Jeremiah Pavus. Le ombre del passato.

di JeremyGender
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La conferenza ***
Capitolo 2: *** Magie Babbane ***
Capitolo 3: *** Le Sorelle Deti ***
Capitolo 4: *** Moleste presentazioni ***
Capitolo 5: *** Limonate e Legilimanzia ***
Capitolo 6: *** Tristi ricordi ***
Capitolo 7: *** Visite a Sorpresa ***
Capitolo 8: *** Semplicemente... Schifo ***
Capitolo 9: *** Belladonna ***
Capitolo 10: *** Kairawan ***
Capitolo 11: *** Il Cucciolotto dell'Emiro ***
Capitolo 12: *** L'Aula Magna ***
Capitolo 13: *** Parmelia Ghiar ***
Capitolo 14: *** Sogni e Visioni ***
Capitolo 15: *** Biscotti e Schegge ***
Capitolo 16: *** Famiglia e Protezione ***
Capitolo 17: *** Ritorno a Kairawan ***
Capitolo 18: *** Sospetti ***
Capitolo 19: *** Vecchi Rancori ***
Capitolo 20: *** Perigoria Antica ***
Capitolo 21: *** Le Sorenze ***
Capitolo 22: *** Verità ***
Capitolo 23: *** Confessioni ***
Capitolo 24: *** Gratificazioni ***



Capitolo 1
*** La conferenza ***


Tu ami gli ippocampi! Tu ami gli ippocampi!
Era questo il mantra che continuavo a ripetermi mentre mi levavo di dosso la viscida sostanza verdognola che mi ricopriva.
Nota positiva: Si era schiuso un uovo, il piccolo tadfoal stava bene, era stato accolto dalla madre e dalla mandria e presto dei giornalisti e un membro del Ministero della Magia, sarebbero venuti a farmi visita per complimentarsi e intervistarmi.
Nota negativa: anche volendo con quest'odore addosso non avrei avuto rapporti sessuali per almeno una settimana.
Il mio nome è Jeremiah Pavus, sono il neo guardiano del Villaggio Ippocampo, riserva naturale che si estende per più di 3000 miglia tra mare e terra e che ospita, oltre alla colonia spontanea più grande d'Italia di ippocampi, creature con testa e zampe anteriori da cavallo e coda da pesce, anche altre creature tra cui i pesci colibrì e i cigni del libeccio e oggi per me e per la riserva è un giorno speciale, la schiusa di un uovo di ippocampo e la nascita di un tadfoal sono un evento assai raro.
Da quando il mio bisnonno, Gregorio Deti, ha iniziare a proteggere la riserva nel 1894 si contano solo 7 nascite!
Esco dalla doccia e scelgo cosa indossare per la conferenza stampa di presentazione del cucciolo, opto per jeans e camicia bianca, mi spruzzo il profumo, do un'ultima occhiata ai capelli: un disastro. Indosso una giacca di lana blu e il regibacchetta sopra la cintura. Mi specchio un'ultima volta e sono pronto ad uscire, poi ci ripenso e torno indietro, meglio abbondare col profumo.
Scendo le scale e mi ritrovo nel salone del primo piano. Lancio uno sguardo d'intesa all'orso impagliato che sempre mi accoglie a zampe aperte. Vicino a lui, protetto da una cupola di vetro, il medaglione di uniunio (un metallo rarissimo, di cui è fatta la nostra memoria) appartenuto a mio padre e a suo padre prima di lui. Visto l’importanza dell’evento per la prima volta decido di indossarlo.
Un calore, che nasce dal petto, si pervase in poco tempo in tutto il corpo.
Con una spinta apro il grande portone d'ingresso. Eccoli. I tanto attesi flash.
Nonostante faccia questo lavoro da meno di un anno non sono bersaglio nuovo dei giornalisti e, nella mia modesta esperienza, ho capito una cosa: Ti possono fare pure mille foto, ad essere pubblicate saranno comunque le più brutte.
Prima di dirigermi verso il palchetto che usiamo per i discorsi pubblici stringo la mano a Tiberio Rubio, impiegato del Ministero della Magia che non ha mai nascosto il suo pensiero sull'inutilità della mia riserva e dei soldi che il Ministero ci stanzia.
Faccio un sorrisone a favore di flash mentre ci stringiamo la mano; beccati questo vecchiaccio!
 
'Signori, Signore e...' scruto il mio pubblico 'Folletti, buongiorno!
Sono lieto che la Riserva Ippocampo da oggi ospiti un nuovo membro. Il cucciolo appena nato è un maschietto, è sano, pesa 16 kg ed è già in grado di nuotare senza difficoltà.'
Bacchette alzate.
'Prego' dico sorridente.
Un mago barbuto dal lungo naso a punta prende la parola 'Signor Pavus, dopo il caso del mese scorso quando quel gruppo di bracconieri ha cercato di rubare il tadfoal ha avuto altri problemi di questo genere?'
'No, fortunatamente le difese della riserva hanno sempre fatto il loro lavoro e per chi riesce a superarle vede un ostacolo in me, che è il motivo per cui il Ministero, qui rappresentato dal Signor Rubio,' dico indicandolo con un gesto plateale del braccio 'mi paga.'
Altra domanda.
'Avete già dato un nome al cucciolo?' mi chiede una giovane strega con poco più di 17 anni dai capelli verdi sgargianti, sicuramente una blogger.
'Si, insieme a Rodon, portavoce dei Maridi che vivono nel nostro mare, abbiamo deciso di chiamare il tadfoal Crio in onore di mio padre che, come sapete...'
Mi blocco.
Pessimo segno.
Questa è la mia prima dichiarazione pubblica dopo che mio padre ci ha lasciati meno di un mese fa, molti dei giornalisti sono qui perché sperano in qualche dramma magico di cui scrivere.
'A proposito di suo padre' una sensuale strega alta e slanciata con i capelli castani raccolti in un elegante crocchia si stava facendo strada a gomitate per farsi largo tra i giornalisti seguita da un telecamera fluttuante.
Perfetto! Ci mancava la televisione!
'Alcuni informatori mi hanno riferito' continua poi dopo essersi assicurata di avere i capelli perfettamente sistemati 'che la pericolosa ricercata Patricia Gotha, madre di suo padre Crio, sua nonna,' fa una pausa d'effetto per lanciare poi la bomba 'avrebbe partecipato ai funerali del figlio e adesso si trova ancora qui, proprio a Villa Flora. Cosa può dire al mio pubblico al riguardo? Sta per caso nascondendo una ricercata signor Pavus?'. Si sente un brusio di sottofondo.
A pormi la domanda Miranda Fonte una megera, bella quanto spietata, che scrive per conto de La Gazzetta dei Maghi e delle Streghe e che ha un programma televisivo la domenica pomeriggio, Tisana al tiglio e Zuccotti di Miranda Fonte.
La guardo intensamente ma, nonostante i miei sforzi, non riesco a incenerirla.
'Signora Fonte,' dico misurando le parole che escono pungenti e velenose 'anche ammesso che mia nonna sia ancora viva e continuasse a lanciare maledizioni mortali, fossi in lei, con tutto il silicone che ha a protezione del cuore, non temerei per la mia vita.
E ora signori vi prego di seguirmi alla scogliera, il piccolo Crio è ansioso di fare la vostra conoscenza.'
Scendendo gli scalini noto come Miranda Fonte, furiosa, sia intenta a riguardare il video dalla sua telecamera. Sorrido soddisfatto.

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Capitolo 2
*** Magie Babbane ***


'E questa è la lettera di richiamo che mi ha spedito il Ministero.'
Richiamo ufficiale al Mago Jeremiah Balazas Mascula Pule titolava.
Sono seduto sul molo della scogliera insieme a Merlino de Pasci, mio migliore amico dai tempi di Kairawan, l'Arcaica Scuola Siciliana di Magia e Stregoneria.
Merlino guarda distrattamente la mia lettera e me la ripassa senza averne letto neanche una parola.
'Hai fatto proprio bene Amico, quella Miranda Fonte è una gran figlia di nargillo!'
Sorrido, Merlino ha sempre questa abilità.
‘Zia Melissa è una sua grande fan, non si perde neanche una puntata della sua trasmissione, e si ritaglia tutti gli articoli scritti da lei. Speriamo non ne parli mai da nessuna parte della discussione di oggi altrimenti mi caccia da casa.’
‘Piace anche a mamma Lucia. Ma bella com’è a chi non piace? Poi ha proprio un bel culo!’
Ridiamo insieme.
 
'Ti immagini torna veramente?' dico dopo un po’ rompendo il silenzio che si era creato.
'Ma chi? Tua nonna?' dice Merlino.
Annuisco.
'Amico senza offesa, ma tua nonna sarà già bella che stecchita!'.
Il tatto non era il suo forte ma infondo forse aveva ragione.
Era il 1992 quando tutto successe.
Patricia Gotha era una grande Strega inglese, piena di talento e ambizioni; si era trasferita in Sicilia dopo aver ultimato gli studi a Hogwarts, dove si era avvicinata alle arti oscure, grazie anche alla sua amicizia con Tom Riddle, divenuto poi noto alla cronaca mondiale con il nome di Lord Voldemort.
Ospitata a casa di alcuni parenti Patricia trovò presto lavoro alla Federazione Draghi dove rimase folgorata dalla bellezza e dal carisma di Jeremiah Pule suo ricco e affascinante collega e, dopo un breve fidanzamento, i due si sposarono.
Lasciato il lavoro per occuparsi dei figli e della gestione delle finanze del marito, Patricia si dedicò allo studio e all'applicazione della Magia Nera. In breve tempo divenne molto potente e poté vantare un importante numero di seguaci, soprattutto donne, chiamate “Le Furie”. Si guadagnò il soprannome di 'A Signura'.
Il 7 marzo 1992 scoprì Jeremiah a letto con una giovane babbana.
Nonostante fosse a conoscenza dei continui tradimenti del marito, vederlo con i propri occhi la ferì nell'orgoglio e scagliò su di loro l'Anatema che Uccide per poi sparire.
Negli anni ci furono altre misteriose morti di donne, appartenenti al mondo magico e non, a lei attribuite. Nonostante inizialmente temessero ripercussioni, il 7 agosto dello stesso anno, alla mia nascita, decisero di chiamarmi col nome del mio defunto nonno. Questo periodo di paura cessò nel 1995.
Da allora mille ipotesi e mille congetture: c'è chi dice che, eliminate le amanti del marito, continua le sue attività oscure con un altro nome, chi che si sia trasferita in Bulgaria, chi invece sostiene che ha fatto ritorno in Inghilterra per unirsi al Signore Oscuro, sta di fatto che nessuno ebbe mai più sue notizie.
In ogni caso erano passati 24 anni da quando era sparita, 24 anni in cui non si era fatta mai vedere né sentire. Perché mai sarebbe dovuta tornare adesso?
Stupida Miranda Fonte e le pulci che mi mette in testa!
Mentre sono assorto nei miei pensieri con la coda dell’occhio vedo una figura avvicinarsi a me.
D’istinto sfodero la bacchetta e gliela punto contro. Quando riconosco la strega che ho davanti mi sento un cretino.
‘Addirittura. Così brutta sono stasera?’ chiede una strega sorridente con due pacchetti in mano.
‘Quando mai sei stata bella?’ dice Merlino alzandosi e andandole incontro.
Si trattava di Zaafira Ayari, terzo e ultimo membro del fantastico trio che dal 2003 al 2010 aveva comandato la scuola di Kairawan, i “Pavoni” come ci chiamavano, anche quando l’unico vanitoso e un po’ snob ero io.
Zaafira in realtà era molto bella.
Era alta, magra e formosa. Aveva dei lunghi capelli castani, delle folte sopracciglia e dei bellissimi occhi grigio-verdi.
Era nata in una famiglia babbana di origini turche ed è praticamente il mio unico contatto con loro e il mio unico contatto con una magia babbana, chiamata McDonald’s.
Neanche il tempo di aprire i pacchetti che abbiamo già la bocca piena.
‘Zaafi questi cosi sono deliziosi’ dice Merlino mangiando un hamburger.
‘Io potrei uccidere per questi. Come si chiamano? Muffin alla Murella?’ dico infilandomene uno in bocca.
‘Nutella, muffin alla nutella, e vedi di lasciarmene uno se non vuoi fare la fine di tuo padre!’
Neanche Zaafira spiccava per tatto.
Passammo la serata a ridere e a mangiare.
Ero con due delle persone che più amavo al mondo nel posto che più mi piaceva. Di tanto in tanto qualche ippocampo saliva verso la superficie increspando con la sua coda la tavola che era il mare illuminato dalla luna.
Sorrisi felice. 

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Capitolo 3
*** Le Sorelle Deti ***


‘Jeremiah Pule questa è l’ultima volta che ti chiamo, non costringermi a usare la magia!’.
Sento mia madre fuori della porta che inveisce contro di me. Sono già sveglio ma non ho ancora recuperato l’abilità di parlare.
‘Tua zia Mirtilla ti ha fatto una torta’ aggiunse poi con un tono tra lo scocciato e l’infastidito.
Per la torta faccio un sacrificio e salto in piedi.
Mi trascino verso il bagno e mi lavo la faccia cercando di riprendere conoscenza. Guardo il mio riflesso nel grande specchio del bagno di camera mia. Davanti a me vedo un uomo lentigginoso con i capelli castani e occhi marroni. Nonostante da tutta la vita mi sento dire che assomiglio a mio padre io questa somiglianza non l’ho mai notata. Faccio un sorriso pensando a lui poi un altro pensiero riaffiora dai miei ricordi. Pochi giorni prima del mio 11esimo compleanno, il piccolo, paffuto e rossiccio Jeremiah riflesso a quello stesso specchio, mi aveva avvisato che avevo i requisiti magici per entrare nella scuola di magia di Kairawan; ricordo l’emozione e la folle corsa per avvisare i miei genitori.
Furono anni bellissimi quelli a Kairawan, magari col senno di poi mi sarei comportato meglio evitando alcuni comportamenti ‘da bullo’ ma ormai quel che è fatto è fatto.
Quando scendo al piano di sotto per reclamare la mia torta, in cucina trovo le donne con la quale condivido la casa e la vita: Melissa, Mimosa e Mirtilla Deti.
Melissa, la sorella maggiore, è stata ed è ancora una grande Erbologa, ex insegnante e Ordine di Merlino Seconda Classe nel 2010. Personaggio buffo e pasticcione a Villa Flora si trova meglio con le sue piante e i suoi gatti che con le persone.
Mimosa, mia madre che ha da poco compiuto 62 anni, è invece una strega particolare e stravagante. Sarta, curatrice, sensitiva mia madre è tutto e niente. Ama tenersi impegnata a provare cose nuove mentre Mirtilla, la piccola, è l’ultima arrivata alla Villa dopo una vita passata tra i babbani. Un matrimonio infelice che la portò a rinunciare ai suoi poteri, dei figli egoisti e menefreghisti fecero sì che un velo di tristezza e malinconia coprisse la sua indole allegra e solare. Il suo arrivo alla villa ha portato un pizzico di pepe per via dei suoi continui battibecchi con Melissa che, come uno dei suoi gatti si è sentita invasa il territorio, e mille pietanze deliziose grazie alla sua grande abilità culinaria.
‘Buongiorno signore!’ dico varcando la soglia della cucina. Vengo travolto da un piacevole odore, si tratta sicuramente di torta di mele.
‘Buongiorno tesoro’ dice zia Mirtilla venendomi incontro per darmi un sonoro bacio sulla guancia.
‘Andiamo a fare colazione che c’è una sorpresa per te’ dice mia madre reggendo una tazza di latte caldo.
Melissa, in camicia da notte e con un ciuffo di capelli sparato in aria si limita a guardarmi, l’alternativa sarebbe stata ‘Buongiorno animale’ che insieme a ‘Suino’ e ‘Porco Nero’ è il suo modo di chiamarmi.
Ci spostiamo nella sala da pranzo e con disappunto noto che parte della mia povera torta (avevo ragione, era una torta di mele) è stata già mangiata da Zaafira.
‘Cosa ci fai qui e soprattutto perché mangi la mia torta?’. Le do un bacio sulla guancia e mi siedo accanto a lei.
‘Il venerdì ho il giorno libero ma i miei genitori oggi andavano in campeggio, e sai che odio il campeggio, quindi eccomi qui, a pranzo viene pure Merlino. A proposito Signora’ dice con la bocca piena rivolgendosi a mia madre ‘Io e Merlino pranziamo con voi!’
Dopo la colazione con Zaafira mi dirigo verso il molo.
‘Vado a dare un occhiata alla riserva marina, devo controllare il piccolo tadfoal. Vuoi venire con me?’
‘Ci sarà pure Rondo, il tuo fidanzato?’
‘Si chiama Rodon e non è il mio fidanzato!’
Rodon è un giovane tritone con cui avvengono la maggior parte di miei contatti. Ha i capelli biondi e dei, meravigliosi, occhi azzurri. Il suo corpo muscoloso, spalle larghe e addominali scolpiti, è stato per lungo tempo fonte di frustrazione, visiti i miei scarsi risultati in palestra. E si, magari da anni ho una cotta per lui.
Ci spostiamo nel capanno a ridosso del mare, un bugigattolo che uso per prepararmi alle immersioni.
‘Ecco l’algabranchia, non è affatto buona ti avviso e la prima volta fa un male cane’ le dico passandogliene un pugno.
‘Tieni salda la bacchetta e attenta a non perderla che poi trovarla in mare è un problema’
‘Neanche l’ho portata la bacchetta, in realtà sono giorni che non la vedo’ dice Zaafira intenta ad odorare l’algabranchia.
‘Tu non trovi la tua bacchetta? E come hai fatto in questi giorni?’ gli chiedo sconvolto.
Mi guarda.
‘Con queste bello mio’ mi risponde mostrandomi le mani ‘da dove vengo io non c’è niente che non si possa risolvere con dei soldi o con dei pugni!’
Lasciamo le scarpe nel capanno e, scendendo una scalinata di legno, entriamo in acqua.
‘Mi sembra da idioti entrare in acqua con i vestiti’ polemizza Zaafira.
Le lancio un’occhiataccia.
‘Adesso mangia l’algabranchia. Buon appetito Principessa’
‘Vai a quel paese Balazas!’
Zaafira era l’unica a chiamarmi col mio secondo nome.

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Capitolo 4
*** Moleste presentazioni ***


Mentre scendiamo in profondità sento Zaafira lamentarsi ‘Per la miseria Balazas che male’ dice toccandosi le branchie appena spuntate nel collo.
Più ci immergiamo più la fauna si fa ricca quand’ecco gli ippocampi che ci vengono incontro facendoci festa.
Ci danno colpi di muso per attirare l’attenzione.
Io li accarezzo e me li bacio tutti ricevendo in cambio viscide leccate.
Non vedendolo tra il gruppo nuoto alla ricerca di Crio che è dietro con la madre. Ha ancora un colore rosella e quando mi vede fa una giravolta. La madre mi saluta leccandomi la guancia.
Mi giro verso Zaafira per presentarle il piccolo e la vedo circondata da ippocampi meravigliata e felice; a vedere quest’immagine mi si riempie il cuore di gioia, sono proprio fortunato a fare questo lavoro.
‘Buongiorno, vedo che hai portato visite’ Rodon con la sua possente coda in un attimo si avvicina a me. Mi tocca la spalla destra, il saluto dei Maridi, e mi sorride. Adesso sono ancora più convinto della fortuna che ho nel fare questo lavoro.
Rodon è davvero bello. Ha una lunga coda color acquamarina che lancia mille riflessi nell’acqua, nella zona inguinale le squame lasciano spazio a una pelle liscia e muscolosa. Le braccia sono decorate con dei disegni circolari del colore della coda mentre nelle mani indossa degli speciali guanti che gliele rendono palmate. Altro elemento sempre presente è una lunga lancia con una conchiglia appuntita all’estremità che, oltre a essere un’arma di difesa, è lo strumento che i Maridi usano per canalizzare la loro magia, come una bacchetta.
‘Ciao Rodon.’ dico in marino ‘Ho portato una mia amica, spero non sia un problema.
‘Nessun problema, è sempre bello vedere voi umani, siete così affascinanti.’
Mio caro Rodon, non sai quanto sei affascinante tu!
So che non dovrei farlo ma finisco per fissarlo, ha un viso squadrato, delle bellissime fossette sulle guance, la bocca carnosa e dei denti appuntiti perfettamente bianchi; mi accorgo di quanto siano appuntiti e bianchi perché sta muovendo la bocca per dirmi qualcosa.
‘Cosa?’ dico trasalendo.
‘ Ho detto: vuoi farle fare un giro della città?’
‘Città? Un giro? A chi?’ chiedo spaesato.
Un po’ titubante Rodon mi guarda poi si gira verso Zaafira che gioca ancora con un ippocampo.
Che idiota che sono!
La chiamo e lei si avvicina a noi.
‘Per la miseria Balazas, ma è davvero un gran figo! Molto piacere dolcezza, complimenti a mamma e papà pesce, io sono Zaafira’ dice porgendogli la mano.
Ringrazio il cielo che Rodon non capisce la nostra lingua e si limita a guardarla con un adorabile faccia confusa.
Metto la mano, ancora tesa, di Zaafira sulla spalla destra di Rodon, lei ne approfitta per accarezzargli la spalla in modo molesto. ‘Accipicchia che roccia’. Imbarazzato le faccio togliere in fretta la mano e mi scuso con Rodon. Lui dice di non preoccuparmi e mi sorride. Oggi sta dando proprio il meglio di se per farmi stare male.
Ci immergiamo ancora ed entriamo nella città; sirene e tritoni e qualche cecaelia, che sono in minoranza però in questa comunità, vedendoci passare rientrano nelle loro abitazioni, non per paura ma per diffidenza verso gli umani.
La città acquatica è meravigliosa con le sue eleganti costruzioni e i fuochi magici che la illuminano e Rodon, con questo sfondo, sembra ancora più bello.
Distratto da Rodon mi sembra di vedere un fascio di luce azzurro arrivare verso di me, mi convinco che è solo un gioco di luci dovuto al reflesso dell’acqua con i fuochi.
Mentre ci inoltriamo nella città nuotando verso il Castello del Potere dove ha sede il Consiglio dei Maridi che governano questa comunità, il più nuovo dei tre orologi che porto sempre al polso, quello che segna il pericolo, ticchetta nervosamente. Nonostante non sono mai stato convinto dell’attendibilità di questo orologio costruito con le mie mani durante l’ultimo anno di meccanica, materia in cui ero una frana, decido non rischiare e tornare indietro.
Avverto Rodon e Zaafira, usando due lingue diverse, che è meglio far ritorno in superficie e tutti e tre facciamo un rapido dietro-front per uscire dall’acqua.
Nuotiamo più veloce che possiamo ma, quando inizio a vedere la luce del sole sento che qualcosa non va. Prima le mani, poi i piedi, tornano alla mia forma normale. Guardo Zaafira e Rodon che sono già davanti a me. Un dolore fortissimo al collo mi arresta. Istintivamente la mia bocca si apre in una smorfia di dolore e l’acqua mi riempie i polmoni. Cerco di estrarre la bacchetta per usare la magia per uscire dall’acqua ma sembra bloccata nel reggibacchetta allora, disperato, tento di chiedere aiuto ma, stremato, perdo le forze.

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Capitolo 5
*** Limonate e Legilimanzia ***


La prima cosa che vedo quando riprendo conoscenza sono gli occhi cristallini di Rodon a pochi centimetri dai miei. In realtà Rodon mi sovrasta proprio, sento il peso del suo corpo sul mio. Ha gli occhi chiusi ed è intento a soffiare nella mia bocca. In un momento di lucidità avrei capito che stava predicando il vincilux, un antica magia marinida che trasferisce parte della linfa vitale di un tritone o una sirena, tramite un getto d’aria luccicante, a un umano in pericolo di vita, usata, soprattutto in tempi più antichi, per salvare i marinai dopo un naufragio. Ma in quel momento la lucidità non era proprio la mia prerogativa. Il cuore mi inizia a battere a mille e l’imbarazzo per quella situazione mi arrossa il viso.
Quando si accorge che sono sveglio il suo viso si illumina in un sorriso splendente, delicatamente, col la forza delle braccia, scende da sopra di me e dice rivolto a Zaafira ‘La respirazione è tornata regolare, dovrebbe riprendersi a breve’.
Zaafira, intenta a staccarsi un’alga che le era rimasta impigliata nei capelli, capendo che il tritone parlava con lei risponde ‘Senti Ariel, non so che hai detto perché quando parli sento solo blum, blumm, blum’ dice imitando il suono di una persona che annega ‘ma ti posso assicurare che Balazas dopo questa limonata magica che avete appena fatto, è più sveglio che mai.’.
Per paura che Zaafira potesse ulteriormente peggiorare la situazione, mi metto prima seduto e poi in piedi. Rodon salta giù dallo scoglio per entrare in acqua ‘Jeremiah come stai? Ci hai fatto preoccupare, o almeno, penso che anche la strega lo fosse’ dice guardando Zaafira che si districava i capelli con le dita.
Che carino, era preoccupato per me.
‘Che carino, era preoccupato per me’ mi canzona Zaafira.
Con lei farò i conti dopo.
‘Sto bene grazie, non so perché l’algabranchia abbia smesso di funzionare così all’improvviso, non era mai successo.’.
‘Forse però adesso è meglio che torni a casa, aspetta’ così dicendo si immerge in acqua e sparisce.
Approfittandone dell’assenza del tritone guardo in cagnesco la mia amica.
‘E da quando la tua legilimanzia funziona?’ chiedo imbronciato.
‘Tesoro mio, se fai pensieri sporchi la evochi tu stesso la mia legilimanzia; sai che nessun pensiero porco mi può sfuggire quindi la colpa è solo tua e di quello stallone di Rondo’ dice con tono malizioso.
Quando sto per replicare Rodon riemerge in superficie e, insieme a lui, due ippocampi.
‘Vi ho trovato un passaggio fino la riva, così non dovete affaticarvi nuotando’
Dopo averci accompagnato fino le scale di legno e essere stato ringraziato e salutato Rodon sparisce, insieme le due creature, nel profondo mare.
‘Mai più, mai più ti porterò a lavoro con me!’ dico ancora gocciolante avvicinandomi al capanno.
‘Tanto lo so che mi ami. E ora cortesemente potresti asciugarmi? Non posso rischiare di ammalarmi, io ho un lavoro vero.’
Zaafira lavorava in una banca babbana, i suoi avevano invece un ristorante.
Quando estraggo la bacchetta noto una bruciatura nel reggibacchetta; strano.
Incamminandoci verso Villa Flora, sulla nostra strada troviamo Merlino intento a parlare con Tivitti, uno dei nostri elfi domestici.
Tivitti era una elfa dolcissima appartenuta a Elga Deti, la sorella maggiore di mio nonno, con la quale aveva un rapporto di totale simbiosi. Era magra e minuta; aveva lisci capelli neri che le arrivavano alle spalle e un elegante vestito giallo con dei fiori blu. Nonostante ne possedesse parecchi quello, ormai logoro, era il suo preferito, perché cucito a mano dalla sua amata padrona. Essendo molto anziana passa la maggior parte del suo tempo a dormire o a raccontare storie passate su Villa Flora o sulla famiglia Deti. 
‘Era il 7 febbraio 1895 quando quel mago greco e altri maghi venuti da Grecia e Macedonia attaccarono la Sicilia e la Calabria. Portarono neve e bufere e la famiglia della Padroncina soffriva molto il freddo. La Padroncina aveva solo 5 anni ed era molto spaventata e, anche se la mamma della Padroncina che vedeva le cose sapeva già della guerra e le aveva nascoste per combattere, la Padroncina e la sorella della Padroncina non smettevano di piangere. Allora Tivitti trasforma un mucchio di polvere in un gattino per dare gioia alla Padroncina. La vecchia casa sulla scogliera dove viveva la Padroncina fu distrutta allora Padron Gregorio, finita la battaglia, fece costruire Villa Flora, chiamata come la madre della Padroncina e anche Tivitti ha aiutato il Padron Gregorio a costruire la villa’.
La storia della Battaglia di Gelo contro Chian il Freddo e la costruzione di Villa Flora, storie che avrò sentito almeno mille volte.
Per salvare Merlino dal racconto infinito di Tivitti materializzai una mela che le offrì.
Lei contenta mi mandò un bacio con la mano ‘Grazie Padron Jeremiah, siete buono come Padron Crio e Padron Marino prima di lui e Padron Oreste, e…’ continuando a elencare tutti i padroni che aveva servito durante la sua vita si diresse verso un albero dove, una volta seduta, si gustò la mela.
‘Buongiorno amico, come è andata la giornata’ mi chiede Merlino sorridente.
‘Lasciamo prendere Merlino, lasciamo perdere’ lo supero bramando una poltrona dove sprofondare, lui dal mio sguardo capì.
‘Zaafira cosa hai combinato?’
‘Assolutamente niente!’ risponde con una faccia non troppo convincente e a braccetto entrano dopo di me nella villa.

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Capitolo 6
*** Tristi ricordi ***


Passammo il pranzo e il resto della giornata a ridere e scherzare, anche zia Melissa era allegra; aveva da sempre una simpatia speciale per Merlino talmente grande da avergli promesso una cesta di bucio, materiale legnoso che cresce sulle rive dei fiumi, intrecciata con le sue mani; inutile dire che a me non aveva promesso mai niente del genere.
Un po’ di leggerezza era quello che Villa Flora aveva bisogno in questo periodo.
Prima di andare a dormire decido di salire all’ultimo piano della villa, la terrazza.
Mi piace perdermi nei miei pensieri circondato dall’immensità del cielo.
Quando salgo l’ultimo gradino della scala a chiocciola e apro la porta vedo una figura, infagottata in una coperta di lana, su una panca che si affaccia sul mare.
Mi siedo accanto a lei e la cingo con un braccio. Stiamo in silenzio per un po’.
‘Mi manca tanto’
Non avevo bisogno di chiedere niente. Mancava anche a me.
‘Lo sai, non è mai stata una storia facile la nostra. Quello che è successo a tuo nonno l’ha cambiato profondamente e poco dopo l’amore è finito ma l’ho sempre voluto bene anche quando è partito e ci ha lasciati soli, anche quando per tre anni ha deciso di non farsi più sentire e vi ho dovuto fare sia da madre che da padre, anche se è stato con un’altra donna’
Faccio un sussulto.
Lei se ne accorge e mi guarda. Ha lo sguardo spento e il viso segnato dal dolore degli ultimi tempi, mi abbozza un sorriso triste e mi accarezza il viso.
‘Ho trovato delle lettere tra i suoi documenti anche se, in cuor mio l’ho sempre saputo. Ma non fa niente, non ho mai esitato a riaccoglierlo quando è tornato malato ed emaciato, gioia mia. Lui è stato il mio grande amore, ha accolto Vanessa nella sua vita come una principessa, l’ha amata come una principessa e poi mi ha dato te che sei la mia forza.’ mi fa un sorriso e mi stringe la mano.
‘Anche se litigavamo, anche se a volte era proprio un rompiscatole gli volevo un bene immenso e ora sento che con lui se n’è andata anche una parte di me.’
Le lacrime, che ormai sono abituate, trovano strada spianata e cadono copiose.
Ho sempre visto mia madre come una super donna, come una strega forte che, schiacciata dalle difficoltà della vita, riusciva sempre ad alzarsi e lo faceva sempre sola. Invece adesso la mia super mamma era piccola e fragile, era triste e disperata.
La sua vita non era mai stata facile: trasferita in Germania dopo gli studi a Kairawan inizia a lavorare in una fabbrica di mantelli. Dopo alcuni anni riesce ad aprire una piccola sartoria e a lavorare nel quartiere magico di Monaco.
Nel 1982 conosce un mago greco di cui si innamora ma dopo sette mesi di relazione scopre che il mago è sposato e con una famiglia. Ferita e col cuore spezzato torna in Italia. Pochi mesi dopo scopre però di non essere sola. Dopo solo 5 mesi di gravidanza nasce Vanessa Deti.
Nonostante sia una ragazza madre non si abbatte ma anzi si dedica molto al sociale; lavora in un orfanotrofio, organizza rappresentazioni teatrali e mercatini e feste sociali per raccogliere fondi da dare in beneficienza.
Nel 1986 durante uno di questi eventi conosce Jeremiah Pule, ricco mago con la passione per le donne e la bellezza, che rimane folgorato dalla bellezza e dal carattere solare di Mimosa tanto da insistere per presentarla alla famiglia sperando di sistemarla con uno dei suoi sei figli. Ed effettivamente, durante una cena a casa Pule, Mimosa conosce Crio, smilzo figlio di Jeremiah con gli occhi vivi. Nasce un grande amore. Insieme viaggeranno per l’Egitto, il Messico, gli Stati Uniti e l’Australia.
Nel 1987 si sposano e Crio adotta legalmente Vanessa amandola e crescendola come se fosse sua figlia. Dopo 5 anni di matrimonio felice, durante il momento di massima felicità per l’attesa del secondo figlio l’omicidio del padre da parte della madre devasta psicologicamente Crio che si chiuse sempre più in se stesso fino a diventare l’ombra dell’uomo che Mimosa e Vanessa avevano conosciuto e amato. Senza più l’appoggio del marito che decise di rinunciare alla magia per aprire un negozio babbano, Mimosa cerca altre strade per aiutare la famiglia. Dopo 18 anni di sofferta convivenza Crio decide di abbandonare la famiglia e partire, senza farsi più sentire. Nonostante il dolore, all’età di 56 anni, Mimosa inizia a lavorare alla Clinica Emmaus per Maghi Anziani. Tre anni dopo, al ritorno del marito distrutto dalla malattia, lascia il lavoro per occuparsi di lui prendendosene cura fino ad novembre 2016, quando Crio, vinto dalla malattia, la lascia definitivamente.
 
Il mio non è stato un gran padre ad essere sinceri; freddo e schivo per buona parte della sua vita ci aveva lasciato quando avevo 18 anni probabilmente schiacciato ancora dal dolore vivo per la perdita dei genitori, a cui era legatissimo, e dal senso di colpa di non essere un bravo marito e un bravo padre. Rivederlo dopo tre anni fu un trauma. Era magrissimo, pallido, senza più forze, mi disse che, convinto che stesse morendo, era tornato per andarsene vicino a noi.
Nonostante le terapie la sua salute peggiorò sempre di più, a migliorare fu invece il nostro rapporto. A 21 anni mi ritrovai finalmente ad avere un padre.
Accerchiato da questo rinnovato affetto mio padre tornò ad essere di nuovo il ragazzo scapestrato che cavalcava i draghi e che fece innamorare la sua Mimosa.
Vederlo spegnere piano piano fu per tutti una grande sofferenza.
Adesso eravamo rimasti soli. Io avevo mia madre e lei aveva me.
Stretti in un grande abbraccio guardai verso il cielo sicuro che, da qualche parte lassù, anche Papà ci stava guardando sorridendo.


Nota di Jeremiah
Questo capitolo capita giusto a tre mesi da quel tristissimo giono. Sarai sempre nel mio cuore.

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Capitolo 7
*** Visite a Sorpresa ***


Quella notte non riuscì a dormire bene, come ogni notte sogni inquieti disturbavano il mio sonno.
Vinto dagli incubi decido di alzarmi per sgranchirmi un po’ le gambe con la speranza che una passeggiata e un bicchiere d’acqua mi concilino il sonno.
‘Lumos minimus’ dico con voce assonnata.
Una piccola lucina azzurra fa capolino nell’estremità della mia bacchetta.
Aiutato da questa magica luce scendo con cura le scale. L’orso del primo piano, infastidito, emette un ruglio rauco, gli chiedo scusa con un gesto della mano e mi dirigo verso la cucina.
Dopo una rinfrescante sorsata d’acqua sono pronto a tornare nella mia camera.
Non mi accorgo che nel mio terzo orologio si è aggiunta una lancetta.
Quando apro la porta della mia camera trovo una figura vestita di nero seduta sulla poltrona di fronte l’ingresso. Spaventato urlo ‘Expelliarmus!’. Un fascio di luce rossa corre verso l’intruso.
‘Protego’ sussurra senza scomporsi più di tanto.
Il volto semi illuminato dal mio incantesimo e quel tono di voce così tranquillo e pacato non mi lasciano dubbi.
‘Anders Von Grable si può sapere che diavolo ci fai in casa mia a quest’ora della notte?’ dico accendendo la luce.
Il mago davanti a me scavalla le gambe e, molto lentamente, si alza e prima di rispondermi dà un’occhiata alla stanza.
Indossa dei pantaloni neri con riflessi dorati e un lungo mantello costellato da mille puntini dorati. A completare il suo look un largo collare dorato che gli copriva il collo e la parte superiore del petto, un bracciale per lato e un anello sulla mano destra, niente maglietta ne scarpe.
Aveva la carnagione molto chiara, la faccia era magra e scavata mentre il corpo, come potevo vedere dai suoi addominali, era abbastanza atletico.
Fu il mio insegnante di incantesimi a Kairawan, ricordo che fu il primo che conobbi arrivato a scuola e adesso, a distanza di 13 anni dal nostro primo incontro, vedevo lo stesso uomo che l’occhialuto mini me aveva visto quel giorno.
Già dai tempi della scuola si diceva che lui e la sorella Dahlia Von Grable, attuale Emiro della scuola, vista la loro innegabile bellezza e i loro strani modi di fare fossero dei dampiri, figli di un vampiro e un mago, ma mai nessuno ebbe il coraggio di indagare.
‘Jeremiah Pule, che piacere vederti.’ disse come in un soffio ‘Sei molto cresciuto dall’ultima volta, e noto con piacere che perseveri col rifiuto dei vestiti’
Mi accorgo solo in quel momento che ero in mutande, e imbarazzato, indosso una vestaglia di seta che trovo nel mio armadio.
‘Professore Von Grable lei non è proprio la persona adatta a giudicare le persone poco vestite e poi, quella volta, come vi ho già spiegato, è stato un incidente. Mi avevano fatto uno scherzo, neanche una persona sicura e spavalda come me avrebbe passeggiato nudo nei corridoi della scuola pensando di passarla liscia.’ dico ripensando a un incidente che quasi mi costò l'espulsione ‘E ora, se non le dispiace, mi spiega cosa ci fa qui?’ chiedo curioso.
Il professore si sistema il mantello e si appoggia sul mio letto, leggero come una piuma.
Solitamente di carattere sono poco tollerante e odio le persone lente ma c’era un’eleganza e una pace nei modi di fare di quell’uomo che mi aveva sempre affascinato.
‘L’Emiro vuole incontrarla’ disse in un fiato ‘tra due ore nel suo ufficio’ aggiunse dopo qualche secondo di pausa.
‘Cosa? Tra due ore?’ guardo il mio orologio da polso, erano le quattro in punto.
Solo allora noto che nell’orologio che segna le persone presenti a Villa Flora si era aggiunta una nuova lancetta con scritte le iniziali A.V.G. vicino alla lancetta con le mie iniziali.
Prima che potessi obiettare sento la voce del professore stavolta non vicino a me ma dal balcone della stanza ‘Adesso la lascio preparare e si assicuri di non indossare solo l’intimo domani’.
Quando mi alzo e mi affaccio per dargli un qualsiasi tipo di risposta lo vedo fare un elegante piroetta con un lembo del mantello sollevato, a giro completo era già sparito.
Controllo il mio orologio, sparito anche li.
Mi butto a letto scoraggiato, non posso più neanche provare a dormire, e io amo dormire!
‘Che schifo di giornata’ dico guardando il soffitto di camera mia.
CRACK
Altri guai!

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Capitolo 8
*** Semplicemente... Schifo ***


Premessa: non sono una delle persone più buone al mondo ecco perché, a volte, durante il mio percorso di vita sono risultato antipatico e, alcune volte, sgradevole.
Altra verità è che una persona che non mi piace, che secondo me trasmette negatività, continuerà a non piacermi per tutta la vita e questo vale anche per gli elfi.
E questo spiega la presenza sul mio letto di Schifo, il mio personale elfo domestico.
Avevo 9 anni quando mia zia Mancinella Deti, sorella sofisticata e ricca di mia madre, mi aveva donato un elfo domestico che, in breve tempo si rivelò come lei: sempre pronto a sparlare e dire cattiverie, ladro e oppressivo. Lo chiamai Schifo e di questo ancora oggi, un po’, mi pento.
Il nostro fu odio a prima vista, io cercavo il più possibile di allontanarlo da me e lui mi serviva sempre controvoglia e, nonostante la quantità di vestiti donatagli, me lo ritrovavo sempre tra i piedi.
Schifo si esibisce in un inchino forzato e dice ‘Che piacere rivedere Padrone, in cosa può essere utile Schifo Padrone?’
Mi do una cuscinata in faccia.
Ci mancava solo lui!
Con tutta la calma che riesco a raccogliere rispondo ‘Buonasera Schifo, grazie di essere venuto ma non ho bisogno del tuo aiuto, sto bene così, anzi l’unica cosa che ti chiedo è di scendere da sopra la mia pancia.’
Schifo, con un gesto teatrale scende e si posiziona ai piedi del mio letto.
Era un elfo alto un po’ più di un metro, con tristi occhi verdi, lunghe orecchie a sventola e un grosso naso a punta. Sulla testa, insieme a qualche pelo che era rimasto in ricordo dei capelli, aveva delle piccole corna smussate dalle continue testate che dava a mobili e alberi per autopunirsi.
‘Schifo è dispiaciuto Padrone. Padrone vuole che Schifo si da punizione? Che si schiacci piede con sasso? Che si fa graffiare faccia da gatti? Che si mette faccia nel forno della cucina? Che...’
‘Calma, calma, calma! Nessuna punizione. Voglio solo che torni nella tua casetta, che indossi una delle magliette che ti ho regalato e che mi lasci in pace.’
‘Ma Schifo può aiutare Padrone a preparare il ritorno a Kairawan!’
‘E Schifo come sa che Padrone deve ritornare a Kairawan?’ dico avvicinandomi con fare sospettoso ‘Non è che, nonostante ti abbia ordinato di non farlo, continui a spiarmi e a origliare le mie conversazioni?’
‘Schifo non spia più Padrone dopo aver visto lotta su letto nudo con altro mago, Schifo solo si assicura che Padrone sta bene.’
Divento un po’ rosso per la storia della lotta sul letto ma non mi soffermo a pensare a quell’imbarazzante momento.
‘E va bene, puoi aiutarmi a prepararmi per Kairawan.’ dico scosso da uno scrupolo di coscienza; forse Schifo non era poi così male. ‘Portami allo studio dei sotterranei.’
Schifo felice si avvicina a me e poggia la sua ossuta mano sul mio braccio ‘Subito Padrone!’
CRACK
In un attimo ci ritroviamo in una stanza buia.
‘Lacarnum Inflamare!’ dico roteando la bacchetta. Le candele della stanza si accendono in sequenza.
Nonostante il mio vero studio si trovi al primo piano spesso preferisco usare questo per tenere oggetti e libri che preferisco tutelare alla vista dei curiosi e dei membri del Ministero che vengono a visitare la riserva. La stanza, di forma ottagonale, è disordinata come sempre.
Il grande tavolo che si trova al centro della stanza è stipato di oggetti magici, libri, alambicchi, provette per pozioni e vecchi indumenti di pelle bruciati da qualche esperimento andato male. Dopo una rapida occhiata mi arrendo e con tono deciso dico ‘Accio Denise!’
Dal centro del tavolo, sommersa da carte e documenti, fa capolino una capiente borsa di pelle di drago nera.
La borsa si posiziona ai miei piedi. Ho deciso di chiamarla Denise per favorire l’accio quando, disperato, non riuscivo a trovarla.
Non sapendo realmente cosa preparare per l’incontro con l’Emiro metto in Denise un po’ di tutto: libri sui draghi, trattati magici, provette più o meno utili. Dal tavolo pesco pure un filatterio protettivo e decido di avvolgermelo attorno al braccio, la prudenza non è mai troppa. Soddisfatto mi rivolgo verso Schifo ‘Possiamo andare ma passiamo dai sotterranei, c’è ancora una cosa che devo prendere.’.
Usciamo dallo studio e ci ritroviamo in un freddo e umido corridoio di pietra.
In fondo al corridoio si sentono urla e lamenti provenienti dalla stanza appartenuta a Nestor Deti, fratello Auror di mio nonno con la passione per gli oggetti maledetti, chiamata La Stanza della Notte Perpetua che abbiamo, accuratamente, sigillato.
Passiamo il laboratorio di pozioni e ci ritroviamo davanti ad un arazzo con raffigurata Savia Deti.
Formosa, materna, puntigliosa, ordinata e bellissima: Savia, antica discendente della famiglia e prima Regina della nostra congrega, era una Donna di Fuora; una strega che riusciva a staccarsi dal corpo per vagare come spirito durante la notte.
‘Buonasera Savia, devo accedere alla Stanza Maestra’
‘Parola d’ordine?’ dice lei con fare compiaciuto.
‘Gutta cavat lapidem’

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Capitolo 9
*** Belladonna ***


Una volta detta la parola d’ordine l’arazzo si rotolò lasciando spazio a una stretta scaletta che porta al primo piano. Io e Schifo la saliamo prudentemente.
La Stanza Maestra, da tre generazioni, è la stanza dove bambini e ragazzi hanno svolto i loro compito scolastici seguiti e aiutati proprio da Savia Deti che subito spuntò dal ritratto all’interno della stanza.
Alcuni banchi occupavano il centro della stanza mentre tutto attorno, attaccati alle pareti, scaffali e teche raccoglievano i successi scolastici della famiglia Deti. La divisa bruciacchiata del prozio Egidio che tentò di addomesticare un Ashwinder, il trofeo di Quidditch vinto l’anno in cui zio Giglio era capitano della squadra, una foto della giovane Melissa con dietro un gigantesca Zucca Crocchia piantata da lei, quand’ecco quello che cercavo, un anello col simbolo del fuoco, simbolo del mio dormitorio, vinto grazie agli ottimi risultati ottenuti nelle mie materie scolastiche preferite: Cura delle Creature Magiche, Divinazione e Mineralogia.
Quando lo indosso sento uno strano calore al dito. Il fuoco inciso sull’anello inizia a scoppiettare colorandosi di rosso. ‘Ora ho proprio tutto, riportami in camera mia.’
‘Quando ti deciderai a fare dei figli?’ mi domanda Savia facendo bloccare Schifo ‘Senza bambini qui mi annoio, nessuna visita se non per Mirtilla che ogni tanto viene a fare le pulizie’
‘Ci sto lavorando Savia’ mento.
 
Grazie a Schifo sono subito davanti il mio armadio. Decido di indossare una tunica nera, abbinata a un mantello argento notte. Indosso il medaglione di mio padre, l’anello e sono pronto a partire. Prima di uscire lascio un bigliettino per mia madre dove spiego dell’improvviso appuntamento mattiniero.
Vado in giardino: se sono fortunato non ho bisogno di prendere la scopa.
Tra il bosco e la casetta degli elfi trovo quel che cercavo. Congedo Schifo ringraziandolo del suo aiuto e mi avvicino cauto a una creatura a me familiare.
Belladonna, così chiamato per la sua passione per le bacche di questa pianta (nonostante il disappunto di Zia Melissa), era un Oscuro Molle.
Queste creature, solitamente scacciate dai Maghi, non hanno una forma stabilita e si presentano, in forma originale, come una gelatina nera trasformandosi poi in qualsiasi animale vogliano, magico e non.
Si nutrono delle tristezza e del dolore e per questo vengono visti come creature porta sfortuna quando sono invece timide e affettuose, soprattutto con le persone che più soffrono.
Da mesi infatti sto lavorando a un trattato, da presentare al Ministero, dove elenco i benefici che l’affetto di un Oscuro Molle ha sul malato per inserirlo all’interno di ospedali e cliniche per maghi anziani.
Era arrivato a casa nostra durante la festa di Halloween del 2014, richiamato sicuramente dalla malattia di mio padre. Mi accorsi di lui perché con la coda dell’occhio vidi un serpente nero di piccole dimensioni rubare una fetta di pizza nascosto nella libreria della sala delle festa. Pensando si trattasse di un Girilacco, lo attaccai con uno schiantesimo. Una volta caduto a terra il serpente tornò ad essere una pozza nera che allarmato scappò verso l’esterno. Imbattendosi nel barboncino di Zia Mirtilla si trasformò subito in un cane nero e spaventato si mise a guaire in un angolo. In breve tempo guadagnammo la sua fiducia e divenne il nostro animale domestico. Attaccato soprattutto a mio padre, gli rimase accanto, con varie forme, fino alla morte.
Durante i suoi funerali un grosso Drago Nero sputò fuoco verso il cielo per omaggiare la sua memoria.
Negli ultimi giorni mi sono reso conto che Belladonna era un ippociconia, un elegante creatura alata, originata dall'incrocio tra un cavallo ed una cicogna, con lunghe e larghe ali, collo snello, coda e testa di cicogna e corpo e zampe di cavallo. Veloci ed aggraziate capita di vedere queste creature durante la primavera quando passano dalla riserva per andare verso il luogo dove depositavano le loro uova.
L’unica differenza con una vera ippociconida era che, mentre queste sono di colore bianco, Belladonna aveva le piume di un nero lucente.
Quando mi vede inizia a battere ritmicamente il becco componendo un suono allegro e festoso, gli accarezzo la testa ‘Ci facciamo un giro bello mio?’
 
Lo devo ammettere: così vestito e su un ippociconida nero, faccio davvero una gran bella figura. Peccato solo che a quest’orario nessuno mi avrebbe visto arrivare.
Grazie ai suoi battiti d’ali lenti e regolari mi godo panorama mozzafiato che ho davanti, l’alba più bella che abbia mai visto. Sorvoliamo il mare fino a quando non vediamo l’isola dove sorge Kairawan.
Mi viene un nodo in gola per l’emozione di rivedere quel castello, penso a tutte le avventure, le storie e i guai che avevo avuto tra quelle mura, penso a come è nata l’amicizia con Merlino e Zaafira, penso ai battibecchi coi professori, penso ai miei successi scolastici, alle puntuali visite in infermeria, al mio primo amore; sto quasi per commuovermi rapito da questi ricordi quando un lampo di luce azzurra mi colpisce e perdo i sensi. 



 

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Capitolo 10
*** Kairawan ***


Quando mi sveglio stavolta non trovo Rodon ad attendermi ma una figura molto meno gradevole alla vista, e all’olfatto.
La Signora Ossaforti, odiosa strega esperta in magie di guarigione, era l’infermiera di Kairawan e si occupava dell’infermeria.
Era una strega bassa, brutta, rude e, a mio avviso, malvagia che aveva sempre nutrito, ricambiata ovviamente, una feroce antipatia nei miei confronti.
‘Speravo di non dover più vedere la tua brutta faccia, invece eccoti di nuovo qui.’ mi saluta.
‘Noto che è rimasta lo stesso zuccherino di 13 anni fa.’
‘Mi chiedo: ha limite la tua impudenza?’
Solo sentendo lo sgradevole gracchiare di quella megera realizzo che sono nell’infermeria di Kairawan. E la mia entrata trionfale? E il mio appuntamento con l’Emiro? E Belladonna? Mi alzo di colpo e sbatto la testa in un recipiente di rame che fluttua sopra il mio lettino.
‘Idiota.’ bisbiglia la Ossaforti.
‘Ma cosa è successo? Come sono arrivato qui?’ Domando massaggiandomi la testa dolorante.
‘E cosa posso saperne io? Avrai sbattuto nella barriera. Ti hanno ritrovato alcuni alunni sulla costa privo di sensi e ti hanno portato qui. Dovendo fare i conti con quella bestiaccia nera che era con te.’
‘E cosa gli è successo? Dov’è adesso?’
‘Senti, chi ti credi di essere? Miranda Fonte? Basta con queste domande! Invece di disturbare me rivestiti e vai dall’Emiro che ti aspetta.’.
Dopo aver rindossato i vestiti della mattina esco dall’infermeria.
‘Ti ricordi ancora dove si trova l’ufficio o vuoi una mappa? Babbeo!’. Sento dire a un’Ossaforti ridacchiante.
Attraverso i corridoi deserti, evidentemente le lezioni sono in atto, e a ogni angolo riaffiora un ricordo.
Li è dove, insieme a Merlino, ho incantato il libro del professore di aritmanzia e matematica per fargli sputare inchiostro e numeri di legno durante la lezione, lì dove ho schiantato quel ridicolo di Fabricius, mio acerrimo nemico e compagno di dormitorio, in seguito a un litigio, lì dove ci nascondevamo con Zaafira per saltare le lezioni e abbuffarci di dolci, lì dove ho incantato l’albero di Natale per sparare palle di neve addosso a Fabricius, lì dove ho cercato di cavalcare una statua di gesso incantata finendo dritto dalla Signora Ossaforti, lì dove ho incantato le piume di Fabricius per attaccarlo al primo errore grammaticale,  lì dove ho architettato il piano di sostituire, durante la notte, la cattedra del mezzo-gigante insegnante di difesa contro le arti oscure con quella del mezzo-folletto insegnante di alchimia.
Noto che molti dei miei ricordi erano legati a Fabricius, chissà se porta ancora rancore per quegli scherzetti.
In ogni caso Kairawan era bella come la ricordavo.
 
L’Arcaica Scuola Siciliana di Magia e Stregoneria Kairawan è un convitto di magia fondato in Sicilia da un Jinn venuto dall’oriente e Bertrando il Grande insieme ad altri maghi.
La scuola, una delle più antiche d’Italia, originariamente accoglieva la maggior parte dei maghi del sud Italia, Malta, nord Africa, Siria e Arabia che riuscivano a comunicare tra loro grazie a un incantesimo di lingua.
La sua storia è una delle prime cose che ti insegnano appena metti piedi nell’isola: Con la dominazione islamica in Sicilia, iniziata nel 827, il potente mago siciliano Bertrando il Grande venne a contatto con un Jinn, una potente entità magica arrivato in Sicilia con gli invasori. Grazie alla sua grande abilità e i grandi poteri riuscì a convincere quest’entità a creare un’isola dove proteggere maghi e streghe dalla crudele invasione in atto. Dopo alcuni mesi però, non riscontrando più una minaccia, maghi e streghe tornarono nelle loro case ed entrarono in contatto con i maghi ‘invasori’ provenienti da Egitto, Persia e Siria. Questo incredibile incontro tra culture e magie convinse i potenti del tempo a costruire una scuola sull’isola creata da Bertrando dandogli il nome di Arcaica Scuola Siciliana di Magia e Stregoneria Kairawan. Per suggellare questa unione come motto scelsero: Magia, Unione, Uguaglianza scritto in lingua araba davanti l’entrata del castello.
L’abilità dei maghi siciliani e arabi con l’aiuto del Jinn rendono Kairawan una struttura unica nel suo genere. Situato su un’isola invisibile agli occhi babbani il castello è in grado di allargarsi o restringersi in base ai maghi da ospitare al suo interno ricoprendo per intero la superficie dell’isola nei primi anni di attività e ridursi a una sola torre durante i periodi di vacanza.
Il primo preside della scuola, chiamato Emiro, fu Bertrando il Grande al quale si successero vari nomi noti della storia magica siciliana e non come Abu al-Salt, Giovanni Bracesco, Agata Cosetto e Guido Bonatti (divenuto Emiro per volere di Federico II di Svevia). Dopo il mandato come Emiro del noto alchimista Cagliostro dal 1797 questo ambito ruolo fu ricoperto solo da donne.
Lo Jinn si prese cura della scuola per più di 1000 anni ma si dice ancora oggi che nelle notti di luna piena sia possibile vederlo.
Dalla sua fondazioni a oggi, grazie alle varie invasione che si successero in Sicilia, Kairawan divenne un polo culturale e artistico di estrema importanza.

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Capitolo 11
*** Il Cucciolotto dell'Emiro ***


Finito il corridoio mi ritrovo davanti una parete di pietra lavica. Automaticamente passo la mano con decisione sulla roccia graffiandomela, quando il sangue tocca la pietra una ricca ed elegante porta compare davanti a me. Questa precauzione, a dire dell’Emiro Dahlia Von Grable, serve a bloccare maghi e streghe sotto effetto di pozione polisucco o trasmutazioni. Io continuo a pensare che serva solo ad alimentare il suo sadismo.
La stanza che mi trovo davanti è immensa.
Illuminata da poche candele l’ufficio non è affatto accogliente, come non è accogliente la bestia che mi ritrovo davanti.
‘Woland non ci provare, sono molto più potente dell’ultima volta. Ti schianto sul muro vicino al ritratto di Eliodoro’
Woland era un Scuropterus, detto anche pipistrello mannaro, creatura notturna, incrocio tra un pipistrello e un levriero, che vive soprattutto dei boschi dell’Europa dell'est in piccoli gruppi sempre il lotta tra loro. Un'esemplare adulto può raggiungere anche i 90 cm d'altezza. Come pipistrelli, usa l'ecolocalizzazione per la caccia. Si nutre di carcasse ma attacca anche uccelli, mammiferi e può essere molto pericoloso per l’uomo ma basta emanare luce per allontanarli.
Woland fece un ringhio e si alzò spiegando le ali, ora si che era bello grosso.
Sono già pronto a lanciare un incantesimo quando sento la voce dell’Emiro.
‘Woland che modi; si trattano così gli ospiti?’ sentendo la voce della padrona la bestia si ritirò sotto la  scrivania.
Dahlia Von Grable era una donna bellissima, una delle più belle che avessi mai visto. Era fasciata in un elegantissimo abito nero con una provocante scollatura, indossava dei guanti neri semi trasparenti che facevano intravedere le unghie laccate di rosso. La pelle bianchissima, i capelli nero corvino, le labbra dipinte di rosso scarlatto le conferivano un’eleganza e una seduzione senza tempo.
‘Carissimo, bentornato a Kairawan’ dice porgendomi la mano.
Dopo averle fatto il baciamano le rispondo ‘E’ sempre un piacere incontrarla.’.
L’Emiro Von Grable era una donna amata e temuta da tutti, le sue punizioni non erano mai severe ma giuste e, nonostante durante i miei anni a scuola avevamo avuto diversi incontri, aveva sempre mantenuto un certo distacco. A scuola non partecipava mai ai pranzi ma, durante le cene, capitava spesso di vederla ridere insieme al resto del corpo docente. Tutti avevano una particolare ammirazione per lei.
‘Mi dispiace molto per l’incidente che hai avuto, spero non sia successo nulla di grave’ dice andando verso la scrivania e facendomi segno di seguirla ‘e mi dispiace ancora di più per la notizia di tuo padre; non ho avuto il piacere di conoscerlo ma so che vuol dire perdere una persona che si ama.’ I suoi occhi azzurri per un secondo mostrano un emozione di dolore ma subito tornano a essere gli occhi gentili di sempre.
‘Ti ho chiamato qui per chiederti un grande favore. Il professor Codavolpe, insegnate di cura delle creature magiche, ha avuto un piccolo incidente durante un viaggio in nord America, con un vipertooth peruviano’ precisa ‘ed è ancora impegnato a farsi ricrescere gambe e braccia. Quindi ho pensato che un giovane e capace magizoologo come te poteva venirci incontro sostituendolo fino al suo ritorno.’
Il professor Codavolpe era un mago buono e gentile ma, dai miei ricordi, non era mai stato molto fortunato. Durante i miei anni scolastici era più il tempo che era stato in malattia che quello che aveva passato con noi studenti.
Rifletto su questa possibilità; io professore? Ne sarei capace?
L'Emiro approfittando di quest’attimo di esitazione mi fa un sorriso e poggia un rotolo di pergamena sulla cattedra.
'Ho già parlato col Ministro e ha acconsentito. Qui ci sono gli orari, le classi per le lezioni e le indicazioni per accedere al tuo appartamento, ovviamente ho organizzato tutto in modo che non trascuri il tuo lavoro al Villaggio Ippocampo. Benvenuto nel nostro team!' dice alzandosi in piedi.
D'istinto mi alzo anche io e lei mi stringe la mano, per poi accompagnarmi verso la porta. ‘Ma io…’ riesco a dire.
‘Ha proprio ragione, che sbadata!’ mi interrompe lei.
Con un fischio acuto richiama un corvo nero che si poggia delicato sul suo braccio ‘Ecco il tuo Oscuro Molle e le chiavi della camera, spero tu abbia una buona giornata!’. Vengo letteralmente spinto fuori dalla porta che quando mi giro torna ad essere un muro.
Sono senza parole.
Sono il provvisorio professore di Cura delle Creature Magiche!
Ancora scosso dalla notizia e con Belladonna al seguito scendo al primo piano dove si trova la stanza degli insegnanti. Sono compiaciuto del fatto che non vengo respinto una volta toccata la maniglia; quante volte ci avevo provato con l’intento di rubare i compiti!
La stanza degli inseganti era una grande stanza rettangolare con un lungo tavolo al centro, alla pareti file di libri, colonne di compiti, registri ma anche una fontana che zampillava cioccolata calda e una che disturbava succomela.
Hai capito i professori!?
In alto, da arazzi sventolanti accompagnati dal ritratto sorridente di alcuni ragazzi, si potevano leggere le note disciplinati che gli alunni avevano preso in tempo reale. Ecco come facevano a sapere tutto subito!
Apprendo così che Dorotea Lazis del 3° anno, che appare con due codine per lato e un sorriso un po forzato aveva provato a trasformare in tapiro Artemis Fiotto, pallido ragazzino con capelli biondi e riccissimi, nell’aula B8, quella di astronomia.
‘Erano fidanzati, poi lei ieri ha trovato nell’armadietto di lui una lettera d’amore indirizzata una ragazza del 1° anno’ dice una voce alle mie spalle.
Quando mi giro una ragazza dal viso gentile, con corti capelli castani mossi che le arrivano alle spalle e degli spessi occhiali neri mi sorride.
‘Sono Orphenia Gagror, insegante di Volo’
‘Molto piacere io sono Jeremiah Pule’ aggiungere insegnante di cura delle creature magiche mi sembra ancora un po’ troppo precoce.


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Capitolo 12
*** L'Aula Magna ***


Parliamo un po’. Orphenia è solo un anno più grande di me, nonostante potrebbe benissimo essere confusa con un’alunna, ha studiato in Belgio dove viveva con i genitori e la sorella e ha iniziato a lavorare a Kairawan a settembre, all’inizio dell’anno scolastico. Io le racconto, senza entrare nei dettagli, la mia vita; lei sembra molto interessata agli animali fantastici, parliamo soprattutto di ippocampi e oscuro molli.
Belladonna, che è al centro dell’attenzione, cambia continuamente forma trasformandosi prima in una salamandra, nera e lucente, poi in una pecora, con un soffice mento di lana scuro. La disponibilità che Belladonna mostra nei confronti di Orphenia mi fa capire che è una ragazza che ha sofferto molto.
Quando è quasi ora di cena chiedo a Belladonna di trasformarsi in qualcosa di più comodo da trasportare di una pecora e dopo un po’, accanto a Orphenia Gagror e con un asticello, creatura per lo più inoffensiva simile a un legnetto (brucato nel caso di Belladonna), sulle spalle, mi dirigo verso l’Aula Magna dove da li a poco si sarebbe svolta la cena.
L’Aula Magna era una grande stanza ovale con cinque tavoli: tre erano disposti a schiera mentre due erano perpendicolari a quelli centrali.
I tavoli al centro funzionavano a rotazione. Nel primo sedevano gli alunni del primo e secondo anno, nel secondo quelli del terzo e quarto anno, nel terzo quelli del quinto e sesto anno, di fianco a loro, in fondo la sala, su un palchetto rialzato, c’era l’alto desco, il tavolo degli insegnanti, mentre parallelo, verso l’uscita, si trovava il tavolo degli alunni del settimo anno, chiamato tavolo dei guardiani.
Passare l’aula magna mi fa una certa impressione, rivivo tutti i pranzi e le cene fatte tra quei tavoli, penso a quanti pomeriggi passati con Merlino e Zaafira a studiare e fare i compiti sperando di superare esami e verifiche, quella domenica che insieme ai ragazzi stavamo iniziando una partita a Jumanji prima di essere fermati, e severamente rimproverati, dall’Emiro in persona, ricordo l’anno in cui ero guardiano e avevo il compito di sedare le risse degli altri ragazzi.
Salire sul palchetto mi fa un certo effetto. Essendo ancora presto sono pochi gli insegnanti seduti al loro posto e ancora meno, gli alunni.
Ritrovo con affetto Artemisa Nut e Isabella Pertra mie insegnanti di erbologia e antiche rune.
La professoressa Nut era una strega bellissima nonostante la sue età; con dei lunghi capelli bianchi, che teneva sempre sciolti e occhi nocciola. Insegnava a Kairawan dal 2000 succedendo Zia Melissa che, dopo 28 anni di insegnamento, aveva deciso di abbandonare la cattedra per dedicarsi allo studio gerlasca.
Allegra e solare la professoressa Nut era famosa per essere la madre di tutti. Particolarmente sensibile a percepire i problemi e le preoccupazioni faceva di tutto per aiutare i propri studenti.
I suoi biscotti di gelsomino, che portava sempre con se e non perdeva occasione di offrire, erano deliziosi!
La professoressa Pertra era invece alta, allampanata, pallida e con lo sguardo sempre perso nel vuoto. Nella gonna teneva sempre un sacchetto contenente le rune che consultava per prendere qualsiasi tipo di decisioni: da cosa mangiare a su cosa basare le lezioni giornaliere.
Mentre discuto con le miei vecchie professoresse una voce alle mie spalle mi fa rabbrividire.
‘Il Re Pavone è tornato al suo regno!’
Antipatica, sgradevole, altezzosa questa voce poteva appartenere a una sola persona.
Mi giro di scatto.
Un mago alto e muscoloso, con occhi e capelli neri come il carbone e un sorriso arrogante sul volto era in piedi dietro di me.
‘Fabricius Nasteli. Cosa ci fai tu qui?
Fabricius si avvicina a me sorridendo con l’intento di abbracciarmi. Indietreggio.
‘Stai calmo. Da quando io e tu siamo amici?’ chiedo confuso.
‘Allora le voci erano vere. Dopo tutti gli anni passati nello stesso dormitorio, dopo tutti gli scontri e i battibecchi ci ritroviamo ad essere colleghi’
‘Colleghi? E di cosa ti occupi? Hai sostituito il vecchio Grino e pulisci i corridoi?’. Stavolta sono perplesso.
‘Sono l’insegnante di danza!’ dice facendo un pliè.
‘E cosa sei una fata? Da quando si fa danza a Kairawan?’
‘Tre anni ormai’ risponde lui col tono offeso.
Nonostante tutti i nostri screzi mi accorgo che non posso continuare a fare il bullo con Fabricius allora, forzandomi di essere gentile, gli do una pacca sulle spalle ‘Sono felice che hai trasformato la tua passione in un lavoro’ faccio persino un sorriso.
A un certo punto l’aula si fa di colpo silenziosa. L’Emiro Von Grable, seguita dal fratello, entra nella stanza. Tutti gli occhi sono puntati su di lei.
Indossa un lungo abito da sera blu notte, finemente elaborato sulla scollatura e sulle spalle, la parte bassa è aderente fino ai glutei per poi aprirsi a campana. Ancheggiando sensualmente arriva fino la base del palchetto. Aiutata dal fratello sale le scale e si posiziona al centro del palco. Studenti e professori si alzano in piedi e l’Emiro prende la parola.
‘Buonasera adorati studenti. Un’altra settimana si è conclusa e vorrei complimentarvi con voi per l’ottimo andamento che avete avuto.’
Accenna con un gesto un applauso e tutti iniziano a battere le mani. Dopo un minuto torna il silenzio e l’Emiro continua.
‘Prima di lasciarvi alla cena e allo spettacolo del sabato, vorrei presentarvi il professor Pule, abile magizoologo che sostituirà il professor Codavolpe fino al suo ritorno qui a Kairawan. Mi aspetto da tutti che sia accolto con gentilezza e massimo rispetto. Buona cena a tutti!’


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Capitolo 13
*** Parmelia Ghiar ***


Dopo uno scrosciante applauso le tavole iniziano a imbandirsi di ogni tipo di prelibatezza e tutti iniziano a mangiare.
L’ex posto del professor Codavolpe, che occupo, è tra la provocante Parmelia Ghiar, insegnante di Meccanica, e Suor Clotilde Martha Tuccida Osiris, giovane e austera insegnante di Storia della Magia.
L’Emiro è seduto al centro mentre Fabricius e la Signora Ossaforti, per mia fortuna, sono seduti nella parte opposta dell’alto desco.
‘E’ un sollievo averti accanto. Orazio o era malato o con qualche virus, e con lo svitato col pappagallo non so proprio di cosa parlare; con la suora poi neanche a dirlo.’
Parmelia Ghiar era un’affascinante strega dai capelli rosso fuoco; amava indossare cappellini con piume, abiti che mettevano in risalto le sue forme generose, e accessori fatti con le sue stesse mani in laboratorio mentre, lo svitato in questione, era l’insegnante di pozioni Indigo Lamarra, stravagante ed estroso mago dai capelli viola bardato in modo stano e munito di una cartuccia contenente varie provette con pozioni di sua invenzione. Ad accompagnarlo in ogni suo spostamento Bocconotto: un oca con un grazioso basco sul capo.
Vedendo Bocconotto, Belladonna-asticello saltò giù dalle mie spalle per trasformarsi in un oca dalle nere piume. I due cominciarono a starnazzare e rincorrersi per tutta la sala grande.
‘Hai visto che bocconcino il nuovo insegnante di babbanologia? Non mi sorprendo che le mie classi sono diminuite; tutte le ragazze sono passate da lui!’ dice civettuola Parmelia Ghiar indicando un affascinante mago dalla carnagione olivastra, folti capelli ricci e gli occhi verdi ‘Ci ho provato anche io ad essere sincera, abbiamo gli appartamenti vicini al quarto piano. Corpetti, minigonne, profumi orientali; non c’è stato verso. Si chiama Eugenio Marmo, già il cognome è un invito…’ Dice tra rassegnazione e malizia. Poi mi osserva e i suoi occhi verdi tornano a brillare ‘Potresti provarci tu! Magari è questo il problema!’ afferma entusiasta ‘Basta che se ci riesci mi fai una descrizione dettagliata del suo…’
‘Professoressa!’ la interrompo imbarazzato.
‘Parmelia tesoro, chiamami Parmelia. Mi devi scusare ma in questa scuola non si batte chiodo. L’unico interessante è Mesmer, di difesa contro le arti oscure, ma è troppo timido per provarci nonostante gli lanci continuamente languide occhiate. Secondo te, visto che è mezzo gigante, lì sotto è normale o gigante?’
Mi batto la mano sulla fronte. Sarà una lunga cena.
 
Dopo la cena, tutti i ragazzi si alzano in piedi e i tavoli scompaiono lasciando libera la sala.
Sul palco, davanti a noi, salgono alcuni studenti con vari strumenti.
Guidati dalla professoressa di Musica Madiaha Orutu, strega dagli sganciaci abiti africani, i ragazzi iniziano la loro esibizione. Dai loro strumenti, incorporei animali e personaggi azzurri e fluttuanti prendono vita animando la sala.
Dopo lo spettacolo il palco si sgombra e l’Emiro prende la parola.
‘Adesso vi lascio alla vostra festa del sabato sera. Vi ricordo che il coprifuoco è mezzanotte per i ragazzi dei primi quattro anni, e l’una e trenta per il resto degli studenti. I professori responsabili questa settimana saranno la professoressa Gagror, il professor Nasteli e la professoressa Ghiar. Divertitevi e buona serata!’
Prima di uscire dalla sala l’Emiro si avvicina a noi bisbigliando qualcosa all’orecchio della Ghiar ‘Ricordati cara che il divieto di bere alcolici è esteso anche ai docenti’ mi sembra di sentire.
Quando sono fuori dall’aula magna sento i bassi della musica che fan vibrare aria, la festa è già iniziata.
Una immensa statua di Bertrando il Grande, alta più di 10 metri, mi da il benvenuto al quarto piano, piano assolutamente vietato agli studenti.
Apro la mappa che l’Emiro mi ha dato durante il nostro incontro quel pomeriggio e leggo ad alta voce: ‘Omnia mutantur’.
Dalla basamento della statua di Bertrando il Grande, scricchiolando, si aprì una porticina con una scala che portava verso il basso. Con l’aiuto della bacchetta mi faccio luce e scendo le scale. In breve mi ritrovo in una grande e lussuosa sala dorata illuminata da un gran numero di candele.
Sulle poltrone di pelle, a ridosso del camino, alcuni professori, chi con lunghe camicie da notte, chi con dei pesanti pigiami, erano intenti a sorseggiare cioccolata calda mentre su alcune scrivanie poste infondo la sala, piume animate correggevano i compiti. Tavoli da biliardo e tavolini da the erano posti invece sulla parte destra della sala. Tutto intorno, alle pareti, erano appesi i ritratti dei professori, che si erano susseguiti nei quasi 1190 di vita della scuola. Do una rapida occhiata e subito riconosco un broncio familiare.
‘Buonasera zia, contenta di esserti liberata di me per un po?’
Zia Melissa prima di rispondermi cerca di lisciarsi il ciuffo sparato in aria che imperterrito continua a puntare verso l’alto.
‘Ce ne siamo accorte solo all’ora di cena che non c’eri.’ risponde acida.
‘Domani uso la metropolvere per tornare a casa. Bacioni’
Con una faccia disgustata Melissa sparisce dalla cornice del suo quadro senza dire una parola.
Esco dalla sala e mi ritrovo in un lungo corridoio con, sia a destra che a sinistra, stanze numerate.
Raggiungo la 7, quella che ho segnata nella pergamena, e, con una chiave che nell’impugnatura ha inciso gatto intento a leccarsi una zampa, apro la porta.
L’appartamento è ampio è luminoso e profuma di limone e rosmarino.
Faccio un breve giro per vedere com’è il mini appartamento. Ovviamente, essendo una stanza magica costruita sui miei gusti, mi piace.
Dopo una rapida doccia decido che è meglio finirla questa stranissima giornata ed esausto crollo. 


 

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Capitolo 14
*** Sogni e Visioni ***


Mi tuffo dal molo e, grazie all’aiuto dell’algabranchia, scendo in profondità. In poco tempo gli ippocampi mi circondano facendomi festa. Il piccolo Crio, che era un po’ più grande dell’ultima volta che c’eravamo visti, felice mi nuota intorno. Mentre sono impegnato a giocare con lui una voce gentile attira la mia attenzione.
‘Bentornato Jeremiah, ci sei mancato!’
Se fosse stato possibile, Rodon mi sembrava ancora più bello dal nostro ultimo incontro. Ripenso a quando mi sovrastava e le nostre labbra quasi si sfioravano e mi avvampa il viso.
‘Ciao Rodon, mi sei mancato anche tu. Anche voi volevo dire, mi siete mancati anche voi!’ impacciato mi avvicino per toccargli la spalla destra.
Nello stesso momento si avvicina anche lui e finiamo per essere troppo vicini.
Mi perdo nei suoi occhi azzurri e senza rendermene conto mi avvicino ulteriormente. Ormai i nostri corpi si toccano e, come spinto da una forza invisibile, avvicino le mie labbra alle sue. Quando stanno ormai per toccarsi, colto da un momento di lucidità, sposto di lato il viso ma ormai è troppo tardi.
Rodon mi cinge con le sue potenti braccia e mi lecca la guancia.
All’inizio lo trovo piacevole, poi il piacevole lascia spazio al disgusto.
 
Apro gli occhi e quel che mi trovo davanti non è affatto piacevole. La viscida lingua di un’enorme mucca nera è a pochi centimetri dal mio viso. Scatto schifato lontano da quella bestiaccia mentre con le mani cerco di togliermi quanto più bava possibile dalla guancia.
‘Ma dimmi tu come ti viene in mente di trasformarti in una mucca e di svegliarmi in questo modo?!’ chiedo severo a Belladonna.
La mucca fa una faccia triste, si gira su se stessa mostrandomi il sederone nero e, afflitta, poggia il muso alla parete, pentita. Questa scena mi fa una tenerezza così grande che corro giù dal letto per abbracciare Belladonna cercando di farmi perdonare.
Quando metto piede a terra il grande e pesante lampadario di cristallo cade rumorosamente sopra il letto. Milioni di piccolissime schegge affilate si spargono nella stanza. Cercando di limitare le ferite mi copro la testa con le braccia. Un attimo dopo mi accorgo che non sono stato colpito da nessuna scheggia. Guardo verso il letto e mi accorgo che un grosso Graphorn nero, famosi per la pelle dura e resistente a qualsiasi attacco ed incantesimo, mi ha protetto, e, grato, abbraccio Belladonna che si trasforma in un canarino per poggiarsi sulla mia spalla.
Riconoscendo che si tratta di un incantesimo di manomissione subito chiamo Schifo.
Al solo nominare il suo nome, Schifo si materializza nel mio appartamento.
‘Che piacere rivedere Padrone, in cosa può essere utile Schifo Padrone?’ decanta come ogni volta.
Per un secondo mi sfiora l’idea che Schifo possa essere coinvolto in questo incidente ma subito dopo abbandono l’idea. E’ impensabile che un elfo domestico si ribelli al suo padrone in modo così violento e poi, perché proprio qui? E perché adesso che stiamo iniziando ad avere rapporti civili?
‘Buongiorno Schifo. Ho bisogno del tuo aiuto!’
 
In un secondo siamo davanti la parete dove si trova l’ufficio dell’Emiro.
Sto per offrire il sacrificio di sangue strisciando la mano sulla parete quando Schifo mi blocca.
‘Schifo offre sangue invece che Padrone’
E prima che io posso fermarlo da una testata violentissima al muro aprendosi una ferita sopra l’occhio.
La porta compare e apro senza bussare.
L’ufficio dell’Emiro è avvolto nel buio. ‘Emiro Von Grable sono Jeremiah Pule, ho bisogno di parlarle.’.
Dopo un minuto d’attesa Dahlia Von Grable, seguita da Woland, appare da dietro un angolo.
Schivo vedendo lo scuropterus si arrampica spaventato sulle mie spalle mentre Belladonna, cercando di difendere l’amico, si trasforma in un assiolo faccia bianca di Temmirinck, uccello alto meno di 20 cm, che per spaventare i predatori gonfia il piumaggio e allarga le ali. Giuro di aver visto un sorriso sulle labbra dell’Emiro alla vista di quella buffa palla di piume.
Io invece, nonostante la paradossale scenetta di cui sono protagonista, sono completamente distratto da Dahlia Von Grable.
Il completo intimo che la donna indossava era scarlatto come le sue labbra; il reggicalze sulla zona addominale era rosso con decorazioni in pizzo nero, le calze autoreggenti trasparenti terminano ai piedi con un paio di scarpe col tacco nere con piume nere e lucide sull’estremità.
A ‘coprire’ il tutto una vestaglia di tulle nero con decorazioni ai bordi.
Rimango a bocca aperta.
‘Hai fatto irruzione nel mio ufficio solo per guardarmi il seno?’ chiede l’Emiro con tono pacato.
‘Io? No. Ehm…’ farfuglio confuso.

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Capitolo 15
*** Biscotti e Schegge ***


Una volta ripreso e spiegato dell’incidente, Dahlia Von Grable, dopo essersi tolta la vestaglia, con un colpo di bacchetta materializza, sopra il suo sexy intimo, un vestito monospalla nero, smanicato e lungo fino a sotto il ginocchio.
Prende poi la vestaglia per trasformarla in un leggero mantello di tulle nero.
Usciamo dall’ufficio e velocemente ci dirigiamo verso il quarto piano. Con la bacchetta davanti a lei l’Emiro chiude tutte le tende alle finestre al suo passaggio mentre il mantello le svolazza leggero ad ogni passo.
‘Avere la pelle come la porcellana comporta alcuni sacrifici.’ mi dice in tono sereno.
Quando apriamo la porta del mio appartamento, l’Emiro, roteando la bacchetta, chiude tutte le tende, lasciano la stanza completamente al buio.
E’ allora che emette una specie di canto, soave e delicato.
Una figura viola incorporea ma dall’aspetto umanoide entra dalla porta, trapassandomi, e si avvicina verso il tavolo della cucina, afferra un barattolo sulla credenza, e dopo alcuni minuti, lo rimette al suo posto. Sale le scale del soppalco e si avvicina verso il letto, con un gesto della mano esce dalla veste un’oggetto lungo e sottile, una bacchetta, e la punta verso il lampadario poi, tornando sui passi, esce dalla stanza e chiude la porta.
Dahlia Von Grable finisce il suo canto e, con un colpo di bacchetta, accende le candele della stanza.
‘Purtroppo i miei poteri in questo momento sono deboli ma abbiamo visto abbastanza.’ dice più pallida, se è possibile, del solito.
‘Accio barattolo!’ dice poi.
‘Questi biscotti saranno sicuramente avvelenati, li porto a Indigo per farli analizzare. A quanto pare qualcuno non è contento del tuo ritorno a Kairawan.' afferma seria.
'Nessuno può fare una cosa simile nella mia scuola, andremo affondo a questa faccenda!' aggiunge uscendo dalla stanza seguita da Woland.
Schifo, rassicurato, smonta dalle mie spalle e mi si posiziona vicino.
Che fare adesso?
Approfittando della domenica decido, ancora turbato, di tornare a casa.
Grazie a Schifo, con Belladonna-topolino nella tasca, in un attimo siamo a Villa Flora.
Quando atterriamo nel giardino Belladonna esce dalla mia tasca e, trasformato in cavallo, galoppa per la riserva.
Entro nella villa e subito vengo accolto da zia Mirtilla.
‘Teroro! Come stai? Hai mangiato bene? Hai avuto freddo? Ti hanno trattato bene?’
‘Zia… manco solo da un giorno. Che mi poteva succedere?’ dico omettendo il tentato omicidio.
‘Comunque adesso scusami ma devo preparare le lezioni.’ dico attraversando il corridoio ed entrando nel mio studio.
‘Quando avrai fame vieni in cucina che ho preparato dei biscotti’ le sento dire oltre la porta.
Lo studio era una stanza a forma ottagonale con libri e ritratti dei miei predecessori alle pareti. Una grande scrivania con tre sontuose poltrone di pelle, due da un lato e una dall’altro, occupava la parte destra mentre un secondo tavolo a mezzaluna in marmo nero con 78 scanalature decorate in oro, il tavolo della cartomanzia di nonno Marino, si trovava accanto il camino nella parte sinistra.
‘Bisnonno, nonno, zio Giglio buongiorno!’
I ritratti dei vecchi guardiani del Villaggio Ippocampo mi sorridono amabilmente.
Mi dirigo verso la scrivania e con un colpo di bacchetta sblocco un cassetto dalla quale estraggo un piccolo sacchetto nero con decorazioni lucide e una cordoncino viola.
Sciolgo il nodo e dal sacchetto estraggo un piccolo pendolino di agata corniola rossa.
Mi siedo nella scrivania e con un colpo di bacchetta chiudo la pesante tenda dell’unica finestra della stanza.
‘Le candele!’ dice il ritratto di Marino Deti in un sussurro.
Già, le candele!
Con un incantesimo accendo le candele della stanza.
‘Vediamo se riesco a capirne qualcosa’ penso.
Chiudo gli occhi e mi concentro cercando di accumulare energia.
Un vento muove i fogli della scrivania senza però far vacillare le fiamme delle candele.
Afferro la catenina lasciando il pendolino oscillare sopra il tavolo.
Quando finisce di vibrare faccio la prima domanda ‘C’è qualcuno che attenta alla mia vita?’.
Il pendolino subito inizia a oscillare. E’ un si.
‘E’ qualcuno che conosco?’
Dopo solo un istante il pendolino oscilla, un altro si.
‘Questa persona ha rancori per il passato?’
L’ennesimo si.
Quando sto per fare la quarta domanda la finestra della stanza esplode in un boato.
Per la seconda volta nel giro di qualche ora, una pioggia di schegge cade verso di me, stavolta ferendomi le braccia.
Sento l’orologio che segna le persone presenti a Villa Flora ticchettare e per una frazione di secondo riesco a vedere la nuova lancetta che è apparsa per poi subito sparisce.
Non ho dubbio sulle iniziali.
P.G.

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Capitolo 16
*** Famiglia e Protezione ***


Quella pazza di mia nonna è tornata e vuole uccidermi. Torno a Kairawan, venite li!
 
E’ questo il messaggio che lego alla zampa delle due gazze ladre che poi faccio volare verso i rispettivi destinatari: Merlino e Zaafira.
Con un incantesimo riparatore rimetto in sesto la stanza e raccolgo il ritratto di Gregorio Deti che era caduto durante l’esplosione.
Il mio bisnonno mi guarda sconsolato prima di dire ‘Tieni al sicuro il Villaggio Ippocampo, chiedi aiuto ai Maridi!’.
Esco dallo studio e, prima di recarmi verso la scogliera, attraverso la biblioteca e mi ritrovo nella Sala Rosa, una stanza con le pareti completamente rosa, tavoli da thè, divani e i ritratti delle donne di famiglia, voluta dalla mia bisnonna Flora per passare del tempo insieme alle amiche.
Nella stanza trovo mia madre e Zia Mirtilla intente a mangiare biscotti e bere una tisana.
‘Mamma, zia, ho bisogno di aiuto. Dobbiamo proteggere il Villaggio. Sapete cosa fate.’
Usciamo dalla stanza e mentre Zia Mirtilla sale al piano di sopra dove, accendendo delle candele magiche, recita incantesimi di protezione, io e mia madre entriamo nel bosco.
Mimosa Deti si ferma e si concentra, poi, usando la forza della natura, emana un verso, uno stridio che in poco tempo attira a se i cigni del libeccio della riserva.
Io continuo e nel bosco incontro Zia Melissa intenta a curare una pianta carnivora. Si limita a guardarmi con occhi torvi senza dire una parola.
Dopo aver preso l’algabranchia mi butto in mare e scendo verso la profondità.
Quando mi vedono gli ippocampi mi fanno una gran festa, soprattutto Crio che è cresciuto molto dalla mia ultima visita.
Scendo ancora e finalmente vedo Rodon, bello come il sole, accompagnato da una bellissima sirena.
Sento qualcosa al cuore. Un dolore, una delusione crescente mi pervade.
Con esitazione mi avvicino comunque.
‘Ciao Rodon’ dico attirando la sua attenzione.
Vedendomi il suo viso si illumina in un sorriso mentre la sirena si rifugia dietro uno scoglio.
‘Jeremiah che piacere vederti.’ dice avvicinandomi e toccandomi la spalla ‘Stavo giusto parlando di te con mia sorella.’
Indica la sirena della quale si intravedono solo i brillanti occhi verdi e i, fluttuanti, capelli biondi.
‘Vieni qui Galathea, lui è il custode.’ la incita Rodon.
Timidamente la sirena si avvicina a me.
Al contrario del fratello ha la coda color giada e la pelle estremamente pallida. La corporatura è atletica e i seni sono alti e sodi. Ringrazio il cielo di non essere in compagnia di Zaafira ma soprattutto di Merlino che, diverse volte, aveva tentato di rimorchiare una sirena.
‘Molto piacere Galathea, io sono Jeremiah.’ dico sorridente. Improvvisamente provo una particolare simpatia per questa sirena e il dolore che sentivo prima sembra completamente svanito.
Galathea si avvicina a me e delicatamente poggia una mano sulla mia spalla.
‘Sei il primo umano che vedo.’ mi confessa imbarazzata. La sua voce è limpida e cristallina, caratteristica comune delle sirene.
‘Abbiamo un urgente comunicazione da darti’ dice Rodon mettendosi in mezzo a noi.
‘Gli Ittiocentauri vedono un pericolo sempre più vicino!’ conclude in tono serio.
‘Aspetta; ci sono ittiocenaturi qui nella riserva?’ chiedo stupito.
Gli ittiocentauri sono creature estremamente sagge e schive che vivono nelle profondità dei mari. Solitamente pacifici sono però nemici naturali dei Merrow che, in passato, li hanno quasi sterminati durante le continue guerre per il dominio del territorio.
‘Il pericolo è già arrivato,’ dico riprendendomi dalla notizia che darà ancor più prestigio alla mia riserva ‘sono venuto infatti a chiedere il vostro aiuto. Ho bisogno che usiate la vostra magia per proteggere la mia famiglia e tutti gli animali e le piante che vivono nel Villaggio mentre io cerco di portare il nemico che ci minaccia lontano da qui.’.
Subito Rodon e Galathea scendono in profondità mentre io risalgo in superficie.
Noto subito che i cigni, con le piume gonfie, volano attorno al perimetro del Villaggio Ippocampo, lasciando dietro di loro una scia di vento violento.
Quando arrivo alla villa le tre sorelle Deti sono schierate davanti il portone d’ingresso.
‘Quest’anno è stato già abbastanza orribile, non voglio che qualcuno ci rovini anche lo Yule!’ dice mia madre stringendo forte la bacchetta.
‘Anche se potrebbe essere un idea per non far venire Mancinella quest’anno…’ riflette Zia Melissa.
‘Ohhh Melissa, ma che dici?! La Congrega si riunirà comunque’ sbotta Zia Mirtilla.
La Congrega alla quale apparteniamo era potente di origini antiche. Ogni membro doveva avere sangue legato alla famiglia Deti. A diciassette anni si poteva fare domanda e, il consiglio, capitanato dalla strega suprema, chiamata Regina, si riuniva e, per votazione, decideva se accettare o no il candidato. Da molti anni la Congrega si riuniva a Villa Flora ed era un’occasione per incontrare parenti lontanissimi che durante gli otto Sabbat venivano da ogni dove.
Ogni membro della Congrega aveva garantito l’aiuto e la fedeltà degli altri membri, riceveva un grimorio chiamato VBINXVIA con inciso il nostro simbolo e antiche magie scritte da nostri discendenti.
Prima di sparire nella villa in lontananza vedo i maridi salire in superficie lanciando, attraverso le loro armi, incantesimi di protezione dal colore azzurro. È uno spettacolo fantastico.
Ora sono sicuro che la riserva è davvero al sicuro anche se il vero pericolo è che le tre sorelle si ammazzino tra di loro.

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Capitolo 17
*** Ritorno a Kairawan ***


Dopo aver salutato le donne di casa ritorno a Kairawan grazie alla metropolvere.
Mi materializzo nella sala professori semi vuota.
Mentre sto per uscire dalla stanza per recarmi nell’ufficio dell’Emiro una donna molto sensuale con un tipico vestito gitano si avvicina a me.
‘Jeremiah, sapevo che saresti arrivato, sono Brona del Rio, insegnante di divinazione.’
Brona era davvero una bellissima ragazza. Aveva dei lunghi capelli ondulati neri che le cadevano sulle spalle, labbra grandi e carnose e penetranti occhi color miele. Indossava una lunga gonna rossa con sopra una cintura con monete dorate, un corpetto nero con lunghe e large maniche che le lasciava scoperta la pancia piatta, e varie collane con diversi simboli che le poggiavano sull’abbondante seno, riconosco il simbolo Ouroboros, quello dei Doni della Morte e La Mano di Fatima ma non mi soffermo a guardare oltre per non fare la figura del maniaco. Alle braccia e alle orecchie braccialetti e orecchini tintinnavano a ogni suo movimento.
Con una professoressa del genere sono sicuro che Merlino avrebbe sicuramente scelto di seguire Divinazione rispetto alle lezioni di Cassandra Delfina, anziana strega, che adoravo, con dei corti capelli rosso fuoco, che amava indossare lunghi abiti neri che abbinava a sobri cappellini e pesante trucco agli occhi. Zaafira non perdeva mai occasione di ripetere che assomigliasse in maniera impressionante a una certa Orietta Berti.
‘Molto piacere!’ dico stringendole la mano.
Anche se in questo momento, visti gli ultimi avvenimenti, non so di chi posso o non posso fidarmi, quella ragazza così solare davanti a me mi ispira subito fiducia.
Quando le nostre mani si toccano i suoi occhi color miele diventano improvvisamente bianchi e porta indietro la testa.
‘Lo sapevo. Sei un Fortuno! Venitemi a trovare quando vuoi, il mio carro è vicino il bosco. Tranquillo. Di me ti puoi fidare.’ cosi dicendo, in uno scampanellio generale, esce dalla stanza per sparire nei corridoi.
Mentre attraverso i corridoi vedo vari studenti intenti ad oziare nei corridoi o a passeggiare nei giardini della scuola godendosi quella mattina di sole.
Intravedo anche Fabricius mentre parla con alcune ragazze di primo anno. Se non avessi ricevuto la conferma della sua innocenza pochi minuti prima, avrei sospettato sicuramente di lui.
Distratto da questo pensiero non mi accorgo della strega che viene verso di me. L’impatto non è violento ma abbastanza da far cadere una colonna di fogli che si sparpagliano per tutto il corridoio. Mentre l’aiuto a raccogliere i fogli riconosco la strega.
‘Orphenia perdonami, ero distratto.’
‘Tranquillo,’ dice lei sistemandosi gli occhiali in modo sgraziato ‘anche io avevo la testa tra le nuvole. Devo preparare degli schemi per gli allenamenti di quidditch per la partita prima delle vacanze di Natale e, ad essere sincera,’ dice avvicinandosi al mio orecchio ‘non sono molto brava.’
‘Non dirlo a me, io odio il quidditch!’
Mi chiedo come possano aver affidato a una ragazza, all’apparenza, così goffa, il compito di allenatrice di quidditch.
Mentre sistemo i fogli mi ritrovo tra le mani una fotografia in bianco e nero di due bambine, una un po più grande dell’altra, dalle facce tristi. Sono molto simili e intuisco che sia una vecchia foto di Orphenia.
‘Sei tu da bambina?’ chiedo curioso.
Con un rapido gesto Orphenia mi strappa di mano la fotografia.
Finendo di raccogliere gli ultimi fogli scappa via borbottandomi delle scusa.
‘Tutti pazzi sono in questa scuola’ dico sconsolato rivolto a un dipinto equestre.
Quando arrivo davanti l’ufficio dell’Emiro sto per offrire il solito sacrificio quando la porta compare davanti a me. Sorpreso afferro la maniglia ma mi accorgo che, velocemente, la porta si apre nella mia direzione. Non faccio in tempo a spostarmi che un violento colpo di porta mi arriva dritto sul naso. Rimango incastrato tra la porta e la parete. Sento l’Emiro, dentro la stanza parlare.
‘Non possiamo continuare così, io sto finendo le energie. Dobbiamo tornare a casa, dobbiamo tornare dai bambini.’
‘Dahlia ormai manca poco alle vacanze. Resisti. Resisti’
Riconosco la voce calma e sibilante di Anders Von Grable.
‘Inoltre adesso hai altro a cui pensare. C’è il professor Pule che sanguina dietro la porta che ha sicuramente bisogno di te. Signor Pule. Dahlia cara.’ dice congedandosi e, con passo elegante, sparendo nel corridoio.
Essendo stato ormai scoperto esco dal mio, involontario, nascondiglio ed entro nella stanza. L’Emiro si trova seduta dietro la sua cattedra. Indossa un abito nero a maniche lunghe con un grande scollo a cuore e degli occhiali scuri.
Nonostante sia sempre bellissima si avverte che è stanca e anche il suo sorriso sembra un po più spento.
Woland è ai piedi della scrivania accucciato con un grasso, orribile, gatto, che dorme. Sentendo l’odore del sangue che continua a scendermi copioso dal naso si mette sull’attenti e si avvicina minaccioso verso di me.
‘Woland torna subito qui!’ dice l’Emiro severa.
Controvoglia Woland ascolta l’ordine della sua padrona e si accuccia sotto la scrivania.
‘Jeremiah caro, permetti?’
Con un incantesimo sento il flusso di sangue interrompersi e il dolore sparire,
Seguendo l’Emiro mi accomodo davanti la scrivania stando attento a tenere le gambe ben distanti da Woland.
‘Ho parlato con Indigo e purtroppo era come temevo. Qualcuno ha avvelenato i biscotti e manomesso il lampadario. Ma non abbiamo idea di chi sia. Tu hai dei sospetti?’

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Capitolo 18
*** Sospetti ***


Sto per rispondere quando una ragazza dal volto familiare, spunta da una porta a destra della scrivania. Riconosco subito Eudora Leila Boine, di un anno più piccola di me e vecchia fiamma di Merlino durante il periodo scolastico.
Eudora è una ragazza molto bella con lucidi capelli lisci e castani, occhi vivi e azzurrissimi e bocca carnosa. La pelle era rosea con alcune lentiggini sul naso e un neo appena sopra il labbro. Indossava un mini abito nero che le lasciava scoperte le lunghe gambe e un pellicciotto nero. Al collo teneva un nastrino nero legato a mo’ di fiocco; da quanto mi ricordo solo a una festa in piscina l’avevo vista senza nastrino al collo che ora ormai un suo simbolo.
‘Jeremiah tesoro. Che piacere vederti!’ dice abbracciandomi.
‘Eudora sei sempre più bella.’
Grazie alla sua relazione con Merlino e alla sua amicizia con Zaafira, Eudora si poteva definire come un quarto membro del gruppo dei Pavoni.
Dai fogli che porge all’Emiro e dalla direzione da dove era spuntata capisco che la ragazza è la nuova addetta alla segreteria di Kairawan.
‘La signora Osseforti mi ha detto che la mano d’oro di Herman Spiro, il ragazzo dell’incidente ad alchimia, non è ancora guarita. E poi sono arrivati Zaafira Ayari e Merlino De Pasci che vogliono incontrare il signor Pule’
Nel nominare Merlino vedo i suoi occhi brillare.
‘Di a Nunzia che nel pomeriggio andrò a trovare il ragazzo e fai entrare la signora Ayari e il signor De Pasci; penso che dobbiamo parlare di una questione comune.’
Eudora si congeda e sparisce dalla porta da cui era entrata.
Pochi minuti dopo la grande porta dell’ufficio si apre rivelando due persone che conosco sin troppo bene.
‘Per Morgana che male!’
‘E non ti lamentare sempre Merlino!’
‘Facile parlare quando sono io quello che sanguina.’
‘E cosa vuoi? Ho appena fatto il french alle unghie, non potevo rovinarmi le mani.’
I due amici battibeccando attraversano il corridoio e si dirigono verso di noi.
‘Bentornati a Kairawan, accomodatevi pure.’ Con un gesto fluido della bacchetta fa comparire un’altra poltrona accanto a quella dove sono seduto.
‘Emiro Von Grable vedere donne così belle è sempre un piacere per gli occhi’ dice Merlino piacione esibendosi in un ostentato baciamano.
Zaafira invece si fionda su Woland che vedendo arrivare i nuovi ospiti era uscito da sotto la scrivania.
‘Ma chi è questo cucciolone?’ dice Zaafira con voce idiota accarezzando Woland che si era buttato a pancia in su.
Io e Merlino la guardiamo con faccia schifata.
Al contrario mio che non sopportavo solo quel tipo di scuropterus e amo qualsiasi altro tipo di animale per Merlino la storia è un po diversa. Odia i ragni, ha paura dei serpenti, mal tollera gli uccelli e cerca di tenersi a distanza da qualsiasi altro tipo di animali. Inutile dire che dal terzo anno evitò senz'ombra di dubbio cura delle creature magiche scegliendo invece meccanica, mineralogia, musica e alchimia.
Quando Zaafira finisce di coccolare Woland e tutti ci accomodiamo racconto brevemente la storia ai miei amici. Racconto poi dell’attacco alla villa e delle iniziali che ero riuscito a vedere.
L’Emiro sembra molto preoccupata.
‘Mi sembra improbabile che Patricia Gotha si sia potuto introdurre a scuola superando ogni ostacolo senza che nessuno la fermasse e se la persona che ti ha attaccato nella villa è la stessa che ha manomesso il lampadario e avvelenato i biscotti nel tuo appartamento allora deduco che non si tratti di tua nonna. C’è solo una persona che condivide le stesse iniziali, ma mi sembra impossibile.’
‘Parmelia Ghiar’ diciamo in coro io, Merlino e Zaafira.
Ci guardiamo tutti increduli.
Da quando la conosco la professoressa Ghiar aveva mostrato solo interesse per gli uomini e gli apparecchi, come giratempo e ali meccaniche, ed era stata sempre gentile e disponibile con me, sia nelle vesti di alunno che in quelle di insegnante, non vedevo proprio il motivo per cui doveva avercela con me.
‘Conosco Parmelia da più di vent’anni e non la vedo capace di cose di questo genere’ dice l’Emiro condividendo il mio pensiero ‘ma comunque parlerò con lei e scoprirò se in qualche modo è coinvolta.’
L’Emiro si alza, è provata e stanca e per una frazione di secondo sembra vacillare.
‘Se non avete altri impegni vorrei invitarvi a fermarvi per il pranzo. In questo clima non proprio sereno fa sempre comodo avere un Auror valoroso come il signor De Pasci tra noi’ Merlino gongola ‘e tu, Zaafira, sei bellissima, sicuramente riuscirò a convincerti a rivelarmi qualche tuo segreto di bellezza.’ Dice accarezzandole delicatamente il volto.
Merlino in realtà faceva parte delle sezione scientifica degli Auror, si occupava dei rilievi nelle scene del crimine e degli studi in laboratorio delle prove.
‘Eudora cara, accompagna i nostri ospiti per favore, avranno molto di cui parlare.’
Eudora entra nella stanza lanciando una languida occhiata a Merlino.
Mi accorgo che il volto del mio amico si tinge immediatamente di rosso.
‘Zaafira!’ dice entusiasta abbracciandola ‘Era una vita che non ti vedevo, come stai bellissima?’.
‘Eudora: l’unica ragazza alla quale ingrossano solo le tette. Ti odierò per sempre per questo’ dice scherzando Zaafira ricambiando l’abbraccio.
‘Merlino’ dice poi con voce ammaliante.
‘Eudora ti trovo bene’ riesce a dire Merlino imbarazzato.

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Capitolo 19
*** Vecchi Rancori ***


‘MA CHE PORCHE!!!’ urla Merlino appena usciti dall’ufficio dell’Emiro.
‘Dahlia, Eudora e non voglio immaginare come sarà diventata la professoressa Ghiar’ continua entusiasta.
‘Merlino ti prego…’ dico guardando il soffitto.
‘Stavolta ha ragione però’ dice Zaafira battendogli il cinque ‘Tutte belle e tettone in questa scuola. I professori di incantesimi e pozioni sono rimasti uguali? Devo sapere se c’è il loro zampino. Non può essere che da quando sono uscita a Kairawan regalano tette.’ Dice Zaafira toccandosi il seno.
‘La smetti anche tu per favore? Comunque i professori sono quasi tutti gli stessi, è cambiato solo astronomia e astrologia, volo, babbanologia, che tu Zaafira sicuramente apprezzerai, e divinazione.’
‘Chi era l’insegnante di astronomia?’
‘Se n’è andata Orietta Berti??? E chi la sostituisce?’
‘Lo scoprirete presto!’
Arrivati in Aula Magna noto subito che accanto a me sono stato aggiunti altri due posti nell’alto desco. Tutti i posti hanno una grossa rosa nera fluttuante con un grande fiocco dorato sopra il piatto. Questo è il massimo che l’Emiro concede come decorazione natalizia.
Vedendoci arrivare Fabricius si avvicina subito a noi allegro, la nostra reazione non è proprio delle più accoglienti.
‘Addirittura tutti ve tre riuniti, i Pavoni insieme, cosa volete fare? Altri scherzi?’
‘Fabricius ricordi la volta in cui ho trasformato la tua testa in un piccolo giardino? So farlo ancora quindi non mi scocciare.’ risponde secca Zaafira.
‘Ciao.’ taglia invece corto Merlino sedendosi nel posto a lui assegnato.
Fabricius capendo che non era gradito si allontana deluso.
‘Ragazzi, ma è modo? Non ero io quello che trattava male Fabricius?’ dico rivolto ai miei amici.
‘Amico hai visto Eudora vero? Hai visto quant’è bella? Hai visto che culo che ha? E ti ricordi per colpa di chi ci siamo lasciati?’ mi risponde Merlino.
Ricordo che effettivamente l’epoca Fabricius aveva diffuso alcune voci diffamanti riguardo Merlino e Eudora, che era gelosissima, lo aveva lasciato.
‘Forse hai ragione ad essere seccato, tu invece che motivo hai?’ chiedo a Zaafira.
‘Balazas lo sai che non mi piace, se la tira manco fosse Chiara Ferragni mentre invece non è nessuno.’
‘E questa Chiara Ferragli esattamente chi è? Parente dello sportivo?’
‘Oh mamma saura!’ esclama Merlino guardando l’ingresso.
‘Porca miseria!’ lo segue Zaafira.
Quando mi volto capisco il motivo di queste esclamazioni.
Parmelia Ghiar e Eugenio Marmo stanno attraversando l’Aula Magna per raggiungere l’alto desco; anche molti degli alunni della scuola si sono fermati ad osservarli.
‘Mamma saura che milf che è…’ commenta Merlino a bocca aperta.
‘Amico per la tua sicurezza ti consiglio di cambiare posto, se è vero che la Ghiar è pericolosa è meglio che un auror addestrato come me sia pronto a fermarla.’
Così dicendo scaraventa la mia rosa dal mio piatto al suo e con un rapido movimento cambia posto.
‘Non sei neanche un vero auror…’ mi lamento sottovoce.
Il pranzo procede senza intoppi nonostante le diverse occhiate che, alcuni studenti curiosi, lanciano ai miei amici; ma sembro essere l’unico ad accorgersene perchè, mentre Zaafira non è impegnata ad abbuffarsi, Merlino, è troppo occupato a fare il piacione con la professoressa Ghiar che sorride, civettuola, a ogni sua battuta.
Dopo che Zaafira ha fatto il bis del dolce ci alziamo per uscire fuori dal castello ma mentre attraversiamo la stanza, in prossimità della tavolata degli studenti del terzo e del quarto anno, la mia amica si blocca di colpo.
‘Che succede? Ci hai ripensato e vuoi ancora crema allegra?’ chiede Merlino.
‘Finalmente! Io no, ma qui c’è qualcuno che ci spera ad essere presto molto allegro; vero ragazzi?’ così dicendo poggia le mani sulle spalle di due ragazzi che ci danno le spalle.
I ragazzi sobbalzano e subito si voltano, uno, carnagione chiara, capelli biondi e riccissimi, lo riconosco subito, è Artemis Fiotto, il ragazzo che ha rischiato di diventare un tapiro mentre l’altro, carnagione olivastra, spesse sopracciglia e occhioni gialli, capisco chi è solo quando si gira completamente; non è una cosa così comune avere una mano d’oro, si tratta sicuramente di Herman Spiro.
‘Cosa, che succede?’ chiede il biondo balbettando agitato.
‘Ciao Riccioli d’oro, posso vedere cosa hai dentro la borsa?’ chiede Zaafira con un sorrisetto che non so decifrare.
‘Ma cosa sta facendo?’ chiedo a Merlino.
‘Non lo so amico, Zaafi è troppo strana, riesce ancora a farmi paura.’ risponde Merlino facendo spallucce.
‘Ma chi è lei?’ chiede coraggioso il moro.
‘Sono l’addetta agli oggetti proibiti di Kairawan e adesso, cortesemente, la borsa.’ mente Zaafira.
Titubante il biondo svuota la borsa riversando sul tavolo libri, piume e alcune api frizzole.
‘Mi prendi in giro? La riconosco una borsa di zaguto quando ne vedo una, non sai quante cose proibite portavo qui a scuola. Revelio’ dice Zaafira dando un colpo di bacchetta alla borsa.
‘Beccati!’
 

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Capitolo 20
*** Perigoria Antica ***


‘E bravi ragazzi!’ dice Merlino compiaciuto, ‘Siete dei buongustai.’.
Mi sporgo per vedere cosa sta tenendo in mano Zaafira e subito capisco il motivo perché improvvisamente il volto dei due ragazzi si è tinto di rosso.
‘Shirley Temple, un consiglio: siamo in una scuola di maghi e alcuni, lo sai, hanno poteri più sviluppati di altri. Non puoi pensare per tutto il tempo alle tette che vedrai dopo pranzo. Non è corretto. Mi hai disturbato.’ Spiega Zaafira con tono apprensivo sventolando, non troppo velatamente, una copia di Playwizard davanti ai ragazzi.
‘Questo è sequestrato.’ dice Merlino strappando dalle mani la rivista a Zaafira ‘Ed è meglio per voi che non ci siano pagine incollate!’
I miei amici si allontanano lasciando i ragazzi ancora rossi per l’imbarazzo.
‘Anche tu però, con quella mano d’oro, cosa speravi di riuscire a fare…’ dico rivolto a Herman prima di raggiungerli.
‘Bella mossa principessa mia!’ dice Merlino abbracciando e dando un bacio nella fronte a Zaafira.
‘Siete terribili!’ commento sorridendo.
‘Solito posto?’ propone Zaafira.
 
Il nostro ‘solito posto’ era una stanza abbandonata del castello, che avevamo ribattezzato Perigoria Antica, per via dei numerosi affreschi riguardanti questa magica regione protetta ai babbani.
Nonostante fosse in parte abitata Perigoria nascondeva ancora mille segreti e, dalle storie e le poesie, scritte in un linguaggio incomprensibile, che gli affreschi raccontavano, noi ci consideravamo esperti ormai di questo luogo.
Andiamo al secondo piano, lo attraversiamo tutto e ci fermiamo davanti al ritratto imbronciato di Pierina de' Bugatis, una giovane strega lombarda che venne bruciata al rogo nel 1390.
‘Ciao Pierina, ti ricordi di noi?’ dice Merlino in tono allegro.
‘Nessuno dopo di voi è più venuto a farmi visita. Bentornati Pavoni, volete entrare?’ dice il ritratto tornando a sorridere.
Tiriamo fuori le bacchette e, in contemporanea, tocchiamo dei simboli in rilievo sulla cornice del ritratto di Pierina. Prima una cascata, in basso a destra, ci spostiamo in alto per toccare due figure femminili che tengono una falce, poi al centro a sinistra per toccare un burbutto, un animale simile a un gufo ma con delle grandi orecchie da volpe, e poi nell’angolo in basso a destra dove tocchiamo un omino seduto su una roccia; il Pinkolo. Dopo di che diciamo insieme ‘Per i Canti Revinvanti di Perigoria!’. Con uno scricchiolio meccanico i mattoni di pietra si spostano lasciando libero un passaggio davanti al ritratto di Pierina. Illuminiamo le nostre bacchette ed emozionati lo attraversiamo.
Finito lo stretto corridoio ci ritroviamo davanti un pesante tendaggio rosso; sentiamo le pietre richiudersi dentro di noi.
‘Come sempre, a te l’onore.’ dico rivolto a Zaafira.
‘Chissà se sarà ancora la stessa di quando l’abbiamo lasciata…’ dice prima di spostare la tenda con un gesto secco.
Rimaniamo in silenzio per ammirare uno spettacolo che ci era stato per tanti anni famigliare ma che riusciva sempre a sorprenderci.
Ci ritroviamo in un’enorme stanza circolare con un oculo centrale, simile per struttura al Pantheon.
Gli enormi affreschi alla pareti, animati e colorati, raccontano le storie, le leggende e i segreti di Perigoria.
Era il nostro terzo anno quando trovai, in un vecchio quaderno di mia zia Mancinella, le indicazioni per accedere in questa stanza segreta. Ci vollero mesi per scoprirne la posizione. Alla fine, in un piccolo libro sulla storia della scuola trovammo informazioni su una stanza, al secondo piano, dove aveva sede un corso di Poesie Perigoriane. Chiuso il corso la stanza venne abbandonata per essere riaperta da noi anni dopo.
Ci avviciniamo al centro della stanza, sotto l’oculo dove, sorretto da un sontuoso piedistallo dorato, un antico libro impolverato, troneggiava fiero. Era il libro I Canti Revinanti di Perigoria, un magico libro che decideva quando aprirsi e cosa fare leggere. Lo accarezzo nostalgico ma non succede niente.
‘Oh mamma saura che ricordi. Forse dovremmo abbracciarci adesso.’ dice Merlino rivelando il suo lato sentimentale.
Ci stringiamo in un abbraccio goffo.
‘Possiamo smetterla di fare le femminucce adesso? Abbiamo un Playwizard da guardare!’ dice Zaafira correndo a sedersi su una panca.
Io e Merlino ci accomodiamo al suo fianco e Zaafira esce la rivista dalla sua borsa. Quando vedo la copertina ho un tuffo al cuore.
Sdraiata in un letto, in una posa sensuale, con un lenzuolo che le copre il seno, Miranda Fonte guarda ammiccante nella nostra direzione.
‘Non ci posso credere!’ diciamo in contemporanea io e Merlino.
‘Io la amo!’ continua lui.
‘Io la odio!’ dico invece io.
‘Io non so chi è.’ aggiunge Zaafira sentendosi esclusa.
Sfogliamo velocemente la rivista senza soffermarci sugli altri articoli, e ci blocchiamo solo quando arriviamo alle patinate pagine del servizio di Miranda.
‘Miranda Fonte intervista Miranda Fonte.’ leggo; ‘Ma si può essere così boriosi?!’

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Capitolo 21
*** Le Sorenze ***


Dopo esserci accertati che Miranda Fonte aveva effettivamente le tette rifatte, come da sempre sostenevo, ci dedichiamo a leggere l’intervista.
Non scopriamo nulla di interessante. Era nata a Catania, aveva studiato in Belgio, a 23 anni aveva sposato un importante produttore televisivo poi il successo, il divorzio e la lista di tutti i vari premi che aveva vinto durante la sua breve carriera.
Inoltre aggiungeva che, oltre a continuare la sua collaborazione con La Gazzetta dei Maghi e delle Streghe e a confermare i suoi appuntamenti domenicali con Tisana al tiglio e Zuccotti di Miranda Fonte, avrebbe a breve iniziato un nuovo progetto editoriale, pubblicando la rivista Il Pispiglio che si imponeva di diventare la nuova bibbia del gossip.
‘Praticamente questa sarà ovunque, come Maria De Filippi!’ osserva Zaafira.
‘E chi sarebbe questa Maria Defilippa?’ chiede Merlino.
‘Una donna venerata dai babbani.’ Risponde Zaafira.
‘Detto questo ho deciso che il Playwizard lo terrò io.’ dice Merlino rotolando la rivista e infilandosela nella sacca che aveva sotto il mantello. Mentre entra la rivista un foglio di carta piegato in quattro cade per terra.
‘Verooo! Mi stavo dimenticando che Lucia mi ha dato questo per te amico.’
Raccoglie il foglietto e me lo passa. Quando lo apro ritrovo la faccia di Miranda Fonte, in un angolino della pagina e riconosco la rubrica Magic News – Fatti e Misfatti della Settimana che Zia Melissa ogni settimana conserva gelosamente nella sua stanza.
‘Hai capito che bei maschioni hanno a Hogwarts!?’ commento leggendo la notizia in fondo la pagina.
‘No questo, quello a fianco Nargillo che non sei altro!’
Sposso lo sguardo dagli addominali che subito avevano attirato la mia attenzione e mi ritrovo davanti la foto in bianco e nero di una signora seduta su un trono con una lunga veste e con la testa da caprone con lunghe corna e zoccoli al posto delle mani. Il titolo della foto era: Nonna sei tu?
Leggo subito la notizia:
Sarà stata questa la domanda che Jeremiah Pule, noto magizoologo, e nipote della famigerata assassina Patricia Gotha, si sarà fatto rivedendo la nonna al funerale del padre, o almeno così si dice.
Nonostante le smentite, dopo la mia visita e la mia richiesta di chiarire la storia Jeremiah si è rifuggiato a Kairawan. Cosa ha da nascondere?
Resto senza parole.
‘Ma vi rendete conto?’ dico sconvolto rivolto ai miei amici ‘Ha scritto rifugiato con due ‘G’; questa è proprio idiota!’
‘Io mi preoccuperei più per il resto dell’articolo. Una nonna con la testa da caprone e le corna così lunghe non credo sia d’aiuto alla tua immagine pubblica’ dice Zaafira sbadigliando.
Appena finisce la frase in un colpo sordo il libro I Canti Revinanti di Perigoria si apre e, dopo essersi sfogliato un po, si ferma.
Io, Zaafira e Merlino ci alziamo e in silenzio ci avviciniamo al libro.
‘Le Sorenze. Questa poesia non era quasi mai uscita.’ Dice Merlino.
Cerchiamo nella cupola l’affresco che rappresenta e vediamo che sono raffigurate due streghe con un falce in mano, le stesse che tocchiamo nella cornice di Pierina.
Leggiamo insieme la poesia:
 
Due Sorenze senza spizzi
cresceran aleppi messi
con un malo nei crinizzi
la lor vita assincanezzi.
 
Una brillerà cofosa
sulle scie dei recalazzi,
Una volerà sontuosa
raniata nei rumazzi.
 
Un giorno uno straluccico
porterà la caglia nena;
le sorenze in finuccico
studieran la nera fena.
 
Pedra ritorna morfi
e sangue di papaie.
Tre rovina corfi
finiran le ginaie!
 
‘Non so voi ma questa non l’ho mai capita.’ dice Zaafira guardandoci.
‘Non guardare me Zaafi, io non capisco neanche quelle scritte in modo comprensibile.’ risponde Merlino alzando le spalle.
‘Io capisco solo che queste sono sorelle, e un po stronze a giudicare dal disegno.’ dico avvicinandomi al libro.
Quando lo sfioro per leggere meglio la poesia sento il corpo leggero.
Attorno a me tutto si offusca. Vedo la stanza vibrare e poi sparire.
Sento lo stomaco rivoltarsi, la testa mi gira e le gambe sono molli. Sento come se un gancio mi si conficcasse all'ombelico e mi strattonasse. Poi, vortico violentemente e dopo qualche secondo sono seduto su un cumulo di erba nera.
Mi guado intorno e riconosco la foresta tetra.  

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Capitolo 22
*** Verità ***


Non mi è ben chiara questa cosa ma sembra essere usanza abbastanza comune costruire le scuole, piene di giovani maghi inesperti e scapestrati, vicino a foreste e boschi dall’aspetto inquietante e pericoloso.
Kairawan non fa di certo eccezione.
La sua foresta, che si estende per buona parte dell’area ovest dell’isola, viene chiamata Foresta Tetra per via della sua fitta vegetazione e del muro di nebbia che la rende, quasi, impraticabile.
Il custode della foresta, forse più inquietante della foresta stessa, si chiamava Ozain, ed era uomo africano, alto e imponente. Aveva tutto il corpo completamente decorato da disegni e decorazioni. Solitamente era tutto blu,la faccia azzurra con, attorno agli occhi, completamente neri e vuoti, una maschera gialla.
Non parlava mai, gli bastava palesarsi davanti agli incauti studenti che stavano tentando di entrare nella foresta senza autorizzazione o, al massimo, agitare il suo knobkerrie, strumento che usava invece della bacchetta, per fargli cambiare idea.
Tra le creature che abitavano la foresta invece forse la più famosa è una mandria di Nebulaquini, cavalli cornuti che producono nebbia semplicemente muovendo il loro folto manto.
In ogni caso da dove mi trovavo ora non vedevo ne Ozain ne nebulaquini, ma solo una pesante oscurità che mi schiacciava.
‘Lumus!’
La situazione un po’ migliora. Mi trovo in uno spiazzale, attorno a me solo alberi e in lontananza dei suoni ovattati provenienti dalla foresta.
Faccio qualche passo avanti e mi accorgo di non essere il solo.
Una figura femminile con un classico cappello a punta e un lungo abito nero si erge davanti a me. Non riesco a vedere la faccia perché è coperta da una stoffa nera.
Tengo forte la bacchetta, mi sudano le mani. Muoio di paura ma non voglio che la persona davanti a me se ne accorge. Essendo una schiappa a duellare spero di riuscire a uscire da questa assurda storia con le parole.
‘Chi sei? Perché mi hai portato qui?’ dico con voce forzatamente tranquilla.
Mi pento subito di quello che ho detto, potevo fare di meglio.
‘Ma come? Non riconosci il tuo sangue?’
Sento i brividi in tutto il corpo, questa voce non mi è nuova ma non la collego a nessun volto.
Stupida memoria!
‘Perché mi hai portato qui?’
‘Perché hai qualcosa che ci appartiene.’
La voce stavolta proviene da dietro di me.
Quando mi giro un fascio di luce mi colpisce la mano.
Ho la presa lenta e con facilità la bacchetta mi si sfila dalle dita per andare dritta tra le mani di un’altra figura, vestita uguale a quella con cui un attimo prima stavo parlando.
Merda di troll!
Alzo le mani in segno di resa.
‘Cosa volete?’ dico, adesso spaventato.
‘Quel medaglione. Il medaglione di uniunio, è nostro!’
Metto una mano al collo. Il medaglione di mio padre, neanche ricordavo più di indossarlo.
‘Mhà, questo è il medaglione di mio padre.’
‘No, ti sbagli. Questo medaglione è di nostro padre!’
Con un gesto fluido della mano la strega con la mia bacchetta in mano si sfila il velo nero che le copriva la faccia.
Viso gentile, corti capelli castani mossi che le arrivano alle spalle e degli spessi occhiali neri.
Orphenia Gagror mi sorride in modo maligno. Guardandola non sembra più tanto gentile, tantomeno impacciata.
‘Orphelia?’ dico sconvolto.
‘Abbiamo provato a farti fuori alla scogliera ma l’acqua ha deviato il nostro raggio, prima di arrivare a Kairawan ma questo stupido filatterio ti ha protetto,’ dice buttando ai piedi il filatterio ormai bruciato. ‘poi quella stupida mucca e la protezione della casa. Ci siamo stancate di giocare!’ la sua voce ora è completamente diversa. E’ arrabbiata, è folle.
‘Ma forse sei pazza. Ma cosa vuoi da me?’
Dire a una pazza che forse è pazza non è mai una buona idea.
‘Vogliamo quello che ci appartiene di diritto.’ Stavolta è parlare è l’altra figura. Mi giro.
Quando si toglie il velo rimango senza parole.
Miranda Fonte mi fa un sorriso che mi fa rabbrividire.
‘Neanche tu mi sei mai piaciuto. Ma farò un bel servizio sulla tua morte, sentiti onorato.’
‘Posso sapere cosa sta succedendo?’
Per risposta Miranda estrae dal suo mantello una foto in bianco e nero e, con l’aiuto della bacchetta, me la avvicina.
Un uomo, una donna, una neonata in braccio e una bambina poco più grande accanto.
Ripenso alla foto che avevo intravisto durante l’incontro-scontro con Orphelia e riconosco il volto paffuto delle due bambine.
Mentre non ho dubbi sull’identità dell’uomo.
Folti baffi neri, sguardo fiero, corporatura imponente e un medaglione al collo.
E’ Jeremiah Pule a tenere con un braccio la bebè e a cingere con l’altro la donna sorridente.

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Capitolo 23
*** Confessioni ***


‘Non può essere!’ dico più a me stesso che alle due donne.
‘E invece si nipotino. Jeremiah Pule e ‘la babbana’, come l’hanno soprannominata i giornali, non erano solo amanti, erano una vera e propria famiglia. Una famiglia con figli.
Quando tua nonna li ha uccisi avevo solo tre anni. La nostra casa è stata distrutta e l’unica cosa che abbiamo potuto portare in orfanotrofio è stata questa fotografia. Abbiamo vissuto li 6 anni poi finalmente abbiamo trovato qualcuno disposto a prendersi cura di noi. Ci siamo trasferite in Belgio con la nostra nuova famiglia e li abbiamo scoperto i nostri poteri. Chiaramente per noi è stata una sorpresa, non sapevamo niente delle nostre discendenze. Non sapevamo neanche il vero nome dei nostri genitori, ci avevano cancellato la memoria. Quando sono venuta a Villa Flora a farti l’intervista ho rivisto il medaglione di papà e tutto è tornato vivido nella mia mente.’ mi spiega Miranda.
Rimango senza parole.
‘Patricia Gotha ci ha privato di tutto! Eravamo una famiglia felice, anche se papà era spesso assente, e ora capisco il motivo, ci amava, amava mia madre.
La comunità magica ci ha voltato le spalle. Ha pensato che fosse più facile cancellare la memoria a due bambine e buttarle in un orfanotrofio babbano che prendersene cura; ma ora con medaglione che ci tocca di diritto sistemeremo tutto.’ continua arrabbiata.
Effettivamente sapevo che l’uniunio era un metallo rarissimo e molto potente. Bastava una goccia di uniunio fuso per creare pozioni dagli incredibili poteri ed era menzionato in molti libri di magia nera.
‘E cosa volete fare adesso?’
Miranda si avvicina a me e con un gesto secco mi stacca il medaglione dal collo ferendomi.
‘Adesso vogliamo il potere, adesso vogliamo tutto. Tutti quelli che ci hanno reso la vita così difficile cadranno davanti i nostri occhi.’
Sono terrorizzato. Vorrei uscire da questa situazione senza ritrovarmi sotto terra.
‘Come avete fatto a incantare il libro, a trovare Perigiria Antica?’ chiedo un po’ per curiosità, un po’ per prender tempo.
A rispondermi è Orphelia: ‘Fabricius parla sempre di voi, è come ossessionato. Non è stato difficile ottenere tutte le informazioni che mi servivano. Era solo questione di tempo prima che tornassi ad aprire la stanza e noi saremmo state qui ad aspettarti.’
Ecco, sempre idiota quel Fabricius, se uscirò morto da questa situazione il mio fantasma lo tormenterà a vita!
‘Ma come può essere che quando ero nel mio studio ho visto chiaramente le lettere P.G.?’ chiedo un po’ scocciato del fatto che non sta funzionando come nei film e non sono le cattive a spiegarmi tutti i loro piani diabolici ma io a fare domande.
Parla Miranda, mi giro per l’ennesima volta.
‘Perdonami, non mi sono presentata a dovere; il mio vero nome è Pandora Gagror. Ma, per quel che ti rimane da vivere, puoi chiamarmi anche zia.
Mi chiamarono così perché mia madre era appassionata dalla storia del Vaso di Pandora ed è curioso che, come la Pandora della leggenda, astuzia e curiosità mi hanno portato a scoprire la verità sulla mia famiglia, e proprio come l’altra Pandora, grazie al medaglione, sono pronta a portare il male nel mondo.’ Così dicendo scoppia in una risata isterica.
‘Tutte lo stesso vizio. Hai dimenticato la speranza!’
Stavolta non devo fare nessuno sforzo mnemonico per riconoscere la voce.
Alziamo tutti lo sguardo.
Su un grosso ramo di un albero, in una posa abbastanza scenica, Merlino, bacchetta in mano, ci sorride fiero.
Siamo tutti così distratti da Merlino da non accorgerci di un’altra figura che si era fatta spazio tra gli alberi.
Ad annunciare la sua presenza il forte rumore di uno schiaffo.
‘Questo è per aver rapito il mio amico. Stronza!’
Siamo tutti stupiti, soprattutto Orphenia Gagror che, per toccarsi la guancia arrossata, lascia cadere le bacchette.
Merlino rapido ne approfitta per usare un Expelliarmus e disarmare Miranda/Pandora mentre io mi getto a terra per recuperare la mia bacchetta e quella di Orphenia.
‘Petrificus Totalus!’ dico puntando prima una poi l’altra sorella.
‘Milord, ora che abbiamo salvato Sailor Moon puoi scendere dall’albero.’ Dice Zaafira guardando verso l’alto.
‘Pensavo che queste due mi avrebbero ucciso. Che bello vedervi!’ dico abbracciando Zaafira.
Nel frattempo Merlino ci aveva raggiunto.
‘Come avete fatto a trovarmi?’ chiedo ai miei salvatori.
‘Amico, sono un Auror, questo è il mio lavoro!’ risponde Merlino tronfio.
‘In realtà abbiamo incontrato Fabricius e ci ha detto che aveva visto Orphenia entrare nella foresta e poi c’è bastato seguire l’orribile scia di profumo che lascia.’ Dice invece Zaafira.
‘Mamma mia che sei bella. Quando uscirai di prigione mi concedi un appuntamento?’
Io e Zaafira ci giriamo e vediamo Merlino parlare con la statua di Pandora.
Io suoi occhi sono pieni di rabbia; mi sa che momentaneamente la risposta sarebbe no.
‘E ora come le portiamo fuori da qui?’
‘Su questo posso essere davvero utile.’
Merlino alza la bacchetta e inizia a lanciare verso il cielo una serie di raggi rossi e blu.
In poco tempo un Falco, la macchina della selezione volante degli auror, plana sopra di noi, portandosi le mie due attentatrici.
 Prima che le caricano sulla volante strappo il medaglione dalle mani di Pandora.
Le guardo volar via e un po mi dispiace per loro.
‘Torniamo a Kairawan? Tra un po’ sarà ora di cena…’ dice Zaafira assecondando il suo stomaco gorgogliante.
‘Sei incorreggibile Zaafi!’

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Capitolo 24
*** Gratificazioni ***


Era passata una settimana da quell’avventura con le sorelle Gagror e, tra lo Yule e il Natale non avevo avuto neanche il tempo di pensarci perché avevo avuto la casa piena di parenti per via della riunione della Congrega.
Tra le cose positive di questa invasione il ritorno di mia sorella Vanessa che ormai da anni viveva in Scozia col suo bellissimo, ma veramente troppo troppo bello, marito selkie (creatura con la sembianza di una foca che, quando si spoglia del suo manto, diventa un bellissimo uomo, o una bellissima donna) e il suo figlio, un diavoletto di tre anni con la passione per il nuoto.
Dopo aver consegnato alla giustizia le sorelle Gagror, il Ministro della Magia in persona aveva deciso di incontrarci per congratularsi con noi.
 Merlino; che si era preso molto del merito dell’arresto, aveva ricevuto una promozione, mentre Zaafira aveva ricevuto la gratificazione forse più strana di tutte.
‘Cosa? Ti hanno chiesto di dirigere Il Pispiglio?’ chiedo dopo che ci aveva dato la notizia.
‘E tu che hai risposto?’ chiede Merlino.
‘Con Miranda Fonte, o Pandora, o come diavolo si chiama, fuori dai giochi questa rivista era rimasta senza un direttore e io sogno di dirigere una rivista da quando, da piccola, leggevo Cioè. Quindi ho accettato!’
‘Bhè, spero che almeno tu non mi getterai fango addosso.’ Dico scherzando anche se, una piccola parte di me, è seriamente preoccupata.
‘Balazas con quello che so di te potrei sotterrarti nel fango. Ma ho altri progetti per questa rivista. Sono troppo emozionata’ risponde lei felice. ‘Potrò comandare gli altri, farmi portare tutte le ciambelle che voglio, incontrare gente nuova!’
‘Posso seguire tutti i servizi fotografici delle attrici? E delle modelle? Le farai spogliare? Ti prego dimmi si a tutto!’
Mentre Merlino era intento a supplicare Zaafira, un’elegante corvo nero con le penne lucide e una lettera nel becco fece capolino nel salone.
L’orso impagliato fece un ruglio sordo mentre Merlino si irrigidì.
‘Dagli un biscotto e fai andare via questo coso!’ ordinò a Zaafira.
‘Ma i biscotti sono i miei!’ protestò lei accarezzando la testa al pennuto con un dito.
‘Ragazzi ma smettetela!’ dò un biscotto al corvo che vola contento dalla finestra da dove era entrato e prendo la lettera per leggerla.
Il simbolo di Kairawan e la scrittura elegante e raffinata non mi lascia dubbio sul mittente.
Apro la lettera e leggo ad alta voce.
Caro signor Pule,
Spero abbia approfittato di queste feste per riprendersi un po’ dal suo, tumultuoso, ritorno a Kairawan.
Anche se non direttamente mi sento responsabile per quello che è successo e spero che non mi porti rancore e che sia ancora disposto a continuare la collaborazione con la Nostra scuola.
A tal proposito la vorrei rendere partecipe delle condizioni del Professor Orazio Codavolpe che ho appena ricevuto dal Perù. Non solo gli arti stanno iniziando a crescere ma anche il cuore ha iniziato ad avere un’attività insolita. A quanto mi scrive infatti, una curandera peruviana ha ingabbiato il cuore selvaggio e temerario di Orazio che ha deciso, almeno momentaneamente, di non fare ritorno a Kairawan.
Se decide di tornare, accordandoci col Ministero, la cattedra di insegnante di Cura delle Creature Magiche sarebbe a tutti gli effetti sua.
Attendo una sua risposta.
Cordiali Saluti.
Dahlia Von Grable’
 
‘Hai capito Orazio, ha trovato una sciamana da spupazzarsi!’ commenta Merlino.
‘Anche se senza braccia è un po’ difficile spupazzarsi qualcuno.’ Gli fa notare Zaafira.
‘Cosa farai amico? Accetterai?’
‘Parlerò col Ministro ma credo proprio di si. Nella mia, brevissima, carriera da insegnante non sono riuscito a fare neanche una lezione!’
‘E poi chi resisterebbe alla tentazione di vedere Fabricius ogni giorno?’
‘O alla cucina di Kairawan?’
Ridiamo insieme.
In quel momento entrano in salone Mirtilla con in mano un vassoio di biscotti, Mimosa accanto a sua figlia Vanessa e, Melissa che accenna appena a un sorriso quando vede Merlino.
Li segue Seak, bello come il sole, che con lo sguardo attento guarda il piccolo Marino Claigan mentre cavalca un piccolo e graziosissimo pony nero.
‘Povero Belladonna’ penso.
Nonostante fosse stato molto duro il 2016 si era chiuso bene, quantomeno ne ero uscito vivo. Stringo il medaglione e guardo tutte le persone che ho intorno.
La mia famiglia, i migliori amici che potevo desiderare, il mio amato oscuro molle e mio padre che vegliava su di me. Questo amore mi dava la forza di iniziare al meglio il nuovo anno!
 
 
 
 
 
 
 
Nota dello scrittore:
Buongiorno (o buonasera) a tutti.
Innanzitutto grazie per essere arrivati fino a questo punto.
Questa è stata la mia prima ff (mamma come mi sento giovane!) in assoluto e spero vivamente che vi sia piaciuta.
Diciamo che il flusso di idee ha preso il sopravvento, i personaggi si sono raccontati da soli e forse è venuta un po’ lunga.
Ringrazio tutti ma in particol modo Elsinor che, con le sue recensioni, mi ha invogliato ad andare avanti.
Fatemi sapere quali sono stati i vostri personaggi preferiti e forse, più in la, Jeremiah e la sua banda magica potrebbero ritornare.
Un grande abbraccio!
 
 
 
 
Questa storia è dedicata a te. Ti amo papà! 

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