Altd….quella fortezza lì?” Domandò un’elisiano molto interessato a me e soprattutto alla mia vita “Mi stupisce che un saggio Lord dell’Empireo non ci sia arrivato. Le fortezze di Elysea non hanno la minima traccia di ghiaccio mentre quelle a Balaurea sono fatte soprattutto di roccia rossa- marroncina mentre qui è di un blu profondo. Se fossimo nell’Abisso. Non ci darebbero pezzi di karnif per pranzo e Morheim non ha segrete, principalmente perché Aegir non è un tipo molto paziente. Rimane Altgard, Beluslan e Brusthonin. Brusthonin non ha prigioni mentre Beluslan è fatta di ghiaccio.”, “Almeno sei utile a qualcosa mezzosangue…”, “Almeno io non sembro un idiota troppo egocentrico.” Sorrisi con il giusto quantitativo di veleno. “Come osi brutto…”, “Vaizel calmati. Credo abbia subito abbastanza nell’ultimo periodo” lo bloccò Ariel. Mi girai e feci qualche passo per tornare al mio angolo. il Lord disse “Si…sempre che non l’abbia fatto apposta…”, “Vaizel!”, “Avanti, sappiamo tutti quanto i balaur siano fedeli alla loro causa. Sappiamo benissimo cosa le loro spie siano disposte a fare…”, “Prima che io stacchi la testa a questo qui qualcuno mi sa dire cosa sta blaterando?” domandai trattenendo la voglia di sangue che cresceva di secondo in secondo. “Prima della catastrofe perdemmo migliaia di daeva perché gli obelischi vennero distrutti. Questi obelischi erano in posizioni segrete e solo i daeva sapevano dove fossero. Proprio qualche giorno prima uno dei nostri tornò parecchio malconcio dai balaur dicendo di essere stato catturato e poi torturato. Mise in piedi una storia soddisfacente riguardante una fuga e lo legammo ad uno dei obelischi più interni. La sera dopo la distruzione degli obelischi volli tornare a far visita all’uomo ma dalla casa giunsero dei discorsi in lingua drakan. Capii solo una parola. Quella che mi confermò tutto “Obelischi”. Sfondai la porta. L’interlocutore del traditore scomparve in una nuvola di fumo e il traditore provò a fuggire. Mi buttai su di lui e urlai alle guardie a qualche casa di distanza. Lo feci legare e portare nelle gabbie e andai all’obelisco con la sua anima. Lo distrussi suscitando mormorii di protesta e ritornai dal traditore. Ancora oggi non provo rimorso per quello che ho fatto ma per anni mi sentii in colpa per non averlo scoperto prima…” spiegò Triniel. Capii ciò che volevano dire e mi tolsi la maglietta che teneva celate alcune ferite mostrando un petto magro e muscoloso ma solcato da profonde ferite in parte rimarginate e cicatrici. Yustiel mi guardò con sufficienza. “Triniel, quando te lo dico aiutami ad aprire le ali. Io non riesco praticamente a muoverle.” Mi guardò Interrogativa ma non fece domande. Si avvicinò a quella nera ma poi ci ripensò e si avvicinò a quella bianca. Qualcun altro si avvicinò alla nera ma non guardai. “Pensate quello che volete ma nessun daeva sopporterebbe questo”. Le aprì. Ci provai almeno. Non riuscì neanche a far intravedere gli squarci. Due mani per ogni ala le aprirono del tutto e passi rimbombarono nella stanza mentre io vedevo karnif voltanti. Qualcuno le sfiorò facendomi sussultare. Le ali ricominciarono a sanguinare. Oscurando ancora di più l’argento. Li resi partecipi del mio dolore. Li resi partecipi del marchio che quelle lucertole mi avevano dato. Il loro marchio. Alcuni mi guardarono pure dubbiosi. “Quel ragazzo aveva ferite simili…” riuscii a dire. Azphel che fino ad ora era rimasto neutrale prese mie difese. “No quel ragazzo non aveva le ali cosi…” lo fermai prima che potesse dire altro. Non gli piacque molto ma non fiatò “Io le mie battaglie me le combatto da solo…” sussurrai al suo orecchio. Ripresi a fissare Vaizel richiudendo le ali. “Tu sai almeno COSA mi hanno fatto?”. Fece spallucce e disse “Una lama…magari uno stiletto…” disse con indifferenza. Una risata malinconica si liberò dalla mia gola “Magare fosse stato solo un pugnale…no…loro sono andati oltre…Su ogni ala hanno piantato dodici chiodi e inchiodato al muro con le stesse…ogni respiro…ogni singolo respiro mi faceva male…poi arriva Fregion e mi chiede di essere il suo lacchè. Ovviamente gli rido in faccia e lui sai che fa? Mi afferra per il collo ed inizia a tirare…e tirare… sempre più lontano dal muro…tu non sai le urla…tu non sai il dolore che provavo sentendo la carne lacerarsi…ogni secondo si strappava sempre di più… tu non ti puoi neanche sognare un dolore simile…pensai che me le volesse strappare tanta era la forza con cui tirava…era come se uno tsunami di puro dolore investii e inghiotti le mie ali…la testa scoppiava…le ali che bruciavano…i miei stessi artigli che tremavano…passai una mezzora ad urlare…due parole mi bastavano per mettere fine a quello…solo due…io potevo dirgli l’esatta indicazione delle truppe sia asmodiane sia elisiane…se gli dicevo quelle due parole lui non avrebbe continuato…io non avrei sofferto più…poi come era apparso se ne va annoiato…e ne arriva un altro…con i suoi artigli seghettati inizia a disegnare su di me…con il mio stesso sangue… E non è niente… io ho passato 4 giorni ad essere torturato per mero divertimento…Beritra usò le mie stesse ossa per procurami il dolore…La donna usò la mia coda ed Ereskigal mi spezzò ogni singolo osso del corpo…tutti…dal primo...all’ultimo…tranne il collo…non risparmiò neppure le ali… tu sai cosa si prova ad essere usato come giocattolo? Per il divertimento altrui? E non poter fare nulla? Tu sai cosa si prova ad essere incatenato che la parte del corpo che ami di più? Quale Daeva può sopportare questo? TU? Kaisinel? Azphel? Chi riuscirebbe a sopportare una cosa del genere?”, “E…E tu…t-tu come hai fatto a…”, “Io stavo cedendo…un minuto di più e mi sarei arreso…Puoi immaginare cosa si prova essendo consapevoli di questo?” ammisi con vergogna di me stesso. Una mano si posò sulla mia spalla ma me la scrollai di dosso. Con malagrazia mi sedetti nel mio angolo e mi chiusi in un bozzolo di sangue. dolore, vergogna, nuova solitudine. Da fuori provennero spezzettoni di discorsi “Devo saperlo...più parla più mi sembra di ascoltare lei…Non farlo….cosa potrebbe farti…devo…aperlo…”. Mi addormentai. Chiuso in quel freddo bozzolo. Solo. Ferito.
Una mano si posò sulle ali, abbandonate dietro la schiena. Aprii leggermente un occhio e vidi Ariel fare una smorfia. Tirai ad indovinare “Non puoi”. Si voltò con sorpresa “Sei sveglio?”, “Si”, “Tu sai perché non possiamo usare l’etere?”, “Pensi che non abbia provato a fuggire di lì?”, “No certo che no…da quando gli assassini sanno usare l’etere come i maghi?”, “ Sappiamo usarne solo una. Pochi la sanno usare e io sono forse l’unico in grado di uccidere con quella”, “Sei unico in troppe cose…”, “Comunque non puoi usare l’etere a causa di Fregion. Riesce ad interferire la….connessione diciamo…. Tra etere e Daeva.” “Mi spiace di non poter alleviare le tue pene.”, “Meglio fallire tentando che non tentare affatto…” dissi ricordando mia madre. Ariel si bloccò. “Dove….Dove hai sentito quella…quella frase?” domandò con un filo di voce “Non sono affari tuoi” risposi brusco. Rimase un attimo a guardarmi e poi si alzò di scatto. Gli elisiani la guardarono preoccupati mentre gli asmodiani avevano i nervi a fior di pelle. Non ne capii il motivo. Poi Ariel balzò di nuovo sopra di me e mi bloccò a terra. Successe il finimondo. Gli asmodiani per qualche strana ragione mi difesero e caricarono Ariel e gli elisiani la difesero scagliandosi contro gli aggressori. Ma io ero troppo concentrato sugli occhi della Lady. Azzurro con striature grigie. Erano davvero magnetici. Qualcosa di vecchio si liberò dentro di me. Si liberò dallo scrigno in cui l’avevo rinchiuso. TUTTO il mio passato mi assalì violentemente. Combattei. Combattei per non riviere il mio passato mentre una voce mi diceva di calmarmi e lasciare che tutto si manifesti dinanzi a me. Ma come uno spirito che inghiotte un corpo, i ricordi inghiottirono me. Mentre fuori infuriava una scazzottata io rivissi dal primo all’ultimo ricordo. La mia infanzia felice e gioiosa distrutta tutta in una singola notte.  Il fuoco…le frecce…mia madre e mio padre…morti…con gli occhi spalancati a guardare me…quasi volessero accusarmi...rividi la fuga disperata e la caduta fuori Pandaemonium…Il mio maestro senza volto e senza nome. Rividi tutti gli allenamenti il giorno e le voragini di perdita, solitudine, vendetta la notte. Rividi la mia adolescenza come assassino trattato come uno schiavo…rividi la litigata che fini nel sangue e di nuovo la fuga…e di nuovo un senso di perdita…riprovai tutto…la gioia…la serenità…la paura…la solitudine…le lacrime amare ogni notte…per 15 anni…riprovai il dolore e il desiderio di vendetta…tutto. Tutto ciò che ero riuscito a chiudere in uno scrigno e segregarlo negli angoli della mia anima liberato da colei che mi avrebbe dovuto proteggere…Metà del mio passato che non rivivevo da 40 anni ora mi provocava una pesantezza inimmaginabile… il passato completo faceva più male di ogni tortura che avevo subito…faceva male…dannatamente male…e tutto sparì…per il momento. Tutto venne risucchiato in un vortice…ma era lì. In agguato. Pronto ad uscire e frantumare nuovamente la mia anima. A distruggere tutta la fermezza che ero riuscito ad accumulare in 40 anni. E io lo sentivo.
Scaraventai Ariel dall’altra parte della cella facendola crollare addosso alle sbarre. La scazzottata si fermò e gli elisiani soccorsero Ariel mentre gli asmodiani rimasero a guardare, spettatori. Ariel guardava me. Io guardavo lei. Lei con le lacrime agli occhi. Io non lo sapevo, troppo concentrato a riordinare i pensieri. Rimanemmo così per diversi minuti, osservati dagli altri Lord. Poi si avvicinò, provando a toccarmi. La evitai come se fosse un balaur. Cadde di nuovo in ginocchio. Io continuai a guardare basso, ma dritto davanti a me. “Perdonami…ti prego…” mormorò la donna. Silenzio. “Perdonami…” riprovò. “Sei un mostro” risposi, freddo. Ricominciò a singhiozzare. Appesantito dal passato mi sedetti nell’angolo opposto a quello di Ariel e sotto il suo sguardo implorante mi avvolsi un bozzolo piumato. Lì, avvolto dalle mie piume insanguinate lasciai libere le lacrime. Crudeli. Fredde. Salate. Al limitare degli occhi alcune ciocche argentee caddero. Me li tirai indietro e mi accorsi di averli fin troppo lunghi. Toccavano le spalle mentre sulla schiena arrivavano alle scapole. Ma non riuscì a concentrarmi su quello. I ricordi fecero di nuovo pressione, abbattendo qualsiasi difesa. Rassegnato, sfinito, mi arresi e quelli mi si pararono di fronte un'altra volta con tutti i sentimenti e le emozioni provate. La mia anima ne risentì. Mi sentivo sempre più distrutto ad ogni secondo. Infine riuscì ad uscire da quell’incubo. Mi accorsi che oramai era notte e tutti dormivano. Davanti a me un pezzo di pane buttato lì come cena. Lo rifiutai, lo stomaco si era sigillato in se stesso. Esclusa Ariel che guardava il vuoto con gli occhi rossi di pianto e Un maschio asmodiano che non volli riconoscere. Rimasi un’oretta a fissare il luccicare del ghiaccio e ascoltare il plick-plick dell’acqua contro il suolo pietroso fin a quando gli occhi si fecero più stanchi. Mi distesi sul fianco e provai a curare uno dei dodici strappi. Nulla. Fregion ostacolava la mia guarigione in continuo ma almeno il corpo era riuscito a fermare il . Cercai il sonno ma mi venne a trovare lui. Mi lanciai nei suoi gentili tentacoli riacquistando un po’ di serenità.
***
Qualcosa punzecchio la gamba. Una…due… tre… quattro volte. Aprii gli occhi ma, ancora avvolto dalle ali doloranti non vidi chi mi stava infastidendo. Richiusi gli occhi sperando se ne andasse, invano. Andò avanti per un quarto d’ora poi ci andò giù un po’ più pesante. Una lama affondò nel polpaccio che iniziò a pulsare. Agii senza pensare alle conseguenze. D’istinto. Ritrassi le ali ignorando il dolore e mi ritrovai davanti il balaur “della colazione”. Artigliai la gola e tirai di lato. Gli artigli squarciarono la carne come se fosse carta. Ignorando chi ci fosse dietro tari un calcio al corpo ancora in piedi e quello volò contro le sbarre. Kaisinel, che si era addormentato proprio lì, si spostò appena in tempo. Sangue nero iniziò a colare dalla gola dello sfortunato e gli elisiani, schifati si spostarono vicino agli asmodiani. Questi si avvicinarono a me, schifati a loro volta dalla vicinanza con i nemici. Ignorando gli sguardi altrui feci del mio meglio per togliere il sangue dagli artigli ma, avendo a disposizione solo la roccia e i vestiti, non potei fare molto.
Fu come se non fosse successo nulla. Tutti e due i gruppi parlavano di cose più o meno importanti. Gli elisiani facevano fatica a vedere nitido e molte volte li vidi tastare qualche cosa. Gli asm8diani parlavano delle vittorie contro gli elisiani, forse lo facevano apposta. Forse no. Io me ne stavo nel mio angolo. Silenzioso, contrastando i ricordi che si volevano appropriare di me nuovamente, con il cadavere purulento del drakan a pochi metri da me. In poco tempo l’aria si riempi dell’odore del sangue. Gli asmodiani non ci fecero caso oppure non lo diedero a vedere, gli elisiani si misero i gestiti sul naso per coprire l’odore. Non tutti però. Ariel era sola, nell’angolo opposto al mio, che guardava il vuoto di fronte a se. Teneva le mani sul cuore e le ginocchia vicino al petto. Le ali, in parte sporche dal mio sangue colato l’altra notte, poggiavano inermi contro le sbarre dandole un aria distrutta. Spettrale. La mia parte “buona” provava un’infinita pena per quella creatura mentre quella a cui davo ascolto molto di più era ancora oltre l’irata. Ce l’avevo a morte e non le avrei mai permesso di avvicinarmi ancora. La ferita che mi aveva inferto era oltremodo peggiore di quelle draconiane. Mi guardò nuovamente, implorante. Aveva delle profonde occhiaie e sembrava disperata. Mi sforzai di voltare lo sguardo altrove. I singhiozzi ricominciarono.
Passarono alcune ore in cui il tanfo di sangue aumentò con l’allargamento della pozza scarlatta. L’atmosfera si fece piú tetra quando passò una guardia. Capì subito che qualcosa non andava e si avvicinò di più. Quando scorse il cadavere e il sangue –probabilmente nascosti dietro le ali corvine asmodiane- digrignò i denti e corse via, verso l’uscita. Ne ritornò pochi minuti dopo con un personaggio non molto amichevole. Di nuovo Beritra. Con freddezza ordino ai due drakan dietro di lui di recuperare il corpo e portarlo fuori. “Entro 10 secondi voglio sapere chi l’ha ucciso. Se nessuno fiata vi stimolerò con lame, martelli, artigli… e per le femmine qualcos’altro…” anche se ne andava della mia liberta non avrei mai permesso che quello che è capitato a me capitasse a qualcun altro. Con un ghigno mostrai gli artigli ancora sporchi di sangue in diversi punti. “pensavo che i Daeva fossero stupidi….ma tu rappresenti la stupidità in persona. Pensavo che avessi abbassato la cresta…”, “Io non l’ho mai abbassata. Sei tu la stupida lucertola che si fa l’odella ogni mattina” – l’odella, se trattata, è un allucinogeno- “To ho ordinato di non paragonarmi a quegli esseri striscianti.”, “Io non prendo ordini dalle lucertole” Dillo un’altra volta e ti giuro che  la prossima sessione di dolore sarà peggio di quanto pensi.”, “Non dirlo!” urlò Ariel. “Meriti solo uno stivale sotto cui venir spiaccicata. Schifosa lucertola.”. Passò un minuto buono in cui i suoi occhi si tinsero di rosso cremisi. “Portatelo qui.” Ordinò ai suoi sottoposti. Ghignanti, i due balaur aprirono la porta della cella e si avvicinarono a me. Una barriera però ostacolò il loro cammino. I lord, rigorosamente divisi, si disposero di fronte a me in posizione difensiva. “Non patirai un’altra volta ciò che hai già patito.” Una risata amara mi scappò “Tu non mi devi ne parlare ne toccare ne avvicinare …e poi…io non voglio che ciò che mi hanno fatto capiti a qualcun altro. Anche se la persona in questione mi ha provocato più dolore di una vita sotto tortura” mormorai amaro. Scavalcai la barriera di piume utilizzando le sbarre sopra di me e atterrai di fronte ai balaur. Quello a sinistra mi afferrò il collo e provò a trascinarmi dal suo padrone. Gli ruppi il braccio e successivamente gli strappai la trachea. Con il sangue color pece ancora grondante sugli artigli schizzai il secondo balaur accecandolo momentaneamente. Gli squarciai il petto come un felino e mi preparai per Beritra. Inutilmente. Prima che potessi girarmi lui fece un passo -lungo quasi 15mt- e mi afferrò per il collo tanto forte da togliermi il respiro. Mi tirò una ginocchiata nello stomaco facendomi sputare sangue e mi trascinò fuori, richiudendo la parta con un calcio. Con una forza degna del drago che era mi lanciò contro la parete più lontana, più o meno 12 metri. La feci tutta per aria. Riuscì ad ammorbidire la caduta ma non il calcio che arrivo subito dopo. Le costole scricchiolarono e tutto il mio corpo fremette all’impatto. Utilizzando l‘osso come manico prese l’ala elisiana e mulinò il mio corpo come il centro di una trottola fa con il suo punto più lontano. Con un altro volo mi schiantai contro una delle stalagmiti di ghiaccio presenti, frantumandola. Mi raggiunse e con i suoi artigli mi provocò una lunga ed estremamente profonda triade di tagli. Di nuovo il dolore mi tornò  fare compagnia. Sangue iniziò a colare dalla mia pancia  e mi accorsi che diversi frammenti di ghiaccio si erano conficcati nell’addome. Di nuovo afferrò le mie ali e di nuovo feci un volo di parecchi metri, scontrandomi con le sbarre della cella in cui ero rinchiuso. Le ali si ruppero all’impatto facendo urlare. Crollai a terra con le ali praticamente di fiamme. “Oh ora so come ucciderti….come quella sera…come i tuoi genitori! Le fiamme prenderanno il tuo corpo e lo deformeranno…lo distruggeranno pezzo per pezzo…lentamente….proverai ciò che la tua mammina e il tuo paparino provarono quella sera!” Una risata malvagia risuonò nella stanza facendomi imbestialire nonostante il dolore “Morirai come quei vermi dei tuoi genitori…senza poter fare nulla…e io mi godrò tutto il dolore che proverai…lo assaporerò secondo dopo secondo…le tue urla disperate…le tue preghiere…sarà tutto così bello…morirai come un cane!”. La furia asmodiana si accese più rovente che mai e mi sembrò che la temperatura si alzasse contemporaneamente. Senza pensare alzai la mano e dalla mano una piccola pallina d’etere si formò. Tutti rimasero scioccati. Io non me ne preoccupai. Riversai lì dentro tutto quello che provavo e dalla pallina d’orata che era diventò nera più della notte. Rilasciai l’etere. Diversamente dal solito il diametro del raggio era molto più grande  lo stesso raggio provocò un boato degno di un’esplosione.  Quando il raggio si disperse a Beritra mancava parte del polmone e tutto il fianco destro. Non riuscì a comprendere ciò che avevo fatto. Però una cosa la capii subito. Avevo ucciso Beritra. Con quel raggio aveva ucciso Beritra. L’avevo spazzato via. Non mi avrebbe più torturato…non avrebbe torturato Sheed ne altri. Subito dopo venne un pesante sonno…mi sentii come se avessi  volato ininterrottamente per giorni senza mai riposarmi. Udii uno scalpiccio lontano…ovattato dal sonno…provai a spostarmi ma il mio corpo non rispose…e caddi nel sonno più oscuro
Quella fu la notte che durò più a lungo. Non feci sogni ma mi sembrava di vedere tutto rosso sangue. Inizialmente pensai che fossi morto ma quale morto provava dolore? Vidi alcuni volti che comparivano e si sfaldavano subito dopo. Corpi dissolversi nell’ombra. Mi sembrava di affondare ma qualcosa mi tirava verso l’alto. Una luce sanguigna mi strattonò verso di lei e uscii da tutto. Il rosso mi avvolse come una coperta intenta a bloccarmi. Prima che mi avvolgesse del tutto riuscì a sgusciare via svegliandomi. Aprì di scatto gli occhi ma dovetti richiuderli per la luce. Rimasi un attimo con gli occhi semichiusi per abituarli alla luce riflessa dal ghiaccio e poi li schiusi del tutto solo per scrutare la chiesa di Altgard, in frantumi.
 Le guglie erano conficcate nel terreno e la chiesa aveva un buco della dimensione di un Drake -un drago al servizio del domatori balaur- sul fianco. Parecchi cadaveri erano accatastati in un angolo confermando la teoria secondo cui l’abilità di Fregion bloccava pure la resurrezione. Le case, parecchie senza tetto o fiancate, davano un’atmosfera apocalittica. La neve macchiata di sangue in decine di punti non aiutava di certo a migliorare il panorama. La gigantesca roccia che fluttuava sopra la fortezza era diventata una sottospecie di torre di guardia, ghermita di arcieri e maghi che camminavano avanti ed indietro per gli spuntoni. Ne vedevo le code. Parecchi drakan sorvegliavano cinque case ed era ovvio che erano abitate da Eren e i dragon lord. L’unica cosa che migliorava –piú o meno- il panorama era il ghiaccio che rifletteva quella poca luce che arrivava da Elysea. La luce faceva luccicare la neve, sia scarlatta che candida, e migliaia di diamantini sembravano crearsi li dove la luce toccava. Il cielo, rischiarato da Elysea, era cobalto chiaro con qualche nuvola che preannunciava l’ennesima nevicata.
Inutile dire che ero incatenato, per fortuna non inchiodato. Pesanti ceppi di piombo impregnato d’etere mi cingevano i polsi e le caviglie. Altrettanti chiodi erano conficcati nel muro e sostenevano le catene collegate ai ceppi. Erano lunghe un metro scarso e mi permettevano un minimo di movimento. Un collare – motivo?-mi stringeva il collo in una morsa metallica ed era collegato al muro da una quinta catena. Le ali non le avevano sfiorate ma avevano ricominciato a sanguinare copiose. Potevo alzarmi, sedermi, sdraiarmi ma non potevo neanche fare un passo che le catene mi bloccavano. Inoltre mi avevano incatenato al muro di cinta, in un posto spazzato da un vento perenne. Non avrei dormito granché stando lì.
Immaginai fosse notte o mattina dato che i balaur dormivano ma chi può capirle le lucertole? Nessuno sapeva come vivevano, come si riproducessero, nulla. Forse perché tutti quelli che ci capitavano sotto mano finivano ammazzati dopo pochi minuti…
Aspettai che succedesse qualcosa di interessante per parecchie ore tra gli i ululati del vento e la noia. Le ali sembravano guarire piano piano ma il sangue era riuscito lo stesso a macchiare nuovamente la coda e la neve. Provai di nuovo ad usare quella magia ma era coke se mi fossi svuotato. Non avevo sonno ma ogni movimento sembrava troppo faticoso per essere compiuto. Rimasi fermo,  immobile, a guardare quel poco movimento che c’era. Uno shugo vestito di stracci correva avanti indietro, alcuni balaur montavano xi guardia alle porte e sospettai che ce ne fossero altri al di fuori. Il ruggito di un Drake e un altro dall’altra parte  della fortezza. Lo scricchiolio del ghiaccio sotto alcune ruote di carro qui e lo sfrigolio di un fuoco là.
Passò tutta la mattina, il pomeriggio e la notte  -rimasi perfettamente sveglio- senza che qualcuno mi fece visita, eccetto il balaur dei pasti. Il giorno dopo, fortunatamente o sfortunatamente –dipende dai punti di vista- passò Eren. Mi alzai piedi con il tintinnio delle catene al seguito. Mi guardò con rabbia. “ Che cos’è successo nella caverna?”, “Davvero pensi che lo direi al mio nemico?”, “Io non sono tuo nemico. Io solo il tuo padrone” scoppiai in una risata velenosa “nei tuoi sogni più remoti forse. Le torture non basteranno a sottomettermi”, “Potrei ucciderti….potrei strapparti le tue ali e la coda. E ti giuro che c’è ci si sta trattenendo dal farlo. Nessuno ti ha toccato solo perché IO ho ordinato di non farlo.”, “Tanto… ora o tra qualche giorno…”, “Mesi”, “Non cambia”, “ Se ti sottometti non morirai”, “Preferirei morire”, “ingenuo”, “Ma non traditore.”, “Non sei ne asmodiano ne elisiano. Chi tradiresti?”, “ I Daeva. In generale. E smettila di provare a convincermi, mi fai vomitare.”, “Comunque. Dimmi cos’hai fatto.”, “ Semplice,  ho ucciso una lucertola. Qualche problema?”, “DIMMELO”, “Sei sordo per caso?”, “DIMMELO!!!” e tirò fuori il pugnale dentellato, affondandolo nella mia pancia. “Te l’ho detto… le torture non funzionano” sputai un grumo di sangue sui suoi piedi. Inveì contro mi me e, ghiacciando il collare per poi spezzarlo –non controllava il sale ma creava il ghiaccio-, mi afferrò per il collo mozzandomi il respiro. “avanti! Fallo! Uccidimi ora ottusa lucertola!” urlai soffocando. Annaspai in cerca d’aria mentre lui stringeva sempre di più. “No….Ti mi servi…non posso ucciderti ora…non. Posso.” e mollò la presa proprio mentre svenivo. Caddi a terra con un tonfo, tossendo. Respirai finche un’ondata di dolore mi pervase. Eren, con i suoi maledetti artigli, mi striò la schiena più volte. Le ferite bruciavano continuamente e notai una sostanza verdognola colare lungo la dalla schiena giù per il fianco. Scaricò sulla mia schiena tutta la rabbia lasciandomi con la schiena satura di sangue e quella sostanza viscida. Faticavo a concentrarmi tanto il bruciore era intenso mentre Eren sbolliva la restante rabbia camminando avanti e indietro davanti a me, lasciando profonde impronte dietro di se. “Io…. Devo…… rimanere……. Calmo…… non….. Dargliela vinta…..” disse cercando di calmarsi. Provai ad alzarmi ma un piede mi trattenne in quella posizione, sotto di lui. E la cosa non mi piacque molto. “Toglimi le tue zampe di dosso!”, “Farò in modo che tu non possa più utilizzare l’etere” disse e se ne andò via lasciandomi steso per terra dolorante. Mi girai sulla schiena tentando di inibire il dolore con il freddo della neve. Gemetti quando la schiena toccò il suolo ma subito dopo la neve fece effetto. Il freddo della neve diede sollievo alla carne preda della sostanza verdognola. Rimasi parecchi minuti, che diventarono ore, stesso a darmi sollievo finché il bruciore non sparì del tutto. Faticando, mi rimisi a sedere e mi guardai in torno. Nulla era cambiato tranne la quantità di balaur in movimento e la quantità di luce, che si era affievolita non poco. Coprii quel poco di distanza tra me e il muro trascinandomi e appoggiai la schiena al muro. Notai Eren che entrava nei resti di una casa ed uscire stringendo nella mano destra una cosa dorata. Poi si diresse verso i morti e strappò dalle mani di un uomo un libro. Chiamò M. e, insieme alla donna, si diresse verso di me. M.  mi guardava con una tale ira da bloccarmi sul posto. Non mi mossi, non avrei potuto muovermi più di tanto anche senza quello sguardo-. L’angoscia per le ultime parole di Eren crebbe e iniziai a farmi domande. Cosa mi faranno?. Dopo qualche minuto mi si parò di fronte la coppia. “Bene. D’ora in poi non darai più problemi.” A forza, mi fecero ingoiare quella cosa dorata –un cristallo grande quanto un dito- e si allontanarono da me di qualche metro. Eren consegnò il libro a M. che iniziò a mormorare frasi in asmodiano. Troppo basse anche per le mie orecchie. Eren rimaneva a guardare mentre M. cantilenava e l’ansia nel mio petto crebbe a dismisura. Ad un certo punto M. urlò e mollò il libro che sembrava sfrigolare. Lo stesso venne raccolto da Eren e, facendo cenno a M. di rimanere indietro, cominciò a cantilenare. Molto. Molto più intensamente. Mi aspetti che il libro riprendesse a sfrigolare ma invece il mondo iniziò a vorticare. Come quando fini di fare la trottola. Soltanto che diventava sempre più violento. Mi vennero i conati di vomito e il corpo iniziò a formicolare. In sottofondo sentivo la voce sempre più tonante di Eren che continuava a cantilenare mentre mi piegavo in due per vomitare. Eren alzò al voce e il mio corpo si inarcò, tanto era il dolore che in quel momento provavo. Il cuore sembrava voler fuggire dal petto e non riuscivo a smettere di tremare. Con un impennata nel suo tono di voce Eren finì la cantilena. Le ossa iniziarono a cambiare. Si spezzarono, cambiarono forma, posizione, lunghezza. Tutto. Fu un cambiamento radicale, ed estremamente doloroso. Un urlo si liberò dalla mia gola e in poco tempo si trasformò in qualcosa di disumano. Un suono orribile che risuonò nella mia testa. Fuori era calato il silenzio ma io non potevo sentirlo. I battiti del cuore mi bombardavano le orecchie mentre sentivo il mio corpo cambiare forma e dimensione. Provai a fuggire ma le catene erano sempre lì. Inoltre, il mio corpo non obbediva. Passarono minuti interi. Minuti di ossa spezzate e ricomposte. Minuti di urla disumane. Orribili. Minuti di impotenza. Li passai ascoltando i crack delle ossa, la carne che si disponeva diversamente, i muscoli che si distruggevano e si ricomponevano. Vomitai diverse volte. I pasti, una cosa giallastra, e il sangue. Tanto sangue. Poi, com'era iniziato, tutto finì. Il dolore scomparve e caddi a terra tramortito. “ma che diavolo è?” gridò qualcuno. “Non lo so….ma avrei preferito un ribbit.”. Beh… almeno non sono uno di quei viscidi animaletti brutti come la fame…rimasi un attimo disteso. Il corpo sembrava morto. Non sentivo nulla, dolore, fastidì vari, pruriti. Nulla. Era come se stesse dormendo solo il corpo mentre la mia anima era vigile. “È morto?” domandò la donna, se si può chiamare donna una con la voce uguale agli artigli sulla pietra. “No, la sua anima si sta lentamente adattando al corpo”, “ma che animale è?”, “ Ho preso un anima a caso. Non ne ho idea”. 
Iniziai a sentire dei pizzicori dappertutto, gli stessi degli arti addormentati. Poi venne un’ondata di energia e aprì gli occhi. Un ondata di colori si infranse sulle mie pupille. Tutto era più intenso e la notte era ancora più magnifica. Mi voltai per vedere con quale forma mi avessero intrappolato e mi trovai di fronte a qualcosa di semplicemente anomalo. Ero Il corpo era simile ma più sinuoso, elegante e meno tozzo. I muscoli non si vedevano ma io li sentivo. Ero più leggiadro e probabilmente molto più veloce e agile. Non avevo la gobba tipica dell’animale le spalle si vedevano appena sotto il pelo. Esso era di un bianco immacolato, in contrasto con la mia personalità asmodiana, con qualche sfumatura argentea qua e là. La coda era folta e arrivava quasi alla fine delle zampe immacolate e, ovviamente, non c’era traccia d’ali o piume.
Che cosa sono diventato? 


Mi scuso in anticipo se , senza volerlo, ho copiato qualcuno. Non era mia intenzione!
Beh spero che continuiate a seguire questa storia! 
Appena la finisco vedrò di revisionarla completamente visto che ho cambiato il finale radicalmente.
Azphelumbra a tutti!

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Capitolo 12
*** Mia Madre. ***


Che cosa sono diventato?
Di nuovo diverso. Di nuovo anomalo. Mi sentivo malissimo. Almeno mi avrebbero potuto trasformare in un worg normale… Decisi di partire con un insulto verso Eren ma l’unica cosa che uscì dalla bocca fu un latrato. Provai a comunicare mentalmente ma non ci riuscivo. Era come se una barriera mi avesse isolato e l’unico modo per comunicare era attraverso il metodo dei worg. Il che voleva dire che nessuno mi poteva capire. Eccetto i worg ovviamente. Provai ad utilizzare l’etere ma fu come se l’etere non esistesse. Non ero più un Daeva. Non ero più il figlio di Hell e Heaven. Mi sentii svuotato. Privo di qualsiasi emozione o sentimento. Vuoto. Nemmeno quando Eren mi accarezzò con il suo solito sorriso beffardo mi mossi. Mi limitai a fissarlo. “Ma che bravo il mio cagnolino! Sai…i cani sono praticamente dei servi. Obbediscono. Vengono picchiati se fanno un errore. Fanno le feste al proprio padrone…… e tu non sarai da meno” disse divertito. E mi risvegliai. La mia vecchia compagna di avventure Rabbia tornò a colmare una parte di me. Ringhiai e lo azzannai al collo. I denti rimbalzarono su qualcosa di duro. Lui allontanò le mie fauci con una mano e si allontanò, sorpreso della mia reazione. Prima che scomparisse notai uno strato di ghiaccio li dove avevo provato ad azzannarlo. Si massaggiò il collo e tornò a fissarmi, accucciandosi a fianco a me. “Tranquillo, col tempo imparerai ad essere un bravo cane…” provai ad azzannarlo di nuovo ma fu più veloce lui. Mi afferrò le fauci le bloccò dentro la sua mano. Poi mi sbattè per terra il muso. “…e io sarò il tuo padrone.” Provai a liberarmi con gli artigli ma le catene erano rimaste al loro posto. Il mio ringhio non si fermò finche non mi lasciò andare. Mi rialzai subito e provai ad azzannarlo ma lui si spostò indietro ed io, a causa della catene, tirai una musata sulla neve. Quando mi rialzai, un po’ barcollante, un collare di ghiaccio prese forma attorno al mio collo. Andai nel panico per un attimo. D’istinto cercai di levarmelo con le zampe ma più stringevo più quello si inspessiva, strozzandomi. Quando non riuscì più a respirare mi accasciai al suolo pronto alla mia fine ma il collare tornò allo spessore originale, lasciandomi respirare. Sentì una risata e subito dopo “Fai il bravo cagnolino e non succederà di nuovo.” Sotto il ringhio che emisi c’erano tanti di quei insulti che cento lavate di bocca non sarebbero state minimamente sufficienti a purificarmi. Ridacchiando, i due mi lasciarono solo, in un altro corpo e con un collare di ghiaccio come a simboleggiare l’appartenenza. Maledetto bastardo….non sarò mai di tua proprietà.
                                                                                                               [triniel]                                                            La caverna si era rianimata con l’andare via di quella figura schiva e misteriosa. Tutti parlavano allegramente nella lingua usata prima della catastrofe. Il cadavere del balaur era stato recuperato ma i segni della lotta erano rimasti ben evidenti. Una stalagmite in pezzi, macchie di sangue dove il ragazzo era caduto e un grosso cratere scolpito nelle pareti dove il colpo del mezzosangue si era fermato. Nessuno riusciva a credere che fosse successo. Beritra era caduto. Ucciso da un solo Daeva.
 Mi decisi a tirare fuori la piuma che avevo sottratto al ragazzo quando era svenuto. Era totalmente rossa. Tranne qualche macchiolina di nero il resto era completamente scarlatto. Doveva averne passate per avere le ali conciate il quel modo… Che animalidivertirsi a torturare una creatura…Non li credevo così sadici. Decisi di lavarla per ridargli il suo aspetto originale. Quello di una piuma nera lucente e non del colore delle ali balaur. Promisi che, se sarebbe tornato, gli avrei ripulito ogni singola piuma. Se Asmodae non è già nelle mani dei draghi è solo grazie a lui. E poi era un assassino. Particolare che per me contava.
Aspettai qualche ora prima che il balaur addetto alla cena ci servisse. Qualche pezzo di carne e una caraffa d’acqua vennero appoggiati sul pavimento. Azphel e Kaisinel si avvicinarono al cibo e lanciandosi occhiate omicide divisero la carne in due mentre con l’acqua facemmo a turni. La carne sapeva di fumo ed era stata cucinata da un cane praticamente. L’acqua invece non aveva sapori anormali. Principalmente perché l’acqua è insapore. Quando arrivò a me, che ero l’ultima, bevvi un sorso per placare la poca sete che avevo e tirai fuori la piuma. La immersi e la lasciai a mollo. Nessuno fiatò perché era l’acqua che spettava a me quindi continuarono a parlare delle varie vittorie. Con le mani cominciai a mescolare mentre ascoltavo interessata i racconti altrui. Provavo un certa nostalgia a sentir parlare dei tempi prima della catastrofe e non ne capii il motivo. Di solito ero indifferente al novanta per cento delle cose esistenti. Non avevo un marito ne un fidanzato. Non mi ero mai concessa lussi come il sesso o cose simili. Ero nata per combattere e guidare gli altri. Mi bastava la natura. Molto spesso facevo camminate nella foresta di Moslan e sapevo ormai a memoria la topografia di Gelkmaros. A rovinare i ricordi fu l’intenso odore del sangue. Qualcuno poso la mano sulla mia spalla e disse.  “Fermati un attimo.” Ubbidì e fermai la mano. La caraffa si fermò ma il liquido scarlatto continuò i suoi movimenti. Quando si calmò parte della piuma riemerse ed era nera. Nera come la pece. Guardai la persona che mi aveva avvicinato e riconobbi Azphel. “Cos’avevi vis…”, “Oh mio dio…”.  Lo guardai in modo strano e rigirai un’altra volta lo sguardo. E capì cosa intendeva. Lì, in mezzo all’acqua sporca di sangue l’altra metà della piuma attirò l’attenzione di tutti. Argento. “Non è possibile…”
[Aenris]
La mattina passò monotona. La passai tra i tentativi disperati di usare l’etere e lo sbuffare per il tanfo dei Balaur. Per giunta ero sottovento rispetto a loro quindi il loro odore  mi arrivava dritto dritto sul muso. Dalle macerie di una casa un pezzo di carne venne lanciato atterrando ad una dozzina di centimetri da me. Lentamente mi alzai e, tendendomi in avanti, lo presi. Fu un po’ difficile da masticare e –non avendo le guance- mi cadde parecchie volte. Dopo qualche minuto riuscì ad ingoiarlo e soddisfatto per il piccolo successo mi sdraiai nuovamente per tornare ad annoiarmi, dato che non avevo niente da fare. Dopo una mezz’ora un fiume di Balaur entrò dall’entrata principale. Ne contai un centinaio ma non ne ero sicuro. Anche se avevo dei sensi molto più sviluppati da quella distanza non li distinguevo perfettamente. Una figura li accolse e, dopo un saluto alquanto strano, si dispersero nella fortezza. Qualcuno mi passò davanti, sogghignante, ricevendo un ringhio come risposta.
Il pomeriggio passò senza che nulla accadesse. Un altro pezzo di karnif mi atterrò vicino, finendo nel mio stomaco in un batter d’occhio rispetto al pranzo. La notte dormì profondamente ma mi sentivo osservato ugualmente.
Mi svegliai a metà mattinata sentendomi strano. Abbassai lo sguardo e sorrisi ritrovandomi di nuovo in un corpo da Daeva. Stavo per insultare Eren quando di nuovo quel male esplose.  Qualcosa mi costrinse a chiudere gli occhi e, quando li riaprii mi ero ritrasformato. Latrai irritato e provai a ritornare umano con diversi metodi bizzarri. Nulla. Comparve Eren beccandosi subito una profonda ringhiata. “Ti sei alzato col piede sbagliato? Oh scusa! Con la zampa sbagliata”. Non puoi sapere quanto, brutto… “Oggi partiremo alla volta di Beluslan! Spero che tu sappia già camminare cagnolino mio…”. Ringhiai un avvertimento mentre provava a toccarmi. “Quanto sei tirchio…. Proprio non vuoi accettare il tuo destino……” sbuffai voltandomi dall’altra parte. Senti i suoi passi allontanarsi ma non mi girai.
Arrivò l’ora di pranzo ma, invece del pezzo di carne, due Serpi-Balaur mi sfilarono le catene dalle zampe e spaccarono la catena collegata al collare. Con il moncone rimanente mi accompagnarono verso la lunga colonna di drakan che si era formata durante la mattinata. Man mano che camminavo vidi i dieci Lord, addormentati, chiusi dentro delle gabbie. In una quindicina di minuti raggiunsi i Dragon Lord che si erano riuniti in testa alla colonna e poco più avanti Eren mi aspettava sorridente. Quando capì quella che sarebbe successo, morsi il braccio del Balaur che teneva la catena e me la svignai piuttosto velocemente. Qualcosa mi avvolse la zampa e caddi. Provai a rialzarmi ma di nuovo quel qualcosa mi avvolse il collo bloccandomi a terra. Solo dopo venne la sensazione di freddo. Sentì qualcuno maneggiare il collare in modo sospetto e poi la sensazione di freddo scomparve. Ripresi a correre ma dopo pochi metri venni sbalzato indietro. Mi voltai trovandomi Eren con una catena collegata al mio collare. STIAMO SCHERZANDO?!... Mi puntellai sulle zampe per contrastare Eren ma il ghiaccio si deformò e persi il contatto col suolo. Venni trascinato di peso fino al bastando e senza alcuno sforzo mi issò sulle zampe. Mi allontanai immediatamente ma fini addosso ad un Balaur che mi spinse nuovamente verso Eren. Provai a morderlo ma un anello di ghiaccio si formò funzionando come museruola. “Tu ora cammini. E se non lo fai i Daeva che dovrebbero rimanere qui come prigionieri diventano cadaveri.” Quanto odio i ricatti. Specialmente quando li fanno a me. Smisi di ringhiare nella sua direzione. “Ohhh… ma che bravo cagnolino…” tentò di accarezzarmi ma si beccò un’artigliata. Sangue inizio a colare dal taglio che gli avevo provocato. “quando la smetterai?”.  Arricciai le labbra in un sorriso da worg. “Tranquillo Eren, sarà tuo. E se non lo sarà diventerà un cadavere spezzettato.” Rabbrividì a quelle parole ma cercai di nasconderlo. “Avanti! In marcia!” urlò Fregion. Eren mi fece rialzare con la forza e cominciammo il viaggio.
Fu un lungo, faticoso, irritante viaggio. Dovetti stare ai comandi di quel verme per tutto il tempo. “Fermati, vai di là, vai di qua...” Continuava a ripetere mentre mi guidava con la catena. A sera tarda ci fermammo vicino alle alte montagne che delimitavano il confine della regione di Altgard. Mi buttarono in una gabbia e mi misero vicino alla fine dell’accampamento. Un ora dopo tornai umano. Le ferite erano guarite ma le cicatrici dubito che sarebbero scomparse. Mi addormentai poco dopo. Con immenso sollievo sognai soltanto la fiera e pacifica Pandaemonium. La vista della mia citta mi fece sentire un po’ meglio ma quando mi risvegliai mi ero ritrasformato. Sbuffai contrariato e trovai rifugio nella dormiveglia.
Un’esplosione e delle urla di trionfo mi fecero perdere il poco buon umore che ancora avevo. Un Balaur mi venne a prendere e, nella camminata verso Eren, notai un grosso buco nella montagna più piccola. Eren mi diede il suo buongiorno parecchio irritante e ricominciammo a camminare. Attraversammo il buco ritrovandoci nel territorio dei Lefaristi. Per un attimo l’aria spazzò via il puzzo dei Balaur e mi godetti quel momento. Odori piacevoli finalmente. Poi ritornò il puzzo e riprendemmo a camminare. Dopo qualche ora ci fermammo nei pressi della Caverna di Bakarma dove le truppe che erano stanziate lì si aggregarono a noi. Eren ordinò ai un gruppo scelto di Balaur di tornare ad Altgard e proteggere la fortezza. Ripartimmo mezz’ora dopo.
Ad ‘occhio e croce camminammo per una centinaia di chilometri prima di giungere nei pressi nella fortezza di Beluslan. Dovetti assistere alla battaglia di prima persona. Asmodiani che si buttavano sui Dragon Lord e su Eren. Balaur che mulinavano pesanti spadoni. I fattucchieri bombardavano il nemico con i loro incantesimi, subito estinti da Fregion. Le file balaur vennero dimezzate da assassini, cacciatori, tiratori scelti, ingegneri e guerrieri che nonostante tutto abbatterono tantissimi balaur. Ma le file Asmodiane subirono pesanti perdite. Ci fu un fuggi-fuggi generale attraverso il portale aperto dal teletrasporto. Quando i Balaur entrarono nella fortezza gli ultimi due Asmodiani, incluso il teletrasportatore, saltarono nel portale. I soliti gridi di vittoria riecheggiarono nella fortezza.
Era come me la ricordavo: Una muraglia di ghiaccio spesso una ventina di metri circondava quello spazio largo qualche kilometro. Le varie case e negozi erano infossati nel ghiaccio. La maggior parte dello spazio era occupata da una grande piazza. Profondi crepacci erano presenti ai limiti della piazza, frutto di qualche sbaglio nella costruzione. Uno di questi fu adibito a prigione costruendo due celle della dimensione di una tana per topi. Tirarono fuori gli Empyrean Lord dalle gabbie e li trasferirono nelle celle. Eren mi guidò verso le celle al loro seguito e mi spinse dentro una di queste, senza nemmeno degnarsi di togliermi catena o collare. Finì con Azphel, Lumiel, Nezekan, Triniel e Yustiel. Quando mi rialzai venni di nuovo sbattuto per terra e bloccato. “Non ci credo! Uno Zakar?! Si sono estinti a causa del Cataclisma! Come fa ad essere vivo?! Si può sapere da dove l’hai tirato fuori?!”Lumiel si rivolse ad Eren. Mentre parlava con Eren mi esaminò il corpo. Io, invece, cercavo di liberarmi dalla sua presa ferrea. Ogni volta che liberavo una zampa lei la riacciuffava e la ribloccava sotto le sue ginocchia. Mi esaminò le orecchie, i denti, il muso, il pelo, l’assenza della gobba, la coda. Tutto. Quando mi osservò le parti un po’ più intime mi ribellai più violentemente di prima simulando un morso alla spalla. Si sbilanciò all’indietro e ne approfittai per sgusciare via. “Quello lì è…” cominciò Eren. “Dov’è lui?! Cosa gli avete fatto?!” urlò Ariel dall’altra cella. “Stai zitta! E non osare mai più interrompermi!”, “Allora?!” continuò Ariel. “Tu” riprese Eren indicando Lumiel. Lei si voltò verso di lui ma non aprì bocca. “Sai cos’è ‘sto animale?”, “Non condividerò la mia conoscenza gratis”, “Cosa vuoi in cambio?”, “Qualcosa con cui scrivere, una pergamena e che rispondi all’elisiana.”, “Prima spiega”, “Tutto ciò che su questa razza è che sono gli antenati degli worg e dei karnif. Ne esistevano parecchi ma con la catastrofe sparirono insieme a molte altre specie. Vivevano in zone fredde e si riunivano in branchi.”, “Sono pericolosi?”, “Se ne incontravi uno affamato potevi considerarti morto. Ora tocca a te”, “Beh ce l’hai davanti.” Inutile descrivere i loro volti. “Si può sapere come hai fatto a trasformarlo in una creatura preistorica?”, “ Segreti personali.” E se ne andò. Lumiel si scusò per il suo comportamento e si sedette. Anche se si era scusata sentivo il suo sguardo addosso tutto il tempo. Il pranzo, quasi merenda pomeridiana, ci venne portato. Trangugiai il pezzo di carne e mi distesi. Dopo una decina di minuti Azphel interruppe il silenzio “Sappiamo del tuo segreto.” Mi immobilizzai. Sappiamo che sei uno di noi” disse Triniel. “Perché non ce lo hai detto?.” chiese Azphel davanti a me. Mi alzai e, sul duro ghiaccio, incisi con gli artigli “non mi fido” abbastanza profonde. “Stai scherzando vero?”. Guardando il cielo, scossi la testa. “Siamo nati per proteggervi.” Disse Triniel. Sotto le prime, incisi altre parole “Non sapete nulla di me”, “Ariel ha parlato.” rispose dopo aver letto. Ecco il motivo per cui mi fido così poco. Lumiel tentò di catturare la mia attenzione per i successivi minuti prima di rinunciarci. Mi sentivo tradito. Pensavo che Ariel avesse capito che non volevo che il mio passato salisse a galla. E invece no. Lei ha raccontato. Perché doveva sempre finire male ogni cosa che mi capitava?! L’unica cosa che non è degenerata e non degenererà mai è il mio rapporto con Sheed. Tutto il resto è finito male. La famiglia. Il maestro. Gli anni passati da solo. La missione. Ora anche il corpo, non che me ne importasse più di tanto oltre alle ali. È mio destino questo? mi chiesi.
Dalle sbarre di ghiaccio rinforzato tramito ferro ed etere vidi qualcosa cadere verso di me. Luccicava. Ed era piccolo. Molto piccolo. Ad una decina di metri riconobbi un capello. Svolazzando, atterrò sulle mie zampe. Oro? Ambra? Giallo?  Non riuscivo a distinguere i colori. Vedevo tutto grigio… “Non ci credo…..Lo hai incontrato vero?!” disse Azphel, “Non può averlo incontrato…. Lo avremmo percepito!” rispose Nezekan. “Forse ti sopravvaluti un po’ troppo, piccione.” “Fate silenzio!” urlò Lumiel. Stranamente, si zittirono. “Hai incontrato Aion vero?” continuò rivolta verso di me. Feci segno di si con la testa. “E come stava? Ti sembrava debole?” Incisi, nel ghiaccio, le parole “Tutto ok” suscitando parecchie sospiri di sollievo dai Lords. “Pensavamo che si fosse indebolito a causa del drenaggio di etere fuori da Atreia dato che non ci contattava più. Non siamo nemmeno riusciti ad entrare nella torre. Le notizie che ci hai dato ci hanno tolto uno dei nodi alla gola che abbiamo Aenris. Te ne siamo TUTTI grati.” Disse Azphel. Gli elisiani risposero con un cenno.
Arrivò la sera e mi ritrasformai. Ovviamente mi chiesero come avevo fatto e io gli risposi che io non facevo nulla. Nel bel mezzo della notte Nezekan con i suoi capelli biondissimi abbinati ad occhi azzurro chiaro comuni ai Lord elisiani mi si sedette accanto. “ Sai perché Ariel è ridotta così?”, “No. Ma non mi farò toccare mai più da lei. Ne da nessuno di voi.”, “Lei è l’unica che può farlo. E sai cosa ha provato lei? Tutto quello che tu hai provato nei ricordi che ha visto.”, “Mi dispiace per lei.”, “Non percepisco altro che rabbia nei suoi confronti.”, “Il mio passato volevo che rimanesse nella sabbia. Non gli ho chiesto io di saltarmi addosso e riprovare tutti i sentimenti in un secondo!”, “Comunque non è per quello che è ridotta in quel modo.”, “Ah sì?”, “Se non mi interrompi magari te lo dico…Tua madre conosceva Ariel…”, “Dovrei sentirmi onorato?”, mi ignorò “400 anni precedenti alla catastrofe Ariel trovò tua madre, in un villaggio abbandonato, svenuta e con un profondo taglio lungo tutto il fianco destro. La curò e la convinse a diventare Daeva. A quei tempi già padroneggiavamo la tecnica per farvi diventare Daeva. 200 anni dopo si rincontrarono sul campo di battaglia Ariel insieme a noi  e tua madre a capo di una delle legioni più numerose. I capolegione combatterono fianco a fianco con noi Lord e tua madre fece subito coppia con Ariel. Inutile dire che fecero strage di Balaur. Quando venne il giorno della catastrofe Heaven stava di nuovo combattendo con Ariel. Quando il tutto successe furono scaraventate via, come tutti noi, e si ritrovarono sotto il caldo cocente della stella che noi chiamiamo Sole. E la prosperità crebbe a dismisura. Foreste e campi nacquero dal nulla. E noi ci trovammo in un mondo bellissimo e pieno di colori. Poi si aprirono i varchi e lo spirito avventuriero di tua madre ci convinse a mandare alcune legioni in esplorazioni ma Ariel vietò a Heaven di prendere parte alle spedizioni. Poi, dopo alcune spedizioni la legione della tempesta approdò nella vostra terra…”, “E fu un massacro” conclusi. “Quando i sopravvissuti tornarono e ci raccontarono ciò che era successo Heaven e molti altri partirono per vendicarsi. Partecipò ad ogni battaglia. Abisso. Asmodae. Elysea. Anche nella più piccola scaramuccia potevi ritrovartela di fronte. Era un portento. Dopo decenni di battaglie tua madre si prese una pausa di qualche mese e abbandono tutto il suo equipaggiamento in casa, ovviamente aveva comprato quella vicino al palazzo di Ariel. Era straordinario come riusciva ad alternare momenti di felicità e momenti di rabbia pura contro di voi. Cioè…di loro. Quei mesi li passò esclusivamente in abito da sera e scorrazzando per le vie di Sanctum con Ariel o con commilitoni e amici. Inoltre era una brava insegnante per i giovani Daeva e grazie a questo la sua legione divenne una delle più numerose ed influenti di tutte. Ariel la ammirava tantissimo. E  Heaven amava a sua volta Ariel. Però venne il giorno della sfortuna quando Heaven, camminando per Eltnen capitò proprio davanti un varco appena aperto. Decine di asmodiani la attaccarono contemporaneamente, tra cui tuo padre da quanto ho capito dai racconti di Ariel. Venne catturata e rinchiusa sotto Pandaemonium. La sua legione, che ormai contava migliaia se non decine di migliaia di membri, si infuriò e conquistate tre fortezze fortezze dell’Abisso si decisero,  senza il nostro consenso, ad invadere in massa Morheim. Comparvero nel deserto a ovest della fortezza e in pochi giorni arrivarono nei pressi della fortezza. Lì si trovarono di fronte a tua madre seguita da centinaia di asmodiani la legione spazzo via gli inseguitori e riportò Heaven a Sanctum lì venne curata e gli chiesero come fece ad uscire. Lei rispose che un asmodiano l’aveva aiutata ma non definì i dettagli. Rimanemmo un po’ perplessi ma quando Ariel saltò addosso a tua madre lasciammo perdere tutto. Ci fu una festa per il suo ritorno a casa e tutti bevvero come matti. Anche noi alzammo un pochino il gomito e il giorno dopo la città era piena di persone barcollanti e con il mal di testa tua madre inclusa. Passarono gli anni e le sparizioni di tua madre erano ormai cosa normale e Ariel non sembrò preoccupata al riguardo. Heaven tornò i  guerra più forte di prima e si vendicò di quello che aveva subito. Ma Ariel notò qualcosa di strano e non so bene cosa disse ma per la prima volta litigarono e Heaven se ne andò. Ariel voleva riappacificarsi ma Heaven non tornò ne il giorno dopo, ne la settimana dopo, ne il mese dopo. Iniziarono le ricerche ma fu vano. Finche, parecchi decenni dopo, tutti i Lord, elisiani o asmodiani, percepirono qualcosa di strano…minaccioso. Era come se un fantasfa ci si fosse attaccato al collo. Una continua sensazione di freddo glaciale lungo tutta la schiena. Collegammo gli eventi ne deducemmo che qualunque cosa fosse successa aveva a che fare con la scomparsa di Heaven. Ariel, preoccupata a morte per Heaven, partì subito alla sua ricerca e, dopo un susseguirsi di eventi, trovò un bambino che gli dava la stessa sensazione di freddo. Lo segui fino ad Islagen dove il bambino, che eri sicuramente tu, entro in una grande casa in cima ad una collina. I genitori si affacciarono e Ariel riconobbe subito tua madre che ti sorrideva. Ci richiamo subito lì e ci avvicinammo alla casa. Avevano solo intenzione di discutere con voi ma i tuo padre avvertì il pericolo e scoccò una freccia che mancò per un soffio me. Risposi scoccandone tre contemporaneamente e lo colpì dritto al cuore. Qualcuno. Temendo un altro attacco lanciò una palla di fuoco che incendiò la casa. Sentimmo delle urla. Quando entrammo non c’era nessuno. Le mie frecce erano scomparse con il corpo ma di tua madre e di te nessuna traccia. Concludemmo che foste morti ma Ariel non lo accettò. Per anni continuò la sua ricerca sotto un mantello nero. Lei continuò a sperare… e sperare… e sperare che Heaven non fosse morta. Ma non la trovò mai. Si convinse che tu e tua madre vi foste nascosti e decise che se Heaven l’avesse cercata avrebbe persino abbandonato le armi nel bel mezzo di una battaglia ma tua madre non venne mai. Sai, gli assomigli molto. Sotto il tuo….aspetto estetico persino io riconosco alcuni tratti di quella ragazza. Ora gli occhi li hai identici ai suoi. Misteriosi e anche un po’ inquietanti ma bellissimi.”, “Li avete uccisi voi…”. Non rispose. “Tu sai cosa si prova a vedere papà morire? Tu sai cosa si prova a sentire le urla di tua madre rimbombarti nelle orecchie mentre l’abbandoni al fuoco? No. E non lo saprai mai.”, “Ti chiedo solo di perdonarla.”, “ Vattene”, “a Come vuoi” e se ne andò, lasciandomi solo.
Durante la notte riflettei sulle sue parole e cercai di immaginarmi mia madre che compieva gesta belliche. Non so perché ma non ci riuscivo. Non riuscivo ad immaginare una persona tanto dolce uccidere decine di nemici.
La mattina mi ritrasformai in grosso-worg-chiamato-Zakar e mi stesi, ancora con la storia di mia mamma in testa. Non durò per molto. Un gruppo di balaur ci venne a trovare e senza fiatare raccolsero la catena collegata al mio collare e legarono i Lord. Ci accompagnarono alle gabbia a dimensione umana e buttarono dentro i Lord. Mi aspettai di essere ancora trattato da cagnolino da Eren ma invece qualcuno mi afferrò per la collottola e mi lanciò dentro. Casualmente fini nella gabbia di Ariel. Eren entrò nella mia visuale e disse “Vedete di sistemare i vostri problemi.  Io durante la notte dormo.” E se ne andò, molto tranquillo.
La gabbia era davvero piccola. La lunghezza permetteva ad Ariel di stare solo con le gambe piegate. Non distese. Neanche la larghezza le permetteva molto e le ali sue ali premevano contro le sbarre. Io che ero molto più lungo di Ariel in quel momento non potevo muovermi senza pestarla. Mi avevano lanciato proprio sopra di lei: tra ginocchia e petto. Non potevo fare nulla. Non riuscì a spostarmi ne a dare sollievo a lei. Mi costrinsi a stare alzato ma due mani si poggiarono sulla mia schiena e mi tennero sdraiato sopra di lei. Anche se aveva me sul bacino provò a sgusciare via ma neanche lei riuscì nell’intento. Spostò le ali in una posizione più comoda e cominciò ad accarezzarmi la schiena. La guardai male ma non fiatai. Era stranamente piacevole quel movimento. Mentre lei mi accarezzava io la fissavo. Poi sorrise. “Hai gli occhi identici a lei” disse semplicemente. Mi girai subito. Dall’altra parte. Nascondendomi. Lo hai fatto a posta vero Aion? Pensai. Non l’avrei perdonata ma quelle parole, così normali per ognuno, per me ebbero un significato profondo. Accennai un si con la testa. “Per anni sezionai ogni centimejtro della mia terra e parecchia della vostra. Sperando… sperando di rivederla. Tutto il mio tempo libero lo spesi per cercarla. No…forse anche di più. Scaricai molto  del mio lavoro sulle spalle dei miei compagni. Sacrificai le molte cene in loro compagnia. Persino le feste nella fine speranza di rivedere quei occhi, quei capelli di un biondo quasi albino, quel sorriso che ti riscalda il cuore. Poi ti trovai e tu mi portasti da lei. Anche se pensavo fossi una qualche sorta di mostro ti ringraziai infinitamente. Stavo per correre ad abbracciarla ma l’asmodiano apparve di fianco a lei e ci ripensai come potevo sapere che non mi avreste ritenuto una minaccia? Certo. Non sarei morta ma avevo paura. Paura di te e del rifiuto di Heaven. A pensarci… le ho dato io il nome. Il cui significato era “Paradiso” nella lingua perduta.” Terminò il discorso. Forse per me. Poi venne il sonno e mi addormentai assieme a lei.
Mi svegliai che era sera e la prima cosa che vidi fu un angolo di luce, un braccio e il fianco di Ariel, coperto di vestiti ovviamente. Se mi ci aveva messo lei in quel modo o io involontariamente non seppi dirlo ma avevo la testa appoggiata sul braccio di Ariel e il muso tra io braccio e il fianco. Come faceva a sostenere un testone grosso il molto di più della sua con solo il braccio rimase mistero. Alzai la testa di scatto solo per sentirmi dire “Bentornato” per poi richiudere gli occhi e ritrasformarmi. Passarono i soliti minuti di suoni agghiaccianti ma oramai il dolore era sparito. Chiudo gli occhi, rumori agghiaccianti, apro gli occhi et voilà. Da animale a Daeva. Lo spazio diminuì moltissimo con la ricomparsa delle ali ma ero davvero felice di rivederle. A parte le cicatrici ed il sangue rappreso. Le richiusi, segando il contatto tra le mie e quelle di Ariel, che nel frattempo si era riaddormentata. Spostai le mie gambe nell’incavo formato dall’angolo delle sue. Dandole un po’ di sollievo. Perché mi preoccupo per lei? Sono diventato altruista in un secondo? Ho sem9re pensato solo a me. Perché adesso mi preoccupo per gli altri? E forse per pieta verso di lei? Nah…non credo sia così…comunque ho fame…voglio mangiare. Mi guardai intorno ma nessuno fece caso a me. Tutti erano rigidi e zerrati nei vari ranghi, in marcia verso Morheim probabilmente.  
Due orette dopo lei si svegliò accorgendosi subito della cambio di posizioni. Mi ero spostato un’altra volta. Avevo piegato verticalmente una gamba sino al petto e l’altra piegata orizzontalmente bloccando la prima. Gli avevo lasciato la maggior parte dello spazio. E lei sembrò in disaccordo. “Sei comodo in quella posizione?”, “Si”, “Stai mentendo vero?”, “Piu o meno”, “E allora perché?”, “Non ne ho idea”, “Sei strano”, “Lo so”, “Beh, ora che siamo sicuri che sei come noi, in gran parte, devi sapere una cosa”, “Ti ascolto”, “Il nostro potere e diverso da quello dei normali Daeva. Se per sbaglio lo lasciassimo libero, senza ostacoli, polverizzeremmo tutto quello che ci circonda nel raggio di centinaia di migliaia di kilometri. Immaginalo come il contenuto di uno scrigno. Se lo scrigno si apre all’improvviso succede quello che ti ho detto. Se lo si apre pochissimo possiamo trarne l’energia, che poi si ricreerà da sola, per gli incantesimi e gli scudi. Credo sia un buon paragone. Israphel e Siel invece, lo hanno aperto tutto ma lentamente. Loro sono morti tra atroci sofferenze ma è grazie a loro se siamo ancora qui. Pensa se quel potere fosse esploso. In sostanza noi siamo sia un pericolo che un beneficio per Atreia.”, “Quindi, oltre ad essere ciò che sono, sono pure una grossa bomba sul punto di esplodere? Di bene in meglio…” sospirai “Ti disprezzi così tanto?”, “Assolutamente no. Ma mi pone parecchie limitazioni. Niente volo in pubblico, quindi niente volo praticamente. Non devo mai perdere il controllo di me stesso. Devo sempre essere riservato e non rivelare troppo. Non posso ubriacarmi.”, “Non credo che ci sarebbero state ripercussioni se ti saresti rivelato.”, “Come la coppia che è stata giustiziata mesi fa? Credi davvero che sarei stato accettato da una delle due fazioni? Credi davvero che mi avrebbero accolto a braccia aperte a Pandaemonium? E  a Sanctum? Voi che comparate gli asmodiani a degli animali mi avreste accettato?”, “Alcuni si e altri no.”, “Allora non conosci il tuo popolo. Hai mai visto le occhiate cariche di disprezzo che lanciano gli elisiani agli asmodiani nelle battaglie?”, “Si…”, “Sei ancora convinta che Elysea mi accetterebbe?”. Non rispose. “Allora perché stai dalla loro parte?” Continuò. “perché quella sera, da un’altra finestra, vidi ali bianche.”, “Capisco. Quindi non ti fidi di me”, “Ancora non mi fido di nessuno. E Yustiel potrebbe benissimo aver aggiunto cose diverse dalla realtà”, “Secondo te mentiremmo su una cosa così importante?”, “Non lo so”. Cercò di cambiare discorso. “Tu vedi bene durante la notte?”, “Ho perso gran parte della mia parte elisiana ormai”, “Cioè?”, “Vedo perfettamente di notte e il sole mi acceca e mi da molto fastidio. Preferisco il buio alla luce e ho la Furia.”, “Furia?”, “Gli occhi diventano rossi e perdiamo il controllo di noi stessi.”, “Pensavo che la controllaste questa Furia”, “Io no.”
Il viaggio durò parecchi giorni e circa esercito si staccò dal principale, avanzando molto più velocemente di quelli che rimasero con prigionieri e carri. La mattina mi ritrasformai e a pranzo ci fermammo. Ripartimmo un’ora dopo continuando per due giorni ininterrotti. Ci fermammo per la notte e la mattina due delle decine di carri si staccò avanzando e nel pomeriggio arrivammo sotto la porta che precede il ponte-entrata della fortezza.
A prima vista la fortezza sembrava molto più tetra del solito. Sembrava un essere vivente che, obbligato, portava un qualcosa che non avrebbe mai voluto portare. Le mura sembravano nere onvece che grigie e il ghiaccio sembrava blu invece che azzurro. Anche da fuori si vedevano i segni della battaglia. Il sangue era sparso per il ponte e diverse macchie macchiavano le mura di cinta. Le guglie della chiesa di solito superavano le mura di parecchi metri ma ora non le vedevo. Un impatto aveva lasciato evidenti segni sulle mura e quando entrammo le gabbie vennero coperte da un velo nero, oscurandoci la vista. Non so perché, mentre sbadigliavo, Ariel mi cercò con la mano finendo per mettermela proprio tra le zanne. Le tirò subito via massaggiandosi i vari graffi superficiali. D’istinto mi scusai leccandola e me ne schifai subito dopo. Le sembro sorpesa e sorrise. Probabilmente aveva capito le mie intenzioni.
Rimanemmo in quella situazioni per ore fino a che non mi trasformai. Fori si sentivano rumi di martelli e altri oggetti ma non vedevamo nulla. Nel cuore della notte i teli vennero tolti e scoprimmo ciò che stavano costruendo. Al centro della città undici massicce croci ci si pararono davanti. Erano color grigio scuro quasi nero. Ognuna aveva una frattura verticale al centro e delle catene con delle spine li dove sarebbero andati i polsi. Sembrava che tanti piccoli stiletti fossero stati fusi con la catena. Li dove sarebbero andati i piedi una piccola piattaforma con minuscoli chiodi ci attendeva. Uno stagnetto di lava risiedeva sotto ognuna delle croci e un altro stava al centro del tutto. . “Beh? Che vi prende? La vostra nuova sistemazione non è di vostro gradimento? Avvicinatevi e migliorerà!”


Un po' in ritardo ma ecco qua il 12esimo capitolo! Siamo quasi alla fine e il finale è cambiato parecchie volte! Inoltre ho intenzione di dare un'occhiata ai vecchi capitoli quindi cortesemente mi potete dire quali non vi piacciono? 
Ho già molte altre idee come Elsword, Eragon,Licantropi e Demoni per nuove fanfic!
Spero che la storia vi piaccia e Azphelumbra a tutti!

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Capitolo 13
*** La felicità di un anima colma di tristezza e rabbia ***


Osservai quelle croci come se fossero il diavolo in persona.

Li, davanti alla basilica di Morheim quegli abomini rovinarono l’immagine della città.

Fù un autentica lotta, per i drakan , portarci e legarci come prede per un sacrificio. Kaisinel più di tutti necessitò di più drakan. Le catene chiodate fecero subito effetto. Avevo le braccia completamente a loro servizio. Ogni più piccolo movimento equivaleva ad un taglio. E bruciavano. Tanto.

Con teatralità voluta undici drakan portarono degli oggetti coperti da un telo, lunghi massicci. Sembravano pali, di quelli che sostenevano le lanterne a Pandemonium. Quando tutti avemmo uno “coso” davanti per ciascuno i drakan sfilavano i veli. Undici spadoni asmodiani. “Bella vista, a che ti servono?” dissi a Eren che sorrideva stranamente soddisfatto. “Oh, lo capirai tra pochi secondi.” Fece cenno ai drakan e quello di fronte a me la alzò in aria. Poi, la conficcò nel mio ventre. Capii solo in quel momento l’utilità delle fratture verticali presenti su ogni croce. Non ci volle molto prima che i lamenti risuonarono nella città. La lava ci bruciava, la spada era intrisa del nostro sangue, le catene sfregiavano i polsi e le risate dei drakan colpivano la nostra mente. Fu orribile, abitudine che non voleva migliorare. La sensazione di essere una bambola nelle mani una ragazzina mi fece visita e non ero o l’unico. Due drakan vennero o affiancati alla mia croce e iniziarono a parlare nella loro lingua ferrosa.
Quando venne il momento della trasformazione i due drakan sfilarono malamente la spada e le braccia -ormai coperte dalla solita peluria artica- e mi infilarono il collare gentilmente creato da Eren. Poi se ne andarono sbuffando. Iniziavo ad odiare veramente quel corpo. Appoggiai pesantemente il muso al suolo sbuffando e qualcuno lancio una risata che si interruppe subito probabilmente a causa del dolore.

Avevo dannatamente caldo. La pelliccia non aiutava di certo. Iniziai a respirare con la bocca mentre cercavo di graffiare quel ghiaccio che costituiva la catena. Azphel mi incitò a romperla ma dopo neanche un’ora mi afflosciai sul pavimento, sulla catena neanche il minimo graffio.

Quando fui in procinto di ritrasformarmi i due drakan tornarono e divenuto Daeva mi issarono sulla croce e subii lo stesso procedimento della prima volta. Più doloroso.
E il primo giorno passo, poi il secondo, e via con il terzo. Il quarto avevo già perso le speranze.

 LA mattina del quinto giorno notai un lieve movimento dell’aria all’entrata della fortezza. Ci si mette pure il vento a prendermi in giro….E mi distesi nuovamente. Poi sentì dei passi. Si avvicinavano, lentamente. Cercai l’origine del ticchettio leggero e agile. Proveniva da dove avevo visto quell’insolito movimento d’aria. Collegai il cervello. Invisibilità.

Il Daeva -assassino o cacciatore- si avvicinò ad Azphel e gli tirò una manica. “Mio signore!” sussurrò. Il signore dell’Empireo si girò di scatto “Daeva?” rispose, “Si ora la libero.”, “No fermo. Sei solo?”, “ma certo che no. Centinaia di scout stanno aspettando nei pressi della fortezza.”, “Dovete andarvene.” Sussurrò Triniel, “No! Dobbiamo liberarvi!”, “La tua invisibilità non durerà a lungo! Fregion blocca la nostra connessione con l’etere! Te ne devi andare subito. Prepara un grande attacco e…. spero che i Lord siano d’accordo su ciò che sto per dire porta con te l’animale qua vicino.” Ricominciò Azphel. “Una specie di worg non può minimamente essere paragonato a voi! Non potrei mai portare via un animale e lasciare voi qua alla mercé dei Balaur. Preferirei salvare loro…” indicò gli elisiani “…che salvare un sudicio worg e lasciare qua voi.”, “Lui è un Daeva che merita di esser liberato più di noi” Lo fissai storto. Che diavolo stava dicendo?! “Un'altra cosa Daeva. Che Aion mi salvi dall’umiliazione, dovete unirvi agli elisiani. Da soli non riuscirete mai a farcela contro 4 Signori dei draghi. Fate tutto il possibile per stringere una tregua temporanea.” Rimase zitto per un momento poi disse “Ai suoi ordini Lord Azphel. Qualunque essi siano...”. Poi fu Ariel a parlare. A me stavolta. “Quando incontrerete gli elisiani chiedi di incontrare il generale di brigata Retus della divisione di protezione elisiana. Digli queste esatte parole…Quando il Piuma* canterà il suo inno le aquile si riuniscano e scatenino l’inferno del Sole. Che le cascate sia piene e le foreste verdi come l’erba in primavera, che il cielo sia luminoso tanto quanto Elysea. Non sbagliare e otterrai la sua fiducia. Buona fortuna. Aspetteremo il vostro arrivo.” Perché liberate me e non voi? Perché siete cosi altruisti nei miei confronti?! Che diavolo, sta succedendo?!
Poi successe ciò che tutti temevano. L’invisibilità del Daeva scomparve. Sussultò e dopo pochi secondi raccolse il pesante spadone che era stato estratto prima della trasformazione. Con evidente sforzo lo alzo e fece fuori la catena tanto facilmente da stupire tutti dopo i miei tentativi. I Balaur si accorsero troppo tardi. Un lieve vento attraversò la fortezza e, promettendo di tornare, iniziai a correre affiancato dal Daeva. Uscimmo dalla fortezza con l’orda di lucertole al seguito che sbraitavano come pazzi. Decine di arcieri comparvero sulle montagne e lungo il corridoio che conduceva al nevaio e iniziarono a scagliare frecce su frecce, consapevoli che l’etere non funzionava.

Coperti dagli arcieri raggiungemmo un teletrasporto che non ricordavo fosse presente nelle carte di Morheim e il teletrasportatore domandò dove fossero i Lords poi, ad una frettolosa risposta del Daeva che mi aveva salvato aprì il portale e riapparimmo alla fine del lungo nevaio di Morheim. Poco fuori da un enorme accampamento. Ci spostammo velocemente e poco dopo coppie di Daeva continuarono ad apparire per minuti interi. Un uomo che riconobbi come Aegir il generale che era di stanza a Morheim sbraitò nella direzione del Daeva al mio fianco e chiese delucidazioni. La pover vittima che si era frettolosamente inchinata raccontò tutto e gli insoliti ordini di Azphel. Omise le parole di Ariel ma raccontò tutto. Dalla disposizione dei drakan alle condizioni pietose dei Lord. Contrario all’inchinarmi accennai ad un saluto col capo quando mi presentò come Daeva. “Deve credermi generale di brigata! Lord Azphel ha ordinato di allearsi con gli elisiani! Non sto mentendo!”, “BASTA! Ne riparleremo quando potrò discutere con l’animale che mi hai portato, sempre se ci riuscirò...”. Lanciai un basso ringhio nella sua direzione e ci fissammo per qualche attimo. Distolsi lo sguardo per il brontolio del mio stomaco, era parecchio tempo che non mangiavo. “Galyus, accompagnalo alla mensa, dovrebbe esserci rimasto qualcosa. Poi trovagli dove dormire. Quando potrò parlare con lui riferiscilo a Brise.  Brise? Quella Brise? Notando il mio sguardo il generale domando se la conoscevo. Feci cenno di sì e lui se ne andò.

“Quando potrai parlare?” domando Galyus.- A sera di solito mi ritrasformo a Daeva- incisi sul terreno. “Bene. Così non finirò di nuovo a fare lo spazzino di quel tiranno.” Sospirò.

Mi accompagnò alla mensa e ripulì due porzioni di cibo, poi mi accompagno alla sua tenda -una piccola tenda da accampamento con due letti e un comodino in fondo. Saltai sul letto di sinistra, cercai un modo per dormire in pace fino a sera e mi accasciai senza il minimo contegno sul cuscino.

***

Mi svegliai che era pomeriggio inoltrato. Dopo un lungo -molto lungo- sbadiglio mi alzai e mi diressi verso il nevaio, avevo assoluto biogno di pace e natura, a questi pensieri si affiancò il dubbio che la mia nuova condizione stia influenzando la mia mente.

Corsi e corsi e corsi. L’aria che mi sfrecciava attraverso il pelo…. le zampe che affondavano nella fredda terra, gli odori così buoni e invitanti…. Non erano pensieri miei, ma non mi dispiacque la libertà, proprio per niente. Arrivai ad una pozza d’acqua con la superfice ghiacciata. L’arsura della gola mi fece perdere quasi mezz’ora a praticare un foro dove bere. Poi ci arrivai. Non so come si beve….. e allora cercai di ricordare come faceva Sheed. Usava la lingua e la piegava ad uncino per portarsi l’acqua in bocca…. O forse no? Cercai di imitarlo ma non riuscivo a bere che piccolissimi sorsi alla volta.
Qualcosa mi sfiorò la gamba. Di nuovo quel dolce venticello mi sfiorò il muso, quello ceh avevo sentito a Morheim. Mi voltai incuriosito e fissai l’animale che meno mi aspettavo. Sheed.

MI ha riconosciuto? Sperai proprio di sì. Ai miei occhi era poco più basso ed emanava un odore -profumo- di fresco e piacevole. Selvaggio.

Sei tu? Chiese lui inclinando la testa.

Chi sono io? Domandai a lui.

 La mia amica, o compagna di branco. Rispose muovendo leggermente la coda.

Si sono io, ma sono un maschio. Scodinzolai involontariamente.

Non cambia, cosi ti è successo? Perché appari come un Antenato? Domandò nuovamente.

I balaur mi hanno fatto questo. E’ un male? Chiesi.

No, sono tanto felice, vorrei saltarti addosso ma non so se a te vanno bene le nostre abitudini. Mi guardò titubante.

Ora mi piacciono.

Non feci in tempo a finire di dire “piacciono” che mi saltò addosso e iniziò a leccarmi tutto il muso.
Tu ora non ti stacchi un secondo da me. Mai. Ordinò lui guardandomi dritto dritto negli occhi.
Va bene amico mio. Per te la stessa cosa, chiaro? risposi ancora schiacciato sotto il suo peso.

Non sono io che ho chiesto a Daeva-giallo di abbandonarti lì. Disse incolpandomi.

Chi è Daeva-giallo? Risposi.

Il vostro dio, o comunque il vostro creatore, come per noi sei tu.

Io non vi ho creato.

Tu sei un Antenato ora, gli Antenati, secondo le leggende, hanno creato noi e i Denti-Lunghi.

Va bene. Ma ti devo chiedere una cosa.

Vai.

Mi aiuterai a uccidere le lucertole?

SI

Moriremo probabilmente.

Morirò con onore e assieme a mio fratello, non potrei chiedere morte migliore.

Grazie.

Ora devo tornare, fra poche ore torno normale e devo organizzare un grande branco per sterminare i Balaur.

Non senza di me.




Scusatemi! mi è ritornata la voglia solo ora ^^'
Ecco qua il 13simo capitolo.
Accetto critiche e consigli!

E se qualcuno vuole uccidermi per il ritardo incolpi League of Legends :D.
Azphelumbra a tutti!

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Capitolo 14
*** Elisiani ***


Nonostante quelle parole in me viveva una piccola fiammella che indicava il desiderio di far andare tutto allo scatafascio e fuggire, cominciando una nuova vita assieme a Sheed, mentre la parte predominante voleva saldare l’enorme debito con i Lord dell’Empireo. E Sheed non aveva la minima intenzione di scappare, da buon worg.
Mi ritrasformai e spiegai tutto quanto a Aegir, anche del mio essere, esclusa la faccenda del tredicesimo Lord. Egli comprese la gravità della situazione e disse che se avrebbe incontrato un elisiano non lo avrebbe ucciso, oltre a non uccidere me. Mi diede appuntamento con un maestro dell’etere per curare la mia condizione ma rifiutai, sotto pressione dei latrati di Sheed.

Passai qualche giorno a rimettermi in forma e a provare il volo. L’allenamento andava perfettamente, il volo per niente, ogni battito faceva malissimo, omettendo i continui sguardi dei curiosi. Gli asmodiani non mi fecero innervosire, né mi insultavano. Aegir deve proprio far paura. La parte peggiore delle giornate è la mensa. Il cibo faceva schifo, tutti a fissarmi, io che me ne andavo velocemente. Riuscì a reclamare due semplici pugnali di pelle di Balaur nera notte e il mio arco, recuperato da casa mia. Sufficienti per battute di caccia private, da Daeva, ovvio.

Finalmente posso assaporare l’odore della neve e degli alberi, la natura è la cosa più bella che esista in questo mondo. Decine di volte questo pensiero mi tormentava al giorno. Non che mi dispiacesse. Sheed era tutt’altro che disaccordo, non gli piaceva la tendina. Per niente. Né la mensa, né la moltitudine di Daeva ammassati lì.

Cercai di evitare Brise il più possibile, ma lei non ne voleva sapere “Se era questo il tuo segreto e ora lo sanno tutti, perché non rientri nella legione?” chiedeva ogni volta. La risposta più frequente era “voglio cacciare da solo per il momento”. I legionari non mi parlarono mai.

“TI piace Morheim?” disse Galyus. “Come mai questa domanda?” risposi dato che non mi faceva mai domande personali.  “Ogni notte sgattaioli fuori appena il turno è finito, ogni giorno non ti si vede se non ai pasti e alle ronde di caccia.” Replicò lui “Dopo ciò che ho passato nessuno se non la natura stessa può curarmi, e si, mi piace molto.”. “Sei un mistero.”, “Sono piuttosto bravo ad esserlo.”, “Già, loro non riescono a capire cosa ti circola in testa, io nemmeno.” , “ Da bravo assassino mi sento lusingato.”, “Il problema sta nel fatto che alcuni, quelli che odiano maggiormente gli elisiani, ti considerano un pericolo, una facile preda e un abominio.” , “Affari loro, io sono qua e non mi schiodo finché non ho saldato il debito nei confronti dei Lord.”, “Per averti liberato?”, “Già….”, “E allora scatena l’inferno quando attaccheremo.”, “Pregusto già il momento” dissi con finta convinzione. Non sapevo come potevamo vincer senza etere. “Ehy Galyus, il generale ha già pensato ad attaccarli? E soprattutto come attaccarli?”, “I Daeva con maggiore grado stanno sviluppando un piano da settimane. Ma ancora non si sa niente”, “Devo parlargli, riesci a farmelo incontrare?”, “Domani gli chiedo un’udienza.”, “Grazie”, “Purtroppo è il mio lavoro.”

La notte dopo ero nella sua tenda. “Di cosa volevi parlarmi?” iniziò “Volevo informarti che Fregion interferisce tra noi e l’etere.”, “E come lo sai?”, “Perché non sarei stato con loro per tutto questo tempo, oltre al fatto che i Lord li avrebbero già sterminati tutti.”, “Grazie per questa preziosa informazione. Da ora il bersaglio primario sarà lui.”, “E come farete con l’ordine riguardo agli elisiani?”, “Non sappiamo come contattarli, i varchi sono irregolari oltre al dissenso di quasi tutti.”, “Era prevedibile tutto ciò. E stai sicuro che verranno loro.”, “Allora non ci rimane che attenderli. Chiederò a Pandaemonium altri combattenti da mischia. Hai altro da riferirmi?”, “Beritra è morto.”, “sono stati i Lord?”, “No, io.” La sua faccia era tra lo stupore e l’incredulità. Si ricompose subito. “Stupenda notizia. Asmodae ti ringrazia.”, “Meritava di peggio.” Dissi mentre uscivo. Ora ho fatto tutto cio che potevo. Resta a loro ideare un buon piano.

Invece che tornare alla tenda deviai verso il perimetro del campo dove Sheed mi aspettava. Avvisai
guardia che ormai ci aveva fatto l’abitudine e mi diressi verso le colline del nevaio di Morheim. Osservai la neve che in quel periodo stava cadendo senza sosta. Era incredibile come dei semplici fiocchettini dessero vita a paesaggi tanto magici. Sembrava che l’invasione in corso non esistesse. Era talmente tranquillo da ipnotizzarti. Sheed mi si buttò a dosso e iniziammo a giocare per affievolire lo stress.

Decidemmo di scalare un pendio un po’ più arduo e ci incamminammo verso la montagna che separava la landa innevata da un territorio invaso da ottasidi e funghi maleodoranti. I balaur non erano ancora passati da lì, infatti gli esseri gironzolavano tranquilli, sereni. Vorrei essere come loro in questo momento….Niente problemi catastrofici e niente pensieri oltre a sfamarsi.  

Mi sedetti su una delle vette più basse, anche se ci avevamo impiegato qualche oretta ad arrivarci. Da li potevo vedere ovviamente tutta la landa sottostante, la cima del vulcano Mushpel -la zona più inospitale della regione, e la pietra che galleggiava sulla fortezza assediata -ghermita da puntini che si muovevano, i balaur-. Il portale dell’Abisso era stato chiuso in tempo, così da non peggiorare le cose fornendo alle lucertole un modo per ricevere rinforzi.
 Sheed si addormentò al mio fianco, era talmente bello quando dormiva… l’alzarsi e l’abbassarsi del petto faceva luccicare il pelo con i pochi raggi di luce provocando strani giochi di luce e neve.

 Piano piano la tranquillità di quel posto si insediò dentro di me e, preda di quella dolce sensazione mi appisolai tranquillo, beato grazie al freschetto del leggero venticello e culato dalle luci delle stelle - qualunque cosa siano -.
E ora come scendo? Non avevo mai scalato una montagna con la mia nuova forma, né tanto meno scendere da una montagna. Sheed increspò le labbra in una specie di risatina animale, come a prendermi in giro, e si pose fra me e la discesa ripida. Vai piano e puntellati bene sulle zampe, attento a dove le metti, possono esserci delle crepe sotto la neve.  Ci mancava una caviglia rotta in questo periodo -di nuovo-. Sheed trotterellò qualche metro più in basso e si sedette ad aspettarmi. Lo raggiunsi abbastanza velocemente scendendo in diagonale e facendo un passo alla volta. La prima scivolata successe al secondo step, misi una zampa su un sasso che, sotto il mio peso non indifferente, cedette e scivolai giù. Sheed mi afferrò per il collo e frenò la caduta puntellandosi come mi aveva fatto vedere all’inizio. Devi guardare dove metti le zampe criticò lui. Tu riusciresti a vedere un sassolino sotto la neve? Replicai in difesa. No ma le minuscole collinette che questo fa formare alla neve si. Non risposi e continuai la discesa, deciso a non scivolare un’altra volta.

Scivolai altre 4 volte.  Quando mancavano circa 20 o 30 metri alla fine Sheed mi balzò addosso e rotolammo fino alla fine, o almeno credo. I colori si confondevano tra loro perciò non saprei dire se anche Sheed si era trasformato in una valanga in miniatura. Quando arrivai giù tutta la neve che avevo smosso mi investi seppellendomi in una tomba morbida e fredda. Mi rialzai con il muso ricoperto di neve e Sheed era diventato una bambola di neve con la testa nera.
Sheed mi lasciò al solito posto e trotterellò via. Diedi il buongiorno a Galyus con una bella scrollata di neve. Inutile dire che finì dappertutto. Lui brontolò e uscì, oggi toccava a lui la ronda.

Mentre usciva dalla tenda una guardia entrò urtando Galyus. La prima si scusò e ci disse di radunarci alla tenda del generale.  La solita folla ci accolse e, dovendo prendere gomitate su ginocchiate nel mio caso ci “accampammo” in prima fila, io mi ero infilato fra due gambe di due daeva diversi pur di non rimanerne accerchiato stando in mezzo alla folla.

Senti due voci provenire dalla tenda e subito dopo Aegir si mostrò alla folla. “Dopo giorni di attesa gli elisiani sono arrivati”. Mormorii generali. “Ricordate che dobbiamo allearci con loro perché da soli non riusciremo mai a salvare i nostri Lords. E se non lo facciamo Asmodae cadrà nelle zampe di quegli abomini. Condivido anche io il vostro odio verso quei codardi a Asmodae è più importante. Quidi stringeremo i denti e sopporteremo.”. Un “Si” generale si sollevò intorno al generale. “Verrà mandato un plotone per porgli l’offerta di alleanza. Ora nominerò i candidati. Disse una decina di nomi tra cui il suo e poi nominò me. Non so il perché ma me lo aspettavo. “Preparatevi, partiamo tra un’ora.”

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