Fantasmi

di Soul of Paper
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sola ***
Capitolo 2: *** Trapassato Remoto ***
Capitolo 3: *** Passato Remoto ***



Capitolo 1
*** Sola ***


Fantasmi


 

Nota dell'autrice: Cucù! Ebbene sì, sono ancora viva, per chi si ricordasse di me dopo questa lunghissima pausa dalla scrittura, causata da un terribile blocco dell'autore durato più di un anno, provocato essenzialmente dal traumatico finale di PAP 6. Questa storia è un lungo progetto, partito durante le feste dell'anno scorso, ma abbandonato a causa appunto del succitato blocco. Quest'anno, grazie anche alle atmosfere di festa e ad un po' di tempo libero in più, sono riuscita a riprenderlo il mano e a ricominciare a scrivere di buona lena. La storia si ispira mooolto liberamente ad un celebre romanzo natalizio che, per non spoilerarvi questo primo capitolo, non posso svelarvi ora ;). Troveremo Camilla che, ad un passo dal Capodanno, dopo aver ricevuto una “doccia fredda”, si ritrova a lottare contro i fantasmi che la tormentano – veri e figurativi. A cercare di ricordare la persona che era e a capire chi vuole diventare e chi NON vuole diventare. Perché spesso quella che chiamiamo libertà, diventa in realtà una prigione. E solo la verità, anche quella che ci fa più male, può renderci davvero liberi.

Vi ringrazio se vorrete dare una possibilità a questo piccolo esperimento natalizio, che si svilupperà in pochi capitoli, cinque o sei al massimo, a seconda di come li dividerò. Il primo capitolo, ve lo preannuncio, è soprattutto introduttivo e serve a dare a Camilla quella famosa “doccia fredda”, oltre ad essere servito a me per farmi fare un minimo di pace con “quel” finale. Dal prossimo capitolo la storia entrerà nel vivo e avremo molte, moltissime scene natalizie tra una certa prof. ed un certo commissario/vicequestore. Vi preannuncio anche che il secondo capitolo è quasi terminato (ho atteso appositamente prima di pubblicare il primo, onde scongiurare nuovi blocchi) ed arriverà o mercoledì 4 o al massimo domenica 8 (dal cinque all'otto sono in viaggio senza PC e non potrò pubblicare).

Voglio fare un ringraziamento speciale a chi ha continuato a darmi fiducia e ad insistere perché tornassi a scrivere e pubblicare. E' davvero difficile riprendere dopo una lunga pausa: il terrore di fare una schifezza illeggibile c'è, non ve lo nego, quindi grazie appunto a chi mi ha spronato a cercare di superare il blocco e queste mie paure.

Non vi faccio perdere ulteriore tempo, che vi ho già annoiato troppo con questa introduzione, e, se vi andrà di leggerlo, vi lascio al primo capitolo ;).


 

Capitolo 1: “Sola”

 

Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono ma sono di proprietà dei rispettivi detentori di copyright. Questa storia è scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

“Tu vai qui… tu vai qui… e con te ho finito!”

 

Osserva soddisfatta le scatole, disposte ordinatamente sul tavolo, e contenenti le statuine del presepe che ha appena terminato di riporre.

 

Sei diventata più ordinata di Renzo, tra un po’ farai concorrenza a quel nevrotico di De Matteis! – le sussurra una vocina nella testa, che suona stranamente familiare e che si affretta a scacciare.

 

Effettivamente nelle ultime settimane e, soprattutto, durante queste vacanze, ha scoperto una nuova passione per le faccende domestiche, quelle stesse faccende domestiche che aveva sempre detestato.

 

Ma deve approfittarne per mettere un po’ d’ordine, ora che ha il tempo di farlo.

 

Finalmente, dopo mesi di caos totale, non le sembra più di vivere in un campo di battaglia: tra poppate, pannolini sporchi, un deejay inglese che adorava allagare il bagno e rompere lavatrici ed una neomamma in piena crisi ormonal-estetica e da mancanza di sonno.

 

Livietta – anzi, Livia, deve ancora abituarsi a chiamarla così – quando quell’adorabile tornado di sua nipote non piangeva per la fame, per il sonno, per le colichette o giusto così, tanto per attirare l’attenzione, passava un sacco di tempo in bagno a truccarsi, o a pianificare regimi fitness e regimi dietetici da far scattare non appena terminato l’allattamento. Più volte l’aveva beccata a cercare di infilarsi in vestitini e pantaloni attillatissimi dell’anno passato, che ormai non si chiudevano più nemmeno pregando in aramaico, e aveva cercato di rassicurarla che, con un po’ di impegno, sarebbe presto tornata ad indossarli.

 

Sei una gran pallista, Camilla! – commenta sarcastica la vocina, che di nuovo viene messa a tacere con un rapido cenno del capo.

 

Lo sa anche lei che la forma dei diciott’anni non è facile da recuperare dopo una gravidanza. E, del resto, Livie- Livia rimane comunque snella, anche se con un fisico più da… da adulta e meno da teenager.

 

Sua figlia e adulta sono vocaboli che ancora fatica a ricollegare, ma sa che deve augurarsi che Livia lo diventi sul serio e in fretta, adulta, per il bene di Camilla Jr. e forse pure un po’ di Camilla Sr..

 

Fare la nonna è bellissimo, anche se stancante: le basta un sorrisone sdentato di sua nipote per sentirsi ripagata di tutte le ore di sonno perse. Ma non vuole rischiare di ritrovarsi a farle praticamente da madre: non sarebbe giusto, soprattutto per la piccola, che ha bisogno di due genitori veri e non di una specie di onnipresente nonna-mamma.

 

Da quel punto di vista, deve ammettere che la decisione di Livia e George di portare la bimba a trovare i nonni paterni durante le vacanze natalizie, l’ha un po’ rassicurata sul fatto che i neo-genitori si sentano finalmente in grado di occuparsi della bimba da soli – o almeno di sbolognarla per un po’ anche ai suoi consuoceri.

 

E se la casa, senza i tre uragani, sembra stranamente silenziosa e vuota, Camilla per una volta è più che felice del silenzio e di quest’occasione per ricaricare le batterie e prendersi un po’ di tempo solo per sé.

 

“Che pace, eh, Potti?!” proclama, lanciando un’occhiata di sghimbescio al re della casa, accoccolato, come sempre, su uno dei suoi piedi.

 

Potti, per tutta risposta, apre un occhio sonnacchioso e si esibisce in un sonoro sbadiglio.

 

Con un mezzo sorriso, Camilla afferra le scatole delle statuine per richiuderle e riporle nello scatolone che finirà in cantina, per essere riesumato al prossimo natale.

 

WOF!

 

CRASH!

 

“Merda!”

 

Colta di sorpresa, la scatola le era sfuggita dalle mani ed un gregge di povere pecorelle si era appena sfracellato sul pavimento.

 

“Potti, che mi combini?! Tra un po’ mi fai venire un infarto, lo sai?!” esclama, chinandosi per raccogliere le statuette.

 

È un secondo: una nuvola nera si avventa sul bianco e corre via, ghermendo la preda nella bocca.

 

“Potti! Potti, torna subito qui!” urla, lanciandosi all’inseguimento, afferrando il fuggiasco appena in tempo, prima che si rifugi sotto a un mobile.

 

Una volta non ci saresti riuscita! – le sussurra quella voce, quasi a ricordarle che, sì, il suo Potti non è più il giovanotto di una volta: sta diventando vecchio e lento, che a lei piaccia o no.

 

“Lascia! Dai, Potti, lascia!” ordina inutilmente, perché il cane, testardo come un mulo, oppone una fiera resistenza.

 

“Potti, lascia!” ripete, cercando di aprirgli la bocca, preoccupata che possa ingoiare la statuina – i veterinari saranno ancora quasi tutti in ferie! – sbottando, “e dai, capisco che ti piaccia l’abbacchio ma-“

 

WOF!

 

Abbacchio, la parola magica: Potti, abbaiando, apre la bocca e la statuina, intrisa di bava, cade per terra.

 

Camilla si affretta ad afferrarla, decidendo, dopo un’analisi sommaria, di porre fine alle sofferenze del povero agnello sacrificale, ormai mezzo maciullato, gettandolo nel cestino.

 

E meno male che non è pasqua!

 

Quello che resta del gregge viene rapidamente riposto nella scatola, lontano dalle grinfie canine e dall’istinto da cacciatore di Potti.

 

WOF! WOF!

 

“Eh, no, Potti, stavolta non mi freghi!” lo prende in giro, finendo di incastrare le scatole nello scatolone e chiudendolo con il nastro adesivo.

 

WOF! WOF! WOF!

 

“Ma si può sapere che c’è ancora? Che cos’hai oggi?” sospira, lanciando un’occhiata a Potti che continua ad abbaiare accanto ai suoi piedi.

 

“Sì, lo so che è un po’ presto per ritirare le decorazioni natalizie, ma almeno mi porto avanti. E poi, tanto a che servono? Non le vede nessuno: siamo solo io e te! Se è per via delle pecorelle, ti prometto che presto rispolvero la ricetta dell’abbacchio-“

 

WOF! WOF!

 

“Sì, ho detto abbacchio!” ribadisce con un altro sospiro, quando il cane riprende ad abbaiare.

 

Scuotendo il capo, afferra lo scatolone e si avvia verso la porta d’ingresso, che spalanca a fatica con un colpo d’anca.

 

“Potti, ma che fai?!” esclama, evitando per un soffio di inciampare nella palla di pelo che sguiscia tra i suoi piedi e si precipita sul pianerottolo.

 

WOF! WOF! WOF! WOF! WOF!

 

“Potti, shhh! Potti, che fai?! Stai buono!” intima, invano, perché il cagnolino si è piazzato di fronte… alla porta di fronte e continua ad abbaiare furiosamente.

 

SGRAT! SGRAT! SGRAT!

 

“Potti, vieni qui!” urla, rassegnandosi a mollare per terra lo scatolone per prendere in braccio il cane prima che righi irrimediabilmente il legno a furia di unghiate.

 

“Potti, ma si può sapere che ti prende oggi?” sbotta, cercando di tenerlo fermo mentre il cane continua a divincolarsi ed abbaiare in direzione dell’appartamento di fronte, “è inutile che fai tutto questo casino: Gaetano non è in casa! È partito stamattina, quando l’abbiamo incrociato con le valigie, ti ricordi? È andato a trovare Tommy in Svezia, lo-”

 

Il latrato che le perfora i timpani ed i guaiti strazianti che seguono, le provocano una fitta all’altezza dello sterno ed uno strano senso di bruciore in gola.

 

Due secondi, il tempo di deglutire, quelle sensazioni spariscono ed è di nuovo tutto ok.

 

Non fosse per un cane da calmare.

 

“Ti manca Tommy, eh? In effetti… in effetti è un sacco di tempo che non giocate insieme,” ammette, accarezzandogli la testa e facendogli due grattini dietro alle orecchie, “dai, su, che vi vedrete presto, promesso! Adesso però calmati, ok?”

 

Sei davvero una grandissima pallista, Camilla! – commenta con un mezzo sogghigno quella maledetta vocina.

 

E Camilla, prima di metterla a tacere scuotendo il capo, deve ammettere che la voce tutti i torti non ce li ha: la verità è che, da quando è nata sua nipote, i rapporti tra lei e Gaetano si sono ridotti al minimo sindacale ed è molto improbabile che le cose cambino a breve.

 

Si era buttata full-time nel suo ruolo di nonna e, almeno per le prime settimane, aveva cercato di evitare ogni possibile incontro casuale con Gaetano: conoscendo alla perfezione i suoi orari ed essendo in ferie, non le era stato per niente difficile.

 

Ma era stato probabilmente uno sforzo inutile: nemmeno Gaetano l’aveva più cercata e, anche dopo aver ripreso la scuola, contava sulle dita di due mani le volte in cui si era imbattuta nel commissario sulle scale o in cortile. Occasioni durante le quali Gaetano, lo doveva ammettere, si era dimostrato civile, anzi cortese, in maniera assolutamente inappuntabile… almeno per un perfetto vicino di casa.

 

Ma nulla più di questo e anzi, da qualche settimana a questa parte, nemmeno questo.

 

Le uniche prove tangibili del fatto che Gaetano fosse ancora il suo vicino e che non fosse sparito dalla faccia della Terra erano: qualche commento di Livia, che ogni tanto lo incrociava durante le sue corse mattutine al parco, un futuristico passeggino da corsa, ed un bellissimo ciondolo di acquamarina, diamantini ed oro bianco, recante l’incisione “Camilla” sul dorso, che giaceva in cassaforte in attesa del giorno, molto remoto, in cui sua nipote avrebbe potuto indossarlo.

 

Regali di battesimo, recapitati direttamente a Livia alla fine di una delle suddette corse mattutine, dopo aver gentilmente rifiutato l’invito alla cerimonia, adducendo impegni di lavoro.

 

Se questi ultimi – veri o presunti che fossero – l’avevano sollevata da possibili imbarazzi, i regali avevano invece avuto lo spiacevole effetto di turbarla.

 

Non solo per il loro valore economico, decisamente eccessivo, ma… non appena aveva posato gli occhi su quel ciondolo, il suo sesto senso si era messo in allerta.

 

Aveva provato a protestare con Livia che era davvero troppo e che non avrebbe dovuto accettare quei doni, soprattutto il ciondolo, ma la risposta della figlia l’aveva messa a tacere, confermando i suoi sospetti e l’origine di quella strana sensazione.

 

Come facevo a rifiutarlo, mamma? È anche inciso! E poi… e poi se posso proprio dirla tutta, secondo me in origine l’aveva comprato per te: almeno non andrà buttato! – l’aveva freddata con un’occhiata eloquente, per poi aggiungere, in un evidente tentativo di sdrammatizzare – che poi… ti fossi chiamata, che ne so… Maria… Chiara… Laura… magari il povero Gaetano qualche speranza in più di riciclarlo con una futura fidanzata ce l’aveva pure. Ma trovarsi un’altra Camilla… quante sono le probabilità?

 

Le era toccato sorridere ed abbozzare: se Livia non voleva restituire quel ciondolo, di sicuro non sarebbe stata lei a farlo. Anche perché Gaetano la conosceva bene – forse non la capiva tanto quanto aveva un tempo sperato, ma era innegabile che la conoscesse bene – e sicuramente non poteva non sapere che lei avrebbe avuto la stessa intuizione di Livia. Non ci voleva certo Sherlock Holmes o Miss Mar-

 

Scuote il capo, troncando quel pensiero sul nascere.

 

Il ciondolo era un messaggio: una specie di bandiera bianca, un segno di resa, forse addirittura un addio.

 

Tutte le sue manovre evasive erano assolutamente inutili: non c’era proprio niente da evadere.

 

Gaetano aveva gettato la spugna e non si sarebbe più fatto avanti con lei, aveva definitivamente rinunciato all’idea che potessero mai un giorno tornare insieme e di avere quindi un’altra occasione di regalarle quel ciondolo.

 

Se mai erano stati insieme!

 

Si ritrova per un secondo a chiedersi quando Gaetano l’avesse comprato, in che occasione avrebbe voluto donarglielo ma, di nuovo, ricaccia quei pensieri, assolutamente inutili, in un angolo della sua mente.

 

Era ed è meglio così: Gaetano non è l’uomo giusto per lei, non è l’uomo che credeva. Quello che pensava fosse un sogno dal quale non avrebbe mai voluto svegliarsi, era diventato ben presto un incubo, uno di quelli in cui ti senti presa in trappola e da cui ti svegli con il fiato corto e-

 

Sai te la novità! Come tutti i sogni che hai fatto sul tuo commissario da dieci anni a questa parte! – sibila la vocina, con tono malizioso, prima di venire bruscamente messa a tacere con un rapido movimento del capo.

 

WOF! WOF!

 

L’abbaiare di Potti la riporta definitivamente alla realtà: lui sì che la conosce e, soprattutto, sì che la capisce e... sembra tutt’altro che convinto dalle sue promesse da marinaio di poco prima riguardo a Tommy.

 

In effetti, l’unica volta in cui si erano incrociati sul pianerottolo, due mesi prima, Tommy l’aveva salutata a fatica e su sollecito proprio di Gaetano.

 

Tommy era e probabilmente è ancora arrabbiato con lei: comprensibile in fondo. Se da un lato si sente un po’ in colpa, dall’altro avrebbe voluto strozzare Gaetano per aver detto subito di loro a Tommy, per averlo probabilmente illuso con la storia della sua separazione da Renzo. Quell’uomo aveva il brutto vizio di correre troppo in fretta e di ignorare il fatto che non sono più due adolescenti ma due genitori con delle responsabilità a cui pensare. Lei poi, ormai, è addirittura una nonna.

 

Ma ti è piaciuto fare l’adolescente, no, Camilla? Quella senza responsabilità, che viveva alla giornata che-

 

WOF! WOF!

 

Per una volta è grata a Potti che, da solo, ha messo a tacere la vocina nella sua testa. Gratitudine che dura circa un secondo: quando continua ad abbaiare senza sosta, sembrando un disco rotto, sa che è ora di passare al piano B.

 

“Va bene, Potti, ho capito… che ne dici se ci facciamo un giro al parco, eh? Che almeno magari ti stanchi un po’…” sospira, spingendo con il piede lo scatolone delle statuine, fino a fargli varcare la soglia di casa, e precipitandosi in cerca di un guinzaglio, prima di esaurire del tutto la pazienza.

 

Altro che pace!

 

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“Allora, ci siamo dati una calmata?”

 

Potti, accucciato sotto la panchina dopo l’ennesima corsa dietro ad un rametto e dopo essersi lasciato coccolare da almeno dieci bambini ed altrettante mamme – venduto! – si limita a borbottare come il vecchio brontolone che evidentemente sta diventando.

 

Almeno ha smesso di assordarmi, finalmente un po’ di silenzi-

 

Non fa in tempo a finire il pensiero, che il cellulare squilla: un messaggio.

 

Michele.

 

Ci vediamo alle quattro in piazza San Carlo. E no, non puoi dirmi di no: alla terza buca si paga pegno ;)!

 

Non riesce a trattenere un mezzo sorriso: è vero, aveva rifiutato ben due inviti ad uscire. Uno a novembre ed uno ad inizio dicembre.

 

Troppi impegni con la nipotina e poi… e poi non è sicura che sia una buona idea frequentare Michele adesso: vuole starsene da sola a riflettere, non incasinarsi di nuovo la vita.

 

Si era stupita di non aver saputo più nulla di lui a natale: aveva anche avuto il dubbio di averlo offeso e che non l’avrebbe mai più risentito. Ma evidentemente Michele, come sempre, non è uno che si attenga alle tradizioni.

 

In ogni caso, nel caos del cenone natalizio, tra figlia, genero e nipotina, quasi ex marito –Renzo ancora una data per la separazione non l’aveva fissata – Carmen, Lorenzito… aveva avuto ben altro a cui pensare.

 

Sì, alla fine aveva invitato Renzo: era stato un po’ surreale passare di nuovo il natale tutti insieme. Ma, del resto, dovevano pur provarci a costruire questa stramaledetta famiglia allargata, no? E, tra poppate e pannolini, sapeva benissimo che sia lui che Carmen non avrebbero di sicuro avuto il tempo di preparare cenoni, né tantomeno avrebbero potuto andare in un ristorante con un bimbo di sei mesi appena.

 

E così aveva ingoiato il boccone amaro e alla fine… non era stato poi così amaro. Forse perché erano stati tutti troppo impegnati a stare dietro a due piccoli adorabili frignoni che richiedevano attenzione – e latte – ogni due per tre, facendo a gara di decibel. Gara da cui la piccola Camilla, anzi, Millie, come era stata presto ribattezzata da George per evitare confusioni tra nonna e nipote, ne era, nomen omen, naturalmente uscita vincitrice. O forse ormai si era assuefatta, e vedere Lorenzito, Renzo e Carmen insieme non le faceva più così tanto effetto. Forse è proprio anestetizzata, in generale: a volte ultimamente le sembra di non sentire più niente.

 

Ma il niente è quasi una benedizione, se pensa a come aveva trascorso il natale dell’anno scorso. Il primo senza Renzo, dopo la seconda mazzata sui denti. Il primo con una figlia incinta che vomitava ogni cinque minuti. Il primo con Ga-

 

Ferma di nuovo questo pensiero, guarda il messaggio e sospira.

 

Perché no? – si chiede: in fondo sarà sola anche per i prossimi giorni e magari uscire un po’, almeno per un pomeriggio, le farà bene.

 

“E almeno tu ti stanchi, anzi, ti sfianchi e non mi fai più disperare!” minaccia, puntando il dito verso Potti, che le lancia un’occhiata fintamente innocente, “sì, proprio tu: guarda che non attacca! Tutti uguali voi uomini: prima combinate i casini e poi sfoderate lo sguardo da cucciolo indifeso!”

 

Un altro sonoro sbadiglio e Potti si lascia condurre mollemente verso l’uscita del parco.

 

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“Terra chiama Camilla! Camilla! Camilla!”

 

“EH?!” sussulta, voltando lo sguardo ed incontrando quello del suo accompagnatore.

 

“Sembravi su un altro pianeta: stavo cominciando a pensare di dover chiamare la NASA per venirti a recuperare. Houston, abbiamo un problema!”

 

“AH! AH! Molto spiritoso!” esclama, altrettanto sarcastica, scuotendo il capo.

 

Errore tattico, visto che lo sguardo le cade di nuovo su quella fontana.

 

“Sì può sapere che ti succede?” le domanda, portandola di nuovo a concentrare l’attenzione su di lui, squadrandola con un’occhiata inquisitoria.

 

“Niente… scusa, forse sono solo un po’ stanca…” deflette, desiderando ardentemente tagliare corto e cambiare argomento.

 

“Eh, lo immagino… tua nipote non ti farà chiudere occhio!”

 

“Già…” abbozza, gli occhi piantati a terra, che incrociano quelli di Potti, mentre la solita vocina le domanda perché non abbia ancora detto a Michele che figlia, genero e nipote sono circa ad un migliaio di chilometri di distanza da lì. E di essere quindi sola in casa.

 

“Una volta ti faceva un altro effetto…”

 

“Che cosa?” chiede, colta di sorpreso dall’affermazione e dal tono quasi… malizioso con cui è stata pronunciata.

 

Ma come fa a sapere che-?

 

“Non chiudere occhio: una volta ti faceva un altro effetto,” ribadisce, con sguardo e mezzo sorriso sornione.

 

“AH! AH!” enuncia nuovamente, scuotendo il capo, esasperata, ma non potendo evitare una punta di sollievo al fatto che no, Michele non si stesse riferendo a quello che lei temeva, “una volta avevo neanche vent’anni e un altro fisico.”

 

“A me sembra che il tuo fisico stia benissimo anche adesso,” sussurra con quel tono caldo che aveva sempre riservato solo a lei, fulminandola con quei suoi occhi castani.

 

Camilla, le guance che avvampano, si sente davvero per un attimo di nuovo ventenne, devia lo sguardo, imbarazzata, e-

 

E di nuovo quella maledetta fontana!

 

“Ma certo, adesso ho capito qual è il problema: la fontana della Dora!” esclama all’improvviso, paralizzandola per un secondo.

 

Ma che è? Un veggente? – si domanda, incredula e sbigottita.

 

E bella mia! Che pretendevi? Sono due ore che, ogni volta che ti cade l’occhio su quella fontana, sembra che tu abbia visto un fantasma! Michele sarà pure caduto in disgrazia come manager, ma mica è scemo! – le fa notare la vocina, come sempre fin troppo sollecita.

 

“Come?” si limita a sussurrare, cercando lo sguardo di Michele che sembra guardarla con preoccupazione, mista però ad una certa soddisfazione.

 

“La fontana della Dora è dove è stato trovato il cadavere del dottor Neri,” chiarisce Michele, il tono che si scurisce sulle ultime due parole, “scusami, avrei dovuto pensarci prima. Però… in fondo quel gran bastardo almeno una cosa buona l’ha fatta: mi ha permesso di rincontrarti. E non fare quella faccia e non dirmi che non si parla male dei morti, che lo sai bene come la penso.”

 

“No, no, per carità… se uno è bastardo in vita non è che la morte lo lavi di tutti i peccati, neanche se finisce morto ammazzato in una fontana,” replica Camilla, non potendo certo spiegargli il motivo di quella faccia, mentre tira internamente un sospiro di sollievo.

 

“Comunque non pensavo che la cosa ti turbasse ancora… voglio dire… neanche lo conoscevi… certo, se pensi che in quella fontana c’è stato dentro un cadavere… capisco che non sia una bella immagine…” sospira Michele, con il tono di chi si sta dando dello stupido, prima di illuminarsi e di proporle, “e se andassimo da un’altra parte? Che ne dici?”

 

“Dico che è un’ottima idea!” conferma Camilla, che vorrebbe stare dovunque tranne lì, e non certo per il cadavere di Neri, a cui non aveva peraltro minimamente pensato.

 

“Un amico di Oreste ha una giostra in un luna park qui vicino e mi ha detto un sacco di volte di passarlo a trovare, ma non ho mai avuto l’occasione giusta… che ne dici? Ti andrebbe?” propone, con un tono ed uno sguardo lievemente esitanti, che le ricordano per un attimo il ragazzo di cui si era perdutamente innamorata trent’anni prima.

 

“Non saremo un po’ fuori età per un luna park?” ironizza, stupita da quell’iniziativa… ma del resto Michele era sempre stato un tipo imprevedibile.

 

“Non dirmi che ti preoccupi delle convenzioni, Baudino,” la schernisce, ritornando a chiamarla per cognome, come si divertiva a fare, per sfotterla, ai tempi del viaggio in Grecia, visto che, quando si erano incontrati sul traghetto, si era presentata come Camilla Baudino, con nome e cognome – deformazione familiare dopo essere stata cresciuta da un generale e una generalessa.

 

“E poi mi sembra di ricordare che una volta li adorassi i luna park, Camilla.”

 

“Appunto, una volta, trent’anni fa… quando avevo vent’anni e-“

 

“E le notti in bianco ti facevano un altro effetto. Ma magari potresti scoprire che ti piacciono ancora moltissimo… sia i luna park che le notti in bianco,” si inserisce, sornione, facendole l’occhiolino e provocandole di nuovo quella sensazione di calore alle guance.

 

“Michele!” intima, un’occhiata di avvertimento, faticando però a trattenere un mezzo sorriso.

 

“Baudino!” ribatte, lo stesso medesimo tono, non perdendo un colpo e continuando a fissarla senza distogliere minimamente lo sguardo.

 

“E va bene, va bene, ho capito: vada per il luna park!” cede infine, abbassando lei per prima gli occhi con un sospiro, “certo che quando ti metti in testa una cosa…!”

 

“Senti chi parla!” rimanda al mittente con una risata, per poi farsi più serio e aggiungere, con una punta di imbarazzo, “però… al luna park non ci possiamo arrivare a piedi e… e muovere il mio camper… non so se…”

 

“Tranquillo, tranquillo, ho capito: guido io!” acconsente con un altro sospiro, grata di poter finalmente dare le spalle a quella fontana ed allontanarsi di lì.

 

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“E no, maledizione!”

 

Non riesce a trattenere l’ennesimo sorriso mezzo esasperato della giornata, di fronte al tono quasi infantile ed al modo in cui Michele getta la pistola ad aria compressa sul bancone: gli uomini sono davvero tutti uguali, non sanno proprio perdere!

 

Deve essere qualcosa di insito nel cromosoma Y.

 

“Va beh, non ti preoccupare, tanto direi che di peluche e pesci rossi, alla mia età, posso pure farne a meno,” ironizza, dandogli una pacca consolatoria sulla spalla, con la mano libera dal guinzaglio di Potti.

 

“Beh, ma almeno avrei avuto qualcosa da regalare alla tua nipotina – che mi devi ancora fare conoscere, tra parentesi!” le ricorda, un velo di recriminazione nel tono, per quanto scherzoso ed affettuoso.

 

“Sì, lo so…” abbozza imbarazzata, cercando di deviare, “va beh… non fa niente, tanto Millie di peluche ne ha già a sufficienza e-“

 

“E ci credo: quando è venuta qui l’ultima volta, il suo amico s’è vinto metà della mercanzia, mannaggia a lui! Anzi, quando l’ho vista, per un attimo m’è venuto un colpo e stavo per chiudere bottega e scappare a farmi una lunga pausa caffè. Poi ho visto che era con Michele e mi sono tranquillizzato,” commenta Angelo, il padrone del tiro a segno, con una risata cavernosa seguita da un paio di colpi di tosse, evidentemente frutto delle troppe ore passate a lavorare a poco più di zero gradi.

 

Ma non è il freddo a farle correre un brivido lungo la schiena.

 

L’amico di Michele le era sembrato familiare e anche il luna park, ma quando ci erano venuti – a marzo, se non ricorda male – aveva guidato Gaetano e lei era stata distratta da Tommy, che non stava più nella pelle all’idea di andare alle giostre. Erano mesi che gliel’aveva promesso, dall’estate ancora precedente ma, dopo la nuova separazione da Renzo, per un bel po’ di tempo non era stata proprio dell’umore adatto.

 

A marzo invece eri di ottimo umore, no, Camilla? – le ricorda quella vocina, ormai come un ronzio sempre più insopportabile.

 

“Il tuo amico?” le domanda Michele, stupito, azzittendo la vocina e rivolgendole un’occhiata che passa presto dalla curiosità alla consapevolezza.

 

Sa benissimo che Michele ha già capito di chi si tratti: del resto, di nuovo, non serve certo un grande intuito per arrivarci.

 

“Sì, un tipo alto, biondo, piazzato, l’aria da uomo che non deve chiedere mai… mi ha vinto i tre peluche giganti: non sbagliava un colpo, mai vista una cosa simile in vent’anni di carriera, per fortuna!” chiarisce Angelo con un’altra risata, eliminando così ogni possibile dubbio, “meno male che poi si è fatto perdonare con una bella mancia, se no mi rovinava sul serio! Anche perché quei cosi attirano i clienti, solo che, con tutto lo spazio che occupano, tengo giusto quelli in esposizione, tanto non li vince mai nessuno! E invece… invece mi è toccato correre la mattina dopo a fare scorta.”

 

“Una mancia?” chiede Camilla, colta di sorpresa da quella parola inattesa, in mezzo a ricordi che erano ancora più che vividi.

 

“Sì, cento euro! Praticamente il valore della mercanzia…” conferma il giostraio, con un sospiro che solleva nuvole di vapore nell’aria, “bello essere ricchi… ce li avessi io cento euro da buttare così!”

 

“Ma… non mi sono accorta di niente…” sussurra Camilla, più tra sé e sé che rivolta al giostraio.

 

“E ci credo! Con due peluche giganti in braccio e quel bimbo con l’argento vivo addosso… e poi… il suo amico me li ha passati un po’ sottobanco… c’aveva un atteggiamento che per un attimo mi sono detto: questo o è un criminale o è uno sbirro!” commenta, aggiungendo, con un’altra risata, “visti i cento euro, avrei scommesso per il criminale: gli sbirri di solito non c’hanno soldi da buttare.”

 

“Magari non ce li hanno ma li trovano lo stesso, se si tratta di far felice un bambino, o se si tratta di non toglierli a chi ne ha ancora di meno!” non riesce proprio a trattenersi dallo sbottare, cominciando ad innervosirsi e maledicendo il destino che non è nemmeno beffardo, no, è proprio stronzo, “va beh… forse è il caso di andare… comincio ad avere un po’ freddo…”

 

“Non vuole prima provarci lei a sparare? Un giro glielo offro io e magari è più capace di Michele – non che ci voglia molto!” replica Angelo, con l’aria di chi si è appena reso conto di aver fatto una gaffe e di volere rimediare.

 

“No, io… io odio le pistole. Non sono proprio capace di sparare,” ammette, volendo, di nuovo, solo levarsi al più presto da lì.

 

“Beh, direi che allora siete proprio fatti l’uno per l’altra!” scherza Angelo, per poi aggiungere, con tono suggestivo, “su con la vita, Michele: sfortunato al gioco, fortunato in amore. Vi lascio andare a… scaldarvi.”

 

Camilla non rimane nemmeno ad aspettare di sentire la risposta che sta cercando di balbettare Michele. Si avvia a passo deciso nella direzione in cui c’è meno gente, ansiosa di mettere più spazio possibile tra lei, Angelo e le sue battute.

 

Almeno fino a che una mano le afferra la spalla.

 

“Non avevi detto di non avere più l’età per i luna park? O per il tuo amico commissario fai un’eccezione?” le sussurra a poca distanza dall’orecchio, una nota accusatoria nella voce, portandola a voltarsi per guardarlo negli occhi.

 

“Infatti io non ho più l’età, e neanche Gaetano, se è per questo. Ma Tommy, suo figlio, ha sette anni – anzi, ormai ne ha quasi otto – e lui quindi l’età per i luna park ce l’ha eccome…”

 

“E per i peluche giganti, addirittura tre!” commenta Michele in un modo che fa capire perfettamente a Camilla quello che sta pensando ma non dicendo espressamente: che Gaetano vizi suo figlio. O che sia uno sbruffone.

 

“Di peluche ne ha dovuti vincere tre perché uno era per Tommy, uno per per la mia nipotina, quando sarebbe nata, e uno, su richiesta di Tommy, per Lorenzito – il figlio di Renzo,” chiarisce, non riuscendo a non fare trapelare la punta di fastidio che prova.

 

“Insomma, per tutta la famiglia al completo!” ironizza Michele, allargando le braccia.

 

“Beh, sì, Gaetano… Gaetano è di famiglia e quindi anche Tommy. Che c’è di male?” gli domanda, squadrandolo e serrando la mascella, stanca e stufa di dover dare giustificazioni, quasi sfidandolo ad obiettare.

 

Erano di famiglia, Camilla! – le ricorda l’onnipresente vocina.

 

“Niente, ovviamente. Mi chiedo solo che… che ruolo abbiano in questa grande famiglia,” ribatte Michele, sostenendo il suo sguardo senza battere ciglio, “e soprattutto mi chiedo che ruolo ho io nella tua vita.”

 

È di nuovo lei ad abbassare gli occhi e a guardarsi intorno, in cerca di un modo per evadere da quella domanda implicita, alla quale non ha alcuna voglia di rispondere, perché richiederebbe troppe spiegazioni che non è intenzionata a dare.

 

“Cioccolata!” esclama, indicando un banchetto che offre cioccolata calda e vin brulè, la risposta invernale al classico zucchero filato, “dai, che mi sto surgelando!”

 

Senza aspettare risposta, si mette in coda, dietro ad una famigliola e ad una coppia di adolescenti. Lo sente alle sue spalle, avverte nettamente la sua presenza ed il suo sguardo fisso sulla nuca ma, se Michele ha qualcosa da dire, evidentemente non lo farà ora.

 

Si augura che la coda duri il tempo sufficiente perché l’argomento venga definitivamente archiviato.
 

***************************************************************************************

 

“Che c’è?”

 

“Cioccolata…” pronuncia lui con un sorriso, prima di chiarire, di fronte allo sguardo perplesso di lei, puntandole l’indice all’angolo sinistro della bocca, “qui!”

 

Il tempo di un secondo e quel dito le sfiora le labbra, pulendole dallo sbaffo marrone.

 

Una mano che le afferra il mento e se lo ritrova vicino, troppo vicino, la testa che le va nel pallone e-

 

WOF!! WOF!! WOOFF!! GRRRRRRRR! WOF!! WOF!! WOOOFF!!

 

“Ehi, stai buono, che ti prende?” lo sente esclamare rivolto a Potti, che abbaia e ringhia come un ossesso, lasciandole il mento, lasciandola libera.

 

“Mi sa che non gli sto molto simpatico…” sospira, lanciandole una rapida occhiata prima di rivolgere tutta l’attenzione al cane, che continua a rimanere in posa d’avvertimento, sembrando quasi pronto all’attacco.

 

“Potti, dai… calmati, basta!” interviene Camilla, abbassandosi per cercare di prenderlo in braccio, ma lui le sfugge dalle mani, continuando ad abbaiare.

 

“No, decisamente non gli piaccio per niente…” commenta Michele con un altro sospiro, passandosi una mano tra i capelli, “anzi, direi proprio che non mi sopporta!”

 

“Ma no, non è per te… è che… Potti ultimamente è diventato molto geloso se qualcuno… diciamo se qualcuno mi si avvicina troppo,” lo rassicura, ribadendo, di fronte al suo scetticismo, “no, sul serio, non c’è niente di personale! Figurati che lo faceva anche con-“

 

Si blocca bruscamente, rendendosi conto di essersi appena fregata da sola. Ma ormai è troppo tardi.

 

“Con il tuo amico commissario, per caso?” finisce per lei la frase, in quella che più che una domanda è un’affermazione.

 

“Michele-” prova ad intervenire, ma lui la stoppa.

 

“Camilla, se hai una relazione con… con un altro uomo… credo di avere almeno il diritto di saperlo, no?”

 

Altro uomo?” gli domanda, con un sopracciglio alzato, “mi devo essere persa il nostro fidanzamento. Quando è successo esattamente?”

 

“Camilla… non divagare, lo sai benissimo cosa intendo!” sbotta, l’aria di chi sta perdendo la pazienza, “dai, non prendiamoci in giro. In questi mesi penso di non averti mai chiesto niente e di non avere mai preteso niente: ho rispettato i tuoi tempi, i tuoi rifiuti, i tuoi silenzi. Ma se sei impegnata con un altro… almeno questo credo di avere il diritto di saperlo!”

 

Il diritto?” ripete lei di nuovo, incredula, un tono che è tutto un programma.

 

“Sì, Camilla, non guardarmi con quella faccia. Non mi interessa nemmeno sapere chi sia, nel caso, anche se me lo posso immaginare ma… ma almeno non mi faccio… diciamo che non mi faccio illusioni, ecco. Se non vuoi farlo per me, dovresti volerlo fare per Lui, no? Anzi, per voi!” sottolinea con tono amaro e lievemente sarcastico, fulminandola con un’occhiata che sembra leggerle dentro, senza esitazioni, senza paure.

 

È nuovamente Camilla a cedere, le palpebre che si chiudono mentre sospira, indecisa per un secondo sul da farsi.

 

Ma sa anche lei che ormai non c’è alternativa: si è incastrata con le sue stesse mani.

 

La storia della sua vita.

 

“Non sono… non sono impegnata con nessuno al momento, Michele. Non ho nessuna relazione: l’unico uomo della mia vita è Potti,” scherza, abbassandosi lievemente per accarezzare la testa del cagnolino, che sbadiglia soddisfatto.

 

“Al momento. Ma… ma qualcosa c’è stato, non è vero, con il tuo amico commissario? Non è sempre stato solo un amico,” deduce, paralizzandola ed infrangendo quel momentaneo senso di sollievo, all’idea di essersela sfangata con poco.

 

“Va bene, d’accordo…” capitola Camilla, alzando gli occhi al cielo, sapendo benissimo che la confessione è l’unico modo per archiviare rapidamente questo argomento e che, se fornisce lei qualche piccolo dettaglio, si eviterà altre domande scomode, “sì… abbiamo avuto… diciamo che abbiamo avuto una breve relazione che però è finita e-“

 

“Per volontà sua o per volontà tua?” si inserisce, non dandole un attimo di tregua.

 

“Non vedo come questo ti riguardi e-“

 

“Mi riguarda eccome, perché cambia le carte in tavola e di molto, dato soprattutto che, per tua stessa ammissione, è un qualcosa che è avvenuto ultimamente. Anche perché, visto che una gravidanza dura nove mesi e, quando ci siamo rincontrati, il figlio del tuo ex marito non era ancora nato… deve essere successo tutto nell’ultimo anno… anzi, negli ultimi mesi…”

 

“Vedo che le esperienze degli ultimi mesi a te invece hanno lasciato una grande passione per l’indagine,” ironizza Camilla, cercando di deflettere con lo humour e di svicolare da quello che ha sempre più l’aria di essere un vero e proprio interrogatorio.

 

“Senti chi parla! E comunque non divagare: guarda che ti conosco, Baudino,” intima con un mezzo sorriso e l’aria di chi non cederà fino a non avere avuto una piena confessione.

 

“Va bene, d’accordo, hai vinto: è stata una mia decisione, contento?!” sbotta Camilla, il tono che trasuda sarcasmo, cominciando ad irritarsi: non ha mai amato le confessioni, soprattutto non quelle mezze estorte.

 

“Sì, molto,” ammette Michele, per tutta risposta, mordendosi il labbro con l’aria di chi sta trattenendo il sorriso, un’espressione da schiaffi sul viso, “ed è successo prima o dopo che ci siamo rincontrati?”

 

“Michele, per favore-“

 

“Camilla,” la blocca con quel tono deciso, completamente sicuro di sé, che spesso, in maniera imprevedibile, emergeva dall’apparente dolcezza e timidezza: un lato di lui che l’aveva sempre affascinata, sin da quell’indimenticabile viaggio in Grecia, “è successo dopo, non è vero?”

 

“Sì, è successo dopo! Soddisfatto?” ammette con un sospiro e alzando gli occhi al cielo, sapendo benissimo che sarebbe inutile mentire: lui conosce già la risposta.

 

“Moltissimo!” pronuncia Michele, sfoderando un sorriso pieno e trionfante, che non tenta nemmeno di dissimulare.

 

Camilla sa benissimo cosa sta pensando Michele: che lei abbia lasciato Gaetano per lui.

 

Ed è proprio quello che voleva evitare che pensasse. Non solo perché non è così, ma anche perché è consapevole che questo gli avrebbe dato un’impressione sbagliata-

 

E quale sarebbe l’impressione giusta, Camilla? No, perché io e almeno la metà dei tuoi neuroni ce lo staremmo ancora chiedendo… da circa sei mesi a questa parte, se non di più! - le domanda la vocina nella sua testa e, se non fosse assolutamente incorporea, la proprietaria della vocina sarebbe già stata ritrovata strangolata da quel dì.

 

Nella fontana della Dora, per caso, Camilla? La tua fantasia è decisamente un po’ morbosa. No, aspetta, dove l’ho già sentita questa? Ma sì, certo da-

 

Cinque dita. Cinque dita sulla spalla ed una sensazione di calore sulla schiena mettono a tacere la maledetta scocciatrice e le fanno quasi fare un salto sulla panchina.

 

Il borbottio di Potti, il suono che precede il ringhio, quasi si perde dietro il rumore dei battiti del suo cuore che le rimbombano nelle orecchie. Si volta e trova il viso di Michele di nuovo troppo vicino al suo, mentre, con la coda dell’occhio, lo vede muovere l’altro braccio.


Fa appena in tempo a bloccargli la mano prima che le si posi sulla vita.

 

“No, Michele, ascolta, forse non… non ci siamo capiti,” pronuncia, cercando di scostarlo o di scostarsi, “io non-“

 

“E invece ci siamo capiti benissimo… ti assicuro che ti capisco benissimo, Camilla, come tu hai sempre capito me. Ti sei separata da poco da tuo marito… sono successe un sacco di cose nella tua vita: tuo marito ha avuto un altro figlio, sei diventata nonna, a quanto pare hai pure archiviato una… una liaison con il tuo commissario, anzi, con il tuo ex commissario,” precisa, un tono lievemente canzonatorio e vittorioso insieme, “insomma… è stato un anno difficile e complicato, lo so, ma-“

 

“Ma questo dovrebbe farti capire perché… perché questo non sia assolutamente una buona idea, Michele,” ribatte, scostandosi del tutto da quel mezzo abbraccio ed indicando prima se stessa e poi lui, “ho bisogno di tempo e non voglio più fare errori: ho bisogno di fare chiarezza e non di aggiungere altra… confusione.”

 

“Beh ma… a me invece sembra tutto perfettamente chiaro, Camilla. Insomma… tuo marito ti ha tradita e… l’hai lasciato dopo vent’anni di matrimonio. È un lutto da superare, un grande lutto. E allora, come spesso succede, ti sei… ti sei aggrappata alle… alle spalle larghe e muscolose di un amico per consolarti,” proclama Michele, sembrando non poter proprio evitare di fare dell’ironia su Gaetano.

 

“Ma che fai? Mi prendi in giro adesso?!” sbotta Camilla, non potendo contenere l’irritazione, “no, perché non c’è proprio niente da ridere! E in quanto a… a Gaetano, lui-“

 

“Camilla, ti garantisco che non voglio prenderti in giro, anzi! E in quanto a Gaetano, è evidente che si è trattato del classico caso di Uomo Caronte,” chiarisce, come se fosse un’ovvietà.

 

“Uomo che?!” gli domanda, incredula, non capendoci più niente.

 

“Professoressa Baudino, non mi dica che non conosce Dante: Caronte, il-“

 

“Il traghettatore di anime, sì, so benissimo chi è Caronte, ovviamente!” sbuffa Camilla, continuando ad essere a dir poco confusa, “quello che non capisco è il nesso tra… tra Caronte e Gaetano.”

 

“Il nesso è che, come Caronte traghettava le anime, Gaetano ti ha traghettata in un momento difficile. Insomma… chiodo scaccia chiodo.”

 

“Veramente io non-“

 

“Camilla,” la interrompe di nuovo, prima che possa terminare, rassicurandola, sempre con quel tono comprensivo e allo stesso tempo sicuro di sé, “non c’è niente di male: succede spessissimo, è un meccanismo di difesa per… per tirare avanti, per non soccombere al dolore ed attutirlo mentre si cerca di superarlo. Una volta elaborato il lutto, almeno un po’, e terminata l’emergenza… ti sei resa conto che non eri innamorata di lui e che la vostra relazione non aveva più senso di continuare. Soprattutto… soprattutto quando poi invece… il destino mette o… rimette sulla nostra strada qualcuno che ci interessa sul serio.”

 

“E questo qualcuno saresti tu?” domanda, sorprendendosi della mezza risata che spontaneamente le esce dalla gola e dal tono duro e quasi sprezzante con il quale ha pronunciato quelle parole.

 

Non sa che cosa le prenda ma… ma ultimamente le succede sempre più spesso, soprattutto quando si tratta di… di uomini, inutile negarlo.

 

Di uomini che le fanno pressioni, che fanno proclami, che si ostinano a non capire che-

 

“Beh, Camilla… dovrai ammettere che… insomma, io che rientro nella tua vita dopo trent’anni, proprio ora che ti sei lasciata con… con tuo marito, che sei di nuovo una donna libera… non puoi non chiamarlo destino questo!” proclama Michele, dopo un attimo di pausa, sembrando ignorare completamente il tono e la risata, o almeno decidere di passarci sopra.

 

“Destino, destino, destino! Se avessi un euro per ogni volta che ho sentito quella parola ora dovrei essere ricca sfondata e, se il destino esistesse sul serio e avesse dei poteri magici, a quest’ora dovrei essere… dovrei essere felice con Gaetano. E invece sono qui con te: quella del destino è una palla colossale!” esclama, amara, aspra e pungente, di nuovo più di quanto avrebbe voluto.

 

Ma non può farne a meno, è così e basta: lei al destino non crede più.

 

“Che c’entra adesso Gaetano?” domanda Michele, sorpreso, l’aria di chi si aspettava tutto tranne quella reazione.

 

“C’entra che… ci siamo conosciuti a Roma dieci anni fa, Michele e… per fartela breve, dopo un numero infinito di traslochi, miei e suoi, ci siamo ritrovati, dopo anni che non ci vedevamo né sentivamo, ad abitare uno di fronte all’altra. Ci sono più probabilità di vincere all’Enalotto, credo. Se non è destino quello… non so cosa potrebbe esserlo! Eppure… eppure non c’è stato nessun magico lieto fine, anzi, praticamente è finita ancora prima di cominciare. Quindi…”

 

“Quindi magari era questo il vostro destino, non ci hai pensato? Che-“

 

“Che Renzo mi tradisse per l’ennesima volta? Che aspettasse un figlio da un’altra? Che Gaetano mi facesse da… com’è che l’hai chiamato? Uomo Caronte? Beh, allora, scusa se te lo dico, Michele, ma il destino è proprio un grandissimo stronzo!” afferma Camilla, guardandolo negli occhi, perentoria come in pochi altri momenti della sua vita, “e, a maggior ragione, non voglio più averci niente a che fare o dargli minimamente retta, al destino!”

 

“E perché io cosa dovrei dire, allora? Pensi che con me il destino sia stato meno stronzo?! Sono passato da brillante promessa del MIT di Boston, a top manager in una multinazionale americana, a top manager in un’azienda italiana, a… cosa? Cittadino senza fissa dimora? Trailer trash, come dicono in America. Un poraccio, come dicevamo a Roma,” dichiara con una mezza risata sarcastica ed autoironica, “ma sai che c’è? Che tutto sommato… mi va bene così! Mi va bene così, se significa essere qui con te e… e magari avere finalmente la possibilità di diventare quello che saremmo potuti essere, se non fossi partito come un cretino per l’America, lasciandoti qui da sola e-“

 

“E se non l’avessi fatto, te ne saresti pentito per sempre. Probabilmente saresti arrivato a rinfacciarmelo un giorno ed io non me lo sarei mai perdonata,” ribatte Camilla, posandogli una mano sull’avambraccio, addolcita da quelle parole, “Michele, ascoltami: è successo una vita fa, trent’anni fa! Non abbiamo più vent’anni e-“

 

“Quando sono con te mi sembra di avere ancora vent’anni, che il tempo si sia fermato!” la interrompe con un sorriso, posando la mano sulla sua.

 

“Ma il tempo non si è fermato, Michele, non abbiamo più vent’anni e lo sai… ed è inutile pensare al passato, a quello che avrebbe potuto essere… perché… è tutto diverso, è cambiato tutto. Io sono cambiata, tu sei cambiato… il nostro mondo è cambiato e non si torna indietro.”

 

“E allora non torniamo indietro, ma guardiamo avanti. Non pensiamo al passato: pensiamo al futuro!” la esorta con un altro sorriso, stringendole lievemente la mano.

 

“Al futuro?”

 

“Sì, al nostro futuro…”

 

Nostro?” ripete, non riuscendo a celare lo scetticismo nel tono di voce.

 

“Sì, nostro. Perché no, Camilla? Perché non dovrebbe essere possibile? Tu sei… single e io sono single. Ci siamo amati tanto e siamo stati felici insieme e-“

 

“Ed è stato una vita fa e-“ prova a protestare e a lasciargli la mano, ma lui mantiene la presa.

 

“E potrebbe anche essere la nostra nuova vita. Potremmo ancora essere felici insieme, Camilla, molto felici, ne sono sicuro. Camilla, una donna come te io… io non l’ho mai più trovata e non solo perché… sopporti il mio brutto carattere,” ironizza, strappandole un mezzo sorriso, per poi aggiungere, serissimo, stringendole la mano in modo quasi disperato, “ma perché… perché mi capisci con un solo sguardo… sai come sostenermi quando ne ho bisogno e… e senza che io debba chiedertelo. Avresti sacrificato tutto per me, per tirarmi fuori dai guai e… e anche nei momenti peggiori, sai sempre come farmi ridere. Ci sei stata per me quando ero a terra, anzi, quasi sottoterra, e mi hai aiutato a rialzarmi, a ritrovare la fiducia in me stesso come… come uomo. Ad essere di nuovo un uomo. Capisci che significa?”

 

“Sì… credo… credo di sì…” sussurra Camilla, un senso di bruciore agli occhi ed un dolore… piacevole al petto che non riesce a spiegarsi, guardando davanti a sé senza vedere realmente nulla.

 

Anzi, sì, intravede qualcosa: lo schermo di un cellulare, con un messaggio che però ora non riesce a decifrare, i vetri di una finestra, mezza nascosta dietro tende bianche e poi… e poi mani, mani che stringono convulsamente le sue, proprio come sta succedendo ora. Ma mani grandi, forti e calde, così diverse da quelle sottili e gelide di Michele.

 

Immagini e sensazioni sfocate, come un sogno che le sfugge tra le dita e che non sa interpretare.

 

“La sai una cosa, Camilla? È da… è da quando ho perso tutto… che… che non ho più pensato al futuro, se non… solo all’oggi, al sopravvivere, ad avere qualcosa da mangiare e un tetto sulla testa. E, quando ero in depressione, nemmeno di quello mi importava più: avrei solo voluto sparire, smettere di soffrire, di essere un peso per me stesso e per gli altri. Ma… da quando ti ho ritrovata… è come se… è come se sentissi di avere di nuovo una possibilità… non solo con te ma… ma con la vita. Di poter di nuovo guardare avanti, di avere qualcosa di… di bello per cui guardare avanti, lo capisci?

 

“Sì…” mormora con un filo di voce, un sorriso che le si allarga sul volto senza che possa evitarlo, ed i suoi occhi ora vedono solo il blu: stoffa blu che ondeggia, come percossa da un lieve vento.

 

Riesce perfino a percepire la brezza fresca sul viso e quel tepore che la avvolge, mentre dita leggere le sfiorano il braccio e poi il collo e la guancia destra.

 

Quasi inconsciamente, chiude gli occhi ed inclina il capo, perdendosi per qualche istante in quelle sensazioni a cui non è più abituata, nel tornare finalmente a sentire dopo mesi di intorpidimento.

 

Si rende conto solo in quel preciso istante di quanto le sia mancato tutto questo, di quanto le sia mancato-

 

Umido: un tocco insistente ed umidiccio sulle labbra, tra le labbra, un sapore estraneo e… e sbagliato, le congelano bruscamente i pensieri ed i sensi. Il pilota automatico, dal quale si era lasciata guidare fino a quel momento, si disattiva, lasciandole solo un moto di nausea che le chiude lo stomaco e la gola.

 

Istintivamente, respinge quell’invasione molliccia e sgradevole serrando labbra e denti, mordendo lievemente ed involontariamente prima la punta della lingua e poi il labbro inferiore dell’invasore.

 

Mentre un sentore di rame si unisce al gusto amaro della bile che le risale la gola, l’invasore, per tutta risposta, sembra sorriderle sulla bocca, probabilmente interpretando quei morsi come… come parte di un gioco. Dopo un attimo di pausa fin troppo breve, rinnova l’assalto con ancora più vigore, conficcandole le dita tra i capelli e baciandola con irruenza, gli incisivi a catturarle e tirarle il labbro, quasi ad imitare il suo gesto di poco prima, per poi lanciarsi in un nuovo tentativo di invasione della sua bocca.

 

“Mi- Mi- Miche-“ prova a pronunciare in mezzo all’assalto, le mani e le braccia che finalmente si riattivano e riescono ad infilarsi tra il suo petto e quello dell’uomo, cercando prima di allentare la stretta e poi di spingerlo via, “no- no! NO! BASTA!”

 

Solo quando lo vede precipitare indietro ed aggrapparsi al bordo della panchina, evitando solo per un soffio di ruzzolare a terra, si rende conto di quanto forte l’ha spinto.

 

Di quanto forte ha urlato.

 

Michele la guarda, ancora mezzo spalmato sul sedile di metallo, gli occhi spalancati in un’espressione di sorpresa e quasi di… di spavento.

 

“Che… che ti prende?” esala, la voce roca, tentando faticosamente di rimettersi a sedere ma non smettendo un attimo di guardarla negli occhi.

 

“Che mi prende?! Casomai, che prende a te?!” non può trattenersi dall’esclamare in quello che è quasi un urlo, mentre Potti, con un ringhio agghiacciante, balza sulla panchina, in mezzo a loro, sembrando pronto ad attaccare alla minima mossa di Michele.

 

“In che senso?!” le domanda, sembrando sinceramente confuso, alternando ora lo sguardo tra lei e il cane, per poi implorare, con tono quasi intimorito, “Camilla… per favore, puoi…?”

 

“Potti, vieni qui!” sospira, prendendo in braccio il cane, che continua ad abbaiare, cercando di tranquillizzarlo ma continuando, inconsciamente, a farsene scudo.

 

Qualche attimo interminabile di silenzio, mentre rimangono a studiarsi: Michele ancora mezzo aggrappato allo schienale della panchina, confuso, sorpreso e intimorito tanto quanto lo era lei fino a qualche istante prima.

 

Prima che tutto fosse spazzato via da un senso di irritazione, anzi, proprio di rabbia e di tradimento che monta e ribolle dentro di lei.

 

“Ma si può sapere come ti è saltato in mente di... di.. di saltarmi addosso in quel modo, eh?!” sibila, gelida, mentre Potti, di riflesso, riprende a borbottare e vibrare minaccioso.

 

“Saltarti addosso??!! Io??!!” esclama Michele, con un tono e uno sguardo tra l'incredulo e lo spiazzato che la mandano in bestia.

 

“Non mi sembra che qualcun altro in questo parco abbia tentato di infilarmi la lingua in gola, grazie al cielo!!” esplode, sarcastica, “scusa il francesismo!”

 

“Che cosa??!!!” sbotta, non riuscendo a trattenersi dall'alzare ulteriormente la voce, indignato, “ma se sei tu che mi hai baciato!!!”

 

“EH??? Che cosa avrei fatto io???!!! Ma certo che c'hai una faccia tosta da primato!! Non provare a girare la frittata, non-”

 

“Senti chi parla!! Sarò stato e forse sarò ancora un poco depresso, ma non sono pazzo!! Io ti ho accarezzato il braccio e il viso e tu mi hai sorriso, mi hai detto shhhh, mi hai preso per la nuca e mi hai baciato!”

 

Un colpo netto al cuore, una stilettata che le leva il fiato, a tradimento.

 

Non è possibile... non è possibile... non è possibile!

 

“Io... io credo sia meglio andare... ti pago un taxi,” balbetta, tentando di rimettersi in piedi, nonostante le gambe che le tremano: la voglia, anzi il bisogno di allontanarsi da lì è più forte di tutto.

 

“Eh no, non mi puoi liquidare così: tu mi devi una spiegazione!!” la blocca Michele, afferrandola per una spalla e costringendola a rimettersi a sedere, incurante di Potti che ringhia e scalpita come un pazzo e che Camilla fa sempre più fatica a trattenere.

 

“Io non ti devo proprio niente!!” ribatte, fulminandolo con uno sguardo che potrebbe uccidere, “lasciami andare!!”

 

“Eh no, Camilla: non funziona così! Prima mi baci, poi mi tratti come se fossi un maniaco, poi mi... mi paghi un taxi??!!” sbotta con una mezza risata amara ed incredula, “ma che pensi che sia? Un pupazzo?! Una spiegazione me la devi eccome, Camilla!”

 

Rimangono a fissarsi negli occhi per qualche interminabile istante. Camilla combattuta tra l'istinto di fuggire e il tentativo disperato del suo cervello di formulare uno straccio di scusa che le consenta di concludere quell'incontro, al quale ora si pente amaramente di aver acconsentito, con un minimo di dignità e senza scenate – chiudere con dignità? Non mi sembra che sia proprio il tuo forte, Camilla.

 

Camilla serra le palpebre per un secondo, il tempo di zittire l'odiosissima vocina. Un secondo di troppo, perché Michele sembra ritrovare la forza e le parole, che tracimano come un torrente in piena.

 

“Camilla... mi hai dato buca per mesi, per mesi! Tanto che mi ero detto che, se non avessi accettato l'invito di oggi, avrei lasciato perdere. Avrò fatto un po' una vita da recluso in questi ultimi anni, ma i segnali li so ancora cogliere, grazie al cielo!” proclama, sempre con quel sorriso amaro, per poi aggiungere, dopo una pausa e un sospiro, “perché sei venuta qui oggi, Camilla, eh? Per umiliarmi e darmi il colpo di grazia?!”

 

“Perché pensavo di uscire con un amico e... avevo bisogno di un amico oggi,” ammette, ricambiando il sospiro, quella che in fondo è la pura e semplice verità.

 

“Ma io e te NON SIAMO MAI STATI AMICI. E lo sai! Lo sapevi benissimo che segnali mi avresti lanciato accettando il mio invito oggi! È tutto il giorno che sei distante, che sembri con la testa altrove. E poi invece ti... ti commuovi insieme a me, mi prendi, mi baci e poi pretendi di-”

 

“Pretendo??!! A me sembra che sei tu che pretendi!! Ma che avete voi uomini eh??!!! Deve essere qualcosa nel cromosoma Y!! Una vi dà un dito e voi subito a prendervi il braccio, a pretendere tutto!! Il fatto di essere uscita con te oggi non mi obbligava e non mi obbliga a starci con te, non mi obbliga a un bel niente!!” sbotta in quello che è praticamente un urlo, l'indignazione e quel senso di... di fastidio che le bruciano in gola.

 

“Non ho detto questo, Camilla, maledizione! Dico solo che non puoi continuare a lanciare segnali opposti e confusi e poi, se uno li coglie, liquidarlo così!! Ho una mia dignità anche io, nonostante tutto! Capisco che tuo marito ti abbia ferita, che tu sia stata delusa dagli uomini, ma non puoi prendertela con me e sfogare il tuo livore su di me!! Io non ti ho mai fatto niente di male e non mi merito tutto questo! Ho già abbastanza problemi e casini per conto mio e non posso prendermi pure i tuoi, perché mi pare evidente che tu di problemi da risolvere ne abbia parecchi, forse pure più di me! E diventare il tuo sacco da pugilato è l'ultima cosa di cui ho bisogno in questo momento!!”

 

“Che cosa?! No, aspetta, aspetta!! Altro che faccia tosta!! Fino a pochi minuti fa ero una specie di angelo salvatore, che ti aveva aiutato a ricominciare a vivere e a ritrovare la forza di andare avanti, e ora sarei una specie di psicopatica?! Solo perché non ci sono stata??!!” grida a voce piena, incurante del contesto, l'indignazione che è ormai rabbia, anzi, furia, “quello che ha problemi e pure ENORMI sei tu, Michele, altro che brutto carattere!! Ci credo che non hai più trovato uno straccio di lavoro e che sei rimasto solo come un cane!!”

 

Silenzio.

 

Un silenzio assordante e perfetto li avvolge per momenti che sembrano dilatati all'infinito, gli occhi a fessura, le mascelle serrate, le mani ad afferrare il legno della panchina fino a che le nocche diventano bianche.

 

“Quando si dice un colpo basso... complimenti! Complimenti davvero!” proclama infine Michele, scuotendo il capo, il tono basso, duro, amaro, incredulo.

 

“Io... io non so che cosa ti sia successo e che cosa ti abbia fatto tuo marito ma... avevi ragione su una cosa: sei davvero cambiata, Camilla. Non sei più la persona che ricordavo. La Camilla che conoscevo io non... non era così! Era una persona buona, generosa, altruista. Una persona che metteva la felicità delle persone a cui teneva prima della propria. Come quando mi hai lasciato andare a Boston. Ora invece... ora invece... sembra che ci godi a fare del male agli altri, soprattutto a chi ti-” si blocca, prima di esalare, come se gli costasse fatica, “a chi a te ci tiene davvero. E io sarò rimasto anche solo ma tu pure se continui così... solo un masochista potrebbe riuscire a sopportarti! Ma l'avrei dovuto capire prima: l'avrei dovuto capire da come trattavi quel poraccio del tuo... amico commissario.

 

“Che c'entra adesso Gaetano??!” esclama Camilla, il senso di colpa momentaneo per quelle parole a dir poco infelici che gli aveva sputato addosso, che svanisce di fronte alla rabbia che nuovamente preme e scalpita per essere lasciata libera, quasi più forte di Potti.

 

“C'entra che mi ricordo benissimo come ti comportavi con Gaetano quando ero sospettato di omicidio. E se a lui va bene essere trattato come una pezza da piedi e rimanere uno di famiglia, a scodinzolarti intorno come un cagnolino fedele, pure dopo che l'hai piantato in asso, sperando magari che tu cambi idea, come del resto, a quanto mi dici, mi sembra abbia fatto negli ultimi dieci anni.... Beh, mi spiace per lui, ma io non sono così!”

 

“Ma chi te lo chiede??!! Chi ti ha mai chiesto niente??!! Sei stato tu a decidere che volevi continuare a starmi appresso e che non volevi arrenderti, mi sembra!” urla, furente come raramente si è mai sentita, “e comunque Gaetano non è un cagnolino, ma è un vero signore, cosa che tu non sei e non sarai mai!”

 

“E meno male!” erompe in una risata sarcastica, “se essere un signore significa farsi umiliare con il sorriso sulle labbra, beh, no grazie!”

 

“Ah sì? Peccato che fino a quando, secondo te, umiliavo Gaetano e lo trattavo come una pezza da piedi, ero comunque la donna che ti aveva fatto tornare alla vita e con la quale volevi costruire il tuo futuro. Anzi è tutto il giorno che fai battutine sarcastiche e sprezzanti proprio su Gaetano! Mentre invece se oso rifiutare TE, allora divento una sadica e la peggiore delle stronze!! E Gaetano che, lo ribadisco, è un signore e che peraltro sa difendersi benissimo da solo, diventa una povera vittima!! Mi sembri la volpe che non arriva all'uva e dice che è acerba!!”

 

“Al massimo la volpe che ha scoperto che l'uva è ormai diventata marcia e che l'unica cosa che otterrà mangiandola è un gran mal di stomaco!”

 

“Peccato che ci hai provato in ogni modo a mangiartela sta uva, prima di decidere che era andata a male! E guarda caso proprio quando hai capito che l'uva col cavolo che si sarebbe lasciata mangiare!” sputa, acida e tagliente, provando una voglia straripante di mollargli un ceffone da lasciargli le cinque dita stampate per almeno una settimana.

 

“È vero, Camilla, oggi ci ho provato con te, perché pensavo davvero che ci potesse essere un futuro tra noi e non lo nego. Come non nego che tu sei stata una specie di faro in un momento davvero buio della mia vita. Mi hai evitato la galera e mi hai salvato la vita, perché io dalla galera non ne sarei mai uscito vivo, non nelle condizioni in cui ero. Non lo sto negando e di questo ti sono grato e te ne sarò sempre grato. Ma quello che è successo prima ti sembra una cosa... una cosa normale?! Lo ribadisco, se Gaetano ha tendenze masochiste, buon per te, ma io non sono così! Quando ci siamo ritrovati, vedendo come ti comportavi con me, quanto eri pronta a rischiare e sacrificare per me... ho voluto pensare che se eri così fredda e sprezzante con il tuo amico commissario, era perché eri arrabbiata con lui, perché sembrava avermi già condannato solo per un'antipatia, perché mi percepiva come un rivale. Che se ti comportavi così era per difendermi e perché lui era troppo opprimente nei tuoi confronti. Pensavo che il problema fosse lui. Ma ora tratti anche me allo stesso identico modo, come se avessi preteso chissà che, quando non ti ho mai chiesto niente e-”

 

“Come no!! Tu pretendi, pretendi eccome! È tutto il giorno che pretendi e-”

 

“Sono mesi e mesi che ti ho aspettata pazientemente, e no, senza pretendere niente, se non un minimo di sincerità. Ma non serve più, Camilla, perché la verità è che... non ho voluto vederla la verità. E la verità è che il problema non era Gaetano: il problema eri tu. La verità è che quello che hai fatto per me, tu non l'hai fatto davvero per me! La falsa testimonianza, l'andare contro a tutti, anzi, diciamo pure contro Gaetano per scagionarmi... tu non l'hai fatto per difendermi, ma per difendere te stessa!!”

 

“Ma che stai dicendo??!! Io-”

 

“Tu ti eri stufata dell'uomo Caronte, Camilla, ti andava stretto, no? E allora hai trovato un modo per liberartene e per chiudere quella relazione definitivamente. A questo ti servivo io, solo a questo. Per questo mi sei stata appresso per settimane e poi... e poi quando il caso è finito e l'uomo Caronte ha avuto il suo benservito... puff, sei sparita di nuovo! Sei pure riuscita a tenerti il fedele e signorile Gaetano come amico di famiglia e a tenermi lì in caldo, in panchina. Ma io ho ancora una mia dignità e ci tengo alla mia salute mentale, per quanto precaria, e di sicuro non la butterò via rimanendo qui a scondinzolarti intorno per altri dieci anni, anzi nemmeno per dieci secondi di più!”

 

L'aria intorno a lei si fa ancora più gelida quando, con un movimento brusco, Michele si alza in piedi, guardandola, letteralmente, dall'alto in basso, in un modo che la manda in bestia. Quasi non si accorge che Potti ha finalmente smesso di ringhiare e divincolarsi.

 

“Su una sola cosa hai ragione: non sarei MAI dovuta venire qui oggi!!” sibila, il tono letale quasi quanto lo sguardo, “e meno male che ti ho lasciato andare a Boston e non sono stata così cretina da seguirti!”

 

“La sai una cosa? Concordo in pieno! E risparmiati il taxi: non solo posso permettermelo, ma piuttosto che chiederti un solo euro, mi faccio la tangenziale a piedi!” ribatte, con un tono tra il disprezzo e il compatimento che le fa di nuovo venire un prurito incontenibile alle mani, “buona vita e buona fortuna Camilla, ne avrai bisogno!”

 

***************************************************************************************

 

“Stronzo!”

 

La fitta lancinante alla mano e il guaito spaventato di Potti, la bloccano per un secondo, la porta di casa che rimbomba ancora peggio di un gong, vibrando sulle nocche della mano destra, sulla pelle che è appena riuscita a spaccare con un pugno ben assestato contro al muro.

 

Si disfa rapidamente del cappotto, lanciandolo sul divano – al diavolo l'ordine!

 

Sa che dovrebbe disinfettare la mano e medicarla, ma non ne ha la forza: vuole solo infilarsi sotto le coperte e rimanerci fino all'epifania, che anche queste stramaledette feste si porterà via.

 

In fondo, la Befana le è sempre stata simpatica.

 

Un altro guaito di Potti la spinge a guardare in basso e a rendersi conto che ha ancora il guinzaglio in mano e lo sta praticamente strattonando verso la stanza da letto.

 

“Scusa, Potti, scusa, adesso ti libero!” lo rassicura, chinandosi per aprirgli il moschettone e prenderlo in braccio, sia per farsi perdonare, che per sentirne il calore.

 

“Con gli uomini ho chiuso, Potti. Chiuso!” proclama solenne, incrociando lo sguardo dubbioso del cagnolino, “se mi senti di nuovo anche solo parlare di accettare un invito da qualcuno, per favore mordimi!”

 

Ma Potti, per tutta risposta, la guarda dubbioso, con la testa inclinata verso destra e poi si lancia in un altro guaito, che sembra farsi più forte mano a mano che Camilla si avvicina al letto.

 

“E dai, Potti, ti ho chiesto scusa. Non fare il permaloso!” sospira, facendogli un altro grattino sulla testa e buttandosi sul letto, ancora vestita, “ora ci facciamo una bella dormita, che la mamma ne ha proprio bisogno.”

 

WOF! WOF!

 

Non appena molla la presa, per abbassarsi a slacciare gli stivali, una palla di pelo nera si getta giù dal letto e si precipita con sorprendente rapidità verso la porta.

 

“Potti!! Potti, dove vai??!!” esclama, barcollando in piedi e inseguendolo con uno stivale allacciato e uno che le penzola dalla caviglia, “dai, Potti, per favore, sono stanca! Non ti ci mettere pure tu!”

 

SGRAT SGRAT SGRAT

 

“Non dirmi che hai bisogno di... fare un bisogno! Siamo appena rientrati!” sbuffa, rassegnata, chinandosi di nuovo a prenderlo in braccio prima che rovini la porta di ingresso.

 

WOF WOF!!

 

O almeno provandoci, visto che Potti non sembra intenzionato a farsi afferrare.

 

“Va bene, va bene, vuoi scendere con le tue zampe?! D'accordo! Però una cosa veloce e poi a nanna!” concede, affrettandosi a chiudere lo stivale e infilarsi nuovamente il cappotto.

 

WOF!! WOF!!! WOF!!! CAIIII!!! CAIIIII!!! CAIII!

 

“Ma che fai, Potti??!!!” esclama, esasperata, cercando di afferrare il fuggiasco che, come la porta di casa si è aperta, si è nuovamente lanciato sulla porta di fronte, ricominciando a grattare come un ossesso.

 

“Ti ho già detto che Gaetano non c'è e nemmeno Tommy!! Vieni qui!!! VIENI QUI!!” grida, forse più forte del dovuto, riuscendo finalmente ad agguantarlo e a riportarlo in casa.

 

Ma, come lo poggia per terra per levarsi il cappotto, di nuovo Potti si lancia verso la porta di ingresso.

 

“Potti, adesso basta! Basta, hai capito?! Dobbiamo andare a letto!!” intima, agguantandolo di nuovo e riportandolo con sé in camera.

 

Come riprova a slacciarsi gli stivali e di nuovo, vede la nube nera volare verso la porta, Camilla capisce che questa è una lotta persa in partenza e che, soprattutto, non ha le energie di combattere.

 

SGRAT SGRAT SGRAT

 

“Senti, Potti, Gaetano non c'è, Tommy non c'è. Ci sono solo io e sono esausta! Se vuoi continuare a stare lì e grattare la porta, fai pure: io vado a letto!!” annuncia, solenne, lanciandogli un ultimo sguardo prima di ritornarsene in camera da letto, infilarsi nel pigiama e sotto le coperte.

 

Tanto tra un po' cede... figurati... lo fa sempre! - pensa, chiudendo gli occhi ed aspettando di sentire il picchiettio delle zampe di Potti, il suo peso sul materasso e il suo calore sul petto.

 

Come al solito.

 

Ma passano interminabili minuti e niente, silenzio. Quantomeno sembra avere smesso di grattare la porta.

 

“Va bene, d'accordo!! Abbandonami pure tu, traditore! Tutti uguali vuoi uomini!!” esclama, in un tono che vorrebbe essere ironico ma che risulta solo amaro, un senso reale di tradimento che le opprime il petto, insieme ad un fin troppo familiare calore negli occhi.

 

Li serra ancora più forte, deglutisce, respira, quella sensazione svanisce ed è di nuovo tutto ok.

 

Almeno per cinque secondi. Poi il maledetto calore e il pizzicore la riassalgono, più forte di prima.

 

“Eh no, Camilla, non facciamo scherzi!” si intima da sola, accendendo la luce sul comodino, lo sguardo che le cade automaticamente sulla foto di Andreina che sembra osservarla materna e comprensiva, accanto a una foto di Livia, Millie e George.

 

“Se solo fossi ancora qui...” sospira, tracciando con un dito il contorno del viso di sua madre, prima di prendere in mano la foto, “avremmo passato le feste a discutere su tutto, lo so: dalla cottura del tacchino, al centrotavola, alla tovaglia. Mi avresti rimproverato per la mia cucina scadente e le mie scarse abilità domestiche, fino a farmi impazzire!”

 

“E poi... avresti passato tutto il giorno di natale a fulminare Renzo e a fare battute di pessimo gusto a Carmen, già lo so,” sussurra con un sorriso, lasciandosi ricadere sul cuscino, la foto stretta al petto, “ma avresti coccolato lo stesso Lorenzito, quando Renzo non ti vedeva, ovviamente. Perché ti conosco, mamma, anche se forse non ci siamo mai capite del tutto. E poi... e poi avresti preso in braccio la tua nipotina e avresti fatto mille raccomandazioni a Livietta e... e poi-”

 

Il nodo in gola per un secondo le toglie il fiato.

 

“E poi... anche oggi... mi avresti dato della cretina per essere uscita con Michele. A te non è mai stato molto simpatico... forse perché temevi che mi portasse via, lontano da te. O forse perché ci hai visto più lungo di me... chi lo sa. Ma, vedendomi rientrare, avresti capito, mi avresti preparato un tè e... avresti cercato di ficcanasare, facendo finta di non volerti immischiare... e... e forse oggi te l'avrei pure permesso, sai, mamma? E mi avresti abbracciata e-”

 

Le lacrime bastarde tentano di nuovo la fuga, rendendole difficile anche solo deglutire.

 

“Basta!! Basta, Camilla, basta!!” esclama, strizzando gli occhi per ricacciarle indietro, strappandosi la foto dal petto e gettandola sul comodino.

 

È inutile perdersi in illusioni che non portano da nessuna parte: sua madre non c'è più, quella vita semplice, lineare, rassicurante, non c'è più.

 

Quella Camilla non esiste più.

 

“Ce l'hai fatta fino ad ora, da sola, nonostante tutto!” si ricorda, tirando tre forti respiri fino a calmarsi, “non hai bisogno di nessuno per essere felice, di nessuno! Ora ti dai una calmata e ti metti a dormire. E da domani ti dedichi solo ed esclusivamente a te! Anno nuovo vita nuova. Libera, indipendente e soprattutto senza pesi morti da trascinarti dietro!”

 

La gola è ritornata libera, il pizzicore è svanito ed è di nuovo tutto ok. Soddisfatta, Camilla spegne la luce e si rimette sotto le coperte.

 

“Sul morto possiamo pure concordare, ahimé, ma sul peso... senti chi parla! Perché, tu pensi di essere una piuma, per caso?”

 

Il cuore che le vola in petto, non solo per la voce improvvisa, ma perché quella voce è di-

 

“Mamma??!!” esclama, incredula, precipitandosi a riaccendere la luce.

 

Un altro tuffo al cuore, non appena i suoi occhi incrociano quelli di ghiaccio della figura seduta ai piedi del letto, con una posa di assoluta nonchalance, impeccabilmente vestita e pettinata, esattamente come nella foto che giace riversa sul comodino.

 

“Mamma!”

 

Chissenefrega se è solo un sogno: il tempo di un secondo e Camilla si proietta verso la madre, la necessità di quell'abbraccio ormai si è fatta insostenibile.

 

“Ahi!” non può fare a meno di esclamare, quando si ritrova spalmata sul materasso, la mano già mezza martoriata che picchia contro il pavimento.


Temendo di stare allucinando, si risolleva a fatica, ma sua madre è ancora lì: placida e tranquilla.

 

Tremante, allunga una mano per sfiorarle il braccio ma l'unica cosa che riesce a percepire è aria: aria fredda, gelida.

 

“Non fare quella faccia, figlia mia: che ti aspettavi? Gli spiriti non hanno un corpo, dovresti saperlo, se no non sarebbero spiriti...” proclama Andreina, con il tono di chi sta pronunciando un'assoluta ovvietà.

 

“Spiriti??” chiede Camilla, ancora basita, prima di sospirare, “per una volta che riesco a sognarti, non potevo fare un sogno normale, ovviamente, no! Sarebbe pretendere troppo!”

 

“Sogno?!” la schernisce la madre, con quel tono che le aveva sempre fatto venire voglia di ammazzarla, “e per quello sei arrivata un po' tardi, figlia mia.”

 

“Per cosa?!” domanda, completamente confusa.

 

“Per ammazzarmi, naturalmente!” ribatte con un altro sorrisetto soddisfatto, “e non fare quella faccia, che ti peggiorano solo le rughe sulla fronte! Sì, riesco a sentire i tuoi pensieri, ovviamente. È uno dei vantaggi di essere uno spirito, non che mi serva realmente: le conosco fin troppo bene, le tue occhiate omicide. Poi in quest'ultimo anno... mi sembra che tu ci abbia un po' preso gusto, no, Camilla? E infatti, guarda: una, due, tre, quattro rughe nuove.”

 

“Solo io posso fare un sogno così su mia madre. Solo io!!” esclama Camilla, incredula ed esasperata, “ma non potevo fare uno di quei sogni che fanno tutti quanti, con il genitore che li rassicura che andrà tutto bene e che è fiero di loro e-”

 

“Ah, se potessi dirtelo, te lo direi, Camilla, credimi! Ma non ho mai amato le bugie – sì, ok, a parte su Amedeo e la povera Sandra... e su Edmondo, d'accordo! Certo che non te ne sfugge mai una: tutta tuo padre!”

 

“Senti chi parla!! Che poi... che poi sono sempre io, ora che ci penso! Questo è il mio sogno e quindi mi sto praticamente rimproverando e criticando da sola?! E dire che pensavo di avere smesso con i sogni da TSO!” sbuffa, mettendosi la testa tra le mani e chiedendosi perché il suo subconscio ce l'abbia tanto con lei.

 

“Ancora con questa storia del sogno! Guarda che non stai affatto dormendo, Camilla. E se il tuo subconscio ce l'avesse con te, credimi che non avrebbe poi tutti i torti: ultimamente non lo stai trattando molto bene. Anzi, diciamo che non stai trattando molto bene nessuno, inclusa te stessa.”

 

“Sì, va beh, d'accordo. Quindi questo non sarebbe un sogno?”

 

“No, affatto!”

 

“E tu quindi saresti uno... com'è che ti sei definita? Uno spirito?”

 

“Sì, esatto. Uno spirito.”

 

“Quindi tipo... un fantasma? Di quelli che fluttuano nell'aria con catene e sonagli e-”

 

“Mi sa che ti sei vista troppe volte Ghostbusters e Casper con Livietta, quando era piccola. Preferisco decisamente i miei soliti vestiti e... figurati se mi metterei mai a fare tutto quel baccano, che siamo pure in un condominio e c'è gente che dorme: neanche morta!” esclama, prima di bloccarsi ed aggiungere con una mezza risata, “scusa, mi devo ancora abituare a non usarli certi modi di dire.”

 

“Ok, va beh, supponiamo per un attimo che questo davvero non sia un sogno e che tu sia uno... spirito: che ci fai qui?” le domanda, con un tono che lascia trasparire tutta la sua incredulità e confusione di fronte a questo sogno a dir poco bizzarro, “messaggi dall'aldilà? Numeri fortunati del lotto, che ne avremmo pure bisogno?!”

 

“Non sono una postina e mi dispiace, ma non sono in grado di prevedere il futuro: non è la mia specializzazione.”

 

“La tua specializzazione? Oltre ad essere uno spirito, sei pure un medico, adesso?”

 

“Prendila pure a ridere, Camilla... tanto ti renderai conto tu stessa a breve che non c'è proprio niente da scherzare, anzi,” sospira, riaggiustandosi la gonna: uno dei suoi classici segnali di fastidio. Di solito associato ad un rifiuto di Camilla di fare qualcosa nell'unico modo che la madre, nella sua testardaggine, riteneva universalmente corretto.

 

“D'accordo, e allora sentiamo: quale sarebbe la tua specializzazione?”

 

“Il passato, naturalmente! Per essere precisi, sono lo Spirito delle Festività Passate!” pronuncia con solennità pari a quella di un nobile che si inchina di fronte alla sua regina, enunciando con orgoglio i suoi titoli.

 

“Lo spirito di che?!” domanda con la voce che le si strozza su una mezza risata.

 

“Camilla, mi stupisco di te! Insegni ancora lettere, o sbaglio?” ribatte Andreina, precisando con un sopracciglio sollevato, “sì, ovviamente è una domanda retorica.”

 

“Charles Dickens. Canto di Natale. Certo che lo riconosco. Ma, prima di tutto lì c'era lo Spirito del Natale Passato e la vigilia è passata pure quella, e da un pezzo: domani è l'ultimo dell'anno!”

 

“Ma Dickens viveva nell'Ottocento: qua bisogna modernizzarsi un po', essere... com'è che si dice? Politicamente corretti? Non tutti lo festeggiano il natale! E poi... figlia mia, che ci possiamo fare, se tu arrivi sempre in ritardo perenne su tutto? Per natale non è stato possibile, si fa quel che si può! Ma meglio tardi che mai... sempre se non è già troppo tardi.”

 

Una risata amara sfugge dalle labbra di Camilla: forse avrebbe davvero dovuto dare retta a Francesca e andare a fare qualche seduta dalla psicologa, quando aveva scoperto il tradimento di Renzo e aveva avuto gli attacchi di panico. Sapeva di avere un subconscio molto originale e fantasioso, ma questo sogno decisamente li batteva tutti! E non aveva nemmeno mangiato pesante, anzi, non aveva proprio cenato!

 

“Ancora con questa storia del sogno?! Lo vuoi capire che non stai affatto sognando?!” sbotta Andreina, l'aria di chi sta perdendo la già scarsa pazienza.

 

“Sì, certo, come no! Non sto sognando e sono finita nella riedizione moderna di Canto di Natale, nel ruolo di Scrooge, per di più – che poi non sono né tirchia né misantropa!”

 

“Non sarai tirchia ma in quanto al misantropa... se vai avanti così, figliola, ora che arrivi all'età di Scrooge, lo farai impallidire al tuo confronto!”

 

“Ma se mi faccio in quattro per gli altri! E ho tutta una famiglia che-“

 

“Qui non vedo nessuno!” le fa notare Andreina, indicando la casa fredda e vuota con quello stramaledetto sopracciglio alzato.

 

“Perché sono dovuti andare via per vari motivi ma-“

 

“Ma tu saresti potuta andare con loro, se avessi voluto. Certo, per fortuna, se non altro, non ti è saltato in mente di partirtene per la Spagna con quel mostro del tuo ex, che almeno ha avuto l’istinto di sopravvivenza di aspettare che tirassi le cuoia, prima di mettere incinta quella-“

 

“MAMMA!”

 

“E dai, su Camilla, se non si può nemmeno essere onesti dopo morti... e poi tanto non mi sente nessuno, visto che non c'è nessuno qui, a parte te,” reitera, rimettendoci il carico da undici.

 

“Ok, adesso basta! Camilla, questo è il tuo sogno ed è arrivato il momento di svegliarti. Ma come posso fare? Di solito... chiudere gli occhi per un po' funziona,” ragiona tra sé e sé, serrando le palpebre più forte che può.

 

“Quando hai finito di parlare da sola come una pazza e di farti venire ancora altre rughe pure nel contorno occhi, potresti riaprirli che avrei un compito da portare a termine e stiamo già facendo tardi?”

 

“Ma sei ancora qui?!” domanda Camilla, esasperata, maledicendo ardentemente tutte le volte in cui ha desiderato di sognare la madre.

 

“Sì, sono ancora qui, perché, per l'ennesima volta, questo NON è un sogno e-”

 

“Ah, no? E allora dimostramelo, avanti!”

 

“Camilla...”

 

“Avanti, se questo non è un sogno e tu sei davvero uno spirito, dimostramelo, convincimi. Avanti!” la inziga con tono di sfida, sperando vivamente di portare il sogno ad un'escalation tale da svegliarsi.

 

“E va bene, l'hai voluto tu!”

 

“AHIA!”

 

Camilla si porta la mano alla bocca: il pizzicotto alla mano è stato talmente forte da riaprire la ferita sulle prime due nocche, che hanno ripreso a sanguinare.

 

“Se fosse un sogno, dovresti essere già sveglia e non sanguineresti. Quindi-”

 

Andreina si azzittisce bruscamente quando Camilla, di nuovo, prova invano a toccarla con la mano sana, incontrando solo l'aria.

 

“Cioè, fammi capire: tu avresti il potere di darmi un pizzicotto così forte da farmi sanguinare, ma non di darmi un abbraccio?” domanda Camilla, ancora incredula e confusa, ma con uno strano senso di tradimento che le sale in gola – eh no, non ti starai mica convincendo sul serio che questo non è un sogno, Camilla!

 

“Beh, forse questo dovrebbe farti capire che evidentemente hai più bisogno del primo, che del secondo,” ribatte Andreina, serissima, ma con una certa malinconia e – preoccupazione? - che traspaiono dallo sguardo e dal tono di voce.

 

“Che stai dicendo? Io-”

 

“Dai forza, alzati: è ora di andare!”

 

“Ma mamma, io-”

 

Ogni protesta viene zittitta quando avverte cinque dita gelide chiudersi intorno al suo polso e sollevarla in piedi di peso, con una forza straordinaria ed impensabile per sua madre quando era viva.

 

“Dove... dove stiamo andando? Dove mi porti?!” protesta, provando di nuovo ad afferrare la madre e a divincolarsi, ma fendendo solo il nulla e il gelo.

 

“Ci sono molte cose che devi vedere stanotte, e molti posti che devi visitare. Ed è già tardi: non c'è più tempo!”

 

“Mamma, ma... aspetta!! Almeno fammi cambiare: sono in pigiama!!”

 

“Sinceramente rispetto ai tuoi... chiamiamoli completi da giorno... non è che ci sia tutta questa differenza,” la rimbecca con un altro di quei suoi sorrisetti tra il sarcastico e l'affettuoso.

 

“Mamma! Io-”

 

La porta della camera che si spalanca, una luce accecante e poi il vuoto.

 

“AAAAHHH!” urla, sentendosi cadere – ora mi sveglierò, ora mi sveglierò, ora mi sveglierò, devo svegliarmi!

 

“AHIA!”

 

Riapre gli occhi, convinta di essere caduta dal letto, ma trovandosi invece a fissare delle piastrelle bianche striate di nero, stranamente familiari, ma assolutamente fuori posto nella sua camera da letto.

 

Queste piastrelle erano... erano nel corridoio della-

 

Rumore di passi, forti e decisi, cadenzati, quasi marziali. Camilla solleva il capo ed incontra due scarpe nere lucide, pantaloni scuri impeccabilmente stirati, capelli color argento e due occhi nocciola incredibilmente simili ai suoi.

 

“Papà?!” sente la sua voce chiamarlo, seppure le sue labbra, per lo shock, siano rimaste completamente immobili.

 

E lo vede sorridere, di quel sorriso ampio e senza filtri che troppe poche volte gli aveva visto sul volto. Ma non rivolto verso di lei, lì stesa ai suoi piedi sul pavimento: suo padre continua a guardare dritto davanti a sé, come incantato, non sembrando nemmeno notarla.

 

Volta il capo, seguendo la direzione di quello sguardo quasi ipnotizzato, ed incrocia altri due occhi nocciola, nei quali può, letteralmente, specchiarsi.

 

“Non è possibile...” sussurra, portandosi la mano al viso, mentre la figura davanti a lei continua a sorridere, non sembrando né vederla né sentirla.

 

Il vestito bianco premaman, a coprire le forme ancora morbide, dopo il parto recente. Un caschetto corto, liscio, tanto quanto la pelle del viso, che appare completamente disteso. Gli occhi che brillano quasi più del sorriso. Quel sorriso di chi si sente la persona più fortunata del mondo, mentre osserva con amore immenso il frugoletto di poche settimane che culla tra le braccia e che la fissa di rimando, senza realmente vederla, con due enormi occhioni azzurri.

 

“Camilla!”



 

Nota dell'autrice: Per chi fosse arrivato vivo a fine capitolo, innanzitutto grazie mille per aver letto i miei deliri fino a qui :). Come già anticipato nei dialoghi tra Andreina e Camilla, questa storia è la mia versione in chiave PAP di Canto di Natale di Charles Dickens, con le dovutissime proporzioni ;) (che se no il signor Dickens si rivolta nella tomba, altro che i fantasmi!). Nel prossimo capitolo avremo numerose scene di natali passati e potremo tornare insieme alle magiche atmosfere delle prime serie di PAP. Se non vi ho già troppo annoiato con questo primo capitolo e se vi andrà, vi do appuntamento tra pochi giorni al prossimo :).

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Capitolo 2
*** Trapassato Remoto ***


 

Fantasmi

 

Nota dell'autrice: Innanzitutto mi scuso per non essere riuscita a pubblicare ieri, ma causa ritardo del mio volo sono rientrata a casa che erano quasi le 23 e non avevo proprio la testa e gli occhi buoni per rileggere il capitolo come si deve.

 

Voglio ringraziarvi tantissimo per l'accoglienza dopo tutti i mesi di fermo: i vostri commenti e recensioni mi hanno dato una carica incredibile e una grande iniezione di fiducia nel proseguire con questa storia. Temevo davvero tantissimo di annoiarvi e di giocarmi tutti i lettori mettendo Michele nel primo capitolo e sono davvero felice che questo esperimento stia invece piacendo. Mi rendo conto che le festività sono ahinoi oramai finite ma in fondo... le atmosfere natalizie sono un po' una “scusa” per fare riflessioni, bilanci e per capire cosa conta davvero nella nostra vita. Possono essere bellissime e indimenticabili o tristissime e terribili da affrontare, ma in ogni caso, appunto, volenti o nolenti, ci spingono a guardarci dentro, almeno per un secondo.

 

Vorrei quindi prendere il bello e il brutto che c'è in queste festività ed intraprendere insieme a Camilla questo viaggio alla ricerca di se stessa e di quello che forse ha un po' perso per strada ;). Sarà quindi natale ancora per qualche settimana, almeno in questa storia, e soprattutto in questi primi capitoli dedicati al “Passato”, lo sarà nel senso migliore del termine, di quei natali belli, che restano nel cuore, anche se magari per motivi completamente inattesi. Ma sarà soprattutto un ritorno alle atmosfere delle prime serie tra la prof. ed il commissario, o almeno così mi auguro ;).

 

Il presente ed il futuro faranno vedere a Camilla un po' l'altra faccia della medaglia e saranno quindi credo più “universali” e meno strettamente “festivi”, almeno nelle intenzioni. Spero che la storia possa mantenersi interessante, nonostante sia ormai “fuori stagione”, e non deludere le attese e ringrazio ancora davvero tantissimo chi mi ha spronato a riprendere e a proseguire nella scrittura. L'apprensione e la paura di pubblicare qualcosa di banale e noioso c'è ancora, non lo nego, ma spero che questo ritorno al passato renda almeno un pochino giustizia ai personaggi che mi hanno fatto innamorare di questa serie, per com'erano quando li avevamo conosciuti e quando ancora non ci eravamo distrutte stomaco, fegato e cuore insieme al povero Gaetano che mai una gioia ebbe :D.

 

Grazie mille ancora di cuore a tutte voi, non vi annoio oltre con i miei sproloqui e vi lascio al capitolo ;).

 

 

 

 

Capitolo 2: “Trapassato Remoto”

 

 

 

 

Camilla!”

 

Livietta, hai visto chi c'è?! Saluta il nonno!”

 

Camilla osserva a bocca aperta mentre Camilla – o meglio, una Camilla di quasi vent'anni più giovane – prende dolcemente la manina di una Livietta di poche settimane e la fa muovere avanti e indietro con delicatezza, in segno di saluto verso il nonno.

 

“Non è possibile...” ripete, osservando se stessa, come in un film, una specie di filmino casalingo in cui sembra essere stata teletrasportata.

 

Si ricorda benissimo di quel momento, di quella scena: era il primo natale con Livietta, che aveva poco più di un mese.

 

Uno dei natali più belli ed indimenticabili della sua vita.

 

O forse no, visto che le sembra quasi incredibile risentirsi: quasi non può credere che la sua voce potesse suonare in quel modo, così dolce – dio quanto ero giovane, quanto ero...

 

“Sì, mi tocca ammetterlo figlia mia, ma eri davvero bella: così raggiante! Mi sa che Gaetano aveva proprio ragione,” la fa sobbalzare una voce alla sua destra.

 

“Mamma!” esclama, una mano al petto, incrociando lo sguardo di Andreina, in piedi accanto a lei, ma traslucida, in bianco e nero, come un'istantanea ossidata dal tempo, infilata nel bel mezzo di un film a colori.

 

Prova a rialzarsi da terra e, per la prima volta, lo sguardo le cade sui suoi vestiti, sulle sue mani, grigie e sgranate, attraverso le quali riesce ad intravedere le venature delle piastrelle. Si rende conto, con un moto di sorpresa, che sua madre non è l'unica a sembrare uscita da un film degli anni Trenta.

 

Sarà lo scombussolamento, sarà che ormai sta iniziando ad imparare le regole del gioco – o del sogno, solo di questo si può trattare! Di un sogno! - ma il fatto che la madre abbia, nuovamente, letto nei suoi pensieri, non le provoca più il benché minimo stupore. Pensieri che erano corsi, chi lo sa perché, a quella volta in cui Gaetano, vedendo una foto di lei incinta, aveva commentato con un “madonna quanto eri bella!” che l'aveva lasciata tra l'imbarazzato, il lusingato e l'incredulo.

 

Le tocca ammettere che, almeno su questo, Gaetano aveva davvero avuto ragione: stentava quasi a riconoscersi in quella trentenne dal sorriso smagliante e dall'aria dolce e trasognata.

 

“Ah!”

 

Una specie di maremoto la scuote fin nelle viscere. Il tempo di un secondo e realizza che sono le gambe ed i piedi di suo padre, che l'hanno appena trapassata da parte a parte e che si incamminano verso la Camilla di un tempo. Evidentemente in questo sogno è diventata incorporea anche lei, tanto quanto lo spirito di sua madre.

 

Nonno.... Suona proprio bene, anche se devo ancora abituarmici... certo che è davvero bellissima, eh? Tutta sua madre!” sente suo padre proclamare con un sorriso, allungando un dito per sfiorare la guanciotta di Livietta, mentre la giovane Camilla continua a sorridere estatica.

 

Ti ringrazio papà, ma sei di parte e purtroppo non posso prendermi meriti che non ho. È tale e quale a Renzo, per fortuna! Vero che sei tutta papà, amore? Guarda che occhioni che c'hai!

 

Cos'è, mi devo preoccupare di tutta questa gentilezza? Qualche disastro in casa che non ho ancora scoperto?”

 

“Renzo...” sussurra Camilla, osservando quell'uomo dal sorriso luminoso e dai folti capelli neri agguantare la Camilla di allora per la vita, posandole le mani sui fianchi ed un bacio dolce sulla tempia. Per poi sussurrarle qualcosa all'orecchio che la fa ridere come una ragazzina adolescente.

 

Ma che dici, amore! Che Livietta ha preso tutto da te è un dato di fatto: basta guardarla!”

 

Secondo me ha ragione tuo padre, invece: ti assomiglia tantissimo. Ha il tuo sorriso e il tuo caratterino, soprattutto quando non ci fa chiudere occhio la notte a furia di cercare di parlare o perché ha sempre fame!” commenta ironico Renzo, beccandosi una mezza gomitata affettuosa.

 

Camilla, non uccidermi il cuoco, che se no oggi che mangiamo?” ribatte suo padre, allungando la mano per stringere quella del genero, uno sguardo di gratitudine sul volto, “grazie per l'invito, Renzo: immagino che non avrai un attimo libero tra il lavoro e la casa...”

 

E infatti avrei potuto cucinare io! Ma ti sei scelta un marito testardo quasi quanto tuo padre, figliola. Spero almeno che se la cavi meglio di lui – e di te – in cucina! Non che ci voglia molto.

 

Camilla, seguendo il suono di quella voce così familiare, si volta ed intravede l'Andreina di vent'anni prima fare capolino dalla porta di ingresso: le chiavi ancora in una mano, un vassoio nell'altra, i capelli che appena iniziano a striarsi di grigio ed un'aria straordinariamente forte e vitale.

 

Signora Andreina, dopo tutto quello che avete fatto per noi... tra l'aiuto per la casa e con Livietta, mi pareva il minimo per sdebitarmi! Lo so che lei cucina benissimo, ma volevo che oggi potesse riposarsi e godersi un po' la festa in tranquillità. E vedrà che i piatti saranno meno peggio di quanto immagina, almeno spero. Ho fatto i miei cavalli di battaglia, come il-

 

Non dirmi che hai fatto il pollo alle prugne?” domanda la giovane Camilla con un altro sorriso, “tranquilla mamma, vedrai: Renzo è un ottimo cuoco. Sono davvero fortunata: bello, intelligente e che sa pure cucinare! Che potrei chiedere di più?

 

Ok, Camilla, così mi fai veramente preoccupare. Che cos'hai combinato questa volta? Hai qualcosa da farti perdonare?” chiede Renzo, ironico ma non del tutto, squadrandola dritto negli occhi, come per cogliere ogni minimo segnale di bugia.

 

Sono soltanto felice, veramente felice. È grave?

 

Spero di no, perché anche per me è lo stesso!” confessa Renzo con un sorriso, se possibile, ancora più grande, prima di stamparle un bacio sulla bocca, incurante della presenza dei suoceri.

 

Eravamo davvero così? - non può fare a meno di pensare Camilla, un macigno nello stomaco e un senso di pizzicore agli occhi e in gola di fronte a tutta quella felicità, a quella pace, a quell'amore.

 

Ipnotizzata, li osserva parlare, ridere, scherzare, tutti insieme. Suo padre che le prende Livietta dalle braccia, con una cura ed una reverenza mista a timore che la fanno commuovere ancora di più.

 

“Adorava la sua nipotina, la venerava quasi... peccato che abbia potuto godersela per così poco...” sente lo spirito di sua madre mormorare alle sue spalle, quasi tra sé e sé.

 

Quando, con la vista appannata, li vede avviarsi verso la sala da pranzo, Camilla li segue in automatico, i piedi che sembrano muoversi da soli.

 

Uno, due, tre, quattro passi, varca la soglia e-

 

“AAAHHHHHH!” grida, precipitando nel vuoto, le braccia che fendono l'aria, lo stomaco che pare una lavatrice.


“AHI! Ma porca miseria, ma non si potrebbe almeno cadere sul morbido in questo sogno?!” esclama, maledicendo il proprio subconscio, le ginocchia e i gomiti che le fanno un male bastardo.

 

“Ti ho già detto che-”

 

“Non è un sogno, sì, l'ho capito, mamma!” sbotta, cercando di sollevarsi da terra e riconoscendo, di nuovo, le piastrelle striate del corridoio della casa di Roma, “ma non si potrebbe – AHIA!”

 

Un nuovo maremoto che la percuote come un tamburo: piedini veloci inseguiti da zampette altrettanto leste.

 

Il dolore si azzera di botto, mentre un moto di tenerezza la assale alla vista di una Livietta con un vestitino rosso bordato di bianco, inseguita da un Potti ancora cucciolo.

 

Potti!!! Potti!!! Tanto non mi prendi!!! Prrrr!!!” lo schernisce con una sonora pernacchia, prima di sparire oltre la porta di camera sua.

 

Livietta!!! Livietta, dove vai??!! Dai che tra poco apriamo il pandoro e la nonna ha fatto la crema!

 

Camilla fa appena in tempo a rotolare sul fianco destro e ad evitare per un soffio di essere calpestata da una se stessa in tacchi alti ed un tailleur che, più che una donna alla soglia dei quarant'anni, la fa sembrare una sessantenne. Regalo di sua madre, ovviamente, che l'aveva praticamente costretta a indossarlo e-

 

“E quel completo era elegantissimo, all'ultima moda, altro che da sessantenne!! Per una volta che eri vestita come si deve!”

 

“Sì, all'ultima moda degli stilisti della Regina Elisabetta, forse,” ironizza Camilla, riuscendo finalmente a rialzarsi e ad incrociare lo sguardo dello spirito della madre.

 

Dai, Livietta, vieni! E smettila di tormentare il povero Potti, che se lo fai agitare troppo poi continua ad abbaiare e la nonna chi la sente!”

 

Camilla osserva se stessa riemergere dalla camera della figlia, tenendo Livietta per mano, mentre con l'altra porta Potti in braccio.

 

Ma non è giusto!!! Lui mi insegue e mi fa i dispetti e tu lo difendi!!” protesta la bimba, con il viso corrucciatissimo e due occhioni meravigliosi, perfino mentre lanciano alla madre e al cane un'occhiataccia da manuale.

 

Camilla sente una fitta al petto ed il desiderio quasi lancinante di poter raggiungere la figlia, prenderla in braccio e rassicurarla che lei era, è e rimarrà sempre il più grande amore della sua vita.

 

Riconosce facilmente di quale natale si tratta: Potti aveva poco più di sette mesi e sua figlia poco più di sette anni. A differenza di quasi tutti i bambini, che stressano all'infinito i genitori per avere un cucciolo, sua figlia per qualche motivo era stata fin da subito gelosissima di Potti, come se fosse un fratellino, più che un cane. Gelosia che era durata per almeno un paio di anni buoni, con la figlia che le rinfacciava ogni attenzione extra dedicata al cane, in una specie di assurdo timore che gli volesse più bene che a lei.

 

Povero Potti, quante te ne ha fatte passare, soprattutto quando eri cucciolo! - riflette, seguendo il terzetto, preparandosi mentalmente ad altri salti nel vuoto, ma trovandosi invece semplicemente di fronte alla tavolata imbandita ma stranamente vuota. Sente però delle voci familiari provenire dalla cucina, ed è proprio lì che la giovane Camilla è diretta.

 

La scena che le si para di fronte le sembra quasi surreale: Renzo che taglia il pandoro con precisione degna di un architetto e sua madre che ci rovescia sopra la crema, chiacchierando amabilmente tra loro.

 

“Avrei dovuto capirlo che non c'era da fidarsi di uno che sapeva usare i coltelli così bene,” sibila la voce alle sue spalle, facendola scoppiare a ridere.

 

“Mamma! Mica è un serial killer!” sospira, scuotendo il capo. Certo, il contrasto tra il rapporto che c'era allora tra Renzo e sua madre e quello da... da dopo Barcellona, era netto come il giorno e la notte.

 

“Killer no... ma seriale... di solito gli uomini hanno almeno la fantasia di trovarsi una nuova amante, dopo aver scaricato quella vecchia e invece...” commenta Andreina con un tono che è tutto un programma, “e comunque-”

 

Camilla, certo che tuo marito ha davvero le mani d'oro: guarda che fette precise! Speriamo che Livietta prenda da lui sull'ordine e sulle faccende domestiche!” la voce dell'Andreina di una volta la interrompe in maniera quasi paradossale, mentre con sguardo di approvazione dà una pacca sulla spalla al genero.

 

Una fetta di pandoro per la mia principessa,” prova a smarcarsi Renzo, imbarazzato, porgendo un piatto a Livietta che corre verso la sala da pranzo, felice, “uno per la regina madre e uno per la mia regina.

 

Soprattutto vestita così: praticamente sei pronta per Buckingham Palace!” lo sente aggiungere in un mezzo sussurro, guadagnandosi un buffetto sulla spalla dalla Camilla di allora, non appena Andreina si allontana per raggiungere Livietta in sala da pranzo.

 

Mi sa che lì le Camilla non sono molto ben viste, sai?

 

“Ma con questo verde smeraldo ti dovrebbero vedere per forza, pure da chilometri di distanza!”

 

Stupido!” rimbrotta affettuosamente Camilla, assestandogli una mezza gomitata, per poi aggiungere, con tono ironico, “sappi che mi considero mortalmente offesa. E potrei sempre decidere di seguire le orme di Enrico VIII su come punire le offese nel mio regno!

 

Spero che tu non decida di seguirle fino in fondo le sue orme, anche per quanto riguarda il numero di consorti,” ribatte Renzo, non perdendo un colpo.

 

E chi lo sa...?

 

No, perché ormai vai per i quaranta: per trovare altri cinque mariti ti ci devi mettere di impegno e non hai più molto tempo da perdere!” chiosa Renzo, per nulla turbato.

 

Ah, ma se è solo per quello, anche Enrico ha iniziato dopo i quaranta a darsi da fare! E poi, con tutti i miei corteggiatori... che ci vuole?!” lo provoca la giovane Camilla con un sorriso malizioso.

 

Se è per questo pure io ho le mie corteggiatrici: anzi, aspetta che vado a recuperare l'agenda!” controbatte Renzo, nello stesso identico tono.

 

Sì, Casanova, ma occhio a non perdere la testa!” si raccomanda Camilla, mimando con una mano il gesto della decapitazione e facendolo scoppiare a ridere, “fossi in te non riderei tanto: mi hai paragonato alla Regina Elisabetta e mi hai praticamente dato della vecchia. Ci sono sudditi che sono stati mandati al patibolo per molto meno!

 

D'accordo, mia regina, mi arrendo! Come posso fare per farmi perdonare ed avere salva la vita?

 

Beh, potresti, per cominciare, accompagnarmi a vedere la Tosca dopodomani. Sai, Bettina è molto amica del direttore del teatro e mi ha offerto due biglietti.

 

Sì, molto amica, come no! Si dice così adesso?!” ironizza Renzo, che sugli infiniti flirt di Bettina non ci era mai andato giù leggero.

 

E dai, Renzo! Saranno affari di Bettina, no? E poi è anche una serata di beneficenza! I ricavati servono a finanziare delle borse di studio per i migliori allievi del conservatorio.

 

Per quanto riguarda Bettina, per carità: è maggiorenne e vaccinata. Però per quanto riguarda dopodomani, lo sai che detesto queste serate di gala, con tutti quei sorrisi finti di gente che nemmeno si sopporta ed è solo lì per poter dire: io c'ero, guardate quanto sono generoso! Che poi se chiedi loro chi è Puccini, come minimo ti rispondono che era un giocatore della Roma!

 

E mamma mia, quanto sei esagerato! E poi lo sai che adoro la Tosca: è forse la mia opera preferita, dopo la Traviata,” prova a convincerlo la giovane Camilla, guardandolo con due occhioni imploranti.

 

E come facciamo con Livietta? Mica possiamo lasciarla da sola e-

 

E mia madre si è già offerta di tenerla con sé, non solo la sera ma per tutta la notte,” sottolinea Camilla con tono suggestivo, “quindi possiamo fare cena, opera e dopocena...

 

E se invece passassimo direttamente al dopocena? Che poi chissà quando ci ricapita di avere casa libera... e abbiamo parecchi arretrati da recuperare!

 

Ma possiamo recuperarli dopo la Tosca,” prova a convincerlo, facendogli l'occhiolino, “e dai, Renzo, abbiamo anche un ottimo palco!

 

E tu preferiresti passare una serata circondata da chissà quanti tromboni, a vedere uno spettacolo dove già sai che praticamente muoiono tutti tra lamentazioni infinite, ad una bella cenetta preparata da me – con anche il pollo alle prugne, che ti piace tanto – e poi magari un bagno caldo, pieno di schiuma, seguito da un bel massaggio, lungo e profondo...” le sussurra Renzo, finendo per soffiarle nell'orecchio e baciarle il collo, facendola ridere.

 

D'accordo, d'accordo, hai vinto!” cede, le braccia alzate in segno di resa ed un sorriso sulle labbra, “però per farti perdonare della Tosca saltata, poi lavi i piatti e cucini per una settimana.”

 

Almeno per una settimana mangeremo la pasta davvero al dente e sui piatti... non mi sembra che cambi molto rispetto ad adesso,” la rimbecca Renzo, bloccando un'altra gomitata, stringendola in un abbraccio da dietro.

 

Camilla si osserva divincolarsi dalla stretta – o almeno fingere di provarci – e ridere con Renzo, per poi voltarsi e stampargli un lungo bacio, approfittando del fatto che Livietta e Andreina sono ancora nella sala accanto.

 

Che bei tempi che erano quelli! Eravamo sereni, innamorati, era tutto così semplice! - pensa, con un groppo in gola, pervasa da una grande malinconia.

 

Fino a che un dubbio la assale: qualcosa davvero non torna in questo sogno.

 

“Mamma, scusa, ma perché mi fai vedere queste cose? Per tormentarmi? E poi non dovresti ricordarmi quanto era bello il mio matrimonio con Renzo, non proprio tu!” esclama, voltandosi verso lo spirito della madre e puntandole un dito accusatorio.

 

“Ah, figliola, credimi: se potessi risparmiarmi queste scene nauseabonde lo farei. Ma purtroppo non sta a me decidere le tappe di questo viaggio: io ho solo il compito di accompagnarti. Per fortuna però, credo proprio che le mie sofferenze stiano per finire,” ribatte con un'espressione che vira dal disgustato allo speranzoso.

 

“Quindi vuoi dirmi che questo viaggio, come lo chiami tu, è quasi terminato?” chiede Camilla, sentendosi scissa in due tra il sollievo per la fine di questo sogno a dir poco bizzarro, e la malinconia: in fondo è bello poter rivivere quei momenti, anche se solo da spettatrice.

 

“Non proprio, è che-” prova a rispondere Andreina ma le parole le muoiono in gola.

 

 

 

BUIO

 

 

 

“Mamma?? Mamma?? Che succede??? Dove sei finita??? MammaaAAAAAHHHHHH!”

 

“AHIA!! E basta con ste cadute!!” protesta, anche se per qualche strana ragione il dolore dell'impatto sembra essere diminuito – mi ci starò abituando?

 

“Di nuovo le mattonelle striate, di nuovo il corridoio della casa di Roma. Certo che questo sarà pure un viaggio, ma lo scenario è un po' monotono!” ironizza, sollevandosi in piedi prima che qualcuno pensi bene di investirla di nuovo.

 

Ma niente, non c'è nessuno: il corridoio è tranquillo. Si guarda intorno e nemmeno lo spirito di sua madre sembra essere lì con lei.

 

“Ehi, c'è nessuno?!” urla, sentendosi per un secondo come la particella di sodio in una celebre pubblicità.

 

Finalmente, percepisce delle voci attutite, provenire dalla direzione della camera di Livietta.

 

Si avvicina, allunga una mano verso la maniglia ma la sua mano semplicemente le passa attraverso e la maniglia resta perfettamente chiusa. La estende allora verso la porta – in fondo gli spiriti passano attraverso le porte, no? - e questa volta si scontra con la barriera del legno, sebbene nessun suono turbi la quiete quasi perfetta.

 

Ma che succede? Che devo fare adesso per svegliarmi?! Mamma, dove sei?! - si domanda, presa da un moto di panico.

 

Passi. Rumore di passi nella direzione opposta, verso il salone per la precisione.

 

Col cuore in gola, Camilla lo raggiunge e trova sua madre addormentata sul divano, il telecomando in mano. Nel televisore, muto, una giovane Alessandra Martines con un'improbabile pettinatura a scodella, affronta una Brigitte Nielsen dall'altrettanto improbabile mise - Fantaghirò... piaceva molto a Livietta, ma Livietta dov'è?

 

Ancora rumore di passi. Si volta e questa volta incontra se stessa: i guanti di gomma in mano, evidentemente nel bel mezzo delle pulizie post pranzo di natale – strano, di solito le faceva Renzo! - intenta a studiare, con un mezzo sorriso, la madre addormentata. Potti che le fa capolino tra i piedi.

 

Un profondo sospiro e la Camilla di allora si riavvia in cucina, proclamando a bassa voce, in direzione del cagnolino, “forza Potti, è ora di rimettersi al lavoro! Che qui ci hanno abbandonati tutti: la nonna dorme e... sto cominciando a chiedermi se la playstation che Renzo ha regalato a Livietta sia più un regalo per lei o per lui. Sarà più di un'ora che sono rinchiusi a provarla!

 

Per tutta risposta, Potti molla un sonoro sbadiglio e si accoccola sopra ai suoi piedi, appena sotto al lavello.

 

Ecco, come non detto: sono l'unica rimasta sveglia, mi sa!” sospira, l'aria un po' annoiata, mentre apre l'acqua ed afferra il primo dei bicchieri a gambo lungo che attendono ancora il lavaggio, “non fraintendermi, Potti, ogni tanto è bello avere un attimo di pace ma.... Non so Potti, non fare caso a me, non so che mi prende oggi!

 

Lo squillo di un cellulare che segnala l'arrivo di un SMS.

 

“Gaetano...” sussurra Camilla, prima ancora che la Camilla di undici anni fa muova un solo passo in direzione del telefono.

 

Sì, perché ora se lo ricorda benissimo quel natale: il primo... il primo natale in cui Gaetano faceva parte della sua vita, in qualche modo.

 

Osserva la Camilla quarantenne irrigidirsi per un secondo al suono del cellulare, per poi voltarsi con sospetto, misto a timore, misto a... speranza?

 

Disfatasi di bicchiere e guanti con una sorprendente rapidità, agguanta il telefono sul tavolo, accende il display e sorride.

 

Sorriso che sembra diventare sempre più ebete – difficile negarlo – mano a mano che fa scorrere il testo del messaggio.

 

Mamma mia, sembravo un'adolescente! - non può fare a meno di pensare la Camilla di oggi, rendendosi conto, con un moto di imbarazzo, che non ha nemmeno bisogno di sbirciare il testo di quel messaggio, visto che se lo ricorda perfettamente.

 

Auguri prof.! Per oggi riposati e stai lontana dai guai: è un ordine! G.” pronuncia all'unisono con la Camilla di allora, che sussurra il messaggio, rivolta verso il cane che sbadiglia ancora svogliatamente, “che carino che è, vero Potti? Eh, beh, certo che gli rispondiamo, che c'è di male? È buona educazione ed è stato così gentile a ricordarsi!

 

Allora, vediamo un po'... che gli scriviamo? “Gaetano, tanti auguri di-”. No, no è banale! Che ne dici di: “Auguri commissario!”. Sì va beh, così sembra che lo scimmiotto, non va bene!! Ok, mi sa che ci sono!” proclama soddisfatta, le dita che volano sulla tastiera, “allora, scriviamo: “Non sono mai stata brava a seguire gli ordini, commissario! Ma li ricambio di cuore-”. Di cuore forse è troppo, Potti? Che ne dici?”

 

Potti, per tutta risposta, la guarda come se fosse impazzita, tira un altro sbadiglio e si acciambella sotto al lavello, chiudendo gli occhi per schiacciare un pisolino.

 

Non mi sei di grande aiuto Potti. E va beh, dai, di cuore si dice, no? È un modo di dire! Ma poi perché mi preoccupo tanto? Figurati te che genere di messaggi riceverà da Bettina e da tutte quelle che gli ronzano attorno!

 

“Già! Chissà perché ti preoccupavi tanto, eh Camilla?” la voce di sua madre, alle spalle, le fa fare un salto.

 

“Mamma, mi hai spaventata!” esclama, una mano al petto, incrociando lo sguardo della figura in bianco e nero, “ma dov'eri finita?!”

 

“Diciamo che sei entrata in questo ricordo un poco prima del previsto... cose che possono succedere. Comunque, non divagare! Com'è che ti preoccupavi tanto di ogni singola virgola che scrivevi e paragonavi i tuoi messaggi a quelli di tutte quelle che gli ronzavano intorno?” la punzecchia, in quella che è a tutti gli effetti una domanda retorica. Del resto, sua madre aveva capito praticamente fin da subito che a lei Gaetano... insomma...

 

“Eh ci credo figliola, non è che ci volesse chissà quale sforzo! Guardati: sembravi uscita da uno di quegli orribili film adolescenziali. Facevi quasi concorrenza a Livietta quando passava la vita a scambiarsi messaggi con... com'è che si chiamava? Ricki?”

 

“Mamma!” protesta, imbarazzata non solo dal commento ma dal fatto che sua madre assista a questa scena così... intima, per quanto si tratti solo dello scambio di qualche messaggio innocente.

 

“Innocente?!” esclama sua mamma, scoppiando in una mezza risata.

 

“Mamma, dai! Io-”

 

Non sono mai stata brava a seguire gli ordini, commissario! Ma li ricambio sinceramente. Gli auguri E gli ordini. C.” sente la Camilla di undici anni prima rileggere il messaggio, prima di premere finalmente invio con un sorriso soddisfatto.

 

Ecco fatto, Potti! e ora i piat-” si interrompe bruscamente al suono di un altro SMS: del resto Gaetano era sempre stato più rapido di lei sulle cose tecnologiche – o forse non si faceva tutti i problemi che si faceva lei.

 

“Meno male, figliola, se no a natale dell'anno prossimo saremmo ancora qui ad assistere a questo ricordo!” la punzecchia sua madre, suscitandole di nuovo l'istinto di strozzarla, “ed è sempre troppo tardi per quello!”

 

Gli auguri li accetto volentieri... ma da quando le professoresse danno gli ordini?” legge Camilla con un sorriso sulle labbra, abbandonando ogni buono proposito domestico e mettendosi a sedere al tavolo, prima di rispondere, dopo un attimo di concentrazione, “E allora, se non vuoi chiamarli ordini... chiamiamoli compiti per le vacanze, Berardi.

 

Altro trillo del cellulare, altro sorriso ebete, i denti a mordere il labbro inferiore, mentre legge il messaggio a Potti, che continua a dormire placidamente: “E se non li facessi i compiti, che fai? Mi metti una nota sul registro?

 

No, certo che no: ti sbatto direttamente in punizione!

 

E allora io ti sbatto in cella!

 

Lo dici sempre ma non lo fai mai, commissario.

 

Non mi tentare, professoressa.

 

Questo dovrei essere io a dirlo a te...” si ascolta mormorare con un sospiro, il capo sorretto su una mano, il cellulare nell'altra, “ma ovviamente non posso scriverglielo, eh, Potti? Che faccio? Forse-

 

Camilla, con chi stai parlando?” li raggiunge la voce di Renzo, facendo fare alla Camilla di allora un salto sulla sedia, il cellulare che le casca di mano.

 

Renzo, mi hai spaventata!” esclama, portandosi una mano al petto, mentre con l'altra si affretta a recuperare il telefono e a chiudere il messaggio.

 

Ah, ma stavi al telefono?” domanda Renzo, non propriamente insospettito ma un poco... stranito dall'atteggiamento di lei.

 

No, no, cioè sì, cioè... stavo parlando con Potti e... stavo cercando di rispondere a Bettina,” si inventa di sana pianta dopo un attimo di pausa, non riuscendo del tutto a nascondere il disagio, per poi proseguire a spiegare, in maniera davvero troppo concitata, “sai... ci ha invitati alla serata di gala di beneficenza all'opera anche quest'anno. La Traviata. Ma non ti preoccupare, amore, le scrivo che non possiamo: lo so che non ne hai voglia e-

 

Frena, frena!” la blocca Renzo, mettendole una mano sul braccio, e Camilla nota benissimo come la Camilla quarantenne deglutisca nervosamente, l'aria di chi teme di essere scoperta, “La Traviata, dici? Ma è la tua opera preferita, non mi sembra giusto che ci rinunci. Puoi accettare l'invito ed andare senza di me. Non mi offendo, davvero, e almeno non te la perdi.

 

Amore, sei veramente gentile, ma... a parte che non me la sento di andarci da sola, e-” prova a svicolare, sembrando ancora più a disagio.

 

Ma non sarai da sola, ci sarà anche Bettina, no?” le fa notare Renzo, sedendosi accanto a lei.

 

Sì, ma... non ci sarà solo Bettina,” precisa con un sospiro, “e di fare il terzo incomodo, sinceramente, non ne ho proprio voglia.

 

Ancora il direttore dell'opera?

 

No...” ammette con l'ennesimo sospiro, per poi specificare, dopo un attimo di esitazione, “è uno nuovo... non lo conosci.

 

“Ma tu invece lo conoscevi molto bene, non è vero Camilla?” commenta lo spirito di Andreina, con una punta di sarcasmo.

 

Ah beh, certo, con i ritmi di Bettina, la cosa non mi stupisce. Chissà quanti me ne sono persi nel frattempo!” ironizza Renzo, per poi aggiungere, dopo attimi infiniti passati a studiare la moglie, “e va bene... vorrà dire che mi farò traviare anch'io.

 

Che vuoi dire?” domanda la Camilla di allora, confusa, la tensione visibile nel modo in cui irrigidisce la schiena e tende il collo.

 

Che ti accompagno a vedere questa benedetta – si fa per dire – Traviata. Dì pure a Bettina che ci saremo,” chiarisce Renzo con un sorriso e, per tutta risposta, la Camilla quarantenne assume per un attimo l'espressione di puro terrore del cerbiatto di fronte ai fanali di un'auto in corsa.

 

La verità era che l'invito di Bettina era arrivato diversi giorni prima, ma Camilla aveva immediatamente rifiutato: se la prospettiva di reggere il moccolo a Bettina e Gaetano la allettava quanto una visita dal dentista, l'idea che Renzo e Gaetano si conoscessero la mandava completamente in panico.

 

Che c'è?” le domanda Renzo, evidentemente stupito da questa reazione a dir poco anomala.

 

No, niente, è che... lo so che detesti l'opera e non voglio forzarti ad accompagnarmi e poi sorbirmi le tue lamentele per giorni: ti conosco!” improvvisa Camilla – certo che ero brava a rigirare le frittate, ma ero così trasparente... come ho fatto a non farmi beccare?

 

“Che ti devo dire figlia mia? Non c'è peggior cieco di chi non vuole vedere... e tu ne sai qualcosa, direi,” le fa notare lo spirito di sua madre con un sospiro.

 

Ti prometto che dalla mia bocca non uscirà una sola lamentela. A patto che il dopocena sia all'altezza di quello dell'anno scorso,” promette Renzo con tono allusivo, facendole l'occhiolino e stringendole la mano destra nella sua, “e dai, Camilla, non so se tu stia cercando di usare la psicologia inversa – e in quel caso evidentemente funziona – ma lo so che la Traviata è l'opera che ami di più. L'anno scorso mi hai accontentata tu, quest'anno ti accontento io, è così che funziona in un matrimonio, no? Puoi considerarlo un regalo anticipato per il nostro decimo anniversario e poi... almeno stiamo un po' insieme. Ultimamente tra una cosa e l'altra non ci vediamo mai...

 

Camilla rivede se stessa sorridere, con uno sguardo intenerito ma in cui riconosce anche un certo senso di colpa – come potevo dirgli di no, dopo una dichiarazione del genere?

 

“In effetti, mi duole ammetterlo, ma qui Renzo fa quasi pena perfino a me. C'è di buono – si fa per dire – che poi si è rifatto con gli interessi,” si inserisce lo spirito di Andreina, precisando, di fronte allo sguardo sbigottito della figlia, “figliola, bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare: fino a qui Renzo era praticamente il marito perfetto ed infatti mi aveva fregata per bene! Ma sono sempre le acque chete, quelle dalle quali bisogna guardarsi le spalle!”

 

D'accordo. Allora telefono a Bettina per confermare che ci saremo,” cede la giovane Camilla, allungando il collo per dargli un bacio sulla guancia, per poi alzarsi in piedi ed avviarsi a fare la chiamata con l'aria di chi si sta avviando al patibolo.

 

 

 

BUIO

 

 

 

“Mamma?? E adesso che succede? Mamma?!”

 

Una luce accecante le brucia gli occhi, fino a che, gradatamente, riesce a riacquistare la vista.

 

Non voglio restare da sola con la nonna!! Non sto bene, mi fa male la pancia, non voglio!!

 

Un tuffo al cuore, seguito da quel senso di calore al petto, nel sentire e vedere Livietta – dio, quanto era piccola! - urlare e piangere disperata, mentre si divincola nel letto, agitando le braccine coperte da un pigiamino rosa con i coniglietti.

 

Non possiamo lasciarla qua da sola,” sente la sua voce sussurrare a Renzo, entrambi in piedi ad un lato del letto.

 

Ma non ha niente, non ha nemmeno la febbre: non dovreste dargliele tutte vinte!” rimbrotta l'Andreina di un tempo, con aria un poco offesa.

 

Senti chi parla! Solo perché non ha voglia di stare con te stasera. Ma non devi prendertela, mamma: lo sai com'è fatta, quando si mette in testa una cosa. E stasera va così...” sospira, rivolgendosi poi verso Renzo con un'occhiata eloquente, facendogli cenno di uscire con lei dalla stanza, in modo da poter parlare liberamente, “certo che tua figlia non sa proprio perdere. Ma anche tu: cosa ti è saltato in mente di farla giocare con il figlio del tuo collega, che vive a pane e playstation?! Lei ce l'ha da qualche giorno: era chiaro che l'avrebbe stracciata.

 

Chissà da chi ha preso nostra figlia!” ribatte Renzo, ricambiando l'occhiata, “e comunque si stavano annoiando a sentirci parlare di lavoro e pensavo si sarebbe divertita!

 

I dettagli di quel giorno ritornano piano piano vividi, come se fosse successo ieri: quel pomeriggio un collega di Renzo al ministero era passato per gli auguri di buone feste, anche se un po' tardivi, e per chiedergli qualche consiglio sulla ristrutturazione di casa sua. A metà pomeriggio, Camilla era dovuta uscire per un appuntamento dal parrucchiere, in preparazione della grande serata a teatro: se doveva affrontare Bettina, Gaetano e Renzo tutti insieme, voleva almeno essere impeccabile.

 

Era uscita lasciando una casa tranquilla ed era rientrata trovando Livietta con il broncio che le arrivava fino al pavimento. Quando era così non le andava bene niente e, se da adolescente voleva starsene da sola e cacciava via tutti, da bambina invece non voleva staccarsi dai genitori.

 

Ma la conosci: sai come è fatta e che non è abituata alle sconfitte!” controreplica la Camilla quarantenne, aggiungendo, con un tono che non lascia però trapelare un grande dispiacere, “va beh, comunque a questo punto l'opera salta. Vado a telefonare a Bettina e-

 

Ma no, Camilla, dai, non è necessario: posso rimanere io qui con Livietta. Le cucino qualcosa che le piace, faccio qualche partita con lei e mi lascio sbaragliare, così vedrai che le passerà in fretta,” si offre Renzo, l'aria di chi si sente un po' in colpa per aver contribuito a questa crisi.

 

Ed è proprio questo il problema, Renzo, non lo capisci? Non voglio dare ragione a mia mamma, sul fatto che gliele diamo tutte vinte, ma Livietta non sa perdere proprio perché è più abituata a giocare con te che con i suoi coetanei, e tu la lasci sempre non solo vincere, ma stravincere!

 

Ma è una bambina, che dovrei fare? Umiliarla?

 

Ma no, certo che no! Però non dovresti nemmeno renderle le cose troppo facili. Se no esce di qui convinta di essere un fenomeno e quando si scontra con la realtà e con gli altri bambini, che fanno sul serio e non le fanno sconti, è un trauma tutte le volte,” rimarca prima di ribadire, estraendo dalla tasca il cellulare, “comunque non fa niente per il teatro, davvero. E poi te l'ho già detto, non voglio trovarmi a reggere il moccolo tra lei e... il suo amico.

 

D'accordo che Bettina è un tipo... diciamo focoso, ma siete a teatro: che cosa potranno mai fare?!” scherza Renzo con una mezza risata, scuotendo il capo.

 

Non lo voglio sapere!” sussurra la vecchia Camilla, una smorfia disgustata sul viso, forse più tra sé e sé che realmente rivolta al marito.

 

Dai, Camilla, vai e divertiti, se no mi fai sentire davvero in colpa: alla fine ti concentrerai sull'opera e vedrai che Bettina e questo tizio, che mi sa che a questo punto non avrò mai il piacere di conoscere, sarà come se non ci fossero,” insiste Renzo, l'aria di chi vuole farsi perdonare, posandole le mani sulle spalle ed accarezzandole le braccia, “e magari, quando torni, se Livietta si è calmata e dorme, ci aspetta ancora il dopocena.

 

Fossi in te, non ci conterei troppo: come minimo me la ritrovo nel lettone quando torno a casa,” controbatte Camilla, per nulla convinta, “e poi magari a Bettina non fa piacere avermi tra le scatole e vorrà starsene da sola con... con lui. Senti, facciamo che la chiamo e vediamo che mi dice.

 

Camilla si affretta a seguire la vecchia sé che, con passo marziale, si avvia verso la cucina per telefonare, prima che Renzo possa fare ulteriori obiezioni, tallonata dal fedele Potti.

 

Ma no, Potti, figurati se ci vado! A parte che Bettina come minimo mi ammazza e penserebbe che l'ho fatto apposta ad andarci da sola. E poi, di vedere quei due che tubano sinceramente non ne ho voglia e di sicuro non potrò ignorarli come dice Renzo. Si godano la loro serata in santa pace e io me ne starò qui tranquilla con la mia famiglia,” proclama, l'aria rassegnata di chi sta scegliendo il male minore.

 

Il trillo del telefono glielo fa quasi cadere dalle mani.

 

Bettina??!! Ma che è? Telepatica?!” esclama, colta di sorpresa, prima di cliccare sul tasto di risposta e proclamare con tono esageratamente amichevole, “oh, Bettina, che sorpresa!! Mi hai anticipata, perché stavo per chiamarti io, vedi... Renzo... come scusa?! ...Come non puoi venire? ...La varicella?! ...Dalla tua nipotina?! Oh mamma mia, che sfortuna, quanto mi dispiace!!

 

“Se quello era un tono dispiaciuto, io da giovane ero Miss Italia,” la canzona lo spirito di sua madre e a Camilla tocca ammettere che tutti i torti non li ha, “certo che non li ho!”

 

Senti, a questo punto immagino che la serata salti.... Come, avvisare Gaetano?! Io?! ...Ma non puoi chiamarlo? ...Ah, non risponde al cellulare? È staccato? … Sì, chiaro, come minimo si presenta a teatro e non trova nessuno... d'accordo, d'accordo, vado lo stesso e lo avverto, non ti preoccupare! … Ma figurati, per così poco! Cerca di riprenderti eh, che la varicella da adulti è una bella botta. … Sì, sì, non ti preoccupare, io l'ho già fatta da bambina. ...Devo chiedere a Gaetano se l'ha già avuta? … Ok, ok, non ti preoccupare... D'accordo, un bacio!

 

“Chissà perché ti sei dimenticata di dirle che Renzo non poteva più venire e che sareste stati soli tu e Gaetano...” si inserisce nuovamente Andreina, con quel sorrisetto sarcastico da schiaffi.

 

“Mamma, per favore!” sospira Camilla, “devi proprio sottolineare ogni cosa che-”

 

 

BUIO

 

 

“Ancora?!!! Mamma?! Dove-”

 

Puntini luminosi, come quelli di un albero di natale. La vista di Camilla finalmente mette a fuoco le luminarie che decorano la strada di fronte al teatro. I lampioni sono accesi, è sera, e a giudicare dalle spire di vapore acqueo che sfuggono dalle bocche dei passanti, deve fare parecchio freddo. Freddo che lei, per fortuna, pur essendo in pigiama non percepisce assolutamente.

 

Il cuore le fa un salto nel petto quando scorge una figura familiare, in piedi sotto al colonnato del teatro, dritto di fronte a lei.

 

Quasi in trance, scende i pochi gradini e percorre lo spiazzo, avvicinandosi a lui.

 

“Gaetano...” sussurra, quando i suoi occhi lo vedono più chiaramente, levandole ogni dubbio residuo, “mamma mia, quanto eri giovane!”

 

Uno strano senso di nostalgia misto a qualcos'altro che non riesce ad identificare, le invadono il petto alla vista di quell'uomo di 35 anni, il viso liscio, senza rughe né barba, i capelli biondo scuro pettinati con la riga a sinistra. Un completo nero elegantissimo con tanto di cravatta in coordinato, che si intravede dal bavero del cappotto, scarpe nere e lucidissime a completare il tutto. Era davvero in tiro per i suoi standard dell'epoca, considerando che di solito non indossava nemmeno la cravatta.

 

Gaetano guarda l'orologio con una certa impazienza, l'aria di chi non ha molta voglia di essere lì.

 

Gaetano!!” un maremoto la scuote, quando la Camilla quarantenne le passa attraverso come un fulmine, dirigendosi decisa verso l'uomo sotto ai portici che, per tutta risposta, sorride in un modo che sembra illuminare la notte romana.

 

“Mi hai sempre fregata con quei sorrisi...” sospira Camilla, avvicinandosi di altri due passi per osservare meglio la scena che le si para di fronte, notando, con una punta di malinconia, “poi, chissà perché hai smesso di sorridermi così. Anzi, hai proprio smesso del tutto di sorridere ed hai iniziato a tenermi il muso, peggio di Livietta adolescente!”

 

Camilla!” esclama stupito, squadrando la donna di fronte a sé come se avesse visto un fantasma, “che ci fai qui?

 

Ma che bella accoglienza! Se vuoi vado via subito,” replica, fingendo di voltarsi per allontanarsi e venendo immediatamente agguantata per un braccio.

 

Ma dove vai?! Ma che scherzi? Scusami, è che io aspettavo-

 

Bettina immagino?” deduce, con un mezzo sorrisetto, “e invece ti sono toccata io. Deluso?

 

Per niente!” esclama Gaetano con fin troppa enfasi, la sincerità palpabile nella voce, “solo... non mi aspettavo di trovarti qui. Insomma, non pensavo che anche tu fossi della partita...

 

Quindi Bettina non ti ha detto che ci saremmo stati anche io e Renzo?” gli domanda la Camilla quarantenne, non riuscendo del tutto a nascondere la sorpresa e la confusione dal tono di voce.

 

Renzo? Tuo marito? C'è qui tuo marito?!” chiede conferma Gaetano, deglutendo nervosamente, con un'aria tra lo stupito, il preoccupato e... il deluso?

 

No, cioè... doveva venire anche lui stasera ma... diciamo che alla fine gli è toccato rimanere con nostra figlia. Le gioie di essere genitori.”

 

Ah, mi dispiace molto!” risponde Gaetano, con un tono che del dispiacere non ha nemmeno l'ombra, apparendo invece parecchio sollevato, “ma Bettina dov'è?

 

Sono qui appunto per questo: Bettina mi ha chiesto di venire ad avvisarti che non può venire stasera. Ha provato a chiamarti tante volte, ma avevi sempre il cellulare staccato...

 

Nemmeno lei, ma che cos'è? Un'epidemia?” ironizza, non sembrando particolarmente turbato o deluso.

 

Spero di no, visto che Bettina si è presa la varicella dalla sua nipotina.

 

Ah, mi dispiace per lei!” replica in un modo che finalmente sembra sincero, “e mi dispiace anche per te che sei dovuta venire fin qui per avvisarmi. Ma ero ad un'autopsia fino a poco più di un'ora fa e, nella fretta di prepararmi, devo essermelo dimenticato spento.

 

Ma figurati! Non ti preoccupare, tanto ero già pronta per uscire.... E poi Bettina voleva anche che ti avvisassi della varicella e insomma... assicurarsi che anche tu l'avessi già avuta. Immagino, visti i... rapporti tra voi... che tema di averti contagiato,” spiega la Camilla quarantenne, l'aria di chi tutto sommato non vuole realmente stare ad immaginarsi come siano i rapporti tra loro.

 

Non credo ci sia più di tanto questo rischio. E comunque il problema non si pone, visto che me la sono già beccata a cinque anni.... Tu, piuttosto? Sei sicura di stare bene?” le domanda con una preoccupazione palpabile, dopo un momento di pausa.

 

Ho già provato l'ebbrezza di diventare come la Pimpa quando avevo sette anni. Quindi direi che possiamo stare tranquilli,” scherza, facendolo ridere.

 

Risata che lascia gradatamente il posto ad un silenzio vagamente imbarazzato, mentre si guardano intorno per poi tornare ad incrociare gli sguardi.

 

E allora, che facciamo?-” esclamano all'unisono, per poi scoppiare in un'altra risatina, “prima tu- no tu!

 

Senti, se non hai voglia di startene chiuso in un teatro per tre ore lo capisco, davvero e-

 

A te piace la Traviata?” la interrompe, fissandola dritto negli occhi in un modo che porta la Camilla di allora a deglutire e zittirsi completamente, “e non dirmi bugie, professoressa, che ti conosco ormai.

 

Beh... se devo essere sincera-

 

Devi: è un ordine!” intima Gaetano con un sorriso, continuando a fissarla negli occhi.

 

E allora sì, sì, la Traviata mi piace molto. In realtà, è l'opera che preferisco in assoluto,” confessa, mordendosi il labbro, mentre attende la risposta di lui.

 

E allora che stiamo aspettando?!” proclama Gaetano, piegando il braccio destro verso l'esterno, in un chiaro invito.

 

Cioè... intendi... andarci solo io e te?” si ascolta balbettare, un rossore sospetto sul viso che poco ha a che vedere col freddo, “ma non... non vorrei obbligarti, davvero, e poi...”

 

Forza, avanti: è un ordine!” ribadisce Gaetano, continuando a tenere il braccio nella stessa identica posizione.

 

“D'accordo,” cede infine la Camilla quarantenne, allacciando, dopo un attimo di esitazione, il suo braccio sinistro a quello destro di Gaetano.

 

Camilla si osserva camminare insieme a lui, a braccetto, la rigidità iniziale di entrambi che lascia presto il posto ad un'andatura lenta e rilassata, come se fosse una cosa perfettamente naturale.

 

Oddio, i biglietti!” esclama all'improvviso la Camilla di allora, arrivati nel foyer del teatro, bloccandoli sui loro passi, “ce li ha Bettina, credo. Io non li ho! Mi sa che ci tocca rinunciare.

 

Non ti preoccupare: ci penso io,” ribatte Gaetano, avviandosi a passo sicuro, con un sorriso sulle labbra, verso lo sportello della biglietteria.

 

Camilla assiste alla scena in disparte, come undici anni prima. Ed esattamente come allora scuote il capo, ammirata ma in fondo per nulla sorpresa, nel sentirlo spiegare la loro situazione alla ragazza dietro la teca di vetro, sfoderando tutto il suo savoir-faire – e pure il suo distintivo – per poi ritornarsene vittorioso con due biglietti in mano, la bigliettaia che lo segue con lo sguardo vagamente sognante.

 

Ecco fatto, tutto risolto!” proclama soddisfatto, porgendole nuovamente il braccio, per poi schernirsi, “ogni tanto il distintivo torna utile.

 

Dubito che il distintivo sia ciò che l'ha convinta,” ribatte la Camilla quarantenne con un sopracciglio alzato, accettando ancora una volta il braccio offertole, “in ogni caso... grazie! Dico davvero.

 

Camilla si osserva rimanere lì immobile per qualche interminabile istante, occhi negli occhi con Gaetano, in perfetto silenzio, un sorriso dolce sulle labbra di entrambi. Una fitta al petto che si acuisce mano a mano che i secondi passano - certo che facevamo quasi tenerezza: sembravamo davvero due ragazzini!

 

In religioso silenzio, come in una bolla, li vede porgere i biglietti alla maschera e salire, sempre a braccetto, le scale che conducono al loro palco, situato subito accanto a quello che una volta era il palco reale, e dal quale si gode una delle viste migliori del palcoscenico.

 

Gaetano, cavallerescamente, si offre di aiutarla a togliersi il cappotto, rimanendo per un attimo di stucco quando nota il suo vestito, indugiando a fissarla in un modo che, ora come allora, la mette in imbarazzo e la fa sentire bellissima.

 

Che c'è?” si sente domandargli con voce roca ed un poco tremante, le guance che si tingono di un color porpora che non ha nulla a che vedere col trucco.

 

Però!” esclama Gaetano, lo sguardo che la percorre dalla punta dei capelli a quella delle scarpe, indugiando per un attimo in più del dovuto sulla scollatura dell'abito nero di raso, senza spalline ma con bolero coordinato, che si era affrettata ad acquistare non appena si era resa conto di essersi ormai incastrata in quest'uscita a quattro, “stai benissimo! Dovresti vestirti così più spesso!

 

In effetti il lungo è perfetto per andare a fare lezione,” si prende e lo prende in giro la Camilla quarantenne, nel tentativo di celare l'imbarazzo, le guance ormai fucsia, per poi passarlo a sua volta in rassegna, con studiata lentezza, “comunque anche tu non sei poi così male.

 

Ah, grazie, molto lusinghiero!” scherza Gaetano, sorridendo però in un modo che rende evidente che abbia preso il commento per il complimento che in effetti era, “e riguardo al resto... non vedo quale sia il problema: ci vai ancora a fare lezione? No, perché con tutte le ore che passi ad occuparti delle mie indagini, mi chiedo dove trovi il tempo.”

 

AH, AH! In ogni caso, non mi sembra proprio l'abbigliamento adatto nemmeno per inseguire criminali!

 

Ma infatti non dovresti inseguirli. Non servirebbe: si lascerebbero catturare più che volentieri!” la fulmina con un sorriso ed un'occhiata che la fanno arrossire perfino nella scollatura.

 

Certo che ci sapeva proprio fare! – pensa con un sospiro Camilla, ritrovandosi, volente o nolente, col cuore a mille, nonostante tutti gli anni trascorsi ed il fatto che stia assistendo a questa scena come una semplice spettatrice.

 

Quasi non si rende conto dell'affievolirsi delle luci. Il tempo di un battito di ciglia e si ritrova ad ascoltare “Sempre libera”, l'ultima aria del primo atto, nella quale la protagonista, turbata dalle parole d'amore del giovane Alfredo, si ripromette tuttavia di continuare la sua vita libera da cortigiana, tra feste ed i suoi ricchi amanti che la mantengono.

 

Gli applausi e le luci che si accendono: si ritrova ad osservare la Camilla di allora battere le mani con entusiasmo, lo sguardo ipnotizzato verso il palco, mentre Gaetano, accanto a lei, la osserva con un sorriso.

 

Allora, che ne dici? Ti piace?” la sente domandargli, incrociando il suo sguardo, non appena gli applausi si affievoliscono un poco.

 

Vuoi andare a prendere qualcosa da bere? Magari un vermouth?” le chiede a sua volta Gaetano, facendo cenno verso l'uscita.

 

Ho capito: non ti piace,” ridacchia la Camilla quarantenne, avendo colto perfettamente la non risposta di lui.

 

Non lo so... è presto per dirlo: siamo solo all'inizio,” temporeggia Gaetano, aggiustandosi la cravatta.

 

Guarda che è un'opera, mica una potenziale fidanzata,” lo punzecchia Camilla, prima di aggiungere, più seria, “mi spiace che per accompagnarmi finirai per passare tre ore ad annoiarti.

 

Non mi sto affatto annoiando: non ho detto questo,” la rassicura Gaetano, in un modo che suona completamente sincero, “allora? Che ne dici di questo vermouth? Libiamo anche noi ne' lieti calici?

 

Se non ti dispiace, preferirei di no: detesto la ressa al bar che c'è sempre in questi casi. E poi... mi sa che è meglio se sto lontana dall'alcol stasera...” si ascolta commentare, per poi aggiungere con un sorriso, allo sguardo stupito di lui, “devo guidare, ricordi?

 

“Sì, certo, come no! Il problema era proprio la guida!”

 

“Mamma! Ma cos'è? Vuoi farmi venire un infarto tutte le volte? Ma dov'eri finita?!” sbotta, voltandosi e incrociando lo sguardo dello spirito di Andreina, seduta serenamente su una delle due sedie del palco rimaste libere.

 

“In realtà è da un po' che ti sto seguendo, Camilla... ma, chissà come mai, non te ne sei accorta...” la provoca con il solito sorrisetto.

 

Camilla si sente arrossire quasi peggio della se stessa di undici anni prima: il fatto che sua madre assista a questo momento tra lei e Gaetano la mette profondamente in imbarazzo.

 

“E che sarà mai figliola?! Guarda che da lassù si vede tutto, volendo.... Dopo le scene a cui ho assistito nell'ultimo anno... qui siamo in fascia protetta!” ride di gusto Andreina, e Camilla si sente il viso andare direttamente a fuoco.

 

“Oh santo cielo!” commenta tra sé e sé, il proposito di mettere per sempre una croce sugli uomini che si fa ancora più allettante.

 

“E dai, figliola, su, un po' di senso dell'umorismo! Stai tranquilla: non è che ho tutta questa voglia di assistere alle tue... evoluzioni... nemmeno fosse una puntata del Grande Fratello. Se posso me lo evito, credimi! Per fortuna, ho anche altro da fare!”

 

Adesso me la spiegheresti tu una cosa, professoressa?” la voce di Gaetano la raggiunge e la distrae dal domandare a sua madre esattamente cos'altro ci sia da fare lassù.

 

Perché no? In fondo è il mio lavoro!” ribatte la Camilla di allora, giocosa ma anche incuriosita, “dai, avanti, spara!”

 

Ma perché ti piace così tanto proprio La Traviata? Cioè... è la storia di una cortigiana... diciamo pure una escort, per non dire altro. E, a meno che tu non abbia qualcosa d'altro da spiegarmi riguardo la retata all'Oasi del Corpo, non ci vedo molte affinità tra te e lei,” chiarisce Gaetano, beccandosi una risata ed un colpo sul braccio.

 

Quanto sei scemo!” esclama la Camilla d'allora, tra le risate, per poi spiegare, facendosi più seria, “in realtà, ora che mi ci fai pensare, credo che mi piaccia proprio perché Violetta è il mio esatto opposto.

 

In che senso?

 

Beh... io ho una famiglia, una figlia e, nonostante sia un po' matta, credo di essere una persona tutto sommato responsabile. E mi piace la vita che ho, non fraintendermi, ma... ogni tanto ci prende a tutti la voglia di un po' di libertà. Almeno credo. Violetta è una donna libera, molto libera, per gli standard dell'epoca. O almeno crede di esserlo, crede di poter fare tutto ciò che vuole ma... ma la realtà è che è prigioniera della sua paura di amare, di lasciarsi andare e di soffrire. E quando l'amore arriva e lei se ne rende conto... ormai è troppo tardi: la sua sorte è già segnata, sia per la malattia, sia per la... nomea che si è fatta. Però credo che, seppure per poco tempo, malata e sfinita, senza le feste e i lussi a cui era abituata, sia stato quello il periodo più bello della sua vita e che sia valsa la pena viverlo, nonostante tutto.

 

Anche se sai già che non c'è futuro e che andrà a finire male?” domanda Gaetano con voce un poco roca e l'aria di chi è rimasto profondamente colpito, forse punto nel vivo.

 

Potrà anche finire male ma quei momenti non te li potrà togliere mai nessuno e sono quelli che, per me, danno un senso a questa vita che, diciamocelo, forse tanto senso non ce l'ha. Prima o poi tutto finisce ma... conta come è stato il viaggio, no? Come direbbe De André: è stato meglio lasciarci che-

 

Non esserci mai incontrati...” conclude per lei Gaetano con un sorriso dolceamaro.

 

Il silenzio cala di nuovo nel palco e Camilla li osserva con un'enorme nodo in gola, mentre si fissano per istanti che paiono interminabili, gli occhi di entrambi un po' troppo lucidi.

 

Non sa cosa l'abbia toccata di più: se quello che legge in quegli sguardi o le parole che ha appena sentito la sé stessa quarantenne pronunciare con convinzione assoluta.

 

Com'ero ingenua ed ottimista! - non può fare a meno di pensare: del resto era facile fare proclami quando non si aveva ancora mai realmente sofferto davvero.

 

“O forse invece eri molto più saggia,” sente sua madre obiettare alle sue spalle, ma non ha la voglia di controbattere ed affrontarla. Preferisce rimanere a perdersi in quell'attimo così malinconico e così perfetto, in quell'epoca dove tutto era più semplice, in cui tutto le sembrava davvero ancora possibile.

 

La campanella che segnala la fine dell'intervallo la coglie di sorpresa e fa fare ai vecchi Gaetano e Camilla un piccolo salto, rompendo quella specie di bolla che si era creata.

 

Piano, piano, le luci tornano ad affievolirsi e di nuovo Camilla riesce a distinguere la musica: sono già alla fine del secondo atto.

 

È come se in questo... sogno... viaggio... come lo si voglia chiamare, il tempo non scorresse sempre con la stessa velocità.

 

Luci in sala: di nuovo si osserva applaudire con calore, Gaetano che sembra ancora intento a studiarla, questa volta con un'espressione assorta.

 

Allora? Che ne pensi? Ti piace o no? E questa volta non voglio scuse: sii sincero,” si raccomanda la Camilla quarantenne, con un'occhiata eloquente.

 

Devo ammettere di sì... sta cominciando a coinvolgermi e a prendermi sempre di più, anche se all'inizio non pensavo fosse possibile,” replica Gaetano con un tono ed uno sguardo che le fanno dubitare, col senno di poi, se si stesse riferendo solo all'opera o anche ad altro.

 

Non lo dici solo per farmi piacere e non farmi sentire in colpa, vero?” gli chiede conferma, fissandolo negli occhi come per cogliere una menzogna, non avendo affatto notato il possibile doppio senso.

 

Lo sai che sono sincero Camilla,” ribatte, precisando, di fronte allo sguardo scettico di lei, “o quantomeno sono meno bugiardo di te.”

 

Non sono affatto bugiarda!” si vede protestare con veemenza, l'aria fintamente offesa.

 

E allora mi risponderesti sinceramente, se ti facessi una domanda?” chiede Gaetano, fissandola negli occhi.

 

Certo!” esclama la Camilla di allora con fin troppa enfasi, ostentando una grande nonchalance e sicurezza.

 

Tu pensi di essere più libera di Violetta? Visto che prima hai detto che è il tuo opposto....”

 

Si osserva studiarlo per un attimo, evidentemente stupita da quella domanda a bruciapelo, cercando di coglierne il senso ed, allo stesso tempo, di ragionare su quale risposta dare.

 

Non lo so... non è mica una domanda facile.... Ma sì, penso di sì. Alla fine nella vita ho anche saputo seguire il mio cuore e... costruirmi qualcosa, no? si sente infine replicare, dopo un attimo di pausa che sembra infinito.

 

Camilla si ricorda benissimo che la risposta data era stata onesta al novantanove percento, anche se c'era una piccola vocina dentro di lei che la faceva dubitare delle sue stesse parole perfino mentre le pronunciava. Come se fossero più una speranza, che una reale convinzione.

 

Sì, è vero,” annuisce Gaetano, un tono ben poco persuaso, aggiungendo poi, con un'occhiata eloquente, “ma io intendevo adesso, in questo momento.”

 

In che senso?” si ascolta domandargli, apparendo sinceramente confusa.

 

Una persona che... che evita i legami per paura, può sempre decidere di cambiare, no? Magari non andrà bene ma... è libera di scegliere diversamente, quando un Alfredo entra nella sua vita,” chiarisce Gaetano, pronunciando il nome Alfredo in un modo che è tutto un programma, prima di aggiungere, più serio, “ma se Violetta avesse avuto una famiglia, dei figli e avesse trovato un Alfredo sulla sua strada, sarebbe stata altrettanto libera di sceglierlo?

 

Beh... al massimo di tenerselo come amante... all'epoca il divorzio non c'era...” divaga la Camilla di allora, fingendo volutamente di non aver colto i possibili riferimenti e di stare ancora discutendo dei personaggi dell'opera.

 

Ma adesso c'è,” incalza Gaetano con tono fermo e tranquillo, guardandola negli occhi ed evitando abilmente il suo tentativo di sviare il discorso.

 

Sì, è vero. C'è,” si sente confermargli nello stesso medesimo tono, un'espressione neutra. I denti che vanno a tormentarle il labbro inferiore come unico segno di nervosismo.

 

E quindi? Non hai ancora risposto alla mia domanda, professoressa,” le ricorda dopo momenti interminabili passati occhi negli occhi.

 

E quindi... beh, almeno si può scegliere, no?” pronuncia infine con un sospiro la Camilla di undici anni prima, spiegando, con un tono che suona lievemente malinconico, “ma bisogna capire qual è la scelta migliore per noi e per gli altri: quando si hanno delle responsabilità non si può pensare solo per sé. Credo che... credo che si debba cercare di far soffrire meno persone possibile.

 

Anche se a soffrire siamo noi? Anche se... anche se dobbiamo rinunciare all'amore e a vivere quei momenti che, come hai detto prima, danno un senso alla nostra vita?” domanda Gaetano in un modo che ancora adesso è una stilettata al cuore.

 

Credo che ci siano tante forme d'amore... e tanti momenti che danno un senso alla nostra vita. E a volte... a volte dobbiamo rinunciare ad alcune cose, per poterne vivere altre, per... per non tradire un amore più grande e che viene prima anche di noi stessi,” si sente rispondergli con un sorriso dolce amaro, e ricorda benissimo, nonostante tutti gli anni trascorsi, che stesse pensando soprattutto alla sua Livietta, “in fondo amare vuol dire proprio... tenere al bene della persona che amiamo anche più che al proprio.”

 

Come Violetta quando decide di rinunciare ad Alfredo per consentire a lui e alla sorella di costruirsi un futuro?” chiede Gaetano con un tono altrettanto agrodolce, in quella che è evidentemente una resa ed un tentativo di riportare il discorso su lidi meno pericolosi.

 

Era proprio questa sua sensibilità, questa sua capacità di sapere quando pressare e quando mollare il colpo, una delle cose che l'avevano più colpita di lui, già all'epoca – peccato che poi tu l'abbia persa per strada, Gaetano, e proprio al momento peggiore!

 

Però! Sei stato davvero attento, commissario. Non me l'aspettavo!” ironizza la Camilla di allora, il sorriso che si allarga e si tinge di gratitudine e... di affetto, inutile negarlo – dio quanto mi brillavano gli occhi! Sembravo una ragazzina!

 

Io sono sempre attento e noto molte più cose di quello che pensi, professoressa,” la fulmina con un'occhiata che ancora adesso le fa accelerare il battito.

 

Gaetano aveva sempre avuto il potere di farla sentire quasi nuda di fronte a lui: era una sensazione stranissima, qualcosa di mai provato prima, non del tutto piacevole ma nemmeno spiacevole.

 

Buono a sapersi,” si ascolta ribattere, una punta di malizia che tinge voce e sorriso mentre rimpalla, occhi negli occhi, “e comunque anche per me è lo stesso, commissario.”

 

Ma quanto tempo passavamo a fissarci senza dire una parola? - si chiede Camilla, sentendo di nuovo quella specie di pizzicore in gola, osservandosi rimanere lì con lui, immobili come due statue, mentre gli occhi si dicevano tutto e si sfidavano in un duello non verbale senza esclusione di colpi.

 

La maledetta campanella le fa quasi prendere un colpo e, di nuovo, spezza l'incantesimo. Il buio ritorna ad avvolgere la sala, nella quale riecheggiano le note di “Parigi, o Cara”: in scena in due innamorati, finalmente riuniti, si illudono vicendevolmente di poter avere ancora un futuro insieme, lontano da Parigi, e che Violetta possa guarire dalla tisi.

 

Osserva la se stessa di allora, rapita ed immersa in quanto sta avvenendo in scena. Ma, se questo non la stupisce, quello che invece la coglie completamente impreparata è il fatto che anche Gaetano sia totalmente concentrato sull'opera, un'espressione malinconica ed assorta sul volto.

 

Ben presto, le prime battute di “Gran Dio! Morir si giovane” segnalano che il dramma sta per giungere al suo compimento, spazzando via ogni residua illusione.

 

Improvvisamente, con la coda dell'occhio, Camilla nota un movimento: è la sua mano sinistra, o meglio, la mano sinistra della se stessa di allora, che, quasi di scatto, si allunga verso la mano destra di Gaetano, bloccandosi però prima di giungere alla meta e riprendendo ad aggrapparsi al bracciolo. Qualche secondo, e questa volta è la mano destra di Gaetano a ripetere in maniera speculare lo stesso identico movimento, tornando al punto di partenza, dopo un attimo di esitazione.

 

Il pizzicore si intensifica, insieme all'ondata di tenerezza che le invade il petto – dio mio, nemmeno gli adolescenti sono così imbranati!

 

Li osserva ripetere quella specie di balletto per due o tre volte, fino a che, con un sussulto, le mani si incontrano a metà strada e si stringono in una presa quasi spasmodica.

 

Gli occhi lucidi di entrambi che si incrociano per un attimo che pare dilatarsi all'infinito, gridandosi tutto quello che le bocche non potevano o non sapevano esprimere, prima che ritornino a concentrarsi sulla scena, le dita ancora saldamente intrecciate.

 

Un terremoto scuote Camilla anche se, questa volta, nessuno l'ha involontariamente calpestata o trapassata da parte a parte. Eppure è esattamente così che si sente: la lingua di cartavetra, gli occhi che bruciano ed una noce in gola che non va né su né giù. C'era un qualcosa di così profondo, di così potente e struggente in quello sguardo, in quelle mani, che le sembra non solo intimo, ma quasi... sacro, sebbene un pensiero del genere le varrebbe come minimo una scomunica.

 

Le ultime note che scandiscono la morte di Violetta, una pausa di silenzio commosso, rapito e perfetto e poi il boato in sala.

 

Ma i vecchi Camilla e Gaetano rimangono ancora così, cristallizzati ed ipnotizzati lì, seduti, mano nella mano, per qualche istante che sembra eterno. Fino a che lei, con uno scatto, si avvede di quel contatto e lo recide bruscamente, come se scottasse, balzando in piedi ad applaudire entusiasta, seguita a ruota da lui.

 

Camilla si osserva e li osserva sbirciarsi di sottecchi, con occhi ancora umidi, fino a che la lunghissima standing ovation non giunge al termine.

 

Andiamo?” si sente infine domandargli, la voce arrochita, osando finalmente incrociare lo sguardo di lui.

 

Gaetano si limita ad annuire, afferrando in silenzio il cappotto di lei e porgendoglielo, per aiutarla ad indossarlo.

 

Grazie, ma non serve, davvero,” pronuncia la vecchia sé, le guance che tornano a tingersi di rosa, un lieve tremito che la percorre quando le dita di lui, attraverso il tessuto del cappotto, le sfiorano per qualche secondo le braccia, mentre la aiuta ad infilarne le maniche.

 

Si studiano in un silenzio imbarazzato, indecisi su cosa dire, Gaetano che indugia nell'abbottonarsi il soprabito, come per guadagnare tempo.

 

Allora... ti è piaciuta o no?” gli chiede infine, nel tentativo di fare conversazione, riferendosi evidentemente alla Traviata.

 

Moltissimo,” sussurra Gaetano con un tono basso e roco, prima di proclamare, fulminandola con un'altra occhiata, “è la cosa più bella che io abbia mai visto.”

 

Ora come allora, si sente avvampare, il battito a tamburo, l'intensità nello sguardo di Gaetano che lascia pochi dubbi sul fatto che non stesse affatto parlando dell'opera. O, perlomeno, non solo di quella.

 

Dai andiamo, che se no rimaniamo incastrati in un ingorgo che non finisce più!” si ascolta esclamare con un'eccessiva enfasi, cercando di celare l'evidente imbarazzo.

 

Quasi in automatico, li segue mentre scendono le scale, continuando a rubarsi fugaci occhiate, salvo poi rimanere, come prevedibile, bloccati nella folla che ha ormai riempito il salone e che tarda a scemare: un sacco di gente del bel mondo, impegnata in auguri e convenevoli.

 

“Ci vorrebbero sirena e lampeggianti!” ironizza la vecchia Camilla, sbuffando, “se andiamo avanti così, rimaniamo qui fino a Capodanno.

 

La sirena e i lampeggianti temo proprio che siano illegali, professoressa,” ribatte Gaetano, divertito, per poi aggiungere, prendendola a braccetto, “ma, in ogni caso, non servono: vieni!

 

“AHIA, e porca miseria!” impreca Camilla, sentendosi come sulle montagne russe, mentre una folla di gente, ignara della sua presenza, le passa attraverso.

 

Cerca disperatamente di non perdere di vista la vecchia sé che, guidata da Gaetano, sguscia nella bolgia con sbalorditiva rapidità. Nonostante la sensazione di trovarsi in una lavatrice in funzione centrifuga, riesce a tagliare in mezzo alla marea umana, guadagnando l'uscita ed affrettandosi a raggiungere la coppia ferma in piedi sul marciapiede, oltre lo spiazzo antistante il teatro.

 

Beh allora...” pronunciano insieme, in perfetto unisono, per poi scoppiare in una mezza risata – certo che succedeva davvero spesso!

 

Direi che forse è meglio-” prova a proporre la Camilla di undici anni prima, venendo interrotta da una specie di ruggito che squarcia il silenzio della notte, provocandole un nuovo moto di riso.

 

Qualcosa mi dice che qualcuno ha fame!” lo canzona, dandogli un lieve colpetto sullo stomaco con la pochette.

 

Sai com'è... sono venuto di corsa dall'obitorio e non c'ho proprio avuto il tempo di mangiare!” ammette Gaetano, toccandosi la nuca in segno di imbarazzo.

 

Mi pare giusto: l'opera nutre la mente ma non in corpo!” scherza la vecchia Camilla e, per tutta risposta, un nuovo ruggito risuona nella notte romana.

 

Solo che, questa volta, proviene dalla pancia di lei.

 

Mi sembra che anche il tuo di corpo ti sta lanciando chiari segnali, professoressa,” la provoca Gaetano, facendole l'occhiolino, con un tono talmente carico di doppisensi che la vecchia Camilla si ritrova di nuovo con le guance color fragola, e non solo per la figuraccia.

 

Va beh... tra mia figlia che faceva i capricci, la telefonata con Bettina... figurati se sono riuscita a cenare!”

 

E allora direi proprio che non abbiamo scelta: spuntino di mezzanotte?” propone con un sorriso, porgendole nuovamente il braccio.

 

Appunto! È già tardissimo! Non posso fermarmi a cena, Gaetano: ho mia figlia e... la mia famiglia che mi aspettano,” si sente declinare l'invito, anche se a malincuore – certo che me le inventavo proprio tutte, pur di evitare di nominare Renzo!

 

“Chissà come mai, eh, Camilla?” ironizza Andreina, facendola di nuovo sobbalzare, visto che si era completamente scordata della sua presenza, “di nuovo: chissà come mai, eh, Camilla?

 

“Visto che mi leggi nei pensieri, queste domande, oltre ad essere retoriche, sono assolutamente inutili, mamma, quindi potresti pure risparmiartele!” sbotta, cominciando a stufarsi di tutti questi commenti sarcastici.

 

“Mi sa che è meglio che ci fai l'abitudine, figliola, visto che siamo appena all'inizio di questo viaggio, e poi... certo che quando si tratta di Gaetano, tu ti scaldi sempre troppo! In tutti i sensi,” la punzecchia di nuovo, guadagnandosi un ruggito che nulla ha a che fare con la fame.

 

Ma chi ha parlato di una cena al ristorante?!” la voce di Gaetano blocca la discussione madre-figlia sul nascere, “conosco uno zozzone qui vicino che fa dei panini che sono la fine del mondo.

 

Nel senso che forse, se siamo fortunati, li digeriremo dopo Capodanno?

 

Penso che potremmo farcela tranquillamente entro la mezzanotte del 31,” ribatte Gaetano, stando al gioco, “e dai, professoressa! Un bel panino con la porchetta, o la salsiccia, o le polpette al sugo.... Mica mi lascerai da solo a farmi questa botta di colesterolo!

 

E ci sono anche le patatine?

 

Tutte quelle che vuoi!” garantisce con un sorriso, per poi aggiungere, con un tono quasi seduttivo, “e venti tipi di salse diverse, dal dolce al piccante, tutte da provare!

 

Va bene, va bene, mi hai convinto: ci sto!” si sente capitolare, ricambiando il sorriso, il tono tra l'esasperato e l'allusivo, “sei proprio bravo a tentarmi, commissario. Te lo devo riconoscere.

 

Senti chi parla professoressa!” controbatte, porgendole nuovamente il braccio.

 

Però l'idea è tua, quindi offri tu!” gli intima la Camilla quarantenne, accettando l'invito e riprendendo a camminare lentamente, a braccetto.

 

E secondo te ti farei mai pagare?

 

Non si sa mai! Magari ti sei fatto contagiare da quel braccino corto del tuo ispettore!

 

Torre è un po' tirchio a volte, è vero, ma ha un gran cuore.

 

“Sarà... ma secondo me non gli sto molto simpatica,” si sente sospirare, ricordandosi con stupore che, in effetti, nei primi tempi della loro conoscenza, Torre era molto rigido con lei, ma era anche molto più distaccato con Gaetano, oltre che superoculato sulle spese: tra un po' si faceva rimborsare pure le gomme da masticare – è quasi incredibile quanto tutto sia cambiato nel giro di dieci anni, anzi, quanto siamo cambiati tutti!

 

Va beh, certo, nulla se paragonato alla Cremonesi, che invece non mi sopporta troppo!

 

Ma non è vero! Quello è solo il suo carattere! E poi, ti ricordo che sei tu che ti intrometti nelle nostre indagini!” la punzecchia Gaetano, puntandole scherzosamente il dito a pochi centimetri dal viso.

 

Beh... se io mi intrometto nelle vostre indagini è anche perché un certo commissario me lo permette...” lo provoca la Camilla di allora nello stesso identico tono.

 

Diciamo pure che lo tollera perché ormai ha perso le speranze di far cambiare idea ad una certa professoressa dalla testa molto ma molto dura,” rimpalla Gaetano con un tono tra l'affettuoso e l'esasperato.

 

Fammi capire: tu le persone che tolleri, le inviti tutte a cena, o hai fatto un'eccezione solo per me?” lo provoca con sopracciglio alzato ed uno sguardo eloquente.

 

Non ho detto che tollero te. Ho detto che tollero le tue intromissioni nelle mie indagini: è diverso!

 

Quindi non mi tolleri? Buono a sapersi!

 

Camilla...” brontola Gaetano, il tono tra l'esasperato e il divertito.

 

Gaetano...” lo scimmiotta la Camilla quarantenne, insistendo con un sorrisetto vittorioso, “e comunque secondo me non solo non le tolleri, ma anzi ti piacciono molto... le mie intromissioni.

 

Mai quanto piacciono a te, visto che praticamente ti ritrovo dovunque vado,” sottolinea, fulminandola con un'occhiata da far tremare le ginocchia, per poi proseguire, in tono allusivo, “mi sembra che ormai non riesci proprio a stare lontana... dalle mie indagini.

 

Ma... ma che meraviglia questi panini! Avevi proprio ragione! Dai, che ho fame!!” deflette la Camilla quarantenne dopo un attimo di silenzio imbarazzato, le guance in fiamme, trascinando un Gaetano dallo sguardo divertito e soddisfatto verso il chiosco con una rapidità da primato.

 

Camilla ascolta la vecchia sé ordinare un panino con salamella da triplo bypass immediato, accompagnato da una porzione di patatine da far venire un infarto a qualsiasi cardiologo, seguita a ruota da Gaetano che si accoda con la stessa ordinazione.

 

Il tempo sembra riprendere a trascorrere più velocemente, tanto che Camilla, senza quasi nemmeno rendersene conto, si ritrova accanto alla panchina dove la se stessa quarantenne e Gaetano si sono seduti a consumare.

 

“Consumare è proprio la parola giusta: Freud su questa abbuffata compensativa ci potrebbe scrivere un trattato!” si inserisce Andreina, pungente come al solito, ma Camilla, questa volta, si impone di ignorarla e di continuare ad osservare la scena come se niente fosse.

 

Che c'è? Perché mi guardi così?” si ascolta domandare a Gaetano, che la studia attentamente con un sorriso tra il divertito e l'intenerito.

 

Per tutta risposta, Gaetano allunga la mano destra e le sfiora delicatamente il contorno del labbro superiore con il pollice, per pulirlo da un baffo di salsa. La Camilla quarantenne, completamente paralizzata, arrossisce fino alla punta dei capelli, in un modo da fare quasi invidia ad un semaforo.

 

Sembri una bambina quando mangi!” proclama infine Gaetano, dopo una lunga pausa carica di tensione, riconducibile solo in parte all'imbarazzo.

 

Dovrebbe essere un complimento?” domanda la Camilla di allora, cercando invano di schiarirsi la voce, terribilmente roca e tremolante, con un paio di nervosi colpi di tosse.

 

Tu che ne dici, professoressa?” sussurra con uno di quei suoi sorrisi dolci, aperti e brillanti, che ha l'effetto di farla prorompere in un altro attacco di tosse – chissà dove sono andati a finire tutti quei sorrisi, eh, Gaetano?

 

“Nello stesso posto dove sono finiti i tuoi, temo, Camilla,” la rimbecca la madre, non sembrando perdere un colpo, “ed è inutile che mi lanci quelle occhiatacce, tanto... più morta di così, non posso essere!”

 

Mmm, mmm, questa salsa è divina!” esclama dopo un po' la Camilla quarantenne, arrivata ormai al cuore del panino, leccandosi le labbra e le dita e lasciandosi andare a qualche mugolio soddisfatto.

 

La Camilla di oggi, invece, fatica a trattenere una risata, quando nota il modo in cui Gaetano accavalla le gambe e si muove nervosamente sulla panchina, la mano che non regge il panino che sale, quasi inconsciamente, ad allentarsi leggermente la cravatta.

 

E pensare che all'epoca non ci aveva assolutamente fatto caso, impegnata com'era a gustarsi il cibo.

 

Ma allora lo fai apposta!” esclama Gaetano con un tono semiesasperato, all'ennesimo mugolio, e Camilla si blocca con l'indice ancora tra le labbra.

 

In che senso?” si ascolta domandargli confusa, mentre afferra un altro tovagliolino per cercare di tamponare l'eccesso di salsa, prima che coli sui vestiti.

 

Mi chiedo se davvero non te ne rendi conto o se lo fai apposta...” borbotta Gaetano, scuotendo il capo tra l'esasperato e il divertito.

 

A fare che?

 

A farmi diventare matto!” esclama con un sospiro rassegnato, “prima o poi mi ci manderai al manicomio, lo so!”

 

Senti chi parla! E comunque non darmi meriti che non ho: secondo me un bel po' matto lo sei già di tuo,” lo sfotte amichevolmente la Camilla quarantenne, che non aveva affatto afferrato del tutto il motivo per cui lui l'accusasse di nuocere alla sua salute mentale.

 

Senti chi parla!” rimpalla, nello stesso identico tono di lei, per poi aggiungere, più riflessivo, “anche se... forse hai ragione tu: del resto me lo diceva sempre anche mio padre.

 

Che l'avresti fatto diventare matto?

 

Anche, ma soprattutto che ero un pazzo a voler entrare in polizia dopo giurisprudenza, invece di diventare avvocato come lui,” chiarisce Gaetano e, sotto l'ironia, Camilla coglie benissimo, ora come allora, più di una punta di amarezza.

 

Più che pazzo, direi coraggioso. Molto coraggioso,” sottolinea la Camilla quarantenne, con un'occhiata ed un tono decisi ed ammirati, che le guadagnano un altro di quei sorrisi brillanti e ricolmi di gratitudine.

 

Sarà... forse un po' folle lo sono davvero,” si schernisce Gaetano con un altro sospiro leggermente malinconico, per poi proclamare, con altrettanta decisione, “ma non me ne sono mai pentito.

 

Secondo me tu sei il tipo di persona che vive la vita senza rimpianti, che prende le cose di petto, senza guardarsi mai indietro.”

 

Dovrebbe essere un complimento?” domanda Gaetano, facendo il verso alla domanda di lei di poco prima.

 

Tu che ne dici, commissario?” lo scimmiotta a sua volta Camilla, con un sorriso sincero, prima di farsi più seria ed affermare con sicurezza, “e comunque, per la cronaca, le persone coraggiose e un po' folli sono le più interessanti e mi sono sempre piaciute. Anche se ogni tanto fanno un po' paura...

 

Quindi io ti piaccio, ma ogni tanto ti faccio paura?” la fulmina nuovamente Gaetano, dritto negli occhi, il tono basso e suggestivo, un angolo della bocca piegato in un sorrisetto sornione.

 

La Camilla di allora deglutisce visibilmente e si zittisce, sembrando di nuovo quasi paralizzata, così, occhi negli occhi, il panino che cola dimenticato a mezz'aria tra due mani tremanti – e non certo per il freddo.

 

Non rispondi?” le domanda infine Gaetano, rompendo il silenzio e la tensione carica di elettricità statica, il sorrisetto sornione che si allarga, apparendo sempre più soddisfatto.

 

No, non rispondo,” ribatte, secca, nonostante la voce di cartavetra tradisca il fatto che è tutt'altro che indifferente.

 

Al telefono. Ti sta squillando da un minuto,” le fa notare Gaetano, con faccia da schiaffi e tono compiaciuto.

 

La vecchia Camilla fa uno scatto sulla sedia e, diventando, se possibile, ancora più bordeaux, nota finalmente il cellulare che le trilla nella pochette.

 

Oh cavolo!” esclama, leggendo il display ed affrettandosi ad accettare la chiamata – Renzo, ovviamente! Sempre al momento giusto, o forse al momento sbagliato!

 

Pronto? Renzo? ...Sì, sì, lo so che è tardissimo ma- ...Scusa, scusa hai ragione! ...Sì, lo spettacolo è finito da un po', è vero... solo che... sai com'è... mi è venuta fame, lo sai che non sono riuscita a cenare, e mi sono fermata a prendere un panino! ...Sì, sì, non ti preoccupare, stavo appunto finendo: un secondo e arrivo, ok?! ...Sì, sta tranquillo, sarò prudente. ...D'accordo, sì, sì, anche a te!

 

Scusa, ma come hai sentito... mi sa che devo proprio andare,” annuncia Camilla, ancora in imbarazzo, facendo per alzarsi ma avvedendosi in tempo del panino e della vaschetta di patatine che aveva ancora appoggiati in grembo, aggiungendo con tono scherzoso, “addio panino e addio patatine: è stato bello fino a che è durato! Te le lascio, se hai ancora fame.

 

Certo che stasera le tenti proprio tutte per farmi venire un infarto, professoressa!” ironizza, in un modo che non fa nulla per nascondere quanto la frase sia carica di doppi sensi.

 

Il bue che dice cornuto all'asino,” si ascolta mormorare a bassa voce, la lotta contro il rossore ormai rovinosamente persa, mentre si alzano quasi all'unisono e si affrettano a buttare i resti della cena.

 

Dove hai la macchina? Ti accompagno!” proclama Gaetano offrendole il braccio per l'ultima volta quella sera.

 

Ma è appena qui dietro: non ti devi disturbare, veramente, io-

 

Niente ma: è tardi e non voglio sentire storie!” intima Gaetano, bloccando ogni altra protesta sul nascere.

 

Devo essere proprio pericolosa, per essere addirittura scortata da un commissario della Omicidi,” si schernisce la Camilla quarantenne, in un tentativo di sciogliere l'imbarazzo residuo, allacciandosi nuovamente al braccio di Gaetano.

 

Non hai idea quanto...” sospira Gaetano, più tra sé e sé che realmente rivolto a lei, facendole voltare il capo con un'espressione sorpresa.

 

In perfetto silenzio, si avviano lentamente verso la macchina, l'aria di chi non ha affatto voglia che quella serata finisca.

 

Certo che eravamo davvero belli... sembravamo una coppia vera! - si ritrova a pensare Camilla, il pizzicore in gola che ormai è ridiventato un nodo, mentre li osserva allontanarsi di qualche altro passo così, stretti, come se fosse la cosa più naturale del mondo – e lo era, maledizione, lo era davvero!

 

Alza un piede per cercare di raggiungerli, ma per poco non inciampa: la vista le si appanna completamente, lasciandola disorientata.

 

“Ma che succede adesso? Dannazione!” esclama, sfregandosi gli occhi, per poi riaprirli e rendersi conto, con un tuffo al cuore, che la strada ha lasciato di nuovo il posto ad un appartamento molto familiare.

 

Un rumore: si volta e, con un moto di riso, vede la se stessa di allora entrare in casa con passo felpato, senza nemmeno accendere le luci, ed avviarsi in punta di piedi verso la camera da letto, nemmeno fosse un'adolescente rimasta fuori dopo il coprifuoco – ci mancava solo la musica della pantera rosa!

 

Finalmente! Cominciavo di nuovo a preoccuparmi!” le accoglie la voce di Renzo, seduto a letto con un libro in mano, gli immancabili occhiali sul naso, la luce del comodino accesa.

 

Scusa, scusa!” sussurra la Camilla quarantenne, richiudendo la porta con delicatezza, nel timore di svegliare Livietta.

 

Allora? Come è andata la serata? È stato bello?” le domanda Renzo, bloccandola sui suoi passi mentre era intenta a sfilarsi il cappotto.

 

Cosa?” chiede la Camilla di allora, non riuscendo del tutto a celare l'apprensione.

 

“Come cosa? Ma lo spettacolo, no?!” domanda Renzo, sembrando un poco basito dal comportamento della moglie.

 

Aaah, La Traviata!” esclama Camilla, incredibilmente sollevata, per poi mettersi a spiegare, un po' troppo velocemente, “certo, è stata veramente molto bella! Grande cast, bravi tutti: c'è stata una standing ovation che non finiva più!

 

Beh, bene: hai visto che hai fatto bene a darmi retta e ad andare lo stesso?” chiede Renzo con un sorriso, per poi aggiungere, dopo un attimo di riflessione, “e Bettina e la sua nuova fiamma devono essere stati una compagnia migliore del previsto, visto che sei stata fuori fino a quest'ora.

 

Un tonfo: alla Camilla quarantenne è appena sfuggita di mano una delle décolleté che si stava togliendo, e che ora ruzzola con un rimbalzo sul pavimento.

 

In realtà...” abbozza, per poi chiarire, sempre in un modo un pochettino troppo affannato, “in realtà Bettina alla fine non è potuta venire: figurati che si è beccata la varicella dalla sua nipotina!

 

Cosa? Oh mamma mia, ma che sfortuna! Ma quindi eri da sola?

 

No, perché... perché Bettina non è riuscita ad avvisare in tempo il suo... amico e quindi... ci siamo ritrovati lì, davanti al teatro,” finisce di spiegare, con un tono che risulta tutto sommato sincero, visto che in fondo era la verità.

 

“Sì, con qualche decina di piccolissime omissioni in mezzo!” commenta Andreina, tagliente, sedendosi sulla poltroncina accanto ai piedi del letto, “come si dice? Povero diavolo... che pena che mi fa! Guardalo come si preoccupa per te e non sospetta niente.”

 

Ah però! Proprio una bella seratina, eh?! Certo che deve essere stato veramente imbarazzante!” ridacchia Renzo, scuotendo il capo.

 

“In alcuni momenti sì...” ammette, di nuovo lavorando sul filo di lana delle omissioni e delle mezze verità, “però alla fine... abbiamo soprattutto visto l'opera quindi....

 

Renzo sembra annuire, tranquillo, ritornando a concentrarsi sul suo libro, mentre la vecchia Camilla inizia a sfilarsi il vestito, per poi arrendersi di fronte alla zip sulla schiena che non riesce ad abbassare.

 

Mi daresti una mano?” domanda e Renzo, solerte, abbandona il libro sul comodino e si alza per aiutarla.

 

Mamma mia, che puzza di fritto! Ma che ti sei mangiata? Una friggitoria?” esclama, non appena le è di spalle, dando uno strattone alla zip per cercare di sbloccarla.

 

Ma no! È che per fare in fretta siamo andati in un chiosco vicino al teatro, di quelli che fanno panini e patatine e-

 

Siamo? Siamo chi?” la interrompe Renzo e Camilla si irrigidisce visibilmente, deglutendo in maniera quasi rumorosa, “non dirmi che tu e l'amico di Bettina siete pure andati a cena?

 

Al massimo a farci uno spuntino! Neanche lui era riuscito a cenare e avevamo fame!” ribatte, riprendendosi alla grande dopo l'attimo di paralisi, voltandosi verso di lui con un sorriso, “amore, ma non sarai mica sarai geloso?

 

Geloso io?! Ma figurati!” nega Renzo con una risata, aggiungendo, con un altro mezzo sorriso, “e poi, voglio dire, di uno che si aspettava di uscire con Bettina, oltretutto!

 

Eh beh, infatti, non-” si blocca bruscamente la Camilla di allora, girandosi nuovamente di scatto verso il marito, il tono di voce che si fa bassissimo, per poi alzarsi pericolosamente, “no, scusa, che cosa vuoi dire esattamente?! Che uno che esce con Bettina non potrebbe mai interessarsi a me?

 

“Certo che eri proprio una maestra nel girare la frittata, figliola! Anche se pure tuo marito... la sensibilità di un elefante in una cristalleria!” ironizza Andreina, allungando un poco le gambe, con sguardo tra il disgustato e l'annoiato.

 

Beh, che c'entra...” balbetta Renzo, avendo colto la gaffe fatta e cercando di rimediare, “cioè... voglio dire... tu e Bettina siete proprio due prototipi opposti di donna: lei è bionda, piccolina, formosa e tu-

 

E io sono bruna, alta e un manico di scopa?!” esclama, fulminandolo con un'occhiataccia da primato, “lo so benissimo cosa volevi dire: che Bettina è giovane e bella e io no! Del resto me l'hai pure già detto una volta, quindi-

 

Ma non è vero! Ho solo detto che Bettina è più giovane di te, e questo è un dato di fatto innegabile, ma, Camilla, tu mi piaci anche così!

 

Anche?!” sibila, lo sguardo che, se possibile, si fa ancora più omicida.

 

E dai, Camilla, non stare a fare le pulci ad ogni singola parola che dico! Lo sai che mi piaci esattamente così come sei!” proclama Renzo con un tono che suona sincero, cercando di calmarla.

 

Così vecchia e brutta come sono, intendi?” incalza la Camilla quarantenne, per nulla persuasa.

 

Così vecchia e brutta che non ho fatto altro che passare tutta la serata a pensare al nostro dopocena,” la provoca Renzo, chinandosi per baciarle la spalla destra, lasciata nuda dal vestito.

 

E dai, Renzo, non mi va!” si nega, scostandosi in maniera abbastanza brusca ed avviandosi verso il bagno, “e poi è tardi e sono stanca.

 

Peccato che non fosse troppo tardi e che non fossi troppo stanca per stare fuori anche a cena!” controbatte Renzo, bloccandola ancora una volta sui suoi passi.

 

“Oh, finalmente l'architetto comincia a svegliarsi! Era ora!” esclama Andreina, fingendo uno sbadiglio.

 

Ma che c'entra? Non-

 

C'entra, eccome se c'entra!” sbotta, avvicinandosi a lei e puntandole il dito all'altezza del volto, “tu stai fuori fino a chissà che ora con un tizio che resta comunque un perfetto sconosciuto e poi devo ancora sentirmele io!

 

Certo! Se continui a fare uscite infelici, che mi fanno pensare che non mi trovi più attraente!” rimpalla la vecchia Camilla, le braccia incrociate al petto.

 

Ma lo sai che ti trovo attraente, anzi attraentissima!” dichiara Renzo con un sorriso, posandole le mani sulle spalle ed iniziando ad accarezzargliele.

 

Attraentissima non si dice! E comunque-

 

E comunque mi attrai come un protone con l'elettrone,” sussurra Renzo, soffiandole sulla pelle del collo per poi baciargliela.

 

“Cavolo, certo che Casanova al tuo ex marito gli faceva un baffo!” lo deride Andreina, per poi alzare gli occhi verso al cielo e pronunciare, con un'altra smorfia nauseata, “almeno certe scene non ce le potremmo risparmiare?! Che se no, mi mandavate diritta all'inferno e facevamo prima!”


E dai, Renzo, il solletico non vale!!” ridacchia la Camilla quarantenne, divincolandosi tra le braccia del marito, per poi cedere sotto all'assalto dei baci e del solletico, “d'accordo, d'accordo, va bene! Ti perdono!

 

“Pure tu, figlia mia, faccia tosta da primato fino all'ultimo, devo dire, complimenti! Tuo marito prima di trasformarsi da Jekyll a Hyde era davvero un santo, anche se aveva il sex appeal di Leopardi!” si inserisce nuovamente Andreina, la testa fermamente girata in direzione opposta alla coppia in mezzo alla camera da letto.

 

Permettimi di farmi perdonare come si deve,” mormora Renzo, tra i baci sul collo e sulle spalle, “e lascia che ti dimostri quanto ti trovo attraente!

 

Con una risata, la vecchia Camilla cede del tutto le armi ed inizia a ricambiare le effusioni del marito, abbandonandosi ad un bacio appassionato – certo, almeno per i nostri standard dell'epoca!

 

Camilla non sa bene cosa provi a rivedersi in quel momento così intimo: tra l'imbarazzo per la presenza della madre, seppure sia intenta a studiare ogni minimo dettaglio della parete, pur di non dover assistere alla scena, e il fatto che le sembri tutto così... surreale.

 

“Chissà perché mi pare proprio invece che rivederti con Gaetano non ti sia sembrato affatto surreale?” domanda Andreina, gli occhi ancora ben piantati sul muro.

 

Già... chissà perché! - non può fare a meno di chiedersi Camilla, aspettandosi di provare molto di più nel rivivere una scena del genere: rimpianto, malinconia....

 

Ma la verità... la verità è che, se le scene familiari ed affettuose dei primi natali con Renzo le avevano provocato una forte nostalgia... questo invece proprio no.

 

È come se mancasse qualcosa... se ci fosse qualcosa di... stonato, ma cosa? - si domanda, osservandosi cercare goffamente di togliere la maglia del pigiama a Renzo, mentre lui ancora lotta con la zip – Gaetano l'avrebbe aperta in due secondi!

 

Questo pensiero improvviso, per qualche motivo, la colpisce come uno schiaffo in pieno viso.

 

Proprio in quel momento, il rumore di una porta che si apre interrompe le effusioni tra la vecchia sé e Renzo, facendoli balzare a mezzo metro di distanza.

 

Papà!! Mamma!! Non riesco a dormire!!” li raggiunge la voce assonnata e piagnucolosa di Livietta, che si staglia nella porta con un peluche in braccio, non sembrando aver notato niente di strano – beata innocenza!! Dio, mio com'era tenera!!

 

“Oooh, brava nipotina mia! Meno male che almeno ci sei tu che ci salvi!” proclama Andreina, con tono tra il pungente e l'affettuoso, schiodandosi infine dalla parete e rivolgendo di nuovo lo sguardo verso gli astanti.

 

Livietta...” sospirano all'unisono Renzo e la vecchia Camilla.

 

La Camilla del presente non può però fare a meno di notare quanto lui sembri molto ma molto più deluso di lei dall'interruzione.

 

Posso venire nel lettone con voi? Vi pregooo!!!” implora, con due occhioni azzurri che sono un'arma di distruzione di massa, quello sguardo adorabile che li aveva sempre fregati a puntino.

 

Un nodo in gola e un macigno sul cuore, Camilla si osserva prendere in braccio la sua piccola Livietta ed abbracciarsela forte forte al petto, portandosela, ancora avvinghiata a sé come un cucciolo di koala, fin sotto le coperte.

 

Quanto vorrebbe poterlo ancora fare, anche per un solo istante!

 

Ipnotizzata da quella scena, fa due passi verso il letto ma, improvvisamente, la terra le cede sotto ai piedi.

 

“AAAAAAAAHHHHH! AHIA!” grida, spalmata a terra, picchiando un pugno sul pavimento e pentendosene immediatamente, quando le nocche le si riaprono con una fitta lancinante.

 

Il pavimento questa volta è diverso – sempre familiare, ma diverso. Solleva gli occhi ed incrocia uno sguardo arcigno, che riconosce benissimo.

 

“Rosetta...” sussurra, portandosi la mano martoriata alla bocca, gli occhi e la gola che ricominciano a pizzicare: era una vita che non si vedevano... da... da...

 

“Dal mio funerale?” le ricorda Andreina, come sempre in piedi accanto a lei, un lieve tremore nella voce che tradisce l'aspetto in apparenza impassibile.

 

“Già...” mormora Camilla, ricordandosi benissimo l'ultimo incontro con la portiera, davanti alla tomba della madre, e l'abbraccio fortissimo a cui si erano abbandonate – ci siamo fatte tanto la guerra, ma alla fine, in fondo, ci volevamo bene.

 

“Mi ricorda qualcosa...” la punzecchia Andreina, prima di rimbeccarla, con il suo solito tono marziale, “e dai figliola! Tirati su! Va bene che Rosetta lo lavava ogni due per tre, ma ti piace proprio così tanto il pavimento della portineria?”

 

Sbuffando, a fatica, Camilla si rimette in ginocchio e si solleva su gambe ancora un po' tremanti.

 

Professoressa!” esclama Rosetta, come se potesse vederla, facendole fare un mezzo salto, seguito da un giro di centrifuga.

 

Rosetta! Sempre di guardia anche la mattina di Santo Stefano! Complimenti!” la canzona la vecchia Camilla, che le era appena passata attraverso per l'ennesima volta, un sacco della spazzatura in mano.

 

Che le devo dire, professoressa? Si fa quel che si può! C'è chi si mantiene attiva e c'è chi invece batte la fiacca!” rinvia al mittente la portiera, per poi ricordarsi, quando Camilla sta per superarla, “aspetti, aspetti, ora che ci penso: è arrivato un pacco per lei!

 

Un pacco per me?” le domanda la Camilla di allora, sorpresa, bloccandosi sui suoi passi, per poi rivolgere alla portiera un'occhiata eloquente, “ma oggi non consegnano la posta! E neanche ieri, se è solo per quello!

 

E va bene! L'hanno consegnata tre giorni fa. Ma sa, tra gli impegni della vigilia... il cenone... me ne sono dimenticata... succede!” esclama Rosetta, imbarazzata di essere stata colta sul fatto, per poi rimbrottare, “certo che a lei non gliene sfugge mai una!

 

Sa com'è, Rosetta, c'è chi si mantiene attiva e c'è chi invece batte la fiacca!” le fa il verso Camilla, afferrando il pacco e strabuzzando gli occhi quando legge il nome del mittente.

 

Francesca Berardi?!

 

 

 

Nota dell'autrice: Ebbene sì, per chi è sopravvissuta ed arrivata fino in fondo a questo lungo capitolo, eccoci di nuovo qui :). La nostra Camilla-Scrooge ha appena iniziato il suo viaggio tra passato, presente e futuro e, nel prossimo capitolo, ci attendono ancora i natali passati e tante scene tra la vecchia Camilla e il vecchio Gaetano. Spero di essere riuscita a mantenermi più o meno coerente a com'erano i personaggi nella prima stagione.

 

Il prossimo capitolo è già interamente scritto per quanto riguarda i dialoghi, ma mi mancano tutte le parti descrittive eccetera... la mia idea è quella di pubblicare domenica sera, vi terrò aggiornati in caso non ci riuscissi.

 

Vi ringrazio davvero ancora di cuore per la pazienza e per avermi letto fin qui. Come sempre, ogni parere e ogni critica sono ben accetti, mi motivano e mi aiutano tantissimo a capire come tarare la scrittura e su cosa posso migliorare, quindi grazie mille fin da ora se vorrete farmi sapere che ne pensate.

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Capitolo 3
*** Passato Remoto ***


Fantasmi

 

Nota dell'autrice: Mi scuso innanzitutto per il ritardo nella pubblicazione ma la stesura di questo capitolo e soprattutto dell'ultima scena si è rivelata un po' più complicata del previsto, e purtroppo gli impegni di lavoro tolgono tempo alla scrittura.

 

Voglio nuovamente ringraziare di cuore tutti quelli che hanno speso un poco del loro tempo per leggere e commentare questa storia: davvero mi date una carica e un'iniezione di fiducia incredibili per continuare a scrivere e cercare di fare sempre meglio, pur con tutti i miei limiti. Grazie a chi continua a spronarmi e a incitarmi a non mollare e a spicciarmi :D, è bello sapere che ci sono persone che hanno voglia di leggere ciò che scrivo, nonostante la mia prolissità e la mia lentezza.

 

Spero davvero di non deludervi e di continuare a rivivere insieme le atmosfere delle vecchie serie e a sognare un finale diverso, attendendo la settima serie che speriamo ci dia finalmente #unagioia.

 

Non vi faccio quindi perdere altro tempo e ci leggiamo alle note di fine capitolo, sempre se non vi avrò fatto addormentare prima :D

 

 

 

Capitolo 3: Passato Remoto

 

 

 

 

Francesca Berardi?!

 

Camilla si osserva per qualche istante, intenta a studiare il pacco con un'espressione assorta sul viso: un misto di curiosità, apprensione ed una punta di malinconia. I denti a tormentare il labbro inferiore, mentre, dopo un attimo di esitazione e con uno sguardo vagamente circospetto, scuote delicatamente il cartone.

 

L'unica risposta che ne ottiene è un rumore metallico ben poco chiarificatore.

 

Per la Camilla di oggi, invece, è tutto improvvisamente chiarissimo: riconosce perfettamente quel momento e quel particolare Santo Stefano, e non solo perché i suoi capelli avevano abbandonato per sempre il carré liscio ed erano tornati ad un riccio per lei decisamente più naturale.

 

Pochi mesi prima Gaetano era ripiombato nella sua vita dopo... dopo la fuga a gambe levate da quel loft in cui le aveva, per la prima volta, confessato di amarla.

 

Non si erano né visti, né sentiti, né cercati per lungo tempo ma alla fine... lo stramaledetto destino – se così vogliamo chiamare un caso di omicidio – li aveva rimessi sulla stessa strada.

 

E, poco dopo, anche un'altra mina vagante aveva invaso la carreggiata, seppur in modo molto diverso dal fratellone.

 

Francesca le era stata subito istintivamente simpatica, con la sua spontaneità, i suoi casini, la sua follia, i suoi tormenti ed il suo non riuscire a trovare il suo posto nel mondo, nonostante – o forse proprio per – la sua intelligenza, la sua sensibilità e quel bisogno quasi viscerale che aveva di essere amata.

 

Ma, allo stesso tempo, Camilla aveva ben presto imparato a temere i colpi di testa di Francesca e gli sconvolgimenti che poteva portare nella sua vita. Perché avere a che fare con due mine vaganti insieme era decisamente molto pericoloso. Troppo pericoloso.

 

Ricorda benissimo che, nel ricevere quel pacco inatteso, per un attimo aveva temuto di avere tra le mani il vaso di Pandora. Che il contenuto potesse portare brutte notizie per Francesca e, di conseguenza, per Gaetano. Perché le era stato evidente, fin dai primi scontri tra i due fratelli a cui aveva assistito, che Gaetano adorasse la sorella e che la sua severità, il suo distaccarsene emotivamente, fossero semplicemente un modo di proteggersi dal dolore di vederla continuamente sbagliare e farsi del male.

 

Eh... certo che non capita tutti i giorni di ricevere un pacco da Londra...” la voce di Rosetta la porta a spostare lo sguardo sulla portiera, che scruta la scatola con malcelata curiosità.

 

No, infatti. E scommetto che muore dalla voglia di sapere che cosa contiene...” la punzecchia Camilla con un sorrisetto sarcastico.

 

Ma si figuri, professoressa! Lo sa che sono molto discreta!” nega, con tono quasi offeso.

 

Ma certo, Rosetta, non si preoccupi, tanto a lei posso dirlo: qui c'è roba che scotta! Non ha idea di che cosa si trova in certi negozietti di Londra!” si ascolta proclamare con un tono ed uno sguardo a dir poco allusivi, “sa... dopo tanti anni di matrimonio... c'è proprio bisogno di... un po' di pepe!

 

“Sì... cinquanta sfumature di Ferrero!” esclama sua madre, con un tono tra il disgustato ed il sarcastico che le strappa, suo malgrado, una risata, “cioè un bel barattolo di Nutella, che sicuramente dà molte più soddisfazioni di Mister PolloAllePrugne!”

 

“Mamma!” cerca di protestare, non riuscendo però del tutto a stare seria.

 

Ma è proprio senza pudore! Che vergogna!

 

Il borbottio scandalizzato di Rosetta, con tanto di segno di croce, la riporta al presente – o meglio, al passato – e ad avvedersi che la vecchia se stessa sta per inforcare il portone.

 

Si affretta a raggiungersi, proprio mentre il sacco nero viene inghiottito dal cassonetto e Camilla torna a concentrarsi sulla scatola, stringendola ed esaminandola, come se dovesse rivelarle i segreti dell'universo o esploderle tra le mani da un momento all'altro.

 

Dopo essersi guardata in giro in modo circospetto, infila il pacco sotto braccio e si avvia verso il parco vicino a casa, sedendosi sulla prima panchina disponibile ed iniziando ad armeggiare con gli strati di scotch.

 

“Chissà perché non volevi aprire quel pacco in casa, eh, Camilla?” la punzecchia l'onnipresente Andreina, facendole alzare gli occhi al cielo.

 

“Mamma lo sai benissimo il perché, visto che mi leggi nel pensiero!” sbuffa, cominciando ad essere stufa di tutte queste domande retoriche e sarcastiche.

 

“Certo che lo so il perché. L'importante è che te ne renda finalmente conto anche tu, visto che sei quasi più brava a mentire a te stessa che agli altri!”

 

“Io non mento a-”

 

Ma come si apre questo coso?? Doveva proprio avvolgerlo nello scotch peggio di una mummia?!” sbotta Camilla, frustrata, tirando con forza sull'ennesimo lembo di nastro adesivo, per poi arrendersi di fronte all'evidenza.

 

Almeno per un istante.

 

Ma certo le chiavi!” esclama, estraendo il mazzo di tasca ed utilizzando la chiave più sottile come se fosse un seghetto, fino a che, infine, il nastro cede e la scatola si apre con uno scatto.

 

Vediamo che c'è qui... scatolette?!” si domanda, stupita, prendendo in mano una delle latte, “Gourmet Dog: handmade with love in Bloomsbury, London. Però...! Più che cibo per cani, queste scatolette sembrano uscite da una gioielleria! E qui Potti ha di che sfamarsi per almeno un mese.

 

Camilla si osserva rovistare nella scatola, fino a che individua una busta gialla, di quelle imbottite. Dopo un attimo di esitazione, la apre e ne estrae un cartoncino ripiegato ed una cornice.

 

Bibì...” sussurra Camilla, un sorriso intenerito sul volto mentre traccia il musetto vispo del cane, immortalato in primo piano con un buffissimo cappello di babbo natale in testa, per poi tornare a concentrarsi sul foglio, “e questo? Vediamo cosa c'è scritto...

 

In famiglia siamo un po' tutti delle mine vaganti, ma in fondo sappiamo come farci perdonare e voler bene... almeno spero!” si ascolta leggere ad alta voce, il sorriso che si allarga mentre un velo di commozione le tinge la voce, “grazie ancora di tutto, Camilla: se oggi sono qui a godermi le luminarie di Londra e non chiusa in una cella è soprattutto merito tuo – oltre che del mio fratellone, anche se non lo ammetterò mai di fronte a lui. A proposito, se lo vedi, dai un bacio da parte mia alla terza mina vagante, che se lo merita, anche se molte volte non ci capiamo e non riesco a dirglielo. Ma questo per te non è un problema, mi sembra, no? ... O forse sì ;)? In ogni caso, a presto, spero! Un bacio! Francesca.

 

Altro che se è un problema...” sospira la Camilla di allora, le guance un po' troppo rosate, mentre rilegge tra sé e sé quelle poche righe con sguardo grato e malinconico al tempo stesso.

 

Del resto, i sottotesti le erano e le sono chiarissimi: Francesca aveva notato quasi subito che suo fratello si era innamorato di lei e non si era fatta alcun problema a dirlo apertamente, davanti ad entrambi. Questa schiettezza, il non avere tabù o imbarazzi era una delle cose che Camilla più adorava e più temeva di Francesca Berardi – e anche di Francesca Gariglio, a ben pensarci. Nomen omen.

 

Mi sa che è meglio rientrare...” si ascolta mormorare tra sé e sé, prima di ripiegare il cartoncino, nasconderlo in borsa, afferrare pacchetto e cornice ed alzarsi dalla panchina.

 

“AH!” esclama, venendo investita da una luce accecante, che le provoca una fitta alla testa.

 

Coprendosi gli occhi con una mano, prova gradatamente ad aprirli, intravedendo, tra le macchie colorate che le ondeggiano sulla retina, le ormai arcinote piastrelle del corridoio della casa di Roma – almeno stavolta non sono caduta!

 

Un rumore metallico ripetuto la porta a voltarsi e dirigersi con cautela verso la cucina, riacquistando gradatamente del tutto la vista, giusto in tempo per ritrovarsi davanti alla Camilla di dieci anni prima, accovacciata per riporre le scatolette nell'armadietto dedicato alle cose di Potti, mentre il cane scodinzola allegro accanto a lei, l'aria di chi pregusta una scorpacciata.

 

Il trillo del cellulare la fa sobbalzare così tanto che solo per un soffio evita di spalmarsi rovinosamente sul povero Potti che, con un guaito, corre a rifugiarsi sotto al tavolo.

 

Lo stesso sguardo di speranza, mista ad apprensione, che si era già rivista sul volto nel ricordo del natale precedente. Solo che, questa volta, non appena ripesca il telefono dalla borsa e legge il mittente del messaggio sul display, alla speranza e all'apprensione si aggiunge anche una traccia di risentimento, seguito da un consapevole senso di colpa.

 

Gaetano...” si ascolta sospirare, lasciandosi cadere sulla sedia come se improvvisamente tutto le pesasse, “certo che avresti pure potuto farmeli gli auguri ieri... ma forse non era il caso ed è stato meglio così. Ma perché allora mi scrivi adesso? Tu che dici Potti? E dai, su, non fare l'offeso: mica ho fatto apposta!

 

Per tutta risposta, un musetto peloso fa capolino accanto alle sue gambe, sembrando quasi studiarla, gli occhi all'insù e il capo inclinato verso destra.

 

Che dici? Devo aprire il messaggio, eh? E va bene... vediamo cosa vuole... SE vuole qualcosa...” borbotta con tono ancora vagamente offeso, “dunque: “Se non sbaglio ti devo ancora una cena, per la tua intuizione sul caso di mia sorella. E ho qualcosa che ti appartiene. Sei libera una di queste sere?”. Certo che ha proprio una bella faccia tosta, eh Potti?

 

Camilla non può fare a meno di notare come, nonostante quanto appena proclamato, il suo tono sia passato dall'impermalito al vagamente lusingato e compiaciuto, un mezzo sorrisetto che le fa capolino sul viso, suo malgrado.

 

Se non sbaglio la cena la dovevi offrire a qualcun'altra, a cui peraltro l'hai pure già offerta, quindi pensavo proprio che avessi l'agenda piena in questi giorni. In ogni caso, ti ringrazio del pensiero ma non posso: sono già impegnata,” si ascolta leggere a bassa voce, rivolta a Potti, “che dici? Sarà troppo? Però almeno così impara a sparire! Che dici? Mando?

 

Potti si esibisce in un sonoro sbadiglio e, dopo averle lanciato un'ultima occhiata, le si acciambella sui piedi, pronto a schiacciarsi un pisolino.

 

Non mi sei d'aiuto però così, Potti! E va bene, dai, hai ragione: è inutile farsi problemi. Se si offende sono affari suoi, tanto sai te a me che importa!” proclama decisa, premendo il tasto di invio con un sorriso soddisfatto, “ecco fatto!

 

“Infatti, non ti importava proprio: eri solo offesa a morte perché aveva osato non farti gli auguri, nemmeno fosse il tuo fidanzato! Per non parlare della gelosia se solo si azzardava ad andare a cena con un'altra donna. Proprio chiari segnali di disinteresse ed indifferenza,” commenta Andreina, sarcastica, guadagnandosi un'occhiataccia da manuale ed una specie di ruggito, “figliola, è inutile che continui a farti venire altre rughe: la verità ti farà male, lo so, ma è necessaria, oltre che innegabile.”

 

Di nuovo il suono del cellulare: Camilla lo afferra e legge il messaggio con una velocità a dir poco incredibile, un sopracciglio alzato, insieme all'angolo destro della bocca.

 

Siamo permalose oggi, professoressa! Ma a natale non dovremmo essere tutti più buoni?” mormora, scuotendo il capo, per poi digitare, dopo un attimo di riflessione passato a tormentarsi il labbro coi denti, “A natale, forse, peccato che oggi sia Santo Stefano, commissario!

 

D'accordo, d'accordo, mi arrendo! Ma resta il fatto che ho qui qualcosa da restituirti. E anche se sei già impegnata, temo ti tocchi proprio rivedermi, professoressa. A meno che tu non voglia che lo lasci alla tua portiera...

 

Per carità! Ci manca solo quella pettegola di Rosetta!” esclama la Camilla di allora, prima di rivolgersi nuovamente a Potti, “mi sa che non abbiamo scelta, eh, Potti? E no, non voglio vedere Gaetano per i motivi che pensi tu! È un amico e basta e poi ci manca solo che Rosetta si faccia strane idee... o che Renzo lo incontri: l'unica volta che ci ha visti insieme si è messo a fare Otello e a pedinarci! No, no, non è proprio il caso.”

 

“Chissà come mai Renzo era così geloso di Gaetano, eh, Camilla? A differenza di Otello, forse tutti i torti non ce li aveva ad essere sospettoso!” la rimbecca la madre, aggiungendo, con tono sempre più sarcastico, “e comunque tu Gaetano non lo volevi proprio vedere, ovviamente! Era proprio un grande sacrificio incontrarlo e lo facevi solo ed esclusivamente per la tranquillità familiare!”

 

“Mamma! La vuoi-”

 

A cena non posso proprio. Ma tra un'ora devo portare Potti a fare due passi. Se sei libero...” si ascolta rileggere, un tono che del dispiaciuto non ha nemmeno l'ombra, ma che sembra soltanto in lieve apprensione mista a speranza, “ecco, inviato! Voglio proprio vedere se si scomoda o se ha già di meglio da fare, eh Potti?

 

Il trillo del cellulare, la mano che nervosamente lo afferra, esitando per qualche secondo prima di premere il pulsante per aprire il messaggio, i denti che nuovamente vanno a martoriare il labbro inferiore, l'aria di chi non sa bene in quale risposta sperare. O meglio, lo sa, ma sa anche che non è affatto quella in cui dovrebbe sperare – certo che ero proprio patetica: sembravo veramente una quindicenne!

 

Al parco vicino a casa tua tra un'ora?” legge e Camilla non può fare a meno di notare il sorriso ebete che quasi inconsciamente si era fatto largo sul viso della vecchia sé – no, mi correggo, ero peggio di una quindicenne!

 

Ok!” risponde, il sorriso che ancora non accenna a volersene andare, prima di farsi prendere da un dubbio, “il parco è grande, forse è meglio che specifichiamo la panchina, vero Potti?

 

Il cagnolino però, già bello che addormentato, si limita a continuare a pisolare sui suoi piedi.

 

Va beh... io glielo scrivo. È inutile che gli faccio perdere tempo!

 

“Disse prima di fargli perdere altri dieci anni a correrle appresso!” ironizza Andreina, ricambiando con un'occhiata eloquente lo sguardo omicida della figlia.

 

Ci troviamo alla-

 

Camilla!

 

La voce di sua madre le fa fare un salto e, d'istinto, Camilla si volta verso lo spirito di Andreina che però si limita a guardarla con il suo solito sorrisetto sarcastico ed un'aria placida, tranquilla e innocente che manderebbe in bestia pure un santo.

 

È a quel punto che, con la coda dell'occhio, nota la donna appoggiata allo stipite della porta, mentre la successione degli eventi di quella giornata si fa più chiara nella sua mente.

 

Mamma!” esclama la Camilla di dieci anni prima, afferrando al volo il telefono prima che le caschi dalle mani, l'aria spaventata non solo di chi è stato colto di sorpresa, ma soprattutto di chi è stato beccato con le mani nella marmellata – ero davvero trasparente!

 

Ti disturbo?” domanda l'Andreina sessantenne, un tono ed uno sguardo che sono tutto un programma e che le fanno capire sembra ombra di dubbio, col senno di poi, che la madre aveva probabilmente capito tutto.

 

“Da quanto eri lì? Avevi sentito tutto?” chiede Camilla alla madre, prima di bloccarsi per un secondo, rendendosi conto di cosa sta facendo – ma mi metto pure a chiederle chiarimenti, come se lei fosse realmente qui e questo non fosse solo un sogno?! Sono proprio messa male!

 

“Sì, figliola, sull'ultima parte non posso che concordare, purtroppo. Anche se spero che prima o poi ti entrerà in testa che questo NON è un sogno. Per il resto... non avevo sentito granché in realtà, solo la parte su parco e panchina. Ma non serviva: bastava guardarti, con quel sorriso rincretinito che avevi!” spiega con tono bonario ed un sopracciglio alzato.

 

No, mamma, certo che no, ma mi hai spaventata!” la voce della Camilla di allora le raggiunge dopo un attimo di silenzio in cui, evidentemente, stava cercando di ricomporsi, aggiungendo, in un tono troppo concitato e dopo un ulteriore momento di esitazione, “stavo scrivendo a Martina. Sai, per mettersi d'accordo su a che ora passa a prendere Livietta, per portarla al parco giochi con Giulio. A proposito, Livietta dov'è?

 

Si sta preparando in camera sua: ha tirato fuori un sacco di vestiti prima di sceglierne uno. L'amore rincretinisce proprio – e meno male che alla sua età, a differenza che in altre, non ci sono ancora di mezzo gli ormoni!” proclama l'Andreina sessantenne, squadrando la figlia in un modo che pare volerle leggere dentro.

 

Per carità, non farti sentire da Renzo a parlare di ormoni che, ansioso com'è, come minimo le mette una cintura di castità!” ribatte Camilla, in un tentativo evidente di cambiare argomento, l'aria di chi non sa bene se si stia solo immaginando i possibili doppi sensi della frase della madre.

 

Forse Renzo dovrebbe preoccuparsi più della castità di qualcun altro,” sottolinea, con un tono asciutto, quasi duro, ed un'altra di quelle occhiate penetranti, “e comunque non può sentirmi, visto che non è qui.

 

Ma che vuoi dire...?” balbetta Camilla, dopo un attimo di esitazione, un lampo di senso di colpa misto ad apprensione che per un secondo le fa capolino sul viso, prima di sembrare assalita da un dubbio, “ma non penserai mica che Renzo...? Ma no, lo so che è la prima volta che non c'è a Santo Stefano, ma non è colpa sua se gli hanno appioppato l'allestimento del comune per il capodanno!

 

E questa volta, Camilla se lo ricorda bene, il suo non era affatto soltanto un tentativo di rigirare la frittata: perché le parole della madre l'avevano portata a riflettere su quanto fosse insolita quell'assenza del marito durante le festività. Stranezza che si assommava ad altre avvenute in quello stesso periodo, come la voglia improvvisa di rimettersi in forma e praticare sport, ad esempio, oppure quei regali e quei mazzi di fiori, dopo anni in cui il massimo del romanticismo era stato una cena fuori o acconsentire, obtorto collo, ad un'uscita mondana.

 

Pensando a te... l'insegnante di danza di Livietta: col senno di poi tutte quelle stranezze non avevano proprio nulla di strano. Una parte di Camilla si era sempre chiesta fino a dove si fosse spinto Renzo già allora. Se il primo tradimento fosse stato quello, reo confesso, con Carmen o se tra una salsa un merengue e una bachata... Renzo l'avesse altro che baciata quella specie di barbie-maestra-di-danza.

 

Ma no Camilla, ci mancherebbe. Sulla fedeltà di tuo marito non ho alcun dubbio,” rimarca Andreina, in un modo che di nuovo trasuda doppi e tripli sensi, “e lo so che deve lavorare. Però se fosse più presente forse sarebbe meglio, non credi? E non solo perché il pranzo di oggi sarebbe stato sicuramente molto più mangiabile. Quando si è troppo spesso fuori casa si corre il rischio di perdersi e di lasciarsi sfuggire tante cose!

 

“Senti come lo difendevo, mentre come minimo se la stava spassando con quella! Ero proprio ingenua!!” commenta lo spirito di sua madre, scuotendo il capo e sembrando quasi in collera con se stessa, “però, pure tu figliola! Che dovevo fare?”

 

Beh, ma recupererà più avanti, ne sono sicura!” la voce della vecchia se stessa la blocca prima che possa formulare una risposta, e Camilla si ricorda benissimo che non aveva affatto colto tutti i tripli sensi materni – o forse sperava che fossero solo frutto della sua immaginazione e dei suoi sensi di colpa.

 

Certe cose non si possono più recuperare, Camilla. Ricordatelo sempre. Quando ci si perde... non è sempre facile ritrovarsi e da certe cose non si torna indietro,” pronuncia Andreina con una solennità che ancora adesso, ad anni di distanza, è come un pugno allo stomaco.

 

Mamma... ma che stai dicendo? C'è qualcosa che mi devi dire?” si sente domandarle, con aria chiaramente spaventata, e non ricorda se temesse più di essere scoperta o che la madre sapesse qualcosa su quell'assenza di Renzo.

 

Sono io a chiederlo a te, Camilla: c'è qualcosa che mi devi dire?” le fa eco la madre, sempre con quel tono grave, quegli occhi di ghiaccio che sembrano volerle scavare fin nel profondo dell'anima, in una specie di sfida a chi avrebbe per prima distolto lo sguardo.

 

No, certo che no!” si ascolta negare, anche se gli occhi le precipitano al suolo in un modo che, a rivedere la scena dall'esterno, sembra quasi un'ammissione di colpevolezza, “e comunque forse ora è meglio-

 

Mamma!! Mamma!!

 

La voce di Livietta la porta a voltarsi, ora come allora, verso la porta della cucina, dove la bimba fa capolino, con un vestitino blu a dir poco adorabile e che faceva risaltare ancora di più quegli occhioni meravigliosi.

 

Che ne dici? Piacerà a Giulio?” domanda con un sorriso, facendo una giravolta.

 

Amore, ma sei bellissima!” proclama la vecchia sé con un tono talmente dolce da provocarle una fitta al cuore, raggiungendo in un secondo la figlia per soffocarla di abbracci e solletico, facendola ridere, mentre cerca di divincolarsi – se penso che ora sei già diventata mamma! Ma dove saranno finiti tutti questi anni? Sei cresciuta e non me ne sono quasi resa conto!

 

“AH!”

 

Di nuovo la luce accecante, che la lascia disorientata e pervasa da un senso di nausea, la testa che pulsa.

 

Le ci vuole qualche secondo prima di riuscire anche solo a tentare di riaprire gli occhi. Si ritrova davanti al marrone avvizzito di foglie ormai secche e mezze congelate.

 

Il parco.

 

Si guarda intorno, cercando la panchina dove, già sa, la se stessa di dieci anni prima starà aspettando l'arrivo di un certo commissario – e infatti, eccomi lì!

 

A passo ancora instabile, inizia ad accorciare la distanza che la separa da quella Camilla mezza imbacuccata nel cappotto, intenta a coccolare la palla di pelo nera accucciata in grembo.

 

Voglio proprio vedere se arriva puntuale, eh, Potti? Mancano ancora due minuti!” si sente mormorare, con tono vagamente polemico e allo stesso tempo speranzoso – certo che quei mancati auguri non mi erano proprio andati giù! Non mi ricordavo di essermela presa così tanto!

 

Camilla!!

 

Con un sorriso perfettamente speculare a quello della vecchia sé, si volta verso la direzione della voce e incontra due occhi azzurri che brillano in un modo che le sembra quasi impossibile. Gaetano, completo a giacca, niente cravatta, e cappotto nero, si avvicina a Camilla, che lo saluta con un mezzo sorriso quasi timido e un rapido movimento della mano, che viene da lui ricambiato – ci facevamo pure ciao-ciao con la manina! Come i bambini! Mamma mia, quanto eravamo imbranati!

 

È da molto che aspetti? L'appuntamento era alle 16, vero?” le domanda, un poco preoccupato, controllando l'orologio.

 

No, non è da molto che aspetto e sì, sei puntuale, commissario, mi tocca riconoscertelo,” ammette con un sorrisetto sarcastico, che viene però tradito dalla nota affettuosa nella voce e dagli occhi che – non può negarlo – brillano quasi più di quelli di lui.

 

Veramente la sorpresa è che tu sia arrivata puntuale, anzi addirittura in anticipo, professoressa,” rimpalla, senza perdere un colpo, nello stesso identico tono, per poi punzecchiarla, sornione, “cos'è? Non vedevi l'ora di vedermi?

 

Ti piacerebbe! Ma la colpa è di Potti: sai com'è... il richiamo della natura...” ribatte, con aria sostenuta – certo che avevo una faccia tosta da manuale!

 

Il povero Potti, tirato in ballo, per tutta risposta solleva il capo e abbaia sonoramente per due volte, fermandosi poi a studiare con attenzione l'uomo che gli si staglia davanti.

 

La tua padrona è una bella bugiarda, vero Potti?” ironizza Gaetano, allungando una mano verso la testa del cane che però si ritrae leggermente e abbaia diffidente.

 

Attento a te, commissario: l'ultimo che ha osato darmi della bugiarda e ha poi tentato di coccolare Potti, si è ritrovato senza una mano!” lo minaccia scherzosamente, con tono fintamente offeso.

 

Vorrà dire che correrò questo rischio, professoressa: le mani mi servirebbero entrambe, ma posso anche farmene bastare solo una, se è necessario,” ribatte, fulminando la Camilla di allora con un'occhiata e un tono a dir poco allusivi, che la fanno diventare quasi dello stesso color rubino del cappotto.

 

In un silenzio carico di tensione – solo in minima parte dettato dall'imbarazzo – Camilla, il cuore in gola e il viso caldo, ora come allora, osserva Gaetano allungare nuovamente la mano verso il suo Potti che, dopo averla annusata con circospezione per qualche istante, infine cede e si lascia accarezzare, rimanendo però sempre un poco guardingo.

 

Gaetano, continuando a coccolare Potti, si siede accanto a Camilla, che rabbrividisce visibilmente, complice la vicinanza di lui e quella mano che si muove pericolosamente vicina al suo seno, sebbene per motivi del tutto innocenti.

 

È proprio quel brivido che porta Gaetano a spostare l'attenzione dal cane alla padrona, rivolgendole uno sguardo interrogativo.

 

Brrr... certo che si gela!” esclama, abbracciandosi e sfregandosi le braccia con le mani, come se tentasse disperatamente di riscaldarsi – certo che ero brava a deflettere!

 

Beh, forse su questo posso esserti d'aiuto, professoressa...” proclama Gaetano, con un sorriso ed un tono che già da soli basterebbero a far avvampare chiunque – altro che freddo!

 

D'aiuto... d'aiuto a scaldarmi?!” si ascolta balbettare, i muscoli del collo che le si contraggono mentre deglutisce rumorosamente.

 

Sì, ma devi chiudere gli occhi...” soggiunge, basso, suggestivo, quasi roco, quel sorriso da schiaffi ben impresso sul viso.

 

Qualche istante trascorso occhi negli occhi e la Camilla di allora scoppia in una mezza risata, tra l'incredulo e l'imbarazzato, scuotendo il capo in segno di diniego.

 

Che c'è?! Non ti fidi di me?” le chiede con tono per nulla offeso, anzi, divertito e giocoso.

 

Per niente!” esclama decisa, scoppiando insieme a lui in un'altra risata piena e sincera.

 

E dai, professoressa! Lo sai che a natale dovremmo essere tutti più buoni – e pure a santo Stefano, visto quanto sei pignola!” scherza, per poi farsi serio e affermare, guardandola negli occhi, “e poi non farei mai niente che tu non voglia. E lo sai!

 

“Il problema era proprio quello che anche tu volevi, non è vero, Camilla?!” la punzecchia la voce di sua madre, facendole fare un mezzo salto, nonostante ormai dovrebbe essersi quasi abituata al suo sbucare sempre fuori all'improvviso.

 

“Mamma, dai, è imbarazzante!” protesta, anche se, lo deve ammettere, rivedere quelle scene le provoca uno strano calore nel petto, che neanche la presenza di sua madre riesce a rovinare.

 

E va bene!” la raggiunge la sua stessa voce, e Camilla solleva lo sguardo giusto in tempo per osservarsi annuire con un mezzo sorriso, intimando scherzosamente, puntando un dito dritto in faccia a Gaetano, “ma attento a te, Berardi!

 

Camilla chiude gli occhi, i denti che quasi immediatamente tornano a tormentarle il labbro inferiore, mentre attende un poco tremante che Gaetano faccia la sua mossa.

 

Ricorda ancora benissimo che una piccola parte di lei, una parte oscura, nascosta e di cui non andava fiera, aveva sperato, almeno per un secondo, che lui non ascoltasse le sue minacce, infrangesse le sue promesse e la scaldasse in quel modo che aveva desiderato disperatamente fin da quando le si era avvicinato un po' troppo, mettendola letteralmente al muro, a casa di Mazzeo.

 

Del resto, come potevo non desiderarti? Sei stato proprio bravo a conquistarmi, Gaetano, te lo devo riconoscere. E poi... mamma mia, ma guarda un po' come mi guardavi, mannaggia a te! - sospira tra sé e sé, osservando il modo in cui Gaetano era intento a studiarla, approfittando del fatto che Camilla fosse ancora con gli occhi chiusi. Un sorriso dolce gli si dipinge sul viso, prima che gli occhi gli cadano sulle labbra a pochi centimetri dalle sue e il sorriso sparisca lasciando il posto ad uno sguardo talmente intenso da causarle un lieve tremore.

 

Camilla lo vede esitare per un secondo, il viso che si avvicina quasi impercettibilmente a quello della vecchia se stessa. Un sussulto e Gaetano si blocca, scuote il capo e lo ritrae, l'aria di chi sta dando mentalmente dello stupido. Mordendosi le labbra, infila una mano sotto al cappotto, da cui estrae una sciarpa nera che aveva nascosto tra la giacca e il soprabito.

 

Con un sorriso e mani leggermente tremanti, gliela drappeggia sulle spalle, per poi avvolgergliele completamente in una specie di abbraccio di stoffa, continuando a tenere ben salde le estremità della sciarpa anche quando, a quel contatto, Camilla riapre gli occhi.

 

Si osserva alternare lo sguardo tra lui, le sue mani e la sciarpa, un lampo di riconoscimento che spazza via la confusione, “ma è la mia sciarpa! È una vita che la cerco! Pensavo di averla persa!

 

L'hai lasciata a casa di Francesca, quando sei andata a salutare lei e Bibì!” le chiarisce con un sorriso, “l'altro giorno stavo mettendo un po' d'ordine a casa sua, perché mi ha chiesto di spedirle alcune cose e vorrebbe metterla in affitto, fino a che starà a Londra e... l'ho trovata dietro a un cuscino del divano. Chissà come ci sarà finita...

 

Sarà stata Bibì, sicuro!” esclama, ricambiando il sorriso, prima che un lampo di dubbio le attraversi lo sguardo, “ma scusa, come hai fatto a capire che la sciarpa era mia?

 

Beh, prima di tutto mi era familiare. E poi...” si interrompe, un'espressione imbarazzata che gli increspa il volto.

 

E poi?” lo incalza, incuriosita da questa sua esitazione.

 

E poi... ho riconosciuto il tuo profumo,” ammette con un sospiro, le guance che si fanno più scure, gli occhi che precipitano al suolo e la sicurezza da gatto sornione che lascia per un attimo il posto ad un'aria impacciata da adolescente alle prime armi.

 

Il mio profumo? Ma io non metto nessun profumo,” replica Camilla, più confusa che imbarazzata.

 

Ma hai comunque un tuo profumo... come tutti del resto,” chiarisce Gaetano, per poi proseguire, in un mezzo sussurro, “solo che il tuo mi sa che lo riconoscerei tra mille, professoressa.

 

Camilla nota le guance della se stessa di allora farsi talmente paonazze da far impallidire perfino il cappotto, gli occhi incastrati in quelli di Gaetano, che sembra a sua volta reduce da una corsa intensa, tra il colorito e il modo quasi affannoso in cui respira. Non che lei fosse messa meglio, anzi.

 

I loro visi si fanno di poco più vicini, le pupille che si dilatano, mentre si ascolta pronunciare, dopo un attimo di indecisione, la voce terribilmente roca, “a proposito di Francesca... anche io ho qualcosa da darti, da parte sua.

 

Ah, sì?” le chiede, intrigato, non rompendo nemmeno per un secondo il contatto visivo, gravitando ancora più verso di lei.

 

Sì, ma anche tu devi chiudere gli occhi...” sussurra, lo sguardo che, inconsciamente, le cade sulle labbra di lui.

 

Gaetano la scruta per qualche istante, un'espressione dubbiosa e speranzosa al tempo stesso, prima di chiudere gli occhi, senza nemmeno un tentativo di protesta.

 

Camilla si osserva esitare per un secondo, gli occhi semi socchiusi ed ancora ben piantati sulle labbra di lui, prima di iniziare lentamente ma inesorabilmente ad accorciare le distanze, sempre di più, sempre di più, sembrando quasi ipnotizzata.

 

Due centimetri, solo due centimetri li separano quando, come colpita da una specie di scossa, sobbalza e si blocca bruscamente, tirando indietro capo e busto con movimento quasi violento, prima di lasciarsi andare ad un sospiro, la mano che le copre gli occhi e poi la bocca.

 

Ricorda benissimo cos'era stata la scossa: le parole di sua madre le erano entrate in testa, quasi dal nulla, e si era improvvisamente chiesta cosa diamine stesse facendo – certe cose non si possono più recuperare... non si torna indietro... avevi ragione, avevi ragione da vendere!

 

“Tu che mi dai ragione? Ora sì che mi fai davvero preoccupare, Camilla!” ribatte Andreina, in modo solo in parte scherzoso, “e poi... a volte forse è meglio, sai? Non poter tornare indietro, intendo. Ci costringe ad andare avanti e a non cedere alla tentazione di vivere nel passato.”

 

C'è una nota di grande rimpianto nella voce della madre che sorprende Camilla e la porta a voltarsi verso di lei, che però continua semplicemente a guardare dritto davanti a sé, non sembrando realmente vedere nulla.

 

Con la coda dell'occhio, si rivede rovistare nella borsa ed estrarne un oggetto metallico, per poi prendere la mano destra di Gaetano tra le sue e poggiarglielo sul palmo. Con uno scatto, si affretta a ritrarre le dita che lui cerca di afferrare, l'espressione di chi si è appena scottata, in più di un senso.

 

Gaetano, che era rimasto con gli occhi perfettamente chiusi fino a quel momento, li riapre con un'espressione interrogativa.

 

Una... una scatoletta di cibo per cani?! Ma che significa??” domanda, il tono che lascia trapelare chiaramente la confusione e anche una punta di delusione, alternando lo sguardo tra la sua mano e gli occhi di Camilla.

 

Me l'ha mandata tua sorella... in realtà me ne ha mandate molte, per Potti. Ma una mi ha chiesto di lasciarla a te... chi lo sa... magari ti sta dicendo che dovresti adottare un amico a quattro zampe anche tu!” si ascolta improvvisare, con quell'incredibile faccia tosta che sta sempre più scoprendo di avere – certo che ero proprio brava a raccontare palle!

 

Un cane? Io?” chiede, evidentemente scettico, sia sul suggerimento, sia sul regalo e la sua provenienza.

 

Perché? Non ti piacciono?” gli domanda e, per tutta risposta, Potti si mette ad abbaiare due volte, scrutandolo con aria offesa.

 

No, no, per carità, non è questo, anzi! I cani mi piacciono molto – certo che il tuo però è permaloso quasi quanto la padrona!” la punzecchia, allungando di nuovo una mano verso Potti che, seppur con aria sostenuta, si lascia accarezzare, “anzi, figurati che quando vivevo ancora a casa dei miei ne avevamo pure adottato uno, io e Francesca.

 

Ah, avevate preso un cane del canile? Ma che bravi!” gli sorride con tono di approvazione, Potti che abbaia un'altra volta come a darle supporto.

 

No, veramente l'avevamo trovato per caso... era appena un cucciolo, qualcuno l'aveva abbandonato dentro ad un cassonetto rovesciato vicino a casa nostra. Per fortuna l'avevo sentito guaire mentre andavo a buttare l'immondizia: era novembre e faceva molto freddo. Sarebbe sicuramente morto.
 

Ma che bastardi!” prorompe la vecchia sé, mentre Potti, di nuovo, prima guaisce e poi abbaia forte, in un sincronismo comico e dolce al tempo stesso, “e lui com'era? O era una lei?

 

Lui, lui: Ozzy.

 

Ozzy??” gli domanda incredula, l'aria di chi sta trattenendo una risata.

 

L'avevo chiamato così perché, quando ci si metteva, superava in decibel il cd dei Black Sabbath di mia sorella, col volume a palla,” chiarisce e questa volta Camilla non può evitare di scoppiare a ridere, “tu ridi, ma dovevi sentirlo: era piccoletto, ma ogni volta che uscivamo di casa, o rientravamo, o qualcuno suonava al campanello, dovevi sentire che casino che faceva! Infatti mio padre non lo poteva vedere. Mia madre lo tollerava, anche se i primi tempi gliene ha combinate di tutti i colori. Ma con me e con Francesca era dolcissimo e davvero fedele: credo che si sarebbe fatto ammazzare per noi.

 

E poi? Che fine ha fatto? Perché qualcosa mi dice che questa storia non è finita qui, vero?

 

Purtroppo no... certo che però non te ne sfugge mai una! Ma come fai?” commenta con uno sguardo ed un tono così carichi di ammirazione da farle sentire una specie di peso sul petto, pure ad anni di distanza, “comunque ad un certo punto è scappato e non è mai più tornato. O almeno questa è stata la versione ufficiale. Non ci ho mai creduto ma... ero via all'università e Francesca... era già in giro per l'Europa a fare la mina vagante...

 

Ma è orribile! Mi dispiace tanto!” esclama la vecchia Camilla, appoggiandogli istintivamente una mano sulla spalla, come per consolarlo.

 

Gaetano sposta lo sguardo su quella mano, che indugia ancora per qualche secondo, stringendogli leggermente il braccio, prima che Camilla la lasci ricadere in grembo.

 

E non hai mai più pensato di-

 

Prendere un altro cane? Con la vita che faccio? Non ho orari, sono più fuori casa che a casa. Non voglio costringerlo a una vita di solitudine. Per quella basto io,” proclama, guardandola dritto negli occhi, in un modo terribilmente malinconico che non fa altro che accrescere quel peso dolceamaro che Camilla ha sul cuore.

 

Eh mamma mia, quanto sei tragico!” prorompe la se stessa di allora, dandogli un colpetto sul braccio, “prima di tutto, che direbbe il tuo magistrato a sentirti parlare così-

 

Ma che c'entra Sonia?!

 

C'entra, c'entra, Sonia!” rimarca, pronunciando il nome dell'altra donna in un modo che è tutto un programma – certo che ero veramente gelosa! - per poi proseguire più seria, guardandolo negli occhi, “e comunque, guarda che quello che conta non è la quantità di tempo, ma la qualità di tempo che dedichi. E, secondo me, tua sorella forse sta cercando di dirti che dovresti smetterla con la vita di solitudine e darti una possibilità-

 

Mia sorella?” le domanda con un mezzo sorrisetto ed un sopracciglio alzato.

 

Certo, tua sorella,” ribatte, piatta, il viso perfettamente neutro, non fosse per gli occhi che le brillano sempre un po' troppo e quell'angolo della bocca che a tratti le si piega all'insù.

 

E tu?

 

E io cosa?” gli domanda, aggrottando la fronte, confusa.

 

E tu cosa ne pensi? Concordi con mia sorella?” le chiede, sottolineando le ultime due parole in un modo che fa invidia a quello con il quale lei aveva appena pronunciato il nome del magistrato.

 

Io penso che te la caveresti benissimo... a patto che eviti... troppe distrazioni,” ribatte, fulminandolo con un'occhiata eloquente, la voce che si fa sempre più bassa.

 

E stiamo ancora parlando di cani, naturalmente,” ironizza, scuotendo il capo con aria affettuosamente esasperata – ah, quanto mi piaceva quando mi guardavi così!

 

Naturalmente, sì,” rimpalla Camilla con un sorriso sornione.

 

I loro sguardi si incrociano in una sfida non verbale, i sorrisi che si fanno più ampi per poi gradatamente sparire, i denti di Camilla a tormentarle il labbro inferiore. Il busto di entrambi, già proteso in avanti nella concitazione del botta-e-risposta, gravita sempre di più verso quello dell'altro, i visi che di nuovo si ritrovano un po' troppo vicini, i respiri gelidi che quasi si mischiano in un'unica nuvola di condensa.

 

Ed è nuovamente Camilla a riscuotersi per prima, abbassando il capo quasi di scatto.

 

Vedi?” domanda dopo un attimo di pausa, con tono un po' troppo alto e squillante, indicando Potti che, nel frattempo, si è accoccolato in grembo a Gaetano e lo guarda in modo quasi adorante, “anche Potti concorda con me! Gli sei simpatico! Anzi, direi proprio che l'hai conquistato!

 

Quindi, visto che concorda con te, vuoi dire che ho conquistato anche te?” la incalza, senza perdere un colpo, dritto negli occhi, per poi aggiungere con un mezzo sorriso soddisfatto, quando lei balbetta qualcosa di incomprensibile, rossa come un peperone, “ma credo proprio che, almeno per quanto riguarda Potti, il merito purtroppo non sia mio, ma di questa.

 

Solleva tra due dita la scatoletta di cibo per cani, che ancora tiene in mano e che il cane scruta in modo quasi rapace, non perdendola di vista nemmeno per un secondo.

 

Posso...?” le chiede con un sorriso, mimando il gesto di aprirla.

 

Ma sì, va bene...” acconsente, ricambiando il sorriso con studiata tranquillità, sebbene il rossore sia ben lungi dall'essere sparito, “in fondo è natale-

 

Veramente è santo Stefano, professoressa!” la punzecchia, facendole il verso.

 

Ma come siamo spiritosi oggi!” proclama, scuotendo il capo con tono fintamente offeso, per poi confermare con un sospiro, “e comunque, visto che è festa, direi che per oggi Potti può anche mangiare un po' di più. Ma che non diventi un'abitudine, chiaro?

 

Dici a me o a lui?

 

A tutti e due! Tanto siete tutti uguali voi uomini!” lo canzona, strappandogli un sorriso ed un'altra di quelle occhiate dolcemente esasperate che aveva sempre adorato provocargli – peccato che poi hai iniziato solo ad esasperarti e, soprattutto, ad esasperarmi allo sfinimento!

 

Gaetano poggia la scatoletta aperta a terra e, nel giro di due secondi, Potti gli balza giù dalle gambe e ci si tuffa con voracità.

 

Dovrò proprio ringraziare mia sorella...” commenta Gaetano dopo attimi trascorsi in perfetto silenzio, ad osservare Potti abbuffarsi come se non ci fosse un domani.

 

La punta di ironia sulle ultime due parole non eclissa affatto la reale gratitudine che Camilla gli legge in viso, in quello sguardo intenso e malinconico che lancia alla se stessa di dieci anni prima.

 

Per la scatoletta che Potti si sta divorando?” si schernisce, confusa ed ancora un po' in imbarazzo.

 

No... non solo. Per avere trovato tempo tra tutti i suoi impegni di... di pensare anche a me, oggi. Non era scontato e lo apprezzo molto.”

 

Incredula e con ormai un macigno sul petto, Camilla osserva quel sorriso ampio, commosso e senza filtri che le si era appena aperto sul viso, ricambiato in pieno da Gaetano – sarò ancora capace di sorridere così? Saremmo ancora capaci di sorriderci in quel modo? È incredibile quanto siamo cambiati!

 

Momenti interminabili trascorsi a guardarsi negli occhi, in un dialogo non verbale che però dice così tanto, forse troppo, l'aria di chi è incredibilmente a proprio agio, nonostante l'elettricità statica che si respira nell'aria.

 

In realtà...” si ascolta pronunciare con voce roca, indugiando per un attimo sull'ultima sillaba, prima di riprendere coraggio, tirare un bel respiro ed ammettere, “in realtà... tua sorella mi ha affidato anche un altro regalo per te. Ma devi di nuovo chiudere gli occhi.

 

E che cos'è stavolta? Un guinzaglio?” la prende in giro, facendole l'occhiolino.

 

No, credo che tua sorella sappia benissimo che a quelli sei un po' allergico!” lo rimbecca con un mezzo sorriso ed un'occhiata eloquente.

 

Credo che a quelli sia molto allergica anche mia sorella,” rimpalla, tono e sguardo che riflettono perfettamente quelli di lei.

 

Gli occhi. Chiusi,” ordina, puntandogli un dito a due centimetri dal mento.

 

Camilla...” sospira esasperato, scuotendo per l'ennesima volta il capo.

 

Non ti fidi di me?” lo provoca, facendogli eco.

 

Pure troppo, anche se probabilmente non dovrei!” confessa con un altro sospiro, prima di cedere ed alzare le mani in segno di resa, “e va bene, e va bene, li chiudo!

 

La vecchia Camilla rimane per qualche istante lì, seduta immobile ad osservare non vista il viso di Gaetano, le pupille che si muovono rapidamente, l'aspetto di chi sta decidendo se tentare il tuffo dalla scogliera o darsela a gambe levate.

 

Inspira forte e solleva la mano destra, che tremolante fende per qualche istante l'aria, prima di appoggiarsi sulla spalla sinistra di Gaetano. Un altro respiro e si avvicina a lui, piano piano, le labbra ad un soffio dalla guancia destra di lui, gli occhi che le si chiudono.

 

Contatto.

 

In tutti i sensi, perché Camilla quella scossa elettrica se la ricorda ancora e probabilmente non se la scorderà fin che campa. Quello che doveva essere un innocente bacio sulla guancia, complici gli occhi chiusi, era arrivato a sfiorargli l'angolo della bocca.

 

Entrambi sussultano per un istante: Camilla si osserva indugiare in quel bacio per qualche secondo di troppo, prima di fare leva sulla spalla di lui e staccarsi quasi a forza.

 

O almeno provarci perché, sentendola ritrarsi, Gaetano apre gli occhi, catturando i suoi, e posa a sua volta la mano destra sul braccio sinistro di lei.

 

Camilla si paralizza completamente, occhi negli occhi, respiri nei respiri, che rimangono strozzati in gola, per farsi poi più affannosi.

 

Le palpebre che si socchiudono, le labbra che si schiudono e che, millimetro dopo millimetro, si attraggono inesorabilmente.

 

Camilla riesce ancora quasi a sentire il fiato umido e caldo di lui sulle labbra, tra le labbra, un tocco lieve, come un battito di farfalla, sul labbro inferiore e poi -

 

DRIIIIIIIN

 

Ora come allora, Camilla fa un salto: lo squillo del cellulare che interrompe la magia, portandola a staccarsi bruscamente da Gaetano, tuffando il viso paonazzo quasi fin dentro alla borsa, alla ricerca del telefonino e di un momento per ricomporsi.

 

Mamma?” si ascolta domandare ad alta voce, quasi tra sé e sé, prima di premere il pulsante verde con dita ancora tremanti, “mamma, è successo qualcosa? Come?! Ti sei chiusa fuori casa?! Sì, sì, tranquilla, arrivo subito!”

 

Come hai sentito...” abbozza, la voce tremendamente roca, incrociando finalmente di nuovo lo sguardo di lui.

 

Devi andare...” finisce per lei la frase con un sospiro rassegnato, “vuoi che ti venga a dare una mano? Con porte e serrature me la cavo abbastanza bene.

 

Già, proprio come i ladri!” lo canzona, in un chiaro riferimento al loro primo incontro, facendolo sorridere.

 

Beh, come hai potuto constatare le so aprire veramente le serrature. Ed è Santo Stefano e non so se riuscirete a trovare un fabbro e-

 

No, no, non ti preoccupare, non serve: a casa ho una copia delle chiavi di mia madre. Sai, per ogni evenienza...” declina l'invito, alzandosi dalla panchina ed abbassandosi per prendere in braccio Potti, accoccolato sopra i piedi di Gaetano, ormai satollo.

 

La verità era che non voleva assolutamente che sua madre la vedesse con Gaetano: sapeva benissimo che, come minimo, sarebbe stata sottoposta ad un altro terzo grado.

 

“Sforzo inutile, figlia mia, visto che ti avevo già vista con lui,” si inserisce Andreina con un mezzo sospiro.

 

“Beh, ma quasi un anno prima. Se l'avessi rivisto, allora sì che-”

 

“Ma io l'avevo rivisto, Camilla,” rivela, sospirando nuovamente, l'aria di chi si sta allo stesso tempo cavando i denti e togliendo un peso dalla coscienza, “possibile che tu non l'abbia ancora capito?”

 

“La telefonata non era una coincidenza?” sussurra Camilla, un velo di tradimento nella voce e nell'espressione, “e non ti eri affatto chiusa fuori, immagino!”

 

“No, in effetti no. La chiave ce l'avevo in tasca. Ho solo finto di ritrovarla, quando siamo rientrate in casa. E sì, ti avevo... ti avevo seguita al parco... sai avevo sentito dalla telefonata che dovevi incontrarti lì con qualcuno e...” esita, come se faticasse a trovare le parole giuste, “e quando vi ho visti insieme... da un lato mi sono rassicurata perché... perché eravate talmente imbranati che ho capito che non... insomma, che non c'era ancora stato niente di... serio tra voi. Ma poi... poi ho visto che stavi per baciarlo e allora... ho seguito l'istinto e sono intervenuta.”

 

“Mamma...” mormora, incredula, scuotendo il capo e coprendosi gli occhi con una mano.

 

“Lo so... lo so, Camilla. Non mi sarei dovuta impicciare...” proclama, con tono dispiaciuto, per poi proseguire, guardandola negli occhi, quasi implorante, “ma... volevo impedirti di fare quella che pensavo fosse una follia. L'avevo capito sai che... che provavi qualcosa di forte per lui, qualcosa che poteva mettere in crisi il tuo matrimonio con Renzo. E non volevo che Livietta soffrisse e... che tu facessi qualcosa di cui ti saresti potuta pentire. Dio, quanto sono stata stupida!”

 

“No, mamma, anzi, avevi ragione: sarebbe... sarebbe davvero stata una follia,” la rassicura, nonostante quelle parole incrementino il peso sul petto e senta la gola chiudersi per un secondo.

 

Un respiro, si calma, ed è di nuovo tutto ok... più o meno.

 

“Anzi, ti dovrei ringraziare, anche se non avrei mai pensato di dirlo un giorno. Visto come sono andate le cose tra me e Gaetano... avrei distrutto il mio matrimonio per... per un fuoco di paglia e non me lo sarei mai perdonato,” ammette, lottando contro il macigno e quel maledetto pizzicore agli occhi.

 

“Sarà, ma da come sorridevi guardandovi, non mi sembra proprio che sia stato un fuoco di paglia,” controbatte Andreina, lanciandole una di quelle occhiate penetranti, che sembrano quasi perforarle l'anima.

 

“No, è solo che... mi fa strano vederci dal di fuori,” chiarisce, non riuscendo a celare la nostalgia ed il rimpianto, “siamo cambiati così tanto in questi anni: era veramente una vita fa. Mi sembra impossibile che... che fossimo così.... così...”

 

D'accordo. Allora... ringrazia mia sorella per il regalo, se la senti.

 

La voce di Gaetano, un misto di gratitudine, ironia e malinconia, interrompe i suoi pensieri e la riporta alla scena di fronte ai suoi occhi: sono entrambi in piedi, l'uno di fronte all'altra, ed è arrivato il momento dei saluti.

 

Per la scatoletta di cibo per cani?” scherza nuovamente, con un mezzo sorriso altrettanto malinconico.

 

No, per tutto il resto,” ribadisce, in un modo che suona incredibilmente sincero e che ancora la sorprende, esattamente come dieci anni prima.

 

Ma...

 

Come ha detto qualcuno di mia conoscenza... non conta solo la meta, ma come è stato il viaggio, no?” le ricorda, facendola sorridere commossa, “e... mi piace molto viaggiare con te, professoressa, anche se di solito è solo per tratte molto brevi.

 

Gaetano...” si ascolta sussurrare, compiendo quasi inconsciamente un passo verso di lui, l'aria di chi sta per sciogliersi completamente – dio, quanto avrei voluto abbracciarti e...

 

DRIIIIIIIN

 

Di nuovo mia madre!! Devo proprio scappare, se no... sai te chi la sente!” esclama, indietreggiando nuovamente e lanciandogli un'occhiata piena di rimpianto, “mi puoi scusare?

 

Gaetano si limita ad annuire, mordendosi il labbro in un'espressione affettuosamente rassegnata.

 

“Certo che quando dovevi rompere le uova nel paniere lo sapevi fare proprio bene, vero mamma?” commenta con solo una punta di risentimento, voltandosi quando non ottiene risposta, “mamma?”

 

Ma sua madre non c'è più. È sparita.

 

Si volta di nuovo e sono scomparsi anche la vecchia se stessa, Gaetano e Potti.

 

“E ora che succede? Come faccio a cambiare ricordo? Mamma?!” domanda, colta dal panico, facendo un passo verso la panchina.

 

 

BUIO

 

 

“Ancora?! O mi accecate con la luce o con il buio?! Almeno stavolta mi risparmio il mal di testa...” sospira, un attimo prima che un'ondata di luce improvvisa le provochi una fitta quasi lancinante in mezzo alla fronte, “ecco, ho parlato troppo presto!”

 

Dopo qualche secondo, il senso di nausea e stordimento inizia a scemare e Camilla riesce finalmente a mettere a fuoco l'ambiente che la circonda: il letto, i comodini, l'armadio.

 

È nella vecchia camera da letto, quella in cui aveva condiviso letteralmente una vita con Renzo, prima di Barcellona, prima di... tutto, ma non c'è nessuno con lei.

 

E, quel che è peggio, la porta è chiusa – eh no, non sarò mica bloccata qui adesso!

 

Dopo un minuto buono di attesa senza che succeda nulla, presa ormai dall'ansia, si avvicina con circospezione alla porta e tenta di aprirla.

 

Ma non è cambiato niente: la sua mano fende ancora la maniglia come se fosse aria, ma il legno della porta è impenetrabile, tanto quanto il muro lì accanto.

 

Non le resta che attendere, l'inquietudine che si fa più forte mano a mano che i minuti passano.

 

E non solo perché si sente presa in trappola, ma perché... c'è qualcosa in quella stanza, con i vestiti di Renzo ripiegati con cura su una sedia, il libro su Gaudì sul comodino, il dopobarba e l'orologio buono tramandatogli dal nonno materno, che svettano in mezzo al caos dei fogli dei compiti in classe sparsi sul cassettone, che... che le dà un enorme senso di oppressione.

 

Quasi come quando entri in una casa dove c'è appena stato un omicidio e la cosa che ti fa più male non è la scena del crimine, il sangue, la violenza. No, quelle sono cose che ti impressionano le prime volte, poi in qualche modo ci fai il callo. Quasi ti ci abitui perfino a vederlo un morto ammazzato, tanto che non vomiti più l'anima.

 

Perché, in qualche modo, sai che quel corpo è solo un contenitore ormai vuoto e che quella violenza, quel sangue, altro non sono che tracce, tracce da decifrare e che ti aiuteranno ad arrivare alla verità.

 

Quello che invece ti colpisce come uno schiaffo ogni stramaledetta volta sono le stanze ancora perfettamente intatte ed inviolate: vedere tutta quella... normalità, tutti quegli oggetti che hai anche tu a casa, sparsi lì in quell'ordine caotico tipico di ogni abitazione. Quella foto che ritrae la vittima, sorridente, quando era ancora una persona e non solo appunto la vittima, qualcuno la cui vita verrà setacciata ed analizzata al millimetro senza pietà, quasi come se fosse in qualche modo la prima colpevole.

 

Quell'idea che basterebbe così poco perché possa succedere anche a te. Quell'impressione di stare in un certo senso camminando in un cimitero, in un ricordo di un qualcosa che una volta era scontato ma che ora non ci sarà mai più, di una felicità che ora è solo irrimediabilmente dolore.

 

Ed è esattamente così che si sente Camilla: in un cimitero. Un mausoleo della sua vita con Renzo, di quell'esistenza semplice, lineare, rassicurante, a cui non potrà mai più tornare. Come quella foto incorniciata sul suo comodino, che li ritrae con Livietta, felici e stretti in un abbraccio, subito accanto ad una copia de La Signora delle Camelie e-

 

I pensieri di Camilla si bloccano di schianto su quel libro bianco, appoggiato di sghimbescio sul legno scuro – non è possibile... non è possibile.... Ma certo, La Traviata!

 

Non era né la prima né l'ultima volta che aveva deciso di rileggere un libro già ormai ben noto. Ma il fatto che, dopo diversi anni in cui prendeva polvere in uno scaffale, avesse deciso di riprendere in mano proprio la storia che aveva dato origine alla Traviata, e proprio sotto natale, ad un anno esatto di distanza da quell'uscita improvvisata con Gaetano era... era...

 

Un lapsus Freudiano, ecco che cos'è stato! Sempre se è stato un lapsus!

 

Camilla per poco non fa un balzo che arriva fino al soffitto, non solo per la sorpresa, ma perché quella voce le è terribilmente familiare – ma è impossibile, come può-?

 

Col cuore in gola, si volta e si trova di fronte proprio a Renzo, che è appena sbucato dalla porta, finalmente aperta: folta chioma nera, niente occhiali ed un abbigliamento un po' troppo giovanile e un po' troppo sportivo. Si rende conto, con un sospiro di sollievo, che non si stava affatto rivolgendo a lei. O meglio, che si stava rivolgendo alla Camilla di dieci anni prima, che gli compare alle spalle, un'aria tra l'irritato e il dispiaciuto.

 

Non starai mica insinuando che mia madre l'abbia fatto apposta a chiudersi fuori da casa?!” si ascolta esclamare, indignata – e pensare che avevi pure ragione, Renzo! Almeno su quello.

 

No, no, Camilla, io non lo sto insinuando: lo dico proprio forte e chiaro! O che comunque, anche se non l'ha fatto apposta, aveva il desiderio inconscio di farmela pagare per non esserci stato oggi a pranzo e di farmi correre qui come uno scemo!

 

Ma Renzo, ragiona, come faceva mia madre a sapere che non ricordavo più dove avevo messo le sue chiavi di riserva?” gli domanda, poggiandogli una mano sulla spalla per portarlo a guardarla negli occhi, lo stesso tono che usava con Livietta quando faceva i capricci e non voleva ragionare.

 

Perché ti conosce e sa benissimo che ti perderesti pure la testa, se non fosse attaccata al collo?!” esclama, sarcastico, in quella che è a tutti gli effetti una domanda retorica.

 

Ti ho già detto che mi dispiace per non averle trovate, ok?! Ma-

 

Ma niente, Camilla! Ogni volta ce n'è una: o è la macchina che si blocca, o qualche tuo allievo che combina un casino, o sono le paturnie di tua madre. E a chi tocca sempre correre? A me! Ho dovuto mollare lì Pa- parecchie cose in sospeso!” conclude la tirata dopo un attimo di pausa – altro che lapsus Freudiano! Gran bel salvataggio, Renzo, non c'è che dire! E non me ne ero nemmeno resa conto: mamma mia, quanto ero cieca! E avevi pure il coraggio di incazzarti con me perché avevo ti interrotto sul più bello la... lezione di danza!

 

E mi dispiace! Ma secondo te che cosa avrei dovuto fare, eh?! Mica potevo mollare mia madre fuori di casa e oggi non si trova un fabbro neanche a pagarlo oro!” sbotta la vecchia sé, sollevando la mano dalla spalla di Renzo per dargli un lieve colpo e cominciando a sembrare ben più che irritata – Gaetano non si sarebbe lamentato, sarebbe accorso subito e, soprattutto, avrebbe risolto il problema in cinque minuti, altro che queste sceneggiate!

 

A proposito di oro...” si ascolta pronunciare lentamente, in un tono basso e che suona vagamente minaccioso, prima di alzare un'altra volta la mano dalla spalla di Renzo e mostrargli il lunghissimo capello biondo che tiene tra il pollice e l'indice, “e questo che significa?

 

Renzo impallidisce visibilmente per un secondo, un'aria impanicata sul viso, prima di farfugliare, “cos'è?

 

Ma come cos'è?! Secondo te?! È un capello e di sicuro non è né tuo, né mio!” lo fulmina con un'occhiata a dir poco omicida.

 

Ah...” prende tempo Renzo, allargandosi quasi inconsciamente il colletto della camicia con due dita.

 

Ah. Sentiamo, cosa ci farebbe questo capello sulla tua giacca?” incalza, battendo un piede sul pavimento.

 

Ma che ne so? E dai, Camilla, non dirmi che sei gelosa?!” le domanda con un sorriso, riprendendosi dall'attimo di panico con una nonchalance invidiabile.

 

Il punto non è se sono gelosa o no. Il punto è che cosa ci fa un capello di un'altra donna sui tuoi vestiti?!

 

Ma che ne so, Camilla! …Magari... magari è successo nel guardaroba del ristorante, sai con tutti i giacconi attaccati... o... sì, ora che ci penso può essere della sovrintendente ai beni culturali. È venuta per parlare dell'installazione temporanea sul lungotevere e mi ha chiesto di usare il computer per controllare una email. È bionda e ha i capelli lunghi... magari qualcuno dei suoi capelli si è attaccato sullo schienale della mia sedia e da lì-

 

La sovrintendente, eh? E sentiamo, quanti anni avrebbe questa sovrintendente?” chiede, squadrandolo negli occhi, a braccia conserte.

 

Ma che ne so? … Una cinquantina, forse?” spara, cercando evidentemente di evitare che Camilla potesse pensare si trattasse di una donna giovane e carina – che faccia di bronzo che avevi! La sovrintendente cinquantenne! Un po' come Nancy Hutton, la strabica... definizione assolutamente perfetta, a patto di scambiare la bi con una effe.

 

Cinquanta? Sei sicuro?” chiede conferma, guardandolo in un modo che quasi si spaventa da sola a rivedersi.

 

Sì, più o meno, non le ho mai chiesto l'età ma-”

 

No, perché vedi, Renzo, questo capello è biondo naturale, non è tinto. Ora, una donna di più di cinquant'anni, con i capelli non tinti... non ti sembra un po' poco credibile?

 

Eh certo, perché qui abbiamo l'esperta della scientifica!! Chiamiamo quelli di CSI, quelli dei RIS ad analizzare pure il DNA di questo capello! Così magari arriva pure coso lì, poliziotto superpiù! Che chissà quanto ti manca, visto che è quasi un mese che non trovi un caso umano ed un omicidio di cui impicciarti!

 

Ma che c'entra Gaetano?!” si ascolta sbottare, notando benissimo però il lampo di senso di colpa che le scorre sul viso, “e poi, comunque, i RIS sono dei Carabinieri, non della Polizia.

 

Pardon, dimenticavo che qui abbiamo qualcuno che la conosce molto approfonditamente la polizia, no, Camilla?” ironizza Renzo, lanciandole un'occhiata che è tutto un programma.

 

No, scusa, tu sei quello che rientra a casa con un capello biondo sulla giacca dopo che, per la prima volta in undici anni di matrimonio, ti sei assentato per lavoro nelle feste, e adesso devo essere io a giustificarmi con te per la mia amicizia con Gaetano?” si sente controbattere con indignazione, venendo assalita da un senso di deja-vu.

 

“Già... dove l'avremo mai già vista questa scena, a parti invertite, eh, Camilla?”

 

“Mamma, ma devi sempre sbucare fuori all'improvviso?” esclama, frustrata, il cuore che per un secondo le è finito tra le tonsille, voltandosi e trovando la madre nuovamente appollaiata sulla sedia d'angolo.

 

“Credimi, in questi ricordi sono io per prima che non ci tengo proprio a sbucare, né all'improvviso né con un mese di preavviso,” ironizza Andreina con un'espressione annoiata, “ma è indubbio che, almeno sul rigirare la frittata e sul mentire spudoratamente, tu e Renzo eravate proprio fatti l'uno per l'altra. Certo, lui poi ci ha preso un po' troppo gusto.”

 

Io mi sarò anche assentato nelle feste, peccato che tu ti assenti sempre: nei giorni feriali, prefestivi, festivi.... Reperibilità ore 24 per la detective Baudino. Sono mesi che passi più tempo tra questure e commissariati che a casa!

 

Ma mica è colpa mia se alcuni miei allievi sono stati coinvolti in casi di omicidio! Che avrei dovuto fare?

 

Quello che fanno tutte le altre tue colleghe e tutti gli altri tuoi colleghi, cioè l'insegnante, e lasciare il lavoro di investigazione alla polizia. Forse sarei anche io più presente a casa, se ci fosse una moglie da cui tornare e non solo tua madre o Livietta o il caro Giulio! A parte che sono già fin troppo presente a casa, io, e per tutti i restanti 364 giorni dell'anno, nei quali tu sei in giro a fare la Signora in Giallo,” sottolinea, squadrando la vecchia Camilla in un modo che la porta a bloccarsi, punta sul vivo da quelle parole, il senso di colpa che le si fa largo sul viso.

 

D'accordo, va bene, diciamo che te la do per buona. Per questa volta. Ma ti avverto: se dovessi trovare altri capelli biondi, io-

 

Non li troverai, a meno che la sovrintendente non se li strappi tutti quando avrà visto il costo finale dell'allestimento che abbiamo in mente,” scherza, rubandole, nonostante tutto, un sorriso, per poi appoggiarle a sua volta le mani sulle spalle e proporle con tono basso e suggestivo, “e poi, non pensi che potremmo fare di meglio piuttosto che litigare, per una volta che abbiamo casa libera per qualche ora?

 

Non lo so: sei sicuro che non devo tingermi di biondo?” lo punzecchia, anche se con una nota di avvertimento nella voce che suona decisamente minacciosa.

 

A me vai benissimo così come sei e mi piaceresti in ogni modo: bionda, mora, rossa, riccia, liscia, bicolor-” pronuncia, cingendole la vita e riempiendole di baci la guancia destra, facendola ridere, per poi bloccarsi e sussurrarle nell'orecchio, “no, ora che ci penso, bicolor forse no.

 

E io che per capodanno volevo tirare fuori la mia anima punk!” lo prende in giro Camilla, lanciando un mezzo urletto quando lui, tenendola sempre ferma per la vita, si butta sul letto insieme a lei, ricominciando a ricoprirle il viso di baci, mentre la tormenta con i solletico.

 

“E basta! Ma non possiamo fare una censura per i minori ed i cardiopatici? Non sarebbe l'ora di sfumare con eleganza, passare al prossimo ricordo e risparmiarci questi traumi?!” esclama Andreina, una mano a coprirle gli occhi ed un'espressione schifata che le strappa una mezza risata, quasi quanto la scena che ha di fronte agli occhi.

 

Perché la verità è che non la trova emozionante o coinvolgente ma surreale e quasi... tragicomica. C'è proprio qualcosa di stonato e di... di...

 

Mmm, mmm, ma hai cambiato profumo?” le sussurra Renzo tra i baci sul collo, mentre sta cercando di liberarla dal cappotto e... dalla sciarpa.

 

Profumo?” mormora, mezza stordita tra l'assalto di solletico e di baci ed intenta a togliergli la giacca sportiva, “lo sai che non metto nessun-

 

Le parole le muoiono in bocca, mentre si irrigidisce e si blocca bruscamente, le mani che gli afferrano la giacca in modo quasi spasmodico.

 

Ah, ma è questa sciarpa!” esclama Renzo, riuscendo finalmente a sfilargliela del tutto e portandosela vicina al naso, non sembrando aver notato l'irrigidimento di lei.

 

Camilla vede chiaramente il terrore balenare negli occhi della vecchia se stessa, per poi riscuotersi dopo un secondo, strappare quasi la sciarpa di mano a Renzo ed odorarla a sua volta – il profumo di Gaetano.

 

“Sì, è vero, hai ragione!” esclama con tono straordinariamente casual, “deve essere il profumo di Martina o il detersivo che usa. Ti ricordi che mi ero persa la sciarpa, no? Beh oggi me l'ha riportata, l'avevo lasciata a casa sua. Magari l'ha lavata o se l'era messa per sbaglio....

 

Renzo la squadra ancora per un secondo, perplesso, in perfetto silenzio.

 

Ecco, lo sapevo, lo vedi che avevo ragione?!” esclama, scuotendo il capo e lanciandole un'occhiata eloquente.

 

Su... su cosa?” balbetta, lo sguardo colpevole e allo stesso tempo atterrito all'idea di essere stata scoperta.

 

Sul fatto che ti perderesti pure la testa, se non fosse attaccata al collo!” la sfotte amorevolmente e Camilla tira un sospiro di sollievo talmente forte da soffiar via un riccio che aveva sul viso – ma come hai fatto a non capire che era una palla? E come ho fatto io a crederti riguardo al capello biondo? Ma come eravamo messi?!

 

“Forse non volevate capire o forse pensavate che fosse tutto un riflesso del vostro senso di colpa...” commenta Andreina, togliendosi per un secondo la mano dal viso per incrociare lo sguardo della figlia.

 

Non è colpa mia se è da più di dieci anni che ho un marito talmente affascinante, che me la fa sempre girare e anche perdere, la testa,” dichiara la vecchia Camilla con un tono ammiccante, gettando via la sciarpa e facendogli l'occhiolino.

 

“Che te LE fa girare, casomai,” si inserisce Andreina, strappandole una risata – ah, mamma.... Quanto mi sei mancata!

 

“Anche tu figliola... e continui a mancarmi, purtroppo...” sospira guardandola in un modo malinconico ed agrodolce che le fa fare un altro tuffo al cuore.

 

“Che vuoi dir-?”

 

Camilla!

 

Il suo nome, pronunciato in un mezzo grido, la porta a risollevare lo sguardo verso Renzo, che ride, le braccia alzate in segno di resa e bloccate sul materasso da Camilla, che è ora sopra di lui e si avventa sulle sue labbra con foga, troppa foga.

 

Si osserva liberarlo dalla giacca ed iniziare a sbottonargli la camicia tra un bacio e l'altro. Renzo che, a tentoni, riesce infine a toglierle il cappotto, mugugnando frasi incomprensibili sulle labbra di lei che ancora non si scollano dalle sue. E quel senso di strano, di stonato, di fuori posto ricomincia a montarle in gola.

 

Non riesce ad emozionarsi né, per quanto possa sembrare assurdo, a provare imbarazzo. È come se... come se quella davanti a lei non fosse davvero lei, come se stesse assistendo alla scena d'amore di un film o di una pièce teatrale. Quelle in cui è tutto troppo, per mascherare il disagio degli attori, tanto che alla fine risulta tutto ridicolo e... finto.

 

BUIO

 

“Oh sia ringraziato il cielo!” la raggiunge la voce di sua madre, causandole un moto di riso, anche se, a giudicare dai respiri affannosi e dai lievi gemiti, non hanno affatto ancora cambiato ricordo, “e adesso che succede? Non dovremo mica rimanere qui a sentirci questa sinfonia compensatoria ancora a lungo, spero!”

 

“Mamma!” esclama, in un modo che vorrebbe essere redarguitorio, se non fosse per il fatto che le scappa ancora da ridere – ma sì, ridiamo per non piangere!

 

A tentoni, cerca di raggiungere la voce, un passo, due e poi...

 

LUCE

 

Improvvisa, accecante, ma questa volta come... concentrata in un unico punto – l'abat jour!

 

Un rumore inconfondibile e che le strappa un sorriso: il russare di Renzo – e infatti eccolo lì, riverso a pancia in sotto, poi ci credo che russava!

 

Ma il suo lato del letto è invece vuoto, il cuscino martoriato che spunta di traverso dal piumone, visto che Renzo se ne è appropriato e lo sta stritolando in un abbraccio – ma dove...?

 

Un rumore metallico la porta a buttare lo sguardo a terra e finalmente si vede: carponi, in vestaglia, intenta a raccogliere i vestiti sparsi per il pavimento. La cintura di Renzo, nel caso di specie. Si risolleva e li butta con malagrazia sulla sedia d'angolo dove, fino a pochi istanti prima, era seduto lo spirito di sua madre, cominciando a ripiegarli, uno alla volta, e a riporli al loro posto.

 

Fino a quando giunge, infine, alla sciarpa e si blocca completamente, un'espressione indecisa sul viso, un sospiro che le sfugge dalle labbra che poi prende a tormentarsi con i denti.

 

Dopo un attimo di esitazione, con mani tremanti, solleva la sciarpa al viso e chiude gli occhi, respirandone il profumo.

 

Camilla non saprebbe dire perché, ma quel gesto, quel sorriso malinconico che le si è appena dipinto sul volto, mentre cede ad un altro sospiro e stringe più forte la sciarpa, la colpiscono peggio di pugno alla bocca dello stomaco.

 

Sensazione che non fa altro che incrementarsi esponenzialmente quando Camilla riapre gli occhi e lo sguardo le ricade sul letto dove Renzo dorme profondamente. Scuote il capo, come per ridestarsi da un sogno, spostando di nuovo l'attenzione sulla sciarpa.

 

Con l'ennesimo sospiro, comincia a ripiegarla con fin troppa decisione e fin troppa precisione, decidendo però all'ultimo secondo di non infilarla nella tasca del cappotto, come suo solito, ma di riporla con cura, quasi fosse una reliquia, in un angolo un po' nascosto di uno dei suoi cassetti, vicino alla sua scatola dei ricordi.

 

Camilla si sporge in punta di piedi sopra la spalla della se stessa di dieci anni prima, nel tentativo di vedere meglio. Ma, proprio in quel momento, Camilla decide di chiudere il cassetto, perforandola con due gomitate al plesso solare, per poi darle il colpo di grazia spingendosi all'indietro, trapassandola completamente da parte a parte.

 

“AAAAH!” urla, perdendo l'equilibrio e sentendosi cadere all'indietro, cercando disperatamente di afferrare qualcosa, lo stomaco, già sottosopra, che fa un triplo salto mortale carpiato quando, invece di schiantarsi sul pavimento, continua a precipitare nel vuoto, roteando su se stessa come la centrifuga di una lavatrice, “e adesso come ci si fermaaaaaAAHIAAAA!”

 

“Una porta, una finestra, una scala no, eh?! Devo sempre sfracellarmi o cavarmi la vista?!!” sbotta, toccandosi istintivamente i gomiti che pulsano, insieme alle ginocchia, come se ci fosse passato sopra un caterpillar.

 

Uno scalpiccio frenetico e improvviso, una specie di gara di tip tap: Camilla è ancora troppo scombussolata per riuscire a muoversi in tempo, trovandosi, letteralmente, infilzata da piedini lesti che le corrono lungo tutta la spina dorsale, per poi trafiggerla con un salto assestato esattamente tra le scapole.

 

Hiyaa!!” urla il pugnalatore sopra la sua testa, assordandola.

 

Raccogliendo tutte le sue energie, Camilla si fa leva sulle mani e, incurante della sensazione di starsi strappando via un pezzo del petto, riesce a rotolare di lato e a finire con la schiena contro al muro dell'ormai arcinoto corridoio, mettendo a fuoco la scena che le si para di fronte agli occhi.

 

Nino?!



 

 

Nota dell'autrice: Ed eccoci qui... tra mezzi baci sfiorati e mancati, madri impiccione, rotolamenti compensatori (che per scriverli ci ho perso dieci anni di vita) e sciarpe galeotte... siamo arrivati al natale della terza serie. Anche di questo ho quasi tutti i dialoghi già pronti, quelli di tutte le scene clou, mi manca l'introduzione e la parte finale e va beh, scrivere tutto quello che manca tra i dialoghi :D. Il prossimo capitolo quindi dovrebbe arrivare tra una settimana, salvo mole inattesa di lavoro e contenere sicuramente il natale della terza serie, forse anche i natali tra terza e quinta (sì, perché c'è stato qualcosa nel frattempo, anche se non lo ricordo bene ;) ) e poi col capitolo ancora successivo chiuderemo la parte del passato e si arriverà al presente, uscendo poco a poco dalle atmosfere natalizie in senso stretto, mano a mano che la nostra Camilla dovrà fare i conti con se stessa e con i suoi errori.

 

Spero che questo capitolo non sia stato troppo noioso e non abbia deluso l'attesa prolungata. Come sempre,ogni parere anche critico è davvero prezioso per me, per capire se sono più o meno nella direzione giusta o se ci sono un po' di cose da cambiare e ringrazio fin da ora chi mi farà sapere che cosa ne pensa.

 

Se vi andrà, vi do quindi appuntamento tra una settimana circa con il seguito :)

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