Naga Hana Kaizoku

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La sua decisione ***
Capitolo 2: *** Due anni dopo ***
Capitolo 3: *** "Vuoi essere il nostro nuovo cecchino?" ***
Capitolo 4: *** Flyin Fenix ***
Capitolo 5: *** Naga Hana Kaizoku ***
Capitolo 6: *** La falla ***
Capitolo 7: *** Amici ritrovati ***
Capitolo 8: *** Come ai vecchi tempi ***
Capitolo 9: *** Confessioni ***
Capitolo 10: *** La Noche de la Rena Roja ***
Capitolo 11: *** Ancora una volta ***
Capitolo 12: *** Questione di priorità ***
Capitolo 13: *** Sfiga... ***
Capitolo 14: *** Una piccola promessa ***
Capitolo 15: *** Due piccioni con una fava ***



Capitolo 1
*** La sua decisione ***


La Sunny scorreva placida sulle acque della Grand Line, tagliando silenziosamente la notte in due. Sparsi per tutto il vascello, i Pirati di Cappello di Paglia cercavano ognuno a modo proprio e disperatamente di superare quella notte che prometteva di essere lunga e dolorosa come quella di qualche giorno prima, se non di più.
Il fatto di essere di nuovo e ancora in sette non era che un costante promemoria di quanto accaduto e, più di tutti, il settimo membro doveva fare i conti con quella pesante atmosfera che aleggiava sulla nave che lui stesso, con tanta dedizione, aveva costruito.
Addossando i giganteschi avambracci alla balaustra del castello di poppa, il cyborg lasciò vagare lo sguardo sul ponte erboso della Sunny. Anche se erano ripartiti da poche ore, gli mancavano già Water 7, i suoi ragazzi e anche quel baka di Iceburg. Ma non poteva certo affermare di non essere felice di essere lì. Sapeva che i Mugiwara sarebbero diventati presto la sua nuova famiglia, una famiglia con cui aveva combattuto, una famiglia di cui desiderava fare parte.
Di cui di fatto faceva già parte.
Per questo motivo anche se era appena diventato uno di loro e aveva avuto poco tempo per conoscerlo, anche lui sentiva un piccolo buco allo stomaco causato dalla sua mancanza. Anche lui riusciva a percepire il vuoto che quello strano ragazzo aveva lasciato nella loro famiglia.
 

 
§

 
-Che cosa fa Franky?-
Zoro si girò verso Nami, apparsa alle sue spalle, poi verso il castello di poppa dove il cyborg sospirava nell’aria notturna, lo sguardo perso nel vuoto anche se sembrava che stesse guardando verso di loro, e poi di nuovo verso il mare.
-Prende una boccata d’aria?- propose una possibile risposta lo spadaccino, stringendosi per un attimo nelle spalle.
Nami sollevò un sopracciglio ma non fece commenti , non rimproverò Zoro e non lo colpì con un pugno in testa come avrebbe fatto in qualunque altra occasione per il semplice fatto che le dava le spalle mentre stavano parlando. Quella sera non aveva voglia di litigare. Sospettava non ne avrebbe avuto voglia per molte sere e giorni a venire. Non era certa di voler vedere più nessun tipo di litigio sulla loro nave, ne aveva avuto abbastanza per il resto della propria vita.
Un brivido la percorse, non certamente dovuto alla brezza tiepida che smuoveva i sottili fili d’erba del ponte. Si abbracciò da sola, accarezzando leggera le braccia con i palmi delle mani, e si avvicinò all’altalena. Una risata le sfuggì al pensiero di quanto si sarebbe esaltato quel cretino se avesse visto che c’era un’altalena sul ponte della loro nave.
“Sono campione di dondolata acrobatica io!”
Sicuramente avrebbe detto così, mettendosi nella sua assurda posa, gambe divaricate, petto in fuori una mano sul fianco e il pollice a indicarsi con orgoglio.
Sì, avrebbe fatto proprio così.
Puntò gli occhi sui propri piedi mentre un groppo le si formava in gola.
-Pensavo davvero che sarebbe tornato…-
Nami sollevò la testa di scatto e si girò verso Zoro, che ostinato continuava a voltarle le spalle.
-Non ho mai preso neanche in considerazione che avrebbe scelto di rimanere a Water 7. Soprattutto dopo che la Merry…- si bloccò nel bel mezzo della sua confessione e prese un profondo respiro per calmarsi.
Nami sorrise materna e malinconica. Per quanto non volesse darlo a vedere, anche Zoro teneva a lui e sentiva terribilmente la sua mancanza. Non ne aveva mai dubitato.
-Se solo avessi immaginato io non avrei mai…- riprese ancora lo spadaccino.
-Cosa?- lo interruppe lei -Non avresti mai dato a Rufy il consiglio giusto? Gli avresti permesso di perdere la sua autorità come nostro Capitano e leader?-
Zoro si girò finalmente a guardarla, l’espressione dura e impassibile come sempre ma gli occhi appena un po’ lucidi e Nami dubitava fosse per il saké. Si guardarono alcuni istanti, sostenendo fieramente l’uno lo sguardo dell’altra.
-No. Avrei fatto e detto esattamente le stesse cose in ogni caso-
Nami annuì, soddisfatta dalla sua risposta.
-Rufy avrà bisogno di noi, ora più che mai. Avrà bisogno di te- sottolineò la navigatrice.
Fu il turno di Zoro di annuire deciso, riuscendo a far sorridere la compagna, anche se di un sorriso tirato e molto poco luminoso.
-Bene. Ora torno a lavorare alle mie cartine- lo informò, voltandosi per tornare nel sottocoperta. Avere un ufficio tutto suo la invogliava a lavorare con ancora più dedizione e costanza ma non era quello il motivo per cui non aveva intenzione di tornare in cabina e provare a dormire.
Sapeva che il solo modo per non crollare di nuovo nello sconforto era tenere la testa impegnata e se fosse andata a letto avrebbe finito con il non riuscire a dormire e continuare a rimuginare e pensare e immaginare i mille altri modi in cui quella faccenda sarebbe potuto concludersi.
Ma il punto era che era inutile. Ormai era andata così e non sarebbe andata in nessun altro modo perché indietro non si poteva tornare.
Tenersi occupata era la soluzione.
-È davvero la cosa più interessante che ti viene in mente, disegnare quelle cartine?- le domandò Zoro.
Nami lo fulminò con un’occhiata da sopra la spalla.
-Di sicuro è più intellettualmente stimolante dei tuoi allenamenti- ribatté un po’ avvelenata ma Zoro non si scompose.
-Pensavo più a una bottiglia di saké io ma se devi lavorare non ti trattengo-
Nami sgranò appena gli occhi, un po’ incredula e colta alla sprovvista.
Non sarebbe certo stata la prima volta che bevevano insieme ma era sempre capitato per caso, non era mai successo che uno dei due proponesse all’altro una bevuta in modo così diretto ed esplicito. Men che meno se lo sarebbe aspettato da parte di Zoro.
 Ma era chiaro che, come lei, lo spadaccino avesse bisogno di non pensare e che allenarsi non bastava per chiudere fuori i pensieri negativi. Contare le flessioni non bastava e nemmeno bere, se lo faceva in solitudine.
Nami scosse appena la testa e tornò sui propri passi fino a raggiungere Zoro, ancora addossato alla paratia.
-Tanto lo sai che ti batto, vero, testa di verza?-
-Questo è tutto da vedere- ribatté lo spadaccino con un ghigno.
 

 
§

 
La porta della biblioteca si aprì con un fluido movimento e senza cigolii.
Franky aveva fatto le cose per bene, la nave profumava di compensato nuovo, ma la biblioteca aveva quel tipico odore di carta e inchiostro che da sempre aveva il potere di rilassare Robin, indipendentemente dalla quantità di stress accumulata.
E non si poteva certo dire fosse poca dopo ciò che aveva recentemente vissuto. Aveva rischiato di morire, di finire a Impel Down, di assistere nuovamente a un Buster Call, diretto contro i suoi Nakama.
Per quante ne avesse passate negli anni, poteva dire con certezza che quelle erano state le ore peggiori della sua vita, dopo quelle durante le quali era stata perpetrata la distruzione di Ohara.
Ma ora era finita. Era di nuovo a casa. Grazie ai suoi Nakama.
-Vieni pure avanti Chopper- lo invitò con un sorriso, senza neppure staccare gli occhi dalla pagina del libro.
La piccola renna sobbalzò, presa in contropiede, continuando a osservare l’archeologa “nascosto” dietro lo stipite, domandandosi come avesse fatto a percepire la sua presenza dal momento che la porta si era aperta senza il minimo rumore, quando lui l’aveva spinta per sbirciare all’interno.
Tranquillizzato dal sentirsi chiamare per nome anziché “dottore”, come Robin era solita fare, Chopper avanzò cauto nella stanza. Robin posò il libro sul grande tavolo e si girò completamente verso di lui, dedicandogli tutta l’attenzione che meritava.
Il cuore le si strinse quando vide il tenero peluche della loro ciurma tremare senza controllo e con i lacrimoni agli occhi.
-Io non riesco a dormire…- ammise Chopper, parlando a fatica e mandando giù saliva per bloccare i singhiozzi -Mi… mi mancano le sue storie… mi manca tanto… mi manca lui…- ammise un attimo prima di cedere alla disperazione.
Senza smettere di sorridere Robin si affrettò ad avvicinarsi per prenderlo in braccio e cullarlo come una mamma con il proprio bambino.
-Tranquillo- gli sussurrò all’orecchio mentre lo accarezzava sulla testa libera dal cilindro, in mezzo alle corna -È tutto a posto Chopper-
Senza smettere di coccolarlo, Robin tornò alla comoda poltrona in cui era sprofondata a leggere fino a un attimo prima, facendo accomodare la renna sulle proprie gambe. Lo osservò strofinarsi gli occhi con gli zoccoli e singhiozzare per qualche minuto prima di riuscire a riprendere il controllo su se stesso. L’archeologa riprese ad accarezzarlo sulla testa mentre sceglieva con cura le parole.
-So che è difficile ma Usopp ha preso la decisione che lui ha reputato migliore per se stesso. È giusto e normale che ti manchi ma devi anche essere felice per lui. Ha deciso di intraprendere una strada diversa dalla nostra e noi dobbiamo credere in lui e forse un giorno lo incontreremo di nuovo- spiegò, sorridendo materna.
Chopper tirò su con il naso.
-E se non dovessimo vederlo mai più-
-In quel caso avrai sempre il suo ricordo nel tuo cuore-
La renna la guardò con tanto d’occhi a quelle parole, ricacciando indietro nuove lacrime che minacciavano di rompere gli argini e annegarlo di nuovo nello sconforto, prima di lasciarsi scivolare contro di lei e rilassarsi sul suo petto, respirando a grandi boccate per recuperare l’ossigeno perso.
Robin non avrebbe saputo dire per quanto erano rimasti in quella posizione quando Chopper parlo di nuovo, la voca arrochita dal pianto.
-Robin?-
-Dimmi- lo invitò, stringendolo a sé.
-Tu pensi che starà bene?-
L’archeologa rimase un attimo in silenzio e poi un sorriso di puro affetto le increspò le labbra.
-Ne sono certa. Naga Hana-kun sa sempre come cavarsela- 
 

§
 

-Hai fame?-
Rufy si irrigidì, seduto al tavolo della cucina che era stata immersa fino a pochi secondi prima nel buio. La voce di Sanji era così piatta e atona che era impossibile evincerne il suo stato d’animo. Il rumore che le suole rinforzate delle sue scarpe provocavano a ogni passo riecheggiò assordante nelle orecchie del capitano che si limitò a osservare il suo Nakama mentre, una sigaretta tra le labbra, avanzava verso il bancone per preparargli qualcosa.
Alla sola idea, il suo stomaco emise un cavernoso brontolio.
In realtà non era lì perché aveva fame. In effetti, se quello fosse stato il nocciolo della questione, Sanji lo avrebbe trovato intento a saccheggiare o quanto meno tentare di scassinare la dispensa e non immobile al tavolo con lo sguardo perso nel vuoto.
Se Rufy si trovava lì e non a ronfare nella propria amaca era perché non riusciva a chiudere occhio.
E doveva ammettere che era stato stupido scegliere proprio il sacro regno della sola persona su quella nave che avrebbe preferito evitare.
Non che avesse un problema con Sanji, ovviamente. Solo c’era il dubbio che Sanji avesse un problema con lui.
Per quanto tutti ci stessero male, nessuno era rimasto più sconvolto del cuoco dalla perdita di Usopp.
Dopo averlo spronato a Enies Lobby, avere creduto in lui con ogni fibra del suo corpo, averlo visto provare quel discorso idiota sulla spiaggia, l’ultima cosa che Sanji si era aspettato era che Usopp decidesse di non tornare più da loro.
Quella sera, per la prima volta da quando era un Mugiwara, Sanji aveva cucinato sulla loro nave senza la voce del cecchino a tenergli compagnia con le sue pompose, ridicole, esagerate frottole. Per la prima volta aveva lavato i piatti senza nessuno a cui passarli perché li asciugasse.
E, per la prima volta, si era reso conto di quanto quella routine fosse importante per lui. Di quanto quel maledetto bugiardo fosse importante per lui, più di quanto avesse mai osato immaginare.
Non che a Rufy non mancasse, anzi.
Nemmeno per lui era semplice. Quando aveva realizzato pienamente che Usopp non sarebbe più stato uno di loro era stato come se Sanji lo avesse di nuovo colpito con un calcio in faccia. No, era decisamente il contrario di semplice.
Ma la faccia gli faceva ancora male dove Sanji lo aveva colpito alcune sere prima per farlo tornare in sé, anche se era stato tutto inutile. E quel dolore, che di fisico aveva poco dal momento che lui era fatto di gomma, gli ricordava costantemente fin dove il cuoco si era spinto, fin dov’era arrivato, a colpire il proprio capitano, per difendere Usopp.
Per questo Rufy temeva che Sanji potesse avercela con lui, che lo reputasse colpevole di quanto successo. E anche se lui era il capitano e i suoi ordini non si discutevano e sapeva che Sanji mai li avrebbe messi in discussione, l’idea che uno dei suoi Nakama potesse provare del rancore per lui gli faceva male.
Non che questo gli togliesse l’appetito.
-Sei senza fondo- sospirò rassegnato Sanji quando lo stomaco di Rufy si produsse in un secondo mugugno d’impazienza.
Sbuffando una nuvoletta di fumo, il cuoco posò il piatto carico di cibo sotto il naso di Rufy che ci si avventò immediatamente, mentre Sanji si lasciava cadere in una sedia lì accanto e si dedicava completamente alla propria sigaretta.
Per un po’ solo il rumore della mascella di Rufy che masticava a triturava il cibo risuonò nella cucina, almeno finché il capitano non riuscì più a ignorare la presenza del Nakama a pochi passi da lui.
-Non riesci a dormire?- articolò a fatica a causa delle guance gonfie, sputacchiando chicchi di riso qua e là.
-Non parlare con la bocca piena, quante volte devo dirtelo?- lo ammonì Sanji, tirandogli una scapellotto talmente leggero che riuscì solo a fargli cadere il cappello sugli occhi.
Rufy risollevò il copricapo, sbirciando il Nakama da sotto la tesa e leggendo tutta la tensione e il dolore sul suo volto.
Deglutì il pantagruelico boccone che si era infilato in bocca.
-Sanji, io…- cominciò ma il rumore della sedia che strusciava per terra mentre il cuoco si alzava sovrastò le sue parole.
-Non dirlo, Rufy- lo avvisò Sanji, avviandosi per uscire dalla cucina, le mani infilate in tasca -Non hai nulla da rimproverarti, un capitano fa ciò che un capitano deve fare- si fermò per prendere una boccata di tabacco, sfilando la sigaretta dalle labbra -Per quanto mi costi ammetterlo, Zoro ha ragione. Ha avuto ragione su tutta la linea-
Rufy lo osservò riprendere a camminare verso la porta, infilandosi distrattamente la forchetta carica di cibo in bocca. Sanji appoggiò una mano allo stipite.
-Non esitare. Sei il capitano, devi essere così, determinato. Noi abbiamo bisogno di credere in te- mormorò prima di dileguarsi nel corridoio.
Rufy rimase a fissare per un po’ il rettangolo nero della porta, masticando sempre più lentamente, le gocce di salsa che cadevano sul dorso della sua mano incessantemente. Abbassò gli occhi per ripulirsi e fu solo allora che si rese conto che non era più in grado di vedere niente e che il liquido caldo che sentiva sulla pelle non era affatto l’ottimo condimento di Sanji ma lacrime.
Lacrime che stavolta erano arrivate troppo inaspettate per riuscire a controllarle e respingerle.
Tremando appena, si girò completamente verso il piatto ancora fumante e riprese a mangiare a grandi forchettate anche se più lentamente del normale, sopprimendo i singhiozzi con i bocconi di cibo e senza nemmeno cercare di controllare le gocce salate che gli rigavano le guance.
Gli mancava.
Gli mancava il suo cecchino. Gli mancava il suo migliore amico.
Gli mancava Usopp, da morire.
Ma Usopp aveva fatto la propria scelta e lui era il capitano e aveva ancora l’appoggio e la lealtà di tutti i suoi Nakama. Non poteva permettersi di crollare.
Non poteva  e per questo avrebbe finito il suo pasto, sarebbe andato a dormire e il giorno dopo avrebbe proseguito il proprio viaggio insieme alla sua famiglia.
O almeno insieme a quella che era ancora lì con lui.
 

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Capitolo 2
*** Due anni dopo ***


Sanji aspirò un’ultima boccata di tabacco e lasciò cadere la cicca a terra per pestarla sotto la suola della scarpa, prima di rientrare nella locanda dove si erano fermati a mangiare qualcosa. O meglio, dove Rufy si era fermato a mangiare qualcosa.
Gli altri erano ancora satolli dal banchetta che era stato loro offerto a Palazzo Ryuguu, come ringraziamento da parte di re Nettuno per aver salvato la loro isola da Davy Jones. Zoro, ovviamente, ne aveva approfittato per scolarsi un po’ di birra.
La fuga da Shabaody era stata così rocambolesca da non dargli nemmeno il tempo di apprezzare davvero il fatto di essere di nuovo insieme e ora Sanji aveva voglia di godersi un po’ di tempo con loro. Anche se non poteva fare a meno di continuare a pensare che non erano comunque davvero tutti insieme.
Sospirò, passandosi una mano tra i capelli biondi.
Dopo due anni aveva accettato quanto accaduto ma faticava ancora a digerire la cosa. Sapeva che erano cose che potevano capitare. La vita che conducevano era piena di pericoli, il rischio di perdere qualcuno all’ordine del giorno. Ma così era diverso.
Fottutamente diverso.
Usopp aveva scelto di andarsene, di non essere più un Mugiwara, anche se nei loro cuori lo sarebbe stato per sempre. E per questo Sanji sapeva che non avrebbe mai più sentito la famiglia davvero al completo senza di lui.
Ma tant’è. Non ci poteva fare niente e non si sarebbe fatto rovinare l’avventura di una vita dal comportamento di quell’imbecille, non si sarebbe fatto rovinare l’All Blue e non si sarebbe fatto rovinare quella tanto agognata riunione.
Ah se pensava che era davvero finalmente di nuovo insieme a Nami-swan e Robin-chwan! Quanto le erano mancate in quei due anni infernali, con la loro bellezza e grazia e gentilezza e intelligenza e…
-Merda!- imprecò il cuoco tra i denti mentre portava la mano a bloccare uno spruzzo di sangue fuoriuscito dalla narice e chiuse gli occhi per controllarsi.
Non poteva permettersi di dissanguarsi di nuovo. Anche se la sua Nami-swan e la bella Robin-chwan erano così… così… Melloriiiine!!!
Si bloccò a metà di un tornado di cuoricini, scuotendo la testa e stringendo i pugni.
Autocontrollo.
Necessitava di autocontrollo.
Prese un profondo respiro e rientrò dentro la taverna, concedendosi un attimo per godersi la visione dei suoi Nakama seduti tutti insieme, intenti a ridere e scherzare.
Nessuno dei soggetti lì presenti aveva l’aria di essere un semplice civile. D’altra parte quella piccola isola del Nuovo Mondo era così sperduta e isolata che era praticamente un paradiso per qualsiasi pirata, ricercato o criminale. Un’oasi dove anche il peggiore dei delinquenti poteva tirare il fiato e rilassarsi, senza paura di venire catturato.
Un po’ come al Baratie.
Mani in tasca e un lieve sorriso sulle labbra, si avvicinò al tavolo dovei suoi compagni  stavano cercando di tenere i propri dessert al riparo dagli arti allungabili del capitano.
-Rufy-san, attento o rischi di rompermi il naso con uno dei tuoi pugni! Anche se io il naso non ce l’ho più! Yohohohoho!-
-Rufy!! Smetti di attentare al mio gelato!- protestò Chopper, scostando appena in tempo la coppa dalla traiettoria del ragazzo di gomma.
Nel girarsi, la piccola renna colpì inavvertitamente il cyborg, che rovesciò tre quarti della sua cola sul gelato del medico di bordo. Chopper osservò la bibita frizzante annegare nella schiuma le tre palline di variegato al caramello, nocciola e vaniglia, i lucciconi agli occhi.
-Ohi fratellino, mi spiace! Te ne ordino subito dell’altro!- reagì subito Franky, girandosi per cercare un cameriere.
-Non preoccuparti, Franky- lo interruppe Sanji che aveva ormai raggiunto il tavolo, posando una mano sul nuovo cappello di Chopper -Lo preparo io un fantastico dessert al nostro medico appena torniamo sulla nave-
Chopper piegò la testa all’indietro per poterlo guardare in volto, un po’ sorpreso, e si aprì nel più radioso dei sorrisi quando Sanji gli fece l’occhiolino, prima di sedersi al proprio posto.
Zoro aprì un occhio – l’unico che gli era rimasto in effetti  – e gli lanciò uno di sguardo di sbieco, senza scomporsi dalla propria posizione stravaccata.
-Dovevi proprio tornare e disturbare il mio pisolino con la tua fastidiosa voce cuocastro?!-
-Perché non vai a cercarti un posto fuori da qui per dormire così magari ti perdi e non torni più, eh, testa ammuff…-
Un potente cazzotto troncò sul nascere la loro lite e sia Sanji che Zoro si ritrovarono catapultati verso il tavolo, con le facce infossate nella superficie di legno.
-E fatela finita una buona volta!- gracchiò Nami, i denti appuntiti e una vena pulsante sulla fronte mentre Robin si copriva la bocca con la mano, ridacchiando sommessamente.
Rufy li osservò uno ad uno, mentre finiva di masticare l’intero contenuto del piatto che aveva sottratto a Nami appena si era distratta a picchiare cuoco e spadaccino. Deglutì rumorosamente e prese un profondo respiro.
-Ragazzi, devo parlarvi di una cosa!- alzò la voce per farsi sentire da sopra le chiacchiere, le risate, le minacce e i gridolini impazziti di Sanji riguardo la potenza della “forza dell’amooooore”. Stupiti, si zittirono tutti all’istante e si voltarono verso il capitano, senza sapere cosa pensare.
Sembrava una cosa seria e non ci sarebbe stato niente di strano o di male se non si fosse trattato di Rufy. Ma per quanto impulsivo, infantile e immaturo fosse certe volte quel ragazzino di gomma, Rufy restava pur sempre il capitano ed era già capitato che riuscisse anche a ragionare come un capitano e prendere decisioni da capitano, anche prima dei due anni di allenamento e della morte di Ace, eventi entrambi che di sicuro lo avevano aiutato a crescere e maturare.
Un silenzio carico di aspettativa avvolgeva il tavolo dei Mugiwara in quel momento, mentre Rufy abbassava gli occhi per un attimo con un malinconico sorriso sul volto.
-Ormai siamo giunti nel Nuovo Mondo- cominciò risollevando lo sguardo sui propri Nakama –Ray è stato chiaro con me. Non c’è stato giorno in questi due anni che non mi abbia ripetuto le cose fondamentali per sopravvivere fino a Raftel- proseguì, mentre allungava le braccia verso i piatti che ancora contenevano cibo.
-Ehi!!!- protestò Zoro, schiaffeggiandogli una mano.
Rufy lo fulminò con un’occhiataccia.
-Il capitano sta parlando Zoro!- lo ammonì, rubandogli l’ultimo bignè e ingoiandolo in un sol boccone mentre lo spadaccino ringhiava furente -E uno dei punti fondamentali secondo Ray è avere una ciurma completa. Non si può attraversare il Nuovo Mondo se i ruoli fondamentali non sono tutti presi-
Sanji aggrottò le sopracciglia e una strana sensazione lo attraversò.
Dove voleva andare a parare?!
Lanciò un’occhiata a Nami che sembrava perplessa quanto lui ma più vicina alla soluzione, anche se non quanto Robin che probabilmente, per il semplice fatto di essere Robin, aveva già capito tutto anche se non lo dava a vedere.
-Voi ragazzi siete tutti eccezionali e avete sempre fatto del vostro meglio. Non potrei essere più fortunato-
-Anche tu sei SUPER capitano!!!- lo interruppe Franky, alzandosi in piedi per mettersi in posa.
-Se pensi di farmi felice con questo complimento sei fuori strada, bastardo!- ondeggiò Chopper.
-Oh Rufy-san! Queste tue parole mi scaldano il cuore anche se…-
-Tu il cuore non ce l’hai più, lo sappiamo Brook! Volete stare zitti?!- li interruppe infastidito Sanji.
Voleva arrivare in fondo a quella storia e si sentiva terribilmente agitato.
Sul serio, intorno a cosa stava girando quell’imbecille di gomma?!
-Rufy cosa stai cercando di dirci?!- domandò Nami, rigida per la tensione.
Un lungo silenzio seguì la domanda, silenzio durante il quale Rufy cercò con gli occhi il proprio spadaccino, il suo primo compagno, per studiare la sua reazione a ciò che stava per dire.
-Dobbiamo trovare un nuovo cecchino- affermò sicuro e fermo.
Un lampo attraversò gli occhi di Zoro che riuscì a restare impassibile e, dopo qualche secondo necessario per metabolizzare, sollevò appena il mento in segno di approvazione. Non aveva ragione di opporsi a Rufy su un’argomentazione tanto ragionevole. Dire che il petto non gli facesse male sarebbe stata una bugia ma se Rufy riteneva non avesse più senso aspettare allora non avrebbero più aspettato.
In effetti  neanche lui sperava più nel suo ritorno ormai.
Ma solo lui e Robin sembravano pensarla così.
Chopper aveva già gli occhi pieni di lacrime anche se stava coraggiosamente trattenendo i singhiozzi, Brook aveva distolto lo sguardo, imbarazzato dalla consapevolezza di essere l’unico a cui quella decisione non avrebbe fatto né caldo né freddo, Franky si era riseduto e fissava Rufy a occhi sgranati.
-Che botta, fratello- mormorò.
Sanji aveva spalancato la bocca e non sembrava in grado di richiuderla.
Trovare un nuovo cecchino?! Ma di cosa stava parlando?!
No! Mai e poi mai! Come avrebbero potuto?!
Non era un posto vacante quello del cecchino! Era di Usopp!
Usopp era il cecchino dei Mugiwara e lo sarebbe sempre stato!
-In questi due anni ho riflettuto molto e cercato varie possibili soluzioni- riprese a parlare Rufy, masticando dell’altro cibo la cui provenienza era difficile da individuare ma che doveva avere verosimilmente sottratto da un tavolo vicino -Ho pensato di andare a cercarlo anche ma noi ci siamo allenati per due anni e lui no e non posso chiedergli di rischiare la vita così nel Nuovo Mondo. Senza contare che lo One Piece non è mica lì ad aspettare noi, no?!- aggiunse deglutendo e mettendo su uno dei suoi sorrisoni.
Un rumore strusciato li fece voltare tutti verso la navigatrice che si era alzata bruscamente in piedi.
-Come puoi?! Come puoi anche solo pensarlo?! Quel ruolo non è vacante!- protestò la navigatrice, le mani chiuse a pugno lungo i fianchi, il corpo scosso dai tremiti.
-Nami…- la chiamò Zoro, cauto.
-Quel ruolo non è mai stato vacante! Non puoi fare così! Usopp sarà sempre un Mugiwara, uno di noi! Sarà sempre il nostro cecchino, non possiamo semplicemente sostituirlo e andare av…-
-Sì invece!- 
Nami si girò di scatto a occhi sgranati verso Sanji, che era riuscito finalmente a ritrovare l’uso della parola.
-Ha ragione lui, Nami-swan- aggiunse, parlando con calma -Hai ragione tu ma ha ragione anche lui. Non possiamo affrontare il Nuovo Mondo senza un cecchino e anche se Franky fa del suo meglio e se la cava alla grande, lui non è un cecchino. Senza contare che è proprio come dice Rufy. Se anche Usopp tornasse o lo andassimo cercare non sarebbe abbastanza forte per affrontare il Nuovo Mondo. Dobbiamo guardare avanti- concluse con un filo di voce, abbassando gli occhi sul tavolo prima di risollevarli sul resto dei Nakama con il miglior sorriso che era in grado di esibire in quel momento.
Era palese l’angoscia nei suoi occhi ma nessuno poteva farci niente. Nessuno si sarebbe mai riuscito a liberare di quella mancanza, di quel buco al centro del petto. Potevano solo andare avanti, sperando che il tempo li guarisse.
Ma Nami era sempre stata la più cocciuta di tutti, anche di Rufy, e non si era ancora arresa. Con le lacrime agli occhi e un’espressione rabbiosa, cercò disperata il sostegno di almeno di uno dei suoi Nakama, senza trovarlo.
-Bene! E allora cosa pensate di fare?! Non possiamo accontentarci di un cecchino mediocre! Pensate di uscire da questa locanda e inciampare in un tiratore infallibile?! Pensate siano tutti là fuori che aspettano noi?! Pensate sia così facile sostituire Usopp?!?-
-Nessuno potrà mai sostituire Usopp!- la interruppe Zoro, rabbioso ma non arrabbiato. Nami abbassò gli occhi su di lui, sotto shock. Una silenziosa comunicazione intercorse tra i due mentre Zoro cercava di calmarla con il proprio sguardo, riuscendoci -Nessuno lo sostituirà mai- le assicurò ancora e la navigatrice deglutì a vuoto, tornando lentamente a sedersi, mantenendo il contatto visivo per alcuni istanti.
Si riscosse e si passò una mano sul viso, prendendo un profondo respiro.
-D’accordo- si arrese alla fine, annuendo e facendo ondeggiare la chioma rossa e ribelle -D’accordo, quindi come pens…- s’interruppe quando un ringhio baritonale risuonò nella locanda e sollevò gli occhi sgranati su Zoro -Ehi! Ho detto che sono d’accordo!- protestò.
Zoro sollevò un sopracciglio -Non sono stato io!- esclamò, infastidito.
E il ringhio risuonò di nuovo.
-Marimo! Non ringhiare contro Nami-swan!- lo ammonì subito Sanji!-
-Ma non sono io!-
-Ah no?! E allora c…-
Un tonfo micidiale interruppe il cuoco mentre una sedia volava sopra le loro teste e si fracassava al suolo, sparando schegge di legno impazzite in tutte le direzioni.
I Mugiwara al completo, così come il resto degli avventori presenti, si girarono verso la parete est della locanda. Un uomo era spalmato contro il muro, i piedi penzoloni, trattenuto per il colletto della camicia da un ragazzo che non poteva essere più grande di Sanji o Zoro e che ringhiava furibondo contro il povero malcapitato.
-Ripetilo se hai il coraggio- sputò avvelenato il ragazzo.
Senza neanche rendersene conto, Rufy si stava già scrocchiando le dita, Zoro aveva portato una mano sull’elsa della Wado e Sanji stava strusciando la suola per terra come se la sua scarpa fosse stata un cerino da accendere. Non era chiaro cosa stesse succedendo ma era chiaro che non avrebbero permesso che qualcuno si facesse male senza un valido motivo.
Ma prima che chiunque potesse fare anche solo mezza mossa, la porta della locanda si spalancò di nuovo e uno spruzzo di sangue si riversò sul tavolo dei Mugiwara proprio davanti a Sanji.
-SANJI-KUN!-
-Che diavolo…-
-MELLORIIIIINE!!!-
Una ragazza era appena entrata nella taverna, spalancando la porta, e a Sanji era bastata un’occhiata per registrare le gambe snelle, abbronzate e per la maggior parte nude, il seno prosperoso, il ventre piatto e scoperto, i capelli castani con riflessi dorati che le arrivavano poco sotto le spalle. Lo stile del suo abbigliamento aveva qualcosa di gitano e a Nami bastò quella considerazione per capire che doveva essere insieme al ragazzo dall’indole poco diplomatica. Anche lui aveva uno stile simile a quello della nuova arrivata, con la camicia sgualcita, il gilet aperto, il cappello e i ciondoli al collo.
La sua ipotesi trovò conferma quando la ragazza cambiò espressione nel mettere a fuoco la scena davanti a sé. I pugni stretti lungo i fianchi avanzò attraverso la taverna.
-Saku!- chiamò, determinata ma il ragazzo non si mosse di un centimetro, continuando a ringhiare e trattenere la propria vittima -Saku, lascialo!-
-Non sai cosa mi ha detto, Lilith!- si lamentò Saku.
-Oh me l’immagino. Ti avrà di certo ferito nell’orgoglio- commentò Lilith, chiaramente sarcastica.
Saku allentò appena la presa sull’uomo e la guardò da sopra la propria spalla.
-Non sembri seria…-
-Perché non lo sono! Ora falla finita e andiamo!-
-Non prima di avergli dato una lezione- ringhiò Saku.
-Smettila! Stai dando spettacolo!-
Quelle parole sembrarono sortire qualche effetto. Saku si girò sorpreso, rimettendo l’uomo a terra ma senza lasciarlo andare, e si guardò intorno attentamente.
-Non è affatto vero- considerò.
-Ti guardano tutti- ribatté prontamente Lilith.
-Loro no- rispose Saku, indicando con un cenno del capo un tavolo alla sua destra.
Lilith si girò verso il tavolo in questione, osservò la scena e poi tornò a fissare incredula il proprio interlocutore.
-Perché il loro nakama si sta dissanguando!- esclamò, indicando con la mano il biondo in fin di vita, la rossa che gli stava sostenendo il capo e quella… piccola strana creatura pelosa che lo stava medicando.
Un brivido attraversò Saku che storse le labbra in una smorfia infastidita. Con uno spintone lasciò andare l’uomo, facendolo sbattere di nuovo contro il muro, e gli lanciò un’ultima occhiata assassina prima di muoversi per raggiungere Lilith che lo attendeva impaziente con le mani sui fianchi.
Stava già per avviarsi insieme alla porta quando l’uomo, recuperato l’equilibrio e nonostante fosse ancora tossicchiante, lanciò un’occhiata di scherno in direzione del proprio aggressore.
-Ti piace l’uva passa e ti fai comandare da una mocciosa. Sono stato anche gentile a chiamarti solo “mammoletta”- commentò ad alta voce, facendo ridere i suoi compagni.
Ma le risate si trasformarono in mugugni di spavento quando tre coltelli attraversarono la locanda a velocità inaudita, fendendo l’aria. Due inchiodarono al muro l’uomo, bucando la sua maglietta proprio appena sopra le spalle e il terzo si conficcò a pochi centimetri dal suo fianco, recidendo di netto il punto in cui la fondina della pistola era cucita alla sua cintura di pelle, rendendolo così innocuo.
-SAKU!-
La voce di Lilith riecheggiò per la locanda mentre il ragazzo sollevava un quarto coltello, tenendolo per la lama. Saku si immobilizzò e sembrò combattere con se stesso qualche secondo. Chiuse gli occhi, strinse i denti e poi abbassò il coltello. Ma proprio quando sembrava che si fosse calmata, con uno scatto fulmineo Saku tornò verso l’uomo.
Zoro si alzò a metà sulla sedia, pronto a intervenire ma non si mosse quando vide che Saku aveva puntato la lama del quarto coltello alla gola dell’uomo. Era chiaro che quel ragazzo non avesse problemi ad uccidere e Zoro capì che non era sua intenzione porre fine alla vita di quell’uomo ma solo dargli una lezione.
-La vedi quella “mocciosa” laggiù?- gli domandò Saku, la voce che tremava per la rabbia -Quella è mia sorella Lilith e devi solo a lei se questo coltello non è conficcato nel tuo ventricolo destro-
L’uomo lo fissò in panico, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua e ritornando a respirare solo quando Saku lo lasciò andare, liberandolo dalla morsa dei suoi pugnali, per uscire dalla locanda stavolta a passo più deciso e borbottando qualcosa riguardo al fatto che l’uva passa non aveva niente di poco virile.
La porta della taverna si richiuse con un potente tonfo e nessuno riuscì a muovere un solo muscolo per alcuni secondi.
I Mugiwara si guardarono tra loro con le più svariate espressione, dal basito al soddisfatto, per l’incredibilità abilità di cui Saku aveva appena fatto sfoggio.
-Fratelli avete visto?!- domandò Franky a bocca aperta, gli occhi ancora puntati sul muro.
-Non riesco a credere ai miei occhi, che non ho nemmeno più- annuì Brook.
-È stato incredibile!- esclamò Chopper, emozionato ed entusiasta.  
Rufy aveva messo su un’espressione molto più pensierosa del normale per lui e sembrava stare macinando qualche difficile considerazione.
-Uhmmm… quel Saku sembra avere una buona mira…- considerò, parlando con se stesso.
Poi una luce per niente rassicurante gli accese gli occhi e mise su uno dei suoi enormi sorrisi prima di lanciarsi come una molla impazzita verso la porta della locanda.
-Rufy! Aspetta!- lo richiamò Nami, seguendolo a ruota insieme a Sanji e Zoro.
-A quanto pare siamo capitati nel posto giusto al momento giusto- fu il commento di Robin, mentre finiva di sorseggiare con calma il proprio the.
 
 
 

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Capitolo 3
*** "Vuoi essere il nostro nuovo cecchino?" ***


-Ehiiiii! Aspettate!!!-
-Rufy!- sibilò con rimprovero la navigatrice, correndo dietro al ragazzo di gomma, impegnato a sbracciarsi fino a staccarsi gli arti.
Dietro di lei, Zoro e Sanji li seguivano a passo di marcia e dietro ancora, con camminata pacata, quasi che fossero in gita turistica, venivano Chopper, Robin, Franky e Brook.
-Il capitano è sempre così pieno di entusiasmo- commentò una sorridente archeologa.
-Yohohoho-ho! Robin-san posso sapere il colore delle tue mutandine?-
-Rufy torna qui! Dobbiamo prima discuterne tutti insieme!-
-Ehi voi! Kaku! Lafitte!- Rufy ignorò deliberatamente Nami e riuscì ad ottenere finalmente l’attenzione dei due fratelli. Lilith si fermò perplessa e si guardò intorno, mettendoci qualche secondo a individuare il ragazzo con il cappello di paglia che stava andando loro incontro e che li raggiunse in poche falcate.
La rossa che aveva notato poco prima alla taverna, impegnata a cercare di salvare il proprio compagno da una morte per dissanguamento, lo raggiunse un attimo dopo e gli pestò un potente pugno sul cranio. Lilith trattenne il fiato, studiandoli più attentamente, sia il resto del loro gruppo, pochi metri dietro a loro.
-Cretino! Si chiamano Saku e Lilith!- lo sgridò la rossa.
-E io che ho detto, Nami?!- protestò il ragazzo con il cappello di paglia, massaggiandosi la chioma corvina.
Lilith li osservò perplessa qualche istante, prima di azzardare un passo verso di loro.
-Scusate, possiamo per caso esservi d’ai…- fece per chiedere cortesemente ma s’interruppe quando la sua mano venne catturata da altre due che la strinsero delicatamente. Lilith ci mise qualche secondo a individuare il possessore di suddette mani, inginocchiato di fronte a lei.
-Oh mia visione! Fatico a tenere gli occhi aperti di fronte a tanta fulgida bellezza!-
-Ci risiamo- grugnì Zoro mentre Nami sospirava e appoggiava la fronte contro la spalla del verde, sconfortata.
-…così gentile e luminosa…-
-Sanji-
-Torciglio- lo chiamarono all’unisono navigatrice e spadaccino.
-…’sciami essere il tuo schiavo d’amooooooore!!!-
-È un deficiente- commentò Zoro.
-Irrecuperabile- fu la conferma di Nami, mentre il resto della ciurma li raggiungeva.
Sanji era ancora impegnato ad innaffiare Lilith di cuoricini quando Saku perse completamente le staffe e avanzò verso il cuoco, afferrandolo per il colletto e obbligandolo a mettersi in piedi.
-La fai finita?- lo aggredì, premendo la fronte contro la sua e riportandolo al suo stato normale.
-Lasciami andare, arrotacoltelli da quattro soldi- sibilò Sanji.
-Così puoi tornare a sbavare su mia sorella?! Scordatelo! E poi chi hai chiamato “arrotacoltelli da quattro soldi”, brutto pervertito?!-
-“Brutto pervertito” a chi, imbecille?!-
-Saku, non è il caso di litigare per questo!- provò a farsi ascoltare Lilith.
-Tutto questo non risulta famigliare anche a voi, fratelli?- s’informò Franky, gli occhi socchiusi a scrutare la scena.
-Sanji, smettila di provocarlo!- intervenne Nami.
Zoro ghignò soddisfatto, con l’aria di uno che si stava godendo un gran bello spettacolo. -No lasciateli continuare, è uno spettacolo così divert…-
Un cazzotto fumante lo raggiunse sul cranio verde.
-Non è il momento questo!- sbraitò la navigatrice, esasperata, i denti a squalino e una vena pulsante sulla fronte.
-Sei davvero Nico-Robin?! L’ultima superstite di Ohara?!-
Il silenzio calò assoluto quasi che Lilith avesse urlato anziché porre quella domanda con tono calmo e normale. La giovane gitana aveva gli occhi fissi su Robin ma in realtà si stava domandando come avesse fatto non solo a non notare prima la rinomata archeologa ma anche a non riconoscere di che ciurma si trattasse, quando li aveva notati dentro la locanda.
Ora, sapendo di chi era in presenza, un certo senso di eccitazione misto a euforia la stava pervadendo, rendendole difficile mantenere un certo contegno. Non poteva credere che quelli fossero davvero i Mugiwara!
La mora mantenne gli occhi cerulei fissi in quelli viola di Lilith prima di annuire lentamente, l’espressione impassibile. Difficile dire se stesse provando malinconia, fastidio o piacere nel sentirsi chiamare a quel modo. Ciò che era certo era che Lilith non l’aveva detto né con disprezzo né per offenderla, a giudicare dal sorriso che le rivolse. Visibilmente emozionata, fece un passo verso Robin.
-Io e Saku proveniamo dalla tribù Chagall. Nostra madre conosceva tua madre. Loro erano… grandi amiche. Mamma mi ha sempre parlato di lei, diceva che non aveva mai conosciuto un’altra donna così incredibile- Robin sgranò gli occhi e trattenne il fiato, mentre Lilith prendeva coraggio e copriva la breve distanza tra loro. -È un vero onore conoscerti- aggiunse, allungando una mano che Robin afferrò appena un po’ esitante, sotto shock per quell’improvvisa rivelazione.
Nessuno osava parlare per non rovinare il momento, che somigliava più a una riconciliazione che a una presentazione, in una qualche contorta maniera. Le due donne si osservarono per un lungo istante e Robin fece per aprirsi in un sorriso, immersa in quell’atmosfera così surr…
-Ehi! Vuoi diventare il nostro nuovo cecchino!- urlò Rufy, aggrappandosi al collo di Saku e spezzando la magia del momento.
Tutti si voltarono in tempo per vedere Saku fulminare con gli occhi Cappello di Paglia, mentre tentava di scrollarselo di dosso.
-Levati di dosso, dannato, o ti recido la carotide!- reagì il ragazzo e Lilith sospirò mandando gli occhi al cielo.
-Sempre così educato- mormorò sottovoce, mentre Saku riusciva finalmente a gettare Rufy al suolo. Zoro sguainò parzialmente una katana e Sanji strinse le mani infilate nelle tasche a formare due pugni -Scusatelo, non lo fa apposta- intervenne Lilith, prima che la situazione degenerasse in rissa -È geneticamente incapace di essere gentile-
-Non ci vengo con voi, nemmeno morto!-
-Perché no?!- protestò Rufy ancora a terra, mettendo il broncio. Poi un pensiero sembrò colpirlo e si aprì in un radioso sorriso -Ehi se è per Lilith non c’è problema! Può venire con noi, tanto è simpatica!-
-Mia sorella non va da nes…- cominciò Saku, minaccioso. 
-Il fatto è che…- s’intromise Lilith, fulminando il fratello con rimprovero -…siamo già parte di una ciurma pirata. Saku è il nostro medico-
-Medico?!- chiesero increduli Chopper e Brook, spalancando la mascella fino al suolo.
Lilith annuì -Lui ha… una conoscenza impeccabile dell’anatomia umana. Diciamo che considerata la sua mira, torna utile anche contro i nemici- rise un po’ imbarazzata, cercando di smorzare il fatto che aveva appena dato dell’assassino a sangue freddo a suo fratello.
Chopper deglutì a vuoto, un po’ in soggezione all’idea di essere a tutti gli effetti un collega di un soggetto tanto iracondo.
-Perché non è il cecchino vista la sua mira?- s’informò Zoro, il sopracciglio sollevato.
-Oh beh. Gli manca la pazienza, ecco-
-Ma avete un cecchino voi?!- chiese Rufy, ormai entrato in loop con la faccenda tiratore.
-Sì certo! Non si può viaggiare nel Nuovo Mondo senza che tutti i ruoli principali siano ricoperti. Lo sappiamo bene noi, dato che siamo originari di queste acque- spiegò la gitana, con un’alzata di spalle.
-E sai dove possiamo trovare un cecchino?!- proseguì imperterrito il capitano dei Mugiwara mentre Nami mandava gli occhi al cielo, vagamente disperata.
-Ah… no, mi spiace non saprei proprio- affermò perplessa Lilith.
-Beh ora se abbiamo finito con i convenevoli, potremmo darci una mossa? Ci stanno aspettando- intervenne Saku, con voce cavernosa.
-Scusate! Vi abbiamo trattenuto anche troppo!- intervenne subito Nami, dispiaciuta.
-Nami ha ragione, i vostri compagni vi staranno aspettando- mormorò Robin, rivolgendo un gentile sorriso a Lilith.
-Credo di sì ma…- cominciò la ragazza, lanciando un’occhiata oltre la propria spalla. Quando tornò a guardare davanti a sé sobbalzò, presa in contropiede nel ritrovarsi il viso di Brook e la sua esagerata acconciatura afro a pochi centimetri dal naso.
-Yoho-oh! Signorina, prima che andiate, potrei chiederle il colore delle sue mutandine?-
-Come p-prego?!- balbettò scioccata Lilith.
-Fratello osso non è il momento questo! Robin ha ragione, li abbiamo trattenuti anche troppo!- intervenne Franky prima che Saku minacciasse di uccidere lo scheletro.
Che però era già morto.
A giudicare dalle espressioni riflessive e perplesse del resto della ciurma, eccezion fatta per Rufy ovviamente, non solo il cyborg si stava interrogando su quella faccenda.
-Yohohoho-oh! Ormai non serve neanche più che io lo dica ad alta voce!- si esaltò Brook, battendo insieme le lunghe dita.
-Beh allora andiamo- li incitò Zoro, avviandosi con le mani intrecciate dietro la nuca.
-Se dobbiamo trovare un cecchino prima di partire, ci conviene metterci a cercare subito- gli diede manforte Sanji, stranamente d’accordo con il nakama per una volta, mentre tutti si avviavano. 
-No aspettate!- Otto teste si voltarono perplesse verso Lilith che si stava avvicinando di nuovo a loro, ignorando Saku che la richiamava perché tornasse indietro -Vorrei chiedervi un favore!- mormorò decisa, guardando Rufy negli occhi. Attese un lieve cenno d’assenso  prima di proseguire. -Franky il cyborg, giusto?- domandò conferma, voltandosi verso l’azzurro che annuì perplesso -So che eri carpentiere a Water Seven prima di unirti ai Mugiwara-
Franky sollevò una manona a grattarsi la nuca. -Oh beh… ecco…- non era certo che “carpentiere” fosse la definizione più appropriata per le sue attività nella città dell’acqua.
-Sei stato allievo di Tom il costruttore- aggiunse Lilith, cogliendolo alla sprovvista.
-Sai parecchie cose su di noi- considerò Robin.
-Mellorine! Come sei intelligente e acculturata!!!-
-La nostra nave ha un problema- proseguì imperterrita la gitana, ignorando cuoco e archeologa -C’è una falla che non riusciamo a riparare del tutto. Continua a riaprirsi e a filtrare acqua e dobbiamo sostare continuamente per tamponare il problema. Pascal fa del suo meglio ma il legno con cui è costruita è molto particolare. La nave è ormeggiata al molo sud, mi chiedevo se fossi disposto a darci un’occhiata-
Franky sbatté le palpebre un paio di volte. -Beh se per Rufy non è un problema…-
-Certo che no! È un piacere poter aiutare degli amici!- rispose prontamente il capitano.
-Amici?- mormorano all’unisono Saku e Zoro, alzando entrambi il sopracciglio.
-Fantastico!- esclamò Lilith, un po’ troppo entusiasta. -Venite, vi faccio strada!-
Si avviarono tutti insieme, verso il molo sud dell’isola, camminando in silenzio per qualche minuto, finché Robin non affiancò Lilith, curiosa di scoprire di più su di lei.
-Siete una ciurma numerosa?- s’informò la corvina.
-No in realtà siamo solo in sei. Alcuni di noi svolgono più di un ruolo infatti. Pascal, per esempio, è il carpentiere ma se la cava anche come timoniere- spiegò, gesticolando 
-E tu che ruolo hai?-
Lilith sembrò presa inizialmente in contropiede e poi distolse lo sguardo.  -Beh io sono solo la botanica- ammise -Ma mi occupo anche del diario di bordo-
Saku le lanciò un’occhiata tra l’indagatore e l’arrabbiato, sicuramente infastidito di sentire la propria sorella sminuirsi da sola a quel modo, ma Lilith lo ignorò testardamente, accelerando poi il passo per distaccare il resto del gruppo.
-Ci siamo quasi- avvisò, ormai impaziente di arrivare alla nave. 

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Capitolo 4
*** Flyin Fenix ***


-Santo Roger- mormorò il cyborg, a occhi sgranati -Sorella è… è…- balbettò a corto di parole.
Quando Lilith gli aveva indicato la loro nave, la Flyin Fenix, Franky si era pietrificato, le braccia già alzate e pronte a unirsi nella sua posa Super. E ancora in quella posizione si trovava, da due minuti buoni, spesi a fissare il vascello e a ritrovare l’uso della parola.
-Franky che succede?- s’informò Rufy, grattandosi perplesso il capo.
Era una bella nave per carità, poco più grande della Merry ma di sicuro più piccina della Sunny. La polena era intagliata con eleganza e rappresentava un… un cigno forse con una cresta tutta colorata e… il resto delle penne rosse e oro…
Rufy piegò il capo di lato. Era certo un cigno ben strano.
-Mi chiedi che succede, fratello?! Questo è… è…- bofonchiò Franky, allargando le braccia robotiche -La seconda cosa più meravigliosa che un carpentiere possa sperare di vedere in tutta la sua vita!- ululò infine, scoppiando a piangere.
Robin avanzò di qualche passo, studiando con occhio esperto le travi di legno con cui la nave era costruita, di un arancione simile al colore del cielo al tramonto. Era in effetti uno gran bello spettacolo, soprattutto perché la poppa ricordava la coda di un uccello ed era anch’essa dipinta con gli stessi vivaci colori della cresta della polena, colori che macchiavano a regola d’arte  qua è la anche l’albero maestro.
-Ma perché quel cigno ha la cresta?!- chiese Rufy, spazientito dall’essere l’unico ad aver notato quell’incongruenza artistico-zoologica.
-Perché è una fenice, imbecille- lo informò atono Sanji, afferrando la sigaretta tra due dita e rilasciando una nuvola di tabacco.
-Questo è il legno dell’isola di Nirvana, vero?- chiese Robin, facendo annuire Lilith. -Quando hai parlato della tribù Chagall, prima, non avevo compreso che ti riferissi proprio a quella tribù. Credevo fosse un caso di omonimia-
-L’isola di Nirvana?- domandò Nami, curiosa.
Robin annuì. -L’isola di Nirvana è famosa per la resistenza di tutti i materiali che vi si possono trovare, dal legno al metallo, passando per la roccia. Si dice sia abitata da un popolo pacifico che vive in pace con la natura e le sue leggi e per questo l’isola lo ha ripagato così. La particolare alchimia che si è venuta a creare negli anni tra l’isola e i suoi abitanti, ha fortificato la foresta dell’isola, le sue cave e le sue caverne, fino a rendere ogni materiale di costruzione altamente pregiato. Le rocce su cui sono scolpiti i Poignee Griffe provengono tutte da lì.-
-Non è solo questooooo!- intervenne il cyborg, innaffiando Chopper  e Brook -Questo l-legno è leggerissimo oltre a essere il secondo più resistente al mondo. È… è così… c-così raro! Non quanto q-quello dell’Albero di Adamo m-ma non pensavo che avrei a-a-avuto la fortuna di… di poterli toc-ccare con mano entrambiiiiii!-
-Okay Franky, abbiamo capito, però ora smetti di piangere- provò a tranquillizzarlo Sanji.
-Ma che… che dici fratello io… non sto piangendo… è s-solo l’emozione…- protestò tra i singhiozzi prima di soffiarsi rumorosamente il naso in un fazzoletto che Brook gli aveva allungato.
-Lilith, quando dici che tu e Saku fate parte della tribù Chagall intendi dire che siete membri di una famiglia loro affiliata?- proseguì la propria indagine Robin, ignorando i suoi rumorosi nakama.
La ragazza scosse il capo. -No, intendo che io e Saku siamo due Chagall-
Robin sgranò gli occhi chiari, presa in contropiede. -Mi dispiace io… non mi ero resa conto…-
-Che significa questo Robin?-
-Come vi dicevo la società degli abitanti di Nirvana è una società che vive in simbiosi con la natura. Non ci sono palazzi né ceti sociali prestabiliti ma gli Chagall furono i primi a raggiungere l’isola e insediarvisi. Per gli abitanti di Nirvana sono praticamente la famiglia reale-
-Quindi Saku e Lilith sono nobili- rifletté sgranando gli occhioni Chopper.
-Yohohohoh-oh! Potrei scriverci una ballata!- propose Brook, saltellando intorno a Saku che lo squadrò con occhio psicopatico.
-Sapevo che dovevi essere una principessa! Blll!-
-Vai a sanguinare altrove, epistassi-kun-
-Franky cerca di fare un buon lavoro con quella falla, se rimangono soddisfatti potrebbero ripagarci generosamente- sussurrò Nami a bassa voce, ma non abbastanza da non farsi sentire da Lilith.
Una gocciolona prese forma sulla nuca della botanica nel notare che gli occhi della navigatrice avevano assunto la sagoma del simbolo dei berry. -Ahhhh-ehm… Temo che tu abbia frainteso, non siamo nobili in quel senso…- tentò di spiegarsi ma non sembrava che la rossa la stesse ascoltando, troppo impegnata a calcolare come dividere l’eventuale ricompensa tra tutti i compagni -… nella nostra tradizione essere la famiglia reale significa essere più che altro depositari della cultura e della tradizione della tribù e noi non siamo più ricchi di altri pirati e… e…- lasciò perdere, rassegnata, quando vide che nessuno le dava retta. Lanciò un’occhiata tutti intorno a sé. Robin stava raccontando altri dettagli su Nirvana e i Chagall a un interessatissimo Chopper, Nami continuava a calcolare non si sapeva quale compenso, Brook strimpellava, Sanji volteggiava, Zoro si era messo a dormire, Rufy stava ravanando con il mignolo nel proprio naso, Franky piangeva disperato e Saku era sull’orlo di commettere un omicidio di massa. -Va beh… Io salgo!- avvisò, convinta di rimanere inascoltata.
Ma arrampicatasi di pochi gradini sulla scala di corda, facendo tintinnare tra loro i semplici ciondoli che portava al collo, intagliati nello stesso legno di cui erano fatti i suoi braccialetti, si stupì nel sentire che tutti la stavano seguendo. Zoro si stava lamentando di un qualche cazzotto, Sanji blaterava sul fatto che Nami era ancora più bella quand’era manesca e, stando alle minacce di Saku, a quanto pareva Brook stava cercando di sbirciare le sue mutandine ma Lilith preferì non approfondire nessuno degli argomenti.
-Siamo torn…- fece per annunciare una volta posati i piedi sul ponte ma qualcosa schizzò in alto alle sue spalle per poi atterrare sulla nave con la potenza di una cannonata. Ci mise pochi istanti, Lilith, a capire che si trattava niente meno che del capitano dei Mugiwara che si era gonfiato come una mongolfiera e ora stava rotolando in giro per il ponte della Fenix, esultando e ridendo.
Una figura si affacciò al castello di poppa, un log-pose al polso e delle carte in mano.
-Ehi Lil!- chiamò il ragazzo.
-Dex!- si illuminò subito Lilith, alzando un braccio per salutarlo. Dex scese rapido le scale che portavano al ponte, un sorrisone sul volto e il vento che gli scompigliava i già non troppo ordinati capelli biondi, tenuti in qualche modo indietro da una fascia rossa che il ragazzo portava legata sulla fronte.
-Com’è andata?- domandò, lanciando una rapida occhiata ai Mugiwara e salutandoli con un veloce cenno del capo, quasi fosse perfettamente normale che Lilith fosse tornata con otto persone in più rispetto a quelle con cui era scesa -Ehilà! Visita turistica?!-
-Una cosa del genere…- grugnì Zoro. Lui e Saku lanciarono un’occhiata atona a Robin, Chopper e Franky che si aggiravano per la nave come se fossero stati al museo.
-Ehi! Vuoi diventare il nostro nuovo cecchino?!- Rufy saltò su, tornando della sua forma normale e aggrappandosi al collo di Dex, che si sbilanciò appena di lato ma mantenne l’equilibrio.
-Wowowow, amico! Ne sarei onorato ma temo di avere una mira mediocre!- rispose senza scomporsi il navigatore, continuando anzi a sorridere.
La porta del sottocoperta si spalancò con un tonfo micidiale, facendo sobbalzare e voltare tutti i presenti, tranne Saku e Zoro che non si scomposero più di tanto e si limitarono a girare il capo. Sanji fremette quando una ragazza, di un paio d’anni più grande di Lilith e più alta di lei, apparve sul ponte camminando a passo di carica.
La treccia laterale in cui erano raccolti i suoi capelli biondi dai riflessi quasi aranciati rimbalzava sulla sua spalla e contro uno dei suoi prosperosi seni, coperti a malapena da una striminzita fascia, e la gonna, lunga fino ai piedi ma con due profondi spacchi su entrambi i lati, svolazzava rivelando le sue lunghe gambe e un disco rotante di metallo agganciato alla coscia destra.
Se Sanji non fosse stato impegnato a contenere la mortale epistassi che rischiava di esplodere nel suo naso e a rimirare cotanta bellezza concentrata su un unico ponte, si sarebbe probabilmente accorto della somiglianza tra lei e Saku. Si sarebbe accorto della sua espressione poco amichevole per non dire furente. Si sarebbe accorto, insomma, che era meglio levarsi dalla sua traiettoria.
-Oh mia regina…- cominciò inginocchiandosi di fronte a lei ma la donna non rallentò la sua avanzata e lo ribaltò con una manata, senza troppi complimenti, per poi procedere decisa verso Lilith e Dex.
-Tu!- la indicò con il dito tremante di rabbia -E tu!- si girò verso Saku, che si trovava accanto a Zoro e le lanciò un’occhiata omicida -Voi non siete tornati per pranzo e non me lo avete detto!-
-Perché in teoria dovevamo tornare per pranzo- ribatté Saku e la donna sgranò gli occhi in un’espressione leggermente meno psicopatica rispetto a quella del medico gitano.
-Ma non siete tornati!-
-Saremmo tornati se la lista che ci hai lasciato registrata non avesse preveduto solo ingredienti di contrabbando, Neena- spiegò con calma Lilith, per niente toccata dall’ira della Nakama -Che tra parentesi non abbiamo trovato, mi spiace. Ecco tieni!- aggiunse poi, scostando un lembo della gonna e rivelando due oggetti assicurati alla sua coscia destra con una cintura di cuoio. Una era una frusta mentre l’altro sembrava una conchiglia a spirale.
Conchiglia a spirale dall’aria piuttosto famigliare, considerò Nami. Quando Lilith la lanciò a Neena che la prese al volo, la navigatrice non ebbe più dubbi.
-È un tone dial quello?!-
Neena si girò verso Nami e rimase interdetta. Trattenne il fiato e sgranò gli occhi nocciola, contemplando la rossa qualche istante, prima di riscuotersi e tornare in sé. Solo in quel momento sembrò rendersi conto che sulla nave c’era qualcun altro oltre che i suoi Nakama.
-Oh… Santo… Roger…- mormorò scioccata -Ospiti! Sono ospiti! Saku, Lil, perché non mi avete detto che avreste portato degli ospiti?!- si agitò la donna.
-Perché non era previsto-
-Neena, ti prego…- tentò di calmarla inutilmente Lilith.
-Devo andare a cucinare. Subito- affermò determinata quella che non poteva che essere la cuoca. -Vi chiedo perdono per questa mia inospitalità, non ero assolutamente preparata al vostro arrivo o vi avrei ricevuti con un banchetto già pronto- si scusò, assumendo improvvisamente un tono supplice e imbarazzato -Ma rimedierò subito!-  decise, per poi riprecipitarsi in cucina, risbattendosi la porta alle spalle.
-Cibooooo!- ululò Rufy, fuori da sé per la troppo euforia. -Mi piace un sacco questa nave!!!-
-Ci sarà anche il dolce?!- s’informò Chopper, gli occhi luccicanti.
-Yohohohoho! Che accoglienza! Le mie papille già fremono anche se io le papille non le ho più!-
Lilith sospirò rassegnata, mentre Robin le si accostava con un divertito sorriso sul volto.
-Soggetto particolare tua sorella- commentò e Lilith si limitò a lanciarle un’occhiata sconfortata mentre Dex le avvolgeva le spalle con un braccio.
-E allora come stai?- chiese il navigatore -Com’è andata sull’isola?-
-Saku ha quasi ucciso uno che gli ha detto che la passione per l’uvetta è poco virile. Voi? La falla?-
-È a posto- mormorò una voce atona e vagamente macabra alle loro spalle. Lilith, Dex, Robin e Franky si voltarono per incrociare lo sguardo spento e decisamente poco gioioso di un ragazzo alto e con degli strani capelli verdeacqua, a spazzola. Sembrava così depresso da far venire il dubbio che un fantasma di Perona lo avesse appena colpito.
-Ehi Pascal!- lo salutò Dex, senza ottenere risposta. Pascal gli lanciò una breve occhiata e tornò a concentrarsi sulla botanica.
-La falla è stata riparata. Credo che potremo viaggiare tranquilli per ancora un paio di settimane, sempre che ci sveglieremo ancora vivi su questa terra domattina-
-Ah magnifico- commentò Lilith, passandosi una mano tra le ciocche caramello e sospirando mentre Pascal si allontanava con passo strascicato -Mi mancava questa bella dose di ottimismo!- gli urlò dietro Lilith.
-Dai lascialo stare. Lo sai che tanto è inutile- la ammonì Dex.
-Che è successo al fratello?- s’informò Franky, basito dall’affermazione dell’altro carpentiere.
Dex si strinse nelle spalle -Niente. Pascal è così. Un po’ carpentiere, un po’ filosofo…-
-Un po’ pessimista- concluse sarcastica Lilith.
-Ah sorella, a proposito…- riprese Franky -…come ha fatto la nave a danneggiarsi? Il legno di Nirvana non è facile da riparare proprio per la sua particolarità ma è anche quasi impossibile danneggiarlo in modo grave-   
Lilith si girò verso di lui. -È vero. È praticamente impossibile a meno che non giochi nella stiva con il tuo nuovo fighissimo fucile a propulsione, potenziato a dial impact- mormorò con un falso sorriso, lanciando poi un’occhiata assassina a Dex che si accigliò contrariato.
-Ehi! Non stavo giocando, lo stavamo provando! E comunque è stato un incidente!- protestò il navigatore.
-Ringrazia che non è capitato a te l’incidente!-
-Scusa, hai detto dial imp…- fece per domandare l’archeologa ma una serie di schiamazzi e tonfi la interruppero. Saku era davanti alla porta del sottocoperta che respingeva i tentativi di Rufy di raggiungere la cucina.
-Non si… entra… finché non ha finito!- ringhiò Saku, rimbalzando via il capitano dei Mugiwara.
-Ben particolari anche loro eh?!- domandò retorico Dex, divertito.
Lilith sbuffò una risata, osservando quella stravagante ciurma, malassortita quanto se non più di loro, e fu allora che un pensiero la colpì. Aggrottò le sopracciglia e si guardò intorno, domandandosi dove fosse. -Dex, ma dove…-
-Sull’albero maestro. Sta controllando che le vele siano a posto- rispose, immaginando la sua domanda.
Lilith si avvicinò al pennone più alto del ponte e sfilò la frusta dal suo apposito sostegno. Con il retro dell’arma picchiò contro il legno arancione, tre colpi brevi e due più intervallati e poi attese. Una figura oscurò per un attimo il sole mentre si lanciava dall’albero al ponte, atterrando con agilità e un tonfo.
-Ciao Lil!- la salutò mentre si rimetteva dritto.
-Ciao Capitano!-
-Com’è andata?!- chiese il capitano, avvicinandosi.
Nami, Sanji e Zoro si voltarono di scatto.
-Bene! Ho portato degli ospiti!- lo informò mentre il ragazzo usciva dalla zona d’ombra che la coffa proiettava sul ponte.
-Ah?! E chi s…- le parole gli morirono in gola quando mise a fuoco Franky e Robin, lui rigido come una statua, lei sorridente.
-Ma tu guarda- mormorò l’archeologa sottovoce.
La sigaretta di Sanji precipitò sul legno del ponte. Chopper tirò su con il naso.
-C-capitano?- mormorò Nami in un soffio.
Rufy avanzò in mezzo ai compagni, incredulo e senza parole quanto loro. Zoro si mosse istintivamente dietro al suo capitano mentre Brook faceva un passo indietro, sentendosi di troppo.
Era più alto, decisamente più muscoloso e gli era cresciuto pure il pizzetto oltre che i capelli. Portava ancora la polsiera a righe sull’avambraccio ma la bandana era sparita per lasciare spazio a un cappello bianco a falde larghe. Se non fosse bastata la fionda nera che teneva stretta in mano, aggrappandocisi come se fosse stata questione di vita o di morte, il suo naso non lasciava spazio neppure al più piccolo dei dubbi.
Per questo non fu per chiedere una conferma che Rufy parlò, ma più per essere certo che quella di fronte a lui non fosse una qualche allucinazione.
-Usopp?!-
 

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Capitolo 5
*** Naga Hana Kaizoku ***


Erano loro.
Erano proprio loro.
Più li fissava più realizzava che sì, erano loro ed erano lì, di fronte a lui, sul ponte della Fenix, in mezzo alla sua nuova ciurma.
I suoi nuovi Nakama e i suoi vecchi Nakama.
Immobile a pochi passi da Rufy, non poté fare a meno di studiarli uno ad uno, cogliendone tutti i cambiamenti. Nami aveva i capelli molto più lunghi, come anche Robin che appariva più solare di come la ricordava. Franky era molto più gigantesco di quando lo aveva conosciuto a Water Seven, Zoro si era fatto ancor più grosso e sembrava avere un occhio fuori uso e Sanji era più alto di come lo ricordava, il viso più squadrato e il ciuffo tirato dalla parte opposta. Poi c’era Chopper che si era fatto più grande, con un nuovo cappello e un atteggiamento più sicuro di sé. E per finire lui, quello che un tempo era stato il suo migliore amico e capitano.
A un occhio inesperto non sembrava cambiato così tanto ma Usopp era sempre stato un buon osservatore. E più della vistosa cicatrice sul petto, più delle spalle leggermente più larghe, più del viso meno infantile e più mascolino, ciò che era davvero cambiato in Rufy era lo sguardo. Uno sguardo più deciso, se possibile più determinato, acceso da un sorriso che portava con sé una minuscola punta di malinconia tipica di chi, lo sapeva bene Usopp, aveva dovuto affrontare un grande dolore. Lo sguardo di un uomo che, nel profondo, sarebbe sempre rimasto un bambino. 
-Capitano?- la voce di Lilith lo riportò alla realtà. Con un tremito, tornò in sé e indietreggiò, incespicando nei suoi stessi piedi -Capitano qualcosa non va?- domandò preoccupata mentre Usopp cadeva a terra, rimbalzando sul sedere.
Piegò il capo all’indietro per guardare la botanica che inarcò le sopracciglia quando Usopp le lanciò per un attimo un’occhiata non troppo amichevole, prima di cominciare a ridere nervosamente, tremando appena.
-Ma n-no che dici? P-perché mai qualcosa non… non d-dovrebbe andare?-
-Usopp- Chopper lo chiamò coi lucciconi agli occhi e avanzò di un passo verso di lui. Usopp raddrizzò subito il capo per guardarlo e si sentì morire.
Dannazione, perché doveva avere sempre quell’espressione così tenera?! Gli veniva voglia di abbracciarlo e coccolarlo!
-Usopp, li conosci?!- chiese Dex, incuriosito. Saku stava osservando attentamente la scena con gli occhi un po’ fuori dalle orbite, accarezzando con dolcezza la lama di uno dei suoi coltelli, pronto a intervenire per qualsiasi evenienza.
Usopp si girò a guardare Dex, boccheggiando, con una strana, singolare espressione. Sembrava incredulo e combattuto al tempo stesso, un mix emotivo difficile da spiegare. Un po’ a fatica, si rimise in piedi.
-Loro sono… Loro sono… Io f-facevo parte della loro ciurma una volta- spiegò, ritrovando stabilità sia nelle gambe che nella voce.
-Eri un Mugiwara?!- domandò incredula Lilith -Ma non… ci hai sempre detto di essere originario di Water Seven!-  
Usopp la guardò a bocca spalancata. Era chiaro che non sapesse cosa dire, come giustificare quella sua ennesima bugia.
-Era il nostro cecchino- Sanji strinse i pugni e avanzò e la sua voce sembrò trapassare Usopp da parte a parte come una pugnalata -Ma questo non era tenuto a dirlo a nessuno nel momento in cui è tornato a essere un… uomo indipendente- lo difese il cuoco, scegliendo con cura le parole.
Usopp deglutì a vuoto, spostando ripetutamente gli occhi da Sanji a Lilith a Rufy a Dex a Nami a Chopper. Si chiese se non stesse vivendo un sogno ad occhi aperti. O un incubo forse.
-Beh…- mormorò Dex, sdrammatizzando con un’alzata di spalle -Avresti potuto raccontarcelo, sarebbe stata una storia parecchio divertente- considerò il biondo.
-Se volete ve la posso raccontare io una storia- la voce atona di Pascal attraversò il ponte e li raggiunse con una lieve eco. Istantaneamente le espressioni di Lilith, Dex e Usopp si fecero scettiche e Saku mandò gli occhi al cielo, trattenendo un’imprecazione tra i denti.
-Va a finire con qualcuno che muore per colpa di un Re del Mare?- domandò monocorde Usopp, guardando Lilith.
-Sì-
-Allora no, grazie Pascal- ribatté Dex.
-Okay-
Lilith si portò una mano davanti alla bocca e trattenne una risata e Usopp non poté non sorridere e rilassarsi un po’ quando vide gli occhi della Nakama illuminarsi per il divertimento.
In fondo, che motivo aveva di vergognarsi? Lui aveva combattuto fino all’ultimo con i Mugiwara, se poi le cose erano andate come erano andate non era stata colpa sua! Beh… non completamente almeno.
Ma ora aveva una nuova ciurma. Una fantastica nuova ciurma di cui andava estremamente fiero e che era orgoglioso di poter presentare ai suoi ex Nakama. Avrebbero visto cos’era riuscito a diventare, nonostante tutto.
Dove stava scritto che aveva bisogno di loro per essere un grande guerriero del mare?! Era il grande Capitano Usopp lui!
Schiarì la gola e gonfiò il petto prima di girarsi nuovamente verso i Mugiwara, le mani sui fianchi e le gambe divaricate.
-Beh ragazzi, è un vero piacere potervi accogliere sulla mia nave e presentarvi la mia ciurma…- cominciò, il mento sollevato e lo sguardo fiero.
Dex e Lilith si scambiarono un’occhiata di panico e la botanica avanzò di un passo. -Usopp!- lo chiamò con urgenza.
-Noi siamo i grandi, i fantastici…-
-Aspetta!- cercò di farse sentire Dex, inutilmente.
-Non abbiamo mai finito di discuterne!- gli ricordò Lilith, sibilando tra i denti.
-…inimitabili Naga Hana Kaizoku!- concluse con l’espressione più fiera che gli avessero mai vista dipinta in viso.
-L’ha detto- mormorò Dex, rassegnato mentre Lilith sospirava e si spalmava una mano in faccia.
-Naga Hana che?!- domandò Sanji perplesso mentre Zoro sollevava un sopracciglio per niente convinto. -Cosa significa?-
-Pirati Naso Lungo- tradusse il piccolo Chopper per poi sollevare gli occhioni sull’archeologa -Giusto, Robin?!-
Robin annuì con un sorriso.
-Che nome SUPER fratello!!!-
-Eh eh eh! Modestamente l’ho scelto io! Allora che mi dici Rufy?! Che te ne pare?! Una nave degna di una grande ciurma vero?! Sì è un po’ piccolina ma abbiamo intenzione di ampliarla man mano che ci ingrandiremo! Ci sono un sacco di giovani pirati che sarebbero pronti a tutto per unirsi a noi, siamo famosi qui nel Nuovo Mondo! Non passa giorno senza che si parli di noi sul giornale! I grandi e temibili Naga Hana…-
-Ecco che lo ripete- gemette quasi Lilith, con sofferenza.
-… Kaizok…- Usopp si focalizzò sui Mugiwara e il sorriso gli scivolò via dalla faccia per lasciare spazio a un’espressione perplessa -…u… Che… che vi prende?!- domandò ora nervoso -Che avete da guardarmi così?!-
Che avevano da guardarlo così?! Perché… perché quelle espressioni?!
Perché Nami, Chopper e Franky avevano gli occhi pieni di lacrime ora?!
Perché Robin, Sanji, Zoro e Rufy sorridevano come se fossero… come se fossero orgogliosi di lui?!
Un nodo gli si formò in gola e indietreggiò meccanicamente di un passo, il cuore che batteva all’impazzata.
-E… e… poi dovrete vedere il mio laboratorio è una cosa p-pazzesca davvero… A-anzi, Nami se hai bisogno di manutenzione per il Clima-Tact io… N-Nami?!- squittì quando la navigatrice si lanciò a passo di carica verso di lui. Usopp fece per indietreggiare ancora prima che la rossa potesse colpirlo o fulminarlo ma rimase pietrificato dov’era quando, contro ogni pronostico, Nami gli gettò le braccia la collo e lo strinse a sé con disperazione.
Qualcosa di umido lo bagnò sulla spalla nuda e il respiro di Nami si fece irregolare. Usopp sgranò gli occhi e le sue mani si mossero da sole per posarsi sulla nuca e sulla schiena dell’amica e ricambiare l’abbraccio, quando comprese che Nami stava piangendo.
-Nami…- la chiamò piano, un po’ sconvolto da quella violenta reazione emotiva.
-Io sono… s-sono…- singhiozzò la navigatrice -Così… fiera di te…- riuscì a sussurrare e Usopp si sentì morire mentre il cuore gli sprofondava nello stomaco.
-Oh andiamo- provò a smorzare l’atmosfera con una risatina che gli uscì un po’ troppo acuta, mentre gli angoli degli occhi prendevano a pizzicare fastidiosamente -Per caso avevi dubbi?!
Un peso improvviso sul polpaccio fece sobbalzare Usopp, che abbassò lo sguardo solo per ritrovarsi a fissare Chopper che piangeva attaccato alla sua gamba con tutte e quattro le zampette. -Oh Usopp! Mi sei mancato così tanto!- piagnucolò la renna e il cecchino dovette mordersi il labbro per non scoppiare a sua volta in un pianto dirotto.
Aveva dimenticato quanto Chopper potesse essere irresistibilmente dolce certe volte.
-Chopper… - cominciò, ma un movimento ai margini del suo campo visivo attirò la sua attenzione. Girò appena il capo e sgranò gli occhi atterrito quando vide il cyborg lanciarsi verso di loro con la potenza di una cannonata.
Provò ad indietreggiare ma il peso di Nami e Chopper gli impedivano di muoversi con la consueta agilità, senza contare che Lilith e Dex si trovavano proprio sulla sua via di fuga. Impossibilitato a scappare, si sbrigò a caricare la fionda e puntarla contro Franky.
Sapeva che Franky era uno di loro ora e a Enies Lobby avevano combattuto per la stessa causa, per non parlare del Puffing Tom dove si erano parati le spalle a vicenda. Ma nella mente di Usopp era molto più radicato l’episodio di Water Seven, quando il cyborg lo aveva fatto picchiare a sangue, e comunque con tutti quei nuovi apparati a gonfiarlo e ingigantirlo non aveva l’aria per niente rassicurante.
-Fermo!- Usopp ordinò, cercando di suonare autoritario nonostante la voce e le gambe tremanti.
Franky si arrestò nel mezzo della sua corsa, gli occhi sgranati e la bocca schiusa. Usopp lo scrutò, accigliato. Era chiaro che non avesse intenzione ostili, però…  -A-almeno rallenta l’andatura- suggerì, senza abbassare la fionda. Franky boccheggiò qualche secondo prima di crollare in ginocchio e ululare disperato, piangendo come una fontana. -Sei un capitano fantastico fratellooooo! Così preoccupato di proteggere la tua famigliaaaaaa!-
Usopp si accigliò.
Eh?! Ma di che parlava?!
Poi analizzò per un attimo la situazione in cui si trovava. Nami stretta addosso, la gamba a cui era aggrappato Chopper nascosta dal lungo manico della fionda, Lilith e Dex alle sue spalle e l’arma carica e pronta a far fuoco. Era in effetti una situazione facilmente equivocabile.
-Oh beh… è… è ciò che q-qualsiasi grande capitano f-farebbe…-
Con un movimento elegante, Robin avanzò verso il cyborg e gli tese un fazzoletto di seta.
-G-g-g-grazie Robin! E comunque n-non sto piang… piangendoooo!- mise in chiaro prima di soffiarsi il naso con una sonora strombazzata.
Usopp lo stava ancora fissando un po’ perplesso, non abituato all’eccessiva emotività del gigantesco cyborg, quando uno spostamento  d’aria accanto a lui attirò la sua attenzione.
-Non vorrei interrompere un così gioioso momento ma credo sia arrivato il momento di presentarmi! Yohohoh!-
Usopp sbatté le palpebre interdetto per alcuni lunghi secondi prima di realizzare con chi stava parlando. O meglio con cosa stava parlando.
Quello era… era…
-UAAAAAAAHHHH!- saltò su come una molla il cecchino. Incespicò all’indietro e perse l’equilibrio, finendo dritto dritto in braccio a Franky, trascinandosi dietro Nami e Chopper.
-Ehi ma che fai?!- si alterò la navigatrice, la vena che già le pulsava sulla fronte mentre si ritrovava a penzolare a cavallo dell’addome di Usopp.
-S-s-s-s-SCHELETRO! Lo scheletro parla!!!- ululò Usopp indicando Brook che ora sorseggiava del the.
-Sì! Hai visto che figo?!- intervenne Chopper con entusiasmo.
La voce del suo fratellino ebbe il potere di calmarlo all’istante e Usopp si impose di ritrovare un po’ di autocontrollo nel gran macello che era la sua mente in quel momento.  Si passò una mano sulla fronte mentre respirava a fondo.
-Perciò è vero- mormorò, lanciando a Rufy un’occhiata da sopra la spalla di Franky -Avete incontrato davvero uno scheletro parlante- Rufy si limitò a ghignare sghembo, le braccia incrociate al petto.
 -Ed è un vero piacere conoscerti, Usopp-san- mormorò Brook, che vorticando si era avvicinato a Franky e ora tendeva la mano libera dalla tazza di the verso Usopp -Mi hanno parlato così tanto di te-
Incredulo, Usopp usò la mano posata sulla fronte per stringere quella del musicista e l’ennesima ondata di emozioni lo pervase.
-Loro ti hanno… p-parlato…-
Gli avevano parlato di lui? Perché?! Dopo ciò che aveva fatto, se avessero finto che fosse morto o nemmeno mai esistito non avrebbe mai potuto biasimarli e invece…
E invece eccolo a lottare di nuovo con il groppo in gola.
Si girò verso Chopper e gli sorrise mentre lasciava andare la mano di Brook e la posava sulla propria coscia, rimanendo sorpreso da quanto fosse morbida. E dire che in quei due  anni ne aveva messi su di muscoli.
-Hai ragione, è davvero figo!- commentò con un’euforica luce negli occhi che fece sorridere Chopper di pura felicità.
Un’aurea nera li circondò improvvisamente e Usopp si accigliò, guardandosi intorno per scoprire da chi provenisse tutta quell’ira funesta e concludendo che si trattava niente meno che della navigatrice, ancora sulla sua pancia.
-Nami cosa…- fece per domandare ma la rossa sollevò il capo e il suo sguardo gettò Usopp nel terrore più nero.
P-perché era c-così furiosa?!
-Potresti gentilmente smettere…- cominciò con voce tanto, troppo calma -… di parlparmi il sedere?!- domandò e Usopp sgranò gli occhi preso in contropiede, continuando con il meccanico movimento delle proprie dita ancora un po’, prima di accorgersi che ciò che stava strizzando con tanta dedizione non era affatto la sua  coscia, di cui cercava di capire perché mai avesse una così strana consistenza, ma la natica di Nami.
Una seconda ondata di aurea nera e funesta lo investì da dietro quando Sanji spuntò alle sue spalle, tremante di rabbia. -Tu… Tu hai osato toccare la mia bella Nami-swan sul… sul…- ringhiò Gambanera, infiammandosi.
-S-S-Sanji calmati ti prego…- provò a calmarlo il cecchino.
 -… le tue mutandine Nami-san?!- finì di domandare galante lo scheletro a un’ancora fumante navigatrice.
Il tempo si congelò per un attimo e poi successe. Nami colpì Brook con forza inaudita, Sanji sollevò la gamba per attaccare a sua volta e Franky reagì d’istinto indietreggiando e finendo sedere a terra.
La porta del sottocoperta si spalancò. -La cena è serv…- fece per annunciare Neena, con un trionfale sorriso che le scivolò via dal volto quando si ritrovò a osservare la scena di fronte a sé. In pochi attimi il groviglio di corpi si era trasformato in un tutti contro tutti senza esclusione di colpi.
-Ehi voglio divertirmi anche io!- si lamentò Rufy lanciandosi nel mucchio. Per una qualche dinamica difficile da ricostruire, Chopper  fu lanciato in aria come un proiettile e sbalzato fuori bordo, finendo in acqua con un potente tonfo a cui ne seguì immediatamente un altro non appena Zoro si gettò in mare per recuperare il proprio Nakama.
-Ma… che…- balbettò la cuoca che nonostante fosse abituata a una ciurma piuttosto movimentata una roba del genere non l’aveva mai vista prima, ed era tutto dire visto che viaggiavano con Saku loro.
Una sommessa ma celestiale risata si liberò nell’aria accanto a sé e Neena si girò in tempo per vedere l’archeologa coprirsi la bocca con un elegante gesto della mano prima di lanciarle un’occhiata divertita con i suoi grandi occhi blu e luminosi.
-Ho l’impressione che si siano fatti un po’ trascinare- commentò con serafica calma e Neena sembrò cadere per la seconda volta in una mezza trance mentre osservava Robin.
Lilith, dalla parte opposta della rissa, si girò con espressione atona verso Dex. -Per caso hai il fucile a propulsione carico?- domandò piano.
Dex la guardò qualche istante senza capire, poi sgranò gli occhi e sobbalzò, a scoppio ritardato.
-Non dici sul serio, vero Lil?!- chiese, cauto ma la botanica era già partita per la tangente, diretta verso il laboratorio alla ricerca dell’arma. -Ehi Lil!- le corse dietro preoccupato.
Decisamente, si prospettava una serata molto movimentata. 

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Capitolo 6
*** La falla ***


-E quindi com’è che avete incontrato Lilith, Saku e Neena alla fine?- domandò Nami, incuriosita.
Da due ore ormai erano riuniti in cucina, mangiando e chiacchierando, raccontandosi le vicende di quegli ultimi due anni e recuperando il tempo perso. Sanji si era spostato vicino alla finestra socchiusa per non intossicare tutti con il fumo della propria sigaretta, Brook stava strimpellando un lieve sottofondo che non disturbava i racconti dell’uno o dell’altro, Zoro ronfava solo in apparenza, svaccato sulla propria sedia e Rufy e Chopper pendevano dalle labbra del narratore in attesa del seguito.
Erano in astinenza da racconti di Usopp.
Il resto dei Naga Hana, un po’ per il fatto di trovarsi a casa propria, un po’ perché avevano vissuto la storia che si stava raccontando in quel momento in prima persona, erano impegnati a sparecchiare il grosso delle posate, mentre Neena preparava le porzioni di dessert. Solo Pascal e Franky si erano allontanati per dare un’occhiata alla famosa falla che li aveva portati fin lì, con la promessa che Robin avrebbe più tardi aggiornato il cyborg sui dettagli della storia che si sarebbe perso.
Usopp sgranò un po’ gli occhi nel sentire la domanda della navigatrice e non riuscì a impedirsi di lanciare un’occhiata a Lilith che a quelle parole si era girata verso di lui e ora gli sorrideva con una strana luce negli occhi. Zoro socchiuse l’occhio sano, incuriosito del prolungato silenzio che stava seguendo la domanda,  proprio mentre Usopp alzava una mano per grattarsi la nuca.
-Beh ecco…- esitò, chiaramente in imbarazzo.
-Mi ha salvato la vita- affermò Lilith, avvicinandosi per sedersi sulla panca, accanto al suo capitano. Saku grugnì da dietro il bancone, ringhiando a denti stretti. -Sì, Saku, so che lo hai aiutato anche tu ma a loro interessa di Usopp adesso!- lo ammonì la botanica.
Saku non sembrò particolarmente soddisfatto della spiegazione della sorella ma non disse nulla e depositò la pila di piatti che aveva in mano con quanta più delicatezza riuscì a racimolare, che in effetti non è che fosse tanta.
-Pascal, Dex e Usopp hanno incrociato la nostra rotta durante una tempesta. Ci stavamo allontanando con successo quando una cima si è slegata e la Fenix ha perso stabilità. Io sono riuscita a recuperarla grazie alla mia frusta ma mentre la stavo assicurando di nuovo un’ondata mi ha trascinata via-
-E Usopp si è buttato nel bel mezzo di una tempesta per salvarti?!- domandò già esaltato Chopper mentre Nami e Sanji si scambiavano un’occhiata poco convinta.
Usopp che si lanciava volontariamente tra le braccia del pericolo era qualcosa di estremamente difficile a cui credere, anche se di certo non gli erano mancate le occasioni per dimostrare il proprio coraggio. Nessuno di loro gliene faceva una colpa. In fondo, era un cecchino, il suo ruolo era quello di dare supporto, coprire le spalle e tenere d’occhio la situazione aiutando a gestirla con un occhio attento a tutti i dettagli e particolari.
-L’abbiamo recuperata con una cima- intervenne Dex, depositando una fettona di torta sotto il naso della renna, che si illuminò all’istante. -Ma ci siamo dovuti avvicinare parecchio con la nostra caravella, è stata una decisione molto coraggiosa da parte del Capitano!- proseguì il biondo, sedendosi accanto al medico dei Mugiwara.
Usopp sobbalzò. -Beh sono certo che ognuno di voi lo avrebbe fatto per me- commentò con un sorriso nervoso.
-Il fatto è che per salvarmi la loro nave è rimasta distrutta e siccome la Fenix ne era uscita praticamente indenne ci sembrava il minimo dargli un passaggio fino all’isola successiva che però era a quindici giorni di viaggio, giusto?!- Lilith chiese conferma a Dex che annuì subito.
-Esatto! E in quindici giorni potete immaginare che avevamo raggiunto una certa routine…-
-… E così al momento di separarci, ho proposto anche a loro tre di entrare a fare parte della mia ciurma e loro hanno accettato e adesso eccoci qui!- concluse Usopp, allargando le braccia con enfasi.
-E perché Saku non si è opposto? Era lui il capitano, no?!- domandò Rufy, per niente convinto da quella parte del racconto. Lui non avrebbe accettato di diventare sottoposto di nessuno neppure in cambio di una fornitura di carne a vita.
-Oh noi non siamo mai stati pirati, eravamo partiti da Nirvana a scopi puramente scientifici. Ma sai, alla libertà si fa presto ad abituarsi- spiegò Lilith con un sorriso eloquente. Tutti sapevano di cosa stesse parlando e anche Zoro, nonostante avesse richiuso l’occhio, abbozzò un piccolo ghigno. -All’inizio non sapevo a cosa mai potesse servirgli una botanica, almeno finché non ho visto i suoi proiettili per la fionda…-
-Che vuoi dire?- s’informò curiosa Nami.
-Lil è una grandissima esperta di fiori e piante ed è riuscita a coltivarne un’incredibile quantità qui sulla nave. Alcune sono molto utili in battaglia, ha rivoluzionato completamente le mie modalità di combattimento. Non siete gli unici che si sono allenati in questi due anni!- affermò orgoglioso Usopp.
-Beh tu in cambio hai potenziato le nostre armi con tutti quei dial e le tue folli idee!- gli diede subito credito la botanica, accompagnando l’affermazione con una lieve gomitata.
Usopp la flashò con un rapido sorriso, arrossendo leggermente sulla punta del naso.
-E voi invece?!- intervenne di punto in bianco Dex, distogliendo l’attenzione di tutti dai due Nakama -Insomma siete famosi, abbiamo sentito parecchie storie su di voi ma farsele raccontare direttamente è un’altra cosa!-
Nami e Zoro si scambiarono un’occhiata. Nessuno di loro aveva ancora avuto tempo di raccontare agli altri cosa fosse accaduto in quei  due lunghi anni di separazione e non solo spadaccino e navigatrice sembravano condividere il pensiero che quello non fosse né il momento né il luogo per affrontare l’argomento. Soprattutto perché questo avrebbe implicato rievocare i fatti di Marineford e nessuno voleva che Rufy ricordasse come era stato perdere un fratello proprio ora che ne aveva appena ritrovato un altro.
-Beh ecco…- comincio Nami mentre Neena si sedeva tra lei e Robin, forzandole un po’ per farle allontanare e crearsi un po’ di spazio. Si girò verso l’una e l’altra, con un’espressione un po’ strana e un sorriso vagamente trasognato che lasciò perplessa la cartografa.
-Possiamo provare a raccontarvi com’è viaggiare nel Triangolo Florian- intervenne improvvisamente la voce profonda di Sanji, accompagnata dalla sua lenta camminata mentre si riavvicinava al tavolo -Ma vi assicuro che ritrovarcisi dentro è un’altra cosa- aggiunse, accomodandosi proprio di fronte ad Usopp e guardandolo dritto negli occhi.
Il cecchino distolse lo sguardo dopo appena un paio di secondi ma Robin si premurò di non lasciar cadere l’argomento e in pochi minuti si erano lanciati in un dettagliato racconto degli avvenimenti di Thriller Bark. Sanji si infiammò nel ricordare di come Absalom avesse quasi abusato della sua Nami-swan, tutti risero nel sentire gli effetti che il potere di Perona aveva avuto su Zoro, Chopper e Usopp rabbrividirono di fronte alla descrizione di Gekko Moria e della versione zombie di Rufy. I due principali narratori tergiversarono quando arrivarono alla parte in cui avevano ritrovato Zoro ricoperto di sangue, decisi a non venire meno alla promessa fatta allo spadaccino. Ma ci fu un’informazione che riuscì ad attirare completamente l’attenzione di Usopp e fargli dimenticare quasi tutto ciò che aveva appena ascoltato.
-Lovoon?!- domandò incredulo, girandosi verso Brook. Le lunghe dita ossute dello scheletro si posarono sulle corde, cessando di suonare. -Quel Lovoon?-
-Per quanto ci sia sempre una piccola percentuale che si tratti solo di un caso, da svariati dettagli che Rufy-san, Nami-san, Zoro-san e Sanji-san mi hanno fornito mi sento di affermare che sì, si tratta proprio di quel Lovoon- spiegò pacato e con una punta di malinconia nella voce -Il mio vecchio e caro amico, che ancora mi attende, è proprio la balena che avete trovato ai Promontori Gemelli, Usopp-san-
-Mi dispiace- mormorò infine Usopp, con tono grave, e tirò su con il naso -So come ci si sente a lasciare indietro un amico-  
Un denso silenzio seguì lo scambio di battute. I Mugiwara abbassarono gli occhi sul tavolo a cui erano seduti mentre Dex e Lilith si scambiavano un’occhiata un po’ a disagio. Era bastata una frase perché improvvisamente a sentirsi a disagio fossero gli abitanti della nave dove si trovavano. Era chiaro che in quel momento solo i Naga Hana non potevano capire cosa stessero provando tutti loro, Usopp compreso.
Lilith si alzò a metà dalla panca e fece per chiedere a Dex e ai suoi fratelli di andare un attimo con lei nel suo laboratorio per travasare alcune piante, la prima scusa che le era venuta in mente, ma non riuscì a emettere mezza sillaba quando Usopp scoppiò in lacrime e la saltò via per andare ad abbracciare Brook. Sotto lo sguardo incredulo di tutti, scheletro e cecchino si strinsero piangendo come fontane, le guance rigate di lacrime.
-Sono sicuro che Lovoon sente che pensi sempre a lei, Brook!- singhiozzò Usopp.
-Oh Usopp-san sei così sensibile!!- ululò Brook.
-Ehm… Ragazzi…- provò a richiamarli Nami ma in quel preciso momento anche Rufy si diede lo slancio e avvolse con le sue braccia gommose i due, dichiarando con un mezzo broncio che anche lui voleva partecipare e trascinandoli a terra con sé. -Oh Santo Roger- commentò la navigatrice, massaggiandosi le tempie.
-Ma che succede?- domandò perplesso Franky, apparso sulla porta insieme a Pascal. I due carpentieri fissarono per un attimo il groviglio di arti e ossa che si rotolava sul pavimento e da cui si sollevavano risate e singhiozzi in ugual misura.
-Forse piangono per la brevità della vita e il dolore dell’universo- suggerì Pascal, monocorde, senza parlare con nessuno in particolare.
-Tu credi?- chiese il cyborg, guardandolo con gli occhi sgranati, che cominciarono presto a luccicare per le lacrime.
-Franky!- Nami si alzò in piedi di scatto e lo chiamò a gran voce. Ci mancava solo che si mettesse a piangere pure lui. -La falla?-
Il cyborg assunse all’istante un’espressione professionale mentre tutti, Rufy, Usopp e Brook compresi, gli puntavano gli occhi addosso, in attesa del responso. -Beh non è messa benissimo ma non è nemmeno irreparabile!- spiegò, pigiandosi il naso. Una folta capigliatura a forma di scure spuntò sulla testa di Franky, ancora intento a ragionare. -Ha bisogno di una manutenzione prolungata e costante. Il legno di Nirvana è capace di autorigenerarsi se gli viene dato il tempo ma se continuate a viaggiare la falla continuerà ad aprirsi per forza. Il consiglio migliore che posso darvi è rimanere fermi per il tempo necessario e intanto Pascal dovrà applicare del grasso impermeabile tutti i giorni e saldare le assi interessate ogni due. Con un po’ di pazienza questa nave tornerà a essere Suuuuuper-funzionale!-
-Vuoi dire che non possiamo proseguire?- domandò Lilith.
-Io non ve lo consiglio.- Franky si grattò la nuca, dispiaciuto di non poter fare di più.
-Quanto potrebbe volerci Franky?- domandò Sanji, dopo aver lanciato una preoccupata occhiata a Lilith che sembrava ben più che mortificata dalla notizia.
-Non si sa.- fu la stessa botanica a interrompere, lanciando un sorriso un po’ tirato al cuoco. -Dipende dall’entità del danno e dalla provenienza del legno. Ogni singolo albero di Nirvana ha un tempo di rigenerazione differente. Sono come esseri umani. C’è che ci mette di più e chi ci mette di meno e non c’è modo di saperlo in anticipo.- 
Un denso silenzio scese nella cucina della Fenix che fece subito sentire  a disagio i Mugiwara. Era chiaro che la sentenza di Franky avesse buttato giù i tre fratelli Chagall e il resto dei loro compagni sembrava condividere il loro dispiacere sulla propria pelle – quanto meno Dex e Usopp, dato che Pascal appariva costantemente mortificato – . D’altra parte, qualunque ragione ci fosse sotto era normale che loro la conoscessero, essendo i loro Nakama.
Usopp si mise in piedi e azzardò un passo verso la botanica, tendendo una mano verso di lei, gesto che fece trattenere il fiato a Sanji. Non gli piaceva vedere quanto Usopp fosse in sintonia con quella ragazza. Prima di Water Seven, no anzi, anche durante Water Seven, era sempre stato lui il punto di riferimento del cecchino. Nel momento in cui aveva pienamente realizzato che lo avevano ritrovato si era illuso che le cose sarebbero tornate come un tempo ma si era presto reso conto di essere stato stupido anche solo a sperarci.
Ciò nonostante non faticava a fingere che non fosse passato neppure un giorno e che Usopp fosse ancora un Mugiwara, almeno finché lui e Lilith non si scambiavano un’occhiata complice o non completavano l’una le frasi dell’altro e a quel punto la realtà lo colpiva di nuovo con una bella mazzata tra capo e collo. Se aveva pensato di sapere quanto Usopp gli era mancato, non si era mai sbagliato tanto e lo dimostrava il fatto che non riusciva neppure a essere se stesso.
-Lil…- la chiamò piano il cecchino, azzardandosi a rompere il silenzio, ma il suo flebile sussurro fu completamente sovrastato dal tonfo provocato dalla collisione tra il tavolo di legno e il pugno di Saku.
-E noi proseguiamo lo stesso!- esclamò lo psicopa… il medico, respirando grosso, le narici dilatate. Lilith e Neena lo fulminarono con lo sguardo.
-Non sei tu che decidi- sibilò la più giovane delle due sorelle.
-Pensavo avessimo ancora voce in capitolo sulla nostra nave-
-Non in una situazione del genere. Spetta al capitano decidere. Ne va della sicurezza della nave e dell’incolumità di tutti-
-E allora cosa vuoi fare?! Mancare all’appuntamento?!- chiese, provocatorio e furente Saku. Lilith sobbalzò presa in contropiede e abbassò gli occhi sulla superficie liscia del tavolo sconfitta.
-Non è ancora detto. Abbiamo una settimana di margine. Potrebbe metterci poco…-
-O potrebbe metterci sei fottuti mesi! Lil! Andiamo!- esclamò, ma verso la fine della frase il tono del medico cambiò radicalmente, così come la sua espressione, da arrabbiato a implorante. -Non possiamo fermarci ora, non possiamo tirarci indietro!-
-Anche fermandoci un paio di giorni ogni due settimane per sistemarla come abbiamo fatto finora, riusciremmo comunque ad arrivare in tempo- intervenne Dex, che aveva recuperato carta, penna e una cartina e stava rapidamente calcolando la rotta più breve ma con abbastanza avamposti dove sostare durante i giorni di manutenzione. Sollevò gli occhi dalla mappa e lanciò a Lilith un sorriso più luminoso del sole. -Vi posso portare là in tempo- aggiunse sottovoce, quasi come se stesse parlando solo con lei.
-Ma come fa a leggere la cartina all’incontrario?- domandò piano Zoro, sporgendosi verso Nami, al suo fianco, che gli lanciò un’occhiata incredula e si rifiutò di spiegargli che era lui che la vedeva all’incontrario perché era seduto dalla parte opposta del tavolo e che comunque per un cartografo non c’è un dritto e un rovescio per leggere una mappa.
-Ma non…- esitò, gli occhi fissi su Dex. -Se dovessimo imbatterci in una tempesta…-
-Ne verremo fuori come sempre!- la interruppe deciso Usopp, buttando un po’ il petto in fuori con orgoglio. -Credevo toccasse al Capitano decidere- aggiunse poi, sollevando un sopracciglio.
Lilith sgranò gli occhi. -Usopp…-
-Proseguiremo!-
-È pericoloso!- insistette la botanica mentre il suo capitano si girava verso il carpentiere dei Mugiwara.
-Ho fatto cose più pericolose- commentò, agitando una mano nell’aria. -Franky puoi darci qualche dritta per limitare i danni mentre proseguiamo?-
Il cyborg spostò uno sguardo meravigliato da Usopp a Sanji, che si strinse nelle spalle, a Robin, che sorrise incoraggiante, e di nuovo ad Usopp, in attesa con le mani sui fianchi. -Beh… no, non molto. Se qualcuno potesse trainarvi almeno per un pezzo sarebbe meglio ecco, quello sì- rispose, senza quasi pensare. –Magari potreste trovare qualche nave disponibile ad aiutarvi su quest’isola-
-Magari un’altra nave pirata- suggerì Robin, tenendo d’occhio Rufy che si stava grattando la nuca con fare perplesso, come se stesse cercando di raggiungere un pensiero che però continuava a sfuggirgli. -Una nave con un buon carpentiere a bordo che possa aiutare Pascal a gestire la falla-
Usopp lanciò un’occhiata da sopra la spalla all’archeologa, tra il terrorizzato e un tentativo di apparire minaccioso.
-Ehi!- esclamò Rufy, illuminandosi all’improvviso. Usopp si girò verso di lui, rigido e tremante. -Potremmo trainarli noi!-
-Che splendida idea Capitano- commentò Robin, prima di portarsi una tazza di the che Brook le aveva appena offerto alle labbra. Nami ridacchiò, divertita dal comportamento della sua sorellona.
-Cosa?!- Usopp ridacchiò nervosamente. -Ma no Rufy, sei molto gentile, ma non potrei mai chiederti di…-
-Sarebbe anche l’occasione ideale per organizzare una festa! Sanji! Preparati a cucinare una montagna di carne!-
-R-rufy!- tentò di nuovo Usopp, meno convinto ma più terrorizzato.
No, assolutamente no! Non poteva essere! Non aveva assolutamente messo in conto di trascorrere con loro più del tempo strettamente necessario. Era stato felice di rivederli, di parlare con loro, di saperli sani e salvi. Ma aveva pensato di ripartire presto con la propria ciurma, chiudere quell’incontro come una piacevole quanto inaspettata parentesi, non viaggiare trainato dalla loro nave per… per quanto?
-…dove dovete andare! Non è un problema cambiare un po’ la rotta, vero Nami?!-
-Si da il caso che andiamo dalla stessa parte, Rufy- lo avvisò con una certa soddisfazione la navigatrice, una volta tanto senza picchiarlo per il suo eccessivo entusiasmo.
-Fantastico!!!-
Come avrebbe potuto sopportare di essere in debito con loro dopo quanto era successo?! E di… di viaggiare sulla nave che aveva preso il posto della sua Merry?
-Siete sicuri?- stava chiedendo Lilith, incredula, guardando fisso Rufy che annuì deciso.
-Voi siete amici di Usopp e gli amici di Usopp sono amici nostri!- affermò con un sorrisone a trecentosessanta gradi -E io sono sempre pronto a tutto per i miei amici! Shishi!- aggiunse, sistemandosi il cappello sulla nuca con la mano.
Anche Lilith si aprì in un sorriso e si girò per dare il cinque ai suoi fratelli e a Dex, che era sempre in prima linea quando c’era da essere entusiasti per qualcosa.
-Franky, tu e Nami andate a recuperare la Sunny!- decise Rufy, le mani sui fianchi.
-Agli ordini fratello!- rispose subito il cyborg, dimenando il bacino.
Tutti si stavano alzando per abbandonare la cucina e rendersi in qualche misura utile in attesa che la Sunny arrivasse e ci fosse da assicurare la Fenix.
Usopp era ancora immobile in mezzo alla cucina, incapace di reagire, a osservare attonito gli eventi scivolargli tra le dita delle mani e la propria ciurma fare di testa propria o al massimo seguire gli ordini del suo ex capitano, ignorandolo completamente.
-Sarà un viaggio fantastico!- esclamò Rufy al colmo della gioia, dandogli una pacca sulla spalla prima di schizzare sul ponte insieme a tutti gli altri.
 

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Capitolo 7
*** Amici ritrovati ***


Cambiare nave non era stato poi così traumatico. Certo la Sunny era più grande della Fenix ma era pur sempre una nave. Aveva un’ampiezza limitata, non è che c’era il rischio di perdersi, giusto?
-Qualcuno ha visto Zoro?- domandò Nami, facendo capolino sulla porta della grande cucina.
-Nami-swaaaaan!!!- ululò Sanji, lasciando perdere per un attimo la preparazione dello snack pomeridiano per volteggiare intorno alla sua dea.
-Non è qui- la avvisò Robin, girando una pagina del libro che stava leggendo sotto lo sguardo attento di Neena.
-Perché una divina creatura come te cerca la stupida testa di verza?- domandò poi, tornando improvvisamente serio.
Nami sospirò, afferrandosi il ponte del naso. -Quell’imbecille doveva aiutarmi con alcune delle mie attrezzature e mi aveva detto che mi aspettava qui in cucina. Chissà dove si sarà andato a cacciare-
-Se vuoi posso aiutarti io appena ho finito qui, mia dea-
-Non preoccuparti Sanji-kun, tanto lo cercavo per avvisarlo che ho cambiato idea e preferisco andare a farmi un bagno.- ribatté la navigatrice, girandosi per uscire e mettere in pratica le proprie intenzioni.
-Nami-san- la richiamò Sanji, stranamente serio  e grave e Nami gli lanciò un’occhiata da sopra la propria spalla. Il cuoco era tornato a occuparsi delle proprie faccende culinarie, l’onnipresente sigaretta che pendeva dalle sue labbra. -Hai per caso incrociato Usopp venendo qui?-
Nami fu presa per un attimo in contropiede dalla domanda ma rispose immediatamente. -Era sul ponte della Fenix che lavorava a qualche suo marchingegno-
-Capisco- mormorò Sanji e Nami avrebbe giurato di averlo sentito sospirare.
-Sanji-kun, va tutto bene?-
-Come? Oh ma certo mia dea! Tutto è meraviglioso quando i miei occhi si posano sulla tua personaaaa!- reagì d’istinto il biondo, inondandola di cuoricini. Sollevata nel vederlo comportarsi come sempre, Nami tornò sui propri passi.
-Okay. Allora io vado a farmi il bagno-
-Aspetta Nami, vengo anche io- la fermò Robin, chiudendo il libro e alzandosi rapida per seguirla.
Dal bancone della cucina, dove stava aiutando Sanji tagliando la frutta a regola d’arte, Neena si girò di scatto e lanciò un’occhiata quasi disperata alle due ragazze della ciurma di Rufy, ripulendosi veloce le mani nel grembiule.
-E-ehi aspettate! Posso venire con voi?!- chiese speranzosa.
Nami le lanciò un’occhiata perplessa mentre Robin si apriva in un sorriso. -Ma certo. Franky ha dotato la Sunny di un bagno molto ampio, c’è spazio per tutti-
Neena non se lo fece ripetere due volte e si tolse rapida il grembiule per poi seguire le altre due ragazze in corridoio, lasciando Sanji solo con i propri pensieri.
Un secondo sospiro lasciò le labbra del cuoco, insieme a una nuvoletta di tabacco. Senza smettere di muovere meccanicamente e sapientemente le proprie mani, Sanji lanciò un’occhiata in su, verso il soffitto oltre cui si trovava il ponte.
Da tre giorni erano ripartiti con la Fenix a traino e da tre giorni la situazione andava sempre più peggiorando a vista d’occhio. Era normale che di tanto in tanto i Naga Hana tornassero sulla propria nave per tenerla pulita e recuperare vestiti e utensili ma Usopp ci passava un ammontare di tempo decisamente maggiore rispetto a tutti gli altri e questo a Sanji non piaceva per niente. E non era la sola cosa che lo preoccupava.
Maciullò il filtro della sigaretta tra i denti. Quel maledetto nasone lo faceva stare così in pensiero che non riusciva neppure dedicarsi alle sue quattro sirene come loro meritavano!
-Sanji? Stai bene?- domandò una voce preoccupata.
Il cuoco si voltò ancora un po’ perso nei suoi pensieri. Franky, Dex e Lilith erano appena entrati in cucina e lo osservavano preoccupati.
-P-Perché me lo chiedi, Lilith-chan?-
-Fratello stai frantumando il manico del coltello- gli fece presente il cyborg e solo allora Sanji si rese conto di quando forte stava stringendo l’utensile. Lo mollò sul bancone con un lieve tintinnio metallico e stirò le dita della mano, indolenzite e lievemente doloranti.
Poi, un pensiero improvviso lo colpì e il cuoco sgranò gli occhi.
-Lilith-chwaaaaan!- esclamò volteggiando verso la ragazza -Angelo mio, perdonami per non averti ancora detto quanto sei bell…- la frase del cuoco si trasformò in un mugugno inarticolato quando fu rispedito indietro da un calcio della botanica che aveva agito d’istinto, presa in contropiede dall’improvvisa reazione del biondo.
-Oh kami! Sanji! Scusami non volevo!- si portò una mano alla bocca Lilith. -Stai bene?-
-Mentalmente non credo- commentò Dex con un ghigno divertito, prima di dare il cinque a Franky.
-Sto bene, Lilith-chan, sto bene!- la stava intanto rassicurando Sanji, mentre si rimetteva in piedi. -Posso aiutarti in qualche modo, mia visione?-
-A dire il vero cercavo mia sorella-
-Oh! Neena-chan è andata a fare un bagno- spiegò e si portò rapido una mano al naso per fermare l’imminente epistassi che minacciava di esplodere nel suo setto.
-Come? Prima di aver finito qui?- chiese perplessa Lilith.
-Beh non stavamo cucinando niente che non potessi terminare da solo-
-Sì ma è strano- Dex rincarò la dose -Di solito non lascia mai un piatto a metà anche se c’è qualcun altro che può finire di cucinarlo per lei. Diventa una belva feroce quando si tratta di cucinare, è la sua assoluta priorità. Se vuoi sfidare la morte basta distrarla mentre cucina-
Sanji si grattò la nuca perplesso mentre con l’altra mano afferrava la sigaretta e la sfilava dalle labbra, liberando una nuvoletta di fumo.
-Non so. Quando Nami-san e Robin-chan hanno detto che andavano a farsi un bagno, sembrava quasi eccitata di andare con loro- si strinse nelle spalle il cuoco.
Espressioni di puro terrore si disegnarono sui volti di Lilith e Dex.
-Hai… hai detto bagno?-
-C-con Nami e Robin?-
Franky e Sanji si scambiarono un’occhiata perplessa.
-Fratelli che vi prende?-
-Da che parte è il bagno?!- Lilith si lanciò quasi addosso a Franky, afferrando decisa i baveri della sua camicia e facendolo vacillare nonostante la differenza delle loro moli.
-Wow, sorella, cerca di calm…-
-Franky da che parte è il bagno?!- ripeté più minacciosa la botanica.
-I-i-in fondo al corridoio della z-zona notte- balbettò il cyborg, sconvolto da quell’irruenta reazione.
Un attimo dopo, Lilith e Dex uscivano dalla cucina a passo di carica, parlando concitati di “fermare qualcuno” e “sperare di arrivare in tempo”.
Ancora sconvolti, Sanji e Franky rimasero a fissare a occhi sgranati la porta della cucina per un po’, finché lo scalpiccio degli altri due pirati smise di risuonare nel corridoio.
-Wow- commentò allora il cyborg, alzando le manone a sistemarsi il colletto tutto sgualcito della camicia. -Ma che gli è preso ai fratelli?-
Si girò verso Sanji, lo sguardo interrogativo, ma il cuoco si limitò a prendere una boccata dalla sigaretta e muoversi a sua volta verso la porta della cucina.
-Non ne ho idea- rispose con il suo solito tono pacato. -Franky, puoi avvisare che la merenda è pronta per favore? Io devo andare a fare una cosa urgente-
-Uh? Ma certo fratello- acconsentì Franky, preso in contropiede dalla richiesta del Nakama.
-Grazie- mormorò Sanji con un cenno del capo, a metà tra un saluto e un ulteriore ringraziamento, prima di sparire nel corridoio.
Franky portò una mano cibernetica a grattarsi la nuca. -Ma che gli prende a tutti quanti oggi su questa nave?!-
 

 
§

 
Camminando con il suo ritmo pacato, le mani in tasca, Sanji si avvicinò alla poppa della Sunny a cui la variopinta prua della Fenix era assicurata con una catena.
La caravella amica seguiva docile la navigazione della nave più grande, protetta da quattro galleggianti che Franky aveva tirato fuori da chissà dove, assicurati tra la chiglia e la paratia esterna per evitare che le onde battessero con troppa forza contro la falla, peggiorandola.
Sanji liberò una nuvoletta di fumo insieme a un sospiro. Da quella posizione riusciva a vedere bene Usopp, di spalle rispetto a lui, intento a trafficare con qualcosa sul ponte, proprio come gli aveva segnalato la sua sirena ramata.
Non era una novità che il cecchino lavorasse all’aria aperta, nonostante avesse parlato del “suo laboratorio”. Sanji sospettava che fosse perché il mondo esterno offriva un ben più interessante panorama su cui perdersi quando Usopp si fermava a riflettere, un paesaggio che forse avrebbe immortalato più tardi in uno dei suoi impeccabili disegni. Ma Sanji sospettava anche, e su questo aveva pochi dubbi, che lavorando così sul ponte Usopp riuscisse, nei momenti in ciò che stava facendo lo assorbiva maggiormente, ad estraniarsi al punto di dimenticare tutto ciò che lo circondava, finendo per credere di essere ancora sulla Merry.
In fondo, bravo com’era a raccontare frottole, non era certo un problema raccontarne una a se stesso.
Si passò una mano nel ciuffo biondo, per riavviarlo. Usopp adorava raccontare storie, per lui ogni occasione era buona e a volte si perdeva in dettagli del tutto superflui anche nei momenti meno opportuni per farlo. Ma tolto questo aspetto del suo carattere, Sanji sapeva che Usopp era una persona pratica. Il suo obbiettivo, in tutto ciò che faceva, era ottenere la massima efficienza per ridurre al minimo i rischi. Ragion per cui si era chiesto spesso perché la notizia di dover cambiare nave lo avesse sconvolto tanto, quella maledetta sera di due anni prima.
La Merry era importante per lui, un regalo di Kaya, il filo diretto con il suo villaggio, la sua prima vera casa. Eppure Usopp era abbastanza intelligente da capire che la loro adorata caravella, a cui tutti avevano detto addio con il cuore spezzato, non poteva portarli più in là di così, che aveva già resistito oltre il limite e che comunque sarebbe rimasta con loro fino alla fine del viaggio, continuando a vivere nei loro cuori. Non era stato facile separarsi da lei ma la reazione di Usopp era stata eccessiva e in quei ventiquattro mesi e diciassette giorni Sanji si era interrogato più volte su cosa potesse avere scatenato quella risposta nel suo amico, giungendo a una sola possibile conclusione.
Senso di colpa.
Usopp si sentiva in colpa perché prima di Water Seven  era lui il responsabile della manutenzione della nave e, nonostante le sue amorevoli cure, la Merry era arrivata alla città dell’acqua ridotta a un relitto. Per Usopp era stato come portare un caro amico in fin di vita dal miglior dottore in circolazione, con la certezza che lo avrebbe guarito, e sentirsi dire che non c’era niente da fare perché non era stato capace di sostituire i bendaggi in modo adeguato.
Tutte le sue speranze si erano dissolte con la sentenza di quel bastardo della CP9 che tutti scambiavano per lui ma che in comune con Usopp aveva solo il naso, e neppure così tanto se si guardavano bene le appendici dell’uno e dell’altro.
Ma come faceva Usopp a non capire che nessuno di loro mai lo avrebbe potuto incolpare per qualcosa così inevitabile come il deterioramento di una nave, dopo le peripezie che aveva vissuto poi?! Come poteva rifiutarsi di perdonare se stesso quando gli era stato chiaramente detto che senza il suo intervento la caravella non sarebbe arrivata neppure ad Alabasta?!
Quando Merry stessa gli aveva detto che più di così nessuno avrebbe potuto fare.
Perché doveva essere così dannatamente cocciuto, anche più di quanto era bugiardo?!
Il sapore del filtro della sigaretta sulla lingua lo avvisò che aveva morso con troppa violenza la cicca. Tornando in sé si accorse anche che rischiava di conficcarsi le unghie nei palmi. S’impose di calmarsi e scosse le spalle, gettò ciò che restava della sigaretta in uno dei vari posacenere che Franky aveva disseminato qua e là per la nave e tornò verso la poppa. Con la stessa naturalezza con cui camminava, si diede lo slancio e attraversò la distanza che separava la Sunny dalla Fenix, passeggiando nell’aria.
Atterrò oltre la testa della fenice, sul castello di prua, di fronte al timone, senza quasi fare rumore. Non che Usopp si sarebbe accorto altrimenti. Assorto com’era non si rese conto del biondo che si avvicinava, nonostante le suole rinforzate delle sue scarpe , finché non gli fu alle spalle.
-Ehi- lo chiamò.
Usopp saltò su come una molla e rotolò via per un pezzo, le mani alzate sopra il capo per difendersi. Con il cuore in gola e tremando, sbirciò oltre l’incrocio dei propri arti per vedere chi lo avesse sorpreso a quel modo.
-S-S-S-Sanji! Ma sei im-impazzito?! Mi ha spaventato!-
-Devi venire con me- si limitò a mormorare il cuoco, voltandogli subito le spalle per tornare indietro.
Usopp abbassò le braccia, perplesso, e osservò Sanji allontanarsi con andatura misurata. Si accigliò appena, colpito da un pensiero. -Ehi! Cosa ti fa pensare che puoi venire a darmi ordini?- domandò, portando le mani sui fianchi. -Non sei più il mio primo ufficiale!-
Ma bastò l’occhiata di fuoco che Sanji gli lanciò da sopra la propria spalla per fargli perdere tutta la baldanza. -Datti una mossa o ti ci trascino a calci in culo sulla Sunny.-
Conscio di quanto concreta fosse la minaccia, Usopp deglutì a vuoto e si affrettò a seguire l’ex Nakama senza fare domande. Almeno finché non si ritrovò immerso nella penombra della sala macchine della Sunny di fronte a una botola che Sanji aprì con un calcio prima di invitarlo a scendere.
Usopp sbirciò all’interno del buco ma tutto ciò che riuscì a vedere furono i primi due salini di legno che scendevano nel buio più pesto e il panico lo assalì.
-Usopp datti una mossa.- lo incitò Sanji ma il ragazzo si tirò indietro, sorridendo nervoso.
-S-sai S-Sanji credo mi sia a-appena venuto u-u-un attacco di “non posso scendere nei luoghi oscuri”. È una r-r-rarissima malattia postraum…-
Le parole si dissolsero in un mugugno di dolore quando la suola di Sanji entrò in contatto con la sua natica sinistra e si ripeté quando la sua natica destra entrò in contatto con il pavimento interno della chiglia.
-Ma sei impazzito?!- protestò massaggiandosi la parte contusa mentre Sanji si calava nella botola, richiudendola sopra di sé e immergendoli completamente nel buio. Usopp prese a guardarsi attorno frenetico. Nel buio a cui i suoi occhi si stavano già abituando, Usopp riusciva a distinguere delle strane sagome che per non era in grado di ricollegare a niente che avesse senso trovare nella chiglia di una nave. E nonostante si stesse ancora chiedendo perché Sanji lo avesse portato lì e che intenzioni avesse, si rendeva conto che, in quel momento, il cuoco era il solo elemento in grado di dargli sicurezza. -S-Sanji?- gemette.
-Ci sono, ci sono, dammi un attimo nasone.-
Un secondo dopo, le luci si accesero e Usopp sbuffò un sospiro di sollievo, tornando subito spavaldo nonostante le gambe gli tremassero ancora. -Si può sapere perché mi hai portato qui?-
Sanji estrasse una sigaretta e l’accese con calma, gustandola qualche istante prima di puntare gli occhi blu in quelli scuri di Usopp. -Sono stufo di vederti sempre isolato in un angolo come se fossi in punizione. Sono tre giorni che vi trainiamo e hai messo piede sulla Sunny una volta. Franky non vedeva l’ora di mostrartela e anche Chopper.-
Usopp distolse lo sguardo, puntando gli occhi a terra con rabbia e un velo di dispiacere. -Beh hanno fatto male i loro conti.- rispose lapidario ma Sanji non reagì di fronte al tono rude dell’amico.
-Ti ho portato qui per mostrarti una cosa.- lo informò dopo alcuni secondi e Usopp risollevò gli occhi, stavolta interrogativo. -Guardati intorno.- lo invitò Sanji con un cenno del mento.
Sorpreso Usopp cominciò a girare su se stesso, facendo una panoramica della stanza in cui si trovava. Su una parete c’era un’enorme saracinesca tonda che si potevano aprire in caso di bisogno e Usopp non ci mise molto a capire per fare uscire che cosa. Al centro dello spazio c’era una piattaforma rotante divisa in sei compartimenti, contenenti degli oggetti alquanto strani da trovare su una nave ma non poi così strani considerato che si trattava della nave di Franky.
Una motocicletta, il waver di Nami, quello che era innegabilmente un sottomarino a forma di squalo, una piccola nave delle dimensioni di una scialuppa che… c-che…
Gli occhi di Usopp si riempirono di lacrime mentre il cecchino portava una mano alla bocca, sotto shock. -Merry?- domandò, sopprimendo un singhiozzo.
Ma non aveva davvero bisogno di conferme, sapeva ciò che stava fissando. Avrebbe riconosciuto in mezzo a mille gli occhi pieni di calore, le corna arrotolate, il legno candido. Avrebbe riconosciuto in mezzo a mille quella polena. Avrebbe riconosciuto in mezzo a mille la sua Merry.
-Franky l’ha chiamata Mini Going Merry II- spiegò Sanji mentre Usopp si avvicinava come in trance alla piccola imbarcazione.
Allungò una mano tremante verso il muso tanto amato e lo saggiò con delicatezza. Le lacrime cominciarono a rigargli le guance appena sentì il legno vero e concreto sotto i polpastrelli e una miriade di emozioni lo attraversò. Flash dei momenti felici trascorsi sulla sua adorata caravella gli riempirono la testa, veri e nitidi come mai prima era accaduto nei mesi precedenti.
Usopp scoppiò a ridere mentre piangeva, assaggiando il sapore salato delle sue stesse lacrime, finché la sua memoria, impietosa e inesorabile, non lo riportò a quella maledetta isola, quella maledetta sera. Le ferite completamente rimarginate di quella lotta facevano ancora male, pulsavano sotto le cicatrici perfettamente sane che gli segnavano la pelle olivastra solo qua e là. La maggior parte non avevano lasciato segni visibili eppure bruciavano ancora.
Bruciavano come i suoi occhi quella notte mentre Rufy gli diceva addio. Bruciavano come la sua Merry poco prima di sprofondare negli abissi.
Non si accorse nemmeno che la risata si era trasformata in un pianto dirotto, non capì quasi di essere crollato in ginocchio ed essere carponi di fronte alla Mini Merry, ci mise parecchio per capire che quel suono cantilenante era la sua voce.
-Mi dispiace… mi dispiace… mi dispiace… ho cercato di salvarti… mi dispiace… mi dispiace tanto… mi dispiace Merry, mi dispiace…-
Sgranò gli occhi quando qualcuno gli posò delicatamente una mano sul capo, libero dal cappello. -S-Sanji?-
-Lei lo sa.- mormorò piano il cuoco, con una dolcezza nella voce che Usopp non aveva mai sentito prima, nonostante Sani fosse da sempre l’amico che lo rassicurava e gli dava manforte quando ne aveva bisogno. -E ti è grata. Per tutto l’amore che le hai dato, perché hai creduto in lei fino all’ultimo, perché a Skypeia hai capito il suo messaggio e hai fatto l’impossibile per aiutarla.- le lacrime già copiose raddoppiarono  negli occhi di Usopp che si concentrò per trattenere i singhiozzi pur di non perdersi una sola parola di quello che Sanji gli stava dicendo. -E tu l’hai salvata. Lei è qui, proprio davanti a te. Non la vedi? L’hai salvata Usopp.-
Usopp inspirò rumorosamente e per un attimo Sanji ebbe paura che Usopp non riuscisse più a respirare. Non poteva immaginare che il dolore e il senso di colpa stavano finalmente diminuendo, che il buco al centro del suo petto si era richiuso almeno un po’. Fu come tornare a respirare a pieni polmoni. Usopp si trascinò verso la Mini Merry e abbracciò il collo della capra, scoppiando a piangere e ridere un’altra volta.
Sanji si sedette pochi passi dietro di lui, a gambe incrociate, e continuò a fumare con calma la sua sigaretta. Non seppe quanto tempo erano rimasti lì quando Usopp cominciò finalmente a calmarsi e, tornato in sé, si girò piano per fronteggiarlo. Aveva gli occhi gonfi come due zampogne, venati di rosso, le labbra gonfie e i capelli appiccicati alla fronte e alle guance sudate ma il viso era molto più disteso dei giorni precedenti, compreso il giorno in cui lo avevano incontrato.
Usopp abbandonò la schiena contro la caravella in miniatura, una gamba tesa e l’altra piegata, un braccio abbandonato a terra e l’altro penzoloni sul ginocchio. Prese un paio di profondi respiri, ancora scosso da qualche singhiozzo residuo, prima di azzardarsi a parlare. -Grazie Sanji- mormorò con voce roca.
Il cuoco trattenne a stento un sorriso e si sfilò la sigaretta dalle labbra. -Non ho fatto nulla, dovresti ringraziare Franky semmai.-
-Stasera a cena…- annuì Usopp e Sanji ebbe un tuffo al cuore. Da quando viaggiavano insieme, Usopp si era sempre rifiutato di partecipare ai pasti, inventando ogni volta una scusa diversa. Sapeva che mangiava grazie a Neena e solo per quello non era ancora passato alle maniere forti pur di assicurarsi che si nutrisse in modo adeguato.
Si rese conto che lo stava fissando un po’ troppo e con un’espressione un po’ troppo emozionata e si affrettò a scuotere il capo e cercare un argomento alternativo. Fu allora che un pensiero, che ancora aleggiava nel retro della sua testa, tornò a galla. -Ehi Usopp? Posso chiederti una cosa dei tuoi Nakama?- domandò, ignorando la stilettata al cuore che quelle parole gli provocarono.
-Certo, dimmi.-
-C’è qualche problema con Neena-chan? Oggi quando Lilith-chan e Dex hanno scoperto che era andata a farsi un bagno con Nami-san e Robin-chan sono andati completamente in panico e… che cos… ho detto qualcosa che non va?- domandò quando vide l’espressone del cecchino, che non si discostava poi tanto da quella degli altri due pirati chiamati in causa.
-Santo Roger! Ma l’hanno recuperata?-
-Credo di sì- si strinse nelle spalle Sanji. -Si sono precipitati in bagno come Rufy dietro una coscia arrosto.-
-Per fortuna.- mormorò Usopp, lasciando Sanji ancora più perplesso.
-Qual è il problema?- domandò spazientito. Cos’avevano da trattare come una pazza una creatura tanto angelica come Neena-chan?
-Neena è lesbica e molto… insistente diciamo. Un po’ come te. Non oso immaginare cosa sarebbe in grado di fare ritrovandosi in vasca con du… E-ehi S-Sanji stai b-bene?!- domandò agitato nel vedere l’amico cominciare a tremare incontrollato.
Poi un fiotto di sangue zampillò dalle narici del cuoco che cominciò a emanare cuori e parlare sconnesso prima di crollare al suolo inerme, continuando a sanguinare copiosamente.
-Oh merda! Sanji!- lo chiamò Usopp saltando in piedi e schizzando verso la botola. La spalancò con un tonfo e si sporse fuori con il busto. -CHOPPER!!!- 

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Capitolo 8
*** Come ai vecchi tempi ***


Ci erano voluti una scatola di tamponi per il naso, la minaccia di Nami di addebitargli il costo del suo funerale se fosse morto, una sacca di sangue gentilmente donato da Saku e tre battute di Brook perché Sanji tornasse cosciente.
Usopp si era spaventato a morte, non avendo mai visto il cuoco in quello stato, ma ora era tornato tutto alla normalità.
Se di normalità si poteva parlare.
-Yoh fratello! un po’ della mia Supeeeer-cola e vedrai che passa tutto!- Franky diede una pacca sulla spalla a Pascal che picchiò la fronte sul tavolo della Sunny. -O-ohi scusa fratello! Ti ha fatto male?-
-Mai quanto mi fa male vivere.- rispose atono Pascal, rimettendosi dritto come se nulla fosse successo.
In uno slancio di euforia, eccessiva persino per lui e forse causata dal fatto che finalmente Usopp aveva voluto visitare la Sunny, Franky scattò in piedi, unendo gli avambracci sopra la testa. Rapido come una faina, Rufy allungò il braccio per sottrarre il piatto incustodito del proprio carpentiere, tirando un cazzotto a Zoro, che dormiva in bilico sulla propria sedia, nel tragitto.
-Ehi!- ringhiò il samurai, svegliato di soprassalto, sfoderando parzialmente la Kitetsu e come il suono metallico della lama contro la guaina risuonò nell’aria, Saku estrasse in automatico un coltello, in posizione di lancio.
Nello stesso momento, Nami tirò un pugno a Rufy, ingiungendogli di non fare tutto quel baccano dal momento che non voleva uscire da lì con il mal di testa. Rufy rimbalzò contro il braccio di Saku che perse presa sul proprio pugnale. L’arma sfrecciò nell’aria, tagliandola in due e conficcandosi dritta dritta in uno dei bulbi oculari vuoti di Brook, che si bloccò con la tazza di the a mezz’aria, sorpreso, e Chopper saltò giù dalla sedia in panico e cominciò a correre in tondo, chiamando a gran voce un dottore.
Un braccio spuntò sulla superficie del tavolo e sfilò delicatamente il pugnale dal teschio di Brook, per poi scomparire in una pioggia di petali rosati.
-Yohohoho-oh! Grazie Robin-san! La tua gentilezza è un toccasana per il cuore! Anche se io il cuore non ce l’ho più! Yohohohoho-oh! Potrei sapere il colore delle tue mutand…-  ma Brook non riuscì a finire quando si ritrovò con la faccia schiantata nel legno del tavolo da una sberla di Neena.
-Non sono domande da farsi a tavola!- tuonò la cuoca dei Naga Hana, un vena pulsante sulla fronte. L’archetto del violinista vorticò nell’aria e atterrò dentro il boccale di Saku, schizzando birra tutto intorno e soprattutto addosso al medico che chiuse per un attimo gli occhi ma non resistette più di pochi secondi.
-Vi volete dare una calmata?!- esplose, pestando un pugno sul tavolo, colpendo accidentalmente il bordo del piatto e rovesciandone il contenuto con un effetto catapulta. Con maestria, Rufy allungò il collo e recuperò l’intero contenuto del piatto di Saku ficcandosi tutto direttamente in bocca.
-Sono più impegnativi di quanto immaginassi- commentò Lilith, lanciando una rapida occhiata oltre la propria spalla.
-Da quel che vedo anche tu avrai il tuo bel daffare.- commentò Sanji con un sorriso comprensivo.
-Già- rispose la botanica. -Mi spiace che Neena e Saku siano così… ehm… attivi.-
Sanji ridacchiò. -Uno in più uno in meno, non fa poi una gran differenza.- le fece presente con uno sguardo eloquente a cui Lilith rispose con un sorriso, prima di ricominciare a riempire il piatto con tutte le prelibatezze che Sanji e Neena avevano cucinato.
-Ci sono ancora un po’ di melanzane? Dex le adora.- chiese Lilith, sporgendosi un po’ verso di lui.
-Dex?- domandò Sanji sorpreso. -Credevo stessi preparando il piatto per Usopp.-
Lilith sobbalzò appena e allargò un po’ gli occhi. -Uh?  No, lo stavo preparando per Dex io…- distolse lo sguardo, lievemente imbarazzata -Voglio dire, tu conosci bene i gusti di Usopp, no?-  domandò alla fine, tornando a guardarlo con un sorriso.
-S-sì certo ma credo che li conosca bene anche tu.- si riscosse. -Giusto?!- aggiunse poi, per assicurarsi che Lilith rispondesse alla domanda.
Era assurdo e irrazionale ma voleva capire quanto profondo fosse il loro rapporto. Non che poi avesse alcun diritto da reclamare sul cecchino e nemmeno poteva pretendere più di tanto perché, a conti fatti, Usopp aveva viaggiato più tempo con i Naga Hana che neanche con loro.
-Beh sì ma tu i gusti di Dex non li conosci.- ribatté ragionevole Lilith, cogliendolo alla sprovvista.
Sanji rifletté sulle parole della ragazza prima di sorridere con una punta di malinconia. -Hai ragione Lilith-chan.- rispose e Lilith allargò il sorriso prima che entrambi tornassero a occuparsi dei piatti.
Rimasero in silenzio per alcuni secondi, Sanji completamente immerso nei propri pensieri, le mani che si muovevano meccanicamente. Fu quando tornò alla realtà che si rese conto che Lilith si era fatto più vicina, molto più vicina, così vicina che il suo braccio nudo sfregava contro la manica arrotolata della camicia di Sanji.
Il cuoco si irrigidì, lievemente in panico. Con la crisi di quel pomeriggio, non poteva rischiare un’altra epistassi. Pensò di allontanarsi ma non tollerava l’idea di apparire scortese nei confronti di una tanto celestiale creatura e optò invece per un profondo respiro, appellandosi al proprio autocontrollo.
-Sanji- Lilith lo chiamò talmente piano che solo lui avrebbe potuto sentirla. Non riuscì a controllarsi e si girò per vedere cosa la giovane gitana volesse da lui ma Lilith aveva gli occhi puntati sul bancone e stava continuando a riempire il piatto come se niente fosse. -Volevo ringraziarti. Non so esattamente cosa tu abbia detto o fatto con Usopp ma, qualunque cosa sia stata, lo ha rimesso al mondo. Mi stavo cominciando a preoccupare seriamente, non sapevo davvero come comportarmi. Grazie per averci pensato tu. Sei un amico molto prezioso per lui.-
Sanji rimase interdetto alcuni istanti. Le parole di Lilith gli avevano suscitato una strana emozione che forse era un mix di più emozioni concentrate in una sola. Gli faceva un piacere indicibile sapere di aver riscosso Usopp dalla propria apatia e di essere un amico prezioso e fidato anche dopo tutto il tempo trascorso dall’ultima volta che aveva avuto la possibilità di ricoprire quel ruolo.
Lo sapeva, di essere felice per questo, ma non lo sentiva. Perché quella felicità era soverchiata dalla delusione e dalla nostalgia.
Voleva sapere che tipo di rapporto Lilith e Usopp avessero? Eccolo servito.
Nessun altro dei Naga Hana lo aveva ringraziato per ciò che aveva fatto o si era mostrato sollevato quanto lei eppure Usopp era il capitano di tutti, non solo di Lilith. E se non aveva frainteso il motivo per cui Lilith tanto si preoccupava per lui e parlava di lui come se fosse una sua responsabilità, allora la possibilità anche più pallida e remota che Usopp tornasse con loro non poteva esistere.
Non che Sanji si fosse accorto di quella sua speranza prima di quel momento. Non sapeva neppure come facesse a essere tanto ridicolo e irrazionale. Perché mai Usopp, che aveva finalmente raggiunto il proprio sogno diventando un capitano rispettato e amato, avrebbe dovuto lasciare tutto per tornare con loro? Di certo Sanji non aveva la presunzione di reputare sé stesso né nessuno dei suoi Nakama più speciale o più importante dei membri della ciurma amica. Smosse le spalle, deciso a non farsi sopraffare da quei pensieri e riprese anche lui a riempire il piatto.
-Non c’è bisogno di ringraziare Lilith-chan.- mormorò anche lui sottovoce -È stato un piacere.-
-Cosa? Tirare su il morale ad Usopp?- domandò a metà tra il sorpreso e il divertito.
Sanji sorrise, guardandola con la coda dell’occhio. -Il nasone è più resistente di quel che sembra. Può essere uno sfogo obbligarlo a reagire a volte.- ribatté, un po’ serio un po’ scherzando.
-Beh allora dovresti unirti alla mia ciurma e occuparti di tenerlo su e aiutarlo a rilassarsi! Ce n’è bisogno più spesso di quello che pensi!- esclamò Lilith, senza pensare.
Si bloccarono entrambi nel bel mezzo di ciò che stavano facendo e quando Lilith realizzò pienamente quanto ambiguo suonasse quello che aveva appena detto sgranò gli occhi e arrossì violentemente.
-Io… io non intendevo… N-non… - balbettò girandosi verso uno scioccato Sanji, mortificata.
-No, t-tranquilla Lilith-chan… Ho… ho capito che non intendevi c-che io e… io e…-
-No affatto! Non era quello che…-
-Infatti! L’ho capito!-
-O-okay, allora- annuì Lilith, sorridendo lieve, nonostante fosse ancora rossa in volto. Sanji la studiò per un attimo, gli occhi che brillavano e il sorriso luminoso e non poté fare a meno di ricambiare.
-Che succede?-
Entrambi si girarono di scatto al suono della voce di Usopp che era rientrato insieme a Dex, dopo essersi assentati per sistemare meglio la rotta della Fenix in modo che si trovasse perfettamente in linea con la Sunny. Sia Usopp che Dex li fissavano, ma mentre il biondo era chiaramente incuriosito e un po’ perplesso per il color aragosta assunto da Lilith, Usopp continuava a spostare gli occhi da cuoco a botanica con sguardo indagatore e appena un po’ contrariato.
Sanji rimase colpito dalla sua espressione e per la prima volta da quando lo avevano ritrovato si rese pienamente conto di che cambiamento il cecchino avesse fatto. Era diventato un uomo ormai, non solo nel fisico. E, come ogni uomo che si rispettasse, si stava giustamente dimostrando possessivo e geloso. Rispettoso, Sanji fece un passo indietro per allontanarsi da Lilith che intanto aveva preso a spostare lo sguardo da Usopp a Sanji, cercando qualcosa da dire.
I suoi occhi viola caddero sul piatto che ancora teneva in mano e, senza pensarci, tese il braccio in direzione dei due ultimi arrivati.
-Vi abbiamo tenuto da parte la cena.- disse rivolta a Dex, che si illuminò all’istante.
-Adoro le melanzane!- esclamò il ragazzo, prendendo il proprio piatto dalle mani di Lilith.
Sanji guardò Dex afferrare la forchetta e sedersi al tavolo e Lilith sedersi accanto a lui e osservarlo mentre mangiava con gusto, chiacchierando con lui. Quando si girò verso Usopp, il cecchino stava ancora fissando la scena di fronte a sé con occhi socchiusi. Sanji estrasse una sigaretta, l’accese e poi si diresse verso Usopp con il piatto preparato per lui, schiaffandoglielo in mano.
Usopp sgranò gli occhi, preso in contropiede. -Per me?- domandò, guardando incredulo il cuoco, prima di aprirsi in un sorriso. -Grazie Sanji.-
-Sì, sì, come vuoi. Vedi di non avanzare nulla.- lo liquidò Sanji, dirigendosi verso il forno che aveva appena trillato. Si chinò per estrarre il timballo di patate e lanciò con nonchalance un’occhiata da sopra la spalla e il cuore gli si scaldò quando vide Usopp divorare il contenuto del proprio piatto mentre rideva e scherzava e litigava con Rufy, finalmente sereno.
Proprio come ai vecchi tempi.
 

 
§

 
Cambiò posizione, continuando a strimpellare lieve sulle corde con le dita ossute, riempiendo di una piacevole melodia il ponte della Sunny. I bulbi vuoti osservavano attenti la scena di fronte a sé e ciò che vedeva gli fece provare un piacevole calore là dove sarebbe stato il cuore se ne avesse ancora avuto uno fisico e concreto.
Brook adorava lo scompiglio che i loro nuovi amici avevano portato alla già caotica vita della ciurma. Perché con il tempo e senza volerlo i Mugiwara avevano raggiunto, nel loro modo di fare casinista, una certa routine e regolarità di azioni. Senza saperlo, Zoro aveva imparato a dondolare impercettibilmente con la sedia per evitare i cazzotti di Rufy, Chopper schivava con maestria le mosse di Franky, Nami e Sanji davano l’impulso a braccio e gamba per picchiare Rufy prima ancora che il Capitano avesse detto o fatto ciò per cui stava per essere punito e Robin riusciva a leggere, scrivere, studiare e tradurre in mezzo a tutta quella gran cagnara.
Ma l’introduzione, sebbene temporanea, di quattro nuovi elementi aveva leggermente spostato l’ago della bilancia e Brook non poteva che essere felice di assistere, come uno spettatore, a quello che dovevano essere stati i Mugiwara nei loro primi giorni, ben prima di incontrarlo nel Triangolo Florian. Soprattutto, aveva la possibilità di vedere parte di quel malassortito gruppo di persone, che pure erano la sua famiglia, così come dovevano essere apparsi agli occhi di Lovoon.
Ma nella sua attenta e puramente mondana analisi a Brook non era sfuggito come Usopp fosse perfettamente inserito nei meccanismi che trasformavano quel pandemonio in una specie di coreografia perfettamente sincronizzata. Era come se non fosse passato neanche un giorno. Mentre litigava con Rufy, rideva con Chopper, ballava con Franky a Brook sembrava che Usopp fosse sempre stato lì.
Velocizzò appena il ritmo degli accordi che stava pizzicando distrattamente, pronto a lanciarsi in una versione il più gioiosa possibile del Liquore di Binks, quando un sospiro carico di angoscia attirò la sua attenzione e gli fece rizzare le orecchie. Si fa per dire, ovviamente, perché Brook le orecchie non le aveva più. Senza mollare il violino, lo scheletro si voltò verso il carpentiere della ciurma amica, lo sguardo vacuo e le spalle un po’ curve, proprio mentre Pascal produceva un secondo angosciato sospiro.
-Yo-oh, Pascal-san, qualcosa ti turba?-
Pascal scosse appena il capo, aprì la bocca, la richiuse, si strinse nelle spalle, aprì di nuovo la bocca e sospirò una terza volta. -La cena era squisita. Purtroppo le mie papille hanno già dimenticato cos’hanno gustato e il mio stomaco è troppo pieno per poter ricominciare da capo. E la soddisfazione provata nel consumare questo pasto non fa che aumentare la mia tristezza per l’effimera gioia ormai svanita che mi ha portato.-
I bulbi di Brook si fecero tondi tondi come due fondi di bottiglia ma si riprese subito e, suonando un motivetto più allegro, rispose. -Pensa che io nemmeno ce l’ho lo stomaco! Yohohohoh-oh!-
Pascal si girò e lo fissò alcuni secondi prima di allungare una mano e dargli una comprensiva pacca sulla spalla. -Mi dispiace molto.- mormorò, il capo chino.
Brook decise di ignorare per l’ennesima volta il fatto che mai nessuno riusciva a capire il suo senso dell’umorismo e tornò a concentrarsi su ciò che accadeva di fronte a lui. Sanji e Zoro stavano bisticciando come sempre, difficile dire quando avessero cominciato e soprattutto perché, e ignoravano Franky, o forse non lo sentivano proprio, che li stava minacciando qualora avessero provocato gravi danni alla sua piccolina.
-Brook.- Pascal lo chiamò con il suo tono perennemente abbattuto. -Quella al fianco di Zoro è davvero la Shusui?-
Sorpreso, lo scheletro studiò qualche istante la leggendaria katana nera appartenuta al grande Ryuma, che penzolava al fianco del samurai.
-Sì, è davvero lei. Ti intendi di spade Pascal-san?- rispose, voltandosi di nuovo verso il carpentiere che continuò a guardare fisso davanti a sé.
-Oh no, è solo che ho letto “Le cento arti dell’arma bianca”…-
-Ma dai? Anche i…-
-…“Mille e una lama”, “La strada del Bushido”…- 
Se Brook avesse ancora avuto gli occhi gli sarebbe caduti fuori dalle orbite mentre Pascal continuava a elencare con voce atona e spenta.
-…“L’enciclopedia della spada”, “Le tecniche di Wa no Kouni”…-
Un quantità di titoli che sembrava infinita, tanto che Brook rinunciò a provare a tenerne il conto mentre lo fissava a mascella spalancata. Quanti ne aveva letti?
-… “Ryuma: tra storia e leggenda”. Qualcosa non va?- domandò con lo stesso identico tono.
Brook rimase interdetto ancora un istante e poi scosse la testa per reagire. -No, Pascal-san. Non immaginavo fossi un appassionato dell’arma bianca.-
-Non lo sono. Li ho letti tutti settimana scorsa. Mi annoiavo.-
Se Brook avesse avuto ancora le palpebre le avrebbe ripetutamente sbattute, interdetto, ma dal momento che lui le palpebre non le aveva più si limitò a restare interdetto, giusto pochi attimi prima che qualcosa si schiantasse violentemente al suo fianco, sollevando terriccio ed erba.
Senza scomporsi, Brook e Pascal girarono il capo per scoprire che la cosa che si era schiantata altro non era che Usopp, colpito accidentalmente da un calcio di Sanji che era indirizzato a Zoro. Il cecchino si mise a sedere stordito, tastandosi la testa coperta dal cappello bianco per saggiare il bernoccolo che vi stava crescendo.
-Yohohohoh-oh Usopp-san, ti stai divertendo eh?-
Usopp gli lanciò un’occhiata ma non fece in tempo a rispondere quando Rufy gli balzò davanti, molleggiando su gambe e mani, in una posizione che lo faceva somigliare molto a una rana, sorridendo a trecentosessanta gradi. -Usopp!- lo chiamò entusiasta.
-E-ehi Rufy.- lo salutò il cecchino, con un sorriso un po’ imbarazzato, mentre il suo ex capitano si metteva seduto a gambe incrociate nell’erba.
-Facciamo un’alleanza?- domandò Rufy, prendendo Usopp in contropiede.
Il silenzio calò improvviso sul ponte e undici paia di occhi più due bulbi vuoti si focalizzarono su di loro. Persino Zoro e Sanji smisero di prendersi a male parole.
-C-come?!- balbettò il nasone, guardandosi intorno e sorridendo nervosamente. -In… in che senso?-
-Ray mi ha detto che nel Nuovo Mondo diverse ciurme pirata fanno alleanze per affrontare gli ostacoli che si trovano. Non è che ho capito tanto bene cosa intende ma credo voglia dire più o meno che si fa ufficialmente amicizia con altri pirati e visto che noi amici lo siamo già…- concluse Rufy, con espressione ingenua e una stretta di spalle.
Era stato così disarmante che Usopp trattenne il fiato come se qualcuno gli avesse tirato un pugno nello stomaco. Quella parola, “amici”, era più tagliente della carta vetrata quando Rufy la diceva a lui che sapeva di non meritarla.
Rimase in silenzio alcuni istanti, balbettando sconnesso e grattandosi la nuca finché non riuscì a tornare padrone delle proprie azioni per il tempo necessario a voltarsi verso destra e cercare Lilith con gli occhi. La ragazza lo guardò eloquente alcuni attimi per poi fargli un incoraggiante cenno con il capo, quasi impercettibile ma che non sfuggì a due paia di occhi più attenti degli altri.
Usopp deglutì a vuoto e poi voltò lentamente il capo di nuovo verso Rufy. Prese un profondo respiro e fece un secco cenno con il capo. -Okay-
Rufy ghignò sghembo e soddisfatto. Portò una mano sul cappello di paglia e tese l’altra verso Usopp.
Il capitano dei Naga Hana esitò solo un altro istante prima di stringerla solenne.
-E ora…- si mise in piedi Rufy, trasformando il ghigno in un sorriso e alzando entrambe le braccia al cielo, i pugni chiusi. -Festeggiaaaaaaamoooooooo!!!- 

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Capitolo 9
*** Confessioni ***


La nave rollava lieve mentre scorreva seguendo il corso placido della corrente e, sdraiato nell’erba, il sole sul viso e la brezza nei capelli, Dex si godeva quell’attimo di pace, gli occhi chiusi e le mani intrecciate sulla nuca a fargli da cuscino.
Era così rilassante e tutto così silenzioso che quasi non gli sembrava vero. Non sapeva a cosa o a chi dovesse quel miracolo ma sapeva che finché fosse durato non avrebbe sprecato quel momento.
Sarebbe stato assolutamente perfetto se solo ci fosse stata an…
Aprì gli occhi prima che il pensiero si formasse completo nelle sua mente e scosse la testa con vigore. Doveva smetterla di fare quei ragionamenti, smetterla di pensare quelle cose. Avrebbe solo rovinato tutto o combinato qualche danno, lo sapeva.
Decise di concentrarsi sui suoni ovattati che permeavano la nave qua e là, mischiandosi allo sciabordio delle onde che si infrangevano delicate sulla chiglia della Sunny e della Fenix a rimorchio.
In cucina Sanji e Neena cucinavano, così concentrati che il cuoco dei Mugiwara non aveva perso sangue dal naso o ululato nemmeno una volta e solo il suono di pentole e padelle arrivava fino al ponte. Sotto di lui, l’erba ogni tanto tremolava appena a causa delle esplosioni, che a lui giungevano lontanissime, quasi impercettibili, che Usopp e Franky stavano ripetutamente provocando nel laboratorio del cyborg per un motivo difficile da capire. Sul castello di poppa, Pascal stava segando e sgrossando alcune assi di legno e Nami era intenta ad aggiornare le proprie cartine e il rumore ritmico della sega e della matita contro la carta aveva un che di ipnotico. Se si fosse lasciato andare si sarebbe addormentato in tempo zero.
Inspirò a pieni polmoni e fece per abbandonarsi quando qualcosa di strano entrò nel suo campo visivo e lo risvegliò di colpo.
Aveva visto bene?!? Due… due occhi erano appena apparsi sull’albero maestro?!
Il tempo di girarsi a pancia in giù e controllare e gli occhi erano scomparsi. Gli venne il dubbio di essersi immaginato tutto nel dormiveglia ma era sicuro al cento per cento di ciò che aveva visto e, a dirla tutta, gli erano parsi anche parecchio famigliari, quegli occhi.
Si guardò intorno in tensione, indeciso sul da farsi, un po’ inquietato dalla situazione, quando qualcuno uscì sul ponte dalla porta alle sue spalle, camminando con passo leggero e pacato. Dex lanciò un’occhiata da sopra la propria spalla e poi si mise rapidamente seduto per salutare con i dovuti modi l’archeologa dei Mugiwara che era chiaramente diretta verso di lui.
-Ciao Robin!-
Robin non parlò finché non si trovò a pochi passi da lui. Si sedette al suo fianco e gli rivolse un serafico sorriso. -Buongiorno, Dexter.-
Dex la osservò qualche istante. Il fascino che emanava quella donna era quasi insostenibile. Non si stupiva che Franky ci avesse perso del tutto la testa. Era bellissima ma non si limitava certo a quello. Il suo atteggiamento pacato nascondeva una volontà di ferro e mille risorse, il suo sorriso sempre etereo prometteva il paradiso a chiunque avesse il coraggio di provare a impossessarsene e i suoi profondi occhi cerulei nascondevano un mondo di…
Aspetta un attimo.
Occhi cerulei?!
Dex sgranò i propri e trattenne il fiato, indicando alternativamente Robin e l’albero maestro e poi ancora Robin e ancora Robin e l’albero, l’albero e Robin e Robin, mentre balbettava sconnesso -T-tu… i tuoi occhi… tu… su-sull’albero ma… maestro…-
-Oh sì erano effettivamente i miei occhi. Li hai visti? Mi complimento, devi avere riflessi molto sviluppati, li ho fatti apparire solo per poche frazioni di secondo.- spiegò, dando quasi l’impressione di non essere accorta dello shock che aveva colto il ragazzo. -Ad ogni modo, sono desolata se la cosa ti ha turbato, Dexter, credevo conoscessi il mio potere.- continuò imperterrita a sorridere.
-N-no io… io sapevo delle… delle…- balbettò ancora, incrociando le braccia davanti al petto come a formare una X.
-So farlo con molte altre parti del corpo. Con tutte si potrebbe dire.-
Dex ebbe un lieve capogiro da tanto ambigua suonava quell’ultima precisazione. Scosse energicamente la testa e si schiarì la gola. -Come… come mai lo hai fatto?-
-Ti cercavo e ho pensato di metterci meno così piuttosto che setacciare l’intero vascello.-
-Cercavi me?! Tu?!- chiese, preso in contropiede.
-M-mh.- mormorò l’archeologa, annuendo piano.
Un sorriso soddisfatto ed ebete si dipinse sul volto del navigatore. Non poteva non sentirsi lusingato dal fatto che una simile donna lo stesse cercando.
-Come posso aiutarti?- chiese, con un tono lievemente più suadente di ciò che era nelle sue intenzioni.
Robin gli sorrise e poi piegò il capo all’indietro perdendosi ad ammirare il cielo, senza rispondere.
Dex attese, sempre più perplesso ogni secondo che trascorrevano in silenzio e fu proprio quando aprì bocca per chiederle se era tutto a posto che Robin si decise finalmente a parlare.
-Suppongo tu stia seguendo dei ben precisi ordini del tuo capitano, Dexter.- cominciò la corvina, senza smettere di fissare le nuvole spumose e bianche, che sembravano fatte di panna montata.
Il sorriso scivolò via dal volto di Dex, che si irrigidì in allerta.
-E non dubito che tra gli ordini ci sia quello di non dire assolutamente niente a nessuno di noi neppure a seguito di un’educata richiesta.-
Dex si preparò ad alzarsi per andarsene ma proprio in quel momento Robin tornò ad agganciarlo con i propri occhi e il ragazzo deglutì, sentendosi in trappola. Erano in mezzo all’oceano, sulla loro nave e in minoranza anche se per poco. Cosa sperava di ottenere, allontanandosi?
Robin lo avrebbe cercato ancora, lo sapeva, non si sarebbe liberato facilmente di lei.   
-Ho anche l’impressione che ti farebbe bene avere accanto qualcuno che riesca a capire il tuo disagio quindi hai tutto da guadagnare dall’accordo che voglio proporti.- proseguì tentatrice l’archeologa.
Dannazione! Ora capiva perché si era guadagnata il soprannome di bambina demoniaca!
-Se pensi che tradisca la fiducia del mio Capitano non hai capito con chi stai parlando.- sibilò, indurendo la mascella con rabbia, gesto che fece solo allargare il sorriso di Robin.
-Non ho mai dubitato della tua lealtà verso il tuo capitano. Basta guardarti in sua presenza.- affermò ancora e Dex sobbalzò. -Tuttavia non considererei un disobbedire ai suoi ordini se tu ti limitassi a confermare le mie impressioni. Che ne dici? Io ti dico cosa penso che stia succedendo e tu ti limiti a dirmi se ho intuito bene oppure no.-
Dex sollevò il mento, fiero.
Non poteva, non doveva, non voleva cedere! Anche se la tentazione era tanta e voleva dirlo, dirlo ad alta voce così da ricordarsi come stavano davvero le cose.
Ma non importava, la lealtà verso il Capitano era tutto e lui…
-Alla fine siete sulla nostra nave, Dexter. E ci siamo anche appena alleati. Spero tu possa capire, se non mi aiuti e ho il sospetto che ci sia sotto più di quel che penso dovrò condividere le mie preoccupazioni con il resto dei miei Nakama e, se avessi ragione, temo che sarebbe molto peggio così.-
Senza parole e senza fiato, Dex metabolizzò rapido la minaccia. Che pure suonava anche come un invito ad aiutarlo.
Fissò quella donna, materna e spietata al tempo stesso, pronta a tutto per difendere i suoi ma non per questo disposta a lanciarli in pasto agli squali.
Così contorta.
Così unica, Nico-Robin.
Con un po’ di riluttanza e un po’ di sollievo, Dex annuì piano. -Va bene.-
Robin chinò il capo di lato, i capelli scuri che fluttuavano nella brezza. -Fantastico.-
 

 
§

 
L’infermeria era permeata dal lieve scoppiettare dell’acqua che sobbolliva nell’ampolla del distillatore, un rumore che aiutava Chopper a concentrarsi quando era intento ad aggiornare i propri appunti. Il librone delle erbe mediche aperto davanti a sé, la lingua che spuntava a lato della bocca a dimostrazione della sua concentrazione e la penna stretta nello zoccolo, la piccola renna lanciava solo sporadiche occhiate al volume per verificare che le sue deduzioni fossero esatte, sorridendo lieve ogni volta che ne trovava conferma.
I due anni trascorsi nel Regno degli Uccelli gli avevano confermato qualcosa che già sapeva e che era assolutamente fondamentale per un medico pirata che solcava il Nuovo Mondo. Non credere mai di non avere più niente da imparare.
Le malattie in cui si sarebbe potuto imbattere erano più numerose dei rimedi terapeutici esistenti e il suo obbiettivo era precisamente quello di portarli a un numero pari in modo da poter curare chiunque da qualsiasi patologia. Un sogno così titanico per una creatura così piccola ma dal cuore tanto grande.
Sollevò il capino quando qualcuno busso piano alla porta aperta del suo studio, un’espressione un po’ sorpresa, quasi si fosse dimenticato di essere sulla nave insieme ad altre quattordici persone.
-Scusa il disturbo, mi chiedevo se posso approfittare della tua ospitalità, Chopper.- gli sorrise Lilith dalla porta. Tra le braccia aveva una scatola, un mortaio e un pestello, tutti in legno e dall’aria di essere stati intagliati a mano come i bracciali e i ciondoli che portava.
-Vieni pure!- la invitò il piccolo medico, rispondendo con un sorriso altrettanto radioso.
-Davvero? Grazie mille, Saku sta facendo delle analisi ed è insopportabile quando deve concentrarsi, non si può nemmeno respirare in sua presenza!- la botanica esplose come un fiume in piena, entrando a passo di marcia e depositando gli oggetti tra le sue mani sul tavolo. -Mi serviva solo un misurino galenico e a momenti mi colpisce in pieno sulla mano con quei suoi stupidi coltelli!- aggiunse, lievemente isterica, prima di sbuffare via una ciocca di capelli che le era ricaduta davanti agli occhi.
Riportò lo sguardo su Chopper e fu il suo turno di reagire come se si fosse dimenticata di essere lì con lui. Le mani sui fianchi, gli sorrise un po’ imbarazzata. -Eheh! Ehm… Scusa io…-
-Non c’è problema!- la fermò la renna, sollevando gli zoccoli neri per poi saltare giù dal suo sgabello e zampettare verso una delle scaffalature che coprivano due delle quattro pareti dell’infermeria e recuperare una scatola di plastica rossa. -Qui ho dei misurini galenici e se vuoi lì c’è un altro sgabello!- le disse, appoggiando la scatola sul tavolo.
Lilith lo guardò grata prima di recuperare lo sgabello e accomodarsi al tavolo, lanciando un’occhiata al tomo che Chopper stava studiando. -È un’ottima enciclopedia questa- commentò, mentre entrambi si accomodavano per dedicarsi alle proprie attività.
Chopper riprese in mano la penna ma non poté fare a meno di sbirciare quando Lilith aprì la scatola di legno e un intenso profumo si sprigionò nella stanza, denso, pungente e leggermente aspro. Con gesti esperti e misurati, Lilith estrasse un sacchettino di seta dalla scatola e ne versò sul tavolo una parte del suo contenuto, che si rivelò essere una manciata di capsule color pesca, vuote e aperte a metà. Chopper allungò il collo e sbirciò dentro il contenitore di legno, restando colpito da ciò che vide. Nella scatola c’erano tre file di oggetti impilati fino al bordo, oggetti sottili, abbastanza lunghi e abbastanza stretti non completamente identici ma molto uguali tra loro.
Non fossero stati così poco spessi, Chopper avrebbe detto che erano pezzi di corteccia, una corteccia nera con riflessi violacei. Quando Lilith ne prese uno e lo sbriciolò nel palmo della mano e versò la polvere ottenuta nel mortaio, Chopper concluse che dovevano essere o foglie o petali secchi. Ma di che pianta? Non aveva mai visto niente del genere in vita sua.
-Vuoi un petalo da analizzare?- domandò Lilith, sventolandogliene uno davanti agli occhi con un sorriso incoraggiante.
Solo allora Chopper si accorse di essere in piedi sullo sgabello, gli zoccoli appoggiati al tavolo e il busto tutto piegato in avanti. Scattò all’indietro e il suo naso mirtillo assunse un’interessante sfumatura bordeaux.
-S-scusa… Ero solo curioso…-
-Non c’è problema, dottore.- lo rassicurò Lilith, con un divertito guizzo negli occhi. Chopper ondeggiò appena nel sentirsi chiamare “dottore”.
-È Althea?- chiese, più tranquillo ma Lilith scosse la testa, sbriciolando ancora alcuni petali nel mortaio.
-È Devil Penstemon.- Con delicatezza prese il pestello e cominciò a sminuzzare le briciole in una polvere finissima, con dei movimenti così eleganti che sembrava che stesse danzando. Chopper ebbe l’impressione di stare assistendo a un rituale sacro. -Non devi stupirti se non lo hai mai visto né sentito. Sei un bravo dottore, hai una conoscenza vastissima.- gli disse con un sorriso dolce. -Questo fiore cresce solo su Nirvana e non è presente in nessuna enciclopedia medica su fiori e piante.-
-Perché no?- si accigliò la renna.
-Perché si crede che non abbia alcuna proprietà curativa.- proseguì Lilith, prelevando un po’ di polvere con il misurino galenico e versandola con cura in una delle capsule prima di sigillarla.
Un turbinio di domande invase la mente del piccolo medico ma era rapito dai movimenti così delicati e armonici di Lilith e dai riflessi viola che riverberavano sui petali neri, in qualche modo così famigliari. Chopper aggrottò le sopracciglia. Dove aveva già visto quel fenomeno? Quella precisa sfumatura di viola? Per chi erano quelle pillole?
Lilith gli lanciò una rapida occhiata e un rapido sorriso e una lampadina si accese nella testa di Chopper. -Sono per te!-
Lilith sollevò la testa e si stinse nelle spalle, con un’espressione che sembrava volesse dire “che posso farci?”.
Ora Chopper sapeva dove aveva già visto quello strano riverbero. Lo aveva notato il secondo giorno e uno dei commenti al glucosio di Sanji glielo aveva confermato. Lilith non aveva gli occhi completamente viola. Erano come intarsiati da un giro di marrone cioccolato sull’esterno dell’iride, quasi che portasse le lenti a contatto colorate. Ed era esattamente la stessa sfumatura di viola del Devil Penstemon.  
-Il colore dei tuoi occhi… È un effetto collaterale vero? Per questo tu li hai viola e i tuoi fratelli li hanno scuri!- esclamò, un po’ agitato di trovare conferma della propria intuizione.
-Mi hai beccata!- esclamò Lilith. -Ma devi ammettere che è un effetto collaterale esteticamente vantaggioso.-
La botanica riprese a polverizzare il Devil Penstemon sotto gli occhi sempre attenti di Chopper, afferrò di nuovo il misurino galenico, prelevò con cura un po’ di polvere e riempì un’altra capsula.
-Perché prendi quelle pillole?- chiese Chopper dopo un po’, cauto.
Lilith sorrise, gli occhi fissi sulla capsula che stava riempiendo. Alcuni lunghi secondi di silenzio seguirono la domanda di Chopper. -Se anche i miei occhi non fossero viola per via di questo fiore, non sarebbero comunque uguali a quelli di Saku e Neena. Io sono stata adottata, non siamo fratelli di sangue.- raccontò con tranquillità e, dopo un iniziale attimo di stupore, Chopper si risedette comodo sullo sgabello, in attento ascolto. -Quando ero una bambina, nella città dove vivevo scoppiò una grave epidemia. Mio padre viaggiava in quelle acque all’epoca, con altri membri della tribù e una sera si accorsero che l’intera isola sembrava in fiamme. Si avvicinarono e scoprirono che per contenere il presunto contagio, la città era stata messa a ferro e fuoco e i malati sterminati. Mio padre è un medico, è da lui che Saku ha imparato tutto e anche se ormai non c’era più nessuno da salvare, decise di cercare dei campioni per poter studiare la malattia e cercare una cura se mai si fosse ripetuta altrove. Entrò nell’ospedale in fiamme e mi trovò, chiusa in un armadio, in lacrime e sola. Non pensò nemmeno per un secondo al rischio di contagio, mi prese con sé e mi portò fuori dall’ospedale prima che saltasse in aria, dritto sulla sua nave.- Lilith si fermò un attimo e prese un profondo respiro. -Io non ho alcuna memoria di tutto questo. Lo so perché me lo ha raccontato lui. Non ricordo neanche niente della mia vita prima di diventare una Chagall. Il primo ricordo che ho è di quando mi sono risvegliata nell’infermeria della nave di mio padre. Forse il trauma di quello che è successo… forse è la mia testa che cerca di proteggermi ma io non ricordo assolutamente niente.- si girò verso Chopper. -Per me è come raccontare la storia di qualcun altro.- ammise. -Comunque, quando mi portarono sulla nave, ero in fin di vita. Papà era convinto che non ce l’avrei fatta. Ma sul comodino accanto al letto c’era una pianta di Devil Penstemon che mia madre gli aveva dato prima che lui partisse.- riprese il racconto, accarezzando delicata uno dei petali nella scatola. -Come tutto ciò che ha origine su Nirvana, anche questo fiore riconosce un cuore puro e cerca di preservarne la vita. Durante la notte il fiore crebbe fino a raggiungermi e avvolgermi il braccio. Al mattino mio padre scoprì che le macchie sul mio braccio erano sparite e le mie condizioni migliorate. Già che avevo superato la notte per lui era un miracolo. Preparò un unguento e mi curò ma dopo alcune settimane, mentre eravamo in viaggio verso Nirvana, i sintomi si ripresentarono.- Chopper trattenne il fiato e Lilith sbriciolò il petalo nel mortaio con le mani macchiate di viola. -Non posso guarire, almeno non con questa cura. Il Devil Penstemon tiene solo sotto controllo la malattia ma è già molto. Per anni abbiamo provato a smettere la terapia per vedere se la malattia se ne fosse andata ma si è sempre ripresentata puntuale. Saku è riuscito a individuare un valore nel mio sangue che gli permette di controllare lo stato della malattia senza farmi interrompere la cura. Sta giusto facendo quelle analisi oggi ma tanto so già la risposta e, in fondo, mi va bene così.- sorrise convinta Lilith. -Non importa cosa c’è nel mio sangue, mi importa solo di stare in questo mondo ancora per un po’.-  
La renna la fissò senza parole per un lungo istante e poi scosse il capino per riscuotersi. Era sconvolto da quella rivelazione ma, ancor di più, dalla serenità con cui Lilith affrontava la sua condizione. Era vero, finché prendeva il Devil Penstemon era come essere sana e anche il suo stato fisico lo confermava ma era pur sempre affetta da una patologia sconosciuta, di cui a quanto pare non si sapeva nulla e che sarebbe potuta degenerare in ogni momento. Eppure Lilith non aveva paura. Proprio come il dottor Hillk, non aveva paura. Non finché aveva i suoi fiori con sé.
-Ma come… Come fai ad averne tanti? Se crescono solo su Nirvana…-
-Li coltivo sulla Fenix, dalla pianta madre. La stessa che mi guarì quando avevo cinque anni. Il Devil Penstemon è una fiore estremamente longevo. Si raccolgono solo i petali più esterni e i fiori continuano a rigenerarsi, anche per secoli se ci sono le condizioni.- continuò a spiegare, felice di poterlo raccontare a qualcuno che si stava mostrando sinceramente interessato.
Il silenzio tornò a calare nell’infermeria e i due pirati rimasero zitti per un tempo indefinito, godendosi la tranquillità di cui raramente si poteva godere su quella nave, finché Chopper non riuscì più a trattenersi dal farle una domanda che gli frullava in testa da quando Lilith aveva iniziato il racconto.
-Lil?-
-Dimmi.-
-La… uhmmm… Della tua vera famiglia non hai mai…- titubò Chopper e non riuscì a proseguire quando lo sguardo viola di Lilith lo trafisse. -S-scusa io…-
-Non fraintendermi.- lo interruppe la botanica, ferma e determinata. -Quando dico che sono stata adottata è solo una constatazione. Se non me lo avessero detto, non lo avrei mai sospettato. Sono stata cresciuta come una Chagall, come sangue del loro sangue da tutti loro. Saku e Neena sono i miei fratelli, non importa se abbiamo origini diverse. Tutti questi ciondoli e bracciali, le decorazioni su questa scatola, me le ha intagliati tutti Saku, per me come per Neena. Io faccio parte di questa famiglia, Nirvana è casa mia. Io non mi sento una Chagall, io lo sono. E Nirvana mi ha accettato come sua figlia esattamente come ha fatto la mia tribù.- abbassò gli occhi sul tavolo per un attimo, prima di proseguire. -Per quanto riguarda la famiglia in cui sono nata… Sono certa che da qualche parte, sepolti dentro di me e nel mio cuore, loro ci siano ancora. Sono tutti lì che aspettano che io mi ricordi di loro e sono anche certa che, se mai ce ne sarà motivo, un giorno accadrà. Ma come tutte le cose, anche questa dovrà avere il suo tempo e il suo perché ed è inutile cercare di affrettarlo.-
-E se non dovessi ricordarli mai?- domandò Chopper, gli occhi pieni di lacrime che riflettevano quelli di Lilith, nei quali però riverberava anche un’innegabile serenità.
La botanica si sporse verso il piccolo medico e gli accarezzò la guancia morbida, ricoperta di pelliccia. -Vorrà dire che non c’era motivo per cui io ricordassi.-
-Ma… ma è…-
-Lo so, Chopper. Ma a volte… a volte la vita è crudele. E io sono stata più fortunata di tanti altri. Ho perso una famiglia e poi ne ho guadagnate tre.- sorrise, mentre una lacrima le rigava la guancia.
Chopper sgranò gli occhi, capendo immediatamente che la terza famiglia di cui parlava, oltre ai Chagall e ai Naga Hana, erano proprio loro, i Mugiwara. Sorrise e annuì energicamente, tirando su con il naso che ormai gli colava copioso, mentre Lilith gli asciugava le guance materna.
-Il gelato!!!- la voce di Neena riecheggiò per i corridoi della Sunny, seguita quasi immediatamente da un rimbombo di passi affrettati e un ululato facilmente riconducibile a un certo ragazzo di gomma.
Nonostante fosse ancora profondamente scosso, gli occhi di Chopper si accesero a quelle parole, un dettaglio che non sfuggì a Lilith.
-Andiamo prima che Rufy lo finisca tutto? Il gelato di Neena è eccezionale.-
-Io adoro il gelato!- esclamò Chopper, contenendo a stento l’eccitazione mentre saltava giù dallo sgabello e si avviava con Liliht fuori dall’infermeria.
-Dai?!- chiese la botanica. -Anche io! È in assoluto il mio dolce preferito!- 

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Capitolo 10
*** La Noche de la Rena Roja ***


19 Giugno.
La Noche de la Rena Roja.
La festa sacra di Nirvana. Così sacra che qualunque abitante dell’isola era, secondo la tradizione, tenuto a festeggiarla ovunque si trovasse.
Da due anni Usopp viaggiava con i suoi nuovi Nakama e quella era la terza volta che aveva la fortuna di poter assistere e partecipare a quella festa.
Si appoggiò alla balaustra di legno del ponte della Sunny e lanciò una rapida occhiata al proprio abbigliamento. Lo straniva sempre vestirsi con quell’abbigliamento gitano ma quella era la tradizione e lui, che tanto amava vivere nuove esperienze – purché fossero sicure – con cui arricchire i propri racconti, lo faceva più che volentieri. Senza contare che era curioso di vedere anche il resto dei suoi ex Nakama vestiti con gli abiti tradizionali dei Chagall, soprattutto Sanji che era sempre impeccabile e perfetto.
Il pensiero del cuoco gli provocò una strana sensazione di disagio alla bocca dello stomaco, che non ebbe comunque il tempo di identificare quando Nami uscì dal sottocoperta, chiamandolo e avvicinandosi con un radioso sorriso.
-Nami, stai benissimo!- esclamò il cecchino, osservando la rossa navigatrice che indossava una camicia con le maniche morbide infilata in una gonna fantasia alta in vita, a metà polpaccio e con un profondo spacco sulla gamba destra. I capelli erano sciolti sulle spalle nude e ornati da una fascia annodata tra le ciocche rosse, come un cerchietto.
Nami sorrise con orgoglio, fermandosi solo un attimo per fare un giro su se stessa e farsi ammirare dall’amico, prima di riprendere a camminare verso di lui, ancheggiando appena. -Vero?! Zoro non sembra pensarla molto come te. L’ho incontrato nel corridoio, mi ha squadrata, ha grugnito e fine.- aggiunse con una noncurante alzata di spalle e un’espressione che voleva dire “quell’idiota non capisce niente”.
Si posizionò accanto a lui, anche lei con le braccia posate sulle balaustra e per un po’ rimasero in silenzio a fissare il mare, finché Nami non si girò verso Usopp e lo studiò più attentamente, rimanendo colpita da quanto bene gli calzasse quel look. Non poteva negare che nei due anni trascorsi da quando lo aveva visto per l’ultima volta, Usopp fosse cambiato, diventando più alto, più virile e più attraente. Ma non lo aveva mai realizzato pienamente come in quel preciso momento.
-Anche tu non sei niente male.- commentò e Usopp si girò a guardarla stupito mentre Nami metteva su un sorriso furbo. -Non che tu non abbia già fatto colpo su chi ti interessa.-
Gli occhi di Usopp si fecero tondi come due fondi di bottiglia e naso e guance assunsero una lieve sfumatura bordeaux, smorzata dalla penombra e dal tono scuro della sua pelle ma che non sfuggì comunque agli occhi esperti e felini della navigatrice.
-M-m-m-m-ma che d-dici N-Nami? Io non… n-non…-
-Oh andiamo Usopp! Con me non serve che cerchi di tenere nascosta la cosa. Siamo amici, lo sai! E per questo ti chiederò solo due milioni di Berry per mantenere il tuo piccolo segreto.- disse, dandogli di gomito e facendogli un complice occhiolino.
Usopp si strozzò quasi con la saliva e cominciò a tossicchiare e sputacchiare. Alla faccia dell’amicizia!
Impegnato com’era a non soffocare, il cecchino non riuscì a ribattere nulla prima che Nami riprendesse a parlare, dandogli qualche distratta pacca sulla schiena per aiutarlo. -Sai, io capisco che non vuoi creare problemi all’interno della ciurma. Una relazione tra nakama è già destabilizzante di per sé, figuriamoci se uno dei due coinvolti è il capitano della nave. Ma è evidente che Lilith prova qualcosa per te, Usopp, e non dovresti reprimere così i tuoi sentimenti. Sei il capitano è vero ma sei anche un uomo e sai una cosa? Io credo che se Bibi fosse rimasta, Rufy non si sarebbe fatto così tanti scrupoli. Certo, Rufy è Rufy ma comunque quello che intendo è che è stupido non viversi il momento quando tutto quello che abbiamo di certo è solo il presente nella vita che ci siamo scelti.- concluse, così coinvolta che, non fosse stato troppo impegnato a tenere gli occhi sgranati e la bocca aperta, Usopp sarebbe riuscito a farsi venire il dubbio che quel discorso era stato preparato e provato più volte per essere fatto a qualcun altro, forse con qualche modifica qua e là.
Ma Usopp era invece molto impegnato a tenere gli occhi sgranati e la bocca aperta e Nami si girò verso di lui un po’ stranita dalla totale mancanza di risposte da parte del cecchino. E rimase ancora più stranita quando vide la sua espressione, assolutamente indecifrabile, impossibile da descrivere o da interpretare.
-Ho… ho detto qualcosa che non va?- s’informò, preoccupandosi un poco.
-Ah? Oh no! No, no, no, no, no!- negò energicamente con il capo Usopp, rischiando di accecarla con il naso. -È che non capisco come hai fatto a… a… a farti quest’idea e…-
-Ti difende sempre.- rispose subito la rossa, senza dargli il tempo di finire il suo tartagliamento. -Ogni volta che qualcuno mette in dubbio la tua autorità o cerca di prendere decisioni che spetterebbero a te in quanto Capitano si altera moltissimo e non è semplice lealtà, credimi. E poi è come se ti tenesse sempre d’occhio, come se volesse sapere sempre dove sei anche se lo fa discretamente. E tu d’altra parte non fai che cercare il suo sostegno ogni volta che devi fare una scelta. Mi sono accorta dei vostri scambi di sguardi quando c’è da prendere una decisione, come l’altra sera quando Rufy ti ha proposto l’alleanza. Ma perché, mi sbaglio forse?- chiese, socchiudendo gli occhi indagatrice e posando le mani sulla vita snella.
-Uh?! B-beh, è che…- tentennò Usopp portando una mano alla nuca, su cui i capelli erano raccolti in uno chignon e una volta tanto liberi dal cappello. -È più complicato di così.-
-Usoooooooooooop!!!-
Diversamente da quello che si sarebbe potuto sperare, l’urlo di Rufy non arrivò come un avvertimento ma in contemporanea con lui e quando Usopp si girò verso la voce che lo chiamava tutto ciò che fece in tempo a mettere a fuoco fu una cicatrice a forma di X circondata da lembi di stoffa svolazzante. Dopodiché, tutto divenne nero. Provò a urlare mentre precipitava fuoribordo insieme al suo irruento ex Capitano ma il suo sfogo fu soffocato dalla camicia di Rufy, che rideva giulivo, come al solito ignaro del pericolo che stava correndo nel tuffarsi involontariamente in mare.
Il cervello di Usopp macinò rapido, considerando il più probabile svolgersi degli eventi che di lì a poco avrebbero avuto luogo. Considerata la potenza con cui Rufy gli si era schiantato addosso era altamente probabile che sarebbero andati giù un bel pezzo una volta in acqua. Rufy avrebbe perso istantaneamente conoscenza, cominciando subito ad affondare a peso morto e Usopp avrebbe dovuto probabilmente nuotare in giù un pezzo per recuperarlo prima di iniziare la risalita che sarebbe stata resa ancor più difficoltosa dalla scia creata dalle chiglie della Sunny e della Fenix. Una volta tornati su, dopo aver ripreso ossigeno, avrebbe dovuto lottare contro la risacca e preoccuparsi di tenere la testa di Rufy fuori dall’acqua, senza contare ovviamente il cappello di paglia da recuperare, che si sarebbe potuto allontanare in qualsiasi direzione. A conti fatti, una volta raggiunto il copricapo, le due navi sarebbero state troppo distanti per farsi issare direttamente a bordo e se anche avessero deciso di usare la Mini Merry era improbabile che Usopp sarebbe riuscito a tenere a galla se stesso e Rufy per così tanto tempo. Ergo, sarebbero morti annegati.
Sempre che non perdesse contro la risacca. O non riuscisse proprio a tornare a galla dopo il primo tuffo.
In ogni caso sarebbero morti annegati per colpa di quel deficiente del suo migliore amico.
Era così, non si scampava, non c’era altro modo in cui potesse andare ma non per questo non ci avrebbe nemmeno provato.
L’unica cosa, non capiva perché, anziché cadere verso il basso avesse la singolare sensazione di stare cadendo verso l’alto. O, più precisamente, di stare venendo trascinato verso l’alto.
Tossicchiando per la momentanea mancanza d’aria, Usopp riuscì a staccare la faccia dal petto di Rufy per indagare ma prima ancora di riuscire a focalizzarsi su alcunché la sua visuale cambiò di nuovo mentre rotolava su qualcosa di duro ma fresco, che somigliava molto al ponte della Sunny. Si sollevò sugli avambracci, sputacchiando qualche filo d’erba che gli si era appiccicato alla lingua e si guardò intorno.
Tutti i Mugiwara e tutti i Naga Hana erano riuniti intorno a loro e, mentre Nami stava sbraitando contro Rufy per la sua incoscienza che avrebbe finito per ammazzarli tutti o quanto meno Zoro che era troppo cretino e leale per lasciarlo affogare come si sarebbe meritato ogni volta che finiva fuori bordo per qualche sua geniale trovata, Lilith era invece accovacciata accanto a lui. Usopp si girò di scatto, quasi scottato dalla sua vicinanza e ci mise alcuni secondi ad accorgersi che la frusta della sua botanica era avvolta intorno alla propria vita e che la ragazza lo voleva solo liberare e riappropriarsi della propria arma.
-Recuperati appena in tempo.- mormorò Lilith, con un guizzo negli occhi.
Usopp si affrettò a rotolare di lato e rimettersi in piedi, incespicando appena. -G-grazie.-
-Non c’è di che Capitano!- gli fece l’occhiolino la gitana, portando le mani sui fianchi. -Di che stavi parlando con Nami?- domandò, tra il curioso e l’indagatore, avvicinandosi di più.
Le guance, le orecchie e la punta del naso del cecchino presero fuoco mentre cercava di balbettare una risposta. -O, b-b-b-beh n-niente di c-che. G-g-giusto due c-chiacchiere in-in-in amicizia.-
Lilith lo fissò in silenzio qualche secondo prima di annuire con un poco convinto -A-ah- che sottintendeva un “come no”.
Usopp deglutì a vuoto.
Non gli piaceva la piega che stava prendendo la conversazione. Avrebbe tanto voluto dirle di cosa aveva parlato con Nami prima di venire scaraventato in acqua ma non poteva. Sarebbe stato molto più semplice ammettere la verità, farle notare ciò di cui da sola non si rendeva conto ma non sapeva se avrebbe saputo gestirne le conseguenze.
Le mani delicate e morbide di Lilith che gli circondavano il viso e i suoi enormi occhi viola screziati di marrone che brillavano anche nel buio della notte interruppero il treno dei suoi pensieri.
-Usopp stai bene? Improvvisamente hai una cera orrenda!- esclamò la ragazza guardandolo da vicino. Troppo vicino.
-A-ehm!!-
Usopp balzò via dalla presa della botanica, riconoscendo immediatamente chi si era schiarito la gola in modo così minaccioso.
-Qualcosa non va?- domandò Saku, truce.
Lilith lo fulminò con un’occhiata. -Rilassati. Gli stavo solo chiedendo se stesse bene.-
Saku inarcò entrambe le sopracciglia e accarezzò sovrappensiero la lama di uno dei suoi coltelli. -Perché, gli serve una visita?-
-No!- urlò quasi Usopp con voce stridula.
-Ah.- commentò atono il medico. -Beh meglio così visto che siamo pronti per iniziare.- la avvisò e un’ondata di panico mista a eccitazione attraversò Lilith da capo a piedi.
Si passò una mano tra i capelli, nervosa mentre Saku si allontanava per accordare il proprio strumento. Dex era già in posizione con il tamburo tra le gambe e la flashò con un sorriso quando Lilith posò gli occhi su di lui. Un po’ della tensione svanì grazie al tacito incoraggiamento del suo migliore amico.
Prese un profondo respiro e si avvicinò alla piccola anfora che Pascal era andato a recuperare sulla Fenix e vi immerse il braccio fino al gomito. I Mugiwara erano riuniti a piccoli gruppi  ai margini del ponte, in attesa mentre i Naga Hana erano tutti concentrati nello stesso punto, a parte Usopp.
Si sedette a gambe incrociate, permettendo a Chopper di prendere posto in braccio a lui, gli occhi puntati su Lilith, impaziente di godersi lo spettacolo una volta ancora. Un arpeggio delicato risuonò nell’aria, saturandola di una musica che sapeva di viaggi e malinconia. Una canzone gitana, intonata dall’angelica voce di Neena sulle cui note Lilith cominciò a danzare, leggera come l’aria, tenendo il ritmo grazie alle percussioni gentili di Dex.
-Cosa c’è in quell’anfora?-
Usopp sobbalzò suo malgrado nel sentire quella voce così vicina. Non si era accorto che si era seduto accanto a lui, preso com’era ad assistere al rituale, almeno quanto Chopper che, per la stessa ragione, non sembrava essersi accorto del suo sobbalzo. Una nuvoletta di fumo passò davanti ai suoi occhi mentre si girava verso Sanji, che lo fissava di rimando.
Dove mai il cuoco stesse trovando l’autocontrollo necessario a non sbavare né sanguinare dietro la figura flessibile e armoniosa di Lilith, Usopp non lo sapeva. Ma ancora meno si spiegava perché mai, di fronte a cotanta angelica e divina bellezza, Sanji stesse fissando lui.
Lo stomaco gli si strinse in uno spasmo e fu costretto a distogliere gli occhi e tornare a guardare di fronte a sé.
-Sabbia.- rispose. -Sabbia della spiaggia di Nirvana.- precisò proprio nel momento in cui Lilith allentò appena il pugno per lasciar cadere la sabbia nell’erba, disegnando strani simboli sul ponte. -Tutti gli abitanti di Nirvana quando lasciano l’isola devono portare con sé una o più anfore contenenti tante manciate di sabbia quanti sono gli anni che pensano di stare lontani. Se la sabbia finisce, devono tornare a prenderne altra perché tutti devono partecipare alla Noche de la Rena Roja. È la festa sacra di Nirvana.- proseguì Usopp, certo, per un qualche inspiegabile motivo, che Sanji lo stesse ascoltando attentamente, per niente distratto dal corpo formoso che si muoveva di fronte a loro, ballando ora in mezzo ai simboli di rena. -La musica e il canto sono solo un di più, un modo per rendere tutto più suggestivo. Ciò che sta facendo Lilith è quello che conta davvero. Quella danza serve per entrare in contatto con l’isola e la sabbia è ciò che permette a tutti gli abitanti di Nirvana di collegarsi ad essa durante quest’importante notte. E se il rituale viene eseguito correttamente e l’anima del danzatore entra si unisce a quella dell’isola ecco che…- s’interruppe e sorrise quando i granelli di sabbia che Lilith aveva versato secondo una ben precisa logica diventarono rossi e palpitanti, come minuscoli lapilli, e levitarono nell’aria. -Ecco perché “Noche de la Rena Roja”.- La notte si accese di rosso per la Sunny, il ponte sembrava invaso da mille lucciole che ora si muovevano seguendo i passi di Lilith.
Usopp sorrise. Era stata perfetta anche quell’anno.
-Allora è così.- mormorò Sanji dopo alcuni istanti di silenzio.
Usopp si girò di scatto verso di lui, il panico negli occhi. -Di  che stai parlando?!- ma Sanji si prese tutto il tempo di fare un lungo tiro dalla propria sigaretta e liberare una nuvoletta di tabacco, facendo friggere il cecchino nell’attesa. -Guarda che io e Lilith…- riprese la parola Usopp, troppo teso per riuscire a pazientare.
-Mi sono sempre chiesto che effetto facesse sentirti raccontare una storia senza tutti quei creativi dettagli.- gli parlò sopra il cuoco, guardandolo fisso e serio. -Meno divertente ma decisamente molto più suggestivo. Sei davvero un grande oratore Usopp.- aggiunse in un sussurro appena udibile che fece tremare il cecchino.
Una recondita parte del suo cervello si accorse che la musica era finita, che qualcuno stava applaudendo e che Chopper si stava muovendo sull’incrocio delle sue gambe, probabilmente per girarsi a guardarlo, e sapeva Usopp che, no, non andava assolutamente bene che lo vedesse fissare Sanji così intensamente. Non andava bene che nessuno lo vedesse fissare Sanji così intensamente ma, in tutta onestà, non era come se avesse davvero scelta. Il corpo semplicemente non rispondeva.
Deglutì a vuoto e fece appello a tutto il proprio autocontrollo per tornare in sé ma prima che lui potesse distogliere lo sguardo di sua spontanea volontà, prima che Chopper potesse finire di girarsi e chiamarlo entusiasta, prima che Robin potesse scivolare via dall’abbraccio in cui Franky l’aveva stretta travolto dalla commozione che lo spettacolo gli aveva suscitato, che Rufy infilasse la testa nell’anfora curioso di vederne in contenuto, che Dex si avvicinasse a Lilith per complimentarsi con lei sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, prima di tutto questo un fischio acuto e prolungato risuonò nell’aria, seguito da un micidiale tonfo. E la notte si accese di nuovo di rosso per la Sunny, ma non come se mille lucciole simili a lapilli avessero invaso il ponte, bensì come se un gigantesco incendio fosse improvvisamente divampato. E fu con orrore che Usopp, scattato in piedi e in allerta, si accorse che davvero un gigantesco incendio, divampato dal nulla e senza avvisaglie, stava divorando la Fenix. In un attimo la nave gitana non era che una sagoma avvolta dalle fiamme.  
Il sangue gli si gelò nelle vene mentre qualcuno gridava un ordine incomprensibile.
-Ma cosa diavolo è successo?!- ringhiò Zoro, portando istintivamente la mano all’elsa della Wado.
-Come facciamo a sedarlo?- domandò Franky ad alta voce sebbene parlasse con se stesso. E dal momento che non se l’aspettava, rimase ancora più sorpreso per il fatto di aver ricevuto risposta che non per la risposta in sé.
-Non si può.- mormorò Pascal, mentre Dex si affiancava ad Usopp, osservando impotente le fiamme crescere ed espandersi, lambendo l’albero maestro. Un’esplosione risuonò sul fianco destro della Fenix.
-Dobbiamo staccare le navi.-
Usopp si voltò incredulo verso Lilith, imitato da tutti i presenti. La botanica era ferma al centro del ponte, i pugni stretti lungo i fianchi e lo sguardo determinato, nonostante il suo bel volto fosse rigato di lacrime. Con uno sforzo immane, sorrise al suo capitano, tremando impercettibilmente.
-L’anfora è qui sulla Sunny, non c’è altro per cui valga la pena rischiare al vita e la Fenix… è perduta…-.
Una seconda esplosione sottolineò quell’innegabile e atroce verità e Usopp sentì il cuore scivolargli nello stomaco.
-Lil!- esclamò Dex, scattando verso di lei. -Le tue scorte di Penstemon…-
Lilith lo fermò, posandogli una mano sul pettorale. -Sono qui sulla Sunny.- lo rassicurò per poi tornare a guardare Usopp, senza staccarsi da Dex. -Capitano, dobbiamo staccare le navi.-
Una terza esplosione e alcuni pezzi di legno incandescente atterrarono tra l’erba del ponte, prontamente spediti in acqua da Sanji con un calcio ben assestato.   
-Capitano.-
-No! Possiamo ancora fare qualcosa!- protestò Rufy, allungando le braccia fino alla superficie del mare per riempire d’acqua un secchio che aveva recuperato chissà dove.
Usopp si guardò intorno spaesato, senza sapere cosa fare. Per un attimo i suoi Nakama vecchi e nuovi scomparvero da davanti i suoi occhi e la sua visuale fu riempita dall’immagine di una nave che bruciava, una nave grande quanto la Fenix ma con la polena di una forma differente. Il cuore gli balzò nel petto e un nodo gli si formò in gola.
-Capitano!-
Tornò bruscamente in sé.
Qualcuno aveva iniziato a tossicchiare ma Usopp si sentiva come se gli avessero tagliato le corde vocali. Fece vagare lo sguardo sui propri compagni, incurante dei Mugiwara che si affannavano, cercando disperatamente un modo per salvare la nave amica. Lilith aveva cominciato a singhiozzare sommessamente e anche Neena piangeva in silenzio. Saku osservava stoico la scena di fronte a sé e Dex soffriva per se stesso e per Lilith, ancora addossata al suo petto. Persino il viso di Pascal tradiva il dolore che il carpentiere stava provando nel vedere la nave, in cui aveva messo sempre tanto impegno da che era diventata la sua casa per mantenerla al meglio e guarirla da ogni ferita, sgretolarsi di fronte ai suoi occhi.
Usopp non credeva di essersi mai sentito così empatico con nessuno. Lui più di tutti sapeva cosa stava provando Pascal.
-Usopp!- gridò Lilith e di nuovo la voce della ragazza lo riportò alla realtà. -Per l’amor del cielo, ti prego… dai tu l’ordine…-
Usopp sgranò gli occhi e un misto di determinazione, sofferenza, coraggio e dolore lo pervasero mentre scuoteva la testa, stringeva i pugni e si girava verso i Mugiwara.
-Ragazzi basta!- alzò la voce, per farsi sentire sopra le grida e il crepitare del fuoco. Si girarono a guardarlo e Usopp ebbe bisogno di tutte le proprie energie per non distogliere lo sguardo mentre aggiungeva. -Staccate la  Fenix.-    
Nami sgranò gli occhi incredula. -Usopp ma cosa dici?-
-Non c’è un minuto da perdere! Staccate la Fenix!- insistette il cecchino.
Furente di rabbia, Rufy si avvicinò a lui, fermandosi a pochi passi per fronteggiarlo. -Non puoi arrenderti così! Quella è la tua nave!-
Gli occhi di Usopp lampeggiarono. -Appunto! È la mia nave e sono io che decido! Dì a Zoro di tagliare la catena!-
-No! Devi lottare! Non puoi lasciarla andare senza aver tentato tutto per lei!-
-Rufy sta bruciando!!! Non c’è niente che si possa fare ormai!!!-
-Possiamo cercare di spegnere l’incendio!!!-
-No!!! Staccatela!!!-
-Perché no?!?!-
Zoro e Sanji si scambiarono un’occhiata d’intesa quando i due capitani iniziarono ad alzare la voce, pronti a intervenire se necessario.
-Il legno di Nirvana brucia anche sotto la pioggia! Non bastano due secchi d’acqua per salvarla! Dobbiamo lasciarla andare!!!-
-Non lascerò che tu debba viverlo di nuovo, Usopp!!!-
-NEMMENO IO!!!-
Nami e Chopper trattennero rumorosamente il fiato quando Usopp afferrò Rufy per i polsi e gli urlò in faccia.
-Quel legno non si spegnerà tanto presto e se non le separiamo ora tra poco anche la Sunny prenderà fuoco! Non vuoi che io lo viva di nuovo?! Allora di a Zoro di tagliare quella maledetta catena! Sono IO il Capitano, è la MIA nave e stavolta sono IO che decido! È arrivato il momento di lasciarla andare, Rufy. Non posso fare più niente per lei.-
Si guardarono negli occhi per un lungo istante e poi fu Rufy a distogliere lo sguardo per primo, girando il capo verso i suoi Nakama.
-Franky, prepara il Coup de Burst. Zoro… taglia la catena.-
Per un attimo solo il crepitare del fuoco risuonò nell’aria che si stava saturando sempre più di fumo nero e denso. Usopp lasciò andare Rufy e si girò verso i propri compagni. Dei passi pesanti alle sue spalle, il rumore di una spada che veniva sguainata con maestria poi un lieve clangore, tutto riecheggiò assordante nella testa di Usopp, sovrastando anche i rumori del violento incendio.
Quando la Sunny schizzò via grazie alla forza propulsiva del geniale congegno alla cola, solo allora Usopp si avvicinò, insieme al resto dei Naga Hana, al parapetto del ponte. Nonostante la distanza a cui si trovavano in quel momento, vedevano bene la Fenix che continuava a bruciare e, lo sapevano tutti, avrebbe continuato fino all’alba.
Ma Usopp sapeva che, per quanto quel legno ci avrebbe messo a tramutarsi in cenere, i cuori dei suoi compagni avrebbero continuato a bruciare molto più a lungo.
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Ancora una volta ***


A Nami era capitato solo altre due volte nella vita di trovarsi circondata da un silenzio così denso da sentirsene quasi assordata. La calma che aleggiava sul vascello era innaturale, sbagliata, e le provocava un vuoto dentro che drenava le sue energie. Era come essere immobilizzati pur potendo continuare a muoversi. Era come soffocare pur continuando a respirare.
Quando accadeva, persino lo sciabordio delle onde le diventava intollerabile, perché il crepitio della risacca contro la chiglia, o contro gli scogli, le ricordava a ogni ondata quanto tutto intorno a lei e dentro di lei fosse silenzioso.
La prima volta era stato dopo la morte di Bellemere. La seconda volta era stato dopo la partenza da Water Seven.
Di entrambi gli episodi, oltre al silenzio, Nami ricordava molto bene il senso di mancanza. Quello della sua mamma prima e quello di Usopp poi. E quello fu il momento in cui Nami la Gatta Ladra considerò che, paradossalmente, diventare pirata l’aveva resa una persona migliore. Perché ciò che mancava quella volta non era nulla o nessuno che fosse mai stato legato a lei.
Eppure l’assenza della colorata polena della Fenix in coda alla Sunny era dolorosa e la colpiva ogni volta che  si voltava verso poppa.
Nami non era in grado di dire esattamente perché la colpisse tanto. Forse era il ricordo della Merry, forse la consapevolezza che, a differenza loro quando avevano dovuto dire addio all’amata caravella, i Naga Hana erano senza una casa, forse era il pensiero che Usopp aveva dovuto viverlo di nuovo.
E poi tutta quella situazione era spaventosamente ingiusta. Per una volta che la nave era così tranquilla lei non riusciva a goderselo e rilassarsi al sole. Sospirò, lanciando una rapida occhiata all’eternal pose. Dex le aveva chiesto quella mattina di aggiustare la rotta per sopperire alla richiesta del loro Capitano di raggiungere Nirvana il prima possibile, senza più bisogno di precauzioni ora che non avevano più da trainare una nave danneggiata.
Scrutò la bussola a tre aghi e si accorse che doveva virare leggermente a est per non rischiare di venire allontanati dalla corrente dalla rotta principale. Si alzò dall’altalena e si avviò per dirigersi al timone  ma non fece in tempo a posare il piede sul primo scalino della rampa che portava al castello di prua.
-Lil smettila! Non ho nessuna intenzione di lasciarti!-
Gli occhi della navigatrice si fecero tondi come due fondi di bottiglia e non riuscì a impedirsi di tornare sui propri passi.
Aveva sentito bene?! Era proprio la voce di Usopp quella?!
Sentire il cecchino così determinato era un evento ancor più raro del silenzio assordante per Nami. Era capitato solo un’altra volta, quando aveva deciso di lasciarli.
Perché si fossero messi nella dispensa a discutere era un mistero ma ciò che più importava alla navigatrice in quel momento era avere appena avuto conferma della propria intuizione. Solo non si spiegava, mentre si accostava alla paratia e si metteva in ascolto, perché mai Lilith dovesse temere che Usopp la lasciasse.
-Usopp, per favore…- mormorò la botanica, con un sospiro stanco.
-Mi sembrava di averti già detto cosa ne penso!-
Un breve silenzio seguì la protesta di Usopp e Nami smise per un attimo di respirare pur di accertarsi di captare ogni cosa.
-“Se non vuoi che io lo viva di nuovo dì a Zoro di tagliare la catena”?- domandò Lilith con tono scettico.
Di nuovo silenzio e Nami vide senza difficoltà con l’occhio della mente Usopp che sgranava gli occhi e boccheggiava come un pesce fuor d’acqua. -Io… Io non intendevo che…- cercò qualcosa da dire il cecchino. 
-Usopp, non ti devi giustificare. Sai benissimo che non è un problema.-
-Oh grazie.- ribatté Usopp. Stavolta era lui a suonare scettico. -È bello sapere di essere così importanti.-
-Falla finita.- lo ammonì Lilith e Nami si accigliò perplessa. Non l’aveva mai sentita rivolgersi così a nessuno e quella conversazione aveva un che di strano, di fuori posto. Se Lilith aveva paura che Usopp la volesse lasciare non sarebbe dovuta suonare almeno un po’ preoccupata?! -Sai che sei importante, per me come per gli altri. Ma non raccontiamoci frottole Usopp, quelle vanno bene per l’intrattenimento dopo cena. Abbiamo sempre saputo che ti stavamo solo dando un passaggio a casa.-
-Questa è una tua convinzione!-
-È la pura verità!- alzò appena il tono Lilith. -Menti pure agli altri ma, ti prego, smetti di raccontare bugie a te stesso!-
-Io voglio stare con voi!-
-No, non è vero! Usopp, guarda in faccia alla realtà! Tu farai sempre parte della nostra ciurma ma non importa cosa tu faccia, dove tu vada o quanti provi a scappare! Sei e sarai sempre un Mugiwara!-
Nami trattenne il fiato a quelle parole. Non poteva credere alle proprie orecchie. Non riusciva a credere che… No… non era possibile che Lilith lo stesse spingendo a lasciare la sua ciurma, a lasciare lei per tornare con loro.
Eppure…
In un attimo, una parte di Nami cominciò a desiderare disperatamente che le cose stessero davvero così e, anche se la faceva sentire egoista e meschina, che Usopp si facesse convincere.
-Quindi è così? Non mi vuoi più con te?-
Lilith scoppiò a ridere, una risata incredula. -La metti su questo piano adesso?! Dopo tutto quello che è successo pensi che io non ti voglia?!-
-Scusa tanto se mi lanci segnali contrastanti! Mi vieni a dire che pensi che qualcuno abbia attaccato volontariamente la Fenix e poi tiri fuori questo discorso e come faccio io a non farmi venire il sospetto che sono solo un peso per voi?!-
-Ah no eh! Non fare la vittima, non metterla su questo piano! Adesso mi vieni a dire queste cose?! Sono settimane che va avanti questa storia e adesso mi accusi che voglio disfarmi di te?!-
-Perché, non è così?! Mica te l’ho chiesto io di portarli sulla nostra nave!-
-E allora perché non gli hai raccontato la verità?!-
Il silenzio improvviso riportò Nami alla realtà. Ormai un tutt’uno con la paratia, era così confusa da ciò che stava origliando da non riuscire a rifletterci e la pausa che seguì la domanda di Lilith non fu abbastanza lunga da darle il tempo di provare a mettere insieme i pezzi.
-Quale verità?- domandò Usopp, amareggiato. -Che siete stati voi a salvare me dalla tempesta? Che se non foste passati di lì in quel momento adesso sarei sul fondo dell’oceano?-     
Nami sgranò gli occhi scioccata. Sapeva che Usopp era un bugiardo patologico ma quella storia gliel’aveva raccontato Lilith, non lui.
-Pensi che ti guarderebbero diversamente se lo sapessero? Se sapessero tutta la verità?- chiese la botanica.
Usopp sospirò. -Perché insisti?-
-Perché ti voglio bene! E il tuo benessere è mia responsabilità!-
-Senti Lil, senza offesa, ma io mi prendo cura di me stesso da quando ho sette anni quindi puoi finirla di preoccuparti tanto così magari gli altri smettono di avere l’impressione che proviamo qualcosa l’uno per l’altra, che ne dici, eh?!-
-E ti da fastidio che lo pensino tutti in generale o che lo pensi qualcuno in particolare?- domandò Lilith dopo una breve pausa, con tono saputo e marcando il “qualcuno”.  
-Io n-non… non capisco di c-cosa parli…-
-Usopp…-
-Devo andare a preparare dei proiettili prima di sbarcare!- tagliò corto Usopp, dirigendosi verso la porta.
Nami stava già per allontanarsi e nascondersi prima di venire scoperta ma Lilith lo richiamò, obbligandolo a fermarsi. -Pensi di venire con noi su Nirvana?-
-Se state andando là… Certo dopo quello che è successo ieri sera ho una lieve sintomatologia di “non posso scendere su quest’isola” ma…-
-Parla con Rufy.- lo interruppe Lilith, asciutta e ferma.
-Lil…-
-È un ordine, Usopp.-
-Cosa?!- chiese Usopp, ben più che scioccato.
-Se vuoi venire con noi su Nirvana parla con Rufy.- 
-Tu non puoi…- cominciò il cecchino.
-Oh sì che posso.-  ribatté Lilith. -Anche se sono due settimane che fingiamo che non sia così, il Capitano sono ancora io.-
Nami si portò una mano alla bocca.
Ancora sconvolta, si gettò verso le scale che portavano al timone quando sentì Lilith muoversi per uscire. -Parla con Rufy.- ripeté la ragazza, aprendo la porta. -Sistema le cose con lui, risolvi la questione. Altrimenti puoi ricominciare pure a considerarti un pirata solitario.-
 

 

 

-Come sarebbe a dire che Lilith è il capitano?- domandò Zoro, seduto a gambe incrociate e con la schiena appoggiata a un barile.
Nami lo guardò sconsolata, in piedi al centro della dispensa. Quando aveva deciso di riunire solo una ben precisa e preselezionata parte della ciurma per rivelare ciò che aveva scoperto, le era apparso subito chiaro perché Lilith e Usopp avessero scelto quella stanza per parlare. Era l’ultimo posto dove le sarebbe venuto in mente di andare a cerare chiunque, a parte Rufy. Quindi era come prendere due piccioni con una fava, visto che Rufy era precisamente l’ultimo che voleva che sapesse prima di essersi consultata con Sanji, Robin, Zoro e Brook, che si era sdoppiato per sorvegliare il corridoio.
Per il medico e il Capitano rischiava di essere un trauma e Franky aveva il brutto vizio di parlare troppo e a voce troppo alta.  
-Sarebbe a dire che Naga Hana-kun non ha perso la propria capacità di raccontare bugie e l’ha insegnata anche ai suoi nuovi nakama, Zoro.- mormorò Robin con un sorriso etereo.
L’archeologa non aveva dato il minimo segno di sorpresa quando Nami aveva rivelato tutto, parlando agitata e un po’ sconnessa, e a Sanji, seduto su una cassa ribaltata, il busto piegato in avanti, le braccia abbandonate sulle ginocchia e lo sguardo puntato a terra, quel dettaglio non era sfuggito.
Sollevò il capo verso di lei, la bocca una volta tanto libera dalla sigaretta. -Tu lo sapevi, vero?-
Robin annuì senza esitazione né cerimonie. -Sospettavo qualcosa e Dexter me l’ha confermato.-
-Come ho potuto essere così stupida?- mormorò Nami, parlando più con se stessa che con loro e afferrandosi le tempie con una mano. Ora che sapeva, vedeva tutto sotto una luce completamente diversa. Il loro continuo cercarsi con gli occhi, Lilith che si infuriava quando Saku cercava di prendere decisioni che spettavano al Capitano, Usopp che non faceva un passo e non proferiva parola senza il suo tacito assenso.
-Nami-swan…- la chiamò piano Sanji, senza sapere realmente cosa dire. Poteva immaginare come si sentisse la navigatrice in quel momento perché stava succedendo anche a lui. Anche lui si sentiva un idiota per avere interpretato erroneamente i segnali che erano stati da subito sotto gli occhi di tutti. Il fatto che Usopp non avesse mai dato un ordine diretto a nessuno, il fatto che tutti si rivolgessero a lei per qualsiasi cosa, la richiesta disperata della botanica la sera prima, quel “Dai tu l’ordine, ti prego…”. Nessuno stupore che Lilith sembrasse così preoccupata per lui. Era il suo Capitano! Non era solo un’impressione, allora, che si sentisse responsabile per Usopp anche se per un motivo ben diverso da quello sospettato dal cuoco.
Strinse i pugni con rabbia.
Perché sarebbe dovuto essere lui a sentirsi responsabile per Usopp, lui e Rufy, come avevano sempre fatto. Perché c’era solo una spiegazione per tutta quella messinscena e Sanji non capiva come avesse fatto a non accorgersi del disagio di Usopp, come aveva potuto etichettarlo solo come malinconia per la Merry con una punta di vecchio rancore che sembrava aleggiare ancora tra lui e Rufy. Che razza di Nakama era? Un tempo nessuno conosceva e comprendeva Usopp bene quanto lui. Un tempo Usopp non sarebbe riuscito a dargli a bere nemmeno una minuscola frottola, figuriamoci quell’enorme farsa.
-Sì, d’accordo, ma perché l’hanno fatto? Perché mettere in piedi tutto questo?- insistette Zoro.
-Non è evidente?- chiese Nami. -Quando Lilith ci ha portato alla Fenix, Usopp era più scioccato di noi e non stava fingendo. Non sapeva che saremmo arrivati, è stata un’iniziativa di Lilith che si è anche inventata tutta la storia, compreso il proprio salvataggio a opera di Usopp. E lo ha fatto perché sapeva che per Usopp incontrarci nelle vesti di qualcosa di meno di un capitano sarebbe stato umiliante.-
-Con tutto il rispetto Nami, a me sembra che fosse abituato a sentirsi chiamare capitano! Sei sicura di aver capito bene?-
-Credo si tratti solo di un soprannome, Bushido-san. Un po’ come quando Sanji ti chiama “Marimo”. Penso sia un modo affettuoso di prenderlo in giro per il suo autoproclamarsi sempre un grande capitano.- intervenne nuovamente Robin.
-Yohohohohoh Robin-san, come sei intelligente! Di che colore ha le mutandine una donna così arguta?- risuonò la voce di Brook dal corridoio.
-Brook non è il momento.- lo ammonì Nami. -Non avrei mai immaginato che Usopp potesse sentirsi così imbarazzato con noi. Insomma siamo pur sempre i suoi nakama.-
-Non è vero Nami-swan.- intervenne Sanji, con un tono così lapidario da lasciarla di stucco. Era furibondo, come testimoniavano anche i tremiti che lo scuotevano, anche se era chiaro che non ce l’avesse con lei. -Noi non siamo i suoi nakama. Noi eravamo i suoi nakama e abbiamo perso il diritto di chiamarci così quando lo abbiamo abbandonato su quella maledetta isola piena di carpentieri!-
-Quando lui è voluto restare, vorrai dire.- intervenne Zoro, guadagnandosi un’occhiata assassina dal cuoco. -Nessuno lo ha obbligato. Se avesse avuto l'umiltà di tornare e scusarsi saremmo stati tutti felici di riprenderlo con noi.-
Sanji si alzò di scatto, calciando con il tacco la cassa che si frantumò contro il muro. -Lo sai, Zoro, adesso mi hai proprio rotto le palle con le tue stronzate da samurai sulla ferrea disciplina e l’autorità! Usopp voleva tornare, io l’ho visto su quella maledetta spiaggia!-
-Ma davvero?!- s’imbufalì anche Zoro, balzando in piedi. -E allora dov’era quando siamo partiti?! Dov’era mentre la Marina ci bombardava eh?!-
-Da qualche parte a macerarsi nel senso di colpa! Non posso credere che tu lo conosca così poco! Davvero le scuse verbali erano così importanti?! Ha combattuto accanto a noi a Enies Lobby!-
-E allora?! Certo che le scuse sono importanti! Ha messo in discussione l’autorità di Rufy, del nostro Capitano! Siamo pirati, Sanji! Non bambini che giocano ai corsari!-
-Basta!!!-
La voce di Nami risuonò nella dispensa, più vibrante che mai. Zoro e Sanji si voltarono verso di lei e sgranarono gli occhi quando videro i suoi pieni di lacrime.
-Nami-swan…-
-Basta.- ripeté in un soffio, asciugandosi gli occhi con le mani. -È inutile litigare di questo ora. Sapevamo tutti e lo sappiamo ancora che Zoro ha ragione. Lo abbiamo fatto perché tutti eravamo d’accordo con lui, anche se avremmo preferito che non fosse così. Ma io… non voglio vedere più nessuno litigare in questa ciurma, chiaro?!- alzò la voce, autoritaria, e strinse i pugni lungo i fianchi mentre due lacrime sfuggivano al suo controllo e le rigavano le guance.
Nessuno osò muoversi per alcuni secondi finché Zoro non schiodò i piedi da dove si trovava e, sotto gli sguardi sorpreso di Sanji, saputo di Robin e divertito di Brook, si avvicinò alla navigatrice posandole una mano sulla nuca e un bacio sulla tempia. -Hai ragione.- mormorò roco. -Scusa.-
Nami si limitò ad annuire e schiarirsi la gola, senza allontanarsi da Zoro che rimase al suo fianco, le gambe divaricate e le braccia incrociate al petto.
-Ad ogni modo, non credo c’entri niente di tutto questo.- disse Robin quando anche Sanji desistette dall’azzuffarsi con il compagno ed estrasse una sigaretta, troppo teso per aspettare la fine della conversazione. -Usopp non ha un problema con noi ma con se stesso. Si sente patetico e pensa di non meritare nemmeno la nostra compassione. Sono convinta che Lilith gli abbia proposto di unirsi alla loro ciurma prima di conoscere tutta la storia di come ci ha lasciati ad Enies Lobby, per questo con loro si sente a suo agio. È stata una nuova vita, l’occasione per ricominciare da zero. E quando ci ha rivisti, invece, è stato come venire trascinati di nuovo in un passato che sperava solo di dimenticare. Credetemi,  io so di cosa parlo. Per questo ha accettato di reggere il gioco a Lilith. Presentarsi come capitano dei Naga Hana Kaizoku non è stata altro che una maschera, esattamente come Sogeking. L’unico modo accettabile, dal suo punto di vista, per affrontarci e poterci stare vicino.-
Un tonfo riecheggiò nella stanza quando Sanji tirò un pugno contro il muro, incurante del rischio di ferirsi alla mano.
-Sanji-kun.- Nami fece per avvicinarsi ma la mano di Zoro sulla spalla la fermò. Lo spadaccino le fece segno di no con il capo e tanto bastò alla navigatrice per non insistere.
-Chiedo venia non vorrei essere fuori luogo…- intervenne Brook e tutti si girarono verso di lui, tranne Sanji che gli lanciò solo un’occhiata da sopra la propria spalla, constatando che il musicista aveva ripreso possesso del proprio corpo, anche se tecnicamente si trattava di uno scheletro perché in effetti un corpo Brook non lo aveva più. -…ma credo possa interessarvi sapere che sta succedendo qualcosa di là sul ponte.-
-Che tipo di cosa?- si accigliò Nami.
-Non saprei ma sono tutti parecchio agitati.- li informò.
Nami e Zoro si scambiarono un’occhiata e poi lo spadaccino si diresse deciso verso la porta della dispensa, seguito a ruota da Nami, Robin e Brook.Sanji si attardò ancora qualche istante prima di decidersi ad uscire sul ponte.
Lo spettacolo che lo accolse lo lasciò perplesso quanto Nami e Brook, al contrario di Zoro e Robin che osservavano impassibili la scena. Chopper correva in tondo gridando “al ladro”, Rufy agitava il pugno e urlava cose incomprensibili verso il mare, mentre Neena e Dex facevano del loro meglio per trattenerlo e impedirgli di saltare oltre il parapetto dritto in acqua, e Franky immobile in mezzo al ponte sembrava perso in qualche riflessione. Pascal, invece, era come sempre seduto in un angolo del ponte e osservava atono la scena.
-Ma si può sapere che vi prende?!- domandò alla fine Sanji, avanzando di un passo, spazientito.
Tutti si voltarono verso di lui, tranne Chopper e Rufy, troppo impegnati a urlare e sbraitare anche solo per sentirlo. Franky osservò il cuoco alcuni secondi prima di riscuotersi e rispondere. -Qualcuno ha rubato la Mini Merry.-  
-Che cosa?!- reagirono all’unisono Zoro, Nami, Sanji e Brook.
-Cosa vuol dire che hanno rubato la Mini Merry?! Chi?!- si stizzì Nami, sull’orlo di un attacco isterico.
-E questa la cosa che non capisco, perché non ci siamo accorti di niente. Quello che è certo però sorella è che chiunque sia stato è un Suuuuuuuuper-ladro!!! Suuuuupeeeeeeeer!!!- esclamò il carpentiere, unendo le braccia sopra il capo e prendendo a sculettare. -Pascal, fratello! Balla con me!- 
Nami lo guardò scioccata e una vena prese a pulsare sulla sua fronte. Stava già per saltargli addosso e picchiarlo con tutta la forza che aveva in corpo quando una voce riuscì a sovrastare tutte le altre.
-È stato Usopp!!!-
Lentamente, nel silenzio ora assoluto, uno dietro l’altro si girarono verso Lilith, appena uscita dal sottocoperta insieme a Saku.
-Come?- domandò Sanji, incurante della sigaretta che gli era caduta dalla bocca e si stava consumando tra l’erba.
Lilith sostenne determinata i loro sguardi. -È stato Usopp.- ripeté, mostrando un foglio su cui era stato scarabocchiato qualcosa in fretta e furia. -Ha preso la Mini Merry e se n’è andato.- 





 

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Capitolo 12
*** Questione di priorità ***


-Usopp se n’è andato? Con la mini Merry?- domandò Rufy, grattandosi la nuca perplesso.
Era evidente che stesse cercando di afferrare un qualche concetto, cosa esattamente avesse così poco senso nella frase che aveva sentito. Insomma, per quale motivo Usopp si sarebbe prestato ad andarsene con il ladro? Rufy sgranò gli occhi mentre la verità lo colpiva dritto in testa, più forte dei pugni di Nami.
-È Usopp che ha rubato la Mini Merry?!- sbraitò, ma nessuno gli rispose.
Il silenzio sul ponte era assoluto, erano tutti immobili, chi palesemente sconfortato, chi, come Zoro, apparentemente impassibile, ma la mano tremava visibilmente intorno alla Kitetsu che stava stringendo come se fosse la sola cosa a tenerlo in piedi. Chopper aveva i lucciconi agli occhi e Sanji era al di là dello shock.
Non era possibile che fosse successo di nuovo, che stesse davvero succedendo di nuovo. Che dovessero viverlo di nuovo. E come il pensiero, condiviso da tutti i compagni, si formò anche nella testa del Capitano, Rufy si affrettò ad abbassare la tesa del cappello per nascondere gli occhi lucidi.
Non poteva crollare. Dopotutto Usopp non era più un loro nakama. 
“Non esitare. Sei il capitano, devi essere così, determinato.”
La voce di Zoro, quel giorno di due anni prima, la voce di Sanji, quella sera di due anni prima, gli riecheggiarono nel cranio. Sì, quello era il suo ruolo che lui si era scelto. Responsabilità, decisioni. Tutti fardelli che portava senza nemmeno rendersene conto perché prendersi cura della propria famiglia gli veniva così naturale e per quel che riguardava riflettere… non sapeva nemmeno cosa volesse dire, lui seguiva sempre l’istinto.
Ma in quel momento, il fardello di essere un capitano pesava più dei Promontori Gemelli uno sopra l’altro. Perché avrebbe voluto mollare tutto, inseguire Usopp ovunque fosse andato e chiedergli di tornare ma non poteva.
Non poteva esitare.
Doveva essere determinato.
Non erano più compagni. Ora Usopp aveva la propria ciurma, ora Usopp era un capitano.
-È stata tutta colpa mia, gli ho forzato la mano.- la voce di Lilith lo raggiunse lontana, attraverso i pensieri confusi che gli attraversavano la mente.
-Lil…- cominciò Saku con un ringhio.
-No! Stavolta è davvero colpa mia! Gli ho lanciato un ultimatum e gli ho detto che se non si chiariva con Rufy poteva anche andarsene!-
Rufy sollevò piano il capo, le sopracciglia aggrottate. Ecco che appena risolto un dilemma se ne presentava un altro. Quanto meno a questo giro non era l’unico perplesso, a giudicare dalle espressioni di Franky e Chopper.
-Ma non avevo idea che aveste un mini caravella nella stiva della nave! In teoria non avrebbe dovuto avere via di fuga fino a Nirvana con la Fenix bruciata!- protestò Lilith, gesticolando.
-Ehm… Sorella…- mormorò cauto Franky, guardando anche il resto dei propri compagni. La domanda era lì, sulla punta della sua lingua ma non osava pronunciare quella parola davanti a Rufy.
C’erano poche cose che il Capitano comprendeva molto bene. Nessuno cucinava bene come Sanji, se uno dei suoi nakama piangeva era suo dovere conciare il responsabile per le feste, l’ammutinamento era il cancro della pirateria.
Ma nonostante la cautela del cyborg, le implicazioni della frase di Lilith scesero lente ma inesorabili su Rufy.
-Vi siete ammutinati?!- ruggì, indignato per l’atto in sé, furibondo perché la vittima era il suo migliore amico.
-No Rufy.-
Con non poco stupore del Capitano era stato Zoro a parlare e a posargli una mano sulla spalla per calmarlo. Non c’era bisogno che aggiungesse altro, lui e Rufy si capivano da sempre con uno sguardo e poche parole ma Rufy non riusciva a comprendere perché mai Zoro gli stesse dicendo che non si doveva indignare tanto, che non doveva reagire così. Proprio lui che dava tanta importanza alla lealtà della ciurma nei confronti del capitano.
Forse il problema era che si trattava di una ciurma di cui loro non facevano parte?! Ma era pur sempre di Usopp che si parlava e Zoro non era un uomo egoista! Si rifiutava di credere che non gli importasse nulla del cecchino e di ciò che gli era accaduto!
-Non si sono ammutinati.- Quasi che gli avesse letto nel pensiero, Nami venne in suo soccorso, senza staccare però gli occhi da Lilith. -È Lilith il capitano.-
Fiera e determinata, Lilith sostenne lo sguardo della cartografa e non lo abbassò neppure quando Chopper trattenne il fiato e si mise a tirare su con il naso, neppure quando Franky mormorò un “Sorella…” tra lo scioccato e l’ammirato, neppure quando Sanji si avvicinò al parapetto, respirando grosso per cercare di calmarsi, neppure quando Rufy spalancò la mascella fino a toccare quasi terra.
-Mi spiace avervi mentito. E mi spiace avere obbligato i miei nakama a mentire. Ma un capitano fa ciò che un capitano deve fare per il bene di anche uno solo dei propri compagni.-
-E allora perché ci hai portati sulla vostra nave? Perché lo hai obbligato a incontrarci e a rivivere tutto questo di nuovo?- tremante, Sanji si girò a fronteggiarla ma Lilith non diede il minimo segno di esitazione.
-Perché solo un idiota non si accorgerebbe di quanto gli mancate. Da dove pensavi che avessi preso tutte quelle informazioni sulla vostra ciurma? Ne parla talmente spesso che quando vi ho incontrati per la prima volta era come se vi conoscessi già tutti, a parte Brook.-
-Usopp è un malinconico ma a me sembrava stesse piuttosto bene con voi. Non aveva certo bisogno che qualcun altro prendesse questa decisione per lui.-
-Sanji…-  
-Se tu conoscessi Usopp anche solo la metà che dici di conoscerlo sapresti che è dovuto diventare adulto quanto tu eri ancora una bambina e che non aveva nessuno che si prendesse cura di lui.-
-Torciglio!-
-Ma tu hai così tanta esperienza di vita vissuta da sapere meglio di lui cos’è il suo bene, vero?!-
-Ehi cuoco, perché non chiudi quella fogna?-
-Solo perché sei il Capitano di una c…-
Tutti trattennero il fiato quando un braccio spuntò fuori dal nulla, centrando in pieno stomaco Sanji con un pugno micidiale. L’intera Sunny sembrò vibrare quando il cuoco colpì di violenza la paratia con la schiena.
-Sta attento a quello che dici, Sanji!- lo ammonì Rufy, riportando il braccio alla sua lunghezza normale, le nocche appena un po’ arrossate per l’impatto.
Nessuno osò muoversi né parlare mentre Sanji sollevava il busto, tossicchiando, scioccato più per il suo stesso comportamento che per il cazzotto ricevuto, che in cuor suo si rese subito conto di meritare.
-Rufy io…-
-Tu non sai com’è essere un capitano. Un capitano prende decisioni, anche per gli altri. Io ho preso un sacco di decisioni per tutti voi, compreso Usopp!-
“E se ne avessi prese altre… Se non avessi deciso di lasciare la Merry, se non avessi deciso di dare retta a Zoro, se avessi seguito l’istinto ora Usopp sarebbe qui, sarebbe con noi. Non avremmo dovuto vivere tutto questo neppure una volta.”. Ecco cosa dicevano gli occhi di Rufy.
Sanji non era affatto sicuro che il Capitano se ne rendesse conto, di stare pensando quelle cose. Già quel minuscolo exploit era stato così maturo e ragionevole detto da lui. Ma Sanji se ne rese conto eccome, che il Capitano le stava pensando, e si chiese da quanto Rufy si portasse dentro quel senso di colpa. Da quando lo avevano ritrovato? Da quando se n’era andato due anni prima? Da cinque minuti?
Per cercare di salvare Ace, Rufy non aveva esitato a partire per Marineford nonostante fossero appena stati separati a Sabaody. Mentre tutti loro cercavano un modo per ricongiungersi al resto della ciurma, Rufy viaggiava verso la patria della Marina senza un solo ripensamento, nonostante il rischio di non fare più ritorno, nonostante non avesse la benché minima idea delle sorti dei suoi nakama.
Eppure tutti lo avevano capito, nessuno lo aveva giudicato. Aveva messo Ace al primo posto perché non farlo avrebbe significato accettare la sua morte senza muovere un dito. Era poi così diverso da quello che aveva fatto Usopp per la Merry?
Era poi così diverso da quello che aveva fatto Lilith per Usopp?
Sanji puntò lo sguardo sulle proprie scarpe, sconfitto e furioso con se stesso. -Mi dispiace… Lilith-chan, non era mia intenzione… Ah?- sgranò gli occhi quando una mano sottile e abbronzata entrò nel suo campo visivo.  
Lentamente sollevò il capo fino a incrociare il volto di Lilith, tirato in un sorriso malinconico. -Te l’ho già detto una volta, sei un amico prezioso per lui. Non dispiacerti per questo.- Esitante, afferrò la mano della ragazza ma solo per sfiorarne il dorso con le labbra in un galante gesto di scuse, per poi rimettersi in piedi da solo.
-Posso vedere il biglietto?- domandò Robin, materializzando accanto al cuoco con il braccio teso verso la botanica che non esitò ad allungarle il pezzo di carta che teneva in mano.
Robin lo afferrò con entrambe le mani e si girò impercettibilmente per permettere una lettura più agevole anche a Sanji, che non aveva nemmeno provato a nascondere il suo furioso bisogno di sapere. Il messaggio era vergato con una calligrafia elegante ma leggermente imprecisa, come se la mano del mittente avesse tremato nello scriverlo.
 
Rufy, Lilith, Ragazzi.
Quando leggerete questo messaggio spero di essere già lontano.
Ho capito che il mio destino è navigare in solitaria per i Sette Mari, solo così potrò diventare un guerriero ancora più grande e impavido di quanto già non sia. Un giorno sentirete sicuramente parlare del Grande Cecchino del Mare Orientale.
Quel giorno voglio che sappiate che mi dispiace di avervi privato della possibilità di rivendicarmi come nakama. So che è dura ma non potevo permettere che litigaste per me, me ne sono dovuto andare per forza. È stata una decisione dura ma necessaria.
Lilith, ti lascio il comando dei Naga Hana, so che farai un ottimo lavoro e voglio ringraziare tutti voi ancora una volta per avermi portato fino a qui, fino all’inizio di questo nuovo viaggio in solitaria che io, il Grande Usopp, affronterò senza paura né ripensamenti.
Scusatemi con Franky per il furto della Mini Merry. Mi serviva un mezzo e non potevo aspettare.
Con affetto.
 
                                                                        Usopp.
 
Molte sopracciglia si alzarono scettiche e incredule mentre Robin leggeva ad alta voce, tutti colpiti dalla faccia tosta di Usopp che aveva pensato bene di continuare la farsa del falso Capitano persino nel suo biglietto d’addio. Per un attimo il suo patologico bisogno di mentire mise in secondo piano ciò che realmente il messaggio nascondeva, per tutti tranne che per le quattro persone che avevano visto il biglietto con i propri occhi, anche se Saku rimaneva testardamente impassibile persino di fronte a questo.
In più punti l’inchiostro era sbavato, soprattutto sulla firma che era praticamene illeggibile, e la carta macchiata.
-Merda…- imprecò Sanji fra i denti.
Erano due anni che quella faccenda continuava a costare lacrime a tutti, Chopper in particolare. Sarebbe mai finita?
-Beh anche se non conoscessi la sua scrittura non avrei dubbi riguardo al mittente.- mormorò Robin indicando poi con il polpastrello la terza parola del messaggio. -Guarda. Ha scritto “Ragazzi” con la maiuscola. Che strano.-
-Vuoi dire che potrebbe essere un messaggio cifrato?- domandò subito Sanji.
-No. Però questa “R” oltre a essere maiuscola sembra tanto una “S” che è stata modificata a posteriori.- ribatté l’archeologa, guardandolo di striscio e Sanji sgranò gli occhi con aria difficile dire se colpevole o incredula.
-Ma quindi Lilith è il capitano perché lo ha deciso Usopp!- protestò Rufy, mettendo il broncio.
Tutti tranne Robin sospirarono esasperati. Non ne sarebbero usciti sani, era inutile anche solo sperarlo.  
-Usopp stava solo continuando la recita anche nel messaggio, Rufy.- lo informò atono Zoro, che si era seduto a gambe incrociate sotto l’albero dell’altalena ma senza il rilassamento che lo contraddistingueva di solito.
-Da che parte potrebbe essere andato? Anche se ha portato delle provviste con sé la Mini Merry è piccola. Non può sperare di coprire molte miglia senza fermarsi.- si attivò Sanji, stufo di perdere tempo in discorsi inutili, spostando lo sguardo da Nami a Dex.
-L’isola più vicina al punto in cui ci troviamo attualmente è Nirvana.- rispose la rossa, lanciando un’occhiata a Dex che annuì la propria conferma. -Considerato che ha anche il vento a favore, non sarà di certo andato da un’altra parte.-
-Non sarebbe molto da lui.- aggiunse Dex, stringendosi nelle spalle.
Sanji batté le mani con una scintilla di rinnovata speranza negli occhi. -Bene allora andiamo tutti dalla stessa parte, no?!- esclamò quasi, guardando i suoi nakama uno ad uno. -No?! Ehi ragazzi… che… cosa…- mormorò sempre più perplesso quando si accorse che tutti stavano evitando il suo sguardo. Solo Robin sostenne il suo sguardo con una punta di malinconia negli occhi e fu quando beccò Franky a lanciare un’occhiata furtiva ma eloquente a Rufy, la tesa ancora tirata giù sulla fronte, che Sanji finalmente capì e il sangue gli si gelò nelle vene. -Rufy?!- lo chiamò avanzando di un passo verso di lui.
Una risata isterica gli salì alle labbra. Non era possibile. Non poteva vivere anche quello di nuovo!
-Rufy andiamo, è di Usopp che stiamo parlando.-
Strinse le dita a pugno, tentando di contenere i tremiti che lo scuotevano. La tensione era più palpabile che mai e Dex e Neena erano già scattati due volte, contenendosi un attimo prima di intervenire solo grazie agli autoritari cenni di diniego di Lilith.
-Infatti.- sussurrò Rufy, girandosi verso il mare e voltando le spalle a Sanji come a tutti gli altri. -È di Usopp che parliamo e Usopp non fa più parte di questa ciurma.-
Anche se non lo poteva vedere in faccia, Sanji lo seppe dalla voce che Rufy stava piangendo. Sapeva che si era illuso, che si era dimenticato di come stavano davvero le cose. E a differenza di Water Seven non c’era nessun Governo, mondiale o meno, da combattere per tenersi distratto e non pensare alla perdita di un fratello.
-Sono il Capitano io, ricordi?- articolò tra respiri profondi e tremolanti. -Non posso… esitare.-
E anche se sapeva che stava male, che aveva ragione, che lui stesso gli aveva detto quelle parole, ora Sanji avrebbe solo voluto rimangiarsele e sbattergli in faccia tutto quello che si stava accavallando nella sua testa come aveva fatto con quel calcio in faccia due anni prima, perché non potevano, stavolta non potevano abbandonarlo. Quello non era Water Seven era il Nuovo Mondo e non gli importava un accidente di cosa quell’idiota di una testa d’alga ritenesse giusto o sbagliato e…  
-E infatti non capisco perché lo stai facendo.- Rufy si voltò per primo, dimentico del motivo per cui aveva voltato le spalle, quando Zoro parlò, ancora immobile seduto tra l’erba, limitandosi ad aprire l’occhio sano per guardare il Capitano. -Se sei consapevole che Usopp non è più parte della nostra ciurma, andare ad aiutarlo non implica niente. È solo un amico in difficoltà. Da quando ti fai problemi ad aiutare un amico in difficoltà?- chiese lo spadaccino, sollevando un sopracciglio.
L’incredulità lasciò il posto a radiosi sorrisi e puro sollievo sui volti sia dei Mugiwara che dei Naga Hana.
-Io sto con fratello Millelame!- annunciò Franky, caricandosi in braccio Chopper, che ora rideva mentre si asciugava i lucciconi con gli zoccoli.
Solo Rufy e Sanji lo fissavano ancora a bocca aperta, senza riuscire a credere alle proprie orecchie, impressione che si intensificò per Sanji quando Nami, al colmo della felicità, si lasciò sfuggire: -Ah Zoro! Potrei anche annullarti il debito in questo momento!- per poi tornare seria e posare le mani sui fianchi autoritaria nell’accorgersi degli sguardi basiti dei propri nakama e mettere in chiaro: -Si fa per dire, ovviamente!-
-Yohohohoho! Ma che bel momento! Queste sono cose che scaldano il cuore! Anche se io il cuore non ce l’ho più!-
-Speriamo che Usopp non sia già stato divorato da una volpe a tre code.- commentò tono Pascal.
-Capitano. Credo che sia il caso di preparare il necessario per lo sbarco.- intervenne Robin, risvegliando gentilmente Rufy dallo stato confusionario in cui ancora versava.
Solo Sanji e Zoro si stavano ancora fissando e fu il samurai a decidere di prendere l’iniziativa, mettendosi in piedi e avvicinandosi a grandi passi al nakama. -Datti una mossa cuocastro.- gli intimò, mentre gli passava accanto. -La marea non aspetta mica te. Se Usopp salpa prima che…-
-Grazie.-
Zoro si immobilizzò e sollevò un sopracciglio, lanciandogli un’occhiata in tralice. -Non lo sto facendo per te.-
Anziché rispondere, Sanji estrasse una sigaretta, l’accese con tutta la calma del mondo e, con altrettanta calma, ne prese una generosa boccata prima di decidersi a ribattere. -Lo so. Se lo avessi fatto per me non ti avrei ringraziato, avrei preso a calci quel tuo culo pesante. E a tal proposito, io sono più che pronto a sbarcare. Sei tu che devi darti una mossa semmai, non ho intenzione di perdere Usopp perché hai da lucidare i tuoi stuzzicadenti.- mormorò, tornando al suo tono pacato e quasi filosofico.
Il samurai aprì bocca per rispondergli a tono ma decise di lasciar perdere per una volta e che gliel’avrebbe fatta pagare un’altra volta. Ora doveva prepararsi a sbarcare.
-Aspettate!- 
L’eccitato brusio cessò di colpo mentre tutti dedicavano la propria attenzione a Lilith, ancora affiancata da suo fratello. -Temo ci sia stato un malinteso.-
-Che vuoi dire?- domandò Nami già in allerta, le sopracciglia corrugate.
-Usopp non è più parte della vostra ciurma ma nemmeno della nostra.- proseguì la botanica, indicando loro e poi se stessa. -E anche se condivido il vostro pensiero sugli amici in difficoltà noi… abbiamo una cosa più importante da fare, prima.-
Anche Zoro corrugò le sopracciglia, girandosi completamente verso di lei. -Non avete mai avuto intenzione di andare a cercarlo?- chiese, dando voce ai dubbi di tutti e un lampo di qualcosa, indignazione forse mista a colpevolezza attraversò gli occhi di Lilith.
-Certo che ne avevo l’intenzione. Ma non mi facevo illusioni di trovarlo ancora per quando saremmo stati in grado di iniziare le ricerche.-
-Ma sei stata tu che gli hai dato l’ultimatum.- intervenne Nami, stringendo i pugni e avanzando di un passo verso di lei.
-E sto rispettando la sua decisione.-
-Come puoi lavartene così le mani?! Questo è il Nuovo Mondo non un parco divertimenti!-
-Beh allora per fortuna che ha degli amici come voi che lo mettono davanti a tutto.- ribatté a testa alta, riuscendo a zittire la navigatrice. -Ora, noi dobbiamo prepararci per lo sbarco e vi consiglio di fare altrettanto. Manca meno di mezz’ora a Nirvana.- aggiunse, fredda e lapidaria, prima di sparire di nuovo sottocoperta senza aggiungere una sola altra parola.
 

 
§

 
La spiaggia di Nirvana era bianca, come gesso sbriciolato, ma questo un mediocre osservatore o un visitatore frettoloso non lo avrebbe mai notato.
Per apprezzarne il puro candore, chi si fosse trovato su quella spiaggia, le caviglie lambite dai flutti del mare, che intorno all’isola sembrava dominato da una pace che raggiungeva l’animo e il cuore di chi vi si trovava immerso, avrebbe dovuto prendere una manciata di quella sabbia tra le mani e osservarla da molto vicino, voltando le spalle alla foresta. Solo così avrebbe potuto impedire al legno arancione degli alberi di riflettersi sui granelli, trasformandola in quella che, a uno sguardo disattento, era banale sabbia ocra.
Ma i Mugiwara non avevano tempo in quel momento di soffermarsi ad analizzare con più attenzione la sabbia, mentre si congedavano dai Naga Hana, o come diavolo si chiamassero in realtà quei pirati che avevano creduto amici.
I loro pensieri erano concentrati su altro, che fosse trovare Usopp o memorizzare le informazioni che, nonostante tutto, Lilith stava fornendo loro o, nel caso specifico di Brook, fare la guardia alla Sunny.
Lo scheletro era in cuor suo dispiaciuto del freddo congedo a cui stava assistendo e non gli era sfuggito che anche medico, carpentiere e archeologa condividessero quel suo stato d’animo. Ma comprendeva anche la tensione che sembrava attanagliare gli altri quattro, preoccupati di essere già in ritardo e/o infastiditi per il comportamento di Lilith. Con la sua guida setacciare l’isola sarebbe stato più semplice ma la botanica insisteva a dire che aveva questioni più importanti da gestire ed era chiaro che nulla l’avrebbe fatta desistere.
-Siate amichevoli, non lasciate che i pensieri ostili prendano il sopravvento su di voi. La foresta riconoscerà la nobiltà d’animo delle vostre intenzioni e vi aiuterà. Modificherà la propria morfologia per guidarvi e vi faciliterà il cammino.- stava concludendo Lilith, dopo aver indicato loro quale dei quattro sentieri che si aprivano visibili in mezzo alla vegetazione imboccare.
Nami aggrottò le sopracciglia perplessa. -Stai dicendo che gli alberi si sposteranno in base ai nostri movimenti per guidarci sulla via più breve?-
-Tieni comunque d’occhio la testa d’alga, sarebbe capace di perdersi anche così.- mormorò Sanji, guardandosi intorno e un sorriso più genuino si impadronì per un attimo delle labbra di Lilith.
-Vedrai molte cose incredibili qui nel Nuovo Mondo, Nami. Anche se dopo essere stata su due isole nel cielo non sarà facile impressionarti.- commentò Lilith e per un attimo l’aria tesa che aleggiava tra loro si dissolse e, prima che si potesse riformare, la botanica aveva già rivolto la propria attenzione a un altro membro dei Mugiwara.
Con un profondo respiro Lilith raggiunse Robin che subito le sorrise materna, senz’ombra di risentimento. Brook non poté fare a meno di notare quanto fosse armonioso vederla camminare su quella distesa candida, lei come anche Neena, entrambe una melodia della natura.
-Robin, mia madre e tua madre si conobbero molti anni fa e suggellarono la loro amicizia con un dono. Ciò che mia madre regalò a tua madre…- esitò per un attimo la giovane gitana, gli occhi ora adombrati da un velo di tristezza. -… Lei avrebbe dovuto tramandarlo a te, ma non fece in tempo.- il sorriso di Robin si indebolì per un istante per poi tornare radioso come sempre, anche se con una punta di sofferenza. -Ora io vorrei regalarti qualcosa come fece mia madre con tua madre, così che tu possa portare un pezzo di Nirvana sempre con te.-
Robin sgranò impercettibilmente gli occhi, presa in contropiede da tanta gentilezza, incerta per un attimo sul da farsi. Da donna intelligente qual era, si rendeva conto che il fatto che Lilith si trovasse ora ai ferri corti con Rufy per la poca importanza che stava dando ad Usopp non cancellava il fatto che, per due anni, si era presa cura di lui e che senza di lei non lo avrebbero probabilmente rivisto mai più. E si rendeva anche conto che essere parte di una ciurma non annullava la sua volontà come singolo e accettare il dono da un’amica non implicava scendere a patti in qualità di pirata.
C’era anche la questione che in fondo era stata lei a estorcere a Dexter la verità e a farlo quindi andare contro gli ordini della stessa Lilith, anche se lo aveva fatto per proteggere i propri nakama, era stata una questione di priorità, di cui Lilith sembrava conoscere molto bene l’importanza. Non erano poi così diverse ed era certa che la botanica, al suo posto, si sarebbe comportata alla stessa maniera. In fondo erano tutti fuorilegge e così annuì con un movimento appena accennato e si affrettò a piegare le ginocchia e chinare il capo quando Lilith si sfilò uno dei numerosi ciondoli che portava al collo, con la chiara intenzione di agganciarlo a quello di Robin.
-Questo ciondolo ha un grande valore ma lo lascio in buone mani. So che tu più di chiunque altro saprai comprenderlo e apprezzarlo, amica mia.-
Robin si portò la mani al collo, sfiorando il piccolo amuleto, tondo e grezzo, chiedendosi se anche quello fosse stato scolpito da Saku, ma una rapida occhiata al sempre impassibile medico non bastò a darle una risposta, neppure per lei, un’esperta di codici e lingue antiche.
-Io posso solo dire che spero che questo scambio sia stato prematuro e di poterci vedere ancora prima di riprendere ognuno la propria strada.- rispose Robin, con la diplomazia e la gentilezza che sempre la contraddistinguevano, ma non per questo le sue parole suonarono meno sincere.
-Robin, dobbiamo andare.- la richiamò Zoro, senza troppe cerimonie e l’archeologa si attardò solo un altro istante per poter stringere rapidamente le mani a Lilith, prima di seguire i propri compagni dentro la foresta.
Mentre il resto dei Naga Hana si raggruppava intorno al proprio Capitano, Lilith avrebbe giurato di aver visto un rivolo di sangue fare capolino dal naso di Sanji e due lacrime rigargli le guance, quando il cuoco lanciò una furtiva ultima occhiata da sopra la spalla verso lei e Neena, e scosse la testa sbuffando una divertita risata, con una punta di amarezza per quell’addio così ostile.
-Nessun ripensamento, Lil?- domandò Saku, attento a non farsi sentire da Brook.
Lilith annuì, tornando seria. -Nessun ripensamento, nessun errore.-
-Bene. Allora adesso diamoci una mossa. Se davvero l’attacco alla Fenix non è stato un caso, e io non credo che lo sia stato, potrebbe esserci qualcuno che minaccia il villaggio.- decise Saku, avviandosi verso un altro dei quattro sentieri della foresta.
-Ciao Brook!- si sbracciò Neena in direzione dello scheletro.
-E anche se non fosse, rischiamo di essere in ritardo quindi diamoci una mossa comunque.-
-Neena-san!!! Il mio cuore batterà sempre per te! Anche se io il cuore non ce l’ho più!!!-
-Neena!-
-Ohi Saku! Falla finita! Non sei tu che dai gli ordini!-
-Come se poi avesse senso, di fronte all’ineluttabilità del fato, un essere umano che da ordini a un altro essere umano…-
-Oh Pascal ti prego…- grugnì il medico, mentre si inoltrava nella foresta insieme a lui e alla sua gemella.
Lilith li osservò con le mani sui fianchi ma rimase immobile dov’era, lanciando un’ultima rapida occhiata verso dove i Mugiwara erano appena scomparsi.
-Non deve per forza finire così.-
Lilith si girò di scatto, sorpresa, ma solo per un attimo, che Dex non fosse andato dietro agli altri. Non era come se rischiasse di perdersi ad addentrarsi nella foresta da sola ma lui la stava aspettando lo stesso. E in effetti non si sarebbe dovuta stupire così tanto ma, nelle settimane appena trascorse, il fatto che per ragioni di copertura lei e Usopp fossero stati l’uno l’ombra dell’altra le aveva fatto momentaneamente dimenticare quella verità assoluta, certezza incrollabile, assioma inconfutabile. Che Dex le guardava sempre le spalle, le avrebbe sempre guardato le spalle, sarebbe sempre stato lì per lei.
Si sentiva quasi in colpa per come lo aveva trascurato di recente, per non esserci stata come amica e per essersi allontanata da lui, anche se era stato per una buona causa. Certo comunque non tanto quanto si sentisse in colpa per ciò che aveva appena deciso di fare.
-Puoi ancora raggiungerli e fermarli. Sei ancora in tempo.-
-No.- scosse subito il capo Lilith, determinata prima di avvicinarsi di più a lui. -È così che deve essere e così sarà. Nessun ripensamento, nessun errore.- ripeté e subito Dex le sorrise incoraggiante ma, una volta tanto, il sorriso del suo migliore amico non la fece sentire meglio, anzi. -Tu… pensi che io stia commettendo un errore?-
-Non meriti di essere ricordata così.- rispose subito Dex, tornando mortalmente serio.
Lilith abbassò per un attimo gli occhi al suolo. -Un capitano fa ciò che un capitano deve fare.- affermò con orgoglio, tornando a guardarlo in viso.
-E io non mi sono mai pentito una sola volta di aver seguito i tuoi ordini, Capitano.- ribatté il navigatore, guardandola con una tale intensità da mandarla per un attimo in tilt.
La gola improvvisamente arida, Lilith si schiarì sonoramente la voce e si allontanò da lui, incespicando nei propri piedi e gesticolando, la voce più acuta del normale. -Bene allora, andiamo!- esclamò, indicando il mare aperto, lasciando Dex perplesso. -Uh?! Ah! Volevo dire… a-andiamo di là! Nella foresta! Al villaggio!- si corresse, indicando in fretta dalla parte opposta per poi decidersi a entrare nel bosco insieme al suo navigatore.
Nessuno dei due si accorse dello sguardo sornione di Brook e del suo sospiro – fenomeno curioso dal momento che Brook dei polmoni con cui sospirare non li aveva più – mentre mormorava qualcosa, che di sicuro sia Dex che Lilith avrebbero definito incredibilmente stupido e incredibilmente ridicolo, riguardo all’amore che sboccia. 

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Capitolo 13
*** Sfiga... ***


Se Pascal avesse dovuto spiegare a qualcuno che non condivideva la sua visione del mondo cos’era la “sfiga”, avrebbe detto che si trattava di quella condizione naturale per cui una persona o un gruppo di persone, indipendentemente dall’impegno profuso per evitarlo o in modo direttamente proporzionale ad esso, si ritrovava a dover affrontare un costante susseguirsi di casini sulla via dell’imminente disfatta.
Lui di per sé non si reputava sfortunato . Con la sua cinica e pessimista visione del mondo quella che la gente chiamava sfiga per lui era la normalità e non vedeva perché aspettarsi niente di meglio.
Per questo, anche se, nonostante avesse avuto il cinquanta per cento di possibilità di attraversare la foresta con la piacevole compagnia di Dex e Lilith, si ritrovava invece ad assistere all’incessante discussione tra Saku e Neena riguardo quale fosse la strada più adatta per raggiungere il villaggio, Pascal non si lamentava della sua condizione né malediceva una qualche entità superiore per volergli così male.
Non era sfiga. Era solo l’ordine naturale delle cose. Lo status quo della vita.
E comunque, bastava ignorarli.
-… in una foresta che cambia in base a dove devi andare e tu vuoi avere ragione sul fatto che la tua scorciatoia sarebbe più rapida della strada che ho proposto io?- insistette Neena con voce incredula, i grandi occhi castani sgranati, ottenendo solo un mugugno da Saku che la fece sospirare.  
-Vuoi andare da quella parte solo perché speri di beccare Mab che si fa il bagno alle cascate.- si decise a ribattere il medico, senza neppure degnare Neena di uno sguardo.
-Come se a te facesse schifo eh.- mormorò scettica Neena, sollevando appena il sopracciglio.
-Non è il momento e comunque io so cos’è la privacy, Neena!- 
La cuoca allargò appena le braccia, piegò mollemente le ginocchio, inarcò lievemente la schiena all’indietro e piegò il capo di lato tutto in unico movimento. -Oh mi scusi messere. Non era mia intenzione urtare la sua sensibilità.- lo schernì la ragazza, facendogli mandare gli occhi al cielo.
-Hai deciso cosa cucinare per Baba?- cambiò bruscamente argomento Saku, con il fine di zittirla una buona volta. Non trattenne un ghigno soddisfatto quando la vide sbiancare, perdendo tutta la propria baldanza.
Era impressionante quanto diventasse indifesa se si tirava in ballo il cibo, non aveva importanza quanto fosse avvelenata fino a un attimo prima. Certe volte si augurava che quel suo lato rimanesse conoscenza solo di pochi privilegiati. Non osava immaginare cosa sarebbe potuto succedere se, nel bel mezzo di un scontro, un nemico avesse giocato la carta del “Cosa c’è stasera per cena?”. Una disfatta probabilmente.
-Io… Ah n-non… io non ho ancora pensato a… potrei fare qualcosa con le malbacche e le foglie di gazania a Baba i sapori un po’ aspri piacciono e poi forse una crema di callistemon per smorzare…- cominciò a parlare a macchinetta Neena, seguendo docilmente Saku che provò a scambiare un’occhiata divertita e soddisfatta con Pascal, ovviamente senza successo. -… troppo la nota acida perché dipende anche dal punto di maturazione delle malbacche e… e…- rallentò Neena quando un’improvvisa realizzazione si fece strada tra  i suoi confusi e agitati pensieri culinari.
Socchiuse gli occhi e dopo pochi istanti la sua espressione virò dal teso all’accusatorio mentre puntava un dito contro suo fratello. -Lo hai chiesto apposta!- esclamò indignata e furente. Odiava chi giocava con il cibo, anche solo in modo metaforico, era una cosa che la faceva sragionare. -Non ci posso credere! Sei così poco uomo che non riesci neppure a gestire una discussione con tua sorella?!-
Saku ringhiò di riflesso, incapace di contenersi quando Neena lo toccò là dove era più sensibile. -Non t’azzardare! Non è questione di virilità è che ero stufo di sentirti blaterale!-  
-Oh poverino!- si finse dispiaciuta Neena, prima di stringere i pugni lungo i fianchi. -Beh sai che c’è? Di sicuro non farò la mousse all’uva passa!-
Saku sgranò gli occhi, il suo turno di essere indignato e forse, ma solo forse, anche un po’ ferito. E non perché la mousse all’uva passa di Neena era fantastica, assolutamente non era quello e non era come se lui morisse dalla voglia di mangiarlo.
-Ehi ragazzi…-
Decisamente no.
-Ma fai un po’ come ti pare, sai a me quanto me ne frega della tua mousse all’uva passa?!-
-Saku, Neena, credo che…-
-Bene! Non venire a chiedermela al tuo compleanno allora!-
-Ehi, quando mai te l’ho chiesta?! Sai benissimo che non mi piace farti sgobbare il giorno del tuo compleanno!-
-E tu sai benissimo che lo faccio volentieri, visto che sei mio fratello!!! E devi solo provarci a impedirmi di prepararti la mousse all’uva passa, chiaro?!?-
-E allora fai come ti pare!!!-
-Ragazzi-
-CHE VUOI PASCAL?!?- sbraitarono all’unisono i due gemelli, realizzando solo in quel momento che il carpentiere non era in vista e la sua voce arrivava da dietro una fila di alberi.
-Credo dovreste venire a vedere.- mormorò e qualcosa nella sua voce fece allertare Saku e Neena, che si scambiarono una perplessa occhiata.
Il tono di Pascal era meno atono del solito, leggermente cauto, come se dovesse dare una cattiva notizia.
Immediatamente Neena si avvicinò di più a suo fratello, il panico sul volto, e strinse la mano intorno a un lembo del suo gilet, come faceva quando erano piccoli e scoppiava un temporale. Neena odiava i temporali e Pascal che usava quel tono era decisamente peggio di un temporale. Rientrava nell’ordine del disastro naturale imminente con probabile conseguente fine del mondo.
Saku accarezzò il dorso della mano di sua sorella in un gesto rassicurante prima di avanzare insieme a lei nella direzione da cui la voce di Pascal arrivava.
Con un frusciare di fronde i due Chagall attraversarono la folta vegetazione che nascondeva Pascal ai loro occhi per scoprire che, senza neanche rendersene conto, erano giunti sul limitare della foresta, proprio dalla parte del villaggio.
-Che succede?- chiese asciutto Saku, accostandosi al carpentiere, Neena alle calcagna.
Ma Pascal non rispose e Saku girò il capo per seguire la traiettoria del suo sguardo finché ciò che vide non gli gelò il sangue nelle vene. Sentì la presa di Neena farsi spasmodica sul suo gilet e seppe che le ginocchia della sua gemella dovevano aver quasi ceduto. Per un attimo smise di vedere ciò che aveva davanti agli occhi, combattuto se trascinarsi sua sorella completamente dietro le spalle o girarsi per sostenerla ma scoprì che il corpo non rispondeva. Non riusciva a muoversi, era come se i suoi piedi avessero messo radici nel terreno. Tutto ciò che riusciva a fare era osservare l’orrendo spettacolo davanti a sé, che la sua testa si rifiutava di capire ma il suo cuore aveva già registrato fin troppo bene a giudicare da quanto gli faceva male.
Scoprì che persino per respirare doveva stare concentrato in quel momento.
Non era possibile.
Non capiva cosa fosse successo, come, quando.
Perché.
Nessuno di loro lo capiva.
E non è che tutti loro avessero bisogno di capirlo.
Per almeno uno di loro la risposta era semplice ma non per questo meno spiacevole.
Ordine naturale delle cose. Status quo della vita.
Pascal sospirò tra il rassegnato e il mortificato prima di mormorare sottovoce.
-Sfiga…-
 

 
***

 
Per una persona curiosa, Nirvana era indubbiamente un paradiso. La quantità di specie animali e vegetali uniche al mondo e rintracciabili solo lì sarebbero state sufficienti per riempire il volume di un’enciclopedia, cosa che, di fatto, a un certo punto era avvenuta. E naturalmente Robin aveva letto quel volume di quella particolare enciclopedia.
Una volta che Franky aveva smesso di piangere per la commozione che essere circondato da così tanto legno di Nirvana gli aveva provocato e che si erano potuti finalmente addentrare nella foresta, l’archeologa non aveva avuto difficoltà a riconoscere le malbacche e la tana di una volpe a tre code, da cui avevano tutti convenuto che era saggio tenersi alla larga, così come uno svariato numero di piante, radici e fiori.
Chopper l’ascoltava, bevendo goloso ogni parola, spiegazione o curiosità che Robin metteva insieme da informazioni lette e apprese chissà quando e chissà dove, riuscendo a rendere quella loro corsa attraverso la foresta e contro la marea in qualche misura piacevole.
Per via della capacità della foresta di modificare la propria morfologia i Mugiwara dovevano muoversi più lentamente di quel che avrebbero voluto e il piccolo medico ne stava approfittando per raccogliere quanti più campioni vegetali era in grado, stipandoli nel suo zainetto.
Ma la soddisfazione professionale della renna non era sufficiente a contrastare l’impazienza di Sanji e, soprattutto, quella di Rufy che stava mettendo a dura prova la pazienza di Nami, che però per amore di Usopp ce la stava mettendo tutta per mettere a tacere i pensieri ostili che si affacciavano alla sua mente ogni volta che il Capitano apriva bocca per lamentarsi della loro lenta andatura.  
La foresta si era mossa già due volte e la paura di dover cambiare ancora direzione e perdere altro tempo prezioso aveva alla fine avuto la meglio sul suo desiderio di uccidere o almeno malmenare Rufy ma, per quanto anche Nami avesse fretta di ritrovare Usopp, doveva ammettere che, tra la giusta direzione da scegliere, la tensione che aleggiava su di loro e il bisogno di ritrovare un po’ di autocontrollo, quella momentanea sosta a cui erano stati costretti era più apprezzata di quanto si sarebbe potuto pensare.
E divertente anche. Molto divertente.
-È un kagu.- confermò Robin, osservando con attenzione il variopinto e sgargiante uccello. -Sono uccelli molto socievoli e non hanno paura degli esseri umani.-
-Beh questo qui dovrebbe.- ringhiò sottovoce Zoro, scuotendo il capo ma il pennuto non sembrava intenzione ad abbandonare la sua testa, su cui si era appollaiato e sembrava voler prendere domicilio.
Il kagu aprì il becco arancione striato di viola e gracchiò, sollevando le penne della cresta che formavano una specie di corona sulla sommità del suo cranio.
-Dice che sembriamo molto simpatici e chiede dove siamo diretti.- tradusse immediatamente Chopper con gli occhioni che brillavano.
-Oh ma che dolce!- commentò immediatamente Robin.
-Anche tu sei Super-simpatico fratello pennuto!-
-Chopper digli di scendere.- ringhiò Zoro, fulminando gli altri due nakama.
-Sanji ho fame!- esclamò Rufy di punto in bianco.
Chopper spostò lo sguardo su Zoro, un po’ stranito dalla sua richiesta. -Zoro, lui capisce benissimo cosa diciamo.- gli fece presente, un po’ preoccupato che il kagu potesse offendersi per ciò che lo spadaccino aveva appena insinuato.
-Ah sì?- domandò il verde, dopo solo un breve istante di stupore. Sollevò lo sguardo in modo da far entrare l’uccello almeno nel margine del proprio campo visivo e poi, cercando invano di mantenere un tono calmo e conciliatore: -Ti spiacerebbe levarti dalla mia testa?-
Per tutta risposta il pennuto si accomodò ancora di più sul cranio di Zoro, l’espressione soddisfatta. Seguì un momento di totale silenzio e immobilità prima che la foresta prendesse a riecheggiare per il gracchiare del kagu e le imprecazioni di Zoro che roteava le braccia a vuoto sopra il capo senza riuscire a colpire il suo sgradito ospite.
-Kami…- Nami sospirò di fronta alla scena, passandosi una mano sul volto. -Stiamo perdendo un sacco di tempo.-
-Chi lo avrebbe mai detto che la testa di verza fosse una calamita per gli uccelli?-
Nami lanciò un’occhiata di striscio a Sanji, trattenendo a stento un sorriso, sebbene smorzato dalla preoccupazione e dalla sorpresa di sentire il cuoco fare una battuta in quella situazione che sembrava stressarlo più che a tutti gli altri, finché Robin non resistette più e sbuffò una risata a labbra chiuse. Fu questione di pochi attimi perché tutti – tranne Rufy a cui ovviamente il doppio senso era sfuggito – scoppiassero a ridere di gusto, Franky sguaiatamente, Chopper in imbarazzo, mentre in sottofondo Zoro, inconsapevole del divertimento dei nakama a spese sue, continuava a litigare e minacciare il povero kagu.
Fu il fruscio improvviso ma perfettamente udibile a zittire Nami. La navigatrice sgranò gli occhi, improvvisamente seria, e un’ondata di terrore la pervase quando capì cosa stava succedendo e perché. –Zoro calmati! La foresta sta cambiando di nuovo morfologia, rischiamo di dover tornare indietro un pezzo!- lo implorò, una volta tanto senza suonare dispotica.
E non che lo spadaccino non si rendesse conto della gravità della situazione. Nami non aveva ancora finito la frase che Zoro si era già immobilizzato e aveva chiuso l’occhio, riuscendo a liberarsi in un istante di tutti i pensieri e le sensazioni ostili vesto quello stupido uccello grazie alle molte ore spese a meditare. Anche il kagu si calmò all’istante, tornando ad appollaiarsi comodo tra le ciocche menta del samurai. Ma il fruscio non accennava a smettere.
-Io sono calmo ora.- avvisò Zoro con voce del tutto priva di emozione, a riprova che davvero di ostilità in quel momento non ne stava provando.
Con il fiato sospeso, Nami si guardò intorno e dopo una decina di secondi socchiuse gli occhi, realizzando lentamente che qualcosa non tornava. -Non si sta muovendo niente.- mormorò.
Era vero, non un solo albero o cespuglio, né vicino né lontano, stava cambiando posizione eppure il fruscio proseguiva imperterrito.
-C’è qualcuno nei paraggi.- mormorò Sanji, cercando di individuare la posizione da cui il fruscio proveniva. -E se fosse…-
Tutti lo avevano pensato, nessuno riuscì a dirlo. O quasi.
-USOPP!!!-
-No aspetta!!!-
Troppo tardi. Rufy scattò come una molla e sparì tra gli alberi, lasciandoli tutti interdetti per una manciata di secondi prima che tutti schizzassero dietro di lui. La situazione non era buona per niente.
-Quell’imbecille! Se era davvero Usopp ora se la starà dando a gambe levate!- imprecò Sanji, schizzando rapido tra gli alberi.
-E se era qualcuno del villaggio potrebbero attaccarlo!- aggiunse Nami, aggiungendo mentalmente che non avrebbe sborsato un solo berry per quell’idiota del suo Capitano se per caso avessero chiesto un riscatto.
-Dici che un rischio concreto, sorella? A me sembra gente pacifica!-
Nami non rispose quando la sua mente finì di registrare un problema ben più impellente. Gli alberi davanti a loro si fecero sempre più fitti, quasi un muro di rami e foglie e se non restavano più che uniti rischiavano di perdersi in tutte le direzioni. Stava già per avvisarli del pericolo quando la voce del medico di bordo risuonò da una posizione non meglio definita, segnando l’inizio della fine.
-Zoro! Non da quella parte!- protestò Chopper per poi correre dietro allo spadaccino pestando il terreno duro con tutti e quattro i suoi zoccoli.
Prima che potesse arginare il pensiero, la mente di Nami corse a Sabaody e un brivido l’attraversò da capo a piedi. -Ragazzi restiamo uniti!!!- urlò fermandosi e voltandosi verso i suoi nakama.
Che non erano più dietro di lei.
-R-ragazzi?- domandò incerta e spaventata.
La sola risposta che ricevette fu il fischio del vento tra le fronde.
 

 
***

 
Il primo pensiero concreto che le attraversò la mente fu che quella posizione era terribilmente scomoda. Nel tipico limbo tra il sonno e la veglia non sapeva dire dove si trovasse esattamente né quando si fosse messa a dormire. Non ricordava cos’avesse fatto prima ma era piuttosto sicura di cosa aveva intenzione di fare ora. Cambiare posizione perché le braccia cominciavano a farle davvero troppo male.
Un verso mugugnante vibrò sulla sua lingua e attraverso le labbra serrate quando fece per muoversi. Se aveva pensato che le braccia le facessero male si rese conto di essersi sbagliata quando un dolore lancinante le attraversò le spalle indolenzite. I nervi del collo tiravano come se la testa, anziché essere appoggiata, scivolasse pesante in avanti sul suo petto, provocandole crampi che si irradiavano fino alle scapole e fino ai polsi, brucianti e accostati l’uno contro l’altro.
Più rapidamente di quando si svegliava di solito ma molto più lentamente di quel che avrebbe voluto, consapevole che qualcosa era fuori posto, riprese sempre più coscienza del proprio corpo e nuovi dettagli si fecero strada nella sua mente annebbiata. La strana posizione delle gambe ripiegate sotto le cosce, la testa effettivamente penzolante con i capelli che le solleticavano il viso e ogni muscolo, nervo, osso e fibra, assolutamente ogni centimetro del suo corpo dolorante. Soprattutto la testa, dove sembra che tutto il suo sangue fosse convogliato e si stesse rimescolando, pulsando e rimbombando nelle sue orecchie.
Qualcosa non andava.
Un moto di panico la attraversò, scuotendola dentro.
No, decisamente qualcosa non andava.
Si mosse di nuovo, stavolta più convulsamente e si rese conto che non poteva distanziare i polsi tra loro, esattamente come non poteva abbassare le braccia. C’era qualcosa che le stava segando la pelle all’altezza dell’ulna, sfregando contro l’osso con quanta più violenza tanta più era la forza che lei ci metteva per cercare di separare i suoi polsi.
Aprì gli occhi di scatto.
Era legata.
Il capo ancora piegato in avanti, finse di essere ancora priva di coscienza  per avere tempo di riordinare i pensieri e provare a capire dove si trovava. L’odore che le pervase le narici era legno ed erba, secco e pulito. Ergo non era vicino alle cascate, né al villaggio ma ancora dentro la foresta.
Non ricordava nulla se non un penetrante dolore alla nuca che aveva troncato a metà una sua risposta a una sciocca battuta di…
-Dex!-
Tutta la sua prudenza andò in fumo quando il pensiero gli attraversò la mente. Sollevò la testa di scatto e fece schizzare gli occhi tutto intorno, registrando vagamente che si trovava in una radura e che non era sola. Ma tra le figure presenti, Dex non c’era e neppure lei sapeva se sentirsi agitata o confortata dalla sua assenza.
-Lui non c’è. Lo abbiamo lasciato andare.-
L’ondata di sollievo la travolse per esattamente il lasso di pochi istanti che le servì per riconoscere la voce che aveva appena parlato. Si girò sconvolta verso la proprietaria della voce, la bocca schiusa per lo stupore.
-E avresti dovuto vedere come se l’è data a gambe! Ho rischiato di sciogliermi davanti a tanta cavalleria!- aggiunse, facendo ridere i suoi compagni.
Rabbia, terrore e confusione si rimescolarono in Lilith ma nessuna delle emozioni riuscì a raggiungere la superfice e avere la meglio sullo shock visibile sul suo viso.
La studiò mentre si avvicinava, come se potesse avere ancora anche il minimo dubbio che fosse proprio lei.
-Rhea?- domandò in un soffio, mentre la ragazza si accovacciava di fronte a lei, così vicina da sfiorarle la fronte con le sue ciocche castane, fissandola con i suoi grandi occhi cioccolato.
La fissò qualche istante senza dire nulla, l’espressione neutra, prima di piegare le carnose labbra in un sorriso sadico e sussurrare: -Ciao sorellina.-  

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Capitolo 14
*** Una piccola promessa ***


Strinse le braccia intorno a Chopper, per proteggerlo contro il proprio petto, mentre il kagu planava con malgrazia e li scaraventava a terra fuori dalla foresta. Cosa esattamente fosse successo, non lo sapeva nemmeno lui.
Erano scattati dietro a Rufy, “quel deficiente di Rufy” precisò il suo cervello, e a un certo punto Chopper si era messo a rincorrere lui urlandogli che aveva sbagliato direzione, il che era chiaramente impossibile visto che lui aveva corso in linea retta per tutto il tempo. Fatto sta che tra l’urlo, il rumore degli zoccoli e la carica della renna, il kagu, già in allerta per l’improvvisa confusione, si era spaventato e alzato in volo, trascinandosi dietro Zoro e Chopper, che si era aggrappato allo spadaccino e aveva avuto poi la prontezza di tornare delle proprie dimensioni.
Per essere abbastanza piccolo da poter stare appollaiato su una testa umana quell’uccello aveva una forza devastante e Zoro ringraziò di avere indossato una delle sue anonime magliette di cotone quel giorno. Se avesse rovinato lo yukata o una camicia, là dove il kagu lo aveva arpionato per portarlo in salvo, la mocciosa non gli avrebbe dato pace per tutto il tempo che le sarebbe servito per rammendare il danno. E gli avrebbe pure aggiunto altri soldi al debito. Meglio così, la maglietta poteva pure buttarla via.
Si passò in automatico una mano sul braccio per verificare che la bandana fosse intatta, mentre Chopper rotolava giù da lui. -Cosa gli è preso?- domandò il medico, osservando il kagu che si era appollaiato su un sasso e li osservava attento.
-Si è spaventato e ha cercato di salvarmi credo.- rispose Zoro, mettendosi in piedi e spazzolandosi i pantaloni. -Ora la rogna sarà ritrovare gli altri. Questa foresta è un labirinto.-
-Forse ci conviene aspettare qui finché Nami non ci viene a riprendere.-
Zoro si guardò intorno e per un attimo soltanto si sorprese di ciò che aveva intorno. Non si era accorto che si trovavano in una radura molto ampia, quasi una valle in mezzo agli alberi, ricoperta di macerie e edifici in pietra mezzi distrutti. Il sito di un vecchio villaggio indigeno probabilmente. Solo in quel momento si rese conto di quanto quel luogo somigliasse all’Upper Yard, una Skypeia in terra, anche se il villaggio di fronte a cui si trovavano era molto più modesto, meno imponente e con uno stile in qualche modo più moderno rispetto alle rovine di Shandora. Nonostante fosse chiaramente abbandonato, la foresta non aveva ancora iniziato la propria azione fagocitante sulla pietra. Qua e là, alla base di massi che spuntavano tra l’erba, dei piccoli cespugli di fiori variopinti, alcuni dei quali di un viola così scuro da sembrare nero, dallo stelo lungo e con forme differenti ondeggiavano lievi nella brezza.     
-Wow.-
Si girò verso il suo piccolo nakama, che osservava lo spettacolo con tanto d’occhi, affascinato dal mixi di verde, grigio e arancio, conferito dalla particolare tinta del legno nirvaniano, e dalla magia che il luogo sembrava emanare. -Robin impazzirà quando lo vedrà.-
Il riferimento alla nakama riscosse Zoro, che si era distratto a osservare lo stupore e il rapimento di Chopper con un sorriso più paterno di quanto avrebbe mai ammesso. Con un moment di difficoltà riuscì a recuperare il filo dei propri pensieri. -L’alternativa è proseguire fino all’altro lato dell’isola, Chopper.- gli disse, indicando il muro vegetale di fronte a loro, in tutto e per tutto identico a quello alle loro spalle. -Se l’isola è concentrica,  come diceva Lil, oltre quest’altra porzione di foresta dovrebbe esserci la spiaggia e Usopp potrebbe essere là.-
Una nuova luce pervase il musetto di Chopper. -Davvero?- domandò, estasiato ed emozionato. -Sarebbe davvero…-
-SUUUUUUUPER!!!-
Come una palla di cannone, Franky balzò fuori dagli alberi appallottolato su se stesso, facendo sollevare i massi dal terreno e terrorizzando il kagu, che stavolta volò via stufo di tutto quel marasma, quando atterrò con un micidiale tonfo prima di ergersi in tutta la sua imponente mole. -Fratelli eccovi!- esclamò felice il cyborg, inconsapevole delle occhiate sconvolte dei suoi due nakama.
-E tu da dove arrivi?-
-Vi ho inseguiti quando vi ho visti volare! Yoh! Ma come avete fatto?! È stata una cosa troppo Suuuuuuuuper!!!-
-Non siamo stati noi, è stato il kagu.- spiegò velocemente Chopper, avanzando verso Franky. -Franky, gli altri stanno bene? Avete scoperto cos’era quel fruscio? Era Usopp?- domandò a mitraglia, senza quasi respirare ma l’espressione del cyborg anticipò la delusione che avrebbe provocato la sua risposta.
-Non lo so fratello Nasoblu. Li ho persi tutti di vista mentre correvamo e poi ho visto voi e vi ho inseguiti.-
-Oh.- mormorò Chopper, abbassando il capino.
-Comunque stavamo pensando di proseguire da soli, attraversare l’altra metà della foresta e raggiungere la spiaggia per fermare Usopp.- prese in mano la situazione Zoro, indicando la foresta che riprendeva il proprio dominio oltre la radura.
Chopper sollevò il capo di scatto.
-L’altra metà?- domandò, improvvisamente agitato.
Zoro lo guardò confuso per un attimo e poi annuì. -Sì, credo. Almeno spero.-. Se non erano nemmeno a metà sarebbe stata molto più dura di quanto avesse temuto. 
-No certo hai ragione. Lil ha detto che l’isola è concentrica e noi siamo più o meno a metà vista l’estensione di questa radura.-
-Esatto.- confermò Zoro. -Essendo così ampia, potrebbe essere il centro dell’isola.-
-Sì ma al centro dell’isola non ci dovrebbe essere il villaggio Chagall?- proseguì Chopper e Zoro capì improvvisamente il perché della sua agitazione.
Un brivido freddo attraversò medico e spadaccino mentre entrambi tornavano a fissare le macerie tra l’erba, vedendo con occhi improvvisamente nuovi quelle che dovevano essere delle rovine di un antico insediamento.
-Non può essere…-
-Qualcuno ha attaccato il villaggio e lo ha distrutto.-
-Sì ma perché?!- protestò Chopper, incredulo e con già i lucciconi agli occhi.
-Perché chiede lui! Perché è stato divertente, mostriciattolo, ecco perché!-
La Wado sguainata per metà, Zoro si voltò di scatto, già furente per l’epiteto che era stato affibbiato a Chopper, e si trovò a fronteggiare un piccolo gruppo di persone, composto da quattro uomini e una donna.
Lei era di carnagione chiarissima, capelli così biondi da sembrare bianchi e occhi di ghiaccio. Lui che aveva parlato aveva i capelli di un castano fulvo, sguardo sadico e una cicatrice sulla guancia che comunque impallidiva di fronte a quella di Zoro. Dietro di loro gli altri tre uomini, uno alto, uno grasso e uno dalla postura incurvata, ridacchiavano della sua affermazione con l’aria di gente che la trovava assolutamente vera. Un fremito scosse i tre Mugiwara.
-Divertente?- domandò Franky, la voce improvvisamente seria e profonda, mentre si scrocchiava le nocche.
-Dove sono gli abitanti del villaggio?- domandò Zoro, mantenendo a stento la calma e avanzando di un passo.
Il tipo fulvo si strinse nelle spalle. -Un po’ qui, un po’ lì.- rispose, indicando la foresta in varie direzioni prima di sorridere di nuovo con sadismo. -Qualcuno anche là sotto, spero.- aggiunse, indicando le macerie di una delle case.
Chopper e Franky scattarono dopo appena un attimo di terrore e si misero a rimuovere i massi con furiosa fretta mentre Zoro rimaneva immobile con gli occhi incollati al nemico, pronto se necessario a sguainare anche le altre due lame. -Allora?- domandò dopo trenta secondi, che a lui erano parsi infiniti.
-Non c’è nessuno, Zoro.- lo avvisò Franky mentre Chopper tirava un sospiro di sollievo per poi lanciare un’occhiata di panico agli altri ammassi di macerie sparsi in giro per la radura.
Erano tantissimi.
-No, in effetti quei guastafeste sono scappati tutti. Ma i miei uomini li stanno inseguendo e circondando. Certo loro credono di essere al sicuro nella loro foresta semovibile ma non appena Makumba avrà finito con il rituale alle cascate trovarli sarà un gioco da ragazzi. Nel frattempo noi abbiamo pensato di recuperare un po’ di tesori, sapete com’è. Vita da pirata.- raccontò il fulvo, indicando con il pollice l’uomo grasso che aveva un sacco strapieno sulle spalle.
Zoro valutò con attenzione la situazione. Il suo istinto gli diceva che qualcosa di estremamente sbagliato stava accadendo ma non poteva non prendere in considerazione di chiuderla con diplomazia, fosse anche per tenere al sicuro Chopper e gli abitanti dell’isola. Se ciò che volevano erano i tesori, allora forse poteva convincerli ad andarsene senza perseguire i nirvaniani. Ma per riuscire nell’impresa doveva mantenere la calma e giocarsela con diplomazia, un’attività in cui non era precisamente un campione.
Ma anche la migliore delle sue intenzioni  fu miseramente spazzata da via dall’improvvisa scheggia che entrò nel suo campo visivo, lanciandosi addosso al fulvo e trascinandolo a terra mentre una voce a lui più famigliare del previsto ruggiva: -YÖRDIJ!!! MALEDETTO BASTARDO!!!-
-Saku!!!-
Zoro si girò di scatto riconoscendo Neena e Pascal che correvano a perdifiato dietro il medico dei Naga Hana, ora a terra, impegnato in un corpo a corpo con il fulvo, che continuava imperterrito a sogghignare e lo ribaltò con una facilità disarmante, aprendogli il sopracciglio. Incurante del pericolo, Chopper si lanciò tra i nemici per medicarlo, mentre Yördij si rimetteva in piedi e allungava le due estremità del bastone sansetsukon con cui lo aveva appena colpito, dai riflessi aranciati, attraversato da venature metalliche. Saku trattenne il fiato furente.
-Eh sì. Legno e metallo di Nirvana. Devastante e resistente al tempo stesso. Rhea è stata molto felice di regalarmelo.-
-Tu…- vibrò Saku mentre Chopper lo raggiungeva. -Fottuto…-
Yördij calò il bastone, aggiustando la traiettoria per colpire in un colpo solo entrambi i medici ma qualcosa si conficcò a metà dell’arma, frenando il suo attacco e affondando in una delle venature di acciaio come fosse burro. Per un attimo la sorpresa balenò sul volto del pirata nemico.
-Eh sì.- gli fece il verso Zoro con un mezzo ghigno. -Lama che taglia anche l’acciaio.-
Un gran trambusto alle sue spalle lo avvisò che i compagni di Yördij avevano estratto le armi e si preparavano a combattere così come anche i suoi nakama e i tre Naga Hana. Yördij afferrò il bastone alle due estremità e tirò verso di sé per staccarlo dalla lama, mentre la ragazza bionda lo raggiungeva e gli posava una mano sulla spalla, guardandolo con aria preoccupata.
-A quanto pare la situazione si sta scaldando e per quanto mi dispiaccia non partecipare, io ho impegni più urgenti da svolgere. Randolph, Fargas, Drest. Li lascio a voi.- ordinò Yördij prima di voltarsi verso la bionda e accarezzarla sotto il labbro inferiore con il pollice. -Noi andiamo Hilde. Signori!- aggiunse alzando la voce. -Milady!- si girò verso Neena e accennò un piccolo inchino, prima di tornare a ghignare. -Con permesso…-
Una sfera di luce avvolse lui e Hilde e un secondo dopo non c’erano più. Zoro sbatté la palpebra incredulo ma la voce di Saku lo riscosse immediatamente.
-Va bene, vediamo di fare fuori questi bastardi prima che vada troppo lontano.- latrò il medico ma Zoro si voltò con calma verso di lui, come se ci fosse tutto il tempo del mondo.
-Saku aspetta. A questi tre ci pensiamo noi.-
Saku lo fulminò da sopra la propria spalla. -Prego?! Questa è casa nostra! Pensi di poter venire qui e dettar legge come se…-
-Non è questo! Quel tipo, quel… Yördij ha detto che gli abitanti del villaggio sono scappati nella foresta ma che gli stanno dando la caccia. E poi ha parlato di un certo Makumba e un rituale alle cascate. Per te ha senso?- chiese e la reazione di Saku fu più eloquente di qualsiasi risposta. Il medico fremette e trattenne il fiato ma era evidente quanto fosse combattuto tra voler restare e lottare e andare a fare qualsiasi cosa fosse in suo potere per mettere in salvo i propri parenti e amici.
E questa volta fu la voce di Neena a venire in loro soccorso. -Saku! Zoro ha ragione! Dobbiamo andare! Dobbiamo proteggerli!- disse determinata, il cerchio rotante ancora in mano. Passarono ancora dieci interminabili secondi prima che Saku si decidesse ad annuire e si muovesse per tornare verso sua sorella senza riuscire a fare molta strada, quando Zoro lo fermò prima che lo superasse.
-State attenti.- mormorò con lo stesso tono con cui avrebbe potuto dare un ordine.
Saku gli lanciò un’occhiata di striscio e scrollò le spalle con falsa noncuranza. -Anche voi.- rispose prima di correre insieme a Neena e Pascal verso la foresta e sparire dopo pochi attimi.
Zoro mosse il collo a destra e a sinistra per scrocchiarlo mentre Franky e Chopper lo affiancavano. Lanciò un’occhiata ai compagni e sogghignò, i muscoli che guizzavano in attesa di scattare e attaccare. -Okay ragazzi. La lista delle cose da fare si  un po’ allungata. Vediamo di finire per cena.-    
 

 


 
Di tutti gli scenari che avrebbe potuto immaginare, ritrovarsi solo nella foresta era decisamente il peggiore. Sanji, semplicemente, non ce la faceva. Sentiva che se fosse successo ancora qualcosa sarebbe esploso.
Troppa la tensione, per metterla a tacere con una sigaretta o con tre. Non sapeva cosa fosse successo ma era piuttosto certo che centrasse con il vizio della foresta di cambiare posizione. Vizio per colpa del quale ora alla preoccupazione per Usopp si aggiungeva anche quella per le sue due dee. Non sapere dove si trovavano Nami-swan e Robin-chwan era un’autentica disgrazia e il cuoco cercò di sfogarsi almeno un po’, tirando un calcio a uno dei resistentissimi e solidissimi tronchi aranciati.   
-Dannazione!-
-Sanji?-
Una melodia per le sue orecchie, pensò di averla solo immaginata. Ma quando si voltò e riconobbe Robin uscire dalla fitta vegetazione, bella come il sole, leggera come l’aria, aggraziata come un ruscello e fiera con il fuoco ma soprattutto illesa, il suo cuore si mise a danzare di gioia.
-Robin-chwaaaan! Stai beeeeene mio angelooooo!- vorticò, troppo sollevato per riuscire a trattenersi.
-Sanji, non abbiamo molto tempo da perdere.- gli ricordò l’archeologa, diretta e dolce al tempo stesso, agitando una mano nell’aria per dissolvere la doccia di cuoricini che la stava innaffiando.
Sanji si immobilizzò, tornando lucido e serio all’istante. Robin aveva ragione. Solo poche ore li separavano dalla marea e non sapevano se poche ore sarebbero bastate per raggiungere l’altro lato dell’isola. Senza contare che se Usopp non si fosse trovato lì, avrebbero dovuto setacciare tutto il resto di Nirvana.
-Dobbiamo darci una mossa.- convenne con lei, annuendo deciso.
-Se Nami fosse qui sarebbe più semplice, ma so da che parte siamo arrivati.- considerò Robin guardandosi intorno con attenzione. -Se proseguiamo in questa direzione dovremmo raggiungere in fretta il centro dell’isola e potremmo avere anche una chance di ritrovare gli altri.- spiegò.
-Sono nelle tue mani, Robin-ch…- cominciò Sanji ma un rumore soffocato proveniente da dietro un gruppo di cespugli lo interruppe. Si girò verso Robin ed ebbe conferma che non lo aveva sentito solo lui. Sembrava un mugugno ma non poteva dirlo con assoluta cert…
Il verso si levò di nuovo e questa volta non ebbe più dubbi.
-Sembra un lamento.- affermò Robin, in allerta.
-Rimani dietro di me.- le disse Sanji, avviandosi deciso verso i cespugli con Robin alle calcagna.
Prese un tiro dalla sigaretta prima di superare il gruppo di cespugli, preparato a difendere Robin se necessario ma con la brutta sensazione che ciò che lo aspettava gli avrebbe fatto desiderare di essere con Chopper. E per la prima volta da quella mattina, sperò che non si trattasse di Usopp.
E per quanto le sue preghiere fossero state ascoltate, non gli diede poi molto sollievo ciò che vide e di sicuro non poteva dire di esserselo aspettato.
-Dex!- esclamò, precipitandosi insieme a Robin verso il ragazzo, disteso carponi tra l’erba e intento a lamentarsi mugugnando, in un comatoso stato a metà tra il sonno e la veglia.
-Dex.- lo chiamò piano Robin, accovacciandosi al suo fianco e posando delicata un palmo sul suo collo. Il battito era regolare e i suoi capelli non erano macchiati di rosso. Se qualcuno lo aveva colpito non lo aveva comunque ferito gravemente.
Lo osservò socchiudere gli occhi a fatica, lo sguardo vacuo, e sbattere in fretta le palpebre per spannarli e metterla a fuoco. -R-Robin?- chiese in un soffio, tornando lentamente in sé per il sollievo di cuoco e archeologa. Fece leva sulle mani per tirarsi su e Sanji non perse tempo ad aiutarlo mentre si sedeva tra l’erba, tenendosi una mano sulla nuca. -Cos’è successo?- domandò, ancora un po’ rintronato.
-Non ne abbiamo idea.- rispose Sanji, accendendo un’altra sigaretta. -Noi ci siamo persi e siamo rimasti separati dagli altri e poi ti abbiamo sentito che ti lamentavi e ti abbiamo trovato qui svenuto.-    
-Svenut…- fece per ripetere, ancora confuso, ma si interruppe quando il ricordo di quel che era successo lo innaffiò come una doccia fredda. -Lil.- soffiò tra il terrorizzato e lo sconvolto, schizzando in piedi come se non avesse ricevuto da poco una botta in testa. Il respiro affannato e il fuoco negli occhi, Dex studiò l’ambiente intorno a sé mentre anche Sanji e Robin si rimettevano in piedi. -Quei bastardi mi hanno portato via dalla radura dopo avermi tramortito.- ringhiò quasi il navigatore dei Naga Hana.
-Dex che succede?- domandò Sanji, indagatore.
-Hanno preso Lil! Devo tornare indietro! Devo salvarla!- esclamò il ragazzo. Fece per allontanarsi senza aggiungere ulteriori spiegazioni ma una mano sulla spalla lo bloccò e lo risospinse all’indietro. -Lasciami Sanji!- protestò, dimenandosi nella ferrea presa del cuoco che lo aveva inchiodato al tronco di un albero. Era furibondo come mai avrebbe potuto immaginare di vedere un tipo solare come Dex, tanto che il suo sguardo ricordava quasi quello di Zoro quando s’indemoniava.
-Ora calmati!- lo ammonì deciso. -Risparmia questa furia per dopo. Voglio sapere tutto. Chi ha preso la bella Lilith-chan e perché. Prima parli prima ti lascio andare.-
Dex sostenne ancora il suo sguardo e fece un ultimo inutile tentativo di liberarsi per poi arrendersi e soffiare con rabbia dal naso.
-Rhea. Lei ha preso Lilith. Ci ha teso un’imboscata e ci ha tramortiti e poi mi ha fatto portare qui. Sicuramente per farla sentire abbandonata, la maledetta.- sibilò tra i denti l’ultima frase, con una rabbia e una sofferenza lancinanti. Non poteva credere che fosse davvero successo, di avere permesso che succedesse, di non essere riuscito a difenderla.
Dannazione!
-Chi è Rhea?- domandò Robin.
Dex si girò a guardarla. -Rhea è la sorella di Lilith.-
Robin e Sanji sgranarono gli occhi sorpresi.
-Che cosa?-
-Un’altra sorella?!-
Dex annuì. -Rhea è la primogenita dei genitori di Lil, Saku e Neena. In realtà ha solo un anno di differenza con Saku e Neena. Come potete immaginare da voi non è in buoni rapporti con la famiglia ma per Lilith ha un odio viscerale. Non ha mai tollerato che i suoi avessero adottato una bambina dal sangue sporco come il suo.- macinò a fatica le parole.
Ricordava ancora alla perfezione il giorno in cui Lilith si era sfogata con lui e gli aveva raccontato tutto. Era stato terribile e bellissimo al tempo stesso. Terribile vederla piangere, bellissimo sapere che si fidava così tanto di lui.
-È una questione di razza?- chiese Robin, il tono improvvisamente monocorde.
-No. È per via della sua malattia.-
-Quale malattia?- fu il turno di Sanji di domandare.
-Non so come si chiama. È una cosa del sangue, le provoca delle macchie bianche sul corpo se non prende la sua medicina ma la tiene sotto controllo con il Devil Penstemon. È un fiore che cresce qui su Nirvana.- spiegò. -Comunque. Qualche anno fa Lilith fu scelta per prendere in carico e conservare un oggetto considerato molto prezioso per Nirvana. La gente di qui dice che è un oggetto da cui dipende l’equilibrio di tutto il mondo e solo un cuore puro è degno di conservarlo. Quel giorno Rhea fuggì da Nirvana. Tutti pensarono che fosse solo un atto di protesta ma quando la raggiunsero su un’isola qui vicino...- Dex si fermò un istante per prendere fiato. -Rhea aveva conosciuto un pirata, Yördij, e lo frequentava da mesi ormai. Gli aveva promesso quell’oggetto non appena glielo avessero affidato. Era certa che sarebbe stata scelta lei. Quando la raggiunsero per riportarla su Nirvana, Rhea aggredì suo padre e Saku, urlando che li rinnegava, che rinnegava il suo sangue e il suo nome, che si vergognava di venire associata a una lurida appestata come Lilith. Lil era presente, assistette a tutto. E Rhea cercò di ucciderla e rubarle il medaglione.-
-Quindi l’oggetto è un medaglione?- non riuscì a impedirsi di chiedere Robin.
Dex annuì di nuovo. -L’anno dopo, Lilith decise di mettersi in viaggio. Aveva sempre sognato di lasciare l’isola per il mare aperto e Saku e Neena erano più che felici di accompagnarla nell’avventura. Scelsero di diventare pirati, scelsero la libertà assoluta. Ma per Rhea fu l’ennesimo smacco. La visse come l’ennesima sfida di una sorella che non aveva mai voluto. La andò a cercare, la venne a cercare per tre volte. Prima che io mi unissi a loro, dopo che mi ero unito a loro. E ora è venuta a cercarla per la terza volta. Ma se ha osato rimettere piede su Nirvana significa che è sicura di quello che fa! Sa come estorcere a Lil le informazioni di cui ha bisogno per trovare il medaglione! Rhea sa come torturare una persona, non c’è un minuto da perdere!-
Robin si accigliò, colpita da una delle frasi di Dex. -Trovare il medaglione? Lilith non lo porta con sé?-
-Non più.-
-E si trova qui su Nirvana?- s’informò Sanji.
-Sì.-
-Dobbiamo andare.- affermò il cuoco, lasciando finalmente andare Dex.
Sanji e Robin si scambiarono un’occhiata e si mossero simultaneamente nella direzione verso cui Dex aveva cercato di correre poco prima. Il navigatore li fissò senza parole, ancora fermo contro il tronco.
-Che state facendo?- chiese, incredulo.
Sanji gli lanciò un’occhiata da sopra la propria spalla. -A te cosa sembra? Andiamo a salvare Lilith-chan.-
-Ma… ma…- boccheggiò Dex, spostando gli occhi da uno all’altro. -E Usopp? Se dovesse ripartire…-
-Lo ritroveremo più avanti. I nostri nakama comunque sono in altre zone dell’isola al momento, con un pizzico di fortuna lo incontreranno loro. E comunque, Naga Hana-kun sa sempre come cavarsela, vorrà dire che male che vada dovremo ritardare di qualche giorno la nostra riunione.- mormorò Robin con tranquillità.
Sollievo, profonda gratitudine e una punta di commozione lo investirono, tutto insieme. Nonostante la situazione critica in cui versavano concesse al suo cuore di battere per un attimo con gioia. Alla fine, nonostante il comportamento egoista che aveva ostentato, Lilith non aveva perso l’affetto dei Mugiwara. Nessuno di loro lo aveva perso.
E come il pensiero gli attraversò la mente, il cuore gli sprofondò nello stomaco.
Aveva creduto di essere in una situazione di estrema emergenza, di non avere tempo e non avere altra scelta. Ma ora le carte in tavola erano cambiate e non aveva motivo di non chiedere, di non prendere quella piccola eppure gigantesca precauzione.
-Aspettate.- li richiamò di nuovo, più serio che mai. Stavolta, Robin e Sanji ruotarono di centottanta gradi verso di lui, chiaramente impazienti ma colpiti dal suo tono e dalla sua espressione grave.
-Qualcos’altro non va?-
-Vi ho detto che Rhea sa come torturare una persona e come individuare i suoi punti deboli.- prese un profondo respiro. -Lil è il mio. La amo. E darei la vita per lei. Pensavo di non avere alternative, di essere l’unico in grado di andare a salvarla ma se ci siete voi due allora…- fece una breve pausa. -Se Rhea dovesse avere la meglio su di noi e farci prigionieri, userà Lilith per farmi parlare. La torturerà davanti a me per farsi dire dove si trova il medaglione. E io glielo dirò. So già che andrà a finire così. Ma se Rhea scoprisse dove si trova il medaglione per Lilith sarebbe peggio che morire e questa sarebbe solo una delle conseguenze. Non posso permettere che accada ma non so come impedirlo perciò… perciò voi mi dovete promettere… Se Rhea dovesse provare a usare Lil contro di me…- Dex li guardò dritti in viso, più determinato che mai. -Dovete promettere di uccidermi.-  
                




 
Angolo autrice: 
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Capitolo 15
*** Due piccioni con una fava ***


Nella maggior parte dei casi, Nami era felice di rivedere Rufy perché, quando non poteva tenerlo d’occhio, era terrorizzata dai danni che il Capitano avrebbe potuto provocare.
In più rare occasioni, la sua felicità era stata dettata da un reale senso di nostalgia a causa di una separazione più o meno prolungata, come a Sabaody, dove il suo cuore era tornato integro poco per volta, man mano che aveva potuto riabbracciare tutti i suoi nakama.
E solo ad Arlong Park era stato autentico sollievo, limpida speranza, pura consapevolezza che ora che Rufy era lì tutto sarebbe andato per il verso giusto.
Solo ad Arlong Park almeno fino a quel momento. Anche se la limpida speranza e la pura consapevolezza che ora che Rufy era lì tutto sarebbe andato per il verso giusto mancavano, Nami non poteva negare di sentirsi autenticamente sollevata di aver ritrovato il Capitano, foss’anche solo perché non era più sola, nel bel mezzo di una foresta labirinto, dove persino il suo senso dell’orientamento era utile più o meno come il naso di Franky in battaglia.
Che fine avessero fatto gli altri restava un mistero e Nami si augurò vivamente che Zoro non fosse scivolato in qualche pozzo sotterraneo o roba del genere. Così come restava un mistero cosa o chi avesse provocato quel fruscio che li aveva fatti scattare.
Rufy le era andato incontro scarmigliato e imbronciato, annunciando che Usopp non si vedeva da nessuna parte e che aveva fame, cosa che, tra l’altro, si stava premurando di ricordarle a intervalli regolari.
-Nami!-
Un vena prese a pulsare sulla fronte della navigatrice, che chiuse gli occhi e si affrettò a ripetersi mentalmente tutti i motivi per cui doveva astenersi dall’ucciderlo. -Hai fame! Sì Rufy, lo so!- lo precedette, esasperata.
-No! Cioè sì, ho fame ma ho anche sete e questo sembra rumore di acqua!-
Nami si immobilizzò, mettendosi in ascolto. Era vero, giungeva ovattato dalla folta vegetazione che avevano intorno ma quello era innegabilmente uno scroscio d’acqua, anche bello potente e neanche tanto lontano. E ora che ci faceva caso si sentiva assetata anche lei e avrebbe bevuto volentieri una rigenerante sorsata.
-Andiamo Rufy.- gli disse, deviando dalla traiettoria che aveva approssimativamente individuato, sperando vivamente che la foresta non facesse scherzi e cambiasse ancora morfologia mentre loro si concedevano quel breve intervallo.
Fu solo in quel momento, mentre camminava guidata dallo sciabordio, che Nami si rese conto che qualcosa non tornava. Era vero, e Lilith li aveva messi ben in guardia, che i pensieri ostili spingevano la foresta a far perdere nei propri meandri i viaggiatori. Ma Lilith aveva anche detto che le intenzioni nobili spingevano la foresta a semplificare la strada e mostrare il cammino. Eppure da quando vi si erano addentrati, con in testa il solo pensiero di ritrovare Usopp, la foresta non aveva collaborato per niente, anzi aveva solo complicato le cose.
Inizialmente, Nami aveva dato la colpa a se stessa, a causa del rancore che provava nei confronti di Lilith, ma già da un pezzo ormai il suo chiodo fisso era tornato solo e soltanto Usopp e il suo ritrovamento a cui ora si aggiungeva un ardente e, stranamente per lei, disinteressato desiderio di recuperare anche tutti gli altri suoi nakama, sparpagliati in giro per l’isola.
Quindi perché la foresta si stava dimostrando così ostile verso di loro? Cosa stava succedendo?
Smise di pensarci quando lo scroscio si fece più intenso e vicino, il bisogno di bere più impellente di qualsiasi altra cosa. Scostò una grossa foglia sul cammino e una piccola oasi si parò davanti ai suoi grandi occhi caramello. Nami rimase imbambolata, colpita dalla bellezza del luogo, che aveva un che di magico, quasi sacro avrebbe osato dire.
Una struttura rocciosa su tre piani, erosa dall’acqua e dal tempo, affondava le proprie fondamenta nell’ampio e limpido bacino che occupava quasi tutta la radura, costantemente rigenerata dalla scrosciante che cascata che si riversava viva e potente, serpeggiando in polle e ruscelli più piccoli tra le insenature della pietra marrone, rendendola rigogliosa qua e là con qualche cespuglio verde e brillante. Alberi esotici crescevano vicino alla riva, a un soffio dal trasparente specchio liquido, creando zone d’ombra dove potersi riparare dal sole cocente del primo pomeriggio senza rinunciare a un fresco bagno.
Sembrava un piccolo paradiso in terra.
-È stupendo.- mormorò la navigatrice.
-Tu trovi?-
Nami si girò di scatto verso Rufy, indignata e già pronta a rimproverarlo per la sua poca sensibilità estetica, ma le bastò un’occhiata per notare che Rufy non stava osservando il panorama in generale, bensì un ben preciso punto di fronte a sé e proprio in quel momento una eco trasportata dall’acqua e dal vento raggiunse le loro orecchie. Nami tornò a voltarsi verso l’oasi e sgranò gli occhi perplessi mentre, simultaneamente, si accovacciava tra le grandi foglie e obbligava Rufy a fare altrettanto, guidata dall’istinto. Osservò la figura saltellante in mezzo alla sorgente, carnagione scura, una massa di capelli mori, incolti e gonfi, il viso dipinto e una tunica rosso sangue con il bordo fradicio. In mano teneva un bastone e pareva impazzito nel suo ballonzolare senza sosta, che, insieme ai versi assurdi che emetteva, lo rendeva molto simile a un babbuino. Spruzzi d’acqua si sollevavano violenti a ogni suo rimbalzo, tanto che Nami non riusciva a spiegarsi come avesse potuto non notarlo immediatamente.
-Non mi riferivo a lui chiaramente.- sentì il bisogno di precisare, nonostante si trovasse con Rufy, che sicuramente si era già dimenticata del suo commento di poco prima.
C’era qualcosa di strano in quel tizio, considerò Nami, al di là della strana danza in cui si stava esibendo e degli urletti che lanciava. Socchiuse gli occhi indagatrice e lo stomaco le fece una capriola prima che il cervello le ricordasse che non era una mutazione genetica di alcun tipo il fatto che quella specie di santone avesse due avambracci in più.
-È un braccialunghe…- mormorò la rossa, non sapeva nemmeno lei per il beneficio di chi.
Rufy, manco a dirlo e per lo stupore di nessuno, non la stava assolutamente ascoltando ma fissava contrariato lo strano soggetto, più vicino a un primate che a un uomo, con i pugni stretti e il corpo scosso da lievi tremiti.
-Rufy che ti prende?- domandò preoccupata la cartografa.
-Sta facendo qualcosa alla fonte.- sussurrò il moro, non perché si stesse preoccupando di non farsi scoprire ma semplicemente perché la rabbia gli aveva ridotto la voce a un sibilo.
Perplessa, Nami si voltò di nuovo e per la seconda volta rimase colpita dalla capacità di osservazione che a volte il Capitano dimostrava. Al centro dell’immaginario cerchio intorno a cui il braccialunghe stava saltellando aveva cominciato a sollevarsi una sottile foschia, come se l’acqua stesse evaporando, formando una sottile coltre incrostata di gocce di rugiada, che in breve tempo si sollevò e cominciò a compattarsi fino a tornare liquida e trasparente, fluttuando a mezz’aria senza una forma ben definita. Con orrore, Nami si rese conto che più l’irregolare sfera s’ingrossava più la potenza della cascata diminuiva e che gli alberi alle loro spalle avevano preso ad agitarsi, provocando fruscii identici a quello che li aveva fatti scattare.
Rufy aveva ragione, quel tizio stava facendo qualcosa alla fonte. E quale che fosse il suo obbiettivo, non era niente di rassicurante e non sembrava affatto qualcosa che facesse bene all’isola o con cui l’isola fosse d’accordo a giudicare dal gran fracasso che ora la foresta stava emettendo. Sembrava che si fosse scatenato un forte vento e Nami rabbrividì di stupore e una punta di inquietudine quando notò che quel rumore ricordava un miscuglio di voci in protesta.
Nami sentì la rabbia crescere in sé proprio come in Rufy. Dovevano fare qualcosa, salvare la foresta e l’isola, fermare quello strano soggetto, decise con determinazione. Ovviamente con prudenza e correndo il minor numero di rischi possibile.
-Ehi tu!-
Nami strabuzzò gli occhi quando vide Rufy due metri fuori dalla foresta, le gambe divaricate, le mani sui fianchi e, lo sapeva dal tono che aveva usato, il fuoco negli occhi. -Rufy!- lo richiamò agitata e sottovoce. -Che fai? Non abbiamo nemmeno un piano!- 
Ma ormai era troppo tardi, il braccialunghe si era immobilizzato e guardava in direzione di Rufy, perplesso.
-Cosa stai facendo alla fonte?-
Il braccialunghe piegò il capo di lato e schiuse le labbra in un sorriso ben poco rassicurante, rivelando parecchi denti mancanti. Nami trattene a stento un gemito e si insultò mentalmente.
Avrebbe dovuto saperlo che solo un’imbecille si sarebbe sentita sollevata per aver ritrovato Rufy in una situazione del genere.
 

***

 
-Ciao sorellina.-
La foschia in cui il suo cervello era stato avvolto fino a quel momento si diradò all’istante. Non stava sognando né stava avendo un’allucinazione causata dalla botta in testa. Quella era davvero Rhea ed era davvero lì, di fronte a lei. E questo spiegava fin troppo bene perché fosse legata come un salame.  
Ma le ragioni addotte da sua sorella per giustificare l’assenza di Dex non le suonavano per niente credibile. Rhea era sadica e Lilith l’aveva vista all’opera più volte di quanto le sarebbe piaciuto ammettere, sin dall’infanzia. Sapeva come lavorava la sua testa, conosceva bene le sue tecniche e aveva paura che Rhea stesse giocando come un gatto con la propria preda, prima di darle il colpo di grazia mostrandole il corpo inerme di Dex, pestato a sangue fino a ridurlo in fin di vita.
Il panico le attanagliò lo stomaco e si fece largo sul suo volto, cancellando lo shock dai suoi occhi e dalle sue labbra.
La bocca di Rhea si stirò ancora di più, con tangibile soddisfazione. -Cosa succede piccola Lil?! Ti senti spaventata?! Abbandonata?!- domandò con finta dolcezza.   
Erano bastati quei pochi secondi e riattivarle il cervello e ritrovare l’istinto di conservazione. Era una brava osservatrice, Lilith, nonché empatica. E conosceva bene sua sorella che si era appena tirata la zappa sui piedi con quell’unica, innocente parola.
Abbandonata.
Voleva che si sentisse abbandonata.
Non garantiva che Dex fosse in salvo ma era più facile aggrapparsi alla speranza che Rhea lo avesse solo fatto portare via per isolarla. La morsa si allentò un po’ senza che Lilith lo desse a vedere. Se voleva volgere la situazione a proprio favore, almeno provarci, doveva innanzitutto stare al suo gioco. Continuò a guardarsi attorno, con meno frenesia per captare più dettagli, continuò a respirare grosso, attenta a non sprecare però prezioso ossigeno, si aggrappò alle funi che le legavano i polsi, simulando tensione ma con il reale intento di diminuire la pressione sulle spalle e salvaguardare la propria forma fisica per quanto possibile, in vista di un eventuale scontro.
E di certo non avrebbe rinunciato a capire. -Cosa fai qui? Cosa vuoi?-
Rhea, che si era rimessa dritta e stava camminando avanti e indietro di fronte a lei, come una leonessa davanti a una gazzella ferita, si immobilizzò, guardandola con occhi socchiusi. -Lo sai benissimo.-  
-Intendo dire a Nirvana!- precisò, fingendosi agitata. -Perdi il tuo tempo! Non l’ho con me e non è sull’isola! Non ci vorrà molto perché ci trovino e ti catturino Rhea!-
Rhea sgranò gli occhi e portò una mano al petto con commozione. -Ti preoccupi per me? Oh Lil, sei una sorella così dolce. È un vero peccato che io non possa fare a meno di odiarti.- commentò con tono svenevole e drammatico prima di tornare a sorridere. -Ma puoi stare tranquilla. Non verrà nessuno, ci ha pensato Drest.-  
Lilith sgranò gli occhi, gesto di panico che ora la giovane nirvaniana provava di nuovo senza sconti mentre lentamente i pezzi andavano al loro posto nella sua testa. -Siete stati voi a colpire la Fenix!-
-Centro!- applaudì Rhea, facendo ridacchiare rochi gli uomini che erano con lei. -È stato così divertente dare fuoco a quella vecchia bagnarola!-
In un moto di rabbia, Lilith strattonò le funi in un assurdo e vano tentativo di spezzarle. -Perché?!?-
-Perché?- Rhea finse di pensarci, posando il polpastrello dell’indice sul mento. -Perché abbiamo visto che vi trainava un’altra nave e quindi eravamo certi che avreste comunque raggiunto Nirvana e assistito al totale devasto del villaggio perciò perché rinunciare a torturarvi un altro po’?-
La presa di Lilith sulla fune aumentò al punto che la corda penetrò nella carne del suo palmo, abradendolo. -Li hai sterminati?- domandò in un soffio che suonò molto più disperato di quel che avrebbe voluto. In realtà la domanda in sé suonava disperata ma Lilith non poteva farci niente. Doveva sapere.
Rhea fece schioccare la lingua. -Nah. Sarebbe stato troppo semplice, troppo banale, troppo noioso. E se fossero già tutti morti, cosa potrei usare per farti impazzire? E, soprattutto, chi mi dice che io non possa minacciare di uccidere te per estorcere a uno di loro ciò che tanto disperatamente voglio sapere?-
Lilith serrò le labbra, atterrita all’idea di dove assistere alla morte di qualcuno dei suoi cari o all’idea che Rhea venisse a conoscenza dell’ubicazione del medaglione. -Te l’ho già detto, perdi il tuo tempo. Non è più qui e nessuno ti dirà dove si trova.-
Rhea camminò verso di lei e si accovacciò di nuovo alla sua altezza. -Sei sicura? Neppure uno dei tuoi compagni non nirvaniani?-
Il cuore di Lilith le sprofondò nello stomaco a quelle parole. Neena e Saku così come qualsiasi altro nirvaniano conoscevano l’importanza e la sacralità del medaglione e anche loro sarebbero morti pur di proteggerlo. Ma se si parlava di Dex e Pascal, il discorso era diverso. Erano estranei alla cultura dell’isola, conosciuta solo a spizzichi e bocconi e, come Capitano, l’idea di far assistere i suoi uomini alla sua tortura e morte in nome di qualcosa che per loro non aveva alcun significato era per Lilith una tortura di per sé.
-Ehi calma! Non ti agitare. Questa è soltanto l’ultima delle mie opzioni.- la rassicurò con tono materno Rhea. -Ho intenzione di uccidere tutti gli altri e bruciare ogni singolo albero dell’isola prima di passare alle maniere forti.-
-La foresta non te lo permetterà!- le urlò in faccia Lilith, incapace di contenersi oltre.
-La foresta non è riuscita a impedirci di trovare il villaggio.-
-Ma non verrà mai meno al suo dovere di proteggere e preservare la vita di coloro che vivono in simbiosi con lei e la amano!-
Rhea sbuffò una risata. -Quando Makumba avrà finito di estrarre l’anima dell’isola dalla Sorgente, non ci sarà più niente che queste stupide piante potranno fare.-
Una scarica attraversò Lilith e per un attimo tutto vorticò intorno a lei. Non era possibile, non poteva essere vero. Stava bluffando, era per forza così, era…
Un lamento lontano, come se un potente vento stesse scuotendo le chiome degli alberi in un’altra porzione dell’isola, interruppe il flusso caotico dei suoi pensieri. I suoi occhi si fecero grandi come fondi di bottiglia e sentì la speranza affievolirsi, per lasciare il posto a una furiosa disperazione.
La foresta era agitata, stava protestando, stava chiamando aiuto. Qualcuno stava davvero rubando l’anima dalla Sorgente e la giovane nirvaniana perse il lume della ragione. -TU! MALEDETTA PUTTANA!-
Uno schiocco risuonò nella radura e per un attimo Lilith pensò si fosse trattato del proprio collo, che le doleva per l’improvviso e forzato cambio di posizione. Poi un calore si irradiò su tutta la sua guancia sinistra e la sua lingua assaggiò il sapore del sangue, il suo sangue che sgorgava da un taglio al labbro inferiore, tanto era stato forte lo schiaffo che Rhea le aveva dato, con la mano carica di anelli per ferire di più. Non fece in tempo a realizzarlo che subito le mani di sua sorella le circondarono il viso minuto, obbligandola con delicatezza a riportarlo dritto.
Provò inutilmente a sottrarsi al suo tocco quando Rhea le riavviò i capelli che le erano ricaduti davanti al viso con una mano mentre con l’altra le asciugava il rivolo di sangue che le stava colando sul mento. -Shhh, shhh. Tranquilla.- mormorò continuando ad accarezzarla, nonostante i tentativi di Lilith di divincolarsi da lei. -Mi spiace, ho dovuto colpirti. Ma se starai buona non accadrà più, davvero.- continuò Rhea, imperterrita. La rabbia montò dentro a Lilith come le lacrime nei suoi occhi.
-Lasciami.- vibrò a denti stretti, frustrata e impotente.
-Te lo prometto. Non ho alcun interesse a colpirti.- continuò a passare i polpastrelli sulle sue guance. -Voglio che tu sia perfetta quando comincerò la mia opera di distruzione. Voglio che ti vedano trasformarti lentamente in una maschera di dolore e carne maciullata. Vogl…-   
Un fischio e un tonfo ravvicinati spezzarono il sadico discorso di Rhea che si portò una mano alla nuca quando qualcosa la colpì. Scattò in piedi e si voltò e proprio in quel momento un secondo fischio tagliò l’aria e qualcosa passò a un soffio dal suo viso. Con crescente incredulità, Rhea osservò la fune che teneva Lilith legata all’albero spezzarsi, come se qualcosa l’avesse recisa di netto e ci mise tre secondi di troppo a realizzare che non le aveva tolto la frusta. Quando si gettò verso di lei per disarmarla, una sferzata di pelle la raggiunse in pieno viso, aprendole un taglio sulla guancia e facendola indietreggiare. Nonostante le mani ancora legate insieme, la precisione e la forza che Lilith riusciva a imprimere alla propria arma erano, come sempre, magistrali.
Ma le sarebbe servito a poco in uno scontro impari come quello.
-Come ti sei permessa?- sibilò indignata Rhea, avanzando, mentre gli uomini che erano con lei cominciavano a impugnare le proprie armi e ad avvicinarsi. Lilith sollevò la frusta, pronta a colpire di nuovo. -MI HAI SFREGIATA, LURIDA…-
Un terzo fischio e un secondo taglio si aprì sulla guancia di Rhea, poco sopra a quello che le aveva appena procurato Lilith.
-Se l’avessi lasciata andare quando te l’ha chiesto…- una voce si levò dalla sommità di uno degli alberi, impossibile dire quale e Lilith trattenne il fiato, incredula. -…Non sarebbe successo.-
Un tonfo alle proprie spalle e Lilith si girò di scatto, pur sapendo già ciò che avrebbe visto. Non per questo il cuore le si scaldò meno.
-Usopp…- mormorò, un soffio inudibile e pieno di gioia e sollievo e gratitudine.
Gambe divaricate in posa trionfale, una mano sul fianco, l’altra a stringere la sua kabuto e un sorriso insolente sul volto. Lilith non lo aveva mai visto così imponente e rassicurante. Ma sicuramente doveva essere per la situazione un po’ balorda in cui si trovava senza contare che il tremito alle gambe rovinava l’insieme.
Poi un pensiero l’attraversò e Lilith tornò di nuovo pienamente in sé, sgranando gli occhi con urgenza. -Devi andartene subito!- gli disse, ricordando le parole di Rhea. Se sua sorella avesse capito che teneva a quel ragazzo non avrebbe perso tempo a usarlo come prima cavia per estorcerle dove si trovava il medaglione. Sperare che torturasse lei e provasse a scoprirlo da Usopp era un’utopia.
Non sapeva chi fosse Usopp e non avrebbe rischiato di ucciderla senza la certezza di avere di fronte qualcuno che conoscesse tutto ciò che le interessava. Ma, a differenza di quel che si sarebbe aspettata, Usopp non rispose “come vuoi” per poi darsela a gambe, a posto con la propria coscienza per averla quanto meno liberata. Contro ogni pronostico, Usopp sollevò un sopracciglio e storse le labbra in un’espressione quasi scocciata. -Tu mi hai cacciato dalla ciurma.- le disse, prendendola in contropiede.
-Cosa…- fece per chiedere Lilith.
-Chi ti credi di essere per dare ordini al g-grande Capitano Usopp?-
Il sollievo la innaffiò come una doccia calda dopo una lunga giornata al freddo. Usopp non l’avrebbe lasciata sola e, per quanto fosse in pensiero per l’incolumità di entrambi, doveva ammettere che così Rhea e i suoi uomini facevano meno paura. Anche se, certo, non è che essere in due fosse poi tutto questo vantaggio.
-Beh questo è la classica situazione in cui si può affermare di aver preso due piccioni con una fava.- una nuova voce ancora risuonò nella piccola radura e tutti si voltarono verso il lato opposto rispetto a dove si trovavano Lilith e Usopp. Sorpresi, i due ragazzi osservarono tre figure famigliari emergere dalla folta vegetazione, una con l’inferno negli occhi, una che fumava come se niente fosse e una che sorrideva eterea. -A quanto pare abbiamo trovato sia Lilith che Usopp, Sanji-kun.-

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