Haunted - Perseguitata

di EllynPhilips
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** 17 anni dopo ( I parte ) ***
Capitolo 3: *** 17 anni dopo (II parte) ***
Capitolo 4: *** Poteri ***
Capitolo 5: *** Veritá devastanti ***
Capitolo 6: *** Occhi smeraldo ***
Capitolo 7: *** Scherzo del destino ***
Capitolo 8: *** Che ci fai qui? ***
Capitolo 9: *** Avvenimenti inaspettati ***
Capitolo 10: *** Mi ricordo di te ***
Capitolo 11: *** Un regalo ***
Capitolo 12: *** Gli Altri ***
Capitolo 13: *** Bugie su bugie ***
Capitolo 14: *** Amici? Non ho mai avuto un amico ***
Capitolo 15: *** "Ris" ***
Capitolo 16: *** Ciao, Constant ***
Capitolo 17: *** L'ultima sera ***
Capitolo 18: *** Il giorno del legame ***
Capitolo 19: *** POV CAMRON - Il giorno del legame ***
Capitolo 20: *** La fuga ***
Capitolo 21: *** Staremo insieme per sempre! ***
Capitolo 22: *** Prima tappa ***
Capitolo 23: *** Dove andiamo? ***
Capitolo 24: *** Parigi ***
Capitolo 25: *** "Motivi" svelati... ***
Capitolo 26: *** Ti troverò sempre ***
Capitolo 27: *** Compleanno ***
Capitolo 28: *** Baby-sitter ***
Capitolo 29: *** "Poppante" ***
Capitolo 30: *** Incontri interessanti ***
Capitolo 31: *** Nuova casa? ***
Capitolo 32: *** Siamo solo amici : argento, rosa, blu ***
Capitolo 33: *** Primo giorno di scuola ***
Capitolo 34: *** Troppo in vista ***
Capitolo 35: *** Ora di ginnastica ***
Capitolo 36: *** Riavvicinamenti ***
Capitolo 37: *** AVVISO ***
Capitolo 38: *** La vera storia ***
Capitolo 39: *** Invito ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


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Quella sera sua madre gli aveva promesso di leggere il librio che gli aveva regalato per il suo ottavo compleanno.
Non vedeva l'ora. Adorava sentirla leggere per lui prima di addormentarsi.
Dopo cena sua madre gli disse di salire in camera, e di aspettarla li. Il bambino, tutto felice della richesta della madre, non se lo fece ripetere due volte, andò dal padre, e lo salutò con un bacio sulla guancia.
- Ti voglio bene. - gli disse, salendo le scale e andando in camera.
Si sedette sul letto, aprendo le orecchie, e aspettando di sentire l'inconfondibile suono dei passi di sua madre salire le scale e raggiungerlo.
Ma dalla sua stanza non sentì niente apparte le voci dei suoi genitori, che si zittirono all'improvviso.
Sua madre stava arrivando? Non potendo aspettare oltre, aprì la porta della stanza per andarle incontro. Ma lei non c'era ancora, così si affacciò alle scale senza farsi vedere.
Vide suo padre alzarsi improvvisamente e guardare verso la porta.
Che aveva sentito? Lui non lo sapeva. Non poteva certo aspettare ospiti, pensò il bambino, non a quell'ora.
- Stanno arrivando. - sussurrò suo padre.
O forse si.
- Nascondilo. - continuò.
- Ma . . . - iniziò la donna.
- Va! - urlò, senza nemmeno guardarla. Non staccava gli occhi dalla porta.
Il bambino non ne capiva ancora il motivo. Perchè?
Sua madre corse verso di lui e prendendolo per la mano lo condusse nella camera e lo spinse verso il fondo della stanza, dietro le tende.
- Nasconditi quì. - sussurrò.
- Perchè? - domandò il bambino, curioso. - Non mi leggi il libro? -
- Si. Si. Dopo te lo leggo, ma ora giochiamo a nascondino con papà, vabene? Noi ci nascondiamo e lui ci cerca. -
- Ok - rispose lui poco convinto.
- Non muoverti da qui per nessun motivo. Vabene? -
- Daccordo -
Sua madre lo guardò negli occhi, incredibilmente seria. - Promettilo. -
- Promesso. -
Lo abbracciò forte e uscì dalla stanza, correndo.
Il bambino cercava di non fare rumore, per non essere scoperto dal padre.
C'era un silenzio irreale, al piccolo non sfuggirono i rumori al piano di sotto.
Vetri infranti. Legno rotto. Che stava succedendo?
Allungò la mano per scostare le tende, quando le parole della madre riecheggiarono nella sua mente.
"Non muoverti da qui per nessun motivo. Promettilo."
Tirò la mano indietro.
Per alcuni minuti non setì niente, poi un urlo squarciò l'aria. Era la voce di sua madre. Non l'aveva mai sentita urlare in quel modo. Nessuno urlava in quel modo. Era irreale. Tanto doloroso da sentirlo sulla pelle.
Era un urlo di disperazione. Era come se le avessero strappato l'anima. Come se avesse perso una delle cose più importanti che aveva al mondo. Poì, all'improvviso, più niente.
Pochi secondi dopo la porta si spalancò. Era suo padre che lo stava cercando? Dal suo nascondiglio il bambino intravide un uomo entrare nella stanza e guardarsi intorno. Più che vederlo, per prima cosa lo sentì. Sentì una cosa mai provata prima in presenza di altri.
La malvagità. Essa straboccava da quell'uomo come un fiume in piena. Quell'uomo era la malvagità fatta persona. Era come se avesse attorno a se un alone di distruzione, talmente palpalbile da far paura.
E no, non era suo padre.
Iniziò a sudare freddo. Non aveva mai incontrato un uomo del genere. Uno tanto cattivo. Che cosa voleva?
Egli si passò una mano sulla testa per tirare indietro i capelli scuri. Era alto, molto. E talmente mingherlino da sembrare uno stecco sul punto di spezzarsi. Ma il bambino sapeva che l'apparenza ingannava. Sapeva che, a dispetto del suo aspetto, quell'uomo era incredibilmente forte e veloce.
Si guardò intorno e iniziò a camminare per la stanza, cercando qualcosa, o qualcuno.
Il bambino iniziò a tremare. Si rese conto che stava cercando lui, e l'uomo non stava giocando a nascondino. Per niente.
Dov'erano i suoi genitori? Perchè non venivano a salvarlo? A mandare via quell'uomo cattivo? Aveva fatto qualcosa di male? Forse non gli volevano più bene? Era per questo che non venivano?
Il bambino pianse silenziosamente, consapevole che non sarebbe andata bene, qualsiasi cosa fosse accaduta.
Poi l'uomo si girò verso di lui e vide i suoi occhi. Erano rosso. Rosso sangue. E lo stavano guardano.
Si tirò indietro istintivamente. Non era nulla di buono. Nessuno aveva gli occhi di quel colore.
Vide la mano dell'uomo avvicinarsi a lui, come a rallentatore. Chiuse gli occhi, rassegnato. A cosa, ancora non lo sapeva.
Ma la mano non lo toccò mai. Sentì il rumore della porta spalancarsi e dei rumori forti. Quando aprì gli occhi vide la testa dell'uomo cattivo rotolare verso di lui.
E urlò.


Ciao a tutti! Eccoci qui alla fine del primo capitolo. Non siate troppo duri, questa è la mia prima storia ! Spero che non vi fermerete qui e continuerete a leggere gli altri capitoli, anche perché questo è solo il prologo e la storia non è ancora cominciata ! Non occorre dirvi che sarei davvero felice nel sentire la vostra opinione riguardo il mio racconto, che siano critiche o commenti positivi, sono tutti ben accetti, almeno so che ci siete e che state leggendo!
Alla prossima !
Ellyn P.

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Capitolo 2
*** 17 anni dopo ( I parte ) ***


Si allontanò dalla città, e fece quello che faceva quasi ogni sera. Andò nel bosco che circondava la parte posteriore di essa.
Adorava stare nel bosco e ascoltare tutti i rumori degli animali. O il rumore del vento tra gli alberi. Ma cio che più adorava era la notte.
Il silenzio che la circondava era irreale, così prezioso e perfetto. Si sentiva il lieve suono del vento che accarezzava dolcemente le foglie degli alberi. Si sedette sul ramo dell'albero più alto che c'era nei paraggi. Dalla sua postazione poteva vedere tutto e tutti. Spesso si sedeva li a contemplare il panorama, sorpresa dalla sua immensa bellezza, e dalle luci che si irradiavano dalla piccola città che si estendeva davanti a lei.
Alzò gli occhi al cielo e vide che, poco a poco si schiariva. La notte durava così poco... era così tristemente corta.
Avrebbe dovuto aspettare un altro giorno per rivederla. Certe volte, l'unica cosa che le permetteva di andare avanti, era il sapere che, alla fine di ogni giornata la notte arrivava. Era una certezza rassicurante. L'arrivare della notte era la sola cosa di cui fosse sicura, almomento. Nemmeno la sua vita le apparteneva del tutto. La notte invece era sua. La notte era di tutti e di nessuno. Di chiunque ne avesse bisogno.
Sospirando si alzò in equilibrio sul ramo dell'albero e si buttò nel vuoto. Pochi secondi dopo atterrò elegantemente a terra.
La sua adorata notte stava finendo, lasciando il posto a un altro giorno. A un'altra alba. All'eternità che l'attendeva. All'eternità che attendeva tutti loro. Troppo lunga secondo lei, per delle persone.
"Ma voi non siete persone normali" le ricordò una voce dentro di lei.
Già. Loro non erano esseri viventi qualunque. Loro erano vampiri. Antichi, spregevoli e spietati. Legati al passato e alle loro usanze. Capaci di distruggere uno della loro specie a una minima infrazione.
Uscita dal bosco, le ci vollero pochi minuti per arrivare alla città. E, come ogni volta che la vedeva, rimase un po ad osservarla, stupita dalla sua bellezza.
La loro città non era molto grande, almeno non rispetto a quelle degli umani, che si estendevano in altezza e in larghezza per centinaia e centinaia di chilometri.
La loro città non aveva niente a che fare con quelle. Vista da fuori, si poteva chiaramente capire che era stata costruita in antichità. Infatti era stata creata dai vampiri antichi, migliaia di anni prima. Essa si trovava incima a una collina, immersa nel verde.
Aveva quasi un aria eterea. A chi non era abituato, poteva incutere un po di timore, soprattutto agli umani, dato che era molto imponente, anche se dubitava fortemente che anche solo uno di loro potesse vederla in qualche modo.
Gli umani non erano in grado di vederla. Da lontano era come se non ci fosse, era invisibile, protetta da incantesimi. Se un umano si avvicinava più del dovuto, dopo poco cambiava direzione. C'era qualcosa che lo spingeva a cambiare strada. Glielo aveva raccontato un vampiro qualche tempo prima, lei non l'aveva mai visto con i suoi occhi, però ci credeva.
La città era divisa in quattro livelli concentrici, ognuno separato da mura, ma collegato agli altri con grandi e ampi portoni.
Era circondata da alte mura e protetta con degli incantesimi fatti da vecchi vampiri potentissimi. I vampiri con i poteri erano sempre di meno, si erano indeboliti con il passare degli anni, anche se nessuno aveva mai capito il motivo. Comunque, i vampiri dotati di poteri erano una cosa rarissima, adesso, e lei era una di quei pochi vampiri tanto dotati, ma nessuno lo sapeva.
Aveva cercato di tenerlo nascosto il più possibile. Non sopportava come la trattava la maggior parte di loro, se poi fossero venuti a conoscenza dei suoi poteri sarebbero stati capaci di baciarle i piedi.
Letteralmente.
Ma sarebbero anche stati capaci di sfruttarla per i loro scopi. Di usarla. Non voleva immaginare per cosa. E a lei non sarebbe andato bene. Quindi aveva preferito tenerlo nascosto.
Arrivata alla città si fermò, e fece un cenno alle guardie. In casi normali non l'avrebbero mai fatta uscire da sola, ma aveva un permesso di suo padre, quindi le guardie non dissero niente, si limitarono ad ordinare di aprire i portoni.
Potè notare con felicità che non c'era anima viva in giro, menomale. Non avrebbe sopportato di vedere qualcuno inchinarsi al suo passaggio, o altre sciocchezze simili.
Attraversò quasi tutta la città e si recò nel quarto cerchio, dove si trovava la sua casa.
Senza farsi sentire, con la forza della mente, sbloccò il portone di casa sua, che si aprì cigolando. Non fece in tempo ad appoggiare un piede oltre la soglia che il consigliere di suo padre le fu davanti.
- Bentornata principessa. - disse inchinandosi.
Cercò di non fare caso al nome con cui l'aveva chiamata. Le dava fastidio. Lei non era una principessa. Non avrebbe voluto esserlo e, cascasse il mondo, non lo sarebbe mai diventata.
La chiamavano in quel modo perchè i vampiri erano consoni chiamare così in segno di rispetto i membri delle famiglie più antiche, quelle più potenti, quelle i cui antenati avevano fondato la  città.
Ma la verità era che loro non erano i cosiddetti "regnanti", anche se ormai la pensavano tutti in modo diverso. Ad esempio, per prendere le decisioni venivano indette delle assemblee a cui partecipavano tutte le famiglie.
Ogni famiglia mandava un membro a presenziare. C'erano alcune eccezzioni, ovviamente. Nelle famiglie più antiche tutti i membri potevano parteciparvi ed era stato deciso che sarebbero state loro a decidere quando e dove si sarebbero tenute le riunioni.
Bene, forse era una balla. Dovette ricredersi.
Non erano i regnanti, quello no, però dire che erano uguali a tutti gli altri si, era una bugia. Loro erano una delle famiglie antiche, potenti. Comandavano loro. Infondo infondo, lei sapeva perchè le avevano affibbiato quel soprannome.
Era ovvio, dato che la sua famiglia e le altre due proteggevano la città. Però le dava comunque fastidio.
Lei non voleva essere speciale. Non le era mai piaciuto spiccare tra la folla. Ma non poteva farci niente. Non aveva deciso lei a quale famiglia appartenere, e quali poteri possedere.
Stava per scendere le scale e andare in biblioteca a prendere un libro, quando si sentì chiamare. Così si fermò.
- Principessa, dove va? E' ora del suo allenamento giornaliero. -
Aveva ragione! Se l'era completamente dimenticato.
- Oddio, è vero! Grazie Caden. - fece per andarsene, ma si girò un altra volta. - Quante volte ti ho detto di non chiamarmi così? E dammi del tu! Ci conosciamo da 18 anni, o sbaglio? -
- Hai ragione. Scusami. - le sorrise e la lasciò andare.
Come se avesse tutto il tempo del mondo, cosa che effettivamente aveva, si diresse in camera al piano di sopra, a mettersi la tuta che usava per allenarsi.
Non era niente di stratosferico, era composta da una cannottiera grigia aderente che le fasciava il petto, lasciando scoperto l'ombelico, e da dei pantaloni neri normalissimi, anche quelli aderenti il giusto.
Si infilò gli stivali, e si sistemò i capelli lunghi in una coda alta che le scendeva dolcemente sulla schiena. Poi si guardò allo specchio.
Ogni volta che si guardava allo specchio, non faceva altro che dispiacersi per la sua altezza. Era troppo, troppo alta, per essere una ragazza. Era alta almeno un metro e ottanta di troppo. Invidiava la sua migliore amica, Azura, che era esattamente tredici centimetri più bassa di lei.
La invidiava perchè, quando camminava non spiccava così tanto tra la folla, mentre lei, che faceva il possibile per passare inosservata, si ritrovava ad essere più alta di quasi tutte le ragazze, e anche di qualche ragazzo. Che cosa ingiusta... Ma che poteva farci?
I suoi desideri non venivano mai esauditi, se possibile, accadeva tutto il contrario di quello che voleva. Voleva passare inosservata, perchè le davano fastidio  gli sguardi insisteniti delle altre persone su di lei, voleva essere un vampiro normale, senza grandi poteri ne altro, e come si  ritorvava?
Alta un metro e settantanove (per essere precisi), appartenente a una delle tre famiglie Antiche, e custode di poteri immensi, mai visti prima.
Nemmeno a farlo apposta.
Sospirando, distolso lo sguardo dallo specchio e scese le scale.
Uscì di casa, e in pochi minuti fu davanti alla struttura dove si allenava, anch'essa costruita nel quarto cerchione. La struttura era molto particolare, e non negativamente.
Era di una forma strana, indefinita, e parecchio alta. La parete principale era fatta interamente di vetro scuro, eccetto il portone, e nella parte finale si curvava verso l'alto.  La cosa particolare era l'arco che partiva dalla parete frontale e si estendeva fino ad arrivare alla parte opposta, congiungendo i muri principali.
Spinse il portone della sala degli allenamenti che si aprì cigolando.
- Prisca, sei in ritardo! - così la salutò il suo maestro.
Evidentemente non era d'accordo sull'idea della ragazza sul fatto di prendersela con comoda, dato che loro avevano tutto il tempo del mondo. No, era chiaramente contrariato.
- Mi scusi. Non succederà più. - disse gentilmente.
I suoi compagni d'armi erano già li. Azura, Ezel e Camron.
Si rese conto di aver mimato inconsapevolmente il suo nome con le labbra non appena lo aveva visto. Beh? Che poteva farci? Non era colpa sua. Era quello l'affetto che le faceva.
I quattro ragazzi si allenavano insieme perchè appartenevano alle tre famiglie antiche. Azura era figlia unica e Camron ed Ezel erano fratelli, avevano anche un adorabile fratellino, ma era troppo piccolo per allenarsi con loro.
Gli occhi della ragazza, ovviamente, non smisero un attimo di guardarlo. Lui era li che parlava con Azura, la sua migliore amica. Era più bello che mai.
La tuta nera gli aderiva perfettamente al corpo, mettendo in risalto i suoi muscoli asciutti, dovuti alle molte ore di allenamento quotidiano. Gli occhi grigi del ragazzo percorsero brevemente la stanza e incontrarono i suoi.
Durò solo pochi secondi, ma le bastarono per sentire il suo cuore aumentare di battiti. Come faceva a farle quell'effetto?
Cercò di non pensarci e si girò verso il suo maestro, che iniziò a parlare.
- Oggi ci alleneremo con le spade, prendetene una a vostra scelta e mettetevi a coppie. -
Si avviò all'espositore, seguita dagli altri, per andare a prendere una spada. La sua amica Azura la raggiunse subito e la prese a braccietto.
- Come mai hai fatto tardi? - le chiese curiosa.
- Mhm ... per nessun motivo particolare. -
- Ammettilo, eri a divertirti con qalcuno! - disse scherzando.
- Si, certo. - rispose alzando gli occhi al cielo.
L'unica persona con cui avrebbe voluto passare del tempo praticamente la degnava zero!
Si girò a guardarlo, e incrociò i suoi occhi grigio fumo che la fissarono di rimando.
Aveva sentito di che cosa stavano parlando? Gli sarebbe interessato se lei fosse davvero stata a divertirsi con qualcuno? Con un ragazzo, magari? Era sicura di no. Perchè avrebbe dovuto interessargli, poi?
- Non ho tutto il giorno. - disse seccato il maestro.
Prisca prese una spada a caso e andò al centro della sala. Azura le si mise di fronte sorridendole, era già pronta.
- Azura oggi no. Ti alleni con Ezel. -
- E perchè? - chiese Prisca indignata. - Perchè dobbiamo cambiare proprio oggi, quando noi due facciamo coppia da sempre? -
- Perchè oggi mi va di cambiare. E per una volta vorrei fare le coppie equilibrate, quindi...-  e agitò una mano, come a voler chiarire che la questione era chiusa e che si dovevano dare una mossa.
Ma lei non poteva lasciar perdere. Forrest voleva farla allenare con Camron! Lei non ce l'avrebbe mai fatta. Sarebbe stata troppo presa a guardarlo a bocca aperta per riuscire a parare i suoi colpi.
- No! - esclamò preoccupata.
Si rese conto di averlo urlato solo quando tutti si girarono dalla sua parte e la guardarono come se fosse pazza.


Image and video hosting by TinyPic Ecco la nostra protagonista con la tenuta!

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Capitolo 3
*** 17 anni dopo (II parte) ***


Si schiarì la voce.
- Volevo dire . . . no. Non è necessario. Vorrei allenarmi con Azura. Sappiamo tutti che non sono all'altezza di Camron, dovrebbe starci Ezel in coppia con lui, è molto forte. - disse sapendo di mentire.
Lei sapeva di essere più forte di Ezel, e poteva benissimo battersi con Camron. Non era per vantarsi, era solo la verità.
Lo sapeva lei, lo sapeva Forrest, e lo sapeva anche Camron. Forse Ezel e Azura credevano che lui fosse più forte, ma non era vero.
Camron era il miglior guerriero tra i vampiri, era davvero potente, ma anche Prisca lo era, eccome. Se poi si contavano i suoi poteri extra. . . ma di questi non ne sapeva nessuno, solo lei. Non gli usava mai in pubblico, e davanti agli altri cercava di dosare la sua forza, non voleva dare nell'occhio.
Forrest, seccato, fece finta di prendere in considerazione le sue parole. Lui sapeva già come sarebbe andata a finire.
- Allora facciamo così, ti batti con Ezel. Se vince lui continuerai ad allenarti con Azura, ma se perde stai con Camron. -
Il suo maestro la guardava fisso, come a dire "tanto non me la bevo e tu lo sai" , Prisca fece finta di non notarlo.
- Vabene...- lo avrebbe fatto vincere. Semplice. Non avrebbe sopportato di allenarsi ogni giorno con Camron. Non con lui che la fissa così.. indifferente.
Come se non fosse nessuno. Però era quello, che rappresentava per lui.
Nessuno.
Mentre la ragazza impugnava la spada Forrest parlò con Ezel. - ...più forte...esitare - Ezel annuì.
Prisca capì poco o nulla delle loro parole.
Si posizionarono uno davanti all'altro. Fece roteare la spada per abituarsi al peso e si mise in posizione. Come faceva sempre durante un combattimento, aspettò la mossa dell'avversario, che non tardò ad arrivare. Ezel la attaccò, ma lei, poco prima di essere colpita si spostò di lato, evitando la sua spada.
Non attaccava mai, si limitava a schivare i colpi che Ezel le infliggeva.
- Prisca! Combatti. Smettila di giocare. - il suo maestro si stava arrabbiando.
- Ma io...-
- Attacca e basta.-
Lei non voleva batterlo, dannazione!
Attaccò come le era stato chiesto, fece una finta di lato e dopo lo colpì. Il ragazzo fermò la spada con la sua, e si rimise in posizione di attacco. Corse verso di lei e la colpì con tutta la forza che aveva. Prisca cercò di fermare il suo colpo, fino a che non cadde a terra, con la spada di Ezel puntata alla gola. Alzò il braccio, per colpirla, ma Azura parlò.
- Basta! Hai vinto, non c'è bisogno che la infilzi pure. - disse preoccupata.
Anche se l'avesse infilzata non sarebbe mica morta, le avrebbe fatto un po male, quello si, ma non sarebbe morta. Lo sapevano tutti, anche Azura, solo che era un po.. apprensiva. E non le piaceva vedere la gente soffrire.
Il ragazzo guardò Forrest, che annuì. Calò la spada su di lei e Prisca, per evitare di essere colpita, la fermò con una mano. Ezel sgranò gli occhi, e fece forza sulla spada, inutilmente. Essa non si spostava di un millimetro.
- E' l'ultimo avvertimento. Ti conviene fare sul serio. - la minacciò Forrest.
Sospirò. Era inutile farlo arrabbiare per niente. Così fece come le era stato detto. Spinse via Ezel che torreggiava sopra di lei con un calcio, e lui fu catapultato contro il muro dalla parte opposta della stanza.
Poi, con velocità disarmante, Prisca, poco prima che cadesse a terra, lo prese per la maglietta e lo buttò sul pavimento. Lo bloccò mettendogli il gomito al collo, mentre con la mano che impugnava la spada, fece il gesto di colpirlo al cuore (ovviamente non l'avrebbe fatto sul serio) e si fermò a pochi centimetri dal suo petto.
In un vero scontro, quello sarebbe stato un modo sicuro per uccidere il vampiro. Sollevò la testa e guardò il suo maestro, che alzò due dita.
Il combattimento era finito.
Si mise in piedi e allungò una mano per aiutare Ezel ad alzarsi, ma lui non la guardò nemmeno, si alzò da solo, si girò dall'altra parte ed andò ad allenarsi con Azura.
Che maleducato. E orgoglioso anche. Si vedeva proprio che lui e Camron erano fratelli.
Ora Prisca era spacciata, avrebbe dovuto allenarsi con Camron.
Perfetto.. Dannatamente perfetto , pensò ironica.
- Bene, iniziate. Non voglio perdere altro tempo.-
Restò ferma per qualche secondo, stringendo i pugni, e guardando il pavimento. Non poteva permettersi di sentirsi in quel modo, il ragazzo non doveva farle quell'effetto. Non poteva farlo... lei non voleva sentirsi così!
Tanto agitata in sua presenza, o tanto felice da poter toccare il cielo con un dito quando la guardava.
Prese un respiro profondo, e, presa una decisione, alzò la testa e si diresse verso Camron.
Non gli avrebbe permesso di farsi intimidire, solo perchè era dannatamente bello e aveva due occhi così profondi che ci potevi sprofondare dentro.
Lui era li, che prendeva confidenza con la spada. Notò che avevano la stessa spada. Una Claymore. Poco importava della spada.
Era magnifico. Sembrava un principe guerriero. Alto, forte, maestoso, leale e tremendamente distruttivo. Se fosse stato un nemico vero, ci avrebbe pensato due volte prima di attaccarlo.
Sentendola arrivare alzò lo sguardo su di lei e si mise in posizione. Non le diede il tempo di impugnare saldamente la spada che l'attaccò subito.
Lei, ovviamente, parò il colpo. Anche il successivo. E tutti quelli che seguirono dopo, non sopraffandolo e senza mai essere sopraffatta. Combattevano in perfetta sincronia. Con la stessa abilità, però, dovette ammetterlo, dal punto di vista fisico era più forte di lei.
Con la coda dell'occhio notò Azura, Ezel e Forrest che si erano fermati a guardarli combattere.
In un unica mossa, il ragazzo la spinse contro il muro e la disarmò. Le mise una mano alla gola, e la tirò su, con la spada puntata contro di lei, pronto a colpirla. Lo guardò negli occhi, e si rese conto che lui non si sarebbe fermato.
Non poteva crederci...Voleva davvero colpirla?
Le mise la spada sul petto e ce la fece scivolare lentamenete sopra. Delle goccie di sangue le sporcarono la tuta.
- Ma si può sapere che fai?. - gli chiese, non capendolo.
Aveva vinto, poteva anche smetterla.
- Tu che fai? - chiese serio.
In che senso che faceva? Lui la bloccava contro la parete, che avrebbe dovuto fare?
- Camron basta. - disse Forrest.
Non lo ascoltò. - Perchè non reagisci? - le sussurrò all'orecchio, procurandole dei brividi. - Liberati. So che puoi farlo. - la sua voce era dura.
Sentì la mano sulla sua gola stringersi. Prisca era infastidita. Ovviamente non poteva ucciderla, o nuocerle gravemente in quel modo, ma era ugualmente fastidioso. E poi come si permetteva di dirle quelle cose? Che poteva liberarsi? Che insinuava?
Era ovvio che avrebbe potuto farlo, con i suoi poteri extra, me non voleva usarli, non li davanti a tutti.
- Camron. - ripetè il maestro.
Lui allentò la presa, e i piedi della ragazza poterono toccare terra. Ma non la lasciò.
- Camron, lasciala ora. L'allenamento è finito. - disse una voce molto dolce e gentile.
Era Azura e si stava avvicinando a loro.
Posò una mano sulla spalla di Camron e lui, rendendosi conto di aver esagerato un po, e di essere fissato da tutti, mollò la presa e, senza degnarla di uno sguardo, si avviò a grandi passi verso l'uscita, sbattendo la porta.
- Ci vediamo domani. - li congedò Forrest.
Certo che era stato strano oggi. Perchè si era comportato così? Era normale che qualcuno si ferisse durante gli allenamenti, ma di solito lui non era così. Si fermava prima di nuocere al suo avversario.
Però con lei, a quanto pare non si era trattenuto. Non gli importava di farle male. Il taglietto che gli aveva fatto era già guarito, ma non era quello il punto. Si sentiva ferita. Perchè con gli altri stava attento e con lei no? E per quale motivo non si era fermato quando Forrest glielo aveva detto?
La cosa strana era che si era fermato appena Azura glielo aveva chiesto. Insolito.
Uscì dalla sala degli allenamenti e alzò la testa al cielo. Era ancora presto, non c'erano nuvole all'orizzionte, solo un grande sole sopra di loro.
Abbassò la testa e si girò verso destra, notando Azura e Camron parlare vicino a un muretto, all'ombra di un albero.
Azura gli teneva una mano sul braccio, in modo molto ... intimo. Come se fossero grandi amici. O di più. Le avevano forse nascosto qualcosa? Si erano messi insieme? No.. la sua amica non le avrebbe mai fatto una cosa del genere.
Lo sapeva che Prisca teneva a Camron in un modo diverso. O almeno, sperava lo sapesse.
Ma...se invece ad Azura fosse piaciuto da sempre come a lei? Che cosa sarebbe successo in quel caso?
Li guardò attentamente per qualche minuto. Lui le stava sorridendo. Prisca non era molto lontana da loro, e poteva vedere chiaramente la felicità negli occhi di lui.
Non potè fare a meno di notare come sembravano in confidenza l'uno con l'altra. Lei e Camron non avevano mai parlato così liberatamente, almeno non negli ultimi anni. Da quel giorno, precisamente otto anni fa, non si erano più parlati.
Solo qualche parola di cortesia, quando era obbligato.
Ninet'altro.
Se Azura e Camron si amavano lei non avrebbe potuto fare niente per separarli. Non ne sarebbe mai stata capace. Non importava quello che sentiva lei, la felicità della sua miglore amica era molto più importante.
Poi sarebbero stati felici insieme. Con una parola a suo padre, Camron avrebbe potuto chiedereAzura come sua promessa, dato che aveva già vent'anni, e, a maggior ragione, dato che lui ne aveva 23.
Suo padre, con molta probabilità, sarebbe andato incontro al desiderio del figlio e approvato il legame.
La sua amica si accorse che li stava guardando, e le fece cenno di avvicinarsi.
Prisca guardò prima una e poi l'altro. E, con la tristezza negli occhi, scosse la testa, proseguendo verso casa.
Non si girò nemmeno quando sentì pronunciare il suo nome.

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Capitolo 4
*** Poteri ***


Passò ore. Forse minuti seduta sul suo albero. Guardava le stelle nel cielo, ogni volta stupita dalla loro immensa bellezza. Almeno loro sarebbero state con lei per molto, molto tempo, mentre tutto il resto sarebbe andato in pezzi, o caduto in rovina.
La città degli umani, ad esempio, gli alberi intorno a lei e gli animali del bosco sarebbero morti. Ma le stelle sarebbero state li molto a lungo.
Forse anche più di lei.
Ripensò a quella mattina. Era sicura che non sarebbe riuscita a mantenere la promessa che si era fatta, quella di lasciar perdere Camron per il bene della sua amica. Sarebbe stata un'impresa davvero difficile.
Ma avrebbe dovuto farlo, altrimenti la loro amicizia sarebbe stata rovinata per sempre.
All'imprivviso sentì un rumore. Inizialmente pensò fosse stato il rumore del vento, ma poi sentì un ramo spezzarsi e le foglie scricchiolare.
Si aggrappò al ramo dell'albero e guardò giù. Nel buio della notte non avrebbe saputo dire chi fosse, però non le sfuggì uno scintillio.
Una spada? Un coltello?
Questo le bastò.
Tirando fuori dallo stivale il suo coltello, si buttò giù dal ramo e atterrò sul suo inseguitore, immobilizzandolo a terra sotto di lei.
Era così buio che non lo vide bene in faccia, non che le sarebbe servito a qualcosa.
Sapeva chi era. Conosceva quel profumo. Era inconfondibile. Fresco, inebriante, che ti dava alla testa.
Camron.
Senza degnarlo di uno sguardo, quasi come se non esistesse, si rimise il coltello nello stivale e si incamminò nella direzione opposta a dove si trovava il ragazzo, per allontanarsi il più possibile da quel luogo.
Da lui.
Ovviamente quel gesto le costò tutta la sua forza di volontà. Non era stato facile allontanarsi dal suo profumo, dal calore del suo corpo.
Ma evidentemente Camron non era d'accordo con la sua decisione, quella di andarsene si intende.
L'afferrò per un braccio, e prima che potesse fare o dire qualcosa, la spinse contro un albero, immobilizzandola e puntandole un coltello alla gola.
Lei non si mosse, curiosa di sapere le sue intenzioni.
Cos'è, la voleva uccidere? In quel caso, glielo avrebbe lasciato fare?
Forse.
Camron, non vedendola reagire alla sua provocazione, le fece scorrere la lama del coltello sulla guancia. Questa volta senza farla sanguinare.
Prisca se ne stava lì immobile, senza fare niente. Chissà cosa sarebbe successo.
Le puntò il coltello al cuore, alzò un braccio, pronto a colpire.
Quindi voleva ucciderla, era davvero questo. La odiava a tal punto?
Decise in quel momento che glielo avrebbe permesso. Non le importava poi tanto la sua vita, non se non poteva averlo. Non se lui la odiava così tanto. La prima cosa, poteva anche sopportarla, ma la seconda no.
Era troppo dolorosa.
Chiuse gli occhi.
Lui calò il pugnale ... e si fermò all'improvviso, a un soffio dal suo cuore.
- Perchè non reagisci? - chiese lui, guardandola in modo strano. - Ti faresti uccidere da me. -
Quella non era una domanda, notò la ragazza. Era un costatazione.
- Perchè? - continuò sgranando gli occhi, e guardandola intensamente.
Evidentemente non riusciva a capirla. Perchè avrebbe dovuto, poi? - Parlami! Di qualcosa. - disse alzando la voce.
La ragazza distolse lo sguardo dal suo, guardando un punto lontano dietro di lui.
- Finisci quello che volevi fare. - disse semplicemente.
- Tu pensi che io voglia ucciderti? - dal suo tono si capiva chiaramente che il ragazzo era sconvolto.
- A giudicare dal tuo comportamento, che altro dovrei pensare? A che scopo seguirmi di notte, immobilizzarmi contro un albero e puntarmi un coltello alla gola?. - disse ironicamente. - Sai , non ci sono molte alternative. O vuoi farmi fuori, o hai qualcosa che non va. -
- Non voglio ucciderti. Non l'ho mai voluto. -
- E allora perchè fai tutto questo? -
- Mi hai lasciato vincere. - Lei restò zitta, così continuò. - L'altro giorno, durante gli allenamenti. Quel giorno e anche quelli seguenti, o almeno, non ti sei impegnata per farlo. -
- Che cosa te lo fa pensare? - domandò lei calma.
- Lo so. Lo vedo che ti trattieni. Lo sento. -
Prisca sapeva che non le aveva detto tutto. Era sicura che lui conoscesse il suo segreto. Ma in che modo?
- Ti sbagli. -
- Smettila di mentire, ti prego. Battiti lealmente. Una volta sola. Non ti chiedo altro. -
- Perchè ti importa tanto? -
- Non mi piace quando mi regalano la vittoria. Preferisco i combattimenti leali, e con te non l'ho mai avuto. -
Annuì. Gli avrebbe dato quello che voleva. Ma solo quella notte.
Si allontanò da lui con un salto e si mise in posizione. Restò ferma finchè lui non fece la prima mossa, e quando fu a pochi centimetri da lei, lo guardò.
- Perchè non riesco a muovermi? - disse preoccupato.
Poi fece caso a come lo guardava, concentrata.
- Sei tu...- era davvero stupito. - per quanto puoi farlo? Come fai? -
Lei esitò. Voleva davvero svelargli i suoi segreti? I suoi poteri? - Secondi, minuti. Non saprei. E non so come faccio, precisamente. Diciamo che ti guardo e ti immagino fermo, e accade. Non so perchè. -
- Pochi minuti sono sufficenti per uccidere un avversario. - constatò lui. - Sai farlo solo guardandomi? -
- Credo... -
- Hai mai provato a farlo con più persone? Fermarle tutte contemporaneamente? -
Lei lo guardò come se fosse pazzo. Come avrebbe potuto provarci? Non voleva farsi scoprire, e se fosse andata al centro della città a provare una cosa del genere, sempre ammesso che avesse funzionato, la gente si sarebbe fatta qualche domanda. E che avrebbe fatto, in quel caso? Non voleva rischiare.
Lui lasciò perdere capendo dalla sua espressione quello che le passava per la testa.
- Che altro sai fare? -
- Perchè lo dici come se fossi sicuro che non fosse tutto qui? -
- C'è altro. Ne sono sicuro. Quanto ti stò intorno ... sento il Potere. -
- E se anche fosse? Perchè dovrei dirtelo? -
- Perchè è interessante. - la guardava in un modo strano.
Era sorpresa? No.. che fosse .. Ammirazione? Impossibile.
- Non ho intenzione di svelare i miei segreti a un estraneo. -
- Io non sono un estraneo. Ci conosciamo da sempre. - disse in tono strano.
- No invece. Non ti devo niente. Non siamo nemmeno amici. E ora vattene. Stai perdendo tempo. - Prisca non riusciva più a sopportarlo.
Ma non erano le sue domande a infastidirla. Era troppo stare li da sola con lui, così vicino, senza poterlo toccare. Sapeva però di non poterlo fare, lui non glielo avrebbe permesso. Lei stessa non si sarebbe azzardata a cercare il suo contatto. Aveva un po di dignità, o quella che le era rimasta nel corso degli anni. Per lui l'aveva già buttata via tante volte.
Qualcosa nello sguardo del ragazzo la turbò. I suoi occhi sembravano tristi, malinconici. L'aveva forse ferito con le sue parole?
Scosse la testa. Non le importava di averlo ferito. Lui lo faceva in continuazione, senza nemmeno accorgersene.
Come quando prestava attenzione agli altri e a lei no. Come quando le sbandierava davanti alla faccia il fatto di avere una nuova ragazza più bella di lei. O quando sorrideva ad Azura. O si faceva toccare la spalla da lei, o il braccio. O quando, parecchi anni prima, aveva smesso di considerarla senza una spiegazione razionale.
Perché ora avrebbe dovuto preoccuparsi per lui, quando lui non lo faceva per lei?
- Vattene. - ripeté.
- No. -
Non voleva andarsene? Allora se ne sarebbe andata lei. Si voltò, quando sentì la sua voce.
- Mi dispiace. Nemmeno tu te ne andrai. - disse lui.
- E come pensi di fermarmi? - Era davvero curiosa di vedere come.
Lui non rispose. Si limitò a guardarla. Alzò una mano e la fece scendere perpendicolarmente davanti a se. Un secondo dopo una folata di vento la immobilizzò contro un albero.
Camron era in grado di controllare l'elemento aria. Chissà perchè non ne era sorpresa.
Lui era speciale, lo aveva sempre saputo.
Gli sorrise.
- Chissà perchè me l'ero immaginato. Niente male. -
Sembrava soddisfatto. E stava.. sorridendo. Non importa per cosa ... ma le sorrideva. Era ancora più bello.
A Prisca dispiaceva dover levare il sorriso dalla sua faccia in quel modo. Era la prima volta dopo tanto tempo che le sorrideva davvero.
Peró lo fece comunque, per prendersi una rivincita.
- Ma non abbastanza. -
Appunto. Il sorriso svanì, e lui alzò un sopracciglio.
Era davvero buffo! In modo tenero però. Le scappò una risatina.
- Perchè ridi? -
- No niente... Solo che non puoi fermarmi in questo modo. -
Lui non capiva. Insomma, controllava l'elemento aria, nessuno era in grado di farlo da secoli! E lei rideva, come se lo prendesse in giro.
Ovviamente non sapeva il vero motivo della sua risata, ma poco importava. - Adesso basta. - disse tornando seria. Non poteva permettersi di trovarlo così adorabile.
L'avrebbe spaventato, così si sarebbe allontanato e lei avrebbe potuto dimenticarlo. O provare a farlo. O semplicemente continuato ad andare avanti come aveva sempre fatto, anche se la cosa stava diventando insopportabile.
Immaginando uno scudo d'aria intorno a lei, glielo spinse contro, o meglio, contro il suo potere, che si dissolse e la lasciò libera.
Però non le bastava. Guardando il cielo, alzó le mani, e il vento intorno a loro aumentò. I capelli le frustarono il viso, ma non le importò più di tanto. Poco dopo il cielo si oscurò, le stelle sparirono dietro le nuvole ed iniziò a piovere. Un acquazzone scese dal cielo, e bagnò tutto, eccetto Prisca.
Era come se la pioggia la scansasse.
Come se non bastasse l'erba prese fuoco, formando un cerchio intorno a loro, e la terra tremò. Sembrava la fine del mondo.
Forse la ragazza avrebbe davvero potuto farla avvenire, se sole avesse voluto.
Non tolse un attimo gli occhi dal ragazzo, e non le sfuggì il suo cambio di espressione. Sembrava terrorizzato, forse lo era davvero, non avrebbe saputo dirlo. Al momento Camron non faceva che confonderla. Leggere chiaramente le sue espressioni le era impossibile.
E Camron non le semplificava certo il lavoro. Non faceva trapelare molto. Era una delle persono più enigmatiche che conoscesse.
Ma per la ragazza si, era terorrizzato. Insomma, come avrebbe fatto a non esserlo? Chi non lo sarebbe stato al suo posto, vedendo un vampiro capace di controllare tutti e quattro gli elementi? Non era mai capitato fino ad ora. Nel corso dei secoli c'erano stati dei vampiri con qualche potere in più. Uno elemento, forse due. Ma nessuno gli aveva mai controllati tutti. Mai. Era una cosa troppo grossa, lei lo sapeva.
- Allora? Era questo quello che volevi vedere? Sei felice adesso? - urlò, per sovrastare il rumore del vento e della pioggia.
- Ora che hai visto che razza di mostro sono, sei più felice? - Prisca si sentiva davvero così. Solo un mostro avrebbe potuto possedere tutti quei poteri distruttivi.
Poi, all'improvviso, così com'era iniziato, tutto cessò.
Camron non aveva aperto bocca. Forse era troppo disgustato da lei. Anche lei lo era. Come non avrebbe potuto esserlo?
- D'ora in poi stammi il più lontano possibile. Te lo consiglio vivamente, per il tuo bene. - continuò con voce triste e malinconica.
E per il mio. Ma quello non lo disse. Lei avrebbe voluto poter fare lo stesso, poter scappare da se stessa, ma non poteva.
Si incamminò verso la città, senza guardarsi indietro. Così sconvolta da se stessa, la ragazza interpretò male il silenzio di Camron, il suo sguardo. Il ragazzo non era per niente terrorizzato. Dai suoi occhi si poteva capire che era meravigliato. Era orgoglioso di lei.
Finalmente aveva tovato una ragazza capace di tenergli testa. Che, se solo lo avesse voluto, avrebbe potuto annientarlo.
Questa cosa lo attirava come un albero in una campagna vuota attirava i fulmini in una notte tempestosa.
Era una cosa più forte di lui.
Così il ragazzo non ci pensò due volte a inseguirla. Attraversò il bosco, correndo tra gli alberi più veloce che potè e la raggiunse in un battito di ciglia. La prese per un braccio e la fermò.
Lei non si girò, rimase di spalle. Tremando visibilmente.
- Si può sapere che cosa vuoi ancora? - La voce di Prisca era come rassegnata, ma a cosa, poi? Pensava che lui la odiasse? O che avesse paura di lei?
Tirò su con il naso.
- Stai piangendo? - Camron era visibilmente sconvolto. Non era abituato a queste cose. Alle lacrime delle donne.
- No. - disse asciugandosi gli occhi.
- Si invece. -
- Ma cosa dici? Mi è andato qualcosa nell'occhio - disse ironica. Si girò verso di lui. - Ora vattene, e lasciami in pace. -
Ma quando alzò gli occhi e incontrò i suoi così accesi, attenti, in qualche modo interessati a lei e ai suoi poteri, qualcosa si spezzò. Cos'era? Crollò a terra e pianse. Era la muraglia che si era costruita, ecco cos'era. E lui l'aveva rotta così facilmente in un momento di debolezza.
Come aveva fatto? Era stata sempre così solida.
Lei non piangeva mai.
Rimpianse tutto quello che aveva fatto, quello che gli aveva mostrato. Rimpianse di averlo allontanato, o di aver cercato di farlo. La verità era che non avrebbe sopportato che Camron si distaccasse da lei più di quanto già non fosse, ed era molto, molto lontano.
Ma forse se lo meritava, di soffrire. Era un mostro. Nient'altro.
Sentì lo scricchiolio delle foglie, e subito dopo due braccia forti la cinsero. Prisca rimase di sasso, e presa in contropiede, smise di piangere.
Sconvolta.
- Andrà tutto bene. - le sussurrò Camron all'orecchio, con voce stranamente dolce, stringendola tra le braccia, come aveva fatto molte volte quando erano bambini. - Ci sono qui io. Andrà tutto bene. - era sorprendentemente serio.
Lei quasi ci credette.
E solo per quella volta si lasciò abbracciare, confortata dal calore che proveniva da lui, e dalla sicurezza che le sue braccia forti le trasmettevano. Era sconcertante per la ragazza rendersi conto di quanto tenesse a lui, nonostante fosse sempre di cattivo umore, e la maggior parte delle volte la trattasse male. Sapeva di essersi innamorata dell'altro Camron. Quello dolce, simpatico e comprensivo. Quello forte e protettivo. Quel Camron che aveva potuto osservare e imparare a conoscere nel corso degli anni. Quel Camron di cui sentiva la mancanza. Veniva in superficie di rado. Ma mai con lei. Sempre con gli altri.
Ci riflettè un momento. Ma di una persona non si dovrebbe amare tutto? Pregi e difetti? Prisca, dovette ammetterlo, amava anche quell'altra sua parte. Quella certe volte impassibile, imperscrutabile. Era davvero bravo. Anche lui, come lei si era costruito una muraglia per proteggersi, per non soffrire.
Lei lo capiva. Però era stato molto più bravo. Quella di Prisca era crollata così facilmente...
Infondo infondo, sapeva che nelle mura del ragazzo, c'erano delle piccole falle. Solo che lei non riusciva mai ad entrarci, a differenza di Azura e di Ezel. Loro ormai non erano più vicini come una volta e, dato che la considerava a malapena era ovvio che non la lasciasse entrare. Diciamo che non VOLEVA lasciarla entrare, perché quello che era accaduto era soltanto colpa sua. Ma la domanda che più la angosciava e l'aveva perseguitata da quel giorno fatidico era : "Perché ha deciso di escludermi dalla sua vita?"
Decise di non pensarci per quella volta, voleva solo essere protetta da quelle braccia che dopo tanto tempo, inaspettatamente, riuscirono a mandar via ogni pensiero.
Per il momento.

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Capitolo 5
*** Veritá devastanti ***


Il giorno dopo andò agli allenamenti.
Inizialmente aveva preso in considerazione l'idea di non andarci, ma poi aveva eliminato quell'ipotesi. Non aveva intenzione di farsi condizionare da Camron e da quello che era successo la sera prima.
Era crollata, quello si, ma non cambiava nulla tra di loro. Non erano diventati magicamente amici.
Anzi... Prisca aveva paura che lui avesse potuto rivelare a tutti chi era veramente, tutti i poteri che possedeva. Ne sarebbe stato in grado? Forse si, forse no. Ma lei non voleva rischiare.
Aveva deciso. L'avrebbe affrontato, e poi se ne sarebbe andata. Non avrebbe permesso agli altri di tenerla segregata in quella città. Perennemente sotto controllo. Perché è quello ciò che sarebbe accaduto. Dopo che Camron lo avesse detto a tutti, lei non avrebbe più potuto vivere normalmente. L'avrebbero controllata ogni minuto, ogni ora...
Immaginava che l'avrebbero usata per i loro scopi, anche se non sapeva quali sarebbero potuti essere. Ma non l'avrebbe permesso. Certo, avrebbe potuto distruggerli tutti, se solo avesse voluto. Ma lei non era così. Non le piaceva usare la forza, la violenza. Tanto meno i suoi poteri.
Sollevò lo sguardo verso l'imponente struttura che si stagliava davanti a lei. Si schermò gli occhi con la mano, per vedere meglio la costruzione.
La impressionava ogni volta, anche se ce l'aveva ogni giorno a portata di mano. Fece un respiro profondo, allungò la mano, e spinse il portone, entrando nella sala degli allenamenti.
Si guardò intorno, perplessa. Non c'era ancora nesssuno. Strano. Di solito era sempre lei l'ultima ad arrivare...
Iniziò a fare degli esercizi di riscaldamento, ma non fece molto, perchè pochi minuti dopo entrarono tutti insieme.
Forrest, Ezel, Azura e.. Camron.
Era arrivata l'ora della verità. Avrebbe saputo se di li a poche ore, o addirittura meno, se ne sarebbe dovuta andare o no.
Tra qualche secondo avrebbe saputo se lui l'avesse tradita, rivelando a tutti il suo segreto. Avrebbe scoperto se il suo "andrà tutto bene" della sera precedente era stato detto con convinzione, o fosse solo stato dettato dalla situazione in cui si erano trovati.
Guardò tutti attentamente, per capire se sospettassero qualcosa, ma nessuno le prestò una speciale attenzione. La salutarono come sempre. Niente di più, niente di meno. E Camron la ignorò.
"Che novità" pensò ironica.
Se non fosse stato per uno strano scintillio che scorse nei suoi occhi, avrebbe detto che quello che era successo la sera prima non fosse mai accaduto.
- Prendete i coltelli da lancio. - disse Forrest interrompendo i suoi pensieri. - Uno tira, l'altro schiva. Poi cambiate. -
Senza darle il tempo di decidere chi avesse lanciato i coltelli per primo, Camron ne prese uno e glielo tiró contro.
Lei non se lo aspettava, infatti la colse di sorpresa.
Non la infilzò per un pelo. Schivò il primo coltello e tutti quelli dopo, senza essere mai colpita. Camron era molto veloce e preciso. Un ottimo lanciatore. Beh, era difficile che non lo fosse. Lui era bravo in tutto.
La ragazza si distrasse per un momento, e il coltello l'avrebbe colpita se, inconsapevolmente, non lo avesse fermato con la forza della mente.
- Così non è leale. - la riprese Camron.
- Sai come si dice, no? - Sembrava non lo sapesse.
Perchè la guardò con un sopracciglio alzato, invitandola a continuare. - Tutto è lecito in guerra e in amore. - "Non tutto" pensò subito dopo, contraddicendosi.
Si ricordò della sua amica Azura.
"Non tutto.." ripetè.
Certe volte avrebbe voluto non provare niente. Cavolo, loro erano diversi dagli umani. Eran più forti. Più intelligenti. Erano invincibili. Immortali.
Perchè dovevano provare sentimenti come loro? Non era forse meglio non provare niente?
Perchè non erano capaci di elevarsi al di sopra delle emozioni?
La mente, evidentemente, non era abbastanza forte da prevalere sul cuore. Provavano odio. Fastidio. Tristezza. Ma anche gelosia. Passione. Desidero. Amore..
Erano mostri, accidenti! Perchè non avrebbero potuto esserlo fino in fondo? Urlò dentro di se.
"Ma tu lo sei" le ricordò una vocina.
Già. Lei lo era, più di tutti gli altri.
Scosse la testa, e per non pensare ad altro si girò a controllare che i suoi compagni non avessero visto che cosa aveva fatto.
Sospirò, sollevata. Forrest stava dando istruzioni alla sua amica su come impugnare il coltello in un modo più efficace.
Pochi secondi dopo disse - Cambio - e Prisca prese al volo il coltello che Camron le aveva lancianciato contro e glielo tirò all'altezza della spalla, colpendolo.
La ragazza sgranò gli occhi. Perchè non si era spostato? Perchè aveva lasciato che lei lo colpisse?
Capì il motivo subito dopo. Non le aveva prestato attenzione. Aveva uno sguardo perso. Come se, in quel momento, fosse in un altro mondo.
Avrebbe voluto tanto essere con lui. Il ragazzo non si era nemmeno accorto di essere stato colpito.
Gli si avvicinó e gli mise una mano sul petto e con l'altra estrasse il coltello.
Continuava a non guardarla, così, incapace di resistere, gli passò un dito sullo zigomo, fin sotto la guancia, lentamente. Come una carezza.
La sua pelle era liscia al tocco. Doveva essersi fatto la barba proprio quella mattina, notò sorridendo dolcemente.
Il suo gesto sembrò riportarlo lentamente alla realtà.
- Cam... - sussurrò. Perchè lo aveva chiamato così? Non ne aveva il diritto. Non erano più così in confidenza. Non lo sarebbero mai più stati.
- Camron - ripetè - va tutto bene? -
Non le importava quello che era successo, o come si comportava con lei. O se pensava che lei fosse un mostro. Doveva sapere come stava. Il resto non importava.
La guardò in un modo strano, come se stesse pensando qualcosa. Poi annì. E non la guardò più.
Finito l'allenamento fu il primo ad andarsene dalla sala.
Prisca uscì dalla sala degli allenamenti, piuttosto turbata dallo strano comportamento del ragazzo. Ma che aveva?
La sua amica Azura la intercettò sulla via del ritorno a casa. - Ehi!- le urlò Azura correndole incontro.
- Ciao. - rispose lei, sorridendole. Era da un po che non parlavano.
- Come stai? E' da un po che non parliamo. Mi manchi - disse la sua amica, come se le avesse letto la mente.
- Già. Hai ragione. Mi dispiace. - le dispiaceva davvero, ma ultimamente non se la sentiva di stare con lei.
- Comunque stò bene.- mentì- Te come stai? Tutto bene? -
- Si - disse felice, scostandosi i capelli.
Fu per caso che lo vide.
Prisca abbassò lo sguardo e notò sul collo della sua amica un segno a mezzaluna. Era stata morsa, e non le aveva detto niente.
Era stata morsa, ma anche trasformata? Se era stata anche trasformata, era a tutti gli effetti un vampiro. Avrebbe avuto quell'aspetto per sempre, d'ora in poi. Le ragazze vampiro non erano in tutto e per tutto dei vampiri. Per diventarlo dovevano essere morse dal loro compagno, mentre per i ragazzi non era necessario. I maschi vampiro, giunta l'età da loro desiderata, potevano decidere di fermarsi a quell'età per sempre.
Quando un vampiro trasformava la sua compagna, antrambi avrebbero bevuto il sangue dell'altro per il resto dell'eternià.
Di solito, prima della trasformazione si celebrava il legame, ma la sua amica evidentemente aveva saltato quel pezzo. O forse era solo un morso... e lei non si era trasformata bevendo il sangue del suo compagno.
Fece un attimo attenzione, e sentì il cuore di lei battere normalmente. Quindi non era stata ancora trasformata, solo morsa.
Di solito il morso avveniva durante il legame, ma non era insolito che qualcuno si mordesse prima dell'unione.
Durante il legame, anche se i due vampiri avevano già ricevuto il morso, dovevano ripeterlo davanti a dei testimoni, se no non valeva.
Ma chi aveva morso Azura? A chi era promessa?
Improvvisamente un nome si fece largo tra i suoi pensieri. Era stato lui.
Camron l'aveva morsa!
- Perchè non me l'ha detto? Perchè non mi hai detto che ti ha morsa? - disse devastata, mentre i sentimenti avevano la meglio su di lei. - Quando pensavi di darmi la bella notizia? - continuò dopo, sarcastica, alzando la barriera.
- Tu come fai a...- Prisca la interruppe.
- Il segno sul collo. - disse con voce piatta, impassibile - avresti anche potuto degnarti di dirmelo. Sarebbe stato il minimo. -
- Avrei voluto dirtelo! Ma lui l'ha voluto tenere nascosto. Non lo sa ancora nessuno, tranne suo fratello. -
- Da quando in qua suo fratello è più importante della tua migliore amica? -
- Non dire questo. Sai che non è vero. Ma lui.. - tentò di spiegare, invano.
- Non ci hai pensato a me? A come mi sarei sentita dopo che lui...- scosse la testa.
Ormai era fatta, non potevano certo tornare indietro. Non dopo il morso. Se prima era lontano, in quel momento diventò irraggiungibile. L'aveva perso, per sempre.
- In che senso? - Azura non capiva. Ovvio che no.
Prisca lasciò cadere la barriera e la guardò negli occhi, facendo trapelare tutta la tristezza che provava, ma soprattutto l'amore che provava nei confronti di Camron. Azura sgranò gli occhi, tappandosi la bocca. - Tu lo ami. - sussurrò sconvolta. - Lo hai sempre amato..Io.. non pensavo amassi lui! -
- Lascia perdere, ormai è tardi. Vi auguro di essere felici. Almeno so che avrai al tuo fianco un buon guerriero. Sarà capace di proteggerti. - fece per andarsene, quando le venne in mente una cosa. - Ti prego di non dirlo a nessuno. So che mi passerà. -
Non potendo sopportare oltre, se ne andò, lasciandosi indietro un amica stupefatta che le urlò - Aspetta! -
"Promettilo. Prometti di non dire a nessuno cosa provo per lui. E non pensarci più. Non ha importanza." le inviò mentalmente. Sentí la sua amica risponderle con un debole si , poi scollegò le loro menti, e andó verso casa.

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Capitolo 6
*** Occhi smeraldo ***


Era appena uscita dal negozio di armi. Suo padre, quella mattina, le aveva dato i soldi per comprarsi il suo primo coltello. La bambina era talmente contenta che, non appena saputa la notizia, si era messa a saltare per la felicità.
Aveva da sempre aspettato quel giorno, e finalmente era arrivato.
Stava rimirando le bellissime incisioni nell'impugnatura del coltello. La parte che preferiva, era l'incisione del leone intorno alla pietra nera incastonata al centro dell'impugnatura.
Il leone sembrava stesse per divolarla.
All'improvviso andò a sbattere contro qualcuno, e cadde a terra. Il pugnale volò via dalle sue mani e finì pochi metri più in la.
Si rialzò e fece per prenderlo, quando una mano lo afferrò prima di lei. Alzò la testa, notando per prima cosa una maglietta blu, e poi vide un bambino, più alto di lei, e decisamente più grande, rimirare per bene il suo coltello nuovo.
- Ma guarda che bel coltello. - disse ridendo.
- Ridammelo! - esclamò lei, cercando di saltellare inutilmente, per afferrarlo.
- Guarda! La bambina rivuole il suo coltello. - fece un altro ragazzo, prendendola in giro.
- Poverina. Ora si mette a piangere. - esclamò un terzo sghigniazzando sotto i baffi.
- Ridammelo. - ripetè.
Ma lui la ignorò, mettendosi il coltello nella tasca dei pantaloni. Ora che avrebbe fatto?
Vedeva già suo padre guardarla con il suo sguardo di disapprovazione e dirle
"Te la sei cercata. Evidentemente eri troppo debole per riprendertelo."
Non voleva dare un altro motivo a suo padre per considerarla indifesa, impotente, debole.
Ma che poteva fare? Loro erano tre, e lei aveva solo 7 anni.
Quei tre ragazzi erano di gran lunga più forti, e avevano come minimo il doppio della sua età. Che cosa ingiusta.
- L'hai sentita. - disse una voce alle loro spalle. - Ridalle il coltello. -
La bambina si girò. La persona che aveva parlato era nascosta nell'ombra proiettata dalle case, e aveva un cappuccio in testa.
Non riusciva a vederlo bene in faccia, ma era sicura che fosse un ragazzo, più o meno dell'età di quei tre.
- Mhm.. no. Ora è mio. - ribattè maglietta blu.
- Ti diverti a prendere le cose ai bambini più piccoli? Non ti sembra un po troppo facile? Perchè non provi con uno della tua stessa età? - disse sfidandolo e alzando il viso.
La bambina notò i suoi profondi occhi smeraldo. Sembravano brillare nell'ombra.
L'altro gignò, accettando la sfida e buttandosi addosso al ragazzo dagli occhi verdi. Si tappò la bocca, preoccupata, vedendo gli amici di maglietta blu partecipare allo scontro. Tre contro uno. Come avrebbe potuto vincere il ragazzo?
Un minuto dopo i tre ragazzo erano a terra, e il ragazzo con gli occhi smeraldo aveva in mano il suo pugnale.
Glielo aveva ripreso. Ce l'aveva fatta!
Si avvicinò a lei e glielo porse.
- Grazie. - sussurrò, ammirata, non smettendo di guardare i suoi smeraldi.
- Figurati, e la prossima volta stai attenta. - le passò una mano sulla testa, scompigliandole i capelli.
E se ne andò, così com'era arrivato.
In un battito di ciglia.

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Capitolo 7
*** Scherzo del destino ***


Prisca aprì gli occhi all'improvviso. Si mise a sedere sul letto. Si era addormentata? Da quant'è che non lo faceva?
Si ricordò improvvisamente del sogno. Le ricordava qualcosa, perchè?
"Non era un sogno. Era un ricordo" pensò stupefatta. Certo! Come aveva potuto dimenticare una cosa del genere? Era il giorno del suo settimo compleanno, e aveva potuto finalmente comprare il suo adorato coltello. Ricordò, portando istintivamente una mano al coltello nascosto sotto il cuscino.
Ma non si ricordava del ragazzo. Chi era il suo salvatore? A chi appartenevano quegli occhi verdi così intensi?
Non lo aveva mai saputo. Lo avrebbe mai scoperto?
Qualcuno bussò alla porta della sua stanza.
- Avanti. -
Era Caden. Le riferì che suo padre Abdel voleva vederla.
Strano.
Non vedeva suo padre quasi mai, era insolito che richiedesse la sua presenza.
Attraversando tutta la casa, scendendo le scale, e passando un mucchio di stanze, Caden la condusse al piano terra, dove si trovava lo studio di suo padre.
Il consigliere di suo padre aprì la porta, abbassò la testa in segno di rispetto e, dopo averla fatta entrare, la richiuse dietro di lei.
Ora erano soli.
- Prisca - le sorrise suo padre da dietro la scrivania.
I suo capelli nero-blu, che lei aveva ereditato con tanto piacere, erano iluminati dalla luce che filtrava dalla finestra, rendendo i suoi riflessi blu ancora più visibili.
- Buongiorno padre - lo salutò abbassando la testa.
Suo padre era fissato con questo genere di cose. Voleva che gli altri gli dimostrassero sempre rispetto.
Voleva che si inchinassero difronte a lui, ammettendo la sua superiorità, neanche fosse un tiranno dispotico. In questo erano tremendamente diversi, e questo suo lato lei lo odiava.
Non che ci fossero lati di lui da amare, sia chiaro.. Almeno, lei non li aveva mai trovati, ma era aperta a nuove esperienze, nel caso se ne presentasse l'occasione.
Non capiva cosa ci avesse trovato in lui sua madre. Lo scrutò attentamente, cercando di comprenderne il motivo. Un uomo alto e magro, con zigomi spigolosi. In lui tutto esprimeva ordine, serietà. Il suo ufficio era in accordo col suo carattere. Tutto in ordine. Tutto pulito. Nemmeno un filo di polvere. Al contrario della camera di Prisca, che invece...
Ma ritornando a suo padre... Certo, era un bell'uomo, ma niente di più. Era troppo serio e distaccato. Per non parlare di come si rivolgeva agli altri... come se facesse un favore a loro.
Insomma, lei non lo sopportava proprio.
Lo guardò, e vide i suoi occhi verdi fare altrettato. Quando ti guardava così era un po inquietante, i suoi occhi incutevano timore.
Erano di un verde spento, freddo. A lei facevano venire i brividi.
Gli occhi di Prisca, al contrario dei capelli, non avevano niente a che fare con quelli di suo padre, ne con quelli di sua madre.
Gli occhi neri-blu che aveva, erano solo suoi. Erano molto strani.
C'erano delle schegge intorno alla pupilla. Un po  bizzarri, ma che poteva farci?
Si ricordò che una volta le avevano riferito che sembrava che il cielo notturno fosse racchiuso tutto nei suoi occhi, stelle comprese, tanto erano luminosi. Non ci aveva creduto molto.
Tornò a concentrarsi su suo padre.
- Siediti - più che un'invito sembrava un ordine.
Un altra cosa su di lui : quando diceva una cosa, quella doveva essere. Se dava un ordine, tu dovevi accontentarlo. Una cosa come "tutto e subito".
Prisca aspettò un po prima di sedersi. Non le sfuggì lo sguardo indispettito di suo padre.
La ragazza alzò un angolo della bocca, cercando di non ridergli in faccia, e si sedette.
Molto lentamente.
Adorava vederlo infastidito. Anche perchè era una delle poche emozioni che mostrava. Il fastidio e la rabbia, anche se raramente.
Nient'altro. Come se quelle fossero le uniche emozioni presenti in lui.
Passarono almeno 10 minuti, poi Prisca decise di rompere il silenzio, dato che suo padre sembrava non averne la minima intenzione. Si schiarì la voce. - Caden ha detto che volevi parlarmi. -
- Oh. Si. - disse come se si fosse ricordato solo ora ciò che voleva dire. - Sai che non mi piace girare intorno ai discorsi. Andrò diritto al punto. Ormai hai 18 anni, e puoi essere promessa. Inizieremo subito con i preparativi, e poi sarà celebrato il legame. -
- Come scusa? - Sicuramente aveva capito male.
- Mi sono già accordato con suo padre. L'unione sarà celebrata il prima possibile. -
- Che cosa? - urlò quasi. - E me lo dici così? Mi vendi come carne al macello? -
- Non dire sciocchezze. Non ti ho mica venduta. Abbiamo fatto solo un accordo. - disse lui, agitando la mano, liquidando la questione.
Ma per lei non era finita.
- Quello che voglio io non conta nulla? - riprese in tono serio.
Poi ci riflettè su. Anche se era arrabbiata per suo padre, non le importava poi molto. Tanto non avrebbe mai avuto Camron. E non si sarebbe più innamorata di nessun'altro.
- Prisca, sii ragionevole. Sai bene che conviene a tutti. - precisò - siamo d'accordo sul fatto che unendo le nostre famiglie saremo più forti. -
Non si stupì più di tanto. Di solito era per convenienza che venivano celebrati i riti.
L'amore centrava poco.
Dato che non rispose, suo padre continuò. - Poi Connor ha insistito tanto! E sono daccordo con lui. Sarà fantastico. -
Connor? Il padre di Camron ed Ezel? Avrebbe dovuto passare tutta la vita con Ezel?
- Tu e Camron sarete una coppia perfetta. La più forte e potente che ci sia mai stata fino ad ora. - disse tutto eccitato.
Eccitato?
Forse cercava di convincere pure lei. Aspetta.... Camron? Già era andata in confusione al nome di Connor, figurarsi poi dopo averlo sentito pronunciare "Camron".
Si riprese quasi subito. Non era possibile. Lui e Azura stavano insieme. Glielo aveva anche detto la sua amica, molto chiaramente.
- No padre. Ci deve essere un errore... -
- Nessun errore. E' già stato tutto programmato. Tu lo farai. Ormai ho già dato la mia approvazione. Sai già cosa succederà se ti tirerai indietro. E io non ho intenzione di perderti. Lo farai, che tu lo voglia o no. - il suo tono non ammetteva repliche.
Certo che sapeva cosa le sarebbe successo se si fosse rifiutata.
L'avrebbero uccisa. Ecco cosa. La famiglia di Camron l'avrebbe uccisa e sarebbe stato proprio lui a darle il colpo di grazia. Per i vampiri il rito era una cosa sacra e importante, come una promessa, e se uno non manteneva la parola, doveva pagarla a tutti i costi.
Per un attimo pensò di rifiutarsi. Sarebbe stato interessante vedere come avrebbero cercato di ucciderla. Con un po di fortuna ce l'avrebbero fatta.
Forse sarebbe stato meglio così, ma non poteva fare questo a suo padre, anche se non lo sopportava con tutta se stessa.
- Come desideri. - non potè far altro che dire.
Poi uscì dalla stanza.
Quindi era questo il problema... Ecco perchè lui la odiava. Suo padre l'aveva obbligato a passare il resto della vita con un mostro e non con la ragazza che amava e che aveva già morso.
Chissà come si sarebbe sentita Azura quando l 'avesse scoperto. Perché era chiaro che quella mattina non ne era ancora a conoscenza.
Era così allegra... E adesso?
E adesso niente. Azura e Camron l'avrebbero odiata per sempre, anche se non era colpa sua.

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Capitolo 8
*** Che ci fai qui? ***


Quella sera non andò al suo albero. Uscì fuori dalla città e ci girò intorno, finchè non vide una delle torrette più alte dove un tempo stavano le sentinelle. Ormai era abbandonata, non la usava più nessuno. Si poteva capire chiaramente il motivo. Anche solo guardandola da lontano si potevano vedere il peso degli anni che mandava il rovina la torrentta ogni giornò di più. 
Il tetto era già mezzo crollato. Sarebbe stata fortunata a torvare il pavimento intatto.
Pensò di arrampicarsi fino in cima, ma poi le venne in mente un'idea. Chiamò a se l'aria e provò a  sollevarsi. Funzionò per pochi metri, poi cadde, prendendo una bella botta.
Non si perse d'animo, ci provò fino a quando non ci riuscì. "Fantastico!" pensò. Avrebbe dovuto allenarsi più spesso con i suoi poteri, ma poi si cacciò dalla mente quell'idea. Già era pericolosa così, se si fosse pure allenata ad usarli, sarebbe diventata letteralmente una macchina per uccidere. E non voleva.
Si sedette sul cornicione e prima di sedersi sul vecchio e polveroso pavimento di legno della torretta, appoggiò un piede dopo l'altro per tastarne la sua stabilità. Sembava ancora poter reggere peso. Facendo attenzione a non inciampare in uno dei buchi presenti, si sedette abbandonando la schiena sul muro.
E aspettò.
Aspettò il sorgere del sole, poi dinuovo il tramonto. E così via per diversi giorno. Non mangiò ne bevve niente, non ne aveva poi così bisogno. Non vide nessuno, ne andò agli allenamenti.
Certe volte si chiedeva che cosa ci fosse fuori dalla sua città, se c'erano posti bellissimi e incredibili da visitare. Avrebbe voluto scappare ed andare in quesi posti che poteva solo immaginare. Ne fu quasi tentata, ma lasciò perdere. Rimase li ferma, immobile. Una sera si affacciò dalla torretta per vedere la gente che passava nella piazza, di solito era sempre piena, ma quella notte non c'era nessuno.
Molto probabilmente era stata indetta un assemblea per annunciare il legame tra lei e Camron, di solito funzionava così.
Suo padre, giorni prima, le aveva detto che solo i membri delle due famiglie vi avrebbero partecipato. Le aveva pure ordinato di non allontanarsi dalla città, e lei, stando su quella torretta non stava disubbidendo ai suoi ordini.
Quella notte era così silenziosa che si sarebbe sentito il minimo rumore. A Prisca infatti non sfuggirono i passi veloci di qualcuno che si stava avvicinando. Sentì un fruscio e si girò, ma non c'era nessuno.
Forse si era immaginata tutto. Sospirando si girò per tornare a sedersi, questa volta sul cornicione, quando andò a sbattere contro qualcosa.
Al primo impatto le sembrò un muro, ma poi sentì il suo profumo. Alzò la testa e incontrò due occhi grigio fumo.
Camron.
Si staccò bruscamente da lui, come scottata. Indietreggiò, fino a quando non sentì il muretto della torretta premuto sulla schiena. Non molto, ma abbastanza lontano da lui per non sentire più brividi sulla pelle.
- C-che cosa vuoi? Come hai fatto a trovarmi? - balbettò lei.
- So che ti piacciono i posti alti.  Che cosa ci fai qui? Perchè non ti sei fatta vedere agli allenamenti e da nessun'altra parte? - disse in risposta Camron.
- Non credo siano affari tuoi. -
Poi non dovrebbe esserne contento? Almeno poteva passare del tempo con Azura senza avercela tra i piedi. Avrebbe dovuto ringraziarla, e non guardarla con quello sguardo indagatore e infastidito. Era lei che doveva sentirsi infastidita.
- Io credo di si. -
Un po, Prisca dovette ammettere, aveva ragione. Ormai erano promessi, tutto quello che faceva lo riguardava.
- Si può sapere, si o no, che cosa vuoi? - iniziava ad irritarsi.
Se a lui interessava quello che faceva lei, a lei interessava che lui si vedesse con la sua migliore amica, mentre era promesso con lei.
- Non c'è bisogno che ti arrabbi così. -
- Io non sono arrabbiata. - Invece si. - Sono solo stanca di stare qui. Stanca di questo posto. Di tutto. - disse sinceramente.
- Anche di me? - sussurrò con voce melodiosa, avvicinandosi, e perforandola con i suoi splendidi occhi. Per poco non si sciolse e non gli rispose "No. Non mi stancherei mai di te. Come potrei?" Ma si riprese appena in tempo. E si infuriò ancora di più.
Stava scherzando, vero? Si divertiva a prenderla in giro.
- Smettila. Smettila di fare il carino un minuto, e tornare lo stronzo di sempre quello dopo. Smettila di fare il gentile o quello che si preoccupa, quando so per certo che non è così, solo perchè i nostri padri ci hanno obbligato a stare insieme. Sai, non devi parlarmi per forza, almeno non necessariamente fino al legame. - 
Aspettò un minuto. Lui non disse niente, così continuò - Tu non mi vuoi. Io non ti voglio. - dichiarò, prendendo fiato.
Ne aveva sparata una grossa. Lei lo voleva, eccome. Ma non poteva.
- Non siamo mai stati amici e non ci siamo mai considerati. - Altra bugia, lo sapeva pure lui. Da bambini passavano parecchio tempo assieme. Erano praticamente inseparabili. Lei lo adorava, ma quella non era una cosa nuova, e lui si comportava da fratello maggiore. Non ricorda giorno in cui non avesse pensato a lui. Ma poi lui si era allontanato sempre di più, uscendo con altre persone, con altre regazze. Si ricorda ancora quando lo perse definitivamente, ma questa era un altra storia.
Dov'era arrivata? Ah, si.
- Continua a ignorarmi come sempre, e vattene, ora che puoi. Ora che non sei obbligato a stare con me. - continuò.- L'eternità è davvero lunga da passare con qualcuno che non sopporti. Con la donna che non ami. -
Era dannatamente seria. Era combattuta tra quello che provava per lui e il dispiacere per Azura. Era una migliore amica pessima. Continuare ad essere innamorata del ragazzo che l'aveva morsa. Quale brava migliore amica l'avrebbe fatto? Nessuna. Pessima ed egoista.
- Vattene e goditi il tempo che ti resta, perchè non credo sia molto. - Sembrava un po una minaccia, ma non le importava.
Ma Camron non se ne andò, restò fermo a guardarla, riflettendo evidentemente sulle sue parole. La ragazza non aspettò che le rispondesse, fece qualche passo veloce e saltò giù dal cornicione, atterrando con una bella capriola.
Andò via nel buio della notte, facendo un favore ad entrambi.

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Capitolo 9
*** Avvenimenti inaspettati ***


Decise di tornare gli allenamenti, non poteva continuare a saltarli, era una delle poche cose a cui teneva molto. 
Quando varcò la porta, Forrest non le chiese perchè non si era fatta vedere in questi giorno, le fece solo un cenno di saluto, come sempre, e lei gliene fu immensamente grata. Poi, se qualcuno glielo avesse chiesto, che avrebbe dovuto dire?
"Sapete, ero troppo occupata a deprimermi invece di andare agli allenamenti o scorrazzare per la città. Capitemi"
- Ezel e Azura oggi non vengono - la informò il suo maestro.
- Perchè?. -
- ... Servono aiuti con i preparativi della cerimonia e si sono offerti di aiutare. - le rispose esitante.
Prisca serrò la mascella e strine i pugni. Si erano offerti volontari? Si, come no. Azura che aiutava per i preparativi della cerimonia dell'uomo che amava con un altra? Sicuro che si era offerta!
Sentì una strana sensazione sulla pelle, non fastidiosa. Si girò per capirne il motivo, e vide Camron pochi metri lontano da lei che la stava fissando. Probabilmente non aveva smesso di guardarla da quando era entrata. 
Non gli prestò parecchia attenzione, e si diresse all'espositore per prendere la spada, Camron fece altrettando, ma una voce li fermò.
- Niente spade. Niente armi. Oggi vi allenerete corpo a corpo. -
Lei aprì la bocca per protestare, per dire che non aveva senso allenarsi sul corpo a corpo dato che avevano sempre a disposizione delle armi, quando le porta della sala si aprirono ed entrò Caden.
Che cosa ci faceva lui li? Era venuto per portarla da suo padre?
- Forrest, Abdel vorrebbe vederti. - disse. - Subito, se possibile. -
Lo vide annuire e girarsi verso di loro, guardandola.
- Prima che tu possa dire qualcosa sull'allenamento di oggi, tipo che non serve a niente il corpo a corpo, visto che abbiamo le armi, vorrei farti notare che se ti trovassi in uno scontro con un altro vampiro, e tu fossi disarmata, per niente preparata a un corpo a corpo, saresti completamente fregata. -
Leggeva per caso nella mente? Sperò di no. Detto questo se ne andò, non prima di minacciarli con un
- Ovviamente mi aspetto che lo facciate anche senza la mia supervisione. -
Prisca, in realtà, avrebbe voluto dirgli che il vampiro che l'avrebbe attaccata disarmato, sarebbe stato completamente fregato, non lei. Anzi, anche un vampiro armato. Ma si tappò la bocca.
Sentì il portone chiudersi alle sue spalle.
Ora erano ufficialmente soli.
Iniziò ad innervosirsi. Perchè dovevano essere da soli? Perchè? Era possibile essere felici e tristi allo stesso tempo? Lei si sentiva così. Da una parte era felice di stare con lui, di celebrare il legame con lui, cosa che aveva sognato un mucchio di volte, anche se in questa versione non c'era il morso alla sua migliore amica, e lui la amava pazzamente.
Ma ovviamente erano solo sogni, la vita reale era un altra cosa.
Dall'altra parte, era terribilmente frustrata, dispiaciuta. Non sopportava di vederlo triste, ne ora, ne mai.
Per non parlare di Azura, ma cercava di non pensarci troppo. Infondo, non era colpa sua, ma di suo padre.
Si girò verso di lui. Faceva male guardarlo, e sapere di non poterlo avere, non fino infondo almeno. La cosa che più desiderava di lui, non sarebbe mai stata sua. Il cuore di Camron ormai apparteneva ad Azura, ora e, molto probabilmente, per sempre.
Si, perchè i vampiri si innamoravano raramente, e le volte che succedeva, di rado un vampiro si innamorava per la seconda volta.
Difficile, ma non impossibile, si costrinse a sperare.
- Vogliamo iniziare o vuoi stare li a fissarmi per tutto il tempo? -
Pensò seriamente di stare li a fissarlo, ma poi che avrebbe pensato di lei? Scosse la testa.
- Io non ti fisso. -
- Oh si invece. -
- Non credo proprio. - ripetè convinta.
- Non è colpa tua, sono dannatamente bello, che vuoi farci? Le ragazze non possono starmi lontano. - pensò seriamente di prenderlo a pugni, anche perchè aveva davvero ragione. Era bello, troppo.
- Non mi interessano le tue ragazze. - Non suonava bene, ritentò. - Non mi interessa se sei bello. - Perfetto. Gli aveva detto chiaramente che lo trovava attraente. Che cretina. Ritentò un ultima volta. - Non mi interessa niente di te, e nemmeno che le ragazze ti torvino attraente. Non mi interessi, punto. - Ecco, così poteva andare.
- Allora perché mi fissi? -
- Perché spero che una forza sovrannaturale possa farti evaporare via all'istante. - disse sarcastica, facendo il suo stesso gioco. - E poi io non ti fisso. Tu non mi fissi. Non non ci fissiamo. Ok?. - disse in tono duro.
Le dispiaceva un po rispondergli così, ma era meglio che lo tenesse a distanza. Non doveva affezionarsi a lui più di quanto già non era. Però magari lei non lo amava veramente. Magari si sarebbe potuta innamorare di qualcun'altro.
"Si certo." le disse una vocina dentro di lei. "Sogna." La mandò mentalmente al diavolo.
Riflettendoci, anche lui le rispondeva male, quindi perchè avrebbe dovuto essere gentile quando lui non lo era?
- So che non vuoi... come dire..sposarmi, se così possiamo definirlo, ma visto che dobbiamo passare insieme molto, molto tempo, potremo almeno cercare di andare daccordo. - propose lui.
- Non necessariamente. Non se io ... - sussurrò lei.
Ma lui la sentì ugualmente. - Non se tu, cosa? -
Non rispose.
- Non se tu cosa? Cosa stavi per dire? - ripetè lui a voce più alta, stringendole un braccio.
"Non se mi rifiuto di sposarti, se rompo il legame e me ne vado" pensò.
- Niente. - disse, levando in malo modo la mano che le stringeva il braccio.
Ci aveva seriamente pensato. Aveva davvero preso in considerazione l'idea di scappare e farsi uccidere, almeno avrebbe risolto le cose.
- Allora? -
- Allora cosa? - Non capiva.
- Amici? - disse lui, tendendole la mano.
Lo guardò negli occhi. Non lo capiva proprio, eh? Mai dire ad una ragazza innamorata "Amici?". Faceva male.
Ingoiò il nodo che le si era formato in gola, e non rispose. Si limitò a fissarlo. Non ne sarebbe mai stata in grado, adesso. La parola amici era troppo poco.
Ma non importava molto, tanto alla fine, poco prima del legame, si sarebbe tolta di mezzo.
Andò verso di lui e gli mise le mani sul petto. Camron sgranò gli occhi. Vabene che non voleva essere toccato da lei, ma le sembrava una reazione un po esagerata. Poi lo spinse, mettendoci un po più forza del necessario.
Ovviamente, colto alla sprovvista, andò a sbattere contro il muro parecchi metri più in la.
- Ma che diavolo ti prende? -
- Sbaglio, o dobbiamo allenarci? - disse, alzando un sopracciglio.
Un guizzo divertito passò tra gli occhi grigi del ragazzo, mentre si rialzava e correva verso di lei, per etterrarla.
All'ultimo secondo, fece un salto e gli etterrò dietro. Lui si girò, sferrandole un pugno, che lei bloccò.
"Niente trucchetti" le disse nella mente.
"Come fai? Non sapevo ne fossi capace" gli rispose, riferendosi al potere di parlare nella mente.
"Ci sono molte cose che non sai di me... Comunque non sempre mi riesce. Con te quasi mai" confessò. "Anche tu ne sei capace, però."
"Tra le altre cose" gli inviò, alzando le spalle.
Gli girò il polso, stava per spezzarglielo quando lui si liberò dalla presa con uno strattone e la intrappolò tra il suo petto e il muro. Schiena contro schiena. Lui aveva un braccio intorno alla sua gola e l'altro più in basso, intorno ai fianchi.
- Sei in trappola. - le soffiò all'orecchio, procurandole dei brividi.
Lei provò a liberarsi, ma era parecchio forte. Poi, improvvisamente le venne un idea. Appoggiandosi a lui, posò i piedi contro il muro che aveva davanti e spinse, con tutta la forza che aveva.
Entrambi finirono contro il muro dall'altra parte della stanza.
- Mai dare per scontata la vittoria. - lo punzecchiò, alzandosi.
Le si buttò addosso per spingerla a terra, ma si spostò di lato e lui la mancò di un soffio. Ne approfittò per stenderlo a terra, e, mentre si girava verso di lei, gli si buttò addosso, bloccandolo. Gli fermò le mani sopra la testa, gli mise un braccio sul collo, e gli bloccò le gambe con le sue.
Restarono fermi in quella posizione diversi minuti. Occhi negli occhi. I corpi appiccicati. Prisca sentiva ogni punto di contatto con il suo corpo. Non avrebbe saputo dirlo con certezza, seppe solo che, a un certo punto, si rese conto di quanto fossero vicini i loro visi.
Sentiva il respiro di Camron unirsi al suo, e i suoi capelli biondi solleticarle la fronte.
Senza poterselo impedire, fece scorrere lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra. Sembravano morbidissime. Si chiese come sarebbe stato baciarlo, accarezzare le labbra di lui con le sue...
Camron catturò il suo sguardo per un momento, poi eliminò i centimetri che separavano le loro bocce, posando dolcemente le labbra sulle sue, sfiorandole appena, leggere al contatto, come un battito di ali.
Troppo emozionata per pensare, lo liberò dalla presa, e lui, con gambe e braccia libere, le accarezzò una guancia, stringendola a se con l'altro braccio. Poco dopo le labbra di Camron premettero sulle sue con più decisione, e si stavano aprendo sotto quelle di lei per approfondire il bacio, quando la porta della sala si aprì e lei schizzò via dalle sue braccia in un attimo.
Forrest li trovò così, Prisca in piedi, con una mano a sfiorarsi le labbra, stupita da quel bacio tanto desiderato, e Camron seduto a terra, che si ralzava lentamente.
- Che è successo? - domandò indagatore.
Prisca aprì bocca per rispondere, ma Camron la anticipò.
- Mi ha battuto. - confessò grattandosi la testa. - Che cosa umiliante. - sembrava imbarazzato.
No, era lei che aveva perso. Ora sarebbe stata sua per sempre. Quel bacio, atteso per tanti anni, l'aveva definitivamente fregata.
- Finalmente hai trovato una ragazza che ti tiene testa. - lo prese in giro lui.
- Direi di si. - acconsentì Camron in tono pensieroso.
- Ora, ho parlato con i vostri padri. Prisca devi tornare a casa. Anche tu Camron. Vogliono vedervi. -
- Perchè?. -
- Credo che abbia a che fare con il legame... Non ne sono sicuro. -
- Ci sono stati problemi? E' spostato? Non si fa più? - chiese subito Camron
Quindi ci sperava ancora. Sperava ancora di poter scappare dalla cerimonia senza inconvenienti, tipo la sua morte.
Allora perchè l'aveva baciata? Lei proprio non capiva che potesse passargli per la testa.
- Oh, no. Niente del genere credo. Non lo so con precisione. So solo che vogliono incontravi. - ripetè Forrest.
- Vabene, ci vediamo domani. - si congedò Prisca, uscendo in tutta fretta dalla sala.
Non osò guardare Camron per paura di quello che avrebbe trovato nel suo sguardo. Si era pentito di averla baciata? La ragazza pensò di si.
Quel bacio non aveva significato niente per lui. Ma perchè lo aveva fatto? Per provare come sarebbe stato dopo il legame? Era una specie di esperimento? Lo avrebbe dimenticato, avrebbe fatto finta che quel bacio non fosse mai accaduto, era giusto così.
Certo, sarebbe stato difficile, ma avrebbe finto con lui. Il problema era che non poteva mentire a se stessa per quello che aveva provato.

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Capitolo 10
*** Mi ricordo di te ***


Buonasera! Ho una notizia che forse vi farà felici. Ho appena aggiunto le foto dei personaggi Prisca e Camron. Sono inserite alla fine del capitolo 9. Se siete curiosi andate a vedere!


Ci mise un po per arrivare a casa.
Uscendo dalla sala degli allenamenti salì sopra le mura, come aveva fatto l'ultima volta, con l'aiuto dell'aria. Si sollevò e appoggiò i piedi sul cemento, iniziando a camminare. Non fece poi tanti passi, perché una voce la fermò.
- Non puoi stare qui. - Evidentemente era una guardia.
Prisca, per una volta, decise di fare appello al suo nome. Tutti la chiamavano principessa, perchè non comportarsi come volevano?
Si girò e guardò male la guardia. - Io penso di si. -
- Principessa. - inchinò la testa riconoscendola. - Mi dispiace, ma non è sicuro stare qui. -
- Non mi interessa se è sicuro o no - disse incamminandosi nella direzione opposta alla sua.
Pensò che non l'avrebbe più infastidita, quando se lo ritrovò davanti, che la bloccava con una mano sulla spalla. Come aveva fatto a muoversi così velocemente? Non erano in molti ad esserne in grado.
- Devo insistere. - ripetè lui, levando subito la mano dalla spalla di Prisca, evidentemente preoccupato di aver fatto qualcosa di sbagliato.
Stava per ribattere, quando incrociò i suoi occhi. E restò di sasso. Erano verdi. Di un verde stupendo. Così intenso da poter illuminare una notte senza stelle, ne era sicura. Ed era sicura anche di averli già visti. Era lui ... Il suo salvatore con gli occhi smeraldo.
Il ragazzo restò impassibile. - Tutto bene? -
- Io... Ci siamo già visti? -
- No. - rispose senza battere ciglio.
- Sicuro?. -
- Assolutamente. -
Prisca non ci credeva. Era lui. Nessuno aveva degli occhi di un verde così intenso... Lo guardò attentamente, incerta se credergli o no. Gli diede il beneficio del dubbio.
- Scusa, mi sa che ti ho confuso con qualcun'altro. - Decise di lasciar perdere, per il momento - Senti, sappiamo entrambi che non puoi fermarmi, e sappiamo anche che se non mi fai scendere, passerai dei guai. Quindi direi di metterci daccordo... - propose lei.
- Ad esempio? -
- Io passo dalle mura per andare a casa, e tu mi accompagni. Che ne dici? -
Lui esitò un'istante, poi, quando Prisca temette che avrebbe rifiutato, annuì.
- Come ti chiami? - gli chiese dopo un po. Voleva saperlo. Era più forte di lei. Era come se dovesse dare un nome al ragazzo che, molti anni prima, l'aveva aiutata.
- Constant, principessa. - disse sospirando.
Constant. Gli stava a pennello. Alla ragazza non sfuggì il nervosismo nella sua voce. Aveva forse paura di lei? Per quale motivo?
- Constant Elwood. - ripetè.
Elwood? La famiglia Elwood veniva subito dopo le tre famiglie antiche. Dopo la morte dei suoi genitori deve essere cambiato tutto. Erano stati uccisi da dei cacciatori di vampiri, molti anni prima. E' questo che aveva sempre saputo. Quello che le avevano raccontato. Ma nessuno le aveva detto del figlio sopravvissuto. Perché?
Ma la domanda che le interessava di più era "Perché è una guardia?" Di solito le famiglie antiche, non facevano cose del genere, stavano al sicuro nella città.
Decise di far finta di niente. Non voleva tirare fuori la storia. Non ne aveva il diritto. Non lo conosceva nemmeno. Era suo diritto raccontare la storia della sua infanzia, quando e se avesse voluto farlo. E se avesse voluto, lei sarebbe stata li ad ascoltarlo. Gli era debitrice, doveva pur ricambiare in qualche modo.
- Io sono Prisca. - si diede della stupida. Era ovvio che lo sapeva.
- Chi non lo sa, principessa? . -
Appunto.
- Chiamami Prisca, perfavore. Non mi piace essere chiamata principessa, anche perchè non lo sono davvero! Non capisco perchè vi ostiniate tutti a chiamarmi così... -
Beh non tutti. Le altre due famiglie antiche, oltre la sua, la chiamavano semplicemente Prisca.
- E' un segno di rispetto, principessa. - Lei lo guardò male. - Prisca. - si corresse lui, con un sorriso.
Non potè fare a meno di notare che, quando sorrideva, gli si illuminava tutto il viso e gli occhi scintillavano più del solito, se possibile.
- Così va meglio. - disse trattenendo un sorriso. - Quanti anni hai? -
Constant non doveva essere molto più grande di lei. Si rese conto di quanto fosse bello. Prima non gli aveva prestato troppa attenzione, e si chiese come non avesse fatto a non notarlo prima. Si sarebbe notato in mezzo a una folla, tanto spiccava. Dal suo naso diritto, ai suoi denti perfetti, alla mascella squadrata, tutto in lui esprimeva perfezione. Perfino i capelli con striature rosse, sembravano gridare "Guarda come sono bello!" Ma era il suo sguardo sempre attento che ti attraeva come una calamita.
Era così attento, come se, qualsiasi cosa, e in qualsiasi momento fosse accaduta, lui sarebbe stato pronto.
- Venticinque. - rispose.
- Io diciotto. -
- Lo so. Penso che lo sappiano tutti. - e sentì un suono cristallino, bellissimo.
Sgranando gli occhi, Prisca si rese conto, pochi secondi dopo, che era la sua risata.
- Ah. Già. - Ma perchè non stava zitta, invece di continuare a dire sciocchezze?
Infatti si chiuse la bocca, e camminarono in silenzio per minuti. Il bello era che non c'era imbarazzo o tensione, lei adorava quel tipo di silenzio. Era rilassante.
Arrivarono davanti a casa sua, che era proprio accanto alle mura.
- Grazie per avermi accompagnato. Anche se non avevi molta scelta. -
- Dovere. Però mi ha fatto piacere. -
- Anche a me. - Incontrò i suoi occhi, non potendone fare a meno. Era felice di averlo incontrato. Sembrava un bravo ragazzo.
Prisca era sicura che lo fosse. Constant si girò per andarsene, ma all'ultimo secondo si fermò.
- Ti auguro una felice eternità. - disse inchinandosi.
- Che intendi dire? -
- ... Per il legame. - disse imbarazzato.
Il sorriso che le aleggiava sulle labbra scomparve. - Ah. Si certo, grazie. - sperò che lui non l'avesse notato.
Ma evidentemente le sue preghiere non furono esaudite.
- C'è qualcosa che non va?- Esitò un istante. Le risultò un po difficilementire sotto il suo sguardo, che sembrava scrutarla dentro.
- No. Va tutto come deve andare. -
Scese dalle mura, con un bel salto, e prima di varcare la soglia di casa gli invio "Sono felice di averti rincontrato." Era convinta che avrebbe capito. E intanto pensò "Quel ragazzo è un raggio di luce nell'oscurità." Sperò di rivederlo. Per un attimo pensò di avergli inviato anche quel pensiero, ma scosse la testa. Non le importava.
Sentì gli occhi di Constant perforarle la schiena fino a che le porte non si chiusero dietro di lei.


Ciao a tutti! Scusate per la lunga attesa, ma in questo periodo sono molto occupata e non ho avuto tempo di aggiornare.
Per farmi perdonare vi pubblico subito il capitolo seguente! Spero vi piaccia.
Grazie a chi, anche dopo tutta questa attesa, continua a leggere la mia storia.
Ellyn P.

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Capitolo 11
*** Un regalo ***


Ciao lettori, vi ricordo per la seconda volta di aver aggiunto le foto dei personaggi Prisca e Camron. Sono inserite alla fine del capitolo 9. Spero vi piacciano.


Attraversò il corridoio, soffermandosi ad osservare i quadri appesi, e le antiche sculture che si erano conservate nel corso degli anni, finché non arrivò allo studio di suo padre.
E li davanti c'era Camron.
- Tu che ci fai qui?. - gli chiese sorpresa.
- Perchè ci hai messo tanto? -
- Avevo voglia di una passeggiata. -
- Le passeggiate non durano così tanto. -
- Io le faccio durare quanto mi pare! - disse alzando la voce.
- Chi era quello? - fece lui, più brusco del solito.
Il che era tutto dire!
- Quello chi? -
- Quello che ti ha accompagnata qui. -
- Mi hai spiata? -
Non rispose.
- Comunque non sono affari tuoi. - disse, distogliendo lo sugardo dai suoi occhi che la fissavano troppo intensamente, e con troppa insistenza.
Pochi secondi dopo aveva la schiena contro il muro. Le mani di Camron ai lati della testa.
- Invece si che mi interessa. -
- Allontanati. - disse invece di rispondere alla sua provocazione, che aveva scatenato in lei sentimenti contrastanti.
- Perchè? -
- Sei troppo vicino. Mi dai fastidio. -
La ragazza soffocò l'impulso di tirarlo a se e baciarlo. Si lasciò sfuggire un occhiata alle sue labbra, desiderosa di riprovare la sua morbidezza.
- Ti do fastidio? -
- Si. - fece risoluta. Non gliel'avrebbe data vinta.
- Allora perchè il tuo cuore batte così veloce? -
Ecco, questa era una cosa che odiava. Finche non sarebbe diventata a tutti gli effetti un vampiro, il suo cuore avrebbe continuato a battere, tradendola ogni volta quando si trovava in sua presenza.
- Mi sa che ti sbagli. - Cercò di farlo rallentare. Ci riuscì quasi.
- Dici? -
- Si dico. Ora allontanati. - disse dinuovo.
- Io non mi sposto. - le soffiò sul collo, procurandole dei brividi.
Prisca doveva allontanarlo o sarebbe impazzita. Con lui così vicino non riusciva a ragionare. Chiuse gli occhi e sospirò.
- Fai come vuoi. -
Chiamò a se l'aria e spinse via Camron, quel poco che bastava per permetterle di tenere sotto controllo il cuore, e di ragionare.
"Perchè mi allontani?" le inviò.
"Non ti voglio vicino"
Incontrò i suoi occhi, che, a differenza della sua voce mentale calma e tranquilla, emanavano scintille.
"Senti, io... Il bacio di oggi.." Non avrebbe sopportato di sentirglielo dire, così lo interruppe.
" Hai ragione. Sono d'accordo con te"
Lui sgranò gli occhi. "Sul serio?" chiese esitante, un angolo della bocca che si alzò timidamente.
Non c'era bisogno che facesse così il gentile, sapendo di spezzarle il cuore. Ci rideva pure su, come se fosse divertente!
"Si. E' stato solo un errore. Non succederà più, non devi preoccuparti."
Lo so che per te non è stato importante come lo è stato per me. So che tu non hai desiderato il mio bacio per anni e anni, sognando ogni notte come sarebbe stato sfiorare le mie labbra con le tue, e tremando al solo pensiero.
Però quello lo tenne per se.
A quel punto alzò una barriera invisibile, per impedirgli di sentire il suo cuore spezzarsi, per la millesima volta.
Camron aprì la bocca per dire qualcosa, ma lo studio di suo padre si aprì, e ne uscì Connor.
- Entrate. - disse solo.
Quindi volevano parlargli insieme. Che potevano volere? Non era già stato chiarito tutto? Dovevano legarsi. Ok. Basta.
Perchè raddoppiare la sofferenza? Si fermò sulla porta, indecisa se entrare o scappare. Girò la testa verso la porta infondo al corridoio, calcolando quanto ci avrebbe messo per arrivarci, prima che qualcuno l'avesse fermata. Ce la poteva fare.
- Non ci pensare nemmeno. - le sussurrò Camron, come se le avesse letto nella mente.
Le prese un braccio e la spinse dentro, seguendola e chiudendosi dietro la porta. Suo padre, ovviamente, era seduto dietro alla scrivania, e li salutò con un cenno del mento, appena percettibile.
Che non si scomodasse troppo, mi raccomando! - Perchè ci avete convocati? - chiese Camron.
- E' tutto annullato? - chiese lei, con voce speranzosa.
Forse, con un po di fortuna, era tutto saltato e Camron sarebbe stato felie con Azura. Lei ci sperava ancora. Anche se questo la logorava dentro, ogni giorno.
- No. Niente del genere. - disse Abdel, lanciandole un occhiata ammonitrice.
- Allora perchè ci avete chiamati?. - fece dura.
- Dobbiamo informarvi su alcune cose. Prima di tutto il legame sarà celebrato tra una settimana...-
- Così presto? - Accidenti! Aveva sperato di avere più tempo.
- Si. - si stava arrabbiando, lo capiva dal suo sguardo. - Lì c'è il tuo vestito - le disse, indicando alla sua sinistra.
Si girò e vide un grande pacchetto verde sul divanetto dello studio.
- Mhm... - andò li e lo prese, esitante.
- Camron.. Il tuo vestito è già a casa tua. Connor si preoccuperà di dartelo più tardi. -
- Come vi abbiamo già detto, il matrimonio sarà privato. Sapete come si svolgerà la cerimonia... -
Certo che lo sapevano. Dopo aver pronunciato le parole "Ora e per sempre" , si sarebbero morsi a vicenda la mano, lasciando su di esse la cicatrice del morso, come una specie di marchio, a ricordare ad entrambi che sarebbero stati alleati, uno il braccio destro dell'altro.
Quel morso non sarebbe servito a renderla totalmente vampiro, ma solo a legarla a lui. Per quello, entrambi avrebbero dovuto succhiare l'uno il sangue dell'altro, e anche in gran quantità, cosa che nel legame non succedeva.
Lo svolgimento del legame non era niente di speciale, però era vincolante, e questo bastava.
- Quindi... Volevamo solo informarvi su questo. - finì per lui Abdel. - E ricordate che non potete più tirarvi indietro, lo sapete. -
Lo sguardo di suo padre si fermò un po troppo su di lei, cosa che non gradì affatto. Ma che voleva? Lei lo sapeva cosa sarebbe successo. Non faceva che ricordarglielo. Ma gli avrebbe fatto capire che non poteva controllare tutto. Non poteva avere tutto quello che voleva, quando lo voleva. E non gli avrebbe permesso in alcun modo di controllare la sua vita. Quella apparteneva a lei, e glielo avrebbe dimostrato.
- Pote andare. - li congedò.
Guardò suo padre per altri secondi, prima di uscire dalla stanza. Si chiuse la porta alle spalle, buttò il vestito su un divano nel corridoio, e se ne andò in tutta fretta, ma Camron le apparve improvvisamente davanti.
- Dove vai? -
- A fare una passeggiata. Perchè? - rispose alzando le spalle e il mento, in segno di sfida. Avrebbe provato a fermarla?
- Un altra? - fece alzando il sopracciglio.
- Si. E' un crimine se mi piace camminare? -
- No no... -
- Bene, allora ...- disse andando via.
- Non così in fretta. - la fermò, mettendosi tra lei e la porta.
- Cosa c'è ancora? -
- Ho una cosa per te.. -
- Una cosa per me? - disse sorpresa, sgranando gli occhi.
- Si. - E le diede un piccolo pacchettino rosso.
Guardò il pacchettino incerta, come se potesse aprirsi all'improvviso e divorarla.
- Non morde mica, sai? -
"Smettila di leggermi nella mente."
"Non lo avevo fatto" Un sorriso aleggiò sulle labbra del ragazzo. La stava prendendo in giro.
Alzò gli occhi al cielo, aprì la porta e uscì dalla casa.
Il sole era basso nel cielo, stava già tramontando. Ma quanto erano stati li dentro?
- Prisca! - Era Camron che le stava correndo incontro - Dai scusa, prendilo perfavore. - fece, riporgendole il sacchettino.
- E' ... è per il legame? -
- No. E' una cosa che ho fatto fare apposta per te. -
- Non posso accettarla. - Si tirò indietro. Perchè le aveva fatto un regalo? Qualcuno lo aveva obbligato?
- Ti prego... Non significa niente. E' per aiutarti a controllare i poteri. So che preferiresti in un certo senso non averli, ma visto che non è possibile... Quando indossi questo - disse prendole la mano e dandole il pacchettino - i tuoi poteri extra sono bloccati. -
- Quali extra? - fece poco convinta.
- Solo quelli legati agli elementi. -
- Perchè vuoi aiutarmi? - non aveva ancora ritirato la mano su cui lui aveva posato il sacchettino.
- Perchè dovremo passare insieme molto tempo. -
- Grazie, è stato gentile da parte tua.. -
Continuava a non capire il perché volesse aiutarla, ma lasciò perdere.
- Hai intenzione di prenderlo o no? -
Non si era accorta di non aver ancora ritirato la mano. Era restia a farlo.
Camron, forse capendo, posò la mano sulla sua e l'accompagnò fino alla tasca posteriore dei pantaloni, infilandoci il sacchettino. Facendo questo, si era terribilmente avvicinato, e ora le sue labbra erano accanto al suo orecchio.
Scattò subito indietro, lo guardò un attimo negli occhi, e scappò.
Lasciandosi alle spalle un Camron più confuso del solito.
Il punto in cui aveva toccato la sua mano continuò a pizzicarle per diverso tempo.


Come promesso ecco il seguito. Alla prossima!

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Capitolo 12
*** Gli Altri ***


Ripeto per la 3 (e ultima) volta, di aver aggiunto le foto dei personaggi Prisca e Camron. Sono inserite alla fine del capitolo 9. :)


Non aprì il suo regalo, lo lasciò nella tasca dei pantaloni. Brutta mossa. Quella scatolina sembrava pesare un quintale, ma cercò di non pensarci.
Si tirò su il cappuccio, e senza farsi notare fece un giro per la città, finchè le sue gambe non la portarono sopra le mura. Ormai stava diventando un abitudine.
Si mise a sedere con le gambe penzoloni, a guardare in lontananza. Era grata a Camron per il suo regalo, che, a quanto pareva, l'aiutava a bloccare i suoi poteri, però non voleva quell'oggetto. Non voleva usarlo. Indossarlo, sarebbe stato un altro ricordo di lui che l'avrebbe perseguitata quando se ne sarebbe andata, e non voleva.
Voleva dimenticarlo, e qualsiasi cosa legata a lui non era una cosa buona. Poi in questi giorni si stava pure avvicinando a lei, mettendola in difficoltà. Era come se non volesse essere dimenticato, come se volesse imprimerle nella memoria il suo ricordo, la sua faccia, la sua risata, la sua compagnia.. Nemmeno lo facesse apposta.
Sospirò.
Avrebbe dovuto aspettare solo pochi giorni e poi sarebbe tutto finito. Sarebbero stati tutti felici.
Beh, tutti tranne lei, anche se nel posto in cui sarebbe andata non avrebbe sentito ne provato niente. Non avrebbe saputo nemmeno di Essere qualcuno, perchè, in effetti, sarebbe diventata nessuno.
Sbattè gli occhi, rendendosi solo ora conto di essersi alzata dalla sua posizione precendente, e di star camminando beatamente sulle mura. Strano che nessuna sentinella l'avesse ancora beccata.
Si sentì picchiettare su una spalla.
Appunto..
Già pronta a una lavata di capo, si girò, incontrando due smeraldi.
Era Constant.
- Ancora tu? - a dispetto del tono lamentoso che aveva usato, nei suoi occhi non c'era ne rabbia ne fastidio, forse solo un po di sorpresa, mischiata a dell'incertezza, molto probabilmente.
Cosa fare? Mandarla via o no?
- Ciao Constant. Sono felice di notare che hai smesso di parlarmi in quel modo tanto rispettoso. - scherzò lei.
Davvero, ne era felice. Molto.
Il ragazzo arrossì per un momento, poi tornò serio. Un momento..
Arrossì? I vampiri non arrossiscono... Prisca notò, con suo immenso stupore, che il ragazzo era ancora un vampiro completo. Non aveva ancora deciso di fermarsi a quell'età.
Che strano ... La maggior parte dei vampiri, quelli delle nuove generazioni, di solito si fermavano prima dei venticinque. Perchè lui no? Ognuno poteva decidere l'età che voleva, certo, ad esempio il vampiro più vecchio che conosceva ne dimostrava 40, in anni umani. Suo padre ne dimostrava 33, sua madre 30. Si chiese perchè si fossero legati così tardi. A pensarci bene, negli ultimi decenni i legami avvenivano prima, sempre più spesso, e non se ne spiegava il motivo.
Se guardava i vampiri più vecchi, ne vedeva di tutte le età. Dai 40 ai 30, raramente sotto. Invece adesso...
Scosse la testa. Constant poteva decidere per conto suo, però si ripromise di chiedergli il motivo della sua attesa.
- Ehi - fece lui, muovendole una mano davanti al viso. - Ci sei? -
- Eh? Si. -
- Ho detto che non puoi stare qui. - ripetè .
- Si ma... non sapevo dove andare. -
- E perchè sei venuta proprio qui? -
- A dire la verità non lo so.. -
Non lo sapeva davvero. Forse aveva solo bisogno di un amico. Con Azura non parlava da tempo ormai, Prisca si sentiva sola, anche se tra pochi giorni sarebbe andata via, lo voleva davvero un amico, per quel poco tempo che restava. Poteva essere lui? Quel ragazzo dagli occhi smeraldo dannatamente magnetici e intensi? Lo sperava.
- Posso restare? Prometto di non dare fastidio. -
La guardò per un attimo, poi qualcosa scintillò nei suoi occhi. Doveva aver capito cosa le passasse per la testa, perché stranamente, annuì.
Forse provava pena per lei o, semplicemente, anche lui si sentiva solo.
Salirono sulla torretta, in silenzio. Non era la solita torretta malandata, quella inutilizzata. Quella era usata, ma era anche parecchio isolata rispetto alle altre. Notò con felicità che non c'era nessun altro oltre a loro.
- E quindi - disse Prisca interrompendo il silenzio. - Tu passi qui tutto il tempo? -
- Non tutto, ma la maggior parte si. -
- E non ti annoi a stare qui da solo? -
- Non sono solo, ci sono anche altre sentinelle. -
Lo guardò, come a dire, "Stai scherzando, vero?" - Ma non ci sono sempre. E scommetto che neanche ci parli con quelle altre guardie. -
- Cosa te lo fa pensare? -
- Tu sei diverso. Tutte le altre sentinelle sono tipo "Non disturbarmi che devo sorvegliare eventuali attacchi nemici" , quando, sappiamo tutti, non ce ne sono da parecchio -
- Mi stai dicendo che non faccio bene il mio lavoro? -
- No! Non era questo che intedevo. - si grattò la testa, cercando di trovare le parole per dirlo a modo. - Intendo dire che tu sei più.. alla mano di loro. Quando salgono degli "intrusi" sulle mura, non le prendi e le spingi di sotto, come ,fidati, accade parecchie volte. Tu ti fermi e gli chiedi cortesemente di scendere. E scommetto che quando non sei sulle mura, e cammini per la città, non tratti gli altri come fossero pezza. Le altre sentinelle fanno così, le ho viste. Pensano di essere meglio degli altri.. E non ne capisco il motivo. E poi, anche se parli con me lo vedo che sei sempre attento. Scommetto che, se in questo momento qualcuno saltasse fuori e cercasse di attaccarci, non farei nemmeno in tempo a dire "Sentinella" che l'hai messo già fuori uso! -
Constant fece un verso tipo grugnito, trattenendo una risata. - Non esagerare. -
- Allora? -
- Allora, cosa? -
- Non ti spiace stare qui da solo? -
- Ormai ci ho fatto l'abitudine, a stare da solo. - disse guardando altrove.
Era inevitabile notare i sottointesi non espressi in quella sua semplice frase, così non potè far altro che chiedere - Che intendi dire? -
Lui sospirò. - So che sai chi sono. So che conosci la mia storia, la conoscono quasi tutti. -
Non disse niente, voleva sentirla da lui, se avesse avuto voglia di condividerla.
Poi iniziò a parlare.
- Avevo otto anni quando successe. Tu eri ancora troppo piccola per ricordare. A quel tempo c'erano dei vampiri diversi, cattivi. La nostra razza gli chiamava Altri. Loro uccidevano gli umani e molto spesso anche i loro simili. Non si limitavano a ucciderli, si preoccupavano anche di succhiare tutto il sangue presente nel loro corpo. Per molti di noi, come ben sai, è una forma di irrispetto se un altro vampiro, che non sia il tuo compagno o la tua compagna, ti succhia il sangue. E gli Altri ci uccidevano così, per dimostrarci di essere più forti, migliori. Molti di noi lo credevano, ne erano anche terrorizzati. Nal corso dei secoli qualcuno di loro veniva nella nostra città, tentando la sorte. A seguito di questo evento, qualche tempo dopo furono costruite le mura proprio per teneri lontani. -
- Io no posso ricordare, ma questi attacchi successero prima della tua nascita o dopo? -
- Prima. -
- E tu come fai a saperlo? E non ho mai sentito parlare di questi altri vampiri. Se fosse vero, dovrei esserne a conoscenza anche io.-
- Non necessariamente. Nessuno in questa città ne parla volentieri, e per altri è solo una leggenda. I pochi che sanno fanno finta di niente. -
- Perchè? -
- Chi lo sa. Per la paura? Perchè temono il loro ritorno? Comunque, con la costruzione delle mura le due razze furono separate. Da una parte gli Altri, da questa noi. Troppo impauriti, decisero di rinchiudersi in questa città, di estraniarsi dal resto del mondo per vivere in tranquillità. Proposero un patto agli Altri, che accettarono. Loro se ne stavano buoni e non si preoccupavano degli affari degli Altri, che cosa facevano, chi uccidevano.. In questo modo gli Altri ci lasciavano in pace. - continuò.
Prisca era esterrefatta. - Che cordaridi! Nascondersi in questo modo. Dovevano affrontarli. Tutte le sciocchzze che ci hanno detto... che siamo invincibili, che non abbiamo paura di niente... Tutte fesserie. Perchè dire di essere invincibili e tutto il resto quando a conti fatti, siamo tutto il contrario? -
- Per convincersi. Per provare a smettere di avere paura. - ipotizzò lui.
- E poi come hanno potuto lasciarglielo fare? Lasciare che gli Altri uccidessero gli umani? Non è forse una delle principali regole, non uccidere e non cibarsi degli umani? - - Certo, ma non per loro. Come ti ho detto, sono diversi. E i nostri hanno sorvolato per sopravvivere. O uccidevano loro, o gli umani, secondo te che avrebbero potuto fare? L'istinto di sopravvivenza è una cosa innata. Non ci hanno pensato due volte. -
Era disgustata. Che codardi ed egoisti, che erano stati. Va bene che era nella loro natura cercare di sopravvivere, ma far uccidere delle persone innocenti, che non centravano niente con questa faida, solo per salvarsi la pelle? Non era giusto. - Comunque, - riprese lui - dopo un secolo o giù di li dal patto, un giorno alcuni di loro entrarono nella città. Per nostra fortuna, dato che eravamo in vantaggio, molti di loro furono uccisi e torturti, per ricevere informazioni, per sapere perchè avevano infranto il patto. Dissero che nella loro città c'era un piccolo vampiro con poteri mai visti, che poteva controllare tutti gli elementi, una cosa contronatura. Mai vista prima. Era loro compito ucciderlo prima che distruggesse tutto, prima che diventasse realmente un pericolo. Mentre venivano torturati alcuni di loro entrarono in casa mia e uccisero i miei genitori. Io ero nascosto in camera mia, ma li sentii ugualmente. Stavano cercando me, volevano uccidermi. Erano sicuri che fossi io a possedere tutti quei poteri, perchè qualcuno dei nostri glielo aveva detto, ma ovviamente nessuno ci credette. Certo, i miei genitori erano potenti, ma io non ero niente di che e ovviamente si sbagliarono, ma ormai era troppo tardi. Il danno era fatto, i miei erano morti e stavano per uccidere anche me, ma quando uno di loro mi trovò, i nostri fecero irruzione e uccisero lui e gli altri. Dopo la morte dei miei genitori fui affidato a un altra famiglia che non mi voleva nemmeno. -
Era palese l'odio per gli Altri. Proveniva dalla sua voce come un mare in tempesta.
- Nessuno mi aveva raccontato la storia in questo modo. Io sapevo che erano stati dei cacciatori ad entrare nella città quella notte... -
Era per quello che suo padre non voleva mai che si allontanasse dalla città? Aveva paura che potessero ucciderla? Stavano ancora cercando il vampiro con tutti quei poteri?
Poi si rese conto di una cosa.
Era colpa sua se i genitori di Constant erano morti. Stavano cercando lei, e hanno ucciso loro. Era colpa sua. Non lo conosceva da molto, ma si sentiva in qualche modo legata a lui. Sentiva un filo invisibile partire da lei e continuare, continuare... fino a lui. E non era una cosa nuova, era come se ci fosse sempre stato, e i due ragazzi, a dispetto di tutto, si sarebbero sicuramente incontrati nel futuro.
Ed era accaduto.
Era terrorizzata dall'eventualità che, se lui avesse scoperto la verità, l'avrebbe odiata per sempre.
L'avrebbe sopportato? Avrebbe sopportato di perdere questo ragazzo che la faceva sentire bene solo con la sua presenza? Prisca era sicura di no.
- Te l'ho detto. Ormai gli Altri sono solo una leggenda. Che nessuno più racconta, e che col passare del tempo andrà persa. E non credo che tu sia l'unica a conoscere l'altra versione della storia, quella sui cacciatori di vampiri che hanno ucciso la mia famiglia. Scommetto che in pochi hanno realmente visto quello che è successo. Molti di noi saranno subito scappati a nascondersi, e, i pochi che sapevano hanno contorto la verità. Semplice. Anche se mi semba strano che non ti abbiano detto niente.. tutti i membri delle famiglie antiche dovrebbero saperlo. Insomma... D'altra parte è storia, la nostra, della nostra città. -
- Intendi dire che gli altri lo sanno... Azura? Ezel.. Camron.. lo sa? - Constant alzò le spalle. - Forse Ezel e Camron dato che hanno già venti e ventitre anni. Azura è possibile che lo sappia, come è possibile che non lo sappia. -
- Quindi a me dovrebbero dirlo prima o poi..-
- In teoria. -
Calò il silenzio tra loro, fino a quando lei non disse - Mi dispiace. -
- Per cosa? - ovviamente era confuso.
- Per i tuoi genitori. Non doveva succedere a te... - "Ma a me! Doveva succedere a me! Non meritavi tutto questo" urlò dentro di se.
- Non è colpa tua. -
"Invece si. E' colpa mia, tutta quanta. Solo mia."
Non potendoselo impedire, Prisca si protese verso di lui e lo abbracciò.
Constant li per li rimase immobile e rigido, forse sorpreso dalla sua reazione. Poi però si rilassò, e le cinse i fianchi, stingendola a se. Restarono così per molto tempo, quando lui si allontanò il sole era già tramontato.
- Grazie - le disse.
- Per cosa? -
- Per l'abbraccio. Era da tanto che non ne riecevevo uno. -
- Davvero? - Nemmeno lei veniva abbracciata spesso. L'ultimo abbraccio che si ricordava era quello di Azura.
- Già. - il sorriso di Constant era malinconio. - E' meglio se vai a casa. Non è saggio stare fuori a quest'ora. -
- Non credo che qualcuno esca dai cespugli e tenti di uccidermi. E poi tu ci stai sempre qui fuori. -
Lui rise. - E' il mio lavoro. -
- Perchè lo fai? -
- Cos'altro dovrei fare? -
Poi capì. - Lo fai perchè ti senti colpa, vero? Pensi che sia colpa tua se i tuoi genitori sono morti e ora cerchi di proteggere tutti noi. -
Constant sgranò gli occhi e abbassò lo sguardo. Aveva visto giusto allora.
- Ma non è colpa tua. Tu eri solo un bambino, non potevi fare niente! Se fossi intervenuto avrebbero ucciso anche te. -
- Ma ero io quello che doveva morire. Non loro. Se mi avessero consegnato a quest'ora sarebbero ancora vivi. -
- Guardala dal loro punto di vista. Tu consegneresti tuo figlio a dei vampiri che vorrebbeo ucciderlo? Lo consegneresti solo per salvere la tua vita? -
Lui si girò dall'altra parte. - Va via. - disse senza guardarla.
Ma Prisca non poteva andarsene prima di avergli fatto capire che lui non c'entrava niente. Così gli mise una mano sul braccio e lo girò verso di se. Ancora non la guardava.
- Guardami - pregò lei.
Quando gli occhi del ragazzo incontrarono i suoi, vide il suo animo. Letteralmente. Le sue emozioni fuoriuscivano all'impazzata, senza che lui potesse controllarle. Vide com'era devastato, vide un ragazzo cresciuto senza affetto, in una famiglia che lo disprezzava e lo vedeva solo come un problema. Ma la cosa che più traspariva era l'odio verso se stesso. Sembrava un bambino con quello sguardo perso e fragile. Prisca temette che potesse spezzarsi li, davanti a lei, da un momento all'altro.
- Non è colpa tua. - disse. Ma non l'ascoltava veramente, era perso nel suo mondo. Non riusciva a raggiungerlo.
Lo scosse un po. - Non è colpa tua, hai capito? - ripetè.
Constant annuì impercettibilmente.
- I vampiri.. Quelli cattivi, si sono davvero estinti? - voleva saperlo prima di andarsene.
Lui la guardò e rimase in silenzio, ma per lei fu che sufficiente. Lo guardò un ultima volta e si girò, affacciandosi dalla torre. Il salto da li a terra era parecchio alto, ma con l'aiuto dell'aria sarebbe arrivata tranquillamente a terra.
Si mise a cavalcioni sul cornicione, pronta a saltare, quando un braccio la fermò.
- Cosa pensi di fare? - disse Constant tirandola indietro.
- Di scendere e tornare a casa. - Non era ovvo?
- E' troppo alto. -
- No. Ce la faccio -
- No non ce la fai, è alto. Rischi di farti male. -
- E dai, fidati. -
- Stai attenta. - fece, guardandola negli occhi.
La ragazza scese dal cornicione e gli si avvicinò. Posò una mano sulla sua guancia, l'altra sul petto, e poggiò le labbra sulla sua guancia, in un piccolo e dolce bacio.
Sentì chiaramente il cuore del ragazzo aumentare di battito.
- Faresti meglio a farlo tu. - gli mormorò all'orecchio e, invece che sedersi sul cornicione, prese una piccola rincorsa e si buttò di sotto, chiamando a se l'aria, per frenare la caduta.
Atterrò soavemente parecchi metri più in giù. Poi, senza guardarsi indietro, si incamminò verso casa.

Buonasera! Mi scuso per la lunghezza di questo capitolo, spero davvero non sia eccessivamente pesante!
Ciao,
Ellyn P.

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Capitolo 13
*** Bugie su bugie ***


La prima cosa che fece il giorno dopo fu di andare da suo padre.
Entrò nel suo studio senza bussare, e, come al solito, lui era dietro la sua scrivania.
- Non si usa più bussare? - disse scocciato.
- Perchè non me lo hai detto? Perchè nessuno mi ha ma parlato degli Altri? -
Notò che lo sguardo di suo padre si incupì. Quindi era tutto vero. - Chi te ne ha parlato? E' stato Camron? Non ne aveva il diritto. -
- No, non me lo ha detto lui. -
- Allora chi? Ezel? Azura? -
- Quindi lo sapevano tutti tranne me? E non mi hanno mai detto niente? -
- Non stava a loro dirtelo. -
- No, infatti. Stava a te farlo. E quando avevi in mente di dirmelo? -
- Non era necessario che tu lo sapessi. E' il passato, ormai non ha più importanza. -
- Per me ne ha invece! E se gli Altri fossero ancora vivi? Come posso aiutare a proteggere la città, se non mi metti al corrente di niente? Questa non mi sembra una questione da poco! E se ce ne fossero altri? -
- Ti ho detto che non era necessario che tu lo sapessi, e non si è più visto nessuno di loro da diversi secoli. -
- Da diversi secoli, eh? -
- Esatto. -
- E che mi dici dell'attacco alla famiglia Elwood? O vuoi rifilarmi la storiella che racconti a tutti? Cacciatori di vampiri? Ma stiamo scherzando? -
- Non so come tu ne sia venuta a conoscenza, me è meglio se lasci perdere. -
- Lasciar perdere? Sono morti degli innocenti! La famiglia di Constant è morta, e non c'entrava niente. Tu sai chi gli ha informati? Perchè pensavano che fosse Constant ad avere tutti quei poteri? -
Abdel strinse gli occhi. Forse gli aveva rivelato troppo, avrebbe capito chi l'avesse messa al corrente delle cose.
- Come fai a saperlo? -
- Lo sanno tutti. -
- Non la questione dei poteri. Tutti sanno che dei cacciatori di vampiri hanno ucciso la sua famiglia, nient'altro. -
- Rispondimi. Tu sai chi gli ha informati? -
Suo padre non rispose. Non disse di si, ma nemmeno di no. Un po sospetto. A Prisca venne, appunto, un dubbio, che decise di togliersi subito.
- Sei stato tu. Tu gli hai informati. -
Fissò suo padre con occhio critico, attenta a ogni sua minima mossa. Infatti non gli sfuggirono i suoi occhi che, inizialmente fissi nei suoi, si abbassarono un momento, e ritornarono a guardarla.
Questo bastò.
- Ma che razza di persona sei? - disse inorridita, arretrando.
- Volevo proteggerti. E lui non serviva a niente, non sapevo che i suoi genitori sarebbero morti, erano delle brave persone, e molto potenti. -
- Non serviva a niente? Non dovevi fare una cosa del genere. Era loro figlio! Se anche il tuo piano avesse funzionato, i suoi genitori avrebbero sentito per sempre la sua mancanza. Come puoi solo pensare di poter togliere un figlio a una famiglia? -
- Potevano averne un altro. - disse, come se fosse una cosa ovvia.
- Averne un altro? Ma ti senti? -
- Si, che problema c'è? Perso un figlio, se ne fa un altro. -
- Quindi ti importerebbe poco se io morissi. Tanto puoi avere un altra figlia, è questo che stai dicendo? -
Era inorridita. Sapeva che suo padre era una persona sgradevole, ma mai fino a questo punto. Disposto a togliere un bambino ai suoi genitori per i suoi scopi. Prisca non dubitava che suo padre avesse provato a togliere di mezzo anche lei, se fosse stato necessario.
- Non dire sciocchezze. Ti ho detto che l'ho fatto per te. -
- Per me? -
- Non guardarmi in quel modo, come se fossi scemo. Sappiamo entrambi di che cosa sei capace. - confessò lui.
Quindi lui lo sapeva. Lei pensava di essere l'unica, oltre Camron, a saperlo, ma evidentemente si era sbagliata.
Su quello e su molte altre cose. La sua vita era un'intera bugia.
- Non m'importa! Con che diritto decidi di mettere fine a una vita? -
- Non parlarmi in questo modo. Se ho fatto questo è stato solo per evitare che tu morissi! - suo padre aveva perso la pazienza, cosa che succedeva di rado. Ma a lei non importava.
- Io non ti ho mai chiesto di far uccidere un ragazzo al posto mio, o addirittura un intera famiglia. Avrei preferito morire piuttosto che vivere alle spese di altri! -
- Non dire sciocchezze. Tu sei più importante di tutti gli altri. -
- E chi lo stabilisce questo? Tu? -
- Siamo le famiglie antiche, chiunque darebbe la vita per noi. - parlò come se fosse una cosa ovvia. Forse per lui lo era davvero.
- No. Siamo noi che dovremo dare la vita per loro. Siamo noi, incaricati di proteggere la città, e tutti i loro cittadini. Dovremo essere i primi a partecipare a uno scontro, se ci fosse una battagla, e non nasconderci al centro della città, facendo uccidere tutti gli altri per salvarci la pelle. I nostri antenati furono scelti per questo compito. Non per essere dei codardi. -
Si aspettava che suo padre si scusasse, in qualche modo. Invece disse solo. :" Quindi è stato il ragazzo a dirti tutto, eh? " Non rispose.
- Non la passerà lisca. - continuò lui.
- E cosa intendi fare? Gli hai già portato via tutto quello che aveva. -
- Tu non avresti nemmeno dovuto conoscerlo. Che ci facevi sulle mura? E' proibito andarci. -
- Pensavi di tenerlo alla larga da tutti, da me, per non far venire a galla la verità? Mi dispiace che non sia andata come volevi, padre, - disse con il tono più sarcastico che aveva - ma ormai sappiamo tutti e due che razza di persona sei. -
Dire che era disgustata era poco.
- Non ha importanza. Lo toglieremo di mezzo, così nessun'altro saprà nulla. -
- E come pensi di fare? -
- Semplice, lo uccidiamo. - disse alzando le spalle.
Prisca stava per vomitare. Suo padre aveva alzato le spalle... come se l'omicidio di una persona fosse una cosa normalissima.
- E credi seriamente che te lo permetterò? -
Se lo credeva era fuori strada, e molto. Non gli avrebbe permesso di fare altro.
- Ti metteresti contro tuo padre? - disse ridendo - solo per proteggerlo? Puoi capirmi se faccio fatica a crederti. -
- Allora non mi conosci abbastanza. -
- Oh, io credo di si. -
- Anche io credevo di conoscerti, sapevo che eri una brutta persona, ma hai superato le mie aspettative. Sei anche peggio. -
E, detto questo, andò verso di lui a passo lento, alzando un braccio e chiamando a se l'aria.
Lo bloccò contro il muro, e gli mise una mano alla gola.
Prisca si rendeva conto di che cosa stesse facendo, e a CHI lo stesse facendo, ma non provava il minimo senso di colpa.
Nemmeno un po di vergogna. Sapeva solo che non avrebbe permesso a suo padre di toccare Constant. Nemmeno con un dito.
Troppe persone erano morte per il suo egoismo, non ne avrebbe uccisa un altra. Non avrebbe portato via anche la vita di quel ragazzo, dopo avergli già tolto tutto.
- Se provi anche solo a toccare Constant, te la vedrai con me. Non mettermi alla prova. Sai che non sto scherzando. - poi mollò la presa, richiamò l'aria, e guardò suo padre cadere a terra, massaggiandosi la gola.
- Intendi metterti contro la tua famiglia per uno sconosciuto? Uno che non vale niente? Tradiresti il tuo stesso sangue? -
- Lui vale cento, mille volte uno come te. - disse, cercando di farlo sentire un verme. Lo era veramente. - E si, mi metterei contro il mio stesso sangue, se è la cosa giusta da fare. -
- Mi hai deluso. - se sperava di intimidirla in quel momento, con il suoi orridi occhi, non ci riuscì minimamente.
- E tu mi fai pena. Siamo pari. -
Detto questo uscì.
Fuori dalla stanza incontrò Caden. La ragazza era sicura che lui sapesse tutto.
- Prisca, tutto bene? - le chiese.
- Come se tu non sapessi, o non avessi sentito niente, vero? Magari glielo hai consigliato pure tu di farlo! -
Lui la guardò sgomentata. - Non gli avrei mai consigliato di fare una cosa del genere! Non ne ero a conoscenza fino ad ora. Vi ho sentiti. Credo che in pochi non vi abbiano sentiti. -
Com'era possibile? Sulla stanza di suo padre c'erano degli incantesimi silenziatori, ne era sicura. Forse aveva lasciato la porta socchiusa. Scosse la testa. Non era importante.
Lei lo guardò dubbiosa. Davvero non ne era a conoscenza?
- Non avrei mai, dico mai, consigliato di sacrificare un bambino, o un intera famiglia per salvarne un altro. Ho sentito il tuo discorso. E sono d'accordo con te. Avrei fatto il possibile per proteggere te e tutta la città, inclusi i cittadini. -
- Dovremo essere una squadra. Cadere o innalzarci alla gloria. Non importa cosa ci attenda il futuro, ma dovremo affrontarlo tutti insieme, famiglie antiche e non. Facciamo tutti parte della stessa città. Non è giusto sacrificare che sia uno, o tanti di noi, solo per uno scopo più alto, o addirittura per puro egoismo. E le famiglie antiche dovrebbero dare il buon esempio, non essere le prime a cedere senza combattere! -
Gli occhi di Caden la guardarono intensamente, aveva uno sguardo...ammirato? Come se avesse detto una bella cosa.
Ma era solo quello che pensava.
- Esattamente. - Era decisamente sorpreso. - Sarai un ottima regina. L'ho sempre detto io. -
- Una.. che cosa? - Aveva capito male.
- Tuo padre non te l'ha detto? E' stato stabilito che dopo il legame, sarete tu e Camron a regnare. -
- Stai scherzando, spero. Qui non ci sono stati mai re, ne regine.  Ne mai ce ne saranno. Sono state, sono tutt'ora e saranno, le famiglie antiche ad avere il compito di proteggere la città. - disse risoluta.
- Questo è quello che so, mi dispiace Prisca. - detto questo, dopo aver fatto un piccolo inchino, Caden percorse il corridoio e sparì dietro una porta.
Re e regina? Ma siamo pazzi? Quante cose gli aveva nascosto suo padre? E sua madre, anche? Quante cose gli avevano nascosto i suoi genitori, e tutte le altre persone che aveva intorno? C'era mai stato qualcuno di sincero?
Fece per andar via, ma sentì dei passi e si girò.
Camron era a pochi metri da lei e la stava guardando.
- Ciao - la salutò. - Che ci fai qui? -
- E' casa mia, è normale che sia qui, sono io che dovrei farti questa domanda. Comunque stavo parlando con mio padre. - fece distaccata.
- Anche io stavo per andarci. Che coincidenza. -
- Dici? - Io non credo proprio. - Perchè hai questa tono di voce così ironico? -
- Mhm... non saprei. Forse perchè mi hai mentito? Tu e tutti gli altri? -
Lui la guardò un momento. - Riguardo a cosa? -
- Tu sapevi degli Altri, e non mi hai mai detto niente. Ne tu, ne Azura, ne Ezel. Eravate tutti e tre a conoscenza di questa cosa, tranne io. Posso capre mio padre che non mi abbia detto niente. E' risaputo che è uno stronzo. Ma voi? I miei presunti amici? Tenermi all'oscuro di tutto? -
Calcò l'accento su presunti, anche perchè la sua sola vera amica era Azura, Ezel e Camron erano solo..come poteva definirli? Conoscenti?
Si, loro due erano solo dei conoscenti, amici della sua amica, o i figli degli amici dei suoi genitori.
Si insomma...vabè. Il punto è che dovevano mettere al corrente anche lei, Azura, ma soprattutto Camron. I 10 anni che avevano trascorso come amici non avevano avuto alcun valore? Almeno per le cose importanti, dannazione!
Forse era lei che sperava troppo. Era ovvio che quei 10 anni erano stati insignificanti, come la loro amicizia. Altrimenti non l'avrebbe liquidata così in fretta, in un battito di ciglia.
Un giorno c'era, quello dopo PUF! Tutto finito. Svanito nel nulla.
- Non mi sembra una cosa poi tanto importante. -
- Per me si. Sono morte delle persone per questo. Ci sono stati degli attacchi. Per salvare me, mio padre ha fatto uccidere degli innocenti. -
- Per salvare te? Che intendi dire? -
- Quando sono morti i genitori di Constant. Gli Altri erano venuti per uccidere il bambino così potente che era in grado di controllare tutti e quattro gli elementi. Dovevo morire io. -
- Dici sul serio? Erano venuti per questo?  -
- Per cosa, se no? -
- Un attacco. Non era cosa rara. -
- C'era un accordo. Non l'avrebbero infranto, non per delle sciocchezze. -
- Ma...- Camron non finì mai, perchè suo padre lo chiamò.
- Ah, eccoti finalmente. Entra. - Abdel tenne aperta la porta dello studio, aspettando che il ragazzo entrasse.
Dopo averle lanciato un ultima occhiata, che diceva chiaramente "ne pariamo dopo" , entrò nello studio, chiudendosi la porta alle spalle. Era possibile che suo padre non avesse detto a nessuno, di essere stato lui a fare quella soffiata?
Forse.
Ma perchè suo padre voleva parlare con Camron?
Cercando di fare il più piano possibile, si avvicinò allo studio, mettendo un orecchio sulla porta.
Per sua fortuna, si sentiva qualcosa. Di solito si sentiva poco o niente. Questo voleva dire che prima la porta era chiusa bene. Era solo l'incantesimo che stava svanendo. Che fortuna.
- ... Ho fatto proprio come mi hai chiesto. - stava dicendo  Camron.
- Sei andato da Nicholas a fartela fare? - rispondeva suo padre.
- Si. E mi ha assicurato che funziona alla perfezione. -
Ma di che cosa stavano parlando? Camron aveva svolto un lavoretto per suo padre? Da quando in qua lavorava per lui? O gli faceva dei favori?
- Ti ha assicurato che blocca tutti i poteri? Oltre al controllo degli elementi? -
- Si. Ha detto che con quella indosso, non può accedere ai quattro elementi. La sua forza è ridotta, e anche la velocità. -
- Gliel'hai data? -  
- Si, proprio l'altro giorno. -
- E perchè non la indossa? -
- Non lo so! Mica posso obbligarla a indossarla. -
Prisca staccò l'orecchio da li, ormai era tutto chiaro. Stavano parlando di lei e del regalo che le aveva dato Camron.
"Blocca solo i poteri legati agli elementi" le aveva detto. E lei ci aveva creduto. Come aveva potuto essere così scema?
Uscì di casa in tutta fretta, non preoccupandosi di chiudere il portone di casa.

Buonasera lettori! Ho aggiornato prima del solito, spero questo capitolo non vi deluda.
Ho anche cercato di correggere il più possibile gli errori di battitura, spero non ce ne siano, ma se per caso me ne fossero sfuggiti un paio, mi scuso in anticipo!
Un saluto,
Ellyn P.

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Capitolo 14
*** Amici? Non ho mai avuto un amico ***


Qualche ora dopo incrociò Camron in città, precisamente nel primo cerchione. Il ragazzo le fece cenno di raggiungerlo, ma lei non si mosse.
Così si avvicinò lui.
- Non mi hai aspettato. Dovevamo finire di parlare. -
Non disse niente, ma guardò i suoi occhi grigi, stupita di esserne tanto attratta, quando sapevano mentire così bene... E fece trapelare dai suoi tutto quello che provava , prima tra tutto la sua delusione.
Poi gli voltò le spalle, lasciandolo li. Se gli avesse parlato ora, se la sarebbe vista brutta. Era meglio che stesse da sola per il momento.
Ma Camron non era della stessa opinione.
"Perchè te ne vai? E' successo qualcosa?" le inviò mentalmente.
Non rispose, decisa ad ignorarlo del tutto.
"Dimmelo, ti prego" continuò lui. "Parlami!"
"Lasciami in pace. Non hai il diritto di chiedermi niente. " gli rispose freddamente.
"Non capisco ... Cosa ho fatto? Pensavo fossimo di nuovo amici."
Dalla voce sembrava davvero confuso.
Camron, Camron. Otto anni di separazione non svaniscono da un giorno all'altro. "Amici", per modo di dire. Mai come prima. Non in così poco tempo. Non con questi tradimenti. Con le bugie. I sotterfugi. pensò.
"Anche io. .Però evidentemente preferisci l'amicizia di mio padre alla mia. "
"Io... in che senso?"
"Di a mio padre che l'incantesimo che ha fatto alla stanza non funziona più così bene...Come dire..Si sente tutto."
"Hai capito male.." tentò.
"Io non credo proprio."
- Lasciami spiegare. - la pregò. La sua vera voce, rispetto a quella che sentiva nella sua testa, sembrava più scossa.
Sembrava disperato. Quasi ci credette. Quasi.
- Smettila. Non mi interessa cos'hai da dire. Mi hai mentito, e non è nemmeno la prima volta. Posso sorvolare sul fatto degli altri vampiri, quello si. Ma questo è troppo. Tra poco ci dovrebbe essere il legame. E non un legame qualunque. Il nostro. Per te può non avere importanza, ma per me ne ha. Non è solo un rito. E' una promessa. Esso si basa anche sulla fiducia. Come possiamo passare l'etenità insieme, se mi menti in questo modo? Se mi pugnali alle spalle? Capisco che non sia io la ragazza con cui vorresti legarti, e che ti abbia obbligato tuo padre, come è successo a me, ma dato che non abbiamo altra scelta, dovresti cercare, o almeno provare ad essere sincero! Sono io quella da cui dovresti andare quando sei in cerca di un consiglio. Io, quella con cui dovresti parlare prima degli altri, se sei indeciso su una cosa. Dovrei essere io il tuo primo pensiero, quando devi prendere una decisione, e pensare se è giusta anche per me! E non fare sotterfugi alle mie spalle. Dannazione! Per S-E-M-P-R-E le capisci queste parole? Non è un anno, o dieci. Sempre, per sempre. - abbassò un po la voce, che si era alzata nelle ultime frasi senza che le potesse fare niente.
Non ci aveva nemmeno provato. Perchè poi? Era irritata, triste, e delusa. Voleva che lui lo sapesse. E voleva sfogarsi.
"Dovremo essere...alleati. Almeno quello. Invece tu..." e scosse la testa cercando di non piangere. Si sentiva già gli occhi umidi, sarebbe scoppiata in lacrime da un momento all'altro.
"Prisca... Ti prego.."
"Ma forse sono io che immagino troppo,eh? Questo non è certo il tipo di rapporto che c'è tra la maggior parte di noi vampiri già legati. Forse questo è solo amore... E non posso certo pretendere di avere questo da te. "
"Io posso farlo. Posso riuscirci."
"Puoi farlo?" disse, incredula sgranando gli occhi. "No, non puoi. L'amore non è una lezione che si impara a scuola. O lo senti, o non lo senti. Non puoi impararlo."
"Io..."
"Tu... non puoi." concluse Prisca al suo posto.
Camron abbassò gli occhi. Aveva centrato il punto.
"Almeno credimi quando ti dico che non ho mai avuto intenzione di fare qualcosa contro di te... "
Ma Prisca ormai non lo ascoltava più.
"Volevo solo che tu fossi sincero, che ti fidassi di me..." sembrava parlare più a se stessa che a lui.
"Prisca!" urlò il suo nome, e lei si voltò verso di lui. "Dammi un altra possibilità." la pregò.
A pochi metri di distanza da lei, Camron la guardava, una mano nei capelli, gli occhi devastati. Era un bravo attore. Ma non si sarebbe fatta ingannare un altra volta.
Aveva già sofferto per causa sua. Non gli avrebbe più permesso di farle del male.
Scosse la testa. "Era questa la tua seconda possibilità. Mi hai fregato ancora. Davvero bravo." "Ti prego.."
Scosse la testa. "Non mi fido più di te... Un altra volta" aggiunse, andandosene, e alzando una barriera, per spingerlo fuori dalla sua mente.
Non sprecò tempo a dire alle guardie di aprire il portone. Sapeva che suo padre aveva espressamente vietato alle guardie di farlo, e loro non avrebbero di certo disubbidito ai suoi ordini.
Così, nell'ombra si arrampicò silenziosamente sulle mura, attenta ad eventuali occhi indiscreti sia di vampiri curiosi, sia delle sentinelle che proteggevano le mura. Si fece sollevare lentamente dall'aria, e in pochi secondi era fuori.
Nessuno si era accorto di niente.
Dopo parecchi giorni tornò al suo albero. Se ne fregava se c'erano dei vampiri in agguato, pronti ad ucciderla. Ora non era più una bambina indifesa, incosciente di possedere tutti quei poteri. Ora sapeva di averli, e sapeva anche come usarli. Non si sarebbe fatta problemi a difendersi.
Se volevano attaccarla, peggio per loro.
E li, tra gli alberi della foresta, protetta dall'oscurità, crollò.
Iniziò a piangere per tutto.
Per Camron, che la odiava così tanto da non avere per lei un minimo di rispetto. Come poteva tradirla in quel modo? Almeno in nome dell'amicizia che c'era stata quando erano bambini, avrebbe potuto provare a far funzionare le cose! Se solo pensava a quando erano piccoli, e a come lui si preoccupava sempre per lei, la proteggeva, e l'aiutava... Ora erano come due estranei. Anzi, nemmeno. Perchè due persone estranee si incrociano di sfuggita tra la folla, non sono perennemente in contatto, giorno dopo giorno. Due estranei non si tradiscono, non si feriscono. Quindi lui non era un estraneo, era...sarebbe stato il suo compagno, quindi era il suo quasi- compagno vampiro.
Bello.
Faceva male vederlo ogni giorno sapendo quello che c'era stato, e che aveva perso. Avevano litigato, e non si erano più parlati.. Gli dispiaceva tanto. Se non poteva avere il suo cuore, che apparteneva già ad un altra avrebbe voluto almeno la sua amicizia, anche se sarebbe stato davvero difficile. Ma lui non era disposta a dargli nemmeno quella, e nonostante lui stesso glielo avesse proposto, non era riuscito nemmeno a seguire la sua proposta...
Pianse anche per Azura. Chissà come si sentiva la sua amica. Già lei si sentiva uno schifo, perchè amava Camron, e doveva unirsi a lui, mentre lui era innamorato della sua amica. Poteva solo immaginare come si sentiva Azura. Costretta a passare tutta l'eternità senza il suo amato, che, tra l'altro, ricambiava il suo amore, e vedere la sua migliore amica che glielo portava via! Fantastico. Doveva odiarla a morte.
Lei l'avrebbe fatto.
Difficile a credersi, pianse anche per suo padre. Colui che l'aveva cresciuta, colui che avrebbe dovuto sempre esserci per lei, che avrebbe dovuto sempre e comunque essere dalla sua parte, e aiutarla. L'aveva tradita, e aveva pure convinto l'uomo che amava a fare lo stesso.
Sapeva com'era suo padre, troppo duro, inflessibile, e insensibile, ma diamine, lei era sua figlia! Come aveva potuto? Almeno essere fedele alla famiglia...
D'altra parte anche lei gli si era rivoltata contro, ma per buone ragioni. Dopo tutto quello che aveva fatto e che voleva ancora fare a Constant, come poteva anche solo guardarlo negli occhi? Gli faceva schifo, ecco cosa. E sperava tanto che sua madre non lo avesse aiutato a fare tutto questo.
Constant... se solo ci pensava, le si spezzava il cuore. Un ragazzo dolce e gentile come lui, vittima di un tiranno come suo padre!
Lui che non aveva fatto niente di male, che era tanto buono, ora era costretto a stare per sempre senza i suoi genitori, che sembrava aver amato molto.
Tanto presa dai suoi pensieri non si era accorta che aveva iniziato a piovere. Forse pioveva proprio per causa sua. Per come si sentiva.
All'improvviso sentì un rumore. Dei passi veloci venivano nella sua direzione. Poi, proprio com'erano iniziati, svanirono.
Dato che era parecchio in altro, scese di ramo in ramo, cercando di avvicinarsi di più al terreno, per capire chi ci fosse.
Poco dopo, si fermò, spostando un ramo dell'albero, e lo vide.
Pochi metri più in giù, sotto di lei, c'era Constant, che la guardava con i suoi occhi verdi e tremendamente preoccupati.
"Che cosa vuoi?" gli domandò col pensiero.
Lui la fissò e basta.
"Puoi parlarmi anche tu, sai? Ho messo le nostre menti in contatto. Ci sentiamo a vicenda."
"Perchè piangi?" chiese solo.
"Non ho voglia di parlarne" rispose lei, girandosi dall'altra parte, a contemplare la luna.
"Perchè? Raccontami tutto, sono qui per te"
Era li per lei. Era preoccupato.
"Piango perchè fa tutto schifo. Mio padre mi ha mentito, la mia migliore amica pure. Anche Camron mi ha pugnalata alle spalle. Lui che dovrebbe essere il primo ad aiutarmi!"
"Ti va di scendere e parlarne giù?" chiese speranzoso
"No. E' meglio se te ne vai."
"Non vado da nessuna parte finché non scendi"
"Ma non capisci? Stando qui a preoccuparti per me peggiori le cose. Non merito la tua gentilezza. Non merito che tu sia preoccupato, o dispiaciuto per me."
"Tutti hanno bisogno di una persona che si preoccupa per loro. E poi tu meriti tutto il bene del mondo." le mormorò, seriamente.
"Se anche fosse, non merito che quella persona sia tu."
"Perchè?"
"Perchè è colpa mia! Sono io che ho ucciso i tuoi genitori, non capisci? E' stata colpa mia. Dovevo morire io, al loro posto e al tuo. Stavano cercando me e voi non c'entravate niente. E' solo colpa mia." voleva che se ne andasse, che la odiasse, perchè non meritava il suo affetto.
"Ti dispiace ancora per me? E' colpa mia se ora non hai nessuno , se sei solo. Sei contento adesso?"
"No, non lo sono."
"Fai bene ad odiarmi, me lo merito."
"Io non ti odio. Non potrei mai. E non è stata colpa tua."
"Si invece."
"No. E ora scendi."
Lei saltò dall'albero, atterrando accanto a lui.
- Non ti ho detto tutto. La verità è che è stato mio padre a informare gli Altri. E' stato lui che ha detto che eri tu il bambino che aveva tutti quei poteri, capisci? E l'ha fatto per me. Ha fatto uccidere delle persone per salvare me! - gli urlò.
Vide Constant indurire la mascella e serrare i pugni. - Ora hai capito? E' colpa mia.- disse piangendo. - Solo mia.-
- Tu non centri niente. Eri solo una bambina. Non hai detto tu a tuo padre di fare una cosa del genere. - disse lui, avvicinandosi lentamente. - E' stato lui, lui soltanto. Forse è stato un atto di egoismo, e so che non è stata una cosa onorevole, ma so che non potrei odiarti per una cosa che non hai commesso. - detto questo, l'abbracciò.
Prisca restò perplessa. Come poteva anche solo sfiorarla dopo aver saputo tutto? Avrebbe dovuto odiarla, non consolarla.
Perchè lo faceva?
Il ragazzo stava per staccarsi, ma lei allungò le mani e li cinse la vita, stringendolo a se, e appoggiandogli la testa sulla spalla.
Lo stinse forte, quasi non credendo che una persona tanto buona potesse esistere, e che potesse assere allo stesso tempo, tanto sfortunata. "Mi dispiace" gli mormorò, nella mente. Non sapeva cos'altro dire.
- Shh. - le rispose, continuando a stringerla.
Era piacevole stare tra le sue braccia, sentiva il calore del suo corpo scaldarla, ed era una sensazione bellissima. Ed era strano per lei, sentirsi così protetta e al sicuro tra le sue braccia. Non le era mai successo prima con nessuno.
Tranne che... con Camron, quando da piccoli l'abbracciava, lei si sentiva la persona più felice del mondo, sicura che, tra le sue braccia, non le sarebbe mai successo niente. Quando la stringeva, era sicura che lui l'avrebbe protetta da tutto e da tutti, e l'aveva sempre fatto, fino a quando non si parlarono più. Da quel giorno sentì sempre un vuoto dentro, come se lui si fosse portato via un pezzo di lei, che stava continuando a tenersi.
E ora, proprio come Camron, Constant stava, no, era già entrato nel suo cuore, anche se in modo diverso da quello di Camron. Non avrebbe potuto pensare a come si sarebbe sentita quando l'avrebbe lasciato.
A come quella sensazione di vuoto sarebbe aumentata fino a diventare insopportabile. Chissà come avrebbe fatto...
Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma a un certo punto lui si staccò. Le passò una mano sulla guancia, asciugandole le lacrime che, mentre l'abbracciava, avevano smesso magicamente di scorrere.
Interruppe l'abbraccio, ma le prese la mano.
Lei non si oppose. Si sentiva bene quando la toccava.
- Figa questa cosa di parlare nella mente. - le disse, facendola scoppiare a ridere.
- Abbastanza. -
- Vorrei saper fare anche io cose del genere. Invece non so fare proprio niente. Che cosa triste. -
- Niente niente? Non hai nessun tipo di potere? - Avrebbe voluto chiederglielo da tempo, ma non ce n'era mai stata l'occasione.
- Sono solo un po più forte degli altri, niente di che. Non in confronto ai poteri che hai tu, ad esempio. -
Improvvisamente le venne un idea, ricordandosi una cosa che aveva letto in un vecchio libro. - E se avessi potuto scegliere? Se avessi potuto scegliere quale potere dei quattro elementi avere, quale ti sarebbe piaciuto? -
- Non so.. Non ci ho mai pensato. Ma non ha importanza, non credi? -
- Non importa. Pensaci ora. - disse, spronandolo.
- Mhm.. forse il fuoco. - disse lui pensandoci un po. - Perchè? -
- Voglio provare una cosa, ma non so se funzionerà. -
- Che cosa? -
Lei non gli rispose, lo guardò solo negli occhi. Ci avrebbe provato. E sperava vivamente di riuscirci.
Avvicinò la testa alla sua, lentamente. Il ragazzo non si tirò indietro, e aspettò la pressione delle labbra di lei che non tardò ad arrivare. Le loro labbra si sfiorarono lentamente, poi quelle di lui si aprirono esitanti sotto le sue, per approfondire il bacio.
Fu allora che successe.
Prisca sentì un calore che, dal petto, fluiva fuori da lei, e poi il Potere che entrava in Constant.
Il ragazzo si tirò automaticamente indietro, un po scombussolato.
- Che cos'era? -
- Un bacio? - fece lei, innocente.
- No... quell'altra cosa. - disse sorpreso. - So che sei stata tu. -
- Sono un ottima baciatrice, lo so. -
- Dai, non sto scherzando. -
- Nemmeno io. Mi stai forse dicendo che bacio male? - lo guardò mettendosi un mano sul petto, e facendo l'offesa.
- No, certo che no! Volevo solo ... Senti hai capito cosa intendo. -
Alzò le spalle, come a minimizzare quello che aveva fatto. - Quell'altra cosa... Niente di che. Era solo il fuoco. -
- Il fuoco? - Ovviamente non capiva.
- Si il fuoco, ora fa parte di te. -
- Cosa? Come hai fatto? Perchè? -
- Non lo so esattamente. Dovevo trovare solo un modo sicuro per trasferirlo a te, e quello mi è sembrato il modo più veloce. -
- Quindi ogni volta che baci qualcuno gli dai il potere? -
- No. Devo volerlo dar via, se no non succede niente. -
- Perchè l'hai fatto? -
- Perchè mi andava di farlo. E volevo darlo a te. Non hai detto che lo volevi? -
- Ho detto che mi sarebbe piaciuto averlo, non pensavo certo che tu potessi, o volessi darmelo! -
- Sorpresa! - fece lei, alzando le mani.
- Non posso lasciartelo fare. -
- Beh, sei arrivato un po in ritardo, non credi? -
- Riprendilo. -
- Non credo si possa fare. - rispose lei semplicemente.
- Come non puoi? -
- Ho il potere di darli, ma non credo di poterli riprendere. Non sarebbe una cosa giusta. E prima che tu me lo chieda, no, non credo tu possa passarlo a nessuno. Ormai il fuoco fa, e farà parte di te per sempre. -
- Posso almeno tentare di ridartelo. -
- Oh, io non credo. - fece lei, tirandosi indietro.
Pochi secondi dopo, però, sentì nuovamente le labbra di Constant premere sulle sue.
"Non credo funzioni" gli mormorò, nella testa.
"Ci stò provando. Spiegami come fai".
"Te l'ho detto, ci vuole l'intenzione. Volevo darti il fuoco e puf! E' uscito da me e entrato in te."
"Beh, non sta funzionando."
"Te l'ho detto che non ero sicura tu potessi ridarmeli."
Si stavano ancora baciando, strano. Ma non si tirò indietro, nemmeno dopo aver interrotto il contatto mentale.
Era piacevole baciarlo, aveva le labbra morbide e calde, non perfette come quelle di Camron, ma piacevoli.
Bene...Ora si metteva pure a fare paragoni tra Camron e Constant. Possibile che dovesse entrarle nella mente anche in momenti come questo? Va bene che questo non era un vero e proprio bacio...
Lui stava solo tentando di ripassarle il fuoco. Nient'altro. Lei non avrebbe potuto tradire Cam in quel modo.
Tradire...Non stavano nemmeno insieme. Solo che..baciare DAVVERO qualcuno, mentre pensava e amava un altro ragazzo per lei era impensabile. Non sarebbe stato giusto ne per lei, ne per il ragazzo. Ma non era questo il caso.
Non lo era.
Constant le accarezzò una guancia, poi si staccò.
- Beh, avevo ragione io. - sussurrò lei.
- Dovevo tentare. - disse sorridendo.
- O forse, volevi solo riprovare le mie doti di ottima baciatrice. -
- Oh, si. Mi sa che hai ragione. -
Lei li fece una linguaccia. Era divertente prenderlo in giro.
- Ma non ti crea problemi darlo a me? - continuò lui.
- No, non credo. Io ne ho altri tre e fidati, sono ancora troppi. -
- Non intendevo quello. Volevo dire che, se doni i tuoi poteri, non ti succede niente? Non diventi più debole? -
- Penso di no. Forse se li dono tutti potrei morire perchè fanno parte di me. L'aria, l'acqua, la terra... sono io. Se li perdo, credo che non sarebbe un bene, ma non ne sono sicura. -
- Anche il fuoco eri tu! E' come se mi avessi dato una parte di te stessa... Che ora è dentro di me. Siamo tipo.. legati. Ti sento più vicina qui - sussurrò, sconvolto, toccandosi il petto.
- Lo so, è mi dispiace per quello. So che magari non avresti voluto sentirti così vicino a me, ma non sapevo sarebbe successo. -
- Non fraintendermi, non mi dispiace per quello, anzi... Mi dispiace solo di averti tolto una cosa. -
- Anche io ti ho tolto delle cose. - disse riferendosi ai suo genitori.
- Quella è un altra questione. -
- Già. Quello è peggio. - A quella cosa non avrebbe mai potuto più rimediare.
- Perchè a me? - le chiese, poco dopo.
- Perchè te li meriti. Tu più di tutti. -
- Grazie. -
- Non devi certo ringraziarmi, l'ho fatto perchè volevo farlo. Volevo che gli avessi tu. E poi siamo amici, no? Quello che è mio è tuo, e quello che è tuo è mio. Non è così che funziona? -
- Amici? - chiese, sorpreso.
- Non vuoi essere mio amico?. - Prisca si sentiva come una bambina di cinque anni, pronunciando quella frase, ma era un po in ansia per la risposta. Bambina di cinque anni o meno, la domanda era seria. Lo voleva davvero come amico.
- Si, certo che si. Ma non ho mai avuto un amico...-
- C'è sempre una prima volta. - gli sorrise. - Ora è meglio che andiamo. Si è fatto tardi, e non è un bene stare qui fuori la notte. -
- Hai ragione. Andiamo. - disse incamminandosi verso la città.
- Aspetta, voglio provare una cosa. - gli prese la mano. - Chiudi gli occhi. -
Lui lo fece.
Con l'aiuto dell'aria, sollevò entrambi, e salì di parecchi metri. Non era stato poi così difficile. Doveva solo concentrarsi più del solito, perché sollevare due corpi era più dura di sollevarne uno solo.
- Ora aprili. -
Fece anche questo. Erano in alto, più alti degli alberi del bosco.
Vedevano le luci provenire dalla città, e tutte le colline intorno ad essa. Era fantastico.
- E' magnifico. - disse affascinato, mentre lei conduceva entrambi verso la città.


Ciao a tutti! Cosa ne pensate del capitolo? Camron è stato scoperto, e dopo aver convinto la nostra protagonista ad essergli amica (o almeno provare ad esserlo) ha perso un altra volta la sua fiducia. Direi che questa volta ha fatto un bel casino, Prisca non è più disposta a fidarsi di lui, e non ha tutti i torti.
Il rapporto tra Prisca e Constant, al contrario, non fa che migliorare. La nostra vampira infatti si fida così tanto di lui da donargli il fuoco, una parte di sé stessa.
Cosa accadrà? Come farà Prisca a lasciarsi alle spalle tutto il suo mondo, dopo il legame? Soprattutto ora che ha trovato un nuovo amico?
Continuate a seguirmi, e ditemi cosa ne pensate della storia e dei personaggi, almeno so che ci siete!
Alla prossima,
Ellyn P.

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Capitolo 15
*** "Ris" ***


L'alba arrivò presto. Si vestì e s'incamminò verso la sala degli allenamenti.
Come sempre, spinse il portone ed entrò. C'era solo Forrest, che stava tirando dei pugnali ad alcuni manichini, posizionati a diverse distanze l'uno dall'altro.
- Giorno. - disse.
- Buongiorno Prisca. - le rispose, girandosi verso di lei.
- Gli altri? -
- Dovrebbero arrivare da un momento all'altro. -
- Beh, stò diventando più puntuale, non credi? -
- Allora fa che non cambino le cose. - fece, ridendo.
- Posso lanciare anche io? - Tanto per passare il tempo, prima che arrivassero i suoi amici.
- Certo. - Il suo maestro le porse i pugnali, passando a prendere tutti quelli che aveva già lanciato, e fermandosi per ultimo accanto a lei.
Prisca ne impugnò uno, alzando il braccio perpendicolarmente davanti a se.
Forrest si posizionò dietro di lei, aiutandola a prendere la giusta mira. - Devi impugnarlo così. - le disse, mettendo la mano sulla sua e spostandole un dito un po più indietro da dove si trovava. Poi tirò indietro il braccio e lanciò.
Centrò in pieno la testa.
Poi si staccò. - Ora prova tu. -
Fece esattamente come le aveva spiegato, posizionando i diti nei punti giusti, prese la mira e lanciò. Prese la pancia, proprio nel centro del pallino rosso.
- Perfetto. Ora prova più velocemente, e su più manichini diversi, muovendoti in orizzontale. -
Si infilò diversi coltelli nella cintura, tenendone due in mano, poi partì.
Centrò tutti i manichini nei punti stabiliti, e si fermò davanti all'ultimo, pronta a lanciare. Quando sentì la sua voce.
- Giorno! - disse Camron, entrando nella sala.
Le voci di Azura ed Ezel gli fecero eco.
Le tremò la mano, e, mentre lanciava, perse la presa. Il coltello, che avrebbe dovuto conficcarsi nel cuore del manichino, si conficcò poco più in basso, mancando il bersaglio. Prisca si morse il labbro. Non era da lei fare errori del genere. Non si distraeva quasi mai, era lui che la destabilizzava.
Non andava bene. Per nulla.
- Mhm.. bella mira. - fece Camron, prendendola in giro.
Si girò, infuriata. Prese il coltello che aveva nella cintura e glielo lanciò contro. Se Camron non avesse fermato il coltello a un soffio dal suo cuore, si sarebbe conficcato esattamente nello stesso punto in cui il precedente tiro aveva mancato il manichino.
Chi è che aveva una pessima mira, allora?
- Prisca! - la riprese Forrest.
- Che c'è? -
- Ti sembra il caso? Non è gentile tirare i coltelli addosso ai compagni. - a dispetto della voce, la sua espressione era palesemente divertita.
- Tanto non sarebbe mica morto. -
Il coltello non si sarebbe conficcato così in profondità. Non lo aveva tirato così forte. E poi era sicura che Camron l'avrebbe fermato. Lui era sempre attento a ogni cosa. Si accorgeva di tutto.
Beh, di tutto tranne che dei suoi sentimenti.
- Non sono ancora legati che si lanciano già i coltelli contro! - intervenne Ezel, ridendo.
Fecero tutti uno sbuffo divertito, tranne Azura, che la stava guardando in modo incerto.
- Doveva essere una battuta? - fece Prisca, seria.
La guardarono tutti, smettendo di sorridere.
- Si. - le rispose Ezel.
- Non era divertente. - disse, girandosi dall'altra parte.
Restarono tutti in silenzio per pochi secondi. - Ma che problemi ha? - sentì dire da Ezel.
"Troppi" gli inviò, irritata. "E ora piantala, se non vuoi che tiri un coltello anche a te".
Evidentemente Ezel rimase un po perplesso, perchè si zittì.
Proprio quello che voleva.
- Allora. - fece Forrest. - Oggi faremo qualcosa di diverso. Azura, - la chiamò. - Tu mettiti li. - disse, indicando un posto poco lontano da lui. - Prisca, Ezel e Camron, voi posizionatevi intorno a lei. Si così. - confermò, vedendoli prendere posizione.
- Ora Azura, immagina di essere in un vicolo, da sola. E di essere in minoranza numerica, proprio come ora. Uno contro tre. Come fai per evitare di essere uccisa? Dato che sono più forti e grossi di te, non puoi contare sulla forza bruta, devi agire in furbizia. Prova a combattere e ad eliminarli. -
Azura si guardò intorno, indecisa sul da farsi. Non era mai stata brava sugli scontri ravvicinati, dove di solito si usava il corpo a corpo. Lei era più brava con le spade, con l'arco.
Quando Forrest diede il via, Camron ed Ezel iniziarono a girarle intorno, mentre Prisca si allontanò un poco, aspettando di vedere le loro mosse. Cercarono di afferrarla, ma lei si buttò a terra, e scivolò sotto le gambe di Ezel, alzandosi alle sue spalle, e facendo la mossa di conficcargli un coltello nella schiena, all'altezza del cuore.
Fuori uno.
Ezel si allontanò, mettendosi vicino a Forrest.
Azura era concentrata su Camron, senza prestare attenzione a lei. Brutta mossa. Quando Azura le diede le spalle, lei prese una rincorsa e le si lanciò addosso, buttandola a terra.
Fece il gesto di pugnalarla.
Forrest alzò due dita. Scontro finito.
Era stato troppo semplice. - Mi sembra inutile spiegarti l'errore che hai fatto, non credi? - fece ad Azura, che annuì.
Aveva dato le spalle al nemico, non doveva farlo mai.
- Vai Ezel, tocca a te. -
Anche il suo scontro finì in fretta. Dopo esser riuscito ad eliminare Azura, fu "ucciso" da Camron. Poi fu il turno di Camron. Fece fuori in pochi secondi sia Ezel che Azura. Mancava solo lei.
Gli corse incontro, con il pugnale in mano, pronto a colpirla. Glielo lanciò contro, ma lei lo afferrò, e si scansò prima che lui le si buttasse addosso. Ora era disarmato. Velocissimo, si riprese subito, e tornò all'attacco. Riuscì a buttarla contro il muro, e immobilizzarla, con una mano alla gola. Le sembrava un deja-vu, solo che, mentre prima era Camron a puntarle un coltello alla gola, ora era Prisca che stava puntando il coltello contro il suo petto.
Sembrava non essersene accorto, perchè la fissava negli occhi, senza fare niente. Così lei fece scorrere lo sguardo dal pugnale a lui, e viceversa.
Camron seguì il suo sguardo e vide il coltello. "Bella mossa, Ris" gli inviò, lasciandola andare.
Sgranò gli occhi, al suono di quel soprannome. Aveva sentito male, o l'aveva chiamata Ris? Era da otto anni che non lo sentiva più... Lui la chiamava così quando erano bambini.

Stavano correndo, diretti verso la città. Sentiva l'erba frustarle l ginocchia nude, ma non ci faceva molto caso. Era troppo presa da Camron che le correva davanti, guardandola di tanto in tanto, per vedere se era ancora dietro di lui.
- Dai Ris, corri, se no non facciamo in tempo! - le stava dicendo, senza smettere di correre.
Era il nono compleanno di Ezel, e se fossero arrivati troppo in ritardo, i loro genitori si sarebbero arrabbiati. Osservando Camron, si chiese come facessero i due fratelli ad essere così tanto diversi. Camron era biondissimo, occhi grigi, suo fratello Ezel, nato esattamente un anno dopo di lui, era l'opposto. Capelli scuri, occhi scuri. Non si assomigliavano in niente esteticamente, se un estraneo li avesse visti da fuori, non avrebbe mai detto che fossero fratelli, ma interiormente, come carattere, erano pressochè uguali.
- Corri Ris, corri! - continuava a ripeterle lui, tirandola per la mano.
Ma lei non riusciva a correre più di così, poi, non si sa come, inciampò.
Camron se ne accorse subito. Come non avrebbe potuto? Era sempre così attento a quello che succedeva alla bambina, ogni minima cosa.
Si chinò accanto a lei.
- Stai bene? - le chiese preoccupato, guardandola con i suoi occhi grigi, che lei adorava tanto.
- Si, stò bene. - disse, mentre lui l'aiutava ad alzarsi. - Solo che non riesco a correre più veloce. - fece, lamentosa.
- Che vuoi farci? Sono troppo veloce, io - disse lui, vantandosi.
- Un giorno riuscirò a batterti! - gli rispose.
Si, un giorno ci sarebbe riuscita davvero.
- Sogna Ris, sogna. - rispose lui, ridendo.
Lei gli fece una linguaccia, abbracciandolo.
- Dai andiamo, ti porto io. - e la fece salire sulla sua schiena, correndo con lei verso la città...


- Prisca, ci sei? - Forrest la stava chiamando, un po irritato.
- Si? - fece lei, tornando alla realtà.
- Ho detto che è il tuo turno. -
- Oh... - mormorò, guardandosi intorno.
Azura, Camron ed Ezel la stavano guardando, aspettando che lei si posizionasse. - Si. -
Era stata colpa di Camron. Era lui che aveva riportato a galla quel ricordo, pronunciando quello stupido soprannome che usava tanto tempo prima.
Lo guardò, fulminandolo con lo sguardo.
"Ris" le disse lui nella mente, prendendola in giro. L'aveva fatto apposta.
"Stronzo" inviò solo. Stronzo per averle ricordato tutti quegli anni in cui erano stati felici insieme, quegli anni in cui si erano divertiti da matti. Stronzo, per averle ricordato come si prendeva cura di lei, come un fratello maggiore. Ma soprattutto, stronzo, per averla lasciata.
Forrest diede il via, e lei fece un salto altissimo, atterrando dietro ad Ezel. Fece fuori lui in pochi secondi, poi Azura. Ora toccava a Camron, che la stava guardando sorpreso.
"Ma come diavolo hai fatto a farli fuori così presto?" gli inviò.
Lei non rispose. Iniziò a colpirlo.
Gli diede un calcio "Questo è per essere un idiota" gli disse.
Poi un altro. "Questo è per una di quelle tante volte in cui mi hai umiliata davanti ai tuoi amici"
E un altro. "Questo, invece, per quella volta in cui mi hai detto di essere solo un peso."
"E questo" fece prendendo il pugnale. "E' per essertene andato" e glielo conficcò nella gamba, lasciandolo a terra.
Poi si allontanò, in tutta calma, con la voce di Camron che, alle sue spalle, la chiamava.
Alzò solo il dito medio.

Buonasera a tutti! Anche se con un po di ritardo, alla fine sono riuscita a pubblicare il capitolo. È un po corto, ma i fatti avvenuti durante gli allenamenti continueranno nel capitolo successivo, tra l'altro già pronto! Cosa accadrà? Come stará la nostra protagonista dopo aver sentito, dopo così tanti anni quel vecchio soprannome, pieno di ricordi ed emozioni? Lo scopriremo! Così come vedremo la reazione di Camron, il quale sembra aver provocato la ragazza di proposito...o forse no? Il soprannome potrebbe essergli sfuggito dalle labbra senza che se ne sia reso conto?
Cercherò di aggiornare al più preso, continuate a seguirmi!
P.S Sotto vi lascio la foto di Prisca durante questa sessione di allenamenti!
Un bacio,
Ellyn P.


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Capitolo 16
*** Ciao, Constant ***


Non seppe esattamente quanto corse per la città, solo che, ad un certo punto, incontrò Constant, che la guardò con i suoi occhi preoccupati, mentre le correva incontro.
- Ehi... tutto bene? - le chiese, prendendola tra le braccia.
- Mhm... - mugugnò.
- Perchè piangi? - le sussurrò, accarezzandole dolcemente la testa.
- Non sto piangendo. - rispose toccandosi il viso.
Era bagnato. Strano. Non si era accorta di star piangendo.
- C'entra per caso quel ragazzo li, che ti stà fissando? - disse lui, guardando qualcuno alle sue spalle.
Prisca si voltò. A pochi metri da loro, c'era Camron, che la fissava mezzo preoccupato, e mezzo arrabbiato.
- Più o meno. -
- Prisca... - fece lui, guardandola.
- Non dovevi seguirmi. - Perchè l'aveva fatto? Voleva riportare a galla altri dolorosi ricordi? Le voleva così tanto male?
- Invece si. Io..-
- Non mi interessa quello che hai da dire. Lasciami in pace e basta. - disse, voltandosi, pronta ad andare via.
- Aspetta almeno un momento, parlami. - la fermò per un braccio, facendola girare verso di lui un altra volta.
Lo guardò negli occhi, sembravano davvero disperato. Li stava bene.
- Se non la smetti ti pianto un altro coltello nella gamba. -
- Ti prego. - ritentò.
- No. Ne ho abbastanza di te. - rispose, tirando via il braccio.
Ora era il suo turno di soffrire. Lei lo aveva già fatto troppo. Anche se dubitava che se la prendesse per quello. Non era così importante per lui. Se lei lo chiamava Cam e non Camron lui non se ne accorgeva nemmeno, se lo faceva per prenderlo in giro non gli dava peso. Anche se non l'avrebbe mai fatto, e non l'avrebbe più chiamato Cam.
Si avvicinò a Constant, che le passò un braccio sulle spalle, e la condusse lontano da Camron.
- Mi spieghi che è successo? - le chiese, mentre si avvicinavano alle mura.
Lei gli disse tutto. Quello che era successo quella mattina, tra lei e Camron. Quello che gli aveva detto. Gli raccontò anche di Azura, di come Camron l'aveva morsa, e ora lei era promessa a lui, che amava un altra.
- Fammi capire. - le disse Constant, sedendosi sul cornicione della torretta. - Tu lo ami, lui ama Azura, e lei ama lui, che l'ha anche morsa -
- Si. Cioè, no. Non lo amo. - mentì.
Constant la guardò come se fosse pazza. Era ovvio che non se la beveva.
- Va bene. - acconsentì. - Forse un pochino. - Un pochino tanto, a dire la verità.
- Che hai intenzione di fare? -
- Non lo so.. Non mi sembra una bella prospettiva quella di legarmi a un uomo che ama un altra ragazza, che tra l'altro è anche la mia migliore amica. -
- Non hai altra scelta. - disse, esitante.
- C'è sempre una scelta. -
Rimasero in silenzio per parecchi minuti, fino a quando lui non chiese. - Ma come hai fatto ad innamorarti di uno così? Da quanto mi hai detto, non è proprio il classico bravo ragazzo. E, da quanto so io, ha avuto molte ragazze, in città. -
- Come se non lo sapessi... Pensi che non le abbia viste tutte?. - sospirò. - E' solo che prima non era così. Da bambini eravamo molto amici. Era come un fratello maggiore, lo adoravo. Lui si preoccupava sempre per me, poi un giorno è cambiato tutto. Non fu un allontanamento graduale, fu una cosa secca. Il giorno prima c'era, quello dopo non c'era più. Diciamo che ha anche fatto in modo che non mi avvicinassi più a lui. Certo, quella cose si sarebbe potuta sistemare, e ci ho provato, ma non ne ha voluto sapere. Non ho nemmeno mai capito fino in fondo il motivo per il quale non avesse voluto sistemare le cose. -
- E non glielo hai mai chiesto? -
- Come potevo? Non mi considerava mai, c'è stato un periodo in cui mi trattava male, le volte migliori, come se non esistessi. Poi non ce n'è mai neanche stata l'occasione. Quando stavo per chiederglielo, una delle rare volte in cui eravamo da soli, venivamo sempre interrotti. O dalla nostra famiglia, o dai suoi amici. O dalla sua ragazza del momento. Così ho lasciato perdere. -
- Non dovresti stare male per lui. Non se lo merita. -
- Lo so. Ma è più forte di me. -
- Dai, si risolverà tutto. Non mancheranno le occasioni per farlo.-
"Se solo sapessi..." pensò, ma non lo disse. - Ma il morso che ha dato ad Azura non si risolverà. Il fatto che è innamorato di lei, nemmeno. -
- Col tempo la dimenticherà, non credi? Poi passerete molto tempo insieme. Risolverete le incomprensioni, e tornerete amici. E l'amicizia si trasformerà in amore. -
- Non è detto. Capita raramente che un vampiro si innamori per la seconda volta. E, se anche fosse, non voglio che mi ami perchè costretto a farlo. E poi l'amicizia non sempre si trasforma in amore. Ci sono delle volte in cui, uno dei due, vede l'altro solo come un amico, niente di più. Niente di meno. -
- Non tutti i legami sono perfetti. Raramente si celebrano per amore, come sai, raramente ci innamoriamo. -
- Si, ma non è il legame che sognavo io! Volevo legarmi con un uomo che mi amasse con la stessa passione con cui lo amavo io. Che mi rispettasse, e non che mi pugnalasse alle spalle. Che, prima di prendere una decisione, chiedesse a me, per avere consiglio. Anche per una minima cosa, una sciocchezza, ma che almeno dimostrasse di tenere più alla mia opinione che a quella degli altri. Che in ogni momento in cui fossimo separati si chiedesse dove sono, che cosa faccio, e se penso a lui come lui pensa a me. Che fosse geloso di me e che per questo mi tenesse stretta. Che considerasse anche la remota idea di perdermi, che non mia dia per scontata, come se io fossi li, sempre e comunque. E che per questo motivo mi trattasse bene, come una pietra preziosa. Come, ovviamente, io farei con lui. -
- Credo che tutti sognino una cosa simile, ma raramente accade - disse dolcemente lui.
- Si, perchè quello è amore. E quasi nessuno, tra di noi, è in grado di provarlo. -
- Deve essere bello essere innamorati. -
- Solo se il ragazzo o la ragazza che ami ti ricambia. Se no è una tortura. Non è bello vedere la persona che ami guardarti indifferente, come se non fossi nessuno, o come se per lui fossi solo un amica. Ti si spezza il cuore a vederlo innamorato di un altra persona, che non sei tu. Però certe volte ti metti da parte. Ti dici che non devi essere egoista e che se lui è felice anche senza di te, allora devi lasciarlo perdere. Quando sei innamorato, certe volte, ti importa più della felicità dell'altra persona che della tua. Per questo, avevo deciso di lasciarlo andare, vedendolo felice con lei. A che scopo dividerli? Se avessi confessato prima i miei sentimenti, molto probabilmente Azura lo avrebbe lasciato perdere per me, e io come avrei fatto a guardare ancora la mia migliore amcia negli occhi? Vederli ogni giorno, sapendo che, il solo motivo per cui non stavano insieme, ero io? L'amore è anche questo, saper lasciar andare, però fa male. Non sai quanto. -
- Non posso capirti, non fino in fondo. - disse, abbracciandola.
- Non ti sei mai innamorato? - sussurrò, sulla sua spalla.
- Non ancora. - rispose, stringendola.
Quella sera, dopo aver lasciato la torretta, la riaccompagnò a casa.
- Buona fortuna, allora. - le disse.
Lei lo guardò, confusa.
- Per il legame. -
- Ah giusto. Grazie. -
- Ci vediamo domani. -
- Domani? - chiese incerta. Non poteva sapere quello che sarebbe accaduto, e lei non glielo avrebbe certo detto.
- Si. So che possono partecipare solo i membri delle vostre due famiglie alla cerimonia, però dopo, al ballo ci sarà tutta la città, no? -
Prisca fece un verso, che poteva benissimo essere inteso come un si o come un no.
- Buonanotte, se dormirai - disse Constant ridendo.
- Ci proverò. - Le si avvicinò, dandole un bacio sulla guancia, poi se ne andò, scomparendo nella notte.
Prisca mise una mano sulla porta, ma essa si aprì sotto il suo tocco, senza che lei la spingesse.

Forse alcuni di voi lo stavano aspettando, o erano almeno un po curiosi di vedere il nuovo amici della nostra protagonista. Eccolo qui! Era come ve lo aspettavate?
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Capitolo 17
*** L'ultima sera ***


Buonasera lettori! Questo capitolo è più lungo del solito, ma ho preferito pubblicarlo tutto insieme piuttosto che a pezzi. Spero non vi deluda.
Come sempre, mi farebbe piacere sentire cosa pensate della mia storia. Cosa sbaglio, cosa c'è che non va, e perché no? Anche darmi delle idee o dirmi come voi avreste preferito che andasse. Come ho detto, ne sarei davvero felice.
Ringrazio chi ha messo questa storia tra le preferite, le ricordate o le seguite. Ringrazio tutti quelli che sono arrivati a questo punto.
P.S. Anche se non recensite molto, sono felice comunque che seguiate la mia storia.
Un bacio,
Ellyn P.



- Bentornata. - Caden era sulla porta, che le sorrideva. - Ti stanno aspettando nel salone. -
- Mi stanno aspettando? Chi? -
Non le rispose, si limitò a chiudere la porta alle sue spalle.
Prisca attraversò il corridoio, trovandosi difronte la stanza principale della casa. Era la più bella in assoluto, la cosa più appariscente di quell'enorme stanza, erano le grandi scale ricurve, poste ai lati di essa, che salivano, fino a scomparire al piano superiore. Attraversò tutta la stanza, guardando il pavimento a scacchi. Da quanto era pulito, ci si poteva specchiare. Mirò alla stanza che portava al salone, ma prima che potesse arrivarci, una mano la fermò.
- Si può sapere che facevi li fuori? - Le disse suo padre, adirato.
- Li fuori?- Fece finta di non capire.
- Con quel ragazzo! Che ti salta in mente? Domani devi legarti, e te ne vai a giro con un ragazzo che non è il tuo promesso. -
- E quindi? E' un crimine avere degli amici? E poi non è colpa mia se Camron preferisce altre compagnie a me - gli urlò quasi contro.
Ma perchè aveva sempre da ridire su tutto?
- Non mi interessa che compagnie preferisce. Vedi di far andare bene le cose. E non rivedrai più quel ragazzo.-
- E chi è che me lo impedirà? Tu? - chiese, in tono di sfida. Era curiosa di vedere come avrebbe fatto.
Era troppo tardi per fermarlo, quando Prisca si accorse cosa suo padre stava per fare. Aveva alzato la mano, pronto a colpirla. Così chiuse gli occhi, aspettando il colpo, che non arrivò mai. Gli riaprì pochi secondi dopo, trovandosi davanti una scena inimmaginabile.
Camron era in piedi davanti a lei. Aveva bloccato la mano di suo padre, e lo guardava con astio. Suo padre, più che arrabbiato, sembrava sorpreso del gesto del ragazzo. Non poteva immaginare che l'avesse fatto davvero.
- Mi scusi. Ma non potevo permetterle di toccare Prisca. - disse, lasciandolo.
Suo padre non disse niente, annuì e basta, varcando la porta poco lontano da li, lasciandoli soli.
- Mhm... Credo sia un po arrabbiato. - disse Camron, interrompendo il silenzio.
- E' un suo problema. - rispose. - Perchè l'hai fatto? Potevi lasciare che mi colpisse. -
- Mi chiedi perchè l'ho fatto? La domanda giusta è : Come avrei potuto lasciarglielo fare? Nessuno, dico nessuno, può permettersi di farti male. -
- Perchè? - Per quale motivo lo faceva? Era benissimo in grado di proteggersi da sola. Non aveva bisogno di nessuno. Non aveva bisogno del suo aiuto. Forse l'ha fatto per...No, era impossibile. Era sicura che lui non se lo ricordasse.
- Perchè sei mia, e non lo permetto. - disse dolcemente, come se fosse una cosa ovvia.
Ecco. Non se lo ricordava. Un altro segno di quanto abbia avuto importanza la loro amicizia per lui.
- Non sono tua. -
- Manca poco. -
- A che gioco stai giocando, si può sapere? - disse poco dopo, non capendo le sue intenzioni.
- Io... in che senso? -
- In che senso? E' da tanto che non ti importa più quello che mi succede, o quello che faccio. E ora te ne esci così, dicendo che nessuno può toccarmi perchè sono tua. Ma ti senti? Solo perchè ci leghiamo, non divento automaticamente di tua proprietà. Sono mia, e di nessun altro. Quello che faccio è comunque affar mio. Le decisioni che prendo sono le mie, e non devo dar credito a te. Continuiamo a comportarci come sempre, in fin dei conti il legame non cambia poi molto. L'unica cosa che devi fare è trasformarmi, poi potrai fare quello che vuoi. -
- Avevi detto che non lo volevi un legame così. Avevi detto...-
- Lo so cos'avevo detto. Ma dicendo quelle parole non ti stavo obbligando a comportarti in quel modo! Io avrei voluto che ti comportassi così di tua spontanea volontà, senza che nessuno ti dicesse niente. Mi sembrava una cosa normale, ma evidentemente per te non lo era. Comunque non importa, comportati come sempre, infondo sei fatto così. - disse, interrompendolo. - E non devi proteggermi. -
- L'ho sempre fatto. -
- Ero una bambina, non ero in grado di farlo da sola, e a te piaceva prendere le parti del fratello maggiore. Ora però sono cresciuta. Non ho più bisogno che nessuno mi protegga. -
- A me non sembrava che tu stessi per difenderti. -
- Sai che se avrei voluto, l'avrei fatto. -
Era ovvio. Se avesse voluto difendersi da suo padre, le sarebbe bastato usare un elemento. Ma, per il piccolo ceffone che voleva dargli, non le sembrava il caso di ricorrere a queste cose. Infondo era suo padre. Non era certo la prima volta che aveva provato a picchiarla.
- Comunque, grazie. - Almeno quello glielo doveva. - Io ... vado su. - fece per voltarsi, ma lui la fermò.
- Aspetta. - disse.
- Cosa c'è? -
La guardò un secondo negli occhi, incerto sul da farsi. - Niente. -
Fu in quel momento, guardandolo negli occhi, che si rese conto che era la sua ultima notte. Il giorno dopo, poco prima del legame, se ne sarebbe andata, e non lo avrebbe più rivisto. Voleva dargli almeno un ultimo bacio, rischiando anche di essere respinta.
Uno solo.
Si avvicinò, e si fermò a pochi centimetri da lui. Le loro scarpe si toccavano.
Poi lo baciò, all'improvviso. Forse, preso un po in contropiede, Camron si irrigidì un momento. Ma durò un attimo, perchè lo sentii subito riprendersi, e le sue braccia le cinsero la vita, stringendola a se possessivamente.
Le passò la lingua sulle labbra, un invito a chiederle di approfondire il bacio, così, volendo di più, lo fece. Aprì le labbra sotto le sue, e permise alle loro lingue di unirsi. Era... indescrivibile. Intenso e magnifico allo stesso tempo. Se lui non l'avesse tenuta stretta tra le braccia, era sicura che le sue gambe non l'avrebbero retta in piedi.
Lo baciò come se non ci fosse un domani, cosa più o meno vera. Non c'era un domani, non per loro.
Passò le mani sulla sua schiena, sentendo il ragazzo irrigidirsi sotto il suo tocco. Desiderava accarezzarlo, sentire l'effetto che avrebbe provocato in lei il contatto con la sua pelle nuda. Ma sapeva di non poterlo fare. Aveva già osato troppo, gli era andata bene che Camron non l'avesse ancora respinta. Infilare le mani sotto la sua maglietta, per sfiorargli la schiena anche solo per un secondo, era impensabile. Impossibile. Così, Prisca si costrinse a staccarsi da lui. Strano ma vero, ci riuscì.
Sì senti subito fredda, vuota.
Grazie per non avermi respinta. pensò tra se.
- Ris... - le sussurrò, sfiorandole ancora dolcemente le labbra con le sue. Uno sfiorarsi di labbra, nient'altro. Solo quel suo gesto tanto tenero le dava alla testa.
Camron posò la fronte sulla sua. - Io... - iniziò lui, accarezzandole una guancia.
- No. - lo interruppe lei staccandosi - Scusa. - e corse verso le scale.
Non si voltò indietro finchè non fu in camera sua, e protetta dalla porta chiusa e dalla tenebre della stanza, si lasciò sfuggire qualche lacrima.
Era stato difficile avergli detto addio, soprattutto dopo che lui l'aveva chiamata Ris, tanto dolcemente. Ma, a dispetto di quello che era appena successo, poi l'avrebbe ringraziata.
Seduta contro la porta della camera, si asciugò in fretta le lacrime con la mano, fece un respiro profondo, e si alzò in piedi.
Non era il momento di lasciarsi prendere dallo sconforto. Doveva preparare le cose per il viaggio.
Si mise in ginocchio accanto al letto, e sotto di esso, prese il suo zaino nero. Lo guardò per qualche secondo. Era abbastanza grande, forse sarebbe bastato per trasportare tutto il necessario.
Lo appoggiò sul letto, e andò verso l'armadio, aprì i cassetti, prese qualche vestito e gli infilo nello zaino.
Dopo i vestiti, le sarebbero sicuramente serviti dei soldi, così andò al centro della stanza, e spostò il grande tappeto che copriva il suo nascondiglio. Estrasse dal pavimento delle travi sconnesse, e prese tutti i soldi che aveva nascosto nel corso degli anni in quel buco. Non sarebbero bastati a lungo. Solo per qualche mese. E non erano abbastanza per crearsi una nuova identità e nascondersi nel mondo degli umani. Per quello avrebbe avuto bisogno di altri soldi, che solo suo padre possedeva. Fortunatamente, lei era quasi sicura di sapere dove si trovasse il nascondiglio di suo padre. Non sarebbe stato difficile accedervi.
Silenziosamente, uscì dalla camera e scese le scale.
Attraversò il salone principale e andò nell'ufficio di suo padre. Prima di entrare, si guardò intorno, stando attenta ai minimi rumori. Non sembrava esserci nessuno.
Abbassò la maniglia e spinse. La porta era bloccata, ovviamente. Forse, dato che gli incantesimi che suo padre aveva fatto fare al suo ufficio stavano svanendo, sarebbe riuscita ad aprire la serratura con un trucchetto, che la maggior parte di loro era in grado di fare.
Sbloccò la serratura con la mente, come aveva fatto parecchie volte con la porta di casa. Due secondi dopo sentì un clic. Abbassò la maniglia ed entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Si guardò intorno, pensando a dove lui avesse potuto nasconderli. Andò verso la libreria. Poi si fermò. Un nascondiglio li sarebbe stato troppo prevedibile, anche per lui.
Si guardò i piedi. Nemmeno sotto il tappeto gli avrebbe nascosti. Lo conosceva bene. I nascondigli prevedibili gli evitava sempre, preferiva quelli complicati, per lei invece, più erano prevedibili, più erano sicuri. Nessuno avrebbe pensato a un nascondiglio troppo semplice e, se avesse cercato qualcosa,l'avrebbe fatto in posti stranissimi, non in posti ovvi.
Il suo nascondiglio doveva essere in un posto della stanza sicuro, sempre controllato da lui, sotto la sua supervisione.
Alzò lo sguardo, improvvisamente le venne un idea. Andò diretta verso la scrivania, e si mise a sedere sulla sedia. Tastò il fondo della scrivania, quando lo trovò. Un riquadro che veniva in fuori, con dei piccoli pulsanti.
Così si accovacciò sotto la scrivania, guardando quello che aveva trovato. I pulsanti, erano esattamente lettere e numeri. Serviva un codice.
"Accidenti!" pensò.
E ora come faceva ad indovinarlo? Sarebbe potuta essere una qualsiasi parola, o un numero. Come faceva a saperlo? Forse era qualcosa legato a lui, o alla sua famiglia. Avrebbe potuto essere un giorno per lui speciale.
"1350" inserì l'anno della nascita di suo padre.
Il riquadro le rise in faccia.
Venne scritto "Codice errato" , accompagnato da un piccolo suono.
"06011350" Nemmeno il giorno, l'anno e il mese della nascita di suo padre andava bene.
"1370" Quello di sua madre "15061070" nemmeno la data completa di sua madre.
Forse era una parola. Scrisse "Abdel".
Errato.
"ReAbdel" errato anche quello.
"ImperatoreAbdel". Sbuffò. Strano. Avrebbe giurato che fosse una di quelle parole, dato l'enorme ego di suo padre.
Sentì dei passi nel corridoio.
Qualcuno si stava avvicinando alla stanza in cui si trovava.
Fece un ultimo tentativo. "Astra". Spuntò "Codice accettato" Sentì un rumore, come di un pannello che si apriva, poi cadde.
Rotolò sulle scale per qualche secondo, poi si rimise in piedi. Non avrebbe mai scommesso che il codice di accesso fosse il nome di sua madre.
Senza pensarci troppo, scese le scale fino in fondo, facendo attenzione a non cadere, dato il buio che la circondava.
Arrivò in fondo, poi, all'improvviso, una forte luce illuminò tutto.
Prisca si ritrovò in un enorme stanza, fatta, all'apparenza, tutta di plastica. Si guardò intorno, stupita, poi si avvicinò a una parete. Non erano i muri ad essere fatti di plastica. Su ogni muro della stanza, c'erano dei mini cassetti rettangolari, fino al soffitto, muniti di adesivo. Su ogni adesivo c'era un numero diverso.
"1'000" , "1'500" , "2'000", "2'500". Si inoltrò più a fondo nella stanza, notando che più andava verso il fondo della stanza, più i numeri sulle cassettine salivano.
"30'000" , "40'000". Corse fino in fondo alla stanza, fermandosi all'ultimo scaffale.
Nell'ultima scatolina c'era scritto.
"ILLIMITATO. 156098" Estrasse la scatola dello scaffale, e l'aprì. All'interno di essa, c'era un rettangolino di plastica. Era una carta di credito e, molto probabilmente, il 156098 era il pin. La carta, quasi sicuramente, era rintracciabile, ma lei la prese ugualmente. Se la infilò in tasca e rimise a posto la scatola.
Prima dell'ultima scatola, ce n'erano parecchie altre, ne prese una decina, guardando a malapena le altissime cifre. Infilò le cassettine nei passanti della cintura che si portava quasi sempre dietro per infilarci i coltelli, e percorse tutta la stanza, tornando alle scale. Prima di uscire dal nascondiglio di suo padre, tese l'orecchio, per sentire eventuali rumori.
Via libera.
Rinserì il codice e il pannello si aprì sopra la sua testa.
Si trovò in pochi secondi di nuovo nell'ufficio di suo padre, il pannello richiuso poco lontano da lei. Uscì da sotto la scrivani, si rialzò in piedi ed uscì dalla stanza. Richiuse la porta a chiave e, tirandosi la maglietta sotto i fianchi, tornò in camera sua.
Nessuno la fermò, ne la vide, e lei arrivò in camera sua senza essere scoperta. Aprì tutti i piccoli contenitori che aveva preso ed estrasse da ognuno di esse rotoli di banconote. Per non occupare troppo posto nello zaino, infilò tutti i rotoli e la carta in un sacchettino, e ce li buttò dentro. Aveva quasi finito, mancava solo del cibo.
Dato che lei non era stata ancora morsa e trasformata da un vampiro maschio, non era a tutti gli effetti un vampiro, e non beveva ancora sangue, mangiava cibo normale. I vampiri bevevano maggiormente sangue, perchè, per uno di loro era la principale forma di nutrimento ma, in assenza di questo, potevano ricorrere al cibo. Non era come il sangue, ma era meglio di niente. Lei invece, per adesso, mangiava solo cibo normale.
Tornò al piano di sotto, e si recò nelle cucine. Prese la maggior parte degli alimenti a lunga conservazione che trovò. Non erano molti, quindi prese anche il resto, e infilò tutto nello zaino.
Non si preoccupò che i suoi genitori lo scoprissero, tanto loro non lo controllavano mai il frigo.
Prima di tornare nella sua stanza, si fermò in uno dei tanti stanzini, e prese un sacco a pelo. "Non si sa mai" pensò, ed entrando in camera, nascose il tutto in un ripiano segreto dell'armadio. Se non sapevi che c'era, non lo vedevi.
Il giorno seguente, prima del legame, lo avrebbe nascosto vicino alle mura, così per prenderlo non sarebbe dovuta tornare a casa. Si buttò sul letto, e sentì un oggetto bucarle la gamba. Infilò una mano nella tasca dietro dei pantaloni, e strinse tra le mani una scatolina. Si ricordò all'improvviso cosa fosse.
Era il regalo di Camron. Scosse la testa, e lo lanciò nel cestino, ma all'ultimo momento ci ripensò e lo riprese, mettendolo nella taschina dello zaino.
Notò solo in quel momento il vestito incartato per il legame, appoggiato alla sedia della sua scrivania.
Evidentemente qualcuno lo aveva portato li dopo che lei lo aveva lasciato, o per meglio dire, buttato da qualche parte fuori dallo studio di suo padre. Si avvicinò lentamente al vestito, curiosa di sapere com'era fatto. Lo scartò lentamente e lo guardò.
Era un rosso scuro. Rosso sangue. Non una scelta a caso, sicuramente. Voleva provarlo, almeno per sapere come le sarebbe stato indosso. Si sfilò i suoi vestiti e lo indossò, guardandosi allo specchio. Il corpetto aveva una scollatura a cuore, e stretto in vita, evidenziava le sue forme, scendendo poi fluido come seta sul resto del corpo. Era un bellissimo vestito, ma non era quello che aveva sempre desiderato. Il taglio del vestito, il corpetto, erano perfetti, ma aveva sempre desiderato un vestito blu notte.
Però nessuno si era mai degnato di chiederglielo. Era stato fatto tutto senza che lei venisse interpellata. Non era così che aveva sempre sognato il tutto. Avrebbe voluto scegliere il suo vestito, l'uomo con cui legarsi. Avrebbe voluto amare quell'uomo, ed essere amata a sua volta. Invece sarebbe accaduto tutto il contrario. Non che importasse qualcosa, dato che non ci sarebbe stato nessun legame. Diede le spalle allo specchio, pronta a togliersi il vestito, quando qualcuno bussò.

- Chi è? - chiese seccata.
- Sono io, Astra. - Era sua madre. Che cosa voleva?
- Entra pure. -
Sua madre abbassò la maniglia, ed aprì lentamente la porta. e la sua testa bionda varcò l'uscio.
- Oh! - esclamò appena la vide. - Sei bellissima!. -
Sua madre si portò la mano alla bocca, emozionata. - Il vestito ti stà d'incanto. -
- Non è quello che avrei scelto io, ma non fa niente. -
- Ma non importa quale avresti voluto! L'importante è che ti stia bene. -
- Certo... - A nessuno importava quello che voleva lei. Non poteva scegliere nemmeno il suo vestito. Quello sarebbe dovuto essere il più bel giorno della sua vita! E invece...
- Dai togliti il vestito che devi venire a salutare la famiglia di Camron. Non è stato carino non unirti a noi nella sala! -
- Preferirei non venire. Salutali tu per me. -
- Non importa se vuoi o non vuoi venire. Togliti il vestito, e mettiti i tuoi. Ti voglio giù tra cinque minuti. - fece sua madre, guardandola duramente.
Sua madre era un po più alla mano di suo padre, ma era sempre severa. Ti diceva le cose con gentilezza, la prima volta. Poi te le ordinava. In pratica, o le facevi con le buone, o le facevi con le cattive. Ma almeno cercava d essere gentile. Al contrario di suo padre. A lui non importava di essere gentile.
- Va bene. -
Andata via sua madre, si rimise i suoi vestiti e scese le scale. Uscì dai casa, e li trovò tutti li fuori, intenti a parlare.
- Eccola finalmente! - Esclamò sua madre, appena la vide, come se fosse una sorpresa per lei vederla li. Come se non fosse andata a chiamarla pochi minuti prima. Che cosa ridicola.
- Scusate se non vi ho raggiunto, ma ero un po stanca. - disse, cercando di evitare gli occhi di Camron, che sentiva su di se.
- Oh, non fa niente cara. - rispose Delilah, la madre di Camron.
Lui aveva preso tutto da suo padre. Era Ezel che era identico alla madre, almeno fisicamente.
- Prisca! - urlò una vocina, a lei familiare.
Il fratellino di 9 anni di Ezel e Camron, Frederick, le stava correndo incontro, a braccia aperte.
- Freddie - disse, prendendolo tra le braccia. Adorava quel bambino. E lui adorava lei, si vedeva.
Anche se lei e Camron non si erano più parlati, le volte in cui i suoi genitori andavano a trovare quelli di Camron, lei andava sempre con loro. E li c'era Freddie, che, ogni volta che la vedeva, l'abbracciava sempre.
- Tesoro, come stai? - gli chiese, mettendolo giù, e scompigliandoli i capelli.
- Bene! Sono così felice. Da domani saremo una famiglia. - diceva, sorridendo.
- Ehi già. - Non avrebbe voluto sapere come si sarebbe sentito il bambino quando avesse scoperto che se n'era andata. Era meglio se non ci pensava.
- Finalmente il vostro desiderio si realizzerà. E anche il mio. Sarai mia sorella! -
Quale desiderio?
- Quale desiderio? - chiese, infatti.
- Ma come quale desiderio? Mamma me l'ha detto che tu e Camron da piccoli dicevate sempre che un giorno vi sareste legati. -
- Oh... Te l'ha detto... Te l'ha detto tua mamma? -
- Si. Non siete contenti? -
- Mamma, perchè diavolo glielo hai raccontato? - intervenne Camron evidentemente un po infastidito, rivolgendosi a sua madre.
- Oh, beh.. Ho dovuto farlo! Era così felice, e poi ho detto solo la verità. Che male c'è? - rispose, poi raggiunse gli altri genitori che si erano allontanati, lasciando soli lei, Camron, Freddie e Ezel.
Delilah però aveva ragione. Da piccoli lo dicevano in continuazione, e Prisca ci aveva sempre creduto, almeno fino a quando lui non si era allontanato. Da li aveva cercato di non ricordare più il tempo trascorso con lui. Ma era quasi impossibile. Nella sua mente non c'era un tasto on/off che poteva usare a suo piacimento. Magari ne avesse avuto uno!
- Mamma ha ragione. Ha fatto bene a dirmelo, sai, si vede che Camron...-
- Freddie smettila. - lo interruppe il fratello, tirandolo indietro, visibilmente a disagio.
- Lasciami! - esclamò suo fratello, avvicinandosi di più a Prisca. - Lui ti ama. - le sussurrò all'orecchio, come fosse un segreto che andava custodito.
Però lo avevano sentito tutti.
E dire che non l'aveva toccata era una bugia. Si tirò di scatto indietro, come se le avessero dato una spinta. Faceva male sentire quelle parole, sapendo che non erano vere, poi perchè se ne usciva con queste sciocchezze ora?
Ma poi si maledì mentalmente. Non poteva sapere la verità, poverino. Lui non sapeva di Azura. Non sapeva l'effetto che quelle parole, dette con tanta convinzione, le avrebbero fatto. Sembrava davvero convinto, come se non ci fossero altre possibilità.
Camron l'amava. Loro erano sempre stati Cam e Ris. Ris e Cam. Lo erano stati, e lo sarebbero stati per sempre. Era naturale. Come non avrebbe potuto esserlo?
Peccato che non fosse vero...
- Freddie, non si dicono le bugie. - disse dolcemente lei, prendendola sul ridere.
Non le uscì come avrebbe voluto. Il tono, più che dolce era malinconico.
- Oh, ma è vero! - insistette il bambino.
- Va bene, se lo dici tu. - e gli sorrise.
Beata innocenza.. - Quando sarò grande avrò una ragazza come te. Mio fratello è stato fortunato a trovarti. Se fossi stato solo un po più grande, ora al suo posto ci sarei io. Non è giusto! - disse, sbuffando.
Era lusingata. Le voleva veramente bene quel bambino.
- Non ti sembra di correre un po, fratellino? - disse Ezel, ridendo della frase di suoi fratello minore.
- No, assolutamente. Anche io voglio una ragazza come lei! -
- Sono sicura che più in la, ne troverai una anche meglio di me. E quella ragazza sarà la più fortunata del mondo. - disse, e ne era del tutto convinta.
- Non credo. Tu sei unica. E Camron lo sa. - I suoi grandi occhi azzurri la perforarono con lo sguardo. Era dannatamente serio. Il suo era uno sguardo che non si addiceva a un bambino della sua età. Troppo attento, sveglio. Come se sapesse altre cose. Cose di cui loro non erano ancora a conoscenza. Rimase turbata per un po.
- Dai Freddie, andiamo. - disse Ezel a suo fratello, interrompendo il silenzio. Freddie la guardò un ultima volta, poi le diede un bacio sulla guancia, e seguì suo fratello.
Li guardò andare via.
Le sarebbe mancato quel bambino tanto adorabile. Era una delle poche persone che le voleva veramente bene, e lei lo avrebbe abbandonato.
- Mio fratello ... Lui... Scusalo. Esagera un po. - disse improvvisamente Camron.
Non aveva più detto una parola, e ora se ne usciva così.
- Figurati. - rispose lei secca.
Cercava di non dare a vedere come le parole del bambino, anche se false, l'avevano scombussolata.
- E per quello che ha detto.. - Era visibilmente a disagio. Lo si poteva capire perchè si stava grattando la testa.
Lo faceva sempre, quando era un po in imbarazzo.
Prisca gli andò in contro, anticipandolo - Non c'è problema. E' solo un bambino. Non può capire. -
- In che senso? - Incontrò i suoi occhi, visibilmente confusi.
- Lui pensa che mi ami perchè domani ci leghiamo. Gli sembra ovvio. A che scopo altrimenti, celebrare il legame? Non può certo capire la parola "convenienza". Non ora almeno. Lo capirà poi che la maggior parte dei legami vengono celebrati solo per quello. - spiegò lei, alzando le spalle.
Camron aprì bocca, forse per dire qualcosa.
- Camron, dai vieni. - gli urlò sua madre, metri più in la. - Salutala che andiamo a casa. -
Camron guardò sua madre, che faceva altrettanto. Poi guardò Prisca. Fece un passo verso di lei, e lei ne fece un altro indietro.
"Ti prego, almeno davanti a mia madre." la pregò.
"Vabene." Acconsentì solo perchè Delilah era li che li guardava.
Così Camron le si avvicinò, e lei chiuse gli occhi. Gli sfiorò la guancia con le labbra, indugiando un po, poi si staccò.
Quando Prisca aprì gli occhi, lui non c'era già più.
Solo il ricordo delle sue morbide labbra sulla guancia.

Qualche ora dopo sua madre ribussò alla porta.
- Posso? - chiese prima di entrare.
- Certo. - rispose semplicemente.
Sua madre entrò nella stanza e si sedette accanto a lei sul letto.
- Ero sicura che non stavi dormendo. -
Fece un piccolo sorriso. - Lo sai che non dormo quasi mai. -
- Si, lo so. -
- Perchè sei qui? -
Era curiosa. Era già venuta prima, era insolito che volesse parlare più volte in una sera. Non che fosse strano che sua madre volesse parlare con lei, ma nell'ultimo periodo non si erano viste molto.
- E' solo che mi dispiace per il comportamento di prima. - disse, esitante.
Si stava davvero scusando? Non poteva crederci!
- Questi preparativi per il legame mi hanno un po stressata. -
- Potevate annullare tutto allora. -
Sua madre la guardò. - Tuo padre mi ha detto che non sei d'accordo, e non ne capisco il motivo. -
- Non voglio legarmi con lui, è semplice. -
- Ma perchè? Siete sempre stati amici. Eravate inseparabili! Non capisco... Eravate Ris e Cam, dove c'era l'uno, c'era l'altro. Non facevate una sola cosa se non eravate insieme. Eravate come fratelli, molte volte dormivate anche insieme.-
- Infatti, eravamo . Al passato. -
- Pensavo che gli volessi bene, che fossi stata felice di questo legame. Tutti, dico tutti, erano sicuri che, quando sareste cresciuti vi sareste legati, anche voi lo dicevate, e ora mi dici che non vuoi più farlo? -
- Io gli voglio bene. Gliene ho voluto un sacco, ma è cambiato tutto. Sono passati otto anni. Siamo cresciuti, ci siamo allontanati. Ora siamo come due estranei, non lo capisci? Parliamo a malapena. E quello che dicevamo da bambini, o quello che tutti pensavano non ha importanza. Le cose cambiano, dovresti saperlo. Niente resta immutato. - Aveva detto più del dovuto, ma non aveva importanza.
- Sai che non si può annullare tutto ormai, vero? E' tardi. -
- Certo che lo so. -
- Bene. Comunque mi rallegro pensando che avrai accanto a te un uomo che saprà proteggerti da tutto e da tutti. Sempre e ovunque. -
Proteggerla? Da chi? Prisca non ne aveva bisogno. Erano gli altri che avrebbero dovuto proteggersi da lei. - Proteggermi.. Sono in grado di farlo da sola. -
- Beh, si. Ma è il suo compito. Ogni bravo vampiro protegge la sua compagna. -
- Ma non siamo deboli. E' una cosa sessista! Come se non fossimo all'altezza di farlo da sole. -
Sua madre rise. Rise davvero. - Sono d'accordo con te! Siamo assolutamente in grado di farlo da sole. Magari anche meglio di loro! -
Esattamente.
Astra tornò improvvisamente seria. - Devo però metterti al corrente di una cosa. Non credo che qualcuno l'abbia fatto. Dopo il legame è stato deciso che sarete voi a governare la città, come re e regina. -
Lo sapeva già, ma voleva sentirglielo dire.
- Perchè? Che bisogno ce n'è? -
- Perchè hanno votato tutti a favore. Siamo tutti d'accordo sul fatto che abbiamo bisogno di sovrani, in grado di proteggere la città da eventuali attacchi. E, tra tutti, saputo il legame, hanno scelto voi. -
- Noi? Non potevano scegliere qualcun'altro? Qualcuno con più esperienza? Magari più vecchio e più esperto? -
- Certo che no. Abbiamo bisogno di giovani. Idea nuove, nuove leggi. Se mettessimo a capo della città un vampiro anziano sarebbe un disastro. Abbiamo lottato tanto per arrivare dove siamo oggi, e un vecchio vampiro non farebbe che riportare tutto al punto di partenza. E poi c'è già tuo padre che è abbastanza legato al passato. Non abbiamo bisogno di qualcuno più ... severo o duro di lui. -
- Hai detto per proteggere la città. Ma da cosa? Sono anni che non ci sono attacchi. Perchè dovrebbero essercene adesso? -
La domanda che avrebbe voluto porle era : "Perchè diavolo non mi hai detto degli altri? E' da loro che temete un nuovo attacco, vero? E perchè? Mi stanno ancora cercando? "
Ma non disse altro, e sua madre non le rispose nemmeno. Si alzò e andò verso la porta.
All'ultimo secondo si girò. - Domani, due ore prima del legame, verranno delle cameriere che ti aiuteranno a prepararti. Ora vai a dormire. E' da parecchio che non lo fai, sbaglio? - Detto questo, uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.
No, sua madre non sbagliava. I vampiri (e i quasi vampiri) dormivano, ma non avevano bisogno di farlo sempre. La maggior parte lo faceva solo per il gusto di farlo, lei invece non dormiva quasi mai. Però, dato che il giorno dopo avrebbe dovuto avere parecchie energie per il lungo viaggio che l'aspettava, decise di fare come sua madre le aveva chiesto.

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Capitolo 18
*** Il giorno del legame ***


Il mattino dopo arrivò prestissimo.
Non perse tempo. Si alzò all'alba, come faceva sempre, prese lo zaino dal suo nascondiglio e, per evitare di essere sentita, invece di attraversare tutta la casa, aprì la finestra di camera sua e si buttò di sotto, aiutandosi dal vento, per atterrare dolcemente metri più in giù.
Non emise alcun rumore. Era stata perfettamente silenziosa. Dal quarto cerchione dove si trovava, percorse tutta la città, fino al primo. Andò fino alla torretta dove si rifugiava di solito per stare lontana dagli altri. La torretta abbandonata. Li nessuno avrebbe mai trovato il suo zaino. Da li, sarebbe stato semplice uscire, non era la prima volta che lo faceva.
Nascosto lo zaino, si allontanò dalle mura, andando più verso il centro. Nel secondo cerchione si nascose improvvisamente dietro una bancarella, quando vide due vampiri che conosceva.
O meglio, due vampire. Che conosceva e che aveva odiato con tutta se stessa. Calliope e Penelope.
Era stata Calliope a portarle via per sempre Camron. E' iniziato tutto per colpa sua. Era lei la ragazza con cui lo aveva visto, in camera sua, esattamente otto anni prima.
E l'altra, la cara Penelope. Non meno colpevole. Si ricorda ancora quell'altra sera, quando aveva quindici anni, che Camron, dopo una cena con la sua famiglia, l'aveva lasciata da sola, dicendo che non aveva tempo da perdere con le bambine come lei e se n'era andato, abbracciandosi quella. Anche se, Prisca dovette ammetterlo, era anche colpa di Camron. Quelle erano due delle tante ragazze di Camron che aveva odiato. La prima in assoluto con cui era stato, e l'altra, che l'aveva convinto a lasciarla li da sola, proprio mentre stavano per parlare ancora.
Calliope era stata il loro allontanamento, Penelope l'addio definitivo. Una glielo aveva portato via, l'altra le aveva fatto capire che il ragazzo non sarebbe più stato suo. Le altre ragazze di mezzo erano solo di passaggio, non importanti, ma nemmeno insignificanti, perchè l'avevano fatta stare proprio male. - ... non ci credo! - stava dicendo Calliope alla sua amica.
- Nemmeno io! Ma ti rendi conto? E' così ingiusto! - rispondeva Penelope. Ma di che parlavano? Era curiosa, e tanto.
- Infatti! Quella troietta ce l'ha portato via da sotto il naso! -
- Non mi spiego ancora come abbia fatto. Insomma, noi siamo molto più belle di lei. Avremo dovuto esserci noi al suo posto, o almeno, una di noi. -
- Appunto! Solo perchè lei appartiene alle famiglie antiche. Scommetto che sono stati i loro padri ad obbligare Camron a stare con lei. -
- E' sicuro. Lui non l'avrebbe mai, dico mai, scelta. Lui la odia. E' così palese. -
- Già. Lo sanno tutti che non la sopporta. Poverino. Costretto a stare per sempre con quella mocciosetta. -
- Provo pena per lui. E lei? L'hai vista? Nemmeno lei lo sopporta. -
- Per me invece è cotta. Fa solo finta di odiarlo perché sa che lui non potrebbe mai innamorarsi di lei.- - Dici? Io non credo. Non sono nemmeno più amici. Figurati se è innamorata di lui! - - Forse hai ragione. Poi come potrebbe pensare anche solo di essere innamorata di lui? Il solo fatto che pensi a lui mi disgusta. Poi non se la filerebbe mai, sarebbe solo uno spreco di tempo stargli dietro. Lui non la guarda nemmeno. Non è degna di lui. -
- Concordo. -
- E' solo una spina nel fianco. E' fastidiosa. Se non ci fosse sarebbe meglio. -
Smise di ascoltare. Stavano parlando di lei, era così ovvio. Nemmeno fossero stati commenti decorosi. Erano piuttosto cattivi. Le uscì un sibilo dalla bocca.
- Hai sentito? - fece Calliope.
- Cosa? -
- Quel sibilo. Quel ringhio. - disse, guardandosi intorno.
Prisca si nascose se possibile, più di prima.
- Ma cosa dici? A quest'ora non c'è quasi nessuno in giro. Io non ho sentito niente. -
- Sono sicura di aver sentito qualcosa. Qualcuno ci ascoltava. -
Accidenti! E ora? Non poteva certo starsene li, e aspettare che la vedessero. Qualcuno la prese da dietro, gli mise una mano sulla bocca, per evitare che urlasse, e l'altra intorno alla vita. Poi la trascinò indietro. Dentro ... una casa? Si divincolò dalla presa, e si girò. Constant era davanti a lei, che la guardava dolcemente.
- Ah. Sei tu. -
- Sono anche io felice di vederti! - disse ironico.
- Ma no. Cioè, è ovvio che sono felice di vederti. Mi hai anche portato via da li, prima che mi scoprissero. -
Le sorrise. - Come potrò mai ringraziarla, mio salvatore? - disse scherzando.
- Non si preoccupi. Salvare donzelle in pericolo è sempre un piacere. -
- Siete sicuro? Volete solo un semplice grazie? Nient'altro? -
- Se proprio insistete... Accetterò volentieri un vostro bacio. - disse lui, inchinandosi.
- Scemo! - fece lei, dandogli una piccola spinta. Era proprio buffo. - Davvero, grazie. - continuò, avvicinandosi per abbracciarlo.
- Figurati. - La stinse un attimo, poi la lasciò.
- Quindi... - fece esitante. - Hai sentito tutto? -
- Si. -
- Beh hanno ragione. Il legame è inutile. Lui non mi sopporta, e io non dovrei nemmeno provare certe cose per lui. - sospirò.
Il problema era che non poteva farci niente. Non comandava lei il suo cuore. Quel furbetto faceva quello che gli pareva!
- Ma sei impazzita? Non hanno ragione. Per niente. Le persone che parlano alle spalle sono pessime. La loro vita è così inutile e vuota che devono per forza parlare di quella degli altri. Che cosa triste. Non credi? -
- Forse. Ma intanto in questo casino ci sono io. -
- Sarai anche in questa situazione, ma non devi pensare nemmeno per un istante che quello che provi sia sbagliato. O che non sei degna di qualcuno. Chiunque sarebbe fortunato a stare con te, Camron non sa apprezzare il grande regalo che ha avuto. E' un idiota. Ed è lui che non merita il tuo amore. Ricordalo. -
- Cercherò di tenerlo a mente. Grazie, ancora. Come farei senza di te? -
- Non faresti. - disse ridendo.
- Già. Mi sa che hai ragione. -
Come avrebbe fatto senza nessuno? Lei non conosceva i posti la fuori. Aveva solo studiato a scuola, dai tre ai quindici anni, la storia degli umani, le loro città, dove si trovavano, che lingua parlavano. Di teoria sapeva molto, anche diverse lingue, ma di pratica ne sapeva assai poco. Non si era mai trovata in mezzo agli umani, ne camminato nel loro mondo. Non era quasi mai uscita dalla sua città, se non qualche chilometro. Si sarebbe trovata in una situazione nuova. Come avrebbe fatto? Si sarebbe arrangiata, non vedeva altri modi. Li non poteva restare. Non così. Non senza non poter controllare la sua vita.
- Allora tra poco è il gran momento. Come ti senti? -
- Uno schi... Aspetta. Che ore sono? -
- Le dieci, le undici. Un ora in più, una in meno... Perchè? -
- Accidenti! Devo andare a casa. - - Di già? Ma il legame non è oggi pomeriggio? -
- Si, ma mia madre ha detto che verrà qualcuno ad aiutarmi a prepararmi, qualche ora prima. E, conoscendola, qualche ora prima, sono parecchie ore prima. E' apprensiva. Vuole fare le cose con calma. -
- Allora ci vediamo dopo. Mi hai promesso un ballo. - disse strizzandole un occhio.
- Ti voglio bene. - disse guardandolo negli occhi.
- Anche io, tanto. Più di quanto dovrei. - Ammise.
- In che senso? -
- Nel senso che non dovrei affezionarmi agli altri. Mi lasciano tutti. -
- Non dire così. -
- Puoi promettermi di non abbandonarmi? Di non lasciarmi mai? - chiese, tremendamente serio.
Come poteva? Qualcuno l aveva già promesso a Prisca che non se ne sarebbe andato, che non l'avrebbe mai lasciata, ma invece l'aveva fatto. Come poteva fare lei a promettergli quello, sapendo com'era andata a finire l'ultima volta che qualcuno gli aveva giurato una cosa simile? Conoscendo quanto una promessa del genere andasse in frantumi così in fretta? A maggior ragione, sapendo che tra qualche ora se ne sarebbe andata? Non avrebbe giurato una cosa che non avrebbe potuto mantenere. Le promesse che faceva, per lei erano sacre. Se prometteva una cosa, faceva di tutto per non rimangiarsi la parola. Non prometteva a vuoto. Nessuno doveva fare una promessa per poi infrangerla. Non era giusto. Così lo guardò dispiaciuta, e non disse niente.
- Appunto. Non puoi. -
- Mi dispiace. -
- Non te ne faccio una colpa. Nessuno può promettere una cosa del genere. Uno non può essere sicuro che, prima o poi, non accada qualcosa che li divida. -
- Hai ragione. -
Si girò, per andarsene, ma lui la prese per un braccio. - Aspetta. -
- Cosa? -
- Non mi hai dato ancora quel bacio. -
- Stai scherzando? -
- Ti sembra che stia scherzando? -
No, non stava scherzando. Sembrava dicesse sul serio.
- D'accordo, uno. Su una guancia. Se vuoi ci aggiungo anche un bell'abbraccio. Ma solo perchè sei tu. -
- Ci stò. -
Si protese verso di lui, per dargli un bacio sulla guancia, ma all'ultimo momento lui si girò, e le sue labbra incontrarono quelle della ragazza. Sorpresa, non si mosse. Constant la baciò per alcuni secondi, limitandosi ad accarezzare le labbra con le sue.
Solo quello.
- Perchè l'hai fatto? - sussurrò, turbata da quello sfregarsi di labbra tanto dolce, da parte sue.
- Perchè non potrò più farlo. -
- E ti sembra un buon motivo per farlo? -
- Abbastanza. -
- Ritira il bacio! - esclamò.
Come poteva baciarla? Loro erano amici. Certo, era stato piacevole, ma non c'era motivo perchè lo avesse fatto.
- No. Lo rifarei. -
- Ma noi siamo amici. - disse confusa.
- Si lo so. E poi era solo un bacio. -
- Solo un bacio, si. Niente di più? -
- Niente di più. - confermò.
- Va bene. -
- Perchè te la sei presa tanto? Bacio così da schifo? - disse scherzando.
- No, no. E' solo che potrebbe avere un significato diverso per te ...-
- Prisca, guardami. -
Non lo fece. Era un po in imbarazzo. Non era mai successo con lui.
Parlargli era così facile... E i baci precedenti che c'erano stati erano diversi, erano serviti solo per dargli il fuoco, questo invece... era un altro paio di maniche.
- Per favore. - chiese supplicante. Portò lentamente gli occhi nei suoi. - Era solo un bacio, ok? - continuò, guardandola negli occhi.
- Si. Vuoi anche l'abbraccio, prima che vada? -
- Se vuoi. -
Lo strinse e se ne andò.
"Ci vediamo" gli inviò. Forse un giorno, l'avrebbe rivisto. Ci credeva poco, ma non era impossibile. La speranza era l'unica cosa che aveva. Quindi si, sperava di rivederlo. E di non dover morire o far del male a qualcuno. Tornò a casa, mentalmente pronta per quello che sarebbe successo da li a qualche ora.


- Prisca! - sentì urlare il suo nome, non appena varcò la porta di casa. - Qualcuno la trovi! - Continuava ad urlare sua madre.
- Non si preoccupi signora, la troveremo! Deve essere qui da qualche parte. - le rispondeva una cameriera cercando di tranquillizzarla.
Nessuno si era ancora accorto che lei era arrivata ed era in mezzo alla grande stanza a scacchi, guardando sua madre sulle scale che urlava a destra e a manca ordini e indicazioni. Guardò ancora per qualche minuto i domestici correre di qua e di la, senza vederla, e sua madre sbraitare.
- Madre. - disse poi ad alta voce, per farsi notare. - Guarda che sono qui. -
- Guardi, eccola! - ripetè una domestica.
- Prisca! E' da mezz'ora che ti stiamo cercando. Dov'eri? - Chiese sua madre scendendo le scale e raggiungendola.
- Qui, la. Dappertutto e da nessuna parte. - rispose alzando le spalle.
- Dai che è già tardi, sali in camera a prepararti. -
Da quanto era preoccupata sua madre, non fece caso alla risposta che le diede. Chissà perchè se lo aspettava. Certe volte era così presa da una cosa che, se ti faceva una domanda su un altro argomento, raramente ne ascoltava la risposta. Ormai lo sapeva.
Fece come le aveva chiesto, ed andò in camera sua, con due domestiche alle calcagne.
Aprì la porta e rimase di sasso.
C'erano almeno cinque domestiche in camera sua, che stavano facendo gli ultimi ritocchi al vestito. Sopra la sua scrivania era stato messo un grosso specchio, ed essa era cosparsa di tutto e di più. C'erano ombretti, mascara, matite, rossetti, fondotinta, smalti, profumi, orecchini vari, collane, braccialetti, mollette di tutti i tipi, gommini... Era un pò preoccupata. C'era davvero bisogno di tutta quella roba? Lei non si truccava quasi mai, e avevano riempito la sua scrivania di tutte quelle cianfrusaglie inutili!
- Susu, si sieda. - la invitò una domestica, spingendola verso la sedia.
Si sedette sconsolata, chiudendo gli occhi, e aspettando che quella tortura finisse. Dopo qualche ora, finalmente si guardò allo specchio. La ragazza che ci vide riflessa non sembrava nemmeno lei!
I capelli, che portava fieramente sciolti, erano tirati sopra la testa. Solo qualche ciocca era stata lasciata fuori apposta per incorniciarle il viso. Le sue ciglia sembravano molto più lunghe, e i suoi occhi molto più grandi. Erano resi più profondi dalla matita nera, e un sottile strato di ombretto, sempre nero, le copriva le palpebre. Le labbra erano coperte da un rossetto rosso sangue, come il vestito.
Non gli piacevano, ma almeno non erano un rosso acceso. Però il suo viso in generale... Era davvero strepitoso. La sua pelle sembrava pura porcellana, più del solito. E, dovette ammetterlo, era davvero bella. Non che le altre volte non lo fosse, anche perchè tutti loro erano parecchio attraenti rispetto agli umani ma, mentre le altre volte si considerava solo carina, ora si stupì nel vedere quanto fosse bella.
La fecero alzare dalla sedia, per farle indossare il vestito. Quando una delle cameriere glielo portò, rimase un po sorpresa.
- Questo non è il vestito che avevo provato. - disse, del tutto convinta.
- Oh, beh.. Abbiamo apportato solo qualche modifica. -
Qualche modifica? Era del tutto diverso! Il vestito che aveva provato, era un vestito semplice, senza nessun particolare speciale, che cadeva liscio e fluido sulle sue curve. Quest'altro vestito, invece, era del tutto diverso. Il corpetto era più o meno uguale, ma la gonna era più pomposa e lunga. Con un grande strascico.
Era diversa. E parecchio.
Non era a sirena come quella dell'altro vestito. E, mentre l'altro era tutto rosso, questo era ricco di particolari. Il corpetto era pieno di ricamature nere, e alla fine di ogni piega della gonna, c'era una rosa nera. In tutto erano tre. Era molto più bello dell'altro, ma perchè cambiarlo?
- Perchè l'avete cambiato? -
- A sua madre non convinceva molto l'altro. -
- E chi aveva scelto il precedente? -
- Suo padre. -
- Ah. Ok. -
Ecco perchè non aveva sprecato tanto tempo dietro a quel vestito. Infondo a suo padre non importava un bel nulla. Lui voleva solo il suo bel legame vantaggioso. Chissà che colpo per lui, affrontare quello che sarebbe accaduto tra poco. Ci sarebbe voluta essere solo per vedere la sua faccia.
- Abbiamo finito qui? - chiese lei, speranzosa.
- Si, principessa. -
- Allora potete andare. - le congedò, a loro se ne andarono, dopo averle fatto un piccolo inchino.
Subito dopo uscì anche lei dalla stanza, facendo un giro per la casa. Quando svoltò un corridoio, li vide. E si fermò.
In mezzo al corridoio, c'erano Camron e Azura, che erano stretti in un abbraccio un po troppo intimo.
Sentendo dei passi, lui alzò la testa, e quando la vide sgranò gli occhi.
Colto sul fatto, eh? Poco prima del legame. Camron non poteva certo permetterselo. Fece dietrofront, ma lui la fermò. - Non...non è come pensi. - disse subito lui, balbettando e andandole incontro.
Peccato che fosse davvero come pensava. Lo sapeva lei, lo sapeva Azura, e lo sapeva pure lui.
- Figurati. Non penso niente. -
Che poteva dirgli? Doveva rinfacciargli la verità? Che sapeva che lui aveva morso Azura, e che avrebbe voluto stare con lei piuttosto che legarsi con Prisca? Che era convinta che, dopo il legame, lui avrebbe continuato a vedere Azura, o almeno ad amarla? Oppure doveva dirgli che non c'erano problemi, che per loro sarebbe andato tutto bene, e che tra poco lui e Azura sarebbero potuti stare insieme?
Quello sarebbe stato più semplice, però non disse niente.
Si girò, per andarsene. - Allora perchè te ne vai? -
- Non volevo certo disturbarvi. - disse pungente.
"Tra noi non c'è niente" le disse mentalmente.
Ovviamente non poteva sapere che lei sapeva. Azura aveva promesso di non dire niente.
"Sei stato tu a dirlo. Non io."
Si era fregato da solo, in pratica. Se erano solo amici, non c'era da giustificare niente, ma lui aveva subito detto "Non è come pensi, non c'è niente".
- Comunque io... volevo solo parlare con Azura. - In realtà non sapeva che lei fosse li. Questo le semplificava le cose, perchè voleva davvero parlare con lei. Salutarla.
- Vabene... Allora vado. - disse lui, girandosi verso la sua amica.
Poi tornò a guardarla. Le si avvicinò per darle un bacio, ma lei all'ultimo si scansò, e il bacio finì sulla sua guancia. Non lo avrebbe baciato ancora, ne permesso a lui di farlo. Il suo addio glielo aveva dato il giorno prima. Non le serviva altro per ricordarlo. Quello che aveva era già troppo.
Camron si tirò indietro, visibilmente ferito. Gli restituì lo sguardo cercando di essere il più inespressiva possibile. Evidentemente ci riuscì, perchè il  - Ci vediamo dopo. - del ragazzo era parecchio confuso.
Azura aveva assistito a tutta la scena, senza dire niente.
- Mi dispiace. - disse la sua amica.
- No, è a me che dispiace. - si affrettò a dire Prisca. - Non avrei dovuto innamorarmi del tuo ragazzo. E' solo che dopo tutti questi anni... Sarebbe stato difficile il contrario. Dopo tutto il tempo passato assieme, giorno dopo giorno... -
- Già.. -
- Comunque te l'ho detto, non preoccuparti. Si sistemerà tutto. - promise.
- Spero proprio di si - disse Azura guardando nella direzione in cui Camron era sparito. - Sei bellissima con questo vestito. - continuò dopo.
- Dici? -
- Assolutamente. -
- Non è proprio il vestito che avrei scelto, però è carino... - Quel vestito sarebbe stato bene a lei. Sarebbe stata fantastica al suo posto.
- Non importa del vestito. Sei tu che lo fai risplendere. -
Prisca l'abbracciò di scatto, stringendola per qualche minuto. - Ti voglio bene. Non dimenticarlo. - poi la lasciò.
- Anche io. - disse Azura sorpresa. - Ma sei sicura di star bene? -
- Certo, perchè? -
Non mi hai mai abbracciato di tua iniziativa! Anzi, direi che sei sempre stata un tipo... piuttosto freddo. Almeno negli ultimi otto anni... -
Già, da piccola era tutto il contrario. Azura lo sapeva. L'aveva vista abbracciare molte volte Camron, e visto lui fare lo stesso. Beh... adorava farlo. Sentirsi calda e protetta tra le sue braccia. Nessun'altro l'aveva fatta sentire così. Solo che Azura non sapeva che cos'era successo tempo prima. Nessuno lo sapeva, tranne lei e Camron. Gli altri potevano solo immaginarlo, loro sapevano la verità.
- Che vuoi farci? Le persone cambiano. Tu invece sei sempre stata molto affettuosa. -
- Si. -
- Prisca! - Era sua madre.
- Mi sa che devo andare. - si scusò.
- Certo. Ci vediamo tra poco. - e corse da sua madre, visibilmente arrabbiata dal suo poco interesse nel rispettare gli orari.
Ma che voleva? Il legame non era mica ancora iniziato. Camron era appena andato via, quindi se era in ritardo lei, anche lui non doveva essere molto in anticipo, e poi la cerimonia non iniziava quando arrivavano loro? Erano gli altri in anticipo, non loro in ritardo.
- Ma ti sembra il modo? Andare a scorrazzare di qua e di la mentre siamo tutti di fretta! Dove sei stata? Siamo già in ritardo! - la rimproverò sua madre appena la raggiunse.
- Parlavo con Azura, volevo salutarla prima del legame. Non posso? -
- Certo che si, ma siamo in ritardo. Aspetta. Hai detto salutarla? - chiese sua madre, un po perplessa.
Era possibile che pesasse così tanto le parole? Leggeva un po troppo tra le righe.
- Si, perchè al legame non potrò vederla. Dovrò aspettare dopo la cerimonia, e dubito che durante il ballo avrò il tempo di stare un po con lei. E siccome era da un po che non parlavamo ne ho anche approfittato per fare due chiacchiere. - rispose facendo finta di niente.
- Certo, hai ragione. Ora andiamo che è tardi, ci stanno già tutti aspettando. -
Uscirono dalla casa, andando verso casa di Camron, dove si sarebbe tenuto il legame, quando le venne in mente che, effettivamente, non aveva pensato bene al piano per scappare. Non era molto sicuro scappare nel bel mezzo della cerimonia, con tutte quelle persone intorno che avrebbero potuto fermarla. I suoi genitori, Camron, la sua famiglia... Come avrebbe fatto? Si rese conto che, se voleva scappare, era quello il momento giusto.
Si fermò, e sua madre fece altrettanto.
- Che c'è? - chiese un po scocciata.
Le venne improvvisamente un idea - Io.. ho dimenticato una cosa a casa. -
- Non puoi prenderla dopo? -
- No. E' importante. -
- Più importante del tuo legame? -
- Più o meno. Ma ci tengo tanto, e anche se ritardo di altri due minuti non farà differenza. -
- Cosa devi prendere? -
- Beh.. I-io.. Vorrei indossare il bracciale che mi ha regalato Camron... -
Sempre ammesso che fosse un bracciale. Avrebbe potuto essere qualsiasi cosa. Una collana, un bracciale, un anello... Ma sua madre non poteva certo saperlo.
Lo sguardo di Astra si addolcì un po. - Se ci tieni tanto. -
- Si, ti prego. -
- Va bene, vai. Ti aspetto qui. -
- No. - Se fosse rimasta li l'avrebbe vista e l'avrebbe fermata. Non poteva permetterlo. - Tu vai, e scusati da parte mia per il ritardo, almeno non penseranno che gli abbiamo dato buca! - disse ridendo, cercando di essere convincente. - Farò presto. -
- Hai ragione, meglio che vada ad avvertirli. Tu sbrigati. -
Corse velocemente verso casa, aprendo la porta e infilandocisi dentro. Andò in camera sua, si tolse il vestito in tutta fretta, si mise la tuta che usava per gli allenamenti, e, con il pugnale nello stivale aprì la finestra e saltò giù.
Ci mise pochi minuti ad attraversare tutta la città. Cercò di non farsi notare da nessuno. Aveva paura che, da un momento all'altro sarebbe spuntato qualcuno, l'avrebbe fermata e riportata indietro. Stranamente andò tutto liscio. Arrivò alle mura senza troppi problemi. Salì sulla torretta e si infilò lo zaino, pronta a saltare dall'altra parte.
Poi un braccio l'afferrò.
Si maledì mentalmente. Perchè non era scappata prima? Magari il giorno prima, o quella mattina stessa, prima che qualcuno si rendesse conto della sua scomparsa lei sarebbe stata già lontana, invece non era riuscita nemmeno ad uscire dalla città! Chissà che le avrebbero fatto ora. Se le fosse andata bene, l'avrebbero costretta a celebrare il legame, altrimenti l'avrebbero uccisa.
Però nessuna di quelle due opzioni l'allettava molto. E se invece avesse messo ko il suo inseguitore? Si girò, pronta a dare un pugno al vampiro che l'aveva fermata. Ma poi s bloccò a pochi centimetri dal suo volto.
Constant le stringeva l'altro braccio, e la guardava come se non fosse del tutto sicuro che lei fosse realmente li.
- Che ci fai qui? - le disse infatti.
- Che ci faccio? Io vengo sempre qui! - disse un po nervosa, sperando che se la bevesse.
- Non dovresti essere al legame? -
- E' già finito. -
- Così presto? -
- Certo. Non ci vogliono mica 5 ore per celebrarlo, ma solo pochi minuti. -
- Se fosse già finito, cosa che dubito fortemente, non dovresti essere a prepararti per il ballo che ci sarà tra poche ore? -
- Si hai ragione. Meglio che vada. -
Sarebbe passata da un altra parte. Ma doveva sbrigarsi.
Fece per andarsene, ma lui non la lasciò.
- Potrei star qui e far finta di essermela bevuta, oppure potresti dirmi perchè te ne stai andando. -
- Non me ne sto andando. -
- Ah no? E quello zaino? -
- Anche tu hai uno zaino. - disse, notandolo solo ora.
- Fa sempre comodo. Ci sono delle armi dentro, nel caso di necessità. A te a cosa serve? -
- Devo comprare delle cose - Persino a lei suonò pessima come scusa.
- Fai sul serio? -
- Senti va bene, me ne sto andando, ok? Ora però lasciami, altrimenti non ce la farò ad andare. Mi scopriranno. -
- A una condizione. -
- Quale? -
Il ragazzo alzò la testa e la guardò negli occhi. Sembrava si fosse tutto fermato, in attesa della sua risposta. Come nei film, quando c'è quell'attesa snervante prima che qualcuno dica qualcosa di importante. Una cosa brutta, o una bella, che potrebbe cambiare tutto. Ma dubitò fosse così importante.
- Portami con te. - disse poi.
Inutile dire che lo guardò a bocca aperta.
- Che cosa? - domandò, quasi urlando, non credendo a quello che aveva sentito. Forse se lo era solo immaginato.
- Hai capito. Voglio venire anche io. -
- Assolutamente no. -
- Perchè? -
- Perchè... tu devi stare qui. Questo è il tuo posto. E io non voglio sentirmi responsabile della vita di un altra persona. Non so se ce la farò io a scappare senza essere presa, e non sono per niente sicura di riuscire a cavarmela. Un giorno mi troveranno, è inevitabile. Posso sopportare la mia morte, mi sono rassegnata ormai, ma non voglio rischiare che facciano del male anche a te! Ti accuseranno di cospirazione, complotto. Qualcosa per incastrarti perchè sei scappato con me. Tu resterai qui. -
- Le opzioni sono due. O vengo, o vengo. Quale scegli? -
- Non c'è da scherzare. E' una cosa seria. Non voglio che ti accada niente di male. -
- Sono serio. Voglio venire anche io. -
- Perchè? -
Perchè voleva scappare con lei? Voleva proprio condannarsi? Non poteva starsene qui, in pace e tranquillità?
- Perchè non mi ero mai sentito a casa qui, almeno fino a che non ti ho incontrata. Durante questi anni non ho avuto nessun motivo per andare avanti. Non avevo una famiglia, e quella che era stata costretta a prendermi mi odiava. Non avevo nemmeno un amico. Eppure l'ho fatto ugualmente, sono andato avanti, ho continuato a resistere, nemmeno io so per cosa. E poi sei arrivata tu. Sei stata come una di quelle rare stelle luminose che durante una notte tempestosa compaiono e risplendono, portando luce anche nell'oscurità. Così hai fatto con me. Vagavo nel buio, senza un motivo apparente per andare avanti, ma poi, da quando ti ho incontrata, mi hai fatto capire che c'era ancora speranza, che avevo fatto bene a continuare a lottare, forse proprio per incontrare te, e ore te ne vuoi andare. Che dovrei fare? Rimanere qui mentre il mio cielo si oscura un altra volta? Dovrei starmene zitto, mentre l'unica persona in assoluto a cui tenga se na va? Potrei provare a fermarti, ma sarebbe solo uno spreco di tempo, e poi non sono certo io che ti dirò di rimanere qui e a legarti contro la tua volontà. L'unica cosa che so è che voglio venire con te. -
Non sapeva cosa dire. Si sentiva in colpa. Come poteva anche solo pensare di lasciarlo? Non aveva nessun'altro, tranne lei, glielo aveva appena detto. Aveva emozioni contrastate. La voglia di proteggerlo, di saperlo al sicuro li, nella città. E la voglia di portarlo con lei, solo il pensiero di scappare con lui la rendeva più tranquilla. Sarebbe stato meno spaventoso scappare, affrontare quello che l'aspettava con lui al suo fianco. Qual'era la cosa giusta da fare? Fare l'altruista, e anteporre la sua sicurezza a tutto il resto, o fare l'egoista e portarlo con se?
- Ti prego. - ripetè.
Lo guardò negli occhi. Se l'avesse lasciato li, e gli avesse detto di no, sarebbe stato meglio per lui, almeno fisicamente. Ma sarebbe anche stata un altra ferita da aggiungere alle vecchie cicatrici. Era come rifiutarlo. Rifiutare lui, rifiutare la sua compagnia. Rifiutarlo come persona.
Già troppe persone lo avevano fatto. Pensò a suo padre. Troppe persone lo avevano già calpestato. 
Così decise.
Fu quello a convincerla. Il suo non sarebbe stato un altro nome da aggiungere alla lista delle persone che lo avevano abbandonato, ne un'altra di quelle che lo avevano ferito.
- In quello zaino non ci sono delle armi, vero? -
Constant sorrise colpevole.
- Sono così prevedibile? -
- Un po. -
Sospirò. Infondo lei non era mai stata una ragazza altruista.
- Spero di non pentirmene. -
- E' un si? -
Annuì.
- Sul serio? - disse lui, sorpreso, evidentemente non se l'aspettava.
- Si. E ora sbrighiamoci. Non voglio essere presa ancor prima di essere uscita dalla città. -
Saltarono dalle mura ed iniziarono a correre nel bosco, il più velocemente possibile, lasciandosi la città e tutti quei vampiri alle spalle.


Ciao a tutti! Ecco arrivato il giorno fatidico : il legame. Prisca, dopo aver organizzato tutto, è riuscita a scappare senza troppi inconvenienti... eccetto Constant.
La nostra protagonista certo non si sarebbe aspettata una cosa simile! Non avrebbe mai pensato che Constant potesse voler scappare con lei. ..ne tanto meno lui si sarebbe aspettato una risposta positiva della ragazza. Voi avreste mai immaginato una cosa del genere? Che ne pensate? Ha fatto bene la nostra protagonista a dirgli di si?
Forse, rifiutando, il ragazzo sarebbe rimasto lì, o forse l'avrebbe seguita ugualmente. Prisca ha deciso di accettare non volendo ferire il ragazzo, e, nonostante sia dura per lei ammetterlo, si era sentita sollevata nel non dover abbandonare proprio tutti . In poco tempo lei e Constant hanno stretto una così forte amicizia da indurre il ragazzo a fuggire con lei.
Cosa accadrà dopo la loro fuga? Come la prenderanno le altre famiglie?
Nel prossimo capitolo sarà presente un POV Cam, che inizierà da quando Prisca ha trovato lui e Azura prima del legame, e continuerà anche dopo la sua fuga, così da farci capire sia i pensieri del ragazzo, sia le conseguenze del gesto di Prisca, di conseguenza la reazione delle famiglie .
Alla prossima,
Ellyn P.

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Capitolo 19
*** POV CAMRON - Il giorno del legame ***


POV CAMRON

Stava abbracciando Azura, quando sentì un rumore di passi a lui molto familiari. Quando alzò la testa, non fu molto sorpreso di trovarsi Prisca davanti.
Quello che lo sorprese veramente era lei, il suo aspetto. Il corpetto rosso con i ricami le fasciava dolcemente i fianchi come una seconda pelle, facendo risaltare le sue curve, rendendo il suo corpo irresistibile a chiunque avesse posato gli occhi su di lei. Il trucco, superfluo secondo lui, doveva farle risaltare i grandi occhi nero/blu, ma quelli non avevano bisogno di trucco per risaltare. Ci riuscivano benissimo da soli, incantandoti a al primo sguardo.
Il ragazzo aveva sempre saputo che era bellissima, ma non si era mai reso conto di come fosse cresciuta negli ultimi anni. Non era più una bambina, non era più solamente la piccola Ris che aveva imparato ad amare quando erano bambini, ora era una donna, che stava guardando il suo futuro compagno abbracciare, o addirittura tradirla con un altra vampira qualche minuto prima del legame.
- Non...non è come pensi. - si affrettò a dire, prima che lei pensasse male. Non le avrebbe mai fatto una cosa simile prima del legame.
- Figurati. Non penso niente. -
A lui sembrò tutto il contrario.
Sembrava che lo guardasse come se l'avesse pugnalata alle spalle. Il suo sguardo diceva "Perchè?"
Certo, aveva fatto degli sbagli in passato, le aveva mentito, e fatto cose che ora rimpiangeva, ma tradirla con qualcun'altra, poco prima della cerimonia, sarebbe stato troppo persino per lui.
Era ovvio che si era offesa. Dopo tutti quegli anni la conosceva. Aveva tirato indietro le spalle, alzato il mento, e si era voltata, cambiando direzione. Lo faceva sempre quando era ferita.
Come se volesse dire "Tanto a me non importa."
Increspò un po le labbra, cercando di non sorridere. Le ricordò troppo la Ris bambina, quando, anche se era palesemente triste, offesa o con le lacrime agli occhi, cercava di fare la coraggiosa. L'aveva fatto così tanto volte da bambini, quando litigavano.
Aveva sempre ammirato quel suo lato. Qualunque cosa fosse successa, lei l'avrebbe superata, passandoci sopra, perché lei era Ris la coraggiosa, la Ris che non si faceva mai battere da niente e da nessuno.
- Allora perchè te ne vai? -
- Non volevo certo disturbarvi. - disse, voltandosi ancora una volta verso di loro.
"Tra noi non c'è niente" le inviò mentalmente.
"Sei stato tu a dirlo. Non io."
Cosa c'entrava? Lui aveva solo chiarito un suo pensiero sbagliato.
Era anche dannatamente testarda.
Quando si metteva in testa una cosa niente le convinceva a cambiare idea.
- Comunque io... volevo solo parlare con Azura. - disse poi, cambiando argomento.
- Va bene... Allora vado. -
Era meglio che le lasciasse sole. Aveva notato che non si parlavano più molto come prima. Non sapeva il perchè, lo aveva chiesto ad Azura, ma non gli aveva detto niente, e chiederlo a Prisca era fuori discussione. Se ne sarebbe uscita con una frase che usava molto spesso con lui negli ultimi tempi. "Non sono affari tuoi".
Le si avvicinò per salutarla con un bacio, ma, prima che potesse sfiorarle le labbra, lei girò la testa, e il suo bacio finì sulla guancia.
Camron si tirò indietro, un po ferito da quel gesto. Perchè continuava a farlo? Era abituato ai suoi rifiuti, ma facevano ugualmente male.
La guardò in cerca di una spiegazione ma i suoi occhi gli restituirono lo sguardo più inespressivi che mai.
- Ci vediamo dopo. - disse passandosi una mano tra i capelli e andando via.
I suoi sbalzi d'umore lo facevano impazzire. Prima lo guardava come una donna ferita nel vedere il suo compagno con un altra vampira, poi come se non provasse niente, come se non le importasse cosa, o con chi stesse, anche se dal comportamento precedente era chiaro che ci fosse rimasta male. Come la sera prima, quando gli era saltata letteralmente addosso, baciandolo come mai aveva fatto, e poco dopo si era scusata come se avesse fatto qualcosa di sbagliato, oppure quando, sempre la stessa sera, si fosse fatta baciare sulla guancia solo perchè sua madre li stava guardando.
Va bene che non lo sopportasse molto, ma dato che avrebbero dovuto passare tanto tempo insieme, perchè almeno non cercava di fare qualche sforzo? Lui non riusciva proprio a capirle le donne.
Si avviò verso casa sua, dove sarebbe stata celebrata la cerimonia di li a pochi minuti. Una delle grandi stanze della sua casa era utilizzata per celebrare i legami. Era stata costruita appositamente per quello, e vi si accedeva attraverso una porta propria. Tutti i vampiri della città si recavano li per essere legati. Il consigliere di suo padre, tra le tante altre cose, si occupava anche di questo. La struttura assomigliava a una chiesa gotica, anche se non lo era perchè, se uno di loro fosse entrato in una vera chiesa, essa avrebbe preso fuoco.
Così gli avevano insegnato a scuola, così gli aveva detto suo padre. Non lo aveva ancora sperimentato di persona, e non aveva intenzione di provarci.
La sua famiglia era già tutta li, e anche il padre di Prisca, mancavano solo lei e Astra.
- Camron! - urlò suo fratello Freddie correndogli incontro. - Dov'è Ris? -
- Che cosa ti ho detto? Ricordi? -
Suo fratello alzò gli occhi al cielo. - Non devo chiamarla Ris, solo tu puoi farlo. -
- Esatto! - disse ridendo, scompigliandogli i capelli.
- Ma tu non la chiami mai così. - ribattè il fratello, stringendo le piccole labbra in segno di disapprovazione.
- Che ne sai? -
- La chiami sempre Prisca. O non la chiami proprio. -
- Tu non chiamarla così. -
Anche da piccolo si arrabbiava quando qualcuno che non era lui la chiamava in quel modo. Era sempre stata una cosa tra loro due, se chiunque altro l'avesse chiamata con quel soprannome, non sarebbe più stato speciale.
Scosse la testa.
Perchè si metteva a pensare a queste cose proprio adesso?
- Comunque stà parlando con Azura. -
- Quindi non viene? -
- Certo che viene, è solo un po in ritardo. Sai come sono le ragazze, no? Quando si mettono a parlare chi le ferma più? -
Freddie sorrise e tornò da sua madre.
Si sedette su una delle tante panche della stanza. Avrebbe davvero fatto questo a Ris? L'avrebbe davvero costretta a legarsi a lui, anche se era chiaro che non voleva farlo? Era sempre stato egoista, l'aveva sempre voluta tutta per se, anche da bambini. Ogni volta che un altro bambino si avvicinava lui lo mandava via.
Camron ricordò che pensava che Ris avrebbe potuto lasciarlo per andare con un bambino più simpatico di lui, migliore. Era quasi diventata un ossessione. Non si staccava mai da lei, temendo che potesse lasciarlo da un momento all'altro, ma non l'aveva mai fatto. Perché lei era così, affidabile, leale e giusta. Se diceva che non se ne sarebbe andata, non l'avrebbe fatto.
E Camron non era di certo come lei, nemmeno la metá. Perchè alla fine era stata colpa sua. Alla fine era stato lui ad andarsene, a fare in modo che si allontanassero. A fare in modo che la ragazza lo odiasse con tutta se stessa. Era tutta colpa sua. Aveva fatto l'egoista tenendola tutta per sé per molti anni, e poi aveva distrutto tutto con le sue mani. Il loro rapporto era diventato in pochi secondi cenere nel vento. Un momento prima c'era, quello dopo era stato spazzato via.
Camron realizzò che glielo doveva.
Prisca meritava di essere felice, e non era certo lui che voleva. Era chiaro che volesse quell'altro ragazzo, quel Constant che aveva conosciuto.
Avrebbe rinunciato a lei e a quel legame, anche se avrebbe significato la sua morte.
Dopo tutto quello che le aveva fatto, almeno quello glielo doveva. Era il minimo.
Si alzò, andando verso suo padre, ma Freddie lo bloccò. Lo guardò, scuotendo la testa.
Suo fratello sapeva leggere nella mente? Poco probabile. Forse aveva solo capito quello che voleva fare.
"E' troppo tardi" gli disse una voce nella testa. Non una voce, la voce di Freddie. Sgranò gli occhi. Non doveva essere capace di farlo, non a quell'età. Quello che più lo confuse fu la sua frase. Troppo tardi per cosa? Per lasciar perdere tutto? Lo sapeva, sapeva quello che gli avrebbero fatto. Quello che Prisca gli avrebbe dovuto fare. Era la legge. Ma non aveva importanza.
Poi Astra varcò la soglia.
- Scusate per il ritardo, ma Prisca si è ricordata all'ultimo momento di aver dimenticato una cosa. - disse, un po a disagio.
- Che cosa? - domandò.
- Il bracciale che le hai regalato. Ha detto che ci teneva tanto ad indossarlo. -
- Io non le ho regalato nessun bracciale. Forse ha detto una collana, le ho regalato quella. - puntualizzò Camron, serio.
- No, no, ha detto proprio bracciale. -
Capì tre cose.
La prima, che non aveva nemmeno aperto il suo regalo, la seconda, che quella del bracciale era chiaramente una scusa, e la terza, che suo fratello aveva ragione.
Era troppo tardi per quello che voleva fare. L'aveva fatto lei.
Prisca era già andata via.


Ci fu un silenzio inquietante, quando suo padre disse quello che tutti stavano pensando. - E' andata via. -
- Non è possibile. Ha detto che l'avrebbe fatto. - disse subito Abdel.
- Evidentemente era una balla. - disse suo padre indignato. - Vladimir va a controllare se la trovi a casa. - Il consigliere di suo padre fece un inchinò e corse via.
Tornò poco dopo. - La principessa non c'è, signore. -
- Ne sei sicuro? - chiese sua madre.
- Assolutamente. -
- Sarà già uscita. Starà venendo. - intervenne Astra.
- Non l'ho vista per la strada, credo sia già andata via. - la voce di Vladmir era incolore.
A lui non importava molto. Faceva solo quello che suo padre gli ordinava.
Connor ringhiò. - Sapete tutti cosa accadrà ora. -
- Non potete farlo! - urlò Freddie.
- E' la legge. -
- E chissenefrega della legge. - mugugnò suo fratello.
- Nessuno è al di sopra della legge. La troveremo, e la uccideremo, a meno che non cambi idea. Una seconda occasione non si nega a nessuno. - disse Connor.
- Sappiamo tutti che non cambierà idea. - intervenne Camron.
- Camron ha ragione. Mia figlia è testarda. Quando si mette in testa una cosa nessuno la smuove. - disse Astra.
- Allora sappiamo cosa fare. Qualcuno è contrario? -
Tra tutti, sembrava il più determinato a volerla trovare, persino sua madre era dispiaciuta. Lei adorava Prisca.
- E' giusto. - disse Abdel. - Dopotutto è la legge. Lei sapeva a cosa andava incontro, ma ha fatto la sua scelta.- Nessuno disse altro.
- Partiremo tra poco. Delilah, Ezel, Camron. - continuò suo padre. - Andate a prepararvi. Ci ritroviamo qui davanti tra un ora. -
I tre fecero per andare via, ma Camron li fermò. - Non sono d'accordo. - disse, allentandosi il nodo alla cravatta.
- Come, scusa? - fece suo padre, indignato. - Questa è la legge, nessu..-
Ma lo interruppe. - Ho detto che non sono d'accordo. Dopotutto sono io quello che è stato lasciato poco prima della celebrazione. Sono io quello che dovrebbe trovarla e ucciderla. Non voi. -
Suo padre lo guardò sorpreso, però annuì. - Non preoccuparti. La legge parla chiaro. Sei tu che dovrai darle il colpo di grazia. -
- Forse non mi sono spiegato bene. Voglio essere io a trovarla. Senza il vostro aiuto. - la voce gli uscì parecchio minacciosa.
- M-ma..., sai che ... - balbettò Connor.
Camron sapeva che avrebbe convinto suo padre. Non sarebbe stato difficile. Sapeva che, quando usava quel tono, lo intimidiva, lui e chiunque lo ascoltasse. Alla fine Camron otteneva sempre quello che voleva.
- Sono io che sono stato mollato qui, non voi! Ha ferito il mio orgoglio, e ora la pagherà. Ripeto, non ho bisogno del vostro aiuto. -
- Ma dobbiamo andare tutti insieme. -
- Padre. - disse interrompendolo. - Se proprio volete venire, lasciatemi alcuni giorni di anticipo, poi partirete anche voi. -
- E se la troviamo prima noi? -
- Non credo si ponga il problema. -
L'avrebbe trovata lui per primo. La conosceva meglio, conosceva il suo profumo, sapeva come ragionava. Nella sua famiglia era l'unico capace di fare una cosa simile, loro non la conoscevano abbastanza.
L'avrebbe trovata, non c'era dubbio. Camron l'avrebbe trovata sempre.
- Vabene. - acconsentì.
- Partirò domani mattina presto. E voi tra una settimana. -
- Domani? Ma la traccia sarà già più debole. E noi? Tra una settimana sarà impossibile sentire la scia che ha lasciato. -
Appunto, era proprio per quello. Era impossibile che l'avrebbero trovata prima di lui. - Padre, ho detto che andrò io per primo. -
- Ma.. -
- Tra una settimana se non l'avrò ancora trovata, vi farò sapere il posto in cui mi troverò e voi mi raggiungerete li. - dichiarò.
Nessuno osò più contraddirlo.

Ecco qui il capitolo POV Camron, pubblicato con anticipo perché già pronto. Spero vi piaccia.
Un bacio,
Ellyn P.

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Capitolo 20
*** La fuga ***


PRISCA

Stavano correndo nel bosco, nella direzione opposta alla città. I rami degli alberi le graffiavano la faccia, l'erba alta le gambe, ma non le importava. Pensava solo ad una cosa "Corri."
- Corri, dai! - stava urlando a Constant, preoccupata che qualcuno potesse seguirli. Camron era veloce, se si fosse già accorto della sua fuga, e stesse già andando a cercarla, non ci sarebbe voluto molto prima che prendesse entrambi. Era il vampiro più veloce che conoscesse.
- Stò correndo! - le rispose Constant, poco dopo di lei.
- Non abbastanza veloce. -
- Stò andando il più velocemente possibile. -
Corsero per parecchio tempo, quando Prisca si fermò all'improvviso.
- Che c'è? -
- C'è un lago, o un torrente in cui possiamo entrare per disperdere le tracce? - chiese speranzosa.
- Credo di no. - disse lui, guardandosi intorno. C'era solo verde. Erba, alberi, cespugli. Nient'altro.
- Allora cosa facciamo? -
- Dobbiamo correre per allontanarci il più possibile dalla città. -
- Ma correre verso dove? Qui è tutto verde! Non c'è nient'altro. -
- C'è una strada a qualche miglio di distanza, dobbiamo raggiungerla. -
- Una strada? -
- Si. -
- Tu come fai a saperlo? -
- Perchè ci sono andato. -
- Sei già uscito dalla città? Sei già stato tra gli umani? - Com'era possible? Non sapeva potessero allontanarsi così tanto da li.
- Si. -
- Perchè? Come hai fatto ad allontanarti così tanto? Te lo ha permesso qualcuno? -
- Noi sentinelle non facciamo solo la guardia. Come pensi arrivino tutti i viveri qui? O i vestiti? O qualunque altra cosa? -
- Beh io... non ci ho mai pensato. -
- Siamo noi che andiamo a prenderla. -
- E andate li così? La prendete da un qualsiasi negozio umano? -
- No. Ci sono ... degli umani che ci aiutano. -
- E lo fanno senza fare domande? -
- Non fanno domande. Fanno solo quello che gli viene ordinato. -
- Voi ... voi gli obbligate? - Con la forza? Gli facevano del male?
- In un certo senso. -
Un idea raccapricciante li balenò nella mente. Lo guardò, sgranando gli occhi. - E dopo gli uccidete. -
- Cosa? No, certo che no! - urlò agitano le mani.
Si vedeva chiaramente che era sconvolto dal fatto che lei potesse anche solo averlo ritenuto capace di una cosa simile.
- E allora come fate a farli andare via così, come se niente fosse? -
- Molti di noi hanno poteri diversi, come ben sai. Quello che facciamo è una specie di trucchetto che qualunque vampiro sarebbe in grado di fare. La mente umana è debole, è semplice entrarci ed ordinare loro di fare una cosa o l'altra, di dimenticarsi quello che hanno fatto 1 ora, 3 giorni prima. -
- Ma è ingiusto! Come puoi cancellare loro la memoria? - disse orripilata.
Era da barbari. Come si permettevano di estrarre ricordi nelle menti altrui?
- Io non lo faccio. -
- Tu.. tu non lo fai? -
- No. Come hai detto, è ingiusto. Se fossi al loro posto non vorrei che qualcuno rubasse i miei ricordi, così io non lo faccio. Ci sono altri che lo fanno, si divertono pure. Cosa vuoi che sia, per alcuni di noi, rubare qualche ricordo? Molti non si fanno nemmeno uno scrupolo a uccidere un loro simile. Non provano nessun rimorso. Questo è niente, in confronto a quello di cui siamo capaci. -
Pensò al legame, alla stupida legge che diceva di uccidere il compagno che era scappato poco prima della cerimonia.
- Hai ragione. -
- Dai andiamo, la strada non è tanto lontana. - disse, tirandola per un braccio nella direzione giusta.
Aveva ragione. Non era così lontana, non per loro. Un umano ci avrebbe impiegato parecchio, ma loro erano molto, molto più veloci.
Dato che nessuno sembrava stesse inseguendoli, invece che correre, camminarono sul bordo della strada, aspettando di vedere qualche macchina passare.
Camminarono per diverse ore, quando, finalmente, videro qualcosa in lontananza. Una macchina rossa stava venendo nella loro direzione. Constant allungò un braccio, ed essa, stranamente, si fermò pochi metri più in la. - Come hai fatto a farla fermare? -
- Si chiama autostop. Le macchine possono decidere se fermarti e darti un passaggio o no. Di solito non lo fanno. Siamo stati fortunati. -
- Direi di si. - Almeno non avrebbero dovuto correre per chilometri e chilometri, prima di trovare una città.
Al volante c'era una signora sulla sessantina, che abbassò il finestrino.
- Avete bisogno di un passaggio? - chiese gentilmente.
- Ce lo darebbe davvero? - domandò Prisca, sorpresa.
Gli occhi della signora si spalancarono dietro i grandi occhiali tondi. - Ma certo! Dai salite. -
Lei e Constant si accomodarono sul sedile posteriore.
- Allora, che ci fanno due ragazzi così giovani a giro da soli? -
I ragazzi si guardarono, incerti su cosa rispondere. - Siete per caso scappati di casa? -
- Cosa? No, certo che no. - rispose in fretta Prisca.
- Stiamo tornando da un viaggio. - intervenne Constant, vedendola in difficoltà.
- E dove siete diretti? -
- Stiamo tornando a casa dai miei, più a sud rispetto a dove ci troviamo. Lei dov'è diretta? - disse Prisca, sviando il discorso.
- Stò andando a trovare i miei figli. Anche loro stanno giù. In toscana, precisamente. Posso accompagnarvi fin li? O siete diretti ancora più giù? -
- Che coincidenza! Anche noi stiamo andando in toscana. -
"Davvero?" chiese Prisca a Constant.
"Beh, perchè no? Stiamo un po di giorni li, poi prendiamo un aereo e andiamo da un altra parte"
"Un altra parte dove? Restiamo in italia?"
"Non necessariamente. Più ci allontaniamo meglio è."
- Allora vi porto fin li. -
- Oh no, non c'è problema. Ci può lasciare in una città qualsiasi, la prima che troviamo, purchè ci sia un noleggio auto o una concessionaria. -
- Non dire sciocchezze tesoro. Non mi crea nessun problema accompagnarvi fin li. -
- Ne è sicura? -
- Assolutamente. -
- Grazie, è molto gentile. - Lo era davvero.
- Figurati. Sai, anche io ho dei nipoti, più o meno della vostra età. -
- Davvero? Come si chiamano? - Tanto per fare conversazione.
- La più grande si chiama Sarah, ha 19 anni. E il piccolino Lorenzo. Lui ne ha solo 10. Voi avete fratelli? -
- No. - dissero lei e Constant all'unisona.
- Peccato. -
- Eh si. Mi sarebbe piaciuto avere un fratellino, o una sorellina. - Prisca non potè fare a meno di pensare a come si sentisse Constant, parlando di famiglia.
Temeva che quella signora chiedesse dei suoi genitori? In quel caso, che avrebbe detto? Dopo qualche ora di viaggio, dato che era sera, la signora svoltò in una strada. Il cartello diceva "Bologna".
- Ci fermeremo qui stanotte, va bene? -
- Ok. -
La donna accostò al marciapiede, e spense la macchina.


- Avrete fame, vi va di fermarvi qui a cena? - propose indicando il ristorante che si trovava poco lontano da loro.
- Volentieri. - rispose Constant prima di lei.
Uscirono dalla macchina, ed entrarono nel ristorante. Una signora bassa e un po cicciottella, vestita d nero, li accolse. Prisca lesse il suo nome sulla giacca del vestito. Si chiamava Marta. - Un tavolo per tre? - chiese gentilmente.
- Si grazie. - rispose la loro accompagnatrice.
Il ristorante non era molto affollato. C'erano parecchio tavoli liberi, e Marta fece scegliere loro quale tavolo volessero. Ne scelsero uno sul retro, all'aperto, dove c'era un ampio giardino e un gazebo che copriva gran parte dei tavoli Marta li fece accomodare, e se ne andò.
Arrivò un altro cameriere a prendere le ordinazioni. Era un ragazzo, più o meno della loro età. Alto, moro, con occhi marroni molto profondi. Si chiamava Luca, ed era anche molto carino, per gli standard umani, si intende.
- Cosa prendete? -
Prisca non potè fare a meno di notare che, mentre si era rivolto a tutti, guardava lei. Abbassò gli occhi, in imbarazzo. Non era abituata a quelli sguardi. Da lei erano tutti belli, e lei non era una che spiccava così tanto tra la folla, almeno, in quella di vampiri. Per gli standard umani era davvero bella. Il suo viso simmetrico, perfetto, messo in risalto dai suoi grandi occhi, le sue labbra piene, e il suo fisico asciutto, ma non esageratamente, doveva essere molto attraente ai loro occhi.
- Un fritto misto. - disse la signora.
- Io una pizza margherita. - fece Constant.
- E lei? - Ci mise un po a capire che il ragazzo si stava rivolgendo a lei.
- Cosa? - ripetè sbattendo gli occhi, girandosi verso il ragazzo.
- Cosa prendi? - ripetè.
- Oh...mhm... quello che ha preso lui. -
"Cos'hai detto di aver preso?" chiese al suo amico.
"Pizza margherita."
Da loro mangiavano raramente la pizza, però, le poche volte in cui l'aveva mangiata, le era piaciuta.
- Ora che ci penso, - disse la signora - non ci siamo presentati! Io sono Mildred. -
- Francesco. - mentì Constant.
- Cristina. - I loro nomi erano troppo strani per essere detti, soprattutto il suo. Quanti umani si chiamavano Prisca, al mondo? Poche, sicuramente.
Dopo cena, il ragazzo tornò a prendere i piatti.
- Volete il dolce? -
- Io prenderei volentieri un soufle' - disse Mildred entusiasta.
- E voi? -
"Cos'è un soufle'?" chiese a Constant.
Non lo aveva mai assaggiato, ma era quasi sicura che fosse un dolce al cioccolato. Lo aveva letto da qualche parte.
"E' un piccolo dolce al cioccolato, con il cuore liquido."
"Ed è buono?"
"E' fantastico! Provalo."
- Anche io - disse, allora.
- E tu? -
- Io niente. -
Luca andò via, non prima di averle lanciato un altro sguardo. Il dolce arrivò pochi minuti dopo. Prese il cucchiaino e lo assaggiò. Dal piccolo buco che aveva fatto con il cucchiaio, uscì del cioccolato. Assaggiò pure quello.
- Ma è buonissimo! - disse ammirata.
- Non lo avevi mai mangiato? - chiese Mildred.
- No. -
- Non sai che ti sei persa. -
Non era colpa sua se da lei quasi nessuno mangiava dolci. Era un peccato, perchè erano davvero buoni. Se mai fosse diventata un vampiro a tutti gli effetti, era sicura che quel cibo gli sarebbe mancato. Non ci teneva parecchio a bere sangue. Lo sapeva che era nella sua natura, ma non aveva mai trovato attraente l'idea di bere del sangue.
A fine serata portarono il conto, e la donna stava tirando fuori i portafogli, ma Prisca la fermò.
- Non ci pensi nemmeno! Offriamo noi. -
- Oh no. Non potrei permetterlo. -
- Si figuri. E' il minimo dopo che ci ha offerto il suo aiuto. La prego. - insistè, poggiando la mano su quella della donna, spingendo il portafoglio dentro la borsa, dove l'aveva preso.
Prisca infilò la mano nella tasca, dove poco prima aveva infilato dei soldi che aveva preso dallo zaino. Andarono alla cassa e pagarono.
- Scusa. - disse Mildred a Luca. - Sai se c'è un hotel da queste parti? Dove possiamo dormire prima di ripartire? -
- Si certo, uscita da qua, deve andare tutto a dritto, al semaforo giri a destra. L'hotel è subito li. -
- Grazie. -
Luca le diede il resto, e con esso, un foglietto. Prisca lo guardò un po scettica, quando capì. Era il suo numero di telefono. Se l'avesse preso, gli avrebbe dato false speranze, era meglio che chiarisse subito le cose.
- Io emh.. ho un ragazzo. - disse, restituendogli il foglietto.
- Ah scusa. -
- Figurati. - disse sorridendogli. Era un po in imbarazzo, si vedeva.
- E' lui? - disse indicando Constant.
- Oh... - che doveva dirgli? Si? No?
- Dai tesoro andiamo - Constant le prese la mano e l'accompagnò fuori dal ristorante.
- Tesoro? -
- Stavo solo cercando di aiutarti. - Alzò le spalle, come se fosse una cosa ovvia. - Mi sembravi un po in difficoltà. -
- Beh, grazie, France! - disse prendendolo in giro.
Lui le fece una linguaccia, continuando a tirarla verso la macchina. Mildred era già dentro che gli aspettava.


Arrivarono all'hotel, dove presero due stanze, una per loro, e una per la signora.
- Ci vediamo domani mattina, buonanotte. - disse gentilmente.
- Notte! - risposero loro, entrando nella camera.
Non avevano preso una stanza grande, anche se potevano permettersela. Avevano optato per una stanza normale. C'era un piccolo ingresso, subito di lato un bagno e infondo un letto matrimoniale.
- Sbaglio o avevamo detto due letti separati? -
- Credo che il ragazzo alla reception pensasse di farmi un favore. - disse Constant imbarazzato.
- Un favore? - E doveva essere bello dormire con lei? - Di che genere? -
Non capiva.
Lui la guardò alzano le sopracciglia, come a dire "Stai scherzando" . Poi capì. Un ragazzo e una ragazza, da soli in camera ... A lei non era minimamente passato per la testa. Erano tutti così i ragazzi umani? Non erano poi tanto diversi da loro, anche i ragazzi vampiri erano così... come dire... deficienti, ecco.
- Penso che dormirò. Tu che fai? -
- Mi sistemerò sulle poltrona li, accanto alla tv.-
- Hai intenzione di dormire li? -
- Si. - disse alzando le spalle.
- Stai scherzando? -
- No, perchè? -
- E' scomoda. -
- Stò cercando di fare il gentiluomo. -
- Non ce n'è bisogno. C'è posto per entrambi. Il letto è grande, e poi siamo amici. Potrei capire tu fossi uno sconosciuto, ma non lo sei, quindi... -
- Non potrei... -
- E dai, non fare lo sciocco, mica ti stupro! - disse ridendo.
- Mhm... Sicura? - Era visibilmente incerto.
- Che non ti stupro o che puoi dormire con me? - scherzò lei.
- Entrambe. -
- Assolutamente. -
- Se proprio insisti... -
- Sempre che non ti dispiaccia. -
Insomma, perchè doveva stare scomodo sulla poltrona quando c'era un letto grande e comodo per entrambi? Lei non si faceva così tanti problemi, erano amici, che problema c'era se dormivano insieme?
- Ok, allora vado in bagno a spogliarmi. -
- Va bene. -
Mentre era in bagno, lei fece altrettanto. Si levò le scarpe, la maglietta e i pantaloni, aprì il suo zaino e tirò fuori una maglietta comoda che poteva usare per dormire, poi la indossò. Fece appena in tempo ad entrare nel letto prima che lui uscisse dal bagno.
- Chiudi la luce quando vieni a letto. -
Lui lo fece. Si sentì chiaramente quando entrò nel letto, perchè il materasso si abbassò sotto il suo peso. Senza pensarci troppo, chiuse gli occhi. Era stata una giornata lunga, e anche abbastanza faticosa. Il giorno dopo sarebbero ripartiti, ed arrivati a destinazione. Almeno per il momento, poi avrebbero dovuto cambiare ancora città, e ancora, ancora. Almeno finchè non avrebbero smesso di cercarli, cosa che, a suo parere, non sarebbe accaduta tanto presto. Senza pensarci più, chiuse gli occhi e si addormentò.

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Capitolo 21
*** Staremo insieme per sempre! ***


Entrò silenziosamente nel soggiorno.
Cam era seduto sul tappeto, e le dava le spalle. Probabilmente stava leggendo un libro, e sua madre faceva altrettanto. Delilah alzò la testa di scatto e la vide. Le sorrise subito, aprendo la bocca per dire qualcosa, ma lei scosse la testa, indicando Cam, e mettendosi un dito sulle labbra:
"Shh."
Delilah le sorrise complice, tornando a leggere il libro.
Prisca si inginocchiò dietro a Camron, e li mise le mani sugli occhi. Lui sussultò un attimo, sorpreso dal contatto, poi lo sentii sorridere.
- Ris. - sussurrò, toccandole una mano. - So che sei tu. - aggiunse, vedendo che lei non si spostava.
- Ma come fai? - disse allora, levando le mani dai suoi occhi e allontanandosi un poco.
- Conosco il tuo profumo. -
- Di cosa so? - Era curiosa!
Lo vide arricciare un attimo il naso. - Hai presente la mattina presto quando sei in mezzo a un prato, fai un respiro profondo e senti l'odore dell'erba? Così buono che ti viene voglia di prendere un altro respiro, e un altro ancora, solo per risentirlo?-
- Si. -
- Ecco, tu profumi così. -
- Profumo di erba? -
- Più o meno. -
- Ma è.. è strano. -
Come faceva e profumare di erba? Nessuno profumava di erba.
- Non è strano, è... è unico. E' così buono che vorrei starti vicino solo per risentire quell'odore tante e tante volte. E quando torni, dopo aver corso in mezzo al prato, è ancora più intenso. -
- Ed è un buon odore? -
- Assolutamente. A te non piace fare respiri profondi la mattina presto? Solo per sentire l'odore dell'erba coperta di rugiada? -
- Si. -
- Tu sei come lei. Pura, inebriante. - disse sorridendole.
- Tu invece profumi di fresco. -
- Di fresco? In che senso? -
- Come una brezza, una folata di vento. Sai di fresco. -
Non sapeva come spiegarglielo. Sapeva solo che era fantastico.
- Che libro è? - chiese all'improvviso, intravedendo il libro posato sul pavimento accanto a lui.
- E' un libro che parla di noi, della nostra razza. Il legame, la trasformazione e molte altre cose. -
- E tu cosa stavi leggendo tra queste cose? -
- Il legame. -
- E come mai? Vuoi legarti con qualcuno? - disse, portandosi le mani alla bocca, preoccupata.
Ma...era troppo presto. Aveva solo undici anni! Pensava già a questo? E poi... l'avrebbe lasciata?
- Cosa? No! Ma cosa vai a pensare. Io? Legarmi? Mai. - e si mise a ridere.
Ma perchè rideva? Lei aveva fatto solo una domanda.
- Smettila di prendermi in giro! Non è divertente. -
- Si che lo è. -
Non la smetteva più, così lei, offesa, si girò, iniziando a camminare, ma Cam la prese per un polso e la tirò indietro, facendola finire tra le sue braccia.
- Scusa, mi perdoni? - le domandò dolcemente, tirandosi indietro un poco, per guardarla negli occhi.
Annuì, abbassando la testa, senza guardarlo. Trovava tanto ridicola l'idea di legarsi a qualcuno? Così tanto da riderci anche sopra? Lei invece pensava fosse bellissimo. Non vedeva l'ora di crescere, così avrebbe potuto legarsi anche lei.
- Perchè ridevi? - chiese, volendo saperne il motivo.
- Perchè non riesco a capire che bisogno ci sia legarsi. Non basta che due persone si vogliano bene? -
- Beh si, ma il legame è importante. -
- E perchè? -
- Perchè ti lega più profondamente a quella persona a cui tieni tanto. E poi da quel momento sai che sarà solo tua per sempre. Nessuno potrà più portartela via. - Non era ovvio? A lei sembrava di si.
- Io non ho intenzione di cambiare idea. Non lo farò. -
- Io invece si! Quando sarò grande e avrò un compagno celebreremo il legame. E indosserò un vestito blu notte. -
- Come i tuoi capelli? - La sua voce era tenera, come se stesse immaginando la scena.
- Si. - disse sorridendo.
- E chi sarà il tuo compagno? -
- Ancora non lo so. Però, poi te lo farò conoscere. -
- Me lo farai conoscere? - chiese in tono strano, come se non capisse.
- Certo. -
- Ma io lo conoscerò già . -
- Come fai a saperlo? -
- Perchè sarò io. -
- Tu? Ma hai detto che non ti legherai mai! - Ora cambiava idea?
- Perchè non pensavo che tu l'avresti fatto. Non lascerò che qualcuno ti porti via da me. Se proprio deve essere qualcuno, allora sarò io quello che starà sempre con te. - disse solennemente.
- Davvero? -
- Assolutamente. O io o nessun'altro. -
- Perchè? -
- Perchè nessuno ti vorrà bene come o più di me. -
- Davvero? -
- Ne sono sicuro. -
- E potrò indossare un vestito blu? -
- Non potrai, tu dovrai, indossarlo. -
Allora lei, felice, gli saltò addosso, abbracciandolo. Cam la prese al volo, sorridendo e stringendola a se. Non l'avrebbe più lasciata, sarebbe stato sempre con lei. Sarebbero stati amici per sempre.
- Lilah, Lilah! - disse, chiamando la madre di Cam. - Hai sentito? Cam ha detto che quando diventerò grande staremo insieme per sempre. -
- Si ho sentito. -
- Non è fantastico? -
- Certo. - disse sorridendole.

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Capitolo 22
*** Prima tappa ***


I raggi del sole che entravano dalla finestra le diedero un caloroso buongiorno. Era sveglia, ma non aveva ancora aperto gli occhi.
Il letto era più scomodo di come se lo ricordava, più duro. Poi gli aprì, e restò di sasso. Era stesa sopra Constant, e la cosa dura era il suo corpo. La cosa più imbarazzante era che lui, molto probabilmente, si era svegliato da un bel pezzo, e non aveva smesso un attimo di fissarla.
- Cavolo! - esclamò allontanandosi. - Perchè non mi hai svegliato? -
- Dormivi così bene, sembravi una bambina. -
- E' da tanto che sei sveglio? -
- Abbastanza per vederti sbavare beatamente su di me.- disse guardandola divertito.
- Io non sbavo! - esclamò, prendendo un cuscino e lanciandoglielo contro.
Per sicurezza si toccò ai lati della bocca. Aveva ragione lei, non sbavava. Gli fece una linguaccia, pronta ad alzarsi e vestirsi.
- Girati. -
- Perchè? -
- Perchè devo vestirmi. -
- Mi stai chiedendo di non guardarti mentre ti alzi, cosicchè non possa vederti in biancheria intima? -
- Esattamente. -
- E' come chiedere a un bambino di non infilare le mani nel barattolo della marmellata. -
- Che cosa? -
- Mi stai chiedendo l'impossibile. Dopotutto sono un uomo. -
Alzò un sopracciglio. Stava facendo sul serio?
- Fai sul serio? -
- Assolutamente. -
- Vabene. -
Così, con l'aiuto del vento, alzò un cuscino e glielo lanciò in faccia. Quando se lo levò, lei era già in bagno, che gli faceva una linguaccia dalla porta. Uscì poco dopo, vestita e pettinata. Anche lui era quasi pronto. Si stava infilando la maglietta. Da quello che aveva intravisto, prima che se la infilasse, il ragazzo aveva proprio un bel corpo. Scosse la testa. Ma a che cosa pensava?
Presero le loro cose ed uscirono dalla camera, bussando alla stanza accanto, quella in cui si trovava Mildred.
- Mildred? Siamo noi, sei pronta? - domandò, al di la della porta.
- Quasi! - sentì dire in risposta.
- Allora noi l'aspettiamo giù. -
Andarono alla reception, e, dopo aver pagato il conto di entrambe le stanze, lei e Constant andarono nell'area ristorante, ad aspettare che la signora li raggiungesse.
- Cosa posso portarvi? - chiese un ragazzo sulla ventina, avvicinandosi al loro tavolo.
- Un cappuccino. - disse Constant.
- Due. - disse lei.
- Facciamo tre. - intervenne Mildred, sedendosi alla sedia libera del loro tavolo.
Il ragazzo se ne andò con l'ordinazione.
- Avete già pagato il conto delle camere, eh? -
- Beh...si. -
- Ma non dovevate. L'avrei fatto io! -
- Lei è troppo gentile, è già tanto che ci accompagni fino in Toscana, glielo abbiamo già detto. - disse Prisca sorridendole.
Quella vecchietta era davvero adorabile, e tanto gentile.
Il ragazzo tornò minuti dopo, posando le tazze davanti a loro. L'odore di caffè le inebriò le narici, e bevve avidamente tutto il cappuccino.
- Allora, vi siete divertiti stanotte? - disse la signora con un sorriso malizioso.
Prisca sputò tutto il cappuccino che aveva nella bocca, precisamente addosso a Constant.
- Ops! - esclamò.
Poi scoppiò a ridere, vedendo la sua faccia.
- Grazie, ma il viso me l'ero già lavato prima. -
- Scusa, scusa! - Stava ancora ridendo, quando Constant prese dei fazzolettini per asciugarsi. - Mi dispiace. - aggiunse ancora, questa volta senza ridere.
- Non fa niente. -
- Hai saltato un punto. -
- Dove? -
- Proprio qui. - disse prendendo un fazzolettino e pulendolo sul mento, dov'era rimasta una traccia di caffè.
Si guardarono negli occhi per un momento, poi scoppiarono a ridere entrambi.
- Che vergogna! Non sai nemmeno bere un cappuccino che ti sbrodoli tutto. - lo prese in giro lei.
- Io, eh? Tu non centri niente, ho fatto tutto da solo. - Era parecchio divertito, si vedeva.
Non lo aveva mai visto sorridere in quel modo. Sembrava davvero felice, spensierato.
- Siete una bella coppia. - intervenne Mildred.
- Oh, no. Noi non stiamo insieme. - disse lei precipitosa. Perchè aveva pensato una cosa del genere?
- Siamo solo amici. - aggiunse infatti lui.
- E io che pensavo stesse inseme! Scusatemi. -
- Si figuri. Capita. - Il commento della signora la fece riflettere. Guardò Constant un attimo. Sarebbe stato bello essere innamorata di lui, e non di Camron. Sarebbe stato facile, lui la faceva star bene, era gentile, premuroso e simpatico. Avrebbe volentieri dimenticato Camron, solo che non ci riusciva. Più ci provava, più pensava a lui, e più stava male. Chissà che stava facendo...
Poi sgranò gli occhi. Sicuramente la stava cercando, lui e la sua famigli, e loro... Loro stavano li a fare colazione come se niente fosse, come se avessero tutto il tempo del mondo!
Guardò il suo amico, che fece altrettanto. Evidentemente stava pensando le sue stesse cose.
"Stiamo sprecando troppo tempo" gli disse solo.
Lo vide annuire impercettibilmente. Finirono in fretta di bere e andarono verso la macchina. Il viaggio durò poche ore, che sembrarono lunghissime, ma perfortuna, arrivarono a destinazione. La signora si fermò a Firenze, e dopo averli salutati un ultima volta, li lasciò vicino alla stazione dei treni. Si guardarono intorno. Avevano il mondo davanti, non era abituata a quella momentanea libertà, e aveva un po para, ma al pensiero di poter fare tutto quello che voleva, di andare dove voleva, anche se per scappare dai suoi inseguitori, aveva un che di eccitante.
- E adesso? - disse Constant.



Alla fine andarono a Pisa. Decisero di starci poco, e di ripartire uno, due giorni dopo per andare più lontano.
Per prima cosa trovarno un alloggio, non fu molto difficile. Constant conosceva un uomo che l'aveva ospitato un paio di volte, e decisero di andare da lui.
- Ma saremo al sicuro? - chiese Prisca, non molto convinta.
- Assolutamente. -
- Lui... lui sa di noi? - disse riferendosi alla loro specie.
- Si. -
- Glielo hai detto tu? -
- No, lo sapeva già. -
- E come l'ha scoperto? -
- Non saprei, forse credeva già esistessero creature diverse dagli umani. Alcuni di loro ne sono fermamente convinti, anche se non hanno le prove. Per lui fu facile capire che ero un vampiro. Quando andai da lui la prima volta, tenne aperta la porta senza dire niente. Mi ricordo gli chiesi se potevo rimanere li per alcune notti, dato che sapevo che affittava stanze della casa. Non mi rispose, continuava a fissarmi, in attesa che entrassi in casa. E ovviamente non potevo farlo, dato che non mi aveva invitato ad entrare. E disse "Se ti faccio entrare prometti di non farmi del male?" e io dissi "Non era certo mia intenzione, volevo solo un posto dove restare per la notte." Mi fece promettere, e poi mi disse "Entra". Non provai nemmeno a negare di non essere un vampiro, non ci avrebbe creduto. -
Il signore che gli accolse era basso, vecchio e pieno di rughe. I grandi occhiali tondi facevano sembrare i suoi occhi giganti, che, nonappena riconobbero Constant, si illuminarono dietro ad essi.
- Constant! Quanto tempo. - esclamò il vecchietto sorridendogli felice.
- Solo qualche anno, che vuoi che sia. -
- Per te forse, ma per noi poveri mortali, qualche anno sono tanti anni! Comunque, cosa ti porta qui? -
Constant la guardò, e tornò a rivolgersi al vecchio signore. - Stiamo cercando un posto sicuro per restare prima di ripartire. Speravo che tu potessi ospitarci. -
- Ma certo, volentieri. - poi la guardò, come se si fosse accorto, solo dopo che Constant l'aveva guardata, della sua presenza. - E lei chi sarebbe? - poi , prima che uno di loro potesse dire qualcosa, spalancò gli occhi. - Non dirmi che è la tua compagna! Finalmente dopo tutti questi anni ne hai trovata una? Devo dire che è molto graziosa. -
Prisca arrossì un poco. Ovviamente il vecchio lo notò. - Non l'hai ancora trasformata? -
- Non è la mia compagna. E solo un amica. -
Evidentemente il vecchio intuì qualcosa, perchè il suo sorriso si spense. - Non sei qui per i soliti affari, vero? -
Constant scosse la testa.
- Avanti, entrate. - poi, dopo aver guardato fuori per alcuni secondi, si chiuse la porta alle spalle. - Allora? Cos'è successo? -
Prisca dovette notare che non andava per le lunghe, subito al sodo.
- Siamo scappati. -
- Fammi indovinare. - ci pensò un secondo. - La tua amica. - disse, calcano sull'ultima parola - doveva legarsi con un altro vampiro, ma voi non volevate separarvi e, dato che eravate molto innamorati, avete deciso di scappare insieme, sapendo che la famiglia di lui, e il promesso, vi avrebbe cercati, trovati e poi eliminati. E' così? -
Pensava di averci azzeccato, e, in effetti più o meno aveva colto il punto. Ma la domanda che le ronzava nella mente era "Come diavolo fa a sapere del legame? E anche che la famiglia del promesso l'averbbe cercata per ucciderla?"
- Lei come fa a sapere queste cose? -
- Me le ha raccontate il tuo amichetto qui, una delle tante volte in cui l'ho ospitato. -
- Perchè l'avresti fatto? - chiese rivolgendosi a Constant.
- Diciamo che l'ho praticamente obbligato. Non aveva molta scelta. -
- Ma è contro le regole! Nessuno di noi dovrebbe far sapere agli umani della nostra esistenza! -
- Anche rifiutarsi di celebrare il legame, dopo aver dato la parola è contro la legge. Però siete ugualmente qui. -
-... Tornando al motivo della nostra visita... - si intromise Constant. - Hai più o meno indovinato. Prisca, - iniziò indicandola- ha scoperto che il vampiro che amava, Camron, stava con la sua migliore amica, che tra l'altro aveva anche morso, e, poco dopo aver saputo questo, suo padre le ha annunciato che si sarebbe legata con lui, così ha deciso di andarsene. -
- Fammi capire... tu dovevi legarti con questo Camron che amavi, e che stava con la tua migliore amica che aveva anche morso. - ripetè per essere sicuro di aver capito bene.
- Esattamente. - acconsentì lei.
- Quindi te ne sei andata, mettendo da parte quello che provavi per far si che potessero stare insieme? Anche sapendo quello che sarebbe accaduto? -
Annuì ancora.
- Certo che sei stata coraggiosa, e molto leale verso la tua amica. Non sono in molti quelli che l'avrebbero fatto, sapendo a cosa andavano incontro. -
- Non pretendo che capisca. -
- Oh, ma io ti capisco eccome. Non so se te ne sei resa conto, ma le nostre razzo sono simili. La vostra è vendicativa, e anche la nostra certe volte, anche se noi non arriviamo a uccidere. Qualunque altra persona, umana o vampiro che sia, al tuo posto, avrebbe spifferato tutto vendicandosi per quell'affronto, oppure, da egoista, avrebbe sposato ugualmente il compagno, sapendo che, così facendo, sarebbe stato solo suo. Ma tu non l'hai fatto. L'amavi così tanto da metterti parte. E, per quanto lo desiderassi, non volevi un compagno che stesse con te mentre amava un altra, vero? -
Prisca non sapeva cosa dire. Non la conosceva nemmeno e già aveva capito tutte quelle cose su di lei? - Lei come fa... -
- Posso capirti. Anche più della tua razza. Noi umani viviamo d'amore. Certe volte siamo egoisti, ma altre facciamo di tutto purchè la persona amata sia felice. Non siamo tutti così, ma alcuni si. -
Poi capì. - Le è successo a lei? -
Il vecchietto alzò gli angoli della bocca. Sapeva ci sarebbe arrivata. - Una cosa del genere. Dovevo sposarmi con una ragazza. Anche se erano stati i nostri genitori ad organizzare il matrimonio, la prima volta che la vidi mi prese subito. L'amai dal primo istante, e lei col passare del tempo diceva di provarle le stesse cose. Ma poi scoprii che lei e il mio migliore amico uscivano alle mie spalle. Inizialmente mi arrabbiai, come non potevo? Le due persone di cui mi fidavo di più al mondo mi stavano tradendo. Ma poi vidi come si guardavano, come lui guardava lei, e come lei guardava lui... a me non mi aveva mai guardato così, nonostante mi avesse detto molte volte di amarmi. In quel momento i suoi occhi la tradivano, e capii che non potevo separarli, anche se entrambi mi avevano mentito. Misi loro, la loro felicità davanti a tutto il resto, anche alla mia. -
- Ma è orribile! Come hanno potuto fare una cosa simile? Però lei... è stato coraggioso, forte. - Era orribile si, ma aveva ragione, la capiva. Non erano poi tanto diverse, le loro storie.
- Come te. Anzi, tu lo sei stata di più. Qui non c'è una legge che dice di uccidere la compagna per l'affronto subito. Tu li hai lasciati nonostante questo, e ci vuole molto coraggio. Quando te ne sei andata sapevi a cosa andavi incontro. Sapevi che, quando ti avessero trovata, non sarebbe stato molto piacevole. -
- Già... Ma non gliela darò certo vinta. Non morirò senza combattere. - Poi non voleva certo che facessero del male a Constant.
Ora aveva il fuoco, ma lei avrebbe potuto proteggerlo meglio di se stesso. Lei era più esperta con gli elementi, lui ne aveva a che fare solo da poco...
- Giustamente! - poi si rivolse a Constant. - Ma questo non spiega la tua presenza qui allora. Se non state insieme non capisco come mai tu abbia rinunciato a tutto... -
- Non avevo molti motivi per restare, c'era solo lei. E l'unico motivo per cui continuavo ad andare avanti se ne voleva andare. Che avrei potuto fare? Fermarla no di certo, rispettavo la sua decisione. -
- Capisco... -
Solo in quel momento Prisca capì realmente l'importanza di quelle parole. Era un gran fardello da portare. Sembrava che, dalla frase appena detta, se lei non ci fosse stata, per lui vivere o morire non faceva differenza. Chissà come stava prima di conoscerla...
- Si è fatto tardi, immagno avrete fame. Posso offrirvi qualcosa? -
Dopo aver mangiato, gli accompagò al piano di sopra. Salirono le scale a arrivarono in un ambio ingresso, pieno di porte.
- Ci sono due camere già pronte. Una infondo al corridoio, da quella parte - disse indicando alla sua destra -  e l'altra qui. -
Indicò una stanza, che si trovava dalla parte sinistra del corridoio rispetto all'altra camera, precisamente la terza porta a sinistra rispetto a dove si trovavano.
- E lei dove dorme? - Se aveva solo due camere non voleva certo che il vecchio dormisse sul divano o su qualsiasi altra parte.
- Non preoccuparti cara ragazza! La mia camera è al piano di sotto. -
- Ah, ok. - Ora era più tranquilla. Non voleva certo rubare il letto a qualcuno, sapendo che per lei non era indispensabile dormire.
Una notte insonne non le cambiava niente. Ne aveva passati di giorni senza dormire. Diede la buonanotte a Constant e al vecchio, poi andò nella stanza a sinistra, chiudendosi la porta alle spalle.
Le pareti della stanza erano ricoperte di carta da parati color crema. Sulla sinistra c'era una piccola libreria piena di libri, una scrivania, una tv e un letto singolo. Posò lo zaino che aveva portato per tutto il giorno sulla spalla e si sedette sul letto. Non aveva faticato tanto, ma era sfinita. Si spogliò e si infilò nel letto, pronta a dormire. Ma non ci riuscì. Si rigirò parecchie volte nel letto, poi decise di lasciar perdere. Si alzò, prese i vestiti gli infilò nello zaino e aprì piano la porta.
Prima di uscire si guardò intorno, e tese le orecchie. Sentiva il vecchio russare al piano di sotto, così chiuse piano la porta ed andò dalla parte opposta del corridoio.
Aprì la porta e si infilò dentro, non facendo nessun rumore, poi posò lo zaino a terra.
Ovviamente lui la sentì. - Mhm... che ci fai qui? - chiese Constant, un po confuso, con la voce assonnata.
Evidentemente lo aveva svegliato.
- E' solo un sogno. Torna a dormire. - provò a dire.
- Guarda che non funziona. - Nella sua voce sentì l'ombra di un sorriso.
- Non riuscivo a dormire. - confessò.
- Chissà perchè me lo aspettavo. Dai vieni. - e alzò le coperte.
Non se lo fece ripetere due volte, si infilò nel letto in un secondo.
- Scusa se ti ho svegliato - sussurrò.
- Figurati. Dormo sempre con un occhio aperto sai, nel caso ci fossero pericoli. -
- Beh, hai detto che qui non puo succedere niente, puoi anche dormire tranquillo. -
- Non si sa mai. -
Si mise in un angolino del letto, non volendo occupare troppo posto. Però allungò la mano e prese la sua. Il ragazzo trasalì per un momento, però non la levò.
- Dormo male se non ho qualche contatto. -
- In che senso? -
- Se non tocco qualcuno, se dormo da sola. -
- Davvero? -
- Si. -
- E come hai fatto fin ora? -
- Non ho mai dormito molto, e se dormivo dormivo male. Almeno dai 10 anni in poi. -
- E prima? -
Esitò un istante. - ... C'era sempre Camron. Era come un fratello, dormivamo insieme, mi abbracciava sempre. -
- Capisco. - disse solo.
Poi levò la mano dalle sue, e, quando pensò di aver detto qualcosa di sbagliato, sentì le sue braccia stringerla.
Sorrise. - Grazie. -
- E di cosa? -
- Di essere con me, di preoccuparti per me. Di preoccuparti che dorma bene, anche se non sei costretto a farlo. -
- Non è certo un problema. -
- Devo sembrarti una bambina che non riesce a dormire da sola. Che cosa ridicola. -
- No, affatto. Non penso tu sia una bambina. -
Restarono in silenzio, poi, mentre stava andando nel mondo dei sogni sussurrò. - Ti voglio bene. -
- Anche io. - lo sentii rispondere. Ma non ne fu del tutto sicura, ormai stava già dormendo.

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Capitolo 23
*** Dove andiamo? ***


Il vecchio li pregò di restare da lui ancora per alcuni giorni. Disse di star scrivendo un libro sulla loro razza, e voleva saperne di più su Prisca, e si suoi poteri. Aveva già molte informazioni racimolate nel corso degli anni, ma, dato che non aveva mai sentito parlare di un vampiro con così poteri, voleva saperne di più. Prisca non gli chiese come fosse a conoscenza di questo. Il vecchio sembrava sapere già troppe cose che lei non riusciva a spiegarsi.
Ma potevano fidarsi? Lei era restia a farlo, ma Constant sembrava fidarsi ciecamente di lui.
Così acconsentirono a restare, ma solo un giorno in più. Non potevano permettere di essere raggiunti da Camron e la sua famiglia.
Sarebbero partiti immediatamente dopo aver aiutato il vecchio con il suo libro.
Non ci volle molto. Gli raccontò della struttura della sua città leggi che c'erano, chi comandava, gli spiegò il fatto della trasformazione, soprattutto quello dei vampiri maschi, che sembrava affascinarlo molto. Ma soprattutto gli chiese dei suoi poteri, e lei gli raccontò...tutto. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, la legge glielo vietava. Ma ormai ne aveva giù tante, una in più o una in meno che differenza faceva?
Prima di andare il vecchio gli consegnò il libro.
- Io... non capisco. Perchè ce lo vuole dare? -
- Perchè è giusto così. Non voglio che cada nelle mani sbagliate. -
- Ma lei ci ha lavorato così tanto! Se lo da a noi...perderà tutto quello che ha scoperto. - obbiettò Prisca.
- Tutto quello che ho scritto in quel libro è qui dentro. - disse toccandosi la testa. - Non me lo dimenticherò per niente al mondo. Ma è giusto che lo abbiate voi. -
- Ne è sicuro? -
- Assolutamente, e sono anche sicuro che vi farà comodo. -
- Ma noi sappiamo già tutto sull'argomento. -
- Cara ragazza, le cose da sapere sono infinite. Quel libro non le racchiude certo tutte, ma ti sorprenderai a scoprire cosa contiene il libro. Non ci sono solo informazioni su di voi... -
- Sta cercando di dirci qualcosa? -
- Dai un occhiata al libro, vi servirà. -
- Allora...grazie. -
- State attenti. - gli mise in guardia. Poi gli accompagnò alla porta, salutandoli. - Sono stato parecchie volte in Germania, dovreste farci un salto prima o poi! - gli urlò dall'uscio della porta, mentre loro si stavano già avviando.
- Allora...- disse Prisca poco dopo, mentre stavano camminando tra le strade Pisane. - Adesso dove andiamo? -
- Parigi. - disse.-
- A Parigi? -
- Esattamente. -
- E perchè proprio li? -
- Perchè ho sempre desiderato vederla. -
- Ok, perchè no? - Certo, stavano scappando, ma era una buona occasione per girare il mondo.
L'aereo era il miglior mezzo per andare in Francia, il più veloce e irraggiungibile ai vampiri, certo, a meno che non salissero a bordo.
- Aspetta. - disse lei, quando le venne in mente una cosa. - Ma come facciamo a prendere l'aereo senza passaporto, o carte d'identità -
- E chi l'ha detto che non ce li abbiamo? -
- Ce li abbiamo? -
Constant le passò quella che doveva essere la carta d'identità
C'era scritto: Irene Rossi, Firenze, Italia. Con una sua foto.
- E questa quando l'avresti fatta? - chiese riferendosi alla foto.
- Un professionista non rivela mai i suoi segreti. - disse ridendo.
Apparte gli scherzi, era stato fantastico. Aveva pensato proprio a tutto.
- Allora Lorenzo Luci. - disse leggendo il suo nome. - Vogliamo andare? -
- Assolutamente Ire. -
Se la cavarono dannatamente bene, più o meno. Non ci furono problemi molto grossi. Se Constant non avesse come dire...soggiogato la guardia al check-in, avrebbero dovuto dare spiegazioni per i molti soldi che c'erano nello zaino, e le parecchie armi che, oltre ad essere nello zaino, erano anche su di loro. Apparte questo inconveniente, se la cavarono bene.
Salirono sull'aereo, sedendosi ai loro posti.
- Quanto ci vorrà? -
- Un oretta, forse due. Non di più. - le rispose Constant.
- Menomale che hai fatto quel giochetto. Altrimenti avremo dovuto dare parecchie spiegazioni. - gli sussurrò; cercando di non farsi sentire dalle altre persone. Era poco probabile, ma non voleva comunque rischiare.
- Già... non mi piace farlo, ma questa volta era necessario. -
Poi restarono in silenzio, e sospirò, attendendo le due ore che la separavano dall'arrivo.
- Mi sa che hai fatto colpo. - disse poco dopo, notando una ragazza che, dall'altra parte rispetto a loro, guardava, cercando di essere discreta, il suo amico Constant. Non stava funzionando molto bene, la ragazza faceva finta di leggere un libro, alzando ogni tre per due gli occhi per guardarlo.
Constant guardò nella sua direzione per qualche secondo, poi si giròdi nuovo.
- Che c'è? Non è di tuo gradimento? O non ti piacciono le ragazze umane? -
- Nessuna di queste cose. Come vedi, non ho tempo da perdere dietro alle ragazze, sbaglio o stiamo scappando? -
- Beh, si ma... Insomma... Sei sempre un ragazzo. -
- E questo che vorrebbe dire? -
- Che voi ragazzi, umani o vampiri che siate, avete sempre bisogno di una ragazza. -
- Non siamo tutti uguali. -
- Quindi non ti manca averne una? -
- Perchè dovrebbe mancarmi? Sbaglio o ne ho una che si infila sempre nel mio letto? Non è ciò che ogni ragazzo desidera? -
- Ah ah ah. Simpatico. - disse alzando gli occhi al cielo.
- Però era carina, dai. -
- Abbastanza. - Gli si avvicinò, posando la tesa sulla sua spalla. - Sai che intendevo. -
- Si ma non mi manca. Per molto tempo non ho mai avuto nessun altro eccetto me, come fa a mancarmi una cosa che non ho mai avuto? -
- Non ti sei mai chiesto come possa essere? Anche l'amicizia, ad esempio. Non ti sei mai chiesto cosa volesse dire avere un amico? Condividere con lui idee, segreti... Non ti sei mai chiesto come fosse poterti fidare totalmente di qualcuno? -
- Qualche volta.. -
- E non ti è mancato tutto questo? L'idea che ti eri fatto di come potesse essere un amicizia? -
- Un po, ma non così tanto fino a quando non ti ho incontrata. E' stato li, quando ti ho conosciuta, che mi sono reso conto che mi era sempre mancato qualcosa, anche se non avevo mai capito cosa fosse. -
- Vedi? Può mancarti qualcosa che non hai mai avuto. Te ne puoi rendere conto prima, o dopo che l'hai trovata. Ma infondo infondo, nel tuo cuore sai che c'è qualcosa che desideri ardentemente. - A lei, ad esempio, mancava affetto dei suoi genitori, anche se, per la maggior parte delle volte, i genitori vampiri erano distaccati. Per la maggior parte, infatti. Ad esempio, Delilah, la madre di Camron non era così. Era evidente che fosse molto attaccata ai figli.
- Mi sa che hai ragione. - acconsentì.
- Ora ascoltami bene, perchè non lo dirò; una seconda volta. - Constant la guardò negli occhi seriamente, prestandole attenzione come aveva chiesto. - Io ho sempre ragione. - disse scandendo le parole una per una, e scoppiando a ridere poco dopo.
Alzò occhi al cielo. - E io che ti ascoltavo pure. - Era divertito, perchè il sorriso sulle sue labbra non lo abbandonò per tutto il viaggio.

Mi dispiace molto per la lunga assenza, ma non sono più stata dietro alla storia. Ho pubblicato questo piccolo capitolo di passaggio. Scusate eventuali errori di battitura, appena avrò più tempo lo rileggerò meglio correggendoli. Spero vi piaccia.
Scusate ancora!
Ellyn.

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Capitolo 24
*** Parigi ***


Arrivarono presto a destinazione, e presero gli zaini che avevano portato sull'aereo. Sempre con lo stesso inganno usato per non far allarmare gli umani del contenuto, se li erano portati a bordo.
Essere vampiri era un vantaggio. Per una volta ne fu felice.
Era sera quando, a Parigi, trovarono un posto dove dormire.
Girarono per la città sotto la pioggia, quando trovarono una piccola locanda nascosta tra i vicoli di Parigi. Bussarono alla porta, che si aprì scricchiolando. Un uomo basso e grassoccio gli aprì la porta.
- Oddio! Entrate, entrate, non state sotto la pioggia a bagnarvi. -
Diede loro degli asciugamani per asciugarsi, e gli fece accomodare al balcone. - Posso offrirvi qualcosa? -
- Un bicchier d'acqua lo berrei volentieri. - disse lei in un francese perfetto, strofinandosi i capelli con l'asciugamano.
- Anche io. - disse Constant.
- Allora, che ci fate da queste parti? -
- Stavamo cercando un posto dove dormire. Qui fuori c'era un'insegna. -
- Oh si, ho proprio l'ultima camera libera. - disse controllando un libricino. - Vi costerà più delle altre perchè è la più grande, ma vi farà piacere sapere che anche i prezzi sono di gran lunga minori che negli hotel. -
- I soldi non sono un problema. -
- Quanto avete intenzione di restare? -
Prisca guardò il suo amico.
- Due, tre notti massimo. - rispose Constant.
- Pagate in contanti? -
Annuirono, ovviamente. - I contanti sono il mezzo preferito per pagare dalle persone che passano di qui. - fece notare lui.
Loro non dissero niente. Che c'era da dire? Un posto nascosto tra i vicoli, lontano da sguardi indiscreti... Ovviamente non ci andavano certo persone comuni.
Il signore gli accompagnò fino alle scale, che si trovavano dietro una porta infondo alla stanza bar. Salirono le scale, attraversando tutti i corridoi per vedere quale fosse la loro camera. Arrivarono fino al penultimo piano, ma il numero delle camere si fermava a 49. Così salirono anche l'ultimo piano. Il corridoio era immerso nell'ombra, ma poi le luci si accesero all'improvviso.
Prese il coltello dallo stivale, e si girò, pronta all'attacco.
- Ma che fai? - chiese Constant. Era fermo dietro di lei e la guardava come se fosse pazza.
- Hai acceso tu le luci? -
- No. -
- E allora chi è stato? -
- C'è un sensore. - disse ridendo.
- Un sensore? -
- Si. Quando passi le luci si accendono automaticamente. -
- Uhm. - Falso allarme.
Le si avvicinò, levandole il coltello e rimettendoglielo nello stivale. - Mi sa che sei un po paranoica. -
- No, assolutamente! -
- Non è che qualcuno spunta da dietro un angolo pronto ad ucciderti. - disse. - Dai andiamo. -
La prese per mano e, dopo aver aperto la porta, ce la tirò dentro.
Pur non essendo un hotel a cinque stelle, la stanza era piuttosto accogliente, e parecchio grande, molto più delle precedenti in cui erano stati. Aperta la porta c'era un ingressino. La prima porta sulla destra portava al bagno, poi, proseguendo il corridoio, si giungeva a un altra stanza ampia. Era buio, ma dalla grande parete di finestre giungeva la luce della luna che illuminava la stanza. Sulla sinistra c'era un letto matrimoniale in legno, con due comodini sui lati. Poi, dalla parte opposta, un divano e una tv. Un momento...una parete fatta di finestre? Troppo scoperta! Andò subito ad abbassare l'avvolgibile. Piombarono nel buio.
- Questa stanza... è troppo esposta. -
- Un po. Ma non sarà per molto. E' solo una cosa momentanea. -
Si buttò sul letto, portando le mani dietro la testa. - Una cosa momentanea... Sarà sempre così, vero? Saremo sempre di fretta, cambieremo luogo ogni due giorni. Non potremo stare stabilmente da nessuna parte... Sarà sempre una cosa momentanea! - Non ce la faceva già più. Non aveva voglia di scappare ogni giorno della sua eterna vita. Lei non era una che scappava, di solito affrontava i problemi, li superava. E a guardarla ora sembrava la solita codarda di turno. Portò le mani al viso. Non ce l'avrebbe fatta. Ne era sicura.
- Lo sapevi a cosa andavi incontro quando hai deciso di scappare. -
- Non lo so... Non ci ho mai riflettuto veramente a fondo. E' stata più una cosa dettata dall'istinto. Non ho mai pensato realmente a cosa fare, dove andare.. Sapevo solo che non potevo restare li. -
- Ed è proprio l'istinto che devi seguire. Quello non sbaglierà mai. -
- Ma se già non ne posso più! Perchè accidenti devono seguirci? Non possono semplicemente lasciarci in pace? -
- Magari... ma lo sai come siamo fatti. -
- Io non avrei fatto una cosa simile. -
- E' la legge.-
- Ma perchè scappare? Non possiamo semplicemente farci prendere e lasciar perdere tutto? -
- Ma sei impazzita? - disse lui scrollandole le spalle. - Che cosa dici? -
- Hai capito. Basta. Non voglio scappare. -
- E vuoi combattere? E' questo che vuoi? Quattro contro due? -
- Non ho intenzione di combattere. Non diventerò un assassina come il resto di noi! Non ho intenzione di uccidere nessuno, tanto meno delle persone che conosco e a cui voglio bene. -
- Quindi resterai ferma fino a quando non ti troveranno e ti uccideranno loro? -
Non rispose. Infondo non era mica una brutta idea. La prospettiva di un eternità in fuga non era allettante, e nemmeno vivere col rimorso di aver ucciso un intera famiglia di persone care, dell'uomo che ama...
Lo sguardo di Constant si indurì all'improvviso, come se avesse preso una decisione. Prisca non era sicura di volerla sapere. Non le sarebbe piaciuta, sicuro.
- Non te lo permetterò. -
Appunto.
- Che cosa? -
- Hai sentito. Non ti permetterò di farti uccidere, a costo di portarti in braccio, tra due giorni ce ne andremo, e poi cambieremo ancora posto, e ancora, ancora. -
- Non puoi obbligarmi. -
- Prisca.. ti prego. Non puoi farmi questo. - la supplicò.
- Farti questo? -
- Non puoi lasciarmi. Non te lo permetto. -
- Io...- Non sapeva che dire. - Tu...non puoi metterla in questo modo. -
- Si che posso. Sono venuto con te, perchè restare la non aveva senso. E ora mi dici che vuoi lasciarmi. Cosa dovrei fare? Stare fermo mentre la mia migliore amica si fa uccidere? E aspettare poi il mio turno? -
- Certo che no. Tu te ne andrai, e vivrai la tua vita. Ti lasceranno in pace. -
Aveva detto migliore amica? Lo pensava davvero? Certo, erano entrati davvero molto in confidenza, ma non pensava lui la ritenesse tale.
- Prisca..- pregò ancora. - Non è passata nemmeno una settimana. Non puoi già arrenderti. -
- Non voglio essere una codarda e scappare continuamente. -
- Lottare non vuol solo dire uccidere, ma anche restare in vita. Lottare per la propria sopravvivenza. Noi stiamo scappando, stiamo lottando per la vita, e non è da codardi. E' la cosa più onorevole da fare. Abbiamo avuto l'onore di questa vita, molti umani, e i nostri, sono morti, loro non hanno avuto un altra occasione. Chi sei tu per buttar via così la tua vita? Certe persone farebbero di tutto solo per avere dei giorni in più! E tu te ne freghi in questo modo! -
Aveva ragione. Ma che accidenti le era saltato in mente? Aveva dannatamente ragione.. E non aveva pensato minimamente a quello che lui provasse. "Certe persone farebbero di tutto solo per avere dei giorni in più" Le persone...o i loro familiari. Era sicura che Constant avrebbe dato tutto pur di passare un altro giorno con i suoi genitori.
Si alzò dal letto e lo abbracciò, posando la testa sul suo torace. - Hai ragione, scusami... -
Lo sentì sospirare, poi le sue braccia la cinsero. - Non dire più che vivere o morire è uguale. -
- Non lo dirò più. -
- Mi prometti una cosa? -
- Che cosa? -
- Se mai ci raggiungessero, e arrivasse il momento di combattere, prometti di lottare, di fare il possibile per sopravvivere? -
- Prometto. -
E proteggerò te, a costo della mia vita. Questo lo promise a se stessa.


Decisero di fare un giro per la città. Infondo nessuno dei due aveva mai visto parigi, tranne che in foto. Era molto più bella dal vivo che nelle scialbe foto dei loro libri. Parigi era...magnifica. E la Tour Eifelle? Spettacolare. Andarono persino a vedere Pont du Gard in Provenza. Quando lo vide se ne innamorò. Era semplicemente bellissimo. Le arcate scolpite con così tanta cura erano superbe.
Videro anche Notre Dame De La Garde, e no, quando ci entrarono la chiesa non prese fuoco.
- Stavo pensando...- disse Constant mentre passeggiavano tre le strade Parigine. - Se stasera andassimo in un posto a divertirci? -
- Che posto? -
- Vedrai! Hai per caso un vestito carino da mettere? -
- Carino... Il termine carino è molto ampio. Carino come? -
- Tipo quello. - disse indicando una ragazza poco lontano da loro.
Aveva scarpe col tacco dannatamente alto, una mini borsetta, e un vestito cortissimo che ricopriva a malapena le cosce.
Quella ragazza era vestita esattamente come le ragazze con cui Camron passava il suo tempo..
- Dovrei vestirmi da battona? - disse sgranando gli occhi.
- E dai! Non sei mai stata in discoteca? -
- No. -
- Come no? -
- Perchè? Tu si? -
- Qualche volta. -
- E dove? -
- Dove? Nella nostra città! Mi dispiace dirtelo, ma c'è una discoteca, si. -
- Fai sul serio? -
- Non è mica colpa mia se non l'hai mai vista. -
- Quindi vuoi andare in discoteca... -
- Ti va? -
- E andiamoci! -
Per una sera poteva farla un eccezione.
- Si?- disse lui felice.
- Certo. Però prima andiamo a fare compere! - disse prendendolo per mano, e tirandolo verso un negozio poco lontano da loro.
- Dimmi che stai scherzando. -
- Assolutamente. Non ho niente da mettere, quindi....-
Entrarono in un negozio, all'apparenza piccolo, ma dentro era enorme. C'erano persino diversi divani posti qua e la per il negozio.
Individuò il reparto donna e si diresse verso i vestiti neri. Constant la seguì.
- Questo? - disse, mostrandoli un vestito che le arrivava sotto il ginocchio.
Lui lo guardò di sfuggita, poi le lanciò un altro vestito. - Provati questo, va. -
Entrò nel camerino più vicino, si spogliò e si infilò il vestito che gli aveva dato. Le aderiva perfettamente al corpo, forse era un po troppo stretto per i suoi gusti, ma poteva andare. La schiena era parzialmente scoperta, non tanto da sembrare pacchiana o volgare, anzi, dava al vestito qualcosa di elegante. La cosa che invece non andava era la lunghezza del vestito. Le copriva a malapena le cosce! Se fosse salito un po più in su, le si sarebbe scoperto il sedere.
- Assolutamente no! - disse uscendo dal camerino.
Constant era seduto su una poltroncina davanti al camerino da cui era uscita lei, e sentendola, alzò lo sguardo. - E' perfetto! -
- Stai scherzando, vero? -
- Certo che no. -
- Ma... Ma è cortissimo! -
- Quello lo chiami cortissimo? Forse non hai visto certi vestiti.... -
- Si,si ok. Ho capito. - Non voleva certo sentirlo parlare di ragazze mezze nude. Quel vestito le ricordava già troppo le simpatiche e bellissime vampire della sua città. Ci mancava solo che lui ne parlasse. - Se la smetti lo prendo. -
- Bene. -
Tornò nel camerino, e si rimise i suoi soliti vestiti. Stava andando verso la cassa, quando un paio di scarpe attirarono la sua attenzione. Non era mai stata un tipo da tacchi alti, o da scarpe basse. Lei indossava maggiormente stivali, ma quelle scarpe sembravano dirle "Comprami". Chi era lei per non farlo?
- Aspetta un attimo. -
Si diresse verso le scarpe, e se le provò entrambe. Era il numero perfetto, e le stavano divinamente.
- Carine le borchie. - disse Constan che nel frattempo le si era avvicinato.
- Hai visto? - Erano proprio...fighe. - Bene, le prendo. -
- Ma sei sicura? Non sono un po troppo...alte? -
- Naaaah. Guarda, sono alta come te! - disse posizionandosi vicino a lui.
- Attenta che inciampi. -
- Ho un equilibrio impeccabile. -
Comprò tutto ed uscì dal negozio.
- Ti metterai quelle scarpe stasera? -
- Stai scherzando? E dove potrei mettere il mio pugnale? -
- Allora perchè le hai prese? -
- E' stato amore a prima vista, che vuoi farci? -
- Proprio non la capisco questa fissazione di voi donne per le scarpe. -
- Ma io non sono fissata. Solo che queste scarpe dicevano "Comprami, comprami". -
- Certo... -
- Allora.- disse prendendolo a braccetto. - Tu hai già la roba per stasera? -
- A noi ragazzi basta una maglietta e un paio di jeans, e siamo pronti. -
Tornarono alla locanda prima di cena, e salirono in camera.
- Ci prepariamo, mangiamo qualcosa e andiamo? - propose Constant, appena entrati in camera.
- Ok. -
Prisca andò nel bagno a cambiarsi. Si infilò il vestito, si raccolse i capelli in una coda alta e si mise un velo di trucco. Guardandosi allo specchio, potè notare che i suoi occhi sembravano più grandi e profondi del solito. Solo una volta gli aveva visti così intensi. Il giorno del legame, quando era scappata, i suoi occhi, velati dal trucco nero, le erano sembrati più grandi e profondi del solito, magnetici.
Uscì dal bagno senza pensare più a quel giorno. Un altro po e avrebbe ripensato a Camron, e non poteva permetterselo. Sarebbe scoppiata.
Constant era già pronto, e l'aspettava seduto sul letto.
- Andiamo? - disse dopo essersi messa gli stivali, e collocato il coltello al solito posto.
Alzò la testa verso di lei, e i suoi occhi si illuminarono. - Stai benissimo. - sussurrò, guardandola in un modo strano, che lei non seppe spiegarsi.
- Anche tu. - E in effetti era vero. Aveva una camicia bianca a maniche corte, leggermente sbottonata sul petto, che metteva in risalto i muscoli delle sue braccia. - Hai preso tutto? Un arma? - chiese subito dopo, spezzando il silenzio che si era formato.
- Si. -
Scesero al piano di sotto, e lo trovarono più pieno del solito. Evidentemente tutti i clienti della locanda erano scesi a cenare.
- Io prendo un tavolo, tu ordina. -
- Tu ordina, io prendo un tavolo. - disse lui, sorridendo.
- Dai, ordina tu. - disse battendo le ciglia. - Dai. -
Alzò gli occhi al cielo. - Che prendi? -
- Solo un cappuccino. - disse, e dopo avergli dato un bacio sulla guancia, gli fece una linguaccia, andando a cercare un tavolo.
- Stai attento alla tua ragazza. - sentì dire al proprietario della locanda a Constant.
- Alla mia ragazza? -
- Si, quella che se n'è andata ora. -
- E perchè? -
- Non c'è gente molto raccomandabile qui. -
Non sentì altro, perchè si girò improvvisamente, fermando la mano di un tizio che stava per toccarla. Lo guardò male, e fece per andarsene, ma sentì di nuovo la mano sul suo fondoschiena. Allorché, si arrabbiò e si girò, dandogli uno schiaffo. - Riprovaci e te la taglio. - ringhiò.
- Oh, fidati. Sa cavarsela da sola. - sentì dire al suo amico.
- E dai tesoro, non fare così. Il tuo amico non vuole condividerti? - disse indicando Constant con la testa, che, dopo aver finito di parlare con il proprietario,
si stava avvicinando a loro.
- Come scusa? - - Hai capito bene. Voglio scoparti anche io, non può tenere per se un giocattolino del genere. - Allungò una mano, accarezzandole i capelli. Questo era troppo.
- Non ti azzardare a toccare i miei capelli, stronzo -
Poi, in pochi secondi Prisca afferrò il braccio del tizio mezzo ubriaco e glielo storse dietro la schiena.
- Un altra piccola pressione qui,- disse piegandogli la mano. - E ti spezzo il braccio. Vuoi provare? -
Lui scosse la testa, cercando di liberarsi, invano.
- Chiedi scusa. - gli disse.
Lui borbottò qualcosa.
- Non ho sentito, puoi ripetere? -
- Scusa! - urlò allora lui.
Così lo lasciò, dandogli una piccola spinta, che lo fece finire a terra. - Vedi? Non ci voleva poi tanto. -
Constant la guardava sorridendo. - Sei stata grande. -

"E' troppo facile con loro." gli inviò. Dato che la gente nella sala non la smetteva di fissarli, chiese. - Che avete da guardare? -
E tutti tornarono alle loro cose, forse, avendo paura che lei potesse umiliare loro come aveva fatto con quell'uomo mezzo ubriaco.
Un cameriere portò le loro ordinazioni e se ne andò senza dire niente.
- Tu che hai preso? - chiese iniziando a sorseggiare il suo cappuccino.
- Una cioccolata calda. - e si portò la tazza alla bocca.
- No! Fermo! -
- Che c'è? Che è successo? -
Indicò la tazza. - Passamela un attimo. -
Lui gliela passò senza fare domande, ovviamente non capendo perchè lo guardasse così agitata. Prese la tazza e se la portò alle labbra. - Davvero buona. - disse dopo averla assaggiata. - Credo proprio che la prossima volta ne prenderò una anche io. -
- Mi hai fatto quasi prendere un colpo solo perchè volevi assaggiare la mia cioccolata calda? - fece lui guardandola con un sopracciglio alzato, chiaramente divertito.
- Beh dai, ne è valsa la pena. -
- Per te. -
- Ti do un po del mio cappuccino per farmi perdonare. -
Constant sbuffò, però non rifiutò.
Dopo aver bevuto, Prisca andò al bancone a pagare, e, poco lontano da lei, l'uomo di prima continuava a fissarla. Lei fece altrettanto, guardandolo malissimo, e funzionò, perchè l'uomo, già chiaro di suo, sbiancò di più, se possibile.
- E dai, piantala. Lascialo stare. - disse Constant prendendola per mano e portandola fuori dalla locanda.
Un arietta fresca gli investì, procurandole dei brividi. Non era freddo, era una piacevole serata.
- Era lui che mi fissava. -
- L'hai già impaurito, credo difficile che provi a ritoccarti. -
Sbuffò. - Gli conviene. -

- Oh, non ne dubito! - - Allora...dov'è questo posto? -
- Non troppo lontano da qui. -
Camminarono per una decina di minuti, poi lui si fermò. Alla loro sinistra, dall'altra parte della strada, c'era un locale con luci intermittenti. Prisca riusciva a sentire la musica fino a dove si trovava.
- Andiamo? -
- Ok...- disse poco convinta.
Davanti all'entrata c'era un uomo grande, grosso e molto alto che non le tolse mai gli occhi di dosso. Ma che avevano questi umani? Erano in piena crisi ormonale a tutte le età?
- Venti a testa. - disse. - Ma per te tesoro, potrei fare un eccezione. - disse strizzandole un occhio.
Prese 50 euro e li posò in mano all'uomo. - Tieni il resto. -
Dopo essersi messo la banconota in tasca fece un timbro ad entrambi. Prisca si guardò la mano. Il timbro stava già iniziando a sbiadire.
- Hai visto? E' già sparito! - esclamò a Constant mentre stavano attraversando un corridoio fatto interamente di luci.
- Certo che è svanito. -
- Ma..ma così presto? -
- Come si rimarginano le ferite, così i timbri, i tatuaggi...-
- Anche i tatuaggi? -
- Si. -
- Ma Sei sicuro? -
- Si. -
- Quindi non potrò mai farmi un tatuaggio! -
- Non credo. Io ci ho provato, ma niente. -
- Uffa! - E lei che sperava che almeno i tatuaggi restassero. Gli sarebbe piaciuto farsene fare uno, ma i tatuaggi, come i pircing sparivano subito. Che cosa trise.
Un Tum Tum Tum assordante le perforò letteralmente le orecchie quando arrivò nella sala centrale stracolma di gente che ballava. Più che ballare saltavano come pesci fuor d'acqua. Impazziti per la carenza d'ossigeno, beh, poteva capirlo. In quell'appiccicume di corpi e odore di chiuso non respirava bene lei, figurarsi gli umani!
- Ma c'è sempre così tanta afa? -
- Questo è solo l'inizio. La serata è appena iniziata, vedrai tra qualche ora! -
- Qualche ora? Dobbiamo stare qua tutta la notte? - Già non ne poteva più. Evidentemente non era tipo da discoteca. Non sapeva nemmeno se sapeva ballare. Era sicura di no.
- Di solito funziona così. Entri tardi, esci la mattina. Se vuoi possiamo andare via prima, non siamo costretti a stare qui tutta la notte. -
- Quando non avrò più voglia ti farò un fischio. - Promise.
Constant le sorrise e prendendola per mano la condusse nella mischia.
- Ma anche da noi c'era questo odore e questa afa? -
Ne dubitava. Loro non sudavano. I quasi vampiri un pochino, soprattutto quando si impegnavano molto, o durante gli allenamenti, ma, a confronto loro, gli umani grondavano sudore. Come delle cascate...ok, forse un po di meno.
- Per fortuna no! - esclamò lui ridendo. - Nelle nostre discoteche, si sente solo la presenza di corpi accaldati, niente in confronto a questo.-
Appunto.
Constant iniziò a muoversi a ritmo della musica. Dovette ammettere che non era niente male sulla pista. Lei non sapeva da dove partire. Si guardò intorno un po incerta, cercando una ragazza da imitare. Vicino a lei c'era una ragazza che saltava come un canguro, muovendo le mani e scuotendo la testa. Troppo pazza per i suoi gusti.
- Non pensarci troppo - le sussurrò Constant prendendole la mano a tirandola vicino a lui.
Non pensarci troppo...Semplice per lui. Lui sapeva ballare. - Non si può non pensare.
- - Ascolta la musica e basta.
- E lei lo fece o almeno ci provò.
Iniziò a copiare le mosse di una ragazza che era poco lontano da lei, e che sapeva muoversi, altro che la cangura pazza.
- Come fai? - disse lui dopo un po.
- A fare? -
- A muoverti così..-
- Così come? -
- Sei troppo..provocante. -
- Stai scherzando?! Io non so ballare questo genere di musica... Stò solo copiando quella ragazza la. - disse guardando nella sua direzione.
Lui seguì il suo sguardo, posando gli occhi sulla bionda vestita di bianco vicino a loro. - Non si direbbe proprio. -
- Te l'ho detto, non sono...-
- Perchè balli molto meglio di lei. -
- Non prendermi in giro! - disse coprendosi la faccia con le mani. Si vergognava come una pazza, menomale che era buio, altrimenti avrebbe visto ancora meglio la sua faccia rossa come un peperone.
- Non stò scherzando, guarda. - disse indicando qualcosa dietro di lei. - Ti stanno sbavando dietro. -
Si voltò. C'era un gruppo di ragazzi che le lanciavano occhiatine ogni due secondi, come se niente fosse. Se cercavano di fare gli indifferenti non stava funzionando molto bene. Constant aveva ragione. La stavano letteralmente mangiando con gli occhi.
- Non è colpa mia se non hanno mai visto una ragazza così attraente come me. - disse scherzando.
- Eh già, poverini. Vagli a dire qualcosa. -
- No! Ma che dici? -
- Guarda che ci rimangono male. - disse con un sorriso stampato sulla faccia.
Gli fece una linguaccia.
- Vado a prendere qualcosa da bere, tu continua a ballare, faccio presto.-
- Vabene. -
Gli diede un bacio sulla guancia. - Non voltarti subito, ma quella rossa alla tua destra ti ha guardato per tutto il tempo. Divertiti!- disse prima di andare, facendogli l'occhiolino e dandogli una piccola spinta verso la ragazza.
Sperò lo facesse davvero.
Arrivare al bancone dove servivano da bere fu un impresa, ma alla fine riuscì ad uscire dalla massa e sedersi su una sedia al bar. - Che prendete? - gli chiese il barista.
Si accorse in ritardo che, accanto a lei c'era la rossa che poco prima stava fissando il suo amico.
- Un americano. - disse lei.
- Anche io. - Qualunque cosa fosse. Sperò fosse buona.
- Arrivano subito. -
- Sono Megan. - si presentò la ragazza dandole la mano.
- Sharon. - mentì.
- Allora...il ragazzo con cui stavi ballando...-
Ecco cosa voleva. - Nono! E'solo un amico.- disse Prisca ridendo.
- E' libero? -
- Sicuro.-
- Non ti dispiace se te lo rubo per un po? -
- Per niente. -
- Grazie! - disse saltando letteralmente dalla sedia e abbracciandola. - Scusa. - e se ne andò.
Mah...proprio strani gli umani. Che aveva detto di così eclatante? Forse era un po attratta da Constant, ma saltare sulla sedia dalla felicità? Vabè, contenta lei.
Si diresse verso l'uscita posteriore a prendere una boccata d'aria intravedendo la rossa che, speranzosa si avvicinò a Constant.
"Dalle una possibilità e divertiti. Ci vediamo tra 10, 15 minuti. Vado a prendere una boccata d'aria" gli inviò. Detto questo, aprì la porta e uscì. Un arietta piacevole e pulita le solleticò il viso. Si sentì subito meglio.
- Hai da fumare? - chiese un ragazzo poco lontano da lei, che non aveva notato per niente quando era uscita. Strano. Di solito notava e sentiva tutto.
Si girò. Un ragazzo, più o meno di dieci anni più grande di lei, la guardava in attesa di una risposta. - Oh. No. Non fumo, mi dispiace. -
- Fa nulla.- disse, alzando le spalle. - Che ci fai qui tutta sola? -
- Mi serviva una boccata d'aria. Li dentro non si respira. -
- Già, hai ragione. -
- Ci vediamo. - mise una mano sulla porta, pronta ad entrare, quando si sentì tirare indietro, così si girò. - Che c'è? -
- Non mi dai nemmeno un bacio? -
- Che cosa? -
- Hai capito. - disse avvicinandosi e fissandola da capo a piedi.
Lei non si mosse. Che doveva fare? Cercò di essere gentile. - Io...ho un ragazzo. Mi spiace. -
- Ora però non c'è, e sei qui tutta sola. - Ora era troppo vicino per i suoi gusti.
- Ho detto di no, lasciami. -
- Brutta puttana! - urlò in preda alla rabbia, aumentando la pressione sul suo polso.
La sentiva a malapena. Era come solletico per lei.
- Senti, lasciami ok? - disse con un sorriso d'incoraggiamento. Sperava tanto che l'ascoltasse. Non voleva certo passare alle maniere forti. Non era il caso, ne il momento adatto.
- Altrimenti? -
- Altrimenti - disse improvvisamente seria, con la voce piatta. - Ti farai male. -
- Ti conviene darle retta, non stà scherzando. - disse una voce alle sue spalle, chiaramente divertita.

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Capitolo 25
*** "Motivi" svelati... ***


Si irrigidì subito. Non poteva essere. Non poteva essere quella voce. Non poteva essere lui. Era chiaramente uno scherzo della sua mente. Si divertiva a prenderla in giro Il ragazzo guardò spalle di Prisca, guardò lei e scappò. Scosse la testa. Che imbecille. Ma il problema ora non era il ragazzo che se l'era data a gambe levate, ma qualcun alto che era alle sue spalle.
Ti prego, fa che non sia vero. Ti prego. Poi si voltò.
Camron.


Una persona normale sarebbe scappata al suo posto, sapendo cosa significava il suo arrivo.
Morte.
Ma lei no, lei non era una persona normale.
La sua mente, il suo istinto, le dicevano di scappare, di prendere Constant e di fuggire, ma il suo cuore non era della stessa opinione.
Voleva Camron, aveva bisogno di toccarlo, di averlo. Sapeva che queste due cose erano impossibili, ma al suo cuore bastava anche solo guardarlo. Si accontentava di poco. Infondo per tutti quegli anni si era rassegnato solo a quello.
Sentì un dolore al petto. Era una visione incredibile. Lui era li, davanti a lei, i suoi capelli biondi gli frustavano il viso, mossi dal vento, quasi a rallentatore. Sospirò.
Le era mancato così tanto...
Poi si ricordò la promessa che si era fatta, e che aveva fatto. Si era promessa di proteggere Constant con tutta se stessa, e gli aveva promesso di non lasciarsi andare e di combattere, quando si fosse presentata un occasione simile.
Mi dispiace cuore, il tuo tempo si è esaurito...
Strinse i pugni, chiamò a se l'aria e spinse Camron lontano da lei. O almeno ci provò. Anche lui padroneggiava l'aria, e quando lanciò il colpo non si fece cogliere impreparato. La forza con cui le rispose la fece quasi cadere a terra.
Quasi.
Doveva trovare un diversivo. Il modo di distrarlo quel che bastava per scappare.
Chiamò la terra e in un batter d'occhio tra lei e camron si formò una barriera larga tutto il vicolo, a alta...parecchio.
Non poteva fare altro. Non voleva fargli del male, anche se lui era li proprio per quello scopo. La barriera sarebbe rimasta intatta per pochi secondi, ne approfittò per scappare.
Non poteva tornare in discoteca, avrebbe distratto Camron quel che bastava per far scappare Constant e poi...sarebbe accaduto quello che sarebbe accaduto.
"Constant! Constant mi senti?"
"Prisca?"
"Sisi, sono io."
"Che c'è? Dove sei finita?"
"Non c'è tempo. Resta in discoteca. Aspetta 10 minuti, poi vai a prendere la roba alla locanda e scappa. Ti troverò io."
“Ma..."
"Fai come ti ho detto!" Sperò lo facesse davvero.
Fece piovere, sperando che per Camron fosse più difficile captare il suo odore, e scappò veloce tra i vicoli. Quando pensò di essere riuscita a distanziarlo almeno un po, due mani l'afferrarono per il braccio e la spinsero contro il muro.
- Perchè tenti di scappare? Sappiamo entrambi che il più veloce dei due qui sono io. - disse Camron guardandola negli occhi.
- Ma non il più forte. - sussurrò.
La mollò improvvisamente, come se si fosse scottato. - Hai il suo odore addosso. -
- Che cosa? -
- Sai di lui. Del ragazzo con cui sei scappata. Sei intrisa del suo profumo. - disse guardandola in modo strano.
Comunque non erano affari suoi.
- Non sono affari tuoi. -
- Sei scappata per lui, perchè non me l'hai detto? -
- Perchè...perchè non ti ho detto che volevo scappare? Secondo te? Per quale accidenti di motivo sei qui? Per uccidermi. E mi chiedi perchè non te l'ho detto? -
- ...Per ucciderti? - disse sgranando gli occhi.
- Si. Sai, di solito è così che funziona. Altrimenti non mi spiego la tua presenza qui. Ma ti avverto, non ce la farai. Non te lo permetterò, ho fatto una promessa, ed io le mantengo sempre. -
- Non sono qui per ucciderti. -
- Che intendi dire? -
- Voglio aiutarti, voglio proteggerti. - disse dannatamente serio guardandola negli occhi.
- Che cosa?? - Era forse impazzito? Se stava scherzando non era divertente.
- Ris..Credi davvero che dopo una vita ci conosciamo io possa davvero ucciderti? -
No. Non lui, ma la legge si, e lui non infrangeva mai nessuna regola. Lui poteva non volerla uccidere, ma la sua famiglia l'avrebbe fatto, o come minimo ci avrebbe provato.
Lo guardò diffidente. - Perchè dovrei fidarmi? -
- Perchè sono io, non uno sconosciuto. -
- Proprio perchè sei tu sono restia a fidarmi. L'ho fatto troppe volte, e l'unica che ci ha rimesso sono sempre stata io. -
Vide qualcosa incrinarsi nei suoi occhi. Si era offeso? Beh, era la verità. Nel loro rapporto, l'unica che era stata male era lei.
- Mi dispiace, non posso, non questa volta. Non c'è solo la mia vita in gioco. -
- Ris..-
- No. Non chiamarmi così! - urlò. - Ora vattene. -
- Lascia almeno che ti protegga. -
- Non ho bisogno della tua protezione, non ho più 10 anni. -
- Ti prego.- tentò ancora.
Voleva farlo, lo voleva con tutta se stessa. Voleva aggrapparsi a lui, sentirsi dire che sarebbe andato tutto bene, ma non poteva farlo, non se non era sicura al 100% che sarebbe andato davvero tutto bene.
- No. Sono cresciuta. Ho imparato a cavarmela senza il tuo aiuto da quando te ne sei andato. -
- Io..Mi dispiace davvero per quello. Tornassi indietro non lo rifarei. -
Proprio adesso glielo diceva? Ora che era troppo tardi? Magari non lo pensava nemmeno, lo diceva solo per convincerla ad andare con lui. Perchè non ci aveva pensato prima? Era ovvio che le stava mentendo. Altrimenti queste cose gliele avrebbe dette parecchi anni prima, e non adesso.
- Ma l hai fatto. E senza nemmeno darmi una spiegazione. -
- Ho dovuto farlo! -
- Non hai dovuto, hai VOLUTO farlo. -
- Tu non capisci... - disse passandosi una mano tra i capelli e scuotendo la testa.
Lei non capiva?
- Allora spiegamelo! -
- Ho dovuto farlo...Non potevo continuare a starti vicino, non avevi più bisogno di me. - sussurrò senza guardarla negli occhi.
- Io ho avuto sempre bisogno di te! -
- Non avevi bisogno di me come io lo avevo di te. Tu avevi bisogno di un fratello maggiore, e io non ero più in grado di farlo. Non potevo. Non ti volevo più bene come dovevo. -
- Non mi volevi più bene? - sussurrò con voce rotta. - Te ne sei andato senza dire nulla...perchè non mi volevi più bene. -
- No,no,no!- disse subito, mettendole una mano sotto il mento e alzandole la testa. - Non ti volevo più bene come dovevo. Ti volevo troppo bene. Capisci? -
- Non proprio. -
- Avevo paura che il troppo bene che ti volevo si sarebbe trasformato in...qualcosa di più. Non potevo permetterlo. Tu avevi solo dieci anni, che avrei dovuto fare? -
Due sentimenti contrastati le lottavano dentro. La felicità. Aveva detto che si sarebbe potuto...innamorare di lei? E la rabbia, soprattutto quella.
Come si era permesso di andarsene per una cosa smile? Perchè era troppo piccola? Ecco ora dove si trovavano: lui che amava la sua migliore amica Azura, e che era costretto ad ucciderla secondo uno stupido codice.
Era un emerito idiota. Se fosse rimasto tutto questo non sarebbe accaduto.
- Aspettare magari. Aspettare che crescessi. - disse allontanandosi di colpo da lui, dal suo tocco.
- Pensavo mi avresti sempre visto come Cam, il tuo fratellone. Disponibile e protettivo. -
- Certo. Quindi hai preferito ferire me, che te stesso. Mi sembra giusto. - scosse la testa.
Era davvero uno stupido, non aveva mai capito nulla. Lei aveva voluto lui, sempre. A cinque, a dieci, a sedici anni. Sempre.
- Quando da piccola dicevo che un giorno avrei sposato te, lo pensavo davvero. Tu eri il mio passato, il mio presente. Mi sembrava chiaro volerti anche nel mio futuro. Non capisci? C'eri stato sempre e solo tu. Vivevo di te. Respiravo di te.- E poi te ne sei andato solo perchè avevi paura di innamorarti di me, perchè ero troppo piccola? - Come pensi l'abbia presa? -
- Pensi che per me sia stato facile? -
- Si. Ti comportavi come se non te ne importasse niente. Come se per te non valessi nulla. Poi un giorno hai anche iniziato a prendermi in giro, ad umiliarmi davanti agli altri. Volevi farti odiare? Eri sulla buona strada! -
- A quel tempo non facevo altro che pensare a te. Dovevo allontanarti. -
- E ci sei riuscito! Anche molto bene. - Era felice che piovesse, in quel modo le lacrime che le scorrevano dagli occhi sembravano solo gocce di pioggia che si posavano sul suo viso.
- Non ha importanza...-
- Non ha importanza? OSI DIRE CHE NON HA IMPORTANZA?-
- Si che ce l'ha, ma non c'è tempo, cazzo! Arriveranno da un momento all'altro! - Era chiaramente turbato, ma a lei non importava. Era ferita, come poteva dirgli solo dopo dieci anni il motivo del suo allontanamento? Non era nemmeno un motivo valido. Era pressoché ridicolo. Non aveva senso. Perchè allontanarsi da una persona se corri il rischio di innamorartene? Non lo capiva proprio.
- Non mi interessa. Che vengano, sarà peggio per loro.-
Nell'aria si sentì qualcosa vibrare, poi un tintin, tintin. Era il telefono di Camron.
- Il motivo per cui te ne sei andato è...stupido. La verità è che sei solo un fottuto stronzo egoista, che pensa solo a se stesso e alla sua felicità! Se ti fosse importato veramente di me saresti rimasto. - doveva dirlo prima che rispondesse, voleva chiudere il discorso. - Ti odio. - Te l'ho già detto, ma forse non te lo ricordi. - Questa volta non scordarlo. -
Il ragazzo la guardò intensamente per alcuni secondi, indeciso sul da fare. Prisca poteva vederlo chiaramente dalla sua espressione. Era combattuto. Lasciarla andare, non sapendo se l'avrebbe ritrovata o portarla via con la forza, prima che arrivasse il resto della famiglia?
I suoi occhi la percorsero tutta, lentamente, poi si fissarono nei suoi. Come potevano occhi di ghiaccio, come i suoi, incendiarla in quel modo? Il ghiaccio era freddo, duro, mentre lei aveva le gambe molli, riusciva a malapena a reggersi in piedi sotto il peso di quello sguardo e dei sentimenti che lottavano dentro di lei per uscire fuori..
Poi cambiò qualcosa. Capì subito quando il ragazzo prese una decisione. Chiuse gli occhi per un secondo, fece un respiro profondo, poi li riaprì.
- Spero di non pentirmene. - sussurrò più a se stesso che a lei. Ma lo sentì comunque. Poi disse a voce più alta. - Non è finita qui. Ti ritroverò. Ti troverò sempre.-
- Lo so. - disse chiudendo gli occhi.
Quando gli riaprì lui non c'era più. La notte se lo era portato via, e con se tutta la forza che le era rimasta nel corpo.
Crollò a terra. Questa volta l'aveva scampata, evidentemente al telefono era qualcuno di importante. Era stata fortunata. Doveva tornare subito alla locando e scappare il più lontano possibile con Constant.
Camron le aveva fatto una promessa, e non l'avrebbe infranta. Lui le manteneva sempre.
"Non sempre, non sempre..." le ricordò una vocina.
Non aveva tutti i torti.

Non sprecò tempo, corse subito alla locanda, spalancano la porta come un tornado.
C'era solo il proprietario al balcone che la guardava terrorizzato, con una mano posata sul petto. - Accidenti ragazzina, mi hai fatto prendere un colpo!-
- Mi scusi. - Non era sua intenzione spaventarlo in quel modo. Aveva solo fretta. - Il mio amico..- iniziò, ma fu subito interrotta dall'uomo.
- Mi dispiace, ma... - disse sconsolato.
- Non mi dica che gli è successo qualcosa quando è tornato alla locanda! -
- Nono! Niente del genere. Se n'è andato in fretta e furia. E' entrato in un lampo, è corso in camera e in dieci secondi era già fuori! -
- Oh, menomale! - L'aveva ascoltata, bravo Constant.
- Vi siete cacciati in un brutto guaio, eh? -
Prisca si grattò la testa - Una specie...Il mio amico le ha pagato il conto della stanza?-
- Eccome se lo ha fatto! Non ha nemmeno preso il resto. -
- Non ha importanza. -
- Ma con tutti i soldi che mi ha dato potrei aprire una locanda grande il doppio di questa! - disse ridendo, e tirando fuori dalla tasca un gruzzolo di banconote, sicuramente pronto a restituirglielo.
Declinò con un cenno della mano. - Li tenga pure. Mi raccomando solo di una cosa...Non non siamo mai stati qui, se qualcuno le chiede qualcosa, non ci conosce. -
Fece un cenno con a testa. Era meglio per lui, non voleva rischiare che potessero fare del male all'uomo, pensando che avesse delle informazioni su di loro, o sulla loro destinazione.- Un ultima cosa...Da quanto se n'è andato? -
Guardò l'orologio. - Un oretta circa. -
- La ringrazio molto! Ci vediamo. -
- Fate attenzione! - urlò l'uomo, ma lei era già fuori.
Ora il problema era trovare Constant.
Non aveva un telefono, quindi non poteva chiamarlo. Forse poteva provare a captare il suo odore, con un po di fortuna la pioggia che aveva fatto cadere prima non l'aveva del tutto cancellato.
Ispirò profondamente, e lo sentii. Più che odorarlo lo percepì a fior di pelle. Era una sensazione strana, piacevole. Non era certo la prima volta che le capitava. Più che odorare...lei sentiva le cose sulla pelle, non tutto, ma degli odori particolari che non sapeva spiegarsi bene, si. E il suo era uno di quelli.
Sapeva di sole, di caldo. Era come se il sole la stesse riscaldando con i suoi raggi. Per lei Constant sapeva di sole. Seguì quell'odore, quella sensazione fino a quando non sparì del tutto. Si trovava parecchi chilometri lontana dalla locanda da cui era andata via, intorno a lei non c'erano altro che case.
Non sapeva cosa fare ora che l'odore era sparito.
Poi le venne improvvisamente un idea. Lei e Constant erano legati.
Si fermò, chiuse gli occhi e si concentrò. Non si dovette nemmeno sforzare. Era li. Un filo palpabile, quasi invisibile che la collegava a lui.
Allungò una mano e lo toccò. Lo sentì sotto le dita, che vibrava.
"Prisca?"
"Sei tu?" Ce l'aveva fatta davvero? "oddio, grazie al cielo! Dove sei?"
"Ti sto cercando, tu dove sei?"
“All'areoporto." Gli arrivò un immagine. Era l'aeroporto, e la strada per arrivarci.
"Come hai fatto?"
"Non lo so..Ci ho solo pensato."
"Che figata!"
"Già. Poi dovrai spiegarmi come hai fatto a trovarmi in questo modo."
“Arrivo." aprì gli occhi.
Era di nuovo in mezzo a tutte quelle case, il contatto si era interrotto, ma il filo era ancora li, poteva percepirlo all'interno della sua mente. Ci impiegò pochi minuti ad arrivare all'aeroporto, e ancora meno per individuare Constant. Era seduto su una sedia, con dei biglietti in mano. Appena la vide le corse incontro abbracciandola stretta.
- Sono felice che tu stia bene! -
- Anche io. -
- Cosa è successo? - chiese staccandosi un poco.
- Lui...Camron ci ha trovati. -
- Adesso dov'è? - Si guardò intorno, preoccupato che potesse averla seguita.
- Non preoccuparti, se n'è andato. Per ora. -
- Non siamo stati abbastanza prudenti, che mi è saltato in mente? Portarti in discoteca a divertirti? Sono un idiota! Sarebbe potuta andare diversamente, a quest'ora avresti potuto non essere qui! - Era evidente che si sentisse in colpa. Aveva gli occhi stanchi, i capelli scompigliati. Chissà come si era preoccupato non sapendo come stesse lei, o dove fosse.
- Shh. - disse accarezzandogli la testa. - Non è colpa tua. Tu non ha fatto niente. E sto bene, non mi ha fatto niente. Non ha nemmeno cercato di farmi male. Ha detto che voleva proteggermi, e che non era sua intenzione uccidermi. -
- ...Ci hai creduto? -
- Non lo so...Si e no. Ma non potevo rischiare. Come faceva ad assicurarmi al 100% che non ci sarebbe successo nulla? Mi sono fidata già troppe volte di lui... E non è andata mai bene. Non per me. - sussurrò, ripensando a lui. Si intristì immediatamente. - Qual'è la prossima tappa? - disse cercando di sorridere.
Se ne accorse subito. - Tu stai bene? -
- Assolutamente. - mentì.
Era ovvio che non se la fosse bevuta, lo vedeva da come la guardava. Le stava dando solo un po di tempo per riprendersi dal loro incontro, da...lui. Prisca sapeva che il suo cuore non si sarebbe mai ripreso. Erano anni che stava male, non avrebbe fatto altro che peggiorare, ma che poteva farci?
Camron non era mai stato suo, non lo sarebbe mai stato. In questo momento più che mai. Era troppo tardi, se fosse rimasta a casa...No. Sarebbe stato peggio.
E' fuggita per fare un favore a tutti, soprattutto per Camron e Azura. Quando tutto questo sarà finito, e Camron sarà tornato a casa con la sua famiglia lui ed Azura sarebbero potuti stare insieme ed essere felici. Lei si sarebbe fatta una nuova vita, con Constant, lontano dalla città, da loro...dal passato.
Solo se esso avesse smesso di perseguitarla.
- Andiamo in Portogallo. -
- In Portogallo? Così vicino? -
- Si, ma ci staremo solo una notte, all'ultimo momento c'era solo questo disponibile. Staremo una notte in Portogallo e poi ripartiremo subito per l'Islanda. -


Buongiorno lettori! Camron l'ha trovata, e le ha "spiegato", se così vogliamo chiamarlo, il motivo per il quale l'ha lasciata anni prima. A Prisca sembrano scuse che non reggono, e non possiamo che darle ragione. Questo però non cambia il fatto che quello è il passato e le cose, purtroppo, non possono tornare come prima. La nostra protagonista non ha intenzione di tornare indietro. Non cambierebbe niente, dopotutto Camron ha detto che forse si sarebbe potuto innamorare di lei, non che effettivamente si sia innamorato. Prisca l'ha capito bene. Sa che ormai è tardi e il ragazzo appartiene ad Azura.
Che ne pensate?
Aspetto vostre opinioni.
Un bacio,
Ellyn.

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Capitolo 26
*** Ti troverò sempre ***


Portogallo


Sua madre le aveva detto di non stare fuori da sola fino a sera, ma lei non le aveva dato ascolto. Le aveva anche detto di non uscire da sola, ma lei era testarda. Era voluta uscire dalla città ed andare a giocare nel bosco.
Era una di quelle poche volte in cui Cam non era con lei, le era mancato tutto il giorno, e non vedeva l'ora di rivederlo. Solo che la notte era scesa presto, il tempo era trascorso senza che lei se ne accorgesse ed ora...non riusciva più a capire come tornare indietro.
Cosa poteva fare? Girò a vuoto nel bosco per un ora, forse due. Ma non riusciva ne a trovare il suo albero, ne a uscire dal bosco. Non le era mai capitato prima! Sarebbe morta così? Vagando nel bosco, da sola, magari assalita da qualche animale, o morta per mancanza di viveri?
Piangendo si sedette sulle radici di un albero, abbracciandosi, cercando di consolarsi. Nessuno l'avrebbe più trovata. Non aveva nemmeno detto a sua mamma che era uscita dalla città, e nemmeno Camron sapeva dov'era andata.
Aprì gli occhi all'improvviso.
Aveva sentito qualcosa, ne era sicura. Un rumore di passi, veloci, che venivano nella sua direzione. Era arrivata la sua ora?
Ma non arrivò nessun animale a divorarla.
Le apparve davanti un ragazzo con i capelli scompigliati e gli occhi segnati dalla preoccupazione, che le corse incontro e la prese tra le braccia. Non la sgridò per la sua sbadataggine, non le urlò contro. Rimase in silenzio abbracciandola.
- Mi hai trovata. - sussurrò lievemente, per non spezzare quel piacevole silenzio che si era creato tra di loro.
- Ris...- disse accarezzandole una guancia. - Certo che ti ho trovata. Non devi nemmeno pensare che non riesca a trovarti. Non esiste un solo posto,ne un qualsiasi essere vivente che possa nasconderti o portarti via da me. A pochi chilometri dalla città, o in un paesino disperso nel nulla, o dall'altra parte del mondo. Che ci siano terre, oceani o deserti tra si noi. Domani, tra 20 anni o tra un secolo. Ovunque e in qualsiasi momento, io ti troverò, dovesse impiegarci tutta l'eternità. Ricordalo sempre. - disse guardandola negli occhi.
Si arrabbiò con se stessa per essersi fatta prendere precedentemente dal panico. Era ovvio che lui ci sarebbe stato. C'era sempre. Perchè aveva dubitato?
Non l'avrebbe più fatto.
Lei lo sapeva che Cam non si arrendeva fino a quando non raggiungeva il suo obbiettivo, era fatto così. E lei lo adorava per questo.
Adorava la sua tenacia, il suo coraggio, ma soprattutto amava il modo in cui si prendeva cura di lei.
Il ragazzo la sollevò da terra e, dopo averle dato un bacio sulla fronte, si incamminò verso casa, stringendola tra le braccia.



- Prisca, ehi...Siamo arrivati. Svegliati. - disse Constant, scuotendola un po.
Aprì gli occhi. - Ah. Scusa. Non volevo addormentarmi. -
- Stai bene? Ti agitavi nel sonno. -
- Si sto bene... - Solo non riesco a impedire ai sogni di manifestarsi. E' frustrante, bello e triste allo stesso tempo. I sogni sarebbero stati l'unico modo per restare in contatto con Camron , riflettè.
"Perché vuoi che smettano, allora?" le chiese una vocina.
Perché non si faceva i fatti suoi? "Guarda che ti sento, io sono te"
Allora sai già la risposta. Non rompere
"Devi parlarne con qualcuno, chi meglio di me?"
Sospirò. Non aveva tutti i torti.
"Lo so. Io ho sempre ragione. Allora?"
Voglio che smettano perché il passato è passato, e non tornerò più ad Azalea. Non lo vedrò più, solo pensarci fa male. "Non puoi farne a meno. Lo sai che non lo dimenticherai mai."
Dovresti confortarmi, non farmi deprimere ancora di più!
"Io dico solo quello che pensi tu nel profondo, ma che non avresti mai il coraggio di confessarti." La scacciò.
Detestava quella vocina, perché aveva ragione.


Trovarono una locanda discretamente nascosta pochi chilometri da Lisbona, e stettero li per una notte. Camron non la lasciò in pace nemmeno allora. E nemmeno i giorni seguenti...


Buon pomeriggio lettori! Il capitolo, che parla dei ricordi di Prisca, è più corto del solito, quindi ho deciso di pubblicarne subito un altro (abbastanza corto anche quello). I prossimi capitoli parleranno del passato, dei ricordi. Spero vi piacciano, perchè sono capitoli a cui tengo molto, infatti ho adorato scriverli. Grazie a questi è più facile capire il rapporto che avevano Prisca e Camron.
Aspetto vostre opinioni, ci conto!
A tra poco,
Ellyn.

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Capitolo 27
*** Compleanno ***


Prima di leggere questo capitolo vorrei ricordarvi che ho pubblicato insieme il 26 ( Ti troverò sempre) e 27 (Compleanno). Date le visualizzazioni molto differenti di entrambi (più del doppio nel 27), mi è venuto il dubbio che qualcuno di voi possa non essersi accorto del 26.
Buona lettura!



Norvegia


- Prisca! Muoviti! - Tuonò così sua madre la mattina del suo sedicesimo compleanno. -Allora? Vuoi svegliarti? - insisté.
Mai un attimo di tranquillità. Quella sera si sarebbe celebrato il ballo per il suo compleanno. Sarebbe stata una cosa in grande, erano stati invitati tutti gli abitanti di Azalea, anche se lei non aveva molta confidenza con tutti, ovviamente.
Ma li le cose funzionavano così, soprattutto per sua madre. Se organizzava una cosa, la faceva bene. Perfetta, grande, o non la faceva affatto.
E, purtroppo per Prisca, quel giorno sua madre aveva deciso di organizzare una festa grandissima e perfetta.
Lei non vedeva proprio l'ora di passare la sera del suo compleanno in compagnia di sconosciuti, costretta a ringraziare e ballare con tutti...
Sospirò sconsolata e si alzò dal letto.
- Allora?? - la voce di sua madre era più bassa di prima. Forse, con un po di fortuna, era tornata a preoccuparsi di altre cose.
- Arrivo, arrivo! - esclamò esasperata.
Indossò una maglietta a maniche corte e un paio di pantaloncini e, dopo essersi fatta la doccia, scese al piano di sotto.
La sala da ballo era piena di vampiri che correvano da ogni parte cercando di eseguire gli ordini di sua madre che sembrava cambiare idea ogni due minuti. - Nonono! Ti ho detto che non devi metterlo lì. - urlò per la centesima volta, quella mattina.
Prisca non avrebbe proprio voluto essere nei panni di quelle povere persone. Astra era fatta così.
Le piaceva organizzare eventi magnifici e per fare questo iniziava a urlare ordini di qua e di la almeno una settimana prima dell'evento, arrabbiandosi con chiunque le capitasse a tiro e svegliando tutte le persone nei paraggi, proprio come aveva fatto prima con lei.
La ragazza non ne poteva già più, e la mattina era appena iniziata.
- Prisca, finalmente! E' almeno un ora che ti chiamo, ti sei decisa a scendere. -
- Non capisco tutta questa fretta. Hai quasi finito. A cosa ti servo io? -
- A cosa mi servi? Devi provarti il vestito e fare le prove del trucco. -
- Ma l'ho provato anche ieri, e la festa è stasera, abbiamo tempo. - ribattè.
- Non importa, tu fallo! -
Sospirò sconsolata.
Astra era fatta così...che poteva farci?
Prisca non voleva immaginare come sua madre sarebbe stata insopportabile il giorno del suo legame..
Scosse la testa, non voleva pensarci in quel momento. Tanto non si sarebbe mai legata con lui.
I suoi pensieri, senza che potesse impedirlo, andarono a Camron. Chissà cosa stava facendo in quel momento, ma soprattutto si chiese se quella sera ci sarebbe stato.
Era sicura di no.

Indossò il vestito come sua madre le aveva chiesto e si guardò allo specchio.
Era carino, ma, come ogni volta, non era il vestito che avrebbe scelto lei. Era blu, quello si, ma era un blu troppo acceso per i suoi gusti. Non lo odiava, ma non le piaceva nemmeno.
Non disse niente, nemmeno quando la "stilista" di sua madre le fece un acconciatura strana.
Quella, al contrario del vestito, la odiava.
Promise a se stessa che, almeno quella volta, avrebbe avuto i capelli come voleva lei.
Prese un po di coraggio e parlò.
- Non li voglio così i capelli. -
La donna alzò lo sguardo dalla sua opera appena finita.
- Tua madre mi ha dato ordini precisi. -
- E io te ne sto dando altri. Non li voglio così. -
La vampira la guardò con disappunto, incerta sul da fare.
- Senti, sappiamo entrambe che appena te ne andrai da qui mi sfarò l'acconciatura e stasera mia madre se la prenderà con entrambe perchè i miei capelli saranno davvero in uno stato pietoso. Quindi o lasci i miei capelli così e stasera andrà come andrà, o pensiamo insieme a un acconciatura che mi piaccia e possa andare bene anche a mia madre. -
Dallo specchio vide il riflesso della donna che, seppur non del tutto sicura, annuì.
Un punto per me disse tra se e se.


Fece il suo ingresso nel salone da ballo quando tutti gli invitati erano già arrivati.
Non fu molto facile per lei scendere le scale davanti a tutti che la fissavano con così tanta insistenza, ma stranamente ci riuscì. La fortuna volle che stesse indossando un abito blu che le scendeva dolcemente fino alle cosce e che, in quel modo, non arrivasse a toccare in terra.
Almeno sua madre aveva pensato a quello.
Alla fine l'acconciatura che era venuta fuori era semplice e carina. I capelli, infatti, le scendevano dolcemete sulla schiena, in boccoli non troppo esagerati, eccetto due piccole ciocche che erano legate dietro con una forcina brillantinosa.
Prisca fu felice di essere riuscita, dopo tanto tempo, ad ottenere ua cosa che desiderava.
Scendendo dalla scalinata il suo sguardò trovò subito Camron. Non l'aveva neanche cercato intenzionalmente. Appena era entrata nella sala aveva sentito la sua presenza e i suoi occhi l'avevano cercato automaticamente.
Il ragazzo, stranamente, la guardava come tutto il resto della sala. E le avrebbe fatto piacere se il suo braccio non fosse stato intorno alla vita di una ragazza. La seconda quella settimana, per la precisione.
Distolse lo sguardo dalla loro vista e si concentrò su un vampiro, all'apparenza giovane, sui vent'anni che, allungandole una mano, le chiedeva il suo primo ballo. Lei non poté far altro che acconsentire, sarebbe stato maleducato da parte sua rifiutare quella richiesta. Dopotutto era il suo sedicesimo compleanno, avrebbe avuto altre proposte come quella, doveva solo mettersi l'animo in pace ed essere pronta a fare la gentile, ringraziare e ballare con tutti.
Sua madre, se così non fosse stato, si sarebbe arrabbiata parecchio. Odiava fare brutta figura davanti agli ospiti, e quella settimana glielo aveva ripetuto costantemente.
Il ragazzo la ringraziò e, appena finita la canzone se ne andò con un piccolo inchino.
Prisca arrossì per quel gesto così galante.
- Mi concedi questo ballo? - disse una voce alle sue spalle, che riconobbe subito come quella di Camron.
- Puoi anche evitare di fare il gentiluomo, sappiamo entrambi che non lo sei. Non devi disturbarti tanto, vai pure a divertirti. - disse notando la rossa che stava fissando il suo accompagnatore chiaramente indignata per essere stata lasciata sola. - Ti conviene anche sbrigarti, la tua ragazza sembra così arrabbiata che potrebbe scoppiarle la testa da un momento all'altro. -
Lui non rispose al suo tentativo di attaccarlo. Scosse semplicemente la testa.
- Sarebbe scortese non ballare con la festeggiata il giorno del suo compleanno. -
- Non è un problema. Tu sei sempre scortese. - gli rispose alzando le spalle.
- Abdel, convinca sua figlia a ballare con me. - disse Camron fermando suo padre che passava casualmente vicino a loro.
- Ma certo che ballerà con te, non è vero Prisca? - disse dando una pacca sulla spalla di Camron e guardandola con insistenza.
Non poté far altro che accettare. Il braccio di Camron la cinse in vita e, a tempo di musica, la condusse volteggiando nella sala.
Non disse niente, si limitò a stringerla e a tenerla stretta a se. Nemmeno Prisca disse niente. Anche se avesse avuto qualcosa da dire, cosa che non aveva, il contatto così ravvicinato con il ragazzo la scombussolava tanto che aveva dimenticato persino come si facesse a parlare.
La mano sulla sua vita, e quella che stringeva la sua, le procurarono dei brividi per tutto il tempo, fino a quando, troppo presto, lui la lasciò.
La guardò per pochi attimi, poi senza dire niente tornò dalla sua ragazza e prendendola per mano, la condusse velocemente fuori dalla sala.
Non era restato nemmeno un ora, e per lui era stato sicuramente troppo.
Chissà cosa aveva fatto sua madre per obbligarlo ad andare al suo compleanno e ballare con lei...
La sera quando tornò a casa trovò sul suo letto un pacchettino, c'era scritto il suo nome con un corsivo perfetto.
Era la scrittura di Camron, lei la conosceva bene.
Il regalo si rivelò essere una fodera per il suo pugnale, da portare intorno alla gamba. Così perfetta da poter passare inosservata sotto i suoi stivali neri...



Come promesso ecco l'altro capitolo.
Aggiornerò presto.
Alla prossima!
Un bacio,
Ellyn.

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Capitolo 28
*** Baby-sitter ***


Passò gran parte della mattinata e il pomeriggio a cercare un nuovo libro da leggere tra gli scaffali della biblioteca. Erano le sei, e non aveva ancora deciso che libro prendere. Sconsolata si incamminò verso la porta, si fermò e si guardò intorno ancora per alcuni secondi, poi afferrò il solito vecchio libro che aveva letto centinaia e centinai di volte, e uscì dalla biblioteca tenendolo stretto tra le braccia.
Dopo nemmeno venti passi notò una figura che camminava indisturbata per il corridoio e non erano suo padre o sua madre, ne Caden.
Allora che ci faceva quel vampiro a casa sua?
- Ehi, tu! - urlò un attimo prima di capire chi fosse.
- Che c'è? - rispose Camron guardandola a malapena.
- Che ci fai in casa mia? -
- Niente -
- Allora puoi anche andartene. -
- Oh, non credo proprio. - le rispose ridendo.
Lei non lo trovava per niente divertente.
Gli si avvicinò, in modo che potesse vedere nei suoi occhi che non stava scherzando. - Ho detto : che ci fai in casa mia? -
- Tuo padre mi ha chiesto di tenerti d'occhio. - rispose restituendole lo sguardo.
- Si, come no.- Non ci avrebbe creduto per tutto l'oro del mondo.
- Davvero. - Purtroppo non sembrava che scherzasse. - Guarda. - e le porse un fogliettino. - Mi ha detto di darti questo nel caso tu non ci avessi creduto. -
Aprì il foglietto e si trovò davanti l'inconfondibile scrittura di suo padre. Si vedeva che mentre lo scriveva, aveva fretta di andarsene, la calligrafia era meno comprensibile del solito.
Però le parole erano chiare.

"Ho chiesto a Camron di tenerti d'occhio questo pomeriggio. Dovrebbe avertelo già detto, ma dato che stai leggendo questo stupido bigliettino non gli hai creduto.
Sei sempre malfidata. Io e tua madre torneremo in serata, Caden ha preso un giorno libero. Camron è stato fin troppo gentile ad accettare la mia richiesta, povero ragazzo.
E' già tanto che stia con te per diverse ore, quindi NON provare a crearli nessun tipo di problema.
Gli ho detto di avvisarmi se c'è qualcosa che non va. Non fare la furba, o al nostro ritorno ti aspetterà una severa punizione."

Strappò il bigliettino in mille pezzettini davanti alla faccia di Camron, e lo buttò a terra. Sempre gentile e simpatico suo padre. E lei non era malfidata. Solo esitava a fidarsi troppo di Camron. O di chiunque altro.
Era solo previdente.
- Perchè proprio tu? -
- Forse perché le nostre case sono comunicanti e faccio presto a venire qui? -
- Bene, ora che mi hai controllata te ne puoi anche andare, se c'è qualcosa che non va urlerò. - disse ironica.
Non l'avrebbe mai fatto nemmeno se fosse stata in punto di morte. Era più che in grado di difendersi da sola, anche meglio del ragazzo stesso. Se qualcuno l'avesse attaccata era lui che avrebbe dovuto urlare per chiedere aiuto.
- Mmm...No. Tuo padre mi ha chiaramente detto di rimanere qua. -
- Se proprio voleva tenermi d'occhio, che mandasse un adulto responsabile.-
- Guarda che ho quasi ventun'anni. Sono grande, più forte di chiunque in questa città, e bellissimo. -
Prisca non era molto sicura sul maturo. Ma sulle altre cose non aveva nulla da ridire, soprattutto sull'ultima.
- Ho detto adulto, non pallone gonfiato. -
- Fingerò di non aver sentito. -
Si sentirono dei colpi secchi alla porta di casa, al piano di sotto.
- Chi è? - Lei non aspettava nessuno, e credeva poco probabile che fosse qualcuno che cercasse i suoi genitori, dato che nessuno dei due era in casa.
- Nessuno che ti interessi. - disse il ragazzo scendendo le scale.
Lei lo seguì fino al salone, tenendosi qualche metro a distanza.
Ginevra, la sua nuova ragazza del momento, entrò nella SUA casa, facendo ticchettare i tacchi a spillo delle sue orribili scarpe maculate, salutando il SUO Camron con un bacio sulla guancia, troppo vicino alle labbra per i suoi gusti.
- Tesoro! - esclamò avvolgendogli le braccia al collo. - Di chi è questa casa? L hai presa per oggi? Da te c'erano i tuoi? -
- Ginevra è la casa di Prisca, suo padre mi ha chiesto di tenerla d'occhio oggi. -
- Devi fare da baby-sitter? - cinguettò come un oca.
- Come prego? Io non ho bisogno di un baby-sitter. E, per farvelo sapere, non sono ammessi animali in casa.-
Non le sfuggì l'angolo della bocca di Camron che si alzò un poco. Vedi? Anche lui era d'accordo con lei.
L'adorabile ragazza fece finta di non aver sentito. - Io volevo divertirmi. - anche se lo sussurrò al suo orecchio, Prisca lo sentì comunque. - Ma se devi badare alla poppante...-
- Poppante lo dici a tua sorella. -
Ignorò pure quel commento. Prisca aveva due teorie. O lo faceva apposta, o il suo unico neurone non era in grado di sbavare sia su Camron che prestare attenzione a lei. Prisca propendeva più sulla seconda opzione.
- No, figurati. Vai su, ti raggiungo tra poco. Devo sistemare una cosa.-
“Oh, non credo proprio! Non scoperete in casa MIA. Non scoperete, punto” disse arrabbiata dentro di se.
- D'accordo. - rispose. Si staccò da lui solo dopo avergli dato un bacio molto, troppo appassionato. Ginevra si era scavata la fossa e ci si era buttata dentro.
Le prudevano le mani. Voleva staccarle letteralmente la testa dal collo. Si trattenne per un pelo dal farlo. Però uno sfizio se lo tolse.
“Vediamo se senti questo.” - Troia. -
Colpita e affondata. La ragazza si girò e la guardò a bocca aperta. Si riprese quasi subito. Ma non troppo in fretta. Il neurone stava ancora elaborando.
- Ripetilo se hai il coraggio. -
Se proprio insisteva! - Ho detto : troia. L'hai capito o vuoi che te lo scriva? Vuoi dei sinonimi? Puttana, zoccola, battona...Ce ne sono infiniti. Posso dirtelo in qualsiasi lingua tu voglia. - L'avrebbe fatto, ma già la ragazza non capiva la sua lingua, figuriamoci le altre!
- Ma come ti permetti? Tu...Tu..B..Brutta...-
- A parole tue, mi raccomando. -
Aveva previsto la sua reazione, e infatti la ragazza alzò la mano per darle uno schiaffo. Per sfortuna di Ginevra, Prisca aveva dei riflessi pronti, e un cervello migliore del suo, così tanto da prevedere pure le sue mosse. Nello sguardo della ragazza balenò una scintilla, forse sicura di essere riuscita a coglierla di sorpresa.
“Sogna ragazza, sogna.”
Gli diede pochi millesimi di secondo di soddisfazione, e bloccò la mano a pochi centimetri dalla sua faccia.
- Come ti permetti? Devi rispettare i più grandi! -
- Ragazze finitela. - disse Camron cercando di intervenire.
Prisca lo incenerì con lo sguardo e lui non disse più niente.
- Io porto rispetto a chi me lo porta, e a chi se lo merita. E piuttosto come ti permetti tu, di entrare in casa mia, cercare di colpirmi e baciare il mio..- stava per dire
"Il mio Cam", ma per fortuna si fermò in tempo. - Temporaneo supervisore. - “Mmm. Si, poteva andare bene.” - Mio padre gli ha dato un compito preciso. Non ha tempo da perdere.-
- Mi ha chiamata lui. - disse con un sorrisetto furbo, credendo di aver vinto chissà quale sfida.
- Lui ti ha chiamata, e ora te ne vai. -
- Altrimenti? - - Me lo stai davvero chiedendo? Ti consiglio di andartene e basta. - Evidentemente lesse qualcosa nei suoi occhi, comprese il messaggio e se ne andò quasi correndo.
Saggia scelta.
- Perchè diavolo l'hai fatto? - urlò Camron un attimo dopo che chiuse il portone, faccia a faccia con lei.
- Mi stava antipatica. -
- Accidenti. Capisci che hai fatto? -
- Certo. - Aveva mandato via quella stronza che stava appiccicata a lui. Niente di più semplice.
- No non capisci. Ora non mi parlerà più perchè non l'ho difesa. -
- Non ti permettere di dirmi che non capisco. Capisco eccome. Sei così disperato da correre dietro alle persone più insulse. E' così buon annulla che non è in grado di difendersi da sola? E se non ti parlerò più, ringraziami. Ti ho fatto un enorme favore. -
- Non ti ringrazio affatto. Volevo divertirmi, e ora non ho niente da fare. -
- E' un problema tuo, non dovevi chiamarla. -
- Sei tu che non dovevi immischiarti negli affari che non ti riguardano. -
- Mi riguardano eccome! Volevi scoparti quella in casa mia, in casa MIA! Ti rendi conto? Sei così bisognoso di due gambe aperte da non poter aspettare qualche ora? Fossi in te mi vergognerei. - Voleva che sapesse quello che faceva per farle capire quanto poco gli importava di lei? Non ce n'era bisogno, lei lo sapeva già.
- Si può sapere qual'è il tuo problema? -
- Lo vuoi sapere davvero? -
- Magari. -
- Sei tu. Tu sei il mio problema. Strano che tu non te ne sia accorto prima.-
- Non credo di capire... -
- Non è certo la prima volta. - disse piano, poi ripetè più ad alta voce. - Non c'è niente di difficile da comprendere. Mi hai solo stufato con il tuo irrispettoso comportamento del cazzo. -
Il ragazzo la guardò come se non riuscisse a credere a quello che aveva appena detto. Nemmeno Prisca ci credeva, normalmente era una persona educata, ma lui riusciva a mandarla letteralmente fuori di testa.
Camron le rivolse uno sguardo gelido e le voltò le spalle andando nella direzione opposta alla sua, dov'era scomparsa Ginevra.
- Aspetta! - esclamò lei, allungando una mano per afferrarlo. Non fece in tempo. La sua mano strinse solo l'aria.
- Cosa c'è? - le disse, fermandosi dopo qualche metro e girandosi a guardarla, chiaramente scocciato.
Resta, avrebbe voluto dirgli. Non andare da lei.
- N-nulla. - rispose invece.
- Allora non chiamarmi inutilmente. - poi se ne andò, senza voltarsi indietro.
Anche quella volta non aveva scelto lei. Prisca doveva smettere di sperarci.
Il suo Cam non sarebbe più tornato indietro.


Buongiorno!
Come promesso, per farmi perdonare dei capitoli corti di ieri, ho aggiornato anche oggi!
In questo capitolo abbiamo visto i due ragazzi un po diversi dal solito, più piccoli e più immaturi. Insomma, i classici adolescenti. Prisca chiaramente gelosa e offesa dalle sue azioni poco rispettose (mi sembra anche il minimo!) , e un Camron un po birbantello che con il suo comportamento è chiaro che l'abbia provocata volontariamente per farla arrabbiare e farle capire quanto poco gli interessi di lei.
Spero vi piaccia!
P.S. E un po corto, ma non quanto quelli di ieri, no?
Un bacio,
Ellyn.

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Capitolo 29
*** "Poppante" ***


NEW YORK

Era seduta su un muretto accanto alla palestra degli allenamento. Camron era a pochi metri da lei. I loro genitori li avevano mandati via, dicendo che dovevano parlare di "Affari".
Ed ora lei stava cercando di non fissarlo, e lui non la guardava nemmeno. Stava osservando un punto invisibile chissà quanto lontano.
- Camron! Ehi! - urlò una voce che si stava avvicinando. - Calliope guarda c'è il tuo ragazzo la. - disse una altra voce femminile.
Le due voci appartenevano a un gruppetto ristretto di vampiri, esattamente cinque. C'erano due ragazze e tre ragazzi che diedero una pacca sulla spalla a Camron, a mo' di saluto.
- Ehi tesoro.- disse una di loro, abbracciando Camron. Prisca avrebbe scommesso che fosse Calliope.
Grazie dell'informazione, altra vampira sconosciuta.
- Ciao ragazzi. - disse lui in generale.
- Che ci fai qui? -
- Niente di speciale. -
- Allora andiamo a fare un giro. -
- Non so se posso. - Fece un cenno verso di lei con la testa.
- Ora frequenti le ragazzine? - disse un ragazzo dai capelli biondi.
- Però, mica male. - disse un altro ragazzo moro andando verso di lei, e squadrandola da capo a piedi. - Io sono Elijah, tu sei.... - Le pose la mano.
- Non provarci. - Camron intervenne e lo tirò indietro prendendolo per la maglietta.
- Ehi amico, non puoi averle tutte per te.-
- Non le voglio tutte. Solo non puoi avere lei. -
- E perchè scusa? -
- Ha solo quindici anni. -
- Continuo a non vedere il problema.
- Elijah sei un coglione. - disse un altra ragazza. - E' troppo piccola per te. -
- Mi dispiace tesoro, magari tra qualche anno. - disse Elijah guardandola. Aveva degli occhi penetranti, di un blu intenso.
- Si, come no. - disse lei considerandolo a malapena.
- Ecco Camron, lasciala perdere e andiamo da un altra parte. - intervenne Calliope, accarezzandogli la testa.
- Hai ragione. - e mise un braccio sulle spalle della ragazza, voltandosi per andare via.
- Te ne vai così? -
- Come ti hanno fatto notare, sei solo una bambina, e ho di meglio da fare che stare con te. -
- Non sono una bambina. -
- Si che lo sei. -
- No. -
- Si, sei una bambina. -
Gli si inumidirono gli occhi.
Perchè la trattava sempre così?
- Non lo sono! Non sono più una bambina, dannazione! Lo vuoi capire? - urlò. Le lacrime volevano uscire a tutti i costi dai suoi occhi, ma non avrebbe mai pianto di fronte a lui, o davanti a persone sconosciute.
Gli diede una spinta. - Non sono una bambina, non lo sono...- continuava a ripetere.
- Prisca. - disse Camron. - Prisca! - ripeté alzando il tono. - Smettila di piagnucolare!- Le bloccò le mani, mentre lei cercava inutilmente di liberarsi e continuare a colpirlo. - Ti stai comportando in modo infantile, persino per te. Falla finita!-
- La smetterò quando la pianterai di trattarmi con sufficienza. Come se per te non fossi nulla!-
- Ma è la verità. - La guardò negli occhi, per farle ricordare quello che aveva da dire. - Tu per me non sei niente.-
Allora si bloccò.
Le mani le ricaderono lungo il corpo, senza forza. Come poteva dirle una cosa del genere? Avevano passato anni e anni insieme. Come poteva spezzarle il cuore in continuazione? I suoi sguardi, i suoi gesti, trasmettevano indifferenza, quando andava bene. La maggior parte delle volte nel suo sguardo c'era solo.. repulsione.
- Sei solo una bambina viziata ed egoista. Vuoi stare sempre al centro dell'attenzione. Non sai stare mai da sola. Hai sempre bisogno di qualcuno che ti consideri il centro del tuo mondo! Smettila e cresci un po. -
- Io...- non le uscivano le parole. Non sapeva che dire. Lei non era così, e lui era il primo a saperlo. Lui era il solo ad averla ma conosciuta veramente, perchè continuava a dire bugie per ferirla?
- Tu, cosa? -
- Io... Non è vero. Non puoi dire sul serio. - riuscì a dire alla fine.
- E' vero. E' quello che penso. -
- Camron, allora? Vieni o no? - insisté Calliope. - Se non ti sbrighi ti molliamo con la poppante. -
Ora ci si metteva pure quella? Lei non era una bambina, perchè continuavano tutti a ripeterlo?
Strinse i pugni, cercando di controllarsi. Non ci stava riuscendo. Camron che la trattava come fosse spazzatura, e quella ragazza che, oltre a sentirsi migliore di lei, pensava anche di portarglielo via, non facevano altro che farla arrabbiare ancora di più.
Fu impossibile per lei fermarlo. Era troppo tardi.
Sentì un formicolio nei bracci, segno che il potere si stesse risvegliando. Il vento si alzò all'improvviso, mentre Prisca teneva lo sguardo fisso sulla ragazza. Era lei l'obbiettivo.
Evidentemente Camron si accorse che qualcosa non andava, perchè in un attimo le fu davanti.
- Cosa...costa stai facendo? -
Lei lo ignorò, continuando a fissare la ragazza, che ignara di tutto si guardava attorno non capendo il motivo del cambiamento climatico.
- Prisca. - disse Camron esitante, toccandole un braccio.
Vedendo che lei continuava a non guardarlo le prese il volto fra le mani e lo voltò nella sua direzione, cercando i suoi occhi.
- Ris...Tu non sei così. - sussurrò in modo che solo lei potesse sentire.
Fu allora che incontrò i suoi occhi. E fu allora che la bufera, e tutto quello che sarebbe potuto accadere dopo, cessò. sbatté le palpebre più volte, tornando alla realtà.
- Non so che intendi. Io non ho fatto nulla. - disse distrattamente. - E tu sei l'ultima persona, in questo momento, che può permettersi di dire come sono. E non chiamarmi Ris. Non ne hai il diritto, non più.-
Fece un passo indietro, e la mano di Camron si ricadè lungo il fianco, lasciando il volto della ragazza.
- Dai andiamo! - lo chiamò Calliope qualche metro indietro.
- Si arrivo. -
Quando lui si voltò, disse: - Ti odio. Non scordarlo. - Lo vide stringere le mani a pugno e continuare a camminare come se nulla fosse.
Anche se lo aveva detto a bassa voce, era sicura che lui l'aveva sentito. Non aveva dubbi.
Ti odio. Ti odio perchè ti amo. Come si può odiare e amare allo stesso tempo? Alle persone che chiedevano questo, lei avrebbe voluto rispondergli che si potevano provare entrambe le cose. E questi sentimenti, tanto opposto, quando simili, provati insieme, erano come una pugnalata al petto.

Si svegliò di soprassalto. Si trovava in un lussuoso appartamento in un grattacielo di New York, parecchio costoso. Negli ultimi mesi era andato tutto bene, nessuno gli aveva più trovati, e lei e Constant avevano deciso di regalarsi qualche comfort, e di trascorrere più tempo nelle città. Ormai erano nella Grande Mela già da parecchi giorni.
Notò che il letto accanto a lei era vuoto. Constant doveva essere andato via già da parecchie ore.
Ecco spiegato il motivo dell'ennesimo ricordo che si presentava a lei sotto forma di sogno. Da quando se n'erano andati dalla Francia, i ricordi non l'avevano lasciata più in pace.
Pur di non riviverli la maggior parte delle volte restava sveglia tutta la notte a guardare il soffitto. Constant, quando lei si svegliava ansimante subito dopo un altro sogno, usciva immediatamente dalla sua stanza, e correva al suo fianco ad abbracciarla, per farle sapere che lui c'era.
Gliene era molto grata, ma i ricordi continuavano ad arrivare, e lei non sapeva come fermarli. Forse doveva solo starsene buona, un giorno sarebbero finiti.
Uscì dal letto, e premette l'interruttore che azionava la serranda. Essa salì verso l'altro, diffondendo nella stanza un Cr.Cr.Cr che finì quando si alzò del tutto. La luce del sole inondò la stanza, accarezzandole dolcemente il viso. Il panorama che c'era dalla finestra non aveva prezzo. Si sentiva quasi come la regina del mondo. Aveva pure una piscina enorme nella terrazza!
Si chiese dove potesse essere Constant, quando sentì la porta di casa aprirsi. In un secondo gli fu davanti.
- Ho preso la colazione. - disse sventolandole una busta di carta e due cappuccini davanti alla faccia.-
Gli diede un bacio sulla guancia per ringraziarlo. Poi gli fregò la busta dalle mani. - Mio! - e scappò lontano da lui.
- No dai, torna qui! Mi hai rubato il cornetto l'altra volta! -
- Dovevi stare più attento. - si mise uno dei due cornetti in bocca, e corse nella terrazza, tenendo la busta nell'altra mano.
Constant posò i cappuccini sul tavolino, avvicinandosi lentamente a lei, con le mani alzate. - Posa quel cornetto. -
- Mai. -
- Dai...Io ti lascio dormire, ti porto la colazione e tu me la rubi anche? -
- E va bene. - acconsentì. Gli passò la busta con la sua colazione, che lui posò vicino al cappuccino. Con una velocità sorprendente, che credeva che lui non avesse, la prese tra le braccia, guardandola divertito.
- Che stai facendo? -
- Niente. - disse incamminandosi verso la piscina.
- No no no no! Non farlo ti prego! - Ma ormai era troppo tardi, l'aveva buttata.
Finì nella piscina con un sonoro e rumoroso - Poof - e riemerse poco dopo. - Grazie, eh! - - Figurati! - Rideva a crepapelle, guardandola dal bordo della piscina.
- Non mi serviva un bagno fresco la mattina presto! -
- Mi dispiace dirtelo tesoro, ma ti ci vole e come. Sento il puzzo fino a qui. Da quant'è che non ti lavi? - la prese in giro.
- Parla per te, io ho fatto la doccia ieri. Al contrario di qualcun altro... -
- Ti sei lavata con una puzzola? -
- No, con il tuo bagnoschiuma. - disse con un sorriso furbo.
Il ragazzo smise di ridere. - Il mio adoratissimo e nuovo bagnoschiuma? - disse mettendo il broncio. - Proprio quello. E l'ho anche finito. -
- Ma l'ho comprato tre giorni fa. -
- Non volevo puzzare, e poi ti ho fatto un favore. Se non odoro di buono vuol dire che c'era qualcosa di sbagliato nel bagnoschiuma. Ci hanno fregato al negozio. -
- E ora che l'hai finito quale uso io? -
- Non preoccuparti, ho trovato il mio bagnoschiuma alla vaniglia infondo allo zaino, che fortuna, vero? Pensavo di averlo lasciato al supermercato quando abbiamo fatto la spesa. -
- Bagnoschiuma...alla vaniglia...-
- Esatto. -
- Ma sono un uomo. Io non posso profumare di vaniglia. -
- Tutti possono profumare di vaniglia. -
- Ne dubito. - disse del tutto non d'accordo con lei. Aveva sempre il broncio. Com'era buffo. Sembrava un bambino troppo cresciuto!
- Dai bambinone, te ne regalerò un altro. Adesso aiutami ad uscire dalla piscina. - Gli porse la mano, che lui ingenuo afferrò subito.
Prisca lo tirò dentro la vasca con se. Cadde anche lui, schizzando acqua da tutte le parti. Quando riemerse si guardarono negli occhi per pochi secondi, poi scoppiarono a ridere come due scemi.
- Ben ti sta! -
- Sei proprio cattiva! Ora mi si fredderà il cappuccino. - disse mettendo un finto broncio.
- Povero cucciolo. - Gli accarezzò la testa, come fosse un cane, poi uscì dalla piscina, seguita a ruota da lui.
- Aspettami qui, vado a prendere degli asciugamani. - disse lui.
- Non ce n'è bisogno. Mettiti qui. - disse indicando vicino a lei. Gli prese la mano. - Esercitiamoci con i poteri. - Capì cosa volesse fare, e acconsentì con un cenno.
Sentì chiaramente la temperatura intorno a loro alzarsi. Costant aveva evocato il fuoco, ora toccava a lei. Una folata di vento, riscaldata dal potere di Constant, gli investì e, due secondi dopo, erano completamente asciutti.
- Davvero figo. Non smetterò mai di dirlo. E di ringraziarti per avermi dato questo regalo impagabile. -
- Smettila di ringraziarmi, tu per me hai fatto e stai facendo tanto. -
- Te ne penti mai? - gli chiese mentre si sedevano sulla panca della terrazza.
- Di cosa? -
- Di avermi dato il fuoco. -
- Mai. -
- Davvero? - chiese stupito. Chissà quante volte ci aveva pensato sentendosi magari in colpa per averglielo portato via.
Annuì. - E' una delle scelte migliori che abbia mai fatto. E fidati, ce ne sono state poche!.-
Le sorrise. - Come hai dormito oggi? Quando me ne sono andato sembrava stessi bene.-
- Al solito. - disse alzando le spalle e guardando il cappuccino per evitare i suoi occhi. Sperò lo prendesse come disinteresse per l'argomento.
- Sono stato via solo poche ore! - Ma ovviamente no. La capiva troppo bene.
- Non è colpa tua. -
- Volevo farti una sorpresa e portarti la colazione...Non pensavo che in così poco tempo potesse accadere ancora. -
- Non preoccuparti. - disse posando la mano sulla sua per rassicurarlo - Sono contenta che tu l'abbia fatto. Questo cappuccino è delizioso. -
Le rispose sorridendo un po incerto.
Quel ragazzo era una persona fantastica. Se possibile, lo adorava ogni giorno di più. Si preoccupava sempre che lei stesse bene, che avesse tutto quello di cui aveva bisogno. Una delle due cose di cui aveva bisogno ce l'aveva. Constant era li con lei, sano e salvo. L'altra era chissà dove, in una parte qualsiasi del mondo a cercarla. Non poteva averle entrambe, ma aveva scelto di tenere al sicuro Constant, e di non fidarsi di Camron, anche se in quel modo stava male ogni giorno, il suo migliore amico stava bene, e per far si che continuasse ad andare in quel modo, avrebbe sofferto volentieri ogni giorni.
Alcuni ricordi non le facevano male come altri, in cui sentiva letteralmente il cuore spezzarsi in due parti, alcuni erano solo tristi perchè le ricordavano quello che aveva perso. Erano tremendamente belli...
e malinconici. In quei sogni lui non la trattava male, era il suo migliore amico, e quando si svegliava sentiva solo un vuoto al petto, che Camron aveva riempito per dieci anni con la sua presenza, il suo sorriso, i suoi occhi, la sua risata... Almeno quello le ricordava che ciò che avevano vissuto non era stato tutto frutto della sua immaginazione.
Realizzò che forse, quei dolci ricordi, risalenti alla sua più giovane età, e anche quelli più acidi, la perseguitavano forse proprio per colpa di Prisca. Era lei che non riusciva a lasciare il Camron che amava....e anche quello che la trattava male. Purtroppo amava anche quello perchè era...lui. Quando sarebbe riuscita a dimenticarlo, con lui sarebbero finiti anche tutti i sogni che lo riguardavano. Più facile a dirsi che a farsi.
"Siamo messi bene allora..." le disse la sua vocina sconsolata quanto lei.

Eccoci qui con un altro capitolo! Spero vi piaccia :)
Alla prossima,
Ellyn.

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Capitolo 30
*** Incontri interessanti ***


Erano circa le due di notte, e lei stava tornando nell'appartamento che avevano affittato. Era andata a comprare due cellulari non rintracciabili ( dato che quelli che avevano comprato precedentemente si erano rotti poco tempo prima. Uno finendo sotto un taxi giallo che andava mille all'ora, l'altro cadendo in piscina) da un vecchio conoscente di Constant. Un vampiro alquanto strano, si chiamava Wyatt. Era come una specie di metallaro. Cappotto lungo stile Matrix, anfibi di pelle con le borchie, capelli lunghi e lisci fin sotto le spalle. Occhialini rettangolari con le lenti nere. Se fosse stata un umano, l'avrebbe preso per uno spacciatore. Wyatt poteva procurarti qualsiasi tipo di cosa, a patto che tu fossi un vampiro. Non si impicciava nelle cose degli umani, e di certo non spacciava droga a loro.
Semplicemente procurava ai vampiri quello i cui avevano bisogno, o che non potevano trovare nei negozi degli umani, ad esempio il sangue.
Esattamente. Glielo aveva detto proprio lui! La cosa che la colpì più di tutte in quello strano vampiro, erano i suoi pircing. Lei credeva fosse impossibile averli, ma quando lo vide si stupì non poco. Erano orecchini di lego, dipinti in modo che sembrassero di metallo, o di ferro. Perchè non ci aveva mai pensato?

In quel momento stava attraversando la stazione dei pullman, apparentemente deserta.
- Qui non ce ne sono più. - disse una voce femminile, poco distante da lei. Prisca era sicura che provenisse dall'angolo della strada pochi metri più avanti.
- Erano rimasti in tre, e ne abbiamo presi solo due. Uno deve essere da queste parti. - insistette un altra voce, questa volta appartenente ad un ragazzo.
- Dannazione, non ne posso più di questi cosi! - continuò la femmina. Evidentemente diede un calcio a qualcosa, perchè Prisca sentì un oggetto sbattere da qualche parte. - Te lo dico questo è l'ultimo. Poi me ne torno in Germania, così non dovrò rivederli per un bel po! Che ci mandino qualcun altro. E' da mesi che li seguiamo. -
- D'accordo. -
Qualcosa le andò addosso e presa in contropiede Prisca cadde a terra, sbattendo la testa sul marciapiede. - Ma cosa accidenti...- Tirò su la testa e per prima cosa vide due occhi rossi, e poi due zanne che spuntavano dalla bocca sporca di sangue.
Con un calcio si levò di dosso quello strano vampiro e si rialzò. Lo vide rimettersi in piedi e tornare alla carica. - Si può sapere che problemi hai? Smettila non voglio farti del male. - Lui non l'ascoltò, e provò ad assestarle calci.
Prisca con una sola mossa lo buttò a terra, e prendendo il coltello dallo stivale, glielo puntò alla gola. - Ora, se prometti di non attaccarmi ti lascio andare, e farò finta che la tua tentata aggressione non sia mai avvenuta. -
- Non farlo. - disse la voce del ragazzo che aveva sentito prima.
- Scusa? -
- Non lasciar andare quel vampiro, è pericoloso. Deve essere ucciso. -
Prisca scandalizzata si girò a guardare il ragazzo e rimase di sasso. Si distrasse quel poco che bastò da permettere al vampiro di liberarsi, e tirarle un pugno sulla spalla. Vide il vampiro scappare nella direzione opposta alla loro, ma non fece molta strada, perchè una figura gli atterrò addosso, e il vampiro...scomparve sotto di lei. Che cosa stava succedendo?
- Ehi, stai bene? - Il ragazzo le porse una mano per aiutarla ad alzarsi, che lei accettò volentieri.
Guardandolo da vicino si rese conto di essersi immaginata tutto.
Aveva creduto di aver visto Camron, invece era lo sguardo di uno sconosciuto quello che la guardava stranito.
Certo, era carino, biondo, occhi azzurri. Ma non era lui.
- Cosa è successo? Ce l'avevi in pugno. - disse.
- Mi sono distratta un attimo. - disse,poi guardando la ragazza che stava venendo verso di loro - Che fine ha fatto il vampiro? -
- E' morto. - rispose semplicemente.
- Hai ucciso uno della nostra specie? -
La ragazza la guardò come se fosse matta. - Quello non era uno di noi. Bastava che tu lo guardassi negli occhi per rendertene conto. -
- L'ho visto chiaramente. Era forte, aveva le zanne. Cos'altro poteva essere? - disse confusa.
- I suoi occhi. Erano rossi. Quello è uno...come posso spiegarti...Tu li conosci gli Altri? - intervenne il ragazzo.
Annuì. Ma non gli aveva mai visti, non pensava precisamente cosa avessero di diverso da loro. Ma quello che avevano fatto non era normale. Non si uccideva un altro vampiro. Non si faceva e basta. Nella storia che le aveva raccontato Constant, gli Altri erano venuti nella su città e avevano ucciso parecchia gente, ma perchè continuare? Non giovava a nessuno.
- Ma cosa centra? Potevate evitare di ucciderlo. E' da barbari. Potevate parlarci o che ne so... Ma poi perchè lo stavate cercando? -
- Primo, non sono affari tuoi. E secondo, non sai cosa stai dicendo! Non si può parlare con loro.- disse la ragazza.
- Ormai era tardi, ha fatto fuori l'intera quadra. - disse semplicemente il ragazzo, come se, con quell'unica frase avesse spiegato tutto. Per lei non aveva detto molto invece, solo che aveva ucciso i suoi compagni.
- Credo che non sappia di cosa stiamo parlando. - disse ancora lei all'amico. Poi a lei: - Ma dove vivi? Sulla luna? -
- Non così lontano, ma quasi. -
- Il vampiro che abbiamo ucciso e i suoi due alleati facevano parte di un numeroso gruppo di altri come loro. Ce ne sono rimasti pochi, e sono raggruppati tutti in un unico posto. Io, mia sorella e la mia squadra volevamo seguirli per farci portare al covo e scoprire dove vivono, ma si erano resi conto di essere seguiti e ci hanno teso un'imboscata. Erano in 6, ci hanno accerchiato e poi attaccati. Siamo riusciti ad ucciderli tutti eccetto i tre che sono scappati e abbiamo ucciso poco dopo, ma hanno dissanguato tutti i nostri in un colpo solo e sono impazziti, sono diventati inutili. Non ci servivano più a niente. -
- Impazziti...come? -
Vide la ragazza alzare gli occhi al cielo. - Dissanguare un vampiro per loro è ... normale, a distanza di tempo. Ma dieci persone tutte insieme è troppo. I tre vampiri hanno preso troppo sangue e sono usciti di testa, per loro è come una droga. Una volta che dissanguano un vampiro è fatta, non possono più tornare indietro, e più passa il tempo, più hanno bisogno sempre di altro sangue. Ma devono regolarsi, quando esagerano e ne assumono troppi litri è finita. Sono come i tossicodipendenti, solo che gli umani col passare del tempo muoiono, mentre il corpo dei vampiri riesce a smaltire più velocemente questa droga, quindi non gli accade niente, un momento di puro piacere, poi il nulla. Dopo solo la sensazione di quello che hanno provato. Il problema arriva quando assumono una dose troppo forte. Dato che sono immortali, invece di morire...impazziscono del tutto. Non sono più in grado di ragionare, di pensare. Lasciare un individuo del genere libero sarebbe una strage. -
- Quindi se ho capito bene, voi e la vostra squadra...cacciate gli Altri perchè a lungo andare impazziscono e l'unico modo per evitare che facciano del male sia a noi, che agli umani è ucciderli. -
- Esattamente. E' impossibile redimerli. Più passa il tempo, più peggiorano. Cerchiamo di distruggerli prima che impazziscono. -
- Va bene. -
- Che ci facevi tu da queste parti, ragazzina? - disse lei, quando lui ebbe terminato il discorso. - Non chiamarmi ragazzina, avremo più o meno la stessa età. - disse squadrandola da capo a piedi. Anzi, forse Prisca era anche più grande di lei. Di sicuro era più alta.
- Ma io so badare a me stessa, so combattere. -
- E perchè sei convinta che io non sappia farlo? -
- Sbaglio, o eri tu quella sotto un vampiro, pochi minuti fa? -
- Solo perchè tuo fratello mi ha distratta un attimo. -
- Lo so, la mia bellezza certe volte accieca. - intervenne lui.
Era carino, ma non così tanto. Diciamo che non era il ragazzo più bello che avesse mai visto.
- Non intendevo questo. Mi ricordavi solo una persona. -
- Chi? - chiese curioso.
- Non ha importanza ormai, è solo un ricordo. -
Lasciò perdere. - Comunque io sono Frits, lei è Reisende. -
- Solo Rey, odio quel nome. - intervenne lei.
- Il protettore e la viaggiatrice, interessante. - obbiettò. La cosa interessante era il nome della ragazza, che non era proprio un nome.
- Sprechen sie Deutsch? - (Parli tedesco?)
- Unter vielen anderen Dingen ...- (Tra le tante altre cose...)
- Allora, che ci fai qui? - richiese Rey.
- Stavo tornando a casa. -
- A quest'ora? - disse Frits.
- Certo. -
- Allora ti accompagniamo. - continuò lui.
- No grazie. -
- Potrebbero essercene altri in giro. -

- Perchè dovrei fidarmi di voi? - - Stai scherzando vero? Ti abbiamo salvato la vita, e mio fratello ti ha praticamente detto tutto. - La ragazza non aveva tutti i torti, ma non c'era bisogno che la scortassero come due guardie del corpo.
- Si, hai ragione. Ma non ho bisogno di protezione, so cavarmela da sola. -
- Non si sa mai. - disse la ragazza prendendola a braccetto e incamminandosi.
- Veramente...-
- Sconosciuta, niente storie. Il mio nome è o non è Frits? - disse lui affiancandosi dall'altra parte rispetto alla sorella.
- Se non lo sai tu...-
- Lo è, quindi fatti proteggere. -
- D'accordo guardia del corpo. Volevo solo dirvi che stiamo andando nella direzione sbagliata. - disse indicando la strada alle spalle, che era quella che portava al suo appartamento.

- Non credo tu ci abbia detto il tuo nome. - disse Frits mentre svoltarono in una stradina.
- Non, non l ho fatto. - Non sapeva se dirgli la verità o no. L'avevano aiutata, rivelato il motivo per cui erano li a New York, e ora la stavano accompagnando nell'appartamento per essere sicuri che arrivasse a casa sana e salva, ma poteva fidarsi? Nella sua vita si era fidata di poche persone, e per farlo ci aveva messo parecchio tempo. Solo due persone nella sua vita, fino ad ora, le aveano ispirato fiducia al primo sguardo. Con una di loro era stato naturale, se lo ricordò come fosse ieri.
Camron era una delle prima persone che aveva visto appena nata. Sua madre aiutò Astra a partorire, e mise la bambina subito nelle braccia di Camron, ancor prima che facesse in tempo ad emettere alcun suono. E infatti non aveva pianto, ne urlato, era rimasta a fissare due pozze grigie, che le avevano restituito lo sguardo con estrema curiosità. Si ricorda ancora la pressione delle sue braccia da bambino sul suo piccolo corpicino. Non la perdeva d'occhio, stringendola con estrema delicatezza e esitazione, timoroso di farla cadere a terra. Ma non era mai accaduto.
La seconda persona era Constant. Le ispirò subito fiducia, ed entrò nel suo cuore in pochi attimi. I due ragazzi erano stati i casi rari, e lei gli aveva dato tutto, le altre persone invece avevano ricevuto solo poche briciole. Chi più, chi meno.
Decise di non correre il rischio, almeno per il momento.
- Sono Hope. -
- Se non vuoi rivelarci il tuo vero nome basta che lo dici, non c'è bisogno di inventarlo. - disse Frits grattandosi la testa.
- Non fa niente. Non sei certo la prima. Scommetto che vieni da una piccola città, dove tutti conoscono tutti. - disse Rey.
- Come fai a saperlo? -
- Per quanto la tua pronuncia sembri naturale, si vede che non sei americana. -
Lei alzò le spalle. - Da cosa stai scappando? - continuò la ragazza.
- Come, scusa? -
- Vedo due fili che ti escono dal petto. Uno è dorato, l'altro argentato. Il filo dorato è contornato da parecchi colori tutti della stessa intensità, rosso, viola, giallo, arancione... Chi più ne ha più ne metta. Tranne...- disse guardando un punto indistinto del suo corpo - Il verde. C'è poco verde. Qualche chiazza qua e la. In generale ci sono tutti colori positivi, tranne uno. C'è come un alone scuro che copre tutto il resto, è sbiadito, ma c'è. Il che vuol dire che provi del risentimento per questa persona, ma si vede chiaramente che sotto è di un oro purissimo, scintillante. Il che mi fa pensare che tu abbia donato te stessa ad una persona, cuore, mente, vita...e che questa persona ti abbia tradito. Non l'hai del tutto perdonata. Dal poco verde che c'è si capisce che ti sei fidata in passato, ma adesso prima di rifarlo ci penseresti due volte. Mentre l'argentato è limpido, fresco. E' mischiato anch'esso a vari colori, viola, tantissimo verde,...Il viola significa molte cose, possesso, rispetto, dovere, protezione. Credo che tu tenga molto a quest'altra persona, ti senti responsabile per lei. E metteresti la tua vita nelle sue mani da quanto ti fidi. Sarebbe tutto perfetto, se non fosse che i due fili vanno in due direzioni completamente diverse.-
- Non credo di capirti. - Fili, clori? Di che parlava?
- Rey in un certo senso riesce a leggere l'animo delle persone. I fili che vede uscire dal petto di ogni individuo rappresentano le persone più importanti della sua vita. Qualcuno che ami, un amico, una persona di cui ti fidi completamente...Il colore del filo è quello che sostanzialmente rappresenta per te quella persona. I colori intorno sono i vari sentimenti che provi verso di lui, o di lei.-
Non chiese come ne fosse capace. Lei come controllava gli elementi? Come bloccava le persone? Come parlava nella mente? Poteri. Tutti ne avevano di possibili e immaginabili.
- Cosa rappresenta l'argento? -
- L'amicizia più vera, quella che tutti vorrebbero, ma che è difficile trovare. Chiunque sia questa persona tientela stretta. Ho visto poche persone con un argento così lucente. - rispose.
- ...E l'oro? - Non era sicura di voler sentire la risposta.
- Sono sicura tu lo sappia già. -
- Sei sicura che sia proprio oro? - Magari era un oro...appassito. Un oro che stava cambiando colore.
- Talmente sicura che se chiudessi gli occhi, la sua luce mi accecherebbe ugualmente. L'oro è talmente brillante che sono sicura che sia il tuo primo, e unico amore. Noi ci innamoriamo difficilmente, ma quando succede...siamo fregati. Una volta è per sempre. E ragazza, tu sei decisamente fregata. L'amore che provi verso questa persona sembra talmente forte che mi domando come tu faccia a contenerlo tutto. Ma non sono solo l'oro, o l'argento i più lucenti che abbia visto fino ad oggi. Tutti i tuoi colori sono i più accesi che abbia mai visto. Le persone si fidano troppo e troppo spesso, e non si donano completamente, quindi non provano davvero. Tu ti fidi poco, ti affezioni difficilmente, ma quando lo fai, lo fai con tutta te stessa. I tuoi colori sono la vera essenza della vita. -
Era come se la conoscesse da sempre, sembrava sapere tutto di lei, anche più di quanto sapesse Prisca stessa.
- Il filo argentato finisce proprio in quel grattacielo - disse indicando davanti a loro. - Quindi hai scelto il tuo migliore amico invece del tuo ragazzo? -
- Non era il mio ragazzo. E non si trattava di scegliere tra loro due. -
- E allora cos'è successo? - chiese Frits, prendendo la parola dopo che era stato silenzioso per un bel po.
- Forse un giorno ve lo dirò. -
- Questa potrebbe essere l'ultima volta che ci vedi. - disse Rey.
- Io non credo. - rispose il fratello. - Secondo me ci rivedr
emo presto. -
- Come fai ad esserne sicuro? - chiese Prisca. - Perchè non ci chiedi quello che avresti voluto sapere fin dall'inizio? - continuò lui.
-...Cosa c'è in Germania? Rey quando ha detto "Torno in Germania, così non li rivedrò per un bel po." Come fa ad esserne sicura? -
Frits sorrise, come se avesse aspettato per tutta la notte quella domanda. Come faceva a sapere che quella domanda le ronzava in testa da quando aveva sentito Rey parlare? Per di più le sembrava di aver letto qualcosa sulla Germania e sul fatto che ci fossero parecchi vampiri.
- In Germania ci sono delle basi di vampiri addestrati per uccidere gli Altri. Essi sorvegliano l'intero confine della Germania, si accorgono subito se entra un Altro nel confine, e prima che possa aver anche solo fatto un passo, è morto. -
- Nessun Altro è mai riuscito ad entrare in Germania? -
- Mai. C'è un altra cosa che credo possa interessarti, forse anche più di questa. - disse Frits spostando i suoi occhi azzurri in quelli della ragazza, per essere sicuro che gli prestasse attenzione.
- Che cosa? -
- La Germania è piena di vampiri. Sono ovunque, nelle scuole, nei supermercati... -
- E? -
- Ci sono così tanti vampiri, che se conosci l'odore di uno di essi, nello specifico, è difficile riconoscerlo tra tutti. Quasi impossibile. - rispose la sorella al posto suo. Evidentemente aveva capito che cosa volesse dire il ragazzo.
- E' il miglior posto per andare ...Se non vuoi essere trovato. - terminò Frits.
Prima di andarsene, le porse un sacchettino. Era la busta dove aveva messo i telefoni. Pensava di averla persa da qualche parte nei pressi della stazione, ma evidentemente Frits l'aveva raccolta e l'aveva tenuta per tutto il tempo.

Aprì la porta di casa e si ritrovò di fronte la faccia preoccupata di Constant, che si rilassò non appena si accorse chi avesse davanti.
- Prisca! - esclamò abbracciandola di slancio. Presa in contropiede cadde quasi a terra, per fortuna Costant la stava ancora stringendo, altrimenti avrebbe perso l'equilibrio. Si staccò da lei, e le diede un bacio sulla testa. - Sono così felice di vederti! Ho pensato che fosse successo qualcosa. Perchè ci hai messo tanto? -
- Ho avuto un ...inconveniente. -
- Lui è... -
- No. -
- Allora che è successo? -
- Mi sono imbattuta per caso in due vampiri cacciatori di vampiri. -
- Vampiri che cacciavano vampiri? -
- Vampiri che cacciavano Altri. - poi gli raccontò tutto, dalla tentata aggressione dell'Altro, dei due ragazzi che l'avevano aiutata, del fatto che fosse diventato pazzo. Gli disse tutto quello che aveva scoperto sul loro conto. Del potere di Rey, del filo che la univa a Constant...Non parlò solo dell'altro filo dorato che spariva lontano.
- Hanno dovuto aiutarti? Era così forte? -
- Non esattamente. Quando ho visto Frits mi era sembrata un altra persona... - Constant non chiese chi, non ci voleva un genio per capirlo.
- Quindi è andato tutto bene. -
- Si. E ho trovato il posto perfetto dove andare, capisci? Forse è il posto giusto dove poterci fermare, e non per alcuni giorni, o settimane. Potremo provare a ricominciare da li. -
- Dove? -
- In Germania. -
- In Germania? Sei impazzita? E' Vicinissimo ad Azalea! Non se ne parla nemmeno. - disse scuotendo la testa.
- No aspetta. Ascoltami. - disse tirandolo per un braccio e facendolo girare verso di lei. - Per prima cosa li saremo al sicuro dagli Altri. Ci sono delle strutture, delle basi sparse per tutto il paese, dove i vampiri vengono allenati a sconfiggere gli altri una volta per tutte. L'intera Germania è sorvegliata. Non è mai entrato un Altro li. E seconda cosa, è il posto in cui sono raggruppati più vampiri in assoluto. -
- Questo che vorrebbe dire? -
- Che è quasi impossibile distinguere i vari odori e trovare il vampiro che stai cercando, a meno che tu non sappia il posto esatto in cui si trovi. -
- Come fai a saperlo? -
- Me l'hanno detto Frits e Rey. -
- Li chiami anche con i loro nomi? Dio...Prisca non puoi fidarti di due perfetti sconosciuti! -
- Non sono degli sconosciuti. Rey...lei è in grado di leggerti l'anima. Con un solo sguardo ha capito tutto, sapeva tutto di me, quello che ho provato, quello che provo, le due persone più importanti della mia vita. Non è più sconosciuta di tante altre persone che conosco.-
Constant sospirò, passandosi una mano tra i capelli e sedendosi sulla sedia del tavolo in cucina. - Sei sicura di poterti fidare di loro? -
- Si. Sento che è la cosa giusta da fare. Come se dovesse andare così. - Come se fosse stato destino averli incontrati quella notte. Non poteva sapere che cosa il futuro avrebbe riservato per lei, e come avrebbe legato i ragazzi. O quanto sarebbero diventati importanti gli uni per gli altri.
- D'accordo. Prepara la roba, io intanto cerco su internet il primo volo disponibile. -
- Ah, - disse quando le venne in mente. - Questo è il telefono, tiene. - e glielo porse tirandolo fuori dalla busta.
- Cos'è quello? - disse Constant indicando qualcosa che era caduto dai suoi piedi. - Era nella busta.- Prisca lo raccolse. Era un foglietto su cui qualcuno aveva scritto un messaggio molto breve.
"Fai uno squillo o manda un messaggio quando atterri. Io e mia sorella saremo già li. Frits" Infondo era annotato il suo numero di telefono, con scritto un "Mi raccomando, non perderlo!" sottolineato tre volte.
Accennò un sorriso. Che tipo che era quel ragazzo. Era sicura che sarebbero diventati presto amici.
- Cos'è? - chiese Constant vedendola sorridere.
Gli porse il foglietto, che lesse in pochi secondi.
- Sbaglio o questo ci stà provando con te? -
Prisca scosse la testa e alzando gli occhi al cielo andò a preparare le sue cose, non prima di essersi ripresa il bigliettino ed aver annotato il numero sul suo telefono.


Buon pomeriggio!
Scusate la lunga attesa ma questa settimana sono stata un tantino occupata. Per farmi perdonare ho pubblicato un capitolo abbastanza lungo, spero vi sia piaciuto.
La nostra protagonista ha fatto un incontro molto interessante. I due nuovi ragazzi dall'aria misteriosa hanno subito spiegato tutto a Prisca senza preoccuparsi troppo e lei sembra fidarsi di loro, farà bene? Cosa ne pensate del potere di Rey? A me piace un sacco, è molto interessante.
Siete curiosi di sapere come si evolverà la storia? Aggiornerò presto.
Un bacio,
Ellyn.

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Capitolo 31
*** Nuova casa? ***


Ris corse nella casa a fianco, trovando Cam in pochi secondi. Doveva assolutamente raccontargli dei due bambini. Di cosa gli era successo. E se fosse accaduto anche a loro due? Non voleva che accadesse. Doveva fare qualcosa prima che fosse troppo tardi.
- Oggi ho visto due bambini litigare. E' stato orribile! Avevano detto di non essere più amici. Prometti che a noi non succederà mai? -
- Come potremo mai smettere di essere amici? Non posso stare senza di te! -
- Promettilo. -
- Lo prometto. Saremo per sempre amici.- disse convinto. Per lui era una cosa ovvia, non c'era bisogno di farglielo promettere. Se la bambina era più felice in quel modo però, l'avrebbe rassicurata in tutti i modi possibili.
- Sempre? - disse speranzosa, sedendosi sul divano a gambe incrociate e voltandosi verso Cam.
- Sempre.-
- Prometti che non mi metterai mai da parte? -
- Lo prometto. -
- E che non vorrai mai bene a nessuno come lo vuoi a me? -
- Mai! Nessuno sarà mai importante come, o più di te. -
- E prometti che non mi abbandonerai mai. Mai. Qualsiasi cosa accada? -
- Lo prometto. Saremo io e te. -
- Per sempre sempre? -
- Si. Sempre sempre, che più di così non si può. -
- E prometti anche di non lasciarmi andare via? - chiese poco dopo, quando le venne in mente che forse, per chissà quale motivo, avrebbe potuto arrabbiarsi con lui, e non parlargli più. Le sembrava impossibile, ma nessuno poteva essere sicuro del futuro.
- Lasciarti andare via? - chiese lui confuso, non capendo la sua richiesta assurda.
- Si. Prometti che, se proverò ad andarmene, o ad allontanarmi da te, mi convincerai a restare? Anche se dirò di non volerti più bene, di non volerti più con me, prometti di convincermi a restare? -
- Questo no. Non posso prometterlo. Se vorrai restare dovrà essere una tua decisione. Solo tua. Non cercherei mai di convincere una persona cara, che restare con me sia una decisione migliore di lasciarmi. -
- E perchè? Non dovresti lottare per tenere vicino a te le persone che ami? -
- Si, ma fino a un certo punto. Potrei tentare, ma alla fine solo loro a dover decidere. Poi sono un tipo orgoglioso. Non pregherò la persona che amo più di chiunque altro a non lasciarmi. -
- Io però ti ho fatto promettere di non lasciarmi. -
- Si, perchè tu sei più forte. Io non sarei mai in grado di chiederti una cosa del genere. E non avrei mai il coraggio di lasciarti andare, non totalmente. Sei e resterai una parte di me. E' inevitabile. -
- Quindi non prometti di convincermi a restare? - chiese ancora.
- No. -
- Perchè? -
- Perchè voglio che sia tu a scegliere di restare con me, oggi, domani. E il giorno dopo ancora. -


E l'aveva fatto. Lo aveva scelto anche se la trattava male, anche quando la faceva soffrire. Lo aveva scelto persino quando solo la sua vista le faceva male al petto. Lo aveva scelto ogni giorno in cui non la considerava. Lo aveva scelto quando tutti quanti credevano che lo odiasse. Lo aveva scelto quando lo vedeva con altre ragazze. Quando la notte non dormiva per evitare di sognarlo. Quando piangeva per lui. Il suo cuore lo sceglieva sempre e comunque, senza che lui, o nessun, altro lo sapesse.
Alcuni giorni prima avrebbe detto che l'aveva scelto in passato, che lo sceglieva tutt'ora e che l'avrebbe scelto sempre. Nonostante tutto.
Ma era giunto il momento di scegliere un altra persona.
Se stessa.
Era questo che pensava Prisca appena atterrata all'areoporto di Berlino.
La prima cosa che fece fu quella di chiamare Frits.
Rispose al secondo squillo. - Pronto? - disse una voce in tedesco all'altro capo della linea.
- Frits? - chiese esitante. Aveva fatto bene a telefonargli? Insomma, era stato lui ad averglielo scritto.
Non disse nulla per alcuni secondi, in sottofondo si sentì un “torno subito.” - Sapevo che saresti venuta. E che mi avresti chiamato. -
- Beh, mi hai lasciato il numero. -
- Ci speravo tanto. -
- Non fare lo scemo! - disse ridendo. - In che città siete? Possiamo venire a stare da quelle parti? Sai se ci sono case libere, in affitto...-
- Calma, calma. Vi vengo a prendere io, dove vi trovate? -
- Fuori dall'aeroporto di Berlino. -
- Che fortuna, sono proprio qua vicino! -
- Si, che casualità. - disse ironica.
- Ci vediamo tra quindici minuti. - e riattaccò.
- Non resta altro che aspettare. - disse Constant che aveva sentito tutta la conversazione.

Esattamente quindici minuti dopo, un'alfa romeo nera parcheggiò accanto al marciapiede dove si trovavano loro due, e una testa coperta di capelli biondi spuntò dalla portiera. - Non Hope, che piacere rivederti! - disse prendendola in braccio come un orso e girandola. - Quando tempo. -
- Proprio tanto. Tipo due giorni fa. - disse ridendo. - Frits, Lorenzo. - disse indicando il suo amico, e viceversa. - Lorenzo, Frits. -
I due si salutarono con un cenno del capo. - Non Hope, che ti ho detto l'altro giorno? -
Lei alzò gli occhi al cielo. - Di non fare nomi se devo dirli falsi. -
- Esattamente. -
Alla fine Frits li portò a casa sua, la quale risultava essere una villetta poco fuori Berlino.
- Potete restare qua fino a quando non troverete una sistemazione migliore. - disse aprendo il portone di casa.
- Grazie per l'ospitalità, ma mi sembra troppo. Ce ne andremo domani mattina. -
- Nessun problema, figurati! Non disturbate di certo. La casa è grande e siamo solo io e mia sorella. - Non fece cenno ai loro genitori, o a qualche parente, e Prisca e Constant non gli chiesero nulla.
- Non saprei...insomma siamo praticamente degli sconosciuti. Potremo uccidervi nel sonno. -
- Lo credo difficile. Siamo ben addestrati. - disse convinto.
Sentì chiaramente Constant trattenere una risata. Il suono che uscì dalle sue labbra sembrava un grugnito. - Perchè ridi? Non ci credi? - chiese Frits.
- Non metto in dubbio niente, ma se lei volesse uccidervi, ci riuscirebbe eccome. -
- Perchè ne sei così convinto? -
- Non esiste nessuno più forte di lei. - disse semplicemente.
- Non esagerare. - continuò Prisca. - Sai quanto è grande il mondo e quanti vampiri potenti ci sono che sono su questa terra da migliaia di anni? -
Lui alzò semplicemente le spalle, come a dire "Se lo dici tu" , ma era chiaro non ci credesse molto.
- Sei così forte? - chiese il ragazzo guardandola. Ora fu il turno di Prisca alzare le spalle. Che poteva dirgli? Che controllava tre poteri, e altri extra? Non ancora...Almeno, non tutto insieme.
- Avanti allora, fatti sotto. -
- Stai scherzando spero. -
- Per niente. Scommetto che vincerò io. - disse convinto.
- Attento alle parole che usi ragazzo. Che scommetti? - disse divertita.
Lui ci pensò un attimo, poi le rispose. - Se vinco io, farai una doccia con me. -
- Che cosa? - per poco non si strozzò con la sua saliva. La reazione di Constant fu molto simile alla sua. - Stai scherzando spero. -
- Per niente. - disse guardandola da capo a piedi.
- Non ho ancora decifrato che tipo di ragazzo tu sia. uno bravo e tranquillo, o un che lo sembra solo in apparenza. Credo di essere nella casa di un pervertito! -
- Non sono un pervertito. Sono solo un ragazzo. - disse giustificandosi. - Allora, ci stai? -
- Bene, ma se vinco io andrai per tutte le case del vicinato in mutande, e busserai alle loro porte e chiederai : "Mi scusi, ha per caso visto i miei vestiti?" -
- Ma conosco tutti qui attorno! -
- Ti stai forse tirando indietro? - disse lei con un sorriso divertito. - Non me l'aspettavo proprio. -
- Per niente. Ci sto. - disse stringendole la mano.
- Frits, hai già perso. - gli sorrise.
Per lottare andarono nel giardino posteriore. Constant diede il via. - Tre, due uno...- Il ragazzo partì a tutta velocità verso di lei. Prisca rimase ferma e lo fissò intensamente. Frits si bloccò. - Non riesco più a muovermi. - disse allarmato.
- Niente di cui preoccuparti. - disse lei avvicinandosi. Quando gli fu davanti gli appoggiò una mano sul petto, e interrompendo il contatto visivo lui fu libero di muoversi, ma Prisca prima che potesse anche solo fare un altro passo lo buttò a terra, facendo il gesto di pugnalarlo al petto. - E' stato facile. -
- Ehi, ma così non vale!- protestò rialzandosi.
- Certo che vale. -
- Non mi avevi detto di esserne capace. -
Sapessi quante cose non sai... - Il nemico che attacca non lo sa. Comunque ho vinto io. Domani ci divertiremo un mondo, eh Constant? - disse prendendolo a braccetto.
- Hai barato. - disse ancora Frits mettendo il broncio e seguendoli a dentro casa.
- No, sei solo stato battuto da una ragazza, ma non devi vergognartene. Non sei certo il primo - gli rispose Prisca.
Sbuffò attraversando la porta di casa. - Ragazza! - disse un'aitante bionda correndole incontro e saltandole addosso. - Mio fratello me l'ha detto che saresti venuta! Lui non sbaglia mai! -
- Sono così prevedibile? - chiese staccandosi un po da Rey e grattandosi la testa.
- A quanto pare. - disse Rey nello stesso istante in cui Constant disse - Si. -
- Ehi, non esagerate! Quando voglio sono molto misteriosa. -
- Non ne dubito...- intervenne Frits.
- Mi sono dimenticata di presentarvi! - disse Prisca all'improvviso. - Rey, lui è Lorenzo, Lorenzo lei è Rey. -
- Davvero, Lorenzo? Se proprio devi inventare un nome, tesoro, sii un po più fantasiosa! -
"Che dici, possiamo fidarci? Gli riveliamo i nostri nomi?" chiese al suo amico.
"Mi sembrano brave persone" disse guardandoli.
"Brave persone....O belle? Soprattutto qualcuna..?!?!!" disse alzando un sopracciglio maliziosamente.
"Prisca! E piantala!" disse alzando gli occhi al cielo.
- Ehi voi due, che state facendo? - chiese Frits.
- Niente perchè? -
- Vi guardavate fisso negli occhi, era un po inquietante. -
- Vi stavate leggendo nel pensiero? - disse Ray riedendo, come se lo trovasse divertente, e pressoché impossibile.
- Si. - risposero lei e Constant all'unisona. I due amici scoppiarono a ridere insieme, tornando a guardarsi. Quanto gli capitava di rispondere insieme, o di pensare le stesse cose non facevano altro che ridere, il che succedeva spesso.
- Ripeto, i-n-q-u-i-e-t-a-n-t-e. - disse Rey.
- Confermo sorella. -
- Io sono Constant. - disse, porgendo la mano sia a Frits che a Rey.
I due ragazzi lo guardarono sbalorditi, e strinsero la sua mano un po confusi. Poi si voltarono verso di lei.
- Prisca. - disse. Dal loro sguardo capì che questa volta ci avevano creduto.
- Wow. - Frits fu il primo a interrompere il silenzio che si era creato nella stanza. - Non credevo ce lo avreste detto davvero. -
- Siete stati gentili con noi, dirvi il nostro nome è il minimo...Ma non dovete usarlo mai.-
- Vi va di spiegarci il perchè? - chiese Rey.
- Magari un giorno vi racconterò tutta la storia. Sappiate solo che se ci trovano, siamo finiti. Nessuno deve sapere i nostri veri nomi, o da dove veniamo. Si spargerebbe la voce, e nel giro di pochi giorni i nostri inseguitori ci troverebbero subito. -
- Credo difficile che che i vostri inseguitori riescano a trovare il preciso paese in cui siete! Il mondo è così grande!. -
- Rey...Tu non lo conosci. Lui è in grado di fare tutto. - disse guardando un punto indefinito fuori dalla finestra. - Quando si mette in testa una cosa non lo ferma nessuno. Sono convinta che anche questa città sarà solo di passaggio. Non durerà a lungo. -
- Lui chi...? - chiese una voce.
- Un ricordo che si ostina prepotentemente a tornare nel presente. - disse solo.
- Ma perchè vi inseguono? - chiese Frits esitante.
- Non oggi. - disse Constant rispondendo al posto suo. Prisca sentì un braccio circondarle le spalle, e il profumo di Constant le invase le narici.
Chiuse pochi secondi gli occhi appoggiandosi affettuosamente a lui.
- In che stanza possiamo sistemarci? - - Al piano di sopra a sinistra, infondo al corridoio ci sono due camere per gli ospiti. Sono una di fronte all'altra. Quella a destra è più grande e ha un letto matrimoniale, l'altra è un po più piccola, ma sempre spaziosa, e ne ha uno singolo. Ce n'è anche un altra dalla parte opposta, poco lontano dalle nostre. Anche in quella c'è un letto singolo. Potete sceglierne due qualunque. - gli informo Rey.
- Grazie. - disse Constant. - Allora noi andiamo, buonanotte. -
- Notte. - risposero i due fratelli.
- Notte. - disse Prisca distrattamente. Non seppe esattamente come arrivò in camera, ma pochi minuti dopo si trovò tra le lenzuola morbide di un letto molto grande.

Buonasera lettori! Il capitolo non è lunghissimo, ma spero che comunque vi piaccia. Fatemi sapere!
Un bacio,
Ellyn.

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Capitolo 32
*** Siamo solo amici : argento, rosa, blu ***


Si svegliò di soprassalto, mettendosi diritta. L'aveva sognato un altra volta. Più che sognarlo aveva sentito la sua voce, che le ripeteva insistentemente la stessa cosa: "Ti proteggerò da tutto e da tutti" . Era una delle promesse che le fece un giorno in cui era accaduto qualcosa che l'aveva fatto preoccupare per lei, le disse che non voleva che accadesse di nuovo, e che avrebbe fatto tutto il possibile per non farlo ricapitare.
Ma quella era un altra storia.
Il punto è che le fece quella promessa. Ne aveva fatte troppe che non era stato in grado di mantenere. Ma non voleva pensarci, non doveva pensarci.
Da oggi in poi sarò positiva, non penserò al passato.
"Se ce la fai ti stimerò a vita."
E' come se stimassi te stessa.
"Appunto." disse la vocina.
Simpatica.
Da ora in poi non penserò più al passato, mi godrò il presente. Questa sarà la mia vita. In un posto dovremo pur ricominciare. E questo sarà quello perfetto. Deve esserlo.
Così ti voglio!
Si alzò dal letto, troppo grande e vuoto per i suoi gusti. Il corridoio era deserto, e lei cercò di non fare rumore mentre scendeva le scale e si recava in cucina.
Rufolando nei vari scomparti riuscì a trovare un bicchiere di vetro.
- Ehi, una ladra! - disse una voce.
Sobbalzò dalla sorpresa, e il bicchiere le cadde dalle mani. Prima che cadesse a terra, una mano l'afferrò. - Stai attenta, non vorrai mica romperlo. - disse Frits guardandola divertito. - Sei proprio sbadata. -
- Io non sono sbadata. Mi hai solo presa in contropiede, ecco tutto. -
Le sorrise e le verso l'acqua nel bicchiere, poi glielo porse. - Ce la fai a bere da sola o ti serve aiuto? -
Lo guardò male, e prese il bicchiere dalla sua mano. La sfiorò di sfuggita per alcuni secondi, ma le bastarono per sentire il calore che emanava. Preoccupata gli appoggiò la mano sul braccio, tastandoglielo. - Perchè sei così caldo? -
Lui alzò la mano vuota senza dire niente. Sul palmo di essa comparve una palla di fuoco. Lo guardò stupita, non credeva fosse in grado di comandare il fuoco.
Avvicinò la mano alla fiamma, ma lui la fermò. - Non farlo, potresti bruciarti.- Lei scosse la testa, e posò la mano sulla sua. La palla di fuoco sparì lentamente sotto il suo tocco, producendo del fumo. - Tu...L'acqua? - Prisca annuì.
- Ma il fuoco non spiega il tuo calore. E' insolito. -
- Come fai a dirlo? -
- Constant non è così caldo. -
Nemmeno io lo ero stata.
- Solo perchè sono più potente nell'usarlo. Io mi alleno continuamente con il potere, e più lo uso, più diventiamo una cosa sola. -
- Non lo sapevo. -
- Per essere un vampiro non sai molte cose. -
- Nessuno mi ha mai detto niente, nemmeno su come funzionano i poteri. Mi sono sempre dovuta arrangiata da sola. - disse.
- Se hai qualche dubbio su qualcosa, chiedi pure a me.-
- Grazie per quello che stai facendo. - disse stringendogli la mano. - Non sono in molte le persone che l'avrebbero fatto. -
- Quando mi trovo di fronte a certe situazioni, cerco di mettermi nei loro panni e penso che se io fossi al loro posto, vorrei che qualcuno mi desse una mano. Non si sa mai, potrebbe capitare davvero, e nel caso spero ci sia qualcuno ad aiutarmi. -
- Lo spero anche io. - Prese il bicchiere dalla sua mano e bevve l'acqua con gusto. Essa le scese lungo la gola, fresca e dissetante.
- Stavo pensando....- disse guardandola. - Dato che resterete qui per un po, perchè non vi iscrivete a scuola con noi? -
- A scuola? - disse sgranando gli occhi. - Stai scherzando? -
- Per niente. Potreste essere dei nostri amici che hanno deciso di trasferirsi qui, le persone conoscono me e mia sorella, non si faranno domande su chi siete, che cosa ci fate qui. Vi accetteranno e basta, perchè siete nostri amici. -
- Ma davvero vai ancora a scuola? Quanti anni hai? -
- Ne ho fatti diciannove un mese fa. Sono all'ultimo anno, perchè? -
- Pensavo fossi più grande! - disse ridendo.
- Tu quanti ne hai? -
- Diciotto. -
- Beh, sono sempre più grande di te. -
Prisca gli fece una linguaccia. Non aveva tutti i torti.
- Insomma, non ti dispiace aver interrotto gli studi per vagare a destra e a manca per tutto il mondo? -
- Io non li ho interrotti. -
- Non sei mai andata a scuola? - disse guardandola con gli occhi sgranati.
- Certo che si, ma l'ho già finita qualche anno fa. -
- Stai scherzando? -
- Affatto. Da me la scuola finisce presto. Verso i quindici, sedici anni abbiamo appreso tutto quello che ci serve sapere. -
- Da dove vieni tu? -
- Da un posto fuori dal mondo. Mi piacerebbe tu lo vedessi, ma temo di non poterci tornare. -
- Non fa nulla, forse un giorno....- e si interruppe a metà sfrase.
Prisca sapeva cosa volesse dire. Forse un giorno tutto questo finirà, i tuoi inseguitori si stancheranno di cercarti per il mondo, e lasceranno perdere. Sperò avesse ragione.
- Allora, accetti la mia proposta? - Lei alzò le spalle. - Perchè no? Tanto non avrei niente da fare tutta la mattina. -
- Allora Lunedì verrete con noi. Sistemerò un paio di cose e non ci saranno problemi. -
- Tempo ci sia un problema che non hai preso in considerazione. -
- E quale? - - Constant ha venticinque anni, non può fare le superiori! - disse ridendo. Non ce lo vedeva in mezzo ai banchi di scuola, o alla mensa. Solo a pensare alla scena di lei e Constant che andavano a scuola le veniva da ridere come una pazza. Sarebbe stata una cosa assurda.
- Beh...- disse Frits grattandosi la testa. - Potrebbe passare per un ragazzo di vent'anni. Il povero ragazzo è stato bocciato un anno fa per motivi personali - ipotizzò.
- Potrebbe funzionare. -
- Funzionerà. -
Posò il bicchiere nel lavandino, e si voltò a guardarlo. - Grazie per l'acqua....e per aver preso il bicchiere al volo! -
- Figurati. Non volevo certo che tu lo rompessi, chi l'avrebbe sentita poi Rey? -
Gli sorrise e, uscendo dalla porta, le scompigliò i capelli.
- Ehi ragazza. - la richiamò.
- Si? - chiese girandosi.
- Belle gambe. Vieni a fare un giro in camera mia quando hai tempo. -
- Buonanotte, Frits. - disse scuotendo la testa e salendo le scale.
Attraversò il corridoio, ed arrivò alla porta della sua camera, ma si girò verso quella di Constant, mettendo una mano sulla maniglia della porta del ragazzo, ma poi ci ripensò. Doveva smetterla, stava diventando un abitudine intrufolarsi nella stanza del suo migliore amico quando non riusciva a dormire bene. Aveva diciotto anni, non era più una bambina, doveva imparare a cavarsela da sola. Brutti sogni e solitudine non erano nulla, in confronto a quello che la vita poteva riservare. C'erano cose peggiori.
Così fece dietro-front e tornò in camera sua, infilandosi sotto le coperte. Si stava per addormentare, quando provò una sensazione strana. Era sicura che dietro la sua porta ci fosse qualcuno. E pensava di sapere chi fosse. Era possibile? Di solito era lei che andava da lui per cercare conforto, e non il contrario. Lui teneva i suoi sentimenti nascosti, soprattutto quelli che lo affliggevano.
Quando lo sentì allontanarsi, si alzò velocemente dal letto e andò ad aprire la porta. Se Costant aveva bisogno di lei, non si sarebbe tirata indietro. Faceva sempre il forte, ma forse soffriva più di tutti.
- Ti ho sentito. - gli disse.
Il ragazzo si girò a guardarla sorpreso.
- Pensavo di aver fatto piano! -
- E l'hai fatto. Non mi sono alzata per il rumore, ma perchè ho percepito la tua presenza dietro la porta. -
- Mi dispiace di averti svegliata.- si scusò.
- Non stavo dormendo. E poi se anche tu mi avessi svegliata non sarebbe stato un problema. Non so se ti ricordi tutte le notti in cui venivo da te e ti svegliavo. -
- Comunque non importa, torna pure a letto, ci vediamo domani. - poi guardò l'orologio. - Si insomma, tra diverse ore. Sono le 4. - e si voltò.
Prima che se ne andasse via lo prese per un braccio e lo tirò dentro la stanza, chiudendo la porta.
- Non fare lo stupido. - disse una volta dentro. - Si vede che non stai bene. Sei un po scosso. -
- Ti ho detto che non importa, sto bene. - Tirò via il braccio dalla sua presa, ed esso ricadde lungo il fianco di Prisca. Perchè non voleva parlarle? O raccontarle quello che gli era successo? Era sua amica, era suo compito consolarlo, o farlo stare meglio.
Costant andò verso la porta, pronto ad aprirla. Non l'avrebbe fatto andare via. Così senza pensarci, lo abbracciò da dietro, posando la testa sulla sua schiena.
- Lo so che non stai bene. Lasciami fare quello che tu hai fatto per me tutte le notti in cui stavo male, ti prego. - lo supplicò. - Constant, l'amicizia non è a senso unico, non puoi pretendere che venga da te ogni qual volta ho un problema se tu non fai lo stesso. L'amicizia è sorreggersi a vicenda, esserci sempre e comunque, nei momenti belli e in quelli tristi. E' festeggiare insieme in quelli belli, e tenersi per mano per darsi conforto quando tutto va male. Lascia che mi prenda cura di te, come tu hai fatto con me. -
Constant tolse la mano dalla maniglia e la mise sulla sua, che era posata sul suo petto. Lo sentì annuire, così si staccò dall'abbraccio, e lo portò sul letto. Il ragazzo ci si fece condurre silenziosamente, senza sire una parola, poi si stese accanto a lei e le appoggiò la testa sulla pancia.
- Hai fatto un brutto sogno? - chiese Prisca interrompendo il silenzio.
Lui annuì ancora.
- Cosa hai sognato? -
- La sera in cui arrivarono gli Altri in casa mia. - disse solo.
- Oh tesoro, mi dispiace. Deve essere stato orribile. -
- Prisca...-
- Si? -
- Non mi va di parlarne. -
- Scusami...Io volevo...-
- Lo so. - disse interrompendola. - Ma in questo momento vorrei solo che mi stringessi. - Si spostò più in su, faccia a faccia con lei, puntando gli occhi in quelli della ragazza. Prisca allora gli prese un braccio e se lo portò dietro la schiena, poi fece lo stesso con il suo, abbracciandolo, stringendolo a se. Constant avvicinò il viso a quello di Prisca, e le diede un casto bacio sulle labbra.
Prisca accennò un sorriso. Quello non era un bacio che voleva dire "Mi piaci" o "Ti voglio".
Era il suo modo per ringraziarla e farle sapere che apprezzava il suo aiuto, le sue attenzioni. Lei non disse nulla, si limitò a stringerlo ancora di più a se, sperando di cacciare i ricordi dalla sua mente, sperando che il dolore che provava si trasferisse in lei. Continuò ad accarezzargli i capelli fino a quando non sentì il respiro del ragazzo diventare regolare.
Poi lo seguì a ruota.

Qualcuno stava bussando insistentemente alla porta, disturbando il suo sonno. Chi era che rompeva di mattina presto? Prisca si svegliò, aprendo lentamente gli occhi.
Dalla finestra entrava molta luce, e dedusse che non era così presto come credeva. Accanto a lei Constant si stava stiracchiando.
Prisca scese dal letto e andò ad aprire la porta.
Si trovò davanti un Frist già lavato e vestito. - Alla buon ora belle gambe!- disse Frits guardandola sbadigliare.
- Non è mica poi così tardi...-
- No, sono solo le undici. - disse alzando le spalle.
- Che cosa? -
- Hai capito bene. -
- Non ho mai dormito così tanto. - disse sorpresa.
- C'è sempre una prima volta. - rispose lui. - A proposito, hai visto Constant? Nella sua camera non c'è. Pensi che se ne sia andato? -
- No. - disse Constant spuntando dietro di lei e mettendole un braccio sulle spalle. - Sono ancora qui. -
Vide il sopracciglio di Frits alzarsi maliziosamente, spostando lo sguardo dall'uno all'altra. Guardò la camicetta da notte di Prisca spiegazzata, il petto nudo di Constant e i suoi capelli scompigliati. - Qualcuno stanotte si è divertito. -
- Non dire cavolate. - disse dandogli una patta. - Sei sempre il solito pervertito. -
- Ammettilo amico, vorresti esserci tu al mio posto. - disse Constant con un sorrisetto furbo.
- Non sai quanto hai ragione. -
- Constant! Ora gli dai anche corda? E dove hai messo la tua maglietta? Quando sei venuto ce l'avevi. -
- Voi fate sesso con i vestiti? - chiese Frits. - Questa non me l'aspettavo da te Constant. Hai una ragazza del genere tra le mani e la tieni vestita? -
- Non intendevo quello. - disse alzando gli occhi al cielo. - Intendevo dire che ce l'aveva quando è entrato. -
- Quindi dopo che è entrato l'ha levata. - continuò con quel sorrisetto.
Ah. Ah. Ah. Era davvero simpatico.
- La mattina sei sempre così simpatico? - gli chiese infatti ironica.
- E te appena sveglia sei sempre così bella? -
- Si, lo è. - rispose Constant scompigliandole i capelli. - Anche dopo una nottata del genere. -
- Ok, adesso basta. Uscite dalla mia camera, tutti e due! - si scansò dal braccio di Constant e lo spinse fuori dalla camera, seguito a ruota dalla maglietta che, dopo aver trovato a terra vicino al letto, Prisca gli lanciò.
I due ragazzi si guardarono negli occhi e risero come degli idioti. Chi li capiva era davvero bravo. I due ragazzi si avviarono lungo il corridoio.
- Amico, - sentì dire da Frits poco più in la. - tu si che hai capito tutto dalla vita! Fai a metà con me? -
- Neanche per sogno! - disse Constant ridendo.
Perchè doveva assecondarlo in quel modo? Non era divertente! Prisca chiamò a se l'acqua e la guidò sopra le loro teste, poi la fece cadere bagnandoli completamente.
Li sentì urlare dalla sorpresa.
Chi è che rideva adesso?
Prese i vestiti puliti per andare a fare una doccia, e passando accanto ai due ragazzi gli fece una linguaccia.- Ben vi sta! -
Quando tornò al piano di sotto il profumo del caffè le invase le narici. Lo stomaco di Prisca brontolò solo a sentirlo. I tre ragazzi erano seduti al tavolo della cucina a berlo.
- E' odore di caffè quello che sento? Ce n'è anche per me? - disse leccandosi i baffi solo al pensiero.
- Grazie per la doccia di prima.- disse Frits ignorando la sua domanda.
- Figurati. -
- Certo che c'è del caffè anche per te, tieni. - disse Rey porgendole una tazza fumante.
- Io.Ti.Amo.- disse alla ragazza, portandosi la tazza subito alla bocca.
Era buonissimo, amaro come piaceva a lei.
- Ho saputo che alla fine Constant era in camera tua. - disse Rey ridendo.
- Non iniziare anche tu, ti prego. Mi sono bastati questi due prima. -
- Se volevate stare insieme in camera, bastava dirlo! - disse Frits guardandola seriamente. - Non ci sarebbero stati problemi. -
Rey alzò le braccia in segno di resa. - Lascia perdere mio fratello, è uno scemo. -
- E un pervertito. - aggiunse lei.
- Non sono un pervertito. Come ti ho già detto, sono un ragazzo. Non è colpa mia se vai a giro con le gambe scoperte e una maglietta che ti copre a malapena il sedere. Si, ho visto anche quello quando ti sei abbassata a prendere la maglietta di Constant. Devo dire che è veramente bello, complimenti.-
Prisca arrossì. Che cosa imbarazzante! Le aveva davvero visto il fondo schiena? Sperò che stesse scherzando. La sua camicetta non era così corta.
- Pervertito. -
- Comunque non è un problema. Per me puoi anche andare a giro in biancheria intima, se ti senti più a tuo agio. - Avrebbe potuto essere divertente se non stesse capitando a lei, o se lui stesse scherzando.
- Frits smettila. - disse Rey - La stai mettendo in imbarazzo.- Poi, guardandola. - Non credo ti abbia visto davvero il sedere. -
- Oh si invece, e non sono l'unico. - disse facendo un cenno con la testa a Constant, che si trovava proprio davanti a lui. Il ragazzo sputò tutta l'acqua che aveva in bocca addosso a Frits. - Che cosa? - esclamò quasi soffocando.
- Dai amico, la doccia me l'ha già fatta lei prima. - si lamentò l'altro ragazzo, prendendo un tovagliolo e asciugandosi la faccia.
Prisca non lo considerò e si girò verso Constant, guardandolo male.
- Ti giuro che non l'ho fatto. - disse. - Hai ragione Prisca, è un pervertito. -
- Dimmi che non ci hai mai fatto un pensierino su. - disse guardandolo maliziosamente.
- Siamo solo amici. -
- Si certo. - disse Frits alzando gli occhi al cielo.
- Sta dicendo la verità. - intervenne Rey. - Il suo filo è tutto argentato, e brillante come quello di Prisca. Il colore che predomina intorno è il blu, ma c'è anche molto rosa. - disse osservando un punto del suo corpo.
- Cosa vuol dire il blu? - chiese Prisca.
- Riconoscenza. Gli hai per caso salvato la vita o qualcosa di simile? - le chiese curiosa.
- No. - rispose nello stesso istante in cui Constant disse "E' come se lo avesse fatto" .
Prisca lo guardò interrogativa.
- Quello che facevo non era vivere. Mi limitavo a guardare i giorni trascorrere senza fare niente, o aver voglia di fare qualcosa per migliorare o dare un senso alla mia vita. Non avevo una famiglia che mi volesse bene, ne una ragazza, ne un amico. Poi è arrivata lei, e sono tornato a vivere. Avevo un senso per farlo. E' come se mi avesse salvato. - disse guardandola e sorridendole dolcemente.
- Cos'è il rosa? - chiese senza distogliere gli occhi da Constant.
- In una coppia di fidanzati può essere inteso come adorazione più profonda, mentre nel vostro caso è l'amore che c'è tra due migliori amici.-
- Questo lo sapevi già. - disse Constant. Come faceva la sua famiglia a non volergli bene? Lui era la persona più vera e bella che avesse mai conosciuto. Leale, gentile...Strano che non avesse avuto nessun amico ad Azalea. Forse era lui che non ne aveva voluti mai avere. Si sentiva onorata per essere stata scelta.
"Anche io ti voglio bene, non immagini quanto. Non riesco a immaginare la mia vita senza di te."
"Per me è lo stesso, quindi vedi di non andartene."
"Come potrei? Siamo solo io e te dal giorno in cui siamo scappati. Non ho certo intenzione di abbandonarti e scappare per il mondo da sola. Non sarebbe divertente."
"Speriamo" le disse accennando un sorriso.
"Nemmeno per scherzo." poi gli diede un dolce bacio sulla guancia.
- Lo state facendo ancora. - disse Frits.
- Cosa? -
- Quella cosa inquietante di guardarvi negli occhi come se riusciste a parlare così.-
- Infatti ci riusciamo, cioè, è lei che ci riesce, e quando si connette a me posso parlarle anche io. - disse Constant.
- Davvero? - dissero i due fratelli insieme.
- Si. -
- Che figata! Puoi farlo con tutti? - chiese Rey.
"Certo" le disse nella mente.
Vide la ragazza tapparsi la bocca con gli occhi fuori dalle orbite. - Oh.Mio.Dio. E' stupendo! -
- Ci credi davvero Rey? -
- Mi ha parlato, certo che ci credo! -
- Non credo sia possibile...-
"Oltre a essere pervertito sei anche malfidato. Vergognati." gli inviò, facendogli una linguaccia.
- Notevole. - disse chiaramente colpito. - Sei veramente forte ragazza. -
- E' il mio terzo nome dopo belle gambe. - disse. - Il tuo invece è, e resterà pervertito. - disse ridendo.


Buongiorno! Come avevo detto ho aggiornato presto. Come capitolo non è niente di speciale, è solo un capitolo di passaggio, ma spero che comunque vi piaccia.
Un bacio,
Ellyn.

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Capitolo 33
*** Primo giorno di scuola ***


Il giorno seguente era lunedì, il giorno in cui in cui sarebbero andati a scuola. Prima di scendere dalla macchina Frits diede loro i documenti che aveva fatto fare da dei suoi conoscenti.
Guardò il suo. C'era scritto Sommer Keller .
- Dove hai preso la foto? - chiese curiosa. - Me l'ha data tuo cugino. - disse porgendo a Constant il suo documento. - Ahren Keller, figlio del fratello del tuo defunto padre. Tua madre Sommer, è morta con lui in un incidente d'auto, mentre la tua è scappata quando eri ancora piccolo. Tuo padre viaggia per lavoro, e voi state spesso soli. -
- Perfetto. - disse Constant.
- Se qualcuno vi chiede qualcosa, voi siete di qui, della Germania. Venite da una città al confine, e tuo padre, Ahren, vi ha permesso di trasferirvi qua. Soprattutto perchè c'è qui il ragazzo di Sommer, con cui lei sta da ben due anni. - concluse soddisfatto della sua storia.
- E chi sarebbe il mio ragazzo? - chiese diffidente.
Purtroppo, era sicura di conoscere già la risposta. - Ma io, naturalmente. - disse Frits.
Come volevasi dimostrare...
- Ma perchè proprio io? Non poteva essere Constant? -
- Non sono gay, lo sanno tutti. -
- Poteva essere il ragazzo di Rey, ad esempio. -
- Nah. E' meglio così. -
- E perchè? -
- Perchè ho avuto la mia ultima ragazza 2 anni fa, e quando l'ho lasciata le ho detto che mi ero innamorato di un altra. -
- Ed era vero? -
- No, era solo una ragazza falsa. Non la volevo più nella mia vita. -
- Non avrai avuto un altra ragazza fissa, ma qualcuna ne avrai pur baciata. Non voglio passare per "Sommer la ragazza cornuta di Frits" -
- Anche qui non c'è problema. Non ho avuto ne una ragazza, e nemmeno ne ho baciato una. In effetti sono stati due anni un po noiosetti. Comunque il mio piano è perfetto. Quando ti vedranno nessuno avrà niente da dire, e i miei amici che mi credevano diventato gay penseranno "Ecco perchè". E forse, finalmente, la mia ex smetterà di perseguitarmi. -
- Ti ama ancora dopo due anni? -
- Quello non è amare. Non sopporta che qualcuno l'abbia lasciata. E' lei che vuole lasciare. -
- Come fai ad esserne sicuro? -
- Perchè la conosco. Ho scoperto anche che si è scopata il mio migliore amico il giorno dopo che ci siamo lasciati. -
- Che cosa?!? Stai scherzando spero! -
- Affatto. Credo anche che ci sia stato qualcosa mentre stavamo insieme, ma non ne sono sicuro. -
- Spero tu abbia dato una lezione al tuo migliore amico. - intervenne Constant.
- Oh, certo che l'ho fatto. - disse lui sorridendo. - Se ne ricorda ancora. -
- E' ancora il tuo migliore amico? - chiese Prisca.
- Non proprio...-
- Se è andato con la tua ragazza quando stavate insieme, e dopo, non è degno di essere chiamato amico. -
Lui alzò le spalle. - Mi sono arrabbiato, ma non così tanto. La ragazza non ne valeva la pena, per quanto riguarda il mio amico...non è più come prima. Ci salutiamo quando ci incontriamo, ma niente di più. -
- Poi in questi due anni ha continuato a vedersi con altri, mentre continuava a dirmi che voleva me.-
- Quindi a te non importa più di lei. -
- Affatto. Sono felice di essermela tolta di torno. All'inizio non era così, faceva la dolce, la simpatica. Si insomma, sai come sono le relazioni all'inizio. -
No, non lo sapeva. Lei non aveva mai avuto un ragazzo. - Però poi ho capito che tipo di persona era, e per fortuna è successo prima che mi innamorassi di lei.-
- Come si chiama? - chiese Constant.
- Blanda Maier. -
- Già dal nome non mi piace. - disse lui.
- Dal vivo è ancora peggio. -
Quando uscì dalla macchina e si guardò intorno, notò che Rey aveva ragione. Gran parte delle ragazza indossavano vestiti attillati, calze, gonne. Scarpe col tacco o stivali.
Ma i vestiti comodi e le t-shirt erano morte? Era finita in un mondo pieno di ragazze facili, se così si potevano definire...E ora, grazie a Rey, lo era diventata anche lei.
Il giorno prima l'aveva costretta ad andare con lei a comprare due vestiti da indossare a scuola. Aveva detto che i suoi erano poco adatti.
I suoi Jeans non erano abbastanza aderenti, il colore dei suoi leggins non era quello giusto...Per lei il nero non andava bene. Voleva appiopparle dei leggins rossi, ROSSI.
Come si poteva indossare dei leggins fosforescenti? Sui leggins Prisca fu irremovibile. O neri o niente. Per fortuna Rey non insistette molto, ma la obbligò a comprare dei jeans a sigaretta.
Ovviamente fu Prisca a scegliere il colore. Jeans grigi o blu scuro. Invece sulle scarpe....non poté fare nulla. E ora si trovava su delle scarpe che l'alzavano di 7 centimetri rispetto al normale...Evidentemente 1 metro e 80 di altezza era troppo poco per Rey e tutte le altre ragazza del pianeta.
- Menomale che sei più alto di me anche con i tacchi. - disse a Frits. - Sarebbe stato imbarazzante essere più alta del proprio ragazzo. -
Lui la squadrò da capo a piedi. - Rey ha un po esagerato. -
- Tu dici? -
- Certo! Non voglio che i miei amici ti saltino addosso subito il primo giorno! -
- Smettila di prendermi in giro. O ti lascio subito! -
- Io non... - ma fu interrotto.
- Ragazzi! - urlò una voce.
I tre ragazzi si girarono all'unisona. Rey stava camminando verso di loro. - Finalmente vi ho trovato! - poi prese Constant per il braccio. - Dai Ahren, andiamo, ti accompagno in segreteria a prendere l'orario e poi ti accompagno in classe. Lo riporto io a casa! - Detto questo, se lo portò via.
Vide Constant girarsi indietro più volte con lo sguardo preoccupato. Prisca rise sotto i baffi. Sperò che il ragazzo dopo scuola tornasse vivo e vegeto.
- Allora, - disse Frits guardandola. - Pronta? -
- Per niente. -
Attraversando il cortile Prisca restò dietro a Frits, fino a quando lui non si fermò.
- Frits, tesoro! - cinguettò una voce fastidiosa.
Prisca allungò lo sguardo oltre Frits e vide una ragazza bionda andargli incontro. Era alta su per giù un metro e settanta...tacchi di 10 centimetri inclusi. Indossava dei jeans rosa e una maglietta bianca, il tutto era accoppiato con una bella borsa di pelle...anche quella rosa. Gli mancavano le unghie rosa ed era apposto. Quando la ragazza alzò la mano e la posò sulla spalla di Frits vide che anche quelle erano rosa.
Ma che sorpresa...
Frits fece un passo indietro, e il braccio della barbie si riabbassò lungo il fianco. Non si diede per vinta. - Come stai? Non ti ho visto nel week-end! -
- Ho avuto da fare. - disse lui alzando le spalle. - A questo proposito, vorrei presentarti una persona. - Accennò verso di lei con la testa. - Lei è Sommer. - disse sorridendole.
- Lei chi è? - disse la ragazza stizzita, guardandola da dietro le spalle di Frits. Le venne stranamente naturale. Facendo ticchettare i tacchi sul ghiaino si avvicinò a Frits e, prendendolo per mano lo spinse dietro di lei, con fare possessivo, guardando male la ragazza.
- Io sono la sua ragazza. Tu piuttosto, chi sei? - disse calcando l'accendo sulla terzultima parola. I suo gesto suscitò la reazione voluta. Negli occhi della ragazza passò un lampo di sorpresa, poi uno di rabbia.
- Io sono....- iniziò. Ma Prisca alzò una mano per interromperla.
- Non mi interessa il tuo nome. Non provare più ad abbracciare il mio ragazzo. -
- Scusami? -
- Hai sentito bene. -
- Io abbraccio chi mi pare e piace. -
- Dopo quello che gli hai fatto due anni fa, non meriteresti nemmeno che lui ti salutasse. Quindi gira a largo. -
- Altrimenti? - la sfidò.
- Spera di non doverlo mai scoprire. - disse.
Quando si girò vide che molti ragazzi si erano radunati intorno a loro, osservando la scena. La gente ormai non si faceva proprio più gli affari suoi... Volevano qualcosa di cui parlare? Sarebbe stato semplice dare a tutti i ragazzi che si erano radunati li qualcosa da ricordare, ma non avrebbe baciato Frits solo per il loro piacere. Litigare il primo giorno con la ragazza, forse considerata la più carina della scuola, era già troppo.
Sentì il braccio di Frits cingerle le spalle, così, lanciò un ultimo sguardo alla barbie, e, circondando i fianchi del suo finto ragazzo con il braccio destro, lo portò verso l'entrata della scuola.
- Sei stata grande. - gli disse sottovoce. Quando furono all'interno della struttura, Prisca lo lasciò andare.
- Lo so. - disse buttandosi i capelli all'indietro, con fare teatrale. - Potrei fare l'attrice. -
- Sto dicendo sul serio. - disse guardandola negli occhi. - L'hai vista la sua faccia? -
- Sembrava un po sconvolta. - ammise.
- Altroché! Nessuno le aveva mai risposto così, soprattutto davanti a tutta la scuola. -
- Ho fatto una stronzata! Era meglio passare inosservata. - disse coprendosi le faccia con le mani.
- Non dire cavolate. - le rispose togliendole le mani dal viso, poi la trascinò per un braccio attraverso il corridoio momentaneamente deserto. - Dai vieni, ti accompagno in segreteria a prendere l'orario prima che suoni la campanella. -
"Blanda è un vampiro." gli inviò. Più che una domanda era una mezza affermazione.
"Si."
"Anche gli altri tuoi amici lo sono?"
"Alcuni."
Frits voltò parecchi angoli prima di arrivare davanti a una stanza con scritto "Segreteria" . Al balcone c'era una vecchia signora che salutò il suo accompagnatore con entusiasmo. - Signorino Werner! Che piacere rivederla! - esclamò.
- Adhelle. - le sorrise. - Tutto bene? -
- Si grazie, lei come sta? -
- Adesso a meraviglia. - disse stringendo Prisca. - La mia ragazza si è trasferita qui, non è magnifico? -
- Assolutamente! Sono felice per voi due. -
- Lei deve essere la signorina Keller, giusto? -
- Si. - rispose.
- Suo cugino è passato a prendere il suo orario prima, questo è il suo. - e le porse un foglio. Prisca sgranò gli occhi. Erano tutti corsi avanzati!
- Mi hai messo in tutti i corsi avanzati? Sei impazzito? - gli chiese una volta nel corridoio.
- Certo che no! L'ho fatto così almeno avremo la maggior parte delle lezioni insieme. -
- Che dolce. - gli disse accarezzandogli la guancia. - Davvero? - chiese lui un po stupito.
- No. - disse tornando seria e abbassando la mano.
Lui le fece la linguaccia.
- Dai ti accompagno in classe, la prima ora mi dispiace dirtelo, ma sei da sola. Sei nell'aula 22, con il professor Hoffman.-
Salirono le scale, e Frits si fermò davanti all'aula. - E' il professore di storia, vedrai ti piacerà. Tutte le ragazze ne vanno matte. -
- Mmm....- disse poco convinta.
- Vuoi che ti accompagni dentro? - disse accarezzandoli la testa e guardandola come se fosse una bambina il primo giorno delle elementari.
- Ah. Ah. Ah. No grazie, credo di potercela fare. -
- Ci vediamo a chimica! -
Bussò alla porta, e dopo aver ricevuto un "Avanti" come risposta, la spinse.
Si ritrovò in una stanza grande e luminosa. Le teste di almeno ventre ragazzi si alzarono dal foglio sul banco a la fissarono. Alcuni le rivolsero uno sguardo veloce, gli altri si soffermarono più del necessario a fissarla con curiosità.
- Lei deve essere la signorina Keller. - disse una voce.
Prisca si girò verso quello che doveva essere il professore, e sgranò gli occhi. Quello non era un professore! Avrà avuto si e no trent'anni! E poi era troppo carino per essere un professore. Aveva dei capelli biondo scuro, che si arricciolavano sotto le orecchie, e grandi occhi marroni. A un solo guardo capì che era umano.
- Si. - disse lei consegnandoli un foglio dove c'era scritto che poteva essere ammessa ufficialmente alle lezioni.
- Perfetto. E' arrivata al momento giusto. - disse guardando la classe. - Stiamo facendo un compito, prenda pure posto in quel banco in prima fila. -
Proprio quando c'era compito in classe doveva arrivare? Meglio di così non poteva andare.
Prese una penna dallo zaino e si sedette nel banco. Leggendo le domande del compito si rese conto di saperle tutte. Accennò un sorriso. Menomale che aveva una memoria di ferro e si ricordava tutto. Beh, tutti i vampiri avevano una memoria di ferro, ma a quanto pareva solo ad Azalea finivi di studiare tutto quello che c'era da sapere a quindici, sedici anni. Almeno le era andata bene.
Impugnò la penna e iniziò a scrivere.
Rialzò la testa solo dopo che ebbe finito il test, e notò che nessun altro si era ancora alzato a consegnare. Prese la tracolla, e andò dal professore, mettendo il compito sulla cattedra.
- Hai già finito? - chiese lui sgranando gli occhi.
Lei annuì.
- Signorina Keller credo poco probabile che abbia finito tutto il compito in meno di mezz'ora. E' stato programmato per essere finito in un ora, se non di più. -
- Ho finito. - ripetè. Non poteva prendere il compito e basta?
- Va bene. -
- Avrà sbagliato tutto. - sentì dire una voce femminile.
Si girò e vide una ragazza bionda, con i capelli a caschetto, fissarla, essendosi resa conto di averlo detto troppo ad alta voce. Indovinò subito il tipo.
Vestiti ordinari, capelli a posto, ma non troppo. Era al 99,9% una delle studentesse migliori di questa classe.
- Oh, sono sicura di aver preso più di te. - le disse facendole l'occhiolino. Poi tornò a guardare il professore.
- Signorina Keller, può uscire. - le disse solo.
E Prisca lo fece, solo che, dopo qualche secondo che fu uscita, sentì la porta aprirsi un altra volta.
- Signorina Keller. - disse il professore.
Prisca si girò incuriosita. Voleva forse sgridarla o metterla in punizione per come aveva risposto alla ragazza?
- Senta, mi dispiace di aver risposto male a quella ragazza, ma...-
- Non c'è bisogno che si scusi! - disse lui interrompendola. - La signorina Braun tende un po troppo ad essere competitiva nei voti. Non ero venuto a farle una ramanzina o altro. Volevo solo chiederle scusa per il suo comportamento. Non è stata per niente gentile, per di più oggi che è anche il suo primo giorno! -
- Si figuri, non le ho dato certo peso. - le disse sinceramente. Apprezzò molto il fatto che fosse venuto a scusarsi, anche se non era certo colpa sua se la ragazza aveva un carattere così.
- Ne sono felice. -
Gli sorrise e andò in perlustrazione della scuola, in cerca dell'aula 54. Ma non la trovò. Quando suonò la campanella, fermò un ragazzo a caso.
- Scusami? - gli chiese fermandolo.
Incontrò il secondo vampiro nell'arco di un ora e mezzo.
Lui si girò a fissarla. A Prisca non sfuggì il suo sguardo che, prima di incrociare i suoi occhi, la percorse dal basso verso l'altro. Poi, pensando fosse degna delle sue attenzioni, finalmente incrociò i suoi occhi, - Si? -
- Sai per caso dove si trovi l'aula 54 con il professor Peters? -
- Chimica avanzata? - le chiese con un sorriso. Era carino, ma non abbastanza da fargli passare il fatto che prima di rispondere l'avesse squadrata per bene. Che maleducato.
- Si. -
- Vieni ti accompagno, anche io sto andando li. -
- Grazie. - gli disse. Non si mostrò troppo entusiasta, non voleva dargli corda.
- Io sono Lange. - disse presentandosi.
- Sommer Keller. -
- Lo so. - disse solo.
Per arrivare all'aula 54, dovettero uscire dalla struttura principale, e andare in un'altra staccata dal resto della scuola. Quando vide la struttura alta, si chiese come avesse fatto a non notarla prima. Era parecchio grande, era difficile non vederla.
- Qua ci sono la maggior parte dei laboratori, l'aula 54, 55, 60, 67...Ah ecco, guarda. - Si fermò davanti alla porta che conduceva all'interno del palazzetto.
Accanto alla porta, sul lato destro, c'era un riquadro con scritte tutte le aule che c'erano li, e anche i laboratori. - Invece la, - disse indicando verso un campo, molto probabilmente da football. - C'è il campo da football. Quando arrivi li, se giri a destra, subito accanto c'è la pista di atletica. Di fronte ad essa ci sono gli spogliatoi. -
- Grazie dell'informazione. -
- Sempre qui se hai bisogno. -
Salirono insieme le scale. La stanza 54 si trovava esattamente al 5 piano. Prisca li aveva contati. Per fortuna il corso iniziava 10 minuti dopo rispetto alla fine del precedente, almeno li studenti potevano avviarsi abbastanza tranquillamente verso le aule che si trovavano li.
Entrò in classe, e notò con piacere che il professore non era ancora arrivato. Notando la borsa sulla cattedra, Prisca dedusse che fosse andato in bagno. Si guardò intorno, ma non vide Frits, così individuò un banco vuoto e posò li lo zaino. Due secondi dopo sentì due braccia cingerle i fianchi. Prisca fu sul punto di spingere via chiunque fosse, ma quando si accorse chi era, si rilassò. - Sommer. - disse Frits dandole un bacio sulla guancia.
- Ehi. - rispose girandosi verso di lui.
- Vedo che ce l'hai fatta ad arrivare quassù. -
- Si, mi ha aiutato quel ragazzo la. - disse indicando una testa mora e, con sua soresa li stava già guardando. Sentì Frits serrare le mani sui sui fianchi.
"Stai bene?" gli chiese tornando a guardarlo.
"Non esattamente"
"Lo conosci?"
"Lange? E' solo l'amico di cui ti parlavo prima, sai, quello che è andato con la mia ex"
"Oddio non lo sapevo! Nemmeno a farlo apposta!"
"Fa nulla. Ti ha infastidito?"
"Solo il suo sguardo troppo insistente. Non ha fatto altro che guardarmi da capo a piedi! Ho qualcosa che non va?"
Lui la guardò alzando un sopracciglio. "Stai scherzando, vero?"
"Affatto! Non la smettono un attimo di fissarmi. Ho per caso un cartello in fronte con scritto - Nuova arrivata, prego fissare. - ?"
"Prisca...Non hai nulla che non va. Piuttosto hai qualcosa che va troppo."
"Cioè?"
"Davvero vuoi che te lo dica?"
Allora capì. "Pensano...Pensano davvero che sia carina?"
"Carina? Bella direi. E nemmeno poco. Non te l'ha mai detto nessuno?"
Lei distolse lo sguardo. "Non qualcuno di cui mi importasse." Frits le accarezzò una guancia, poi disse : "Posso baciarti?"
"Cosa? No! Perchè?"
"Perchè Lange ci stà fissando, e voglio mettere in chiaro che non può prendermi un altra ragazza, anche se finta"
"Devi proprio?"
"Farò presto" promise sorridendole.
"Se proprio vuoi baciarmi, evita di usare queste scuse pessime, e dillo chiaramente." disse lei prendendolo in giro.
"Mi hai beccato!"
Poi chiuse gli occhi, aspettando di sentire le labbra del ragazzo toccare le sue. Solo che non successe. Il professor Peters entrò dalla porta in quell'esatto momento, dicendo : - Tutti a sedere, per favore - , e Frits si allontanò, sedendosi nel banco accanto al suo.
- Questa volta l'hai scampata. -
Lei gli fece la linguaccia. Poi volse lo sguardo al professore, cercando di stare attenta alla lezione.
Fu facile da seguire, e noiosa da ascoltare. Prisca realizzò che, per tutto il tempo che avrebbe trascorso li, le lezioni sarebbero state tutte così monotone. Il vantaggio era che non doveva preoccuparsi di studiare il pomeriggio. La cosa negativa era che il tempo che avrebbe trascorso li, si sarebbe dimostrato una noia pazzesca.



Buonasera! Volevo aggiornare prima, ma non ho avuto occasione. Spero che il capitolo vi piaccia abbastanza da perdonare la mia assenza.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacio,
Ellyn.

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Capitolo 34
*** Troppo in vista ***


L'ora di pranzò arrivò presto. Quando suonò la campanella che annunciava la fine delle lezioni mattutine, Prisca saltò letteralmente dal banco, beccandosi uno sguardo di rimprovero dal professore. Quell'ultima ora era stata un po noiosetta, anche perché non aveva avuto nessuna lezione ne con Constant, ne con Rey. Forse loro frequentavano i corsi normali, e non quelli da cervelloni in cui l'aveva messa Frits!
Uscì dall'aula 32, dove si era tenuta la lezione di letteratura. Si fermò esitante nel corridoi pieno di gente, sentendosi momentaneamente persa. Non sapeva dove fossero Constant e Rey, e anche Frits era sparito chissà dove.
- Ti serve una mano? - chiese qualcuno alle sue spalle.
Era Lange. - Oh...Io...-
- No grazie, non le serve niente. - disse Frits mettendole un braccio intorno alle spalle in modo possessivo. - Ci penso io. -
- Calma Werner, non voglio mica rubartela! -
- Non si sa mai, date le esperienze passate. -
- Ti rode ancora che lei abbia preferito me, eh? - disse ridendo.
- Affatto. Sono io che l'ho lasciata, non il contrario. - gli ricordò.
- Certo, e poi sei stato due anni senza toccare nessuna. Chissà come mai. - disse ridendo.
- Mi sa che ti sbagli. - intervenne Prisca. - Solo perché non va a dire in giro che sta con qualcuna, o fa qualcosa, non vuol dire che non sia vero. -
- Lo saprei se fosse vero. -
- Non sembra. Se non te ne sei accorto stiamo insieme. -
- Immagino da quanto...-
- Due anni. -
Vide Lange sgranare lo guardo. Era davvero stupito. Anche perchè non era vero, ma lui non lo sapeva, e guardare la sua faccia con quell'espressione era divertente per lei, figurarsi per Frits!
- Tu sei...-
- Si. Ha lasciato la sua ex perchè amava me. Dillo anche a lei, nel caso non lo sappia. - disse facendogli l'occhiolino.
Lasciarono Lange a guardarli stupiti mentre andavano verso la mensa.
- E brava Prisca. - le disse varcando la porta della mensa.
- Davvero, mi stupisco di me stessa...Io non sono così...non lo sono mai stata. -
- La parte della ragazza gelosa ti dona. - disse sorridendole.
- Se lo dici tu... - Non ne ara poi così convinta. Forse si era calata un po troppo nella parte...La cosa che la stupiva di più era il fatto che la cosa la divertisse molto.
- Cosa prendi? - le chiese quando arrivarono al buffet.
- Mhmm. - disse guardando la vetrina. C'era pasta, polenta, carne...Ti tutto e di più. - Un tramezzino. - disse indicando alla sua sinistra. - E un succo di mirtillo. -
- Solo? - Frits sgranò gli occhi.
- Non mi sembra tanto scandaloso. -
Lui prese della pasta, due panini, un po di carne... - Io, - disse Prisca vedendo la roba che aveva nel piatto il ragazzo - non sono un maiale come qualcun altro. -
- Io non sono un maiale. - disse sedendosi a un tavolo rotondo, momentaneamente vuoto.
- Lo sei. -
- No, sono solo un ragazzo ed ho bisogno di energie. -
- Si, certo. E per cosa? - disse lei alzando gli occhi al cielo.
La guardò a lungo e maliziosamente. - Come se tu non lo sapessi, amore. -
- Amore? Allora è vero? - disse un ragazzo biondo con gli occhi verdi, sedendosi di fronte a loro. Poi, come se si fosse reso conto di cosa parlava Frits, commentò ancora. - State per caso parlando di sesso? -
- No. - rispose prisca nello stesso istante in cui Frits disse "Si. BR> - Smettila di dire cavolate! - protestò lei dandogli un pugno, ovviamente piano, sulla spalla.
- So che ti metto in imbarazzo, ma sono cose normali. Non sai che mi ha chiesto di farle l'altro giorno...- disse al suo amico. Ma non finì la frase perchè lei gli tappò la bocca con la mano.
- Non dargli ascolto. Si sta inventando tutto. -
Il ragazzo sorrise mostrando i suoi denti scintillanti. Anche lui era un vampiro. - Io sono Sash Neumann. - disse presentandosi.
- Sommer Keller. -
- Amoreee! - urlò una ragazza raggiungendo il tavolo e schioccando un bacio sulla guancia di Sash. - Ehi. - disse lui guardandola con uno sguardo tenerissimo. - Lei è Sommer. - le disse.
La ragazza si girò osservandola con i suoi grandi occhi marroni. Aveva un visetto da bambina, a cuore, con labbra piene e una spruzzatina di lentiggini sugli zigomi. E, cose che stupì Prisca, era umana.
- Oh.Mio.Dio. - le disse guardandola come se avesse visto chissà cosa.
- Cosa? - chiese lei preoccupata.
- Le persone che ti hanno visto hanno un opinione di te. Guardandoti ora, non sono per niente d'accordo. Loro pensano che tu sia bella. - disse.
- Già...non li capisco nemmeno io..-
- Io non sono d'accordo. - disse Frits, intervenendo. - Penso che...-
- Zitto, fammi finire! - lo interruppe Karlie. - Stavo dicendo che tu Sommer non sei bella. Sei letteralmente una dea! -
A Prisca si incendiarono le guancia. Non era abituata a certi complimenti, soprattutto dalle ragazze.
- Certo, tutti VOI, siete belli, ma tu...- disse scuotendo la testa come se non potesse crederci davvero. - E poi i tuoi occhi! I tuoi occhi! -
- Karlie smettila. Mi stai mandando a fuoco la ragazza. - intervenne Frits guardandola divertito.
Prisca sprofondò ancora di più nella sedia, sentendosi troppo al centro dell'attenzione. Anche se non era una cosa nuova quel giorno. Sperò che la fissa per il suo arrivo sarebbe presto svanita, e che tutti sarebbero tornati alle loro vite di sempre, senza considerarla troppo.
Quando si riprese, non potè fare a meno di pensare al "voi" che aveva volontariamente calcato. Lei sapeva? Non era proibito rivelare l'esistenza dei vampiri agli umani?
Guardò la coppia con pura curiosità. La ragazza doveva avere su per giù la sua età, ma con quell'espressione sembrava una bambina. Prisca aveva solo una parola con cui descriverla.
Adorabile.
Dallo sguardo di Sash si notava chiaramente quanto tenesse a lei. Non staccava lo sguardo da ogni singolo movimento che faceva. Era pazzo per quella ragazza.
Erano davvero una bella coppia. A lei non sembrava disturbare il fatto che fosse a un tavolo di vampiri, e che il suo stesso ragazzo lo fosse.
"Lei sa, vero?" inviò a Frits.
"Si. Glielo ha raccontato Sash quando si accorse di amarla. Non poteva più tenerle nascosta una cosa del genere....E' un problema?" "No." disse senza smettere di guardarli. "E' bellissimo."
Contro ogni logica della natura, si erano innamorati. Un vampiro, letale, distruttivo...Si era innamorato di una creatura tanto fragile, delicata...Era vero che l'amore vinceva ogni cosa. Era dannatamente fortunata Karlie ad avere una persona che contraccambiasse tutto il suo amore.
Prisca non potè non pensare a Camron, e al fatto che sarebbe stato bello che l'avesse amata con altrettanto trasporto. O che la guardasse nello stesso modo in cui Sash guardava Karlie. Invece...
Un sorriso le illuminò il volto quando vide Constant venire verso di loro, accompagnato da Rey.
- Ahren! - esclamò alzandosi dal tavolo e correndo ad abbracciarlo. Lui la prese al volo. - Dio...E' possibile che tu mi sia mancato così tanto in una sola mattinata?-
disse prendendolo a braccetto e portandolo al tavolo.
- E' possibile, è possibile. Ne so qualcosa. - disse spettinandole i capelli.
- Frits attento alla tua ragazza, mi sembra parecchio presa da questo tipo. - disse indicando Constant. - Almeno aspettate di essere nascosti. Proprio davanti a Frits? - Frits, come risposta gli tirò una cartaccia in testa.
- Spiritoso. -
- Lui è Ahren, mio cugino. - spiegò. - Ahren, loro sono Sash e Karlie. -
- Piacere. - dissero i due ragazzi.
Constant guardò prima i due ragazzi, poi lei, con una domanda scritta negli occhi.
"Si, lei sa."
"E non è spaventata da lui?"
"Non penso proprio. Poi i vampiri che ci sono qui fuori...Non sono per niente come quelli ad Azalea."
"Si, me ne sono accorto."
- Allora, com'è andato il primo giorno di scuola? - le chiese Karlie sedendosi sulle ginocchia del suo ragazzo.
Sash non le tolse gli occhi di dosso nemmeno allora.
Era come...come se fosse dipendente da lei. Come se non potesse fare a meno di toccarla, di guardarla.
- Pensavo peggio! - disse lei. - L'unica pecca era il compito di storia alla prima ora. -
- Chi hai di storia? -
- Il professor Hoffman. -
- Che fortuna! Lui si che ci sa fare! -
- Come scusa? - chiese Sash guardandola alzando un sopracciglio.
- Intendo dire che ci sa fare come professore. -
- Ah, ecco! -
La ragazza si sporse verso di lui e gli diede un piccolo bacio. Poi gli sussurrò qualcosa all'orecchio, che Prisca e, molto probabilmente gli altri vampiri del tavolo, sentirono. "Lo sai che amo solo te, sciocco." gli disse. Poi si rigrò verso di lei.
- Sei per caso in classe con la Braun? -
Quel nome le ricordò qualcosa. Ah si! Era la ragazza del compito! - Mora, capelli a caschetto? -
- Proprio lei. -
- Si. Una ragazza molto...- avrebbe voluto dire perfettina, o qualcosa di simile, ma si trattenne. Magari era amica di Karlie, non voleva offenderla in qualche modo!
- Noiosa, competitiva? -
- Si, competitiva è il termine giusto. Ho consegnato il compito mezz'ora dopo l'inizio dell'ora, e lei ha detto "Sicuramente avrà sbagliato tutto" , molto gentile! -
- Già, lei è così. E' convinta di essere la migliore in tutto, e per certe cose lo è davvero. Nello studio nessuno la batte, nemmeno voi ci riuscite la maggior parte delle volte. -
- Speriamo di no! Quando me ne sono andata le ho detto che sicuramente avrò preso un voto più alto del suo. -
- Oh ragazza, ora si che non ti mollerà un secondo. Se prendi meno di lei te lo rinfaccerà a vita. - disse ridendo.
Ripensò alle domande del compito, era sicura di aver fatto un compito perfetto. - Non credo di correre il rischio, almeno per questa volta. -
- Ti giuro, che se la batti ti amerò per sempre! -
- Allora sta pronta! - disse ridendo insieme a lei.
- Amico, non è che per caso le nostre ragazze ci lasceranno per mettersi insieme? - intervenne Sash guardando Frits.
- Spero proprio di no, sarebbe uno spreco. -
- Frits, finiscila! - disse sua sorella guaradandolo male. - Fossi Sommer, diventerei lesbica solo per non stare con te! - disse facendogli una linguaccia, poi a lei, facendo uno sguardo serio. - Davvero, prendilo in considerazione. -
- Sorellina, la nostra cara Sommer non riuscirà mai a rinunciare a tutto questo. - rispose lui con un sorriso malizioso, indicando il suo corpo.
- Credo che sia tu a non poter fare a meno di lei! - disse Sash prendendolo in giro.
- Vedo che avete molta stima di me! -
- Tesoro, hai per caso detto che Sommer è bella? - Karlie guardò male il suo ragazzo. - Ho sentito bene? -
- Ma amore, l'hai detto anche tu! -
- Io posso dirlo perchè sono una ragazza, tu non puoi!-
- Ma non ha senso! -
- Se io dicessi a Frits che è bello e che capisco perchè lei abbia scelto di stare con lui? -
- Tu beh... non puoi metterla così.... non è la stessa cosa.-
- E' la stessa identica cosa. - disse Rey, mettendosi dalla parte di Karlie.
- Ma poverino, tutti contro di lui? - intervenne Constant.
- Ecco, dille che non ha senso quello che dice! -
Constant rise. - Lascia perdere. Devi imparare che con loro, devi sempre dire di si. Non contraddirle. -
Prisca puntò lo sguardo su di lui. - Non hai tutti i torti. - ammise.
Tutti la guardarono e scoppiarono in una sonora risata.


All'uscita da scuola tutti continuarono a fissarla. Cercò di non darci troppo peso. Quando arrivò quasi alla macchina, Blanda le parò la strada. Guardandola come se volesse farla fuori.
- Si? - chiese lei, curiosa del motivo per cui l'avesse fermata.
- Sei stata tu! E' colpa tua se Frits mi ha lasciata due anni fa! Lange mi ha raccontato tutto quando ci siamo visti! -
- Nello sgabuzzino delle scope? - chiese curiosa.
La ragazza sussultò, ma si riprese subito. Prisca stava scherzando, ma evidentemente ci aveva azzeccato. - Fatti gli affari tuoi. -
- Io me li faccio, ma tu vedi di farti i tuoi. -
- I faccio quello che mi pare ragazzina. -
Adesso era troppo. Poteva dire tutto quello che voleva. Ma non che era una ragazzina. Glielo avevano detto troppe volte, e per troppo tempo, persone più importanti di lei, o che conosceva meglio, e non ne poteva più. Quella parola l'aveva perseguitata per anni. Era in tutti i suoi ricordi, tutti negativi.
- Non osare chiamarmi così. L'unica bambina qui sei tu. Lo hai dimostrato stamattina, e lo stai dimostrando anche adesso. Frits ti ha lasciata, e allora? Non è la fine del mondo. La gente di lascia e viene lasciata ogni giorno. E se l'ha fatto ci sarà stato un motivo. Forse...mmm... Non sarà perhè ti facevi il suo migliore amico alle spalle? -
- Sta zitta. -
- Non ho ancora finito. Ti rode sentirti dire la verità? Pensi di essere figa comportandoti in questo modo? Beh non lo sei. Fai queste scenate in pubblico solo perché il tuo ragazzo ti ha lasciata, due anni fa, perché l'hai tradito? Io non ti avrei nemmeno più rivolto la parola! Invece Frits è stato anche troppo buono con te. Quindi, prima di parlare e sparare cazzate su cazzate, fare la vittima perché si è trovato un altra ragazza e prima di darmi della ragazzina, guardati allo specchio e domandati chi delle due deve maturare un po. -
Lei assottigliò lo guardo. - Mi riprenderò Frits, in un modo o nell'altro. -
- Nell'altro, penso sia più probabile. -
- Non fare la spiritosa. -
- Non cercavo di essere divertente. -
- Sommer ha ragione, falla finita. - disse Frits spuntandole alle spalle.
- Tu...Tu sei il mio ragazzo! -
- Lo ero, due anni fa. -
- Ma io ti voglio ancora! -
- Se mi avessi amato non saresti andata con il mio migliore amico. - disse lui.
Alle spalle di Blanda apparve Lange, che, molto probabilmente sentendola urlare era corso a sentire che cosa era successo. Proprio al momento giusto.
- In realtà il tuo ragazzo è proprio dietro di te. - disse Prisca guardandolo.
Blanda si girò lentamente, e lo vide. - Lange...!-
- No adesso basta. Sono stato un emerito coglione a scegliere te invece che il mio migliore amico. Per te siamo stati tutti solo un passatempo. Frits l'ha capito prima di me.- le disse. - Mi dispiace. - disse a Frits.
- Lange, non è vero. Io ti amo. -
- Tu non sai cosa sia l'amore. - le rispose lui.
- Ma...-
- No. Avrei dovuto farlo da molto tempo, ma non ci riuscivo. E' finita. - Scosse la testa deluso, e guardandola un'ultima volta attraversò il parcheggio e se ne andò.
- Tu...E' tutta colpa tua! - L'ora di pranzò arrivò presto. Quando suonò la campanella che annunciava la fine delle lezioni mattutine, Prisca saltò letteralmente dal banco, beccandosi uno sguardo di rimprovero dal professore. Quell'ultima ora era stata un po noiosetta, anche perché non aveva avuto nessuna lezione ne con Constant, ne con Rey. Forse loro frequentavano i corsi normali, e non quelli da cervelloni in cui l'aveva messa Frits!
Uscì dall'aula 32, dove si era tenuta la lezione di letteratura. Si fermò esitante nel corridoi pieno di gente, sentendosi momentaneamente persa. Non sapeva dove fossero Constant e Rey, e anche Frits era sparito chissà dove.
- Ti serve una mano? - chiese qualcuno alle sue spalle.
Era Lange. - Oh...Io...-
- No grazie, non le serve niente. - disse Frits mettendole un braccio intorno alle spalle in modo possessivo. - Ci penso io. -
- Calma Werner, non voglio mica rubartela! -
- Non si sa mai, date le esperienze passate. -
- Ti rode ancora che lei abbia preferito me, eh? - disse ridendo.
- Affatto. Sono io che l'ho lasciata, non il contrario. - gli ricordò.
- Certo, e poi sei stato due anni senza toccare nessuna. Chissà come mai. - disse ridendo.
- Mi sa che ti sbagli. - intervenne Prisca. - Solo perché non va a dire in giro che sta con qualcuna, o fa qualcosa, non vuol dire che non sia vero. -
- Lo saprei se fosse vero. -
- Non sembra. Se non te ne sei accorto stiamo insieme. -
- Immagino da quanto...-
- Due anni. -
Vide Lange sgranare lo guardo. Era davvero stupito. Anche perchè non era vero, ma lui non lo sapeva, e guardare la sua faccia con quell'espressione era divertente per lei, figurarsi per Frits!
- Tu sei...-
- Si. Ha lasciato la sua ex perchè amava me. Dillo anche a lei, nel caso non lo sappia. - disse facendogli l'occhiolino.
Lasciarono Lange a guardarli stupiti mentre andavano verso la mensa.
- E brava Prisca. - le disse varcando la porta della mensa.
- Davvero, mi stupisco di me stessa...Io non sono così...non lo sono mai stata. -
- La parte della ragazza gelosa ti dona. - disse sorridendole.
- Se lo dici tu... - Non ne ara poi così convinta. Forse si era calata un po troppo nella parte...La cosa che la stupiva di più era il fatto che la cosa la divertisse molto.
- Cosa prendi? - le chiese quando arrivarono al buffet.
- Mhmm. - disse guardando la vetrina. C'era pasta, polenta, carne...Ti tutto e di più. - Un tramezzino. - disse indicando alla sua sinistra. - E un succo di mirtillo. -
- Solo? - Frits sgranò gli occhi.
- Non mi sembra tanto scandaloso. -
Lui prese della pasta, due panini, un po di carne... - Io, - disse Prisca vedendo la roba che aveva nel piatto il ragazzo - non sono un maiale come qualcun altro. -
- Io non sono un maiale. - disse sedendosi a un tavolo rotondo, momentaneamente vuoto.
- Lo sei. -
- No, sono solo un ragazzo ed ho bisogno di energie. -
- Si, certo. E per cosa? - disse lei alzando gli occhi al cielo.
La guardò a lungo e maliziosamente. - Come se tu non lo sapessi, amore. -
- Amore? Allora è vero? - disse un ragazzo biondo con gli occhi verdi, sedendosi di fronte a loro. Poi, come se si fosse reso conto di cosa parlava Frits, commentò ancora. - State per caso parlando di sesso? -
- No. - rispose prisca nello stesso istante in cui Frits disse "Si. BR> - Smettila di dire cavolate! - protestò lei dandogli un pugno, ovviamente piano, sulla spalla.
- So che ti metto in imbarazzo, ma sono cose normali. Non sai che mi ha chiesto di farle l'altro giorno...- disse al suo amico. Ma non finì la frase perchè lei gli tappò la bocca con la mano.
- Non dargli ascolto. Si sta inventando tutto. -
Il ragazzo sorrise mostrando i suoi denti scintillanti. Anche lui era un vampiro. - Io sono Sash Neumann. - disse presentandosi.
- Sommer Keller. -
- Amoreee! - urlò una ragazza raggiungendo il tavolo e schioccando un bacio sulla guancia di Sash. - Ehi. - disse lui guardandola con uno sguardo tenerissimo. - Lei è Sommer. - le disse.
La ragazza si girò osservandola con i suoi grandi occhi marroni. Aveva un visetto da bambina, a cuore, con labbra piene e una spruzzatina di lentiggini sugli zigomi. E, cose che stupì Prisca, era umana.
- Oh.Mio.Dio. - le disse guardandola come se avesse visto chissà cosa.
- Cosa? - chiese lei preoccupata.
- Le persone che ti hanno visto hanno un opinione di te. Guardandoti ora, non sono per niente d'accordo. Loro pensano che tu sia bella. - disse.
- Già...non li capisco nemmeno io..-
- Io non sono d'accordo. - disse Frits, intervenendo. - Penso che...-
- Zitto, fammi finire! - lo interruppe Karlie. - Stavo dicendo che tu Sommer non sei bella. Sei letteralmente una dea! -
A Prisca si incendiarono le guancia. Non era abituata a certi complimenti, soprattutto dalle ragazze.
- Certo, tutti VOI, siete belli, ma tu...- disse scuotendo la testa come se non potesse crederci davvero. - E poi i tuoi occhi! I tuoi occhi! -
- Karlie smettila. Mi stai mandando a fuoco la ragazza. - intervenne Frits guardandola divertito.
Prisca sprofondò ancora di più nella sedia, sentendosi troppo al centro dell'attenzione. Anche se non era una cosa nuova quel giorno. Sperò che la fissa per il suo arrivo sarebbe presto svanita, e che tutti sarebbero tornati alle loro vite di sempre, senza considerarla troppo.
Quando si riprese, non potè fare a meno di pensare al "voi" che aveva volontariamente calcato. Lei sapeva? Non era proibito rivelare l'esistenza dei vampiri agli umani?
Guardò la coppia con pura curiosità. La ragazza doveva avere su per giù la sua età, ma con quell'espressione sembrava una bambina. Prisca aveva solo una parola con cui descriverla.
Adorabile.
Dallo sguardo di Sash si notava chiaramente quanto tenesse a lei. Non staccava lo sguardo da ogni singolo movimento che faceva. Era pazzo per quella ragazza.
Erano davvero una bella coppia. A lei non sembrava disturbare il fatto che fosse a un tavolo di vampiri, e che il suo stesso ragazzo lo fosse.
"Lei sa, vero inviò a Frits.
"Si. Glielo ha raccontato Sash quando si accorse di amarla. Non poteva più tenerle nascosta una cosa del genere....E' un problema?" "No." disse senza smettere di guardarli. "E' bellissimo."
Contro ogni logica della natura, si erano innamorati. Un vampiro, letale, distruttivo...Si era innamorato di una creatura tanto fragile, delicata...Era vero che l'amore vinceva ogni cosa. Era dannatamente fortunata Karlie ad avere una persona che contraccambiasse tutto il suo amore.
Prisca non potè non pensare a Camron, e al fatto che sarebbe stato bello che l'avesse amata con altrettanto trasporto. O che la guardasse nello stesso modo in cui Sash guardava Karlie. Invece...
Un sorriso le illuminò il volto quando vide Constant venire verso di loro, accompagnato da Rey.
- Ahren! - esclamò alzandosi dal tavolo e correndo ad abbracciarlo. Lui la prese al volo. - Dio...E' possibile che tu mi sia mancato così tanto in una sola mattinata?-
disse prendendolo a braccetto e portandolo al tavolo.
- E' possibile, è possibile. Ne so qualcosa. - disse spettinandole i capelli.
- Frits attento alla tua ragazza, mi sembra parecchio presa da questo tipo. - disse indicando Constant. - Almeno aspettate di essere nascosti. Proprio davanti a Frits? - Frits, come risposta gli tirò una cartaccia in testa.
- Spiritoso. -
- Lui è Ahren, mio cugino. - spiegò. - Ahren, loro sono Sash e Karlie. -
- Piacere. - dissero i due ragazzi.
Constant guardò prima i due ragazzi, poi lei, con una domanda scritta negli occhi.
"Si, lei sa."
"E non è spaventata da lui?"
"Non penso proprio. Poi i vampiri che ci sono qui fuori...Non sono per niente come quelli ad Azalea."
"Si, me ne sono accorto."
- Allora, com'è andato il primo giorno di scuola? - le chiese Karlie sedendosi sulle ginocchia del suo ragazzo.
Sash non le tolse gli occhi di dosso nemmeno allora.
Era come...come se fosse dipendente da lei. Come se non potesse fare a meno di toccarla, di guardarla.
- Pensavo peggio! - disse lei. - L'unica pecca era il compito di storia alla prima ora. -
- Chi hai di storia? -
- Il professor Hoffman. -
- Che fortuna! Lui si che ci sa fare! -
- Come scusa? - chiese Sash guardandola alzando un sopracciglio.
- Intendo dire che ci sa fare come professore. -
- Ah, ecco! -
La ragazza si sporse verso di lui e gli diede un piccolo bacio. Poi gli sussurrò qualcosa all'orecchio, che Prisca e, molto probabilmente gli altri vampiri del tavolo, sentirono. "Lo sai che amo solo te, sciocco." gli disse. Poi si rigrò verso di lei.
- Sei per caso in classe con la Braun? -
Quel nome le ricordò qualcosa. Ah si! Era la ragazza del compito! - Mora, capelli a caschetto? -
- Proprio lei. -
- Si. Una ragazza molto...- avrebbe voluto dire perfettina, o qualcosa di simile, ma si trattenne. Magari era amica di Karlie, non voleva offenderla in qualche modo!
- Noiosa, competitiva? -
- Si, competitiva è il termine giusto. Ho consegnato il compito mezz'ora dopo l'inizio dell'ora, e lei ha detto "Sicuramente avrà sbagliato tutto" , molto gentile! -
- Già, lei è così. E' convinta di essere la migliore in tutto, e per certe cose lo è davvero. Nello studio nessuno la batte, nemmeno voi ci riuscite la maggior parte delle volte. -
- Speriamo di no! Quando me ne sono andata le ho detto che sicuramente avrò preso un voto più alto del suo. -
- Oh ragazza, ora si che non ti mollerà un secondo. Se prendi meno di lei te lo rinfaccerà a vita. - disse ridendo.
Ripensò alle domande del compito, era sicura di aver fatto un compito perfetto. - Non credo di correre il rischio, almeno per questa volta. -
- Ti giuro, che se la batti ti amerò per sempre! -
- Allora sta pronta! - disse ridendo insieme a lei.
- Amico, non è che per caso le nostre ragazze ci lasceranno per mettersi insieme? - intervenne Sash guardando Frits.
- Spero proprio di no, sarebbe uno spreco. -
- Frits, finiscila! - disse sua sorella guaradandolo male. - Fossi Sommer, diventerei lesbica solo per non stare con te! - disse facendogli una linguaccia, poi a lei, facendo uno sguardo serio. - Davvero, prendilo in considerazione. -
- Sorellina, la nostra cara Sommer non riuscirà mai a rinunciare a tutto questo. - rispose lui con un sorriso malizioso, indicando il suo corpo.
- Credo che sia tu a non poter fare a meno di lei! - disse Sash prendendolo in giro.
- Vedo che avete molta stima di me! -
- Tesoro, hai per caso detto che Sommer è bella? - Karlie guardò male il suo ragazzo. - Ho sentito bene? -
- Ma amore, l'hai detto anche tu! -
- Io posso dirlo perchè sono una ragazza, tu non puoi!-
- Ma non ha senso! -
- Se io dicessi a Frits che è bello e che capisco perchè lei abbia scelto di stare con lui? -
- Tu beh... non puoi metterla così.... non è la stessa cosa.-
- E' la stessa identica cosa. - disse Rey, mettendosi dalla parte di Karlie.
- Ma poverino, tutti contro di lui? - intervenne Constant.
- Ecco, dille che non ha senso quello che dice! -
Constant rise. - Lascia perdere. Devi imparare che con loro, devi sempre dire di si. Non contraddirle. -
Prisca puntò lo sguardo su di lui. - Non hai tutti i torti. - ammise.
Tutti la guardarono e scoppiarono in una sonora risata.


All'uscita da scuola tutti continuarono a fissarla. Cercò di non darci troppo peso. Quando arrivò quasi alla macchina, Blanda le parò la strada. Guardandola come se volesse farla fuori.
- Si? - chiese lei, curiosa del motivo per cui l'avesse fermata.
- Sei stata tu! E' colpa tua se Frits mi ha lasciata due anni fa! Lange mi ha raccontato tutto quando ci siamo visti! -
- Nello sgabuzzino delle scope? - chiese curiosa.
La ragazza sussultò, ma si riprese subito. Prisca stava scherzando, ma evidentemente ci aveva azzeccato. - Fatti gli affari tuoi. -
- Io me li faccio, ma tu vedi di farti i tuoi. -
- I faccio quello che mi pare ragazzina. -
Adesso era troppo. Poteva dire tutto quello che voleva. Ma non che era una ragazzina. Glielo avevano detto troppe volte, e per troppo tempo, persone più importanti di lei, o che conosceva meglio, e non ne poteva più. Quella parola l'aveva perseguitata per anni. Era in tutti i suoi ricordi, tutti negativi.
- Non osare chiamarmi così. L'unica bambina qui sei tu. Lo hai dimostrato stamattina, e lo stai dimostrando anche adesso. Frits ti ha lasciata, e allora? Non è la fine del mondo. La gente di lascia e viene lasciata ogni giorno. E se l'ha fatto ci sarà stato un motivo. Forse...mmm... Non sarà perhè ti facevi il suo migliore amico alle spalle? -
- Sta zitta. -
- Non ho ancora finito. Ti rode sentirti dire la verità? Pensi di essere figa comportandoti in questo modo? Beh non lo sei. Fai queste scenate in pubblico solo perché il tuo ragazzo ti ha lasciata, due anni fa, perché l'hai tradito? Io non ti avrei nemmeno più rivolto la parola! Invece Frits è stato anche troppo buono con te. Quindi, prima di parlare e sparare cazzate su cazzate, fare la vittima perché si è trovato un altra ragazza e prima di darmi della ragazzina, guardati allo specchio e domandati chi delle due deve maturare un po. -
Lei assottigliò lo guardo. - Mi riprenderò Frits, in un modo o nell'altro. -
- Nell'altro, penso sia più probabile. -
- Non fare la spiritosa. -
- Non cercavo di essere divertente. -
- Sommer ha ragione, falla finita. - disse Frits spuntandole alle spalle.
- Tu...Tu sei il mio ragazzo! -
- Lo ero, due anni fa. -
- Ma io ti voglio ancora! -
- Se mi avessi amato non saresti andata con il mio migliore amico. - disse lui.
Alle spalle di Blanda apparve Lange, che, molto probabilmente sentendola urlare era corso a sentire che cosa era successo. Proprio al momento giusto.
- In realtà il tuo ragazzo è proprio dietro di te. - disse Prisca guardandolo.
Blanda si girò lentamente, e lo vide. - Lange...!-
- No adesso basta. Sono stato un emerito coglione a scegliere te invece che il mio migliore amico. Per te siamo stati tutti solo un passatempo. Frits l'ha capito prima di me.- le disse. - Mi dispiace. - disse a Frits.
- Lange, non è vero. Io ti amo. -
- Tu non sai cosa sia l'amore. - le rispose lui.
- Ma...-
- No. Avrei dovuto farlo da molto tempo, ma non ci riuscivo. E' finita. - Scosse la testa deluso, e guardandola un'ultima volta attraversò il parcheggio e se ne andò.
- Tu...E' tutta colpa tua! -
- Hai fatto tutto con le tue mani. - le disse Prisca. Quella ragazza aveva dei seri problemi.
- Te ne pentirai. - detto questo andò via, ignorando tutti i ragazzi che avevano assistito alla scena.
Una volta in macchina con Frits so
spirò, accasciandosi sul seggiolino. - Mi dispiace, non avrei dovuto...- - Hai detto solo la verità. -
Rey e Constant arrivarono poco dopo di loro. Rey, che aveva assistito alla scena le disse subito che era stata una grande, e che nessuno aveva mai avuto il coraggio di parlare così a Blanda. Constant, al contrario non era molto d'accordo. Si era fatta notare un po troppo per essere stato solo il primo giorno di scuola. Non osava nemmeno immaginare quelli dopo. Frits, invece, non aveva più detto niente dal suo "Hai solo detto la verità." Era rimasto in silenzio per tutto il tragitto.
Prisca aveva creduto che stesse pensando ad altro, ma non certo a Blanda. Era possibile che fosse ancora interessato a lei dopo quello che gli aveva fatto? Forse non voleva esserlo, e lo dava solo a vedere. Magari ci aveva anche provato a dimenticarla, e non aveva funzionato. Prisca lo capiva eccome. Lei non era mai stata la ragazza di Camron, però sapeva cosa significava veder andare il ragazzo che ami con un altra persona. Lei lo aveva provato ogni giorno ad Azalea. Sapeva anche cosa significava veder stare quella persona tanto importante con il tuo migliore amico...Lo capiva troppo bene.


Buongiorno lettori!
Prima di tutto mi scuso per l'enorme ritardo. Ero davvero convinta di aggiornare prima!
Spero che l'attesa ne sia valsa la pena.
Un bacio,
Ellyn.

P.S Vedo che in molto continuate a seguirmi, ma siete in pochi a farmi sapere cosa ne pensate.
Voglio sapere i vostri punti di vista, fatevi sentire!

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Capitolo 35
*** Ora di ginnastica ***


Le era sempre piaciuto lo sport, infatti fu felice di notare che, nel suo orario, dopo l'ora di inglese c'erano due ore di ginnastica.
Karlie, che aveva trascorso l'ora di inglese accanto a lei, aveva anche le ore seguenti in sua compagnia. Prisca non poteva desiderare di meglio. La ragazza era veramente dolce.
La tuta da ginnastica, che la scuola le aveva dato qualche giorno dopo l'inizio della scuola, era composta da una cannottiera nera con due righe rosa lungo i fianchi, un paio di pantaloncini neri sopra il ginocchio, anche essi con le righe ai fianchi, e, per quanto faceva più freddo, una felpa pesante.
Nello spogliatoio, pieno di ragazze, c'era anche Blanda, che, quando entrò la fulminò con lo sguardo, ma non le disse niente.
- Lasciala perdere. - disse Karlie indossando la maglietta. - E' solo una strega, si vede che è gelosa di te. Vorrebbe essere al posto tuo. -
“Nessuno vorrebbe essere al posto mio ” pensò lei. “Prova tu ad essere inseguita da dei vampiri vendicativi... Nemmeno lei avrebbe voluto esserci, e non avrebbe augurato a nessuno la sua situazione, nemmeno se era Blanda.
- Dai spogliati, che facciamo tardi! -
- Qui davanti a tutte? -
- Di che ti vergogni? -
Non si era mai spogliata rimanendo in biancheria intima davanti a qualcuno! Figurarsi davanti a delle sconosciute... Con Constant, quando erano insieme negli hotel, aveva sempre una maglietta, magari qualche volta per il caldo l'aveva tolta, ma lui dormiva, e lei era sotto le coperte. Non l aveva vista!
Prisca era un po incerta. Era tentata di andare in bagno a cambiarsi.
- Dai, è come essere in costume. - puntualizzò lei. - E non vuoi mica andare a cambiarti in bagno, vero? Blanda ti sta guardando, e se lo fai racconterà sicuramente qualcosa in giro per la scuola.-
- Non ci credo. -
- Oh, credici. Si diverte anche! -
Prisca sospirò e si tolse le scarpe, poi i pantaloncini, infilandosi quelli della tuta. Quando si tolse la maglietta, Karlie disse - Però! -
- Però, cosa? -
- Non sei messa mica male. Anche io vorrei riempire un reggiseno in quel modo! -
Prisca si infilò subito la cannottiera, arrossendo non poco. - Karlie! -
- Che c'è? E' vero! Capiscimi, ho una seconda scarsa. Se vuoi saperlo, - disse abbassando la voce - non l'ho ancora fatto con Sash perchè ho paura che possa prendermi in giro... Sai, lui è così bello, le sue ex anche, mentre io...- disse guardandosi. - Cioè, mi hai vista? Mi chiedo continuamente come possa stare con me. -
Lei la guardò come se fosse pazza. - Stai scherzando, vero? Karlie tu ti sottovaluti. Sei molto bella, e non sto scherzando. -
La guardò, un po incerta se crederle o no. - Davvero? -
- Davvero. -
- Però non ho nemmeno una seconda... - disse guardando in basso. - Questo non piace per niente ai ragazzi. - Si sedette sulla panchina, sconsolata. - Forse dovrei lasciarlo prima che mi chieda di farlo. -
Prisca si inginocchiò davanti a lei, posandole una mano sul ginocchio. - Non dirlo neanche per scherzo! So che se tu lo lasciassi, impazzirebbe. -
- Come lo sai? -
- Ho gli occhi. Vedo come ti guarda. - disse dolcemente. - Ti ama così tanto da sorprendere se stesso. Ogni volta che entri in una stanza ti punta gli occhi addosso, come l'altro giorno in biblioteca. Io c'ero, lui era seduto al tavolo a studiare con Frits, ti ha visto, ma non ti ha chiamata. E' stato tutto il tempo li a guardarti fino a che non te ne sei andata, solo per il gusto di osservarti tra gli scaffali pieni di libri. Come se avesse bisogno di imparare a memoria ogni tua singola mossa. Guarda ogni tuo gesto, guarda come parli, come ti tocchi i capelli. Quando ti guarda sembra che tutto il resto non ci sia. Ci sei solo tu, accanto a lui, con lui. E' come se fosse sotto incantesimo. Quando ti guarda, devi chiamarlo venti volte prima che ti presti attenzione! Si gira e ti chiede "Cosa?" come se si fosse accorto solo in quel momento di essersi distratto. Karlie, non pensare nemmeno per un secondo che tu non possa piacergli così come sei. Lui ti ama con tutto se stesso, è così palese... - terminò.
La ragazza la guardò, poi le si buttò tra le braccia. Finirono entrambe a terra, scoppiando a ridere. - Karlie uragano! - esclamò rialzandosi.
- Grazie. - le disse.
- Ti ho detto solo quello che vedo. -

Arrivarono alla pista di atletica in pochi minuti, il professore non c'era ancora. Dall'altra parte della pista, Prisca notò un gruppo di ragazzi, tra cui Firits e Sash e anche Constant.
Evidentemente anche Karlie si accorse di loro, perchè vide un sorriso illuminarle il volto. - Forse non dovrei pensarci troppo... Insomma, lui ha scelto me. -
- Esattamente. Buttati finché sei in tempo - le disse prima che la ragazza corresse da Sash, stampandogli un bacio sulla bocca. - Un giorno potrebbe essere troppo tardi. - sussurrò guardandola.
Si incamminò anche lei, per andare a salutare i ragazzi, ma soprattutto Constant. Negli ultimi giorno lo aveva visto poco, era sempre occupato, e la mattina Rey lo trascinava continuamente via. Non andavano nemmeno con la stessa macchina a scuola.
Rey aveva detto che erano meglio due macchine separate, e Prisca non aveva detto niente, anche se le era sembrato strano. Non le importava molto come andassero a scuola, ma il fatto di non riuscire a stare con lui come prima le importava eccome.
Si bloccò a pochi metri dai ragazzi, vedendo Rey correre verso di loro, arrivando dalla direzione opposta di Prisca. Con suo grande stupore, saltò in braccio a Constant, e lui, come se fosse una cosa che faceva tutti i giorni le circondò i fianchi facendola girare.
Frits, Karlie e Sash non sembrarono sorpresi. C'era qualcosa che non le avevano detto?
Si erano forse messi insieme? No, non era possibile. Constant le diceva tutto, le avrebbe detto anche quello. Non le avrebbe nascosto una cosa così importante, come il fatto che Prisca non fosse più l'unica persona della sua vita, ne la più importante.
O forse si?
Quando Constant si accorse di lei, Prisca stava ormai tornando indietro al gruppo delle ragazze, pronta per dare il massimo nella corsa.
- Ragazze, tutte qui! - urlò l'allenatrice, richiamandole.
Con la coda dell'occhio vide Rey e Karlie posizionarsi accanto a lei.
- Fate un giro di riscaldamento, poi facciamo una prova a tempo. Vediamo chi riesce a battere il record della signorina Werner! - esclamò tutta eccitata. - Il suo record è 2 minuti e 10.- disse - Werner, tu vai pure a correre con i ragazzi. Voi, intanto, riscaldatevi. -
Rey le salutò e raggiunse i ragazzi. A Prisca non sfuggì che si attaccò a Constant. Dopo un lentissimo giro di riscladamento, l'allenatrice urlò finalmente un "VIA!" e le ragazze partirono.
Prisca cercava di stare al loro passo, ma erano troppo lente.
Lei sapeva di essere avvantaggiata perché era un vampiro, e le dispiaceva un po, ma Rey non si era fatta problemi, e ne aveva approfittato. Chi era lei per non fare lo stesso? I quasi vampiri come lei, correvano più veloce degli umani, ma più lentamente dei vampiri già formati...Almeno, la maggior parte.
Prisca era un caso a parte...come in tutto del resto.
Quindi, doppiando tutte le ragazze, fece i tre giri di del campo di atletica in 2 minuti e 10 secondi.
Aveva preso il tempo con il suo orologio, e per essere sicura di non strafare troppo, aveva fatto lo stesso tempo di Rey. Alla fine del terzo giro, non era nemmeno stanca...In realtà non si era nemmeno impegnata.
- Keller! - le disse l'allenatrice raggiungendola. - Mi dispiace dirti che non sei riuscita a battere la signorina Werner, hai fatto esattamente il suo tempo. -
- Sarà per la prossima volta. - rispose Prisca fingendo di avere il fiatone.
- La prossima nella corsa, ti allenerai con i ragazzi. -
Prisca guardò alle spalle della professoressa. I suoi "amici" le stavano facendo i pollici in su, sorridendole. Rey era accanto al suo migliore amico.
- E' proprio necessario? -
- Non vorrai mica stare con queste lumache! - esclamò lei ridendo, e assestandole una pacca sulla spalla. Poi tornò a guardare le altre ragazze, che stavano facendo ancora il secondo giro.
- Accidenti Sommer, so che siete veloci, ma non avevo visto nessuna ragazza veloce come Rey! - esclamò Karlie raggiungendola un minuto dopo. - Ora mi lascerai anche tu durante gli allenamenti! -
- Solo nella corsa. - disse alzando le spalle.
- Keller, che aspetti? Raggiungi l'altro gruppo, e vai a fare gli ultimi due giri di corsa lenta. - le urlò l'allenatrice.
- Beh, ci vediamo dopo allora. - Salutò Karlie e andò dai suoi amici, che la stavano aspettando qualche metro più in la.
A metà cammino, tra i ragazzi e Karlie, non le sfuggì il suono di un qualcosa che volava velocemente nell'aria. Alzò la testa e la individuò. Era una palla da football che, dal campo accanto, era volata nel loro...e si stava dirigendo a tutta velocità addosso a Karlie!
Fu questione di secondi.
Vide Sash spalancare gli occhi preoccupato, iniziando a correre. Ma lui era troppo lontano.
Prisca di girò, e, prima che la palla potesse colpire in testa Karlie, fece un salto abbastanza alto da poterla intercettare anche a metri di distanza da Karlie.
La palla, che fermò con le mani, le colpì lo stomaco. Non fu molto piacevole. Nonostante il colpo, atterrò a terra con un elegante capriola.
Prisca era sicura che quella palla non fosse stata lanciata da un umano. Era troppo forte. Se Prisca non l'avesse presa, Karlie si sarebbe fatta sicuramente molto male.
Quando si rialzò, Sash stava abbracciando Karlie, chiedendole : "Tutto bene?"
- Certo che sto bene. La palla non mi ha nemmeno sfiorata. - disse scansandosi un po. - Sommer, tutto bene? - le chiese.
- Se per bene, intendi che sono ancora viva, si. - disse ridendo.
- Mi hai salvato la vita! - esclamò abbracciandola.
- Non esageriamo....-
- Karlie ha ragione, la palla è stata lanciata da uno di noi. Era troppo forte. - disse Constant, raggiungendole. - Stai bene? - continuò, guardandola preoccupato.
Poi arrivarono anche Frite e Rey. Rey la guardò e basta, posizionandosi, come sempre, accanto a Constant. Frits la prese tra le braccia, chiedendole anche lui se stesse bene.
- Vi ho detto che sto bene, ok? - disse scansandosi. - Finitela. -
- Non c'è bisogno che ti arrabbi. - le disse.
- Non sono arrabbiata per questo. - rispose guardando lui , Rey e Constant.
- Signorina Keller, sta bene? -
- Si allenatrice. La palla era lenta, non l'ha vista? -
- Menomale che l'ha presa prima facesse del male a qualcuno. -
- Già. -
- Bell'atterraggio, però. -
- La ringrazio. -
- Faceva per caso parte della squadra delle cheerleader nella sua vecchia scuola? -
- Ha indovinato! - disse, sperando di sembrare credibile. La verità era che non sapeva nemmeno che cosa fossero le cheerleader. - Se non le dispiace, andrei a riportare la palla nel campo da football, e poi andrei a cambiarmi. Mi fa un po male qua. - disse pigiando nel punto in cui aveva preso la botta.
- Ma certo! Signor Werner, l'accompagni. -
- Non ce n'è bisogno. - disse alzando le spalle. - Posso faecerla. -
- Non dica sciocchezze. - le disse ridendo. - Passi in infermeria a controllare che sia tutto apposto. -
Uscì dalla pista, seguita da Frits. - Come sai fare quelle cose? - le domandò mentre stavano andando nel campo accanto.
- Quali cose? -
- Quei salti, quegli atterraggi...A correre così veloce se non sei ancora del tutto un vampiro? -
- Anche tua sorella corre così veloce, eppure non lo è del tutto. -
- Si, ma lei non è capace di saltare in quel modo, ne di fare le capriole in aria! -
- Mi allenavo 5 ore al giorno, tutti i giorni. Tranne la domenica. -
- E come facevi a fare tutto? - chiese sorpreso.
- Non era un peso, mi piaceva farlo, e mi piace ancora. - disse alzando le spalle.
Quando arrivò al campo da football, l'allenatore che stava facendo correre i ragazzi la fermò. - Dove pensa di andare? - chiese, soffiando nel fischietto per dire ai ragazzi nel campo di smettere quello che stavano facendo.
- Devo restituire questo. - disse mostrandoglielo. - E' finito nel campo di atletica. -
- La ringrazio. - rispose, cercando di afferrare il pallone. Prisca tirò indietro la mano.
- Vorrei consegnarlo personalmente al ragazzo così dotato che l'ha lanciato di la. Era un tiro pazzesco! -
L'uomo sospirò. - E il numero cinque. - Indicò un ragazzo in mezzo al gruppo. - Faccia presto. -
- Ehi tu! Numero cinque! - gli urlò. Lui, e tutti i suoi compagni si girarono nella sua direzione. - Che c'è? - rispose.
- Bel lancio! -
- Grazie. -
- Questa è la tua palla. - Gliela lanciò mettendoci un po di forza, ma non troppa. Non voleva staccargli la testa.
Il ragazzo afferrò la palla, ma evidentemente pensò che l'avesse lanciata piano, perché il colpo lo fece cadere a terra, in mezzo alle risate dei suoi compagni.
- Numero cinque, stai più attento quando lanci qualcosa.- gli disse avvicinandosi a lui. - Se un altra palla finisce addosso a qualcuno nel campo accanto, la prossima volta tornerò qui. E non te lo consiglio. Il lancio che ti ho fatto non era neanche forte. - poi sorrise a tutti, salutandoli con la mano, e tornando da Frits, che la guardava divertito all'entrata del campo.
- Bella mossa, Keller! - esclamò ridendo e mettendole un braccio intorno alle spalle.
- Poteva fare del male a Karlie. - disse solo.
- Menomale che eri li vicina! Noi eravamo troppo lontani, anche Sash non ce l'avrebbe fatta. -
- Si, lo so. Ci ha provato almeno. -
- Già. - mormorò stringendola e dandole un bacio sulla fronte.
Prisca si staccò immediatamente.
- Perchè ti sposti? - domandò incuriosito.
- Non c'è bisogno che fai la scena anche adesso. Nel caso non te ne fossi accorto, non c'è nessuno.-
- Si, lo so ma...-
- Ma...? - lo incoraggiò.
- Non si sa mai. Magari qualcuno ci sta guardando anche adesso. -
- Come no! - disse alzando gli occhi al cielo. - Vado a cambiarmi. Te torna pure al campo. - ed entrò nello spogliatoio.

Quando uscì, Frits non c'era più. Forse aveva seguito il suo consiglio ed era tornato ad allenarsi con gli altri.
Così con la borsa in spalla, si avviò verso la scuola.
- Lo so che non mi hai dimenticata. - sentì dire da una ragazza, quando passò accanto alla torretta. Non era solo una ragazza, era Blanda. Sarà con il centesimo cretino che pensa di essere importante per lei.
Senza farsi problemi oltrepassò l'angolo della torretta, e rimase di sasso. Il ragazzo cretino, era proprio Frits. Era attaccato con la schiena al muro, e Blanda gli era praticamente spalmata addosso.
- Sei proprio un imbecille. - gli disse, scuotendo la testa. - E tu una troia, ma questo si sapeva. - e continuò a camminare per la sua strada.
Sentì dei passi correrle dietro. - Sommer! - Era Frits.
- Cosa c'è? -
- Non è come pensi. -
- Ah, no? -
- No, non è successo niente, davvero. -
- Pretendi che ti creda? - disse senza nemmeno guardarlo.
- Si! Perchè non è successo niente davvero. Mi si è avvicinata dicendo che secondo lei non stiamo insieme davvero. -
- Perchè? -
- Perchè beh...- disse grattandosi la testa. - Insomma...-
- Allora? -
- Non ci siamo mai baciati in pubblico. - disse finalmente.
- E questo che vorrebbe dire? -
- Lei dice che non stiamo veramente insieme perché non ci baciamo. - disse alzando le spalle. - E ha detto che se volevo poteva rimediare lei, e che tanto io non ti amavo perchè non l'avevo dimenticata. -
- I baci, per adesso, puoi scordarteli! - esclamò.
- Hai detto "per adesso". Questo mi fa sperare bene per il futuro!- disse ridendo.
A casa, avrebbe chiarito prima con lui, e poi con Constant.
Se quello che aveva intuito era vero, doveva dargli qualche spiegazione. E non perché non le andasse bene che si fosse trovato una ragazza, ma solo perché non glielo aveva detto! Infondo lei era la sua migliore amica!

Per farmi perdonare ho pubblicato due capitoli.
Spero vi piacciano.
Alla prossima,
Ellyn.

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Capitolo 36
*** Riavvicinamenti ***


PRISCA
Quando arrivarono, la casa era deserta. Prisca salì al piano superiore e posò la roba nella sua stanza. Poi scese a bere un bicchier d'acqua e a mangiare qualcosa.
Frits era già li, e stava riscaldando l'acqua per farsi un thè.
- Ne vuoi un po? - le chiese vedendola entrare.
- No, grazie. -
- Ok. -
- Frits? -
- Mmm...? - fece lui, mettendo le bustine di thè nell'acqua.
- Devo chiederti una cosa. - gli disse, cercando di ottenere la sua attenzione.
- Che cosa? -
- Riguardo a quello che è successo prima....-
- Senti, - disse lui - non voglio più parlarne, va bene? Non è importante. -
- Si che lo è. Oggi ho capito e scoperto parecchie cose. Quello che è successo mi ha fatto riflettere. -
- Su...? -
- Su come continui a guardare Blanda. Sul fatto che, ogni volta che entra in una stanza la guardi, e poi distogli lo sguardo. Come se volessi concederti per alcuni secondi il lusso di fissarla, ma poi cambi idea perché sai che non è giusto. - disse.
- Non me ne sono accorto. - disse versando lo zucchero.
Prisca andò subito al sodo. - La ami ancora, non è così? -
Il cucchiaio gli cadde dalle mani e atterrò sul pavimento con un sonoro tac . Lo zucchero si sparse tutta la stanza.
Frits non le rispose, ne la guardò. Prisca aveva ragione, era ancora innamorato di lei.
- Come puoi pensare ancora a lei dopo quello che ti ha fatto due anni fa? -
- E' più forte di me, non riesco a non pensarci. -
- Non ci riesci? Il fatto è che non vuoi dimenticarla. Tu pensi che in lei ci sia veramente qualcosa degno di essere amato. Devi capire che non è così. L'ha anche dimostrato con Lange. Cos'altro deve succedere per far si che tu te ne renda conto? -
- A dirlo sono buoni tutti, ma la verità è che innamorarsi è facile, dimenticare non lo è altrettanto. - rispose finalmente.
- E' difficile, ma non impossibile. - ribatté lei.
Il ragazzo si voltò verso di lei, puntando gli occhi nei suoi. - Come se non ci avessi provato. - disse alzando la voce.
- Frits, lo so che non è facile, io..- iniziò Prisca, ma fu subito interrotta da lui.
- No! Non dirmi che mi capisci, non puoi! Non sai cosa significa morire dietro a una stessa persona per 5 anni. Non sai cosa si prova a pensare di essere riuscito ad averla, e poi vederla andare con il tuo migliore amico. Non dirmi che capisci, perché non puoi! - Prisca sobbalzò per la sorpresa.
Perché la stava trattando in quel modo? Stava cercando solo di aiutarlo, prendendosela con lei non risolveva le cose.
Lei lo sapeva.
- Certo, nessuno può capirti. Tu sei l'unico che si sia mai trovato in una situazione del genere, vero? -
- No, però... -
- Però niente! Prima di dare aria alla bocca, pensa a quello che dici. - poi uscì dalla stanza.
Avevano fatto tanto per loro, ma infondo erano degli sconosciuti. Non voleva scoppiare a piangere davanti a lui, o a sua sorella. Proprio a lei veniva a dire che non poteva capire cosa si provasse ad amare una persona per 5 anni. Lei amava Camron da quando ne aveva memoria! Era la persona che poteva capirlo meglio, anche riguardo al fatto che la sua ragazza si era messa con il suo migliore amico. Camron non era il suo ragazzo, ma lei sapeva cosa voleva dire vedere le due persone che più ti stanno al cuore mettersi insieme senza che tu possa fare niente. E senza nemmeno poterli ostacolare. Lei non aveva potuto farlo, non aveva mai avuto dei diritti su Camron, mentre Frits aveva potuto fare qualcosa. Almeno lui aveva potuto tentare!
Lei era stata ferma a guardarli giorno dopo giorno, scoprendo poi per caso che lui l'aveva trasformata...Tra i due, era messa peggio Prisca, che tra l'altro era fuggita dalla sua cerimonia per evitare di farsi odiare dai suoi amici. Quindi che non andasse da lei a dirle che non poteva capire!
Salì in camera e si rinchiuse li tutto il giorno. Sentì la serratura di casa aprirsi verso le otto e un quarto.
Constant e Rey si erano degnati di tornare a casa per cena, che gentili! Non che lei avesse intenzione di scendere a cenare... Infatti non uscì dalla sua stanza.
Si mise l'mp3 nelle orecchie, stendendosi sul letto chiuse gli occhi. Che andassero pure tutti al diavolo! Constant incluso, che non le raccontava mai nulla.

CONSTANT
Quando aprì la porta di casa, seguito a ruota da Rey, c'era un silenzio innaturale. Inizialmente pensò che non ci fosse nessuno, però, concentrandosi, sentì la presenza di Prisca al piano di sopra, e, qualche secondo dopo, vide apparire Frits dal salotto.
- Alla buon ora! - disse salutandoli. - Abbiamo avuto altro da fare. - disse sua sorella.
- Immagino...- disse Frits malizioso. - Immagini male! - disse subito Constant. - Eravamo al cinema. -
- Beh, grazie per l'invito. Sono sicuro che, non appena la ragazza che è di sopra, lo saprà, sarà davvero contenta di essere stata esclusa per la millesima volta anche lei dall'uscita! -
- Non era un uscita di gruppo. - disse Rey alzando gli occhi al cielo. - Adesso falla finita. -
- Non è mai un uscita di gruppo. - puntualizzò lui.
- Dettagli...- gli rispose Rey.
- Mi raccomando, non esagerare troppo con la mia sorellina. Ha soltanto 18 anni. - gli disse.
- Anche Prisca ne ha 18, ma non credo tu ti faccia problemi se vuoi farci qualcosa! -
- Non è la stessa cosa, noi non stiamo insiem....Aspetta. Stai dicendo che avete fatto qualcosa? - chiese assottigliando lo sguardo.
- No! - esclamò.
- Io vado in camera. - annunciò Rey. - Notte. - si alzò in punta di piedi e gli diede un bacio sulla guancia, poi sparì su per le scale.
Ancora non riusciva a spiegarsi come avesse fatto Rey a diventare tanto importante per lui in così poco tempo. Gli era successo solo con Prisca. Lei era stata la prima persona a cui aveva voluto veramente bene dopo la morte dei suoi genitori.
Era la sua migliore amica....e lui le stava mentendo da parecchio tempo. Aveva notato quella mattina che forse durante atletica, Prisca si era accorta di qualcosa, ma non ne era tanto sicuro. Però, da quando aveva detto "Non sono arrabbiata per quello" , e aveva guardato lui e Rey, Constant aveva iniziato a pensare che lei sospettasse qualcosa.
Sapeva di doverglielo dire, ma era meglio che non lo sapesse. Si sentiva anche in colpa per non aver passato molto tempo con lei. Erano trascorsi parecchi giorni, forse settimane, dall'ultima volta in cui avevano dormito insieme e si erano salvati a vicenda.
Forse l'ultima volta in cui erano stati abbracciati era stata la notte in cui sognò la morte eei suoi genitori. Poi lui si era avvicinato senza volerlo a Rey, e, solo ora, si accorgeva di averla trascurata.
Era arrabbiata con lui per questo? Forse. Si sentiva sola? Forse si, forse no. Anche lei stava sempre in compagnia di Frits, certo, era un po obbligata a scuola, dato che stavano "insieme", ma non era da sola.
- Prisca è per caso arrabbiata con me? - chiese a Frits.
- Non che io sappia...Perchè? -
- Perchè non è scesa a salutarmi...-
Ad essere sinceri ci era rimasto un po male. Le cose, da quando erano arrivati in Germania, erano davvero cambiate. Prima erano praticamente una cosa sola. Non facevano niente separati. Erano come gatti siamesi, facevano proprio tutto insieme. Stavano ventiquattro ore su ventiquattro appiccicati. E il loro rapporto non faceva altro che migliorare. Più passava il tempo, e più, se possibile, si avvicinavano. Almeno, questo era quello che Constant aveva sempre provato.
Poi, erano arrivati in Germania e... a malapena si parlavano.
Solo i primi giorni di scuola erano stati uguali agli altri, Prisca, addirittura, il primo giorno di scuola, solo dopo poche ore in cui erano stati separati, non appena lo aveva visto gli si era buttata letteralmente tra le braccia da quanto aveva sentito la sua mancanza, e per lui era stato lo stesso. Poi, col passare dei giorni, forse si erano abituati a stare separati tutta la mattina, e da quando Rey era diventata così importante per lui, anche il pomeriggio non la vedeva e la sera...la sera cenavano e poi andavano a letto.
Constant non sapeva nemmeno più se lei avesse avuto altri incubi. Se lo avesse sognato ancora...
Il giorno sembrava sempre che stesse bene, ma Constant pensava solo che fosse una brava attrice. A suo parere, la notte soffriva ancora molto. Lui voleva esserci, ma non era più venuto a chiamarlo e lui, beh...non voleva disturbarla in qualche modo, se avesse avuto bisogno di lui, lo avrebbe cercato come aveva sempre fatto, vero? Anche se si erano allontanati un po, lei sapeva che Constant era sempre li per aiutarla in qualsiasi momento.
Diede la buonanotte a Frits e salì al piano di sopra. Quando passò davanti alla porta di Prisca, provò qualcosa di strano. Sentì una piccola tensione nel filo che gli univa. Era lievissima, ma era chiara. Prisca non stava molto bene. Di solito, la vibrazione che sentiva era più calcata, forse era diminuita dal fatto che il loro rapporto di amicizia era un po calato. Possibile?
Appoggiò una mano sulla porta. Doveva entrare a vedere come stesse? O era meglio di no? Forse voleva non essere disturbata da nessuno. Magari non da lui.
Da quando in qua si faceva paranoie del genere? Al diavolo! Se stava male sarebbe entrato a consolarla.
- Vai in camera di Prisca? - disse la voce che riconobbe come quella di Rey. Il ragazzo tolse la mano dalla maniglia e si voltò nella direzione da cui proveniva.
Rey era dall'altra parte del corridoio, in camicia da notte, con le braccia incrociate. E lo stava guardando un po scocciata.
- Si. - disse avvicinandosi a lei.
- Perché? - chiese una volta che furono a pochi metri di distanza.
- Ha bisogno di me. -
- Come fai a saperlo? -
- Io so sempre come sta. - rispose alzando le spalle.
- Non andare da lei...-
- Che cosa? - chiese lui stupito. - Non stai dicendo sul serio. - Non poteva dirlo davvero. Perché non sarebbe dovuto andare dalla sua migliore amica se aveva bisogno di lui?
- Si invece. Resta...Resta qui, con me. - lo supplicò.
- Non posso. -
- Perché fai tutto questo per lei? -
- Perché le voglio bene. E' la mia migliore amica. Gli amici è questo che fanno, si aiutano a vicenda. -
- Ma perché proprio in camera sua? Non voglio che... -
- Non vuoi che..? - la incitò, alzando un sopracciglio.
- Che fai come facevate prima. - disse abbassando la testa. - Che dormi con lei... - disse infine.
- Non capisco che ci sia di male. L'ho sempre fatto quando non stava bene, e quando non stavo bene... -
- Ma se stai male devi venire da me. - affermò. - E se sta male lei, chi l'aiuta? -
- Frits. -
- Frits non è il suo ragazzo, ne il suo migliore amico. Quindi devo aiutarla io. -
- Ma tu sei il mio ragazzo! Non puoi dormire con le altre ragazze! -
Le sorrise dolcemente, scompigliandole i capelli. - Rey...non sarai mica gelosa, vero? -
- Affatto! -
- Speriamo. -
- Tu la ami? - gli chiese dopo un po.
- Perché me lo chiedi, se sai già la risposta? Tu meglio di tutti puoi vedere quello che provo. Puoi vedere quello che provano tutti. -
- Si, ma...Non ho mai visto un rapporto come il vostro. Il mio potere potrebbe sbagliare qualche volta. -
- Ha mai sbagliato? -
- No. -
- In questo caso puoi vedere che cosa provo per lei, e cosa prova anche lei per me. - disse. - Cosa vedi? -
-...La più pura delle amicizie. - sussurrò, abbassando la testa. - In entrambe le direzioni. - Constant sorrise. Ne era sicuro.
- Se per caso ti vengono altri dubbi riguardo al fatto che la ami o meno, o che lei ami me, basta che la guardi. -
- Che intendi dire? -
- Quella sera che Prisca vi incontrò, mi raccontò tutto, ma non del fatto che ci fosse un altro filo partire da lei. Anche se non me l'ha detto, io so che c'è. -
Rey annuì.
- E di che colore è? - la incitò.
- Così dorato da accecarmi ogni qual volta lo vedo. Infatti cerco sempre di evitarlo. -
- Cos'è l'oro? - chiese, anche se era sicuro di saperlo già.
- L'amore vero...Quello che non finisce e non finirà mai, qualunque cosa accada. -
- Allora ricordalo. - Poi le accarezzò una guancia, e posò le labbra sulle sue, in un dolce e casto bacio. - Dormi bene. -
Poi Rey gli sorrise e tornò in camera. Quando chiuse la porta, Constant si voltò, ripercorrendo il corridoio fino alla camera di Prisca.
Entrò senza nemmeno bussare.

PRISCA
Prisca sentì la porta aprirsi e richiudersi. Non si girò per vedere chi fosse entrato, sapeva che era Constant.
- Prisca...-
- Vattene. - disse solo.
- No. Sono venuto per sapere come stavi. -
- Ah, davvero? -
- Ti sembra strano? - chiese sorpreso.
- Abbastanza. E' da settimane che non mi consideri, e ora vieni qui a chiedermi come sto, come se davvero ti interessasse. E' ovvio che lo trovo strano. -
- Mi dispiace, avrei voluto passare del tempo con te, però...- disse interrompendo la frase a metà.
- Però cosa? Non sai nemmeno tu che scusa inventarti. Vuoi che termini io la frase per te? "Mi dispiace, Prisca, avrei voluto passare del tempo con te, però ero troppo occupato con la mia nuova ragazza, sai, ora che c'è lei non ho più bisogno di te, grazie.” - disse ironica.
- Ma che accidenti dici? Io ho sempre bisogno di te. -
- Non sembrerebbe. Tu non hai più bisogno di me come io di te. Ora hai dei nuovi amici, una nuova ragazza. Ora che stai con Rey, hai un altra persona per cui vivere. Mentre prima ero la persona per cui andavi avanti, ora sono solo una delle persone che fanno parte della tua vita. Una delle tante. -
Sentì il letto abbassarsi sotto il peso di Constant, poi un braccio cingerle i fianchi. - Lo sai che quello che dici non ha assolutamente senso? Sei la persona che mi ha salvato, la mia migliore amica. Frits, Sash, Karlie...loro sono solo amici di passaggio. Rey...a lei ci tengo davvero, e sta diventando sempre più importante per me, ma se un giorno dovrò scegliere tra amore e amicizia....- disse scuotendo la testa. - Sai che se ce ne fosse bisogno sceglierei te. Siamo stati noi due dall'inizio, non ti abbandonerò certo perché ho trovato altre persone...-
- Non ti chiederei di farlo. - sussurrò nel buio della stanza. - Se dici così mi fai sentire un egoista che ti vuole tutta per se. -
- E non è vero? -
- Beh.. si. - dovette ammettere. - Ma non è giusto. Sono davvero felice che tu abbia trovato Rey, mi dispiace solo che per questo ci siamo allontanati.-
- Anche a me. -
Prisca si girò dall'altra parte, guardandolo negli occhi. - Quindi sono la tua migliore amica, giusto? -
- Si. -
- Allora perché cavolo non mi hai detto che ti eri messo con Rey?!? Lo sapevate tutti, TUTTI, tranne io! - disse alterandosi un po.
- Avrei voluto farlo, solo che non potevo. Non volevo che, nel caso ci fosse stata la necessità di scappare, tu ti fossi sentita in dovere di restare o lasciarmi qui solo perché mi ero affezionato a una persona. -
- E quindi avevi intenzione di tenermelo nascosto fino a quando non fossimo scappati? -
- Il piano era quello...- disse guardando altrove.
- E se non ce ne fossimo andati mai? Se qui non sarebbero riusciti a mai trovarci, e io non l'avessi scoperto, avresti continuato a mentirmi giorno dopo giorno, anno dopo anno? -
- ... -
- Mi complimento con te. Bell'amico. -
- Te l'avrei detto prima o poi. -
- Si, poi...-
- Mi dispiace, ok? -
- E...? -
- La prossima volta che accadrà qualcosa di importante te lo dirò. -
- E...-
Constant sospirò. - Non ti mentirò più. -
- Nemmeno sulle sciocchezze.-
- No, nemmeno su quelle. -
- Promesso? - chiese per esserne sicura.
- Promesso. - affermò.
- Bene. - disse prendendogli la mano e girandosi dall'altra parte, pronta per dormire.
Solo che qualche minuto dopo Constant si schiarì la gola.
- Che c'è? - - Se vuoi che rimanga a dormire qui, dovrò pur spogliarmi, o vuoi che venga in jeans sotto le coperte? -
- Mmm...- sussurrò lei con gli occhi chiusi. - Come ti pare. - e gli lasciò la mano per farlo alzare.
Quando lo sentì andare verso la porta, si tirò su. - Dove vai? -
- A prendere il pigiama, o vuoi che entri in mutande nel letto? - chiese sorridendo.
Prisca gli tirò un cuscino. - Stupido. - disse ridendo anche lei. - Ho un tuo pigiama nello zaino. Credo tu ce l'abbia messo per sbaglio. - poi si ristese.
- Ok. -
Lo sentì tornare indietro, rufolare nel suo zaino e prendere il pigiama.
Qualche minuto dopo si infilò sotto le coperte con lei e le prese la mano.
- Era solo questo che ti turbava? - le chiese riferendosi a Rey. - O c'è altro? -
Prisca, che si stava quasi per addormentare, sussurrò un masticato : "Te lo dico domani”

Buonasera a tutti! Ecco qui un altro capito, spero vi piaccia!
Alla prossima,
Ellyn.

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Capitolo 37
*** AVVISO ***


Volevo scusarmi con tutti quelli che continuano a leggere e seguire la mia storia. Ultimamente sono parecchio occupata e non trovo un attimo di tempo per aggiornare qui su efp. Ho deciso di continuare (solo per adesso) a pubblicare la mia storia su un altro sito dato che, senza caratteri html, la pubblicazione mi richiede molto meno tempo. Appena saró piú libera cercherò di rimettermi al passo e pubblicare tutto.
Se qualcuno fosse interessato a leggere la storia, ho un account su wattpad con lo stesso nome dove ho pubblicato la storia. I capitoli pubblicati lì sono solo un paio in meno e, tra poco, saranno in pari con questi. Quindi se siete interessati andate a dare un'occhiata sul mio profilo.

Scusate ancora,
Ellyn.

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Capitolo 38
*** La vera storia ***


Prima di iniziare il capitolo vorrei scusarmi per la lunga assenza. Spero ci siano ancora alcuni di voi che aspettavano il mio ritorno e la pubblicazione di un nuovo capitolo.
Sono mancata per diverso tempo, spero davvero possiate perdonarmi in qualche modo.

P.S il capitolo non è revisionato, perdonate eventuali errori.
Ellyn.


Quando Prisca aprì gli occhi, sentì una dolce melodia diffondersi nella stanza. Era così tranquilla e soave che per poco non si riaddormentò. Quando si accorse che era la seveglia, si era già spenta. Constant, ancora ad occhi chiusi, si era allungato dalla sua parte e, quasi spappolandola, in qualche modo era riuscito a spengerla, ed era tornato a dormire. Prisca lasciò riposare ancora un po Constant prima di svegliarlo per andare a scuola, prese lo spazzolino e andò in bagno. Quando ebbe fatto tutte le sue cose, incontrò Rey davanti alla sua porta, già vestita di tutto punto, visibilmente indecisa se bussare alla porta o no.
- Rey, giorno. - le disse.
La ragazza si figò sorpresa. - Prisca! Pensavo stessi ancora dormendo...-
- Figurati, non sono Constant, io! - disse ridendo.
- Lui stà ancora dormendo? - le domandò.
- Quando sono uscita si. - rispose alzando le spalle.
- Mmm...- disse continuando a guardare la porta. - Ero passata solo a vedere se eravate svegli per andare a scuola. -
La ragazza le sorrise e se ne andò, quando arrivò alle scale, Prisca la richiamò.
- Si? - le rispose.
- Io...So tutto riguardo a voi due. Non importa che continuate a fingere davanti a me. -
- ... Te l'ha detto lui? -
Prisca scosse la testa. - Vi ho visti l'altro giorno. -
- Ah.. -
- Mi dispiace solo non averlo saputo prima. Comunque sono felice per voi. - le disse veramente seria. E' vero che voleva Constan tutto per se, perchè era l'unica persona che le era rimasta, ma era felice che avesse trovato Rey. Dopo tanto tempo in cui era rimasto da solo, finalmente aveva incontrato delle persone a cui stava iniziando a volere bene, e che ricambiavano i suoi sentimenti.
La ragazza arrossì. - Grazie. -
- Senti...- disse avvicinandosi a lei. - Constant ha dormito con me, ma non c'è stato niente. Lo sai che siamo solo amici, vero? -
- Si, me lo ha detto. All'inizio ero un po gelosa, lo ammetto. Voi due avete un rapporto così stretto, intimo.- disse.
- Si, ma siamo solo amici. -
- Ero davvero gelosa...- ripetè. - Ma poi Constant mi ha ricordato del mio potere, e dell'altro filo. -
Sentì una fitta al petto, ma cercò si mostrarsi impassibile. - Sono felice che ora tu sia tranquilla. - Poi si girò, aprendo la porta della camera.
- Prisca...- la richiamò Rey. - Un giorno mi dirai a chi appartiene quel filo e la storia che c'è dietro? - le chiese esitante.
Alzò le spalle. - Chiedilo a Constant. Non mi piace parlarne. - disse guardando a terra.
- Sicura? -
- Si. Digli che ti ho detto di raccontartelo. -
- Vabene. -
- Vado a cambiarmi, ci metterò poco. Se aspetti qui fuori, quando esco puoi entrare a svegliare Constant.-
Come previsto, il ragazzo stava ancora dormendo nel suo letto. Per essere un vampiro che non necessitava in continuazione di dormire, dormiva eccome!
Prese un paio di leggins neri e una maglietta viola molto larga, che le scendeva fin sotto il fondoschiena. Afferrò di sfuggita la scarpe che aveva preparato la sera prima, ed uscì dalla stanza. Le scarpe che aveva preso erano le sue preferite tra quelle che le aveva fatto comprare Rey. Avevano il tacco, erano interamente nere, tutte chiuse fino alla caviglia. Se le infilò fuori dalla stanza, quando Rey la salutò con una mano ed entrò a svegliare Constant.
Scese le scale prducendo un ticchettio con i tacchi. Frits, che molto probabilmente l'aveva sentita, la chiamò dalla cucina.
- E' pronta la colazione! - le urlò dalla stanza.
Prisca non gli rispose, tirò diritto verso il portone, lo spalancò e, senza nemmeno salutarlo uscì di casa.
Non aveva dimenticato la loro conversazione del giorno prima. Era ancora arrabbiata con lui per come le aveva risposto, e su come aveva sputato sentenze sul fatto che lei non potesse capire quello che provava. Come se lei non fosse mai stata innamorata...

Andò a scuola a piedi, e fece una strada un po più lunga. Era in anticipo, quindi se la prese comoda.
Varcò la soglia della classe proprio nell'istante in cui suonò la campanella. La prima ora era di storia, e si sedette, come sempre in un posto a caso.
Il professore entrò pochi minuti dopo, tra gli sguardi adoranti delle ragazze presenti nella stanza. Non potè fare a meno di alzare gli occhi al cielo.
Interrogò una ragazza con i capelli rossi, e la secchiona della classe, o meglio, la ex secchiona. Ora era diventata Prisca la cocca del professore. La ragazza, ogni volta che la incontrava in classe, o per i corridoi, le indirizzava un occhiataccia. Ce l'aveva ancora con lei per il primo compito che aveva fatto, e al quale aveva preso il massimo punteggio, superandola. Non era colpa sua se quelle cose le aveva già studiate, anche se la ragazza avesse continuato a indirizzarle occhiatacce omicide, Prisca non sarebbe morta. Per sua sfortuna, aveva scelto di lanciare gli accidenti a un vampiro...
L'ora trascorse velocemente, e Prisca uscì per prima dalla stanza andando verso la torretta pronta per l'ora di chimica.
La classe era mezza vuota, così entrò e posò lo zaino su un banco in terza fila, e si sedette, scarabocchiando con il lapis su un quaderno.
- E' libero? - chiese una voce maschile.
Prisca annuì senza nemmeno voltarsi per vedere chi fosse. Andava bene chiunque, tranne Frits. Non aveva voglia di parlare o stare con lui.
- Sommer, tutto bene? - chiese la stessa voce di prima.
- Si certo, tu come stai? -
- Non c'è male. - rispose. - Il fidanzatino che fine ha fatto? - disse ridendo.
Prisca allora si voltò, per vedere con chi stesse parlando. Era così stupita di trovarsi accanto Lange, che per poco non lo guardò a bocca aperta.
- Tu che ci fai qui? - gli domandò infatti.
- Anche io seguo questo corso, se non l'hai notato. Il primo gioro ti ci ho anche accompagnato! -
- No, cioè..Lo so. Intendo dire che si fai seduto accanto a me. - precisò.
- Hai detto tu che era libero. Così mi sono seduto - disse alzando le saplle come se fosse ovvio. Beh, aveva ragione. Era stata lei a dirglielo.
- Non credo che sia una buona idea...-
- Guarda che non mangio. Lo giuro. - disse tirando indietro le mani. - No, aspetta...Ritiro tutto. - rise. - Mettiamola così, prometto di non mangiarti. -
La ragazza alzò gli occhi al cielo. - Non è per quello. Frits potrebbe arrabbiarsi. -
- Davvero permetti a Frits di controllare le tue amicizie? -
- No. E noi non siamo amici. - puntualizzò.
- Sommer senti, so che abbiamo iniziato col piede sbagliato, anche per la storia di Blenda. E mi dispiace anche per il modo poco rispettoso in cui ti ho guardato il primo giorno...- disse grattandosi la testa. - A mia discolpa dico che eri davvero troppo bella. Però...- continuò. - Vorrei davvero esserti amico. -
- Così puoi rubare un altra ragazza a Frits? - domandò ironica.
- No. Non lo farò più. Non metterò più l'amore prima dell'amicizia. Ho già sbagliato una volta e ne ho pagate le conseguenze perdendo il mio migliore amico. - Sembrava davvero sincero e dispiaciuto. Forse doveva dargli un'altra chance. Insomma, una seconda possibilità non si negava a nessuno.
- Mmmm....- disse indecisa.
- Perfavore, ricominciamo da capo. -
Sospirò. - Daccordo. -
- Io sono Lange, piacere. - disse allungandole la mano.
- Sommer. - disse stringendola e ridendo.
Proprio in quel momento Frits varcò la soglia, e puntò gli occhi su di loro. Non esitò nemmeno un istante e mise le mani sul banco di Lange, guardandolo duramente.
- Tu che ci fai accanto alla mia ragazza? -
- Ha detto che il posto era libero, così mi sono seduto. -
- Beh, non lo era. -
- Lei ha detto di si. -
- E io ti dico di no. -
- Tesoro, - le disse Frits - digli di alzarsi e levarsi, così posso sedermi accanto a te. -
Prisca socosse la testa. - No, ha ragione. Gli ho detto che era libero. -
- Che ti avevo detto? - ripetè Lange.
- Ho detto di spostarti. - continuò Frits.
- Frits smettila. - disse allora Prisca stufa. - E' solo un accidenti di posto. Vuoi sederti qui? -
Lui annuì.
- Bene, accomodati. - poi si alzò lei, lasciandogli il posto libero, e andandosi a sedere nell'unico posto che rimaneva, in prima fila, accanto ad una ragazza che non conosceva.
Per tutta l'ora Frits fu costretto a stare accanto al suo ex migliore amico, e per tutto quel tempo, Prisca sentì il suo sguardo sulla schiena.
Fino allora di pranzo, non vedè ne Rey, ne Constant, e non parlò con Frits. Ma quando suonò la campanella, Karlie si presentò di fronte alla porta dell'aula in cui si trovava.
- Sommer! - esclamò vedendola uscire. -
- Ehi. - disse sorridendole. Quel giorno, Karlie indossava un maglioncino blu scuro, e dei jeans. Prisca non potè fare a meno di notare il suo sorriso, più radioso del solito, il che era tutto dire. Karlie era la persona più sorridente che conoscesse, come se ogni giorno trovasse una ragione diversa per rendere bella anche quella giornata. Ma il suo sorriso, non era niente in confronto allo sguardo. Quello si che era splendente. Prisca sospettò che fosse successo qualcosa con Sash.
- Come mai qui? - gli chiese.
- Passavo di qui, e ho pensato di aspettarti. Almeno andiamo in mensa assieme. Sash è già li ad aspettarci. -
- A proposito di Sash...- disse mentre andavano alla mensa. - C'è qualcosa che ti va di raccontarmi? -
- Cioè? -
- Ammettilo, è successo qualcosa! -
La ragazza arrossì di botto. - Io..non è successo nulla..- provò a negare.
Prisca alzò un sopracciglio. - Davvero? Guarda che se non me lo dici tu, dovrò fare delle supposizioni. Anche se sono sicura di sapere di cosa si tratti..-
Sospirò. - E va bene... Noi, insomma...Abbiamo fatto l'amore. - disse tutto d'un fiato.
Si portò le mani alla bocca, eccitata per la sua amica, e per il fatto di averci azzeccato. - E' fantastico! -
- Si, lo so! -
- Com'è stato? -
- Mi vergognavo da morire e non la smettevo di coprirmi, puoi capire che figuraccia! Però lui è stato dolcissimo. Mi ha chiesto almeno dieci volte se fossi sicura di volerlo fare con lui per la prima volta. Come se avessi potuto voler qualcun'altro... E' stata la miglior prima volta del mondo. - disse sognante.
Prisca le mise un braccio sulle spalle, stringendola a se. - Sono felice che sia stato stupendo. -
- Anche io. Ero così nervosa...Ma mi ha tranquillizzato e non ho più avuto paura. -
- Sei fortuna ad aver trovato la tua anima gemella. Si vede che siete fatti l'uno per l'altra.-
- Invece, - disse guardandola. - Com'è stata la tua prima volta? - le disse maliziosa.
- Che cosa? - se avesse avuto dell'acqua in bocca, l'avrebbe sputata sicuramente tutta in faccia alla sua curiosa amica.
- Si, la tua prima volta. E' stata con Frits, o con uno prima di lui? -
- Non c'è stata. - disse semplicemente, guardando altrove. - Nessuna prima volta con Frits, ne con nessun'altro. -
- Sommer, non ci credo. Non puoi mentirmi in questo modo! -
- E' vero. Con Frits non è successo niente. E' prima di lui...non ho mai avuto nessun ragazzo. -
- Frits è il tuo primo ragazzo? - chiese con gli occhi fuori dalle orbite.
Prisca annuì.
- Com'è possibile? Mi sembra strano che nessuno si sia mai interessato a te. - continò veramente incredula.
- Se è capitato, non me l'hanno mai detto. -
- E tu non ti sei mai innamorata prima di Frits? -
- C'era un ragazzo. - disse guardando altrove. - Ma non provava niente per me. -
- Non sa che grand'errore che ha fatto a lasciarti scappare. - disse solidale. - E' stato veramente un gran coglione. Scommetto che se ne pente ogni giorno, ora che non ti può avere! -
Prisca ne  dubitava fortemente. Ma la sua amica non poteva sapere. Non conosceva la storia.
Quando Karlie inclinò la testa e le si scoprì la spalla, Prisca vide dei piccoli fori sulla pelle. Un umano, se non sapeva che fossero li, non li notava nemmeno. Ma Prisca li vide eccome. - E questi? - domandò indicando i due fori.
- Oh! - disse lei coprendosi un punto tra collo e spalla. - Mentre...- disse schiarendosi la gola. - Mentre lo facevamo mi ha chiesto se poteva...marchiarmi. Ha usato questo termine. Così mi ha dato un morso...Dio, non puoi immaginare come sia stato eccitante.. - disse sovrappensiero. - Tu sai per caso cosa intendesse dire? -
Prisca annuì, guardando il morso. - Ora sei sua. - disse semplicemente. - Nessun vampiro, per rispetto, ti si avvicinerà con l'intento di provarci con te e cose simili. Sei sua...per sempre. Lui ha fatto la sua scelta e non tornerà indietro. Mai più. Ti amerà per sempre, e sarà totalmente e unicamente tuo per l'eternità. - Le due ragazze entrarono nella mensa affollata. Prisca individuò subito il loro tavolo. C'erano già tutti. Sash, Constant e Rey, e Frits. Non aveva ancora voglia di parlarci. Forse stava esagerando a prendersela in quel modo, ma lui aveva toccato proprio i suo tasti più sensibili senza saperlo.
- Karlie. - la richiamò. - Io prendo un succo di mirtillo e scappo, devo finire di studiare una cosa per il compito in classe! -
L'amica mise il broncio. - Devi proprio? -
- Mi tocca. Salutami gli altri, ok? -
- Daccordo. Devo dire qualcosa di preciso a Frits? - chiese pensando di farle un favore.
- Niente di speciale. - poi si mise in coda per prendere da bere.
Vide Karlie andare al tavolo e sedersi accanto a Sash, schioccandogli un bel bacio sulla guancia. Poi disse qualcosa agli altri. Prisca prese in fretta il succo e si dileguò prima che potessero intercettarla in qualche modo.
Non doveva davvero studiare, quindi fece un giro per il cortile della scuola e trovò un posto su un muretto nel giardino posteriore della scuola. C'era parecchia gente, ma nessuno fece particolar modo a lei.
Quando si sentì picchiettare, restò stupita di vedere Constant.
- Che ci fai qui? - chiese infatti.
- Non eri tu quella che doveva studiare? -
- Karlie avrà capito male. -
- Si, certo. -
- Comunque non mi hai risposto. Che ci fai qui? - ripetè - Non dovresti essere in mensa con gli altri? O con Rey? -
Constant scosse la testa, sedendosi accanto a lei. - Frits mi ha raccontato quello che è successo ieri. Perchè non me l'hai detto? -
- Non era niente di importante. -
- Lo era se lo stai evitando. -
- Me la sono solo presa perchè mi ha detto che non potevo capire quello che provava per Blanda. Io più di tutti posso capirlo. Mi ha solo dato fastidio che mi abbia risposto così... Mi ha fatto ripensare a Cam...-
- Prisca lui non poteva saperlo, non puoi fargliene una colpa. -
- Visto che non sa niente del mio passato, dovrebbe proporio evitare di dire certe cose.-
- Frits ha detto che non le pensava davvero quelle cose. -
- Allora perchè non è venuto lui a dirmelo? -
- Perchè lo stai evitando. -
Prisca sbuffò, - Dettagli. -
Constant alzò gli occhi al cielo. - Cambiando argomento...Rey mi ha chiesto di raccontarle la tua storia...Ha detto che le hai detto che se voleva saperla doveva chiederla a me...-
- Si. Non avevo voglia di parlarne. -
- Allora non ti dispiace che l'abbia fatto. -
- No. Prima o poi doveva saperlo... Forse dovevamo dirglielo prima. Prima di invitarci in casa loro dovevano sapere il pericolo che correvano - disse. - Che ti ha  detto? Ha urlato e ha detto che che dobbiamo prendere le nostre cose e andarcene? -
- Assolutamente no! Ha detto che prima di passare sul tuo corpo e uccidere te e me, dovranno prima vedersela con lei e suo fratello. -
- Non sa che lo farebbero sul serio. - sussurrò abbassando lo sguardo. - Ucciderebbero lei e Frits, e poi passerebbero a noi. -
- Sei davvero sicura che lui lo farebbe davvero? - chiese dopo un po.
- Suo padre sicuramente si. Lui...non lo so. Fa sempre come gli pare. Una volta segue le regole, due no. E' imprevedibile. -
- Quando ci ha trovati in Francia però era da solo e non ti ha attaccato. - puntualizzò lui, ricordando quella notte.
- Magari era tutta una falsa, un inganno per poi portarmi dalla sua famiglia e uccidermi. Come puoi saperlo? -
Constant non rispose. Non lo sapeva.
Nemmeno lei sapeva cose le avrebbe potuto fare Camron. Il Camron bambino non l'avrebbe mai fatto. Il Camron che aveva imparato a conoscere dai 10 anni in su l'aveva distrutta dentro, ma arrivare davvero a farle del male fisicamente? Nuocerle gravemente in qualche modo...Ne era davvero capace? Prisca non lo riteneva così cattivo, ma la legge era la legge. Perchè avrebbe dovuto rischiare la sua vita, andare contro la sua famiglia, tutta la città, infrangere le regole... Perchè avrebbe dovuto scegliere lei al di sopra di tutto e tutti? Prisca non aveva una risposta sensata a questa domanda. Ecco perchè non si fidava. Lui non poteva fare una cosa del genere,  e non l'avrebbe fatta.
Per Prisca fu facile evitare Frits per il resto della mattinata, ma quando tornarono a casa non ebbe scampo. Constant e Rey non sarebbero tornati fino a sera, e Frits, che arrivò a casa cinque minuti dopo di lei, non la salutò nemmeno e prima che lei potesse andarsene in qualche modo, la prese per un braccio e la intrappolò.
- Ma che accidenti fai?!?! - esclamò sopresa, fissandolo ad occhi spalancati.
- Sei impazzito? -
- Smettila di evitarmi. -
- Io non ti stò evitanto...-
- No, certo. E immagino tu non sia nemmeno arrabbiata con me. Infatti la scena di oggi a scuola con Lange non centra nulla, vero? -
- E' lui che si è messo accanto a me. -
- Dovevi mandarlo via! -
- Senti mi spieghi qual'è il problema? -
- Il problema è che tutti a scuola  pensano che ci siamo lasciati e Blanda va a dire in giro che mi hai lasciato perchè l'ho baciata! -
- Potrebbe essere anche vero. -
- Prisca! Ma che dici?!? Io non l'ho baciata, e noi non ci siamo lasciati. - puntualizzò.
- Si, ok. Ora puoi lasciarmi, così posso andarmene? -
- E continuare ad evitarmi? - disse scuotendo la testa. - Non credo proprio. Dobbiamo parlare. -
- E di cosa? -
- Di quello che ti ho detto ieri sera. - rispose. - Mi dispiace, non avrei dovuto dirlo. E nemmeno prendermela con te. Stavi cercando solo di aiutarmi e io ti ho dato contro in quel modo...Perdonami. Non potevo sapere che tu...- iniziò. - Che io cosa? -

- Che tu eri quella che poteva capirmi più di tutti. - disse incontrando il suo sguardo. - Non sapevo che eri scappata dal tuo paese perchè i tuoi genitori ti avevano obbligato a legarti con un ragazzo che stava con la tua migliore amica...E che lui deve ucciderti.-
- Te l'ha detto Rey o Constant? -
- Rey, dopo averlo saputo da lui. -
- Quindi ora che lo sapete, non volete cacciarci? Constant ha detto di no, ma sapendo che ci stanno cercando...I rischi che potete correre sono enormi...-
- Non ti lascerò andar via nemmeno per tutto l'oro del mondo. Come ha detto Rey, prima di arrivare a te, a voi, dovranno passare sul nostro cadavere. - disse abbracciandola.
- Frits...Questo non è un gioco. Siete sicuri di volerlo fare? - chiese appoggiandogli la testa sulla spalla.
- Ormai siamo una famiglia, non permetterò a nessuno di farvi del male. -
Prisca credeva che le sue intenzioni fossero buone, ma come avrebbe potuto lui, proteggerla da Camron? Era Prisca l'unica che si poteva proteggere da sola. Era lei che avrebbe dovuto proteggere tutti loro, non il contrario. Ma questo Frits non era necessario lo sapesse.
- Prisca, - disse dopo un po, ancora tenendola tra le sue braccia. - Da che posto sei scappata? Che paese può essere così orribile da impartire una legge del genere? Di obbligare il promesso a uccidere la ragazza...solo perchè si è tirata indietro all'unione? E' disumano! Nessuno dovrebbe essere obbligato a legarsi ad una persona contro il suo volere. Morire per questo, poi... - Si staccò, guardandola negli occhi. - Da che posto sei scappata? - ripetè scuotendole le spalle.
- La città da cui vengo - rispose, - si chiama Azalea. -
Frits si immobilizzò, poi sussurrò - La città perduta. - come se non credesse fosse possibile.
- La città perduta? - chiese lei confusa.
- Tutti i vampiri ne hanno sentito parlare, ma nessuno c'è mai stato davvero. Credevamo tutti fosse una leggenda. -
- E' che dice questa leggenda? -
- Che è come il paradiso dei vampiri. Un altro mondo, altre regole...  -
- Altro che paradiso...- disse ironica. - Che altro sapete sulla città? -
- Si dice fosse abitata dai vampiri più potenti del mondo, e che non può essere trovata se non sai il punto esatto in cui si trova. Nessuno l'ha mai scoperto. -
- Oh, la prima cosa è vera, ne sono sicura. La seconda credevo valesse solo per gli umani... -
- Non lo so. Ma tutti quelli che hanno provato a cercarla hanno fallito. -
- Non si sono persi nulla. Nessuno entra nella città, se non è accompagnato da un vampiro che abita li. -
- Davvero esiste? -
- Dove saremo nati io e Constant, altrimenti? - disse ridendo.
- E com'è? -
- Non ti basta sapere che schifo di leggi ci sono? - disse scuotendo la testa.
- Ma apparte le leggi non è male. Era solo...casa. - disse alzando le spalle. A dire la verità le mancava da morire, anche dopo tutto quello che era successo con Azura, i litigi con le persone che abitavano li... Un giorno avrebbe voluto svegliarsi e  rendersi conto che quello che aveva creduto fosse la realtà era stato solo un sogno. Avrebbe voluto svegliarsi ed avere ancora 10 anni, e impedire a Camron di allontanarsi da lei. Solo che non era un sogno. Era la pura realtà e lei non sarebbe mai tornata li. Azalea per lei, da quando era scappata significava solo una cosa.
Morte.

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Capitolo 39
*** Invito ***


Capitolo non revisionato.
È un po' più corto del solito perchè ho dovuto spezzare un capitolo che, altrimenti, sarebbe venuto esageratamente lungo!

Buona lettura.


I giorni passavano uno dopo l'altro, c'era la scuola, i compiti in classe, gli amici. E anche gli allenamenti da Cheerleader. Ebbene si, l'allenatrice le aveva proposto di entrarne a far parte. Prisca, a malincuore, aveva accettato, anche se non sapeva cosa fossero. Magari era il nome di una squadra di atletica... Invece, quando Rey le aveva detto cosa fossero veramente queste cheerleader, Prisca, che stava bevendo il solito succo di mirtillo, glielo sputò quasi tutto in faccia.
- Che cosa? - le aveva detto mentre lei si ripuliva il viso.
- Hai capito bene, ed oltre a dover tifare ad ogni singola partita di football, hai gli allenamenti ogni giorno della settimana scolastica! -
- Spero tu stia scherzando! -
- Affatto. -
- Io dovrei tifare alle partite, davanti a migliaia di persone, con una tutina aderente che copre a malapena il sedere? Non credo proprio! -
- Non sai quante persone farebbero a botte per entrare a far parte della squadra. Blanda è severissima durante le audizioni per cercare nuovi membri. -
- C'è pure lei nella squadra...di bene in meglio. - aveva osservato ironica.
Rey aveva alzato gli occhi al cielo. - Il lato positivo, è che le cheerleader sono invitate sempre alle feste. Non è fantastico? - le aveva risposto tutta eccitata. - E possono portare gli amici che vogliono! -
- Non capisco quale sia la parte bella... -
- Che verremo invitati tutti alla prossima festa. - aveva detto Karlie, entrando nella conversazione. - Che si terrà sabato prossimo. E' solo questione di tempo prima che ti invitino! -
- Che ci invitino. - l'aveva corretta Rey ridacchiando.
- Sentite, non vorrei farvi rimanere male - aveva puntualizzato - ma dubito fortemente di ricevere un invito per una festa a breve. Sono entrata appena nella squadra, non credo invitino le neo-cheerleader. - Non ne era sicura, ma sperava davvero che fosse così!
- Di solito è così. - aveva ammesso Karlie. - Ma tu sei un eccezione. -
- E perchè mai? -
- Perchè sei una dea, e le dea vengono sempre invitate. -
- Certo, se ti fa sentire meglio pensalo pure. Ma poi quando sabato prossimo saremo a casa a vedere la televisione, non stupirti troppo. -
E li era finita la conversazione, dato che la campanella aveva messo fine alla pausa pranzo.
Da quella conversazione erano passati otto giorni, e nessuno l'aveva invitata per la festa che, secondo le sue amiche, si sarebbe tenuta da li a due giorni a casa di un ragazzo della squadra di football.
Prisca era tranquilla. Ormai era troppo tardi per un invito a una festa, quindi non si sarebbe dotuta preoccupare di torvare un vestito adeguato o di aggiustarsi i capelli. Fu quello che pensò quando si sedette al solito banco nell'ora di chimica, preparandosi a un altra ora di scuola.
- Dopodomani festa a casa mia. - disse Lange sedendosi accanto a lei. - E tu sei invitata. Porta chi ti pare. -
Evidentemente in quella scuola, si invitavano le persone alle feste solo due giorni prima, e non con un po di anticipo!
- Non so se lo sai, ma ho lasciato la squadra di cheerleader. - disse alzando le spalle.
- Si, certo, come no. - disse ridendo. - So che non è così. -
- Beh ho intenzione di farlo. Quindi dato che non sarò più una cheerleader, non dovresti invitarmi. Non ti proeccupare, sopravviverò. -
- La festa non è solo per le cheerleader e per la squadra di football. Possono venire tutti e, anche se non fossi stata nella squadra, ti avrei invitato ugualmente. -
- E perchè questo onore? -
- Perchè siamo amici. - disse come se fosse ovvio. - Porta anche il tuo ragazzo, se ha voglia di venire. -
- Se avessimo da fare? -
- Se non ti vedo alla festa entro mezzanotte, vengo a prenderti a casa e ti ci porto in braccio! - detto questo le diede un leggero pugno sulla spalla e andò a parlare con i suoi amici, lasciando il banco accanto a lei vuoto. Non lo restò per molto. Due minuti dopo Frits varcò la porta, le diede un bacio sulla guancia e si sedette accanto a lei.
- Che voleva Lange? - chiese. Non sembrava arrabbiato, o teso. Solo curoso.
- Mi ha invitata alla sua festa dopodomani. O meglio, ci ha invitati. -
- E vuoi andarci? -
- Se rifiuto credo che tua sorella e Karlie mi uccideranno con le loro mani. - disse sospirando.
- Lo credo anche io. - disse ridendo.

Come previsto, quello stesso pomeriggio, le sue amiche le trascinarono in decine di negozi diversi a cercare vestiti e scarpe, e qualsiasi tipo di accessorio che Prisca credeva pressochè inutile. Rey e Karlie avevano già comprato tutto, mentre Prisca non aveva ancora trovato un solo vestito che le piacesse. Aveva quasi rinunciato a trovarlo, quandoKarlie si fermò all'improvviso richiamandole.
Girandosi, Prisca la trovò intenta a fissare qualcosa dentro una vetrina di un negozio. Avvicinandosi per vedere anche lei, restò letteralmente a bocca aperta.
In vetrina c'era un vestito blu. Il blu dei suoi sogni. Blu scuro quasi come i suoi capelli. Era composto da un corpetto, ricamato con disegni neri, e da una gonna che cadeva leggera fino al ginocchio.
Ecco, quello era l'abito perfetto.
Se fosse stato più lungo, sarebbe stato molto simile all'abito che aveva sempre sognato fin da piccola per il suo legame. Ma il vestito per quell'occasione non l'avrebbe mai avuto. Forse il fatto di trovarsi li, davanti a quella vetrina, a guardare quel vestito era un segno del destino. Qualcuno aveva voluto far si che lei potesse comprare il vestito quasi dei suoi sogni per ripagarla del vestito che non avrebbe mai avuto.
Chi era Prisca per rifiutare un regalo simile? Nessuno. Seguì Karlie più che volentieri dentro a quel negozio.
Quando uscì dal camerino, Rey fischiò, e Karlie si portò le mani alla bocca.
- Che ne dite? -
- Io dico che sei una bomba! - esclamò Rey avvicinandosi per guardarla meglio.
- Sommer questo è il tuo vestito! - disse Karlie, senza smettere di fissarla.
- Devi prenderlo. Assolutamente! -
- Ti immagini che faccia farà Blanda quando alla festa Sommer sarà ancora più bella del solito, e la farà sfigurare? - disse Rey ridendo come una matta. - Mi figuro già la scena. -
- Prendilo, prendilo! - continuava a dire Karlie, mentre Rey rideva.
Prima di comprarlo si grò verso lo specchio alle sue spalle. Lei, al contrario di loro, non si era ancora vista. Quando vide la sua immagine riflessa si portò una mano ai ricami del vestito, toccandoli lentamente con le dite. Le ragazze avevano ragione. Il vestito era stupendo e, dovette ammetterlo, le stava discretamente. La ragazza che lavorava al negozio e le aveva dato il vestito, entrò nel piccolo salottino dove si trovavano le tre amiche. Anche lei la fissò a lungo.
- Deve prenderlo! - esclamò senza sapersi contenere. - Questo sembra stato fatto apposta per lei! -
- La ragazza qui ci sa fare. - disse Rey indicando la commessa, poco più grande di loro.
- Concordo. - acconsentì Karlie.
- Signorina, lo prenda. Questo vestito è più unico che raro. Ne sono state fatte solo 5 copie da uno stilista famoso, che, gentilissimo le ha donate alla nostra catena di negozi. -
- Hai sentito Sommer? - disse Rey - Solo 5 copie! -
- Immagino quanto costi...- sussurrò Karlie, un po preoccupata.
- Ci penso un attimo, e nel caso le faccio sapere. - riferì Prisca alla commesse. Lei annuì, e se ne andò sorridendole.
- Sommer - disse Karlie una volta sole - Scommetto che costa tantissimo! -
- I soldi non sono un problema, vero? - intervenne Rey. - Insomma da quando sei qui hai cercato di spenderli il meno possibile. Io mi concederei un lusso ogni tanto. -
Karlie fu costretta ad annuire. - Se ce li hai prendilo, Rey ha ragione. Ti stà troppo bene, non puoi lasciare che lo prenda qualcun'altro. -
- E starebbe benissimo con queste scarpe. - intervenne Rey - proprio del tuo numero, che ho trovato nel negozio mentre tu ti stavi infilando il vestito. -
Le porse un paio di scarpe col tacco, blu scure come il vestito. Erano molto simili alle preferite che aveva a casa. La cosa che cambiava era il colore, e la fila di brillantini sul lato. Il modello era all'incirca uguale. Scarpe intere, chiuse fino alla caviglia. Notò che avevano anche una piccola cerniera all'interno, che prima non aveva visto. Alla fine prese tutto, incitata dalle sue amiche.
Quando tornò a casa, lei e Rey erano piene di borse...soprattutto Rey. Alla fine Prisca aveva comprato le scarpe, il vestito, un paio di calze color carne, una borsetta con le borchie, sempre abbinata al tutto, una molletta, con su un fiore nero di media grandezza, e una collana nera tipo di pizzo, da portare attaccata al collo. Non era proprio vero pizzo, però era abbastanza comoda e morbida. Gliel'aveva fatta comprare Rey a forza. Non era tanto male.

Constant e Frits, quando le videro si misero a ridere.
- Avete svaligiato un negozio? - chiese Frits aiutandole con le borse.
- Uno? Io direi tutti i negozi che c'erano in città! - esclamò Constant.
- Mi sa che hai ragione. -
- Simpatici... - disse Rey. - Abbiamo comprato solo qualche cosina da indossare...-
- Avete lasciato qualcosa per gli altri? - continuò Frits sghinniazzando.
- Pensa piuttosto a trovarti un vestito decente per la festa! Con quei vestiti sembri un barbone! - disse sua sorella trionfante.
- Divertente. - rispose Frits sbuffando.
- Te la sei cercata. - disse Prisca alzando le spalle.
- Io non mi vesto da barbone. - protestò.
- Se lo dici tu...- disse sua sorelle scomparendo per le scale. Si trascinò dietro il povero Constant, che le portava grand parte delle buste. Prisca sorrise. Era un gentiluomo. Aiutava la sua ragazza a portare le buste con i vestiti anche quando Rey era benissimo in grado di farlo da sola, dato che era un vampiro ed era molto forte. Però era carino da parte di Constant aiutarla. Ma forse Prisca si stupiva troppo. Insomma, forse quello era il comportamento di un ragazzo normale verso la sua ragazza. A lei poteva sembrare strano solo perchè nessuno si era mai offerto volontario di portarle qualcosa.
- Vado su anche io a portare le borse. - annunciò a Frits, afferrandole.
- Vuoi una mano? - chiese premuroso. Le aveva forse letto nella mente? Impossibile.
- Solo perchè Constant ha aiutato Rey, non devi farlo anche tu per forza. Lui è il suo ragazzo, dovrebbe essere suo compito aiutarla, tu non sei il mio, quindi non devi preoccuparti! - disse ridendo. - E poi ce la faccio benissimo anche da sola. -
La verità era che, nonostante avesse detto che poteva farlo da sola, ed era così, aveva apprezzato la sua proposta di aiuto.
- Lo so che lui è il suo ragazzo e in un certo senso lo deve fare, ma a me fa piacere aiutarti. - disse semplicemente, guardandola.
- Davvero? - chiese esitante.
- Certamente! - e le prese metà delle buste, salendo le scale.
Le appoggiò in camera sua ai piedi del letto, e così fece anche Prisca.
- Grazie, anche se non ce n'era bisogno. -
- Lo so che volevi lo facessi - disse alzando le spalle, e strizzandole l'occhio.
- Non è vero! -
- Si. -
- No.-
- Si. - ripetè.
- Beh... forse. - disse esitante. - Forse mi ha fatto piacere. Ma solo perchè nessuno l'ha mai fatto. -
- Nessuno nessuno? - disse lui sgranando gli occhi.
Prisca scosse la testa. - Nessuno. -
- Nemmeno il tuo ragazzo? -
Strinse le labbra. - Frits, io non ho mai avuto un ragazzo. - disse poi. - Pensavo lo sapessi. -
- Stai scherzando?!? -
Alzò le braccia al cielo con fare drammatico. - Ma che avete tutti qui? Anche Karlie ha avuto la stessa reazione quando le ho detto che prima di te non stavo con nessuno. Non capisco che problemi ci siano. -
- Non è che è un problema. Solo che ci sono ragazze, come dire...peggio di te che hanno avuto decine di ragazzi. - disse semplicemente.
- Mi stai dicendo che come ragazza brutta tra le brutte sono decente? -
- No, solo...-
- Che non sono nemmeno decente tra le brutte? - chiese.
- Ma perchè voi ragazze dovete capire sempre male? -
- Guarda che stò scherzando! - disse ridendo.
- Tu puoi scherzare, ma siete davvero così! Ogni qual volta un ragazzo cerca di farvi un complimento pensate sempre male e traete le conclusioni sbagliate. -
- Scusa se ho un autostima di me stessa molto bassa. -
- Non dovresti. Te l'ho già detto che sei bella, anche se non te ne accorgi. Quello che intendevo dire è che dato il tuo carattere e i tuo aspetto mi sembra strano che nessuno, prima d'ora si sia innamorato di te. E' difficile trovare ragazze così belle, che siano anche intelligenti, carine, simpatiche e non troie! - esclamò.
- Ma mica sono tutte così. - disse convinta. - Karie è bella, e mi sembra una persona fantastica, e anche tua sorella. -
- Rey sarà anche carina, ma è testarda da morire. -
- Non è sempre un male. -
- Non sempre, ma spesso si. -
Prisca ne sapeva qualcosa di persone testarde. Lei stessa lo era, e anche Camron non era da meno, anzi, forse era la persona più testarda del mondo...
- Quindi, dato che non hai mai avuto un ragazzo, non hai mai baciato nessuno? - chiese malizioso.
- Non sono affari tuoi! -
- Dai, dimmelo. -
- Io non ti chiedo se hai mai fatto sesso con qualcuno. - ribattè.
- Infatti io non te l'ho chiesto. Ti ho chiesto se hai mai baciato qualcuno. -
- E' importante? -
- Semplice curiosità. Anche perchè, se quella volta in cu Lange ci stava guardando, ti avessi baciato e ti avessi preso il tuo primo bacio, mi sarei sentito molto in colpa. -
- Non preoccuparti, il primo bacio è già partito. E anche quello dopo. -
E anche quello dopo ancora... pensò. Quante volte aveva baciato Camron? Due, tre? Si toccò le labbra era un ricordo tanto passato...Prisca non riusciva più a sentirne ne la pressione, ne il sapore delle sue labbra. Solo un vago ricordo del fatto che fosse successo, e di quello che aveva provato. Perchè i ricordi che non voleva erano radicati così in profondità nella sua mente, mentre dei baci che le aveva dato Camron, riusciva solo a ricordare come, e quando fossero accaduti? Forse la sua mente cercava di cancellarne automaticamente il ricordo, altrimenti non sarebbe sopravvissuta.
Dopo aver provato una cosa simile, non potevi più farne a meno, quindi la sua mente, dato che le voleva bene, aveva cancellato quello che l'avrebbe fatta soffrire troppo...giusto? Sbagliato. Perchè il non riuscire a sentire più il sapore delle sue labbra era stremante, sapendo che era riuscita a baciarlo più volte. La sua mente ce l'aveva proprio con lei!
Quando Frits se ne andò, pretese un bacio sulla guancia per il suo aiuto.
- Lo sapevo che non era altruismo. Tu volevi qualcosa da me! - gli disse ridendo. Però alla fine lo accontentò.

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